Argest Age di Aiko Inochi (/viewuser.php?uid=80996)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Utile e curiosità ***
Capitolo 2: *** Section 1 ***
Capitolo 3: *** Section 2 ***
Capitolo 4: *** Section 3 ***
Capitolo 5: *** Section 4 ***
Capitolo 6: *** Section 5 ***
Capitolo 7: *** Section 6 ***
Capitolo 8: *** Section 7 ***
Capitolo 9: *** Section 8 ***
Capitolo 10: *** Section 9 ***
Capitolo 11: *** Section 10 ***
Capitolo 12: *** Section 11 ***
Capitolo 13: *** Section 12 ***
Capitolo 14: *** Section 13 ***
Capitolo 15: *** Section 14 ***
Capitolo 16: *** Section 15 ***
Capitolo 17: *** Section 16 ***
Capitolo 18: *** Section 17 ***
Capitolo 19: *** Section 18 ***
Capitolo 20: *** Section 19 ***
Capitolo 21: *** Section 20 ***
Capitolo 22: *** Section 21 ***
Capitolo 23: *** Section 22 ***
Capitolo 24: *** Section 23 ***
Capitolo 25: *** Section 24 - Volontà ***
Capitolo 1 *** Utile e curiosità ***
schedeAA
UTILE e
CURIOSITA'
Piccola
sezione dove verranno raccolte tutte le schede dei personaggi, dei
teknight e delle aeronavi.
Raccoglierà
tutte quelle già pubblicate e sarà arricchita da
nuovi
dettagli e un link che riporterà al disegno.
ATTENZIONE
Per evitare che si possano rilevare cose che accadranno durante la
storia, metterò il numero del capitolo dal quale si sapranno
le
informazioni riportate nelle schede anche se il personaggio o la cosa
sono apparsi prima.
Stemmi
Disegno
stemmi
Personaggi
OWEN FUKUDA
Occhi
azzurri
Capelli
brizzolati
180
cm
56
anni
Generale
E’
una persona generalmente calma
Gli
piacciono i biscotti
Il
suo ruolo gli impedisce di mostrare il suo carattere dolce
E’
determinato e fedele alle scelte fatte
Disegno
Owen
ERIN BECK
Occhi
marroni
Capelli
castano ramato
168
cm
55
anni
Tenente
generale
Sempre
attenta alle esigenze di chi gli è accanto
Sa
cucinare
Le
piacciono i colori vivaci
Si
comporta da mamma con tutti i ragazzi dell’aeronave
Disegno
Erin
ARUTO HARADA
Occhi
neri
Capelli
neri
163
cm
45
anni
Meccanico
E’
il responsabile della creazione e costruzione della maggior parte dei
teknight della Phlayrh
Katsu
lo considera il miglior padre al mando
Si
interessa a tutto ciò che riguarda la meccanica
Condisce
quasi tutto con la salsa di soia
Disegno
Aruto
LARA VEGA
Occhi
marroni
Capelli
castano chiaro
164
cm
32
anni
Medico
E’
un genio nel campo medico
Rimprovera
chiunque faccia qualcosa di pericoloso per se e per gli altri
Anche
se dall’aspetto non sembra è molto autoritaria
Le
piace la liquirizia
Disegno
Lara
(cap 17)
KYLA FUKUDA:
168
cm
28
anni
Colonnello
- pilota del RAD2
Legge
molti libri
Le
piace la musica e in particolare prova interesse per quella folk
Non
sopporta di piangere
E’
ghiotta di caramelle
E’
molto legata ai suoi amici Kirabo e Lev e soffre per la lontananza di
Falk.
Disegno
Kyla
(cap 17)
LEV KUZNETSOV:
183
cm
26
anni
Capitano
- pilota del RAD3
Bravo
nuotatore, si autodefinisce un campione del nuoto
E’
un tipo ansioso
Non
sopporta la solitudine e cerca di non restare solo per troppo tempo
Cerca
sempre di nascondere la propria tristezza e apparire sorridente
Gli
piacciono i mandarini
Per
lui nulla è più forte dell’amicizia che
lo lega a Kirabo, Kyla e Falk
Disegno
Lev
(cap 17)
FALK HORN:
175
cm
28
anni
Colonnello
- pilota del GL-S
Costruisce
spesso modellini e piccoli oggetti di ogni tipo
E’
determinato
Gli
piace il cioccolato alle nocciole
Quando
può schiaccia volentieri un pisolino
Da
quando è andato via dalla Phlayrh ha imparato ma mascherare
i suoi sentimenti
Gli
mancano i suoi amici, specialmente Kyla
Disegno
Falk
(cap 17)
KIRABO HILT:
199
cm
30
anni
Maggiore
- pilota del RAD1
Gli
piace il basket e gli piacerebbe diventarne un giocatore professionista
Detesta
i posti freddi
Si
fa benvolere dagli altri, in particolar modo ai bambini piace giocare
con lui
Ama
profondamente la sua famiglia con la quale ha un legame molto forte
Gli
piace la frutta secca
Ha
un legame di forte amicizia con Kyla, Lev e Falk
Disegno
Kirabo
Katsu Harada:
170
cm
18
anni
Meccanico
Ha
sempre sognato di diventare un pilota di FW
E’
un tipo allegro è vivace.
E’
affezionata agli occhiali da aviatore che porta sempre sulla fronte.
Conserva
una cassetta degli attrezzi nella sua stanza.
E’
un esperto di videogiochi, preferisce i simulatori e sparattutto.
Fu
moto felice di scoprire che lui è Takehito avevano interessi
simili.
Disegno
Katsu
SHU LI:
170
cm
22
anni
Tenente
- pilota del MA (nero)
E’
un tipo abbastanza silenzioso
Esperto
nelle arti marziali
Gli
piacciono le patatine fritte
Si
diverte nel giocare a basket con Kirabo
Disegno
Shu
YUE LI:
158
cm
15
anni
Tenente
- pilota del MA (blu)
E’
sempre molto allegra
Ha
appreso le arti marziali dal fratello
Le
piace il gelato
E’
brava nei lavori manuali
Disegno
Yue
SEREF ARGEST:
174
cm
18
anni
Tenente
- pilota dell’ IF
Abile
giocatore di scacchi
Tutto
ciò che non conosce lo incuriosisce
Non
si fida facilmente degli altri
Ama
rilassarsi con un bagno caldo
Gli
piacciono i Waffel
Disegno
Seref
Takehito Ikeda:
171
cm
17
anni
Sottotenente
pilota dell’ AU-0
Adora
i teknight( pare sia quasi il suo unico interesse).
Ha
grande spirito di adattamento.
Preferisce
i sapori dolci.
E’
bravo con i videogiochi, i suoi preferiti sono gli rpg
Disegno
Takehito
[cap 13]
Norbert Lam
Occhi
castani
Capelli
castani
184
cm
51
anni
Maggiore
E'
il fedelissimo braccio destro di Falk.
Tende
ad essere protettivo e severo.
Disegno
Norbert
Vedis Dia
Occhi
castani
Capelli
biondi
180
cm
34
anni
Colonnello
di Argest
Disegno
Vedis
Nerek
Ward
Occhi Ambrati
Capelli castani
187 cm
49 anni
Generale di Argest
Disegno
Nerek
Hunwer
Argest
Occhi ametista
Capelli castano scuro
182 cm
55 anni
Imperatore di Argest
Disegno
Hunwer Argest
TEKNIGHT
Phlayrh
(cap 5)
RAD 1
Modello:
RAD 1
Colore:
Marrone chiaro
Altezza:16,50
m
Pilota:
Kirabo Hilt
Caratteristiche:
Teknight con grandi capacità difensive, può
resistere
anche agli attacchi più pesanti. Usato in particolar modo
per le
azioni di sfondamento o per le azioni di copertura. E’ anche
adatto al corpo a corpo.
Armi:ascia,
fucile di precisione, grande bazuka, scudo energetico
Disegno
RAD 1
(cap 5)
RAD 2
Modello:
RAD 2
Colore:
rosso
Altezza:
16 m
Pilota:
Kyla Fukuda
Caratteristiche:
Teknight veloce con grande precisione e potenza d’attacco.
Particolarmente adatto per le azioni improvvise e rapide, basate
sull’effetto sorpresa.
Armi:
predilige fucile , piccolo bazuka , energia dai palmi delle mani
Disegno
RAD 2
(cap 5)
RAD 3
Modello:RAD
3
Colore:
Bianco ghiaccio
Altezza:
16,50 m
Pilota:
Lev Kuznestov
Caratteristiche:
Teknight dotato di una grande resistenza, resiste bene agli attacchi e
ha una buona capacità di attacco. E’ indicato per
le
azioni che richiedono tempi lunghi.
Armi:
Predilige fucile, piccoli missili, lame corte
Disegno
RAD 3
(cap 5)
MA
Modello:
MA
Colore:
nero
Altezza:14
m
Pilota:
Shu Li
Caratteristiche:
Unico modello al mondo che viene controllato dai movimenti del corpo
del pilota. Questi modelli furono progettati dalla Phlayrh per fruttare
al massimo le qualità e le capacità di
combattimento dei
loro piloti. Adatti per ogni situazioni, prediligono il combattimento
ravvicinato.
Armi:
principalmente da taglio, il teknight stesso, raramente pistola
(cap 5)
MA
Modello:
MA
Colore:Blu
cobalto
Altezza:
11 m
Pilota:
Yue Li
Caratteristiche:
Unico modello al mondo che viene controllato dai movimenti del corpo
del pilota. Questi modelli furono progettati dalla Phlayrh per fruttare
al massimo le qualità e le capacità di
combattimento dei
loro piloti. Adatti per ogni situazioni, prediligono il combattimento
ravvicinato.
Armi:
principalmente da taglio, il teknight stesso, raramente pistola
(cap 5)
IF
Modello:
IF
Colore:
grigio
Altezza:
16 m
Pilota:
Seref Argest
Caratteristiche:
Teknight abbastanza adattabile ad ogni situazione. Equipaggiato di un
sofisticato computer, pensato ed elaborato dallo stesso pilota che gli
permette di analizzare i dati durante il combattimento per trovare poi
una strategia in brevissimo tempo.
Armi:
pincer quasi tutte.
(CAP 12)
AU-O
Modello:
AU-0
Colore:
Vermiglio con strisce verdi
Altezza:
15,50 m
Pilota:
Takehito Ikeda
Caratteristiche:
teknight costruito sulla base di uno imperiale per meglio adattarlo
alle capacità del pilota. Si dimostra adatto a diverse
situazioni, equilibrato e dai comandi classici che lo rendono facile da
pilotare.
Armi:
quasi tutte.
IMPERIALI
(cap 9)
GL
Modello:
GL
Colore:
Verde olivastro
Altezza:
17 m
Pilota:
comune
Caratteristiche:
nuovo modello imperiale, dotato di una corazza di nuova generazione che
rende inefficaci gli attacchi a energia luminosa.
Armi:dispone
di una particolare arma chiamata “Red Fusion” che
utilizza
energia sottoforma di un raggio rosso di una potenza pari al doppio
delle comuni armi più potenti.
(cap 9)
GL-S
Modello:
GL-S
Colore:
Argento
Altezza:
17 m
Pilota:
Falk Horn
Caratteristiche:
come un modello GL
Armi:
lancia a Red Fusion.
(cap 1)
TH
Modello:
TH
Colore:
Verde scuro
Altezza:
15,50 m
Pilota:
comune
Caratteristiche:
modello prodotto in serie dall’impero. Dalle medie
prestazioni
che si adatta a diversi scopi. Dall’aspetto massiccio e
resistente.
Armi:
Quasi tutte.
Aeronavi
Phlayrh
La
sua forma ricorda quella di una balena. Si muove agilmente grazie alle
ali mobili poste ai fianchi che le consentono di girare in qualunque
direzione. E’ dotata di tutti i confort.
Lunghezza:
102 m
Altezza:
54 m
Larghezza:
62 m
Disegno
Phlayrh
(cap 9)
Jaculus
Aeronave
agile e scattante. Può staccarsi dal cargo ed essere
più
veloce ed efficace per compiere un attacco di speronamento con il suo
muso affilato.
E’
stata realizzata su ispirazione della creatura mitologica di cui porta
il nome.
Lunghezza:
126 m
Altezza:
10 m senza cargo 85,8 m con cargo
Larghezza:
58 m
Disegno
Jaculus
(cap 14)
Dreizack
Dalla
forma di un tridente è una delle aeronavi più
massicce. Spesso affianca la Urano Galeos.
Lunghezza:
120 m
Altezza:
74 m
Larghezza:
70 m
(cap 14)
Urano Galeos
La
più forte tra le aeronavi imperiali. Minaccioso e letale
come
uno squalo. Anche il suo aspetto ricorda il predatore
dell’oceano.
Lunghezza:
139 m
Altezza:
56 m
Larghezza:
50, 6 m
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Capitolo 2 *** Section 1 ***
ARGEST AGE –
section 1
Anno 2526. Negli ultimi secoli il pianeta Terra e i popoli che la
abitano, hanno subito molti cambiamenti. Per far fronte alla gravissima
crisi ambientale e salvare il pianeta, tutte le nazioni sono state
riunite sotto l’impero Argest, i continenti sono considerati
come regioni e gli stati vengono chiamati zone. Sono state cancellate
la maggior parte delle differenze culturali, anche le lingue parlate
sono quasi scomparse e al loro posto viene usata la lingua ufficiale
dell’impero. Il comando è affidato alla
famiglia imperiale Argest con l’aiuto di una stretta cerchia
di collaboratori. Essi mantengono l’ordine e la
tranquillità sull’intero pianeta.
«Reattore ok. Propulsori al cinquanta per cento …
settanta … novanta … cento per cento ok.
Reattività dei comandi ok. Collaudo completato.»
«Ottimo lavoro Takehito! Puoi anche riposare ora.»
Da un enorme robot dall’aspetto umanoide si aprì
uno sportello, dal quale uscì un ragazzo. Il robot si
trovava in un’enorme sala spoglia e con pochissime luci, il
minimo indispensabile per non sbattere contro un muro.
Il giovane si sbrigò a scendere e a raggiungere i suo
colleghi nella stanza adiacente, più piccola e piena di
diversi dispositivi elettronici.
Non appena entrò, prese velocemente un libro e sedendosi in
terra cominciò a leggerlo.
«Ikeda Takehito, nato il 3/08/2509 nella regione asiatica,
alto 1,68 capelli e occhi castani segni particolari nessuno, ma
scriverei smemorato. Stai più attento a non perdere il tuo
tesserino di riconoscimento o finirai col metterti nei guai.»
«Scusa, starò più attento.»
disse il ragazzo prendendo il tesserino che gli stava porgendo il
collega.
«Cos’è che leggi con così
tanta attenzione?» gli domandò un altro collega
che aveva da poco spento il resto dei macchinari.
«Storia.» Rispose automaticamente.
«Non dovresti studiare dopo un’intera giornata di
lavoro.»
«Purtroppo devo. Ho trascurato lo studio in questi giorni e
domani ho un compito.» disse girando una pagina senza
staccare gli occhi dal libro.
«Non è una novità che trascuri lo
studio.» sentenziò sorridendo uno dei due colleghi.
«Ma se non completi il tuo corso di studi non potrai mai fare
carriera, anche se sei già molto bravo.»
continuò l’altro.
«Già! Almeno questa volta il compito non dovrebbe
essere troppo difficile. L’argomento è la storia
del nostro impero che mi viene raccontata da quando ero piccolo, in
più c’è l’ultima rivoluzione
industriale con molecole Mirish e i teknight.»
spiegò Takehito.
«Mi raccomando, non dilungarti troppo con i tuoi amati robot
da combattimento, teknight.»
«L’ho già fatto nel compito di fisica
non mi ripeterò.»
«Che ne dici di tornare a casa? Domani il nostro giovane
collaudatore, oltre al suo compito di storia, ha i nuovi
teknight CF 05 da testare .»L’altro
annuì.
«Allora noi andiamo. A domani!»
«Buona notte!»
Takehito rispose ai saluti con un cenno del capo, apparentemente
concentrato sulle pagine del libro.
Il suo pensiero, però, era tutto rivolto al lavoro del
giorno seguente.
Finalmente l’ultimo modello della serie CF era terminato e
poteva provarlo, prima ancora dei piloti.
Aveva letto qualunque cosa lo riguardasse,
dall’idea iniziale ai progetti finali e tutto il
manuale d’uso.
Gli cominciarono a brillare gli occhi. Così decise che il
libro di storia non aveva più importanza riponendolo nel suo
zaino.
Spense tutte le luci uscendo e chiuse la porta a chiave.
La sala dei collaudi si trovava in un grande laboratorio, nel quale
venivano testate qualunque tipo di nuova tecnologia e Takehito viveva
proprio lì, in una piccola stanza di quel grande laboratorio.
Di notte in genere non restava nessuno, era un posto tranquillo.
Forse a qualcun altro quel posto poteva apparire troppo buio e
silenzioso, addirittura spaventoso, ma quella ormai era la sua casa da
ben tre anni.
Aveva lasciato tutto ciò che aveva per dedicarsi
completamente alla sua più grande passione.
Il giorno seguente Takehito, subito dopo il compito, che a suo parere
era andato abbastanza bene, si recò di corsa nel laboratorio.
Il collaudo era previsto per il tardo pomeriggio ma voleva essere
presente ad ogni attimo, già dal loro arrivo.
Una volta arrivato al laboratorio, si sbrigò a prendere il
suo tesserino di riconoscimento e a soddisfare tutte le richieste del
sistema di sicurezza.
Era arrivato in tempo.
C’erano diversi uomini che si davano da fare per posizionare
i grandi container che racchiudevano i nuovi modelli. Tutte le
operazioni della loro realizzazione furono svolte in gran segreto.
Tutto procedeva con tranquillità, l’edificio era
protetto da due piloti dell’esercito imperiale a bordo dei
loro teknight.
In CF 05 erano tre unità di colore verde scuro,
dall’aspetto dovevano essere molto agili date le loro
dimensioni più contenute rispetto ai precedenti modelli,
dovevano essere all’incirca alti dieci o dodici metri e
avevano alla sommità una sorta di elmo con sopra una stella
arancione a quattro punte. Secondo le schede con le loro
caratteristiche, dovevano possedere diverse armi da utilizzare in ogni
situazione anche se a prima vista non ne aveva nemmeno una.
Improvvisamente si sentirono delle esplosioni provenire
dall’esterno , i suoni arrivavano ovattati come se
provenissero da lontano.
«Cosa sta accadendo?»si affrettò a
domandare Takehito.
«Un attacco della Phlayrh! Sono riusciti a rintracciare i
nostri movimenti - a parlare fu uno dei tecnici che si
trovava vicino ai container, aveva un auricolare con cui stava
comunicando con l’esterno – dicono di interrompere
le operazioni e di portare i teknight in un altro luogo facendoli
passare per i sotterranei.»
Ricevuto l’ordine tutti cominciarono a darsi da fare.
Nel frattempo i due piloti dell’esercito imperiale erano in
seria difficoltà.
La superiorità degli avversari era nettissima, e non solo
per una questione numerica.
I teknight che stavano fronteggiando erano noti.
Dotati di una tecnologia in gran parte sconosciuta e diversa da quella
utilizzata per i modelli imperiali, manovrati da piloti esperti e dalle
straordinarie capacità, tutte caratteristiche che li rendeva
avversari temibili.
Lo scontro proseguiva.
Uno dei teknight imperiali si ritrovava a combattere con un altro si
colore blu dall’aspetto minaccioso, armato di una spada che
emanava una luce bianca.
L’atro era impegnato con gli altri due. Uno era grigio
leggermente più grande dell’altro, armato di una
sorta di pistola, l’altro invece, di un marroncino molto
chiaro, era molto più massiccio.
«Ci stanno prendendo in giro? Cosa pensano di fare soltanto
in due?»
«Y7 non sottovalutare la situazione. Non possono permetterci
di recuperare quei nuovi modelli così facilmente.»
«Però ha ragione. Almeno che non abbiano qualche
unità nascosta o qualche trappola, impiegheremo solo pochi
minuti per sbarazzarci di loro.»
«Y7! S8! Procediamo come stabilito.»
«Agli ordini!»
«Ricevuto!»
Il teknight blu si lanciò all’attacco sferrando
una serie di fendenti che ridusse in più pezzi il mecha
nemico.
Allo stesso tempo quello grigio si scaraventò sul suo
avversario e bloccandolo, sparò un colpo mirando alla testa,
provocando una piccola esplosione.
Il teknight marrone essendosi liberato dallo scontro,
posizionò delle cariche esplosive sul tetto del laboratorio,
una volta esploso il tetto cominciò a crollare poco alla
volta.
I tecnici e i collaudatori per mettersi al sicuro dal crollo si
allontanarono lasciando i container incustoditi.
Per i piloti della Phlayrh fu semplice recuperarli.
Entrati nel laboratorio, completamente indisturbati caricarono il loro
obbiettivo su di una rete di acciaio. L’operazione
durò pochi minuti, l’ultimo controllo per
verificare che tutto fosse a posto e poi cominciarono e levarsi in volo.
«Maledetti terroristi! Non vi lascerò portarli
via.» Takehito ripresosi dalla sorpresa e dallo spavento,
corse verso di loro.
Non sapendo nemmeno cosa fare si aggrappò alla rete e si
lasciò portare col carico rubato. Nessuno si accorse del
ragazzo che ormai era lontano dal laboratorio.
Non sapeva dove lo stessero portando e non sapeva che cosa avrebbe
fatto dopo, voleva solo fermarli e riportare indietro quei teknight che
aveva tanto atteso.
Angolo dell'autrice:
Da un pò mi sono cimentata nell'impresa di scrivere una
storia mecha, pur di mettere giù le idee che ho in testa.
Ora seguo un'altra idea folle ... quella di pubblicarla e condividerla
con altri.
Si tratta di una storia semplice che non vuole avere troppe pretese, e
sicuramente pieno di influenze provenienti da diverse serie di
robottoni. Spero possa essere piacevole leggerla come lo è
per me scriverla.
I primissimi capitoli saranno un pò corti e ho intenzione di
pubblicarli uno ogni due settimane, per quelli più lunghi
non saprei dire se riuscirò a mantenere tale scadenza.
Grazie per aver letto e alla prossima!
|
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Capitolo 3 *** Section 2 ***
ARGEST AGE - section 2
Una stanza luminosa, con tanti apparecchi che non sapeva a cosa
servissero, un leggero odore di disinfettante, una scrivania con una
sedia su cui era seduta una donna che gli dava le spalle.
Indossava un camice bianco, capelli castani, molto chiari, lisci che
coprivano il collo.
Provò ad alzarsi, era su un letto morbido e profumato di
pulito. Nel tentativo di alzarsi, il materasso fece rumore e la donna
si girò.
«Ti sei ripreso!»disse subito avvicinandosi.
Takehito si sentiva confuso, non ricordava cosa fosse successo e non
capiva dove si trovasse.
«Hai corso un bel pericolo. Ti rendi conto di aver fatto
un’azione stupida? Per tua fortuna non siamo saliti troppo di
quota.» sembrava che lo stesse rimproverando.
Quella donna aveva un tono di voce davvero severo, che non ammetteva
repliche.
«Io …» non sapeva che cosa rispondere,
anche perché non sapeva a cosa pensare, ma in breve tempo,
come un flash, gli tornò in mente tutto.
Riflettendo in un secondo momento aveva regione quella donna, era stato
decisamente avventato.
«Ha ragione … aspetti! Ricordo di essermi
aggrappato alla rete e di essere salito molto in alto fino ad
intravedere un’aeronave, ma non posso essere caduto,
altrimenti sarei morto, quindi se quei teknight si sono diretti verso
l’aeronave io ora sono …»
«Sulla base della Phlayrh.» finì per lui
la donna.
Un’espressione di paura si fece largo sul suo volto.
Sì alzò di scatto e corse fuori la stanza.
Percorse il corridoio che aveva davanti a sé, giungendo ad
una vetrata che gli permise di vedere il cielo che stavano solcando.
Era vero. Si trovava su quell’aeronave che aveva visto, sulla
base della Phlayrh.
Cadde in ginocchio. Che cosa gli sarebbe accaduto? Lo avrebbero
rinchiuso? Forse approfitteranno della situazione e vorranno delle
informazioni, torturandolo magari? O peggio lo avrebbero ucciso?
«Ehi ti senti bene?» la donna lo aveva raggiunto,
sembrava essere preoccupata ma questo Takehito non lo notò.
«Lasciami!» balzò in piedi
allontanandosi, si sentiva come un topo in trappola.
«Cosa sta succedendo?»
Il ragazzo si girò al suono di quella voce e vide un uomo
alto, forse quasi due metri, pelle scura, capelli neri mossi e ribelli,
pizzetto e anche abbastanza muscoloso.
«Il nostro ospite ha capito dove si trova e si è
spaventato.»
L’ultimo arrivato gli si avvicinò e gli
appoggiò una mano sul capo.
«Colpa tua! Lo avrai rimproverato per bene, come tuo solito,
così si è spaventato – poi lo
guardò negli occhi – lei è il nostro
medico, si chiama Lara. Non preoccuparti qui sei al sicuro.»
spostando la mano dalla testa, gliela porse.
«Io sono Kirabo. Piacere!»
Takehito lo guardò per un po’ per poi
allontanargli la mano con uno schiaffo.
«Non ci credo! Voi siete dei terroristi. Sono venuto fin qui
per riportare indietro i teknight che avete rubato, quindi non ci credo
che non mi farete nulla!» stava urlando e aveva il cuore in
gola.
«Che brutto termine per definirci. Al massimo
ribelli.»
«Minacciate l’Impero, come vorreste
chiamarvi?» in quella giornata di sciocchezze ne stava
commettendo fin troppe. Ora si era messo a fronteggiare un terrorista
grande e grosso.
«Lascialo perdere Kirabo, sprechi fiato. Un medio cittadino
che crede a tutto ciò che viene detto dall’impero
non può capire.»
Takehito non si era accorto della presenza di un’altra
persona, attirata dalle urla.
Quando lo vide si sorprese. Non sapeva più che cosa pensare.
«Ma tu sei il principe Seref Argest.»
balbettò.
«Un medio cittadino che mi riconosce. Ciò vuol
dire che nonostante sia passato del tempo continuano a parlare di me.
Mi sento onorato» il suo tono era terribilmente ironico.
«Meglio terminare qui la questione.- si intromise Lara, poi
rivolgendosi a Takehito – ti faccio vedere dove puoi stare.
Purtroppo non possiamo farti andar via subito dato che questo non
è un momento adatto per scendere a terra.»
Decise di fare ciò che gli era stato detto. Forse era un
buon modo per scappare dalla situazione che si era creata.
La donna lo condusse per un altro corridoio ancora più lungo
del precedente, si fermò davanti ad una porta elettronica
che aprì.
Entrarono in una stanza né troppo grande né
troppo piccola, con un letto un armadio e una finestra rotonda.
«Puoi stare qui per ora. Il bagno si trova una stanza dopo
questa sulla destra, per i pasti ti verrò a chiamare io. Sei
libero di girare dove vuoi, però non tentare di forzare le
porte chiuse e vedi di non litigare con nessuno. Ora vado, ho delle
cose da sbrigare.»
Così dicendo se ne andò. Ora che ci faceva caso
la voce del medico era apprensiva, forse lo era anche prima.
In quella stanza si sentiva come in prigione, poteva andare dove voleva
su quella base, ma non ne aveva il coraggio. Aveva detto che lo
avrebbero liberato, chissà quando.
Poteva essere vero come poteva esserlo che non gli avrebbero fatto del
male. Si mise a guardare la finestra che rifletteva i suoi occhi pieni
di dubbi e paura.
Il tempo passava. Takehito non era più uscito dalla stanza
eccetto poche volte per recarsi al bagno, stando attento che non ci
fosse nessuno nelle vicinanze.
Lara andava sempre a controllare come stava, gli portava i pasti e i
vestiti puliti . Ogni tanto andava anche quell’uomo alto,
Kirabo, che tentava ogni volta di scambiare qualche parola con lui ma
invano.
Non sembravano essere così spietati e crudeli come pensava o
probabilmente non era di nessuna utilità o interesse per
loro.
Al primo mattino di uno di quei giorni, quando si svegliò,
trovò seduto accanto al suo letto un uomo di
mezz’età seduto a braccia incrociate che lo
osservava fisso.
Takehito era davvero terrorizzato. Lo sguardo di quell’uomo
era agghiacciante con quegli occhi azzurri, i capelli brizzolati corti,
pettinati all’indietro, i baffi e il pizzetto folti e i
lineamenti marcati contribuivano a dargli un aspetto intimidatorio.
Non sapendo cosa fare restò seduto sul letto fino a quando
l’uomo non si decise a parlare.
«Sono il generale della Phlayrh. Il mio nome è
Owen Fukuda. Sono qui perché vorrei sapere delle cose da
te.»
Aveva una voce calma e profonda ma continuava a fare paura e il ragazzo
si limitò ad annuire col capo.
«Lavoravi nel laboratorio dove abbiamo rubato i
Teknight?»
Un altro cenno positivo della testa.
«Che ruolo avevi?»
«Sono un collaudatore.» si sentì appena.
«Conosci le caratteristiche dei nuovi modelli?»
Annuì.
«Ebbene questi nuovi modelli sono davvero così
diversi dai precedenti? Sono davvero così straordinari da
non aver rivali?»
«Certo che lo sono! I TNG non conosceranno rivali.»
«Allora ci hanno ingannato.» sospirò
abbassando lo sguardo.
Il ragazzo non capiva il senso di quelle parole così si fece
coraggio.
«Che intende con “ci hanno
ingannato”?»
Il generale tornò a guardarlo e Takehito arretrò.
«Quei teknight che abbiamo recuperato non sono altro che
normalissimi vecchi modelli. Dei teknight TH con un aspetto
diverso.»
«Non può essere! E allora tutto il riserbo, la
segretezza delle operazioni a cosa sarebbero servite?»
«A proteggere i veri nuovi teknight. Non penso si tratti di
una trappola altrimenti non ci sarebbero state di guardia solo due
unità. Così facendo, hanno costretto noi ad
allontanarci per far perdere le nostre tracce e loro di preparare con
calma e sicurezza le nuove unità.»
«Voglio vedere di persona!» tremava come una foglia
ma lo guardava dritto negli occhi.
«Non ho nulla in contrario. Seguimi!»
Si alzò e con calma uscì dalla stanza. Takehito
rimase un po’ sorpreso ma si affrettò a seguirlo.
Si guardava intorno, non c’era nessuno. Continuava a
seguirlo, restandogli dietro senza avvicinarsi troppo. Lo
portò al piano inferiore da dove si trovavano. Si
ritrovò in una sala gigantesca, probabilmente era larga
quanta tutta la larghezza dell’aeronave. Dentro vi erano i
teknight.
Qualcuno lo riconobbe, li aveva visti su qualche rivista e tre di
quelli qualche giorno prima dal vivo. Erano enormi, tutti diversi sia
per forme sia per colori e sicuramente ognuno di quei capolavori della
tecnologia doveva essere unico nel suo genere.
«Ehi ragazzo! Cosa fai lì impalato? Non volevi
vedere con i tuoi occhi che non ti stavo mentendo?»
Non si era reso conto che l’uomo si era allontanato. Lo
raggiunse e gli vennero dati dei fogli sui quali doveva esserci
descritta l’analisi dei teknight. Li lesse attentamente.
«Ciao Owen!»
«Buongiorno Owen.»
Da uno dei robot sbucarono un uomo piccoletto e un ragazzo. Il generale
rispose al saluto e spiegò loro il motivo della sua visita.
Takehito non si accorse di nulla e continuava a leggere.
«Posso vedere anche i dati analizzati dai
computer?»
«Aruto mostragli anche quelli.» l’uomo
piccoletto si mise al computer seguito da Takehito.
«Loro sono i nostri meccanici. Aruto Harada che tra poco ti
mostrerà i dati al computer e il ragazzo è suo
figlio Katsu.» spiegò Owen.
Takehito quasi si sentì in imbarazzo.
«Il tuo nome?» chiese Aruto.
«Ta … Takehito.»
«Bene Takehito questi sono tutti i dati.»
Si avvicinò al computer. Ancora una volta quello che gli era
stato detto corrispondeva a verità. Ma doveva esserci una
spiegazione.
Quella che aveva detto il generale Owen era plausibile ma in questo
caso sarebbe stato ingannato come loro. Tutto doveva avere una
spiegazione.
Non poté rifletterci su troppo a lungo poiché si
sentirono delle esplosioni molto forti e poi qualcosa che
colpì la base.
«Aruto! Katsu! Preparate i teknight di K4, S6 e Y7. Assetto
di combattimento. Sarà una mattinata movimentata.»
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Capitolo 4 *** Section 3 ***
ARGET AGE –
section 3
La base della Phlayrh
era scossa da attacchi ed esplosioni, quest’ultimi
provocavano dei bruschi spostamenti d’aria che la facevano
vacillare.
Una sirena si era attivata per richiamare l’attenzione di
tutto l’equipaggio.
Il generale, dall’enorme sala dove vi erano i teknight,
iniziò a impartire ordini.
Cominciò col far preparare dei teknight e a richiamare i
rispettivi piloti. Premette diversi pulsanti dalla piattaforma, da cui
stava comunicando e si mise in contatto con un’altra sezione
della base.
«Kyla qual è la situazione?»
domandò serio, mantenendo un atteggiamento calmo, di chi sa
mantenere i nervi saldi anche nelle peggiori situazioni.
«Due unità ci stanno attaccando. Appartengono
all’Impero ma non riusciamo a classificarli, molto
probabilmente si tratta dei nuovi modelli. Seref è ai fucili
nord ma non riesce a colpire i bersagli si muovono ad una
velocità troppo elevata.» la risposta fu rapida e
precisa. Seguì qualche secondo di silenzio spezzato, poi,
dal generale.
«Erin dov’è?»
«Alla sua postazione.»
«Bene! Di a Lev di occupare la postazione dei fucili a sud
mentre tu occupati di quella a est. Coprirete le spalle degli altri che
stanno uscendo con i teknight. Io raggiungerò Erin sul ponte
di comando e cercheremo di fermarli.»
«Agli ordini!»
Senza perdere tempo prezioso, riferì il comando ricevuto e i
due si precipitarono nelle postazioni assegnate.
Owen si rivolse al giovane Katsu dicendogli di andare alla postazione
dei fucili ovest in modo da non lasciare punti ciechi, il giovane
scattò immediatamente.
Infine si rivolse a Takehito.
«Ragazzo tu resta qui e non muoverti, sarai al
sicuro.» detto ciò, si diresse verso
l’uscita con passo svelto e svanì.
Nella sala rimase solo il meccanico, intento a ultimare gli ultimi
preparativi che avrebbero reso operativi i robot, con Takehito confuso
e incapace di comprendere la situazione.
Seguiva con gli occhi gli spostamenti che venivano fatti fare ai
teknight, ora allineati con gli sportelli aperti, in attesa dei loro
piloti pronti a prendere parte all’attacco.
Due di quelli li aveva già visti da vicino.
Si trattava del mecha marroncino, il RAD da difesa.
Come tutti i teknight aveva un aspetto umanoide, ma sembrava far parte
di una vecchia categoria per via delle sue forme molto squadrate.
L’altro era il modello blu MA, dalle dimensioni
più ridotte e dall’aspetto minaccioso. Come se
fosse l’opposto, aveva una forma slanciata e più
curva che lo rendeva molto più simile ad un corpo umano di
quanto un normalissimo teknight.
Lo stesso valeva per il modello che lo precedeva. Le uniche differenze
consistevano nel colore nero e nelle sue dimensioni leggermente
più grandi, per il resto sembravano essere
identici.
La sirena, il cui suono si era fatto più leggero,
terminò il suo compito di allerta e si spense, nello stesso
tempo si aprì una porta, non era quella principale
usata in precedenza, ma una più piccola alle spalle di
Takehito. Da lì sbucarono tre persone che superarono il
ragazzo di corsa e si precipitarono ad occupare i teknight orami pronti.
Takehito rimase fermo a guardare.
Solo uno dei tre piloti indossava una tuta specifica da combattimento
ad alta quota, si trattava di quel membro dell’equipaggio
alto e con la pelle scura che aveva tentato in tutti i modi di
scambiare quattro chiacchiere con lui. Gli altri due non li riconobbe,
non avendoli visti prima, ma fu colpito dai loro vestiti alquanto
strani e a suo parere non adatti a quel tipo di battaglia.
I tre teknight si sollevarono dal suolo producendo una luce biancastra
dai piedi e dalla schiena e immediatamente uscirono attraverso una
grande apertura che li condusse fuori dalla base.
Takehito si avvicinò al meccanico, Aruto, che si apprestava
ad osservare il combattimento su di un monitor.
L’uomo gli intimò di non toccare nulla ma non gli
impedì di guardare.
Appena usciti i piloti della Phlayrh allontanarono i nemici ad una
certa distanza dalla base, utilizzando lo scudo energetico del RAD . I
colpi di quelli che dovevano essere dei fucili ad energia luminosa,
rimbalzavano sullo scudo.
A prima vista il nemico non doveva essere così differente
rispetto a prima, sia le armi, sia la forma e le dimensioni dei nuovi
mecha erano simili ma solo a prima vista.
Quando furono ad una certa distanza i teknight blu e nero, scattarono
in avanti andando contro gli avversari.
Entrambi utilizzavano una spada senza lama, al suo posto vi era invece
una luce molto intensa di colore azzurro.
Ingaggiarono battaglia.
Lo scontro si preannunciava subito difficile, poiché
riuscivano a schivare tutti i loro attacchi.
Per alcuni minuti continuarono in questo modo, fino a quando teknight
imperiali schizzarono lontano puntandogli contro i loro fucili pronti a
sparare.
Prontamente li seguirono per sferrare un altro attacco, riuscendo a
schivare il fuoco nemico, annullarono la distanza e colpirono.
La spada non affondò nel metallo ma si piegò
prendendo la forma di esso, raggirandolo, rendendo il colpo sferrato
vano.
«Ma cosa?»
«Allontanatevi!» l’urlo del compagno
riportò all’attenzione gli altri due.
Il pilota del teknight nero riuscì ad indietreggiare mentre
l’altro venne bloccato da un braccio e ogni tentativo di
liberarsi si rilevò inutile.
La situazione si fece più difficile quando, dalla
parte anteriore del teknight nemico, uscì uno strano pezzo
di artiglieria che cominciò a riscaldarsi e ad illuminarsi
si rosso.
Il mecha nero tento di aiutare il compagno ma venne fermato, ci
provò anche l’altro e i suoi compagni dalla base
con i fucili, tutti i colpi raggirarono il robot come era avvenuta
prima con la spada.
La luce divenne sempre più rossa e più calda, il
pilota imprigionato si stava lasciando prendere dal panico e non
vedendo altra scelta, afferrò con fermezza la spada di prima
e con un colpo netto si tranciò il braccio, liberandosi
dalla morsa del nemico, giusto in tempo per scansarsi ed evitare
l’attacco che un attimo dopo venne lanciato.
Quel raggio di luce, che venne liberato, proseguì per
chilometri squarciando le poche nubi presenti e lasciando un bagliore
rosso dietro di se.
Il teknight blu venne coperto dagli altri due.
«Y 7 tutto bene?!»
«Sì, da solo un po’ fastidio.
– disse con voce affannosa, poi proseguì
– Maggiore che si fa?»
«Non ne ho idea, per ora possiamo solo contenere i loro
attacchi.»
«K4 ascolta con attenzione! Aruto è riuscito a
trovare un modo per danneggiarli.- la sola voce del loro generale
riuscì a riportare un po’ di calma ai piloti.- Non
sappiamo come ma gli attacchi a base di energia luminosa non riescono
ad attraversare il materiale di cui sono composti. Secondo i suoi
calcoli un colpo fisico o con una lama in metallo dovrebbe essere
efficace. K3, L5, S8 e Katsu useranno le mitragliatrici a proiettili e
vi copriranno le spalle. K4 attira la loro attenzione su di te e
diventa il loro bersaglio. Y7, S6 cercate di uscire dal loro campo
visivo e attaccateli di sorpresa.»
«Agli ordini!»
Come se fossero stati ricaricati di nuova energia, i teknight blu e
nero si allontanarono ad altissima velocità, prima dietro la
base e poi tra le nubi.
Gli avversari tentarono di seguirli ma vennero bloccati dai colpi delle
mitragliatrici, che anche se non avevano un grande effetto, riuscivano
a creare qualche fastidio. Ma a fermarli fu un colpo di bazuka che
riuscì a colpire entrambi.
Purtroppo sembrava che l’unico effetto ottenuto fosse quello
di annerirli leggermente, ma bastò per concentrare il fuoco
nemico sul RAD.
Sfortunatamente per loro, la difesa del teknight che stavano
fronteggiando era davvero straordinaria. Resisteva ad ogni attacco,
anche quando il pilota nemico, ormai stanco, decise di usare quel
raggio rosso e caldo che aveva creato tanti problemi.
Un fulmine blu e uno nero dall’alto piombarono sulla testa
dei loro nemici, armati di un piccolo coltello a lame metallica, lo
conficcarono nella testa dei teknight.
Dal taglio fuoriuscirono scintille e scariche elettriche.
La situazione cominciava a cambiare a favore della Phlayrh.
Takehito continuava ad osservare tutto dal monitor. Non diceva nulla,
non si muoveva e il suo sguardo era sempre preoccupato e spaventato.
Vedendo le difficoltà che trovavano i piloti della Phlayrh
nel tener testa l’avversario, sperava in cuor suo
che le forze imperiali riuscissero davvero a fermarli, che li
catturassero e che lo liberassero riportandolo a casa.
Più il tempo passava, più questa speranza
cresceva anche quando il meccanico sembrava aver capito come poter
attaccarli.
Ora, però, la situazione stava mutando nel modo che non
avrebbe voluto vedere.
I teknight dei terroristi riuscivano ad infliggere danni agli
avversari.
Non erano gravi ma diventavano sempre di più, non davano
tregua e quindi la possibilità di contrattaccare.
La sua speranza ora, era riposta nella possibilità che i
piloti della Phlayrh non reggessero a lungo questo ritmo. Tuttavia
questa rimase solo una speranza.
Gli attacchi non cessavano, anzi diventavano sempre più
frenetici, aiutati dalla copertura delle mitragliatrici della base e
dal RAD.
Di questo passo li avrebbero messi in fuga.
Non seppe il motivo ma la situazione gli mise paura e non potendo
scappare decise di reagire, cercando una soluzione per aiutare i
teknight imperiali.
Si guardò intorno alla ricerca di una buona idea. In quella
sala c’erano solo attrezzi meccanici, qualche apparecchiatura
elettronica e teknight che non saprebbe far funzionare.
Continuò a pensare e ad osservare.
All’improvviso si voltò.
C’ erano altri teknight di quelli che conosceva bene, di
quelli che aveva contribuito a migliorare.
Aveva trovato l’idea.
Senza farsi notare, approfittando dell’attenzione che il
meccanico prestava alla battaglia, si allontanò
silenziosamente verso il teknight con lo sportello aperto, vi
entrò e controllò che tutto era funzionante.
Respirò profondamente raccogliendo tutto il coraggio che
aveva, chiuse lo sportello e azionò i motori.
«Cosa?» Aruto si voltò e poi si
guardò intorno capendo immediatamente cosa stava accadendo.
«Ragazzo cosa credi di fare? Fermati non fare
sciocchezze!» le sue parole non servirono a fermalo.
Volò all’esterno restando un attimo fermo per
vedere la posizione dei combattenti, dopo di che si gettò a
tutta velocità sul teknight nero e lo trascinò
lontano colpendo anche quello blu che ne rallentò la corsa.
Una fortuna inaspettata che consentì ai piloti
dell’impero di caricare il colpo luminoso rosso che spararono
pochi istanti dopo. Ma anche questo venne bloccato dal repentino
intervento del RAD.
Questa volta ne uscì più malconcio ma non ebbe il
tempo di riprendersi che venne colpito ancora una volta da dei razzi
che perforarono il metallo ed esplosero.
«K4!»
«K4 rispondi!»
«Kirabo!»
«Sto bene. Non preoccupatevi. La cabina ha retto ma
è danneggiata … anche le telecamere non si vede
quasi nulla. Penso di non poter essere più utile.»
«Da dove è saltato fuori
quell’altro?>
«Sarà quel ragazzino che si era appeso alla nostra
base. Mettetelo al sicuro e ditrug … mo … svel
…»
«Ehi! K4 che succede? Mi senti?» i richiami dei
compagni non servirono a nulla.
Il RAD smise di funzionare e lo videro precipitare.
«No Kirabo!»
«Y 7 lo recupero io. Lo riporterò
indietro!».
Il teknight nero si precipitò verso il basso nel tentativo
disperato di recuperare il compagno.
«S6 fermati! Lo MA non reggerà.» il
comando venne dalla base.
Il pilotalo ignorò.
«S6 torna indietro! Fermati!»
Proseguì ancora fino a quando la strumentazione lo
avvisò del pericolo imminente e rendendosi conto che
rischiare la vita in quel modo non sarebbe servito ad aiutare il
compagno, si fermò e tornò indietro.
I due assalitori sfruttando la situazione, recuperarono il teknight
imperiale con a bordo Takehito e anche loro si diressero verso il
suolo.
«Ma che diavolo … proprio ora dovevi smettere di
funzionare.» Kirabo tentava in tutti i modi di riattivarlo,
di farlo funzionare ma non ne voleva sapere.
Non sapeva nemmeno quanto distasse il suolo ma sapeva che se non avesse
fatto qualcosa, sarebbe morto .
Alla fine prese una piccola ascia in un angolo della cabina e
cominciò a colpirla, sperando che il colpo ricevuto
l’avesse danneggiata a tal punto da poterla rompere
facilmente. Colpì e colpì ancora, in modo sempre
più frenetico e finalmente incominciò a rompersi
e continuò fino a quando non era riuscito a creare
un’apertura abbastanza grande.
Si lanciò da lì, attivando dei piccoli propulsori
sulla schiena che gli permisero di atterrare con dolcezza.
«Appena in tempo …» disse con un soffio
di voce vedendo il suo teknight schiantarsi al suolo, provocando un
gran rumore.
«E ora che faccio? Aspetto che mi vengano a
prendere?» nemmeno terminata la frase che il rumore di motori
gli fece cambiare idea.
Tutt’intorno c’era una vastissima pianura e nessun
posto per nascondersi.
Non avendo altra scelta si nascose sotto il suo mecha, sperando che non
lo trovassero.
I teknight imperiali atterrarono avvicinandosi a quell’ormai
rottame sollevandolo e scoprendo così anche il suo pilota.
Non avendo altra scelta cercò di scappare il più
velocemente possibile. Ma uno dei piloti uscì e
sparò con una pistola, prendendolo. Kirabo cadde.
Presero anche lui e andarono via.
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Capitolo 5 *** Section 4 ***
ARGEST AGE –
section 4
In una piccola stanza poco
illuminata, con al centro un tavolo e qualche sedia,
c’erano Takehito e Kirabo, entrambi seduti. Il
primo non faceva altro che fissare alternativamente prima la
porta e poi l’altro membro della stanza mentre il secondo,
seduto in malo modo su una sedia, era ancora privo di sensi.
Passò all’incirca un’ora, quando il
pilota della Phlayrh si svegliò. Si sentiva confuso e aveva
un gran dolore alla testa oltre ad un acuto fastidio alla schiena, dove
era stato colpito probabilmente con una pistola di quelle che sparano
proiettili che si fissano al corpo e rilasciano una scarica elettrica.
Una volta che si fu
completamente ripreso, si guardò per bene intorno e solo in
quel momento, notò la presenza del ragazzo.
Sorrise, contento di
vederlo vivo.
« Dove ci
troviamo?»
«In un centro
di ricerca credo. Non pensare di potertela cavare. Di certo verranno ad
interrogarti e ti costringeranno a dire tutto quello che sai sulla
Phlayrh, per poi punirti come meriti» Takehito aveva alzato
la voce nonostante la paura.
«Guarda che
sei nei guai anche tu.» disse mentre si guardava in giro.
«Perché
dovrei esserlo?»
«Dipenderà
da quello che vorranno da te.» gli rispose accovacciato
davanti alla porta.
«Ma come si
apre questa porta?» si domandava a bassa voce tra se e se,
quando il passaggio si aprì.
Kirabo
indietreggiò di scatto ed entrarono un uomo di
mezz’ età accompagnato da un altro, alto e robusto
con uno sguardo poco rassicurante.
Dai vestiti dovevano
essere degli ufficiali dell’esercito imperiale.
«Tu sei il
collaudatore Takehito Ikeda che è riuscito a salire a bordo
della Phlayrh?» Domandò l’uomo di
mezz’età.
«Si!»
E poi rivolto a al suo
compagno.
«Cominciamo
da quello della Phlayrh.»
L’uomo
robusto prese in malo modo Kirabo costringendolo a sedersi.
Di fronte a lui si
sedette l’altro che prese la parola.
«Credo che tu
abbia capito cosa vogliamo da te. Non rendere il compito troppo
difficile, sarà meglio per entrambi. - Kirabo lo fissava
dritto negli occhi – Partiamo da qualcosa di semplice
… il teknight che pilotavi … non riusciamo ad
accedere ai suoi dati. E’ protetto da una serie di sistemi di
sicurezza che i nostri tecnici non riescono a superare, dicci come fare
per sbloccarli.>>
«E’
un teknight fantastico, vero? Il sistema sicurezza dati si attiva
automaticamente quando è eccessivamente danneggiato, quando
è il pilota ad inserirlo oppure quando
quest’ultimo muore. Molto efficace, non trovate?»
«Dicci il
modo per disattivarlo!»
«Non posso!
Non so nemmeno io come si fa.»
«Vedi di non
mentire!» la voce divenne più alta.
«Non vi sto
mentendo. E’ un sistema sofisticato e oltre a non capirci
molto, noi piloti non siamo tenuti a conoscerlo per evitare che in
situazioni, come quella in cui mi trovo, potessimo rilevare
informazioni riservate. Se non volete credermi, siete liberi di
farlo.»
«Facciamo che
ti credo. Un’altra domanda facile. Questo ragazzo cosa vi ha
detto di noi?»
«Purtroppo
nulla! Avete membri decisamente fedeli tra le vostre fila. Pensa che
non so nemmeno il suo nome e dato che non abbiamo l’abitudine
di trattar male i nostri ospiti, per lui è stato
più che facile. Anche se ripensandoci, dovevamo rinchiuderlo
da qualche parte visto il casino che ha combinato»
pronunciò le ultime parole in modo ironico, guardando il
ragazzo con la coda dell’occhio.
«Ahah! Per
come si è comportato facciamo che ti credo
ancora.» il tono dell’ufficiale
dell’impero si fece di colpo più serio.
«Vediamo se
sarai ancora così chiacchierone. Facciamo qualche domanda
più difficile. Dimmi il tuo nome, età e
provenienza.»
«Non
è cortese chiedere certe cose senza nemmeno essersi
presentati.»
Kirabo non
riuscì a trattenere un grido strozzato per il dolore.
L’ufficiale robusto che era all’in piedi alle sue
spalle gli afferrò la testa per i capelli, tirandola
all’indietro.
«Vedi di non
scherzare o passerai dei momenti poco piacevoli.»
«Sono affari
miei di come mi chiamo!»
Sì senti un
forte rumore quando la testa del pilota venne sbattuta con violenza sul
tavolo. Si sentivano dei lamenti per il dolore, soffocati dalle mani
che si era portato al volto. L’uomo alle sue spalle gli
alzò la testa tirandola sempre per i capelli.
Aveva il naso che sanguinava.
«Stavi
andando bene, peccato. Vediamo se con qualche altra domanda ti torna la
voglia di parlare … dimmi della tua base, dei tuoi
compagni e dei vostri piani!»
Il pilota non disse
più una parola. Si limitava a fissarlo con gli occhi
leggermente stretti dal dolore.
Continuando a non
rispondere il suo torturatore lo prese girandolo verso di se e
cominciò a dargli dei pugni al vivo e allo stomaco. Kirabo
continuava a sopportare e trattenere il dolore.
Continuarono
così, a fargli domande e picchiarlo senza ottenere nulla.
Andarono avanti in
questo modo per più di un’ora.
«Non
n’è hai ancora abbastanza? Voglio essere buono se
mi dirai anche solo qualcosa ti lascio stare.» ma Kirabo
continuava a non rispondere ormai quasi allo stremo.
Takehito era rimasto ad
assistere per tutto il tempo inorridito da tanta violenza.
«Continui a
non voler parlare maledetto! Non tieni alla vita forse? Vuoi forse
dirmi dove andate a nascondervi? Se mi risponderai la finiamo
qui.»
Ma non giunse nessuna
risposta.
Allora
l’ufficiale robusto lo sollevo dalla sedia sbattendolo con le
spalle al muro e dandogli una ginocchiata allo stomaco.
«Sei deciso a
non parlare!»
«Non
metterò in pericolo i miei compagni e tutti gli
altri.» disse faticosamente.
Senza più
esitazioni l’ufficiale incaricato a torturarlo, gli prese il
braccio destro e cominciò a fare pressione sul
gomito con l’intento di romperlo.
Le urla del pilota
divennero più forti. Ma nonostante tutto non cedeva e
così la pressione si faceva sempre più forte,
sempre più e con quella aumentava anche il dolore fino a
diventare insostenibile quando si spezzò.
Era a terra piegato dal
dolore. Cercava di trattenere le urla che si trasformavano in lamenti e
singhiozzi.
Il componente
più giovane della stanza guardava la scena spaventato.
Avrebbe voluto fermarli, pensando che quel trattamento fosse eccessivo
anche per un criminale.
«Ora non
penso sia in grado di rispondere Facciamolo calmare, continueremo dopo.
Pensiamo all’altro.» e si rivolsero a Takehito.
«Visto quello
che accade con chi decide di non aiutarci, spero che con te sia
diverso.>>
«Per
… perché non dovrei collaborare?» aveva
paura, gli occhi spalancati e la voce tremolante.
«Non ho alcun
dubbio! Mi sai dire come si chiama?»
«N
..no»
«Ne sei
sicuro?»
«Sì!»
«Sapresti
descrivermi quelli che hai visto sulla nave?»
«Ho visto il
loro comandante!»
«Di lui non
ci interessa, lo conosciamo già.»
«Non ho visto
più nessuno.»
«Ne sei
sicuro?»
«So ..sono
stato tutto il tempo in una stanza, ho visto solo il loro
comandante.»
«Bada di non
mentire! Hai preso un teknight e fuggito di lì, lungo il
tragitto devi pur aver visto qualcuno!» l’ufficiale
di mezz’età alzò la voce che si fece
imperiosa e l’altro lo prese per la maglietta che indossava,
alzandolo.
«Lo giuro!
E’ tutto quello che so! Prima di salire sulla base ho perso i
sensi e quando mi sono risvegliato era solo in una stanza, è
venuto il comandante e nessuno più e non avevo il coraggio
di uscire. Però quando ho sentito che stavate attaccando ho
pensato che fosse una buona occasione per fuggire. Ho solo pensato a
non farmi notare e a fuggire, non ho fatto caso a tutto il resto. Vi
prego credetemi non vi sto mentendo, lo giuro!»
spiegò loro il ragazzo tutto d’un fiato
con le lacrime agli occhi.
«…
lascialo perdere non sa nulla.» l’uomo robusto lo
lasciò andare.
«Ora mi
lascerete andare, posso tornare a casa?» osò
domandare Takehito.
«Non mi sei
servito a niente. Ma non ti preoccupare sarai utile
all’impero. Quando hai tentato di fermare il furto ed eri
riuscito a salire sulla base, abbiamo diffuso la notizia della tua
probabile morte. Certo, se fossi tornato con qualche
informazione utile avremmo anche potuto farti diventare una sorta di
eroe, ma dato che sei tornato a mani vuote, non possiamo far altro che
confermare la tua fine. “Il pilota fatto
prigioniero ha confessato la terribile morte sotto torture e minacce
del nostro collaudatore. Volevano ottenere più
informazioni possibili ma grazie alla sua tenacia e coraggio ha
resistito, dimostrando tutta la sua lealtà
all’Impero.” Verrai ricordato ugualmente come un
eroe. Quindi preparati a morire insieme a
quell’altro.»rise rozzamente e
così dicendo i due ufficiali uscirono lasciandoli soli.
Tornarono ad essere
soli in quella piccola stanza dove regnava solo il silenzio, rotto dal
respiro pesante di Kirabo.
«Perché
non hai detto nulla?» domandò il pilota che a
fatica stava tentando di riprendersi appoggiandosi al muro.
«Non lo so. -
continuò - Hanno davvero intenzione di uccidermi?»
«Non mi
sorprenderei …»
«Perché
dovrebbero farlo? Non capisco, non ho fatto nulla di male!»
«E’
il loro modo di fare. Se possono trarre vantaggio da qualcosa, non
esitano a farlo.» anche parlare era uno sforzo.
Kirabo era seduto a
terra con la schiena appoggiata al muro e gli occhi chiusi. Dopo poco
sentì il ragazzo piangere , si voltò a guardalo e
gli fece una gran pena.
Era rannicchiato su una
sedia che tentava inutilmente di fermare le lacrime passandosi le mani
sugli occhi.
Con molta fatica si
alzò e gli si avvicinò chinandosi per arrivare
alla sua altezza, accarezzandogli la testa.
«Non voglio
morire … ti prego aiutami … non voglio morire
…»
«Non
lascerò che ti accada nulla, sta tranquillo. Fuggiremo di
qui e poi ti porterò in un posto sicuro.» Kirabo
cercava di confortalo e a poco a poco il ragazzo si calmò.
«Bisogna
bloccare il braccio. Cerco se c’è qualcosa per
fermalo.» così dicendo si guardò
intorno ma non vide nulla di utile, allora si alzò in
direzione di un armadietto.
Come serratura
c’era uno schermo, che al tocco delle dita del ragazzo,
proiettò una schermata luminosa nell’aria. Poi si
abbassò a guardare un angolo dell’armadietto e
tornò alla schermata dove digitò varie
cifre e lettere, dopo di che si aprì.
Vi guardò
dall’interno. Non c’era nulla di particolare, vari
oggetti che di solito si usavano negli uffici, guardando meglio vide
delle cilindretti sottili di metallo. Pensò che erano adatti
e ne prese due.
Si avvicinò
al pilota, si strappò un pezzo della sua maglietta e poi
prese il braccio da medicare.
Tra le urla a
stento trattenute, posizionò i cilindri per poi fissarli con
il pezzo di stoffa. Quando terminò si rimise a sedere col
capo rivolto verso il pavimento, mentre Kirabo riprendeva fiato.
«Come hai
fatto ad aprire
quell’armadietto?»domandò
all’improvviso il pilota.
«Non
è difficile. Esiste un trucco. La maggior parte degli
oggetti che si trovano nei laboratori e centri di ricerca, hanno una
combinazione che si può ricavare facilmente dal loro numero
di serie. E’ stato un mio collega a scoprirlo tempo
fa.» spiegò il ragazzo.
«Si
può fare la stessa cosa anche con quella porta?»
«Sì!
Anche se c’è più di una
combinazione possibile, ma non sono difficili da calcolare.»
«Fantastico!
Sai altro di questo posto?»
«Se sapessi
precisamente dove ci troviamo mi potrebbe essere
d’aiuto, ma i laboratori sono più meno
simili.»
«Mi
aiuteresti a preparare un piano di fuga?»
«Ma
è pericoloso! Ci saranno sicuramente soldati e telecamere a
controllarci?»
«Mi sembra di
averti sentito dire che non volevi morire.»
«Sì
… ma …»
«I miei
compagni non ci metteranno molto a trovarci, ma anche noi dobbiamo fare
la nostra parte. - lo guardò con più decisione. -
Mi aiuti?»
Con un po’ di
esitazione il giovane acconsentì.
«Va bene. La
prospettiva che ci attende non è delle migliori e non
cambierà restando qui.»
«Per prima
cosa devo recuperare il mio RAD. Sai pilotarli i teknight
vero?»
«Certo! Ma
non avevi detto che non sai disattivare il sistema di
sicurezza?» domandò ingenuamente.
Kirabo rise.
«Hai creduto
a quello che ho detto?» il ragazzo sembrò
offendersi a quelle parole, poi Kirabo continuò.
«E’
vero che si è inserito un sistema di sicurezza, anzi ora sta
anche trasmettendo un segnale alla base, impossibile da intercettare se
non da appositi strumenti. Però non è vero che
non posso disattivare tale sistema. Ammetto di non capirci molto, ma
almeno le cose fondamentali le so fare.»
«Ho capito,
sai il fatto tuo. Ora ci mettiamo a pianificare questa
evasione?» disse Takehito scocciato.
«Giusto!
Meglio non perdere tempo … aspetta però, una cosa
davvero non la so … come ti chiami?»
Il ragazzo rimase a
guardalo, poi incominciò a ridere.
«In una
situazione come questa ti preoccupi di sapere qual è il mio
nome? Poi l’ha detto anche l’ufficiale di
prima.»
«Non ho fatto
caso a quello che ha detto! Non posso mica chiamarti
“ragazzo” o “ehi tu”? E poi il
mio nome lo conosci.»
«Mi chiamo
Takehito Ikeda … però mi dispiace il tuo nome non
lo ricordo.»
«Faccio finta
di non averti sentito, con tutte le volte che te
l’avrò ripetuto in questi giorni.»disse
con finto tono offeso.
«Comunque
sono Kirabo, per sicurezza ti dirò il mio nome completo
quando saremo al sicuro» e iniziarono a lavorare sul piano di
fuga.
Correva, inseguito da
un uomo.
Girò
l’angolo e quasi cadde, riprese la sua corsa sempre con
l’uomo alle spalle e poi si catapultò in una
stanza, che aveva la porta aperta.
«Non puoi
più scappap …» un rumore sordo e poi un
tonfo.
Nella stanza ad
attenderli c’era Takehito, che si era nascosto appena dietro
l’entrata. Reggeva una sedia sulla testa, pronto a colpire.
Appena sentì dei rumori provenienti dall’esterno,
si preparò.
Il suo complice
entrò nella stanza e subito con al seguito suo inseguitore
che venne colpito dalla sedia.
«Gli hai dato
una bella botta.»
«Ho
esagerato?»
«Va bene
così! Più resta in questo stato, meglio
è per noi. Su! Ora prendi i suoi vestiti e continuiamo come
stabilito. Sbrigati!»
Il ragazzo fece subito
come gli era stato detto.
Si chinò e
con l’ aiuto di Kirabo, spogliò, quello
che doveva essere un soldato di guardia, e indossò
l’uniforme. Gli andava un po’ grande.
«Kirabo
c’è anche una specie di
ricetrasmittente.»
«Metti anche
quella.» e il ragazzo mise anche la ricetrasmittente.
Fece un gran respiro.
«Sono
pronto!» annunciò.
«Cerca di
restare calmo, intesi?»
«Sì.
Andiamo.»
Kirabo
annuì.
Uscirono assicurandosi
di chiudere bene la porta e cominciarono a percorrere il corridoio.
Camminavano uno dietro
l’altro. Kirabo avanti con il braccio sano dietro alla
schiena, retto da Takehito.
Il
più giovane si guardava intorno cercando di orientarsi. Si
erano diretti verso i piani inferiori, usando le scale ,
poiché era lì che in genere si trovavano i
teknight, almeno così sosteneva Takehito.
Ad ogni piano facevano
qualche passo nei corridoi e poi tornavano indietro per continuare la
discesa.
Improvvisamente il
più giovane sorrise.
«Cosa
c’è?»domandò
l’altro.
«Siamo
fortunati! Conosco questo posto. Ho lavorato per un po’ qui.
Se non ricordo male dobbiamo scendere ancora di un piano.»
«Che
fortuna!»
«Dove stai
portando il prigioniero?» a Takehito mancò un
battito.
La voce proveniva della
ricetrasmittente.
«Rispondi!»
ancora quella voce meccanica.
«Di qualcosa
o si insospettiranno.» gli bisbigliò Kirabo.
Il ragazzo premette un
pulsante della ricetrasmittente.
«Ho
… ho l’ordine di portarlo al suo teknight, pare si
sia deciso a collaborare.» la sua voce era insicura, ma
bastò.
«Bene, va
pure.»
Proseguirono. Takehito,
ora col cuore in gola, conduceva sempre Kirabo tenendolo per il
braccio, ora più all’erta che mai.
Giunsero davanti una
grande porta.
Il ragazzo
l’aprì senza alcun problema ed entrarono.
Era una stanza
decisamente grande e c’erano molti teknight.
Kirabo si
svincolò dalla presa leggera del giovane e si muoveva
frenetico tra quelle armi umanoide alla ricerca della sua.
«Eccolo!Eccolo!Takehito
vieni, l’ho trovato!»
«Shh! Sei
impazzito.»il ragazzo era agitato e considerò
quell’entusiasmo fuori luogo.
Lo raggiunse e lo
trovò intento a premere una sere di tasti. Il teknight non
era di certo in buone condizioni. In molti punti presentava delle
ammaccature e delle parti mancanti e non sembrava poter essere in grado
di mettersi in funzione.
«Ma si
muoverà?» si chiese scettico.
«In queste
condizioni no di certo. Però ha energia a sufficienza per
poter comunicare con gli altri.»
Premette ancora alcuni
pulsanti e si sentì un leggero rumore, simile a
quello di un motore che si avvia, si accesero alcune luci e si
abbassò una lastra di metallo deformata, ovvero
ciò che rimaneva dello sportello. Kirabo entrò
all’interno del mecha e attivò il sistema di
comunicazione.
«Base, qui
K4, mi sentite?»
«Base
… Owen? Vi prego qualcuno risponda!» si mise in
attesa.
«K4, qui
Erin! Quali sono le condizioni?» fu una domanda diretta ma si
percepì chiaramente il sollievo nel sentire il compagno.
«Per fortuna!
Il RAD è messo male non riuscirò a metterlo in
moto e anche io non sono nelle migliori condizioni, ho un braccio
rotto, però c’è il ragazzo che mi sta
aiutando.»
«Non
preoccuparti, stiamo arriviamo. Abbiamo ricevuto la segnalazione di
posizione, nelle vicinanze ci sono K3, S6 e S8. Aspetta il loro
intervento.»
«Agli
ordini!» Kirabo usci dall’abitacolo un
po’ a fatica e si rivolse a Takehito.
«Quello
è un teknight da carico?» domandò
indicando col dito un mecha dalle grandi dimensioni.
«Sì!»
«Allora
attivalo e caricaci su il RAD.»
«Ok!»
fece come gli era stato detto.
Ma proprio mentre lo
stava per attivare, la porta della stanza si aprì e fecero
irruzione un paio di decine di uomini armati.
«Pensavate di
scappare ingannandoci in questo modo? Stupidi.» I due
riconobbero l’uomo che aveva parlato. Si trattava dello
stesso che era venuto ad interrogarli.
Takehito
tentò ugualmente di attivare il mecha, ma un colpo di arma
da fuoco lo fermò.
«Non ci
provare nemmeno, almeno che tu non voglia morire prima del
tempo.»
«Non fare
nulla! Resta dove sei!» urlò Kirabo alzando il
braccio sano verso l’alto.
«Bene, hai
capito.» l’uomo seguito da alcuni dei soldati si
avvicinò.
Un grande
boato però, impedì loro di raggiungerlo.
Alcune parti del
soffitto e una delle pareti crollarono. Kirabo trovò riparo
sotto al suo RAD mentre Takehito ne approfittò per terminare
quello che aveva iniziato.
«Fate fuoco!
Uccideteli!»
L’ordine,
urlato con tutto il fiato possibile, venne eseguito
immediatamente e una scarica di proiettili si diressero nella direzione
del pilota della Phlayrh.
Questa volta la sola
protezione del suo mecha non sarebbe bastata, ma intervenne Takehito
che all’interno del teknight da carico, si frappose tra lui e
i soldati.
Allora, i soldati
rimasti nelle retrovie salirono su dei teknight , decisi a fermare i
fuggiaschi. Tutti i loro sforzi risultarono vani, quando fece irruzione
un teknight rosso, che come un fulmine, distrusse ogni cosa aveva
davanti.
Nella confusione
Takehito fece entrare Kirabo nella postazione di pilotaggio. Prese con
se anche il RAD e uscirono volando verso l’alto.
Davanti a loro
trovarono altri due teknight della Phlayrh.
Il modello
nero dalle forme slanciate e un altro grigio.
Presto li raggiunse
anche quello rosso insieme al una decina di nemici.
«S8, K3,
portate K4 e il ragazzo alla base. Qui ci penso io» e come
una furia il teknight nero colpiva e distruggeva gli avversari che
tentavano di fermarlo.
Quando non rimase
più nessuno ad ostacolarlo, raggiunse i suoi compagni e
insieme ritornarono alle loro base, nascosta da qualche parte nel
cielo.
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Capitolo 6 *** Section 5 ***
Argest Age –
section 5
Era tornato al
punto di partenza, su quella base che viaggiava
nell’atmosfera terrestre. Quando arrivò, molte
persone circondarono il teknight in cui si trovava. Erano tutti
preoccupati per il loro compagno.
Kirabo sollevato del fatto di essere al sicuro, lasciò che
la stanchezza accumulata per la tensione e il dolore prendessero il
sopravvento ma nonostante ciò, continuava a preoccuparsi per
Takehito ancora scosso affidandolo ai suoi compagni, sicuro che si
sarebbero presi cura di lui. Venne poi portato via dal medico, Lara,
tra mille domande e raccomandazioni, seguito da altri tre.
«Takehito, riesci ad uscire? Stai bene?»il ragazzo
riconobbe immediatamente quella voce calda e profonda.
«Sì!» rispose piano muovendosi e uscendo
dal robot.
Il generale lo aiutò a scendere porgendogli una mano e il
ragazzo poté osservare con più attenzione chi lo
circondava.
Erano rimasti una ragazza che indossava una tuta da pilota, il generale
e quello che ricordava essere il meccanico con il figlio.
«Ti ringrazio a nome di tutti per aver aiutato
Kirabo.» sorpreso Takehito guardò prima il
generale e poi il pavimento.
«Dovrei essere io a ringraziarvi dopo tutto quello che ho
fatto.»
«Non pensarci più, orami è passato. -
lo rassicurò la ragazza con la tuta avvicinandosi,
continuò - piuttosto sembri stremato, vuoi
riposare?»
«Sì, per favore.»
«Vieni ti faccio strada!»disse sorridendo.
Nel tragitto la ragazza si presentò col nome di
Kyla e gli disse di essere il pilota del teknight rosso. Lo
accompagnò ai piani superiori dove, gli spiegò,
si trovavano le stanze di tutti i membri dell’equipaggio e al
momento c’e n’erano alcune non utilizzate.
Aprì una delle porte, accese la luce e lo fece entrare.
«Questa è la più grande tra quelle
libere, però se non ti piace puoi sempre sceglierne
un’altra, a limite domani con più calma.»
«Grazie.» si limitò a rispondere.
«Bene! Ti vado a prendere le lenzuola e una
coperta.» e uscì.
A differenza della stanza in cui era stato la volta
precedente, era molto più spaziosa, un po’
spoglia, data la sola presenza del letto e di un piccolo armadio.
C’era però un'altra porta che conduceva a un bagno
non molto grande ma bene attrezzato.
Ritornò nella stanza, guardò fuori attraverso una
delle due finestre a forma di oblò.
Era notte ed era completamente buio fatta eccezione per la luce delle
stelle. Rimase a guardare ancora un po’, per poi gettarsi sul
letto.
Quando Kyla tornò, trovò il ragazzo addormentato
e non volendolo svegliare, ripose le lenzuola nell’armadio e
lo coprì con la coperta.
Quando si svegliò il giorno seguente, era già
mattino inoltrato e la luce entrava con prepotenza nella stanza.
Impiegò qualche secondo per mettere a fuoco ciò
che aveva fatto prima di addormentarsi e tutto quello che gli era
accaduto gli sembrò un sogno.
Alzandosi aveva notato che ai piedi del letto c’erano alcuni
vestiti, asciugamani, sapone e qualcosa da mangiare, così ne
approfittò per lavarsi e cambiarsi.
Sotto il getto d’acqua della doccia ritornò a
pensare alla sua attuale condizione. Era tornato da quelli della
Phlayrh pur di non essere ucciso. Ormai poteva dirsi quasi certo di
essere al sicuro ma non riusciva ad immaginare che cosa sarebbe
accaduto da lì in poi. Anche se lo avessero lasciato andare
via, non aveva più un posto in cui stare, forse sarebbe
potuto tornare dalla sua famiglia ma riflettendo avrebbe potuto
metterla in pericolo.
Forse poteva vivere da clandestino o poteva cambiare
identità e se proprio necessario anche aspetto. Mentre la
sua testa elaborava simili pensieri, terminò anche di
vestirsi. Fece tutto con gesti automatici e lo sguardo pensieroso. Si
guardò nello specchio che era sul lavandino. La sua immagine
era sempre la stessa, i soliti capelli castani corti un po’
spettinati, i soliti occhi dello stesso colore dei capelli,
sempre lo stesso naso piccolo e le stesse labbra sottili, eppure era
sicuro di essere più quello di prima o comunque che non lo
sarebbe più stato.
Scosse la testa come a volersi liberarsi da tutti quei
pensieri, alcuni dei quali li ritenne stupidi, fece un bel respiro,
divorò letteralmente la colazione che gli avevano portato ed
uscì.
Stranamente quel posto non gli incuteva più terrore, di
certo non poteva dirsi al suo agio ma si sentiva tranquillo. Una volta
all’esterno della stanza non sapeva dove andare.
Quello in cui si trovava, era il piano dove viveva
l’equipaggio, così decise di esplorarlo nella
speranza di incontrare qualcuno. Camminò per un
po’, non osando entrare nelle stanze, fino a quando non
sentì delle voci, si diresse nella direzione da cui
provenivano fermandosi all’entrata di una sala molto grande.
«Bell’amico che sei, Lev! Ti avevo chiesto un
piccolo favore.» quella era la voce di Kirabo.
«Ti ha aiutato Shu!»
«Per forza! Non mi avrebbe lasciato andare in giro in
mutande, come invece un insensibile come te ha fatto.»
«Non ti ho mica lasciato nudo.»
«Ci mancava! Sei crudele.»
«Esagerato.»
«Oh! Ti sei svegliato! Vieni sei arrivato giusto in tempo per
il pranzo.» la voce di Kyla interruppe la discussione tra i
due.
La ragazza, con una pila molto alta di piatti in mano, era arrivata
alle spalle di Takehito oltrepassandolo. Non indossava più
la tuta, sostituita da dei pantaloncini corti di jeans e una canottiera
arancione. Portava i capelli, rossicci e mossi, liberi che le
ricoprivano le spalle e anche se per poco, era riuscito a notare i suoi
occhi verdi.
«Takehito! Come ti senti?» gli domandò
Kirabo avvicinandosi.
«Sto bene. E il tuo braccio?» dovette alzare la
testa per poterlo guardare in faccia.
«Ci vorrà un po’ di tempo prima che
guarisca ma tornerà come nuovo, per ora devo sopportare il
fastidio di un braccio immobilizzato e di un individuo che lascia gli
amici in difficoltà.» quelle ultime parole erano
rivolte all’altro componente della sala che guardò
di traverso.
«Quanto la fai lunga.- sbuffò -invece di
lamentarti, vieni a dare una mano.» disse indicando i piatti
da sistemare sul grande tavolo di quella stanza.
«Uffa! Devo riposare, mi devo riprendere io.»
replicò e svogliatamente prese a sistemare i piatti con
l’aiuto di Takehito che gli li poneva.
«Takehito non scomodarti troppo, si diverte a fare la
vittima. Comunque io sono Lev piacere di conoscerti.» gli
porse la mano che venne stretta da Takehito.
Era un ragazzo abbastanza alto, capelli biondi, corti e con la frangia
pettinata di lato, occhi verdi, indossava dei pantaloni blu e una
maglietta verde, molto semplici.
All’esterno iniziò a crearsi un gran vociare,
segno che si stavano avvicinando altre persone. Fecero il loro ingresso
pochi secondi dopo e alcuni di loro con delle pentole fumanti, che si
affrettarono a posizionare su dei sottili supporti in legno.
Tutti presero posto, tra chiacchiere, sorrisi e qualche sguardo al
nuovo arrivato. Arrivò anche Owen, con la sua solita aria
seria, accompagnato da una donna che doveva avere all’incirca
la stessa età. La donna prese posto seguito da Owen che
però restò in piedi, richiamando
l’attenzione di tutti.
«Avrete tutti notato la presenza del ragazzo che abbiamo
accolto a bordo, sono sicuro che lo tratterete come si deve.-
guardò tutti i presenti che lo osservavano in silenzio- ora
mangiamo.» terminò sedendosi e riempiendo il suo
piatto, anche gli altri iniziarono a mangiare.
Qualcuno faceva qualche gesto di saluto a Takehito, altri lo guardarono
sorridendogli.
Il ragazzo era seduto in fondo al tavolo con affianco Kirabo, intento a
mettere qualcosa nel piatto, stando attento a non fare guai, dato che
usava solo il braccio sinistro, e gli altri due giovani di
fronte che precedentemente stavano apparecchiando.
«Che fai non mangi?Se non ti sbrighi finirà
tutto.» gli fece notare Lev.
«Ehm … sì!» e si
affrettò a riempire il piatto.
Cominciò a mangiare portando alla bocca piccoli bocconi,
come si fa con qualcosa che non si è mai assaggiato prima.
Era buono e dimenticatosi degli occhi che lo osservavano prese a
mangiare con gusto.
«Takehito, ti presento gli altri!» disse
tutt’un tratto Kirabo facendo voltare il ragazzo mentre
ingoiava un boccone, e continuò.
«Cominciamo da Owen. – esclamò indicando
l’uomo che era alla sua sinistra. – anche se
immagino tu lo conosca già, ma fa nulla. Lui è il
generale della Phlayrh e si occupa di tutti quanti noi. Al suo fianco
c’è Erin Beck, che è la moglie di Owen.
E’ il nostro tenente generale e principalmente si occupa
della navigazione.» indicò la donna al fianco del
generale, dal viso sottile e lunghi capelli castani, raccolti dietro la
nuca con due ciocche che le delineavano il viso.
«Poi c’è Lara Vega che è il
nostro medico. – portava sempre il camice bianco proprio come
ricordava quando l’aveva vista la prima volta. Si
voltò verso di lui sorridendogli con i suoi occhi castani
sfumati di verde – e ancora Aruto Harada lui invece
è il nostro meccanico, il migliore in
circolazione.» L’uomo venne preso a gomitate del
medico per farlo vedere meglio e lui si limitò a salutarlo
con un gesto del capo. Era piccoletto, con i capelli rasati neri e
occhi dello stesso colore.
«Di fronte a lui c’è suo figlio Katsu.
Anche lui è un meccanico.» venne richiamata anche
la sua attenzione, poiché stava parlando con il ragazzo che
gli era accanto, e fece un gesto simile a quello del padre. Era
giovane, forse un suo coetaneo,con occhi grigi e capelli castano scuro
a spazzola tenuti su da occhiali simili a quelli da aviatore.
«Poi abbiamo Seref Argest, sai già chi
è, si unì a noi qualche anno fa ed è
stato un vero colpo di fortuna, arrivò in un brutto momento
e si rilevò un ottimo pilota e compagno.»
Il principe dell’impero Argest. Fu un vero shock trovarlo
lì. Nonostante ora facesse parte di
quell’equipaggio, sembrava aver mantenuto un aspetto e un
atteggiamento principesco. Vestiti accostati al corpo e
dall’aspetto formali, capelli castani, corti e ordinati e
occhi del colore dell’ametista. Si limitarono ad osservarsi.
«E in fine, ci sono i due fratelli Yue e Shu. Sono anche loro
piloti e anche piuttosto abili e oserei dire particolari.» la
prima era una ragazza molto giovane che a sentirsi nominare
voltò il viso dall’altra parte, beccandosi un
rimprovero dal fratello, che doveva essere più grande e non
di poco. Erano davvero molto simili, entrambi avevano i capelli neri e
lunghi, la prima li portava legati in un alta coda di cavallo e
l’altro sciolti, e occhi blu dal taglio allungato.
«Non preoccuparti, Yue impiega un po’ di tempo
prima di fare conoscenza con qualcuno.» lo
rassicurò Kirabo.
Il pranzo fu piacevole e allegro. Kirabo e Takehito vennero tempestati
di domande riguardo la loro cattura e fuga ma cercarono anche di sapere
qualcosa in più sul nuovo arrivato.
Quando terminarono, tutti tornarono alle loro mansioni e chi aveva
apparecchiato, aveva anche il compito di lavare tutto e mettere in
ordine. Takehito si offrì per dare una mano e
così trascorsero più di un’ora nella
cucina.
«Finito!» esclamò Kyla passandosi un
braccio sulla fronte.
«Kirabo la prossima volta ti toccherà lavorare il
doppio.»
«Lev più di questo non riesco a fare con braccio
solo, anzi dovrei stare nel mio letto a riposare.»
«Ok ok ho capito, mi accontenterò
dell’impegno, per fortuna Takehito ti ha sostituito, almeno
non abbiamo perso troppo tempo.»
«E’ vero. Grazie! Sei qui nemmeno da un giorno e
subito ti abbiamo messo a lavorare.» fece Kyla quasi per
scusarsi.
«Non c’è problema. A questo tipo di cose
sono abituato, anche se non per così tante
persone.»
«Takehito ti porto a fare un giro della base. Ti
va?» propose Kirabo.
Il ragazzo annuì.
«Voi che fate?»
«Se non vi dispiace tornerei nella mia camera, non ho avuto
modo di dormire molto questa notte.» rispose Kyla.
«Per il giro turistico della nave passo, devo vedermela con
un mucchio di scartoffie che ho accumulato. Se non lo faccio entro
breve, Owen si innervosirà.» e così
dicendo il gruppetto si divise.
