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di xfrancix
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Discovering. ***
Capitolo 2: *** The room ***
Capitolo 3: *** News ***
Capitolo 4: *** Care ***
Capitolo 5: *** Niall ***



Capitolo 1
*** Discovering. ***


“Mi dispiace” sento queste parole uscire dall’uomo davanti a me, il quale mi guarda dritta negli occhi.
Non distolgo lo sguardo da lui nemmeno un attimo, ma sento gli occhi che iniziano a bruciare e comincio a vedere tutto ciò che mi circonda sfuocato, come immerso nell’acqua.
“Dai, stai tranquilla, ci sono possibilità che tu sopravviva” mi dice il dottore cercando di tranquillizzarmi, ma inutilmente.
“Quante possibilità ho di vita?” chiedo asciugandomi gli occhi senza togliere lo sguardo da lui.
L’uomo guarda il foglio che ha in mano e deglutisce rumorosamente la saliva, per poi mordersi un labbro.
“Quante possibilità ho?” ripeto. Nelle mie parole c’è un filo di paura, ma le parole risultano dure e serie, perché voglio davvero capire cosa sta succedendo all’interno del mio corpo.
“10%” dice l’uomo abbassando lo sguardo. “Ma non è detto che morirai, con le cure giuste potresti anche sopravvivere” dice cercando di sdrammatizzare la cosa.
Lo guardo e scuoto la testa, con faccia schifata. “Il 10%?” chiedo sospirando. “Non voglio parole di conforto. Dimmi che morirò. Dimmelo e facciamola finita.” Non voglio davvero parole di conforto, risultano totalmente vane e prive di realtà.
Non ci posso credere, ho vissuto diciassette anni per cosa? Per sentirmi dire che un tumore mi ha colpito il cervello.
Esco dallo studio medico sbattendo la porta e corro nella mia stanza, quella dove ho alloggiato in questi giorni mentre facevo le analisi.
Sono arrivata in quest’ospedale pensando che ne sarei uscita presto, invece no, non ne uscirò. Non pensavo che quel leggero fastidio che avevo potesse trattarsi di qualcosa di così grave, non lo avrei mai immaginato.
Esco dalla stanza e percorro tutto il corridoio fino ad una grande porta-finestra, la apro ed esco sul terrazzo, dove ci sono altre tre persone.
Mi metto in un angolino e appoggio i gomiti alla ringhiera, guardando al di là della strada un parco.
Noto un  uomo, dall’altra parte del terrazzo che parla al telefono e presto attenzione alle sue parole:”Hanno trovato una donna con il sangue compatibile! Domani le fanno il trapianto! Sì, sopravvive. Esatto, starà bene!” lo vedo sorridere e sorrido anche io, spostando poi lo sguardo in basso, sulla strada grigia. Se solo anche per me ci fosse qualche possibilità.
Mi si avvicina un ragazzo che, probabilmente, è sul terrazzo già da un po’, e si mette in una posizione simile alla mia, guardando gli alberi del parco davanti a noi.
“Come mai qui? Qualche parente che sta male?” chiede sospirando.
“No” rispondo secca.
“E allora perché sei qui?” mi chiede togliendo un gomito dalla ringhiera per poi portarlo nella tasca dei pantaloni, e posando lo sguardo su di me. Io, per risposta, alzo la mano.
Il ragazzo mi guarda e abbassa subito lo sguardo. “Oh, non lo sapevo.. Scusami” nella sua voce traspare un filo di dispiacere.
“Tranquillo” sorrido “Tu invece?”
“Uguale” risponde sorridendo. Il fatto che sorrida mi colpisce particolarmente, in fondo è lui il ricoverato.
“Perché sorridi?” gli chiedo guardandolo con occhi incuriositi.
Il ragazzo mi guarda e mi fa un sorriso:”Perché ho imparato a conviverci, con il tumore intendo. Non che ne sia felice, ma fa parte di me, ormai, e non posso farci quasi nulla.” Sorride.
E così, anche lui ha un tumore, ma mi sembra molto più tranquillo di me. Mi piacerebbe tanto sapere come si sentì quando scoprì di averlo, ma non faccio altre domande per non essere invadente.
“Comunque il mio nome è Harry, piacere” mi porge la mano destra sorridendo e io gliela stringo. Mi piace questa cosa del sorridere in continuazione. “Bethany, piacere mio” faccio un sorriso sforzato e poi lascio la mano del ragazzo. Entrambi torniamo a guardare il paesaggio e i miei pensieri tornano sul cancro. La cosa che mi fa stare peggio è il solo pensiero che non potrò più fare le cose che fanno tutti i ragazzi della mia età fanno: non potrò più uscire la sera e andare a divertirmi con gli amici, non potrò avere un ragazzo, non potrò andare a scuola.. La scuola, mi mancherà persino quella. Dovrò vivere i miei giorni in queste mura.
“Bello lì fuori, vero?” dice il ragazzo sospirando. Io mi guardo intorno e annuisco.
“Molto” rispondo “E’ davvero bellissimo. E noi una volta eravamo lì.” Abbasso lo sguardo e torno a guardare la strada grigia sotto i nostri piedi, che rappresenta perfettamente il mio stato d’animo in questo momento.
“E dai, smettila di vedere tutto dal lato negativo! La vita è bella anche qui dentro, te lo assicuro” sorride e mi riporta dentro. Camminiamo per tutto il corridoio e vedo che saluta quasi tutti i medici e le infermiere che incontriamo e da questo riesco a capire che, probabilmente, si trova qui da molto tempo.
“Quando inizierai a farti gli amici e a prendere confidenza con i medici vedrai che sarà tutto più bello.” Sorride continuando a camminare.
Mi fa vedere grande parte dell’ospedale, il quale risulta il posto più triste del mondo ai miei occhi, anche se mi sembra che a Harry piaccia davvero questo luogo.
“Da quanto sei qui?” gli chiedo improvvisamente, senza rendermi conto della terribile domanda che gli ho appena posto.
Il ragazzo mi guarda e, tranquillamente, mi risponde che si trova qui da cinque anni, senza accennare un minimo di tristezza o di imbarazzo.
Mi chiedo come possa avere una personalità così forte e, soprattutto, mi chiedo come possa essersi abituato a vivere qui dentro.
Ad un certo punto ci raggiunge un ragazzo sulla sedia a rotelle, che saluta Harry e gli dice che si vedranno questa sera, insieme agli altri ragazzi. Io lo guardo andare via senza dirgli nulla e osservo la sua grande capacità di muoversi con quell’aggeggio.
