Lost Souls

di _Kurai_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Prince without a reason to fight, the Princess lost in the dark ***
Capitolo 2: *** You are my illusion ***
Capitolo 3: *** Right Here ***
Capitolo 4: *** Long way to go together ***
Capitolo 5: *** The other half ***



Capitolo 1
*** The Prince without a reason to fight, the Princess lost in the dark ***


The Prince without a reason to fight, the Princess lost in the dark


Era da tanto, tantissimo tempo che non tornava in Giappone. Almeno 5 anni, mese più mese meno. Ed era da altrettanti anni che non inforcava la sua Time, rimasta a Chiba durante la sua permanenza a Londra, dove aveva acquistato un'altra road racer per continuare a gareggiare nelle competizioni di alto livello.

Gli sembrava di aver ritrovato una vecchia amica, la compagna fidata di uno dei periodi più belli che aveva vissuto, anche se ormai era tutto diverso. I suoi capelli non erano più lunghi oltre metà schiena ma leggermente scalati fino alle spalle, anche se erano ancora tinti di verde scuro, che era ormai il suo marchio; i suoi occhi piccoli e taglienti erano protetti da un paio di occhiali da sole, simili a quelli che indossava sempre Kinjou al liceo.

 

Nessuno sapeva del suo ritorno.

Aveva sperato quasi inconsciamente di trovare l'ex leader del club di ciclismo del Sohoku ad attenderlo in aeroporto, come la prima volta che era tornato in patria, ma questi aveva ormai finito gli studi all'università Yonan e avevano perso i contatti da qualche tempo - o meglio, Makishima non si era mai sforzato di scrivere tante mail e si limitava a rispondere ad alcune di quelle che gli venivano inviate con poche righe coincise e scarne - ma un giorno avevano semplicemente smesso di sentirsi, così com'era accaduto con i kohai della Sohoku e perfino con Tadokorocchi, anche se gli era arrivata una sua lettera il giorno del suo ultimo compleanno. Non aveva risposto.

Toudou, il suo vecchio amico e rivale di Hakone, gli aveva scritto assiduamente per un po', aveva minacciato di andare a trovarlo un paio di volte e aveva speso milioni di yen in telefonate intercontinentali, ma da qualche tempo anche lui aveva smesso di chiamare assiduamente. Yuusuke non era particolarmente dispiaciuto da questo, anche se negli anni un po' si era abituato e quasi affezionato a quel Jinpachi, nonostante quella sua spiccata attitudine allo stalking telefonico.

Non c'era una ragione particolare per il suo ritorno, semplicemente aveva bisogno di sentire un po' di aria di casa.

Da qualche tempo la vita stimolante nella capitale inglese gli sembrava vuota, senza significato. Nemmeno gareggiare gli regalava le stesse emozioni: aveva sempre detto di essere in grado di comunicare con gli altri solo attraverso la sua bici, ma qualche volta gli sembrava di parlare doppiamente un'altra lingua, di non poter più provare le stesse sensazioni di quell'ultimo Interhigh, così intense, così vere. Da allora di anni ne erano passati ormai otto, ed era arrivato a quel punto della vita in cui avrebbe dovuto decidere che cosa fare seriamente del suo futuro.

 

Credeva che si sarebbe adattato in fretta, invece era lentamente sprofondato nell'apatia, ed era anche rimasto indietro con gli studi. Il fratello gli aveva offerto un posto di lavoro, ma niente andava come avrebbe dovuto... poi anche lui aveva notato che qualcosa non andava in Yuusuke, e che la situazione non migliorava col tempo.

Quegli anni erano passati tra alti e bassi, e poi Makishima stesso si era reso conto che no, non poteva continuare così. Un biglietto sola andata per Narita, e poi il resto sarebbe venuto da sé. Era in Giappone già da tre giorni, e a casa sua non aveva trovato nessuno.

Logicamente, era arrivato senza preavviso - lasciando appena un biglietto sul frigo al fratello prima di chiamare un taxi per l'aeroporto - e i suoi dovevano essere nella casa in campagna, come solitamente in quel periodo dell'anno.

 

In quei giorni non aveva fatto altro che pedalare, pedalare, pedalare. Finché non gli cedevano le gambe, finché il cuore non minacciava di esplodergli nel petto.

Il terzo giorno aveva deciso che era il momento: avrebbe pedalato 150 kilometri fino ad Hakone facendo qualche tappa per riposarsi, per poi tornare lì, sull'Azami Line. Forse gli avrebbe fatto male, ma sentiva di averne bisogno. Voleva capire quel senso di vuoto e di incompletezza che aveva percepito negli ultimi tempi e superarlo, e voleva farcela da solo.

Enoshima non era cambiata affatto. Le immagini di quel primo giorno si sovrapponevano alla strada trafficata che si trovava a percorrere, e la sua mente ancora vedeva la linea dell'inizio, i cartelli, i fans e i semplici curiosi ai lati della carreggiata.

Non era mai stato particolarmente bravo sul piano, ma arrivò all'inizio di quel fatidico climber's stage prima di quanto immaginasse. Era partito prima dell'alba ed erano passate da poco le tre del pomeriggio, ma non faceva affatto caldo come quell'estate e sarebbe riuscito a pedalare a quel ritmo ancora a lungo, anche se non c'era alcuna fretta. Se non fosse arrivato al "traguardo" avrebbe cercato un luogo per pernottare e continuare il giorno seguente. Non doveva correre, voleva solo perdersi nei ricordi più a lungo possibile.

 

Inspirò a pieni polmoni l'aria fresca e frizzante di fine autunno, mentre cambiava la marcia con un gesto esperto e abituale all'inizio del dolce pendio dopo quella curva stretta che aveva visto la caduta di Onoda, durante il primo giorno di quell'Interhigh.

Sulle sue labbra sottili e quasi inesistenti si poteva intravedere un lieve sorriso, ora che rivedeva quelle montagne. Ripercorreva quei momenti in cui aveva tirato tutto il team Sohoku su per la ripida salita, prima di poter finalmente lottare fino allo stremo per quel checkpoint, che infine era stato vinto da Toudou per pochi istanti.

Ma era stato intenso e bellissimo, e non aveva più provato sensazioni simili, nonostante avesse gareggiato anche in diverse competizioni internazionali in Europa, seppur senza un team fisso. Se lo ricordava perfettamente, quel punto da cui avevano iniziato a competere fianco a fianco, dopo aver pedalato con tutte le sue forze per appianare quei tre minuti di distacco. Yuusuke poteva ancora sentire nelle orecchie i discorsi di Toudou di quel giorno, la contentezza disarmante che l'aveva preso una volta che l'aveva visto apparire dietro di lui, trasfigurandone l'espressione delusa in un grande sorriso.

 

La strada era libera, il silenzio quasi totale. Makishima strinse le manopole inferiori del manubrio, tendendo i muscoli delle gambe e sollevandosi dal sellino. Eccolo, il vecchio Peak Spider. I capelli iridescenti non ondeggiavano più a destra e a sinistra, ma il suo pazzo dancing era sempre lo stesso.

 

Toudou Jinpachi guidava da qualche ora. Non gli era mai piaciuto spostarsi in macchina, ma a volte era necessario. Non amava neppure quello stupido pickup con il logo dell'onsen gestito dalla sua famiglia, che tossicchiava sempre al momento di accelerare.

Un contrasto forte con il vecchio Jinpachi, che si faceva vanto della sua accelerazione silenziosa.

Sì, decisamente pedalare gli mancava.

Aveva dovuto guidare attraversando ben due prefetture con quello stupido catorcio bianco, da solo, col magone che a ogni stop minacciava di travolgerlo.

Aveva smesso di pedalare da due anni, e non aveva avuto scelta.

Aveva perfino tagliato i ponti con tutti, per non sentire più il richiamo di quel mondo, perché non avrebbe potuto resistere.

 

Suo padre si era ammalato all'improvviso, e lui, insieme alla sorella, era stato costretto a prendere le redini dell'attività, che lo volesse o no. Non c'era più tempo per correre.

I viaggi di ritorno dall'ospedale erano tutti così, solitari e pieni di pensieri bui. La madre ormai viveva stabilmente al capezzale del malato, e Jinpachi era totalmente solo. All'inizio si divideva i compiti con la sorella Nanako, che nel frattempo si era sposata, e qualche volta riusciva ancora a uscire per delle lunghe pedalate con i vecchi amici.

Da pochi mesi, però, Nanako aspettava un bambino e le era stato prescritto riposo assoluto, così adesso tutto il lavoro toccava a lui. Non poteva dire di odiare quella vita, perché comunque lì erano le sue radici, ma in certi momenti si sentiva soffocare, e non poteva farci nulla. Erano lunghissimi istanti in cui il respiro gli si spezzava, il cuore iniziava ad accelerare fuori controllo, e la sua mente andava come in blackout.