«Ti porto prima a vedere per bene la sala dei teknight.
E’ quella più grande e si estende per tutta la
superficie dell’ aeronave.»
I due si diressero verso il piano più basso della base. In
quel posto Takehito ci era già stato. Si ricordava di quello
spazio enorme riempito solo di teknight e varie strumentazioni. In quel
momento non c’era nessuno e Kirabo lo lasciò
libero di girare come preferiva.
«A te devono piacere davvero molto i teknight.»
affermò Kirabo.
«In realtà volevo diventare un pilota ma non avevo
ancora il titolo di studi necessario, così ho deciso di fare
il collaudatore in modo tale da poter imparare a pilotarli.»
«Ma essere un pilota significa combattere, andare in
guerra.»
«Volevo occuparmi dell’ordine pubblico, un compito
poco faticoso e pericoloso. E poi, non immaginavo che avessero preso un
tipo ordinario come me nel proprio esercito.»
«Se invece avessi avuto le carte in regola per poterlo
diventare?»
«Non so cosa rispondere, non mi ero mai posto seriamente il
problema.»
«Capisco.»
Kirabo lo seguiva e ad ogni mecha che si fermavano, spiegava in breve
le caratteristiche che possedeva e il pilota che lo manovrava.
C’erano tutti quelli che Takehito aveva visto. Quello che
pilotava lo stesso Kirabo, ancora mezzo distrutto.
Gli spiegò che si trattava di un teknight dalle grandi
capacità difensive, suggerite anche dal suo aspetto
massiccio e spigoloso. Faceva parte della categoria dei RAD e veniva
identificato con RAD o RAD 1.
Dopo passò ad uno rosso, quello che era venuto a
soccorrerli, pilotato da Kyla. Dalle forme più curve ma
decise. Si trattava invece di un modello destinato alle azioni
d’attacco e all’effetto sorpresa. Anche questo era
un modello RAD e veniva identificato anche come RAD 2. Anche il modello
che seguiva faceva parte della stessa categoria, chiamato anche RAD 3.
Questo però non lo conosceva ancora. Dalle forme molto
simile a quelle del modello rosso, ma di colore bianco, pilotato da
Lev. Anche questo disponeva di una buona capacità di attacco
ma veniva usato principalmente per azioni prolungate.
Poi c’era quello grigio di Seref, lo IF. Un modello
particolare sia nell’aspetto, dalle forme particolarmente
curve e tondeggianti, con molte telecamere e sensori su quello che
può definirsi volto e busto, sia per le sue caratteristiche
, dotato di un computer, in grado di analizzare dati in breve tempo
durante i combattimenti, ideato e realizzato dallo stesso Seref.
Particolarità che lo rende adatto a qualsiasi situazione.
E infine, i due mecha umanoidi slanciati e agili. Gli MA, questo era il
loro nome, erano i modelli dei due fratelli Shu e Yue. Takehito rimase
molto sorpreso dal sistema di controllo di tali macchine, era
realizzato in modo da sfruttare al meglio le abilità nelle
arti marziali dei piloti. Infatti, erano controllati direttamente dai
movimenti del corpo che venivano riprodotti alla perfezione, motivo per
cui, assomigliavano molto ad un corpo umano.
Girò ancora un po’ incuriosito, per poi passare al
piano superiore.
Lì c’era la sala macchine. Un’altra
stanza enorme piena di macchinari rumorosi, piccole lucette accese,
lampeggianti o spente, altri si movevano producendo
vibrazioni e un gran calore. Questa volta la sua guida non fu in grado
di spiegare nei particolari il funzionamento di quei marchingegni,
restando vago.
Rapidamente uscirono e Kirabo gli indicò il fondo
del corridoio dove, gli spiegò, esserci la sala comandi. Non
lo fece entrare dicendogli che chi guidava quella nave non amava
l’intrusione di altre persone.
Il giovane ragazzo venne portato al piano da cui erano partiti,
mostrandoglielo meglio.
Sorvolò la cucina e la sala da pranzo e passò
avanti e gli venne mostrato dei bagni che ricordavano quello dei
campeggi, con un lungo lavandino, tre docce e cinque lavatrici e una
cabina dove venivano messi ad asciugare il bucato.
Seguivano le stanze dei piloti. Le prime tre sul lato destro erano
vuote, così come la prima sul lato sinistro, di cui una
vuota e le restanti usate come ripostigli. Andando in ordine sul lato
destro vi erano le stanze di Kastu, Lev, Lara, Oewn ed Erin.
Sul lato opposto erano quelle assegnate a Seref, Yue e Shu, Kyla,
Kirabo, e in fine Aruto. Kirabo gli raccomandò di
ricordarsele, se avesse avuto bisogno di qualcosa o per evitare di
infastidire qualcuno. In fine sul fondo del corridoi c’era lo
studio medico della base.
«Ora ti farò vedere la parte della nave che
preferisco. La chiamiamo semplicemente area svago. Dato che
trascorriamo molto tempo lontani dalla terra ferma e dalla nostra casa,
abbiamo creato uno spazio in cui possiamo distrarci e fare
ciò che più ci piace.»
spiegò l’uomo alto completando le scale che li
conducevano al piano superiore.
Le prime sue stanze erano molto simili, con alcune poltrone o divani e
un monitor in entrambe. In una vi erano diverse console per videogiochi
dalle meno recenti a quelle più moderne,
nell’altra tantissimi film, piccole memorie digitali che
contenevano storie e racconti, perfino dei libri cartacei, quasi del
tutto spariti in quei tempi e molti giochi da tavolo.
«Qui evitiamo di vedere programmi che vengono trasmessi alla
tv, finivamo sempre con il litigare e abbiamo finito con
l’avere ognuno il proprio tv. Ci veniamo a giocare o a
leggere però entrambe hanno preso il nome di
“stanza dei giochi”.»
Nella seguente c’erano solo sei computer ed era davvero molto
piccola. Ma quello che sorprese davvero Takehito fu quello che
seguì. Quella manciata di persone che viveva su quella nave,
aveva a disposizione un campo sportivo e di quelli più
moderni.
In pratica disponevano di un campo polivalente, che con piccoli comandi
assumeva le dimensioni e forma a seconda dello sport che si voleva
praticare. Gli spazi di gioco erano delimitati, a seconda delle
esigenze, da strisce luminose, reti, canestri, ostacoli e altro
comparivano e sparivano premendo semplicemente qualche pulsante.
A sorprenderlo ancora di più fu scoprire che di quel campo
ce n’erano ben tre. E l’ultimo lo trovarono
occupato.
«Ehilà Shu! Già a giocare,
eh?» un pallone entrò preciso nel cerchio del
canestro, per cadere ed essere recuperata da chi l’aveva
lanciata.
«Mi andava di fare un po’ di movimento.-rispose il
ragazzo dai lunghi capelli neri. Poi rivolto a Takehito –
Scusa per il comportamento di mia sorella, non è molto
socievole con chi non conosce.»
«Non me la sono presa.» replicò
tranquillo.
«Shu passa la palla!»
«Sicuro di riuscirci con un braccio solo?»
«Ci provo.» gli arrivò la palla
dall’alto che afferrò con precisione. Si
posizionò davanti al canestro e lanciò, ma il
bersaglio venne mancato e non di poco.
«Che schifo!» si riprese da solo Kirabo.
«Riprova.» Shu gli lanciò la sfera
arancione ancora una volta. Al nuovo lancio la palla colpì
il cerchio facendola rimbalzare lontano.
«Meglio.»
«Decisamente. Takehito vuoi provare anche tu?»
Kirabo lo stava osservando con il pallone sollevato in area pronto la
passarglielo.
«Non ho mai giocato, non penso di esserne in
grado.» rispose.
«Allora prova.» e gli lanciò la palla.
L’afferrò un po’ impacciato.
«Se proprio insisti.»sospirò.
Provò con un primo lanciò che non andò
a buon fine, ne seguirono altri ma non ebbero una sorte migliore del
primo, allora Kirabo cercò di dargli qualche dritta ma con
le sole parole non riusciva a farsi capire, così Shu decise
di intervenire facendogli vedere come si posizionavano le mani e come
darsi lo slancio. I tiri successivi migliorarono e qualcuno
andò anche a segno. Trascorse molto tempo tra passaggi, tiri
e qualche scontro diretto. Stanchi e sudati si riposarono sedendosi a
terra.
«Ma voi siete sempre così?» chiese
d’un tratto Takehito.
«Così come?< replicò
l’uomo scuro.
«Non saprei come definirvi. Forse aperti o uniti.
Già mi sorprende il fatto che mi abbiate accolto dopo quello
che ho fatto e come se fosse la cosa più naturale del mondo
ma anche tra di voi sembra esserci un’atmosfera serena e
anche il pranzo tutti insieme. Fate sempre così?»
cercò di chiarire.
«E’ perché siamo una famiglia e come
tale cerchiamo di andare d’accordo, certo liti e
incomprensioni non mancano, e dato che passiamo la maggior parte del
tempo separati, ognuno con il proprio lavoro da svolgere ci ritagliamo
dei momenti, come quello dei pasti, per stare insieme.» fu
Shu a rispondere con voce pacata e lo sguardo dolce, fisso davanti a
se.
«In effetti le prime volte facciamo sempre
un’impressione strana. C’è chi rimane
affascinato e si lascia coinvolgere e chi impiega un po’ di
tempo per ambientarsi.»
“Una famiglia eh? Non ricordo nemmeno quando fu
l’ultima volta in cui sono stato con la mia.”
pensò Takehito.
Il resto della giornata trascorse tranquilla. I tre rimasero a giocare
fino a sera, fino a quando non andarono a mangiare. Ma prima Kirabo
portò Takehito a vedere gli ultimi spazi della
nave e questa volta rimase davvero sbalordito. Tra il piano
in cui si trovavano e quello superiore, c’era un piccolo
arsenale che comprendeva armi di tutti i tipi, in
più vi erano anche le postazioni dei fucilieri,
disposti uno su ogni lato della base. In fine all’ultimo
piano possedeva un soffitto ovale completamente trasparente,
permettendo di godere di una vista magnifica. Ma le sorprese non
finirono , infatti Kirabo si affretto a tirare una leva su una parete,
che fece aprire una parte del pavimento, come una porta scorrevole,
scoprendo una piscina molto grande forse delle dimensioni
regolamentali degli sport acquatici.
Una volta terminata l’esplorazione della base, come al
mattino, anche per la cena si ritrovò tutto
l’equipaggio riunito, per poi lasciarsi ognuno alle proprie
mansioni e al riposo. Takehito ritornò nella sua stanza,
stanco e si sbrigò ad andare a dormire. Ripensò
ancora alla giornata trascorsa e alle persone incontrare. Gli sembrava
tutto strano, era tutto molto diverso da come aveva potuto immaginare,
eppure non gli dispiaceva.
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Capitolo 7 *** Section 6 ***
ARGEST
AGE – SECTION 6
Era
trascorsa appena una settimana da quando a bordo della Phlayrh vi era
un nuovo membro. Si era ambientato abbastanza bene nonostante fosse
trascorso poco tempo.
Aveva
avuto modo di conoscere meglio l’equipaggio e i loro modi di
fare, che a volte sembravano strani. Seppe che Owen ed Erin erano
cresciuti all’interno della Phlayrh e che Owen era il figlio
delle precedenti guide di quell’organizzazione. Kyla era
sempre vissuta lì mentre i suo inseparabili amici, Lev e
Kirabo, arrivarono quando erano dei ragazzini. Il resto erano i membri
più “giovani” arrivati diversi anni
prima, in ordine veniva innanzitutto Lara, Aruto con il figlio Katsu,
in seguito i due fratelli Shu e Yue e in fine, solo tre anni fa, giunse
Seref.
Erano
gentili e premurosi, tanto da credere di poter andar
d’accordo e che la sua permanenza in quel luogo non sarebbe
stata poi così male. Facevano eccezione Yue e Seref che
cercavano palesemente di evitarlo. Gli avevano detto che avevano
bisogno di tempo per abituarsi alla presenza di una nuova
persona , il tempo di conoscerla maglio. Qualche volta si
sentiva a disagio anche con Shu, per via della sua eccessiva
riservatezza e per il fatto che fosse un tipo di poche parole ma
riteneva che non l’ho facesse di proposito.
Come
tutti gli altri volle essere d’aiuto, così
collaborava a mantenere in buono stato la base. Ognuno aveva un compito
ben preciso. C’era chi pilotava i teknight e chi guidava la
base, chi si occupava delle riparazioni tecniche e chi della cura
dell’equipaggio, però tutte le mansioni come la
pulizia e la cucina erano ben organizzate con dei turni, che da pulire
e cucinare ce n’è era parecchio.
Spesso
però si recava nella sala dei teknight, dove non perdeva
occasione di imparare qualcosa di nuovo e perdeva ore
nell’osservare i due meccanici al lavoro. Si era creata una
certa complicità con Katsu, che ogni tanto gli concedeva il
permesso di fare qualcosa anche se, le sue competenze nella meccanica
non erano di certo tra le migliori. Lui i teknight li
pilotava per collaudarli.
All’alba
la base fu scossa da una forte vibrazione che svegliò tutti.
La voce di Erin spiegò la situazione attraverso il sistema
di comunicazione interno.
«Uno
dei motori ha smesso di funzionare. La zona è tranquilla
quindi possiamo atterrare senza alcun problema. Ripeto. Uno dei motori
ha smesso di funzionare. La zona è tranquilla e possiamo
atterrare senza alcun problema. Per ora rilassatevi e lasciate le
manovre di atterraggio a me. Quando saremo a terra decideremo il da
farsi.»
Una
volta capito cosa stava accadendo, qualcuno tornò beatamente
a dormire, come se gli fosse stato detto che si era fulminata una
lampadina, qualcun’altro si stava preparando, sperando non
fosse nulla di troppo difficile da riparare.
Inizialmente
il nuovo arrivato non aveva ancora ben compreso la situazione, si
stropicciava gli occhi con la mano, sbadigliò e
stiracchiandosi per poi fermare le braccia a mezz’aria e
spalancando gli occhi poco alla volta. Si precipitò fuori
dalla sua stanza per catapultarsi con una certa foga in quella di Katsu.
«Katsu!
Com’è che un motore non funziona? Non staremo per
precipitare?»
«Ehi!
Non entrare senza bussare! ... Ah, sei tu!» Takehito fece
irruzione nella stanza nel momento in cui, il suo occupante si stava
spogliando. Vedendolo sfondare letteralmente la porta e piombargli
davanti si era quasi spaventato.
«Katsu
la base sta andando verso il basso.» notò
spaventato.
«E
’ normale! Dobbiamo atterrare.»
«Ma
senza motore?»
«Questa
aeronave ha quattro motori. Anche se non ne funziona uno, non
è poi la fine del mondo.»
«Quindi
non ci schianteremo?»
«Ovvio
che non ci schianteremo, però va riparato.»
Takehito
si era calmato. Sarà stato che la notizia gli era giunta
quando era ancora mezzo addormentato o la sorpresa, ma si era
spaventato.
«Se
è tutto tranquillo perché ti stai
vestendo?»gli domandò ingenuamente.
«Sono
un meccanico, no? A riparare il motore dovrò pensarci
anch’io.» terminò di vestirsi
posizionandosi gli occhiali da aviatore sulla fronte che tenevano
alzati i capelli.
«Piuttosto
tu, vuoi restare nella mia stanza o ti va di darmi una mano col
motore?»
In
effetti, era rimasto lì impalato, anche dopo aver capito che
non stava accadendo nulla di grave.
«Vado
a prepararmi. A dopo.» rispose frettolosamente uscendo.
Pensò che avesse fatto la figura dello sciocco ma nonostante
ciò, gli era stato offerta
l’opportunità di partecipare alla riparazione.
Certo i teknight erano di gran lunga più interessanti ma
anche vedere meglio come funzionasse il mezzo su cui viaggiava non era
male. Ritornò nella sua stanza e non uscì fino a
quando non atterrarono.
Passò
qualche ora e il sole era ormai alto nel cielo. Il danno era al motore
principale, nulla di particolarmente grave ma aggiustarlo, richiedeva
molto tempo e precisione. I due meccanici continuavano a lavorare senza
fermarsi e ad aiutarli c’era Takehito.
Owen
andava ogni tanto a controllare come procedeva la riparazione. Tutti
gli altri si trovavano all’esterno dell’aeronave,
intenti in un torneo di carte.
Erano
circondati da un paesaggio molto spoglio, ricco di rocce rostastre,
terra del medesimo colore e qualche rado cespuglio.
«Vinto!»
«Tutta
fortuna Kyla. Ti ha salvato l’ultima carta che hai
pescato.»
«Non
cercare di consolarti Seref, hai perso.»
Tutta
soddisfatta la ragazza perse le carte e le mischiò.
«E’
ora giunto il momento della grande finale. Vedremo fronteggiarsi,
l’appena classificata Kyla che con bravura e un pizzico di
fortuna, è riuscita a farsi strada tra i suoi avversari e
Lev che con maestria e impeccabili strategie, ha sbaragliato chiunque
avesse di fronte.» Kirabo aveva afferrato un bicchiere, come
se fosse un microfono e si era alzato poggiando un piede sulla sedia
sulla quale stava precedentemente, improvvisando una telecronaca.
«Che
stai dicendo?» il biondino cominciò a
guardarlo storto.
«Faccio
la telecronaca così rendiamo più interessanti le
cose.» gli rispose con naturalezza.
«Voglio
farla anche io!» Yue prese anche lei un bicchiere e si
posizionò accanto a Kirabo.
«Non
assecondarlo.» disse sconforto Lev.
«Lasciali
fare Lev. Si divertono.» Erin si era introdotta guardandoli
teneramente.
Rassegnato
cominciò l’attesissima finale con tanto di
incoraggiamenti e telecronaca.
Improvvisamente
Shu notò, in lontananza, la presenza di qualcuno che li
osservava.
«Ehi,
tu! Che cosa vuoi?»
Gli
altri distolsero l’attenzione dal gioco e guardarono nella
stessa direzione di Shu.
La
figura che a malapena si intravedeva si fece avanti piano. Mentre
avanzava, si delineava sempre più la figura di un bambino.
Poteva avere all’incirca nove o dieci anni, pelle leggermente
scura, occhi e capelli scuri e indossava dei vestiti sporchi e
consumati.
Si
fermò ad osservare tutti, uno ad uno con attenzione.
«Papà!»
esclamò inaspettatamente il bambino indicando Lev con
l’indice.
I
presenti rimasero alquanto sorpresi osservando meravigliati il piccolo,
fino a quando Kirabo dovette trattenersi dal ridere. Il tentativo
fallì miseramente scoppiando in una fragorosa risata.
Il
biondo gli lanciò un’ occhiata infastidita, per
poi rivolgersi al bambino :«Piccolo, mi spiace ma stai
sbagliando persona.»
«Capelli
biondi, occhi verdi e faccia da tonto. E’ la descrizione che
ha fatto la mia mamma!» il bambino lo guardava deciso e
portando entrambe le mani dritte lungo i fianchi.
Le
sue parole fecero ridere ancora di più Kirabo e face
scappare qualche sorriso anche a qualcun altro.
«Faccia
da tonto?» ripeté Lev. La cosa cominciava a
infastidirlo.
Attirati
dalla confusione, si avvicinarono anche gli altri che stavano lavorando
al motore, chiedendo cosa stesse succedendo e Seref si
preoccupò di spiegare l’accaduto.
«Quello
lì per davvero non può essere tuo padre, penso ce
tu abbia sbagliato persona.»l’amico, smettendo con
difficoltà di ridere, cercò di convincere il loro
piccolo interlocutore.
«Non
puoi esserne cerno. Può essersi dimenticato o
sarà stato ubriaco.» replicò il piccolo.
«Però,
la sa lunga il piccoletto. Ti assicuro che è
così.»
«E
io sono sicuro che lui è il mio papà!»
«Non
c’è verso di convincerlo.»
sospirò Yue.
«Se
proprio non vuoi credermi, portami da tua madre così
sarà lei stessa a dirtelo.»
«Va
bene!» il bambino sembrava soddisfatto.
«Aspettami
qui!»
Lev
si allontanò, entrando nella base e uscì solo
alcuni minuti dopo alla guida di uno strano fuoristrada, con una
carrozzeria gialla a forma di ovale e fece salire il bambino.
«Vado
a chiarire il malinteso. Se il motore è pronto prima che
torni avvisatemi. Cercherò di fare il prima
possibile.» detto ciò salutò i compagni
e partì in direzione della casa del bambino seguendo le sue
indicazioni.
Ci
volle più di un’ora per arrivare, tanto che Lev si
meravigliava di come quel bambino al suo fianco avesse potuto coprire
tale distanza con un piccolo mezzo a motore che più di 30
km/h non faceva. La casa del piccolo si trovava alla periferia di
quella che doveva essere una città di modeste dimensioni ma
dall’aspetto moderno. Invece la casa che aveva di fronte era
piccola e vecchia, fatta da semplici mattoni e legno, piena di crepe e
poche tracce dell’intonaco che copriva i mattoni.
Il
bambino scese dal fuoristrada ed entrò in casa seguito da
Lev. L’interno aveva lo stesso aspetto malandato
dell’esterno, con qualche elettrodomestico di terza mano qua
e là e due brandine.
Lev
era rimasto in piedi, vicino alla porta, ad osservare il bambino che
aveva preso un pezzo di carne secca, almeno era quello che sembrava, e
si era messo a mangiarlo seduto su un piccolo sgabello. Ricordava di
aver visto luoghi come quelli, ricordava i racconti di Kirabo di posti
simili a quelli.
«Mi
allontano per un po’.» gli annunciò
aprendo la porta.
«Fermo!
Non ti lascio scappare.» il piccolo si alzò di
scatto e corse ad afferrare un lembo della maglietta del ragazzo.
«Non
ti preoccupare, non ho intenzione di tornarmene indietro. Ti lascio il
mio fuoristrada come garanzia.»
«Non
mi prendi in giro?»
«Ti
prometto che torno.» così se ne andò,
in direzione della città.
Tornò
poco dopo, con alcune buste. Il bambino lo stava aspettando, affacciato
alla finestra, lo seguì con lo sguardo fino a quando
arrivò alla porta e poi all’interno che poggiava
le buste a terra. Dovevano essere alquanto pesanti, a giudicare delle
mani arrossate. Poi Lev cominciò a svuotarle, ponendo il
loro contenuto su un tavolo.
Il
volto del piccolo si illuminò per la felicità.
Davanti a lui c’era cibo di ogni tipo: frutta, verdure,
carne, ortaggi, dolci, cioccolata e bevande dall’aspetto
gustoso. Esaminò tutto molto attentamente e in fine decise
che avrebbe mangiato della carne fatta sulla piastra. Si mise subito al
lavoro per preparasi il pranzo.
Lev
osservava in silenzio quel piccolo bambino che aveva dimenticato
completamente la sua presenza.
«E’
buono?»
«Sì!»
«Mi
dici come ti chiami?»
«Steve.
Tu invece come ti chiami?»
«Non
posso dirtelo mi dispiace.»
«Che
scostumato … perché hai comprato così
tanto cibo?»
«Ho
pensato che qui non ce n’è fosse.»
«Grazie.»
Steve
terminò di mangiare e aiutato da Lev sistemò
tutte le cibarie e quando ebbe terminato preparò una bevanda
al giovane.
«Non
c’è bisogno che mi ringrazi.>
«Bevi
e basta!»
Bevve
senza replicare oltre.
«Ha
un sapore strano. Cosa c’è dentro?»
«E’
un ingrediente segreto.» si limitò a
rispondere prendendogli il bicchiere.
«Puoi
anche metterti su una brandina ad aspettare mia madre.
Tornerà questa sera.»
«Come
vuoi.»
Il
tempo passava.
Era
tutto silenzioso e faceva molto caldo, Lev non riusciva a trattenere
più il sonno e si addormentò seduto sulla
brandina.
«Finalmente
si è addormentato.» Steve si avvicinò e
controllò che effettivamente il ragazzo stesse dormendo.
“Mi
spiace.”
Controllò
nelle sue tasche, trovando dei soldi e un fazzoletto. Sfilò
l’orologio dal polso e un braccialetto. Cercò
ancora se avesse altri oggetti di valore ma quello era tutto. Prese una
tavoletta di legno con delle ruote applicate sotto e ci fece cadere
sopra, in malo modo, il ragazzo addormentato.
«Steve
che stai facendo?»
«Mamma!»
«Ti
avevo detto di smetterla, non devi ingannare le persone.»
«Ma
non avevamo più nulla da mangiare!»
«Non
è una buona ragione. Dammi tutto quello che gli hai
preso.»
Il
bambino non volle, nascondendo le mani dietro la schiena.
«Muoviti!»
urlò la madre.
Steve
cedette e le consegnò tutto e uscì dalla casa
poggiandosi al muro con le gambe strette al petto.
Lev
si svegliò, rimproverandosi mentalmente di essersi
addormentato. Una donna, alta e slanciata, degli stessi colori del
bambino, lo stava guardando, probabilmente si trattava della madre di
Steve. Lev si alzò velocemente.
«La
prego resti pure comodo.» la voce della donna era molto calma
e dolce.
«Mi
spiace, mi sono messo a dormire in casa sua.»
«Non
è colpa sua, sono io a doverle delle scuse.»
«Non
deve preoccuparsi, Steve deve solo essersi confuso.»
«Non
si è confuso, è un suo modo per derubare le
persone.»gli spiegò.
«Non
mi dirà che quello che mi ha dato era un sonnifero? Ci sono
cascato per bene.» rise.
«Sono
anni ormai che cerca di ingannare gli uomini che ritiene ricchi o che
posseggano qualcosa di valore. Molti finiscono col crederci e per
toglierselo davanti gli danno delle somme di denaro, altri
semplicemente non se ne importano o ancora si lasciano impietosire e
quando li porta a casa li narcotizza, gli prende ogni cosa che
posseggono e li abbandona in mezzo al nulla. Mi spiace, le ha costretto
anche a fare la spesa.»
«Assolutamente
no! E’ stata una mia idea, inoltre sono più che
sicuro di non aver un figlio, quindi per convincerlo ho pensato che se
fosse stata sua madre a dirglielo, avrebbe potuto crederci.»
«Sono
ancora più desolata.»
«Posso
chiederle una cosa?»
«Sì,
certo.»
«Perché
una città così moderna si ritrova ad avere una
periferia del genere?»
«Questa
è la città di Kadak. Non è tra le
più importanti ma i suoi abitanti hanno la
possibilità di vivere tra molti agi e modeste ricchezze.
Fanno parte di quelle città che hanno trovato la loro
fortuna con l’espandersi sempre più
dell’impero, però, tra gli abitanti di Kadak ci
sono anche alcuni che non tollerano che nella nostra stessa regione ci
siano persone senza alcun diritto e costrette alla povertà.
Per questo, più volte hanno cercato di sensibilizzare anche
gli altri abitanti ma poiché le loro idee vengono
considerate pericolose li tengono alla larga, permettendo loro di fare
solo i lavori più umili, come occuparsi dei rifiuti e delle
fogne. A quegli abitanti è concesso di vivere nella
periferia della città e tra quegli abitanti ci siamo anche
io e Steve.»
«Sempre
la stessa storia.» sussurrò Lev.
Rivolse
lo sguardo verso il basso e continuò :«Posso
restare un altro giorno con voi?»
«Non
capisco il motivo per cui vuole restare.»
«Il
motivo non importa, le chiedo se posso stare ancora un
giorno.»
«Se
proprio ci tiene, può restare.»
«Dormirò
nel mio fuoristrada, perciò non si disturbi
ulteriormente.» non le lasciò il tempo di
replicare che uscì. Accanto alla porta trovò
Steve con lo sguardo fisso al suolo.
«Steve,
la tua mamma mi ha spiegato tutto, ma non mi sono arrabbiato.»
«Ora
te ne andrai?»
«Vorrei
restare ancora un altro giorno.» vedendo che il bambino non
disse più nulla entrò nel fuoristrada
sistemandosi nel modo più comodo possibile per la notte.
Prima
però contattò i suoi compagni per metterli al
corrente della situazione.
Il
giorno seguente Lev volle vedere dove lavoravano gli abitanti della
periferia , trascorse un’intera giornata con loro, lavorando
con loro. Cercò di capire bene cosa li spingesse ad
accettare una vita del genere e le risposte che ricevette, erano come
quelle della madre di Steve, era il loro modo di ribellarsi.
Domandò anche perché, se la pensavano in quel
modo, non consideravano l’ipotesi di unirsi alla Phlajrh ma
gli venne detto che loro non volevano andare contro l’impero
ma sensibilizzare le altre persone nella speranza che possa cambiare
effettivamente qualcosa. Lev capita quel punto di vista anche se non lo
condivideva completamente.
Quel
giorno terminò velocemente. Tornò a casa di Steve
accompagnato dalla madre.
«La
ringrazio per avermi concesso la possibilità di stare con
voi. Purtroppo non posso fare molto, però vorrei lasciarvi
il mio fuoristrada. In realtà si tratta di un ragno
meccanico e per quanto ho visto nel vostro lavoro potrebbe essere
utile. E se proprio non lo dovesse usare, potrete sempre
venderlo.»
«Non
posso accettare!»cercò di replicare ma Lev non
cedette.
«Accetti
e basta. In realtà vorrei fare molto di
più.» la donna dovette rinunciare alle proteste.
«Grazie
davvero!»
«Mi
prendo solo la radio per le comunicazioni.»
Lev
entrò nel fuoristrada, mostrando alla donna come funzionava
e tirando alcune leve gli fece assumere le sembianze del ragno
meccanico. Ora aveva ben otto zampe, due delle quali potevano essere
usate come mani e l’abitacolo, a forma ovale, era
più rialzato rispetto al terreno. Una volta presa la radio
chiese a uno dei suoi compagni di venirlo a prendere.
«Ora
devo andare, devo farmi trovare a una decina di chilometri da
qui.»
«Sono
stata felice di averla incontrata.»
«Lo
stesso vale per me.»
Steve
era seminascosto dietro la madre, sembrava volesse dire qualcosa ma
restava solo a guardare.
«Steve,
se vuoi un giorno potrei anche tornare.»
«Se
la metti così ti aspetterò.»
I
due risero stringendosi la mano.
«Voi!
Come pensavo, siete dei ladri!» un uomo anziano, di media
statura e col volto segnato dall’ira puntava dritto nella
direzione di Lev e degli altri due presenti. Era accompagnato da un
altro uomo più giovane e con una maglietta decisamente
appariscente con uno strano disegno e colori sgargianti.
La
madre di Steve guardò male il figlio, preoccupata che ne
avesse combinata un’altra delle sue.
«Io
non c’entro nulla!» si affrettò a
rispondere.
«Avete
rubato il mio ragno meccanico.»
«Sta
commettendo un errore, signore. Questo ragno meccanico apparteneva a me
ed è un modello più unico che raro, glielo posso
garantire.» Lev cercò di spiegare la situazione.
«Non
dire idiozie! Gente come voi non può permettersi certi
mezzi, avete dovuto per forza rubarlo.» l’uomo
continua ad urlare attirando molte alte persone.
«Vi
ripeto che è mio, sono rammaricato per la vostra perdita ma
state cercando nel posto sbagliato.»il tono di Lev si stava
facendo minaccioso insieme ai suo occhi.
«Se
non volete restituirmelo sarò costretto a far intervenire la
guardia imperiale.»
«Si
prenda quel ragno e se ne vada.» rispose immediatamente la
donna.
Lev
stava per controbattere ma anche se non si trattava
dell’esercito, la presenza della guardia imperiale poteva
costituire un pericolo. Lasciò correre vedendosi portate via
il mezzo che aveva donato a quelle persone.
Quelli
che si erano radunate si allontanarono, ritornando ad essere solo in
tre.
Infuriato,
Lev prese la radio e contattò immediatamente la base.
Raccontò l’accaduto in modo dettagliato e i piani
della Phlajrh cambiarono, nonostante il motore ormai funzionante,
decisero di restare ancora per il tempo necessario per fare luce sul
quella faccenda.
Dalla
base fece il suo arrivo Shu in groppa ad sorta di moto senza ruote, al
loro posto c’era una base liscia sollevata dal suolo.
Per
tutto il giorno non fecero altro che girare per la città.
Lev aveva preso delle precauzioni per non farsi riconoscere, indossando
un berretto e degli occhiali da sole. Riuscirono ad individuare il
luogo nel qual c’era stato il presunto furto. Si trattava di
un negozio di mezzi di trasporto e da lavoro e dalle condizioni della
vetrina, completamente distrutta, sembrava davvero che avesse subito un
furto. Continuarono a girare, senza destare sospetti, decidendo di
agire quella notte stessa.
Quando
giunsero le tenebre e le persone erano ritornate nelle loro case, Lev e
Shu si introdussero nel negozio.
Con
un piccolo strumento, Shu bloccò le immagini delle
telecamere di sorveglianza, in modo da non essere ripresi e girare in
libertà. Nel compiere queste operazioni, il ragazzo dai
capelli corvini, era rapido e preciso.
«Sembri
possedere il dono dell’invisibilità.»
Lev si sorprendeva ogni volta che lo vedeva in azione.
«Senza
nessuno di guardia è fin troppo facile.»
Entrarono
nel salone in cui erano esposti i vari mezzi. Sul pavimento
c’erano i segni delle gomme in direzione di quella che era la
vetrina, coperta con un telo di plastica. Non trovando nessun altro
indizio, così decisero di trovare le registrazioni delle
telecamere.
Senza
alcun problema riuscirono ad avere accesso ai video e recuperarono
quello che serviva.
«Possibile
che non si veda nulla?»
«Non
possono aver usato lo stesso nostro trucco?»
domandò Shu.
«Torna
un po’ indietro Shu!» scattò Lev.
«E’
stato modificato … anzi no, è stato fatto di
punto in bianco – continuò – si tratta
di un principiante, non si è preoccupato di renderlo
identico all’originale. Guarda! I caratteri
dell’ora, anche se molto simili non sono uguali, inoltre, per
quanto piccolo, c’è il logo del programma usato
per creare il video.»
«Se
questo tizio è così distratto, potremmo anche
essere fortunati a trovarlo in giro.»
«Esatto
Shu! Mettiamoci al lavoro.»
Non
ci misero molto, il ladro che cercavano era stato effettivamente
distratto.
«Shu,
guarda! Quello con la maglietta strana. L’ho visto oggi,
accompagnava l’uomo che si è preso il ragno
meccanico ed era quello che stava nel negozio.»
«L’avevo
notato anch’io. So dove abita, lascia fare a me.»
disse Shu facendo schioccare le dita.
Il
mattino seguente Lev costrinse Steve e la madre a seguirlo in
città. Li condusse davanti al negozio che aveva fatto visita
quella notte e ad aspettarli c’era Shu con l’autore
del furto.
I
due ancora non compresero la situazione e la donna insisteva per
andarsene ma finirono con l’attendere l’arrivo per
proprietario del negozio, per poi entrare.
«Voi
cosa fate qui? Se siete venuti per farvi restituire il ragno, potete
anche andarvene.»
«Sì
siamo venuti a riprenderci quello che è nostro e a
consegnarvi il vero ladro.» Lev si fece avanti, soddisfatto
dello sguardo interdetto dell’uomo. Vedendo che il ladro non
si faceva avanti, Shu gli diede una spinta.
«Che
significa?» il proprietario sembrava davvero sorpreso.
«Ecco
signore … sono davvero dispiaciuto, sono io il
colpevole!»
Il
ladro era un dipendente del negozio. Spiegò che aveva preso
il mezzo per via di alcuni debiti che aveva accumulato e poteva
estinguerli se avesse dato la possibilità di usare quel
mezzo gratis per un certo periodo di tempo. La notizia divenne pubblica
e il proprietario del negozi, oltre a restituire il ragno, dovette
scusarsi.
«Grazie
e arrivederci!»
Vennero
scambiati diversi saluti e ringraziamenti non solo da Steve e sua madre
ma anche da altri delle periferia.
Lev
e Shu fecero ritorno alla base.
«Lev!
Stai bene?»
Neanche
saliti sull’aeronave, c’era già Kirabo
che li aspettava con ansia.
«Che
hai da urlare tanto, Kirabo?»
«Sono
preoccupato per te!»
«Sei
proprio un bravo amico, allora.»
Kirabo
si strascinò all’interno l’amico, con al
seguito Shu. Una volta entrati, Kirabo si diresse verso le cabine
mentre Shu venne richiamato dalla sorella , prima di raggiungerla aveva
raccolto una busta da terra. Si trattava di una lettera che era stata
data a Lev da parte della mastre di Steve. In quel momento stava
passando Takehito e Shu gli chiese se potesse consegnarla a Lev.
Il
ragazzo salì ai piani superiori e bussò alla
porta della stanza di Lev.
«Entra!»
Takehito
aprì la porta. Il biondo era da solo seduto sul letto.
«Shu
mi ha detto di consegnarti questa.»
Lev
la prese ringraziandolo e l’altro uscì lasciando
un piccolissimo spiraglio aperto, il tanto che bastava per vedere cosa
facesse, senza farsi notare.
Lev
era rimasto seduto ad osservare la busta e dopo qualche secondo, si
decise ad aprirla e la lesse con calma.
Takehito
si sorprese nel vederlo piangere. Chiuse completamente la porta e
andò al piano di sopra, nella stanza dove vi erano i
videogiochi.
Lì
trovò Katsu ma non ci badò più di
tanto gettandosi sul divano.
«C’è
qualcosa che non va?» notando il ragazzo, Katsu mise in pausa
il videogioco.
«Non
capisco. All’inizio Kirabo sembra prenderlo in giro, poi
quando capisce dove ci troviamo, diventa serio e si preoccupa. Lev ci
contatta arrabbiato, poi sembra essere tutto risolto e lui sollevato e
in fine si mette a piangere.»
«Quel
posto gli avrà fatto ricordare qualcosa di
spiacevole.»
«Cosa?»
«Per
ora ti basta sapere che qui non ci sono tutte persone con un passato
felice.»
Non
sembrava molto soddisfatto della risposta.
«Ti
va una partita?»
Takehito
annuì e prese a giocare.
«Mi
stai dicendo che per ora non devo ficcare il naso nelle vostre
faccende?»
«Sì!
Col tempo impareremo a conoscerci.»
Angolo
dell'autrice
Prima di tutto volevo ringraziare tutti coloro che stanno leggendo e un
ringraziamento speciale a Belfire99 che recensisce ogni capitolo :).
Per il prossimo capitolo non so se riuscirò a pubblicarlo in
tempo dato che non so se posso connettermi ad internet.
Ovviamente è inutile dire che mi fa molto piacere che state
continuando a leggere questa storia e spero che continui a
piacervi(perchè se continuate a leggerla vi piace veo?).
Ora dopo l'avviso e ringraziemtenti vi aspetto al prossimo capitolo ;).
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Capitolo 8 *** Section 7 ***
ARGEST AGE –
SECTION 7
I giorni sulla Phlajrh trascorrevano come sempre, tra lavoro e svago,
litigi e divertimento. Il momento dei pasti, che riteneva
strani e che lo mettevano a disagio, erano diventati i più
attesi durante la giornata. In quei giorni Takehito non aveva fatto
molta fatica ad aprirsi agli altri, grazie all’aiuto di
Katsu, era riuscito a scambiare qualche parola anche con Yue.
Ancora una volta
il pranzo fu buonissimo, in particolarmente quando a prepararlo era
Erin. Avevano terminato, godendosi gli ultimi minuti di riposo qualcuno
con una doppia razione di dolce, Owen ne approfittò di quel
momento per metterli al corrente delle prossime loro azioni.
«Prima
mi ha contattato Shae, dice di avere qualcosa di importante da
comunicarci e che vuole farlo da vicino, quindi la nostra prossima meta
sarà la base in Africa. Saremo lì in circa tre
ore.»
«Ci
sono altre basi?»chiese Takehito.
«Certo.
Non si trattano di basi come questa, sono ben nascoste e grandi come
piccoli centri abitati.» una risposta semplice e sintetica
come era solito fare Owen.
«Quanto
tempo ci fermeremo?» domandò Kirabo con uno
sguardo speranzoso.
«Dipende
da cosa ci dirà. Se è possibile
potremmo restare il tempo necessario per la guarigione del tuo
braccio.»
Kirabo non
nascose la gioia per quella risposta.
«Non
dispiace nemmeno a me, se potessimo restare per un periodo prolungato.
Vorrei lavorare su una mia idea ma qui non ho tutte le attrezzature
necessarie.» intervenne Aruto.
«A che
ti riferisci, papà?»
«A
tempo debito.»
«Una
piccola anteprima?» lo supplicò.
«A
tempo debito, Katsu!»
«Ora
rimettetevi tutti a lavoro!» senza alcuna perdita di tempo,
l’ordine di Owen fu subito eseguito.
Raggiunsero
la destinazione nel tempo previsto.
Per Takehito era
la prima volta che vedeva una base della Phlajrh, gli venne spiegato
che si trattava di una base segreta, nascosta agli occhi del mondo e
nessuno immaginava nemmeno la loro esistenza. Di quel tipo di
basi ve ne erano altre sparse per il mondo, servivano per supporto
all’aeronave e al suo equipaggio, oltre ad ospitare tutti
coloro che avevano intenzione di opporsi all’Impero.
Il giovane
incominciava a capire perché l’Impero faticasse
tanto ad eliminare questa organizzazione decisamente ben strutturata e
che poteva far affidamento su un gran numero di persone.
All’apparenza stavano sorvolando un piccolo paesino che non
aveva nulla di strano, era circondato dalla vegetazione rigogliosa e
selvaggia e tutt’intorno non c’era altro.
L’aspetto di quel paesino doveva essere proprio quello di un
qualunque centro abitato, per poter nascondere al meglio la sua vera
natura. Dal lato sud del paesino, si sollevò e si
abbassò una grande quantità di terra, spinta
da grandi lastre mi metallo, come se si stesse aprendo una
bocca.
Entrarono
lentamente da quella apertura appena formatasi, quando
l’aeronave fu completamente all’interno
l’entrata si richiuse e venne emanata una luce verdastra che
si diffuse per tutto l’ambiente circostante, mostrando per un
attimo la sua grandezza per poi divenire totalmente buio. Uno sportello
dell’aeronave si aprì facendo un po’ di
luce, per quanto possibile, e qualcuno iniziò ad uscire. Si
accesero le luci e si udì il suono di passi decisi e veloci.
«Avete
fatto presto!» ad accoglierli era giunta una donna
dalla carnagione scura, dai grandi occhi castani, viso ovale ben
proporzionato e capelli lunghi, anch’essi castani, raccolti
in una treccia.
«Quando
non si trovano ostacoli per la strada è tutto più
facile.»
«E’
vero Lev!»
«Ciao
Shae! Che bello rivederti.» Kyla le si avvicinò
velocemente afferrandole le mani.
«Anche
per me.» le sorrise dolcemente «Vi trovo
tutti bene, ma Kirabo che fa? Si fa attendere?» erano scesi
ormai quasi tutti, ne mancavano solo due.
«Era
salito alla vetrata col novellino.»
«E’
sempre il solito!» ma proprio in quel momento si cominciarono
a vedere all’uscita.
«Ma un
posto come questo sotto terra non potrebbe essere rintracciato
facilmente?» era la voce di Takehito che si avvicinava sempre
più.
«L’hai
vista quella luce quando si è chiusa
l’entrata?»
«Sì!»
«E’
quella che nasconde questo posto. E come se creasse una sorta barriera
invisibile, impedendo a qualunque tipo di strumento di rilevare che qui
sotto c’è qualcosa. E’ una tecnologia
tutta nostra.»
«Quanto
hai intenzione di farmi aspettare?»
«Shae!»
Kirabo abbandonò la conversazione e si gettò ad
abbracciare la donna, che ricambiò.
«Lei
è quella che ha parlato con Owen?» Takehito
cercava di chiarirsi le idee domandando agli altri presenti.
«Sì,
si tratta di lei ed è anche la moglie di Kirabo»
la risposta di Erin lasciò un po’ sorpreso il
ragazzo.
«La
notizia può shockare ma è così. Per lo
più quello scombinato ha trovato un angelo di
donna.» come sempre Lev non tardò a dire la sua
sull’amico.
Nel frattempo si
avvicinò correndo una piccola bambina, che non
preoccupandosi di tutte quelle persone, si aggrappò a una
gamba di Kirabo.
«Fuhara
ti avevo detto di aspettare!» Shae aveva alzato leggermente
la voce rivolgendosi alla bambina.
«Voglio
salutare papà!» protestò la bimba.
«Ebbene
hanno anche una figlia.» aggiunse Lev ad un Takehito
abbastanza meravigliato.
Kirabo prese in
braccio la figlia, dandole un bacio sulla piccola guancia.
Gli assomigliava
davvero molto. Lo stesso colore della pelle, lo stesso taglio del viso
e gli stessi capelli mossi, legati in due codini ma più
chiari.
«Sono
felice che sei venuta a salutarmi, però devi ubbidire alla
mamma.»
«Lo
faccio sempre, però volevo salutarti
assolutamente.»
«Si
ubbidisce alla mamma anche quando vuoi fare qualcosa
assolutamente.» la piccola Fuhara mise il broncio per un
po’, per poi promettere che non l’avrebbe fatto
più.
«Owen,
riguardo a quello che vi devo dire, vorrei farlo subito.»
«Come
preferisci. Ci mettiamo nella solita stanza?»
«Sì!»
Il gruppo si
allontanò dall’aeronave dirigendosi sempre
più nel sottosuolo.
«Papà,
chi è?» la piccola, ancora in braccio al padre,
indicava con il dito indiceTakehito che era dietro di loro.
«Lui
è nuovo, sta con noi da poco.»
«Come
si chiama?» domandò ancora.
«Glielo
chiedi direttamente tu.» Kirabo fece un cenno col capo per
far avvicinare il ragazzo.
«C’è
una bambina che vuole conoscerti.» disse per incoraggiare la
figlia, che era rimasta a guardarlo.
«Come
ti chiami?» cominciarono le domande.
«Takehito
e tu?»
«Fuhara.
Quanti anni hai?»
«Diciassette.»
«Io ne
ho quattro – precisandolo mostrando quattro dita della manina
- però sono una bambina grande, perché aiuto gli
altri bambini.»
«Ma che
brava.» Takehito le sorrideva dolcemente. Quella piccolina
doveva essere davvero molto vivace.
«E dato
che sei brava, ora raggiungi gli altri bimbi, ok?»
«Va
bene! Però dopo stai con noi, papà?»
«Promesso!»
e così Fuhara si allontanò salutando tutti.
Il gruppo aveva
raggiunto una grande stanza con molte sedie disposte su più
file. Ognuno ne prese una e si disposero in cerchio e Shae prese la
parola.
«Sarò
breve. L’impero ha trovato un luogo ricco di materie prime in
questa zona ed è ideale per sintetizzare le molecole Mirish.
Ovviamente per i lavori, verranno sfruttate le persone della colonia
Waasi, oltre ad un piccolo gruppo che si era opposto al progetto.
Inizieranno tra venti giorni, abbiamo tutte le informazioni necessarie
e il tempo per poter ideare un piano. Penso sia una buona occasione da
sfruttare.» seguì qualche minuto di silenzio, il
tempo di riflettere e valutare la situazione.
«Credo
che non abbiamo molte alternative. Le condizioni per agire ci sono,
inoltre non possiamo certo premetterli di rafforzarsi ancora di
più in questa zona.» fu Kyla ad intervenire e a
centrare il problema principale.
L’impero
era molto presente nella regione africana e la piccola parte della
popolazione che non la tollerava, era ridotta ad uno stato di
semischiavitù, costretti a lavorare e a non poter lasciare
il luogo in cui vivevano. Questi posti venivano chiamati colonie e ne
erano tre in tutto il pianeta. Quella africana prendeva il nome di
Waasi.
«Dicci
tutti i dettagli.» sembrava che ad Erin la situazione non
richiedesse altre osservazioni.
«Inizieranno
tra venti giorni a partire dal mattino presto. Ci sarà una
squadra composta da dieci teknight che trasporteranno i macchinari,
mentre un'altra di tre teknight preleverà una cinquantina di
persone dalla colonia» continuò con la spiegazione
Shae.
«Immagino
che hai già pensato al modo di agire.» la
esortò a continuare Owen.
«Ovviamente!
Tutte le operazioni e i controlli verranno effettuati da un unico
centro di controllo. L’idea è quello di prendere
possesso segretamente del centro, in modo da fornire informazioni
sbagliate e facilitare un nostro attacco.»
«Idea
molto semplice. Non è che la stai facendo troppo
facile?» disse Kirabo massaggiandosi il pizzetto.
«Informazioni
e coordinamento possono essere fondamentali in una
battaglia.» fu Shu a parlare.
«Tutto
sta nell’infiltrarsi senza farsi notare. Una volta fatto
ciò, non dovrebbe essere troppo difficile. Penso che
possiamo riuscirci.» Lev sembra già pronto alla
battaglia.
Però
l’ultima parola spettava ad Owen e questa tardava ad
arrivare. Guardava il pavimento a braccia contese, solo dopo molto
tempo decise di parlare.
«Voi
siete d’accordo che non dobbiamo lasciare altro spazio
all’impero?» seguirono cenni col capo e
affermazioni positive.
«Siamo
in minoranza e c’è la possibilità che
usino le nuove unità, i GL. Il piano proposto da Shae
è rischioso e potrà avere successo se riusciamo
ad infiltrarci. In alternativa possiamo solo optare per un attacco a
sorpresa ma ritengo che questo comporti maggiori rischi. Siete
consapevoli di questo? Siete sempre determinati nel voler agire in
questo modo?» ancora consensi
decisi.
«Shu!
Ti introdurrai nel centro di controllo.»
«Per
forza lui?» Kirabo gli rivolse uno sguardo duro.
«E’
il più abile tra noi in questo genere di cose.»
«Lo so
perfettamente! Però potrebbe essere più utile
come pilota, in questo momento.»si era alzato dalla sedia
deciso a non demordere.
Gli altri lo
guardarono, in particolare Yue, osservava alternativamente lui e il
fratello.
«Va
bene così, Kirabo. Sono disposto ad infiltrarmi.»
stringendo il pugno si risedette, gettandosi di peso.
«A
questo punto, con i teknight ci dividiamo in due e due?»
ipotizzò Lev.
«Vi
dividerete in tre e uno.» Lev parve preoccuparsi
«Una
possibile divisione potrebbe essere Kyla, Seref e Yue e
l’altra Lev sostenuto da un mezzo terrestre.»
«E lo
sapevo! Non sarebbe più adatta Kyla per un attacco
simile?»
«Se
fallisse l’attacco a sorpresa, si troverebbe in
difficoltà.» spiegò Owen.
«E Yue?
E’ abbastanza distruttiva, potrebbe cavarsela in poco
tempo.»
«Proprio
per questo preferisco che si trovi a combattere contro il gruppo
più numeroso di teknight, e poi, è più
probabile che i nuovi modelli si trovino lì.»
«E se
si verificasse la probabilità minore, io che
faccio?»
«Avrai
l’equipaggiamento adatto e combatterai come hai sempre
fatto.»
«Ok, mi
arrendo.» sollevò leggermente le braccia, come a
rafforzare il concetto.
«Alla
guida del mezzo terrestre ci saranno Katsu ed Erin. Io starò
con Shu. Aruto, tu terrai la situazione sotto controllo dalla base.
Takehito, se vuoi partecipare, segui Katsu ed Erin. Kirabo resterai
qui.»
Era tutto deciso.
Mancavano ancora i dettagli ma li avrebbero definiti presto e come
abitudine, ognuno si allontanò, libero di fare
ciò che più desiderava. Fecero eccezione Kirabo,
ancora contrariato e la Shae che gli rimase al fianco.
Takehito fu
l’ultimo ad uscire e notò
l’atteggiamento del compagno, sembrandogli strano ms
preferì raggiungere il giovane meccanico.
«Che
gli è preso? »
«Tiene
semplice a Shu, non vorrebbe che facesse cose che potrebbero farlo
soffrire.»
«Una
missione del genere è più pericolosa di una
battaglia con i teknight?»
«Per
lui, una cosa del genere sarà una passeggiata.»
«E
allora?»
«E
allora la faccenda è abbastanza complicata, quindi per ora
lascia perdere e vieni con me che ti faccio vedere dove alloggeremo in
questi giorni.» lo prese per il braccio e lo
trascinò con se.
Lo
portò all’esterno, in quel piccolo centro abitato
che aveva visto dall’alto.
Era semplice e
ordinato, con piccole casette disposte in file, dai colori semplici che
andavano dal bianco al marroncino. Regnava un aria serena e tranquilla,
si sentivano le voci delle persone al lavoro o che scambiavano
semplicemente qualche parola e quella dei bambini che giocavano.
Venne condotto
all’interno di un edificio più grande degli altri,
dove trovò solo bambini e ragazzi.
«Qui
è dove staremo noi.» disse Katsu andando avanti.
Era come un
grande dormitorio, con vari letti a castello disposti lungo una delle
pareti e materassi sistemati sul pavimento. Sulla parete opposta
c’era una grande lavagna, piena di scritte, numeri e
scarabocchi, qualche armadietto qua e là e molti giochi
sparsi in giro.
I bambini e
ragazzi erano tutti attorno agli altri che erano già usciti,
felici di rivederli e accolsero festosi anche Katsu.
«C’è
Katsu!»
«Ciao!»
«Katsu
ci aggiusti i giochi?»
«Me la
costruisci una bicicletta?»
«Mi fai
vedere come funziona l’aeroplanino radiocomandato? era stato
letteralmente assalito.
«Si,
si, vi aggiusto e vi mostro tutto quello che volete.»
«Fuhara,
quello lì è Takehito?» uno dei ragazzi
notò la presenza di un volto nuovo.
La piccola si
limitò ad annuire. Lo accolsero con saluti di benvenuto,
qualcuno si era presentato, qualcun’altro gli aveva chiesto
che cosa facesse sulla Phlayrh, da dove veniva e tante altre domande a
cui il ragazzo non seppe sempre dare una risposta o non ebbe il tempo
di farlo, che subito ne arrivava un’altra.
«Ma
Kirabo quando arriva?» fece notare la sua mancanza uno dei
ragazzi.
«Non
penso ci metterà molto. Nel frattempo che lo aspettiamo mi
fate vedere se siete migliorati.» Shu catturò la
loro attenzione, tanto che parte dei ragazzi e dei bambini si
precipitarono all’esterno, seguiti dal resto che procedevano
con più calma.
Incuriosito li
seguì anche Takehito.
Fuori
c’era un grande spazio attrezzato con giochi e campi di vario
tipo. Quello che si apprestarono ad occupare, era un semplice campo da
basket delineato da strisce bianche di pittura sul terreno, i canestri
erano delle semplici tavole di legno con cerchio in metallo avvitato e
la rete fatta da cordoncini di tessuto intrecciate tra loro.
I più
grandi organizzarono le squadre, l’ordine con cui avrebbero
giocato e gli schemi da mostrare. E iniziarono a giocare. Altri erano
rimasti a bordo campo ad osservarli accanto agli altri adulti. Si
unì a loro.
«Mi
aiuti?»Katsu gli si arrivò alle spalle porgendogli
un piccolo robottino senza un braccio. Appoggiò a terra
altri giochi e oggetti non funzionanti e si sedette accanto al ragazzo.
«Non
guardarli in quel modo.»
«In che
modo li sto guardando?»
«Direi
strano.» gli rispose Katsu alle prese con uno skateboard.
«Sai,
Kirabo viene proprio dalla colonia qui vicino come la maggior parte
della gente che vive qui. Considera quei bambini un po’ come
lui e per questo che fa tutto quello che può per loro.
Così i bambini gli si sono affezionati, prendendolo come
esempio, cercano di apprendere da lui e qualche volta di imitarlo. Il
basket che tanto piace a Kirabo, l’hanno fatto diventare una
sorta di sport ufficiale. In più Kirabo è a un
livello davvero molto alto, potrebbe far parte di una squadra di
professionisti, anche Shu ha imparato da lui, così allenano
i bambini di questa base.»
Takehito lo
ascoltava continuando ad osservarli giocare.
Si impegnavano,
erano concentrati, decisi ma si divertivano e i loro volti erano felici.
«Tutti
qui i vostri miglioramenti?»
«Kirabo!»i
ragazzi interruppero il gioco.
«Fate
in fretta le squadre che giochiamo anche io e Shu.» appena
arrivato si affrettò a dare disposizioni.
«Ma ti
sei fatto male al braccio?»
«Come
fai a giocare?»
«Ci
riesco tranquilli, piuttosto preoccupatevi di non perdere.»
Qualcuno lo prese
in giro dicendo di non fare il gradasso che altrimenti la squadra con
Shu avrebbe vinto, i più piccolini si avvicinarono
osservandogli il braccio immobilizzato, chiedendogli come si era fatto
male.
Dopo pochi minuti
tutto era pronto e giocarono fino a quando i raggi del sole non
scomparirono. Dovettero fare dei turni per stabiliva a chi spettava
giocare e quelli che dovevano aspettare facevano il tifo a
squarciagola.
La piccola Fuhara
si metteva di impegno per sostenere il suo papà o richiamava
la sua attenzione quando toccava a lei giocare.
La sera
consumarono la cena insieme ai ragazzi e ai bambini. Fu diverso da
tutti pasti che si consumavano sulla base della Phlajrh ,
c’era un clima più allegro e decisamente
più rumoroso. Fino a quando non venne l’ora di
dormire, i più giovani di quel luogo, restarono ad ascoltare
le storie, le fiabe e le avventure che avevano da raccontare i membri
della Phlajrh, tutto nella suggestiva atmosfera creata dl
falò.
«Shae
andiamo?» domandò piano Kirabo alla moglie che
annuì prendendo in braccio la figlia addormentata.
Salutarono tutti
e si allontanarono tra qualche lamentela di alcuni bambini ancora
svegli.
Shae viveva in
una piccola casa ai margini di quel piccolo centro abitato, insieme
alla figlioletta. Le piaceva tornare la sera in quel luogo un
po’ appartato, dopo lunghe giornate di lavoro per la Phlajrh,
trovando un po’ di tempo per se e sua famiglia.
«Com’è
tranquillo!» Kirabo camminava lungo le piccole vie tenendo
stretta la mano della compagna e osservando il cielo pieno di stelle
che lo illuminavano insieme alla sottile falce di lune.
«E’
da molto tempo che non tornavi.»
«Già!»
Arrivarono.
Entrarono in quella piccola casetta. Era composta di sole due stanze e
un bagno. Shae adagiò la figlia nel letto della sua stanza
per poi tornare da Kirabo. Si trovava nell’altra stanza
decisamente più grande, in un angolo c’era la
cucina e un ripiano con degli sgabelli e un televisore, il resto
dell’ambiente era riempito da un grande armadio e un letto
matrimoniale.
Kirabo era
disteso sul letto con le braccia in fuori.
«Cambiati
per lo meno.» Shae gli gettò un pigiama.
«Ma fa
caldo!» protestò lui.
«Puoi
restare anche in pantaloncini ma devi cambiarti quei vestiti.»
«Agli
ordini!»in modo impacciato si cambiò, stava ancora
facendo l’abitudine ad usare un solo braccio. Shae fece lo
stesso indossando una leggera camicia da notte. Raggiunse il marito che
la accolse circondandola col braccio sano.
«Quanto
mi sei mancato.»
«Anche
voi mi siete mancate.»
«Prima
che arrivassi, Fuhara ha fatto l’elenco delle cose che dovete
fare insieme. Dovrà farti vedere tutto quello che ha fatto a
scuola e tutti i suoi disegni. Ah! Ultimamente si è
appassionata ai rettili.»
«Come
ai rettili?» quasi gridò tra il sorpreso e il
preoccupato.
«Hai
capito bene. Va alla caccia di tutti animali squamosi.»
«Vuoi
dire anche i serpenti?» il tono della voce era solo
preoccupato.
«Per
quelli sono riuscita a convincerla che sono pericolosi e che lei
è troppo piccola ma per tutta risposta, si è
messa a imparare tutto quello che riesce sui rettili dicendo che un
giorno riuscirà a prendere un serpente velenoso e i rettili
più grossi, compresi coccodrilli.»
Kirabo
sospirò.
Entrambi i
genitori avevano rinunciato a frenare l’indole vivace e
spericolata della figlia, nonostante avesse solo quattro anni, seguiva
sempre i bambini e i ragazzi più grandi sia nei loro giochi
che nelle scorribande. L’unica cosa che li consolava
è che era abbastanza ubbidiente.
«Ti
somiglia molto.»
«Io non
vado a caccia di rettili!»
«No, ma
sei sempre andato a caccia di guai e sei decisamente
testardo.»
«Solo
un po’.»
Parlarono a
lungo, raccontandosi tutto quello che non potevano attraverso le
videochiamate, delle loro difficoltà e dei sentimenti
più nascosti. Felici che i lunghi periodi di lontananza non
riuscivano ad affievolire il loro amore, se possibile lo rafforzava.
I venti giorni
passarono tra i preparativi dell’imminente attacco, momenti
di svago, il tempo trascorso con i bambini e con le persone care e
tutto era ormai pronto.
«Partiamo!»al
comando di Owen si diede inizio all’operazione.
«Vi
seguirò sui monitor. Lev sta bene attendo alle mie
informazioni.»
«Tranquillo
Aruto. Mi affido a te.»
A seguire
l’andamento degli avvenimenti e a supportare i piloti,
c’era Aruto, Lara, Kirabo e Shae.
Lev
partì con al seguito un mezzo cingolato, ben corrazzato,
guidato da Erin con al seguito Katsu e Takehito.
L’altro
gruppo si mosse nello stesso istante e come stabilito, era composto da
Seref, Yue e Kyla a bordo dei loro teknight.
Owen e Shu si
muovevano su una semplice auto.
Ben presto tutti
si posizionarono in luoghi nascosti, in modo da poter assalire il
nemico con un attacco a sorpresa ma in particolar modo, per dare il
tempo a Owen e Shu di agire.
Mancava ancora
del tempo prima che le truppe dell’impero si muovessero,
quando il generale della Phlajrh e il suo compagno giunsero al centro
di controllo.
Abbandonarono il
loro mezzo tra la vegetazione e proseguirono furtivi fino ai pressi
dell’ingresso.
Dà
lì in poi fu solo Shu ad agire, creando una via libera al
generale.
C’erano
solo due persone di guardia all’ingresso posteriore. Gli si
avvicinò senza farsi notare e con due colpi ben assestati,
fece perdere loro i sensi. Prese due piccole funi dallo zaino che aveva
in spalla e li legò nascondendoli nella vegetazione.
Ebbero libero
accesso al centro di controllo.
La prima cosa era
trovare la centralina di controllo della sorveglianza elettronica.
Owen
scansionò l’edificio con un sorta di scanner a
forma di pisola.
Impiegò
poco tempo per localizzarla, mostrò la posizione a Shu, che
muovendosi come un ombra, la raggiunse manomettendola rendendo
così inefficaci i sistemi di sicurezza.
Non trovarono
molti uomini di guardi e quei pochi che trovarono venivano presi alla
sprovvista da Shu che li narcotizzava senza che questi se ne rendessero
conto.
Riuscirono a
raggiungere la sala di controllo.
Al suoi interno
vi erano quattro uomini che osservavano dei grandi schermi.
Dovevano di certo
riportare gli spostamenti dei teknight.
Anche qui
l’azione di Shu fu fulminea.
Ne prese due alle
spalle, colpendoli alla testa facendoli svenire. Quello accanto non
ebbe il tempo di reagire che venne colpito violentemente
all’addome perdendo anch’esso i sensi.
L’ultimo
ebbe il tempo solo di afferrare la pistola che aveva al fianco e di
alzarla davanti a se. In quel momento Shu voltandosi
colpì la mano dell’uomo, per poi afferrarlo per il
braccio che aveva ancora steso e colpirgli il naso con un pugno.
Anche
l’ultimo era sistemato.
«Owen!»
lo richiamò il giovane.
«Poveretti,
mi fanno pena.» fu il commento sarcastico del generale nel
vedere Shu, che adagiava in un angolo quei malcapitati ormai svenuti.
«Ora
tocca a te Owen.»
L’uomo
si avvicinò agli schermi, analizzando la situazione. Era
proprio come avevano previsto. Da lì potevano seguire ogni
mossa.
Prese un altro
dispositivo, una semplice lastra di metallo con un pulsante.
Quando lo
premette, apparvero tanti quadrati quanti erano i contatti che doveva
mantenere in quel momento.
«Mi
ricevete?» gli risposero tutti quelli impegnati in quella
missione, in attesa di ordini.
«Bene.
Tenetevi pronti.»
Erano tutti
concentrati, quei pochi minuti furono più che sufficienti
per far crescere la tensione e l’insofferenza
dell’attesa fino a quando non arrivò un comando.
«Attaccate!»
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Capitolo 9 *** Section 8 ***
PROVACAP 8
ARGEST AGE –
SECTION 8
«Eccoli!
Li vedo. Quando sarà il momento di attaccare, dovrete
coprirmi le spalle.»
«Tranquillo
L5.»
«Di
già i nomi in codice? Non c’è pericolo
che ci intercettino ora … e poi mette ansia.» la
voce del pilota del RAD 3 era decisamente agitata.
All’interno
del cingolato partì una piccola risata, che
sembrò alleggerire la tensione.
«Rilassati
Lev. Hai alla guida il talentuoso Katsu, la mia rinomata
precisione nel colpire il bersaglio e c’è anche
Takehito che mi fa da assistente. Cosa vuoi più?»
«Tentativo
fallito Erin. Sono agitato lo stesso.» il pilota
del teknight si tormentava le ginocchia fregandole con le mani.
Osservava quello
che accadeva fuori.
Come
previsto, si stavano avvicinando tre teknight imperiali.
«Ti fa
star meglio vedere che non ci sono i nuovi modelli?»
insistette Erin.
«Forse.
L’unica cosa che mi farà sentire meglio
sarà agire.»
Neanche a dirlo
che Owen si mise in contatto con loro.
«Mi
ricevete?»
«Sì!»
Lev scattò nel premere un pulsante sulla console per potersi
far sentire.
Gli altri nel
mezzo terrestre assunsero un atteggiamento più serio.
«Bene!
Tenetevi pronti.»
Lev stringeva con
forza le due leve di controllo in un attesa spasmodica.
Al
comando di attacco del generale Owen , il teknight bianco di Lev
sbucò dal nascondiglio creato dagli alti alberi della
foresta.
La stessa cosa
venne fatta dal cingolato, che per non farsi notare avanzò
con più cautela, si era fermato in una posizione ideale per
seguire lo scontro, intervenire e cambiare posizione con
velocità.
Afferrato
rapidamente il fucile a energia luminosa, il teknight sparò
un colpo che prese uno dei nemici più distanti dalla
colonia.
Il raggio
luminoso creò un buco all’altezza del torace del
mecha, da lì scaturirono diverse scintille e piccole
scariche elettrice seguite da una violenta esplosione.
Il teknight
bianco si avvicinò ad un altro nemico a grande
velocità, afferrandolo ed estraendo un cilindretto dal
fianco. Come venne tirato fuori, una forte luce si propagò
da esso formando la lama di una spada.
Un fendente e il
braccio meccanico libero del nemico, che lo stava per colpire, cadde
rumorosamente sul terreno, alzando molta polvere.
Un altro fendente
e anche l’altro braccio meccanico, che teneva ancora
bloccato, venne tagliato e lanciato lontano.
Il terzo teknight
provò a reagire ma il tentativo venne impedito da un colpo
sparato da Erin.
Non ebbe molto
effetto ma bastò per catturare la sua attenzione.
Il teknight prese
la mira con la sua arma da fuoco, sottile e con una canna molto lunga.
«Katsu
non muoverti ancora» gli ordinò Erin.
«Come?
Quello ci sta puntando un fucile contro!» Takehito guardava
Erin in modo agitato e nervoso. Era chiaramente spaventato e non
capendo il motivo di esporsi a un tale pericolo.
«Non ci
colpirà. Siamo un bersaglio difficile.»
La voce calma e
sicura non bastò a calmare il ragazzo che cercò
lo sguardo di Katsu.
Era concentrato e
pronto a partire in qualunque momento, con una mano sul volante e
l’altra sulla leva del cambio. Osservava i
movimenti nemici però quando sentì la voce
impaurita dell’amico, si voltò nella sua
direzione.
Incrociò
il suo sguardo e gli fece l’occhiolino, come per digli che
andava tutto bene.
Poi un gran
rumore.
Il
teknight nemico aveva sparato un raggio di luce che era precipitato
alcuni metri più indietro rispetto alla loro posizione.
I due ragazzi
ritornarono a fissare il loro avversario.
Stava prendendo
ancora una volta la mira, questa volta venne anticipato e da terra lo
raggiunse un piccolo razzo che lo fece barcollare.
Era stato colpito
ad uno dei propulsori che erano posizionati sul fianco.
Ripreso la
posizione ritornò a puntare la sua arma contro.
«Non ti
muovere ancora.»
La scena si
ripeté. Questa volta l’attacco nemico fu
più preciso, sfiorandoli quasi. Lo stesso valeva per Erin
che riuscì a centrare il propulsore sul fianco opposto.
Non rassegnato e
incurante dei danni, il teknight imperiale tornò a prenderli
di mira.
«Katsu
preparati. Questa volta l’ha calibrato come si
deve.»
Era come se dalla
sola direzione del fucile, capisse dove sarebbe arrivato il colpo.
«Vai!»
Nonostante la
mole del cingolato, la grande accelerazione riuscì a
imprimere una grande velocità al mezzo, che
partì, schivando il raggio luminoso.
Ne seguirono
altri, che vennero prontamente evitati, grazie alla guida precisa di
Katsu.
«Devi
portati alle sue spalle.» ordinò Erin sempre con
calma.
«Ok! Ma
non avrai molto tempo per lanciale il missile.»
«Tu non
preoccuparti.»
Ogni direzione
che prendeva, si ritrovava sempre il teknight di fronte. Gli si
avvicinò sempre più, seguendo una traiettoria
circolare. Quando gli fu abbastanza vicino, in retromarcia gli
passò in mezzo ai piedi, disegnando un arco.
Il mecha non fece
in tempo a girarsi, che anche il propulsore posteriore andò
fuori uso a causa del piccolo missile proveniente dal cingolato.
Ora non poteva
più muoversi agilmente o volare.
Nello stesso
tempo Lev distrusse il teknight con sui stava combattendo. Oltre agli
arti superiori, gli tagliò anche quelli inferiori. Mentre il
pilota usciva, infilò la spada luminosa nel busto del mecha,
che esplose poco dopo.
«Erin
ci penso io.» al messaggio di Lev, il cingolato
tornò a nascondersi tra la vegetazione.
L’ultimo
mecha imperiale rimasto era ancora concentrato nel prendere il piccolo
mezzo terrestre, senza accorgersi della situazione.
Il teknight
bianco riprese il fucile e sparò diversi colpi, i quali
resero inutilizzabile quello nemico che si
accasciò al suolo, immobile.
«Eccoli
lì! dieci teknight proprio come aveva detto Shae.»
«Sono
in anticipò?»
« Forse
un pochino,Yue. Ma non costituisce un problema.»
«A
occhio e croce i modelli nuovi dovrebbero essere sei. Puoi controllare
meglio Seref?»
«Sì.»
Il ragazzo fece
come Kyla aveva chiesto.
Muoveva le dita
su una superficie liscia e scura, ad ogni tocco, una piccola sezione si
illuminava di azzurro.
«Anche
il computer mi dice la stessa cosa, sembra non ci sia nessun
inganno.»
«Di
quelli me ne occuperò io.»
«Aspetta
Yue non correre, si tratta pur sempre di sei
unità.»Kyla con fare maturo frenò
l’entusiasmo di Yue.
«L’altra
volta mi sono solo lasciata prendere alla sprovvista, non
sbaglierò, non c’è bisogno che
intervieni e poi sono la più adatta.»
«Non
fare storie. Se non vuoi ascoltare il mio consiglio, vorrà
dire che diventerà un ordine di un tuo superiore.»
«Quei
sei nuovi modelli li sistemerò io, sempre se il colonnello
è d’accordo.»
«Eh?!»
il volto di Yue era alquanto sorpreso, con occhi e bocca spalancati
come se Seref stesse delirando.
«Come
pensi di fare?» Kyla sembrava incuriosita.
«Ho
fatto dei calcoli al computer. Dovrebbero bastare due pincer per
neutralizzare il reattore e un terzo per assorbire l’energia
restante.»
«Però
prima che non possano più muoversi ci vorrà del
tempo. Da solo non puoi farcela.» Kyla non sembrava convinta,
non amava correre rischi inutili.
«Ho
intenzione di ingaggiare una battaglia a lunga distanza con il tuo
supporto, in questo modo dovrei riuscire sia a controllare i pincer sia
a combattere.»
«Seref
ma non hai solo quindici pincer?» Yue stava contando con
l’aiuto delle dita delle mani.
«Hai
detto che servono due pincer per rendere il reattore inutilizzabile,
così sono già dodici. Poi ne servono altri sei
per prendere l‘energia restante, però te ne
restano solo tre. Come farai con gli altri?»
«Ho
tenuto in conto questo particolare. I tre teknight senza il terzo
pincer saranno più pericolosi degli altri ma allo stesso
tempo saranno più deboli e lenti. Basterà
prestare solo maggiore attenzione. Quando i pincer avranno terminato li
passerò agli altri.»
«Kyla?»
i due ragazzi rimasero in ascolto.
«E’
sempre meno rischioso che mandare allo sbaraglio lo MA di Yue. Altre
alternative?»
«Ritengo
che questa si la più efficiente.»
«E’
deciso! Io e Seref penseremo ai sei nuovi modelli, mentre tu Yue ti
occuperai degli altri.»
«Ok.»
Yue assunse un tono lamentoso.
«Prima
di lanciarci all’attac …»
«Mi
ricevete?» Owen interruppe la preparazione del piano.
«Forte
e chiaro.» Kyla prese la parola costringendo il ragazzo a
tacere.
«Bene!
Tenetevi pronti.»
Rimasero in
silenzio e Seref preparava i pincer programmando le loro manovre al
computer.
«Attaccate!»
A
quell’ordine Seref si limitò ad alzare un braccio
del suo teknight per fermare ogni mossa della compagna più
giovane, mentre Kyla rimase lì dov’era, aspettando
che Seref concludesse il discorso interrotto precedentemente.
«Prima
di attaccare cercherò di collocare i pincer alle spalle dei
teknight, almeno uno per unità. Quando vi darò il
segnale attaccheremo. Se si accorgono dei pincer prima che riesca ad
agganciarli, attaccheremo lo stesso.»
Annuirono
entrambe.
«Ah! Da
ora nomi in codice Y7.»aggiunse.
«Lo so!
Per chi mi hai preso Seref?»
«Appunto!»
a Kyla scappò una risata.
Yue
arrossì leggermente arrabbiata.
«Colpa
tua S8.» replicò marcando il nome in codice del
compagno.
«Non
perdete la concentrazione.» il colonnello Kyla
riportò l’ordine.
Seref riprese il
suo lavoro.
Gli ultimi
pulsanti e sei piccole sfere, di una decina di centimetri di diametro,
si staccarono dallo IF grigio.
Si muovevano
piano, senza far rumore. A confronto con i teknight sembravano insetti.
Si mossero
seguendo la traiettoria calcolata dal computer, senza alcun intervento
del pilota e si fermarono dietro i teknight.
Raggiunta la loro
posizione, Seref lasciò andare altri sei pincer che si
affiancarono a quelli precedenti.
Appoggiando
semplicemente un dito sulla superficie liscia dell’abitacolo
dello IF, a quelle sfere comparvero una sorta di quattro zampe, che si
piantarono nei teknight che avevano di fronte.
Apparve una
piccola piramide per ogni pincer, rivolte con la punta verso
il mecha a cui erano agganciati, seguito da un rumore sottile ed acuto.
«Andiamo!»
I piloti
imperiali non ebbero il tempo di preoccuparsi di quel rumore, che
dovettero fronteggiare i nemici appena spuntai dalla vegetazione.
Kyla
restò in una posizione arretrata, impugnato il piccolo
bazuka.
Sparò
alcuni colpi al primo teknight che provò ad avvicinarsi.
Lo IF fece lo
stesso ma con un fucile impugnato con una sola mano e il calcio
appoggiato sulla spalla.
I primi due
teknight erano già al suolo.
Il mecha blu
sollevatosi in volo, piombò su un nemico infilzandogli una
piccola lama nel capo. Quando la estrasse le piccole luci delle
telecamere si spensero.
Gli altri presero
a sparargli, Yue si fece scudo col teknight che aveva attaccato e prese
una sorta di tirapugni.
Scaraventò
il teknight, che stava trattenendo, su un altro e prese a sparare dei
colpi luminosi dal tirapugni, avvicinandosi con estrema
rapidità.
Li raggiunse. Uno
venne colpito in basso e fatto cadere, l’altro
subì numerosi fendenti della lama, che apparve dal
tirapugni. Colpì fino a quando non cadde al suolo non
funzionante.
Quello che era
stato fatto cadere precedentemente, si rialzò e
sparò in direzione del MA. Il teknight blu
balzò in alto e il proiettile finì per colpire
l’alleato, che nel frattempo era riuscito a togliersi di
dosso il teknight che gli era stato lanciato.
Ancora in alto,
Yue lo finì con altri colpi luminosi e una volta atterrata,
fece penetrale una lunga lama nel metallo fino al reattore.
La estrasse e si
a allontanò, dal teknight schizzò via una capsula
e poi esplose.
Nello stesso
tempo lo IF e il RAD mantennero le distanze dagli avversari e i pincer
avevano terminato il loro compito.
Seref
mandò gli ultimi tre che aveva a disposizione e come
precedenti si inchiodarono ai teknight che divennero sempre
più lenti, sino a spegnersi.
Mentre
aspettavano continuarono a farsi fuoco. Riuscivano a restare lontani
grazie all’azione dei pincer, che eliminarono la fonte
energetica dei mecha.
I piloti
imperiali cercavano di compiere il minor numero possibile di movimenti,
inoltre, non avevano energia sufficiente per la nuova arma.
Quando ebbero
finito di risucchiare fino all’ultimo residuo di energia, i
pincer vennero mossi ancora sugli ultimi tre nemici.
Sempre dal
computer, Seref seguiva lo stato dei pincer :«Ancora pochi
secondi … è fatta!»
Tutti i teknight
nemici furono sconfitti.
«Sembra
stia andando tutto bene.»
Owen non aveva
staccato gli occhi dagli schermi nemmeno per un attimo.
Un urlo o meglio
il rumore di uno sforzo, lo fecero girare improvvisamente.
Vide un uomo, uno
di quelli che avevano fatto perdere i sensi precedentemente, impugnare
un coltello a pochi centimetri di distanza da lui.
Per fortuna
c’era Shu, che anche se di spalle, aveva percepito dei
movimenti e gli blocco il braccio.
Quello fece un
po’ di resistenza ma contro la forza e
l’abilità di Shu non poté nulla.
Il giovane gli
piegò il braccio all’indietro immobilizzandoglielo
e facendogli cadere il coltello dalla mano.
«Anche
se non sono riuscito a uccidervi non avete via di fuga.»
Owen gli
prestò maggiore attenzione, mentre la stretta di Shu si
faceva più forte.
«Non
vene siete accorti ma poco fa ho dato l’allarme. Vi
prenderanno e la stessa sorte toccherà ai vostri
compagni.» l’uomo sorrise beffardo.
Un sordo rumore
di ossa che scricchiolano e l’uomo cadde a terra, morto e con
gli occhi spalancati.
«Shu
… »
«Non
è tempo per i rimproveri.» si guardò in
giro per cercare di ricordare com’era lo schema di
quell’edificio.
«Passiamo
per i condotti d’areazione.» Owen si
girò nella direzione in cui erano rivolti gli occhi del
giovane.
«Non
penso di riuscirci.»
«Devi
riuscirci e comunque sarà solo per un piccolo
tratto.»
Shu prese una
sedia la posiziono sotto il condotto dell’area, poi ne prese
un'altra e posiziono sopra alla precedente. Salì e
con un salto si aggrappò alla grata. Prese un asticella di
metallo e cominciò a forzarla.
Staccò
un lato e si aggrappò con una mano alla parte di muro libera
dalla grata, con l’altra continuava a forzarla.
Venne staccata
anche dagli altri lati e lasciata cadere. Facendo forza con le braccia
entrò nel condotto.
«Owen
vieni.» Shu gli gettò la corda che aveva al
fianco.
Il generale
l’afferrò e cominciò a salire facendo
leva con le gambe sulla parete.
«Dobbiamo
far presto ad uscire di qui, non riesco a contattare gli
altri.»
Shu
inarcò le sopracciglia.
«Tra un
po’ ci scopriranno. Crederanno che abbiamo preso il condotto
dell’aria per non fare la strada di prima ed evitarli e
questo è quello che farò io. Più
avanti dovrebbe esserci una diramazione che porta
all’esterno, tu prenderai quella.»
Owen non sembrava
essere d’accordo.
«Non
c’è tempo! Devi informare al più presto
gli altri.»
«E va
bene, ma non correre rischi inutili.»
«Sì!»
Proseguirono per
un po’, fino a quando non arrivarono alla biforcazione e dopo
alcune indicazioni si separarono, ognuno per la propria strada.
Owen fino a poco
prima che era con Shu, sentiva un gran movimento, voci, passi e rumori
vari. Ora che si erano divisi tutto tacque. Gli unici suoni erano il
suo respiro e suoi movimenti. Continuò fino a quando non si
trovò all’esterno.
«Cosa?
Sembra che si stiano avvicinando dei rinforzi.» Aruto prese
ad analizzare quei dati che stavano rilevando per vedere se si
trattassero davvero di rinforzi.
«Owen
non ci ha detto nulla.» Kirabo scattò in allerta
come gli altri presenti.
«L5 ci
sono nemici in avvicinamento.»
