Appleseed pre- Alpha - Un altro inizio

di _Briareos_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Crash ***
Capitolo 2: *** Come pioggia ***
Capitolo 3: *** Dyon ***



Capitolo 1
*** Crash ***


Nuova fic, una specie di pre-alpha anche questa, solo raccontata in un altro modo. Si può dire che è anche una continuazione della fic "La ricerca di Olympus", che ancora non è finita ma spero di terminare presto. Spero vi piaccia.

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 22 ° secolo.
Deunan Knute e Briareos Ecatonchiri, due ex membri della polizia squadra SWAT di Los Angeles, prima del grande viaggio alla ricerca della propria vita e del loro paradiso, vvevano con il padre di lei in una base militare e successivamente al sicuro in un luogo segreto. E poi, la fuga per trovare la loro vita.

 
I primi mesi di Deunan e Briareos  dopo la nuova vita che avevano deciso di intraprendere, appena il cyborg uscì definitivamente dal centro riabilitazione, furono parecchio difficili. Anni prima,una guerra mondiale e nessuno aveva vinto, i governi avevano destabilizzato le città e ogni apparato di controllo oltre la civiltà per come era conosciuta erano caduti in rovina. La città di Olympus era la città invisibile di leggenda e di sogni, da cercare per essere il 'faro' nel buio. La Terra aveva sofferto la terza guerra mondiale prima e successive ancora più disastrose, le città erano distrutte, decimata la popolazione drasticamente. La gente nella loro forma originale erano rari in tutto mondo, la maggior parte eranoo arricchiti da impianti cibernetici e per questo odiati dagli 'umani interi' perchè non visti come uomini.  Deunan Knute e Briareos lavorano come mercenari, sognando una vita migliore, quel 'faro'. La città di New York era stata loro indicata come meta importante da visitare. Per il loro sogno, il loro desiderio, l'oggetto del loro cercare. La loro speranza.

 
I due combattevano per difenderla, ma questo non vuol dire che erano completamente a proprio agio con quello che stavano difendendo e come.

I cyborg erano classificati come ex umani che ancora mantenevano un corpo umano parziale (aumentato con macchinari nelle capacità e funzioni) o almeno un cervello umano e sistema nervoso. Erano esseri consapevoli che possedevano, in sostanza, una personalità umana nonostante il corpo artificiale. E di questo ne era convinta anche Deunan, sopratutto verso il suo compagno Briareos. Odiava con tutta se stessa ogni individuo che, scrutando con aria schifata, etichettava l'uomo al suo fianco con termini dispregiativi senza troppi complimenti, a voce alta. Sapeva bene che, nonostante la capacità di lui di nascondere il malumore, celava una tristezza che non meritava di provare. No, non era tristezza. Era qualcosa che lei non voleva considerare, ma le faceva male nel profondo il disagio e il tormento che lui provava ma non voleva esternare. NOn era colpa sua, non voleva perdere il suo corpo, non voleva perdere parte di se, non era  accaduto nulla per sua volontà. Eppure, la gente non riusciva a comprenderlo. Quanto lui aveva sofferto, sotto i suoi occhi, nel periodo della scelta per la conversione, poi nel lungo periodo di riabilitazione, Deunan lo sapeva bene. Lui era un uomo forte, determinato, temprato dalla vita, ma chiunque sotto il peso di quel macigno in grado di schiacciarti senza problemi, si sarebbe lasciato andare alla disperazione. CHiudere gli occhi e ritrovarsi, in un specchio in una sterile stanza bianca, con il corpo ricoperto di componenti e pelle artificiale. Con un sistema di un computer al posto della normale vista. Con il problema di doversi abituare alla nuova mole, al nuovo stile di vita e cosa ne conseguiva. Innanzitutto, il giudizio della gente.

"Non essere triste, ragazzone! A te basta cosa provo io..."

Lo ripeteva sempre nella sua testa, ogni volta che capitavo cose e sentiva che qualcosa turbava il suo cyborg. Lo diceva a se stessa come un mantra, come se quel semplice pensiero profondo potesse essere captato da lui, per rassicurarlo e ricordargli che ne gli sguardi della gente ne le loro parole dovessero turbarlo. Non erano importanti, ma in una certa parte sapeva che non poteva capire a fondo come dovesse sentirsi. Poteva solo restare al suo fianco.

Deunan cercò di scaldarsi le mani con il fiato mentre guidava la jeap nella desertica ex strada interstatale. Alternativamente, cambiava mano sul volante per trovare un pò di ristoro dalla morsa del gelo serale. I vetri rotti del posto guida erano il peggio che lei potesse trovare in quel periodo. Ma anche se fossero stati interi, non aveva un posto dove confortare se stessa e il suo corpo in quel periodo nero. Aveva messo una copertura di tessuto alla buona dietro, per coprire cosa trasportavano ma anche quello non era di aiuto più di tanto.  Il freddo pungente ma non troppo, non era mai stato così odiato dalla ragazza. Sospirò, mentre il cielo sanguigno si incupiva per far posto al velo nero che cercava di intrufolarsi lottando contro gli ultimi sprazzi di sole. Il brontolio del suo stomaco le ricordava continuamente che doveva nutrirsi se voleva restare in piedi per qualche altro giorno. Rallentò di poco, osservò l'oscurità che scendeva a coprire tutto e decise che era inutile continuare a cercare un posto adatto a passare la notte. Doveva assolutamente fermarsi e prepararsi per dormire. Accostò verso il ciglio della strada, però poi continuò per fermarsi definitivamente dietro a un enorme masso che non nascondeva l'auto ma la celava almeno in parte. Era il massimo che riuscì a trovare dopo sei ore. NOn potendo correre per via della jeap in parte guasta, non dimenticando il particolare carico nel retro, doveva accontentarsi. Si accasciò sullo schienale chiudendo gli occhi, cercando di rilassarsi prima di scendere. QUando fu pronta, aprì lo sportello e scese dal mezzo raggelando al venticello fresco che soffiava in quello spazio ampio e polveroso. Osservò intorno, non era nulla di diverso da qualsiasi strada interstatale che avevano visitato. Polvere, erbacce rinsecchite, massi o piccole zone montuose, desolazione. Il posto migliore per coltivare
afflizione, dolore, oppressione, angoscia. Bastavano poche ore, dopo giorni di viaggio in solitaria, per impazzire. Lo pensava seriamente. Sapeva che non era giunta a quel livello solo perchè anche lei era forte. Ma quanto sarebbe durata la sua forte fibra?

"Sembra che dobbiamo accontentarci di questo postaccio, Bri..."

Sospirò, strofinò le mani l'una contro l'altra per togliere il gelo sulla pelle e si avviò verso la zona posteriore del mezzo, abbassando il pianale. Si avvicinò agli oggetti conservati in varie scatole e ne scelse una, portandola di fianco la jeap. Poi tornò su e si avvicinò a un lenzuolo che copriva qualcosa di grande. Lo sollevò e rimase a fissare cosa l'aveva attratta da lasciarla muta e ferma, stringendo la stoffa fra le dita. Poi sorrise debolmente e disse a voce bassa e gentile qualcosa all'oggetto della sua attenzione.

"Adesso preparo la cena e poi a nanna, ragazzone."

