When Love and Death Embrace

di Glendora
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Razorblade Kiss ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: Venus Doom ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: The Cage ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: The Beginning of the End ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: Pretending ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5: It’s all Tears (Drown in this Love) ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6: The Path ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7: Solitary Man ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8: Circle of Fear ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9: In Joy and Sorrow ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10: The Gift ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11: Salt in Our Wounds ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12: Katherine Wheel ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13: For You ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14: In Love and Lonely ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15: This Fortress of Tears ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16: Heaven Tonight ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17: Resurrection ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18: Baudelaire in Braille ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19: Love in Theory and Practice ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20: Strange Events ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21: Bittersweet ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22: The NCI ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23: Truth Revealed ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24: My Home is in Your Arms ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25: Scared to Death ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26: Bleed Well ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27: Love is the Only War Worth Dying For ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28: The Promise ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29: Friends will be Friends ***
Capitolo 31: *** Capitolo 30: And the Path goes on... ***
Capitolo 32: *** Capitolo 31: Heal ***
Capitolo 33: *** Capitolo 32: LLC ***
Capitolo 34: *** Capitolo 33: Everytime We Touch ***
Capitolo 35: *** Capitolo 34: I Finally Found Someone ***
Capitolo 36: *** Capitolo 35: Let’s Fall Apart Together Now ***
Capitolo 37: *** Capitolo 36: Time After Time ***
Capitolo 38: *** Capitolo 37: Hyvää Syntymapaivää Isä ***
Capitolo 39: *** Capitolo 38: The Land of Ice and Snow ***
Capitolo 40: *** Capitolo 39: Under the Rose ***
Capitolo 41: *** Capitolo 40: Book of Days ***
Capitolo 42: *** Capitolo 41: Come What May ***
Capitolo 43: *** Capitolo 42: Someone Said Goodbye ***
Capitolo 44: *** Capitolo 43: The Swan Song ***
Capitolo 45: *** Capitolo 44: Preghiera in Gennaio ***
Capitolo 46: *** EPILOGO: The Foreboding Sense of Impending Happiness ***



Capitolo 1
*** Prologo - Razorblade Kiss ***


PROLOGO

Razorblade Kiss

Farla finita. Una volta per tutte.

Non puoi più tornare indietro quando hai deciso, lui non vuole certo farlo.

Sdraiato nella vasca da bagno della sua camera d’albergo, Ville ha finalmente preso coraggio, non tornerà sui suoi passi. Compirà l'ultimo atto di quella che non è mai stata altro che una commedia, quella della sua vita. Questo non è che l'ultimo, disperato grido d'aiuto prima della fine, ma sa che nessuno lo ascolterà. Nessuno ha mai ascoltato la sua voce, non quella che si cela dietro a tante canzoni, nelle profondità dei suoi testi.

Non gli importa più di tanto.

In realtà non gli è mai importato.

Vuole solo smettere di soffrire e quello è l’unico modo che conosce per trovare la pace.

Le sue dita affusolate giocano con una lametta di rasoio affilata, il contatto con il freddo metallo lo fa appena tremare. Come può un oggetto così piccolo provocare la morte che tanto agogna?

Preso un profondo respiro afferra saldamente la lametta facendola scorrere sul polso, lentamente. Stille di sangue purpureo iniziano a scivolare goccia dopo goccia sporcando la vasca, i pantaloni, le dita flessuose, appena tremanti.

Affondando ancora di più la piccola lama si provoca delle lacerazioni su entrambi i polsi, piccoli, dolorosi baci su quella pelle candida e diafana.

Aspetta.

Aspetta che la Morte arrivi a prenderlo.

Mentre sente il sangue scorrergli via insieme alla vita che tanto detesta, Ville si chiede se al mondo non ci sia davvero nulla per il quale valga davvero la pena vivere.

Ormai è troppo tardi.

Se esiste, lui non lo scoprirà mai.

Ha fatto la sua scelta e non ha rimpianti.

Addio...

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: Venus Doom ***


Il leggero picchiettare della pioggia sui vetri apre un varco nella mente e nei sensi di Ville che, poco a poco, percepisce quel suono distintamente, martellante, accompagnato da innumerevoli sensazioni, tutte improvvise, tutte spiacevoli.
 
Dolore, paura, disperazione, rassegnazione.
 
I polsi sembrano andargli in fiamme, ma il suo corpo non vuole reagire, imprigionato in uno stato di semi incoscienza derivato probabilmente da qualche farmaco o anestetico, troppo finto per essere naturale.
 
Se prova tutte quelle sensazioni, allora significa che non è riuscito nel suo intento, che quello in cui si trova ora non è l’Inferno disperatamente desiderato, ma quello da cui stava cercando di scappare, la vita.
 
Aprendo piano gli occhi si accorge di trovarsi in un luogo sconosciuto quanto terribile: pareti di muro grezzo e grigio lo circondano fredde e anguste come la stanza in cui si trova, illuminata solo da una piccola finestrella spalancata sul mondo sulla quale spiccano delle inferriate di ferro saldamente ancorate ad essa.
 
Un unico, rapido barlume di consapevolezza lo investe come un fulmine a ciel sereno: Ville sa esattamente dove si trova, nel Settimo Cerchio infernale dove chi è violento viene punito. Lui, che ha commesso violenza contro se stesso è confinato nel Secondo Girone dell’Inferno in terra, dove chi tenta il suicidio viene rinchiuso per non uscirne mai più: un manicomio o, per dirlo con parole meno tremende, un istituto di sanità mentale, anche se chiamarlo con un nome diverso non ne cambia la sostanza, non ne modifica le fattezze.
 
Quella consapevolezza lo schiaccia e lo spaventa. Lui non può stare lì, non deve stare lì, ha delle cose da fare, persone da avvertire, amici che probabilmente si staranno chiedendo il perché del suo gesto, che vorranno spiegazioni, ma che sapranno portarlo via da quel luogo infernale, salvandolo come fanno sempre.
 
Ville cerca di alzarsi, ma senza successo. Cinghie di contenzione lo legano al letto sul quale è sdraiato impedendogli di muoversi e dei manicotti proteggono i polsi sfregiati da eventuali scatti d’ira da parte sua, un modo come un altro per evitare che un paziente instabile si faccia ulteriormente del male.
 
“Fatemi uscire da qui. FATEMI USCIRE.” La sua voce riecheggia per la stanza vuota fino al lungo corridoio dove da una fila di porte tutte uguali, fuoriescono urla strazianti di altri pazienti disperati, confinati nel loro inferno personale, anime stanche che ormai non hanno quasi più voglia di combattere, che accettano la sconfitta.
 
Nell’attesa di un segno, di un qualsiasi rumore proveniente dal mondo esterno, Ville cerca di ricordare come sia giunto fin lì. Chiudendo gli occhi ripercorre a ritroso quelle che lui crede siano solo poche ore, ma che in realtà sono tre lunghi giorni, in cui la sua mente ha vagato in bilico tra la vita e la morte, indecisa se gettarsi tra le braccia di una o dell'altra, entrambi splendide amanti capaci di offrirgli qualcosa.
 
Ricorda perfettamente il momento esatto in cui ha deciso di tagliarsi le vene, così come ricorda il gesto concreto, il sangue, la debolezza, ma non c'è niente dopo o nel mezzo: è come se la sua mente si fosse addormentata per poi risvegliarsi in quella stanza fredda e spoglia, legato mani e piedi, solo come non mai.
 
Cosa mi sfugge? Continua a ripetersi mentre ripercorre i passi di quella che sarebbe dovuta essere la sua ultima giornata di vita. Aveva programmato tutto, questo lo ricorda: il momento esatto, il giorno perfetto, perfino l'ora. Tutto pianificato, tutto definito. Morire doveva essere facile, ma deve essergli sfuggito qualcosa, altrimenti adesso non sarebbe in quel buco minuscolo ed angusto.
 
E poi, inaspettato come un lampo in una calda giornata d'estate, ecco un ricordo, un frammento, il tassello mancante di un puzzle disintegrato che trova la sua strada tra un milione di tanti altri pezzettini senza senso: due grandi mani, possenti e misericordiose che lo scuotono, lo toccano per controllare che sia ancora vivo, braccia forti e vigorose che lo prendono di peso, lo  allontanano dalla morte. Ecco cosa gli sfugge. Ecco quello che non doveva succedere, l'imprevisto, la variabile incontrollabile: qualcuno lo ha salvato quando non avrebbe dovuto farlo e quella stessa persona ha scritto per Ville un destino diverso, quello con il quale lui non aveva alcuna intenzione di avere a che fare.
 
Sotto le palpebre striate da sottili venature, Ville muove gli occhi come se stesse leggendo e quasi non si accorge che qualcuno è entrato nella sua stanza.
 
“Signor Valo, riesce a sentirmi?” La voce calda e morbida di una giovane donna distoglie Ville dai suoi pensieri facendogli spalancare i grandi occhi verdi in direzione di quel dolce suono angelico. “Stia calmo, sono la dottoressa Venus, Lily Venus e sono qui per aiutarla”
 
“Perché sono qui? Chi mi ha portato in questo posto? Mi lasci andare…”
 
“Lei lo sa perché si trova qui. Ha bisogno d’aiuto e questo è l’unico posto in cui potrà trovarlo. Ora si calmi e potremmo parlare un po’ se vuole.”
 
“No. Io non dovrei essere qui. Mi lasci andare, subito”, dice lui a denti stretti.
 
“Non mi lascia altra scelta, allora. Tornerò più tardi…e parleremo.” Facendo un cenno rapido con il capo ad un grosso e nerboruto infermiere accanto a lei, Lily si fa passare una siringa piena di un liquido incolore mentre l’uomo tiene fermo il paziente aspettando che la dottoressa gli inietti il tranquillante. La donna attende solo qualche istante prima che il farmaco faccia effetto poi, uscendo seguita dal suo gorilla in camice bianco, si chiude la porta alle spalle e sospira profondamente: non le piace usare quei metodi, ma il suo nuovo e problematico paziente non sembrava voler collaborare.
 
Non ancora almeno.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2: The Cage ***


Le domande di Ville rimbombano nella testa di Lily con l’insistenza di un martello che batte su un chiodo: sono domande legittime, più che sensate, alle quali ogni persona vorrebbe avere risposta, ma lei non può darle, non al momento.
 
Tre giorni prima si è vista affidare un incarico molto delicato, certamente importante per lei che non è altro che una brillante psicologa fresca di specializzazione e con pochissima esperienza alle spalle, ma proprio per questo ancora più difficile, una vera e propria sfida.
 
Seduta sulla sedia di pelle del suo piccolo studio, Lily si chiede se sarà in grado di portare a termine quel compito e spera con tutto il cuore di riuscire a far breccia nel cuore di quella misteriosa creatura i cui occhi gridano disperatamente aiuto.
 
Sa cosa deve fare. È stata istruita su quello che deve dire in caso di determinate domande da parte del paziente e sa anche che quella sarà per Ville l’esperienza più dolorosa del mondo, ma non può fare altrimenti. La vita è dolore, è per questo che ha scelto quel mestiere, per alleviare il peso che alcune anime sentono gravare nel loro cuore più forte che in altre persone, ma per farlo c’è bisogno di scavare in questo dolore, appropriarsene, capirlo e infine lasciarlo andare.
 
Leggendo la scheda personale di Ville, Lily sa che sarà molto difficile fargli affrontare il programma che ha in mente per lui, anima fragile come le ali di una farfalla che in tutti i modi cerca di fuggire da quella che crede una gabbia.
 
***
 
Pur avendo i sensi annebbiati e stanchi, Ville sente ogni suono che lo circonda: il suo respiro regolare, il lieve sfregamento della sua testa sul cuscino, il vento che ulula fuori dalla finestra e la pioggia che tamburella sui vetri, eppure non ha la forza di reagire a nessuno stimolo, non ha nemmeno voglia di gridare o dimenarsi nel vano tentativo di far sentire la sua voce, rendere manifesta la sua presenza.
 
Qualunque cosa contenesse quella siringa lo ha messo fuori gioco in pochissimo tempo, costringendolo ad una situazione di semi – incoscienza quasi impossibile da gestire, a metà strada tra il sonno e la veglia: il suo corpo non reagisce, ma la sua mente è lucida e questo è quanto di più brutto lui possa concepire perché si sente come un vegetale in grado di pensare, ma incapace di esprimere le sue emozioni.
 
In trappola un animale costretto in quattro mura che mai più potrà varcare, agonizzante e ferito dentro il solo e unico posto nel quale vorrebbe stare, impossibilitato perfino a fuggire e, forse, costretto là dentro per il resto dei suoi miserabili giorni.
 
Ad un tratto gli vengono in mente le parole della giovane ed affascinante dottoressa: tornerò più tardi…e parleremo.
Parlare di cosa? E soprattutto perché mai lui dovrebbe parlare con lei?
Per dirle che cosa? Del perché ha tentato il suicidio?
Del come si è sentito mentre la lama del rasoio fendeva la sua pelle?
Di come avesse pianificato quel momento da tanto tempo?
Oppure di che altro?
 
Lui non ha alcuna intenzione di parlare di nessuno di questi argomenti, non ha voglia di parlare a prescindere, meno che mai con quella donna dalle fattezze di un piccolo angelo, ma sicuramente una strega nell’animo.
 
C’è solo una persona con la quale vuole parlare e un’unica domanda che esige un’unica, semplice risposta: perché non mi hai lasciato morire?
 
Ville sa esattamente chi lo ha salvato, lo ha capito nell’esatto momento in cui lui lo ha tirato fuori dalla vasca, ma per un attimo quel pensiero è stato accantonato, archiviato nella sua mente stanca e debole, per affiorare solo ora che i suoi pensieri sembrano vagare in libertà, forse a causa dell’anestetico che gli hanno iniettato.
 
Sa chi è stato e sa perfino perché ha voluto salvarlo, ma in nome di quella grande e assoluta amicizia che li lega da tanto tempo, non avrebbe forse potuto lasciarlo andare come Ville ha sempre desiderato?
 
Voleva solo essere libero e alla libertà ha pensato nell’istante esatto in cui la lametta si è conficcata nella sua carne. Ora è doppiamente imprigionato e vuole soltanto sapere il perché, vuole che sia il suo migliore amico a dirglielo a chiare lettere.
 
Lui è il solo con il quale Ville parlerà, non aprirà bocca se non con lui, ma fino a quel momento il silenzio sarà la sua unica protezione, la sola arma capace di salvarlo.
 
E la userà senza alcun ritegno.
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3: The Beginning of the End ***


In un ospedale psichiatrico le ore non passano mai. Si susseguono una dopo l’altra, sempre uguali, immutate, congelate nel tempo. Identiche a loro stesse passano e se ne vanno, per poi ritornare ancora e ancora, senza fine, un secondo dopo l’altro, un istante uguale all’altro.
 
I pazienti si svegliano, escono dalle loro camere, vengono portati nella sala comune e lì attendono qualcosa che forse non arriverà mai: c’è chi aspetta di vedere una famiglia che da troppi anni non va più a trovarli, c’è chi spera di trovare la pentola d’oro alla fine dell’arcobaleno e c’è chi, più semplicemente, si rifugia nella speranza di trovare quel poco di serenità capace di liberarli.
 
In realtà, quello che ottengono non sono altro che pastiglie dai nomi strani e dai colori sgargianti capaci di rasserenare il loro animo ferito, oppure dottori che cercano di cavar fuori dai loro cuori disperati tutto il dolore che hanno dentro. Non c’è famiglia, non c’è arcobaleno, di certo non esiste nessuna pentola d’oro. Forse non c’è nemmeno speranza.
 
Ogni giorno Lily varca la porta di quel luogo pieno di disperazione e tristezza sperando di riuscire a portare ai suoi pazienti la soluzione dei loro problemi ma, immancabilmente, trova ad attenderla solo gli spettri delle persone che un tempo erano, fantasmi di un pallido ricordo di umanità.
 
Quel giorno, però, la dottoressa Venus sente che tutto sarà diverso perché ad aspettarla c’è quel nuovo paziente, un finlandese dalla pelle tatuata e dai lineamenti angelici che lotta con tutto se stesso per mettere fine ad una vita che lui pensa essere insignificante, ma che non sa ancora quanto appagante possa essere.
 
Il suo compito è quello di fargli capire il motivo per cui è ancora vivo, mostrerà a Ville quanto la sua vita può essere piena di gioia e di felicità, ma per farlo dovrà demolirlo nel profondo e fingere che quella vita che lui tanto odia non è mai esistita: solo così, forse, ne potrà capire il vero significato. Soltanto in questo modo sarà capace di ricominciare.
 
Trattare con gli aspiranti suicidi non è un compito semplice, ma oggi più che mai Lily varca la soglia dell’ospedale con il cuore pieno di speranza: con Ville sarà diverso, vuole che sia diverso.
 
Per la prima volta da quando lavora lì, Lily sente di poter davvero aiutare qualcuno e con un lieve sorriso sulle labbra si appresta ad andare dal suo paziente, pronta a lavorare insieme a lui: sarà difficile, sarà doloroso, ma farà di tutto per riuscire nel suo intento.
***
La flebile luce di un nuovo giorno si affaccia nell’angusta stanza di Ville, che apre gli occhi non appena un pallido raggio di sole invade la sua camera, timido e allo stesso tempo perfino troppo insolente per essere apprezzato.
Non ci sono oggetti tra quelle quattro, tristi mura, solo una scrivania in metallo ed un piccolo armadio dalla cui anta aperta si può intravedere una pila di vestiti che Ville riconosce subito come suoi.
 
Hanno fatto le cose in grande, pensa tra sé mentre sente dei passi che si avvicinano frettolosi alla sua porta.
 
Dopo un rapido giro di chiavi ecco che il “gorilla” della dottoressa entra nella stanza guardando Ville di sottecchi come se disprezzasse quell’uomo e soprattutto il motivo per cui si trova lì.
 
“Colazione” dice senza troppe cerimonie, posando sul piccolo tavolino una tazza di latte macchiato e quella che dovrebbe essere una specie di brioche.
 
“Come faccio a mangiare se sono legato?” Chiede Ville stizzito, mentre guarda di rimando l’uomo con gli occhi che si riducono a due piccole fessure.
 
“Non è un problema mio. Io porto la colazione.”
 
“Bè sai dove te la puoi ficcare?” Inarcando leggermente il sopracciglio sinistro, Ville mostra tutto il suo disgusto per quella persona così irritante ed antipatica.
 
“Basta voi due, smettetela! Jasper, prosegui pure il tuo giro, io rimango qui a parlare con il nostro nuovo ospite.” Apparsa dal nulla dietro l’ammasso di muscoli e ciccia di Jasper, Lily mette fine a quella piccola diatriba tra i due che però non smettono di guardarsi in cagnesco.
 
“Dottoressa, non posso lasciarla da sola con lui. Se fosse pericoloso?” Chiede Jasper con apprensione, senza smettere di osservare stizzito Ville.
 
“È molto gentile da parte tua, ma credo che me la caverò da sola. Ora vai, non ti preoccupare. Se avrò bisognò ti chiamerò, d’accordo?!”
 
Annuendo leggermente, Jasper fa dietro front ma prima lancia un’occhiataccia maligna verso Ville il cui chiaro significato è quello di non fare cazzate perché ti tengo d’occhio.
 
Rimasta finalmente da sola con Ville, Lily richiude la porta alle sue spalle, poi si avvicina al letto del suo paziente ed incomincia a slacciare le cinghie di detenzione che lo legano al letto.
 
Mettendosi a sedere, Ville si massaggia i polsi doloranti, ancora fasciati con diversi strati di garza per proteggere i profondi tagli che si è procurato con il suo folle gesto e inizia a guardare circospetto la dottoressa mentre gli porge gentilmente un biscotto.
 
Afferrandolo con una certa voracità, si chiede quali siano le intenzioni della donna che, con un lieve sorriso sulle labbra, lo scruta interessata e forse, anche incuriosita.
 
“Hai voglia di parlare con me oggi?”
 
Oh mia cara, non ci giurerei…
 
Sedendosi sulla sedia vicino al letto del suo paziente, Lily aspetta una reazione da parte dell’uomo che, però, finge di non vederla intento com’è a consumare la sua colazione, il primo vero pasto dopo tanti giorni di digiuno.
“Bene, mi sembra di capire che dovrò essere io a fare la prima mossa! Poco male: ci sono delle cose che devo spiegarti prima di iniziare il trattamento.”
A quella parola Ville si gira vero la donna osservandola con sguardo indagatore e allo stesso tempo leggermente stizzito: non vuole avere niente a che fare con nessun tipo di trattamento.
 
“Non voglio medicinali. Non voglio niente da lei se non essere lasciato in pace! È chiaro?!”
 
“Oh, ma allora parli, è già un passo avanti! Comunque non sei tu a decidere, ho una delega che mi permette di agire nel tuo interesse, il che significa che se serviranno medicinali, ti darò dei medicinali. Te lo ripeto: è chiaro?!” Intuendo i pensieri di Ville, Lily tira fuori dalla tasca del suo camice un foglio ben ripiegato su se stesso sul quale si attesta la veridicità delle sue parole in merito alla questione della tutela degli interessi del paziente. “Leggilo e capirai che non sto mentendo se è quello a cui stai pensando!”
 
Guardando il foglio, Ville si accorge immediatamente di una cosa che lo turba spaventosamente: non solo la dottoressa ha praticamente potere decisionale su tutta la sua vita fintanto che rimarrà là dentro, ma a darle questo potere è stato il suo migliore amico.
 
“Uomo interessante il signor  Mikko Henrik Julius Paananen! Gli hai fatto prendere un bello spavento, sai?!”
 
“Migè non l’avrebbe mai fatto! Non avrebbe mai firmato una cosa del genere se non con l’inganno: sa benissimo che sono in grado di ragionare con la mia testa, che cosa gli avete detto per convincerlo a sottoscrivere una follia di questo tipo?” Lo sguardo di Ville è carico d’odio, di risentimento, ma anche di tristezza e di disperazione. L’amico non gli avrebbe mai fatto una cosa del genere, si conoscono da così tanto tempo che uno pensa con la testa dell’altro, Migè non lo avrebbe mai trattato come uno incapace di intendere e di volere, eppure quel maledetto pezzo di carta dice esattamente il contrario.
 
“Non dovresti sottovalutare così il tuo amico! Ha preso la decisione senza alcuna pressione da parte nostra. Ti ha portato qui perché era disperato e con la stessa disperazione ha firmato quel foglio che tieni in mano. Lo ha fatto per te, perché ci tiene.”
 
“Se davvero ci tenesse, avrebbe dovuto lasciarmi morire in quella maledetta vasca da bagno. Ho bisogno di parlare con lui, voglio parlare con lui.”
 
“Mi spiace, ma questo non è possibile.”
“Sono in prigione o cosa? Avrò diritto almeno ad una telefonata, o no?”
“Sì, certo che hai diritto a una telefonata, solo che il signor Paananen mi ha espressamente chiesto di vietarti di contattarlo: non ti vuole sentire, Ville. Non vuole parlare con te finché non ti renderai conto di quello che hai fatto, così come gli altri tuoi amici.”
 
Non è possibile.
Non ci credo.
Non può essere vero.
Loro sono i miei migliori amici, com’è possibile che non vogliano sentirmi?
 
“Se vuoi parlare con qualcuno, parla con me: posso aiutarti.” Il tono di voce di Lily è misurato, attento, ma sicuramente sincero. Per un istante Ville pensa davvero che quella sia l’unica cosa da fare per uscire da quel luogo infernale, ma subito ritorna sui suoi passi: prima deve accertarsi di persona che tutto quello che la dottoressa gli ha detto corrisponda alla verità.
 
“Vorrei comunque provare a telefonargli” dice con lo sguardo duro di chi non ammette repliche, ma con il tono avvilito di chi parte già sconfitto.
 
“È un tuo diritto. Se hai finito di fare colazione ti porto a telefonare, poi ti spiegherò come funziona qui. Alzati con cautela e se ti gira la testa siediti immediatamente: evitiamo di strafare, almeno per qualche giorno.”
 
Ponderando sulle parole di Lily, Ville annuisce e passandole il foglio e la tazza ormai priva di contenuto, si prepara a seguire la donna per gli angusti corridoi dell’ospedale sentendosi sempre più inquieto ad ogni passo che percorre.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4: Pretending ***


“Pronto?!”
 
“Migè, sono io…”
 
La voce dall’altro capo cella cornetta è la sola in grado di sconvolgere Migè in un momento delicato come questo: non si aspettava di sentirlo e ora non sa cosa fare, nonostante abbia concordato con la dottoressa Venus il programma riabilitativo al quale Ville sarà sottoposto.
 
Cercando di riprendere il controllo sulla sua mente, Migè prende un profondo respiro per poi iniziare a svolgere la sua parte come meglio può: tutto per quel suo amico così pazzo e fragile, ma a cui tiene tantissimo.
 
“Uh, bene…non sei morto, è già una buona cosa. Non so se te l’hanno detto, ma preferirei non sentirti, preferiremmo non sentirti, almeno non per il momento: l’hai fatta grossa Ville, molto grossa.” Per Migè dire quella parole a Ville costa una fatica immane, ma sa che è l’unico modo per fargli capire determinate cose. La dottoressa lo ha chiamato toccare il fondo prima di risalire, un nome piuttosto strano ma tremendamente efficace, soprattutto in previsione del percorso che ha intenzione di far seguire all’amico.
 
Almeno risalirà…
Se lui e la dottoressa saranno abbastanza forti…
 
Si ripete quella frase da giorni, come per giustificare tutta la rete di bugie e finzioni che nei prossimi mesi abbatteranno Ville tassello dopo tassello. Sa che è l’unico modo per farlo ritornare quello di un tempo, ma ancora non sa se ha preso la decisione giusta nel dare il permesso alla dottoressa di distruggerlo in quel modo, soprattutto adesso che è così fragile, vulnerabile ai demoni del suo passato che ancora lo tormentano e che motivano i suoi gesti, soprattutto quelli più stupidi.
 
“Allora è vero…bene, volevo solo verificare. Non ti cercherò più, dillo anche agli altri e salutameli. Ah, Migè…”
 
“Sì?!”
 
“No…lascia stare. Ciao.”
 
“Riguardati…ciao.”
 
Abbassando la cornetta del telefono come se pesasse una tonnellata, Ville volge lo sguardo verso Lily che lo guarda sentendo stringersi una morsa nel petto: non pensava che quel uomo così arrogante potesse realmente soffrire così tanto per la breve telefonata, ma si sbagliava.
 
Negli occhi di Ville può leggere tutto lo smarrimento e lo sconforto che quelle poche parole scambiate con il suo migliore amico gli hanno provocato, solo ora si rende conto di quanto il cammino che dovranno percorrere insieme potrà essere arduo e difficoltoso, ma non senza esito. C’è materiale ottimo su cui poter lavorare, se Ville fosse davvero così sprezzante come vuole far credere, come il mondo crede che lui sia, allora quell’approccio terapeutico sarebbe vano. Ville, però, è sensibile e ha un cuore, lo stesso che ora è triste per quella telefonata dall’esito fallimentare.
 
“Perché non gliel’hai detto?” Chiede Lily scrutando il volto triste di Ville.
 
“Detto cosa?”
 
“Che ti dispiace.”
 
Ville vorrebbe rispondere a tono, magari con una delle sue battute sarcastiche o sdegnose, ma non trova le parole: in un angolino del suo cuore, una parte di lui vorrebbe avergli chiesto scusa per quello che ha fatto, dirgli che gli dispiace, ma il suo mostruoso ego e la profonda convinzione di aver fatto solo la scelta giusta gli ha impedito di dar voce a quella parte di sé, probabilmente sbagliando.
 
“Non era necessario” dice, sciogliendo finalmente la presa dalla cornetta.
 
“Forse non era necessario per te, ma al tuo amico ci hai pensato?”
 
A Ville quella donna non piace, lo fa letteralmente impazzire soprattutto perché sembra leggergli dentro con una facilità che non ha mai riscontrato prima in nessuna persona conosciuta. Aprendo la bocca per rispondere, Ville si rende conto di non aver nulla da dire, cosa strana per lui sempre abituato ad avere l’ultima parola su tutto.
 
“Ci lavoreremo su…ora vieni con me, ti faccio fare un giro per la struttura, così ti ambienti.”
 
Che felicità non vedo l’ora pensa Ville evitando di mostrare la sua disapprovazione a Lily che cammina davanti a lui con passo aggraziato e leggero.
 
Intanto, a chilometri di distanza, Migè continua a fissare il suo cellulare sperando che squilli ancora, ma soprattutto pregando che sia Ville: vorrebbe dirgli che tutto quello che gli ha detto non è vero, che se vuole chiamare è libero di farlo…ma l’apparecchio rimane muto nel suo palmo e Migè sa che ormai non si può più tornare indietro.
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5: It’s all Tears (Drown in this Love) ***


Mentre Lily parla, Ville continua a pensare ad una sola cosa: non voglio essere come loro, io non sono come loro. Non ascolta nemmeno ciò che la donna gli sta dicendo, quasi non si accorge che lei lo sta osservando, troppo preso e terrorizzato dallo spettacolo che si trova davanti agli occhi in quella che non è altro che la sala comune dell’ospedale, dove i pazienti si ritrovano, continuando però a sentirsi ugualmente soli.
 
C’è tormento, puro e semplice. È la sola cosa presente in quello spazio altrimenti spoglio, grigio, assolutamente monocromatico dove anche i pazienti sembrano aver perso il loro colore, la loro stessa identità. Non c’è nulla se non un malessere fatto uomo e donna, niente se non la presenza di quei fuochi fatui che, almeno un tempo, potevano perfino essere definite persone.
 
Sentendosi sempre più fuori posto, Ville guarda i suoi polsi bendati e ripensa a quella notte ormai lontana, chiedendosi se davvero il suo gesto ha significato realmente qualcosa. Alla luce di ciò che vede, con la mente sicuramente più lucida di qualche giorno prima, la risposta potrebbe essere perfino facile, quasi banale, ma poi ripensa anche ad un’altra cosa, al motivo che lo ha spinto a tagliarsi le vene, al perché ha deciso di farla finita e allora sì, un senso ce l’ha quel gesto. Ce lo ha sempre avuto. Solo che la paura di quel posto glielo ha fatto perdere di vista.
 
Negli occhi dei pazienti che lo guardano con insistenza e con sospetto, Ville non riesce a scorgere nulla: non una scintilla di vita, non una piccola speranza, non un barlume di sanità mentale e si chiede cosa mai potrà celarsi dietro i suoi. Sono ancora gli occhi di quel Ville che conosce? Del Ville che il mondo ha imparato a conoscere? O anche lui non è altro che una delle tante anime che si aggirano per quell’istituto, perso per sempre tra milioni di altri fantasmi?
 
Ad un tratto la sua attenzione viene catturata da una ragazza esile e pallida, dai lunghi capelli neri che ricadono ordinatamente sulle spalle piccole e ossute. Non sa se sia stata la ragazza in sé ad attirarlo o il suo sguardo, così diverso da quello degli altri pazienti, rivolto verso un pianoforte posizionato vicino ad una delle finestre del grande salone.
 
L’unica storia che quegli occhi narrano è scritta con le lacrime di quella giovane, così fragile e delicata da sembrare una bambola di porcellana in procinto di rompersi e Ville si rende subito conto che ad attrarlo è stato proprio quello sguardo fatto di lacrime, ma anche di infinito amore, con cui la ragazza guarda uno strumento che, però, sembra che nessuno abbia voglia di suonare.
 
“Tutto bene?” Chiede Lily che si è accorta della strana reazione di Ville.
 
“No…sì…non so…quel pianoforte funziona?” Risponde lui cercando di ricomporsi.
 
“Sì, funziona, ma c’è una sola persona capace di suonarlo, per questo non lo usa nessuno.”
 
“Perché non va a suonarlo? Insomma, è lì che lo guarda, si vede che ha bisogno di sentire la sua musica. Perché non si siede e suona? Sarebbe bello.”
 
“Katherine non sa suonarlo, ma è attratta dal pianoforte perché suo marito era un pianista di fama internazionale. Probabilmente lo associa a lui, è per questo che non la vedrai mai in un altro posto se non lì, davanti a quel pianoforte.” Lily può percepire l’emozione e l’agitazione percorrere il corpo di Ville mentre guarda lo strumento con occhi bramosi: sa perfettamente a cosa sta pensando ed il fatto che quel pianoforte evochi in lui emozioni così potenti è un buon punto di inizio per la terapia che vuole affrontare con lui.
 
Un turbinio di sensazioni avvolge Ville che vorrebbe avvicinarsi allo strumento, toccare i suoi tasti ebano e avorio, sentire la musica che si diffonde nella stanza e vedere le immagini che il dolce suono del pianoforte sa far apparire nel suo cuore, nel più profondo della sua anima, eppure c’è qualcosa che lo trattiene. La paura del dolore, non quello fisico, ma di quella stessa anima che ora brucia di desiderio per una sola nota.
 
“Perché era?”
 
“È morto da ormai da cinque anni. Katherine è qui da poco più di quattro anni, ha tentato il suicidio diverse volte e solo quando è andata molto vicino alla morte i suoi parenti l’hanno fatta ricoverare. Da allora non ha più parlato: segue tutte le terapie, partecipa a tutti i gruppi di incontro, ma non fa nulla, non dice nulla e io non posso dimetterla in queste condizioni. Tu e Katherine siete molto simili da un certo punto di vista…” Lily racconta tutto questo a Ville nella speranza di capire cosa lo spinge a fare tutte quelle domande e anche perché vuole sapere un po’ di più su di lui, sulle sue emozioni e sulle sue sensazioni.
 
“Allora chi è la persona che sa suonare il pianoforte?”
 
“Sono io!” Rivela lei, mentre un fugace pensiero le riempie la mente solo per essere ricacciato nei meandri della sua memoria ancor prima di diventare un’immagine concreta.
 
Ville non può credere che la dottoressa sia capace di suonare il piano e la guarda con una faccia interrogativa come a chiederle di provargli che quello che ha detto corrisponda alla verità, ma Lily ha ripreso a camminare lasciando il suo paziente, leggermente spiazzato, fermo immobile al centro della stanza.
 
Raggiungendo Lily, Ville la blocca tenendola per il gomito deciso a chiederle spiegazioni, ma quel brevissimo contatto provoca una scintilla in lui tanto potente da costringerlo a ritirare immediatamente la mano, come bruciata da una scossa di elettricità.
 
“Questo è il mio studio, devo parlarti di alcune cose” dice lei, indicando la porta color cremisi facendo finta di non aver nemmeno visto ciò che Ville ha fatto.
 
Aprendo la porta Lily fa accomodare il suo paziente all’interno dello spazio luminoso e ben curato, quindi lo segue e si richiude la porta alle spalle sorridendo tra sé e sé: forse ha trovato un piccolo appiglio al quale aggrapparsi per riuscire a comunicare con Ville, la chiave capace di decifrare quella che sembra la persona più schiva e complessa con la quale ha mai avuto a che fare, ma la cosa che la fa davvero sorridere è un’altra, un pensiero bello e fugace, inaspettato ma non per questo fastidioso.
 
Mai e poi mai avrebbe pensato che la musica sarebbe tornata così prepotentemente nella sua vita, ma forse la cosa non le dispiace poi così tanto.

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Capitolo 7
*** Capitolo 6: The Path ***


Seduto sull’accogliente poltrona, Ville guarda curioso i titoli dei libri disposti accuratamente sui diversi scaffali della libreria dello studio di Lily: c’è di tutto, dai testi di psicologia a libri di letteratura classica, spaziando poi tra titoli moderni di tantissimi autori contemporanei. Alle pareti diversi attestati, diplomi, menzioni speciali o riconoscimenti fanno capire all’uomo che la donna che gli sta davanti non è una sprovveduta e che, nonostante la giovane età, sa il fatto suo e questo un po’ lo spaventa: non vuole che sia lei a condurre il gioco, non permetterà che una donna possa decidere della sua vita, meno che mai una psicologa per giunta più piccola di lui.
 
“Ti sei fatto un’idea di me, oppure vuoi controllare anche cosa tengo nei cassetti?” Chiede scherzosa, prendendolo alla sprovvista.
 
Accavallando le gambe e mettendosi una mano sotto il mento, Ville cerca di soppesare quella richiesta, valutando il tono di voce di lei, il suo sguardo e perfino il suo sorriso a metà tra il divertito e il compiaciuto.
 
“Credo che per ora possa bastare, però mi riservo la facoltà di frugare nei tuoi cassetti in un secondo momento, se non ti dispiace” risponde lui impassibile, ma con una luce divertita negli occhi.
 
“Vedremo…” sogghigna vaga. Estraendo da uno dei cassetti della sua scrivania un blocco per gli appunti ed una penna, Lily incomincia a compilare il primo foglio prestampato con la data, il numero del fascicolo e il nome del paziente quindi rivolge i suoi occhi color ambra liquida verso Ville messo a disagio da quel paio di iridi così intense e penetranti che sembrano leggergli l’anima. “Allora, nei tre giorni in cui sei stato sotto sedativi…”
 
“Tre giorni?” Prorompe sinceramente sconvolto dalla notizia, interrompendola senza troppe cerimonie.
 
“Sì, tre giorni. Hai perso molto sangue e per precauzione abbiamo preferito aumentare la sedazione in modo da non sottoporre il tuo fisico a stress troppo forti. Posso andare avanti o hai altro da chiedere?”
 
Appoggiandosi allo schienale della poltrona, Ville fa cenno a Lily di continuare: la notizia di essere stato fuori gioco per così tanto tempo l’ha preso alla sprovvista, ma ora è pronto ad ascoltare la dottoressa senza interromperla.
 
“Dicevo, che in questi tre giorni ho avuto modo di parlare con delle persone a te molto vicine che mi hanno aiutato a capire che tipo di persona sei, fornendomi dettagli utili per stilare un programma che tu dovrai seguire alla lettera nel periodo di permanenza qui.”
 
“Te l’ho già detto ieri e mi è parso di essere stato chiaro: non ho bisogno d’aiuto.”
 
“E a me sembra di averti già detto che tu non puoi decidere niente. Tutto passa prima da me e se io non approvo qualcosa, non hai neanche la facoltà di cambiarti la maglietta: chiaro?”
 
Alzando il braccio per intervenire su quel discorso, Ville si sente afferrare il braccio dalla stretta vigorosa di Lily che, con fare deciso, incomincia a sbendargli il polso mostrando la cicatrice che lo attraversa come una ragnatela purpurea.
 
“Guarda…” dice lei continuando a tenere il braccio di Ville che non cerca nemmeno di divincolarsi da quella presa. “Guarda bene e dimmi cosa vedi…”
 
Ville guarda il polso, la cicatrice, ne vede i lembi, ne segue l’andamento, ne percepisce la presenza sulla pelle, ma non risponde perché quello che vede oltre quel segno scarlatto è l’opera incompiuta di una persona disperata che ha cercato di farla finita, ma senza successo.
 
“Sai cosa ci vedo io?”
 
“No…” dice lui ad occhi bassi e con la voce ridotta ad un sussurro.
 
“Vedo un uomo senza speranze che per anni si è nascosto dietro la maschera di un cantante di fama e di successo nel vano tentativo di sentirsi meno solo, ma che non ha capito assolutamente nulla della vita e ha cercato di uccidersi perché troppo concentrato su se stesso da non rendersi conto che in realtà non è mai stato solo. Non dirmi che non hai bisogno d’aiuto, perché è evidente che non è così”
 
Ville guarda Lily con occhi di ghiaccio, con la durezza della pietra e lei sente i nervi del paziente tendersi come la corda di un violino sotto le sue dita strette attorno al braccio eppure, nonostante il turbamento che lo ha scosso, Ville non fa nulla per divincolarsi da quella presa, bloccato non tanto dalla forza di Lily, davvero esigua, ma dalla verità di quelle parole pronunciate con tanta fermezza da quella che, in fin dei conti, non è altro che una sconosciuta. Lasciando infine il braccio libero, Lily si accorge che Ville nasconde la cicatrice con il lembo della manica della maglietta che tiene ben salda nel pugno in modo da non scoprire più quella ferita, che prima di essere del corpo, appartiene alla sua anima.
 
“Tu sei un paziente speciale Ville. Sono pochi i casi di aspiranti suicidi che vengono trattati qui: da quattro anni ci occupiamo solo di Katherine e prima di lei abbiamo avuto solo altri due casi. Se sei qui c’è un motivo.”
 
“E sarebbe?”
 
“Non posso dirtelo io. Quello che posso fare è aiutarti durante il tuo cammino di riabilitazione.”
 
“Se non volessi essere riabilitato? Se non mi interessasse quello che tu mi offri? Se tentassi ancora una volta di uccidermi? Come la prenderesti se non potessi aiutarmi?”
 
“Il fatto è che io so di poterti aiutare e se a te davvero non importasse nulla non avresti nascosto la tua cicatrice, così come non avresti cercato di contattare Migè nonostante le restrizioni che ti sono state imposte.” Il tono di Lily è schietto, sincero ed estremamente deciso. Ville rimane colpito dalla determinazione della dottoressa così come dalle sue parole che lo feriscono più di una lama affilata perché celano in loro un fondo di verità.
 
“Vorrei tornare in camera mia” chiede lui rassegnato, senza guardare Lily.
 
“Dovremmo affrontare questo discorso, prima o poi. Ora, però, hai effettivamente bisogno di riposare un po’. Nel tardo pomeriggio hai una seduta di gruppo, forse è il caso che tu raccolga le energie…e rifletta.” Alzandosi, Lily va verso la porta e la apre facendo cenno a Ville di poter uscire, ma lui non si muove: con la mano sinistra stringe il polso ormai libero dalla medicazione e guarda fisso davanti a lui verso un punto indefinito sulla scrivania di Lily.
 
“Potresti togliermi anche l’altra medicazione?”
 
Avvicinandosi a Ville, la dottoressa inizia a sfasciare anche l’altro polso, dove la cicatrice del tutto simile all’altra spicca sopra l’ampio tatuaggio che gli ricopre il braccio in una spirale di ghirigori e arzigogoli.
 
Guarda Ville. Guarda queste cicatrici e chiediti se ne vale veramente la pena pensa Lily mentre con delicatezza toglie i cerotti che assicurano le bende alla pelle dell’uomo. Distogliendo lo sguardo, Ville lo posa su un gruppo di fotografie incorniciate raffiguranti tutte la stessa bambina, in età diverse, mentre sorride felice vicino ad un pianoforte.
 
“Sei tu?”
 
“Non è della mia vita che dobbiamo parlare, ma della tua!” Esclama lei senza rimprovero nella voce. “Se farai il bravo e seguirai le terapie forse risponderò alle tue domande, ma per adesso abbiamo finito. Ti riaccompagno in stanza.”
 
Alzandosi, Ville ripercorre a ritroso la strada verso la sua stanza. Passando dal salone, si accorge che Katherine è ancora lì, nella stessa identica posizione in cui l’ha lasciata poco prima, con lo stesso sguardo e la stessa espressione triste e adorante rivolta al pianoforte.
 
Fermandosi davanti alla camera di Ville, Lily illustra gli ultimi dettagli prima di lasciarlo andare a riposare. Ci sono delle regole per ogni cosa in quel luogo, per quanto Ville sia un paziente speciale, è comunque tenuto a conoscerle e a rispettarle.
 
“Nei primi tempi le camere vengono chiuse a chiave poi, a seconda dei tuoi progressi, potremmo accordarci per lasciarti più libertà. Ci sono delle telecamere all’interno quindi non fare il furbo: se combini qualcosa ti vedremo. Ti consiglio di evitare di fare cose stupide. La colazione viene servita alle 7:00, il pranzo alle 12:00, la cena alle 18:00, sarà Jasper a portarteli: mi raccomando non farlo arrabbiare, se non mangi passa alle maniere forti, non costringerlo a metterti la flebo perché non è uno molto delicato. Tra le varie terapie, i gruppi di incontro e i colloqui individuali, avrai del tempo libero che potrai utilizzare a tua discrezione nel salone che hai già visto oppure nel cortile adiacente alla struttura. È molto bello nelle giornate di sole, un buon posto per trovare se stessi. Nell’armadio ci sono dei tuoi vestiti e degli asciugamani, nel bagno il tuo dentifricio e lo spazzolino, oltre che all’occorrente per lavarti. Niente rasoi, niente oggetti appuntiti di alcun genere. Se hai bisogno d’altro non esitare a chiedermelo, nei limiti del possibile vedrò cosa posso fare per evitare di farti sentire in prigione.”
 
“Perché pensi che mi senta in prigione?”
 
“Perché si sentono tutti così. Quando quella porta si chiude è davvero come essere in prigione, ma è solo un’impressione, un meccanismo della mente. Le cose diventano più facili ogni giorno che passa, fidati. Questo posto è meno orribile di quanto tu ora non riesca a credere.” Un velo di tristezza misto a qualcosa che Ville non riesce bene a identificare, adombra il volto di Lily che cerca di non far trasparire il suo turbamento all’uomo, nonostante si accorga dello sguardo interrogativo del suo paziente rivolto verso di lei. “Tutto chiaro?” Si affretta a chiedere lei per evitare commenti da parte di Ville.
 
“Sì. Credo di sì…”
 
“Ah, prima che mi dimentichi: non ti è concesso né telefonare né scrivere a nessuno, almeno per adesso. Ho i contatti dei tuoi genitori per ogni emergenza, nonostante tu sia maggiorenne, ho comunque bisogno di un referente nel caso in cui tu avessi bisogno, quindi li terrò io aggiornati dei progressi. Se ti comporterai bene, se seguirai le regole alla lettera e se ti atterrai al programma le restrizioni si faranno meno rigide, è una promessa.”
 
“È tutto?”
 
“Sì, è tutto. Ci vediamo nel pomeriggio. D’accordo? Ora cerca di riposare.”
 
Lasciando solo Ville nella sua stanza, Lily chiude a chiave la porta e va verso il suo studio dove si rifugia nel tentativo di scacciare i mille pensieri che le affollano la mente. Come può un solo essere umano turbarla così tanto da farle tornare in mente ricordi che non vorrebbe mai riportare a galla? Quanto due anime possono essere tanto affini da riconoscersi così, ad un solo tocco, con un’unica occhiata? Forse non avrebbe dovuto accettare quel caso, è probabile che non sia ancora pronta per affrontare qualcosa di così complesso e difficile, ma ormai ha dato la sua parola e deve mantenerla e poi, Ville ha bisogno di un’amica e non solo di una dottoressa e lei può essere entrambe le persone.
 
Nello stesso momento, Ville si rannicchia sul letto scivolando tra le ruvide lenzuola attorcigliando le lunghe braccia attorno al cuscino, affondandoci dentro la testa nel vano tentativo di scacciare i brutti pensieri che lo tormentano, concentrandosi sul volto della dottoressa Lily: quale segreto si nasconde dietro ai quegli occhi lui ancora non lo sa, ma è deciso a scoprirlo ad ogni costo, forse perfino sottostando a quelle sue maledette regole.
 
Nel breve attimo di un respiro, Ville si addormenta, sprofondando in un sonno senza sogni fatto solo di angoscia e paure.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7: Solitary Man ***


Il rumore delle chiavi che girano nella toppa risvegliano Ville dal sonno profondo in cui la sua mente è sprofondata, vagando in piena libertà, senza freni. Non ha voglia di aprire gli occhi, forse perché spera che tutto quello che è successo fino a quel momento non sia altro che un sogno: magari non si trova realmente lì, forse non è un ospedale psichiatrico, forse è morto. Forse…
 
“Il pranzo.” La voce scorbutica, bassa e leggermente nasale di Jasper, riporta Ville alla realtà facendogli sentire il peso della condizione in cui si trova, non un incubo, ma pura e tangibile verità. “Ehi, sveglia!” Il grosso e muscoloso infermiere si avvicina al letto dove Ville è ancora rannicchiato e inizia a scuoterlo energicamente per una spalla.
 
“Se continui così me la smonti. Sono sveglio, brutto scimpanzé!”
 
Come se il commento non l’avesse nemmeno sfiorato, Jasper si allontana e incomincia a disporre sul tavolino il vassoio con contenete il pranzo dei pazienti consistente in una porzione di riso con verdure che Ville non meglio identificabili, pollo alla piastra, insalata, un pagnotta di pane, una mela e dell’acqua.
 
“Il pollo lo puoi portare via: sono vegetariano!”
 
“Lily…ehm, la dottoressa Venus ha detto che avresti fatto storie e si è raccomandata di farti presente che devi mangiare tutto. L’uomo simpatico, quello che ti ha portato qui, ha detto che sei vegetariano solo quando non hai voglia di mangiare, perciò mangia.”
 
“Ma…”
 
“Niente ma. Siediti e mangia o chiamo Lily…ehm, la dottoressa Venus!”
 
Sgusciando fuori dal letto, Ville guarda in cagnesco Jasper sul cui volto è dipinta un’espressione che non riesce a decifrare e che lo fa davvero assomigliare ad un grossa scimmia. Porgendogli le posate, rigorosamente di plastica, il nerboruto infermiere incrocia le braccia al petto ed attende che Ville inizi a mangiare.
 
“Dì un po’: devi stare qui a fissarmi finché non finisco?”
 
“Ordini di Lily…ehm, la dottoressa Venus…”
 
“Perché ti continui a correggere? Non succede niente se la chiami Lily…” constata Ville incuriosito da quello strano comportamento, mentre si porta alla bocca una cucchiaiata di quel riso dal sapore orribile.
 
“Non sono affari tuoi. Nemmeno tu dovresti chiamarla Lily, è la tua dottoressa. Ora mangia e stai zitto!” Lo rimbecca Jasper, nervoso e un po’ teso.
 
Sbuffando, Ville continua a mangiare controvoglia, seguito dallo sguardo vigile del gorilla che non smette di fissarlo con i suoi occhi grigio cerulei privi di vitalità e si chiede come mai un omone così strambo, e decisamente inquietante, possa essere un infermiere di un ospedale psichiatrico.
 
L’atmosfera nella stanza è silenziosa e opprimente e solo, di tanto in tanto, rotta dal rumore del mazzo di chiavi con cui Jasper gioca per ingannare del tempo che avrebbe preferito riempire in modo ben diverso o comunque non con quel paziente che proprio non gli va a genio. Finendo il piatto di riso, Ville scruta disgustato il petto di pollo per poi guardare con aria di supplica Jasper che non batte ciglio, limitandosi a restituirgli uno sguardo vago e assente.
 
“Senti, amico, io non mangio carne…capito? Non potete costringermi a fare qualcosa che non voglio, insomma si tratta di un pezzo di pollo mica di chissà cosa. Avrò almeno il diritto di scegliere cosa mangiare.”
 
“Primo: noi non siamo amici. Secondo: ho delle direttive di rispettare. Terzo: Lily, la dottoressa Venus, mi ha detto che sei troppo magro e che vuole che tu introduca più proteine. Il pollo è una proteina e tu devi mangiarlo.” Mostrandosi in tutta la sua poderosa stazza, Jasper sottolinea il fatto che lui è grosso almeno il triplo di Ville e altrettanto più pesante e che non sarebbe opportuno scontrarsi con lui perché di sicuro avrebbe la meglio.
 
Intuendo i pensieri di Jasper, Ville cerca un modo per prendere tempo in modo da valutare le alternative: meglio farsi rompere tutte le ossa del corpo da quell’infermiere che non sembra affatto esserci del tutto con la testa, forse a causa della prolungata esposizione ad un ambiente non propriamente stabile a livello mentale, o assaggiare un piccolo pezzo di pollo?
 
“Senti, facciamo un patto: se tu mi racconti perché ti correggi sempre quando nomini la dottoressa, io ti prometto che mangio. Ci stai?”
 
“Ma…io…insomma…non posso proprio…”
 
“Oh, andiamo. Non vorrai mica disubbidire agli ordini della dottoressa Venus e riportare indietro questo bel petto di pollo, vero?” Tagliando a fatica un pezzo di carne ormai diventato freddo, Ville cerca di convincere Jasper della sua buona fede e strappa con i denti una piccolissima parte del boccone ben infilzato nella forchetta.
 
Uhm…non ricordavo fosse così buono!
 
Preso alla sprovvista, Jasper inizia a sudare leggermente e si guarda intorno come se avesse paura che qualcuno possa coglierlo in flagrante e punirlo per quello che sta per raccontare, però Ville ha ragione: la dottoressa ha detto che deve mangiare tutto e lui farebbe qualsiasi cosa per far felice Lily, la sua Lily.
 
“Non devi dirlo a nessuno, però. Neanche a Lily, soprattutto a Lily, non me lo perdonerebbe mai: le ho fatto una promessa.” Passandosi la mano sui capelli di un biondo così chiaro da sembrare platino, Jasper prende un profondo respiro e dopo un’ultima occhiata verso la porta si decide finalmente a rivelare il segreto che tanto lo angoscia.
 
“Io ero solo e lei mi ha salvato. Mi ha curato, mi ha fatto sentire a casa e amato. È stata gentile con me e mi ha fatto assumere quando sono guarito, anche se non sono intelligente come lei, Lily è riuscita a convincere il direttore a farmi diventare un inserviente dell’ospedale e ora io porto i pasti, cambio le lenzuola dei pazienti, la aiuto con quelli che non vogliono collaborare. Solo che devo mantenere un certo comportamento, non devo mettere in imbarazzo il nome dell’ospedale e quindi non posso chiamarla per nome, ma devo rivolgermi a lei come dottoressa altrimenti rischia di essere licenziata anche lei perché ha garantito per me e io non voglio che succeda. Farei di tutto per Lily. Qualsiasi cosa.”
 
“Quando dici che lei ti ha curato, che cosa intendi?” Quasi senza rendersene conto, Ville ha finito il suo pezzo di carne mentre ascolta rapito il racconto di Jasper che sembra essersi staccato dalla realtà, narrando la sua storia a se stesso più che all’uomo che gli sta di fronte.
 
Scoprendo il polso destro Jasper mostra a Ville una cicatrice, ormai sbiadita, che gli attraversa la pelle bianca.
 
“Non sei l’unico ad aver tentato il suicidio. Io avevo 15 anni quando ci ho provato: mia madre è morta per overdose, mio padre era in galera già da quattro o cinque anni, ma non ho mai avuto contatti con lui. Credevo non valesse più la pena vivere, mi sentivo solo, perso, smarrito, ma Lily mi ha fatto capire che non era così. È brava, sa fare il suo lavoro e tu dovresti ascoltare i suoi consigli invece che fare il bambino capriccioso. Hai visto che il pollo ti è piaciuto??!” Sogghigna divertito, come se il resto del racconto fosse ormai storia passata, solo una piccola ombra già sbiadita. “Hai finito di mangiare?”
 
“Uhm…oh, sì…”
 
“Mi raccomando non dire a Lily che te l’ho raccontato: se si arrabbia diventa una furia.”
 
Annuendo, il cantante promette di non rivelare nulla di tutto ciò che ha appreso e finalmente, il volto di Jasper si illumina di un sorriso bonario e dolce che ne rivela tutta la bontà e la fragilità.
 
Forse Lily aveva davvero ragione.
Forse Ville non è poi così solo come ha sempre creduto.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8: Circle of Fear ***


Nessuno parla.
 
Ville continua a sgranocchiare la sua mela guardando Jasper negli occhi, immergendosi in quello strano ed innaturale colore delle sue pupille, specchio di un’anima profonda irrimediabilmente danneggiata da un qualcosa che il cantante può solo immaginare, che capisce parzialmente. Lui ha una bella famiglia, degli amici, o almeno li aveva, mentre quel ragazzone ora non più così antipatico, ha vissuto una vita realmente infelice, tanto da giustificare in un modo totalmente diverso il suo gesto.
 
Jasper lo guarda di rimando e benché Ville non se ne renda conto, sul suo volto sono dipinti i segni della stessa sofferenza che ha provato lui tanti anni prima, un dolore che per lungo tempo si è portato dietro, ma che grazie a Lily si è finalmente sopito.
 
Osservandoli dall’ingresso, Lily si chiede il perché di tutta quella complicità silenziosa: Jasper, naturalmente diffidente con tutti, non ha preso in simpatia Ville nemmeno quando, privo di sensi, è stato trasferito dall’ospedale alla struttura psichiatrica accompagnato dal suo amico, ma ora qualcosa sembra essere cambiato e lei se ne sta lì ad osservarli aspettando di capire di cosa si tratti.
 
“Voi due mi nascondete qualcosa!” Dice all’improvviso, raggelando i due che non si aspettavano di essere osservati, meno che mai da lei, divertita e pensosa con le braccia incrociate al petto con il fare di chi è intento a svelare un mistero.
 
Alzandosi di scatto dalla sedia, Jasper appare goffo e impacciato tanto da insospettire Lily al punto da lanciare un’occhiata dubbiosa verso Ville, che cerca di risponderle con l’espressione più innocente e ingenua del mondo nel tentativo di fugare i sospetti della donna.
 
“Jas, ti senti bene?” Chiede lei preoccupata vedendolo più agitato del normale.
 
“S –sì, Li…dottoressa Venus, è solo che mi ha spaventato, tutto qui.” Jasper non sa assolutamente dire le bugie e Lily lo sa bene, ma vedendolo preoccupato e anche costernato, lascia cadere la sua curiosità decidendo di indagare successivamente sullo strano comportamento dell’amico.
 
“D’accordo, allora potresti andare nella saletta 3 e preparare tutto per la seduta?”
 
“Certamente. Ciao Ville…” Recuperando i piatti vuoti e disponendoli sul piccolo carrellino di metallo, Jasper esce dalla stanza contento di non dover subire ulteriori indagini da parte della donna, anche se sa che sicuramente si è accorta del suo disagio.
 
“Cosa gli hai fatto?” Domanda a Ville puntandogli il dito addosso.
 
“Io??? Perché dovrei essere stato io? Non so se hai notato, ma il tuo tirapiedi è molto più grosso di me, al massimo dovresti preoccuparti della mia incolumità e non di quello che io potrei avergli fatto!” Esclama Ville cercando di mantenere un tono di voce poco sospettoso.
 
“Sai che cosa mi ha detto per tre giorni di fila? Di non accettare il tuo caso, di lasciar perdere perché una persona come te non vuole essere salvata…e ora esce da questa stanza e ti saluta chiamandoti per nome…”
 
“Non è colpa mia se piaccio alla gente”, risponde con estrema disinvoltura.
 
Abbozzando un sorriso, Lily lascia cadere l’argomento. Non sospetta minimamente quale sia il tacito legame che accomuna Ville a Jasper, né come il suo paziente sia riuscito a instaurare con Jasper questo rapporto, ma non vede nulla di male nella loro amicizia: forse Jasper può far capire a Ville quanto il suo gesto sia sbagliato, aiutandola così a far breccia nell’animo del cantante.
 
“Bene, allora non avrai alcun problema a fare amicizia qui. Tra poco c’è la tua prima seduta, ma a quanto pare tu piaci a tutti quindi ti integrerai alla perfezione” lo rimbecca con una punta di malizia, sentendosi stranamente a suo agio a parlare con quel paziente che non sembra fare nulla per conformarsi alle regole dell’ospedale, provando perfino ad infrangerle anche solo attraverso il suo atteggiamento un po’ snob, quasi superiore.
 
“Devo proprio? Non esiste una specie di isolamento per i pazienti problematici o asociali?”
           
“Tu non sei né uno né l’altro, se proprio vuoi saperlo. Trovo che la tua tendenza a voler stare in disparte sia più un meccanismo di difesa che una vera e propria necessità, ma potrei sbagliarmi, ovviamente.”
 
“Posso almeno farmi una doccia prima?”
 
“Ma certo!” Annuisce sedendosi sulla seconda sedia presente nella stanza, accavallando una gamba con magistrale sensualità, lasciando che il camice le lasci scoperto il ginocchio sul quale inizia a tamburellare divertita con le dita.
 
“Mi stai dicendo che vuoi restare qui mentre mi lavo?”
 
“Giusto per accertarmi che tu non te la prenda troppo comoda per evitare di saltare la seduta” sogghigna, ben consapevole di quello che Ville aveva davvero intenzione di fare.
 
“Te l’ha mai detto nessuno che sei fastidiosa?”
 
“Un sacco di volte!”
 
“E non pensi che dovresti provare a far qualcosa per questo tuo atteggiamento?”
 
