Up with the birds

di Slytheringirl093
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** Chapter 1: They used to shout my name, now they whisper it ***
Capitolo 3: *** Chapter 2: I can't help but notice, you reflect in this heart of mine ***
Capitolo 4: *** Chapter 3: Have you ever been so lost, known the way and still so lost ***
Capitolo 5: *** Chapter 4: I'm just a stranger in a strange land, running out of time ***
Capitolo 6: *** Chapter 5: Though my eyes could see I still was a blind man, though my mind could think I still was a mad man ***
Capitolo 7: *** Chapter 6: Leave me out with the wind, this not what I do. It’s the wrong kind of place to be thinking of you ***
Capitolo 8: *** Chapter 7: But I'm lost, crushed, cold and confused, with no guiding light left inside ***
Capitolo 9: *** Chapter 8: So I won't let you close enough to hurt me, no, I won't ask you, you to just desert me ***
Capitolo 10: *** Chapter 9: I call you murderer, how could you murder us? ***
Capitolo 11: *** Chapter 10: Oh, We’ve stained these walls with our mistakes and flaws ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


Crossover : The Vampire Diaries/ The Originals
La storia inzia dopo la 6x12 (TVD) e dopo la 2x12 (TO)
[Qualsiasi cosa successa prima di questi episodi resta invariata]



Up with the birds


 

 

Prologue. 

 

 

«These wounds won't seem to heal

this pain is just too real

There's just too much that time cannot erase»

My Immortal -
Evanescence









«Non puoi dire sul serio... »
 
«Non sono mai stata più seria di così, Stefan»
 
Caroline Forbes era una persona determinata. Quando prendeva una decisione, le probabilità di farle cambiare idea erano praticamente nulle, specialmente quando si trattava di decisioni così importanti, come quella. Non stava certo a insistere sull’essere giusta  o sbagliata, anzi era pressoché convinta che quella fosse la peggiore decisione che avesse mai preso. Questo però non era abbastanza per dissuaderla. Dopotutto era pur sempre una soluzione ai suoi problemi.
 
«Caroline... ti rendi conto di quello che stai dicendo?»
 
Stefan la guardava incredulo. Quando poco prima Caroline gli aveva comunicato la sua idea per mettere fine alle sue sofferenze, gli era preso un colpo. Tutto si aspettava da Caroline, fuorché quello.
 
« Sì, me ne rendo conto.  E so benissimo che non è la soluzione perfetta ai miei problemi, ma Stefan... farei qualsiasi cosa per far smettere questo dolore...»
 
Stefan vide le sue lacrime ancora prima che le cadessero sulle guance. Prima di rendersene conto, la stava abbracciando. Lei si era abbandonata tra le sue braccia senza fare resistenza, così come ogni volta che era sull’orlo dell’ennesimo pianto. Non riusciva a smettere di piangere, Caroline. Dopo quattro giorni dalla morte di Liz Forbes, le lacrime erano ancora troppe e il dolore era incommensurabile. Stefan le era stato accanto per tutto il tempo, abbracciandola di giorno sotto lo sguardo degli altri e di notte, quando piangeva fino ad addormentarsi. Soffriva anche lui nel vederla così.  Avrebbe fatto qualsiasi cosa per vederla sorridere di nuovo, per vedere di nuovo la sua Caroline, piena di vita, di ottimismo, con i suoi discorsi senza fine e le sue perle di saggezza
 
« Perdonami, io...»
 
«Shh»
 
Non sapeva che fare. Capiva il perché della sua decisione, ma non poteva semplicemente accettarlo. Spegnere la sua umanità non era la soluzione. Non poteva permetterle di fare una cosa simile. Soprattutto non dopo aver fatto lo stesso errore con Elena, dopo la morte di Jeremy. Sì, il dolore era momentaneamente passato, ma insieme al dolore Elena aveva perso tutto ciò che la rendeva umana, tutto ciò che la rendeva Elena. Non avrebbe mai permesso che a Caroline succedesse la stessa cosa. Nemmeno per accecare il dolore che sapeva, Caroline, non riusciva più a sopportare.
 
« Spegnere l’umanità non è la soluzione. E’ la cosa peggiore che tu possa fare »
 
«Lo so»

« La tua umanità è la cosa più preziosa che hai, Caroline. So che ora sei convinta che il dolore sia troppo e che ti basterebbe poco per non sentirlo più, ma credimi... perderesti molto di più di quanto guadagneresti»

«E tu credi che non lo sappia? Se non fossi così dannatamente convinta che è la cosa sbagliata da fare,  l’avrei già fatto»

Caroline scivolò via dall’abbraccio di Stefan, mettendosi seduta sul letto. Con le mani si tolse le ultime lacrime dal viso, arrabbiata per esservi ceduta di nuovo. Voleva smettere di piangere.

« Allora non farlo. Io... ti prometto che... non sarà sempre così. Il dolore... diminuirà, un po’ alla volta. E io ti sarò vicino per tutto il tempo, non ti lascerò affrontare tutto questo da sola»

«Ma non capisci Stefan? Tu mi sei già accanto e sono passati quattro giorni e ancora non riesco ad addormentarmi senza avere gli occhi rossi! Lei non c’è più! E io non posso... non riesco... a pensare ad altro, capisci? Non riesco a non pensare che mia madre non c’è più! A pensare che io vivrò per sempre, e che lei... »

« Ehi... guardami» le disse Stefan, prendendole il volto tra le mani. Gli occhi gonfi, stanchi, di chi non ce la faceva davvero più ad andare avanti in quello stato, e il respiro mozzato, di chi pensa di stare per cedere da un momento all’altro. Stefan non riusciva a sopportarlo.

« Capisco le tue ragioni, ma non posso lasciartelo fare»

« Voglio solo che finisca» fu il lieve sussurro di Caroline, mentre poggiava le mani su quelle di Stefan, ancora strette sul suo viso. Con un gesto morbido gliele tolse e le accompagnò ai fianchi del ragazzo. Gli stava chiedendo di farsi da parte.  Senza aggiungere altro, Caroline si voltò dandogli le spalle. Si strinse tra se, arrivando fino alla finestra, dove poggiandosi con una spalla al muro fece in modo che il suo sguardo si perdesse sul giardino dei Salvatore. Stefan la guardò, incapace di muoversi, solo pensieri che si susseguivano l’uno dopo l’altro nella sua testa. ‘Promettimi che ci sarai per lei’, le parole dello sceriffo suonavano chiare e forti nella sua testa, una promessa che non aveva alcuna intenzione di tradire. Doveva aiutarla.  Purtroppo allo stesso tempo, non riusciva a fare a meno di pensare che il suo aiuto non fosse abbastanza. Lui ed Elena si alternavano per cercare di restare accanto all’amica quanto più potevano eppure... sembrava non riuscissero a darle realmente  né aiuto, né conforto. Stefan ricordò improvvisamente quando Caroline lo aveva chiamato per scegliere i fiori per il prossimo funerale della madre: in quel momento, nella disperazione della ragazza, nel suo voler evitare il contatto con la madre sentendosi troppo in colpa per quello che le aveva fatto, Stefan aveva scorto la forza della ragazza, la volontà di voler restare in piedi. Nascondeva la testa nella sabbia, ma allo stesso tempo riusciva a restare nel deserto senza morire dissetata. Già allora stava combattendo. Perché era questo che Caroline faceva: combatteva, lottava e perseverava per restare a galla, per non sprofondare. E adesso, vederla in quello stato, mentre parlava di arrendersi, lei che in tutta la sua vita non si era mai arresa... Stefan non poteva, non voleva permetterglielo. Avrebbe combattuto con lei, per lei, al suo posto se necessario. Mentre osservava il suo profilo in silenzio, si ripromise ancora mentalmente che mai avrebbe abbandonato Caroline Forbes.
 
«Ti fidi di me?»

La domanda gli era sorta spontanea. Non perché credesse che la ragazza non  si fidasse di lui. Sapeva bene che Caroline si fidava cecamente di lui. Solo era desideroso di guadagnare un po’ di tempo. Di cogliere nei suoi occhi un barlume di speranza. Una scintilla di quella forza di volontà che sempre l’aveva contraddistinta. Se lei non aveva più forza, allora poteva affidarsi a lui. Ne avrebbe avuta per entrambi. Caroline non si mosse, ne rispose. Il suo era un tacito assenso. Come se la domanda fosse così stupida da non ricevere nemmeno una risposta. Il ragazzo mosse qualche passo verso di lei, incoraggiato dal suo silenzio.

«Lascia che ti aiuti, allora. Lascia che ti dimostri come i sentimenti, le emozioni... sono l’unica cosa umana che ci rimane. Tutto ciò che di umano potremmo mai avere per il resto della nostra eternità»

La vampira si lasciò andare un debole sospiro. Consapevolezza. Fiducia. Speranza. Sapeva che Stefan aveva ragione, pensava le stesse identiche cose e razionalmente non sarebbe potuta essere più d’accordo. Voleva fidarsi, credere alle parole di Stefan che il dolore, la... colpa, sarebbe scemata col tempo. L’ottimismo e la sua forza di volontà avevano sempre  avuto la meglio sul presente. Eppure quel dolore la stava logorando dal profondo... ed era troppo vero e reale per lasciare che ancora una volta le possibilità di una soluzione futura, la spingessero a non mollare, ad andare avanti. Mai, aveva saggiato il dolore che stava provando il quel momento. Per quanto ancora sarebbe riuscita a sopportarlo? Per quanto ancora la sua razionalità avrebbe avuto la meglio sul suo istinto?

«Spegnere tutto è facile. Ma non arrenderti, Care. Non ancora.  Per te e per tutte le persone che ti vogliono bene. Per tua madre, per Elena... per me»

Alle sue parole a Caroline mancò un battito. Tutte le persone che le volevano bene. Si voltò leggermente verso il suo interlocutore, incontrando gli occhi tristi e sinceri di Stefan. Sembrava supplicarla con quegli occhi. Per me, le parole le risuonarono in testa mentre senza accorgersene Stefan le aveva preso una mano, carezzandola lentamente col pollice, in quel gesto dolce che erano soliti scambiarsi. Io sono qui e non vado da nessuna parte, sembrava dirle. Caroline riusciva e leggere tra le righe quelle parole.  Per tua madre. Per Liz, che era fiera della sua bambina, forte e determinata. Per Elena, che le era stata accanto, che l’aveva stretta tra le braccia e le sussurrava che sarebbe andata meglio, col tempo.
Forse poteva farcela. Forse poteva reggere ancora per un po’. Forse poteva sperare che... migliorasse. Annuì debolmente Caroline, lo sguardo perso sulla mano di Stefan, che ancora teneva la sua. Il ragazzo avvicinò le sue labbra alla fronte della ragazza e posò un bacio leggero.

«Grazie» le sussurrò e senza aggiungere altro, lasciò la stanza.






********************



Stefan si lasciò cadere sulla poltrona del salotto, una mano alle tempie e pensieri che gli affollavano la testa. Voleva¸ doveva, trovare una soluzione.

«Cosa ti ha detto?» chiese Elena, sedendosi accanto all’amico. Sul volto la stessa preoccupazione.

«E’ distrutta. Vuole... »

Gli risultava difficile persino dirlo. Elena portò una delle sue mani sul ginocchio dell’amico, quasi come per incoraggiarlo a parlare, ma Stefan preferì scuotere il capo e alzarsi per versarsi un goccio di Bourbon in un bicchiere.

«Tutto questo silenzio mi disturba»

Damon si richiuse il portone alle spalle, togliendosi la giacca di pelle e lanciandola malamente sul divano, prima di dirigersi come il fratello, all’angolo degli alcolici. Elena si sporse dal divano, sospirando abbattuta.

«Ancora niente?»

« Nada. Tyler e sulle tracce della streghetta vendicativa. Jo e Alaric sono non so dove a fare non so bene cosa  ma Ric mi ha assicurato che per ora Jo non ha ancora istinti suicidi, e quindi su quello possiamo tirare un sospiro di sollievo.  I giornali ancora non riportano notizie di spargimenti di sangue a Portland, quindi immagino che Kai abbia deciso di prendersi una vacanza prima di uccidere tutta la sua famiglia e affiliati, suppongo. E’ tutto paradossalmente tranquillo, insomma. Si stanno comportando tutti come bravi bambini, a quanto pare... tranne Jeremy che  sembra abbia deciso di distruggermi il giardino, lui e quella maledettissima balestra»

Stefan trangugiò il contenuto del suo bicchiere in una sola volta, mentre ascoltava il fratello fare il resoconto della situazione del mondo esterno. Mentre Stefan ed Elena erano rimasti con Caroline, Damon era l’unico che era rimasto a controllare tutta la situazione esterna.  Fortunatamente sembrava che ci fosse una momentanea pausa dagli innumerevoli problemi di Mystic Falls, e Stefan, data la situazione, non poteva che esserne sollevato. Elena si alzò dal divano, scuotendo la testa contrariata per andare a spiare Jeremy dalla finestra.

«Sul fronte Blondie, come siamo messi?» chiese Damon, cambiando argomento mentre si avvicinava alla ragazza con in mano un secondo bicchiere.

« Stefan mi stava giusto dicendo che...»

«Abbiamo bisogno di aiuto. Ha bisogno di aiuto»

Stefan aveva interrotto Elena, ed entrambi i vampiri ora lo guardavano, in attesa. Prese un respiro, prima di iniziare a parlare, tentando di essere il più coinciso e diretto possibile.

« Caroline sta soffrendo. Ha perso sua madre, e con lei tutto ciò che restava della sua famiglia. L’ha persa troppo presto e in modo innaturale, e non riesce ad accettarlo. Sono passati quattro giorni, e il dolore la sta divorando viva, e non c’è niente che io o Elena possiamo fare per alleviare le sue sofferenze»

Damon bevve il suo bourbon d’un fiato, senza dire una parola. La morte di Liz Forbes aveva turbato anche lui. Lo sceriffo era forse l’unica persona che in quella città si era fidata di lui, che l’aveva considerato amico.  Damon aveva perso una delle poche persone che poteva dire gli fossero mai state a cuore. La lista di amici di Damon Salvatore aveva perso un valido membro, e quella di amici umani, si era praticamente dimezzata.

« Ci dev’essere un modo, Stefan! Noi... noi dobbiamo aiutarla!» disse Elena, scuotendo il capo vigorosamente e facendo qualche passo in avanti verso il più giovane dei Salvatore. Stefan sospirò.

« Caroline vuole spegnere tutto»

Alla sua affermazione Elena si portò una mano alla fronte, sul suo volto un espressione sconvolta. Damon, d’altra parte, sbarrò gli occhi, sorpreso.

« Caroline vuole spegnere le sue emozioni? In che razza di mondo parallelo siamo andati a finire?» sbottò incredulo, poggiando il suo bicchiere sul bancone.

«Non possiamo permetterglielo! Quello che è successo a me...»

« Lo sa, Elena. Caroline sa perfettamente quello che è successo a te, a me, a Damon, a Enzo... lo sa benissimo. Così come sa che è la scelta più sbagliata del mondo, ma questo non le impedisce di pensarci e di farlo, perché in questo momento il dolore è così forte che l’unica cosa che riesce a pensare è che vuole farlo smettere!»

Aveva urlato. Stefan aveva alzato la voce perché era arrabbiato, perché voleva trovare una soluzione perché era stanco di dover sempre e solo parlare e spiegare le cose, piuttosto che agire, che risolvere, che fare qualcosa per aiutare realmente Caroline. Elena si era zittita, mentre Damon aveva incrociato le braccia chiudendo gli occhi per qualche secondo, perso nei suoi ricordi.

« La soluzione più semplice ed efficace, proprio come è successo con Elena» disse, mentre una Elena disperata per la morte di Jeremy faceva capolino nei suoi pensieri. Il dolore che aveva provato nel vedere Elena distrutta in quel modo, e l’unica soluzione che all’epoca gli era sembrata possibile. Spegnere tutto. Chi più di lui poteva capire Caroline?

« Io le parlerò, le farò cambiare idea» disse Elena, superando Stefan e incamminandosi verso le scale.

« Qualsiasi cosa dirai non le farai cambiare idea, Elena»

La voce di Stefan la fermò, a pochi passi dalla scalinata.

«Tentar non nuoce»
« Non andare da lei, non adesso... Mi ha lasciato un paio di giorni» proseguì Stefan, mentre senza rendersene conto si stava versando dell’altro alcol nel bicchiere. Elena, tornò sui suoi passi, affiancandosi a Stefan.
« Hai appena detto che non possiamo fare niente per farle cambiare idea, non vuoi che parli con lei... cosa pensi di fare in due giorni?» chiese, a metà tra l’irritazione e la curiosità.
« Noi non possiamo fare niente per farle cambiare idea» blandì Damon, sottolineando il pronome personale con una certa enfasi. Vide Stefan rivolgergli uno sguardo tetro, quasi rassegnato mentre beveva un secondo bicchiere. Elena non capiva, ma Damon stava iniziando a mettere insieme i pezzi.

« Caroline ha bisogno di aiuto, hai detto. Noi non possiamo fare niente per aiutarla, hai aggiunto. Un paio di giorni, e così hai preso tempo. ..Tu hai un’idea, non è vero fratello?»

Elena passò lo sguardo dall’uno all’altro tentando di capire se quello che Damon aveva appena detto poteva essere vero. Stefan sembrò colpito dalla riflessione del fratello, e posò il bicchiere mentre annuiva leggermente. Un sorrisetto soddisfatto illuminò il viso dei maggiore dei fratelli Salvatore.

« E a giudicare dal fatto che ti sei fatto due bicchieri del mio Bourbon nel giro di tre minuti, dev’essere un’idea poco piacevole»

Le deduzioni di Damon erano più o meno esatte, seppur incomplete. Effettivamente Stefan aveva avuto un’idea, più che un’idea era stato un pensiero fugace, una considerazione. E sì, non era affatto piacevole. Non sapeva nemmeno se metterla in atto, o lasciarla vagare lì, nel suo cervello, spaventato dalle conseguenze e dal possibile ennesimo fallimento. Ma il solo fatto che questo pensiero gli fosse arrivato, che c’era anche una minima possibilità che potesse funzionare, lo fece desistere dal tenerselo per se. Idea folle, sconsiderata e forse persino pericolosa.

«Allora? Di che si tratta?» chiese Elena, nervosa.

« Il fatto è che tutti noi almeno una volta abbiamo spento la nostra umanità. Sappiamo cosa vuol dire, e sì, sappiamo che è sbagliato, che non è la soluzione e tutto il resto. Ma la verità è che se ci fossimo trovati al posto di Caroline, avremmo pensato esattamente quello che sta pensando lei. Avremmo optato anche noi per lo spegnere tutto. Ci siamo trovati già al suo posto, e abbiamo tutti fatto la stessa scelta»

Stefan  per il dolore dopo aver ucciso suo padre.

Damon per il dolore del non aver potuto salvare Enzo dagli Augustine.

Elena  per il dolore della perdita di Jeremy.

« Ok, ma non possiamo starcene qui a guardare mentre Caroline compie lo stesso nostro errore, solo perché saremmo ipocriti a dirle di non farlo, Stefan!» fu l’uscita di Elena, chiaramente non aveva intenzione di starsene con le mani in mano, specialmente trattandosi di Caroline.

« Lo so. Ed è per questo che abbiamo bisogno di qualcuno che conosca il dolore come lo conosciamo noi, ma che a differenza nostra sappia gestirlo...»

« Che conosca il dolore come lo conosciamo noi... un vampiro?»

Stefan annuì. Una persona che riuscisse a comprendere il dolore amplificato, come lo percepivano loro, ma che non si era abbandonato a spegnere l’interruttore.

« E soprattutto... qualcuno che tenga a Caroline, come ci teniamo noi...»

A Damon bastò quell’ultima frase per fare il collegamento finale. Guardò il fratello nella più disgustata delle realizzazioni.

«Oh, no...» sussurrò tra sé, mentre anche Elena sembrava ci stesse arrivando. Stefan attese che anche la ragazza realizzasse, incapace di pronunciare il nome ad alta voce.

Non le ci volle molto.

«Klaus»

In un tacito assenso, Stefan optò per l’ennesimo bicchiere di Bourbon.







My Corner

Allora, benvenuti! Questa è la mia nuova fan fiction, la prima in questo fandom, quindi siate buoni!
In teoria avevo deciso di non pubblicarla finchè non l'avessi finita, ma dopo i recenti sviluppi di due telefilm (TVD e TO) ho deciso di postare almeno il prologo dato che la Plec sembra mi stia rubando un paio di idee [Giusto per farvene rendere conto quando leggeretefino ad oggi ho buttato giù 7 capitoli, e siamo alla 15 puntata di entrambi gli show]. In ogni caso , mi sembra giusto fare un pò di precisazioni sulla mia storia, giusto per chiarire un paio di concetti. Allora:
- Questa fanfiction parte, come ho già detto post TVD 6x12 e TO 2x12; tutto ciò che è accaduto in entrambi gli show, resta invariato [es. Bonnie è ancora bloccata nel 1994/ Kol è ancora vivo]
- Nonostante il pairing principale sia KLAROLINE, verranno trattate anche situazioni Steroline perchè è impossibile non parlarne, e Klamille . Ne andrebbe la veridicità della Fic, così come degli show.
- Fan delle DELENA, ricordate che questa è una fan ficion principalmente basata su Klaus e Caroline, perciò sì, ci saranno momenti delena, ma non... fomentatevi troppo, insomma! (lo dico per precauzione, mia sorella è una DELENA, quindi so di cosa parlo xD)
- La mia fan fiction inizia pochi giorni dopo la morte di Liz Forbes, ma io come ho detto ho seguito la storia originale fino alla 6x12, per cui come, quando e tutta la morte di Liz saranno diverse rispetto allo show!!


Detto ciò, per ora basta con le spiegazioni. Qualsiasi dubbio, curiosità, potete tranquillamente esprimervi nelle recensioni, così come anche prvatamente.
Cercherò di postare 1 volta a settimana, anche se ancora non stabilisco il giorno. Nel frattempo vi lascio un pò di tempo per farmi sapere che ne pensate del prologo, se vi piace come idea...ecc.
Ah, ultima cosa, se qualcuno fosse interessato a farmi da Beta, non sarebbe male!

Con questo, vi saluto! Alla prossima settimana, suppongo! Aspetto i vostri feedback!

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Capitolo 2
*** Chapter 1: They used to shout my name, now they whisper it ***


Crossover : The Vampire Diaries/ The Originals
La storia inzia dopo la 6x12 (TVD) e dopo la 2x12 (TO)
[Qualsiasi cosa successa prima di questi episodi resta invariata]



Up with the birds



Chapter 1
They used to shout my name, now they whisper it



« Dunque... dicevo, il mio malefico e geniale piano per rovinare Stefan e tutto ciò che gli è più caro in questo mondo è stato solamente messo in pausa, non eliminato. Quindi, sebbene non abbia bisogno di te al momento, quando ti chiamo, tu rispondi»
Matt annuì, per quello che poteva, essendo in quel preciso momento inchiodato al muro per la gola, dal vampiro. Non appena Enzo si fu assicurato che il messaggio era stato recepito, lasciò andare il ragazzo, un sorriso sornione sul viso.
«Molto bene, ora...» continuò, mentre Matt gli regalava l’espressione più disgustata che aveva «come sta la nostra bionda preferita?»
Matt ingoiò l’ennesimo insulto, prima di rispondere, impotente, alla richiesta di Enzo.
«E’ distrutta, come vuoi che stia?» sbraitò.
« I commenti puoi risparmiarteli, microbo» commentò Enzo dandogli le spalle. Erano nel retro del Mystic Grill, intorno a loro scaffali e dispense di cibo, bicchieri e posate.
« I miei commenti sono tutto ciò che hai, Enzo. Nessuno vuole più avere a che fare con te, nemmeno Caroline!»
« Ti consiglio di stare molto attento a come parli, o quella tua lingua presto potranno servirla nel menù del giovedì» replicò il vampiro, lanciandogli un’occhiataccia del tutto seria.
Matt sospirò, incapace di formulare altri insulti che sapeva sarebbero serviti a poco. Essere sotto minaccia costante di morte e non poterlo dire a nessuno perché soggiogato, era frustrante. Se solo fosse riuscito a mettere le mani su un po’ di verbena avrebbe potuto risolvere la situazione in maniera diversa.
« Il caro Stefan tiene Caroline a casa sua, e come potrai immaginare non sono il benvenuto a casa sua»
«Essere amico con Damon non paga, l’ho sempre pensato» commentò Matt, ironico.
Il telefono di Enzo prese a squillare in quel preciso momento. Enzo lo estrasse dalla giacca, il numero di Damon impresso sullo schermo. Un sorrisetto gli si formò sul viso.
«A quanto pare, invece sì!» sibilò, prima di rispondere alla telefonata.
«Proprio il vampiro a cui stavo pensando, ciao Damon»
«Enzo. Sempre lieto di essere il centro dei tuoi pensieri. Dove ti trovi?»
Enzo guardò Matt, mentre a braccia conserte aspettava di essere lasciato andare. Compiaciuto, tornò a rivolgere la sua attenzione alla sua telefonata.
«Oh, un po’ qui, un po’ lì... mi conosci, non riesco a stare fermo»
«Senti avrei bisogno di parlarti di una cosa, una questione abbastanza urgente. Puoi passare da casa mia?»
Non appena la parola casa venne pronunciata, Enzo cambiò espressione.
«Passare da casa tua? Certamente. Ci sarà anche quel simpaticone di tuo fratello?»  chiese.
«Muovi il culo, amico»  e con quest’ultima frase, Damon staccò la conversazione. Enzo ridacchiò tra sé, prima di rimettersi il cellulare in tasca.
« Beh, caro il mio Matty, penso di non aver più bisogno di te per oggi. Torna alle tue faccende domestiche, io ho un impegno a casa Salvatore»
 


***************


Din Don
Quando Damon aprì il portone la figura allegra di Enzo fece la sua comparsa.
«Sei stato veloce» commentò Damon, lasciandolo entrare. Enzo scrollò le spalle.
«Ero nelle vicinanze» si limitò ad aggiungere. Prima di arrivare nel salotto si fermò vicino alla scala che portava al piano di sopra. Caroline era lì. Era al piano di sopra.
«So che mio fratello ti ha impedito di vederla» disse Damon, a un passo da lui. Enzo sospirò.
«Si fosse trattato solo di tuo fratello, sarei venuto prima»
Damon gli indicò il salotto e Enzo lo seguì, senza aggiungere altro. Damon preparò due bicchieri di whiskey e poi raggiunse l’amico accomodatosi sulla poltrona, porgendogliene uno.
«Allora... a cosa devo l’invito?» chiese, inumidendosi le labbra col sapore del liquore. Damon si accomodò a sua volta sul divano di fronte, tenendo lo sguardo sul pavimento. L’argomento era piuttosto delicato. Improvvisamente un’altra presenza comparve nella stanza. Stefan aveva appena varcato la soglia del salotto, lo sguardo rassegnato di chi fa quel che fa perché è costretto.
«Enzo, grazie per aver accettato il mio invito»
Enzo lanciò un’occhiataccia a Damon.
«Il suo invito?» chiese iracondo.
«Oops» mormorò Damon prima di scolarsi il suo bicchiere. Enzo abbassò gli occhi, tentando di calmarsi. Stefan che gli aveva impedito di mettere piede in quella casa era lo stesso che lo aveva invitato. Si era lasciato comandare come un fottuto burattino.
« Ho pensato che se ti avesse convocato mio fratello, saresti stato più incline ad accettare»
«Stefan Salvatore, signori» celiò Enzo, complimentandosi per la sua trovata.  Stefan tenne il suo sguardo serio, le mani in tasca e la speranza che quel dannato vampiro non mandasse tutto all’aria.
« Ti ho fatto venire qui perché ho bisogno del tuo aiuto» disse, senza mezzi termini. La risata di Enzo risuonò per tutta la stanza.
« Come, prego?» chiese, ilare.
« Sii più preciso, fratello» asserì Damon, convinto che non appena il nome della bionda fosse stato fatto, l’espressione del suo amico sarebbe completamente cambiata.
« Si tratta di Caroline» aggiunse Stefan. Come Damon aveva giustamente supposto, l’espressione del vampiro cambiò radicalmente. La risata gli si fermò, mentre un’espressione più seria si faceva largo sul volto.
« Che succede?» chiese.
« Ha bisogno di aiuto»
« Che cos’ha?»
Enzo si era allarmato non appena aveva visto l’espressione di Stefan indurirsi. Tentava di mantenere la calma, standosene seduto, quando invece mille pensieri negativi gli avevano affollato la testa.
« Abbiamo bisogno di metterci in contatto con una persona. E speravamo tu potessi essere il nostro tramite»
Stefan aveva glissato la sua domanda. Senza pensarci due volte si ritrovò al piano di sopra, alla ricerca di Caroline. Doveva vederla con i suoi occhi. Anche se lei  ancora non avesse voluto.  Proseguì lungo il corridoio, il suo super-udito alla ricerca del minimo segnale che gli facesse trovare la giusta strada.
« E’ l’ultima porta sulla sinistra»
La voce di Damon gli arrivò appena alle spalle. Lo superò e lo condusse a quella che era la stanza di Stefan, dove momentaneamente Caroline passava le sue giornate. La porta era leggermente socchiusa. I due vampiri si accostarono, spiando la scena all’interno. Caroline era seduta sul letto, il capo appoggiato sulla spalla di Elena, seduta accanto a lei, che l’abbracciava. Le due se ne stavano immobili, e in silenzio. Damon sospirò, mentre Enzo era completamente rapito dalla figura di Caroline anche solo per respirare. Quanto gli era mancata quella chioma di capelli biondi?
«Vuoi parlarle?» chiese Damon. Enzo titubò.
«L’ultima volta che ci ho provato non ha voluto vedermi»
« Beh, a quanto pare se tenti di uccidere il loro migliore amico,  sono meno consone a parlarti dopo» commentò Damon ironico, mentre Enzo levava gli occhi al cielo.
« Il migliore amico in questione ha tentato – anzi no- mi ha ucciso, letteralmente» precisò.
« il migliore amico in questione è mio fratello, perdonami amico, ma non potrò mai stare dalla tua parte in questa storia» disse Damon.
Enzo tornò a fissare Caroline. Voleva entrare, voleva vederla, voleva guardarle gli occhi, accarezzarle una guancia e assicurarsi che... stesse bene?
« Ha davvero bisogno di aiuto?» chiese Enzo, stavolta rivolgendosi completamente a Damon.
«Forse è meglio allontanarci dalla porta» sussurrò l’altro. Un attimo di indecisione, e poi i due erano di nuovo giù in salotto. Stefan poggiato al camino, sembrava li stesse aspettando.
« Ti aspettavo di sopra» disse Enzo. Stefan sollevò lo sguardo, inespressivo. Non era quello il momento di odiarsi.
« Ci aiuterai?» chiese invece.
« Fatemici capire qualcosa... e ne riparliamo»
E Stefan, lo mise al corrente della situazione.