«Quanti?»
chiese la voce di Lev filtrata dalla radio.
«Sono
cinque, ma non saprei dirti di quali mezzi si tratta»
«Ricevuto!
Per ora ci limiteremo a nasconderci evitando lo scontro.»
«Aruto
anche dall’altra parte hanno inviato rinforzi.»
Shae stava osservando la situazione con preoccupazione.
«Come
è possibile? … Owen mi senti? Owen.» il
meccanico non ricevette alcuna risposta.
«K3 ci
sono altri nemici in arrivo, dovrebbe trattarsi di cinque
unità, non ho altre informazioni.»
«Ricevuto.
Possiamo ancora farcela anche se si dovesse trattare dei nuovi
modelli.»
«Ba
… mi rice … se … ete.»
«Owen!»Aruto
fece il possibile per intercettare al meglio il segnale.
«Base
mi ricevete? Base?»
«Ti
sentiamo. Cosa sta accadendo?»
«Ci
hanno scoperto. Raggiungete gli altri con la base e portateli in salvo
e distruggete la cava di estrazione delle materie prime. Solo dopo
verrete qui.»
«Sì!»
«Come
sta Shu?» Kirabo era alquanto agitato.
«Non
è con me.»
«Cosa?»
«Muovetevi
ad eseguire gli ordini.» la conversazione si concluse.
Kirabo
batté un pugno sulla console di pilotaggio.
«Shae
scendi. A quanto pare non possiamo più trattenerci qui. Di a
Fuhara che mi dispiace tanto e che la prossima volta le porto un bel
regalo per farmi perdonare.»
Vedendo il marito
allontanasi gli domandò allarmata :«Che intenzioni
hai?»
«Aiutare
Shu.»
«Non
fare sciocchezze! Non puoi pilotare con un braccio solo, senza sapere
nemmeno quello che ti aspetta.»
«Posso
farcela! E poi riesco quasi a muoverlo del tutto, mi fa solo un
po’ male.»
«Lara
digli qualcosa tu.»
«Non
servirebbe, piuttosto cercheremo di proteggerlo come
possiamo.» la situazione non ammetteva spreco di tempo.
«Vedi
di tornare o non ti perdonerò!» erano le stesse
parole che gli diceva ogni volta che si preparava a fare qualcosa di
pericoloso. Fino ad all’ora era sempre tornato vivo.
«Torno,
promesso.»
Shae scese dalla
base pregando che andasse tutto bene.
Kirabo
uscì col suo teknight a tutta velocità in
direzione del centro di controllo.
La base della
Phlayrh venne fuori dal nascondiglio pronti al salvataggio. A guidarla
c’era Lara mentre Aruto era pronto a far fuoco con
l’arma più potente di cui era dotata
l’aeronave.
I primi che
raggiunsero fu la squadra di Lev. Era arretrata parecchio e ben
nascosta nella vegetazione intenzionati a evitare qualunque scontro.
Percepita la
presenta della base, aspettarono che si facessero più vicino
possibile.
Quando li
intercettò Lara aprì il portellone per far
entrare il teknight, che prese con se il cingolato stretto nella mano.
I cinque teknight
di rinforzo provarono a fermali ma dopo qualche colpo non osarono
prolungare lo scontro lasciandoli andare.
Alcuni minuti
dopo raggiunsero anche l’altro gruppo, che a differenza
dell’altro stava combattendo.
Lo scontro
apparve subito difficile.
Il RAD era
danneggiato, lo IF sembrava non avere più molte risorse a
cui attingere e lo MA accusava segni di stanchezza.
«K3
ritiratevi, svelti!»
Erano talmente
impegnati che non avevano notato l’avvicinarsi
dell’aeronave e la voce di Lara fu per loro
un’ancora di salvezza.
Abbandonarono lo
scontro rapidamente e rientrarono nella base.
Alle postazioni
di fuoco c’erano anche Lev, Katsu e Erin. Questa volta non si
limitarono a far desistere i loro avversari, li annientarono con pochi
colpi molto potenti per poi concentrarsi sulla cava. Dopo poco venne
rasa al suolo.
Mancava
l’ultimo tassello.
Shu era arrivato
al limite.
Non poteva
più scappare, ne permettersi di essere magnanimo.
Armato di un solo
pugnale e una specie di ventaglio, che aperto formava un cerchio
resistente come uno scudo e tagliente come un rasoio, si
voltò nella direzione opposta a quella in cui avanzava e si
gettò sui suoi inseguitori.
La lama del
pugnale affondava nella carne, in profondità, con
rapidità, in punti precisi.
Legamenti, petto,
volto, gola non veniva risparmiato nulla.
Col ventaglio si
proteggeva, anche dai colpi di pistola, per poi lacerare e
tagliare.
Continuò.
Tutti quelli che cercarono di fermarlo nemmeno si accorsero di quello
che stava accadendo, intrappolati in quella danza di morte che non
lasciava scampo.
Trovò
un’ apertura verso l’esterno. Decise di imboccarla
sperando di non incontrare più nessuno.
Il suo desiderio
venne esaudito.
Si trovava ancora
in alto. Per distogliere l’attenzione da Owen si era
allontanato dall’uscita.
Si
fermò un attimo a prendere fiato. Si guardò le
mani e i vesti sporchi di sangue.
“Non
riesco ancora a liberarmi da tutto questo.”
I suoi pensieri
vennero interrotti dal forte rumore di un teknight che gli
atterrò di fronte.
Faticò
a restare in piedi per lo spostamento d’aria. Quando
riuscì ad assumere una posizione più salda,
davanti a se non c’era altro che
l’oscurità della canna del fucile impugnata dal
mecha.
Il forte suono
dell’arma che si caricava, la luce che diventava sempre
più intensa, il calore che cominciava a farsi sentire e il
colpo partì.
Pensava che
sarebbe morto. Mai avrebbe immaginato ad un salvataggio disperato come
quello.
Kirabo aveva
fatto in tempo. Cadde in picchiata sul teknight che stava per sparare,
facendolo cadere e il colpo venne scagliato in un’altra
direzione.
Con
l’ascia che teneva nella mano si prestò a colpire
il mecha sotto di lui.
Il pilota di
quest’ultimo si affrettò a scappare lanciandosi
con una capsula.
Così
il RAD rinunciò e rinfoderò l’ascia.
«Shu
stai bene?»Kirabo aprì il portellone per
avvicinarsi al giovane.
«Non
sono ferito.» evitò il suo sguardo.
«Vieni.»
Gli tese la mano.
Shu l’afferrò e salì sul mecha, senza
incrociare gli occhi del compagno.
Owen vedendo il
RAD gli andò in contro.
Finalmente
l’aeronave della Phlayrh si vedeva.
Kirabo raccolse
Owen nella mano e salì anche lui a bordo della
base che li aveva raggiunti.
Nonostante le
difficoltà incontrate, l’obiettivo era stato
raggiunto. Nonostante ciò, non si avvertiva
l’odore della vittoria.
Angolo
dell'autrice:
Un
pò di azione! Si intervalleranno capitoli tranquilli e
movimentati ancora per un pochino poi bo ... devo mettere ordine nella
mia testa.
Comunque non
pensavo di arrivare a questo punto con lettori che continuano a seguire
questa storia.
Mi piacerebbe
sapere cosa ne pensate ma già sapere che c'è
qualcuno che ti segue, mi rende felice quindi può andare
anche così.
Grazie davvero!
Ma veniamo ad
altro. Giusto per diletto mi sono cimentata nell'impresa di disegnare
alcuni (solo tre. Si lo so sono pochi) dei robot di Argest Age e
un'areonave.
Così
è anche più facile capire come sono fatti, dato
che la descrizione che ho fatto nella storia è scarsina.
Metto i link
perchè è più facile per me che
ridimensionare le immagini.
In ordine ci
sono i tre RAD:
RAD
1
RAD
2
RAD
3
L'aeronave della
Phlayrh (disegnato con il 3ds):
Phlayrh
e gli stemmi
della Phlayrh e di Argest ( non li ho mai descritti dato che mi sono
venuti in mente da poco ):
Stemmi
Quando riesco
ne faccio altri.
Bene! Penso di
aver detto tutto.
Grazie ancora e
continuate a seguire ;)
|
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Capitolo 10 *** Section 9 ***
ARGET AGE –
SECTION 9
«Generale,
chiedo l’autorizzazione per procedere col piano.»
un giovane in alta uniforme, attendeva il responso del generale. Un
grosso uomo che se ne stava pesantemente seduto alla sua scrivania,
mentre leggeva con attenzione varie carte.
«Su quali basi ritieni che la tua ipotesi sia
corretta?» domandò il generale staccando gli occhi
dal foglio e fissando il suo interlocutore.
«Frammenti di intercettazioni radio, signore.»
«Sai che se ti sbagliassi sarebbe solo uno spreco di
risorse?»
«Ma se avessi ragione, si tratterebbe di una buona
opportunità» il giovane controbatté
sicuro.
Il generale parve rifletterci per qualche minuto su.
«Hai il permesso di procedere come credi.»
«Grazie, signore!» dopo il saluto militare, si
voltò ed uscì da quella grande e lussuosa stanza,
seguito da un altro uomo dall’aspetto maturo.
Avanzavano uno dietro l’altro, in silenzio con passo deciso.
«Colonnello dovrebbe fare più attenzione a quello
che dice. Se scoprissero che non c’è stata alcuna
intercettazione, potrebbe … »
Il giovane si fermò e si voltò repentino
:«Potevo mai dire che è tutta una mia sensazione?
In questo modo non avrei mai potuto agire.»
«Ti chiedo solo di fare attenzione, Falk.»
Nei giorni che seguirono la missione in Africa, tra i membri della
Phlayrh vi era una strana atmosfera.
Takehito aveva imparato a non fare domande comportandosi come al
solito. Come facevano gli altri del resto, ma aveva
l’impressione che qualcosa non andasse.
Aveva attribuito la causa a Shu. Ricordava, che quando era risalito
sull’ aeronave, era completamente ricoperto di sangue. Nel
vederlo in quello stato si spaventò e al contempo si
preoccupò credendolo ferito.
In realtà il ragazzo fisicamente stava benissimo e
scusandosi per non voler rispondere alle domande che gli ponevano, se
ne andò per starsene del tempo da solo.
Dopodiché, non lo vide quasi più. Saltava i pasti
e qualche volta si faceva sostituire nei turni di pulizia.
Gli unici a cui permetteva di stargli accanto erano Kirabo e la sorella
Yue.
Col passare dei giorni la tensione che si avvertiva, andava via via
affievolendosi e anche Shu si faceva vedere più spesso.
Takehito si limitava ad osservare, sperando di capire qualcosa del
comportamento dei suoi compagni, ma ormai, aveva capito che era meglio
non tormentarsi e aspettare che qualcuno gli spiegasse tutto nel
momento opportuno.
Per non pensare oltre, trascorreva tutto il suo tempo con Aruto e Katsu
a lavorare sui teknight.
«Aruto, se rendessimo questa parte più leggera?
»
«Sarebbe di certo più veloce ma lo renderesti
anche più vulnerabile.»
«Se usassimo del titanio potremmo trovare un giusto
compromesso non trovi, papà?»
«Potremmo fare un test. Takehito aiuta Katsu a recuperare il
pezzo.»
I due ragazzi fecero come richiesto.
In una sezione separata e coperta della sala dei teknight, venivano
conservati svariati pezzi di ricambio, altri da riparare o ancora da
smontare e recuperare qualcosa di ancora utilizzabile. In pratica si
trattava di una sorta di magazzino.
Katsu avanzava in una direzione ben precisa, sicuro di trovare quello
che cercavano.
«Eccolo qua!»
«Wau! Certo che non vi manca nulla.» Takehito era
sempre meravigliato dalle risorse di quell’ aeronave. Ormai
la conosceva abbastanza bene ma saltava fuori sempre qualcosa di nuovo.
«Più o meno. Prendiamo anche questo.»
«Non serve per la generazione di un End eer?»
«Voglio provare a montarlo.»
«Ma così averlo alleggerito non servirà
a molto se gli aggiungi altro peso.»
«Sarebbe più leggero di prima e comunque
così com’è non ha molte difese. In
più con questo avrebbe a disposizione maggiore
energia.»
«Infondo provare non costa nulla.»
«Già che ci siamo prendiamo anche delle munizioni
da caricare sul RAD.»
«Finito con la lista della spesa?» lo derise.
«Ma che spiritoso che stai diventando.» Katsu gli
fece una linguaccia.
I due si misero al lavoro e portarono tutto da Aruto.
Nei giorni a venire, l’uomo lasciò la maggior
parte del lavoro ai due ragazzi, felice del loro entusiasmo e
dell’energie che impiegavano nella manutenzione e
miglioramento dei teknight.
«Sono distrutto!»Katsu si lasciò cadere
all’indietro, sdraiandosi sul pavimento con le braccia aperte.
«Almeno abbiamo finito!» Takehito si
passò una mano sulla fronte per asciugare il sudore.
«Partitina tranquilla ai videogame per riposarci?»
« Paura di perdere, Katsu?»
«Ok leva il tranquilla, ti farò perdere in un modo
così umiliante che ti vergognerai di farti vedere in giro
per un mese.»
«Così va meglio!»
I due amici andarono prima nelle loro camere per darsi una ripulita.
Takehito avendo fatto prima si mise ad attendere nel corridoio.
«Takehito!»
Il ragazzo si voltò verso chi l’aveva chiamato. Si
trattava di Lev che lo raggiunse e gli avvolse le spalle con un
braccio, facendolo scostare dal muro su cui era appoggiato.
«Stavo andando a farmi una nuotata, vieni con me!»
«Ecco … in realtà stavo aspettando
Katsu, volevamo giocare un po’ per riposarci.»
«Meglio! Più ne siamo meglio è.
– poi rivolto verso la stanza di Katsu – ehi, Katsu
mettiti il costume che andiamo a fare una nuotata.»
La porta della stanza del giovane meccanico si aprì.
«Che è sta storia della nuotata? Non mi va Lev,
non ne ho la forza.»
«E’ quello che cercavo di dirti. Io e Katsu siamo
stanchi vorremmo solo riposare … »
«Vi prego ragazzi! Ci metteremo a mollo nell’acqua.
Per favore fatemi compagnia!» il biondo aveva congiunto le
mani implorante.
I due ragazzi si guardarono e acconsentirono.
«Grazie! Preparatevi che vi aspetto.»
«Io però non ho nemmeno un costume.»
rifletté Takehito.
«Te ne presto uno io, dovrebbe andarti.» Katsu
rientrò nella sua stanza e dopo poco uscì.
Lev sembrava davvero contento e quando arrivarono non perse tempo e si
tuffò. Gli altri indossarono i costumi e lo seguirono.
Era calda, tutto sommato non era così male per rilassarsi.
Lev li raggiunse dopo aver nuotato per l’intera lunghezza
della vasca.
«Ammetto che si sta bene, però mi spieghi
perché hai insistito tanto per farci venire con
te?» Katsu si stava aggrappando al bordo appoggiandoci gli
avambracci .
«Perché mi sono stancato di stare da solo. Kirabo
passa tutto il tempo con Shu, stessa cosa vale per Yue e Seref, gli
altri sono sempre impegnati in qualcosa e quando sono liberi,
preferiscono stare per i fatti loro. Anche voi due non vi siete
staccati per un attimo dai teknight.»
«In poche parole volevi solo un po’ di compagnia
– concluse Takehito, poi rivolto a Katsu – potevamo
farlo giocare con noi?»
«Assolutamente no! È una vera schiappa.»
«Non credi di esagerare?» fece offeso Lev.
«Non esagero! I videogiochi non fanno per te.» a
Takehito scappò da ridere.
Arrivò anche Kyla con indosso un bikini e un asciugamano
posato sulla spalla.
«Uffa c’è Lev! E io che volevo farmi un
bagno tranquillo.» la ragazza non si preoccupò nel
farsi sentire.
Notata la sua presenza gli altri si girarono verso di lei.
«Perché nessuno vuole nuotare con me? Non
è giusto!» protestò il biondo come un
bambino.
«Perché coinvolgi tutti nelle tue estenuanti gare,
che per recuperare le forze ci vogliono tre giorni di riposo e chi
vuole nuotare con tranquillità verrà
inevitabilmente travolto da cascate d’acqua.»
«Le conseguenze di nuotare con un campione.»
si compiaceva soddisfatto Lev.
«Fanatico vorrai dire, comunque me vado. Ciao!»
«No no no, aspetta Kyla!» la rossa
proseguì verso l’uscita senza nemmeno
rispondergli.
«Questa volta me ne sto buono, non faccio nulla.»
la supplicò.
«Fidati. E’ nella fase solitudine cronica.
Farà quello che gli diremo pur di stare con
qualcuno.» le rassicurazioni di Katsu fecero cambiare idea
alla ragazza, che sospirando tornò indietro e posato
l’asciugamano in un angolo, entrò in acqua.
«Al primo fastidio, me ne vado.» lo
avvertì.
«Mi fai i ricatti?»
«Dato che con te funzionano …
sì!» di tutta risposta Lev confabulò
qualcosa di poco cortese.
«Kyla, cosa avete deciso?» si intromise Katsu.
«E’ vero! Abbiamo quasi finito le scorte di
cibo.» disse Lev, come se si trattasse di una
faccenda di poco conto.
«Siamo diretti verso la Groenlandia. Domani papà
lo dirà a tutti.»
«Andiamo a fare rifornimento in una zona quasi
disabitata?» domandò Takehito sorpreso.
«In questo momento è il luogo ideale. È
isolato, poco controllato, adatto per rifornirci di ciò che
abbiamo bisogno e poi lì non si fanno troppi problemi sul
fatto che siamo della Phlayrh. L’importante è
pagare.»
«Perché non andiamo in una delle nostre basi?
Abbiamo tutti bisogno di distrarci.»
«Quello che dice Lev non è così
sbagliato. Siamo alquanto stressati e nervosi.»
«Non possiamo permettercelo, Katsu. Abbasseremmo
inevitabilmente la guardia e potremmo diventare un facile
bersaglio.» spiegò Kyla reclinando la
testa, immergendo i capelli nell’acqua, che presero a
galleggiare liberi.
«Però possiamo dimenticare tutto almeno fino a
domani, giusto?»Lev si lasciò andare lasciandosi
sorreggere dall’acqua.
«Sì!»
Il mattino seguente l’intero equipaggio venne messo al
corrente della futura destinazione.
Raggiunsero la Groenlandia nel pomeriggio.
«Una volta atterrati avremmo tre ore per poter prendere tutto
quello che ci serve. Partiremo subito dopo.» la voce di Owen
venne diffusa per tutta l’aeronave.
Atterrarono vicino ad una piccola cittadina.
Il cielo era scuro e le luci erano poche ma si riusciva ad apprezzare i
colori vivaci delle case, piccole e poco distanti l’una
dall’altra, separate da stradine ricoperte di neve.
Per quelle vie non c’era nessuno, se non qualcuno che si
affrettava a rientrare in casa e qualche cane che osservava la
situazione, per poi fare ritorno alla sua dimora.
Eccetto Owen, Shu e Kirabo che restarono di guardia alla base della
Phlayrh, quest’ultimo più per timore dei
-30°, scesero tutti per acquistare ciò di cui
avevano bisogno.
Ciascuno aveva un compito ben preciso.
Lara doveva occuparsi di procurarsi medicinali mancanti o utili, i
meccanici erano alla ricerca di qualche buon affare e gli altri si
erano divisi le cose da mangiare.
Si trattava di una piccola città ma ben fornita, essendo un
punto di scalo vicino ad un aeroporto.
Le tre ore passarono rapidamente. Qualcuno avendo terminato alla svelta
i suoi compiti, face ritorno al più presto alla base. I
più giovani usarono fino l’ultimo minuto a loro
disposizione per visitare quel luogo o per comprare qualcosa di utili o
carino.
Una volta che tutti fecero rientro, Owen ed Erin presero i comandi,
pronti a partire mentre gli altri membri erano impegnati nel sistemare.
«Motori azionati. Pronti alla partenza.»
annunciò Erin manovrando varie leve e osservando le
variazioni del monitor.
«Andiamo.»annunciò il generale della
Phlayrh.
Dalla base dell’aeronave si accesero delle luci azzurre molto
intense, che divennero roventi e alzarono un gran polverone. La base
iniziò a sollevarsi, fino a raggiungere un’altezza
adeguata. Vennero messi in funzione anche i motori posteriori facendola
acquistare velocità.
La piccola cittadina quasi non si vedeva più.
Improvvisamente incominciò a lampeggiare una luce rossa sul
radar.
Erin muovendo le dita su di essa, apparve un’immagine
olografica. Ingrandendola, con movimenti rapidi delle dita, comparve
chiaramente la figura di un aeronave nemica.
«Owen, la Jaculus.»
Il generale della Phlayrh osservò rapidamente le immagini e
si affrettò a comunicarlo al resto dell’equipaggio.
«Tutti in assetto da battaglia! Jaculus in vista.»
A quel nome ci fu un attimo di apprensione che
svanì rapidamente.
«Kyla e Lev andate alle postazioni di fuoco. Il resto dei
piloti salgano sui loro teknight e aspettino il segnale di
lancio.»gli ordini arrivarono da Erin.
«Takehito vieni con noi avremo bisogno anche del tuo
aiuto.» Aruto trascinò con se il ragazzo seguito a
ruota dal figlio.
Nella sala di comando osservavano le mosse del nemico.
La Jaculus era un aeronave con un muso e ali dalla linea slanciata e un
corpo piuttosto massiccio al centro, per la precisione un cargo. Si
muoveva grazie a dei propulsori dalle notevoli dimensioni, applicati ai
fianchi del corpo centrale e altri, non utilizzati, posteriormente.
Quando erano ancora ad una certa distanza vennero lanciati vari
teknight imperiali.
Più esattamente cinque.
«Nell’ordine K4, Y7, S8, S6. Pronti a
partire.»un altro comando di Owen.
Sul ponte di lancio tutto era pronto. Il portellone era stato aperto e
i teknight si erano allineati.
Takehito e Katsu, posti ai lati dei mecha, controllavano ogni manovra e
Aruto dava il comando di partenza, facendo accendere una luce verde al
lato del portellone.
«K4 lancio!» il possente mecha si lasciò
casere nel vuoto, per poi prendere quota e posizionarsi davanti la base
della Phlayrh.
«Y7 lancio!» diversamente da prima il teknight blu
schizzò via affiancandosi al RAD1.
«S8 lancio.» caricata l’energia per
qualche secondo, si portò rapido all’esterno
posizionandosi nel lato opposto degli altri due.
Lo MA nero, appena la luce divenne verde anche per lui,
partì come aveva fatto quello precedente frapponendosi fra
lo IF e gli altri.
I cinque nemici si avvicinavano sempre più. Erano nuovi
modelli e uno con un equipaggiamento diverso.
Dei raggi luminosi li raggiunsero, facili da evitare.
«S8, puoi usare i pinser come la volta
precedente?»domandò Yue.
«Potrei ma ne ho solo due a disposizione.»
«Io e Y7 attaccheremo indipendentemente. S8 e K4 cercate di
collaborare.»
«Efficiente quanto il mio computer, S6! Facciamo
così ma cerchiamo di collaborare tutti.»
I due MA volarono contemporaneamente alla stessa velocità,
impugnando una lama spessa e corta.
Ingaggiarono battaglia con tre dei teknight. Li tenevano a media
distanza schivando colpi, infierendone e subendone.
Lo scontro era prettamente un corpo a corpo, non lasciavano che
utilizzassero quel colpo energetico dalla luce rossa.
I restanti due mecha imperiali erano impegnati a fronteggiare i due
della Phlayrh, che eseguivano una perfetta combinazione di attacchi.
Uno degli avversari era stato reso quasi inoffensivo dai pinser, usando
la stessa strategia della volta precedente.
L’altro si teneva a debita distanza, utilizzando il nuovo
equipaggiamento, un nuovo tipo di fucile che fruttava quel nuovo raggio
rosso.
«Se andiamo avanti così non riusciremo ad ottenere
nulla. Dobbiamo avvicinarci.»
«Proposte su come fare?»Kirabo non sapendo come
agire confidava in una strategia del compagno.
«La capacità di resistenza del RAD1 è
notevole anche ai loro attacchi. E’ una soluzione un
po’ azzardata … »
«Se ritieni sia fattibile procediamo pure, S8.»
«Devi andargli contro, anche facendoti colpire, rallenterai
ma continua fino a che non riesci a bloccarlo. Puoi anche sferrargli un
attacco ma devi comunque bloccarlo. Io sarò dietro di te.
Una volta che sarà immobilizzato penserò a
finirlo.»
«Niente di meglio! In fondo proteggervi
è il mio compito.»
Il RAD si lanciò all’attacco. Afferrò
l’ascia dalle sue spalle avanzando dritto verso il nemico.
Come previsto questo sparò con il fucile. Era più
preciso e veloce delle armi collocate direttamente sui teknight.
Subì due colpi, che lo rallentarono ma arrivato alla giusta
distanza, affondò l’ascia nel busto del mecha
mentre con la mano libera lo bloccava.
Dalle sue spalle sbucò lo IF grigio che lo mise fuori gioco
con una lunga lama affilata.
Lo scontro dei MA procedeva a rilento. Entrambe le forze in campo erano
ben equilibrate.
«Y7 oscura le telecamere. Mettiamo fine al
combattimento.»
«Sì!»
Dal teknight di Shu si sprigionò una fortissima luce che
rese inutilizzabili i sensori visivi delle mecha.
Ottennero l’opportunità di attaccare facilmente.
«Anche quando non se l’aspettano. Esco col GL-S.
Maggiore, lascio a lei il comando dell’aeronave.»
il colonnello Falk di Argest mostrava segni di agitazione,
allontanandosi in gran fretta.
«Agli ordini! Preparare il GL-S alla partenza.» il
maggiore prese immediatamente il comando, abituato ai modi di fare del
suo superiore.
Il colonnello indossata già la tuta da pilota e
partì senza aspettare oltre, ignorando ogni segnalazione.
Giunse sul luogo della battaglia e la situazione che gli si presentava
non era certo delle migliori.
Delle cinque unità che aveva mandato, solo due erano ancora
operative.
Uno contro i due MA, riusciva ancora a resistere grazie alla barriera
difensiva che aveva creato intorno a se e il secondo, prosciugato delle
proprie energie, restava a debita distanza sferrando attacchi col
fucile.
Il robot del colonnello era un nuovo modello, il GS. Leggermente
diverso rispetto agli altri prodotti in seri. Di dimensioni
più grandi e argentato, un colore inusuale per i modelli
imperiali e il suo stesso nome, GL-S.
Prima di agire, il colonnello di Argest, rinsaldò la presa
sulla lancia a Red Fusion, la stessa tecnologia usata dalle armi dei
nuovo modelli.
Si portò in avanti a gran velocità.
Lo MA blu accortosi della sua presenza, indietreggiò quanto
bastava per poterlo fermare, afferrando la lancia con una mano e
passando sopra l’altro braccio, lo affiancò e lo
fermò.
«Non basterà così poco.»
sussurrò Falk.
Dalla punta della lancia scaturì un potente raggio rosso che
colpì lo MA nero.
Il raggio da sottile che era, una volta venuto a contatto con il
teknight si espanse per tutta la sua superficie.
Il metallo si consumava e scioglieva velocemente.
La presa del mecha blu si fece più leggera e quando il
bagliore rosso terminò, la lasciò completamente
per recuperare quel che restava del teknight del fratello.
«Tranquilla, la cabina avrà retto di sicuro.
Starà bene.» ancora un sussurro impercettibile
all’interno della cabina del GL-S.
«Grazie e mi perdoni per averla fatta intervenire,
signore.» la voce del pilota appena aiutato raggiunse la
cabina del colonnello.
«Non badare a certe convenzionalità. Piuttosto
cerchiamo di catturali. – premette un diverso pulsate e si
mise in contatto con la Jaculus – Maggiore disequipaggiare la
Jaculus e speronare la Phlayrh.»
«Non è esagerata come soluzione?»
«Dobbiamo approfittare di questo momento di confusione.
È l’unica possibilità che
abbiamo.»
«Sì, signore!»
Il cargo, ovvero il grosso corpo centrale della Jaculus, si
staccò da essa riuscendo a muoversi grazie ai motori
laterali.
Ora l’aeronave aveva l’aspetto simile a quello di
un jet con il muso estremamente affilato.
Un’intensa luce rossa catturò
l’attenzione di Kirabo e Seref.
Assistettero increduli quello che stava accadendo.
«Oh no!»Kirabo aveva gli occhi spalancati.
Veloce Seref analizzò l’accaduto.
«Sta bene. La cabina ha retto il colpo.» lo
tranquillizzò Seref.
Yue aveva recuperato il fratello e li stava raggiungendo.
«K4, S8 lo riporto alla base. Pensate voi al resto per
favore.»
«Aspetta, lui come …»
«Sano e salvo, K4.» il pilota del RAD1
tirò un sospiro di sollievo.
«Te l’avevo detto! Comunque direi di avvicinarci il
più possibile alla Phlayrh. Il teknight argentato dovrebbe
essere quello di Falk e in più è equipaggiato con
una di quelle nuove armi. Facciamo attenzione.» Seref cercava
di mantenere la calma e analizzare la situazione.
«Va bene.»
Così tutti i teknight si mossero in direzione della loro
base, Seref e Kirabo si fermarono un po’ più
avanti mentre gli altri proseguirono ed entrarono dal ponte di lancio.
I nemici arrivarono e iniziò un altro scontro.
Erano avversari difficili, non tanto per i due con cui stavano
combattendo già da prima ma quanto per l’ultimo
arrivato.
L’abilità di quel pilota era di ben altro livello.
Per non soccombere subito, dovettero chiedere il sostegno dei cannoni
dell’aeronave.
“Cosa succede?”lo sguardo di Seref si
soffermò sulle segnalazioni di warning del computer.
“Non può!” senza esitare si mise in
comunicazione con tutti.
«La Jaculus sta per speronare la Phlayrh. Owen dovete
spostatevi immediatamente!»
Owen ed Erin controllarono i movimenti e le traiettorie
dell’aeronave nemica, quello che aveva detto S8 era corretto.
«Azionare le ali laterali. Virare di centottanta
gradi.» comandi che vennero immediatamente eseguiti da Erin.
La Phlayrh si mosse rapidamente allontanandosi dal pericolo imminente.
I due piloti fecero di tutto per impedire ai nemici di ostacolare la
manovra.
Ancora avvisi di pericolo dal computer dello IF.
“Non faranno in tempo!”
«K4 dobbiamo aiutare la base a spostarsi è troppo
lenta. Il tuo teknight dovrebbe avere energia sufficiente per
spingerla.»
«Ce la fai da solo?»
«Sì!»
Il RAD1 si posizionò in uno dei lati e incominciò
a spingere l’aeronave che prese a muoversi più
velocemente.
«Base ho bisogno di copertura.»
«Ci penso io S8.» Kyla era quella che si trovava
nella posizione favorevole per fare fuoco.
Lo scontro procedeva tra cannonate e attacchi ravvicinati e la Jaculus
era sempre più vicina e la Phlayrh ancora in traiettoria.
“Così non va! Forse … è
rischioso ma devo provarci.” Seref prese le distanze dal
combattimento per programmare il teknight in vista della prossima
mossa.
All’interno del ponte di lancio anche i meccanici e Takehito
seguivano gli sviluppi del conflitto.
Si erano dovuti occupare dello MA e di far uscire il suo pilota ma ora
erano tutti concentrati a trovare una soluzione all’imminente
impatto.
«Takehito te la senti di pilotare?» disse ad un
tratto Aruto al ragazzo.
«Non intenderai quello?» il meccanico capendo a
cosa si stava riferendo annuì. «Ma non
è stato nemmeno collaudato, dovremmo fidarci dei nostri test
al simulatore?»
«Se non te la senti troviamo un'altra soluzione.»
Takehito ci pensò su. Non era sicuro di quello che stava per
fare ma voleva aiutare, voleva fare la sua parte. Era per questo che in
quei giorni avevano costruito un teknight solo per lui.
«Che devo fare?» Katsu cercava di nascondere la
paura che ebbe a sentire le parole dell’amico.
«Spingere la base insieme a Kirabo.»
«Nulla di troppo difficile come prima volta. Vado!»
«Aspetta Takehito! Ancora non abbiamo messo un sistema di
comunicazione. Prendi almeno questo. Così potrai comunicare
almeno con noi.»
«Grazie!» prese quello che sembrava un auricolare
dalle mani di Katsu.
Salì velocemente sul suo mecha, ancora con pezzi non
verniciati e senza nome. Uscì e andò dove si
trovava Kirabo.
Nello stesso tempo Seref aveva terminato, aprì lo sportello
del teknight e uscì, spostandosi grazie ai propulsori
integrati nella tuta.
Si stava allontanando per rifugiarsi a bordo della Phlayrh quando vide
uno strano teknight provenire proprio dalla sua aeronave.
«Base, quello stano teknight è uno nostro? Chi lo
sta pilotando?»
Nessuno aveva fatto caso a quell’unità che si
muoveva indisturbata e la scoperta lasciò tutti interdetti.
«Sì, ti tratta di Takehito. Aiuterà K4
a spingere l’aeronave.» nel tono di voce di Aruto
c’era una certa soddisfazione e speranza.
Seref mise a fuoco la situazione. Forse quell’inaspettato
intervento avrebbe potuto salvarli.
«Come faccio a comunicare con lui?»
«Non puoi farlo direttamente. Se vuoi dirgli qualcosa, glielo
riporterò io.»
«Ok, ascolta. La Phlayrh è ancora nella
traiettoria della Jaculus anche con un’altra unità
che la spinge, temo che la situazione non cambierebbe. Io sono uscito
dello IF e vi stavo raggiungendo. L’ho programmato per
frapporsi fra la Jaculus e la nostra base. Dovrebbe bastare,
però il teknight argentato e quegli atri due lo
stanno bloccando. Con un fuoco di copertura e un attacco di Takehito,
riuscirebbe a liberarsi.»
«Dannato! Prima di azioni come queste dovresti avvisare.
Distruggerai lo IF in questo modo. – Aruto era alquanto
arrabbiato – Avviserò Takehito. Tu muoviti a
tornare.»
«Scusa ma non c’erano alternative.»
Il meccanico alquanto alterato si mise in contatto con Takehito
:«Takehito c’è stato un cambio di
programma, però sempre se te la senti altrimenti procedi
come abbiamo stabilito.»
«Dici.» Takehito si era fermato ad ascoltare.
«Dovresti attaccare o distrarre i mecha avversari.
L’obbiettivo è quello di far agire liberamente lo
IF.»
«Ho capito. – respirò profondamente
– lo farò!»
«Sicuro?»
«Sì!» sembrava deciso e concentrato.
«Kyla, copri le spalle a Takehito, se puoi anche tu
Lev.» Aruto era passato a dare ordini ai cannonieri di turno.
«Non lo sfioreranno nemmeno.» Kyla era determinata.
«Consideralo già a sicuro tra noi.» Lev
avrebbe fatto anche l’impossibile.
Preso un bel respiro, Takehito si lanciò contro i teknight
nemici.
Aveva con se solo un fucile che non utilizzò subito. Quando
fu vicino aprì il fuoco da delle piccole armi che gli
spuntarono da sopra le spalle.
L’attacco a sorpresa ebbe effetto. Lo IF venne liberato e si
spostò velocemente.
Una scarica di proiettili dei cannoni impedirono ogni altro movimento.
Takehito si muoveva rapidamente, qualche attacco e poi scappava via.
Lo IF si muoveva da solo andando incontro alla Jaculus ormai ad una
manciata ci metri dalla Phlayrh. Gli si parò davanti.
Il pilota del GL-S parve capire il gioco della Phlayrh e
tentò di intervenire.
Takehito, come se fosse un pilota esperto, comprese le sue intenzioni e
si frappose tra lui e lo IF.
Attivò la End eer e una barriera di energia semisferica si
materializzò davanti. Con quella barriera era in grado di
bloccare qualunque attacco e fermò anche il GL-S.
Lo scontro tra lo IF e la Jaculus avvenne. Il mecha venne
completamente trafitto ma come previsto, la forza
dell’impatto fece deviare l’aeronave e la Phlayrh
poté dirsi salva.
«Maledizione, me l’hanno fatta! - era
l’urlo del colonnello Falk – E’ inutile
continuare, ritiriamoci.»ordinò ai suoi uomini.
Il RAD1 lasciò il fianco della base e recuperò lo
IF estraendolo dal muso della Jaculus e ritornando, alla base
già in fuga, trascinando con se anche Takehito che era
rimasto indietro.
Rientrarono tutti, compreso Seref, mentre la Jaculus si ricomponeva, la
Phlayrh già non si vedeva più.
Angolo
dell'autrice:
Ecco un altro
capitolo!
I combattimenti
continuano e per la Phlayrh non c'è tregua. Fa l'apparizione
un altro personaggio, il colonnello Falk.
Che ne pensate
vi è piaciuto? Fatemi sapere e continuate a leggere.
Un
ringraziamento particolare a belfire99 che ha ripreso a recensire ;)
|
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Capitolo 11 *** Section 10 ***
Argest
Age – section 10
«Oh!
Ti sei ripreso!»Yue si sporse sulla sedia per avvicinarsi a
Takehito.
«Come
ti senti?» continuò lei.
«Mi
fa male la testa. Cosa è successo? Non ricordo
molto.» il ragazzo si massaggiò le
tempie e si guardò intorno. Riconosceva quel
luogo. Si trattava dello studio medico di Lara, però lei non
c’era.
«Il
tuo fisico non ha retto all’ eccessiva forza g e pare che il
generatore di End eer abbia qualche difetto, così hai perso
i sensi.» spiegò lei.
«Siamo
riusciti a fuggire?» domandò inquieto Takehito.
La
ragazza si rattristò e abbassò il viso.
«Ecco
… » in quel momento entrò qualcuno ma i
due non ci fecero caso e Yue
continuò
«ci hanno presi e chissà che cosa ci aspetta.
Però tu sei stato bravo, quindi non sentirti in
colpa!»
Seref,
che era appena entrato, inarcò le sopracciglia al sentire le
parole della ragazza e le si avvicinò.
«Seref!
Perché mi fissi
così?»domandò voltando la testa.
«Smettila
di prenderlo in giro.»
«Potresti
stare al gioco ogni tanto, sai?» Yue assunse
l’aspetto di una bambina che era stata appena sgridata.
«Aspetta
almeno che si sia ripreso. Reggi!» Seref le diede da
mantenere un bicchiere pieno d’acqua. Aprì una
bustina, che aveva in mano, versò la poverina che conteneva
nel bicchiere e prese a girare la soluzione con un cucchiaino.
«Quindi
siamo al sicuro?» Takehito cercò una conferma. Si
sentiva alquanto confuso.
«Ora
sì ed è anche merito tuo. Devo ringraziarti per
aver accettato di seguire il mio piano. Peccato per lo IF, è
completamente distrutto» sospirò terminando di
girare e battendo il cucchiaino sul boro del bicchiere
«Lara mi ha detto di fartelo bere non appena ti fossi
svegliato, ti aiuterà a metterti in forze.»
Il
ragazzo prese il bicchiere che reggeva ancora Yue e bevve tutto
d’un fiato, non gradendone affatto il sapore.
«Sei
stato in gamba però il fatto che tu abbia perso i sensi, non
va affatto bene. Avrai bisogno di allenarti.» gli disse la
ragazza riprendendo il bicchiere.
«Che
tipo di allenamento dovrei fare?»
«Principalmente
è allenamento fisico ma ci vorrà anche un buon
allenamento mentale, per sopportare lo stress delle
battaglie.» continuò a spiegargli.
«Capisco.
Ora dove siamo diretti?»
«A
Ekalad!»esclamò entusiasta Yue.
«Immagino
tu non la conosca.» disse Seref notando il suo sguardo
perplesso.
«Ekalad
è una città volante. Si sposta sempre ed un posto
dove anche noi della Phlayrh possiamo andare senza
preoccupazioni.» spiegò Yue piena di entusiasmo.
«Esiste
una città volante?» dalla sua espressione,
Takehito sembrava sbalordito.
«Sembra
essere uscita da un libro di fiabe! Vero, Seref?»
«In
effetti non sono pochi i racconti in cui vi è una
città del genere, l’uomo è riuscito a
renderla reale. L’unico inconveniente è che non
essendo controllata dall’impero, la maggior parte delle
persone che la visitano sono dei delinquenti»
«Se
dici così sembra un brutto posto! Quello che dice Seref
è vero però è anche una
città piena di vita e di gente allegra e per bene. Poi ci
sono dei posti molto suggestivi, vale la pena vederla!»
concluse Yue.
Nello
studio entrò anche Lara.
«Felice
di vedervi chiacchierare di buon gusto. Come ti senti
Takehito?» i presenti si voltarono nella sua direzione.
«Penso
bene anche se mi fa male la testa.»
«Ragazzi,
vi devo chiedere di lasciarci. Vorrei visitarlo.» Lara li
invitò ad uscire con suo solito modo di fare gentile.
I
due ragazzi salutarono Takehito, lasciandolo solo con Lara.
Dopo
essere stato sottoposto a tutti i controlli che il caso richiedeva, la
donna stabilì che stesse bene e che aveva solo avuto un
semplice crollo per l’eccessivo stress. Gli
consigliò di andare in stanza a riposare in modo tale da non
essere disturbato, almeno per le poche ore che mancavano prima
dell’arrivo a Ekalad.
Takehito
fece come gli era stato detto. Sembrava che obbedirle fosse una cosa
naturale. Forse era colpa della gentilezza e della premura che aveva
nei confronti degli altri o della decisione con cui si poneva. Sta di
fatto, che per quello che aveva potuto osservare, anche gli altri, nei
suo confronti si comportavano al suo stesso modo.
Una
volta nella sua stanza tentò di addormentarsi ma i pensieri
che gli affollavano la testa, lo impedirono.
Chissà
se da quel giorno poteva definirsi un pilota.
Chissà
se gli avrebbero permesso di lottare insieme a loro.
Ormai
conosceva un po’ tutti, addirittura in quello stesso giorno
si poteva dire che Seref gli avesse fatto i complimenti e che Yue gli
aveva parlato senza problemi, cosa che non era ancora avvenuta in tutto
quel tempo.
Si
rendeva conto di non aver ancora compreso a fondo le ragioni che
spingevano quel gruppo di persone a voler annientare
l’impero, però, sentiva di farne parte.
Nella
stanza dei giochi Yue e Seref stavano facendo una partita a scacchi
comodamente seduti sul divano.
«L’hai
rivalutato?»domandò Yue mentre spostò
l’alfiere bianco di tre case in diagonale .
«Chi?»
l’alfiere venne mangiato dal cavallo nero.
«Takehito.»
la ragazza rimase ad osservare la scacchiera.
«Ho
avuto qualche elemento in più che mi ha permesso di
definirlo meglio.» aspettava tranquillamente la mossa
dell’avversaria.
«In
poche parole hai sbagliato nel valutarlo.» arretrò
la torre affiancandola al re.
«Nemmeno
tu sei stata tanto carina con lui. E poi sai quanto mi da fastidio
essere ricordato come il principe di Argest.»
spostò in avanti un pedone.
«Io
non do mai confidenza a chi non conosco.» replicò
offesa. Avanzò col cavallo e mangiò il pedone.
«Che
facciamo lo portiamo con noi a fargli fare il giro della
città?» aveva distaccato gli occhi dalla
scacchiera e li aveva posati su quelli della ragazza.
«Bé
sì! Voglio mostrargli per davvero Ekalad.»
«Bene
… scacco matto!» aveva atterrato la torre con
l’alfiere e Yue non aveva più mosse utili.
«Cosa?
Ancora!»
Il
ragazzo rise di gusto
«Oggi
non sei abbastanza concentrata.» sostenne saccente.
«Magari
si trattasse solo di oggi, vinci quasi sempre tu.» disse
alquanto scocciata della cosa.
L’aeronave
in quel momento rallentò e incominciò le manovre
di atterraggio.
«Siamo
arrivati!» esclamò impetuosa Yue sporgendosi dalla
piccola vetrata.
«Andiamo?»
la invogliò a seguirlo. Si lasciava sempre coinvolgere
dall’entusiasmo e dall’energia di quelle ragazza.
Scesero
ai piani inferiori. Si recarono prima da Lara conviti di trovare
Takehito e su indicazioni del medico, andarono nella sua
stanza.
Seref
bussò delicatamente la porta per evitare di svegliarlo nel
caso stesse riposando.
«E’
aperto!»
I
due ragazzi aprirono la porta restando però
sull’uscio.
«Siamo
arrivati ad Ekalad. Ci chiedevamo se volessi fare un giro con
noi.»
«Siamo
disposti a farti da guide turistiche.» disse Yue sporgendosi
da dietro Seref.
«Mi
farebbe piacere.»
«Però
devo trovare prima dei pezzi di ricambio per lo IF, non è un
problema?»
«Nessun
problema. Accetto la vostra proposta.» Takehito prese la
felpa appoggiata sulla sedia e se la infilò mentre uscivano
dalla stanza.
Nel
frattempo l’aeronave era completamente ferma
all’interno della parte bassa di Ekalad.
Mentre
Takehito chiudeva la porta, Katsu superò il gruppetto in
gran fretta.
«Ehi
Katsu!»
«Che
c’è Yue?» il giovane si voltò.
«Portiamo
Takehito a fare un giro per Ekalad, vieni con noi?»
«Ehm
… ora avrei da fare. Sarà per la prossima
volta.» e molto frettolosamente se ne andò.
«Che
gli prende? » Takehito non
l’aveva mai visto così agitato, era sempre stato
molto calmo e controllato.
«Non
preoccuparti! Quando viene qui fa sempre così. »
lo rassicurò Seref.
«Perché?»
osò domandare.
«Starà
andando a informarsi se si terrà una certa cosa.»
gli spiegò.
«Ovviamente
chiedere di che si tratta è troppo, giusto?»
«No,
ma sarà lui stesso a dirtelo. Immagino che se quella cosa si
terrà, il suo entusiasmo sarà incontenibile. Come
ogni volta del resto.»
«Va
bene, mi arrendo! Pensiamo al giro turistico.»
I
tre ragazzi uscirono dalla base della Phlayrh.
Si
trovavano in un ampio spazio chiuso ben illuminato da numerosi fari,
che emanavano una forte luce bianca.
Era
pieno di aeronavi, aerei e altri mezzi volanti, di diverse dimensioni e
tipologie.
La
Phlayrh era tra le più grandi e spiccava tra le altre, per
via della sua forma insolita.
Salita
una lunga scalinata in metallo e preso un ascensore, sbucarono
finalmente all’esterno.
La
semplice vista di quel luogo lasciò senza fiato Takehito.
L’essere
sospeso nel cielo dava una sensazione particolare.
Numerose
nuvole leggere la circondavano e l’attraversavano, nonostante
ciò, era molto luminosa e piena di colori. Davanti a lui si
presentava un miscuglio di edifici dalle forme, dimensioni e colori
più disparati.
Ognuno
aveva il proprio stile, proveniente dalle diverse parti del
globo.
Alcuni
sembravano essere giunti da un lontano passato, altri decisamente
più moderni, volti verso l’alto e dalle forme
più stravaganti e improbabili.
In
lontananza si potevano osservare delle cime, montagne sottili e
appuntite, ricoperte da una leggera foschia che rendeva difficile
scrutare oltre la sagoma.
Da
lì probabilmente sgorgava qualche sorgente o fiume, che
arrivava fino alla città e precipitava nel vuoto. Osservando
meglio, l’acqua che cadeva veniva catturata e fatta scorrere
sulle pareti della città volante per poi scomparire al suo
interno.
«E’
fantastica! E’ davvero un’ isola sospesa nel
cielo!»
«Che
ti dicevo, Takehito!»
«Direi
di iniziare dal mercato così mi metto alla ricerca di quello
che mi serve.» propose Seref.
«Dico
che va bene.» Yue e Seref si avviarono
«Takehito vieni?»
«Ehm
… si arrivo!»
La
mora lo interruppe dallo stato di stupore che lo aveva catturato.
Il
mercato non era molto lontano. Imboccarono una stretta via secondaria e
ne attraversarono altre tre per poi sbucare su una principale piena di
gente e del loro vociare.
C’erano
negozi di ogni tipo. Ne superarono alcuni che dovevano essere delle
mercerie, più avanti vennero investiti dagli odori degli
alimentari, che esponevano i loro prodotti al pubblico, invitandoli a
gran voce di provare le loro specialità. Ancora ferramenta,
librerie, vestiario, oggettistica, strumenti musicali,
elettronica e souvenir della città.
Sembrava
non mancasse nulla.
Takehito
seguiva i due compagni, osservando tutto con meraviglia e
curiosità. Per qualche attimo li perse di vista, preso dalla
confusione e dalla curiosità, per poi ritrovarli.
Yue
agitava la mano per farsi vedere. Erano entrati in un vicolo laterale,
poco illuminato ma ordinato. In fondo si vedeva l’ingresso di
una bottega, come indicava il cartello posto a fianco
dell’ingresso, con una tenda rossa sulla porta
d’ingrasso.
Entrarono
nella bottega. Era un locale di medie dimensioni, ben illuminato dalle
finestre posteriori e le pareti laterali, piene di pezzi meccanici,
armi e componenti elettronici.
Seref
si avvicinò al bancone e si sporse vedendo un uomo di spalle
curvo su se stesso che maneggiava degli attrezzi.
«Vecchio
Isko?!»
L’uomo
lentamente si voltò. Era un anziano dal volto simpatico e
buono, con capelli e barba bianca e indossava vestiti sporchi e logori.
Posò gli attrezzi e si aggiustò meglio gli
occhiali, avvicinandosi al ragazzo.
«Oh,
il giovane pilota! E’ molto tempo che non passi da queste
parti.»
«Ciao
vecchio Isko!»
«Oh,
ma guarda! C’è anche la piccola Yue! Mi fa piacere
rivedervi. Chi è l’altro giovane che è
con voi?» domandò l’uomo strizzando gli
occhi per vederlo meglio.
«Si
è da poco unito a noi. Si chiama Takehito.» poi
Seref si rivolse al ragazzo «lui è il vecchio
Isko. E’ il proprietario della bottega e il mio rifornitore
di fiducia.»
Takehito
imbarazzato fece un inchino «Pi … piacere di
conoscerla.»
Il
vecchio scoppiò in una fragorosa risata.
«Puoi
chiamarmi vecchio Isko come tutti. Allora cosa ti serve questa
volta?»terminò rivolgendosi a Seref.
«La
centralina elettronica e il pannello di controllo del mio teknight sono
completamente distrutti, quindi dovrei sostituirli e poi mi serve quel
tuo chip per il computer.»
«Mi
domando quale battaglia tu abbia mai affrontato … vedo cosa
ho.» il vecchio Isko scese delle scale dietro al bancone.
Si
sentivano rumori di oggetti spostati, metallo che cadeva a terra o su
altro metallo, mobili che si aprivano e chiudevano. I ragazzi rimasero
ad aspettare in silenzio.
Takehito
guardava tutti gli oggetti esposti.
Seref
stava osservando qualcosa in particolare e Yue cercava di capire cosa
stesse facendo l’uomo sbirciando, stando appoggiata al
bancone con i gomiti e i piedi sollevati.
Isko
ci mise una quindicina di minuti per tornare su.
«Ecco
qui! Ho trovato tutto quello che cercavi.»
Seref
si mise ad esaminare con attenzione ogni oggetto.
«Come
sempre la migliore qualità. Quanto costa il tutto?»
«Vediamo
… posso farti un po’ di sconto. Verrebbe
ottocentomila ¬Carsh»
«Cosa?
Ma è un prezzo altissimo! L’ultima volta che ho
comprato queste cose costavano meno della metà.»
appoggiò le mani sul bancone alzando leggermente la voce.
«Sì
è vero ma questo risale a tanto tempo fa. Quanto puoi
spendere?»
«Quattrocentomila
… posso pagare a rate? O puoi farmi
credito?» provò a negoziare.
«Non
posso e poi non puoi assicurarmi che tornerai a pagarmi.» il
vecchio Isko stava per riprendere tutto e riportarlo nel magazzino
sottostante.
«No
aspetta! Non c’è davvero nessun altro modo in cui
posso parti?»Seref lo fermò afferrandogli un
braccio.
L’uomo
ci rifletté su massaggiandosi la barba.
«Forse
un modo c’è.» gli altri presenti fecero
particolare attenzione «In alcuni meandri delle grotte, che
si trovano sulle vette delle montagne, cresce una particolare piantina.
Trovandosi solo qui ed essendo difficile recuperarla è
estremamente rara e quindi molto costosa. Se riusciste a procurarmela
non mi dovrete un soldo.»
Yue
afferrò Seref per il polso e avvicinò il volto al
suo.
«Accetta
è un ottima opportunità.» gli disse a
bassa voce la ragazza.
«Indubbiamente
anche perché se dovessimo davvero sborsare quella cifra per
la riparazione dello IF, avremo qualche difficoltà
economica. Però mi domando se non sia troppo
pericoloso.» fece senza farsi sentire dagli altri.
«Sicuramente
lo sarà, ma rifletti. Non ci rimetteremo un soldo e potrebbe
essere una buona opportunità per far fare allenamento a
Takehito … e anche a te non farebbe male.» il suo
interlocutore la guardò male «se sarà
troppo pericoloso, ci penserò io e se sarà troppo
anche per me cercheremo di trattare. Proviamoci!»
«E
va bene!» i due si risollevarono.
«Vecchio
Isko ti porteremo quella pianta.» annunciò Seref.
«Ti
prendo un’immagine.» tornò poco dopo con
un pezzo di carta con sopra un disegno accurato della piantina.
I
tre ragazzi uscirono fermandosi davanti alla porta osservando il pezzo
di carta.
«Certo
che non è molto come indizio.» rifletté
la ragazza.
«Siete
decisi a prendere quella pianta?»chiese Takehito.
«Siamo
decisi, vorrai dire.» il ragazzo non comprendeva il
significato delle parole di Yue.
«Vieni
anche tu!»tagliò corto Seref.
«Eh!
Perché?» il ragazzo non aveva sentito tutto della
conversazione che avevano tenuto i due ma da qualche parola che
riuscì a sentire, aveva intuito che fosse pericoloso.
«Non
fare quella faccia. Consideralo l’inizio del tuo
allenamento.» l’ammonì Yue.
«Avete
detto che sarà una cosa pericolosa.»
protestò lui.
«Non
ho intenzione di rischiare. Se sarà davvero pericoloso
torneremo indietro.» chiarì l’altro.
«Puoi
ritenerlo parte del giro turistico.» all’ultima
frase di Yue, Takehito si rassegnò e si decise a seguirli.
Seref
aveva con se uno zaino abbastanza grande che doveva servigli per
trasportare i suoi acquisti ma date le circostanze, non sapendo quanto
tempo avrebbero impiegato, fu riempito da acqua e cibo. Mentre Yue
tornò all’aeronave a recuperare delle funi, torce
e impermeabili.
Terminati
i preparativi affidarono lo zaino a Takehito ignorando le sue proteste
e si incamminarono verso i monti.
Attraversarono
parte della città dando modo di vedere anche altro ma senza
soffermarsi.
Giunsero
ai piedi delle montagne.
Lungo
il tragitto diversi cartelli indicavano i sentieri da percorrere. Altri
spiegavano che il lato naturale di Ekalad fosse autentico e non si
trattava di una ricostruzione dell’uomo.
Per
questo motivo invitavano alla prudenza, in quanto fino a poco tempo
prima era vietato lasciare i sentieri e ancora poche persone
esploravano quei luoghi, così non erano molte le
informazioni a riguardo.
Studiando
quei cartelli scelsero di prendere il sentiero che portava
più in alto possibile.
Procedevano
a passo svelto, anche nei tratti di maggiore pendenza.
In
testa al trio vi era Yue che procedeva senza problemi e verificava se
vi erano le condizioni per andare avanti. Seguiva Seref che cercava di
mantenere il passo della compagna e si preoccupava di controllare che
non distanziassero l’ultimo del gruppo, che dopo
un’oretta di marcia, dava i primi segni di cedimento.
Continuarono
per ancora una buona ora di cammino, sempre con lo stesso ritmo fino a
raggiungere la fine del sentiero.
Il
sole occupava la posizione più alta del cielo e il calore si
faceva soffocante.
Decisero
di ripararsi all’ombra di una roccia.
Scelta
che fu accolta più che volentieri da Takehito che
gettò malamente lo zaino a terra, si appoggiò
alla roccia per poi lasciarsi cadere boccheggiante. Non migliori erano
le condizioni di Seref che si adagiò al suolo beneficiando
del fresco dell’ombra.
L’unica
che stava bene come se avesse fatto una piacevole passeggiata, era Yue.
Decisero
di recuperare le energie mangiando qualcosa e bevendo l’acqua
mantenuta fresca.
«Alla
fine hai deciso di diventare un nostro pilota, eh Takehito?»
Yue ruppe il silenzio che si era creato.
«Bé
… ecco … io non so se posso considerarmi un
pilota. E’ vero che Aruto ha costruito un teknight
appositamente per me e che vi ho dato una mano però
… penso che sia troppo poco.» preso alla
sprovvista rispose con le prime parole che gli vennero in mente.
«Se
sei convito è più che sufficiente.» il
ragazzo non si aspettava una risposta del genere da parte di Seref.
«Sì
infatti! E poi sei stato davvero molto bravo.» lo
incoraggiò Yue.
«In
realtà non so cosa mi spinge a voler lottare con voi. Forse
perché non ho altro, però, ho la sensazione che
non sia solo per questo.»
«Un
po’ ti capisco. Vivo con la Phlayrh da quando Owen e gli
altri hanno salvato me e mio fratello da una situazione difficile.
E’ vero che all’epoca ero solo una bambina e che in
pratica sono stata cresciuta da loro, però, la Phlayrh
divenne la mia famiglia e il posto in cui stare. Per me è
naturale prendere parte alle loro missioni e date le mie
capacità, volli diventare un pilota.» Takehito
ascoltò con attenzione la rivelazione della ragazza.
«In
parte è così anche per me.» poi si
rivolse a Seref «Posso chiederti come mai ti sei
unito alla Phlayrh.»
Seref
abbassò il braccio allontanando il panino che sta per
addentare. Parlare di quel periodo non gli piaceva ma se poteva aiutare
Takehito l’avrebbe fatto.
«Sono
il primogenito della famiglia imperiale e sono stato cresciuto per
diventare il successore di mio padre. Ho sempre dovuto studiare molto
duramente e primeggiare in tutto, non sono mai stato libero di
frequentare persone che non fossero state considerate adatte per stare
al mio fianco, non sapevo nemmeno cosa significasse ricevere affetto.
Crescendo, per poter effettivamente essere un giorno imperatore,
dovetti affiancare mio padre nelle sue attività. Burocrazia,
riunioni, decisioni da prendere e così presi consapevolezza
del lati più nascosti e oscuri che pochi conoscevano. Quello
che non sopportavo era la crudeltà. Ad esempio, sai che
c’è ancora chi non accetta l’impero e
che vive nelle colonie perché rifiutano il contatto con
quelli dell’impero. La realtà è che
vivono in uno stato di semi schiavitù e non per
loro volontà. In più, chi nasce lì
è condannato a rimanerci per sempre. » Takehito
annuì ricordando quello che sentì riguardo la
colonia in Africa. «All’inizio anch’io
ignoravo ogni cosa ma dovetti fare i conti con la realtà. La
violenza era un elemento necessario per mantenere l’ordine e
il potere. Le colonie servono come esempio per eventuali oppositori ma
soprattutto per produrre ricchezza. Ma quello che non tollerai, era
l’uso dell’omicidio. Io e l’unico amico
che avevo, il figlio di un consigliere, tentammo di cambiare qualcosa.
Ci eravamo promessi che se non era possibile fare qualcosa da ragazzi,
l’avremmo fatto quando sarei diventato imperatore. Si
trattava solo di aspettare. Agli occhi di mio padre queste nostre idee
erano pericolose. Così fece uccidere il mio amico, dicendomi
chiaramente che mi aveva lasciato in vita solo per darmi
un’altra opportunità, ma se avessi continuato, non
gli sarebbe importato nulla che fossi il suo primogenito. Avrebbe fatto
uccidere anche me. Sapevo dell’esistenza della Phlayrh e
delle loro idee. Decisi che i cambiamenti che avevamo in mente io e il
mio amico sarebbero avvenuti. E’ per questo che mi sono unito
alla Phlayrh. Ero stanco di menzogne, ipocrisia e crudeltà.
Per questo che non mi piace essere ricordato con il principe di
quell’impero anche se ho conservato il mio nome. Per questo
quando qualcuno me lo fa ricordare mi arrabbio.»
Takehito
non sapeva davvero cosa pensare o dire. Ormai aveva capito che le cose
non erano come si voleva far credere ma venire a conoscenza di nuovi
particolari lo spaventava.
Seref
tornò a mangiare il suo panino con un’area
più serena. Quello a cui sembrava essere passato
l’appetito era l’altro ragazzo.
Yue
se ne accorse e stava per dire qualcosa ma Seref fu più
veloce.
«Ora
che sei un pilota oltre ad allenarti dovrai imparare anche altre
cose.»
«Cosa?»
parve destarsi della tristezza che lo aveva avvolto.
«La
gerarchia che c’è nella Phlayrh, è un
inizio.»
«E’
vero, nessuno te l’ha ancora spiegato e poi ti
servirà sapere anche i nostri nomi in codice.»
aggiunse Yue col suo solito fare energico.
Takehito
aspettava che gli spiegassero per bene la faccenda.
«Ognuno
di noi ha un ruolo ben preciso e chi combatte ha un grado, come
nell’esercito, e un nome in codice.»
spiegò la ragazza.
«Per
quanto si ascolti l’opinione di tutti, chi ha il grado
inferiore deve fare come gli viene detto da chi ha un grado superiore.
Essenzialmente serve per non creare situazioni di caos o di pericolo.
» aggiunse Seref.
«Davvero
c’è una cosa del genere?» poi come un
fulmine, un ricordo gli attraversò la mente
« Owen si presentò come il generale della
Phlayrh.»
«Esatto.
Partendo da lui che il generale, c’è Erin che
è il tenente generale, Kyla colonnello, Kirabo maggiore, Lev
capitano, Shu, Yue ed io siamo tenenti. Essendo appena arrivato
dovresti essere un sottotenente.» Takehito fece uno sforzo
per ricordare ogni parola di Seref.
«Per
quanto riguarda i nomi in codice non è difficile. In pratica
usiamo l’iniziale del nostro nome e gli associamo un numero
che corrisponde all’ordine in cui siamo diventati piloti. In
ordine Owen O1, Erin E2, Kyla K3, Kirabo K4, Lev L5, Shu S6, io Y7 e
Seref S8. Usando lo stesso metodo tu dovresti essere T9.
Capito?»
Seref
aveva notato che non era del tutto chiaro.
«Per
ricordarti meglio chi ha il grado più alto è
diventato per prima un pilota. Potresti fare confusione con me e Shu ma
basta ricordarti che io sono l’ultimo, anzi, penultimo
arrivato. Ma non preoccuparti imparerai usandoli.»
«Vedrò
di imparare tutto al più presto.» si
affrettò a rispondere Takehito.
Mentre
parlavano avevano finito di mangiare.
I
due ragazzi continuavano a riposarsi mentre Yue perlustrò i
dintorni per cercare la via migliore da percorrere.
Tornò
indietro spiegando la situazione.
«Ritengo
sia meglio continuare sul lato destro della montagna. E’
ricoperta ancora dal bosco e data l’ora saremo più
freschi. Se non troviamo nessuna entrata per le grotte dovremmo salire
ancora più in alto.»
Ripresero
il cammino. Non c’era più un sentiero da seguire.
Si lasciavano guidare da Yue che sembrava sapere come muoversi.
A
un tratto si udì un urlo di Takehito. I due si voltarono ma
lui non c’era più.
La
ragazza si precipitò nella direzione opposta superando
Seref. Osservò attentamente il terreno e notò un
buco tra la vegetazione. Vi guardò
all’internò e scrutò Takehito.
«Tutto
bene?» gli urlò e anche Seref le si
avvicinò.
«Ahi
… Penso di sì.» affermò poco
convito, massaggiandosi il fondoschiena.
«Hai
trovato l’ingresso delle caverne, contento?»
sembrò che Seref lo stesse prendendo in giro.
«Se
ci lanci una corda ti raggiungiamo.»disse l’altra.
Il
ragazzo le lanciò la corda che venne fissata saldamente nel
terreno, dopo di che, la usarono per scendere e la lasciarono
lì in modo da poter risalire.
«Andiamo!»
«Aspetta
Yue! Voglio prima scannerizzare la zona, così non ci
perderemo.» fece Seref prendendo dalla tasca dei pantaloni un
piccolo pad olografico, che ricostruì l’interno
della grotta e lo visualizzò in un ologramma.
Seref
si portò in testa al terzetto affiancando la ragazza e
armati di torce avanzarono.
Tracciavano
il percorso man mano che il pad olografico avanzava con la
scannerizzazione e forniva una mappa sempre più dettagliata.
Individuarono
dei punti da raggiungere, dove probabilmente, vi dovevano essere delle
fessure o aperture nella roccia, sperando che facessero passare la luce
del sole. Pensarono che fossero i punti migliori, dato che stavano pur
sempre cercando una pianta e per vivere doveva aver bisogno di luce.
«Ancora
nulla. Non c’è l’ombra si un
arbusto.» Yue cominciava a spazientirsi. Avevano cercato in
tutti i punti in cui poteva arrivare della luce ma nulla.
L’ultimo era in realtà un uscita che si apriva su
uno strapiombo.
«Da
qui non possiamo andare oltre.» annunciò Seref
tornando indietro e sedendosi al fianco di Takehito che era a terra che
riprendeva fiato.
Anche
Yue guardò l’esterno della grotta. Si affacciava
su uno strapiombo, una parete rocciosa dritta che proseguiva per
diversi metri, prima di incontrare la boscaglia.
Guardò
anche in altro e più avanti notò
un’altra apertura nella roccia, che probabilmente conduceva
ad un’altra grotta.
«Ho
trovato la strada! C’è un’altra grotta e
l’accesso è lungo la roccia.»
Quelle
parole non piacquero ai due ragazzi.
«Vuoi
arrampicarti sulla nuda roccia con il suolo che dista di parecchi
metri?» Takehito sperava fosse uno scherzo.
«Sì!»
«Potrebbe
essere pericoloso!» replicò Seref.
«No
se prendiamo le dovute precauzioni.»
«E
quali sarebbero?» dal tono ironico Seref sembrava decisamente
contrario.
Takehito
temeva la risposta che sarebbe giunta.
«Le
corde! Io mi arrampico fin lì, fisso le corde e poi mi
raggiungete.» lo disse come se fosse la cosa più
facile di questo mondo.
«E
se dovessi perdere la presa?»Takehito era terrorizzato al
solo pensiero.
«Vedrò
di non farlo accadere.»
«Anche
se tornassi indietro lo faresti lo stesso» Seref
sospirò rassegnato «facci riposare prima un
po’.»
Takehito
non disse nulla, voleva fidarsi di loro ma cominciava ad essere
agitato.
Dopo
alcuni minuti Yue si caricò lo zaino sulle spalle,
più leggero ma ancora pesante e iniziò
l’arrampicata.
Takehito
si sentiva male al solo guardarla.
Allungava
una mano, spostava un piede, testava la resistenza della pietra e si
tirava su, poi l’altra mano e ancora l’altro piede.
Mancavano pochi passi e finalmente la raggiunse. Fissò
l’estremità della corda e fece segno che tutto era
pronto.
Andò
per prima Takehito. Si assicurò alle corde e dopo un bel
respiro, iniziò la scalata. Imitò il
più possibile i movimenti della mora e si impose di non
guardare in basso.
Aveva
già i muscoli delle gambe doloranti ma la paura di cadere
glielo fece dimenticare e molto lentamente, con qualche piede in fallo
che fece tremare gli altri, arrivò all’altra
grotta. E in fine anche Seref un po’ maldestramente li
raggiunse.
La
grotta era particolarmente scura e come prima si affidarono al pad per
orientarsi.
Era
particolarmente complessa, piena di cunicoli, vicoli ciechi,
addirittura si districavano piccoli torrenti e cascate.
Non
mollavano ed erano decisi di esplorare fino a che potevano.
Improvvisamente
una luce soffusa tra il viola e blu si faceva largo tra le tenebre.
La
raggiunsero e lo spettacolo che si presentò ai loro occhi,
li lasciò a bocca aperta.
Numerose
pietre simile a cristalli, dalle forme tondeggianti a quelle di
piramidi spigolose o parallelepipedi. Brillavano di luce propria, la
stessa luce che avevano seguito.
«Guardate!»
Takehito richiamò l’attenzione sul punto che stava
indicando il suo indice.
C’erano
delle piccole piantine e a prima vista erano come quelle del disegno.
Presero
il pezzo di carta che avevano ricevuto e li confrontarono.
L’avevano
trovata!
Si
affrettarono a recuperarla e metterla al sicuro in un recipiente. Era
davvero molto piccola, le foglie avevano una forma quasi perfettamente
circolare, bianche con una leggera sfumatura di verde molto chiaro in
alcuni punti.
«Quasi
mi dispiace portala via da qui.»
«Forse
Yue, ma con la fatica che abbiamo fatto e poi ci serve.»
disse porgendola a Takehito.
Osservarono
quella meraviglia ancora per qualche minuto e tornarono sui loro passi.
Grazie
al pad olografico ritrovarono senza problemi la via del ritorno e
furono anche più veloci. Arrivarono al sentiero nel tardo
pomeriggio e le prime stelle cominciavano a vedersi. Per gli ultimi
chilometri ebbero bisogno delle torce ma riuscirono a tornare senza
difficoltà. Arrivarono in città che era sera, le
strade caotiche e rumorose, divennero l’esatto opposto.
Nonostante l’ora vollero provare a vedere se la bottega fosse
ancora aperta.
Con
somma gioia dei ragazzi le luci al suoi interno erano accese e vi
entrarono.
Il
vecchio Isko stava dormendo sulla sedia dietro al bancone.
Yue
gli si avvicinò piano e lo chiamò dolcemente.
«Isko,
vecchio Isko.» l’uomo aprì gli occhi e
ci mise qualche instante per capire cosa stesse accadendo.
«Siete
voi? Ma è già mattino?»
«No,
ma abbiamo con noi quello che ci avevi chiesto.» disse
trionfante Seref.
Takehito
prese la pianta e gliela mostrò.
Isko
strabuzzò gli occhi credendo di stare sognando.
«L’avete
trovata per davvero e in una sola giornata per giunta.» era
incredulo.
«Allora
ci siamo meritati i pezzi di ricambio?»
«Oh
oh, prendeteli pure ve li ho lascianti in
quell’angolo.» sembrava non importagli
più di niente, esisteva solo la piantina.
I
ragazzi presero i pezzi che avevano richiesto e salutarono.
Fecero
ritorno alla base. Takehito non era mai stato così felice di
trovarsi nella sua stanza, sul suo letto.
I
piani per quella giornata erano stati stravolti e da un piacevole giro
turistico si è ritrovato a scalare montagne ed esplorare
grotte. Certo non poteva dire che non gli fosse piaciuto. Aveva avuto
l’opportunità di vedere paesaggi spettacolari e
cose che quasi nessuno potrà mai vedere. Le immagini che
aveva impresso meglio nella mente e che lo colpirono maggiormente era
la vista che si osservava dall’ingresso della seconda grotta.
Da lì si notava benissimo che Ekalad fosse sospesa nel vuoto
e da quella altezza faceva un certo effetto. E poi non poteva
dimenticare i cristalli. Inoltre la compagnia di quei due non gli
dispiaceva. Erano molto affiatati e la spontaneità di lei e
il la schiettezza di lui lo facevano sentire a suo agio. Nonostante le
difficoltà iniziali, ora si sentiva accettato anche da loro.
Peccato per il dolore muscolare e la stanchezza, lo fecero addormentare
senza che se ne accorgesse.
Nella
sala da pranzo Seref era seduto al grande tavolo che giocherellava con
delle pietruzze. Lo sguardo basso e mogio fisse sulle dita che si
muovevano ritmiche.
«Seref
che fai qui a quest’ora?»
«Yue!
Mi sono svegliato e non riesco a riprendere sonno. Tu?»
La
ragazza gli si sedette di fronte.
«Sete.»rispose
facendo un grande sbadiglio.
«Torna
pure a dormire.»ma lei ignorò le sue parole.
«Che
sono quelle?»
«Frammenti
dei cristalli della grotta. Però una volta fuori a quanto
pare perdono la loro luce.» erano diventate dei semplici
minerali bianchi.
«E
sei triste per questo?» Seref la guardò sbigottito
per poi sorridere.
«Non
sono triste. Mi domandavo solo se non siamo stati troppo avventati
oggi.»
«Stai
pensando ancora alla ramanzina di Owen? Non è mica la prima
volta che facciamo qualcosa di pericoloso, eppure fino ad ora nessuno
ci aveva mai detto nulla.»
«Però
questa volta abbiamo portato Takehito con noi e di certo non
è abituato a certe cose.»
«Ma
c’eravamo noi! Siamo stati attenti che non gli accadesse
nulla.»
«Sarà,
ma la prossima volta valuterò meglio la situazione
… comunque peccato per i cristalli erano davvero
belli.» disse fiacco.
«Non
è un problema grave. Tu hai sempre avuto due cristalli come
quelli.» la guardava interdetto non capendo a cosa si
riferisse.
«I
tuoi occhi hanno lo stesso colore e la stessa luce dei
cristalli e poi … sanno valutare ogni situazione e
io mi fido di loro.» aggiunse dolcemente.
Lo
salutò andando via sbadigliando e stropicciandosi gli occhi
per il sonno, lasciandolo solo.
“Sono
i tuoi occhi a essere luminosi”rincuorato tornò
nella sua stanza e dopo un po’ si addormentò.
Angolo dell'autrice:
Salve a tutti! Dopo tanto combattere non si riesce a trovare un
pò di tranquillità.
Sono sempre molto contenta che state continuando a seguire questa
storia ancora di più perché si tratta della prima.
Come la volta scorsa metto il link di un altro disegno, sempre per dare
un pò l'idea di quello che ho in testa.
Ora è il turno della Jaculus.
link
questa volta si tratta del solo disegno fatto a matita la prossima
volta( non so quando) lo farò al computer e nella versione
"smontata" (senza il cargo sopra).
Grazia ancora e continuate a leggere e se vi va un commento
è sempre gradito.
Alla prossima!
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Capitolo 12 *** Section 11 ***
Un piccolo avvertimento per
questo cap. Se non volete neanche il più piccolo degli
spoiler saltate e leggete direttamente (tanto mi ripeterò
anche alla fine).Qui mi sono divertita a fantasticare con le automobili
(mi piacciono tanto). Quello che ho scritto è più
che fantascienza quindi non ci rimanga male nessuno appassionato di
automobilismo, fisica e meccanica. Comunque per quanto
tranquillo sia il cap non sottovalutatelo che c'è qualcosa
di importante.
Buona lettura!
Argest Age – section 11
«Scusate
il ritardo!» il giovane meccanico entrò
rapidamente nella sala da pranzo, usando un tono di voce altro per
farsi sentire tra il chiacchiericcio.
Incrociò lo sguardo di disapprovazione di Owen. Sapeva che
non sopportava che non si rispettassero gli orari ma questa volta lo
ignorò.
«Vi siete già mangiati tutto?»
notò la tavola quasi vuota, alquanto dispiaciuto.
«Chi tardi arriva male alloggia!»
sentenziò Lev mentre afferrava un con la forchetta un
cosciotto di pollo.
«Perfido!» si lamentò poi
seguì l’indicazione del pollice di Lev.
C’era suo padre che gli stava scoprendo un piato pieno di
cibo e lo invitò a sedere accanto a lui.
Prese parte anche lui al pranzo quasi concluso e si unì alla
conversazione.
L’argomento del giorno era il nuovo allenamento di Takehito.
Il ragazzo aveva accettato di diventare un pilota, tra mille
avvertimenti e raccomandazioni. Orami era convinto di restare con la
Phlayrh e cominciava ad accettare le sue idee. Riteneva di avere ancora
moltissimo da imparare e una tra le tante, era pilotare al meglio il
teknight che era stato costruito per lui, che in quei giorni Aruto
stava ultimando.
Gestire i comandi non era un problema e il controllo complessivo del
mezzo era abbastanza buono, quello che preoccupava era lo sforzo fisico
e lo stress che ne conseguiva.
Ciò che venne preso in considerazione, furono il suo primo
combattimento e l’escursione tra le montagne e le grotte di
pochi gironi prima, dopo la quale dovette dormire per
un’intera giornata per riprendersi.
Era chiaro che non avesse una grande resistenza e questo poteva
rilevarsi un problema. Così furono tutti d’accordo
a preparare un piano di allenamento.
Yue si era proposta come personal trainer, ma venne dissuasa da Seref
che temeva per l’incolumità del ragazzo. Lara si
batté con determinazione affinché si procedesse
con un programma graduale, altrimenti avrebbero avuto più
effetti collaterali che un effettivo miglioramento.
Gli altri cominciarono a proporre degli esercizi, dai più
semplici a quelli più complessi e faticosi. Lev e Kirabo
cominciarono a litigare. Il primo aveva proposto a Takehito di fare
nuoto insieme a lui, ritenendolo uno sport adatto per migliorare la
forma fisica in modo completo. Il secondo, invece, riteneva
che il basket era quello che faceva al caso del ragazzo.
Sottolineò come anche Shu, decisamente il migliore in quanto
forma fisica, giocasse a basket. In più, sosteneva
che lo avrebbe aiutato nel socializzare.
Si continuava a riflettere, con Kyla che ormai era intenta a calmare
gli animi di Lev e Kirabo e Takehito sempre più preoccupato
per la sua sorte.
«E se per questi giorni Takehito si allenasse con me? In
fondo, il mio è un esercizio fisico non troppo intenso ma
regolare.» Katsu fece la sua proposta mentre ancora mangiava.
«E della gara?» gli chiese il padre.
«Quella si terrà tra quattro giorni.
Avrò bisogno di tempo per preparare l’auto ma
dovrò fare lo stesso anche con il mio fisico» poi
guardò Owen «sempre se posso partecipare
…»
Katsu rimase in attesa della sua risposta.
Il solito sguardo imperturbabile di Owen non permetteva di capire quali
fossero le sue intenzioni.
«Vedi di vincere e portarti a casa un bel
gruzzoletto.» l’uomo brizzolato sospiro.
A quella risposta il ragazzo saltò letteralmente dalla
gioia, ringraziandolo in ogni modo.
«Di che gara si tratta?» finalmente a Takehito
parve aver avuto l’occasione di capire la motivazione del
tanto entusiasmo di quei gironi da parte dell’amico.
«E’ una gara automobilistica, per la precisione di
FW.» mentre rispondeva gli brillavano gli occhi.
«Non sapevo facessero corse anche qui.»
«In realtà si tratta di corse clandestine, ovvio
che non si sappia nulla, però questo è
l’unico modo che ho per guidare in una gara. Capirai che non
posso certo presentarmi a qualche gara ufficiale, si potrebbe
facilmente capire che faccio parte della Phlayrh.»
spiegò.
«Comunque mi sembra una buona idea e decisamente la migliore
fino ad ora.» affermò Lara per poi lasciare la
parola ad Owen.
«Se il medico dice che va bene, non ho nulla da
obbiettare.»
Takehito poté tirare un sospiro di sollievo, anche quella
situazione si era risolta bene.
La mattina iniziò presto. Con una corsa di dieci kilometri,
esercizi di crunch e per rafforzare muscoli del collo spalle e braccia.
Katsu consigliò al suo nuovo compagno di allenamento di non
esagerare. Consiglio che fu in parte accolto da Takehito, che si era
intestardito di voler fare lo stesso dell’amico, convito di
potercela fare. Ben presto dovette ricredersi, dopo la corsa era
già stremato ma riuscì ad eseguire tutti gli
esercizi anche se in modo molto lento.
Il meccanico terminò prima, rimanendo ad aspettarlo,
incoraggiandolo e aiutandolo con spiegazioni e correzioni, in modo da
fargli eseguire lo sforzo fisico correttamente.
«Colazione!» Katsu gli portò
del latte con biscotti e cereali direttamente ai piani superiori dove
si trovavano i campi da gioco.
«Grazie. Ti ho fatto perdere del tempo, scusa.»
Takehito si riportò su dolorante.
«Nulla di irreparabile. Piuttosto ora inizia la parte
migliore.»
«Ovvero?» Takehito sorseggiava il latte
distrattamente.
«Bisogna controllare e mettere a punto la mia Raises
Dust.Vedrai, è fantastica!»affermò
orgoglioso.
«Sarebbe la tua auto di FW?»
«Esatto! Te ne intendi di FW?»
«Non molto. So solo che si usano delle auto
particolari.» ammise quasi dispiacendosi per non potergli
dare soddisfazione.
«In effetti è uno sport motoristico unico nel suo
genere. Inizialmente doveva essere un’evoluzione della F1, si
pensava di aumentare le prestazioni delle vetture e la
velocità. Alla fine si sono creati una sorta di ibridi. Auto
in grado di sollevarsi come gli aeroplani, anche se non possono volare
per grandi distanze o staccarsi troppo dal suolo. Si decise di creare
una nuova categoria, la Formula Wings ed ebbe un gran successo e
divenne popolare quanto la F1.»
«Com’è guidarle?»
quell’interessamento rese Katsu felice.
«Non è di certo facile. Raggiungono
velocità di 500 km/h e devi cambiare assetto da quello
terrestre a quello sospeso. Però la velocità che
ti fa sentire libero, l’adrenalina che ti scorre nelle vene e
la competizione che ti spinge ad arrivare primo … rendono
tutto secondario. Ho solo voglia di correre.» gli occhi gli
brillavano e il desiderio di gareggiare aumentava sempre più.