 “Chi era?” chiedo al ragazzo di fianco a me e più alto di me, come fa un bambino alla propria mamma quando si ferma a parlare con un’amica.
“Si chiama Zayn, ha avuto un incidente circa un anno fa” mi risponde il ragazzo continuando a guardare dritto a sé mentre continuiamo a camminare.
Mi mordo un labbro per il dispiacere e mi guardo le scarpe mentre cammino.
“Stasera vuoi venire anche tu?” mi chiede improvvisamente.
Ne rimango sorpresa, molto sorpresa.
“Non mi conosci nemmeno e mi inviti a uscire con i tuoi amici?” chiedo facendo segno delle virgolette con le mani sulla parola ‘uscire’.
Il ragazzo alza le spalle e lo vedo fare un mezzo sorriso.
“Qui alla fine diventiamo tutti amici, o quasi. Quindi meglio farteli conoscere subito i miei amici” noto il suo occhio che mi guarda di striscio.
Sorrido e annuisco con la testa:”Ci sarò”.
Mi accompagna davanti alla mia stanza e ci congediamo, dandoci appuntamento a questa sera.
Entro in camera e mi butto sul letto, distrutta mentalmente. La notizia di oggi mi ha distrutta, non so nemmeno più cosa pensare.
Sento il telefono squillare, è la mia migliore amica Lilith, faccio un profondo respiro e rispondo.
“Ciao Beth!” sento la voce squillante della ragazza dall’altra parte del telefono.
“Ciao Lil” dico accennando un sorriso, tra me e me.
“Allora? Quando esci? Inizi a mancarmi!” le avevo detto che sarei stata in ospedale qualche giorno per dei controlli, ma ora come faccio a dirle che non torno? Dovrei risponderle “mai”, ma no, non posso farlo.
“Presto” le rispondo, sforzando un sorriso, per cercare di autoconvincermi che uscirò da questo ospedale, presto.
“Menomale! Per intanto posso passare a trovarti uno di questi giorni?” mi chiede, entusiasta.
“Certo” le rispondo.
“Ma stai bene? I medici hanno rilevato qualcosa?” mi chiede facendo tornare il tono di voce serio. Dovrei dirle che sì, i medici hanno rilevato qualcosa, che il medico che mi segue mi ha chiamata nel suo studio per parlarmi. Dovrei dirle che ho il 10% di possibilità di vivere, che probabilmente morirò qui, in queste mura. Dovrei dirle che il mio cervello sta andando a farsi fottere, che tra un po’ non saprò nemmeno fare 2+2...
“Sto bene, tra qualche giorno mi mandano a casa, non ho nulla” rispondo mentre i miei occhi comincio a sentire gli occhi bruciare. La ragazza, alla mia notizia, pare felice e la sento ridere dicendo che ci eravamo tutti preoccupati per niente.
“Già” dico fingendo una piccola risata, anche se in realtà i miei occhi si stanno riempiendo di lacrime.
“Ora devo andare, ho ripetizioni di latino, ci vediamo! Ciao Beth, stammi bene” chiudo gli occhi cercando di rimandare indietro le lacrime e la saluto, per poi premere il tasto rosso. Guardo il telefono che ho tra le mani e  mi butto pesantemente sul letto, mentre i miei occhi cominciano a rilasciare lacrime che mi percorrono tutte le guance e io chiudo la bocca per non sentire il sapore di quella pioggia salata.
Sento bussare alla mia porta, cerco di togliere ogni traccia del pianto dal mio viso con le maniche della felpa che ho addosso, non voglio che qualche medico veda che ho preso così male la faccenda della malattia, voglio apparire forte ai loro occhi.
Mi siedo sul mio letto dando le spalle alla porta e sento la porta aprirsi.
“Siete qui per dirmi altre effimere parole di consolazione dall’alto della vostra esperienza medica?” chiedo sarcastica, continuando a passarmi le maniche della felpa sotto agli occhi.
“No, Bethany”.
Sento parlare una voce famigliare, mi giro di scatto e lì c’è lui, Harry. Guardo l’ora, sono già le sette, il tempo è volato.
“Oh scusa, io pensavo...” chiedo subito sentendomi in colpa, ma senza finire la frase.
Il ragazzo mi sorride e si siede di fianco a me.
“Stavi piangendo” mi dice guardandomi dolcemente.
“Non stavo piangendo” incrocio le braccia al petto e giro il viso da un’altra parte.
“Dai, vieni, i ragazzi ci aspettano” sorride e io gli guardo le fossette che gli si formano sulle guance, che rendono quel sorriso così confortante.
Mi alzo, cambio la felpa e vado verso il lavandino per sciacquarmi il viso.
Usciamo nel corridoio e chiudo la porta dietro di me, guardando poi Harry:”Andiamo?”
Il ragazzo, come risposta, inizia a camminare e io lo seguo a testa bassa.
“Ti abituerai a soffrire” dice rabbuiandosi di colpo. Questa frase mi fa riflettere molto e per tutto il tragitto penso a cosa volesse dire esattamente con quelle parole.
Poi ci fermiamo davanti ad una porta chiusa e lui la indica con una mano:”Di solito noi ci troviamo qua, alla sera” sorride.
“Allora tu ti sei semplicemente abituato a soffrire”.

 

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Capitolo 2
*** The room ***


Il ragazzo abbassa lo sguardo e fa un sorriso:”Non proprio, diciamo che io l’ho presa diversamente da tutti gli altri qui dentro” mi dice alzando poi il viso e puntando i suoi occhi sui miei.
“Cioè?” chiedo cercando di capire cosa intenda, ma il ragazzo ride e gira lo sguardo verso la porta davanti a noi:”Lo capirai più avanti” apre la porta con una mano e mi fa segno di entrare.
Mi vergogno ad entrare, so che dentro ci sono i suoi amici e ho sempre odiato farmi notare dalle persone. Inoltre sono molto timida, quindi rimango dove sono, senza muovere un passo, guardando dritto davanti a me.
“Allora? Dai, entra” mi dice il ragazzo facendo una risatina. Lo fulmino con lo sguardo e sento un crampo alla pancia per l’angoscia. Lo so, mi faccio tantissimi complessi, potrei entrare senza problemi, salutare, presentarmi e fare conoscenza, invece no, sono ferma qui impaurita, che mi tengo la pancia con una mano. Ingoio rumorosamente la saliva e faccio un passo in avanti. Guardo Harry negli occhi e lui mi sorride, facendomi segno di entrare. Metto un piede al di là della porta ed entro, sentendo improvvisamente avvamparmi il viso.