“Beh, tu l’hai mai fatto un tentativo?” Chiede incurvando all’insù un angolo delle labbra in un mezzo sorriso sghembo che Ville ha già imparato a conoscere e che sa già lo farà impazzire. “Se vuoi fare la doccia io resterò qui, altrimenti possiamo andare.” Lanciando uno sguardo quasi diabolico verso Ville, Lily cerca di studiare il comportamento dell’uomo per capire che cosa si aspetta da quella nuova esperienza che sembra spaventarlo così tanto.
 
Alzando gli occhi al cielo e ricambiando lo sguardo con un’occhiataccia di sbieco, Ville le fa capire chiaramente quanto detesti dover fare quello che Lily si aspetta che lui faccia, ma si lascia condurre dalla donna verso quella nuova fetta di Inferno che nemmeno una doccia sembra aver avuto il potere di scacciare via.
***
La saletta numero 3 è identica a tutte le altre sale sparse per l’ospedale. Non è grande quanto quella in cui i pazienti si trovano per passare il loro così detto tempo libero, ma per il resto non si differenzia molto: stesso colore delle pareti, stesso odore asettico che aleggia nello spazio, stesse piccole finestre sbarrate che si affacciano su un grigio e desolante nulla.
 
“Chiudi la porta e prendi posto, così possiamo iniziare” andandosi a sedere nella sua postazione, Lily lascia Ville alla mercé degli sguardi curiosi degli altri pazienti già al loro posto, come se fossero lì da sempre.
 
Seguendo alla lettere le indicazioni di Lily, Ville si chiude la porta alle spalle e timidamente si siede sull’ultima sedia libera tra le sette disposte in circolo al centro della stanza. Si sente incredibilmente esposto ed estremamente fragile. Diverse paia di occhi lo fissano affascinati e al contempo spaventati nel vedere un nuovo paziente unirsi alla terapia, solo Katherine sembra non essere turbata dalla sua presenza.
 
“Lily puoi dire al nuovo arrivato di non guardarmi? Mi mette paura.” La richiesta arriva da un omino piccolo e nervoso che si agita a qualche sedia di distanza da Ville che neppure si era accorto della sua presenza.
 
“Paul, non ti sta guardando, non ti preoccupare” lo tranquillizza Lily con voce morbida e pacata, per nulla sconcertata da quella che altri potrebbero interpretare come una richiesta strampalata.
 
“Sì, sì, hai ragione. Perfettamente ragione. Hai controllato che non sia una spia? Magari ha qualche dispositivo impiantato sotto tutti quei tatuaggi, forse…forse è venuto qui per me. Lo sai che mi stanno cercando, vero Lily?”
 
“Paul, lo sai che non permetteremmo mai a nessuna spia di entrare qui. Sei perfettamente al sicuro, non devi agitarti”, continua a spiegare lei dando corda alla follia di quell’uomo che non smette di studiare Ville, ormai in preda al panico. Il suo sguardo salta terrorizzato da una parte all’altra: prima verso Lily, poi verso Paul e ancora verso Lily nel vano tentativo di trovare una spiegazione razionale a quella situazione al limite della follia.
 
“Allora, come avrete notato abbiamo un nuovo paziente qui con noi oggi. Ora si presenterà, così potrete conoscerlo e vi renderete conto che è una persona come tutte quante le altre, esattamente come me e voi. Su Ville, non essere timido.” Lo invita gentilmente, facendo finta di non vedere la muta supplica negli occhi del suo paziente.
 
“No, Lily…hai capito proprio male…” ribatte lui tra l’imbarazzato e lo stizzito. Il tono usato da Lily non sembra ammettere repliche, ma lui è uno che mette tutti in discussione a prescindere dal loro ruolo e anche se la dottoressa non sembra essere arrabbiata, di certo non ha alcuna intenzione di dargliela vinta.
 
“Sai a cosa servono i gruppi di recupero? A parlare con altri della propria esperienza, a esternare i propri sentimenti e a intraprendere un percorso di guarigione insieme, imparando a condividere e a fidarsi gli uni degli altri. Non pretendo che tu oggi ci racconti qualcosa di te, non è quello che ti sto chiedendo: voglio solo che tu dica il tuo nome, tutto qui. non è una cosa difficile.” Rigirandosi ed intrecciando nervosamente le lunghe e pallide dita delle mani, Ville prende un profondo respiro sperando di guadagnare tempo ed evitare così quella tortura sgradevole e terribile. “Stiamo aspettando…” lo esorta ancora una volta Lily, consapevole di sottoporre il suo reticente paziente ad uno sforzo disumano, ma altrettanto conscia del fatto che quella è solo una fase del processo di recupero.
 
È il tipico atteggiamento di tutte le persone che passano da quella struttura. Si incaponiscono, fanno i reticenti, spesso e volentieri diventano violenti, a volte sembrano perfino peggiorare solo per il gusto di non seguire le direttive dei dottori, ma quando si accorgono che parlando molte delle sofferenze, quelle più superficiali, ma poco a poco anche quelle più profonde, iniziano a sgretolarsi, ecco che tornano sui loro passi e incominciano ad aprirsi, prima poco a poco, poi come fiumi di parole in piena. Ville non è sicuramente diverso dagli altri, è solo troppo abituato a fare sempre di testa sua, ma Lily ha intenzione di demolire quel suo atteggiamento arrogante, la vera maschera che non gli permette di essere davvero se stesso.
 
“Ciao sono Ville. Va bene così dottoressa Venus?” Stringendo i denti sull’ultima parte della frase, Ville fa capire chiaramente a Lily di non avere alcuna intenzione di collaborare a quella farsa orribile: si è presentato, ma dalla sua bocca non uscirà altro. Né quel giorno, né mai. Un coro di ciao Ville si alza dal cerchio seguito da un sorriso da parte di tutti i pazienti ora più tranquilli nel percepire Ville come uno di loro.
 
“Io – io ti conosco. S – sì: s –sei un cantante, vero?!” La flebile e cristallina voce di una ragazza minuta dai capelli color miele fa trasalire Ville che, alla parola cantante, sente una fitta al cuore più straziante di qualsiasi altro tormento.
 
Che cos’è lui ora? Qual è il suo ruolo in quel momento? Ha ancora significato per lui essere un cantante? Ne ha mai davvero avuto, almeno un po’? Oh sì. Ce l’ha. È sempre stato il suo sogno, essere un cantante è sempre stata la sua strada anche quando non sapeva bene cosa voleva dire, ma al momento gli sembra di aver perso la via, quel sentiero che per dieci anni lo ha portato verso la felicità.
Dov’è ora quella felicità?
 
“Ville? Va tutto bene?” chiede Lily preoccupata da quel silenzio, ben diverso dal semplice mutismo di chi vuole imporre una sua decisione. È smarrimento. È non sapere cosa dire, come rispondere ad una domanda apparentemente innocente e Lily raccoglie quel brandello di anima di Ville, lo prende tra le mani e lo conserva gelosamente, sapendo che è la chiave per sbloccare qualcosa di intimo e molto personale.
 
“Io…io non posso stare qui.” Alzandosi di scatto e facendo cadere la sedia, Ville esce ad ampie falcate da quella stanza le cui pareti sembrano stringersi attorno a lui in una morsa asfissiante, soffocante.
 
Non ce la fa. Non riesce a sostenere il peso del suo gesto sapendo di dover fare i conti con esso ogni maledetto giorno. Non è in grado di reggere la pressione e lo sforzo che una terapia riabilitativa richiede. Lui non è forte, lo ha sempre saputo e ora ne ha la conferma assoluta. Quella lametta avrebbe dovuto lacerare la sua carne molto più in profondità.
 
Entrando nella sua stanza, così spoglia, anonima, fredda, Ville si rannicchia sul letto in attesa che qualcuno cancelli dal suo cuore il tormento e l’agonia che lo schiacciano, opprimendolo fino a fargli mancare il fiato.
 
Sciogliendo la seduta con gli altri pazienti, Lily si precipita all’inseguimento di Ville dopo aver chiesto ad un suo collega di sostituirla: si sente un po’ in colpa per la reazione dell’uomo e vederlo accovacciato nel suo letto con le ginocchia al petto e la schiena poggiata alla parete, le provoca un senso di tristezza che non riesce a mandar via. Un dolore che conosce bene anche lei.
 
Forse ha sbagliato a buttarlo nella mischia così presto sperando che quel brusco cambiamento delle sue abitudini potesse aiutarlo a dargli una scrollata. Forse Ville ha bisogno di capire se stesso prima di rendersi conto che non il solo a sentirsi talmente disperato da crearsi una vita parallela per sfuggire all’inadeguatezza di quella reale.
 
Fissandolo, Lily prende una decisione importante e si dirige verso il suo studio dove nasconde una cosa molto preziosa che la riporta ai suoi felici giorni d’infanzia quando pensava che la vita fosse solo gioia e serenità.
 
Aprendo l’armadietto, afferra saldamente un borsone scuro nel quale ha rinchiuso per anni una parte della sua vita, poi torna da Ville nella speranza di riuscire a schiudere il suo cuore concedendogli un piccolo angolino nel quale rifugiarsi per ripartire.

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Capitolo 10
*** Capitolo 9: In Joy and Sorrow ***


Accarezzare le corde della chitarra non è mai stato così piacevole per Lily, che pensava di non essere più in grado di riuscire a toccare quello strumento senza che ricordi dolorosi la tormentassero nuovamente.
 
Si sbagliava di grosso. Il suono avvolgente, nitido, chiaro della chitarra le invade la mente e le sue dita scivolano sullo strumento come se il tempo passato separati non fosse mai esistito, come se non avessero fatto altro che suonare senza sosta.
 
Come le è venuto in mente di dimenticare quelle sensazioni e quelle emozioni? Perché ha permesso alle circostanze e agli eventi di allontanarla da quello che è sempre stato il suo mondo, il suo ambiente naturale, la sua ragione di vita?
 
Non fare il mio stesso errore…Mentre continua a pizzicare le corde, Lily si sente vicina a Ville, così vicina da capire il perché della sua reazione. L’ha avuta anche lei molto tempo prima, quando si è sentita sola, smarrita, persa ma ora, dopo tanti anni, ha ritrovato finalmente quella strada che da sempre è stata tracciata per lei, nonostante abbia percorso un sentiero diverso per riuscire ad incrociarla nuovamente.
 
Ville ascolta, ma non si muove. Rimane rannicchiato su se stesso cercando di impedire alle note di entrargli nella testa, ma soprattutto nel cuore. Nel vano tentativo di tenere la musica lontana dal suo corpo, perché è la musica la causa del suo tormento e allo stesso tempo della sua estasi.
 
Non ti fermare. Continua a suonare.
Ti prego…
 
Alla fine, però, non può far altro che lasciarsi trasportare dalla melodia abbozzata da Lily, liberando la mente che vaga in quella zona nascosta tra sogno e realtà alla quale si accede solo attraverso la musica, l’arte, l’amore…
E piange. Non si è mai sentito così solo come in quel momento. Neanche quando ha deciso di farla finita ha provato quel vuoto nel cuore che, al momento, solo la musica riesce a colmare.
 
Stringendo ancora di più le gambe al petto, cerca di soffocare i singhiozzi. Non vuole che Lily si accorga delle sue lacrime, questo non può permetterlo nonostante sia quasi certo che anche lei stia piangendo. Le sente. Hanno un suono anche loro, molto delicato, simile alla leggera pioggia di primavera che batte docilmente sui vetri delle finestre. Hanno un rumore simile a quello di acqua cristallina che si batte per trovare la sua strada tra i detriti di una vita andata in frantumi e Ville si domanda perché mai la dottoressa stia versando quelle lacrime. È colpa sua? O forse si sente solo sconfitta perché ha capito che uno come lui non può essere salvato nemmeno con tutta la buona volontà di questo mondo? Piange perché ha fallito, o perché anche lei soffre per qualcosa?
 
Smettendo di suonare, Lily si asciuga la guancia con il palmo e senza dire una parola si alza lasciando la chitarra ai piedi del letto di Ville, quindi si avvicina al suo paziente e lo bacia sulla testa proprio come faceva suo padre tutte le volte che le suonava qualcosa per consolarla. Un gesto istintivo, poco consono al suo ruolo di dottoressa, ma adesso lei non è la psicologa di Ville Valo. È solo una donna come tante altre che comprende fin troppo bene le potenzialità della musica, il suo valore, il grande potere che essa ha nel distruggere e nel riuscire a ricostruire un’anima.
 
“È un regalo. Fanne buon uso e non sprecarlo, mi raccomando…”
 
Mi sto fidando di te.
 
Così dicendo lascia da solo Ville e chiudendo la porta alle sue spalle, si allontana sperando che quel suo gesto non sia stato vano: quella chitarra ha per lei un valore inestimabile, ma al momento ne ha più bisogno Ville e questo lei lo sa bene.
 
Nel completo silenzio della stanza, Ville riesce ancora a percepire il suo vibrante delle note musicali che si rifrangono sulle pareti, sui vetri e sul suo corpo come se avessero una vita loro. Le sente danzare attorno a sé assieme al dolce ed inebriante profumo di Lily, che sembra essersi attaccato alla sua pelle più indelebile di un tatuaggio.
 
Assaporando quel silenzio carico di musica, lascia che le lacrime lavino via tutto il suo tormento e la sua frustrazione e sente che, forse, c’è ancora speranza.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10: The Gift ***


Essere forti.
Mai rimanere coinvolti.
Non lasciare che i sentimenti ottenebrino la capacità di giudizio.
 
Lily in quel momento ha infranto tutte e tre le regole: ha consentito alla debolezza di avere la meglio sulla sua capacità di giudizio, ha permesso a Ville di coinvolgerla nel suo caso e si è lasciata trasportare dai sentimenti.
 
Lily sei una stupida, stupida ragazza…
 
Solo un’altra volta è successa una cosa del genere e per poco non ha rischiato la carriera a causa del suo comportamento, anzi, è da quella volta che rischia la carriera tutti i giorni: se Jasper dovesse fare un passo falso non sarebbe l’unico a rimetterci il posto, ma a Lily in realtà non interessa il lavoro, quanto essere sicura di lasciare i suoi pazienti in mani sicure e capaci nel caso in cui non potesse prendersi più cura di loro.
 
Non mollare proprio ora…
 
Sa che Ville ha bisogno di lei. Nonostante siano passati pochissimi giorni dal suo gesto disperato, Lily è consapevole del fatto che con l’uomo si è instaurato un legame speciale, quasi empatico, fondato su un dolore diverso, ma allo stesso tempo così uguale e totalizzante da averle fatto dimenticare quelle regole necessarie a non farsi coinvolgere troppo.
 
Mamma, papà. Che cosa devo fare?
 
Non è da lei lasciarsi andare a qui pensieri. Non è nella sua natura indugiare troppo sul passato e soprattutto sull’unico avvenimento che le ha realmente sconvolto la vita, ma è da quando è arrivato Ville che le cose hanno preso una piega molto strana. La sua storia l’ha coinvolta, è inutile girare intorno al problema. Lily non ha mai visto nessuno così disperato, così fragile e così solo, ma allo stesso tempo così pieno d’amore da scambiarlo per qualcosa di pericoloso e si sente vicina a quel ragazzo particolare forse perché sta cercando in tutti i modi di sfuggire alla vita, quando è la vita stessa che gli offre mille motivi per non cedere.
 
Liberando i capelli dalla coda di cavallo in cui sono imprigionati, Lily lascia che le morbide e lunghe onde le ricadano sulle spalle fino a coprirle il viso rigato dalle lacrime. È da tanto che non piange. Non lo ha mai fatto sul posto di lavoro, qualche volta è successo nell’intimità di casa sua, ma è da moltissimo tempo che non si sente così smarrita da non riuscire a trattenersi. È fragile anche lei, dopotutto, e anche lei come tutti i suoi pazienti si è creata una bella maschera con la quale proteggersi. La sua, a differenza di quelle povere anime erranti, è solo costruita abbastanza bene da non incrinarsi mai, però anche Lily ha bisogno di togliersela, ogni tanto, e quello è il risultato non proprio edificante di un tentativo fallimentare di essere forti.
Sono un’idiota!
 
Qualcuno bussa alla porta. Lily si affretta a sistemarsi i capelli, si asciuga il visto, aspettando qualche istante prima di ricevere l’ospite misterioso, almeno quel tanto che basta per ritrovare un certo contegno, almeno apparente.
 
“Avanti…”
 
“Lily devo dirti una cosa.” La voce di Jasper arriva preoccupata e tesa dalla soglia dello studio della dottoressa, salvo poi farsi morbida e tenera quando si rende conto delle lacrime della dottoressa. “Stai bene Lily?”
 
“Ceto Jas, va tutto bene! Entra pure.”
 
“Sei sicura? Se vuoi passo più tardi, non è un problema.”
 
“No, davvero! Forza entra e siediti!” Risponde lei garbata, con un lieve sorriso sulle labbra. Sedendosi sulla sedia di fronte a Lily, Jasper inizia a contorcersi le dita cosa che insospettisce la donna che capisce immediatamente il disagio che prova l’amico. “Ehi Jas, che ti prende?”
 
“Ho raccontato a Ville di quello che hai fatto per me.” Pronunciando la frase tutta d’un fiato Jasper si aspetta una reazione sconsiderata da parte di Lily che però si limita a sorridere.
 
“Lo sapevo già, o almeno lo avevo intuito. Comunque non ti devi preoccupare.” Aprendo la bocca per poi richiuderla subito dopo, Jasper non sa davvero cosa dire e fissa con fare sospettoso Lily che non può fare a meno di sorridere ancora di più davanti a quell’espressione di pura sorpresa. “Davvero pensavi che non me ne fossi accorta? Sei un libro aperto Jas e il modo in cui avete legato tu e Ville, così dal giorno alla notte, non ha fatto che confermare i miei sospetti!”
 
“Non sei arrabbiata?”
 
“Certo che no! I patti sono che tu non combini guai, non c’è nessun vincolo di segretezza sulla tua storia: puoi raccontarla a chi vuoi! Non hai fatto niente di male, devi smetterla di pensare che sia un segreto che non deve essere rivelato.”
 
“Avevo paura che fossi triste per causa mia…” sussurra timidamente, abbassando lo sguardo che mai riesce a sostenere quello di Lily per un’intera conversazione.
 
“Non potrei mai essere triste per causa tua.”
 
“E allora cos’è successo? Se ti va di raccontarmelo…”
 
Lily soppesa per un attimo la richiesta di Jasper: non ama parlare del suo passato e soprattutto di una particolare vicenda, ma sa anche che sfogarsi con qualcuno non le può di certo fare male e l’amico conosce già parte della sua storia, anche se ignora i punti più drammatici. Dopotutto è lei la prima a invitare i suoi pazienti ad aprirsi con gli altri, con gli amici o anche solo con chi è disposto ad ascoltare e Jasper sembra essere lì per lei. È sempre lì per lei, come un gigante buono pronto a proteggerla e a ripescarla tutte le volte che si sente giù di morale.
 
“Oggi durante la terapia di gruppo Ville ha avuto una reazione strana, mi ha fatto tenerezza e mi ha ricordato i miei genitori.”
 
“Lily non sei obbligata  a parlarne, so che non ti piace ricordare.”
 
“Jas, tranquillo, è tutto okay. Mi fa piacere parlarne con te.” Lily racconta a Jasper della reazione di Ville, di come sia rimasto spiazzato alla domanda di Carry e gli racconta della sua fuga in camera e della sua decisione di dargli la chitarra di suo padre.
 
“Ma Lily era un regalo, ci tenevi così tanto a quella chitarra!” Esclama lui trattenendo quasi il fiato per lo sgomento.
 
“Lo so…ed è per questo che gliel’ho regalata: se si dimostrerà degno di questo dono allora saprò che può farcela. Non vogliamo dare a Ville una piccola occasione? Forse se la merita.”
 
“Non lo so…”
 
“Ehi, un po’ di fiducia! E poi sbaglio o sei stato tu ad avergli raccontato per primo la tua storia?!”
 
“Hai ragione, scusa.”
 
“Per questa volta ti perdono” ride lei, prendendolo in giro come farebbe una sorella con il suo dolce fratellino.
 
Quella conversazione con Jasper ci voleva proprio e ora Lily si sente più positiva e fiduciosa, anche se la malinconia torna a farla soffrire come una marea montante che si fa vedere nei momenti meno opportuni.
 
E se si fosse sbagliata? Se Ville non dovesse meritare quel regalo per lei così importante e dal significato profondo?
 
Credi in te…
 
I suoi genitori le avrebbero detto esattamente quelle parole e Lily decide di seguire quel suggerimento.

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Capitolo 12
*** Capitolo 11: Salt in Our Wounds ***


Un bacio. Un unico, piccolissimo bacio. Può un così tenero gesto smuovere qualcosa di profondo e assopito da troppi anni? Ville non riesce a darsi una risposta, ma sa che quel bacio ha scatenato qualcosa di inspiegabile nel suo cuore e nella sua anima lacerata, qualcosa che non provava da tempo. Un sentimento, o forse solo il fantasma di qualcosa che una volta lo rendeva felice, perfino completo, ma che ha preso significato nel corso degli anni, svuotandosi, diventando quasi inutile.
 
Per un momento, un solo, brevissimo momento ha dimenticato il suo dolore, ha dimenticato la solitudine e il suo spirito si è sentito vivo, libero di librarsi verso quella felicità che credeva perduta per sempre: per un attimo non si è sentito solo.
 
Forse è questa la cosa che più lo angoscia: la solitudine. Il sapere di essere imprigionato in una gabbia e dover fare i conti con se stesso, con le scelte e le decisioni di tutta una vita senza la possibilità di trovare le risposte che cerca in qualcun altro. È sempre stata la sensazione di essere solo a gettare sale sulle sue ferite, a renderlo disperato, a farlo sentire inadeguato, ma è bastato un bacio sulla testa a far sparire quel senso di inadeguatezza che non l’ha mai abbandonato, che lo ha spinto sull’orlo del baratro.
 
Ha deciso di fare il cantante per non sentirsi più solo, ma ben presto si è reso conto di poter contare sulla punta delle dita di una mano le persone che davvero avevano un valore per lui e a nulla è valso il circondarsi di belle donne, apparentemente disposte a tutto pur di stare con lui: alla fine si è sentito molto solo anche in loro compagnia, abbandonato a se stesso, schiacciato da un altro Ville, quello con la fama, i soldi, il successo.
 
Si è rifugiato nell’alcool e nella droga. Ha provato a dimenticare il suo passato cercando di non pensare al futuro evitando, allo stesso tempo, di vivere il presente, per soddisfare un cuore sempre alla ricerca di qualcosa che però non ha mai trovato e proprio quando ha creduto di stare meglio, ha deciso di farla finita una volta per tutte, fallendo miseramente anche in quella decisione.
 
All’interno dei testi delle canzoni dell’ultimo album ha nascosto degli indizi su quello che prova e sente, ma nessuno sembra essersi accorto di quello che sta passando e lui, un po’ per non deludere nessuno, un po’ perché ha pensato di stare esagerando, non ha chiesto aiuto neanche a chi poteva davvero capirlo e ora…
Ora è solo, ancora una volta. Questo volta forse definitivamente.
 
Eppure, quel dolce bacio continua a tornargli in mente nonostante sia durato troppo poco, non più del leggero battito delle ali di una farfalla. Svanito, certo, ma non dimenticato: Ville non può dimenticare perché, per un secondo, si è sentito amato, capito ed è stata la persona più improbabile di tutte a farlo sentire così.
 
È un regalo. Fanne buon uso e non sprecarlo, mi raccomando…
 
Nessuno prima di allora gli ha fatto un regalo così importante nell’esatto momento in cui ha avuto bisogno di qualcosa. Lily sembra conoscerlo nel profondo, eppure non hanno mai davvero parlato, lui non si è confidato con lei e la dottoressa non ha davvero insistito per conoscerlo.
 
E se Lily fosse davvero quella persona speciale che cerca da tempo? La sua metà della mela, la sua anima perduta?
 
Ah, sciocchezze. Queste cose non esistono, meno che mai per me. E poi da quanto la conosco? Non ci si può infatuare di qualcuno così, non in un posto come questo…
 
Alzando la testa dalle ginocchia e guardando la chitarra ancora ai piedi del letto, Ville sente che nel profondo del suo cuore qualcosa sta cambiando e forse, finalmente, lo sta facendo in meglio, anche se nel modo più inaspettato di tutti.
 
Afferrando lo strumento musicale, ne incomincia a tracciare il profilo con le dita lunghe e affusolate e girandolo tra i palmi lo accarezza come se quello fosse l’oggetto più bello del mondo. Nel farlo, si accorge di una piccola dedica incisa sulla parte posteriore della cassa della chitarra, nulla più di una frase che, però, lo commuove profondamente, come niente è mai riuscito a commuoverlo così tanto.
 
Alla nostra piccola farfalla, con la speranza che presto le sue ali la portino lontano verso la felicità…
 
Quella chitarra è per Lily qualcosa di prezioso, d’importantissimo e di inestimabile, ma ha comunque scelto di regalarla a lui, uno sconosciuto, un pazzo suicida che non ha neanche il coraggio di affrontare la vita per quello che è, che ha preferito provare a farla finita piuttosto che lottare.
 
Perché? Perché l’ha fatto? Cosa ha visto in lui di così particolare da portarla a privarsi di una cosa così speciale? Quelle domande rischiano di farlo impazzire perché non riesce a concepire di aver ricevuto in dono una cosa così grande senza dover dare nulla in cambio, lui che è così abituato ad avere intorno persone che lo usavano per avere fama e prestigio.
 
Sistemandosi sul letto imbracciando la chitarra, Ville sfiora le corte accennando una melodia, la stessa che Lily ha abbozzato per lui prima di regalargli un pezzo del suo cuore.
 
Non ci ha fatto caso prima. Troppo impegnato a lacerarsi l’anima e a chiudersi nel suo dolore, non si è reso conto di conoscere già gli accordi suonati dalla dottoressa che ora tornano a riempire l’aria, dando un nuovo dignificato a tutto:
 
Here we are
In the maelstrom of love
Waiting for the calm
To sooth our hearts
Here we are
And don't know how to stop
Waiting for the war
To end it all
 
Lily sa cosa lo tormenta e conosce la sua anima meglio di chiunque altro. Conosce Ville e, soprattutto, lo capisce. Glielo ha detto con una canzone, senza parlare, senza fare domande: ha usato Ville per spiegare Ville, come lui ha sempre fatto per parlare con il mondo, troppo sordo per ascoltarlo.
 
Perché hai scelto proprio quella? Ne ha scritte altre, tutte con dentro il suo tormento e il suo dolore, forse anche più evidenti di questa, ma Lily ha scelto una canzone che non solo parla di lui, ma forse anche di se stessa.
 
Che cosa ti tormenta, dottoressa? Non ha scelto quella canzone a caso, Ville ne è certo, ma non riesce a capire il significato nascosto dietro a quella scelta e più ci prova, più non riesce a fare a meno di cantarla.
 
Love is insane and baby
We are too
It's our hearts little grave
And the salt in our wounds
 
Qual è il tuo segreto Lily? Che cosa mi stai nascondendo? Perché mi conosci così bene, quando neanche io conosco me stesso?
 
Quasi senza accorgersene, Ville suona la melodia sussurrando tra sé e sé le parole della canzone, cercando di capire il messaggio che Lily ha voluto consegnare loro.
 
È un regalo. Fanne buon uso e non sprecarlo, mi raccomando…
 
Here we are
Right back where we began
Waiting for sweet love
With open arms
Nota dell'autrice:
Questa storia ha iniziato a prendere forma nella mia mente dopo l'uscita di Screamworks, quindi tutti i riferimenti al tour americano e all' "ultimo album" riguardano questo disco e gli anni dal 2010 in poi (capirete successivamente il perchè di questa piccola noticina ;) ).
Approfitto anche per ringraziare chi sta leggendo, non sapete che grande regalo mi fate! Mi raccomando, non abbiate paura a commentare, sarei felicissima di sapere quello che pensate della storia...sono cose che mi aiutano a crescere come scrittrice e come persona! Se vi piace ciò che leggete passate dalla pagina facebook di Heartkiller, il mio romanzo. Il titolo non vi sunerà certo estraneo, ma posso assicurarvi che non è tutto come sembra! 
Vi aspetto numerosi!
Buona lettura
Alessia.

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12: Katherine Wheel ***


Ancora impegnato a suonare, Ville non si accorge che Jasper è sulla porta e lo sta fissando con uno sguardo carico di sentimenti contraddittori e mutevoli: c’è curiosità, ma anche diffidenza, gelosia e un po’ di inquietudine, ma soprattutto c’è apprensione perché non vuole che Lily soffra a causa di quell’uomo che, nonostante abbia avuto tutto dalla vita, ha deciso di sprecarla tentando il suicidio.
 
“Ville posso parlarti?”
 
“Certamente” risponde lui senza, però, smettere di suonare, come se la musica lo avesse completamente ipnotizzato. Chiudendo la porta ed avvicinandosi al letto di Ville, Jasper gli toglie la chitarra dalle mani così da avere la sua completa, totale attenzione. “Perché l’hai fatto?”
 
“Ascoltami bene: non far del male a Lily, mi hai capito? Altrimenti sarà davvero l’ultima cosa che farai in vita tua, sono stato chiaro?”
 
“Perché dovrei fare del male a Lily?”
 
“Conosco quello sguardo che hai tu adesso, ce l’hanno tutti i pazienti di Lily appena si rendono conto che lei è una persona speciale.”
 
“Non capisco davvero di cosa tu stia parlando.”
 
“Oh capirai, fidati! Te ne renderai conto da solo. Spera soltanto che lei non soffra per causa tua. Non se lo merita, non dopo tutto quello che ha passato.”
 
“Senti, non capisco che cosa tu voglia dirmi e sinceramente, non mi interessa: se sei preoccupato vedi di parlare chiaro, perché così non ci siamo proprio!”
 
Avvicinandosi con un rapido balzo a Ville, Jasper sussurra al suo orecchio una frase, un’unica semplice frase che lo fa rabbrividire quasi fosse un presagio di quello che potrebbe accadere:
 
Non innamorarti di lei…
 
Senza dare il tempo di ribattere, Jasper se ne va lasciando da solo Ville che incomincia a pensare al vero significato di quelle parole, o meglio, a quella che a lui sembra tanto una minaccia.
***
Come tutti i pomeriggi Katherine attende davanti al pianoforte qualcosa che nessuno, a parte lei, può vedere. Negli anni di terapia fatti con lei, Lily non è mai riuscita a capire il suo segreto, a trovare la giusta chiave capace di schiudere le porte della sua voce per farla sentire finalmente libera, eppure non passa giorno in cui non provi ad aiutarla. È la sua missione, la ragione per la quale ha deciso di diventare psicologa: provare a salvare delle anime che vagano senza meta alla ricerca di qualcosa di perduto, ma non introvabile e lei sa quanto può essere brutto credere di aver smarrito qualcosa, così come sa quanto può essere bello riuscire a ritrovare quel pezzo mancante di se stessi.
 
C’è una cosa che, forse, potrebbe aiutare la sua dolce e triste paziente e Lily si sta battendo da quattro anni per ottenere il permesso di usare il pianoforte come strumento integrante nella terapia riabilitativa della donna. Quel permesso, però, le viene negato volta dopo volta, senza mai una vera spiegazione, eppure sa che quel pianoforte un tempo era funzionante, veniva utilizzato per un progetto di musicoterapia all’avanguardia, eppure ora è muto. Silenzioso esattamente come Katherine. Lily è convinta che la musica può aiutare la giovane donna e ora ha trovato un modo per testare quella sua teoria. Una maniera che, di sicuro, non gioverà solo a lei, ma anche ad un’altra persona molto simile alla sua paziente.
 
È da quando Ville ha messo piede nella struttura che ci pensa e l’idea si è formata pian piano nella sua mente fin dal primo momento in cui il paziente ha chiesto della storia di Katherine, per poi diventare definitiva quello stesso giorno, quando Ville si è completamente lasciato andare davanti alle note appena accennate della chitarra. Ville è fatto di musica, perfino il suo amico lo ha sottolineato più volte durante il colloquio privato avuto con la dottoressa e Lily ha intenzione di sfruttare la musica per salvarlo. Perché è di questo che si tratta: riuscire a salvarlo prima che si butti nuovamente giù dal precipizio.
 
“Katherine, vuoi venire un attimo con me?” Chiede gentilmente in un sussurro dopo essere corsa nella sala comune per cercare la paziente. Katherine la guarda con il suo solito sguardo vuoto e privo di emozioni. I suoi occhi, due pozzi neri di disperazione, sembrano non reagire a nulla se non alla vista del pianoforte, ma nonostante tutto afferra la mano di Lily come per dirle che la seguirà volentieri. Si fida della dottoressa, le vuole molto bene e anche se non può dirglielo, spera di riuscire a dimostrarglielo con quei semplici gesti, con il suo totale abbandono a lei. “Benissimo…ho una sorpresa per te!” Prendendola più saldamente per la mano, Lily la porta verso la stanza di Ville augurandosi che l’uomo acconsenta di farle un favore enorme che, forse, cambierà anche la sua vita.
 
Mentre trascina dietro di sé Katherine, Lily incrocia Jasper nel corridoio e rimane senza parole quando lo vede scuro in volto, quasi come se fosse arrabbiato o amareggiato per qualcosa che lei non riesce a capire.
 
“Jasper, che ci facevi da Ville?” Domanda parandosi davanti all’inserviente che, altrimenti, l’avrebbe più che volentieri evitata.
 
“Niente.”
 
“Non dire bugie! È successo qualcosa?”
 
“No, te lo giuro. Passavo a controllare, tutto qui.”
 
“Come vuoi, per ora ti crederò, ma più tardi parliamo, va bene? Non sei capace a mentire e lo sai bene, ma adesso ho bisogno che tu non faccia venire nessuno da questa parte almeno per una mezz’oretta, ce la fai?”
 
“Che hai intenzione di fare?”
 
“Un piccolo regalo a Katherine e a Ville, però non posso farlo se non mi aiuti. Devi stare qui di guardia e avvertirmi se arriva Connor. Allora, mi dai una mano?!”
 
Jasper non potrebbe mai dire di no a Lily, non quando vede nei suoi occhi color nocciola screziati d’ambra, quella felicità pura e genuina che solo lei può avere nel trattare con pazienti disagiati e problematici come Ville e Katherine.
 
“Certo che ti aiuto”, risponde mordendosi il labbro.
 
“Grazie! Mi raccomando, mi fido di te!” Sorridendo a Jasper, Lily si dirige verso la camera di Ville e la spalanca con forza, persa da un’eccitazione che non la coglieva da tempo immemorabile. Ville quasi non cade giù dal letto per lo spavento: non si sarebbe mai aspettato una visita di Lily così a breve distanza da quella di Jasper e vederla ora lo rende nervoso e goffo. “Scusa Ville, ho bisogno di te!”
 
La Lily che Ville ha davanti sembra una donna completamente diversa da quella che ha iniziato a conoscere in quella manciata di giorni. Allegra, solare, vivace, tutto fuorché una psicologa di un ospedale di igiene mentale e questo turba non poco Ville, che incomincia a guardarla con occhi diversi rispetto a prima, nonostante continui a pensare alle parole di Jasper che, forse, stanno influenzando il suo modo di approcciarsi alla dottoressa.
 
“Ma cosa avete tutti quanti? Prima Jasper, ora tu: che diavolo volete da me?” Quella domanda suona strana a Lily, ma al momento non ha tempo di discutere della cosa: deve agire in fretta se vuole testare la veridicità della sua ipotesi e deve convincere in tutti modi Ville a darle una mano prima che il primario dell’ospedale si accorga di quello che sta facendo.
 
“Ville, vorresti cantare per me e Katherine?”
 
“Come…?” Ville è sinceramente sconcertato da quella richiesta inaspettata e ci mette un attimo prima di capire realmente quello che Lily ha intenzione di fare: non è solo per Katherine, ma anche e soprattutto per lui. Vuole riabilitare entrambi, vuole usare la musica per farlo e chissà, magari può perfino riuscire nel suo intento.
 
“Vorresti fare un piccolo concerto privato per noi?” Il sorriso di Lily, la sua esuberanza, quella voglia i aiutarli e la convinzione che ci sia ancora speranza per entrambi sono come un balsamo per le ferite di Ville che si lascia coinvolgere in quel folle progetto, sperando che la musica sia davvero capace di trovare le risposte alle troppe domande che lo assillano.
 
Dopotutto lui è nato per fare il cantante, la musica scorre nelle sue vene e il suo richiamo lo attira sempre, incessantemente. Non può dire di no a quell’impulso, il solo che lo fa sentire vivo e poi deve mantenere una promessa fatta a Lily: fare buon uso del suo regalo e nessuna occasione è migliore di questa per dimostrarle che ha recepito il messaggio.
 
Come on and break me a limb at a time
Wrap me around your spokes so tight
There’ s no letting go

Spin me around to blur the line
Between you and I
What are you waiting for?
 
Accompagnato dalle note della chitarra, Ville sceglie la canzone da dedicare alla donna senza indugio, ispirato dal suo nome, forse sperando perfino che basti quel dettaglio a smuoverla dal torpore, facendo breccia nella sua anima delicata che fin dal primo momento lo ha colpito, facendogliela riconoscere come uno spirito affine.
 
Lo and behold baby
These are the things you make me do
Katherine Wheel I’m burning for you

Please don’t stop
Until my heart no longer screams
Katherine Wheel
Katherine Wheel
 
È subito magia. Per Ville, per Katherine, per Lily. Tre entità riunite in un unico luogo, tenute insieme da qualcosa di inspiegabile e di altrettanto potente che forse non ha nemmeno bisogno di una spiegazione logica.
 
La musica è lì, per loro. Guida Ville nei suoi arpeggi, nelle sue evoluzioni, nelle sue scale, conduce Katherine in un luogo che credeva dimenticato da troppo tempo, porta Lily a vagare tra i meandri della sua memoria di bambina e a riscoprire quello che per lunghi anni non avevano trovato una voce. 
 
Holding hands won’t be enough
In a world giving head to a gun
Love in theory and practice
Chapter one
 
Per un attimo tutti dimenticano il loro dolore, la loro disperazione, il loro sconforto e si lasciano trascinare dalla melodia che prende diverse forme e colori all’interno del loro animo, rimettendo a posto i pezzi di un’anima che credevano rotta forse irreparabilmente.
 
Guardando Katherine per cercare di percepire una reazione, Lily si accorge subito che la donna sta piangendo: è la prima reazione in anni di assordante silenzio, è la prima vera emozione che prova da quando ha tentato il suicidio.
 
Alzandosi dalla sedia dalla quale ha preso posto, Katherine si avvicina a Ville che alza la testa dalla chitarra per guardare quel corpo fragile e disperato farsi avanti verso di lui con una nuova e rinnovata energia, come se fosse sbocciato all’improvviso. Afferrando la mano di Ville, Katherina la stringe forte tra le sue e poi lo abbraccia, come per ringraziarlo di quel favoloso regalo che le ha fatto.
 
Lily nota come lo sguardo di Ville sia per la prima volta privo di qualsiasi timore e paura ed quello è il suo primo, vero risultato perché ha trovato un modo per far breccia nel cuore dell’uomo senza doverlo costringere a fare nulla, dandogli solo la possibilità di esprimersi come più gli piace.
 
Incrociando lo sguardo di Lily, Ville le sorride. Non sa perché lo fa, sa solo che in quel momento sente il bisogno di sentirsi vicino a quella donna così speciale e unica che gli ha permesso di provare qualcosa che non aveva mai provato, neppure ad un concerto: la consapevolezza piena ed avvolgente di aver aiutato veramente qualcuno con la sua musica.
 
In quel sorriso, però, c’è molto di più, ma Ville ancora non lo sa, così come non ne è consapevole Lily, che si gode quel momento di pura perfezione senza pensare a nulla che non sia il suo cuore finalmente carico di una felicità unica e completa.

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Capitolo 14
*** Capitolo 13: For You ***


“Lily arriva il primario.” La voce nervosa e preoccupata di Jasper rompe l’incantesimo di quella fantastica magia riportando tutti alla realtà.

“Grazie Ville, di cuore.” Sussurrando quelle parole in modo da farle sentire solo a Ville, Lily accarezza la mano di Ville, quella mano con cui è in grado di creare dolci ed intense melodie, e sente che qualcosa sta cambiando in lui, ma ancora non è in grado di capire esattamente cosa.

Non te ne andare, resta con me. Ville trattiene la mano di Lily un attimo più del dovuto e la guarda intensamente, come per pregarla di non lasciarlo ancora solo. Lei gli sta permettendo di ritrovare la pace attraverso la musica, ma ha paura che se dovesse lasciarla andare, tutta quella magia sparirebbe con lei, facendolo sprofondare di nuovo.

“Lily” insiste Jasper facendo innervosire Ville, che lo guarda accigliato.

Guastafeste…

“Si Jas, arriviamo! Katherine, dobbiamo andare, ma se Ville è d’accordo potremmo suonare ancora qualche altra volta.”

“Certo che sono d’accordo!!!” Ville quasi non si accorge di aver detto quelle parole: non sa se sia la voglia di suonare ancora a renderlo così euforico o se sia il desiderio di suonare per Lily a farlo agire in un modo che non avrebbe mai pensato possibile.

“Ottimo! Io e te ci vediamo più tardi, abbiamo terapia individuale!” Uscendo dalla stanza seguita da Katherine, Lily sorride felice: forse far capire a Ville quanto sia importante la vita non è poi così complicato, non ora che ha trovato un modo sincero per parlare con lui.

Osservando Katherine, Lily si accorge che il suo sguardo è finalmente felice, quasi dimentico di tutta la tristezza che per troppo tempo si è insinuata strisciando nel suo delicato e fragile animo. Quello sguardo vale più di mille parole per Lily, ora più che mai decisa a far cambiare idea al direttore sull’utilizzo del pianoforte, il cui suono così intimo e personale, saprà fare ulteriori miracoli per lei.

“Ma che ti è saltato in mente? Se il dottor McRabbit ti avesse vista, avresti passato un grosso guaio!”

“Lo so, ma dovevo tentare ed il risultato è stato grandioso! Poi c’eri tu a proteggermi, quindi ero tranquilla.”

A Jasper non piace la piega che sta prendendo la situazione. Lily sta rischiando troppo per quel dannato Ville e ha quasi la sensazione che Katherine sia solo una scusa per poter stare con lui, per ascoltare la sua musica e per poterlo vedere.

“Lily, so che non sono affari miei, ma sei sicura che ne valga davvero la pena?”

“Cosa vorresti dire?”

“Hai conosciuto Ville da così poco tempo e già stai rischiando grosso per lui. Ti sembra saggio?”

Fermandosi in mezzo al corridoio, Lily guarda Jasper con uno sguardo che lui non aveva mai visto prima e che un po’ lo spaventa: forse ha esagerato, forse la sua gelosia nei confronti della donna gli ha fatto perdere l’obiettività e ora si pente di aver detto quelle cose, dettate solo dalla preoccupazione di poter perdere Lily.

“Jasper, abbiamo parlato di questa cosa tanti anni fa: non voglio ritornare sull’argomento, ci siamo capiti? Non devi proteggermi, so badare a me stessa. Non aver paura per me, il mio cuore è al sicuro. Ora scusa, ma devo andare a parlare con Connor per vedere si riesco ad ottenere quel permesso per suonare il pianoforte.” Lasciando Jasper di sasso, Lily riprende a camminare con passo deciso seguita a ruota da Katherine che non riesce a smettere di sorridere: sembra che quella discussione non l’abbia neanche toccata presa com’è dal riascoltare ancora ed ancora la melodia suonata poco prima.

Intanto, Ville assiste alla scena e si chiede cosa ci sia dietro a quel comportamento strano di Jasper, ma non riesce a trovare nessuna spiegazione plausibile se non quella che l’inserviente provi qualcosa per la dottoressa.

“Che hai da guardare? Ti è piaciuto lo spettacolo, vero?” Fulminando Ville con quelle parole acide, Jasper va verso di lui per chiudere a chiave la sua porta, la sola rivincita che si può prendere su di lui, dato che non è bello come Ville né, tantomeno, intelligente o dotato come lui. “Fatti un sonno cantante e pensa a quello che ti ho detto prima.”

Il rumore della chiave nella toppa ha il suono della libertà infranta e Ville prende a calci la porta nel vano tentativo di sfogare la rabbia repressa, come se al posto della porta ci fossero gli stinchi di Jasper. Si è sentito vicino a lui poco tempo prima, la sua storia lo ha sinceramente colpito, ma ora il suo comportamento lo sta davvero innervosendo e di certo non ha intenzione di farsi abbindolare ancora da lui, né di farsi spaventare dalle sue minacce.

*** 

L’unica persona capace di mettere Lily in agitazione è il primario del Sant’Agnese. Forse è perché lui la conosce da tantissimi anni, forse perché era amico dei suoi genitori, o forse solo perché lui è l’unica persona che sa davvero tutta la sua storia nei dettagli più piccoli e dolorosi, tanto da renderla vulnerabile ai suoi occhi, traducibile come il più facile dei codici.

“Allora Lily, cosa mi vuoi chiedere?” Seduto sulla sua sedia di pelle ampia ed imponente il primario, Connor McRabbit, un uomo sulla cinquantina dai capelli brizzolati e l’aspetto impeccabile, fissa Lily con curiosità ed interesse. Sa perché la donna è lì ed in un certo modo apprezza la tenacia con cui, tutte le volte, prova ad ottenere il permesso per suonare il pianoforte nonostante ancora non si sia resa realmente conto del motivo per il quale le nega quel permesso.

“Lo sai perché sono qui. Sono qui a chiederti per l’ennesima volta il permesso per suonare il pianoforte a Katherine e anche a Ville. Sono sicura che la terapia avrà molto più effetto se associata alla musica che entrambi amano, non puoi negarmelo ancora.”

“Sei sicura che sia la cosa migliore?”

“Che domande: certo che sono sicura, altrimenti non sarei qui!”

“Non intendo per i tuoi pazienti. Mi chiedo se sia la cosa migliore per te. Da quanto tempo è che non suoni il pianoforte? Da quanto non lo tocchi nemmeno? Diciotto, diciannove anni?”

“Quasi diciannove.” Il vero ed unico motivo dell’agitazione di Lily davanti al primario è il fatto che lui è anche il suo psicologo da quasi diciannove anni, ovvero da quando la sua vita aveva incominciato a frantumarsi pezzo dopo pezzo in modo irreversibile.

“Allora?! Cosa mi dici?” Insiste lui, intrecciando le dita tra loro per appoggiarsi allo schienale della sedia, intento ad osservare la sua pupilla che cerca una risposta da dargli.

“Ti chiederei di non psicanalizzarmi, ma di lasciarmi lavorare. Questa cosa non c’entra nulla con me, né con i miei genitori. Lo faccio per i miei pazienti, solo ed unicamente per loro. Possibile che non lo capisci?”

“Sai perché quel pianoforte è ancora qui nonostante nessuno lo suoni più? È sempre stato qui per te Lily. Ha sempre aspettato solo te. Hai il permesso di suonarlo quando vuoi, piccola mai!”

“Dici davvero?” chiede Lily esterrefatta, quasi al limite della commozione.

“Sì, dico davvero! Se ti ho sempre negato il permesso è solo perché avevo paura fosse ancora troppo presto per te, ma oggi mi hai dimostrato che sei pronta, che lo siete tutti. Prendi le chiavi e usale a tuo piacimento. È già accordato!”

“Connor, grazie infinite.”

“Chiuderò un occhio sul fatto che hai introdotto nella camera di un paziente uno strumento musicale non autorizzato.” Non c’è cattiveria nelle sue parole, solo la felicità di vedere Lily così presa da quel nuovo progetto che, forse, riuscirà a farle dimenticare i fantasmi del passato e a renderla libera di volare lontano, proprio come avrebbero desiderato i suoi genitori.

Gettando le braccia al collo dell’uomo, Lily lo ringrazia ancora e ancora: se Connor non fosse stato un amico d’infanzia, Lily non si sarebbe mai azzardata ad abbracciarlo in quel modo, ma il dottor McRabbit è l’unica persona che le è rimasta, è quasi uno zio per lei e non può che dimostrargli così tutta la sua gratitudine.

“Ora non approfittiamo della mia gentilezza” scherza lui sistemandosi la cravatta. “Sono sempre il primario, anche per te.”

“No e lo sai bene: al momento sei solo lo zio Connor”

“Sei diventata più brava di me come psicologa.”

“Ho imparato dal migliore” strizzando l’occhio verso Connor, Lily sorride ancora come se il suo cuore non fosse in grado di trattenere la felicità di quel momento.

Uscendo dallo studio di Connor con in mano la chiave per aprire il pianoforte, Lily sente che finalmente tutto sta andando a posto nell’ordine delle cose: forse quella terapia non è solo per Ville e Katherine, ma è anche e soprattutto per lei.

Lo faccio per te Lily, solo per te. Non dimenticarti mai che non sei sola…

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Capitolo 15
*** Capitolo 14: In Love and Lonely ***


“Lily vuole vederti, muoviti.” La voce scorbutica di Jasper scuote Ville, intento a ripercorrere ogni istante di quell’intenso pomeriggio fatto di paure e di musica.

“Senti, la vuoi smettere di trattarmi così? Non ti ho fatto niente e non ho nemmeno capito perché ti sei messo in testa questa cosa strana di me e Lily. Fammi un favore: lasciami in pace, eclissati, sparisci, evapora…” Stizzito e furioso, Ville torna ad indossare la maschera dell’uomo scorbutico ed antipatico, la sua unica arma per proteggersi dal mondo esterno, perché è più facile apparire scontrosi e irriverenti, che fragili e bisognosi d’aiuto e questa è una lezione che ha dovuto imparare molto presto.

Alzandosi dal letto per seguire l’inserviente, Ville guarda ancora una volta la chitarra per cercare di ritrovare la pace e la calma di pochi attimi prima, ma non ce la fa dato che il grugnito di Jasper lo distoglie dai suoi pensieri.

“Ho capito, ti seguo. Smettila di ringhiare…” Accigliato, Ville segue Jasper che si muove pian piano tra i corridoi dell’ospedale portando il paziente davanti alla porta cremisi di Lily bussando energicamente.

“Avanti!” Esclama allegra la dottoressa.

“Lily ti ho portato Ville come avevi chiesto!”

“Ehi, non sono mica un pacco” sbuffa Ville inferocito.

“Ragazzi smettetela. Jas tu poi andare, chiudi la porta mi raccomando, Ville tu accomodati pure.”

Eseguendo gli ordini di Lily, Jasper esce dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle e Ville si siede sulla poltrona accavallando le gambe.

“Prima di cominciare vorrei chiederti che cos’è successo con Jasper.”

“Credo che sia impazzito: si è messo in testa qualcosa riguardo noi due.”

“Oh no, ancora…”

“È grave?”

“No, non ti preoccupare, lo fa sempre con tutti i miei nuovi pazienti…bè con i pazienti a cui tengo di più” risponde lei, arrossendo lievemente.

A cui tieni di più? Quindi ci tieni a me…

“Sai, credo che sia innamorato di te.”

“Jasper è innamorato di me. Lo è da molto tempo e non so come fargli capire che non è il caso.”

“Che c’è, non puoi innamorarti dei pazienti?” La domanda esce dalle labbra di Ville prima ancora che lui se ne renda conto.

“Come?”

Ville sei un cretino, ma come ti è venuta in mente di chiederle una cosa del genere? Stupido, stupido, stupido…e ancora stupido…

“Volevo dire…ti è stato vietato di innamorarti degli ex pazienti? Qui avete regole per tutto, non mi stupirei se ce ne fosse una anche per le relazioni amorose” specifica cercando di non diventare paonazzo, mettendo un po’ troppa enfasi sulla parola ex.

“No, non è per quello. Jasper è un fratello per me, solo un fratello. È un amico, qualcuno su cui poter contare e mi dispiace che lui non riesca a capire che non può funzionare tra noi due. So che ci soffre per questa cosa, ma non posso proprio assecondare i suoi sentimenti.”

“Hai già un fidanzato? È per questo che non può funzionare?”

Ville esci subito da questa situazione...immediatamente!!! Ti prego dì che non hai nessuno, ti prego, ti prego ti prego…

“Oh no, figuriamoci. Vivo praticamente per il lavoro, non ho tempo per una relazione, ma a te questa faccenda non dovrebbe interessare!” Ride lei scherzosamente, prendendo il blocco per gli appunti. “Sono io quella che fa le domande e non il contrario!”

“Mi sembra giusto!”

Non ha nessuno! Perché questa cosa mi rende felice? Sto impazzendo…

“Allora, ho una bella notizia per te: ho il permesso di usare il pianoforte che hai visto nella sala ricreativa! Pensavo potesse essere un buon modo per iniziare la terapia…”

Ecco.

La terapia.

Il suono orribile e inquietante di quella parola porta Ville ad una brusca consapevolezza: mai dimenticare dove si trova, mai farsi coinvolgere dagli avvenimenti e perdere di vista la realtà della sua situazione. È ancora un paziente di un ospedale psichiatrico, un aspirante suicida ed è questo che vede Lily. Un paziente da riabilitare, non una persona con la quale parlare come farebbe con qualsiasi altro uomo della sua vita.

Mai distrarsi…

È una cosa che anche Migè gli ha detto spesso, soprattutto all’inizio di una relazione sentimentale: non distrarti Ville, non essere precipitoso e non dare tutto te stesso subito, perché non tutte le donne stanno con te per ciò che sei davvero. È stata una lezione importante per Ville, la sola che, anche se non sempre, lo ha tenuto fuori dai guai, ma quando uno come lui si distrae è davvero la fine. Si è distratto anche con l’ultima ragazza di cui si è innamorato e il risultato è stato decisamente catastrofico. Ne è uscito molto ammaccato e sicuramente ferito, ma ha giurato che non sarebbe più successo, solo che quella promessa fatta a se stesso è difficile da seguire quando si ha davanti qualcuno come Lily, una distrazione fatta donna.

“Ville?! A che pensi?”

“A…a niente”

Penso a te. Al fatto che sei bella da mozzare il fiato. Penso che non vorrei essere un tuo paziente…

“Compito per domani: scrivere su questo diario che cosa pensi, che cosa senti, quello che provi. Ad ogni seduta potremmo analizzare i tuoi stati d’animo, arrivando a capire cosa ti turba, dato che non hai voglia di parlarmene.”

“No, davvero, non è nulla di importante. Non c’è bisogno che io scriva su un diario…”

“O mi dici a cosa stavi pensando, oppure scrivi sul diario: scegli!” Agitando il diario sotto il naso di Ville, Lily lo guarda con insistenza cercando di farlo cedere.

“Penavo a Migè e ai ragazzi. Pensavo al fatto che mi mancano, ma che capisco bene il motivo per cui non vogliano parlarmi.” In effetti quella non è proprio una bugia: a Ville i suoi amici mancano davvero moltissimo e ancora non riesce a farsi una ragione del fatto che non vogliano più né vederlo né sentirlo, però sa anche che se l’è meritato ed accetta la loro decisione.

“Ville, sono una psicologa, non prendermi in giro: a chi stavi pensando? Intendo per davvero…”

“Non puoi costringermi a dirti tutto. Non voglio!”

“Allora incomincia a prendere una penna e a scrivere!”

“Sei cattiva…”

“Oh no bello mio, non hai ancora visto quanto posso essere cattiva!” Lo minaccia con un’espressione che è tutto fuorché cattiva.

“Ma ho una bruttissima calligrafia, non riuscirai a decifrare nulla di quello che ho scritto” si lamenta Ville, che prova in tutti i modi a dissuadere Lily dal suo intento.

“Questi sono affari miei: prendi il diario e usalo saggiamente. Non devi solo scrivere quello che ti passa per la testa: puoi scrivere le tue emozioni, i tuoi ricordi, le cose che ti hanno fatto ridere e quelle che ti hanno fatto piangere; i tuoi amori, le tue delusioni…capisco che non sia facile per te, ma fidati se ti dico che aiuta molto, ci sono passata anche io ed è stato un aiuto prezioso, soprattutto se non hai voglia di parlare con qualcuno.”

“Posso chiederti perché hai dovuto scrivere un diario?”

“Ti ho detto che avrei risposto alle tue domande solo se tu ti fossi fidato di me. A quanto pare non sei ancora pronto, quindi no: non puoi chiedermi del mio diario. Una cosa, però, voglio dirtela: non pensare che io non ti capisca. Ti sorprenderesti nel renderti conto che c’è molto più in me di una psicologa.” Lily si è sbilanciata un po’ troppo, ma ha imparato che non c’è nulla di male a confidarsi con i pazienti, soprattutto se l’intento è quello di creare con loro un legame empatico. Ville ha bisogno di fidarsi di qualcuno, di lei e Lily non si pente di quello che ha detto: anche lei ha i suoi demoni da combattere e si lotta molto meglio se si è in due.

“E sarebbe?”

“Eh no, caro mio, non fare il furbo! Devi guadagnarti la fiducia delle persone: non puoi pretendere di ottenere tutto e subito, d’accordo?!” Non c’è rabbia, né rimprovero nella voce di Lily, solo una constatazione e questo Ville lo capisce perfettamente: se vuole accedere al cuore della donna, se vuole toccare le più profonde corde della sua anima, allora deve prima permetterle di avvicinarsi a lui e per farlo deve esporsi, anche se non è una cosa facile per uno abituato a nascondersi, a schermarsi dietro la facciata da cantante.

Lily è bella quando è triste. Ville ha notato che, le due volte che è stato in quello studio, lei si è mostrata fragile, trasparente. Un’anima delicata come vetro soffiato che non ha paura di mostrarsi per ciò che è, che non finge qualcosa che non esiste. Dovrebbe imparare da lei, potrebbe perfino piacergli smettere di interpretare un ruolo, essere semplicemente Ville, ma al momento la sola cosa che davvero vorrebbe fare, è sfiorare il viso di Lily per vedere se è davvero così delicata come sembra essere.

“D’accordo, hai vinto tu. Scriverò qualcosa sul diario, sei contenta?”

“Non devi darmi il contentino, voglio che tu sia convinto di quello che facciamo altrimenti non avrà senso nemmeno provarci. Puoi fare un tentativo?”

“Sì! Penso di poterlo fare.”

“Molto bene, è un passo avanti. Oggi è stata una giornata dura per te, ma per quanto mi riguarda sono contenta di quello che abbiamo fatto. Ora puoi tornare in camera, ti sei meritato un po’ di riposo. Nei prossimi giorni parleremo, solo io e te. E magari suoneremo, forse è il solo linguaggio che entrambi conosciamo bene.” Congedandolo, Lily lo guarda andare via come se stesse riflettendo sulle sue parole. È sicura che Ville non la smetterà di farle domande a proposito della sua vita, ma chissà, forse riceverà perfino delle risposte se si dimostrerà meritevole di scoprire i tanti segreti che si nascondono dietro l’aspetto mite e tranquillo della sua dottoressa.

Dal canto suo, Ville si rende conto che quella giornata è stata, senza ombra di dubbio, più strana e forse perfino più piacevole di quanto non avesse mai immaginato. Ci sono stati dubbi, tante incertezze, c’è stata paura e un senso opprimente di panico, ma ci sono stati anche doni preziosi, una chitarra e un quaderno. E, soprattutto, c’è stata Lily e la promessa di poter sfiorare la sua anima se solo ne sarà all’altezza.

Lily non ha specificato il modo, la forma con la quale Ville deve mettere giù le sue sensazioni, ma lui ha un modo tutto suo di scrivere, di parlare, c’è solo una forma che conosce, l’unica capace di mettere a nudo il suo io più profondo e al momento c’è solo una cosa a cui riesce a pensare, alle parole di una canzone che riescono a rendere benissimo il suo tormento e il suo stato d’animo.

I'm not with you, my baby
Just to see you cry
I'm in love with you
Not the tears in your eyes
I can't remember
The last time you smiled
Oh, I know how it feels
I know what it's like
To be
In love and lonely
That’s right 

Si sente esattamente così: innamorato e allo stesso tempo solo e crede che anche Lily si senta sola, proprio come lui. Magari non innamorata, questo non può pretenderlo e nemmeno sperarlo, però sono connessi e non ha dubbi a riguardo. L’unica differenza è che forse lei ha imparato a convivere con quella solitudine, mentre lui ancora no.