 

Non aveva ancora parlato a nessuno di quegli attacchi di panico, e a chi avrebbe dovuto dirlo? Doveva solo venirne a capo, come se fosse stato un pendio particolarmente ripido e dissestato, arrivare in cima e respirare di nuovo. Un'altra volta.

 

Ne stava arrivando un altro, lo sentiva chiaramente. Ma mancavano cinque chilometri scarsi al ryokan, se avesse accelerato un po' forse avrebbe potuto arrivare prima che esplodesse la crisi. Si sforzò di focalizzare tutta la sua attenzione su quei tornanti che conosceva come le sue tasche, e all'improvviso, girata una curva, davanti a lui si manifestò una visione che mai si sarebbe aspettato.

"Ormai sei da reparto psichiatrico Jinpachi, senza scampo" disse fra sé "ci mancano pure le allucinazioni adesso...".

Una bicicletta bianca, con in sella un ciclista alto e allampanato, avanzava in salita poco avanti a lui. Quel dancing non avrebbe potuto confonderlo con nessun altro, mai nella vita.

Si stropicciò gli occhi due, tre volte, e poi si impose di pensare che doveva essersi sbagliato. Superò il ciclista senza voltare lo sguardo, concentrandosi nel tentativo di prendere respiri lunghi e profondi per resistere all'attacco di panico che stava arrivando. Ma niente da fare, il mostro nel suo petto si era già svegliato. Con una sterzata brusca e senza mettere la freccia si accostò sul lato della strada, mentre già si sentiva soffocare come se i suoi polmoni fossero stretti in una morsa dentata. Goccioline di sudore freddo gli colavano sulla fronte, mentre, con gli occhi chiusi, attendeva che tutto finisse.

Finché, dopo un secondo, un minuto o un'ora, qualcuno bussò due volte al suo finestrino.

 

"Ehi, tutto bene?" Makishima aveva visto il pickup bianco superarlo e poi sparire dietro un tornante, poi, una volta superata la curva, l'aveva visto sterzare -quasi sbandare- bruscamente, nonostante l'assenza di ostacoli, e quindi fermarsi. Gli sembrò naturale immaginare che il guidatore avesse avuto un malore, o qualcosa del genere. E anche se di solito tendeva a lasciare che ci pensasse qualcun altro a fare il buon samaritano, stavolta doveva fermarsi. C'era qualcosa che lo attirava verso quell'auto, anche se non sapeva spiegarlo.

"Un sacco di film horror iniziano così" disse tra sé, con un sorrisetto strano.

L'uomo nella macchina era pallido, la testa incassata nelle spalle e i capelli corvini che gli nascondevano parzialmente il volto. Aveva gli occhi chiusi, ma dopo che ebbe bussato sul vetro alzò debolmente lo sguardo, aprendo un piccolo spiraglio tra le palpebre che lasciava intravedere due occhi blu che, nonostante le occhiaie, non erano cambiati affatto.

 

Un venticinquenne Toudou, incredibilmente privo del suo storico cerchietto che ai tempi della scuola era la sua firma e per qualche tempo lo era stato anche dopo, lo fissava dall'altro lato del finestrino, con negli occhi una muta richiesta d'aiuto e un barlume di genuina incredulità.

"JINPACHI?!" 


___


Rieccomi di nuovo a scrivere qui, mi sto a poco a poco innamorando di questo fandom e ormai non riesco a fare a meno di scrivere sui miei precious babies çAç <3 Spero di aver incuriosito qualcuno con questo primo capitolo e che qualche creaturina adorabile mi lasci qualche recensione magari, ci tengo a sapere cosa ne pensate e a ricevere spunti per migliorare!

Grazie per aver letto fin qui e alla prossima! (*゜▽゜ノノ゛☆

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Capitolo 2
*** You are my illusion ***


You are my illusion

"Maki-chan...?"

L'ex climber tirò giù il finestrino, e solo schiacciare quel pulsante gli sembrò uno sforzo enorme. La sua voce era un sussurro esitante e tremava un po'. Niente a che vedere con quel suo tono esageratamente alto e con una nota un pochino fastidiosa, a cui Yuusuke aveva fatto l'abitudine, e che non aveva mai dimenticato.

Il giovane uomo dai capelli corvini abbassò lo sguardo, preso da un brivido improvviso, e si portò la mano al petto.

 

"Jinpachi..."
Yuusuke non sapeva cosa dire, se non ripetere il nome dell'ex rivale con una nota di reale preoccupazione nella voce e un interrogativo ovvio e inespresso. Non capiva.

 

Toudou in uno sprazzo di lucidità decise che non poteva sopportare di farsi vedere così proprio da lui. La sensazione era così insopportabile che gli faceva più male del senso di soffocamento che gli pesava sul petto. Doveva tornare proprio in quel momento, per vederlo completamente perso e assistere alla sua sconfitta, per assistere allo spettacolo di colui che era stato il dio della montagna che si rompeva in mille pezzi? Che scherzo del destino... Il cuore sembrava battergli in gola, tra un'ondata di nausea e l'altra, e non trovava la forza di rispondergli. Non era nemmeno sicuro fosse reale, in fondo.

 

Makishima iniziò a frugare nella tasca posteriore del jersey verde brillante alla ricerca del cellulare, preoccupato dall'assenza di risposte dell'altro.

Aveva già composto il numero per le emergenze e aveva portato il telefono all'orecchio quando la mano di Jinpachi gli afferrò il polso con una stretta disperata.

"Non è... necessario... sta già passando. E poi tu sei un'allucinazione, e le allucinazioni non fanno telefonate." disse piano tra un respiro spezzato e l'altro, con un'espressione indecifrabile.

"Non ho grandi certezze al momento, ma una di queste è che sicuramente non sono un'allucinazione, sho!"

Non si era nemmeno accorto di aver utilizzato di nuovo quel suo tipico intercalare che ormai da tanto non pronunciava più, perché a Londra anche col fratello parlava quasi sempre inglese, per esercitarsi.

Toudou aveva parlato con gli occhi socchiusi e le labbra strette, cercando in tutti i modi - senza risultati - di nascondere il suo malessere. Ma le mani strette a pugno con le unghie affondate nei palmi tradivano il suo sforzo.

Yuusuke continuava a non sapere cosa fare, ma ora che aveva ritrovato un frammento del suo passato non poteva abbandonarlo. Non sapeva cosa stesse succedendo a Jinpachi, ma non aveva alternative.

E così, nel tentativo di distrarlo e farlo calmare, iniziò a raccontare.

Lì, immobile, appoggiato al finestrino semiaperto del pickup, sul limitare di una strada di montagna poco trafficata, nel pieno di un pomeriggio autunnale. Sfiorò con il pensiero la sensazione di vuoto degli anni che aveva passato lontano, poi riportò alla mente i momenti che avevano passato insieme gareggiando uno contro l'altro proprio su quella strada... parlò ininterrottamente per un tempo che gli parve infinito, finchè la sua voce non iniziò a sembrargli estranea, rivivendo i ricordi ancora nitidi di quei tre giorni.

Il viso di Toudou iniziò a rilassarsi, e le unghie lasciarono il posto a dieci mezzelune rosate sui palmi delle mani. Anche lui tornò con la mente a quei momenti, riacquistando molto lentamente un respiro regolare e un colorito meno terreo. Quando Makishima riemerse dal suo piccolo viaggio nel tempo non programmato, l'ex rivale si era addormentato.

 

Yuusuke indugiò per un istante a guardare il suo petto che si sollevava e abbassava ritmicamente e poi il suo viso, ora disteso ma leggermente diverso da come lo ricordava, anche se non sapeva dire in che modo.

Che doveva fare ora? Andarsene per la sua strada e lasciare che si svegliasse e pensasse di aver sognato tutto? O restare lì come un idiota a guardarlo dormire sul sedile, appoggiato al finestrino, per controllare che stesse effettivamente meglio? Ma poi, perché si stava preoccupando tanto?

Il sè stesso di quegli anni probabilmente avrebbe scelto la prima via, e forse anche il Makishima adulto

.ma poi davvero si sentiva adulto?

Non era forse rimasto intrappolato in quella dimensione di limbo da dopo la fine del liceo?

 

l'avrebbe scelta, in un altro momento ma... le sue gambe non volevano muoversi da lì, e ci mise qualche secondo di troppo anche ad accorgersi che aveva iniziato a piovere.

