Alice in Zexaland

di Alice_nyan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Ritorno al passato ***
Capitolo 3: *** Un ombrello per due ***
Capitolo 4: *** Mai sfidare i biondi... ***
Capitolo 5: *** Guerra Fredda ***
Capitolo 6: *** Scuse ***
Capitolo 7: *** Solitudine volontaria ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

“L’universo è infinito. E’ formato da corpi celesti, quali stelle e pianeti. Molti pianeti sono disabitati, ma altrettanti presentano forme di vita. Il nostro pianeta è Barian, e tutti voi siete i suoi abitanti. Proteggetelo con tutti i vostri mezzi, in tutte le occasioni.
Siate ORGOGLIOSI della vostra patria e siate FEDELI ad essa. Siate ASTUTI contro i vostri nemici, ed abbiate un animo FORTE, PURO E LIBERO. Abbiate infine grande FORZA di VOLONTA’, per cambiare Barian. Seguite quindi i vostri imperatori, che sapranno come governare il nostro pianeta, per riportarlo in una situazione di pace e di prosperità, proprio come un tempo.”
Era una lastra nel centro del palazzo di Barian, riservato agli imperatori. Era un’edificio monumentale, che si ergeva su un’altura, con tutte quelle sporgenze poteva essere grande quanto una città intera. Sulla Terra nessun altro palazzo gli avrebbe mai fatto concorrenza. Era tutto di quel rosso cremisi. Un colore unico, che si trovava solamente lì, capace di far venir il mal di testa a chiunque. L’interno dell’edificio si poteva raggiungere salendo un’enorme scalinata, alta quanto l’intera struttura, per giungere in una grande sala, dove erano presenti 7 troni di forma e sfumature diverse. Erano disposti in cerchio, attorno alla lastra, che era posizionata a terra, come se fosse parte del pavimento stesso.
Le parole erano state probabilmente scolpite a mano, e quelle evidenziate si illuminavano ad intervalli regolari.  Era una specie di giuramento, a metà tra una leggenda ed una legge, e tutti i bariani la consideravano un’incisione quasi sacra.
 
 
 
Quel giorno era proprio stanca. Di svegliarsi non se ne parlava.  Ha sempre avuto gran problemi nello svegliarsi di primo mattino, odiava dover abbandonare il mondo gioioso e talvolta anche misterioso dei sogni. La mente si crea un mondo tutto suo, e nel sogno si sbizzarrisce. Semplicemente fantastico. Incubi o desideri che fossero, li avrebbe adorati per sempre.  Un’Alice sveglia di primo mattino era un’Alice furiosa. Ma quel giorno era diverso … Aveva sognato di essersi svegliata nella casa dei Bariani, ad Hartland, e questo la rendeva senz’altro felice.  O forse quello non era un sogno …?!  

Le mie care note …

Salve a tutti! Questa è la mia prima fan fiction, ispirata a yu gi oh zexal. La protagonista è Alice, una ragazza bariana che vive insieme agli altri suoi compagni. Come avrete ben capito quella che trovate all’inizio è una leggenda, scritta da … (non ve lo dico :-p) e Alice centra qualcosa in questo mistero.
Prima di porvi qualche domanda e di incuriosirvi vi ricordo che gli spoiler saranno più che presenti. La storia è ambientata ad Heartland dopo la fine di Zexal, i bariani vivono da umani, ma non rinnegano la loro vera natura. Shark è un bariano e Don Thousand non è morto.  Ah, Astral è vivo e vegeto sulla Terra.
Detto questo: recensite in tanti!!!!  ^_^
Alice-nyan

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Capitolo 2
*** Ritorno al passato ***


Capitolo 2- Ritorno al passato

Nash stava salendo le scale per arrivare nel palazzo imperiale bariano. Era tranquillo, era contento di poter respirare di nuovo l’aria bariana, lo faceva sentire vivo e libero da ogni preoccupazione.

Ormai si era stabilito sulla Terra, insieme agli altri suoi compagni, e avevano smesso di cercare le carte numero, o cercare di distruggere Yuma ed il numero originale. Vivevano da perfetti umani. Ma ogni tanto sentivano il bisogno di tornare sulla loro terra, quella per cui avevano rischiato la vita tempo prima.

Era rilassato, si godeva ogni attimo nella sua salita, uno Shark così tranquillo non l’aveva mai visto nessuno. Anche se erano nelle vacanze di primavera la scuola era appena finita, e bisognava riprendersi da tutte le preoccupazioni che ne seguivano. Anche la vicinanza a Yuma non poteva giovare di certo, era sempre talmente attivo da scaricare l’energia altrui. Per non parlare di un certo Vector che si divertiva sempre a sabotare i suoi piani, ormai Shark non ne poteva più. Durante la sua salita ci fu qualcosa che gli cambiò la vita per sempre, qualcosa che lì per lì non lo spaventò molto, almeno non quanto avrebbe dovuto.

Sentì un urlo. Un grido straziato di una fanciulla. Era stato così potente da avergli fatto venire il mal di testa, la quale rimbombava per il dolore. Sentì il bisogno di appoggiarsi alla ringhiera di sinistra. Strinse il pugno destro, ed iniziò a correre in direzione del portone del palazzo. Stava ansimando per lo sforzo, voleva assolutamente capire cos’era successo, una ragazza era in pericolo e doveva andare a salvarla. Aprì la porta con la mano sinistra, mentre l’altra era impegnata a reggere le tempie. I suoi occhi si sgranarono a quella visione. Una giovane ragazza, dalle sembianze umane era distesa a terra, sopra la lastra incisa sul pavimento. Era impossibile distinguere il colore della sua pelle o dei suoi vestiti, erano tutti di un rosso cremisi, come tutto ciò che era presente all’interno di quella sala. Giaceva su una pozza di sangue, ed i suoi vestiti erano totalmente intrisi di quel liquido vivo, ma altrettanto privo di vita. Era immobile, sdraiata su un fianco e si reggeva la spalla sinistra insanguinata. Qualcosa o qualcuno probabilmente l’aveva attaccata, e riportava numerose ferite su tutto il corpo.

La prima cosa che fece Nash fu avvicinarsi a quella giovane. Quasi senza pensarci, ormai agiva solamente d’istinto, quell’istinto bariano, che gli permetteva di percepire i pericoli. Lo possedevano tutti i suoi compagni, ogni volta che un pericolo si avvicinava loro avevano una strana sensazione.

Si inginocchiò davanti ed essa, bagnandosi il mantello di quel sangue cremisi, molto raro, e cercò di capire se respirava ancora. Naturalmente no, ormai era morta. La prese per le spalle e notò una profonda ferita. Da essa non fuoriusciva più sangue, probabilmente era già morta dissanguata. Siccome le sue sembianze erano umane gli venne in mente di portarla sulla Terra, magari lì qualcuno avrebbe potuto fare qualcosa per riportarla in vita.

Si sentì in dovere di dire qualcosa, anche se non riusciva a dire nulla. Non c’era nessuno nei paraggi, non sapeva se fosse un bene o un male, anche se avrebbe voluto sapere chi era la causa di un così atroce delitto. Rigirò la giovane più volte fra le braccia, finché non la sentì tossire. Il suo respiro era affannato, non apriva gli occhi, non parlava. Gli occhi di Nash si sgranarono, era sbalordito, incredulo, un morto non poteva resuscitare, nemmeno nel mondo bariano, anche se era felice di vederla in vita.

“Chi ti ha fatto questo? Che cosa ci fai qui?”

Non ebbe risposta. La fanciulla si mosse, si portò le mani alla spalla sinistra, mentre si portò le gambe al petto. Si rannicchiò, cercando di allontanarsi dall’imperatore, il quale la portò più vicino a sé. Lei di rivalsa cercò di staccarsi, spingendolo con forza, cercando di allontanarlo.

“chi ti ha fatto del male?” gli domandò lui con più voce.

“Non ho bisogno del tuo aiuto …” disse aprendo per la prima volta gli occhi, semichiusi. A quella visione indietreggiò un po’, guardò a terra la scritta “forza di volontà”e la sfiorò con un piede. Era vestita di stracci, ma indossava anche un lungo mantello rosso, pieno di pizzi e di ghirigori dorati “… imperatore Nash”

La ragazza era salva. Shark si sentì sollevato. Le porse una mano, dato che sapeva che si trovava di fronte ad una fanciulla dal carattere forte. Lo fece quasi per dire “Va bene principessina, come vuoi tu”.

“come ti chiami?” le domandò ancora con la mano in aria, stava aspettando che l’afferrasse, anche se probabilmente non l’avrebbe mai fatto.

“mi chiamo Alice” disse guardandolo male, come se avesse voluto ucciderlo su due piedi, dato che le aveva rivolto la parola.

“un nome non molto comune da queste parti”

La ragazza si bloccò un momento, finché non svenne. L’imperatore se lo quasi aspettava, e la prese in braccio. SI alzò, e notò che si stava mordendo un labbro, facendolo sanguinare. Quel sangue era diverso da quello che era sparso a terra, era scarlatto, era vivo.

Shark aveva capito che era ancora in pericolo, e procedette con il suo progetto iniziale, portandola sulla Terra. Prima che il portale si richiuse la ragazza disse qualcosa, ed il tempo si fermò. Quelle parole maledette profanate da una così bella fanciulla fecero sbiancare l’imperatore, che a fatica continuò a reggerla. Le sue braccia tremavano, e la ragazza sorrise, chiudendo gli occhi.

Arrivati sulla Terra si ritrovarono davanti alla casa di Shark e di Rio.

Alice si era preparata a cadere, e si resse in piedi, mentre il ragazzo si inginocchiò a terra, incredulo.

“come fai a conoscere … Certe cose … ?!”

“Non mi sottovalutare giovane imperatore Nash”

 

 

 

La prima persona che incontrò Alice fu Nash. Il primo imperatore bariano.

La seconda persona fu Rio. La sua migliore amica, che l’accolse e l’aiutò.

Quello stesso giorno lei arrivò a casa, a preparò tutto il necessario per curare Alice. Era una ragazza molto gentile, diversamente da come appariva aveva un cuore d’oro. Essendo la sorella di Shark aveva anche un bel caratterino, guai a farla arrabbiare, ma non se la prendeva mai con nessuno se non aveva un motivo ben preciso.

“che cosa ti è successo?”

Alice naturalmente non rispose, ma il modo in cui cercò di non parlare era diverso da come si era rapportata al fratello.

“capisco … beh, non preoccuparti, qui ci siamo tutti noi bariani. Ryoga, non sarà meglio chiamare anche tutti gli altri?”

“fa come ti pare Rio”

“imperatrice Rio, non si preoccupi per me”

“stai tranquilla Alice. Chiami solamente Rio”

Alice considerava alla pari Rio, e la trattava come tale.

Col tempo tutti gli imperatori conobbero Alice, la bella ragazza dai lunghi capelli biondi, che terminavano con punte arcobaleno. La bella giovane dagli occhi color ghiaccio, perfino più chiari di quelli di Durbe, la fanciulla dal carattere forte, che in qualsiasi momento della giornata cercava di comandare a bacchetta gli imperatori. Tutti fuorché Rio. Anche se non sembrava, anche se utilizzava titoli onorifici per rivolgersi a loro, anche se era di un rango inferiore, amava trattarli da cani, amava sentirsi servita e riverita.


Il MIO PERSONALE angolino ^_^

Alice: HAHAHAHAHAHHAHAHHHA.

Io: saranno ore che continua con la sua risatina malefica. Perfino peggio di Vector -.-“

Alice: hey tu! *io sobbalzo* Non mi paragonare a quella specie di carota ambulante!

Io: perfino più orgogliosa e vanitosa di Misael -.-“

Alice: Hey!!! Non paragonarmi a quella specie di ********

Io: *sviene*

Misael: hey ****!! Non mi ammazzare l’autrice che poi non posso più apparire in tutto il mio splendore!

Alice: Brutto...!!! Come osi rivolgermi la parola?

Misael: *viene interrotto da me*

Io: Avete finito? Ormai sono mesi che voglio farvi litigare in santa pace … Sapete bene che lo potrete fare solo nel prossimo capitolo ^_^ Si prospetta un capitolo abbastanza divertente. Si spera -.-“

Detto questo vi auguro buona giornata a tutti coloro che hanno letto la mia storia noiosa. Spero vi sia piaciuta. Per il momento trovo sia un po’ lenta da leggere. Peccato, tanto siete voi a sorbirvela ^_^

Un saluto dalla vostra carissima Alice-nyan.

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Capitolo 3
*** Un ombrello per due ***


Un ombrello per due
 

“Awhh” Alice sbadigliò e si stiracchiò le braccia. Si alzò dal letto, ed infilò le pantofole rosa senza badare a ciò che faceva, tant’è che non si accorse di averle messe a rovescio. Si stropicciò il viso, e si diresse barcollando verso lo specchio. Era situato su una scrivania, nella quale erano presenti degli oggetti di Rio, come un pettine in legno e vari fermacapelli, infatti quella era la sua stanza. Appoggiò una mano sulla superficie liscia, ed aprì gli occhi. Quegli occhi celesti, che sembravano ghiaccio. Paralizzavano solo a guardarli, pietrificavano lo sguardo. Probabilmente erano stati nascosti al mondo per così tanto tempo che avevano dimenticato come provare sentimenti quali gioia e felicità. Provavano solo odio. Congelavano al solo sguardo.
Si guardò attentamente, per poi sorridere allegramente a se stessa. Si voltò di scatto e pettinò i lunghi capelli dorati che le percorrevano la schiena fino alle gambe. Riflettevano la luce, e all’interno si potevano vedere tutte le tonalità dell’arcobaleno. Sulle spalle ricadevano due boccoli, che attorcigliava fra le dita ogni volta che si muovevano. La sua pelle era diafana, molto delicata, e creava un bel contrasto con le labbra rosse, che la facevano sembrare una bambola di porcellana. Si sfilò il pigiama di dosso, per poi indossare una camicetta rosa e dei pantaloncini verdi, che arrivavano fino a metà coscia. Il tutto aggraziato da calze bianche e da un paio di ballerine nere, ornane da un’elegante fiocco a pois. Si era messa degli orecchini a forma di fiore, che richiamavano i bottoni della camicetta.
Quando si muoveva nella stanza sembrava volteggiare, era così leggiadra da sembrare una farfalla, era molto allegra.
Aprì la porta della stanza, per poi dirigersi verso il salottino, dove, probabilmente, i padroni di casa la stavano aspettando. Era nell’appartamento di Rio e di Shark, che si erano offerti di ospitarla. Una dimora modesta, in stile essenziale, con le pareti bianche e pochi mobili in legno, all’apparenza abbastanza spoglia come abitazione. D’altronde Rio era sempre stata in ospedale, e Ryoga non badava nemmeno alla casa in cui viveva.

