La Sainte Trinité (de la vie)

di Chambertin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primum - Puerilis ***
Capitolo 2: *** Secundum - Iuventus ***
Capitolo 3: *** Tertius - Mortis ***



Capitolo 1
*** Primum - Puerilis ***


Puerilis
 
agg
infantile, da ragazzo.
(da puerilis, -e)
 
Si guardava intorno alla ricerca di qualche indizio. Era mai possibile che con tutte le esplorazioni che aveva fatto nella sua vita, non riusciva a trovare un misero indizio?
Sbuffò, svoltando a destra verso il giardino sul retro. Cercò di concentrarsi, e per un attimo gli parve di sentire una leggera risata sommessa provenire da dietro un vaso di fiori.
Lentamente, quatto, quatto, il bambino si avvicinò all’angolo in questione; aveva anche notato uno sprazzo di colore azzurro, che di certo stonava col resto delle rose rosse, e all’improvviso, facendo leva sulle braccia, alzò i piedi da terra e si sporse dall’altra parte del vaso.
Arno rimase decisamente deluso: purtroppo la sua preda, però, non era lì ad aspettarlo. O almeno non tutta: quel colore azzurro che aveva intravisto attraverso i fiori era il cappello di Élise, che aveva accuratamente legato al gambo più robusto della pianta per distrarlo.
Un altro bambino si sarebbe stufato subito di giocare con lei, perché era più il tempo che stava lui sotto a fare le chat1 che lei; ma Arno invece amava giocare con Élise, perché lo spingeva sempre più in là, a concentrarsi sempre di più, a trovare indizi sempre più nascosti, e alla fine – anche se a fatica – riusciva a trovarla e a vincere.
In tre anni che ormai viveva a casa di François de la Serre, aveva avuto modo di conoscere tutti i nascondigli preferiti di Élise, dal giardino alla soffitta. Ma quel giorno, la caccia era più complicata che mai. Dove poteva essersi nascosta quella bambina?
«Arno!» si sentì chiamare da dentro l’edificio. Il bambino si voltò di scatto, spaventato dal tono con cui era stato pronunciato il suo nome. Che avesse… oh no, che avesse scoperto che era lui il ladro di biscotti?
Quando si mise di fronte a François de la Serre si sentì sopraffatto dalla sua altezza.
«Buongiorno, Signor de la Serre» salutò Arno, cercando di non far emergere il terrore che lentamente cresceva dentro di lui. Se l’avesse scoperto, probabilmente l’avrebbe cacciato di casa, e chissà magari sarebbe finito in un orfanotrofio malconcio, o peggio ancora, avrebbe mendicato un tozzo di pane per strada! «com’è andato il viaggio?»
«Oh, Arno, bene, grazie dell’interessamento.» rispose pacatamente l’uomo. Per un momento le sue paure vennero cancellate per quel cambio di tono. Forse, forse prima voleva solo fargli uno scherzo e indurlo all’attenzione.
Anche suo padre, spesso, usava quella tattica. Lo richiamava freddamente per farlo stare concentrato su quello che gli stava dicendo e poi alla fine della lezione, gli regalava una caramella. Ridendo.
Mentre i due parlavano, Elise si era nascosta dietro un divanetto alle spalle del padre, il quale con la sua mole, impediva ad Arno di vederla. Così, di soppiatto, senza far rumore si tolse la sottogonna azzurra2, ingombrante che le avrebbe impedito di passare fra il divanetto e una mezza colonna posta alla base della scalinata, per uscire fuori senza farsi individuare e così perdere il gioco.
Lei sapeva che suo padre sarebbe tornato esattamente a quell’ora, lasciando nei suoi nascondigli, indizi e trabocchetti, aveva solo preso tempo per arrivare a quel momento.
Il cocchiere stava già per spronare i cavalli al passo, quando la bambina ci corse davanti, spaventandoli. Nitrirono e si agitarono, lei sorrise e passò dalla parte opposta della carrozza, quella nascosta dalla porta di casa.
«Mi scusi, non volevo spaventarvi i cavalli! Però dovrei salire, io!» disse ridendo all’uomo mingherlino che la stava già per offendere a male parole. Ma comunque, alla fine, riuscì ad entrare nella carrozza di suo padre.
«Arno, ti sei distratto» lo rimbeccò il Signor de la Serre, portando le mani dietro la schiena.
