Night Changes

di _browns eyes_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


ng
Night Changes:

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1.When you’re gone
Era il quattordici novembre di quell’anno quando i One direction avevano confermato la loro esibizione al “Children in Need” con una piccola intervista. Infondo a loro faceva piacere fare qualcosa per aiutare in bambini in difficoltà. Eppure uno di loro non aveva ancora capito che stava per salvare qualcuno.

Era il pomeriggio della medesima sera, mancavano poche ore all’evento e come quasi una tradizione si trovavano nello studio per rilassarsi e distrarsi un po’. Erano solo loro cinque perché i manager e il resto della band capiva quando era il momento di lasciarli soli e non stressarli. E quello fu uno di quei momenti. I cinque ragazzi si stavano divertendo a ricordarsi le cose buffe fatte in passato oppure a ridacchiare per qualche battutaccia uscita male da uno di loro. Era talmente strano e raro per loro che da cinque sconosciuti, in quei quattro anni loro siano diventati amici, anzi fratelli. C’erano uno per l’altro, si sostenevano a vicenda, forse perché erano nella stessa situazione lontani da casa con qualche filo di nostalgia, che prendeva tutti, ma per loro l’appoggiarsi a vicenda e avere un rapporto sincero era come dimostrare la loro amicizia più sincera che mai.
Quel chiacchiericcio divenne cantato quando il biondino del gruppo, Niall, aveva preso una chitarra per sfottere il moro, Zayn. Lo voleva prendere in giro perché lui e la sua ragazza avevano cominciato ad organizzare il loro matrimonio e avevano iniziato dalla musica, in quanto entrambi cantanti.   
-Oh yeah-
esclamò il biondino con un vocione terrificante dopo una serie di accordi. Tutti scoppiarono a ridere, mentre il diretto in questione gli lanciò un cuscino in faccia. Niall assunse un’espressione esterrefatta e poi arrabbiata. -Ingrato, sappi che hai appena perso il tuo testimone- annunciò, indignato con un tono melodrammatico. Il moro scoppiò a ridere.
-Quale peccato-
commentò ironico. -Ne ho altri tre, tranquillo Nialler- rise, facendogli l’occhiolino. Quel pomeriggio proseguì così.

Finalmente la serata arrivò e, dopo qualche minuto di intervista, stavano aspettando sul palco il loro momento. Harry si guardò avanti e vide tutta la strada piena zeppa di persone: di fan e dei loro genitori, indossando dei cerchietti con la forma di orecchie di orso per la mascotte di quel progetto, di colore giallo. Invece alcune bambine erano proprio truccate come quell’orsetto. Sorrise e si sistemò l’auricolare. Tutta la folla urlò non appena la presentatrice li annunciò con il loro primo singolo di quella serata. I fuochi d’artificio catturarono l’atmosfera del cielo, introducendo la voce di Zayn e con le future urla. Le luci del palco si riflettevano su ogni finestra del due palazzoni, ai lati delle strade. Da una di queste finestre ne uscì una ragazza: bella, bionda con un corpo esile coperto da quel felpone dell’università e dei leggins strappati, che stava frequentando. Lei sorrideva poiché dopo una giornata impegnativa tra lo studio e il suo lavoro da cameriera in un ristorante qui vicino, non si aspettava nulla di tutto ciò. Si voltò e chiamò la sua piccola per farla venire. E una volta lì, la ragazza la prese in braccio e gli indicò i ragazzi. La bimba non fece altro che ridere e godersi la loro bellissima musica. Il primo dei ragazzi a notarle fu proprio il ricciolino Harry, che sorrise dolcemente e le salutò con la mano, poiché erano davanti a lui. La ragazza si mise a canticchiarla, ridendo con la sua bimba, che anche lei batteva le mani al ritmo della batteria. Poi si alzò e si aggrappò alla ringhiera felice. Harry continuava a fissare il pubblico, eppure si concentrò maggiormente sulla bambina e la ragazza. Da come si comportava non riusciva a credere che fosse già madre. 
Finita la prima canzone ci fu qualche secondo di pausa per riprendere fiato e bere qualche goccio d’acqua per rinfrescare le corde vocali. I ragazzi si avvicinarono tra di loro per scambiarsi due parole, mentre Harry era lì con lo sguardo su quella piccola donna, a cui faceva qualche faccia buffa per farla ridere. E aveva un grande successo. La piccola di tre anni rideva e batteva le mani, mentre la madre lo ringraziava con lo sguardo.

-Ora- annunciò il presentatore. -In anteprima mondiale il nuovo singolo, Night Changes. I One Direction- concluse, ottenendo solo applausi e grida di approvazione. Iniziò nuovamente Zayn a cantare, cambiando questa volta posizioni con Harry al centro. Codesto aveva una visuale migliore rispetto a prima e riusciva anche a notare la stanza, in cui erano quelle due. Durante il suo assolo, lui non si concentrò più poiché vide un ragazzo entrare in quella stanza. La ragazza si voltò di scatto e si alzò per andare da lui. La bimba li degnò della sua attenzione di pochi istanti e poi si riconcentrò sulla loro musica, non badando all’ennesima discussione. Al contrario di Harry. Non li lasciava neanche un minuto e la preoccupazione si stava facendo sentire, rigettandola sulla canzone: era di qualche secondo in ritardo nel primo ritornello. Scosse la testa e, prendendo il microfono, si avvicinò alla sbarra per salutare i fan della strada per evitare nuovamente qualche errore. Fu del tutto inutile. Dato che in quel secondo, in cui si era girato, aveva visto l’uomo spingere la donna, alzando sempre di più la voce, tanto che a lui arrivavano dei piccoli sussurri, e avvicinandosi alla bimba, ma la ragazza lo bloccò in tempo, parandosi davanti a loro. La piccola si mise le mani sulle orecchie e continuava a guardare il riccio con occhi lucidi. Lui si rattristò, abbassando il microfono. Ma la cosa che fece traboccare il vaso, fu che il ragazzo la spinse nuovamente con più forza. Questa volta cadde a terra picchiando la testa e rimase priva di sensi. L’uomo spalancò gli occhi e si inginocchiò per scuoterla un po’, ma la ragazza non dava segni di vita. A quella visuale il cantante rimase di sasso con occhi dilatati e il fiato accorciato. La bimba si girò di scatto e sbarrò gli occhi, correndo dalla madre, che non rispondeva e ormai il suo cuore aveva smesso di battere. In quell’esatto momento lui lasciò il microfono, che nel cadere al suolo fece un suono stridulo, ammutolendo ogni singola persona di quella zona. I ragazzi l’osservarono come se fosse uno psicopatico e si avvicinarono a lui.
-Harry- lo riprese a bassa voce Louis, schioccando le dita davanti a sé.
Non rispondeva visto che era troppo impegnato a guardare quella bambina piangere da sola sul corpo della madre, oramai morta sul colpo.

-Harry- ci riprovarono nuovamente. Nulla.
Solo quando la bimba si voltò con le lacrime, che popolavano il suo viso, e gli sussurrò aiuto, lui si riprese da quello shock.

-Chiamate un’ambulanza- mormorò in quell’esatta posizione.
-Che? Come cazzo facciamo?-
-Hai un microfono, urlate di chiamare una cazzo di ambulanza. Ci vuole tanto?-
sbottò, infuriato ai loro amici, che spalancarono gli occhi.
-Stai male?- chiese invece Liam, posandogli una mano sulla spalla. Harry scosse la testa, iniziando a svelare i suoi occhi lucidi. -E allora perché vuoi un’ambulanza?- proseguì confuso. Harry rivolse ancora lo sguardo alla bimba, che stava urlando il nome della madre, scuotendola un po’.
-Vi prego fatelo e basta- li pregò con una lacrima solitaria sul suo viso. I suoi amici si sorpresero e non ribatterono più. Fu Niall quello ad avvicinarsi al microfono, mentre gli altri rimasero con lui.
-Qualcuno chiami un’ambulanza subito!- urlò il biondino, facendo meravigliare tutti visto che si aspettarono delle scuse. Fecero subito com’è stato detto.
Il diretto in questione non dava più cenni di vita, ma come biasimarlo aveva visto una donna morire davanti a lui e la sua figliola piangere, chiedendogli disperatamente aiuto. Era troppo per lui.

Fu inutile aggiungere che con quella affermazione fecero subito scendere la band dato che non era la prima volta che qualcuno di loro si sentiva male in pubblico, soprattutto il ricciolino, il quale si fece spazio e iniziò a correre fino in fondo alla strada, aspettando il veicolo con molta ansia. Gli altri volevano inseguirlo, ma lo persero di vista.
Non appena arrivò all’entrata dell’edificio, l’ambulanza arrivò e subito dei volontari si diressero da lui velocemente.

-C’è una ragazza e una bambina di sopra. Non so cosa sia successo, ma la madre non si sveglia più- mentì all’ultima frase, spostandosi per fare entrare gli uomini nell’edificio. Non attese molto: i medici scesero con la barella coperta da un lenzuolo bianco e una bambina dietro di loro, che correva e fu presa in braccio da un donna, la quale entrò lentamente con il corpo della madre. 
-Dove la portate?- domandò Harry preoccupato, avvicinandosi ad uno dei volontari prima di andarsene. Quest’ultimo sospirò e rispose.
-Sacred Heart Hospital- concluse. Mosse dei passi all’indietro e sospirò un’altra volta. Non capiva cosa gli stava capitando, ma quella bambina era oramai il suo punto fisso. Così, non appena fu raggiunto dai suoi amici, se ne andarono, non calcolando per loro dispiacere quei fan.
 

Durante il tragitto, le domande non mancarono e dato che era Niall, che guidava, decise di raccontarli la verità, nonostante la sua voce tremava. Rimasero abbastanza basiti e non pensavano che un uomo fosse talmente malvagio da fare una cosa del genere.
Arrivarono in circa una ventina di minuti se non di più. Scesero e corsero all’interno dell’ospedale. Diretti al banco delle informazioni, si imbatterono in un’infermiera alquanto testarda, la quale continuava a dirli che solo i parenti di quella ragazza potevano vederla. Ma Harry era ostinato. In quel momento non gli importava più nulla, poteva persino pagarla davanti a tutti per farlo entrare. Non ce ne fu bisogno perché una voce chiara, limpida catturò la sua attenzione. Era la bimba.

-O grazie al cielo- esclamò il ricciolino, correndo da lei. -Hey, come stai?- domandò premuroso, inginocchiandosi fino al suo livello. La bimba non emise fiato, lo osservava con una tristezza assoluta con quei due occhi celesti rossi e gonfissimi. Istintivamente si passò le sue manine a forma di pugno su di essi e si lasciò andare un piccolo sbadiglio. Aveva sonno. Il pianto le causava sempre il sonno e non poteva farci nulla.
-Piccola, stai bene?- chiese nuovamente Liam con un tono dolce e sicuro. Nulla. Nessuna risposta. La bimba non intendeva aprire bocca. Ma fece una cosa che sorprese tutti. Si avvicinò al riccio e lo abbracciò, stringendolo a sé. In quel momento lei non aveva bisogno di nessuna parola, aveva bisogno solo di affetto, che d’ora in poi non riceverà più.  

 
Il cantante non vide per molti giorni quella bambina poiché tra i suoi impegni da popstar e il fatto di non sapere che fine avesse fatto, non aveva un attimo libero. Forse era anche meglio così. Almeno non era più scombussolato rispetto a prima. Gli amici non lo lasciavano solo e forse migliorò la situazione visto che lo facevano svagare. Eppure ciò che loro non sapevano fu che ogni notte il riccio sognava la figura della ragazza, che lo pregava di prendersi cura della sua bimba. Questo, ogni volta, lo faceva ricadere nella depressione e nell’ansia più assurda.


Quel giorno non era uguale gli altri. Certo che non lo era. Era il funerale della ventenne e lui si era obbligato ad andarci. Così, sistemandosi un’ultima volta la cravatta sulla camicia bianca, coperta da una giacca nera, prese l’occorrente e se ne andò. Uscì con la macchina dal garage di casa e si diresse al cimitero, indossando degli occhiali e sperando che i paparazzi non lo vedano o lo seguano. E fu così. Nessuno riuscì a riconoscerlo e questo fu sorprendente.
Parcheggiata la macchina, vide pochissime persone e istintivamente si chiese il perché. Di solito quando una ragazza così giovane moriva, i suoi genitori e i loro parenti erano presenti. E allora perché vedeva solamente qualche persona anziana e qualche ragazzo dell’età della defunta, escludendo la bimba, che era seduta in prima fila tutta vestita di nero e con una persona anziana di fianco. Harry decise di raggiungerla così, chiedendo scusa, si sedette proprio accanto a lei. Quest’ultima alzò lo sguardo e si ritrovò gli occhi smeraldi e un sorriso confortatore del ragazzo, il quale le strinse la mano.
Il funerale cominciò e le lacrime fecero la loro entrata. In particolar modo quando la cassa fu ricoperta dalla terra: la bimba non ce la faceva più. Si voltò e affondò il viso sul petto del ricciolino, che la stringeva e l’accarezzava dolcemente.
Al termine, quando il prete stava parlando con quella donna, che era seduta accanto alla bimba, ci fu del vociare dietro l’intruso, che attirarono bene la sua attenzione.

-Che bastardo però. La madre di sua figlia è morta e lui non si presenta neanche- sibilò una ragazza bionda, stringendo il suo vestito nero.
-Brad? Lo sai che è uno stronzo. Dobbiamo pensare ora a Melody- affermò l’altra. -Con chi andrà?- domandò alle amiche.
-Orfanatrofio- sussurrò una terza, facendo spalancare gli occhi al ragazzo, che li portò alla diretta in questione, la quale era nella stessa posizione.
-Ma.. Nonna Evelyn non la può tenere?- chiese la bionda.
-No, è troppo anziana. Gli assistenti sociali sono andati da lei e gliel’hanno detto chiaramente. Se non trova qualcuno disposto a prendersene cura, la bimba va in orfanatrofio- spiegò meglio quest’ultima.
Il riccio si rattristò e abbassò lo sguardo.