Si ritrovò davanti un essere alto molto più della media, su cui sbatté violentemente la testa. Si massaggiò la fronte, come se temesse che le spuntasse un bernoccolo viola sulla nuca.
“Spostati, sei in mezzo” disse guardando con aria truce il povero malcapitato, mentre cercava un angolo in cui poter passare, per poter entrare nel salotto.
“Buongiorno Alice! Parlavamo proprio di te. Io sono Gilag” disse lui tutto sorridente. Probabilmente non aveva ancora visto tutte le frecciatine donate dalle ragazza, che lo stava maledicendo a morte, mentalmente.
“Finalmente ti sei svegliata” sentenziò Shark, senza degnarla di uno sguardo, mentre si reggeva con una mano al mobile in legno che faceva da libreria.
“E così siete i famigerati sette imperatori bariani” disse la ragazza guardando con aria stupita i presenti “è raro vedervi tutti insieme”
“Siamo così famosi su barian?” chiese un altro ragazzo, i cui occhi stavano splendendo al solo pensiero di essere diventato famoso.
“Eccome!” esclamò lei, facendo strani gesti con le braccia per dare maggiore enfasi a ciò che diceva “ voi siete i nostri imperatori, avete sempre protetto Barian, e siete sempre stati fedeli ad essa. Su di voi esistono numerosissime leggende” continuò “anche se la maggior parte sono false”
“Avanti, avanti, raccontacene una! Per favore!” implorò lo stesso ragazzo di prima. Lei arrossì lievemente, sembrava imbarazzata.
“Non posso, davvero... alcune sono parecchio imbarazzanti” si portò le mani al volto, coprendosi le guance rosee.
“Ti preeego” gli rispose Arito, dando un accento particolare sulla “e”, facendolo sembrare una capretta.
“Beh, vediamo... Nash è molto popolare, si dice che sia il più carino degli imperatori” alla fine aveva ceduto alla sua richiesta “ma naturalmente non è vero” fortunatamente Shark rimase in silenzio, mentre Rio iniziò a ridere di gusto, come anche Alice. Era difficile indovinare se lo avesse fatto a posta, ma si divertiva parecchio. “Qui sulla Terra sei famosissimo, non è vero, Ryoga?” tirò qualche gomitata al fratello, mentre gli faceva l'occhiolino. Lui rimase muto come al solito.
“Sai anche chi siamo?” li interruppe un'altro ragazzo dai capelli grigi, con aria seria.
“Stringi la mia mano, avanti “ fu la risposta secca che ebbe. Alice gli porse una mano e lo fissò negli occhi. La sua espressione era seria, ma serena, aveva un’aria molto saggia.
Aveva catturato l’attenzione di tutti i presenti, e aveva quasi spaventato il ragazzo che si trovava davanti a lei, che si aggiustò gli occhiali sul naso, per poi afferrare le sue dita saldamente.
“Tu sei Durbe, se non erro “ disse lei guardando i capelli del ragazzo, mentre faceva una strana osservazione.
“Certo che con i capelli che ti ritrovi sembri proprio un micetto” lasciò un po’ spiazzato il bariano, anche se come al solito non fece trapelare nulla. Poi si diresse verso un’altra figura dai capelli biondi. Gli girò un po’ intorno, per poi fermarsi ad osservare la sua lunga chioma dorata.
“Tu sei Zeta-”
“Il mio nome è Misael” tagliò corto lui, incrociando le braccia al petto.
“Certo, certo” disse facendo spallucce, per poi allontanarsi.
Guardò l’unico imperatore che non aveva ancora avuto il piacere di conoscere, finora non aveva detto una parola, poichè era sempre rimasto in disparte ad osservare i suoi movimenti. Lo squadrò bene prima di avvicinarsi, anche se il primo ad attaccare bottone fu lui.
“Piacere di conoscerti, Alice!” disse l’arancio, sfoggiando uno dei suoi migliori sorrisi, mentre scuoteva la mano destra a mo’ di saluto.
“L’ultimo imperatore, Vector. L’incompreso del gruppo” rispose lei con un sorriso pieno di malizia.
Toccò la spalla del giovane, per avvicinarsi al suo orecchio. Nessuno se ne accorse, perché ci impiegò meno di un secondo.
“vediamo per quanto ancora sorriderai …”sorrise serafica, per poi allontanarsi, lasciando un’aria gelida al suo passaggio. Quelle parole… profanate da un demone che attira la preda nella propria ragnatela... fecero rabbrividire il bariano, che rizzò la schiena, rimanendo immobile. L’unica cosa che fece fu sorridere, in modo innocente, come se non avesse sentito nulla. Lei sembrava un'altra persona, era irriconoscibile. Ma d'altronde, tutti abbiamo una parte oscura, o quasi. La cosa strana è che non capiva cosa ci fosse di male in lei, aveva un bel sorriso, ma bastava sfiorarla per percepire una strana sensazione, a metà tra un brivido e una scossa. Chissà, sarebbe stato davvero divertente tenderle qualche agguato, magari avrebbe potuto sfruttare la sua innocenza per rimettere in atto il suo piano. Eh già, il lupo perde il pelo ma non il vizio, non è così che si dice...?!
“Ah, sarò invidiata da tutti su Barian!!”
“Non essere così entusiasta” protestò Misael, rompendo l’atmosfera felice che si era creata attorno alla ragazza “ci stai solo disturbando” era solito fare osservazioni simili, prevalentemente alle persone che non conosceva.
“Taci!” esclamò digrignando i denti “ma sei sempre così antipatico?” lo guardò per bene “beh, non posso aspettarmi nulla da una persona come te, egocentrica, superba, altezzosa, vanitosa, orgogliosa …” stava iniziando a dare sui nervi al ragazzo che mostrava un sorrisetto maligno. Ma lo sguardo che Misael le rivolse significava chiaramente “poi, fuori di qui, ti faccio vedere in quanto poco tempo ti sgozzo”.
“Non rispondi?! Guarda che posso continuare all’infinito” lo sfidò Alice, ci stava prendendo gusto.
“smettila se non vuoi ritrovarti contro il mio Drago Tachionico!”
“Oh, che paura, il tuo draghetto” disse ironicamente, mentre prendeva fra le dita i lunghi boccoli dorati che le scendevano fino alle spalle “quello che non è stato capace di distruggere l'altro occhi galattici. Quello di quel ragazzino scontroso. Come si chiama? Ah, sì, Kite Tenjo. Un altro essere inutile, proprio come te”
“Non parlare di Kite in questo modo, ragazzino lo dici a qualcun'altro”
“Sei proprio noioso” si portò le mani ai fianchi “peggio che parlare con Don Thousand”aveva dato al volto un'espressione scocciata.
Si sentirono tre rintocchi, provenienti da un orologio a pendolo, situato dietro la porta. Era a forma di boccia per pesci, infatti le lancette rosse dei minuti e delle ore terminavano con due graziosi pesciolini, mentre quella dei secondi era una simpatica alga verde. Il pendolo si muoveva da un lato ad un altro, in modo armonioso. Segnava le undici.
“Sono già le undici? Avevo promesso ad Alice che oggi avremmo fatto un giretto in città!” disse Rio guardando l’orologio con aria preoccupata “volevo portarla al parco, al supermercato, in pizzeria, dagli Arclight, in centro, e in quel bel negozietto che ha aperto proprio la scorsa settimana” elencò i vari luoghi mentre li contava sulle dita affusolate.


Alice e Rio andarono a fare una lunga passeggiata, chiaccherando allegramente del più e del meno, come se fossero già diventate amiche. Infatti lo erano, potevano parlare di cose che le altre ragazze non immaginano, per esempio di Barian... chi avrebbe mai creduto alla favola di un regno incantato dominato da mosti senza naso e senza bocca?! Altro che regno incantato, un pianeta di pietra e cristalli rossi... Popolato da strani esseri senza cervello -pochi si salvano- che ogni tanto hanno la grande genialata di assalire altri mondi vicini.
Non erano riuscite a terminare nemmeno i primi tre punti della lista, che il duel gayzer di Rio iniziò a fare un rumore squillante, qualcuno la stava olochiamando (n.a. non vedevo l'ora di dirlo).
“Pronto?” disse prendendo il duel gayzer in mano.
“Rio! Torna a casa, ma hai visto che ore sono! Anche io ho il diritto di mangiare!” mentre gridava si sentiva in sottofondo il brontolio dello stomaco di Arito. A questo punto Alice non potè fare a meno di ridere, anche se cercò di non farlo sentire, coprendosi la bocca con la mano.
“Sì, hai ragione” fece sbuffando Rio “ e dire che di solito è Yuma quello che ha sempre fame”
“Ho fameeeeee” si lamentarono in coro Arito e Girag.
“Torno, torno! Adesso vengo!” esclamò per poi chiudere la chiamata.
“Hai detto Yuma... che nome familiare...” Alice si era incuriosita parecchio.
“Già” sospirò “ è un ragazzo che vive qua vicino. É sempre allegro e sprizza gioia da tutti i pori. Devi assolutamente conoscerlo, chiunque lo vede diventa subito suo amico”
“Dici sul serio? Una domanda: è lui il possessore dell'Originale?” chiese, dopo essersi avviata con Rio.
“Sì, ed è piuttosto strano”
“Posso fare una passeggiata? Tu vai pure a casa, non mi perderò, tranquilla”
“Dici? Guarda che Heartland è enorme” si portò una mano alla fronte, per coprirsi dai raggi del sole che illuminavano la via.
“Al massimo arrivo con un po' di ritardo, non c'è problema” non sembrava preoccupata, non sapeva che le città sono sempre più grandi di quanto si possa immaginare.
“Fai attenzione...” era riuscita ad ottenere il permesso dell'imperatrice, voleva esplorare le strade della nuova città, magari avrebbe fatto nuove conoscenze. Le piaceva molto l'idea di conoscere la zona circostante.
 

Dopo essersi avviata per la sua strada, vide qualche goccia cadere a terra. Prima una sulla spalla, poi una sui capelli, poi sul naso. Avevano iniziato ad aumentare, bastava guardare a terra, dal grigio delle via era diventato tutto a macchie. Se rimaneva fuori si sarebbe bagnata, e si sarebbe presa sicuramente un raffreddore. Una volta a casa l'avrebbero sicuramente presa in giro, e di dover spaccare sedie su qualcuno non le andava, sopratutto il primo giorno che li incontrava.
Qualcosa catturò la sua attenzione, e la fece girare di scatto.
“Cos'è questa meraviglia??!” disse sottovoce mentre attaccava il naso alla vetrina della pasticceria. Erano esposte delle meravigliose ciambelle, alcune erano glassate, avevano sopra un dolce strato di zucchero, palline di cioccolata, qualche pezzo di frutta. Alcune addirittura erano interamente ricoperte di panna, altre erano colorate di rosa e di viola, di tutte le loro sfumature possibili, ce ne erano almeno una ventina.
Si era completamente dimenticata della pioggia, ora il suo unico pensiero era di entrare e mangiarle tutte, di assaporare la loro dolcezza, di affondare i denti in quella piccola oasi di paradiso terrestre.
Era rimasta incollata al vetro, non aveva mai visto una tale meraviglia.
“devo averle” stava già bramando quel momento. Si fermò un attimo, per poi guardare con aria triste il palmo della mano “come sono stupida... non ho soldi... però... devono essere mie!” sembrava parecchio decisa “entro e me le prendo o torno più tardi...?”
Non aveva visto nessuno nei paraggi, ma in quel momento un uomo le passò a fianco, forse era meglio non dare troppo nell'occhio.
“Passerò più tardi, mi sembra la soluzione migliore” solo in quel momento si accorse di essersi infradiciata, e capì solo dopo qualche starnuto di essere rimasta là fuori per troppo tempo.
“sarà meglio mettersi al riparo” disse fra sé e sé, appoggiandosi al muro di un palazzo, dove poteva evitare il diluvio. Aveva tutta l'intenzione di voler aspettare che il tempo migliorasse.


“Non dovevo lasciarla andare! Si sarà sicuramente persa, è da almeno un'ora che la stiamo aspettando. E ora come la ritroviamo sotto questa pioggia?” Rio guardava fuori dalla finestra con aria preoccupata.
“É rimasta fuori?” chiese Durbe, mentre era impegnato a leggere.
“Sì. Non pensavo fosse così brutto il tempo... il cielo era sereno, ma ora diluvia. Sono davvero preoccupata, puoi andare a cercala?”
“non posso, Rio, oggi Nash mi ha chiesto di svolgere delle faccende su Barian. Piuttosto, Misael, ci potresti andare tu?” disse rivolgendosi all'altro ragazzo, che stava seduto su una poltrona. Egli si alzò sospirando, per poi dirigersi verso la porta principale.
“Se proprio ci tenete”