***

Appena Ville esce dalla stanza, Lily afferra il suo diario: sono diciannove anni che continua a scrivere su quelle pagine ingiallite dal tempo, dalle lacrime e tutte le volte che la sua penna scivola tra i fogli pergamenati si sente bene. Libera.

La cosa buffa è che, per la prima volta, affida le sue sensazioni alle parole di una canzone, una canzone scritta dall’uomo che ha appena lasciato la sua stanza.

 

Oh, you know how it feels
You know what it's like
You know how it is
But you just can't stop crying.

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Capitolo 16
*** Capitolo 15: This Fortress of Tears ***


Uno psicologo dovrebbe dare consigli utili ai suoi pazienti, essere certo che siano i migliori per loro. Dovrebbe dare a quelle creature gli strumenti per ricostruire il loro mondo interiore pezzo dopo pezzo, provando a far risorgere la loro anima dalle macerie di un qualcosa apparentemente distrutto, morto. Uno psicologo dovrebbe dire la verità, perché essere sinceri è la base di una terapia e quando si ha a che fare con soggetti difficili, la sincerità è la sola cosa che ci si aspetta da un medico. Non si può pretendere che un paziente lo sia, se per primo non lo è il terapeuta.

Lily ha tenuto corsi su questo aspetto fondamentale della psicologia riabilitativa. È stata prima una studentessa, poi un’insegnante ed ha sempre fondato il suo approccio con le persone su questo unico, saldo principio di sincerità. Ora, però, sta chiedendo a Ville di aprirsi totalmente, prova a convincerlo che l’essere sinceri con il prossimo sia la sola cosa utile per andare avanti, ma è lei la prima a non credere più nella validità di questa equazione. Forse perché è lei che sta mentendo.

Mente a Connor, la sua sola famiglia, la persona che si è presa cura di lei dopo la scomparsa dei suoi genitori, che è stato come un padre per diciannove anni e che, per altrettanto tempo, le ha fatto da psicologo, da mentore, da guida.

Mente a Jasper, la sola persona degna di essere chiamata amico in una vita fatta solo di tanti conoscenti e nessuna vera persona alla quale legarsi davvero, troppo spaventata dell’abbandono per concedersi a qualcuno, troppo fragile anche solo per affidare la sua esistenza ad altri che forse non si meritano tanta fiducia.

Lily mente anche a se stessa. E finge. Lo fa in maniera spudorata, quasi senza ritegno, perché in quella menzogna c’è la vita, quella che vorrebbe poter vivere fino in fondo, quella che, senza una bugia, non potrebbe più essere la stessa. Ma in questa piccola falsità si nasconde il senso di colpa, quello verso i suoi pazienti, soprattutto verso Ville, che non merita di essere imbrogliato, non quando proprio lui ha fatto dell’inganno la sua vita.

Come può un singolo essere umano mettere in discussione tutto, ogni scelta, tutte le decisioni che Lily ha dovuto prendere? Com’è possibile che proprio lui, Ville, un aspirante suicida, sia capace di confonderla così tanto, arrivando perfino a farla dubitare di se stessa, della bontà delle sue azioni? Lily ha fatto una scelta molto importante: ha scelto di mentire alle persone che ama, che stima, a quelle che vorrebbe salvare. Lo ha fatto e continua a farlo perché crede sia meglio per tutti vivere in quella bugia, ma adesso non è più tanto sicura di aver fatto la scelta giusta. Ed è tutta colpa di Ville Valo.

Chi sei tu?

Lily crede nel destino ed è convinta che le cose avvengano per una ragione, che ci sia un significato nelle persone che si incontrano sul proprio cammino e sulle esperienze che si fanno durante il proprio percorso, ma pensare che Ville abbia un ruolo in tutto questo è una follia pura, perché fa crollare tutte le sue certezze e perfino le sue barriere.

Perché Ville è entrato nella sua vita proprio in quel momento? Perché lui, un musicista, un animo sensibile capace di scrivere canzoni profonde e bellissime? Perché ora? Perché quando ormai non c’è più alcuna possibilità di scegliere davvero il proprio cammino, irrimediabilmente segnato, così dannatamente in bilico?

Provo qualcosa per te?

Confusa ed incapace di darsi una risposta, lei così abituata a trovare la soluzione a tutti i dilemmi della vita e a tutte le domande che la circondano, Lily apre un cassetto della sua scrivania e guarda assorta quello che ci ha nascosto dentro, nulla più che una pila di cd comprati quando ha accettato il caso di Ville, insieme ad una cartella clinica che non appartiene a nessun paziente di quell’ospedale.

Lily prende in mano il plico di fogli scritti con una grafia che non è la sua, quindi afferra un cd dalla copertina nera con sopra un disegno dorato, bello e perfetto, che cerca di decifrare: sa che è un simbolo, qualcosa che rappresenta Ville, ma dietro all’intreccio di curve e linee c’è molto di più di quello che è stato scritto su di esso e vorrebbe poterne comprendere il segreto, forse perché sa che Ville non le racconterà mai la verità celata dietro all’heartagram.

È ormai calata la sera a Philadelphia, ma Lily non torna a casa, non ancora. Casa sua è l’ospedale, vicina ai suoi pazienti e ai suoi ricordi: i suoi genitori lavoravano entrambi lì, lei ogni tanto andava a trovarli, nonostante quello non sia il posto adatto ad una ragazzina, eppure si è sempre sentita legata a quel posto, ha un valore importante per lei, continuerà ad averne, forse perché non è mai stato solo un ospedale, ma un guscio nel quale rinchiudersi nel momento di maggiore sconforto. È per questo che fatica ad abbandonarlo la sera, quando tutti gli altri medici sono tornati al calduccio delle loro case, quando ormai le visite e le terapie si sono concluse. Lei, invece, resta lì, alla ricerca del fantasma di un passato non poi così lontano da poter essere dimenticato.

Inserendo il cd nello stereo, Lily scorre l’elenco delle tracce e decide di soffermarsi su una canzone in particolare, colpita dal titolo che sembra evocare in lei sensazioni sopite, ricordi mai cancellati. La musica parte dolce, ma allo stesso triste ed intensa proprio come colui che ha scritto quella melodia. Chiudendo gli occhi, Lily si immerge in essa, si lascia trasportare dalla voce di Ville che la porta lontano nella sua memoria e nei suoi ricordi: quella sembra essere la colonna sonora della sua vita, dei suoi desideri e delle sue paure, ma quel che è davvero strano è che sembra che Ville abbia scritto quel brano proprio per lei, per quel momento in particolare.

 

No one can free you now
From the chains around your heart
Don´t be afraid now
Just dive in this emptiness
And hold your breath on your way down


È lei che sta scivolando nel vuoto, mentre si lascia trasportare dalla marea nell’attesa che qualcuno arrivi a salvarla, a portarla via da quella vita di lacrime e sogni infranti che non smette mai di farla soffrire.

Mentre ascolta quelle parole, le sue parole, Lily legge la cartella clinica che tiene ancora stretta tra le mani: non è cambiato nulla dall’ultima volta che l’ha aperta, ma ora quello che ci trova scritto sembra non fare poi così paura.

***

Quando Jasper è entrato nella stanza di Ville per portargli la cena, l’uomo ha fatto una cosa che non avrebbe mai pensato di fare, almeno non in un luogo come quello: approfittando di un attimo di distrazione dell’inserviente ha rubato le chiavi della sua prigione. Ha notato che ne ha due paia con sé e spera che questo possa ritardare il momento in cui lui scoprirà di essere stato derubato di qualcosa di cosà prezioso: ha bisogno di andare da Lily, di vederla ancora, non come paziente, ma come uomo, per capire che cosa c’è di così speciale in lei che lo fa sentire diverso.

Dopo essere stato chiuso dentro la sua stanza, Ville aspetta. Dalla finestrella della camera può notare il cambiamento di luce, lo scemare del tramonto in favore del velo oscuro della notte e quando ormai tutto il cielo è ammantato della dolce trapunta stellata, decide di agire. Forse non avrà molto tempo, forse verrà beccato subito, ma non gli importa: almeno avrà tentato e questo gli basta.

Non è mai stato tanto sicuro in vita sua. Mai una volta nella sua esistenza ha sentito di fare la cosa giusta nel momento giusto: mai, tranne questa volta. Sgusciando furtivo tra i corridoi bui dell’ospedale, Ville avanza a piedi nudi cercando di non fare alcun tipo di rumore, ma quando arriva davanti alla porta di Lily esita un attimo prima di entrare.

Sente benissimo in sottofondo le note di qualcosa di conosciuto, ma il volume è troppo basso per riuscire a distinguere chiaramente la musica ed il suono delle lacrime di Lily lo distoglie quasi immediatamente da tutto il resto.

Perché sta piangendo? Che cosa è successo? Il dolore di Lily è qualcosa di terribile per Ville che non riesce a sopportare la consapevolezza di avere la donna a pochi passi da sé, ma di non poter fare nulla per consolarla.

 

No one can hurt you now
In this haven safe and sound
Just hold your breath on your way down

This fortress of tears
I've built from my fears for you
This fortress won´t fall
I've built it strong for you

 

Le parole della canzone giungono ora chiare fino a lui come se avesse sempre saputo quali fossero, come se non avesse aspettato altro che cantare quelle parole in quel preciso istante, forse perfino creandole per quell’istante.

Ora sa che cosa deve fare e senza preoccuparsi di bussare entra nella stanza lasciando Lily senza parole, tra le lacrime. La luce soffusa della piccola lampada sulla scrivania di Lily disegna i contorni delle loro ombre che si perdono sulle pareti bianche dello studio della donna.

“Che ci fai qui?” Chiede in un sussurro nascondendo la cartella sotto dei fogli.

“Ho rubato la chiavi a Jasper” risponde lui avvicinandosi, incapace di mentirle.

“Non ti ho chiesto come sei uscito dalla stanza, ti ho chiesto che cosa ci fai qui…”

“Se ti rispondo tu mi dici perché piangi?” Ormai Ville è davanti alla donna che è rimasta seduta sulla poltrona: solo ora si rende conto di quanto quell’uomo sia bello, di quanto sia perfetta la sua anima nonostante sembri rotta e scheggiata. “Sono qui per te…” dice infine, accarezzandole i morbidi capelli castani.

“Sai, è strano: ti stavo pensando.”

“Colpa della canzone” sogghigna lui abbassando lo sguardo, come intimidito.

“No, stavo pensando a te molto prima…e la canzone è bellissima.” Afferrando la mano di Ville, Lily l’accarezza e ne traccia il profilo con le sue dita per poi legarla alla sua stretta intrecciandole in un dolce nodo.

Il cuore di Ville batte all’impazzata, mai avrebbe pensato di provare qualcosa di così forte, di così incomprensibile e di così puro solo attraverso un gesto così semplice e tenero e all’improvviso tutto quello che ha provato fino ad ora, tutto l’amore travolgente per le donne sbagliate, tutta la passione bruciante per qualcuno che non l’ha mai ricambiato, svanisce come una bolla di sapone scoppiata nel vento.

C’è solo Lily, la sua mano morbida e calda, i suoi occhi velati dalla tristezza e dalle lacrime. Solo quella donna minuta e delicata che ha smesso di essere una dottoressa, che è solo e semplicemente Lily.

Attirandolo dolcemente a se, Lily abbraccia poggiando la testa sulla pancia di Ville che ha un sussulto a quel contatto inaspettato. Accarezzandole i capelli con la mano libera, lascia che lei rimanga allacciata in quell’abbraccio dolce e delicato mentre sente le lacrime della donna bagnare la sua maglietta.

 

This fortress of tears

I've built from my fears for you
Believe me
This Fortress won´t fall
I've built it strong for you

 

Non te ne andare, resta come me...

Resterò qui con te se tu lo vorrai, per sempre… 

Mentre la canzone continua a suonare rimbalzando sulle pareti della stanza, Lily e Ville rimango fermi ed immobili in quel perfetto momento di pura complicità che nessuno di loro ha mai conosciuto prima.

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Capitolo 17
*** Capitolo 16: Heaven Tonight ***


Fermi, quasi senza respirare, Lily e Ville non osano interrompere l’incantesimo di quel magico momento che vorrebbero prolungare per l’eternità. In qualche modo, finalmente, in quell’abbraccio non si sento più soli: Lily è lì per Ville e Ville è lì per Lily, non servono parole, non servono gesti, basta solo quell’istante di pura perfezione a farli sentire bene, a farli sentire felici.

Amami Lily...
Non mi importa se sarà solo per questa notte: amami e libera la mia anima…
Fammi sentire vivo…

Con le braccia ancora strette attorno a Ville, Lily non osa muoversi: ha paura. Paura di se stessa, di quello che potrebbe fare se solo dovesse incrociare i meravigliosi occhi di Ville, paura di non potersi fermare, ma soprattutto paura di soffrire e farlo soffrire.

Le lacrime ormai si sono fermate, ma Lily aspetta in attesa di capire se sia giusto o meno chiedere a Ville di farle dimenticare tutto il suo tormento e la sua solitudine: lei si sente già appagata così, con quel semplice abbraccio, ma sente anche che il suo cuore e la sua anima vogliono di più, vogliono sentire di essere felici, perché non basta più solo una fugace sensazione di benessere.

Amami Ville…
Solo per questa notte o forse anche per le prossime mille: liberami dal mio dolore e dispiega le ali della mia anima…
Fammi volare…

“Ville io...” dice riprendendosi da quell’attimo di debolezza. Sciogliendosi dall’abbraccio e appoggiando la schiena alla poltrona, Lily guarda Ville negli occhi pur sapendo di rischiare di perdersi nel profondo di quel colore intenso ed ineguagliabile. “Non dovresti essere qui. Vieni, ti riporto in camera…”Alzandosi, Lily spegne lo stereo e prende il mazzo di chiavi che Ville ha rubato a Jasper quindi afferra la mano dell’uomo come per paura di perderlo e lo accompagna verso la sua stanza, decisa ad essere solo la dottoressa Venus, nulla di più e lo riconduce nella sua camera, imponendosi di chiudere quella porta tra loro per evitare di ingarbugliare una situazione già assurda di per sé.

Nel buio della stanzetta tutto sembra più facile, diverso, ma anche lontano e distante da quel clima di complicità che si è creato tra loro solo pochi istanti prima e Ville percepisce quel brusco cambiamento così come lo sente anche Lily.

Non può lasciarla andare, non vuole lasciarla andare. Troppo a lungo ha aspettato un momento del genere, un attimo di pace totale e sa che solo Lily è in grado di donargli quello che la sua anima agogna, quello che il suo cuore desidera.

Questa volta è lui a prendere in mano la situazione: stingendo delicatamente le dita attorno a quelle di Lily, la fa avvicinare a sé e trattenendola per un breve momento tra le sue braccia assapora il suo dolce profumo.

Lily è piccola, uno scricciolo, a malapena arriva al suo petto. Ville potrebbe tenerla nel palmo della sua mano se solo volesse, così minuta e delicata come una bambola di porcellana, fragile sì, ma anche ugualmente perfetta, come disegnata.

Chinandosi leggermente in avanti, Ville cerca le labbra di Lily che, alzandosi in punta di piedi, lo aiuta nella sua ricerca. Temeva di essere respinto, di innescare chissà quale reazione. Aveva paura di fare qualcosa di sbagliato, ma non c’è niente di sbagliato, non in quel dolce bacio che scioglie i dubbi, tutte le incertezze.

Aprendo le labbra per accogliere la lingua di Ville, Lily si lascia finalmente andare alla passione bruciante di quell’attimo di pura estasi e lascia che Ville le sbottoni la camicetta facendola cadere a terra. Al diavolo tutto quanto, la carriera, l’etica professionale, i giuramenti fatti. Al diavolo il suo voler mantenere le distanze da tutti. Per una volta, una sola volta nella vita, Lily vuole sapere cosa si prova ad essere felici ed è certa che Ville sia la sola persona capace di darle quello che cerca, non le importa se durerà solo quella notte: lo vogliono entrambi, per adesso può bastare.

Il tocco di Ville è delicato sulla sua pelle, le sue mani si muovono dolci sulla sua schiena provocandole un leggero brivido di piacere che si diffonde come fuoco in tutto il suo corpo, facendola sospirare.

Le mani di Lily sembrano non rispondere più ai comandi del suo cervello, si muovono da sole, desiderose della pelle di Ville e, quasi senza accorgersene, inizia a sfilargli la maglietta con un lento, languido gesto, lasciando che le labbra di lui si avventurino sui suoi seni, baciando la stoffa leggera del reggiseno, tanto trasparente da sembrare quasi inesistente.

“Dio mio…” sussurra, bloccandosi improvvisamente. Le sue mani si sono fermate sulla vita di Lily, le dita sembrano volerle sbottonare i pantaloni, ma Ville sa che non c’è ritorno: se glieli sfila, se solo dovesse prenderla in braccio per adagiarla sul lettino, non potrebbe più fermarsi e quel pensiero è tanto eccitante, quanto sconvolgente. Non conosce nemmeno la persona che si trova davanti, eppure la desidera come non ha mai desiderato un’altra donna. Qual è il suo potere? Dove si nasconde la sua magia?

“Va tutto bene” lo rassicura lei, chiudendo gli occhi per aderire appena un po’ di più al corpo di Ville, infreddolita e un po’ tremante per la vergogna e la paura.

Prendendo Lily per mano, Ville la conduce verso il letto: di certo mai e poi mai avrebbe pensato di fare l’amore in una stanza di un reparto psichiatrico, ma il suo cuore, la sua anima e tutti i suoi sensi gli dicono che quello sarà un momento unico ed indimenticabile, il momento per cui vale davvero la pena vivere. Quel momento tanto cercato, a lungo agognato, quello che credeva di non poter vivere, per la cui assenza era disposto perfino a morire.

Sdraiandosi, Lily appoggia la testa sul cuscino e aspetta che Ville le sbottoni i pantaloni facendoli scivolare piano sulle sue cosce, ormai frementi di desiderio e con un rapido gesto delle mani anche lei finisce quello che ha iniziato pochi attimi prima, lasciando Ville nudo e bellissimo sopra di lei.

“Sei bellissima.” Banale? Forse, ma dannatamente vero. Lily è davvero bellissima e lui non può trattenersi da quel commento. Non ha mai tenuto tra le mani qualcosa di tanto bello, si sente perfino un po’ a disagio nel trovarsi in quella situazione, ma quando lei lo invita gentilmente dentro di sé è come se tutto il resto svanisse, lasciando solo due cuori che battono impazziti al ritmo di qualcosa che non sanno se ha un nome.

È quasi come scrivere una canzone ed entrambi sanno bene che cosa vuol dire: bisogna assecondare la melodia, seguire i crescendo delle note, lasciarle correre sul pentagramma e aspettare che insieme siano in grado di creare quella magia che solo la musica è in grado di plasmare. Non hanno fretta, non vogliono averne. Questo è il loro momento, forse non ce ne sarà un altro altrettanto intenso, ugualmente perfetto ed entrambi lo vogliono assaporare fino alla fine, assecondando i movimenti l’uno dell’altra, i loro sospiri, tutti i respiri.

Abbandonandosi al piacere, lasciando alle spalle il passato ed il dolore, Ville e Lily sentono di appartenersi, di essere fatti l’uno per l’altra: non importa se la vita li ha fatti soffrire, né se il futuro si presenta ancora incerto davanti a loro, quello che conta è solo questo istante, unico, magico, perfetto, capace di unirli, di renderli completi.

Il respiro caldo di Ville accarezza la spalla di Lily che ancora lo tiene avvinto a sé, come se fosse la sua ancora, il suo appiglio capace di non farla affondare nel nero mare del dolore: non ricorda cosa stava facendo poco prima che Ville arrivasse nel suo studio, sa solo che in quel momento si sente libera, felice, in paradiso.

Ville aspetta ancora un attimo prima di abbandonare il ventre di Lily. Vuole sentirla ancora dentro il suo corpo, vuole assaporare fino in fondo quella pace e quell’estasi capace di fargli scordare le ferite del corpo e dell’anima

Baciandola sull’incavo del collo leggermente sudato, Ville sorride nel sentirsi finalmente in pace con il suo spirito, come se quegli attimi passati con Lily avessero rimesso a posto i pezzi di tutto il suo mondo interiore, come se l’avessero guarito dal male che lo divorava da dentro.

Stendendosi poi al suo fianco, si stringe a Lily per non cadere giù dal piccolo letto e lei lo accoglie nel suo caldo abbraccio passandogli la mano tra i capelli e posandogli la testa sul petto ascoltando il ritmo del suo cuore che si fa più regolare e calmo.

Stretti così, in quell’abbraccio lungo un sogno, i due si addormentano dimentichi di tutto il resto, del mondo, del dolore, delle lacrime, totalmente appagati di quel momento perfetto che ha fatto toccare ad entrambi le porte del cielo.

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Capitolo 18
*** Capitolo 17: Resurrection ***


Un camion che sbanda.
Uno schianto tremendo.
L’odore della benzina sull’asfalto.
Il sapore del sangue in bocca.
L’immagine dei volti privi di vita dei suoi genitori, intrappolati tra le lamiere della macchina accartocciata.
Le pagine di uno spartito, impalpabili ed inconsistenti, che volano via trascinati dal soffio di una brezza leggera che, oltre ai fogli, porta via anche l’innocenza dei tredici anni di Lily. 

***

Sempre quel sogno, la stessa sequenza di immagini che si affacciano nella mente di Lily, che sperava di non dover rivivere ancora una volta quel doloroso tormento.

Si sbagliava. Si sbagliava di grosso.

È come se la sua mente le impedisse di essere totalmente felice, come se il suo cuore non fosse in grado di smettere di soffrire perché abituato ad essere lacerato da quei ricordi affilati come la lama di un coltello.

Lily vorrebbe svegliarsi, ma non ce la fa perché, nonostante siano passati diciannove anni da quell’incidente, lei si sente ancora responsabile della morte dei suoi genitori: stavano andando alla sua audizione ed è stata lei ad insistere perché l’accompagnassero in macchina, se non si fosse incaponita forse ora sarebbe tutto diverso.

Non riesce a svegliarsi perché non vuole farlo: rivivere quel momento è il modo che ha trovato la sua mente per punirsi e per farle pagare quello che lei considera il suo più grande errore.

Aprendo gli occhi, Lily si abitua quasi subito alla luce lunare che filtra dalla finestra della stanza di Ville e si sofferma ad osservarlo come non ha avuto modo di fare prima, quando era la dottoressa Venus, quando lui era solo un paziente. È bello da mozzare il fiato nel petto. I suoi lineamenti, fini e delicati, lo fanno assomigliare ad un angelo, ad uno di quelli che troppo spesso smarriscono la strada, ritrovandosi a precipitare sulla terra.

Non tutti gli angeli caduti sono destinati a perdere le loro ali, la loro fulgida grazia. Forse, Ville è lì per una ragione, per alleviare il dolore di Lily, per permettere a lei di fare altrettanto, lenendo le ferite del loro spirito con la sola cosa che li accomuna davvero, la musica. Ma forse quello che è successo quella notte non è stato altro che l’ultimo, disperato grido d’aiuto di due anime che hanno vagato per troppo tempo da sole e che, una volta che si sono incontrate, non hanno potuto fare a meno di amarsi, bruciando nella passione di una notte che non dovrà mai più ripetersi per il bene di entrambi.

Amarsi…

Ville le ha chiesto di amarla e Lily non ha potuto che accettare quella richiesta, lei così disperatamente alla ricerca d’amore, il suo amore. Nonostante non lo conosca nemmeno, nonostante sia ancora così lontana dal capirlo realmente, Lily si è sentita subito schiava di quell’amore che Ville le ha offerto, così assoluto e totale, e ha fatto una scelta. Ha deciso di provarci. Ha scelto di amare, forse per l’ultima volta in vita sua.

Attimi di felicità, piccoli momenti di gioia da portare con sé prima dell’inevitabile, prima di un appuntamento che ora più che mai sente sempre più vicino: se ha imparato una cosa dalla vita è che non deve gridare troppo forte di essere felice, perché la tristezza ha il sonno davvero molto, molto leggero.

Perdonami, ti ho chiesto di amarmi e ti sto trascinando via con me…Sussurrando queste parole all’orecchio di Ville, Lily lo bacia teneramente sulla guancia lasciando cadere una lacrima sul suo viso perfetto che da addormentato, sembra non essere scalfito da nessuna preoccupazione e da nessun dolore. La notte porta con sé tante cose, anche la serenità di un viso finalmente libero dalle paure e sarebbe bello poter prolungare quelle ore notturne fino alla fine dei giorni, crogiolandosi nella perfetta illusione di un domani che non arriverà mai. Peccato che non sempre è possibile farlo.

Sgusciando fuori dalle coperte il più lentamente possibile per evitare di svegliare Ville, Lily si riveste con calma e senza fretta per paura che, una volta rimessi i panni della psicologa, tutta la passione di quella notte possa abbandonarla per sempre.

Frugando tra le tasche dei jeans recupera la chiave del pianoforte e decide che, forse, è arrivato per lei il momento di sedersi ancora a quello sgabello e di toccare i tasti di ebano ed avorio che per diciannove anni ha evitato.

Le stanze dell’ospedale sono tutte insonorizzate quindi non c’è pericolo di disturbare nessuno e sa per certo che l’infermiera di guardia per la notte sta schiacciando il suo solito pisolino, quindi si sente tranquilla, ma soprattutto pronta ad affrontare quella prova, la più difficile, ma allo stesso tempo la più importante.

Guardano ancora una volta Ville, la donna resiste all’impulso di baciarlo con passione: è così bello e tranquillo quando dorme, ha un sorriso di soddisfazione dipinto sul suo volto angelico, sarebbe un peccato svegliarlo per la voglia di un momento, così lo lascia dormire, almeno lui che sembra immune dagli incubi almeno per quella notte.

Nell’uscire, lascia la porta aperta. Sa che tornerà sui suoi passi prima della fine di quella strana, stupenda notte. Deve a Ville almeno un saluto, non può semplicemente chiudersi la porta alle spalle e far finta che non sia successo niente: qualcosa è successo e, inconsciamente, Lily spera che non resti solo una passione legata ad un momento di debolezza di entrambi. Sarebbe perfino disposta a donarsi a Ville ancora e ancora, ma questo complicherebbe molto di più le cose e ora lui ha bisogno di tranquillità di cose certe e stabili. Lily è tutto, fuorché questo.

***

Allungando il braccio verso Lily, Ville si rende subito conto che la donna non si trova più al suo fianco ed aprendo gli occhi di scatto, capisce immediatamente di non stare sognando.

L’assenza di Lily pesa sul suo cuore, mai avrebbe pensato di provare un bisogno così bruciante di averla vicino a sé, di sentire il tocco della sua pelle sotto le dita ed il suo profumo che pervade l’aria che lo circonda, che quasi si sente mancare il respiro.

È questo quello che viene chiamato amore?

Ora si rende conto di non averlo mai provato veramente, perché quella è la prima volta che sente un groviglio così intenso di emozioni capace di scuotere la sua anima addormentata: solo Lily è stata in grado di risvegliare qualcosa in lui, nessuna prima di allora era riuscita a fare tanto, neanche la donna che gli ha spezzato il cuore riducendoglielo a brandelli, portandolo più volte sull’orlo del baratro, gettandolo perfino nelle sue nere profondità.

Ripensando a lei, Ville si rende subito conto che non soffre più per quell’amore che ha portato solo dolore e follia: ormai ha perso il conto di quanti anni sono passati dall’ultima volta che ha visto Jonna, ma finalmente ricordare i momenti trascorsi al suo fianco non gli fa più male.

Lily, hai fatto un miracolo…

Vorrebbe che Lily fosse lì al suo fianco, vorrebbe baciarla ed accendersi di passione sfiorando le sue curve morbide, ma in realtà quello che gli basterebbe e potersi inebriare della sua presenza, guardarla mentre dorme o specchiarsi nei suoi occhi color ambra caramellata, così dolci e profondi da regalargli la pace. Lei, però, non è lì ed è tremendo pensare che se ne sia andata via, forse pentita di quello che è accaduto, magari perfino vergognandosi del modo in cui le loro anime si sono sfiorate.

Le note di una melodia suonata al pianoforte filtrano fin dentro la sua stanza dalla porta aperta e ora, finalmente, sa dove poter trovare l’altra metà del suo cuore.

L’altra metà del mio cuore…

Sorridendo a quel pensiero, Ville si veste in fretta e furia ed attraversa correndo il corridoio senza nemmeno preoccuparsi di infilarsi le scarpe ai piedi. Non sente freddo, non sente niente se non il suo cuore che batte all’impazzata, perché consapevole di poter rivedere la donna che ama.

Quella che si trova davanti è una vera e propria visione: è da quando ha visto sulla scrivania di Lily le sue foto con il pianoforte che cerca di immaginarsela mentre suona lo strumento, ma vederla è qualcosa di ancora più bello e sconvolgente quasi da fargli male e non osa avvicinarsi più di qualche passo per evitare di rompere l’incantesimo.

Lily è stupenda e bellissima, un vero e proprio Spirito della Musica che plasma sotto le sue dita sottili e delicate le note di una canzone, trasformandole in qualcosa di più di semplice musica: quella è arte, pura e semplice, perfetta ed inspiegabile.

Le sue mani sfiorano i tasti bianchi e neri scivolando veloci come se non avessero mai dimenticato, come se fossero nate solo per fare musica, per suonare, per rendere felici coloro che ascoltano, i suoi piedi accarezzano i pedali come se quello fosse il gesto più normale di tutti, come se stessero camminando su un sentiero di musica.

Lily ha gli occhi chiusi, ma le sue guance sono bagnate da calde lacrime che non accennano a smettere di cadere, silenziose e leggere. Non sono lacrime di tristezza, né di dolore, ma di felicità, intensa e bruciante, per aver ritrovato una parte di sé che credeva persa per sempre, ma che in realtà è sempre rimasta lì, seppellita nel profondo del suo cuore in attesa di essere risvegliata. Ed è successo. Ville lo ha fatto succedere.

Solo quando le note cominciano a scemare Ville si ridesta da quell’incantesimo e si avvicina a Lily stringendola delicatamente da dietro, senza parlare per non rompere l’ultimo residuo di magia che ancora aleggia nell’aria.

Lily si lascia cullare da quell’abbraccio e finalmente lascia esplodere tutti i suoi sentimenti in un pianto consolatore capace di lavare via tutto, le ferite del passato così come l’angoscia e la paura per il futuro.

“Sono qui per te, amore mio…” le sussurra con la sua voce calda e profonda. Sedendosi al fianco di Lily che affonda la testa nell’incavo del collo dell’uomo, Ville l’accoglie stringendola ancora più forte così da farle capire che lui c’è, che non la lascerà cadere, che non la farà annegare in quel mare di lacrime.

Ora la sua vita ha uno scopo: proteggere Lily e amarla con tutta la passione di cui è capace per farla finalmente ridere, per renderla finalmente felice.

Ha tentato il suicidio perché sentiva di non avere una missione, di non avere un obiettivo, ma Lily l’ha riportato alla vita e, anche se inconsapevolmente, gli ha fornito uno scopo per andare avanti: vivere per farla felice e soprattutto essere felici insieme…per sempre.

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L'angolo di Glendora!!!

Carissimi lettori, spero che questa storia vi stia appassionando. Ce la sto mettendo tutta per renderla affascinante, tenera, dolce, mai banale e mi auguro con tutto il cuore che tutto questo traspaia dalle parole, dalle immagini, dalle sensazioni che provo a descrivere capitolo dopo capitolo, lasciandomi spesso anche trascinare da ogni dettaglio, rischiando di perdermici dentro come spesso faccio tutte le volte che scrivo! Ho una passione per la grafica e per questa storia, ormai tantissimo tempo fa, ho creato dei piccoli progetti visuali che mi piacerebbe potervi mostrare! Per farlo non dovete far altro che passare dalla pagina facebook del mio romanzo Heartkiller : metterò lì un post speciale per voi che seguite questa fan fiction! Se vi va non esitate a seguirmi anche sulla pagina! Le storie non sono nulla senza chi legge e io ho bisogno di voi per crescere come artista, ma anche come persona! Detto questo vi auguro ancora una volta buona lettura...ci vediamo al prossimo capitolo!

Dora

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Capitolo 19
*** Capitolo 18: Baudelaire in Braille ***


“Sai…non sono mai riuscita a suonare questo pezzo a nessuno.”
 
“L’hai scritto tu?”
 
“Sì, diciannove anni fa.”
 
“Perché non l’hai mai suonato?”
 
“I miei genitori sono morti mentre mi accompagnavano all’audizione per il conservatorio. C'era un'audizione, i candidati dovevano proporre un brano composto da loro, io avevo preparato questo...ho smesso di suonare quello stesso giorno e ho creduto di non esserne più in grado. Forse speravo perfino di non esserne capace.” Ancora abbracciati l’uno di fronte all’altra sullo sgabello davanti al pianoforte, i due parlano sussurrando, avvolti dal buio della stanza che sembra proteggerli da ogni cosa e rende più facile confidare segreti celati per troppo tempo. “C’era il sole, ma non faceva troppo caldo, ricordo un venticello fresco che mi scompigliava i capelli e il mio nervosismo per l’audizione imminente; quel pomeriggio sarebbero venuti tutti a sentirmi suonare, i membri più autorevoli del conservatorio di Filadelfia sarebbero stati in prima vila e io non volevo deludere nessuno…”
 
“Quanti anni avevi?”
 
“Tredici…”
 
“Bè, è normale che fossi agitata.”
 
“No, non era proprio agitazione, più un campanello d’allarme: sentivo che c’era nell’aria qualcosa che non andava, come un brutto presentimento, ma anche mia mamma ha dato la colpa all’audizione e ho smesso di farci caso” spiega, con una punta di rammarico nella voce, ancora convinta che, se avesse dato retta al suo presentimento, forse le cose sarebbero andate diversamente. “Avevo un vestito rosso che i miei mi hanno regalato per l’occasione. Adoravo quel vestito! Lo avevo intravisto giorni prima in una vetrina e non immagini la sorpresa nel vederlo in camera mia quella mattina: non ho mai chiesto loro come facessero a sapere quanto mi piacesse…” Lily parla senza sosta, incapace di trattenere i ricordi, desiderando raccontare finalmente a qualcuno quella storia che nessuno conosce nei minimi dettagli. Solo Connor sa. Dopo anni di terapia è riuscito a strapparle quella confessione, ma Lily vuole poter essere sincera con Ville, forse perché spera che anche lui lo sia. Quello che è successo tra loro non ha certo cambiato le cose, forse le ha rese più profonde, molto più personali, ma Lily vuole sempre salvarlo, vuole essere una brava psicologa e vuole mostrargli che esiste sempre qualcosa per cui vale la pena vivere, anche se magari non sempre è qualcosa di palese o evidente.
 
Mentre racconta, Ville cerca di immaginarsela con quel vestito, i capelli raccolti, il sorriso felice e allo stesso tempo teso di chi non riesce a trattenere l’emozione per un avvenimento importante. Doveva essere bellissima anche allora, pensa tra sé e sé accarezzandole dolcemente la schiena per farla rilassare, ricordandole con quel tocco che è lì, accanto a lei.
“I miei genitori lavoravano qui. Mio padre era il primario, mia mamma invece una psicologa esperta in terapia della musica. Questo pianoforte l’ha messo lei qui: diceva che la musica per i pazienti è qualcosa di magico, un’esperienza capace di oltrepassare le barriere del dolore per arrivare dritta al cuore.”
 
“Tua madre era una donna molto saggia.”
 
“Lo diceva anche papà! Non ho mai visto due persone tanto diverse, ma così innamorate: lui riusciva a capirla al volo, sembrava che riuscisse a leggerle nel pensiero. Si sono tenuti per mano fino alla morte, mentre sussurravano il mio nome.” L’immagine dei genitori intrappolati nell’abitacolo della macchina si delinea vivida nella mente di Lily che non riesce a reprimere un brivido subito percepito da Ville che immediatamente la stringe più forte a sé.
 
“Non sei obbligata a raccontarmi questa storia, lo sai vero?!”
 
“Lo so, ma ho davvero bisogno di raccontartela…” risponde rimanendo immobile tra le braccia di Ville.
 
“E io ti ascolterò, fino alla fine.”
 
“Non mi ricordo bene dell’incidente, ma c’è un momento, appena prima di addormentarmi, in cui tutto diventa più chiaro e nitido e a volte ho paura di chiudere gli occhi perché non ho la forza di rivivere ancora tutto questo. Non riesco a smettere di sognarli. Di sognare quel momento. Sono stata ricoverata qui, sai? Per un periodo sono stata anche io una paziente…e ancora oggi ho quell’incubo dal quale fatico a svegliarmi.”
 
Ville non indaga su quella rivelazione che Lily lascia cadere leggera come un soffio di vento. Capisce che non è ancora pronta per dirgli il motivo per cui è stata ricoverata in quell’ospedale, ma chi non impazzirebbe di dolore nell’assistere alla morte dei propri genitori? È sicuro che Lily abbia trovato nel Sant’Agnese un rifugio dal suo dolore, un luogo protetto nel quale combattere contro quei tremendi incubi, ma qualsiasi cosa sia successa durante quella degenza non sono affari di Ville. Quando vorrà sarà lei a dirgli tutto, lui può aspettare.
 
“Se avrai paura puoi contare su di me. Non sei sola, ci sono io…ti sveglierò io dai tuoi incubi.”
 
Quelle sono le parole più belle che Lily abbia mai sentito ed il suo cuore manca un battito nel sentirle pronunciare da Ville, da quella sua voce bassa, ma potente, capace di entrarti dentro imprimendosi come un tatuaggio nella pelle.
 
“E tu? Tu ti senti ancora solo?” Chiede lei mettendogli la mano sul cuore, stringendo leggermente un pezzo di stoffa della sua maglietta. Sa perfettamente come deve essersi sentito Ville, privato in un sol colpo degli affetti, della musica ed anche della sua identità: lei ci è passata molto tempo prima e ripensare a quella solitudine le fa ancora male, non crede sia molto diverso per lui. Dopotutto è fragile e sensibile, difficilmente una persona così può abituarsi ad una situazione del genere.
 
“No. Non ora. Non questa notte.”
 
Bastarsi a vicenda: ecco perché si sono incontrati, per appagare quel profondo senso di solitudine che non ha mai dato loro tregua. Ville ha un pezzo del cuore di Lily e lei sente di possedere lo stesso, identico pezzo dell’anima di lui. È quasi piacevole pensare di essere finalmente completi dopo tanto tempo, anche se mai avrebbe creduto di poter provare quella strana, piacevolissima sensazione. Da tanto tempo Lily ha smesso di cercare quel pezzettino di sé, ma ecco che è arrivato Ville e tutto è andato al proprio posto, con una naturalezza così estrema da lasciarla quasi senza fiato.
 
“Ho aspettato così tanto che tu arrivassi…”
 
“Ti ho aspettato tanto e finalmente eccoti qui, mia Venere del Destino.”
 
“Ci credi? Credi davvero nel destino? Nelle coincidenze?” Domanda lei all’improvviso, come scossa da quelle parole.
 
Sciogliendo l’abbraccio, Ville inizia a tirarsi su la manica destra della t-shirt grigia e mostra alla donna il tatuaggio presente nell’incavo del braccio, un intreccio di simboli stilizzati che sembrano non avere senso, ma che in realtà Lily sa bene cosa significano perché ci vede il suo cognome, più che un chiaro segno del destino.
 
“È impressionante vedere tatuato il proprio cognome sulla pelle di un’altra persona!” Esclama incapace di trattenersi dal toccarlo appena.
 
“Come fai a sapere quello che c’è scritto?” Chiede lui sinceramente stupito.
 
“Ho fatto i compiti” scherza, abbozzando un sorriso e mentre continua ad accarezzalo, si imbatte in un altro tatuaggio, appena più in basso, la cui scritta però, è davvero indecifrabile. “Che cosa c’è scritto qui?” chiede indicandolo con la punta del polpastrello.
 
“La mia risposta alla tua domanda: c’è scritto Baudelaire in braille.”
 
“Perché scriverti il nome di uno scrittore in braille? Lo sai leggere?” Domanda curiosa, inarcando un sopracciglio con una punta di dubbio.
 
“No, ma è proprio questo il punto! Per me l’amore e la vita in generale, sono come leggere Baudelaire in braille: sai che sono le poesie di un autore che ami, ma non sapendo leggere il braille, non le riesci a comprendere nonostante tu le riconosca.”
 
Lily capisce benissimo quello che Ville vuole dirle: il loro incontro, la loro passione, il loro amore così dirompente e bruciante, sbocciato così all’improvviso quasi dal nulla, è come una poesia di Baudelaire scritta in braille. Non riescono a comprendere il pieno significato di quel legame intenso che si è creato tra loro, ma nonostante tutto provano comunque a leggere le trame che il destino sta tessendo per loro.
 
“Venus Doom e Baudelaire in braille! Mi piace…” sorride guardano Ville negli occhi.
 
Allungandosi verso il braccio di Ville, Lily bacia i tatuaggi, scritte che ora hanno un significato ben più profondo di quanto chiunque possa pensare, segni che in qualche modo li legano in modo indissolubile, come se il Destino avesse sempre saputo che un giorno si sarebbero incontrati.

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Capitolo 20
*** Capitolo 19: Love in Theory and Practice ***


La luce del mattino nascente inizia a farsi largo nel velo della notte, illuminando con i suoi colori pastello le grigie pareti dell’ospedale rendendolo quasi un palazzo incantato, un luogo non di disperazione, ma d’amore e magia.

“Ora che facciamo?” Chiede Ville, spaventato che il nuovo giorno possa far sparire l’incanto di quella magica notte.

“Io farò la psicologa e tu farai il paziente…almeno finché la notte non verrà in nostro soccorso…” propone Lily, con un filo di malizia nella voce.

“Vivrò nell’attesa della notte, te ne rendi conto?”

“Povero il mio Romeo.”

Guarda, amore, come quelle strisce di luce invidiose della nostra gioia, cingono di una frangia luminosa le nubi che si disperdono laggiù nell'oriente; i lumi della notte si sono spenti a poco a poco, e il dì giocondo si affaccia in punta di piedi sulle nebbiose cime delle montagne…

“Oh, bene, anche le citazioni poetiche adesso! Che bravo!”

“E non so solo Shakespeare” si vanta lui, mentre il suo volto si illumina di gioia nel vedere il sorriso divertito di Lily.

Per la prima volta dopo anni, la donna si sente veramente bene, come non le è più capitato da quando sono morti i suoi genitori: il suo cuore si era come congelato, ma ora finalmente la primavera è arrivata a sciogliere quel freddo tremendo che sembrava destinato a non finire mai.

“Bè, certo che no. Saprai Baudelaire e probabilmente anche Poe!”

“Mi spieghi come fai a sapere tante cose di me?”

“Te l’ho detto: ho fatto i compiti! Non puoi immaginare quante cose si trovino su internet digitando Ville Valo. Non so se te ne sei mai reso conto, ma sei molto famoso.”

Scompigliandoli i capelli e baciandolo sulla punta del naso, Lily si alza dallo sgabello e porge la mano a Ville che la stringe forte baciandola teneramente.

“Che galante.”

“Scommetto che questo non c’è su internet.”

“No, in effetti no: sono tutti abbastanza concordi nell'affermare che sei un tipetto piuttosto scontroso, a volte perfino poco gentile. Forza andiamo prima che arrivino gli altri!”

Mentre Ville la segue con la mano ancora intrecciata a quella di Lily, pensa a come le cose possano cambiare da un momento all’altro: solo quattro giorni prima si sentiva solo, disperato, pronto a morire perché non riusciva a sopportare la sua esistenza così effimera e fasulla, ora invece si sente felice, appagato, ma soprattutto innamorato, della vita e di Lily.

“A cosa stai pensando?” Chiede lei notando lo sguardo distratto di Ville mentre rientra nella sua stanza.

“Mi piacerebbe che questa notte non finisse mai. Dici che possiamo chiedere al sole di sorgere, che so, fra un paio di millenni?”

“Ma certamente! E mentre tu discuti con lui, io andrò a casa a fare una doccia!”

“Posso venire con te?” Chiede con uno sguardo carico di desiderio. Arrossendo leggermente alla richiesta, Lily si avvicina lentamente a Ville poggiando la bocca nell’incavo del suo collo mentre una piacevole scarica elettrica attraversa veloce la schiena dell’uomo. “Lo prendo per un sì?”

“Una parte di me ti farebbe uscire subito, l'altra, quella della psicologa, sa che non è ancora arrivato il momento: ci sono lezioni da imparare e io devo accertarmi che tu riesca ad afferrarle tutte quante o sarà stato tutto inutile e vano.”

“Bè, ci ho provato.” Accarezzando la schiena di Lily, Ville cerca di trattenere con sé il suo piccolo corpo: non vuole che vada via, non vuole essere lasciato da solo. È la stessa sensazione che ha provato la prima volta che Lily ha suonato per lui, quando con i soli semplici accordi fatti alla chitarra, gli ha regalato la sua prima canzone che gli ha aperto anima e cuore facendolo volare. "So quello che ho fatto, Lily. Non pensare che me ne sia scordato, ma ho intenzione di espiare le mie colpe, tutte quelle che ho accumulato negli anni e lo farò grazie a te. Ti dimostrerò che vale la pena fidarsi di me, provarci con me." Aggiunge, convinto che riuscirà in quell'impresa che, solo un giorno fa, gli sembrava perfino impossibile da realizzare.

“Non ti lascio solo, se non vuoi” sussurra intuendo i suoi pensieri.

“Come fai a leggermi dentro, me lo dici? Non credo che questo ci sia sui milioni di siti che mi riguardano.”

“Milioni? Non ti sembra di esagerare?” ride lei sedendosi sul letto ed incrociando le gambe.

“Hai detto che sono molto famoso” sottolinea lui sedendosi vicino a lei nella medesima posizione.

“Uh, ho detto così?” scherza divertita.

“Se non mi fossi innamorato di te, mi avresti offeso a morte con le tue risate!”

Innamorato, Ville si è innamorato e ora ne ha l’assoluta certezza: Lily sa quanto siano sincere le sue parole, perché è più facile dire ad una persona che la sia ama mentre i propri corpi sono stretti e legati dal piacere e dalla passione che aprire il proprio cuore così, mentre si scherza e si ride.

Quelle non sono semplici parole di circostanza, dette a qualcuno in un momento di forte coinvolgimento emotivo, quelle sono parole che vengono dal cuore, uscite dalla bocca di Ville perché sente davvero di provare qualcosa di importante per Lily e questo spaventa la donna che non vuole farlo soffrire.

“Davvero?” Domanda lei, questa volta seria.

“Che mi sarei offeso a morte? Certo! Sono piuttosto permaloso.”

“No, che ti sei perdutamente innamorato di me…”

“Sì… perdutamente, profondamente, indiscutibilmente, categoricamente, teoricamente e praticamente…”

“E non hai paura che ti possa far soffrire? Insomma, è successo tutto così all’improvviso.”

“Al momento riesci solo a rendermi felice e mi importa solo questo.”

“Ma non sai niente di me, non mi conosci…”

“So quanto basta per essere certo che tu sia una persona speciale.” Ville guarda Lily negli occhi cercando di capire quello che la preoccupa, ma non riesce a vedere nulla a parte un leggero panico che sembra sconvolgere la donna impedendole di lasciarsi andare completamente.

“Credevi che anche le altre fossero speciali, ma ti hanno fatto soffrire e so per certo che è colpa di una di loro se hai fatto quello che hai fatto.”

“Qual è il problema Lily?” Chiede allora Ville mettendosi sulla difensiva.

“Il problema è che non voglio farti male e ho paura, Ville, una fottuta paura di darti l’ennesima pugnalata in pieno petto proprio mentre stai riacquistando fiducia nelle persone e nell’amore.”

“Ehi, ma che stai dicendo? Di cosa hai paura? Pensi che a questo punto possa cambiare qualcosa? Ormai mi hai stregato, Lily, mi hai rubato l’anima e non sarà certo l’eventualità di una possibile delusione a farmi smettere di amarti.”

“Allora promettimi una cosa.”

“Tutto quello che vuoi.”

“Prometti che qualsiasi cosa dovesse succedere, anche la più terribile, la più sconvolgente, la più terrificante, tu non smetterai di credere nell’amore.”

“Non capisco…”

“Ti prego, promettimelo. Non hai bisogno di capire, solo di ricordarti queste parole.” Con gli occhi lucidi di chi lotta contro le lacrime per evitare di piangere, Lily guarda Ville con tutta la forza e la risolutezza di cui è capace perché è solo attraverso quella promessa che lei sarà in grado di lasciarsi andare all’amore che la lega all’uomo. “Se davvero mi ami e se vuoi che io riesca ad amarti senza paura, devi giurarmi che non smetterai di credere in questo sentimento, che non farai pazzie o sciocchezze.”

“Ok, va bene. Se questo serve a farti stare tranquilla, allora te lo prometto: ti giuro su tutto ciò che vuoi che qualsiasi cosa dovesse succedere non smetterò di credere nell’amore e ti giuro che non farò pazzie o sciocchezze. Adesso, però, basta lacrime, ok?!”Asciugando con il polpastrello una lacrima sfuggita al controllo di Lily, Ville la bacia sul viso e la stringe forte come per farle capire che ha preso davvero sul serio quel giuramento.

Non capisce il perché di quella reazione, ma sa che per Lily era importante sentirselo dire e non ha esitato un solo minuto a fare quella promessa: se gliel’avesse chiesto si sarebbe buttato anche nel fuoco per lei.

“Mi sono innamorata anche io. Ti amo…in teoria e in pratica…”

“Volevo sentirmi dire solo questo!” Stringendosi forte all’abbraccio di Ville, Lily abbandona finalmente le ultime vestigia di autocontrollo che si era imposta di mantenere, tanto ormai non ha più senso fingere che non ci sia qualcosa tra di loro, perciò tanto vale viverlo appieno.

Lo ama.

Lo ama così profondamente da essere anche disposta a mettere da parte le sue paure e le sue angosce pur di riuscire a far funzionare quella relazione, nata in un luogo dove l’amore sembrava essere sparito per sempre.

Forse basta solo l’amore per ribaltare i pronostici già stabiliti da un destino che si diverte a prendersi gioco delle persone e dei loro sentimenti: se il loro amore sarà abbastanza forte, magari sarà anche in grado di sconfiggere perfino la morte.

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Capitolo 21
*** Capitolo 20: Strange Events ***


26/4/2010
 
È passato un mese da quando Lily mi ha chiesto di prometterle che non smetterò mai di credere nell’amore e da quel giorno non abbiamo più parlato di questa cosa: forse era solo spaventata o forse voleva solo essere sicura di…in realtà non so bene di che cosa, ma l’importante è che non sembra aver più dubbi riguardo a quello che c’è tra noi.
 
Un mese.
Solo un mese, ma è come se la conoscessi da una vita intera.
Sto seriamente pensando che lei sia la persona giusta, la donna con la quale passare il resto della mia vita ed è bizzarro che io sia qui a scrivere questa cosa su un diario, quando l’unica cosa che vorrei fare è chiamare Migè e gli altri per dire loro che mi sono innamorato.
 
Mi mancano. Mi mancano tremendamente e in un modo che non credevo possibile, ma capisco il perché della loro scelta di sparire o, meglio, di farmi sparire dalle loro vite. Sono stato uno stronzo egoista e mi merito di essere trattato così, anche se non posso fare a meno di pensare che, nel momento più felice della mia esistenza, la mia famiglia non può condividere con me tutta la gioia che provo nel profondo del mio cuore.
 
Devo chiedere a Lily se può fare qualcosa per questa situazione…

Lei dice che sto migliorando, che la terapia funziona, ma credo che l’unica terapia di cui ho bisogno sia lei, la mia Venere del Destino: sono i suoi occhi color ambra liquida a darmi la forza per andare avanti ed è il suono della sua voce quando mi parla a farmi sentire bene nonostante, a volte, percepisco ancora la morsa di catene invisibili che mi tengono legato in questo posto senza lasciarmi libero di dire a tutti quando ami la mia Lily.

Mia. Lei è mia, un po' come la musica che ho sempre saputo appartenere al mio cuore, alla mia anima. Lily mi appartiene, è il mio mondo e chissà, se sono così fortunato forse anche lei pensa le stesse cose di me, anche se è molto brava a mantenere i ruoli, a non lasciarsi sfuggire quello che c'è tra noi. Di certo è molto più brava di me.
 
È un’agonia non poterla sfiorare alle sedute di gruppo. Uno strazio saperla così vicino a me e non poter allungare la mano per scostarle un boccolo ribelle dalla spalla, o per accarezzare il suo viso di porcellana. Lei sa che non riesco a fingere e trova sempre un modo per placare i tremiti del mio cuore: una parola gentile, un sorriso solo per me, un leggerissimo e innocente contatto mascherato a regola d'arte. Senza nulla di tutto ciò sarei davvero perso, ma lei arriva sempre a salvarmi, proprio come ha fatto dal nostro primo incontro.
 
Fortunatamente, però, dopo il giorno arriva sempre  la notte e quando lei entra nella mia camera è come se il vento della Finlandia soffiasse dentro alle quattro pareti che mi imprigionano e finalmente mi sento a casa.
 
Mi manca anche la Finlandia…

Ogni tanto Lily mi chiede di raccontarle qualcosa di Helsinki e io cerco di trovare delle storie che le facciano capire quanto sia bella la mia terra: un giorno la porterò a Helsinki e la pregherò di rimanere lì con me, per sempre.
 
Ci sono delle sere in cui cantiamo: lei mi accompagna alla chitarra e io le improvviso un concerto acustico solo per poterla vedere sorridere, per assaporare la sua gioia tutte le volte che prende in mano lo strumento. Non lo ammetterà mai, ma so che le manca suonare…forse questa è l’unica ferita che non sono in grado di guarire, o almeno non del tutto.
 
Lily aveva ragione…ancora una volta!

Scrivere su questo diario è terapeutico: mi sento un completo idiota, ma è terapeutico davvero…
 
 
9/5/2010
 
Oggi sono successe diverse cose strane. Questa mattina mi sono svegliato con la consapevolezza che questo sarebbe stato il mio ultimo giorno in America, se avessi iniziato il tour: questa sera sarebbe stato l’ultimo concerto americano e poi saremmo tornati a casa tutti insieme…chissà cosa stanno facendo Migè, Linde, Burton e Gas…
 
In tarda mattinata Katherine è venuta da me e mi ha messo in mano la chitarra. Non mi ha detto nulla, ma ormai la capisco benissimo e ho suonato per lei. Chissà come mai ha fatto così…a volte sembra capire le persone solamente osservandole attraverso quei suoi grandi occhi capaci di far cadere le barriere dell’anima. Vorrei sapere cosa vede, ma allo stesso tempo ho paura di scoprire quello che scorge quando mi guarda. Però avevo bisogno di suonare e lei lo sapeva. È venuta ad aiutarmi.
 
La cosa più strana di tutta la giornata, però, è stata l’assenza di Lily. Non era al mio fianco al risveglio, mi saluta sempre prima di andare via, ma oggi non è successo e non l’ho più vista…

Non mi piace. Non mi piace per niente. Mi sento vuoto senza di lei e ho paura che anche Jasper se ne sia accorto: mi guarda in un modo strano, come se fosse un uccello rapace pronto a divorare la sua preda quando meno se l’aspetta e i suoi sentimenti verso Lily lo rendono più ricettivo riguardo ad ogni cosa, come se sapesse, come se non aspettasse altro che smascherarmi per farmi andare via da qui, magari in un’altra struttura, lontano da lei.
 
Ho fatto la seduta con Connor McRabbitt e poco c’è mancato che non gli rivelassi tutto. Non sono riuscito a trattenermi, ho fatto troppe domande su Lily, sul perché della sua assenza, sul fatto che lui dovrebbe sapere dove si trovi dato che è praticamente il padre adottivo e l’ho insospettito. Anche se non mi ha detto nulla, ho capito che andrà in fondo a questa cosa perché non è normale che un paziente sia così insistente riguardo la vita privata della sua dottoressa. A meno che il suddetto paziente non sia totalmente pazzo…
 
Lily dove sei? C’è qualcosa che non va…ho uno strano presentimento…
 
***
 
“Ville?! Ville, respira. Ti prego.” Con la mano posata sul petto di Ville che si muove su e giù in modo spasmodico, Lily lo scuote dolcemente, mentre con l’altra gli accarezza il volto madido di sudore. “Ville, mi senti?” Respirando a fatica, Ville rantola un sì sommesso mentre apre gli occhi per essere certo di non essersi immaginato la voce di Lily
 
Posandogli sul viso una mascherina dell’ossigeno, Lily fa in modo che Ville respiri il più regolarmente possibile e mentre il petto dell’uomo inizia ad alzarsi ed abbassarsi in modo via via più normale, sente che anche il suo cuore spaventato ritrova il giusto ritmo.
 
“Mi hai fatto prendere un colpo, ti senti bene?”
 
“No, ma potrebbe andare peggio. Almeno ora sei qui.”
 
“Che cosa è successo?”
 
“Sono asmatico…” brontola come scusa.
 
“Ma guarda, davvero?! Lo so che sei asmatico, ma questo mi sembra più un attacco di panico, che altro. Che stavi facendo prima di sentirti male?” Indicando con il dito il diario caduto a terra, Ville spiega a Lily che lo stava aggiornando quando ha iniziato a sentire il respiro farsi sempre più corto. “Posso leggere?” Chiede, ben consapevole del fatto che quel diario è solo ed unicamente di Ville e che quindi solo lui può darle il permesso di sfogliare le pagine dei suoi pensieri.
 
Annuendo, Ville prende una grossa boccata d’ossigeno dalla mascherina in attesa della reazione di Lily che sa che arriverà molto presto, non appena si renderà conto del motivo della sua agitazione.
 
Inginocchiata sul pavimento, Lily legge solo l’ultima pagina del diario che porta la data di quel giorno, quindi lo richiude per metterlo sul tavolino. Dal suo sguardo Ville capisce che è leggermente arrabbiata, anche se tenta di non darlo a vedere.
 
“Sei un cretino…” dice seria, sedendosi ai piedi del letto.
 
“Scusa.”
 
“Scusa un cavolo! Ti rendi conto che ti è venuto un attacco di panico perché non sapevi dov’ero?”
 
“Sì…” risponde lui, abbassando gli occhi. Il suo respiro ormai è tornato regolare e il senso d’oppressione che gravava sul suo petto sembra solo un lontano ricordo, ma Lily è seriamente preoccupata per la salute di Ville, relegato da troppo tempo tra quelle quattro mura capaci di far stare poco bene anche chi è sano come un pesce.
 
“Ti senti meglio?”
 
“Sì, ora sì. Scusa Lily, mi dispiace davvero. Non era mia intenzione spaventarti.”
 
“Lo so, ma lo sai che non devi preoccuparti” sforzandosi di sorridere, Lily appoggia la mano sulla gamba di Ville accarezzandogliela piano.
 
“Ho passato l’intera giornata a chiedermi dove fossi e più me lo domandavo, più mi sentivo male. So che hai le tue cose da fare e che io non sono il tuo solo paziente, però…insomma…non mi piace quando non ci sei. Ecco, l’ho detto.”
 
Scivolando sopra le lenzuola ed andandosi ad accoccolare vicino a Ville, Lily lo abbraccia per fargli capire che in realtà non ce l’ha affatto con lui, ma che si è solo spaventata nell’averlo trovato ansimante nel letto.
 
“Dovremmo uscire un po’ da qui, che ne dici? Se riesci a distrarti un pochino, magari non vai in iperventilazione tutte le volte che non mi vedi!”
 
“E dove vorresti portarmi?” Chiede togliendosi la mascherina, ormai inutile.
 
“Dalla finestra non si vede, ma attorno all’ospedale c’è un gran bel parco e ai pazienti è permesso trascorrere lì il tempo quando non ci sono le sedute. Magari un po’ d’aria e qualche raggio di sole ti farebbero bene.”
 
“Sole?!”
 
“Sì! Hai presente quella sfera luminosa nel cielo che si vede di giorno?”
 
“Oh sì, credo di aver capito ora! Pensi che potrebbe davvero farmi bene? Non è che mi sciolgo? Dopotutto sono una creatura della notte!”
 