*****************


 
«Mi chiedevo quando saresti entrato»
Caroline osservò Enzo varcare la soglia della camera, insicuro. Un paio di passi, prima di fermarsi.
«Ciao, bellezza»
Un timido sorriso si fece largo sul volto di Caroline ed Enzo non potè fare a meno di pensare che era la visione più bella che avesse ricevuto nell’ultima settimana.
Caroline se ne stava sul letto matrimoniale di Stefan, poggiata con la schiena alla testata del letto, le gambe incrociate e un’espressione vaga sul viso. Sul letto erano sparse diverse foto, molte delle quali raffiguravano lei e sua madre. Enzo non riusciva ancora a muovere un passo.
« Un salto nel passato?» chiese, alludendo alle foto. Caroline annuì, lo sguardo perso nel vuoto.
«Ero stanca di piangere per ricordi dolorosi. Meglio farlo per ricordi belli, no?»
Fragile, ecco come la vedeva. In quel momento sembrava una bambola di porcellana. Percepiva lo stato d’animo disperato e malinconico che albeggiava sulla sua amica, e ne riconosceva il dolore.
« Tesoro, devi smetterla di piangere»
L’aveva detto nella maniera più dolce possibile. Caroline aveva posato i suoi occhi sul vampiro, che non accennava a muoversi, ma che con le sue parole le aveva appena accarezzato l’anima. Purtroppo la reazione non fu esattamente quella che ci si aspettava. Gli occhi le si inumidirono, mentre incatenata alle iridi castano scure del vampiro tentava di sorridergli debolmente. Enzo reagì d’istinto e in un secondo si sedette accanto a lei, sul letto. Caroline restò immobile, mentre le lacrime iniziarono a rigarle le guance.
«Io non voglio piangere, te lo giuro. Darei qualsiasi cosa per smettere di piangere...» sussurrò, distogliendo lo sguardo da lui, non avendo il coraggio di guardarlo negli occhi.
Enzo capì il perché della rassegnazione di Stefan. Quello che si ritrovava davanti era lo spettro di Caroline, il suo pallido e vago ricordo. Non quella ragazza che tutti, e proprio tutti, avevano imparato ad amare. In un gesto inconsueto portò una delle sue mani sul viso della ragazza, asciugandogli le lacrime.
«Sono stato informato dei tuoi pensieri ricorrenti» disse, senza mostrare alcuna opinione al riguardo. Caroline deglutì, lasciando che la mano del ragazzo finisse il suo lavoro. Una volta che il contatto si perse, prese un respiro più profondo e allungò il braccio sinistro per prendere una foto.
« Da quando sono un vampiro, sono sempre stata forte. Ho imparato ad essere forte, a razionalizzare tutto ciò che succede nella mia vita, a razionalizzare concetti come la vita e la morte. Ho affrontato la morte di tante, troppe persone e non mi sono mai lasciata andare al dolore...»
Enzo seguiva il discorso della ragazza, incapace di commentare alcunché. La sua mano che era tornata al suo posto fremeva per tornare a scostarle quella ciocca di capelli biondi dal viso, ma non si mosse.
« Questa foto l’ha scattata Elena. Era poco dopo che mia madre aveva scoperto cos’ero e mi aveva... accettato per quello che ero diventata. Avevamo organizzato una serata con Elena e Bonnie a casa mia e mia madre è tornata prima dal lavoro e...»
Caroline sembrava essersi persa nei ricordi, mentre una risata le si apriva sul volto.
« e... io stavo facendo delle foto a tutto e a tutti, scherzando sul fatto che d’ora in avanti la mia faccia nelle foto sarebbe stata sempre la stessa e che a distanza di anni non avrei saputo fare la differenza tra un anno e l’altro dato che non invecchiavo. E allora mia madre disse “Tu, signorina. Io invecchierò eccome! “ In quel momento decisi che mia madre sarebbe stata in grado di segnare il tempo nelle mie foto. La mia costante e il mio orologio»
Enzo chiuse gli occhi, ripensando a poco prima.

«New Orleans? Dovrei andare a New Orleans per convincere l’essere più potente al mondo a tornare a Mystic Falls?»
«Bingo!» disse Damon, con finto entusiasmo, sbuffando subito dopo.
«Klaus può aiutarci con Caroline. Dobbiamo tentare»
«Tentare il suicidio?» ribadì Enzo.
 
«Dovevo fare tante foto con lei, ogni anno. Avremmo scandito e marcato il tempo. E invece... il cancro me l’ha portata via....»
Enzo osservò la bionda vampira tentare di non rimettersi a piangere. Stringere gli occhi fino a farsi male, pur di non lasciarsi andare ad un altro pianto.

«Cosa succede se non vuole collaborare? Non sono certo nella posizione di costringere un Originale a fare quello che voglio...»
«E’ di Caroline che stiamo parlando. Non rifiuterà» celiò Damon, la sicurezza traspariva chiaramente dalla sua voce.
«Siete davvero convinti che Klaus accetti perché in passato ha avuto un debole per Caroline?»
« Oh... peggio, amico mio. Siamo quasi sicuri che se ne fosse innamorato» precisò Damon.
 
 
«E adesso invece saranno tutte... maledettamente...uguali! Queste ...inutile e stupide fotografie!»
In preda ad una crisi Caroline aveva iniziato a strappare tutte le foto, inveendo contro ogni scatto, ogni persona raffigurata. Enzo le aveva dovuto bloccare i polsi per fermarla, le lacrime che silenziose avevano ripreso a colare.
«Mi dispiace» sussurrò Caroline, prima che il vampiro l’avvolgesse in un abbraccio.
Enzo sospirò. Caroline aveva bisogno di aiuto.
E se a New Orleans, c’era anche solo una remota possibilità di soluzione, valeva la pena rischiare.

«Mettiamo caso che prenda parte a questa follia... Voglio vederla»
«Non ti sono corso dietro prima, non lo farò neanche adesso» concluse Stefan, sguardo basso e serio.
«Blondie non sa niente di tutta questa storia. Mi raccomando...» aggiunse Damon, un’occhiata eloquente.
«Perfetto, stiamo facendo tutto alle sue spalle! Ricevuto!» biascicò Enzo, in palese disaccordo. «Stiamo agendo per il suo bene, Enzo. Quando la vedrai... capirai» terminò Stefan, prima di lasciare la stanza. Enzo si scambiò uno sguardo con Damon, che si limitò ad un solo cenno del capo, verso il piano di sopra. In un batter d’occhio, Enzo era alla porta. 







My Corner

Buonasera e benvenuti! Ringrazio vivamente chi è arrivato fin qui (vuol dire che avete letto, e se avete letto vuol dire che un pò vi piaciucchia questa storiella, dai...!)
Insomma, che ne pensate? Questo primo capitolo ha introdotto il personaggio di Enzo che nella mia fan fiction, come avrete potuto notare, avrà un ruolo rilevante.
Che ve ne pare dell'idea dei Salvatore? Mandare Enzo sarà la scelta giusta?
Amo il personaggio di Enzo, e sinceramente non mi piace per niente la storyline che la Plec gli ha dato, lo sminuisce troppo!
Quando per la prima volta ho pensato alla mia storia, ho subito avuto l'idea di inserire Enzo in questo modo!
Immaginate la mia sorpresa quando tempo dopo che ho scritto questo capitolo, leggo un'intervista di Joseph e vedo che quando gli hanno chiesto quale personaggio vorrebbe facesse un crossover con TO (oltre Caroline, ovviamente) lui ha risposto ENZO!! [JoMo, la pensiamo troppo uguale!]
Ad ogni modo sono curiosa di sapere le VOSTRE impressioni!
Giusto per chiarificare un paio di cosette, volevo dirvi che la parte di testo in corsivo grigio la uso per i FLASHBACK.
Qualsiasi chiarimento, sentitevi liberissimi di contattarmi tramite MP, o di scrivermelo nelle recensioni!
Preciso anche che sebbene questo sia un crossover, ogni cosa a suo tempo! Quindi per ora siamo ancora a Mystic Falls e ci resteremo ancora per qualche capitolo
Ma non temete... presto tutti faranno la loro comparsa...! (soprattutto il nostro amato Klaus)
Beh... detto ciò... a voi la parola! E alla prossima settimana! :D

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Capitolo 3
*** Chapter 2: I can't help but notice, you reflect in this heart of mine ***


Crossover : The Vampire Diaries/ The Originals
La storia inzia dopo la 6x12 (TVD) e dopo la 2x12 (TO)
[Qualsiasi cosa successa prima di questi episodi resta invariata]



Up with the birds



Chapter 2
I can't help but notice, you reflect in this heart of mine



«Siete sicuri che mandare Enzo sia una buona idea?»
Elena chiuse il portone alle sue spalle, raggiungendo i due che parlavano in giardino. Enzo aveva deciso di collaborare ed era andato a prendere il necessario per il viaggio. Doveva tornare a casa Salvatore per le ultime indicazioni e poi sarebbe partito alla volta di New Orleans per portare l’Originale a Mystic Falls. Tuttavia, Elena continuava a pensare che mandare Enzo non fosse proprio una buona idea, e non potè fare a meno di condividere il suo pensiero con i due vampiri.
«Non sarebbe meglio uno di noi?» chiese, come se le fosse sfuggita la logica che c’era nel mandare quello che per l’Ibrido era un perfetto sconosciuto a New Orleans. Damon sbuffò, evidentemente stanco di riprendere il discorso.
«Ne abbiamo già parlato Elena. Non ti lascerò andare a Mystic Falls a fare visita a Klaus, mettitelo bene in testa!» disse, seccato e arrivando a fronteggiarla.
«Allora vieni con me! Andiamo insieme!» propose lei.
« Non possiamo dimenticarci di quello che sta succedendo qui a Mystic Falls, Elena. Kai, Jo, i gemelli... ti sei forse dimenticata in che razza di casino siamo?E Caroline? Non possiamo certo lasciarla sola!» rispose Damon, senza mezzi termini.
Elena si voltò verso Stefan in cerca di sostegno, ma il vampiro non le diede soddisfazione. Era d’accordo con il fratello, ovviamente.
«D’accordo, ma come la mettiamo col fatto che Klaus non ha la minima idea di chi sia Enzo? Chi ci dice che non lo ucciderà ancor prima di averlo fatto parlare?» sbotto Elena, la quale non riusciva a sentirsi sicura di affidare quella che era una lieve speranza in mano ad Enzo.
«Se la caverà, te lo assicuro» celiò Damon, poggiando le mani sulle spalle di Elena e tentando di tranquillizzarla. La ragazza però non sembrava demordere.
«Non potremmo almeno avvisarlo? Che so... una telefonata? Una lettera? Qualsiasi cosa?»
«Oh, dimenticavo che tu e Klaus siete amici di penna! Quand’è stata l’ultima volta che gli hai mandato una mail? Ieri sera?» commentò Damon, alle sue spalle, mentre Elena levava gli occhi al cielo, e si toglieva le mani del ragazzo dalle spalle.
«Sono seria, Damon! E’ di Klaus che stiamo parlando! Non si fiderà di Enzo!» rincarò Elena, cercando almeno in Stefan un accenno di comprensione. Perché non riuscivano a capire che non potevano affidarsi ad Enzo completamente?
« Forse... Caroline. Potrebbe avere ancora un numero su cui possiamo provare a rintracciarlo» constatò Stefan, pensieroso. Effettivamente Elena non aveva tutti i torti. Forse... avvisare, sarebbe stato meglio.
«Me ne occupo io» disse Elena, prima di scomparire.
«Elena!» la richiamò Damon, ma il portone si era già richiuso.




*******************************************


«Ehi»
Caroline si voltò verso Elena, appena entrata nella stanza. L’aveva trovata seduta per terra, a raccogliere tutti i pezzetti delle fotografie che aveva stracciato qualche ora prima con Enzo.
« Ehi. Sei venuta a darmi una mano?» chiese Caroline ironica, indicando i mille pezzetti di foto sparsi in ogni dove. Elena sorrise a malapena sedendosi per terra di fronte alla sua amica.
«Dopo che Enzo è andato via, ho deciso che non volevo più avere foto da guardare e ho praticamente distrutto l’intero album. Quanto... mi odio, in questo momento» disse la ragazza a sguardo basso, mentre con le mani raccattava tutto quello che c’era sul pavimento. Elena si morse le labbra, cercando con lo sguardo il cellulare della ragazza. Non lo vedeva da nessuna parte. Avrebbe dovuto chiedergli dov’era, e questo complicava le cose.
« Ehi, ti ricordi quando ho spento la mia umanità?» chiese d’un tratto. Caroline sollevò lo sguardo, confusa. Certo, che se lo ricordava.
« Elena... davvero non mi va di affrontare l’argomento...» sospirò Caroline. Discutere con Elena della sua decisione di spegnere tutto non era esattamente quello che si era proposta di fare per il pomeriggio. Non aveva alcuna intenzione di stare a sentire le prediche dei suoi amici su quanto fosse inutile e sbagliato mettere un muro tra lei e le sue emozioni, non quando il suo intero mondo stava crollando a pezzi, giorno dopo giorno. Continuava a titubare, sperando che il dolore diminuisse, che d’un tratto smettesse di pensarci, che smettesse di piangere. Dio, odiava piangere. Non riusciva a fare altro da giorni. Rimandava e rimandava... sperando di non doverlo fare. Ma più passava il tempo, e più si convinceva che non le restava ancora molta forza di volontà. Per quanto forte Caroline si volesse mostrare, stava annegando nel dolore. Ancora un po’ e i concetti di giusto e sbagliato le si sarebbero confusi, nel decidere di chiudersi nel suo personale inferno senza emozioni.
«No, no... hai ragione. Credo di essere l’ultima persona che può dirti di non farlo» rispose la mora. Caroline la guardò, un muto ringraziamento e un leggero velo di sorpresa per l’ammissione appena fatta.
 « Stavo solo pensando a quel periodo. Mi sono comportata da vera stronza, ricordo di averti rubato il vestito del ballo di fine anno» disse. Caroline annuì mentre si allungava a prendere dei pezzetti che erano finiti sotto al letto.
«Ti ho letteralmente odiato per quella storia» disse la bionda. Ricordava ancora la sua disperazione e la sua rabbia, Caroline, nello scoprire che quella che credeva fosse la sua migliore amica le avesse rubato il vestito di fine anno, quasi rovinandole la festa perfetta che programmava da tutta una vita. Elena senza umanità era uno schifo. Molto peggio di quando Katherine si era messa nel suo corpo, si ritrovò ad ammettere.
« Eppure alla fine al ballo ci sei venuta e... quel vestito... ricordo di aver pensato ‘da dove diamine avrà preso quel vestito stupendo? Perché non le ho rubato quello?’ »
Entrambe si lasciarono andare ad una leggera risata. Elena si fermò nell’ammirare il sorriso di Caroline. Non aveva mai capito quanto preziosi fossero i suoi sorrisi, prima di vederli scomparire dal volto dell’amica. Ultimamente non vedeva altro che lacrime solcare le guance di Caroline, e quella leggera risata era la prima che Elena vedeva da giorni.
« Ed io pensavo ‘Beccati questo, stronza!’. Quindi direi che eravamo sulla stessa lunghezza d’onda» commentò Caroline, che nel frattempo aveva raccolto tutti i frammenti di fotografie rimasti. Si alzò in piedi poggiando il tutto sul tavolino che Stefan aveva poco lontano dal letto. Nel frattempo i ricordi di quel ballo, e soprattutto di quel vestito le riaffiorarono nella sua memoria.
« Non mi hai mai detto dove hai preso quel vestito...» la domanda le uscì spontanea. In realtà Elena sapeva perfettamente dove aveva preso quel vestito. Non ci voleva un genio per capirlo. La more mise su la sua faccia più curiosa, mentre attendeva una risposta. In fondo stava solo sondando il territorio.
«Oh, gentile concessione di Klaus Mikaelson» disse Caroline, mentre un ricordo in particolare, si faceva largo nella sua memoria.

«Elena ha rubato il mio vestito per il ballo!»
Klaus si voltò verso la ragazza, lo sguardo curioso di chi per la prima volta si trova ad avere una conversazione di quel tipo. Probabilmente nessuno aveva mai pensato di lamentarsi con Niklaus Mikaelson di un vestito rubato e di un ballo scolastico.
«Sono andata a ritirarlo e la sarta mi ha detto che era già stato preso e quando ho chiesto da chi, mi ha detto che non ricordava»
Caroline concluse il suo discorso e guardò l’ibrido in attesa di un barlume di comprensione. Klaus boccheggiò per qualche secondo, senza dire una parola. Aveva capito dove la ragazza volesse arrivare ma decise di lasciarlo dire a lei, dato che sembrava essere impaziente di completare la sua deduzione.
« Pronto?! La verbena non è più nelle tubature! E’ stata soggiogata!»
Klaus tentò di tenere un’espressione seria per qualche secondo, ma alla fine una sana risata uscì dalle sue labbra. Se non fosse stata così preoccupata per il ballo, Caroline probabilmente avrebbe apprezzato di più la leggerezza di quella risata, magari si sarebbe persino unita a lui, perché effettivamente, a mettersi nei panni dell’Originale, la sua uscita doveva essere risultata davvero comica. Ma per Caroline il ballo di fine anno ora era la questione di massima urgenza.
«Non è divertente»
 
«Klaus? Quel vestito apparteneva a Klaus?» chiese Elena. Caroline si voltò verso la sua amica e tornò a sedersi sul letto, stavolta assicurandosi che nessun album di foto fosse nelle vicinanze. Elena si alzò da terra e si mise a sedere accanto all’amica.
«Già. Ero disperata e sono piombata a casa sua, inveendo contro di te e... gli ho chiesto se poteva darmi un vestito. In fondo se c’è una cosa che si può affermare con certezza è che Klaus sa vestire in un certo modo»  concluse Caroline, rendendosi subito conto che senza accorgersene aveva appena fatto un complimento all’ibrido a cui si era ripromessa di non pensare mai più.
« Beh... qualche qualità doveva pur avercela, no?» commentò Elena, sistemandosi meglio sul letto. Caroline annuì distrattamente prima di perdersi ancora una volta nei suoi ricordi.

«Quindi... sei un collezionista di abiti da reali?» chiese Caroline, entrando in una delle stanze più belle che avesse mai visto. Era una stanza grandissima, circondata da enormi armadi le cui ante erano ricoperte da specchi. Caroline vedeva il suo riflesso su ogni parete. Non poté fare a meno di sorridere.
«Forse avrai notato che non viaggio quasi mai da solo, tesoro» la voce di Klaus arrivò da uno degli armadi sulla parete sinistra della sala. Caroline per un attimo si scurì. Era forse quella un’allusione a tutte le... donne... che Klaus aveva avuto nell’arco di mille anni? Le aveva forse appena detto che tutti quei meravigliosi abiti li aveva fatti indossare a tutte le sue... conquiste?
«Un abito per ogni conquista. Beh, sai di certo come comprarci, Klaus»
«Credevo che non potessi essere comprata con abiti e gioielli» rispose Klaus, alludendo alla conversazione avuta ormai quasi un anno prima. Caroline sbuffò.
«Parlavo di me per indicare il genere femminile. Non mi includevo nella sfilza di donne a cui hai fatto indossare queste meraviglie per portartele a letto» concluse amara Caroline. Una leggera risata le arrivò di risposta. Il volto di Klaus si affacciò dall’anta.
«E’ forse gelosia quella che sento, amore?»
Caroline si voltò di scatto dall’altra parte dando le spalle all’ibrido, mentre si malediva per parlare sempre senza riflettere. Fantastico, ora Klaus pensava che lei fosse gelosa.
« Pena, per essere precisi» aggiunse, ma l’Originale non aveva bisogno di guardarla in faccia per capire che la sua era una cosa detta a caso, per rimediare al suo straparlare. Dopo qualche secondo di silenzio, e di imbarazzo da parte di Caroline, Klaus richiuse le ante dell’armadio, in mano una custodia scura, chiusa da una zip. Caroline si voltò sentendolo fare qualche passo. Un sorrisino era stampato sul volto di Klaus, mentre le si avvicinava con l’abito tra le braccia.
«Beh? Che hai da sorridere?» chiese Caroline, una leggera irritazione.
«Dovresti essere più gentile con me. Potrei sempre tornare sui miei passi e...»
«Ok, ok, scusa» tagliò corto Caroline. Quel vestito le serviva, e dopotutto Klaus era stato subito disponibile a darglielo, perciò un minimo di riconoscenza gliela doveva. Soffocò qualsiasi tipo di insulto/commento acido che le era sovvenuto, per sostituirlo con un bel sorriso mentre prendeva tra le mani la custodia che con un sorrisetto sfrontato l’originale le stava porgendo. Caroline accarezzò la custodia con delicatezza, prima di cedere alla curiosità e tirare leggermente la zip per scoprirne l’interno. Klaus non le toglieva gli occhi di dosso.
«Coraggio, aprilo» la incoraggiò lui, curioso di vedere l’espressione della ragazza una volta visto l’indumento. Caroline non gli rivolse attenzione, troppo impegnata ad ammirare la bellezza di quell’abito che stava scoprendo, mentre tirava interamente la zip fino alla fine. Rimase senza parole.
«Wow... è... è...» le parole faticavano ad uscirle. Quando aveva detto ‘Grace Kelly’, Klaus doveva averla presa alla lettera, perché l’eleganza e lo stile di quell’abito erano precisamente quelli. Rapita da quella visione, non si accorse dello sguardo penetrante dell’Originale, finchè non sollevo gli occhi. Klaus incrociò le braccia, in attesa, arricciando le labbra.
«Cosa?» chiese lei,  con uno sguardo interrogativo.
«Beh, che aspetti? Indossalo»
 
Quel ricordo le provocò un inaspettato sorriso. Era la prima volta che si ritrovava a pensare a Klaus da quando sua madre... beh, da quel giorno. Non che prima fosse un suo pensiero ricorrente, ma l’Originale faceva spesso capolino nei suoi pensieri, sebbene Caroline cercasse di non prolungare mai quei momenti troppo a lungo. Aveva deciso tempo prima che quel capitolo era chiuso, ed era intenzionata ad onorare la sua decisione. Dopotutto c’era ancora tutta la questione dei suoi sentimenti per Stefan da chiarire.
Ad Elena non sfuggì. Non appena vide le sottili labbra di Caroline piegarsi ai lati, tirò un sospiro di sollievo. Forse chiedere l’aiuto di Klaus, non era un’idea così sbagliata
«In ogni caso non è più un nostro problema. Ora è un problema di New Orleans, e dei suoi cittadini. Oh, sempre che non decida di tornare a farci visita...» commentò Elena, osservando di sottecchi la bionda in attesa di una sua reazione. Caroline annuì distrattamente, poggiandosi le mani in grembo e con lo sguardo ancora perso nel vuoto.
«Di quello non mi preoccuperei» sussurrò appena Caroline. Elena corrugò la fronte: forse aveva sentito male, ma le era davvero parso di sentire una nota triste in quella affermazione.
« Come no! Sono certa che se gli mandassi un messaggio, o lo telefonassi, sarebbe qui in un attimo!» disse Elena. L’aveva buttata lì, ma era quella l’informazione per la quale tutta la conversazione era stata messa su: scoprire se Caroline aveva un modo di contattare l’ibrido. Elena abbassò lo sguardo, tentando di mostrare il più completo disinteresse per l’argomento, mentre trepidante attendeva una risposta. Purtroppo Caroline scelse di non collaborare. Dopo qualche secondo di silenzio, decise di stendersi sul letto e voltarsi dall’altra parte, poggiando la testa sul cuscino. Non bene.
« Care?» la richiamò Elena.
« Sono un po’ stanca. Ti... dispiace?» chiese la bionda, cercando di non essere troppo scortese. Elena sospirò rimettendosi in piedi. Doveva trovare quel maledetto numero di telefono. Si diresse verso la poltrona accanto alla finestra e prese il plaid giallo ocra poggiatovi sopra. Senza aggiungere una parola, ma continuando a guardarsi intorno, poggiò la coperta sulla vampira. Sapeva che Caroline non aveva freddo, ma il suo era più che altro un gesto d’affetto. All’improvviso sentì un fruscio provenire dalla porta. Si voltò di scatto notando Damon che la incitava a venir fuori. Lei scosse la testa, mimandogli che doveva ancora trovare il cellulare, ma Damon non volle sentire ragioni. Ed Elena sapeva bene che se Damon insisteva, sarebbe stato capace di entrare, prenderla in spalla e portarla fuori.
« Qualsiasi cosa sono di là, ok?» disse Elena, rassegnata. Caroline rispose con un leggero cenno del capo, e accucciandosi di più sotto il plaid. Con un paio di falcate, Elena lasciò la stanza richiudendosi la porta alle spalle. Caroline chiuse gli occhi, perdendosi nuovamente in un vecchio ricordo.

«Ti ho detto di non entrare ancora!» urlò, mentre invano tentava di allacciarsi quei sottili bottoncini dietro la schiena. Un contorsionista, ecco chi avrebbe potuto riuscirci! Aveva indossato il vestito fornitole da Klaus, ed aveva insistito perché potesse farlo in quella stanza dai mille specchi. Ogni gesto, ogni indumento tolto era stato osservato da Caroline nello specchio. Si era sentita una principessa, mentre indossava quella meraviglia. Peccato che ora non riuscisse a chiuderlo. Si maledì mentalmente per aver accettato di indossarlo lì, a casa dell’Originale, quando avrebbe tranquillamente potuto infilarselo a casa sua, nella sua stanza, con sua madre ad una porta di distanza che avrebbe potuto chiamare per farsi abbottonare quegli stupidi bottoncini. E invece no! Aveva ceduto al desiderio di sentirsi una principessa, di restare in quella stanza e specchiarsi mentre indossava uno degli abiti più belli che le fossero mai capitati tra le mani e... doveva ammetterlo, al desiderio di vedere la faccia di Klaus una volta che le avesse visto quel vestito addosso. Rinunciò all’impresa, lasciando scivolare le braccia lungo i fianchi e sospirò guardando il suo riflesso nello specchio. I capelli ricci erano sciolti, ma avrebbe fatto uno chignon più tardi, lasciando il collo e le spalle interamente scoperte, dato che l’abito le arrivava fin sopra il seno. Sorrise osservando il suo riflesso allo specchio: oh, Elena sarebbe morta di invidia vedendola! Al diavolo il vestito che aveva provato e su cui aveva immaginato il suo ballo per mesi: questo era decisamente il vestito perfetto. Quasi quasi, pensò, l’avrebbe ringraziata quella stupida, stro... fermati Caroline! Dopotutto è solo Elena... con i suoi lati peggiori amplificati!
«Klaus?» chiamò, ormai rassegnata all’idea. Qualcuno doveva pur chiudergli quei bottoncini. La porta si aprì leggermente lasciando intravedere l’Originale che se stava schiena allo stipite della porta e braccia conserte, in attesa. Non appena la vide, l’espressione dell’ibrido cambiò completamente.  L’espressione scocciata e annoiata, lasciò spazio ad un’allibita e, se possibile, piacevolmente sorpresa. A differenza di quello che si sarebbe aspettata Caroline, Klaus non fece un passo. La guadava, semplicemente, rapito. Dopo qualche secondo di silenzio, nel quale Caroline non potè fare a meno di lasciarsi andare ad un sorrisino compiaciuto, senza farsi notare ovviamente, Klaus sembrò risvegliarsi dal suo stato catatonico per osservare il volto della sua interlocutrice.
«Beh, che aspetti? Questi bottoncini non si chiuderanno da soli» affermò la bionda, voltando immediatamente lo sguardo per non dargli la soddisfazione di guardarlo negli occhi. C’era solo un piccolo problema: si trovavano in una stanza piena zeppa di specchi, ne segue che ovunque guardasse, tutto ciò che riusciva a vedere era loro due. Klaus mosse le gambe in direzione della ragazza, arrivando al centro della stanza e fermandosi appena dietro di lei. Caroline portò le mani a tenersi il corpetto fermo, mentre osservava Klaus tenere puntato lo sguardo sulla sua schiena seminuda. Le guance le si imporporarono di colpo, e il pavimento diventò improvvisamente interessante. In silenzio Klaus le allacciò tutti i bottoncini impiegando un tempo stranamente lungo, più di quello che era necessario certamente, pensò la ragazza. Tuttavia sentire le sue mani percorrere la sua schiena con leggerissimi tocchi e il suo fiato caldo sulle spalle, non le dava fastidio, anzi... le... provocava un certo effetto. Con calma iniziò ad inspirare ed espirare, tentando di sopprimere quelle maledette sensazioni, che si ripeteva come un matra, erano sbagliate . Eppure...
«Amore?»
Il sussurro di Klaus la portò a sollevare lo sguardo, e quando i suoi occhi incontrarono lo specchio, quello che vide la lasciò senza fiato. Il loro riflesso. Klaus aveva le mani sui suoi fianchi, ma il suo tocco era così leggero che nemmeno se ne era accorta. La sua figura era un contorno per lei, e nei suoi abiti scuri allo stesso tempo il migliore dei contrasti, contro il candido bianco perla del suo abito. Era di poco più alto di lei, e il suo viso spuntava sulla sua spalla destra, di un bianco pallido come la neve, così come il suo. Le labbra rosse, sottili ma al contempo carnose e immobili in un espressione che Caroline non seppe definire, come se anche lui stesse studiando il loro riflesso nello specchio.
«L’abito ti sta d’incanto, tesoro» le sussurrò, senza togliere gli occhi dal loro riflesso. Caroline annuì, leggermente imbarazzata. Ingoiò un po’ di saliva, lasciando scorrere il suo sguardo sulle mani di lui, ancora ferme sui suoi fianchi.
«Meglio di come stava alle altre?» rispose lei con un tono leggermente amaro. La domanda le era sorta spontanea. In quel momento le era impossibile non pensare al fatto che tutti quegli abiti, che quell’abito, fosse stato indossato da qualcun altro, da altre donne... donne che magari erano più belle di lei. Si perse in quell’attimo di debolezza, Caroline, in quell’attimo dove un improvviso paragone si era manifestato nei suoi pensieri, un paragone a cui, non riusciva a capire perché, dava tutta quest’importanza.
«Venisse a saperlo Rebekah mi toglierebbe anche il saluto ma... sì, Caroline» disse, terminando in un accenno di sorriso, e distogliendo lo sguardo dal loro riflesso per soffermarsi sui suoi capelli dorati. Caroline sollevò lo sguardo dalle sue mani, trovandosi occhi negli occhi con lui, incapace di muovere un muscolo.
«Rebekah?» sussurrò. Lui annuì debolmente.
«La proprietaria, nonché unica indossatrice di tutti gli abiti ‘reali’, come li definisci tu, che sono in questa stanza» disse tutto d’un fiato. Caroline tornò a fissare il loro riflesso, scottata dal suo sguardo che non aveva spostato. Inutile dire che a quella dichiarazione, si era improvvisamente sentita più leggera.
«Tu sei l’unica, Caroline. Credevo che ormai l’avessi capito»
Gliel’aveva sussurrato all’orecchio, e una serie di brividi le aveva scosso tutto il corpo. Era immobile, incapace di muoversi, di respirare, quasi. Sentiva il cuore batterle all’impazzata e si chiese se facendo pressione sul suo cervello sarebbe riuscita a fermare quei battiti impazziti che, ne era certa, anche lui riusciva a sentire. Quando lo sguardo di Klaus tornò a posarsi sul loro riflesso, il tempo sembrò fermarsi.
«Un giorno, Caroline, ti renderai conto che certe... sensazioni, per quanto proviamo ad nasconderle o a soffocarle... sono impossibili da ignorare. E quel giorno... proverai sulla tua pelle, quello che io provo ogni volta che ti guardo»
Fortunatamente fu lui a staccarsi, perché Caroline, non credeva avrebbe avuto la forza di fare un solo passo dopo le parole che aveva appena sentito. Klaus staccò le mani dalla sua vita, face un passo indietro e le sorrise dal riflesso nello specchio. Senza aggiungere un’altra parola, abbandonò la stanza, lasciando la ragazza nei più rumoroso dei silenzi. Caroline riacquistò la lucidità nell’arco di pochi secondi, voltandosi verso la sedia poco distante da lei su cui aveva appoggiato borsa e cellulare. Si avvicinò per vedere l’orario: mancavano ancora tre ore al ballo. Doveva tornare a casa, farsi una doccia, truccarsi... ma soprattutto togliersi quel vestito e togliersi di dosso tutte quelle sensazioni che Klaus le aveva lasciato addosso. E il suo odore... doveva assolutamente togliersi il suo... stupido e... inebriante odore dalla sua pelle. Correndo il rischio di slogarsi entrambe le braccia, riuscì a slacciarsi abbastanza bottoncini da riuscire a sfilarsi l’abito da sola. Ci sarebbe riuscita anche prima... forse? Senza soffermarsi sul quesito di rivestì velocemente, rimise a posto il vestito nella custodia, prese le sue cose e filò al piano di sotto, decisa ad evitare Klaus, se possibile e volare dritto a casa. Arrivata al salotto incerta, decise che forse almeno un grazie avrebbe potuto dirglielo. Si voltò ma la sala era praticamente vuota.
«Klaus?» chiamò, mentre con lo sguardo vagava per la stanza.
«Chi lo desidera?»
Caroline si voltò di scatto. Davanti a lei Elijah, la guardava interrogativo. Caroline si schiarì leggermente la voce. Forse era meglio così. Dopo quello che era successo al piano di sopra era certa che rivedere l’ibrido le avrebbe fatto solo... peggio!
«Ehm... Caroline. Forbes. Caroline Forbes» precisò mentre Elijah assumeva una curiosa espressione.
«Capisco» si limitò a commentare. L’Originale fece un passo indietro, probabilmente nella direzione del fratello ma Caroline lo fermò con la sua voce.
«No! Non... c’è bisogno. Io... volevo solo...» incerta vide il maggiore degli Originali voltarsi nella sua direzione, sorpreso. Strinse la custodia del vestito tra le mani e si schiarì leggermente la voce.
«Solo gli dica che lo ringrazio» proferì Caroline, scegliendo di dargli del lei. Elijah non si mosse, ma annuì debolmente.
«Riferirò, Miss Forbes» celiò, gentile come al solito. Caroline ringraziò in silenzio e uscì senza aggiungere altro. Nei suoi pensieri ancora quel riflesso perfetto, che ne era certa, avrebbe accompagnato i suoi pensieri, purtroppo, finchè la sua memoria non avesse deciso di buttarlo nel dimenticatoio. E questo non era un bene, per niente.
 

