Di come Tommy Joe Ratliff perse la sua eterosessualità

di Emo pumpkin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Allora, fate finta che tutti i baci adommy prima di quello di Amsterdam del 2010 non siano mai avvenuti, questa storia mi è venuta in mente mentre guardavo il video di quel live e così l’ho scritta di getto, senza pensare alla storia di Adam e Sauli, senza considerare niente che non fossero Adam e Tommy. Quindi sì, perdonatemi se non ho rispettato il corso degli eventi  e ditemi se vi è piaciuta (cosa che spero con tutte le mie forze) o se vi ha fatto schifo (ipotesi molto più probabile della precedente)
Sofia

 






 
DI COME TOMMY JOE RATLIFF PERSE LA SUA ETEROSESSUALITA'
 
 
CAPITOLO 1
 
“respira, Tommy, respira” mi imposi.
Non poteva venirmi un attacco di panico in un altro momento? No! Ovviamente prima del concerto di Amsterdam!
Ero rimasto da solo dentro al camerino riservato ai musicisti, tutti gli altri erano fuori, dietro le quinte o nei dintorni, tanto per sciogliere la tensione, o fare le ultime prove. Malgrado le pareti del camerino fossero quasi del tutto asonorizzate, sentivo lo stesso i cori delle migliaia di fan radunate sotto al palco che urlavano –Adam!  Adam!- scandendo accuratamente tutte le sillabe.
Non era il primo concerto che facevo con Adam Lambert, e decisamente non era il mio concerto in assoluto, ma mai prima di allora le mie gambe avevano tremato così tanto da non reggermi in piedi.
La porta del camerino si aprì e ne entrò Adam, i capelli neri sparati verso l’alto tenuti in piedi da non so quanto gel, gli occhi azzurro ghiaccio contornati da ombretto e matita neri che ne facevano risaltare il colore facendoli sembrare molto più profondi, il busto era fasciato da una canotta nera e rossa piena di borchie e cinghie, il tutto ovviamente accompagnato dal glitter. Sembrava che si fosse fatto un bagno nei brillantini, erano dappertutto: sui capelli, sul viso, sulle braccia.
Mi imposi di non guardare i suoi pantaloni viola (glitterati anch’essi) che fasciavano alla perfezione le sue gambe muscolose e affusolate.
-Tutto bene?- domandò chiudendosi silenziosamente la porta alle spalle.
Annuii e tornai a fissare il mio riflesso nello specchio, Adam si posizionò dietro alla sedia girevole nella quale ero sprofondato e mi fissò con aria critica.
-I tuoi capelli sono un disastro- disse con una smorfia che mi fece sfuggire un sorriso, ogni tanto se ne usciva con delle frasi che lo facevano sembrare molto più gay di quanto già non fosse.
Intanto aveva preso la piastra da un cassetto e con poche ma decise mosse mi aveva risistemato il ciuffo biondo platino sulla fronte e i capelli corti sulla nuca.
-hai veramente troppi capelli- borbottò addomesticandoli un’ultima volta con le mani.
Forse fu solo una mia impressione ma mi parve che si fosse soffermato qualche secondo di troppo sulla nuca, accarezzandomi con delicatezza la pelle del collo.
-Però c’è poco glitter-
Mi girai inorridito verso di lui e lo vidi cercare con lo sguardo la scatoletta dei brillantini sul mobile dei trucchi, mi avevano spruzzato addosso una bomboletta intera di brillantini spray e per lui era ancora poco? Il fetish di quel ragazzo per il glitter era preoccupante, decisamente preoccupante .
Gli bloccai il polso prima che raggiungesse i brillantini in polvere.
-Io direi che sono abbastanza-
Adam si imbronciò, sporgendo il labbro inferiore –Ma…-
-Niente ma, Adam. Non hai idea di quanto ci impieghi a togliermi tutta questa roba, devo farmi qualcosa tipo tre docce-
I suoi occhi cristallini brillarono di una luce maliziosa –Se vuoi la prossima volta posso darti una mano io- sussurrò abbassandosi verso di me.
Arrossii sotto il pesante strato di fondotinta e cipria, ancora non ero abituato a tutte quelle frasi, quei flirt che Adam usava di continuo nei miei confronti. Non riuscivo a fare a meno di arrossire come una bambina delle medie alla sua prima cotta, tanto più quando cercava di baciarmi o avere un qualsiasi contatto fisico. E una parte di me, che nascondevo prontamente, rimaneva male per tutti quei giochetti, perchè altro di sicuro non erano.
-Per sta volta passo, grazie- borbottai tirando indietro la testa e togliendo a malincuore gli occhi dalle sue labbra carnose punteggiate da leggere efelidi, quel dettaglio, che non avevo mai notato prima, era un particolare che mi piaceva anche troppo.
