Insegnami ad amare

di Fiamma Erin Gaunt
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

 

 

 

 

 

 

Le unioni tra le Montrose e i de Villiers nascevano sotto una cattiva stella. Charlotte avrebbe fatto bene a ricordarselo la prima volta in cui aveva posato gli occhi su Gideon. Ma lui era Diamante e, così come la pietra della quale portava il nome, sapeva abbagliare con la sua avvenenza e i suoi modi affascinanti. Aveva sperato di riuscire a conquistare il suo amore, ma lui aveva occhi solo per Gwendolyn.

La piccola, impacciata, irriverente Gwendolyn.

Lei le aveva portato via tutto: il posto come Rubino, le avventure nel tempo, Gideon.

Strinse i pugni, infuriata, al pensiero di quanto si fosse umiliata per ottenere anche un misero briciolo di considerazione. Aveva cucinato, pulito e stirato, si era persino offerta come baby sitter per quello scavezzacollo irresponsabile di Raphael.

E cosa aveva portato? Nulla.

Lei era semplicemente la bella Charlotte Montrose, quella che aveva avuto sintomi fantasma e che si era illusa di poter essere la viaggiatrice nel tempo di cui tanto parlava la profezia.

La sciocca Charlotte, era così che aveva cominciato a soprannominarsi tra sé e sé.

Battè un piede sul freddo marmo, cercando di sfogare la stizza che l’attanagliava. Perché? Cosa poteva mai avere una ragazza scialba come sua cugina che lei non potesse eguagliare? Per quale strano scherzo del destino era Gwendolyn la gene portatrice?

Proseguì il suo cammino, diretta nella sala da ballo dove era attesa per istruire Gwendolyn circa le terminologie del XVIII secolo e l’etichetta da rispettare durante una soiré. Questo perlomeno era il piano, perché si ritrovò a schiantarsi contro qualcosa di possente e inaspettatamente caldo.

Di sicuro non poteva trattarsi di un muro né di una colonna. No … piuttosto avrebbe giurato che si trattasse di un corpo muscoloso e decisamente maschile. Che il fato avesse deciso di venirle incontro e che si trattasse di Gideon?

Alzò lo sguardo, speranzosa, ma il giovane contro cui era finita non era Diamante.

Gli assomigliava, con quei suoi capelli corvini leggermente scompigliati e il volto dai tratti decisi e volitivi, ma non era lui. Gideon aveva occhi verdi come smeraldi, mentre quelli dello sconosciuto erano di un blu profondo e ammaliante come l’oceano.

Occhi che la osservavano dalla testa ai piedi come se volesse memorizzare ogni centimetro delle sue sembianze. Per qualche motivo il fatto di indossare ancora l’uniforme scolastica la fece sentire in imbarazzo. Con Gideon non vi aveva mai fatto troppo caso, certa del suo bell’aspetto, ma davanti a quell’affascinante sconosciuto immaginò di sembrare poco più di una ragazzina stretta in abiti privi di ogni minima attrattiva.

- Le mie scuse, Charlotte Montrose – disse, dipingendosi sul volto il sorriso più mortificato e dolce del suo repertorio.

- Nessun problema, miss Montrose. Sono sicuro che il mio fisico possa sopportare facilmente l’impatto con una ragazzina. –

Ragazzina?

L’aveva appena definita in quel modo?

Razza di arrogante impertinente.

- Non credo di avere più di una manciata di anni in meno di voi, signor …? –

- Richard. Richard de Villiers – replicò, accompagnando la presentazione con un inchino profondo e galante.

L’espressione divertita nei suoi occhi, tuttavia, rovinava quel tripudio di apparenti buone maniere. Le ricordava Gwendolyn, come se anche la più piccola forma di cortesia che le rivolgeva fosse nient’altro che un modo per deriderla.

- E siete sicura di ciò che dite? Io ho ventun’anni, miss Montrose … voi vi aggirate intorno ai quattordici, presumo? –

Avvampò.

Quattordici anni?

Se le sue buone maniere non le avessero impedito di farlo, l’avrebbe già preso a schiaffi.