Una figura le si avvicinò lentamente, e si fermò a qualche metro da lei.
Un ragazzo biondo, che reggeva un ombrello beige e una sporta di tela.
“Che ci fai qui? Hai fatto preoccupare Rio. Ora vieni a casa e non perderti più” disse, per poi girarsi ed iniziare a camminare sotto la pioggia scrosciante.
“Io non mi sono persa” lo contraddì Alice incrociando le braccia al petto.
“No?! Allora che stavi facendo?” ribatté, girandosi a guardarla.
“Aspettavo che la pioggia cessasse, ovviamente”
“Ma non farmi ridere! Andiamo a casa, che ci stanno aspettando” disse indicando l'ombrello.
“No, no, aspetta, io là sotto con te non ci vengo mica!” protestò mentre scuoteva la testa.
“Non stavi aspettando che la pioggia cessasse? Sotto l'ombrello non piove” sorrise, perchè sapeva di aver ragione.
“Io rimango qui” sbuffò, per poi far cenno a Misael di andarsene. Lui prese dalla borsa che stava reggendo un sacchetto di carta, e lo porse ad Alice.
“Te lo do solo se vieni a casa”
“Cos'è?!” disse facendo una lieve smorfia, non sembrava molto interessata, anche se si accorse di un piccolo dettaglio insignificante: sulla carta c'era scritto Pasticceria, ovvero il nome di un luogo a lei particolarmente noto. Afferrò la busta e la aprì, per poi arrossire lievemente.
“Come facevi a sapere che mi piacciono le ciambelle?” era diventata tutta rossa, anche se era davvero felice.
“Quando stavo venendo ti ho vista” rispose mentre si avviava con lei sulla strada asfaltata piena di pozzanghere “stavi sbavando su quella vetrina, mi facevi pena. Così te l'ho comprato. Non mi ringrazi nemmeno?”
“Grazie” rispose tra un boccone e l'altro.
“Guarda! Ha smesso di piovere” disse Alice, per poidiventare rossa per l'ennesima volta “quell'ombrello non serve più” indicava quell'oggetto, sopra alla testa di entrambi.
“Invece piove ancora”
“Ti ho detto di no”
“Ti sbagli” scoprì la sua testa, esponendola alle goccioline che scendevano incessanti.
“AAAh!” gridò, mentre si copriva la testa con le mani “non ti sopporto” protestò a bassa voce, mentre si riprendeva quello spazio all'asciutto.
“Hai visto che piove? Ora mi credi?” lui si era messo a ridere, e lei gli teneva il broncio.
“Tsk. Hai sentito anche tu questo rumore?” chiese, portandosi le mani alle orecchie.
“Che cosa?”
“Stà zitto” lo ammutolì, per poi far cenno a Misael di seguirla.
Percorsero una via laterale, abbastanza stretta, che faceva da passaggio tra due strade principali. Un bambino dai capelli azzurri stava cercando suo fratello maggiore, non la smetteva di chiamarlo. Nonostante cercasse l'aiuto di qualcuno le poche persone che erano presenti si spostavano, lo lasciavano ai propri problemi, passavano e andavano oltre. Quell'atteggiamento non poteva che peggiorare la situazione, Haruto era sempre più sconsolato.
“Ma io lo conosco! É il fratello minore di Kite!” esclamò, per poi andare incontro al piccolo.
“Stai cercando tuo fratello? Ti diamo una mano noi a trovarlo” disse mentre lo raggiungeva, prendendolo per mano.
“Ci sei anche tu Misael?” stava singhiozzando “ero qui con Kite, quando mi sono distratto e sono rimasto indietro... ma ora sono sicuro che con il vostro aiuto lo ritroveremo subito!” esclamò energicamente, mentre si asciugava le lacrime con una mano, si era già ripreso.
Arrivarono in piazza, su cui si potevano vedere le bancarelle del mercato. Era un luogo molto affollato, a stento si riusciva ad evitare il via vai delle persone. Tra piedi e spalle infortunate era impossibile uscirne vivi.
“Capo! Capo!” si sentiva una voce metallica nelle vicinanze “ho avvistato il signorino!” si potevano intravederre due figure: un robottino bianco e un giovane vestito con una giacca grigio scuro.
“Orbital, dimmi immediatamente dove si trova” quest'ultima figura ordinò al robot di portarlo dal fratello, che intanto stava correndo nella loro direzione.
“Fratellino!” si erano presi per mano, e Haruto stava piangendo. Kaito si era abbassato, e gli aveva sussurrato qualche parola dolce all'orecchio, come “non preoccuparti, ci sono qui io”, mentre gli accarezzava i capelli.
“Kite!” Misael si era entusiasmato. Era strano vederlo in quel modo, ma da quando abitava sulla Terra era diventato amico del suo rivale. In fondo avevano parecchie cose in comune.
Li salutò alzandosi da terra “buongiorno Misael e...”
“Alice, il mio nome è Alice” attorcigliava i boccoli fra le dita, come al solito.
“É arrivata qui ieri, anche lei proviene dal mondo Bariano” disse mentre chiudeva l'ombrello.
“Abiterà qui insieme a voi?”
“No” rispose frettolosamente lui.
“Sì” lei non perse l'occasione di contraddirlo. La stava guardando piuttosto male, odiava essere trattato senza riguardo.
“Allora dobbiamo festeggiare” disse il bimbo guardando il maggiore, mentre lo prendeva per una manica della giacca.
“Venite a trovarci uno di questi giorni, ok?!”
“Certamente” erano in buoni rapporti, ogni tanto si incontravano per disputare un duello, oppure per parlare di qualche drago.
“Sì” assentì anche Alice.
Stavano percorrendo la strada per tornare a casa, dopo aver salutato i due fratelli. Il sole stava spuntando da qualche nuvolone lì vicino, formando un colorato arcobaleno.
“Misael, quello è un arcobaleno?” lo stava indicando.
“Sì. Sai, si dice che se vai nel punto in cui finisce troverai un tesoro” pronunciò queste ultime parole qualsi bisbigliando, dandogli un qualcosa di misterioso.
“Dici davvero?!” le erano sempre piaciute le leggende, e poi, se ci mettevi di mezzo i tesori, a chiunque piacerebbero.
“É solo una leggenda” le rispose lui ridacchiando, non capiva proprio cosa ci trovasse di emozionante.


 

******   ******


Angolo Autrice Alice

Alice: Salve a tutti, miei fan! *le viene tirato un mattone in testa, e lei cade a terra*
Io: Non dovevi dire quello!
Alice: ah, sì, è vero. Devo leggere ad alta voce questo foglio *prende un foglio dalla tasca e inizia a leggere*
Salve a tutti coloro che leggono questa fic! Sono davvero contenta di aver ultimato questo capitoletto. Iniziamo subito con i ringraziamenti:
- Ringrazio Natsusan (ovvero la mia fantastica artista, che si spacca la schiena a mangiare gelati a fabbricare disegni) che mi stà sempre dietro e sfugge sempre ai miei spoiler più imperdonabili. Spero che recensirai la mia fic, onegai Himesan!
-Ringrazio Damned_Angel **si sentono i fuochi d'artificio** che non si è mai tirata indietro nell'incoraggiarmi, mi sopporta dalla mattina alla sera, e ci divertiamo tanto insieme <3
-Ringrazio tutti coloro che hanno inserito questa storia tra le preferite/seguite, spero di non deludervi! Continuerò ad impegnarmi al massimo!!
-Ringrazio tutti coloro che mi hanno inserito tra gli autori preferiti, voglio migliorare!
-Ringrazio la mia sorellina, attenta! C'è Miza-chan nei paraggi! Non farti catturare!!!
-E come più importante ringrazio.... Te! Grazie per aver letto questa fic!!
Bene, una volta terminati i ringraziamenti voglio spiegarvi alcune cose... Per primo riguarda lo scorso capitolo, vi avevo anticipato che sarebbe comparso Thommy, ma non l'ho messo. Mi dispiace, ma sarà per il prossimo capitolo o per quello dopo, non preoccupatevi.
Per quanto riguarda l'anticipazione per il prossimo episodio (yeah) ho deciso di eliminarlo **si sentono i fischi**, al suo posto aggiungerò una parte speciale in ogni capitolo. Sarà una sorpresa **applauso**
Alice: sì, la prossima volta vedremo le curiosità della fic. Intervisteremo l'autrice!!! **saltella qua e là**
Vi preeeego, recensite questa sola soletta fic!!!!

Bye bye, Alice-nyan

P.S.
Se avete richieste fate pure.
Ditemi se ho fatto orrori grammaticali, ci tengo molto. Anche riguardandti la lunghezza del capitolo, devo ammettere che questo era davvero lungo (per i miei standard, correggetemi se sbaglio)

P.P.S.
Ditemi se vi ho fatto ridere, grazie (-_-)
Ho trovato divertente la parte dell'arcobaleno, anche perché Alice ha i capelli che finiscono con un'arcobaleno.


 

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Capitolo 4
*** Mai sfidare i biondi... ***


Mai sfidare i biondi...

 

Alice, Arito, Misael e Rio stavano percorrendo una strada di campagna, immersa nel verde degli alberi.

Gli unici rumori che si sentivano erano i loro passi, uniti ai cinguettii dei pochi uccelli che svolazzavano da quelle parti. Da un lato della via si potevano scorgere numerose querce, dall'altro invece c'erano tanti alberi da frutto, come i ciliegi e i prugni, che lasciavano cadere a terra i dolci fiori rosa. I petali sembravano galleggiare nell'aria, creando un'atmosfera unica nel suo genere, così delicata e viva allo stesso tempo, la famosa primavera.

Il sole era ancora alto in cielo, ogni tanto faceva capolino da qualche candida nuvola, avrebbe sorvegliato quella città ancora per parecchie ore.

Giunsero ad una grande scalinata, che portava probabilmente ad un tempio. Come ci si poteva aspettare dai gradini in pietra sarebbe stata una salita lunga e ripida, gli architetti che l'avevano costruita si erano dimenticati della fatica che si poteva provare nel salirla. Forse era proprio quello il bello di quel luogo, forse era una specie di pellegrinaggio, magari era proprio questo l'intento di una così strabiliante opera.
“Voi siete mai stati qui?” si azzardò a domandare Alice.

“Una volta sono venuta qui con Ryoga. Era la prima volta che incontravamo Misael sulla Terra” rispose la ragazza dai capelli blu, mentre stava ripensando a quella strana giornata.

“Sì, me lo ricordo anche io!” anche Arito era già venuto in questo posto “quel megalomane di Misael ha fatto un'apparizione con la A maiuscola!!”

Anche il biondo li stava seguendo, a qualche metro di distanza, forse per stare lontano dal gruppo, forse per godersi con più pace la salita “bada che ti sto ascoltando” fu l'unica cosa che disse, senza smettere di camminare. L'altro rizzò la schiena, era sicuramente meglio tacere.

“ma guarda che è vero” sbuffò per poi mettere le mani in tasca, e acquattarsi leggermente.

“vi va una corsa? L'ultimo che arriva davanti al santuario offre un gelato agli altri tre” disse la bionda, fermandosi un attimo, mentre si reggeva le mani dietro la schiena.

“Ottima idea! Tanto vincerò sicuramente io” disse Arito, portandosi una mano al cuore. Era sicuro di poter tener testa a tutti.

“Ah, non esserne così sicuro, aspetta e capirai quel che dico” Rio aveva già vinto in partenza, vista la sua dote innata per gli sport.

“che stupidaggine” per poco non gli stava per tirare addosso qualcosa. Era una meravigliosa idea, ed ecco che arrivava lui a rovinare tutto, con quella sua solita arietta da superiore, che tratta gli altri come stracci. Lo odiava da morire, e non perché era carino e ogni volta che una ragazza passava davanti a lui non poteva far a meno di arrossire terribilmente -se non svenire-, ma perché faceva sempre il presuntuoso, era tanto freddo e distaccato quanto antipatico.

« Quando stavi dal bacchettone eri più simpatico» non poté far a meno di pensarlo, sbuffando un poco.

“Dici così perché hai già perso” si stava arrabbiando, e lo si poteva capire guardando il modo con cui camminava, tutti i fiori che erano posati sulla pietra erano calpestati dalle sue scarpe, senza esclusione.

“dico così perché questa è una stupidaggine” incrociò le braccia al petto, se diceva qualcosa è perché lo pensava veramente.

“hai solo paura di rovinarti i capelli” corse dietro di lui proprio per vederli meglio da vicino, anche se lui li spostò prima che potesse toccarli.

“lasciali dove stanno i miei capelli” disse disgustato all'idea di farglieli toccare, muovendoli da un lato all'altro della schiena.

“Avanti, avanti! Iniziamo la corsa!” Arito stava morendo dalla voglia di misurarsi contro gli altri.

“Allora si comincia!” i primi tre corsero più veloci che potevano, facendo sempre attenzione a non scivolare, altrimenti avrebbero ruzzolato per chissà quanti metri. Misael se la prendeva comoda, aveva deciso di non dargliela vinta, sarebbe salito senza sforzarsi troppo, non perdeva certo tempo i questi giochetti per bambini.

Al contrario, Alice non pensava che fosse una cosa stupida. Non la smetteva di domandarsi quale fosse il problema di quel biondo. O forse non la smetteva di domandarsi come facesse ad avere una simile chioma. Sentiva battere il suo cuore a mille, anche se come si impara a scuola esiste una tecnica ben precisa per correre senza stancarsi, ovvero mantenere il respiro costante. Forse per il caldo, forse per la fatica, non ci riuscì, e si fece battere da Arito, anche se la cosa non la turbava più di tanto. Sapeva bene che Rio negli sport era insuperabile, ma Arito era un avversario su cui poteva sperare di avere la meglio, malgrado la sua agilità.

“Prima! Rio Kamishiro ha vinto la sfida e si farà pagare un gelato!” disse lei sorridendo, mentre alzava una mano al cielo, dopo aver ripreso fiato. Stava già pregustando quel il momento.

Arito e Alice arrivarono pochi secondi dopo, quasi nello stesso momento.

“Misael! Ci devi un gelato!” gridò il ragazzo all'aria, portandosi le mani ai lati della bocca. Le sue parole erano rivolte alle scale, siccome di lui non si vedeva neanche l'ombra.

“e ora che facciamo? Io non lo sto mica ad aspettare qui” continuò lui, chissà quanto avrebbero dovuto attendere.

“Si sente il rumore di un ruscello, andiamo a fare un giretto lì mentre aspettiamo Misael” propose Alice, indicando con il pollice della mano destra un'altra stradina che attraversava il bosco.

Erano arrivati davanti ad altre due vie, una, che andava avanti dritta, portava al santuario dei duelli, l'altra, portava al magnifico fiume che attraversa l'intera Hartlandcity.

Poco dopo essersi incamminati iniziarono ad intravedere tra le foglie i riflessi dell'acqua. I raggi del sole penetravano dolcemente in quello spazio, illuminando le acque limpide del torrente. Esso scendeva da una montagna lì vicina, creava un laghetto proprio in quel luogo, e andava a finire nel mare dall'altra parte della metropoli. Il rumore della cascata si faceva sempre più forte, muoveva tutta l'aria circostante dando l'impressione di una fresca brezza primaverile. Gli occhi dei tre si sgranarono, come se avessero appena visto il paradiso.

“Il primo a fare un bagno sono io!” disse il ragazzo, per poi buttarsi nel laghetto.

Aveva fatto un balzo enorme, che aveva spostato una quantità d'acqua smisurata, di cui una parte si riversò sul terreno erboso.

“Arito! Così ti bagnerai i vestiti!” gli gridò contro Alice, collerica per l'acqua che le aveva mandato addosso.

“Che importa! Io non ci torno mica a casa!” disse portandosi a galla, e reggendosi alle pietre che circondavano il bordo, sembravano messe lì a posta “fatevi un tuffo anche voi!” incitò le due ragazze, che però non sembravano molto interessate.

“Primo, mi sono già bagnata l'altro giorno con quella maledettissima pioggia.

Secondo, è meglio che non mi tuffo altrimenti poi viene lo squalo a mangiarmi.

Terzo...” lui la bloccò buttandogli contro dell'acqua “Su!” le disse, cercando di invogliarla a farlo.

“Arito...” ora sì che era arrabbiata, chiuse gli occhi, mentre stringeva a pugno la mano destra “se ti vengo a prendere questa sarà la tua ultima giornata in questo universo!!!” gli gridò contro, indicandolo. Stava per tuffarsi anche lei, quando due figure li chiamarono giusto in tempo, erano i guardiani del santuario.

Uno di essi era un vecchio dall'aria simpatica, molto basso e alquanto buffo; l'altro era un giovane vestito con abiti scuri, tradizionali giapponesi, e non sembrava molto loquace.

“Buongiorno!” li salutò il primo, sorridendo “siete venuti a far visita al tempio?”

“Roku!” lo salutò Alice, venendogli incontro “è sempre un piacere venirvi a trovare”

“Volete venire dentro? Posso prepararvi un ottimo the” li invitò il giovane. Intanto anche Rio si era avvicinata ad Alice, e aveva salutato i padroni.

“Perché no” avrebbe seguito volentieri l'amica “Arito, vieni anche tu?” lui sguazzava nell'aqua allegramente, non sembrava aver voglia di andarsene.

“Vi raggiungo dopo” disse, per poi immergersi nuovamente.

Una volta arrivate davanti al santuario non poterono non notare la bellezza di quel luogo, ormai dimenticato. Nonostante fosse una città dotata di tecnologie all'avanguardia, al contrario di cosa si poteva pensare era piena di luoghi ancora da scoprire, magari in periferia, ma c'erano, e aspettavano solo di essere trovati. Tutti potevano trovare un posto in quel capoluogo.