“Lei è Bethany” dice Harry entrando e andando verso delle persone sedute ad un tavolo e su un letto.
Vedo tutti i visi girarsi immediatamente verso di me e io abbasso subito lo sguardo imbarazzata, odio sentirmi al centro dell’attenzione.
Il ragazzo mi prende per mano e mi avvicina al tavolo dove ci sono seduti due ragazzi, uno tra i quali è il ragazzo che io ed Harry avevamo incontrato qualche ora fa nel corridoio.
“Io sono Liam” dice il ragazzo di fianco a Zayn, mi pare si chiami così il ragazzo in sedia a rotelle, alzandosi e venendomi a stringere la mano. Gli stringo la mano e sento una voce provenire dal letto:”Il mio nome è Niall”. Giro lo sguardo verso il ragazzo e vedo che salta giù dal letto per poi venire da me con un sorriso enorme stampato in viso.
“E io, sono Louis” grida un ragazzo da una sedia.
“Levatevi” dice il ragazzo in sedia a rotelle agli altri due, facendoli spostare “Il mio nome è Zayn Malik, piccola” mi dice avvicinandosi agilmente e porgendomi la mano. Sento improvvisamente le mie guance arrossire e cerco di nascondere il mio imbarazzo abbassando lo sguardo sui miei piedi, mentre gli stringo la mano.
I ragazzi tornano tutti dove erano prima e io rimango in piedi in mezzo alla stanza, imbarazzata, senza sapere dove muovermi.
“Vieni qua, Bethany” mi dice Harry battendo una mano sul letto, di fianco a lui.
Muovo piano le gambe e mi dirigo verso il letto, dove mi siedo, poi, dolcemente.
Mi guardo intorno: e così sono l’unica ragazza, perfetto.
“Ma siete solo voi?” chiedo guardandoli.
“Sì, conosciamo altre persone, ma qui ci veniamo solo noi. È la stanza dove ci rilassiamo, parliamo, lasciamo da parte tutti i pensieri. Qua si sta bene” mi risponde il biondo, Niall, sorridendo.
In effetti, ora che mi sto rilassando e che sto lasciando da parte l’imbarazzo minuto dopo minuto, noto un senso di tranquillità nella stanza.
“I problemi sono tutti fuori da quella porta” mi dice Harry indicando la porta da dove siamo entrati un momento prima.
Fisso la porta e penso ai miei di problemi. Vorrei solo lasciar fuori da quella porta bianca il mio tumore, ma so che là fuori ci possono stare solamente i pensieri, non ciò che fa parte di me.
Inizio a conoscere i ragazzi, sono tutti molto simpatici e solari, ma quello che mi colpisce di più è Zayn. Non l’ho sentito parlare molto, quasi non parla, è molto solitario e se ne sta molto per le sue.
Pian piano la timidezza va via e comincio ad aprirmi con i ragazzi, parliamo di tantissime cose e per alcuni momenti riesco a dimenticarmi di ciò che mi fa stare male, perché qui si parla di tutto tranne che di ospedali e malattie. E’ impressionante come nessuno tiri mai fuori nessun argomento inerente alle nostre malattie.
“Posso fare una domanda?” credo che tirerò fuori per un momento l’argomento ospedale, anche se forse sarebbe meglio stare zitta.
I ragazzi annuiscono e si voltano tutti verso di me, tranne Zayn, che continua a giocare con una pallina rossa che ha in mano e che lascia cadere per poi riprenderla quando arriva all’altezza del suo petto.
Tossisco leggermente, abbasso lo sguardo sulle mie scarpe e con un filo di voce chiedo:”Ma voi.. Come mai siete qui?” forse non avrei dovuto neanche accennare questo discorso.
I ragazzi sorridono, tutti tranne Zayn.
“Io ho un tumore alle ossa, ho appena finito di fare le chemio, sono qua da quasi un anno” sorride Liam e io gli sposto lo sguardo sui capelli che noto essere cortissimi.
“Mi hanno diagnosticato un tumore al cervello circa due mesi fa” sento la voce di Louis parlare e mi volto verso di lui. Ha il mio stesso tumore, allora non sono l’unica a cui si sta fottendo il cervello.
“Io ho un problema di bulimia da cui non riesco più ad uscire, sono qui da due anni ormai, e credo dovrò starci per molto ancora.” Mi sorride Niall massaggiandosi la pancia.
Poi mi giro verso Zayn per sapere cosa abbia ma, non ricevendo risposta, mi giro verso Harry:”Ho un tumore cardiaco” credo che il suo tumore sia pericoloso quanto il mio, se non di più “Io sono entrato qui dentro cinque anni fa” mi dice il ragazzo sorridendomi e accentuando le sue fossette, che ha anche mentre parla. Cinque anni... Cinque anni chiuso in questo ospedale e ancora sorride, credo abbia una forza impressionante questo ragazzo.
“Lui ha un tumore alla tibia, non riesce più a camminare” mi dice Harry indicandomi con una mano il ragazzo dai capelli scuri che non parla con nessuno. Lo guardo un attimo, assottigliando gli occhi. Quel ragazzo ha qualcosa che mi attira e voglio scoprire cosa.
Improvvisamente i miei pensieri vanno su quel numero che io odio, quel 10 che mi rimbomba nella testa.
Dopo aver mangiato alcune pizze che i ragazzi avevano ordinato, vedo Niall correre in bagno e mi chiedo cosa stia andando a fare, così di fretta, mentre vedo Liam mettersi le mani in faccia e scuotere la testa. Improvvisamente vedo tutti i ragazzi guardare a terra e poi alzare tutti lo sguardo verso la porta del bagno. Capisco subito di cosa si tratti, la bulimia, Niall deve essere andato a vomitare. Mi alzo e vado verso la porta, per poi bussare lentamente.
“Chi è?” chiede il ragazzo ansimando.
“Bethany” dico con un filo di voce, appoggiando la fronte alla porta.
“Vieni” mi dice il ragazzo, tossendo.
Io entro e lo vedo lì, seduto a terra vicino al gabinetti, appoggiato con una spalla e la testa al muro, esausto.
“Ehi” mi avvicino a lui e mi abbasso al suo livello, piegando le ginocchia e appoggiando le mani sulle mie gambe.
“Mi piace poter avere finalmente una ragazza qui vicino” mi dice il ragazzo per poi tossire poco dopo.
Io gli faccio un sorriso e, alzandomi, gli porgo una mano, lui la stringe e si alza pesantemente.
“Perché continui a farlo?” gli chiedo tirando l’acqua del gabinetto e facendo una faccia schifata.
