The Walking Dead

di Maria_2015
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** SOLA ***
Capitolo 2: *** NON PIÙ SOLA ***
Capitolo 3: *** SCONOSCIUTI ***
Capitolo 4: *** GRAVITÀ ***
Capitolo 5: *** SI ANNIDA LA PAURA ***



Capitolo 1
*** SOLA ***


Ciao a tutti! Questo è il prologo e noterete (come nel primo capitolo) che è un po' piatto e privo d'azione. Me ne sono servita più che altro per cercare di spiegare come si sente la protagonista davanti a questo mondo nuovo. Con il primo capitolo (work in progress) ne avrete un'idea ancor più chiara. Ci tenevo a precisare che per adesso l'unico personaggio della serie originale che appare nella storia è Daryl. Lo ritengo troppo particolare e pieno di misteri per non essere preso in considerazione. Devo ammettere che sarà molto divertente scoprire mano a mano tutte le sue diverse personalità. Quindi le uniche cose che si ricollegano direttamente con la serie tv sono lui e l'ambientazione nel medesimo mondo stravolto da un' epidemia zombie. Notiamo che inizialmente Annamaria li chiama "morti" o al massimo "quei cosi" per mettere in luce il fatto che ancora non si è posta la domanda di cosa siano veramente. Se avete 2 minuti per recensire la mia storia ve ne sarò grata. Sono davvero agli inizi, e avere un parere da persone "neutrali" mi sarebbe molto utile. Grazie per il vostro tempo, vi lascio alla storia :D
                                                                     PROLOGO 
 
Il mio nome è Annamaria. E questo non frega a nessuno.
Vedo solo strada. Ora i miei piedi. Di nuovo strada.
Io e Denise moriremo. Tutti morirete. Ed io lo so.
Come lo so? Perché qui ogni fottuto giorno e solo un fottuto giorno, non è più come prima.
Non puoi alzarti e decidere di cambiare il mondo o il gusto del succo che vuoi a colazione, puoi solo sopravvivere. Devi solo sopravvivere. 
Come si può sopravvivere alla vita stessa? Com'è concepibile un pensiero del genere?
Eppure ci siamo dentro tutti. Si, esatto, anche voi.
Se si pensa al corpo umano, come si è adattato alla vita, come si è trasformato, com'è mutato negli anni.
E ora è impotente di fronte a questa catastrofe. Perchè? Perchè questa non è vita.
"Io non la penso così" disse all'improvviso Denise.
"Anna..." La guardai, il fuoco le illuminava il volto incerto.
"Si?" 
"Io non la penso così" ripetè.
"Che vuoi dire?"
"Questa mattina hai detto delle cose sulla... sulla nostra 'situazione'" continuó incerta.
"Hai detto che non cambierà, ma io penso che un giorno ci sveglieremo e capiremo che è tutto finito" rivolse un attimo gli occhi al cielo per guardare le stelle di una vita lontana.
"Quanto mi manca lo svegliarmi una mattina d'Estate e passeggiare per il mercato o per la spiaggia, il vento fra i capelli, le chiacchierate in famiglia, con gli amici, il Natale! Oh adoro il profumo dei biscotti e il dolce tatto di abete tra le dita" sorrise tristemente, poi continuò.
"Non puoi credere che sia tutto finito, sono cose più grandi dell'epidemia, piú grandi di noi e non puoi dire che non c'è più speranza, perché ciò significherebbe che non esisterebbero più. E questo non posso accettarlo" pronunciò le ultime parole scura in volto.
'Sognatrice', solo così si poteva descrivere Denise.
"Forse hai ragione..." dissi e le sorrisi".
Denise mi aveva aiutato in quel periodo orribile, subito dopo lo scoppio dell'epidemia. Avevo perso tutto e tutti, e trovare lei fu un vero miracolo.
Ero fuggita dalla mia città dopo la morte dei miei genitori e la trovai nascosta dentro una macchina lungo la superstrada.
Lei mi ridiede la fede nella vita.
Ma si sa come finiscono i sognatori.
Denise è morta tre mesi dopo il nostro incontro, aveva solo 14 anni.
Ora sono su una strada senza nome, non mangio dall'altro ieri e mi rimane solo qualche goccio d'acqua.
C'è un cartello, pero è troppo arrugginito per leggerci qualcosa.
All'inizio della catastrofe, infatti, si decise di dare fuoco hai cartelli, credendo che 'quei cosi' sapessero leggere.
Ricordo ancora una conversazione tra i miei genitori.
"Dove stai andando?!"
"Aiuto gli altri: abbiamo deciso di andare in strada a bruciare i cartelli stradali."
"Cosa? Ma questo è assurdo!
"Riflettici Katie, avremmo più chance di sopravvivere se non sapessero come arrivare fino alla città.
"E secondo te quelli leggono le indicazioni sui cartelli?! Ma dico Jim, li hai visti?!"
A quel punto scappai in camera mia non volendo sentire oltre.
Aveva ragione mamma, di sicuro non si preoccupano dei navigatori satellitari o delle mappe.
Quel pensiero mi fa ridere. 
Ormai mi sono dimenticata di cosa si prova nel sentire l'aria uscire così velocemente dalla bocca e lo scoppio di un acuto urlo stridulo, che mi sono spaventata.
Inoltre la strada è talmente deserta che è rimbombato pericolosamente.
Dico pericolosamente perché il rumore li attira quasi quanto una bistecca al sangue.
Adesso sappiamo molto di più sul loro conto e non possiamo permetterci di commettere altri errori stupidi come quello dei cartelli o ridere a squarciagola lungo una strada sgombra di rifugi.
Dando fuoco hai cartelli non abbiamo fatto altro che attirarli da noi.
Come una mosca che vola dritta nella tela del ragno.
Ho fame.
Ho sete.
Sto camminando da ore e mi chiedo dove mi porterà, non solo la strada, anche tutto questo pensare al passato.
Forse mi aspetta lo stesso destino di Denise.
Anche lei prima di farlo iniziò a pensare al passato.
Come quella notte in cui si svegliò all'improvviso e non si ricordava più nulla dell'epidemia, della fame, di non avere una casa.
Continuava a chiamare nomi a me sconosciuti e non sapevo cosa fare.
Alla fine si calmò ma non era più lei. 
Non sognava più il futuro, viveva nel passato.
Denise è morta quel giorno, la prima volta.
La seconda si sparò in testa.

 

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Capitolo 2
*** NON PIÙ SOLA ***


La fame e la sete stanno aumentando considerevolmente.
Devo trovare un rifugio per la notte.
Ormai è pomeriggio inoltrato.
Non sembrano esserci case e questo mi deprime più che mai.
Se non trovo qualcosa da mangiare entro sta notte... No, non pensarci Anna!
Eccone un altro.
Uno di 'quei cosi' mi si avvicina velocemente (per quanto possa andare veloce un morto).
Faccio per estrarre il coltello, quando mi accorgo che ce l'ho ancora in mano dall'ultimo incontro.
Aspetto che si avvicini, spingo sul suo petto con una mano, mentre l'altra applica una presa d'acciaio sul manico del coltello.
Allora il tempo comincia a rallentare.
Sento le sue costole vibrare debolmente al contatto con la mio palmo, il tessuto leggero della maglietta, l'alito e la puzza disgustosi che arrivano fino a dentro le narici sembrano attraversare l'esofago, il ringhio da film horror, le sue mani e il suo corpo proteso verso di me.
Riesco a sentire quasi il desiderio, il bisogno di carne.
A loro occorreva la vita per continuare a essere morti.
Alla morte stessa occorre la vita. 
E se non ci fosse la morte, la vita che importanza avrebbe?
Senza l'uno non c'è l'altro, buffo no?
Sono agli opposti, così simili e così diversi.
All'improvviso torno sulla Terra.
A velocità raddoppiata alzo il coltello sopra le nostre teste e glielo conficco nel cranio.
Alla fine non ha emesso gemiti, né lamenti, quasi mi fosse grato per la mia azione caritatevole.
Lo lascio disteso lì, sull'asfalto rovente.
Proseguo per un altra decina di chilometri.
Ho sprecato molte energie nella lotta oggi, né ho incontrati più del solito sulla strada.
Tuttavia, anche se comincia ad essere poco sicura, di certo non preferirei trovarmi in un bosco.
Di notte poi... Impazzirei.
Sto cominciando a delirare, quando vedo un grosso cartello giallo con su scritto "Benzinaio", mi sale il cuore in gola per l'emozione!
Comincio a correre, non curante della sete, dei piedi doloranti e del vuoto che mi riempie lo stomaco.
Arrivo a pochi metri dal bar del benzinaio, oltrepasso le pompe e creo una finestra nel vetro, scansando lo sporco.
Orrore! Ci sono almeno una decina di morti all'interno.
Sono stati chiusi a chiave nel bar.
In realtà non so se la serratura sia realmente bloccata, e non ho alcuna voglia di scoprirlo.
"Fantastico..." esclamo.
Mi accorgo di non aver ancora ripreso fiato dopo la corsa e rischio quasi di soffocarmi per la quantità di aria che riempie improvvisamente i miei polmoni.
Ma il problema reale è la tosse che ne segue.
L'inaspettato e violento scoppio dell'epidemia ha reso il mio organismo debole e delicato, cosa che non era un tempo.
All'ennesimo languore del mio stomaco, però, decido di tornare alla realtà e farmi forza.
Scopro di essermi seduta con le spalle al muro. 
Mi alzo, asciugo alcune lacrime di impotenza e giro impercettibilmente la maniglia della porta, alla fine sento un piccolo "TAC" che mi comunica sottovoce che è aperta.
Sinceramente? Speravo fosse chiusa, speravo di non dover lottare, speravo di non dover avere altre alternative se non arrendermi.
"No Anna, non dirlo neanche per scherzo!"
Ho urlato? Ho veramente urlato? Stupida stupida stupida stupida stupida!!!!
Devo fare silenzio, non devono sapere che sono qui.
"Ora calmati" sussurro a me stessa.
Rifletti, quali sono le opzioni?
Posso dare fuoco alla pompa di benzina... Questo attirerà loro fuori ed io potrò nascondermi nel bar.
Ma per quanto allettante, l'idea è fin troppo rischiosa.
Appiccare un incendio... E con quali conseguenze? Un' orda di 'quei cosi davanti al mio rifugio! No no, non se ne fa niente!
Dopo un'ora di riflessione comincio a dare di matto.
Questo lo deduco principalmente dal fatto che ho pensato SERIAMENTE di chiedere l'aiuto da casa ai telespettatori del mio programma immaginario.
E la fame, il mal di testa, la sete e la stanchezza non aiutano.
Comincia a fare buio e quindi decido per l'unica soluzione possibile: ucciderli, uno ad uno.
Faccio uscire il primo e chiudo la porta.
Coltello alla mano e "ZAC", fuori uno.
Mano a mano che vado avanti mi accorgo che in realtà non ne sono neanche dieci.
Quando finisco di ripulire il bar si sono fatte le 22.00 circa, visto che il cielo si è scurito e sono apparsi i corpi celesti, padroni della notte.
Se prima il cielo era "niente male", ora è un miracolo ai miei occhi.
È come se qualcuno lassù ci volesse dire che, nonostante tutto, la vita è bella.
Già... preziosa, unica e imprevedibile, mutevole, gelosa della sua bellezza... come il cielo.
Dopo che molti degli impianti elettrici delle città, delle fabbriche, ecc... furono danneggiati, il cielo ha ricominciato a brillare, non più posto in secondo piano dalle luci artificiali.
So che è pericoloso rimanere fuori a quest'ora, ma il cielo è così... così vivo.
Sembrava quasi che tutte le stelle, i pianeti e la luna rimanessero immobili, solo per me.
Chissà se c'era qualcun altro che ora li stava guardando sfilare nel cielo.
Solo la fame ad un certo punto, letteralmente a calci nello stomaco, mi spinge dentro il bar.
Allora blocco l'entrata con un "oggetto pesante non identificato" e comincio a scartare un lecca-lecca.
Per mia sfortuna, infatti, tutta la merce commestibile del bar era stata trafugata. Rimangono solo una decina di lecca-lecca (appunto) e qualche tramezzino ammuffito.
Non credo che detto questo qualcuno si farà più domande sul perché abbia scelto la caramella.
                                                             