Una volta entrate, le due ragazze si erano sedute al centro di una grande sala, piena di statue in legno. Tutte quante rappresentavano un mostro diverso, alcuni erano animali, altri draghi, altri ancora avevano sembianze umane. Ma tutte quante sembravano emanare un'energia molto potente, infatti coloro che le avevano scolpite erano persone con una forte forza d'animo.

Le due bariane e Roku erano seduti a terra, sul duro pavimento in legno, pulito alla perfezione, su cui ci si poteva specchiare.

“Alice, cosa ti porta qui?” le chiese l'anziano, rivolgendole uno sguardo incuriosito.

“Prevedi sempre tutto, ma questo non te lo immagini” gli disse porgendogli una lettera nera. Lui la prese, ma non l'aprì.

“Di già?”

“No. Te l'ho portata io perché ero di passaggio, e perché Kevin non riuscirà a venire. Ti saluta”

“Dove l'hai mandato questa volta?” le chiese preoccupato.

“Chissà” rispose facendo spallucce, mentre alzava lo sguardo al cielo. Rio li stava ascoltando, ma non aveva capito un accidente di quella discussione. Avrebbe voluto chiederle spiegazioni, ma non se la sentì, visto il silenzio che si era venuto a creare poco dopo. Alice si alzò, pulendosi i pantaloncini con le mani, come per togliersi la polvere.

“Detto questo il mio lavoro qui è finito” girò le spalle e fece per uscire “vado a fare una cosa importante” lo salutò con una mano. Rio la seguì a ruota, timidamente.

“Tu li conoscevi già?” le domandò quasi bisbigliando, una volta uscite. “Diciamo che siamo vecchi amici” la liquidò in fretta, con una risposta vaga.

Una volta usciti trovarono il domatore di draghi e il pugile sulla soglia della porta. L'ultimo era a torso nudo, e reggeva una maglia bagnata in mano, che sventolava per aria come una bandiera. I raggi del sole illuminavano la sua carnagione scura, facendola sembrare un'armatura scintillante.

“Devi fare colpo su qualcuno?” le chiese ridendo Alice, ma lui sembrava non aver capito di cosa stesse parlando. Successivamente si rivolse all'altro “hey, Misael, quale gelateria avrà l'onore di servirci tre gelati a tue spese?” si aspettava che fosse scappato o qualsiasi altra cosa, ma non che fosse salito ugualmente, anche se aveva perso.

“Nessuna” era appoggiato comodamente su una pararete in legno, ma appena le vide arrivare si avvicinò.

“Hai perso” il battibecco tra i due ripartiva. “non ho partecipato, è diverso”

“avevamo detto che l'ultimo che arrivava avrebbe pagato i gelati agli altri, quindi tocca a te, siccome io non ho partecipato” pensava di aver trovato una soluzione ingegnosa.

“Ti sbagli. Io ho detto: l'ultimo che arriva di noi pagherà un gelato agli altri tre

“Quello che ho detto io” per lui era così facile rispondere, qualsiasi cosa potessero dirgli come offesa.

“No! L'ultimo che è arrivato sei tu!”

“E chi ti fa pensare che io non abbia usato il teletrasporto?” cavolo, forse era arrivato primo per davvero.

“Perché doveva essere una corsa” sbottò.

“...A cui non ho preso parte” lei sembrava rodere dalla rabbia. Non era mai successo che qualcuno le avesse messo i piedi in testa in questo modo.“facciamo così, io ti sfido a duello. Se vinco io non pago i gelati, se vinci tu allora lo farò” le propose.

“A d-duello?” lei era sbiancata, nessuno prima d'ora le aveva mai chiesto di duellare.

“Scommetto che non sai nemmeno come si fa' ” disse ironico, notando una strana espressione sul volto della ragazza, credeva che fosse spaventata.

“C-cosa? Certo che so duellare!” disse alzandosi sulla punta dei piedi. Non si sarebbe tirata indietro per nessun motivo, doveva fargli vedere che si sbagliava “accetto la sfida!”

“Duel Disk, attivazione! Duel Gaizer, attivazione!” i rispettivi sfidanti lanciarono in aria gli oggetti, che si poggiarono il primo, sul braccio e il secondo sull'occhio sinistro. Il duel disk di Alice era interamente nero, con dei tribali bianchi che formavano disegni astratti, mentre il duel gaizer le colorava l'occhio di rosso. Anch'esso sembrava essere un tatuaggio stampato sul volto, molto simile a quello della famiglia Arclight. Misael invece non aveva un duel gaizer, anche se l'iride del suo occhio cambiò colore ugualmente.

Voleva assolutamente dimostrare di aver ragione, voleva vincere a tutti i costi. Bramava quel momento, anche se non si aspettava di aver di fronte un avversario molto pericoloso, ma anche se lo avesse saputo non si sarebbe di certo tirata indietro.

TURNO 1

“É il mio turno. Pesco dal deck” disse facendo un sorrisetto malizioso “Hai fatto male a sfidarmi”

“Sono una ragazza e non mi fai nemmeno iniziare il duello? Questa sì che è maleducazione” disse scuotendo la testa, ma lui non diede molto peso alle sue parole, continuando con la sua strategia.

“evoco sul mio terreno Drago satellite (atk/2000 def/700 lev/8) in posizione di attacco. Lo posso evocare normalmente azzerando i suoi punti di attacco” il mostro che aveva evocato era un drago sulle tonalità dell'azzurro, ricoperto di anelli di diversi colori, che gli ricoprivano tutto il corpo pieno di scaglie. “attivo la carta magia Punti della verità. Il suo effetto si attiva quando un mostro guadagna o perde punti. Essi tornano al valore originale”

Il suo mostro era molto potente, e per di più era di livello otto. Ne mancava solo un'altro, per evocare il suo asso nella manica.

“posiziono una carta coperta e termino il turno”

TURNO 2

“cosa? Perché non ha evocato un'altro drago dello stesso livello? Poteva portare in gioco n107. Sono sicuro che poteva benissimo farlo” Arito sapeva che un duellante del suo livello era capace di evocare almeno un mostro xyz in un turno.

“Le ho voluto regalare un piccolo vantaggio, anche se non le servirà a molto”

“A me? Per quale motivo?” non aveva capito cosa ci guadagnasse.

“Perché sei una ragazza, non l'hai detto tu?” disse allegro come sempre.

“Pesco” si limitò a farlo, lasciando perdere le sue provocazioni, come se non avesse cercato anche lei di fargli perdere la pazienza. A giudicare dalle carte che aveva in mano non poteva fare molto, se non aspettare il prossimo turno.

“Attivo la carta magia terreno Antico Tempio della foresta” in quel momento tutti i presenti si ritrovarono in un grande bosco pieno di alberi secolari “secondo il suo effetto tutti i miei mostri Antico Spirito guadagnano 300 punti di attacco, e tutti gli altri ne perdono altrettanti di attacco e di difesa (drago satellite: atk/1700). Posiziono un mostro coperto in posizione di difesa e una carta coperta. Il mio turno finisce qui”

TURNO 3

“Pesco!” un'ennesima carta si andava ad aggiungere alla sua mano “evoco sul mio terreno Parsec, il drago interstellare (atk/800 def/800 liv/8)”

“senza offrire tributi?” le sembrava abbastanza strano che si potesse evocare un mostro di livello otto senza offrire nemmeno un mostro in cambio.

“il suo effetto consiste nel poterlo evocare specialmente se si controlla un'altro mostro di livello otto” le rispose repentinamente Rio, mentre guardava le mosse del ragazzo.

“a questo punto evocherà drago Tachionico...” i pensieri di Alit erano fondati perché Misael passò subito all'azione.

“con questi due mostri di livello otto costruisco la rete di sovrapposizione! Evocazione Xyz! Vieni avanti, Drago Tachionico Occhi Galattici (atk/3000 def/2500 rango/8) (con Tempio della foresta: atk/2700 def/2200)!!!” un mostro gigantesco apparve sul terreno, sembrava venuto apposta per distruggere qualsiasi avversario.

“sarà dura per Alice vincere” osservò Rio, anche se tifava per lei, come anche Arito.

“proprio così” Misael li stava ascoltando e confermò “Drago Tachionico, attacca il mostro coperto in posizione di difesa!” il mastodontico drago si illuminò, e mandò sulla carta coperta molte sfere di luce, che la distrussero.

“Il mio mostro coperto era Antico Spirito Grifone (atk/400 def/1200 liv/3). Il suo potere speciale si attiva proprio quando viene distrutto e mandato al cimitero” disse alzando un mano, come per attivarlo “posso evocare specialmente un mostro di livello quattro o inferiore dal mio deck” il suo sguardo si rivolse al proprio duel disk “la mia scelta ricade su Antico Spirito Cerbero (atk/1400 def/700 liv/4)” un cane a due teste comparve sul terreno, era grande all'incirca quanto una persona.

“Hai finito?” le chiese lo sfidante, ansioso di terminare il turno.

“No, perché attivo la carta trappola Richiamo dal passato. Se un mio mostro viene distrutto e mandato al cimitero, posso riportarlo sul terreno con zero punti di attacco. Ora fa' pure”

“allora ti passo la mano”

TURNO 4

“É il mio turno” portò entrambe le mani alle carte che aveva, per reggerle meglio. Osservò bene le mosse che poteva fare, e si decise dopo pochi secondi sul dafarsi.

“attivo la carta magia Livello equo. Mandando un mostro dalla mia mano al mio cimitero posso far guadagnare a tutti i miei mostri il suo livello” i suoi due Spiriti Antichi arrivarono al livello sei.

“Con questi due mostri costruisco la rete di sovrapposizione!” entrambi assunsero due tonalità di rosso, uno scarlatto e l'altro porpora, mentre si alzavano da terra e creavano un vortice colorato che dava vita a un vento molto potente “Evocazione xyz! Vieni avanti, Antico Spirito aquila della distruzione (atk/1800 def/1800 rango/6)!” dal vortice uscì un falco nero, che indossava una maschera bianca, piena di punte aguzze. Essa gli ricopriva tutto il muso, e continuava anche sul becco, ma lasciava scorgere due occhi tinti di un rosso molto scuro. La bestia si fermò in aria, fluttuando nello spazio circostante, mentre produceva un suono stridulo, aprendo leggermente la bocca.

“Bravissima Alice!” Arito si era entusiasmato per poco, non aveva ancora visto niente.

“Il tuo mostro è più debole del mio, cosa pensi di fare?”

“non è un problema” sorrise mentre guardava il mostro “guadagna 300 punti di attacco dalla carta magia terreno (atk/2100)”

“ma non basta ancora per sconfiggermi”

“staremo a vedere” sorrise “attivo una carta magia dalla mia mano: Corsa avventata. Aquila della distruzione guadagna 900 punti di attacco fino alla fine del turno (atk/3000)” i loro mostri avevano gli stessi punti di attacco, ma il mostro di Alice non era un numero, e solo un numero può distruggere un'altro numero.

“antico spirito Aquila della distruzione, attacca drago Tachionico!”

“Hanno gli stessi punti di attacco, verranno distrutti entrambi” gli occhi di Arito si erano sgranati alla visione di quei due mostri in procinto di attaccarsi.

“no, perché il mostro di Alice non è un numero”

Infatti da quella battaglia era uscito illeso il drago, mentre il mostro di Alice era scomparso. Si erano alzate delle nuvole di polvere, che impedivano la visuale, ma appena si diradarono un pochino, Misael vide il proprio avversario perfettamente illeso, e sorridente come non mai.

“Ora che la battaglia è finita attivo un'altro effetto di Corsa avventata” si illuminò la carta verde, a qualche metro dalla duellante “vedi, se dopo una battaglia tra due mostri, se il mio è stato distrutto e il tuo no, posso mandarlo al cimitero. Bye bye Drago tachionico” mosse la mano per salutarlo, ironicamente. Finalmente si era sbarazzata di quel mostro che le impediva di vincere.

Misael guardò sparire il proprio alleato, sotto lo sguardo felice di Alice. Non aveva capito che genere di duellante aveva di fronte, ma tanto era inferiore. Non avrebbe cambiato nulla.

“a questo punto non hanno neanche un mostro” osservò la spettatrice.

“ti sbagli” la corresse muovendo un dito da destra a sinistra, in segno di disapprovazione “perché ora si attiva il potere speciale di Aquila della distruzione, direttamente dal cimitero”

“cosa?”

“sei anche sordo? Posso riportare il mio mostro con tutte le unità sovrapposte” da un portale viola ne uscì l'aquila, più inferocita che mai “al mio mostro non piace il cimitero, per questo ha un bel potere speciale”

“certo, come no” sembrava non credere a quei discorsi stupidi.

“ora attiverò il secondo potere speciale del mio mostro”

“ne ha un'altro?”

“e non è l'ultimo” sul suo volto si vide una smorfia simile ad un sorriso, che si tramutò poi in uno sguardo maligno “una volta per turno staccando un'unità sovrapposta dal mio mostro ti infliggo un danno di 100 life points per ogni carta nel cimitero” il mostro fece sparire una delle due sfere luminose che gli giravano intorno “se non sbaglio tu ne hai una e io quattro. In tutto perdi 500 life points” finì ridendo, mentre lui venne travolto da una nube scura, che se ne andò poco dopo, lasciandolo quasi illeso.

“Ora posiziono due carte coperte e ti passo la mano”

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TURNO 5 Misael

Ora Misael aveva capito qual'era la sua strategia, la maggior parte delle sue carte si attivavano quando venivano mandate al cimitero. Era impossibile distruggere il suo mostro xyz, poteva tornare più forte di prima e con tutte le unità sovrapposte. Anche il resto delle sue mosse si basavano su questa stessa logica, bastava credere di averla sopraffatta per dar via alla sua micidiale combo. Aveva già perso punti, e aveva perso anche la sua carta più potente. Non era un grande problema, aveva già in mente come riportarla in gioco, più che altro non capiva come attaccarla direttamente, trovando una scorciatoia alle sue mosse. Nemmeno 107 avrebbe potuto fare molto.

“Pesco!” osservò bene le proprie carte, per poi mostrare un sorriso beffardo “attivo la carta magia Resuscita mostro, che riporta in gioco n.107” il drago ritornò sul terreno, accompagnato da una soffusa luce viola “ora attivo un'altra magia dalla mia mano: Ruba unità. Quando evoco un mio mostro, esso prende tutte le unità sovrapposte degli altri mostri xyz” lei si paralizzò, per la paura.

“Io attivo il potere speciale di Aquila della distruzione! Una volta per turno posso staccare un'unità sovrapposta, per annullare l'effetto di una carta magia o trappola sul tuo terreno” l'aveva scampata per poco.

“proprio come pensavo! Ora si attiva un'altro effetto di Ruba unità!” lei si bloccò un momento, guardandolo incredula “se viene attivato un potere speciale per annullare questo effetto, posso scegliere un tuo mostro e azzerargli i punti di attacco” indicò l'aquila “la mia scelta ricade su Aquila della distruzione!”

Lei rimase ferma, non poteva contrastarlo. “ora attacca, drago tachionico occhi galattici!” l'antico spirito svanì, e la ragazza venne spinta da un enorme vento che la scaraventò violentemente a terra, rubandole ben 3000 life points.