E Caroline non aveva ancora dimenticato quel riflesso. Era ancora lì, nella sua memoria, a torturarla quando lasciava che la sua mente la riportasse a pensare a Klaus. E si malediceva, Caroline, perché in fondo Klaus aveva sempre avuto ragione. Certe sensazioni semplicemente non si possono ignorare. O per meglio dire, nel suo caso, dimenticare







My Corner

Buongiorno e BUONA FESTA DELLE DONNE!
SORPRESAAAA, ho aggiornato prima! Prendetelo come il mio regalo per questa festa, e anche come cambio di giorno di Aggiornamento
Il fatto è che dalla prossima settimana in poi sarà incasinatissima di martedì. Per cui gli aggiornamenti verranno spostati alla DOMENICA!
Tornando al capitolo, possiamo dire che questo capitolo finalmente ha un pò di Klaroline! (yuppyy!)
Godetevelo, perchè di scene tra Klaus e Caroline al presente... beh... dovrete aspettare parecchio per averne!
Questo sempre per la questione che devo cercare di attenermi il più possibile alla storia! Deve filare il tutto, e non posso semplicemente far piombare Klaus a Mystic Falls o Caroline a New Orleans!! Ne va della serietà e della veridicità di questa storia!
Per farla breve, se volete la solita scontata Klaroline, mi dispiace dirvelo ma questa non è la storia per voi!
Qui, ogni cosa ha i suoi tempi, anche i nostri protagonisti.
Chiarito ciò, torniamo al capitolo. I nostri prodi riusciranno nell'impresa? Riusciranno a trovare un modo per contattare l'ibrido?
Oppure dovranno solo appoggiarsi ad Enzo? Ed Enzo a New Orleans? Come se la caverà? In fondo Elena ha ragione...non trovate?
Fatemi sapere che cosa ne pensate! :D

Ah, a proposito! I titoli dei capitoli sono presi da testi di alcune canzoni.
La scorsa settimana si trattava di Yellow Flicker Beat di Lorde.
Questa setimana invece, ovviamente, la canzone è Mirrors di Justin Timberlake [per ovvi motivi]

Ora... molti di voi nelle recensioni mi hanno detto che una settimana può essere molto lunga quando aspetti un aggiornamento.
Siccome sono taaaanto buona, e soprattutto felice che la mia storia vi piaccia così tanto, ecco cosa ho pensato per ingannare l'attesa.
Alla fine di ogni capitolo vi lascierò 3 citazioni dal prossimo: così durante la settimana potrete tentare di indovinare "Chi dice cosa" e "perchè".
Che ve ne pare? Proviamo...? xD

Ecco a voi tre citazioni tratte dal 3 capitolo. A chi apparterranno...?

1. «Immagino che sarai costretta a provare per credere»
2. «Ragazzo probabilmente pericoloso che tenta approccio in un bar. Decisamente il mio tipo»
3. « In ogni caso... comunque vada a finire questa storia, volevo solo che sapessi quanto ti sono grata»

E con questo... a domenica prossima!

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Capitolo 4
*** Chapter 3: Have you ever been so lost, known the way and still so lost ***


Crossover : The Vampire Diaries/ The Originals
La storia inzia dopo la 6x12 (TVD) e dopo la 2x12 (TO)
[Qualsiasi cosa successa prima di questi episodi resta invariata]



Up with the birds



Chapter 3
Have you ever been so lost, known the way and still so lost



«Enzo è arrivato» comunicò Damon, chiudendo il cellulare e rimettendoselo in tasca. Elena era seduta sul divano e stava bevendo da una sacca di sangue. Se ne restò in silenzio mentre il vampiro si sedette accanto a lei passandole una mano dietro la schiena. Lei in tutta risposta gli lanciò un’occhiataccia a cui lui si limitò a replicare con un sorrisino sfrontato.
«Il telefono è sistemato» proclamò Stefan entrando nel salotto. Arrivò di fronte ad Elena e glielo porse.
«Tocca a te» disse mentre osservava la ragazza mettere da parte la sacca di sangue per prendere lo smartphone in mano. Ancora offesa, non si soffermò a guardare nessuno dei due fratelli mentre armeggiava col cellulare.
«Avreste potuto dirmelo» biascicò, mentre Damon alzava gli occhi al cielo. Non stavano avendo  di nuovo quella conversazione, vero?
«Non ce ne hai dato il tempo, miss-risolvo-tutto-io! » replicò annoiato. Quello che Elena aveva in mano era il telefono di Caroline, o meglio... era un nuovo telefono con la scheda di Caroline. A quanto pare la bionda aveva, in un momento di rabbia, distrutto il suo cellulare lanciandolo per aria. Stefan lo aveva preso e aveva salvato la scheda, con l’intento di ridarlo alla ragazza una volta calmata. Ma Caroline non aveva più chiesto, ne si era preoccupata del suo cellulare e così se ne era praticamente dimenticato. Quando Elena aveva proposto di cercare il numero di Klaus sul cellulare di Caroline, Stefan non aveva fatto in tempo a dire ad Elena che era lui ad avere la scheda. Elena era salita a parlare con Caroline, mentre Stefan era andato a comprare un nuovo cellulare per mettere la scheda al suo interno.
«In ogni caso non è stata proprio inutile la mia chiacchierata con Caroline» disse Elena, rassegnandosi all’idea di tenere il broncio ancora per molto, avevano cose più importanti a cui pensare. Stefan mise le mani in tasca, guardando la ragazza in attesa.
«Credo che chiamare Klaus sia una buona idea. Mentre ne parlavamo ho avuto come la sensazione che... non so, stesse meglio» disse Elena incerta, mentre i due fratelli si scambiavano uno sguardo tra loro. Elena sospirò e inserì il codice pin della sua amica, che sapeva a memoria.  Avevano cambiato così tanti cellulari, non per colpa loro, che facevano fatica a ricordarsi tutti i codici pin, quindi in tempi non sospetti, avevano deciso che avrebbero cambiato il pin delle schede dopo il primo uso ogni volta, per far si che il pin fosse sempre uguale. Avendo avuto finalmente accesso alla rubrica, Elena la scorse rapidamente, non che ci volesse chissà quanto. Niente.
«Qui non c’è niente. Nessun Klaus, K, ibrido...» commentò Elena, riscorrendo con più calma e soffermandosi su qualsiasi nomignolo sospetto.
«Prova anche sotto omicida, assassino...» suggerì Damon, allungando lo sguardo oltre la spalla di Elena, che si limitò ad alzare gli occhi al cielo.
« oh,oh! Magari lo ha segnato come Sesso selvaggio nella foresta, oppure oggetto segreto della mia attrazione» si corresse Damon. Ad Elena non potè fare a meno di scappare un sorriso. Rassegnata, chiuse il cellulare lanciandolo a Stefan. Il ragazzo ripetè la stessa operazione, purtroppo senza risultati.
«Sul serio... come ho fatto ad innamorarmi di te?» chiese Elena, sfidando Damon con un’espressione divertita. Il vampiro accavallò le gambe e lasciò andare il capo leggermente indietro. Sorridendo fece un occhiolino alla mora
«Beh... ho un certo fascino, come avrai potuto notare»
«Ribadisco, come?»
« Mi piacerebbe ricordarti qualche dettaglio particolare ma... sarebbe imbrogliare, no?» disse, sottolineando dettaglio particolare al punto giusto, da inviare un messaggio chiaro e tondo alla ragazza.
«Per quanto ne so potresti riempirmi di bugie...»
Damon sorrise della sua risposta, e le si avvicinò all’orecchio.
«Immagino che sarai costretta a provare per credere» le sussurrò suadente. Un brivido scosse la ragazza da capo a piedi, mentre le gote le si arrossarono e lo sguardo veniva catturato da un paio di impertinenti occhi blu.
« Immagino che dovremmo affidarci ad Enzo»
Elena e Damon si voltarono verso Stefan e annuirono leggermente, tornando ad evitarsi con lo sguardo. Il fratellino sembrava non essersi accorto della piccola conversazione avuta tra lui ed Elena, troppo preoccupato per quel telefono e per Caroline.  Damon sorrise tra sé. Un po’ alla volta l’avrebbe riconquistata la sua Elena. Dopotutto... l’aveva già fatto una volta.
 


***********************************


«Una vodka liscia. Anzi, fanne tre»
Enzo sedeva sullo sgabello di un bar di New Orleans, pronto a ingerire una bella dose di alcol prima di andare alla ricerca dell’originale che, molto sicuramente, avrebbe messo fine alla sua vita.  Non c’era bisogno di una motivazione precisa, almeno non  da quello che si diceva in giro di Klaus. Pareva che uccidesse anche per noia, figuriamoci per essere stato infastidito. Prima di partire, di mettere piede su quell’aereo, Enzo si era fatto un calcolo delle probabilità. Sapeva della sua percentuale di vita, eppure ogni volta che aveva pensato di darsela a gambe, mandare al diavolo i Salvatore e i loro problemi del cazzo, un paio di occhi celesti facevano capolino nei suoi pensieri, un paio di occhi tristi, gonfi di pianto e il solo pensare a quell’immagine, lo riportava ogni volta sulla retta via. Retta via... insomma! Chissà se poi era davvero la retta via, se era davvero la strada giusta, la scelta giusta per risolvere quella situazione. Enzo sospirò, chiudendo gli occhi  e lasciò la quella musica che sembrava risuonare per tutta la città gli entrasse nell’animo. Da quando aveva messo piede fuori dall’aeroporto non ricordava mai di essere stato nel silenzio per più di due secondi. Quella città sembrava scoppiare di musica. Era ovunque. Non che non fosse piacevole, anzi... era un buon calmante per i pensieri, se solo fosse stato capace di tenerli a bada, i maledetti.
«Ecco a te»
La barista, una moretta bassa e piena di tatuaggi gli sorrise a malapena mettendogli davanti i tre shot. Enzo si soffermò a guardarla: aria triste, spettinata, occhiaie, sembrava non dormisse da giorni. Quella donna era abbandonata a se stessa, priva di gioia di vivere. Magari... poteva farsi un pranzetto, prima di andare a trovare Klaus. Le afferrò il polso, strattonandola leggermente e avvicinandola a sé le sorrise, suadente. Non era bella, ma nemmeno brutta. Era gradevole in un certo senso. Le lentiggini le ricoprivano naso e guance, gli occhi castano scuro erano coperti da un paio di ciglia nere e pesantemente truccate, i capelli castani raccolti in una coda scomposta. , un pranzo gradevole.
«Tesoro potresti...»
«Portarmi quello che ha preso lui?»
Enzo si voltò verso il terzo elemento di una conversazione che avrebbe preferito restasse privata. Una chioma di capelli castani ondulati gli impediva di soffermarsi sul viso della giovane in un primo momento. Si era seduta sullo sgabello accanto al suo, le cosce accavallate e fasciate in un paio di jeans aderenti, una leggera camicia marrone le fasciava dolcemente il seno, ma poi le ricadeva morbida e larga su braccia e fianchi. Quando si voltò verso di lui, un’espressione combattiva e un paio di labbra decisamente invitanti entrarono nel suo campo visivo. Gli occhi castani della ragazza si soffermarono curiosi sul viso dello sconosciuto.
«Beh? Che aspetti?» aggiunse, rivolta alla barista, ma con lo sguardo fisso ancora sul vampiro di fronte a lei. Enzo inaspettatamente lasciò andare il polso della barista, e le lasciò svolgere il suo lavoro, mentre un sorrisetto leggero prendeva spazio sul suo volto.
« A quanto pare non sono l’unico ad avere un po’ di problemi da dimenticare» celiò all’indirizzo della giovane, che distolse lo sguardo, soffermandosi a guardare il bancone in legno.
«Mi ci vorrebbero più di tre miseri bicchierini di vodka per dimenticare » sussurrò lei, portando anche le braccia sul bancone. Enzo voltò lo sguardo, ma non perse il sorriso.
«Oh... ragazza complicata*. Mi piace»
La giovane sorrise appena, scuotendo la testa.
«Ragazzo probabilmente pericoloso che tenta approccio in un bar. Decisamente il mio tipo»
Stavano...flirtando? Lo guardo che la ragazza gli lanciò poco dopo, lasciava poco spazio all’immaginazione. Enzo ricambiò, leccandosi le labbra in quello che era uno dei suoi migliori sguardi seducenti. Il pranzo avrebbe potuto aspettare. Dopotutto... come condannato a morte gli spettavano un paio di ultime richieste, no? E lui aveva proprio l’idea di sapere quali fossero le sue.
 

*************************************


«Ehi. Posso?»
Caroline annuì mentre continuava a frugare nella sua borsa. Stefan entrò chiudendosi la porta alle spalle e si avvicinò al letto sul quale la ragazza era seduta. Sembrava stesse leggermente meglio, notò il ragazzo soffermandosi sul volto della sua migliore amica, sul quale le tracce di pianto non erano così visibili come al solito. Si era anche cambiata osservò, guardandole le gambe fasciate da un jeans chiaro e un top rosso. Aveva i capelli legati in una coda bionda, qualche ricciolo ribelle ai lati del viso ed un’espressione che per la prima volta non sembrava triste ma solo corrucciata.  Forse avevano esagerato a pensare che servisse l’aiuto di Klaus. Forse... ce l’avrebbe fatta da sola. Caroline dopotutto era sempre stata più forte di tutti loro. Forse erano corsi ai ripari troppo presto? Forse il suo voler spegnere tutto era stato dettato dalla disperazione dei primi giorni, e adesso l’idea non la sfiorava nemmeno più? Eppure avevano dormito insieme anche la notte scorsa e Stefan l’aveva sentita singhiozzare nel sonno, anche se a differenza delle altre volte non l’aveva stretta a sé, non l’aveva consolata. Aveva deciso di lasciarle affrontare il suo dolore un po’ alla volta anche solo con se stessa. Quindi se ne era stato in silenzio, respirando un po’ più forte per farle intendere che era sveglio, che la stava sentendo e che lei avesse voluto avrebbe potuto piangere ancora una volta fra le sue braccia. Ma Caroline aveva preferito restarsene sola, su un fianco a piangere in silenzio, limitando i singhiozzi e Stefan, da una parte, era stato orgoglioso di lei: si stava sforzando di farcela da sola.  Si lasciò ancora qualche secondo di silenzio per osservarla ancora più attentamente. La luce del sole che proveniva dalla finestra le illuminava a malapena i polpacci, mentre il resto della stanza era ancora semi-avvolto nel buio. La vide estrarre le sue mani dalla borsa e sospirare quasi melodrammaticamente mentre posava gli occhi su di lui, un’espressione esasperata in viso.
«Hai intenzione di restare a fissarmi con quella faccia ancora per molto?» chiese.
« Quale faccia?»
« La faccia da sono preoccupato per te Caroline, che metti su ogni volta che entri in questa stanza» replicò lei. Stefan scosse il capo sorridendo leggermente.
« Hai ragione. Scusami. Sono venuto a riportarti questo» disse, mostrandole il cellulare sul palmo della mano sinistra. L’espressione di Caroline si fece curiosa. Scese con uno scatto dal letto e si avvicinò al ragazzo, osservando il cellulare in maniera minuziosa.
«E’ il mio nuovo cellulare?» chiese titubante.
«Il tuo vecchio cellulare non era disponibile. Così... mi sono preso la libertà di prendertene uno nuovo»
Sul viso di Caroline comparve un tenue sorriso e poi un lampo di realizzazione sembrò colpirla. Si portò entrambe le mani a coprirsi la bocca, mentre i ricordi riaffioravano velocemente.
«Oh! Il funerale! Io ho lanciato il telefono... me ne ero completamente dimenticata!» concluse, portandosi una mano alla fronte. Stefan scrollò le spalle, mettendogli il nuovo cellulare in mano. Quando le loro mani si toccarono una scossa elettrica fece sussultare entrambi.  Stefan finì per posare i suoi occhi in quelli blu della vampira di fronte a sé. Per un secondo e solo per un secondo si chiese se quel brivido avesse scosso anche lei allo stesso modo.
« Wow, vacci piano Pikachu» scherzò lei, prendendo il cellulare e distaccandosi dal quel contatto visivo. In un attimo era di nuovo sul letto a gambe incrociate e schiena poggiata alla spalliera.
«Elena ha inserito il pin» si affrettò a precisare, prima che Caroline potesse fare qualche affermazione o peggio domanda pericolosa. La bionda annuì senza staccare gli occhi dallo schermo del suo nuovo Blackberry.
« Bene. Io torno di sotto. Se hai bisogno...»
Lasciò la frase in sospeso sapendo che non c’era bisogno di aggiungere altro. Diede le spalle alla ragazza e si affrettò a raggiungere la porta.
«Stefan!» lo richiamò Caroline. Il ragazzo si fermò proprio sulla soglia.
«Io...»
La sua incertezza trapelava anche dal solo pronome che era riuscita a pronunciare. Quando il ragazzo si voltò la vide tentennante, il telefono poggiato in grembo e lo sguardo improvvisamente fisso sulle proprie gambe. Sembrava  stesse valutando se parlare.  Stefan non disse nulla e attese. Pochi secondi dopo Caroline sollevò il capo e le parole sembrarono uscirle più facilmente.
« Io volevo ringraziarti»
«Caroline... è solo un cellulare»
«No, non è per quello. Voglio dire... sì è anche per quello! Ovvio! Ma io mi riferisco ad un grazie più generico, più grande...» cercò di spiegare, mentre le mani iniziavano a muoversi come accompagnamento alle sue parole. A Stefan veniva da sorridere a vederla così impacciata. Piegò le labbra in un mezzo sorriso, portandosi le mani nelle tasche dei jeans e voltandosi stavolta completamente nella sua direzione.
« Non c’è bisogno...»
«Sì, invece»
Prese un lungo respiro prima di parlare di nuovo.
« A volte il dolore  è insopportabile. Non ho mai provato niente di simile prima d’ora e non so come gestirlo. A volte diventa rabbia, ma la maggior parte delle volte ho solo voglia di piangere. E piango tanto... insomma, lo sai»
Stefan annuì impercettibilmente, giusto per farle capire che la stava ascoltando e che capiva ciò di cui stava parlando. I suoi occhi la incitarono a continuare.
« Sapere che tu sei qui... La tua presenza... è rassicurante» concluse, torturandosi le mani che teneva in grembo.
«Ci sarò sempre per te Care, lo sai»
«Sì, lo so. E, hai sempre così tanta pazienza con me quando lì fuori siamo in totale stato d’allerta!»
«La situazione è sotto controllo»
«No, non è vero, ma tu mi dici questo perché per te è più importante che io stia tranquilla. Lo vedo, lo percepisco e ti ringrazio.  Io non sono ancora pronta a tornare lì fuori... lo so. Non sarei utile a nessuno. Probabilmente alla prima occasione mi lancerei verso il pericolo più sprezzante perché non ho più paura di...»
Stefan sapeva perché si era fermata.  Stava per dire paura di morire, gliel’aveva letto sulle labbra. Ma si era fermata appena prima di pronunciare quelle parole che avrebbero fatto male, forse più a lui che a lei. Glielo doveva,  aveva pensato Caroline. Non poteva confessare alla persona che aveva fatto di tutto per starle accanto, per rassicurarla, per proteggerla dagli altri e da se stessa, che aveva pensato anche a ... insomma a far finire tutto in un altro modo che non implicasse diventare una vampira stronza e senza sentimenti allo sbaraglio. Non poteva dirglielo. E forse non voleva nemmeno ammetterlo ad alta voce. Un conto era pensarlo. Un altro era... dirlo.
« ...comunque, non sono in me ultimamente» tentò di recuperare, anche se sapeva che Stefan aveva colto perfettamente il senso della frase precedente.
« Passerà Caroline. Tornerai in te, te lo prometto»
Le parole di Stefan erano ferme e definitive. Per un attimo Caroline si permise il lusso di credergli.
« In ogni caso... comunque vada a finire questa storia, volevo solo che sapessi quanto ti sono grata»
E con queste ultime parole, Caroline gli regalo un ultimo sorriso incerto prima di alzarsi dal letto e dirigersi verso il bagno in camera, chiudendosi la porta alle spalle. Stefan restò immobile per qualche secondo assimilando le ultime parole proferite dalla bionda. Comunque vada a finire questa storia... quella frase continuava a rimbombare nella sua testa come il ticchettio di un orologio. Che quello fosse il suo modo di comunicare che aveva preso una decisione?
« Questa storia avrà un finale felice, Caroline. Te lo prometto» sussurrò, forse più a se stesso che alla ragazza che probabilmente nemmeno l’aveva sentito. Senza aggiungere altro abbandonò la stanza. No, non avevano esagerato. Caroline aveva bisogno di aiuto.

*******************************************

 
 
« ... un’altra cosa. C’è anche un uomo con lei. Non ne sono sicuro, ma a me sembra uno di noi»
«Uno di noi? »
« Non l’ho mai visto qui, ma ormai riesco a riconoscere un vampiro quando ne vedo uno»
« Non perderla di vista, Joey. Sarò lì tra un minuto»
Il vampiro riattaccò e si rimise il cellulare in tasca. Quello nuovo doveva essere o molto ingenuo o disinformato riguardo gli ultimi sviluppi della loro situazione a New Orleans. Quel branco di lupi mannari al servizio del più folle degli originali poteva irrompere nel locale da un momento all’altro. Joey rimase nell’ombra, mentre il suo sguardo non lasciava la vampira , che sembrava tranquillamente ignara del pericolo che correva stando lì in piena vista e in pieno giorno, e anzi si perdeva in chiacchiere con un nuovo amico. Oh, no... Marcel non l’avrebbe presa bene...






My Corner

Buona domenica a tutti voi!
Mi chiedo se l'aggiornamento della settimana scorsa sia passato inosservato, dato che la sola recensione era di una nuova lettrice...!
In ogni caso, date un'occhiata per vedere se avete letto lo scorso capitolo!!
Duuuunque, cosa dire!
Ma quanto mi piace scrivere le battute di Damon?!? Troppo! Prima parte, con tanto di un pizzico di Delena, sui nostri tre amici che tentano di trovare un recapito del nostro ibrido preferito, Ahimè senza successo. Come avrete potuto notare, apparteneva proprio a Damon la prima delle tre frasi che vi ho lasciato la settimana scorsa.
«Immagino che sarai costretta a provare per credere» dice Damon ad Elena ;)
Seconda parte, troviamo Enzo che arrivato a New Orleans se ne va in un bar! Avevate dubbi? Insomma, cercate anche un pò di mettervi nei suoi panni, povero!
Ma... chi sarà questa... donna? A cui tra l'altro appartiene la seconda citazione «Ragazzo probabilmente pericoloso che tenta approccio in un bar. Decisamente il mio tipo»
Terza parte... beh, decisamente Steroline. Vi avevo avvertito, gente. Questa storia non sarà tutta rose e fiori, non sarà la solita banale e scontata Klaroline. Al momento in cui inizia questastoria , Caroline e Stefan provano qualcosa l'uno per l'altro, c'è poco da fare! Deal with it! Come ripeto sempre, abbiate fiducia, ogni cosa a suo tempo!Inoltre... Caroline avrà finalmente preso una decisione definitiva? Cosa avrà voluto dire con « In ogni caso... comunque vada a finire questa storia, volevo solo che sapessi quanto ti sono grata»
Ultimo, ma non meno importante, essendo finalmente arrivati anche a New Orleans, dal prossimo capitolo entreranno in scena anche i nostri amati Originali!
Come avete potuto notare a fine capitolo, il nome Marcel, è comparso. Per cui, next week, finalmente arriverà il nostro amato Klaus. Ecco, l'ho detto!

La scorsa settimana non ha avuto molto successo, ma ho deciso continuare col mio giochetto "Chi dice cosa" e "perchè".
Che dite? Provate a indovinare? xD

Ecco a voi tre citazioni tratte dal 4 capitolo. A chi apparterranno...?

1. «Quello che ho o non ho intenzione di fare è solo affar mio, sorellina»
2. «Sarà meglio che tu abbia un buon motivo per essere qui, altrimenti la prossima a spezzarti il collo e a rimetterti su un aereo sarò io»
3. « E’ così doloroso essere umani, non è vero?»


Ah, la canzone di questo capitolo è Lost di Katy Perry
E con questo... a domenica prossima!

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Capitolo 5
*** Chapter 4: I'm just a stranger in a strange land, running out of time ***


Crossover : The Vampire Diaries/ The Originals
La storia inzia dopo la 6x12 (TVD) e dopo la 2x12 (TO)
[Qualsiasi cosa successa prima di questi episodi resta invariata]



Up with the birds



Chapter 4
I’m just a stranger in a strange land, running out of time



«Non mi hai detto come ti chiami»  fu il sussurro lascivo di Enzo, mentre lasciava baci roventi sul collo della donna. Non ci era voluto molto perché i drink  e le chiacchiere si trasformassero in qualcosa di più intenso. Erano nel retro del locale, lei con le spalle al muro e nessuna voglia di scappare. Lui bramoso di sentirla diventare sua. Una mano finì sulla coscia di lei, mentre un risolino appena accennato usciva dalla sua bocca.
« Vuoi tornare alle presentazioni?» chiese maliziosa. Un secondo dopo le loro bocche si erano ritrovate di nuovo, i respiri sempre più affannati, il desiderio sempre più forte.  Non avevano più controllo sulle loro mani, erano dappertutto. Enzo non seppe come l’attenzione improvvisamente cadde su quell’anello della mano sinistra, e nemmeno come improvvisamente, tra un bacio sul collo e un morso sulla spalle, si concentrò sul battito cardiaco della donna, solo per scoprire che ... non sentiva assolutamente nulla. Lei era ancora troppo coinvolta per accorgersi che in lui qualcosa era cambiato, e mentre pensava al da farsi, Enzo continuò a toccarla, a stringersela addosso per non farle capire qualcosa. Come non avesse fatto a capirlo prima, era un mistero. Come gli era potuto sfuggire un dettaglio simile?
Si allontanò leggermente da lei, posando la fronte contro la sua. Prese un respiro ed ad occhi chiusi sorrise, di quel sorriso che spesso e volentieri nel corso degli anni Enzo aveva trovato molto utile quando si trattava di distrarre qualcuno. Gli occhi nocciola della donna fissavano le sue labbra, lussuriosi, avrebbe aggiunto lui.
«Ripensandoci...» sussurrò sulle sue labbra. L’attimo di distrazione fu sufficiente. Con uno scatto repentino la donna venne presa e scaraventata a terra, solo per essere braccata da un Enzo, armato di piccolo paletto di legno, accovacciato accanto a lei per tenerla ferma. La donna aveva sbarrato gli occhi, presa di sorpresa e forse anche spaventata. Quello Enzo non riuscì a capirlo poiché qualche secondo dopo fu il suo turno di essere scaraventato a terra. L’ultima cosa che vide fu la donna ancora a terra, qualche metro più in là. Non era stata lei. Non fece in tempo a vedere il suo aggressore: il suo collo venne spezzato qualche secondo dopo.