-Così ti chiami Melody- le sussurrò, facendola annuire lentamente. -Hai sentito non è vero?- si demoralizzò. Lo fece di nuovo e lui sospirò. -Tranquilla, si troverà una soluzione. Tu non andrai in quel posto, ok?- la piccola lo fissò e confermò nuovamente. -Comunque, io sono Harry- si presentò con un piccolo sorriso, allungando la mano. Lei la strinse con quello sguardo perso.
Non ci volle tanto a farli allontanare perché ogni singola persona presente si avvicinò alla bimba per farle le condoglianze. Lei, in silenzio, accettò.


Harry nel frattempo si era alzato alla ricerca di quella donna per ricevere qualche informazione in più e non fu difficile da trovare poiché era l’anziana che stava parlando con il sacerdote. Il ragazzo, una volta vicino, segnalò la sua presenza con qualche accenno di tosse. I due lo fissarono. Il giovane spiegò che voleva parlare un attimo con la signora, la quale accettò. Parlottarono velocemente e lei le spiegò cosa poteva accadere a Melody tra una settimana e mezza. Ci rimase davvero male e seguì l’istinto, anche se sapeva che era la più grande stupidaggine, che lui abbia mai fatto.

-La prendo io- affermò, stringendosi le spalle. La donna si sorprese e non poco.
-Signorino Styles, questo non è un gioco..- lo stava riprendendo a dovere, ma lui non le diede neanche il tempo di finire.
-La gente è egoista, signora Fletcher. Preferisce vedere la sua nipotina nelle mani di uno sconosciuto, che non le vuole bene. O nelle mie, che posso offrirle una vita migliore? Non la sto prendendo in giro, signora, e non mi permetterei mai. Ci tengo realmente a quella bambina e vorrei che avesse il meglio perché quello che le hanno fatto è stato ingiusto. La prego di rifletterci, e, da quanto ne so, non ha molto tempo a disposizione- concluse, voltando le spalle e andandosene a passi lenti e decisi.
-Anche lei è uno sconosciuto, a quanto mi risulta. Ma questo poco importa. Cosa vuole da quella bambina? Mi dica le sue intenzioni- lo bloccò, avvicinandosi e mettendosi a braccia conserte. Lei era perennemente stanca di lottare contro le persone. In particolare era perennemente stanca di parlare di quell’argomento, convincendosi che quello non era il posto in cui si poteva parlare liberamente di cose del genere. Specialmente al funerale di sua nipote, nonché madre della bimba in questione. Ma sapeva anche che se non ne avesse parlato adesso con una persona come Harry, la possibilità di un vita migliore per lei sarebbe stata bruciata in meno di un istante.
Il ragazzo si girò lentamente e sospirò.

-Non la conosco da tanto, eppure è riuscita a penetrare il mio mondo incasinato con un semplice sorriso. Quando l’ho vista piangere, io ero distrutto li con lei. Non voglio nulla, anche perché volere qualcosa da una bambina di tre anni è pura pazzia. Vorrei solo la sua felicità, tutto qui. Per quanto possa una bambina, che appena perso la madre, esserlo - terminò, cercando di ritornare dalla bimba, che era seduta sulla panca con uno sguardo fisso. Si mise accanto a lei, la quale appoggiò la sua testa su di lui. -Andrà tutto bene, Melody. Te lo prometto- le sussurrò, bacandole la nuca e chiudendo gli occhi. Lei annuì poco convinta, mentre una lacrima scese sul suo viso.


Ciao a tutti :D
Considerando che i capitoli della mia altra ff sono in fase di scrittura e avevo questa già pronta, vi presento la mia nuova minilong su Harry.
Dato che è una minilong, la storia non arriverà neanche a dieci capitoli.
é su Harry perché non avevo mai scritto su di lui, perciò eccomi qui.
Come si può vedere, Harry ha preso una decisione molto importante: adottare Melody.
Questo è il primo capitolo. Che cosa ne pensate?
Spero tanto che vi sia piaciuto :D
Fatemelo sapere!
Prima di lasciarvi con le foto del personaggi, volevo ringraziare una persona fantastica!
Vorrei ringraziare: _FallingToPieces_ sia per il banner sia per supportarmi sempre (e a volte anche sopportarmi ahahah)
Grazie mille anche a chi lo leggerà, recensirà e la mettererà tra seguite/preferite/ricordate.
Ci vediamo al prossimo aggiornamento.
A presto.
Ciaoo xx

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(Harry *^*)

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(Melody ;D)

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Capitolo 2
*** 2. ***


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2.Autumn Leaves

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Era passata esattamente una settimana dal funerale, da quando aveva visto la bimba e da quando aveva scelto di adottarla. Eppure in quei giorni, la signora non si era fatta sentire e Harry credeva oramai che fosse troppo tardi affinché la sua scelta potesse diventare realtà.

Era allo studio quel giorno. Come ogni santo giorno poiché dovevano allenarsi per le varie live nei vari show, che nel mese di dicembre avrebbero sostenuto. In qualche modo si stavano preparando: c’era Niall, che stava suonando la sua chitarra storica; Louis e Liam, che stavano cantando pezzi di canzoni in modo casuale; Zayn, che era accanto alla sua fidanzata, si divertiva a lanciare delle palline di carta appallottolate addosso a Niall visto che era troppo concentrato; infine Harry. O beh lui se ne stava li con lo spartito in mano a leggere e rileggere quella canzone. Era il testo di Night Changes e più lo faceva più gli veniva in mente la scena fatale. La portò di scatto sul tavolino e si mise il viso tra le sue mani, finendo ad osservare un anello al suo dito. Percepì una mano sulla sua spalla e infatti fu così. Louis gli stava dando conforto. Anche se lui non ne aveva bisogno, sorrise gentilmente per ringraziarlo. Tutti ripresero dubbiosi le loro faccende, mentre il piccolo del gruppo si sentiva sempre più oppresso. Stava per mollare tutto e andarsene, quando il suo cellulare catturò l’atmosfera e l’attenzione di quella stanza. Tutti fissarono Harry, incoraggiandolo a rispondere, mentre lui era paralizzato sul posto. Non si spiegò come la sua mano tremolante abbia preso quell’oggetto e se lo sia portato all’orecchio. Uscirono delle parole balbettate e terrorizzate dalla sua bocca. Ecco li la voce dell’anziana signora. Si alzò con gambe, che tra un po’ lo facevano cadere a terra, e se ne uscì.
-Signorino Styles, ho deciso. Ci è voluto tempo, ma alla fine ho preso la mia decisione- lo lasciò in sospeso per qualche minuto, tempo in cui il povero giovane stava per avere un crepacuore da tutta dall’ansia, che aveva e gli metteva. Stava per incitarla, ma la sua voce lo silenziò in pochi istanti. -E a malincuore, le dico di no. So per certo che con tutti i soldi, che ha, le potrebbe dare una vita migliore, ma la piccola ha bisogno di un padre e una madre. Non dei bambini, che giocano a fare tali ruoli- dichiarò, facendo lacerare nuovamente il cuore del povero ragazzo. Lui ci teneva davvero tanto a quella bambina e non voleva in nessun modo che andasse in qualche casa famiglia. Infondo gliel’aveva promesso.
-Perché non pensa a ciò che vorrebbe sua nipote? O a ciò che voleva sua madre per lei?- ribatté con un coraggio formidabile, non capendo neanche da dove l’avesse preso. -Sono più che sicuro che la madre voleva il meglio. Ed io sono il meglio. Forse non sono anziano con delle esperienze precedenti, ma sono un ragazzo con un cuore, che adora quella bambina e che farebbe qualsiasi cosa per lei. E anche se non sarà facile, perché ne sono consapevole, darò tutto il mio meglio per farla crescere nei migliori dei modi. Perciò, signora Fletcher, le annuncio a malincuore che con o senza il suo consenso io sarò il padre di Melody- affermò, chiudendo la telefonata e riprendendo fiato. Si portò l’oggetto al cuore e iniziò a tamburellarci sopra con le dita. Doveva farsi venire in mente una soluzione al più presto possibile oppure per Melody saranno guai. Si diede forza e rientrò nella stanza, dove tutti lo stavano aspettando.
-Allora?- fu il primo Zayn a chiedere delle novità.
-Ha rifiutato. Com’è possibile che quella donna sia così cocciuta da non capire che con me quella bambina sarebbe al sicuro- sbottò in preso ad una crisi di nervi. Era oramai giunto realmente al limite perché era la seconda volta che quella donna stava dubitando della sua serietà in questa faccenda. Sospirò e improvvisamente s’illuminò. Sorrise in modo sadico e, prendendo le chiavi della macchina con il rispettivo giubbotto, salutò tutti in modo veloce, andandosene da li. Giunto in macchina sfrecciò verso la direzione, in cui era certo che avrebbe trovato la donna.
 

D’altro canto, la signora anziana e la piccola Melody stavano passeggiando per l’Hyde Park per distrarsi un po’. Era passata una settimana dalla morte della sua nipote e la signora si sentiva tremendamente sola e triste. Era già successo con la figlia e il suo genero qualche anno fa e l’aveva distrutta, ma era sempre stata forte per Dafne affinché avesse una figura di qualcuno di forte accanto a sé. Invece questa volta non riusciva a trovare la forza per la sua piccola nipotina. Si sentiva quasi in colpa per lei e per quello che le stava per capitare, rifiutando l’offerta del ricciolino. Ma lei non riusciva a fidarsi di lui per quanto si potesse convincere. Era più forte di lei. Sospirò e si allontanò da quei pensieri, che occupavano oramai le sue giornate. Si guardò intorno e trovò una piccola panchina sotto un albero pieno di foglie gialle, arancioni e rosse.
-Mel, andiamo a sederci un po’. Ti va?- le domandò dolcemente. La piccola annuì poiché non aveva per niente voglia di passeggiare. In quei giorni la voglia di fare qualcosa stava sempre più lontana da lei. Non riusciva a trovare un giorno, in cui volesse fare realmente qualcosa di costruttivo. Si sedette sulla panchina insieme alla sua bisnonna e con lo sguardo basso osservava le sue gambe dondolare. Quando rialzò lo sguardo, vide una figura familiare avvicinarsi a loro. Sorrise istintivamente. Di questo se ne accorse la donna e si meravigliò poiché per tutta quella settimana aveva un’espressione tremendamente seria, cosa che non si addiceva ad una bambina di quell’età. Ovviamente se non aveva perso la madre qualche giorno prima.
-Buongiorno- salutò a gran voce Harry, concedendo a entrambe un piccolo sorriso. Specialmente a Melody. -Hey, bellissima. Come stai?- aggiunse, abbassandosi a suo livello. La diretta in questione alzò le spalle semplicemente.
Harry divenne triste a quella risposta, ma in fondo se l’aspettava.

-Signorino Styles, che ci fa qui?- chiese stanca la signora.
-A prendere Melody per un piccolo giretto. Ti va?-
-Mi trovo a dissentire-
rispose con tono puntiglioso l’anziana.
-Ed è per questo che lo chiedo direttamente a lei. Ti va di venire con me?-
Melody voleva rispondergli, urlargli un gran si, eppure tutte le parole le morirono in bocca. Non riusciva più a parlare e l’intristiva più del dovuto. Portò i suoi occhi celesti alla nonna, desiderando una risposta affermativa e facendoglielo capire attraverso il suo sguardo implorante. Fu bloccata subito da Harry, che le prese dolcemente il viso e poi strinse le sue manine fredde per il tempo.  

-Mel, devi decidere tu. Non lei. Allora ti va di venire con me?- richiese Harry, accennandole un piccolo sorriso incoraggiante. A quel punto la bimba annuì con un piccolo sorriso. Balzò giù dalla panchina e lo abbracciò per dimostrargli la sua gratitudine. All’inizio fu abbastanza sorpreso di quel gesto, però poi lo ricambiò senza fare altre cerimonie. Il suo sorriso soddisfatto lo sfoggiò anche alla signora, la quale scosse la testa e rinunciò di controbattere alla sua ostilità. -Andiamo, dai- annunciò, alzandosi e prendendola in braccio. -Ci vediamo, signora Fletcher- la salutò vittorioso. La bimba gli fece un ciao con la mano e un piccolo sorriso incoraggiante. La donna si ritrovò ad urlare le solite raccomandazioni, che furono prese ben poco sulla serietà dal giovane.  