Misael-3300 Alice-1000

Lei si rialzò a fatica, mentre gli amici la guardavano. Poggiò una mano sul terreno sassoso, fece perno anche sul ginocchio, per poi rialzarsi. Si aggiustò bene i boccoli biondi, e guardò il proprio avversario “non è ancora detta l'ultima parola, perché come ben sai il mio mostro ritorna sul terreno” rise in modo poco femminile, mentre si portò una mano all'occhio sinistro, quello rosso “bentornato!” fece ridendo al mostro.

“Ma che le succede?” chiese preoccupata Rio, ma l'altro non rispose.

“Ora attivo una delle mie due carte coperte, Pescata fortunata. Questa carta mi permette di pescarne altre due” si fermò un momento, per poi pescare. Un'altro sorriso maligno “ora attivo il potere speciale della mia carta magia Il ricordo della morte. Posso attivarla direttamente dalla mia mano se ho meno life points di te. Non pensavo di arrivare a questo punto ma a quanto pare...”

“guarda che non ho paura” la “rassicurò” lui, anche se non aveva bisogno che lo dicesse.

“perché non sai che ti aspetta. Numero 107 è un mostro indesiderato, e provvederò ad eliminarlo. Questa carta trappola mi permette di prendere il possesso del tuo mostro oppure di eliminarlo dal gioco” sorrise “indovina cosa faro”

“la prima”

“sbagliato” sorrise ancora “vattene draghetto” il mostro si dimenò, ma invano, fu travolto da una luce che partì dalla carta, e sparì in un vortice di sfere luminose, mentre lui rimaneva fermo, senza dire una parola, finché non esclamò: “ed ora attivo la carta trappola Contrattacco del drago!” alzò le braccia in aria, e una carta si alzò sul selciato “se attivi un effetto che ha come bersaglio un mio mostro drago, allora lo annullo. Il mio drago ritorna sul terreno, e termino il turno”

TURNO 6

“è il mio turno” pescò una carta, portando una mano al deck. Doveva solo attaccare quel maledetto mostro, che non era riuscita a distruggere una volta per tutte. Per quanto ci avesse provato, il suo sfidante trovava sempre il modo di farlo tornare. C'era qualcosa di strano in quel drago, ma poi guardava il suo padrone, e si metteva il cuore in pace, erano uguali. Sempre pronti a sfidare e sconfiggere avversari, potentissimi, e dotati di un'eleganza senza eguali.

“avanti Alice!” la incitarono Rio e Arito, cercavano di darle una spintarella in più. Ma lei non rispose, guardando il proprio mostro.

“devo ammettere che è stato un bel duello” la riportò alla realtà Misael.

“perché è stato?”

“perché l'ho già vinto”

“ma davvero?! Ti dovrai ricredere dopo che attiverò il potere speciale del mio mostro! Staccando un'unità xyz, ti infliggo un danno per tutte le carte al cimitero! Perdi esattamente 1000 life points!” Misael si portò una mano al viso, per coprirsi da un forte vento che spazzò via i suoi punti.

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“posiziono una carta coperta e termino il mio turno” disse alla svelta, ansiosa di vedere le mosse del ragazzo davanti.

TURNO 7

“mi sono dilungato fin troppo, ma questo è il momento di terminare il duello! La vittoria è mia” disse stringendo una mano a pungo, quella con cui reggeva il duel disk. Poco dopo si fermò, rizzando la schiena, ma rimase fermo per poco, siccome passò subito all'azione. “Drago Tachionico occhi galattici, attacca Aquila della distruzione!” il mostro spalancò le fauci, e creò una palla luminosa, che lanciò contro il bersaglio, ma venne fermato all'ultimo momento, perché Alice aveva attivato una carta trappola “con questa carta posso annullare il tuo attacco, rassegnati, non puoi batter-”

“rispondo attivando la carta trappola che avevo posizionato all'inizio del duello, ovvero Rivoluzione del viaggiatore”aveva la vittoria in tasca “con essa, posso annullare la tua carta e permettere al mio mostro di attaccarti una seconda volta” un sorriso malizioso si intravise sul suo volto.

“non ti lascerò andare!” gridò “attivo la carta trappola L'avanzata fallisce. Con questa annullo la tua trappola!” lui si rassegnò, l'aveva fermato “ma perdo 1000 life points” finì con una smorfia, simile ad un sorriso appena abbozzato. Un vortice potentissimo l'aveva spazzata via, facendola cadere a qualche metro dal posto in cui era prima. Un tonfo e la videro tutti, incapace di rialzarsi e piena di ferite. Ebbero appena il tempo di togliere i duel gaizer e di raggiungerla.

Misael-2300 Alice-0

Misael WIN

Lui le si avvicinò, porgendole una mano. Lei aprì gli occhi, guardandolo. Non capiva più nulla, avrebbe solo voluto essere a casa a riposare. Era stata una sfida stancante, non voleva neanche rialzarsi, e non l'avrebbe fatto se non fosse arrivato lui a prenderla.

“Vieni” lei gli prese la mano, la sua mano calda, che la fece alzare con un movimento sicuro e fermo, però dolce, perché non la fece cadere.

“É stata una bella sfida”

“dici sul serio...?!” domandò con un filo di voce.

“Sì. Devo dire che non sei alla mia altezza, ma sei bravina” lei arrossì.

“è... il mio primo duello” disse tutta impacciata, mentre muoveva la camicia con le mani, stropicciandola.

“allora è un buon risultato” nel frattempo arrivarono anche gli altri, che si congratularono con entrambi per il fantastico duello.

Tornarono alla grande scalinata, ormai con una luce più fievole, del tardo pomeriggio. Alice era piuttosto giù di corda, non avrebbe proprio voluto perdere quel duello. Al primo gradino ebbe una strana sensazione, come un brivido che le passava da una parte all'altra della schiena. Misael la stava guardando.

“che hai da guardare?” gli chiese offesa. Lui subito smise di osservarla.

“stava pensando che ci vorrebbe proprio un buon gelato” guardò le nuvole, che creavano disegni in cielo, togliendosi i guanti grigi. Lei guardò le sue mani vellutate, di una carnagione chiarissima.

“perché porti sempre i guanti?” disse indicando quei morbidi indumenti.

“perché mi piacciono” disse, per poi rimetterseli “a dir la verità mi stavo chiedendo perché avessi attivato quella trappola, anche se avresti perso lo stesso il duello” le confessò, curioso.

“l'ho fatto perché...” guardò anche lei il cielo “perché non volevo che distruggessi il mio mostro”

 

 

 

Angolo autrice *speciale*

Alice: ciao a tutti! Quest'oggi intervisteremo l'autrice di questa fan fiction!

Io: wow, che bello *si gira dall'altra parte*

Alice: *la prende per il colletto della camicia* fai la brava altrimenti ti lego *bisbiglia* ok. Ti lascerò trenta secondi per dire quello che devi dire sul capitolo. Trenta, ventinove...

Io: allora, allora, wow, qesto capitolo è immenso... Ringrazio chiunque lasci una piccola recensione per questa povera fan fiction. Passando al capitolo mi piaceva moltissimo l'inizio, ma ho rovinato tutto con il duello che è assurdo, davvero. Ma ero indecisa sul dafarsi... Poi voglio far notare che-

Alice: tre, due, uno, tempo scaduto.

Io: cosa??? *Alice la lega alla sedia* Aspettate! No! Devo finire di dire che mi è piaciuto tantissimo descrivere la primavera! E di fare attenzione al sorrisetto maligno di Al *le lega anche la bocca*

*entra nella stanza Misael*

Misael: non pensi di aver esagerato?

Alice: poi lo tolgo, promesso.

Io: …

Misael: *si siede* prima domanda, come ti è venuta in mente questa fic?

Io: … *Alice le toglie il bavaglio* Ah, maniaci, finalmente mi avete liberato. Mi è venuta in mente in una giornata molto speciale, facendo finta che fossi Alice. Ma poi ho pensato che era totalmente diversa da me e ne ho perso il controllo.

Alice: bene, mi fa molto piacere *non la sta ascoltando*. Seconda domanda: hai già ideato il finale?

Io: sì. In verità ho già calcolato che scriverò il seguito, ma è ancora da destinarsi *si slega*

Misael: terza domanda. Qual'è la cosa più divertente che hai scritto?

Alice: sì, lo sappiamo tutti i discorsi tra me e Misael.

Io: sì, è vero.Ma in questo caso mi sono divertita a scrivere “bel duello”, come anche quei penseri -masochistici- contro Misael, in peritcolare quella battuta delle ragazze che svengono solo al guardarlo. E' stato carino anche quel riferimento allo squalo che mangia la povera vittima XD Siete troppo carini insieme. Tanto, andrà a finir-

Alice: attenta agli spoiler, mi raccomando.

Io: ah, già, gli spoiler. Però vi anticipo una cosa. Mai fidarsi di una persona che ti sorride in due modi diversi. E tenete d'occhio quello che dico in ogni capitolo, riguardante la mia oc.

Alice: chi mi conosce sa di cosa parla.

Misael: cosa?

Io: nothing.

Alice: nada.

Misael: ma non era l'intervista all'autrice?

Alice: giusto. Prossima domanda, cosa provi quando scrivi?

Io: dipende *fa spallucce* dipende da quel che scrivo. Se è interessante mi diverto, se è divertente idem, ma se è ripetitivo e stancante mi annoio e lo abbandono. In genere mi metto a vedere anime o a leggere fan fiction. Il vero problema è che più vedo cose intriganti e più leggo, più mi viene voglia di scrivere. Strano, no?!

Misael: no.

Io: ma lo sai che è un onore averti qui, Mis-

Alice: *la interrompe* domanda! Domanda! Quale capitolo preferisci?

Io: il prologo, forse. Ma nemmeno quello si salva. La prima volta che ho letto il secondo capitolo mi sono sentita divinamente, ma alla terza ho iniziato a vedere quel che mancava. Poi alla decima ho chiuso il pc di scatto maledicendo il capitolo che ritenevo lo straccio più sporco che avessi in casa. Lo dico per non diventare volgare ù_ù

Alice: ma bene... Ultima domanda da tutti i tuoi fan. La tua coppia preferta, per quando durerà? Quando si fidanzeranno Misael e A- chi ha scritto questa scemenza!!!??? -si alza in piedi e butta a terra il copione-

Io: hummm *si esalta* aspettate e abbiate pazienza, sarà uno spasso *ride*

Misael: che brava ragazza, si diverte a trollarvi tutti.

Alice: anche tu sai come andrà a finire? *si calma*

Misael: sì, me lo ha detto Rio.

Io: basta spoiler, ragazzi ^^”

Alice: già. Tempo scaduto, un saluto dalla vostra oc preferita, Alice!

Io: e dalla vostra Alice_nyan e Misael. Bye bye, minna-san! ^_^

 

P.S.

Ho fatto del mio meglio per il duello, so che è noioso e senza niente di particolare, ma ci ho messo il cuore (?). Mi sono impegnata e questo è il risultato. Mi scuso per aver scritto che solo un numero può distruggere un'altro numero, mah, atteniamoci alle regole dell'anime, no?!

Un'ultima cosa, vorrei dire che la maggior parte delle carte le ho inventate, diciamo quasi tutte. Non potevo fare altrimenti.

In ultimo, sembra fatto volontariamente, ma alla fine Alice perde esattamente 1000 life points, ma in realtà era a 700. Poi rileggendo mi sono accorta che avevo sbagliato a fare il calcolo, quindi, eccoci qua -.-”

 

Grazie ancora per aver letto questo capitolo! Lascia una recensione, grazie.

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Capitolo 5
*** Guerra Fredda ***


Guerra fredda
 
Yuma stava ronfando come al solito, mentre Astral si era fermato dinanzi a lui, guardando fuori dalla finestra. Era piuttosto tardi, e non si vedeva anima viva. Lui e Yuma erano rimasti sul tetto a parlare fino a mezzanotte passata, ma poi la sorella maggiore era venuta a sgridarlo.
L'astrale guardò prima una stella ben luminosa in cielo, la più luminosa, poi la Luna. Il satellite brillava, di quel colore argenteo che solo lei sapeva mostrare. In seguito il suo sguardo si rivolse sull'amico, che russava come sempre. Aveva avuto il modo di conoscere le abitudini terrestri, e sopratutto aveva avuto modo di conoscere lui, Yuma Tsukumo. Il nome di un suo grande amico. Il nome della cosa che considerava più importante.
Yuma si era ritrovato in una stanza buia. Non vedeva assolutamente nulla, era tutto più nero del carbone più nero. Non si sentiva solo, né aveva paura, voleva solo trovare qualcosa. Sì, era in cerca di qualcosa, ma non ricordava cosa. I suoi occhi iniziarono ad abituarsi a quel buio, ed iniziò finalmente a distinguere qualche oggetto che si trovava dinanzi a lui. Si sedette tranquillamente su una pietra grigia, non gli importava di dove fosse, sembrava tutto normale. Subito sbuffò un poco, poi si voltò a guardare il cielo. Doveva fare qualcosa, ma non sapeva cosa. Vide una stella cadente, e senza accorgersene tutto il paesaggio aveva cambiato forma. Da una stanza nera si ritrovò sdraiato su un prato fiorito, sotto una miriade di stelle. Stava bene in quel luogo, si sentiva al sicuro. I suoi pensieri andarono a finire su Astral, quanto avrebbe voluto che fosse lì accanto a lui.
Una voce femminile lo riportò alla realtà, era piuttosto pacata e affettuosa.
Tsukumo Yuma” una ragazza gli si parò davanti, dai capelli chiari e il viso non definito. Era vestita di bianco, con una veste lunga fino ai piedi, scalzi. Sembrava essere piuttosto carina, ma non la vide bene, perché la sua immagine era tutta sfocata.
sono io” le rispose lui, calmo. Una delle poche volte in cui era tranquillo.
bene. Ti va di parlare con me?”
certamente”
In quel momento lei si sedette accanto a lui, che la guardò in volto. Aveva una carnagione chiara, che rifletteva i raggi lunari e due occhi celesti. Non l'aveva mai vista prima d'ora. La scrutò attentamente, ma niente, non ricordava nulla. Ripensò per un attimo a ciò che doveva fare, ma aveva le idee molto confuse. Forse era meglio rimanere lì, aspettando un momento di maggiore lucidità.
che cosa volevi dirmi”
volevo solo parlare con te, nulla di particolare” si voltò, e rivolse lo sguardo agli astri luminosi “c'è una domanda che ti devo fare” fece una piccola pausa, poi continuò “però,promettimi che non mi risponderai subito. Prenditi tutto il tempo che vuoi, ma che quando avrai trovato la soluzione dovrà essere quella decisiva”
spara la domanda”
Tsukumo Yuma, qual'é la cosa che per te è più importante?”
Lui ci pensò un momento. Poi un altro, e finì per rimuginaci troppo su. Quando si accorse di non aver pensato a niente, in realtà, la guardò di nuovo, e la vide osservare le stelle.
Non aveva capito che tipo di domanda fosse, come avrebbe fatto a ritrovare la ragazza, cosa avrebbe dovuto rispondere. Ma non importava. Lui era lì, e queste parole gli rimbombavano in testa, dolcemente. Non sembravano essere intenzionate a dar fastidio, o a preannunciare un pericolo, ma bensì a spiegare qualcosa, a concludere ciò che era iniziato.
Chiuse gli occhi, ma li riaprì subito, perché aveva visto di nuovo una stella cadente. La guardò e tese una mano al cielo. Ma non ci pensò ad esprimere un desiderio. Poco dopo si mise seduto, e fissò negli occhi la ragazza.
come ti chiami?” chiese curioso.
shh” lo zittì poggiandogli un dito sulle labbra “non è importante il mio nome. So a cosa stai pensando, ma quando troverai la soluzione alla domanda capirai ogni cosa”
Lui sgranò gli occhi, era un po’ contento e un po’ timoroso. La ragazza sparì, tra delle sfere luminose, mentre lui si sdraiò di nuovo, per poi addormentarsi. Era solo un sogno.
 