La figura di Briareos, immobile e abbandonato con la schiena al metallo dell'abitacolo che divideva le due parti, iniziava a sparire alla vista della ragazza man mano che all'orizzonte si spevano gli ultimi vibranti raggi di sole. Il cyborg stava mimetizzandosi nella notte.

"Ormai è buio...accendo il fuoco e torno. Aspettami qui..."

Il sistema imperfetto di Briareos non riusciva ad avviarsi di nuovo senza crashare. Il tormento di Deunan ogni volta che si fermava per riposare, durante le ore di guida, quando doveva trovare il modo di sopravvivere, er alegato al fatto che per evitare problemi, lui doveva bloccare tutte le sue funzioni. Ma sentiva, percepiva, comprendeva le cose. Soltanto, non poteva muoversi.

 Mentre preparava la frugale cena sul pentolino, si accorse di non riuscire a celare un nodo alla gola che non le lasciava scampo. Acceso il fuoco e sistemato il pentolino con il cibo a riscaldare,  restò imbambolata a fissare le lingue di fuoco danzare sotto il metallo con il cibo.  INiziò a non gestire più la sua mente, che da sola vagava fra ricordi lontani.

La  storia sita in quei nebulosi ricordi, perchè lei non voleva farli riemergere ma era come se volessero farlo da soli, si svolgeva tra le rovine della città di Mize.

All'inizio doveva essere una cittadina di meno di mille abitanti, che provvedeva da sola al necessario senza importare nulla da fuori. POi, con le guerre, aveva visto tra le sue strade e all'interno dei suoi edifici, molte persone in fuga dalla guerra, in cerca di un posto della speranza ma poi stranamente l'avevano abbandonata. Al suo arrivo con Briareos, lei rimase fredda dinnanzi ai rimasugli di vita, abbandonati come si poteva trovare spazzatura in una discarica. Ma lei sapeva bene che rimanere impassibili era la miglior tattica per non lasciarsi sopraffare. NOn doveva lasciarsi catturare da nulla che riportasse alla mente le personea e tutto quello che si portavano dietro. Ispezionarono con calma una parte della cittadina, per trovare un posto dove sistemarsi.


Nessuno dei due si aspettava un agguato di nemici di qualunque tipo, considerando l'aspetto del posto. DA loro esperienza, sapevano che chiunque, anche se trovavano una città distrutta, facevano del loro meglio per renderla idonea alle loro esigenze. Si notava quando qualcuno sfruttava un luogo. Invece nella parte dove cercavano qualunque cosa potesse andar bene, vi era solo abbandono da anni.

"Pensi che troveremo qualcuno?"

Deunan camminava lentamente con la pistola in mano controllando gli edifici, spalleggiata da Briareos che, dietro di lei e armi in pugno, le copriva le spalle.

L'unica cosa, visto il posto sarebbe un agguato, spuntano all'improvviso pronti ad infilarci un bastone nel cranio..."

"Quanto sei realista..."

"Anche se sembra quello che crediamo, non posso giurarti di essere tranquillo. Stai in campana..."

Mentre Deunan stava per parlare, capitarono davanti una specie di sbarramento fatto di filo spinato intorcigliato a vecchi e arrugginiti sbarramenti in acciaio. Si divisero nascondendosi uno a un lato opposto, dietro di angoli, fissandosi e parlando in codice a gesti. Qualche minuto di controllo sporgendosi e tutto taceva. Decisero quindi di andare avanti si riunirono andando verso l'angolo di Deunan, costeggiando i muri e controllando intorno.Oltrepassarono il filo spinato e si ritrovarono una sezione delimitata della città, con un enorme edificio che faceva da centro ad altri intorno. C'erano sul tetto e nei muri dell'alto edificio,  delle zone aperte con delle passerelle che permettevano di passare dal primo piano al pian terreno degli edifici intorno, lontani da occhi indiscreti.

I muri dell'edificio al centro, bianco sporco con colonne, di forma davanti tonda, presentava una serie di scritte fatte con spray. QUella più grande diceva qualcosa non leggibile in parte a causa delle intemperie o altro.

 '...tutta l'eredità della specie, la volontà della seduzione e dell' agguato, la grazia del inganno, la bonta che cela un proposito crudele, tutto....'

"Deve essere abitato. Non è come la zona precedente" bisbigliò al compagno "cosa facciamo..."

"NOn lo so...da un lato vorrei evitare scontri. Possiamo scegliere se continuare e tentare la fortuna oppure tornare alla jeap e fare un giro largo..."

"Vuoi scappare lasciando roba che può servirci?"

"Non ho detto scappare...però non è normale questo posto. Quelle passerelle non sono lì per caso!"

"Allora che..."

 Briareos attaccò l' aggressore arrivato alle spalle con i gomiti e lo sbattè sul muro. L'uomo si era calato da sopra silenzioso, sperando di coglierli di sorpresa. Un altro arrivò da dietro da dove erano venuti, finendo come il precedente.  Briareos prese Deunan per il colletto del gilet e la trascinò nell'edificio dove erano nascosti, entrando dalla porta. Trovarono però un tizio nascosto dietro un tavolo rosciato. Il cyborg gli lanciò un coltello in una spalla e con una mossa svelta gli frantumò addosso un pezzo di vetro trovato a terra, portando l'aggressore a morire di emorragia dalla testa. Cercarono di bloccare le porte, per trovare un'altra uscita. Il tetto era sgretolato in un buco che portava al lato superiore, decisero di provare la sorte issandosi. Prima salì Deunan, sospinta da Briareos dal basso, poi lei controllò il piano in attesa del cyborg. Trovarono una finestra che fungeva da passerella che portava direttamente all'edificio centrale. Briareos la spinse verso la passerella e le urlò di attraversarla, nonostante le proteste di lei, cercando di centrare con la pistola chiunque li seguisse. Sembrava che non usassero armi, il che gli sembrò strano. In pochi secondi, giunsero al cornicione dell'edificio bianco ed entrarono nella finestra più vicina. Ai due sembrò esattamente quello che avevano immaginato, guardando le stanze dal corridoio dove si erano ritrovati.. Un rifugio. Poi, un rumore per i corridoi.

"Cazzo, saranno spazzini?"

"Cosa?"  chiese Deunan voltandosi verso di lui, non seguendo il suo discorso.

"Altri spazzini, così vengono chiamati coloro che cercano di raccogliere tutto ciò che si può trovare nelle zone abbandonate,credo che questi vivano così. Guarda questo posto, è pieno di roba ammucchiata in varie stanze. E poi..."

Briareos e Deunan si divisero cercando nuova copertura all'arrivo di altri uomini. Briareos estrasse la pistola e...
poi fu tutta una successione di eventi che Deunan rivedeva come frammenti di un fllm rovinato.
 

Stringendo forte gli occhi, serrandoli, non riusciva a vedere i frammenti perduti, soltanto quello che accadde dopo.

Il luogo era molto buio a parte qualche raggio di sole che trapassava dall'esterno. Uno di loro si avvicinò lentamente a Briareos, apparendo come una sagoma scura. Era un cyborg, uno di quelli che avevano visto tempi migliori per manutenzioni e sostituzioni delle placche di protezione esterne, e sembrava come uno dei capi. Briareos si alzò e gli sparò, poi mirò ad un altro ma l'arma si inceppò. Aveva finito i colpi? Non c'era tempo per capirlo. L'altro spazzino, stavolta umano  si fiondò addosso a Briareos permettendo al cyborg di rialzarsi e andare verso di lui con un balzo, da cui ne naque una colluttazione corpo a corpo.