                                                                     ~


La notte scorsa è stata fredda.
Odio dormire da sola fin da piccola, ancora prima che il mondo diventasse il set per un film horror.
Denise diceva sempre che la notte era la parte più bella, dove potevi dare sfogo alla tua fantasia attraverso i sogni.
Ah i sogni! Lei li definiva nuvole di zucchero filato, noncuranti di chi si avvicinava per dare un morsetto.
Forse si, forse può essere stupenda, forse la parte migliore sono i sogni, forse sono come nuvole di zucchero filato... ma solo se riesci a dormire.
E non riesci a dormire se delle facce insanguinate, deturpate, sfigurate, marce, con la pelle che scende fino a sotto la mascella, premono insistentemente sul vetro, staccandosi arti a vicenda per poter essere in prima fila.
No, non così, così non si dorme. 
E le nuvole di zucchero filato diventano chiazze di sangue.
La mattina dopo decido di lasciare quel posto, non può offrirmi nulla che non abbia già.
Il problema maggiore è la sete, non ho trovato un goccio d'acqua all'interno del bar e, se non me ne vado al più presto, comincerò a pensare sul serio alla benzina come alternativa.
Rassegnazione, dolore, tanto dolore.
È questo che provo, sono tutti parte di me e vengono fuori quando meno vorrei: quando sono debole, sull'orlo del precipizio e loro sono puntualmente lì, cercando di farmici andare dentro.
Non con spintoni, minacce o altro, ma di mia spontanea volontà.
Loro lavorano nella parte più interna della mente, dove inconsciamente ti distruggono, pezzettino per pezzettino.
Così, proprio per questo, mi ritrovo a sperare che tutto finisca.
O forse no, forse lo voglio davvero.
Non lo so!!!! È come se ogni scelta valesse 10 volte di più ora, ogni singolo passo è un ripensamento, ogni sorgere del sole è un peso sul cuore pensando che poteva esserci qualcun altro al tuo posto.
Qualcuno migliore.
Sempre che i migliori non siano già nel luogo giusto...
A volte ripenso a mamma e papà, una realtà così lontana, e non sento nulla.
Non capisco perché.
Mi sento in colpa perché penso che dovrei provare del dolore, della nostalgia. 
Invece no, nulla.
Ancora più del desiderio di acqua, vorrei che ci fosse un essere umano nei dintorni.
Intendo un vero e non imputridito.
Improvvisamente, davanti alla strada che non ricordavo di aver già intrapreso, trovo una dozzina di morti raggruppati in cerchio.
Sento delle urla... Che faccio?
Mi avvicino abbastanza da intravedere una persona.
Lì vicino c'è anche un cartello pubblicitario abbastanza grande da farmi da nascondiglio.
Non posso ucciderli tutti, non ce la faccio, sono troppi!
"Aiuto!!!" sento dal mezzo del gruppo.
È una voce femminile, sento persino il respiro strozzato
Sono nel panico, tante che anche a me viene da gridare aiuto.
Ma non c'è nessuno. 
Nessuno oltre me.
Devo fare qualcosa!
Subito!
Ci sono!
Di corsa mi dirigo verso il benzinaio, e sono felice di vedere che mi sono allontanata solo di un centinaio di metri.
Prendo una scatola di fiammiferi dallo zaino.
Ne accendo uno con la mano tremante e lo butto sulla benzina che ho sparso per terra.
Correndo più veloce di quanto le mie forze mi permettano torno nel luogo dove ho visto l'aggressione.
È ancora tutto come prima, urla comprese.
Uso di nuovo il cartello come scudo e rimango in silenzio.
"BOOOOM".
Ecco quello che aspettavo; il fuoco ha raggiunto le pompe ed è saltato tutto in aria.
Resto con il fiato sospeso, nonostante ne sia a corto.
Uno ad uno i morti si girano troppo attratti dal fuoco e dal rumore dell'esplosione.
Mano a mano che cominciano a diradarsi in direzione del benzinaio, riesco a inquadrare meglio la scena.
A terra c'è una donna ansimante, ha un morso all'altezza del collo e vari altri sparsi per tutto il corpo.
Mi avvicino cercando di non vomitare alla vista di quell'orrore.
Ha l'intestino completamente aperto.
Piange.
Quando arrivo nel suo campo visivo tende una mano verso di me.
Sento anche un altro rumore, una specie di mugolio indistinto.
Non so che fare: se prenderle la mano, avvicinarmi, o ucciderla subito e non farla soffrire.
"Hai... Hai... Appiccato tu... L'In... L'incendio?"
Annuisco alla sua domanda.
"Grazie"
Annuisco di nuovo, anche se non so il perché.
"Promettimi... Che... Ti prenderai... Ti prenderai cura di lui!!"
Solo ora la donna alza leggermente il braccio destro rivelando una piccola testolina da neonato.
È da lui che proveniva quel mugolio sommesso.
"PROMETTILO!" la donna urlò inaspettatamente, utilizzando il poco fiato che le rimaneva.
Rimango ancora lì impalata, incapace di parlare, con il sangue gelato.
Sta morendo, dovrei rassicurarla, ma non ci riesco.
Quando ricomincia a piangere trovo il coraggio e mi inginocchio vicino al suo corpo insanguinato.
Le accarezzo delicatamente la fonte.
"Te lo prometto, starà bene" di tutta risposta trae un sospiro di sollievo e abbandona il braccio a terra, ancora in difesa del bambino.
Respira ancora.
Aspetto.
Dopo qualche minuto non succede nulla, quando ha un attacco di tosse.
Macchia l'asfalto con schizzi di sangue, e anche la mia maglietta bianca qua e là assume tonalità rossastre.
Dopodiché si accascia di nuovo al suolo.
Il cuore mi batte forte, ma la cosa importante è che lo faccia il suo.
Controllo.
È morta. 
Comincio a tremare e a piangere.
Forse se avessi deciso diversamente, se avessi elaborato un piano più... veloce... forse sarebbe sopravvissuta...
Mille dubbi mi riempiono la testa, quando ricordo cosa successe a Denise.
Dopo la morte divenne una di loro.
Non permetterò si trasformi, e così faccio, trafiggendole il cranio con il coltello.
Solo ora rivolgo lo sguardo al bambino.
È rimasto lì tutto il tempo, aggrappato al vestito della madre.
Come potevo dirglielo... Come potevo dirle che non ero in grado di proteggere il suo bambino?
È stato meglio così, almeno lo crederà al sicuro.
Lo prendo in braccio e lui piange.
Non so come tranquillizzarlo.
Stanno tornado, l'incendio si è quasi estinto.
Corro.
Dopo un'ora mi fermo sul ciglio della strada per riprendere fiato e penso al corpo di quella donna.
Ormai sarà irriconoscibile.
L'avranno circondato di nuovo come avvoltoi.
Sono disperata. 
Come faccio? Piango insieme al bambino, il quale non aveva smesso da quando non si trovava più tra le braccia della madre.
Se lo avessi lasciato lì non avrebbe sofferto, si sarebbe addormentato e al suo risveglio i suoi occhi avrebbero visto il Paradiso.
Passa un giorno con due gocce d'acqua a testa.
La cosa peggiore è sapere di non poterlo aiutare.
La notte scorsa abbiamo dormito insieme sul ciglio della strada, dormito per modo di dire.
Cerco di andare avanti, davvero. 
Ci sto provando.
Ma il bambino ha fame, non bastano i lecca-lecca per saziarlo.
Oggi ha piovuto per una decina di minuti, è stato bellissimo e ho potuto riempire la mia bottiglia.
Forse possiamo farcela.
                                                                       