- Ne ho sedici, signor de Villiers. –

- Sedici, eh? Lo nascondete bene. –

Accompagnò quelle parole con una lunga occhiata al suo corpo celato dalla divisa. Non aveva mai avuto grandi forme, era troppo magra per i fianchi larghi di Gwendolyn o per avere un seno prosperoso. Questo tuttavia non lo autorizzava a guardarla in quel modo assolutamente inappropriato e irrispettoso. Gideon non si era mai permesso di fare insinuazioni di quel tipo.

Oh, quanto le sarebbe piaciuto poterlo mandare al diavolo. Gwendolyn sicuramente l’avrebbe fatto e avrebbe ignorato cortesia ed etichetta.

Per una volta, le sarebbe piaciuto essere un po’ più simile a lei. Tuttavia lei non era così e la buona educazione prevalse sul resto. Ciò non le impedì d’altronde di suonare più tagliente del solito.

- Ho una costituzione esile. –

- Direi che questo è l’eufemismo del secolo. –

- Ritengo che l’eufemismo del secolo sarebbe dire che voi avete delle buone maniere piuttosto arrugginite. –

Richard rise, scoprendo una dentatura bianca e perfetta.

La sua risata ricordava vagamente le fusa di un grosso felino. Bassa, profonda e incredibilmente intrigante.

- Touché, mademoiselle Montrose – ammise, portando una mano all’altezza del cuore.

Il rumore di passi lungo il corridoio interruppe la loro breve conversazione. Gwendolyn veniva nella loro direzione e aveva l’aria di chi aveva appena ricevuto un colpo basso ed era sconvolta.

Avrebbe voluto fare un commento sarcastico, magari ordinarle di tornare nella sala da ballo, ma Richard la colse impreparata precedendola.

Fermò Gwendolyn con un tocco delicato, accarezzandole la guancia e catturando la lacrima che le era sfuggita e le correva lungo lo zigomo.

- Ti senti bene, ma petite? –

La osservava con attenzione e un pizzico d’apprensione in quelle iridi blu oltremare.

Perché Gwendolyn doveva sempre attirare l’attenzione di tutti i de Villiers? Falk era visibilmente divertito da lei, Raphael la trovava una tipa in gamba, Gideon l’amava … e adesso anche Richard.

- Sto bene, Richard, ho solo bisogno di stare un po’ da sola – replicò, sottraendosi dalla sua presa e riprendendo la sua folle corsa.

Gideon si materializzò poco dopo, con un’espressione spaesata negli occhi smeraldini.

Ma fu la reazione di Richard a sorprenderla più di ogni altra cosa. Lo prese per il colletto, sbattendolo contro il muro con forza.

- Cosa hai combinato, ragazzino? –

Si rabbuiò, ricambiando la presa. – Niente che ti riguardi. – Poi cedette, abbassando lo sguardo verso il pavimento come se si sentisse in tremendo imbarazzo.

Charlotte non l’aveva mai visto così.

- Ha parlato con il Conte e lui le ha raccontato che il mio interesse per lei non era reale, ma solo un modo per renderla obbediente alla Loggia. –

- Ed è vero? –

- No. Il Conte mi ha detto di farlo –, ammise, - Ma alla fine ho cambiato idea. –

Richard annuì brevemente, improvvisamente rasserenato.

Non ci capiva più niente. Se anche lui trovava attraente Gwendolyn perché il fatto che Gideon l’amasse lo tranquillizzava? Andava oltre ogni logica.

Lo vide portare una mano al volto, scuotendo la testa.

- Beh, ragazzino, dovrai risolvere i tuoi problemi d’amore da solo. Ci vediamo al ballo di domani. –

Una frazione di secondo e lui non c’era più.

Incrociò lo sguardo di Gideon, sorpresa.

- Lui … lui è un viaggiatore? –

In nessuno degli annali si parlava di un tredicesimo viaggiatore né, che lei si ricordasse, di un Richard de Villiers. Un viaggiatore che si muoveva nel futuro, poi, era a dir poco impensabile. Quella era una delle regole del cronografo: non si poteva rischiare di alterare gli eventi della storia.

Gideon annuì. – Richard de Villiers, fratello di mezzo di Falk e Paul. Lapislazzuli, pantera, mogano. Più probabilmente lo conosci come “la pantera dagli occhi blu”. Negli annali il suo nome come viaggiatore è stato cancellato perché il suo dono era anomalo: sai cosa significa la pantera, no? –

Charlotte annuì.