-Non sai cosa ti perdi, Honey- ammiccò.
Poi si abbassò di nuovo ma io fui abbastanza svelto da girare il viso dall’altra parte così che le sua labbra si scontrarono, più leggere di quanto avrei mai pensato, con la mia guancia.
-Un giorno riuscirò a strapparti un bacio-
-Non contarci, Adam- replicai stizzito. Passai sotto al suo braccio teso e appoggiato al bracciolo della sedia.
“Perché hai rifiutato quel bacio?” domandò una vocina che sembrava essere la mia coscienza.
“Sono etero” mi risposi.
“Vallo a dire a quella cosa che sembra tanto un’erezione che al momento abita i tuoi pantaloni”
Strinsi i denti e mi diedi dell’idiota, parlare con la propria coscienza è un segno di squilibrio mentale, ma… ehm… era vero. Mi ero eccitato (Cristo, quanto mi costava ammetterlo) quando Adam si era avvicinato a me.
Cercai di non pensarci e presi il mio basso dalla poltroncina su cui era adagiato e andai verso la porta che Adam teneva aperta per me.
Quando passai mi tirò una sberla sul sedere e io feci un balzo –Ehi!- esclamai.
-Che c’è?- domandò lui con fare innocente, gli occhi dolci come quelli di un cucciolo.
Un diavolo vestito da angelo, ecco cos’era.
Un angelo molto sexy…
“Ma tu non eri etero? “ domandò la mia coscienza con tono canzonatorio.
Feci una smorfia.
-Andiamo, Tommy, era una pacca amichevole, un portafortuna- rispose Adam e si avvicinò ancora. –E poi hai un bel culo- rispose lui con noncuranza mentre si avvicinava e mi affiancava.
Ero veramente un nano se messo in confronto al suo metro e ottantacinque.
-Non mi sembrava molto amichevole- replicai camminando rasente al muro del corridoio, cercando disperatamente di non arrossire per quell’insolito complimento; man mano che procedevamo, le urla delle fan aumentavano di intensità.
Lui sbuffò al mio fianco –Okay, allora ricambia-
Non capii cosa volesse dire fino a quando non mi superò e non si mise di fronte a me sporgendo appena quel magnifico fondoschiena che madre natura gli aveva concesso.
“Addio eterosessualità” canticchiò la mia coscienza .
Mi si seccò la bocca ma trovai comunque la forza di ribattere –Ma per favore! Non ti darò uno schiaffo!-
-Ti tocca, honey, o giuro che non ti lascio uscire da qui-
-Ti ricordo che ci sono migliaia di ragazzine urlanti che ti aspettano- ero esasperato così cercai di farlo ragionare. –Farle aspettare non è la cosa migliore da fare-
-Esatto, perciò che aspetti?-
Stringendo le labbra lo superai, o almeno ci provai, perché Adam fu più veloce di me e mi afferrò per un polso tirandomi addosso a lui. Non appena mi scontrai con il suo petto alzai di colpo gli occhi trovandomi così a un nulla dal suo viso e dalle sue labbra appena schiuse. Di nuovo quelle lentiggini di una tonalità appena più scura del rosa delle labbra catturarono il mio sguardo.
-Lasciami!- strillai cercando di staccarmi dal suo petto massiccio. Quella situazione mi metteva a disagio, era veramente troppo per una sera soltanto, in cui per altro dovevamo suonare.
-Te l’ho detto, honey, tu non uscirai di qui fino a che non mi sculaccerai-
No, cazzo, non poteva usare quel tono che sapeva tanto di orgasmo a distanza ravvicinata dal mio orecchio.
Il mio bacino scattò in avanti, verso il suo. Grazie a Dio c’era il mio basso a dividerci, sentii il sangue affluirmi alle guance e renderle incandescenti.
Ma Adam lo aveva sentito lo stesso, quel contatto, e aveva sogghignato vicino al mio orecchio –Andiamo, Tommy, non ci vuole tanto- mormorò. Mi prese un polso e lo tirò fino a portarlo dietro alla sua schiena, così mi arresi, e lasciai andare la mano che si scontrò con il sedere di Adam in un lieve schiaffo.
Non me lo sarei mai aspettato ma mantenne la sua promessa e mi lasciò andare –C’è da lavorare ma bravo lo stesso- disse prima di voltarmi  spalle e andarsene.
Mi appoggiai al muro cercando di regolarizzare almeno minimamente il mio battito cardiaco che sembrava impazzito, dovevo calmarmi cazzo! Era stata una semplice pacca sul sedere, e non poteva farmi questo effetto devastante!
“Respira, Tommy, respira” mi imposi nuovamente per la seconda volta nel giro di un quarto d’ora.
-In scena! Tutti dietro le quinte!- esclamò qualcuno degli assistenti, la cui voce rimbombava nel corridoio illuminato dalle luci al neon.
Prendendo un ultimo, grosso respiro, raggiunsi gli altri dietro le quinte.
 