Appena Briareos riuscì ad atterrarlo, prima che quello potesse ribaltare la situazione, prese il terminale di collegamento che teneva riposto al lato della testa e tirò il filo, srotolandolo. Inserì con ernome velocità, ma altrettanta precisione, l'attacco nell'apposito slot sul cyborg a terra e tentò una connessione diretta per hackerarlo e fermarlo. 

Era la cosa che faceva sempre quando non voleva eliminare il soggetto, ma voleva informazioni da lui. Deunan alzò gli occhi al cielo e sorrise a qualunque cosa ci fosse là sopra.Tornò ai ricordi.Rivide Briareos.

Il cyborg era collegato con l'altro ancora inerme a terra. Deunan si avvicinò controllando il perimentro. Non avevano contato i nemici eliminati, ma sperava di non averne dimenticato nessuno. Poi udì strani suoni, come quando un vecchio computer si connetteva alla linea per entrare in rete ma non riusciva. Si voltò verso di lui, chiese varie volte cosa non andasse. Lui però dopo un pò si portò le mani sulla testa, vomitando uno strozzato 'cazzo' e iniziò a tremare. Neanche il tempo per Deunan di capire e Briareos cadde a peso morto sulla schiena sul terreno polveroso, dinnanzi l'edificio bianco.  Il tremendo tonfo che il massiccio corpo di Briareos provocò, sembrò quasi un colpo di cannone a sentire l'eco echeggiare per la città deserta.

Corse a perdifiato verso di lui, urlò il suo nome con tutta la forza nei polmoni che aveva, si buttò sulle ginocchia senza badare al dolore. Nessun movimento, sia da lui che dal cyborg che aveva atterrato, nessuna parola, neanche un dito si mosse. Cercò di scuoterlo, lo prese a schiaffi, staccò il cavo di collegamento vedendolo riavvolgersi da solo all'interno della testa del compagno. Per più di dieci minuti, si sforzò di trovare un modo di risvegliarlo. Delle lacrime scesero sulle guance, gocciolando sul viso del cyborg che però non reagì. Si accasciò al suo fianco, gli strinse il collo poggiando la fronte a quella di lui, pregando che si ridestasse.

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Capitolo 2
*** Come pioggia ***


un nuovo inizio2

Ecco il capitolo due. NOn l'ho fatto troppo lungo perchè volevo descrivere bene le situazioni. Buona lettura.

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“Briareos!!...Bri..!!”

Il corpo possente del cyborg era riverso a terra, schiena sul polveroso e rosso terreno, inerme e abbandonato. La testa ripiegata verso la spalla sinistra, il vento che gli depositava sulla pelle artificiale folate di terra.

Dopo venti minuti nel tentativo di risvegliarlo, Deunan provò con ogni mezzo a trascinarlo ma le era impossibile. Riusciva solo ad alzargli un braccio, per il resto era impotente. Strinse i capelli tra le dita, cercando di riflettere su cosa fare. Ormai sapeva bene che non vi era più nessuno o anche un idiota totale avrebbe capito che attaccarla in quella situazione era un azzardo possibile. Anche se non sapevano quali erano le sue abilità, ogni uomo vedeva in lei un bersaglio indifeso.

Provò a calmarsi. Sicuramente spostare l’enorme compagno era impensabile e per questo motivo non aveva altra scelta che restare in quel posto. Erano in una zona scoperta, troppo rischioso restarvi ma non poteva fare altro.

Frugò nel suo zaino e in quello di Briareos, prese il necessario e preparò un improvvisato campo base. Con delle tende preparò la zona notte, quella del bagno con un secchio bucato e un tubo da collegare a qualunque cosa potesse contenere acqua da usare con una corda, come faceva sempre, per la doccia. Con un telo, messo da parte, avrebbe protetto Briareos per la notte anche se era perfettamente cosciente del fatto che con il suo regolatore di temperatura, anche se ancora privo di sensi, non avrebbe rischiato di congelare.

Sistemò qualcosa per sedersi e si posizionò a lato di Briareos, rivolta però a guardarlo, cercando di fare la guardia. Più restava là a fissarlo e più le veniva un dolore sordo al petto, che non riusciva a scacciare via. Chiudendo gli occhi, se lo immaginava come un animaletto a forma di goccia semitrasparente che volteggiava con la codina e la tormentava da dentro. Era decisa a dare a quelle fitte questa spiegazione, anche per evitare di ammettere la sua disperazione all’inevitabile. La morte di Briareos.

Con un cenno del capo, decisa, cercò di scacciare quel pensiero. Non poteva morire per quello, lo sentiva. Poi le venne un’idea e si accucciò di nuovo vicino al compagno, poggiando delicatamente l’orecchio al petto del cyborg, e attese. Il cuore, anche se un servo motore che lo aiutava in realtà a vivere, sembrava funzionare. Sentiva alcuni ronzii e senza che se accorgesse, il suo corpo strinse con le braccia sul petto di lui rovesciando lacrime di felicità.

Posò il mento sul petto di lui che si muoveva regolare per la respirazione e si diede della scema per non aver pensato a fissarlo in quel senso. Poi chiuse gli occhi e ricordò di aver pianto a quel modo solo per lui, di nuovo, come la prima volta.Il giorno che entrò in quella camera asettica e lo vide con il corpo temporaneo di cyborg, quello che gli avevano applicato per lasciarlo vivere. Quello che dovette abbracciare disperata, sapendo che avrebbe visto solo quello. Non più il viso di un colore tra l’olivastro e lo scuro, i suoi occhi chiari che non sapeva mai definire come colore ma a volte diceva scherzosamente ‘color carta da zucchero luminoso’, il naso dritto e definito per via della chirurgia, la sua mascella definita. In un colpo solo, con un boato, era andato perso tutto. E a lei, era toccata la parte penosa, mettere la firma per definire quel cambiamento nell’uomo per cui provava affetto. Rendendolo definitivamente cyborg.

Si alzò, sistemò il fucile nell’incavo del suo braccio con le dita sull’anello del grilletto e attese qualsiasi cosa. Era come una speranza. Attendeva qualsiasi cosa che potesse cambiare quell’istante.

Un paio di ore dopo, quando ormai Deunan aveva finito di mangiare qualcosa mentre il sole scivolava pigramente fra le rovine della città e si perdeva agli occhi della ragazza in un tempo che per lei pareva infinito, ma era ancora comunque giorno,mentre alcune paffute nubi venivano sospinte dal vento, lei si alzò di scatto dalla sua posizione. Briareos, alla fine, si era mosso.

Deunan si accasciò al suo fianco, carezzandogli il petto per scuoterlo e vide il suo viso muoversi lentamente a destra e a sinistra. Quando le sue ottiche iniziarono a mettere a fuoco, stridendo per la polvere che si era annidata, lo sentì sussurrare il suo nome. Deunan sorrise con quanta felicità poteva mostrare in viso e gli chiese come stava.

“Non … lo so…”

“Vuoi restare ancora sdraiato o vuoi alzarti?”

“…voglio alzarmi…”

Deunan lo aiutò tirandolo per il braccio vicino a lei, il sinistro, facendolo sedere e carezzandogli la testa in ogni sua parte per vedere se aveva riportato danni.