                                                                       ~ 

Avevo veramente creduto che ce l'avremmo fatta, insieme.
Che avrei trovato del cibo.
Che l'avrei cresciuto come un figlio.
Che avrei trovato un rifugio.
Che non sarebbe morto.
Probabilmente quando lo presi già non mangiava da molti giorni.
Forse la mamma non riusciva ad allattarlo.
Fatto sta che due giorni dopo è morto.
Stavo camminando, sentivo il suo respiro regolare sulla pelle.
Il suoi occhi azzurri scrutavano in cielo sereno.
Sentivo anche un lieve formicolio sul collo, dove si teneva stretto.
Poi smise di respirare e abbandonò le braccine ossute.
Sentii il mio cuore spezzarsi e poi rimarginarsi, ma solo per spezzarsi ancora.
Avevo l'impressione che ogni mio respiro fosse stato tolto a lui.
Lo posai a terra, sulle mie ginocchia.
Cercai di rianimarlo ma aveva deciso di tornare da sua madre.
Piansi e piansi ancora, fino a quando mi posi il problema della tomba.
Non sapevo dove seppellirlo, c'era solo asfalto.
Allora decisi di continuare a portarlo in braccio finché non avessi trovato un posto adatto per seppellirlo.
Sono passate parecchie ore, ancora nulla.
Non so se i bambini così piccoli possono trasformarsi ma non m' importa.
Lui è lui, non mi farà fatto del male.
Quando apre nuovamente gli occhi non me ne accorgo.
Poi vedo la sua gamba muoversi e ne sono felice.
Una felicità malinconica.
Continuo a tenerlo stretto a me anche sapendo del pericolo che corro.
Poi realizzo che mi sta mordendo.
Il caso vuole che i suoi denti incontrino la spalliera del mio zaino.
"No, non farlo! Tu mi conosci! Sono io, Anna! Guardami ti prego, sono io!" piango e parlo allo stesso tempo.
Ma non serve a nulla.
Lo tengo sotto un' ascella, distante da me, in modo che non possa farmi del male.
Il suo volto è deformato da una smorfia, e ancora una volta vedo il desiderio di carne nei suoi occhi.
Per un momento sono tentata di farglielo fare, ma sono troppo vigliacca per aiutare un bambino.
È l'unica possibilità che ho per fare qualcosa per lui.
"Gliel'ho promesso" sussurro a me stessa. 
Lo avvicino, spostando la testa di lato per fargli mordere la mia giugulare.
Quando una freccia gli trapassa il cranio e smette per sempre di muoversi.




 

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Capitolo 3
*** SCONOSCIUTI ***


Ciao a tutti! Innanzitutto volevo ringraziare Elodie90, autrice della mia prima recensione! Grazie per le dritte :D
Da non dimenticare chi segue la mia storia, silenzioso ma pursempre importante.
Invito anche gli altri a dedicarmi due minuti del loro tempo recensendo la storia.
Fatemi sapere che ne pensate, ho davvero bisogno di tanti consigli D:





Rimango immobile per qualche minuto fissando la testa trapassata del bambino.
Lo tengo ancora in braccio.
Fino a poco tempo prima sembrava tutto così chiaro: sapevo quello che dovevo fare, qual era il mio posto in questa storia.
Ora è di nuovo tutto confuso. 
Deglutisco perché la saliva si sta accumulando in superficie.
Continuo a guardarlo, con gli occhi sgranati sperando con tutta me stessa che dia "segni di vita".
Poi vedo una figura entrare nel mio campo visivo.
Cerco di scuotermi, vorrà parlarmi.
Ho la gola secca ma mi preparo a rispondere a qualsiasi domanda voglia farmi.               Ma lo sconosciuto si limita solo ad estrarre la freccia dal cranio del bambino.
Quando la toglie fuoriesce una sostanza gelatinosa: un misto di sangue, pelle e altro.
Mi vengono i brividi.
Poi mi accorgo di essere nella stessa posizione di 5 minuti fa; con le braccia tese davanti a me a reggere il piccolo.
Ancora paralizzata, metto a fuco ciò che c'è davanti a me, dietro il bebè.
Lo sconosciuto, recuperata la freccia, è tornato indietro, del tutto indifferente.
Allora sento salirmi la rabbia, è tutta colpa sua!
Mi dirigo a grandi passi verso di lui, notando che la distanza da dove era stata scoccata la freccia era più o meno quella... Notevole.
Arrivo alle sue spalle e la prima cosa che noto è una balestra che pende sul fianco.
Devo concentrarmi e, con il bambino stretto sul petto, vado dritta al punto.
"Perché l'hai ucciso?!" mi cade una lacrima nel pronunciare quelle parole.
"Perché ti stava per mordere, non te n'eri accorta?" mi risponde ironicamente sempre dandomi le spalle.
Incredibile... E non si degna neanche di fermarsi mentre mi parla.
"Si...certo che me ne ero accorta... Mi chiedo cosa te ne frega a te piuttosto" dico non curante del fatto che mi abbia salvato la vita.
"Sinceramente?"
"Si"
A quel punto si gira verso di me e mi guarda per la prima volta.
"Un cazzo" risponde.
Quando parla ho quasi l'impressione che sillabi, mi da enormemente fastidio.
Non dico nulla e resto con il fiato sospeso, non ho niente da controbattere.
È ovvio che non provi niente verso un estraneo, però potrebbe almeno far finta di interessarsi, per educazione.
Lui si volta e prosegue per la sua strada.
Solo ora mi accorgo che è la conversazione più lunga che faccio da tanto tempo con qualcuno che non sia morto o in fin di vita.
Questo mi rende più viva di quanto tutto il cibo o l'acqua del mondo possano fare.
"Hai un gruppo?" chiedo improvvisamente eccitata.
Non c'è risposta.
Corro di nuovo per raggiungerlo.
"Ehi dico a te! Hai un gruppo?" 
"Senti ragazzina, se smettessi di rompermi le palle mi faresti un favore" mi dice senza neanche guardarmi.
Riesco solo a pensare che è uno stronzo.
È arrossisco a tal punto da sentire la faccia andare a fuoco.
Siamo nella stessa barca, no?
"Senti, non voglio fare a botte. So che il cervello di voi uomini funziona in modo sbagliato, quindi ti spiego meglio: sono sola, mi rimane a malapena mezza bottiglietta d'acqua, non ho cibo e tu mi devi un favore. Ora, rispondi alla mia domanda!" pronuncio queste parole tutte d'un fiato, mantenendo una calma apparente.
Lui si ferma e mi guarda, il vento gli scompiglia i capelli incollati sul viso dal sudore.
Ricambio lo sguardo cercando di rimanere calma ma il mio colorito rossastro mi tradisce.
C'era un'altra domanda che dovevo fargli ma in questo momento riesco a pensare solo ai suoi occhi.
Sono magnetici, di un azzurro che potrebbe contenere il cielo.
Poi appare una terza figura lontana che urla il nome di Daryl.
Allora lo sconosciuto ricomincia a camminare e io lo seguo.
Lo vedo aprire la bocca e dentro la mia testa si formulano 100000 ipotesi di quello che potrebbe dire.
"Ho trovato questa bambina sulla strada, ha cercato di farsi ammazzare da un neonato, vuole sapere se abbiamo un gruppo. Sbarazzatene." di certo questa non l'avevo prevista.
Apro la bocca per dire qualcosa in mia difesa perché sembrava una cazzata detta così, ma la richiudo subito, a corto di parole.
L'unica cosa non vera è che non sono una bambina, ma ribattere su questo non mi aiuterebbe a non fare una figura di merda.
L'altro, ora abbastanza vicino per non essere scambiato per una chiazza scura nell'orizzonte, si limita a ridere nervosamente.
Quando Daryl si è allontanato abbastanza dice: "Ciao, io sono Mike! Il menù del mese è: scoiattoli e animali vari. Possibilità di sopravvivenza: scarse. Possibilità di malattie quali: "la gotta" e "Daryl, se non la smetti di fare lo stronzo ti uccido": elevate. Allora... Vuoi unirti a noi?"
Rimango un momento perplessa cercando di ricordare cosa si fa quando si sente il petto esplodere e l'aria spingere insistentemente sui denti, si! Ora ricordo!
E scoppio in una non-aggraziata risata quasi toccando l'asfalto ardente con il naso.
È una sensazione bellissima, potrei continuare per ore senza fermarmi.
Poi sento il ragazzo con la balestra sbuffare e borbottare qualcosa e il corpo del bambino scivolarmi dalle braccia.
"Scusatemi... Io" tento di mettere insieme una frase, senza successo.
Le mie guance diventano di nuovo chiazze rosse.
"Ahahahahahahah tranquilla, anche io ho fatto così la prima volta. Era da tanto che non ridevi?"
"Da una vita" rispondo io con lo stomaco ancora dolente per la contrazione.
Osservo il corpicino del bebè per terra e ho una stretta al cuore.
Non lo dimenticherò.
"Era un tuo parente?"
Scossi il capo e mi intimai di non piangere.
"Allora accetti?" mi chiede di nuovo Mike.
"Non dovevi farmi fuori?" chiedo divertita.
"Si, ma ho pensato che sarebbe stato un peccato avere uno scoiattolo in più per cena" e mi sorride.
Ricambio e dico "sei molto gentile, accetto".
"A proposito: con lui come la metti?" dico indicando il ragazzo ormai lontano.
"Intendi Daryl?"
Annuisco.
"Mi inventerò qualcosa" gli sorrido e iniziamo a camminare nella stessa direzione dell'arciere.
Mi giro solo per guardare il cadavere del bambino, abbandonato sull'asfalto rovente. 
Avrei voluto seppellirlo, a costo di scavare la strada con le unghie, ma era ora di lasciarsi il passato alle spalle.
Poi il mio sguardo si posa sul ragazzo che cammina avanti a noi, abbastanza distante da non udirci.
"È un tipo strano, da quanto vi conoscete?" dico realmente interessata allo strano arciere.
"Oh, da poco. Abbiamo fatto un accordo professionale: lui caccia e io faccio il resto. Non credo sia molto equo... Vedi, se la sa cavare benissimo anche da solo. Diciamo che gli sono debitore, senza di lui non vedrei ombra di cibo" finisce la frase abbassando lo sguardo, quasi avendo paura di potermi rivelare di più con gli occhi.
Decido di cambiare argomento per non farlo sentire a disagio.
A nessuno di noi sopravvissuti piace parlare del passato.
"Invece che mi dici del... Attento!!" 
All'improvviso appare un morto davanti a Daryl che cammina qualche metro avanti  con lo sguardo basso.
In mezzo secondo alza la testa e lo trafigge con un pugnale che teneva nella cintura.
"So badare a me stesso bambina" sbotta poco dopo.
"Oh scusami se ho avuto l'accortezza di salvarti la pelle!"
Si blocca e si gira verso di me infuriato, mi arriva davanti in un batter d'occhio.
"E io cosa dovrei dire, eh?! Grazie mammina per avermi salvato, ora ti lascio sola con il tuo bambino così potrai avere una morte lenta e dolorosa come hai sempre sognato?!"
Rimango paralizzata da quelle parole.
Non mi aspettavo le dicesse e nemmeno che si scaldasse tanto.
Provo vergogna e soprattutto rabbia.
Arrossisco.
"Non era il mio bambino e... E non devo darti spiegazioni di nessun genere. Ma se proprio vuoi sentirtelo dire... Grazie, ok?" sentivo l'adrenalina scorrermi a 100 all'ora nelle vene.
"Risparmiami le tue scuse" 
Tiro un sospiro di sollievo, ma non è finita lì.
"...puttana".
Il cuore si ferma.
Sostengo lo sguardo appannato dalle lacrime.
I suoi occhi trafiggono il mio petto come una spada di ghiaccio.