Ero teso come una corda di violino e sentivo quasi la nausea, il rumore e le urla confuse che venivano dalle fan a poche decine di metri da noi, separate solo da qualche muro, non facevano che aumentare quella spiacevole sensazione.
Una mano si posò sulla mia spalla e feci un balzo di almeno un metro, agitato era dir poco.
-Ehi, calma Honey, sono io- ridacchiò Adam.
Tirai un sospiro a metà tra il sollevato e lo scocciato –Cosa vuoi ancora?- domandai caustico.
Lui sorrise, mettendo in mostra le sue adorabili fossette –Niente, Honey, solo dirti di stare calmo. Andrà tutto bene, vedrai, quindi rilassati e respira o vomiterai sul palco-
Era la prima volta da quando lo conoscevo che non aveva fatto battutine sarcastiche, anzi, sembrava davvero sincero, dicendo quello che pensava veramente, così annuii.
Adam sorrise di nuovo e mi diede un pugno scherzoso sulla spalla prima di andarsene e prendere il suo posto di fronte a tutti.
Mentre guardavo le sue spalle ampie allontanarsi sentii il nodo che avevo sullo stomaco sciogliersi.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Eccomi qui, sono tornata per vostra sfortuna. Ecco qui il secondo capitolo della Adommy c:
ringrazio in particolare Bea13_1991 per la recensione che mi ha convinto a mettermi a ricopiare il secondo capitolo.
 