“Dai ragazza, resisto …ai proiettili e mi… controlli per una caduta?”

“Una caduta con la tua stazza, ragazzone…non piagnucolare e lasciami controllare!”

Briareos emise un brontolio gutturale, ridacchiò lievemente e la cinse con il braccio sinistro stringendola a sé. La mise a fuoco e si accorse che aveva il viso rigato da lacrime ormai seccate e gliele pulì con il pollice dell’altro braccio.Ma questo tremava.

“Non essere in pensiero piccola, io…”

L’improvviso gesto del cyborg di scrollare la testa e buttarla in avanti, come fra le sue gambe, spaventò Deunan, che provò a tirarlo su di nuovo.

“Briareos, che succede?”

“…cazzo…ah!...”

“Bri…”

“NO!!”

Deunan si irrigidì allo strozzato verso del cyborg che si colpiva la testa con la mano destra con colpì via via sempre più forti. Lei cercò di bloccarlo chiedendoli che stesse facendo, provocando la rabbia di Briareos.

“lasciami…devo farlo..:”

“Perché??”

“Perché…perché non riesco a gestire l’OS..!”

Deunan lo fissò incerta, senza capire, con le labbra schiuse come a voler parlare ma non riuscire. Con il braccio sinistro, Briareos la tirò a se stringendo la sua vita, con la mano destra le spinse la testa sotto il suo mento, carezzandole con le dita la pelle della guancia.

Briareos era disperato, lo sapeva e non voleva esserlo. Lei lo aveva capito bene, lo aveva intuito. Tra loro non cèra bisogno di parole su certe cose, si comprendevano sempre. Gli chiese cosa stesse accadendo, ricevendo solo una risposta.

“Sono nei casini. Bimba…”



Deunan tornò a guardare il fuoco che sinuoso scacciava le tenebre intorno a lei, si morse il labbro e chiuse gli occhi. Si strinse con le braccia, come a cercare qualcosa da un ricordo e alla fine, si voltò verso la jeap a cercare con gli occhi la sagoma dell’uomo che aveva scelto al suo fianco. Chiuse di nuovo gli occhi, storcendo la bocca nel momento in cui qualcosa le tornò in mente.



“Sono nei casini ragazza e…”

Quella frase lasciata a metà la lasciò basita. Lo vide nel tentativo di alzarsi, chiedendole di farglielo fare da solo, incespicare ma non cadere. Lo seguì con gli occhi, ancora seduta a terra con le gambe di lato e le mani davanti a lei a stringere fin sotto le unghie la sporca polvere,mentre evidenti problemi motori gli impedivano di utilizzare un’andatura regolare. I problemi erano fin troppo evidenti.E qualcosa le stava morendo dentro, alla sola idea di saperlo invalido, incapace, bisognoso di aiuto. Proprio lui che era autonomo in tutto dal cambio di corpo.

“Bri, qualè il problema?”

“….”

“Bri…”

“….”

Qualche goccia di pioggia improvvisa cadde fra le mani di Deunan, poi intorno silenziosamente. Alzò gli occhi e le nubi che le erano parse batuffoli nel cielo stavano alleggerendo il loro carico su di lei e le parve che fossero in quel momento loro, al suo posto, a piangere. Buttò la testa a terra, poi la rialzò quando sentì Briareos camminare come in cerchio e lo fissò. Pareva incerto, tremolante nei movimenti, si fermava spesso e sembrava pensieroso. Si accasciò un ginocchio, fissando a terra come se fosse stanco o fosse cascato a terra con tutto il suo peso. Si rialzò, restando fermo in piedi.

Poi alla fine, Deunan udì la sua voce.

“Ho fatto una stronzata…” scuotendo la testa tenendola con una mano come se avesse mal di testa “una stronzata…!”

Deunan cambiò espressione come se volesse piangere tutte le lacrime del mondo, alzandosi e abbracciandolo come se ci fosse un qualche addio difficile senza lasciarlo andare, affondando la fronte sul suo petto. Singhiozzando debolmente avvertendo la pioggerella che era cresciuta sulla sua pelle, scivolare sulla nuca e bagnarla, stretta al suo cyborg.



Arrivata al bollore, Deunan tolse la cena dal fuoco. La lasciò un attimo su un disco di tronco di albero usato come poggia pentola e prese due ciotole di metallo, riempiendo subito una e lasciandola da parte. Fece lo stesso, con il mestolo, con l’altra ciotola e poi si buttò a sedere sulla sedia, mangiando lentamente e come se non avesse fame. Invece stava letteralmente morendo di fame, ma la zuppa in scatola ogni giorno, per mesi, non era una leccornia invitante.E si sentiva sola.

Deglutì l’ultimo boccone, controllò la temperatura della zuppa nell’altra ciotola e poi ne aggiunse ancora da quella che era rimasta nella pentola. Si alzò dirigendosi verso la jeap, salì sul pianale e si fermo davanti Briareos. Immobile, inerme. Sospirò, prese da uno scatolone un grosso imbuto e mettendosi sollevata con un oggetto, con le dita aprì i copri mascella del cyborg, poi la mandibola spalancandogli la bocca.

“Farò piano come al solito, te lo prometto…”

Inserì l’imbuto stando attenta a non fargli male o facendoglielo arrivare troppo in gola e poi con delicatezza rovesciò la cena ormai non bollente nell’imbuto, attendendo che per la gravità scendesse, sentendolo deglutire. Lui era là dentro. La bocca, la trachea, gli organi, tutto era ancora del vecchio Briareos. Non poteva fare errori, lui non poteva parlare con le sue corde vocali tranne qualche verso gutturale che ormai non emetteva più, non aveva forze per farlo. Era stata lei stessa a chiederglielo, vedendo quanto fosse difficile per lui farsi sentire. Non voleva vederlo soffrire.

Attese che avesse finito, cercò di fargli arrivare tutta la zuppa possibile. Tornò vicino al fuoco e riempì la ciotola con la zuppa rimanente. Voleva che lui fosse ben nutrito, avendo lei possibilità di mangiare quando ne aveva bisogno. Prese una borraccia e appena terminò di versare il resto della zuppa, gli fece mandar giù qualche sorso d’acqua. Alla fine delle operazioni, tolto l’imbuto, pulì il viso del compagno per essere sicura di non aver fatto errori e richiuse la mandibola. Lo fissò, triste, dandogli un profondo bacio e dicendogli di aspettare che sarebbe tornata per la notte.

Tornò lesta vicino il fuoco, pulì tutto e rimise gli oggetti nello scatolone. Ormai era notte, era stanca e sapeva di dover dormire abbastanza per poter guidare il giorno dopo. Portò tutto sulla jeap, poi prese il visore notturno e la lattina di zuppa vuota e disse a Briareos di aspettare qualche minuto. Si avvicinò a qualche cespuglio, controllò con il visore che non vi fosse nessuno e utilizzò la lattina per fare pipì. Odiava dover fare così ma lo trovava un modo più pulito del semplice farla per terra. Ancora di più, detestava il dover andare in bagno dovendo scavare una piccola fossa per bisogni più grossi. Si sentiva non solo sporca, ma qualcosa simile a un’incivile. Era così che lo vedeva. Detestava sopra ogni cosa il fattore bagno in situazioni come quella.

