L'importanza di un bacio

di Mimimi93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Respinta ***
Capitolo 3: *** Cambiamenti ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


prologo
Prologo







Era una bella giornata di fine settembre.
Stephanie si affacciò alla finestra e il sole cocente le investì il viso, così che si parò gli occhi con le dita della mano per coprirsi.
Faceva caldo, pensò subito dopo.
Forse non era stata una buona idea indossare quella sciarpa. Se la tolse immediatamente e chiuse la finestra.
Guardò l'orologio.
Era in ritardo. E come al solito, ironizzò.
Se avesse avuto più fortuna, magari la professoressa di Letteratura Inglese si sarebbe presa un malanno e -chissà- probabilmente si sarebbe risparmiata un'ulteriore ramanzina.
Era sbadata e aveva continuamente la testa tra le nuvole, motivo per cui  -ogni santa mattina- si ritrovava in questa catastrofica situazione.
Eppure quel giorno era ansiosa. Perciò aveva fatto più ritardo del solito.
Doveva vederlo.
Doveva consegnargli la lettera.
Le guance le si tinsero di un acceso color porpora, al pensiero.
Ci aveva rimuginato un'intera settimana e aveva deciso. Sì, doveva dargli la sua lettera d'amore. Stesso quel giorno.
Sorrise e prese lo zaino.
Entrò in cucina e frettolosamente salutò suo padre, con un bacio sulla guancia.
"Buona giornata" disse allegramente lui, nonostante fosse impegnato a leggere il suo giornale mattutino.
"Grazie" rispose Stephanie, di buon umore.
Fece appena in tempo per addentare una merendina al volo, che si ritrovò sul marciapiede della strada in attesa dell'autobus che l'avrebbe portata a scuola.
Toccò distrattamente la tasca posteriore dello zaino. Lì era custodita la sua lettera.
Non doveva sbagliare.
Doveva conquistarlo. O meglio ci sperava. Si posò una mano al petto - proprio all'altezza del cuore-, al pensiero di come sarebbe potuto essere.
Si era innamorata dal primo momento in cui aveva posato gli occhi su di lui.
Pensò prima ai suoi capelli, di un riccio regale e ordinato.
Poi si ricordò dei suoi occhi, di un verde smeraldo da far mozzare il respiro.
E infine della sua voce, così decisa e autorevole.
Tutto di lui era perfetto.
Tutto...
Immaginò quanto dovesse essere bello tenere la mano tra la sua, poggiargli la guancia sulla spalla e camminare per la strada come se fossero davvero una coppia di fidanzati.
Sognò ad occhi aperti, come un' inguaribile romantica.
Solo l'improvviso arrivo dell'autobus, riuscì a farla sobbalzare violentemente.
"M-ma..ma cosa?" si disse, guardandosi intorno spaesata.
Risatine e svariati bisbigli, le fecero digrignare i denti.
Ma che avevano tutti da guardare? Non avevano mai visto una persona sognare ad occhi aperti?
Evidentemente no, si disse nell'esatto momento in cui il bambino -che le era di fianco- si girò verso di lei.
"Babbea" la indicò con un dito e le rise apertamente in faccia.
Come si era permesso?
Quasi le uscirono fiumi di lava dalla bocca, e questo fece divertire ancor di più le persone presenti.
"Brutto moccioso..." non la doveva passare liscia. Adesso gliel'avrebbe fatta pagare lei!
"Signorina, la prego" proprio quando stava per dirgliene quattro, una vecchietta impicciona la interruppe. "Sono bambini, cerchi di compiacerli"
Era inutile: il mondo le si rivoltava contro, pensò rammaricata. Ignorò il moccioso, che scappò dalla sua vista e salì sull'autobus.
Riuscì ad individuare un posto libero e lo raggiunse. Si sedette.
I capelli le scivolarono dinanzi al viso e dovette portarsi la mano sul viso per scostarli.
Il cuore ricominciò a batterle impetuoso.
Era ora...
Era giunta l'ora di dichiararsi!











NOTE AUTRICE:
Ed eccomi qui, a cimentarmi in una nuova storia.
Mi presento, sono una ragazza che adora scrivere. Lo faccio per passione, senza nè presunzioni nè pretese.
La storia è completamente ispirata all'anime "Itazura na kiss" e -se non l'avete mai visto- vi consiglio di farlo. Non ve ne pentirete.
Questo prologo ha solamente natura introduttiva. I capitoli saranno molto più lunghi.
Dopo questa breve spiegazione, spero che comunque sia riuscita a incuriosirvi.
A presto ;)


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Capitolo 2
*** Respinta ***


cap 1 corretto it na kiss

Capitolo I




"Gave you all I hade 
And you tossed it in the trash"

 

 




 