CAPITOLO 2
 
Il concerto filò liscio, proprio come Adam aveva prospettato.
Lui si comportò esattamente come al solito, sensuale, provocante spesso anche ironico.
Ogni tanto si girava verso di me e mi sorrideva e io non potevo fare altro che ricambiare, sorridevo per lui e per me, per il modo in cui la musica prendeva entrambi, sarebbe potuto il finimondo e noi non ce ne saremmo accorti, troppo presi dalla cosa che amavamo fare più di qualsiasi altra.
Alla fine, come da copione, eseguimmo Fever.
Io ero alla mia postazione, accanto alla scaletta che stava al centro del palco. Solo dopo un paio di concerti avevo capito a cosa serviva, Adam era un tipo piuttosto egocentrico e amava essere al centro dell’attenzione, poi era perfettamente consapevole del suo corpo e amava metterlo in mostra. E su quella scaletta arrivava a livelli stratosferici, nemmeno una spogliarellista avrebbe saputo fare di meglio.
Così all’inizio di Fever salì quei pochi gradini fino ad arrivare in cima dove inziò a cantare muovendosi a ritmo.
There he goes
My baby walks so slow
Sexual tic-tac-toe
Poi si inginocchiò dietro alle mie spalle e accostò il suo viso al mio, il suo fiato era caldo contro il mio collo e mi fece rabbrividire.
Yeah, I knw, we both know
It isn’time, no
But could you be m-mine?
Mi voltaic verso di lui, sempre guardando le corde del basso con la coda dell’occhio.
Adam smise di cantare e mi fissò negli occhi e mi ritrovai nuovamente ad annegare in quelle pozze cristalline. Spalancai gli occhi, sapevo benissimo cosa volesse fare e non penso che sta volta lo avrei fermato.
Lui sorrise mentre il suo sguardo passava dai miei occhi alla bocca e poi di nuovo su.
Si chinò verso di me con lentezza studiata e posò le sue labbra sulle mie.
Si appoggiò e basta, senza forzarmi per approfondire quel contatto, delicato come non avrei mai potuto pensare.
Il pubblico scoppiò in un boato, urla di stupore e di gioia. Sentii Adam sorridere sulla mia bocca, ovvio che adorasse tutto quello, era al centro dell’attenzione di tutti.
Fece per interrompere il bacio ma io lo bloccai, mi spinsi verso di lui e schiusi le labbra, spinto da chissà quale coraggio tracciai con la lingua il contorno del suo labbro inferiore.
La reazione di Adam non si fece attendere, si sporse verso di me, come se fosse possibile essere più vicini, e fece iniziare alle nostre lingue una sorta di danza che sembrava più che altro una lotta per vedere chi avrebbe avuto la meglio, chi avrebbe impartito il ritmo, chi avrebbe guidato il gioco.
Evidentemente Adam era abituato a vincere facile, ma non con me, non ero disposto a cedere, a perdere. Rimase interdetto per un attimo e mi lasciò guidare, dentro di me ghignai: non ero mai stato un tipo arrendevole.
Adam si riprese subito, la sua mano passò dietro la mia nuca per sorreggermi mentre tentava di imporre il suo ritmo al nostro bacio. Cosa che non gli riuscì visto che mi opposi strenuamente, quella in corso era una vera e propria battaglia.
Pian piano i rumori della folla si annullarono, c’eravamo solo io e Adam, in un altro mondo, lontani dal resto dell’universo.
Quel bacio era come Adam, irruento, passionale, forte.
Nessuno mi aveva mia baciato in quel modo tale da farmi sciogliere le gambe.
Il mo cervello registrò quella notizia e fu come un fulmine a ciel sereno, un temporale estivo che arriva di colpo e non lascia scampo: Adam Lambert mi piaceva.
Mi attraeva allo stesso modo in cui mi erano sempre piaciute le ragazze.
Aprii di colpo gli occhi e nello stesso istante Adam si staccò da me e si alzò in piedi riprendendo a cantare Fever come se niente fosse accaduto.
Ripresi a suonare appoggiandomi con la spalla alla scaletta, sentivo le dita come di burro, quasi non riuscivo a stringere il basso.
“Calmati Tommy. Ha dovuto interrompere il bacio, deve continuare lo spettacolo. The show must go on, ricordalo”  ecco di nuovo la mia coscienza. “Adesso si girerà verso di te e ti sorriderà”  garantì.
Ma non mi sorrise né si girò, anzi, sembrava quasi volermi ignorare.
Give you my f-fever, my f-fever
Give you my f-fever, my f-fever
Give you fever, fever, yeah
GIVE YOU FEVER, FEVER YEAH
E con l’acuto finale corse giù dal palco seguito dagli altri musicisti.
-Da dove ti è venuta l’idea di baciare Tommy?- domandò qualcuno.
Me lo chiedevo anch’io per questo guardai Adam aspettando una sua risposta.
I nostri sguardi non si incrociavano mentre diceva –Una scommessa. Sarei dovuto baciarlo a un concerto-
Sentii il mio stomaco rivoltarsi in una stretta dolorosa. E così lo aveva fatto per una scommessa? Una stupidissima scommessa?
Ingoiai tutto il groppo di ravvia che mi occludeva la gola e voltai loro le spalle incamminandomi verso i camerini.
-Ehi, Tommy! Dove vai? Adam offre da bere a tutti!- mi urlò Jess, una delle truccatrici.
-No grazie, non  mi sento molto bene, preferisco andare in hotel a dormire- risposi.
Passai in camerino a lasciare il basso e prendere il cappotto. Non mi cambiai nemmeno, tenendomi addosso gli abiti del concerto, gli orli della giacca bordeaux che si intravedevano sotto al mio montgomery nero.
Calandomi il cappuccio sul capo uscii dall’uscita secondaria, quella per gli artisti e aspettai un taxi sull’orlo del marciapiede, mentre a poche decine di metri tutti i fan stavano uscendo dai cancelli.
Immaginavo tutti i loro discorsi, di sicuro riguardavano tutti il bacio che Adam mi aveva dato.
“L’ha fatto per una scommessa, una fottutissima scommessa!” avrei voluto urlare a tutti loro.
Adam Lambert era un bastardo, ecco la verità.
Strinsi i denti mentre valutavo cosa fare, la mia indole asociale e tendenzialmente depressa mi suggeriva di rimanere chiuso nella mia camera, ad usufruire del servizio in camera e della televisione da 40 pollici, fino alla mattina successiva quando avremmo dovuto riprendere l’autobus per la prossima tappa del tour. Ma poi ricordai dove fossi: Amsterdam, la città delle libertà; e quattro parole risuonarono nella mia mente “quartiere a luci rosse”.
Adam non era l’unico che poteva divertirsi a scapito degli altri. Avrei dimostrato che quello avvenuto sul palco non mi aveva minimamente sfiorato, poco importava che quella non fosse la verità.
Ma prima dovevo assolutamente passare in hotel a cambiarmi o mi avrebbero scambiato per uno spogliarellista di qualche locale gay.
Un taxi accostò al marciapiede e vi montai –Liberty Hotel- dissi all’autista, un uomo sulla quarantina con un stempiatura molto pronunciata, che mi guardò dallo specchietto senza però soffermarsi molto sul mio aspetto. Evidentemente un ragazzo truccato quasi quanto una drag queen e con un ciuffo biondo platino a coprire metà faccia non era così strano da quelle parti.
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Ringraziamo il giro d’Italia, che domani passa per il mio paese e perciò la Prefettura ha decretato la chiusura di tutte le scuole della provincia, così oggi posso scrivere questo terzo capitolo senza prendermi indietro con lo studio.
Ci si vede alla fine per tutti i ringraziamenti.
 