Finito, lasciò la lattina in piedi, si lavò come poteva con un panno apposito imbevuto d’acqua e si rivestì. Lasciare la lattina dopo i suoi bisogni la faceva sentire un pizzico più civilizzata. Non si sentiva un animale!

Tornò alla jeap, salì sul pianale e lo alzò dietro di lei. Prese una coperta da uno scatolone e si sistemò sulle gambe distese del compagno, poggiando la guancia destra sul suo petto.

“Buona notte ragazzone, riposati. Domani è un altro giorno”.

Si strinse nella coperta percependo il fresco della sera e si rannicchiò di più a lui, sognando il giorno che potesse sentire di nuovo il suo abbraccio, e quindi, il suo affetto per lei.

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Capitolo 3
*** Dyon ***


nuova storia2 Chiedo scusa del ritardo nel postare ma gli impegni non mi lasciano il tempo di lavorare bene ai capitoli. Anche se volevo lavorarci meglio, non posso non postare qualcosa, quindi ecco il nuovo capitolo. Buona lettura

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Un rumore acuto e penetrante rimbombò per l’ambiente silenzioso. Deunan gemette svegliandosi di colpo, sbattendo lievemente la tempia sull’addome del compagno. Si tirò sulle braccia osservando intorno, portando poi una mano dietro la sua schiena verso la pistola.
Un sibilo la fece rizzare e spostare da sopra il cyborg, estraendo definitivamente l’arma e togliendo la sicura. L’oscurità senza luna ne stelle la rese nervosa ed elettrica, da saltellare da un piede all’altro senza accorgersene, inciampando a volte fra le gambe di Briareos.
Qualcosa nell’oscurità iniziò a ringhiare pesantemente e Deunan si tuffò verso il portello alzato davanti a lei e vi si appoggiò, per avere una posizione stabile di mira. Vari scricchiolii e colpi sordi la accerchiarono, come se fossero ad ogni lato, facendole rizzare i peli del corpo. Il fiato mozzato le accelerò il battito cardiaco, il sangue che le arrivava alle orecchie e al cervello. O era l’adrenalina?
Respirò profondamente e provò a pensare. Si voltò e cercò con le mani gli scatoloni. Aveva paura di accendere la torcia e attirare chiunque o qualunqua cosa ci fosse là fuori. Toccò con le dita vari oggetti, studiando la forma con i polpastrelli. Alla fine, al terzo tentativo trovò gli occhiali termici e li indossò stringendo l’elastico sulla testa. Dal buio totale si ritrovò a una massa di verde e nero, delimitando la forma di cosa la circondava. Vedeva il grosso masso, la foma in lontananza di montagne e gruppi rocciosi, la forma della jeap, Briareos immobile e gli scatoloni vicino a lei. Il fuoco si era spento e la calma innaturale riempiva il luogo. Poi un brontolio come dietro le sue orecchie e lei fece un salto di spavento. Non era assolutamente da lei ma sapeva che era dettato solo dalla situazione. Alle sue spalle vi era solo Briareos, che per promessa aveva smesso di comunicare con la gola, quindi scartò l’idea. Un latrare rauco e capì. Si sporse dalla jeap e notò un esemplare arruffato e sporco di coyote. Sembrava giovane, snello, con le orecchie tese in alto e il muso irrequeto. Fissava il mezzo, girava in tondo, annusava. Si chiese se non volesse provare a fare un salto nell’abitacolo e decise di provare a spaventarlo. Alzò l’arma in aria e sparò un singolo colpo che echeggiò, fendendo l’aria con un boato squarciante, da far stridere e latrare l’animale e farle venire un colpo in gola. Non era una sorpresa, aveva sparato lei, ma il silenzio totale aveva fatto credere che quel singolo sparo fosse chissà quale boato distruttivo. Vide la sagoma verde dell’animale sfuggire a una velocità record, si gettò con le mani sul bordo aperto del mezzo, posando la fronte sul freddo metallo, rinfrescandole la pelle accaldata. Insirò profondamente un paio di volte, tolse il visore e si ritrovò nel buio penetrante della notte. Rinfroderò la pistola dietro la schiena e si sistemò di nuovo, accoccolata, sul corpo del compagno. Strinse con forza la coperta e strofinò la tempia sinistra sul petto di lui, cercando di ricacciare indietro le lacrime che senza motivo volevano uscire. Tirò con il naso per fermare qualunque cosa volesse sfogarsi, come con le lacrime, e si strinse a lui. Non riusciva più  a dormire, il cuore non aveva smesso di rimbombare nella cassa toracica, anche se più lentamente di prima, ma continuava a farsi sentire. Si accorse con sconcerto di apparire, ai suoi occhi, debole. Aveva pianto quando Briareos era caduto sulla schiena, solo tre giorni prima, e aveva sentito una disperazione sorda e opprimente al pensiero di perderlo o saperlo immobile per sempre. Aveva stretto i denti in quei giorni, ma la sensazione di impotenza l’aveva colta troppe volte, portandola quasi a piangere, fermandosi a respirare per evitarlo, anche se per lei non doveva accadere.
Si era vista allo specchietto retrovisore troppe volte per contastare come l’aveva segnata tutto quello. L’ aspetto smunto e stanco, in primis. Per altri sarebbe stato scarno o emaciato solo per il suo colorito e le occhiaie. Per non parlar e poi dei capelli sporchi da farle sembrare il suo biondo un cenere spento. Le labbra e le mani, secche e screpolate, per la mancanza di attenzione alla cura di se stessa, la facevano sembrare come con gli abiti, una stracciona. Lo sapeva, avrebbero pensato questo, se altri l’avessero vista. Doveva cambiarsi, lavarsi ma quando decideva di farlo, si ritrovava sempre di notte e senza acqua. Aveva solo quella per bere, non poteva sprecarla.
Si girò dall’altro lato nervosa, triste. Doveva essere forte, caparbia, per se stessa e Briareos. Lacrime e dolore dovevano sparire. Restare in un angolo di se stessa e lasciar posto alla Deunan capace di qualunque cosa, solo se lo volesse. Quella che Briareos amava. Strinse i denti e accarezzò il braccio del cyborg fin giù al gomito, per poi risale verso la spalla. Sospirò e provò a dormire.