Stava aspettando con calma l’ascensore del condominio, per poter tornare nell’alloggio in cui si era -momentaneamente- stabilita. Dopo aver premuto il pulsante giusto, pazientava davanti al portellone grigio, chiuso. L’atmosfera era piuttosto cupa, si trovava in un parcheggio sotterraneo, ma sembrava più che altro una specie di cantina, che cadeva a pezzi. Le pareti grigie che lasciavano intravedere qualche mattone e le miriadi di insetti che ronzavano attorno alla lampadina che fungeva da lume, sembravano supportare questa tesi. La vernice si sgretolava, e di tanto in tanto cadeva a pezzi dal soffitto. Le guance di Alice erano diventate fredde, e le pizzicavano leggermente il volto, facendola starnutire. Era una cantina fredda e trasandata, come quelle dei film horror.
C’era poco, anzi, pochissimo traffico. Si aspettava di veder alcuni uomini vestiti di nero, scesi da grandi macchine, che le avrebbero puntato una pistola alle tempie, rapendola e portandola in qualche altro paese sconosciuto.
La maggior parte dei palazzi di Heartland City erano altissimi, ed erano costruiti su più piani. Perfino le strade erano costruite l’una sull’altra, con l’ausilio di migliaia di ponti sospesi nel vuoto.
Ancora pochi piani e sarebbe giunto a destinazione, quel maledetto ascensore.
“Alice” una voce la fece voltare di scatto. Era profonda, e sembrava turbata. Una figura scura comparì dall’ombra, Nash aveva afferrato il braccio sinistro della ragazza, e dopo averla strattonata un poco, la lasciò. Lei subito prese il polso fra le mani, e lo strofinò con l’altra mano, lasciandogli un bel segno rosso.
“che vuoi?!” le chiese senza trattenersi, piuttosto spazientita.
“volevamo  parlarti di una cosa importante” avanzò di qualche passo, anche se aveva lasciato una debita distanza. Temeva quella ragazza, ogni volta che si muoveva un brivido freddo gli percorreva la schiena, e non riusciva mai a fissarla negli occhi, gli veniva naturale distogliere lo sguardo.
L’ascensore era appena arrivato, e il portellone si aprì, producendo un rumore stridulo.
Uscirono un paio di persone, e loro entrarono.
Erano gli unici lì dentro. Era estremamente caldo e afoso. Shark si appoggiò alla parete grigia a sinistra della porta, mentre Alice dalla parte opposta sembrava scocciata, non faceva altro che fissare il ragazzo, che per “paura” di dover affrontare quel visino gelido alzava gli occhi al soffitto e sbuffava di tanto in tanto. Era a proprio disagio, una situazione piuttosto strana per lui, non riusciva quasi a respirare. Sembrava un calo di pressione, o qualcosa di simile, che rende la vista appannata e l’udito ovattato.
Arrivati. Alice si staccò dalla parete e varcò la soglia. Si diresse lungo un lungo corridoio bianco fino ad una delle ultime porte, sulla sinistra. Aprì la porta che era socchiusa. E si ritrovò Misael, Durbe, Vector e Gilag ai lati di questa. Qualcuno la guardava, qualcuno no. Sicuramente erano tutti lì per lei. E aveva già capito perché.
Il ragazzo che l’aveva accompagnata da prima entrò, e chiuse la porta alle sue spalle. La invitò a sedersi, e così fece. Si sedette su una sedia in legno, molto elegante, al centro della stanza. Una sedia nel bel mezzo di una stanza non poteva essere un caso. Le sarebbe aspettato un bell’interrogatorio.
“Cosa dovevate dirmi?” domandò. Non le piaceva rimanere sulle spine.
“Devi andartene” disse freddo, senza un minimo di riguardo. Evitò di guardarla per qualche secondo, aspettandosi chissà quale reazione. Essendo una ragazza si sarebbe messa a piangere, forse si sarebbe lamentata, lo avrebbe implorato di farla rimanere… ma non poteva di certo immaginare questo.
All’inizio era rimasta zitta. Serissima, lo guardò con gli occhi lucidi. Abbassò lo sguardo al tavolo, si portò lentamente una mano davanti al volto,  trattenendo una risata divertita. “Ahahah. É ridicolo … ” disse piangendo per quanto le sembrasse divertente. Non riusciva nemmeno a parlare senza lasciar sfogo a quella risatina “pensi davvero di avermi convinta?”
Tolse la mano dal volto, e la appoggiò alla testa, poggiando il gomito sul tavolo. Gli rivolse uno sguardo di sfida, affilando gli occhi, che diventarono due lame fredde, posate sul volto dell’altro. Aveva proprio intenzione di dichiarargli guerra. Se la voleva fuori da quella casa, avrebbe dovuto lottare, sacrificandosi solo per questo scopo. Gli avrebbe messo i bastoni fra le ruote a qualsiasi costo, pur di vederlo soffrire.
La guardavano tutti spaccarsi dalle risate, senza dire nulla. Tutti fuorché Shark, che spazientito dal suo comportamento le si avvicinò minaccioso.
“Cos’hai da ridere??” si avvicinò di qualche passo alla sedia blu su cui era seduta la bionda, afferrò lo schienale, e lo fece girare con un movimento rapidissimo. Ma intanto lei si era già alzata, e gli aveva spinto la sedia addosso, contro le gambe, facendogli perdere l’equilibrio e indietreggiare.
La sedia era caduta, e aveva prodotto un tonfo all’impatto col pavimento di parquet. Era come se il tempo si fosse fermato per il ragazzo, anche se vedeva benissimo le sue mosse, non riusciva ad anticiparla, e non riusciva nemmeno a muoversi. L’aveva vista vicinissima, e di riflesso aveva chiuso gli occhi. Aveva intravisto solamente il sorriso della bariana, che diventava sempre più compiaciuto.
Alice lo superò con uno scatto felino, portandosi alle sue spalle. Gli afferrò la gola con le mani gelide, e diede un lieve calcio alla sua schiena, facendolo inginocchiare a terra.
Gli altri rimasero immobili a tutta la scena, fuorché Misael, che appena se ne accorse, senza pensarci due volte, prese Alice per un polso, strattonandola.
“Cosa stai facendo??!!” le urlò contro, costringendola a lasciare Nash.
“Lasciami! Ti spacco la faccia, brutto idiota!” si dimenò con tutta la sua forza, ma non riuscì a liberarsi dalla sua stretta. “un motivo in più per tenerti, non pensi?!” le rispose per le rime, prendendole anche l’altro polso.
Qualcuno stava correndo per i corridoio, in tutta fretta. La porta si aprì di scatto, e Rio infuriata entrò nella stanza, seguita da Arito, che affannato dopo la lunga corsa, la guardava mortificato.
“Ryoga Kamishiro! Come hai potuto prendere decisioni senza dirmi nulla???”  urlò. Intanto Misael lasciò Alice, che lo maledì e gli imprecò contro parecchie volte.
Nel frattempo Shark era riuscito ad alzarsi. Quando vide Rio fece come se non fosse accaduto nulla, sia per non fare la figura dello stupido, che si fa quasi uccidere da una ragazza, che per evitare di suscitare una qualche sorta di curiosità nella sorella, che glie lo avrebbe rinfacciato per tutta la vita.
 Avanzò, fino ad arrivare davanti ad Alice, che rimase immobile. “Io l’ho già detto, vattene”
Rio sembrava sull’orlo di una crisi isterica. Shark aveva deciso di cacciare la sua amica da solo, senza consultarla, e poi aveva mandato Arito a trattenerla da qualche parte, giusto per togliersela di mezzo. Lo avrebbe visto piangere al suo cospetto.
“Nash, ora mi senti! Come ti permetti? Non abbiamo deciso nemmeno tutti insieme!” cercò di concludere la frase, ma venne interrotta dalla bionda, che facendole segno con la mano la fece smettere.
“calma, Rio” cercò di fermarla Durbe, facendola ragionare.
“Va bene così” chiese a tutti di stare zitti “mi vuoi mandare via di qui? Bene, allora spiegami perché” si avvicinò all’imperatore, incrociando le braccia al petto.
 Lui ci rifletté su, e dopo pochi secondi rispose. “Sulla Terra le cose non sono come su Barian. Non abbiamo una casa da offrirti, e non hai nessun motivo di rimanere qui” disse con orgoglio. Aveva usato le parole giusto per esprimerlo, non la voleva con sé perché sarebbe stata solo un fardello. Le dispiaceva che la sorella ci soffrisse, ma non poteva farci nulla, non c’era altro modo. In effetti ci avrebbe anche goduto un pochino, e se ci fosse stata una buona ragione per farla restare avrebbe chiuso un occhio… o forse due.
“So già come stanno le cose” disse alzando il mento, e girando la testa verso sinistra, guardandolo con la coda dell’occhio “avete fatto una riunione in segreto” si voltò, rivolgendosi agli altri.
“il giorno in cui pioveva avete fatto una riunione in gran segreto, su Barian”  continuò “senza Rio e senza Misael” lo squadrò dall’alto al basso, notando un’espressione confusa “Misael doveva tenermi lontano da casa, e Rio era un problema, non essendo d’accordo con tutti voi”
L’imperatrice la guardava sbalordita. “Perché avresti fatto qualcosa di simile?” si rivolse al fratello.
“ovvio, per paura” rispose al suo posto Alice.
“Stai inventando solo scuse” sbottò “come fai a saperlo?”
“me lo ha rivelato la mia fonte del potere”
“sì, come no” ci credeva davvero poco ad una bugia come quella. Probabilmente aveva parlato con sua sorella, o forse Alito o Girag se l’erano lasciato sfuggire.
“hai parlato di una casa. Se mi trovo una casa allora posso rimanere?” sospirò, cercando di cambiare argomento.
“dipende” anche lui sorvolò l’argomento di prima “non penso sapresti vivere da sola. E comunque non riusciresti a trovarla in poco tempo” cosa poteva mai controbattere? Era come arrampicarsi sugli specchi. Non ci sarebbe mai riuscita.
Sembrava piuttosto offesa. “Sono perfettamente autosufficiente, cosa credi”
“ma come farai a trovare una casa?” le chiese Girag intromettendosi nel discorso.
“ho i miei mezzi” 
Detto questo si avvicinò alla porta, prese una giacchetta color panna dall’attaccapanni, se lo poggiò sulle spalle e uscì sbattendo la porta violentemente.
Rio guardò malissimo Shark, e si diresse verso la propria camera, piuttosto alterata. Lo squalo fece cenno agli altri imperatori di andarsene, lasciandolo solo. Loro uscirono, e tornarono su Barian con dei portali, tutti a parte Vector.
Alice era appena uscita, e avrebbe potuto seguirla. Era proprio la sua intenzione, voleva pedinarla, per scoprire qualcosa in più sul suo conto. In particolare voleva sapere cosa fosse la fonte del suo potere. Leggeva nel pensiero? Prevedeva il futuro? Sorrise malizioso, perchè l'avrebbe scoperto, e l'avrebbe usato a proprio vantaggio. “Interessante” mormorò, tra un pensiero ed un altro.
 
Angolo autrice
Capitolo corto… e vi ho fatto attendere. Però, per farmi perdonare, vi scrivo qui il link per vedere un’immagine di Alice!!!

http://it.tinypic.com/r/1zppqfs/8             http://it.tinypic.com/r/ixca5s/8
Se ne volete altre, (prima di tutto dovete corrompere una certa Hime è_è)  potete richiederle in una recensione! Altrimenti dovrete aspettare.
Fate attenzione a tutto ciò che ho detto in questo capitolo. Devo dire che c’è una quantità di indizi da far paura… Spero (anzi no) che ve ne accorgiate, ma tra poco scoprirete tutto.
Al prossimo capitolo (si spera il prima possibile). Bye,
Alice_nyan