 

Dapprima erano minuscole gocce, quasi impercettibili e sottili come fili di ragnatela, poi iniziarono ad aumentare d'intensità, mentre Yuusuke si guardava intorno in cerca di un riparo. Jinpachi stava ancora dormendo, cullato dalla ninnananna delle gocce sul tetto del pickup. Dopo un istante infinito e qualche brivido dovuto ai goccioloni nella schiena, Makishima decise, con un sospiro. Aprì la portiera opposta, si sedette al posto del passeggero e si posò il caschetto e gli occhiali in grembo. Probabilmente a Toudou sarebbe venuto un infarto a vederlo lì, ma la pioggia era ormai così fitta che pedalare ancora sarebbe stata una mossa suicida, e non c'era altro luogo dove ripararsi.

Il silenzio nell'abitacolo era totale, tanto che poteva sentire chiaramente il battito del suo stesso cuore armonizzarsi con la musica della pioggia. Per un po' guardò fuori dal finestrino la TIME appoggiata al cavalletto di fianco all'auto, pensando ad un'altra giornata piovosa in cui era stato costretto a fermarsi, anche se, quella volta, Toudou era andato avanti.

 

Da quando era diventato così sentimentale e ancorato ai ricordi?

 

Stava iniziando a dubitare che quel viaggio fosse stato davvero una buona idea.

All'improvviso Toudou disse qualcosa nel sonno, facendolo sobbalzare e girare di scatto. L'ex climber di Hakone non si era svegliato, e Makishima si ritrovò a sospirare di sollievo. Accarezzare con lo sguardo i tratti di Jinpachi, efebici e delicati, anche se per un solo attimo, gli calamitò lo sguardo, suo malgrado. Quando Toudou stava zitto la ragione del soprannome "Sleeping Beauty" era evidente, e si sorprese lui stesso a formulare questo pensiero.

L'orologio del cellulare segnava quasi le cinque del pomeriggio. Davvero era passato tutto quel tempo? La pioggia non accennava a smettere né a diminuire. I finestrini erano ormai tutti appannati, il sole del mattino che aveva visto sorgere seduto sul sellino della sua bici era già un ricordo, e in un paio d'ore sarebbe stata sera.

Sospirò di nuovo.

Chissà se a casa di Toudou c'era qualcuno che lo stava aspettando, preoccupato del fatto che stesse tardando.

Forse avrebbe dovuto svegliarlo... in fondo non era nemmeno molto sicuro restare lì, parcheggiati sul limitare di una strada stretta, appena dietro una curva con visibilità zero.

Se solo negli anni passati a Londra avesse preso la patente, avrebbe potuto guidare lui fino a casa di Jinpachi, ma essendoci stato una sola volta non era comunque sicuro di ricordare il tragitto. Aveva sempre temporeggiato, e ora ne pagava le conseguenze.

 

Gli sfiorò una spalla, sperando di non svegliarlo di soprassalto.

In fondo la bella addormentata aveva già dormito un bel po'.

 

Toudou percepì il tocco nel dormiveglia e iniziò a riprendere contatto con la realtà e a mettere insieme brandelli di memoria. In un attimo di confusione gli sembrò di sentire una presenza di fianco a lui, nella macchina.

No, ne era certo.

C'era davvero qualcuno, ma la sua mente ancora si rifiutava di dare coerenza alle sue sensazioni, i suoi occhi umidi di lacrime che non ricordava di aver versato non erano ancora sicuri di aprirsi. Aprirsi e magari scoprire che non c'era nessuno, che si era immaginato quella voce così particolare, tagliente e un po' strascicata, che gli era tornata alla mente dopo anni.

 

Gli era già capitato di tornare con la memoria a quel periodo felice della sua vita per calmarsi quando aveva avuto altri attacchi prima di quello, anche se normalmente cercava di tener chiusi fuori i ricordi per non provare troppa nostalgia, ma non era mai stato così vivido e intenso.

Gli sembrava perfino di sentire quel profumo così particolare che aveva imparato ad associare a Makishima, un misto di menta e un'indefinita sfumatura di cannella o qualcosa di simile. Aveva sempre pensato che fosse il suo shampoo, visto che era più forte quando i capelli del Peak Spider ondeggiavano nel vento.

Si stropicciò gli occhi, pronto all'impatto con la realtà. Ovviamente non ci sarebbe stato nessuno accanto a lui, Maki-chan l'avrebbe avvisato se fosse seriamente tornato in Giappone... o forse no? In fondo lui stesso aveva smesso di scrivergli e chiamarlo, perchè ricordare che lui era così lontano mentre Jinpachi si sentiva così solo gli faceva male, e a forza di rimandare per un motivo o per l'altro non era più riuscito ad andare a trovarlo, e tutti i suoi sentimenti si erano come anestetizzati. Pronti a risvegliarsi sotto la cenere, e a fare ancora più male.

 

Talvolta aveva pensato a Makishima con rimpianto, talvolta quasi con gelosia e irritazione: chissà com'era bello gareggiare al Tour de France, al Giro d'Italia, alla Vuelta d'España e confrontarsi con professionisti di alto livello oltreoceano... lui aveva abbandonato quel sogno ormai, ma non riusciva a lasciarlo andare del tutto. Forse non ci sarebbe mai riuscito davvero.

Infine, dopo un'ultima breve immersione nei suoi pensieri, si decise a svegliarsi del tutto e aprire gli occhi.

 

Yuusuke era davvero lì, il suo profumo, il calore della sua mano sulla spalla, la sua voce, tutto era reale.


___

Grazie a tutti quelli che hanno letto questi primi due capitoli... mi scuso per aver aspettato un po' ad aggiornare ma tra il tirocinio e gli esami ho poco tempo per pensare ai miei precious babies... beh, rimedierò presto uwu

Alla prossima!

_Kurai_

 

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Capitolo 3
*** Right Here ***


Right Here

I can see every tear you've cried
like an ocean in your eyes
All the pain and the scars have left you cold
I can see all the fears you face
through a storm that never goes away
Don't believe all the lies that you've been told

Per un lunghissimo istante, entrambi rimasero a guardarsi senza sapere cosa dire, come reagire.

Fuori aveva ormai quasi smesso di piovere, ma in quel momento l'interno di quel pickup con il rivestimento grigio macchiato di umidità era un mondo a parte, lontano mille miglia da lì.

Erano loro, ma non erano più gli stessi.

Lo Sleeping Beauty dell'Hakone Gakuen e il Peak Spider del Sohoku High erano cambiati, cresciuti, avevano perso qualcosa lungo la strada, ma si erano di nuovo incontrati lì.

Gli occhi di Jinpachi in un attimo si svuotarono di tutta la nebbia e qualcosa in fondo a suo sguardo si accese come un falò estivo.

Ora ricordava chiaramente, anche se c'era ancora qualcosa di confuso, come appannato. Non erano solo i vetri, su cui Yuusuke aveva scarabocchiato distrattamente mentre aspettava il suo risveglio. Ci mise qualche minuto ad accorgersi che erano lacrime. Di nuovo.

Si concentrò sullo sforzo di trattenerle per non compromettere ulteriormente la sua immagine agli occhi di Makishima, ma non poteva semplicemente arginare tutti quegli anni di nostalgia e rimpianto, di parole non dette perché troppo pesanti per attraversare l'oceano, troppo intime, profonde e importanti per essere pronunciate al telefono. Era semplicemente...troppo.

Makishima vacillò.

Era già la terza volta in poche ore che veniva spiazzato a tal punto da fare qualcosa che no, decisamente non era da lui.

Si accorse di averlo abbracciato istintivamente solo quando lo spazio tra di loro era già azzerato, la faccia di Jinpachi era affondata nella sua spalla e il calore del suo corpo era decisamente vicino.

Yuusuke non aveva mai amato il contatto fisico e le manifestazioni d'affetto, e per un istante rimase sconvolto dalla sua stessa azione.

I'll be right here now
to hold you when the sky falls down
I will always
be the one who took your place
When the rain falls I won't let go
I'll be right here

 

Poi, nel silenzio imbarazzato rotto solo da qualche singhiozzo che sfuggiva al controllo di Jinpachi, la consapevolezza lo colpì come una botta in testa.

Nonostante tutto, nonostante le mille cose che non riuscivano a dirsi se non nell'unico modo in cui avevano imparato a comunicare, nonostante ancora si sentisse a disagio per quella situazione così assurda... quel vuoto che aveva sentito negli ultimi anni, in un punto imprecisato tra il costato e la bocca dello stomaco, sembrava essersi riempito.

"Se avessi saputo che avresti reagito così ti avrei lasciato dormire ancora un po', sho..." alzò gli occhi al cielo, notando solo in quell'istante che la pioggia era cessata e lontano, tra le montagne, era spuntato un piccolo arcobaleno.

 

"Scusa Maki-chan..." Toudou si staccò leggermente, cercando di evitare lo sguardo di Yuusuke "non volevo che mi vedessi così, mi hai sorpreso in un momento... complicato" cercò di spiegare, tirando su col naso.