L'autobus si fermò di fronte alla scuola.
Stephanie si alzò e rimase in piedi, lasciando la precedenza alle numerose persone che in fila indiana si frapposero a lei -ostacolandole il passaggio-.
Nel momento in cui questo le venne concesso, allungò la gamba in avanti per camminare. Ma la vista le si oscurò, appena si ritrovò con la faccia spiaccicata a terra; d'istinto si voltò alle sue spalle e lo vide..
Il moccioso di questa mattina le rideva di nuovo in faccia, facendole la linguaccia...
 quel brutto moccioso le aveva fatto lo sgambetto.
"Aspetta che ti prendo.." si puntellò con le braccia sul pavimento, e si fece forza su di esse per alzarsi da terra.
Lui intanto corse via e Stephanie lo perse di vista.
"Torna subito qui" urlò, appena riuscì ad uscire di corsa dall'autobus. Ansimante, si volse a destra e a sinistra ma non vide più nessuno.
Quel nanerottolo si era dileguato nel nulla.
Si diede una sistemata, un attimo prima di rendersi conto che tutti la stavano osservando.
Bene!
"Stephanie!" si sentì chiamare da lontano e si girò, appena in tempo per vedere le sue amiche che - sorridenti- le vennero incontro.
Tempismo perfetto, pensò subito dopo. Le dava fastidio essere continuamente osservata.
Tutti quegli occhi puntati contro, la mettevano a disagio.
"Non sono mai stata così felice di vedervi" le abbracciò appena loro la raggiunsero.
"Che succede?" le chiese incuriosita Jennifer, quando riprese fiato e si staccò dalle amiche.
Kristen, invece, la osservò dubbiosa; infatti fece capolinea sul suo volto un cipiglio curioso.
Ma Stephanie si sistemò lo zaino sulle spalle e prese a camminare facendo finta di nulla.
"Lasciamo perdere" butto lì come risposta.
Ora come ora pensare al nanerottolo non portava a nulla di buono. Piuttosto, il problema era un altro.
Doveva vedere Noah.
Doveva consegnargli la lettera.
Tuttavia sarebbe stato difficile incontrarlo: lui apparteneva alla sezione più qualificata della scuola, a discapito suo che - meritatamente- si trovava in una delle classi più mediocri dell'istituto.
Lui era intelligente, una persona dotta, un vero e proprio genio!
Lei invece era una vera e propria frana, in tutto ciò che faceva.
"C'è Josh" Jennifer la ridestò dal flusso dei suoi pensieri.
Josh? Dove? Ci mancava solo questa. Alzò gli occhi al cielo, inconsapevolmente.
Kristen- invece- venne in suo aiuto.
"Se vuoi una mano, tienimi presente" le sussurrò in un orecchio.
Stephanie rise e annuì impercettibilmente, un attimo prima che Josh le fu di fronte.
Le prese la mano destra e si chinò, per farle un baciamano da perfetto galantuomo.
Kristen per poco non vomitò la colazione, Jennifer invece aveva gli occhi a forma di cuore. Le erano sempre piaciute le romanticherie. Era una innamorata dell'amore, una di quelle che leggevano romanzi rosa e che sognavano il principe azzurro.
Disincantata e sicuramente un po' illusa.
Stephanie arrossì e cercò di ritrarre la mano, ma trovò come ostacolo la tenace presa del ragazzo.
"Mia dolce donzella, questa mattina sei ancora più bella del solito".
 
Ciò che disse le fece emettere una risatina nervosa "Smettila, Josh. Mi metti in imbarazzo così"
Ma lui sembrò non ascoltarla.
Infatti -contrariamente a ciò che disse- accostò l'altra mano al suo viso per spostarle una ciocca di capelli, caduta dinanzi agli occhi.
 
Kristen tossì "Josh, non hai sentito Stephanie?" la sua voce suonò impetuosa e alterata, ma lui non la stette a sentire.
Quasi le veniva da ridere, se non fosse stato per l'intera situazione.
"Josh, è ora di andare in classe. La campanella è suonata già da un pezzo!" Stephanie approfittò dello sguardo perso che l'amico le rivolse, per sottrarsi dalla stretta della sua mano - che questa volta non fece alcuna opposizione-.
"Come desideri, ma chérie"
Appena Stephanie gli rivolse un sorriso amichevole in risposta, a Josh sembrò che uscisse la bava dalla bocca.
"Che schifo, sei incorreggibile" non mancò di fargli notare Kristen, schietta e diretta.
"Fatti gli affari tuoi" rispose in malo modo l'amico, osservandola in cagnesco.
Era una continuo battibeccare tra di loro, ma in fondo era sicura che si volessero un gran bene.






**** 

"You tossed it in the trash, you did
to give me all your love 
is all I ever asked"

 



Eccolo, era riuscito a vederlo.
Aveva approfittato dell'ora di ricreazione, per potergli parlare.
Appostata dietro ad una colonna, Stephanie emise un sospiro. Aveva la lettera tra le mani, e avrebbe dovuto solo farsi avanti.
Ora o mai più.
Poco importava che lui fosse in compagnia e che il corridoio della scuola fosse gremito di studenti.
Fece un passo in avanti, uscendo dal suo nascondino. Noah le passò subito vicino, e fu in quel momento che lei lo chiamò.
"Noah!" ecco, era riuscita a farlo voltare verso di se ma ciò che vide le diede solo la spinta giusta per darsela a gambe levate.
Il suo sguardo era duro e ostile, non prometteva nulla di buono. L'amico, invece, sembrava osservarla incuriosito.
Nonostante ciò, deglutì rumorosamente.
 
"Che vuoi?" chiuse per un istante gli occhi.
No!
Non era ciò che aveva previsto. Sembrava che tutti i suoi programmi stessero andando a rotoli.
Ma si fece forza, perché probabilmente non sarebbe più riuscita a farlo avvicinare a se.
 In nessun altro modo.
"Dagli quella cavolo di lettera!"
 si disse mentalmente.
Senza pensarci un secondo di più, tese le braccia in avanti mostrandogli la lettera che teneva tra le mani.
"Ecco.. I-io.." ci mancava solo che si mettesse a farfugliare!
 Datti una calmata, pensò immediatamente .
"Hai bisogno di una mano per formulare una frase di senso compiuto?" le chiese lui, ironico.
 