Deunan si svegliò quando il sole le toccò il viso, portandole luce sugli occhi. Si strofinò con la guancia contro il petto di Briareos, sbadigliando. Si mise a sedere, poi si alzò barcollando, ancora stordita. Si stiracchiò per bene, diede il buongiorno al compagno e prese cosa le serviva per la colazione. Prese il pentolino e preparò un beverone di latte, frutta e cereali per Briareos, che potesse ingurgitare senza dover masticare e spiluccò pane non più fresco e marmellata avanzata per sè. Dopo quarantacinque minuti, era pronta per andare nuovamente su strada. Disse a Briareos di avere pazienza e aspettare le fermate di pausa per dargli l'acqua e l'orario del pranzo, quando si sarebbe fermata definitivamente per un tot di tempo per riposare. Chiuso il pianale, si sistemò sul sedile e tornò e alla guida come gli altri giorni, cercando un cartello che le dicesse che strada prendere per New York.
Dopo quasi due ore, la prima sosta. Secondo il suo orologio erano circa le dieci di mattina e il caldo che fino a una settimana prima picchiava forte, iniziava a sparire. L'autunno sgomitava contro un'estate che gli dava pian piano posto, portando i primi freddi, sopratutto di notte. In inverno la situazione per lei, se non giungeva subito a destinazione, sarebbe stata disastrosa. Non sarebbero bastate le coperte e il tepore del corpo del compagno a scaldarla, questo lo sapeva. Se non trovava almeno un tetto, erano spacciati. Gli inverni negli ultimi anni erano più duri del solito e le estati distruttive. Il suo pensiero primo era, a causa del cambio di stagione, il problema malattie. Se si ammalava, erano nei guai entrambi. Non era tanto per lei il problema, anche se ammalarsi non era un aiuto in quel periodo, ma per il suo compagno. Messa male lei, lui sarebbe stato nei casini. Anche se cyborg, aveva sempre bisogni umani. Si era ormai abituata a doverlo nutrire, lavare, aiutare nei normali bisogni umani.
Rise al ricordo di tutte le persone che rimanenvano sconcertate nello scoprire che non vi erano differenze come immaginavano, tra umani e cyborg. Anche lei all'inizio non lo immaginava, eppure era così. Anche i cyborg avevano bisogni fisiologici dovuti al bere e mangiare. Respirava e si nutriva, come tutti. E lei doveva, quando poteva, 'occuparsi' di lui in quel senso. Lavargli il corpo con una doccia o ccon una spugna non era la sola mansione che doveva considerare, ma anche assicurarsi di non lasciarlo senza cure tutto il giorno. NOn era in grado di aiutarlo ad alzarsi nè altro per i suoi bisogni, poteva solo cambiarlo quando poteva.

Un'esplosione improssiva la fece sobbalzare, sterzando pericolosamente. Alla sua destra qualcosa stava producendo del fumo nero e scuro, che si levava oltre delle masse rocciose. Frenò di colpo e osservò l'ambiente intorno. Non vi era nessuno. Eppure quel fumo non poteva comparire da solo. Aggrottò le sopracciglia, cercò di riflettere su cosa fare e poi sospirò.

"Cosa devo fare Bri...secondo te dovrei andare a vedere? Sarebbe la prima volta che vedo qualcosa che non siano idioti mercenari..."

Briareos non emise neanche un rumore e lei, preoccupata, si voltò verso il retro. Sapeva però che lui non poteva muovere un muscolo e le aveva promesso di non faticare a emettere suoni gutturali, usando l'Os per parlare. Sorrise devolmente e poi si risistemò sul sedile stringendo forte il volante. Dopo aver riflettuto, sterzò verso il fuoco e trovò un sentiero poco battuto e non facilemente individuabile e si chiese da dove si poteva svoltare. Aveva guidato stando attenta a ogni angolo della strada e dell'ambiente circostante e poteva giocarsi una mano, non vi era una diramazione. Il fumo si avvicinava e sembrava che dietro due enormi rocce ci fosse qualcosa.

"Bri, so che cosa pensi. Ma...magari è qualcosa di positivo...non lo so. Ma voglio vedere cosa cè..."

Sfrecciò alzando la polvere della strada non asfaltata e giunse, girando attorno ai massi rocciosi alti non capiva quanti metri,  a una specie di installazione di qualche tipo. Due costruzioni in cemento e metallo una e metallo e vetro l'altra, una più grande dell'altra, si stagliavano là in mezzo al nulla. La più grande aveva una base rettangolare in metallo alta quanto la porta a vetri, dal colore ormai smangiucchiato dagli agenti atmosferici, sormontata da forse due piani con tetto spiovente a triangolo in vetro all'ingresso. Il tetto poggiava prima su una superficie metallica forse a dividere i piani sopra da quello gande  e in parte scendeva  fino a coprire un terzo del rettangolo, dove vi erano montati dei nomi. Pannelli di vetro verdi formavano la parete anteriore. Il resto era composta da sezioni in metallo, con griglie forse per l'aria agli angoli dell'edificio. Il tetto spiovente aveva delle sezioni rientrate a vetri come il davanti. Una delle due parti laterali, quelle più lunghe, portava una specie di enorme targa per tutta la lunghezza con un nome ormai sbadito, ma si capiva solo la parola Facility. Dei divisori metallici alti quasi tre metri erano completamente abbattuti a terra, se ne salvavanosolo tre sul lato a ovest dell'edificio. Sembrava tutto abbandonato ma il fumo fuoriusciva da qualche parte dal tetto. I vetri mostravano qualcosa che Deunan non riusciva a capire. L'altro edificio sembrava alla ragazza come una rimessa o qualcosa del genere. Tutto lamiere e finestre. Si fermò a qualche metro dall'ingresso e osservò il tutto. A parte il probabile incendio non sembrava esserci anima viva.  Deunan scese dall'auto e diede un colpo vicino Briareos sussurrandogli che sarebbe tornata subito. Poi, pistola alla mano, si avviò verso la porta a vetri dell'ingresso. Sbirciò, sporgendosi, dentro e notò che sembrava più un misto tra un laboratorio e l'ospedale. Gli ampi vetri a triangolo illuminavano l'interno senza bisogno di luci artificiali e notò delle strutture a livelli con tavoli metallici, strani tubi in vetro chiusi da placche metalliche e cose a schiera che non riconosceva. Ma la cosa che le veniva in mente era apparecchiature mediche.

NOn vedeva nessuno e decise di entrare spingendo l'ampia porta a vetro. I cardini metallici cigolarono stridendo e lei si maledì per la scelta di non provare a sbirciare in giro. Fece un rapido tratto di corsa, con la pistola bassa, nascondendosi dietro i primi mobili metallici attaccati dalla ruggine che si trovò nelle vicinanze. Alzando lo sguardo notò rimanenze rotte di provette, pinze metalliche sparse e fogli ingialliti. L'atmosfera che respirava pareva quasi sacrale e il luogo era così grande che le sembrava una cattedrale. Il posto dove si trovava era più ampio di quelli più in alto che erano sospesi da piani in metallo e vetro da farle pauyra al sol pensare di camminarci. Deglutì e controllò lentamente tutta l'area, stando attenta ai livelli sopra e eventuali porte. In fondo all'edificio notò un ascensore che doveva portare in alto, non vi erano porte e aveva un computer montato al centro dela cabina. I piani superiori sembravano divisi a zone, piattaforme metalliche ospitavano mobili e tavoli di vari tipi, mentre i corridoi che conducevano a quegli spazi erano in vetro. Appena si ritrovò vicina all'ascensore qualcuno urlò parolacce e un echeggiare di passi metallici la colsero alle spalle. Portò la pistola avanti a lei alzando lo sguardo e solo allora si accorse di una persona che si muoveva nervosamente al piano sopra a lei. I loro sguardi si incrociarono quando lui passò da una piattaforma metallica al corridoio di vetro. L'uomo non più giovanissimo e con un camice sporco si bloccò non appena la notò sotto di sè e rimase a fissarla sconcertato. Quando si riprese scuotendo la testa, il suo viso smagrito e barbuto si illuminò con un sorriso e corse all'ascensore che era fermo vicino a lei.

"Fermo, non si avvicini!"

"No, ferma. VOglio scendere. Voglio salutarti! Fammi scendere.."

"VUole salutarmi?"

"Sei la prima persona che vedo da anni! Fammi scendere!" urlò concitato "Fammi chiamare l'ascensore!"