 
CAPITOLO 3
 
Durante tutti i venti minuti di viaggio pensai ad Adam, a quel nostro bacio.
Era stato il bacio più bello della mia vita, potrà sembrare scontato e ridicolo, ma in quei secondi tutto si era annullato, per me non era esistito niente che non fosse Adam o le sue labbra premute con forza sulle mie.
Poi tutto era andato letteralmente a puttane.
Chissà da quanto durava quella scommessa, per quello che mi ricordavo, Adam aveva iniziato a provarci con me appena un paio di mesi dopo che avevamo iniziato a lavorare insieme, e, se non mi sbaglio, a quel tempo lui aveva avuto una storia con uno che si chiamava Harrison… forse tutto era partito da lì.
Anche se erano passati dei mesi, sapevo che Adam era molto determinato e non si tirava indietro fino a quando non aveva quello che desiderava, nulla poteva farlo desistere.
-‘Fanculo- sbottai a denti stretti.
Il tassista mi rivolse uno sguardo comprensivo dallo specchietto retrovisore.
Non riuscivo a capacitarmi di come potesse piacermi uno come lui. Era sarcastico, strafottente, narcisista, egocentrico e egoistico, oltre ad avere spesso crisi isteriche da prima donna, e in più amava stare al centro dell’attenzione.
Il mio opposto insomma.
Eppure… eppure quando mi sorrideva non ce n’era per nessuno, quando mostrava quel sorriso tenero e innocente sembrava tutta un’altra persona.
-Sono tredici euro-
La voce del conducente mi tirò fuori dai miei pensieri, pagai con una banconota da venti.
–Tenga il resto- dissi aprendo la portiera.
-Ragazzo- mi bloccò il tassista voltandosi verso di me. –tutto si risolverà. Sei ancora troppo giovane per soffrire per amore-
-Lo spero-
Entrai nell’hotel e mi sfilai il cappuccio; sotto lo sguardo severo e critico della receptionist chiesi la chiave della mia stanza, la 419.
Presi l’ascensore e con il pugno schiacciai il  tasto del quarto piano, quando le porte in lucido metallo si aprirono di fronte a me, la prima cosa che notai fu il color arancione della tappezzeria del corridoio. Eravamo in quell’albergo da due giorni e solo adesso mi ero accorto di quel dettaglio. Digrignai i denti e svoltai nel corridoio di destra, quel colore era troppo acceso, troppo… esplosivo, feriva quasi gli occhi.
E mi ricordava Adam.
Infilai la chiave nella serratura della mia camera e dopo un paio di mandate quella si aprì rivelando l’interno buio della stanza.
Cercai a tentoni l’interruttore sulla parete e l’improvvisa luce dorata proveniente dalla lampada sul soffitto mi fece strizzare gli occhi; mi sfilai il cappotto e lo lanciai sul letto, perfettamente sistemato dalle cameriere. Mi sedetti sul copriletto blu per sfilarmi i pesanti anfibi, malgrado le loro suole spesse almeno quattro centimetri faticavo ancora a raggiungere il metro e settanta. Li lanciai in un angolo della stanza e mi distesi, sprofondando sul morbidissimo materasso. Nascosi il viso nell’incavo del gomito, perché dovevo rimanerci così male?
La prima sbandata in assoluto che mi prendevo per un uomo era per Adam Lambert. Niente di più assurdo.
Lui era talmente diverso da me che sembrava impossibile potessimo stare insieme nella stessa stanza per più di un determinato lasso di tempo, infatti durante le prove mi toccava uscire dalla sala per poter respirare almeno un po’.
“Ma non è sempre così…” mi fece notare la mia coscienza.
Iniziavo ad odiare quella vocina impertinente.
“Dai Tommy! Ammettilo, adori quando Adam fa lo stupido, quando sei triste riesce sempre a strapparti un sorriso”
Scossi la testa: dovevo togliermelo dai pensieri, se avessi continuato su quella strada avrei finito solo con il farmi del male, e, come aveva detto quel tassista, ero troppo giovane per soffrire per amore.
Con un colpo di reni mi sollevai e entrai nel piccolo bagno, il mio riflesso nello specchio poto sopra al lavandino mi restituì uno sguardo accigliato. Gli zigomi erano accentuati da molto fard viola, quasi nero, mentre il resto del viso era ricoperto da uno strato di fondotinta chiarissimo, il risultato era che il mio viso sembrava un teschio.
I miei occhi nocciola erano contornati dall’ombretto nero che li faceva sembrare più grandi e profondi, mentre sulle labbra avevo le tracce residue di un rossetto viola che però era andato via quasi del tutto per il mio brutto vizio di morsicarmi le labbra.
“E per il bacio con Adam” mi ricordò ancora la mia coscienza.
Scossi la testa come a mandar via quel pensiero, i capelli mi finirono sugli occhi, sbuffando li risistemai. Si vedeva la ricrescita scura, avrei dovuto rifarmi la tinta così mi appuntai in memoria di trovare una parrucchiere durante la prossima tappa del tour.
Mi sfilai la giacca e la camicia e le posai, ben piegate, sullo sgabello accanto alla doccia, le costumiste mi avrebbero mangiato vivo se non avessi riportato indietro quegli abiti perfettamente in ordine.
Iniziai a sfilarmi i jeans con non poca difficoltà, erano strettissimi e, manco a dirlo, era stata un’idea di Adam.
-Mettigli i pantaloni più stretti che hai- aveva detto infilando la testa nel camerino dove la costumista stava scegliendo i miei vestiti per quella sera.
Inoltre il sudore non aveva fatto altro che rendere le mie gambe ancora più appiccicose. Ficcandomi la lingua tra i denti, mi appoggiai alla porta con la spalla per restare in equilibrio e non cadere come un sacco di patate. 
Dopo che riuscii a sfilarmeli, li ripiegai con cura e li appoggiai sopra alla giacca.
Aprii il getto della doccia e mentre aspettavo che l’acqua si scaldasse mi sfilai anche i boxer, entrai nel piccolo cubicolo della doccia e mi richiusi le porte in vetro alle spalle. Il getto bollente mi sciolse i muscoli delle spalle.
“Devo dimenticarmi di lui”
 