La pantera veniva considerata dagli sciamani come un animale mistico, capace di viaggiare nel tempo e nello spazio senza alcun limite.

Se Richard era la Pantera … beh, il fatto che potesse viaggiare nel futuro cominciava ad avere di gran lunga più senso.

- Perché sembra conoscere così bene Gwendolyn? –

Scosse la testa. Non aveva una risposta e si vedeva chiaramente quanto la cosa non gli piacesse. Era geloso di lei, realizzò, ma inaspettatamente la consueta fitta di gelosia che le attanagliava lo stomaco non si manifestò.

- Beh -, disse stringendosi nelle spalle, - Suppongo che per oggi il mio aiuto non serva più. Ci vediamo domani, Gideon. –

- Io e Raphael pensavamo di andare a mangiare una pizza … ti va di venire? – le gridò dietro.

Sapeva perché l’aveva invitata, non si faceva più alcuna illusione: aveva bisogno di qualcuno con cui parlare, e quel qualcuno non poteva certo essere il suo fratellino. Però non era giusto che  fosse lei. Doveva smetterla di preoccuparsi per lui … Gwendolyn aveva ragione: Gideon de Villiers non era più un suo problema.

- No, non questa sera, Gideon. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Okay, lo confesso: amo il personaggio di Charlotte Montrose. No, non sono completamente impazzita. Diciamo che secondo me é stata demonizzata un po’ troppo questa benedetta ragazza. Viene preparata per sedici anni a essere Rubino, rinunciando a ogni minima forma d’interazione sociale al di fuori della Loggia, e s’innamora di Gideon per poi vedere arrivare la sua cuginetta che fresca fresca le ruba tutto quello che aveva sempre pensato fare parte della sua vita. Ora, obiettivamente, se avessero fatto una cosa del genere a me avrei strangolato la “Prescelta” a mani nude. Ergo, dovevo darle un lieto fine che si rispetti, perché almeno questo Charlotte lo merita.

Spero che la storia vi piaccia e che vogliate farmi sapere che ne pensate (gli aggiornamenti saranno celeri perché questa mini long di tre capitoli é stata già interamente scritta).

Alla prossima.

Baci baci,

       Fiamma Erin Gaunt

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Charlotte scosse la testa.

Poco importava che il suo interesse per Gideon fosse scemato con sempre maggior rapidità in quelle ore: ancora non riusciva a sopportare l’atteggiamento di Gwendolyn. Si comportava come se fosse tutto un gioco, non prestava la minima attenzione a ciò che stava provando a spiegarle e, come suo solito, guardava nel vuoto e ridacchiava di tanto in tanto.

Aveva sempre pensato che fosse senza qualche rotella e in quei momenti le confermava in maniera assoluta i suoi sospetti.

- Gwendolyn, presta un po’ d’attenzione, in nome del cielo! –

- La colpa non è sua, ma del compagno di ballo – la interruppe una voce maschile.

Non potè impedire al suo corpo di avere un lieve fremito quando la riconobbe. Richard era lì, appoggiato allo stipite della porta con distratta eleganza, e osservava la scena con un sorrisetto sghembo sul freddo volto affascinante.

- È il nostro migliore preparatore da anni. –

- Allora non oso pensare come fossero tutti gli altri. –

Poi si fece avanti, strappando senza tante scuse Gwendolyn dalle braccia di Giordano e stringendola con ferma gentilezza. La guidò lentamente nei vari passi, sorridendole di tanto in tanto, senza mai stringerla più di quanto non fosse strettamente necessario. Non stava flirtando con lei, constatò, ma aveva certamente modi molto diversi rispetto a quelli che erano stati riservati a Gwendolyn fino a quel momento. E come danzava. Ah, aveva il potere di riuscire persino a far sembrare Gideon goffo al confronto.

Terminarono il minuetto rispettivamente con un inchino e una riverenza e dovette ammettere, per quanto non le facesse piacere, che Gwendolyn si era dimostrata all’altezza della situazione in quell’occasione.

Certo, poteva anche essere stata semplice fortuna.

- Non male – decretò.

Vide sua cugina rivolgerle una buffa smorfia che probabilmente voleva essere una sua imitazione. Si sforzò d’ignorarla.

Cielo, sapeva essere così infantile.