*******************

« Hai intenzione di restare a dipingere ancora per molto?»
Klaus sospirò mentre una ancora dispotica e insopportabile Rebekah , sebbene nel corpo di un’adolescente, lo fissava indispettita e a braccia conserte dallo stipite della porta del suo studio.  Non si era reso conto di quanto gli fosse mancata fin quando non se l’era ritrovata di fronte, doveva ammetterlo. Eppure le era bastato pochissimo per far ricordare all’ibrido i milioni di motivi per cui a volte di Rebekah proprio non ne avrebbe voluto vedere nemmeno l’ombra. Con un gesto calmo e fermo, intinse ancora una volta il suo pennello nel colore bianco e continuò a dipingere.
«Quello che ho o non ho intenzione di fare è solo affar mio, sorellina» celiò, mentre cercava di concentrarsi sul colore e sulla giusta sfumatura da creare nell’angolo in alto a destra. Un grugnito gli fece capire che sua sorella non aveva gradito la risposta. I passi della ragazza risuonarono nella stanza, e in batter d’occhio era proprio accanto a lui, e la sua espressione era tutto un programma.
«Io ti dico che nostra sorella Freya è viva,  che è una strega molto potente, che potrebbe aiutarci a liberarci di Finn, e soprattutto a risolvere tutti i nostri problemi... e tu... te ne stai qui a dipingere?»
Il tono di voce irritabilmente alto sull’ultima frase fece in modo che l’Originale ottenesse l’attenzione di suo fratello. Klaus non mutò la sua espressione disinteressata mentre rivolgeva una mera attenzione a sua sorella.
« Mi hai anche detto che ci avrebbe fatto visita molto presto, mi pare. I nostri problemi sono sotto controllo, al momento  ed inoltre sto aspettando qualcuno»
« Chi?» chiese la ragazza, un leggero tono d’esasperazione a colorarle la voce. Klaus terminò la sua pennellata e poggiò sul tavolo tavolozza e pennello, prima di rivolgere a sua sorella un’espressione serena e rilassata.
« Il nostro caro fratellino, che sono certo, anche tu non vedi l’ora di rivedere...»
Punta nel vivo, Rebekah boccheggiò per qualche secondo, prima che un’espressione di puro odio gli comparisse in volto. In un attimo tutto la sua fretta di qualche minuto prima era scomparsa, lasciando spazio ad un solo ed unico pensiero. Un sorrisino vittorioso di Klaus fece capolino, mentre dalle labbra di Rebekah uscì fuori una sola parola.
« Kol»

*******************

«Potevo benissimo cavarmela da sola!»
«Non da quello che ho visto»
«Sei arrivato prima che...»
«Dacci un taglio Gia! Abbiamo questioni più importanti a cui pensare!»
Enzo riprese conoscenza lentamente. I suoi sensi iniziarono a risvegliarsi uno alla volta, e il suo cervello cercava di elaborare possibili soluzioni alle domande dove mi trovo? Chi sono queste persone? Perché diamine mi vado sempre a ficcare in questi casini?. In particolare all’ultima domanda, Enzo pensò che una risposta, probabilmente, non l’avrebbe avuta mai. I suoi pensieri erano stati interrotti dai due che parlavano, un uomo e una donna. Stavano discutendo, ed Enzo riconobbe in una delle due la voce di quella donna, o per meglio riformulare, di quel vampiro. Non appena riuscì a sentire le gambe e le mani si accorse di essere legato, ovviamente. Un colpo di tosse lo scosse, prima di riaprire gli occhi e la luce improvvisa lo colpì tanto da fargli voltare la faccia improvvisamente.
«Qualcuno ha deciso di degnarci della sua presenza»
Era stato l’uomo a parlare. La vista tornò a funzionargli a dovere e finalmente fu in grado di focalizzare il suo rapitore. Era un uomo alto, robusto e di colore. Sembrava abbastanza giovane, eppure al contempo la sua espressione era quella di uno che ne ha viste di cose. Enzo aveva un certo talento nello scovare persone che avevano un passato burrascoso per così dire, e certamente il vampiro, perché era certo che lo fosse anche lui, che aveva davanti era uno di quelli. Le corde erano strette, e bruciavano. Verbena.
«E’ così che accogliete i turisti a New Orleans?» chiese, l’espressione alquanto divertita. Improvvisamente gli occhi si posarono sulla vampira che fino a poco prima aveva assaggiato sulle labbra. Non aveva mai voluto farle del male quando l’aveva messa a terra. Non avrebbe potuto. Se c’era una cosa che Enzo doveva ammettere, era che le belle donne erano il suo tallone d’achille. Specialmente le belle donne con quel caratterino lì. La donna lo guardava con un viso che sapeva più di scuse, che di rabbia. Era forse dispiaciuta che fosse andata a finire così?
«No, è così che accogliamo i vampiri stupidi che vogliono fare i turisti  a New Orleans!» disse l’uomo, la voce ferma e sicura. Non ci volle molto a realizzare che quello che aveva davanti doveva essere una sorta di capo, o leader di qualche gruppo di vampiri. L’atteggiamento era quello da leader.
«Così non vale, amico. Tu sai che sono un vampiro,  che non sono di questa città e apparentemente che sono stupido. Io non so ancora niente di te...»
L’uomo non fece una piega. Si limitò a scrutarlo con attenzione, come se gli stesse leggendo i pensieri. Enzo si limitò a mettere su un sorrisino di sfida, mentre la ragazza sembrava improvvisamente essersi zittita. Se solo si fosse messo subito alla ricerca dell’ibrido maledetto...
«Mi chiamo Marcel e sono un vampiro proprio come te...»
«...e come Gia, dico bene, tesoro?» non potè fare a meno di aggiungere Enzo. Gia restò immobile, mentre Marcel cambiò la sua espressione in una più minacciosa. Okay, niente commenti sulla ragazza, appuntò Enzo, mentre vedeva Marcel avvicinarsi di qualche passo.
« Ascoltami bene, amico» disse Marcel, soffermandosi sulla parola amico più del dovuto « questo non è un buon momento per fare il turista a New Orleans. C’è una guerra, la città è piena di lupi mannari pronti ad azzannarti e noi vampiri siamo stati decimati e spinti a lottare per una città che un tempo era nostra per colpa di una congrega di streghe che non è voluta restare al suo posto»
Enzo ascoltò con attenzione ogni parola, registrando le informazioni nel suo cervello. Guerra? Fantastico! Ora sì che l’originale sarebbe venuto a passare un weekend a Mystic Falls per aiutare Caroline! Gia in quel momento decise di entrare nella conversazione.
«Non c’è bisogno di rivelargli troppe informazioni, Marcel. L’unica cosa che devi sapere è che New Orleans è il posto meno sicuro al momento per quelli come noi»
« E se posso sapere... da che parte è schierata la famiglia Mikaelson?» chiese invece Enzo, guardando Marcel. Se doveva mettersi in mezzo a questa storia, meglio sapere subito con chi aveva a che fare. L’uomo si irrigidì, e notò nei suoi occhi un lampo di sorpresa. Oh, certo! Probabilmente pensavano di avere a che fare con un semplice vampiro di passaggio, senza arte ne parte, arrivato a New Orleans semplicemente per una vacanza.  Evidentemente conoscere i Mikaelson  non faceva parte dell’ordinario.
«Chi diavolo sei?» era stata lei a parlare, un’espressione curiosa sul volto.  Lo sguardo di Enzo si posò per un secondo sul viso della donna e non potè fare a meno di sorriderle. Quella Gia gli piaceva.
« Non sono qui per fare il turista, anzi... Sono qui per conto di altre persone. E sono qui per Klaus»
Forse non aveva scelto il migliore  assetto di vocaboli per esprimersi, dato che con tanto di sedia si era trovato scaraventato sul muro dell’appartamento. Un paio di quadri erano caduti dalla parete e il rumore di vetri infranti gli aveva riempito le orecchie.
«Marcel!» era stato l’ammonimento della donna, mentre la vedeva correre verso di lui. Gia si chinò su di lui rimettendo la sedia in piedi. Due secondi dopo Marcel era al suo fianco.
«Gia, non possiamo...»
«Lascialo parlare! Non vuole ucciderci!»
« Se è qui per Klaus...»
« Non sai nemmeno che cosa vuole da Klaus! Lascialo. Parlare.»
Marcel sembrava indeciso, ed Enzo preferì rimanersene in silenzio. Gia sembrava aver acquisito il controllo della situazione mentre trascinava le sedia di nuovo al centro della stanza, ed un nervoso Marcel dava un calcio al divano, poco lontano da loro. Ad Enzo venne da ridere, e Gia lo fulminò con lo sguardo.
«Sarà meglio che tu abbia un buon motivo per essere qui, altrimenti la prossima a spezzarti il collo e a rimetterti su un aereo sarò io» gli disse, gli occhi nocciola avvolti da un alone di mera serietà. Enzo si schiarì la voce e si ricompose velocemente prima di sorridere alla donna, che senza rendersene conto si era avvicinata tanto da essere ad una spanna dal suo viso.
«Come desideri, tesoro»
Gia si allontanò bruscamente da lui affiancando Marcel, che sembrava aver ripreso il controllo di sé stesso. I due si limitarono a fissarlo in attesa ed Enzo si prese la libertà di sospirare in maniera leggermente teatrale.
« D’accordo! Se proprio ci tenete a sapere della mia missione suicida, sarete accontentati...ma non vi racconterò più di quanto non sia necessario...»
«Cosa vuoi da Klaus...?» chiese Marcel, senza mezzi termini.
« Il suo aiuto» disse Enzo, stavolta un tono serio aveva preso il posto del suo solito sorriso.
Marcel scosse il capo, mentre sul suo volto un sorriso appena accennato si faceva largo.
« Oh, ... ma allora è davvero una missione suicida»
­­­­

*******************

Quando Kol Michaelson varcò la soglia della mansione, non fu una sorpresa per nessuno che si ritrovasse nel giro di pochi attimi spalle al muro, a qualche metro dal suolo e con un’invisibile mano a tenergli la gola.
«..N..Nik..» tentò di dire, ma quello che si trovò davanti lo lasciò senza parole. Nonostante non conoscesse quella ragazza che sorrideva mentre si divertiva a tenerlo lì  a soffocare, quello che sì riconosceva era quell’espressione di soddisfazione  e compiacimento che le illuminava i tratti del volto. Quell’espressione che Kol non avrebbe dimenticato nemmeno fra un’eternità e che non poteva che appartenere ad una sola persona.
« Risposta sbagliata, fratellino. Sono io, Bekah! Non sei contento di rivedermi?»
Kol non fece in tempo a rispondere che senti la terra mancare sotto i piedi e si ritrovò a terra poco dopo, un dolore lancinante al braccio sinistro. Rebekah sorrise mentre si avvicinava  lentamente a Kol, che rantolava sul pavimento.
« E’ così doloroso essere umani, non è vero?» chiese e qualche secondo dopo Kol si ritrovò scaraventato dall’altra parte del atrio, il sangue iniziava a colargli dal naso.
«Piano, Bekah! Al telefono mi era sembrato piuttosto turbato.  Sarei curioso di sapere come mai avesse tanta voglia di parlare con me, dopo che ha passato gli ultimi giorni a fuggire come un codardo»
Klaus aveva fatto il suo plateale ingresso, mani dietro la schiena e solita espressione compiaciuta sul volto. La ragazza però non sembrava voler lasciare il suo giocattolo.
« Sei stato tu a dirmi che potevo divertirmi un po’ con lui, o sbaglio?» chiese mentre con un altro gesto della mano riuscì a portare Kol ai suoi piedi. Il ragazzo sembrava non fare resistenza, tuttavia. Rebekah si accovacciò accanto a lui, leggermente irritata  dal suo essere passivo.
«Così mi ferisci Kol... neanche un po’ di resistenza?» chiese con una voce cortese, che però di cortese non aveva proprio niente. Kol però sembrava non avere interesse a reagire in alcun modo. Klaus senza attendere oltre si avvicinò al fratello, spostando Rebekah di malo modo. Conosceva bene suo fratello, e se non stava rispondendo agli attacchi della sorella, c’era qualcosa sotto.
«Che è successo?» chiese l’Originale, voltando il corpo del fratello con un piede. Kol tossì, prima di chiudere gli occhi e tornare a respirare normalmente, schiena al pavimento.
«Finn... lui... aveva Marcel e gli altri vampiri»
L’espressione di Klaus mutò completamente. Come la sorella poco prima, si accovacciò accanto al fratello, che al momento godeva della sua totale attenzione.
«Che ne è stato di loro? » chiese, mentre anche Rebekah sembrava aver deciso di volerlo ascoltare.
« Non lo so... Davina e il lupo hanno portato via Joshua...»
«Marcel... dov’è Marcel?» chiese ancora Klaus, mentre la pazienza sembrava stare per abbandonarlo. Kol scosse la testa, tossendo ancora.
«Oh, andiamo! Non stai messo così male!» disse Rebekah, riferendosi al tossire continuo di Kol. Il ragazzo sorrise a malapena, mentre il braccio gli diede improvvisamente un motivo per urlare. Se solo avessero potuto quanto fosse fragile ora che Finn l’aveva maledetto... Ma non gliel’avrebbe detto, non ancora. Dirglielo in quel momento sarebbe stato firmare la sua condanna.
« Finn... sta cercando di scoprire il tuo segreto...»
« DOV’E’ MARCEL?»  l’urlo di Klaus fece sussultare anche Rebekah, anche se non lo diede a vedere. Kol se ne restò in silenzio, nella testa solo il pensiero martellante che a suo fratello Klaus importava molto più di Marcel, che di lui. Era sempre stato geloso dell’uomo che Klaus ormai considerava parte della famiglia e che, c’era poco da fare, lo aveva derubato  dell’affetto dei suoi familiari: Klaus, Elijah, Rebekah... Kol non sapeva che fine avesse fatto Marcel, ma una piccola parte di lui, quella che ancora teneva alla sua famiglia, quella che ancora soffriva per le attenzioni mancate,  sperava che Finn avesse infilzato un palo nel cuore del vampiro e tolto di mezzo una volta per tutte.
«Sono qui, Klaus!»
Una voce portò l’attenzione di tutti e tre i Michaelson a voltarsi verso il nuovo interlocutore. Marcel aveva appena fatto il suo ingresso. Klaus si rimise in piedi, un nuovo ghigno a riempirgli le labbra.
«Marcel» si limitò a dire, mostrando i palmi delle mani in su in un gesto molto teatrale. La giovane Rebekah levò gli occhi al cielo.
«Ti devo parlare. E... non sono l’unico» disse Marcel, questa volta voltandosi indietro e facendo un cenno. Poco dopo Gia si fece avanti accompagnata da un altro uomo alle sue spalle. Klaus inclinò il capo nel vedere il volto nuovo entrare nel suo campo visivo.
« Tu meglio di chiunque altro sai bene che non ho il tempo di intrattenermi a parlare con chiunque. Se il nostro nuovo amico non può esserci in alcun modo utile per liberarci di Finn, può anche tornarsene da dove è venuto» disse l’ibrido, scavalcando con poca grazia il corpo di Kol e avvicinandosi all’insolito trio.
« Dagli cinque minuti. Poi deciderai se ciò che ha da dire ti interessa  o meno» disse Marcel, guardando Klaus dritto negli occhi. Per un attimo a Klaus parve di leggere un moto di curiosità negli occhi dell’uomo, quasi come se volesse sapere se davvero ciò che il nuovo arrivato aveva da dire sarebbe stato considerato interessante.  Posò lo sguardo sul vampiro al fianco di Gia e gli si avvicinò, incuriosito a sua volta. Enzo sostenne lo sguardo dell’originale senza battere ciglio.
«Sei coraggioso, straniero» disse Klaus, una leggera velatura di ironia mista a tracotanza.
« E tu sei più basso di quanto mi aspettassi» commentò Enzo. Klaus si limitò a fare una smorfia.
« Forse mi sbagliavo. Più che coraggio la tua è stupidità» ribadì l’ibrido.
« Probabilmente hai ragione, ma ho i miei buoni motivi»
Klaus osservò la determinazione con la quale il nuovo arrivato lo fissava. Forse valeva la pena ascoltarlo, solo per scoprire cosa aveva da dire di così interessante. Prese la sua decisione.
« E sia! Cinque minuti» disse, acconsentendo. Enzo lasciò andare il respiro che aveva trattenuto fino a quel momento. Bene. Almeno sarebbe riuscito a parlargli. Klaus si allontanò verso il centro dell’atrio e poi di colpo si fermò, come colto da un’improvvisa illuminazione.
«Lasciateci soli»
Quando Enzo si rese conto di essere rimasto solo con l’essere più potente della terra, era ormai troppo tardi.






My Corner

Buonasera a tutti, ed eccoci col nostro aggiornamento domenicale!
Siamo finalmente sbarcati a New Orleans!
Che dire di questo capitolo... personalmente mi è piaciuto davvero molto scriverlo, soprattutto la scena Enzo/Marcel/Gia, devo confessarlo!
Che ve ne pare della coppia Enzo/Gia a proposito? Non so nemmeno come mi sia venuto in mente di scrivere di loro due...
E' quasi come se il loro incontro nello scorso capitolo si fosse scritto da solo. Ah, a proposito! Se avete notato un pizzico di tensione tra Gia e Marcel
beh... avete occhio! Verrà spiegato anche questo, prima o poi...! ;)
Ma andiamo con ordine!
La prima frase apparteneva al nostro amato Klaus, che ha finalmente fatto il suo ingresso nella storia.
Lo troviamo in compagnia di Rebekah e di Kol (che in questa fan fiction NON MORIRA', per Giove!)
[Aver ucciso Kol è uno dei 1000 motivi per cui ultimamente sto letteralmente ODIANDO la Plec]
La seconda frase apparteneva a Gia, personaggio un pò sottovalutato secondo me in The Originals, grande potenziale.
Terza frase alla nostra meravigliosa Bekah. Quanto amo il personaggio di Rebekah, voi umani non potete immaginare...! xD
Vorrei specificare che il nostro Elijiah è fuori città con Camille e la piccola Hope, ed è per questo che ancora non ha fatto la sua comparsa.
E per quanto riguarda Hayley è un tantino impegnata con la faccenda del matrimonio e del branco... ma farà anche lei la sua comparsa a tempo debito.
Niente Mystic Falls per questa settimana, ma recupereremo la prossima!

Ciò su cui vorrei porre adesso l'attenzione è il FINALE di questo capitolo.
Klaus decide di ascoltare Enzo. Ma... lo ascolterà davvero? Una volta rimasti soli, cosa credete succederà?
Quale sarà la reazione dell'Ibrido? Ed Enzo... sarà in grado di arrivare a fine discorso... vivo?
Fatemi sapere opinioni al riguardo!!!
Detto ciò... pronti con le frasi per il prossimo capitolo!


Ecco a voi tre citazioni tratte dal 5 capitolo. A chi apparterranno...?

1.«Elena, smettila di andare avanti e indietro o giuro che ti lego alla sedia»
2. .«Chi credi di essere per venire qui, a casa mia, a parlarmi con quel tono, eh?»
3. «So che è impossibile per te pensare che un uomo e una donna possano dormire nello stesso letto e non fare niente, ma ...»


Ah, la canzone di questo capitolo è Stranger in a strange land dei 30 Seconds to Mars
E con questo... a domenica prossima!

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Capitolo 6
*** Chapter 5: Though my eyes could see I still was a blind man, though my mind could think I still was a mad man ***


Crossover : The Vampire Diaries/ The Originals
La storia inzia dopo la 6x12 (TVD) e dopo la 2x12 (TO)
[Qualsiasi cosa successa prima di questi episodi resta invariata]



Up with the birds



Chapter 5
Though my eyes could see I still was a blind man
though my mind could think I still was a mad man




Klaus Mikaelson era un uomo di parola. Uomo  forse non era la parola più esatta, ma di parola lo era. Nonostante le sue tendenze omicide e il suo rifiuto di riporre fiducia in qualsiasi essere che non fosse se stesso, si era sempre basato su un proprio codice d’onore, lo potremmo definire.  Certo... il più delle volte riusciva sempre a trovare un modo per aggirare le sue stesse promesse, le sue stesse parole, ma questo non contava. Dopotutto lui era Nicklaus Mikaelson, l’essere più potente della terra, l’immortale ibrido originale. Anche sforzandosi, Klaus non riusciva ad immaginare qualcuno al di sopra di lui, per cui... in fondo, non doveva rendere conto a nessuno, no? In ogni caso spesso si sentiva magnanimo, e concedeva piccoli favori e gli era anche capitato di scendere a piccoli compromessi, sempre in funzione di cose di cui gli premeva particolarmente, sia chiaro. Klaus alla fine faceva sempre ciò che voleva, e questo era un dato di fatto.
Riportò la sua attenzione all’uomo di fronte a lui. Sembrava intimorito anche se faceva di tutto per celarlo. Ne aveva ben ragione, in fondo. Klaus sorrise incoraggiante e gli si avvicinò di qualche passo. L’uomo restò immobile, in attesa forse di un cenno per cominciare a parlare.
« Allora... con chi ho il piacere?» iniziò Klaus, girandogli intorno con fare altezzoso.
«Enzo, il piacere è tutto mio» rispose il vampiro. Inutile dire che la sagacia dell’uomo irritava al quanto l’ibrido. Continuò col suo interrogatorio.
«Molto bene, Enzo. E cosa ti porta qui a New Orleans?»
« Tu» rispose semplicemente Enzo. 
« Marcel ha detto che hai qualcosa da dirmi. E che la cosa potrebbe interessarmi. Ora sono curioso... Vedi... si da il caso che io goda di un’ottima memoria e perciò posso affermare quasi con una certezza assoluta che i nostri cammini non si sono mai incrociati, per così dire. Immagino che tu sia un mero informatore, eppure Marcel mi dice che non sei qui per aiutarmi a risolvere alcuno dei miei problemi attuali. Perciò... mi chiedo... cosa hai da riferirmi di tanto importante da rischiare la tua vita per venirmi a cercare nella mia città e in un momento così inopportuno? E soprattutto... come mai sei così convinto che ciò che hai da dirmi sia per me motivo di interesse...»
Klaus era proprio come lo aveva descritto Damon, doveva ammetterlo. Un sadico, bastardo e terrificante pallone gonfiato. Mentre parlava Enzo aveva avvertito una scossa elettrica attraversargli la spina dorsale, ed era quasi convinto che fosse la paura che quell’essere gli stava provocando senza nemmeno rendersene conto. Tuttavia non poteva permettergli d percepire quelle sensazioni che gli stava provocando, perciò mise su la faccia più seria e determinata che aveva prima di rispondere alle domande o forse meglio dire accuse che l’ibrido gli stava rivolgendo.
« Come hai detto tu, sono solo un mero informatore per cui... ambasciator non porta pena»
«Il mio motto è ambasciator non porta pena, ma l’ucciderò lo stesso» rispose Klaus, un ghigno perfetto disegnato sulle labbra, e l’espressione di chi dietro quel sorriso cela le più serie intenzioni. Splendido! Grazie per avermi dato la conferma che dopo che avrò detto ciò che ho da dire mi ucciderai senza pietà pensò Enzo, mentre abbassava lo sguardo e cercava di scegliere con cura le prossime parole da utilizzare.  Improvvisamente un ricordo balenò nei suoi pensieri.

«Okay, lo trovo, chiedo di parlare con lui... ammesso che riesca a superare le sue ehm... guardie o comunque le persone che avrà prima di lui...»
«Che esagerazione non è mica un re medievale!» disse Damon, ridacchiando. Enzo lo fulminò con lo sguardo e Damon si ammutolì.
«Liberissimo di prendere il mio posto»
«Purtroppo mi è impossibile. Klaus e io non siamo mai stati propriamente sulla stessa lunghezza d’onda. Mi ucciderebbe prima ancora che io apra la bocca»
« Certo... perché invece io verrò accolto con un sorriso e un cesto di muffins!»
«Smettetela, non c’è tempo!» l’interruppe Stefan. Enzo sospirò, prima di rivolgere la maledetta domanda.
«Come faccio a farmi ascoltare?» chiese Enzo.
 
« Caroline»
Una sola parola, quasi sussurrata da parte di Enzo e il sorriso di Klaus scomparve immediatamente dal suo volto. Enzo sollevò lo sguardo per vedere l’espressione di Klaus, ora indecifrabile e capì di aver colto nel segno. A quanto pare i Salvatore avevano ragione.

«Caroline. Metti subito in chiaro che è per lei che sei lì e lui ti ascolterà»
«Basta dire il suo nome? E lui magicamente mi ascolterà» Lo scambio di sguardi tra Damon e Stefan risposero chiaramente alla sua domanda.

*****************************

 
«Elena, smettila di andare avanti e indietro o giuro che ti lego alla sedia»
Elena scoccò uno sguardo di pura irritazione a Damon che se ne stava di spalle, accanto al fuoco. Questa attesa era agonizzante. Perché non avevano ancora avuto notizie di Enzo? Che diavolo stava facendo a New Orleans? Si girava i pollici? Perché non aveva chiamato? Ammesso, certo, che fosse ancora vivo...
« Perché non ha ancora chiamato, Damon?» disse la ragazza, dando voce ai suoi pensieri. Damon sospirò, chiudendo gli occhi e portandosi una mano alla fronte. Si massaggiò le tempie cercando di rilassarsi, di non pensare al peggio, ma la Gilbert non sembrava voler collaborare.
« Saremmo dovuti andare noi, lo sapevo»
«No»
«Sì, invece! Siamo stati stupidi a mandare qualcun altro, qualcuno che probabilmente non arriverà nemmeno a parlarci con lui
Damon si voltò, le sopracciglia sollevate e un’espressione divertita.
«Enzo sarebbe felicissimo di sapere quanta fiducia riponi in lui»
«Non si tratta di Enzo, Damon! Si tratta di Klaus!»
Damon le si avvicinò di volata mettendole una mano sulla bocca e stringendosela addosso. Elena strabuzzò gli occhi, ma non fece nulla. Senza volerlo, la ragazza aveva alzato troppo la voce. Per un attimo Elena contemplò il viso di Damon, a pochi centimetri dal suo e sentì il cuore fermarsi. Metaforicamente parlando, è chiaro. Damon, dopo essersi assicurato che la voce di Elena non avesse raggiunto orecchie indiscrete,  posò di nuovo lo sguardo sulla ragazza. Era bella, la sua Elena. E gli mancava... e come se gli mancava. Stringerla a sé, accarezzarla, baciarla... svegliarsi con lei accanto ogni mattina... Era una tortura starle così vicino eppure sentirla ancora così lontana. Elena d’altra parte si era persa negli occhi blu che le stavano di fronte. Sebbene si sforzasse non riusciva a ricordare di amare Damon, nemmeno un misero e insignificante ricordo. Alaric aveva fatto il suo lavoro in maniera a dir poco perfetta. Eppure... si sentiva bene tra le sue braccia, a suo agio. Sapeva di averlo amato. Sapeva di averlo amato a tal punto da desiderare di cancellarlo dalla sua memoria perché il dolore della sua perdita le era stato insopportabile. Damon tolse con delicatezza la mano dalla sua bocca e le carezzò la guancia.
«Devi stare più attenta» le sussurrò appena. Le braccia della ragazza stese lungo il corpo si impietrirono, rinunciando a correre dietro la schiena dell’uomo. Non poteva abbracciarlo, no? Insomma... okay, si erano baciati in quell’ospedale e okay... non ne avevano mai più riparlato, soprattutto perché non ce n’era stata più occasione. Erano successe tante, troppe cose, e la loro relazione era diventata l’ultima delle loro preoccupazioni. Damon era stato incredibilmente paziente con lei, battutine e frecciatine a parte, e gliene era stata grata. Con Caroline, e tutto il resto parlare di loro sembrava ad Elena maledettamente egoista. Elena annuì debolmente e poi abbassò lo sguardo, incapace di reggere ancora quegli occhi indagatori. Damon la lasciò andare, sebbene controvoglia e lasciò che le sue mani tornassero a mettersi nelle tasche, prima di compiere qualche passo verso l’arcata che portava al corridoio.

« Vado a cercare Stefan» disse semplicemente prima di abbandonare la stanza e lasciare la ragazza, ancora scossa, a cercare di cancellare quell’insensata voglia di corrergli dietro, sbatterlo al muro e baciarlo come se non ci fosse un domani.  