“Non permetterei mai al sole di scioglierti. E poi possiamo sempre metterci sotto un albero, sono quasi tutti in fiore! A me interessa solo che tu veda un po’ di luce naturale invece che questi neon.”
 
“Lo sai che Valo significa luce in finlandese?!” Dice lui orgoglioso, voltandosi a guardare Lily che finalmente sorride da dietro un'espressione stanca e provata, che proprio non si addice al suo bel viso.
 
“No, ecco una cosa che non sapevo! Ti manca tanto la Finlandia?” Chiede iniziando a giocare con una ciocca dei capelli di Ville che si stanno facendo più lunghi.
 
“Sì, molto. Oggi mi è mancata particolarmente, ma solo perché non c’eri tu a farmi compagnia.”
 
“Garda che non devi mentire, è naturale che ti manchino la tua casa, i tuoi amici, i tuoi affetti e io non mi offendo mica se mi dici che vorresti tornare a Helsinki con il primo aereo, se ci fosse la possibilità.”
 
“Tu verresti con me, vero?”
 
“Certo che verrei con te! Verrei con te anche in capo al mondo se me lo chiedessi!” Baciandolo tra il collo e l’orecchio, Lily sente un leggero sussulto di Ville che sta reprimendo con tutta la sua forza di volontà i mille sentimenti contrastanti che gli invadono il cuore: Lily sa bene che per lui è difficile dover star lì senza il conforto dei suoi amici più cari e si sente davvero uno schifo pensando che lui crede ancora che loro siano in collera per quello che ha fatto.
 
“Lily, dove sei stata oggi?” Ha finalmente il coraggio di chiederle, domandandoglielo con un sussurro timido, quasi si vergognasse della sua curiosità.
 
“Convegno! Un convegno mortalmente noioso! Tecniche di approccio con bambini che hanno subito traumi nei primi dieci anni di vita. Domani c’è il bis, ma sarà solo in mattinata, quindi ti lascio solo per poco.” Appoggiando la testa sul petto di Ville, Lily sospira come se raccontargli tutto quello che ha fatto le costasse fatica. È stanca, tanto stanca, quella giornata sembra non dover finire mai, ma non è certo colpa del convegno se sta così. Si è inventata di sana pianta una bella bugia per spiegare un’assenza altrimenti non giustificabile in un altro modo, ma anche mentire è sfibrante.
 
“Ti senti bene?” Chiede preoccupato, girandosi sul fianco per guardarla meglio.
 
“Sì, perché?”
 
“Mi sembri strana, sei sicura che sia tutto ok?”
 
“Sono solo un po’ stanca, tutto qui. La colpa è anche di una certa persona che mi fa spaventare a morte inscenando attacchi di panico travestiti da asma!” Sforzandosi di sorridere e di mantenere un atteggiamento il meno sospetto possibile, Lily dà a Ville un bacio a fior di labbra nel tentativo di tranquillizzarlo, anche se sa di non essere stata troppo convincente.
 
Appoggiando le labbra sulla fronte della donna, Ville si accorge che è un po’ calda. Ora ha la certezza assoluta che qualcosa non va, ha avuto quella brutta sensazione per tutto il giorno e quello strano peso sullo stomaco continua a metterlo in guardia anche ora, facendo trillare in modo fastidioso un campanellino d’allarme.
 
“Hai la febbre? Sei un po' calda” constata, appoggiandole la mano sulla fronte.
 
“No, non credo. Però hai la mano fresca, non spostarla” sussurra lei avvinghiandosi ancora di più a Ville, il cui corpo assomiglia ad un piccolo frigorifero portatile.
 
Poggiandole anche l’altra mano alla base del collo, Ville cerca di capire il motivo di quella strana spossatezza che ha colto Lily all’improvviso, ma decide di lasciarla riposare vedendo che si è profondamente addormentata tra le sue braccia: qualsiasi cosa sia può aspettare domani e di sicuro se Lily dice di non preoccuparsi, allora forse dovrebbe fidarsi delle sue parole.
 
“Buonanotte piccola mia…” le augura teneramente, beandosi della sua presenza al proprio fianco, in quella notte che è ancora tutta per loro.

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Capitolo 22
*** Capitolo 21: Bittersweet ***


“Buongiorno!” La voce di Lily ha qualcosa di diverso, sembra più serena, più rilassata e sul suo volto sembra non esserci traccia delle ombre che Ville aveva notato la notte prima.

“’Giorno. Come ti senti oggi?” L’alba sta inondando di luce la stanza, è piacevole svegliarsi con quel bagno dorato che rende tutto più bello, degno di essere vissuto, ma il pensiero di Ville è tutto rivolto a Lily che, però, sembra essersi ripresa.

“Molto meglio. Ero solo tanto stanca, avevo bisogno di una bella dormita, tutto qui.”

“Dici che sono troppo apprensivo?”

“Giusto un po’, però mi piace! È da tanto che qualcuno non si occupa di me in questo modo, è dolce da parte tua.” Sedendosi a cavalcioni su di lui e premendo le sue labbra contro quelle di Ville, Lily inizia a baciarlo e subito l’uomo le mette le mani sui fianchi iniziando ad accarezzarla dolcemente attirandola verso di sé. “Ville non possiamo…” mormora, provando a divincolarsi.

“Oh sì che possiamo, è ancora presto” ride lui di rimando, mentre le sue mani scivolano sempre più in basso.

“Sei incorreggibile. La prossima volta prima di salutarti ti incateno al letto!”

“Oh sì, belle le catene. Non ti facevo così trasgressiva!” Risponde con uno sguardo che dice tutto.

“Ora ho capito perché sei ricoverato qui: sei completamente pazzo!” Anche Lily sorride e lo bacia, passandogli le mani sotto la maglietta per sentire sui suoi palmi il contatto con la pelle perfetta di Ville, intervallata dalla filigrana sottile dei tatuaggi che le accarezzano i polpastrelli.

“Su questo non ci sono dubbi: sono pazzo d’amore!”

“Temo non ci sia una cura per questa malattia, Mr. Valo” lo avvisa lei mordicchiandogli l’orecchio.

“E chi ti ha detto che voglia essere curato? Sto così bene.”

“Ah bè…se la mettiamo così…”

Tutte le mattine Lily si sveglia in quella stanza, bacia Ville per salutarlo prima di andare via e rivestire i panni della psicologa, ma immancabilmente quei baci e quelle carezze si trasformano sempre in piccoli momenti d’estasi capaci di accompagnare i due per tutta la giornata, appagando il bisogno che l’uno ha dell’altra in attesa di poter di nuovo stare insieme, senza finzioni o barriere, durante la notte.

Quel giorno, però, fare l’amore con Ville ha qualcosa di diverso, un sapore agrodolce per Lily che mentre lascia entrare l’uomo dentro di lei, pensa alla giornata che dovrà affrontare senza il minimo sostegno e senza l’appoggio di quella persona speciale che le sussurra all’orecchio tutto il suo amore.

Il piacere esplode in entrambi i loro corpi facendoli fondere insieme in quella magica alchimia che fin da subito sono stati capaci di creare e Lily cerca di imprimere dentro di sé ogni più piccola sensazione capace di darle forza una volta uscita da lì.

Le pareti della stanza si infiammano della luce del mattino che filtra dalla piccola finestra andando ad avvolgere i corpi ansimanti e nudi di Lily e Ville, ancora impegnati in quella danza di passione e sentimento capace di unire le loro anime.

“Un giorno o l’altro ci beccheranno. Saremo così concentrati su noi stessi da non accorgerci che il solo è già alto nel cielo. Fortuna che le stanze sono insonorizzate!”

“E ti darebbe fastidio? Intendo, essere scoperta…” chiede Ville guardandola negli occhi.

“No, per niente. Mi piacerebbe poter gridare al mondo intero che ti amo.” Poggiandosi sul fianco e tenendosi la testa con la mano, Lily passa l’altra sul viso di Ville e lo accarezza con dolcezza scostandogli i boccoli che gli cadono sulla fronte imperlata di sudore.

“Sono più belli lunghi, sai?!” dice arrotolandosi una ciocca attorno all’indice.

“Se è così allora non li taglierò mai più!”

“Ecco…magari una spuntatina di tanto in tanto, che ne dici?!” Ride lasciando cadere la testa sul petto di Ville.

“Tutto quello che vuoi amore mio” accarezzando la cascata di capelli color cioccolato di Lily, Ville ne apprezza le sfumature ambrate che illuminano le ciocche in un perfetto gioco di chiaroscuri che lo incanta tutte le volte.

“Pensi che io starei bene con i capelli più corti?” Chiede poi battendo un dito al ritmo del cuore di Ville.

“Anche rasata saresti stupenda” risponde stringendole la mano.

“Ne prenderò nota: poi non ti lamentare se un giorno mi vedrai arrivare, che ne so…con una cresta blu!”

“Saprò che è solo colpa mia!” Mimando un gesto teatrale di profondo sconcerto, Ville sorride nel constatare che tutti i suoi dubbi sul comportamento di Lily non erano altro che dei folli pensieri di un pazzo innamorato: la sua donna è lì, accanto a lui che scherza e ride come se nulla fosse e non c’è gioia più grande del vederla così rilassata e spensierata.

“Che cos’hai qui?” domanda poggiando il dito sulla schiena della donna intenta a recuperare i suoi vestiti, facendola rabbrividire appena a quel contatto con la sua mano gelata.

“So che ti sembrerà strano, ma non ho gli occhi anche dietro la testa. Cosa dovrei avere?”

“Sembra, non so bene…sembra quasi un livido. Ti fa male?” chiede premendo un po’ di più sulla parte leggermente violacea.

“No, non direi. Sicuro che sia un livido?” Domanda Lily cercando di capire se davvero Ville ha visto qualcosa.

“Magari mi sbaglio. Lascia stare, preparati che è tardi!”

Rivestendosi in fretta, Lily sospira di sollievo nel notare che Ville non sembra voler indagare oltre: detesta mentirgli, ma non vuole coinvolgerlo, non in quella storia, almeno non al momento.

“Questo pomeriggio ti porto fuori da qui, promesso! Chiedo l’autorizzazione a Connor appena torno dal convegno, tu però fai il bravo e non insospettire nessuno, né lui né Jasper…soprattutto Jasper: vorrei ritrovare la tua bella testa attaccata al tuo altrettanto fantastico collo quando torno, intesi?!”

“Farò il bravo, promesso.”

Scambiandosi un ultimo fugace bacio, i due si separano, ma questa volta Ville ha il cuore in pace perché sa dove è diretta Lily: aspetterà con impazienza il pomeriggio per poterla riabbracciare ed intanto studia un piano per poter sopravvivere a quella che sarà una lunga mattinata.

Lily, mettendosi alla guida per tornare a casa, farsi una doccia veloce e cambiarsi, pensa alle innumerevoli menzogne che ancora dovrà raccontare a Ville per giustificare quelli che in realtà non sono affatto convegni, ma appuntamenti con il destino.

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Capitolo 23
*** Capitolo 22: The NCI ***


“Lily?!” L’infermiera, una ragazza graziosa dalle forme rotonde nascoste da un paio di pantaloni verdi e un corto camice dello stesso colore che fanno risaltare ancora di più la sua carnagione ambrata, aspetta che la persona chiamata si faccia avanti e intanto, scruta la sala d’attesa guardando negli occhi i diversi pazienti che, con il medesimo sguardo tra lo spaventato e l’angosciato, aspettano il loro turno.

“Ciao Carla.” Alzandosi, Lily si avvicina alla ragazza che le sorride e la fa accomodare nella stanzetta, in attesa dell’arrivo del medico.

“La dottoressa Lang arriva subito, tu intanto sdraiati e cerca di rilassarti” consiglia la giovane.

“Fosse facile…”

“Spaventata?”

“Leggermente.”

“Ti ha fatto tanto male ieri? Aoki ha una mano molto delicata solitamente” ribatte la donna, cercando di tranquillizzare la paziente.

“Non è per il dolore che ho paura…è per tutto quanto il resto” risponde lei, muovendo nervosamente i piedi lasciati penzoloni dal lettino, cercando di non incrociare lo sguardo dell’infermiera per evitare di farle leggere la verità dietro a tanta preoccupazione.

“È per il tuo ragazzo? Non gliel’hai ancora detto?”

“No, non ancora. E poi dovrei avere qualcosa da dirgli prima di raccontargli qualsiasi cosa, o no?!” Tenta di scherzare, consapevole che il suo viso lascia trasparire tutta la sua tensione. Qualcosa da dire ce lo avrebbe anche, altrimenti non sarebbe in quell’ambulatorio, ma il suo aspettare, tergiversare, non è altro che il solo scudo dietro il quale proteggersi per ritardare l’inevitabile: dire tutto a Ville, alle persone che ama, renderebbe tutto troppo reale e Lily vuol credere ancora che quello sia solo un brutto incubo dal quale presto si sveglierà.

“Bè, ma se glielo avessi detto, ora sarebbe qui con te: non fa bene affrontare le cose da soli, soprattutto cose di questo genere. Hai bisogno di qualcuno al tuo fianco, Lily. Non dovresti privarti della possibilità di farti sostenere dai tuoi cari…”

Già, quello che Lily sta cercando di fare è proprio questo: privarsi di un sostegno capace di sorreggerla nel momento del bisogno, ma ha scelto di agire così per un motivo, per provare a proteggere chi ama, eppure non riesce a pensare ad altro se non alla mano di Ville che stringe forte la sua nel tentativo di confortarla, per non farle avere più paura. E ora ne ha davvero tanta, troppa. Una paura mai provata, perché ora ha qualcosa di molto importante da perdere se le cose si dovessero mettere male.

“Eccomi, scusate il ritardo. Avevo un consulto urgente.” Irrompendo nella stanza, la dottoressa Aoki Lang, una donna asiatica sui trentacinque anni, dai lunghi capelli corvini stretti in una coda di cavallo ed un sorriso gentile e cordiale dipinto in viso, saluta la sua giovane assistente e la sua paziente che conosce dai tempi dell’università. “Allora Lily, come ti senti oggi?” Chiede premurosa avvicinandosi alla donna senza perdere quell’espressione che riesce perfino a calmare Lily, tesa e nervosa.

“Più spaventata di ieri, soprattutto perché so che cosa mi aspetta.”

“Farò il più in fretta che posso, te lo prometto.” Facendola sdraiare sul lettino, la dottoressa Lang fa sistemare Lily in posizione fetale, quindi prende dalle mani di Carla la siringa che la giovane ha già preparato con il quantitativo giusto di anestetico e la inserisce nella schiena di Lily con tutta la delicatezza di cui è capace. “Fatto male?”

“Ora no, ma sto pensando al prossimo ago: ieri, finito l’effetto dell’anestesia, ho visto l’universo intero, quasi non riuscivo ad appoggiare la schiena ad una sedia.”

“A proposito, hai avuto problemi?”

“Niente di che, un po’ di spossatezza, qualche linea di febbre, proprio come avevi detto. Però ora sto bene!”

Chiacchierando ancora per qualche minuto del più e del meno, la dottoressa Lang cerca di far rilassare il più possibile Lily in attesa che l’anestesia locale faccia effetto e, una volta accertatasi che la schiena della sua paziente si è intorpidita, estrae il secondo ago, tozzo e massiccio, per procedere con la biopsia midollare.

Carla avvolge Lily con le sue braccia vigorose per tenerla ferma, mentre la dottoressa tasta delicatamente la schiena della paziente per trovare il punto esatto nel quale inserire l’ago che tiene ben saldo tra le mani. Bucando la parte superficiale di pelle, Aoki affonda con più forza per arrivare nella regione dell’osso, strappando un piccolo urlo a Lily che non riesce proprio a trattenersi.

“Dannazione Aoki, questo fa più male di ieri: sembra che mi stai trivellando la schiena.” Si lamenta sull’orlo delle lacrime che, però, prova con tutta se stessa a non far cadere per mantenere un minimo di dignità.

“Lo so, mi spiace. Ieri era un ago aspirato, dovevo solo estrarre del liquido, la biopsia è decisamente più invasiva e, a quanto pare, tu e l’anestesia non siete molto amiche: speravo ti aiutasse a non sentire così tanto male. Potresti avere dei dolori più forti finito il suo effetto e probabilmente verrà fuori un bel livido.”

“Un’altra cosa che dovrò spiegare a Ville…” sussurra lei, lasciando libera una lacrima che cola non tanto a causa del male, quanto per la consapevolezza di quello che potrà accadere quando metterà l’uomo davanti a quella verità.

“Oh, finalmente nomini questo benedetto ragazzo che ti ha fatto innamorare! Che nome strano che ha!”

“È finlandese.”

“Sei andata lontano a prendertelo! E come mai non è qui a tenerti la mano?” Alzando lo sguardo verso Carla, Aoki capisce che Lily ancora non ha raccontato ad anima viva le sue condizioni di salute, ma evita di commentare quella scelta, conscia che è Lily a dover decidere quando e come affrontare la faccenda con le persone a lei care. “Finito. Ti metto del ghiaccio.”

“Ti prego, dimmi che non dovrò mai più fare un esame del genere” supplica Lily ancora raggomitolata su se stessa, sfinita e dolorante.

“Spero di no, tesoro, ma non posso giurarti niente. Fra dieci giorni avrò i risultati, ti fisso un appuntamento così ne discutiamo insieme…di qualsiasi cosa si tratti. Sei in macchina o in taxi?”

“Taxi, ieri ho fatto una fatica terribile a guidare.”

“Non c’è nessuno che possa venirti a prendere?” Incalza, quasi sperando che Lily ceda a quelle insistenze: può anche aver deciso di non far preoccupare il suo fidanzato prima del tempo, ma Aoki sa che ci sono altre persone che la giovane donna può avvertire, il suo padrino ad esempio, l’uomo che anche lei ha avuto il piacere di conoscere e che è sempre stato presente in tutte le tappe più importanti della vita di Lily. Almeno lui ci dovrebbe essere, ma la dottoressa non può certo imporle il suo pensiero con la forza.

“Se mi passate la borsa chiamo Connor…” sbuffa, sapendo di non poter rimandare quella che sarà una difficile conversazione con il suo padrino. Digitando sul cellulare il numero dell’ufficio, Lily aspetta paziente che l’uomo risponda al telefono. Chiamarlo significa dovergli raccontare tutto, ma forse è giusto così, non può continuare a tacere ancora, non può farlo con Connor. “Con, ciao. Sono Lily: potresti venire a prendermi?”

“Lily, è successo qualcosa?” Chiede lui allarmato. La voce della figlioccia è quasi sofferente, non ha lo stesso tono squillante a cui è sempre stato abituato, in più sono due giorni che non riesce a parlare con lei, sfuggente come non mai e questo basta a farlo allarmare.

“No, bè…no. Sta tranquillo, ti spiego tutto in macchina, ma ho davvero bisogno che tu venga a prendermi.”

“Dove sei?”

“Sono…” inizia a dire con un tremito nella voce, che la costringe a fermarsi per un attimo in modo da recuperare un po’ di forza.

Coraggio Lily, diglielo. Digli dove sei. E poi preparati a raccogliere i cocci di un cuore ferito…

“Sono al Fox Chase…” Lily pronuncia quelle parole chiudendo gli occhi, certa della reazione di Connor.

“Il National Cancer Institute? Quel Fox Chase National Cancer Institute?” Domanda lui con un misto di apprensione, sconforto e anche con una punta di rabbia nascosta dalla paura e dalla confusione. Lily è lì, da sola, a fare chissà che cosa e lui non ne sapeva niente: non è un bel modo per venire a scoprire le cose, ma conosce bene la sua figlioccia e sa anche che, se è arrivata a fare quella telefonata, vuol dire che è davvero in una brutta situazione.

“Sì, Con. C’è solo un NCI a Filadelfia. È quello. Allora...? Potresti venire? Ho davvero bisogno di te.”

“Sapevo che mi nascondevi qualcosa. Arrivo.”

Mentre Lily aspetta l’arrivo di Connor, pensa a quello che dovrà dirgli e soprattutto a come glielo dirà: l’ha sempre considerata come una figlia e quella verità sarà una batosta difficile da reggere per lui, il migliore amico dei suoi genitori, colui che è riuscito a salvarla quando il suo mondo di bambina ha iniziato a sgretolarsi. Forse sarà capace di aiutarla anche adesso, peccato che questa volta non sia solo un’anima ad essere ferita.

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Capitolo 24
*** Capitolo 23: Truth Revealed ***


Seduta nella posizione meno scomoda che la schiena le consente di mantenere, Lily controlla le porte dell’ascensore: ogni volta che si aprono si aspetta di vedere Connor attraversarle di fretta e cerca di immaginarsi che faccia potrebbe avere l’uomo nell’andarle in contro, ma quello che si trova davanti va oltre ogni possibile immaginazione.

Connor sembra essere invecchiato di colpo. I capelli sale e pepe, sempre in ordine e impeccabili, sembrano non voler stare al loro posto e anche lui sembra aver abbandonato quell’aria di rigida compostezza che accompagna la sua alta e massiccia figura: Connor è solo un uomo. Un uomo molto preoccupato che guarda negli occhi la figlia del suo migliore amico, leggendovi dentro solo tanto dolore e smarrimento.

“Hai fatto presto. Non dirmi che ti sei messo a correre all’impazzata per strada, non sarebbe da te!” Sdrammatizza lei, sorridendo dolcemente.

“Lily…” Come cominciare? Quali parole usare? Stai bene suona essere una frase inutile e banale in una circostanza del genere, soprattutto perché il viso di Lily è quello di una donna che non sta affatto bene. Il fatto, poi, che sia in quell’ospedale, uno dei migliori del paese per la cura di malattie oncologiche, aggrava ancora di più la situazione, oltre che la paura di Connor che davvero non sa come iniziare quel discorso per paura di non avere la forza di sentirsi dire qualcosa che sa già non gli piacerà affatto. “Lily…” ripete, con la gola secca e le labbra appena tremanti.

“Ok, abbiamo assodato che sai il mio nome! Sto bene Connor, non ti preoccupare. Voglio solo andare a casa.”

“Che cosa è successo? Come mai sei qui?” Avvicinandosi alla donna, Connor l’aiuta ad alzarsi e sorreggendola, l’accompagna fino alla macchina dove, finalmente, può sedersi senza mascherare una certa felicità nel poter stare nuovamente a riposo: la schiena le brucia da morire, lo schienale del sedile di quella vecchia automobile non è certo dei più comodi, ma nulla può superare il dolore che prova nel camminare.

“Biopsia del midollo osseo” risponde lei guardando dritta davanti a sé, mentre Connor mette in moto la macchina senza chiedere dove vuole che la porti. Si limiterà a guidare, ad ascoltare, ma se potesse resterebbe in quella macchina con lei per sempre, per proteggerla da tutto quanto. 

“Perché?”

“Due mesi fa ho fatto degli esami del sangue di routine e hanno trovato dei valori sballati, così ho incominciato a fare delle analisi per capire quale potesse essere la causa e, dopo diversi tentativi, mi hanno mandato qui per un consulto. A quanto pare si tratta di leucemia Connor, i vari controlli che ho fatto sembrano essere tutti concordi con questa diagnosi, ma ancora non si sa di che tipo e a quale stadio è la malattia.” Non voleva essere così diretta e brutale, ma deve esserlo perché girare attorno al problema non lo fa certo sparire.

“E quando si saprà?”

Non è vero, non può essere vero, non sta succedendo a lei, non a Lily.

“Fra una decina di giorni avrò i risultati di questi test, poi si vedrà.”

“Ma tu come ti senti?” Chiede ancora, senza staccare gli occhi dalla strada per paura che se dovesse incrociare quelli di Lily non riuscirebbe a trattenere le lacrime.

“Sto bene e non lo dico tanto per dire: sto bene davvero. Aoki, la mia dottoressa, dice che è un buon segno, che forse l’abbiamo presa in tempo.”

In tempo, già, come se davvero fosse possibile diagnosticare una cosa del genere in tempo: tre stadi di gravità più un ulteriore quarto che, in realtà, non è altro che quello che determina quanto ancora resta da vivere al paziente. Nessuno ha mai scoperto un tumore al primo stadio e, di sicuro, la leucemia non è tra quei tipi di cancro che lasciano sperare in una vita lunga e felice, soprattutto quando si è giovani come Lily, con cellule forti capaci di riprodursi velocemente, lasciando che anche la malattia progredisca allo stesso ritmo.

Silenzio. Un lungo silenzio intervallato solo dai rumori della città che sfrecciano fuori dai finestrini dell’auto,  suoni di una vita diversa che, di tanto in tanto, si mescola ad una realtà parallela rinchiusa nelle lamiere di quella vettura.

“Avresti dovuto dirmelo. Sono ancora il tuo tutore legale, non mi importa se hai trentadue anni.”

“Lo so, ho sbagliato, ma è successa un’altra cosa nel mentre, una cosa che mi rende felice nonostante tutto. Volevo pensare a questo e basta, senza lasciarmi angosciare dal resto.”

“Ti sei innamorata di Ville, non è vero?” Per la prima volta da quando hanno iniziato a parlare, Lily si gira verso Connor che la guarda a sua volta con la coda dell’occhio per notare dipinta sul suo volto una buffa espressione di sgomento e di incredulità, mista al rossore di chi è stato appena colto a rubare la marmellata.

“Come lo sai?”

“È da quando è arrivato che lo sto tenendo d’occhio. Avevo paura che l’arrivo di un cantante così famoso nella struttura potesse creare problemi e ho preso delle precauzioni, soprattutto per non metterti sottopressione con un caso tanto delicato…”

“E che cosa hai dedotto dalle tue osservazioni furtive?”

“Ti adora Lily, in un modo tanto profondo ed indescrivibile da sembrare quasi irreale, ma so che quello che prova per te è così vero e puro da lasciarmi sbigottito. Ho visto una volta sola un amore così incondizionato: quello tra James e Rose…”

“È il tuo modo per tirarmi su il morale o credi davvero che mi ami come papà amava la mamma?”

“Sai che non direi mai una cosa che non penso, soprattutto se si tratta dei tuoi genitori: forse non te ne rendi conto, ma quel ragazzo vive per te e ti dirò di più…anche tu vivi per lui, è come se le due metà di una mela si fossero finalmente incontrate”

“Non sei arrabbiato?”

“Perché dovrei? Vi siete ridati la vita a vicenda e io non ti ho mai visto così splendente come in questo mese: suoni il piano, sorridi, sei felice e non è una maschera, una copertura per fingere che non hai paura di quello che potrebbero rivelare i risultati dei tuoi esami. Sei felice davvero ed è merito di Ville.”

“Si vede così tanto che lo amo?”

“Mancano solo gli striscioni in cielo! Ora però mi devi spiegare che cosa stai combinando con lui: ieri era disperato quando non ti ha visto, deduco che tu non gliel’abbia detto.” A Connor non si può nascondere nulla e questo Lily lo sa bene anche se, a volte, tende a dimenticare che lo psicologo la conosce meglio di chiunque altra persona, meglio di quanto Lily conosca se stessa.

“No, infatti. Vorrei avere gli esiti prima di metterlo in allarme, essere certa di quale sarà il mio futuro. È ancora fragile, non può far fronte ad una malattia così impegnativa come quella che potrei avere se i risultati fossero negativi.”

“E il resto gliel’hai raccontato?”

“Fino ad un certo punto” ammette, abbassando la testa con fare colpevole: avrebbe dovuto essere sincera fin dall’inizio, invece ha permesso a Ville di avvicinarsi troppo e ora non sa come fare a rivelargli tutti i dettagli di quella vita che sta iniziando a sfuggirle di mano, quasi come se fosse impazzita.

“Devi dirglielo. Devi raccontargli tutto e devi lasciarlo scegliere: non puoi tenerlo legato a te se gli nascondi due segreti così importanti. Se vuoi aspettare a dirgli delle tue condizioni di salute posso capirlo e lo accetto, ma per quanto riguarda l’altra questione devi giocare a carte scoperte. Glielo devi.”

“Hai ragione, come al solito! Ti detesto quando mi psicanalizzi!”

“Lily…mi prometti che qualsiasi cosa succederà mi racconterai sempre tutto? Ho rischiato di morire quando mi hai detto dov’eri: non farlo mai più, ci siamo capiti?”

“Sì, Con…scusa se ti ho fatto spaventare.”

Dire tutto a qualcuno è qualcosa di terapeutico. Poter raccontare a Connor quello che le sta succedendo riesce a tranquillizzare Lily, che non si sente più sola a combattere contro qualcosa più grande di lei. Certo, Connor non è Ville e quello di cui Lily ha bisogno è solo il suo tenero abbraccio capace di farle dimenticare ogni cosa, ma almeno ora si sente più leggera ed è già un passo avanti, soprattutto in previsione di quello che dovrà fare a breve: essere sincera, smettere di nascondere e, magari, rendersi conto che Ville la ama anche così, pregando che lui possa amarla in quel modo.

Continuando a guardare la strada, Connor allunga la mano verso quella di Lily e la stringe forte: sa che non è abbastanza, ma è l’unica cosa che può fare al momento, perché c’è ancora un briciolo di speranza che quella condanna che grava sulle spalle della donna non sia una sentenza di morte. 

James, Rose se davvero vegliate su di lei fate in modo che non le succeda niente. È finalmente felice dopo diciannove anni di sofferenza costante, non mandate tutto a monte, lasciatela vivere quello che per troppo tempo si è negata.

 

***

“Ville, sai dov’è Lily?”

“Oh, mi parli ancora adesso? Che onore.”

“Smettila, sono preoccupato, sono due giorni che non viene a lavoro. Anche Connor non c’è…sembrano spariti tutti” Jasper è seriamente preoccupato e non fa nulla per nascondere il suo stato d’animo, che appare fin troppe evidente.

“Perché dovrei sapere quello che fa Lily?” Risponde lui cercando di essere il più convincente possibile, concentrando la sua attenzione sulle corde della chitarra che stava allegramente strimpellando qualche minuto prima.

“Perché sei un suo paziente. Dubito che Katherine possa dirmi qualcosa.” Constata, lasciandosi sfuggire una battutina davvero infelice.

“Fai poco lo spiritoso, Jasper. Comunque qualche giorno fa accennava ad un convegno, se non sbaglio. Forse lei e Connor sono andati lì.”

“Ne sei certo?”

“E che ne so: non parla con me di cose personali! Non ci sei tu per questo?”

Va bene Ville questa era cattiva…moderati!

“È che ultimamente la vedo distratta. È sempre impegnata con te, Katherine e il suo progetto di terapia con la musica. Non riesco a trovare un momento per parlare da solo con lei come ai vecchi tempi.”

“Che bello parlate di nuovo voi due?!” Commenta allegra Lily, avvicinandosi di soppiatto alla camera di Ville.

Girandosi di scatto verso la dottoressa, Jasper non riesce a controllare la sua felicità e l’abbraccia stringendola forte in vita, strappandole un rantolo di dolore sommesso.

“Jas, ti prego fa piano” lo ammonisce quasi con le lacrime agli occhi, scansandolo appena.

Ville, palesemente agitato, si è alzato dal letto, ma trattiene una reazione esageratamente preoccupata per evitare di destare i sospetti dell’inserviente, rammaricato per aver fatto del male all’amica.

“Che ti è successo?” Domanda con il tono più neutrale possibile.

“Ho sbattuto contro uno spigolo e ora sono un po’ acciaccata, tutto qui.” Guardandolo con sguardo eloquente, Lily cerca di far calmare Ville pronto anche a scaraventare Jasper addosso alla parete pur di farlo allontanare da lei ed accertarsi che vada tutto realmente bene.

“Sei sicura di stare bene?” Chiede Jasper continuando a scusarsi.

“Sì, tutto ok. Però per i prossimi giorni evita di stritolarmi!” Scherza lei sentendo il dolore diminuire.

“Perché hai quella coperta?” domanda curioso Ville sviando il discorso.

“Connor ha firmato l’autorizzazione e ora hai il permesso di gironzolare per il parco! Ti porto a fare un giro, se ti va!”

“Con molto piacere.”

“Jas, Connor ti cercava. Forse è meglio se vai a controllare di che cosa ha bisogno.”

Sistemandosi il camice e salutando Lily e Ville, Jasper si precipita fuori dalla stanza, ma non prima di notare una strana complicità tra i due che si sfiorano teneramente nell’attesa di rimanere finalmente soli.

Forse l’avrò sognato pensa allungando il passo e dirigendosi verso l’ufficio di Connor, sperando di non aver fatto aspettare troppo il capo.

Una volta sparito Jasper alla vista, Ville stringe le mani di Lily e l’attira dolcemente a sé per baciarla con tenerezza.

“Ciao” sussurra lei.

“Ciao…pensavo che quell’orribile omone non ci avrebbe più lasciato soli.”

“Dai, non trattarlo così. È solo preoccupato per me, sono la sua unica amica.”

“Scusa, è che mi sei mancata.”

“Anche tu” dice Lily mentre entrambe le sue mani accarezzano la schiena di Ville stingendola forte.

“Allora non mi lasciare più” propone lui tirandola ancora di più verso di sé per sentire il contatto con il suo corpo.

Un gemito abbandona ancora una volta Lily che automaticamente stringe il polso destro di Ville per fargli scostare la mano dal punto in cui sente dolore.

“Mi dispiace, ti ho fatto male?”

“No, non troppo. Però ho paura che dovremmo controllarci per qualche giorno.”

“Sarà dura, ma ce la faremo” scherza lui.

“Forza e coraggio! Dai, prendi una felpa e la chitarra che ti porto ad esplorare il parco: sono sicura che ti piacerà.”

Ubbidendo, Ville segue Lily che lo conduce fuori dalle fredde pareti dell’ospedale: gli sembra quasi impossibile riuscire a vedere il cielo, sentire l’aria fresca sul viso. Si è quasi dimenticato di quanto bello può essere il mondo all’esterno dell’ospedale, troppo concentrato a vivere il più intensamente possibile il suo amore con con quella splendida donna, la sola cosa bella di quel maledetto posto.

Anche Lily è pensierosa: vuole portarlo in un posto molto particolare dove raccontargli quella parte del suo passato che non ha ancora avuto il coraggio di rivelare, sperando che quel piccolo passo possa darle il coraggio anche per parlargli di tutto quanto il resto, quello di cui parlava Connor in macchina, il suo passato più lontano e il suo presente così burrascoso, ma anche di quel futuro incerto che non smette di essere lì, a portata di mano, proprio grazie a Ville.

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Capitolo 25
*** Capitolo 24: My Home is in Your Arms ***


Prima di qualsiasi cosa, volevo approfittare di questa occasione per augurarvi un felice e sereno anno nuovo: che possa essere pieno di soddisfazioni, gioie e tante fantastiche storie da leggere in questi 365 giorni fatti per sognare! Non dimenticate di passarmi a trovare anche su
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Alessia



*********


Il caldo sole pomeridiano d’inizio maggio filtra tra le fronde degli alberi in fiore, creando giochi di luce sul prato verdeggiante che si apre per diversi chilometri tutt’intorno all’ospedale psichiatrico.

Camminando qualche passo dietro a Lily, Ville deve lottare contro se stesso per evitare di prenderla per mano davanti agli occhi di tutti i pazienti ed il personale del Sant’Agnese, che sembra essersi riunito solo per tenerli d’occhio: non credeva ci fossero così tante persone, ma il vecchio edificio ospita più malati di quanto lui potesse pensare e la cosa lo mette un po’ a disagio, anche se non ne capisce il motivo.

Camminare costa una certa fatica a Lily che, di tanto in tanto, si ferma per riposare stringendo tra le mani il braccio di Ville che la guarda con un’espressione apprensiva e preoccupata tutte le volte che una smorfia di dolore attraversa il viso della donna.

“Vuoi che ti porti in braccio?” Domanda lui dopo l’ennesima pausa.

“Così poi cadiamo a terra tutti e due?!” Scherza intrecciando la mano a quella di Ville che la tiene saldamente nella sua. “Comunque non c’è bisogno, siamo arrivati!” Indicando con un gesto del capo un grosso albero di ciliegio in fiore, un po’ isolato rispetto al resto degli alberi, Lily percorre l’ultimo tratto di strada con la mano ancora allacciata a quella di Ville che la segue guardando il fantastico paesaggio che lo circonda e che, in qualche modo, la fa sentire a casa. “Ti piace?” chiede srotolando la coperta per metterla a terra, invitando Ville a sedersi.

“È stupendo, non c’è che dire” appoggiando la schiena contro il tronco dell’albero, Ville attira verso di sé Lily che si abbassa con cautela accoccolandosi tra le sue braccia.

Con la nuca appoggiata al petto di Ville, Lily guarda attraverso i fiori rosati dell’albero che danzano al ritmo di una leggera brezza che fa cadere qualche petalo, portandolo lontano nel vento.

“È sempre stato tra i miei posti preferiti, anche quando ero una ragazzina: è così tranquillo, lontano da occhi indiscreti…lo trovo rilassante.”

“Sembra un altro mondo rispetto all’ospedale, mi ricorda i parchi di Helsinki.” Alzando la testa per incrociare gli occhi di Ville, Lily si rende conto che tutte le volte che parla della Finlandia si illuminano di una luce particolare, che li rende ancora più belli ed intensi nonostante rivelino la profonda tristezza della sua anima. Pur appartenendo a Lily, il cuore di Ville soffre nel pensare alla sua terra così lontana ed irraggiungibile.

“Se continui così potrai tornare a casa molto presto. Lo vedo che ti manca da morire e non potrei mai costringerti a stare qui quando so che in Finlandia c’è tutta la tua vita, i tuoi amici…”

“Amici che, però, non mi vogliono più vedere né sentire: l’ho combinata grossa, troppo grossa per sperare di poter essere perdonato e mi merito tutto il loro disprezzo. Sono stato un cretino, pensavo di essere solo e invece loro erano sempre al mio fianco, solo che me ne sono accorto troppo tardi per poter riparare al danno. Ho preferito provare a farla finita che fidarmi di loro e questo è il risultato…”

“E chi ti dice che è troppo tardi?” Domanda Lily continuando ad accarezzare il braccio di Ville disegnando con le dita arabeschi sulla sua pelle tatuata.

“Il fatto che sono qui da un mese e mezzo e che nessuno di loro sia venuto a trovarmi credo che sia un motivo più che sufficiente.”

“Se non fosse tutto così lineare? Se ci fosse dell’altro nascosto dietro le apparenze? A volte ciò che vediamo non corrisponde totalmente alla realtà. Bisogna saper vedere oltre…”

“Non capisco cosa tu stia cercando di dirmi.”

“Ti faccio un esempio pratico.” Appoggiando le mani sulle cosce di Ville, Lily si tira su e si gira per poterlo guardare dritto negli occhi, così da valutare la sua reazione a quello che deve dirgli. Incrociando le gambe e prendendo un bel respiro, finalmente si decide a raccontare a Ville tutta la sua storia, senza escludere più nulla. “Vedi questi bracciali?” Domanda allungando i polsi verso di lui.

“È difficile non vederli, ne hai una quantità esagerata! Pesano più tutti quei bracciali di noi due messi insieme!” Esclama lui giocando con il ciondolo di uno dei monili argentati.

“Secondo te perché ne porto così tanti?”

“Perché ti piacciono?!” Risponde Ville con un’espressione dubbiosa in volto.

“Apparenze. Se guardi in superficie potresti pensare che ne ho così tanti solo perché mi piacciono, ma se osservi con più attenzione e vai oltre a quello che gli occhi mostrano, allora ti renderai conto che c’è un motivo ben diverso. Aiutami a toglierli.”

Sfilando pian piano tutti i bracciali dai variopinti colori e dalle forme più strane e togliendosi l’orologio al polso sinistro, Lily sente il cuore batterle all’impazzata. Non ha mai fatto vedere a nessuno quello che i braccialetti nascondono, per la prima volta dopo anni deve fare nuovamente i conti con una delle scelte peggiori mai fatte in tutta la sua vita. Una scelta che poteva rendere tutto quanto molto diverso, che poteva perfino non farle incontrare Ville.

Non si è mai sentita così nuda come in quel momento, così esposta ad un giudizio, così fragile ed indifesa davanti a quelle cicatrici che percorrono verticalmente i suoi polsi, seguendo le linee delle vene. Mentre Ville accarezza le linee ormai diventate quasi trasparenti per via del tempo, Lily pensa a quando ha deciso di farla finita, schiacciata dal peso della solitudine, dal senso di colpa per la morte dei suoi genitori, dalla voglia di rivederli e di stare con loro per sempre.

Diciannove anni.

È passato tanto tempo, ma per lei è come se fosse successo ieri. Ha preso una lametta e si è tagliata i polsi seguendo la vena verticalmente. Sapeva che quello era il modo migliore per lasciar scorrere il sangue, per abbandonare più velocemente la vita che tanto le aveva tolto e, goccia dopo goccia, si è sentita ad un passo dal riabbracciare sua madre e suo padre, già pronti ad accoglierla tra le loro braccia mentre le forze le venivano meno.

Quel giorno ci è andata vicino, pericolosamente vicino. È stato Connor a strapparla dalle fredde grinfie della morte, ma il sangue perso era davvero tantissimo e Lily troppo debole per reagire, tanto che ha dovuto lottare appesa al filo sottile della vita per settimane lunghe come secoli interi. Alla fine, però, il suo corpo ha reagito e ha vinto: Lily si è svegliata imprigionata dentro ad un’anonima stanza di un ospedale psichiatrico e, proprio come Ville, ha ricominciato così la sua nuova vita provando a cancellare dalla sua coscienza il peso di quel gesto di ragazzina di cui non va affatto fiera, ma che l’ha resa quella persona che è oggi.

Ora eccola lì, a mostrare i segni del suo dolore all’unica persona che mai potrà davvero capire ciò che ha provato. Ciò che prova ancora adesso. E nel guardarlo si rende conto che sembra essere sconvolto, esterrefatto, ammutolito davanti a qualcosa che forse non credeva possibile, non da lei.

“Non dici niente?” Non riesce a guardare Ville negli occhi, ha paura di leggerci dentro la delusione, il biasimo, magari perfino il disgusto. Teme di non essere più la Lily che lui conosce e, chissà, forse è davvero così.

Continuando a seguire le linee del taglio con il dito, Ville avvicina il polso alle sue labbra e lo bacia come per poter cancellare quei segni con il solo tocco della sua bocca, poi allunga il suo braccio tirando su la manica della felpa per mettere in mostra anche il segno del suo errore.

“Lily, guardami ti prego.” Alzando gli occhi verso di lui, Ville si rende conto che Lily sta lottando con tutte le sue forze per non piangere, per farsi vedere forte anche in quel momento così triste e disperato, fatto di ricordi e fantasmi del passato che tornano a farla star male. “Lily, tesoro, pensi che questo possa cambiare quello che provo per te?”

“Non lo so. Cambia qualcosa?” Domanda stringendo la mano di Ville.

“Beh no, non cambia assolutamente nulla. Non c’è niente Lily, niente che possa farmi smettere di amarti.”

Una lacrima silenziosa scivola piano sulla guancia di Lily che non fa nulla per fermarla. La lascia cadere, la sente colare piano piano sulla sua pelle e con essa, sente scivolare via il suo dolore, tutta l’infelicità di diciannove anni passati ad espiare quella colpa.

“Basta lacrime. Hai già pianto abbastanza, ora voglio solo che tu sia felice” poggiando la sua mano sul viso di Lily, Ville arresta la corsa di quella lacrima solitaria asciugandola con un lento movimento del pollice, poi le bacia la guancia sperando che basti a farla stare meglio.

“Io sono felice. Lo sono da quando ci sei tu con me” risponde finalmente, guardandolo negli occhi e dando libero sfogo a tutte le lacrime fino a quel momento trattenute.

“Se con me sei felice, allora perché piangi?”

“Perché non voglio perdere tutto questo.”

Attirandola verso di sé, Ville prende tra le braccia Lily che si stringe al suo petto come se fosse una bambina con l’orecchio premuto sul suo cuore per ascoltare quel suono capace di farla stare bene e in pace con sé stessa e con il mondo intero.

“Non lo perderai mai, te lo giuro: morirei piuttosto che permettere al destino di privarci di tutto questo.”

Allora dovremmo lottare amore mio, perché il destino ci sta già mettendo alla prova, ma io non mi arrendo, non ora che ho te: lotterò per te, Ville, lotterò per noi e per il nostro amore.

Cullandola tra le sue braccia, Ville sussurra a Lily parole in finlandese che lei, però, non riesce a capire, anche se il suono melodioso e caldo della sua voce bastano a farle dimenticare tutto: la mancanza dei suoi genitori, la vergogna per il suo folle gesto, il dolore per un futuro troppo incerto.

“Che cosa vuole dire?”

“Vuol dire che ti amo e che vorrei che tu mi sposassi, rendendomi felice per il resto della vita…” Ville può sentire la brusca accelerazione del battito cardiaco di Lily, ma non si pente di essersi esposto così tanto: lui vuole davvero sposarla, lo vuole con ogni fibra del suo essere.

Sa che sta facendo la cosa giusta, non è mai stato così sicuro dei suoi sentimenti prima di quel momento e non vuole rimpiangere di aver sprecato un’occasione così bella ed importante. Lì, su quel prato, sotto i fiori di ciliegio mossi dal vento, in quel piccolo angolo di paradiso che tanto gli ricorda la Finlandia, Ville ha aperto finalmente il suo cuore così come ha fatto Lily nel raccontargli del suo passato. Tutti i pezzi sono al loro posto, non c’è nulla che vorrebbe cambiare. Sciogliendo l’abbraccio che lo legava alla donna, Ville si mette in ginocchio davanti a lei e la guarda prendendo entrambe le mani tra le sue e stringendole forte.

“Lily, vuoi sposarmi?”

Inaspettato. Folle e inaspettato, ecco che cos’è quel gesto, ma Lily non può fare a meno di sorridere davanti a quella proposta e mentre un leggero rossore le imporporare le guance, sente che la sua vita non potrebbe essere più perfetta di così: l’uomo che ama è inginocchiato davanti a lei e le sta chiedendo di sposarla.

“Come si dice sì in finlandese?” domanda allora trattenendo a stento l’emozione.

“Kyllä, si dice kyllä” risponde lui mentre i suoi occhi si illuminano di una felicità senza eguali.

“Kyllä...” sospira, con la felicità nel cuore, ma anche con un'immensa e sconsiderata paura: non può dire qualcosa di diverso da quel sì, ma farlo avrà delle conseguenze che Lily deve accettare. così come dovrà accettarle Ville. “Sì Ville, lo voglio. Con tutto il cuore…”

Quello è l’istante di pura felicità che Ville ha sempre cercato capace di colmare quel vuoto nel cuore che, per anni, ha riempito con le cose sbagliate. Lily è la cosa giusta. La persona giusta e lui lo sa. Lo sapeva anche quando ha aperto gli occhi per la prima volta dopo essersi svegliato.

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Capitolo 26
*** Capitolo 25: Scared to Death ***


Sdraiata sulla pancia con le mani che le sorreggono il mento, Lily guarda Ville mentre imbraccia la chitarra per iniziare a suonarla, accarezzando con le sue lunghe dita le corde dello strumento che si piegano al suo tocco.

 

In the biblical sense and sensibility
Let me know you
I’ll kiss that smile off your face
Just say when
Just say when

 

Con il sorriso sulle labbra e gli occhi socchiusi, Ville canta lasciandosi trasportare da tutta la felicità che il sì di Lily è riuscito a regalargli. Anche la musica sembra ora avere un significato diverso, più profondo, più intenso e più speciale, solo ora riesce davvero a capire il senso unico e vero del suo amore per la musica: è tutto per lei, per i suoi baci, per i suoi sorrisi, per le sue carezze… solo ed unicamente per Lily.

 

I’m not afraid to say I love you
Any more than I used to be babe
I’m scared to death
I’m scared to death to fall in love

 

Quella frase sembra leggermente stonare: lui non ha più paura d’innamorarsi, non ora che ha finalmente trovato la sua musa, la sua metà, la sua Venere che, dopo anni di ricerche, è arrivata per salvarlo, per renderlo davvero felice.

 

All these pick-up lines from hell
Icebreakers infernal
From a heart so black and blue
Only for you
Just say when, again

 

Aprendo gli occhi, si accorge che Lily sussurra le parole della canzone a fior di labbra, lasciando che la sua voce si mischi a quella di Ville senza però sovrastarla: non ha mai sentito Lily cantare e spesso si è chiesto che tipo di voce avesse, ma non ha mai osato chiederglielo per paura di evocare in lei ricordi dolorosi.
 

I’m not afraid to say I love you
Anymore that I used to be babe
I’m scared to death
I’m scared to death to fall in love
With you

 
Ora però non sembra toccata da nulla, il suo passato forse non le fa più paura e questo è un altro motivo per rendere Ville colmo di gioia. Non c’è passato, non c’è futuro, c’è solo il presente nell’attimo stesso in cui viene creato, nel momento esatto in cui nasce e cresce ed è solo questo ciò che conta per entrambi.

“Questa è una delle mie canzoni preferite” sussurra Lily appoggiando la testa sulla coperta e chiudendo gli occhi. “L’ho eletta canzone del mese appena ti ho conosciuto!”

“Perché avevi paura di innamorarti di me?” Domanda laconico e divertito, continuando a suonare.

“No…perché avevo paura di morire. In realtà ho ancora paura di morire…”

Ok…è giunto il momento di dirglielo: non posso permettergli di sposarmi senza avergli prima detto tutto…perdonami Ville…se puoi…

“E per quale motivo hai paura di morire?” Incalza con una punta d’apprensione nella voce.

Aprendo gli occhi e guardando Ville dritto nei suoi, Lily si accorge del movimento inquieto della sua anima e sa che, se non riuscirà a dirgli ora la verità, molto probabilmente non sarà più in grado di farlo, quindi prende il coraggio a due mani e appoggiando i palmi sulla coperta si tira su per poter guardare Ville in faccia, mentre gli dà la notizia che potrebbe cambiare il futuro del loro amore in modo irreparabile.

“Smetti di suonare, per favore. Devo dirti una cosa importante.”

“Se si tratta del tuo passato non voglio saperlo: non sei costretta a raccontarmi tutto quello che ti è successo e io non voglio che tu riviva antichi tormenti…abbiamo tutta una vita per scoprirci. Posso aspettare tutto il tempo che vuoi.”

“Non si tratta del passato, ma del presente e anche del futuro. Io voglio davvero passare il resto della mia vita con te, come tua moglie, non ho detto sì per un puro capriccio: veniva dal cuore. Però devi essere tu a scegliere se sposarmi o meno e puoi farlo solo se conosci la verità. Tutta la verità.

“Lily, ma…”

Poggiando l’indice e il medio sulle labbra di Ville, Lily lo ammutolisce. Ha bisogno di non essere interrotta perché la situazione è già abbastanza difficile così com’è e lei ha davvero la necessità di liberare il suo cuore una volta per tutte, anche se questo significa perdere la fiducia di Ville e forse anche il suo amore.

“Sono malata, Ville. Ho la leucemia. In questi due giorni non sono venuta a lavorare perché ero in ospedale a fare degli esami: non c’era nessun convegno, non sono andata a sbattere da nessuna parte, mi hanno conficcato per due giorni di fila un ago nella schiena per cercare di capire il tipo di leucemia che ho e lo stadio di gravità, è per questo che ieri sera stavo male e che oggi faccio fatica a camminare. Mi dispiace averti mentito, ma non sapevo come dirtelo. E so di essere stata egoista, ma non ho potuto fare a meno di innamorarmi di te pur sapendo che trascinarti in questo amore ti avrebbe fatto soffrire.” Stringendo i pugni fin quasi a farsi diventare le nocche bianche, Lily s’impone con un certo sforzo di non staccare lo sguardo da quello di Ville, anche se quello che vede non le piace: gli occhi che fino ad un minuto prima erano felici e colmi di speranza, ora sono adombrati da un velo di paura, dalla lucida patina di tristezza che sa essere più crudele di mille parole.

“Mi hai fatto promettere di continuare a credere nell’amore per questo motivo?”

“Sì…”

“Pensavi che una promessa sarebbe bastata a farmi andare avanti?”

“Sì…forse…non lo so. Non pensavo ci saremmo spinti così oltre e poi ho sperato in un qualche errore nelle analisi che rendesse vane le mie preoccupazioni, ci spero ancora in ogni momento della giornata. Ville io…”

“No…dammi, dammi solo un minuto, ti prego”, la implora con voce dura, le labbra serrate in una linea sottile che trema appena.

Pezzo per pezzo il castello di felicità, di speranze e di sogni inizia a sgretolarsi trasformandosi in un cumulo di macerie impossibili da riparare, mentre il cuore di Lily va in frantumi a causa della consapevolezza di aver dato a Ville il colpo di grazia. Raggelata dal pensiero di perdere tutto per sempre, Lily non ha neanche la forza di piangere, né di urlare, né di fare qualsiasi altra cosa: aspetta.

Aspetta che Ville faccia o dica qualcosa.

Aspetta di vedere una sua reazione.

Aspetta un miracolo che ha il terrore possa non arrivare mai.

 

I’m not afraid to say I love you
Anymore that I used to be babe
I’m scared to death
I’m scared to death to fall in love
With you

 

Con la voce rotta, Ville continua a cantare.

Canta per lui, per Lily, per il loro amore al quale non è disposto a rinunciare.

Canta per la paura di vedere svanire la sua anima gemella là dove lui non può seguirla. Per allontanare il dolore che quella rivelazione ha provocato nel suo cuore, ferendolo in un modo così atroce da farlo sanguinare.

Sì, ora è ferito e distrutto, ma non sconfitto. Non lo sarà mai perché ha imparato che bisogna lottare per essere felice, forse quella non è che una prova posta sul suo cammino solo per renderlo più forte e degno dell’amore che desidera vivere.

 

I’m not afraid to admit I adore you
Anymore than I was before, babe
I’m scared to death
I’m scared to death to fall in love
With you 

 

“Ti amo Lily e ti amerò per sempre, non c’è nulla che possa farmi tornare indietro e se questo vuol dire che dovrò rivoltare il Cielo e la Terra per farti guarire, allora lo farò, perché io non ho paura di dire che ti amo.”

“Ville…” sussurra, incapace di proseguire oltre.

“E se pensavi di farmi cambiare idea riguardo al matrimonio, ti sei sbagliata di grosso…nella gioia e nel dolore, in salute e in malattia, nella buona e nella cattiva sorte io voglio vivere con te, sempre e soltanto con te.”

Mentre dice quelle parole, una lacrima scende a rigargli il viso perfetto, rendendolo simile alla statua di un Angelo del Dolore che in tutta la sua magnifica bellezza soffre, ma senza mai perdere la speranza.

Incurante del dolore alla schiena, Lily si lancia su Ville abbracciandolo con tutta la forza di cui è capace e mentre lui scosta la chitarra per poterla stringere sente di aver fatto la cosa giusta e mentre la bacia capisce che nulla potrà mai dividere due anime nate per stare insieme.

Non gli importa quanto il destino ha deciso di concedere al loro amore, ma che sia un mese, un anno o una vita intera tutto è meglio di un’esistenza passata nel ricordo di ciò che poteva essere, ma che poi non è stato: ciò di cui ha bisogno è di Lily e finché lei sarà lì con lui, allora non c’è nulla di cui aver paura, neanche del futuro.
 

And you’re sweet like poison

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Capitolo 27
*** Capitolo 26: Bleed Well ***


Sdraiati sulla coperta l’uno di fronte all’altra con i palmi delle mani intrecciati tra loro, Ville e Lily si guardano senza dire niente, beandosi solamente di quel contatto così casto e puro che li fa sentire indissolubilmente uniti.

La luce del sole ormai sta scomparendo dietro l’imponente figura massiccia dell’ospedale e l’aria si sta facendo più fredda, ma nulla potrebbe distoglierli da quel momento di pace che lascia fluttuare i loro corpi come piume leggere mosse dal vento.

“Hai freddo?” Chiede Ville accorgendosi di un lieve brivido che percorre il corpo di Lily.

“Un pochino” risponde, decisa a non nascondergli più nulla.

“Vuoi che torniamo in ospedale?”

“No…vorrei stare qui a guardarti per sempre.” Sorridendo, Ville si avvicina a Lily facendo aderire il proprio corpo a quello della donna per poterla riscaldare: di solito è lui quello freddoloso, ma non gli dispiace affatto essere per una volta il cavaliere che salva la damigella in difficoltà ed abbassando la cerniera della felpa, avvolge Lily che si accoccola tra le sue braccia. “Grazie.”

“Di che cosa?”

“Di tutto…di essere qui con me. Ti amo Ville.” Premendo le sue labbra contro quelle di Lily, Ville inizia a baciarla, lasciando che le lingue di entrambi inizino a danzare contorcendosi teneramente in quel bacio che vale più di mille parole. “Lily, ma stai tremando. Ti senti bene?” Osserva, mentre la stringe forte a sé.

“Effetti collaterali della biopsia, la mia dottoressa ha detto che poteva accadere. Ho paura mi stia salendo la febbre.”

Ville la guarda per un momento, indeciso se chiedere o meno delucidazioni a proposito dell’esame che ha fatto quella mattina. Non sa niente di quello che Lily dovrà passare, ma vuole rimanere al suo fianco d’ora in avanti, solo che ha paura di risultare invadente e questa cosa lo preoccupa un po’.

“Ville, se vuoi chiedermi qualcosa sai che non devi far altro che aprire bocca, vero?!”

“Veggente! Tu non sei una psicologa, ma una veggente: ora ho le prove.”

“Ho solo un po’ di buon senso e poi ti si legge tutto in faccia!” Esclama lei accarezzandogli il viso.

“Non ti dà fastidio? Cioè…non voglio essere opprimente.”

“Sei un broccolo, ecco cosa sei!” sorride, “ma come ti vengono in mente certe cose?”

“A volte me lo domando anche io! Allora…ti va di parlarmene?”

“Se a te va di ascoltare.”

“Ho bisogno di sapere tutto. Devo sapere come posso aiutarti! Però me lo dirai in camera, non voglio che ti congeli…rientriamo?!”

“Sì…direi che è un’ottima idea!” Baciandosi ancora una volta con un tocco fugace, Lily e Ville non si accorgono che una terza persona li sta osservando e si spaventano quando il suono incollerito della sua voce li riporta bruscamente alla realtà.

“Sapevo che tra di voi c’era qualcosa…” Con i pugni stretti ed il volto teso dalla rabbia, Jasper guarda Ville con tutto il disprezzo di cui è capace: lo odia, lo odia con tutto il cuore e non può perdonargli il fatto di aver fatto innamorare Lily il cui viso è una maschera di sgomento e sconcerto.

Alzandosi in piedi Ville e Lily cercano di far calmare Jasper che non vuole assolutamente saperne di ascoltare le loro parole, dolorosi come pugnali affilati, e senza nemmeno accorgersene si avventa su Ville tirandogli un poderoso pugno che gli spacca il labbro, facendolo sanguinare.

“Jasper, no. Smettila.” Avvicinandosi a Jasper, Lily cerca di tranquillizzarlo: non è la prima volta che ha una reazione sconsiderata davanti ad un evento che lo sconvolge profondamente, ma mia prima d’allora è arrivato ad alzare le mani.

“Lasciami Lily…gliel’avevo detto che non si sarebbe dovuto innamorare di te…” urla lui scrollandosi di dosso le mani della donna, spingendola indietro facendola cadere.

Reprimendo un grido di dolore, Lily non può però nascondere una smorfia che le contrae il viso mettendo così in allarme Ville, subito pronto ad andare verso di lei per accertarsi che non si sia fatta nulla.

“Sei un bastardo, non vedi che sta male?” Alzando lo sguardo verso Jasper, Ville lo guarda con odio e senza pensarci su due volte, si avventa su Jasper colpendolo con tutta la forza di cui è capace, sfogando sul giovane inserviente tutti sentimenti contrastanti portati da quella giornata. “Pysy kaukana hänen” dice a denti stretti dopo avergli fatto l’occhio nero, senza rendersi conto di aver parlato in finlandese.

Stai lontano da lei

“Ville…ti prego…basta” ancora a terra per il dolore, Lily richiama l’attenzione di Ville che, immediatamente, lascia andare Jasper per stare con lei.