Il loro tragitto si spezzò subito perché il ragazzo si fermò e la posò giù. Però poi la prese di peso e la mise sulle sue spalle. Sorpresa, lei si trovò a stringere la felpa del ragazzo con occhi dilatati. Ciononostante la bimba si stesse divertendo, si ricordò di quando la sua mamma, seppure stanca, la prendeva e la metteva sulle sue spalle. Doveva vedere il modo da più prospettive. Le aveva detto la prima volta la dolce Dafne. Abbassò lo sguardo e scosse la testa. Si concentrò maggiormente sul panorama visto da lassù, visto che Harry era molto più della sua mamma tanto da provocarle delle leggere vertigini. Era meraviglioso il paesaggio autunnale di quel parco: le foglie degli alberi erano di mille colori mischiati tra di loro, altre erano a terra, creando delle pile, in alcune c’erano bambini, che ci giocavano. Melody sorrise tristemente e aumentò la stretta su Harry, il quale non riusciva a capire cosa dovesse fare.
-Vuoi scendere?- le chiese leggermente allarmato. Lei si ritrovò a scuotere la testa, anche se poi capì che non la poteva vedere. Sospirò e gli fece le lettere sulla spalla. Lui intesa la risposta negativa e proseguì quel cammino, che era abbastanza lungo per arrivare alla sua macchina. Ma non si lamentava. Quel sentiero, preso da poco, era circondato da alberi, dai quali flocculavano alcune foglie. Una di essa andò a finire sulla testa della piccola, che scoppiò a ridere. La prese e gliela mise davanti agli occhi del cantante, il quale sbatté più volte le palpebre accecato per qualche secondo. Poi anche lui rise e l’accettò.
-Per me?- domandò, indicandosi e alzando leggermente lo sguardo, trovando gli occhi della bambina, che erano diversi da prima. Erano più chiari e trasmettevano un po’ più di felicità. Fu davvero soddisfatto e lo doveva ammettere. Lei alzò le spalle e annuì leggermente. Poi si avvicinò e gli lasciò un tenero bacio sulla fronte. Era ufficiale a quella bambina, Harry piaceva. E la cosa era reciproca. -Beh, allora, grazie- rispose, accennando un piccolo sorriso, dal quale fece uscire due piccole fossette. Melody inarcò un sopracciglio e, battendogli più volte la mano sulla spalla per farla scendere, voleva riammirarle. Perciò, una volta a terra, fece segno al cantante di sorridere e, seppur confuso, accettò. Eccole li le due fossette ben in vista rispetto alle precedenti, che le ricordarono quelle di sua madre. Allungò le mani, mettendo i suoi piccoli pollici sopra esse e sorridendo a sua volta. -Ti piacciono?- domandò il diretto in questione, alzando le spalle. Melody annuì e sorrise a sua volta. Anche sulle sue piccole guance si potevano notare delle fossette, ma erano decisamente meno visibili delle sue. -Modestamente, sono meraviglioso- si ritrovò a commentare Harry, gonfiando il petto per la sua modestia. Fu in quel momento che la bimba alzò gli occhi al cielo e scosse la testa. -Vuoi dire che non sono bello?- domandò scandalizzato, portandosi una mano al petto in modo melodrammatico. Lei scosse la testa e fece finta di vomitare. Il ragazzo spalancò sia la bocca che gli occhi. -Così mi ferisci- esclamò in modo sdegnato. La piccola si portò una mano alla bocca per evitare di far vedere il suo sorriso divertito. Il diretto in questione s’inumidì le labbra e schioccò la lingua sul palato. -Sappi che mi hai appena offeso- annunciò, andandosene in modo lento e a grandi passi. Le dava ovviamente il tempo di raggiungerlo. Fu a un metro di distanza che riuscì a udire la risata cristallina della piccola, la quale corse da lui e gli circondò le gambe con un abbraccio. Lui sorrise e si abbassò per farle del solletico. -Ammetti che sono bello e la finisco- Melody fu costretta ad annuire perché il solletico era sempre stato il suo punto debole. Lo odiava. Si ricordò di quando la madre si fingeva offesa anch’ella e, posizionandosi sul divano e facendole credere che stesse piangendo, le faceva sempre il solletico per vendicarsi. Si rattristò immediatamente e di questo se ne accorse Harry, il quale non capì cosa stesse succedendo. Ma cercò di rimediare. Si abbassò e, accarezzandole la guancia, le lasciò un tenero bacio sopra di esso. -Ti voglio bene Melody e non lascerò che nessuno ti porti via da me- affermò, guardandola prima negli occhi e poi intrappolandola in un forte abbraccio, il quale fu ricambiato. Questa era una promessa. E farà l’impossibile per mantenerla. Parola sua.

Heilà :) 
Come state?
Allora, ecco a voi il secondo capitolo di Night Changes.
Beh, che dire?! La signora ha rifiutato la proposta di far adottare Melody da Harry.
A sua volta Harry la vuole come figlia. Entrambi molto testardi ahahah
Voi che ne pensate? Vi è piaciuto?
FATEMELO SAPERE! (accetto di tutto!) 
Vorrei ringraziare infine le persone che l'hanno messa tra preferite/seguite/ricordate; chi recensisce; chi la legge e in particolar modo a _FallingToPieces_ per il fantastico banner :D
Ci si vede alla prossima.
Au revoir :) x

Ps: che ne dite di passare anche da un'altra mia ff? è su Louis se può interessarvi e questo è il link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2301655&i=1
Spero che vi possa piacere :3 

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Capitolo 3
*** 3. ***


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3.Stay with me

Erano le dieci di quella sera e una macchina nera metallizzata parcheggiò fuori ad una piccola casetta. Spense il motore e con esso anche le luci. Harry si voltò verso la bimba, che stava per addormentarsi con un orsacchiotto bianco di peluche tra le sue braccia. Melody sbatteva più volte le palpebre, ma il sonno la catturò completamente. Difatti appoggiò la testa su quella morbida dell’orso e si addormentò profondamente. Aveva la bocca semichiusa, da cui uscivano dei piccoli sospiri e le sue braccia strinsero istintivamente il giocattolo. Il ragazzo si era fermato a contemplarla con un sorriso dolce sul viso. Quella giornata gli era servita a pensare meglio alla decisione frettolosa presa ed era sempre più convinto che avesse fatto bene. Ammetteva a se stesso quanto quella piccola fosse importante e quanto le volesse bene. Oramai era parte di sé e non voleva separarsene. Si slacciò lentamente la cintura e fece lo stesso con lei, tentando di non svegliarla. Scese dalla macchina, andò dalla sua parte e, prendendola in braccio con quell’orso troppo ingombrante per lui, chiuse la macchina. Posizionò bene la bimba e si diresse alla porta, suonando il campanello. Dei passi frettolosi non mancarono ad arrivare in una velocità assurda e, aperta la porta, la figura preoccupata della donna si materializzò davanti a lui, portandosi una mano sul cuore.
-Grazie al cielo. Le pare l’ora di tornare?- lo tuonò poco gentilmente. Era arrabbiata perché pensava che nella stessa mattinata, massimo nel primo pomeriggio, la piccola sarebbe tornata a casa. Mai si sarebbe aspettata quell’ora.
-è stata una giornata un po’ movimentata- si giustificò, entrando in casa. L’anziana socchiuse la porta e allungò le braccia verso il ragazzo come intimargli di darle la bambina in modo tale che la poteva mettere a letto. Ma lui si rifiutò categoricamente. Anzi la fissava in modo confuso e scosse la testa.
-Dov’è la sua camera?- domandò, voltandosi e guardandosi intorno.
-Sto cominciando ad odiare la sua testardaggine. Mi segua, avanti- sbottò la donna, attraversando un corridoio con quattro porte, divise due su ogni lato, e aprendo l’ultima porta sulla destra. Il riccio la evitò ed entrò in quella piccola stanza. Era ben ordinata e trasmetteva una tristezza assurda. Subito per la sua mente gli era passata l’idea di come potrebbe essere la futura stanza della bambina non appena l’adottava. L’appoggiò lievemente su quel letto singolo, ricoperto da un lenzuolo sul lilla e un piccolo piumone rosa, e la coprì con quest’ultimo. Rimase ad osservarlo per qualche secondo e sarebbe rimasto anche di più, se non fosse per i segnali di tosse, che emanava la signora. Alzò gli occhi al cielo e le lasciò un piccolo bacio sulla fronte. Si alzò e, prima realmente di andarse, appoggiò sul comodino una di quelle due foglie autunnali raccolte al parco. Uscì dalla stanza, socchiudendo la porta alle sue spalle, e notò lo sguardo quasi addolcito della donna.
-Questo non cambia la mia decisione, signorino Styles- sussurrò ferma. 
-Lo so e poco importa perché tra pochi giorni quella bambina le verrà tolta dalle mani e messa in un orfanatrofio, aggiungendole un ulteriore sofferenza- ribatté con tono duro, lasciandola lì spiazzata. Era un duro colpo da digerire e abbassò lo sguardo per incassarselo. I suoi occhi verdi cominciarono a diventare lucidi e le lacrime cominciarono a farsi sentire.
-Non vorrei mai questo- mormorò, trattenendo un singhiozzo. Harry si bloccò e si voltò lentamente, notando la postura rigida della donna e quella testa abbassata. Non prometteva nulla di buono. Si stava dando del coglione mentalmente per averle detto quella frase, ma oramai la gentilezza e la pazienza se n’era andata.
-Allora lasci che l’adotti- disse stanco e dolcemente, avvicinandosi nuovamente.
-Non posso- singhiozzò, portandosi una mano alla bocca.
-Mi spiega il motivo perché ne sto per uscire di matto- esclamò stufo, aprendo lievemente le braccia. La donna lasciò andare i singhiozzi e le lacrime, crescendo ulteriormente. Quello fu la prima volta che si sfogò con qualcuno davanti a sé. Il silenzio governò su quell’atmosfera tesa e con i singhiozzi, che rimbombavano. Il giovane si avvicinò lentamente fino a circondare la signora tra le sue braccia. Ella rimase stupefatta da quel gesto, ma non disse nulla. Si lasciò coccolare dopo anni e anni da qualcuno, denudandosi di quel guscio, fattosi per non far crollare le persone attorno a sé. Scuoteva la testa e farfugliava parole a caso, senza una connessione logica. Harry, dall’altro canto, le strofinava la mano sulla sua schiena per calmarla e compativa silenziosamente il suo dolore.
-Mi spiega cosa ha fatto mia nipote per meritarsi questo? Me lo spiega perché non so davvero come se l’è potuto meritare- disse, sfogandosi.
-Nulla, sua nipote non ha fatto nulla- rispose con un tono pacato, rivivendo quella scena fatale. Socchiuse gli occhi e da essi uscì addirittura una lacrima.
-E allora perché è morta? Perché me l’hanno portata via? Perché Melody non può avere una madre accanto come tutte le altre per uno stupido volere. Perché? Mi spiega il perché?- chiese retoricamente, battendo qualche pugno sul petto del ragazzo, il quale la stringeva sempre di più. -Perché.. Dafne..- terminò, accosciandosi sul pavimento e portandosi le mani sul viso. Il cantante si inginocchiò e tentò di riprenderla tra le sue braccia. L’anziana si fece nuovamente coccolare da lui. -Dovevo esserci io al suo posto.. non lei.. Non la mia dolce e innocente Dafne.. lei.. Perché non me..- mormorava disperata.
-La smetta per favore- la supplicava poiché lo stava distruggendo con sé.
La donna scosse le testa e pianse senza aggiungere neanche una parola. Le lacrime crebbero e la disperazione si poteva toccare con le mani. Il giovane compativa quel dolore e cercò di aiutarla. Si portò la mano in tasta alla ricerca del suo fazzoletto di stoffa a lui caro. Ma questo non era importante in quel momento. Lo trovò e, studiandoselo per qualche secondo tra le sue mani, glielo porse con un piccolo sorriso confortatore.

-Tenga- le sussurrò, mentre la donna lo fissò con le lacrime, che rigavano le sue guance, e lo accettò timidamente, passandoselo sugli occhi.
-La ringrazio, signorino Styles..- disse a capo basso.
-Harry, mi chiamo Harry- replicò, stringendosi le spalle.
-Allora, grazie Harry- si corresse, annuendo e mordendosi il labbro inferiore, comandando a se stessa di finirla. Poi gli passò una mano sulla sua guancia con un piccolo sorriso e una lacrima ancora uscente dai suoi occhi verdi. -Grazie, Harry- sottolineò, continuano ad accarezzargli la guancia. Poi si tirò su il naso e, guardandosi intorno, si alzò lentamente, seguita da lui.
-Si figuri, signora- esclamò, abbracciandola nuovamente.
-Evelyn. Mi chiami pure Evelyn- lo corresse, alzando le spalle. Harry sorrise e annuì. -Ti va un thé, caro?- gli domandò.
-Mi piacerebbe, si- rispose, sorridendole nuovamente.
 

La donna andò in cucina a preparare due tazze di un buon thé fumante. Mentre esso si cucinava, Harry domandò alla donna di parlarle della nipote, Dafne. Spiazzata in un primo momento, ingoiò il groppo che aveva in gola e cominciò il suo racconto. Lo raccontava come se fosse una storiella, solo le parti più belle della bellissima ragazza, solo le parti divertenti e emozionanti perché quelle tristi non dovevano popolare sulla figura solare e gioiosa della ragazza defunta. Esse vennero accennate in modo veloce, facendo capire all’ascoltatore che voleva soffermarsi. Ci furono dei piccoli sorrisi da parti di entrambi, ma anche delle lacrime per la donna perché erano come un colpo al cuore, ma voleva solo parlare con qualcuno, voleva solo parlare di lei per riaccendere la sua presenza. L’interlocutrice teneva lo sguardo basso e si girava il fazzoletto tra le mani, stringendolo anche a volte. Harry invece ascoltava molto attentamente e con molta curiosità al dire il vero. E doveva ammetterlo, quella ragazza era davvero la copia esatta della sua ragazza perfetta. Gli sarebbe piaciuto molto incontrarla e uscirci insieme qualche volta.
Erano le undici e mezza quando smisero di parlare e sorseggiare il loro thé.

-Devo proprio andare- annunciò il giovane, stiracchiandosi per bene. Evelyn annuì e si alzò da quella sedia, rimettendola dentro. -Prima di andare, potrei andare a salutare un’ultima volta Melody?- domandò in modo cortese, lanciando un piccolo sguardo fugace al corridoio. Lei, seppur sorpresa, annuì.