«Quasi non si direbbe che tu sia lo stesso Katsu che ho
conosciuto.» il meccanico ridacchiò.
«Si tratta della cosa che più amo fare, credo sia
normale. Probabilmente se non fossi nato qui, avrei avuto la
possibilità di diventare un vero pilota di FW. Su! Non
perdiamoci in chiacchiere. Vieni a vedere la mia Raises
Dust.»
Katsu lo portò nella sala dei teknight e da quella sorta di
magazzino dove si trovava di tutto, venne portata fuori la Raises Dust.
Katsu la trasportava su di un mezzo predisposto per quel compito.
Takehito la osservava meravigliato. Era molto lunga, sui cinque o sei
metri, il muso ricordava una matita e dalla metà del corpo
centrale, partivano delle ali piatte e sottili che terminavano piegate
verso l’alto. Sulla parte piana delle ali erano posizionati
due motori e la coda terminava con un alettone. Bianco con le
estremità ricoperte di fiamme rosse.
«E’ inspirato al Thrust SSC, un vecchio veicolo
terrestre che deteneva il record di velocità su terra. Monta
due motori a reazione più un’unità di
potenza ausiliaria e un telaio ben studiato per ridurre al minimo la
resistenza all’aria.» spiegò fiero di
mostrare la sua auto.
«Non pensavo fossero così grandi.»
«La loro grandezza devi ancora vederla!»
Trascorsero tutto il resto della giornata a testare l’auto.
Nonostante il periodo prolungato di inutilizzo, sembrava essere tutto
in regola.
I giorni restanti li impiegarono per studiare il circuito e testare
l’auto in pista.
«Che tempo ho fatto?»domandò Katsu
uscendo dal suo velivolo e togliendosi il casco.
«Un minuto, venti secondi e sette millesimi.»
Takehito continuò a controllare il tempo segnato dal
cronometro. Katsu si ritenne soddisfatto come prime libere.
Era il tempo medio per percorrere quel circuito.
Spalancò gli occhi quando Takehito gli fece notare il tempo
del pilota sceso in pista immediatamente dopo. Un minuto e un secondo
netti.
Era impressionato voleva vedere chi era alla guida. Forse si trattava
di qualcuno famoso dell’ambiente o qualcuno che aveva
già incontrato e chiedersi se fosse il caso di
preoccuparsi.
Ciò che vide lo paralizzò.
«Katsu che c’è? Ti preoccupa quel
pilota?» non poté fare a meno di chiedere
all’amico.
«Noll Haller? Quello è Noll Haller!»
affermò con più convinzione.
«E chi sarebbe?» era chiaro che qualcosa gli
sfuggiva.
«E’ uno dei campioni di FW. Non ci credo
è proprio lui!» subito l’eccitazione
svanì come se fosse deluso «che cosa fa qui?
Perché partecipa ad una gara del genere?»
Corse nella sua direzione. Forse si era sbagliato, poteva trattarsi di
uno chi gli somigliava o si era lasciato ingannare dai colori della
tuta e del casco.
Quando i loro sguardi si incrociarono, il pilota indossò il
casco e salì sulla propria auto e partì
costringendo Katsu ad allontanarsi velocemente dai dietro i motori.
Terminarono le prove libere e tornarono alla base.
Dopo quell’episodio Katsu era diventato taciturno e
pensieroso.
«Takehito, è successo qualcosa? Non l’ho
mai visto così giù di morale, nemmeno quando
arrivava ultimo.»gli si avvicinò Aruto parlandogli
piano.
Erano entrambi nella sala dei teknight alle prese con
l’ultima revisione prima delle qualifiche.
«E’ così da quando ha incontrato un
pilota di FW famoso, mi pare si chiamasse Haller.»
spiegò.
«Katsu! Incontri il tuo pilota preferito è torni
con quella faccia?»
«Quello non era Haller, mi sarò sbagliato per
forza.» disse Katsu con voce fredda continuando la revisione.
«Perché dici così? Non è
certo cosa da tutti i giorni incontrarlo.»
continuò il padre.
«Ti ho detto che non era lui. Non potrebbe essere altrimenti
in una gara clandestina.» alzò la voce e
lanciò sul pavimento la chiave inglese che maneggiava e
andò via.
Takehito non disse nulla, quasi spiazzato da quel comportamento mentre
Aruto sospirò scuotendo la testa.
«Aruto sai perché fa così?»
«Si trattava davvero di Haller?»
«Io non posso saperlo con certezza ma Katsu sembrava
convinto.»
«Devi sapere che a Katsu questo tipo di corsa non piace
particolarmente. Non sono come le altre. I piloti il più
delle volte sono sleali. E’ ammesso qualunque tipo di
modifica sulle vetture, non c’è nessun regolamento
specifico e di certo non si può fare affidamento nemmeno sul
buon senso. Probabilmente, l’idea che uno dei piloti che
preferisce, prenda parte ad una gara del genere, non gli piaccia per
nulla. Probabilmente va contro l’idea che ha di
Haller.»
Prese la chiave inglese e la ripose al suo posto. Si fece aiutare da
Takehito per terminare la revisione e poi salirono nelle stanze.
«Tenterò di calmarlo prima di domani. Non voglio
che per pensare ad altro, rischi di fare un incidente. Quindi dormi
tranquillo, Takehito.» i due si salutarono prima di entrare
nelle rispettive camere.
Come aveva detto Aruto passò prima per quella del figlio.
Lo trovò disteso sul letto a pancia in giù.
«Katsu.» non rispose né si mosse.
Aruto si sedette sul letto accanto a lui e lo chiamò ancora.
Continuava a non avere risposta.
«Katsu, lo so che sei sveglio. Non ti addormenti mai a pancia
sotto.»
Il ragazzo mugolò qualcosa di incomprensibile, senza
cambiare la sua posizione.
«Non dovresti prendertela se Haller partecipa ad una gara
clandestina.»
Katsu decise di voltarsi.
«Sai cosa ne penso di queste gare.» disse
mettendosi seduto osservandosi le ginocchia.
«Però nonostante tutto le fai»
«E che guidare in una gara mi piace troppo. Solo per questo
cerco di sopportare qualunque condizione.»
«Non potrebbe essere lo stesso anche per Haller?»
Katsu lo guardò perplesso.
«Non ti piacerà ma molti considerano queste gare
più interessanti e complesse. Forse vuole cimentarsi in
nuove sfide o avrà bisogno di nuovi stimoli.»
«Ciò non toglie che sono legate alla
malavita.»
«Ti consideri forse un delinquente?»
«No!»
«Come la tua voglia di correre è irrefrenabile,
tanto da farti superare il ribrezzo per tali gare, anche la sua
sarà così.»
Katsu rimase in silenzio poi disse lamentandosi
«Però in FW non ci sono i piloti che tentano di
farti fuori in ogni modo.»
Aruto gli scompigliò i capelli e lo avvicinò a
se.
«Tu hai voglia di provare una gara più sportiva e
lui vorrà provare a guidare con dei pazzi scatenati. Non
accusarlo subito, cerca di capire le sue motivazioni.» Katsu
annuì.
«Katsu ora non pensarci più di tanto e concentrati
sulla guida. L’hai detto stesso tu che quelli tenteranno di
farti fuori mentre tu guidi lealmente.»
«Messaggio ricevuto! Non ci penserò più
di tanto.»
«E bravo il mio ragazzo!» ancora una volta Aruto
gli scombinò i capelli e lo lasciò dormire.
Il girono dopo si svolsero le qualifiche.
Ogni pilota scese in pista per effettuare il proprio giro che avrebbe
stabilito la posizione sulla griglia di partenza.
Ogni auto era diversa dalle altre. I motori erano più o meno
gli stessi, dato che la scelta possibile era tra due tipi. O
un unico motore posteriore o due laterali come quello di
Katsu. A cambiare erano le forme, ognuno adattava
l’assetto aerodinamico a seconda delle esigenze.
Quando terminarono, fu esposta la classifica.
Katsu si trovava al primo posto, affiancato proprio da Haller.
Prima della gara vera e propria, furono date alcune ore per riposarsi e
apportare eventuali modifiche alla vettura o alla strategia.
Nel corridoio che portava ad un’area ristoro, Katsu, Takehito
e Aruto si imbatterono in Haller, accerchiato da tre piloti e con le
spalle al muro.
«Ti faremo imparare qual è il tuo posto. Non sei
mica nei campionati di FW … qui si fa sul serio»
gli intimò il pilota che gli era di fronte, poi estrasse un
coltello dalla tasca e lo trascinò sul casco di Haller
provocando un taglio profondo «e questa sarà la
fine che farà la tua auto e se non ti dai una calmata e
sarà anche quella della tua testa.»
Quello che era al suo fianco destro gli diede una gomitata nello
stomaco che lo costringe a piegarsi.
Katsu capito ciò che stava accadendo, corse in suo soccorso.
«Ehi! Che vi prende? Se non sbaglio qui le questioni si
risolvono in pista, no?»
I tre aggressori non parvero felici dell’interruzione.
«E’ quello che faremo. Gli spiegavamo appunto come
funziona qui. Non pensarlo Katsu, è solo un bastardo
arrogante.» i tre piloti andarono via.
Aruto nel frattempo si era avvicinato ad Haller che si era ripreso dal
colpo.
Lo portarono nell’area ristoro, lo fecero sedere e gli
offrirono dell’acqua.
«Stai bene ora?» gli domandò Aruto.
«Sì grazie.»
«Cosa hai fatto per innervosirli a quel modo?»
continuò.
«Non saprei. Forse perché sono famoso, per questo
ho evitato contatti con chiunque.»
«Cosa fai qui?» Katsu era davanti ad Haller e lo
guardava fisso. Non rispose nulla, poi continuò
«Cosa fa un campione come te in un posto simile?»
«Non mi sembri come quegl’altri ragazzo. Se non
sbaglio sei quello che partirà per primo.»
«Per favore, rispondi alla mia domanda.» si era
avvicinato ancora più.
«Perché dovrei dirtelo?» si era
alzato. Lo sovrastava in altezza e lo guardava serio.
«La prego glielo dica! Almeno qualcosa come ringraziamento
per averla aiutata.» si intromise Takehito.
«Siete insistenti. D’accordo! Ma non voglio che
certe cose si sappiano ingiro.»sembrava teso e i presenti
rimasero in ascolto.
«Il motivo per il quale mi trovo qui è molto
semplice … ho bisogno di soldi. Sono indebitato fino al
collo, in più per me questa è una pessima
stagione. Ho sempre meno sponsor e il team mi minaccia di cacciarvi
via. Se riuscissi a vincere dei soldi qui potrei risolvere almeno una
parte dei problemi.»
«Mi spiace sia per un motivo simile.» disse
amareggiato Aruto.
Takehito quasi si pentì di aver insistito, temeva la
reazione dell’amico.
«Ti aiuterò ad arrivare primo e se non
sarà possibile, dato che ti hanno puntato, farò
di tutto per vincere. Ti darò i soldi della gara.»
lo osservavano tutti sorpresi.
«Faresti questo per me?»
«Sì! Sei tra i piloti che preferisco e che ho
sempre seguito. Avrei desiderato incontrarti in altre circostanze ma se
posso aiutarti, voglio farlo.»
Haller si rilassò e accettò l’aiuto del
ragazzo.
Tutto era pronto per la partenza e i piloti non aspettavano altro che i
semafori diventassero verdi. In tutto erano undici partecipanti e la
gara non durava molto, solo di una trentina di giri. Questi erano molto
lunghi e coprivano buona parte di Ekalad, tra percorsi cittadini,
strade asfaltate e sterrate, ma la velocità delle auto di FW
riuscivano a completarli in tempi molto brevi.
Ed ecco che un gran rumore affianca la partenza dei veicoli.
Delle fiammate si generarono dai motori e i veicoli partirono,
acquistarono velocità nel rettilineo e quando
diventò sufficiente si sollevarono dall’asfalto.
La prima fila si allontanò subito dopo la prima curva.
Haller si trovò a pensare che la guida del ragazzo che gli
aveva promesso di aiutarlo, era decisamente sopra la media.
Il poco vantaggio guadagnato venne perso nei rettilinei
successivi. Era normale, dato che usavano dei
motori decisamente più potenti di quelli consenti nelle gare
ufficiali, considerati più pericolosi. Anche Katsu montava
sulla propria auto un motore dalle prestazioni superiori a quelle che
erano previste dalla normativa, ma non potente quanto quello degli
avversari. Si affidava principalmente alle sua abilità e
all’aerodinamica.
Ma questa non era l’unica differenza. Il gesto del pilota,
che col coltello aveva danneggiato il casco di Haller, non era casuale.
Ciò che rendeva davvero pericolose queste gare, erano tra i
più svariati marchingegni installati sulle vetture, che
avevano il compito di danneggiare o distruggere quelle avversarie.
E’ qualcosa che Katsu aveva imparato molto bene e le sue
strategie si basavo sull’evitare tali circostanze. Aveva
sviluppato una particolare tecnica di guida che gli consentiva di
uscire indenne dagli attacchi che subiva.
Dopo il primo giro si erano formati due gruppi. Uno nelle retrovie
composto da quattro vetture e uno avanti formato dalle restanti.
Rimaneva in testa Katsu seguito subito da Haller. Dietro di loro due
delle vetture appartenevano ai tipi che avevano aggredito Haller il
terzo era in fondo al gruppo.
Il primo e il secondo giro non portarono nessuna variazione, in quello
successivo un errore da parte di Haller permise agli inseguitori di
raggiungerlo.
Katsu se ne accorse e rallentò per non allontanarsi troppo.
Conosceva bene l’auto dietro di Haller. Si trattava della
Spiked Bison e si era preparata all’attacco.
Frenò energicamente per perdere velocità, permise
ad Haller di superarlo e affiancò la Spiked Bison urtandola
di lato. Non rappresentava un grosso problema fino a quando non si
trova dietro alla propria auto. Infatti la caratteristica di
quell’auto era che, quando riusciva a prendere la scia,
invece di superare spostandosi lateralmente, sovrastava
l’auto da superare e la schiacciava facendo comparire delle
ruote chiodate. Nei migliori dei casi si riportano solo dei danni
più o meno gravi che determinano la fine della gare, nei
peggiori si rischiava di provocare un incidente o che insieme
all’auto venisse schiacciato anche il pilota.
Katsu faceva di tutto per non trovarsi davanti. Si trovava
all’interno e veniva spinto nel muro. Poi arrivarono una
serie di due curve che sfruttò per liberarsi da quella
morsa. Sulla prima c’era ancora il muro e vi si
ancorò usando le ruote. Andava più lento rispetto
a prima ma era quello che voleva. La Spiked si era allargata e stava
per imboccare la seconda curva, quando stava per fare la stessa cosa
Katsu che urtò la parte finale dell’altra vettura.
Non avendo aderenza questa andò in testa cosa e
finì fuori pista schiantandosi contro un muro di roccia,
mentre Katsu poté proseguire e aspettò il
rettilineo successivo per ritornare all’altro assetto e
raggiungere Haller.
Fino al decimo giro la situazione non mutò, poi un incidente
nelle retrovie complicò le cose. Tre vetture coinvolte erano
rimaste in pista e una aveva preso fuoco.
Questo permise di annullare la distanza tra i veicoli del gruppo di
testa. Una non riuscì ad evitare una delle auto incidentate
e la colpì in pieno coinvolgendo anche le altre due l suo
fianco. Ne approfittò l’ultima del gruppo che
riuscì ad accostare la Raises Dust.
Anche quella era carta conosciuta per Katsu. Si trattava sempre di uno
degli aggressori,per la precisione quello che aveva usato il coltello.
Aveva preso parte a molte gare con lui, un pilota abile e astuto.
La sua auto, la Shaver, possedeva sulle ali lame affilate come rasoi.
Katsu venne stretto sulla sinistra e per non essere colpito si
sollevò su un solo fianco in posizione verticale e gli
andò dietro e poi sulla destra.
Ma gli attacchi non erano finiti. Virò rapidamente a destra,
tagliando la strada. Con grande prontezza di riflessi, si
risollevò sul fianco ma questa volta gli passò
sopra per poi ritornare in corsia.
Per tutto il resto della gara non ci furono sostanziali cambiamenti.
Nel rettilineo che seguì iniziò
l’ultimo giro. Lo scontrò durò a lungo
ogni curva rappresentava un’occasione. Nell’ultima
curva accadde qualcosa di imprevisto.
Lo strinse ancora al bordo della corsia, così Katsu
cambiò assetto usando le ruote per mettersi in scia e
superarlo. Mentre effettuava il sorpasso Haller cambiò
assetto e usò le ruote. Il questo modo la Shaver si trovo
senza vie d’uscita. Avanti Haller, sulla destra Katsu e sulla
sinistra lo sterrato. La riduzione improvvisa della velocità
costrinse l’uso delle ruote anche da parte della Shaver ma
nonostante ciò, andava ancora troppo veloce e non
riuscì a mantenere la traiettoria in curva con il risultato
di un pericoloso fuoripista.
Si vedeva la bandiera a scacchi e la linea del traguardo venne superata
per prima da Katsu seguito da Haller e un’altra vettura che
era riuscita a continuare nonostante l’incidente.
La gara era conclusa.
«Però! Si fanno parecchi soldi.»
commentò Haller contandone un po’ di quelli che
aveva avuto dalla vincita di Katsu.
«Se non fosse così non ci sarebbe tanto interesse.
Spero che questi possano bastarti per sanare i debiti.» disse
Katsu.
«Erin non ne sarà molto felice quando
saprà a quale cifra hai rinunciato.» suppose Aruto
preparandosi alla reazione della donna.
«Capirà.»
«Sicuramente, ma nemmeno noi viaggiamo in buone
acque.» l’uomo sospirò.
«Mi spiace crearvi tali problemi … non
è molto ma per sdebitarmi posso darvi l’indirizzo
di un mio amico che ha un negozio di forniture per ogni mezzo meccanico
anche le FW. Così puoi rimettere in sesto la tua auto e
potresti anche fare anche scora di carburante. Se dici che ti mando io
vedrai che non ti farà pagare nulla.» prese un
foglietto e una piccola matita dove scrisse lì indirizzo e
glielo diede.
«Ha carburanti anche per aeronavi?» forse Aruto
aveva trovato il modo per non far arrabbiare troppo Erin.
«Sì, nel suo negozio ha di tutto. E’
giunto il momento di andare, vi ringrazio ancora e
arrivederci.» così dicendo andò via.
«Non è andata male. Hai vinto la gara, sei
riuscito ad aiutare Haller e mi hai fatto venire voglia di provare una
FW.» quelle ultime parole fecero la felicità di
Katsu ma si contenne.
«Prima però, dovrai allenarti e diventare un buon
pilota di teknight, dopo di che potrei passare a ad una FW.»
«Ci vorrà una vita così!»
«Solo a queste condizioni, Takehito.»
«Uffa!» sbuffò scocciato.
Katsu e Aruto scoppiarono in una risata e si avviarono per fare ritorno
alla loro base.
All’uscita dell’edificio trovarono il pilota della
Shaver appoggiato al muro a braccia incrociate.
«Sei troppo ingenuo, Katsu. Quello è solo un
bastardo arrogante. Spera di non incontralo mai
più.» e andò via nella
direzione opposta alla loro.
Non capirono il senso di quelle parole.
Forse era per via della gara. Non aveva fatto molto per ottenere la
seconda posizione, se non fosse stato per Katsu non saprebbe durato un
giro. Oppure non approvava il fatto che avesse ceduto tutti soldi della
vincita ad uno che non la meritava o più semplicemente, non
gli piacevano i tipi come lui.
Decisero di non pensarci troppo.
Come Aruto aveva previsto, l’episodio dei soldi non piacque
molto a Erin. Lo stesso non si poteva dire della prospettiva di una
fornitura di carburante per la nave gratis.
“Meglio di niente.” fu il commento Erin che si mise
subito a confrontare la posizione del negozio e la loro traiettoria.
Per sua fortuna non dovevano fare alcuna deviazione.
Owen non era molto convinto. Era pur vero che dei soldi in
più avrebbero fatto comodo ma c’erano pur sempre
quelli che avevano risparmiato con le riparazioni dello IF. Inutile
insistere. La moglie non volle sentire ragioni.
Il giorno successivo partirono.
Angolo dell'autrice:
Per chi non avesse letto sopra mi scuso con gli appassionati di F1 e
auto in genere non so come possa essere sembrato quello che ho scritto.
Ritengo sia più che fantascienza, quindi appassionati di
auto fisica e meccanica non prendetela troppo male.
Ora fine con i cap tranquilli (non è da sottovalutare che
c'è qualcosa di importante) poi si passerà ad un
pò di azione.
Spero via sia piaciuto ma soprattutospero vi piacciano i prossimi che
si entra più nel vivo della storia e si va verso la fine (
più o meno).
Alla prossima e grazie ;)
|
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Capitolo 13 *** Section 12 ***
ARGEST
AGE – SECTION 12
«T9
non affidarti solo a quello che viene rilevato dal teknight. Osserva
attentamente con i tuoi occhi.»
«S … sì.»
«Non essere agitato. Una distrazione può costare
la vita in battaglia.»
«Sì K ... eh …»
«K4!»
Takehito era nel suo teknight da poco completato, l’AU-0. Era
stato costruito sulla base di uno dei TH imperiali che avevano. In
questo modo Takehito poteva contare sule proprie conoscenze senza dover
adattarsi a nuovi comandi e metodi di pilotaggio. Avevano apportato
solo alcune modifiche per renderlo più agile e veloce,
inoltre divenne molto più resistente di quei modelli
prodotti in serie.
Anche l’aspetto era simile, facevano eccezioni alcuni
accessori e il colore vermiglio con qualche striscia verde.
Seduto con le mani che impugnavano saldamente le leve di comando e i
piedi pronti a scattare sui pedali, Takehito era teso e concentrato ad
osservare con attenzione ciò che veniva riportato sullo
schermo. All’interno veniva riprodotto perfettamente
l’ambiente esterno come se non ci fosse alcuna divisione.
Ecco che sullo schermo apparve un teknight nero. Era ad una distanza di
all’incirca duecento metri e andava dritto verso di lui a
grande velocità. Servirono pochi secondi per raggiungerlo ed
attaccarlo.
Lo colpì ripetutamente con una lama che invece di fendere il
metallo lasciava delle scie colorate. Takehito si difendeva come
poteva. Riusciva a parare solo alcuni colpi e quando tentava di
attaccare veniva sempre anticipato.
Takehito non avendo altre possibilità provò ad
allontanarsi. L’altro lo fece fare, lasciando agire il
teknight bianco più distante che sparò.
Il colpo si infranse lasciando una macchia di colore nel punto in cui
si trovava la cabina del pilota .
L’AU-0 sparò anch’esso dei colpi nella
direzione del nuovo avversario. Il primo andò a vuoto, il
secondo e il terzo vennero schivati e solo uno riuscì a
centrare una piccola sezione del piede.
«T9 alle spalle!» Kirabo si frappose fra
l’AU-0 e il teknight bianco.
Takehito si accorse dell’avvicinarsi repentino di un altro
teknight. Come prima reazione si spostò rapidamente,
sopportando a malapena la forte e improvvisa accelerazione. In questo
modo il teknight colpì quello di Kirabo.
«Ehi, Takehito che cavolo combini? In un vero combattimento
mi avresti fatto rischiare grosso!» il pilota del RAD 1 era
alquanto spazientito.
Takehito si stava sottoponendo ad una sessione di addestramento ma si
stava rilevando più difficile del previsto. Non
aveva difficoltà a manovrare il teknight ma non riusciva a
essere veloce quanto i suoi compagni né a prendere decisioni
velocemente.
«Scusami.»
«In battaglia le scuse non servono. Se sbagli puoi
considerarti per la maggior parte dei casi morto, o dire
addio ad un compagno. E poi ti avevo detto che ti dovevi difendere
senza scappare» sospirò « eppure la
prima volta che hai combattuto non sei stato affatto male.»
«Sarà stato tutto merito della tensione o della
paura.» sostenne Yue allargando le braccia
all’esterno.
«Qualunque cosa sia stato non importa. Quello che conta ora e
che impari a combattere.» Lev si era avvicinato al gruppo.
«Per cominciare forse è meglio seguire schemi
precisi, così memorizzerà movimenti e
tattiche.» suggerì Shu.
«Probabilmente hai ragione. Riavviciniamoci alla Phlayrh e
ricominciamo.» Kirabo si portò avanti agli altri e
fece da guida fino a quando non raggiunsero la loro base e la
superarono di pochi chilometri.
Continuarono per altre due ore, fino a quando non ritennero che il
nuovo pilota avesse raggiunto gli obiettivi per quel giorno e
rientrarono.
Raggiunsero il luogo indicato da Haller, il pilota di FW. Impiegarono
alcuni giorni, inoltre la zona non era del tutto sicura e
più di una volta dovettero nascondersi per non farsi trovare
dall’impero. Interrompendo spesso l’allenamento di
Takehito durante quei giorni.
Nonostante ciò, il viaggio non fu particolarmente pericoloso
o stancante. Erano tutti pronti ad agire ma per fortuna non
c’è ne fu bisogno.
Sorvolarono quella che doveva essere la città che era stata
indicata.
«Erin sicura che si tratti di quel paesino?» Owen
era alquanto perplesso. Si trovava insieme alla moglie nella sala
comandi.
«Le indicazioni che abbiamo seguito dicono di si.»
«Ha l’aria di una città povera, non
credo troveremo nulla di particolare.»
«Spero di no. Avere del carburante gratis ci farebbe proprio
comodo.»
«Indubbiamente. Proviamo ma se non troviamo quello che ci
serve, andiamo subito via.»
«Sì va bene, nemmeno a me piace molto questo
posto. Avviso gli altri» avviò la comunicazione
interna «siamo arrivati alla nostra destinazione. Io e Owen
scenderemo per acquistare il carburante se qualcuno vuole unirsi
può farlo ma resteremo solo il tempo necessario. Ulteriori
ritardi non saranno ammessi.»
Atterrarono un po’ più distante dal centro abitato.
Insieme a Owen ed Erin si unirono Katsu, Kyla e Yue. Il giovane
meccanico ritenne opportuno dare una mano mentre le due ragazze
volevano solo fare qualcosa di diverso.
Presero un’auto con dietro un rimorchio abbastanza grande.
Non c’era alcuna strada che conduceva in quella
città, solo polvere e terreno.
Per quanto sembrava avessero fretta di sbrigare al più
presto la faccenda, Erin,che era alla guida, procedeva ad agio stando
attenta ad evitare le fosse e i gli eccessivi dislivelli. Entrando
nella piccola città, la trovarono completamente deserta.
«Ma che razza di posto è questo? Non
c’è nessuno.»
«Hai ragione Yue è alquanto strano.»
Erin cominciava a temere che sarebbe stato un buco nell’acqua.
«Forse perché questa è la
periferia?» azzardò a ipotizzare Kyla.
«Comincio a dubitarne anch’io.» disse
scoraggiato Katsu.
Svoltarono in una via più grande e si avvicinarono al centro
della città. Erin però frenò di botto,
incredula allo scenario che si trovò di fronte.
Gli altri rimasero sconcertati almeno quanto la donna.
«Non è possibile …» disse
Kyla in un filo di voce.
«Owen torniamo indietro …» Katsu era
sbiancato improvvisamente ed era completamente paralizzato dalla paura.
Per tutta risposta il generale scese dall’auto per andare a
controllare la situazione da vicino.
«Erin resta con i ragazzi.» furono le parole
dell’uomo prima di chiudere la portiera.
Yue lo raggiunse e procedeva al suo fianco.
Quello che si presentava ai loro occhi era una visione raccapricciante.
Diverse persone erano riverse a terra, morte probabilmente da alcuni
giorni. Uccelli spazzini si cibavano delle loro carni in putrefazione e
l’odore nauseabondo era così pungente da far
venire il vomito.
Entrarono in alcune abitazioni e locali. In alcune non trovarono nulla,
se non disordine e macerie, in altri cadaveri.
Tornarono sulla via dove avevano lasciato l’auto.
«Cosa sarà successo? Pare che non ci siano altro
che morti. Forse una qualche calamità naturale?»
Owen non sapeva trovare una risposta a tale tragedia ma voleva vederci
chiaro.
Si sentì tirare il braccio.
«O … Owen, guarda lì.» la
ragazza al suoi fianco indicava con la mano un cadavere che
all’apparenza non aveva nulla di diverso rispetto agli altri.
«Cosa c’è che ti spaventa?»
«Il … pugnale.» la mano ancora tesa
prese a tremare.
Owen notò l’arma conficcata nella gola di quel
poveretto e gli si avvicinò per capire cosa avesse di
strano. Non dovette fare più di qualche passo per poi
arrestare e rimanerne sorpreso. Riconobbe quella forma estremamente
elegante e letale allo stesso tempo. Il particolare disegno inciso nel
metallo.
«Non può essere completamente opera degli
Xuebao.»
«Si invece che sarebbero in grado di farlo. Owen torniamo
dagli altri e andiamo via.»
«Sì torniamo e di corsa.» Owen le
afferrò saldamene la mano.
«Katsu guida tu dobbiamo andarcene al più presto
da questo posto!» urlò l’uomo prima di
salire in auto.
«Che succede papà?»
«Quasi sicuramente a fare tutto ciò siano stai gli
Xuebao.»
«Eliminare una città intera. Possono spingersi a
tanto?» Kyla era terrorizzata al solo pensiero.
Katsu senza aspettare altro mise in moto diretto alla base alla
velocità massima che poteva raggiungere.
«Non si fanno certo scrupoli ma non capisco perché
una città intera. A che scopo?» Yue si era calmata
dall’istintiva paura che l’aveva colta e stava
provando ad analizzare la situazione più razionalmente.
“Quello è solo un bastardo arrogante” le
parole del pilota di FW che lo avevano messo in guardi inaspettatamente
presero un significato diverso. Che l’idea di avere di fronte
uno dei campioni di FW lo avesse reco imprudente e ceco?
«Potrebbe trattarsi di una trappola?» Katsu diede
voce a quel pensiero.
«A cosa stai pensando, Katsu?» gli chiese Erin al
suo fianco.
«Che possano aver usato Haller per ingannarci e farci
arrivare qui. Però,il perché uccidere gli
abitanti di un’intera città?»
l’idea stessa lo faceva star male.
«Per preparare il campo e agire indisturbati …
Katsu occhi aperti che sono qui intorno.» purtroppo Yue
riteneva che l’intuizione del ragazzo fosse corretta e aveva
potuto notare la loro presenza.
Non dovettero aspettare molto prima che avvenne un’esplosione
evitata per poco.
«Non fermanti, Katsu!» il giovane fece ricorso a
tutto il suo coraggio.
«Certo è che proprio una landa desolata.»
«Eh sì!» Seref posò la
pistola che aveva in mano e si avvicinò alla grande vetrata.
Era all’ultimo piano con Lev. Quel giorno avevano il compito
di controllare e fare manutenzione alle armi che erano a bordo.
«Pensavo che per Takehito ci voglia un allenamento
più intensivo. Per come è fatto, se ci
sarà da combattere non credo che se ne starà
buono nemmeno se si trattasse di ordini.» Lev aveva appena
posato un fucile e passato alla pistola successiva.
«Nemmeno io me la cavavo bene
all’inizio.»
«Però avevi talento e imparavi in fretta. Sembra
che quello che sappia, fare l’abbia appreso col tempo e
l’esperienza.»
«Ha volontà ed è quello che conta. Il
talento da solo non basta.»
Tutto a un tratto fu azionato l’allarme.
I due scattarono in piedi domandandosi cosa stesse succedendo. Presero
ognuno una pistola e si diressero ai piani inferiori per raggiungere
gli altri.
Procedevano svelti per le scale uno dietro l’altro, quando
l’urlo di Seref fece girare il compagno. Teneva premute le
mani al fianco e accasciandosi al suolo scivolò ai piedi di
Lev dolorante. Era stato accoltellato alle spalle da un uomo che
tentò di colpire anche Lev. Riuscì ad avvicinarsi
ma il corpo di Seref creò qualche impedimento, dando la
possibilità a Lev di sparare all’uomo che cadde a
terra senza vita.
«Ehi Seref!» lo sollevò da terra ma il
ragazzo riusciva solo a fare piccoli versi.
“Quanto sangue.”
Senza preoccuparsi di altro, lo prese in braccio e lo portò
da Lara.
Nella stanza di Kirabo si discuteva dei prossimi allenamenti che il
nuovo pilota doveva affrontare.
«I movimenti sono rapidi e precisi e sei diventato
più pratico con l’end eer ma devi sempre sapere
cosa ti accade attorno. Non solo la posizione e la situazione dei tuoi
nemici ma anche quella dei compagni. Per questo potremmo fare alcuni
esercitazioni in coppia e poi in gruppo. Che dici Shu?»
Kirabo fece un riepilogo delle capacità del ragazzo cercando
il consenso dell’altro.
«Si può provare qualche attacco
combinato.»
«Per il corpo a corpo non posso provare prima con qualcun
altro prima che con Shu o Yue? Non riesco a seguire i loro movimenti,
sono troppo rapidi.» Takehito sperava potessero accettare la
sua proposta ma non sembravano ben accetti
«Non avrebbe senso. Non devi preoccuparti, si tratta di
allenamenti se sbagli non succede nulla. Riproverai fino a quando non
ci riesci.»
«Ha ragione Kirabo.»
Takehito sospirò rassegnato. Era tutto più
difficile di quanto credesse.
L’allarme, improvviso, mise tutti in guardia.
«Che succede?» cercò spiegazioni
Takehito.
Il colore della spia luminosa della stanza indicava che
l’allarme era stato lanciato dalla sala dei teknight. Non
poteva che trattarsi di Aruto.
«Che stiano attaccando?» Shu sembrava calmo.
«Può essere. Andiamo da Aruto.»
così dicendo Kirabo, seguito dai gli altri due,
uscì dalla stanza e si diresse verso le scale per scendere.
A fermarli fu il rumore di uno sparo proveniente dalla direzione in cui
erano diretti. Ancora più allarmati iniziarono a
correre ma vennero bloccati da un uomo. Aveva il volto coperto e
indossava gli stessi abiti che usavano i due fratelli della Phlayrh
quando salivano a bordo dei loro teknight.
Uno dei due attaccò Shu, usando solo mani e piedi. Shu
parava e contrattaccava in modo veloce e preciso.
«Andatevene via!» urlò Shu.
Riluttante, Kirabo afferrò il braccio di Takehito
e lo trascinò con se. Ma non gli venne permesso nemmeno di
raggiungere le scale che ne comparve un altro. Kirabo portò
il ragazzo dietro di se volendolo proteggere. Per quanto forte e grosso
potesse essere, non poté molto contro esperti
nell’arte del combattimento. Bastò trovare
un’apertura nella guardia di Kirabo che con le dita della
mano aperta, colpì prima negli spazi tra le costole e con il
taglio della mano un colpo al collo che lo fece cadere quasi
incosciente.
Passò all’altro che non fece in tempo ad
allontanarsi. Venne afferrato, immobilizzato e con un coltello alla
gola.
«Shu Li!»
L’avversario di Shu si fermò e guardando con la
coda dell’occhio poté rendersi conto della
situazione. Aveva voltato solo la testa restando pronto ad un eventuale
mossa avversaria.
Poi l’uomo che teneva bloccato Takehito riprese
«Shu Li, la tua abilità non ha pari. Se possibile
hai progredito ancora.»
«Che vuoi da me?» tagliò corto il
giovane.
«Che torni da noi.»
«Perché vi ostinate?»
«Sei tra i migliori assassini che la nostra tribù
abbia mai avuto.»
«Io non sono più un assassino.»il tono
di voce era basso e tremolante.
«Per questo non posso lasciati alternative.»
l’uomo avvicinò ulteriormente il coltello al collo
del ragazzo.
«Loro non c’entrano.»
«C’entrano e anche la tua sorellina. Tutto dipende
da quello che sceglierai.»
Era con le spalle al muro. Per coinvolgere Yue, voleva dire che avevano
assalito anche gli altri. Inoltre aveva notato anche Lev, che avendo
visto quello che stava accadendo, non aveva proseguito per non farsi
vedere. Shu aveva notato Seref ferito e il sangue che colava
dalle scale.
Non poteva metterli ulteriormente in pericolo.
«Verrò … » bastò
quella parola che Takehito venne lasciato.
I due uomini si portarono avanti Shu, che li
seguì.
«Shu … non andare!» Lev si decise a
farsi vedere, che in qualche modo era riuscito a capire che cosa stava
accadendo. Ma Shu non si fermò né si
voltò.
«Non permetteremo che faccia una sciocchezza
simile» afferrò più saldamente Seref e
continuò rivolto a Takehito «Va da Aruto, se non
è nella sale dei teknight prova in quella comandi. Spiegagli
la situazione e raggiungiamo gli altri.»
Takehito annuì vedendolo allontanarsi.
Prima di andare, si preoccupò prima di assicurarsi delle
condizioni di Kirabo. Era solo svenuto. Lo mise seduto appoggiandolo
con le spalle al muro e andò a cercare Aruto. Come gli aveva
suggerito il compagno, lo trovò nella sala comandi.
«Takehito per fortuna stai bene e gli altri? Quelli che ho
visto nelle telecamere non mi piacciono.»
«Kirabo è svenuto e Lev stava portando Seref da
Lara. Era gravemente ferito … Shu l’hanno portato
via e da come hanno parlato, devono aver attaccato anche gli altri.
Aruto chi sono quegli uomini?»
«Dannazione! Dobbiamo muoverci a raggiungerli. Aiutami ad
azionare i comandi e va a preparare il teknight tuo e di
Lev.»
Sottovoce rispose affermativamente.
«Avevano gli stessi vestiti di Shu e Yue … che
cosa hanno a che fare loro con quelli?»
«Si tratta degli Xuebao. E’ una tribù di
assassini che l’impero ha preso al suo servizio. Shu e Yue
provengono da lì e sempre da lì derivano le loro
straordinarie capacità di combattimento. Sono esperti nelle
arti marziali, perfezionate per l’assassinio.»
quella rivelazione lasciò senza parole il più
giovane.
«Non è questo il momento per pensarci, vai ad
attivare i teknight.»
«Si vado!» il ragazzo corse all’esterno.
Nella corsa non fece caso a Lev che lo scontrò ma non si
fermò e proseguì oltre.
Il biondo non si preoccupò e raggiunse Aruto. Erano appena
partiti e il meccanico era evidentemente teso.
«Come sta Seref?»
«Pare grave però Lara ha detto che fa ancora in
tempo a salvarlo.» poi domandò «hai
localizzato gli altri?»
«Sì, li ho visualizzati sullo schermo. Ho detto di
preparare anche il tuo teknight, perciò
preparati.»
Lev annuì e lasciò la sala.
In lontananza si avvistava la Phlayrh e arrestarono la loro corsa.
Erano finalmente giunti in loro soccorso. Volava bassa quasi raso terra
e dal suoi interno uscirono i due teknight, il RAD e l’AU-0.
I robot si fermarono accanto all’auto ferma.
«Gli Xuebao hanno preso Yue. Era tutto una
trappola.» Owen uscì a chiarire in fretta la
situazione.
Lo sportello del RAD si aprì e permise al pilota di
avvicinarsi al generale «Hanno attaccato anche noi. Hanno
preso Shu e Seref è gravemente ferito.»
« Kirabo?»
«Momentaneamente privo di sensi.»
«Possiamo ancora rintracciare Shu e Yue, diamoci una
mossa!» Kyla saltò giù
dall’auto e andò a recuperare il suo RAD.
Anche gli altri rientrarono.
All’interno della sala comandi si misero al lavoro per
trovare delle tracce da seguire.
«E’ colpa mia … mi dispiace.»
Katsu aveva gli occhi lucidi.
«Sono io che prendo le decisioni , qualunque cosa accada la
responsabilità è mia.» le
parole di Owen, pronunciate con tono duro, non
servirono ad alleggerire i sensi di colpa del ragazzo, che
continuò il suo lavoro cercando di trattenere le lacrime.
«Teknight nemici in avvicinamento.» Katsu
avvertì del nuovo pericolo.
«Quanti sono?»
«Troppi Owen! Solo ora ne visualizzo una quindicina ma sono
in aumento.»
Erin ingrandì un’inquadratura di una piccola
figura dietro ai teknight.
«E’ l’aeronave di Vedis.»
affermò con certezza.
Owen strinse i pugni « Facciamo perdere le nostre tracce.
Erin richiama i teknight.»
«Non possiamo! Che ne sarà di Shu e
Yue?» Owen non rispose nulla allo scatto di
Katsu «Li abbandoniamo così?»
«Katsu cerca di capire! Contro tanti nemici ora non possiamo
nulla … » il padre volle farlo ragionare
comprendendo il suo stato d’animo.
«E come li ritroveremo?»
«Da morti non potremo nulla. Erin fa rientrare i
teknight.» la voce imperiosa di Owen azzittì
tutti.
«L5, K3, T9 rientro immediato.»
«Li ho visti anch’io i nemici ma se collaboriamo
potremmo farcela.»
«Kyla non dire assurdità e rientra
immediatamente!» raramente si poteva sentire Owen perdere il
controllo e alzare la voce.
Nessuno protestò più. La distanza dai nemici era
ancora molta permettendo una facile fuga.
Il villaggio degli Xuebao si trovava in mezzo alle montagne della
regione Asiatica, ben nascosto e protetto dalla natura selvaggia e
difficile da attraversare.
Aveva l’aspetto di un piccolo e semplice villaggio. Le case
in legno erano poche e sparse con un ordine preciso, era tutto ordinato
e pulito. Chiunque in quel villaggio era impegnato. Chi svolgeva
allenamenti faticosi e ripetitivi, chi si stava dedicando alla
costruzione di armi, chi alla raccolta del cibo dall’orto e
dell’acqua dal pozzo, chi occupato col bestiame o la
riparazione di qualcosa.
Tutto era così familiare e così distante. Non
pensava di aver mai dovuto più mettere piede in quel posto,
soprattutto di far tornare la sorella.
Shu si trovava insieme a Yue, in una delle piccole case e venivano
controllati a vista notte e giorno. Da quando erano stati riportati
lì, dopo un viaggio durato due giorni, non avevano
più avuto contatti con nessuno. Gli venivano portati cibo e
bevande ma non era stato data loro la possibilità di
allontanarsi dalla casupola.
Dopo tre giorni, il capo di quella tribù, lo stesso che si
era preoccupato di recuperare Shu, si presentò nella casa
dove erano rinchiusi.
Con tranquillità si sedette di fronte ai due ragazzi, che
restarono circospetti.
«I vostri compagni vi hanno abbandonati.»
«Data la vostra trappola è stata la decisione
più saggia.» controbatté Shu.
«E poi ci staranno certamente cercando!» aggiunse
Yue.
«Peccato che qui non vi troveranno mai.» Yue
inarcò le sopracciglia assottigliando gli occhi, poi
l’uomo proseguì rivolto al giovane
«voglio che torni ad uccidere. Il tuo sguardo per quanto
cambiato, nasconde ancora la freddezza di un tempo.»
«Non posso farlo.»
«Sì che puoi! Combatti per la Phlayrh e nelle
battaglie si uccide.»
«Non è la stessa cosa e poi è risaputo
che evitiamo di uccidere.»
«Vuoi mentire a te stesso? Mi è giunta la notizia
della strage che hai provocato in Africa.» Shu
abbassò lo sguardo stringendo i pugni e facendo fatica a
controllare i fremiti.
Yue gli afferrò la mano come per infondere coraggio al
fratello.
«Non avevo scelta se volevo salvare tutti.»
«E’ solo una scusa.»
«Non è vero … »
«Ce l’ahi nel sangue. Sei uno Xuebao …
un assassino.»
Shu gli scattò addosso, con un gesto di rabbia, gli
afferrò il collo premendo sulla carotide.
«Lo vedi anche tu, non ne puoi fare a meno.»
l’uomo iniziò a ridere.
Shu si staccò e ritornò seduto dov’era.
«Ti lascerò riflettere ancora per un
po’. Sappi, però, che non hai molte alternative.
Abbiamo portato Yue nel caso non volessi ubbidire. Devo ammettere che
sto cominciando a pensare che potrebbe diventare una Xuebao a tutti gli
effetti. Le hai insegnato proprio bene.» rise ancora mentre
usciva.
Nella casupola era calato il silenzio. Shu si era lasciato abbattere,
seduto a capo chino e gli occhi persi nel vuoto. Yue avrebbe solo
voluto scappare via e tornare alla Phlayrh.
Per quanto piccola i ricordi di quel villaggio erano
tutt’alto che felici e vedere il fratello in quelle
condizioni non aiutava.
«Scusa Yue … non sono in grado di
proteggerti.»
Yue lo abbracciò appoggiando la testa alla sua «
Non c’è nulla di cui debba scusarti. Ne usciremo
in qualche modo e poi non sono più una bambina, ci
proteggeremo a vicenda.»
Shu ricambiò l’abbraccio.
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Capitolo 14 *** Section 13 ***
Argest
Age - section 13
Passeggiava
tra la folla della città. Ogni tanto rivolgeva l'attenzione
alle vetrine dei negozi, per poi tornare a confondersi tra la gente e
infine fermarsi al solito bar, prima di rientrare a casa dopo una
stancante giornata di lavoro in ufficio.
Era una parte del tragitto che ripeteva da quattro giorni. Il giovane
della Phlayrh aveva ceduto alle minacce del capo degli Xuebao ed ora si
trovava a dover pedinare la sua prossima vittima.
SI trattava di uno dei più stretti collaboratori di un
membro del consiglio imperiale, che negli ultimi tempi si era macchiato
della grave colpa di coltivare idee diverse e di aver agito di propria
iniziativa, ignorando le indicazioni ricevute. Atteggiamento, non solo
non ben accetto, ma che non accennava a cambiare nemmeno dopo le
innumerevoli sollecitazioni e per tanto ritenuto pericoloso. Per
ovviare al problema si era così deciso di rivolgersi agli
Xuebao e il loro capo aveva deciso di affidare questo incarico
all'appena ritornato Shu.
"È estremamente abitudinario" si ritrovò a
pensare il giovane continuando a seguire il suo obbiettivo.
Lasciato il bar, dopo aver percorso all'incirca seicento metri, era
davanti alla sua casa. Si trattava di una piccola villetta
indipendente, sviluppata su un unico piano e con un caratteristico
tetto spiovente, particolarità alquanto insolita da trovare
in una città moderna.
Shu aveva trovato un buon nascondiglio, in tal modo poteva osservare
indisturbato ciò che accadeva all'interno dell'abitazione.
L'obbiettivo aveva cenato da solo, si era messo a giocare con i suoi
due figli e gli raccontò una storia prima di farli
addormentare. In fine, raggiunse la moglie che vedeva la televisione.
Un uomo con una vita normale e apparentemente serena.
Tornò nel monolocale dove alloggiava in quei giorni, una
piccola stanza con un letto a castello e un bagnetto. Disteso sul
materasso inferiore vi era uno degli Xuebao, inviato a controllarlo. I
caratteri fisici di quell’uomo erano terribilmente simili a
quelli dei due fratelli, sembrava che a cambiare fossero solo i
lineamenti del volto e la corporatura.
«Qualcosa di nuovo?» domandò quello.
«Tutto come i giorni precedenti.» rispose come una
macchina, salendo sulle scalette e distendendosi sul letto, facendo
attenzione a non sbattere la testa col soffitto molto basso.
«Come hai intenzione di agire?» quello Xuebao gli
stava facendo pressione.
«L'unico momento in cui è solo, è nel
suo ufficio dopo le sei del pomeriggio e resta lì per una o
due ore.» le parole gli uscivano una dietro l' altra con
fluidità ma ognuna gli costavano fatica.
«Domani può andare bene, vero?»
Esitò per un attimo «Sì.»
Così come si era deciso, il giorno seguente, i due Xuebao
erano appostati all'interno dell'edificio in cui lavorava il loro
obbiettivo. Erano ben nascosti dalle telecamere e da qualunque altro
controllo. Aspettarono che l' ora di lavoro terminasse e che a rimanere
fosse solo la loro vittima.
Il momento arrivò. Dovettero aspettare poco,
affinché si svuotasse completamente e muoversi con solo
alcune telecamere era fin troppo semplice.
Senza fare alcun rumore entrarono nell'ufficio del bersaglio. Quello
non si accorse di nulla, continuando il suo lavoro.
Shu in un attimo gli fu alle spalle e gli puntò un coltello
alla gola.
I dubbi e l’esitazione prevalsero come rare volte era
accaduto e la mano gli tremava, non riuscendo a lacerare la carne.
«Cosa aspetti?»
La voce alta lo destò, fece cadere il coltello e lo
colpì in modo da renderlo incosciente. L'altro Xuebao lo
finì pugnalandolo al petto.
«Cosa ti è preso?»
Shu non rispose. Era scosso da leggeri fremiti e gli occhi erano
leggermente spalancati, fissi sull’uomo ormai morto
accasciato sulla poltrona.
"Possibile che il capo si sia sbagliato? Sembra paralizzato.''
pensò sorpreso di vedere tale scena.
Lo prese per un polso e lo trascinò via. Shu si
lasciò trasportare per un po’, fuori l' edificio
fino a che non si riprese.
Non fecero ritorno al monolocale ma presero l’aereo che li
avrebbe condotti il più vicino possibile al villaggio.
La base della Phlayrh, dopo una rocambolesca fuga, trovò
rifugio in una cavità naturale ben nascosta, in mezzo a
degli isolotti nell’oceano.
Veniva usata come alternativa quando non potevano utilizzare le altre
basi oppure in casi di emergenza. Poche erano le situazioni che
potevano definirsi peggiori di quella: due dei suoi membri erano stati
portati via da una tribù di assassini e un altro era stato
gravemente ferito.
Lara era riuscita a salvare la vita di Seref, ormai fuori pericolo, ma
non si era ancora risvegliato. A detta del medico ci era mancato
pochissimo che morisse.
Ogni tanto i membri dell’equipaggio, in coppia, andavano in
ricognizione per valutare la situazione. Questa,
però, non cambiava e la presenza dell'impero non
accennava a diminuire.
«Allora?» Kyla corse incontro a Kirabo e Lev che
tornavano dall'ennesimo giro di ricognizione.
«Se possibile sono anche aumentati.» Kirabo era
arrabbiato e più i giorni passavano, più si
lasciava prendere dallo sconforto.
«Dobbiamo davvero pregare che non ci trovino. Per Seref
abbiamo tutto, vero?» si intromise Lev.
«Si fortunatamente si.»
«Si è svegliato?»
«Ancora no, Kirabo.» gli sarebbe piaciuto sentire
parole diverse dalla ragazza.
«Andate a riposarvi dovete avere i nervi a pezzi.»
«Sì, hai ragione. Ma tu Kyla? Come ti
senti?» si preoccupò di chiederle Lev.
«Stanca. Lara qualche minuto fa mi ha fatto un altro prelievo
per la trasfusione. Andrò a riposare anch'io ma prima devo
riuscire a distrarmi almeno un pò o non riuscirò
a prendere sonno.»
Si separarono. I due ragazzi si recarono nelle loro stanze mentre Kyla
all'entrata della grotta.
Era un posto così tranquillo che stonava con quello che
stava accadendo. Il sole era ormai basso e davanti alla ragazza si
mostrava un magnifico tramonto che avrebbe colpito ed emozionato
chiunque. Purtroppo nemmeno quello riusciva ad acquietare il suo animo
spaventato e preoccupato.
Era ferma, lì all'entrata, come una statua.
Improvvisamente qualcuno le si avvicinò di lato. Non fece in
tempo a reagire che una mano le tirava un braccio verso il basso e un'
altra le premeva sulla bocca impedendole di urlare.
«Sono io.»
«Mi stai dicendo che non l'ha ucciso lui.»
«Non ha provato a tirarsi indietro, si è
improvvisamente bloccato. A dire il vero non penso sia più
come un tempo.»
«Dovrà esserlo o gli renderò la vita un
inferno.»
Così dicendo il capo degli Xuebao si sbrigò a
chiarire la questione con Shu.
Il giovane si trovava all'interno della casupola in cui era stato
portato la prima volta, in compagnia della sorella.
Quando il capo degli Xuebao entrò, Yue scattò al'
in piedi arretrando, mentre Shu rimase seduto lì dov'era.
Ruotò solo la testa leggermente.
«Perché non hai ucciso quell'uomo?»
«Non ci sono riuscito …»
«Perché non hai portato a termine il tuo
compito?» la voce del capo degli Xuebao era ancora calma.
«Non ci sono riuscito! » scattò in piedi
e il suo tono divenne più deciso «Cosa
vuoi sentire? Che mi sono rifiutato di ucciderlo perché non
sono più uno Xuebao? Perché non voglio
sottomettermi agli assassini dei miei genitori? Non ci sono riuscito!
Il mio corpo non si muoveva più. Le uniche cose che avevo
davanti agli occhi erano quell'uomo che nemmeno si rendeva conto di
cosa stesse accadendo e la sua famiglia.»
«Sei ancora quello di prima, devi solo riemerge. Vedi di
farlo in fretta perché la prossima volta ci sarà
anche tua sorella con te.»
«Perché devi coinvolge anche lei? Se vuoi che
torni come ero un tempo lo farò. Mi sforzerò.
Farò qualunque cosa ma non coinvolgerla!»
«No Shu, va bene così.» l'intervento
inaspettato della ragazza lo turbò ulteriormente.
«Non ce n'è bisogno! Basterò
io.»
«É una decisione già presa e poi non
voglio che tu sopporti tutto sa solo. Non sono più una
bambina da proteggere.»
«Ma questo è eccessivo! Non è la stessa
cosa di quando combattiamo a bordo dei teknight.»
«É quello che farò!»
«Qualsiasi sia stato il ricatto che ti abbia fatto, non devi
darci peso.»
«Shu, ti lascio alla tua lite tra fratelli ma penso che tu
abbia capito quale sia la situazione.» il capo
uscì lasciando i due che continuarono a discutere ma non
giunse alcun cambiamento.
Le decisioni erano state prese.
All’esterno il capo degli Xuebao era atteso da alcuni anziani
della tribù e un giovane ufficiale imperiale.
Gli si avvicinò ipotizzando fosse giunto per un nuovo
incarico.
«Colonnello, questo è il nostro capo Kuen
Li.» si affrettò a presentarli uno degli
anziani «Lui è il colon
…»
«Colonnello Falk Horn.» si strinsero la
mano.
Dopo i saluti di rito fece accomodare l’ufficiale nella sua
dimora congedando gli altri presenti. Da fuori non si sarebbe detto ma
l’ambiente era spazioso e luminoso. Arredato con
semplicità e raffinatezza. Non dava l’impressione
di trovarsi in un luogo nascosto e remoto tra le montagne.
Venne fatto accomodare sul cuscino che affiancava il piccolo tavolo,
troppo basso per delle sedie.
«Immagino siete venuto per un nuovo incarico?»gli
occhi azzurri del colonnello tradivano una certa agitazione, ma
nonostante ciò mantenne un tono fermo e deciso.
«E’ come immaginate ma questa volta la mia
richiesta sarà un po’ diversa dal
solito.» l’uomo che gli era di fronte, dalla
corporatura piccola e dai lineamenti delicati, si mostrò
incuriosito e gli fece cenno di proseguire.
«La volta scorsa la Phlayrh è stata vittima di una
trappola e a voi era stato dato il compito di uccidere i loro membri.
So che tra gli accordi presi, vi era stato concesso di riprendere due
vostri membri. Da quello che mi è stato riferito, la
missione non è andata nel migliore dei modi ma avete
recuperato le due persone che vi interessavano. Ora, non sono
d’accordo con certi metodi e fermerò la Phlayrh a
modo mio, quindi non vi chiederò di uccidere nessuno. Quello
che voglio è sfruttare i due che erano sulla Phlayrh per
trovarli. Ovviamente verrete pagato come sempre.»
«Riconosco che avete coraggio a venire nel mio villaggio,
affermando che non vi piacciamo e pretendere il nostro aiuto. Per
quanto lavoriamo per Argest non lo serviamo e non ne facciamo parte
… potrei anche decidere di ucciderti e nessuno mi creerebbe
problemi.» disse beffardo.
«Lo so. Ma per quanto mi è concesso voglio essere
il più sincero possibile.» il giovane colonnello
acquistò coraggio dalla sua stessa determinazione.
«Tipi come voi non avrebbero vita lunga tra gli Xuebao,
però dato che non lo siete, accetterò la vostra
proposta.» Falk tirò un sospiro di sollievo.
«Vorrei partire al più presto. Dove si
trovano?»
«Le trattative non sono ancora concluse. Oltre a loro
verranno anche altri due.»
«Per quale motivo?»
«C’è bisogno di qualcuno che li
controlli o potrebbero non esservi di nessun aiuto.»
«Non c’è bisogno che impegnate altri
uomini, saprò gestire la situazione.» il tono del
giovane divenne improvvisamente tremolante.
«Qualcosa in contrario?»
«Se ritenete sia più prudente, va bene. Mi scuso
per la mia insolenza.» lo sguardo che gli aveva rivolto Kuen,
gli parve come una coltellata diretta allo stomaco e non ebbe
più voglia di sostenere quella conversazione.
«Vi aspetterò a valle con la mia
aeronave.» concluse agitato.
Salutò cortesemente e si affrettò a lasciare quel
posto.
Sempre nella casupola, dopo la lite con la sorella, Shu si era messo a
riflettere osservando con disattenzione quello che accadeva
all’esterno, con la testa appoggiata sulle braccia incrociate.
«Ma quello?» sussurrò alzando la testa.
Incuriosita Yue gli si avvicinò. Cercò di capire
i che direzione stesse guardando.
«Ma è …» venne azzittita
bruscamente dal fratello.
«Che fai?» disse stizzita.
«Vuoi fargli passare dei brutti momenti?» prima
rivolto alla sorella e poi rivolto lo sguardo
all’esterno «Cosa
vorrà?»
«Non vorrà mica far uccidere qualcuno?»
quel pensiero la scosse.
«Mi sembra impossibile però …»
Shu e Yue con la coda dell’occhio videro il colonnello
allontanarsi, continuando a guardarlo senza farlo notare.
Kuen uscì anch’esso e si diresse nella loro
direzione.
Si sbrigarono ad assumere una postura seduta di lati della finestra per
non farsi vedere.
«Lascia parlare me.» Yue annuì.
E come avevano ipotizzato entrò il capo degli Xuebao.
Nel frattempo i due fratelli si alzarono ed assunsero una posizione
più naturale e meno tesa.
«Avete visto chi è venuto?»
«Si.»rispose sicuro Shu.
«E’ un colonnello dell’impero che
è venuto a darci un incarico.» i due ragazzi
sgranarono gli occhi «Cosa c’è
che non va?»
«E’ … è che
…»balbettò la ragazza.
«Abbiamo combattuto molte volte con il colonnello Falk ed
è per questo che ci sembra strano che possa essersi rivolto
agli Xuebao.» chiarì Shu.
«Lo conoscete bene! Infatti non ha richiesto alcun omicidio.
Vuole che troviate qualcuno.»
«Chi?» l’invito a proseguire Yue e la
loto attenzione aumentò.
«La Phlayrh.» i due sembravano
confusi «Raggiungerete Horn e gli fornirete ogni
informazione a vostra disposizione per trovarli. Verrete accompagnati
da Jie e Min-Hee. Vi do qualche minuto per prepararvi.»
«Una cosa del genere non possiamo farla.» Yue
rispose d’impulso.
«No, Yue! Lo faremo. Possono anche trovarli, loro non si
faranno sconfiggere. Io mi fido.»
«Li faremo cadere nelle mani del nemico …
¬» poi la ragazza si fermò un attimo
riflettendo meglio sulle parole di Shu
«E’ vero! Anch’io mi fido.»
«Questa Phlayrh è così forte? Comunque
non ha importanza. L’unica cosa che conta e che ritorniate
qui.» poi rivolto a Shu «se tentate di fuggire
pensando sia una buona occasione, la prima a morire sarà
Yue. Ricordati che quello che realmente mi interessa sei solo
tu.»
Tornarono ad essere soli. Per quanto la minaccia fosse sempre la
stessa, lo inquietava ugualmente.
Cercò di non farsi sopraffare dai dubbi.
«Ti avevo detto di non parla …»
«Fuggiremo, vero?» lo interruppe.
«Un’occasione così non si
ripeterà … e poi, voglio fidarmi
davvero.»
«Allora sbrighiamoci fratello. I nostri amici saranno di
certo preoccupati per noi.»
La lite di poco prima perse di significato. Il sorriso e
l’entusiasmo della sorella ebbero un effetto tranquillizzante
su Shu.
Non era più come quando era uno Xuebao, quando doveva fare
tutto da solo. Ritornare in quel luogo gli aveva fatto dimenticare che
sia lui che Yue erano membri della Phlayrh. Combattevano alla pari,
difendendosi l’un l’altra e così
avrebbero fatto sempre.
Si prepararono e raggiunsero i due Xuebao che sarebbero state le loro
ombre per tutta la durata della missione.
In poco tempo raggiunsero la valle dove ad attenderli c’era
la Jaculus, con cui i due della Phlayrh ebbero a che fare non molto
tempo prima.
Distinsero chiaramente il colonnello Falk Horn, affiancato da un altro
uomo alto, capelli e occhi castano scuro e dall’aspetto serio.
Fecero strada all’interno dell’aeronave. Prima di
accedere al cargo, stavano attraversando un lungo e stretto corridoio
metallico. Procedevano a passo moderato, senza proferire parola.
«Colonnello! Maggiore! Ci sono problemi in sala comandi.
E’ richiesta la vostra presenza.» un ufficiale di
basso grado sbucò da un corridoio laterale che si era aperto
poco più avanti.
«Siamo impegnati, potete fare senza?» fece
scocciato Falk.
«Mi dispiace signore. Venga col maggiore per
favore.»
«Arriviamo!» poi si rivolse al suo
seguito «proseguite pure da soli. In fondo al
corridoio, all’ingresso del cargo, ci sarà di
sicuro qualcuno. Spiegate la situazione e vi porteranno dove mi
attenderete.»
I due ufficiali scomparvero nel corridoio la cui apertura si richiuse
immediatamente.
Quelli che restarono continuarono seguendo le indicazioni che avevano
ricevuto. Improvvisamente un forte rumore li mise in guardia. Non
riuscivano a capire cosa fosse e una lastra di metallo, spessa e scura
, cadde dal soffitto.
Si frappose tra i quattro. Sentendola alle loro spalle Shu e Yue si
fecero più avanti per evitarla mentre i due Xuebao
indietreggiarono.
Vennero divisi.
«Avviso a tutto l’equipaggio. Ci sono diversi
malfunzionamenti temporanei, stiamo cercando di risolverli, quindi non
allarmatevi.» la voce venne diffusa in tutta
l’aeronave.
«Non muovetevi. Quando questa lastra si
rialzerà dovete essere lì.» li
intimidì la Xuebao Min-Hee.
«Sì»
Dal corridoio che si era aperto precedentemente sbucò il
colonnello Falk, che con le dita faceva segno di avvicinarsi.
I due fratelli si guardarono confusi ma gli si avvicinarono.
«Venite con me che devo parlarvi.»
«Se non ci trovano quando la lastra si rialza, per noi
è un problema.» gli spiegò Shu.
«Non si alzerà fino a quando non avremo terminato.
E da lì non si può uscire.»
Non dissero più nulla e lo seguirono. Vennero condotti nella
sala comandi.
Ricordava quella della Phlayrh per quanti pulsanti luci e display ci
fossero. Era di certo molto più stretta e al lavoro
c’erano molte più persone.
«Parliamo qui?» Yue sembrava non essere molto
sicura di quello che stava accadendo.
«Avere a che fare con me e come avere a che fare con tutto il
mio equipaggio. Non c’è alcun segreto sulla
Jaculus.»
«Se lo dici tu.»
«Cosa hai in mente Falk?» tagliò corto
Shu.
«Riportarvi alla Phlayrh.»
«Davvero?» si poteva vedere la felicità
della ragazza trasparire dai suoi occhi.
«Sì, Yue! Sono venuto a sapere troppo tardi
dell’assurda trappola che vi hanno teso. Sapete che
disapprovo certi metodi.»
«Shu lo sapeva di sicuro!»
«Cosa?»
«Prima al villaggio ti abbiamo visto e quando Kuen, il capo
villaggio, è venuto a dirci che volevi scovare la Phlayrh,
Shu non ha avuto alcun dubbio che fossi venuto ad aiutarci.»
«Non pensavo avessi così tanta stima nei miei
confronti. Ti ringrazio.»
«Peccato sia stato difficile capirlo.»
continuò Yue.
«Non potevo dirlo chiaramente, no?»
ribatté il fratello.
«Ha detto “io mi fido”, facendo capire
che si stesse riferendo alla Phlayrh. Ma in una situazione del genere
avrebbe detto qualcosa del tipo che sono forti o che non avevano nulla
da temere.»
«Qualcosa che poteva capire solo chi lo conosce molto bene,
insomma. Ma veniamo al dunque, non abbiamo molto tempo.»
«Ti ascoltiamo.» Shu posò una mano sulla
spalla di Yue per farla terminare.
«Il piano è semplice. Ci sono i vostri teknight
che ho portato personalmente in un luogo nascosto poco distante dal
nascondiglio in cui si trova la Phlayrh, quello in mezzo
all’oceano per intenderci. Arriveremo nel punto stabilito tra
… »
«Quindici minuti, colonnello.» gli venne in aiuto
uno dei soldati che stava pilotando l’aeronave.
«Una decina di minuti dopo ci raggiungeranno i vostri
compagni e percorrerete una pista che vi ho reso sicura. Nei piani
originali sareste stati solo voi due e avremmo simulato un imboscata
della Phlayrh, che ci avrebbe dovuto danneggiare un motore per impedire
di seguirvi nella fuga. Ora però, ci sono quegli
altri due. Dobbiamo trovare un modo di liberarci di loro senza che
capiscano nulla e senza ucciderli.» le ultime parole erano
rivolte al giovane moro.
«In effetti, si tratta solo di due. Se li sorprendiamo,
possiamo neutralizzarli facilmente. Si può fare
fratello?»
«Con il giusto tempismo sì. Però se
loro non interverranno, sembrerà strano. Contro due
è un conto ma contro un’ equipaggio intero, per
quanto bravi, non potremmo fare molto.»
«Uno dell’equipaggio prenderà me o Falk
come ostaggio. Così nessuno potrà fare nulla con
la vita in pericolo di un loro superiore.» il
suggerimento arrivò dal maggiore, ovvero l’uomo
che affiancava Falk all’entrata.
«Mi domando se saremo in grado di interpretare
questa messa in scena, Norbert.» il maggiore
Norbert Lam aveva avuto l’approvazione dal suo superiore.
«Maggiore Lam, faccia lei l’ostaggio,
così se dovessimo dare spiegazioni sarà tutto
più credibile.»
«Sottotenente De Vos!» lo rimproverò.
«Colonnello gli dica che è vero!»
tentò di difendersi.
«Vorresti dire che se fossi io l’ostaggio, potrei
anche morire?»
«Non intendevo questo! Dico che il maggiore non perderebbe la
calma se lei fosse preso in ostaggio, al contrario quando sono gli
altri ad essere in pericolo lei si fa prendere dall’agitazio
…» tra i presenti qualcuno scoppiò a
ridere o cercavano di trattenersi nel vedere l’espressione
alquanto infastidita del loro colonnello e quella ridicola del
sottotenente, che si rendeva conto di stare rivelando così
chiaramente le debolezze del suo colonnello davanti ad estranei.
«Dovrei mandarti a pulire i pavimenti o meglio ancora dal
generale Ward, così proviamo
se è davvero terribile come si dice.»
Le risate divennero più intense e scappò un
sorriso anche al maggiore e ai due fratelli.
L’aria che si respirava quell’aeronave era simile a
quella che vi era sulla Phlayrh, serena e si percepiva bene il forte
legame che univa tutti.
«Facciamo così! Arrivati a destinazione colpiremo
i due Xuebao. Prima che li faccia svenire, Yue prenderà in
ostaggio il maggiore e procederemo come avevi pianificato
all’inizio.» riassunse Shu.
«E tutto chiaro?»
«Sì colonnello Horn.»
«Sottotenente De Vos?»
«Sì, colonnello! Scusi per prima non era mia
intenzione offenderla.»
«Sei perdonato per questa volta.»
«Grazie signore!»
«Venite, vi riporto dove eravate.» il maggiore si
offrì di fargli strada.
«Non possiamo proprio lavorare insieme?»
«Non Yue. Dovrai accontentarti di qualche aiuto del
genere.»
«Peccato.»
Lasciarono la sala e ripercorsero la strada al contrario.
Prima di lasciarli andare alla lastra abbassata il maggiore si
presentò ai ragazzi «Sono Norbert Lam. Mi
dispiaceva non presentarmi come si deve. Falk stima molto ogni membro
della Phlayrh e sono stato felice di aver avuto la
possibilità di conoscervi da vicino e non solo sul campo di
battaglia.»
«Shu Li, pilota del MA»
«Yue Li, pilota del MA»
«Siete proprio i piloti di quelle unità terribili.
Sapendolo, la voglia di incontrarvi in circostanze diverse dal solito
si può dire sia anche maggiore. Purtroppo penso non sia
possibile seguendo Falk.»
«Un giorno finirà e chissà che questo
possa accadere per davvero.»
I due ragazzi si allontanarono in direzione della lastra e il corridoio
laterale si chiuse.
Qualche minuto dopo la separazione tra gli Xuebao venne rimossa.
«I danni sono stati riparati. Non dovrebbe più
verificarsi alcun malfunzionamento.» la voce come prima,
venne diffusa per tutta l’aeronave.
Prosegiorono come era stato detto dal colonnello. Trovarono due tenenti
ad attenderli che li condussero nella sala comando.
«Siete stati informati riguardo a ciò che dovete
fare?» domandò Falk senza distogliere lo sguardo
dalla vetrata.
«Sì.» affermò Shu.
«Bene! Dove potrebbe essere la base della Phlayrh in questo
momento?» continuò.
«Non sono molti i posti in cui potrebbe andare. A giudicare
da dove siamo stati attaccati e dalle modalità, ritengo sia
solo uno il luogo più probabile.»
«Come fai a essere così sicuro?»
«Perché c’è un solo posto
dove possono andare per non mettere in pericolo la vita di
nessuno.»
«Qual è?» lo intimò a
proseguire.
«Si trova in mezzo all’oceano. Dal punto in cui ci
troviamo proseguendo verso nord.»
«Quale precisione. Fai impressione.» Falk per tutto
il tempo non aveva distolto lo sguardo dalla vetrata
«proseguite come indicato dal ragazzo.»
Seguì l’assenso dei piloti.
Mancavano pochi minuti e sarebbero arrivati. Per tutto il tragitto non
una parola né uno sguardo, solo i comandi e le informazioni
di chi guidava l’aeronave.
«Ci siamo.» alle parole di Shu, che
all’apparenza dovevano essere rivolte al colonnello, Yue
scattò colpendo con una gomitata il mento e poi le costole
dello Xuebao che le era alle spalle.
Veloce come non mai immobilizzò il maggiore e premeva con le
dita un punto vitale del collo.
Shu finì lo Xuebao colpito precedentemente.
Qualcuno dell’equipaggio parve voler intervenire ma vennero
bloccati dalla voce della ragazza «Non un passo o lo
ammazzo!».
Shu e lo Xuebao rimasto si studiarono prima di attaccare. Si
susseguirono alcuni colpi rapidissimi, di sole braccia ad una distanza
ravvicinata e ad una velocità impressionante. Si
distanziarono e Jie sistemò alcuni calci prontamente
schivati. Le distanze si accorciarono ancora e provarono a scaraventare
l’avversario al suolo con una proiezione. Erano fermi,
avvinghiati l’un l’altro in attesa del momento
giusto.
Jie si mosse per primo, ingannato dalla finta di Shu, che lo mise al
suolo e lo colpì alla tempia.
Yue sospirò lasciando andare il maggiore Norbert.
«Legateli e metteteli da qualche parte.»
ordinò Falk.
«Sì!» si mossero tre uomini, i primi che
si erano ripresi.
«E’ andata bene.» sospirò il
maggiore.
Liberati dall’imprevisto, raggiunsero il luogo in cui erano
nascosti i teknight con tranquillità. Erano su un
piccolissimo isolotto, la cui metà era immersa nelle acque e
coperta da una ricchissima vegetazione. I teknight nemmeno si vedevano.
«Grazie ancora Falk.»
«Tornate dai vostri compagni e rassicurateli. Quando ci
rivedremo dovrò catturarvi. A quel punto sarà
meglio per voi unirmi a me.»
«Staremo a vedere.»
«I MA non si battano facilmente, vero Shu?»
Il ragazzo annuì ed andarono via. La Jaculus rimase
lì vicino ad aspettare la base della Phlayrh.
Arrivò nei minuti previsti e si preparò a
caricare i due teknight che uscirono allo scoperto e rientrarono al
sicuro nella base.
«Aprite un canale di comunicazione sicuro con la
Phlayrh.»
«Può parlare colonnello!»
«Phlayrh mi sentite?»la voce di Falk
arrivò nella sala comandi dell’altra aeronave
presente.
«Sì, Falk!»
«E’ un piacere sentirti Owen.»
«Ti dobbiamo un favore.»
«Fatevi catturare così saremo pari.»
«Non pensi di esagerare?»
«E’ troppo? Mi inventerò
qualcos’altro. Comunque per una cinquantina di chilometri
verso ovest dovreste essere al sicuro ma fate attenzione lo stesso, non
posso assicurarvelo al cento per cento.»
«Tranquillo!»
«Ah! Dovete colpire un nostro motore. Per favore evitate
quello a sinistra che è nuovo.»
«Da quando in qua badi a certe cose?»
«Da quando devo cacciare di tasca mia i soldi per le
riparazioni.»
«Falk!»
«Kyla! Visto? Te li ho riportati come
promesso.»
«Grazie di cuore. Per il favore che ti dobbiamo va bene se
vengo a parlare per un po’ con te?»
«Owen la lasceresti venire?» la voce
tremò.
«Questa volta ti dobbiamo molto.»
«Allora attacca pure quando vuoi il motore, quello di destra
mi raccomando. Aspetto Kyla all’entrata laterale. Chiudo la
comunicazione.» la gioia del colonnello era incontenibile.
«Penso io al resto, va pure.»
«Grazie Norbert.»
Falk corse all’entrata e si sporse in attesa di verla
arrivare. Non dovette aspettare che qualche secondo data
l’euforia della giovane.
Aveva usato i piccoli propulsori legati sulle spalle per arrivare.
Quando furono abbastanza vicini, Falk allungò le
braccia, afferrandole le mani per aiutarla ad entrare.
Rimasero a guardarsi per un po’. Erano felici e non sapevano
cosa dirsi.
«Levati quei cosi e vieni pure.»
Kyla si sfilò i propulsori appoggiandoli delicatamente a
terra e lo seguì. La portò nella sua cabina,
sperando di poter avere un po’ di tranquillità
almeno per qualche momento.
«Per fortuna è andato tutto bene.» Falk
ruppe il silenzio che si era ricreato.
«Questa volta hai rischiato molto.»
«Ritenevo ingiusto quello che hanno fatto .»
«Eppure hai deciso di combattere per l’esercito di
Argest.»
«Sai quali sono le mie motivazioni.»
«Almeno un modo per collaborare lo possiamo
trovare.»
«Sei capace di far cambiare idea a tuo padre, a tua madre ad
Aruto e tutti gli altri?»
«Il dolore non si può cancellare con le parole, lo
sai.»
«Per questo che proverò con i fatti. A cosa fatta
non si potranno tirare indietro.»
«Sei più sognatore di tutti noi messi
insieme.»
Parlavano piano e con calma. Arrivò un altro momento di
silenzio più lungo degli altri.
«Come sta Seref?»
«Non è cambiato nulla.»
La nave venne scossa da un colpo sul lato destro. Doveva trattarsi del
motore che avevano colpito.
«Sarà il motore!»
«Kyla, lo so che è stupido però per
almeno questo poco tempo, dimentichiamoci di tutto il resto. Sono anni
che non ci vediamo se non in battaglia.»
«Io vorrei che fosse possibile farlo sempre. A volte un
qualcosa del genere la immagino, sai? Che vengo da te e ti porto via
senza, che tu faccia storie.»
«Sarei capace di una cosa simile?»
«Purtroppo no. Yue ha detto che qui c’è
la stessa atmosfera che c’è da noi. Pare che tu
non abbia dimenticato.»
«Anche loro sono parte della mia famiglia. Avendoli in
qualche modo trascinati con me sulla Jaculus, ne sono responsabile e
devo prendermi cura di tutti.»
«Hai preso il posto di papà?»
«No, per nulla! Chi mi controlla e sostiene e che mi permette
di sostenere tutti gli altri, è il maggiore che mi affianca
sempre. Si chiama Norbert è una persona gentilissima ed
è molto più affabile di Owen.»
Kyla rise «Non ci vuole molto. Ma non diciamoglielo
altrimenti si offende.»
«Non ci tengo!»
«Quindi stai bene qui?»
«Sì. Certo non è facile. Sono sempre
contro corrente e con il mio modo di fare, non sono ben visto. Devo
ringraziare le mia capacità da pilota se sono arrivato fin
qui.»
«Se le cose si fanno troppo pericolose devi venire da noi,
anche con tutto il tuo equipaggio.»
«Kyla? Hai ancora quel ciondolo che ti avevo regalato ma che
non era ancora finito?» era imbarazzato.
«L’ancora di zaffiro? E’ sempre con
me.» a quella risposta Falk fu più sollevato.
«Ecco … io l’ho terminato. Lo
prendo.» si mosse per aprire un cassetto ma venne fermato.
«Tienilo tu per ora. Lo riuniremo quando potremmo farlo anche
noi.» la sua mano gli accarezzava la guancia.
«Colonnello Horn c’è un
problema!»
L’urlo provenne dall’esterno della stanza. Falk
allontanò dolcemente la mano di lei mantenendola tra la sua.
«Vedetevela voi!»
«Questa volta è qualcosa di grave.»
Falk parse a preoccuparsi. Con al seguito Kyla andò nella
sala comandi dove vide tutti i suoi uomini in agitazione.
«Si può sapere che sta succedendo?»
domandò alquanto alterato.
«Scusa ma dovevo per forza avvisarti.» il maggiore
gli mostrò un messaggio su uno dei monitor.
Falk e Kyla rimasero pietrificati.
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Capitolo 15 *** Section 14 ***
Argest Age
– section 14
«Si
può sapere che sta succedendo?» Falk aveva
raggiunto la sala comandi. Era seccato per essere stato disturbato e
alquanto inquieto. Kyla, che l’aveva seguito, percepiva una
strana tensione.
Nessuno proferiva parola, si limitavano a guardarli.
A farsi avanti fu il maggiore Lam «Scusa! Dovevo per forza
avvisarti.» si spostò di lato per mostrargli un
messaggio sul monitor alle sue spalle.
Falk e Kyla rimasero pietrificati.
Il giovane colonnello si destò per primo da quello stato di
paralisi in cui erano caduti. Frenetico e agitato si
avvicinò a quel monitor e premendo alcuni pulsanti si mise
in comunicazione col mittente del messaggio.
«Generale Ward! Sono il colonnello Falk Horn. Interrompa
l’attacco, la base della Phlayrh è qui davanti
alla Jaculus. E’ stata stanata non c’è
più bisogno che continuiate con l’attacco. Anzi
richiedo rinforzi!»
«Colonnello Horn, esegua l’ordine
ricevuto.»una voce impassibile.
Falk strinse i pugni sempre più agitato. Si impose di
mantenere la calma.
«Non capisco perché dovremmo rinunciare ad
un’occasione simile.»
«I piani sono cambiati. Si affretti ad eseguire
l’ordine o ha forse un secondo fine, colonnello
Horn?»
«No, signore. Mi affretterò ad eseguire gli
ordini.» la comunicazione si interruppe.
Falk si lasciò cadere a terra, come se le forze lo avessero
abbandonato.
«Colonnello che vuol dire attaccare una base della
Phlayrh?» si fece coraggio un giovane membro
dell’equipaggio.
«Nelle basi della Phlayrh, le persone che ci vivono sono dei
civili. Si tratta di quelli che sono stati scartati dalla
società e considerati nemici però …
sono persone che non sanno né combattere né
difendersi. Attaccare una base significa compiere una strage.»
«Perché non l’ha detto al
generale?»domandò ingenuamente quel giovane.
Lesto intervenne Norbert «Se si venisse a sapere che il
colonnello è a conoscenza di certi particolari, non si
farebbe altro che alimentare i sospetti del generale e compromettere la
sua posizione. Non dimenticarti che noi non gli piacciamo.»
«Ma una volta che avvieranno l’attacco, si
renderanno conto della situazione.» ipotizzò un
dei sottotenenti presenti.
«Non si fermeranno.» fu Falk a rispondere ancora
abbandonato al suolo e con la testa china.
«Allora andremo a fermarli!» affermò con
forza un altro membro dell’equipaggio. Non gli giunse alcuna
risposta «Colonnello?»
«Non posso farlo.»
«Perché no?»
«Se vi ordinassi una cosa del genere, firmerei la vostra
condanna a morte. E’ da tempo ormai che Ward mi controlla e
non aspetta altro che un mio passo falso.» si
spiegò con voce assente e mantenendo il capo chino.
«Però …»
«Non chiedetemi di farlo.» la sua voce tremava.
«Non sarà necessario un vostro
intervento.» Kyla prese la parola. Poi si piegò
davanti a Falk «Pensa ai tuoi uomini. Il resto lascialo a noi
o non ti fidi più delle capacità della
Phlayrh?»
«Mi dispiace … vorrei fare altro.»
Kyla gli afferrò il volto tra le mani e lo costrinse a
guardarla.
«Più che far tornare da noi Shu e Yue?»