Si asciugò le lacrime con una manica della maglietta, cercando di riprendere un contegno.

Chissà cosa avrebbe pensato Fuku a vederlo così: in quel momento non avrebbe potuto proprio essere definito "tsuyoi". Ma ormai non lo vedeva da quasi due anni, come tutti gli altri.

"E di cosa dovresti scusarti esattamente, sho? Se comunque sono di troppo e tu stai meglio ora io andrei, volevo fare almeno ancora una ventina di chilometri entro sera..."

Yuusuke fece un passo indietro, turbato da quel Toudou così diverso e privo di difese, ma comunque ostinato a tentare disperatamente di nascondere la sua debolezza... il vecchio Makishima, quello che fuggiva davanti alle situazioni complicate nei rapporti interpersonali, quello che non sapeva gestire le emozioni proprie e altrui senza sentirsi a disagio, quello che stava sempre in disparte in qualsiasi contesto che non fosse il road racing, iniziava a premere per uscire allo scoperto.

La stretta sul suo polso fu improvvisa e quasi dolorosa.

"No, non andare via, per favore... il ryokan è vicinissimo e poi per un bel pezzo di strada non ci sono posti dove passare la notte, rischieresti di trovarti in mezzo al nulla col buio... e poi hai tutta questa fretta di salutarmi, Maki-chan?" Per un attimo riapparve anche il vecchio Toudou, che fino ad allora era rimasto nascosto chissà dove. "Metti la bici nel cassone dietro, non accetterò una risposta negativa".

"Se la metti cosi credo proprio di non poter rifiutare, sho..." sospirò, inclinando leggermente gli angoli della bocca. Scese dalla macchina e si massaggiò le gambe intorpidite, poi sollevò la TIME e la sistemò premurosamente nel retro del pickup.

In pochi minuti erano davvero arrivati.

Toudou sembrava essersi trasformato, o meglio, sembrava essere tornato il Toudou di sempre, come se non fosse successo nulla. Non aveva smesso di parlare per un istante dal momento in cui Makishima si era seduto di nuovo accanto a lui nell'auto dopo aver sistemato la bici. Si sentiva lo stesso che qualcosa non andava, come una nota troppo aspra in un dolce, ma Yuusuke finì comunque per farsi trascinare via dal suo entusiasmo, reale o ostentato che fosse.

Arrivati sulla porta del ryokan indugiò con lo sguardo sul cartello “Chiuso per motivi familiari” fissato all'ingresso, fece per staccarlo ma poi cambiò idea.

Non era previsto l'arrivo di ospiti, quella sera. Chiudere per una notte non sarebbe stato un grosso danno, in fondo.

Yuusuke lo notò ma non disse nulla. In fondo anche a lui non dispiaceva non dover condividere il tetto con degli sconosciuti, e visto il malessere di Jinpachi di qualche ora prima era un bene che non si stressasse oltre. E... forse non gli dispiaceva nemmeno restare lì un po' da soli. Era come se qualcosa gli stesse sfuggendo, ma percepiva comunque quella nota che li accomunava, che li aveva sempre accomunati sin da quella prima gara in cui avevano combattuto uno contro l'altro, farsi sempre più forte. Era impossibile non percepirla, ma era una sensazione a cui non sapeva dare un nome.

 

A Londra si era sentito come in una bolla. Una bolla iridescente e caleidoscopica di esperienze, ma gli era sempre mancato qualcosa. Aveva gareggiato nelle più importanti corse ciclistiche europee, ma non si era mai piazzato nei primi posti. Aveva cambiato diversi team, aveva tentato di provare l'adrenalina della competizione più e più volte, ma non era mai stata la stessa cosa. Aveva frequentato l'università, conosciuto gente, lavorato a fianco del fratello Ren per qualche anno ma era come vivere la vita di un altro. A volte si era sorpreso lui stesso a fissare quel nuovo cellulare che gli aveva regalato Ren, con una rubrica che pian piano si era riempita di nomi scritti in romaji, che per lui significavano poco o niente. Solo persone con cui condividere parole vuote. Forse quelle telefonate quasi ossessive gli erano davvero mancate.

Per quanto ai tempi della scuola ogni tanto le considerasse oggettivamente una seccatura, non aveva mai buttato giù, aveva sempre ascoltato quei fiumi di parole che Jinpachi riversava nel telefono. Per quanto il più delle volte rispondesse a monosillabi, a volte se Toudou non lo chiamava per qualche giorno si sorprendeva a provare qualcosa di simile alla preoccupazione.

Quando Yuusuke, inghiottito dalla routine londinese, si era accorto che non lo sentiva da mesi, che poi erano diventati anni, aveva pensato che avesse trovato qualcosa di meglio da fare, che fosse felice.

Invece, evidentemente, si era sbagliato.

E no, nemmeno lui era felice.

 

Il ryokan era esattamente come lo ricordava. Era bello vedere come sembrava che nulla fosse cambiato, anche se in realtà era cambiato tutto. Sembrava solo aleggiare nelle stanze un'aria diversa, ma non sapeva definirla.

Toudou era sparito in un ripostiglio attiguo all'ingresso già da qualche minuto, lasciandolo solo con le sue riflessioni. Quando uscì aveva in mano due yukata e due asciugamani.

Yuusuke accolse la proposta inespressa con gratitudine, e seguì Jinpachi nell'onsen. L'acqua calda gli fece ricordare di colpo quanti chilometri aveva percorso, regalandogli sollievo.

 

“Non avresti dovuto tagliarli, erano così belli...” Toudou parlò per la prima volta da quando erano entrati, accennando ai capelli di Makishima, che sfioravano appena il pelo dell'acqua.

“E allora tu? Cosa ti ha portato ad abbandonare il tuo simbolo? Ho rischiato quasi di non riconoscerti, senza cerchietto, sho”

Jinpachi si rabbuiò per un istante. “Non lo metto più da quando ho smesso di pedalare” disse piano, cercando di guardare in qualsiasi posto che non fossero gli occhi di Makishima, ma venendone comunque irresistibilmente calamitato.

Yuusuke non riuscì a celare la sua espressione incredula e sinceramente dispiaciuta. Non riusciva a sopportare di vederlo così giù di morale, e confrontarlo con quel concentrato umano di entusiasmo ed esaltazione che ricordava dai tempi del liceo lo confondeva.

“Come vedi, devo gestire la baracca da solo. Non c'è più tempo per gareggiare, e ormai ho perso l'occasione di fare del ciclismo la mia vita. Gli altri sono andati avanti, e io sono rimasto qui. Tu eri a Londra e negli ultimi anni non ho avuto il coraggio nemmeno di sentirti perchè... sarei stato obbligato a pensare a tutto quello che avrei potuto avere” si interruppe per emettere un piccolo sospiro, che si perse nel vapore. “Allo stesso tempo mi sento un ingrato, perchè mio padre sta male e mia madre soffre, mentre io sono qui a portare avanti il loro lavoro che mi ha mantenuto fino ad ora e non faccio che lamentarmi... non è ironico, Maki-chan?”

“Scusami... non potevo immaginarlo, Jinpachi... non avrei voluto obbligarti a parlarne, davvero” Makishima arrancò, cercando disperatamente un modo per evitare che il suo vecchio rivale piombasse nuovamente nel baratro, senza trovarlo.

“Tranquillo, prima o poi lo accetterò” minimizzò Toudou “scusami tu se ti ho accolto con questo muso lungo, dopo tutti questi anni meritavi di sicuro un'accoglienza migliore ma... ecco, il nostro incontro non era esattamente previsto...” concluse, indossando il miglior sorriso convinto che avesse.

“Sono fuggito da Londra senza guardare indietro, non ho avvisato nemmeno i miei né mio fratello, anche se a quest'ora dovrebbe averlo scoperto per quanto ormai passi giorno e notte nel suo atelier... E ho pensato anche io di smettere di pedalare, qualche volta. Continuavo a non fare progressi, come se non riuscissi a trovare la motivazione giusta, ad essere me stesso... ti cercavo con lo sguardo tra i climbers dei team avversari, e ogni volta inconsciamente rimanevo deluso. Magari ti stupirai di sentirmelo dire, ma sono tornato qui ad Hakone solo sulla scia dei ricordi di quell'ultimo Interhigh. Negli ultimi tempi continuavo a sognarlo ripetutamente, e a svegliarmi con un senso come di... nostalgia, di incompletezza, un peso alla bocca dello stomaco. E non capivo, sho...”

“Vuoi dire che ti sono mancato almeno un po', Maki-chan?”