Lui le sorrise gentilmente e si diresse nella camera della diretta interessata, la quale dormiva profondamente. Socchiusa la porta, si avvicinò e si sedette sul letto accanto a lei. Accarezzava i suoi capelli di un castano chiaro sparsi per tutto il cuscino e aveva un’espressione dolce sul viso. Spostando il suo sguardo a destra, notò che il peluche stava cadendo. Così lentamente glielo mise a posto, coprendola bene anche con la coperta. La bimba, al contrario, si alzò di scatto e si guardò intorno preoccupata. Il ragazzo ci rimase di stucco e non sapeva cosa fare. Melody cominciò a piangere e Harry tentò di tranquillizzarla. Mise la sua mano sulla sua guancia per eliminarle quelle gocce inutili e instaurò un contatto visivo.
-Hey, sono qui. Non piangere- le sussurrò, togliendole. La bimba scosse le testa e si buttò su di lui, nascondendo il suo viso bagnato tra la spalla e il petto del ragazzo. Un terribile incubo l’aveva presa completamente e la paura di essere lasciata da sola la stava catturando lentamente. Voleva sentire qualcuno accanto a sé. Harry la strinse forte e, massaggiandole la schiena, le sussurrava parole dolci. Ovviamente era sorpreso e preso leggermente alla sprovvista, eppure tentò di rimediare con le sue capacità. -Melody, che c’è?- le domandò poi, staccandola lievemente. Lei tirò su il muco, che le stava uscendo dal nasino, e abbassò lo sguardo. -Un incubo?- azzardò Harry, inclinando di poco la testa. Lei annuì e si mise a gambe incrociate sul suo materasso. -C’entra la mamma?- la bimba lo fece nuovamente. Lui sospirò e, prendendola di peso, la mise sulle sue gambe. -Ascolta, anche se la mamma non c’è più, lei starà sempre con te qui. Nel posto più importante di tutti- cominciò, indicandole il cuore. -Poi lei non ti vorrebbe mai vedere in questo stato. E sai cosa facciamo?- le domandò, ricevendo una risposta negativa dalla piccola, la quale aveva cessato di piangere e stava ascoltando a tutte orecchie il giovane. -Ci mettiamo tra le coperte e ti racconto una bellissima favola. Ok?- la bimba si trovò in disaccordo con lui, visto che non le andava sentire qualche storiella. -Come no? Ne conoscevo una bella- si rattristò. Melody le fece il segno di cantare: adorava la sua voce e riusciva a tranquillizzarla per quel poco. -Cantare? A quest’ora?- esclamò, sbarrando gli occhi. Lei annuì gentilmente, ma il giovane ragazzo stava per replicarle con una risposta negativa. Eppure con quegli occhi non riuscì a dire di no. Così sospirò e annuì. La prese e, mettendola tra le coperte, fu subito bloccato. Melody le fece segno di raggiungerla. Lui si passò la lingua tra le labbra e, dando uno sguardo fugace alla porta, glielo concesse. Si tolse velocemente le scarpe e si mise accanto a lei, la quale si appoggiò al petto del ragazzo ascoltando quella dolce melodia. Fu inutile aggiungere che si riaddormentò al secondo ritornello, ma l’incredibilità stava nel fatto che anche Harry si addormentò con lei, appoggiando la testa su quella della piccola.

La signora, non vedendo più il ragazzo uscire dalla stanza, inarcò un sopracciglio e raggiunse la destinazione. Aprì lentamente e la scena la colpì, tanto che si portò la mano sul cuore dalla dolcezza. Non sapeva più cosa pensare, ma in quel momento decise di lasciare le cose com’erano e andarsene dalla stanza. Così chiuse lentamente la porta e se ne andò  a dormire, per quanto ci potesse riuscire.


Heilà :)
Vi presento il terzo capitolo di Night Changes.
Vorrei ringraziare tutte quelle che l'hanno messa tra seguite/preferite/ricordate; quelle che la stanno leggeno e chi ha recensito.
Un particolare ringraziamento a _FallingToPieces_ per il meraviglioso Banner e per sopportarmi e supportarmi sempre.
Detto questo, vi lascio.
Spero che vi sia piaciuto. FATEMELO SAPERE!
Ci si vede, ciaoo.

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(Evelyn Fletcher :D)

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Capitolo 4
*** 4. ***


gggggsss

4.Photograph

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Harry saliva stancamente quelle scale dell’edificio in cui viveva con i suoi amici. L’ascensore quella mattina non funzionava ed era stanco. Non era abituato ad alzarsi alle otto di mattina quando non era in tour. Salito l’ultimo scalino, frugò nella tasca del giaccone per le chiavi dell’appartamento, ma qualcuno lo precedette. Una ragazza castana stava socchiudendo la porta, facendo attenzione a non svegliare nessuno, e una volta chiusa tirò un leggero sospiro, sistemandosi per bene la felpa e la sciarpa sopra di essa. Nel voltarsi, notò la figura del ragazzo, che la guardava confuso e preoccupato.
-Ho lezione, ci vediamo dopo. Salutami tutti- si giustificò velocemente, lasciandogli un bacio sulla guancia e correndo poi via. Lui rimase in quello stato fisso per un’altra manciata di secondi e si riprese poco dopo. Scosse la testa ed entrò in casa sua, togliendosi le scarpe e andando a stravaccarsi sul divano. Aveva la schiena a pezzi e aveva bisogno di un piccolo riposo. Cosa che non poteva avere, almeno non in quel momento, visto che i suoi amici si erano alzati e avevano iniziato ad urlare. Il riccio si mise un braccio intorno ai suoi occhi per avere un po’ di oscurità.
-Harry?- lo chiamò confuso Niall, bloccandosi insieme agli altri. -Quando sei tornato?- aggiunse. Il diretto interessato portò lo sguardo sull’orologio del polso e sospirò.
-Circa dieci minuti fa- rispose, ritornando nella posizione di prima.
-Quella bambina ti sta prosciugando- commentò Louis, accennando una piccola risata. -Vi immaginate se accalappia la vecchia?- lo ridicolizzò.
-Lou, smettila. Non è divertente- lo tuonò con una voce cupa.
-Eddai, Hazza era per sdrammatizzare- si giustificò, stringendosi le spalle. L’altro ragazzo decise di lasciarlo perdere perché non aveva per nulla voglia di litigare con lui. Si alzò e si diresse verso la sua camera, ma fu fermato subito.
-Dobbiamo andare allo studio- lo informò Liam, entrando in cucina per un succo di frutta, seguito dagli altri.
-Che palle- sbuffò Harry, raggiungendoli. Si mise seduto al tavolo e si accasciò su di esso, scuotendo la testa sulle sue braccia. Zayn gli batté qualche pacca sulla schiena per confortarlo.
-Il nostro piccolino sta per diventare padre- commentò in modo melodrammatico proprio quest’ultimo, facendo finta di asciugarsi una lacrima. Il riccio alzò di poco la testa per fulminarlo per bene e poi ritornò alla posizione originale. Tutti scoppiarono a ridere e lasciarono cadere quell’argomento per evitare qualche litigata. Ci fu un odore di caffè e di brioche calde catturare quell’atmosfera dopo un paio di minuti. Fecero colazione normalmente e con un allegro chiacchiericcio.

Poco dopo venti minuti erano tutti pronti per andare allo studio per l’ennesima giornata lavorativa. Erano in macchina e stava guidando Zayn sotto le raccomandazioni di Louis, che era accanto a lui. Il veicolo si spense ben due volte e il moro imprecò. Era proprio negato e si malediceva mentalmente a quando aveva detto che voleva prendere la patente. Gli altri scoppiarono a ridere, ebbene si questa situazione li faceva divertire. Così, prendendo un profondo sospiro, ripartì con più concentrazione e tranquillità. Nel bene o nel male ci arrivarono sani e salvi in una mezzoretta.

 
Melody si stropicciò gli occhi ancora assonnata e, mettendo a fuoco la visuale, si sedette su quel materasso morbido con l’orsacchiotto accanto a lei. Si voltò a sinistra e vide quell’enorme spazio vuoto, occupato dalla sera precedente da Harry. Lei si rattristò perché sperava di avercelo vicino. Posò lo sguardo poi dall’altra parte e notò le due foglie, raccolte il giorno precedente. Ne impugnò delicatamente una e cominciò a girarsela tra le dita, lasciandosi catturare da quel silenzio. Esso fu spezzato da un urlo proveniente probabilmente dal salone principale. La piccola inarcò un sopracciglio e fissò per un paio di secondi la porta, ascoltando per bene quelle parole ben chiare e distinte pronunciate poiché la stanza della piccola non era abbastanza lontana per non sentire la sua dolce nonna litigare di prima mattina con qualcuno. Ma nella sua mente una piccola curiosità c’era: di sapere chi fosse quella persona che era riuscita a far arrabbiare nonna Evelyn. Quest’ultima, però, non sapeva che la piccola si fosse svegliata. Così, ponendo in malo modo lo straccio delle pulizie sul divano, bruciò con lo sguardo l’ospite indesiderato.

-Vattene-
urlò l’anziana stufa ed esausta, indicandogli la porta.
Eppure il ragazzo, Brad si doveva chiamare -nonché il vero padre di Melody- scosse la testa imputato sul fatto che voleva parlare con la figlia. Voleva scusarsi per tutto. Ma soprattutto per averle ucciso la madre. Lui lo ammetteva che era stata tutta colpa sua, sebbene doveva riconoscere anche che era un po’ brillo. Ma questa non era una giustificazione. Voleva, inoltre, proporle di andare a vivere da lui. Così potevano recuperare il rapporto e lasciarsi tutto alle spalle, però non sapeva che Melody non lo riputava come un padre. Harry lo era. Lui no. Ecco perché ogni giorno sperava che la nonna si convincesse a farla adottare dal ricciolino.

-Signora Fletcher, so che è inappropriato presentarmi senza una..-
-Dafne è morta-
lo interruppe con voce ferma e addolorata. -E non sei venuto neanche al funerale. Ciò che mi avrebbe fatto pensare che ti importasse qualcosa di lei e di tua figlia-
La piccola Melody decise di scendere da quel letto perché si stava preoccupando della salute della sua nonna e non voleva perdere anche lei. Così, mettendosi le sue pantofole e tenendosi stretta l’orsacchiotto, aprì lievemente la porta. A piccoli passi si nascose dietro il muretto dell’arco, che dava alla sala, avvolta nel buio. Vedeva chiaramente la scena.

-Ed è così- provò a spiegarsi. Non gli fu dato il tempo dovuto perché stava esaurendo la pazienza della donna.
-Non inventare frottole con me, Brad- si infuriò. -Sono io la responsabile di Melody e non verrà a vivere con te- affermò decisa. -Ed ora, vai via-
-Voglio vedere solo come sta- la implorò il ragazzo, ma la signora era irremovibile sulla sua decisione. Non voleva che quel ragazzo vedesse sua figlia, non dopo quello che aveva fatto a sua nipote. Ovviamente l’anziana non era a conoscenza delle continue spinte di quella serata fatale, ma sapeva come si comportava quando Dafne era ancora viva. Una delle cose, che aveva promesso alla giovane madre defunta, fu il fatto di non fare avvicinare Brad a Melody per nessun motivo al mondo.
La piccola strinse istintivamente l’orsacchiotto, posando anche il mento sopra esso, e indietreggiava per non essere notata. Eppure, fu comunque vista a causa del fatto che un piccolo quadro cadde a terra, creando un rumore assurdo. Evelyn corse immediatamente verso quel suono e vide la piccola a pochi centimetri di distanza dal vecchio oggetto frantumato a terra. Spalancò gli occhi e perlustrò ogni parte delle sue mani e delle sue gambe per assicurarsi di non essersi fatta male. E per fortuna era non le era successo nulla. La bimba scosse la testa e allargò le braccia, segno che voleva essere presa in braccio. La donna l’accontentò subito, carezzandole dolcemente la schiena.

-Mel- la richiamò la sua nonna. -è tutto ok- le sussurrò, dondolandosi un po’. La piccola fissava il vero padre nel frattempo, il quale le sorrise timidamente e la salutò con la mano. Ci fu un gesto, che gli fece capire che non era più desiderato da lei: Melody, invece di ricambiare, guardò da un’altra parte, mettendo la sua testa appoggiata alla spalla della nonna. Per Brad fu come una pugnalata. Infatti si raddrizzò e si demoralizzò. Oramai non contava più nulla per lei.


Harry, dall’altro canto, non si stava per niente divertendo a rispondere a monosillabi ai giornalisti, i quali avevano assediato la casa discografica per avere qualche scoop per la loro rivista. Il loro manager li avevano concesso massimo tre domande a testa visto che erano circa una decina, suscitando la noia e la disperazione di quei poveri ragazzi. Che poi le domande sembravano sempre le stesse: siete fidanzati? Come sta procedendo il nuovo album? Farete altri tour?
Sempre quelle. Forse variavano nella forma, ma il succo era quello. Finito l’ultimo, Harry lasciò andare lo sbadiglio, trattenuto per circa un quarto d’ora, e si stiracchiò per bene su quella poltrona.
-è stato un piacere-
concluse la signora, stringendo le mani di tutti i cantanti.
-Piacere nostro-
terminò per tutti Liam, mentre gli altri accennarono un lieve sorriso. Uscita dalla stanza, tutti tirarono un sospiro di sollievo.
-La mattinata più pallosa di sempre-
commentò Louis, sdraiandosi sul divano e portandosi le mani sugli occhi. Sentì qualcosa di pesante sulle sue gambe. Infatti provò a vedere cosa ci fosse e ci ritrovò un Harry nel mondo dei sogni. Un piccolo sorriso sfuggì a tutti davanti a quella tenerezza.
-è crollato-
rise leggermente Niall.
-Sta facendo davvero tanto per quella bambina-
costatò Zayn.
-Sembra che per una volta nella sua vita stia prendendo a cuore qualcosa. Non l’avevo mai visto così determinato a vincere sin dal tempo di Xfactor-
affermò Liam, stringendosi le spalle.
-Il nostro piccolo è diventato adulto-
sdrammatizzò il biondo, procurandosi le risate di tutti i suoi amici, invece Harry si passò una mano sul naso e poi tirò un sospiro, girandosi verso lo stomaco di Louis. Il diretto in questione era stravolto e quando lo era, il suo sonno era facile tanto da potersi addormentare su chiunque. E Louis, in quel momento, ne era la prova vivente.