«E ora una delle basi è in pericolo. Sono tutti un
passo davanti a me, per quanto mi sforzi nel bene o nel male,
c’è sempre qualcuno pronto ad
ostacolarmi.»
Kyla gli strinse saldamente le spalle «Per una volta che ho
potuto rivederti non ho voglia di sentirti piagnucolare. Non
è colpa tua! Piuttosto troviamo un modo per
reagire.».
La ragazza si rialzò e tirò su Falk trascinandolo
per la mano, che fece un gran respiro.
«Norbert hai qualche idea?»
L’uomo riconobbe il suo colonnello determinato ad non
arrendersi «Più che farci abbattere non mi viene
in mente altro.» disse grattandosi la nuca.
«Kyla, stai pensando a
qualcos’altro?» domandò notando lo stato
pensieroso in cui era la ragazza.
«Facevo il punto della situazione. Se doveste seguire gli
ordini che vi sono stati impartiti, dovreste dirigervi verso la base
che stanno per attaccare, ignorando la Phlayrh, che o vi lascerebbe
andare ignari di quello che sta accadendo o vi inseguirebbe. Ma se vuoi
doveste arrivare alla base, dovreste prendere parte allo scontro e
questo è inammissibile. Di sicuro se attaccassero la base
qualcuno ci avvertirà quindi per una messa in scena, la sua
idea può andare.» concluse indicando il maggiore
con il pollice.
«Penso che se vogliamo agire in questo modo, dobbiamo
sbrigarci. Ci sono due aeronavi imperiali che ci raggiungeranno in
pochi minuti.» li avvertì un tenente.
«Meglio così! Avremo dei testimoni.
Falk?» Norbert aspettava un suo comando.
«Facciamo in questo modo! Maggiore lascio a lei il comando,
mi assento per qualche momento.»
«Sì signore!» poi si rivolse agli altri
con tono fermo e autoritario «Comportiamoci come se stessimo
eseguendo gli ordini del generale Ward. Quando la Phlayrh ci
attaccherà risponderemo senza creare loro danni e cerchiamo
di essere i più convincenti possibili. Pronti ai vostri
posti!»
La voce del maggiore si faceva sempre più lontana per Falk e
Kyla che si stavano allontanando.
In silenzio, percorrevano quei freddi corridoi metallici della Jaculus.
Avrebbero voluto dirsi molte cose, trascorrere più tempo
insieme ma sapevano, che fino a quando gli scontri non avrebbero avuto
termine o che trovassero un punto d’incontro nella loro
visione del mondo, momenti come quelli non si sarebbero ripetuti
facilmente. Ogni parola era superflua. Bastavano le loro mani strette,
l’una nell’altra, per trasmettersi tutto quello che
provavano. E così raggiunsero l’uscita.
Kyla lasciò la presa della mano del giovane ed
indossò i propulsori, che aveva precedentemente adagiato in
un angolo. Aveva aperto la porta e stava per andare via. Ma venne
trattenuta per il polso. Falk l’attirò a se in un
forte abbraccio.
«Stai attenta … anche gli altri … state
attenti.»
«Si prudente anche tu. Non fai cose meno pericolose delle
nostre.»
Per qualche secondo rimasero in quella posizione, per poi baciarsi. Un
bacio pieno d’amore quanto nostalgico.
Si separarono dopo un po’, sciogliendo
l’abbraccio gradualmente. Senza aggiungere altro Kyla
volò via.
Nell’aeronave della Phlayrh, i suoi membri ricevettero un
segnale di aiuto da parte della base asiatica, la Hanran. La notizia
mise in agitazione tutti.
Per prima cosa contattarono immediatamente la Jaculus per ottenere
chiarimenti sulla faccenda. Parlarono con il maggiore Norbert Lam, che
li mise al corrente del piano che avrebbero attuato. Non restava che
aspettare l’arrivo della compagna, per poter correre in aiuto
della base.
Kyla non si fece attendere. La videro immediatamente e venne fata
entrare rapidamente, aprendo leggermente il portellone del ponte di
lancio, giusto lo spazio per far entrare una persona.
Quando la rossa mise piede all’interno
dell’aeronave non c’era nessuno ad attenderla.
Doveva fare in fretta ad avvisare gli altri. Decise di andare in sala
comandi, dove sicuramente avrebbe trovato il padre.
Corse a perdifiato e fece irruzione nella sala comandi.
«Papà stanno per attaccare la Hanran!»
«Lo so.»
Kyla trovò tutti i suoi compagni riuniti un quella sala,
mancava solo Yue.
«E’ stata la Jaculus ad avvisarti?»
chiese dopo aver ripreso fiato.
«No! Ma ci hanno già comunicato le loro
intenzioni.»
«Non avranno già …» le parole
le morirono in gola nel vedere il gesto affermativo del capo del padre.
«Se ci muoviamo presto, riusciremo ad arrivare in tempo. Per
un po’ di tempo saranno in grado di difendersi.»
provò a rincuorarla Erin.
La ragazza annuì. La notizia scosse tutti e la tensione era
palpabile. Takehito si sentiva coinvolto almeno quanto gli altri.
Gli venne spiegata chiaramente la situazione. Quella base in pericolo
doveva essere simile a quella che aveva visto in Africa, anche se era
ben più nascosta e segreta.
Gli venne anche spiegato che di basi nel mondo ne erano tre e la Hanran
era la più importante.
Ma non c’era tempo per le preoccupazioni e le paure. Era
tempo di agire.
Tra i vetri della postazione di guida, si vide la Jaculus superarli.
Procedeva piano per via della mancanza di un motore. E in lontananza si
avvistarono le due aeronavi imperiali.
«Procediamo!» Owen diede il via
all’operazione.
La Phlayrh, manovrata da Erin, si accodò alla Jaculus e
partirono dei lampi luminosi da entrambe le parti.
La simulazione stava riuscendo. Sembrava un reale attacco in piena
regola, tanto che le altre aeronavi imperiali cercarono di dare man
forte alla loro alleata. Energia sprecate, data la distanza a cui si
trovavano, gli attacchi perdevano precisione e potenza.
«Lev esci con il RAD e prendi il kei-kan. Ferma quelle
insignificanti aeronavi.» annuendo, Lev si mosse ad eseguire
gli ordini di Owen.
Da solo raggiunse il suo teknight e prese una tra le più
potenti armi a loro disposizione ,il kei-kan.
All’apparenza un semplice fucile da cecchino, fatta eccezione
per le notevoli dimensioni. Lo usavano raramente, per via della sua
potenza, che se usata in modo sbagliato, poteva diventare pericolosa.
Ma in quest’occasione non potevano permettersi perdite di
tempo o esitazioni.
Il pilota aspettò che il portellone fosse completamente
aperto. Quell’ambiente avvolto dalla penombra, venne
illuminato dalla luce che scaturì dal RAD che in poco tempo
abbandonò, facendo piombare il buio e il silenzio.
Dalla sala comandi Kirabo seguiva i movimenti del RAD mentre Erin e
Owen erano concentrati sulla Jaculus.
«Poniamo fine a questa presa in giro?» Erin ebbe
l’approvazione di Owen e senza preoccuparsi di altro,
mirò al motore funzionante della Jaculus.
Un solo colpo bastò per mandare in fiamme l’ultimo
funzionante del cargo. Dopo l’urto l’aeronave
imperale cominciò a perdere quota vistosamente.
Vennero attivati i motori che permettevano alla Jaculus di muoversi
senza il cargo. Sebbene questi non fossero abbastanza potenti da farla
avanzare, evitarono che precipitasse e raggiungere il suolo in
sicurezza.
«Lev a che sta?»
«Si è posizionato, Owen.» Kirabo poteva
controllare i movimenti del compagno dallo scherno. Era avanzato di
alcuni metri, quelli che bastavano per poter colpire i nemici.
Due piccole aeronavi che difficilmente erano determinanti o pericolose
in battaglia. Per quelle il kei-kan era più che sufficiente.
Dal quel fucile comparve una piattaforma d’appoggio liscia e
lunga. Il teknight si posizionò su di essa,
sdraiato. Tale piattaforma gli consentiva di aver maggior
precisione nella mira e una maggior protezione, seppur limitata.
Stava prendendo la mira e quando l’obbiettivo era al centro
del mirino, partì il colpo.
Una scia luminosa partì dal fucile e si conficcò
nella pancia di una delle due aeronavi.
Da essa fuoriuscì una grande quantità di fumo e
cominciò a precipitare. Prima che la stessa sorte toccasse
all’altra, ci fu un inutile tentativo di annientare il
teknight della Phlayrh.
«L5 rientra!» la voce dell’amico lo
raggiunse e fece ritorno alla base.
Purtroppo quella volta non poteva tornare dai suoi compagni col
sorriso. Quella brutta storia doveva ancora cominciare.
Procedevano alla massima velocità e in un’oretta
sarebbero giunti alla base.
«Vado da Seref.»annunciò ad un tratto
Lara.
Stava per aprirsi la porta che Owen la fermò
«Porta Seref lontano della Phlayrh.»
«Che vuoi dire?»
«Di prendere una navetta, caricare tutti gli
strumenti che servono e allontanarti il più possibile dallo
scontro.» Owen era risoluto come sempre.
«Stai scherzando?»
«No.»
«Non posso andarmene! Se qualcuno di voi venisse ferito o
peggio, chi potrebbe salvarvi?» provò a ribellarsi
a quella decisione.
«Però non possiamo nemmeno trasportarlo nelle sue
condizioni.» intervenne Kirabo.
«E poi ci saranno pur sempre i medici della
Hanran.» provò a rassicurarla Lev.
Lara stava per ribattere ma non vi riuscì. Capiva
perfettamente la situazione ed allontanarsi con Seref è
quello che avrebbe fatto senza pensarci, se si fossero trovati in una
situazione meno pericolosa. Nello stesso tempo era preoccupata per la
sorte dei compagni e al pensiero di come si fosse sentito Seref, che se
per colpa sua, Lara non potesse intervenire nel caso in cui ce ne fosse
stato bisogno.
Ancora riluttante accettò «Pregate che siano tutti
vivi e che non vi accada nulla.» ed uscì.
Arrivò al suo studio, dove trovò seduta accanto a
Seref, Yue con gli occhi ancora rossi per il pianto.
La ragazza appena venne a sapere cosa era accaduto al compagno,
scoppiò in lacrime. Saperlo scampato alla morte la
rassicurava ma la colse una strana morsa allo stomaco, che la rendeva
inquieta. Da allora non si era mossa da lì.
Lara le si avvicinò e le porse una mano sulla spalla.
«Yue devo portare via Seref.»
Non sapendo della situazione non capì cosa intendesse.
«Ci stiamo preparando per una dura battaglia. La base Hanran
è stata attaccata da quelli dell’impero e ora
siamo correndo in loro soccorso.» le spiegò con
calma.
Yue sembrava confusa ma impiegò poco a comprendere la
situazione «Anche questo?»
«Purtroppo. Devo portarlo via perché potrebbe
essere troppo pericoloso per lui. Mi dai una mano a trasportarlo in una
navetta?» la ragazza annuì e aiutò il
medico a portare tutto l’occorrente e Seref su un mezzo di
trasporto volante di piccole dimensioni.
Prima di lasciarli partire Yue strinse forte la mano di Seref
«Li scacceremo via e torneremo sani e salvi. Però
nel frattempo cerca di svegliati.» poi si rivolse a Lara
«Lo prometto anche a te. Torneremo sani e salvi!»
«E io proteggerò al meglio Seref.»
E così si salutarono. La navetta lasciò
l’aeronave e si diresse alla ricerca di un posto sicuro e
nascosto.
Yue raggiunse gli altri nella sala comandi.
L’atmosfera era pesante e l’attesa rendeva
particolarmente nervosi.
«Manca poco! Dobbiamo pensare a come agiremo.»
«E come facciamo, Erin? Non sappiamo nemmeno che cosa ci
aspetta.» Lev era il più teso tra tutti.
«Possiamo immaginarlo o prevedere i possibili scenari e di
conseguenza preparare una strategia.» al contrario Shu
manteneva i nervi saldi.
«Dato il tempo trascorso, probabilmente la barriera
protettiva deve essere ancora attiva. In teoria , le forze nemiche
dovrebbero trovarsi tutte
all’esterno.»calcolò Kyla.
«Si potrebbe sfruttare un effetto sorpresa?»
provò a ipotizzare Kirabo.
«Ritengo si difficile. È più plausibile
che essendo sulle nostre tracce, abbiano trovato qualcosa che
riconduceva a noi o di sospetto e hanno scoperto la Hanran. Anche se
avessero continuato a non trovarci, di sicuro la distruzione di una
nostra base, ci avrebbero recato un grave danno. Inoltre avrebbero
potuto sfruttare la situazione per farci uscire allo
scoperto.» Shu illustrò il suo pensiero.
«Una fortuna inaspettata, dunque.»
«Esatto Yue! Oltre alla previsione di Kyla, dobbiamo anche
tener conto l’ipotesi che siano riusciti ad infrangere la
barriera e che stiano già attaccando.» concluse il
fratello.
«Se fosse così non avremo molto da
fare.» disse mestamente Aruto.
«Però sono preparati per un’eventuale
fuga di emergenza, no?» Katsu provò far coraggio
agli altri.
«Non li lasceranno scappare.» Owen
smorzò quel poco di positività che qualcuno
voleva far prevaricare.
«Qualunque cosa dovremmo affrontare, dobbiamo decidere come
attaccheremo.» Kyla tentò di tornare alla
questione di partenza.
«Possiamo formare duo o tre gruppi a seconda della
necessità.» propose Kirabo, avvalendosi delle
esperienze del passato.
«Facciamo due gruppi come al solito. Se la situazione lo
permette combatterete insieme. Per quanto riguarda il RAD 3
darà supporto alla Phlayrh per tenere a bada le
aeronavi.» affermò il generale della Phlayrh.
«Che?»dopo un attimo Lev realizzò che
Owen si riferiva al suo teknight «Dovrei stare da
solo?»
«Sei il più esperto e preciso nell’uso
del kei-kan.» si affrettò a spiegare.
Il giovane biondo sospirò rassegnato. Operazione di quel
genere lo agitavano e la tensione per quello che stava accadendo, non
faceva che peggiorare il suo stato d’animo. Mettersi a
discutere era inutile e non avrebbe fatto altro che creare ulteriore
agitazione. Come ogni volta che si apprestava a fare qualcosa di
pericoloso o che non si sentiva sicuro si auto convinceva, ripetendo
nella sua mente, che se gli avevano affidato quel compito, era
perché ne era capace e che sarebbe andato tutto bene.
«Per il resto come ci dividiamo?»
domandò Yue.
Con sicurezza e senza perdite di tempo Erin espose la sua idea
«Direi Kyla e Yue possono formare un gruppo. Sono una squadra
affiatata e possono guardarsi le spalle a vicenda nel loro attacchi
rapidi. Le capacita di Kirabo e di Shu si compensano bene e
possono formare l’altro gruppo.»
La proposta venne accettata ritenendola sensata e funzionale.
«Voglio combattere anch’io!» Takehito era
rimasto in disparte ad ascoltare ma quella decisione lo tagliava fuori.
La cosa non gli piaceva.
«Potrebbe essere troppo pericoloso. Si potrebbe dire che hai
sostenuto a malapena una sola battaglia e non ne sei uscito molto
bene.» le parole di Kirabo non servirono per frenare la
determinazione del ragazzo.
«Ma quello che stanno per fare è qualcosa di
terribile! Non voglio restare a guardare senza fare nulla.»
«Kirabo a ragione. E’ pericoloso.» Kyla
comprendeva perfettamente la preoccupazione del compagno.
«Allora per cosa mi sto allenando, per cosa Aruto ha
costruito un teknight per me?»
«Questa sarà una battaglia diversa da quelle che
siamo abituati ad affrontare. Non sappiamo nemmeno se ne usciremo
vivi.» Aruto provò a far cambiare idea a quel
ragazzo a cui si era tanto affezionato.
«Takehito?» il giovane si rivolse verso la voce di
Katsu che l’aveva chiamato «Da semplice meccanico
non riesco a capire quali sono le ragioni che ti spingono a salire su
un teknight e combattere. Però, sei davvero convinto di
quello che fai?»
Quell’intervento l’aveva sorpreso. Da
quando era salito sull’AU-0, aveva discusso alcune volte su
quell’argomento. Nemmeno Takehito sapeva darsi una
spiegazione esaustiva del perché desiderava combattere.
Quando glielo chiedevano, rispondeva che desiderava essere utile o
perché voleva fare qualcosa per le persone scartate
dell’impero.
Questa volta, quelle motivazione sembrano non valere e non sapeva
nemmeno lui cosa lo spingesse a voler combatter, ma rispose senza
esitazione «Sì!».
«Sei autorizzato a prendere parte alla battaglia.
Affiancherai Shu e Kirabo.» Owen sorprese tutti.
Qualcuno provò ad opporsi ma un ordine del generale della
Phlayrh non si cambiava.
«Andate a preparavi sui vostri teknight.»
I piloti uscirono uno dopo l’altro. Kirabo era in fondo alla
fila, leggermente distaccato dagli altri, ancora vistosamente
contrariato per la decisione presa.
«Kirabo, non perderlo di vista.»
«Prima lo mandi nella fossa dei leoni e poi mi chiedi di
proteggerlo?»
«Con te è stato forse diverso?» Owen lo
provocò.
«Ero giovane ma non inesperto … lo
proteggerò! Dovesse costarmi la vita.» anche
l’ultimo pilota abbandonò la sala.
I due meccanici vennero mandati nelle postazioni di fuoco
dell’aeronave, in modo da coprire i punti cechi del cannone
principale.
Nella sala comandi restarono solo Erin e Owen. Da lì
avrebbero guidato l’attacco e manovrato l’aeronave
nel campo di battaglia.
Erano ormai giunti. Prima della Hanran, scorsero le aeronavi
e i teknight nemici.
Erano tre aeronavi e quindici teknight schierati in attesa che la
barriera protettiva della base si infrangesse.
Due delle aeronavi vennero identificate. Una era del Generale
dell’esercito Argest, Nerek Ward. L’altra era del
suo braccio destro, il colonnello Vedis Dia.
Due avversari temibili. In passato si erano già scontrati e
gli esiti non furono tra i migliori per entrambe le fazioni.
Quando li scorsero, lasciarono partire i teknight dalla Phlayrh e
mandarono all’attacco i due MA per distruggere i teknight
avversari che si trovavano più all’esterno e
lontani dalla base.
La velocità dei due MA era talmente elevata che apparivano
come una scia blu ed una nera.
Si trovarono alla giusta distanza. Come sempre sfruttarono le loro
abilità nel combattimento corpo a corpo, la loro
velocità e precisione.
Armati con lame metalliche e spade ad energia luminosa, si abbatterono
implacabili sui loro avversari, incuranti di quali modelli avessero di
fronte. Fendevano il metallo, ne tagliavano delle parti,
colpivano i reattori e i motori. Qualunque tentativo di difesa o
attacco fu inutile. In appena due minuti, quattro dei
teknight imperiali, precipitavano come dei rottami, dopo essere stati
spazzati via dalle potenza distruttiva di un uragano.
I MA, dopo aver ridotto di qualche unità gli
avversari, si riunirono ai loro rispettivi compagni.
Quell’attacco non restò inosservato, come
l’arrivo dell’aeronave della Phlayrh e dei suoi
piloti.
Cessarono l’attacco alla barriera e si concentrarono sui
nuovi arrivati. Tutti i teknight erano GL equipaggiati a Red Fusion.
Non si spostarono né cambiarono le loro posizioni,
lasciarono che fossero quelli della Phlayrh ad avvicinarsi.
Ad una certa distanza l’aeronave si arrestò,
mentre proseguirono i teknight.
Erano schierati in due divisioni come avevano stabilito.
Il RAD 2 e lo MA blu avanzarono più
velocemente e con rapidi attacchi, presero di mira cinque teknight.
Ottennero l’effetto sperato.
Attaccandoli, attirarono la loro attenzione e senza che questi se ne
accorgessero, li allontanarono degli altri mecha imperiali.
I restanti GL, provarono ad attaccarli ma il fuoco a media distanza di
Kirabo e Takehito e i colpi ravvicinati del MA nero, li fermarono. In
questo modo avevano separato i nemici.
Lo scontro trai i robot si stava svolgendo in una zona più
lontana da dove si trovava la Hanran e le aeronavi.
«Y7 vai!» Kyla diede il segnale d’inizio
e lo MA partì all’attacco.
Si scagliò contro uno dei GL che aveva davanti.
Questo sparò. Il colpo prese solo di striscio una
gamba del teknight della ragazza, una semplice bruciatura che non
creò nessun danno. La lama corta che aveva afferrato con
entrambe le mani si infilò sotto la testa del GL.
Sprofondò come fosse burro fino all’altra
estremità. Una leggera pressione e la testa volò
via. In quel modo il pilota non poteva sapere più cosa
stesse accadendo all’esterno con precisione, in quanto la
maggior parte delle telecamere erano posizionate nella testa.
Provò lo stesso a reagire ma lo MA fu più rapido.
Ruotandogli attorno, si ritrovò alle sue spalle e con la
stessa lama, gli danneggiò uno dei propulsori,
permettendogli a malapena di restare sospeso nell’aria. Il
pilota non avendo altre alternative, abbandonò il suo mezzo.
Durante l’assalto Kyla attaccò, impedendo di
intervenire, due GL che provarono a fermare Yue. Da qualche metro di
distanza, i tre teknight, si facevano fuoco utilizzando i loro fucili.
Quelli a Red Fusion avevano una potenza decisamente superiore di quelli
a proiettili che era costretta ad usare il pilota della Phlayrh, per
via dello strano materiale che evitava i laser.
Non potendo abbatterli in quel modo, doveva per forza avvicinarsi o
colpire punti precisi.
Per fortuna Yue terminò in fretta di sistemare il suo
avversario e in modo simile, si sbarazzò anche di un
secondo.
Raggiunse il RAD e sferravano attacchi combinati nel tentativo di
avvicinarsi o aprirsi un varco per poter far breccia nella loro difesa.
La cosa si rilevò più complicata e lo scontro si
prolungava .
Shu fece ritorno dai suoi compagni e l’altro gruppo si
allontanarono rapidamente, per dividere i nemici come avevano stabilito
nella loro strategia.
Videro che cinque dei teknight li stavano seguendo e che si stavano
accodando anche gli altri. Quelli vennero fermati dal fuoco di Kirabo e
raggiunti dallo MA e dall’AU-0.
Inesorabile, Shu distrusse due dei GL con rapidi e semplici colpi,
facendo esplodere ad entrambi il reattore che forniva energia a quelle
macchine.
Diede giusto il tempo ai piloti di comprendere la situazione e
catapultarsi fuori dall’abitacolo.
Takehito era alle prese con un altro GL. Si teneva a debita distanza,
temendo di non riuscire a parare o schivare i colpi
dell’avversario se si fosse trovato troppo vicino. Ma come
per lui era più facile, la stessa cosa valeva per il nemico.
La sua precisione del tiro non era brillante e molti colpi andarono a
vuoto. In compenso era molto agile e veloce. Cosa che gli permise di
poter rivaleggiare, creando anche difficoltà nel rivale.
Ma di avversari ve ne erano altri.
Shu notò rapidamente la situazione. Mentre lui aveva
abbattuto i due GL, Takehito si batteva con
difficoltà e il RAD 1gli copriva le spalle dagli altri
nemici.
Per aiutare il compagno, andò ad occuparsi dei tre GL che
tentavano in ogni modo di abbattere l’AU-0.
«K4, ci penso io a questi tre. Tu va ad aiutare
T9.»
«Grazie!»
Il RAD marroncino si avvicinò ai due combattenti che erano
finiti in una situazione di stallo. Kirabo si mise in contatto con il
pilota dell’AU-0 «T9 non avere paura. Ti
creerò l’opportunità di attaccare. Mira
ai propulsori o al reattore.»
«Va bene!»
Takehito era nervoso ma cercava di mantenere la lucidità. Si
rendeva conto di non essere ancora all’altezza dei suoi
compagni.
Kirabo si fermò ad una cinquantina di metri dal GL e
sparò un colpo dal fucile che aveva appoggiato su una spalla
del teknight.
Il colpo fu molto violento. Un raggio blu incandescente raggiunse il
GL. Come avveniva con gli altri raggi luminosi, anche questo avvolse il
teknight ma questa volta si ottennero gli effetti sperati.
Il fucile che aveva usato, era stato da poco messo a punto da Aruto.
Era creato sulla falsa riga del kei-kan.
Il kei-kan era un fucile da cecchino di grandi dimensioni e con una
potenza pari al cannone dell’aeronave della Phlayrh. Aruto
sfruttò lo stesso principio. Ne ridusse le dimensione e la
potenza del colpo, concentrando l’attenzione al calore che
esso sprigionava. Aveva scoperto, studiando il materiale dei nuovi
teknight imperiali, che per quanto deviassero l’energia
luminosa, non poteva sopportare certe temperature.
Forse quel fucile non era ancora in grado di annientare quei
teknight con un solo attacco, ma poteva far danni.
E così fu. Non solo arrestò per alcuni secondi i
suoi movimenti, ma provocò anche una leggerissima fusione
del metallo.
Takehito approfittò di quel momento. Gli si
posizionò alle spalle e lo colpì. Purtroppo
l’azione dovette essere effettuata in pochissimi secondi e il
proiettile non si conficcò nel punto esatto.
«Accidenti!» il giovane pilota digrignava i denti,
innervosito dal bersaglio mancato.
Kirabo riuscì a sentirlo, dato che non avevano interrotto la
comunicazione «Non agitarti era solo il primo. Concentrati e
al prossimo lo prenderai.» nonostante le sue rassicurazioni,
poteva sentire il suo respiro affannoso.
Una forte luce rossa si stava ingrandendo e il suo colore diventava
più intenso.
Kirabo percepì l’imminente attaccò e
costatò la mancanza di reazione del compagno.
Si frappose tra i due teknight con le braccia a protezione della cabine
e il capo chino per salvaguardare le telecamere.
Dalla cabina di pilotaggio, Takehito vide solo il RAD e poi
un’intensa luce che li avvolse.
Tutto durò un attimo.
«Takehito, calmati. Ci siamo allenati tanto insieme non
c’è nulla di cui avere paura. O ti sei dimenticato
che è mio compito proteggervi?» il tono di voce di
Kirabo era più calmo e riuscì tranquillizzare il
giovane pilota dell’AU-0.
Takehito chiuse gli occhi e deglutì « Ora sto
bene, grazie.»
«Te la senti di sferrare un altro attacco?»
«Sì.»
«Quando te lo dico io, tu scatta dalle mie spalle e
colpiscilo al reattore.»
«Ok»
Il GL aveva bisogno di tempo per sparare ancora e nonostante
provò ad allontanarsi non sfuggì alla mira del
RAD.
«Ora!»
Il GL era immobilizzato per l’effetto del potente calore del
raggio blu. L’AU-0 schizzò dal suo nascondiglio e
gi spostò alle spalle del GL. Questa volta prese la mira con
più calma e sparò. Andò a segno. Il GL
smise di funzionare e cominciò a perdere quota.
In quel momento si sentì più sicuro e insieme al
RAD raggiunsero Shu.
Mentre i teknight si erano schierati e avevano ingaggiato battaglia,
Lev a bordo del RAD 3 aveva distrutto una delle aeronavi più
piccole con il kei-kan.
Grazie alla sua piattaforma poteva spostarsi, evitare i colpi delle
aeronavi nemiche e trovare una nuova posizione per prendere la mira.
Quelle che si trovarono a fronteggiare erano tra le più
forti dell’impero.
Il Dreizack del colonnello Vedis Dia. Un’aeronave a forma di
tridente di colore viola e con una grande potenza di fuoco. E la Urano
Galeos del generale Nerek Ward, l’uomo più
temibile di tutto l’esercito di Argest. Spietato e crudele,
l’uomo più fedele e vicino
all’imperatore. Poteva contare su un’aeronave tanto
particolare nell’aspetto quanto potente, che si rifaceva alla
galea, un’antichissima nave da guerra e da commercio. Era
costituita da un unico blocco stretto e largo elle cui
estremità affioravano tante ali mobili.
Lo scontro era difficile e dovevano resistere fino all’arrivo
dei loro compagni.
L’obbiettivo era quello di allontanarli dalla Hanran. Ma
cominciava a rilevarsi un’impresa.
Owen ed Erin erano costretti ad effettuare continue manovre per evitare
gli attacchi provenienti dalle altre due aeronavi, che non erano
intenzionati ad abbatterli ma a distruggere la barriera.
Luci ed esplosioni si susseguivano ma nessuno cedeva.
Il tempo trascorreva e l’energia che teneva il piedi la
barriera si affievoliva.
Bastarono due colpi e la cupola di energia che ricopriva la Hanran
crollò.
La barriera aveva ceduto e ora nulla avrebbe fermato la furia di
Argest.
Angolo
dell'autrice:
Ma
quante cose che stanno accadendo! Da ora le cose si faranno
più "vivaci" e da qui entriamo nel vivo della
storia.
Come
sempre ringrazio chi legge e un ringraziamento molto molto molto
speciale a belfire99.
Lo
scontro non è ancora finito e e gli avversari sono temibili
quidi vi aspetto per il prossimo cap ;)
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Capitolo 16 *** Section 15 ***
Argest
Age – section 15
Il
cielo cominciò a scurirsi. Nubi sempre più scure
si accalcavano, trasportate dal vento. Il sole non si vedeva
più e mentre il cielo si chiudeva, la barriera di Hanran si
sgretolava. La sua efficacia veniva meno fino a soccombere ai colpi
nemici. Come uno specchio che va in frantumi, questa cedette lasciando
campo libero ai suoi aggressori.
Quell’istante
non passò inosservato.
Sia
la Dreizack sia la Urano Galeos abbandonarono lo scontro con
la base della Phlayrh e si concentrarono sulla Hanran. Ai teknight
imperiali venne dato l’ordine di aggiungersi
all’attacco della base.
Ne
erano rimasti sette. Si allontanarono rapidamente come se stessero
scappando. Solo uno venne fermato e reso inoffensivo dal MA di Shu ma
la situazione restava difficile.
Tutti
i teknight raggiunsero l’obbiettivo di
quell’attacco.
La
Phlayrh riusciva a malapena a contenere la Dreizack con cui
ingaggiarono una cruente battaglia. Il RAD 3 riusciva solo a provocare
un leggero disturbo alla Urano Galeos che ormai faceva fuoco sulla
Hanran.
Alla
Urano si unirono i teknight imperiali, che scesero sulla base e
cominciarono a distruggere ciò che trovavano sulla loro
strada.
La
Hanran all’apparenza, era simile alla base africana. Sulla
superficie, anche’essa appariva come una città di
quella zona. Una città moderna, grande, con grattacieli e
costruzioni moderne. Nel sottosuolo si nascondeva la vera base.
Laboratori di ricerca, depositi di armi e mezzi bellici, campi di
addestramento e archivi per documentazioni di vario genere.
La
battaglia si svolgeva ancora al livello più alto. I suoi
abitanti avevano avviato le procedure di evacuazione. Esse prevedevano
che si raggiungessero delle unità volanti, collocate nella
parte più bassa di Hanran. Queste dovevano permettere di
abbandonare quel luogo e trovare rifugio altrove, come delle scialuppe
di salvataggio. Però, mettere in salvo così tante
gente era una procedura che richiedeva tempo. Tempo che Argest non
concesse.
La
barriera aveva ceduto troppo presto e i rinforzi arrivati troppo tardi.
Da
terra si era attivato un attacco antiaereo per cercare di contenere o
limitare i colpi della Urano Galeos.
Per
quanto preparati potessero essere quelle persone, il panico
cominciò a dilagare.
Le
prime navi erano pronte ma non potevano partire. Se
l’avessero fatto sarebbero state abbattute nel giro di pochi
minuti.
Si
continuava a caricarle ma molti restavano ancora in balia del fuoco
nemico.
Dei
teknight imperiali ne erano rimasti sei e si sparpagliarono, ognuno in
un punto diverso.
«Separiamoci
e combattiamoli singolarmente.» Kyla prese in mano la
situazione. In quel momento non potevano contare sul supporto della
base e sulle indicazioni di Owen. Essendo con il grado più
alto, il comando passava a lei.
Ricevette
dei consensi affermativi, fatta eccezione per Takehito che
restò in silenzio.
«T9,
per te questa è la prima vera battaglia. Se ti senti
insicuro puoi seguirmi.» come sempre le attenzioni di Kirabo
non tardarono ad arrivare.
«Va
tutto bene K4! Posso farcela.»
«Non
devi fare l’eroe. Se per te è troppo, chiunque di
noi ti supporterà.»
«Grazie
Y7! Mi sento pronto.»
Il
giovane pilota avrebbe messo in pratica ciò che aveva
appreso negli allenamenti e dagli innumerevoli consigli dei compagni.
«Se
non c’è altro, andiamo!» Kyla
schizzò via, lasciando una scia rossa dietro di se.
«T9,
se la situazione diventa pericolosa, scappa da uno di noi. Non buttare
la tua vita.» Takehito non si aspettava un simile consiglio
da Shu. Aveva interrotto la comunicazione con gli altri e lasciato un
canale solo per lui. Lo MA nero si allontanò.
Anche
gli altri fecero lo stesso.
Localizzarono
il loro obbiettivo e lo raggiunsero.
Kyla
scelse come bersaglio quello che nell’imminente
considerò più pericoloso. Un GL con il suo fucile
a Red Fusion puntato su un palazzo dal quale scappavano varie persone.
Il RAD rosso lo spinse con in suo peso, facendolo barcollare.
L’intensa luce del fucile si affievolì ma non
scomparve del tutto. Il GL puntò la sua arma su Kyla che
prontamente si spostò verso l’alto. Il fucile
seguì la sua traiettoria ma quando sparò,
mancò il bersaglio disperdendosi nel vuoto.
La
zona sembrava finalmente sgombra e il RAD poteva combattere senza
troppe riserve.
Impugnò
il suo di fucile e allontanandosi, sparò vari colpi. Alcuni
di questi vennero schivati, altri parati dallo scudo e altri
neutralizzati dal Red Fusion. Mentre sparava il RAD si
avvicinò sempre più fino ad arrivargli a pochi
centimetri di distanza. Si scontrarono, spingesi, facendo forza sui
loro fucili. Con una leggera spinta delle gambe, il RAD, fece scivolare
il fucile dell’avversario verso l’alto e il suo
verso il basso, facendo puntare la canna da fuoco verso il busto del
GL. Un proiettile uscì dalla canna e si conficcò
nel GL. Con un balzo si allontanò e vide il teknight
esplodere.
Lo
MA blu si portò in alto e con il solo aiuto della vista,
localizzò uno dei GL. Questo stava distruggendo edifici e
ogni costruzione che aveva avanti se con il solo uso della forza dei
pugni del teknight.
“Cosa
crede di fare? Gli mostrerò come si usa un
teknight.” è quello che la ragazza
pensò prima di fiondarsi sul nemico.
Il
GL notò l’arrivo del suo arrivo e parò
incrociando le braccia, un pugno del MA. Mentre stava per posare i
piedi al suolo, il teknight imperiale alzò entrambe le
braccia, unendo le mani in una stretta, per poi farle cadere con
violenza sulla testa del MA.
«Maledetto!»
il colpo fu violento e il teknight blu venne piegato in avanti. Quella
mossa così inaspettata non fece piacere al pilota della
Phlayrh che reagì.
Con
le mani lo spinse lontano facendolo barcollare. Rimessosi dritto, il MA
attaccò con dei calci alla testa del GL.
«Tsk!
Resistente il tipo.» commentò contrariata nel
vedere il suo avversario coprirsi a riccio con le braccia.
Il
GL attivò i propulsori posteriori che gli conferirono una
grande accelerazione tenendo un braccio allungato. Il movimento
laterale repentino di Yue le fece evitare quella specie razzo che stava
per travolgerla. Data la velocità non riuscì a
fermarsi e andò a conficcare il braccio in un palazzo.
«Ora
sei mio!» Yue si era stancata di quell’assurdo
combattimento.
Ancora
con dei calci, si concentrò sulle giunture degli arti
inferiori che costrinsero il GL ad inginocchiarsi.
Lo
MA blu afferrò il suo coltello metallico, lo
infilò nel busto del GL e tolse la parte metallica scoprendo
numerosi cavi e una piccola apertura nell’abitacolo del
pilota. Yue lo vide affrettarsi ad abbandonare il robot e con
più tranquillità, procedette nel tirare i cavi
esposti. Il GL smise di funzionare.
Alla
sua destra avvertì un notevole spostamento d’aria
e polvere.
Era
l’altro MA che aveva trascinato il malcapitato GL che aveva
avuto la sfortuna di essere stato notato da Shu.
Il
pilota imperiale stava per fare fuoco verso una delle entrate per il
sottosuolo, che si ritrovò trafitto dalla lama affilata del
MA nero. Non gli lasciò né il tempo di difendersi
né la possibilità di accorgersi della sua
presenza.
«Y7
non perdere tempo!» la rimproverò il fratello.
«Sto
lottando seriamen …» si bloccò un
attimo nel vedere il teknight nero estrarre la lama insanguinata dal GL
«Ti prego non esagerare.»
«Pensa
a restare viva!» e lo MA nero volò via.
Kirabo
ne stava affrontando un altro. Non potendo sfruttare la
rapidità e velocità dei movimenti che possedevano
i suoi compagni, decise che per far presto, un attacco a sorpresa
potesse andar bene. L’idea non l’entusiasmava ma
non poteva fare il difficile in una situazione come quella.
Si
avvicinò di soppiatto al GL che aveva designato. Per quanto
grosso, non faceva rumore e sfruttava le macerie e gli edifici per non
farsi vedere.
Quando
gli fu abbastanza vicino corse nella sua direzione tenendo salda
l’ascia.
Il
GL senza esitazione, mirò sul nuovo nemico e fece fuoco. Il
raggio del Red Fusion prese in pieno il teknight della Phlayrh. Come
aveva già testato in precedenza, ad alcuni colpi di
quell’arma, il suo RAD resisteva. Infatti ne uscì
solo con un po’ della corazza danneggiata, gli spigoli
arrotondati e parti metalliche bruciacchiate.
Continuava
la sua avanzata. Lanciò l’ascia che si
conficcò nel braccio del GL.
Il
teknight imperiale sparò un altro colpo, che questa volta
venne in parte evitato per limitare i danni. Ma era orami finito. La
distanza tra i due si era annullata e Kirabo impugnata la sua arma, la
fece affondare nel metallo staccando il braccio, che teneva il fucile.
Stava per far scivolare la lama su uno degli arti inferiori del GL,
quando venne bloccato dalla pronta risposta dello stesso. Non avendo
alcuna intenzioni di arrendersi, il pilota del GL aveva sfoderato la
sua spada ad energia luminosa e con questa aveva tagliato una sezione
della lama dell’ascia.
Per
quanto non si aspettasse una reazione simile, Kirabo agì
velocemente, quasi come se il suo corpo si muovesse automaticamente. Lo
spinse con la mano, facendo maggiore forza ruotando il busto, avendo
così il tempo di sfoderare la sua spada luminosa.
Ora
nella mano destra impugnava l’ascia e nella sinistra la
spada, leggermente più piccola di quella avversaria. Si
lanciò all’attacco.
«Voi
piloti imperiali non siete ancora alla nostra altezza. Per quanto ti
sia comportato bene … la partita finisce
qui!»Kirabo oramai stava per concludere quello scontro.
Vedendolo
arrivargli addosso, il GL portando il braccio in avanti
sferrò un affondo che venne parato con la spada. Con la
guardia scoperta poteva finirlo. Sollevò l’ascia e
con tutta la forza che aveva, la fece precipitare tagliando in due il
teknight imperiale.
Le
due parti si separarono e caddero rovinosamente al suolo. Si vedeva il
pilota tremante dalla paura e svenire.
«Ehi!
Non mi morirai dalla paura? Dopo tutto lo sforzo per non
ucciderti.» e infatti Kirabo nel fendete aveva evitato la
cabina del pilota non tagliando il teknight perfettamente a
metà.
“Devo
cercare Takehito!”.
Takehito
aveva visto tutti gli altri allontanarsi. Solo in quel momento e grazie
a ciò che Shu gli aveva detto, si rese conto che si trovava
in una vera battaglia. Anzi una guerra. Era rimasto solo, circondato da
macerie, scie e lampi luminosi, rumori di crolli e spari. Strinse le
leve di controllo del AU-0 e fece un gran respiro. Non era quello il
momento di esitare o farsi prendere dai dubbi. Aveva deciso di
combattere insieme alla Phlayrh, Aruto gli aveva costruito un teknight
appositamente per lui e Owen non l’aveva ostacolato.
Si
sollevò ad una certa altezza dal suolo e
visualizzò in maniera dettagliata il campo di battaglia.
Alcuni dei GL erano stati già raggiunti dai suo compagni
mentre, altri stavano andando ad ingaggiare battaglia con quelli
più lontani. Ne individuò uno che si muoveva tra
le macerie in cerca di qualcos’altro da distruggere.
L’aveva visto abbattere alcuni edifici con pochi colpi del
fucile a Red Fusion.
Velocemente
fu a poca distanza da lui e cominciò a sparagli con il suo
fucile a proiettili. Pallottole che fecero ben pochi danni, giusto
qualche ammaccatura. Di tutta risposta dei raggi rossi lo sfiorarono e
il GL proseguì nella sua ricerca, ignorandolo. Takehito
continua a seguirlo ma non fece in tempo a fermarlo, che il teknight
imperiale trovò uno degli ingressi nella zona sotterranea
della base. In quel momento c’erano ancora persone che
stavano mettendosi in salvo.
C’erano
ancora alcuni bambini, che vedendo il teknight imperiale avvicinarsi,
vennero fatti scendere velocemente. Lo stesso fecero con i
più giovani. Era una corsa contro il tempo.
Il
fucile a Red Fusion si stava caricando, la luce diventava
più intensa e calda. Molti che erano rimasti fuori, si
prepararono pensando fosse la fine.
Per
fortuna l’AU-0 fece in tempo. Nel modo più
inaspettato si fiondò letteralmente addosso al GL, facendolo
cadere e lasciando volare lontano il fucile. Nella foga e libero da
ogni impedimento, Takehito prese a colpirlo con i pugni, non
lasciandogli tempo e spazio per muoversi. Quei colpi sembravano fare
effetto, addirittura alcune parti del busto del GL vennero incrinate.
Quella situazione però non poteva durare a lungo. Quando
l’AU-0 cominciò a diminuire il ritmo, il teknight
avversario, facendo pressione con le gambe se lo scrollò di
dosso e estrasse la sua spada ad energia luminosa. Quella lama di luce
si abbatté per prima sull’AU-0 che si protesse
innalzando la barriera con l’End eer. Fu efficace per i primi
due colpi mentre il terzo si conficcò nel braccio sinistro
danneggiandolo. Infine con un calcio lo scagliò al suolo.
«Dannazione!»
inveì tra i leggeri lamenti di dolore per gli scossoni.
Il
GL liberatosi dell’avversario tornò al suo compito
principale.
Le
persone che ancora erano rimaste fuori non poterono fare molto.
Quell’arma umanoide era sempre più vicino e le
cose da fare non erano più molte.
Per
non rendere vani gli sforzi fatti fino a quel momento, venne fatta
chiudere l’apertura che conduceva al sottosuolo per mettere
definitivamente al sicuro chi vi era all’interno.
Il
GL era lì quando l’apertura si chiuse
completamente. Affondò la spada nell’apertura ma
non provocò nessun effetto. Provò ancora quattro
volte prima di capire che era inutile.
Se
non poteva fare più nulla per quelli nel sottosuolo, era in
grado di fare qualcosa per quelli che erano in superficie.
Takehito
con difficoltà si era rialzato. Non solo il braccio sinistro
non era più funzionante ma aveva riportato altri piccoli
danni che non rendeva più molto reattivo il suo teknight.
Mentre
si riportava su, aveva assistito alla chiusura dell’apertura
e l’accanimento del GL nel tentativo di infrangerla.
Ora
era fermo con solo la testa girata di lato. Con un rapido movimento del
braccio sollevò la spada nella direzione in cui stavano
cercando di scappare coloro che non erano riusciti a mettersi in salvo.
La
luce che emanava la spada si espanse e divenne più intensa.
I corpi di quella gente si consumò in pochi secondi. La
carne e le ossa si sciolsero con tale rapidità che non
lasciò al dolore il tempo di manifestarsi.
Quell’uccisione
così cruenta fece sentire male il giovane pilota del
‘AU-0 che dovette trattenere a stento dei conati di vomito.
Tossì
più volte cercando di riprendere il controllo di se.
«Come
hai potuto?» disse in un sussurro.
Il
GL non aveva concluso. C’era il teknight della Phlayrh da
abbattere.
«Erano
… persone …»
Il
GL si avvicinava e stava preparando un attacco dall’alto.
«Come
hai potuto fare una cosa simile?» con quell’urlo
Takehito sfoderò la sua arma da taglio. Una lama semi lunga
che posizionò davanti al busto afferrata con la sola mano
destra e quando il GL era ad un passo a far cadere la sua arma sulla
testa dell’AU-0. Takehito affondò la lama nel
busto del teknight imperiale.
Quest’ultimo
di fermò, fece cadere la spada luminosa, che si spense, e si
accasciò.
Era
finito.
Takehito
estrasse la lama, staccando il rottame del GL col piede.
Il
suo respiro era affannoso e si bloccò nel vedere la lama che
reggeva. Era sporca di un liquido rosso. Non faticò a capire
di che si trattava. Nessun componente e materiale usato per i teknight
aveva una consistenza e un colore simile. E poi, appena colpito il GL
si era arrestato. Quello non poteva esser che il sangue del pilota.
La
cosa lo turbò profondamente, tanto che non si mosse
più, con gli occhi allargati e la mani che gli caddero ai
fianchi.
Durante
la battaglia il cielo divenne sempre più scuro illuminato
qua è la da piccole scariche elettriche.
In
quello stato non si accorse di un nuovo nemico che gli si stava
avvicinando.
Non
notò nemmeno quel potente raggio che lo spazzò
via. Si trattava del kei-kan, per fortuna Lev era nei paraggi.
«T9
che succede? Problemi con l’AU-0?» Lev non
ricevette risposta «Sei ferito? Rispondi!»
«Non
sono ferito …» gli rispose dopo un po’.
Kirabo
finalmente lo trovò «T9 tutto bene?»
disse mentre atterrava accanto ai due suoi compagni.
«Kirabo
… » sentì la voce di Takehito tremante
e lamentosa e la cosa lo mise in allerta.
La
pioggia cominciò a cadere da quella coltre scura.
«Va
tutto bene Takehito! Ora non sei da solo.»
«Io
… io ho ucciso una persona!» continuò
con la stessa voce.
I
due suoi compagni compresero cosa lo turbava. Come sempre
l’esperienza di una vera e cruenta battaglia non poteva
lasciare indifferente.
Non
riuscirono ad offrigli alcun conforto, che la Dreizack riprese ad
attaccare ripetutamente la base.
Il
fuoco si concentrò proprio dove si trovavano i tre della
Phlayrh.
«Takehito
fatti forza e segui me.» non notando nessuna reazione gli
strinse la mano e cominciò a sollevarsi dal suolo
«Forza! Ora devi pensare a non morire.»
Tirò
più forte e Takehito si scosse sollevandosi dal suolo e
lasciandosi portare da Kirabo.
«K4
portalo al sicuro. Io vi compro la fuga.» Lev si
posizionò e prese la mira.
Il
kei-kan liberò un altro dei suoi colpi che prese solo di
striscio la Dreizack.
L’aeronave
viola virò. Aveva trovato il RAD che gli stava creando tanti
problemi già da prima.
Si
concentrò su di lui ma essendo ad una altezza elevata,
centrare il bersaglio risultò difficile. Una fortuna per Lev
poiché il kei-kan aveva bisogno di tempo per caricarsi.
Scossoni
e ed esplosioni si alternarono mentre la Dreizack si abbassava.
«Avanti
sbrigati» come sempre per Lev la tensione si faceva sentire
«Un solo colpo … o sono morto.»
L’indicatore
di energia dei kei-kan era finalmente completo, poteva sparare.
L’ultimo controllo e quando la fiancata del motore fu al
centro del mirino, fece fuoco.
Da
uno tra i migliori tiratori della Phlayrh non ci si poteva che
aspettare un successo. La potenza del kei-kan ebbe
l’efficacia desiderata e il tridente volante
sembrò aver subito gravi danni.
Quasi
a scappar via, il RAD 3 volò in direzione dei compagni.
Lo
scontro era sempre più estenuante. La Urano Galeos era tra i
più difficili degli avversari. Nella situazione in cui si
trovavano, i membri della Phlayrh che si trovavano ancora a bordo della
loro aeronave, potevano quasi ritenersi fortunati che non fossero il
loro obbiettivo principale. Facevano quel che potevano per deviare gli
attacchi e ostacolarli. L’unica cosa che erano in grado di
fare era temporeggiare, avere fiducia nei loro compagni e sperare che
le navette con gli abitanti della base partissero al più
presto.
Non
seppero bene quanto tempo fosse trascorso con esattezza tra cannonate,
fucilate e virate. Inoltre il cielo si oscurava sempre più
fino a che non iniziò a piovere. Ma finalmente poterono
avvistare le navette cariche degli abitanti della Hanran. Quello
scontro poteva concludersi.
Si
disinteressarono allo scontro, lasciando la Urano Galeo continuare la
distruzione della base.
«A
tutti i piloti! Ritornare immediatamente alla base. Ritornate
immediatamente andiamo via!» Erin aveva dato il comando di
rientro, lasciando trapelare l’ansia per quella situazione a
rischio.
Il
messaggio venne recepito e tutti i teknight si affrettarono, ben felici
di fare ritorno.
Per
la Urano Galeos fu troppo tardi per impedire la loro fuga. Si era
concentrato nella distruzione della base, considerandola la
priorità assoluta, ignorò
l’eventualità che i suo avversario potesse
scappare.
«Ancora
teknight!»
«K3,
ci penso io!» Shu arrestò la sua avanzata per
fermare i teknight imperiali che vennero mandati contro.
Lo
stesso fece Yue. I due MA affiancati, aspettavano il nuovo scontro.
«Che
fanno?»
«Si
ritirano a quanto pare.»
«Fratello
sicuro che non ci stanno tendendo una trappola?»
Shu
parve analizzare con cura la situazione «Sicuro! Rientriamo
svelta.»
E
infatti era così. I teknight che stavano per fermarli erano
stati richiamati dal loro generale. L’obbiettivo di quella
missione era distruggere la base della Phlayrh, creare un grave danno
all’ organizzazione terroristica che tanto faceva penare
l’impero. Doveva essere il primo passo per la sua totale e
definitiva cancellazione.
Le
navette erano stare agganciate all’aeronave e tutti i
teknight erano rientrati, per fortuna senza aver riportato troppi danni
e con i loro piloti vivi. Sia dal ponte di lancio che dalla sala
comandi e dalle navette, dovettero assistere alla distruzione della
Hanran. La parte superficiale stava collassando e sprofondando. Tutto
veniva distrutto e se qualcuno si fosse trovato ancora lì,
per loro non ci sarebbe più stato un domani.
L’aeronave
avanzava rapida nella sua fuga. Quella fu l’ultima volta che
rividero la Hanran.
«L’hanno
fatto sul serio, eh?»
«Sì,
Lev. La nostra base storica cancellata nel giro di pochissime
ore.» rispose con tristezza Kyla.
«Non
è il momento di piangerci addosso. Dobbiamo pensare alla
sistemazione di tutte le persone nelle navette.»
«Ha
ragione Shu. Ho ricevuto istruzioni da Owen, quindi mettiamoci al
lavoro.» Aruto e Katsu cominciarono a dare indicazioni a
tutti su come dovevano organizzarsi.
Il
giovane meccanico aveva notato che Takehito non si era mosso da
l’AU-0.
«Aruto
devo sbrigare un’altra faccenda ora.» Kirabo gli
indicò con un movimento della testa Takehito, poi
appoggiando una mano sulla spalla di Katsu «Ci penso io a
lui. Ora come ora ,non potresti fare molto.» il giovane
meccanico poté solo affidarsi a lui.
Lo
affiancò in silenzio rivolgendo lo sguardo alla stessa cosa
che stava osservando il ragazzo con occhi vuoti.
Era
l’AU-0 che teneva ancora stretta la lama nella mano destra.
Il sangue era stato lavato via dalla pioggia ma ciò non
bastava a farla apparire pulita agli occhi del ragazzo.
«Fissare
a quel modo questa macchina non ti porterà a nulla. Vieni
con me.» gli diede le spalle e si incamminò,
assicurandosi che Takehito lo stesse seguendo.
Lo
portò nella sua stanza. Sembrava spaesato e confuso eppure
era stato più volte da Kirabo ed era sempre la stessa
stanza. Un po’ di disordine con qualche indumento sparso
sulla sedia della scrivania e sul letto, le riviste di basket messe in
pila su un angolo della scrivania e il suo preziosissimo pallone da
basket firmato da un famoso giocatore. Per quanto fosse bucato, per
Kirabo era un tesoro prezioso.
«Io
non avevo realmente intenzione di ucciderlo. Non so nemmeno cosa ho
fatto.» disse ad un tratto mentre Kirabo stara raccattando
qualche maglietta sul letto per fargli posto. Si
fermò per un attimo e con più lentezza li
sistemò nel mobile e Takehito proseguì
«quando ha ucciso delle persone che tentavano di scappare, si
è scatenata come una grande rabbia dentro di me e
…»
«Non
c’è bisogno che continui.» egli
poggiò la mano sulla testa.
«Ora
mi sento male e non è solo la stretta allo stomaco. Anche tu
hai provato questa sensazione?»
«Ogni
volta che salgo sul RAD, ogni volta che ricordo il mio passato, ogni
volta che qualcuno di voi si tormenta perché non abbiamo
altra scelta se non scendere sul campo di battaglia.»
«Come
si fa a fermare questo dolore?»
«Una
risposta vera e propria non esiste. Dovrai essere tu a
capirlo.»
«Come?»
«Ricordi,
tempo fa ti dissi che essere un pilota significava andare in guerra.
Andare in guerra significa poter uccidere o essere uccisi. Allora non
mi sapesti dare una risposta, ora sai che significa. Parti da qua e
cerca la risposta.»
«Per
come mi sento ora non voglio salirci più su un
teknight.»
«Anche
questa potrebbe essere una possibilità.» si mise a
sistemare il letto mentre Takehito restò fermo
all’in piedi.
«Vado
a prendere un altro materasso. Per stanotte resti a dormire da
me.»
«Voglio
restare solo.»
«Per
come stai è meglio di no.» così detto
uscì e tornò pochi minuti dopo con il materasso.
Lo trovò che era seduto sul letto ad osservare
l’esterno attraversò la finestra. Il cielo ora era
sgombro dalle nubi puntellato da numerose stelle.
«Non
penso riuscirò a dormire. Se chiudo gli occhi mi
ritorna in mente.»
«Per
questo c’è bisogno di qualcuno che ti faccia
compagnia.»
«Come
procede, Aruto?» Owen aveva raggiunto la sala dei teknight.
«Abbiamo
finito.»
Tutti
i nuovi imbarcati erano stati fatti sistemare tra le navette e
l’enorme sala dei teknight. Spostarsi in quegli ambienti era
quasi impossibile, dopotutto erano state sistemate quasi mille persone.
Purtroppo ne mancavano all’appello quasi cinquecento.
«Dobbiamo
trovare al più presto dove portarle.»Aruto sperava
che il generale comprendesse che si trovavano in una situazione
rischiosa.
«Andremo
a Mutinous.» fu la secca risposta di Owen.
«In
un'altra base? Se ci scoprissero?»
«Yakov
ci ha reso sicuro il tragitto.»
«Pensi
sia la scelta giusta?»
«Anche
Erin è d’accordo.»
«Spero
solo non succeda nulla tra quei due.» concluse Aruto
rivolgendo il suo pensiero a Lev.
«Takehito?»
cambiò discorso Owen.
«E’
con Kirabo. Per ora ci pensa lui.»
«E
Yue? Non la vedo.»
«E’
salita in camera sua con Shu.»
«Vado
da lei! Devo riportale una bella notizia.»
«Riguarda
Seref?» domandò speranzoso il meccanico.
«Sì!
Si è svegliato e le sue condizioni sono buone. Ora si trova
proprio a Mutinous, dove Lara ha trovato rifugio.»
«Che
bella notizia! Vado a dirlo subito anche agli altri.» Aruto
se ne andò.
Owen
riportò l’ ultime novità e ai due
fratelli, che ovviamente ne furono molto felici, in particolar modo Yue
non stentava a trattenere la gioia.
Passò
anche da Kirabo per aggiornarlo.
«Che
sollievo! Per fortuna sta bene.»disse piano Kirabo.
«Questa
volta ci ha fatto preoccupare sul serio.» ma ogni paura era
ormai passata e Owen poteva dirsi più sereno.
«Non
posso nemmeno rimproverarlo non essendo colpa sua.» Owen si
lasciò andare in un leggera risata al commento di Kirabo.
«Piuttosto
Owen, Lev sa dove stiamo andando?»
«Sì,
è stato lui stesso a convincermi di fermarci
lì.»
«Cerchiamoli
di farli stare il più lontano possibile.»
«Cominciamo
con l’arrivare a Mutinous e affrontare un problema alla
vola.» disse l’uomo prima di salutare e dare
l’ultima occhiata al sonno agitato del giovane pilota che
Kirabo ospitava.
Angolo
dell'autrice:
Da qui ci
sarà un cambiameto per Takehito. E' arrivato un momento
diffcile che dovrà superare.
Da qui ci si
avvia verso la fine ( ma ci saranno ancora un pò di
capitoli, un numero ancora non ben definito). Diciamo che staimo dopo
la metà.
Come sempre
ringrazio continua leggere e il grande recensore belfire99.
Al prossimo cap
;)
|
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Capitolo 17 *** Section 16 ***
Argest
Age – section 16
«Pare che siano
stati sistemati tutti.»
«Grazie
per l’aiuto.» Owen pronunciò solo quelle
parole, che sembravano avere più un tono formale che di vera
gratitudine. Era seduto in un angolo del divano con una mano appoggiata
su una delle tempie e l’altra adagiata sulla gamba. Era vinto
dalla stanchezza e dalle troppe preoccupazioni.
L’uomo
che era entrato nella stanza leggermente illuminata, gli si
avvicinò e si sedette al suo fianco. Nonostante la leggera
oscurità, lo poté osservare bene. Era uguale
all’ultima volta che lo vide qualche anno prima. Un uomo che
non si faceva ignorare, pronto a scrutare l’altro con quei
suoi occhi castani sfaccettati da linee verdi che gli contornavano la
pupilla, duri e severi. Le sopracciglia per lo più sempre
aggrottate che gli lasciavano segni profondi sulla fronte. Nemmeno i
suoi capelli persero un po’ del loro colore castano mentre
quelli di Owen diventavano bianchi.
«Avete
corso un bel rischio! Non dovevi uscire dal nascondiglio.»
ecco che l’uomo cominciò con l’esporre
le sue critiche.
«Dovevamo
recuperare Shu e Yue.» sapeva che quella risposta,
così semplice e a parere suo ovvia, sarebbe stata
l’inizio di una conversazione che sperava durasse il meno
possibile.
«Li
avreste potuti far salire a bordo in un secondo momento. Se non sbaglio
avevano anche gli MA con loro.»
«E con
questo? Sarebbero stati di certo più al sicuro con noi che
chissà dove con le forze imperiali sulle nostre
tracce.»
«Ti
preoccupi così tanto degli imperiali che collabori con
loro?» disse sarcastico.
«Conosci
perfettamente il caso di Falk.»
«Chi ti
dice che è rimasto lo stesso di un tempo o che le sue
intenzioni fossero state buone fin dall’inizio? Tutto
ciò che è accaduto poteva far parte di un piano
ben preciso. Conosce l’ubicazioni delle basi, conosce le
vostro modo di agire ….»
«Stai
insinuando che non saremmo dovuti andare in soccorso della gente di
Hanran?»
«Ti sei
buttato da solo nella fossa dei leoni.»
«Se non
fossimo intervenuti molta più gente sarebbe morta.»
«Dovrebbero
essere in grado di cavarsela da soli.»
«Yakov,
se questa sorte fosse toccata a Mutinous avresti il coraggio
di dire lo stesso?»
«Avrei
difeso Mutinous e scacciato i nemici. Ma se per disgrazia fosse caduta
a causa della mia incapacità, non saresti dovuto
intervenire. La base centrale della Phlayrh non deve cadere anche al
costo di qualche sacrificio.»
«Qualche
sacrificio?» sussurrò adirato «Per
quanto passi il tempo, per quanta gente hai visto morire e per quanta
sofferenza sopportiamo non riesci a trovare altra via.» Owen
si alzò dal divano a fatica come se fosse più
stanco di prima.
«Scappi?»
il tono ancora ironico di Yakov fece fermare per un attimo il generale.
«Vado a
fare ciò per cui ero venuto, cioè riposarmi e non
sentire il solito mucchio di sciocchezze.» così
dicendo abbandonò la stanza lasciando da solo il suo
interlocutore scuro in volto.
Una volta uscito,
percorse un corridoio molto lungo che si snodava in diversi punti, fino
a raggiungere un ascensore che lo condusse tre piani più in
basso. Quello in cui si trovava era un modesto edificio con pochi
piani.
Per quel caso di
emergenza, tutte le sale che non erano strettamente necessarie per il
lavoro di ufficio, ovvero una grande sala incontri e due archivi,
vennero utilizzate come appoggio dai membri della Phlayrh.
Una volta
arrivato nelle vicinanze dei luoghi di cui avevano preso possesso,
sentì il gran vociare. Aprendo la porta il chiacchiericcio
che si sentiva all’esterno venne amplificato e davanti
l’uomo si presentò una situazione alquanto
caotica.
I ragazzi si
stavano sistemando per la notte. Li vedeva discutere animatamente, se
non litigare, per chi avesse usato i sacchi a pelo e chi i materassi,
per chi dovesse posizionarsi sotto la finestra e chi lontano e per chi
voleva più coperte. Neanche fecero caso ad Owen che si
avvicinò alla figlia senza badare troppo alla confusione.
«Kyla
sai dov’è la mamma?» le
domandò piano senza farsi sentire dagli altri presenti.
«Sta
nell’archivio affianco … Kirabo non ti azzardare!
Quella coperta è mia!»
Owen
pensò bene di lasciarli alla loro organizzazione. Gli
bastò quella poca attenzione che la figlia gli aveva rivolto
e andò nella stanza affianco.
Bussò
prima di entrare come per annunciarsi. C’era soltanto Erin,
anche lei intenta a sistemare un letto di fortuna.
«Già
di ritorno?» gli chiese adagiando una coperta di lana su due
materassi singoli uniti.
«Non si
stava tranquilli nemmeno lì.»
«Perché?»
«Yakov.»
sospirò.
Quel nome
bastò per farle capire la situazione.
«Non ci
pensare più di tanto. Piuttosto pensa che abbiamo un stanza
tutta nostra e qualcosa che si avvicina molto ad un letto caldo e
confortevole.»
«Mi va
bene anche il pavimento.» commentò sdraiandosi sul
materasso.
Effettivamente
era comodo e la coperta di lana svolgeva bene il suo dovere.
«Affianco
manca qualcuno?» continuò voltandosi sul fianco
nella direzione di Erin.
«Gli
adulti si sono presi gli archivi e i ragazzi la sala congressi.
Però di là manca Takehito.»
«Dov’è?»
«Con
Lara e Aruto nell’archivio in fondo.»
«E’
così provato che non vuole nemmeno stare con gli
altri.» costatò mestamente.
«Hanno
provato a convincerlo ma non c’è stato
verso.»Erin si sdraiò al suo fianco e
cominciò ad accarezzargli delicatamente il volto.
Il marito si
lasciò andare al suo tocco e dopo un po’ le si
avvicinò di più. Lei lo abbracciò
continuando a fargli dolci carezze.
«Sono
stanco … vorrei che questa dannatissima guerra
finisse.»
«Finirà.
Un giorno finirà.» gli disse dolcemente.
Restarono
così per molto tempo. Finalmente Owen riuscì a
lasciar andar via un po’ di tensione.
«Stanno
ancora litigando.» constatò l’uomo che
avrebbe tanto desiderato il silenzio per abbandonarsi completamente al
sonno.
«Vedrai
che si addormenteranno anche loro.» nel frattempo le voci,
per quanto soffuse, continuavano a farsi sentire.
«Spero
presto.»
La porta
bussò e dallo spiraglio della porta socchiusa apparve il
volto di Kyla.
«Mamma,
papà posso dormire qui?»
Dopo un attimo di
sorpresa Erin la face entrare «Certo!»
Si tirarono su
mentre Kyla entrò e chiuse la porta alle sue spalle.
«Successo
qualcosa di là?» le domandò il padre
notando il suo sguardo alquanto alterato.
«Kirabo.»
«Che ha
fatto questa volta?» proseguì Erin interessata.
«E’
un prepotente! Voleva per forza dividere la coperta con me
perché dato che è troppo lungo ne voleva avere
due.» spiegò.
«Non
poteva dividerla con qualcun altro?»
«Lev si
muove troppo mentre dorme, Katsu se l’è svignata
nel sacco a pelo e Shu e Yue si sono rifiutati, ma figurati se va ad
insistere con loro due.» ai due genitori scappò un
sorriso.
«Guardate
che non lo sopporto seriamente.» Kyla mantenne un tono serio.
«Vi
comportate allo stesso modo di quando eravate piccoli.» le
fece notare la madre.
«Non
è colpa mia se è cresciuto solo in
altezza.» fece offesa.
«Che ne
dite se ci mettiamo tutti e tre sotto le coperte che comincia a fare
freddino?» Owen le fece cenno di mettersi nel letto.
La ragazza non se
lo fece ripetere.
«Si
può sapere di che altro stanno discutendo?» Owen
era sempre più desideroso di dormire.
«Si
stanno contendendo una stufetta, Yue si sta battendo perché
vuole che si lasci un po’ la tenda alzata così
può vedere quando si fa giorno e andare da Seref in ospedale
il più presto possibile. Gli altri non voglio specialmente
Shu, e infine, stanno già pensando a chi andrà a
lavarsi per prima domani.» Kyla gli fece l‘elenco
completo.
«Ma
dico sono cinque e non riescono a mettersi
d’accordo?»
«Shhh!»
Owen le interruppe facendo segno di fare silenzio ponendo
l’indice avanti al naso.
Improvvisamente
le voci divennero più basse e poi più nulla
«Hanno finito.» affermò piano, timoroso
che fosse solo un’illusione.
«Pare
di si.» Kyla gli diede conferma.
Il silenzio
continuava a persistere tanto da dare fastidio alle orecchie.
«Che
dite se spegniamo la luce e ci addormentiamo anche noi?»
propose Erin sbadigliando stanca.
«Non
aspetto altro.» Owen lo disse con un tale senso di sollievo
che si coprì con la coperta fin sotto al naso chiudendo gli
occhi.
La luce venne
spenta e poterono abbandonarsi al sonno.
Alcuni giorni dopo
«Quanto
tempo resterete lì?»
«Non lo
so con precisione ma penso per un bel po’.»
«Kirabo
sicuro di stare bene?» la sua interlocutrice,
dall’immagine olografica della videochiamata, era
preoccupata.
«Sto
bene.» le rispose più per tranquillizzarla, poi
continuò «è che sono un po’
preoccupato ma non so cosa fare.»
«Takehito?»
Shae era sempre in grado di capire qualunque suo pensiero.
«Sì.
Cerchiamo di tenerlo impegnato però fa di tutto per
evitarci. È come se si sentisse in colpa per quello che ha
fatto.»
«Ammetterai
che quando eravamo noi alle prime armi e ci trovammo costretti ad
uccidere non stavamo certo bene. Abbiamo imparato a sopportare, vedrai
che accadrà lo stesso anche per lui.»
«Spero
che non gli abbiamo dato un fardello troppo pesante.»
«Però
c’è ancora qualcosa’altro che non va,
indovinato?»
«Sarò
mai capace di nasconderti qualcosa?»
«Non
azzardarti mai a farlo che te ne farò pentire
amaramente!» gli disse con fare minaccioso.
«Tranquilla
non ci tengo.» Kirabo lasciò che una risata gli
mutasse quell’espressione triste che aveva.
«Allora?»
lo esortò la moglie.
«Ho
paura e comincio a non reggere più.» ammise piano.
Shae fece per
avvicinargli una mano, voleva accarezzarlo ma non era possibile. A quel
gesto il volto del marito si intenerì.
«Ho
paura di perderti, ho paura che possa accadere qualcosa a Fuhara
… e ho paura che possa lasciarvi sole. Ci sono
più di una cinquantina di bambini di Hanran che sono rimasti
senza genitori e quando sto con loro mi si strazia il cuore.»
questa vota fu Kirabo a tenderle la mano «per quanto ci
affanniamo sembra non cambiare nulla.»
«Però
tu non puoi cedere!» la sicurezza di Shae lo riscosse un
pochino «sei il punto di riferimento dei più
giovani. Pensa solo a Shu e Yue. Sei come un fratello maggiore se non
qualcosa di più. E non ti dimenticare dei nostri amici, se
andiamo avanti è perché ci sosteniamo
l’un l’altro.»
«E’
pesante!»
«Io
resto con Fuhara alla base e tu combatti. Lo stabilimmo anni fa. Ti ho
lasciato sulla Phlayrh perché tra noi due sei quello che ci
è più legato ma se ti pesa così tanto,
possiamo anche scambiarci i ruoli.» Kirabo rimase sorpreso da
tali parole e dalla forza con la quale venivano pronunciate
«Tu combatti anche per me!» proseguì.
Seguì
qualche attimo di silenzio. Il messaggio venne recepito ed e
gli diede la motivazione e il sostegno che gli serviva.
«Pare
che me lo sia dimenticato per un attimo. Ora va meglio.»
«Vedi
di non dimenticarlo più. Ah! Fuhara è ancora
arrabbiata per quella volta.»
«Quale
volta?»
«Quando
sei andato in soccorso di Shu nella missione in Africa e poi ve ne
siete andati via.»
«Eppure
l’altro giorno le ho parlato ma non mi sembrava
arrabbiata.» rifletté un po’ sorpreso.
«All’apparenza
no ma non fa atro che ripetere che se non le porterai un bel regalo
come le hai promesso, ti metterà le lucertole nel
letto.»
«Lucertole?»
ripeté quasi spaventato.
«Si si
lucertole, dice che quando mordono fanno male. Per ora è
l’unico rettile le consento di prendere. Ti ho raccontato di
questa sua passione, no?»
«Mi
affretterò a trovarle un regalo.»
«Kirabo!
Kirabo!» dall’esterno della stanza in cui stava,
Kirabo sentì Katsu chiamarlo con insistenza.
«Shae
aspetta un attimo.» Kirabo uscì e si
ritrovò avanti Katsu con il fiatone.
«Che
succede?» domandò al ragazzo.
«Kirabo
va a calmare Lev! Takehito sta facendo una simulazione di combattimento
con Yakov ma quando Lev l’ha saputo, si è
infuriato. Ora sta facendo anche lui la simulazione ma quando finiscono
non so che intenzioni avrà.»
«Takehito
e Yakov? Non è un buon momento per far conoscere quei due.
Takehito stava con te?»
«Sì.»
«Perché
non l’hai fermato?»
«Non ha
ascoltato.» il giovane meccanico si sentì in colpa.
«Tranquillo
ci penso io» rientrò nella stanza.
«amore …»
«Ho
sentito, vai. Mi chiamerai la prossima volta che potrai.»
«Ciao,
allora.»
«Caio,
amore mio.» la conversazione si chiuse e Kirabo
seguì di fretta Katsu.
«L’aeronave
ha ancora un sacco di guasti da riparare.» Katsu ricevette un
mugolio per risposta dall’amico che gli camminava accanto.
«Dovremmo
fare una sorta di tabella di marcia o non la ripariamo
più» ancora un mugolio.
«Ehi!
Ma mi stai ascoltando?»
«Sì.»
una risposta meccanica.
Dopo la battaglia
Takehito aveva perso ogni energia ed entusiasmo. Lasciava che le cose
gli scorressero addosso.
«Andiamo
a distrarci un po’?» non sapeva che fare per farlo
sentire meglio.
«Tu
saresti il nuovo pilota della Phlayrh?» una voce scontrosa e
beffarda li raggiunse dalle loro spalle.
“Dannazione!
Lui no.” pensò Katsu.
I due
ragazzi si voltarono senza dire nulla mentre l’uomo, che si
era rivolto loro, si fermò a pochi centimetri, guardandoli
dall’alto verso il basso.
«Un
ragazzino senza spina dorsale!» quel tizio aveva deciso di
insultare il giovane pilota.
«Yakov,
non è il momento.» Katsu si frappose fra i due e
l’uomo fu costretto a distogliere lo sguardo dal pilota.
«Sei
impegnato a piangerti addosso, ragazzino?» Takehito
alzò gli occhi verso quelli dell’uomo, minacciosi
e derisori. Lo misero a disagio ma gli fecero anche scattare una certa
rabbia.
«Che ne
sa di cosa ho per la testa?» gli domandò calmo.
«Cose
inutili!»
«Yakov
per favore smettila! Su Takehito andiamo via.» Katsu lo
afferrò per un braccio e trascinarlo con se ma
l’amico non si mosse.
I suoi occhi
erano fissi in quelli di Yakov stretti in due fessure.
«Non
sono cose inutili.» affermò con fermezza.
«Allora
dimostramelo. Stai così dopo aver ucciso un tuo nemico,
giusto? Fammi vedere quello che hai nella testa!»
«Takehito
non dargli retta.» Katsu provò ancora dal
dissuaderlo ma venne ignorato.
«Ti
propongo una simulazione di combattimento. Fammi vedere quello che sai
fare ragazzino.» per l’uomo era il momento giusto
per ottenere ciò che voleva.
«Va
bene! Fammi strada.»
«Takehito
fermati! Non è una buona idea, credimi!»
«Katsu
lasciami andare.» lo strattonò e si
liberò dalla sua presa.
Katsu
continuò ancora a convincerlo di rifiutarsi ma non volle
sentire ragioni. Attraversarono diversi corridoi
dell’edificio in cui si trovarono e raggiunsero i simulatori.
Erano situati in
una grande sala al cui interno, oltre i simulatori veri e propri, posti
al centro, era ricca di computer per la rilevazione e la elaborazione
dei dati raccolti.
«Cosa
sei abituato pilotare?» Yakov era pronto ad impostare i dati
per la simulazione.
«Il mio
teknight è stato costruito sulla base di un TH ma le
prestazioni eguagliano quelle di un GS o del RAD 3.»
«Puoi
anche metterti in posizione.» l’uomo
terminò di immettere le informazioni necessarie e il
portello di uno dei simulatori si sollevò.
«Takehito
non devi dimostrare niente a nessuno! Lascialo perdere e torniamocene
indietro.» Katsu l’aveva afferrato per le spalle e
fatto girare.
«Non ti
intromettere!» Takehito si liberò dalla presa e lo
spinse lontano, furente si sistemò nella sua postazione.
Yakov gli
lanciò uno sguardo di vittoria e ed entrò in uno
dei simulatori. Il giovane meccanico non poté fare altro che
restare ad osservare.
La postazione del
simulatore era identica in tutto e per tutto ad una comune cabina di
pilotaggio di un teknight. Intorno a lui i pannelli che permettevano di
vedere l’esterno, visualizzavano come campo di battaglia, uno
spazio verde con pochi alberi a ridosso di una città, che
sembrava essere uscita da un bombardamento. In quel momento Takehito si
trovava sospeso in aria. Come prima cosa, ritenne fosse più
prudente scendere e nascondersi dietro o in qualche costruzione ancora
in piedi.
Cominciò
a tremare senza nemmeno rendersene conto. Si sentiva agitato, il
respiro divenne affannoso e cominciava a sudare freddo.
“Devo
calmarmi … è solo una simulazione, non
è un combattimento reale.” è
ciò che si ripeteva mentalmente e parve, che a poco a poco,
questa consapevolezza lo tranquillizzò.
Doveva trovare
quell’uomo e chiudere in fretta la questione.
Scansionò l’area circostante senza rilevare nulla.
Così cominciò a muoversi tra le macerie e le
mura, senza esporsi troppo, alla ricerca dell’avversario. Per
quanto si stava sforzando non riusciva a trovarlo.
«Dove
diamine è?» la calma, che a fatica aveva
riacquistato, stava svanendo.
Poi
improvvisamente sullo schermo comparve qualcosa. Era un altro teknight,
uno simile al suo che gli stava precipitando addosso, sparandogli dalle
armi che aveva sulle spalle.
Ebbe appena il
tempo di scansarsi e rispondere con alcune piccole bombe che gli
lanciò.
Il teknight
sguainò la sua spada luminosa e tagliò in due le
bombe facendole esploderle in aria, dopo di che, eseguì una
serie di affondi. Takehito riuscì a schivarli ma ogni volta
che ne scansava uno, il suo stato di malessere aumentava.
Fu costretto a
sfoderare anche la sua di spada per difendersi da un'altra serie di
attacchi. Quando vide la possibilità di fare breccia nella
difesa dell’avversario, era pronto per sferrare un attacco
decisivo che avrebbe diviso in due il teknight ma qualcosa lo
bloccò. Non portò a termine il suo
attacco e si allontanò il più possibile verso gli
alberi.
«Non
scappare! Avevi l’opportunità di
distruggermi» il tono di Yakov era volutamente provocatorio
«Ti stai deprimendo perché hai ucciso un tuo
nemico in battaglia, non è così?»
sperava gli giungesse una risposta ma poté notare solo che
il ragazzo si era fermato dietro un albero.
«Cosa
c’è di male? I nemici vanno uccisi ... tutto
l’impero Argest va cancellato, annientato non ne deve
rimanere neanche il ricordo.»
Takehito
ascoltava con attenzione. Ogni parola gli sembrava sbagliata, si
scontrava con il senso di colpa che lo stava dilaniando in
quei giorni.
«Se non
l’avessi ucciso tu l’avrebbe fatto lui.»
continuò Yakov.
A Takehito
tornarono in mente le immagini dello scontro. Quando la sua lama
trapassò il metallo. Era sconvolto per
l’assassinio brutale che era stato costretto ad assistere,
impotente. Si mosse per difendersi, per fermarlo.
«Sul
campo di battaglia non devi pensare a difenderti, non devi pensare a
difendere qualcun altro, il tuo unico pensiero deve essere quello di
uccidere i tuoi nemici, senza rimorsi e senza
pietà!» Yakov lo aveva raggiunto e
tagliò l’albero dietro il quale si nascondeva.
Il teknight di
Takehito indietreggiò, voltandosi nella sua direzione. Yakov
si preparò ad un attacco verso l’alto,
sembrava pronto per un’esecuzione.
Si stava
ripetendo la stessa scena, la stessa posizione. Con occhi sbarrati che
non riuscivano a contenere il vortice di sentimenti negativi che gli
attanagliavano l’animo e le mani ferme, posizionarono la
spada davanti a se, all’altezza del busto.
«Muori.»
sussurrò il ragazzo.
Doveva solo
all’ungare le braccia e sarebbe finito.
Appena in tempo
arrivò un altro teknight, allontanò quello di
Yakov che cadde a terra rovinosamente. Questi con il suo fucile gli
rese inutilizzabili braccia, gambe e telecamere.
Sullo scherno
dell’abitacolo, Yakov venne segnalato come sconfitto e subito
dopo l’ultimo arrivato abbandonò la simulazione
decretando la sua fine.
I macchinari si
spensero e i portelloni si aprirono.
«Takehito!
Tutto bene?» il terzo che si unì alla simulazione
non era altri che Lev.
Si era trovato a
passare per lì e notò Katsu abbastanza allarmato.
Non ci mise molto a fargli spiegare cosa stesse accadendo, nonostante
il meccanico fosse un po’ restio.
Lev si
precipitò da Takehito che faticava a far entrare aria nei
polmoni per quanto fosse agitato.
«Non
è successo nulla, sta tranquillo.» Lev gli era
vicino e gli massaggiava le braccia per tranquillizzarlo. Parve
riuscirci ma i suoi occhi racchiudevano un’orribile
consapevolezza.
“Muori”.
Il compagno
credendo che si fosse ripreso, rivolse la sua attenzione a colui che
aveva dato inizio a tutto.
«Che
volevi fargli? Approfittare della sua debolezza per ficcargli in testa
le tue stupidate?»
«Che ti
interessa che volevo fare?»
«Hai
ragione non mi interessa, tanto qualsiasi cosa tu faccia è
qualcosa di male. Quindi non ti avvicinare più a
lui!»
«Lo
farò se vorrò. Non mi interessa cosa
pensi.»
«Sei un
vile!» furibondo lo afferrò per la maglia.
«Lev!»
il richiamo di Kirabo bastò per fermarlo. Lasciò
andare Yakov che si sistemò la maglia e si
allontanò rivolgendo occhiate d’astio a Kirabo.
“Giusto
in tempo.” Kirabo ne fu sollevato «Andiamo a darci
una calmata tutti quanti.» il suo sembrò
più un ordine che un consiglio.
Tornarono tutti
nella stanza in cui dormivano i ragazzi, dove all’interno vi
era solo Kyla intenta a studiare alcune carte.
«Cosa
è successo?» la giovane
percepì subito che qualcosa non andava. Kirabo con uno
sguardo insolitamente duro, Lev che sembrava volesse fare a pugni con
qualcuno, Katsu decisamente nervoso e Takehito se possibile era ancora
più scuro in volto.
Kirabo le
spiegò la situazione.
«Siamo
alle solite. Vado a prendervi qualcosa.» così
uscì per pochi minuti, tornado con bicchieri e alcuni termos
contenenti tè, cioccolata calda e caffè.