- Presumo che lei saprebbe fare di meglio, miss Montrose? –

Sapeva riconoscere una sfida quando gliene veniva rivolta una e aveva una gran voglia di tenere testa a quel ragazzo … o avrebbe dovuto dire uomo? Il fatto che nel presente quella versione ventunenne di Richard avrebbe avuto sedici anni in più la confondeva. Non sapeva mai se pensare a lui come un giovane uscito da poco dall’adolescenza o un uomo fatto e finito.

- Ovviamente, signor de Villiers. –

- Allora mi sento in dovere di testare le vostre abilità, mademoiselle. –

Le rivolse un piccolo inchino, porgendole una mano con eleganza.

Esitò un attimo prima di accettarla, lasciandosi condurre sulla pista. Aveva un sorriso divertito e ironico sulle labbra e seppe che stava per commentare con qualcosa d’impertinente ancora prima che aprisse bocca.

- Coraggio, miss Montrose, ma ricordate: Se danzi con il diavolo, il diavolo non cambia; è lui che cambia te. –

- Dovreste sapere, signor de Villiers, che il diavolo è un ottimista se crede di poter peggiorare gli uomini. –

Richard rise, attirandola a sè.

- Ciò che l'uomo chiama immorale è ciò che mostra al mondo la sua vergogna. –

Riusciva a percepire chiaramente quanto fosse solido il suo corpo al di sotto della camicia nera che indossava. Sentì le guance accaldarsi leggermente e fu certa che le sue gote avessero assunto una sfumatura particolarmente intensa di rosa. Sperava solo di non risultare ai suoi occhi come una ragazzina impacciata e ridicolmente timida. Era solo un ballo.

Un ballo con un giovane uomo attraente e in grado di scacciare Gideon dalla sua mente. Scacciò i pensieri, lasciandosi condurre da quelle mani forti che la stringevano contro il suo corpo con molto più vigore di quanto non avessero fatto con Gwendolyn qualche minuto prima.

- Il Diavolo rimase vergognoso, e intese come il bene sia tremendo, e vide come nella sua forma la virtù sia amabile – mormorò, sorridendole in modo ben diverso rispetto a quanto aveva fatto fino a quel momento.

Frastornata da quella vicinanza e dal buon profumo che irradiava la sua pelle, impiegò qualche secondo a riconoscere la citazione.

- Milton, il Paradiso Perduto. –

Annuì appena. – Molto bene, miss Montrose. –

 

Mossero gli ultimi passi con la precisione e la grazia che aveva accompagnato tutto il minuetto e Charlotte ebbe chiaramente l’impressione che quello fosse stato il ballo più breve della storia. Quando la musica cessò, si ritrovò ancora stretta a Richard.

Sembrava che il ragazzo non avesse poi tutta questa voglia di lasciarla andare, d’altronde non poteva certo negare che la cosa le facesse piacere.

 

- Magnifique! Superbe! – esclamò Giordano, battendo allegramente le mani.

 

Persino Gwendolyn, notò con la coda dell’occhio, appariva sinceramente ammaliata.

Fu allora che la presa di Richard si annullò e si ritrovò ad osservarlo mentre si chinava a depositarle un lieve bacio sul dorso della mano.

Fremette nell’istante in cui le sue labbra incontrarono la pelle sensibile.

E, potè giurarlo, Richard sorrise in un misto di compiacimento e orgoglio per quella reazione. Tuttavia si ricompose in fretta e tornò a indossare la maschera di gelido fascino di pochi minuti prima.

 

Mentre tornava alla sua postazione al fianco di Giordano, vide che anche Gideon era stato presente durante il loro piccolo intermezzo artistico.

Bene, così avrebbe finalmente capito che non desiderava continuare quella scena d’aspirante fidanzata respinta.

 

- Ti serviva qualcosa, ragazzino? – domandò Richard, inarcando un sopracciglio all’indirizzo di Gideon.

Quest’ultimo arricciò il labbro in un’espressione contrariata. Non gli piaceva che lo chiamasse in quel modo ma, di fatto, era  più grande di lui.

- Mr George mi ha mandato a chiamarti per la trasmigrazione. –

Non aggiunse altro, certo che il viaggiatore avrebbe capito.