Perché la guardava così? Come se fosse feccia umana?
Cos'era quello sguardo che la faceva sentire così a disagio?
Stephanie volle morire all'istante, e se le diede fastidio ciò che lui disse non lo mostrò minimamente.
"I-io vorrei che tu accettassi questa" riuscì infine a dire, mentre con lo sguardo gli indicò la lettera.
Lui per un attimo la osservò stranito, poi dedicò la sua massima attenzione al pezzo di carta teso tra le sue mani.
"Non la voglio. Non mi interessa"
 
Freddo. Glaciale. Disinteressato.
Stephanie abbassò la testa, sconfitta. Aveva gli occhi lucidi, e con forza ricacciò all'indietro le lacrime che erano sul punto di uscire dai suoi occhi.
Non doveva piangere. Non così, davanti a tutti.
Quando però si decise a rialzare il capo, di lui non c'era neppure l'ombra.
Se ne era andato.






****



                                                                                     "I would go through all this pain
                                                                                        take a bullet straight through my brain"



Non c'era alcuna via d'uscita, al momento.
Continuò a piangere, mentre le sue amiche tentavano di consolarla.
"Ecco perché questa mattina eri così ansiosa" appurò Kristen, con una mano sulla fronte.
Stephanie riprese a singhiozzare. Lo fece, consapevole che non era in grado di fermare quelle lacrime che - incessanti- sgorgavano dai suoi occhi.
"Noah è un bel ragazzo ma sembra avere seri problemi con i rapporti umani" disse Jennifer, guadagnandosi una gomitata da parte di Kristen.
"Ahi.. Ma sei impazzita?" ma qualsiasi tentativo di protesta venne stroncato sul nascere dallo sguardo tagliente di Kristen.
"No! Ha ragione" disse Stephanie "Sapevo a cosa andavo incontro. Di sicuro, non sono all'altezza delle sue aspettative"
Deglutì e poi ritornò a parlare.
"Lui non la guarderebbe nemmeno di striscio una come me" prese un altro fazzoletto di carta e si soffiò il naso.
Le amiche rimasero in silenzio, silenzio che però venne improvvisamente spezzato nel momento in cui Josh fece il suo ingresso in aula.
"STEPHANIE" urlò, anche egli con le lacrime agli occhi.
"T-tu ti sei dichiarata a quel secchione di Noah Carter?" le puntò un dito contro, e poi le si avvicinò celermente.
Ecco, ora era ufficialmente la campionessa dei fenomeni da baraccone: probabilmente la notizia aveva fatto il giro della scuola.
Ma poco importava, sinceramente.
I suoi sentimenti erano veri, perché vergognarsene?
"Lo sai che per te provo solo una profonda amicizia, Josh" glielo disse per l'ennesima volta ma lui -puntualmente- aveva la stessa reazione: piangeva a dirotto, dicendole quanto fosse crudele; poi passavano dieci minuti e ritornava a corteggiarla.
Gli voleva bene, ma non era innamorata di lui.
Lei amava....amava...No! Doveva smetterla di pensare a Noah: lui l'aveva rifiutata e per quanto i suoi sentimenti non potessero scomparire da un momento all'altro, avrebbe dovuto farsene una ragione.
"Rassegnati, Josh!" intervenne Kristen, categorica.
"Tu stai zitta, donna" alzò gli occhi al cielo, e poi li indirizzò verso i suoi.
"Cafone!" urlò infine l'amica, con le mani piegate sui fianchi. Per poco, non le usciva il fumo dalle orecchie.
"Se non fosse cotto di te, penserei che sono fatti l'uno per l'altra" scherzò Jennifer, divertita.
Stephanie rise grata.
Finalmente qualcuno era riuscito a strapparle una risata!



****


"If my body was on fire

You would watch me burn down in flames"

      



All'uscita di scuola, Stephanie era in compagnia dei suoi amici.
Camminava, ma si sentiva stranamente stanca. Aveva cacciato così tante lacrime che era sfinita. Come se avesse lavorato per ore consecutive.
Porca miseria! Le dolevano gli occhi e le pulsava la testa.
Si massaggiò le tempie ai lati del volto, per lenire quel continuo tamburellare.
"Hai bisogno di una bella dormita" la rassicurò Kristen, poggiandole la mano sulla spalla. Stephanie la guardò e le fece un sorriso di gratitudine.
Era davvero fortunata ad avere delle amiche così speciali.
Jennifer invece le diede un buffetto affettuoso sulla guancia e Josh- stranamente- si chiuse in uno strano silenzio.
"Noah, ma quella non è la ragazza che si è dichiarata a te questa mattina?"
Al suono di quel nome, Stephanie si sentì venir meno. Spalancò gli occhi di fronte a se, appena li vide: Noah e il suo amico erano a pochi metri di distanza da loro.
 