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Capitolo 6
*** Scuse ***


  Scuse 
Era così divertente vederla camminare. Era tanto buffa quanto vedere Misael che si asciuga i capelli. Facevano tutto con estrema regalità ed eleganza, da sembrare solo due piccioni che si fingevano delle aquile. L'idea di vedere Misael nei panni di un piccione gli era sembrata geniale, e per poco non si mise a ridere. Si coprì subito la bocca con entrambe le mani, perché non voleva essere scoperto.
Si fermò dietro un angolo, poggiò le mani al muro e sporse soltanto la testa, così da vedere dove fosse diretta Alice. Vedere quella chioma bionda oscillare qua e là gli dava seriamente sui nervi. Cosa avrebbe fatto? Prima di tutto doveva scoprire qualcosa di più su quella “ragazza”, che a momenti sembrava una bambolina di porcellana, poi un mostriciattolo rabbioso, pronto a disprezzare, a guardar male, a gridare contro chiunque.
Dopo quello che era successo, doveva trovare una casa in cui vivere. Non poteva di certo tornare indietro da Nash dicendogli semplicemente “no, guarda, stavo solo scherzando, chiedo scus-” che idea assurda. Lei che chiedeva scusa a… quel deficiente? Preferiva morire. Scosse la testa a quel pensiero, e divenne subito un po’ triste. Si fermò un momento in mezzo alla strada, immersa nei suoi pensieri, finché non venne riportata alla realtà da qualche impreco e dalle urla di un ragazzino.
“Pista! Spostatevi!! Levatevi!!!” un ragazzo dai capelli corti blu e con qualche ciuffo rosso stava correndo come un matto. Sembrava lo stesse facendo apposta, rischiava di sbattere contro tutte le persone di quella via, anche se non erano sulla sua traiettoria.  Naturalmente molti di loro si scansavano, altri lo mandavano via con male parole, e c’era anche chi lo rincorreva, per farlo cadere o per dargli una lezione.
Alice alzò di poco gli occhi da terra, e vide di sfuggita una figura che si avvicinava terribilmente a lei, a rischio di collisione. Senza dire una parola si spostò di qualche passo a destra, sporse leggermente la gamba sinistra e quando il ragazzo le era arrivato a fianco gli fece lo sgambetto. Lui cadde a terra, si doveva essere fatto davvero male.
“ahia! Potevo farmi male!” sbraitò ancora a terra, dolorante.
“più di così non penso, peccato” gli rispose amichevolmente, fingendosi preoccupata “comunque mi dispiace, ti do una mano ad alzarti”  gli porse una mano, che l’altro afferrò subito. Lui si alzò, passò una mano sopra alle ginocchia e pulì il pantalone bianco. La sua espressione imbronciata diventò un enorme sorriso, capace di portare l’allegria anche nei momenti più malinconici.
Lo guardò per bene. Aveva due occhi rossi, che risplendevano ai raggi del sole, e un viso pieno di gioia e vitalità.
“non fa niente, scusami” farfugliò velocemente, poi si voltò, e fece per andarsene. Aveva parecchia fretta.
Doveva fermarlo. “a-aspetta!” disse, afferrando delicatamente il suo gilè. Doveva trovare al più presto una scusa valida per farlo restare, e doveva trovarla anche in poco tempo.
Solo allora si accorse dello spirito che fluttuava accanto al ragazzo, interamente avvolto da una luce celeste “perché c’è un astrale che ti insegue?” chiese indicandolo.
Yuma rimase immobile, gli si illuminarono gli occhi, e afferrò Alice per le spalle “riesci a vederlo??! Sei umana?” rispose sognante.
“ma che razza di domanda fai? Non lo sono! Vengo dal mondo Bariano” affermò orgogliosa, toccando i boccoli con le dita.
“ah! E’ vero! Me lo aveva raccontato Shark! Aspetta, tu sei…” si portò una mano al mento, per riflettere meglio “A… a…” L’altra seguiva i suoi ragionamenti, mimando il proprio nome con la bocca “Al… Alvina!” Alice fece una smorfia, aveva una faccia inorridita, disgustata, schifata da quel nome assurdo che aveva pronunciato. Aveva un’espressione talmente buffa, che perfino Vector, a qualche metro di distanza, si mise a ridere come un matto. Yuma era un po’ preoccupato, e si sentiva in colpa. Aveva detto qualcosa di male? Però vedere Vector fu un sollievo, trovò la scusa per cambiare discorso.
“C’è Vector! C’è Vector! Vieni anche tu!” lo chiamò, allegro come sempre. Vector se ne sarebbe voluto andare, facendo finta di niente, ma Yuma fece una corsa, lo prese per un braccio e lo trascinò vicino ad Alice.
Alice guardò malissimo Vector. Lui aveva un’espressione piuttosto sconvolta, non si aspettava di essere scoperto così presto, e per di più da uno come Yuma.
 “Tsk. Il mio nome Alice, idiota. Chiamami solamente Alice, e in nessun’altro modo. Vedi di non dimenticartelo” lo minacciò, spostando con una mano i capelli “io mi ricordo di te, Yuma Tsukumo”
“scusami ancora” disse Yuma, tenendo le mani giunte “non me lo dimenticherò, promesso. Conosci il mio nome?!”
 “ovvio. Sapessi, si parla solo di voi due ultimamente”
“beh, allora siamo famosi, vero Astral?!” disse sorridendo all’amico, che ricambiò il sorriso; aveva ascoltato tutto sin dall’inizio.
 “comunque che ci fate qui?” continuò Yuma.
“stavo facendo una passeggiata” disse fischiettando Vector, facendo l’innocente, mentre Alice continuava a guardarlo male “e tu Alice?” le chiese avvicinandosi a lei mentre rideva divertito  “cosa sei venuta a fare qui, tutta sola?” aveva voglia di provocarla.
“dovresti già saperlo” sbuffò “e comunque non sono fatti tuoi”
Dopo aver sentito ciò che stavano dicendo i due, le orecchie di Yuma si rizzarono, e curioso come non mai si avvicinò e li abbracciò, stringendosi al collo di entrambi, tenendoli stretti.
“ditemelo, manterrò il segreto” cercò di persuaderli con gentilezza.
 
 
La sua pazienza era finita. Ryoga era sempre stato un insensibile. Si credeva tanto il fratello maggiore, quando in realtà erano gemelli. Aveva sempre fatto così quando erano piccoli, e così avrebbe continuato a fare, non c’era speranza.
La luce entrava nella stanza da qualche fessura delle tapparelle. Rio era seduta sul letto, in un angolino, tutta rannicchiata. Prese un peluche che aveva lì vicino. Un pupazzo a forma di pinguino, che le aveva regalato il fratello quando erano piccoli. Era nero e bianco, e aveva un ciuffetto biondo sulla testa, che lo rendeva un pupazzo carinissimo. Lo guardò bene, finché non le si appannò la vista. Gli occhi si stavano riempiendo di piccole lacrime trasparenti, che non si decidevano a scendere dagli occhi.
“Stupido” mormorò, lanciando il pupazzo contro l’armadio che aveva di fronte. Esso rimbalzò un po’, dopo essersi scontrato contro il duro legno.
 Prese poi un grosso cuscino sul rosa confetto, lo poggiò sulle proprie ginocchia, e ci affondò il viso dentro. Lo strinse più forte che poteva, con rabbia.
“Rio, apri la porta” le ordinò Shark, facendo sobbalzare la ragazza, che, imbronciata com’era, non aveva intenzione di starlo a sentire “so bene che ci sei” abbassò il tono della voce per sembrare più convincente “apri, ti prego”
A quelle parole Rio si era sentita sollevata. Anche se avrebbe continuato a tenere il broncio al fratello, forse avrebbe fatto pace con lui, se le avrebbe chiesto scusa per primo.
Si alzò dal letto lentamente. Usò il cuscino come fazzoletto, asciugandosi gli occhi impregnati di qualche lacrimuccia. A pensarci bene non aveva per niente voglia di dargliela vinta in questo modo.
“Che cosa vuoi?” disse seria “che fai se ti faccio entrare?”
“non fa niente”sospirò a lungo “ posso anche non entrare” stette fermo per un attimo, poi sentì qualcosa sfregare dietro la porta. Shark si era seduto a terra, con il viso rivolto verso il corridoio buio, dato che non c’era nessun raggio di sole che riuscisse a penetrarvi.
Aveva capito bene cosa aveva fatto il fratello. Quando era dispiaciuto faceva sempre così, lo aveva fatto tante volte da bambino: aspettava dietro la porta senza fiatare. Gli fece male il cuore a pensarlo così triste, che ritenne giusto aprirgli la porta e farlo entrare.
“forza, entra” gli ordinò, tornando a sedersi sul letto. L’altro la seguì.
Passarono in silenzio qualche secondo, che sembrarono minuti interi. Shark fu il primo a parlare “Rio, mi dispiace aver preso decisioni senza il tuo permesso”
“già” lo ripeté qualche volta, per farglielo pesare ancora di più.
“Sì. E mi dispiace anche di non averti detto nulla. Avresti sicuramente capito”
“capito cosa?!” dopo qualche bella parola doveva per forza aver qualcosa da dire, per giustificarsi. Era estremamente irritante.
Shark cercò di calmarla (e di calmarsi), arrabbiarsi non avrebbe fatto alto che peggiorare la situazione, perciò abbassò il tono della voce, rendendola più dolce, ma senza riuscita “avresti capito, che Alice non poteva rimanere”
E così la pazienza di Rio finì, convinta che il fratello sarebbe venuto lì per scusarsi. Dopotutto Ryoga era Ryoga, e se lo sarebbe dovuto aspettare. Aveva capito benissimo cosa le aveva detto, in poche parole: “mi dispiace tanto, ma anche se te l’avessi detto l’avresti capito e avresti fatto come dicevo io. Questo perché io sono il grande capo e bla bla bla”.
“stupido!” gli gridò contro “pensi davvero che me ne freghi qualcosa di quello che mi dici tu? Tieniti pure le tue scuse!!!” detto ciò prese lo stesso cuscino e lo sbatté violentemente contro il malcapitato che aveva di fronte. Si alzò, prese il duel gaizer ed uscì dalla stanza sbattendo la porta. Compose un numero il più veloce che poteva, e non lo stette nemmeno a ricontrollare. “pronto? Ti ho chiamato per chiederti se ti va di uscire un attimo con me” disse fingendosi felice “sì, proprio ora al parco. Allora a tra poco” infuriata uscì di casa, lasciando a bocca aperta Shark.
 
 
Era una giornata calda e soleggiata. Il sole lasciava una strana sensazione sulla pelle, come un caldo abbraccio, che avvolgeva qualsiasi cosa. Era fortunata ad avere degli amici che le volevano bene, e lei ne voleva a loro. Dopo una simile litigata forse sarebbe stato meglio chiamare una ragazza e sfogarsi con lei, ma per qualche strana ragione, lui era stata la prima persona a venirle in mente.
“ciao bella” la salutò allegro “litigato col fratellino anche oggi?” la provocò un poco, girandole attorno.
“ti prego non mettertici anche tu, Thomas”
“capito. Ti va di raccontarmi ogni cosa, mentre andiamo?” le propose sorridendo.
Si avviarono insieme verso uno stagno al centro del parco, si sentivano gli schiamazzi di tanti bambini, infatti ce n’era un gruppo che giocava a palla nei dintorni. Ogni tanto qualcuno passava vicino al lago e gettava qualche briciola sull’acqua, attendendo che le anatre si avvicinassero e le mangiassero. Vedere così tanti sorrisi fece tornare il buonumore a Rio, e anche Four era contento di stare in sua compagnia.
“Shark è un essere stupido ed insensibile” concluse così il discorso, sedendosi su una panchina. Anche lui fece lo stesso, sedendosi accanto a lei. Si mise leggermente a ridere, e Rio non capì il motivo. La stava prendendo in giro anche lui? Nell’indecisione mise il broncio e si girò dall’altra parte “non ti parlo più” disse sbuffando.
Lui smise subito di ridere, e la fece girare, prendendola per le spalle. Lei non oppose resistenza, e si ritrovarono faccia a faccia, guardandosi dritti negli occhi. Lei arrossì leggermente, allora Thomas si allontanò un po’.
Per lei Four era un buon amico, e molte volte lo preferiva alle altre ragazze. Era speciale in confronto a tutti gli altri: la guardava sempre con interesse, era sempre disposto a fare qualsiasi cosa per lei. A volte temeva di dargli fastidio, ma anche se non gli parlava era lui a raggiungerla.  
“immagino che oggi non vuoi più sentire scuse, giusto?!” 
“sarà meglio”
“ridevo perché penso che non te la devi prendere così. Dopotutto sai com’è fatto tuo fratello”
“fratello? Io non ho nessun fratello”  Four si mise a ridere, e stavolta lo fece anche Rio “sì, forse hai ragione” concluse l’argomento.
“ed ora cosa farete per Alice?” domandò un po’ curioso. Era da quando era arrivata sulla Terra che ne parlava, l’aveva descritta come “una ragazza carina e simpatica che punzecchia tutti quanti”.
“Alice?” ripeté lei, cercando di ricordare di cosa stesse parlando “Giusto!” si alzò in piedi di scatto, ma si rimise a sedere poco dopo, amareggiata “non ne ho idea” 



Angolo autrice yandere
Da quanto tempo! Comunque, "ragazza carina e simpatica?" *scoppia in una fragorosa risata* questa è la cavolata più assurda che io vi abbia fatto credere. Lo capirete tutto al momento giusto, calma, con tanta calma state lentamente sprofondando nelle mie ragnatele di parole che ho tessuno accuratamente per voi. 
Visto che frase ad effetto?
 Nel prossimo capitolo (che uscirà più o meno fra un mese, cercherò di rendere tutto mensile...!) tutte le FANTASTICHE riflessioni di Vector. Vi assicuro che mi sono divertita un mondo a scriverle. 

P.S.
Ma voi avete una vaga idea di quando ci sia ygo zexal? No, perché se non me lo dite subito prendo una per una le testoline di quelli che gestiscono la k2 e... diciamo che ci faccio cose poco belle ♥ (se me lo rimettete allora ritiro quello che ho detto. forse)

Bye bye, 
Alice_nyan.

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Capitolo 7
*** Solitudine volontaria ***