«Scusate, pensavo a mio padre» Arno abbassò lo sguardo e cominciò a spostare un sassolino sul tappeto da un piede all’altro.
«Io non ci perdo niente se ti distrai, ma tu… rischi di perdere
Quando il François de la Serre sparì dietro la porta del suo studio al piano superiore, Arno prese a correre verso l’esterno dell’abitazione.
Si era distratto? Ma… aveva già controllato quella zona, e non aveva trovato altro se non le sue scarpette!
Si strofinò le mani sul viso, perché stava perdendo la pazienza, ed era sempre più amareggiato, però, però doveva continuare, perché non era possibile che Elise fosse sparita nel nulla, doveva essere lì. Era lì.
A quel punto, Arno, decise che era il caso di fermare il cervello e concentrarsi solo su quello che lo circondava: attorno alla casa c’erano solo vasi di fiori, qualche finestra aperta e il cancello aperto. Ma ai bambini era vietato uscire fuori dal perimetro della casa, quindi le colonne del cancello erano da escludere; i vasi li aveva già controllati, ma vicino a uno di questi notò qualcosa di strano: impronte di cavalli e segni di ruote.
«Ma certo!» Arno cominciò a correre a perdifiato verso le scuderie dietro casa. «Il Signor de la Serre è arrivato in carrozza poco fa, e ha coperto Elise facendomi perdere tempo! Perché non ci sono arrivato prima?» si disse il bambino nascondendosi dietro al muro per avere la visuale libera e non farsi scoprire da altri adulti nelle vicinanze.
La carrozza rossa era lì, ferma, e gli scudieri strigliavano i due cavalli dopo averli staccati dal mezzo; il cocchiere invece parlava concitato con Olivier, il maggiordomo di casa de la Serre.
Olivier odiava Arno, e Arno odiava Olivier, quindi doveva trovare un modo per entrare nella carrozza e non farsi vedere.
C’erano molti alberi, e più in là un altro edificio. Dal suo nascondiglio dietro al muro, prese la rincorsa e in scivolata si nascose dietro il cancello dell’abitazione affianco, avanzando lentamente, come un chat.
«No! Lasciami, Olivier, sto giocando!» urlò Elise, dimenandosi dalla stretta del maggiordomo, visibilmente su tutte le furie «Sapete, Signorina de la Serre, che vi abbiamo cercata per ore? Non siete neanche andata a dare il bentornato a Vostro padre!»
Arno si avvicinò, amareggiato, per l’intrusione e la sospensione del gioco, proprio ora che stava per vincere, ma adesso c’era un’altra emergenza: salvare Elise.
«Sì che sono andata a salutarlo! È stato lui che mi ha detto che potevo salire sulla carrozza per nascondermi!»
«Baggianate! Nessuno vi ha vista, quindi non ci siete andata!» Olivier continuava a tirarla contro la sua volontà «E poi guardatevi! Scalza e malconcia, buon Dio, siete la vergona della famiglia!»
«Solo perché voi, signore, siete più cieco di una talpa e non mi avete vista non vuol dire che non c’ero!» finalmente Elise si divincolò dalla presa e fece la linguaccia e prese a correre per non cadere nuovamente nelle sue grinfie.
Arno gli stava dietro, aveva preso qualche sasso rotondo dalla ghiaia e cominciò a tirarli addosso ad Olivier. «Ehi, ordure3! Guarda qua, prendimi!» lo canzonò per poi scappare dalla parte opposta.
Correva e rideva, e sapeva già che Elise aveva capito il suo piano: quando si sarebbero trovati dall’altra parte della casa sarebbero entrati dalla finestra senza farsi vedere, perché Olivier era più lento di loro. Infatti così accadde: si nascosero all’ombra, sotto il davanzale, da dove potevano sentire Olivier imprecare le peggio parole contro di loro.
Arno ed Elise, finalmente riuniti, se la sghignazzavano felici e soddisfatti della vittoria.
«Si stancherà presto vedrai, e tornerà a fare le sue corvées4 per non essere licenziato da papà!» bisbigliò divertita Elise, all’orecchio di Arno, il quale solo allora si rese conto che si stringevano le mani.
Per la prima volta sentì dentro il suo stomaco uno strano bollore, e un calore insolito sulle guance. Ma non lo preoccupò, anzi, ne fu felice e sorrise contento.