Makishima rimase in silenzio. Doveva ammetterlo? Ammettere che non aveva più provato le stesse sensazioni dopo quell'ultima volta che si erano visti? Che non aveva trovato il coraggio di parlargli a quattr'occhi prima di partire perchè temeva di cambiare idea all'ultimo secondo? Doveva lasciar cadere le sue difese, quelle che aveva costruito nei lunghi anni lontano da casa, che impedivano a chiunque di guardargli dentro? O doveva glissare, e continuare a non pensarci?

“Le tue chiamate alle tre del mattino non mi sono mancate molto, sho” rispose, accennando ai primi tempi dopo il suo trasferimento, quando Jinpachi non riusciva a prendere atto dell'esistenza di complicazioni trascurabili come il fuso orario.

"...sono cose che capitano, Maki-chan"

"...tre volte di seguito?"

Scoppiarono a ridere insieme, alleggerendo la tensione. La risata di Yuusuke era sempre la stessa, breve come un acquazzone estivo, e così il suo sorriso maldestro che non sembrava mai abbastanza convinto.

Toudou si perse a indugiare sulla curva del suo collo, sulle spalle che sembravano più larghe di quanto ricordasse, poi sul viso. I tratti di Makishima sembravano più maturi, ma forse era lo sguardo a essere diverso.

Si sentì a disagio all'improvviso. Aveva fatto bene a insistere per invitarlo a casa e a iniziare quel discorso? Sapeva già benissimo dove sarebbe arrivato, e sapeva di non poter evitarlo.

Cosa avrebbe fatto dopo? Yuusuke sarebbe tornato a Londra, lo avrebbe lasciato di nuovo lì, da solo a riflettere su quello che non poteva essere.

Il vapore si era dissipato del tutto, e rimasero entrambi in silenzio per un po', la pelle nuda e senza difese lambita dall'acqua calda.

 

Jinpachi fu il primo ad alzarsi per uscire dalla vasca. Non sapeva se per il troppo calore (ma quando cresci in una stazione termale impari a capire quanto puoi sopportare), per i pensieri bui che minacciavano di nuovo di sopraffarlo o per il fatto che non toccava cibo dal mattino (ogni volta che andava in ospedale dal padre non riusciva a mettere nulla nello stomaco), ma si sentiva la testa particolarmente leggera.

Makishima si avvolse meticolosamente l'asciugamano candida intorno ai fianchi, mentre piccole goccioline tracciavano sentieri sulla sua pelle serica.

Toudou recuperò i due yukata dal lato opposto della stanza, da bravo padrone di casa.

 

E poi fu come al rallentatore.

Un giramento di testa, un piede in fallo, e per un attimo Jinpachi vide tutto bianco. Gli yukata scivolarono sul pavimento, ma lui non cadde in avanti.

La presa forte di Makishima, inattesa per delle braccia così esili, lo trattenne al volo.

La prima cosa che vide quando rimise a fuoco erano gli occhi piccoli e azzurri di Yuusuke, che tradivano una certa preoccupazione, a pochissima distanza dai suoi.

Nella sua testa suonava un campanello d'allarme.

Lo ignorò.

Aveva già aspettato troppo tempo, ed era troppo forte l'urgenza di fargli capire che più della mancata carriera ciclistica, più della vita piatta e monotona che si era ritrovato a vivere, quello che gli aveva fatto più male era la sua lontananza.

Prima che i riflessi allenati di Makishima potessero reagire, le labbra di Jinpachi sfioravano già le sue, in un bacio che racchiudeva al suo interno tantissime parole non dette.

Yuusuke rimase congelato sul posto.

Le labbra di Toudou erano umide e fresche, gli occhi socchiusi e le guance ancora arrossate per il bagno bollente.

Makishima ci mise un istante lunghissimo a capire che non aveva nessuna intenzione di rifiutare quel contatto. Inclinò leggermente la testa da un lato e dischiuse le labbra sottili, accogliendo quel bacio pieno di significato. Nella stanza, solo i due yukata abbandonati sul pavimento umido assistevano alla scena.

 

I will show you the way back home
never leave you all alone
I will stay until the morning comes
I'll show you how to live again
and heal the brokenness within
Let me love you when you come undone


 


Ecco che finisce anche questo terzo capitolo! Doveva essere l'ultimo, ma penso che ce ne saranno almeno altri due perchè amo troppo Toudou e Makishima e soffro nel dovermene separare ç_ç 
La canzone che ho citato in alcuni punti è Right here degli Ashes Remain (che dà anche il titolo al capitolo), ha un testo meraviglioso e man mano che scrivevo mi sono accorta di quanto calzasse, quindi ho deciso di inserirla. Per questo vi consiglio di metterla come sottofondo durante la lettura, perchè fa atmosfera u.u
Concludendo, un grazie enorme a GrammarNazi95 per la recensione e spero che questo capitolo non abbia deluso le tue aspettative ^^''


Alla prossima! 

_Kurai_

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Capitolo 4
*** Long way to go together ***


Long way to go together

Gli occhi chiusi di Makishima furono la prima cosa che vide il mattino dopo.
Non era stato un sogno. Era coricato di fianco a lui, e il suo petto ancora nudo e dalla pelle chiarissima si sollevava e abbassava ritmicamente a tempo con il suo respiro.

I suoi pensieri erano ancora un po' slegati mentre si faceva cullare dagli ultimi brandelli di sonno e faceva fatica a ricordare l'esatto ordine degli eventi che li avevano portati lì, a quel punto... però ricordava ancora benissimo il sapore di quella pelle, un po' confuso con quello dell'acqua termale, e anche la sensazione tattile dei piccoli e numerosi nei sulla schiena di Yuusuke, che aveva giocato a unire con un dito inventando sempre disegni diversi. La pelle del Peak Spider era calda, e si era abituato così tanto al contatto che non riusciva a immaginare di alzarsi.

Richiuse gli occhi, cercando di riprendere sonno, anche se già timidi raggi di sole rilucevano fuori dalla finestra.
Quel bacio aveva innescato qualcosa che aveva covato per anni sotto la cenere dell'apatia quotidiana, qualcosa che entrambi avevano messo a tacere.

Qualcosa di cui Makishima nemmeno si era accorto, in tutto quel tempo.
 

Yuusuke era sveglio, cosciente, ma una volta aperti gli occhi avrebbe lasciato quel fantastico mondo di limbo in cui non devi pensare alle conseguenze delle tue azioni. Gli sembrava tutto così giusto in quel momento, a livello istintivo, ma temeva che una volta sveglio sarebbe stato tutto diverso. Tutti quei muri e quelle difese che si era costruito intorno non potevano crollare tutti insieme.

 

O forse sì, facendo pressione sul punto giusto.
 

Percepiva il contatto col corpo nudo di Jinpachi, sotto le lenzuola del futon, ed era tutto così reale, ineluttabile, diverso.
Nessuno dei due aveva immaginato che sarebbe andata così, ma era come se la matassa che li legava e imprigionava entrambi avesse iniziato a sciogliersi. Da soli non erano riusciti a liberarsi da quelle catene che li ancoravano al passato, ma insieme forse era possibile.

 

Poi, nel silenzio, un rumore inequivocabile ricordò a entrambi che erano a digiuno da tantissime ore, e che l'esercizio fisico supplementare non aveva aiutato la cosa. Yuusuke aprì gli occhi, imbarazzato dal brontolìo del suo stomaco che aveva tradito il suo essere sveglio.

"Maki-chaaan... Hai fame?"
La risposta fu un grugnito mezzo sonnacchioso di approvazione, che voleva essere uno "sho" ma non uscì come avrebbe dovuto, a causa della lingua impastata dal sonno e ancora memore del sapore di quella dell'altro.
Toudou si alzò, sfiorò il braccio di Makishima con una carezza e sparì verso la cucina.

 

Ed eccola, la forza della realtà che ti schiaccia, che arriva senza farsi annunciare e senza farsi attendere. Yuusuke prese a fissare il soffitto, chiedendogli se aveva davvero appena trascorso una notte di sesso con una persona che credeva ormai appartenere al passato, un amico, un rivale, una fonte di motivazione certo ma... quando era diventato qualcosa di più?

E perché si sentiva così bene, nonostante prima di quel momento non avesse mai pensato a Toudou in quei termini?
Il soffitto continuò a non rispondergli.
Sollevò un braccio portandosi la mano alla fronte e sospirò, ma stava quasi sorridendo.

 

Mentre con gesti automatici ed ormai esperti preparava riso, uova, verdure e tè matcha per la colazione, il pensiero di Toudou era lontanissimo da lì. Rischiò un paio di volte di scottarsi e poi di tagliarsi un dito mentre affettava le verdure, ma non riusciva a concentrarsi su quello che stava facendo. Non riusciva a capacitarsi che lui fosse lì, a così poca distanza, e che avesse accettato quei sentimenti che Jinpachi per tanti anni aveva seppellito sotto montagne di parole.