†Capitolo7~  SOLITUDINE VOLONTARIA
“Non c’è proprio alcun segreto” sbuffò Alice, liberandosi dalla sua presa e allontanandosi dai due. Yuma, scontento, non ci credeva ancora, ma decise di lasciar stare il discorso, mentre Vector avrebbe continuato volentieri. Prima che potessero riparlarne, una ragazza dai capelli verdi si avvicinò correndo a Yuma. Sembrava molto alterata, tanto che il ragazzo si prese seriamente paura, pensando davvero se scappare o rimanere. Prima che prendesse una decisione -chiaramente scappare- la ragazzina lo prese per un braccio e lo strattonò per attirare la sua attenzione.
“Yuma!” lo guardò con sguardo omicida “mi avevi promesso che saresti venuto con me!”
Nonostante il fatto che fosse piuttosto arrabbiata, ad Alice diede un’ottima impressione; le era sembrata una brava ragazza, diligente, simpatica e molto affidabile. Yuma era proprio fortunato ad avere un’amica simile.
“D-davvero? Non ricordo di averlo detto” cercò di calmarla e di giustificarsi, ma inutilmente.
“Questo è perché non mi ascolti mai!” mise il broncio, scontenta. Non aveva neanche notato Vector e Alice, per quanto era concentrata nello sgridare Yuma. Per lui era andata anche bene, in un certo senso, perché probabilmente Kari avrebbe gridato di più, e sarebbe finita anche col picchiarlo senza alcuna pietà.
 “Ah, scusami” le disse onestamente. Sembrava sincero, tanto che Kotori si vergognò di averlo trattato male.
“Non fa niente, ma adesso vieni” gli ordinò, lasciandogli il braccio e iniziando ad andare.
“No, aspetta … Ora ricordo! Non sono venuto perché dovevo andare da Three. Astral, siamo in ritardo?” chiese calmo all’amico che fluttuava dietro alla sua schiena.
L’astrale rispose, altrettanto calmo “sì, di esattamente 26 minuti”.
Sulla faccia di Yuma comparì una smorfia che rappresentava tutta la sua disperazione.
“Me lo potevi dire prima! Tutti gli altri ti stanno aspettando” lo informò Kotori, nella speranza di farlo muovere.
“Digli che possono venire a casa di Three. Penso gli faccia anche piacere”.
Kotori fece una veloce telefonata a Bronk, e tutta la banda si diede appuntamento a casa di Tron.
“Chi è Three?” domandò incuriosita Alice. Come poteva una persona avere un nome simile? Non lo aveva mai sentito prima d’ora un nome tanto buffo.
“Three è il figlio minore di Tron. Lui è un mio amico”
“il più piccolo si chiama Michael, non Three” lo corresse.
 “Allora lo conosci!” esclamò tutto contento. Se già lo conosceva non ci sarebbe stato bisogno di presentazioni.
Vector, che si sentiva un po’ in mezzo nella discussione, pensò di approfittare del momento per andarsene. Avrebbe seguito un’altra volta Alice, tanto non aveva per niente voglia di passare una mattinata insieme a Yuma. Così si girò lentamente, fece qualche passo in avanti e con nonchalance iniziò a camminare.
“Dove stai andando?” Non l’aveva sentita arrivare, e non capì come aveva fatto. Alice lo aveva preso per mano e si era appoggiata delicatamente alla sua spalla “andiamo da Tron” gli sorrise innocentemente, ma a lui era sembrato un ghigno più che un sorriso. Cosa poteva fare? Sorrise anche lui angelicamente, alla Rei, e tornò dal gruppetto che si era già avviato.
Nel breve tragitto Yuma, Alice e Kotori chiacchierarono allegramente del più e del meno, mentre avevano lasciato Vector dietro, in disparte. Gli stava anche bene, ma aveva sempre una strana sensazione nel veder parlare tranquillamente gli altri. Non era stato semplice comprenderlo neanche per lui. Nello stare da solo aveva imparato molto, ma non gli bastava. Aveva capito molte cose, ad esempio il modo in cui funziona il mondo, ma non gli bastava. C’era qualcosa di più? Sì, ma per orgoglio aveva lasciato perdere, e aveva preso questa strada contorta, che lo aveva portato alla solitudine. Non era appagante per niente, anzi, era come l’acqua fredda. All’inizio sembrava che una gocciolina di acqua gelida gli percorresse la schiena. Una sensazione piacevole che ti lascia dei brividi che prima cerchi di mandare via e poi li rivuoi. E così diventava ancora più cattivo, finendo per farsi ogni volta una doccia fredda, tanto fredda, che gli penetrava ovunque, solidificava i muscoli, spezzava dall’interno le ossa e impediva i movimenti. Così rimase vuoto, dimenticandosi come si poteva tornare pieni di una qualsiasi emozione. Ogni volta che era cattivo si isolava, anche volontariamente. Quando veniva isolato odiava, odiava gli altri, senza sapere che era lui stesso la causa dei propri mali. Anche l’odio lo corrodeva e non gli rimase nulla se non odiare se stesso. Odiava di più gli altri o sé? Sé, ma senza saperlo e senza ammetterlo.
Vedere felice qualcuno lo faceva sentire sbagliato, gli ricordava inconsciamente di non poter esserlo, e così si accaniva per cancellare, per distruggere il sorriso di qualcuno. Yuma ne era un esempio. Vederlo allegro e spensierato era un colpo al cuore. Yuma era un ignorante, non sapeva nulla del mondo e della cattiveria. Poteva essere felice solo perché non aveva conosciuto il male.
Però lo invidiava. A volte si chiedeva se anche lui potesse essere felice. Se il mondo avesse riserbato un po’ di felicità anche per lui. Questi pensieri speranzosi li accantonava sempre, “anche se ci fosse della luce in questo mondo probabilmente non sarebbe in serbo per me”, pensava ogni volta. 
Vedere Alice gli faceva quasi lo stesso effetto. Risvegliava allo stesso tempo sia la sua crudeltà che la sua curiosità. Sembrava tanto carina e gentile, ma a volte aveva uno sguardo piuttosto cattivo e sul suo volto si stampavano dei ghigni malefici. Ma la cosa che lo aveva incuriosito di più era la sua “fonte del potere”. Ne aveva parlato con Nash, e da allora non poteva fare a mano di pensarci. Se fosse un oggetto magico avrebbe potuto prenderglielo. In ogni caso era una faccenda davvero interessante.
Crogiolandosi tra questi pensieri che lo stuzzicavano molto, dopo essersi leccato il labbro inferiore alzò lo sguardo verso i suoi compagni. Senza che se ne accorgesse era rimasto davvero indietro rispetto a loro. Forse era la volta buona per andarsene. Si fermò un momento, pensieroso. Lasciò che i suoi compagni si allontanassero ancora di qualche passo e decise di tornare finalmente indietro.
“Dov’è finito Vector?” chiese poco dopo Alice a Yuma, il quale, preoccupato per l’amico, gli domandò come stava.
Vector mentì, pronunciando una delle bugie più comuni e subdole “Sto bene” .
Tutti e tre lo costrinsero a venire avanti, vicino a loro.
Vector era ancora più confuso, sempre se poteva esserlo.
“Mi hanno notato” pensò. “Mi ha notato. Perché mi ha notato? E’ da un po’ che mi tiene d’occhio. Che l’abbia fatto per i suoi scopi...?” Però era rimasto comunque colpito; lo avevano preso in considerazione per una volta. La cosa lo faceva arrabbiare, qualcosa si stava muovendo senza il suo controllo, senza che fosse a conoscenza di chi o cosa lo facesse muovere “idioti, ecco quello che sono” continuò a rimuginarci su, finché non arrivarono.
Sulla soglia di una bellissima villetta c’era l’amico di Yuma, che stava per uscire.
Il giardino era ben curato, pieno di fiori e di piante rigogliose. La casa era alta, aveva almeno tre piani, e sembrava molto grande. Tutte le finestre erano coperte da deliziose tendine bianche, che la facevano sembrare ben tenuta.
“Oh, Yuma!” lo salutò un po’ spaesato il rosa, preoccupatissimo. “Ti stavo venendo a cercare! Che è successo?”
L’altro si mise una mano tra i capelli, grattandosi un po’ la testa “ho incontrato una nuova ragazza che si trasferisce qui” lei salutò Michel con la mano. Lui ricambiò il saluto, cortese come sempre.
“Entrate pure”.
Era una casa ben arredata; c’erano molti mobili antichi, messi nel posto giusto, che lasciavano molto spazio. Vennero accolti nel salone, dove c’erano un enorme divano, qualche poltrona e un tavolo piuttosto basso in vetro su presero il the.
Si presentò anche Tron con il figlio maggiore, e si sedettero di fronte a loro.
“Buongiorno Byron” lo salutò, poggiando la tazza del the che aveva quasi  finito.
“Ciao! Da quanto tempo”.
“Lo conosci?” Domandò Kotori un po’ sorpresa “da quando?”
“Diciamo da un po’ di tempo. Sì, un po’ di tempo” si sedette meglio sul divano. Vector a fianco sembrava ancora più sospettoso. Di sicuro non potevano essere amici d’infanzia.
“Papà, non lo sapevo neanche io. Come vi siete conosciuti?” anche a Michael suonava un po’ strano.
“Non te ne ho mai parlato? L’ho incontrata sul mondo Bariano”.
Gli altri assentirono. “Come mai questa visita?”
“Sono qui per chiederti un favore abbastanza grande. Tempo fa mi hai parlato delle meravigliose ville che hai ad Heartland City” fece una breve pausa, preparandosi alla richiesta “saresti disposto a cedermene una?” chiese gentilmente. Tron si sentì preso alla sprovvista, data la domanda. Non è una cosa che si sente tutti i giorni.
“C-certo”
In quel preciso istante la porta si aprì ed entrarono Rio e Thomas.
“Sono tornato!” Four si tolse la sciarpa e il giubbotto, prese anche quelli di Rio e li poggiò sul'attaccapanni attaccato alla parete.
“Bentornati!” li salutò Alice.
“Ma tu chi sei?” domandò spiazzato Thomas, cercando di sembrare il più ospitale possibile.
“L’ho incontrata sul mondo Bariano” Tron rispose per lei.
“Ah...” ci pensò un momento “ma sei diversa da come ti aveva descritta” la squadrò dall’alto in basso, cercando di ricordare qualcosa.
“Eh già, è un po’ complicato mantenere la stessa forma” evitò di approfondire l’argomento, sorridendo con noncuranza.
I nuovi arrivati si sedettero vicini su due sedie.
“Stavamo parlando della casa” Alice riprese la tazza, bevendone un ultimo sorso. 
“Ah, sì. Certo che puoi prenderla, anzi, ti darò la casa più bella che possiedo, ma ci potrebbero essere problemi con le procedure” il pensare a dei problemi mise di cattivo umore Alice, che si sentì provocata. Tron l’aveva detto solo come avvertimento, ma era stato inteso male.
“Procedure?” si rabbuiò. Staccò con un solo colpo la maniglia dalla tazza, senza frantumarla. “Sei in debito con me di un favore, non so se ricordi” cercò anche lei di provocarlo, giocherellando con la maniglia come se fosse stato un anello.
“Hai ragione. Non ti preoccupare, faremo tutto” la rassicurò timidamente.
“Grazie” disse sollevata, alzandosi. Poggiò la tazza integra sul tavolo, come nuova.
“Comunque, non dobbiamo festeggiare per il tuo arrivo? Si avvicina la festa che preferisci: il solstizio di primavera”.
“Mi sembra ovvio, dato che coincide con il mio compleanno!”
Gli occhi di Rio si illuminarono. Se era il suo compleanno dovevano organizzare una festa! Una festa coi fiocchi! Si sarebbero divertiti un mondo. Lo disse piano al vicino di posto, che si eccitò allo stesso modo. L’idea venne divulgata all’interno della stanza con la stessa velocità di un virus contagioso, e tutti ne furono entusiasti.
“Thomas, hai presente quella villa un po’ in periferia?”
“Sì. E’ da un po’ che non ci andiamo, ma dovrebbe esserci tutto”
“Perfetto” sorrise. Era tutto pronto. Si rivolse contento anche agli altri figli “domani li portiamo a vederla?”
“Certo!” gridarono in coro.
Arrivarono uno dopo l’altro tutti gli amici di Yuma, che con Three uscirono a fare un giro. Salutarono Alice e gli altri due bariani che si avviarono sulla via del ritorno.
Sulla strada del ritorno Vector sembrava pensieroso come sempre. E aveva anche ragione di esserlo.
Non capiva come potessero essere amici Tron e Alice. Certo, poteva benissimo averlo incontrato nel mondo Bariano come diceva e cercava di far credere a tutti ma, secondo lui, c’era dell’altro. Anzi, ne era certo. Aveva seguito qualsiasi movimento di Byron, senza perderlo di vista. Era stato lui a portarlo lì e si era anche accertato di non farlo interagire con nessuno. Era andato tutto secondo i piani: far vagare senza meta quel povero umano, togliendogli ogni tipo di speranza. Avrà viaggiato per almeno un anno senza mai fermarsi, finché quel briciolo di speranza che lo aveva portato avanti non si era consumato del tutto. Un ghigno malefico si stampò sul suo volto. Il ricordo di quell’uomo cadere a terra sollevando polvere e pietre era fantastico. Sentirlo piangere disperato, sentirlo affogare nelle sue stesse lacrime, sentirlo sprofondare nella rabbia e nel risentimento erano per lui dei ricordi più che piacevoli. Era stato ancora più divertente fargli dimenticare i suoi figli e tutta la sua famiglia, insieme a quel mondo. Lo aveva convinto ad abbandonare tutto, facendolo diventare un proprio burattino. Uno dei burattini meglio riusciti. Poi lo aveva rispedito da dove era venuto, con una forma leggermente cambiata.
In conclusione, quando poteva averla incontrata?
Continuava a passeggiare con le due ragazze che gli stavano davanti. Ormai era tardo pomeriggio, e si stavano accendendo i primi lampioni ai lati della strada.
C’era poca gente in giro, gli altri si stavano perdendo un momento magnifico. Era un vero toccasana camminare lentamente sentendo i rumori dell’acqua e la brezza del vento. Anche il cielo era fantastico, tutto tinto d’arancione e di giallo vicino al sole che tramontava e tinto di blu e azzurro dalla parte opposta. Nel mezzo era colorato di rosa e viola; un vero spettacolo per gli occhi. Il colore che i raggi solari davano agli oggetti era altrettanto magnifico, rendendoli allo stesso tempo più vividi e più tenui, piacevoli da guardare. L’effetto delle ombre che si intrecciano delicatamente sulle pietre della vie era divertente per Alice, che, tenendo per mano Rio, si divertiva come una bambina a saltellare sulle ombre dei lampioni o delle panchine che trovava man mano che andava avanti verso casa.
Vector cercava di fare ordine tra i suoi pensieri. Era sempre riuscito ad ottenere ciò che voleva da tutto e da tutti, doveva solo capire il modo. Effettivamente doveva fare qualcosa che non si aspettava, così da coglierla alla sprovvista.
“Certo!” pensò fiero della sua idea. Le si avvicinò e, parlandole gentilmente, falso come al solito, disse “Alice! Mi spiegheresti cos’è la tua fonte del potere?!” un ragazzino così carino che ti chiede solo delle informazioni... con due grandi occhioni sincerissimi e un enorme sorriso... perché mai dirgli di no? Nemmeno Rio avrebbe resistito.
Lei alzò un braccio e tirò su la manica. Fece vedere a tutti e due un meraviglioso braccialetto, con tre pietre incastonate. Una pietra rossa, una azzurra e una gialla. Non avevano un solo colore, ma erano piene di sfumature chiare e scure che disegnavano una rosa in ciascuna gemma.
“Questa è la mia fonte del potere. Ha dei poteri particolari, posso leggere nel pensiero, predire il futuro e...”
“E?!” le chiesero ormai curiosi gli altri.
“Non ve lo dico!” Gli fece la linguaccia strizzando l’occhio sinistro “Comunque non posso indossarlo sempre. Ha un potere troppo grande; infatti se lo indosso anche solo per qualche ora il mio polso diventa rosso. Questo perché prosciuga l’energia di chi lo veste. E’ così che ha accresciuto il suo potere” disse con un filo di voce. Le dispiaceva che fosse un oggetto così potente e pericoloso, ma allo stesso tempo la faceva emozionare. La faceva sentire importante, e l’unica a conoscenza di un segreto che doveva mantenere tale.
Era di estrema importanza proteggerlo anche a coso della vita e del sacrificio, anche se sapeva bene che la sua fine sarebbe giunta in anticipo, proprio a causa di quell’oggetto che tanto adorava. 


Note dell'autrice~♥ ♡
Da quanto tempo! Ho avuto davvero poco tempo e in questi mesetti ho pubblicato una nuova fiction! http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3081188&i=1 Dategli un'occhiata anche se non avete visto l'anime e non conoscete il fandom. Io vado a dir poco fiera di quel personaggio e della fiction che ne verrà fuori, che sono sicura riuscirò a finire (è corta, circa 6/7/8 capitoli).
Parlando d'altro: in questo mese a causa di quella fic sono stata accusata di appoggiare coppie non canon e di essere una maniaca. Cosa dico a mia discolpa? Niente ^^
Dai, scherzo.
Dopo lo scorso capitolo con Vector in versione 007 oggi vediamo le sue riflessioni -mistiche- sulla sua (in)utile esistenza. Ho iniziato ad amare quel giovane. Ha una bella mente contorta.
Mi sono divertita un mondo nello scrivere di Alice che spezza la tazza e poi la ricompone... insomma, parliamo di magia nera! o.o 
Questo capitolo schifoso è passabile solo grazie a Vector... Bah, ammetto di aver sfoderato delle buone battute, in particolare quella della luce nel mondo e blablabla (tanto so che ve la siete tutti tatuata sul petto per ricordarla, eh). 
Detto ciò, al capitolo 8. Questo come avrete già capito, lo pubblicherò solo dopo la scuola. Invece cercherò di aggiornare l'altra. 
Ribadisco: andate a leggere e recensire. 
Dedico questo capitolo ad Angy! E lei sa il perché!!!
Bye! 



 

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