“Lily…io…io…mi dispiace.” Nell’udire la vocina dimessa di Lily, così dolce e terribilmente triste, Jasper si risveglia da quella sorta di trance nella quale è piombato e muovendo in passo in direzione dei due, tenta di sistemare la faccenda provando a giustificare quel comportamento che non è da lui.

Inchiodato sul posto dallo sguardo fiammeggiante di Ville, che lo guarda con disprezzo, Jasper si rende subito conto di quanta complicità c’è tra i due. Lo capisce dal modo in cui Lily si aggrappa a Ville mentre la sorregge aiutandola ad alzarsi, da come le mani di lui le sfiorano il corpo, con una delicatezza senza eguali quasi come se avesse paura di romperla. Lui non potrebbe mai toccare Lily in quel modo, solo ora se ne rende finalmente conto: ci ha sperato per anni, ma solo adesso che la vede così innamorata comprende che non ha mai avuto speranze, che lei era destinata a Ville. Eppure il suo cuore piange e si sgretola, sanguinando lacrime scarlatte.

“Lily perdonami…” e così dicendo inizia a correre il più lontano possibile dalla sola persona che ha mai davvero amato.

“Jasper…Jasper” grida lei nell’inutile tentativo di fermarlo.

“Lascialo andare. Se si azzarda ancora ad avvicinarsi a te, giuro che lo ammazzo.”

“È solo spaventato, Ville. Non doveva scoprire di noi così, dovevo parlargli, dovevo dirgli tutto quanto. Dio, ti ha fatto male?” Passando le dita sul labbro di Ville che ancora non accenna a smettere di sanguinare, Lily si colpevolizza per ciò che è successo: ha sempre saputo dei sentimenti che Jasper prova per lei, ma in quell’ultimo periodo ha trascurato il ragazzo perché troppo presa da Ville, facendo esplodere la sua gelosia nel modo peggiore di tutti.

“Io sto bene, non ti preoccupare…e tu?”

“Mi sento uno schifo.”

Ville sa bene che il dolore alla schiena c’entra ben poco con quell’affermazione e che il malessere di Lily è più che altro quello del suo cuore, triste per aver permesso che le cose con Jasper degenerassero in quel modo imprevedibile.

“Non ti preoccupare…si sistemerà tutto” la conforta lui accarezzandole le spalle.

Deve sistemarsi. Jasper ha solo me e gli ho spezzato il cuore. Sono una stupida” sussurra con la testa tra le mani, scuotendola come per scacciare via quel tragico quarto d’ora. “Mi accompagneresti da Connor, per favore? Devo avvisarlo…”

Sollevandola per prenderla in braccio, Ville rimane sorpreso da quanto il suo corpo sia leggero, e senza sforzo la porta in clinica sperando che le ferite del cuore di Lily si rimarginino in fretta: non può vederla così triste, ma sapere che il motivo del suo stato d’animo è Jasper lo rende furibondo.

 

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Capitolo 28
*** Capitolo 27: Love is the Only War Worth Dying For ***


“Ma che diavolo…?!” Aprendo la porta del suo studio, Connor si trova davanti uno spettacolo a dir poco inaspettato: Ville con il volto tumefatto ed il labbro incrostato di sangue che sorregge Lily che non sembra affatto stare bene.

“Con, ti prego, abbassa la voce” mormora Lily aprendo gli occhi, arrossati e stanchi.

Facendo cenno a Ville di entrare per far accomodare Lily sul lettino che di solito usa per la terapia dei pazienti, Connor si fa raccontare tutto per filo e per segno mentre passa a Ville un paio di buste di ghiaccio istantaneo da mettere sul viso e sulla mano, ormai gonfia a causa dei pugni.

“Io lo sapevo che avrebbe fatto qualche danno prima o poi, ma tu non mi hai voluto dare retta…” sbuffa Connor contrariato, mentre alza la maglietta di Lily per controllale la schiena.

Senza proferire parola, Ville sbircia la situazione inclinandosi leggermente in avanti: non vuole certo infastidire Connor che sembra non essere minimamente scosso dalla sua presenza, ma allo stesso tempo vuole controllare che Lily stia bene per evitare di iniziare a rincorrere Jasper per tutta Filadelfia così da fargliela pagare cara.

“Hai un bel livido, ma passerà presto. Ora vediamo quanta febbre hai.”

“Sto bene…una bella dormita e passa tutto.”

“Dormita che farai a casa tua, nel tuo letto, senza distrazioni di alcun genere...” Sentendo quelle parole, Ville seppellisce la faccia nella confezione di ghiaccio sperando di trovare sollievo dal rossore che sente imporporargli tutto il viso, pregando di continuare a fare la parte della tappezzeria fino alla fine del discorso. “Ti chiamo un taxi.”

“D’accordo, però mi prometti che poi vai a cercare Jasper?” Lo implora, senza avere la forza di contrastare Connor che, a ben vedere, ha tutte le ragioni del mondo a volerla mandare a casa senza distrazioni, anche se quella distrazione porta il nome di Ville Valo. Lily ha bisogno di riprendersi, di rimettere ordine nei pensieri, di credere che domani si sistemerà tutto, ma deve fare tutto questo da sola, perchè non ce la fa fisicamente a condividere il peso del futuro con altre persone: è troppo perfino per lei soltanto, ma deve pacificare il suo spirito e solo così potrà ricominciare.

 

***

 

Mentre Ville guarda Lily entrare nel taxi sente un nodo stringersi intorno alla gola: sa che è meglio per lei se torna a casa, ma il pensiero di dover passare la notte da solo gli provoca un certo disagio e, fregandosene dello sguardo indagatore di Connor, corre verso di lei per poterla salutare come si deve.

“Non mi far stare in pensiero” lo ammonisce lei, passandogli la mano tra i capelli.

“E tu non rubarmi le battute: sono io quello preoccupato per la tua salute.”

“Sì, ma tu sei ancora un mio paziente, ricordatelo” sorride lei baciandolo.

“La spunterò mai con te?”

“Ovvio che no! Forza torna da Connor prima che ti porti via con me…mi mancherai tremendamente questa notte.”

“Ti prego non me lo ricordare…” mugola affranto, con voce bassa e roca.

“Ci vediamo domani.” Glielo dice come se fosse una promessa, sperando che sia abbastanza per far passare ad entrambi quella notte che si prospetta infinita.

“A domani.” Chiudendo la portiera dopo essersi scambiati l’ultimo bacio, Lily saluta Ville con la mano mentre il taxi si allontana facendosi sempre più piccolo e lasciando Ville con un crescente senso di vuoto man mano che vede la vettura sparire all’orizzonte.

“È speciale, non è vero?” Domanda Connor dando una pacca sulla spalla a Ville.

“Oh sì, tremendamente speciale” risponde lui, abbozzando un mezzo sorriso, timido e impacciato. Non sa come comportarsi con Connor, se deve trattarlo come il primario della struttura ospedaliera della quale è ospite o se considerarlo un amico, un confidente, anche alla luce di tutto quello che sa ora di Lily, dopo la promessa che hanno suggellato in giardino quel pomeriggio.

“Così ti ha raccontato tutto finalmente. Vuoi parlarne?”

“Prima posso farle una domanda signore?” Decide di non esporsi troppo o, meglio, di farlo ma con un certo garbo: Connor è comunque un dottore, lui resta ancora un paziente e come tale deve agire, anche se ama Lily, anche se lei considera l'uomo quasi come un padre.

“Certamente.”

“Se le dicessi che voglio sposare Lily, lei come la prenderebbe?”

“Ti chiederei se sei sicuro di quello che fai.” Ribatte semplicemente, forse nemmeno troppo sconcertato da quella domanda che non suona poi così inaspettata. Ha visto Lily e ha osservato Ville. Ha guardato entrambi ben prima che loro si accorgessero l'uno dell'altra e ha sempre saputo che le loro anime erano stranamente affini, quasi come destinate.

“Non sono mai stato più sicuro di così in tutta la mia vita!”

“Allora sposala e rendila felice perché è quello che si merita e so che tu sei ciò di cui lei ha bisogno! Gliel’hai già chiesto?”

“Questo pomeriggio.”

“E cosa ha risposto?”

“Ha accettato.”

“Allora io non posso che essere felice per voi.” E lo è. Lo è davvero. Se c'è una cosa che ha sempre voluto è vedere Lily felice e ora sa che quella felicità ha la voce di un cantante venuto dal freddo della Finlandia, inciampato nelle trame della vita e di un destino che, forse, ha il potere perfino di cambiare con quel suo amore sconfinato.

“Quindi…ci dà la sua benedizione?!” Domanda alzando lo sguardo verso di lui, inaspettato alleato.

“Non hai bisogno della mia benedizione, Ville. Lei è già tua e nulla potrà cambiare questo dato di fatto.”

“Però io ci tengo davvero molto a questa cosa…per Lily, lei è come un padre.”

“Hai tutta la mia benedizione, allora. Vieni con me, devo darti una cosa.”

Seguendo Connor nuovamente nel suo ufficio, lasciandosi dietro gli ultimi raggi del sole al tramonto, Ville si sente più leggero e confortato nel sapere che quello che è a tutti gli effetti il padre di Lily ha acconsentito al loro matrimonio. Fa sembrare tutto più roseo, possibile, soprattutto normale, anche se sa che non c’è niente di normale in quello che sta capitando loro.

“Accomodati.” Sedendosi di fronte all’uomo, Ville lo guarda estrarre da un cassetto della scrivania una piccola scatolina al cui interno si trova un anello molto semplice, ma stupendo, con incastonata una piccola ambra dai riflessi color caramello scuro. “Era di Rose, la mamma di Lily. James gliel’ha regalato quando è rimasta incinta, ora io lo do a te: fai di tutto per rendere Lily felice, mi raccomando.” Porgendogli la scatoletta, Connor lascia che Ville studi i dettagli dell’anello mentre la sua mente si lascia andare ai ricordi di quella che sembra una vita ormai passata da troppo tempo.

“È meraviglioso…ha lo stesso colore degli occhi di Lily.”

“Hai ragione. James l’ha scelto apposta perché era anche il colore di quelli di Rose. Era così bella, Ville, e tu le saresti piaciuto molto, ne sono sicuro.”

“Signore, non è meglio se dà lei l'anello a Lily?” Mormora mentre accarezza la pietra che emana caldi riflessi dorati.

“Preferisco sia tu a darglielo, è giusto così e poi, per una proposta di matrimonio come si deve, ci vuole almeno un anello di fidanzamento!” Sorride gentile e con fare benevolo. Vede tutta la timidezza di Ville, la fragilità nascosta dietro la maschera dell'uomo di successo e non può fare a meno di pensare che nessuna persona sia più giusta di lui per Lily. Era sincero quando ha detto che alla madre di Lily sarebbe piaciuto tanto, forse perchè Ville è in qualche modo il riflesso speculare di quella graziosa giovane donna che ha messo al mondo.

“Crede che potrò uscire presto di qui? Ho bisogno di starle vicino, ma non posso farlo se sono bloccato qua dentro. So che ho fatto uno sbaglio colossale, non c’è giorno che non me lo ripeta ora, però, ho lei e non potrei mai fare niente capace di spezzarle il cuore.”

“Molto bene…so che c’è ancora una cosa che devi fare, ma dopo sarò felice di firmarti i fogli di dimissione!”

“Una cosa?”

“Non posso dirti di più…Lily ci tiene molto a questa sorta di prova: l’ha dovuta superare anche lei a suo tempo.”

“D’accordo, allora non chiederò oltre. Posso chiederle ancora un favore?”

“Solo se la smetti di darmi del lei e mi chiami Connor.”

“Va bene, Connor! Posso telefonarle? So che in teoria non ho diritto alla telefonata, ma voglio solo sapere se sta bene e augurarle la buonanotte.”

“Assomigli in un modo impressionante a James…” riflette, quasi parlando a se stesso più che a Ville. “Hai cinque minuti, poi ti voglio in stanza, d’accordo?”

“Intesi…grazie.”

Lasciando solo Ville dopo aver composto il numero di telefono di Lily, Connor aspetta che i due si salutino: sembra passato così tanto tempo dall’ultima volta che ha visto Lily così felice e pare quasi che lo spirito di Rose e James sia tornato ad aleggiare nuovamente per i corridoi di quell’ospedale che, per troppi anni, è stato privato della gioia di due anime innamorate capaci di riempire con la forza del loro amore lo spazio intorno a loro.

Connor non ha alcun dubbio: è l’amore che lega Lily e Ville ad essere il motore di tutto, la spinta verso un futuro che può e che deve essere migliore. Non ha mai conosciuto delle persone così meritevoli di essere felici, ma sa anche che non dovesse andare come vorrebbe, sa che per quell’amore sia Ville che Lily sarebbero disposti a morire pur di non dovervi rinunciare ed è forse per questo che il futuro fa meno paura del dovuto.

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Capitolo 29
*** Capitolo 28: The Promise ***


È da poco passata la mezzanotte quando Lily si sveglia, infastidita dall’incessante rumore del campanello di casa sua che non sembra avere alcuna intenzione di smettere di suonare.

Stanca, spossata e ancora con i brividi di freddo ormai penetrati nelle ossa, Lily decide di andare a controllare che cosa è successo, solo per zittire quel baccano che la sta facendo letteralmente impazzire.

Infilandosi una felpa di qualche taglia più grande per coprirsi ulteriormente, la donna si alza svogliatamente dal letto e trascinandosi giù per le scale, guarda fuori dallo spioncino per controllare chi diavolo può mai essere a quell’ora.

Subito riconosce i capelli biondo platino di Jasper e si affretta ad aprire la porta, accorgendosi del volto sconvolto dell’amico che non sembra essere intenzionato ad andarsene dal suo pianerottolo.“Jasper che ci fai qui? Fa un freddo terribile, vieni dentro.” Prendendolo per un braccio e trascinandolo all’interno della casa, Lily si richiude la porta alle spalle e invita Jasper ad accomodarsi nel salotto. “Siediti, forza…” ribadisce indicandogli il divano, sprofondando a sua volta nella poltrona avvolgendosi con un plaid che tiene sempre a portata di mano.


“Scusa se ti ho svegliato, ma avevo bisogno di parlarti” dice girandosi le dita dei pollici senza guardare Lily in faccia.

“Non ti preoccupare, lo sai che per te ci sono sempre e soprattutto non ho orari” sorride debolmente, mentre un leggero dolore le comincia a camminare su tutta la schiena.

“Ti senti male Lily?” Domanda preoccupato, notando l’espressione della donna.

“Diciamo che al momento non sono nel pieno delle forze.”

“È per colpa mia? Per quello che ti ho fatto oggi?”

“No, Jas tu non c’entri.”

“Però ho visto la tua faccia quando ti ho fatto cadere: ti ho fatto male e non dirmi che non è vero. Non sono totalmente scemo, anche se Ville pensa il contrario.”

Sentendo crescere il turbamento nella voce di Jasper, Lily si alza in piedi per mostrare al ragazzo il grosso livido caldo e pulsante, unico responsabile del suo malessere, pronta a ribadire a Jasper che lui non ha alcuna colpa per quello che sta accadendo.

“Quando sono caduta questo pomeriggio l’avevo già, è per questo che mi hai visto fare una faccia strana, tu non ne sei assolutamente responsabile, capito?” 

“Sei sicura? Non è che me lo dici solo per farmi stare meglio?” Allungando la mano verso il livido, Jasper si blocca appena prima di posare il palmo sulla schiena di Lily, convinto che non sia giusto sfiorarla dopo tutto quello che è successo nel pomeriggio.

“Mi conosci, sai che non farei mai una cosa del genere” risponde tornando a sedersi e rannicchiandosi sulla poltrona per potersi coprire anche i piedi lasciati nudi.

“D’accordo…ti credo.”

“Ne sono felice” risponde poggiando la testa sullo schienale, chiudendo un attimo gli occhi.

“Lily cos’hai?” Alzandosi di scatto, Jasper ha finalmente il coraggio di toccarla e scostandole i capelli che le ricadono sul viso, si accorge che la fronte di Lily è davvero molto calda, tanto da costringerlo a ritirare la mano in preda al panico.

“Ho solo la febbre, tutto qui. Le persone si ammalano Jas, non è un dramma.”

“Sei bollente. Ho sbagliato, non dovevo venire. Ti lascio riposare, dopotutto non è importante quello che ti devo dire, posso aspettare.”

“Jasper…siediti immediatamente: non ti lascio andare da nessuna parte. Abbiamo entrambi diverse cose da dirci, cose importanti che non possono aspettare” dice con voce risoluta.

“Ok, va bene…”

“Su allora, dimmi tutto” lo incita, cercando di sorridere nel modo più convincente possibile.

“Volevo chiederti scusa per oggi, non so cosa mi sia preso, ho perso la testa e mi vergogno tanto per aver colpito Ville e per essermela presa con te.”

“Lo sai che devi chiedere scusa a Ville e non a me? So che ti sei sentito tradito quando ci hai visti abbracciati, è colpa mia, avrei dovuto dirti quello che stava succedendo tra me e lui, ma ho perso di vista le priorità…”

“Ti sei innamorata, vero?” Formulare quella domanda costa una certa fatica a Jasper che torna a fissare il tappeto, cercando di focalizzare la sua attenzione sulla trama del disegno.

“Sì Jas, mi sono innamorata. È stata una cosa improvvisa e inaspettata, ma è successo.”

“Sei felice?”

“Sì…” dice lei sorridendo per fargli capire che è davvero così.

“Va bene, allora non c’è più niente da dire: a me basta questo. Avrei voluto essere io a farti sentire così, ma forse non era destino.” Con gli occhi lucidi di tristezza, Jasper s’impone di guardare Lily perché lei possa vedere tutta la sincerità di quelle parole che escono dal cuore. È una cosa che ha imparato a fare durante la terapia riabilitativa con lei, guardarla sempre quando le racconta cose importanti e al momento non c’è nulla di più importante di quella dichiarazione, fatta forse troppo tardi.

“Anche tu mi rendi felice, mi hai reso felice un sacco di volte da che ti conosco, solo che in un modo diverso: però ricordati che io avrò sempre bisogno di un amico. Di te!”

“E se poi ti dimentichi di me? Se lui non vuole che tu sia mia amica? Ha detto che non mi sarei mai più dovuto avvicinare a te, che mi avrebbe ammazzato. L’ho sentito…”

“Per prima cosa non potrei mai dimenticarmi di te! Secondo, non credo che Ville potrebbe mai impedirmi di esserti amica e terzo…ti ha tirato un pugno e si è quasi rotto una mano mentre tu non hai neanche un segno in faccia: secondo te potrebbe mai riuscire ad ammazzarti?” Ride cercando di far rilassare Jasper, che sembra davvero terrorizzato da quell’eventualità.

“In effetti non è che mi abbia fatto proprio male. Potevi scegliertelo un po’ più atletico il fidanzato” sottolinea lui, contento di potersi prendere quella piccola rivincita sull’uomo che le ha portato via l’amore.

“Che ti devo dire? L’unico vichingo pelle ossa sono riuscita a trovarlo io” scherza lasciandosi andare ad una risata sincera.

“Allora, amici?”

“Amici! Per sempre…e domani parla con Ville: per lui è importante sapere queste cose, ok?!”

“Ok.” Allungando la mano verso Jasper, Lily lascia che lui gliela stringa consapevole del suo bisogno di suggellare quella promessa con quel contatto. “Tu invece che cosa volevi dirmi?”

“In realtà sono due cose: la prima è che Ville mi ha chiesto di sposarlo.”

“Oh…caspita! E tu cosa gli hai detto?”

“Gli ho detto sì.”

“Hai fatto bene, dico sul serio! Credo che lui ti ami davvero tanto. L’ho osservato bene in questo mese e mezzo, è molto…preso da te.”

“Se me lo dici tu, allora mi fido.”

Sorridendo Jasper capisce che le sue opinioni sono davvero importanti per Lily e questo lo rende sereno. La sua mente è sempre stata molto semplice rispetto a quella delle altre persone, per lui ci sono solo le gamme di sentimento pure e  naturali: buono/cattivo, giusto/sbagliato ed è estraneo a tutto ciò che è falsità, doppio gioco, inganno, bugia…lui è semplicemente un’anima limpida e sincera che reagisce sempre e solo secondo ciò che sente nel profondo, a volte esagerando, ma senza mai essere falso. Jasper è solo un bambino troppo cresciuto.

“L’altra cosa?”

Raccontandogli tutto della sua malattia, degli esami che ha dovuto fare e che dovrà affrontare in futuro, Lily cerca di spiegare a Jasper tutto nella maniera più semplice possibile, cercando di mostrarsi serena e soprattutto senza paura perché sa che non potrebbe sopportare di vederla triste.

“Però starai bene, non è vero?”

“Sì, starò bene. Magari non subito, ma starò bene: le cure che dovrò fare serviranno a farmi guarire e anche se starò male per un po’, poi andrà meglio! Posso assegnarti un compito davvero molto, molto importante?”

“Sì, certo! Cosa devo fare?”

“Ti affido Ville! Mi prometti che se avrà bisogno di una mano, che se sarà triste o giù di morale a causa mia tu lo aiuterai a reagire?”

“Sì Lily, te lo prometto!”

“Grazie Jasper, ora sono più tranquilla sapendo che ci sei tu a controllarlo.”

Fiero della missione che Lily gli ha dato, Jasper si sente rincuorato sapendo che lei si fida così tanto di lui da affidargli addirittura l’uomo che presto diventerà suo marito e capisce che forse il suo ruolo è sempre stato quello dell’angelo custode, il solo capace di vegliare sulla sua felicità finché lei ne avrà bisogno.

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Capitolo 30
*** Capitolo 29: Friends will be Friends ***


Avvolta nelle coperte del suo letto Lily cerca di ricordare come sia arrivata fin lì dopo la chiacchierata con Jasper, ma è solo grazie ad un biglietto lasciatole sul comò dal ragazzo che riesce finalmente a far luce sugli avvenimenti della sera prima. Lui l’ha riportata a letto dopo che si è addormentata sulla poltrona, ha vegliato per un po’ sul suo sonno per essere certo che stesse bene e poi, quando si è reso conto che la sua presenza non era più necessaria, è andato via, lasciandola ai suoi sogni.

Immersa com’è nei suoi pensieri, quasi non si accorge del cellulare che squilla nella sua borsa, ma non appena il trillo diventa troppo insistente per poterlo ignorare, si alza per andare a rispondere alla chiamata.

“Pronto?!”

“Parlo con la dottoressa Venus?” Una voce sconosciuta dall’altro capo del telefono arriva sonora e poderosa all’orecchio di Lily, che cerca di ricordare dove l’abbia già sentita frugando rapidamente nei cassetti della sua memoria, che quella mattina sembra non voler funzionare come dovrebbe.

“Sì sono io, mi scusi chi parla?”

“Oh, già è vero: sono  Mikko Paananen, Migè, l’amico di Ville. L’ho disturbata?”

“No, no, assolutamente…colpa mia, non sono stata molto bene in questi giorni, sono leggermente fuori fase! Sono contenta di sentirla.”

“Se non si sente bene posso chiamarla un’altra volta. Volevo solo sapere come sta Ville.”

“In realtà se non avesse chiamato lei, l’avrei fatto io: se la sente di venire in ospedale a trovarlo?”

Quella domanda coglie Migè impreparato: non pensava davvero di essere così fortunato e di poter riuscire ad andare a trovare l’amico così presto. Si era già preparato un discorso estremamente persuasivo per convincere la dottoressa a farlo parlare con Ville nel caso in cui avesse opposto resistenza alla sua richiesta, ma a quanto pare non serve, cosa che lo rende decisamente contento.

“Dice sul serio?” Chiede come per avere conferma di aver realmente sentito quelle parole uscire dalla bocca di Lily.

“Certamente! Ne sarebbe davvero felice” sorride lei immaginandosi la faccia di Ville nel rivedere il suo migliore amico.

“Ma sta bene, vero? Non è che è successo qualcosa?”

“Sta bene, non si preoccupi. Anzi, pensavo di dimetterlo, ma prima di farlo deve riuscire a chiedere scusa a lei e a tutti i suoi amici. Credo sia pronto…”

Migè ha ben impresso nella memoria il programma terapeutico della dottoressa Venus. Il giorno in cui ha accompagnato Ville al Sant’Agnese ha subito parlato con lei e Lily gli ha spiegato il tipo di progetto terapeutico che aveva in mente per il suo illustre paziente: nessun contatto con i suoi amici, rapporti ridotti a zero, in quello che è stato presentato come un percorso alla ricerca del vero io, teso alla comprensione di ciò che è davvero importante, di chi lo è.

Lily, in quell’occasione, è stata molto convincente: gli ha detto che quello è l’unico modo per far capire a Ville la gravità del suo gesto, molto estremo, certo, ma sicuramente efficace. In più gli ha anche spiegato che quanto più forte è il legame che lo unisce ai suoi amici, più il processo di guarigione sarebbe stato veloce, ma Migè mai avrebbe pensato di potergli parlare così presto.

Nessun membro della band si è allontanato da Filadelfia. Hanno tutti deciso di rimanere lì nel caso ci fosse stato bisogno di loro e dopo aver sistemato le cose con la stampa e aver disdetto le date dei concerti, provocando un malcontento generale nei fan più agguerriti, hanno deciso di comunicare a tutti il motivo per cui non si potevano esibire, tacendo la vera natura del gesto di Ville, adducendo come scusa seri problemi di salute del cantante che lo avrebbero portato lontano dal palco per un periodo di tempo non meglio precisato. Hanno poi concordato costanti aggiornamenti con Lily in merito ai miglioramenti di Ville, eppure le cose, almeno all’inizio, non sono sembrate affatto positive, fino a quel momento.

“Signor Paananen, siete ancora tutti qui a Filadelfia, vero?”

“Certo, non ci saremmo mai potuti allontanare, non con Ville in queste condizioni. Perché?”

“Vorrei che veniste tutti a fargli visita, per Ville sarebbe davvero molto importante potervi vedere tutti insieme in questo momento: ci sono diverse cose che vi deve raccontare, ma può farlo solo con ognuno di voi presente.”

“Non c’è nessun problema, anzi. Dottoressa, non so davvero come ringraziarla…”

“La prego, mi chiami Lily e poi non deve ringraziare me, non ho fatto davvero nulla.”

“Ha creduto in Ville. Hai avuto fiducia in lui. Perfino io avevo perso le speranze, ma non tu e lo hai salvato. È tutto merito tuo. Quando possiamo vederci? E a questo punto credo che darci del tu sia d’obbligo!”

“Se volete passo a prendervi io fra un’oretta, tanto devo andare a lavoro! Siete sempre al Downtown sulla Chris. Columbus Blvd?”

“No, abbiamo preso un appartamento tra la Oxford e la Cottman Ave…in albergo ci avrebbero spennati, è un problema passare di qui?”

“Nessun problema, conosco la strada! Allora ci vediamo fra un’ora!”

“Perfetto, a dopo.”


Chiudendo la comunicazione, Lily si affretta a mandare un messaggio a Connor per aggiornarlo sulle sue condizioni di salute, avvertirlo che Jasper sta bene e soprattutto per dirgli che arriverà presto con gli amici di Ville.

 

Quella è per lui l’ultima prova, la più importante, quella che deciderà il futuro più immediato e che determinerà la sua dimissione dall’ospedale psichiatrico.

***

“Nervosi?” Domanda Lily mentre accompagna i membri della band in una delle stanze in cui solitamente si svolge la terapia di gruppo.

“Parecchio” risponde Burton guardandosi intorno un po’ a disagio.

“L’unico consiglio che vi posso dare è quello di essere naturali: non tenetevi nulla dentro, ditegli per filo e per segno cosa sentite e cosa avete provato quando ha tentato il suicidio. Ha bisogno di sapere esattamente quello che vi turba, quindi non abbiate paura dei vostri sentimenti, va bene? Così come non dovete aver paura ad essere anche brutali: non è fatto di porcellana, non va avvolto nella bambagia, deve solo capire che anche per voi è stato doloroso questo periodo, non vi nascondete.”

“E se fosse lui a non volerci parlare?” Chiede Linde preoccupato da quell’eventualità che la dottoressa non sembra aver preso in considerazione.

“Posso assicurarvi che gli mancate tremendamente. Sarà felice di vedervi, non ho dubbi su questo. Se intanto volete accomodarvi, io vado a chiamarvelo. Non abbiate alcun timore, andrà tutto bene”, ribadisce con il suo sorriso più convincente.

Lasciando i quattro nella stanza, Lily si precipita da Ville felice di poterlo riabbracciare dopo una notte passata distante dalle sue braccia, ma soprattutto fiera di quella sorpresa che gli ha preparato. Lo osserva da un mese e mezzo e per tutto il tempo, nonostante sia stata anche presa da altro, non ha mai smesso di essere anche la sua psicologa, quindi sa perfettamente quando abbia bisogno di poter stare con i suoi amici, soprattutto ora che tante cose stanno cambiando, lui per primo. Non fa in tempo ad entrare nella stanza di Ville, che subito sente le sue mani attirarla verso di lui per abbracciarla e stringerla come se non la vedesse da mesi interi.

“Passa ancora un’altra notte lontana da me e potrei seriamente decidere di scappare da qui.” 

“Non succederà più, promesso. Mi sei mancato anche tu” baciandolo, Lily gli accarezza i capelli, lasciandosi trasportare da quell’attimo di intimità capace di rinvigorire il suo spirito.

“Come ti senti oggi?”

“Molto meglio, grazie! Niente febbre, solo qualche dolore, ma passerà presto! Il tuo labbro da lottatore?”

“È una ferita che porto con onore per aver difeso la mia amata.”

“Sicuro che non ti abbia colpito alla testa?! Sembri delirare!” Scherza passandogli la mano sul viso livido, controllando che la mano sia ancora tutta intera.

“Sicurissimo! Ho una cosa da darti…”

“No, prima io: ho una sorpresa per te…andiamo” staccandosi dall’abbraccio di Ville, Lily lo prende per mano e lo accompagna davanti alla stanza dove lo aspettano i suoi amici.

“Un’altra simpatica terapia di gruppo? Avrei preferito fare altro…non so se mi spiego!”

“Ah povera me…entra, muoviti!” Aprendo la porta e spingendo Ville all’interno, Lily lo guarda sorridendo mentre lui, ancora voltato nella direzione della donna, non si accorge di chi lo aspetta nella stanza, preso com’è ad ammirare il viso di Lily raggiante come non mai.

“Mi vuoi dire cos’è?”

“Se ti giri, magari lo scopri da solo!” Risponde lei indicando con il dito verso Migè e gli altri.

Voltandosi con ancora il sorriso sulle labbra, Ville ci mette qualche secondo a rendersi realmente conto di quale sia la sorpresa che le ha preparato Lily e guardando basito i volti dei suoi amici, impacciati ed imbarazzati, non sa bene come reagire.

Con un gesto istintivo ed automatico, Ville afferra la mano di Lily e la stringe forte mentre lei, con l’altra mano, lo accarezza sul braccio per fargli coraggio e soprattutto per tranquillizzarlo: non c’è niente di cui debba aver paura, ma sa anche che quella è una reazione normale e non si preoccupa più di tanto.

“Allora?! Non dici niente?” Sussurra senza smettere di tenergli stretta la mano, osservando attentamente il suo viso.

“Io…io…non so cosa devo dire…non sono pronto Lily…” balbetta lui, abbassando lo sguardo avvilito e mortificato.

“Sì che lo sei…”

“Vuoi che andiamo via?” Interviene Migè sconfortato.

“NO” risponde immediatamente con il panico negli occhi. “Non ve ne andate, vi prego…”

Combattuto tra la vergogna, lo stupore e la gioia di vedere dopo tanto tempo i suoi amici, Ville non riesce a mettere ordine in quel mare di sentimenti che lo sconvolgono nel profondo facendolo sentire confuso e spaventato.

“Che ci fate qui?” riesce a chiedere finalmente lasciando andare la mano di Lily che si allontana di qualche passo.

“Siamo venuti a trovare un amico” risponde Migè.

“Capisco. E questo amico come mai si trova qui?”

“Non lo sappiamo, ma ci piacerebbe molto capirlo. Siamo venuti per questo” è la sincera risposta di Burton.

“Era solo, terribilmente solo. Si sentiva una nullità, un incompreso. Stava cercando qualcosa, ma alla fine si è stancato di cercare perché ha pensato che, probabilmente, se non era ancora riuscito a trovarla allora non esisteva.” Per Ville è più facile parlare di sé in terza persona, è come se così facendo fosse in grado di analizzare davvero il suo comportamento, come se riuscisse a vedersi attraverso uno specchio che riflette l’immagine delle sue paure e delle sue angosce.

“Perché non ha chiesto aiuto a qualcuno, invece che tenersi tutto dentro?” Questa volta è Linde a parlare, la voce è pacata, ma rotta dall’emozione: vuole capire, ha bisogno come tutti gli altri di comprendere perché Ville non ha avuto il coraggio di dire tutto questo prima di compiere un gesto così estremo.

“Aveva paura di farlo. Era troppo concentrato sui suoi problemi per capire che le persone che lo circondavano soffrivano nel vederlo così. Ha preferito fare di testa sua, come al solito del resto, ma non si è reso conto che si stava isolando sempre più.”

“Ed era meglio farla finita?” Domanda allora Gas che fino a quel momento è stato in disparte.

“Sembrava la via più facile.” Sì, in effetti è sempre stata la via più facile: perché lottare, tenere duro, soffrire, quando con un solo gesto poteva liberarsi da tutto quel tormento? Non c’era motivo per non provarci e non ha mai pensato che le conseguenze di quel gesto potessero ripercuotersi anche sui suoi amici.

A questo non ci ha mai pensato, ma si stupisce di come quel pensiero ha preso forma nella sua mente, così semplice, così naturale. Se avesse pensato anche solo per un attimo, a quello che avrebbero passato gli altri per colpa sua, forse si sarebbe fermato, probabilmente avrebbe reagito o magari avrebbe chiesto semplicemente aiuto.

“Sono stato un idiota” dice tornando a parlare di sé in prima persona: ormai non c’è più bisogno di nascondersi.

“Sì, lo sei stato. Mi hai fatto morire, Ville: quando ti ho visto in quella vasca coperto di sangue, non sapevo che fare. Mi sono chiesto dove ho sbagliato? Perché non mi sono accorto che soffrivi così tanto? Santo Dio sono sempre stato il tuo migliore amico, ma non sono riuscito a capire che stavi male e che avevi bisogno d’aiuto…ed è stata questa la cosa che mi ha fatto più ma: sapere che non hai avuto il coraggio di confidarti nemmeno con chi hai sempre considerato tuo fratello.”

“Anteeksi”

Mi dispiace…

Con i pugni serrati, Ville finalmente riesce a dire quanto sia profondamente dispiaciuto per ciò che ha fatto. Lo fa guardando negli occhi i suoi migliori amici, per far capire loro che c’è sincerità nelle sue parole.

“Mi dispiace. Mi dispiace così tanto…voi siete i migliori amici che una persona possa desiderare, ma io non mi sono comportato bene nei vostro confronti, forse vi ho dato per scontati, ma non succederà mai più…ammesso che voi abbiate voglia di darmi una seconda occasione.”

“Siamo qui, no?! La tua seconda occasione è partita nel momento in cui hai varcato quella porta.” Avvicinandosi, Burton stringe a sé Ville seguito a ruota da Gas e Linde, solo Migè rimane un attimo indietro e prima di suggellare la loro rinnovata amicizia, guarda Ville con uno sguardo serio e profondo, senza dirgli nulla: sa che ha capito il messaggio che si cela dietro a quello sguardo.

“Hai poi capito cosa stavi cercando?” Si informa Gas, forse solo per farlo parlare ancora un po’.

“Sì…l’ho capito. E finalmente sono anche riuscito a trovarla.”

“Ah sì?! E che cos’era?” Chiede curioso Migè.

“È lei. È sempre stata lei…” Girandosi verso Lily, che è rimasta in silenzio fino a quel momento, Ville le fa cenno di avvicinarsi ed attirandola a sé la bacia con tutta la passione che ha nel cuore, perché è lei che ha reso possibile tutto questo.

L’amore, l’amicizia, la musica, tutto ciò di cui Ville ha bisogno sono lì, in quella stanza e per nulla al mondo è disposto a rinunciare a quella felicità.

Non più.

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Capitolo 31
*** Capitolo 30: And the Path goes on... ***


“Ci siamo persi qualcosa?” Rimasto a bocca aperta davanti a quel bacio inaspettato, Gas prova a riorganizzare i pensieri, anche se non è poi così tanto facile.

“Giusto qualcosina…” risponde Ville ridendo della loro espressione allibita, mentre Lily cerca di smettere di diventare sempre più rossa per l’imbarazzo.

Il bip acuto del cellulare di Lily richiama l’attenzione della donna che legge assorta il breve messaggio di testo appena arrivato:

Chiamami appena puoi.
Aoki.

“Che succede?” Domanda dubbioso, dimenticandosi della presenza degli amici nella stanza.

“Te lo spiego dopo. Perché non stai un po’ con i tuoi amici e racconti loro tutto quello che c’è da raccontare?!” Suggerisce Lily con un’espressione molto eloquente in volto.

“Se c’è qualcosa che non va, noi possiamo tornare più tardi” dice Migè, indispettito dall’espressione preoccupata della donna.

 

“No, non c’è bisogno. Potete rimanere qui tutto il tempo che volete: Ville deve dirvi molte cose e io non ci metterò molto!”

“Sicura?!” Incalza il compagno provando a sbirciare il messaggino che tanto sembra averla sconvolta.

“Sicurissima! C’è una bella giornata, potreste andare a parlare nel parco…vi raggiungerò appena ho finito.”

“D’accordo” risponde Ville poco convinto, lasciandola andare seppur a malincuore. Ha davvero tante cose da dire ai suoi amici, ma forse può farlo solo senza di lei, esattamente come quella prova che Lily gli ha posto davanti richiede. “Perché mi guardate così?”

“Forse perché hai dato un bacio da record a quella che dovrebbe essere la tua psicologa?!” ghigna Linde divertito.

 “Non esagerare…era solo un bacio.”

“Oh sì, come no: un bacio capace di mandarla in debito d’ossigeno! Secondo me se n’è andata perché aveva bisogno d’aria” continua il biondo chitarrista, mentre anche gli altri confermano facendo di sì con la testa.

“Non siete cambiati di una virgola: impiccioni!”

“Noi forse non saremmo cambiati, ma tu sì e anche tanto! Forza, racconta: siamo curiosi” continua Burton.

“E va bene, mi arrendo: che volete sapere?”

“Tutto” rispondono i quattro in coro.

“Bè…magari non i dettagli più sconci” aggiunge Gas, facendogli l’occhiolino.

“Ecco…quelli puoi tralasciarli” sorride Migè, imbarazzato non tanto per Ville quanto per Lily.

Conducendoli fuori dalla stanza ed accompagnandoli nell’ampio parco dell’ospedale, Ville pensa al modo migliore per raccontare tutto quello che gli è successo, dal momento in cui si è svegliato nella sua stanza con i polsi che gli bruciavano fino a farlo impazzire, a quando ha conosciuto Lily fino ad innamorarsene perdutamente.

“Per prima cosa vorrei sapere che ne pensate di Lily.”

“Di sicuro è molto bella”, inizia a dire Linde.

“Molto più bella di tutte le altre ragazze di cui ti sei innamorato” prosegue Burton.

“E poi sembra davvero dolce” interviene Gas.

“Tu poi ne sei innamorato perso” constata Migè, che ormai conosce il suo amico meglio delle sue tasche.

“Su questo non ci sono dubbi: è speciale, dico davvero. Mi fa sentire…”

“Vivo?!” Conclude Migè guardando Ville dritto negli occhi.

“Sì. Mi fa sentire vivo. È una cosa strana da spiegare, ma è come se mi sentissi finalmente completo.” Strappando qualche filo d’erba ed incominciando ad attorcigliarseli tra le mani, Ville aspetta un attimo prima di raccontare anche il resto della storia ai suoi amici: fino a quel momento l’amore per Lily era solo suo, una cosa personale, riservata, in un certo senso privata e doverlo condividere con altre persone lo rende un po’ nervoso, perché ha paura che condividendolo con altri perda tutta la sua bellezza ed unicità.

“C’è qualcosa che non ci dici?” Burton, così taciturno e riflessivo, sembra aver capito immediatamente cosa turba Ville e spera di riuscir a far parlare l’amico perché sente che c’è un peso che si porta dentro di cui deve assolutamente liberarsi.

“No…” risponde lui abbassando gli occhi e concentrandosi sui fili d’erba che ha in mano.

“Ville, hai detto che non ci avresti più escluso. Questo è il momento migliore per dimostrare che dicevi sul serio: noi siamo qui per ascoltarti, se c’è qualcosa che non va puoi parlarne con noi.” Il tono di Linde è calmo, ma non nasconde una certa apprensione: se c’è una cosa che sa con certezza è che quando Ville ha paura tende a nascondersi e a chiudersi in sé stesso e riuscire a fargli capire che ora non ha più bisogno di farlo sembra quasi un’impresa impossibile.

“Ho solo paura…”

“Di che cosa? Vi amate, no?! È palese che tra di voi ci sia un legame che va oltre alla pura attrazione fisica, perché dovresti aver paura?” Incalza Migè, decisamente confuso.

Ville non ha mai avuto un reale momento di cedimento da quando Lily gli ha detto della malattia. In realtà, non si è ancora fermato ad analizzare seriamente la situazione in modo più approfondito e ora il peso di quella situazione si manifesta così, senza preavviso, schiacciandolo proprio mentre parla di lei con i suoi amici.

“Ho paura di perderla…”

Eccolo lì, il momento di crisi tanto temuto e tanto evitato. Con Lily al suo fianco non si è lasciato andare, ma ora che lei non c’è, adesso che i suoi amici sono lì al suo fianco per ascoltarlo, può finalmente lasciarsi andare, dando voce a tutto quello che si è tenuto dentro, a ciò che non gli ha fatto chiudere occhio per tutta la notte.

“È malata, ha la leucemia. Ieri ha fatto un esame per stabilirne il tipo e a breve le daranno i risultati…se fosse troppo tardi? Se non ci fosse un futuro per noi? Io non so se potrei vivere senza di lei.”

Indifeso. Come un bambino davanti a qualcosa di molto più grande di lui, Ville sente di non essere in grado di gestire da solo quella situazione: si è promesso di essere forte, di avere cura di Lily, ma come può farlo se il solo pensiero di quello che potrebbe succedere lo riduce in quello stato? Sentendo un leggero panico stringergli il petto, Ville inizia a fare respiri sempre più profondi per cercare di combattere contro quel senso di crescente oppressione che non gli permette di respirare come dovrebbe.

“Ville, guardami.” Migè sa come affrontare le crisi respiratorie dell’amico, ma ha paura che quella celi qualcosa di molto più profondo, che non si può curare con un semplice inalatore per l’asma o con delle medicine. “Niente panico, ok?! Affrontiamo le cose una alla volta e soprattutto, non essere catastrofico: non ci sono ancora i risultati dell’esame, quindi aspetta almeno di sapere cosa dicono i dottori prima di agitarti, d’accordo?”

Annuendo, Ville cerca di concentrarsi solo sul suo respiro e sul movimento della sua cassa toracica che si alza e si abbassa nel tentativo di incamerare più aria possibile.

“E poi ci siamo noi, non devi aver paura. Non sei solo” aggiunge Gas.

“Datemi…datemi un attimo…ora mi passa.” Appoggiandosi al tronco dell’albero a cui dà le spalle e massaggiandosi il petto, Ville nota lo sguardo apprensivo degli amici e si sente la persona più orribile del mondo: sono andati lì per lui, per vedere come sta, quali progressi ha fatto, ma la sola cosa che si trovano di fronte è un uomo spaventato in piena crisi di panico.

Bravo Ville, sei proprio un genio quando ti ci metti.

Sentendo la pressione sui polmoni diminuire, Ville riesce finalmente a regolarizzare il suo respiro e in pochi minuti torna ad essere completamente padrone della situazione anche se non sa quanto potrà durare quella calma apparente.

“Ti senti meglio?” Domanda Linde preoccupato.

“Sì, ora va meglio…scusate ragazzi, sono un idiota! Non ditelo a Lily, ci manca solo questo.”

“Tranquillo, non le diremo nulla” promette Burton, parlando a nome di tutti.

“Le ho chiesto di sposarmi!” Esclama lui come se quello fosse l’unico pensiero in grado di portare un po’ di equilibrio nel suo animo tormentato. Guardando le facce sbigottite dei suoi amici, Ville non può trattenere una risata nel vederle così sorprese ed allibite: forse lo giudicheranno un pazzo, ma per lui la consapevolezza di sposare la donna che ama rende meno incerto il loro futuro insieme, anche se potrebbe essere breve.

“Non hai intenzione di tornare in Finlandia?” Migè credeva che, dopo quell’incontro, sarebbero tornati tutti insieme a Helsinki, a casa, invece Ville sta dicendo loro che ha intenzione di sposare una donna conosciuta da un mese e mezzo, forse gravemente malata. Non se lo aspettava e, forse, ne resta perfino un po’ ferito, ma quello è un comportamento da Ville e poi, a ben vedere, sembra essere la cosa più giusta per lui quindi non può che appoggiare la scelta, per quanto segni definitivamente una svolta per tutti quanti loro.

“Mi manca Helsinki, da morire. E mi siete mancati tanto anche voi, più di quanto le parole possano dire. Il mio cuore, però, appartiene a Lily e lei adesso deve stare qui a Filadelfia, almeno finché non capiamo che tipo di malattia ha. Non posso lasciarla sola, non voglio farlo. La Finlandia può aspettare.”

“Sei davvero innamorato!” Esclama Gas che mai ha visto l’amico così preso da qualcosa, a meno che non si tratti della musica.

“Sì, lo sono davvero. Sarei disposto a rinunciare a qualsiasi cosa per lei.”

“Anche alla musica?” Domanda Burton, il solo a rendersi conto delle implicazioni che possono derivare da tutto questo: se sono divisi, anche la band lo è, ma di certo un gruppo musicale non è importante come la salute dell’amore della propria vita e adesso, quell’amore è Lily.

“Anche alla musica, ma so che Lily non me lo permetterebbe mai: sarebbe capace di rispedirmi a Helsinki a calci se solo dovessi pensare ad una cosa del genere.” Raccontando tutto di Lily, della fantastica persona che è, dell’amore che prova per lei, Ville sente che, finalmente, la sua vita è completa, proprio lì, nel parco di un ospedale psichiatrico, dove ha incontrato l’amore e dove ha ritrovato i suoi migliori amici.

Racconta loro tutto quanto e, mentre lo fa, si rende conto di quanto quel mese e mezzo lo ha cambiato, come persona e come uomo. Prima non avrebbe mai avuto la forza o il coraggio di aprirsi in quel modo con qualcuno, già solo il fatto di dover parlare dei suoi sentimenti gli metteva ansia, ma adesso è tutto diverso. Ha capito che non deve nascondersi, se vuole stare bene e che è perfino terapeuti donare un pezzo del proprio cuore a chi è disposto ad ascoltare, sia le cose belle che quelle brutte.

È poi il turno dei suoi amici di spiegargli quello che è successo al di là delle mura del Sant’Agnese. Gli raccontano di come hanno dovuto annullare il tour senza poter dare spiegazioni più precise riguardo alle cause di quella decisione, di come hanno reagito le persone, del putiferio che si è creato e perfino delle minacce che hanno ricevuto, tutto perché si sono rifiutati di dire la verità riguardo a quei  problemi di salute addotti come scusa per la cancellazione di tutti i concerti.

“Ci hai fatto passare un mucchio di guai! Non siamo potuti uscire di casa per giorni…giornalisti curiosi, fan assatanati: un delirio!” spiega Gas.

“Così abbiamo deciso di prenderci una casetta per evitare di essere seguiti di continuo ed è andata meglio, anche se ogni tanto arrivano di quelle mail che non ti dico…dovremmo studiare un piano per calmare le acque una volta per tutte, ma non c’è fretta”, prosegue Migè che non vuole fare alcuna pressione su Ville e sulle sue scelte future riguardo alla band.

“E se rilasciassimo un’intervista per spiegare che cosa è successo?” Domanda Ville pensieroso, valutando le varie opzioni.

“Tu che vuoi rilasciare un’intervista di tua spontanea volontà?! Sono quasi commosso dalla tua metamorfosi: Lily ha fatto un miracolo” ride Burton divertito, conoscendo l’avversione di Ville per le interviste e per tutti gli interventi non strettamente connessi al concerto.

Già, Lily ha davvero fatto un miracolo, ma dov’è ora? Si domanda Ville, che non ha smesso di pensare un attimo a lei e al turbamento dipinto sul suo viso mentre controllava il cercapersone.

 

*** 

“È successo qualcosa Aoki?” Dopo aver lasciato Ville e i suoi amici, Lily è andata nel suo studio per telefonare ad Aoki, spaventata dal messaggio inviatole poco prima dall’amica.

“Ho i risultati.”

“Ma non dovevano arrivare fra dieci giorni?” Chiede Lily che sente il cuore battere all’impazzata nel petto. Se sono arrivati così in fretta è perché ci sono brutte notizie e lei non è pronta ad affrontare quella verità.

“Sì, è vero, ma ho fatto un po’ di pressione in laboratorio per accelerare i tempi…spero non ti dispiaccia.”

“No…no affatto. È solo che non me lo aspettavo, mi hai colto impreparata. Devo spaventarmi?”

“Al momento no, però preferirei che venissi in studio per parlare di persona della situazione. Pensi di poter venire questo pomeriggio?”

“Non c’è problema. Aoki se è tanto brutta la situazione dimmelo adesso” chiede lei con la voce incrinata.

“Lily, tranquilla. Come sospettavamo è leucemia, ma l’abbiamo presa ad uno stadio iniziale, quindi non c’è motivo di preoccuparsi. Dobbiamo solo organizzare un piano terapeutico adeguato, tutto qui. Vedrai che andrà tutto bene. Ti spiegherò tutto nel pomeriggio, d’accordo?”

“Sì, d’accordo…grazie Aoki.”

“Non mi ringraziare, faccio solo il mio lavoro. Lily, mi faresti un favore?”

“Certamente.”

“Non venire da sol: passa sopra al tuo orgoglio e fatti accompagnare da qualcuno.”

“Vedrò cosa posso fare. Allora, a più tardi…”

“A più tardi.”

Abbassando il ricevitore, Lily cerca di mettere un po’ d’ordine nella sua mente, affollata da mille pensieri che fluttuano senza sosta come sospinti dal vento. Non avrebbe mai pensato di dover affrontare quella verità così all’improvviso e sente di non essere in grado di farcela, non ora.

I dieci giorni che la separavano dal verdetto dovevano servire a sistemare delle cose, a pacificare il suo cuore, ma ora che quel momento è arrivato così, come una doccia gelata, non sa davvero cosa fare né come comportarsi. È tutto dannatamente sbagliato, ma ormai non ha più il potere di cambiare le cose.

Una cosa però deve farla assolutamente: dimettere Ville. Perché, se c’è una cosa che sa con certezza, è che le parole di Aoki sono vere: non deve affrontare tutto da sola e Ville è l’unica persona di cui ha bisogno per riuscire a sopportare qualsiasi notizia, anche la più brutta.

Precipitandosi con fare risoluto da Connor, indaffarato ad esaminare cartelle nel suo ufficio, Lily spera di convincerlo a firmare il foglio di dimissioni per Ville: lei non ha più voce in capitolo, ha fatto tutto ciò che è in suo potere per riabilitare il cantante e ora solo Connor può decidere le sue sorti. Le sorti di entrambi.

Sorridendo alla richiesta di Lily, Connor le mette in mano un foglio con sopra una valutazione psicologica completa, corredata dalla sua impeccabile firma in calce.

“Non ti interessa sapere se ha superato la prova?” domanda lei.

“Ieri ho parlato a lungo con lui, non ho bisogno d’altro per sapere che ora sta bene. So che ti renderà felice ed è questa l’unica cosa che al momento mi interessa.”

“È un’opinione personale o da psichiatra?”

“Entrambe le cose. Sai che non avrei mai firmato se non fossi certo delle sue condizioni.”

“Grazie Con…”

“Non mollare mai, qualsiasi cosa accada” dice baciandola sulla fronte.

A Connor non servono spiegazioni. Ha l’innata capacità di leggere l’anima di Lily come se fosse un libro aperto: ora quello che vede scritto è tanta paura, ma spera che Ville riesca a scrivere sulle pagine ancora vuote della sua anima, parole capace di farla sorridere ancora nonostante le avversità della vita.

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Capitolo 32
*** Capitolo 31: Heal ***


Con il foglio stretto tra le mani, Lily esce dalla clinica per andare a cercare Ville e gli altri e dar loro la notizia della sua dimissione dall’ospedale: di sicuro quell’annuncio servirà ad alleggerire la richiesta che dovrà fargli dopo, accompagnarla in un nuovo ospedale per scoprire l’esito della biopsia.

Seduti in cerchio sul prato, riparati dalle fronde di diversi alberi che proiettano una fresca ombra su di loro, i cinque ridono e scherzano del più e del meno. Nonostante non riesca a vedere Ville in faccia, Lily lo sente ridere con quella sua risata tipica, bassa e calda, capace di farle dimenticare qualsiasi cosa. Chi invece la vede benissimo è Burton che, rivolto verso la direzione in cui procede Lily, le rivolge un sorriso garbato e gentile che incuriosisce Ville, facendolo girare per controllare l’oggetto dell’attenzione del tastierista.

“Stavamo giusto parlando di te” l’accoglie Ville, sorridendo.

“Ecco perché mi fischiavano le orecchie” risponde lei inginocchiandosi al fianco dell’uomo, indecisa se sfiorarlo o meno. “Allora, si è comportato bene?” Chiede poi, rivolgendosi agli altri quattro.

“Fin troppo…anzi volevamo chiederti se sei sicura che sia davvero Ville Valo?!” Lo schernisce Linde, molto a suo agio con la dottoressa.

“Direi di sì, almeno credo” continua Lily, che trova davvero facile conversare con gli altri membri della band.

“Fate poco gli spiritosi voi! Non ci può fidare nemmeno degli amici” si lamenta scherzosamente Ville, allungando il braccio per cingere Lily sul fianco. “Tutto bene? Sei stata via tanto” Ignorando le risate degli amici, Ville si rivolge direttamente a Lily, parlandole piano, dolcemente.

“Ho una sorpresa per te” annuisce lei, porgendogli il foglio. Non vuole che ci siano altre notizie se non quella della dimissione.

“Che cos’è?”

“Leggi!!”

Sotto lo sguardo curioso di tutti, Ville inizia a leggere il contenuto del foglio, diventando sempre più contento man mano che capisce quello che c’è scritto e appena la parola idoneo alla dimissione gli salta all’occhio, non può che alzare lo sguardo verso Lily per chiedere conferma di quelle parole.

“Come hai fatto?”

“Io non ho fatto niente, è tutto merito tuo!”

“Che sta succedendo?” Si intromette Gas, il più curioso tra tutti.

“Posso uscire, mi dimettono.” Esplodendo in una dimostrazione di gioia collettiva i quattro amici iniziano a commentare la notizia sovrapponendo le voci che iniziano ad amalgamarsi insieme rendendo incomprensibile ciò che stanno dicendo. “E il messaggio che ti è arrivato? Sembrava importante” chiede lui, smorzando l’eccitazione generale.

“Non ti sfugge niente, vero?”

“Non quando si tratta di te! Allora?”

Facendosi seria in viso, Lily prende un profondo respiro che non sfugge a nessuno dei presenti: sicuramente non è una buona notizia quella che deve dare loro e guardando ora lei ora Ville, cercano di capire cosa si celi dietro quel silenzio.

“Immagino che Ville vi abbia detto delle mie condizioni di salute…” inizia a dire lei subito trovando conferma nel cenno d’assenso degli altri. “Sono arrivati i risultati della biopsia: la dottoressa che mi ha in cura è una mia amica e ha fatto pressioni per avere il più in fretta possibile l’esito…”

Nessuno osa parlare e poi che cosa dovrebbero dire? Quella è una cosa troppo privata che riguarda solo Lily e Ville e loro si sentono un po’ d’impiccio nel trovarsi lì, in una situazione così delicata.

“E…” la voce di Ville è tesa e preoccupata, ma non può fare a meno di esortarla a parlare.

“Mi aspetta questo pomeriggio per parlarmi. Non mi ha voluto dire nulla per telefono.”

“Io vengo con te! Posso uscire subito, giusto?” Chiede tenendo ben saldo il foglio tra le mani.

“Sì, puoi uscire, ma non sei obbligato ad accompagnarmi: ci sono i tuoi amici e tu ne avrai abbastanza di ospedali…” In realtà Lily desidera con tutta se stessa avere Ville al suo fianco, ma per dimostrarsi forte e soprattutto per non farlo preoccupare, cerca di non dare a vedere quanto l’esito di quella biopsia la spaventi, nonostante Aoki le abbia detto che non c’è nulla di allarmante.

“Credo che loro possano sopravvivere anche senza di me.”

“Lily, non vorrei intromettermi, però Ville ha ragione! Anzi se ci presti il telefono chiamiamo un taxi e ce ne torniamo a casa…non vogliamo essere d’impiccio” propone Migè prendendo in mano la situazione.

“Ma non siete affatto d’impiccio, anzi! Tra l’altro il vostro appartamento è a due passi dall’ospedale…”

“Taxi Lily…ora!” Ordina Ville, cercando di essere il più serio possibile. Non è da lui incutere timore, non ha proprio la faccia di uno capace di fare la voce grossa per imporre una decisione, ma ha capito benissimo le intenzioni di Lily: tergiversare il più possibile per evitare il momento della verità, usando perfino i suoi amici per arrivare al suo scopo.

“Te l’ha mai detto nessuno che sei un mostro?” Borbotta lei mettendo il broncio, ma grata a Ville per quella lucidità che sta dimostrando, certamente maggiore della sua. Scusandosi con gli altri membri della band, che sembrano non voler sentire ragioni a riguardo, Lily chiama loro un taxi proponendo loro di provare a ritentare un incontro la sera stessa, magari andando a cena da lei per fare quattro chiacchiere in assoluto relax.

Dietro di lei, Ville si sbraccia come un pazzo per far capire agli altri di rimandare perlomeno al giorno dopo qualsiasi tipo di incontro: almeno per oggi ha bisogno di stare solo con Lily perché ci sono troppe cose da sistemare e soprattutto, altrettante notizie da assimilare e né lui né lei sono pronti a gestire tutto questo, figuriamoci se devono anche occuparsi degli altri.

“Mi spiace davvero dovervi mandare via così.”

“Tranquilla, non ti preoccupare. Ci rifaremo un’altra volta” dice Migè mentre, salutando sia Lily che Ville, entra nel taxi.

“Per qualsiasi cosa sapete dove trovarci: forse non è poi così un caso aver trovato un appartamento vicino all’ospedale…” prosegue Linde, abbassando il finestrino.

“Fate i bravi, mi raccomando” li ammonisce Ville, che sente uno strano senso di vuoto alla bocca dello stomaco vedendoli andare via.

“E tu prenditi cura della tua bella” gli sussurra Gas ad un orecchio, mentre Burton saluta Lily con una stretta di mano.

Dopo aver osservato il taxi sparire all’orizzonte, Lily può finalmente abbassare la maschera di cordiale serenità indossata per l’occasione e sbuffando, appoggia la testa al braccio di Ville che, per tutta risposta, le cinge il fianco tenendola stretta baciandole la testa.

“Mi dispiace veramente un sacco: sono riuscita a rovinare un momento che volevo fosse solo tuo…era importante per te stare con i tuoi amici…”

“Ci siamo chiariti, se è questo che ti preoccupa! Abbiamo parlato, ci siamo detti tutto quello che dovevamo dire e ora non ci sono più problemi tra noi! Adesso voglio solo pensare a te e basta. Anche loro l’hanno capito.” Continuando a stringere Lily, Ville pensa a cosa fare se le notizie che si preparano a ricevere non dovessero essere delle migliori: non può perderla, non adesso che l’ha appena trovata e prega con tutto il cuore di non doverle mai dire addio.

“Andiamo a salutare Katherine…?” Propone Lily forse perché, anche lei, ha bisogno di scacciare dalla sua mente lo stesso pensiero che turba Ville.