*****************************

« Come, prego?»
Enzo, fattosi coraggio, fece qualche passo verso l’ibrido. Quell’attimo di esitazione che aveva visto nell’originale era stato abbastanza lungo da fargli capire che l’argomento Caroline non gli era indifferente, e che forse Stefan aveva ragione. Forse c’era una possibilità che scegliesse di aiutarli.
«Hai sentito bene. Sono qui per Caroline» rincarò, certo delle sue parole e in attesa di una qualsiasi reazione da parte dell’altro che però non arrivò mai. Klaus sembrava impassibile, un’espressione del tutto neutrale  troneggiava sul suo volto, e Enzo capì che se dentro di lui era riuscito a scuotere qualcosa, di certo l’originale non aveva intenzione di mostrarlo.
«Se Caroline avesse avuto bisogno di me, mi avrebbe contattato personalmente» furono le semplici parole che uscirono dalle sue labbra non appena sembrò aver riacquistato la parole. Enzo annuì.
«Ne sono certo... peccato che lei non sappia che io sono qui»
Evidentemente si era espresso di nuovo male, perché ritrovarsi al muro con la mano dell’originale sul suo collo e un paio di occhi giallo ocra davanti non era propriamente la reazione che si era aspettato. Un paio di canini, decisamente non da vampiro erano chiaramente visibili, mentre quello che sembrava un enormemente nervoso Klaus lo teneva inchiodato con una forza inaudita.
« CHE COSA LE HAI FATTO?» era stato l’urlo di rabbia che aveva ricevuto in risposta, ed Enzo capì che aveva dato un’impressione del tutto sbagliata del motivo per cui era lì. Klaus d’altra parte si sentiva ribollire di rabbia. Come faceva quell’essere a conoscere Caroline? E come sapeva del suo rapporto con Caroline? Se lei  non sapeva che lui era lì, perché questo Enzo era venuto da lui, con quell’aria indisponente e pronunciando il suo nome con quella che, e Klaus l’aveva vista chiaramente, era la consapevolezza di suscitare in lui una reazione non indifferente?  Cosa sapeva?  Per conto di chi era lì? Che avesse fatto qualcosa di male a Caroline? Che fosse venuto lì per dirglielo, o peggio... per ricattarlo? Qualsiasi fossero le risposte, una sola cosa era certa: quell’Enzo avrebbe avuto vita breve.
Enzo stava soffocando, ma riuscì comunque a mettere su un sorrisetto sarcastico. Mossa sbagliata, di nuovo. Venne scaraventato dall’altra parte dell’atrio, finì contro un balcone e cascò a terra con molta poca grazie. Non che fosse d’obbligo cadere con grazie in quelle situazioni, ma il rivolo di sangue che uscì dalla bocca di Enzo fu un chiaro segno che le cose non stavano esattamente andando nel migliore dei modi.
«Mi.. hai... frainteso» biascicò Enzo, rimettendosi in piedi, mentre l’ibrido correva verso di lui per riprenderlo e sollevarlo in alto, tenendolo per la gola.
«Chi credi di essere per venire qui, a casa mia,  a parlarmi con quel tono, eh?» chiese Klaus, la rabbia ancora presente negli occhi gialli. Enzo portò le sue mani alla gola tentando inutilmente di togliere quella dell’Originale ma sapeva che era una battaglia già persa in partenza.
«Klaus lascialo andare»
Marcel era comparso a poca distanza da loro. Klaus sorrise malefico mentre inclinava il capo per voltarsi verso il vampiro.
«Marcel... questa è una discussione privata, se non ti dispiace...» celiò.
« Devi lasciarlo parlare» aggiunse il moro, non accennando a muoversi dalla sua posizione.
« Ma l’ho fatto! Si da il caso che il signorino abbia scelto una serie di parole sbagliate» commentò, le ultime parole accompagnate da quello che sembrava un ringhio. Marcel sospirò portandosi le mani ai fianchi. Quell’Enzo sapeva certamente come far imbestialire qualcuno.
« Perciò ti ha detto che è qui per chiedere il tuo aiuto
Aiuto? Per chiedere il mio aiuto? Pensò mentre le parole di poco prima facevano capolino nella sua mente. ‘Hai sentito bene. Sono qui per Caroline’.  Questo Enzo era qui per Caroline e voleva il suo aiuto. ‘Peccato che lei non sappia che io sono qui’.  E Caroline non ne sapeva nulla. ‘Ho i miei buoni motivi’ aveva detto, e Marcel sembrava convinto che dovesse ascoltarlo. La presa sul collo dell’uomo venne rilasciata ed Enzo si trovò di nuovo al suolo, tossendo e riprendendo lentamente possesso dei propri polmoni. Marcel osservò Klaus tentando di capire se l’ibrido avesse cambiato realmente idea, o se quello fosse solo un pensiero fugace e quell’Enzo sarebbe stato decapitato di lì a poco. Klaus aveva abbassato lo sguardo e ora si stava guardando la mano con la quale fino a qualche secondo prima aveva tenuto il vampiro per la gola. Forse aveva frainteso, era possibile.
«Anch’io avevo i miei dubbi... ma da come ti ho sentito urlare poco fa, penso che Enzo abbia ragione e che quello che abbia da dirti ti interesserà»
Klaus si voltò per osservare Marcel: lui sapeva cosa il vampiro avesse da dirgli, gliel’aveva già fatto confessare. Era stato Marcel a portare Enzo da Klaus, quindi certamente l’aveva interrogato per primo, sapeva. E nonostante i loro correnti problemi, lo aveva portato da lui,  gli aveva dato la possibilità di esporre ciò che aveva da dire. Marcel aveva già valutato le informazioni di Enzo, e aveva deciso che valeva la pena ascoltarle. Come aveva potuto non pensarci prima?

« Il tempo scorre, Enzo. Hai tre minuti» disse con voce perentoria l’ibrido. Enzo si rimise in piedi, anche se un po’ a fatica, ma alla fine riuscì a rimettersi sulle sue gambe. Si scambiò uno sguardo con Marcel e un muto grazie venne pronunciato. L’uomo si limitò a fare un cenno col capo, per poi tornarsene da dove se ne era venuto. Ora l’Ibrido avrebbe ascoltato.

*****************************

 
«Ciao a tutti! Il mio nome è Caroline Forbes! Forse vi ricorderete di me come Miss Mystic Falls, o come la terribile e dispotica rappresentante di classe e organizzatrice di eventi... Stefan! Smettila di ridere!»
Un’ubriaca e felice Caroline riempiva lo schermo del suo cellulare in quello che ormai sembrava un video girato secoli fa. Stefan sorrise, mentre osservava Caroline schiarirsi la voce, e la propria risata nel video procurargli un’occhiataccia e un tentativo di strappare il cellulare dalle mani del ragazzo.
«O fai il serio oppure me lo ridai e girerò questo simpatico video tuuuutttttoooo da sola!»
«Se non sei nemmeno in grado di reggerti in piedi! Non farmi ridere!»
«Stefan Salvatore! Ritira subito quello che hai detto...!»
Quel video era una piccola perla. Gli era capitato di vederlo diverse volte negli ultimi giorni, specialmente quando una nota di tristezza gli balenava nell’animo. Il video continuava un altro minuto nel quale le immagini erano confuse, dato che avevano iniziato una lotta per il cellulare e terminava con loro due che sorridevano e Caroline che premeva col dito sul cellulare per far terminare la registrazione. Lo faceva sempre sorridere. Rivoleva Caroline, la sua Caroline. Quella Caroline di cui non avrebbe più potuto fare a meno, ormai ci aveva fatto il callo. Ultimamente si era ritrovato spesso a pensare agli avvenimenti che avevano preceduto la morte di Liz, ed ogni volta si ricordava di Enzo e di quelle poche frasi scambiate nel capanno del cacciatore di vampiri. ‘Lei ti odia perché in realtà non ti odia per niente’ ‘Ha una cotta per te, amico’ . E poi ancora, in ospedale, quando aveva chiesto direttamente a lei la verità ‘Caroline, parla con me. Dimmi quando e come è successo. Come ho fatto a non accorgermene’ ‘Che razza di stupida domanda è questa?’ Tutte le parole che erano state dette dopo erano state come una doccia fredda per Stefan, come se improvvisamente una serie di sensazioni e di emozioni gli venisse gettata addosso, tutte cose che erano state lì, sotto i suoi occhi ma che forse non aveva mai voluto vedere. Ancora adesso se lo chiedeva. Come aveva fatto a non accorgersene? Come aveva fatto a... non capire? Ma soprattutto cosa provava lui per lei?
Se qualcuno gliel’avesse chiesto fino a qualche mese prima, Stefan non avrebbe avuto dubbi:Caroline Forbes? E’ la mia migliore amica. Era l’unica, che da quando Lexi non c’era più era riuscita a entrargli dentro, ad occupare un posto così importante per lui nella sua vita, così fondamentale. Caroline aveva sempre tifato per lui ed Elena, per la loro epica storia d’amore come le piaceva chiamarla. L’aveva sempre spinto a lottare per lei, anche quando era chiaro che Elena ormai era innamorata di Damon e che per loro due non c’era più niente da fare, tranne essere amici. Avevano passato così tanti momenti insieme, avevano parlato di così tante altre persone... di Katherine, di Tyler... Stefan sapeva perfettamente quanto Caroline avesse amato Tyler e prima di lui Matt. Stefan sapeva perfettamente in che modo amasse Caroline, perché la conosceva meglio di chiunque altro, ormai. E nonostante questo, non era riuscito a capire cosa stava succedendo. Non era riuscito a leggere dentro di lei quei nuovi sentimenti, quelle nuove emozioni che Caroline serbava per lui. Ricordava perfettamente quando quasi con le lacrime agli occhi Caroline gli aveva chiesto ‘Sono una cattiva persona?’ dopo che tutti le avevano dato addosso per essere stata con Klaus. Aveva paura di essere una cattiva persona, lei. E questo perché si era lasciata andare, per una volta e aveva fatto quello che il cuore le aveva detto di fare. Perché di una cosa ne era sicuro Stefan... quella che Caroline aveva provato per l’ibrido non era pure attrazione sessuale. Caroline non funzionava così. Se fosse stato solo quello lei e Klaus avrebbero rotto il ghiaccio molto tempo prima, ne era certo. No... Caroline aveva provato qualcosa di diverso per Klaus. Stefan non avrebbe saputo dire se era amore, perché la situazione era stata parecchio complicata e lui all’epoca era ancora preso dalla possibilità di riavere Elena, e non ha vissuto insieme a Caroline la sua storia con Klaus. Ma c’era qualcosa tra quei due, che più di una volta l’avevano convinto che non si trattasse di mera attrazione. Quante cose che le avrebbe voluto chiedere  di quella storia, ma non aveva mai avuto il coraggio, o forse non aveva mai voluto aprire l’argomento e basta. Si rese conto che in realtà se di Matt e Tyler sapeva ogni cosa, di Klaus non sapeva quasi niente. La cosa lo turbò parecchio, specialmente realizzare che voleva sapere. E poi Klaus era andato via e Caroline non aveva più accennato all’ibrido, almeno non in sua presenza.  Qual era la storia? Come erano andate davvero le cose con lui? Stefan ricordava di come Klaus cambiasse in presenza di Caroline, di come grazie a lei avessero ricevuto l’aiuto dell’originale in più occasioni, e di come avesse salvato la vita a molti di loro, e qualche volta senza nemmeno chiedere qualcosa in cambio.  Quando l’idea di chiamare Klaus l’aveva sfiorato, aveva dovuto lottare con se stesso per convincersi che fosse una buona idea. Non voleva chiamarlo, non avrebbe mai voluto ma a prescindere da qualsiasi tipo di rapporto ci fosse stato tra i due, il suo ragionamento restava: Klaus sapeva come gestire il dolore e teneva a Caroline abbastanza da non permetterle di spegnere il suo interruttore senza provare a fermarla. Sì, aveva fatto la scelta giusta.
«Niente?» chiese Damon, sedendosi accanto a lui sui gradini dell’ingresso. Era una bella giornata, osservò il vampiro dai capelli neri, mentre attendeva che il fratello rispondesse. Stefan scosse il capo.
«Niente» disse, senza aggiungere altro. Damon annuì appoggiandosi con le mani al legno del pavimento e stiracchiandosi leggermente.
«Tu e Barbie?» chiese di nuovo. Stefan lo guardò di sottecchi, leggermente curioso.
«Cosa?»
«Tu e Barbie... progressi?» chiese. Come se gli avesse letto nel pensiero, Damon se ne uscì con quella domanda che senza saperlo anche Stefan si chiedeva da un po’. Lui e Caroline non ne avevano più parlato, ovviamente. Non era successo niente fra loro. Non si erano nemmeno baciati! Non che... una volta o due Stefan non avesse voluto provarci. Solo per vedere che affetto gli avrebbe fatto, baciarla.
«Io e Caroline siamo amici, Damon»
«...amici che dormono ogni sera nello stesso letto» aggiunse Damon , un sorrisetto impertinente sul viso pallido e spigoloso. Stefan rise.
«So che è impossibile per te pensare che un uomo e una donna possano dormire nello stesso letto e non fare niente, ma ...»
«Oh, andiamo! Chi vuoi prendere in giro!» lo interruppe Damon, stavolta balzando in piedi e piazzandosi davanti al fratello. Stefan sospirò portandosi entrambe le mani alla fronte e massaggiandosi le tempie. Ecco. Quello era uno di quei momenti in cui avrebbe voluto strozzare suo fratello.
« Sai cosa...» iniziò Stefan, ma non potè finire la sua frase, poiché il suo telefono iniziò a squillare. Si scambiò uno sguardo con Damon, mentre velocemente si alzava in piedi ed estraeva il suo cellulare dalla tasca, dove l’aveva rimesso qualche minuto prima. Non era il numero di Enzo. Era un numero sconosciuto.  Damon lo incoraggiò a rispondere e poi si avvicinò in attesa. Stefan premette il verde.
«Pronto»
« Stefan, vecchio compare»  

Stefan si scambiò uno sguardo allarmato con Damon.
«Klaus» 






My Corner

Hi there! Come andiamo gente? Perdonate l'improvviso posticipare di due giorni, ma ho avuto un paio di giornate veramente piene!
Dunque... eccoci qui. Che ve ne pare? Finalmente iniziamo a parlare di cose serie...
Diciamo che Enzo non è che sia proprio bravissimo nell'arte dell'oratoria, insomma... come avete potuto capire.
Menomale che i fratelli Salvatore gli avevano detto come attirare l'attenzione dell'ibrido: CAROLINE.
Interludio Delena per tutti i fan della coppia (tipo mia sorella che ha amato la suddetta scena)
Si ritorna dai due vampiri dal meraviglioso British Accent dove la situazione sta degenerando e sia ringraziato il cielo Marcel interviene!
Enzo finalmente, con la garanzia di Marcel, ha un'altra possibilità. Speriamo non faccia altri casini.
Ultima scena si apre con uno Stefan in un momento di riflessione. Mi è piaciuto molto scrivere quella scena, devo confessarvelo.
E poi ecco la fatidica chiamata.Klaus.
E adesso...? Che succederà? Riusciranno a convincere Klaus a tornare a Mystic Falls?
Cosa dirà Stefan? Che fine farà Enzo?

Forza, forza! Commentate, recensite, scrivete!!
Abbandoniamo il giochino delle frasi.
Preferisco lasciarvi un piccolo estratto. Che ne dite?


« Klaus... non ho tempo per te e i tuoi giochetti, perciò te la faccio breve. Caroline ha bisogno di aiuto. E noi...io...penso che tu possa aiutarla. Non avrei mai chiesto il tuo aiuto, se non fosse stato necessario. Quindi la domanda è semplice: vuoi aiutarci oppure no?»


Ah, la canzone di questo capitolo è Carry On My Wayward Son dei Kansas
E con questo... a martedì prossimo!

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Capitolo 7
*** Chapter 6: Leave me out with the wind, this not what I do. It’s the wrong kind of place to be thinking of you ***


Crossover : The Vampire Diaries/ The Originals
La storia inzia dopo la 6x12 (TVD) e dopo la 2x12 (TO)
[Qualsiasi cosa successa prima di questi episodi resta invariata]



Up with the birds



Chapter 6
Leave me out with the wind, this not what I do.
It’s the wrong kind of place to be thinking of you




Non appena Klaus si fu seduto, Enzo capì che era arrivato il momento di parlare, stavolta evitando troppi giri di parole e soprattutto cercando di usare le parole giuste. Con la mano destra si tolse dalla bocca quel rivolo di sangue che gli era uscito e tastandosi si accorse che aveva il labbro inferiore spaccato. Il sapore del proprio sangue sulla lingua era qualcosa a cui non era abituato. Klaus sedeva su una poltrona, di stampo antico. Aveva le gambe accavallate e entrambe le braccia poggiate ai braccioli della poltrona in una posizione alquanto regale, osservò Enzo. Che lo fosse o meno, certamente Klaus credeva di essere un sovrano.
«Arrivo da Mystic Falls. Mi hanno mandato i fratelli Salvatore, immagino che con loro ti sia capitato di avere a che fare...» cominciò, cercando di tenere il tono di voce il più calmo e meno impudente possibile. Una cosa difficile per i suoi standard, Enzo ne era consapevole, ma se per salvarsi la vita doveva solo cercare di essere un po’ meno se stesso, ci avrebbe provato.
«Un altro burattino dei Salvatore, avrei dovuto immaginarlo» commentò mellifluo Klaus. Enzo dovette davvero impegnarsi per trattenersi dallo sbraitare contro l’ibrido. Ingoiò l’insulto e si decise a parlare in maniera piuttosto calma.
« Se sono qui è per Caroline, non per i Salvatore» precisò Enzo, gli occhi fiammeggianti e i pugni stretti ai fianchi. Klaus tacque per un momento, assimilando le parole del vampiro e con esse le sue intenzioni.
« Come preferisci. Tuttavia continuo a non capire perché sei qui» disse Klaus, col tono più neutrale possibile. L’ultima cosa che voleva dare a vedere era quanto gli importasse di Caroline. Aveva già erroneamente esagerato poco prima, quando aveva perso le staffe e aveva inchiodato al muro il nuovo venuto solo per il sospetto che le fosse accaduto qualcosa a causa sua. Non avrebbe commesso lo stesso errore di nuovo. L’influenza che la giovane vampira aveva su di lui doveva essere solo affar suo.
« Sono convinti che tu puoi essere d’aiuto, per Caroline» spiegò Enzo. Le sopracciglia dell’ibrido si incurvarono in un moto di pura curiosità.
« E come, di grazia, io potrei essere d’aiuto?» chiese.
« Liz Forbes, la madre di Caroline, è morta qualche giorno fa»
La notizia, sebbene lo cogliesse di sorpresa, lo lasciò indifferente.
«La morte è una triste costante della vita umana. Sono certo che anche la signorina Forbes ne è a conoscenza» celiò. Continuava a non capire perché volessero il suo aiuto.
« Caroline è distrutta. Sta soffrendo. Ed è troppo per lei»
« Non so quanto bene  tu la conosca, ma ti posso assicurare  che ho conosciuto poche persone con la forza e la tempra di quella donna. La sua forza era una delle cose che la rendevano diversa, rispetto ad altri» commentò Klaus. Enzo osservò l’ibrido mentre sembrava si stesse perdendo in un ricordo e si limitò a sospirare, rassegnato. Non gli avrebbe creduto, c’era poco da fare. Non sarebbe riuscito uno sconosciuto a convincerlo ad aiutare Caroline. Lui non ci sarebbe riuscito. Insomma... nemmeno riusciva a pronunciare il suo nome! La signorina Forbes, per cortesia! Da quello che gli aveva raccontato Damon, quei due erano andati ben oltre le presentazioni. Klaus si ostinava a sembrare indifferente, ma solo pochi minuti prima era uscito di senno al solo sentir pronunciare il nome della vampira. Questo teatrino di indifferenza agli occhi di Enzo, era solo patetico. Ma sarebbe stato meglio non dirglielo forse, o aveva come l’impressione che quelle sarebbero state le sue ultime parole.
« Eppure sono colpito! Come mai  Stefan, perché è chiaro che c’è lui dietro tutto questo, ha mandato te a cercare il mio aiuto?» aggiunse Klaus, pensieroso. Enzo non si meravigliò dell’immediato collegamento di Klaus a Stefan. Per qualche strano motivo aveva avuto come l’impressione mentre parlava con Stefan, che lui e Klaus si conoscessero molto bene. Ed ecco... che la soluzione arrivò.
«Perché non glielo chiedi?» domandò Enzo. Klaus sollevò lo sguardo per puntare i suoi occhi in quelli del vampiro.  Effettivamente poteva essere una buona idea, pensò Klaus. Certamente si sarebbe fidato più di Stefan, che del primo idiota che bussa alla sua porta. Con uno scatto repentino, estrasse il cellulare dalla sua tasca e dopo qualche secondo poggiò il telefono al suo orecchio, senza scomodarsi dalla sua regale posizione.


****************************************


«Stefan, vecchio compare!»  disse, mentre un sorrisetto gli affiorava sulle labbra. Enzo trasse un misero sospiro di sollievo. La sua parte l’aveva fatta.
Quando Stefan sentì la voce di Klaus dall’altra parte del ricevitore provò due sensazioni diverse allo stesso tempo. Sollievo, Enzo era riuscito a metterli in comunicazione con l’ibrido. Paura, non era stato Enzo a chiamare.  Fece un cenno a Damon che immediatamente corse ad avvertire Elena, mentre il suo cervello elaborava più velocemente possibile scenari e possibilità. Se qualcosa fosse andato storto non se lo sarebbe mai perdonato, nemmeno trattandosi di Enzo.
« C’è un... giovane e coraggioso ragazzino di nome Enzo che dichiara di essere qui per vostro conto. E’ così?» chiese Klaus. Stefan chiuse gli occhi, sollevato.
«Sì, è così» rispose. Klaus aveva usato il presente. Era ancora vivo. Elena e Damon sopraggiunsero al suo fianco e i tre si allontanarono quanto più possibile per assicurarsi di non essere ascoltati.
«Jeremy» si limitò a sussurrare Elena, indicando la villa. Damon annuì al seguito. Elena sarebbe dovuta rimanere con Caroline, ma la vampira aveva tutta l’intenzione di non perdersi nemmeno un briciolo di conversazione e aveva così detto a suo fratello di tenere d’occhio Caroline, mentre loro si allontanavano per qualche minuto. Il fratello non aveva fatto troppe obiezioni. In quel momento Klaus decise di riprendere la parola.
« Una telefonata sarebbe stata più che sufficiente»
« Avessi lasciato un recapito, ti avrei contattato personalmente»
« Tu e la Bennet non giocate più insieme, ne devo dedurre? Lei sa come contattarmi»
Stefan si ammutolì. Klaus evidentemente non era a conoscenza della situazione di Bonnie. Cosa sapeva Klaus? E come mai Bonnie sapeva come contattarlo? I suoi pensieri furono interrotti da un’irritata Elena che gli faceva cenno di non fermarsi. Cosa doveva fare? Dirgli di Bonnie?
«Bonnie non è qui, al momento» disse, dopo un attimo di incertezza e un diniego da parte di Damon. Non era necessario aggiornare l’originale proprio su tutto.
« Capisco» commentò Klaus.
« Enzo...» cominciò Stefan, ma Klaus lo interruppe.
«E’ vivo, per ora.  E’ un tantino impertinente, e ha qualche problema ad esprimersi, ma per il resto respira ancora»
Damon si lasciò andare ad un sospiro di sollievo, accompagnato da Elena che sorrideva appena.
« E’ un amico, Klaus. E’ lì perché noi non potevamo muoverci da Mystic Falls» si affrettò a dire Stefan.
« Certo... immagino che la città sia sotto assedio di un nuovo super cattivo che tanto per cambiare vuole uccidere la vostra preziosa Elena, o qualcosa di simile, no?»
« Che stronzo» biascicò Damon.
« Ciao anche a te, Damon» disse Klaus,a cui ovviamente non era sfuggito il commento del vampiro.
Damon sorrise a malapena, mentre Elena gli metteva una mano sul braccio scuotendo la testa.
« Perdonami, non ho resistito!» esclamò, non disturbandosi più di celare la sua presenza.
« Quello che succede a Mystic Falls non è più un tuo problema, Klaus» rispose Stefan.
« Eppure eccoci qui, a chiacchierare al telefono dopo che avete mandato un vostro amichetto a chiedere aiuto. Dico bene, Stefan?»
Nonostante fossero al telefono, Stefan potè benissimo visualizzare il sorrisetto di vittoria che ora doveva esserci sul volto dell’originale. Avevano chiesto il suo aiuto, dopotutto. Erano stati felici che se ne andasse, felici che scomparisse dalle loro vite, eppure ora erano lì a chiedere a il suo aiuto. L’ego di Klaus doveva stare scoppiando.
« Puoi ben immaginare  per quale motivo abbiamo chiesto il tuo aiuto» disse Stefan, a fatica. Ammettere che avevano bisogno di lui era già abbastanza doloroso. Non c’era bisogno di infierire.
« Illuminami,  Stefan!» celiò il biondo originale. Stefan sospirò.
« Klaus... non ho tempo per te e i tuoi giochetti, perciò te la faccio breve. Caroline ha bisogno di aiuto. E noi...io...penso che tu possa aiutarla. Non avrei mai chiesto il tuo aiuto, se non fosse stato necessario. Quindi la domanda è semplice: vuoi aiutarci oppure no?»



****************************************


 
  
Enzo osservò l’ibrido zittirsi e mutare improvvisamente espressione. Il suo super udito gli permetteva di ascoltare la conversazione senza troppi problemi, e doveva ammettere che Klaus sembrava davvero propenso ad ascoltare ciò che i Salvatore avevano da dire. Era rimasto alquanto sorpreso dal sentire la voce di Stefan dire la parola amico riferita a lui, considerando che era palese quanto invece non si sopportassero. Probabilmente è perché vuole uccidermi lui stesso, il bastardo, pensò Enzo considerando questa come l’unica soluzione possibile per la quale Stefan Salvatore avrebbe mai potuto chiamarlo amico. Oh, certo... probabilmente non voleva che gli succedesse qualcosa a causa sua anche per Damon, ma quella era solo un’altra minuscola ipotesi. In ogni caso, amico a parte, Klaus sembrava si stesse divertendo. Enzo continuava a pensare che proprio non lo capiva questo Klaus. Un momento prima sembrava preoccupato, l’attimo dopo minacciava di morte chiunque nella maniera più tranquilla possibile, l’attimo dopo ancora un velo della più totale indifferenza gli balenava sul viso. A dire il vero, ancora non aveva capito che intenzioni avesse. Ma soprattutto... una persona che perde la pazienza così facilmente, e cambia opinione a distanza di secondi... come potevano, come avrebbero mai potuto fidarsi di lui?
« Perché dovrei? »
Enzo venne distratto dalla risposta di Klaus, che era seguita ad una manciata di secondi di innaturale silenzio. La risposta sembrò spiazzare anche Stefan, dall’altra parte del ricevitore la cui risposta non arrivò immediatamente.
« Perché stiamo parlando di Caroline, Klaus. E per quanto tu possa negarlo, so che ti importa di lei»
Enzo osservò un’espressione indecifrabile disegnarsi sul volto dell’originale. Klaus improvvisamente sembrò accorgersi che Enzo lo stava osservando e si voltò dall’altra parte, dandogli le spalle e privandolo della vista delle sue espressioni facciali.
« E con ciò?»
Persino Enzo fece un grugnito alla secca risposta dell’originale. E con ciò?!? Che razza di risposta era quella!? Ma dove voleva arrivare? Cosa voleva dimostrare?
« Dannazione Klaus, ma non mi ascolti quando parlo?! Caroline... lei... sta male! Vuole spegnere la sua umanità, e di tutte le persone pensavo che fossi proprio tu, più di tutte a non volere che una cosa del genere accadesse, che lei... spegnesse la sua luce...» disse Stefan, leggermente incerto sull’ultima frase.
Enzo non poteva vederlo in faccia, ma poteva giurare di aver visto l’ibrido gelare sul posto.



****************************************


 
Elena e Damon si scambiarono uno sguardo confuso alle parole di Stefan, che si limitò ad attendere in silenzio la risposta di Klaus. Sì, aveva giocato quella carta. Era una delle poche cose che Caroline gli aveva detto, non scendendo troppo nei particolari comunque. Di come lui una volta  l’avesse definita piena di luce. Ricordava che quando Caroline gliene aveva parlato era rimasto di sasso, sconvolto dal fatto che un essere mostruoso come Klaus potesse essere attratto dalla luce di Caroline, potesse addirittura complimentarla e incoraggiarla a non perdere quella luce.

«So che... è impossibile, probabilmente mi sbaglio e forse voglio vedere il buono anche dove non può esistere ma Stefan... io credo di aver visto qualcosa, di aver visto una, seppur misera e insignificante, speranza che dietro il mostro ci sia...qualcosa di umano»
«Caroline...»
«Lo so, lo so... è di Klaus che stiamo parlando, il pluriomicida ibrido originale che molto probabilmente in questo stesso momento sta pianificando la nostra morte a tavolino insieme a tutta la sua allegra famigliola appena ritrovata...» rifletté la ragazza.
«Di quello non ne sono così sicuro... Tu ed Elena verreste risparmiate, per ovvi motivi» rise Stefan
«Il punto... » riprese Caroline lanciandogli un’occhiataccia « è che per quanto inverosimile... non so, secondo me... non è una causa persa»
«Non è una causa persa?» chiese incredulo Stefan. Caroline sbuffò.
«Non lo sto certo giustificando per i miliardi di atrocità che ha fatto in passato e che fa tuttora e, ovviamente lo odio per tutto quello che ha fatto a noi, a te, ad Elena, a Jenna e... a tutti, insomma. E’ un mostro, sì d’accordo. Solo...»
«Solo che ti ostini a vedere del buono in tutti, non è vero?»  finì Stefan per lei.
« Mi ha detto che gli piaccio, che gli piace la mia compagnia. Che sono bella, forte e ... piena di luce...» disse Caroline.
«Cosa?!» Stefan strabuzzò gli occhi incredulo. D’accordo, Klaus aveva invitato Caroline al ballo a casa Mikaelson, sì aveva supposto che la vampira gli piacesse, ma da lì ad una dichiarazione...
«Piena di luce, Stefan! Perché una persona così avvolta dall’oscurità come Klaus dovrebbe ammirare e apprezzare qualcuno pieno di luce...?» chiese Caroline, le labbra piegate in un leggerissimo sorriso, come per dimostrare che la sua teoria aveva senso.
«Care...» disse Stefan, senza sapere davvero cosa dire. Caroline spense il suo sorriso affondando nella poltrona. Stefan la guardava curioso.
«Lo so. Forse è stata solo una cosa detta a caso..., una delle sue mosse da conquista. E’ stato stupido parlarne. Lasciamo stare...»
 
Stefan se ne era rimasto in silenzio, quella sera,  acconsentendo alla ragazza di cambiare discorso. Tuttavia era consapevole che Klaus non diceva mai nulla a caso. Se aveva usato quelle parole, le intendeva. Ed era per questo che gli aveva appena accennato a quella parola, a quel piccolo riferimento che era sicuro all’ibrido non sarebbe sfuggito.
« E’ stata lei a dirtelo?» chiese semplicemente Klaus. Damon levò un sopracciglio curioso, qualcosa gli stava decisamente sfuggendo. Elena sembrava condividere lo stesso pensiero.
« Tu puoi aiutarla, Klaus» ribadì Stefan. Davvero non sapeva come altro dirglielo. Un silenzio di pochi secondi e poi l’ibrido rispose.
« Mi dispiace Stefan, ma non posso lasciare New Orleans al momento»
La risposta di Klaus fu inaspettata. Elena sbarrò gli occhi, Damon biascicò un ‘Cosa?’ sottovoce  e Stefan si portò una mano alla tempia, chiudendo gli occhi e lasciandosi andare ad un sospiro.
« Klaus...»
« Si tratta della mia famiglia. Io non posso lasciare New Orleans. Ho dei doveri, delle situazioni da risolvere e...» tentennò per qualche secondo prima di proseguire « inoltre credo che vi siate rivolti alla persona sbagliata. A meno che non vogliate soggiogarla per impedirle di spegnere le sue emozioni, e nemmeno in quel caso potrei esservi utile, dato che ho giurato a me stesso che non avrei mai soggiogato Caroline» concluse.
Stefan si sentì crollare il mondo addosso. La loro unica possibile soluzione si stava rifiutando di aiutarli. Questo  non era previsto. Stefan era davvero convinto che al solo sentir nominare Caroline, l’ibrido sarebbe corso in suo soccorso. Ne era certo!
« Nessuno ha mai pensato di soggiogarla, Klaus»
« Lo spero bene»
« E se la portassimo noi lì?» chiese Damon, come improvvisamente colto da un’illuminazione.
 