 
Erano le cinque di pomeriggio e dalla casa Fletcher derivava un buonissimo profumo di biscotti: l’anziana signora si era messa a fare i suoi famosi dolci, aiutata dalla nipotina, la quale si stava divertendo.

-Dai metti un po’ di impasto nella formina- la incoraggiò Evelyn, stendendo prima la carta da forno sulla padella e poi appoggiando su si esse una piccola formina ad albero di Natale. Erano le uniche che aveva in casa per sua sfortuna. La bimba rise e, scherzosamente, ne fece cadere un po’ sulla mano della nonna, la quale si sorprese. -Ah si? Vuoi la guerra, allora- esclamò, prendendo un piccolo pugno di farina e buttandogliela addosso. Melody assunse un’espressione meravigliata e poco dopo combattiva. Prese un po’ d’acqua e gliela schizzò sul viso, ricevendo un altro po’ di farina. Continuarono in quel modo finché il campanello di quella casa non suonò. Le due si ritrovarono sporche da capo a piedi però sul loro viso, dopo un sacco di giorni, alloggiava un sorriso. -Vai te, piccola, che io tolgo la teglia dal forno- le ordinò dolcemente. La piccola annuì e, scendendo dallo sgabello, corse verso la porta. Quando l’aprì, un altro sorriso comparve: Harry era davanti a lei con un piccolo orsacchiotto di pezza.
-Hey, bellissima- la salutò, prendendola in braccio e lasciandole tanti baci. -Perché hai della farina?- domandò confuso, entrando in casa e appoggiandola a terra. Melody non fece altro che ridere e indicare la cucina. Lo prese per mano e lo portò fino alla stanza desiderata. Qui il riccio lasciò andare la sua sorpresa e la sua risata anche nel vedere la donna sventolare uno straccio sopra la teglia cocente sporca di impasto. La piccola ritornò alla sua posizione e giocò con il nuovo peluche, facendogli mettere l’impasto dentro le formine.
-Harry, che piacere- lo salutò Evelyn con un sorriso.
-Salve, ma che sta succedendo qui?- domandò divertito, prendendo una sedia e sedendoci.
-Famosi biscotti alla Fletcher- si pavoneggiò l’anziana, allungandogli l’oggetto con i biscotti appena cotti. Melody capì l’intendo della nonna perciò se ne andò in camera sua. Intanto Harry ne prese uno e ci soffiò sopra, portandoselo poi alla bocca. Lo degustò per bene e si meravigliò per la sua bontà. Davanti alla sua faccia ci fu un piccolo flash e, stordito, sbatté le palpebre. Osservò la bimba a ridere davanti alla macchina fotografica. La signora, curiosa, si avvicinò e una leggera risata uscì anche dalla sua bocca.
-Che cosa?- si interessò il diretto in questione, cercando di sporgersi. Non ce ne fu bisogno perché la bambina corse verso di lui. Il riccio la prese e la mise sulle sue gambe. Lei gli girò la camera e la foto fu davanti al suo viso. Harry non riuscì a non scoppiare a ridere e lasciò un bacio tra i capelli biondi della bimba. Un altro flash prese l’atmosfera di quella stanza. Si voltarono entrambi e fissarono entrambi confusi la signora anziana con il suo cellulare in mano.
-Scusate, ma non potevo non farla- fece lei. -Siete bellissimi- commentò poi con un piccolo sorriso.
-Beh, ovviamente, diglielo Mel- esclamò Harry, muovendo le gambe per farla galoppare. Melody acconsentì divertita e gettò le braccia attorno al collo del ragazzo, stringendolo di poco. Lui cambiò, portando una mano sulla sua schiena però lo sguardo rimase sulla nonna, la quale si portò una mano sul cuore e con gli occhi lucidi confermò. Harry ci rimase di stucco quando alla donna scese un’altra lacrima.
-è tua figlia- mimò Evelyn con il cuore in mano e asciugandosi quelle lacrime di gioia. La meraviglia fu palese negli occhi verdi sgranati con un lieve strato lucido del ragazzo. Il cuore cominciò a battergli all’impazzita. Scosse la testa e appoggiò il mento sulla spalla della bimba con un enorme sorriso e una goccia d’acqua solcò la sua guancia. Finalmente poté essere fiero di se stesso.

Ciao a tutte :)
Come state? Spero tutto bene.
Vi presento il quarto capitolo di Night Changes. 
Finalmente Evelyn si è decisa a fare adottare Melody ad Harry :D
Che ne pensate? Sono curiosa di leggere i vostri pareri, perciò FATEMELO SAPERE con un piccola recensione :)
Accetto di tutto!
Prima di lasciarvi, volevo ringraziare tutte le persone che l'hanno messa tra preferite/seguite/ricordati; quelle che la recensiscono e quelle che la leggono semplicemente. Un ringraziamento speciale va sempre alla mia più cara amica _FallingToPieces_ per il meraviglioso banner u.u
Detto questo, sparisco :D
Ci si vede al prossimo aggiornamento.
Un saluto a tutte: Ciaooooo x

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(Brad)

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Capitolo 5
*** 5. ***


cap 5

5. Lost Boy

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Quel pomeriggio Harry stava passeggiando per la strada insieme a Louise, la truccatrice e parrucchiera della band. Erano molto amici e dato che lei aveva un bambina di appena tre anni di nome Lux, il ragazzo aveva pensato di chiedere la sua opinione per quanto riguardasse comprare le cose per una bimba. All’inizio la donna era meravigliata di quella domanda e non credeva affatto all’adozione di Melody. Eppure quando il riccio la portò allo studio con sé, dovette ricredersi su tutto. Louise aveva notato che la bambina non emetteva fiato per tutto il giorno, persino quando arrivò anche Lux per giocare insieme, e si chiedeva il motivo. Di solito una bambina cominciava a parlare verso i due anni, seppur con un linguaggio semplificato. Ma Melody, no. Non parlava.
Erano al centro commerciale e avevano quasi terminato di esaminare ogni singolo negozio dell’edificio, tuttavia ad Harry non gli importava minimamente. Lui voleva che ogni cosa sia perfetta. Doveva esserlo per forza. Entrarono in una piccola boutique e si guardarono intorno, quando finalmente la ragazza decise di sputare fuori la sua curiosità.

-Perché non parla?- s’incuriosì, appoggiando quel porta gioie sullo scaffale. Il diretto in questione inarcò un sopracciglio e sospirò pesantemente. Lui aveva omesso dei piccoli dettagli nel momento in cui gliel’aveva raccontato.
-è timida- si giustificò, stringendosi le spalle.
-Tutto qui? Beh che fosse timida si poteva intuire- commentò lei, seguendolo. -Ma non mi spiega il fatto che non parli. Insomma anche Lux è timida, eppure parla in una continuazione- esclamò, terminando con una piccola risata affettuosa.
-Carattere differenti- la congedò, uscendo da quel negozio e si strinse quel giubbotto visto che faceva alquanto freddo. Louise ci rimaste di stucco a quel tono serio e pacato e la sua sete di curiosità era inutile dire che non si fosse saziata. Anzi persistette su quell’argomento con altre richieste finché non portò alla pazzia il povero ragazzo padre, il quale si voltò con uno sguardo poco gentile.
-Come ti sentiresti se avessi visto tua madre morire davanti ai tuoi occhi?- domandò retoricamente con il respiro accelerato e i pugni stretti lungo i fianchi. Non appena si accorse di tutta quella cattiveria utilizzata, si calmò e si scusò gentilmente. -Forse è dovuto allo shock, non so, ma sono sicuro che prima poi pronuncerà ancora qualche parola- spiegò, sospirando. -La devo aiutare il più possibile-
-Lo stai già facendo, Hazza- si addolcì la donna, avvicinandosi e accarezzandogli dolcemente la guancia. -Le stai dando un luogo in cui vivere e tutto l’amore possibile.. Sarai un fantastico padre- concluse, sorridendogli e abbracciandolo. Lui ricambiò più che volentieri e mise il suo mento sopra la sua spalla con occhi tristi e spenti.
-Lo spero- mormorò, stringendola di poco.
Proseguirono per un’altra ora e mezza, perlustrando anche qualche negozio nei dintorni, però poi, stufi e stanchi, se ne ritornarono uno a casa propria per pranzare. A mezzo giorno, il ragazzo aveva un pranzo di famiglia alla vecchia casa di suo padre in un villaggio a qualche kilometro da Londra. Era abbastanza nervoso perché dovette spiegare la situazione ai suoi famigliari e per quanto potessero essere buoni intenditori, la paura gli rimaneva lo stesso, facendolo pensare solo in maniera differente.
 

Quella mattinata fu del tutto diversa per la signora Evelyn e Melody. La donna doveva mandare tutti i documenti agli assistenti sociali e dato che non voleva che la bimba si annoiasse, decise di lasciarla a casa con un’amica della nipote defunta, Dakota. Codesta era abbastanza entusiasta di rivedere la piccola dopo ben due settimane. Non vedeva l’ora.
Alle nove precise del mattino, la bionda suonò al campanello di quella casa. Subito dei passi frettolosi e la figura dell’anziana imbacuccata tra sciarpa, cappello e giubbotto pesante si presentò davanti a lei. Le sorrise e si abbracciarono, facendola poi entrare. Ci furono le solite raccomandazioni prima che la signora prese la borsa e se ne andò. La ragazza annuì e, salutandola cortesemente, se ne andò a sdraiarsi sul divano con il telefono all’orecchio pronta a parlare con il suo fidanzato visto che era cosciente del fatto che la bimba si sarebbe svegliata tra una mezzora. E fu cosi. Melody si svegliò e, balzando fuori da letto, si trascinò insieme al suo peluche verso la cucina. Si bloccò e aprì la bocca sorpresa, dalla quale uscì un piccolo urlo. Corse e si buttò tra le braccia di Dakota, la quale rise e la fece girare.

-Piccola, ciao- esclamò lei, picchiettandole l’indice sul suo nasino. -Come stai?- domandò in seguito, andando a sedersi sul divano con lei sulle gambe. La piccola scosse la mano e alzò le spalle. -Ma davvero?- chiese la bionda, spostandole la ciocca di capelli dagli occhi. Melody annuì nuovamente e la indicò. -Io? Bene, solita vita. Aspetta, una novità c’è: Matt mi ha chiesto di sposarlo- annunciò a gran voce, allargando le braccia e sorridendole a trentadue denti. La piccola spalancò gli occhi e urlò felice, buttandosi su di lei. -Aspetta, aspetta- rise, continuando il suo discorso. -Vorrei che tu mi facessi da damigella d’onore- le propose, facendola meravigliare ancora di più e salire la felicità alle stelle. Melody acconsentì e si avvinghiò a lei, ringraziandola. Dakota la strinse solamente. Lei voleva una parte della sua migliore amica al suo matrimonio perché era come ricordare i vecchi momenti trascorsi insieme. Ne avevano parlato sin dall’età di tredici anni quando le ragazze più popolari le ridicolizzavano per stupide cose e i ragazzi più belli non le consideravano di striscio. Eppure le cose cambiarono. Entrambe si trasferirono nel medesimo college però in facoltà differenti e le cose andarono di male in peggio. Dafne aveva cominciato a frequentare brutti giri a causa del suo fidanzato, nonché il padre di Melody. Fortunatamente ragionava ancora con la sua testa. Non appena gli aveva detto che era incinta, lui la obbligò ad abortire. Fu in quell’esatto momento che la bionda capì che non l’avrebbe mai amata come lei faceva. Così se ne andò da quella topaia e si trasferì dalle sue amiche, che non la giudicarono. Anzi, la ospitarono e l’appoggiarono in qualsiasi modo.
Dakota aveva i suoi occhi grigi lucidi e scosse la testa per riprendersi completamente. -Dai, ora, andiamo a fare colazione- annunciò, dandole un piccolo pizzicotto sulla guancia, e si alzò. Andarono entrambe in cucina: la ragazza tirò fuori gli ingredienti dal frigo per una buona e sana colazione, invece la piccola era seduta sullo sgabello e l’osservava divertita. -Una colazione alla Dakota è in arrivo- si vantò, posizionandosi davanti ai fornelli e iniziando a sbattere l’uovo. Melody rise e appoggiò il suo viso tra i suoi palmi. Aveva sempre adorato osservare la bionda perché oltre ad essere una bellissima ragazza, le ricordava poco sua madre. Sentì il suo povero cuoricino stringersi e la tristezza prenderla nuovamente. Pochi istanti dopo un piatto di uova strapazzate e bacon croccante si presentò davanti ai suoi occhi celesti. Ritornò in sé e si rispecchiò negli occhi grigi della sua amica, la quale si tolse il grembiule dalla vita. -Ed eccoti la colazione, piccola- concluse, dandole anche le posate per mangiarle. La bimba la ringraziò e cominciò a degustarsi il suo cibo. Era semplicemente delizioso e doveva ammetterlo: le era mancata la cucina della bionda. Quest’ultima si prese solamente un succo e uno dei famosi biscotti della signora per fare compagnia alla piccina. Ci una discussione e poi le due si misero sul divano a guardare qualche cartone per far passare il tempo.
 