Il ragazzo alza le spalle e dice tranquillamente lavandosi i denti:”E’ diventata una dipendenza, è due anni che cercano di aiutarmi.”
“Ne uscirai” gli dico sorridendo e, appena finisce di lavarsi, viene a darmi un abbraccio forte.
E’ pazzesco come, questi ragazzi siano così socievoli, ho già fatto amicizia con tutti e quattro. L’unico con cui non sono riuscita a scambiare molte parole  Zayn, quel ragazzo così misterioso.
Verso le dieci usciamo tutti dalla camera e, salutandoci, ognuno va verso la propria stanza.
Entro nella mia stanza, prendo il pacchetto di sigarette che ho nello zainetto ed esco di nuovo, camminando verso il terrazzo, quello dove il pomeriggio ho conosciuto Harry.
Apro la porta-finestra ed esco, accostandola dietro di me, mi appoggio con un braccio alla ringhiera e tiro fuori il pacchetto di sigarette. Ne tiro fuori una e rimango un attimo a giocarci con le dita, poi la accendo e me la porto alle labbra.
“Ti fa male” sento una voce, fredda, dietro di me.
Mi giro e vedo Zayn entrare dalla porta-finestra manovrando abilmente la sedia a rotelle.
Alzo le spalle e ritorno a guardare il paesaggio buio davanti a me:”Non saranno delle stupide sigarette a uccidermi”.
Il ragazzo, silenziosamente, si avvicina alla ringhiera e si ferma a circa un metro da me.
Spengo la sigaretta e la butto giù dal balcone, poi mi giro a guardare il ragazzo.
“Ho paura” dico al ragazzo con un filo di voce.
Vedo il ragazzo fare una faccia confusa e poi chiedermi il perché, senza distogliere lo sguardo da davanti a sé.
“Della morte” dico con la voce tremante. Sento davvero di aver paura della morte, forse sono egoista, ma ho paura per me stessa.
“Beh, abituati” mi dice il ragazzo, freddo più che mai. Io abbasso lo sguardo e mi rigiro verso la ringhiera.
Ad un certo punto sento di nuovo il ragazzo parlare:”Se c’è una cosa che ho imparando stando in questo ospedale è di non scaricare mai i miei problemi sugli altri” si gira di scatto e va via, silenziosamente e, come sempre, abilmente.
Mi sento le mani congelare e tremare.
Lui è uno stronzo e io sono una cogliona.

 

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Capitolo 3
*** News ***


Il dottore mi ha chiamata nel suo studio e io sto camminando nel corridoio, sperando in un “Abbiamo confuso le analisi, stai bene, puoi tornare a casa”, ma sapendo che non mi diranno nulla di tutto ciò.
Inizio a sentire le mani sudare e la pancia sta cominciando a farmi davvero male.
Quando arrivo davanti allo studio mi ci fermo davanti e non mi muovo di un passo, ho paura ad aprire quella porta.
Improvvisamente la porta si apre e mi ritrovo davanti un uomo vestito con un camice bianco, lo stesso uomo che pochi giorni prima aveva distrutto tutti i miei progetti di vita.
Rimane un attimo a guardare il mio viso spaventato, poi mi mette un braccio intorno alle spalle e mi accompagna dentro, facendomi sedere sulla poltrona davanti alla scrivania, dietro alla quale si siede lui, prendendo dei fogli il mano e guardandoli.
Non voglio sapere nient’altro, non voglio sentirmi ripetere che sto per morire, non voglio sentirmi dire che mi hanno trovato altre malattie, non voglio sentire nulla.
“Devi curarti” mi dice l’uomo con tono serio.
“Non serve a nulla” dico fredda, incrociando le gambe e appoggiandomi con la schiena allo schienale morbido della poltrona.
“Dobbiamo provare tutto. Domani inizi con la chemioterapia.” Sento il cuore fermarsi, la chemioterapia. So cosa provoca questa cura e so che ti porta pian piano a stare malissimo. Alzo un braccio e afferro i capelli legati in una lunga coda dietro la testa, li porto davanti al viso e inizio a toccarli guardandomeli.
“No, non voglio farla.” dico ad un certo punto, sapendo che tanto morirò sia in una caso che nell’altro.
Rimaniamo un attimo a guardarci, poi io distolgo lo sguardo e mi alzo, andando vicino alla finestra e guardando poi al di fuori di essa.
“Sa dove sarei ora, se fossi là fuori?” chiedo fredda, senza distogliere lo sguardo dal mondo esterno, e indicando con un dito un punto a caso là fuori.
L’uomo sussurra un “No” e io faccio un piccolo sospiro, rimanendo zitta per un buon quindici secondi.
“A scuola” abbasso lo sguardo e mi guardo le scarpe bianche che ho su in questo momento “e al pomeriggio uscirei con le mia migliore amica” chiudo gli occhi e inizio a sentirli bruciare “e con il mio ragazzo” sento gli occhi riempirsi di lacrime e non li apro per evitare di mostrare le mie lacrime al dottore.
Sento solo un gran silenzio dietro di me, credo abbia deciso di non parlare per non dire parole sbagliate, o forse sono io che non riesco a sentire per i troppo pensieri nella mia testa.
“Allora fallo per loro, fai queste cure, cercheremo davvero di salvarti.” Mi dice poi l’uomo, rompendo il silenzio.
Annuisco con la testa e, finalmente, apro gli occhi, dopo essere riuscita a trattenere quasi tutte le lacrime, mi giro verso il dottore e lo ringrazio, uscendo poi dallo studio.
Mi dirigo verso l’entrata dell’ospedale e mi siedo sugli scalini, appoggiando le braccia sulle gambe e guardando il cielo. E’ abbastanza sereno oggi, solo qualche nuvola qua e là, ma la primavera si sente, inizia a fare caldo e rimanere all’aperto senza giacca sta tornando ad essere normale.
Prendo il pacchetto di sigarette dalla tasca della felpa e ne tiro fuori una, la metto tra due dita e la fisso. Con l’altra mano cerco l’accendino nella tasca, ma non lo trovo.
Appena vedo passare una donna, mi avvicino a lei e le chiedo un accendino. Per mia fortuna lo ha. Lo prendo, accendo la sigaretta e gli rimetto in mano l’arnese, ringraziandola con un sorriso.
“Fumi?” sento la voce di Harry provenire da dietro di me.
“Sì” annuisco buttando fuori il fumo dalla bocca.
Il ragazzo si avvicina e si siede di fianco a me.
“Ti fa male” mi dice.