Tutta l'angoscia e la sensazione di prigionia che avevano dominato le sue giornate negli ultimi tempi erano ormai ridotte a un retrogusto quasi impercettibile, travolte da così tante emozioni che faceva fatica a contenerle tutte. Non si accorse nemmeno che Yuusuke gli era arrivato alle spalle e lo guardava cucinare, assorto.
 

"Non vorrei mettere in dubbio le tue capacità culinarie, ma stai per mettere il curry nel tè, sho"
"...oh. Ero sovrappensiero, grazie per aver evitato il disastro" rise Toudou, imbarazzato, e voltò la testa verso Makishima, che indossava un paio di boxer stranamente sobri e una maglietta che gli aveva spedito proprio Jinpachi come regalo per il primo compleanno che aveva passato a Londra.
Toudou finse di non averlo notato, ma sorrise leggermente.
Una volta finito di preparare la colazione, il padrone di casa dispose i piatti sul tavolo e i due iniziarono a mangiare, piombando in uno strano silenzio intervallato dal rumore del legno delle bacchette sulle ciotole di ceramica.
Prima o poi sarebbe arrivato il momento di parlare seriamente di quello che era successo, ma nessuno dei due sembrava voler tirare fuori il discorso per primo.

 

E se fosse stato solo un caso, una distrazione, una via di fuga momentanea dal presente? Se le condizioni particolari e la solitudine di entrambi, unite alla scintilla di quel bacio (e all'eccitazione resa evidente dal fatto che in quel momento entrambi erano coperti solo da due asciugamani) avessero innescato l'amplesso di quella notte, per poi spegnersi e tornare nell'oblio per sempre? Se Makishima si fosse pentito e fosse ritornato a Londra, reputando di aver chiuso in qualche modo i conti col passato? E se lo avesse assecondato solo perché gli aveva fatto pena? Toudou tra un boccone e l'altro si ritrovò nuovamente ostaggio della sua stessa mente, che intendeva ricominciare a torturarlo approfittando del momentaneo silenzio di Makishima, che celava chissà quali pensieri dietro quella sua solita espressione enigmatica.

 

Finirono di mangiare quasi nello stesso istante, ed entrambi alzarono lo sguardo aspettandosi che l'altro parlasse. Avrebbe potuto diventare una battaglia di sguardi infinita, perfettamente paragonabile per la tensione a quel famigerato climber's stage. Toudou non cercava conferme ai suoi pensieri disfattisti ma gli bastava sapere che Makishima sarebbe rimasto, almeno per un po'. Non era più un diciassettenne che credeva al "per sempre", ma dopo tutti quegli anni di attesa almeno un piccolo premio gli spettava, no?
 

Alla fine il primo a parlare fu Yuusuke, ma non disse nulla di quello che l'altro si aspettava.
"Sembra un'ottima giornata per un po' di climbing." disse con una leggera esitazione, lo sguardo fisso quasi di sfida rivolto a Jinpachi "C'è ancora una rivincita in ballo, no?"
Per qualche istante Toudou rimase senza parole. Inizialmente ebbe paura, perché tornare a pedalare anche solo per un giorno avrebbe significato una sofferenza maggiore al momento del ritorno alla routine, oltre al fatto che era indubbiamente fuori allenamento.

Poi capì.

Quella era la risposta migliore che Makishima avrebbe mai potuto dargli.

Per lui l'avrebbe fatto senza voltarsi indietro, senza pensare al momento in cui quella bolla di felicità sarebbe scoppiata.
"E allora è deciso, sho! Le montagne non aspettano!" Esclamò Yuusuke alla risposta affermativa di Toudou, trascinandolo con sé in quell'inusuale attacco di entusiasmo.
Poi il Peak Spider sparì nella camera da letto, e tornò con il piccolo zaino che aveva come unico bagaglio. Quello che ne tirò fuori era inconfondibile e a Toudou uscì quasi un moto di commozione. Il giallo di quel jersey faceva male agli occhi come sempre. Le scritte erano leggermente scolorite ma non era rovinato, come se fosse stato mantenuto quasi intatto appositamente per quell'occasione. Al che Jinpachi si alzò in un impeto di decisione (facendo tremare tutte le ciotole sul tavolo) e allungò quasi istintivamente la mano verso Yuusuke, che la strinse altrettanto istintivamente.

 

"Devo mostrarti una cosa."
 

Attraversarono tutta la grande casa in stile tradizionale fino a raggiungere una porta diversa dalle altre, chiusa a chiave e con un cartello

"Privato - Vietato l'ingresso".

 

Quell'angolo era meno illuminato del resto del corridoio, il che insieme alla grave solennità con cui Toudou infilò la chiave nella toppa strappò una battuta piuttosto macabra a Makishima

"Non è che si tratta di una specie di stanza degli orrori dove nascondi i cadaveri dei climbers che hai sconfitto, sho?"
"...MAKI-CHAN!" rise Jinpachi, con la mano che tremava leggermente nell'aprire la porta.
La stanza all'interno era piuttosto grande. Diversi scaffali ospitavano un gran numero di trofei e coppe coperti da un sottile strato di polvere, e su quello più basso stavano, accuratamente piegati, diversi jersey bianchi e blu dei tempi dell'Hakogaku. Appoggiata a due supporti, al centro
della stanza, troneggiava la sua vecchia Ridley, anch'essa vestita di un'impalpabile patina di polvere. Si sentì subito in colpa per non aver aperto quella stanza negli ultimi due anni, non capiva come avesse fatto a resistere.
In realtà non aveva smesso di pedalare di colpo, dal giorno alla notte. Per qualche anno dopo il liceo aveva gareggiato con un team a livello professionistico e aveva continuato periodicamente a tenersi in contatto con Fukutomi, Arakita e Shinkai, con cui a volte nei finesettimana organizzava lunghe pedalate in zona, ma poco tempo prima che suo padre si ammalasse era cambiato tutto.

 

Aveva rimosso a forza quel periodo dalla sua mente, ma era indubbiamente il reale motivo per cui non aveva più voluto aprire quella porta.
 

Agli inizi di una primavera gelida e piovosa di poco più di due anni prima, il dio della montagna aveva perso il suo titolo, e aveva fatto perdere al suo team la corsa più importante della stagione. Non era stata colpa sua, in realtà, ma nella sua testa era così. Se solo non avesse sottovalutato l'asfalto bagnato del primo giorno e le conseguenze della caduta a catena che ne era scaturita, in cui era stato coinvolto...

Aveva continuato a pedalare per i due giorni della competizione, nonostante una brutta contusione alla gamba, e aveva dovuto fermarsi a una manciata di kilometri dal traguardo, con il ginocchio completamente bloccato e pulsante. La pioggia si era mischiata alle lacrime di dolore e delusione e la vetta era così vicina, così vicina...

 

I compagni del nuovo team lo avevano guardato senza dire nulla, con l'ombra del biasimo in fondo agli occhi, mentre in cima al podio saliva qualcuno che non era lui.

L'infortunio non era grave, avrebbe potuto riprendere con gli allenamenti dopo poche settimane, ma poi suo padre era stato male e le sue continue assenze per aiutare in famiglia non erano passate inosservate, facendogli perdere a poco a poco il suo posto di ace climber.

Gli amici di sempre gli erano stati vicino, ma lui li aveva allontanati. Non aveva più voluto stringere tra le mani quel manubrio dalla forma sinuosa così familiare, aveva chiuso fuori tutto e tutti, come per autopunirsi per quella sconfitta.
 

Ma ora Yuusuke era tornato. Ora era tutto diverso.

Si misero insieme a controllare che le camere d'aria e i freni fossero a posto, scambiandosi brevi sguardi, e in poco tempo erano già fuori, nella mattinata luminosa d'autunno.

I cuori di entrambi battevano a velocità accelerata, e i loro occhi brillavano di eccitazione, in ricordo delle sfide passate. Questa volta c'era qualcosa di più, ma non c'era bisogno di parole.

Entrambi conoscevano già la risposta.

 


E un altro capitolo è andato! Mi sto affezionando a questa storia veramente tanto, e spero che questo capitolo che all'inizio non doveva esistere piaccia alle belle personcine che hanno continuato a seguirmi :3
Rinnovo il mio ringraziamento a GrammarNazi95 per la nuova recensione e per l'incoraggiamento, e sono felice di aver trovato un'altra drograta di SanSaka come me <3

Detto questo, alla prossima! (dentro di me spero di non concludere con il prossimo capitolo, ma probabilmente sarà l'ultimo, sì.)