Harry stava girando per quella cittadina inglese in cui era cresciuto, Holmes Chapel. Non era cambiata di una virgola. Era rimasto sempre il solito e tranquillo paesino, forse c’era un po’ più di baccano per il fatto che internet aveva sparso la notizia che lui era lì a trovare sua madre, ma per il resto non c’era un gran casino. Al contrario della grande metropoli inglese in cui abitava da circa quattro anni con i suoi amici. Svoltò l’angolo e si trovò davanti a sé una via piena di casette a schiera. Vi erano bambini, i quali popolavano la serenità di quella strada. Essi giocavano con il pallone e correvano da una parte all’altra, mentre le loro madri si raccomandavano di stare attenti. Tra di esse riconobbe la sua. Come solita abitudine parcheggiò la macchina nel vialetto e, uscendo da essa, la chiuse a chiave. Subito un leggero venticello freddo gli arrivò in faccia, tanto che si coprì di poco con quella sciarpetta nera, che portava al collo. Contemplò per qualche istante la struttura massiccia dell’edificio e notò la vernice rosa leggermente crepata. Scosse la testa e si parò davanti alla porta nera levigata. Bussò varie volte e attese poi pazientemente.
-Giuro che se sono ancora quelli della pubblicità li mando a quel paese in meno di tre secondi- borbottò probabilmente il suo padrigno dall’interno della casa. Harry accennò una lieve risata a quella voce perforante e sorrise nel vedere la figura sorpresa del padre davanti a lui. -Harry- esclamò, attirandolo a sé per un abbraccio da veri maschi. Il riccio non fece altro che ricambiare quel goffo gesto visto che l’uomo era decisamente più basso di lui e il cantante doveva sempre abbassarsi. -Che sorpresa!- commentò poi, facendosi da parte per farlo entrare.
-Ho chiamato mamma ieri sera e mi ha invitato a pranzo-
-Oh.. capisco-
sembrò leggermente sorpreso e di questo se ne accorse. -è sempre bello rivederti- commentò poi, regalandogli un pieno sorriso. Harry lo ricambiò gentilmente e si tolse quell’ingombrante indumento considerando il caldo all’interno dell’abitazione. Ci fu un vociare femminile che catturò la sua attenzione. Esso derivava dalle scale, le quali portavano al piano superiore in cui c’erano le camere e i bagni principali, e sorrise sconsolato. Ci furono sua sorella e sua madre.
-Perché no?-
-Perché no, Gemma. Il discorso è chiuso-
fu autoritaria la madre, ricevendo un sonoro sbuffo e una risata da parte del secondo figlio. La donna quarantenne mostrò le sue fossette e corse dal ragazzo per stringerlo nuovamente tra le sue braccia. Era passato fin troppo tempo e le era mancato un sacco. Anche Harry era della stessa opinione: potette riavere quegli abbracci che aveva sempre amato sin quando era piccolo e lo faceva sentire al sicuro. Il profumo, altamente Armani visto che era la marca preferita delle sue donne, gli pervase i sensi e quei capelli neri gli facevano un leggero solletico agli occhi. -Mi sei mancato, amore- annunciò Anne, staccandosi e prendendogli il viso tra le mani.
-Anche tu mamma-
-Da diabete-
commentò l’altra giovane donna, la quale era appoggiata con il braccio sulla spalla del patrigno, fingendo di tossire. La madre alzò gli occhi al cielo disperata e Harry scoppiò a ridere per le stupide battutine di sua sorella.
-Vieni qui, rosetta- la derise, prendendola per i fianchi e attirandola a sé.
-Non sono rosa! Sono color pastello!-
-Ma comunque rosa-
rise Harry, ricevendo un pizzicotto sul collo. -Auch, manesca-
-Ti voglio bene, fratellino- assunse un’espressione ironica, andandosene poi sul divano per sdraiarsi un po’.
-Non è cambiata di una virgola- sussurrò ai suoi genitori.
-Ti ho sentito- urlò la diretta in questione, facendo ridere tutti.
Si spostarono verso la ragazza e non appena si sedette si perse nella comodità di quel divano. Non pensò a nulla in quel momento poi venne interpellato dalla madre per qualche notizia. Certo lui le raccontava qualcosa tramite chiamate o messaggi, ma farlo di persona spaventava il ragazzo. Temeva che quella volta avesse fatto una stupidata. Ma per lui non lo era.

-Si, è successo qualcosa- cominciò Harry, tenendo a bada la voglia di zittirsi all’istante. I suoi genitori, come d’altronde anche la sorella, lo incitarono a proseguire. Lo fece. Non entrò nei minimi dettagli anche perché gli pareva stupido in quel momento, perciò rimase sul vago, terminando il discorso con: -L’ho adottata- rispose con un mezzo sorriso. I famigliari si irrigidirono a quelle parole. Erano basiti di quella decisione, secondo loro, troppo affrettata eppure il suo viso illuminato li faceva capire che ci teneva davvero a quella bambina. Inoltre erano sicuri del fatto che Harry sarebbe stato un fantastico padre un giorno, però vederlo trasformare in quella figura, prendersi troppo responsabilità per quell’età infantile, era troppo stupido per Gemma e Robin.
-Adottata? Seriamente?- boccheggiò Gemma, sbattendo più volte le palpebre per assimilare le parole per bene. Forse aveva capito male. Aveva confuso qualche sillaba con quella originale. O almeno lo sperava. Robin le dava ragione con lo sguardo e fu in quell’esatto momento che il riccio si vergognò di averne parlato.
-Si, non è stato facile.. però si.. è mia figlia ora- confermò di nuovo la notizia.
-Come intendi crescerla?- s’intromise la madre, che era rimasta in silenzio a riflettere un po’ sulla situazione. -Non sei un ragazzo qualunque. Sei famoso- aggiunse, facendo crollare l’autostima del figlio. Lui non si aspettava che sua madre avesse pronunciato quella frase perché odiava con tutto sé stesso quelli che lo trattavano come fosse una persona di un altro mondo. Lo trattavano come uno famoso. Infatti lui era una celebrità, certo, ma detestava quell’aggettivo visto che lo considerava per nulla positivo, anzi tutto l’incontrario. Essere chiamato “famoso” significava dipingerlo come una persona egoista, narcisista, ipocrita, viziata e tutto il resto legato ad esso. Come se i soldi fossero l’unica cosa importante per lui. Ma ciò non era affatto vero! Ed era stufo di sentirselo dire.
-Come posso. Louise e i ragazzi mi daranno una mano- sbuffò, infastidito.
-E con il lavoro come farai?- proseguì quel piccolo interrogatorio.
-Starà sempre con me. Sarà come una piccola mascotte per tutti- rispose nuovamente con quel tono. Anne aveva oramai capito che stava usufruendo della sua pazienza, così sospirò e accettò a mal grado la situazione. Non era per niente convinta di questo enorme passo, però non intendeva perdere suo figlio.
-Va bene. Se ti fa felice, non vedo perché noi, la tua famiglia, ti debba remare contro-
-Ma, mamma-
la richiamò Gemma, interdetta. -è una cavolata! Andiamo, Hazza, non puoi farlo. Ti stufi subito delle cose che hai e delle persone che ti circondano. Come pretendi di crescere una figlia, non tua tra l’altro, quando hai abbandonato Stephanie dopo un mese di fidanzamento ufficiale- gli ricordò amaramente uno dei suoi tanti errori. Harry ci rimase di stucco dato che non riusciva a vedere il motivo per cui doveva essere così meschina. Lei era a conoscenza della verità, del motivo per cui era stato spinto a farlo, eppure lo disegnava come il cattivo della situazione, quando lui era soltanto la povera vittima. Le sue mani cominciarono a tremare e la sua delusione fu palese a tutti.
-Gemma!- la rimproverò Anne con uno sguardo poco gentile. -Non è una stupidata e so per certo che non si stancherà di..-
-Melody- mormorò il ragazzo privo di forze. Accennò un piccolo sorriso prima di mostrare a tutti i suoi occhi verdi umidi. -Si chiama Melody- specificò, alzandosi e andandosene da lì. Uscì in giardino e respirò a pieni polmoni. Era stata una pessima idea adottarla, ma credeva almeno di fare una cosa giusta nella sua vita dopo troppe delusioni e conseguenze atroci. Inspirò a pieni polmoni e si infuse coraggio. Infondo doveva passarci altre ore in quella casa.
 

La signora Fletcher era tutta la mattina in ballo per quei documenti adottivi. Aveva passato circa un’ora e mezza ad aspettare un assistente sociale nel suo ufficio, quando venne a conoscenza del fatto che quell’uomo si era trasferito nella sede distaccata. Dunque, stava attraversando mezza Londra per raggiungerlo. Ci impiegò circa mezz’ora per arrivare a causa di quel traffico e a quel pullman, che marciava lentamente per i suoi gusti. Entrata da una porta scorrevole, un enorme spazio luminoso si presentò ai suoi occhi. Vi era una sala d’accoglienza vastissima e, nonostante la sua bellezza, la donna non si lasciò influenzare più di tanto. Si avvicinò a passo veloce alla donna di quell’ufficio, la quale era concentrata in qualche pratica.
-Mi scusi, sto cercando il signor Grey- disse, sbattendo le mani sul bancone della scrivania ad angolo bianco e facendo sobbalzare la ragazza. Ella la fissò disorientata e cercò di rispondere, ma le porte dell’ascensore si aprirono, facendo comparire la figura dell’uomo interessato. Evelyn si raddrizzò e, studiandolo nel sistemarsi la giacca e poi la cravatta nera con un ghigno soddisfatto, scosse la testa per quella scena. -Daniel- lo chiamò a gran voce, incrociando le braccia al petto.
-Evelyn Fletcher, che piacere vederla- si prese una lieve pausa perché portò lo sguardo sull’orologio costoso sul polso.-Con quasi due ore e mezza di ritardo- utilizzò l’ironia, che venne subito accolta dall’anziana, la quale gli dedicò un’espressione poco gentile.
-Sono qui per le pratiche: ho trovato un ragazzo che vuole adottare mia nipote- gli annunciò senza fare giri di parole e gli allungò il fascicolo con tutte le informazione sul cantante e, soprattutto, il suo consenso scritto. L’assistente sociale li prese e si diresse verso le poltrone, posando la sua valigetta in quella di fianco e esaminandoli attentamente con il suo stomaco, che brontolava visto che era la sua ora tipica di pranzo.
-Non male- commentò alla fine con uno sguardo abbastanza compiaciuto. -Non male, però mi trovo a dissentire- aggiunse poco dopo, porgendoli sul tavolino di cristallo davanti a lui e accavallando le gambe. La invitò a comodarsi. Lei rifiuto basita.
-Come scusi?- chiese meravigliata.
-Melody, da quanto ho letto nei suoi dati personali, ha già un padre- esclamò, unendo le mani a forma di pugno.
-Che non è mai stato presente- sibilò irritata perché Brad non doveva essere appellato padre, soprattutto dopo aver chiesto ad una ragazza impaurita e completamente sola di abortire.
-Però ce l’ha- ribatté. Sospirò e si alzò. -Senta, io posso anche accettarli, anche perché siamo venuti noi a cercarla. Ma devo avere il consenso del padre naturale- le spiegò con un tono calmo e gentile però la donna era su tutte le furie. Di questo se ne accorse. -Posso avviare i documenti di adozione, Evelyn, ma ho bisogno di quella firma- concluse, sfregandole la mano sulla spalla dolcemente.
Lei si sottrasse da quel tocco e se ne andò adirata. Non era possibile: erano venuti loro da lei e ora come minimo dovevano svolgere il loro compito. Aprì quella porta a vetri con le urla dell’uomo dietro di aspettarla. Ma lei non ne voleva sapere. Voleva solo recarsi a casa e stendersi sul divano per dimenticare per qualche istante quell’orribile informazione. Così, in fermata, prese il suo pullman. Si sedette in uno di quei sedili vuoti e si perse nell’osservare quelle zone di fermata con l’agonia, che si stava facendo sentire. Lei non voleva affatto chiedere a Brad una cosa del genere, anche perché non voleva averci a che fare, però conosceva qualcuno che poteva farlo. E quella persona era a casa con Melody.
 

Dopo una giornata alquanto stressante, Harry si ritrovò a osservare il soffitto dell’ascensore con uno sguardo completamente triste. Non riusciva a togliersi le parole della sorella dalla mente. Il campanello stridulo segnò la fine del suo viaggio e a passi lenti si diresse verso il suo appartamento. Prima di aprire la porta, udì del vociare troppo famigliare. Non aveva per nulla voglia di incontrarli poiché gli avrebbero chiesto di sicuro come fosse andata, e lui non voleva riaprire quella stupida cicatrice. Così infilò le chiavi e girò la manopola per aprire. Essa si spalancò e con essa anche i suoi occhi verdi alla vista di quella ragazza, posta sul divano con le gambe accavallate e un sorriso divertito sulla faccia nel parlare con il migliore amico del riccio. Le loro mani erano intrecciate e il sorriso di entrambi lo trafissero ancora di più. Harry divenne bianco come un cecio, il suo respiro si restrinse e le sue mani fecero cadere il mazzo di chiavi appena sfilato dalla serratura. Lei e Liam sobbalzarono per lo spavento. La prima l’osservò con tristezza mentre l’amico lo raggiunse per vedere come stava però non appena si parò davanti a lui, il riccio lo fissò perso, confuso e deluso. Non pensava che fosse caduto così in basso. Il castano gli sventolò la mani davanti gli occhi per poi posarla sulla sua spalla per scuoterlo un po’.
-Come hai potuto?- mormorò con voce rauca e tremolante Harry, togliendosi di dosso quella presa e uscendo da quella casa.
-Harry!- urlò Liam per richiamarlo. Ci tentò altre volte finché non notò Louis e Niall infondo al piano pienamente confusi. I due affrettarono il passo e pretesero della spiegazioni. Non ci fu nulla da spiegare anche perché la ragazza, che era dentro, si avvicinò a Liam, il quale la guardò.
-Cosa cazzo hai fatto?- borbottò Louis, guardando prima uno e poi l’altro. Liam si limitò ad abbassare la testa e rientrare in casa. Per la prima volta si sentiva completamente un traditore ed era una sensazione orribile.
 