Alzo le spalle e faccio una smorfia. Lo so che mi fa male, ma perché dovrei preoccuparmene? In fondo è il mio corpo stesso a farmi del male, ora.
Mi ruba dalle dita la sigaretta e io mi alzo in piedi per riprenderla, ma alla fine decido di tornare a sedermi senza fare nulla, continuando a guardare dritto davanti a me.
“Domani inizio la chemio” dico fredda, guardando in lontananza un bambino che corre, scappando dalla mamma.
“Bene, ti aiuterà a guarire” sorride il ragazzo, contento della notizia. Non gli ho detto cos’ho esattamente, non può sapere quanto sia difficile allontanare da me questa malattia.
“Vedrai che poi starai bene e uscirai di qui” sorride di nuovo.
Prendo il pacchetto di sigarette e lo butto a terra con forza, facendone uscire quasi tutto il contenuto, poi mi alzo in piedi. “No, non guarirò! Rimarrò qui e morirò qui!” urlo, indicando l’entrata dell’ospedale “Ho il 10% di possibilità di sopravvivere, sono niente in confronto a quel 90% di possibilità di morire!” mi metto una mano sulla fronte maledicendo mentalmente il mio cervello e mi lascio cadere a terra pesantemente, sedendomi di nuovo su un gradino, vicino ad Harry.
Mi sento diverso da tutte le altre persone, mi sento... difettosa.
Sento il braccio di Harry passarmi dietro al collo e fermarsi sulla mia spalla, tirandomi poi verso di lui; io appoggio la testa alla sua spalla e lascio che le lacrime mi percorrano le guance, senza imporre loro alcuno stop.
Apprezzo moltissimo il fatto che non mi dica niente, ma si limiti a passarmi una mano sulla schiena, non voglio sentire parole di conforto, non voglio sentire nessuna cazzata. Probabilmente sa anche lui che non vivrò a lungo; certo che lo sa, non è stupido.
“Grazie” dico asciugandomi le lacrime e alzandomi di scatto.
Il ragazzo mi guarda e fa un mezzo sorriso:”Figurati, non ho fatto nulla” alza le spalle, poi allarga le braccia alzandosi e io mi avvicino a lui, stringendolo in un forte abbraccio.
Decidiamo di tornare dentro e, mentre apro la porta mi passa affianco Zayn, il quale si ferma a parlare con Harry.
“Ciao” gli dico prima che vada, ma il ragazzo mi guarda negli occhi con freddezza e si gira, andandosene senza rispondere. Io abbasso la testa vergognandomi ed entro nell’ospedale, guardandomi le mani.
“Lascialo perdere, è fatto così.” Mi dice Harry dandomi una pacca sulla spalla, io annuisco e vado verso la mia camera, lo faccio entrare e poi entro anche io, chiudendomi la porta alle spalle.
“Così, questa è la tua dimora?” mi chiede guardandosi in giro.
“No, è una cazzo di stanza di un ospedale” dico fredda, togliendomi la felpa e buttandola su una sedia di fianco al letto.
Il ragazzo sbuffa e si gira di scatto verso di me. “Dovresti cercare di vedere tutto in modo più positivo.” Annuisco annoiata e mi siedo sul letto.
Guardo il ragazzo girare per la stanza quasi vuota e guardarsi in giro.
“Mettici qualcosa, è un po’ anonima. Porta le cose che hai a casa qui” sorride indicando alcuni punti a caso nella stanza, poi apre le porta e mi fa cenno di seguirlo, io mi alzo e lo seguo, chiedendomi dove mi voglia portare.
Percorriamo tutto il corridoio e ne prendiamo un altro, percorrendolo di nuovo tutto.
Il ragazzo si ferma davanti ad una porta e la apre leggermente. “Entra, questa è la mia camera.” Io entro nella stanza e vedo un luogo magnifico, pieno di trofei e medaglie. Li guardo tutti uno ad uno, senza dire una parola.
“Facevo box” dice al ragazzo, evidentemente fiero di se stesso.
“Sono davvero belli” sorrido girandomi verso il ragazzo e, affianco al letto, vedo un microfono e mi ci avvicino, sorridendo. “Canti?” chiedo passandoci delicatamente sopra un mano.
“Ogni tanto” sorride il ragazzo, sedendosi su una sedia. “Ma non ti farò sentire come canto” mi dice, leggendomi nella mente cosa gli avrei chiesto.
Iniziamo a parlare di quando faceva box e cerco di convincerlo a cantare, ma nulla.
E’ piacevole passare del tempo con lui, sa come farmi dimenticare di ciò che mi fa stare male almeno per un momento.
Improvvisamente la porta si apre e vedo entrare Liam, ansimando, credo stesse correndo un attimo prima.
Harry lo guarda e scoppia a ridere:”Cosa fai? Il giro di corsa di tutto l’ospedale?” a quelle parole scoppio anche io a ridere mettendomi una mano sulla pancia, ma Liam non ride, rimane serio.
“Niall sta male” dice serio, guardandoci dritti negli occhi, prima Harry e poi me.
“Che ha?” chiede Harry tranquillamente.
“Se non riescono a fare qualcosa i dottori, rischia di andare in coma” dice serio.
Spalanco gli occhi e, sia io che il ragazzo di fianco a me, ci alziamo di scatto, iniziando a correre dietro a Liam.
Questo non l’avevo calcolato, non avevo calcolato che avere degli amici qui volesse dire vederli stare male, anche se, pensandoci, so che è ovvio, so che qui stiamo già tutti male.
Arriviamo davanti a una stanza e vediamo un dottore che parla con alcuni ragazzi, ci avviciniamo e l’uomo viene verso di noi.
“Siete amici di Niall?” Liam annuisce e noi guardiamo il dottore, aspettando che parli. Lui abbassa lo sguardo e si morde un labbro, poi sospira e rialza lo sguardo.
“Non siamo riusciti a fare niente, ha preso un colpo troppo forte” dice scuotendo la testa “Mi dispiace”.
Sento le gambe cedere e vado subito verso una sedia, mi ci lascio cadere sopra pesantemente e mi metto le mani sulla fronte, mentre intravedo gli altri due ragazzi avvicinarsi e sedersi anche loro, senza parlare.
Niall è in coma, non posso crederci, non voglio crederci.
Vedo Harry alzarsi e correre verso un parete, tira un pugno fortissimo contro il muro e vedo le sue nocche iniziare a sanguinare, ma nonostante tutto continua a prendere a pugni la parete. Mi alzo e corro verso di lui,gli metto le mani intorno alla vita e cerco di tirarlo indietro con fatica. “Smettila Harry, basta!” urlo prendendolo per le spalle e girarlo verso di me, costringendolo a guardarmi negli occhi. “Basta” sussurro passandogli una mano sul petto e stringendolo, subito dopo a me. “Basta” ripeto dolcemente.