_Kurai_

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Capitolo 5
*** The other half ***


The other half

"Beh, che fine hai fatto, sho? Hai già cambiato idea per caso?" Makishima era perplesso, non vedendo Toudou tornare dopo avergli chiesto di aspettarlo un momento lì, sul vialetto di accesso del ryokan. Erano già passati almeno dieci minuti e Yuusuke iniziava a preoccuparsi seriamente che il nuovo Toudou avesse rinunciato e fosse in qualche angolo buio ad annegare nuovamente nelle sue preoccupazioni. Appoggiò la bici al muro e rientrò in casa, fermandosi sulla soglia della stanza di Jinpachi.

Lo Sleeping Beauty stava fissando un cerchietto bianco che teneva tra le mani, apparentemente indeciso sul da farsi da diversi minuti. Sicuramente per lui la cosa doveva avere un significato profondo, visto quanto indugiava in quella decisione apparentemente stupida, e Makishima decise di uscire di nuovo e aspettarlo fuori, facendo sì che non si accorgesse della sua presenza. Dopo qualche minuto che era uscito Toudou lo raggiunse, con i capelli corvini lunghi poco oltre le spalle legati in un codino basso. Non era ancora abbastanza convinto.

Il tempo era davvero ottimo: né troppo freddo né troppo caldo, una leggera brezza a favore e qualche sparuta nuvola che punteggiava il cielo terso. E Makishima era accanto a lui, ma nonostante ciò non era tranquillo. In quei due anni Yuusuke aveva continuato ad allenarsi, mentre lui dopo essere stato escluso dal team non aveva più nemmeno guardato la bici, nel tentativo di dimenticare l'umiliazione. Il suo cuore da climber però aveva sofferto, come se gli fosse stato tolto l'ossigeno. Doveva dimostrargli di essere ancora all'altezza, di essere ancora nel suo elemento.

I monti di Hakone lo fissavano silenziosi e incerti, mentre il vento sussurrava un "bentornato". Dopo la prima pedalata, fu come respirare dopo infiniti minuti di apnea. Il suo corpo sapeva perfettamente cosa fare, con la stessa naturalezza di sempre. Le mani fasciate nei guantini stringevano febbrilmente il manubrio, come a nutrirsi il più possibile di quella sensazione. Il vento lo accarezzava affettuosamente, e Makishima gli pedalava accanto. Era a casa.

Era tutto così familiare, e gli era mancato così tanto... era come se due metà fossero rimaste separate troppo a lungo e si fossero infine ricomposte, in una tiepida mattina d'autunno.

Aumentò la cadenza, preso dall'entusiasmo.

Makishima sapeva di aver preso la decisione giusta. Da quello che Toudou gli aveva raccontato e quello che aveva intuito - bastava notare come nella sua stanza dei trofei cercasse in ogni modo di distogliere lo sguardo da alcune fotografie che lo ritraevano con un team che Yuusuke non conosceva - era di tornare a pedalare che aveva bisogno. Il lavoro e i doveri potevano attendere, o sarebbe andato in pezzi. La sua espressione era la conferma definitiva del suo bisogno quasi vitale di ritrovare la sua anima di climber, e i suoi occhi brillavano come lucciole impazzite. Due ore passarono in un lampo, accompagnate dalla musica sibilante delle ruote sull'asfalto. Non c'era bisogno di parole, per comunicare bastavano gli sguardi pieni di significato che i due si scambiavano tra un tornante e l'altro, sorridendo.

Toudou aumentò ancora la cadenza, accelerando progressivamente. Non voleva mostrarsi debole ora che aveva quasi ritrovato sè stesso, e doveva dimostrare a Maki-chan che, nonostante tutto, il dio della montagna era sempre lui. Si era portato tantissime volte al limite e altrettante volte l'aveva superato, non gli importava di nient'altro.

 

"Maki-chan, da qui alla vetta ci sono 15 kilometri tutti in salita, come ben ricorderai" se ne uscì all'improvviso, dopo averci pensato a lungo "vuoi ancora avere la tua rivincita?"

"Puoi scommetterci, sho!"

E via verso la vetta, verso l'azzurro terso del cielo, oltre i limiti, ancora una volta.

Pedalavano da quasi tre ore senza fermarsi e mancavano quattro o cinque kilometri alla decima stazione del Fuji-san quando Toudou iniziò a sentire chiaramente che qualcosa non andava. Già da più di un'ora la mancanza di allenamento si faceva sentire, ma aveva deciso di ignorarla (poi l'acido lattico l'avrebbe fatto pentire in seguito, ma non era importante).

Quando Yuusuke scomparve dietro un tornante, Jinpachi lo percepì chiaramente. Il suo respiro si stava facendo irregolare e faticava a concentrarsi sulla strada, mentre le gambe iniziavano a farsi pesanti come macigni e il vecchio infortunio inviava echi lontani di dolore sordo ai suoi nervi. Ma forse si stava autosuggestionando. Eppure non era semplice stanchezza dovuta all'essere fuori allenamento; quelle fitte allo sterno che si facevano sempre più frequenti erano diventate fin troppo familiari negli ultimi mesi, accompagnate da un senso di nausea crescente.

Ma perché proprio in quel momento? Perché proprio quando si sentiva veramente bene dopo un'eternità?

Non riusciva a pedalare dritto, e le fitte lo distraevano a intervalli sempre più ravvicinati. Si fermò da un lato della strada e si lasciò cadere con la schiena sull'erba, cercando di prendere respiri profondi.

Makishima aveva percorso poco più di duecento metri quando si rese conto che Toudou non era più subito dietro di lui. Si era accorto che era stanco, ma pensava che lo avrebbe avvisato se avesse voluto fermarsi... lui si era distratto un attimo, concentrato sul paesaggio che gli sfrecciava accanto, e Toudou era rimasto indietro. Si fermò qualche minuto, aspettandosi di vederlo apparire da un momento all'altro, ma tutto intorno a lui era immobile e silenzioso. Decise di tornare indietro, preoccupato.

La bici di Jinpachi era appoggiata al muro, ma lui era coricato nell'erba, il caschetto slacciato per terra, poco lontano. Evidentemente non era caduto, anche perché non aveva nessuna ferita visibile, ma respirava rumorosamente e in modo irregolare, con le braccia aperte e gli occhi semichiusi. "Non...volevo...che...di nuovo" fece per parlare, cercando di contrastare l'attacco di panico misto alla stanchezza. Makishima prese una borraccia e lo aiutò a mettersi seduto, dopo avergli tolto le scarpe. "Non dovevi sforzarti così tanto... non devi dimostrarmi niente, sai?" sussurrò Yuusuke, con un tono che non gli aveva mai sentito. Toudou bevve avidamente e prese a tossire per un sorso troppo abbondante, ma le fitte al petto avevano già iniziato a diminuire d'intensità. Si arpionò alle spalle di Makishima, di nuovo nel suo porto sicuro.

Sapeva che era sbagliato e che non avrebbe dovuto affidarsi totalmente a lui, ma i muscoli delle sue gambe tremavano incontrollabili e non riusciva a immaginare di alzarsi.

Cosa voleva dimostrargli? Che era abbastanza incosciente da andare oltre i propri limiti imposti dal digiuno di allenamento agonistico? Che non gli importava di soffrire pur di stargli accanto?

 

"Ti amo, Maki-chan" disse piano, con il viso appoggiato nell'incavo della spalla di Makishima "Ti amo dalla prima volta che abbiamo gareggiato uno contro l'altro, e non ho mai smesso di crederci. Non voglio costringerti a restare solo per me però... ma non voglio perderti di nuovo..." esitò "ho paura di chiederti il significato di questa notte per te, ma allo stesso tempo voglio saperlo... voglio sapere se posso illudermi" un'unica lacrima scese lentamente dal suo occhio destro, per poi fermarsi sul colletto del jersey di Makishima.

Yuusuke rimase in silenzio per qualche istante, cercando le parole giuste. Poi si scostò leggermente, sollevando il mento di Toudou con due dita e premendo con decisione le labbra sulle sue.

"Non sono mai stato bravo con le parole ma... spero che questo ti basti come risposta, sho".

Toudou ricambiò il bacio con più foga, come alla ricerca di aria per respirare. Se era un sogno non aveva alcuna intenzione di tornare alla realtà. I suoi dubbi erano stati spazzati via, e forse avrebbe potuto ricominciare per davvero. Rimase con la testa appoggiata sul petto di Makishima ancora per un po', mentre quest'ultimo era perso con lo sguardo lontano, oltre le montagne. Avrebbe dovuto avvisare il fratello che non sarebbe tornato a Londra, e il manager del team che avrebbe lasciato definitivamente il suo posto. Sentiva che era giusto così.

Sulla strada, a poca distanza da loro, sfrecciarono sei jersey blu e bianchi, diretti verso la vetta.