Lui si gira e prosegue il suo cammino, come se non fosse successo nulla.
Non mi ha ferita il modo in cui mi ha chiamata, più il fatto che mi consideri una noiosa bambina che non sa prendersi cura di se stessa e vuole fare sempre la parte della vittima.
D'altronde cosa pretendo da un estraneo... Però potrebbe almeno provare a capirmi, come fanno gli esseri umani com altri esseri umani. 
Dava ogni cosa per scontato, come se lui sapesse tutto di tutti.
Mike, sempre stato alla mia destra, mi posa una mano sulla spalla.
"Gli piaci, sai?"
A quanto pare ha un modo strano di tranquillizzare le persone: dire loro che piacciono all'individuo dal quale sono appena state umiliate.
"Si, certo" rispondo ironicamente.
"Davvero!"
"Cosa ti aspetti che faccia ora? Devo esultare? Ok, TOMBOLA!!! Meglio adesso?"
Ride ma io sono di pessimo umore.
Quegli insulti gratuiti mi hanno messo un peso sullo stomaco.
Incredibile... Riesce quasi a farmi sentire in colpa per dei "crimini" che non ho commesso.
"Comunque non intendevo quello. Diciamo che ti tratta con riguardo."
"Con riguardo?! e quello lo chiami... Lascia perdere" non ho nessuna voglia di litigare anche con lui.
Persino Mike ora sembra voglia farmi perdere le staffe.
Si ferma di colpo.
"Senti, non so perché Daryl sia così, ne tantomeno chi ce l'ha fatto diventare. Fatto sta che lui ci procura il cibo. Quindi se fossi in te sarei più carina in futuro" mi guarda serio, poi fa una battuta per allentare la tensione e ricominciamo a camminare.
Mi accorgo di ridere meccanicamente alla sua battuta ma dopo il cervello non registra più nulla di quello che succede nel mondo reale.
Quello che ha detto Mike mi fa riflettere.
Quale essere umano in un mondo sconvolto da un'apocalisse si comporterebbe come Daryl?
Uno che ha perso tutto.
No, tutti abbiamo perso qualcosa a modo nostro, chi più chi meno.
Deve essergli successo qualcosa di brutto, veramente brutto, per ridursi così.
"Tu come li chiami i non-morti?" chiede dopo un po' Mike.
Non gli presto attenzione.
"Ehi!"
"Mmmmh?"
"Tutto ok?"
Pazzesco, sono così abituata a stare da sola che ora quasi mi infastidisce il suo continuo sforzo di iniziare una conversazione.
"Si, scusami stavo pensando" accenno ad un sorriso.
"Tranquilla... Emh...Solo ora mi accorgo di non sapere il tuo nome" dice leggermente imbarazzato.
"Ah già! Io mi chiamo Annamaria" dico, strappata del tutto dalle mie riflessioni.
"Un bel nome, davvero!"
"Grazie" e gli sorrido di rimando "Emh... Cosa dicevi prima?"
"Niente, ti chiedevo come chiami i non-morti".
"Nella mia testa li chiamo "quei cosi" generalmente, ma non mi sono mai posta realmente il problema del nome".
Mike mi ride in faccia, divertito dalla mia "performance".
Arrossisco un po', sentendomi un'idiota senza saperne realmente il motivo.
"Scusa, non volevo metterti in imbarazzo! Comunque io li chiamo "azzannatori" o "zombie"".
Questa volta sono io a ridere.
"Scusa, non volevo metterti in imbarazzo" gli rifaccio il verso.
Ridiamo insieme.
"Dici gli zombie dei film? Quello è diverso!" e continuo a ridere.
"Si ma l'atteggiamento è simile, no? È possibile che non ci hai mai pensato?"
Scuoto il capo.
Rimaniamo in silenzio per qualche minuto.
Mike mi era simpatico, era di bassa statura, pelato e aveva la pelle scurissima.
Ora interrompo io il silenzio, voglio parlare e ridere fino a rimanere senza fiato: "Quanti anni hai?"
"27, o giù di lì" ridiamo di nuovo all'unisono.
"Tu Anna? Posso chiamarti Anna?"
"Certo! Io ho 17 anni" dico.
"Wow!" esclama.
Segue un silenzio imbarazzante.
Non capisco, avrà pensato che sono troppo piccola per poter fare discorsi sensati con lui?
"Scusa, è che non ti avrei dato 17 anni. Non da come parli e ti comporti. E ora..."
"E ora ti rendi conto di aver di fronte una ragazzina" finisco io per lui.
"Esatto..." abbasso lo sguardo a quelle parole.
"Non fraintendere, non è un male. Solo che mi fa riflettere. Tu non dovresti essere qui... Dovresti trovarti a casa con i tuoi genitori e la mattina prepararti per andare a scuola, incontrare i tuoi amici, spassartela in discoteca..."
Forse si aspetta che risponda qualcosa, ma rimango in silenzio.
"Come ti senti?" 
La sua domanda mi sorprende, ora che ci penso non me lo aveva mai chiesto nessuno e io stessa non ci avevo mai riflettuto.
"Bè ho un po' di fame e..." mi interrompe.
"No, non intendo in quel senso. Come ti senti ad aver perso tutto? Non hai nostalgia di casa? Degli amici? Dei parenti?"
Avevo capito quello che intendeva ma speravo ci sarebbe passato sopra. 
Sento una fitta al cuore a quelle parole e non ho voglia di rispondere, allora cerco di cambiare argomento.
"La scuola non mi manca per niente" rido da sola alla mia stessa battuta con un tono leggermente al disopra del normale, ma abbastanza da sfumare tutto il mio piano di depistaggio disinvolto.
Sento il suo sguardo su di me ma rimane in silenzio. 
Quanto alla mia voglia di parlare, se n'è andata insieme alla mia dignità.
                            
 
                                                                      ~
  

Per la notte ci accampiamo sul bordo destro della strada, dove ci sono i guardrail.
Oltre quelli c'è altra strada a destra, altra ancora a sinistra, alle nostre spalle e soprattutto avanti a noi.
Decidiamo i turni di guardia: Daryl, Mike ed io.
3 ore ciascuno.
Mi siedo tra i due compagni di viaggio con le spalle contro la barra di metallo.
La sera l'asfalto scotta di meno.
Scopro dell'esistenza di ben tre scoiattoli morti all'interno dello zaino di Daryl.
"E quelli dove li hai trovati?"
Dico facendo un cenno riferito agli animaletti che sta scuoiando.
Lui mi guarda.
"Nel bosco".
"Impossibile, non ci sono boschi nei dintorni!" esclamo stupita.
"Uno c'è invece, e grazie a te che hai deciso di degnarci della tua fottuta presenza, domani dovrò tornarci. Perché a voi che ve ne fotte di quanto mi ci vuole a prendere tre cazzo di scoiattoli, tanto basta che mangiate!" 
Rimango immobile, come mi succede sempre quando da di matto.
La cosa che mia ha colpita di più questa volta sono le sue mani, rimaste concentrate nello scuoiare l'animaletto.
Non si sono distratte neanche per un momento durante il suo sfogo.
"Che cazzo hai da guardare?" sbraita lui nella mia direzione.
"Niente, scusa" decido per il non-facciamo-incazzare-Daryl.
Ma la mia mossa non risulta efficace, ormai è troppo tardi.
"Non so cosa credi di essere venuta a fare qui, forse a mangiare carne comodamente seduta su un trono d'argento o forse credi che due paroline messe a cazzo e un paio di mossette possano addomesticarmi. Ma questo è il mondo reale, sarà pure una merda, e su questo non ho niente da obbiettare, ma ci dobbiamo adeguare lo stesso. Quindi tira fuori le palle e affrontalo, oppure trovati un azzannatore e vivi con lui la tua appassionante storia d'amore ragazzina, perché è ora che tu decida da che parte stare. Vivi o azzannatori? Perché se decidessi di ammazzarti e per uno sfortunato caso non dovessi beccare il cervello, non credere che avrò la clemenza di farlo io al posto tuo. Quindi scegli e cerca di farlo in fretta perché non ho tempo da perdere con una mocciosetta che non sa distinguere una bambino da un azzannatore".
Il mio cervello è letteralmente in stand-by e non so cosa pensare, non solo di lui, anche di me stessa.
È vero, devo fare una scelta.
La vita infondo è come una delle piccole sfide che affrontiamo ogni giorno, come un semplice ostacolo che si para davanti a noi.
Possiamo scegliere di affrontarlo o aggirarlo.
È proprio questo che ci offre: la possibilità di scegliere, la libertà.
Quindi penso che almeno posso provarci.
E se non ci riesco potrò sempre riprovare il giorno dopo, in un'altra vita magari.
Ma solo il fatto di averci provato veramente è una conquista.
Poi c'è comunque, inevitabilmente la morte.
Ma sei tu ora che puoi scegliere se combattere o arrenderti senza lottare.
Io scelgo la libertà, scelgo la vita, scelgo di provarci.