E lei non ci aveva nemmeno fatto caso!
Noah la osservò, sempre con quel cipiglio superbo. Era davvero una persona così insulsa da meritare questo?
Poi sbuffò e sorrise sardonico. " Non mi importa, Phil" rispose all'amico, mentre il suo sguardo era ancora indirizzato su quello di Stephanie.
Lei serrò i denti infastidita, e i pugni delle mani si chiusero in una morsa ferrea.
Ora basta!
Ma quando pensò di aprire bocca e dirgliene di santa ragione, Josh la precedette. In due falcate, raggiunse Noah -che non si mosse nemmeno di un centimetro- e gli si avvicinò minacciosamente. 
I loro nasi quasi si sfioravano.
Si tenevano testa, fronteggiandosi
 come due combattenti.
"TU!" Josh gli urlò contro " Sei una persona insensibile" la mascella gli si indurì e il suo sguardo era rosso come lava incandescente.
Kristen e Jennifer preferirono non emettere una sola parola.
Ed era comprensibile: Noah Carter provocava un timore referenziale, da far azzittire qualsiasi persona. Di fronte a lui, ci si sentiva come una formica.
Insignificante e piccola.
"Insensibile?" Noah lo guardò, apparentemente divertito. " Non mi sembra che abbia mai decantato interesse per lei. Non mi piace."
Si fermò un secondo e poi spostò di nuovo lo sguardo su di lei " Non mi sono mai interessate le ragazze imbranate e poco intelligenti"
Crack
Quello era il suono del suo cuore che si spezzava?
Lacrime, lacrime amare minacciarono di uscire dagli occhi.
Di nuovo.
Due volte in un solo giorno e per colpa sua.
Stephanie poggiò una mano sulla spalla di Josh: aveva pensato bene di farlo non appena lo aveva visto scattare come una molla a quelle parole che -evidentemente- avevano fatto più male a lui che a lei.
"Non ne vale la pena" sussurrò, forse più a se stessa che all'amico.
Josh si voltò e la osservò, preoccupato.
"M-ma lui..."
Gli avrebbe voluto rivolgere un sorriso per rassicurarlo ma non le riuscì.
Pensò solo di spalancare più che poteva gli occhi, per fargli capire che fosse giunto il momento di finirla lì.
"Andiamo" quando Noah interruppe quel silenzio fatto di mille parole, quasi gliene fu grata.
E non si accorse che Josh tentò di voltarle le spalle per raggiungere nuovamente Noah. Lo fermò Kristen- tirandolo per la manica della camicia-.
"Mi dispiace, Stephanie" disse Jennifer, che parlò per la prima volta da quando Noah aveva fatto la sua comparsa.
Lo stesso valse per Kristen, la quale le diede conforto con una stretta di mano.
"Non ti merita" disse poi, cercando di rassicurarla.
"Voglio tornare a casa"
Ecco: l'aveva detto. E ora le sue amiche l'avrebbero guardata con pena, ma questo non accadde.
Vide nei loro occhi solo un enorme dispiacere.
Poi osservò Josh: sembrava essersi rassegnato anche lui. Del resto, rimuginò che non doveva valerne la pena.
Era decisamente migliore l'idea di consolare la sua amica; infatti pensò bene di rallegrarla con uno dei suoi soliti indovinelli.
"La sapete quella dell' oca e del cane al polo nord?"
E Stephanie apprezzò.
Poi guardò il cielo: ormai il sole stava tramontando e finalmente quel giorno - il peggiore della sua vita- sarebbe giunto al termine.

NOTE AUTRICE:
Come avete avuto modo di leggere, Stephanie è stata rifiutata dal bellissimo quanto glaciale Noah! In realtà questi due ci riserveranno un sacco di sorprese, come avrete poi modo di leggere nei prossimi capitoli. Le frasi iniziali di ogni paragrafo sono tratte dalla canzone "Grenade"di Bruno Mars.
Ringrazio le persone che hanno deciso di seguirmi in questa nuova avventura.
Se volete esprimere un vostro parere, sarà ben accetto.
Alla prossima!


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Capitolo 3
*** Cambiamenti ***