  ~~
trad: "il gatto". In Francia il classico gioco dell' "acchiappino" viene chiamato "il gatto". Chi sta sotto è il gatto.
   2 il vestito di Elise è ispirato all'opera di Francis Cotes "Anna Maria Astley, Aged Seven, and her Brother Edward, Aged Five and a Half"
   3 trad: "sacco di merda" volg.
   4 trad: faccende, mansioni domestiche
  
Ciao a tutti! <3
Come vedete non sono sparita, ma purtroppo l'università mi toglie gran parte del mio tempo libero fra studio e trasporto, e quel che ho lo passo col mio ragazzo o agli allenamenti della contrada
 ┐_┐

Questa fanfiction si articola in tre capitoli, raccontando dei momenti particolarmente importanti nella storia d'amore fra Elise e Arno.
Anche se nel gioco, i soldati e il resto degli adulti usano turpiloqui vari anche nei confronti dei bambini, io ho voluto restare sul classico: niente parolacce contro i bambini, se non per necessità!
Questo capitolo parla di quando Arno finalmente capisce di essere attratto da Elise: ha undici anni, e a quell'età si capisce già quando ti piace una persona! 
(´ ▽`)
Per il resto spero direi che non dovrete aspettare molto tempo! (◡‿◡✿)

Salute e pace, e che la Luce Divina ci guidi sempre! <)

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Capitolo 2
*** Secundum - Iuventus ***


Juventus
 
agg
giovinezza, gioventù
(da iŭventūs, is)
 
«Sai, Arno, avevi ragione» disse Elise carezzandogli la guancia «alla fine sei sempre lo stesso che rubava i biscotti per me»
Come poteva essersi allontanata da lui per così tanto tempo? Come era riuscita a sopraffare i pensieri più intimi? In parte lo considerava ancora il responsabile della morte di suo padre, ma dall’altra capiva che non era colpa sua, non poteva immaginare il contenuto di quella lettera. In più, ad unirli,  c’era proprio il fatto che condividessero lo stesso dolore della perdita di un padre.
Ma ora Arno stava peggio, perché, di padre, ne aveva perso un secondo.
Elise si impuntò col gomito sul cuscino sottile per guardare negli occhi quello che ormai era un giovane e aitante uomo. «Arno, ti conosco meglio di chiunque altro, e so cosa stai pensando»
Lui continuò a non guardarla, preferendo osservare un punto imprecisato sul soffitto.
«Mirabeau era l’unico che ci avesse dato un’opportunità, e Bellec l’ha ucciso. Mi sento tradito, Elise»
Finalmente la guardò: i capelli ramati le ricadevano sciolti, morbidi, sulle spalle minute, la pelle gli sembrava più candida e rilassata del solito, forse perché almeno la notte poteva non pensare alle missione da svolgere durante il giorno, poteva piuttosto pensare a lui.
Ormai non si meravigliava neanche più di cominciare a pensare a lei nei momenti più difficili della sua vita. Assai spesso gli capitava di fantasticare su loro due mentre aspettava una guardia messa in allarme dietro un muro, acquattato nell’ombra, o a ricordare il profumo dei suoi capelli mentre stava nascosto in un carretto di fieno; stesso profumo che ora sentiva accanto.
«Non darti colpa per quello che è successo. Non potevi fare altrimenti…» Arno annuì, carezzandole la spalla per scendere sul braccio ed infine intrecciare delicatamente le sue dita con quelle di Elise.
«Adesso andremo avanti, cercheremo Germain senza l’appoggio di nessuno, né Templari né Assassini.» lei si stese nuovamente al suo fianco. Poteva sentire il calore di Arno sotto le coperte, un tepore che avrebbe fatto assopire chiunque. «solo io e te…» infatti la sua voce già era più bassa e le parole scandite più lentamente.
«Già…» Arno cominciò a pensare al fatto che da quando aveva ucciso Pierre Bellec non era tornato al Consiglio a fare rapporto su quanto accaduto, eppure era impossibile che non lo avessero già scoperto. Sapeva che ciò che aveva fatto non poteva non avere conseguenze drastiche. Ma non voleva pensarci, piuttosto continuava a sperare per il meglio.
Le passò un braccio attorno alle spalle per farla accoccolare meglio contro il suo petto; sentiva le sue guance fresche contro la sua pelle, sempre più calda, e il respiro sul suo collo era una tentazione troppo forte.
Era un continuo rigirarsi nel letto, a destra, a sinistra, prono, si avvicinava ad Elise, e poi si allontanava perché il calore dentro di lui cresceva ad ogni secondo che passava - e non si rendeva conto che secondo dopo secondo, passavano anche delle ore.
 