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Capitolo 4
*** GRAVITÀ ***


Ciao a tutti! Mi scuso per l'enorme ritardo di pubblicazione. Ho avuto alcuni problemi che non sto qui ad elencarvi. Questo è il nuovo capitolo!! Anche se può sembrare un po' piatto è molto importate. Anna cerca di capire Daryl, di fare progressi, ma si trova ogni volta punto e accapo :(
Commentate e ditemi che ne pensate :D



Dopo quella sera non so perché ma sento di dovergli delle spiegazioni.
Aspetto di rimanere da sola con Daryl per potergli dire che ho capito, che ho scelto.
Poi un dubbio mi balena nella testa: e se non gli importasse?
Da quando sono arrivata lui non fa altro che farmi intendere questo, però il discorso di ieri è stato parecchio strano.
Alla fine decido che sono da ricovero nel reparto "irrecuperabili" perché sto dando di matto per una conversazione.
È proprio questo che riesce a fare Daryl: ti fa dubitare delle tue certezze mettendo vero e proprio caos dentro la tua testa.
Alla fine decido di non parlare al "tizio pericoloso con la balestra" e ignorare ciò che era avvenuto la sera precedente.
"Esattamente, dove stiamo andando?" chiedo a Mike, improvvisamente consapevole di non saperlo.
Ci siamo rimessi in marcia la mattina dopo sul tardi.
Daryl cammina avanti e, come sempre, noi lo seguiamo a distanza di sicurezza.
"In realtà non ne ho idea... So solo che qualche giorno fa abbiamo abbandonato il bosco perché non era abbastanza sicuro: alberi dappertutto e neanche un posto dove stare. Credevamo che la strada fosse più pericolosa ma abbiamo voluto tentare lo stesso e direi che non e andata male!" e fa un gesto con la mano per indicare me.
Gli sorrido, Mike è molto dolce, mi mancava avere un amico.
"Però Daryl deve tornare nella foresta per cacciare, quindi che senso ha?" chiedo perplessa.
"Non so, ma ho l'impressione che preferisca stare da solo quando va a caccia. È tipo un qualcosa di spirituale per lui, o almeno credo."
"Daryl non mi sembra un tipo spirituale" obietto.
"Naaa, forse hai ragione! Era solo un' impressione."
A volte Mike mi sorprende, riesce a capire cose che gli altri non vedono.
Anche lui ha il potere di mettere caos nella mia testa, però in senso buono. 
Mi aiuta a riflettere e a osservare meglio quello che mi circonda, come lo strano carattere di Daryl.
È assurdo come riesca a pensare fuori dagli schemi.
Camminiamo ancora per qualche chilometro, poi iniziamo a vedere sempre più spesso macchine abbandonate per strada. 
Perlopiù all'interno ci sono azzannatori o morti, nel senso morti morti.
È orribile vederli schiacciati contro i finestrini delle macchine a fare strani versi, intrappolati in un corpo che ormai non gli appartiene più.
Ho contato una cinquantina di macchine sparse qua è la per la strada nel giro di un chilometro.
Sono sempre di più e noto che Daryl comincia ad agitarsi.
Anche da questa distanza riesco a vedere i suoi muscoli contrarsi, il corpo irrigidirsi visibilmente e i sensi acutizzarsi.
Poi si ferma di scatto, si gira verso di noi e parla.
"Dobbiamo tornare nella foresta, muovetevi."
All'inizio non capiamo, poi avanzando di qualche passo vediamo un ingorgo di macchine.
Sembrano formare una fila infinita.
"Non capisco, possiamo attraversarla facilmente passando fra una macchina e l'altra..." dico ad alta voce senza riflettere minimamente. 
Eppure so che c'è qualcosa di orrendamente pericoloso. 
Ma certo, se passass...
"Usa la testa per una volta bimba!" i miei pensieri sono interrotti da un agitato, sbraitante, nervoso Dar... "Mettiamo che dentro ogni macchina ci sia un azzannatore, per difetto ovviamente, perché non stiamo contando le famigliole felici partite per un bel viaggetto alle Hawaii. Ora pensa a quante probabilità ci siano che le urla disumane di quelli intrappolati in macchina attirino altri azzannatori. E poi ci siamo noi che saltelliamo felicemente a braccetto fra l'ingorgo. Ora hai capito, cazzo?! Oppure vuoi un bel disegnino?!" 
Controlla la rabbia Anna.
Nonostante la mia furia dentro, riesco solo a rispondere con un timido "Si, ho capito".
Quella vocetta spezzata non so da quale angolo della mia mente sia uscita, perché non rispecchia assolutamente il mio stato d'animo attuale.
Lui si gira e gli sono solo grata di non aver infierito oltre, sono stanca e affamata e non riesco a ragionare lucidamente.
Si, lo so, me la sto prendendo con me stessa per non avergli risposto con più freddezza e distacco.
Ora penserà che me ne freghi veramente qualcosa di quello che dice, e per questo prospetto che sarà ancora più stronzo con me.
Non che m' importi, appunto.
Ok, mi sto contraddicendo da sola ma tanto questa conversazione è solo nella mia testa.
Faccio un respiro profondo e seguo Daryl e Mike verso la foresta che dicono si trovi a ovest, cioè alla mia sinistra.
Camminiamo scavalcando i guardrail e procedendo a rilento.
Di fianco a noi ci accompagna, anche per larghezza, la fila di macchine.
Dopo una decina di chilometri la foresta ci compare improvvisamente davanti.
Non credevo sarei stata così felice di rivedere un po' di verde.
Scavalchiamo l'ultimo guardrail e ci ritroviamo circondati da arbusti altissimi e un accenno di erba in terra.
Guardo la foresta, l'aria sembra già più pulita.
Mi accorgo che Mike e Daryl mi stanno guardando e io, come una scema, sto impalata a fissare le foglie e il muschio morbido sugli alberi.
Ma non me ne vergogno, non m' importa se loro credono che sia pazza.
Perché ora mi accorgo che l'unica cosa veramente viva in questo mondo di merda non siamo noi o gli azzannatori, ma questa foresta, la natura stessa.
Avrebbe continuato a vivere all'infinito, a riprodursi, a crescere, a dominare su ogni razza esistente.
Fragile come un ramoscello ma allo stesso tempo indistruttibile come un uragano.
Perciò in questo istante mi sento viva, veramente viva e voglio fingere di essere sola, per un istante.
Respiro a fondo finchè l'aria non comincia a spingere così insistentemente nei polmoni da far male. 
Immagino che ora Daryl dirà qualche cazzata.
Ma tiene la bocca chiusa, e questo è il massimo che posso aspettarmi da lui, quindi dentro di me lo ringrazio per non aver rovinato questo momento.
Dopo proseguiamo addentrandoci sempre di più nella foresta.
I miei occhi registrano ogni cosa che vedono come nuova, e lo stesso fanno le mie orecchie e il mio naso.
Cammino immagazzinando più ossigeno possibile che sembra rimettermi in forze.
Ma la verità è che abbiamo bisogno di mangiare e Daryl non sembra curarsene.
Lo so, sono egoista a pensarla così.
Se non ci fosse lui mi ritroverei a brucare l'erba per disperazione.
Nel primo pomeriggio ci accampiamo sotto un albero mentre Daryl va a caccia.
Io e Mike ci siamo comodamente seduti, quando l'altro attira la mia attenzione con un fischio.
Alzo lo sguardo aspettandomi chissà quale predica assurda.
"Tu, ragazzina, vieni con me" rimango ferma dove sono credendo sia uno scherzo.
Perché Daryl avrebbe bisogno del mio aiuto per la caccia?
"Oh scusami, forse sei troppo stanca! Allora riposati pure!" mi parla con una voce così dolce che quasi ci casco prima di ricordarmi con chi sto parlando.
Ignorando il suo tono ironico mi alzo e lo seguo fra l'erba ormai diventata alta fino alle ginocchia lasciando da solo Mike.
Proseguiamo in silenzio.
Voglio sapere perché mi ha portata con lui, so che non gli piace la mia compagnia e forse neanche quella umana in generale, quindi ci deve essere un motivo se sono lì.
Mi da le spalle, cammina curvo sulle ginocchia con la balestra pronta a scoccare la freccia.
L'aria sembra ferma, nonostante i nostri corpi che la smuovono continuamente.
Vedo i capelli unti di Daryl appiccicarsi sempre di più alla nuca, la sua camicia alla quale sono state private le maniche, bagnarsi di sudore.
A differenza sua produco un irritante scoppiettio quando cammino, è come se fossi solo io ad avere sotto i piedi mezza foresta rinsecchita.
Ma quello che mi irrita di più è il suo silenzio! Mi andrebbe bene anche se ora si voltasse per urlarmi contro a causa di tutto il chiasso che faccio.
Ma no! Il so-tutto-io ora se ne sta zitto.
Quando arrivo al confine fra la pazzia e la realtà, si decide finalmente a parlarmi, e sono sicura che abbia apprezzato il mio silenzio fino ad ora.
"Ho visto come hai guardato oggi la foresta" dice restando concentrato nella caccia.
Improvvisamente sento la testa scoppiarmi per tutte le cose che mi sto tenendo dentro.
"Solo questo?! Però di certo non posso aspettarmi una confessione più profonda da uno che mi insulta quotidianamente" dico improvvisamente liberata dai miei pensieri.
"Scusami?!"
"Daryl... Io non riesco a capirti!" dico quasi supplicandolo "Non so se questo è il tuo modo di fare amicizia o vuoi solo farmi impazzire".
"Dio, sembra ti abbia chiesto di sposarmi" mi prende in giro.
"Dico solo che..." sussurro imbarazzata "...mi hai trattata da schifo e ora fai finta di niente".
Arrossisco e sono felice che lui non mi possa vedere.
Non risponde e comincio a credere di aver detto qualcosa di sbagliato.
Il colmo... IO avrei detto qualcosa di sbagliato?
Basta, non ho abbastanza energie per sostenere un litigio anche con me stessa.
"Cos'hai scelto?" chiede improvvisamente.
Allora è quello il punto a cui vuole arrivare. Forse un po' gli importa di me...                        A questo pensiero mi sento un po' strana, quasi sollevata.
Con un sorriso ampio stampato in faccia dico "Be... Ci ho pensato e devo dire che sono stata una vera stupida con il bambino... E si... tutto il resto. Adesso sono determinata, adesso ho capito... Grazie a te".
Dopo le mie parole sembra molto a disagio.
Sono stata sincera, nonostante Daryl non mi piaccia per molti versi, quello almeno glielo devo riconoscere.
Lui mi ha aiutata. 
Ecco, l'ho detto.
"Pensi che l'abbia fatto per te, eh?" dice improvvisamente divertito.
"Be'... Io...".
"Non ci arrivi proprio?" dice dandomi sempre le spalle "se avessi scelto la morte saresti stata un peso in meno per me".
Mi irrigidisco, la mia mente comincia a pensare come venire fuori dalla conversazione con un minimo di dignità ancora intatta.
"Sai, comunque non c'è niente di male ad aiutare una persona! E che ti piaccia o no, tu l'hai fatto! Mi dispiace molto ma penso proprio che ora dovrai convivere con questo peso!" nonostante tutto arranco tra le mie parole.
"Pensala come vuoi, per me sei solo una bocca in più da sfamare" dice tranquillamente, per niente toccato dal mio "discorso strappalacrime".
È assurdo! Sembra divertirsi a far soffrire le persone.
Sento un brivido dentro che mi percorre da cima a fondo.
Basta, deve essere chiaro con me.
Allora accelero il passo e mi piazzo davanti a Daryl che mi squadra irritato da cima a fondo con la fronte corrugata.
"Daryl... Non pretendo di piacerti, né di farti pena. Se sono un problema reale per il tuo fan club di sopravvissuti-mangia-scoiattoli, dillo senza mezzi termini e frecciatine varie perché io sono un essere umano" sbuffa "Si, esatto! Un essere umano come te. E se ti è rimasto un briciolo di stabilità in testa preferirei che fossi sincero con me".
"Che fai ora? Ti metti a piangere?" sbotta.
Effettivamente non mi sono accorta di star piangendo.
Però non sono lacrime di tristezza o gioia, bensì di liberazione e quello è il mio modo di sfogarmi, che a lui piaccia o no.
"Tu rappresenti un problema reale solo per te stessa piccolina" dice e prosegue superandomi con una spallata.
Per quanto potesse essere stupido, però, mi sentivo sollevata dal fatto che non mi avesse cacciata. 
Questo significanche c'è rimasta un po' di umanità in lui.
Dopo qualche minuto si volta verso di me e rimane molto sorpreso dal vedermi sorridere, glielo leggo in faccia.
"Sei incredibile..."
Non so se sia un complimento, anzi sono convinta di no.
"Credo sia una cosa genetica: più cercano di abbatterti, più ti rialzi velocemente, pronta a spaccare culi zombie e umani".
Sorrido ancora di più, consapevole di essere sopravvissuta ad un'ora da sola con Daryl.
Al ritorno troviamo Mike ancora seduto sotto la quercia.
Appena ci vede si stupisce nel constatare che sono ancora viva.
Il "nostro" bottino è di ben quattro scoiattoli!
"Ciao Mike!" dico, felice di rivedere qualcuno di normale.
"Anna! Tutto bene?" è visibilmente preoccupato.
"Si, tu invece? Sei pallidissimo..." mi rendo improvvisamente conto che Mike ha proprio una brutta cera.
"Ah si si, un po' d'appetito" dice sforzandosi di sorridere.
Vedo Daryl, alla mia destra, che lo guarda torvo.
Spero che non combini un altro casino accusandolo di chissà cosa.
Lo ignoro e mi siedo vicino a Mike che durante la nostra assenza aveva acceso un bel fuoco.
É completamente buio, solo qualche scintilla staccatasi dalla fiamma gialla illumina i nostri volti.
Anche dopo uno scoiattolo intero, Mike non sembra migliorare.
Allora tento di convincere Daryl a cucinare anche il quarto ma non vuole saperne.
Ho paura che se non si rimette completamente in forze domani non riuscirà nemmeno ad alzarsi in piedi.
Ma l'arciere è fermo sulla decisione di tenere lo scoiattolo per il giorno dopo, nel caso il cibo dovesse scarseggiare. 
E chi c'ha voglia di discutere?! Io no di certo.
Faccio il doppio turno di guardia, sostituendo Mike, Daryl ovviamente non ha voluto spartirlo.
Infatti durante la notte le sue condizioni peggiorano: trema e la fronte gli scotta terribilmente.
Mentre Daryl fa la guardia io cerco di calmarlo, ma è tutto inutile.
"Daryl... Dobbiamo fare qualcosa" gli sussurro.
"Dagli qualche bacino e vedrai che starà meglio" sbotta.
Non posso credere che non gli importi!
"Cosa? Tu pensi che stia così fra noi?"
"Ma dai! Si vede lontano un miglio. Fate tutto il giorno i piccioncini sfortunati".
"Tu hai la minima idea di dove ci troviamo Daryl?" chiedo irrigidendomi improvvisamente.
"Che vuoi dire?"
"T'immagini cosa succederebbe se la gravità venisse alterata?"
"Non ho voglia di ascoltare una lezione di scienze, ragaz..." sono io ad interromperlo questa volta.
"...Se la gravità venisse alterata si sconvolgerebbe tutto. Ogni cosa nella quale crediamo diverrebbe infondata. È questo che è successo, dobbiamo ricominciare da capo, non abbiamo più le basi. Dobbiamo ricostruirle diversamente a fine di sfruttare la gravità a nostro vantaggio" parlo in tono supplichevole, sperando che lui capisca.
"Minchiate... La vuoi sapere una cosa? Comunque la metti siamo sempre qui, siamo sempre noi."
"Si ma sarebbe diverso! Daryl apri gli occhi! Vivi, non sopravvivere" lo guardo negli occhi, cercando un po' di buonsenso al quale aggrapparmi.
"No Anna, aprili tu" si alza da terra e si addentra nelle foresta.
...Ma non lo trovo.
Allora torno vicino a Mike ormai quasi delirante.
Lo abbraccio cercando di fermare i suoi tremiti e mi addormento fra le lacrime.
Ad un certo punto mi calma solo il pensiero, per quanto insignificante, che è la prima volta che mi chiama con il mio nome.

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Capitolo 5
*** SI ANNIDA LA PAURA ***


Rieccoci con un nuovo capitolo! Come avrete notato non ho il tempo di fare aggiornamenti fissi e vi ringrazio per l'infinita pazienza che avete.
Un saluto speciale a coloro che mettono la storia fra le seguite e che hanno la costanza di controllare i miei aggiornamenti.
Allora... Che dire di questo capitolo? Sicuramente c'è più azione e già dall'inizio capiamo che il prossimo sarà incentrato su Daryl e sul suo passato.
Diciamo che serve da slancio per addentrarci meglio nel vivo della storia.
Ora spetta a voi giudicare ;)
Un grazie in anticipo e buona lettura! 