Incamminandosi all’interno della struttura, Lily e Ville non parlano più di tanto. Si limitano a stare mano nella mano, come se quel contatto fosse in grado di colmare il silenzio fatto di paura e di domande alle quali nessuno può rispondere.

 

***

“Kat…Ville vorrebbe dirti una cosa” dice Lily avvicinandosi alla donna, seduta sullo sgabello del pianoforte intenta a suonare una semplice melodia imparata anni prima.

Voltandosi, Katherine nota subito che c’è qualcosa che non va sia sul volto di Lily che su quello di Ville e non può che smettere di suonare, consapevole del fatto che quello che l’uomo deve dirle non è affatto una buona notizia.

“Io vi lascio soli. Vado a prendere la tua roba in camera e a firmare dei documenti! Ci vediamo tra poco.”

Mentre Ville guarda Lily allontanarsi sente la mano di Katherine stringere la sua. Ormai quei gesti sono diventati la norma per lei, che non si esprime che solo attraverso lo sguardo o la gestualità, e immediatamente Ville capisce cosa sta cercando di dirgli.

“Devo andare Katherine. Mi spiace davvero tanto lasciarti sola, ma non posso più stare qui. C’è una persona che ha bisogno di me, però non posso aiutarla se resto chiuso qui dentro.”

Con gli occhi pieni di lacrime, Katherine guarda Ville per poi volgere lo sguardo nella direzione in cui Lily è sparita, come per chiedere se sia proprio lei la persona che Ville deve proteggere.

“Sì, è Lily. Sta male, anche se non lo darà mai a vedere: devo starle vicino. Mi capisci, vero?”

Annuendo, Katherine lotta contro tutta se stessa per non farsi vedere piangere anche da Ville, l’unico tra i pazienti che si è sempre dimostrato carino nei suoi confronti, che l’ha sempre accettata e soprattutto che l’ha aiutata a ritrovare la sua strada cospargendola di note musicali. Lily e Ville l’hanno guarita. Hanno sanato la sua anima distrutta riportando al loro posto i pezzi di quello che sembrava un cuore privo di vita, ora nuovamente capace di battere, di emozionarsi. Non sarà facile senza di loro, ma Katherine capisce bene che c’è qualcosa di ancora più importante in ballo, altrimenti nessuno dei due avrebbe preso quella decisione.

“Ti prometto che verrò a trovarti spesso e che suonerò per te tutte le volte che lo desideri. Non ti lascio sola Katherine.”

Buttando le braccia addosso al collo di Ville, Katherine lo abbraccia come non ha mai abbracciato nessuno nei lunghi anni del suo ricovero. Ha lasciato dietro di sé qualsiasi tipo d’emozione e di sentimento, si è chiusa in un muto dolore, in attesa di qualcuno capace di sciogliere il ghiaccio della sua anima, ridandole la vita.

“Guarisci anche lei” sussurra con la voce dolce e tenera di una bambina. “Guarisci anche Lily come voi due avete fatto con me.” Senza neanche rendersene conto, Katherine pronuncia quelle parole che non possono essere taciute. Forse ci voleva qualcosa di così forte e potente per scuotere il suo animo sopito o forse, era semplicemente giunto il momento di ritornare a far sentire la sua voce alle persone che le vogliono bene.

“Farò del mio meglio te lo giuro, tu però non smettere più di parlare: hai una voce bellissima.” Sorridendo a quel complimento, Katherine lascia andare Ville e timidamente lo guarda, arrossendo leggermente: non si sentiva così da tanto tempo, ma forse è finalmente giunto anche per lei il momento di tornare a vivere.

Ritornando nella sala comune con il borsone contenente la chitarra e gli effetti personali di Ville, Lily si avvicina ai due con un’espressione mesta sul viso: vuole salutare anche lei Katherine e spiegarle la situazione per evitare che si sente abbandonata da tutti in un giorno solo.

“Se sei triste per causa mia non devi.”

Stupore.

Sgomento.

Gioia immensa.

Può una semplice frase pronunciata da una persona, evocare una marea di sensazioni così variopinte e speciali?

“Hai parlato…Katherine, tu hai parlato!” Incapace di trattenere l’emozione e la felicità che le riempie il cuore, Lily guarda Ville con un sorriso raggiante per poi tornare a fissare Katherine, senza realmente sapere che cosa fare. Non si aspettava davvero di poter sentire la voce della sua paziente, non dopo così tanti anni e  tutte le terapie fatte, inutili davanti al suo silenzio.

Allungano la mano per prendere quella di Lily, Katherine la guarda sorridendo percependo la commozione della dottoressa nel sapere che, finalmente, anche lei è pronta ad andare avanti.

Proprio quando ci sarebbero mille parole da dire, mille spiegazioni da dare, ecco che non serve aprire bocca per esprimere i propri sentimenti:  a Lily basta vedere la luce che brilla negli occhi scuri di Katherine per capire che quelle parole sono per lei, una sorta d’augurio a non mollare mai qualsiasi cosa dovesse accadere.

“Mi hai reso la persona più felice di questa terra” dice Lily, continuando a tenerle la mano.

“E tu mi hai fatto capire che non c’è solo il dolore…”

“Sai vero che questo non è un addio?!”

“Sì, e comunque non devi preoccuparti: io sto bene…ora pensa a te.”

“Lo farò! Per qualsiasi cosa sai che io ci sarò sempre, non esitare a chiamarmi…parlerò con Connor, si occuperà lui di te e magari potrai essere dimessa nel giro di qualche mese.”

“Mi piace il dottor McRabbit, è simpatico!”

Non potendo trattenere una risata, Lily si lascia andare a tutta quella gioia che la invade e la fa sentire leggera e libera dalle paure che l’angosciavano fino a poco tempo prima e Ville non può che essere grato a Katherine per quel preziosissimo regalo: vedere Lily così lo fa sentire bene.

Rimanendo ancora un po’ con lei, Lily e Ville decidono di salutarla con una canzone, quella con la quale è iniziata la loro avventura musicale, un sigillo che rimarrà indelebile nel cuore di tutti loro e che mai potrà essere spezzato.

Guarire: risalire la china densa come inchiostro per scoprire che il sole è sempre stato lì, a portata di mano, così vicino, ma invisibile agli occhi che non vedevano altro che lacrime. Guarire e urlare di felicità, sapendo che in realtà non si è mai stati soli.

 

Please don’t stop
Until my heart no longer screams
Katherine Wheel

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Capitolo 33
*** Capitolo 32: LLC ***


“Hai paura?”
 
“Molta...” Agitando nervosamente la gamba su e giù, Lily non guarda neanche negli occhi Ville pur sentendo su di sé il suo sguardo preoccupato e carico di domande. Poggiando il palmo sulla gamba tremante, Ville cerca di smorzarne il fremito con una leggera pressione per far capire a Lily che non è sola, che non deve tenersi tutto dentro, che lui è lì e, soprattutto, che rimarrà al suo fianco qualsiasi cosa accada.
 
Senza neanche rendersene conto Lily afferra la mano di Ville e la stringe con forza attorcigliando le dita alle sue, nel vano tentativo di trovare un momento di pace, solo un piccolo angolo dove potersi rifugiare per evitare qualcosa che ormai sente inesorabilmente vicino.
 
La sala d’aspetto, una stanza asettica con fredde luci al neon che mettono in risalto i colori tenui delle pareti, sembra quasi emanare una strana aurea che circonda sia Lily che Ville, facendoli sentire in bilico tra due mondi: quello al di fuori dell’ospedale, fatto di piccoli momenti felici, d’amore e di amicizie ritrovate e quello all’interno della bolla che si è creata intorno a loro. Una bolla che racchiude unicamente paura.
 
Solo il rumore dei neon spezza il silenzio che si è venuto a creare, rotto di tanto in tanto da qualche sospiro di Lily o dal cigolio della sedia di Ville, anche lui teso e in preda ad un panico muto.
 
Oltre la porta color acquamarina che entrambi fissano in attesa di essere chiamati, o forse con la speranza di non vederla aprire mai, voci dimesse di persone sconosciute arrivano fino a loro ovattate e confuse, suoni appena accennati e quasi incomprensibili che raccontano di una sorte che ancora non sembra volersi rivelare.
 
Appoggiando la testa sulla spalla di Ville, Lily lascia che una ciocca dei suoi capelli le sfiori il viso e, incapace di trattenersi, inizia a giocare con quel boccolo ribelle attorcigliandolo tra il pollice e l’indice.
 
“Ho notato una cosa” riesce finalmente a dire.
 
“Che cosa?” Domanda Lily curiosa, senza smettere di accarezzargli la ciocca.
 
“Quando sei agitata accarezzi le cose. Solitamente lo fai con la stoffa, però se sei davvero nervosa preferisci i capelli o il braccio, il mio braccio!” Esclama lui intenzionato a distrarla.
 
“Credo sia un riflesso, non lo faccio apposta.”
 
“Anche prima di addormentarti lo fai: stringi l’angolo della federa del cuscino e te lo passi tra le dita, Se invece non riesci a prendere sonno o hai fatto un incubo, mi accarezzi sul braccio, il polso per l’esattezza…quando invece sei concentrata non riesci a smettere di arrotolarti sul dito ciocche dei tuoi capelli.”
 
“Lo facevo anche quando ero piccola: mia madre diceva che un giorno o l’altro il suo braccio avrebbe preso fuoco! Ora che ci penso quando ero ricoverata accarezzavo il cuscino o le lenzuola… forse è un meccanismo inconscio che la mia mente usa per rilassarsi! Ti dà fastidio?” Domanda poi, abbandonando il boccolo di Ville.
 
“No, affatto! Lo trovo tenero. Mi piace.” Risponde lui sfiorandole la fronte con le labbra.
 
Sorridendo, Lily inizia ad accarezzargli il polso e chiudendo gli occhi riesce finalmente a rilassarsi un pochino, trasportata da quel piccolo gesto che sembra davvero essere in grado di placare il tumulto del suo cuore.
 
Il rumore di una sedia che viene trascinata fa sobbalzare Lily e Ville, allarmati dal tumulto che sentono arrivare da dietro la porta chiusa, chiaro segno che chiunque ci sia dentro, è ormai pronto ad uscire. Mentre Aoki saluta con un sorriso cordiale la giovane donna con la quale stava parlando fino a poco prima, i due si alzano in piedi come se all’improvviso una scarica d’elettricità li avesse fatti sobbalzare, per poi attendere diligentemente di essere convocati dalla dottoressa che, immediatamente, volge lo sguardo verso di loro.
 
“Scusatemi se vi ho fatto aspettare. Dovevo discutere un cambiamento di terapia con Helena. Entrate pure.”
 
Mentre entra nello studio, Lily non può fare a meno di guardare verso Helena vedendo riflesso nel suo sorriso, stanco e tirato, il fantasma di quello che un tempo doveva essere il suo vero aspetto, soffermandosi poi sul foulard variopinto che le copre la testa priva di capelli, cerca di sopprime un brivido al pensiero che forse presto anche a lei toccherà quella sorte.
 
Ho paura…
 
Senza quasi accorgersi della presenza di Ville, grato della cosa, Aoki fa accomodare entrambi nel suo studio privato, una stanza accogliente e luminosa con una splendida vista della città che si intravede dalla grande finestra affacciata sulla calda luce del pomeriggio di Filadelfia.
 
“Piacere, sono Aoki Lang, tu devi essere il fidanzato di Lily. Finalmente ti conosco!”
 
“Ville Valo, piacere mio…anche se avrei preferito conoscerla in altre circostanze” risponde lui educato, incapace di celare i suoi sentimenti.
 
“Me ne rendo conto. E dammi pure del tu: ci incontreremo molto spesso nei prossimi mesi e non sono affatto amante delle formalità.”
 
Annuendo, Ville prende posto affianco a Lily, mentre Aoki si sistema di fronte a loro cercando di mantenere un’espressione il meno sconfortante possibile: sa bene che, in questi momenti, c’è bisogno di un approccio positivo ed è lei la prima a dover infondere coraggio a quella che non è solo una paziente, ma soprattutto una grande amica.
 
Sfogliando un mucchio di cartelle cliniche accuratamente impilate sulla scrivania, Aoki cerca quella con tutti i dati di Lily per poter illustrare correttamente l’esito della biopsia che ormai non lascia più alcuni dubbi sulla malattia della donna.
 
“Non voglio girarci troppo intorno, anche perché non mi piace lasciare i pazienti sospesi ad un filo. Dalle analisi risulta essere leucemia linfocitica cronica, più comunemente conosciuta come LLC e, stando alla mia esperienza, questa diagnosi gioca a nostro favore.”
 
“Al momento mi sfugge il lato positivo…” Tenta di scherzare Lily, il cui sguardo tradisce l’apprensione che prova nel profondo.
 
“Il lato positivo è che il decorso è abbastanza lungo, quindi c’è tempo per agire, per programmare una terapia, per vedere se funziona e soprattutto per mandare il tumore in remissione. È sufficiente come punto a nostro vantaggio?”
 
“Messa così sembra davvero una cosa bella. Dov’è l’inghippo?” Chiede afferrando nuovamente la mano di Ville, pronto a stringere la presa per tentare di tranquillizzarla.
 
“Con le forme di leucemia cronica, la terapia è lunga, davvero molto lunga: le cure possono protrarsi per oltre tre anni, di sicuro non sarà una passeggiata affrontarle. Non ti voglio mentire Lily, dovrai spingerti verso l’inferno, ma io farò tutto quello che è in mio potere per non farti avvicinare troppo.”
 
Appoggiandosi allo schienale, Lily guarda Ville che non ha staccato un solo secondo gli occhi da lei nel tentativo di catturare anche la più piccola sfumatura delle sue reazioni, deciso a capire a cosa sta pensando. Con lui vicino sembra essere davvero tutto più facile, ma questo non vuol dire che è pronta ad accettare quella diagnosi che, lati positivi o meno, non sembra lasciarle molte speranze.
 
“Quanto potrei vivere, se decidessi di non sottopormi alle terapie?”
 
“Stai scherzando, vero?” Fino a quel momento Ville non ha aperto bocca, ma ora non può far finta di niente sapendo ciò che ha in mente Lily. “Tu farai esattamente quello che ti dirà la dottoressa, fossi anche costretto a legarti per portarti qui tutti i giorni per il resto della vita.”
 
“Di sicuro lui è più ragionevole di te! In ogni caso la speranza di vita massima, senza una cura specifica, si aggira intorno ai quattro anni… ammesso che la leucemia rimanga cronica per tutto il tempo e non si trasformi in acuta: in quel caso sarebbe una questione di mesi, al massimo un anno.”
 
Un anno…
 
Solo un anno al fianco di Ville sarebbe abbastanza.
Già quei quasi due mesi sono stati favolosi e per Lily si potrebbe seriamente andare avanti così: vivere alla giornata, amarsi senza porre regole o limiti, andare avanti senza la paura costante di doversi sottoporre a terapie che, con ogni probabilità la renderanno un’altra persona, con il rischio di non essere comunque sicuri di poter sconfiggere la malattia.
 
Un anno è un prezzo accettabile da pagare per essere felici…
 
“Lily, ragiona: un anno non può bastarci, non potrà mai bastarci. Ne vorremmo sempre di più, ma alla fine sarà troppo tardi per rimediare a questo errore. Sei davvero disposta a mettere una scadenza al nostro amore? Io no e non permetterò che lo faccia tu.” Gli occhi verdi di Ville rispecchiano il tormento del suo animo e Lily capisce che un anno non è affatto un prezzo accettabile, perché nemmeno l’eternità sarebbe sufficiente.
 
“Quando iniziamo?” Domanda allora, rivolgendosi ad Aoki, ma guardando Ville che finalmente si rilassa.
 
Anche Aoki si sente più sollevata da quella decisione, pur consapevole del fatto che la maggior parte delle persone tende sempre a cercare di scappare: pochissimi, infatti, accettano senza batter ciglio una terapia così debilitante per corpo e anima, molto spesso si convincono che vivere per poco tempo senza medicinali devastanti, sia meglio che dover lottare per anni senza sapere come andrà a finire e anche Lily non ha fatto eccezione. Fortunatamente, però, c’è Ville che l’ha fatta ragionare, altro motivo per cui le ha chiesto di non venire sola a quell’appuntamento.
 
“Se per te va bene, anche domani.”
 
“Non ho impegni, Connor mi ha concesso un lungo periodo di aspettativa da lavoro. Come dobbiamo procedere?”
 
“Per il trattamento delle croniche che non prevedono sintomi iniziali, proprio come nel tuo caso, di solito si inizia con una terapia giornaliera: ti inietterò ogni mattina un medicinale chemioterapico in endovena, poi il venerdì faremo un’iniezione intervertebrale per agire direttamente sul midollo, andando a coprire tutto il weekend. Ogni settimana, poi, faremo dei controlli: esame del sangue, conta dei globuli bianchi, ecografia di milza e fegato per monitorare l’effetto della terapia e, a seconda dei risultati, procederemo di conseguenza.”
 
“Effetti collaterali?” Si informa poi, pur sapendo perfettamente quali sono.
 
“La chemio uccide tutte le cellule presenti nell’organismo, siano esse buone o cattive, quindi potrai sentirti stanca e spossata, avere nausee persistenti, capogiri. Il tuo sistema immunitario sarà compromesso e sarai soggetta a possibili infezioni; potresti aver bisogno di trasfusioni di sangue o addirittura di una rimozione dei globuli bianchi, qualora questi dovessero diventare troppo densi da impedire una corretta circolazione del sangue…”
 
“Perderò i capelli?”
“Sì. E questo non lo posso impedire in alcun modo. Non so quando, ma succederà: trattandosi di una terapia con singola iniezione è probabile che tu non li perda subito, ma presto o tardi incominceranno a cadere. Posso chiederti un favore?”
 
“Dipende…”
 
“Non mettere la parrucca, non serve a nulla e tu non ti sentirai meglio con addosso dei capelli finti.”
 
“D’accordo. Posso farlo. C’è altro?”
 
“Per il momento no. Pian piano aggiusteremo le dosi dei medicinali anche a seconda dei disturbi che avrai. Con il tempo potremmo anche pensare di introdurre qualche ciclo di radioterapia, ma al momento è presto per pensarci. Ora andate a casa, riposatevi, rilassatevi e soprattutto parlate. Domani, se avrete dubbi, potrete farmi tutte le domande che volete.”
 
Alzandosi dalle rispettive sedie, Lily e Ville allungano a turno la mano per salutare Aoki che, con parole gentili e cordiali, cerca di dar loro la carica necessaria per affrontare quel percorso. Trattenendo un momento Ville, Aoki gli passa il suo biglietto da visita con il numero del suo interno: spetta a lui controllare che Lily stia bene e avvertirla immediatamente se ci dovessero essere problemi perché, di solito, i pazienti tendono a non voler far vedere quanto soffrono realmente.
 
“Ci vediamo domani alle 9:00.”
 
Salutandosi ancora, Lily e Ville vanno verso l’uscita dell’ospedale, mano nella mano, uniti in un silenzio che parla di paure e di dolore, che urla di disperazione e che piange lacrime di sangue che cadono invisibili e pesanti come zavorre di ferro.

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Capitolo 34
*** Capitolo 33: Everytime We Touch ***


La strada corre rapida e veloce fuori dai finestrini della macchina di Lily. Ville guarda al di là del vetro cercando un modo per far sorridere di nuovo la sua amata che, silenziosamente, continua a guidare tenendo gli occhi fissi sulla strada.
 
Arrivati a Chestnut Hill, una delle zone più belle di Filadelfia, Lily sembra aver ritrovato una briciola di buon umore: quella è la prima volta che Ville vede casa sua, la loro casa, e non vuole rovinare quel momento per nulla la mondo.
 
“Eccoci arrivati” annuncia, parcheggiando la macchina davanti ad una graziosa casa dal portone color rosso acceso.
 
“Ti piace il rosso, mi sembra di capire” osserva lui, pensando anche alla porta cremisi dello studio di Lily.
 
“Ottimo osservatore, forza scendi… non morde mica!” Ubbidendo, Ville si slaccia la cintura e scende dalla macchina seguito da Lily che, dopo aver rovistato nella borsa, afferra le chiavi ed apre il portone. “Non ti ho chiesto se ti andava di vivere qui…” dice imbarazzata aspettando ad entrare.
 
“Vivrei anche in una scatola di cartone, mi basta solo stare con te” risponde lui accarezzandole il volto baciato da un raggio di sole dorato, per poi spingerla all’interno della casa e richiudersi la porta alle spalle.
 
“Ogni tanto ho la sensazione di non meritarmi quello che riesci a darmi…” Continua giocando nervosa con le chiavi.
 
“Ehi… non dirlo mai più, hai capito? Noi ci apparteniamo.”
 
Le lacrime che Lily ha trattenuto con tanta forza mentre Aoki le parlava della sua malattia, escono adesso senza sosta come se le parole di Ville avessero scalfito quella muraglia abilmente costruita che ora, si piega alla forza di tutti i sentimenti fino a quel momento taciuti.
 
Stanca. Lily si sente improvvisamente stanca e svuotata, come se quelle lacrime le stessero portando via la forza vitale lasciandola priva di difese, disarmata davanti a qualcosa che nemmeno lei è in grado di gestire né di capire fino in fondo.
 
Stanca e stupida, così si sente. Stanca delle lacrime che non può controllare e stupida perché crede di aver rovinato anche quel momento magico con Ville, l’unica persona che davvero riesce a farla stare bene, ma che in cambio riceve solo una tristezza ed un dolore che non dovrebbe appartenergli.
 
“Scusami…” Singhiozza lasciando cadere la borsa a terra, cercando di asciugarsi le lacrime con il palmo della mano.

“Vieni qui…” Afferrandola per la vita e trascinandola fino a sé, Ville prende in braccio Lily che non oppone alcuna resistenza e mentre la porta al piano di sopra lascia che quelle calde lacrime continuino a scendere, lavando via quella giornata da dimenticare.
 
Sbirciando oltre le tre porte disposte lungo il piccolo corridoio, Ville intravede quello che sembra essere il bagno ed entrando nella stanza, appoggia Lily sul bordo della grande vasca e mentre la stringe a sé con il braccio destro, usa la mano libera per aprire l’acqua calda, che esce con un getto zampillante dal rubinetto.
 
“Cosa stai combinando?” Mormora Lily tra le lacrime.
 
“Cerco di far finire bene un pessimo pomeriggio” risponde lui, iniziando a slacciarle la camicetta con rapidi gesti delle dita.
 
Mentre le mani di Ville, che ormai conoscono a memoria ogni centimetro della sua pelle, le accarezzano la schiena, Lily si lascia trasportare dal suo tocco delicato e pian piano si abbandona completamente al suo volere, anche se le lacrime non accennano a smettere di cadere.
 
“Non sei obblig…” Lily non fa in tempo a finire la frase che viene subito zittita dall’indice di Ville che si posa sulla sua bocca, facendola tacere.
 
“Ho giurato che ti avrei reso felice…” Sussurra lui, mentre le sue labbra cercano quelle di Lily che subito si dischiudono per accogliere il bacio di Ville.
 
In ogni respiro, in ogni carezza, in ogni bacio…
 
È lì che si nasconde la felicità, tra le pieghe sottili della pelle tatuata di Ville, tra le morbide onde dei suoi capelli, nei suoi occhi color del mare, nella sua voce bassa e nel suo respiro caldo.
 
Your arms are my castle, your heart is my sky.
They wipe away tears that I cry.
The good and the bad times, we've been through them all.
You make me rise when I fall.
 
 
“Che ne diresti di dimenticarci per un attimo di quello che ti ha detto Aoki?” Propone mentre sente che anche le mani di Lily iniziano a liberare il suo corpo dai vestiti, ormai superflui.
 
“Direi che è un’ottima idea.”
 
Mentre l’acqua continua a scrosciare riempiendo la vasca fino all’orlo, Lily e Ville si  lasciano trasportare dalla loro passione, più forte di tutto, perfino di quella condanna che grava sulla vita di Lily ed immergendosi insieme nel caldo tepore d’ acqua e schiuma, si abbandonano al loro amore.

Aggrappandosi a quel momento perfetto, Lily libera la sua mente che vaga senza peso, leggera ed inconsistente, là dove albergano i sogni, le speranze ed i desideri e mentre l’acqua lambisce il suo corpo, lascia che Ville entri in lei portandola fino all’estremo limite del piacere e conducendola il quel luogo dove non esiste nulla, solo le loro anime, i loro cuori fusi insieme, indissolubili ed inseparabili.
 
'Cause everytime we touch, I feel the static.
And everytime we kiss, I reach for the sky.
Can't you hear my heart beat so...
I can't let you go.
Want you in my life.

 
***
 
“Mi piace questa vasca” ride Ville intrecciando le mani a quelle di Lily. Con la schiena appoggiata al marmo bianco della vasca da bagno, Ville tiene stretta a sé Lily la cui testa ricade nell’incavo della sua spalla, mostrando la perfetta linea del collo che Ville non può fare a meno di baciare, provocando in lei un gemito di piacere.
 
“Non potrebbe essere sempre così?” Domanda Lily chiudendo gli occhi, lasciando aderire la sua schiena al petto di Ville.
 
“Farò in modo di rendere ogni giorno speciale.”
 
“E se…” Tenta di ribattere lei pensando che, forse, non ci saranno troppi giorni da passare in quel modo.
 
“No, niente se! Fidati di me, ok?!” Allungando una mano verso i pantaloni che giacciono vicino alla vasca, Ville fruga nelle tasche alla ricerca della piccola scatolina nera contenente l’anello della madre di Lily: ha aspettato a lungo prima di darglielo, ma ora finalmente è giunto il momento di regalarle anche quella piccola emozione. “Chiudi gli occhi e non sbirciare.”
 
Serrando le palpebre, Lily cerca di capire solo attraverso i suoni quello che sta accadendo intorno a lei: il rumore dei jeans che ricadono sul pavimento, qualcosa che viene aperto con uno scatto, lo sciabordio dell’acqua che si muove seguendo i movimenti delle braccia di Ville che tornano ad abbracciare il corpo di Lily.
 
“Ora puoi aprirli” dice poi, appoggiando il mento sulla spalla di Lily per poter vedere il suo viso.
 
Lily conosce quell’anello, il suo ricordo è impresso in quell’angolo della memoria rimasto sottochiave per diciannove anni, ma che ora ha spalancato le sue porte mostrando tutti i momenti felici passati con la sua famiglia.
 
Si è sempre domandata che fine avesse fatto l’anello, non l’aveva più visto dal giorno dell’incidente, ma pian piano quel ricordo si è trasformato in uno dei tanti dettagli dimenticati. Ora eccolo lì, tra le mani di Ville che lo stringe forte tra le dita in attesa di poterlo finalmente mettere all’anulare di Lily.
 
Allungando la mano, Lily traccia il contorno del monile accarezzando prima la vera e poi la pietra così simile agli occhi che ha ereditato dalla madre, ambra liquida screziata con riflessi cangianti capaci di catturare la luce del giorno.
 
“Dove… dove l’hai preso?” Riesce finalmente a dire con la voce rotta dall’emozione.
 
“Me l’ha dato Connor, è il suo regalo per le nostre nozze!” Così dicendo Ville afferra la mano sinistra di Lily e tenendola per un istante nella sua, le fa indossare l’anello simbolo del suo passato, ma anche del loro futuro insieme.
 
“Allora sei proprio deciso a sposarmi?” Domanda lasciando che la mano di Ville continui a stringere la sua, assaporando la sensazione meravigliosa che il contatto dell’anello sulla sua pelle provoca in lei.
 
“Sempre! Ogni giorno di più!” Risponde lui accarezzandole la spalla. Ruotando leggermente il busto, Lily osserva il viso perfetto di Ville, i capelli bagnati, i suoi occhi innamorati e non può che pensare che quello è il volto che vuole vedere ogni mattina appena si sveglia e l’ultima immagine da conservare prima di addormentarsi. “Tu vuoi ancora sposarmi, vero?” Chiede poi turbato.
 
“Certo che voglio! Ti sposerei anche ora, proprio qui, in questa vasca.”
 
“Non credo che un prete approverebbe, ma possiamo sempre provarci” ride lui, più sereno nel sentire quella risposta.
 
“Posso chiederti solo una cosa?”
 
“Tutto quello che vuoi.”
 
“Possiamo sposarci il prima possibile? Non voglio dirti di sì con un foulard in testa o con una flebo attaccata al braccio…” Abbassando lo sguardo, Lily cerca di mantenere almeno un minimo di controllo: non vuole più piangere, non davanti a Ville, non mentre parlano del loro futuro insieme, ma sa anche che se gli occhi di lui dovessero incrociare i suoi non basterebbe tutta la forza del mondo ad impedire di scoppiare ancora una volta in lacrime.
 
Stringendola forte ed accarezzandole i capelli umidi, Ville pensa a cosa vuol dire per Lily dover affrontare la malattia e anche quando Aoki elencava gli effetti collaterali della terapia, l’unica cosa che le premeva sapere era dei capelli, forse perché spaventata di quello che la loro perdita avrebbe realmente significato: risultare davvero malata agli occhi di tutti, non potersi nascondere, non avere più alcuna possibilità di fingere che tutto sia a posto.
 
“Se vuoi anche domani, ma Lily, per me non fa alcuna differenza: non mi importa dei capelli o delle flebo… a me basta che tu voglia sposarmi, il resto è secondario.”

“Voglio che sia perfetto o almeno che ci si avvicini… è stupido, lo so, ma ho bisogno che sia così… ho avuto poche cose belle nella mia vita: tu sei la più bella di tutte e questo matrimonio renderà tutto quanto ancora più speciale, ma devo poterlo ricordare così.”
 
“E lo sarà” sorridendo a Lily, Ville la stringe e chiude gli occhi, cercando di immaginare quel giorno ora non più tanto lontano.
 
'Cause everytime we touch, I get this feeling.
And everytime we kiss I swear I could fly.
Can't you feel my heart beat fast, I want this to last.
Need you by my side.

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Capitolo 35
*** Capitolo 34: I Finally Found Someone ***


Dieci giorni. Possono essere solo una manciata di attimi, come una miriade di tempo interminabile ed eterno. Per Lily e Ville sono stati entrambe le cose: giornate frenetiche capaci di passare in un soffio, ma anche momenti che sembrano non voler trascorrere mai, cristallizzati su loro stessi, immutabili e lunghissimi.

I primi giorni di terapia non sono stati poi così terribili: Lily si aspettava di avere disturbi fin da subito, ma in realtà nulla di quello che aveva previsto Aoki sembra essersi avverato, almeno fino al primo venerdì, quando la dottoressa le ha inserito tra le vertebre un catetere per iniettarle la terapia a rilascio graduale per il fine settimana.

Lily non è riuscita a trattenere un urlo e Ville si è sentito più impotente che mai, capace solo di stringerle la mano che si contorceva nella sua, sussurrandole all’orecchio parole di conforto che però non sembravano avere alcun effetto.

Ospedale, casa, a volte una passeggiata al parco, una visita a Migè e agli altri, una scappata da Connor e Katherine e anche da Jasper che, finalmente, è riuscito a chiarirsi con Ville, deciso a far pace con lui solo per il bene di Lily, ma non troppo convinto delle intenzioni dell’uomo che continua a guardare con sospetto. Queste sono state le loro giornate, tutte uguali, tutte diverse, intervallate di tanto in tanto dalla preparazione del matrimonio, unico momento davvero felice per Lily, concentrata non sulla malattia ma su qualcosa di bello, di piacevole.

Ci sono state giornate buone e giornate cattive, forse più cattive che buone. Alla fine, il fisico di Lily ha ceduto alla chemio mostrando i segni elencati da Aoki durante il loro primo colloquio: stanchezza infinita, debolezza, febbre più alza del normale che, per ben due volte, ha costretto Ville a chiamare la dottoressa in preda al panico.

Ogni notte, Ville veglia sul sonno della sua Lily, sempre più agitato, inframezzato da una costante e fastidiosa nausea che, in non più di dieci giorni, ha iniziato a mangiarsela viva, facendola dimagrire, prosciugando il suo già esile corpicino.

Ci sono state anche giornate positive, senza dolore. Mattine fatte di sorrisi e di lunghe camminante per la città e notti di passione bruciante, tangibile e reale. Alla fine il loro amore sembra sopravvivere e se lo ha fatto in quei giorni, può continuare a farlo.

***

 “Buongiorno amore, come ti senti oggi?” Domanda tutto contento Ville, spalancando le imposte per far entrare il sole di fine maggio.

“Mmph…” Riesce a borbottare Lily attorcigliata tra le coperte, con la faccia nascosta nel cuscino.

“Non vorrei allarmarti, ma è il 22 maggio e sono le 8:00 del mattino…”

Alzandosi di scatto e spalancando gli occhi, Lily afferra la sveglia e mettendo a fuoco i numeri sul display, si rende conto che Ville dice il vero e ributtando la testa sul cuscino guarda il volto sorridente e raggiante del suo sposo.

“Cosa ci fai ancora a casa? Non doveva passare a prenderti Migè? Abbiamo già fatto un enorme strappo alla regola dormendo sotto lo stesso tetto il giorno prima del matrimonio, ma tu non dovresti essere qui ora!”

“Migè e Linde stanno arrivando, credo si siano persi, penso abbiano litigato con il navigatore è per questo che sono in ritardo.”

“Impiastri! Dovrò sgridarli per bene” sorride, attirando a sé Ville per schioccargli un bacio a fior di labbra.

“Non hai ancora risposto alla mia domanda: come ti senti?”

“Felice, emozionata, terrorizzata e ancora tanto felice” risponde lei, baciandolo ad ogni parola.

“Non intendevo quello…” L’ammonisce con lo sguardo.

“E io non ho intenzione di parlare d’altro. Non oggi.”

“Dai Lily, fallo per me, lo sai che sono apprensivo…” La supplica arricciando il labbro.

“Sto bene. Ho una voragine nello stomaco, ma credo sia solo un po’ di panico” lo rassicura lei. “Tu come ti senti?”

“Felice, emozionato, terrorizzato e ancora tanto felice” risponde lui ripetendo le stesse parole di Lily, intervallando con un bacio ogni stato d’animo.

“Copione” lo apostrofa ridendo. Spingendolo dall’altro lato del letto, Lily si alza in piedi per poi ricadere sul bordo tenendosi la testa tra le mani, chiudendo gli occhi nel tentativo di far smettere la stanza di girare.

“Lily?” Afferrandola con presa salda da dietro le spalle, Ville usa il suo petto come schienale per far appoggiare Lily che, con un respiro profondo, cerca di placare il senso di nausea che l’attanaglia.

“Tutto ok… mi sono alzata di scatto. Adesso mi passa.”

“Lo sai che se non ti senti bene rimandiamo tutto, vero?!”

“Non ce ne sarà bisogno! La stanza non gira più. Aiutami ad alzarmi, così evito di cadere a terra come una pera cotta!”

“Lily, per favore, non scherzare…”

“Ho la faccia di una che scherza?” sbuffa lei, lanciando scintille con lo sguardo.

Aiutando Lily ad alzarsi, Ville non la perde di vista nemmeno per un momento e seguendola con lo sguardo mentre si dirige verso il bagno, cerca di scacciare in tutti i modi i mille pensieri negativi che lo assalgono.

Almeno per oggi lasciala in pace bisbiglia con gli occhi rivolti al cielo, sperando di essere ascoltato da una qualsiasi entità più grande di lui, pregando che niente possa rovinare quel giorno così speciale.

Sentendo suonare alla porta, Ville si dirige al piano di sotto ma sempre con un orecchio teso, pronto per captare qualsiasi rumore sospetto proveniente dal bagno. Aprendo la porta accoglie in casa Aoki e Connor: saranno loro ad accompagnare in chiesa Lily e ad accertarsi che tutto proceda nel migliore dei modi.

“Che ci fai ancora a casa?” Domanda interdetta Aoki.

“Lasciamo stare. Migè e Linde si sono persi, ma dovrebbero arrivare! Mi faresti un favore?”

“Ma certo!”

“Non credo che Lily si senta bene, ma a me di sicuro non lo dirà mai…tienila d’occhio, ti prego.”

“Consideralo come fatto” risponde lei con un sorriso dolce, dirigendosi verso il piano superiore si appresta ad adempiere ai compiti della damigella d’onore.

“Emozionato?” Chiede Connor.

“Più che altro spaventato a morte.”

“Andrà tutto bene vedrai, siete fatti per stare insieme!”

“Sì, ma quanto durerà? Io non so se riuscirei a sopravvivere se…”

“Ville smettila, Lily non vorrebbe sentirti dire certe cose e poi non pensare a quanto ancora durerà: pensa a vivere nel presente, ci siamo intesi?” Connor sa benissimo che per Ville non è facile, ma sa anche quanto ama Lily e al momento deve concentrarsi solo su questo.

“Giusto… concentrarsi sul presente e soprattutto su come uccidere quei due disgraziati dei miei amici! Spero solo che Burton e Gas arrivino in chiesa senza intoppi: hanno loro sia le fedi che il mio vestito…” 

***

Ville è agitato, agitatissimo. Non si è mai sentito così, neanche prima di un concerto o durante un’intervista che non avrebbe mai voluto fare, ma ora che aspetta Lily davanti all’altare sente il cuore esplodergli nel petto, tanto che nemmeno camminare su e giù per la navata lo aiuta a stemperare la tensione.

“Che ore sono?” Domanda per la dodicesima volta nel giro di tre minuti.

“Sono sempre le 11:30. Non è che più volte lo chiedi più il tempo passa veloce”, lo ammonisce Burton.

“E se fosse successo qualcosa? Se non si fosse sentita bene? Se Connor e Aoki non riuscissero a contattarci? Prende il cellulare in questa chiesa?”

“Ville, per piacere: calmati. Stai facendo venire l’ansia a tutti. Le spose devono arrivare in ritardo, è la regola. Stai tranquillo o giuro che ti imbavaglio” lo minaccia invece Migè, che davvero non ne può più di starlo a sentire.

“Ok, va bene, mi calmo…” Continuando a camminare, Ville sente di non potercela fare ad aspettare ancora un minuto di più: quell’attesa lo sta letteralmente distruggendo e non sapere che fine abbiano fatto Connor, Aoki e soprattutto Lily, mette a dura prova i suoi nervi.

Abbottonandosi e sbottonandosi nervosamente la giacca del completo grigio scuro che indossa, Ville cerca di decidere se sia meglio tenere allacciato o meno l’ultimo bottone e concentrandosi su quel pensiero, riesce a dimenticare per esattamente un minuto di chiedere l’orario a Burton o di assillare Migè che, intanto, parla a voce bassa con Gas e Linde intenti ad osservare l’entrata della chiesa, dove un nervosissimo Jasper scruta l’orizzonte insieme a Katherine, in attesa di veder comparire la macchina della sposa.

È quando Katherine si gira verso Ville con un sorriso radioso che il cantante, finalmente, capisce che non deve più aspettare, che Lily è arrivata, che potrà vederla camminare per la navata della chiesa.

“Come sto?” Domanda terrorizzato rivolgendosi a Migè, sistemandosi i polsini della camicia che, proprio in quel momento, hanno deciso di non stare al loro posto.

“Stai benissimo, ma lei… lei è splendente” risponde lui, volgendo lo sguardo verso l’ingresso della chiesa e scorgendo Lily intenta a sistemare lo strascico del suo abito, aiutata da Aoki.

Splendente. È quella la parola giusta e nemmeno Ville avrebbe potuto trovare un modo migliore per descrivere Lily che, raggiante ed emozionantissima, muove i primi passi all’interno della chiesa stringendo forte il suo bouquet di peonie screziate di lilla, tenendo Connor per il braccio.

Bellissima, indescrivibile, perfetta. Il vestito le fascia il busto in un corpetto senza spalline, finemente ricamato ed impreziosito da minuscoli cristalli che creano giochi di luce armoniosi e delicati quando vengono colpiti dai raggi del sole che, caldi e splendenti, illuminano la navata, investendola di luce e rendendo Lily, sempre più simile ad una visione. Guardandola avvicinarsi, Ville ammira le morbide onde create dalla gonna di semplice organza bianca, che le avvolge le gambe fluttuando impalpabile ed inconsistente come una nuvola candida ed eterea.

“Forse è il caso che tu chiuda la bocca, sembri un baccalà” suggerisce Migè alle spalle di Ville con un sorriso: non ha mai visto l’amico in quello stato. Lui, che ha sempre cercato di schermare le sue emozioni al mondo intero, ora non riuscirebbe nemmeno a dire una frase di senso compiuto, sconvolto da quello che ha davanti, da quell’angelo minuto e grazioso che procede sicuro verso di lui con il sorriso più bello di tutto.

Lily non può nascondere la sua gioia che fa brillare i suoi occhi, incapaci di guardare altro se non Ville, il suo futuro sposo, l’uomo della sua vita, la persona alla quale è pronta a donare la propria esistenza.

Un passo dopo l’altro, si avvicina al suo innamorato sentendo il cuore che le martella nel petto. Nulla, assolutamente nulla potrebbe rovinare quel momento e, mentre cammina, pensa ai suoi genitori così vivi e presenti accanto a lei, capaci di colmare un vuoto che non pensava sarebbe mai riuscita a riempire.

Giunti all’altare, Connor affida Lily a Ville che la prende per mano, sorridendo senza staccare gli occhi da lei, da quella sua fulgida bellezza che sembra appartenere ad un altro mondo.

“Sei meravigliosa” sussurra poi, accarezzandole il volto disteso e rilassato. 

“Anche tu…” Dice lei sfiorandogli il petto con la mano, toccando appena la giacca e sentendo che anche il cuore di Ville batte forte e veloce come il suo. 

Io Ville prendo te Lily come mia sposa e prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita.
 

I finally found the one,
that makes me feel complete 

 

Io Lily prendo te Ville come mio sposo e prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita.
 

This is it, oh, I finally found someone 
Someone to share my life 
I finally found the one, to be with every night 
'Cause whatever I do, it's just got to be you 
My life has just begun 
I finally found someone

 

Vi dichiaro marito e moglie.

Può baciare la sposa…

Non un semplice bacio, ma qualcosa di più: la promessa dell’eternità insieme, il giuramento di amarsi sempre qualsiasi cosa accada, l’impegno a non arrendersi mai e ad affrontare ciò che la vita deciderà di mettere loro davanti. 

Avrò cura di te, per sempre.

 

Whatever I do, it's just got to be you 
My life has just begun 
I finally found someone...

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Capitolo 36
*** Capitolo 35: Let’s Fall Apart Together Now ***


Lily e Ville non hanno avuto tempo di organizzare una cerimonia come si deve, ma in realtà va bene così: gli amici di tutta una vita sono lì per loro, per festeggiare il loro amore ed è quello l’importante, nient’altro che quello.

“Ehi piccioncini volete smetterla di tubare? Io ho fame!” Coltello e forchetta in mano, Gas attira l’attenzione dei due sposi, intenti a scambiarsi un bacio seduti sul lato corto del grande tavolo che Migè, Burton, Connor e Jasper hanno trasportato con non poca fatica dalla cucina al salotto di Lily.

“Oh scusa Gas, mi sono scordata di dirti che non c’è niente da mangiare!” Lo rimbecca Lily sorridendo scherzosa, alzandosi per scappare in cucina dove una miriade di piatti di ogni tipo attendono solo di essere gustati dagli invitati.

“Aspetta, ti aiuto…” La rincorre Ville che, finalmente si è liberato della giacca, rimanendo solo con la camicia con le maniche arrotolate.

“Ma che carino che sei! Pensare che non hai mai mosso un muscolo prima di oggi: è proprio vero che l’amore cambia le persone” scherza Linde sistemandosi il tovagliolo sulle gambe, ricevendo in risposta una linguaccia da Ville che sparisce con Lily in cucina.

“Quando hai preparato tutta questa roba?” Domanda rimanendo a bocca aperta davanti ai manicaretti in bella mostra.

“Non te l’ho detto? Ho dei folletti magici che mi aiutano” risponde Lily strizzando l’occhio, afferrando saldamente una grande ciotola contenente una variopinta insalata di riso per passarla a Ville che la porta nell’altra stanza tra le urla felici di Gas, davvero molto affamato.

Con ancora il vestito da sposa addosso, Lily appoggia entrambe le mani ad una delle poche sedie rimaste in cucina in preda ad uno dei soliti capogiri che, quel giorno, sembrano non volerle dare alcuna tregua. Respirando profondamente, cerca di placare anche il senso di nausea che, pian piano, si fa strada fino a ghermirle la bocca dello stomaco e quando finalmente riesce a riprendere il controllo delle sue azioni, sente la mano di qualcuno cingerle i fianchi per sorreggerla.

“Ti senti bene?” Chiede Connor preoccupato.

“Vuoi la verità o posso mentire spudoratamente?”

“Se può servire mentimi pure, ma sai che non servirebbe a nulla: ti conosco troppo bene.”

“Sto uno schifo, ma non permetterò ad uno stupido mal di testa di farmi rovinare questa giornata” risponde infine, ricomponendosi sfoggiando un sorriso smagliante.

“Non esagerare Lily. Se non ti senti bene noi possiamo andarcene. Devi riposare.”

“Con, ti prego… almeno per oggi facciamo finta che io non sia malata e che tutto sia bello.”

“D’accordo piccolina, come vuoi tu… ma sappi che ti tengo d’occhio.”

Ringraziandolo con un bacio sulla guancia, Lily prende tra le mani due bottiglie d’acqua e si dirige con passo fermo verso la sala, seguita a ruota da Connor che cerca di sembrare il più rilassato possibile per non far insospettire nessuno, in particolare Ville: non vuole rovinare quel piccolo momento di felicità che i due si sono ritagliati con tanta fatica e se dovrà fingere per tutto il giorno, allora fingerà proprio come sta facendo Lily.

Tra l’allegria generale, il pranzo prosegue piacevole e scherzoso sotto la guida di Gas che, con la sua simpatia coinvolgente, non smette un attimo di fare battute che suscitano l’ilarità dei presenti rendendo l’atmosfera serena e molto gradevole, mentre Jasper continua a scattare un’infinità di fotografie con l’intento di creare un album da regalare a Lily in ricordo di quella giornata.

Pensava sarebbe stato più difficile sopportare il fatto di vedere la donna sposare Ville, ma così non è stato: vederla felice nonostante tutto, lo fa sentire bene e capisce che l’amore che prova per Lily è un tipo d’amore diverso da quello che prova Ville per lei.

Chi si diverte davvero tantissimo è Katherine, la testimone di Ville insieme a Migè, che grazie ad un permesso speciale ottenuto da Connor, è finalmente uscita dalle quattro mura dell’ospedale dopo cinque lunghi anni: non le sembra vero di poter essere in grado di ridere e scherzare con persone che quasi non conosce, ma quella sembra essere il giorno in cui le cose impossibili diventano reali e godendosi il clima di allegria che si è creato nutre il suo cuore ed il suo spirito di tutte quelle emozioni che da tempo non provava.

Mentre guarda i volti felici e rilassati di tutti, Lily non può fare a meno di sentirsi appagata da quella giornata così bella, ma nello stesso tempo sente che il suo corpo le lancia segnali allarmanti e non sa per quanto tempo ancora riuscirà ad ignorarli: il mal di testa continua ad aumentare e minuscole goccioline di sudore le imperlano la fronte a causa della febbre che, pian piano inizia a salire, ma lei non vuole cedere assolutamente, non oggi e lottando contro se stessa si impone di rimanere lucida e vigile.

“Ehi, tutto a posto? Non hai mangiato quasi niente…”

“Non ho molto appetito, ma non ne ho mai in questi giorni” risponde, cercando di rassicurare Ville, che sa quanto il cibo la disgusti a causa della terapia. “Sto bene, rilassati.”

“Sei sicura?” Insiste lui.

“Sicurissima, anzi… andrò a incipriarmi il naso prima della torta! Jasper si sta divertendo a farci un mucchio di foto, non vorrei sembrare un mostro!” Sorride baciandolo. Alzandosi lentamente, Lily si dirige verso il bagno al piano di sopra e accostando la porta alle spalle, chiude fuori le voci e le risate degli ospiti, trovando finalmente un momento di pace e di silenzio.

Respira Lily, ce la puoi fare…

Con le mani strette al bordo del lavandino si guarda allo specchio per vedere riflessa l’immagine del suo volto un po’ stanco.

Proprio una bella sposa pensa tra sé, massaggiandosi gli occhi ed aprendo l’acqua fredda per potersi rinfrescare il viso acceso dalla febbre.

Raccogliendo l’acqua con le mani si sciacqua la faccia ed immediatamente il contatto con le goccioline fresche sembra rigenerarla, anche se quella piacevole sensazione dura fin troppo poco per i suoi gusti e poggiando i palmi bagnati sulle tempie, chiude gli occhi nel tentativo di fermare il dolore alla testa.

Sciogliendosi i capelli appuntati con delle forcine da Aoki, Lily li scuote delicatamente convinta che l’emicrania sia provocata dall’acconciatura forse troppo stretta e mentre si libera dell’ultima molletta, sente tra le dita una ciocca di capelli che si sfila rimanendole in mano, gettandola nel panico più totale.

Presto o tardi incominceranno a cadere… ha detto Aoki, ma Lily si è aggrappata giorno dopo giorno all’irragionevole convinzione che, forse, a lei non sarebbe successo, che magari il suo corpo avrebbe reagito diversamente alle cure e che, probabilmente, i suoi capelli non sarebbero caduti, ma ora che si rende conto che quel momento è arrivato anche per lei, sente una nuova ondata di dolore spezzarle definitivamente il cuore in due metà distinti.

Rannicchiandosi su se stessa, Lily si lascia cadere a terra e raccogliendo le gambe al petto lascia scendere le lacrime che vanno a bagnare la gonna del vestito e mentre stringe tra le mani la ciocca di capelli, sente di nuovo la paura crescerle nel petto, una paura irrazionale che la mozza il fiato facendole bruciare i polmoni impedendole di respirare.

La felicità ha sempre un prezzo da pagare. 

***

“Come sta?” Chiede preoccupato Ville appena Aoki esce dalla camera da letto.

“Ha la febbre alta, ho paura ci sia un’infezione in circolo, ma non vuole saperne di essere ricoverata: questa notte può stare qui, ma se domani la situazione non migliora devi assolutamente portarla in ospedale. Adesso sta dormendo, ho dovuto sedarla perché era troppo agitata… mi spiace Ville, questa giornata non doveva finire così.”

Abbracciandolo, Aoki cerca di consolarlo, ma sa che non c’è modo di alleviare il dolore che Ville prova in quel momento: doveva essere una giornata speciale, ma si è trasformata in un incubo e nulla può risistemare le cose, non al momento, non quando l’immagine di Lily disperata e sconvolta rannicchiata sul pavimento del bagno è impressa così vivida nei pensieri di Ville. È stato lui a trovare Lily sul pavimento, in lacrime e con la ciocca di capelli ancora tra le mani, uno spettacolo straziante per tutti, ma ancora di più per lui che si è subito sentito colpevole per non aver captato prima i segnali di malessere della sua sposa.

“Se vuoi posso rimanere qui.” Propone la dottoressa, preoccupata che Ville non riesca a far fronte a tutto quanto.

“No, grazie… me la caverò. Ti chiamo se ci sono problemi. Voglio stare da solo con lei.”

“Come vuoi…”

Andando al piano di sotto, aggiorna anche gli altri ospiti preoccupati per le condizioni di salute di Lily e li trova intenti a sistemare casa, per evitare di lasciare a Ville anche quel compito.

“Ragazzi non dovevate, ci avrei pensato io…” Ringrazia Ville, raggiungendo gli amici.

“Se hai bisogno di qualcosa possiamo rimanere” si offre Linde parlando a nome di tutti.

“Grazie, ma non c’è bisogno. Non vi preoccupate” sorride mestamente.

“Va bene, però chiama immediatamente se succede qualcosa” lo esorta Connor, salutandolo con una pacca sulla spalla.

Uno ad uno gli ospiti vanno via e finalmente Ville rimane da solo, fermo in mezzo al corridoio, assaporando quel piccolo momento di quiete che avvolge tutta la casa immersa nella penombra.

Entrando in camera in punta di piedi, Ville si lascia cadere sulla poltrona vicino al lato del letto dove riposa Lily: dopo averla trovata sul pavimento l’ha portata immediatamente in camera e facendosi aiutare da Aoki le ha tolto l’abito da sposa per infilarle il pigiama, lasciandola poi alle cure della dottoressa che, prima di andare via, ha chiuso le tende della stanza per farla riposare meglio.

“Ville?” Sussurra piano.

“Ti ho svegliato, scusami…”

“Non è colpa tua, ero già sveglia. Perché stai lì sulla poltrona?”

“Avevo paura di disturbarti” ammette lui.

“Mi spiace aver rovinato tutto…” Incomincia a dire, affondando sempre di più la testa nel cuscino per ricacciare indietro le lacrime. Alzandosi e dirigendosi verso il letto, Ville si stende al fianco di Lily e l’abbraccia poggiando la testa accanto alla sua, respirando piano il suo profumo.

“Non piangere, ti prego? Parla con me, dimmi cosa ti fa stare così male. So che non è solo colpa della febbre o di come è finita questa giornata…” La invita dolcemente, spingendola a confessare il perché di quella immensa, terribile tristezza.

Girandosi dalla sua parte, Lily lo guarda in volto. Nonostante ci sia poca luce riesce comunque a vedere distintamente gli occhi verdi di Ville che la fissano con la solita espressione dolce, ma allo stesso tempo velata di tristezza e accoccolandosi ancora più vicino al suo corpo, si passa le dita tra i capelli portando con sé alcuni filamenti che si staccano senza fatica come se fossero morti, privi di vita.

“Ricresceranno” riesce finalmente a dire baciandole la fronte, trattenendo il dolore che prova nel vedere Lily in quello stato.

“Lo so, ma fa male lo stesso. Fa tanto male.” Ogni lacrima di Lily è una pugnalata in pieno petto per Ville che non sa cosa fare né cosa dire per rendere quel momento meno difficile, più tollerabile. “Faresti una cosa per me?” Domanda alzando lo sguardo verso Ville, notando che anche i suoi occhi sono lucidi.

“Certamente…”

“Me li taglieresti?”

“Io… Lily…”

“Ti prego Ville. Non posso farlo da sola, ho bisogno di te” lo supplica sapendo di chiedergli davvero tanto.

Acconsentendo con un sì pronunciato a fior di labbra, Ville capisce che per Lily è importante che sia lui a farlo e così si dirige verso il bagno dove, in un piccolo beauty-case, trova un paio di forbici ed il rasoio del padre di Lily, conservato gelosamente dalla donna in memoria di James.

“Sei sicura?” Chiede ancora una volta, impugnando le forbici nella destra e stringendo con la sinistra la mano di Lily.

“Mi raccomando, voglio un bel taglio da combattimento” tenta di scherzare lei tra nuove lacrime. Sedendosi al centro della stanza da bagno dove Ville ha posizionato una sedia, Lily prende un profondo respiro e cercando di non pensare a nulla esorta, il marito a procedere.

Ogni sforbiciata è un dolore insopportabile. Ogni ciocca di capelli caduta a terra fa male in un modo indescrivibile e benché Lily non osi guardare, percepisce l’esatto momento in cui i capelli toccano terra, sentendo il cuore andare in frantumi tutte le volte, per poi rompersi irreparabilmente nell’istante in cui il rasoio completa la sua opera; in piedi dietro di lei, Ville non osa parlare e si limita a stringere le spalle di Lily mentre si passa la mano sulla testa completamente rasata.

“Grazie…”

Baciandole la testa Ville non può impedire ad una lacrima di cadere sopra il perfetto cranio di Lily che, col palmo della mano, trattiene Ville in quella posizione poggiando la mano sul collo di lui.

“Sei bellissima. Sarai sempre bellissima, non dimenticarlo mai.”

Prendendo Lily in braccio, Ville la riporta in camera. Ci penserà il giorno dopo a pulire tutto, ora la cosa che più gli preme e lasciare riposare sua moglie per evitare di farla stancare ulteriormente.

“Ho un regalo per te!” Esclama poi, dopo averle rimboccato le coperte. Frugando nell’armadio tra i suoi vestiti, recapitatigli da Migè che ha conservato le sue valige senza nemmeno disfarle dal giorno dell’incidente, Ville trova finalmente quello che stava cercando e dopo aver chiesto a Lily di chiudere gli occhi, le mette in testa uno dei suoi inseparabili cappelli. “Non voglio che la bellissima testolina di mia moglie si congeli durante la notte” sorride mentre Lily accarezza il berretto.

“Dillo ancora…”

“Mia moglie, mia moglie, mia moglie” ripete lui, stringendola forte.

“Ti amo.”

“Ti amo anche io.”

Baciandolo con delicatezza, Lily lascia che Ville le accarezzi la schiena sciogliendo la tensione accumulata nelle ultime ore di quella giornata infinita ed accoccolandosi con la testa appoggiata nell’incavo del suo braccio, si addormenta cullata dalla voce di Ville che canta per scacciare via i brutti sogni di Lily.

 


Just one look into your eyes
One look and I'm crying
Cause you're so beautiful

Just one kiss and I'm alive
One kiss and I'm ready to die
'Cause you're so beautiful

Just one touch and I'm on fire
One touch and I'm crying
'Cause you're so beautiful

Just one smile and I'm wild
One smile and I'm ready to die
'Cause you're so beautiful

Oh and you're so beautiful
My darling

Oh you're so beautiful
Oh you're so beautiful
Oh my baby
You're so beautiful

Oh and you're so beautiful
Oh my darling
Oh my baby

And you're so beautiful, oh...

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Capitolo 37
*** Capitolo 36: Time After Time ***


Giugno

Ville

A volte mi sembra di non potercela fare a continuare così. Guardo Lily e mi sento impotente perché non sono in grado di renderla felice, perché non posso guarirla, perché non riesco ad essere forte anche per lei, che ha così bisogno di energie per andare avanti.

La guardo e vedo la vita che la sfiora, che procede accanto a lei senza toccarla, due binari di un treno così vicini, ma che mai si potranno incrociare, nemmeno al di là dell’orizzonte.

La guardo e vedo la sua bellezza, la sua dignità, il suo coraggio e la amo, Dio se la amo, ma ho paura, una paura che mi paralizza e che mi sfianca: non posso vivere senza di lei.

Ho convinto Migè e gli altri a tornare a Helsinki…

Non pensavo di poterci stare così male, ma loro non c’entrano nulla con tutto questo e hanno delle responsabilità anche in Finlandia, è stato difficile, ma ce l’ho fatta: la mia vita è qui con Lily, la mia vita è Lily.

Lily

Per Ville è difficile, troppo difficile e anche se lui non me lo dirà mai so, senza ombra di dubbio, che si sente responsabile, che si sente colpevole perché crede di non essere abbastanza forte per entrambi, però si sbaglia, si sbaglia di grosso: se lui non fosse al mio fianco probabilmente avrei già smesso di lottare.

Sono stanca e sfibrata e sento che giorno dopo giorno le forze scivolano via dal mio corpo, lasciandomi sempre più debole e sfinita.

Ho sbagliato… lo amo da morire, giorno dopo giorno, attimo dopo attimo, ma ho sbagliato: non dovevo trascinare Ville in questo tormento senza fine e non mi perdonerò mai per averlo privato della felicità che si merita e ora che anche i suoi amici sono andati via, non so davvero come fare per guarire il suo cuore ferito.

Come si fa a dire ad un cuore di smettere di sanguinare?

  

Luglio

Lily

Nuovi esami, nuove attese, nuove paure che si sommano a quelle vecchie diventando sempre più difficili da gestire: Aoki è fiduciosa, Ville è speranzoso, io… sono distrutta. È come se stessi correndo da due mesi senza fermarmi mai, se non per soste troppo brevi per essere davvero utili a farmi riprendere fiato.

Ho bisogno di sentire Ville cantare ancora: non canta più ormai, non suona più e non riesco a sopportare il suo silenzio, perché so che la sua anima sta soffrendo e l’unico modo che ho per farlo guarire è convincerlo a fare ancora musica. 

Ville

Ogni giorno Lily mi chiede di tornare a cantare, ma non posso farlo, non posso lasciarla per pianificare un tour e per concentrarmi su tutto quello che l’organizzazione di un concerto prevede.