****************************************


Klaus si poggiò al muro della colonna. Ci mancava solo questa, si ritrovò a pensare mentre una serie di pensieri e immagini affollavano la sua testa. Era chiaro che in un altro momento sarebbe corso da lei, voluto o non, per impedirle di fare gesti assurdi come quello. Caroline era per lui il simbolo di ciò che di bello in questa sua eternità lui avesse mai desiderato. Era pura luce, la sua luce. Ogni volta che la sua mente tornava a quegli occhi, di celeste così delicato, al profumo della sua pelle, al sapore dei suoi baci, e a quei sorrisi, quei sorrisi che gli toglievano il fiato... I ricordi si sovraffollavano, riempivano le sue meningi non lasciandolo libero quasi di respirare, di riflettere. Non poteva permetterle di spegnere tutto. Ma d’altra parte, ora non era Caroline l’unica a riempire i suoi pensieri. Hope, la sua bambina. La sua piccola era in pericolo, suo fratello Finn era sulle tracce del loro segreto e ogni minuto che passava era un minuto in più per Finn per scoprire cosa si ostinavano a nascondere. C’era Kol da tenere sotto controllo e la strega, Davina. I lupi mannari e Hayley e quella assurda storia del matrimonio. E poi c’era Elijah  e il suo recentissimo problema di autocontrollo, che ora era insieme a Camille e sua figlia. Per non parlare della sua sorellina al momento nel corpo di una strega sedicenne. Ah, e ultimo sviluppo di quella che oramai sembrava la scadente trama di un romanzo ottocentesco, sua sorella Freya di ritorno dall’aldilà e un’apparente zia che, stando alle parole di sua madre, potrebbe tornare per prendere Hope. Come poteva anche solo pensare di lasciare New Orleans per più di un’ora?
« E se la portassimo noi lì?» la voce di Damon irruppe nei suoi pensieri. Cosa?! Caroline? A New Orleans? Quello sarebbe proprio il massimo! Non poteva assolutamente acconsentire ad una cosa del genere! L’unica cosa che la vampira avrebbe ricavato sarebbe stata essere in pericolo più di quanto già non fosse, specialmente nello stato di fragilità in cui doveva trovarsi. Avrebbe dovuto dedicarle particolare attenzione, e non sarebbe stato possibile. Il solo pensiero poi che Finn potesse scoprire di Caroline lo fece rabbrividire...
« Posso notare la vostra disperazione, ma come vi ho già detto non posso esservi d’aiuto. Non è questo il tempo per organizzare gite a New Orleans» si limitò a commentare, sperando di aver dato un messaggio chiaro e tondo.
«Ok, dammi quel telefono..»
Klaus riconobbe quella voce immediatamente. Elena Gilbert, la doppleganger.
«Klaus, sono Elena...»
«Riconoscerei la tua voce tra mille, tesoro» celiò l’ibrido.
« Non ti avremmo mai e quando dico mai intendo mai contattato se non fosse davvero importante! Abbiamo bisogno del tuo aiuto, lei ha bisogno del tuo aiuto!»
« Forse non mi sono spiegato...»
« No, forse io non mi sono spiegata! La mia migliore amica è chiusa in una camera da quasi una settimana. Non vuole mangiare, a malapena riesce a buttare giù un po’ di sangue, giusto per andare avanti e piange, okay? Piange tutti i sacrosanti giorni, si sveglia e si addormenta tra le lacrime e nessuno di noi riesce a fare qualcosa per aiutarla! Poi smette di piangere e inizia a parlare di spegnere la sua umanità! Tutti noi abbiamo spento la nostra umanità quando il dolore era troppo, e sinceramente Caroline ha resistito anche più di tutti noi! Ha bisogno di aiuto, ha bisogno di imparare a gestire questo dolore o non riuscirà ad andare avanti...! Ti... ti prego, Klaus... dannazione!»
Fu come se una spada si fosse trafitta più e più volte nel petto dell’Originale. Alle parole di Elena si sostituivano le immagini, e a Klaus sembrò mancare la terra sotto i piedi. Si lasciò scivolare lungo il marmo bianco della colonna fino a sedersi sul pavimento. Caroline? Come poteva ignorare le parole di Elena? Come poteva ignorare ora che sapeva? Ma non poteva. Non poteva, maledizione! Hope...
Sentì attraverso la cornetta i singhiozzi di Elena, che aveva terminato le sue parole con una supplica e con un pianto. Riusciva a sentirla tirare su col naso. Erano disperati e molto probabilmente lo era anche lei. Ma lui era con le spalle al muro! Non poteva andare a Mystic Falls, non poteva aiutarla e nemmeno poi credeva di poter fare molto per lei. Chi era lui perché Caroline gli desse retta? Non era stata forse lei a negargli sempre la possibilità di essere qualcosa di più ?
« Io.. io non posso...» le parole gli uscirono con molta più fatica di quanto pensasse.
« Non capisco davvero cosa ci trovasse in te...»  fu il sussurro di Elena prima che la telefonata venisse bruscamente interrotta. Klaus allontanò il telefono dall’orecchio fino a ritrovarselo tra le mani, l’ultima frase di Elena che gli rimbombava nella testa.
Un urlo di rabbia lasciò le labbra dell’originale.







My Corner

Buonasera a tutti e spero abbiate trascorso una bellissima Pasqua e Pasquetta a seguito!
Eccomi tornata con un nuovo capitolo e tra l'altro credevo di averlo scritto in bacheca che avrei postato oggi, ma a quanto pare me ne sono dimenticata!! Sarò più diligente la prossima volta.
Dunque... questo è decisamente uno dei miei capitoli preferiti finora, e ovviamente uno dei più importanti.
Abbiamo la prima interazione Stefan/Klaus e ci tenevo particolarmente che fosse quanto più realistica possibile
Spero di esserci riuscita. Ho cercato di mettermi davvero nei panni di Klaus e in quelli di Stefan e di riflettere come farebbero loro.
Insomma... può Klaus lasciare casa sua, sua figlia e tutto il casino che al momento c'è a New Orleans per correre a salvare Caroline?
Tra l'altro... aiutare Caroline? Lui nemmeno crede di poterci riuscire! Crede di essere l'ultima persona a poterla aiutare...
E vi è piaciuto il piccolo flashback con Caroline e Stefan che parlano di Klaus?
Personalmente mi è piaciuto molto scriverlo e confido nel fatto che sia abbastanza realistico. Caroline ha visto qualcosa in Klaus, ammettiamolo. Fin dall'inizio.
Parlando di Caroline, per quanto ancora credete che resterà all'oscuro della situazione? Glielo diranno o lo scoprirà da sola? E Klaus? Riuscirà a trovare un modo per aiutare Caroline? O lascerà la vampira a gestirsela da sola?
Un bel casino, insomma...
Voi che ne pensate? Commentate, vi prego. Ho notato, a proposito, che lo scorso capitolo ha ricevuto un solo commento...
Devo preoccuparmi? Non vi piace più la storia? Ditemi qualcosa...!
Ah, la canzone di questo capitolo è 9 crimes di Damien Rice
E con questo... a martedì prossimo!

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Capitolo 8
*** Chapter 7: But I'm lost, crushed, cold and confused, with no guiding light left inside ***


Crossover : The Vampire Diaries/ The Originals
La storia inzia dopo la 6x12 (TVD) e dopo la 2x12 (TO)
[Qualsiasi cosa successa prima di questi episodi resta invariata]



Up with the birds



Chapter 7
But I'm lost, crushed, cold and confused, with no guiding light left inside



Il silenzio piombò improvvisamente mentre l’urlo dell’ibrido giungeva anche alle orecchie degli altri, riuniti nel salone della villa. Kol, che si stava tenendo un fazzoletto vicino al naso per bloccare il sangue, si scambiò uno sguardo preoccupato con Rebekah, la quale a sua volta sembrava sconvolta così come il fratello. Non sapevano se intervenire o meno, se scendere e vedere cosa fosse successo, o lasciare Nik sfogare la sua rabbia senza la loro presenza. Marcel, braccia conserte, sollevò il capo, voltandosi verso il balcone aperto alle sue spalle. Anche lui si stava chiedendo se intervenire o meno.  L’unica a non pensarci due volte prima di affacciarsi al balcone fu Gia, che all’urlo dell’uomo aveva subito pensato al peggio. Di volata si era precipitata sul balcone, cercando con lo sguardo il nuovo vampiro che per qualche ragione ancora a lei sconosciuta non riusciva a togliersi dalla testa. Lo vide illeso, accanto alla fontana, immobile. Un sospiro di sollievo le uscì dalle labbra, prima di venir raggiunta da Marcel. Il moro sembrava imperturbabile.
« Cosa credi...»
« Credo che sappia come stanno le cose, ora. E che abbia anche realizzato che non può farci niente» furono le parole di Marcel. Doveva essere sincero: quando Enzo aveva raccontato loro del motivo per cui era venuto a New Orleans la prima reazione era stata quella di farsi una sana e grassa risata. Di certo Klaus non avrebbe mosso un dito per aiutare una giovane vampira che stava per deragliare fuori dai binari. Illuso era stato quel vampiro che era venuto fin qui, rischiando la sua incolumità, per una simile sciocchezza. Tuttavia... Enzo sembrava essere abbastanza sicuro di non essere venuto qui a perdere il suo tempo. Sembrava fosse convinto che a Klaus, di quella vampira, interessasse davvero.

«Sei un povero illuso, Enzo. Conosco Klaus meglio di chiunque altro e ti posso ben assicurare che al di fuori dei suoi familiari, non si preoccupa di nessun altro. Anzi, ti dirò... non sono nemmeno sicuro che si preoccupi di “tutti” i suoi familiari...» si corresse Marcel. Enzo abbassò lo sguardo, un tiepido sorrisetto ad illuminargli il volto.
«Non è quello che mi hanno riferito»
«Ti sbagli»
«O forse sei tu che non conosci così bene Klaus» replicò il vampiro tranquillo. Marcel sospirò. Enzo sembrava davvero sicuro delle sue parole. Cosa si era perso, cosa non sapeva? Possibile che Klaus davvero si fosse affezionato a qualcuno? Che una giovane vampira potesse interessarlo?
«Tutta questa sicurezza ti condurrà al tuo funerale»
«Tu dammi la possibilità di parlare con lui, e vedremo chi di noi due ha ragione»
«Tu sei pazzo! Dovrei portarti da Klaus? Con tutto quello che sta succedendo l’ultima cosa di cui ha bisogno e sentire te blaterare riguardo Mystic Falls e una vampira che vuole spegnere la sua umanità!»
« E se davvero gli importasse, Marcel?» chiese Gia in un sussurro. Marcel la guardo, leggermente incredulo. Perfetto, ora ci si metteva anche lei.
«Non è così, Gia. Conosci anche tu Klaus, sai...»
«Sì, ma se... davvero gli importasse? Voglio dire... nemmeno tu sai cosa è successo a Mystic Falls, e ti ha detto di averci vissuto per almeno due anni, no? Magari... Enzo ha ragione» aggiunse.
« Credevo ti dispiacessi della morte di questo qui! Ora vuoi gettarlo in pasto a Klaus!» sbottò Marcel.
« Pensaci, Marcel! Se a Klaus davvero importasse di quella ragazza, se venisse a sapere che noi sapevamo e che non l’abbiamo informato della cosa, cosa farebbe? Lasciamolo parlare con lui! Sarà Klaus a decidere cosa fare con le informazioni! »
« Mi stai chiedendo di prendermi la responsabilità della sua dipartita?» aveva chiesto Marcel.
«Ti sto chiedendo di lasciargli fare quello per cui è venuto. Si prenderà le sue responsabilità e le sue conseguenze, da solo» concluse Gia, braccia conserte ed espressione convinta. Marcel si voltò verso Enzo, che nel frattempo era rimasto in silenzio ad ascoltare la loro conversazione.
« Sei davvero convinto che ne valga la pena?» chiese a quel punto al diretto interessato.
« Ascoltami bene, amico. Sono qui a rischiare la mia vita per aiutare una persona a cui tengo. Ora... o tu mi porti da lui, o ti giuro che in un modo o nell’altro troverò il modo di dirgli ciò che ho da dire» disse Enzo, mostrando l’espressione più seria che gli aveva visto in volto da quando avevano iniziato a parlare.
«Bene. Allora andiamo» disse, ordinando a Gia di slegarlo dalla sedia.
 
Enzo sembrava così sicuro di quello che aveva da dire, ed aveva ragione. A quanto pare a Klaus importava davvero di quella vampira,  Caroline pare si chiamasse. Stentava ancora a credere con quanta rabbia lo aveva sentito urlare poco prima, e con quanta rabbia lo aveva sentito urlare ora. Se era vero che della ragazza gli importava, questo lo rendeva un bel problema: con tutto quello che stava succedendo a New Orleans, Klaus non poteva allontanarsi, non poteva andarsene. Evidentemente il suo ultimo grido, era stato di frustrazione. Eppure qualcosa continuava a non tornargli: non è che la ragazza fosse in pericolo di vita, no? Voleva solo spegnere la sua umanità, in fondo. Non era sempre stato Klaus a dire che  le emozioni sono fonte di debolezza? Che il miglior modo per essere quello che siamo è essere liberi di fare ciò che si vuole? Che i sentimenti sono solo uno stupido ostacolo? E ora sembrava non sopportare l’idea che quella vampira potesse compiere un atto simile. Perché?
«Sai questo cosa significa, vero?» chiese Gia, interrompendo i suoi pensieri. Marcel si voltò verso di lei, curioso. Gia sembrava aver capito qualcosa che apparentemente a lui era sfuggito.
« Cosa?» chiese.
« Che forse sbagli a dire che Klaus non ha un lato umano, dopotutto» disse Gia, lo sguardo addolcito dalle sue stesse parole. Marcel invece sembrava non averne, di parole. Se ne rimase in silenzio per qualche secondo, prima di allontanarsi dal balcone, e da Gia e dirigersi al piano di sotto. Dopotutto, anche lui doveva parlare con Klaus.
 

***************

«Nik?»
Rebekah fece qualche passo incerto verso il fratello, che se ne stava immobile, seduto su una poltrona. A poca distanza da lui se ne stava il nuovo arrivato, mani in tasca e schiena appoggiata ad una colonna. Entrambi sembrava stessero contemplando il silenzio, con l’unica differenza che se l’altro sembrava starsene zitto non sapendo cosa dire, o forse temendo per qualsiasi cosa avesse potuto dire, suo fratello era in tetro e spaventoso silenzio.  Rebekah sentì la presenza di Kol alle sue spalle e gli mimò di tornarsene dentro. Kol decise di non starla a sentire, poggiandosi allo stipite della porta. Irritata, Rebekah gli diede le spalle e con qualche altro passo raggiunse Klaus.  L’ibrido non appena la vide mutò la sua espressione rabbiosa, in una meno violenta.
« Allontana quel moscerino da me, per la sua salute. Digli di tornarsene da dove è venuto.  E dì a Kol di starsene buono. Ho bisogno di parlare con te e con Marcel. Da soli» proclamò, il tono basso e serio di chi non aveva tempo da perdere. Seppur volesse ribattere, Rebekah obbedì.
« Per la tua incolumità ti suggerisco di levare le tende. Tornatene da dove sei venuto» disse Rebekah, una volta avvicinatasi all’uomo. Enzo la guardò interrogativo.
«E tu chi saresti?» chiese. Rebekah sorrise.
« Questo non è affar tuo. Sparisci, o sarò costretta a mandarti via con la forza»
Enzo non sapeva chi fosse quella ragazzina che lo stava minacciando, ma qualcosa nel suo viso la faceva apparire maledettamente diabolica. Valutò se darle retta o meno, dopotutto lui il suo compito l’aveva svolto. Aveva informato Klaus della situazione. Che Klaus  avesse deciso poi di non essere d’aiuto, quella poi mica era colpa sua?  Tuttavia, lui restava della sua opinione: anche qualora avesse accettato, come avrebbero potuto fidarsi di lui? Forse era meglio così, forse portare Klaus a Mystic Falls sarebbe stato un enorme sbaglio. Ma... Caroline?  Era davvero necessario l’aiuto di Klaus? E se... se non fossero stati in grado di aiutarla? Se avesse deciso di spegnere la sua umanità, se l’avesse già fatto? Sarebbe diventata un’altra persona, sarebbe stata diversa. E per quanto potesse godere al solo pensiero che la nuova Caroline con molta probabilità si sarebbe certamente disinnamorata  di Stefan, allo stesso tempo non voleva che Caroline cambiasse. A lui piaceva così com’era.  A parte Damon, Caroline era la cosa più vicina che avesse ad un’ amica. Aveva da tempo rinunciato all’idea che potesse essere qualcosa di più, erano, sotto certi punti di vista, troppo diversi e poi... dubitava che nel cuore della vampira ci potesse mai essere spazio per uno come lui. Oddio... a pensarci bene, se un tempo c’era stato spazio per uno come Klaus, forse non tutte le speranze erano perdute... In ogni caso, ora come ora, quello che lui  e Caroline potevano essere o no, non era oggetto di discussione. La cosa che più contava era assicurarsi che lei stesse bene, che potesse ricevere l’aiuto di cui aveva bisogno. Con un espressione decisa, si voltò verso la ragazzina.
« D’accordo, me ne vado. Prima però...» aggiunse, prima di alzare la testa e rivolgersi all’uomo seduto sulla poltrona. Klaus levò lo sguardo dalle sue gambe, vedendo Enzo fare un passo in avanti verso di lui.
« Sono venuto fin qui, rischiando la mia vita, per chiedere il tuo aiuto. Erano così convinti che ci avresti aiutato che avevano convinto anche me»
« Ti invito ad andartene...» le parole di Klaus uscirono taglienti, e affilate.
« E lo farò. Sai cosa ti dico? Forse Stefan si sbaglia, forse non abbiamo bisogno di te. Risolveremo la situazione senza il tuo coinvolgimento e una volta finita, oh...avrò una bella storia da raccontare a lei...»
Rebekah non fece in tempo a reagire, nessuno ci riuscì. Le parole erano state quelle sbagliate, ancora una volta. Kol scattò in avanti per affiancare la sorella che disperatamente urlò il nome di suo fratello.
Klaus si era gettato su Enzo, senza pensarci due volte. Gli occhi gialli e i canini affondati nella carne.

***************

 
 
« Devi stare calmo»
« NON POSSO STARE CALMO, MARCEL!»
Il tavolino di legno finì contro la parete schiantandosi in mille pezzi. Perché? Si chiese Klaus, perché gli stava succedendo tutto questo? Era forse la sua punizione per le innumerevoli atrocità commesse nel corso dei suoi mille anni? Sua figlia era in pericolo, dannazione! E tutta la sua famiglia era in pericolo! E ora anche Caroline...
« Devi stare calmo perché dobbiamo ragionare, fare un piano e risolvere...»
«Non ho la mente lucida per pensare in questo momento, non so se l’hai notato!» ringhiò Klaus, mentre portava entrambe le mani alla fronte massaggiandosi le tempie. Cosa aveva fatto? Aveva morso quell’Enzo, condannandolo a morte certa, a meno che non avesse deciso di salvarlo, cosa che al momento non aveva alcuna intenzione di fare. Dopotutto quell’impudente  l’aveva provocato. Come aveva osato dire quelle cose? Lui non poteva aiutarla, perché era così difficile da capire? E per completare il quadro ora Marcel gli veniva a dire che Finn sapeva di sua figlia.

«Klaus, maledizione! Lascialo!» urlò Marcel correndo verso i due, ma venne spinto via di malo modo dall’ibrido. Fortunatamente Kol fece ciò che sapeva fare meglio e l’originale cadde in ginocchio lasciando libero il vampiro, che si accasciò al suolo. Gia si era appena affiancata a Marcel, che gli fece cenno di occuparsi di Enzo. Klaus ancora in ginocchio sul pavimento, ma non essendo più ormai sotto l’incantesimo di Kol, respirava affannosamente, il sangue gli colava dalla bocca e le mani erano poggiate a pugno sul pavimento.
«Rebekah» disse Marcel, incerto. La ragazzina si voltò istintivamente e incontro lo sguardo corrucciato di Marcel. Rebekah rimase sorpresa, ma nemmeno troppo. Infondo Marcel era una delle persone che la conoscevano meglio di chiunque altro. Aveva fatto due più due.
«Devo parlare con Klaus di una cosa importante. Da soli » aggiunse.
«E per quale motivo la nostra presenza non è contemplata?» chiese Kol, levando un sopracciglio.
« Perché non mi fido di te» rispose iroso Marcel.
« Andiamo Kol» s’intromise Rebekah, guardando Marcel « ci sono delle cose di cui dobbiamo parlare noi due. Parlare con Nik è inutile in questo stato»  terminò, superando il moro e indirizzandosi verso l’interno. Kol di malavoglia seguì la sorella, ma non prima di aver lanciato un’occhiataccia a Marcel.
« Non voglio parlare con nessuno»
Klaus aveva parlato piano, ma il suo tono era stato perentorio. Marcel, non appena vide i due scomparire, si avvicinò all’ibrido, deciso a dirgli la sua verità.
«Klaus»
« Marcel... ti do tre secondi per scomparire dal mio campo visivo, dopodiché non risponderò delle mie azioni...» minacciò l’originale. Marcel sospirò. Doveva chiederglielo.
« Finn. Quando mi ha catturato, ha tentato di farmi confessare un segreto di cui non ero a conoscenza» proferì il moro. Klaus sollevò lo sguardo dal pavimento portandolo verso Marcel. L’ibrido sembrava invitarlo a continuare e lui così fece.
«Non ha potuto avere niente da me, ovviamente. Verso la fine però... ha iniziato a farmi delle domande sulla morte della tua bambina, domande a cui io, colui che si è liberato del corpo, non ero in grado di rispondere»
Marcel vide le pupille di Klaus dilatarsi per la sorpresa. Non poteva essere.
«Non ci ha messo molto a capire che ero stato soggiogato. Se tua figlia è ancora viva Klaus... è in pericolo»
Lo sguardo di Klaus aveva risposto per lui, e Marcel giurò di vedere sul volto dell’ibrido scendere una lacrima solitaria, prima che la rabbia prendesse di nuovo posto.
 
La situazione era delle peggiori e per la prima volta da molto tempo, Klaus non aveva la benché minima idea  di come agire. Finn, il maledetto, era lui la causa di tutti i loro problemi. Doveva essere fatto fuori. Ma  come? Serviva più potere di quanto loro avessero a disposizione.
Fu allora che un’idea balenò nella mente dell’ibrido. Un’idea folle, ma pur sempre un’idea.
« Devo parlare con i miei fratelli» esclamò, e poi si fiondò alla ricerca di Kol e Rebekah, lasciando Marcel solo nell’atrio.
 


***************

« Lo odio!  Lo sapevo! Lo sapevo che sarebbe andata a finire così, che sarebbe stata una totale perdita di tempo! Maledetto!»
Elena lanciò il telefono a Stefan, prima di incamminarsi fuori dalla radura per tornare verso casa. Damon le fu subito alle spalle.
« Elena, dove stai andando?» le chiese rincorrendola. La ragazza continuava a camminare senza voltarsi indietro, i passi decisi e pesanti sul terriccio.
«Sto andando dalla mia amica Caroline, Damon! Sto andando dalla mia amica a dirle che se si azzarda a spegnere le sue emozioni la torturerò in modi che neanche potrà immaginare finchè non la costringerò a riaccenderla di nuovo!» rispose piccata.
Damon riuscì a raggiungerla e prendendola per un braccio la fece voltare verso di lui.
« Sei forse impazzita, Gilbert?» le chiese, l’espressione sconvolta. Con uno strattone Elena si liberò dalla presa del ragazzo, ma restò ferma, decisa a spiegare a Damon quello che evidentemente sembrava non aver capito.
« Forse non ti è chiara la situazione, ma giusto due minuti fa la nostra unica speranza di aiutare Caroline ci ha implicitamente  mandato a farci fottere, e adesso siamo punto e daccapo! Abbiamo solo perso tempo! Per cui ora che la situazione è di nuovo nelle nostre mani, devo fare qualcosa o rischio di impazzire sul serio» concluse.
« Ehi, non era previsto che lui reagisse in quel modo, Elena! Siamo tutti sconcertati e sconvolti quanto te, ma questo non è il modo di reagire, per amor del cielo!» sbraitò Damon,  mentre tentava di far capire a Elena che andare dritti da Caroline a minacciarla  non era per niente la mossa giusta.
« E qual è il modo di reagire, Damon? Eh? Quale? Fare finta che vada tutto bene e aspettare che Caroline...»
« Nessuno farà niente di niente!» disse Stefan, che nel frattempo aveva raggiunto i due. Entrambi si voltarono nella sua direzione. Damon chiedeva aiuto. Elena voleva ucciderlo.
« Puoi scordartelo, Stefan! Fin’ora abbiamo fatto a modo tuo, e vedi com’è andata a finire!» disse Elena levando le braccia al cielo in un gesto di esasperazione.
« ‘E comunque la mia chiacchierata con Caroline non è stata inutile. Penso che Klaus potrebbe davvero aiutarci’»  disse Damon, scimmiottando la voce di Elena e ricordando ciò che la ragazza aveva detto il giorno prima. Le sopracciglia di Elena si arcuarono in un’espressione più che irritata, a dir poco furiosa.
« Mi hai fatto il verso, per caso?» sibilò verso il suo ex, mentre Damon incrociava le braccia con un espressione supponente.
« Ragazzi, per cortesia...» disse Stefan, tentando di ristabilire l’ordine, ma i due si guardavano ancora in cagnesco.  Se si mettevano anche a litigare tra di loro, le probabilità di risolvere la situazione scendevano sotto lo zero. La risposta di Klaus era stata una sorpresa, un cambio di programma inaspettato. ‘Non posso’ aveva detto, e Stefan in quelle due parole aveva letto un serio dispiacere nel non poter aiutare, cosa che sembrava sfuggire ad Elena che era stata quella che di loro tre, forse, ci era rimasta peggio. Lei più di tutti si era convinta che l’originale potesse davvero aiutare Caroline, forse anche più di lui.
« Klaus non ci aiuterà, avete sentito anche voi, no? O sono solo io quella a cui l’udito funziona?» chiese Elena spalancando le braccia esasperata e voltandosi verso Stefan.
« Cosa credi di risolvere andando a minacciare Blondie, eh? Non la conosci, forse? Non sai quanto è testarda e cosa succede  quando le dici che non può fare qualcosa? Devo ricordartelo io, Elena?» ribadì Damon facendo qualche passo avanti nella direzione della ragazza.
« Il nostro unico piano è saltato! Dobbiamo fare qualcosa, aiutarla... farle cambiare idea, dannazione!» replicò lei. Damon sospirò e abbassò lo sguardo, probabilmente in cerca di qualcosa da dire. Alla vista dello sguardo basso del ragazzo, Elena sembrò improvvisamente calmarsi.  Dentrò di lei sapeva  che Damon aveva ragione, così come anche Stefan. Aveva reagito d’impulso, ma Klaus le aveva fatto dare di matto. Perché aveva detto di non volergli aiutare? Di non poterli aiutare, si corresse mentalmente. Il silenzio fu improvvisamente spezzato da Stefan, che sembrò voler fare il punto della situazione.
«Chiamare Klaus è stata una buona idea, la migliore che abbiamo avuto. Se lui non può aiutarci, vorrà dire che troveremo un altro modo per aiutare Caroline... dobbiamo solo...»
« Klaus...?»
Una voce aveva fatto gelare tutti e tre i presenti che contemporaneamente si erano voltati verso il nuovo interlocutore.
Appena dietro la figura di Damon, Caroline Forbes li guardava con gli occhi spalancati.