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Capitolo 4
*** Care ***


E’ ora di andare a fare la prima cura, me lo dice il dottore, entrando nella mia stanza, quella dove sono ora insieme ad Harry.
“Vengo con te” dice Harry alzandosi in piedi.
Lo guardo e scuoto la testa “Non voglio che tu mi veda stare male” faccio un piccolo sorriso forzato e seguo il dottore, senza curarmi di Harry. Ho paura. Ho paura di star male, ho paura che non serva nulla, ho paura di non riuscire a sopportare il malessere, ho paura.
Il dottore mi fa stendere su un letto bianco e mi mette un ago nel braccio sinistro, al quale poi attacca un tubicino collegato ad una flebo, con dentro del liquido.
Sussulto dal dolore, ma passa subito, quindi mi rilasso e non guardo il mio braccio sinistro.
Chiudo gli occhi per tranquillizzarmi e sento dei passi, sarà il dottore, quindi non apro nemmeno gli occhi e rimango lì, sdraiata.
“Come ti senti?” sento questa voce accanto al mio viso.
“Ti avevo detto di non venire” sussurro senza aprire gli occhi.
Sento il ragazzo ridere e apro gli occhi. Nel vedere le sue fossette sorrido anche io e poi sposto lo sguardo sull’ago che ho dentro il braccio. “Per ora sto bene” faccio una smorfia “bene per modo di dire. Come mai sei venuto?” volto lo sguardo sul ragazzo, dolcemente. In fondo sono felice di avere qualcuno affianco.
“So, per esperienza, che avere qualcuno vicino non è poi tanto terribile” mi fa l’occhiolino e appoggia la testa sul cuscino, vicino alla mia. “Non ho dormito nulla stanotte, guarda che occhiaie” mi dice il ragazzo.
Parliamo del più e del meno, mi aiuta a distrarmi.
Intorno ho altre persone che stanno facendo la mia stessa cura, per alcuni si vede chiaramente che non è la prima volta.
Comincio a sentirmi male, non sto affatto bene, sento la testa girare, sento un malessere generale che aumenta ogni minuto di più.
Guardo Harry spaventata e lui cerca di tranquillizzarmi con un sorriso, ma io comincio ad avere davvero paura.
“Non voglio morire” dico al ragazzo con la voce tremante. Il ragazzo mi passa una mano tra i capelli e l’altra me la appoggia sulla guancia. “Sei viva”
Gli tolgo le mani da me e mi volto verso il catino che ho di fianco al letto, lo prendo e ci vomito tutto il dolore che ho dentro, mentre Harry mi tiene i capelli con una mano.
Cominciano a scendermi lacrime dagli occhi, senza volere, mentre continuo a stare male.
Faccio un lungo respiro e chiudo gli occhi, cerco la mano di Harry e gliela stringo fortissima, cercando di scaricare lì tutto il dolore che mi sta venendo al braccio.
“Stringi, fammi male” mi dice il ragazzo, io lo faccio, stringendo anche più forte gli occhi, mentre i dolori al braccio aumentano ogni secondo di più.
E’ un dolore atroce, che mi prende tutto il braccio, fino alla mano e non mi dà modo di muovere le dita.
“Non ce la faccio” ansimo stringendo ancora di più la mano del ragazzo di fianco a me, impiantandogli le unghie nella carne.
“Sì che ce la fai, resisti” mi dice il ragazzo mettendomi la mano non occupata su una gamba.
Pianto il piede sul letto e inarco leggermente la schiena, cercando di sopportare il dolore, ma niente da fare.
“Cazzo” sussurro, tirando un calcio nel vuoto. Non mi sono mai sentita così male, è la prima volta che non riesco a sopportare un dolore così forte.
Improvvisamente, stacco la mano da quella del ragazzo e me la appoggio sulla pancia, mi alzo di scatto e vomito di nuovo nel catino.
Mi passo una manica sulla bocca e mi sdraio di nuovo, togliendo il lenzuolo da sopra di me con un calcio, a causa del caldo che comincio a sentire.
Il dolore al braccio inizia ad attenuarsi e i crampi alla pancia a causa delle tante volte che ho vomitato, iniziano a sparire.
Chiudo gli occhi e inizio ad ansimare, affaticata dal dolore provato.
“Va tutto bene” sento la voce di Harry sussurrata, mentre sento la sua bocca baciarmi la fronte dolcemente.
Annuisco leggermente con la testa e apro gli occhi, per poi girare la testa verso di lui e guardarlo.
“Grazie di essermi stato vicino” accenno un sorriso e sposto lo sguardo sulla sua mano. E’ piena di lividi e ha anche qualche ferita, provocata da me.
“Scusa” dico stringendo i denti e guardandolo preoccupata.
Il ragazzo ridacchia e poi mi sorride:”Non è nulla, so come ci si sente” sorride e inizio a vederlo sfuocato, mentre sento gli occhi appesantirsi.
Vedo di nuovo il ragazzo sfuocato davanti a me, ma pian piano inizio a vederlo meglio, fino a vederlo esattamente com’è.
“Ah, eccoti” sorride il ragazzo alzandosi in piedi di scatto.
Mi guardo intorno, sono nella mia stanza e di fianco a me c’è sempre lui, quel ragazzo che avevo conosciuto qualche giorno fa. Sposto gli occhi verso il mio braccio e lo vedo libero, senza nessun ago nella pelle. A quella vista faccio un sospiro di sollievo e mi passo la mano destra sul braccio sinistro che, finalmente, non mi fa più male.
“Non credevo potessi stare così tanto male” sussurro stringendo i denti.
“Ora come ti senti?” mi chiede il ragazzo sedendosi sul mio letto, in fondo ai miei piedi.
“Debole” sospiro e mi metto una mano sulla testa dolorante.
“Sei stata brava” sorride “non ti sei nemmeno lamentata” sono sempre stata abituata a reprimere tutto il mio dolore solo in me stessa, senza esternarlo più di tanto, per questo inizialmente non avrei voluto farmi vedere da Harry mentre soffrivo.
“Devi essere una ragazza davvero forte” sussurra facendomi un sorriso di conforto.
Io sorrido di risposta e gli chiedo di passarmi il telefono.
Appena lo ho in mano vado sulla chat di Ryan, il mio ragazzo e inizio a pensare a cosa scrivergli. E’ arrivata l’ora di dirgli la verità, è inutile fingere di stare bene, in fondo.