Kirabo e Katsu
presero volontariamente rispettivamente del caffè e del
tè mentre agli altri due, Kyla li forzò a
prendere della cioccolata, ritenendola più adatta per farli
calmare.
«Takehito,
perché hai accettato di fare quella simulazione? In questi
giorni non volevi nemmeno avvicinarti ad un teknight.» Kirabo
ruppe il silenzio.
«Non lo
so.» rispose guardando la tazza fumante tra le mani.
«Perché
ti ha provocato e tu ci sei cascato come uno stupido.»
ribatté il meccanico stanco dell’atteggiamento di
Takehito.
«Non
è vero!»
«Allora
perché? Sono giorni che ti tormenti, poi arriva uno che ti
insulta e tu cedi. Ho provato a fermarti ma tu nulla.» Katsu
era in piedi e aveva alzato la voce.
L’amico
non disse nulla non aspettandosi una reazione del genere.
«Non
sai che dire? Tanto ormai è chiaro che fai sempre come vuoi.
Vedi di schiariti le idee.» mandò giù
l’ultima sorsata di tè ed uscì agitato.
Kyla fece per
seguirlo ma Kirabo la trattenne, sicuro che si sarebbe calmato da solo.
«Che
cosa è successo esattamente durante la simulazione? Stavi
peggio di quando sei uscito dall’AU-0 l’ultima
volta.»
«Nulla
di particolare, Lev.» Takehito continuava a mantenere la
testa china.
«Tenerti
tutto dentro non ti farà bene … nemmeno
a chi ti sta intorno.» la giovane gli si rivolse con fare
dolce, facendo chiaramente riferimento a Katsu.
Come un fiume i
cui argini non riuscivano più a contenere l’acqua
dopo un’abbondante pioggia, Takehito cominciò a
far straripare i sentimenti logoranti che si erano abbattuti
prepotentemente su di lui.
«Io
davvero non so cosa mi stia succedendo» aveva appoggiato il
bicchiere, mantenendo il volto rivolto verso il basso
«però se prima il pensiero di aver ucciso qualcuno
mi faceva stare male, ora ho paura di me stesso.» un leggero
fremito lo scosse.
Seguì
una lunga pausa in cui nessuno disse nulla, lasciando al ragazzo il
tempo di prendere coraggio e proseguire.
«Solo
quando mi sono reso conto di ciò che avevo fatto, ho capito
che stavo combattendo in una guerra. Volevo pilotare i
teknight perché mi piacciono, volevo farlo anche qui
perché non ho più un posto dove tornare e volevo
rendermi utile. Di quello che è accaduto, incominciavo a
farmene una ragione … e adesso ho paura di me
stesso.» fece un’altra piccola pausa
«durante la simulazione avevo paura, anche se ero consapevole
che il campo di battaglia era finto, che non sarebbe accaduto nulla
né a me né a quell’uomo. Stavo
scappando e lui sapeva perché. Sapeva che avevo ucciso il
pilota del GL e continuava a dire che quello che avevo fatto era
giusto, che non dovevo avere pietà per nessuno. Quando stava
per attaccarmi, non è stato come l’altra volta in
cui il mio corpo si mosse da solo. Io lo volevo morto. Poi Lev ci ha
interrotto … forse non dovrei più salire su un
teknight.»
Lev
sospirò pesantemente : «Tutto quello che ha detto
e fatto aveva il solo scopo di farti credere che ciò fosse
giusto. Essendo mio padre lo conosco bene e non è altro che
un uomo divorato dall’odio. Non si è
fatto scrupoli nel mettere in pericolo la vita di mia madre e di una
giovane ragazza, pur di fermare Argest. Da qualcuno che non si ferma
nemmeno davanti alla morte delle persone care, non puoi aspettarti
altro. La guerra non è una cosa giusta ma pare sia
l’unica possibilità. Ma per quanto possibile,
cerchiamo di evitare morti inutili e di avere pietà per chi
abbiamo di fronte.»
Takehito
restò quasi sconvolto, rivolgendo la sua attenzione al
biondo.
«C’è
anche chi alla guerra ha trovato un’altra via da percorrere.
Orami anche tu sei venuto a conoscenza di Falk» Kyla
ricevette un cenno affermativo del capo del ragazzo «Lui
faceva parte della Phlayrh ed era cresciuto insieme a me, Lev e Kirabo.
Abbiamo sognato, affrontato difficoltà, litigato e
combattuto insieme, tuttavia lui, la guerra la detestava e riteneva che
con essa non avremmo ottenuto nulla. Alla fine andò via con
l’intento di voler cambiare le cose partendo dalle persone,
cambiando il loro modo di vedere le cose e cercare un modo per vivere
insieme pacificamente.»
Takehito sembrava
più confuso di prima. Per quale motivo gli dicevano tutte
quelle cose? Le sue idee riguardanti la battaglia che portava aventi la
Phlayrh, si erano fatte già poco chiare e le versioni
discordanti non facevano che rendere tutto più complicato.
«Takehito,
voglio farti vedere una cosa. Poi ti lasceremo il tempo di riflettere
con calma.»
Kirabo si
alzò e fece per aprire la porta e rivolgergli lo sguardo.
Takehito poco
convito lo seguì e lo condusse al penultimo piano
dell’edificio. Arrivati si poté udire la
confusione creata dal chiacchiericcio, dalle urla e dai pianti di
bambini. C’erano tre sale molto grandi congiunte da un
corridoi piuttosto stretto.
Kirabo
entrò in una di quelle stanze piena di bambini.
C’era sempre qualche adulto che li controllava e pronto per
ogni loro necessità.
In quello stesso
edificio in cui stava da alcuni giorni non sapeva che a due piani
più in alto, ci fossero così tanti bambini.
Dovevano essere all’incirca una cinquantina. Ma a
Takehito non era ancora chiaro il motivo per cui Kirabo
l’avesse portato lì. Provò a
domandarglielo ma non era più al suo fianco. Si era
allontanato senza che se ne accorgesse.
«Takehito
vieni qui!» l’aveva ritrovato e gli si
avvicinò «dammi una mano a distribuire la merenda
ai bimbi.» e gli diede diversi dolcetti da reggere.
In
realtà non sapeva bene che cosa dovesse fare e
così si limitò a seguirlo. Furono stesso i
bambini che gli si avvicinarono e presero il loro dolcetto.
«Sai,
loro sono rimasti tutti senza genitori dopo che la Hanran è
andata distrutta.» lo disse piano «a me non piace
combattere, non voglio vedere la gente soffrire e mi arrabbio tanto
quando Shu si lascia prendere la mano però … io
ero un orfano. Non ho mai saputo chi fossero i miei genitori, prima di
imbarcarmi sulla Phlayrh non facevo altro che lavorare ed ero solo un
bambino. Avevo un desiderio, quello di giocare a basket e non potevo
farlo. Ci sono tanti bambini e persone che si trovano nella stessa
condizione in cui mi trovavo io. Quando siamo tornati da Hanran, mi hai
chiesto come si faceva a fermare il dolore. Un modo per fermalo non
c’è ma si più sopportare. La mia
risposta sono loro, questi bambini e tutti le persone costrette a
subire soprusi. Mi piacerebbe se Falk riuscisse nel suo intento ma ha
deciso di combattere una battaglia ancora più ardua della
nostra.»
Takehito rimase
fermo non sapendo che rispondere o pensare.
Poi il pianto di
una bambina lo riscosse. Non sapeva nemmeno lui perché le si
stesse avvicinando ma si lasciò guidare dal suo istinto. Si
abbassò alla sua altezza e prese ad accarezzale i capelli
piano.
Angolo
dell'autrice:
Salve a tutti e buone feste!
Approfitto di questi giorni in cui ho più libertà
per portarmi avanti con i capitoli che stanno prendendo una piega un
pò diversa da come li avevo pensati all'inizio.
Povero Takehito è decisamente tormentato ma è ad
un punto di svolta. Come risolverà?
Grazie per chi continua a seguire anche se silenziosamente.
Ci vediamo nel 2015 con il prossimo capitolo.
Buona fine anno e strepitoso anno nuovo! ;)
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Capitolo 18 *** Section 17 ***
Argest Age –
section 17
«No,
il tetto deve essere rosso!» Takehito venne ripreso da una
piccola bambina di sei anni di nome Miyu. Si trovavano nella grande
sala riunioni, dove i ragazzi della Phlayrh alloggiavano.
Una
settimana prima dopo la paura, il senso di colpa, il rimorso, il
terrore dei suoi stessi pensieri e il confronto con i compagni, era
molto confuso. Poi Kirabo lo sorprese, portandolo in quella stanza
piena di bambini. Lì il pianto di Miyu aveva catturato la
sua attenzione e come se ogni pensiero fosse svanito, si fece guidare
dal suo istinto senza farsi domande. Le si era avvicinata e
l’accarezzò, quando si fu calmata le aveva offerto
un dolcetto che la bimba prese e che mangiò. Nei giorni
seguenti andava spesso da lei, portandole qualcosa da mangiare, un
gioco, dei colori. La piccola mal sopportava la solitudine
così accettò volentieri la compagnia di Takehito
e fu lei stessa a cercarlo. Ora si trovava con lei a giocare con delle
vecchie costruzioni conservate sull’aeronave.
Una
settimana prima non aveva capito il motivo del gesto di Kirabo ma
grazie a ciò, riuscì senza troppo sforzo a fare
chiarezza dentro di se.
«Ok!
La finestra la mettiamo qui?» le domandò mettendo
un mattoncino a forma di finestra su una parete della casetta
che stavano costruendo.
«Sì!»
Dopo
aver aggiunto il mattoncino si adagiò sugli avambracci
sospirando.
«Non
giochi più?» le domandò la bimba
guardandolo con occhioni tristi.
«Eh?»
si rivolse a lei un attimo smarrito, poi le accarezzò la
testa «stavo pensando.»
«A
cosa?» chiese mentre si aggiustava i capelli scompigliati.
«Mi
sono comportato male con un amico e ora voglio fare pace con
lui.»
«Per
fare la pace è facile! Si deve dire scusa e che non lo fai
più.»
«Mi
sto facendo troppi problemi.» in fondo era come le aveva
detto Miyu. Doveva solo chiedere scusa e Katsu avrebbe capito. Questa
volta doveva essere lui a fare il primo passo, fin troppe volte era
avvenuto il contrario. «Ti riaccompagno dagli altri
bambini.»
«Ancora
un altro po’!» protestò.
«Abbiamo
giocato tutta la mattina e ora ho tante cose da fare.»
«Vengo
con te!»
«Non
puoi. Sono cose che devo fare da solo.» la piccola mise il
broncio del tutto contrariata.
«Ti
vengo a prendere dopo cena, va bene?»
«Promesso?»
«Promesso!»
non del tutto contenta ma rassicurata dalla promessa fatta, Miyu si
lasciò accompagnare ai piani superiori mentre Takehito
andò alla ricerca di Katsu.
Probabilmente
lavorava alla riparazione dell’aeronave, quasi del tutto
ultimata. Il tempo che gli era stato dato per riflettere era servito;
il suo animo aveva trovato un po’ di equilibrio e fatto
ordine tra i sentimenti contrastanti che aveva provato. Si era
riavvicinato ai suoi compagni ma solo fisicamente, condividendo il
lavoro, i pasti e la stanza in cui dormivano, tuttavia evitava di
guardarli negli occhi e di parlare. L’unico vero contatto fu
Miyu, con l’intento di aiutarla non si accorse che avvenne
l’inverso.
Raggiunse
l’aeronave e si mise a cercarlo. Era silenzioso e tranquillo,
poi dei piccoli rumori di oggetti metallici che venivano appoggiati a
terra. Lo trovò con metà busto
all’interno di uno dei propulsori dello IF.
«Katsu
…» non gli rispose continuando il suo lavoro
«Katsu devo parlarti.» gli si avvicinò
di più, incerto.
«Sto
lavorando.» era ancora arrabbiato.
«Scusa
… per l’altra volta.» Katsu si
fermò ed uscì dal propulsore.
«Non
mi interessano le tue scuse.» Takehito accusò il
colpo, il meccanico lo notò e proseguì
«mi interessa sapere se hai fatto chiarezza dentro di
te.» nonostante tutto continuava a preoccuparsi per lui.
«Ho
preso la mia decisione.» Takehito era risoluto e sereno.
«Che
aspetti? Vieni a darmi una mano così finisco
prima.» come per magia il suo sguardo si rilassò,
tornato il solito Katsu gentile e sorridente.
Takehito
quella sera a Miyu avrebbe raccontato che a volte il solo dire scusa
non bastava per fare la pace ma ci voleva un pizzico di
umiltà per aprire il proprio cuore e comprendersi.
Finirono
di riparare il propulsore, fecero alcuni test di controllo e diedero
una ripulita in alcune sale dell’aeronave ricoperte di
polvere. Si fece sera e due ragazzi vennero chiamati per la cena da
Aruto.
Dopo
le difficoltà e la confusione iniziali, i membri della
Phlayrh avevano ripreso le vecchie abitudini. La sala congressi usata
per dormire, venne adibita anche come sala da pranzo. Il grande tavolo
al centro sembrava essere fatto proprio per quello e c’erano
fin troppe sedie. Preparavano i pasti da qualcuno tanto gentile da
mettere a disposizione la propria cucina o andavano a comprali da
qualche parte. Ciò che contava era che potessero trascorrere
più tempo possibile uniti.
Quando
i tre entrarono nella sala, trovarono i più grandi intenti
ad apparecchiare e si misero a dare una mano.
Pochi
minuti e arrivarono gli altri con le pietanze calde e fumanti. Presero
posto ma mancava ancora qualcuno.
«Shu
e Yue?» fece notare Lev.
«Dovrebbero
essere qui a momenti. Aspettiamoli!» Owen rispose col suo
solito fare calmo.
«Kirabo,
che fai?» Owen lo stava guardando storto.
«Mentre
arrivano si fredderà.» protestò lui
mentre stava per prendere un po’ di risotto.
«Aspettiamoli,
ho detto!»
«Kirabo!»
lo rimproverò anche Erin e sbuffando rimise a posto il
cucchiaio tra le risate degli altri.
«Takehito,
vedo che stai meglio.» Owen usò un tono
insolitamente gentile e dolce.
«Sì
, sto molto meglio. Mi è passato.» si sentiva gli
occhi di tutti addosso ma stranamente non gli pesava.
«Sei
molto più carino senza quell’aria cupa.»
il commento di Kyla lo fece imbarazzare e la cosa divertì i
presenti.
«Siamo
tornati!» Yue fece rumorosamente irruzione nella sala.
«Finalmente.»
Kirabo non vedeva l’ora si saziare il suo stomaco
brontolante.
«Che
fate? Muovetevi!» Yue si era rivolta all’esterno
dando fretta ai due ragazzi che la seguivano.
«Non
sono nemmeno tornato e già metti ansia.» si
sentì da fuori.
«Guardate
chi vi ho portato … ta dan!» Yue era euforica.
«Seref!»
il ragazzo, appena uscito dall’ospedale, aveva fatto il suo
ingresso accompagnato da Shu. L’accoglienza dei suoi compagni
fu più che calorosa. Solo Owen , Erin e Lara erano a
conoscenza del suo rientro e per gli altri fu una vera sorpresa. Gli
corsero contro per dargli il benvenuto. Kirabo si dimenticò
dello stomaco vuoto e corse ad abbracciarlo e ricevette gesti
d’affetto simili anche da parte di Lev e Kyla.
«Su
tutti a tavola che bisogna festeggiare.»Erin li
richiamò e presero posto.
«Se
sapevamo prendevamo un dolce.» osservò Katsu.
«Ci
sta, ci sta.» Owen sollevò dal suo fianco una
grande scatola incartata.
«Al
limone?» chiese speranzoso Seref
«Ovvio!
La festa è per te.»
«Allora
dato che la festa è per me, cominciamo a mangiare che devo
riprendermi dalle schifezze che mi hanno dato, spacciandole per
cibo.» così cominciarono la cena in allegria.
«Sono
felice che tu sia tornato.» Takehito ancora non gli aveva
detto nulla un po’ stordito dalla gioia dimostrata dagli
altri, però, le sue parole erano sincere.
«Ti
ringrazio! Ho saputo che per te non è stato un bel momento.
Forse hai affrontato una sfida più difficile della
mia»
«Questo
non posso dirlo ma di sicuro non è stato bello. Comunque ora
va meglio.»
«A
te la ferita come sta?» si intromise Lev.
«Quasi
del tutto rimarginata. Basterà giusto qualche altro giorno
di riposo» gli rispose poi, ricordandosi improvvisamente, si
rivolse a Kyla «devo dare una cosa alla persona che mi ha
salvato la vita. Avviso che l'idea è di Yue.»
«A
me?»
«Se
non ci fossi stata tu a donarmi il sangue, probabilmente non sarei
qui.» mentre lo diceva, fece segno a Shu di prendere un
piccolo pacchetto che diede a Kyla.
«Su
che sarà mai! Mi hai solo svenata. Non dovevi ma
l’accetto lo stesso.» la giovane
scartocciò il pacchetto e rimase per un attimo senza parole
«dove l’hai trovato?» aveva tra le mani
un romanzo che aveva cercato per tanti anni senza successo.
«Sono
stati Shu e Yue che l’hanno trovato nel mercato. Yue ha
insistito che sarebbe stato un pensiero carino.» le
spiegò Seref.
«E’
un pensiero bellissimo, siete dei tesori!»
La
cena proseguì all’insegna dell’allegria.
Quando terminarono, ripulirono e si prepararono per la notte. Takehito,
come aveva promesso, andò a prendere Miyu che già
dormiva profondamente.
Nella
stanza accanto, Owen ed Erin facevano il punto della situazione.
«Hai
deciso di non dire nulla?»
«Erano
così contenti. Non volevo rovinare un bel momento, tutto
qui.» Owen circondò le spalle della moglie con un
braccio. Erano distesi sul materasso e la coperta fin sotto al naso.
«Sicuro
che sia la cosa giusta da fere?»
«Abbiamo
subito fin troppi danni, è giunto il momento di fare la
nostra mossa.» le rispose sicuro di se «domani
mattina li metterò al corrente del piano. Se avranno
obbiezioni li ascolterò.»
«Non
ci pensiamo nemmeno noi fino a domani?» gli disse baciandolo
dolcemente. Lui rispose contraccambiando con la stessa delicatezza
«Già non ci sto pensando più.»
L’indomani
mattina, come aveva deciso, Owen era pronto per mettere al corrente i
più giovani del suo equipaggio dei piani futuri. Nella sala
regnava il silenzio e il buio; I ragazzi erano stati svegli fino a
tarda notte, ne era certo dato che li aveva sentiti parlare.
Gli
dispiaceva svegliarli ma l’avrebbe fatto nel modo
più gentile possibile.
Per
prima cosa spostò le tende, dando la possibilità
alla luce di illuminare l’ambiente. Bastò solo
quello per far smuovere qualcuno tra piccoli lamenti e fruscio di
coperte. Di sicuro era troppo poco per destare tutti dal sonno.
«Ragazzi
svegliatevi!» li esortò usando un tono di voce non
troppo alto «Svegliatevi che facciamo colazione.»
A
ben poco servì il profumo del latte, del caffè,
del pane scaldato, del burro e della pancetta. Ci vollero diversi
minuti per farli aprire gli occhi. Owen li lasciò
fare con calma fino a che tutti non furono abbastanza lucidi.
«Devo
dirvi una cosa.» esordì Owen con la solita calma.
«Dietro
tanta gentilezza c’è sempre la fregatura, eh
Owen?» Kirabo aveva capito.
«Non
mi piace quello che sto per dirvi ma è necessario. Non
possiamo stare con le mani in mano, Kirabo.»
l’attenzione era rivolta al generale «Si
terrà un discorso dell’imperatore a Vinghton,
nella regione americana. Ho in mente di fare irruzione e prendere come
ostaggio l’imperatore stesso.»
La
notizia arrivò inaspettata, come un fulmine a ciel sereno e
tra i presenti si fecero largo incertezza e incredulità.
«Così
assomiglia ad un attacco terroristico vero e proprio.»
«E’
un attacco terroristico, Kyla.»
«In
questo modo non otterremmo un effetto contrario?» nonostante
si stesse parlando del padre, Seref non sembrava turbato più
del dovuto, piuttosto era perplesso sulla reale efficacia del piano.
«Non
è un metodo giusto ma il più veloce nella nostra
situazione. Siamo indeboliti e non sappiamo come abbiano fatto a
scovare la Hanran. Più probabilmente si sarà
trattato di un caso ma se dovesse ripetersi, o peggio, hanno trovato un
modo per intercettarsi, per noi è finita.»
Ciò
che Owen diceva era vero, tuttavia, qualcosa li impediva di
affrontare la nuova missione con la solita convinzione e determinazione.
«Non
gli faremo accadere nulla all’imperatore, giusto?»
più che una conferma, quella di Yue era una sorta di
compromesso che le avrebbe fatto accettare il piano.
«Ovviamente!
Non è mia intenzione ucciderlo o torturarlo. Voglio solo
trovare un accordo.»
«Mettiamo
il caso che riuscissimo a scendere a patti con Argest, una volta che
libereremo l’imperatore non ci volterebbero le
spalle?» la perplessità di Lev era più
che ovvia.
«E’
una possibilità. Ma avremo guadagnato tempo per
riorganizzarci e in quel caso verrebbero meno agli accordi
presi.»
«Presi
con mezzi sbagliati.» continuò Shu a voler
terminare il discorso di Owen.
«Non
convince nemmeno me.»a Katsu non piacquero gli ultimi
avvenimenti che li avevano coinvolti e tanto meno ciò che si
prospettava per l’imminente futuro.
«Sempre
meglio che non fare nulla. La peggiore delle ipotesi e che torneremo ad
una fase di stallo come ci troviamo ora.» Seref aveva dato
man forte al generale della Phlayrh.
Se
avessero continuato a prevalere dubbi e paure, non sarebbero andati da
nessuna parte; Sebbene Seref fosse il più coinvolto aveva le
idee ben chiare.
«Proviamoci.»
anche Kyla diede il suo consenso. Dopo di ciò
seguì qualche istante di silenzio e l’approvazione
non del tutto felice dei restanti.
«Takehito?»
il ragazzo si voltò in direzione di Owen. Non aveva ancora
detto nulla.
«Tu
avevi preso una decisione per te stesso. Dunque?»
«Ormai
sono sicuro, quindi è giusto che vi metta al
corrente» il suo sguardo si fece più serio
«Voglio combattere. No per me stesso o per obbligo ma per chi
ne avrà bisogno.» si voltò nella
direzione di Miyu che dormiva ancora poco distante da lui.
«Prenderai
parte anche tu al piano.» in questo modo Owen
approvò la decisione presa dal ragazzo «Ora dovrai
pensare al futuro di Miyu.»
«Che
intendi?»
«Quella
bimba si sta affezionando a te e di sicuro vorrà seguirti.
Se vorrai prendertene cura, ci sarà un posto anche per lei
sulla Phlayrh.»
«Ma
è così piccola!» Takehito non aveva
messo in conto una possibilità del genere. La Phlayrh
restava un posto potenzialmente pericoloso.
«Hai
qualche giorno di tempo per rifletterci. Poi ci metteremo in
viaggio.» e così il generale lasciò la
sala.
«Come
può dire una cosa simile? Non posso portare Miyu con
me.» Takehito si stava rivolgendo più a se stesso
che agli altri presenti.
«Perché
è una cosa che si è sempre fatta.»
chiarì Lev.
«Può
sembrare strano ma è così. Io stessa sono nata e
cresciuta su questa aeronave e non solo io: anche Lev, Katsu e Falk.
Perfino Kirabo, che quando si aggiunse a noi era solo un
bambino.» proseguì Kyla.
«Anch’io
ero piccola quando mi avete accolta. Che avevo? Otto
anni?» rifletté Yue sentendosi
pienamente coinvolta.
«Pure
Shu, sebbene ci siano sette anni di differenza tra voi due, era sempre
un ragazzo.» fece notare Lev.
«Se
considerate anche Shu, allora non sono da meno. Avevo la sua stessa
età quando mi sono unito a voi.» intervenne Seref.
Non ci aveva mai pensato che in fondo era solo un ragazzo e lo era
tutt’ora. Abbandonò l’impero solo tre
anni prima.
«A
quanto pare quelli che hanno rotto la tradizione, siamo io e
Shae» constatò Kirabo «decidemmo di far
crescere nostra figlia il più lontano possibile da pericoli
e battaglie.»
a
Takehito sembrò tutto molto strano.
In
un’aeronave impegnata in guerra, non avrebbe mai immaginato
che avesse potuto ospitare dei bambini. La cosa non lo
rassicurò più di tanto e considerò
più logica e saggia la decisione presa da Kirabo e la
moglie.
La
pausa che avevano preso dopo la distruzione della Hanran era dunque
terminata. Non era più il tempo di cercare quiete e
tranquillità, si dovevano eseguire i nuovi ordini.
La
sala in poco tempo rimase quasi vuota, fatta eccezione per Seref che
aveva bisogno ancora di riposo e Miyu che dormiva. Per il resto erano
tutti dediti alle loro mansioni.
Un
fruscio di coperte distolse l’attenzione di Seref dalle carte
con cui stava facendo un solitario. La piccola Miyu si stava
svegliando. Si era alzata e con la manina si stropicciava gli occhi, si
guardò intorno alla ricerca di qualcuno «Takehito
…»
«Sta
riparando l’aeronave. Torna tra poco.» Seref le si
rivolse in modo gentile e sorridendole ma la piccola si ritrasse
nascondendosi tra le coperte.
«Non
avere paura. Sono un amico di Takehito, mi chiamo Seref.»
Miyu mostrò solo la parte superiore della testa, quel tanto
che bastava per poterle permettere di guardarlo ma non disse nulla.
«Mi
dici come ti chiami?» Seref tentò di nuovo ma Miyu
non si mosse dalla sua posizione né rispose. Tutto
ciò lo mise a disagio, non era abituato ad avere a che fare
con i bambini «ho capito, aspettiamo che Takehito
torni.»
Trascorse
un bel po’ di tempo e poi finalmente Takehito
arrivò «Mi sono dimenticato di prendere la
torcia.»
Miyu
si alzò e di corsa gi gettò sulle gambe del
ragazzo appena entrato.
«Miyu!
Buongiorno anche a te.» lui le accarezzò il
capelli, come era diventato solito fare, mentre la bimba lo
guardava «Che c’è?»
«Ti
stava aspettando.» disse Seref.
«Dovevo
aggiustare delle cose e non volevo svegliarti, scusa. Hai fatto
amicizia con Seref?» Takehito si era abbassato
all’altezza della bambina.
Miyu
scosse la testa in una risposta negativa.
«Vogliamo
fare amicizia con lui?» questa volta mosse il capo su e
giù per dirgli di sì.
«Mi
chiamo Miyu.»
Seref,
visto che la piccola si era tranquillizzata, le si avvicinò
«sono molto contento di conoscerti.»
«Miyu»
la richiamò Takehito «vieni con me?
C’è una cosa che devo dirti.»
«Ok.»
Miyu strinse la mano che il ragazzo le aveva teso.
«Seref
puoi farti una passeggiata o devi stare fermo?»
«Me
ne sto buono solo perché Lara è decisamente
insistente.»
«Allora
puoi portare la torcia a Katsu?» gli chiese indicandogli
l’oggetto ai piedi del materasso dove dormiva il meccanico.
«Nessun
problema. Così mi sgranchisco un po’»
Takehito
lo ringraziò e uscì portando con se Miyu.
Andarono all’esterno, nei giardinetti poco distanti
dall’edificio. Era una bella giornata con il cielo limpido,
l’aria frizzante e il sole che faceva sentire il suo calore
nonostante i pochi gradi.
Takehito
si era seduto su una panchina ad osservare Miyu che giocava con un
cagnolino. Quando il cane venne richiamato dal padrone, la piccola
tornò da Takehito e gli sedette accanto.
«Miyu,
io devo andare via.»
«Dove?»
«Sull’aeronave.»
«Vengo
anch’io!»
«Tu
devi restare qui.»
«Non
voglio!» la bambina si era alzata e urlò di fronte
al ragazzo.
Takehito
non si fece scoraggiare, aveva immaginato che sarebbe andata in quel
modo «E’ pericoloso, non puoi seguirmi.»
«Voglio
venire anch’io!» qualche lacrima minacciava di
fuoriuscire dagli occhi neri della bimba.
«Vorrei
farti venire con me ma non voglio che ti succeda qualcosa di
brutto.» provò a confortarla stringendola forte a
se.
Dopo
un po’ parve calmarsi ma continuava ad essere triste. Non
voleva stare sola.
Intrapresero
la via del ritorno con Miyu che camminava più avanti e
Takehito che la seguiva un po’ più distante.
Lungo
la strada incrociarono Kirabo che li stava cercando.
«Takehito,
ti vuole Aruto. Sta mettendo a punto l’AU-0.» disse
non prima di aver notato il visino scuro di Miyu «Che
cos’ha?»
«Le
ho detto che deve stare qui.»
«Così
hai deciso. Tranquillo che le passa, anche Fuhara fa una tragedia ogni
volta che me ne vado.»
«Però
…»
«Però?»Kirabo
lo intimò di continuare.
«Però,
anche se le ho detto così, non sono molto sicuro a
lasciarla qui.» gli spiegò senza perdere di vista
Miyu che continuava ad avanzare distanti dai due.
«Perché?»
«Non
mi fido di Yakov. Se dovesse accadere la stessa cosa
dell’altra base, temo che possa mettere in percolo chi vive
qui.»
«Non
hai tutti i torti.» dovette dargli tristemente
ragione.
«Faccio
davvero bene a lasciarla qui?» il dubbio si era instaurato in
lui già da prima che parlasse con Miyu ma non vedeva
alternative valide.
«Se
l’affidassimo a Shae? Dovremmo prima portare a termine la
missione, poi dovremmo essere liberi di portarla da lei.»
Takehito parve rifletterci un attimo.
«Sicuro
che sia disposta a prendersi tale responsabilità?»
«Non
è questo il problema.»
«Si
ritroverebbe coinvolta in una battaglia.» terminò
Takehito per lui. Kirabo annuì.
Alla
fine parve essersi deciso «Facciamo
così.» non era completamente convinto ma gli
sembrava una soluzione migliore che lasciarla nello stesso luogo di
dove viveva Yakov.
«Saremo
tutti disposti a proteggerla. Il primo è Owen, quindi sta
tranquillo.»
Tutto
era pronto: l’aeronave completamente riparata, i teknight
messi a punto e l’operazione preparata fino
all’ultimo dettaglio.
Stavano
sorvolando la regione nord americana. Si scorgeva già il
luogo dove si sarebbe svolta la conferenza.
Un
castello, costruito a ispirazione di quelli rinascimentali francesi, si
ergeva al centro di una raduna circondata dal bosco, imponente e
maestoso, bianco, con quattro torri agli angoli sovrastate da guglie
blu. Le immense vetrate lasciano intravedere gli ambianti interni
illuminati.
Il
castello era circondato da immensi giardini e sebbene, gli ultimi raggi
rossi del sole del tramonto erano quasi spariti, si riusciva a notare
la loro particolarità e bellezza.
Sfruttando
l’oscurità, l’aeronave della Phlayrh si
sarebbe nascosta poco distante.
«Vestiti
così non sembra che stiate per andare a rapite
qualcuno.» commentò Kirabo.
«Stiamo
andando ad una festa. L’eleganza e
d’obbligo!» gli rispose Kyla mentre tentava di
tener su i capelli rossi con un fermaglio. Era molto bella, con un
vestito da sera blu e lungo, che le lasciava le spalle scoperte. Per
completare al collo portava un ciondolo con uno splendido zaffiro e un
unico orecchino che poggiava sulla parte esterna
dell’orecchio, avvolgendola con un motivo floreale.
«Spero
non siano di intralcio.» Shu stava litigando con il foulard
che non riusciva ad annodare.
«Faccio
io.»Seref andò in suo aiuto.
Come
Kyla, era molto elegante con il completo nero, la camicia bianca e i
capelli legati in un alta coda. Il portamento di Shu era sempre stato
molto posato e ogni suo movimento era fluido e preciso. Con quegli
abiti dava l’impressione di essere un uomo
dell’alta società.
«Non
è che sfiguro?» si domandava Takehito non
propriamente a suo agio in vesti eleganti. Indossava un completo simile
a quello di Shu, solo che questo era blu scuro e invece del foulard,
annodata al collo, vi era una cravatta dello stesso colore del
completo.
«Stai
bene quanto Shu.» lo rassicurò Yue, poi si rivolse
alla bambina che le teneva la mano «Vero Miyu?»
«Sì,
stai benissimo!»
«Miyu
tu dovresti essere nella mia stanza.» Takehito la
rimproverò. Sarà stata la decima volta che glielo
aveva detto.
«Ci
vado quando vai via tu.» ribatté lei.
«Quando
va via Takehito, Miyu corre subito nella sua stanza, l’aveva
promesso prima di mangiarsi tutti i biscotti, vero?» Kirabo
prese sulle spalle la bimba che aveva sussurrato un sì
alquanto scocciato.
«Siete
pronti?» Owen li aveva raggiunti seguito da Erin.
«Sì!»
Kyla rispose per tutti.
«Questi
sono gli inviti. Risulterete nella lista degli invitati.»
Erin porse loro delle piccole tessere con un cip.
«Preferivo
infiltrarmi a modo mio. Di nascosto e senza farmi notare.» si
lamentò Shu allentandosi leggermente il nodo del foulard.
«Sfrutta
bene il mio lavoro, che per fare quei cip in poco tempo, ho dovuto
stare tutta notte sveglio.»
«Tranquillo
Seref, nulla andrà sprecato.» Kyla lo
rassicurò.
Anche
gli altri due avevano ricevuto le tessere.
Tutto
era pronto.
Angolo dell'autrice:
Salve! Eccomi con un altro capitolo. Finalemtne le cosa sembrano
migliorare ma chissà se ora filerà tutto liscio.
Senza averci pensato troppo su, ho fornito le età di pochi
personaggi.
Per chiarezza le scrivo come se fosse una scheda (anche degli altri,
non tutti):
Kirabo 30 anni
Kyla 28 anni
Falk 28 anni
Lev 26 anni
Shu 22 anni
Yue 15 anni
Seref 18 anni
Katsu 18 anni
Takehito 17
anni
Come sempre ringrazio chi continua a leggere e chi recensisce. Fatemi
sapere se l'idea di una scheda per personaggio possa piacere. Stavo
pensando di farle una volta finita la storia. Alla prossima ;)
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Capitolo 19 *** Section 18 ***
Argest
Age – section 18
Kyla, Shu e Takehito stavano attraversando la
piccola parte dei giardini che conduceva all’ingresso del
castello.
C’era moltissima gente, tutti ben vestiti e con
l’aria di essere abituati ad ambienti simili.
Shu e Takehito erano i più nervosi ma riuscivano a celarlo
bene invece Kyla era sicura di se.
Giunsero all’entrata e passarono le loro tessere-invito su
una superficie nera che le scansionò.
«Contessa Pormond, signor Carter, signorino Hughes, prego da
questa parte.» l’uomo addetto
all’accoglienza degli ospiti, dopo aver verificato
l’identità dei nuovi arrivati, li fece accomodare
all’interno del castello.
La grande festa si svolgeva nell’immenso salone a pian
terreno. Dallo stile ricordava una festa di nobili del rinascimento.
«Addirittura farmi diventare contessa.»
sussurrò Kyla, a bassa voce.
«Si addice bene a quest’atmosfera.» fece
Shu beffardo, per quanto non lo mostrasse, si sentiva a disagio.
Takehito all’inizio condivideva lo stesso stato del compagno
misto a timore. Superato il primo scoglio, ovvero infiltrarsi, rimase
affascinato da quell’ambiente. Sembrava aver fatto un salto
indietro nel tempo: la musica suonata in un angolo della sala, le
pietanze poco distanti, tutti in abiti eleganti e pregiati, i lampadari
ricchi di pendenti preziosi e numerosi specchi che rendevano il tutto
più luminoso e spazioso. La musica ora taceva e vennero
invitati i partecipanti alla festa ad un ballo. Alcuni si unirono alle
danze una volta ripresa la musica.
«Non ti incantare.» Shu lo riscosse riportandolo
alla realtà.
Non era lì per divertirsi eppure la richiesta di Kyla faceva
pensare ad altro «balliamo?»
Takehito rimase sorpreso e senza aspettare alcuna reazione da parte
sua, Kyla lo prese per mano «confondiamoci e studiamo la
situazione.» poi sempre trattenendolo si rivolse
all’altro compagno «dai un’occhiata
dall’altra parte.»
Kyla e Takehito si lasciarono trasportare dalla musica.
All’inizio il giovane pilota si faceva trascinare da Kyla,
era la prima volta che ballava, in particolare era la prima volta che
ballava con qualcuno e la cosa lo metteva in imbarazzo.
«Cerca di individuare le guardie, gli uomini della
sicurezza ed esercito.» Takehito si fece attento. Non era
facile seguire i passi della giovane e fare attenzione a ciò
che lo circondava.
La musica continuò ancora per altri due balli per poi
terminare con una piccola pausa.
Quello fu il momento per avvicinarsi ai tavoli imbanditi. Dopo alcuni
minuti, Shu con noncuranza prese un bicchiere e li raggiunse.
«Allora?»fece Kyla per avere le informazioni da Shu.
«Le zone più controllate sono l‘esterno
e l’entrata. All’interno c’è
qualcuno dell’esercito sparso qua e là.»
«Come fai ad essere sicuro che sono
dell’esercito?» Takehito non era riuscito a
cogliere certe differenze, a malapena era riuscito ad individuare
ciò che gli era stato detto.
«Da come si muovono.» non fu molto esauriente ma
dovette accontentarsi poiché Kyla prese la parola
« Per quello che ho potuto vedere dalla mia posizione,
l’unica zona dove ci sono maggiori uomini è in
fondo alla sala.»
«Se ho capito è dove l’imperatore
farà il suo discorso.» conclude
Takehito.
Trovò l’approvazione dei compagni per la corretta
deduzione che aveva fatto. Si doveva solo decidere come agire.
Attraverso la collana che portava Kyla, i membri a bordo della Phlayrh
poterono ascoltare ogni cosa. Inoltre erano capaci di comunicare
attraverso un piccolissimo dispositivo all’interno
dell’orecchino.
«Dobbiamo creare un diversivo.» suggerì
Shu sorseggiando una bevanda appena presa dal tavolo.
«Mi dicono solo di non pensare a nulla di
pericoloso.» Kyla riferì le parole del padre.
«Nulla di particolare, bisogna solo creare un po’
di scompiglio.»
«E come, Shu?»
«Basta che le luci si spengano, per esempio.»
proferì il suo semplice piano con noncuranza.
«Eh? Non è una cosa troppo semplice?»
Takehito era decisamente perplesso, gli pareva una scena di un film.
«Le cose più semplici sono quelle che funzionano
meglio.»
«E come avresti intenzione di attuare una strategia del
genere?» Kyla espresse i suoi dubbi sottovoce.
«Mi sono fatto un’idea di dove si trovi il pannello
elettrico. Basterà girare un po’» poi le
porse la mano con fare galante «Le va una passeggiata negli
splendidi giardini qui fuori?»
«Dicono che posso.» la rossa passò una
mano intorno all’orecchino e posò
l’altra mano su quella di Shu.
«Da questa parte.» il giovane le fece
strada poi si voltò nella direzione di Takehito
«tu resta qui e sta all'erta.»
I due compagni uscirono. Il loro comportamento sembrava naturale e
disinvolto, anche Shu aveva trovato maggiore convinzione e sicurezza
una volta che il suo compito si stava delineando.
Takehito rimase da solo. Inizialmente si sentiva disorientato non
sapendo bene cosa dovesse fare. Shu gli aveva detto di stare
all’erta, visualizzò meglio dove si trovassero
guardie ed esercito, compito più facile una volta che gli
venne spiegato.
Senza dare dell’occhio si avvicinò
progressivamente al fondo della sala.
Il tempo passava e la noia stava per sostituire la tensione.
Aveva provato ad isolarsi in un angolo ma venne avvicinato da tre
ragazze che lo tempestarono di domande, invitato a ballare e poi a
servirle qualcosa da mangiare. Takehito di malavoglia e impacciato
aveva cercato di soddisfare le richieste per non sembrare scortese o
sospetto. Si era inventato più bugie in quel momento che in
tutta la sua vita, per colmare la curiosità delle ragazze.
Per fortuna quella tortura ebbe termine presto, dato che vennero
richiamate da degli adulti, probabilmente genitori o parenti. Fu
l’occasione per fuggire e confondersi tra gli altri invitati.
Aveva vagato un po’ tra la fine della sala e il tavolo
imbandito ma anche l’andare avanti e indietro non
servì. Un uomo, che si era piazzato a
metà dal fondo della sala, l’aveva notato e dato
che era solo, gli diede da parlare . L’uomo era alla ricerca
di compagnia ma tutti erano con qualcuno, così notando
Takehito da solo, pensò che potesse trattarsi della volta
buona. Il poveretto voleva essere gentile pensando che anche il ragazzo
si trovasse nella sua stessa situazione. Ancora una volta una valanga
di menzogne gli uscirono dalla bocca non sapendo cosa rispondere alle
domande che l’uomo gli poneva. In quel momento pregava che
l’imperatore facesse presto il suo ingresso.
Purtroppo non fu così. Seppe che l’uomo con cui
parlava, era da poco diventato un personaggio importante dello scenario
economico dell’impero e che aspettava con impazienza il
discorso di quella sera, poiché poteva contenere
informazioni determinanti per lo sviluppo dell’economia e
della politica. Gli spiegò degli ipotetici scenari futuri
che Takehito non comprese affatto. Ma venne a conoscenza anche della
sfera affettiva di quell’uomo: era stato sposato due volte,
aveva un solo figlio, conosceva moltissime persone ma di queste nessuno
era particolarmente influente, pochi amici risalenti ai tempi
dell’infanzia, giocava spesso a biliardo e aveva vinto anche
qualche torneo.
Insomma gli raccontò ogni cosa.
Esasperato stava pensando ad una scusa per allontanarsi quando
finalmente l’imperatore venne annunciato.
«Signore e signori, sua maestà
l’imperatore Hunwer Argest!» la voce
risuonò per tutta la sala grazie a degli amplificatori.
Il vociare poco a poco si placò e l’attenzione era
rivolta all’uomo che aveva nelle sue mani la sorte
dell’intero impero.
Takehito poté finalmente allontanarsi dall’uomo
che lo aveva precedentemente intrappolato senza che questo se ne
accorgesse, troppo intento a rivolgere la sua attenzione
all’imperatore.
«Avviciniamoci il più possibile. Quando le luci si
spegneranno bloccherai l’imperatore e lo minaccerai di
seguirci con il coltello, io ti coprirò le spalle. Se ce ne
sarà bisogno ti aiuterò.» Takehito
sussultò alla voce di Shu che gli apparve
improvvisamente alle spalle e gli sussurrò tutto
all’orecchio, sicuro che nessun altro potesse sentirlo.
Takehito annuì e come altri che tentavano di avvicinarsi, si
trovarono perfettamente davanti all’imperatore.
Il sovrano di Argest aveva raggiunto la sua postazione al
centro del palco. Era un uomo abbastanza alto, dal fisico asciutto,
capelli corti e castani, mento squadrato ricoperto di barba e
occhi simili a quelli del figlio ma molto più scuri.
Indossava delle bianche vesti militari ornate d’oro e un
mantello rosso gli copriva le spalle.
Osservò serio i presenti e iniziò il
suo discorso con voce forte«Vi ringrazio di essere
così numerosi questa sera, accogliendo il mio
invito.»
A Shu scappò un impercettibile smorfia disgustata.
«L’impero Argest cresce e progredisce senza sosta
grazie all’impegno e la volontà dei suoi abitanti.
Come ben sapete, si sono raggiunti traguardi impensabili alla vecchia
umanità, che non riguardano lo sviluppo tecnologico e della
scienza, bensì la prospettiva di vivere ancora sul proprio
pianeta sano e uniti come un unico popolo. Dove pace e giustizia
possono regnare.»
Quelle parole fecero fremere i giovani della Phlayrh che stavano
assistendo.
«Eppure c’è un male che si oppone ad
Argest, che si oppone all’umanità intera. Questo
male ha un nome che tutti conoscono come Phlayrh!»
Gli occhi di Shu divennero duri e freddi come il ghiaccio per
trattenere la smisurata rabbia che stava provando. Takehito si sentiva
ferito da quelle che per lui erano calunnie infamanti.
«Sono anni che la guerra per estirparli va avanti e
…» le luci si spensero.
Inaspettatamente tutto si oscurò e la sorpresa e il panico
presero il sopravvento. Nella confusione Shu e Takehito si avvicinarono
all’imperatore senza problemi.
Per loro il buio non costituiva un impedimento grazie alle lentine che
indossavano che gli consentivano di vedere
nell’oscurità.
Takehito si posizionò alle spalle dell’imperatore
e, estratto il coltello, glielo puntò alla schiena facendo
una leggera pressione.
«Alza bene le mani e vieni con me.»
«Chi diavolo siete? » un ghigno uscì
dalle labbra dell’imperatore «Phlayrh
giusto?»
«Sta zitto!» Shu gli era accanto pronto ad
abbattere chiunque li avessero ostacolati. Ma a quanto pareva non fu
necessario.
All’esterno la Dreizack sorvolava il castello. Quando un
ufficiale attirò l’attenzione del colonnello Dia.
«Colonnello Vedis, sta accadendo qualcosa di strano
… non vi è più alcuna luce!»
«Cosa? Contattate gli uomini all’interno del
castello!» comandò Dia.
«Pare che sia saltata la corrente, stanno cercando di
ripristinarla.»
«L’imperatore?» tuonò rabbioso.
L’ufficiale tentennò temendo l’ira del
colonnello «Non sanno dove sia.»
«Razza di incapaci! Mandate i teknight ad ogni entrata e
uscita. Circondate l’intero castello!»
L’ordine venne eseguito immediatamente e cinque GL
e due TH vennero fatti scendere illuminando ogni millimetro.
«Che cosa diavolo può essere accaduto?»
la risposta giunse presto.
Poco lontano aveva fatto al sua apparizione l’aeronave della
Phlayrh.
«Maledetti, cosa hanno intenzione di fare?» Dia
strinse i pugni «Abbatteteli!»
Kyla era rientrata. Prima aveva completamente distrutto il piano
elettrico, in modo tale da impedire un repentino ritorno della luce.
Doveva aspettare i suoi compagni nel punto stabilito, al primo piano
del resto del castello. Lì non doveva esserci nessuno.
Per facilitare le cose e verificare che stesse andando tutto per il
verso giusto, era andata incontro ai suo compagni alla base delle scale
del piano inferiore.
Non c’era nessuno e regnava un silenzio surreale. Poi ecco
che scorse i suoi compagni. Mantenevano ognuno per un braccio
l’imperatore che tentava una vanissima resistenza.
«Muovetevi!» li incitò Kyla.
La raggiunsero ma un forte scossone fece tremare ogni cosa, tanto che
un po’ di intonaco cadde dal soffitto.
«Che succede?» domandò Takehito
spaventato.
«Contatta l’aeronave!» disse Shu
repentino. La giovane annuì e avvicinò il
ciondolo alla bocca.
«Papà che sta succedendo
all’esterno?» Kyla si mise in ascolto
«hanno attaccato battaglia con la Dreizack e il castello
è circondato.» riportò agli altri cosa
le stava dicendo Owen poi, un'altra pausa per sentire le
ultime indicazioni «dice che per il momento è
meglio se aspettiamo.»
Ancora un altro scossone.
«Non possiamo fare altro.» constatò
Takehito.
Nessuno li aveva ancora raggiunti e la luce non era ancora tornata.
L’unica illuminazione era quella sporadica dei colpi sparati
dai teknight e dalle aeronavi.
Nessuno aveva detto più nulla e gli unici suoni erano quelli
dello scontro al’esterno.
Poi tutto tremò con maggiore forza e insieme ai fili di
intonaco sbriciolato, dal soffitto, ne caddero dei grossi pezzi.
«Stanno esagerando, sembra peggio di un terremoto.»
non sapere l’andamento della battaglia all’esterno
la rendeva nervosa.
Un violento rumore e in un attimo, il soffitto stava cedendo sotto il
peso di un GL scaraventato sul castello.
«Attenta!» Shu fece appena in tempo ad allontanare
Kyla che altrimenti sarebbe rimasta schiacciata dall’arma
umanoide.
Lo schianto fu tremendo e non si limitò a far crollare i
piani superiori ma il teknight sprofondò ulteriormente,
facendo sbriciolare il pavimento e trascinando con se Takehito e
l’imperatore che ancora tratteneva.
«Takehito!» l’urlo di Kyla
arrivò troppo tardi.
Erano già stati inghiottiti dalle macerie.
Era tutto silenzioso e buio. Takehito aprì gli occhi e
alzandosi una fitta lo colpì al fianco e alla spalla,
facendolo curvare su se stesso. A poco a poco il dolore si
attenuò e provò a capire dove si trovasse.
Però non riusciva a vedere bene e gli occhi gli bruciavano
tremendamente, forse a causa della polvere. Dovette togliersi le
lentine e dopo poco trovò sollievo. Per fortuna aveva con
lui un piccola torcia che usò per fare luce.
C’erano macerie ovunque e non riusciva a capire in che luogo
si trovasse. Si ricordò di essere caduto poiché
il pavimento aveva ceduto ma quando accadde, era già al
piano terra.
Sì affrettò a trovare una via d’uscita.
Nell’agitare la torcia nelle varie direzioni,
illuminò un uomo che lo fissava. Lo riconobbe subito, era
l’imperatore caduto anche lui nel crollo.
Sembrava star bene, seduto su un cumulo di macerie. Sembrava che lo
avesse fissato per tutto il tempo.
L’imperatore fece per alzarsi e Takehito repentino, estrasse
la piccola pistola nascosta nei pantaloni.
«Non muoverti!» l’imperatore Hunwer si
fermò alle minacce del ragazzo.
«Mi servi per uscire di qui.» sfacciato e irritante
come se quello con la pistola fosse Hunwer Argest.
«Cosa?» Takehito era spiazzato da tanta
sfrontatezza.
«Questo è il sotterraneo del castello ma le
macerie hanno bloccato la via. Devono essere rimosse, in
più, i cunicoli che lo formano, sono come un labirinto ma io
lo conosco.» gli illustrò la situazione.
«Vuoi dirmi che non ho scelta?»
«Esattamente!» Takehito abbassò la
pistola, riponendola appena dietro la schiena sostenuta dalla cintura.
«Sia ben chiaro che non ti lascerò
andare!» Hunwer Argest ghignò beffardo e
andò nella direzione di quella che doveva essere una porta o
un arco, bloccati dai detriti.
Takehito lo stava seguendo facendogli luce. L’imperatore lo
attendeva fermo, osservandolo in modo autoritario.
Il ragazzo si diede da fare nello spostare le macerie e solo quando ne
trovava di troppo grosse, Hunwer dava il suo contributo.
“Potrebbe anche mettersi a scavare invece di far fare tutto a
me. Sei anche tu nei guai.ӏ quello che gli
passava per la testa mentre si sporcava a spostare pezzi di muro,
frantumi di pavimento e polvere che gli irritava gli occhi.
E mentre si lamentava, almeno nei suoi pensieri, il varco venne
liberato, mostrando un canale stretto e lungo fatto di mattoni e
leggermente illuminato.
Takehito si accasciò per qualche secondo a terra per
riprendere fiato e scrollarsi un po’ di polvere da dosso.
«Alzati!»
«Devo riposare un attimo e non prendo ordini da
te.» disse chiudendo gli occhi. Poi lo sentì
muoversi, riaprì gli occhi e lo vide incamminarsi.
«Fermo!» Takehito estrasse ancora una volta la
pistola «ti avevo detto che non ti avrei lasciato
andare!»
«Non è intelligente minacciare l’unico
che può condurti fuori da qui.» replicò
con fare arrogante. Il suo interlocutore non rispose nulla
così Argest continuò «Questi
sotterranei sono come dei labirinti, però li conosco e posso
condurti all’uscita. L’hai già
dimenticato?»
Non sapeva se fidarsi o meno ma non vedeva molte alternative
«va bene ti seguirò.» terminò
il suo attimo di pausa e si mise a seguirlo sempre con la pistola
puntata.
Era vero.
Le vie si intersecavano tra loro creando un vero e proprio labirinto,
sarebbe stato facile perdersi in quei cunicolo freddi, umidi e scuri.
«Sembri un ragazzo che sa il fatto suo. Quanti anni
hai?» disse ad un tratto l’imperatore di Argest.
Takehito non gli diede peso continuando a seguirlo. Gli era stato
ripetuto più e più volte che era meglio far
sapere il meno possibile sul loro conto. Di lui già sapevano
tutto ma voleva evitare che potesse riconoscerlo in quel momento.
«Perché combatti per Phlayrh? Sei forse uno delle
colonie?»
«Non sono d’accordo con il vostro modo di
fare.» Takehito aveva sempre percepito l’imperato
lontano e distante come se non potesse realmente influenzare la sua
esistenza.
Da quando si era unito alla Phlayrh capì quanto una sua
decisione potesse influenzare le sorti del mondo intero, senza contare
che, da quando Seref gli racconto di suo padre, associò
all’imperatore l’immagine di una persona orribile.
Mal sopportava la sua presenza in quel momento e per questo
provò a rispondergli in modo vago, nella speranza che
potessero continuare il cammino in silenzio.
«Più precisamente?» speranza vana.
L’imperatore era di opinione diversa.
«Indovina un po’?» se doveva proseguire,
lo avrebbe fatto usando i suoi stessi modi indisponenti.
«E’ forse per via delle colonie?»
Takehito annuì.
«Sono necessarie.» replicò Hunwer.
«Necessarie un corno! Private della libertà e
della possibilità di vivere felici.» aveva alzato
la voce arrabbiato.
«L’impero Argest si è formato per
salvare il pianeta. Le nazioni riuscirono per la prima volta a lavorare
insieme per rendere ancora una volta il nostro pianeta un luogo
vivibile. Poi quando l’emergenza venne risolta e tutto
tornò come prima, i conflitti e le divergenze esistenti
comparvero di nuovo, minacciando non solo il benessere del pianeta ma
la pace che si era instaurata.»
«La storia la conosco.» Takehito lo interruppe
scocciato ma venne ignorato.
«Come pensi che si possano tenere a bada gli esseri umani?
Sono peggio delle bestie selvagge. Avidi, individualisti, desiderosi di
potere, egoisti. Però si piegano davanti al più
forte.»
«Vuoi dire che per un bene maggiore, l’uso della
forza è giustificata? Che centinaia di persone debbano
essere sfruttare? Che se hanno la sfortuna di nascere in una colonia,
non potranno sperare in una prospettiva di vita migliore? O che
provocare la morte di uomini, donne e bambini sia giusto?»
«Forse non è giusto ma va fatto. Altrimenti
sarebbero scoppiate altre guerre che avrebbero causato danni ancora
maggiori.»
«Tsk! Un tempo riponevo fiducia in Argest ma una volta
scoperto cosa nasconde …»
«C’era un tempo in cui la Phlayrh era un organo
dell’impero. Una forza speciale che si era sempre preoccupato
di curarsi dei rapporti diplomatici.» il discorso prese una
piega interessante, quella parte della storia non l’aveva mai
sentita «a quel tempo l’imperatore in carica era
mio padre e il capo della Phlayrh, il padre di Owen Fukuda.
All’inizio le cose andavano bene ma le persone si adagiarono
nel loro benessere, chiedendo sempre più. Il dialogo serviva
poco nelle dispute e spesso si finiva con l’uso delle armi.
Per fermarli non si poteva far altro che ricorrere ai loro stessi
mezzi. E fu così che l’impero Argest si impose con
maggiore forza e con severe sanzioni. Per chi rifiutava di abbassare il
capo al più forte finiva nelle colonie. Sarebbero stati
utili in altro modo.»
«E la Phlayrh?» domandò il ragazzo
quando l’altro si interruppe.
«Il padre di Owen non comprendeva che quello era
l’unico modo per mantenere la pace e la stabilità.
Alla fine si distaccò dall’impero con lo scopo di
distruggerlo. Senza accorgersene adottarono lo stesso metodo di
Argest.»
«Cosa intendi?»
«Fanno ricorso alla forza. Devono combattere per poter
piegare qualcuno alla loro volontà. Devono dimostrare di
essere i più forti per far piegare la testa
all’impero.»
«Se non lo facessero non potrebbero mai cambiare le
cose.»
«Se Argest non usasse la forza per fermare i ribelli, la pace
non potrebbe essere mantenuta.»
Lo aveva spiazzato. Non sapeva come fossero arrivati a quel punto, come
la conversazione avesse preso quella piega ma il ragionamento poteva
definirsi corretto.
«Perché combatti per la Phlayrh?»
Quante volte aveva sentito quella domanda, quante volte se
l’era posta a se stesso, eppure pensava di aver trovato una
risposta.
Per un momento non disse nulla ma poi rispose «non voglio
vedere morire altra gente e dare la possibilità a tutti di
scegliere della propria vita.»
«Così si ritornerà allo stato di
partenza e la storia si ripeterà.»
«A quello che accadrà è troppo presto
per pensarci. Affronterò un problema alla volta, facendo
tesoro delle esperienze vissute, degli errori commessi e del
passato di chi mi ha preceduto. Sarò rivolto verso il
futuro. In questo modo la storia non si ripeterà!»
«Quante sciocchezze! Proprio come Owen che ha la testa piena
di fantasie.» Takehito si sentì offeso da quelle
parole però il modo in cui parlò del generale
della Phlayrh lo incuriosì.
«Parli come se lo conoscessi.»
«Infatti lo conosco, anche se a quel tempo eravamo solo dei
bambini.» per la prima volta, Hunwer abbandonò
quel tono arrogante, per diventare simile al malinconico
«siamo arrivati ormai. Puoi vedere anche tu la luce provenire
dall’esterno.»
Avevano raggiunto l’uscita. Per il ragazzo fu un gran
sollievo, sorpassò l’imperatore ansioso di
lasciare quei cunicoli.
«Perché non mi uccidi?» Hunwer Argest
non glielo stava chiedendo per soddisfare una sua curiosità
ma glielo stava proponendo.
Takehito si voltò credendo di non aver sentito bene.
«Se mi uccidi avrete vinto. La Phlayrh avrebbe sconfitto
l’impero Argest e voi potrete fare ciò che
volete.»
«Non è questo il metodo giusto. In questo modo la
storia si ripeterà.» il ragazzo ripose ancora una
volta la pistola nel retro dei pantaloni.
«Così posso scappare.»
«Non corro più il rischio di perdermi.»
«Non porterai a termine la tua missione.»
«Non importa.»Takehito uscì.
Ne venne fuori anche l’imperatore che si affrettò
ad allontanarsi.
La Phlayrh li stavano cercando.
«Takehito! Stai bene?»
A trovarlo fu Seref che riuscì a capire cosa potesse essere
accaduto al compagno. Gli si avvicinò e guardò
nella sua stessa direzione.
L’imperatore si faceva sempre più distante. Si
voltò un’ultima volta per controllare la
situazione e incrociò lo sguardo di Seref.
«L’hai lasciato andare.»
constatò.
«Sì, scusa.» Takehito abbassò
la testa sentendosi in colpa.
«Non scusarti. Se l’hai fatto ci sarà un
motivo e forse è meglio così.» Takehito
si rivolse a lui cercando di capire cosa stesse provando il compagno ma
il suo volto non lasciava trasparire nulla.
«E’ successo qualcosa?»
domandò Seref senza guardarlo.
«Abbiamo solo parlato.»
«Spero non ti abbia detto niente di terribile.»
«Niente di terribile. Ha solo rafforzato la mia
volontà.»
SCHEDE PERSONAGGI:
Takehito Ikeda:
171
cm
17
anni
Sottotenente pilota dell’ AU-0
Adora
i teknight(
pare sia quasi il suo unico interesse).
Ha
grande spirito
di adattamento.
Preferisce
i
sapori dolci.
E’ bravo
con i
videogiochi, i suoi preferiti sono gli rpg.
DISEGNO
Katsu
Harada:
170
cm
18
anni
Meccanico
Ha
sempre sognato
di diventare un pilota di FW
E’
un tipo
allegro è vivace.
E’
affezionata
agli occhiali da aviatore che porta sempre sulla fronte.
Conserva
una
cassetta degli attrezzi nella sua stanza.
E’
un esperto di
videogiochi, preferisce i simulatori e sparattutto.
Fu moto felice di
scoprire che lui è Takehito avevano interessi simili.
DISEGNO
Angolo dell'autrice:
Ed ecco un altro capitolo!
Aggiunte anche le schede
di Takehito e Katsu. Alla fine mi sono decisa a mettere anche queste
(forse dovrei creare un capitolo solo per questi e raggruppare i
disegni dei teknight e delle aeronavi con le schede. Suggerimenti per
favore!)
Grazie a tutti
coloro che continuano a leggere anche se silenziosi e spero possa
piacervi fino alla fine.
Alla prossima ;)
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Capitolo 20 *** Section 19 ***
Argest
Age – section 19
Falk
camminava spedito per il corridoio, nervoso come non mai. Era stato
convocato d’urgenza dal generale Ward.
Nei giorni successivi all’attacco della base della Phlayrh,
gli sembrò di essere costantemente controllato soprattutto
il generale Ward si dimostrava come sospettoso nei suoi confronti. Era
capitato che, durante l’addestramento dei suoi uomini,
facesse irruzione per supervisionarli o che irrompesse improvvisamente
per ispezionare i locali che frequentavano e le loro case oppure con la
scusa di chiarire ogni particolare sulla faccenda di Hanran, aveva
segretamente interrogato diversi membri dell’equipaggio.
Ora era davanti alla porta dell’ufficio del generale, per la
prima volta inquieto al pensiero di affrontarlo.
Bussò con delicatezza e aspettò che gli venne
concesso il permesso di entrare. Si fece avanti.
Il generale Ward era seduto dietro la scrivania che interloquiva con il
colonnello Vedis Dia.
Falk aspettò che terminassero restando
sull’attenti.
«Colonnello Horn ho una missione da affidarle.» lo
sguardo del generale era spaventoso e la sua voce tagliente
«sa benissimo che la sua posizione non è delle
migliori. Per quanto siate uno dei nostri migliori piloti e un buono
stratega, gli ultimi incarichi che ha ricevuto sono stati dei
fallimenti. Per questo nel nuovo incarico vi affiancherà la
sezione di ricerca scientifica.»
Nerek Ward voltò l’immagine olografica, che fece
apparire davanti a se, verso Falk.
«Questa è la nuova arma che collauderemo, la
SFCannon.» intervenne il colonnello Dia.
Falk sgranò gli occhi nel vedere le caratteristiche del
nuovo strumento di morte.
«Dai dati fornitici dalla sezione di ricerca deve essere
un’arma straordinaria però ci serve una cavia su
cui testarla.» Falk era sempre più preoccupato
«da come la Phlayrh sta agendo è chiaro che si
trova in difficoltà. Pensare di rapire il nostro imperatore
per ricattarci … sono caduti davvero in basso.»
seguì una risata derisoria mentre Falk restò
immobile.
«L’idea è quella di attirarli in una
trappola. Con la distruzione della loro base, avranno sicuramente a
disposizione minori quantità di viveri e rifornimenti.
Renderemo noto il trasporto di un carico speciale diretto alla
capitale. Faremo trapelare qualche informazione sul carico in modo da
attirare la loro attenzione.»
«Non sarà una trappola evidente?»
domandò Falk che gli apparve un piano fin troppo
semplicistico.
«Dipende dal loro grado di disperazione. Ma nel caso non
dovesse funzionare gli offriremmo un’opportunità
di danneggiarci simile al loro piano di rapimento.» Falk
divenne ansioso di sapere «renderemo la Urano Galeo un
bersaglio facile e con essa il generale dell’intero esercito
di Argest.» disse Ward facendo riferimento a se stesso e
assumendo una seduta più comoda continuò
«Se hanno provato a togliere di mezzo l’imperatore,
perché non farlo con il generale se se ne presenta
l’occasione?»
« Non sarà anche questo un rischio troppo grande
perché lo facciano?»
«Tutto dipende da quanto sono alle strette. Se non cederanno
vorrà dire che hanno a disposizione ancora molte risorse,
cambieremo approccio usando i vecchi metodi.» concluse Vedis
Dia.
«Colonnello Horn, lei non è qui per discutere ma
per eseguire gli ordini. Riceverà tutti i particolari a
breve, incominci a preparare i suoi uomini.»
«Sì, signore!» Falk ritornò
sull’attenti e congedato, ritornò dai suoi
compagni sulla Jaculus.
Tornò alla sua aeronave, trovando tutto come al solito: i
piloti impegnati nelle simulazioni, i meccanici al lavoro sui teknight,
altri facevano pratica con le strumentazioni e altri che prendevano una
pausa.
Norbert accortosi del ritorno del suo colonnello, gli andò
incontro.
«Cosa ti ha detto?» gli domandò
preoccupato dall’espressione del suo superiore.
«Parliamone da me.» disse e senza aggiungere altro,
sicuro che avesse capito, lo aspettò all’uscita.
«A tutti gli uomini! Per oggi finiamo qui.» il
maggiore Norbert si fece sentire chiaramente. Si levò
qualche voce sollevata, felice per l’interruzione del lavoro
e qualche altra più scocciata per essere stato interrotto.
Nel giro di poco tempo quel posto divenne deserto e il maggiore
poté raggiungere Falk che ancora l’aspettava.
Silenziosamente si misero in cammino per raggiungere
l’abitazione del più giovane. Si trovavano a
Helkraf, la capitale dell’impero, dove risiedevano
i membri più importati dell’esercito. A differenza
degli altri ufficiali di grado maggiore, Falk abitava in un piccolo
appartamento vicino alle residenze dei suoi uomini. Non faceva parte
delle zone più ricche e belle della città ma
aveva sempre detestato le divisioni e la differenza di privilegi, in
più teneva particolarmente a mantenere un legame saldo e
forte con gli uomini che lui stesso aveva reclutato.
Si era creato una sorta di miniquartiere dove, oltre ai soldati,
vivevano anche persone comuni.
Infatti Falk Horn divenne abbastanza popolare in breve tempo per via
del suo modo di fare controcorrente e non solo tra
l’esercito.
Era apprezzato e ben voluto, tutti lo rispettavano e avevano grande
stima nei suoi confronti. Almeno ciò era sicuro in quel
quartiere.
Giunsero ad una palazzina di tre piani. Salirono le scale esterne e
Falk aprì la porta dell’ultimo degli appartamenti
del terzo piano.
Era un monolocale non molto grande, arredato in modo semplice e ben
ordinato. Appena entrati li accolse un piccolo corridoio con una porta
sulla sinistra e una piccola cucina sul fondo. Nell’unica
stanza vi era un tavolo al centro con quattro sedie, un
piccolo mobiletto nell’angolo con sopra un pc, un modello non
molto nuovo. Alla parete laterale poggiava un grande armadio e ad
un’altra, una libreria con sopra il letto nascosto per
metà da una tendina blu. A fare luce ci pensava una larga
balconata.
Norbert si accomodò senza fare troppi complimenti, abituato
a frequentare quella casa. La cosa non creava nessun problema al
giovane Falk, anzi, lo tranquillizzava.
«Le tue cose stanno aumentando. Dovresti cercare una casa un
po’ più grande.» commentò il
maggiore notando un maggiore numero di oggetti nel balcone rispetto a
quelli che ricordava.
«Mi piace qui, mi ricorda la Phlayrh.»
Falk gli sedette di fronte. Norbert si fece di colpo più
serio.
«Cosa ti ha detto il generale Ward?»
«Mi ha dato un nuovo incarico. Un attacco alla
Phlayrh.»
«E … » una notizia simile non
rappresentava di certo una novità quindi doveva esserci
dell’altro ma Falk non continuò «cosa
c’è che non va?»
«Penso che sospettino di me.»
«Hanno capito qualcosa sul tuo conto?»
«Non lo so ma ho l’impressione che mi stiano
mettendo alla prova. Se dovessero capire qualcosa è la fine
però …»
«Però ?»
«Vogliono tendere una trappola alla Phlayrh per avere un
vantaggio e renderli un bersaglio più facile ma non
è tutto. La sezione di ricerca sta mettendo a punto una
nuova arma che, per quel poco che ho visto, deve essere terribile. Se
il piano funzionasse per loro non ci sarebbe scampo.»
«E tu non puoi avvisarli.» Norbert
centrò il punto della situazione.
«Non solo, dovrò combattere seriamente
… non è questo il modo in cui voglio cambiare le
cose.»
«Non devi temere le conseguenze delle tue azioni. Tutto il
tuo equipaggio, compreso me, è disposto a seguirti fino alla
morte. Staremo al tuo fianco anche se decidessi di metterti contro
Argest.»
«E’ proprio per questo che è tutto
più difficile. Sono responsabile delle vite di ciascuno di
voi.»
«Hai dato una possibilità di vivere e di
riscattarsi a tutti quanti. Hai forse dimenticato da dove
vengono?»
«Tsk! Una massa di disperati che se avessero davvero
intrapreso la via della ribellione, sarebbe finita o nelle colonie o
nell’al di là.»
«Ma tu hai dato loro una speranza, facendoli reclutare
nell’esercito. E poi hai finito con il farti amiche le fasce
più basse della società. La loro
lealtà è per te, non per Argest.»
«La questione non cambia. Non voglio mettervi in pericolo e
non voglio che i miei vecchi compagni vengano uccisi.»
L’uomo sospirò. Da quando lo conobbe, Falk, aveva
sempre intrapreso strade difficili da percorrere.
Norbert si alzò e gli posò una mano sulla spalla.
«Non preoccuparti oltre. Lo scontro con la Phlayrh
è inevitabile e in passato non ci siamo mai tirati indietro.
Combatteremo come sempre, fedeli ai nostri ideali, generale Ward o
meno.» le sue parole lo rassicurarono almeno un po’.
«Posso chiederti un favore?»
«Dimmi pure.»
«Potresti cominciare a spiegare la situazione agli
altri?»
«Va bene. Ma quando dovrai illustrarci tutti i punti della
missione dovrai essere sicuro di te stesso.»
«Sarò certamente sicuro di me.» Falk
aveva inteso che ciò che Norbert voleva da lui. Pretendeva
una decisione.
«Ci vuole un incantesimo! Ma prima bisogna recuperare la
formula magica.»
«Come facciamo? Il libro di magia è custodito dal
drago.» nella stanza dei giochi la tv trasmetteva un vecchio
cartone animato. L’ultima arrivata, la piccola Miyu, aveva
preso possesso di quella stanza. Ci trascorreva moltissimo tempo,
trovando ogni cosa interessante. Takehito la controllava ogni tanto, le
aveva proibito alcuni videogame spiegandole che erano giochi per
grandi. Come si aspettava la bimba fece un po’ di storie ma
trovò presto dei validi sostituti.
Quella sera si era messa a fare i capricci perché voleva che
Takehito trascorresse del tempo con lei ma il ragazzo aveva del lavoro
da svolgere. A nulla servirono le spiegazioni e le promesse, si era
messa in fine a piangere. Per fortuna in quel momento passò
Kirabo che si offrì di occuparsi di Miyu, si considerava un
esperto nel trattare con i bambini.
La nuova compagnia venne accettata volentieri e per farla contenta si
misero a vedere quel vecchio cartone animato. Ricordava che anche la
figlia glielo fece vedere una volta, tutta contenta di poter mostrare
al papà uno dei suoi cartoni preferiti. Mentre lo vedevano
gli spiegava tutto anche quello che sarebbe accaduto dopo.
Miyu quel cartone non lo conosceva ed era tutta concentrata nel
guardarlo mentre Kirabo era mezzo sdraiato e ogni tanto chiudeva gli
occhi per la stanchezza.
«Kirabo!» la piccola lo stava scuotendo.
«Eh!» l’uomo si destò subito.
«E’ finito. Ne vediamo un altro?»
«Un altro? Ma non è un po’ troppo
tardi?»
«Manca ancora un po’.» gli fece notare
l’orologio ed effettivamente mancava un oretta
all’ora stabilita per andare a dormire.
«E va bene.» Kirabo si alzò
avvicinandosi al mobile dove c’erano i film, doveva trovare
qualcosa adatto a lei.
In tv erano terminati i titoli di coda e seguì il
notiziario.
«Una nave carica di Mirish raggiungerà in questi
giorni la capitale per soddisfare il fabbisogno energetico delle
principali industrie …» quella notizia
catturò la sua attenzione interrompendo la ricerca del film.
«Che c’è?»
«Forse è una notizia importante.» le
spiegò.
La bambina gli si era avvicinato e si era messa ad ascoltare.
«Stanno messi male. Chissà che non possiamo
sfruttarlo a nostro vantaggio.» commentò Kirabo.
«Perché hanno poca energia?»
«Sì, Miyu. Se non hanno energia le fabbriche non
funzionano e non posso produrre nulla, forse nemmeno il cibo e poi non
hanno la luce e tante altre cose. Devo dirlo ad Owen!» Kirabo
stava per andarsene ma venne bloccato.
«E il mio cartone?»
«Ah! Giusto il cartone! Vorrà dire che vado dopo
da Owen.» e così si rimise alla ricerca.
Finalmente Miyu si era addormentata prima del dovuto e la
portò nella stanza di Takehito dove dormiva. Era tutto
silenzioso e buio, il ragazzo non era ancora tornato, ma non era un
problema l’avrebbe fatto presto. La mise nel letto e la
lasciò dormire tranquilla.
Si diresse di gran fretta nella sala comandi ma senza trovarvi chi
cercava. C’era solo Erin a controllare che
l’aeronave seguisse la rotta designata e che non ci fossero
altri inconvenienti.
«Scura Erin, sai dov’è Owen?»
le chiese Kirabo.
«E’ nella sua stanza. E’ successo
qualcosa?»
«Non proprio, volevo riportargli una notizia che hanno dato
alla tv.»
«Di che si tratta?»
«C’è una nave carica di molecole Mirish
diretta alla capitale. Pare che abbiano problemi energetici.»
«Vorresti attaccare quella nave?»
«Perché no! In fondo neanche noi
c’è la caviamo benissimo e potremmo creare un
po’ di problemi.»
«Non mi convince molto. Comunque va pure da Owen.»
«Ok, grazie.»
Così Kirabo tornò sopra fino all’ultima
stanza del corridoio e bussò.
«Owen? Posso entrare?» Kirabo lo sentì
muoversi ma non giunse né una risposta né la
porta venne aperta.
«Owen, devo dirti una cosa.» Kirabo
bussò ancora e questa volta ricevette il permesso di entrare.
Owen se ne stava disteso nel suo letto, coperto dal lenzuolo.
Indubbiamente stava dormendo.
«Che fai? Vai dormire prima di Miyu?»
«Vedi di non fare lo spiritoso, sono terribilmente
stanco.» Owen si tirò su stropicciandosi gli occhi
con una mano «avanti, cosa devi dirmi di tanto
importante?»
«Ho sentito poco fa il notiziario. Dice che
c’è una nave carica di Mirish per la capitale che
a quanto pare ha dei problemi energetici. Se prendessimo il carico
della nave oltre a beneficiarne, potremmo creare dei problemi alla
capitale e che addirittura non si presenti un’occasione per
attaccarli.» Owen ci rifletté bene.
«Non ti sembra un po’ troppo facile,
Kirabo?»
«Tu dici? Forse sì ...»
«Teniamolo in considerazione. Domani decideremo sul da
farsi.»
«Ok.» rispose con meno entusiasmo.
«Vai a riposare e non pensarci fino a domani.»
«Come vuoi me ne vado a dormire. Buonanotte!»
Kirabo lasciò la sua stanza e il generale della Phlayrh
tornò al suo sonno.
«Scusate il ritardo, non mi sono svegliato in
tempo.»Takehito entrò frettolosamente nella sala
comandi dove erano riuniti tutti.
«Non preoccuparti» lo rassicurò Kyla
«siamo appena arrivati un po’ tutti.»
«Bene! Possiamo cominciare» Owen prese la parola
«Kirabo ieri è venuto a conoscenza dal notiziario
che c’è una nave diretta alla capitale carica di
molecole Mirish e che hanno seri problemi energetici. Indubbiamente
riuscire ad impossessarci di quel carico e un grande vantaggio per noi
però allo stesso tempo, temo che ci metteremo in
pericolo.»
«Abbiamo localizzato la nave in questione?»
domandò Seref.
«Sì! Abbiamo calcolato un’ipotetica
rotta che seguirà.» Erin mise in funzione il
monitor olografico in modo che potessero vedere tutti.
L’immagine mostrava gli spostamenti effettivi della nave e la
traiettoria che aveva seguito fino ad allora e quella che aveva
immaginato potesse seguire in seguito.
«C’è una scorta al suo
seguito?» Yue volle più dettagli.
«La solita prevista per i carchi di questo tipo.»
la risposta di Erin arrivò lesta.
«Che senso ha rendere pubblica una notizia simile quando
pochi giorni prima abbiamo tentato di rapire l’imperatore.
E’ chiaro che ci stanno tendendo una trappola, credono che
siamo disperati, pronti ad abboccare a qualunque esca.»
ciò che sosteneva Shu era la cosa più ovvia.
«E’ palesemente una trappola. Ah! Scusate mi sono
lasciato ingannare.» disse Kirabo massaggiandosi la testa.
«Quindi non se ne fa nulla?» chiese conferma Lev.
«A quanto pare è troppo rischioso, quindi
nulla.» e così Owen concluse quella
riunione.
«Peccato! Poteva essere una bella occasione.»
«Kyla non rattristarti, l’occasione si
presenterà. Piuttosto vieni a darmi il cambio che sono stata
in sala comandi per tutta la notte.»
«Va pure a riposare, mamma. Ci penso io qui.»
Tutti tornarono alle loro mansioni, chi un po’ rammaricato,
chi felice di essersi scansati un nuovo scontro.
Qualche giorno dopo
«Mm?» Owen notò qualcosa
che apparve per un attimo sul monitor.
Erin fece caso alla particolare attenzione improvvisa che, il marito,
aveva assunto nell’osservare il monitor.
«Notato qualcosa?»
«E’ apparsa la Urano Galeos sul monitor.»
«Era vicina?»
«Non proprio, ma era da sola.»
«Owen a cosa stai pensando?» la donna
cominciò a preoccuparsi, non tanto per il pericolo che
costituiva l’aeronave imperiale, piuttosto per la fissazione
di Owen per il generale di Argest.
«Eccola!» la Urano Galeo apparve ancora una volta
sul monitor e per più tempo.
«A tutti, raggiungetemi nella sala comandi.»
l’ordine venne trasmesso per tutta l’aeronave e in
poco tempo la sala comandi si riempì.
«Che succede ora?» Kyla era infastidita per essere
stata interrotta nel bel mezzo del suo meritato riposo.
«Abbiamo individuato la Urano Galeos.»
spiegò brevemente Owen.
«Sono sulle nostre tracce?» Lev si
allarmò.
«Non ci avranno mica scovati?» anche Seref
cominciava ad essere teso.
«Non ci hanno scoperti, siamo noi ad aver scoperto loro. Sono
da soli e non molto distanti da noi.»
«Owen non ti sembra strano?» fu Shu a intervenire.
«Lo penso anch’io.» Erin fu felice che
finalmente qualcuno aveva espresso la sua stessa opinione.
«Potrebbe essere un colpo di fortuna.»
continuò Owen.
«E’ come la nave!» Kirabo parve centrale
il punto e Shu completò per lui « questo
è il secondo avvistamento vantaggioso per noi,
all’apparenza puramente casuale, proprio dopo il nostro
tentativo di rapimento. Proprio quando dovrebbero tenere la guardia
più alta, si lasciano a tali disattenzioni?»
«Certo che ci ho pensato ad
un’eventualità del genere, però
…»
«La Urano è lì che ci
attende.» Seref conclude il pensiero di Owen.
«Indubbiamente è un’occasione se
riuscissimo ad abbattere quell’aeronave.» anche
Kyla non disdegnava quell’idea.
«Però se si trattasse davvero di una
trappola?» come sempre Lev era quello più restio
ad gettarsi in imprese simili.
«L’affronteremo con la consapevolezza di stare
cadendo in trappola.»
«Il rischio e lo stesso molto alto.» intervenne
Takehito, la sua preoccupazione era rivolta principalmente a Miyu.
«Abbiamo anche una bambina a bordo. Non te ne sai
dimenticato, spero.» Erin aveva trovato un nuovo appiglio per
dissuadere il marito dalla sua imminente decisione.
«Se è per quello farò in modo di
metterla al sicuro.»
Seguirono a discutere ancora per un po’,ognuno restando nella
propria visione.
«Owen sei tu il generale, decidi cosa fare.» disse
infine Seref vedendo che non si raggiungeva un accordo.
«Attacchiamo la Urano Galeos.»
Non tutti erano pienamente conviti della decisione pressa da Owen ma
come aveva detto Seref: il generale era lui.
«Katsu! Tu prenderai con te Miyu e vi terrete a distanza di
sicurezza dallo scontro.»
«Cosa? Voglio essere d’aiuto
combattendo.»
«Sarai d’aiuto proteggendo la bambina.»
il ragazzo incrociò le braccia al petto, conscio che sarebbe
stato inutile discutere«e va bene.»
«Tutti gli altri ai loro posti! I piloti ai teknight e il
restante ai cannoni!»
Ognuno prese posizione in poco tempo, aspettando ordini.
Nella sala comandi rimasero solo Erin ed Owen. Condussero
l’aeronave nelle vicinanze della Urano Galeos e il generale
della Phlayrh iniziò col dare istruzioni.
«Agiremo come in un classico attacco a sorpresa. Tra pochi
minuti ci renderemo visibili, uscirete rapidamente e attaccherete la
Galeos su più fronti.»