My Corner

Salve a tutti!
Che ve ne pare degli ultimi sviluppi?
Lascio a voi i commenti...
Nel frattempo so già cosa vi starete chiedendo: E' tornata? Ricomincerà ad aggiornare ogni settimana? Ci abbandonerà di nuovo?
Allora... vi dico in pratica com'è la situazione.
Ho avuto un periodaccio pieno seppo di impegni (esami e impegni vari) e non mi è stato possibile scrivere.
In più devo confessarvi che mi è presa una cosa un pò strana, e... ho momentaneamente smesso di seguire The Originals.
NARDUCCI (uomo più odiato del mondo) mi sta lentamente distruggendo ogni briciolo di gioia nel guardare lo show, ne sbaglia una dopo l'altra.
Cioè, parliamone!
Prima mi proibisci il Klaroline (e già qui te odio), ma in fondo volevi dare un intero show a Klausuccio, quindi ci posso passare sopra.
Poi, voglio dire, crossover sono all'ordine del giorno e il Klaroline è sempre stato un fandom molto forte, e sapevo che avrebbe resistito a tutto.
E così è stato. Klaroline è diventato ogni giorno più forte. E la storyline era dalla nostra parte. C'era possibilità per il Klaroline, soprattutto dopo la 5x11.
Ma NO!Mister NArducci (con l'aiuto della Plec maledetta) si è messo in testa che Klaus e Caroline era una storia bella e conclusa.
Ma aspettate, non bastava questo, no. Doveva anche
a)toglierci Bekah (claire holt)
b)Ucciderci Kol
c) ucciderci il kolvina (che è un danno più per lei che per lui, parliamoci chiaro. Davina è abbastanza inutile)
d)Continuare a propinarci Klamille (che è una specie di contentino. Ma per chi?!?)
e)Distruggerci Hayley e Elijiah ( no, ma dico, PERCHE'!?!?)
e.... potrei continuare ancora! Voglio dire.. non ne sta azzeccando una! Ho ancora 7 episodi da vedere per finire la seconda stagione e
il solo pensiero di tutte queste cose mi frena la voglia di continuare lo show. Almeno a TVD un pò di cosette la Plec le ha sistemate (anche se la morte di Kai non gliela perdono)
E quindi tra una cosa e l'altra sto cercando di farmi tornare la voglia per finire lo show.
Scusate lo sfogo, ma ne avevo bisogno.
Tornando a noi... allora. Ecco come andranno le cose.
Oltre a questo capitolo, la prossima settimana ne avrete un altro.
Poi si va in vacanza e non avrò internet :ne approfitterò per finire questa fic, a cui mancano ormai pochi capitoli :D
Non appena torno, ovvero a Settembre, posterò il resto della storia fino alla fine.
Per cui,si, dovrete aspettare un pò, ma entro la fine di Settembre saprete come sarà andata a finire questa storia :D
A questo punto, vi invito a commentare, come sempre!
Alla prossima settimana per l'ultimo aggiornamento prima delle vacanze estive (chiamiamola la mid-season finale)
Baci
Ah, quasi dimenticavo! La canzone di questo capitolo è Guiding Lights dei Muse.
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Capitolo 9
*** Chapter 8: So I won't let you close enough to hurt me, no, I won't ask you, you to just desert me ***


Crossover : The Vampire Diaries/ The Originals
La storia inzia dopo la 6x12 (TVD) e dopo la 2x12 (TO)
[Qualsiasi cosa successa prima di questi episodi resta invariata]



Up with the birds



Chapter 8
So I won't let you close enough to hurt me, no, I won't ask you, you to just desert me



Il suolo le sembrò mancare sotto i piedi. La testa le iniziò a girare vorticosamente. Le parole scivolavano nella sua mente, con la voce dei suoi amici, e le informazioni si accumulavano. Caroline sbatté le palpebre, incredula al sentire quel nome uscire dalle loro labbra.
Quando era uscita dalla stanza, dopo così tanto tempo, era perché voleva rivedere i suoi amici e a dire la verità aveva anche un po’ fame. Non ne aveva avuta mai nei giorni scorsi,  eppure quella mattina si era alzata con la voglia di scendere in cucina e finirsi un’intera sacca di sangue. Primo step della guarigione? Si era chiesta, mentre sorridendo scendeva le scale. Si sentiva sempre uguale, vuota come nei giorni precedenti. La voglia di spegnere tutto era sempre lì, nascosta dietro l’angolo, pronta a sorprenderla nei momenti di debolezza e a tormentarla di notte, quando il viso di sua madre faceva ancora capolino nei suoi sogni. Stava combattendo, però. Ce la stava mettendo tutta, Caroline, per se stessa, per sua madre e per i suoi amici. Gliel’aveva promesso. Ormai era quasi passata una settimana, pensava, e lo svegliarsi con quella fame le aveva dato un moto di speranza quella mattina. Forse i suoi sforzi stavano dando i loro frutti, forse era solo questione di tempo e il dolore avrebbe iniziato a scemare, lasciandola libera di nuovo. 
Non si era guardata allo specchio: sapeva qual era l’immagine che gli si sarebbe parata di fronte, e non le piaceva. Immaginava il suo viso sciupato, i suoi occhi spenti e consumati dal pianto, le sue labbra screpolate e piene di tagli, tante erano state le volte che se le era morse. Era passata davanti allo specchio senza voltarsi, e senza rimpiangere di averlo fatto. Aveva tirato dritto e si era diretta verso la cucina.
Jeremy le era venuto incontro. Avevano scambiato quattro parole, lei gli aveva chiesto degli altri. Lui le aveva detto che si erano allontanati per una commissione, e che sarebbero tornati presto. Caroline non aveva fatto domande: in fondo sapeva che per colpa sua i suoi amici erano stati costretti e non lasciare casa per giorni. Si era diretta verso il frigo, ma con disappunto non aveva trovato nessuna sacca di sangue. Forse doveva scendere al piano di sotto, nella scorta. Jeremy si era offerto di andarle a prendere la sacca, e lei aveva acconsentito, sedendosi sullo sgabello in cucina e attendendo. Era stato allora, poco dopo che Jeremy aveva sceso le scale, che l’aveva sentita: Elena. Il suo udito da vampiro le aveva permesso di sentire la voce della ragazza, non molto lontano dalla casa. Non era stata in grado di capire le sue parole, ma era sicura che si trattasse della ragazza. Senza pensarci due volte, e con un sorriso sulle labbra, si precipitò alla porta e l’aprì.
Voleva tranquillizzarli, era quella l’idea. Voleva andare da loro e dirgli di non preoccuparsi, che sarebbe andata meglio, che lei era forte e che per loro non avrebbe ceduto al desiderio di spegnere tutto. Voleva dirgli che quella mattina si era svegliata e che stava morendo di fame. Voleva dirgli che quella notte, le era sembrato che le lacrime fossero un po’ di meno. Voleva ringraziarli per non aver mollato, per essere stati al suo fianco, nonostante lei ultimamente fosse stata sempre sull’orlo del precipizio. Seguendo la voce di Elena e quella Damon, Caroline camminava nella radura pronta a dire ai suoi amici tutto questo. Erano ancora troppo lontani, e le parole le sfuggivano ancora.
Poi, le voci divennero più nitide, e quando mancavano ormai pochi metri, Caroline si fermò.
« ... Non la conosci, forse? Non sai quanto è testarda e cosa succede  quando le dici che non può fare qualcosa? Devo ricordartelo io, Elena?»
Era la voce di Damon, ed era arrabbiata. Riusciva a vedere i due, uno di fronte all’altro e anche Stefan che era con loro. Iniziò ad avanzare lentamente, per non interrompere il loro discorso. Di chi stavano parlando? Forse di lei?
« Il nostro unico piano è saltato! Dobbiamo fare qualcosa, aiutarla... farle cambiare idea, dannazione!»
Elena, questa volta. Caroline avanzò ancora, era quasi arrivata. Ancora qualche passo e si sarebbe trovata alle spalle di Damon. Attese che qualcun altro parlasse, curiosa.  Poi le parole di Stefan la gelarono sul posto.
«Chiamare Klaus è stata una buona idea, la migliore che abbiamo avuto. Se lui non può aiutarci, vorrà dire che troveremo un altro modo per aiutare Caroline... dobbiamo solo...»
«Klaus...?»
Non aveva potuto fare a meno di far uscire quel nome dalle sue labbra, incredula. In un attimo tutti e tre si erano voltati verso di lei, uno sguardo di sorpresa sui loro volti. Ma Caroline non guardava Damon, ne Elena. I suoi occhi erano solo per Stefan in una muta espressione di dolore e delusione.
«Caroline...» aveva detto Elena, ma la ragazza aveva battuto ciglio, ne scostato il suo sguardo da quello del più giovane dei fratelli Salvatore. Un viso che per troppo tempo si era sforzata di cancellare dalla sua mente , tornò prepotente a invaderle i pensieri. Klaus.
« Come... che... » tentava, ma le parole non riuscivano ad uscirle. C’erano tante cose che avrebbe voluto chiedere. Come avete potuto? Che pensavate di fare? Perché tutto alle mie spalle? Klaus, davvero? Siete forse impazziti?  C’e ne erano tante, e la testa era affollata di dubbi e il cuore le stava dando sensazioni del tutto contrastanti. Gli occhi di Stefan si abbassarono improvvisamente, colpevoli. Elena fece qualche passo verso di lei, ma Damon la bloccò.  Senza dire altro, Caroline tornò sui suoi passi e fuggi via.
«No, non adesso» sussurrò Damon ad Elena, impedendole di correrle dietro. Eppure non fece niente, quando Stefan scomparve sotto i loro occhi all’inseguimento di Caroline.
« Lascia che ci parli lui» disse Damon, un’espressione seria che Elena non fu in grado di ignorare.


****************


 
« Fantastico, un altro problema da aggiungere alla lista!» esclamò Rebekah lasciandosi cadere sul divano. Ci mancava anche Kol bloccato nel suo nuovo corpo.
«Credi che a me vada a genio la cosa? Finn mi ha maledetto! Sono praticamente umano!» 
Kol non aveva di certo preso bene la sua nuova condanna da parte di Finn. Si era sempre sentito immortale, per secoli e mai vivo davvero. Poi si era sentito immortale e aveva iniziato a vivere  da quando questo nuovo corpo gli aveva dato la possibilità di essere se stesso,  di provare nuovi sentimenti, di ritrovare la sua famiglia solo per perdere tutto di nuovo. Era ingiusto. Non poteva finire così, non l’avrebbe permesso. Doveva trovare una soluzione, una via d’uscita.
« Sei ancora uno stregone, o sbaglio? Troveremo un modo...» disse Rebekah, senza darci troppa importanza. I problemi erano così tanti che non poteva preoccuparsi di uno più che di un altro.
« Non posso farcela da solo, né con l’aiuto di Davina, e nemmeno con il tuo contributo da strega di livello principiante» replicò Kol, camminando nervosamente per la stanza.
« Vuoi morire prima del tempo, forse?» chiese Rebekah, non prendendo bene l’insulto.
« Ho bisogno di più potere, Rebekah. Finn sta canalizzando  i nostri genitori»
Rebekah a quella rivelazione sbarrò gli occhi.
«Ecco come fa il bastardo ad essere così potente!» disse iniziando finalmente a mettere insieme i pezzi. Di Michael ed Esther non si era saputo più niente, ed eccone il motivo: erano stati presi da Finn e usati come fonte di energia. Il maledetto! Doveva assolutamente dirlo a Nik! Avere il potere della Strega Originale e del Vampiro cacciatore di vampiri non era cosa da poco. Per non parlare della schiera di lupi mannari ancora sotto il suo comando.
« Dobbiamo trovare il modo di avere una fonte di potere più grande...»
« ... oppure eliminare la sua» disse un’altra voce, irrompendo nella stanza. Klaus avanzò di qualche passo seguito da Marcel. Il suo sguardo vagava nella stanza, l’espressione sul volto era sempre tesa, ma più calma rispetto a qualche ora prima. Rebekah scattò in piedi.
«Nik! Finn sta...»
« ...canalizzando i nostri genitori, ho sentito. A quanto pare il loro figlio prediletto gli si è ritorto contro. Non posso dire che una parte di me non trova tutto questo maledettamente ironico» proferì Klaus, un sorrisetto sardonico sul volto. Kol non riusciva a credere ai suoi occhi: aveva appena scoperto che Finn aveva una fonte di potere enorme e lui sorrideva. Cosa c’era poi da sorridere?
« Hai sentito anche la parte in cui dicevo che mi ha condannato all’interno di questo corpo?» chiese Kol. Klaus sollevò lo sguardo in quello del fratello, un’espressione sospettosa sul volto.
« Cos’è questa? Un’altra delle tue trovate per fare il doppio gioco?» chiese.
« Credi che scherzerei su una cosa simile?»
«Oh, Kol... hai fatto molto peggio in passato. Cosa mi dice che adesso stai dicendo la verità?»
« Sono venuto per chiedere aiuto
« Aiuto? Dopo averci tradito innumerevoli volte, il figliol prodigo torna dai suoi fratelli per chiedere aiuto. Sei sempre stato un impudente, ma credo che stavolta tu abbia superato te stesso...»
Rebekah vide l’espressione di suo fratello Kol assumere una sola faccia: panico. Kol stava dicendo la verità, ne era sicura. Era stato il modo in cui glielo aveva detto, e ora quell’espressione a confermare le sue parole. Conosceva bene Kol, e lui non mentiva mai una volta che qualcuno scopriva i suoi misfatti, anzi. Amava raccontare delle sue furbe e riuscite malefatte, anche da bambino era sempre stato così. Sì, era egoista, ma in fondo chi di quella famiglia non lo era. Forse solo Elijah...
«Dice la verità, Nik» aveva detto Rebekah, scesa in campo per difendere Kol. Klaus tacque per qualche secondo, non  staccando gli occhi dal fratello. Se quella era la verità, avevano un altro problema da aggiungere alla loro già lunga lista.
« So che non sono stato affidabile ultimamente, ma sto dicendo la verità Nik. Ho bisogno del vostro aiuto. E poi... ero lì per aiutare Marcel!» esclamò. Marcel alle spalle di Klaus sosteneva il suo sguardo.
« Non è esattamente vero, ma non fosse stato per lui Davina ora sarebbe nelle mani di Finn. E di questo, a malincuore, devo essergliene grato» tagliò corto Marcel. Klaus continuava a restarsene in silenzio, valutando. Doveva fidarsi di Kol? O meglio... poteva fidarsi di Kol?
« In ogni caso, Kol ha ragione. Se Finn sta canalizzando i nostri genitori abbiamo bisogno di una fonte di potere più grande, altrimenti saremmo sempre impotenti contro di lui» disse Rebekah.
« Oppure possiamo togliere di mezzo i nostri genitori, e liberarci di tre grandi problemi tutti insieme!» finalmente replicò Klaus, rompendo il suo silenzio.
« Sono intoccabili. Finn ha posto un incantesimo su di loro, sono inavvicinabili» disse Kol, l’espressione un pizzico più rilassata. Forse suo fratello aveva scelto di credergli.
« Come ci muoviamo allora?» chiese Rebekah.
« Dov’è Elijah?» fu invece la domanda di Kol. Ricordava troppo chiaramente le allusioni di Finn poco prima di scagliare la sua maledizione. ‘Elijah è irrintracciabile... non è da lui... a meno che non nasconda qualcosa...’  In quel momento aveva dissimulato, chiaramente. Non voleva certo che Finn sospettasse che anche lui si era chiesto dove fosse finito suo fratello. Ora però, sentiva come la necessità di essere messo a parte di quel particolare. Era arrivato il momento di unire le forze, come si deve. Niente più trucchetti, niente più voltafaccia, niente più segreti.  Vide i suoi fratelli, e lo stesso Marcel  voltare lo sguardo altrove. Fantastico! Tutti sapevano tutto tranne lui!
« Elijah non è qui»
« Oh, ma davvero? Ottima risposta Nik! Ora la mia sete di curiosità è stata placata!» replicò piccato Kol, offeso di essere l’unico estraneo alla situazione. Rebekah fece qualche passo verso di lui.
« Elijah non è in condizione di aiutarci, purtroppo. Dovremmo sbrigarcela senza di lui» gli disse seria, guardandolo negli occhi. Forse non gli aveva detto come stavano le cose, ma le parole della sorella di certo gli erano sembrate più esaustive. Tuttavia, non si arrese.
« Finn pensa che stia nascondendo qualcosa. Pensa che il suo essere irrintracciabile centri col tuo fantomatico segreto» continuò, mentre Klaus in silenzio assottigliava gli occhi.
«E sono sempre più convinto che avesse ragione» terminò Kol.
« Finn deve essere fermato» si inserì Marcel, togliendo la parola a Rebekah, che stava per dire qualcosa. Kol e Marcel si scambiarono un’occhiata di astio, ma convennero sul fatto che la loro collaborazione oramai arrivati a questo punto era necessaria.
« Per quanto mi piacerebbe uccidere Finn seduta stante, sono costretto ad ammettere che non disponiamo ancora dei mezzi per farlo. Tuttavia... la cosa più importante al momento è fermarlo, prima che possa fare passi in avanti»
Kol e Rebekah ascoltarono le parole di Klaus con attenzione, ognuno coi suoi pensieri a ronzargli per la testa.  Se Rebekah aveva paura di sapere a cosa potessero alludere le sue ultime parole, Kol era solo deciso a fare qualcosa di concreto per risolvere quella situazione. Prima o poi sarebbe stato messo a parte del segreto, era inevitabile. Per cui, decise di non preoccuparsene più... o si sarebbe giocato anche l’aiuto di quel che di sano, per così dire, restava della sua famiglia.
« Hai un piano?» chiese Rebekah
« Potrei. Ma ho bisogno del vostro aiuto. E magari... anche l’aiuto della giovane streghetta impudente »
«Davina?» chiese Marcel, voltandosi verso Klaus.
« Marcel, avverti anche Hayley, io... devo fare una telefonata» disse Klaus, e senza dire una parola lasciò la stanza.
 


****************


«Che cos’hai piccolina? Non hai proprio sonno? Neanchè un po’? »
Hope emise un risolino coi suoi occhioni celesti del tutto spalancati e Camille sopirò, cogliendo il messaggio: la piccola non aveva alcuna intenzione di addormentarsi. Con la piccola in braccio, Camille si sollevò dal divano e si diresse verso il box dove c’erano tutti i giochi della bambina posizionandovela all’interno. Hope, non appena fu seduta, con un gridolino eccitato si lanciò sul suo pupazzo preferito, un lupacchiotto di peluche che le aveva regalato il suo papà, e iniziò a giocarci. Camille sospirò portandosi le braccia ai fianchi e osservando con un cipiglio divertito la piccola, che rideva strofinando il suo nasino contro quello del pupazzo.
« Ti diverti, eh?» sussurrò Camille, e Hope battè le mani in segno di approvazione. Quella bambina era come un soffio di aria pura per Camille. Dopo tutte le cose orribili che dall’anno scorso le erano capitate,  prendersi cura di quella bambina era stata una boccata d’ossigeno, un raggio di sole per lei. Senza contare il fatto che Hope era così simile a suo padre e... beh, Camille oramai si era rassegnata all’idea di provare qualcosa per lui. Ogni volta che si soffermava sul viso della piccola, i suoi pensieri si dirigevano sempre a lui, al maledetto Ibrido Originale che senza rendersene conto le aveva stravolto completamente la vita. Beh... a dire il vero  se ne era reso conto, insomma... le aveva cancellato la memoria tante di quelle volte... ma ormai era acqua passata. Tuttavia Camille era convinta che Klaus neppure sospettasse che lei aveva una sorta di debole per lui. Klaus non era il tipo. Tra tutti i sentimenti che Klaus aveva mostrato di avere da quando era entrato a far parte della sua vita, l’amore non era stato uno di quelli. Per un certo periodo di tempo, Camille si era convinta che Klaus non fosse in grado di amare, persino. Poi dopo la nascita di Hope, l’aveva visto: Klaus amava. L’aveva visto insieme ad Hope, e il cuore le si era sciolto nel vederli insieme. Per la prima volta aveva visto negli occhi di Klaus una luce diversa, nel modo in cui stringeva quello scricciolo tra le braccia come fosse la cosa più importante dell’universo, e per Klaus certamente lo era. La piccola Hope era la sua speranza, la sua occasione,  il suo faro. E Camille per un attimo aveva provato un pizzico di invidia. Aveva passato un intero anno a convincere Klaus che in lui c’era qualcosa di buono, che c’era ancora speranza anche per uno come lui, che lei avrebbe potuto aiutarlo se lui gliel’avesse permesso, eppure non era riuscita nel suo intento. Certo... c’era stato qualche piccolo miglioramento qui e lì, ma non era mai riuscita ad aiutarlo davvero. Hope con un solo sguardo, era riuscita in quello in cui Camille aveva fallito dopo un intero anno di tentativi: dargli speranza. E ora, in quel preciso momento, mentre rideva e giocava nel suo box, stava dando anche a Camille quella speranza: speranza che le cose potessero andare per il meglio, che c’è sempre il sole dopo la tempesta, che un futuro diverso potrebbe attendere tutti loro, un futuro forse libero da faide, intrighi, spargimenti si sangue e sacrifici. Un futuro felice.
A Camille capitava spesso di perdersi nei suoi pensieri, che come anche quella volta, riguardavano sempre Hope, Klaus, la famiglia Mikaelson, e tutto il resto di quella bizzarra e pericolosa popolazione di New Orleans. A volte le sarebbe venuta voglia di prendersi uno ad uno tutti gli abitanti della città e psicanalizzarli, per aiutarli a risolvere i loro problemi e così dare anche il suo contributo alla comunità. Ma il più delle volte si diceva che la sua era un’idea stupida, e che ora come ora, l’unica cosa che poteva fare era cercare di portare a termine il solo compito che le era stato affidato: badare alla piccola Hope. E ad Elijah, sì anche a lui. Lui era l’unico paziente su cui al momento poteva concentrarsi.
Il soggetto in questione fece il suo ingresso nel piccolo soggiorno proprio in quel momento.
«Camille?» la richiamò, attirando la sua attenzione. Quando la donna si voltò osservò l’Originale porgerle il suo cellulare. Un “Niklaus” venne mimato in risposta alla sua muta domanda e senza esitare oltre, prese il cellulare e rispose.
«Klaus»
«Camille, ho bisogno del tuo aiuto per una faccenda...» 
Un pizzico di delusione le attraversò il viso: non un ‘ciao’  ne un ‘come stai’ , non si perdeva in chiacchiere Niklaus Mikaelson. In ogni caso se aveva bisogno del suo aiuto, lei era del tutto intenzionata a rendersi utile.
«Di cosa hai bisogno?» chiese quindi, cercando di mantenere neutrale il tono della sua voce.
« Oggetti. Oggetti potenti, pieni di magia, carichi di magia. Marcel mi ha detto che il caro zio te ne ha lasciati parecchi...»
« Sì... ma non capisco perché...»
«Abbiamo bisogno di molto potere da canalizzare, e quegli oggetti potrebbero fare al caso nostro»
« Potere da canalizzare per cosa? Finn? Avete trovato un modo per metterlo fuori gioco definitivamente?» chiese Camille, lo sguardo immediatamente rivolto alla piccola Hope nel box.
«Non ancora, ma è un inizio. Finn sospetta qualcosa e dobbiamo prendere provvedimenti, anche se momentanei. Posso contare sulla tua collaborazione Camille?»
« Sì, d’accordo. Parlerò con Marcel e vedrò di farti avere ciò che ti serve» concluse Camille sospirando.
« Ti ringrazio» replicò l’ibrido. Un brivido attraversò la ragazza mentre immaginava le labbra dell’uomo all’altro capo del telefono piegarsi in un sorriso. Non pensarci, Camille. Concentrati.
«Camille?» la richiamò qualche secondo dopo.
«Sì»
« Elijah mi ha detto che hai tutto sotto controllo»
«Sì... insomma, ce la caviamo piuttosto bene» replicò la ragazza. Elijah a pochi metri da lei sorrise incoraggiante. Ovviamente stava ascoltando tutta la conversazione.
« Non immagini quanto ti sia grato per quello che stai facendo»
Camille era sicura che in quel momento le gote le si erano colorate di un rosso acceso, ci avrebbe scommesso. Si voltò per nascondere ad Elijah il suo viso, e prese un piccolo respiro. Maledetto. A volte gli bastano un paio di parole messe insieme ed è capace di farmi arrossire come una bambina!
« Posso immaginare. In ogni caso, datevi da fare! Prima ci liberiamo di Finn...» disse mentre con lo sguardo finiva di nuovo sullo scricciolo nel box « ... e prima torneremo tutti a casa»
Non ci fu alcuna risposta, ma Camille era certa che dall’altra parte del telefono Klaus avesse fatto un sorriso






My Corner

Allora eccomi qua!
Come promesso ecco a voi l'aggiornamento prima delle vacanze!
Vi ricordo che il prossimo appuntamento sarà a Settembre per cui, godetevi le vostre vacanze, gente!
Detto ciò, passiamo al capitolo.
Caroline ha scoperto come stanno le cose, anche se non abbiamo ancora avuto LA DISCUSSIONE vera e propria
che sarà ovviamente nel prossimo capitolo, il suo confronto con Stefan e la consenguente reazione alla cosa.
Come pensate reagirà Caroline? La prenderà bene, male? Io ovviamente so come reagirà, ma aspetto le vostre supposizioni... ;)
Il mio povero Kol, come al solito, viene trattato male ma in fondo non è che sia proprio il simbolo dell'affidabilità, quindi ci sta
E dulcis in fundo, come avevo preannunciato, ecco la comparsa di Elijiah e di Camille (che per quanto trovi inutile come personaggio, doveva essere
presente nella mia storia se volevo mantenere un fondo di coerenza con l'originale, no?) e in ogni caso era giusto parlare della tata della piccola Hope xD
E Klaus? Sembra aver avuto un'idea o sbaglio? Che avesse trovato una soluzione? Lo vedremo finalmente andare a Mystic Falls?
Beh... lo scoprirete il mese prossimo!
Baci a tutti! Buone vacanze e a presto!
P.s. La canzone di questo capitolo è ovviamente Turning Tables di Adele.
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Capitolo 10
*** Chapter 9: I call you murderer, how could you murder us? ***


Crossover : The Vampire Diaries/ The Originals
La storia inzia dopo la 6x12 (TVD) e dopo la 2x12 (TO)
[Qualsiasi cosa successa prima di questi episodi resta invariata]



Up with the birds



Chapter 9
I call you murderer, how could you murder us?



«Che aria tira lì fuori?»
Gia  staccò il suo sguardo dalla finestra per posarlo sull’uomo che le aveva posto la domanda. Enzo era legato ad una delle sedie del soggiorno e la fissava con aria interrogativa. Aveva il visto stanco, ed era ancora un po’ scosso dopo il suo incontro con Klaus, questo era evidente, dato che sembrava non voler abbandonare la sua espressione più seria. La ragazza valutò velocemente quali informazioni condividere e quali tenere per se, dopotutto questo Enzo lo conosceva da quanto? Dieci minuti? Di certo quando lo aveva visto seduto su uno sgabello di un bar, e aveva iniziato a flirtare piacevolmente con un attraente sconosciuto  non aveva pensato che, qualche ora più tardi, si sarebbero trovati in quella situazione. E chi poteva immaginarlo! Certo che aveva una fortuna davvero invidiabile con gli uomini...
«Non hanno ancora deciso di farti fuori, puoi stare tranquillo»
«E queste , a proposito, sono proprio necessarie?» aggiunse Enzo indicando le corde che lo immobilizzavano alla sedia. Gia scrollò le spalle.
«Ordini di Klaus» si limitò a rispondere.
«Quindi è lui a comandare tutti da queste parti, eh? Cos’è... il re dei vampiri?» chiese Enzo rassegnandosi al fatto che non riusciva a strapparsi da quelle maledette funi impregnate di verbena.
«Chi sta al comando della nostra comunità non ti riguarda» replicò secca Gia.
«Uh, perdonami tesoro. Semplicemente sottolineavo la vostra cieca obbedienza...»
«Falla finita, ok?» lo interruppe Gia lanciandogli un’occhiataccia.
«Qualcuno è suscettibile. Sto solo cercando di fare conversazione... »
« Marcel è il nostro leader.  Marcel si fida di Klaus, noi ci fidiamo di Marcel» tagliò corto Gia, senza scendere troppo nei dettagli. Non era certo quello il momento di mettersi a disquisire su chi avesse il potere a New Orleans. Enzo accolse la risposta con un lieve incurvamento delle labbra.
«Bene, chiarito questo... come faccio ad essere ancora vivo? Ricordo piuttosto chiaramente di essere stato azzannato dalla bestia che crede di essere il re di questo posto...» commentò Enzo amaramente, sostituendo il suo lieve sorrisino ad un espressione chiaramente disgustata. Aveva emesso il suo verdetto: odiava Klaus.
« Ti abbiamo dato da bere il suo sangue qualche ora fa, quando ti sei svegliato in preda alle allucinazioni»
«Il suo sangue?»
«E’ la cura. Il suo morso è letale come quello di un qualsiasi altro lupo mannaro. Ma il suo sangue è la cura. Lui è l’unico che può salvarti o condannarti a morte certa»
« Ora capisco le sue smanie di onnipotenza...» disse Enzo, mentre pian piano delle immagini iniziavano a riaffiorare nella sua testa. Il dolore lancinante, la certezza che sarebbe morto e... l’aveva vista, aveva visto Maggie... Era lì, gli teneva il capo e lo accarezzava. E poi gli aveva dato da bere qualcosa e... poi buio. Quando si era svegliato si era trovato legato alla sedia e solo nell’enorme salone con Gia che fissava fuori dalla vetrata. Maggie era stata un allucinazione, ovviamente.
«Continuavi a dire ‘Non lasciarmi’ » disse improvvisamente Gia, rompendo il momentaneo silenzio che era seguito alla sua affermazione.
«Cosa?»
« ‘Non lasciarmi’ e poi... un nome, ma quello non l’ho capito chiaramente... forse...Mary?» chiese incerta.
« Maggie» corresse Enzo automaticamente, pentendosene poco dopo. Gia lo guardava con un’espressione curiosa sul viso.
«Chi...»
« Solo l’amore della mia vita, suppongo....» disse Enzo, con un amaro sorriso stampato in volto. Gia si irrigidì per qualche secondo prima di muovere qualche passo verso il suo interlocutore. Arrivata abbastanza vicina da potergli stare a pochi centimetri di distanza, riprese a parlare.
« E lei...»
« E’ morta» concluse Enzo per lei. Lui sollevò il viso e fece sì che i suoi occhi castani incontrassero gli occhi di lei, in un muto discorso che i due non proseguirono.  Restarono così, occhi negli occhi per un po’, poi non ebbero più la forza nemmeno di guardarsi e Gia si allontanò nuovamente. Fu solo pochi minuti dopo, quando Marcel entrò nella stanza, che il silenzio venne rotto nuovamente.
«Siamo pronti»


***************

 
«Finalmente qualcuno ha deciso di degnarci della sua presenza...» biascicò Kol, poggiato allo stipite della porta a braccia incrociate. Hayley aveva appena fatto il suo ingresso.
« Che sta succedendo qui? Qualcuno mi spiega?» disse la mora. Appena poco dietro di lei, un’altra figura sembrava titubante a farsi avanti. Qualche secondo dopo Jackson si palesò alle spalle di Hayley.
«Jackson, che ci fai qui?» chiese Rebekah, confusa. Hayley si voltò scambiandosi uno sguardo con l’uomo alle sue spalle. Sembrava stessero comunicando in silenzio, e Kol si chiese per un attimo se quei maledetti licantropi potessero anche comunicare col pensiero. Ovviamente appena realizzò che era impossibile, capì che c’era qualcosa di cui quei due sembrava stessero discutendo solo con uno sguardo. Qualcosa di cui, ed era più che evidente, non volevano metterli a parte.
«Noi...» iniziò incerto lui.
«Jackson è con me»  tagliò corto Hayley, tornando a rivolgersi verso i due originali. Inutile dire che i due fratelli restarono leggermente sorpresi dall’affermazione ferma e decisa della donna.
«Hayley...» iniziò Rebekah, ma bastò una sola frase dell’altra per zittire l’orginale.
«Lui sa»
Rebekah tacque spalancando gli occhi sorpresa. Come faceva Jackson a sapere? Ma soprattutto come Nik  aveva permesso una cosa simile, ammesso che Nik ne fosse a conoscenza.  Come aveva potuto Hayley, perché era certo che fosse stata lei a rivelare il segreto, dire a Jackson una cosa così importante? Non bastava già che quell’umana, Camille,  ne fosse a conoscenza? Lì era stata causa di forza maggiore, e in ogni caso Rebekah non era così convinta che la bambina fosse in buone mani, tantomeno considerando i recenti comportamenti di Elijah, ma Nik sembrava fidarsi di quella barista, e se Nik si fidava, doveva concedergli il beneficio del dubbio. Ora però anche Jackson...
«Oh, fantastico! A quanto pare io sono ancora l’unico a non far parte della festa!» esclamò Kol teatrale levando le braccia al cielo. La situazione stava rasentando il ridicolo. Tutti sapevano del maledetto segreto e lui, che era famiglia, non sapeva assolutamente niente. Ancora una volta tradito, ancora una volta messo da parte e soprattutto, ancora una volta, la sua famiglia aveva scelto estranei prima di lui.
« Marcel ha detto che era importante. Dov’è Klaus?» chiese Hayley senza mezze misure. C’erano cose più urgenti a suo avviso da portare a termine, come il suo matrimonio, la garanzia che a proteggere la sua piccola ci sarebbe stato un intero gruppo di ibridi. Quello al momento era la sua priorità e non una riunione a Villa Mikaelson. La presenza di Jackson alle sue spalle la tranquillizzava: le sembrava di avere ancora tutto sottocontrollo, di non star perdendo tempo, di avere qualcuno al suo fianco per davvero. Posò lo sguardo sui due fratelli e attese che una risposta gli fosse data. Prima che Rebekah potesse parlare, Klaus face il suo ingresso nella stanza.
«Hayley e ... la sua immancabile compagnia, lieto che ci abbiate raggiunto» esordì fermandosi appena al centro della stanza, in mezzo ai suoi fratelli. Rebekah scoccò uno sguardo a Kol, preoccupata: sapeva che non potevano continuare a rimandare il momento della confessione. Kol doveva essere messo a parte del segreto, subito o si sarebbero giocati la sua lealtà e soprattutto il suo perdono. Nonostante Kol fosse egoista, capriccioso, impudente e tanti altri aggettivi che non era il caso elencare, Rebekah era più che consapevole di ciò che suo fratello aveva sempre provato, e certamente provava ancora, nei loro confronti.  Si era sempre sentito messo da parte, abbandonato, rilegato fuori da quel “sempre e per sempre” a cui mai era stato invitato a partecipare. L’aveva visto essere geloso di Marcel, soffrire per le attenzioni di Elijah, di Nik, di Finn, di Esther...forse persino le sue! E sebbene lui non avesse fatto nulla per guadagnarsi la loro fiducia, Rebekah si sentiva quasi in colpa ora per non aver condiviso il segreto con lui. Perché nonostante tutto Kol era suo fratello, era la sua famiglia. E la famiglia viene al primo posto. E Rebekah aveva imparato, dai suoi propri errori, che prediligere altri alla sua famiglia non portava mai a niente di buono. Portava rimpianti, dolore e sensi di colpa.  La sua storia con Nik ne era stata la prova più lampante. Non si sarebbe mai e poi mai perdonata per quello che aveva fatto a Nik. E sebbene si ostinasse a fare l’orgogliosa e a convincersi che ai tempi aveva avuto ragione a fare quel che aveva fatto, dentro di sé non riusciva a sentirsi a posto, non riusciva ancora a perdonarsi. Perché la verità era che Rebekah amava i suoi fratelli, li amava più di ogni altra cosa al mondo. E più di tutti amava Niklaus. Dopo tutto quello che era successo l’anno precedente, Rebekah aveva fatto una promessa a se stessa: mai più avrebbe scelto altri prima della sua famiglia. Ed era del tutto intenzionata a mantenere la sua parola.
«Nik...»
« Rebekah, tu e Kol andate pure avanti. C’è una strega al piano di sotto che aspetta di essere messa a parte del piano. Noi ci uniremo a breve» proclamò Klaus, senza staccare per un momento gli occhi dai due lupi presenti nella stanza. Kol, non appena sentito la parola strega aveva preso la via per le scale. Rebekah tentennò per qualche secondo, scambiandosi uno sguardo con suo fratello.
« Kol deve...»
« Fa quello che devi» le sussurrò Nik. Rebekah annuì leggermente e seguì il fratello giù per le scale. Senza dire una parola, lei e Nik si erano capiti solo con uno sguardo. Perché era inutile negarlo: il rapporto che legava lei e Klaus, era un rapporto che Rebekah non aveva mai avuto con nessun altro.