Infatti, Richard annuì con serietà e uscì a passi lunghi dalla sala, seguito a ruota dal Diamante.

 

Charlotte lanciò un’occhiata interrogativa a Gwendolyn, che si strinse nelle spalle. Magnifico, neanche lei sembrava saperne qualcosa.

- Riprendiamo con gli esercizi di portamento, Gwen – ordinò.

Visto lo sbuffo che la cugina non aveva neanche provato a camuffare, aggiunse: - Spero che alla soiré dimostrerai un po’ più di classe e non ti metterai a fare rumori molesti durante le esibizioni. –

- Certo, Vostra Grazia Serenissima – ironizzò.

Aveva già detto quanto la trovava infantile?

 

 

 

 

 

 

*

 

 

Stavano per fare ritorno a casa quando un rumore di passi piuttosto turbolento attirò la loro attenzione.

Gwendolyn si arrestò all’istante, allarmata. Probabilmente, a dispetto delle discussioni di quei giorni che avevano coinvolto lei e Gideon, era ancora sinceramente preoccupata per lui. E lei, suo malgrado, doveva ammettere che il pensiero che a uno dei due ragazzi fosse successo qualcosa durante la trasmigrazione le riempiva il cuore d’angoscia. Così non trovò nulla da obiettare quando sua cugina rimase imbambolata in mezzo al corridoio, in impaziente attesa.

Gideon comparve poco dopo, seguito a ruota da Falk e mr George, mentre sosteneva con qualche sforzo Richard. Il ragazzo sembrava aver perso conoscenza e, a giudicare dalla larga macchia all’altezza del lato sinistro del costato, doveva aver riportato una ferita considerevolmente grave.

Li seguì mentre lo deponevano con la maggior gentilezza possibile sul lettino dell’infermeria e, con voce tremante, domandò: - Dottor White, posso esservi utile in qualche modo? –

- Potresti portarmi della garza, del filo e un ago da sutura, mia cara. –

Recuperò il materiale alla velocità della luce e tornò verso di lui proprio mentre riapriva gli occhi.

Lo vide sbattere le palpebre due volte, probabilmente nel tentativo di mettere a fuoco meglio, decisamente frastornato.

- Non pensavo che gli angeli avessero chiome fatte di fiamme – mormorò, chiudendo di nuovo gli occhi.

Sotto lo sguardo sorpreso di Gideon, Charlotte scoprì di essere avvampata per quell’inaspettato e decisamente singolare complimento. Era forse il delirio per il dissanguamento che lo aveva fatto parlare?

- Spero solo che non si risvegli mentre lo ricucio, non sarebbe una cosa piacevole per questo povero ragazzo – disse il dottore, infilando il filo e cominciando ad assicurare i punti.

La ferita era abbastanza profonda e lunga una decina di centimetri. Era stato un colpo di spada di uno degli uomini dell’Alleanza fiorentina, aveva detto Gideon, che l’aveva raggiunto mentre gli salvava la vita.

Terminata la sutura, il dottor White vi sistemò sopra una salda fasciatura che ricopriva tutto il torace e gli fece un’iniezione di antidolorifico.

- Servirebbe qualcuno che resti accanto a lui finchè non si sarà svegliato. –

- Posso farlo io. –

Le parole le uscirono dalla bocca ancora prima che i suo cervello riuscisse a realizzare ciò che aveva detto.

- Certo, e io accompagnerò Gwendolyn a casa. –

Gwen gli lanciò un’occhiata seccata. – Non ho bisogno della balia, Gideon. –

- Questo è discutibile -, replicò lui, - Adesso sbrigati, non vorrai mica svegliarlo con le tue chiacchiere. –

Controvoglia, Rubino si lasciò condurre via. La stanza si svuotò rapidamente e Charlotte si ritrovò sola con lui.

Osservò il viso dai tratti decisi e virili, accarezzando distrattamente le scompigliate ciocche corvine. Quando stava male sua madre la coccolava e a lei sembrava che il dolore passasse più alla svelta quindi magari sarebbe stato così anche per lui.

Continuò a osservarlo per poi scendere lungo la linea del collo, le spalle larghe e i bicipiti possenti fino al torace parzialmente fasciato. Aveva un fisico asciutto, muscoloso ma ben proporzionato, piacevole a guardarsi.