Esco dalla chat e lo chiamo. Sento il suo telefono squillare e chiudo gli occhi, sentendo il mio cuore battere forte. Appena sento la sua voce apro gli occhi e faccio un respiro profondo, prima di salutarlo.
“Ciao amore” riesco a sentire tranquillità nella sua voce, mentre la mia appare sicuramente più agitata.
“Ciao” ripeto.
“Tutto bene?” mi chiede il ragazzo. Me lo immagino dall’altra parte, bello, con il suo ciuffo biondo davanti agli occhi e con gli occhiali da sole in testa.
“Ho bisogno di parlarti, puoi venire in ospedale?” gli dico senza rispondere alla sua domanda, come se non l’avessi sentita.
“Non posso amore, devo lavorare.. Passa di qua appena esci, che ne parliamo” chiudo gli occhi e li sento riempirsi di lacrime, al solo pensiero di cosa si sentirà dire.
“Io non ci torno a casa” dico con voce tremante, passandomi una mano sotto agli occhi. Il ragazzo non parla, aspettando spiegazioni, io deglutisco e inizio a parlare.
“Mi hanno diagnosticato un tumore al cervello, sto facendo la chemio, non uscirò da questo ospedale” prendo qualche secondo di pausa “ho il 10% di possibilità di sopravvivere... Io...” mi blocco, incapace di parlare, e sento gli occhi riempirsi di nuovo di lacrime, ma cerco di trattenerle.
Sento il ragazzo respirare dall’altra parte della cornetta e io deglutisco rumorosamente.
“Io non posso” lo sento parlare lentamente “Non posso prendermi la responsabilità di stare con una ragazza malata di cancro, è troppo pericoloso per entrambi, ci staremmo male tutti e due” lo sento tirare su con il naso, probabilmente qualche lacrima è scesa anche a lui, e io faccio un sorriso forzato, cercando di convincermi che è tutto uno scherzo, che mi sta prendendo in giro, che in realtà vuole starmi vicino più di prima.
“Potresti venirmi a trovare in ospedale..” dico scuotendo leggermente la testa.
“Io... Io non posso, scusami” allontano il telefono dall’orecchio e lo guardo, scuotendo nuovamente la testa. Sento gli occhi bruciare e le lacrime iniziano a percorrermi le guance senza sosta. Schiaccio il rosso con forza e lancio il cellulare sulla superficie morbida del letto, dopo di che io butto pesantemente la testa sul cuscino, singhiozzando.
Harry mi si avvicina e mi sposta i capelli dal viso, mentre le lacrime bagnano il mio viso e il cuscino sotto di esso.
“Non ti merita” sussurra capendo subito la situazione.
“Stronzo” dico con un filo di voce, tra un singhiozzo e l’altro.

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Capitolo 5
*** Niall ***


Mi metto una mano sulla testa senza aprire gli occhi, sono esausta. Da ieri non mi sono mossa dal letto e ora credo siano quasi le dieci.
“Ah ma allora sei sveglia!” nel sentire questa voce mi si forma un enorme sorriso sul volto, apro gli occhi di colpo e mi alzo, sedendomi sul letto.
Guardo la ragazza sorridendo e lei apre le braccia:”Eccomi qui”
“Lilith!” urlo felice. Sono contenta di vederla, non vedevo l’ora che venisse qui a trovarmi e finalmente ce l’ho di fianco.
La ragazza mi si avvicina e mi da un piccolo abbraccio, poi torna a sedersi sulla sedia di fianco al mio letto.
“Ho saputo tutto... Mi dispiace” abbassa lo sguardo e si morde un labbro.
“Non mi lascerai anche tu, vero?” chiedo guardandola dritta negli occhi, cercando di autoconvincermi che qualcuno al di fuori dell’ospedale mi resterà vicino.
“Chi ti ha lasciata? Ma è ovvio che non ti lascio!” ha un’espressione confusa, come se fosse normale che lei mi stia vicina e nel vederla faccio un piccolo sorriso.
“Ryan” tossisco mettendomi una mano a pugno davanti alla bocca e alzo gli occhi al cielo subito dopo.
La ragazza fa una smorfia e alza gli occhi al cielo. “Dovete parlare” già, dovremmo parlarne, chiarirci... Ma il fatto è: lui vuole parlare o gli va bene così?
Passiamo qualche ora insieme e recuperiamo i giorni persi parlando di qualsiasi cosa ci passi per la mente, compresa la mia malattia.
Le spiego cos’ho, cosa sto provando, le cure che devo fare, il fatto che morirò... Insomma, le parlo di tutto quello che so a proposito e lei cerca di tranquillizzarmi dicendo che mi starà vicina sempre.
 Sento qualcuno bussare alla porta.
“Entra Harry” dico sorridendo, capendo già subito chi possa essere.
Il ragazzo apre la porta con un calcio ed entra:”Adesso vedi anche attraverso le cose?” sbuffa ed entra, con dietro Zayn. Nel vedere il ragazzo mi mordo un labbro e sposto subito lo sguardo su Harry.
“Lei è Lilith, la mia migliore amica” sorrido indicandola “E loro sono Harry e” mi si spegne il sorriso e torno seria “e Zayn”.
I ragazzo si presentano alla ragazza e Zayn fa un giro della mia stanza, guardando tutto ciò che ho dentro, facendo qualche smorfia ogni tanto.
Sono passate due ore e Lilith è costretta ad andare via perché, purtroppo, non è molto il tempo disponibile per rimanere con le persone che ami, qui.
Saluto la ragazza con un abbraccio e poi affondo la testa nel cuscino, passandomi una mano sulla fronte.
“Vuoi che ti lasciamo da sola?” chiede Harry alzandosi dal letto, ma io lo fermo, facendogli segno di rimanere seduto:”Non andartene”.
Si siede di nuovo e mi passa una mano sul braccio:”Stai meglio?” Io annuisco accennando un sorriso forzato a mi alzo leggermente, mettendomi seduta.
“Come sta Niall?” chiedo con un filo di voce.
“Secondo te come può stare?” sento un tono freddo parlare con la voce di Zayn e rimango zitta, senza rispondere.
“Come ieri” risponde tranquillamente Harry, alzando leggermente le spalle.
“Io vado da lui” dopo qualche secondo di silenzio imbarazzate. Mi alzo, mi metto una felpa e un paio di scarpe ed esco dalla camera, senza salutare nessuno.
“Devi riposarti” mi dice Harry uscendo dalla mia stanza insieme a Zayn e seguendomi.