Il solo pensiero che possa succederle qualcosa mentre io non ci sono, mi fa rabbrividire: l’unica cosa che mi ha convinto a fare è stata un’intervista dove ho raccontato tutto, il mio tentato suicidio, la riabilitazione, il matrimonio…

Sembra così lontano quel giorno. A volte mi sembra vederla con il suo bel vestito bianco attraversare la navata, splendida e meravigliosa con un sorriso che non ho più visto da allora. Forse, se tornasse a sorridere, potrei pensare di fare qualche concerto, ma non ora, non così, non adesso che è così fragile e sola.

 

Lily

Cinque date. Solo cinque date a Filadelfia, New York, Boston, Atlanta e Chicago.

Sono giunta alla conclusione che, se sono io a pianificargli il tour, forse finalmente si convincerà a partire. Ho controllato le città in cui si sarebbe dovuto esibire prima di essere ricoverato al Sant’Angese e ho scelto quelle più vicine a Filadelfia: se dovessi aver bisogno di lui sarebbe di ritorno a casa in non più di quattro ore nella peggiore delle ipotesi.

Abbiamo litigato. Per la prima volta dopo cinque mesi, abbiamo litigato e non mi sono sentita più viva di così, forse avevamo bisogno di dare sfogo al mare di dubbi e incertezze che abbiamo accumulato nell’ultimo periodo…

Ho capito perché ha paura e lo capisco, ma non voglio che si sacrifichi per me: la sua musica è troppo bella, troppo importante per essere abbandonata così, senza una vera ragione e sono certa che lui sia in grado di conciliare tutto, l’amore per me e l’amore per la musica.

Solo così io posso essere felice.

 

Ville

Cavolo, che litigata pazzesca: odio quando fa la psicologa con me, riesce sempre a descrivere esattamente quello che provo, più di quanto non sia in grado di fare io… e come sempre ha ragione da vendere su tutta la linea!

Ho cercato di convincermi di poter vivere senza musica, ma non ce la faccio e, alla fine, ho accettato la sua proposta. Dopotutto sono solo cinque date, un concerto alla  settimana, detto così è fattibile e fin troppo facile: ho paura che possa succedere qualcosa di brutto e non so come liberarmi di questa sensazione.

Ho chiamato i ragazzi che sapevano già tutto: hanno già prenotato i voli, gli alberghi, gli spazi…insomma manca solo il mio sì!

E che tour sia!

Certo che quando ci si mette Lily è davvero diabolica: ha organizzato un tour in due giorni, sto seriamente pensando di assumerla come agente!

 

Agosto

Ville

Che strana sensazione svegliarsi in un letto che non è il tuo, in una camera che non riconosci e senza la persona che ami al tuo fianco: la musica mi mancava, ma Lily mi manca molto di più, anche se, effettivamente, l’emozione di un concerto è sempre qualcosa di indescrivibile…

Avevo paura che dopo il macello combinato a marzo, nessuno sarebbe venuto: mi sbagliavo di grosso. Non è cambiato niente e, se possibile, sono perfino aumentate le richieste di matrimonio delle fan, impegnate di volta in volta a creare striscioni variopinti e colorati con le loro proposte strampalate.

Spiacente ragazze, la vedete la fede al dito? Sono felicemente sposato e questa è l’unica cosa che sono certo non cambierà mai, nemmeno fra un milione di anni: Lily è il mio passato, il mio presente, sarà anche il mio futuro. Per sempre.

Ho deciso che l’ultimo concerto sarà quello di Filadelfia, almeno su questo nessuno ha avuto da obiettare: ho intenzione di portarci Lily perché, secondo Aoki, le cure procedono bene e forse un diversivo potrebbe esserle utile per distrarsi un po’.

Ci sentiamo circa ventimila volte al giorno, metà delle quali le passa a parlare con Migè, Linde, Burton e Gas: non so cosa si dicono, ma ho il sospetto che li stia istruendo in modo da tenermi sempre d’occhio…quello che però non sa è che anche io faccio la stessa cosa e Connor si sta dimostrando un ottimo alleato!

Ti amo, Lily!

 

Lily

Sento Ville rinato e la consapevolezza della sua felicità sembra avere su di me effetti positivi: Aoki dice che le cose procedono bene, ma in realtà so che è solo un modo per tranquillizzare sia me che Ville.

La situazione non è cambiata da maggio, gli esami sono identici, i valori sempre uguali: ok, non sono peggiorata il che è un buon segno, ma non sono neanche migliorata e il pensiero di dover andare avanti così ancora per chissà quanto tempo mi deprime.

Mi manca, mi manca da morire e benché stia fuori casa solo tre giorni a settimana, stare lontana da lui mi fa sentire vuota: è strano come la presenza di una persona possa riempire le giornate rendendole bellissime e perfette anche solo per il fatto di sapere che è lì per te.

L’ultimo week end di agosto canterà qui a Filadelfia e io sarò in prima fila: non me lo perderei per nulla al mondo!

Ti amo, Ville!

 

Lily & Ville

Finalmente è arrivato il concerto di Filadelfia e io sono emozionato come un bambino alla sua prima recita scolastica: voglio che tutto sia perfetto per lei.

Ho predisposto tutto perché possa assistere al concerto comodamente seduta in prima fila. Aoki mi ha detto che questa mattina aveva un po’ di febbre e dato che Lily ha ripetuto per l’ennesima volta di non volersi perdere il concerto, mi sono ingegnato per poterle rendere la serata il più piacevole possibile: non voglio che si stanchi e le ho già detto che, se mi dovessi accorgere che qualcosa non va, fermo tutto e ce ne torniamo a casa!

Sono entrata nel locale da un’entrata secondaria: essere la moglie di una star ha i suoi vantaggi! Cavoli sono agitata e credo anche un po’ febbricitante, ma non importa: ho perennemente la febbre in questo periodo e non c’è cosa che odio di più che avere la temperatura alle stelle in estate.

Al momento, però, è più l’eccitazione che la febbre a farmi sentire accaldata: sono davvero emozionata, non l’ho mai visto cantare dal vivo davanti ad un pubblico di fan urlanti e scatenate…

Ok, i fan sono entrati, Lily è seduta e sembra stare bene, nessuno la sta importunando e questo va ancora meglio, io sono pronto, i ragazzi sono pronti… si va in scena.

Mi sembra di essere una ragazzina di 15 anni, appena è entrato ho sentito il cuore mancare un battito e subito dopo fare un triplo salto carpiato…ho una voglia matta di urlare a tutti che sono sua moglie!

Non vedo Lily così felice da un sacco di tempo, se servisse a farla star bene farei un concerto al giorno per 365 giorni all’anno…

Dannazione Gas vuoi suonare più piano quella batteria?!?!

Povero Gas, sgridato malamente da uno che pesa la metà di lui…chi ha osato lanciare un reggiseno sul palco?

Eh no, niente reggiseno ragazze, c’è mia moglie in prima fila e nonostante sembri uno scricciolo caduto dal nido, posso assicurare che se si arrabbia può diventare davvero molto pericolosa!

La guardo e la vedo ridere della mia espressione…è bellissima.

Mi manda un bacio soffiandolo con la mano: mi spiace ragazza senza reggiseno, lui ama me!

Questo concerto è volato via in un soffio, sarà la presenza di Lily a rendere ancora più piacevole tutto quello che faccio o forse è perché sono finalmente rilassato dopo mesi passati in tensione perenne: vorrei che il tempo si fermasse per vivere sempre quest’attimo.

Già l’encore… è stata una serata magnifica, una di quelle che vorrei rivivere all’infinito e credo che anche Ville stia pensando alla stessa cosa.

Mentre canta la strofa finale di The Funeral of Heart, mi guarda e sorride con uno di quei sorrisi che solo lui sa fare, dolce e timido, bellissimo e puro.

Sono felice, davvero tanto felice.

È una pazzia, una pazzia totale, ma ho un estremo bisogno di baciarla, non mi importa di tutta la gente che c’è, voglio sentire le sue labbra sulle mie e stringerla a me, al diavolo tutti: io amo Lily Venus, quella bellissima donna seduta in prima fila!

L’ha detto?!?

L’ha detto davvero?!?

A giudicare dalle facce gongolanti di Migè, Burton, Linde e Gas credo di non essermelo sognato e il fatto che stia scendendo dal palco è un’ulteriore conferma: ti amo anche io Ville Valo!

 

Too late, won't stop 
Tonight I want to go deeper 
Tomorrow takes it all away 
Time's running out 
The night is only a shell 
Soon morning comes and breaks the spell 
To the yesterday, to a dream 

Just for tonight, we'll keep on dancing 
And the city won't tell a soul 
Just for tonight, the lights are shining 
And our secret stays untold 

These streets are mine 
Tonight I'll keep on walking 
Won't stop as long as the city sleeps 
Don't look back once 
Or you might turn around 
Tonight I'll give myself to you 
And our secret stays untold 

Just for tonight, we'll keep on dancing 
And the city won't tell a soul 

Just for tonight...

 

 

Settembre

Lily

Sembra passata un’eternità dal concerto e soprattutto da quella meravigliosa notte che abbiamo passato insieme: era da tantissimo tempo che non ci abbandonavamo così al nostro amore e sentire finalmente il mio corpo tornare a vibrare mi ha fatto sentire viva, completa, rigenerata.

È durato troppo poco…

Dove mi trovo ora?

 

Ville

Tutte le volte che ci sembra di poter finalmente ripartire ecco che succede qualcosa che ci riporta bruscamente alla realtà e, ogni volta, sembra essere sempre peggio di quella precedente.

Ho creduto davvero di perderla questa volta…

L’ho trovata svenuta in cucina. C’erano vetri rotti ovunque e lei stava lì, immobile e bianchissima: ho avuto paura che fosse finita per sempre.

L’ambulanza è arrivata in 3 minuti, i minuti più lunghi di tutta la mia vita e in tutto questo tempo una sola cosa mi tornava alla mente.

“Sono Lily, Lily Venus e sono qui per aiutarla…”

Questa frase mi martellava nella testa ancora, ancora, ancora…lei mi ha aiutato e io cosa ho fatto per lei?

In ospedale Aoki mi ha rassicurato dicendomi che non è nulla di grave, che è colpa dell’anemia che la rende debole se è svenuta: riposo assoluto e trasfusioni di sangue, ma c’è anche un’infezione in corso causata dalle difese immunitarie troppo basse e quindi dovrà rimanere in isolamento finché non starà meglio per evitare ulteriori complicazioni.

Attraverso il vetro che separa la sua camera dal corridoio, che è diventato la mia seconda casa, vedo Lily dormire e agitarsi nel sonno e vorrei poterle stringere la mano e rassicurarla dicendole che andrà tutto bene…forse si sente sola, ma io sono qui, sarò sempre qui.

 

Ottobre

Ville

C’è qualcosa che non va…

Non vedevo Lily così affamata da mesi: la chemio le ha portato via anche l’appetito e tutte le volte che mette qualcosa sotto i denti non riesce a trattenerla nello stomaco per più di dieci minuti…un giorno o l’altro rimetterà anche l’anima.

Eppure è da fine settembre che mi sembra diversa, la vedo più serena, più solare, perfino più rilassata. Sono certo che voglia farsi perdonare lo spavento che mi ha fatto prendere il mese scorso, ma non c’è nulla da perdonare, a me basta che sia viva.

Ormai ho imparato ad essere diffidente.

Di solito quando le cose sembrano andare meglio, ad aspettarci dietro l’angolo c’è già un’altra catastrofe e sinceramente non sono disposto a vederla soffrire ancora: questa volta potrei seriamente dare i numeri.

Lasciala in pace, maledetto tumore. Tanto non vincerai mai tu, non contro di lei.

Lily

Vedo Ville sospettoso ed effettivamente il mio atteggiamento non è dei più limpidi, ma questa volta ho deciso di fare di testa mia e neanche lui potrà farmi cambiare idea: ho fatto la mia scelta.

Voglio vivere.

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Capitolo 38
*** Capitolo 37: Hyvää Syntymapaivää Isä ***


Non sono nemmeno le sei del mattino, ma Lily è già in cucina, affaccendata come non mai tra i fornelli: quella è una giornata speciale e vuole che sia perfetta sotto ogni punto di vista e non le importa doversi alzare all’alba, tanto non avrebbe comunque dormito, euforica come si sente ora.

È sempre stata una brava cuoca, ma da mesi ormai il cibo quasi la disgusta e solo per il bene di Ville, fin troppo magro per i suoi gusti, si è sempre imposta di cucinare qualcosa, almeno per evitare di far evaporare anche lui: basta già lei ad essere ridotta a uno straccio.

Oggi, però, stare in cucina la rende allegra e particolarmente contenta e fischiando una melodia di cui non ricorda il titolo, mischia sapientemente ingredienti di vario tipo nelle diverse pentole poggiate sui fornelli, assaggiando di tanto in tanto il sapore ora di una salsa ai mirtilli, ora controllando che il dolce nel forno non si bruci.

Asciugandosi la fronte leggermente imperlata di sudore, Lily si toglie il foulard che le copre la testa per trovare un po’ di sollievo. L’unica cosa che non ha ancora superato e che probabilmente non supererà mai, è l’aver perso i capelli, tra tutte le cose che dovuto sopportare quella è stata di gran lunga la peggiore, ma presto anche loro ricresceranno e finalmente smetterà di sentirsi malata.

“Buongiorno… che stai combinando?” Con voce assonnata e gli occhi ancora semichiusi, Ville prende alla sprovvista Lily con un bacio sul collo che la fa salire un leggero formicolio di piacere lungo tutta la schiena, facendola sobbalzare.

“Che ci fai qui?” Domanda coprendogli gli occhi con le mani, lasciando cadere il foulard a terra.

“Ehm… ci abito?!

“Non intendevo questo… perché ti sei svegliato? Non dovevi svegliarti adesso, fila a letto, subito e fai finta di dormire!”

“Lily, sei sicura di sentirti bene?” Chiede incuriosito dallo strano atteggiamento della moglie.

“Sto benissimo, fila via…” Lo ammonisce ancora lei, indicandogli la porta con un gesto eloquente del dito. “Dai ti prego… è una sorpresa!” Aggiunge poi con occhi supplichevoli.

“Posso avere almeno un bacio?” Sorride lui con aria dolce.

“Ovviamente no” scherza mettendosi in punta di piedi per sfiorargli le labbra.

“Comunque il profumo è ottimo! Sembra…”

“No, Ville smettila: non guardare, non odorare, non ascoltare.” Spingendolo fuori dalla cucina, Lily si assicura che Ville torni a letto e poi si barrica all’interno della stanza in attesa che tutto sia finalmente pronto per la sua sorpresa: ha deciso di fare una giornata a tema finlandese per festeggiare il compleanno del marito in attesa di potergli finalmente dare il suo regalo preparato con tanta cura. 

***

 

Paljon onnea vaan
Paljon onnea vaan,
Paljon onnea, Ville
Paljon onnea vaan!

Spalancando la porta della camera con un piede, Lily entra cantando e sorreggendo tra le mani un vassoio con sopra un enorme dolce adornato da una candelina che illumina la stanza con una fioca luce tremolante e mentre si avvicina a Ville, può notare le sue labbra aprirsi in un sorriso dolce e compiaciuto.

“Hyvää syntymapaivää… e spero di averlo detto correttamente!” Esclama poggiando il vassoio sul comò per allungarsi verso Ville baciandolo come si deve.

“Ottima pronuncia, davvero!”

“Dovrò ringraziare Burton e le sue lezioni di finlandese!” Avvolgendo le mani attorno alla vita di Lily, Ville la trascina verso di sé facendola cadere sul letto e baciandola sull’incavo del collo si lascia cullare dal suo inebriante profumo che gli ricorda qualcosa di familiare.

“Sai di cannella… mi piace la cannella” continua mentre respira a pieni polmoni quell’aroma avvolgente, che si spande per tutta la stanza.

“Sto armeggiando con la cannella dall’alba, ma sono contenta che ti piaccia. Anche se credo che il profumo provenga dal dolce!”

“No, no, sei proprio tu…” Sfiorandole il collo con la punta del naso, Ville inizia a scendere sempre più in giù scostando, con le lunghe dita affusolate, le pieghe della vestaglia di seta azzurra di Lily, accorgendosi che non indossa altro sotto. “Davvero molto interessante” sussurra continuando a baciare la pelle nuda e morbida della moglie, mentre il suo cuore iniziare a battere sempre più veloce.

 Passando una mano tra i capelli di Ville, Lily si lascia avvolgere da quella euforica sensazione di benessere che prova tutte le volte che lui la sfiora in quel modo sensuale e liberatasi della vestaglia, lascia che tutto il suo corpo si fonda con quello del marito danzando al ritmo di estasi e piacere, respirando all’unisono con lui raggiungendo insieme l’acme della felicità.

“Di sicuro questo è il mio miglior compleanno” dice Ville con un’espressione di pace dipinta sul volto.

“Ne sono davvero felice… e non hai ancora visto niente!”

“Ah perché c’è anche dell’altro?” domanda curioso girandosi sul lato e appoggiandosi sul gomito per guardare Lily, nuda e bellissima come solo lei sa essere, languida dopo aver fatto l’amore con lui, ancora più meravigliosa proprio per questo. È solo sua, non c’è regalo più grande di questo, ma a quanto pare lei si è divertita a preparargli tante piccole sorprese, cosa che lo fa sorridere. Si impegna anima e corpo, lo fa per renderlo felice, ma Ville non ha smesso un solo secondo di esserlo, perché ha lei al suo fianco.

“Questa è solo la colazione, mio caro! Anzi, assaggia il dolce, sono curiosa di sapere se è venuto bene!”

Afferrando il vassoio Ville si rende subito conto del tipo di dolce che ha preparato Lily e non può fare a meno di sorridere intuendo le intenzioni della moglie per quella giornata.

“Che c’è?” Domanda lei tirandosi su, avvolgendosi tra le coperte.

“Niente… è un korvapusti!”

“Sì… e allora?”

“E allora è davvero il mio più bel compleanno” ripete lui staccando un pezzo del dolce, assaporandolo ad occhi chiusi.

“È buono?” si informa, avvicinandosi di più a Ville.

“Squisito! Solo che ne hai fatto un quintale! Non dirmi che lo devo mangiare tutto da solo…”

“Chissà…” E ricomincia a baciarlo teneramente, dolcemente, distraendolo da altri pensieri.

***

Lily ha pianificato tutto in ogni minimo dettaglio e Ville si sente davvero appagato nel vederla così piena di vita e sorridente: non accadeva da tanto e solo adesso che la vede così piena d’energie, si rende conto di quanto gli mancasse quell’aspetto di Lily.

Sdraiati sul divano intenti a guardare un dvd, Ville è più concentrato ad ammirare Lily immersa nella declamazione delle battute della scena finale di Notorius, il suo film preferito.

“Quante volte l’hai visto?” Le chiede stuzzicandole il lobo dell’orecchio.

“Troppe, davvero troppe volte! Da piccola sognavo di sposare Cary Grant” rivela lei imbarazzata.

“Ti piace quel tipo con quella strana fossetta sul mento?”

“Attento a come parli! Scusalo Cary, non sa quello che dice” lo schernisce tappandogli la bocca, rivolgendosi al protagonista del film.

Iniziando a farle il solletico, Ville riesce finalmente a distrarre Lily dal suo sogno d’amore e ridendo con lei continua a prenderla in giro, ma senza cattiveria, beandosi di quei piccoli momenti di serenità che finalmente stavano premiando entrambi dei mesi trascorsi.

Il suono del campanello pone fine ai loro scherzi giocosi e mentre Ville va ad aprire, Lily inizia a pregustare la sua reazione nel vedere chi attende al di là della porta.

“Buon compleanno!” Migè, Linde, Gas e Burton urlano a squarciagola i loro auguri un po’ in finlandese e un po’ in inglese, lasciando Ville a bocca aperta. Non si aspettava di certo anche questa sorpresa e sospettando che anche in quel caso ci sia lo zampino di Lily, li fa accomodare in salotto, ancora incredulo nel vederli lì.

“Certo che potresti anche dire qualcosa? Siamo venuti dalla Finlandia solo per te e tu non dici mezza parola… che amico ingrato” lo rimbecca Migè, con il sorriso sulle labbra.

“Non so cosa dire in effetti: mi avete fatto proprio una bella sorpresa!”

“Devi ringraziare la tua dolce metà, ha fatto tutto lei” spiega Burton, dando una pacca sulla spalla all’amico.

“Allora, il dolce è venuto bene?” Chiede Gas annusando l’aria ancora pregna del profumo della cannella e cardamomo che sembra essersi incollato alle pareti.

“Divinamente, ringrazia tua nonna per la ricetta” risponde Lily, schioccandogli un bacio sulla guancia e dirigendosi in cucina per prendere il dolce avanzato.

“È bello notare come io sia sempre l’ultimo a sapere le cose! Amici traditori” si lamenta Ville. “C’è altro che non so?”

“Lily, c’è altro che non sa?” Chiede urlando Linde per farsi sentire dalla donna.

“Ci sono un sacco di cose che non sa, ma voi non direte nulla, siamo intesi? Anzi, mangiate e tenete occupati quei forni che vi ritrovate al posto delle bocche.”

“Ma…” Borbotta Ville: “è il mio compleanno…”

“Ecco, appunto… quindi zitto anche tu!” Lo rimprovera lei baciandolo con fervore, mettendogli poi in bocca un altro pezzo di korvapusti.

Tra scherzi e risate, il pomeriggio passa veloce ed allegro fino all’ora di cena. Lily fa accomodare tutti in salotto in attesa di Connor, Jasper, Katherine e Aoki anche loro invitati alla piccola festicciola organizzata da lei in onore di Ville.

“Fai proprio le cose in grande!” Constata lui, prendendola da parte per un momento.

“Dubitavi?” Replica, con un sorrisino malizioso sulle labbra già pronte a baciarlo.

“No, in effetti non avevo alcun dubbio! Sai una cosa?”

“Cosa?”

“Sono davvero contento di vedere che ti senti meglio.” Sorridendo, Lily gli accarezza il volto e sentendo le palpebre pizzicare, rivolge lo sguardo ad un angolo del soffitto per evitare che Ville si accorga della sua commozione.

“Lily, gliel’hai già dato il regalo?” Chiede Katherine irrompendo in cucina.

“No, non ancora…”

“Allora io e Jasper abbiamo una cosa da farvi vedere prima!”

Seguendo la donna fuori dalla cucina, Ville e Lily si domandano che cosa la renda così felice: è da un po’ di tempo che hanno notato un comportamento strano in Katherine, ma troppo presi da un milione di altre cose, non hanno mai potuto indagare affondo nella questione. Tornando in salotto si accorgono subito di un grosso pacco che troneggia sul tavolo guardato con curiosità da tutti i presenti, che non vedono l’ora di scoprirne il contenuto.

“Io e Jasper ci abbiamo messo un sacco di tempo a farlo, ma speriamo che ne sia valsa la pena” inizia Katherine “in realtà non è solo per Ville, ma anche per te Lily… scartatelo!”

Aprendo delicatamente il pacco i due si trovano davanti un grande album fotografico di pelle scura con sopra le iniziali dei loro nomi intrecciate da ghirigori arzigogolati che vanno a formare una piccola fogliolina d’edera al centro.

“Abbiamo pensato che anche voi vi meritavate un album di nozze…” Spiega imbarazzato Jasper, volgendo lo sguardo verso Katherine che appoggia la sua piccola mano sul viso paonazzo di lui.

“È… è meraviglioso” risponde Lily precedendo di una frazione di secondo lo stesso commento di Ville. Sfogliandolo trovano all’interno le foto del loro matrimonio documentato attimo per attimo negli istanti più belli, ancora impressi nella memoria di entrambi.

“Grazie ragazzi, è un regalo favoloso” ripete Ville abbracciano entrambi, mentre Lily litiga con se stessa per non scoppiare in lacrime.

“I due ritratti li ha fatti Katherine” puntualizza poi Jasper notando che Lily si è soffermata proprio sull’ultima pagina dell’album, dove una riproduzione fedele dei loro volti tratteggiati a carboncino, chiude la galleria fotografica rendendola davvero perfetta.

Passando le dita sulla frase scritta in caratteri dorati, Lily la legge ad alta voce:

 

Come accade al caprifoglio
che al nocciolo s'attacca:
quando vi si è intrecciato e avvolto
e tutt'attorno al tronco s'è messo,
assieme possono vivere a lungo;
ma poi quando si tenti di separarli,
subito muore il nocciolo
e insieme il caprifoglio.
Così ne è di noi:
non te senza me, non io senza te (1)

 

“Voi volete farmi piangere, vero?!” Sospira guardando Katherine e Jasper negli occhi, ringraziandoli ancora una volta con un abbraccio.

“Adesso tocca a me e ad Aoki” dice Connor rompendo il momento di silenzio che si è venuto a creare, porgendo a Ville un pacchetto non molto grosso.

“Guardandolo così non capirai il motivo del regalo, però ti sarà perfettamente chiaro quando la tua mogliettina ti darà il suo” prosegue Aoki con un sorriso mesto sulle labbra che non sfugge a Ville che, però, non domanda nulla limitandosi a scartare il regalo.

“Un cellulare? Forte… non dovevate disturbarvi.”

“Ci sono i nostri numeri impostati nelle chiamate rapide: io sono l’1, Connor il 2… ricordatelo!”

“Me lo ricorderò… ma è successo qualcosa?”

“Sì… non approvano i mie regali! Aoki soprattutto.”

“Noi lo approviamo… bè almeno in parte!” Dice Migè parlando a nome della band, venendo subito fulminato con lo sguardo da Aoki che lo zittisce immediatamente.

“A questo punto sarei un po’ curioso…”

Passando a Ville due regali, Lily gli dice di partire da quello più piccolo, contenuto in una busta piatta abbellita da una coccarda rossa. Aprendola con attenzione la prima cosa che è subito evidente è la parola Helsinki ed immediatamente Ville legge con attenzione ciò che c’è scritto, rendendosi conto che quelli sono dei biglietti aerei per la Finlandia.

“Allora?

La risposta di Ville arriva con un abbraccio che quasi spezza le ossa a Lily, tanto è vigoroso: mai si sarebbe aspettata da lui una reazione del genere, ma capisce che quello è l’unico modo che ha per esprimere i suoi sentimenti che altrimenti rimarrebbero taciuti.

“Grazie, grazie, grazie, grazie…” Ripete senza sosta senza lasciarla andare.

“Sì, ma allenta la presa che soffoco…”

“Scusa…”

“Hai notato niente di strano?” Chiede Aoki, truce.

“No… c’è qualcosa di strano?”

“Sono due biglietti.”

“Certo che sono due, uno per me e uno per lei… e allora?”

“Sono di sola andata…”

“Oh… ooh… è vero.” Ribatte lui, senza però davvero cogliere le reali implicazioni, forse perchè sua moglie per prima non sembra vedere l'ora di dargli anche il regalo numero due.

“Ora puoi aprire il secondo pacchetto, però forse è meglio se ti siedi” suggerisce Lily improvvisamente molto nervosa.

Seguendo il consiglio di Lily, Ville si siede e incomincia a strappare anche la carta variopinta dell’altro regalo che lo lascia decisamente senza parole, un ciuccio da neonato seminascosto da un biglietto scritto a mano da Lily:

Hyvää syntymapaivää, Isä
Buon compleanno, papà

“Lily…?!” Senza neanche rendersene conto, Ville allunga la mano poggiando il palmo sul ventre di Lily che gli accarezza il dorso senza smettere di osservare gli occhi del marito, traboccanti di una felicità indescrivibile.

***

“Sei sicura di volerlo tenere?” Sdraiati sul letto della loro camera entrambi a pancia in su e con lo sguardo rivolto al soffitto, Ville e Lily si godono quell’attimo di intimità dopo che tutti gli ospiti se ne sono andati.

“Al cento per cento… e tu lo vuoi questo bambino?”

“Sì, lo voglio davvero. Però vorrei anche crescerlo con te.”

“Non ho alcuna intenzione di lasciarvi da soli” lo rassicura Lily, sorridente.

“Però non vuoi continuare le cure e ti vuoi trasferire in Finlandia per sempre, lontana dal tuo medico…”

“Le cure riprenderanno dopo che avrò partorito, questo te lo posso giurare su tutto quello che vuoi. Aoki ha già contattato un dottore a Helsinki per spiegargli la situazione, mi seguirà lui, pare sia molto bravo. Per quanto riguarda il volermi trasferire in Finlandia la cosa è semplice: voglio che tu sia felice.”

“Ma io lo sono già: sei tu che mi rendi felice.”

“No, non è vero, o almeno non lo sei del tutto. Ho visto come si sono illuminati i tuoi occhi questa mattina e come hai reagito quando hai visto i tuoi amici: la Finlandia ti manca e non potrai mai essere completo se rimani qui. Non voglio che tu rinunci a cantare e a suonare solo perché hai il terrore di non essere al mio fianco se mi dovesse succedere qualcosa e non voglio che tu soffra perché sei lontano da casa tua: io qui non ho nulla,  se non tanti ricordi dolorosi che posso e voglio lasciarmi alle spalle. Tu, a Helsinki, hai tutto quindi mi sembra più che logico trasferirci lì. Per una volta, permettimi di fare qualcosa per te.”

“Mettiamo che quello che dici sia vero… perché non puoi continuare le cure lì? Sono sicuro che puoi fare sia le terapie che portare avanti la gravidanza, non devi per forza rinunciare ad una delle due cose.”

“Non rinuncio a curarmi… allento un pochino la presa. Sono stanca Ville, davvero tanto stanca e ti sei accorto anche tu che, da quando non faccio più la chemio, sto meglio. Dammi sei mesi e poi ti giuro che riprenderò con le terapie… ”

“Mi stai dicendo che lo sai già da tre mesi?” Domanda facendo un rapido calcolo.

“Esatto…”

“Significa che sei rimasta incinta la notte del concerto?”

“Sì… però ho smesso la terapia solo un mese fa, quando ho avuto la certezza di aspettare davvero un bambino” risponde, sentendo la mano di Ville avvicinarsi alla sua per accarezzarla.

Un segno.

Forse c’è bisogno solo di un segno, di un qualcosa capace di aprire la mente di Ville e fargli capire che, magari, la decisione di Lily non è poi così folle come sembra: un bambino concepito durante un concerto in cui lui si è sentito vivo e realmente felice, una vita sbocciata delle avversità e frutto dell’unione tra musica e anime innamorate, una creatura che forse sta già lottando per venire al mondo, con la promessa di sistemare tutte le cose per sempre.

Un segno ma anche tante paure a cui pensare: se Lily smette di curarsi per tenere il bambino, le sue condizioni potrebbero aggravarsi e Ville perderebbe sia lei che il piccolo. Se decide di portare avanti entrambe le cose c’è comunque il rischio che lei si indebolisca troppo per poter proseguire con la gravidanza e se dovesse interromperla adesso in attesa di guarire, non c’è garanzia che poi possa rimanere ancora incinta.

Difficile. Troppo, troppo difficile. Ville vuole solo essere sicuro di indirizzare Lily nella direzione giusta, ma come può farlo se è lui il primo ad avere così tanti dubbi e incertezze?

“Ville, ascoltami. Io lo so che hai paura, perché ce l’ho anche io e anche parecchia: l’ultima cosa che voglio è metterti di fronte ad una scelta e non ti sto chiedendo di farlo, voglio solo che tu consideri per un attimo l’eventualità che, forse, questo bambino è una sorta di miracolo, la prova che siamo destinati a farcela.”

Un segno, una prova, un piccolo miracolo… e se Lily non avesse tutti i torti?

Girandosi sulla pancia e  poggiando la mano sul ventre di Lily per scostarle la maglietta, Ville inizia a tracciare col dito ghirigori invisibili attorno all’ombelico, per poi fermarsi di colpo, come folgorato da una chiara consapevolezza.

“Ciao piccolino, sono il tuo papà. Lo so che ancora non puoi sentirmi, ma volevo dirti che ti voglio bene e che non permetterò che succeda qualcosa né a te né alla tua mamma.” Sussurrando quelle parole, Ville bacia poi la pancia ancora piatta di Lily e mentre sente la mano di lei accarezzargli la testa con dolcezza, si convince che quella è l’unica soluzione giusta: anche loro hanno diritto ad essere felici e forse quello non che il primo passo.












(1) poesia tratta dalla leggenda di Tristano e Isotta

 

 

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Capitolo 39
*** Capitolo 38: The Land of Ice and Snow ***


Dall’aereo Ville può vedere i contorni della sua terra, bagnata dal mare luccicante, accendersi come gemme preziose baciate da un innaturale sole che brilla nonostante sia ormai novembre inoltrato. Un regalo. Un regalo magnifico ed inaspettato che sembra dar loro il benvenuto in Finlandia.
 
“Sembri un bambino a cui hanno appena comprato dei biscotti” dice Lily, felice di vedere gli occhi di Ville osservare attenti tutto ciò che accade al di là del piccolo finestrino dell’aereo che li sta riportando a casa.
 
“Sono stato talmente tante volte lontano da Helsinki che ormai ho perso il conto, ma tutte le volte che torno non posso fare a meno di sentirmi così… non pensavo di poter rivedere casa così presto.”
 
Casa.
 
Lily continua a fissare Ville e sente che nulla potrà più andare storto, non ora che lui è davvero felice, non adesso che finalmente può riabbracciare il suo mondo, la sua terra, il luogo dove il suo cuore brama sempre di tornare tutte le volte che è lontano.
 
“Che c’è?” chiede lui girandosi verso Lily, vedendo il sorriso dipinto sul suo volto.
 
“Niente… mi piace quando hai quello sguardo” sussurra, accoccolandosi sul sedile dell’aereo sistemando la coperta che ha sulle gambe.
 
“Mi mancava, non puoi sapere quanto” ammette lui imbarazzato, sperando di non far sentire in colpa Lily: lui avrebbe passato l’intera esistenza a Filadelfia con lei, ma ora che rivede la sua terra non può far a meno di sentire il suo cuore battere per la gioia.
 
“Lo so, invece. L’ho sempre saputo e mi sono sentita un verme per averti costretto a stare in America così tanto tempo…ma adesso è tutto a posto: la tua faccia vale più di mille parole! Bentornato a casa amore mio.”
 
Sporgendosi, Ville ruba un bacio a Lily che si tira leggermente su per raggiungere le labbra del marito e sistemandosi più vicina a lui, sbircia dal finestrino per poter salutare anche lei quella terra che già sente come sua.
 
“Non pensavo ci fosse il sole a novembre!”
 
“Ricorda: la Finlandia ha in serbo sempre delle sorprese.”
 
Ridendo della buffa espressione di Ville, Lily sente una leggera sensazione di nausea salirle su per lo stomaco e appoggiando la testa sulle sue gambe di Ville si concentra su un piccolo strappo dei jeans del marito, proprio all’altezza del ginocchio sinistro.
 
“Non ti senti bene?” domanda preoccupato da quel repentino cambio d’espressione.

“Tranquillo, non è niente, solo un po’ di nausea.”
 
“Sapere che però questa volta non è colpa della chemio mi rallegra un po’” rivela poggiando la mano sul ventre di Lily, accarezzandolo amorevolmente facendola sorridere per quel gesto così affettuoso.
 
Chiudendo gli occhi ed immaginandosi la sua vita ad Helsinki, Lily pensa che qualsiasi posto è perfetto per vivere, perché ha tutto quello di cui ha bisogno proprio lì accanto a sé: l’uomo che ama e un figlio che già sente di adorare più della sua stessa vita.
 
Lasciandosi cullare da quella strana sensazione di benessere, mista a pace interiore, Lily si addormenta immaginando il loro bambino con gli occhi color del mare, proprio come quelli di Ville.
 
***
 
“Ville, Ville svegliati…” Sentendo la voce agitata ed eccitata di Lily, Ville spalanca gli occhi solo per rendersi conto che fuori è ancora buio, molto, molto buio.
 
“Che diavolo… Lily che ci fai alla finestra? È tutto a posto?”
 
“Guarda: è bellissimo” continua a dire lei, soffiando su una tazza di tè bollente che sorregge tra le mani.
 
Alzandosi ed andando verso di lei per capire cosa succede, Ville nota l’eccitazione nello sguardo di Lily che assomiglia ad una bambina felice davanti ad un giocattolo nuovo ed ammirando il profilo della sua figura, non può fare a meno di indugiare sulla curva del ventre, ormai visibile sotto il pigiama.
 
“È neve, Lily… solo neve: siamo a dicembre, fra una settimana è Natale e, com’è giusto che sia, nevica!!!”
 
“È stupenda” ripete lei, con gli occhi illuminati di gioia quasi saltellando sul posto.
 
“Non dirmi che non hai mai visto la neve.”
 
“Certo che l’ho vista: in televisione” ammette lei con candore, sorseggiando il tè.
 
“Mi stai prendendo in giro?” Domanda con l’ombra di un sorriso che si affaccia sul volto.
 
“Ehm, no… a Filadelfia non ha mai nevicato e se l’ha fatto io o non ero nata o ero troppo piccola per ricordarmelo! Guarda quanta ne viene giù!”
 
Sono ormai a Helsinki da più di un mese, ma in effetti quella è la prima nevicata della stagione, un po’ tardiva secondo Ville, abituato a vedere neve da quando è nato, ma comunque è sempre un momento magico anche per lui e vedere Lily ridotta in quello stato solo per dei cristalli di ghiaccio che cadono dal cielo, lo fa sentire ancora meglio del solito.
 
Tutto sembra procedere bene anche se Ville non osa dirlo troppo forte, per paura di rompere quell’incantesimo che si è creato da quando hanno messo piede in Finlandia: Lily sembra stare molto meglio e anche se ha temporaneamente interrotto la chemioterapia, i suoi esami sono sempre nella norma. Non c’è nulla che sembra fa presagire un aggravamento della leucemia e a parte qualche sporadica febbre, lei sembra stare bene, in forma come non mai.
 
I capelli le stanno crescendo e Lily non perde occasione per passarsi la mano tra le ciocche color nocciola e, tutte le volte che lo fa, Ville nota il suo sorriso dolce e felice: per lei è stato forse il trauma più grande perderli, ma anche quello sembra essere solo un lontano ricordo.
 
Ogni settimana, poi, si recano dal dottore contattato da Aoki  incaricato di occuparsi della malattia di Lily e, tutte le volte, lui rimane sbalordito da come la malattia sembra essersi bloccata di colpo: certo, non è sparita ed ogni tanto fa dei danni, come lasciare Lily priva di forze sdraiata sul letto a dormire tutto il giorno, ma non sembra progredire il che rende la gravidanza serena. Come dovrebbe essere per ogni mamma.
 
Ora che è di quasi cinque mesi, la pancia non passa più inosservata e Ville non riesce a staccarle gli occhi di dosso, ammirato del mutamento che sta subendo il corpo di Lily che diventa, giorno dopo giorno, sempre più bella e radiosa.
 
“Ora vuoi tornare a letto che fa freddo?” La prega rimettendosi sotto le coperte, ma continuando a fissarla sorridente.
 
“Guastafeste… domani facciamo un pupazzo di neve?”
 
“Allora forse è meglio avvertire le bambine di Linde, Gas e Burton. Sono sicuro che si divertiranno un mondo a fare un pupazzo di neve con te.”
 
“Anche lui approva l’idea” dice Lily avvicinandosi sinuosa a Ville. “Dammi la mano…”
 
Porgendole la sinistra dove la fede fa bella mostra di sé sull’anulare, Ville vede Lily che l’appoggia sul grembo facendo una piccola pressione ed immediatamente avviene qualcosa di inaspettato e di magico allo stesso tempo.
 
“Si è mosso… Lily, si è mosso!” Esclama Ville agitato, mettendosi a sedere e prendendo la pancia tra entrambe le mani.
 
“Te l’ho detto che approva l’idea di invitare le sue cuginette” ripete sorridendo, accarezzando i boccoli scarmigliati di Ville mentre lui continua a fissare la pancia come ipnotizzato.
 
Magnifico e bellissimo, di sicuro quello è per Ville uno dei momenti più emozionanti della sua vita: sentire finalmente quella vita muoversi sotto le sue mani, percepire la sua esistenza, lo rende fiero, orgoglioso, felice al limite del possibile.
 
***
 
“Buon compleanno amore mio” sussurra Ville baciandola sulla fronte, stando attento a non svegliarla.
 
“Non te ne andare, stai qui…” Riesce a dire lei con un filo di voce, mentre stringe la mano di Ville.
 
“Non vado da nessuna parte, non ti preoccupare.”
 
Facendogli un po’ di spazio sul piccolo lettino dell’ospedale, Lily lascia che Ville si sdrai accanto a lei mentre sente che le sue mani accarezzano la pancia che inizia a muoversi, come se il bambino avesse deciso di salutare suo padre.
 
Per sette mesi la gravidanza è andata avanti senza intoppi di sorta, se non i soliti piccoli disturbi di una normalissima gravidanza che non hanno mai allarmato né Lily né Ville, felici di poter vivere quei mesi d’attesa senza la preoccupazione della leucemia che aleggia nell’aria.
 
Eppure, entrambi hanno sempre saputo che non sarebbe durata in eterno quella sorta di piccola pausa che il destino si è preso ed infatti, a soli due mesi dalla data presunta del parto, ecco che i sintomi della malattia sono cominciati a farsi rivedere e tutto, ovviamente, in uno dei giorni in cui sia Lily che Ville avrebbero voluto starsene in pace: il compleanno di Lily.
 
Ville aveva progettato tutto da giorni: l’avrebbe portata a Suomenlinna, l’isola fortezza che subito ha ammaliato il cuore di Lily, convinta che una delle sue canzoni preferite, quella della loro prima notte insieme, sia dedicata proprio a quella bellissima isola.
 
Ma a Suomenlinna non ci sono mai andati: Lily si è sentita male e Ville ha chiamato un’ambulanza per portarla in ospedale, dove le hanno trovato un’anemia molto forte che avrebbe potuto minare sia le sue condizioni fisiche, sia quelle del bambino.
 
“Come ti senti?”
 
“Un po’ meglio. Voglio tornare a casa.”
 
“Il dottore ha detto che se domani va tutto bene, ti possono dimettere: devi solo pazientare un pochino.”
 
“Il bambino sta bene, vero?”
 
“Sì, è tutto ok, non ti preoccupare. Perché non provi a dormire un po’?”
 
“È tutto il giorno che dormo, sono peggio di un ghiro.”
 
“Però sei un ghiro bellissimo” dice lui, baciandola sul collo scoperto.
 
Iniziando ad accarezzare il braccio di Ville come tutte le volte in cui ha bisogno di rilassarsi, Lily sente le sue membra distendersi e il suo respiro diventare più profondo e regolare, come se la presenza del marito fosse l’unica cosa in grado di placare le sensazioni contrastanti che non le permettono di stare tranquilla.
 
“Mi canti qualcosa?”
 
Joka ilta kun lamppu sammuu ja saapuu oikea yö
niin Nukkumatti nousee ja ovehen hiljaa lyö
On sillä uniset tossut ja niillä se sipsuttaa
se hiipii ovesta sisään ja hyppää kaapin taa
.[1]
 
“Che cos’è?” Domanda nell’udire quella melodia sconosciuta.
 
“Doveva essere il mio regalo… è una tuutulaulu, una ninnananna, non è ancora finita però.”
 
“È già perfetta così: grazie.”
 
***
3 Maggio 2011 ore 2:15 am
 
“Ville, ti prego, svegliati… mi si sono rotte le acque” ansima Lily tra un respiro e l’altro, mentre scuote il marito che ancora dorme con il cuscino pigiato sulla faccia.
 
Da quando Lily è tornata a casa dopo la piccola parentesi ospedaliera, tutto è andato bene ed anche gli ultimi due mesi della gravidanza sono passati veloci, senza troppe preoccupazioni: veloci, già…
Forse un po’ troppo!
 
Ok Ville, niente panico…
 
[1]              La ninnananna è una vecchia canzone finlandese, ovviamente non avrei avuto le capacità linguistiche per crearne una, quindi l'ho presa in prestito spacciandola per Ville, spero non me ne vogliate! Il titolo è Sininen uni

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Capitolo 40
*** Capitolo 39: Under the Rose ***


Senza rendersene conto, Ville si trova in sala parto: non sa come sia riuscito ad infilarsi il camice verde e, se ci pensa, non sa nemmeno come siano riusciti ad arrivare interi in ospedale dato che è stato lui a portare Lily, con solo il suo bel foglio rosa fresco di una settimana e un’unica prova di guida alle spalle.

L’unica cosa che il suo cervello ha elaborato è che Lily sta per avere il bambino, per il resto il suo corpo percepisce solo due cose: panico crescente, che aumenta ad ogni stretta di mano di Lily e ad ogni sua spinta, ma anche gioia, pura ed estrema che si diffonde a macchia d’olio facendolo sentire a tre spanne da terra.

Ville guarda Lily, la fronte imperlata di sudore, i corti capelli sono madidi, il viso arrossato in una smorfia di dolore mista ad apprensione, ma l’unica cosa a cui riesce a pensare è che presto sarà papà, che quella creatura rimasta nascosta per nove mesi non sarà più un’immagine in bianco e nero stampata sull’ennesima ecografia in cui sia lui che Lily cercano di capirne il sesso, senza realmente volerlo sapere.

Quasi come in un flashback rivive tutti i momenti di quella gravidanza, l’attesa, la felicità crescente mentre sentiva muovere suo figlio nel grembo della donna che ama, le notti passate ad osservare Lily mentre dormiva con una mano sulla pancia ed il sorriso sulle labbra sognando il futuro della sua famiglia, ma anche la paura di poter perdere tutto da un momento all’altro e la sensazione d’apprensione nel sapere che presto sarebbe diventato responsabile di una piccola vita.

Un istante. Non ci vogliono che una manciata di attimi per far dimenticare a Ville tutto, il passato, il futuro e perfino il presente: solo un momento unico, perfetto, irripetibile, nel quale il suo cuore si sente davvero completo, nel quale ogni cosa è finalmente al posto giusto ed un suono, il suono della voce di suo figlio che finalmente riempie la sala parto toccando le corde dell’anima di Ville, solo un piccolo uomo davanti alla perfezione della vita.

“È una femmina…” Annuncia l’ostetrica, guardando Ville da dietro la mascherina che mostra solo i suoi grandi occhi azzurri.

Basta solo quello e Ville si sente felice, come forse non lo è stato mai: una bambina, sua figlia, il frutto di quello che lui non ha mai esitato a definire vero amore.

Una bambina. La mia bambina…

 

I dream of the winter in my heart turning to spring
While the ice gives way under my feet
And so I drown with the sun

***

Sdraiata nella sua camera con in braccio la figlioletta, Lily sa che, se c’è qualcosa per cui vale la pena vivere, è proprio per quell’istante dove tutto, i momenti belli così come quelli brutti, si fondono insieme per diventare qualcosa di concreto e di unico: il frutto di un amore che ha salvato due vite.

Guarda Ville seduto al suo fianco con gli occhi che brillano di gioia e con un sorriso che gli illumina il viso, finalmente libero dalle paure e dalle angosce del passato, concentrato su di lei e la loro bambina e sull’amore che ha reso possibile tutto questo. Lo guarda e capisce che le loro anime erano davvero destinate a trovarsi, a creare quel piccolo capolavoro che stringe tra le braccia e che lui non riesce a fare a meno di guardare, ancora incapace di rendersi conto che tutto quello che sta accadendo è vero.

Ville ha sempre creduto di essere bravo con le parole, di essere in grado di esprimere uno stato d’animo attraverso la musica, un testo, delle frasi, ma ora non sa cosa dire, non riesce a trovare una parola capace di rendere esattamente l’idea di ciò che sta provando in questo momento. Guarda Lily e sente di amarla ancora di più, in un modo che quasi non credeva possibile. La osserva con in braccio la loro bambina e sente che è quello il momento che ha cercato per tutta una vita, che credeva di poter trovare solo al di là della vita stessa, con la morte…

Il momento per cui vale la pena vivere, lottare, combattere, soffrire, piangere, ma anche essere felici, innamorati, appagati, soddisfatti e completi.

È tutto in quella bambina: nei suoi quasi 3kg di pura dolcezza, nelle sue mani minuscole che sembrano accarezzare il viso di Lily, in quei folti capelli scuri che le ricoprono la testolina di una forma talmente perfetta da sembrare quasi disegnata, nelle sue piccole labbra a forma di cuore che si arricciano in una buffa smorfia simile ad un sorriso, mentre si avventano sul seno di Lily alla ricerca del latte, nella forma del suo corpicino e nelle pieghe sottili della sua pelle, nel suo naso identico a quello di Ville e nei suoi occhi ancora chiusi, abbelliti da lunghe ciglia proprio come quelle di Lily.

“Ehi papà… non vuoi tenere in braccio il tuo capolavoro?” Chiede Lily sorridendo, mentre i suoi occhi accarezzano il profilo di Ville, ancora in silenzio, assorto nella stupenda visione di sua moglie e della sua bambina.

Papà…

Può una parola essere così bella?

Ville ha quasi paura di toccare quella piccola creatura simile ad una bambola di porcellana: e se dovesse farle male? Lui non sa come si tengono in braccio i bambini, se dovesse fare qualcosa di sbagliato?

Lily sembra essere nata per essere madre: il modo in cui tiene la bambina, come le sussurra all’orecchio parole dolci, come l’accarezza, tutto in lei grida che è fatta per quello, per essere una madre stupenda e fantastica, ma Ville non sa se è altrettanto bravo ad essere padre e questo lo spaventa.

Però il desiderio di prenderla tra le braccia è qualcosa d’incontrollabile, di fisico di innaturale e quando Lily si allunga per potergliela passare, Ville si rende conto che non ha aspettato altro per nove mesi: poterla stringere a sé per non lasciarla mai andare.

Ora capisce perché Linde è completamente perso di Olivia, perché Burton non può fare a meno di Hertta o perché Gas gira con la foto di Sarah nel portafoglio, una sorta di amuleto da stringere prima dell’inizio di un concerto.

Magia, alchimia, Ville non sa bene cosa sia: l’unica cosa che sa per certo è che per quella bambina sarebbe disposto a fare di tutto, che se glielo dovesse chiedere potrebbe anche tagliarsi un braccio per lei.

“Ciao Rose. Sei bellissima” sussurra cullandola tra le braccia, incapace di pensare ad altro se non al fatto che quella è sua figlia, la sua stupenda, perfetta figlia.

“Rose?” Domanda Lily che non può fare a meno di staccare gli occhi da loro due, padre e figlia che si abbracciano per la prima volta.

“Rose Valo… ti piace? Ho pensato che sarebbe stato bello chiamarla con il nome di tua madre...” Ville ha la capacità di stupire Lily, sempre, in ogni momento, in qualsiasi circostanza e anche questa volta riesce a farla rimanere senza parole.

Per nove mesi ha avuto paura di dover rinunciare a tutto, di non riuscire a terminare la gravidanza, di essere costretta ad arrendersi a ciò che il suo corpo cova dentro, latente ed invisibile, ma sempre presente lì da qualche parte, ma ora tutte quelle preoccupazioni sono svanite, sciolte come neve al sole ed è sempre merito di Ville, del suo sguardo, della sua presenza se ancora una volta tutto scivola via senza lasciare tracce.

Merito di Ville e di Rose, i due pezzi del suo cuore, le due parti della sua anima che sa la renderanno sempre felice, in qualsiasi momento, nonostante tutto, per sempre.

Rose Valo: un pezzo del passato di Lily intrecciato indissolubilmente a quello che è il suo presente ed il suo futuro, uniti in un legame che mai potrà essere sciolto, legati con un vincolo più forte di tutto, anche del destino.

Ha aspettato per anni qualcosa che le mancava e con Ville ha trovato la sua strada, una strada che l’ha portata fino a quel momento, il più indimenticabile di tutti, il momento in cui anima, cuore, carne e ossa si sono finalmente uniti in ciò che nulla potrà mai dividere.

“Benvenuta Rose” sussurra lei accarezzando la piccola testa di Rose e guardando Ville che le sorride con gli occhi lucidi per la commozione.

Felicità. Immensa e traboccante felicità.

Non c’è bisogno d’altro e a Lily e Ville non serve altro.

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Capitolo 41
*** Capitolo 40: Book of Days ***


Joka ilta kun lamppu sammuu ja saapuu oikea yö
niin Nukkumatti nousee ja ovehen hiljaa lyö
On sillä uniset tossut ja niillä se sipsuttaa
se hiipii ovesta sisään ja hyppää kaapin taa.

Ja sillä on uninen takki ja sininen uninen vyö
Ja unista jäätelönpalaa se pienillä hampailla syö.
Ja sillä on sininen auto ja se auto hyrrää näin:
surrur surrur ja lähtee unen sinistä maata päin.

Ja sininen sateenvarjo on aivan kallellaan,
ja sinistä unien kirjaa se kantaa kainalossaan.

Ja unien sinimaahan se lapset autolla vie
surrur surrur ja sinne on sininen uninen tie.

Ja siellä on kultainen metsä ja metsässä kultainen puu
ja unien sinilintu ja linnulla kultainen suu.
Ja se unien sinilintu, se lapsia tuudittaa.
Se laulaa unisen laulun, lala lallala lallallaa.

Avvicinandosi a Lily che dà le spalle alla porta mentre culla tra le braccia Rose per farla addormentare, Ville la osserva con un sorriso dolce dipinto sulle labbra e baciandola sul collo con delicatezza, le cinge i fianchi stringendola piano.

“Sembra che la canzone le piaccia” sussurra, guardando il visino addormentato di Rose poggiato sulla spalla di Lily.

“Sembra proprio di sì, anche se credo preferisca la tua voce!”

“Sciocchezze…”

Posando Rose nella culla, Lily le rimbocca le coperte per poi andarsi a sedere sul bordo del letto accanto a Ville che, con le mani incrociate, osserva la piccola sistemarsi comodamente nel lettino afferrando un lembo del lenzuolo.

“È identica a te! L’adoro…!” Esclama Ville, passando un braccio attorno a Lily facendola avvicinare di più a lui.

Avvolta dal braccio del marito e dalla penombra della stanza, illuminata solo dalla flebile luce dei lampioni che filtra dalla finestra, Lily si lascia andare a quel momento di tranquillità che la fa sentire bene e appagata: ce ne sono tanti di momenti così ultimamente ed ognuno è come balsamo per il suo cuore, una cura per tutti i mille pensieri che non smettono di assillarla.

“Pronta per domani?” Chiede allora Ville, che sa cosa si cela dietro al silenzio della moglie.

“Domanda di riserva?”

“Mmmh, vediamo: vuoi essere mia questa notte?”

“Questa mi piace già di più…” Sorride maliziosa lei.

“Sai che questo non cancella la prima domanda, vero?!”

“Lo so, ma al momento non saprei cosa rispondere. Mi piacerebbe tanto non essere costretta ad andare, tutto qui” prosegue Lily iniziando a giocare con la manica della maglietta di Ville.

“Ok, basta… non ci pensiamo più: dopotutto domani è ancora lontano…”

Due mesi, questo è il tempo limite concordato con l’oncologo. Solo due mesi prima di riprendere la terapia, giusto un periodo di pausa per far riprendere Lily dalla gravidanza e dal parto e poi tutto sarebbe ricominciato, ogni giorno, senza tregua, senza un attimo di respiro, con il solo obiettivo di mandare in remissione la malattia.

Due mesi passati troppo velocemente e che a Lily non sono sembrati altro che una manciata di minuti, attimi fatti di assenza di tempo, che forse non torneranno più tanto presto.

Il domani fa sempre paura e a Lily e Ville ancora di più: e se di domani non ce ne saranno abbastanza per loro?

Poggiando la mano sulla guancia di Ville, Lily lo guarda negli occhi e perdendosi nel suo sguardo decide che forse ha ragione lui: il domani può aspettare, quella notte è ancora tutta per loro, per il loro amore e per i loro corpi che si bramano e si cercano, che affondano l’uno nell’altro alla ricerca della salvezza e della pace.

One day, one night, one moment,
my dreams could be, tomorrow.
One step, one fall, one falter,
east or west, over earth or by ocean.
One way to be my journey,
this way could be my Book of Days

***

Immergersi negli abissi, andare giù, sempre più giù, fino a toccare il fondo, fino a vedere le profondità di un luogo da cui non si può più fare ritorno. Aspettare e sentire che il silenzio di quell’oscurità è più assordante di un urlo nella notte.

 Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, Lily sente il suo corpo scivolare e diventare pesante, così pesante che il pensiero di poter risalire non la sfiora nemmeno, perché come si può risalire se non ha nemmeno la forza di aprire gli occhi? Come si può combattere quando la guerra è contro un nemico invisibile che ti mangia da dentro?

Eppure Lily ci prova e lo fa con tutta se stessa, perché non può pensare che la vita sia solo sofferenza, dolore e oscuro tormento: quella che sta vivendo non è vita, ma è una tortura e lei deve trovare il modo di liberarsi da quelle catene che ancorano il suo corpo nel baratro, deve cercare di aprire le sue ali e volare là dove pulsa vibrante la vita.

Lo deve fare per Ville che ogni giorno la guarda sperando di poterla di nuovo vederla sorridere, lo deve fare per Rose, per non perdersi le sue piccole scoperte, per gioire insieme a lei di ogni conquista, ma soprattutto lo deve fare per se stessa, perché arrendersi sarebbe come voltare le spalle al suo passato, ai suoi genitori e a quella vita che non ha smesso di fluire in lei, anche quando ha tentato di farla finita.

Lily ha bisogno di credere che tutto quello che sta facendo non è vano, che le cure, le trasfusioni, i capelli che cadono non siano solo effetti collaterali di una lotta che non ha alcuna speranza di essere vinta. Ha bisogno di credere che tutto quello che sta passando ha un motivo e quel motivo è solo e semplicemente la vita: la vita che poi potrà vivere, libera da ogni dolore insieme alle persone che ama.

Sette mesi.

Sette lunghi mesi e ancora non si è arresa.

Non lo farà mai.

Finché avrà fiato in corpo, non smetterà nemmeno per un secondo di combattere e di tenere duro.

Hai scelto la persona sbagliata con cui combattere, brutto bastardo: non vincerai tu.

Non mollare, è questo quello che deve fare. Non è una cosa difficile dopotutto, faticosa questo sì, ma non difficile, non quando la ricompensa è un giorno privo di dolori e nausee che può passare con la sua bellissima figlia dagli occhi color verde dorato che sa farle scoprire il sapore delle piccole , che sia la gioia dei primi passi o l’emozione di sentire la sua prima parola, oppure con l’amore della sua vita che con il suo sorriso dolce riesce a farle dimenticare per un attimo tutto quello che sta succedendo, facendola sentire ancora viva.

Se c’è una luce al di là della coltre di nebbia e tenebre nella quale è sprofondata, di sicuro ha le sembianze di Rose e Ville: loro sono la sua Luce, loro il motivo per cui non può permettersi di fallire.

No day, no night, no moment,
can hold me back from trying.
I'll flay, I'll fall, I'll falter,
I'll find my day may be, Far and Away.
Far and Away.

***

All’inverno la primavera, l’estate e l’autunno, per poi tornare ancora una volta all’inverno che con la sua stretta di gelido metallo avvinghia la città, lasciandola sotto una coltre di candida neve che danza leggera cadendo dal cielo.

Ormai Ville non chiede neanche più a Lily come si sente perché sa già la risposta. Gliela legge negli occhi incorniciati da occhiaie violacee che spiccano sulla pelle ancora più bianca e trasparente, la può vedere nella stanchezza che, giorno dopo giorno, la consuma lasciandola priva di energie, la percepisce nei respiri faticosi e nelle lacrime amare che versa quando crede che lui non la sta guardando.

Un anno, altri 365 giorni passati a lottare e a combattere, interminabili ore che sembrano non voler passare mai, ma che una volta lasciate alle spalle, si cerca sempre di poter riavere indietro, piccoli momenti di felicità da aggiungere ai ricordi sbiaditi di quella che sembra essere solo una favola per bambini.

Ville rincorre quei momenti felici per donarli a Lily, per farle capire che c’è ancora qualcosa per cui valga la pena lottare, li raccoglie passo dopo passo senza farsene sfuggire nemmeno uno, perché tutto è importante e tutto merita di essere ricordato.