- Ti piace ciò che vedi, ragazzina? –

Distolse lo sguardo, imbarazzata, e questo lo fece scoppiare a ridere. Era una di quelle risate tipicamente mascoline che sfoggiavano gli uomini quando le donne facevano qualcosa di irresistibilmente attraente.

- Come va con il dolore? – replicò per tutta risposta.

- Non lo sento quasi, è più il fastidio dei punti che tirano che altro. –

Provò a mettersi seduto, ma la mano di Charlotte lo respinse prontamente verso il basso. Toccarlo era una sensazione piacevole, si sorprese a notare, e l’idea di smettere di farlo le sembrava assurda. Doveva darsi un contegno, però, o avrebbe fatto la figura della stupida.

- Non devi muoverti, ordini del medico – disse con la sua migliore voce da comando.

- E tu chi saresti, l’infermiera? Sai, credo che madame Rossini abbia delle divise un po’ più sexy di quella che indossi in questo momento. Bisogna rispettare l’autenticità, no? –

Scosse la testa, sorridendo divertita.

Era incredibile come l’essere stato ferito da un colpo di spada e l’aver rischiato di morire dissanguato l’avessero decisamente fatto apparire più divertente.

- Non credo che cambierebbe qualcosa anche se la indossassi, visto che non sei certo nelle condizioni di fare il Casanova. –

- Il Casanova, eh? Personalmente preferisco Dongiovanni, ma suppongo che anche lui sia una valida alternativa. –

- Sia come sia, non ne sei in grado al momento. –

Gli occhi blu scintillarono maliziosi.

- Ma vorresti che ne fossi capace? – la punzecchiò.

- Sai, comincio a pensare che ti preferivo da addormentato. –

- Certo, perché in quel modo avresti potuto continuare ad approfittarti di me. Ho visto come mi guardavi, tigre. –

Tigre?

Beh, se non altro era meglio di ragazzina.

- Hai le allucinazioni per la ferita, è evidente. –

Scosse la testa, continuando a sorridere con quell’aria fastidiosamente compiaciuta. – Mi trovi assolutamente irresistibile, questo è evidente. –

Sbuffò.

- Sei insopportabilmente arrogante, lo sai? –

- Non mi dici nulla di nuovo – confermò.

Ah, persino insultarlo era impossibile.

- Comunque -, aggiunse poi, - Hai delle belle gambe, tigre. –

Avvampò come mai prima di quel momento le era capitato. In effetti, dubitava persino che qualcuno potesse essere in grado di arrossire in quel modo. Era certa che la sua faccia avesse ormai assunto il colorito di un bel pomodoro maturo.

Lo colpì su un braccio con uno schiaffo mentre si dipingeva sul volto l’espressione più indignata del suo repertorio.

- Ahia, non sai che non si picchiano i malati? Un’infermiera carina, ma pessima con i pazienti, farò rapporto al dottore. –

- Sì, immagino che il dottor White prenderà molto sul serio le tue rimostranze. In fin dei conti … -

Venne interrotta dalla mano di Richard che le accarezzò gentilmente una guancia. Le ravviò una ciocca di capelli che le era sfuggita dalla treccia, portandogliela dietro all’orecchio. Poi si drizzò quanto gli consentivano i punti, avvicinandosi al suo volto. Rimase immobile, completamente impreparata, finchè le labbra del ragazzo non si posarono sulle sue. Fu un contatto lieve, assolutamente casto, perché subito dopo Richard dovette lasciarsi ricadere nuovamente sul materasso.

- Merda – ringhiò tra i denti, tastando la ferita al di sopra del bendaggio per assicurarsi che tutto fosse al suo posto.

Charlotte dal canto suo si alzò in piedi di scatto, realizzando solo in quel momento ciò che era accaduto: si era lasciata baciare volontariamente da quello che, di fatto, era un perfetto estraneo.

Si posò le mani sulle labbra, assaporando ancora il lieve retrogusto di fumo del ragazzo.

- Perché l’hai fatto? – domandò, flebile.

- Per ringraziarti per esserti presa cura di me mentre ero svenuto. Non mi sembra che ci sia stata la fila per stare al mio capezzale. –

Avrebbe voluto obiettare, ma la verità era palese. Neppure Falk, che di fatto era suo fratello maggiore, aveva avanzato la richiesta di rimanere accanto a lui nell’attesa del suo risveglio.