Deunan dopo qualche incertezza gli indicò con la pistola di andare e lo osservò, pistola puntata su di lui, aspettare la cabina e poi scendere al suo stesso livello. QUando arrivò, l'uomo la fissò quasi elettrizzato, la squadrò dalla testa ai piedi e le fece segno di saluto con la mano. Deunan alla fine si fidò e si scambiarono un saluto cordiale.

"Accidenti, che emozione... sei vera. Vera!"

"Si...ma chi è lei?"

"Io? Oh io sono un ex abitante di questo posto...ero...un assistente all'epoca. Mi chiamo Dyon e sono l'ultimo rimasto alla Appleseed Facility. Ma tu...come sei giunta qui? Sei sola?"

Deunan cercò una risposta convincente e decise di mentire.

"No, il mio partner si trova sulla jeap. Abbiamo visto da lontano il fumo e udito l'esplosione e..."

"Ah si...l'esplosione. NOn puoi immaginare quanti danni ci sono ai macchinari. NOn cè più nulla di utilizzabile qui...Eh si...sono tentato di andarmene ma...non ho un mezzo per farlo e così..."

"Da quanto tempo vive qui da solo?"

"Credo...due anni...dall'assalto dei membri della F21 per fermare il progetto Appleseed...ma mi sono stancato..."

"Il progetto Appleseed? Non mi è nuovo questo nome ma..."

"Oh strano...il progetto Appleseed su presentato all'assemblea generale delle Nazioni Unite ma non all'opinione pubblica e solo i rappresentati delle nazioni e i militari sanno cosè...comunque, perchè sei qui ragazza?"

"Stavo cercando di raggiungere New York ma...la strada è lunga e ho...sentito il boato..."

"New York..." bisbigliò, poggiandosi a un tavolo co nsguardo allucinato "la sogno da tanto...vorrei tanto andarci!"

"Ehm...se vuole un passaggio noi ci stiamo andando però...abbiamo quasi finito i viveri e..."

"Viveri...qui ho cibo fresco. Davvero mi daresti un passaggio? Posso ricambiare con il cibo per tutti..."

Deunan si morse la lingua per la stupidaggine appena detta e ripensò a Briareos e i suoi rimproveri sul ragionare prima di parlare. Eppure quell'uomo sembrava tutto fuorchè pericoloso. Non aveva armi con sè, sembrava essere davvero una specie di scienziato.

"Ecco...possiamo parlarne...ma come è riuscito a vivere quasi due anni?"

"La zona alloggi è nell'edificio comunale. Cè una cucina, gli alloggi con bagni privati, il salotto per le pause e parte cè la serra...sono riuscito a mantenere vive le piante e gli alberi per poter mangiare. Sono riuscito a sopravvivere, non male vero?"

"Cè...verdura e frutta fresca?" quasi come una preghiera supplichevole "Davvero?!"

"Certo, vieni..."

Si recarono insieme nell'edificio più piccolo. Ma quando lei si avvicinò, constatò la vera grandezza della costruzione. Pareva da lontano più piccola perchè era tutto a un piano solo. Era in metallo con finestre rotonde alte quanto le porte. Dyon spiegò che ogni zona dell'edificio aveva un suo tetto spiovente e Deunan notò questa particolarità. Il tetto era diviso in tanti più piccoli spioventi ma non vi erano come nell'altro edificio vetrate per la luce. Le fece visitare la cucina ben accessoriata ma limitata nell'uso per la scarsità del combustibile per alimentarla. Dyon le spiegò che essendo rimasto solo aveva razionato la fornitura di gas che era chiusa sottoterra e ne rimaneva un quarto. Il resto dell'edificio che aveva bisogno di corrente elettrica era autonoma grazie ai pannelli solari posti sul retro che non si vedevano e avevano una portata di immagazzinamento enorme nonostante il numero limitato di quadri, che permetteva luso di acqua calda e altre modernità senza problemi. Questo gli aveva permesso di sopravvivere al caldo grazie all'aria condizionata e all'inverno per il riscaldamento anche con la neve. Le stanze per gli ex colleghi erano una decina, piccole ma comode anche se chiaramente abbandonate. I bagni erano ancora utilizzabili ma avevano bisogno di un pò di pulizia. Alla fine, rimase la serra dove Deunan vide colture artificiali con luci e canali di irrigazioni. Non era grandissimo ma Dyon le disse che in dodici che erano, riuscivano a sfamarsi per un paio di giorni in attesa dei rifornimenti. Rimasto da solo, riusciva a mangiare roba fresca ogni giorno, riuscendo a nutrirsi con cibi diversi grazie alla riserva di semi che custodiva.

"Rimanete questa notte e mi preparerò per partire. Voglio andarmene. NOn so comè il mondo là fuori ma voglio andarmene. Ormai qui non posso far nulla, dopo l'esplosione di oggi ho capito che non posso mandare avanti nessun esperimento. Umbrion sarebbe felice della mia dedizione..."

"Chi?"

"Il dottor Umbrion era il capo schienziato della struttura. Eravamo lui, sei suoi colleghi di alta preparazione, tre assistenti, un cuoco e un tuttofare che faceva anche le pulizie. Lui era una delle menti che aveva permesso la nascita del progetto Appleseed...ma lo hanno ucciso. Un giorno che ero andato a richiedere le scorte per le ricerche, hanno fatto irruzione...era uno dei gruppi terroristici contro il progetto e hanno fatto una strage. Quando sono tornato, il dottor Umbrion morente mi ha detto di salvarmi e rimanere qui, così' che nessuno avrebbe potuto farmi del male e che ero uno dei pochi di questo posto che conosceva il progetto. Ho fatto come ha chiesto ma non riesco più a stare qui..."

"Allora vieni con noi...ci hanno detto ch New York e uno dei posti sicuri dove poter andare..."

"Oh fantastico...e il tuo partner? Chiamalo, così vi sistemate...per la prima volta potrò parlare con qualcuno a cena...sono così felice..."

"Ehm...non posso...."

"Perchè'?"

Anche se incerta, lo condusse alla jeap e gli mostrò il motivo. Dyon rimase sconcertato nel vedere Briareos. Farfugliò qualcosa con tono entusiasta e fece tante domande sui cyborg. Alla fine Deunan gli spiegò quali erano i suoi problemi e che non poteva in alcun modo scenderlo da sola dal mezzo. Dyon però le disse di aspettare e corse nell'edificio delle ricerche, sparendo per diverso tempo.

"Non so se ho fatto bene ragazzone ma credo di aver fatto la scelta giusta..."

Dyon ricomparve tirando un carrello con un generatore vecchio modello, tenendo con l'altra mano una tanica di benzina.

"Ecco ragazza, questo è quello più leggero che ho che potevo portare fin qui. metto la benzina, tu intanto collega questi elettrodi agli attacchi del tuo amico. Sicuro che li avrà."

"Si, ma non so se ci sono quelli di questo vecchio modello, aspetta..."

Controllò gli attacchi e li trovò nel collo di Briareos. Collegati, attese che l'uomo finisse di riempire il generatore e poi lo avviò. Il rumore spaccatimpani rimbombò per l'ambiente circostante pieno di verde. Deunan rimase pensierosa vedendo l'apparecchio al lavoro ma nessuna reazione del compagno.