Sono questi momenti a cui entrambi si aggrappano per evitare di cadere di nuovo: un picnic in giardino con gli amici che lottano insieme a Lily e Ville senza abbandonarli mai, un disegno di Rose che mostra il foglio pieno di colori alla madre che, con orgoglio, appende il capolavoro al frigorifero con una calamita a forma di girasole, una canzone nuova nata durante una notte di temporale quando nulla sembra poter calmare Rose, se non la voce calda e profonda del padre.

“Canta ancora papà” ha chiesto Rose, mentre stringeva Lily tremando di paura.

E Ville ha cantato, per tutta la notte, finché tutti e tre non si sono addormentati abbracciati nel lettone, vinti dalla stanchezza e con il sorriso sulle labbra, mentre un pallido sole faceva capolino all’orizzonte rischiarando la giornata.

Giornate belle e giornate brutte. Si riduce tutto a questo: prendere le giornate belle e conservarle nel profondo del cuore, buttare via quelle brutte sperando che non tornino mai più.

One day, one night, one moment,
with a dream to believe in.
One step, one fall, one falter,
and a new earth across a wide ocean.
This way became my journey,
this day ends together, Far and Away.

***

“Lily, purtroppo ho cattive notizie.” La voce dell’oncologo non ha nulla di confortante ed il suo sguardo non fa che confermare la sensazione di Lily, che si prepara a ricevere qualsiasi notizia abbia in serbo per lei.

“Forza, non giriamoci intorno: che succede?” sistemandosi il cuscino, Lily si mette seduta cercando di mantenere un’espressione il più calma possibile.

È il 31 dicembre e Lily non si è fatta accompagnare da nessuno alla seduta di chemioterapia: sono tutti impegnati con le prove per il concerto di fine anno al Tavastia e non voleva costringere Vedrana, Leena o Natali a passare con lei anche quella giornata, dando loro un po’ di tregua in modo da potersi godere i preparativi di quel grande evento che tutta la Finlandia sembra aspettare.

Peccato che quello sembra essere l’unico giorno in cui ha davvero bisogno di qualcuno al suo fianco…

“Il tuo tipo di leucemia è diventato resistente ai farmaci” inizia a dire lui, sedendosi ai piedi del letto di Lily senza mai distogliere lo sguardo.

“Quindi?” Chiede concentrandosi sul suo respiro.

“Quindi devo cambiarti la terapia e aumentare le dosi, oppure potremmo pensare ad un trapianto di midollo…”

“Ho bisogno di sapere con quale delle due opzioni ho la possibilità di vedere mia figlia crescere.”

“Non ti posso dare nessuna certezza, mi spiace: al momento aumentare la dose di medicinale può essere più deleterio che altro, sei troppo debilitata e un trapianto potrebbe non essere comunque risolutivo. Nelle tue condizioni un intervento è rischioso, se vogliamo tentare questa strada dovremmo fermarci con la terapia finché non sarai abbastanza forte per reggerlo, ma questo potrebbe aggravare ancora di più la situazione, rendendo inutile anche solo tentare” risponde rammaricato, non potendole dare la risposta che cerca.

“Perfetto… allora basta. Voglio tornare a casa e stare con mia figlia e mio marito. Non ne posso davvero più di tutto questo.”

“Ma Lily, ragiona…”

“No. Non voglio ragionare e non voglio diventare una cavia da laboratorio. Voglio solo godermi la mia famiglia finché posso… non credo sia così difficile da capire. Basta Luuka, basta…”

“Cosa devo dire a Ville?”

“Niente. Assolutamente niente. Inventati una balla, menti, fingi, non mi interessa, l’importante è che non sappia nulla: gli ho già fatto abbastanza male. E guai a te se ti azzardi a farne parola con Aoki…”

“È un tuo diritto farlo, ma sappi che non approvo. Potremmo almeno provare…”

“Per poi ridurmi ad un’ameba in un letto? No, grazie. Sai che non riesco nemmeno a prendere in braccio Rose perché non ho la forza per farlo? Non voglio che lei si ricordi di me in questo modo: ha solo due anni e io mi sono persa metà delle cose che ha fatto perché stavo male… non posso più sopportare tutto questo, è diventato troppo per me. Voglio essere una brava mamma per lei, voglio che si ricordi di me come una persona con la quale poteva giocare, divertirsi e non come quella costretta a stare in un letto, sempre troppo debole per fare qualcosa insieme a lei.”

Ormai Lily ha deciso e nulla può farle cambiare idea: non si tratta più di vivere o morire, ormai la questione è morire in un letto d’ospedale con tubi che escono da ogni parte del corpo, oppure morire con un minimo di dignità cercando di dare tutto l’amore possibile alle persone che non hanno mai smesso di lottare accanto a te. Lei ha scelto la seconda opzione, nessuno può biasimarla per questo.

“Solo una cosa…”

“Tutto quello che vuoi.”       

“Quanto tempo?”

“Se non si aggrava ulteriormente direi un anno, forse uno e mezzo, ma è molto difficile che siano di più.”

“E se invece dovesse aggravarsi?” Chiede chiudendo gli occhi per trattenere le lacrime.

“Dipende, ma direi cinque o sei mesi.”

“Ok…” Risponde lei con un sospiro senza nemmeno accorgersi di star piangendo.

“Vuoi che chiami Ville per farti venire a prendere?”

“No, se mi vede così capirebbe immediatamente che c’è qualcosa che non va… e poi ha definitivamente deciso che non prenderà la patente, è troppo imbranato per passare la pratica! Ora… ora chiamo un taxi e tornerò dalla mia bambina” singhiozza mestamente, cercando di non fare rumore.

Stringendola tra le sue braccia, Luuka cerca di consolarla come meglio può almeno fino all’arrivo di uno dei suoi amici. Non è affatto facile trovarsi nella situazione di Lily e sa quanto le costi fare quella scelta, ma è una scelta dettata dall’amore e forse questo può bastare a renderla l’opzione giusta, ammesso che ci sia giusto e sbagliato in un momento del genere.

Lei vuole solo vivere il tempo che le resta con la figlia e il marito.

 

This day ends together, Far and Away.
Far and Away.

 

 

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Capitolo 42
*** Capitolo 41: Come What May ***


Imprigionata in una bolla, Lily ha vissuto gli ultimi due anni lasciando che la vita la sfiorasse appena, senza però toccarla realmente: ha guardato tutti gli avvenimenti come attraverso un vetro che la separava da tutto e da tutti, facendola diventare solo una spettatrice di tutto ciò che le accadeva intorno, ma mai la protagonista.

Ora è finalmente libera e la sensazione di poter essere ancora padrona del suo corpo e delle sue emozioni la fa stare bene, molto più di quanto avesse mai immaginato. non si pentirà mai della scelta che ha fatto tre mesi prima, non adesso che può finalmente giocare con sua figlia, o passeggiare mano nella mano con Ville senza sentirsi stanca e priva di forze.

Nessun rimpianto, nessun rimorso, nessun ripensamento: non le importa se potrà andare avanti così per sei mesi, un anno o anche dieci, il tempo ormai ha perso ogni suo significato perché quello che davvero le interessa è riuscire finalmente a sentire, a provare quella felicità che per troppo tempo le è stata negata.

Raggomitolata sulla sedia a forma di grossa chiocciola, Lily ammira l’alba nascente illuminare il cielo di Helsinki, facendolo diventare di un colore così intenso da sembrare quasi innaturale.

Pur essendo marzo la temperatura non è fastidiosa e, anzi, a Lily piace stare nel giardino di casa per vedere il sole nascere e tramontare, è una delle cose che più le piace fare, un piccolo momento di relax tutto suo dove poter raccogliere le idee e le emozioni, rigenerandosi quando si sente triste.

“Che ci fai qui?” Chiede Ville avanzando placidamente verso di lei.

“Niente in particolare… ascolto la voce di Helsinki” risponde Lily sorridendo, mentre Ville le passa una tazza di tè fumante.

“E che cosa ti sta dicendo?”

“Dice che mio marito non dovrebbe preoccuparsi tanto e che dovrebbe tornare a sorridere, che il peggio è passato e che può rilassarsi.”

“Cavolo, sono tante cose…” Appoggiando una mano sull’intelaiatura della sedia, Ville guarda Lily per capire cosa si celi dietro il suo sguardo calmo e sereno.

“Già! Hai intenzione di seguire il suo consiglio?”

“Non lo so… dovrei prima scoprire se è davvero tutto finito.”

"Hai ancora dei dubbi?”

 “Credo li avrò sempre… però è bello vederti così.” Aggrappandosi anche con l’altra mano, Ville si sporge verso Lily per poterla baciare. Era da tempo che non la vedeva così tranquilla, serena, bellissima e poterla ammirare ancora una volta in quel modo gli riempie il cuore di gioia. Una gioia che vorrebbe poter urlare al mondo intero, ma che ha paura di esprimere per evitare di attirare le attenzioni del fato che sembra essersi finalmente scordato di loro. “Mi sei mancata tanto” sussurra poi, mentre Lily respira il suo caldo alito.

“Anche tu, ma adesso sono qui e non credo me ne andrò tanto presto.”

Un azzardo. Un terribile azzardo, ma Ville ha bisogno anche di questo: piccole rassicurazioni, minime certezze, capaci di farlo andare avanti senza la perenne angoscia di vedere la moglie sparire da un momento all’altro e se Lily può farlo vivere bene con una piccola bugia, allora mente volentieri. Per lui farebbe anche di peggio. Sta facendo di peggio.

“Puoi chiudere gli occhi solo per un attimo?” Le chiede gentilmente con un sorriso sghembo.

“L’ultima volta che abbiamo fatto questa scena eravamo nudi dentro la vasca da bagno di casa mia…” ricorda maliziosamente Lily, chiudendo gli occhi.

“Eh già… ricordo” sospira mentre nella sua mente il pensiero di quel giorno fa capolino vivido come non mai. “Non sbirciare.”

“Non sbircio… non mi chiamo mica Rose!”

Ridendo, Ville allaccia al polso di Lily un braccialetto d’oro bianco con sopra diversi pendenti, tutti rappresentanti qualcosa che riguarda loro due: una chiave di violino simboleggiante la musica, un cuore per il loro amore, un bocciolo di rosa che rappresenta lo loro splendida bambina ed una clessidra, il tempo che scorre, i ricordi destinati a rimanere indelebili nelle loro menti, il futuro che ancora hanno davanti.

“Buon compleanno amore mio” sussurra Ville baciandola sulle labbra, passando la mano dietro all’orecchio di Lily accarezzandole i corti capelli castani che finalmente stanno riprendendo a ricrescere.

Aprendo gli occhi, Lily osserva incantata il braccialetto sfiorando con le dita i diversi ciondoli, studiandoli nei minimi dettagli: sono anni che ormai non porta più bracciali, non ha più bisogno di nascondere le sue cicatrici, ma quel braccialetto è speciale, rappresenta il suo passato, il suo presente ed anche il suo futuro e sa che non se ne separerà mai.

“Grazie” mormora trattenendo a stento l’emozione.

“Non riesco mai a capire perché mi ringrazi tutti le volte. Non faccio niente” dice, allungando le braccia per stringerla a sé.

 “Non hai bisogno di fare nulla per essere tu” spiega lei con un sorriso dolce, mentre appoggia la testa sul petto di Ville.

Rimanendo per qualche istante così, stretti in silenzio nella fredda mattina finlandese, Ville pensa a tutto quello che è successo, al cammino fatto fino a quel momento e per nulla al mondo cambierebbe il suo passato. Nonostante le avversità sa finalmente cosa vuol dire essere felice e questo grazie alla donna che tiene stretta tra le braccia, sua moglie, la madre di sua figlia, la sua anima gemella.

“A che cosa pensi?”

“Stavo pensando che ti amo” risponde lui sinceramente.

“Sai… anche io ti amo.”

 

Never knew I could feel like this
Like I've never seen the sky before
I want to vanish inside your kiss
Every day I'm loving you more than this
Listen to my heart, can you hear it sings
Telling me to give you everything
Seasons may change, winter to spring
But I love you until the end of time

***

“Diciotto, diciannove, venti: spero vi siate nascosti bene, non voglio sentire storie quando vi stanerò tutti” afferma divertita Lily a voce alta, parlando al vento.

È un caldo pomeriggio di giugno e insieme a Rose, Ville e a tutta la band con mogli e figlie, hanno deciso di fare un picnic nel parco vicino a casa loro: è da tanto che non si concedono uno svago di questo genere, dato che la band è impegnata in una serie di festival estivi che li porta a suonare in diverse parti dell’Europa, ma quella domenica si passa in famiglia, tutta la famiglia, giocando e divertendosi.

Tocca a Lily contare e trovare chi si è nascosto tra i cespugli verdeggianti, o dietro i tronchi  nodosi e massicci che crescono su tutta la superficie del parco e mentre cerca di scovare il resto del gruppo, lascia che i caldi raggi del sole che filtrano dalle fronde, le scaldino le braccia nude e pallide.

“Linde dovresti tagliarti un po’ quel groviglio di capelli!” esclama poi, notando i lunghissimi capelli di Linde sbucare da un cespuglio dietro il quale ha trovato rifugio.

Correndo verso l’albero della conta, Lily viene inseguita da Linde che, intanto, cerca di suggerire ad Olivia un posto migliore per nascondersi, dato che si trovava a pochi passi dal suo nascondiglio.

Prendendo un profondo respiro, Lily si appoggia al tronco dell’albero sentendo il cuore correrle come un treno nel petto: è una sensazione strana che la turba leggermente, ma non ci bada poi molto, visto che sono anni che non corre in quel modo.

“Tutto bene?” domanda Linde poggiando la mano sulla schiena della donna per sorreggerla.

“Sì… credo di sì: non ho più il fisico di una volta” scherza lei con un sorriso, facendo ancora un respiro profondo.

Proseguendo il gioco, Lily trova a mano a mano tutti quanti meno che Ville e Rose, che di solito si nascondono nei posti più impensabili, ma mentre Rose riesce a schizzare via come un piccolo furetto e a non farsi quasi mai prendere, Ville rischia sempre di inciampare o ruzzolare a terra a causa della sua proverbiale coordinazione occhio/resto del corpo che lo rende il principale bersaglio delle battute della band.

“Mamma io lo so dove si è nascosto papà” sussurra Rose che, tenendo per mano Lily, cerca il padre insieme a lei.

“Che facciamo… lo andiamo a prendere?” Domanda lei guardando gli occhi verde oro della figlia illuminarsi di felicità.

Saltellando e precedendo la madre sul viale erboso, Rose inizia a correre in direzione del nascondiglio di Ville: non si divertiva così tanto dal giorno del suo terzo compleanno, quando Lily e Ville hanno organizzato una caccia al tesoro in casa per farle trovare il suo regalo, una chitarra costruita su misura per lei con intarsiate sulla cassa le loro iniziali intrecciate.

“Mamma posso chiederti una cosa?” Dice fermandosi, con cipiglio pensieroso.

“Certamente amore.”

“Non ti ammali più, vero? A me piace giocare con te… prima non potevamo mai farlo, ma adesso ci divertiamo tanto insieme.”

Intelligente. Rose è sicuramente troppo intelligente per essere solo una bambina di tre anni che non avrebbe dovuto rendersi realmente conto di quello che ha passato la madre, ma che in realtà ha capito tutto, soffrendo con lei.

“No, amore… non mi ammalo più: promesso!” Risponde lei prendendola in braccio per stringerla forte, sentendo una sorta di malinconia farsi strada nel petto.

“Ok! Ti voglio bene mamma.”

“Ti voglio bene anche io piccolina mia” risponde lei baciando Rose sulla punta del naso, così simile a quello di Ville.

 

Suddenly the world seems such a perfect place
 

Un fruscio di foglie proveniente da dietro la spalla di Lily, richiama l’attenzione della donna che, lasciando Rose, si gira per andare a controllare con fare circospetto e divertito chi mai si nasconde dietro a quei rovi spinosi.

“Lily, non ridere… ti prego” mormora Ville sconcertato, mentre vede la moglie e la figlia avvicinarsi a lui.

“Che hai combinato questa volta?”

“Mi sono impigliato” spiega lui indicando con un gesto del viso la manica della maglietta attorcigliata ai rami pungenti del cespuglio.

Cercando di mantenere un’espressione il più seria possibile, Lily conta mentalmente fino a cinque per evitare di scoppiare a ridere: sa quanto Ville possa essere permaloso a volte e notando il suo sguardo imbarazzato, vuole evitare di farlo sentire ancora più buffo di quanto non sia già.

“Impiastro che non sei altro! Ti avevo detto di buttare questa maglietta, è orribile ed è tutta stracciata…appena torniamo a casa te la brucio se non ti decidi a disfartene” lo minaccia lei, cercando di liberare la maglietta.

“Ma a me piace tanto, l’ho usata ad un sacco di concerti…”

“Non mi interessa… al massimo la puoi incorniciare, ma ti prego non usarla più: fallo per me.”

“D’accordo” mormora lui notando la faccia di Rose paonazza per il divertimento, ridendo a sua volta della figura meschina che ha fatto davanti alle sue donne.

“Fatto… ora alzati e incomincia a correre: stiamo ancora giocando!”

Alzandosi con cautela per evitare di rimanere nuovamente impigliato, Ville inizia a correre seguito da Rose che divertita lo supera senza troppi problemi e da Lily che se la prende comoda sapendo che la corsa non è proprio il suo forte.

Un altro capogiro. Un nuovo senso di spossatezza. Ancora il fiato che le si arresta di colpo lasciandola ansimare per un istante. Questa volta, però, non basta qualche respiro profondo per farla riprendere e soprattutto a rendersi conto del suo malessere non c’è Linde, ma Ville e lui non si convince facilmente.

“Ville…” Riesce a mormorare prima di lasciarsi cadere sulle ginocchia cercando di fermare gli alberi che le girano attorno come trottole impazzite.

Sentendo qualcosa di caldo che le cola dal naso, Lily si tocca le narici per controllare cosa stia succedendo e guardandosi le dita sporche di sangue, non può che pensare ad una sola cosa: a Luuka che le elenca i vari disturbi che potrebbero comparire con l’aggravarsi delle leucemia, tra questi spossatezza, giramenti di testa, fiato corto e sangue dal naso sono quelli che, al momento, la fanno preoccupare di più.

 

Dannazione…

***

Lily sa esattamente dove si trova, riconosce l’odore di disinfettante che le pizzica le narici ed anche il tessuto del lenzuolo che le copre il corpo: sa di essere in ospedale e pur avendo gli occhi chiusi, sa anche che Ville la sta guardando con il suo solito sguardo apprensivo.

“Che cos’è successo?” Chiede passandosi la mano sul viso per massaggiarsi gli occhi.

“Sei svenuta, perdevi sangue dal naso e non riuscivamo a farlo fermare…” risponde lui, passando delicatamente la mano sul braccio di Lily.

“Rose?”

“È con gli altri. L’hanno riportata a casa una ventina di minuti fa: per oggi starà con Migè e Vedrana.”

“I tuoi amici sono dei santi: non so come facciano a sopportarmi. Si è spaventata?”

“Un pochino, ma sono riuscito a convincerla che non si tratta di niente di grave: ho sentito cosa vi dicevate nel bosco…”

Perfetto…

Sono una pessima, pessima madre…

Mi odio…

“Lily… convincere una bambina di tre anni è facile, ma non pensare che con me sia altrettanto semplice.”

“Lo sospettavo. Quanto sai?”

“Ho dovuto minacciare Luuka insieme a Gas, ma non mi ha detto molto, però capisco da solo che la situazione non è bella. Ora ho bisogno di sentirmi dire da te cosa c’è che non va.”

Pessima madre e pessima moglie si continua a ripetere Lily, volgendo lo sguardo verso il muro per evitare di incrociare gli occhi di Ville perché sa che altrimenti potrebbe mentire ancora e questo lui non se lo merita.

Alla fine è costretta a raccontare tutto a Ville: della leucemia che è diventata resistente ai farmaci, del fatto che Luuka le ha proposto un trapianto, ma che lei ha rifiutato perché non c’era alcuna garanzia di successo, della sua decisione di non continuare con una chemio più invasiva per poter passare il tempo che le resta con lui e Rose nel modo migliore possibile.

Ville ascolta e non dice niente, guarda Lily mentre racconta quel segreto che ha tenuto nascosto per così tanto tempo, vede le lacrime farsi strada nei suoi occhi e la disperazione crescere nel suo cuore, ma non riesce a parlare.

“Mi odi?” Questa volta si impone di guardarlo, ma non sa con esattezza cosa c’è scritto sul suo volto, improvvisamente invecchiato di colpo.

Mai. Ville non potrebbe mai odiarla e sa che, il giorno in cui dovesse anche solo pensare di odiarla, il Diavolo stesso lo trascinerebbe all’Inferno per metterlo nel girone dei bugiardi.

“No che non ti odio” risponde con un filo di panico nella voce. “Non capisco perché tu me l’abbia tenuto nascosto.”

“Come avresti vissuto questi sette mesi se l’avessi saputo?”

“Ansia… terrore… panico… ok, ho capito dove vuoi arrivare, ma non dovevi comunque tenermelo nascosto: sono tuo marito dannazione, potevo fare qualcosa. Dovevo fare qualcosa per aiutarti.”

“Non avresti potuto fare niente…”

“Ma almeno avrei tentato” ribadisce lui, buttandosi sulla poltrona guardando con sguardo desolato Lily.

“Ville, ascoltami: va bene così! Questi mesi sono stati i più belli della mia vita e non sarei stata così bene se avessi saputo che tu soffrivi. Al momento mi interessa solo passare più tempo possibile con te e Rose senza pensare ad altro, senza avere paura.”

Sbuffando, Ville cerca di capire le motivazioni di Lily ed in parte condivide la sua scelta, ma non del tutto: a lui non ci pensa? Cosa ne sarà di lui quando lei non ci sarà più? Non può prendersi cura da solo di Rose, non ne è capace, ha bisogno di Lily e anche Rose ha bisogno di sua madre.

“Guardami…”

Alzando debolmente il viso, Ville guarda Lily e non può fare a meno di notare che ciò che vede non è altro che la stessa donna di cui si è innamorato qualche anno prima: non c’è in lei traccia della malattia, né la paura di quello che potrà accadere. Lei è Lily, solo e semplicemente Lily, la donna che è stata capace di cambiargli la vita.

 

And there's no mountain too high
No river too wide
Sing out this song I'll be there by your side
Storm clouds may gather
And stars may collide
But I love you until the end of time

 

“Mi prometti una cosa?” chiede all’improvviso, prendendo alla sprovvista Lily.

“Che cosa?”

“Non nascondermi più niente…”

“Va bene…” Risponde lei allungando la mano aspettando di poter stringere quella di Ville che subito intreccia le sue lunghe dita a quelle di Lily.

“Promettimi che quando arriverà il momento me lo dirai…”

Lily sa bene a quale momento Ville si sta riferendo, non c’è bisogno che lui le dica niente perché ormai entrambi sanno che arriveranno a quel punto: presto o tardi si dovranno dire addio.

L’unica cosa che ville chiede è di sapere quando sarà il momento: non vuole arrivare impreparato a quel giorno, perché altrimenti potrebbe seriamente non farcela, dato che già ora è difficile riuscire ad immaginarsi una vita senza di lei, senza il suo sorriso, i suoi occhi, la sua voce.

“Te lo prometto” sussurra lei, lasciando cadere una lacrima che si va a posare sopra il lenzuolo bianco e azzurro, mentre Ville l’abbraccia lasciandosi andare a tutto il suo dolore.

 

Suddenly the world seems such a perfect place. 
Come what may, come what may, 
I will love you until my dying day

 

Non solo fino al giorno della mia morte, ma anche oltre...

Per sempre…

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Capitolo 43
*** Capitolo 42: Someone Said Goodbye ***


Il momento.

Vivere in attesa di un singolo istante capace di cambiare la vita non solo di una persona, ma di tante, tutte legate da un vincolo puro e profondo: l’amicizia, l’amore, l’affetto, la riconoscenza…

Lily ha cercato di non pensarci, ma di notte quando non c’è più niente da fare, quando tutto si è fermato e la mente è libera di vagare nei meandri dei pensieri e delle sensazioni, non può fare a meno di fermarsi a riflettere sulle parole di Ville, su quella promessa che gli ha fatto tempo prima, conscia del fatto che quel momento si sta avvicinando pericolosamente.

Lo sente avvicinarsi passo dopo passo, percepisce i suoi movimenti che avanzano e sente che diventa più forte man mano che il suo corpo si indebolisce, lasciandola sempre più stanca e debilitata.

Sapeva quali rischi correva, ma li ha accettati, solo che ora vorrebbe avere più tempo perché quello che ha avuto non le è bastato: aveva ragione Ville la prima volta che l’ha convinta a sottoporsi alla chemioterapia, un anno poteva essere tanto, ma alla fine non sarebbe bastato perché, quando si è felici, non si è disposti a rinunciare a tutti quei bei momenti da passare con le persone che si amano.

“Mamma, stai ancora male?” raggomitolandosi al fianco di Lily, Rose l’abbraccia con le piccole manine stringendola il più forte che può, poggiando la testa nell’incavo del collo assaporando il profumo della sua mamma.

Sono quelle le domande che le fanno più male, le domande a cui non può rispondere, a cui non vuole rispondere perché non può dire ad una bambina di 3 anni ciò che sta davvero succedendo: non è giusto e Rose non si merita di soffrire.

“No amore, sono solo un po’ stanca, ma adesso passa” risponde Lily stringendola di più a sé, baciandola dietro l’orecchio per farla ridere.

“Posso stare qui con te?”

“Certo che puoi.”

In quel tiepido pomeriggio, Lily e Rose rimangono abbracciate per quelle che potrebbero essere lunghissime ore così come solo una manciata di minuti, ma a loro non importa, ormai il concetto di tempo ha perso il suo significato: esistono solo le persone, i singoli individui ed i sentimenti che li legano indissolubilmente.

Ti voglio bene…

Ville, intanto, misura a grandi passi il salotto al piano di sotto: non riesce a stare fermo, non più da quando ha scoperto di Lily e non trova pace, ma cerca, si informa, si documenta per trovare una soluzione capace di risolvere come per miracolo quello che non si può aggiustare diversamente.

Ho bisogno di un miracolo…

Con il cellulare stretto nella mano, parla con Aoki che, nel frattempo, ha mobilitato tutte le sue conoscenze per trovare quel miracolo di cui ha bisogno Ville, ma fino ad ora nulla sembra essere servito a qualcosa: le cure ci sono, esistono, ma è Lily che non sembra essere adatta alla sperimentazione. A causa del ceppo di leucemia resistente ai farmaci nessuno vuole testare nulla su di lei, per evitare risultati negativi all’interno di programmi sperimentali che, in qualche modo, si mantengono a galla grazie a risultati che Lily non può offrire né garantire.

Non c’è nulla da fare tranne che aspettare, ma è proprio quello che Ville non vuole fare: non può stare lì con le mani in mano, aspettando che una cura piova dal cielo, che avvenga un prodigio, che per un qualche evento inspiegabile tutto si metta a posto dal giorno alla notte.

L’attesa è quella che lo logora più di qualsiasi altra cosa e lui non può andare avanti così, non sapendo che da qualche parte nel mondo potrebbe esserci qualcosa per Lily, la panacea di tutti i mali capace di guarirla e renderla libera.

Abbiamo avuto il nostro miracolo, Ville gli ha detto un giorno Lily prima di andare a dormire, stringendo tra le mani una foto di loro due con in braccio Rose ancora in fasce. Lei è il loro miracolo e Lily sa che non ha il diritto di chiederne altri, non quando ha avuto così tanto: un uomo d’amare capace di regalarle quei momenti di felicità che ha cercato per anni, un matrimonio perfetto, amici fidati sui quali contare e una figlia bellissima e sana, capace di donarle l’amore che sono una bambina può regalare.

Eppure a Ville non basta, ci dev’essere qualcosa che ancora non ha tentato, strade che ancora non ha percorso: non può essere semplicemente arrivato il suo momento, non può lasciare che Lily se ne vada e non permetterà che questo accada.

Solo uno, non chiedo altro.

Ma anche per i miracoli è tardi, o forse, più semplicemente, il destino ha in serbo per loro qualcos’altro a cui però non si può dare una spiegazione se non con le lacrime e con il dolore.

 

When the day is over
there's a heart a little colder;
someone said goodbye,
but you don't know why.
Somewhere there is someone keeping
all the tears they have been weeping,
someone said goodbye,
but you don't know why.

 

La vera paura di Ville è di doverle dire troppo presto addio, questo è ciò che davvero lo spaventa, questo è ciò che lo terrorizza lasciandolo paralizzato e impaurito: trovare una soluzione è l’unico modo per tenere la mente impegnata, per non pensare a quando sarà costretto a salutarla.

Perché sa che quel giorno, presto o tardi, arriverà e allora tutte le lacrime che ha cercato di non versare cadranno senza sosta e lui non saprà come fermarle o forse, non le vorrà fermare.

Ottobre…

***

Is there a reason
why a broken heart begins to cry?
Is there a reason
you were lost although you don't know why?
Give me a reason
why you never want to say goodbye.
If there's a reason,
I don't know why

 

Soffrire.

Piangere.

Annegare in un mare fatto di dolore.

Perché? Perché non esiste un mondo fatto di sorrisi, gioia, felicità? Perché non esiste un posto dove c’è solo tranquillità?

Seduto in giardino su una vecchia sedia sgangherata, Ville osserva il sole, una palla rosso fuoco che brilla nel mezzo del cielo colorandolo di colori caldi ed avvolgenti, e si chiede il perché di tutto quello che sta passando: non ha diritto anche lui ad essere felice con la sua famiglia una volta per tutte?

Ha bisogno di una ragione, una sola, piccola ragione capace di giustificare un’intera esistenza fatta di lacrime e sangue. Se ci fosse allora sarebbe anche in grado di smetterla di chiedersi il motivo di quello che sta succedendo a Lily, ma sa che non c’è e che nessuno è in grado di dargli una spiegazione: né il Fato, né qualsiasi altra forza superiore che ipoteticamente governa il mondo. Nessuna ragione, nessun perché, nessun motivo ed è questo che fa sanguinare il suo cuore.

“Che cosa fai qui tutto solo?” Avvicinandosi silenziosa alle sue spalle, Lily abbraccia Ville e baciando sulla nuca il marito, lo avvolge con il pesante scialle che le copre la schiena proteggendola dall’aria fresca della sera che cala placida su Helsinki.

“Pensavo.”

“Brutti pensieri?” domanda le mani che sfiorano il petto di Ville.

“Sì…” Risponde lui sinceramente afferrando la mano sinistra di Lily per baciarle il palmo.

Poggiando la testa su quella di Ville, Lily fa un sospiro consapevole del fatto di essere lei l’oggetto dei brutti pensieri dell’uomo: non avrebbe mai voluto farlo soffrire così e vederlo in quello stato le spezza il cuore e le fa male, talmente male che quasi non riesce a respirare.

Girando attorno alla sedia, Lily si adagia sulle ginocchia di Ville e mentre lui la stringe allacciando le braccia attorno alla sua vita, lei inclina leggermente la testa posandola sulla spalla del marito per poterlo vedere meglio in volto.

“Questa testa non è fatta per i brutti pensieri” dice poi, accarezzandolo delicatamente e sistemandogli dietro all’orecchio una ciocca di capelli.

Chiudendo gli occhi, Ville si lascia trasportare dalla dolcezza di quel piccolo gesto: avere Lily così vicina, poterla stringere, toccare, placa il suo cuore infranto, ma ogni suo tocco, ogni suo bacio, ogni sua parola, sono come piccoli spilli appuntiti che continuano a lacerare la sua anima.

Non può fare a meno di lei, del suo alito caldo sulla pelle, delle sue mani morbide, dei suoi occhi luminosi, del suo profumo e la consapevolezza di poter perderla da un momento all’altro lo uccide, un giorno dopo l’altro.

Passando il pollice sulla lacrima che cade silenziosa dal viso di Ville, Lily sente di non potercela fare a vederlo così e baciandolo sulla guancia, cerca di scacciare la tristezza che le cresce nel petto.

“Ti prego, non te ne andare” supplica lui portando una mano sulla schiena di Lily, per far aderire meglio il corpo della moglie al suo.

“Sono qui…” Sussurra lei con il palmo della mano poggiato sul collo di Ville.

“Resta per sempre” le chiede baciandola, lasciando che il suo spirito si inebri dell’essenza di quell’attimo.

Lily non risponde, sa che non può dare a Ville quella certezza che tanto brama e non vuole illuderlo con false speranze: oggi è uno di quei giorni buoni in cui sembra che tutto vada bene, ma domani potrebbe peggiorare e se dovesse succedere non vuole lasciare Ville con una promessa infranta fatta tra i suoi dolci e languidi baci.

Sparire in lei. Ville vuole solo questo. Annegare nel suo corpo, toccare i confini dell’universo per scoprire che c’è ancora tanto da esplorare e ritornare sulla Terra per poi immergersi di nuovo nel suo piacere e ricominciare da capo, all’infinito, per trattenerla lì dove né dolore né lacrime hanno accesso.

Il bisogno di Ville è anche quello di Lily che non oppone alcuna resistenza alla sua volontà e quando lui si alza bruscamente dalla sedia per portarla in camera, lei si lascia guidare perché ha bisogno di lui, del suo amore, del suo corpo avvinto al suo dalla passione.

Ogni affondo è un passo verso il Paradiso, ogni gemito un passo verso il piacere che porta entrambi lontani dall’Inferno, dal dolore, dalle lacrime e da quella realtà che entrambi cercano di dimenticare.

In ogni gesto, in ogni spinta, in ogni sospiro c’è calore e desiderio, ma anche disperazione, quella disperazione che non lascia scampo, che non trova pace: amore e morte uniti indissolubilmente da un vincolo così forte da non poter essere mai spezzato.

In quell’estasi di lacrime e bramosia entrambi trovano ciò che stavano cercando, una pace dolce come il miele ed una quiete capace di renderli liberi: il loro rifugio segreto dove entrambi potranno sempre ritrovarsi.

Stai con me.

Prima o poi dovrò andarmene.

Sei la mia vita.

Dovrai dirmi addio.

Non voglio.

Comunque vada sarò per sempre tua.

Per sempre.

Per sempre.

 

Always looking for a meaning,
all the time you keep believing,
but I don't know why
you won't say goodbye.
Even when the sun is shining
you don't see the silver lining,
but I don't know why
you won't say goodbye

 

Novembre…

***

Is there a reason
why a broken dream can never fly?
Is there a reason
you believe and then you close your eyes?
Give me a reason
why you hide away so much inside.
If there's a reason,
I don't know why

 

“Ville, forse dovresti stare un po’ da solo con lei. Ci pensiamo noi a Rose, non ti preoccupare.”

“Come si dice addio alla persona che si ama?” Chiede Ville bloccando Migè per un braccio.

“Non... non lo so” risponde lui abbassando la testa, detestandosi per non essere in grado di aiutare l’amico.

“Io non voglio dirle addio... non posso farlo.”

Le condizioni di Lily si sono aggravate e Ville sa perfettamente che presto o tardi arriverà quel giorno in cui accadrà l’inevitabile e nonostante abbia sperato con tutte le sue forze, ora anche lui deve arrendersi a quella consapevolezza: non c’è nulla che possa fare, niente che possa dire. Lily si sta spegnendo e nemmeno un miracolo può salvarla.

“Vai da lei e stalle vicino, credo che basti solo questo” suggerisce poi Migè stringendo la presa sulla spalla di Ville, accompagnandolo fuori dalla piccola stanzetta dove ha raggruppato tutti i suoi libri, gli spartiti, i cd e i ricordi di tutta una vita disposti in un caos organizzato che solo Ville può comprendere.

“Non ti dispiace se ti affido Rose?”

“Non dirlo nemmeno per scherzo... Vedrana l’adora e io pure! Mi raccomando se ci sono cambiamenti chiamaci.”

“Grazie, Migè.”

Abbracciando Ville, Migè lo lascia entrare nella camera da letto dove riposa Lily ed andandosene mestamente, esce di casa con Vedrana e Rose che non capisce bene quello che sta accadendo.

“Posso andare a salutare la mamma?”

“Certo scricciolo, vai.”

 

Is there a reason
why a broken heart begins to cry?
Is there a reason
you were lost although you don't know why?
Give me a reason
why you never want to say goodbye

 

“Mamma, ti voglio bene.” Stringendola forte al petto, Lily tenta in tutti i modi di trattenere le lacrime, ma vedendo il volto contratto di Ville non riesce a reprimere un singulto: e se quella fosse l’ultima volta che vede sua figlia?

“Ti voglio bene anche io, te ne voglio tantissimo, non dimenticarlo mai.”

“Non piangere mamma.”

“Fai la brava mi raccomando e tieni d’occhio papà.”

 

If there's a reason
I don't know why

 

Non c’è mai stata una ragione e non c’è mai stato un perché: quella è davvero la fine e lo sanno sia Lily che Ville.

Dicembre…

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Capitolo 44
*** Capitolo 43: The Swan Song ***


Winter has come for me, can't carry on
The Chains to my life are strong but soon they'll be gone
I'll spread my wings one more time

 

Credevo di non rendermi conto di essere arrivata alla fine, ma come al solito mi sbagliavo di grosso: so esattamente di essere al capolinea e quello che mi fa più male è che anche Ville lo ha capito.

Gli ho promesso che l’avrei avvertito quando sarebbe arrivato il momento, ma ormai tra di noi non c’è bisogno di parole, né di gesti o di sguardi. L’ha capito e basta e adesso è qui al mio fianco ad aspettare, a pregare, a chiedere per l’ennesima volta un miracolo che, però, non ci sarà: si fa solo del male se spera ancora di ottenerlo e io non voglio che soffra.

Attaccata a dei macchinari che cercano ancora di tenermi in vita iniettandomi medicinali che aumentano le mie difese immunitarie per tentare il tutto per tutto, sento che ormai il tempo mi sfugge via dalle mani, cadendo come i granelli di sabbia imprigionati in una clessidra, proprio come quella che brilla sul mio bracciale: il tempo fugge e nessuno lo può fermare. Doveva simboleggiare il tempo che avevamo ancora da vivere insieme, ma ho sempre saputo che avrebbe solo scandito quello che mi restava da condividere con lui.

Non pensavo che in un mese le cose potessero cambiare così tanto, in un certo senso mi sentivo bene, ma forse era solo il mio subconscio a farmi sentire così. In realtà ho incominciato a morire un po’ giorno dopo giorno, solo che non me ne sono mai resa conto, almeno fino ad oggi.

Questa stanza d’ospedale è l’unica cosa che vedo da oltre trenta giorni: mi manca il cielo di Helsinki, l’aria profumata di neve e ghiaccio, il vento tra i capelli e il sole sul viso, mi manca sentire l’odore dell’erba appena tagliata, quello della terra bagnata dalla pioggia e vorrei ancora sentire lo sciabordio dell’acqua che si infrange sulla riva…

Mi mancano un sacco di cose, ma so che non le rivedrò mai più.

Ville si è appisolato sulla poltrona accanto al mio letto. Non si è accorto che sono sveglia, ma è meglio così, mi piace guardarlo mentre dorme e forse questa è la mia ultima occasione per vederlo: voglio imprimere nella mia mente ogni dettaglio del suo viso, perché, ovunque andrò, voglio portarmi dietro questo ricordo, il suo volto e quello di Rose. La mia piccola, dolce Rose.

 

So cosa significa crescere senza genitori ed è dura, tremendamente dura, ma lei almeno ha Ville, il padre migliore di questo mondo e so di lasciarla in buone mani perché anche Migè, Linde, Burton e Gas faranno di tutto per farla stare bene.

Chi mi preoccupa è Ville… spero si ricordi della promessa che mi ha fatto tanti anni fa.

 

Is it a dream?
All the ones I have loved calling out my name.
The sun warms my face.
All the days of my life, I see them passing me by.


Sono stanca.

Tanto stanca.

Non mi sembra nemmeno di essere ancora nel mio corpo, una forza oscura mi sta portando via e ormai non ho più alcuna energia per oppormi: credo che gennaio sia un mese perfetto per andarsene…

Tutti i giorni della mia vita mi passano davanti come in una lunga diapositiva infinita che mi ricorda i momenti più belli passati insieme alle persone che ho amato, che amerò per sempre.

Ad esempio la prima volta che i miei genitori mi hanno portata ad un concerto di musica classica. Ricordo ancora l’emozione nel sentire le note del grande pianoforte a coda suonato con maestria nella sala, i brividi sulla mia pelle quando la melodia ha iniziato a crescere, sempre di più, sempre più in alto, fino a confondersi con l’aria circostante e diventare tutt’uno con il mio cuore.

Quella volta in cui siamo andati insieme a pescare al lago: non abbiamo preso nemmeno un pesce, ma io e papà ci siamo divertiti come non mai a prendere in giro mia madre facendole credere che in quel lago non esistessero pesci commestibili.

Il giorno in cui ho scritto per la prima volta delle note su un pentagramma, ma anche la volta in cui sono riuscita a cambiare la vita ad un’altra persona seguendo la strada che una volta avevano percorso i miei genitori.

E poi gli occhi di Ville,  il loro verde intenso, la loro dolcezza, il suo sorriso timido, la sua voce calda e profonda…la prima volta che abbiamo fatto l’amore, il giorno in cui mi ha detto che mi amava, il matrimonio e le sue mani sul mio ventre quando gli ho detto di essere incinta.

C’è anche Rose nei miei ricordi felici, non potrebbe essere altrimenti: la mia piccola, perfetta bambina, che in tre anni ha riempito la mia vita rendendola unica sotto ogni punto di vista, il mio piccolo cucciolo capace di farmi ridere nei momenti di tristezza estrema, il tassello davvero mancante della mia anima in grado di rendermi finalmente completa.

Sento le lacrime fanno capolino facendomi pizzicare gli occhi, ma non ho la forza nemmeno di portare la mani al viso e mentre lascio che cadano fino a toccare la federa del cuscino, mi rendo conto che, comunque, la mia è stata una vita piena di tanti bellissimi momenti che hanno reso speciale ogni singolo istante.

Non posso che essere grata per questo.


In my heart I know I can let go.
In the end I will find some peace inside.
New wings are growing tonight.


Apro gli occhi e vedo Ville che mi osserva: ha lo sguardo triste, cerchiato da profonde ombre scure che gli segnano il viso, rendendolo molto simile ad un fantasma…non voglio che si riduca in questo stato, non lui che è così bello quando è sereno e rilassato.

Ti prego promettimi che tornerai a sorridere…

Il mio respiro si fa sempre più flebile, sottile. Ogni volta che il mio petto si alza e si abbassa penso che potrebbe essere l’ultima volta che lo fa, eppure sembra che il mio corpo ne sta conservando qualcuno prima della fine. Devo sistemare le ultime cose prima di andare, non posso lasciarlo così, con solo un silenzio rotto da un respiro spezzato.

“Lily…”

Il suono della sua voce è musica per le mie orecchie, vorrei che cantasse per me. Qualche notte lo ha fatto, quando faticavo ad addormentarmi, quando anche lui aveva bisogno della musica per sentirsi meglio, ma oggi non ci saranno canti: abbiamo paura entrambi di quello che succederà, lui molta più di me. Io ormai ho accettato l’inevitabile, Ville crede ancora che non ci sarà un domani, non senza di me. Eppure io so che il suo cammino non si fermerà insieme all’ultimo battito del mio cuore: andrà avanti, ci riuscirà. Sarà dura, ma un giorno alzerà gli occhi e si renderà conto che sono ancora lì, rannicchiata in quella parte del suo spirito che è sempre stata mia, che apparterrà sempre e solo a me.

Vai avanti, amore mio. Io non ti lascio.


Is it a dream?
All the ones I have loved calling out my name.
The sun warms my face.
All the days of my life, I see them passing me by.


“Ti ricordi la promessa che mi hai fatto?” Gli chiedo mentre mi inumidisco le labbra con la lingua.

“Sì, me la ricordo, ma tanto guarirai presto amore mio. Non ho bisogno di mantenere un giuramento con te al mio fianco” mi sussurra, stringendomi la mano sinistra.

“Ville, lo sai che non posso guarire. Accettalo e smetti di soffrire: non posso andarmene via se so che stai male…” Replico io accarezzandolo sul viso.

“Allora resta e rendimi felice.” Mentre mi supplica ancora una volta di restare, mi stringe tra le sue braccia e io posso ancora sentire quel brivido che mi sale su per la schiena tutte le volte che mi tocca: sarò sempre legata a lui e Ville avrà sempre una parte di me nel suo cuore.

Non sarà mai solo.

Un bacio, solo un ultimo bacio e poi potrò andare.

Dio è così difficile lasciarlo, ma sento di non poter resistere ancora, i polmoni sembrano non ricevere abbastanza aria e il mio cuore non sembra riuscire a pompare abbastanza sangue.

È davvero la fine.

Stringimi, non mi lasciare da sola…


As I am soaring I'm one with the wind.
I am longing to see you again, it's been so long.
We will be together again.


“Non smettere di cantare né di amare: sei nato per fare il musicista e per regalare amore.”

“Tu sei l’unica persona che io voglio amare e l’unica a cui voglio cantare le mie canzoni.”

“Arriverà un giorno in cui ti lascerai alle spalle questo dolore: quando sarà il momento canta per me e fallo con tutta la voce che hai… io ti sentirò.”

“Ti prego…” Singhiozza lui con il volto contratto dalla paura.

“Pensa a Rose, mi raccomando. Raccontale quanto l’ho amata, quanto abbia significato per me essere sua madre. Fai in modo che non mi dimentichi.”

“Nessuno di noi ti dimenticherà mai, non lo permetterò. Ti amo Lily.”

“Ti amo anche io, Ville.”

Mi bacia sulla fronte e chiude gli occhi per non farmi vedere la sua sofferenza, ma la posso percepire e non poter fare nulla per alleviare il suo dolore mi fa sentire impotente: non doveva andare così, non avrei mai voluto che andasse così.

Mi ha regalato tutto ciò che ho sempre desiderato e spero lui sappia quanto sia stato importante per me, quanto è ancora importante.

Ho amato Ville Valo e lo amo ancora, sono entrata nel suo cuore e nel suo corpo, ho condiviso con lui i momenti più belli ed anche quelli più brutti della mia vita, ma in ogni stante mi sono sentita felice perché, grazie a lui, ho avuto la possibilità di rinascere e di capire il vero significato dell’amore, lo stesso che lui canta nelle sue canzoni.


Is it a dream?
All the ones I have loved calling out my name.
The sun warms my face.
All the days of my life, I see them passing me by

 

Un giorno ci rincontreremo amore mio e allora staremo insieme per sempre: questa è la mia promessa per te.

Sii forte…

Lily sussurra quelle ultime parole all’orecchio di Ville e poi si lascia andare: il suo tempo è arrivato, non può più tardare oltre e non è giusto tenere ancora legato a sé Ville, la sua sofferenza si nutre di ogni attimo di vita di Lily ed il suo cuore continua a sperare di riuscire ad allontanare quel momento ancora di qualche minuto.

Un ultimo, profondo respiro e poi il nulla: né dolore, né tristezza, né paura.

Le catene che la tenevano imprigionata alla vita si sono finalmente spezzate e ora Lily è libera di spiegare le sue ali, verso un luogo dal quale potrà vegliare su Ville e Rose, in attesa di poterli riabbracciare.

Ville non ha nemmeno la forza di piangere la morte del suo grande amore, l’unica persona che l’ha davvero reso felice, l’unica donna capace di far battere davvero il suo cuore facendo vibrare la sua anima.

Il mondo, la vita, la musica, l’amore, non saranno più uguali, non senza la sua Lily.

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Capitolo 45
*** Capitolo 44: Preghiera in Gennaio ***


Sono passati quattro giorni e Ville non è ancora uscito dalla sua stanza. Se ne sta lì, sdraiato sul letto sul lato in cui dormiva Lily e aspetta, anche se nemmeno lui sa che cosa: un segno, una voce, qualsiasi cosa capace di fargli sentire la presenza di Lily, ma l’unica cosa che ancora aleggia in quella camera è il suo dolce profumo, mischiato all’eco dei loro sogni infranti per sempre.

Non vuole vedere nessuno, non vuole parlare con nessuno. Nemmeno Rose è riuscita a rimettere insieme i pezzi del cuore infranto del suo adorato papà, un cuore che ha cominciato quattro giorni fa a sanguinare e che non sembra voler più smettere: guardare Rose è come vedere ancora Lily e Ville non può sopportarlo, ora sente solo un dolore bruciante che non accenna a smettere e quella bambina non fa altro che ricordargli quanto ha perso, ciò che non riavrà mai più. Non può starle vicino, non riesce a sopportare nemmeno la presenza di sua figlia affianco.

“Ville, dobbiamo andare” dice Connor entrando in punta di piedi, lasciando che un fascio di luce proveniente dalla porta aperta invada la stanza buia.

Lui, Jasper, Katherine e Aoki sono venuti da Filadelfia per salutare Lily per l’ultima volta e anche se Ville non ha fatto nulla per dimostrarlo, è davvero grato della loro presenza, se non ci fossero stati loro probabilmente quei giorni sarebbero passati ancora più lentamente e almeno Rose non è rimasta sola.

“Io non vengo” risponde girandosi dall’altra parte, raggomitolandosi su se stesso come per trattenere il dolore che lo pervade.

È troppo presto. Ville non può ancora lasciarla andare, non se la sente: pensare di dover mettere la donna della sua vita sottoterra lo fa stare ancora più male, è per questo che non vuole andare al funerale, non ha la forza per dirle definitivamente addio.

“Tu devi venire. Rimpiangerai questo giorno per sempre se non verrai.”

“Non fare lo psichiatra con me. Cosa ne sai tu di quello che devo o non devo fare?” Domanda Ville con il tono duro di chi ha tanta rabbia nel cuore.

“Cosa ne so io?” Chiede alzando la voce, con le guance che si imporporano leggermente di collera. “Tu non ti rendi nemmeno conto di quello che sto provando io in questo momento. Ho seppellito i genitori di Lily, i miei migliori amici e oggi sto seppellendo lei, la persona che ho sempre considerato mia figlia. Non venirmi a dire che non so cosa si prova, tu non sai niente del mio dolore. Tu avrai perso l’amore della tua vita, ma lei era anche un’amica, una figlia, una madre e se non lo capisci allora non sei degno di lei. Sei solo un bambino capriccioso, non ti sei mai meritato di stare con una persona come Lily…”

Alzandosi di scatto dal letto in preda ad una rabbia cieca, Ville va contro Connor e, prendendolo per il colletto della camicia, lo spingendo addosso al muro. Quello che, però, Connor vede negli occhi di quell’uomo disperato non è la rabbia, nemmeno l’odio: ci sono solo lacrime, dolore e tanta solitudine.

“Non la devi nominare, hai capito. Non devi nemmeno pronunciare il suo nome” urla, continuando a tenerlo stretto per la camicia.

“Vuoi picchiarmi? Fallo. Urla, sbraita, piangi, rompi qualcosa, picchiami fino a farmi sanguinare se credi possa servirti, ma fai qualcosa. Lei non ti vorrebbe vedere in questo stato. Pensa a Rose: tua figlia vuole sapere perché sua madre non è più qui con lei, ma non può capirne il motivo se suo padre si rifiuta di stare con lei…”

Pensa a Rose, mi raccomando.

Lily lo sapeva. Sapeva che Ville avrebbe reagito in quel modo e ha cercato di avvertirlo, ma lui si è concentrato troppo su se stesso per capire che cosa stava cercando di dirgli: deve pensare alla loro bambina, anche lei sta soffrendo ma, a differenza di suo padre, non capisce che cosa sta succedendo, non comprende perché sua madre non tornerà più a casa.

Lei ha bisogno di suo papà, ma per un attimo Ville si è dimenticato di essere responsabile non solo di se stesso, ma anche della piccola vita che ha creato insieme a Lily: deve essere forte per Rose.

Da quando Lily è morta, Ville non ha mai pianto, ma ora finalmente, calde lacrime rigano il suo viso distrutto dal dolore, nel tentativo di lavare via il tormento del suo cuore martoriato e disperato.

“Piangi ragazzo…” Sussurra Connor, tenendo la testa di Ville poggiata sulla sua spalla.

“Non posso vivere senza di lei, non ce la faccio, è troppo per me” singhiozza lui, sparendo nell’abbraccio solido di Connor.

“Ora ti sembra di non poter andare avanti, ma giorno dopo giorno tutta la sofferenza che senti adesso si affievolirà, posso garantirtelo. Di dolore non si muore, Ville: l’ho imparato sulla mia pelle…”

 

***

 

Lascia che sia fiorito
Signore, il suo sentiero
quando a te la sua anima
e al mondo la sua pelle
dovrà riconsegnare
quando verrà al tuo cielo
là dove in pieno giorno
risplendono le stelle

 

Forse Connor ha ragione, forse è vero che di dolore non si muore, ma al momento Ville non crede di potercela fare: vedere la bara di Lily che viene calata nel buco del terreno nel quale riposerà per l’eternità, va oltre ogni sopportazione.
 

Quando attraverserà
l'ultimo vecchio ponte
ai suicidi dirà
baciandoli alla fronte
venite in Paradiso
là dove vado anch'io
perché non c'è l'inferno
nel mondo del buon Dio

 

Stringendo la mano del suo papà, Rose guarda i volti delle persone riunite nel piccolo spazio attorno alla bara: perché tutti piangono? Perché non ci sono sorrisi, ma solo lacrime? Lei non lo capisce e nessuno sembra in grado di spiegarle il motivo di tutta quella tristezza, ma sa che se ci fosse stata la sua mamma forse tutto sarebbe andato diversamente.

Ma la sua mamma non c’è.


Ascolta la sua voce
che ormai canta nel vento
Dio di misericordia
vedrai, sarai contento.
Dio di misericordia
vedrai, sarai contento

 

È Rose a tenere ancorato Ville alla realtà, è la sua piccola manina legata alla sua, sono i suoi occhi di quel colore così strano, ma allo stesso tempo così famigliare: mare che si tuffa nell’oro, acqua cristallina bagnata dai raggi del sole al tramonto.

Deve andare avanti e lo deve fare per lei, per l’ultimo legame che ancora lo tiene vicino a Lily, quel vincolo che non si potrà mai spezzare e che non potrà mai essere sciolto.

Prendendola in braccio e stringendola forte al suo petto, Ville sente di essere finalmente pronto a dire addio alla moglie anche se ora, finalmente, si rende conto che non si tratta di un addio, ma solo di un arrivederci.

Lily è lì con lui e ci sarà sempre. Anche se ora non la vede perché i suoi occhi sono appannati dalle lacrime che non smettono di scendere giù, può percepire la sua voce che, sospinta dal vento, gli sussurra di non aver paura, che qualsiasi cosa accadrà lei sarà lì al suo fianco per vegliare sui suoi passi e su quelli di Rose.

Non saranno mai soli.

“Anche il cielo piange…” Sussurra Rose alzando il naso all’insù.

“Saluta anche lui la mamma” risponde Ville accarezzandole i boccoli castani.

***

È la notte il momento più brutto per Ville. È quel senso di vuoto che lo attanaglia tutte le volte che si mette a letto che lo fa soffrire: stare lì, in quella casa buia e silenziosa, senza Lily al fianco è un vero tormento e non c’è nulla capace di farlo stare meglio.

Alzandosi per andare a controllare che almeno Rose stia dormendo, la trova seduta nel suo lettino nella camera affianco con in mano un grosso pacchetto poggiato sulle ginocchia.

“Amore, che ci fai ancora sveglia?” Domanda avvicinandosi alla bambina, sedendosi sul bordo del letto.

“La mamma mi ha detto di darti una cosa quando ti avrei visto tanto triste. Stavo cercando di capire se è il momento giusto.” Allungando il pacchetto verso il padre, Rose sorride timida sperando di non aver sbagliato momento. “E poi mi ha detto di dirti che, sul pianoforte, c’è lo spartito per la tua nuova canzone. Allora, non lo apri? Voglio vedere che cosa c’è dentro!”

Ubbidendo, Ville inizia a scartare il pacchetto e non può trattenere un sorriso vedendo il suo contenuto: in una cornice trasparente, fa bella mostra di sé la maglietta che Ville indossava il luglio precedente, l’ultima volta in cui tutti e tre sono stati davvero felici.

“L’aveva detto che l’avrebbe messa in cornice” sussurra, più a se stesso che a Rose.

“Cosa c’è scritto sul vetro?” Chiede la bambina curiosa, accoccolandosi vicino al padre.

 

I'm in love with you
And it's crushing my heart
All I want is you
To take me into your arms
When love and death embrace
I love you
And you're crushing my heart
I need you
Please take me into your arms

When love and death embrace
 

Abbracciando la cornice, Ville si lascia andare ad una nuova ondata di dolore che si infrange sul suo cuore, mozzandogli il fiato nel petto.

“La mamma ha detto anche un’altra cosa.”

“Che cosa?”

“Devi ricordarti di respirare e di fare un passo alla volta…”

Respirare e fare solo un piccolo passo per volta. Lily sapeva già come Ville avrebbe reagito e ha lasciato a Rose la chiave che l’avrebbe aiutato ad andare avanti: lui ha bisogno della figlia più di quanto lei abbia bisogno del padre.

“Ti voglio bene Rose.”

“Ti voglio tanto bene anche io, papà.”



 

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Capitolo 46
*** EPILOGO: The Foreboding Sense of Impending Happiness ***


Un anno dopo...

 

Ville non ha mai avuto il coraggio di guardare lo spartito che Lily gli ha lasciato, ha sempre avuto paura di non essere pronto per quella prova ulteriore, non quando è ancora così vivo il dolore per la perdita di sua moglie, ma tutti i giorni, passando vicino al pianoforte, controlla che la busta sia ancora lì e tutti i giorni l’accarezza, come se lì dentro ci fosse ancora l’essenza di Lily.

 

***

 

“Papà posso dirti un segreto?”

“Certo, tutto quello che vuoi” risponde lui, mettendosela sulle ginocchia.

“Sono felice di averti come papà…”

Rose è felice. Lo è per davvero e lo è grazie a suo padre. Se proprio lei, quella bambina così speciale, quella per cui Lily ha lottato così tanto, per la quale ha smesso di curarsi per darle un'occasione, riesce ad essere felice nonostante tutto, allora dovrebbe provare ad esserlo anche Ville. Lily non ha combattutto solo per Rose, lo ha fatto anche per lui, per entrambi, per quella famiglia che lei ha perso così prematuramente, per la stessa che non potrà mai vedere diventare grande, ma ha combattuto, ci ha provato e ha perfino vinto. Ville dovrebbe solo onorarla provando ad essere felice insieme a quella splendida bambina che porta negli occhi il ricordo di sua madre e nel sorriso la stessa gioia di vivere, lo stesso entusiasmo.

C'è un tempo per tutto. Un tempo per amare, per vivere, un tempo per morire e Ville lo sa bene. Però c'è anche il tempo per ricominciare e, forse, quello è il momento giusto per provarci.

 

***

 

Aprendo finalmente la busta, Ville capisce subito che cosa Lily gli ha regalato: è il suo pezzo per l’audizione, il brano in cui ha messo il cuore, l’anima, lo spirito e l’essenza. È il pezzo della sua anima che lega passato, presente e futuro con un filo invisibile fatto di sogni, speranze, amore e musica.

Sfiorando i tasti ebano e avorio inizia a suonare seguendo le note scritte con la bella grafia della moglie e si lascia trasportare dalla magia della musica, la stessa che, tanto tempo fa, li ha fatti incontrare, unendoli fino alla fine e, forse, anche oltre.

Lily è lì.

Ora finalmente riesce a vederla, a sentirla.

Il suo cuore ferito non sanguina più.

No more.

 




 

Non esiste grido di dolore
Senza alla fine un’eco di gioia

-Ramon de Campoamor –

 

FINE


 


L'angolo di Alessia!

Carissimi lettori, grazie per essere rimasti con me fino alla fine. Grazie per ogni like, ogni commento, sorriso o anche lacrima che avete condiviso con me, per ognuna delle letture che avete concesso a questa storia. Per me è stato molto importante poterla condividere con voi e, se vi va, potrete venirmi a trovare quando volete sulla pagina facebook di Heartkiller, il mio romanzo. Vi aspetto numerosi per parlare, scambiarci opinioni, fotografie, frammenti di vita, di storie e di ricordi. Ci vediamo presto, è una promessa (o forse una minaccia!) Con affetto

Alessia

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