Il fatto però che l’avesse baciata solo per quel motivo la colpì come un pugno allo stomaco.

- Quindi mi hai baciata solo perché ti sentivi riconoscente? – chiese aspramente.

Riecco che quel sorrisetto compiaciuto compariva sul volto di Richard. Dio, avrebbe davvero voluto prenderlo a pugni.

- No, non solo per quello, infatti non intendo baciare mr White perché mi ha ricucito – ironizzò.

- E allora perché mi hai baciata? –

- Perché se mi si offre la possibilità di baciare una bella ragazza non mi tiro indietro – replicò, stringendosi nelle spalle.

Una bella ragazza.

Dunque la trovava bella, malgrado quelle battute sul fatto di essere una ragazzina o di dimostrare quattordici anni.

L’idea la fece sentire incredibilmente allegra.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Eccoci con il secondo e penultimo capitolo. Spero che l’abbiate apprezzato anche solo la metà di quanto a me é piaciuto scriverlo. Credo che l’ultimo aggiornamento sarà fatto sabato (nel caso a qualcuno interessi). Ora vi lascio, l’università chiama (>.<). Alla prossima.

Baci baci,

Fiamma Erin Gaunt

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

 

 

 

 

 

Non vedeva Richard da quattro giorni ormai, escludendo il momento in cui era trasmigrato brevemente per recuperare  Gwendolyn e Gideon e accompagnarli al ballo. Non avrebbe mai creduto di dirlo a riguardo di un ragazzo che non fosse Gideon, ma le mancava.

Adesso, mentre rimetteva via le sue cose e si preparava per uscire da scuola e tornare a casa, non potè fare a meno di pensare a quel bacio che si erano scambiati. Mai nessuno le aveva fatto lo stesso effetto.

Era questo ciò che provava Gwendolyn quando Gideon la baciava? Se era così adesso capiva perché quei due si sentissero così irresistibilmente attratti l’uno dall’altra.

- Ehy, Charlotte, hai visto quello lì? –

La voce di Cyntia le giunse alle orecchie come un fastidio cinguettio. Quella ragazza doveva davvero imparare a moderare il tono e a non esaltarsi così tanto per il primo bel ragazzo che le capitava davanti.

- Ehy, Tigre. –

Quella voce.

Alzò gli occhi, degnandosi finalmente di guardare nella direzione in cui Cyntia e Sarah stavano fissando con gli occhi a cuoricino.

Appoggiato a una moto, interamente vestito in pelle e con una sigaretta fumante stretta tra le labbra, stava Richard.

- Quello è assolutamente frocio, ne sono sicuro – asserì Gordon, mentre le ragazze presenti scuotevano teatralmente la testa. Per lui tutti i bei ragazzi erano gay oppure imparentati con tutte le ragazze del mondo, c’era poco da fare.

Così si trattenne dal rispondergli o anche solo rivolgergli un minimo d’attenzione e scese la rampa di scale del patio con studiata grazia.

- Che ci fai qui? – domandò, suo malgrado incapace di trattenere l’allegria nella sua voce.

- Una sorpresa. Ho pensato che potevo passare a prenderti visto che era parecchio che non ci vedevamo e che sicuramente sentivi la mia mancanza. –

Sbuffò.

Arrogante.

- Sicuro che non fossi tu che sentivi la mia mancanza? – lo rimbeccò.

- Ma come siamo presuntuose – rise, porgendole una mano.

L’accettò, lasciandosi attirare verso di lui, ma rimase comunque un po’ guardinga. Era sulle spine: l’avrebbe forse baciata nuovamente?

No, si limitò ad accarezzarle il volto e a baciarle una guancia. Poi scese con le labbra nell’incavo del collo e, persino da dove erano loro, Charlotte potè sentire Cyntia che squittiva davanti a quel gesto romantico.

Anche Richard doveva averla sentita perché le porse il casco di riserva e mise in moto, poi alzò la voce e si rivolse direttamente a Gordon: - Tanto per la cronaca, sono etero e neanche lontanamente bicurioso; mi spiace se distruggo le tue fantasie erotiche, amico. –

Charlotte montò dietro di lui, cingendogli la vita con le braccia e ridacchiando contro il suo giubbotto di pelle. Il resto dei presenti fece eco alle sue risate mentre Gordon arrossiva e borbottava qualcosa tra i denti.