cap corretto 2 it na kiss

CAPITOLO II











Appena Stephanie imboccò la strada che portava dritto a casa sua, vide suo padre correrle incontro.
"Ma cosa...?"
Quello che non riuscì a capire fu l'impeto con cui l'abbracciò e ne fu stranita.
Solo quando gli appoggiò la mano sul petto per allontanarlo da sé, vide la sua faccia che aveva un'espressione preoccupata.
"Cosa le dico adesso? Cosa?" l'uomo aveva iniziato a farfugliare, con le mani ai lati della testa.
"Si può sapere cosa sta succedendo?" quando Stephanie cercò di superarlo, non riuscì a proseguire oltre; le sue braccia la strattonarono per il polso e la fecero rimanere ferma sul posto. 
"Aspetta!" 
Stephanie aveva iniziato a guardarlo stupita, tuttavia sbuffò impaziente.
Cosa doveva aspettare? Voleva solo farsi una doccia veloce e stendersi sul letto.
"Papà avrei bisogno di riposare, se non ti dispiace." gli rispose "Fammi passare!"
Lo sguardo vacillante del padre la fece tremare. Ma era comunque decisa a fare ciò che aveva detto e contrariamente a quanto fatto finora, lui allentò la presa lasciandola finalmente libera di riprendere il passo.
"Grazie" gli disse, con un sorriso sarcastico. Lui distolse lo sguardo: era bene che vedesse coi suoi stessi occhi ciò che non era riuscito a dirle a parole.
E infatti accadde l'inevitabile: appena Stephanie varcò il cortile di casa, emise un urlo che si disperse nell'aria.
"CHE COSA E' SUCCESSO QUI?" 
Suo padre le fu subito dietro, trattenendola per le spalle; se non avesse avuto il suo appoggio probabilmente sarebbe caduta a terra priva di forze.
La loro casa era completamente distrutta. Guardò con gli occhi spalancati i vigili del fuoco, che erano intenti ad occuparsi delle macerie.
La loro casa non esisteva più, pensò disperata.
La loro casa era un cumulo di rovine.
Come era potuto accadere?
"Questa mattina una scossa di terremoto ha provocato il crollo dell'abitazione." rispose il padre, quasi come se le avesse letto nella mente "Ero a lavoro e sono subito corso qui, appena mi hanno telefonato"
"Perché non mi hai avvisato?"
Non poteva crederci. Era un incubo, un maledetto incubo.
"Eri a scuola, Stephanie." le rispose, aggottando le sopracciglia.
Ci fu un momento di silenzio, poi Stephanie riprese a parlare.
"E le altre case?" chiuse momentaneamente gli occhi e suo padre emise un sospiro di rassegnazione.
" Solo la nostra è crollata e puoi immaginare il perché"
Ecco! Lo sapeva, se lo sentiva.
Perché la sfiga sembrava perseguitarla?
Certo che lo immaginava: colpa della struttura portante della casa. Aveva parecchi anni ed era stata mal edificata in passato; pensò che probabilmente le travi non avessero retto alla scossa e che ne avessero inevitabilmente provocato il crollo.
Entrambi sapevano che la casa avesse un difetto di costruzione, ma ne avevano sempre ignorato i rischi. Ed ecco cosa accadeva a rimandare per tanto tempo ciò che doveva essere aggiustato.
Tutte le sue cose, tutti i suoi vestiti. Tutto era andato distrutto.
Perché proprio ora? E perché proprio a lei?
"Dimmi che c'è una soluzione" sussurrò, avvilita.
Le mani del padre la stavano ancora sorreggendo.
"Solo una, in verità" al sentire quelle parole, Stephanie emise un sospiro di sollievo come se di punto in bianco avesse cacciato tutto l'ossigeno fermo nei polmoni. Poi, si voltò verso di lui.
"Quale?" 
"Dovremo trasferirci" 
Infine, chiuse gli occhi. E di nuovo, le venne da piangere.
Cosa aveva pensato dopo l'ultimo incontro con Noah? Che era giunto al termine quel giorno maledetto? Si sbagliava, e di grosso. 
L'idea di trasferirsi in un altro posto e sopratutto quella di lasciare i suoi amici la faceva sentire male.
Non voleva!
Pensò inevitabilmente a sua madre, e riaprì di colpo gli occhi alzandoli verso il cielo.
"Mamma" pensò, con malinconia.
Le sfuggì una lacrima che prontamente suo padre scacciò via con la punta delle sue dita.
"Anche io le ho fatto una preghiera." disse, subito dopo aver accostato la fronte alla sua.
"Ti proteggerò sempre Stephanie" sorrise "Anche a costo della vita".
Stephanie non emise fiato, ma in cuor suo sapeva che quelle parole erano state in grado di rincuorarla un po’.
"Ti voglio bene" spalancò gli occhi, e ne rimase piacevolmente sorpresa perché lui non gliel'aveva mai detto.
"Anche io" questa volta gli rispose, subito prima di sentirsi avvolgere dalle sue braccia "Stai tranquilla, figlia mia" continuò a cullarla, mentre con la mano iniziò a carezzarle i lunghi capelli.
Tranquilla? Non sarebbe stato facile!
Aveva solo voglia di piangere.
Non avevano più una dimora. Un luogo sicuro. Nulla. Dove sarebbero andati?
"Dove andremo ora?" anche se le costò un enorme sforzo, Stephanie diede parola ai suoi pensieri.
In quel momento aveva soltanto voglia di non pensare, ma purtroppo la situazione era tragica ed in più non sarebbe stato proficuo abbattersi.
Doveva essere forte. Per lei e per suo padre.
Era quello che sicuramente avrebbe voluto la sua cara mamma.
"Un amico mi ha proposto di ospitarci"
Cosa?
Quindi... quindi era come stava pensando, giusto? Non avrebbero dovuto lasciare il Paese?
Sorrise.
"Qui?"
"Abita a pochi isolati da qui" era felice, ora. Non poteva crederci. Così, non avrebbe rinunciato alla scuola, alle sue abitudini e ai suoi amici.
Era felice, finalmente. Felice, nonostante la disastrosa situazione. Il padre la liberò dal suo abbraccio e questa volta- quando indirizzò gli occhi verso i suoi- vide un'espressione più serena sul suo volto.
"Stasera resteremo al ristorante" lei annuì in risposta "Domani sera ci trasferiremo in casa di Gideon"
Gideon? Quindi colui che li avrebbe ospitati era uno dei tanti amici di suo padre?
Non riusciva a ricordarselo, eppure era impossibile farlo in quel momento.
Il ristorante di suo padre era uno dei più famosi della zona, ragion per cui vedeva continuamente facce nuove. Sapeva che molti dei suoi amici venissero spesso a mangiare al suo ristorante, per cui cercò di ricordare se anche Gideon gli avesse fatto almeno una volta visita in qualità di cliente.
E inutilmente, dato che non lo aveva mai sentito nominare.
Stephanie scosse la testa e decise che non era il caso di pensarci più di tanto: comunque l'avrebbe scoperto il giorno successivo.