 
 
 
 
 
 
Eccomi di nuovo! Sono tornata con il terzo capitolo a rompervi le scatole, so che questo non è molto avvincente o minimamente interessante, ma mi serve per introdurre il prossimo capitolo quindi confidate in me.
Un ringraziamento speciale va a Carota26, My angel Chris Colfer, Glambertommy e Bea13_1991 che hanno recensito lo scorso capitolo 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4
 
-Devo dimenticarmi di lui- dissi.
Alzai il viso verso l’acqua calda cosicché la colla dei brillantini e il trucco si sciogliessero e diventasse più facile toglierli del tutto.
“Ah, Tommy, Tommy… certe cose, certe persone non si possono dimenticare così, da un momento all’altro”
Sobbalzai e aprii le porte scorrevoli della doccia. Nel bagno non c’era nessuno, nessun altro oltre a me, e allora perché avevo sentito distintamente la voce di Adam?
“Ah, TJ, io al momento sono solo nella tua testa”
Sbuffai afferrando il flacone dello shampoo e spremendone una considerevole quantità sul palmo della mano. Quella situazione stava prendendo pieghe sempre più assurde, e non andava di certo migliorando.
-Allora esci di lì-
“Tanto sappiamo entrambi che tra poco entrerò nel tuo letto”
Spalancai la bocca, quella era la mia coscienza, lo era di sicuro, e allora perché diceva quelle cose, non le pensavo veramente.
Era di sicuro la follia che avanzava, non c’era altra spiegazione, qualche altro giorno e sarei stato rinchiuso in una casa di cura.
Coscienza/Adam rise di gusto, e mi sembrava di vederlo, appoggiato al muro con una spalla, il peso sbilanciato su una gamba sola e l’altra mollemente piegata tanto che si appoggiava al pavimento in piastrelle di marmo solo con la punta del piede, le braccia erano incrociate sul petto ampio, su una qualche maglietta coloratissima e magari di semplice retina, le fossette ai lati della bocca, aperta in un ghigno diabolico.
“Ma tu quelle cose le hai pensate, eccome se le hai pensate” sussurrò malizioso.
Scossi la testa e mi voltai a fissare le piastrelle bianche con venature verdine della parete.
“Non guardare il tubo della doccia come se fosse la cosa più interessante di questo mondo” mi riprese.
-Vattene- sospirai, esasperato.
Se fosse continuato così mi sarei rinchiuso da solo in una casa di cura, magari proprio ad Amsterdam, mi sembrava una città veramente stupenda, per quel poco che l’avevo visitata.
“Io ho un compito ben preciso, ovvero farti capire”
-Ho già capito che mi piace Adam, la tua presenza qui non è necessaria- replicai sfregando con i polpastrelli le rasature ai lati delle testa dove c’era una maggiore concentrazione di brillantini.
“Allora che ci fai qui? Dovresti essere a tre camere da questa a fare cose vietate ai minori” coscienza/Adam aveva un tono scandalizzato.
Scossi la testa mentre mi risciacquavo i capelli, no, non potevo, forse ero davvero troppo orgoglioso, ma non sarei andato a bussare alla porta di Adam, non dopo quel fottutissimo bacio CHE ERA SOLTANTO UNA STUPIDISSIMA SCOMMESSA.
“TJ, dovresti parlargli”
Oh, certo, e per dirgli cosa? Mi piaci Adam, bene, adesso che l’abbiamo appurato, ciao, so di non piacerti, è stato bello conoscerti.
Ah-ah, certo, sarei andato subito, immediatamente proprio.
Il ricordo di quel bacio, avvenuto poco più di un’ora prima, mi tornò a tradimento in mente, prepotente e così intenso come solo Adam poteva essere.
Le gambe mi si fecero molli e le ginocchia sembravano fatte di burro tanto che quasi non mi reggevano in piedi.
“Oh, ma guarda, l’amico dei Paesi Bassi si sta risvegliando”
Scossi la testa, shoccato, il solo ricordo di un bacio non poteva farmi… con uno scatto repentino spostai la temperatura dell’acqua da calda a gelata.
“TJ, l’acqua gelata non serve in questi casi… vedi, non funziona. Certe situazioni interessanti come questa vanno prese in mano”
Feci no con la testa più volte, no no NO.
-Mi rifiuto di…-  arrossii per l’imbarazzo ma poi mi diedi dell’idiota: stavo parlando da solo, nel mio bagno dell’hotel.
“Su, dillo Honey, non fare il puritano”
Sospirai tenendo le mani sui capelli per non avere la tentazione di spostarle da lì.
-Mi rifiuto di farmi una sega pensando ad Adam-
“E chi ti dice che il vero Adam non sia nella tua identica situazione a sole tre camere da qui?”
Scossi la testa, di nuovo, stava diventando un’azione che facevo troppo spesso. Iniziai a pensare alle cose meno attraenti che mi venissero in mente, come il mio professore di matematica che si puliva le orecchie in classe, o alla casa della mia prozia Pourse che puzzava perennemente di cavolo bollito.
“Tommy, sai benissimo che c’è una sola e unica soluzione. Pensi che Adam non abbia mai fatto certe cose pensando a te? che sia così pudico da farsi una doccia fredda ogni volta?”
L’idea dei gemiti che sarebbero potuti uscire dalle labbra di Adam mi invase il cervello.
Strinsi i pugni fino a tirarmi i capelli, dovevo calmarmi, era solo un fattore psicologico, niente che non potessi gestire. Ma alla fine era solo una questione di orgoglio, non volevo darla vinta ad Adam.
“Tutto questo rimarrà qui, e lo sai anche tu”
Stavo davvero parlando ad un Adam immaginario che cercava di convincermi a farmi una sega pensando all’Adam reale?
Altro che pazzia ai primi stadi, ero fuori del tutto.
Abbandonai le braccia lungo i fianchi, ma anche dopo quella prima sconfitta cercai di ignorare l’erezione pulsante che avevo tra le gambe.
“Immagina solo che sia io a farlo” sussurrò coscienza/Adam con quel suo tono basso e seducente. “Verrà tutto più facile”
E lì mi arresi del tutto.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Sono imperdonabile lo so, sono passati tipo due mesi da quando ho aggiornato l’ultima volta, non ho scusanti per questo ritardo, non posso incolpare nessun blocco dello scrittore dato che la ff è già finita e non aspetta che essere copiata. Quindi mi dispiace, vi prego di non linciarmi, e li lascio al quinto capitolo.
Baci, Sofia
 