La moto sfrecciò via, diretta chissà dove. Quando raggiunsero la destinazione, Charlotte sgranò gli occhi.

- Non siamo a Temple. –

- Acuto spirito d’osservazione, miss Montrose. L’ha capito dall’assenza della loggia o dalla mancanza di Guardiani e adepti isterici? –

- Dove ci troviamo? –

Richard lanciò una breve occhiata intorno a sé.

- Di solito quanto c’è tanto verde in piena città ci si trova in un parco – ironizzò.

Charlotte lo colpì con un piccolo pugno.

- Sta diventando una mania quella di picchiarmi, eh? Se vuoi mettermi le mani addosso, almeno fallo in modo più piacevole. –

- Del tipo? – lo provocò, sbattendo innocentemente le lunghe ciglia sugli occhioni blu.

- Tipo così – ribattè, accarezzandole i fianchi e lasciando scivolare le mani al di sotto della camicetta della divisa.

Rabbrividì, stringendosi contro di lui e cingendogli il collo con le braccia.

- O così – aggiunse, liberando una mano e seguendo il profilo delle calze che indossava sotto la gonna a pieghe.

- O magari così – concluse, baciandola.

E fu nuovamente beato oblio. In quel momento nella sua vita c’erano solo loro due, nient’altro aveva importanza. Si riscosse solo quando un terribile presentimento si fece strada in lei.

- Perché non conosco la tua versione presente? –

Richard corrugò la fronte, perplesso, - Stai cercando di dirmi che hai un debole per i quarantenni? –

Scosse la testa.

- No, scemo. Solo che non ti ho mai visto alla Loggia e la frequento da anni. Insomma, come fai a trasmigrare senza cronografo? –

- Semplice, non lo faccio. Non conosci la mia versione quarantenne perché non esiste né é mai esistita. –

- Non capisco. –

Prese un bel respiro, come se fosse in procinto di dire qualcosa di particolarmente difficile.

- Quello che sto cercando di dirti, Charlotte, è che io non arriverò mai a quarant’anni. Ho cominciato a trasmigrare nel futuro da quando ho scoperto che sarei morto, così mi sono rifugiato qui. –

- Come Paul e Lucy che vivono nel passato? – domandò incerta.

Annuì. – L’idea l’ho presa da loro, in realtà. –

Charlotte rimase in silenzio, cercando di metabolizzare la notizia. Era assurdo, ma d’altro canto talvolta la felicità giungeva sotto le forme più inaspettate. A lei era toccato un ventunenne proveniente dal passato nonché sfuggito miracolosamente alla morte. Un ventunenne incredibilmente sexy, aggiunse prontamente, che la teneva stretta a sé come se fosse la cosa più preziosa del mondo.

- Sono felice che tu abbia scelto di trasferirti nel futuro e che tu mi sia venuto a prendere a scuola e non mi abbia portata alla Loggia ma qui. –

- Dovevo farlo -, ammise, - Perché da quando ti ho vista non sono più riuscito a togliermiti dalla testa. –

La dichiarazione d’amore che aveva aspettato per così tanto tempo finalmente le veniva rivolta. Non da Gideon, come aveva sempre pensato, ma la cosa non le importava. E la sensazione era ben diversa da quella che Diamante suscitava in lei. Forse, dopotutto, era sempre stata una tipa da Lapislazzuli.

- Non sono un granchè con queste cose, di solito non faccio dichiarazioni sdolcinate o roba simile. Ma, miss Montrose, se lei volesse potrebbe insegnarmi la cosa più difficile al mondo. –

- Cosa? – sussurrò a fior di labbra.

- Potrebbe insegnarmi ad amare. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Eccoci qui con il terzo e ultimo capitolo di questa mini long. Spero che l’abbiate apprezzata e ringrazio coloro che hanno recensito e/o inserito la storia nelle preferite e nelle seguite, ma anche coloro che fanno parte delle schiere dei lettori silenziosi. Probabilmente tornerò con qualcos’altro su questa coppia, ma non vi anticipo nulla. Alla prossima.

Baci baci,

Fiamma Erin Gaunt

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