Toudou sollevò la testa sentendo il rumore familiare delle ruote sottili sull'asfalto e sospirò.

Tutto era destinato a cambiare, ogni esperienza a diventare un ricordo, ma ora poteva avere un'altra possibilità.

Avrebbe ritrovato la sua felicità, rimasta imprigionata nella gabbia dei ricordi del liceo. Doveva solo crederci.

E poi parlarono. Seduti in una radura poco lontana dalla strada, parlarono tanto, tantissimo (specialmente Jinpachi) di tutto ciò che passava loro per la testa, ricordando le esperienze condivise e i mille momenti di competizione che avevano rafforzato il loro legame, aspettando che Toudou recuperasse sufficienti energie per tornare e dividendo gli onigiri che aveva preparato per il pranzo.

Parlarono anche della notte trascorsa, superando gradualmente un iniziale imbarazzo da entrambe le parti, ma per quanto per entrambi fosse stata la prima esperienza simile era stato così naturale e spontaneo che non potevano vederci nulla di cui pentirsi.

Non sarebbe finito nulla. Makishima non sarebbe ripartito. Un'altra volta Toudou non poteva che essergli grato, perchè l'aveva aiutato a superare i suoi limiti. Perchè gli aveva dato più di quanto lui gli avesse chiesto.

Anche un futuro noioso e ripetitivo non lo spaventava più, e perfino le giornate amare con lui accanto avrebbero avuto un altro sapore, dolce e speziato come quello dei baci di cui non riusciva a saziarsi.

Gli aveva chiesto se non sarebbe stato un problema per lui passare dalla vita piena e intensa della capitale britannica alla routine calma e immutabile del ryokan, rendendosi conto che lo stava facendo per lui, e che forse in futuro avrebbe potuto pentirsene. Makishima, con in bocca un filo d'erba e il cielo riflesso nelle lenti degli occhiali da sole, gli aveva risposto che no, non se ne sarebbe pentito, e che una routine rilassante era proprio ciò di cui aveva bisogno.

Una volta che Toudou si fu ripreso del tutto, ormai nel pieno del pomeriggio, presero insieme la via del ritorno, giù per il dolce pendio.

 

Lo Sleeping Beauty inforcò la bicicletta e fece per partire, ma poi indugiò, e con un sorriso allungò una mano dietro la schiena, prendendo qualcosa dalla tasca posteriore del vecchio jersey dell'Hakone Gakuen. Sciolse i capelli, se li tirò indietro con una mano lasciando cadere alcune ciocche troppo corte per essere trattenute e indossò di nuovo il suo simbolo, strappando un sorriso sghembo anche al suo migliore, e amato, rivale.

 

~~~

 

Erano passati quasi quattro mesi da quando Makishima aveva deciso di restare. Era cambiato tantissimo in così poco tempo, più di quanto entrambi avrebbero potuto immaginare.

Un paio di settimane dopo il loro reincontro era arrivata una telefonata dall'ospedale, in cui una dottoressa dal tono monocorde e sbrigativo invitava Jinpachi a recarsi al capezzale del padre il più presto possibile, senza specificare nient'altro. A Toudou era caduto il cordless di mano e aveva iniziato subito a preoccuparsi, ma la mano di Yuusuke che stringeva la sua aveva dissipato i nuvoloni grigi intorno a lui. Si erano fiondati in macchina e Toudou aveva guidato portando al limite il pickup tossicchiante, ma almeno questa volta non era da solo.

All'arrivo nell'edificio enorme e anonimo, sudati e trafelati, scoprirono con grande sorpresa e sollievo che la notizia non era quello che Toudou si aspettava. Il padre, che negli ultimi mesi non reagiva alle cure, grazie ad un nuovo medicinale aveva iniziato improvvisamente a migliorare e le prospettive erano buone, tanto da prefigurare un recupero quasi completo.

Yuusuke era rimasto in disparte, mentre Jinpachi abbracciava la madre e la sorella, che nonostante fosse all'ottavo mese aveva fatto di tutto per essere lì, a condividere quel momento di gioia familiare alla fine di un periodo buio. Dopo qualche istante, Toudou si era girato verso di lui, che cercava di mimetizzarsi con le pareti verde chiaro del corridoio dell'ospedale, e l'aveva presentato ai suoi come “una persona speciale per me, che è tornata quando più ne avevo bisogno”. Makishima si era presentato con un'ombra di leggero imbarazzo nella voce, ed era stato accolto da due sorrisi luminosi e aperti come quello di Jinpachi, senza il bisogno di ulteriori spiegazioni.

Passarono un po' di tempo al capezzale del padre di Toudou, che aveva recuperato un po' di colorito e perfino la voglia di ridere, ma non poteva ancora affaticarsi.

Makishima rimase fuori, sorseggiando un caffè americano privo di gusto preso al bar dell'ospedale, mentre nella stanza Nanako Toudou prendeva in disparte il fratello e gli comunicava che una volta nato il bambino si sarebbe trasferita nuovamente ad Hakone col marito, che aveva deciso di lasciare il lavoro per aiutarla a gestire l'attività di famiglia “Tu hai il diritto di seguire la tua strada e solo ora dopo tanto tempo ti vedo davvero felice, dev'essere stato difficile gestire tutto da solo, vero? Non avremmo mai voluto che abbandonassi il ciclismo, e negli ultimi tempi le poche volte che siamo riusciti a vederci avevi sempre un'ombra scura sul viso, nonostante tentassi di nasconderlo... quindi ecco, anche da parte di mamma e papà, grazie per essere stato forte nel resistere in questo brutto periodo, ancora un piccolo sforzo e poi potrai nuovamente spiccare il volo, fratellino”. Jinpachi sperimentò per la prima volta in tanto tempo la sensazione delle lacrime di felicità che scendevano lungo il suo viso, mentre abbracciava nuovamente la sorella maggiore. Le nuvole si stavano diradando, finalmente.

 

Erano passati quasi quattro mesi e Natale era alle porte, e da un po' di tempo Makishima gli stava nascondendo qualcosa.

Nanako e il marito vivevano già nel ryokan insieme al piccolo Yamato, e da pochi giorni erano tornati anche i loro genitori, ma Jinpachi e Yuusuke avevano deciso di vivere lì ancora per un po', mentre pensavano a cercare di costruire i loro progetti per il futuro e si dedicavano a pedalare insieme appena possibile sulle loro amate montagne.

Spesso Toudou sorprendeva Makishima al telefono, e non appena gli passava accanto quest'ultimo cambiava discorso in modo brusco o chiudeva la chiamata con una scusa, per poi giustificarsi con frasi a metà.

Non gliela stava raccontando giusta.

Ci mise meno tempo del previsto a scoprire cosa si nascondeva dietro le mezze parole e le telefonate misteriose di Yuusuke. La sorpresa gli si rivelò in un gelido pomeriggio di metà dicembre, quando il sibilo di un gran numero di ruote annunciò l'arrivo di una decina di bici da corsa nel vialetto d'accesso del ryokan.

Erano tutti lì, i componenti dei team del Sohoku e dell'Hakogaku di quell'anno indimenticabile, nei loro jersey invernali, con piccole nuvolette bianche che uscivano loro dalla bocca ad ogni respiro.

“...Sono... senza parole...” reagì Toudou con gli occhi sgranati, con uno sguardo di immensa gratitudine rivolto al suo Makishima, tutto fiero del suo lungo lavoro di ricerca (in realtà aveva fatto quasi tutto Onoda, che aveva mantenuto i contatti con tutti, ma non era necessario che Jinpachi lo sapesse, anche se sicuramente l'avrebbe intuito).

“Il più difficile da rintracciare è stato quel Manami, è tornato da poco da un giro del mondo in bici, Onoda-kun ha detto che ha pedalato sulle strade delle montagne più alte!” commentò sottovoce il Peak Spider. Jinpachi sorrise.

Dopo un attimo di esitazione, Toudou si fiondò a salutarli uno per uno, come se non fossero passati otto anni dall'ultima volta che aveva visto alcuni di loro, come se quell'Interhigh si fosse concluso da qualche giorno e non da quasi un decennio. Indugiò a ringraziare Megane-kun, che ormai non era più tale ma indossava un paio di lenti a contatto ed era quasi alto come lui, anche se la sua espressione era sempre la stessa. Lasciò Fukutomi, Shinkai e Arakita per ultimi, e si scusò mille e mille volte per averli allontanati, per poi concludere con un high five di gruppo come ai vecchi tempi.

 

Era ora di scrivere una nuova storia.

 


...eh sì, è ora di scrivere una nuova storia çAç Stavolta è finita davvero, e ringrazio ancora una volta tutti coloro che hanno letto fino a qui... grazie davvero per il supporto, e alla prossima!

_Kurai_

 

 

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