La luce della candela ormai si era affievolita al punto di lasciare solo un rivolo di fumo salire nell’aria da un cumulo di cera secca; ma quella luce non sarebbe servita più, perché dalla finestra entravano i primi bagliori dell’alba.
Elise mugugnò come un dolce gattino appena sveglio, e aprì leggermente gli occhi: accanto a lei c’era un Arno scomposto e mezzo scoperto.
Lei sorrise e si soffermò ad osservare il suo corpo: un ammasso di muscoli tonici e ben delineati. Quanti altri uomini avrebbero potuto sperare in un fisico simile?
Si girò verso la finestra; notando le prime luci del giorno decise che era ora di ricominciare la caccia.
Prese la camicetta bianca dalla sedia affianco, infilandosela, e proprio mentre stava per alzarsi dal letto, si sentì afferrare per il polso «ma che..?»
«Non crederai di lasciarmi qui solo come l’altra mattina in mongolfiera, vero?» fece Arno, ancora con gli occhi chiusi, ma col sorriso sul volto.
Elise si avvicinò al suo viso per baciarlo delicatamente, fu un bacio casto, ma pieno di tutto l’amore del mondo.
Arno le passò un braccio dietro la schiena e con un movimento repentino se la portò sotto di lui.
I capelli spettinati le incorniciavano il volto ancora da ragazzina, ma Arno sapeva che quella creatura era tutto meno che una bambina. Con tutto quello che aveva passato, era diventata donna molto in fretta, ma non una donna qualunque, la sa femme1.
Elise gli cinse il collo con le braccia, per farlo abbassare, e mentre affondava le sue dita nei capelli di lui, cominciò un vero e proprio bacio passionale, che durò chissà quanto, forse secondi, forse minuti.
«Ieri sera ti sei addormentata così bene, che mi dispiaceva svegliarti per questo…» le sussurrò Arno dolcemente, mentre passava a baciarle il collo.
Elise neanche ripose, perché quel calore che sentiva la notte prima uscire dal corpo di lui, ora infuocava anche lei, impedendole di parlare.
Arno si era avvicinato talmente tanto al suo corpo che non poté non sobbalzare a quel tocco. Lo sentiva, , e Dio solo sapeva quante volte aveva fatto pensieri malsani su come sarebbe stata quell’esperienza; oh, quante volte ne avrebbero avuto l’occasione, prima di allora, a casa de la Serre, o durante i viaggi a Marsiglia e a Strasburgo, ma la loro posizione di demi-frères2 glielo impediva ogni volta – anche se di sangue in comune ne avevano ben poco.
Ma lì, in quella stanza spoglia della prima taverna che avevano visto, non c’era nessuno a frenare i loro desideri, questo era certo.
Il tocco delle dita di Arno scese dai seni, alla pancia, alla gamba, dove con una leggera pressione invitò Elise ad aprirle, per scoprire finalmente cosa significasse quel sentimento. Lei obbedì.
Arno, si sentì sciogliere in un languido piacere, chiuse gli occhi, mentre con una calma non poi così tanto consona nella sua persona, cominciò a muoversi per far abituare Elise alla sua presenza.
Lei stringeva i pugni sulla sua schiena, lasciandogli segni rossi sulla pelle; gli ansimi di dolore, lasciarono ben presto il posto a quelli di piacere, però.
Elise si muoveva insieme a lui, facendo qualcosa che non credeva neanche di saper fare, ma quello che sentiva dentro di lei la spingeva a muoversi sempre più velocemente, perché il piacere di un attimo prima non era più abbastanza per il suo corpo.
E lo stesso valeva per Arno! La stringeva a sé, nascondendo il viso nell’incavo della spalla, ansimando, tremando.
Poi accadde: una sorta di miriade di fuochi d’artificio esplosero all’istante. Tutto un tratto le braccia non ressero più il peso del suo corpo e si accasciò su Elise, anche lei evidentemente soddisfatta.
I loro respiri erano uno solo, i loro battiti erano uno solo, loro erano diventati una cosa sola.
Si guardarono, sorridenti, stanchi, si abbracciarono e rimasero così, nudi nel letto, come la sera prima, consapevoli che qualcosa fra loro era cambiato – in meglio, ovviamente.
 
Quando Elise si svegliò, il sole era già alto nel cielo e la luce entrava di prepotenza nella stanza dalla finestra aperta, le tende svolazzavano al vento e un foglietto si alzò dal tavolo.

  ~~
  trad. "la sua donna".
   2 trad. "fratellastri"
   3 la frase è la stessa che Elise scrive sul foglietto quando Arno si sveglia nel cesto della mongolfiera alla fine della sequenza "la fuga". La traduzione italiana       del gioco è "Ero di fretta. Dormivi così bene, non potevo svegliarti. Ti amo, Elise."; ho dovuto inserire un'immagine perchè purtroppo il sito non conosce il font usato.
 