 
 
CAPITOLO 5
Dopo i circa quarantasette minuti che impiegai a prepararmi, uscii dalla stanza vestito e truccato (sì, okay, lo ammetto, anche a me piace truccarmi, non tanto quanto a una diva del pop di mia conoscenza, ma non disdegnavo un po’di matita e ombretto) di tutto punto.

Percorsi il corridoio verso l’ascensore con le mani affondate nelle tasche del cappotto e la testa incassata nelle spalle.

Arrivato a pochi passi dall’ascensore mi bloccai come congelato, impossibilitato a muovermi, le gambe che non seguivano i comandi del mio cervello, erano come inchiodate al parquet del pavimento.

E tutto questo per chi, se non per lui?

Adam era di fronte alla porta della sua camera e sembrava stesse aspettando qualcuno, non potevo andare all’ascensore senza passargli di fronte; era sovrappensiero e non mi aveva ancora visto così presi in seria considerazione l’idea di tornarmene in camera, ma proprio mentre stavo per voltargli le spalle si accorse di me: -Tommy!- esclamò.

Lo salutai con un cenno del capo e poi tirai dritto verso l’ascensore, ma a meno di un metro da quelle porte in lucido acciaio che erano la mia salvezza venni tirato indietro: Adam mi aveva afferrato per il cappuccio del cappotto.

-Dove vai?- mi domandò.

-Esco-

-Da solo?-

-Sì, magari trovo qualche bella olandesina da portarmi in camera. Ti chiederei di accompagnarmi e farmi da spalla se non sapessi che non sono il tuo genere- risposi caustico.

Inarcò le sopracciglia e rimase lì a fissarmi, sorpreso dal mio tono.

-Non mi va molto a genio che il mio bassista vada in giro per una città sconosciuta da solo-

Sentii il cuore in gola quando calcò la voce su quel “mio”, aveva un tono possessivo, che andava ben oltre il nostro rapporto lavorativo.

Lo squadrai da capo a piedi mentre anche lui mi fissava; aveva addosso una vestaglia lilla, con il bordo del collo, delle maniche e quello inferiore foderato di pelliccia viola melanzana, non aveva trucco sul viso, niente brillantini, nemmeno un po’ di mascara sulle ciglia scure o di fondotinta sulla pelle, così che le sue lentiggini fossero visibili. Era la prima volta che lo vedevo totalmente al naturale, e mi piaceva, sembrava più giovane e meno diva del pop isterica.

Mi scappò un risolino quando vidi che ai piedi portava delle assurde pantofole a forma di Gatto Silvestro.