Prima dell’imminente battaglia dominava il silenzio e la
tensione: i teknight allineati pronti al lancio, Aruto dietro i
computer per dare supporto ai piloti e l’unico a lasciare la
base fu Katsu con Miyu, nei pochi minuti prima che si resero visibili.
«Iniziamo!»
Al comando di Owen, uno dopo l’altro, i teknight si
lanciarono dal ponte e subito attaccarono l’aeronave nemica.
La Galeos rispose al fuoco e i primi attacchi andarono a vuoto ma non
era che l’inizio.
Come se fossero già stati pronti a subire un attacco,
dall’aeronave nemica comparvero cinque teknight, tutti GL
equipaggiati con armi a Red Fusion.
La risposta della Urano Galeos fu decisamente repentina.
Come nel loro usuale modo di agire, i due MA si portarono avanti,
superando i loro compagni e si lanciarono all’attacco.
Evitarono agilmente i raggi rossi che tentarono inutilmente di
centrarli, eseguendo aggraziate evoluzioni. Lo MA nero si
scagliò contro il primo GL che si trovò avanti,
spaccandolo in due e trascinandosi la parte superiore, che fece
precipitare dopo.
Lo MA blu, dopo aver schivato l’ultimo raggio a Red Fusion,
facendo una capriola verso l’alto, conficcò la
lama metallica della sua spada corta nella testa del teknight, fino ad
arrivare a bucare la cabina di pilotaggio. Infine estraendo la lama,
danneggiò diverse parti meccaniche, provocando scintille e
fumate.
Dalle loro spalle si fecero avanti lo IF, il RAD2 e l’AU-0.
Seref mandò le sue sfere ad agganciarsi ai tre teknight
imperiali rimasti.
Il trucco ormai era diventato noto e non si fecero sorprendere,
distruggendo le sfere con i fucili a poca distanza da loro, addirittura
uno dei GL, riuscì ad afferrarle con le mani e schiacciarli.
Peccato che Seref, da bravo stratega, era abile a prevedere le mosse
degli avversari. Era ben conscio che lo stesso trucco per troppo tempo
non poteva funzionare, per questo motivo da tempo, aveva inserito dei
micro stramettitori grandi poco più di granelli di polvere
ed estremamente appiccicosi. Questi, una volta distrutti i pincer, si
incollarono sulla superficie dei teknight. Il grosso era fatto.
Lo IF, il RAD e l’AU-0 impugnarono dei piccoli lancia
missili, presero la mira velocemente e spararono. I GL furono rapidi a
schivare quei colpi fin troppo imprecisi ma i missili seguirono i loro
spostamenti e li centrarono.
La funzione dei micro trasmettitori era proprio quella di
permettere ai missili di seguire ogni spostamento del nemico al quale
erano incollati.
Il danno non fu decisivo per neutralizzarli ma ci pensarono gli MA a
concludere il lavoro.
Inaspettatamente i cinque GL vennero sconfitti rapidamente.
Lev e Kirabo si erano distanziati e con le loro nuove armi, chi-ken,
una riproduzione più piccola e leggermente meno potente del
kei-kan, presero a bersagliare l’aeronave imperiale con
l’aiuto della loro.
Gli altri piloti della Phlayrh stavano per aggiungersi
all’assalto alla Galeos quando comparvero altri cinque GL e
il GL-S.
«Che ci fa Falk qui?»
«K3 non distrarti!» il richiamo arrivò
da Shu.
«Quindi era davvero una trappola.»
«A questo punto non cambia molto, S8.» Yue lo
affiancò. Per quanto determinato fosse sapeva anche quanto
si lasciasse prendere dai sensi di colpa. In fondo aveva insistito
affinché attaccassero la Galeos.
Inaspettatamente gli uomini di Falk si dimostrarono più
battaglieri e resistenti del solito.
Kirabo e Lev vennero in qualche modo ostacolati dalla Galeos, impedendo
loro di raggiungere i compagni.
Shu e Yue ingaggiarono un combattimento ravvicinato con tre dei GL. I
teknight si colpivano senza esclusione di colpi e per i due della
Phlayrh venne reso tutto più difficile dalle lance a Red
Fusion. Grazie ad esse, i GL riuscirono a mantenere una certa distanza
dai MA e il minimo contatto poteva provocare seri danni ai teknight.
Kyla e Seref, al contrario cercarono di lasciare la maggior distanza
possibile tra loro e gli avversari, i modo da poterli colpire con i
lanciamissili o i fucili.
Infine l’avversario più pericoloso andò
a scegliersi come rivale l’AU-0 di Takehito.
Il teknight argentato aveva un fucile a Red Fusion con sopra montata
una lama da taglio, proprio come una baionetta.
Takehito poteva contare su un fucile a proiettili, un altro con una
fonte di calore pari al chi-ken e una lama corta.
Falk attaccava ripetutamente da più angolazioni, compiendo
spostamenti rapidi e precisi.
L’AU-0 non fu in grado di seguirli tutti e quando non era in
grado di prevederli, ergeva la barriera dell’ end eer, che
riusciva a proteggerlo. Quella di Falk sembrava la strategia di uno
squalo, quasi come se fosse stata influenzata dalla Urano Galeos. Si
muoveva intorno all’AU-0 formando dei cerchi sempre
più piccoli per avvicinarsi e sferrare l’attacco
decisivo.
Poi accadde qualcosa di inaspettato per entrambe le fazioni. Dal cielo
li raggiunse un’accecante luce biancastra che
colpì in pieno la fiancata dell’aeronave della
Phlayrh distruggendo completamente una delle ali mobili.
«Cosa diamine era?» si chiese Kirabo a bassa voce.
Era la domanda che si ponevano tutti e lui in particolar modo era stato
terribilmente vicino a quel raggio.
Al momento dell’impatto l’aeronave venne scossa
violentemente.
«Cos’è stato?» Owen si mise in
contatto con Aruto che per quanto sorpreso aveva già
analizzato alcuni dati.
«Viene dalla spazio … fuori dall’orbita
terrestre.» tutti i piloti avevano sentito la spiegazione del
meccanico e se possibile ne rimasero ancora più sorpresi.
«Come facciamo a fermare una cosa simile?» a Yue
sembrò qualcosa fuori dalla loro portata.
Il momento di pausa terminò e i teknight ripresero a
combattere.
«Un modo c’è ma possono farlo solo K4 e
T9.» continuò Aruto.
Gli interessati non poterono riflettere troppo su quello che diceva
essendo impegnati nello scontro.
«Sono gli unici ad avere una corazza abbastanza resistente da
sopportare l’attrito con l’atmosfera.»
«Cosa? Stai dicendo che dovremmo andare nello
spazio?» urlò Kirabo colpendo la fiancata della
Galeos con il chi-ken.
«Sì! Uno di voi due.»
«Sembra una cosa rischiosa. T9 ci vado io!»
«Va bene!»
Il RAD provò ad allontanarsi ma ogni volta veniva raggiunto
dal fuoco della Galeos. Tentò diverse manovre per
divincolarsi da quella situazione anche con l’auto di Lev ma
fu inutile. La minore mobilità della Phlayrh, dovuta alla
perdita dell’ala mobile, li costringeva a ritornare sui loro
passi per evitare che diventasse un bersaglio troppo facile.
«K4, pensa a proteggere la Phlayrh. Andrò io nello
spazio!» Takehito si era accorto delle difficoltà
del compagno che a malincuore dovette acconsentire alla decisione del
ragazzo.
In realtà Takehito non sapeva come liberarsi del suo di
avversario così decise di farsi guidare dal suo istinto.
Seguì gli stessi movimenti del GL-S, un po’
più lentamente ma li copiava tutti. I due teknight si
avvicinarono sempre più fino alla giusta distanza per il
GL-S di sferrare un attacco.
Spinse la baionetta in avanti ma non si infilzò in nulla
dato che l’AU-0 schizzò in alto con una leggera
spinta dei propulsori posteriori, poi si attivarono anche il resto dei
propulsori e raggiunsero la massima potenza. Era diretto verso lo
spazio.
«Cosa? Non vorrà mica?» Falk dal suo
abitacolo aveva compreso fin troppo presto le intenzioni del suo
avversario e decise di seguirlo. Aveva messo in conto
un’eventualità del genere e aveva fatto preparare
il suo teknight per resistere all’attrito con
l’atmosfera e fatto aumentare la potenza dei propulsori.
Nell’AU-0 ,man mano che saliva, le comunicazioni con la base
diventavano meno chiare fino a quando non uscì dal campo
gravitazionale terrestre, dopodiché si interruppero
completamente.
Takehito riaprì gli occhi che aveva tenuto chiusi
per tutto il tempo, nel tentativo di sopportare meglio la forte
accelerazione.
Si guardò attorno, era scuro nonostante tutti i punti
luminosi e c’era un gran silenzio, un silenzio che non aveva
mai percepito prima. Si sentiva leggero, se non fosse stato per le
cinture che lo trattenevano , avrebbe galleggiato per
l’abitacolo. Poi guardò sotto di se e non
poté che restare senza fiato. La Terra era sotto di lui :
una grande, immensa sfera azzurra.
Si soffermò ad ammirare la sua bellezza estasiato e per un
attimo il tempo si fermò. Nessuna delle immagini che aveva
registrato nella sua mente rendeva giustizia a quella meraviglia.
Nessun racconto degli astronauti poteva trasmettere quelle sensazioni
indescrivibili.
Lo stato di stupore e meraviglia venne interrotto dal GL-S che lo stava
raggiungendo.
Presto visualizzò le coordinate che aveva ricevuto da Aruto
e le confrontò con la sua posizione. Si voltò
alle sue spalle e vide l’arma che stava per distruggere la
sua aeronave, un cilindro sottile avvolta da cerchi che diventavano
più larghi e in perenne rotazione.
Non poteva perdere tempo, doveva distruggerla al più presto
anche perché non aveva a diposizione molto ossigeno.
Creò la giusta distanza e sparò con il fucile
simile al chi-ken, ma sbagliò completamente mira.
«Eh?! Non sarà colpa della mancanza di
gravità?» non poteva credere di aver davvero
mancato un bersaglio fisso.
Si riposizionò ma non si rese conto che il GL-S era ormai
lì e non aveva arrestato la sua corsa, andandogli addosso.
Il colpo fu violento e venne percepito completamente da Takehito. Non
ebbe il tempo di reagire che se lo ritrovò addosso. I due
teknight erano uno di fronte all’altro, con le mani strette
le une nelle altre e si spingevano con tutta la forza a disposizione.
«Perché ci hai teso una trappola
simile?» Takehito stava comunicando col il pilota del
GL-S.
«Non sono stato io a volerlo!»
«E allora perché non l’hai impedito?
Pensavo tenessi ai tuoi vecchi compagni.»
“Certo che tengo a loro” Falk strinse con maggiore
forza le leve di controllo spingendole in avanti«
è proprio perché tengo ai miei compagni che non
posso comportarmi come al solito.»
«Non capisco … »
«Non importa se non capisci!» gli
posizionò un piede del GL-S sul busto dell’AU-0 e
facendo forza si liberò dalla presa e impugnò il
fucile riposto dietro la schiena.
«Eppure quella volta hai salvato Shu e Yue, hai aiutato tutti
noi, hai addirittura disobbedito agli ordini che ti erano stati
impartiti! E poi, tutti non fanno che parlare di te con malinconia e
tanto affetto.» non seppe perché ma si
slacciò le cinture, assicurò meglio il casco alla
tuta e aprì il portellone. Avanti a lui il GL-S non aveva
abbassato il fucile.
Angolo
dell'autrice:
Salve a tutti!
Qui si resta col
fiato sospeso (nda Takehito non fare l'eroe).
Purtroppo non
credo di riuscire a pubblicare il seguito esattamente tra due settimane
come faccio sempre. Forse di settimane ne saranno tre massimo quattro
non di più.
Anche per quanto
riguarda le schede le riprenderò al prossimo capitolo e
vedrò di recuperare quelle che avevo intenzione di
aggiungere oggi.
Motivo del
ritardo: studio.
Farò
di tutto per riprendere al più presto!
Grazie di cuore
per continuare a seguire questa storia e alla prossima ;)
|
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Capitolo 21 *** Section 20 ***
Argest
Age – section 20
«Non
capisco … »
«Non
importa se non capisci!» posizionò un piede del
GL-S sul busto del’AU-0, facendo forza si liberò
dalla presa e impugnò il fucile riposto dietro la schiena.
«Eppure
quella volta hai salvato Shu e Yue, hai aiutato tutti noi, hai
addirittura disobbedito agli ordini che ti erano stati impartiti! E
poi, tutti non fanno che parlare di te con malinconia e tanto
affetto.» non seppe perché ma si
slacciò le cinture, assicurò meglio il casco alla
tuta e aprì il portellone. Avanti a lui il GL-S non aveva
abbassato il fucile.
Takehito
si era sporto fuori dall’abitacolo, reggendosi forte alle
pareti del portellone: di fronte a lui il nero della canna del fucile.
«Quell’arma
potrebbe distruggere la Phlayrh, potrebbe uccidere tutti
quanti!»
Il
GL-S abbassò il fucile e il portellone si aprì.
Ora i due piloti poterono guardarsi negli occhi.
«E’
come dice Kyla … io sono un sognatore, voglio raggiungere
mete impossibili e quando mi scontro con la realtà, avanti a
me vi è un muro insormontabile.» Falk si
lasciò a quella confessione.
«Allora
abbattiamo quel muro insieme!» Takehito gli aveva teso la
mano.
Il
colonnello di Argest lo guardò a lungo, rientrò
con parte del corpo nella sua cabina di pilotaggio e gli
lanciò un oggetto. Takehito l’afferrò e
si ritrovò tra le mani un trasmettitore.
«Non
è possibile! Troppe vite dipendono da me.» Falk
rientrò e chiuse il portellone dietro di se.
“Vi
prego … fermate voi Ward al posto mio.” si era
riposizionato nella cabina di pilotaggio. La stessa cosa
venne fatta dal pilota della Phlayrh, rientrando
nell’abitacolo e chiudendo il portellone.
Il
GL-S afferrò per una braccio l’AU-0 e lo
scaraventò vicino al SFCannon.
Takehito
non riuscì ad opporsi, scontrandosi con questa. La rotazione
degli anelli era aumentata e nello contatto stava consumando il metallo
del suo teknight. Non ebbe il tempo di contrattaccare nemmeno quando
Falk gli sparò contro. L’unica cosa che
poté far, fu spostarsi.
Il
raggio a Red Fusion raggiunse la SFCannon che nello stesso momento
aveva sparato un colpo diretto sulla Terra.
L’arma
cominciò a ripiegare su se stessa, il metallo si deformava,
si spaccava e l’energia si accumulava.
I
monitor dell’AU-0 segnalavano la presenza di una fonte di
calore crescente con un ripetuto avviso di warning.
Non
fu difficile capire che quell’arma stava per esplodere e che
stargli vicino sarebbe stato rischioso.
Sia
Takehito che Falk cercarono di fuggire più lontano
possibile. Fecero solo pochi metri e avvenne
l’esplosione dalla quale si sprigionò
un’energia potentissima. L’AU-0 attivò
la barriera dell’ end eer mentre il GL-S non aveva i mezzi
per proteggersi.
Resisteva
come poteva alla spinta che lo stava trascinando verso la
gravità terrestre. Fece ricorso a tutta la potenza che aveva
nei propulsori, dai quali fuoriusciva un’accecante luce
azzurra. Oltre all’energia dell’esplosione, vennero
rilasciati diversi detriti a velocità considerevoli e molti
di questi colpirono il GL-S. Gli provocarono ammaccature, alcuni si
incastravano al suo interno e altri lo trafiggevano.
«Falk!»
Una
lastra di metallo, molto grande, era penetrata addirittura nella cabina
di pilotaggio ferendo Falk alla spalla. Il giovane non poté
trattenere il dolore improvviso, lasciandosi in un urlo che
sentì anche Takehito, attraverso il canale di comunicazione
ancora aperto. Falk si mise la mano vicino alla spalla che sanguinava
copiosamente, tentò di staccarsi dalla lastra ma non ci
riuscì, lacerando ulteriormente la carne. Con tutti quei
danni il GL-S smise di funzionare. L’energia dei propulsori
diminuì progressivamente e tutto si spense. Il teknight
venne strascinato verso la Terra e catturato dalla sua
gravità, precipitò senza freni verso la
superficie.
L’AU-0
resistette bene all’esplosione ma il suo pilota non si
preoccupò di controllare eventuali danni. Aveva assistito a
cosa era accaduto a Falk e non ci pensò su a fiondarsi nella
direzione in cui stava precipitando.
Da
quando i due piloti erano spariti verso lo spazio, lo scontro
tra quelli che erano rimasti continuava ed era decisamente
più duro di quello precedente. Probabilmente avevano a che
fare con alcuni dei migliori piloti di Argest e dallo stile di
combattimento dovevano far parte dell’equipaggio di Falk.
Riuscivano addirittura a tener testa ai due fratelli.
Improvviso
e imprevedibile, come il primo, arrivò un altro colpo dal
cielo. Questa volta la sua vittima fu un’altra.
Sembrò strano ma il raggio di quell’arma dello
spazio colpì l’intera parte posteriore della Urano
Galeos.
Un
evento fortunato e inaspettato che permise ai RAD, armati con i
kei-kan, di andare in soccorso dei loro compagni in
difficoltà. Colpirono da dietro i GL avversari di Seref e
Kyla, provocandogli danni tali da renderli inoffensivi.
La
Galeos nonostante il danno gravissimo che aveva ricevuto, continuava a
volare. Il movimento delle innumerevoli alti sulle fiancate era
sufficiente per non farla precipitare e a farla proseguire. Ovviamente
non era più in grado di sostenere lo scontro e per
l’aeronave della Phlayrh fu un grande colpo di fortuna. Senza
l’ala mobile i suoi movimenti erano molto ristretti e se non
fosse stato per Kirabo e Lev che avevano contenuto il fuoco nemico,
quasi sicuramente si troverebbero nelle stesse condizioni del loro
nemico.
Come
se non bastasse dal cielo stava precipitando qualcos’altro
provocando un forte rumore.
Era
un teknight in caduta libera, di schiena, corroso
dall’attrito che lo aveva in buona parte consumato. Gli arti
erano quasi del tutto scomparsi e la parte posteriore, in parte
sciolta, faceva intravedere la cabina di pilotaggio.
Subito
dopo, l’AU-0 rivolto con la testa verso il basso, end eer
attivo e il braccio proteso in avanti era quasi arrivato ad afferrarlo.
Ancora
qualche centimetro, si diede un’ultima spinta con i
propulsori e finalmente lo afferrò per quel che restava di
un braccio. Tuttavia la sua presa non servì a fermarlo, la
sua forza non era sufficiente per arrestarne la caduta.
«Falk!»
uno dei GL, quello del maggiore Lam che era impegnato a combattere
contro Shu, approfittò del momento di attenzione rivolta ai
due teknight provenienti dalla spazio e corse in aiuto del suo
colonnello.
Si
posizionò sotto il GL-S, frenando la sua caduta libera e
infine lo sorresse quando l’AU-0 lo lasciò
allontanandosi piano.
Takehito
venne affiancato dai suoi compagni che lo dovettero sostenerlo
poiché l’energia a sua disposizione era quasi
terminata.
«Ai
RAD con i kei-kan, finite la …»
«Rientrate
immediatamente! Non abbiamo più nulla da fare.»
Erin aveva sovrastato l’ordine di Owen e bloccò le
comunicazioni.
«Cosa
ti passa per la mente? Non si ripeterà
un’occasione simile.» tuonò Owen. Era
furioso e rivolse alla donna uno sguardo adirato.
«Basta
così! Hanno avuto quello che si meritavano e poi
c’è anche Falk tra i piloti.»
provò a calmarlo la moglie.
«E
con questo?Non voglio farlo uccidere.»
«Ci
mancherebbe pure! Hai deciso di fargli passare dei guai?»
«Owen
facciamo come dice Erin. Abbiamo subito ingenti danni anche noi e i
teknight non sono in buone condizioni.» Aruto si era messo a
dar man forte alla donna.
Owen
riattivò le comunicazioni «Rientrate
sull’aeronave … andiamo via.»
I
teknight rientrarono sulla Phlayrh e i GL affiancarono la loro aeronave
e le due fazioni si allontanarono in direzioni opposte l’una
dall’altra.
Lentamente
aprì gli occhi, mise a fuoco le immagini inizialmente
sfocate.
Si
trovava a casa sua, non poteva sbagliare. Quello in cui riposava era il
suo letto, anche se non era più sulla libreria, quello non
poteva che essere il suo confortevole letto. Di sicuro lo avevano
smontato, probabilmente per comodità. Era giorno, il sole
entrava prepotente nella stanza e la riscaldava. Provò ad
alzarsi ma dovette rinunciarvi per il dolore che avvertì
alla spalla.
Era
vero. Durante lo scontro nello spazio aveva fatto in modo di
distruggere la SFCannon. Il pilota dell’AU-0 era in gamba ed
era proprio un tipo adatto alla vita della Phlayrh.
“Lo
spazio … sono stato nello spazio …”
guardando il cielo Falk non poteva non pensarci e rimpianse di non
essersi potuto godere quel momento.
Riprovò
a rialzarsi con più calma, il dolore si faceva sentire ma
era sopportabile. Voleva parlare con qualcuno e sapere che cosa fosse
accaduto. Da quando aveva cominciato a precipitare sulla Terra, non
ricordava più nulla.
Sentì
la porta aprirsi e chiudersi si voltò giusto il necessario
per vedere chi fosse entrato.
«Norbert?»
domandò piano per poi si sentirsi sollevato nel vederlo.
«Falk!
Ti sei svegliato!» gli si avvicinò appoggiando le
buste che aveva in mano a terra «Come ti senti?»
«Mi
fa male la spalla.»
«Era
una brutta ferita ma tra qualche giorno sarà
guarita.» lo rassicurò.
«Alla
Phlayrh … alla Phlayrh cosa è
accaduto?»
Non
c’era nulla da fare, era il suo più grande
pensiero e il maggiore Norbert Lam lo sapeva bene.
«Hanno
riportato gravi danni ma devono essersela cavata abbastanza bene. Anche
il pilota dell’AU-0 dovrebbe star bene, ha tentato anche si
salvarti dalla caduta. Piuttosto la Urano Galeos è stata per
metà distrutta, peccato non dal lato giusto.
Cos’è successo nello spazio?»
«Cioè?
Che cosa è successo alla Galeos?» Falk non
riusciva a comprendere pienamente.
«Il
colpo che è stato sparato dallo spazio ha colpito la parte
posteriore della Galeos, distruggendola. Ma quell’aeronave
è incredibile, vola anche con una sola metà
… che c’è?»
Falk
lo stava guardando male. Aveva compreso cosa intendesse dire
l’amico sostenendo che era stato distrutto il lato sbagliato
della Galeos «hai detto una cosa orribile. Se avesse
distrutto la parte anteriore il generale Ward e il resto
dell’equipaggio, sarebbero morti.»
«Non
fa altro che crearci problemi.» provò a
giustificarsi.
«Non
è una motivazione valida maggiore Norbert.» quando
aveva da rimproverargli qualcosa era sua abitudine aggiungere il grado
al nome e assumere un tono serio.
«Ok,
non penserò più una cosa simile, colonnello.
Però non mi hai risposto … cosa è
successo esattamente?»
«Ho
gettato l’AU-0 sul SFCannon prima che questa sparasse, di
conseguenza la traiettoria sarà cambiata. Indubbiamente
stava mirando alla Phlayrh.»
«E’
stato quel pilota a farti precipitare?»
«No,
assolutamente. Ho distrutto io stesso quell’arma solo che
è esplosa e non ne sono uscito sano» fece un
attimo di pausa «quel ragazzo … voleva che lo
aiutassi. Spero che non se ne sia accorto che l’ho fatto per
davvero ma più importante, spero non se ne sia accorto il
generale Ward.» Norbert riuscì a scrutare tutta la
preoccupazione che lo affliggeva.
Aveva
accettato con malavoglia quel piano che prevedeva di far cadere in
trappola la Phlayrh. L’aveva fatto solo perché il
generale Ward nutriva dei sospetti nei suoi confronti e per
l’incolumità dei suoi uomini, .on aveva potuto
fare altro.
Si
era sforzato in tutti i modi di essere convincente, di combattere con
ogni mezzo i nemici dell’impero.
Il
maggiore abbassò lo sguardo «non se ne sono
accorti, però non diventeranno gentili nei nostri
confronti.»
Falk
tentò di mettersi a sedere ma venne repentinamente fermato
da Norbert «non fare sforzi!»
«Non
sto di certo così male! Non sono nemmeno in
ospedale.»
«Perché
non ti hanno voluto.» tagliò corto il maggiore.
«Cosa?»
«Ti
hanno sottoposto alle cure fondamentali ma poi ti hanno mandato
via.» Falk non rispose nulla, accasciandosi sul materasso.
Forse non si saranno accorti delle sue intenzioni ma di sicuro un altro
risultato negativo aveva gettato altro fango su di lui e sul suo
equipaggio.
«Ti
cambio la medicazione.» disse ad un tratto
spezzando il silenzio.
Mentre
gli toglieva le fasce bussarono alla porta.
«Avanti!»
rispose Norbert.
«Permesso
maggiore Norbert. Le ho portato i medicinali che mi aveva
chiesto.» dall’ingresso si fece avanti una donna,
un tenente della Jaculus.
«Oh!
Grazie tenente Ely.»
Norbert
faceva spesso affidamento su di lei. Una giovane donna sulla trentina
dal viso paffutello e gli occhi neri dolci e profondi. Una persona
dall’aspetto ordinario e gentile.
«
Colonnello si è ripreso! Che gioia!»
«Abbassa
la voce!» la rimproverò Norbert.
«Mi
scusi» porse le medicine al maggiore «colonnello le
preparo qualcosa da mangiare, di sicuro il maggiore non ci
avrà pensato.»
«Te
ne sarei grato. In effetti ho un po’ di fame.»
«Allora
lasci fare a me.» e soddisfatta si mise ai fornelli.
Norbert
terminò la medicazione e il tenente Ely gli
preparò il pranzo. Nelle ore seguenti vennero altri membri
del suo equipaggio, e non solo, a trovarlo.
Erano
tutti felici che il loro colonnello si fosse ripreso.
«Non
potete impedirci di entrare!»
«Ehi!
Fermi con quei teknight!»
Nel
quartiere dei membri dell’equipaggio della Jaculus
c’era una grande agitazione.
Vi
erano numerosi membri dell’esercito di Argest che stavano
smantellando un campo di addestramento usato dagli uomini di Falk.
Avevano
bloccato l’accesso e stavano trasportando
all’esterno i GL.
«Almeno
spiegateci perché?» cercò chiarimenti
un giovane sottotenente della Jaculus.
«Perché
non avete i mezzi per le riparazioni.» gli rispose colui che
stava dirigendo lo sgombro del campo. Un uomo di mezza età
con l’aria divertita.
«Se
la missione non ha avuto successo la responsabilità
è anche della Urano Galeos!»
«Non
osare paragonarti al resto dell’esercito di Argest. Non siete
altro che rifiuti!» l’uomo venne colpito da un
violento pugno al volto, che gli spaccò il labro. Quel
trattamento era fin troppo ingiusto per il giovane sottotenente.
Quel
gesto scatenò maggiori tensioni.
«Se
vi è stato attribuito qualche merito lo dovete solo al
vostro colonnello … feccia anche lui.»
l’uomo colpito continuò con le provocazioni.
Il
sottotenente dovette essere trattenuto con forza per evitare che si
scaraventasse sull’uomo che li derideva.
«Che
sta accadendo?»
«Maggiore!»
«Il
maggiore Lam?» fu sempre l’uomo colpito a parlare.
«Sì,
sono io! Voi piuttosto chi siete e cosa state facendo
esattamente?» Norbert si era fatto largo tra la folla,
trovandosi di fronte al responsabile di tanta agitazione.
«Sono
il maggiore Reyet e sono qui per la confisca del campo di
addestramento. E’ il costo della sconfitta e delle
riparazioni.»
«Maggiore
gli impedisca di fare una cosa del genere!» lo
implorò un suo sottoposto.
«Mai
come questa volta non è stata colpa nostra.»
aggiunse un altro al suo fianco.
«E
poi l’avversario era la Phlayrh, non siamo solo noi ad aver
perso contro di loro.» disse con disprezzo quello che aveva
sferrato il pugno.
«Non
si potrebbe ritardare o trovare un accordo? Sicuramente ci spetteranno
altre missioni e avremo bisogno del campo di addestramento.»
Norbert tentò con un approccio più diplomatico.
«Non
vi è concesso trattare, sono ordini che arrivano
dall’alto.» fece il maggiore Reyet alzando
l’indice.
«Lasciateli
fare.» tutti si voltarono a suono di quella voce.
«Fa
… colonnello!» il maggiore Norbert si trattenne
dal rimproverarlo.
«Ma
colonnello una cosa del genere non è giusta.»
insistette il quel sottotenente che a stento riusciva a trattenere la
rabbia.
«Non
ci possiamo fare molto. Trasportate i GL nella Jaculus, quelli che non
entreranno trovategli un posto al coperto o avvolgiteli in qualche
modo.» anche se controvoglia e arrabbiati non si misero a
contraddire Falk «sottotenente Sauper si scusi con
quell’uomo e speri nel suo perdono.»
«Ma
colonnello?» protestò lui.
«Niente
ma, fallo e basta.»
«Sì
colonnello Falk …»abbassò il capo
sottomesso.
I
suoi uomini si misero al lavoro e nel giro di poche ore fu tutto
smantellato. Il campo di addestramento requisito e i teknight sparsi
tra la Jaculus e i palazzi.
Dopo
il suo intervento, Falk aveva fatto ritorno nella sua abitazione. Per
quanto stesse meglio, erano passati solo tre giorni da quando si era
risvegliato e quattro dalla battaglia.
Norbert
gli aveva proibito di alzarsi pregandolo di restare a riposo per altro
tempo ma non poté non intervenire in quelle circostanze.
Era
stato svegliato dalla confusione e si era affacciato al balcone per
capire cosa stesse succedendo. Vedendo un gran numero di soldati, aveva
temuto il peggio. In quei giorni viveva col terrore che avessero
scoperto la sua origine e che volessero fargliela pagare. Temeva in
particolar modo per Norbert che sapeva ogni cosa sul suo conto ma anche
per il resto del suo equipaggio.
In
fondo Norbert la aveva avvisato: “non diventeranno gentili
con noi”.
Il
maggiore entrò in casa e entrandovi, trovò Falk
disteso nel suo letto.
«Non
saresti dovuto uscire. Avrei risolto senza di te.»
«Lo
so ma così abbiamo fatto prima, inoltre, è meglio
che mi faccia vedere buono e ubbidiente.»
«Non
dovresti farti umiliare così.»
«Abbiamo
ricevuto altri ordini?» Falk parve ignorarlo.
«No»
Non
si dissero più nulla. Poco dopo, Falk si
addormentò e Norbert gli restò a canto, per
sorvegliarlo.
Verso
la sera, parecchie ore dopo che lo smantellamento del campo venne
terminato, qualcun’altro si fece avanti nella casa di Falk.
Bussò e la porta gli venne aperta da Norbert.
«Posso
parlare con il colonnello?» era il sottotenente Sauper.
«Sì,
ma non farlo stancare troppo.»
«Va
bene!» entrò in casa e si fermò davanti
a Falk «colonnello … ecco io volevo scusarmi per
prima.»
«Non
è necessario, Sauper.»
«Sì,
invece! Per colpa della mia reazione vi ho costretto ad alzarvi mentre
dovrebbe riposare.»
«Se
potessi farei la stessa cosa che hai fatto tu.» il giovane
colonnello si lasciò sfuggire il suo vero pensiero.
«Eh?»
«Mi
da fastidio il modo in cui vi trattano. Siete soldati di Argest proprio
come tutti gli altri.»
Il
sottotenente scosse la testa «solo lei lo fa. Solo lei ci ha
dato una possibilità, un’alternativa.»
«Non
rinvangare il passato.»
«Noi
tutti non possiamo dimenticarlo. Se non ci avesse dato la
possibilità di unirci all’esercito, non avremo
avuto potuto far altro che chiedere aiuto alla Phlayrh o ribellarci.
Almeno che non ci fossimo lasciati morire, oppressi
dall’ingiustizia e dalla rigidità
dell’impero.»
«Basta
così!» Falk si ritrovò a stringere i
pugni «quel periodo è finito, ciò che
ci aspetta è solo un futuro migliore. Però non vi
ho mai detto che sarebbe stato facile.»
Sauper
annuì.
«Ora
torna pure a casa.»
«Sì
colonnello!»
Il
sottotenente andò via come gli era stato detto.
«Norbert
torna anche tu a casa … sarai stanco.»
«Ma
no Falk, sei hai bisogno di …»
«Va
pure.»
Era
chiaro che voleva restare solo. Lo accontentò e fece ritorno
nel suo appartamento.
Camminava
risoluto e con fermezza. Si trovava nel palazzo più lussuoso
di Helkraf, un edificio bianco che si slanciava verso l’altro
e dalle forme appuntite: la dimora dell’imperatore Hunwer
Argest.
Era
riuscito ad ottenere un incontro con lo stesso imperatore.
Quegli
ambienti lussuosi e ampi, erano poveri di persone e più si
avvicinava alla sala del trono e meno ce ne erano.
Arrivò
dove l’imperatore lo attendeva. Il suo ingesso venne
annunciato e lasciato solo.
Proseguiva,
camminando sul pavimento in marmo, così lucido che la sua
figura si rifletteva. I suono dei suo passi rimbombava in
quell’ambiente spazioso e luminoso. Le colonne bianche ornate
d’oro poste ai lati del largo corridoio centrale,
lo accompagnavano.
Pochissimi
metri lo separarono dall’imperatore. Seduto sul suo trono
rialzato da cinque gradini.
Si
inchinò rispettosamente «Sua
Maestà!»
«Dunque
sei tu il giovane che in poco tempo ha fatto carriera
nell’esercito?»
«Sì
Maestà. Sono il colonnello Falk Horn.»
«Sono
curioso di sapere cosa voglia da me un così abile soldato
che sta cadendo in disgrazia.» sul viso
dell’imperatore si fece largo un sorriso derisorio.
I
deboli non avevano vita facile in Argest.
Falk
sollevò il capo. La sua determinazione fece scomparire il
sorriso dal volto dell’imperatore.
«Sono
venuto a dirle la verità sul mio conto.»
La
cosa lo incuriosì e lo incoraggiò a proseguire
con un cenno della mano che fin’ col coprire il mento
«dunque …»
«Io
provengo dalla Phlayrh, anzi … io sono della
Phalyrh.»
Angolo
dell'autrice:
E con questo la
parentesi dello spazio si conclude. Spero ti sia piaciuto belfire99!
L'attenzione
è ancora tutta rivolta su Falk (vi sto tendendo col fiato
sospeso? Spero di sì!)
Come promesso
l'altra volta, riporto le schede di altri ben sette personaggi
così reupero quelli della volta scorsa. Spero siano graditi
:)
Dalla prossima
volta creerò un capitolo a parte dove raccoglierò
le schede dei singoli personaggi, delle aeronavi e dei teknight in modo
da essere più chiaro.
Grazie a tutti
coloro che continuano a seguire Argest e sempre un grazie speciale per
belfire99 che continua a incoraggiarmi con le sue recensioni.
Ora basta con le
parole e conosciamo meglio alcuni dei personaggi di Argest.
YUE
LI:
158
cm
15
anni
Tenente
- pilota del MA (blu)
E’
sempre molto allegra
Ha
appreso le arti marziali dal fratello
Le
piace
il gelato
E’
brava nei lavori manuali
Yue
Li disegno
SHU LI:
170
cm
22
anni
Tenente
- pilota del MA (nero)
E’
un
tipo abbastanza silenzioso
Esperto
nelle arti marziali
Gli
piacciono
le patatine fritte
Si
diverte nel giocare a basket con Kirabo
Shu
Li disegno
SEREF ARGEST:
174
cm
18
anni
Tenente
- pilota dell’ IF
Abile
giocatore di scacchi
Tutto
ciò che non conosce lo incuriosisce
Non
si fida facilmente degli altri
Ama
rilassarsi con un bagno caldo
Gli
piacciono i Waffel
Seref
Argest disegno
KIRABO HILT:
199
cm
30
anni
Maggiore
- pilota del RAD1
Gli
piace il basket e gli piacerebbe diventarne un giocatore professionista
Detesta
i posti freddi
Si
fa
benvolere dagli altri, in particolar modo ai bambini piace giocare con
lui
Ama
profondamente la sua famiglia con la quale ha un legame molto forte
Gli
piace la frutta secca
Ha
un
legame di forte amicizia con Kyla, Lev e Falk
Kirabo
Hilt disegno
KYLA
FUKUDA:
168
cm
28
anni
Colonnello
- pilota del RAD2
Legge
molti libri
Le
piace la musica e in particolare prova interesse per quella folk
Non
sopporta di piangere
E’
ghiotta di caramelle
E’
molto legata ai suoi amici Kirabo e Lev e soffre per la lontananza di
Falk.
Kyla
Fukuda disegno
LEV
KUZNETSOV:
183
cm
26
anni
Capitano
- pilota del RAD3
Bravo
nuotatore, si autodefinisce un campione del nuoto
E’
un
tipo ansioso
Non
sopporta la solitudine e cerca di non restare solo per troppo tempo
Cerca
sempre di nascondere la propria tristezza e apparire sorridente
Gli
piacciono i mandarini
Per
lui nulla è più forte dell’amicizia che
lo lega a Kirabo, Kyla e Falk
Lev
Kuznestov disegno
FALK HORN:
175
cm
28
anni
Colonnello
- pilota del GL-S
Costruisce
spesso modellini e piccoli oggetti di ogni tipo
E’
determinato
Gli
piace
il cioccolato alle nocciole
Quando
può schiaccia volentieri un pisolino
Da
quando è andato via dalla Phlayrh ha imparato a
mascherare i suoi sentimenti
Gli
mancano i suoi amici, specialmente Kyla
Falk
Horn disegno
Alla
prossima ;)
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Capitolo 22 *** Section 21 ***
Argest
Age – section 21
«Sono
venuto a dirle la verità sul mio conto.»
L’imperatore
si incuriosì e lo incoraggiò a proseguire con un
cenno della mano che finì col coprire il mento e il gomito
appoggiato sul bracciolo «dunque …»
Il
colonnello Falk prese fiato. «Io provengo dalla Phlayrh, anzi
… io sono della Phlayrh.»
Hunwer
Argest fu sorpreso da tale dichiarazione e assunse una posizione retta,
poggiando la mano sul bracciolo.
Falk
aveva la sua completa attenzione.
«Come
mai uno della Phlayrh ha deciso di diventare un soldato
dell’esercito di Argest? E perché mi dici
ciò?»
«Perché
credo che portare avanti una guerra non serva a nulla. Se mai
avrà fine, i vincitori si imporranno sui vinti che a loro
volta coveranno vendetta e tutto tornerà al punto di
partenza. Sono convinto che per modificare le cose, i primi a dover
cambiare, debbano essere le persone stesse ed è per questo
che ho lasciato la Phlayrh. Se ci si preoccupa di tutti, più
deboli compresi, ci si può comprendere senza bisogno della
forza. Nel mio piccolo ci sono riuscito con gli uomini della
Jaculus e le loro famiglie. Dialogando ho compreso quali fossero i loro
problemi e insieme abbiamo trovato una soluzione che andasse bene a
tutti. Ed è per questo che non voglio più
nascondermi e fare finta di esser un cane
dell’impero.» aveva detto ciò che si
teneva dentro da troppo tempo, con impeto, determinazione e tutto
d’un fiato.
«Apprezzo
il tuo coraggio e la tua sincerità ma non condivido le tue
parole.»
Falk
se lo aspettava e il suo sguardo non demorse.
L’imperatore
continuò «vorresti dialogare con la
Phlayrh?»
Falk
scosse la testa «mi rendo conto che sarebbe inutile, non sono
così stupido. Dovremmo catturarli però quello che
le chiedo e che non vengano condannati a morte ma imprigionati e se
vorranno cambiare, gli deve essere offerta la possibilità di
farlo.»
«Hai
un modo per prenderli?»
«Solo
se verranno rispettate le mie condizioni.»
L’imperatore
tornò nella posizione iniziale, sembrava quasi divertito
«Sia! Tu portami la Phlayrh e io ti lascerò carta
bianca.»
Il
giovane colonnello a stento riusciva a crederci di aver ottenuto una
possibilità e facilmente per giunta.
«Ti
dirò di più … come sai oltre Seref non
ho altri figli e l’imperatrice non c’è
più da molto tempo. Non mi va di lasciare Argest in mano ad
uno dei miei fratelli o nipoti. Se riuscirai nei tuoi propositi, ti
metterò alla guida dell’intero impero.»
Falk
rimase fermo con gli occhi sbarrati tale fu la sorpresa «non
intendevo …» si fermò un attimo
rimangiandosi ciò che stava per dire “Non
intendevo osare tanto tuttavia …”.
«Grazie
… vi porterò la Phlayrh!» il giovane si
inchinò rispettosamente e si voltò per andar via.
“Sì,
portami la Phlayrh … sono proprio curioso di sapere cosa
farai. Stupiscimi!” l‘imperatore lo
osservò fino a che poté, sorridendo divertito.
Nel
cargo della Jaculus si erano radunati tutti i membri
dell’equipaggio che lo componevano. Facevano un gran baccano,
discutendo tra di loro per l’improvvisa convocazione che
avevano ricevuto da parte del loro colonnello.
Era
presente anche Norbert che attendeva ansioso l’arrivo di Falk.
Si
era seduto a terra a gambe incrociate e tamburellava nervosamente le
dita sul ginocchio. Il suo giovane colonnello era sparito da qualche
giorno senza dirgli niente e quando quella mattina fece ritorno, gli
fece convocare tutto l’equipaggio poiché aveva un
annuncio importante da fare. Gli aveva inutilmente chiesto delle
spiegazioni, difatti non gli disse nulla nemmeno qualche parola vaga.
Il
vociare si intensificò per un attimo per poi svanire: era
arrivato Falk.
IL
giovane si fece largo tra gli uomini, che si spostavano al suo
passaggio, mentre Norbert si alzava. Si guardarono per qualche secondo.
Lo superò e si posizionò nella mano di un
teknight accovacciato al pavimento, in modo da essere visibile da tutti.
Falk
fece un respiro profondo.
«Vorrei
che mi ascoltaste con attenzione e che riflettiate seriamente su
ciò che sto per dirvi.»
Erano
tutti concentrati su di lui in particolare l’uomo che gli era
tanto legato, avvertiva una strana sensazione che gli attanagliava lo
stomaco.
«E’
qualcosa che ho tenuto nascosto per molto tempo …»
“Non
vorrai …?” la stretta allo stomaco di Norbert si
trasformò in una fitta al cuore, tale era la paura di quello
che stava per pronunciare il giovane.
«Si
tratta della mia origine … io facevo parte della Phlayrh e
in certo modo mi sento ancora di farne parte.» regnava lo
stupore generale. Non si sentiva nemmeno un mormorio.
«Sei
impazzito? Come ti viene in mente di dire certe cose?»
Norbert gli stava urlando contro. Quello stupido stava mettendo a
rischio la sua stessa vita.
«Ti
prego lasciami continuare.»
«Sta
zitto! Così ti metti in pericolo!»
continuò ad urlare. Sembrava che il maggiore avesse perso il
controllo lasciando i presenti sorpresi.
«Non
sarà un problema.»
«Ma
che stai dicendo? Come non sarà un pro
…»
«L’ho
già detto all’imperatore io stesso.»
Falk sovrappose la sua voce a quella del maggiore, azzittendolo.
Sconvolto, lasciò cadere le braccia lungo i fianchi ma non
smise di guardarlo.
Falk
riprese il suo discorso « come dicevo io vengo della Phlayrh.
Sono nato e cresciuto su quell’aeronave ed ero un loro
pilota. Per divergenze di opinioni mi allontanai dalla Phlayrh ma
nonostante ciò, continuo a perseguire gli stessi ideali e
obbiettivi. Per questo motivo che non li ho mai considerati dei veri
nemici e vi ho sempre impedito di ucciderli durante i combattimenti.
Però questa situazione non poteva durare in eterno,
così ho fatto una scommessa, rivelando ogni cosa
all’imperatore. Se mi avesse voluto morto, mi sarei
assicurato di mettervi al sicuro e sarei scappato ma nel caso avesse
accettato le mie condizioni, avrei potuto agire finalmente
libero.» la tensione crebbe nel voler sapere il seguito
«ebbene … l’imperatore mi ha dato una
possibilità. Posso agire come meglio credo a patto che
catturi la Phlayrh e del loro destino sarò io a deciderlo.
Quello che vi chiedo e di riflettere bene su che cosa volete fate:
seguirmi o abbandonare la Jaculus. Nel caso in cui il mio piano
funzionasse e li catturassimo, non dovrebbero esserci problemi ma in
caso contrario, non posso escludere che mi apsetti la pena capitale e
con me tutti coloro che mi seguiranno.»
Dopo
qualche attimo di silenzio qualcuno si fece avanti.
«Noi
la seguiremo ovunque, colonnello!»
«Già!
Indipendentemente dal suo passato.»
Seguirono
altre voci simili. Falk sorrise ma si affrettò a rispondere
«non voglio una risposta immediata, dovrete pensarci bene.
Per chi vorrà lottare ancora a bordo della Jaculus si
farà trovare qui tra una settimana alle sei del
mattino.» e così concluse.
Scese
dal teknight e si avvicinò a Norbert «Passa per
casa mia, per favore.»
L’uomo
non rispose nulla e Falk fece ritorno nel suo appartamento.
Quella
stessa sera, il campanello della casa di Falk suonò. Il
giovane corse alla porta nella speranza che fosse Norbert.
Aprì senza verificare l’identità di chi
aveva bussato e per fortuna si trattava proprio dell’ospite
che stava aspettando.
Il
maggiore entrò senza dire una parola e si sedette al tavolo.
Falk lo raggiunse restando all’in piedi.
«Norbert
ecco …»
«Perché
non mi hai detto niente?» era palesemente arrabbiato.
«Non
volevo che ti facessero del male.»
Norbert
si alzò con uno scatto facendo cadere la sedie, afferrandolo
per il bavero della maglietta.
«Allora
per tutti questi anni non ho fatto che perdere tempo! Il rispetto? La
fiducia? Il sostegno reciproco? Non ti avevo promesso che ti sarei
sempre stato accanto qualunque cosa fosse accaduto?»
«Avevo
paura.» rispose piano. Norbert lo lasciò e lo
abbracciò.
«E
proprio per questo che dovevi dirmelo.» senza nemmeno
accorgersene Falk contraccambiò
l’abbraccio con energia.
«Scusa
…»
Quando
entrambi si calmarono, si sedettero l’uno di fronte
all’altro.
«Grazie
a te la mancanza della Phlayrh è sopportabile, ho trovato
una famiglia anche qui.»
«E
per forza! Sei diventato un figlio per me.»
«Mi
hai ricordato Owen. Mi sgridava in continuazione quando ero un
ragazzino anche se ha dei modi di fare più freddi rispetto
ai tuoi.»
Norbert
si intenerì nel vederlo con gli occhi ricolmi di nostalgia
ma lo riportò al presente. «Con loro che hai
intenzione di fare? Qual è il tuo piano?»
«Privarli
delle altre due basi di cui dispongono. Ovviamente li
avviserò prima del nostro arrivo. Li voglio costringere ad
arrendersi e consegnarsi, ovviamente con la promesse che non
verrà fatto alcun male a nessuno.»
«E
poi?»
«Una
volta che non potranno più disporre delle basi, saranno
costretti a rischiare il tutto per tutto e attaccarci oppure andare a
nascondersi da qualche parte. Però so dove potrebbero
andare.»
«In
pratica una guerra di logoramento.»
«Esatto!»
«Ovviamente
non vuoi che vengano condannati a morte.» Falk
annuì «e sei sicuro che l’imperatore
manterrà la parola data?»
«Mi
ha detto che se riuscirò nel mio intento, in futuro mi
farà imperatore, quindi credo di sì.»
Questa
poteva essere la sorpresa più grande di tutte. Norbert
faticava a capacitarsi di quello che gli stava raccontando il giovane
ma questa era decisamente troppo.
«Sì
lo so. La notizia ha sconvolto anche me ma è
un’opportunità che non avrei nemmeno mai
immaginato.»
«Orami
siamo in ballo. Spero solo che tutto vada per il meglio.»
«Shae
non riusciamo a comunicare con Mutinous.» uno degli uomini
della base africana dovette rivolgersi alla donna.
«Avete
controllato che non sia un problema della strumentazione?»
«Abbiamo
fatto tutti i controlli necessari ma non sembrano esserci
malfunzionamenti. I messaggi vengono inviati ma non riceviamo nessuna
risposta.»
«Che
strano … eppure Yakov è sempre così
preciso.»
«Per
questo sono venuto da te.»
«Ho
capito vengo subito.» così Shae fu costretta ad
abbandonare il suo lavoro e seguì l’uomo nel
sottosuolo.
Usarono
l’ascensore per arrivare all’ultimo piano e dopo un
lungo corridoio entrarono in una grande sala ricca di strumentazioni di
diverso tipo. Al suo interno trovò solo un’altra
persona che provava in ogni modo a risolvere il problema.
Shae
era la responsabile delle principali attività svolte in
quella base e quindi era inevitabile che venisse coinvolta.
«Allora?
Che succede?»
L’altro
che era rimasto a lavorare le spiegò più
dettagliatamente la situazione e per quanto si mise ad analizzare la
questione, anche la donna non trovò nessuna anomalia.
«Avete
provato a contattare l’aeronave?»
«Non
ancora.»
«Ci
penso io.» Shae si sedette davanti ad un computer e
mandò una segnalazione in codice alla Phlayrh.
Pochi
secondi dopo e sul monitor comparvero delle scritte che avvisarono che
il messaggio era stato ricevuto con successo.
«Shae
perché usi il codice cifrato?» domandò
quello seduto al suo fianco preoccupato.
«Non
sappiamo che cosa stia accadendo, meglio essere prudenti.»
Shae
mandò un altro messaggio illustrando la motivazione della
richiesta che aveva mandato prima. Ancora una volta la risposta
arrivò repentina.
«Adesso
controlleranno.» disse riassumendo il contenuto della
risposta.
Aspettarono
in silenzio e quando altre righe scritte comparvero sul monitor, si
avvicinarono ad esso.
«Nemmeno
loro …» sussurrò la donna.
«Sarà
successo qualcosa?» ipotizzò sempre quello al suo
fianco.
«Probabile,
di certo non è normale. Però non deve per forza
essere qualcosa di grave.» provò a sdrammatizzare
l’altro.
«Lo
spero.» Shae cominciava ad essere tesa. Una cosa simile era
decisamente strana.
Dall’aeronave
le avevano detto di stare all’erta e di attendere loro
notizie. Nel frattempo sarebbero andati a verificare di persona cosa
stesse accadendo. Per fortuna non si trovavano troppo lontani.
Poi
comparve un altro messaggio ma da un mittente diverso.
«Qualcuno
si è infiltrato nel nostro sistema di
comunicazione!» affermò allarmato l’uomo
che aveva condotto Shae nel laboratorio.
Shae
lo lesse con attenzione ignorando i commenti degli altri.
“Perché?”
la donna strinse i pugni.
«Quel
traditore! Alla fine si è schierato dalla loro
parte.»
«Non
può essere! Falk non lo farebbe!»
Il
messaggio che avevano ricevuto proveniva dalla Jaculus e
l’autore non poteva che essere il suo vecchio compagno.
Li
avvertiva che in alcuni minuti sarebbe giunto alla base con la sua
aeronave per requisirla. Gli prometteva che non li avrebbe attaccati se
non avessero opposto resistenza e che era sua intenzione far diventare
la base un protettorato dell’impero, come era già
avvenuto con Mutinous.
Shae
non ci pensò due volte a mettersi in comunicazione con Falk.
«Falk!
Sei stato tu a inviarci il messaggio?»
«Shae
... sì sono stato io. Ti prego non combattiamo.»
«Che
cosa hai fatto alla base europea?» la donna parve nemmeno
sentirlo.
«L’
ho fatta diventare un protettorato dell’impero come ti ho
detto. Non c’è stato nessuno scontro.»
«Com’è
possibile? Yakov non l’avrebbe mai permesso.»
«E’
vero. Per questo l’ho catturato prima di fare irruzione con
la Jaculus. Avevo promesso di non aprire il fuoco se non avessero
reagito e così è stato.»
«Ma
come hai potuto? Verranno spediti come minimo nelle colonie.»
Shae aveva un tono di voce agitato e alto.
«Quelle
sono state abolite.» disse con sicurezza Falk.
«Come
abolite?» le sembrò impossibile.
«Verrà
reso pubblico una volta che tutto sarà finito.»
«Come
ci sei riuscito?»
«Ho
rischiato il tutto per tutto … ma ora non è il
momento delle spiegazioni. Shae, quello che vuole la Phlayrh si sta per
realizzare e senza bisogno della guerra.»dal tono di voce
Falk sembrava fiducioso.
La
donna non riusciva a realizzare la realtà dei fatti, le
sembrava tutto confuso come in un sogno. In seguito, con un
po’ di sicurezza in più, mandò un
messaggio alla Phlayrh contenente tutte le informazioni necessarie per
comprendere la situazione.
«Shae?»
la voce di Falk la raggiunse per avere una risposta. Lei
rimase in silenzio, aspettando gli ordini dall’aeronave.
«Shae!»
insistette ancora il colonnello di Argest.
Shae
lesse le righe che apparvero sul monitor con frenesia.
«Ci
arrediamo.» si sentì un sospiro di sollievo del
suo interlocutore «tra quanto arriverete?»
«Dieci
minuti al massimo.»
«Promettimi
che non accadrà nulla di brutto alla gente che vive
qui.»
«Hai
la mia parola.»
Shae
annuì ma era fortemente contrariata, con il capo chino e i
pugni stretti.
«Grazie!»
Falk interruppe la conversazione.
«Dobbiamo
davvero arrenderci senza combattere?»
«Sono
gli ordini di Owen!» gli altri due non dissero più
nulla.
Shae
uscì di fretta da lì. Sembrava una calda giornata
proprio come tante altre, serena con cielo limpido e il sole accecante.
Ma quel giorno sarebbe stato diverso.
Non
si perse in troppi pensieri e si affrettò a raggiunse la
figlia che giocava con altri bambini.
«Fuhara
vieni qui, fa presto!» la voce severa della madre non le
permise di replicare e le corse incontro.
«Che
c’è mamma?»
«Ti
spiego dopo, vieni!» Shae la prese in braccio e quasi di
corsa si diresse a casa sua.
Per
strada nessuno si accorse della sua agitazione, ignari di quello che
sarebbe accaduto da lì a pochi minuti.
Entrate
in casa, raccattò alcuni oggetti utili, dell’acqua
e del cibo mettendo tutto in un grande zaino. Fuhara guardava sua madre
perplessa non capendo cosa stesse facendo ma l’inquietudine
della donna le stava mettendo paura e non ebbe il coraggio di fare
domande.
«Dobbiamo
andare via.» Shae si mise lo zaino in spalla e
afferrò la figlia per la mano.
«E
dove?»
«Il
più lontano da qui.»
«Perché?»
«Perché
sta per accadere qualcosa che alla mamma non piace.»
«E
gli altri?»
Shae
si intenerì nel vedere l’espressione spaventata
della figlioletta e la strinse forte.
«Non
devi preoccuparti, staranno tutti bene ma noi due abbiamo un compito
diverso.»
In
quel momento si rese conto di comportarsi da egoista. Era vero che
stava eseguendo gli ordine di Owen e che voleva fidarsi realmente di
Falk, però la paura che qualcosa andasse storto la stava
facendo agire in quel modo. Prima di ogni cosa doveva esserci la
sicurezza di sua figlia. Inoltre non aveva voglia di cedere ad un
accordo del genere e avrebbe fatto di tutto per salire sulla Phlayrh.
«Andiamo?»
sussurrò Shae. La bimba annuì e raggiunsero la
foresta poco distante.
Camminarono
per un po’, allontanandosi così tanto che la base
nemmeno si vedeva più.
«Fuhara,
dov’è il posto in cui vai a
nasconderti?» la piccola guardò altrove facendo
finta di non sapere nulla.
«Fuhara
lo so che hai un nascondiglio segreto.»
«Uffa
è segreto!» protestò la bimba.
«Lo
so, però adesso nessuno ci deve trovare e i tuoi nascondigli
sono i migliori.» sapeva che farle i complimenti era una
buona strategia da usare con la figlia e infatti dopo una smorfia
accettò di portarla nel suo nascondiglio.
«Però
non devi dirlo a papà!»
«Va
bene, prometto!»
La
piccola fece strada muovendosi con estrema naturalezza in quella
foresta di piante, liane e insetti. Non dava per nulla
l’impressione di una bambina di quattro anni.
Shae
venne condotta ai piedi di un grande albero, le cui immense radici
affioravano dal terreno e in più punti era ricoperto da
arbusti e rampicanti.
Fuhara
ne smosse alcuni e svelò un foro abbastanza grande da poter
permettere l’accesso anche ad un adulto. Quel condotto
conduceva in uno spazio più ampio, come una piccola caverna
creata dalle radici che tratteneva il terreno e dava lo spazio alla
luce del sole di penetrare.
Shae
quasi non ci credeva a dove era stata portata, sembrava un piccolo
anfratto fatato e a trovarlo era stata la piccola peste della figlia.
Da quel giorno l’avrebbe di sicuro controllata di
più.
Si
avvertì un forte rumore avvicinarsi. Le due si sporsero
all’esterno e potettero vedere la Jaculus volare sulle loro
teste, diretta alla base. Non era molto distante dal suolo e la sua
figura ricorda davvero un rettile pronto a fiondarsi sulla sua preda
per trafiggerla e divorala, proprio come la creatura mitologica di cui
portava il nome.
«Mamma
…» Fuhara si strinse alla maglia di Shae
spaventata.
«Tranquilla
non succede nulla. Noi dobbiamo stare nascoste per un pochino e poi
chiamiamo papà, così ci viene a
prendere.» la piccola si strinse più forte alla
madre che la coccolava per calmarla.
Quel
nascondiglio poteva rilevarsi veramente perfetto. Aveva pensato, che
non trovandola, Falk potesse mettersi alla sua ricerca ma riteneva
anche che non poteva dedicarci troppo tempo.
La
previsione si rilevò giusta. Per tutto il giorno seguente,
aveva avvertito chiaramente che diversi uomini si stessero avventurando
nella foresta. Quel nascondiglio tanto semplice fu davvero efficace.
Già dal secondo giorno non si percepì
più nulla e quella stessa sera, Shae decise di contattare i
suoi compagni sull’aeronave.
Prese
la trasmittente che aveva portato con se e provò ad avviare
la comunicazione. Il segnale fu difficile da trovare ma dopo diversi
tentativi ci riuscì.
«Base?»
«Sha
… o.. ve … i?» il suono era ancora
distorto.
«Mi
sentite?»
«Dove
sei?» era la voce di Owen.
«Finalmente!
Mi trovo poco distante dalla base.
«Per
fortuna! Kirabo ti sta cercando in ogni modo. Dammi un punto di
riferimento per trovarti.»
«Lungo
il fiume verso nord. Digli così di sicuro saprà
dove trovarmi.»
«Arriverà
presto.»
Spense
la trasmittente e andò a recuperare Fuhara nel nascondiglio.
«Fuhara
papà ci sta venendo a prendere, andiamo al fiume.»
la piccola scattò in piedi velocemente e con la madre
raggiunsero il corso d’acqua.
Era
abbastanza buio e la luce della torcia serviva a poco, riuscivano a
vedere giusto avanti a loro.
Aspettarono
per un po’ in silenzio, provando ad avvertire qualche suono
che non fosse della foresta.
«Mamma!»
«Che
c’è?»
«Un
rumore.» disse la piccola indicando con un dito la direzioni
da cui proveniva.
Erano
dei passi di qualcosa che procedeva su due gambe e di metallico. Dalla
stessa direzione indicata dalla bambina, si videro delle luci di fari e
tra gli alberi si delineò la figura di un mezzo di trasporto
che procedeva su due arti meccanici. Dall’aspetto
assomigliava ad un grosso uccello metallico, data la presenza di
piccole ali laterali. Si fermò pochi passi da loro,
illuminandole con i fari e lo sportello trasparente si
sollevò.
«Papà!»
«Fuhara!
Che sollievo, stai bene!» Kirabo saltò
giù dal mezzo e prese in braccio la figlioletta che le era
corsa in contro.
«Non
sapevo dove cercarti, mi sono spaventato molto.» disse alla
moglie che gli si era avvicinato ed abbracciato.
Kirabo
la strinse forte mentre terminava di scaricare il residuo della
tensione accumulata.
«Scusa,
non ho avuto molto tempo per pensare a cosa fare. Ho reagito
d’istinto.»
«Siamo
alle solite! Torniamo all’aeronave.» la donna
annuì.
Kirabo
salì per primo, poi la figlia sollevandola e in fine
entrò anche Shae. Lo sportello si chiuse e il mezzo fece dei
salti sui tronchi degli alberi per salire sempre più in
alto. Raggiunto un punto sufficientemente elevato, spiccò un
ulteriore salto, le ali si distesero e prese a volare.
«Com’è
che sapevi che non ero più alla base?»
domandò ad un tratto Shae.
«Falk
ci ha comunicato quello che ha fatto e ci ha riferito di non averti
trovata.»
«Vi
ha informati? A che scopo?»
«Per
costringerci alla resa.»
«E
perché dovremmo arrenderci? Voglio capire che se a essere
bersagliata improvvisamente è una base, non avremmo avuto
modo di reagire almeno che non avessimo voluto sacrificare parecchie
vite. Ma l’aeronave, quella è fatta per
combattere!»
«Quanto
credi che reggeremo senza le basi a cui appoggiarsi?»
«Potremmo
sfruttare Ekalad?» disse ricordandosi della città
nel cielo dove a volte si recavano.
«Non
ci faranno nemmeno avvicinare. Falck non è uno
stupido.»
«Ma
perché una cosa del genere? Non ha mai combattuto seriamente
contro di noi.»
«Perché
crede fermamente nelle sue idee. In ogni caso quello che ha detto
è vero.»
«Cioè?»
«Ho
avuto modo di controllare la colonia di qui, c’era ancora un
mucchio di gente ma nessuno che li controllasse o che li costringesse a
lavorare. Anche nelle basi non è successo nulla. Nessuna
incursione, nessun attacco o imprigionati.»
«E
noi che faremo?»
«Non
lo so, stiamo ancora decidendo.»
L’aeronave
era finalmente visibile. Rientrarono ed ad attenderli c’era
solo Katsu.
«Per
fortuna le hai trovate! State bene?» fece premuroso il
ragazzo.
«Sì
stiamo bene grazie. Tutti gli altri?»
«A
discutere in sala comandi.»
«Shae
io li raggiungo. Tu riposa pure, sarai stanca.» le disse
Kirabo posandole le mani sulle spalle.
«Vengo
con te!» i due si guadarono fissi negli occhi fino a quando
Kirabo non cedette, sospirando.
«E
va bene. Fuhara, ti va di conoscere una bambina?» la piccola
si aggrappò alla gamba del padre, nascondendoci il viso
«Ti accompagno io?» insistette Kirabo e la bimba
annuì.
«Miyu
è nella stanza di Takehito.»
«Grazie
Katsu! Voi avviatevi pure vi raggiungo tra poco.»
Stavano
discutendo ormai da ore ed era notte inoltrata. La conversazione
ruotava attorno alla questione se attaccare o meno Argest. Gli adulti
erano propensi per una battaglia che probabilmente sarebbe stata
l’ultima, mentre i più giovani volevano
intraprendere la via della prudenza e osservare come si fosse evoluta
la situazione. Kyla voleva addirittura accettare la proposta di Falk,
sostenendo che in fondo entrambi lavoravano per lo stesso obbiettivo e
che arrivati a quel punto potevano unire le forze.
«Questo
punto non si discute! Non ci alleeremo mai con Argest!» Owen
era irremovibile. Quella situazione era così assurda e
improvvisa che non riusciva in alcun modo vedere alternativa se non
combattere.
«Ma
papà non si tratta di allearsi con Argest!»
«Devi
mettere da parte i tue sentimenti per lui e vederlo per quello che
è diven …» Owen venne bloccato con un
gesto netto della mano di Erin. Quelle parole avrebbero potuto ferire
non solo la figlia ma anche tutti gli altri ragazzi.
«Kyla
devi capire che se ci consegnassimo a Falk, avremmo le mani legate e la
Phlayrh non esisterebbe più.» la madre non le dava
ragione ma le pose la questione da un punta di vista diverso e usando
parole meno dolorose.
«E
dovremmo dunque combattere contro un nostro vecchio compagno che da
anni si batte per i nostri stessi ideali?» per Lev
l’idea di dover affrontare in un combattimento mortale Falk,
gli faceva raggelare il sangue nelle vene.
«Inoltre
non saremmo in grado di reggere più di uno o due scontri.
Quando avremo esaurito ogni risorsa che faremo?» con
difficoltà Seref cercava di analizzare la situazione in modo
razionale, senza farsi prendere da ansie e preoccupazioni o da stupide
idee.
«Per
questo il nostro sarà un ultimo attacco.» sostenne
Aruto.
«Tsk!
Sembra un suicidio.» disse Yue contrariata.
«Dovremmo
calcolarlo nei minimi dettagli eppure avrei dei dubbi a gettarmi in un
impresa simile.» intervenne subito Shu. Per la prima volta
non era sicuro di affrontare una battaglia.
«Non
possiamo provare a fidarci di Falk? In fondo lo avete sempre rispettato
e gli volete bene tutt’ora anche se è andato via.
Non vi siete mai fatti la guerra realmente e ritengo che le sue
intenzioni siano realmente buone.» si azzardò a
dire Takehito.
«Nessuno
mette in dubbio la sua buona fede ma se è andato via
c’è un motivo: la divergenza di pensiero. Lui
è convinto che le persone possano cambiare e che
basterà questo per rovesciare le sorti del mondo. Una cosa
del genere è impossibile e per questo la Phlayrh non deve
sparire. Deve continuare ad esistere, continuare a
combattere.» Owen ribadì ancora una volta la sua
visione delle cose.
«Così
non arriveremmo da nessuna parte!» disse stizzito Kirabo. Si
alzò innervosito e rattristato da quei discorsi. Shae lo
seguì con lo sguardo e così fecero anche gli
altri.
«Forse
dovremmo smettere qui e chiarirci le idee ognuno per conto
proprio.» propose Lara seriamente preoccupata per il clima
teso che si stava generando.
«Ne
riparleremo domani.» anche Owen li lasciò,
innervosito.
Tutti
gli altri si guardarono non riuscendo a trovare nessuna parola. Si
ritirarono ognuno nella propria stanza eccetto Aruto che rimase con
Lara a governare l’aeronave.
Shae
era passata da Takehito a prendere la figlia. Trovarono le due bambine
beatamente addormentate nel letto del ragazzo.
Poi
andò nella stanza di Kirabo e lo trovò seduto sul
letto intento ad osservare l’esterno attraverso la finestra.
Adagiò Fuhara nel letto e gli sedette accanto.
«Non
hai detto una parola. A cosa stai pensando?»
«Non
so nemmeno io cosa voglio. Da un lato approvo quello che dice Owen
però se dovessi seguire il mio cuore, farei come ha detto
Takehito. Falk è nostro amico e sono sicuro come la morte
che non ci farebbe mai del male e che quello che ha detto è
la verità. E se nel caso qualcosa non andasse come ha in
mente, lotterebbe con le unghie e con i denti per impedirlo.»
«Su
questo ne sono convinta anch’io.»
«Tuttavia
qualsiasi cosa faremo, io non riesco a immaginarvi lontano da tutto
ciò. Qualunque degli scenari potrebbe rilevarsi pericoloso e
non posso immaginare né Fuhara né te qui a bordo
della Phlayrh.»
Shae
gli strinse la mano e guardò il cielo scuro «in
fondo è quello che ho fatto anch’io.»
menzionando la fuga dalla base.
«Hai
paura anche tu?»
«Abbastanza.
Però adesso cerchiamo di riposare, va bene?»
«Sì
… ci stiamo tutti e tre nel letto?»
«Ci
stringeremo un po’.»
In
qualche modo si sistemarono e provarono a prendere sonno.
Nelle
altre stanze qualcuno si era radunato per discutere: Seref era con i
due fratelli e Katsu con Takehito.
Lev
e Kyla avevano preferito stare per i fatti loro e ragionare da soli
senza interferenze.
Al
mattino presto Kirabo in gran silenzio e segreto fece radunare tutti
coloro che non approvavano appieno l’idea
dell’attacco nella sua stanza.
«Che
devi dirci Kirabo?» gli domandò Kyla.
«Voglio
sapere cosa pensate. Però senza dirlo ad alta voce, lo
scriverete senza farvi vedere su un foglietto e poi me lo consegnerete.
Non c’è bisogno che sappia di chi sia.»
La
richiesta era decisamente strana ma accettarono lo stesso di farlo.
Le
bambine che si erano anch’esse svegliate li osservavano
incuriosite.
Tutti
scrissero su un foglietto cosa avevano deciso durante la notte e li
consegnarono al compagno. Kirabo li lesse e anche quando
l’ultimo venne visionato, fece un gran sorriso.
«Come
immaginavo nessuno di noi vuole inutili spargimenti di sangue. Dato che
la maggioranza non vuole intraprendere nessuna battaglia,
andremo da Owen a riferirlo.» quella prova gli diede la
sicurezza che stesse facendo la cosa giusta.
«Però
prima di ogni altra cosa, porterò le bambine lontane da
qualunque ipotetico pericolo.» disse Shae.
Takehito
annuì «E’ giusto
così!»
Ancora
una volta Shae dovette preparare un bagaglio per le due bambine e per
se stessa, ma con più calma. Katsu di nascosto stava
preparando il mezzo con cui avrebbero lasciato l’aeronave. E
gli altri stavano allestendo il discorso da fare ad Owen.
Tutto
era pronto.
«Miyu
fa la brava e ascolta sempre quello che ti dice Shae.»
«Ok.»
Miyu non era molto contenta di lasciare Takehito ma il ragazzo le aveva
promesso che si sarebbero rincontrati presto.
«Fuhara
anche tu fa la brava e fai quello che ti dice la mamma!» per
la figlioletta la semplice promessa di ritrovarsi presto non
bastò. Oltre al peluche che le aveva regalato il padre, per
convincerla senza che facesse troppe storie, i genitori li avevano
promesso un altro peluche.
«Allora
io vado! Su piccole a bordo!»
Katsu
le aveva preparato lo stesso mezzo usato da Kirabo la notte precedente.
«A
presto! Kirabo tieni sempre la radio con te.»
«Sta
attenta.» si tennero la mano per un po’.
Non
si trattennero oltre e partì di fretta. Compatti
com’erano andarono da Owen.
«Owen
abbiamo preso la nostra decisione!» esordì Kirabo
una volta che tutti furono dentro la sala comandi, dove trovarono il
resto dell’equipaggio.
Owen
li guardò uno ad uno severo e poi disse :«La
Phlayrh scenderà in guerra contro Argest!».
Angolo
dell'autrice:
Ormai
siamo davvero agli sgoccioli e la situazione diventa sempre
più complicata.
Da
un pochino stavo aggiungendo a fine capitolo le schede dei personaggi,
ebbene da oggi le ho raccolte tutte nel capitolo che troverete sempre
all'inizio di tutti i capitoli. Si chiama "Utile e
curiosità" e vi riporto il link qui.
Ho
aggiunto come personaggi Owen, Erin, Lara ed Aruto. In più
sono state aggiunte le schede dei teknight con la relativa descrizione
e di quelli che avevo anche un'immagine e per concludere, anche le
aeronavi con le loro caratteristiche. Mi raccomando andate a vedere!
Come
sempre ringrazio chi continua a leggere e belfire99 che non si
dimentica mai di lasciare una recensione.
Alla
prossima ;)
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Capitolo 23 *** Section 22 ***
Argest
Age – section 22
«Owen abbiamo preso la nostra decisione!»
esordì Kirabo una volta che tutti furono dentro la sala
comandi, dove trovarono il resto dell’equipaggio.
Owen
li guardò uno ad uno ,severo e poi disse :«La
Phlayrh scenderà in guerra contro Argest!».
Rimasero
spiazzati da quella dichiarazione, spazzando via per un attimo la
determinazione che li aveva spinti. Ma di certo non potevano mollare.
«Siete
in netta minoranza!» contestò Lev.
«Resto
sempre il generale della Phlayrh e questo è un mio
ordine.»
«Un
generale non può nulla da solo e noi non abbiamo intenzione
di combattere.» intervenne Seref facendosi avanti.
«Vedremo!
Andiamo a discuterne con calma da un'altra parte.»
«Non
cambieremo idea, se è questo che speri.» disse
impetuoso Takehito.
«Abbiamo
tempo per discuterne.» la voce di Owen divenne ancora
più dura.
I
ragazzi si scambiarono occhiate e cenni del capo.
«Parliamone
ma non saremo noi a cambiare idea.» terminò Kirabo
facendosi portavoce di tutti.
Owen
li condusse all’ultimo piano fino alla palestra.
Aprì
la porta ed entrò mantenendola aperta e aspettando che il
suo seguito si sistemasse.
Lì
controllò bene: si erano messi al centro della palestra
restando in piedi mentre lo guardavano. Owen stava per richiudere la
porta quando all’ultimo, sgattaiolò
all’esterno velocemente, chiudendo l’entrata.
Sentì
distintamente le grida dei ragazzi che lo chiamavano e che erano corsi
alla porta. Velocemente digitò alcuni tasti sulla
pulsantiera di lato e, dal soffitto e dal pavimento, si congiunsero due
lastre di metallo. Così di sicuro non sarebbero potuti
scappare.
«Owen!
Apri sta porta!» Kirabo la stava prendendo a pugni.
«Papà
apri!» accanto al compagno, Kyla stava colpendo
anch’essa la porta.
«Perdonatemi
ma mi avreste solo ostacolato.» si senti dall’altro
lato.
«Cosa
credete di fare voi quattro? Suicidarvi con noi bloccati qui
dentro?» Seref dietro l’aria ironica non
riuscì a nascondere il timore di ciò che sarebbe
potuto accadere.
«Abbiamo
un’arma molto potente da usare» si
sollevò qualche mormorio di sorpresa non sapendo a cosa,
Owen, si stesse riferendo «la bomba PN di cui il mondo ha
dimenticato l’esistenza. La Phlayrh l’ha nascosta
da sempre ed è giunto il momento di usarla.»
«Che
razza di ordigno è?» domandò Takehito
non avendo mai sentito l’esistenza di una bomba con quel
nome. Anche gli altri non ne sapevano nulla.
«E’
il perfezionamento della bomba N o bomba a neutroni. Ha un raggio
d’azione di 10 km, non c’è alcun fallout
radioattivo, lascia completamente intatta ogni tipo di struttura
colpendo solo gli esseri viventi, uccidendoli.»
«Non
farlo ti prego … fermati.» a Kyla tremò
la voce.
«Owen
non puoi farlo! Ti sei impegnato per farmi smettere di essere un
assassino come puoi diventarlo tu?» disse Shu stringendo i
pugni e facendo un passo verso la porta.
«E’
assurdo Owen! Raderai al suolo un’intera
città.» Yue si era stretta al braccio del fratello
incapace di credere anche lei alle parole di Owen.
«Combatteremo
con i teknight! Ma non usare quella bomba, non compiere una
strage!» Seref non poteva accettarlo.
«Non
può essere d’accordo anche mio padre, è
assurdo!» quella situazione era insensata anche per Katsu.
«Ti
prego ragiona, moriranno migliaia di persone.» anche Kirabo
comincò a pregarlo.
«Kirabo
dovresti capirmi.» il giovane aggrottò le
sopraciglia «non pensi a Fuhara? Che futuro può
avere se Argest continua ad esistere?»
Kirabo
fremette «Non voglio diventare un padre di cui lei debba
vergognarsi.»
«Basta
così! Faremo cadere la bomba su Helkraf, ci riorganizzeremo
e prenderemo il controllo di Argest.» Owen ritornò
sui suoi passi, lasciandosi dietro le urla di protesta e le
implorazioni del resto del suo equipaggio.
«Cosa
possiamo fare?» domandò Lev grave.
«Non
ci sono vie d’uscita.» constatò Shu
lasciandosi cadere a terra.
«Possiamo
contattare Falk!» disse ad un tratto Takehito.
«Se
speri che lo possa fare Shae non si può. Il trasmettitore
che ha è unidirezionale, è indubbiamente il modo
più sicuro per non essere intercettati ma può
comunicare solo con me.» si affrettò a spiegare
Kirabo scoraggiato.
«Non
intendevo quello di Shae ma quello che ho io.» Takehito
sfilò un piccolissimo trasmettitore che aveva dalla tasca
dei pantaloni.
«Da
dove salta fuori?» Katsu gli si avvicinò seguito
dagli altri.
«E’
stato Falk a darmelo quando eravamo nello spazio.»
chiarì il ragazzo.
«Grandioso!
Così abbiamo una possibilità.» disse
Lev. La speranza tornò nel gruppo.
«Avanti
contattalo immediatamente!» Takehito annuì a Kyla
e attivò la trasmittente.
Dopo
qualche minuto di attesa in silenzio si sentì la voce di
Falk.
«Takehito
… vero?» ci fu un attimo di trepidazione.
«Sì
sono io. Ti prego devi aiutarci prima che sia troppo tardi!»
disse rapidamente Takehito.
«Troppo
tardi per cosa?»
«Per
fermare la distruzione i Helkraf.»
Falk
non rispose subito, come se avesse bisogno di tempo per analizzare la
notizia.
«Spiegati
meglio.»
«Owen
vuole sganciare una bomba sulla capitale.» Kirabo
rubò le parole di bocca a Takehito.
«Si
tratta di una bomba a neutroni perfezionata nascosta da qualche
parte.»
«Kyla
…» la voce di Falk sembrava sorpresa ma si riprese
subito «dove si trova?»
«A
quanto pare lo sa solo Owen.» riprese a parlare Takehito.
«Ora
voi dove siete?»
«Non
lo sappiamo. Owen ci ha rinchiusi in palestra.» esplose Yue
furente.
«Ma
siete tutti lì?»
«In
pratica sì. Mancano i miei genitori Aruto e Lara.»
«Ho
capito. Takehito lascia il trasmettitore acceso lo userò per
localizzarvi. Arriverò il prima possibile.»
«Fa
presto!» Kyla diede voce alla speranza di tutti gli altri.
Dalla
trasmittente si potevano udire la voce di Falk e di altre molte persone
che si erano messe al lavoro e i suoni delle strumentazioni.
«Io
avviso Shae.» così dicendo Kirabo si era
leggermente allontanato.
«Shae?»
«Kirabo
cosa c’è di già? Me ne sono andata da
poco, già ti manco?» scherzò la donna.
«Magari
fosse questo, qui è successo un bel guaio.»
«Dimmi.»
Kirabo
le spiegò ogni cosa senza tralasciare i dettagli.
«Non
posso crederci.»
«Devi
tenerti lontana da Helkraf e …. Aspetta un
attimo.» si riavvicinò al gruppo e prese a parlare
in direzione della trasmittente di Takehito «Falk
dov’è che siamo diretti?»
«Pare
in Groenlandia almeno che non cambiate rotta.»
«Sentito
Shae? Tieniti più lontana possibile da Helkraf e dalla
Groenlandia.»
«Ho
capito. Dannazione ora sarò io ad essere
preoccupata.»
«Ce
la caveremo, tu proteggi le bambine.»
«Sì!»
La
conversazione terminò e non poté fare altro che
unirsi nell’attesa con i compagni.
Nella
sala comandi dominava un silenzio mai sentito prima, carico di tensione
e incertezza.
Si
erano imposti l’unica alternativa che ritenevano valida ma
nonostante ciò, sembrava che stessero per compiere lo sforzo
più grande della loro vita.
«Siamo
quasi arrivati.» disse Erin sottovoce.
«Procediamo
così.» Owen le si avvicinò.
«Fonte
di calore in avvicinamento!» urlò Aruto ad un
segnale su uno dei monitor.
Un
raggio rosso passo a poca distanza da loro. Arrivava da ovest ma non si
riusciva a scorgere chi era stato l’artefice.
Si
susseguirono altri colpi che non andarono a buon fine, al massimo
avevano sfiorato la Phlayrh.
«Aumentiamo
la velocità. Aruto ed Erin andate ad una postazione di
fuoco.» ordinò Owen. Era tranquillo come mai prima
e non aveva distolto lo sguardo dalla direzione in cui procedevano,
nemmeno per un attimo. Eppure quei comandi preannunciavano
l’ennesimo conflitto.
«Come
faremo?» chiese Aruto preoccupato. Uno scontro non era
previsto.
«Ci
inventeremo qualcosa.» Erin era più sicura, la
sicurezza di chi non ha più nulla da perdere.
I
due si mossero velocemente mentre i raggi stavano diventando
più precisi.
«Lara
cerca di individuare chi è a spararci.»
«Sì!»
La
visuale non era delle migliori per via della presenza di molte nuvole e
della leggera foschia. Questi non impedirono di avvistare il loro
aggressore quando questo divenne vicino.
Era
la Jaculus che riuscì ad arrivare in tempo.
Dal
momento in cui li avevano individuati, Owen diede l’ordine di
sparare e tra le due aeronavi iniziò un pesante scontro a
fuoco.
Raggi
rossi e blu si alternavano tra la Jaculus e la Phlayrh e molti andarono
a segno ma nessuno di questi riuscì a provocare dei seri
danni.