*** 






La notizia fece il giro della scuola, come sospettò.
Camminò e sentì i sussurri di persone che alle sue spalle e incuranti del suo stato d'animo, le rivolsero battute di pessimo gusto. Erano davvero  irritanti!
Basta!
"E' lei..."
"Guardala, sembra una barbona"
"Lo è, non ha più una casa"
Avrebbe voluto spaccare la faccia a ciascuno di loro.
Ma inghiottì il rospo e continuò a camminare.
Eppure, si sentiva come se fosse seguita, ma non da quelle voci. Aveva come l'impressione di essere osservata.
Si voltò, tempo di vedere la luce accecante di un flash e poi più nulla.
Ma che diavolo?
Quando pensò di avvicinarsi all'albero, dietro cui immaginò che ci fosse l'artefice della foto scattata -si sentì tirare indietro-.
Le sue amiche la abbracciarono, sinceramente dispiaciute. 
Non c'era bisogno di alcuna parola. 
Le bastava quel sincero modo che avevano nel dimostrarle affetto, in grado di valere più di mille parole. 
"Ora dove andrete, tu e tuo padre?" le chiese Kristen, cercando di essere il più delicata possibile. 
In fondo, la sua era una domanda lecita e detta dalle sue labbra non le procurò alcun disturbo.
"Questa sera ci trasferiremo da un suo amico" disse " Almeno fino a quando non troveremo una soluzione alternativa" Stephanie calò la testa, e distrattamente posò lo sguardo sulla punta delle sue scarpe.
"Deve essere difficile" affermò Jennifer, turbata. 
"Lo è" le rispose, con un flebile sussurro.
"STEPHANIE" Stephanie alzò istintivamente la testa.
Chi poteva chiamarla- gridando il suo nome- se non Josh?
Lui la abbracciò con forza, senza nemmeno darle il tempo di guardarlo. Ma comunque, ricambiò la stretta. 
Affondò la testa nell'incavo del suo collo e sospirò.
Si sentiva al sicuro, attorniata dalle persone di cui si fidava ciecamente.
Ora si sentiva protetta da quelle persone che non avevano fatto altro che giudicarla, denigrarla e lanciarle offese gratuite, dal momento in cui aveva oltrepassato il cancello di scuola.
"Potreste farmi passare?"
Durò poco quella sensazione, appena Stephanie sentì il sangue gelarsi nelle vene.
Era lui.
Noah Carter.
Josh la allontanò da sé, puntando un dito contro al nuovo arrivato.
"TU" Josh gli dedicò la massima attenzione "E' colpa tua se Stephanie si trova in questa situazione"
Lui rise, seriamente divertito.
"Mia? Quindi avrei causato io il terremoto?" in quel momento, Noah sembrava aver perso quel cipiglio severo. Infatti, era sul punto di piegarsi in due dalle risate.
"Sì, tua. Sei stato tu la causa di tutte le sfortune che le sono successe recentemente" Josh non intendeva demordere: infatti aveva iniziato a guardarlo in cagnesco.
"Allora lascia che faccia una donazione. Potrebbe essere un'idea, no?" era la frase più lunga che mai avesse detto finora. " Potresti aiutare la tua amica, organizzandole un raduno e raccogliendo così le offerte di tutti gli studenti".
Non c'era bisogno di dire altro. Stephanie lo fissò col viso rosso di indignazione e quando Noah cacciò dalla tasca posteriore dei pantaloni delle banconote -porgendole a Josh- lei gliele fece volare dalla mano con un gesto secco.
Coglione, pensò risentita. 
Come si era permesso di metterla in imbarazzo?
"Non ho bisogno della tua pietà" riprese fiato e continuò "Non sei nella posizione di prenderti cura di me!"
Noah aveva la bocca spalancata dallo stupore, ma fu solo questione di un attimo dato che scoppiò subito a ridere.
"Cura di te?" aveva ripetute le sue ultime parole, guardandola con un'espressione disgustata.
Ma Stephanie sembrò non ascoltarlo più, era a dir poco furibonda. 
Lei non avrebbe mai permesso a nessuno di provare compassione per lei, niente di meno che a Noah Carter.
E quando stava per ricordarglielo di nuovo, lui se ne andò.
Vide soltanto che cercava di trattenersi dal ridere nuovamente, di fronte ai suoi compagni.
Già, pensò ironica, non sarebbe stato da Noah Carter essere così sorridente.
Lui doveva mantenere la sua reputazione di persona impassibile.
Ma che gli scorreva nel sangue? Il ghiaccio?
Coglione, pensò per la seconda volta in così poco tempo.