"perchè lo abbiamo collegato al generatore?"

"Semplice, un cyborg come quello sfrutta parecchie risorse. Se come dici tu l'os non funziona correttamente, non riuscirà probabilmente a sfruttare l'energia continua del corpo. Diamo direttamente corrente al cervello ausiliario e vediamo che succede..."

Attesero venti minuti ma non avvenne nulla. Dyon allora tornò indietro e portò con sè verso la jeap un computer. Collegò l'attacco allo slot di Briareos al lato della testa e smanettò un pò, tanto da spazientire Deunan. Alla fine, Dyon sorrise e urò 'bingo' premendo un pulsante.

"Che hai fatto?"

"Non è definitivo nè risolutivo ma, ragazza, ho cercato di sistemare il problema. Non sono uno specialista di cyborg ma di base tutte le attrezzature delle Nazioni Uinite come quelle che ho qui hanno un OS che è simile a quello del tuo partner. E' difficile da spiegare a chi non capisce ma per essere chiaro, il programma che gestisce le funzioni del suo corpo è simile a quello di questo computer. Ma non potevo entrare senza una chiave, quindi credo che il tuo amico mi abbia aperto una porta di sistema...."

"Ehm non ci capisco niente..."

"Beh...in poche parole, sono riuscito a resettare in parte il programma sfruttando quello che ho qui. Ho sfruttato il sistema di riparazione con files che ho qui. Proviamo se ha funzionato?"

"Non ho capito bene cosa hai fatto ma...ok, proviamo..."

Dyom, premuto un programma, fissò il cyborg davanti a lui. Deunan però parve poco entusiasta constatando che non stava funzionando. Prima che Dyon potesse dire qualcosa, Briareos si mosse e puntandosi con una mano sul metallo del mezzo, prese Deunan con la vita e la avvicinò a sè, salutandola. Deunan urlò il suo nome con entusiamo postando le mani sul suo viso. Gli chiese se andasse tutto bene e il cyborg rispose che  i problemi non erano spariti ma grazie al computer con il quale era stato collegato, era riuscito a riparare in parte alcuni sistemi crashati. Si alzò con fatica e Dyon gli disse di aspettare la carica completa, cosa che a quanto sembrava era già avvenuta da un pò.

"Nessun problema, il sistema mi dice che la batteria è carica ma non so per quanto.Grazie mille,davvero."

"Di nulla, io sono felice di aver conosciuto un cyborg come te. Cosa sei?"

"Un Hecatonchires da combattimento..."

"Non conosco nulla sui cyborg ma a sentire il nome pare una cosa figa..."

Deunan e Briareos risero e andarono all'edificio comunale con l'uomo per mangiare qualcosa. Dyon mostrò anche a lui ogni cosa e chiese di fargli compagnia fino al giorno dopo. Dopo vari minuti Briareos si lasciò convincere da Deunan, anche se chiaramente non contento della cosa.

"Ascolta, se per te va bene, vorrei pranzare e poi riposare fino a domani. Così hai il tempo di preparare tutto per il viaggio..."

"Certo, certo. Vi preparo qualcosa da mangiare, perchè non andate a farvi una doccia? Un bagno? Immagino che non vedete acqua calda da tempo...ho un paio di stanze apposta per voi. le più pulite..."

Deunan e Briareos si guardarono in faccia, risero lievemente e lo informarono del loro legame. Dyon rimase incerto, affermando di non aver inteso nulla e chiedendo scusa dell'errore. Li portò a una delle stanze più pulite e li uscì per preparare il pranzo. Lasciò prima una specie di diario perchè potessero leggere e capire cosa era accaduto.
Deunan e Briareos rimasero in piedi a osservare la stanza. Un grande lettotroneggiava al centro della semplice stanza. Una sola finestra  dava alle spalle dell'edificio mostrando solo verde, un comodino, una cassettiera, un paio di quadri e una sola sedia. Il bagno non era male e sembrava adatto alla stazza del cyborg.

"Almeno il letto è grande, spero però di non avere brutte sorprese stanotte..."

Deunan fissò il compagno che si spogliava dagli abiti sporchi sgranchendosi.

"Bri, scusa per gli abiti, non ho potuto cambiarti e..."

"Tranquilla bimba. Siamo qui ora, mi faccio una doccia e sono meglio di prima. Da sola hai fatto davvero tanto..." abbracciandola "vuoi andare prima tu o io?"

"Vai prima tu, così poi ti riposi."

Quando Briareos si chiuse nel bagno lei prese il diario e sfogliò le pagine fin dove le interessava, poi iniziò a leggere a voce alta. DAl bagno Briareos commentava e discutevano sulle questioni scritte.

”questo tizio non ha voluto lasciare nessuna informazione sugli studi che aveva compiuto .”

"Da quello che ricordo, quel progetto aveva a che fare con noi..."

"Intendi con voi cyborg?"

"Da quello che ho sentito ma non so altro."

"Capisco, comunque tu non ti fidi di lui vero?"

"Non lo so, mi sembra strano però che sia rimasto solo qui senza nessuno che..."

"Guarda che lo abbiamo trovato solo per l'esplosione. Altrimenti non sapevo niente di questo posto e non cèra un strada vera che portava qui. E' stato un caso..."

"Il caso a volte non è positivo. Anche se grazie a lui posso muovermi di nuovo, rimaniamo con gli occhi aperti!"

"Ricevuto..."

Finita la doccia, Briareos uscì  con una salvietta intorno al collo e si accomodò a gambe incrociate sul letto. Presa la salvietta sistrofinò la pelle delle braccia osservando Deunan che si toglieva i vestiti. Abbassò i pantaloni e, posata la pistola e altre cose che teneva nelle tasche, si liberò anche della maglietta restando in reggiseno e slip. Osservò gli abiti appena tolti e con sguardo poco convinto le gettò nel cesto della biancheria nel bagno.

"Da quanto tempo non avevamo tutto questo?"

"Da troppo..." osservandola davanti ai suoi occhi in intimo, ferma a parlargli "ma prima di arrivare a New York ci sono ore di macchina..."

"Voleranno con Dyon in macchina e le cose che ci porteremo dietro. Basta fagioli, basta abiti sporchi, basta tutto...ci credi?"

"..."

"Che cè?" portando le mani sui fianchi "qualcosa non va?"

"NOn sappiamo cosa ci sia a New York...non è detto che sia come ci hanno raccontato..."

"Ci stai ripensando?" avvicinadosi a lui intento a stringere il tessuto della salvietta "vuoi andare da altre parti?"

"No, abbiamo deciso di fare questo passo, quindi andremo in città. Spero solo di non avere brutte sorprese!"

Deunan lo guardò pensierosa, affondò un ginocchio nel materasso e si allungò verso il compagno, schioccandogli un bacio sulle labbra. Fece scorrere un braccio dietro il collo e sfiorò la sua fronte con quella del cyborg, stringendolo a sè.

"Qualunque cosa accada, mi basta che ci sia tu con me...il resto non mi importa..."

"Lo so. E ne sono felice! Però vorrei trovare il nostro paradiso, quello che abbiamo giurato di cercare fino alla fine del mondo..."

"NOn so se il mondo ha una fine, ma di certo a me basta questo per sentirmi felice" indicando prima la stanza e poi lui "...e mi va bene così..."

"brava ragazza" tirandola a sè.






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