                                                             


Mi sveglio nel cuore della notte, sento degli strani versi, sono confusa.
Mi alzo, il freddo mi invade il corpo e il cervello.
É tutto buio.
Come ho fatto ad essere così stupida da addormentarmi quando non c'era nessuno a fare la guardia?!
I miei occhi vedono ancora tutto nero e ho paura che ci metteranno tempo ad abituarsi all'oscurità, troppo tempo.
Sbatto velocemente le ciglia ma questo contribuisce solo a farmi agitare di più.
Versi di zombie mi riempiono le orecchie.
Dopo un po' quasi non li sento dal rumore del mio battito.  
Estraggo il coltello e mi posiziono davanti a quello che spero sia Mike.
Ho il respiro troppo affannato per parlare con lui, sempre ammesso che sia ancora vivo.
Qualcosa mi afferra il braccio, un presa ferrea ed estranea.
Vorrei che il cuore si fermasse per poter percepire meglio i rumori.
Colpisco a vuoto, sento il coltello perforare qualcosa di inconsistente e allo stesso tempo molliccio... ma la presa non si allenta.
Sento altri gemiti, il battito aumenta ancora di più, almeno i miei occhi cominciano a fare pace con il buio e intravedo una sagoma sfocata davanti a me.
Continuo ad agitare il coltello con l'intento di colpire l'essere che mi sta bloccando la circolazione sanguigna del braccio.
Quest'ultimo cade a terra, devo avergli ferito una gamba con i mie goffi tentativi di accoltellarlo. 
Cadendo mi sbilancia, ma fortunatamente per me (e sfortunatamente per lui), il suo braccio si stacca dal resto del corpo, rimanendo parzialmente avvinghiato al mio.
Con un piccolo strattone cade anch'esso a terra.
Sento altri gemiti, ma non di zombie.
"Mike" sussurro senza fiato.
Mi giro e i miei maledetti occhi ora mi permettono di vedere una scena orribile: Mike immobilizzato contro il tronco dell'albero e un vagante che gli sta sopra, in cerca di carne.
Tutto rallenta ma, nella mia testa, il tempo va tre volte più veloce, i miei pensieri scorrono come un fiume in piena.
La consapevolezza di non poterlo salvare mi scuote tutto il corpo come un brivido di freddo.
Mi sento dannatamente impotente e in lotta con me stessa.
Devo prendere una decisione ma l'impulso mi precede: quasi in lacrime mi butto addosso allo zombie.
Cadiamo entrambi sul prato umido.
Lui, stupito, si dimena sotto il mio corpo.
Ho il coltello stretto nella mano e cerco invano la sua testa.
Dopo essermi lanciata su quel corpo putrido ho perso la cognizione dello spazio, non so in che posizione sono, né qual è il mio braccio destro o la mia gamba sinistra... e la vista non mi aiuta.
Procedo a tentoni, mi sembra di sentire i suoi versi disumani chiamare il mio nome e lì capisco che è finita.
Poi mi ricordo di ciò che ho detto a Daryl, ciò che ho promesso a me stessa: devo lottare, fino alla fine.
Respiro a fondo per qualche secondo mentre guardo la figura del vagante strisciare verso di me.
È troppo buio, le possibilità di riuscire a farcela sono scarse e non in mio favore.
Le gambe a contatto con il suolo fangoso mi tremano, paralizzate dal freddo, so che anche volendo non riuscirei ad alzarmi.
Rimango ferma, aspettando la morte che, chiassosa, si fa strada tra l'erba alta.
Stringo più forte il manico del coltello, mentre la mano sinistra è abbandonata al suolo.
I ciuffi d'erba davanti a me cominciano a muoversi producendo un fruscio inquietante.
Faccio il mio ultimo respiro e mi preparo.
Il vagante mi afferra un piede e non ho neanche la forza per impedirgli di aprire le fauci intorno ad esso.
Dovrei urlare ma il mio respiro affannato fa per due. 
I denti dello zombie vengono a contatto con la suola logorata della mia scarpa.
Deluso decide di spostarsi più su in cerca di carne fresca.
Paralizzata lo fisso mentre avvolge i miei jeans in una morsa infetta.
Riesco a vedere la sua pelle putrida cadergli lungo il viso, i suoi abiti sporchi di sangue di chissà quale persona innocente, forse solo un bambino spaventato.
Poi, quando inizio a sentire i suo veleno invadermi il corpo, una freccia gli fracassa il cranio schizzando l'ennesimo sangue sulla mia maglietta.
Altre uccidono gli zombie nascosti nel buio.
Daryl.
Daryl.
Daryl.
Daryl.
Daryl.
Daryl.
Riesco a pensare solo a lui.
Una persona si fa strada fra l'erba verso di me, non è un vagante, sento il suo battito.
Sono sicura sia lui e, già che la mia mente instabile me lo permette, mi metto a piangere silenziosamente per la gioia.
Si avvicina sempre di più, finché non riesco a scorgere il suo viso e le lacrime si ritirano facendo spazio alla paura.
"Ciao bellezza, serve una mano?"
Una figura alta, ben piazzata, sulla quarantina, mi guarda eccitata.
O forse no, forse sulla trentina, ma il fumo e la droga non l'hanno risparmiato, riesco a vederlo anche al buio completo.
Assumo un'espressione dura e indifferente, per quanto il tremore in tutto il corpo me lo permetta.
È probabile che non riesca nemmeno a vedere la mia faccia, quindi diciamo che è più per me che per lui.
"No, grazie" rispondo ma non ho le forze per alzarmi e andar via, allora resto lì, a ricambiare lo sguardo.
Un sorriso gli scopre i denti, ma gli occhi dicono tutt'altro.
Deve avere un rifugio, una casa magari.
Lo so, si capisce dai vestiti puliti, dalla pelle ancora profumata di sapone, dai capelli lavati e pettinati accuratamente e soprattutto dalla pancia che spunta da sopra la cintura.
Ha anche una balestra appesa in spalla... è uguale a quella di Daryl. 
Se lo avesse incontrato e ucciso, o fatto prigioniero?
Si fa spazio dentro di me la vera paura, si annida nel mio corpo e nel mio cervello.
"Il tuo amico lì non sembra stare bene" dice divertito e mi accorgo che ci sono altri uomini nel buio che si stanno avvicinando a Mike.
Metto un attimo Daryl da parte e mi concentro su di lui.
Raccolgo tutte le forze che mi rimangono e mi metto in piedi, ma un improvviso capogiro mi fa ritornare con il sedere per terra.
"Non toccatelo o giuro che vi ammazzo!" cerco di lanciare minacce alla bene e meglio.
Continuo a urlare e mi dimeno finché non mi sento più le gambe.
La cosa va avanti per così tanto tempo che l'uomo è costretto a mettermi una mano davanti alla bocca per non attirare i vaganti.
Mentre io mi procuro un biglietto di sola andata per zombieville, gli altri esaminano Mike per lungo e largo.
Un uomo si avvicina a noi due e parla a quello alla mia destra con voce bassa.
L'altro toglie la mano dalla mia bocca (l'unico accenno di sapone negli ultimi mesi) e mi parla con un finto tono grave.
"Il tuo amico sta morendo e solo noi possiamo garantirgli le cure necessarie".
Mike... Non posso lasciarlo nelle loro mani, non conosco quella gente e non mi sembra che in testa abbiamo un'aureola ma solo droga e sesso.
Se Daryl è ancora da qualche parte nelle foresta, ha un'arma e abbastanza forze per utilizzarla, dopodiché potremmo decidere insieme cosa fare. 
Devo prendere tempo anche se le possibilità che sia lì fuori a giocare a nascondino con una balestra uguale a quella del tizio, sono scarse.
"Cos'è, uno slogan pubblicitario?" rispondo distaccata per temporeggiare.
Ride.
"Mi piaci, sai? Chiederò al capo di averti, una volta al bar. Allora, vuoi sentire la mia proposta?" dice lui.
Mi irrigidisco al sol pensiero del significato di "averti".
"Avete un bar come rifugio?" chiedo innocentemente cercando di sviarlo.
Sorride di nuovo, odio quella bocca e quei denti ingialliti dal fumo.
"Rispondi alla mia domanda, inizio ad incazzarmi" Urla.
Forse ha capito il mio tutt'altro che originale piano.
Estrae il coltello e me lo punta alla gola, bloccandomi il respiro.
Ho l'impulso di chiedergli di Daryl. 
Se fosse morto tanto varrebbe la pena arrendersi.
Tuttavia continuo a seguire il mio unico, improbabile, incerto, assurdo piano A.
Mi guarda negli occhi.
"Chi altro c'è con te?" non so cosa l'abbia indotto a farmi questa domanda e non so nemmeno come io abbia fatto a tradirmi senza nemmeno accorgermene.
"Nessuno" rispondo in fretta.
"CHI ALTRO C'È CON TE?!" urla e spinge il coltello più in profondità, ma non sento dolore.
"Solo Mike, nessun' altro" dico apparentemente calma.
Si prepara per un altro urlo e sento la mano fremere dal desiderio di far scorrere il mio sangue.
In questo momento non m' importa di Mike o di me, però se proprio sto per morire per mano di quell'uomo vorrei almeno sapere se Daryl è vivo.
Sarebbe la dimostrazione del fatto che questo mondo non è del tutto ingiusto e cerca comunque di preservare un po' di equità.
Poi sento un fruscio provenire dalla foresta che aumenta sempre di più, riconosco quei passi.
"LASCIALA STARE!!" urla Daryl in preda alla furia correndo verso di me e il mio cuore si ferma.
L'altro, preso alla sprovvista si allontana con uno scatto.
Mi porto la mano alla gola, dove prima c'era il coltello, e riesco a percepire un taglio profondo sulla mia pelle.
Daryl si avvicina infuriato, senza guardarmi.
"Che cazzo volete?!" 
"Daryl?" chiede stupito l'uomo.
Alzo la testa e vedo quello con la balestra fissare incredulo il mio compagno.
L'altro, invece, non sembra affatto stupito di incontrarlo.
"A GB farà piacere sapere che sei vivo" gli sorride ironicamente, ripresosi dallo stupore "per non parlare di Merle".