***************

Quando le era corso dietro, Stefan era convintissimo di sapere quello che le avrebbe detto, le parole che avrebbe usato,  e forse era persino convinto che sarebbe riuscito a farle capire le sue ragioni. Aveva sperato che né Elena né Damon lo seguissero, era certo che loro non sarebbero stati d’aiuto. Caroline era una sua responsabilità. Era lui che aveva promesso a Liz che si sarebbe preso cura di sua figlia, lui che aveva promesso a Caroline che non l’avrebbe mai abbandonata, lui ancora che le aveva promesso avrebbe trovato una soluzione, lui che se a Caroline fosse successo qualcosa, qualsiasi cosa, non se lo sarebbe mai perdonato. Più velocemente di quanto se ne fosse accorto, quella vampira bionda, era quasi diventata il centro del suo mondo, un mondo che oramai gli risultava immaginare senza di lei. Non era solo dovere o il mantenere una promessa che l’aveva spinto a correrle dietro senza pensarci due volte, no. Era stato qualcos’altro. Qualcosa che forse Stefan non era ancora pronto ad ammettere. Erano stati i suoi occhi blu, spaventati e increduli che gli avevano fatto fermare il cuore. Era come diventato sordo improvvisamente, nel suo campo visivo solo lei e la sua assordante delusione che leggeva in quelle iridi che avevano occhi solo per lui. Non aveva capito più niente finché non l’aveva raggiunta, finché lei non si era finalmente fermata, a pochi passi dall’ingresso sul retro della casa. Si era fermata di spalle, i pugni serrati, le gambe strette e il capo leggermente abbassato. Stefan era certo che stava cercando di trattenere le lacrime. Lacrime che per la prima volta, da giorni, sarebbero scese a causa sua. Dopo un silenzio che durò per qualche minuto finalmente Caroline si voltò. E quando la vide, capì. Tutta quella convinzione , quella sicurezza che credeva di avere, quelle parole che prima erano chiare nella sua testa, crollarono davanti al suo volto. Gli occhi erano lucidi, le gote erano arrossate e le labbra erano serrate. Sembrava stesse valutando cosa dire. Stefan tacque in attesa delle sue parole.
«Perché? » chiese Caroline. Un sussurro che sembrava doloroso, come se il solo pronunciare quella parola le avesse fatto del male. Possibile?
« Caroline...»
«Perché, Stefan? Solo... dimmi perché» ripeté lei, i pugni stretti e le braccia rigide lungo il suo corpo.  Stefan aveva come l’impressione che qualsiasi cosa avesse in quel momento per Caroline non avrebbe giustificato ciò che aveva fatto, nulla probabilmente avrebbe potuto giustificare l’aver informato Klaus.
« Perché ero disperato»
Semplice, diretto, sincero. Alle parole di Stefan, Caroline non poté fare a meno di sentire una fitta al cuore. Era disperato. Non sapeva cosa fare. Non si fidava di lei?
« Caroline...» disse ancora avvicinandosi a lei di qualche passo « io non riuscivo ad aiutarti, tutti noi ci sentivamo impotenti  di fronte al tuo dolore e volevamo solo aiutarti, credimi»
Stefan allungò una mano, ma un’occhiata di Caroline sembrò fargli cambiare idea. Lei era immobile, rigida e lo aveva appena guardato con l’espressione ferita di chi si sente tradito nel peggiore dei modi. Non voleva essere toccata, non da lui. Le aveva  mentito quando le aveva detto che aveva fiducia in lei. Non si fidava di lei, non la credeva in grado di riprendersi da sola e ancor peggio, aveva chiamato qualcun altro ad occuparsi del problema. Se ne era lavato le mani.
« Di chi è stata l’idea? Elena?» chiese Caroline. Forse, se la risposta fosse stata positiva sarebbe riuscita a guardare di nuovo Stefan negli occhi e a non sentirsi tradita e ingannata  come in quel preciso momento. Ricordò improvvisamente la conversazione avuta con Elena qualche giorno prima, proprio su Klaus. Che fosse stata Elena a coinvolgere i fratelli Salvatore?
« Mia. E’ stata mia l’idea»
Le parole di Stefan rimbombarono come fossero state urlate a squarciagola in una stanza buia. Non era stata Elena, era stato lui. A Caroline iniziò a mancare il respiro. Rilasciò i polsi e lasciò scivolare quelle lacrime che aveva fatto tanta fatica a trattenere. Come aveva potuto..?
« Caroline...»
« No»
Non aveva alzato la voce, ma il tono era stato chiaro: non aveva intenzione di sentire ancora un’altra parola dalle labbra del vampiro. Non aveva intenzione di scoprire quanta poca fiducia Stefan riponesse in lei, ne per quale assurdo motivo lui pensasse che Klaus avesse potuto aiutarla. In quel momento tutto ciò che aveva voglia di fare era lasciar sgorgare quelle ennesime lacrime,  e poi pensare. Doveva pensare a cosa fare, a come comportarsi a come riprendere in mano le redini della sua vita. Non avrebbe lasciato Stefan decidere cosa fosse o non fosse giusto per lei. Specialmente se chi diceva di volerla aiutare  alla fine sceglieva di far intervenire qualcun altro.
« Non dire altro»
« No, io... avrei dovuto dirti tutto fin dall’inizio... »
« Non voglio ascoltarti adesso»
« Caroline...»
« No, Stefan, davvero»
Caroline strinse le braccia al petto e diede le spalle al ragazzo. Sperò che cogliesse il messaggio, che non insistesse. Non aveva la forza di arrabbiarsi, non ancora. Doveva prima lasciare che la delusione sfogasse, che le parole di Stefan a cui si era aggrappata come una disperata in quei giorni si affievolissero, svanissero che non sembrassero ora così false alle sue orecchie, così ingannevoli.  Possibile che non ci fosse nessuno a questo mondo di cui lei potesse fidarsi ciecamente? Questa era l’ennesima conferma che la risposta ero un freddo e secco no.
« So di... aver agito male, nascondendotelo ma Caroline... ti prego, parliamone»
Stefan aveva ragione, dovevano parlare e Caroline era più che propensa a farlo. Solo non in quel momento. Doveva rimettere in ordine le idee, riprendere il controllo delle sue emozioni e cercare di riprendere a respirare normalmente. Voltò il capo in direzione della spalla sinistra.
« Voglio parlare con tutti e tre. Chiama Damon ed Elena»
« D’accordo. Vado a...»
« Non ora. Ho bisogno di schiarirmi le idee... »
« Dove?»
« Aspettatemi a casa. Non seguirmi, o giuro, non metterò più piede in questa casa»
E prima che Stefan potesse controbattere Caroline era già sparita. L’eco della sua ultima minaccia rimbombava nelle orecchie di Stefan come la più dissonante delle melodie.
 






My Corner

Salve a tutti!
I'm baaack! Con un giorno di ritardo, ma stavolta non per colpa mia! Avevamo un pò di problemi con internet a casa ieri...
Anyway, come sono andate le vacanze? Siete contenti che sia tornata! Eh già, non ho intenzione di abbandonarvi con questa storia!
Che ve ne pare del capitolo? Cosa avrà in mente Klaus? E Caroline? Che diavolo farà adesso?
Spero di essere riuscita a rendere la delusione di Caroline, dato che le parole mi sono risultate un pò difficili.
E' strano tifare per una coppia e poi scrivere cose per un'altra... se capite cosa intendo!
Ma doveva essere fatto. I sentimenti non spariscono così da un giorno all'altro e purtroppo Caroline e Stefan non fanno eccezione.
Ma attenzione... ciò non vuol dire che Klaus sia out of the picture! State tranquilli... ho ancora tutto sotto controllo!
Detto ciò... che mi dite di Gia e Enzo? Vi piacciono? Strana coppia, ma secondo me azzeccata.
Abbiamo anche visto l'ingresso di Hayley, che in teoria è un personaggio che mi piace ma che non so perchè quando la scrivo
mi viene da renderla più antipatica di quanto non sia. Mah...
Commentate, commentateeeeee!
Ci vediamo la prossima settimana!
Baci
La canzone di questo capitolo è No love allowed di Rihanna.
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Capitolo 11
*** Chapter 10: Oh, We’ve stained these walls with our mistakes and flaws ***


Crossover : The Vampire Diaries/ The Originals
La storia inzia dopo la 6x12 (TVD) e dopo la 2x12 (TO)
[Qualsiasi cosa successa prima di questi episodi resta invariata]



Up with the birds



Chapter 10
Oh, We’ve stained these walls with our mistakes and flaws



A Davina,  Klaus non  era mai andato a genio. Fin dal primo momento in cui aveva avuto a che fare con l’ibrido aveva provato una sensazione di sfiducia, mista a riluttanza e ad una buona dose di paura che l’avevano sempre trattenuta dal trovarsi in situazioni che richiedessero la loro collaborazione, se possibile. Ultimamente, tuttavia, sarà che a New Orleans oramai nulla di ciò che succede non ha a che vedere con Klaus o la sua famiglia, o magari per il fatto che frequentare uno della famiglia non è la maniera più esatta per tenere le distanze, Davina e Klaus hanno dovuto vedersi e collaborare più di quanto alla ragazza piacesse.
« Davina»
La voce di Marcel la richiamò dolcemente. L’uomo la osservava da lontano, le mani in tasca e lo sguardo del genitore preoccupato, che come sempre lo accompagnava ogni volta che la guardava. Davina amava Marcel, lo considerava a tutti gli effetti la sua unica famiglia. Lui era un altro dei motivi che, in un modo o nell’altro, la legavano al maledetto ibrido originale. Ormai c’era dentro, ed uscirne era impossibile. Davina si lasciò andare ad un sospiro di rassegnazione.
« Sei venuta» disse ancora Marcel, un lieve sorriso sulle labbra.
« Avevo scelta, forse?» chiese lei avanzando lentamente verso di lui. Marcel l’accolse tra le sue braccia e i due assaporarono il calore di un abbraccio che per qualche minuto diede loro una sensazione di benessere. Oramai ogni abbraccio, ogni sorriso, ogni gesto d’affetto era un ringraziamento, un siamo ancora vivi, un puoi contare su di me. E ne avevano bisogno come l’ossigeno, di quei piccoli momenti. Con tutto quello che stava succedendo, poi...
« Lui è qui?» chiese incerta Davina, sciogliendosi dall’abbraccio e tenendo lo sguardo basso. Marcel annuì carezzandole la spalla e mostrandole un sorriso incoraggiante.
« Purtroppo sì» disse. Davina sorrise dandogli un buffetto affettuoso sulla spalla.
« Sei davvero sicura che... insomma, magari cambi idea e...»
« Finiscila, Marcel. Non devi proteggermi da lui...»
« Io non smetterò mai di proteggerti Davina...»
Lei sorrise. Lasciò un bacio sulla guancia a Marcel e voltò lo sguardo verso il palazzo alle loro spalle.
« Ero davvero preoccupata. Quello che ha fatto per noi...»
« Sì, devo ammettere che il ragazzo mi ha sorpreso. Deve tenerci sul serio a te, scricciolo...»
« Beh... sarà meglio per lui. Perché anche io tengo a lui, e parecchio...»
« Non vorrei interrompere il momento...»
Lo sguardo di Davina divenne immediatamente serio. Quella voce. Si staccò immediatamente da Marcel, voltandosi verso l’ibrido originale in carne e ossa, che aveva appena fatto il suo ingresso nell’atrio.
« Sempre un piacere vederti, Klaus» celiò Davina. Un sorriso sardonico fece capolino sul volto dell’originale. La streghetta impertinente non sarebbe cambiata mai. Ma a Klaus non dispiaceva. A volte riusciva persino a capire cosa suo fratello ci trovasse in lei.
« Non posso dire lo stesso, ma la nostra collaborazione ultimamente è così frequente che forse potrei iniziare ad abituarmi alla tua impertinenza » replicò sagace.
« Che posso dire? Tiri sempre fuori il lato migliore di me» aggiunse lei. Marcel decise che era il momento di intervenire.
« Non c’è simpatia, messaggio afferrato. Perché non andiamo al sodo?» propose interponendosi fisicamente tra i due e guardando dall’uno all’altro con sguardo compiacente. Klaus fece un leggero cenno del capo e Davina prese la parola.
« Non che ci sia qualcosa di nuovo. Klaus ha un problema e ha bisogno di una strega»
« Perché non ti vedo lusingata della cosa?» chiese Klaus.
« Perché non sei esattamente nella lista delle persone a cui darei il mio aiuto più che volentieri »
« Ma sei qui»
« Tuo fratello ha tentato di uccidermi. Me, Marcel, Josh... credevi forse mi sarei tirata indietro? »
Klaus tacque per qualche secondo, il suo sguardo fisso sulla giovane strega. Sembrava stesse valutando con attenzione cosa dire. Portò entrambe le mani dietro la schiena e con un lieve sospiro parlò.
« Assolutamente no. E sono grato che tu sia qui»
Le ultime parole dell’ibrido la lasciarono spiazzata. Era forse Klaus Michaelson che aveva appena detto di essere grato del fatto che lei fosse lì per aiutarli? No... doveva aver sentito male. Eppure lo sguardo dell’Originale sembrava serio, sembrava sincero. Non trovando le parole per rispondere alcunché Davina se ne restò in silenzio e annuì debolmente col capo.
« Se vuoi seguirmi ti condurrò da mio fratello che, sono certo, sarai più felice di ascoltare. Lui ti dirà cosa fare» si limitò ad aggiungere Klaus, dando immediatamente le spalle alla ragazza e muovendo qualche passo verso l’interno. Davina si voltò rapidamente verso Marcel, come in cerca di una qualche spiegazione.
« Più tardi» disse lui « Va con lui, io devo occuparmi di una cosa»
Davina si affrettò a seguire Klaus, senza fare altre domande.


************************************

 
« Come sarebbe a dire l’hai lasciata andare
Stefan lasciò che la sua schiena poggiasse al muro del corridoio, un sospiro leggero lasciò le sue labbra. Aveva fatto bene a lasciarla andare? Avrebbe dovuto seguirla? Le parole di Caroline ancora riecheggiavano nella sua testa ‘Non seguirmi o giuro che non metterò più piede in questa casa’
« Ha detto di voler parlare con tutti e tre. Tornerà» si limitò a commentare.  Per quanto Elena trovasse la cosa assurda e da incoscienti, Stefan era convinto di aver fatto la cosa giusta. Aveva scelto di rispettare la sua richiesta, di lasciarla andare. Aveva scelto di fidarsi di lei.
« E se quando tornasse non fosse più la nostra Caroline? »
« Stefan ha fatto la scelta giusta, Gilbert» fu il commento di Damon che se ne stava accanto al portone semi-aperto. Teneva d’occhio l’ingresso con la speranza di vederla comparire. Ormai erano passate quasi due ore e della vampira nemmeno l’ombra. Certo, era d’accordo con Stefan: quando il fratello gli aveva raccontato l’accaduto aveva convenuto che era stata la scelta migliore, e anzi si era meravigliato del fatto che suo fratello fosse stato in grado di tenere fede alla sua scelta e che nelle ultime due ore non avesse mandato tutto al diavolo e fosse andato a cercarla. Tuttavia Elena non sembrava essere d’accordo, ovviamente.
« Continui a ripetere che è la scelta giusta Damon, ma dimmi una cosa. Ci fossi stata io al suo posto? Tu avresti fatto la stessa cosa
« Assolutamente no»
« Appunto»
« Tu e Barbie siete due persone completamente diverse. Non ti lascerei muovere un passo lontano dal mio sguardo in quello stato neanche mi pregassi nuda, in ginocchio e mi stessi facendo aria con una palma» concluse Damon con un sorrisino.
« Damon, fai il serio»
«Io sono  serio, Elena! Tu e Caroline siete due persone diverse, gestite le cose in modo diverso e io gestirei le cose in modo diverso con te. Ma se avessi parlato io con la bionda, l’avrei lasciata andare, proprio come ha fatto Stefan. Smettila di agitarti inutilmente e preparati un bel discorso per quando arriverà e vorrà spiegazioni sul nostro simpaticissimo e infruttuosissimo piano»
Elena sembrava ancora irritata, ma in qualche modo le parole e lo sguardo di Damon l’avevano tranquillizzata. A volte si chiedeva se questa non fosse l’ennesima conferma del fatto che anche se sembrava impossibile in base ai suoi ricordi , Damon sapeva influenzarla come nessun altro. I suoi occhi si spostarono velocemente su Stefan, poggiato alla parete: come se fosse in mondo tutto suo, si era estraniato dal loro ultimo scambio di battute e se ne stava immobile, con lo sguardo perso nel vuoto. Lui, più di tutti, portava il peso delle scelte  e delle conseguenze  che negli ultimi giorni avevano fatto. Elena ricordava perfettamente quanto aveva amato  Stefan e ricordava altrettanto bene quanto  lui l’avesse amata. Ed era per questo motivo che non le era sfuggito il modo in cui pronunciava  il nome di Caroline, il modo in cui la guardava , come le parlava, come sembrava gli cadesse il mondo addosso ogni volta che incrociava lo sguardo triste di Caroline, come stringeva i pugni quando la vedeva piangere, impotente davanti al dolore di una persona a cui chiaramente teneva in maniera smisurata. Elena aveva paura ad usare la parola innamorato, soprattutto perché le sembrava strano usare quell’aggettivo per Stefan, e non accostarlo a se stessa. Stefan e Caroline. Era ancora troppo strano, quasi sbagliato, a volte si ritrovava a pensare, ma poi cancellava la parola sbagliato, maledicendosi perché le pareva di essere solo egoista e perciò smetteva di pensarci. Ma in una situazione come quella degli ultimi giorni, dove non aveva potuto fare a meno di pensarci, era arrivata alla conclusione che, l’accettasse o meno, i suoi amici provavano qualcosa l’uno per l’altra. Era chiaro come il sole, e gli occhi spenti di Stefan rivolti al pavimento ne erano una riprova. Ancora una volta sospirò, chiudendo gli occhi per qualche istante.
« Non avremmo dovuto agire alle sue spalle»
Elena l’aveva sussurrata quella frase, quasi come per sottolineare che il pensiero a cui aveva dato voce era troppo pesante da sopportare. Si era sentita tradita?  Il fatto che fosse stato per aiutarla era superfluo. Per la prima volta da quando era iniziato tutto, Elena si immaginò nei panni della sua migliore amica, e per un attimo le mancò il respiro: tradita, ferita... come doveva essersi sentita Caroline?
«Quel che è fatto è fatto»
Elena levò lo sguardo fino ad incontrare quello di Damon. Gli occhi celesti di lui la tranquillizzarono. Senza aggiungere altro abbandonò i due fratelli per andare a sedersi in salotto. Avrebbe aspettato Caroline, si sarebbe fidata di lei, della sua parola . Al suo arrivo le avrebbe spiegato ogni cosa, le avrebbe fatto capire il suo punto di vista e poi... avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per salvare la sua migliore amica, stavolta senza affidare il compito a vampiri centenari che hanno altro da fare.  Stavolta ci avrebbe provato solo e solamente lei.


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Erano tutti riuniti nel grande androne, ognuno di loro perso nei propri pensieri. Mancavano solo due persone all’appello, e poi finalmente avrebbero potuto cominciare.  Gia osservava da lontano i due fratelli originali, Kol e Rebekah parlottare tra loro, la strega Davina alle loro spalle teneva in mano delle pietre e sembrava sussurrare incantesimi silenziosi. Poco lontano dal gruppetto se ne stavano Hayley e quello che, a quanto pare, era il suo futuro sposo Jackson. Alle loro spalle riconobbe altri due licantropi che un tempo erano al servizio di Finn, ora votati alla loro causa. Al centro della sala quello che sembrava un altare con diversi oggetti. Ciò che avevano intenzione di fare doveva essere certamente qualcosa di importante, altrimenti non avrebbero coinvolto così tante persone.
« Non che non mi piaccia essere all’oscuro dei piani del boss, ma... qual è il piano, esattamente?»
Gia si voltò in direzione della voce strascicata del vampiro, a qualche metro da lei. Enzo, poggiato al muro e finalmente libero da ogni costrizione, osservava con curiosità la scena davanti a lui, non avendo ovviamente la più pallida idea di cosa stesse succedendo. Al momento gliene sfuggivano di cose... per esempio che diavolo ci faceva ancora a New Orleans?  E soprattutto perché era ancora vivo?
« Non sono affari tuoi»
«Oh, no dolcezza. Qui ti sbagli. Qualsiasi cosa stia bollendo in pentola è il motivo per cui ancora sto respirando. Quindi, , mi riguarda»
Gia osservò che in fondo Enzo aveva ragione. Non aveva idea del perché Klaus avesse azzannato Enzo, condannandolo a morte certa e poi avesse dato il suo sangue per salvarlo, tutto nel giro di poche ore. Non era da lui. E per di più, non aveva degnato il nuovo arrivato di uno sguardo da quando lo aveva attaccato.  Ancora... non da lui. E poi questo rituale improvvisato. Gia aveva osservato l’agitazione di tutti, e la fretta con la quale avevano messo in piedi tutto quanto. Doveva essere importante e urgente.
« Il mio unico compito è tenerti al guinzaglio. Fa il bravo e presto avrai le tue risposte»
Enzo la guardò per qualche secondo per poi increspare le labbra in un ghigno.
«Tu non hai la più pallida idea di quello sta succedendo, non è così?» la sfidò. Gia storse le labbra in una smorfia e allontanò lo sguardo da lui.
« Lascia che ti dia un consiglio. Se fossi in te starei buono al mio posto, perché se c’è una cosa sulla quale io e te siamo d’accordo è che la ragione per la quale respiri è sconosciuta. E se muovi un passo, probabilmente resterò solo io a chiedermelo»
« Sto tremando» biascicò Enzo ironico, ma poi optò per seguire il consiglio della mora. Dopotutto se c’era una chance di uscire da quella città illeso, non sarebbe di certo stato lui a sprecarla.


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« Sei sicuro di quello di dici Niklaus?»
Elijah si schiarì la voce in attesa della risposta del fratello. Non voleva che corressero rischi inutili, che suo fratello agisse troppo impulsivamente come suo solito.
« Sicuro che ci darà un po’ di tempo, fratello. Non è una soluzione , ma ci darà un po’ di tempo. Alcune cose sono cambiate e ci sono nuovi giocatori sul campo. Dobbiamo capire da che parte stanno»
« Ti riferisci all’improvviso ritorno di nostra sorella Freya?»
« Vedo che Rebekah ti ha aggiornato»
« Ha chiamato ieri. Mi ha chiesto della bambina e... mi ha aggiornato sulle ultime novità»
« Trovo veramente sorprendente il fatto che nonostante siamo in allarme rosso, tu e Bekah troviate ancora il tempo di fare del gossip»
« Certe cose non cambiano mai, suppongo. Proprio come il tuo interesse per la signorina Forbes»
Klaus tacque per qualche secondo, assimilando la nota di leggera irritazione nella voce del fratello. Ovviamente Rebekah aveva riferito ogni cosa ad Elijah.
« Se pensi che non stia facendo tutto questo con il solo pensiero di riabbracciare mia figlia...»
«No, Niklaus non confondere le mie parole. Non dubito delle tue intenzioni. Mi limito solo a sottolineare che la tua attenzione potrebbe essere rivolta altrove, e che questo potrebbe distrarti da ciò che al momento è di vitale importanza per noi e per la nostra famiglia»
« Tu e le tue parole, Elijah. Ne hai sempre troppe da condividere...»
Elijah sospirò. Conosceva bene suo fratello. Non appena Rebekah l’aveva informato degli ultimi avvenimenti, aveva immediatamente capito che Caroline Forbes poteva essere una distrazione bella e buona. Era indubbio il sentimento che suo fratello provava nei confronti di quella vampira, dopotutto lui stesso ne era stato più volte testimone. Già una volta era tornato indietro per lei. Per la sua festa di diploma se non errava. Più di una volta lo aveva visto disegnare il profilo della ragazza su una tela e poi sempre distruggerlo. Spesso si chiedeva come fossero andate davvero a finire le cose tra i due, ma suo fratello non era mai stato un libro aperto e soprattutto quando si parlava di sentimenti. Da una parte era grato a Caroline, perché era stato grazie a lei che aveva scorto i primi segni di umanità in lui. Lei aveva acceso qualcosa in lui, qualcosa che Elijah sperava fosse quel briciolo di luce fioca che era rimasto del vecchio Niklaus, di quel ragazzo dolce e affettuoso che Rebekah decantava con ammirazione. Non poteva negarlo. Caroline Forbes era stata una benedizione per suo fratello.
Tuttavia avevano tutti detto addio a Mystic Falls. Erano a New Orleans adesso. Seppure Klaus avesse proposto alla bionda vampire di seguirlo a New Orleans, ed Elijah ne era sicuro se anche non ne avesse parlato con lui, la ragazza aveva scelto di restare a Mystic Falls. Credeva che fosse finita con lei. Soprattutto dopo che aveva visto il modo in cui Camille guardava suo fratello.
Come per uno scherzo del destino, Camille rassomigliava molto a Caroline. Lei e Klaus avevano, se così si può dire, legato nel corso di questi due anni ed Elijah spesso aveva pensato che prima o poi avrebbe visto Klaus guardare Camille con la stessa intensità con la quale guardava la signorina Forbes.
Ma non era mai successo. Sebbene si fossero avvicinati, e tanto, Klaus non l’aveva mai guardata in quel modo.  Ed Elijah spesso si chiedeva se mai l’avrebbe fatto.  
Dopo aver parlato con Rebekah, aveva capito. Caroline Forbes non se ne era mai andata.  Klaus era ancora legato a quella vampira, come mai lo era stato con nessun’altra. E che lui lo ammettesse, o no. Che ne parlasse o meno, era più evidente che mai.
Ed era per questo motivo che Elijah si ritrovò a pensare che probabilmente la notizia della morte della madre di Caroline, e del suo bisogno  di aiuto fossero rimasti nella mente di Klaus come un tormentato pensiero.  Un pensiero che avrebbe potuto distrarre suo fratello dall’attuale missione: liberarsi di Finn e mettere in salvo la piccola Hope. Non che pensasse che Hope non fosse il primo pensiero di Klaus: se così non fosse, al sentire della richiesta d’aiuto di Caroline, Klaus sarebbe corso ad aiutarla. Elijah sapeva però che il tarlo della richiesta d’aiuto di Caroline doveva tormentarlo. E con il tormento sarebbe seguita la parziale concentrazione sul loro obiettivo.
« Questo incantesimo ci procurerà del tempo. Quanto?»
« A quanto pare dipende dalla potenza degli oggetti di cui disponiamo. Tuttavia, considerando che Finn canalizza i nostri genitori, credo che non più di due giorni»
« Due giorni per trovare Freya e il nascondiglio di Finn»
« Esatto. Ed è per questo motivo che ho richiamato tutti all’appello. Più siamo e...»
« Penso che dovresti andare a Mystic Falls, Niklaus» disse Elijah interrompendo il fratello.
Klaus credette di aver sentito male.






My Corner

Buonasera e un'enorme infinito SCUSA è di dovere.
Purtroppo ho avuto un casino di problemi, esattamente in questo ordine
con INTERNET, poi COMPUTER ROTTO (memoria all'interno a rischio)e TELEFONO PERSO.
Insomma... una SFIGA pazzesca.
In ogni caso, che ve ne pare di questo capitolo?
Qualcosa che non v'aspettavate, o di particolarmente sconvolgente?
Idee per risolvere la situazione?
Klaus ve ne sarebbe particolarmente grato...xD
Come sempre, fatemi sapere le vostre considerazioni!
Un bacio e alla prossima settimana (sperando non mi capiti nient'altro!) Image and video hosting by TinyPic

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