 
*** 



"Papà, sicuro che non è un disturbo per il tuo amico ospitarci?" 
Non era da molto che stavano viaggiando in taxi, quando Stephanie spalancò la bocca per parlare.
Erano diretti a casa di Gideon, l'amico di suo padre.
"Non devi preoccuparti, tesoro. E' stato proprio lui ad invitarci"
Che?
"Appena ha sentito la notizia, mi ha chiamato e si è offerto di accoglierci in casa sua." le rispose suo padre, che sembrava leggerle ogni volta nel pensiero.
Comunque, strinse la borsa al petto e sospirò piano.
"Deve essere una brava persona, allora" gliene doveva dare atto. Il gesto di Gideon non era da poco, ospitare due persone in casa propria non poteva che essere espressione di un animo nobile e gentile. 
Iniziava già a piacerle, nonostante non avesse ancora fatto la sua conoscenza.
"Lo è, infatti. Siamo amici dalle scuole medie" Stephanie inarcò un sopracciglio.
"Strano che non lo conosca"
"Non frequenta il ristorante." le ripose "E' un uomo d'affari, molto impegnato con il lavoro."
"Capisco" Stephanie annuì e si voltò per guardare fuori dal finestrino. 
Allora no, non credeva di conoscerlo. Eppure, suo padre le aveva detto che Gideon era genitore di due figli, di cui uno era suo coetaneo. 
Che frequentasse la sua stessa scuola?
Chissà che avrebbe dovuto aspettarsi.
Non era di sicuro pronta a tutto ciò, ma non c'era altra soluzione al momento e lei avrebbe subito dovuto farsene una ragione.
D'altronde, per quanto tempo avrebbero potuto approfittare della generosità di questa famiglia?
Sicuramente, non per tutta la vita.
"Ci siamo. Ci fermi qui"
Solo la voce di suo padre fu in grado di ridestarla dai pensieri.
"E' qui?" 
Lui annuì, sorridente.
Appena il taxi si fermò, suo padre cacciò dal portafogli una banconota e la mise nelle mani del conducente.
"Grazie, signore" Fece un cenno col capo e poi scese dall'auto.
Stephanie lo seguì, aiutandolo a prendere le valigie. Si chiuse immediatamente lo sportello alle spalle, e solo allora poté osservare la casa di fronte a sé.
Wow, pensò a primo impatto.
Era forse la casa più bella che avesse mai visto.
"E'...è..." sembrava un'idiota a farfugliare in quel modo.
"Sei senza parole, vero?" le chiese suo padre, ghignando.
"Sì! E' bellissima" Non le veniva altro da dire al momento.
"Andiamo" quando le prese la mano, Stephanie gliene fu riconoscente.
Fecero solo pochi passi, non appena i suoi occhi si assottigliarono per leggere meglio la scritta sul cancello dell'abitazione. Stephanie si portò una mano alla bocca spalancata per trattenere l'urlo che avrebbe voluto emettere.
"Porca..."
"Stephanie, modera il linguaggio." suo padre la guardò severo "Ti ho mica insegnato questi termini?"
"Scusa papà"
Casa Carter.
C'era proprio scritto Casa Carter?
Come Noah Carter?
No! Non era possibile... doveva essere una buffa coincidenza.
Eppure perché le sembrava che non fosse così? 
Stava sudando freddo. 
Quasi non si rese conto che raggiunsero la porta d'ingresso della casa. Probabilmente era riuscita ad arrivarci grazie al sostegno di suo padre, pensò ancora confusa.
Il suo stomaco era talmente attorcigliato che poco mancava che vomitasse. Si portò una mano alla fronte, madida di sudore.
Non appena suo padre bussò al campanello, la porta d'ingresso venne immediatamente spalancata. Dietro di essa, un paffuto uomo di mezza età li accolse con un enorme sorriso sulla faccia.
Suo padre le lasciò la mano, per salutare il suo vecchio amico con un caloroso abbraccio.
"Max, vecchio mio" disse l'uomo, ricambiando la stretta.
"Gideon" 
"Che piacere vedervi" i suoi occhi poi si spostarono da lui a Stephanie.
"Questa è mia figlia" disse Max, girandosi verso di lei.
"Devi essere Stephanie, giusto? Che piacere conoscerti" le tese la mano e Stephanie la accettò - ricambiandone la stretta- " Il piacere è tutto mio, Signor Carter"
"E' molto più carina dal vivo, che in foto" disse Gideon, che in quel momento si rivolse a Max.
Foto?
"Benvenuti" quando Stephanie sentì una voce femminile- dal tono alto e squillante- si voltò immediatamente.
Quella di fronte a lei doveva essere la moglie del Signor Carter.
E sul viso aveva un sorriso a trentadue denti, quasi come se avesse vinto un premio alla lotteria.
"Piacere cara, io sono Isabel Carter" le tese la mano e lei l'accettò di buon grado.
"Piacere mio, Signora Carter." lei rise stridula.
"Chiamami solo Isabel, cara" Stephanie annuì, sorridendo timidamente.
"Entrate, prego"
Su incitazione della donna, Stephanie e suo padre vennero invitati a entrare in casa. 
Stephanie fece solo un passo in avanti, quando sentì suo padre bloccarsi e guardare di fronte a sè.
"Questo è mio figlio Noah. Dovresti conoscerlo, giusto Stephanie?" nello stesso momento in cui la signora Carter parlò, Stephanie sbiancò.
Noah. Carter. Nessuna coincidenza.
Che fosse un brutto gioco del destino? Sperava forse in un altro Noah Carter? Quanti ce ne potevano essere in giro?
Stephanie si decise ad indirizzare lo sguardo di fronte a sé e lo vide: lui era lì, appoggiato allo stipite delle scale che probabilmente portavano al piano superiore della casa.
Lui la stava guardando e stava fermo con le braccia incrociate al petto, e con quella solita espressione di bronzo sul volto.
Non poteva crederci!
Era davvero costretta a viverci insieme, da oggi in poi?
Era disperata. Disperata.
"Lo conosci?" suo padre le parlò in un orecchio e lei rispose ad alta voce "Sì, frequentiamo la stessa scuola"
"Che fortuna!" era stata la signora Carter a parlare, sembrava quasi che avesse gli occhi a forma di cuore.
Perché tutto questo interessamento?
"E' vero frequentiamo lo stesso istituto, ma ciò non vuol dire che ci conosciamo" Che odioso! " E poi siamo in classi molto distanti"
Sembrava che lo facesse di proposito ad umiliarla. Erano diversi lo sapeva, ma le dava fastidio che lui glielo ricordasse ogni volta:
Lui era il genio Noah Carter, primo della sezione A, la classe migliore dell'istituto.
Lei era l'imbranata Stephanie Marin, ultima della sezione F, la classe peggiore dell'istituto.
Lo sapeva cos'erano! Ecco!
La vena sulla tempia iniziò a pulsarle ritmicamente, e ciò era bastato per infastidirla. Avrebbe voluto rispondergli, a modo suo ma dovette buttar giù un boccone amaro; non sarebbe stato di certo educato farlo, soprattutto in qualità di ospite.
"Eric, per la miseria. Vuoi uscire dalla tua stanza e presentarti ai nostri ospiti?" urlò la signora Carter.
Eric? Chi era?
"Eric è nostro figlio minore" spiegò loro la signora Carter "Frequenta la terza elementare" poi le rivolse un sorriso materno, che Stephanie ricambiò all'istante.
La signora Carter le piaceva moltissimo: era un tipo molto allegro e divertente.
E allora Noah da chi aveva ereditato quel carattere burbero? Nemmeno dal padre- si disse- dato che a modo suo era comunque una persona gentile e affabile.
Ce l'avrebbe fatta a vivere sotto lo stesso tetto con lui?
Forse- proprio grazie alla signora Carter, molto più simile a lei che agli altri componenti della casa- ne sarebbe stata in grado.
Forse...
Ma quello che pensò venne immediatamente scacciato via nel momento in cui un nanerottolo, quel nanerottolo, fece la sua comparsa.
"TU!"
"TU!"
Si osservarono in malo modo, entrambi coi pugni delle mani stretti in una morsa e con le braccia stese lungo ai fianchi.
Per la miseria! Quale altra sorpresa le sarebbe stata rivelata?
Le sembrava di essere capitata in un incubo, dal quale non riusciva ad uscire. Fu tentata di darsi un pizzicotto sulla pelle, ma non lo fece. 
Sicuramente l'avrebbero guardata, come se fosse ammattita di tutto un tratto.
Quello che aveva di fronte, era il nanerottolo che le aveva riso in faccia alla fermata dell'autobus. Lo stesso che le aveva fatto lo sgambetto.
Aveva un urgente bisogno di sedersi.
"Si può sapere che cosa sta succedendo?" fu suo padre a farle distogliere lo sguardo dal bambino.
Che poteva mai dirgli? "Sai papà, noi già ci conosciamo dato che questo marmocchio per ben due volte mi ha presa in giro alla fermata dell'autobus giorni fa"
E lui cosa poteva mai dire? Era un bambino e ciò che aveva fatto non poteva di certo renderlo un campione agli occhi dei suoi genitori. 
Infatti, Eric si limitò a voltarle le spalle e a fischiettare incurante.
"Niente!" gli rispose Stephanie, forse in maniera troppo brusca. 
Ma dovette bastargli come risposta, dato che non si permise di chiederle più nulla.
Solo Noah aveva un'espressione sospettosa sul volto. E c'era da immaginarselo: non gli sfuggiva mai nulla.
La guardò di nuovo e quando Stephanie se ne accorse, gli rivolse a sua volta uno sguardo carico di odio.
"Bene ora che abbiamo fatto tutti le dovute conoscenze" premise la signora Carter " direi che ci vuole una camomilla"
Stephanie ne fu felice.
Avrebbe finalmente dato tregua ai suoi nervi!