Daryl non risponde ma lo fissa truce negli occhi.
"Come sei sopravvissuto a... Non ha importanza ora" dice l'uomo.
Allora continua "Come ho già detto alla tua puttanella, noi possiamo aiutare il vostro amico..." fa una pausa per dargli la possibilità di dire qualcosa "dovete solo venire con noi e darci una mano, ci sarebbe utile la tua esperienza nella caccia" dice rivolgendosi a Daryl.
"Sennò ci uccidete, dico bene? È così che funziona per voi!" sbotta l'altro.
Non riesce a stare fermo, mentre parla si muove a destra e a sinistra tenendo la balestra stretta in mano.
"Ovviamente. Mi dispiace ma non sono io a fare le regole qui" risponde l'uomo con un sorriso maligno in faccia.
"E lei?" chiede Daryl senza degnarmi di uno sguardo, ma capisco comunque che si sta riferendo a me visto che sfortunatamente sono l'unica "lei" nei dintorni.
"Lo sai, non ti posso garantire nulla".
"Devi invece".
"Non sono io il capo, Daryl!" 
"Mi aiuterai a convincere GB, ti ascolterà".
"Non più ormai".
"Come mai, si è fatto un altro cagnolino?" lo sfotte.
"Chiudi quella cazzo di bocca!" 
L'uomo fa per avvicinarsi ma Daryl è più veloce e con uno scatto felino lo fa arretrare puntandogli la balestra alla pancia.
In quel momento sembrava proprio un animale messo alle strette ma vittima di una natura che non conosce la resa e la sottomissione.
"Dov'è Merle?!" chiede freddo. 
"È in esplorazione, torna tra una settimana" risponde l'uomo.
"Hai preso peso vedo" dice disgustato cambiando discorso.
"Che altro fare con un'epidemia zombie per il giardino" dice sfoggiando il suo sorriso più amaro.
"Buffo, anche l'ultima volta che ti ho visto eri fatto come una scolaretta!"
È strano vedere Daryl prendersela con qualcun altro; è come assistere ad una nostra conversazione ma dall'esterno. 
"Rideremo noi quando te la dovrai vedere con gli altri, loro non perdonano!" dice uno degli uomini..
Lui non ribatte ma si volta verso di me e mi prende per un braccio costringendomi ad alzarmi.
"La vedete lei?" Mi urla nell'orecchio "Lei è mia cugina, la cugina di Merle Dixon! E sarò IO a ridere se al suo ritorno le avrete torto un solo capello!"
Non capisco.
"Ma fammi il piacere! Secondo te dovremmo credere a questa cazzata e lasciare tutta per te la puttana?" dice un altro.
"Risparmiaci le tue perle di saggezza Ron" ringhia Daryl "Poi saranno cazzi tuoi se Merle tornerà e la troverà sverginata! Magari quel giorno si sentirà altruista e ti taglierà una gamba sola!"
L'altro rabbrividisce.
Mi stringe il braccio così forte che mi ricorda lo zombie che mi ha aggredita poco tempo prima.
D'istinto mi porto la mano alla gamba, felice di non trovare nessun morso.
"Calmatevi ragazzi! Ora porteremo Daryl, il negro e la sua cuginetta alla base, dopodiché sarà il capo a decidere" l'uomo con la balestra conclude la frase con un ghigno disumano.
La mia testa è piena di domande ed interrogativi.
Non riesco a credere che Daryl possa aver avuto a che fare con quelle persone e non ho capito la maggior parte della conversazione.
Comunque sembra conclusa lì e sono sollevata perché se mi avessero chiesto qualcosa su "mio cugino" non so cosa avrei raccontato.
Inventandosi quella storia a quanto pare mi ha salvata, anche se ancora non capisco bene da cosa.
Ha messo la mia protezione persino prima della sua.
Cammino con fatica mentre ci addentriamo nella foresta verso il loro rifugio.
Due uomini sollevano Mike e lo trascinano fino al capo della fila, mentre io e Daryl camminiamo fianco a fianco per ultimi.
Dopo un po' non resisto più, devo sapere, sono stanca di essere tenuta allo scuro di tutto.
Ma Daryl mi precede.
"Cosa cazzo è successo?" sbotta ancora furioso.
"Stavo dormendo, poi dei versi di zombie mi hanno svegliata e..." rispondo a bassa voce.
"Cosa? Dormivi? Non ti è passato minimamente per la testa che forse siamo in un mondo invaso da zombie?!" 
"Daryl, ti prego! Abbassa la voce!" lo riprendo con un tono al confine tra la disperazione e la supplica.
Fa un cenno con la testa per indurmi a continuare.
"...sono arrivati loro mentre un vagante mi stava attaccando, poi mi ha minacciata. Io ho preso tempo finché non sei tornato".
"Quindi farti puntare un coltello alla gola per te è prendere tempo?!" mi urla di nuovo nell'orecchio.
Non capisco perché ce l'abbia con me ora!
"Non che glielo abbia chiesto io, ma si, per me è prendere tempo!"
"Merda! Sapevo che non dovevamo andare nella foresta!" pensa ad alta voce.
"Non è stata colpa tua, tu non potevi sapere che..."
Abbassa impercettibilmente lo sguardo e i suo occhi azzurri si spengono.
"Cosa? Tu lo sapevi? Sapevi che questi tizi andavano in giro nei dintorni?! Perciò ogni giorno tornavi qui a caccia da solo! E non hai pensato per niente che fosse il caso di informarci?" all'improvviso mi è tutto chiaro... tranne Daryl.
Lui non lo capisco proprio.
Non risponde! Odio quando fa così, come se fosse superiore a tutto e a tutti e non gli fregasse di niente.
"E poi se tu non fossi andato via come un vigliacco, tutto questo non sarebbe successo! La verità è che tu non ci hai detto nulla perché avresti dovuto parlarci pure del tuo passato! E a quanto pare fa proprio schifo! Avevi paura che pensassimo che sei uno stupratore omicida e che ti avremmo mollato!" improvvisamente si accendono tutte le emozioni che da un'ora a questa parte non ho avuto il tempo di provare, incluso l'odio verso Daryl che se n'era andato.
O forse voglio solo farlo arrabbiare così dovrà rispondermi per forza, anche solo per insultarmi.
"Che cazzo vai blaterando?!" dice stupito dal mio improvviso cambio di umore.
Respiro a fondo e decido di cambiare discorso, ora ho la sua attenzione.
"Perché conosci quei tizi?" 
"Li conosco e basta, okay?!" sussurra freddamente.
Sta per scoppiare.
L'avevo fatto innervosire di nuovo, non che ci volesse molto.
"Okay un cavolo! Hai anche accettato di andare con loro senza consultarmi!"
"Scusa mamma!" dice furioso ma abbastanza di buon umore per usare l'ironia.
So che sto rischiando grosso con Daryl e il suo tempismo nel salvarmi la vita mi fa saltare i nervi.
"Per che cosa sta GB?" chiedo.
"Per me sta per Gran Bastardo, ma sono aperto ad altre interpretazioni" 
Per quanto provi a mascherarlo, si vede da lontano un miglio che ha un problema con me e con l'umanità intera.
"Chi è Merle?" riprovo.
"Tuo cugino" risponde schietto.
"Ma va?! Dammi delle informazioni utili!"
"Che ti frega?!" sbraita stanco di rispondere alle mie domande.
"Se mi chiedono qualcosa su di lui per accertarsi che sono sua cugina?" Dico stancamente.
Sto perdendo la pazienza e a quanto pare pure lui.
Continua a tenere lo sguardo davanti a se con gli occhi mostruosamente socchiusi da chiedermi come faccia a vederci, quasi mi considerasse così orribile o imbarazzante da non riuscire nemmeno a guardarmi.
"Daryl... Potresti guardarmi mentre ti parlo e, se proprio non ti va giù il mio aspetto, almeno rispondimi" dico con la voce che si fa mano a mano più acuta e soffocata.
Quella è la goccia che fa traboccare il vaso.
Si gira di scatto, così velocemente da farmi sobbalzare.
Si avvicina e io, di conseguenza, arretro di qualche metro fino a trovarmi spiaccicata contro un albero.
"D-Daryl" balbetto spaventata.
Alla visione dei suoi occhi tutte le mie emozioni si disperdono caoticamente.
Lui cammina nella mia direzione con uno sguardo ghiacciato, la mascella contratta al massimo.
Persino i capelli sembravano uno strumento di tortura, appuntiti come aghi.
Un corpo fatto per infliggere del male, torturare, distruggere.
Il mio respiro si fa di nuovo affannoso.
Non conosco Daryl eppure, mentre si avvicina minaccioso, con le narici dilatate e gli occhi socchiusi, sento di potermi fidare, lui non è pericoloso.
Allora avanzo di un passo staccandomi dall'albero.
Lui si sorprende ma non lo da a vedere e continua a proseguire lentamente, sicuro di riuscire a farmi arretrare di nuovo.
Piazzo i piedi a terra anche se ho le gambe che mi tremano.
Mi arriva ad un palmo dal naso, sostengo il suo sguardo che mi fa sentire terribilmente a disagio, terribilmente imperfetta.
Il suo corpo mi sovrasta.
Poi sento una scossa, ma non arretro.
"Ti accetterò, qualunque cosa tu abbia fatto. Il passato è il passato, no? Lo hai detto pure tu." dico con tono deciso.
Voglio che si mostri alle persone per quello che è, e non per quello che loro credono che lui sia.
"Alcuni passati non possono essere cancellati" più che parole sembrano ringhi che penetrano dolci nelle mie orecchie.
Con un altro scatto si allontana facendomi barcollare leggermente. 
Ora sento freddo, mi invade il senso di solitudine nonostante lui cammini solo pochi metri più avanti.
Faccio un tentativo disperato di riavvicinarlo anche se non so il perché.
"Ma puoi riscriverlo!" urlò in preda al terrore che possa lasciarmi.
Ho bisogno di sentirlo vicino o rischio di svenire.
Non si gira nemmeno e lo sguardo si appanna in fretta.
Cado a terra silenziosamente e socchiudo lentamente gli occhi.
L'ultima cosa che vedo è lui che si allontana a grandi passi illuminato dal primo raggio di sole della mattina, poi tutto buio.

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