Il riccio non sapeva dove andare, però le sue mani e i suoi piedi sull’acceleratore lo guidavano verso una casetta accogliente. Parcheggiò e, scendendo, raggiunse la porta per suonare quel campanello. Era ancora sconcertato e i suoi occhi gonfi non sembravano aiutarlo. La figura della donna anziana conosciuta l’aprì e si sorprese nel vederlo li da solo soprattutto a quell’ora. Il ragazzo la fissò.
-Potrei restare qui per la notte, per favore?- domandò con un tono quasi supplicante e i suoi occhi inumidirsi ancora. Evelyn rimase di stucco nel costatare una lacrima solitaria sul suo viso, però si riprese immediatamente e si fece da parte per farlo entrare. Oramai faceva parte della famiglia e non si abbandonava un membro di famiglia. -Grazie- mormorò poco dopo, superandola. Eppure fu bloccato quasi immediatamente dalla signora per ripulirgli il viso.
-Che è successo, caro?- tentò di saperne di più, ma non ci riuscì dato che a quella domanda innocente Harry si mise a piangere e Evelyn lo abbracciò senza neanche pensarci. -Non ti preoccupare, questa da ora in poi è anche casa tua- concluse, consolandolo. Non era a conoscenza di quello che era successo, ma cercò in tutti i modi di calmare quel ragazzo poiché lui non meritava che le lacrime governassero sul suo viso radioso. Così si limitò a cullarlo come sua madre faceva e Harry si provò una sensazione di benessere tra quelle braccia. Si sentiva a casa.


Ciao a tutti :D
Ecco a voi il quinto capitolo di Night Changes.
Lascio a voi i commenti: che ne pensate?
Vorrei ringraziare. chi l'ha messa tra preferite/seguite/ricordate, chi l'ha recensita e semplicemente chi la legge.
Soprattutto vorrei ringraziare _FallingToPieces_ per il meraviglioso banner.
Spero che vi sia piaciuto. Me lo fareste sapere attraverso una piccola recensione? *^*
Graze in anticipo a chi lo fa.
Ci vediamo al prossimo aggiornamento.
Ciaoo xx
ps: vi andrebbe di passare anche dall'altra mia ff? Si chiama Remember When e questo è il link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2301655
Grazie a chi lo fa e spero che vi piaccia :)

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(Dakota :D )

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Capitolo 6
*** 6. ***


Night changes 7

6. Determinate

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Quella mattina il nostro protagonista si ritrovò su quel divano alquanto comodo con un’espressione rilassata in viso. Aveva pianto fin troppo per i suoi gusti e esso gli causava sempre un forte mal di testa. Socchiuse gli occhi per poi riaprirli definitivamente, trovandosi davanti a se uno sguardo curioso e gioioso. Si spaventò per la vicinanza di Melody e si alzò di scattò, provocandosi un lieve senso di vertigini e giramento di testa. La bimba si mise a ridere. Non pensava di averlo intimorito e per farsi perdonare si buttò addosso per abbracciarlo. Il ragazzo lo ricambiò molto volentieri visto che ne aveva davvero bisogno e lei aveva qualcosa, non conosceva di preciso cosa fosse, ma quel qualcosa lo guariva del mal umore all’istante.
-Non farlo mai più- la riprese dolcemente e divertito. La piccola alzò le spalle e con un piccolo movimento si mise al suo fianco. Si sdraiò e si coprì con quella coperta di lana. Erano a malapena le sette e mezza del mattino e lei voleva tirargli su il morale, soprattutto dopo la sera precedente. L’aveva visto in lacrime abbracciato alla nonna e si rattristò perché aveva sempre avuto quella corazza da duro e non pensava di osservarlo in quel debole stato. Melody cominciò a giocherellare con i lacci della sua felpa, mentre Harry era ancora sorpreso da quel gesto. L’aveva fatto con così tanta naturalezza che non era ancora capace ad assimilarlo. Scosse la testa e portò la sua mano sulla schiena della piccola per avvolgerla in un abbraccio. Le concedette un bacio delicato sulla fronte e le accarezzò i suoi capelli biondi nello stesso modo. Lo calmava e rilassava allo stesso tempo. Ogni volta che era con lei, era sempre più sicuro della sua decisioni, disparte di ciò che pensavano gli altri. A lui non importava più. Melody era sua figlia e questo era ciò che importava. La bimba, da suo canto, gli carezzò dolcemente la guancia fino ad arrivare sui suoi occhi. Si alzò di poco e ne baciò una alla volta. Lui era ancora più sorpreso e intenerito. Li riaprì e il sorriso radiante di lei lo contagiò. -Ti voglio tanto bene, Mel- le sussurrò. La diretta interessata rispose e fece un gesto, il quale fece cadere il ragazzo nella tristezza più assoluta: ieri sera l’aveva visto. -Nulla di importante. Sto bene ora- rispose con più convinzione. -Grazie a te- aggiunse, facendo rallegrare la bambina. Nei minuti seguenti, entrambi si addormentarono di nuovo in quella posizione, mentre il cellulare del ragazzo vibrava ripetutamente, ma non era importante in quel momento. Anzi non era mai stato importante.


Quella mattina era cominciata male per un’altra persona: Dakota. Il giorno precedente l’anziana signora l’aveva pregata di andare da Brad per ottenere il consenso di fare adottare la piccola Melody. Lei lo faceva molto volentieri per quella famiglia, però l’idea di rincontrare quel stupido ragazzo non la faceva entusiasmare. Anzi, vomitare sarebbe la parola adatta. Dunque, alla buon’ora, si svegliò e, svolgendo i diversi mestieri, si ritrovò a mettere in moto la macchina per recarsi da quel biondino. Era a conoscenza dell’indirizzo visto che molte volte era stata costretta a recuperare Dafne in pessime condizioni. Era quasi sempre in lacrime a causa di una stupida litigata. L’unica volta, che non l’andò a prendere, fu quando la fanciulla si presentò davanti alla sua porta completamente terrorizzata e scioccata e le comunicò di essere incinta. Alla guida, la bionda scacciò quel ricordo doloroso e imboccò la strada tanto conosciuta e detestata. Ella si trovava nella zona più lussuosa di Londra grazie alle generose somme intascata dai genitori di Brad, i più grandi imprenditori della contea, morti però qualche anno fa a causa di un incidente aereo. Ora quel ragazzo abitava insieme a suo fratello e entrambi avevano ereditato miliardi di sterline. Dakota parcheggiò fuori dalla loro proprietà e, afferrando tutto l’occorrente, scese dal veicolo, infondendosi coraggio. Si approssimò alla porta e bussò varie volte, attendendo una risposta, che non tardò ad arrivare. Essa si spalancò e la figura possente, muscolosa e affascinante del fratello minore del diretto interessato comparì. Egli si chiamava Male, ragazzo vent’enne dai capelli neri avorio e due occhi intesi marroni, che facevano raccapricciare. Indossava una semplice jeans, mettendo in evidenza il suo fisico scolpito, e in faccia un sorriso compiaciuto.

-Ma guarda chi abbiamo qua, Dakota Hins- cominciò con un tono allusivo. -Ma, ciao bellezza- aggiunse con un piccolo occhiolino.
-Ciao, Male. C’è Brad?- domandò senza giri di parole.
-Può darsi- rispose sempre con quell’atteggiamento fastidioso. La ragazza sperava che in quegli anni fosse cambiato, invece si ritrovò lo stesso pallone gonfiato di un tempo. Non capiva come si era innamorata di lui, tanto da regalargli una parte di sé. -A cosa ti serve?- proseguì, mettendosi a braccia conserte e appoggiandosi allo stipite.
-Non sono fatti tuoi-
-Ritira gli artigli tigre-
ridacchiò, scomodandosi. Si avvicinò a lei e prese il suo mento tra le sue dita. -Non serve con me- sussurrò, sorridendo cinico. Era ufficiale, Dakota stava cominciando ad essere terrorizzata. Per questo si malediceva per non aver accettato la proposta di Matt di accompagnarla. Lei voleva dimostrarsi forte e allora perché in quel momento stava emanando ogni sensazione ad eccezione di quella voluta? Si scostò malamente e gli diede uno spintone leggerlo per allontanarlo da sé.
-C’è o no?- ringhiò con il piede su punto di guerra. Male scoppiò a ridere e sollevò le mani in segno di arresa.
-Eccomi- esclamò la voce di Brad, raggiungendo l’ingresso. Anch’egli era a petto nudo e questo fece intendere che stavano dormendo o una solita partita alla playstation. Tuttavia non appena allungò l’occhio, Dakota vide un paio di tacchi vertiginosi e fu lì che venne a conoscenza di tutto. -Vai dentro, Male- consigliò al fratello con un cenno di testa. Quest’ultimo concesse un ultimo sguardo alla diretta in questione e accontentò poi il ragazzo. Brad socchiuse la porta d’ingresso e concesse alla bionda di confidargli del motivo della sua visita. Trasse fuori un pacchetto di sigarette dai pantaloni della tuta e ne accese una. Ispirò e buttò fuori con gusto. Gli ci voleva proprio. -Allora, che c’è?-
-Sono qui per Melody- parlò a bruciapelo, facendo tossire il ragazzo. -Mi serve la tua firma per dei documenti. Anche una piccola frase va bene- continuò, frugando nella sua borsa per una penna e per le pratiche.
-Perché non è venuta Evelyn?- iniziò con il suo piccolo interrogatorio.
-Perché voleva evitare un omicidio- rispose, persistendo nella sua ricerca.
-Puoi anche smettere di cercarli. Non firmerò nulla- le annunciò calmo, terminando quella sigaretta. Dakota alzò gli occhi e lo fulminò all’istante. Non doveva neanche azzardasi ad opporre resistenza. -Fin a prova contraria quella è mia figlia- aggiunse con sguardo posto all’orizzonte. Voleva anche aggiungere qualcos’altro, ma gli fu impossibile.
-Che non hai mai voluto!- sbraitò, zittendolo all’istante. -Stavi obbligando Dafne ad abortire. L’hai insultata, l’hai abbandonata e dio solo sa cos’altro le hai fatto- avanzò passi a passi, ottenendo sempre più coraggio e grinta dalla rabbia repressa di quegli anni. -Perché non lasci che quella povera bambina possa vivere quel poco di serenità con un ragazzo, che l’ami seriamente e le possa dare tutto quello che vuole? Eh, Brad, perché?- s’irritò maggiormente. Brad si stava infuriando e gli venne in mente la scena fatale delle settimane precedenti.
-Sono io quel fottuto ragazzo, Hins!- sbottò con ira e si batté più volte il pugno sul suo petto nudo gelato a causa di quella temperatura invernale. -Sono io il padre- urlò a sua volta, ponendosi immediatamente sulla difensiva. -Ero giovane. Avevo solo diciannove anni e con i miei giri..-
-Ciò che non hai abbandonato a quanto vedo- lo interruppe bruscamente, ponendosi a braccia conserte e cedendogli degli sguardi poco gentili.
-Non è affare tuo la mia vita- replicò in un primo momento, scuotendo la testa.
-Si che lo è, cristo!- strillò Dakota, sbattendo il tacco degli stivali a terra. -Non concederò mia nipote a te- criticò con disgusto. -Non ad un alcolizzato riccone che pensa di poterla fare franca con i soldi di papà- proseguì, ingoiando del groppo in gola. -Qui non si parla di un oggetto, Brad! Si parla di una bambina di quattro anni, la quale non parla più da quanto è scioccata per la morte della madre- gli sputò in faccia tutta la verità perché era inutile fingere che tutto andava bene. Era ora di affrontare la dura e cruda realtà. -E se ci tieni a lei, dovresti fare la cosa giusta e lasciare che quella coppia l’adotti- balbettò in seguito al respiro accelerato e ai futuri singhiozzi, accompagnati da lacrime amare dai suoi occhi grigi. Il diretto in questione la scrutò duramente, non svelando il suo essere colpito e colpevole, eppure non aveva affatto cambiato idea. Lui voleva sua figlia indietro poiché era certo di poter essere un buon genitore. Però infondo la ragione era un’altra. Il suo cuore aveva bisogno di quella bimba per riaccendere in lui la presenza dell’unica donna, fantastica e meravigliosa, che aveva mai amato. Non l’aveva mai esternato quel sentimento profondo e sincero per Dafne, forse non ne era capace, però lui sapeva di averla amata con tutto se stesso e se era leggermente cambiato, era anche grazie a lei e lo spirito di responsabilità provato nei confronti di Melody. Un’altra ragione poteva anche essere il fatto che si sentiva completamente colpevole e voleva rimediare, dimostrando alla ragazza defunta di essere migliorato. Infine mosse dei passi pericolosi e decisi a pochi centimetri da Dakota. I suoi occhi scuri la gelarono sul posto.
-Questa storia non finisce qui- mormorò. -Non rinuncerò mai a mia figlia. Perciò preparatevi, la battaglia sta per iniziare- l’avvertì, congedandosi in casa e abbandonando la ragazza bionda da sola con gli occhi spalancati e le lacrime bagnavano il suo viso. Voleva la guerra? E guerra sia! Affermò nella sua mente, ripulendosi da quello stato e recandosi poi a casa di Evelyn per le cattive novelle.
 