L’aeronave
della Phlayrh continuava imperterrita nel proseguire sulla sua rotta
per raggiungere il luogo in cui era nascosta la bomba e la Jaculus le
era immediatamente dietro.
Dato
che il fuoco nemico era particolarmente intenso e che di sicuro non li
avrebbero mollati tanto facilmente, Owen con l’aiuto di Lara,
eseguì diverse manovre per scrollarseli da dosso.
«Aziona
l’ala si destra» Lara eseguì al meglio
che poteva. Non era abile quanto Erin ma era solita guidarla e ci aveva
preso una certa mano.
L’aeronave
virò violentemente a destra.
«Ruota
l’ala verso l’alto.» la calma di Owen era
impressionante. Ogni comando era pronunciato piano e con fermezza.
L’operazione
speculare venne eseguita dal generale e la Phlayrh si
abbassò.
«Diminuisci
l’energia.» aspettò qualche secondo
«ruota l’ala verso il basso e risaliamo.»
Owen
provò a ribaltare la situazione, ponendo la sua aeronave
nella posizione arretrata.
Ma
a quanto sembrava la Jaculus aveva intuito la mossa e facendo una cosa
simile nel lato opposto, riuscì a conservare la posizione.
«Non
ha funzionato.» a differenza del generale, Lara era
decisamente più agitata.
«Abbiamo
appena iniziato. Questa volta andiamo prima a destra e poi cambiamo
subito direzione.»
Lara
non comprese la motivazione ma si limitò ad eseguire
fidandosi dell’uomo.
Come
prima la Phlayrh subì una violenta deviazione a destra e poi
un'altra immediata a sinistra.
La
Jaculus si mosse esattamente come prima, ignorando la diversa direzione
assunta dall’avversario e come prima cominciò ad
abbassarsi.
«Resta
a questa quota.» mentre lo disse fece inclinare
l’aeronave e diede l’ordine di fare fuoco.
I
colpi improvvisi di Aruto ed Erin non furono della massima precisione
ma qualcuno colpì la Jaculus creando qualche falla nel
cargo.
La
risposta della Jaculus non si fece attendere:
accelerò inclinata verso l’altro e
sorpassata la Phlayrh si voltò nella direzione opposta e la
puntò col suo muso.
«Verso
l’alto! Saliamo verso l’alto!» la mossa
fu inaspettata anche per Owen che per un attimo parve destarsi dallo
stato di concentrazione profonda.
Le
due aeronavi si sfiorarono e delle piccole parti si fregarono,
provocando rumori che potevano far temere il peggio.
«Continua
a salire. Ci nasconderemo tra le nubi.» Owen tornò
a respirare così come gli altri.
«Aruto
lo FR è ancora operativo?»
«Ma
certo Owen. Non mai trascurato alcun teknight su questa nave.»
«Vallo
a recuperare. Erin preparati ad uscire.»
«Il
piano?»
«Approfitta
delle nubi per nasconderti. Quando usciremo faremo fuoco per distrarli
mentre tu li colpirai con il kei-kan. Se ci riesci avremo delle
possibilità di toglierceli da dosso.»
«Agli
ordini!»
I
due abbandonarono al posizione di fuoco per correre alla sala dei
teknight.
Aruto
aveva richiesto qualche minuto per attivare lo FR. Si trattava di un
modello molto vecchio che non veniva usato da anni. Gli avevano dato il
soprannome di “vintage” dato che ancora qualche
anno e poteva definirsi un pezzo da museo. Però questo non
lo rendeva un’unità debole. Quando, tempo
addietro, Erin lo pilotava era tra i più potenti e
tecnologici che vi erano in circolazione e con l’attenta e
perseverante manutenzione e cura di Aruto poteva ancora dare del filo
da torcere.
«Erin
sicura di volerlo fare? Il vintage potrebbe non farcela è
pur sempre una vecchia macchina e anche tu non lo piloti da tanto
tempo.» disse Aruto come se avesse avuto un ripensamento.
«Mi
stai dando della vecchia?»
«Di
certo non sei più una ragazzina.»
«Farò
quello che devo. Ne ho già discusso con Owen, non mi sta
chiedendo nulla che vada contro la mia volontà. Piuttosto
pensa a lui che è quello che sta compiendo lo sforzo
maggiore di tutti.» la sua risposta lo spiazzò per
un attimo. Così decise di non dire altro e affrettarsi con
la preparazione del teknight.
«FR
pronto!» annunciò il meccanico.
Erin,
indossata la tuta e il casco salì a bordo del robot ed
uscì dal ponte.
Rimase
nascosta tra la coltre bianca delle nuvole in attesa del momento giusto
per attaccare.
Come
aveva preannunciato la Phlayrh uscì dal nascondiglio
temporaneo e cominciò a sparare. Come prima i colpi andavano
da una parte all’altra senza ottenere alcun risultato
concreto.
Un
potente raggio giallo, con un forte rumore, corrose la parte superiore
del cargo. Per poco non si sciolse del tutto.
Era
Erin col kei-kan che ora necessitava di ricaricarsi.
«Dobbiamo
avvicinarci! Altrimenti non li colpiremo mai.» il colonnello
Falk cominciava ad infastidirsi.
Si
erano fatti giocare dalla seconda banale manovra della Phlayrh, la
quale era riuscita a fuggire a un attacco improvviso e diretto e per
finire si erano nascosti. Quando riapparvero, ingaggiarono ancora
battaglia ma quella dannata aeronave continuava a mantenere una
distanza di sicurezza.
Poi
un forte rumore e la Jaculus tremò. In
quell’istante sui monito apparvero i danni subiti.
«Danneggiata
la copertura del cargo. Un altro colpo e ci
scoperchierà.» disse uno degli ufficiali in sala
comandi.
«La
causa?»
«E’
un colpo del kei-kan.»
«Chi
lo sta usando?» Falk non poteva aspettarsi una cosa del
genere sapendo che tutti i piloti erano rinchiusi.
«E’
un teknight non è registrato.» continuò
l’ufficiale.
«Mostramelo
sullo schermo.» ordinò il colonnello.
«Ma
quello? Hanno ancora un teknight così vecchio?» il
maggiore Lam fu decisamente sorpreso.
«Si
stanno difendendo con le unghie e con i denti, fruttando ogni mezzo a
loro disposizione.»si poggiò la mano al mento per
riflettere «non abbiamo tempo da perdere. Fate uscire quattro
GL e catturate quel teknight. Sganciate il cargo e pronti allo
speronamento. Vediamo di finirla.»
Tutti
gli uomini si misero al lavoro, incitati da Norbert che ripeteva gli
ordini del colonnello.
Mentre
i colpi dei cannoni laser proseguivano i quattro GL si lanciarono dal
cargo e accerchiarono rapidamente lo FR. Oltre a kei-kan, aveva a
disposizione solo un fucile e il teknight non poté che darsi
alla fuga coprendosi col fucile. Ma la superiorità numerica
e la velocità nettamente superiore dei GL non gli concessero
che qualche metro, per poi essere afferrato e immobilizzato. Lo
tenevano per i quattro arti e lo stavano trasportando sul cargo.
Nello
stesso tempo la parte principale della Jaculus si staccò.
Libero dal peso del cargo, poteva contare su una velocità
nettamente superiore e sfruttare al massimo la lama affilata del muso e
delle ali laterali.
La
Phlayrh eseguì una serie di manovre per sfuggirgli, avendo
chiaramente interpretato il significato della separazione
delle due parti della Jaculus.
Questa
volta la fuga durò poco.
«Il
punto da colpire sarà il ponte di lancio.»
«Così
non gli faremo molto.» gli fece notare il maggiore.
«Voglio
entrare all’interno, non danneggiarla. Si tratta pur sempre
di quattro persone.»
«Agli
ordini!»
«Aumentare
la velocità e posizionarsi alle spalle
dell’obbiettivo.» comandò Norbert.
«Preparasi
all’impatto … 10 …. 9 …
8» erano in coda e la distanza che li separava era
ormai minima « 2 …1 ….
impatto!»
Lo
scontro fu abbastanza violento. La lama del muso si conficcò
appena nel ponte di lancio, creando uno squarcio nel portellone. Si era
agganciato e aveva diminuito la velocità, adeguandola a
quella dell’aeronave danneggiata.
Dal
muso, che corrispondeva alla sala comandi, si aprì uno
sportello, sparendo nel metallo sovrastante. Da lì
scesero molti uomini tutti armati di fucile o pistola.
Aruto
era stato avvisato dell’imminente impatto ma non aveva
abbandonato la sala. Si era limitato ad arretrare all’altezza
dei teknight, molto più distanti dal ponte.
Al
momento della collisione cadde rovinosamente non riuscendo a mantenere
l’equilibrio anche se si reggeva ad un piede del RAD 1.
Si
riprese in fretta ma alla vista di tutti quegli uomini armati non
poté che alzare le mani in segno di resa.
Alcuni
gli si avvicinarono col fucili e pistole puntanti addosso, tra i quali
si fece largo Falk.
«Aruto.»
si limitò a pronunciare solo il suo nome.
«Non
guardarmi in quel modo. Io e gli altri abbiamo fatto una sorta di
scommessa e ci è andata male.»
«Quello
che voglio è ottenere una soluzione buona per
tutti.»
«Si
si lo so. Fa quel che devi. Io non mi muovo di qui.» fece
Aruto sedendosi in terra e incrociando le braccia.
«Restate
qui e mettete via quelle armi.» fece Falk a due degli uomini
che circondavano il meccanico.
«Gli
altri mi seguano.»
Spedito,
si recò nella sala comandi sicuro che avrebbe trovato
lì Owen.
Arrivò
e proprio come immaginava c’erano Owen e Lara
seduti che li attendevano. Falk fece segno di abbassare i fucili e si
avvicinò da solo.
«Non
dici nulla?» gli disse Owen.
«Cosa
dovrei dire?»
«Tsk!»
il generale della Phlayrh fece una smorfia infastidita.
«Hai
vinto tu, puoi fare quello che vuoi … ne sarai
felice.»
«Vi
avrei lasciato liberi se non vi fosse venuta l’idea di usare
quella bomba.»
«Non
voglio sapere come hanno fatto i ragazzi ad avvertirti. Pensavo di
tenerli lontani e invece …»
«Non
menzionerò cosa stessi per fare e non sia mai che a
qualcun’ altro venga in mente di usare un’arma
tanto terribile.»
«E
poi?»
«Vi
porterò alla capitale. Verrete sottoposti ad una scelta:
unirvi all’equipaggio della Jaculus o scontare la pena in
prigione.»
«Tsk!
Bene fai quel che devi.» Falk annuì. Poi si
rivolse a Lara, stava per dirle qualcosa ma la donna lo
anticipò.
«Tranquillo
va tutto bene. Vai dai ragazzi.» annuì ancora.
Gli
uomini al suo seguito rimasero lì mentre lui da solo andava
nella palestra.
Un
colpo violento li aveva fatti cadere, sbattere contro le pareti e
scontrarsi. Era già da tanto che venivano scossi dai rapidi
cambiamenti di rotta della loro aeronave. In più quei colpi
laser che li sfioravano ogni tanto, erano preoccupanti.
Provarono
di capire cosa stava accadendo da qual poco che si vedeva dalle
finestre della palestra. Erano in gabbia, impotenti e in balia degli
eventi.
«Ma
che diavolo è stato ora?» disse Takehito
massaggiandosi la testa.
«Vallo
a sapere!»fece dolorante Kirabo che aveva sbattuto la schiena
alla parete in malo modo.
«Ma
perché stiamo capendo qualcosa?» Lev era
decisamente irritato.
«Pare
che si siano calmati.» fece notare Yue.
«Non
è che ci hanno speronato?» ipotizzò
Shu.
«E’
probabile.» Seref si stava riprendendo dal peso di Katsu e
Kyla che gli erano piombati addosso.
«Se
così fosse, Falk ci è riuscito.» Kyla
ritrovò un po’ di speranza.
«Speriamo.»
disse Katsu.
Si
avvicinarono alla porta. Kirabo e Lev avevano le orecchie aderenti alla
porta.
«Si
sente qualcosa?» chiese Kyla.
«No,
nulla» risposero quasi insieme i due.
«Forse
è troppo presto.»
«Katsu,
bisogna capire se davvero la Jaculus ci ha speronati.» nella
sua testa Seref cercava di immaginare i diversi scenari.
«E
come facciamo? Da qui non si vede né si sente
nulla.» fece notare Yue spazientita.
«E’
quello che stiamo cercando di fare.» l’impazienza
di Takehito aveva superato quella della compagna.
«Vi
state zitti?» sbotto Kirabo.
«Non
si sente nulla se parlate.» Lev ribadì il concetto
con più calma.
Tornò
il silenzio. I due attaccati alla porta si scambiavano ogni tanto
un’occhiata per verificare se avvertivano le stesse cose.
Ovvero il nulla.
«Dei
… passi?» azzardo Kirabo. Il biondo si fece
più attento.
«Sono
passi!»
«Si
sta avvicinando.» Kirabo e Lev si allontanarono dalla porta
seguiti dagli altri.
Si
senti lo scatto delle lastre esterne e il loro scivolare verso
l’altro e il basso. La porta venne finalmente aperta.
«Falk!»
esclamarono in coro i ragazzi. Tirarono un sospiro di sollievo e
potevano considerarsi ormai liberi.
Kyla
gli si getto addosso felice come non mai di vederlo.
«Per
fortuna hai fatto in tempo!» disse Lev più
rilassato.
«Grazie
a Takehito che ha tenuto la trasmittente che gli ho dato» si
girarono un attimo verso il ragazzo «non immaginavo
l’avresti usata per davvero.»
«E’
vero che non sapevo il motivo per cui me l’hai data ma non
vedevo perché avrei dovuto disfarmene.»si
affrettò a risponde Takehito.
«E’
vero perché gliel’hai data?» si
incuriosì Kirabo.
«In
realtà non avevo nulla in mente di preciso. Ho solo pensato
che per qualunque tipo di evenienza potevo contattarvi e lui mi
è sembrato un tipo affidabile.»
«Comunque
sia ci ha tirato fuori da una brutta situazione.» concluse
Katsu allargando le braccia di lato.
«Ora
che si fa?» domandò Takehito.
«Dovrei
portarvi ad Helkraf o come membri della Jaculus o come prigionieri
però … se riuscite in qualche modo a tener
sottocontrollo Owen e gli altri potrei anche lasciarvi andare. Tanto
oltre i miei uomini nessuno sa che ero al vostro
inseguimento.»
Vedendo
che nessuno diceva nulla, Falk fece un passo indietro «vi
lascio confrontarvi tra di voi quando avrete deciso mi farete
sapere.»
«No
aspetta Falk! Lo faremo insieme.» Kirabo gli si era
avvicinato e afferrato per un polso.
«Dovrai
spiegarci la situazione più dettagliatamente, quello che hai
fatto per arrivare fin qua e ciò che ci aspetta.»
Seref gli fornì una motivazione più che valida
per restare.
Per
un attimo gli sembrò di essere tornato indietro nel tempo e
un senso di familiarità lo avvolse completamente. Fu un
attimo ma bastò per farlo restare e a infondergli nuovo
coraggio. Falk annuì.
Si
sedettero in cerchio al centro della palestra.
Il
loro vecchio compagno raccontò loro della sua situazione e
quella dei suoi uomini, di quando era andato dall’imperatore
e cosa gli avesse detto e delle promesse che era riuscito ad ottenere.
Raccontò loro velocemente del suo piano e dei dettagli di
cui ancora non erano a conoscenza.
«Comincio
a pensare che sei davvero un folle.»
«Ti
prego Lev risparmiami la ramanzina che ne ho avute già
abbastanza.» Falk ricordava bene la reazione di Norbert.
«Messa
così sembrerebbe una cosa fattibile.»
rifletté Takehito. Riteneva che potesse essere la soluzione
per terminare una guerra durata anni.
«Perché
non mi sembri convinto?» domandò Kyla a Falk con
aria seria. Il giovane dopo essersi voltato nella sua direzione
abbassò lo sguardo davanti a se.
«Non
è che non sono convinto e che Norbert, il maggiore che
è sempre al mio fianco, mi ha insinuato il dubbio che
l’imperatore mi stia usando e che una volta che vi avrei
portato nella capitale, voi, io e tutti gli uomini della Jaculus,
verremmo eliminati.»
«Sono
perfettamente d’accordo con questo Norbert. E’
tipico di quell’uomo.»Seref divenne freddo.
«E’
per questo che ci lasceresti andare dopo tutto quello che hai
fatto?» Falk annuì alla domanda di Shu.
«Perché
invece non approfittarne? Lui crede di ucciderci ed eliminare
così la Phlayrh mentre saremo noi ad eliminare
Argest.» Seref era serio e con le sopracciglia aggrottate.
«Seref!»
Yue quasi si scandalizzò nel sentirlo parlare in quel modo.
«Che
c’è? Ieri non stavamo discutendo su qualcosa di
simile?»
«Ma
se eri anche tu contrario ad un attacco.»
«Le
condizioni sono cambiate.»
I
due ragazzi stavano dando inizio ad una discussione subito sedata da
Kirabo.
«Smettetela
voi due non è il momento. Io vorrei sfruttarla questa
possibilità. Se l’imperatore manterrà
la parola data, potremmo dire di aver vinto sul serio.»
«E
se invece non è così?» Katsu era
più timoroso.
«In
quel caso lotteremo, per la gioia di Owen.» gli rispose
semplicemente Kirabo.
«In
effetti anch’io ne ho abbastanza di questa guerra che ha
provocato fin troppo dolore. Voglio sperare che andrà tutto
bene.» lo appoggiò Lev.
«Piacerebbe
anche a me che tutto andasse per il verso giusto.» ammise
alla fine Seref un po’ pentito per il pensiero
precedentemente espresso.
«Infondo
era quello che volevamo fare fin dall’inizio,
giusto?» anche Takehito voleva sperare.
«E’
deciso! Verremo con te.» Kyla guardava Falk con decisione.
«Sarò
al vostro fianco qualsiasi cosa accada!»
La
decisione venne riportata agli altri membri della Phlayrh e tutto
l’equipaggio della Jaculus. La scelta fu accettata
da Owen con riluttanza, più per una questione di orgoglio e
di principio. In fondo la possibilità di muovere guerra
contro Argest era quello che voleva fin dal principio e ora si
ritrovava anche con l’aiuto di un’altra aeronave.
Le
due aeronavi, col il corrispettivo equipaggio a bordo, stavano
sorvolando insieme la regione nordamericana dirette a Helkraf.
La
loro destinazione precisa era l’aeroporto distante una
manciata di chilometri dalla città.
Da
dov’erano ci misero poco a coprire la distanza che li
separava e quando arrivarono poterono subito notare che
l’accoglienza che era stata preparata era decisamente delle
migliori.
Nell’aeroporto
non vi erano altre aeronavi o aerei che non fossero la Dreizack e la
Urano Galeos, decine di uomini sparpagliati in punti diversi, in modo
che non ci fossero zone non controllate e al centro
l’imperatore che li attendeva.
La
Phlayrh e la Jaculus atterrarono una vicina l’altra. Cessata
l’attività dei motori e il rumore che essi
provocavano, tutti i membri della Phlayrh e parte della Jaculus,
scesero dai loro mezzi.
In
testa c’era la Phlayrh, affiancata da Falk e dietro tutti gli
altri.
«Finalmente
ci troviamo faccia a faccia, Owen Fukuda.» fece
l’imperatore teatrale e soddisfatto. Owen non
accennò nessuna risposta, limitandosi a guardarlo con ira.
«Sua
maestà! La Phlayrh è qui con me e da ora faranno
parte ufficialmente dell’equipaggio della Jaculus come
avevamo accordato.» Falk parlò subito,
inginocchiandosi rispettosamente, per attirare l’attenzione
su altro.
«Vedo!
Hai fatto un ottimo lavoro proprio come avevi detto. Dunque tutti loro
faranno parte della Jaculus?»
«Sì,
maestà!»
«A
vederli sono molto giovani … sono questi giovani
ad averci dato tante difficoltà» nessuno diceva
nulla lasciandolo continuare «rivedere mio figlio dopo
così tanto tempo … vorresti uccidermi con le tue
stesse mani, non è così Seref?»
Il
ragazzo strinse furioso i pugni e il respiro divenne più
forte ma non reagì.
«Ora
chi ha voluto distruggere Argest si ritrova tra le sue fila.»
Takehito stava per rispondere qualcosa ad Hunwer Argest ma venne
bloccato repentinamente da Kirabo.
«Per
come la vedo io, l’accordo che ci ha proposto è la
miglior vittoria che potevamo sperare.»
«Come
ti chiami?»
«Kirabo
Hilt.»
«Già
Kirabo, hai ragione! Questa è la migliore vittoria che
potevate sperare … ma la vostra resterà soltanto
una speranza.»
Al
cenno della mano dell’imperatore di Argest tutti gli uomini
che li circondavano puntarono i fucili contro di loro.
Angolo
dell'autrice:
Salve a tutti!
Quante cose stanno accadendo! Come finirà?
Come semrpe un ringrziamento a tutti voi che state continuando leggere.
Se siete arrivati fin qui, qualcosa di Argest vi piace. Spero possa
essere così fino alla fine.
E doppiamente grazie belfire99!
Vi apsetto per il prossimo capitolo dove aggiornerò anche le
schede dei personaggi.
Alla prossima!
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Capitolo 24 *** Section 23 ***
Argest
Age – section 23
«Ora
chi ha voluto distruggere Argest si ritrova tra le sue fila.»
Takehito stava per rispondere qualcosa ad Hunwer Argest ma venne
bloccato repentinamente da Kirabo.
«Per
come la vedo io, l’accordo che ci ha proposto è la
miglior vittoria in cui potevamo sperare.»
«Come
ti chiami?»
«Kirabo
Hilt!»
«Già
Kirabo, hai ragione. Questa è la migliore vittoria che
potevate sperare … se solo le cose fossero andate come
speravate.»
Al
cenno della mano dell’imperatore di Argest, tutti gli uomini
che li circondavano puntarono i fucili contro di loro.
Pronti
a questa eventualità quelli della Jaculus fecero
ricorso alle loro armi, puntandole a loro volta verso chi li minacciava.
«Mi
ha sfruttato fin dall’inizio, non è
così?» Falk tratteneva a stento la rabbia e la
frustrazione. Norbert lo aveva messo in guardia e lui stesso aveva
messo in conto un’eventualità del genere ma la
delusione si faceva sentire lo stesso.
«Mi
pare ovvio. Come hai solo potuto immaginare che potessi approvare
un’idea folle come la tua? Acconsentirei di creare un mondo
senza alcun controllo.»
Falk
non riuscì a trattenersi ed estrasse la pistola,
rivolgendola all’imperatore.
Nello
stesso istante si trovò sotto il mirino di quelle del
colonnello Vedis Dia e del generale Nerek Ward.
«Ecco
cosa accade! Chiunque può ribellarsi in qualsiasi momento.
Ora cosa farai? Mi sparerai?» anche in una situazione
pericolosa quell’uomo dimostrava una sicurezza disarmante,
sfrontatezza e arroganza.
Falk
stette fermo in quella posizione per una manciata di secondi a
combattere con la sua mano che fremeva dalla tentazione di piegarsi sul
grilletto.
«Arretrate
e salite sulla Jaculus!» urlò Falk senza abbassare
il braccio.
«Seguiamoli
e diamogli man forte con la Phlayrh.» disse Owen ai suoi e
guardò soddisfatto il giovane Falk.
Incominciarono
ad arretrare, attenti a qualunque reazione del nemico. Al contrario di
quanto potevano immaginarsi, non spararono e l’imperatore
diede lo stesso identico ordine.
Comprese
le intenzioni dell’uno e dell’altro, abbandonarono
le minacce delle armi da fuoco per salire al più presto a
bordo delle rispettive aeronavi e iniziare il vero scontro.
Le
immense navi volanti si sollevarono dal suolo raggiungendo una altezza
non troppo elevata: su uno dei due lati si trovava la Dreizack guidata
da Vedis Dia e la Urano Galeos con al comando Nerek Ward e Hunwer
Argest, di fronte la Phlayrh e la Jaculus.
«Owen,
uscirò con il GL-S a dare gli ordini sulla Jaculus ci
penserà Norbert, quindi coordinati con lui.»
«Come
ai vecchi tempi Falk! Combattiamo questa ultima battaglia
insieme.» Owen parlava attraverso il canale di comunicazione
con la Jaculus. Aveva trovato nuovo vigore, per quanto la situazione
potesse essere precipitata, rappresentava pur sempre la
possibilità di mettere la parola fine alla guerra.
«Mi
dispiace che sia finita così.» non era dello
stesso parere il suo più giovane interlocutore.
«Non
è questo il momento per angosciarsi. Ne riparleremo una
volta che avremo vinto.»
«Sì!»
Owen
ed Erin che rimasero nella sala comandi poterono vedere il GL-S
abbandonare il cargo della Jaculus seguito da altri GL e cominciarono a
combattere con i primi avversari che trovarono sulla loro strada.
Pochissimi
secondi dopo si aggiunsero allo scontro tutti i teknight della Phlayrh
mentre Aruto, Lara e Katsu occuparono le postazioni di fuoco.
«Come
facciamo a distinguere i teknight della Jaculus?»
domandò Takehito disorientato.
Avanti
a lui vi erano una gran quantità di GL e TH ma
all’apparenza erano tutti quanti uguali.
«Quelli
della Jaculus hanno una striscia argentea sui fianchi.»
rispose Falk anche per qualcun altro con lo stesso interrogativo.
«Perfetto!
Attacchiamo in coppia in modo da essere più efficaci. Falk
tu va con Kyla.»
«Non
potevo chiedere di meglio capitano Kirabo!»
«Ehi
Falk! Pensi di aver fatto carriera solo tu? Sono diventato maggiore,
sai?»
«Davvero?
Scusami tanto maggiore. Ah! Se potete evitate di utilizzare quei nomi
in codice che per quanto penso di aver capito il meccanismo con cui li
avete assegnati, non ne sono completamente sicuro.»
«Tranquillo
Falk! Tu per ora segui me.» il RAD 2 si era affiancato al
GL-S. I due teknight si lanciarono contro le fila nemiche.
Gli
altri si appaiarono al loro compagno: i due MA, lo IF e il RAD 3 e in
fine l’AU-0 con il RAD 1.
Così
accoppiati erano pronti a far breccia nelle fila nemiche che
si presentavano come un muro compatto e gli altri GL della Jaculus a
coprirli le spalle.
I
due MA raggiunsero e superarono Falk e Kyla e iniziarono
l’attacco gettandosi con le lame delle spade protratte in
avanti, mettendo fuori uso i primi due teknight. Poi, con una serie di
fendenti si facevano largo tra i nemici.
Immediatamente
dopo Falk con la lancia a Red Fusion si faceva strada colpendo i nemici
un po’ più distanti e quelli che venivano ai lati
mentre alle sue spalle Kyla pensava a finirli.
Una
strategia simile la usarono Kirabo e Takehito, con il RAD 1 che colpiva
per primo con la sua ascia e Takehito gli dava supporto portando a
termine il lavoro del compagno.
Strategia
diversa venne adottata da Lev e Seref. Lo IF pensava ad indebolire i
teknight da lontano con i pincer e con il fucile, facilitando il
compito al RAD 3 che attaccava rapido e preciso con il suo fucile.
Tutto era facilitato dal fuoco di copertura dei GL alle loro spalle ma
lo scontro si preannunciava lo stesso molto duro per il
numero sproporzionato dei nemici e per l’abilità
indiscussa di alcuni che non erano ancora scesi in campo.
Spalla
contro spalla i MA si liberarono di altri due avversari, creando una
feritoia nel torace dei teknight e facendoli a pezzi dividendoli in due
parti, partendo dalla feritoia.
Shu
lanciò la spada verso un altro GL davanti a se che si
conficcò nella testa. Rapido colpì con un calcio
laterale un TH che lo stava per colpire alla sua sinistra, poi lo
afferrò e lo scaraventò addosso ad un altro che
giungeva alla sua destra. Infine recuperò la sua spada
fendendo il reattore del GL da cui l’aveva estratta.
Yue
con un balzò si portò avanti lasciando il
fratello alle spalle. Mentre ritornava al livello degli altri teknight,
piantò la spada dalla testa del GL fino alla cabina del
pilota per poi recuperarla e con un movimento circolare,
disegnò una circonferenza la lama che divise in due parti i
tre GL che provarono ad attaccarla in gruppo.
Alla
loro sinistra c’era uno scambio di raggi rossi dalle due
fazioni. L’energia di cui disponevano i teknight imperiali
era superiore rispetto all’unica arma a Red Fusion su cui
poteva far affidamento Falk. Così l’ex colonnello
di Argest assestava pochi colpi precisi e decisamente potenti che
rendevano quasi inoffensivi gli avversari e sfruttando le
caratteristiche del suo GL-S, quando arrivavano colpi ad energia
luminosa non troppo forti, lasciava che il colpo gli scivolasse addosso
per accorciare le distanze e colpire con la lancia. Per facilitare il
compito, fece concentrare una parte dei suoi uomini esattamente alle
sue spalle in modo da supportare nel modo migliore Kyla, che faceva
strage di nemici con i micro bazuka posizionati sulle spalle e
l’energia termica che sprigionava dai palmi.
Alla
destra dei fratelli, Kirabo usava il RAD 1 come una sorta di scudo che
proteggeva l’AU-0 dietro di lui e quando era abbastanza
vicino annientava i teknight con un colpo di ascia. Takehito sembrava
essere diventato una sorta di cecchino che vantava della protezione dal
RAD 1 e dei GL alle sue spalle. La maggior parte dei colpi sparati
andavano a segno, cercava di colpire i reattori in modo da mettere
immediatamente fuori uso i nemici ma quando il bersaglio era troppo
difficile, ne sparava molti di più per ottenere un effetto
simile. Per quante volte venisse colpito il teknight marroncino di
Kirabo era incrollabile. Si anneriva, si ammaccava ma proseguiva come
un ariete da assedio. Certo non riusciva a bloccare tutti e qualche
proiettile o raggio luminoso raggiungeva il compagno alle sue spalle,
che prontamente attivava end eer. Capitava che qualcuno sfuggisse ma
questi non costituivano un problema grave.
Più
lontani Seref e Lev si occupavano di un gruppetto di cinque GL, ben
compatto e più organizzato.
Il
RAD 3 con una lama corta era impegnato in un combattimento corpo a
corpo con due GL. Si scambiavano calci e pugni e qualche fendente
però nessuno riusciva ad essere veramente incisivo.
Gli
altri tre erano tenuti occupati da Seref, due dei quali stavano per
essere prosciugati da ogni energia dai pincer mentre con
l’altro aveva ingaggiato uno scontro a fuoco.
Lo
IF era più veloce e grazie a ciò riusciva a
mantenere una distanza elevata dall’avversario che al massimo
riusciva a prenderlo di striscio. Gli altri due GL provarono a stargli
dietro ma non ne erano più in grado.
Però
non poteva perdere troppo tempo data l’elevata
quantità di nemici che dovevano ancora affrontare,
così con uno scatto più veloce si
allontanò verso il basso seguito dal GL, arrivato ad un
certo punto, repentino, cambiò traiettoria andando nella
parte opposta e alla fine spostarsi di lato. Il GL non aveva fatto caso
alla presenza dei sui compagni, impegnato nell’inseguimento e
si scontrarono. Seref ne approfittò e con il chi-ken li
annientò tutti e tre.
L’esplosione
che ne conseguì, travolse anche uno dei GL impegnato con il
RAD 3 spingendolo più lontano. Lev ne approfittò
parando il pugno dell’altro teknight e gli staccò
la testa con la lama corta. Afferrò il fucile alle sue
spalle e fece fuoco prendendo in pieno il GL che era stato allontanato
dall’esplosione.
Nel
frattempo sulle loro teste si facevano battaglia le aeronavi che non si
risparmiavano ma anche a terra qualcosa stava cominciando a muoversi.
Stavano
avanzando una decina di mezzi terrestri che una volta posizionati, come
i mezzi di contraerea colpivano i teknight della Jaculus.
«A
quelli a terra ci pensiamo io e Seref!.» l’attacco
da terra arrivò appena dopo che i Lev e Seref avevano
terminato di occuparsi dei loro avversari.
«Andiamo!»
Seref si era portato avanti e con rapidi scatti si avvicinò
il tanto che bastava per far fuoco con il chi-ken. Un solo colpo
bastò per distruggerne due, che presero fuoco e in seguito
esplosero. Lev agì in modo simile ma la potenza del suo
fucile era decisamente inferiore e per annientarne uno furono necessari
tre o quattro colpi.
Liberarsi
di quei mezzi fu più facile del previsto.
«Lev
sali di quota!» urlò Seref allertando il compagno
del pericolo che il computer dello IF aveva rivelato.
I
due teknight scattarono in alto, evitando un intenso raggio luminoso
che al suo passaggio lasciò solo terra bruciata. I resti dei
mezzi terrestri erano spariti, parte del porto disintegrata e gli
effetti di quel raggio si protrassero fino all’inizio del
centro abitato.
Dalla
stessa direzione del raggio si faceva avanti uno strano teknight o
almeno era quello che sembrava fosse.
Era
minimo tre volte più grande di un teknight di medie
dimensioni, di colore verde marino, composto da un immenso corpo che si
muoveva su un cingolato. Sul corpo centrale si appoggiava quella che
poteva essere considerata la testa, avvolta da cinque lastre metalliche
dalla forma di rombi. Nella zona del corpo immediatamente sottostante
spuntavano quattro bracci meccanici, lunghi e affusolati, simili a dei
tentacoli che terminavano come delle ganasce.
Procedeva
nella direzione dei due teknight della Phlayrh mentre le lastre si
piegavano verso l’interno nascondendo la testa e il cannone
dal quale aveva sparato.
«Che
cos’è quello?» sussurrò Lev
meravigliato e spaventato allo stesso tempo.
«Non
lo so ma non promette nulla di buono.» Seref provò
ad analizzare qualche dato col computer del suo teknight ma questo non
fornì nessuna risposta che potesse soddisfare le loro
domande.
«Lev,
Seref dovete allontanarvi immediatamente da lì!»
disse allarmato Falk attraverso la comunicazione interna.
«Sai
che cos’è, Falk?» domandò Lev.
«Sì.
È lo Storyatt, un modello sperimentale di teknight ma non
era mai stato impiegato per via dell’impossibilità
di pilotarlo.»
«Spigati
meglio.» chiese Seref.
«Lo
Storyatt viene manovrato attraverso impulsi nervosi. Qualunque comando
che deve essere fatto eseguire dal teknight e la percezione di
ciò che accade all’esterno passa attraverso il
cervello del pilota ma non si era riuscito a trovare nessuno in grado
di sopportare un simile sforzo né un modo per rendere
ciò possibile. Così dopo innumerevoli test e la
morte di alcuni piloti, il progetto venne abbandonato, almeno
così sapevo.»
«A
quanto pare non ci avevano rinunciato proprio per niente.
Sarà un avversario complicato. Seref che cosa ne
dici?»
«Che
posso dirti Lev? Sarà una battaglia difficile ma troveremo
il modo di spuntarla. Non possiamo lasciare libera una macchina
così pericolosa.»
«Non
dovete affrontarlo è troppo rischioso.» insistette
Falk.
«Quel
bestione se la prenderà con tutti se non ci pensiamo noi ad
intrattenerlo, sei d’accordo con me vero Lev?»
«Perfettamente
d’accordo. Pensiamo ad un modo per fermarlo.»
Sentendo
la determinazione dei compagni, Falk provò a liberarsi dei
suoi avversari per aiutarli ma la cosa gli fu impossibile. I nemici
anche se non troppo forti erano di gran lunga superiori in numero.
«Falk
è così forte quel teknight?»
«Sì,
Kirabo.»
«Non
moriranno, vero?» domandò Yue preoccupata per la
sorte dei due compagni.
Falk
tardò nel rispondere facendo capire quale fosse stata la
risposta.
«Qualcuno
di noi deve riuscire a liberarsi e andare in loro soccorso.»
Nessuno
dei piloti imperiali erano intenzionato ad esaudire la
volontà degli avversari, lasciando il RAD 3 e lo
IF a lottare contro lo Storyatt.
Seref
e Lev avevano cominciato con lo studiare il nuovo teknight. Falk aveva
fornito delle informazioni che non erano sufficienti per trovare una
strategia d’attacco.
Avevano
iniziato a sparargli con il fucile da una certa distanza senza
procurare alcun danno, i proiettili e i laser no lo scalfivano.
Provarono ad avvicinarsi per poterlo colpire con le spade ma ogni
volta, ad una certa distanza, si attivava una barriera che ricordava
quella del end eer ma molto più potente. In fine, Seref
calcolò la distanza alla quale si attivava la
barriera e si posizionò un metro prima per poi
sparare un colpo con il chi-ken. Lo Storyatt piegò due delle
lastre in modo da intercettare e rimandare al mittente il colpo del
chi-ken. Il pilota dello IF lo schivò per un soffio
essendosi mosso più per riflesso che per essersi reso conto
effettivamente di ciò che era accaduto.
Il
RAD 3 lo affiancò.
«Non
c’è verso! Non ha aperture.»
«La
troveremo. Voglio fare ancora due tentativi, per uno dei due mi servi
anche tu.»
«Dimmi
cosa hai in mente.»
«Il
primo tentativo lo voglio fare con i pincer. Non so quanto serviranno
ma se riusciranno a sottrargli un po’ di energia
sarà sempre meglio di niente. Per il secondo lo
attaccherò con diversi piccoli missili da diverse direzioni.
Spero che proverà a fermarli, nel frattempo prova ad
attaccarlo alle spalle.»
«Ok
ho capito.»
Seref
liberò i pincer che veloci si diressero verso il teknight
gigante che nemmeno si mosse né attivò la
barriera. Si attaccarono alla corazza metallica dello Storyatt e
cominciarono col prelevare l’energia. Nemmeno qualche secondo
dopo ed esplosero in successione.
«Cosa
è successo?» era la prima volta che vedeva i
pincer fallire in quel modo.
«C’è
stato un flusso di energia eccessiva. Non hanno sopportato il carico
troppo elevato.» Seref interpretò rapido i dati
che gli forniva il computer.
«Seref
sta cominciando a muoversi, sbrighiamoci con la seconda
prova.»
«Sono
pronto!»
Il
RAD 3 si allontanò per andare dietro le spalle del nemico
mentre dalle spalle dello IF si aprì un vano dal quale
partirono una trentina di piccoli missili. Questi coprirono un raggio
di azione di 180° ma nessuno raggiunse l’obbiettivo
poiché vennero distrutti prima da diversi laser che
partirono dal corpo dello Storyatt. Alle sue spalle però un
pugnale, lanciato dal RAD 3 che era un po’ dopo la distanza
dell’attivazione della barriera, si conficcò nel
metallo.
«E’
andato!» la felicità del biondo durò
poco. Una potente emissione di energia lo scaraventò
lontano, prima in area e poi cadde rotolando sul suolo.
All’interno dell’abitacolo le cinture di sicurezza
non riuscirono a fermare tutti i sobbalzi e urtò per un paio
di volte con il casco sui comandi, rompendo il vetro, e ricevendo dei
brutti strattonamanti al livello del collo e della schiena.
«Lev!»
Non
gli rispose così andò in suo soccorso.
Poté farlo liberamente, infatti per quanto avesse dei tempi
di reazione molto rapidi restava lento negli spostamenti.
«Lev!»
lo chiamò ancora.
Seref
sentì solo dei lamenti. Lo aveva raggiunto e posizionato
davanti per proteggerlo da un eventuale altro attacco.
«Stai
bene Lev?»
«Bene
non direi. Mi esce anche il sangue dal naso ma almeno sono
vivo.»
«Lev
ritiriamoci forse non è alla nostra portata.»
«No!
La strategia di prima può funzionare. Non riesce a
concentrasi in più direzioni.»
Seref
ci rifletté.
«So
che vuoi provarci.» insistette Lev.
«A
patto che non ci facciamo ammazzare.»
«Affare
fatto!»
Il
RAD 3 si rimise in piedi e provarono ad attaccare come prima
però c’era qualcosa di diverso nello Storyatt. Si
era fermato con la testa rivolta verso l’alto e le lastre
metalliche che si aprivano.
«Sta
per sparare!» Seref mise in allerta tutti.
«Come
lo fermiamo?»
«Non
lo so, forse se colpiamo le lastre … non lo so!»
«Allora
facciamolo.»
«Non
ne sono certo Lev.»
«Non
importa! Non abbiamo molte alternative.»
Quel
teknight spaventoso puntava su tutti gli altri che combattevano
più in alto.
Allertati
da Seref quelli della Phlayrh cercavano di spostare lo scontro lontano
dal raggio di azione dell’immensa energia che sarebbe
arrivata da lì a poco. Però non fu difficile
quando la situazione venne compresa anche dalle forze imperiali.
Con
il chi-ken e il fucile laser sferrarono una raffica di colpi su uno dei
rombi metallici. La barriera non si attivò nemmeno quando si
avvicinarono. Quella scarica di raggi luminosi ebbero effetto e la
lastra si ruppe emanando fumo nero.
Ciò
non lo impedì di attaccare ma il l’immensa energia
convogliata nel raggio cambiò completamente traiettoria
attraversando solo l’aria.
«Quei
pannelli forse servono per indirizzarlo.»
«Intuizione
geniale Seref. Ora andiamo!»
Lo
Storyatt si era fermato e stava ripiegando le lastre.
Lo
IF mandò ancora un’ondata di missili come aveva
fatto precedentemente e come prima venne bloccata. Da dietro Lev
lanciò una granata, questa volta da più lontano.
Non riuscì ad andare completamente a segno, ottenendo solo
una bruciatura del metallo.
Ma
l’attacco non era finito. Approfittando della concentrazione
sul RAD 3, Seref si avvicinò senza essere bloccato dalla
barriera che non si attivò e gli sparò.
La
mossa venne vanificata dalla reazione repentina
dell’avversario che afferrò con uno dei bracci lo
IF e lo lanciò lontano. Poi si spostò nella
direzione di Lev che venne imprigionato nella barriera.
«Maledizione!»
Provò
ad attraversare la barriera, a forzarla, a romperla ma fu tutto inutile.
«Dovete
sparire …» avvertì una voce nella sua
testa, accompagnata da un forte dolore come se qualcosa gliela stesse
spremendo.
«Se
vi uccido tutti … mi lasceranno libero.»
Lev
si teneva il capo tra le mani nel tentativo disperato di alleviare quel
dolore. Continuava a sentire quella voce che non riusciva ad
identificare.
«Se
vi uccido … smetterò di soffrire. Ti prego di
capirmi … in fondo sei un soldato anche tu.»
Era
la voce del pilota dello Storyatt. In qualche modo i suoi pensieri
riuscivano a raggiungerlo, forse a causa degli effetti delle onde
celebrali che si diffondevano all’interno della barriera.
Un
braccio meccanico lo portò davanti a se e con un cannone
posto sul lato del busto, stava per fare fuoco.
Facendosi
forza per resistere al dolore, pose le braccia avanti al busto e si
rannicchiò per proteggersi.
Quando
il mastodontico teknight fece fuoco, dalle braccia del RAD comparvero
due scudi energetici.
Lev
stava compiendo un grandissimo sforzo per resistere, stringendo i denti
e facendo ricorso alle sue ultime forze.. Si trovava bloccato dal
fascio luminoso che non accennava a diminuire e la barriera dello
Storyatt. Il colpo fu così violento che frantumò
la barriera alle sue spalle ed essere scagliato via. Atterrò
un po’ più lontano di dove si trovava lo IF in
pessime condizioni. Del RAD 3 non restava altro che il busto e le
braccia corrose.
Seref
assistette alla scena e si preoccupò per il compagno, non
sentendo arrivare risposte ai suoi richiami. D’altro canto
lui non era messo meglio: lo IF era meno resistente del RAD e i
ripetuti violenti urti con il suolo ed ogni oggetto con cui veniva a
contatto, lo aveva danneggiato molto, addirittura alcune strumentazioni
interne vennero lesionate liberando scintille all’interno
dell’abitacolo. Il casco era servito a poco, spaccandosi e
procurando una ferita alla tempia sinistra di Seref che non smetteva di
sanguinare.
Ma
non era finita. Lo Storyatt si muoveva nella sua direzione e lo IF non
era abbastanza veloce per scappare.
Come
aveva fatto prima, imprigionò il teknight della Phlayrh
all’interno della barriera e come prima, anche Seref
riuscì a sentire la voce del pilota.
«Devo
uccidervi tutti …»
Seref
urlò per il dolore improvviso e lancinante, si stringeva la
testa con le mani, agitandosi.
«Non
sentirò più dolore …»
«Smettila!
Smettila!» Seref era al limite. Il sangue dalla tempia usciva
sempre più copiosamente e la stretta alla testa era
così forte da fargli sembrare che si potesse spaccare da un
momento all’altro.
«Non
perdere tempo con chi non può combattere e abbatti i
teknight sopra di te.» una voce diversa dalla precedente.
Aveva l’aria di un ordine che pose fine al tormento del
pilota della Phlayrh, ormai privo di conoscenza.
La
barriera venne rilasciata e lo IF cadde senza freni, inattivo e in
più punti spaccato.
Lo
Storyatt riaprì i rombi metallici e puntò la sua
testa in alto: si stava preparando per l’attacco decisivo.
Angolo
dell'autrice:
Ormai ci siamo!
La battagli decisiva è ufficialmente iniziata senza
esclusione di colpi. Come finirà?
Inoltre fate un
salto al capitolo Utile
e curiosità dove nella categoria personaggi sono
state aggiunte le schede di Norbert, Ward, Vedis e Hunwer Argest.
Un grandissmo
grazie a tutti coloro che continuano a seguire questa sotria ormai alle
battute finali.
Alla prossima ;)
|
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Capitolo 25 *** Section 24 - Volontà ***
ArgestAgeSection24Volonta
Argest
Age – section 24 - Volontà
«Smettila!
Smettila!» Seref era al limite. Il sangue dalla tempia usciva
sempre più copioso e la stretta alla testa era
così forte
da fargli sembrare che si potesse spaccare da un momento
all’altro.
«Non perdere tempo con chi non può combattere e
abbatti i
teknight che stanno combattendo sopra di te.» una voce
diversa
dalla precedente. Aveva l’aria di un ordine che pose fine al
tormento del pilota della Phlayrh, ormai privo di conoscenza.
La barriera venne rilasciata e lo IF cadde senza freni, inattivo e
spaccato in più punti.
Lo Storyatt riaprì i rombi metallici e puntò la
sua testa
in alto: si stava preparando per l’attacco decisivo.
Dal cielo scendeva rapido un teknight marroncino con un grosso fucile
sulla spalla.
Kirabo non aveva molto tempo. Lui e i suoi compagni avevano visto
quello che stava accadendo e non potevano indugiare oltre, dovevano
salvare i loro compagni.
Il pilota del RAD 1 si fece dire da Falk dove era collocata la cabina
di pilotaggio di quel mostro meccanico e appoggiato sulla
base
del kei-kan era pronto a sparare e a fermarlo.
La potenza di fuoco del kei-kan eguagliava quella di
un’aeronave
e fu sufficiente un solo colpo per creare un foro nello Storyatt
all’altezza che era stata indicata da Falk.
Del pilota non rimase traccia e il teknight si fermò.
Kirabo recuperò quel che restava del RAD 3 e lo
appoggiò
delicatamente vicino allo IF, uscì dal suo teknight e
andò a verificare le condizioni dei compagni.
Erano entrambi privi di conoscenza e con il volto ricoperto di sangue
ma sembravano ancora vivi. Tornò a bordo del RAD 1 si mise
in
comunicazione sia con la base che con gli altri piloti.
«C’è bisogno di Lara
immediatamente!»
«Uno di voi venga a prenderla a bordo del proprio teknight.
Con
l’aeronave non possiamo atterrare.» era tutto
quello che
poteva dire Owen in quel momento. Più in alto ancora, lo
scontro
tra le aeronavi non accennava a diminuire di intensità.
Lara si preparò velocemente ed aspettava sul ponte di
lancio.
«Yue va tu! Un MA basta e avanza qui. Sei abbastanza veloce e
forte per proteggerli da sola.»
«Grazie fratello!» la ragazza non se lo
fece ripetere
due volte. Shu le liberò la strada conficcando le dita nel
metallo del busto del GL avversario e lo scaraventò addosso
a
quello che sta per colpire la sorella. Lo MA blu si
precipitò a
tutta velocità verso la sua aeronave per recuperare il
medico di
bordo. Nonostante la Phlayrh fosse in movimento, Yue non ebbe problemi
ad atterrare, chinò il teknight e aprì il
portellone.
«Lara fa presto!» le aveva appoggiato a terra la
mano del
MA per permetterle di raggiungerla. Lara vi salì sopra e
venne
portata al livello della cabina.
«Reggiti a me o cadrai.» Yue era all’in
piedi e con i
sensori per rilevare i movimenti che le coprivano il corpo. Il sistema
di pilotaggio del MA era decisamente unico nel suo genere.
La donna fece come le aveva detto Yue e il portellone venne chiuso.
Lo MA si lanciò con la testa rivolta verso il basso con un
accelerazione decisamente elevata.
Lara resistette come poté, stringendosi il più
possibile alla ragazza e chiudendo gli occhi.
La discesa durò poco e atterrò a fianco ai
compagni
alzando della polvere. Scesero rapidamente e Lara andò ad
accertarsi immediatamente delle condizione dei due piloti feriti.
«Non li ho mossi.» Kirabo
l’affiancò visibilmente teso.
«Hai fatto bene. Ora aiutami a portarli
giù.» e
così sotto la guida di Lara sia Kirabo che Yue prestarono il
loro contributo.
«Kirabo torna a combattere. Fino a quando non
finirà non potrò curarli come si deve.»
Kirabo annuì e si mise a bordo del suo teknight e fare come
gli era stato detto.
«Yue tu resta qui per un eventuale attacco. Le loro
condizioni
non sono buone e non ho tutti i mezzi necessari per intervenire
però farò di tutto per mantenerli in
vita.»
Yue venne percossa da un fremito di paura.
«Non possiamo portarli da qualche parte? Li
trasporterò con lo MA!»
«Potrebbe essere pericoloso.» Yue annuì
piano.
«Ho capito. Di qui non passerà niente e nessuno ma
tu non lasciarli morire.»
«Contaci!» Lara le sorrise per rassicurarla e
infonderle un
po’ di coraggio. Si mise subito ad operare con gli strumenti
che
aveva portato con se mentre Yue era di guardia sul suo MA .
«Com’è la situazione
giù?» si premurò di domandare Kyla.
«Non buona. Rischieranno di morire se non riceveranno le cure
adeguate.» rispose Kirabo appena tornato dai suoi compagni.
«Allora sbrighiamoci orami sono quasi finiti.»
disse Shu
facendo riferimento ai loro avversari che stavano rapidamente
diminuendo di numero. Lo scontro era stato faticoso e aveva portato via
energie e risorse ai piloti della Phlayrh che erano rimasti in cinque.
Continuarono a lottare come prima, poi arrivarono dei fasci laser che
colpirono una gamba del RAD 2 e un braccio del MA.
«Che diamine!» esclamò Kirabo sorpreso
dal raggio
che lo sfiorò di cui non si era minimamente accorto del suo
arrivo.
«Lasciateli a me! Sono i teknight di Dia e Ward.»
spiegò Falk.
Quei due teknight si facevano vedere molto raramente. Quello del
colonnello Vedis Dia era bordeaux, imponente, con la testa
infossata nel busto, due protuberanze sulla schiena che nascondevano
diverse armi e le braccia che terminavano come cilindri con tre dita:
lo AC-002-β anche noto come Vraren.
Il teknight del generale Nerek Ward era simile, solo leggermente
più alto, meno massiccio e di colore blu zaffiro. Si
trattava
del AG-000-α conosciuto col nome di Lighet.
«Non puoi affrontarli da solo.»
«Kyla, bisogna essere al massimo delle condizioni per
abbatterli.» Falk intuì che la ragazza voleva
seguirlo e
non voleva coinvolgerla in un ulteriore combattimento estremamente
pericoloso e con il teknight malridotto.
«Lascia che venga con te.»
«No, Kirabo. Il RAD 1 non starebbe al loro passo,
è troppo lento.»
«Allora verrò io!» Takehito si fece
avanti «non ho subito danni e ho abbastanza
energia.»
«Fallo venire con te. Ti sarà indubbiamente
d’aiuto
e quando avremo finito di sbarazzarci di questi inutili GL verremo da
voi.»
Falk si fermò un attimo a riflettere. In fondo quel ragazzo
gli
era piaciuto fin dal primo momento e ritenne che poteva trovare una
buona complicità.
«Va bene.»
Kirabo, Kyla e Shu rimasero con i pochi GL della Jaculus ad abbattere i
restanti nemici mentre Falk e Takehito erano di fronte a i due nuovi
avversari.
«Avevo sempre nutrito dei sospetti nei tuo confronti e a
quanto pare non mi sbagliavo. Sei un traditore di Argest!»
«E’ il contrario! Io mi ero fidato delle parole
dell’imperatore mentre lui non ha fatto altro che
usarmi.»
«Come osi parlare così del nostro imperatore? Tu
che
volevi far cadere nel caos il glorioso impero di Argest.»
«Arrivati a questo punto è inutile parlarne. Nerek
Ward,
poniamo fine alla guerra!» Falk era deciso come non mai,
concentrato e determinato. Impugnò la sua lancia a Red
Fusion e
assunse una posizione di guardia. Alla sua destra l’AU-0 era
già pronto con un chi-ken.
Di fronte a loro il Lighet impugnava due spade e il Vraren aveva scudo
e fucile a Red Fusion.
La prima mossa venne fatta dal GL-S che sparò con la lancia
in
direzione del teknight di Ward che schivò elegantemente.
Si portò avanti attaccando dall’alto con una delle
spade.
Falk riuscì a parare portando la lancia orizzontalmente
sulla
propria testa, la fece ruotare facendo scivolare la spada su di essa.
Poi arrivò un altro attacco dall’alto che
parò con
la parte iniziale della lancia e compiendo una rotazione, si
spostò di lato e attaccò con un affondo.
Il Lighet fu rapido nello schivare facendo un balzo
all’indietro
ma l’attacco di Falk non era finito. Avanzava cambiando la
guardia e attaccando dall’alto e di lato. Tutti i colpi
vennero
parati e l’ultimo venne fermato bloccando la lancia tra le
spade,
accorciò le distanze e lo allontanò con un
calcio.
Nello stesso tempo in cui avevano iniziato a combattere Falk e Ward,
cominciò lo scontro tra Takehito e Vedis. I due si
scambiavano
raffiche si colpi dei loro fucili che schivavano e pararono uno con la
barriera dell’end eer e l’altro con lo scudo.
Però
il Vraren con il fucile a Red Fusion era più veloce, essendo
più piccolo e maneggevole del chi-ken. Sparò un
altro
colpo e l’AU-0 si protesse con la barriera ma il teknight
imperiale con tutta la forza che aveva la colpì con la punta
dello scudo. La barriera cominciò a cedere e Takehito,
resosi
conto che non avrebbe retto a lungo, puntò il chi-ken contro
il
suo avversario.
La barriera si spezzò e si trovò addosso lo scudo
il
teknight bordeaux sul quale sparò con il chi-ken ma lo
danneggiò soltanto. Senza farsi intimorire Dia, con la
metà che restava dell’arma protettiva,
colpì
violentemente l’AU-0 e poi col calco del fucile lo fece
cadere
per alcuni metri.
Liberatosi per alcuni minuti del rivale, decise di dare man forte al
Lighet. Le mani si staccarono dal braccio che restarono unite ad esso
grazie a dei cavi. Le dita si strinsero attorno al GL-S bloccandolo.
Il teknight si dimenava tentando di liberarsi inutilmente da quella
morsa. Ward si avvicinava con la spada tesa in avanti per trafiggerlo,
quando dal basso una spada laser tagliò i cavi delle mani
liberando il GL-S.
L’AU-0 scattò in alto per recuperare la spada e
insieme a Falk si allontanarono per riorganizzarsi.
La battaglia continuava anche per le aeronavi ed era diventata
logorante. Nessuno delle due fazioni riusciva a danneggiare seriamente
l’avversario ma si notava un’evidente svantaggio
della
Phlayrh.
L’aeronave non riusciva a sostenere più lo stesso
ritmo
dell’inizio. Le forze a bordo erano poche e cominciavano a
percepire la stanchezza di una battaglia prolungata. Il supporto della
Jaculus era stato fondamentale ma non poteva farcela ancora per lungo.
«Abbiamo bisogno dell’aiuto dei
teknight!» Erin
governava l’aeronave al meglio delle sue capacità
unendo
le forze con Owen.
«Lo so … ne arriva un altro!» i due
iniziarono
l’ennesima manovra per evitare il colpo in avvicinamento ma
non
riuscirono ad eseguirla.
«Si è inceppata! L’ala mobile si
è inceppata!»
«Dannazione!»
La parte bassa della Phlayrh venne colpita, creando diverse aperture
sul ponte di lancio.
La Jaculus lanciò tre missili diretti alla Galeos che la
fece arrestare.
«Owen, la Jaculus speronerà la Galeos e in qualche
modo vedrò di fermare anche la Dreizack.»
«Maggiore Norbert non lo faccia è una mossa troppo
azzardata.»
«Siamo al limite anche noi. Sul cargo ci sono la maggior
parte
degli uomini della Jaculus, vi saranno ancora di supporto.»
«Proviamo a resistere ancora. I ragazzi hanno quasi terminato
con i teknight, verranno in nostro soccorso.»
«Non c’è più tempo per
aspettare. Lo faccio
per Falk perché possa riuscire a realizzare i suoi desideri
e
con quelle due aeronavi in circolazione non potrà
farlo.»
«Si fermi!» lo implorò anche Erin ma
ormai aveva deciso.
Il cargo si era staccato dalla Jaculus rendendola un’aeronave
leggera, veloce e letale all’interno della quale erano
rimaste
solo atre due persone oltre a Norbert.
«Vi ho trascinato con me in un’azione
suicida.»
«E’ una nostra scelta, maggiore.»
«Potrò ripagare il mio debito con il colonnello
Falk.»
«Vi ringrazio. Avete capito tutto di quello che vi ho
spiegato prima?»
«Ogni parola, maggiore.»
«Non gli lasceremo via di scampo in ogni caso.»
«Bene! Motori avanti tutta. Speroniamo quell’odioso
squalo.»
«Sissignore!» risposero all’unisono i due
uomini.
I propulsori della Jaculus si attivarono, facendola acquistare
velocità. La Galeos era davanti a loro che non aspettava
altro
che essere infilzata dal muso affilato della Jaculus.
Nessuno avrebbe potuto fermarla. Eppure sulla sua traiettoria si
frappose la Dreizack che si abbassò dall’alto per
proteggere l’alleata.
Lo scontro fu violentissimo, il rumore del metallo che strideva si
propagò nell’atmosfera.
Quella che venne trapassata fu la parte più esterna della
Dreizack ma era sufficiente.
«Come previsto, dovevano proteggere l’imperatore.
Avanti
tutta! Avviciniamoci il più possibile alla Urano
Galeos.»
ordinò Norbert.
Il motori vennero portati al limite e le due aeronavi si mossero.
La principale delle aeronavi imperiali cominciò a fare
fuoco per distruggerle ed evitare l’attacco.
«Maggiore ci stanno sparando sul serio!»
«Sparano anche alla Dreizack … proprio come aveva
previsto.»
«Non permetteranno mai che la Galeos venga abbattuta, a costo
di
perdere un’aeronave. Avanti dobbiamo raggiungerla prima che
ci
facciano saltare in area.»
Il fuoco nemico si riversava su entrambe le aeronavi che prendevano
fuoco, dalle quali si staccavano delle parti e si verificavano delle
micro esplosioni.
Ma la Jaculus avanzava. Orami non avevano nulla da perdere.
La Phlayrh provò ad impedirlo con tutti i mezzi ma
riuscì
solo a rallentare la furia di fuoco che si stava avventando sulle
aeronavi incatenate l’un l’altra.
«Ci siamo … Falk, il resto lo lascio a
te.»
disse Norbert vedendo ormai vicinissimo il loro vero obbiettivo.
Un motore venne perforato e lo stesso avvenne per la
Dreizack. Si
susseguirono due esplosioni decisamente grandi che distrussero le
aeronavi. Venne coinvolta anche la Galeos per l’eccessiva
vicinanza al luogo di impatto. Parte della fiancata venne completamente
distrutta e cominciò a perdere quota.
Dopo che Falk si era liberato dalla morsa del nemico, grazie
all’intervento di Takehito i due erano riusciti ad
allontanarsi
un attimo per riorganizzarsi.
Lo stesso sembrava che stessero facendo i loro nemici.
Poi dei forti rumori li distrassero. Erano delle esplosioni e guardando
in alto videro la Jaculus e la Dreizack andare in pezzi a causa di due
terribile esplosioni.
«Nor … bert …»
sussurrò incredulo
Falk. Osservava impietrito quei piccoli frammenti della Jaculus
precipitare al suolo.
«Non è vero … Owen!»Falk si
mise in contatto
con la Phlayrh disperato «Owen …» non
aveva il
coraggio di chiedere ciò che temeva.
«Era sulla Jaculus.» il generale della Phlayrh
aveva di
certo capito cosa volesse chiedere e gli fece male dargli conferma
delle sue paure.
Falk cominciò a piangere senza accorgersene. Erano in
guerra, stavano combattendo eppure non riusciva a sopportarlo.
Dopo i frammenti della Jaculus e della Dreizack, incominciò
a
vedersi anche la Galeos che si abbassava sempre più in
direzione
della capitale.
Nel GL-S si liberarono urla di dolore che si tramutarono in rabbia. Lo
sguardo di Falk divenne duro, le pupille si fecero piccole e le mani
strette a pugno. Guardò con odio la Urano Galeos: avrebbe
distrutto quell’aeronave.
Il GL-S scattò senza preavviso nella direzione della Galeos
sparando alcuni colpi con la lancia a Red Fusion.
Il Vraren e il Lighet si lanciarono al suo inseguimento con
l’obbiettivo di fermarlo e annientarlo approfittando del
fatto
che fosse solo.
Takehito rimase indietro non aspettandosi una reazione del genere da
parte di Falk ma presto si mise anche lui all’inseguimento.
Il GL-S nella sua disperata corsa verso la Galeos era un bersaglio
abbastanza facile per il fucile del Vraren che lo colpì di
striscio diverse volte. Incurante di essere sotto tiro, Falk proseguiva
ma la sua corsa venne comunque rallentata dai danni che riceveva e la
distanza tra lui e i suoi nemici diminuiva, fino a quando non lo
raggiunsero.
Ricevette un fendente alle spalle con una delle spada del Lighet che
arrestò la sua corsa e lo costrinse a voltarsi verso i vuoi
nemici.
«Lasciatemi andare!» urlò con foga e
dimenando la lancia riportò un minimo di distanza tra i
teknight.
I movimenti del GL-S erano scoordinati e privi di logica ma
spigionavano una grande potenza. Il pilota era mosso dall’ira
e
attaccava come una belva feroce.
I fendenti delle due spade arrivavano da ogni direzione e il GL-S li
parava con colpi poderosi della lancia, così forti da far
vacillare la presa del Lighet sulle spade.
Ma gli avversari erano due e alcuni colpi di fucile lo raggiunsero.
Infastidito il GL-S si scagliò sull’intruso,
battendogli
sul capo e con forza la lancia. Il Vraren accusò il colpo
piegandosi in avanti e portando le braccia all’esterno. Per
sua
fortuna Falk non ebbe modo di finirlo. Dalle spade del Lighet
provennero due darsi rossi, proprio come la lancia del GL-S, anche
quelle erano armi a Red Fusion.
Il teknight argentato si fermò e cominciò ad
emanare del
fumo da una spalla, il tempo che bastò al Vraren di
riprendersi
e bloccarlo con le braccia non potendolo fare più con le
mani.
Per Ward era giunto il momento di uccidere il traditore di Argest con
una spada protratta in avanti e l’altra elegantemente tenuta
all’indietro, era ormai vicino quando all’ultimo
dovette
fermarsi per non trafiggere l’altro soldato imperiale.
Takehito era giunto in tempo e senza arrestare la sua corsa si era
scaraventato sul Vraren. La potenza dello scontro fece allentare la
presa e il GL-S riuscì a liberarsi in tempo.
Come se non fosse accaduto nulla riprese ad attaccare il Lighet con
ferocia, una furia potente ma prevedibile. Ci voleva una certa energia
per parare i colpi della lancia ma nulla più, Ward avrebbe
concluso presto quel duello a suo favore.
«Falk fermati!»
«Deve pagarla cara! L’imperatore, Ward e tutto
Argest devono pagarla!»
«Così ti farai ammazzare!» Takehito
provò a
riportarlo alla ragione. Non poteva essere la stessa persona che aveva
conosciuto, non poteva essere la stessa persona di cui gli avevano
parlato.
«Li abbatterò!» e mentre Falk lo diceva
un braccio del suo teknight volò via.
«Falk datti una calmata!» l’AU-0
continuava a tenere occupato il Vraren e non poteva fare molto altro.
Il pilota del teknight argentato parve ignorarlo, in quel momento
esisteva solo il Lighet davanti a lui. Spostò di lato la
lancia
che manteneva con una sola mano e Ward fece lo stesso con le due spade
e prima piano e poi ad una velocità maggiore, andarono
l’uno contro l’altro.
“Devo fare qualcosa!” con una scatto
ruotò alle
spalle del Vraren e prima che gli altri due teknight potessero
colpirsi, Takehito si frappose tra loro innalzando la barriera.
La lancia era stata parata e spostata di lato da una delle
due
spade e l’altra era stata fermata dalla barriera. Se non ci
fosse
stato Takehito a fermarla, avrebbe diviso in due parti il GL-S.
Falk elaborò quello che era successo e non si accorse
nemmeno che non stava respirando.
Aveva perso la ragione e stava per perdere la vita. Riprese a
respirare, prima aspirando una gran quantità
d’aria e poi
regolarmente.
«Scusa …» si rese conto di avere gli
occhi umidi e
li asciugò con la manica della veste e un’altra
lacrima
tornò ad inumidirli.
«Ti sei calmato?»
«Sì …»
«Non fare quella voce abbattuta dobbiamo ancora toglierci di
torno questi due e fermare definitivamente la Galeos. Fatti forza nulla
andrà perduto.»
Falk fece un altro gran respiro e tirò indietro il resto
delle
lacrime «Hai ragione. Occupati del Vraren, io devo concludere
il
duello con Ward.»
«Non c’è bisogno di affrontarlo da
solo.»
«Questa volta andrà bene. L’hai detto tu
che nulla
andrà perduto quindi anche il tuo salvataggio di
prima.»
Takehito sentendolo tranquillo e decisamente più calmo lo
lasciò fare pregando di non essersi sbagliato.
GL-S e Lighet si trovarono ancora faccia a faccia nella
stessa posizione precedente.
Caricarono e pochissimi metri mancavano all’impatto.
«Come …?» Ward si ritrovò
trafitto dalla lancia.
Il GL-S aveva impugnato la lancia in modo diverso non potendo
più fruttare due braccia. La teneva dalla punta e poco prima
di
raggiungere il raggio d’azione delle spade,
affondò la
lancia nel Lighet che teneva la spada tesa in avanti a pochi centimetri
dal GL-S.
Falk estrasse la lancia e il teknight imperiale precipitò.
Gli altri due rimasero ad assistere increduli.
«Generale … Ward …»
inaspettatamente Vedis
condusse il suo teknight nella direzione in cui stava precipitando
quello del suo generale.
«Takehito!»
“Mi dispiace.” l’AU-0 prese la mira con
il chi-ken e
fece fuoco. Lo distrusse lasciando intatta solo la cabina di
pilotaggio. Probabilmente il pilota si sarebbe salvato ma non avrebbe
più potuto essere di intralcio durante la battaglia.
La discesa della Urano Galeos proseguiva con al seguito la Phlayrh e i
suoi teknight ai quali si aggiunsero Falk e Takehito.
«Vuoi abbatterla?»
«Sembra non ce ne sarà bisogno.» rispose
Owen alla domanda di Falk.
Da una comunicazione che si era attivata si sentì una
risata.
«E hai fatto male mio caro Owen. Per te e tutta la Phlayrh
è giunta la fine.» Hunwer si era introdotto nel
sistema di
comunicazione.
«Che diavolo stai dicendo? Cosa potresti fare
ancora? Non
hai più un teknight, la Dreizack è distrutta e la
Galeos
a malapena vola.»
«E’ vero ma hai dimenticato qualcosa, qualcosa che
si trova
ben oltre il cielo.» seguì
un’altra risata.
«FSCannon … non può essere
l’ho
distrutto.» era l’unica cosa ai cui poteva pensare
ma non
potevano averne costruito un altro in così poco tempo.
«Si Falk Horn proprio quello. Ne avevamo un altro che
è
stato migliorato dopo la distruzione del precedente e tra poco vi
cancellerà dalla faccia della Terra.»
«Che razza di assurdità! Così facendo
verrà spazzata via anche la capitale e la Galeos.»
«Stai sbagliando, Owen.» rispose seriamente
l’imperatore «in questo modo la Phlayrh
verrà
cancellata mentre l’impero Argest dovrà solo
riorganizzarsi secondo le mie volontà che ho lasciato
pocanzi. Argest deve continuare a vivere in questo mondo e lo
farà.»
Owen provò ribrezzo per se stesso. In quel momento si rese
conto
che prima di quella battaglia avrebbe sacrificato la capitale pur di
distruggere l’impero, proprio la stessa cosa che stava per
fare
Hunwer Argest.
«E’ assurdo! Quante persone moriranno per
questo?» a
Takehito sembrava che fosse fatta e invece il peggio doveva ancora
arrivare.
«Possibile che debba finire così?»
pronunciò Katsu sconvolto e spaventato.
«No, non può!» disse incredula Kyla.
«Non deve! Ci sono ancora troppe persone da
proteggere.»
fece con più energia Kirabo mentre pensava alla sua
famiglia.
«Non vanificheremo gli sforzi di tutti e le
volontà di chi
ha combattuto! Non voglio vedere morire ancora i miei
compagni.»
Falk sembrava determinato ma in quella situazione la sola
determinazione poteva far poco.
Shu non disse nulla ma si rivolse nella direzione in cui doveva essere
la sorella. Anche lei stava sicuramente ascoltando la conversazione e
sapeva che non avrebbe mai lasciato soli i suoi compagni.
«Dannazione! Ci deve essere un modo per fermalo.»
«Disperati pure Owen, il modo non esiste.» Hunwer
continuava volutamente a tenere il canale aperto e quasi provava
piacere nel sentire la disperazione nelle loro voci.
«Katsu vieni.» Aruto si mosse dalla postazione di
fuoco seguito dal figlio che gli era dietro.
Aruto lo afferrò per il braccio e lo trascinò al
suo
fianco, poi gli passò il braccio sulla spalla e
passò a
scompigliagli i capelli.
«Coraggio, non avere paura.»
«Hai qualcosa in mente papà?»
Aruto non rispose nulla limitandosi a tenerlo stretto a se. Raggiunsero
la sala comandi dove si trovavano Erin e Owen.
«Aruto!» l’uomo li guardò
entrambi e poi si avvicinò da solo ai comandi.
«Sai Hunwer, Seref si diverte molto a smanettare con sistemi
informatici e aggeggi tecnologici e in genere quello che sto facendo io
lo farebbe lui. Forse nemmeno lo sai ma è un piccolo genio,
è un bravo ragazzo, volenteroso e generoso …
peccato che
non te ne sia mai accorto. Per quanto detesta ammetterlo avrebbe voluto
un padre che lo amasse e che lo considerasse per quello che
è.
Sono un semplice meccanico ma per il mio ragazzo, per Seref e per tutti
gli altri non lascerò che i tuoi piani vadano a buon
fine.» Aruto aveva finito di maneggiare con i pulsanti e fece
una
breve pausa « ora sta a guardare come non ci faremo
distruggere
il nostro futuro.» premette l’ultimo pulsante e la
comunicazione terminò.
«Aruto cosa hai in mente?» domandò Owen
decisamente sorpreso.
«Ora non si intrometteranno più nelle
comunicazioni,
possiamo parlare tranquillamente. Ho intenzione di usare la barriera
della Phlayrh per fermare quell’arma.»
«E’ possibile?» Erin temeva si trattasse
di un tentativo disperato.
«C’è indubbiamente un margine di
fallimento ma
facendo ricorso ad ogni briciolo di energia di questa aeronave,
possiamo farcela!»
«Papà quant’è questo margine
di
fallimento?» purtroppo Katsu non riusciva ad essere
ottimista. Di
solito il padre era molto preciso in queste cose e avrebbe dovuto usare
una percentuale numerica piuttosto che restare sul vago e questo poteva
significare che probabilmente quella percentuale era alta se non totale.
«Abbastanza piccolo da non preoccuparcene più di
tanto
però tu scendi dall’aeronave.»
con questa
risposta diede conferma ai suoi timori ma non protestò
soggiogato dalla strana atmosfera.
«Takehito vieni a prenderlo per favore.»
«Sì.»
«Katsu, ci vediamo dopo promesso!»
«Ci rivedremo senz’altro e questo vale per
tutti.»
ribadì Owen. Il ragazzo annuì ed andò
al ponte di
lancio dove lo attendeva l’amico.
La Phlayrh si spostò più in basso
rispetto alla
Galeos nel punto in cui il raggio avrebbe colpito secondo i
calcoli del meccanico.
Tutti i teknight dietro l’aeronave speravano e pregavano che
tutto andasse per il meglio.
Dal cielo stava giungendo una forte luce, all’apparenza lenta
ma
man mano che si avvicinava si percepiva la sue reale
velocità.
La barriera venne attivata e quattro azzurri scudi energetici di
ergevano sopra la Phlayrh. Al momento dell’impatto i primi
due
cedettero immediatamente e poi il raggio si bloccò al terzo.
Ogni cosa della Phlayrh potesse produrre energia era convogliata ad
alimentare la barriera, le strumentazioni riportavano che tutto su
quell’aeronave era stato portato al limite e che non
avrebbero
retto ancora a lungo, quando la terza barriera venne distrutta. Mancava
l’ultimo strato.
La potenza era così elevata che spingeva indietro
l’aeronave così i cinque teknight alle sue spalle
preso a
spingerla con tutte le loro forze. La Phlayrh si fermò e
stranamente l’energia prodotta dai teknight venne catturata
dall’aeronave e trasmessa alla barriera.
«Cosa succede?» domandò Erin.
«Non lo so ma è straordinario. Quei teknight non
dovrebbero avere così tanta energia.
C’è un flusso
che proviene anche dal MA di Yue da terra … è
pazzesco.» spiegò Aruto incredulo.
«Non passerà! Non ci supererà
mai!» dopo le
parole di Takehito un emissione di energia ancora maggiore
andò
a rafforzare la barriera.
Quel margine di fallimento non esisteva più.
«Non può essere! E’ impossibile non
doveva finire
così!» furono le ultime parole
dell’imperatore di
Argest di fronte all’incredulità di quello che
stava
accadendo.
Il raggio venne annientato e riflesso in più direzioni:
pochi
colpirono la città, molti altri si dispersero più
lontano
e molti altri si riversarono sulla Galeos che venne distrutta.
La base della Phlayrh parve come priva di vita, la barriera si era
disattivata e senza più forze stava per adagiarsi al suolo.
Tutti gli altri tentarono di fermarla ma i loro teknight erano a corto
di qualunque energia.
Ma non aveva più importanza: avevano vinto.
Due
anni dopo
Un teknight vermiglio si occupava della manutenzione di un satellite
nello spazio. Il pilota svolgeva il suo lavoro con precisione e calma.
Era tutto silenzioso, nessuna seccatura dalla torre di controllo,
nessun imprevisto o complicazione, insomma era tutto tranquillo.
«E pensare che questo era lo FSCannon … quante ce
ne ha
fatte passare, vero AU-0?» disse tra se Takehito fermandosi
un
attimo ad osservare prima il satellite su cui lavorava e poi ad
ammirare la Terra.
“Da qui la Terra è uguale alla prima volta che la
vidi
eppure è cambiata proprio come lo FSCannon”
pensò
il ragazzo.
La sua mente tornò al momento della loro vittoria contro
Argest.
Di quello che accadde non trovarono una spiegazione valida. Tutta
l’energia che alimentò la barriera non poteva
essere stata
prodotta solo dalla Phlayrh e dai teknight, era impossibile.
Aruto ritenne che era merito delle loro volontà e
a
Takehito piaceva pensarla in quel modo.
I momenti successivi non furono facilissimi.
L’impero Argest non esisteva più e per non creare
scompigli e rivolte, Falk e Kyla presero il controllo politico. Venne
ristabilita la situazione precedente all’impero Argest: i
singoli
stati tornarono ad autogovernarsi e ovviamente tutte le colonie vennero
abolite, lascandone solo il ricordo. Ma questo non era sufficiente.
Infatti, venne stabilita una politica di sostegno reciproco grazie alla
quale risorse, ricchezza e conoscenze venivano condivise da tutti per
uno sviluppo equo e sostenibile. Nessuno avrebbe dovuto prevaricare o
soggiogare l’altro. Progetto ambizioso che richiedeva rigidi
controlli soprattutto per i primi tempi.
Dopo alcuni mesi di convalescenza si unì anche Seref.
Nell’ultima battaglia aveva riportato danni cerebrali con la
conseguente perdita parziale dell’uso di una gamba. Ma
l’essere zoppo e l’aiuto del bastone per camminare
non lo
fermò. Con il sostegno costante di Yue, dette tutto se
stesso
nel sostenere la nuova politica portata avanti dai compagni.
Yue ritenendo che di politica ci capiva poco, decise di dare il suo
contributo con un ruolo più pratico istituendo un piccolo
corpo
armato addetto alla sicurezza al quale si unì anche Shu.
Anche tutti gli altri diedero una mano nei primi mesi e quando le cose
cominciarono a stabilizzarsi, ognuno rese la propria strada.
Lev fece ritorno a Kadak per mantenere la promessa fatta al piccolo
Steve tempo prima. Si stabilì lì e divenne un
istruttore
di nuoto. Un po’ a malincuore dovette rinunciare a nuotare al
livello agonistico poiché dopo l’ultima battaglia
aveva
difficoltà nel compiere i movimenti più complessi
e
sforzi eccessivi. Ma ben presto i bambini a cui insegnava con la loro
vitalità ed entusiasmo, gli fecero passare ogni rimpianto.
Kirabo riuscì a realizzare il suo sogno e giocare in una
importante squadra di basket allenata addirittura dal suo giocatore
preferito, lo stesso che gli aveva autografato il pallone da piccolo e
che conservava gelosamente.
Shae, priva del suo lavoro quotidiano alla Phlayrh, si
dedicò
alla scrittura di romanzi di cui ne pubblicò ben due. Nello
stesso tempo la loro famiglia si allargò con
l’arrivo di
un nuovo figlio ben accolto da Fuhara che continuava a crescere insieme
alla sua passione per i rettili.
Katsu dimostrò tutto la sua bravura nella FW e le scuderie
facevano a gara per averlo, domandandosi dove si era potuto nascondere
un talento del genere per tutto quel tempo.
Per quanto riguardava Owen, Erin, Aruto e Lara immediatamente dopo la
battaglia finale, si separarono ritirandosi a vivere in luoghi isolati.
Con loro si continuò a mantenere un contatto ma vollero
farsi da
parte e lasciare spazio alle buone intenzioni dei loro ragazzi.
«E io sono tornato nello spazio.» concluse
così i suoi pensieri.
Takehito fu incoraggiato da Falk a diventare un ricercatore spaziale,
avendo condiviso la stessa esperienza, comprendeva la voglia del
ragazzo di tornare fuori dall’atmosfera terrestre e poter
osservare ancora una volta il loro meraviglioso pianeta.
«Takehito! Ancora indaffarato nello spazio?»
«Seref?» Takehito venne destato dai suoi pensieri
da una voce decisamente inaspettata.
«Si sono io non sorprenderti, non è
difficile intromettersi in un sistema di
comunicazione.»
«Non mi aspettavo certo di sentirti.»
«Falk mi sta tormentando di chiederti se hai preso le
fedi.»
«Ah è per quello! Si certo le ho qui con
me.»
«Bene così si tranquillizza … piuttosto
riuscirai a venire in tempo al matrimonio?»
«Ma certo qui ho quasi finito. Vi raggiungerò a
bordo dell’ AU-0.»
«Non vorrai venire in tuta da pilota? Lo sai che Kyla te la
farà pagare se ti presenti in quel modo al suo
matrimonio.»
«Tranquillo ho pensato anche a quello. Ho il vestito elegante
proprio qui al mio fianco.»
«Allora sbrigati che tutti gli altri sono già
arrivati.»
«Agli ordini! E dimmi la prossima rimpatriata la faremo al
tuo di
matrimonio con Yue?» Seref divenne completamente rosso. I due
ragazzi non nascondevano la loro relazione ma parlarne apertamente lo
imbarazzava ogni volta.
«Ch … che dici? Non c’è
bisogno per forza di
un grande evento.» Takehito ridacchiò divertito
« fa
presto che ti aspettiamo.» la conversazione venne interrotta.
Takehito guardò ancora una volta la Terra.
«E’ proprio un bellissimo
pianeta.»
Angolo dell'autrice:
Eccoci alla fine.
Quando ho terminato di scrivere mi sono resa conto di
essermi in qualche modo affezionata e legata a questa storia, in fondo
è anche la prima a cui ho dedicato più impegno.
Forse però non terminerà del tutto qui, in testa
mi sta ronzando l'idea di un prequel.
Grazie di cuore alle due persone che hanno sempre letto ogni capitolo
appena lo aggiungevo, a belfire99 con le sue recesioni (aspetto con
ansia il tuo parere finale) e tutti coloro che hanno continuato a
seguire Argest. Grazie!
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