“Lui, ora, è più importante di me” continuo a camminare, abbastanza velocemente, tenendomi una mano sulla pancia.
Arrivo davanti alla camera dove sei trova Niall e mi fermo davanti a loro, girandomi poi verso Zayn e Harry.
“Vai tu, noi ci siamo già stati” Harry mi fa cenno di entrare, io annuisco e apro la porta, per poi entrare e chiuderla dietro di me.
Nella stanza c’è solo lui, steso su un letto, con gli occhi chiusi, immobile, senza quasi senza vita, se non fosse che respira.
Mi avvicino al ragazzo e mi siedo su una sedia di fianco al letto, appoggiando i gomiti sul letto, vicino al suo braccio.
“Ciao” dico con un filo di voce, volgendo lo sguardo verso i suoi occhi chiusi.
Gli prendo una mano e inizio ad accarezzarla, guardandolo con le lacrime agli occhi.
Prendo un libro dal comodino di fianco al letto e lo apro sulla pagine dove c’è il segnalibro, passo una mano sul foglio e sospiro.
Appoggio il segnalibro sul letto e leggo nella mente la prima frase, poi alzo gli occhi e guardo il corpo del ragazzo davanti a me. Prendo un respiro e inizio a leggere.
Questo è sicuramente il libro che leggeva alla sera, prima di dormire, e arrivato in questo punto non è più andato avanti, vero? Allora gli voglio leggere io come continua la storia.
“So che mi senti” sorrido appoggiando il segnalibro tra le pagine, dopo aver letto un capitolo, e appoggiando il libro sul comodino, nel punto esatto dove si trovava prima.
Gli appoggio una mano su una guancia, è calda, sorrido leggermente e poi tolgo la mano.
“Prometto che verrò a trovarti tutti i giorni” non so per quale motivo, ma in questi pochi giorni che ci sono rimasta qui, mi sono legata molto a lui.
“Stai bene?” mi immagino talmente bene che mi risponda, che mi sembra quasi di sentire la sua voce e quindi lo guardo di scatto, sperando che sia uscito dal coma. Ma no. Era tutto nella mia immaginazione.
Faccio un sospiro e faccio un piccolo sorriso al ragazzo, dopo di che mi alzo e vado vicino alla finestra, aprendola leggermente.
Improvvisamente sento aprirsi la porta, e vedo Zayn entrare, senza rivolgermi parola.
Prendo dalla tasca dei pantaloni il pacchetto di sigarette e ne tiro fuori immediatamente una, portandola alla bocca ancora spenta.
“Non provarci nemmeno” mi rimprovera Zayn, senza guardarmi. Faccio un piccolo sorriso e ributto la sigaretta dentro al pacchetto, per rimetterlo poi in tasca.
Rimango lì, in silenzio, per una decina di minuti.
“Ti vedrò sorridere, prima o poi?” chiedo al ragazzo guardandolo con un leggero sorrisino.
Il ragazzo incrocia per un momento il mio sguardo e fa un sospiro:”Sorridere è da pagliacci”.
Lo guardo e faccio una piccola risata:”E non sorridere mai è da coglioni”.
Il ragazzo mi si avvicina un poco e mi guarda dritto negli occhi:”Non ti permettere ragazzina”. Rimane un attimo a guardarmi e poi torna vicino al suo amico.
Non rispondo a Zayn per evitare di peggiorare il suo umore e mi avvicino alla finestra, la chiudo e poi mi dirigo lentamente verso il letto di Niall. Lo guardo tutto, dalla testa ai piedi, poi gli prendo le mani e lo guardo in quegli occhi chiusi, che so essere azzurri come il cielo.
Fa così male vederlo in queste condizioni.. Fa male, fa davvero male.
“Risvegliati” dico a bassa voce, per poi fare un mezzo sospiro e staccare le mie mani dalle sue.
Saluto Zayn accennando un sorriso e mi dirigo verso la porta, la apro ed esco, richiudendola delicatamente dietro di me.
Percorro tutto il corridoio a testa bassa, fino ad arrivare davanti alla camera di Harry. Rimango un attimo a fissare la porta, poi ci appoggia lentamente un mano sopra e busso delicatamente. Sento la voce di Harry dire “avanti” e apro la porta, senza entrare.
Mi compare davanti il ragazzo, con solo i boxer addosso e con un sorriso in faccia che lo veste al posto di tutti gli altri vestiti.
“Oh, io... Scusa, non voglio disturbare”. Abbasso lo sguardo posandolo sui miei piedi, imbarazzata.
Il ragazzo da una risatina e mi dice di non preoccuparmi. “Dai, entra” avanzo leggermente e aspetto che si metta una maglia, poi vado a sedermi sul suo letto, stanca. Faccio un respiro profondo e chiudo per pochi secondi gli occhi.
“Tutto bene?” mi chiede il ragazzo avvicinandosi a me e guardandomi gli occhi, mentre io annuisco con la testa.
“Devi ancora riprenderti, sdraiati” gli do retta e mi stendo sul letto fresco del ragazzo, massaggiandomi la fronte.
Non immaginavo che una cura potesse essere così tanto pesante, e l’ho fatta una sola volta, figuriamoci quando sarò verso la fine.
Guardo Harry e dopo pochi secondi gli chiedo:”Lo hai fatto anche tu?” così, senza pensare che magari possa essere una domanda scortese o inadeguata.
Il ragazzo alza un angolo della bocca accennando un sorriso e si passa una mano nei capelli ricci, poi mi guarda e annuisce con la testa.
“Perderò i capelli, vero?” chiedo con gli occhi lucidi, prendendo la mia lunga coda e portandola davanti. Harry mi si avvicina e si sdraia di fianco a me.
“L’importante è che dopo starai bene. Quelli torneranno, il cancro no.”
Io faccio un sospiro, sentendo gli occhi bruciare e riempirsi di lacrime.
“Non andrà mai via, è questa la realtà.” Giro lo sguardo dal lato opposto e sento una lacrima percorrermi il viso, alzo il braccio e la asciugo subito con il dorso della mano, ma appena asciutta quella ne seguono altre, e non sono più in grado di tenere il ritmo, quindi mi abbandono a loro, piangendo in silenzio.
Il ragazzo di fianco a me si alza leggermente e mi dà un bacio sulla guancia per rassicurarmi, poi mi passa una mano sul viso bagnato, senza parlare.
Mi alzo di scatto, mettendo le gambe incrociate e sentendo la testa girare; Harry mi guarda confuso, ma rimane in silenzio, senza fare domande, dopo di che si alza anche lui.
“Tagliami i capelli”.

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