Brad chiuse la porta alle sue spalle, però ci rimase qualche secondo in più per ammirare dallo spioncino Dakota. Si dispiacque molto nel vederla piangere, ma quello non era un suo problema. Una volta magari si dato che era la fidanzata del fratello. Ora non più. Dietro di sé, comparve la figura di Male con un bicchiere di gin tonico in mano. Si appoggiò con la spalla sulla parete bianca e fissò il fratello.
-Che farai?- lo interpellò, sorseggiando quella bevanda alcoolica. Brad si passò la lingua tra i denti, i quali poi morsero il labbro inferiore. Si girò e uno sguardo ironico e sarcastico parlò per lui. Si avvicinò al ventenne e, rubandogli quel contenitore, bevve il contenuto tutto d’un sorso.
-Fai preparare la stanza degli ospiti. Melody sarà presto qui con noi- gli annunciò con un sorriso soddisfatto perché i soldi non gli mancavano per ingaggiare il migliore avvocato dell’Inghilterra e vincere in poco tempo quella battaglia. Aguzzò la vista dietro le spalle di Male, luogo in cui c’erano delle scale e sopra vi era una ragazza in biancheria intima con un coprispalle di velluto leggero nero. Male portò lo sguardo nella medesima direzione e sul suo volto si dipinse la stessa espressione del fratello.
-Agli ordini- concluse Male, scambiandosi un ultimo sguardo d’intesa e poi lasciandolo solo con il suo passatempo.

 
La bionda si recò dalla signora anziana poche ore dopo a causa del suo lavoro e dei preparativi del suo futuro matrimonio. Ma dire solo queste scuse, non davano la prospettiva sulla preoccupazione maggiore della ragazza. Lei cercava un modo dolce, delicato e diretto per dirle che aveva rifiutato. Ma come? Lei conosceva come le sue tasche Evelyn e se le avesse annunciata la fatidica decisione, ella si sarebbe infuriata, andandolo a prendere addirittura a schiaffi. Però non poteva neanche mentile. Perciò come doveva fare?
Dakota entrò nel vialetto della casa e, spegnendo il motore e sfilando le chiavi, tirò un sospiro. Ci sarebbe riuscita. Scese dalla sua cinquecento grigia e a passi indecisi e tremolanti arrivarono davanti alla porta. Bussò varie volte e attese pazientemente la risposte, ripetendosi a mente ciò che stava per comunicare alla donna. Giocherellò con le dita e si morse varie volte il labbro inferiore, mentre davanti a sé comparì la figura alquanto confusa di Harry. Anche quella della ragazza si fece interdetta e pensò di aver sbagliato via, ma era una cosa alquanto impossibile. Il riccio la squadrava da testa a piedi, perdendosi poi in quei occhi grigi impauriti. Infondo non era una brutta ragazza e lui ci fece anche qualche pensiero deliziato. La studiò attentamente ed a ogni movimento, non era più in grado di distinguere qualcosa che era più graziosa, dolce e tenera di lei. La sua mente era offuscata e la razionalità si sfocava progressivamente. Dakota, dal suo canto, non riusciva a smettere di riportare il suo sguardo in quegli occhi verdi smeraldo così chiari, profondi e particolarmente fiduciosi. Aveva sempre adorato i ragazzi con quella sfumatura particolare visto che ne trovava una particolare originalità. Tuttavia il suo sogno non si era ancorato per bene in quanto il suo fiancé, Matt, aveva gli occhi di un nocciola scurissimo, in cui neanche la pupilla nera si distingueva bene. Ora, invece, potette godersi il suo sogno. Era rimasta paralizzata e quella bellezza aveva incominciato a suscitarle un strano effetto. Si risvegliò in pochi secondi e balbettò qualcosa, mettendosi nervosamente una ciocca dietro l’orecchio.

-Posso esserti utile?- spezzò quello studio appuntato Harry con un sorriso cordiale. Spuntarono le due fossette tanto che Dakota sorrise istintivamente. Erano sempre stato un suo debole.
-Stavo cercando la signora Fletcher- boccheggiò con un accenno di insicurezza.
-Oh certo. Entra pure- esclamò, aprendo completamente la porta e facendole spazio per farla accomodare. Dakota annuì e, disfandosi di quel piccolo giubbotto a causa della volata di calore ricevuta, si guardò intorno fino ad intercettarla.
-Dakota, cara- la salutò la padrona di casa, andandole incontro e abbracciandola calorosamente. Lei rise leggermente e ricambiò quella stretta. Harry rimase da parte e comprese che quella ragazza era un’amica della fanciulla defunta. Perciò si sedette sul bracciolo del divano, aspettando che lo interpellassero in qualche modo. Nel frattempo la sua mente ripeté quel nome melodioso e un altro sorriso si dipinse sul suo viso. Percepì un peso sulla sua schiena: Melody, la quale era sul divano fino poco tempo prima, si aggrappò sul povero ventenne curiosa nel vedere chi fosse arrivato. La sua gioia aumentò nel notare la figura di sua “zia”. Infatti batté qualche schiaffetto sul petto del riccio e rise, quando il diretto in questione la prese per quelle sue piccole manine e, assicurandosi la sicurezza della stretta, la fece girare come una piccola trottola per vendicarsi. Quella scena era sotto lo sguardo divertito e sollevato delle due donne.
-Ma chi è?- sussurrò la nuova arrivata all’anziana.
-Ma che stupida!- esclamò, dandosi un piccolo schiaffetto sulla nuca. -Le presentazioni- aggiunse dopo, catturando anche l’attenzione del ragazzo. -Allora, lui è Harry e vuole adottare Melody. Anzi, sarebbe già il padre se non fosse per quello che ti ho detto ieri- lanciò un’occhiata loquace alla fanciulla, la quale capì al volo. -Mentre, mio caro, lei è Dakota, la migliore amica di mia nipote Dafne- concluse, indicandola al diretto in questione, il quale, sorreggendo per bene la bimba, si avvicinò per stringerle la mano. Quello scambiò trasportò in entrambi i corpi un brivido e una piccola scossa. Rimasero in quel posto per un paio di secondi in più, persi nei rispettivi sguardi fugaci e desiderosi. Harry doveva ammettere di non aver mai incontrato una ragazza di cotale bellezza. Neppure la sua ex era così bella. Invece, Dakota ammetteva a sé stessa che c’era qualcosa di interessante in lui; qualcosa di diverso, che l’attirava sempre di più. La piccola Melody, la quale aveva la visuale migliore rispetto alla sua bisnonna, sorrise ammaliata da quell’atteggiamento e anche un po’ speranzoso. Ovviamente lei adorava il fidanzato della fanciulla, però Harry era mille volte meglio. Inoltre lui era il suo nuovo papà e Dakota sarebbe stata una mamma perfetta per lei. Quindi, lentamente, iniziava a sperare che tra i due potesse scoccare una scintilla.
-Ti ho già visto da qualche parte- disse all’improvviso Dakota, grattandosi il mento. La lampadina nella sua mente si illuminò e fece un piccolo urlo. -Oddio sei Styles dei One Direction- lo puntò come un ladro. Quest’ultimo non sapeva se impaurirsi oppure ridere di quel gesto. Decise, per cordialità, di eseguire la seconda opzione. Così accennò una lieve risata e confermò le parole dette. -Come mai hai una popstar come futuro genero?-
-Al dire il vero non so- ammise imbarazzata Evelyn, raggiungendolo. -Si era offerto già, in maniera poco opportuna, al funerale di Dafne-
-Solo perché avevo sentito parlare delle ragazze dell’adozione di questa piccola principessa qui- si difese Harry, schioccando un bacio sulla guancia della figlia. -Poi avevo intravisto Dafne al nostro concerto di beneficenza e mi ero subito affezionato a Melody-
-Tu hai visto Dafne?- chiesero entrambe esterrefatte. Lui confermò e sorrise alla dolcezza della diretta in questione. La sua immagine si rifletté nella mente e si ricordò nitidamente quanto sulle note di “steal my girl” si era messa a ballarla e a fare delle facce strane alla piccola e come lui rispondesse a quelle scenate. Si erano divertiti, seppur erano distanti.
Troncarono immediatamente il discorso per non rattristarsi nuovamente e si accomodarono sul soffice divano, ad eccezione di Melody, la quale andò a giocare con i suoi giocattoli nella sua stanza, così da lasciare i grandi parlare tranquillamente.

-Allora? Ha firmato?- domandò ansiosa la signora.
-Quanto ricco sei da ingaggiare un avvocato?- rigirò la domanda timorosa verso il ragazzo. Questo corrugò la fronte e collegò ogni parola, terminando con gli occhi sbarrati. Non aveva accettato? Come aveva potuto? Esclamò nella sua mente arrabbiato.
-Che cosa?- urlò l’altra, sollevandosi di scatto e dando voce ai pensieri di lui.
-Non vuole rinunciare a Melody. Questa storia finisce in tribunale, Evelyn-
-No!-
sbottò, sbattendo in piede a terra. -Finisce ora. Io non darò mai mia nipote a lui.. non dopo quello che ha fatto-
A quelle parole, Harry si chiese se anche loro sapessero il segreto rimuginato nel suo cervello, però preferì starsene zitto prima di aggravare quella situazione.

-Va bene- acconsentì, alzandosi e sistemandosi per bene. -Vuole la guerra? Guerra sia- proseguì, dirigendosi a prendere i suoi affari per tornarsene a casa. Infondo aveva sfruttato fin troppo l’accoglienza della signora anziana. -Tanto i soldi non mi mancano per ingaggiare il migliore avvocato. Vincerò io questa guerra- concluse, dirigendosi dalla piccola per salutarla. Quelle parole rassicuranti non svolsero il loro lavoro confortante verso due donne perché conoscevano bene il soggetto e Brad non era di certo un tipo semplice da battere. No, era duro da affondare. Però loro non sapevano dell’asso nella manica del cantante: aveva visto qualcosa e questo qualcosa doveva essere sfruttato a suo vantaggio. O almeno così sperava.
 

Harry bussò con le nocche sulla porta bianca della camera della bimba. Entrò e la vide sul letto a gambe incrociate con un piccolo pupazzo e due tazzine da thé davanti a loro. Fece un piccolo sorriso e la raggiunse.
-Hey, piccola- la salutò, sedendosi accanto a lei. -Io devo andare. Ci vediamo dopo- le annunciò, lasciandole un bacio tra i capelli. Mentre si alzò, si sentì fermato da una parte. Così si voltò e notò la piccola con uno sguardo serio. -Mel- la richiamò, corrugando la fronte. Restarono così finché la piccola lasciò la presa e si portò le sue mani sugli occhi, singhiozzando. -Melody- ci provò nuovamente, sedendosi e prendendola tra le sue braccia. La bimba si lasciò andare e pianse disperatamente. Lei non voleva andare con Brad. Ci aveva passato del tempo con lui quando la madre era obbligata a svolgere il doppio turno in quel sudicio bar con il fine di ottenere qualche soldo in più ed era più che sicura di non rifare quell’esperienza. Era quasi finita all’ospedale con il braccio rotto se non fosse stato per i governanti, i quali la afferrarono prima che potesse cadere da quelle vertiginose scale. Inoltre non le andava a genio Male, il suo unico e vero zio. Le incuteva terrore e ribrezzo. Per non aggiungere le visite di “lavoro” di altre persone malvagie. Era inutile sottolineare le seguenti implorazioni della bimba a sua madre; di fatti rimase sempre con le sue amiche o al massimo dalla signora anziana. Infine ogni volta che vedeva suo padre, la scena della morte della madre e del suo abbandono erano come cicatrici fresche. Pertanto sperava che Harry vincesse quella causa e che diventasse in suo papà. Melody si strinse a lui e non intendeva liberarlo. -Mel, sono qui. Ok? Guardami, sono proprio vicino a te- la rassicurò, allontanandola lievemente e instaurando un contatto visivo. -Non ti lascerò, promesso- giurò, eliminandole quelle lacrime superflue. -Ora, che c’è?- tentò di comprendere meglio quella disperazione. La bimba abbassò la testa e la scosse lentamente. -Hai ascoltato il discorso?- provò di nuovo, centrando il punto. Ella annuì. -Hai paura che ti possa abbandonare?- lei lo fece di nuovo. -Hai paura che Brad ti prenda sotto custodia- concluse, ma come affermazione non come una domanda. Melody acconsentì timorosa, mangiucchiandosi il suo labbro inferiore. Harry sospirò e l’abbracciò di nuovo. -Farò tutto il possibile per adottarti, parola mia- promise, sorridendole e confortandola allo stesso tempo. La bimba confermò le sue parole, cinghiandosi al suo collo, e lo ringraziò mentalmente. Lei ci credeva a quelle parole perché aveva un disperato bisogno di aggrapparsi.

Ciao a tutte :) 
Come state?
Eccovi il sesto capitolo di Night Changes.
La storia si inizia a fare complessa per Harry visto che Bad non vuole farsi da parte. Come ha detto Dakota, finirà in tribunale.
Comunque, che ve ne pare?
Spero che vi sia piaciuto. Se è così, lasciate una piccola recensione (accetto di tutto!) per avere un po' la vostra opinione fino a questo punto.
Prima di andarmente, volevo ringraziare: chi l'h messa tra preferiti/seguiti/ricordati; chi l'ha recensita e chi la legge solamente.
Un particolare ringraziamento ad una persona a me cara, _FallingToPieces_ , per il meraviglioso banner!
Ci si vede alla prossima.
Ciaooooo 
xx

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(Male :) )

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