-Adesso mi odi, vero Tommy?-

Alzai gli occhi e mi strinsi nelle spalle. –Non mi va molto a genio essere l’oggetto di una scommessa-

Lo sentii sospirare e ero certo che si fosse passato una mano sugli occhi, era un gesto che faceva spesso.      -Sapevo che non avrei dovuto dirlo…-

-No- lo interruppi. –No, sei stato onesto. Sono io che non avrei dovuto farmi illusioni su ciò che è successo-

Le sue mani si posarono sulle mie spalle e così alzai gli occhi per incontrare i suoi.

-Aspetta, fammi spiegare-

Non dovevo farmi incantare di nuovo, non potevo essere così stupido da cascarci di nuovo… epure la sincerità che leggevo in quegli occhi color del cielo mi spiazzava.

Annuii.

Ebbene sì, ero così stupido da cascarci di nuovo.

-Possiamo entrare? Ci sediamo e ti offro qualcosa. Parlare qui in corridoio non mi piace-

Mi prese per il polso e mi obbligò a seguirlo nella sua stanza, quasi avesse paura che potessi scappare da un momento all’altro.

La sua camera era pressoché identica alla mia, televisore a schermo piatto appeso alla parete, un divano con i cuscini verdi e un letto con le coperte della stessa tinta, la porta del bagno era socchiusa.

-Vuoi qualcosa da bere?- mi domandò aprendo il frigo bar. –Bibite, succhi, una birra… oppure possiamo chiamare il servizio in camera e farci portare qualcosa di più forte-

Scossi la testa, mi tolsi il cappotto e lo appoggiai sulla testiera del divano. Sprofondai nei cuscini quando mi sedetti.

Adam si sedette accanto a me, appoggiando un gomito sull’altro bracciolo, a dividerci c’erano sì e no una trentina di centimetri. Quando accavallò le gambe la vestaglia scese, lasciandogli scoperta la gamba a partire da metà coscia.

Arrossii cercando di non guadare il piccolo affossamento che si creava sul quadricipite quando si contraeva.

-Allora?-

-Allora…-

-Se non era una scommessa perché mi hai baciato?- domandai, via il dente via il dolore.

Un sorriso tirato si aprì sul suo viso –Molto diretto…- commentò.

Scrollai le spalle e raccolsi le gambe al petto, poggiando poi il mento sulle ginocchia, in attesa della sua spiegazione.

Sospirò –Non c’è nessuna scommessa. Ti ho baciato solo ed esclusivamente perché volevo farlo, e da molto tempo-

In effetti aveva provato a baciarmi altre volte prima di questa sera sul palco, come nei camerini, e durante le prove.

-È che… Tommy, tu  mi piaci, davvero, è dalla prima volta che ti ho visto che non esci dai miei pensieri, che…-

-Allora perché? Perché hai detto che era tutta una scommessa? Perché non mi hai più guardato dopo quel bacio?- chiesi con il respiro affannato e le guance in fiamme.

Gli piacevo. Gli piacevo davvero!

Io stesso faticavo a credere a quelle parole.

Il sangue mi pulsava nelle orecchie a  velocità doppia, come se il cuore volesse esplodere.

Gli occhi blu di Adam si spalancarono per la sorpresa –Pensavo di aver mandato tutto a farsi fottere, ecco perché! Hai idea di come mi sia sentito quando ti sei fermato?-  esclamò, la voce che come sempre raggiungeva note altissime.

-Sei stato tu a fermarti- replicai io.

Incredibile come stessimo ancora discutendo quando avremmo dovuto stare zitti a fare ben altro.

-Oh no, honey! Stava andando tutto da Dio e poi tu ti sei bloccato di colpo- disse alzandosi in piedi e iniziando a fare avanti e indietro per la camera di fronte a me.

Mi alzai a mia volta e gli posai le mani sugli avambracci incrociati, sorrisi nel vedere quanto fosse preoccupato.

-Ehm… forse mi sono davvero fermato senza rendermene conto- mormorai.

Adam sbuffò ma i suoi occhi rimasero incollati ai miei.

-Probabilmente è stato quando mi sono reso conto che quello è stato il bacio migliore della mia vita e che anche tu mi piaci-

Stupore, incredulità, meraviglia e felicità, ecco tutto quello che passò sul viso di Adam in meno di un secondo.

-Quindi…-

-Esatto-

-Anche tu…-

-Sì-

-Ti piaccio sul serio?-

-Quest’insicurezza non è da Adam Lambert- sogghignai.

La sua risata riempì la camera, poi di colpo le sue braccia si strinsero attorno al mio corpo in un abbraccio strettissimo.

Prima di baciarmi mi sollevò senza sforzo tanto che le punte dei miei piedi non sfioravano il pavimento.

Le nostre labbra si incontrarono di nuovo e quello fu un bacio più tenero e giocoso del primo.

Fu lui a voler approfondire quel contatto intrufolando la sua lingua tra le mie labbra, oltre la barriera dei denti.

Così, mentre mi mordicchiava il labbro inferiore, fui libero di stringere le braccia attorno al suo collo.

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