 
*** 



"Ecco la tua stanza cara"
La signora Carter la accompagnò al piano superiore della casa; in fondo al lungo corridoio, sulla destra c'era la sua stanza da letto.
Quando la donna ne spalancò la porta, Stephanie strabuzzò gli occhi meravigliata. 
Era una stanza a dir poco stupenda: al centro di essa c'era un letto a baldacchino, e l'arredamento era tipicamente femminile.
Aveva buon gusto, la madre di Noah.
Quando lei la guardò, non poté fare a meno di sorriderle.
"E' meravigliosa. Grazie". Non sapeva come esprimere a parole l'enorme gratitudine che provava per la famiglia Carter.
Nonostante tutto.
"Non devi ringraziarmi cara." rispose lei con la sua tipica risata stridula "Ho sempre desiderato avere una figlia" le fece l'occhiolino e poi si girò alle sue spalle.
"Ah, Noah! Sei qui" 
Anche Stephanie si voltò e lo vide: stava appoggiato allo stipite della porta e aveva lo sguardo basso.
"Questa era la stanza di Eric" iniziò a parlare " E per colpa tua, lui dovrà spostare le sue cose nella mia stanza".
"Noah!" sua madre lo riprese, assottigliando lo sguardo.
Noah alzò gli occhi, dall'espressione tagliente.
Doveva essere scocciato dall'intera situazione, ma che credeva che per lei fosse una passeggiata?
Di certo non avrebbe fatto i salti di gioia.
"Aiuta Stephanie coi suoi bagagli, invece di lamentarti" la signora Carter varcò l'uscio della porta e poi si girò verso di lei. 
Iniziava ad amare immensamente quella donna!
L'unica che - come sembrava- era in grado di azzittire il figlio.
" Vado a preparare la cena" sorrise di nuovo " A dopo, cara" poi la salutò, scomparendo velocemente dalla sua visuale.
Erano rimasti da soli. Stephanie deglutì e lo guardò: Noah era entrato nella stanza e si era piegato sulle ginocchia per tentare di sollevare la sua valigia.
Lei però non glielo permise.
"Faccio io!" forse era stata maleducata "Non ti preoccupare" disse poi, tentando di mostrarsi gentile. E per quanto le fosse stato possibile!
Lui la guardò, divertito. Poi fece come gli aveva detto e abbandonò qualsiasi proposito di concederle una mano.
"Già, ora ricordo" era fredda la sua voce. " Non devo avere cura di te, giusto?"
Stephanie ingoiò le lacrime amare che quelle parole gli provocarono. 
Perché  aveva il pianto facile con lui?
Bastardo!
Insensibile!
Noah le diede le spalle e sfociò in una grossa risata. 
Un attimo prima di chiudere la porta, le parlò un' ultima volta .
"Che tu sia qui, a me non cambia nulla." accanto a lui, ora c'era anche suo fratello. 
Da dove era uscito?
"Vedi di non immischiarti nel mio stile di vita" spietato la guardò di nuovo, Eric invece le fece una smorfia con la lingua.
Poi si sentì solo il tonfo secco della porta che le venne sbattuta pesantemente in faccia.
Stephanie cadde a terra, piegandosi sulle ginocchia.
Non era possibile. Era veramente finita in un incubo!










NOTE AUTRICE:
Ebbene, eccomi qui. Stiamo entrando nel vivo della storia, come avete letto Noah e Stephanie vivranno sotto lo stesso tetto ma non saranno soli. Ricordatevi della favolosa madre- che ci riserverà tante sorprese- e del fratellino Eric, oltre ai restanti componenti della casa il signor Carter e il padre della nostra Stephanie.
Cercherò di essere sempre fedele all'anime, anche se qualcosa inevitabilmente cambierà.
Grazie alle persone che hanno recensito e che hanno inserito la storia tra le seguite, le ricordate e le preferite.
Un bacione e alla prossima.
Mimimi93 

  
 

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