  
Ciao di nuovo <3
L'idea era quella di iniziare e concludere subito la storia, così da non dovermela portare avanti per mesi come succede con la long-fic, e così potermi concentrare proprio sulla settima memoria genetica di Assassin's Creed Genderswap ;)

Questo Missing Moment è ambientato, ovviamente (credo si capisca), subito dopo la fuga in mongolfiera, quando finalmente Elise e Arno si dichiarano ufficialmente e si baciano 
∀`)
Devo dire che per me è particolarmente difficile scrivere scene di sesso, anche se non esplicito, perchè un po' mi imbarazza, e un po' faccio il possibile per scrivere le cose più dolci del mondo, anche se a volte esagerate - lo so -.
In realtà nel gioco non viene proprio specificato se Elise e Arno abbiano fatto l'amore già molto tempo prima, io ho voluto immaginare che per il fatto di essere "fratellastri" e poichè i servi, si sa, hanno occhi e orecchi ovunque, non ne abbiano mai avuto l'occasione.

Per il resto direi che ci vediamo al prossimo capitolo!
Salute e pace, e che la Luce Divina ci guidi sempre! <)

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Capitolo 3
*** Tertius - Mortis ***


Mortis
 
sost. fem.
morte
(da mors, mortis)
 
«Non passa un solo momento in cui io non rimpianga quel giorno in Piazza della Rivoluzione, mon amour. Se avessi fatto quello che dovevo fare, uccidere Germain, non saremmo qui a parlare in questo modo… ahi, non è più facile come un tempo, inginocchiarsi su questa fredda neve… Oh, ecco fatto.
Mia cara, da quando ci siamo lasciati non ho mancato un solo appuntamento. È una cosa strana, non tutti ne sarebbero capaci. Ma io, sì. Durante la rivoluzione molti uomini hanno perso le proprie donne, ma oggi, quarant’anni1 dopo, si sono ammogliati nuovamente, con nuovi figli. Io no. Non che non me ne siano passate sotto il naso, eh, di belle donne, ma nessuna ti eguagliava neanche lontanamente.
No…
Ti chiedo scusa, non è cortese parlare di queste cose.
C’è veramente freddo oggi, sai? Non nevicava in questo modo da… tre forse quattro anni. Sta di fatto che quella volta me la ricordo bene: avevo dato una missione semplice a un novizio, e.. ah ah, dopo neanche mezz’ora è rientrato al Café Théâtre tutto tremante, chiedendo qualcosa di caldo. Pauvre fils2, non aveva mai lavorato sotto quel freddo.
Mia cara, noi non abbiamo mai avuto l’occasione di unire le nostre forze con un tempio impervio come questo, ma ricordo quando giocavamo a rincorrerci, proprio qui, in questa dimora dimenticata da Dio stesso; ho intenzione di comprarla e rimetterla a nuovo prima che i miei giorni finiscano; le rendite al Café sono piuttosto alte, in un anno, o due potrei mettere da parte un bel gruzzoletto.
Questi rampicanti sono veramente recidivi, più li sradico, più crescono, attaccandosi alla fredda pietra.
Mi spiace non ci sia un tuo ritratto… tante volte mentre dormivi mi prendeva la voglia di disegnarti, ma – lo sai – non sono mai stato bravo a dipingere, e l’idea di farlo fare a qualche pittore, l’idea che ti potesse vedere vulnerabile durante il sonno, o addirittura nuda, mi infastidiva… ma ora me ne pento. Potresti sorridermi nuovamente, potrei perdermi nei tuoi occhi ancora una volta…
Ahi, mon amour. Fa ancora male come se fosse ieri; posso ancora vedere benissimo la luce che si è accesa nei tuoi occhi prima di andartene… ne ero sicuro allora e ne sono sicuro anche ora: tu mi hai visto. Hai visto il mio sguardo infranto, come la mia anima. Perché non hai aspettato qualche altro secondo, perché? Se è vero come scrivevi nel tuo diario, che Assassini e Templari potevano lavorare insieme, perché non mi hai dato fiducia? Potevamo farlo insieme, e lui – e solo lui – sarebbe morto.
 
Mi dispiace provare ancora… rancore? Possiamo definirlo così? No, non è rancore quello che provo… è rammarico. Rammarico per non essere riuscito a rimediare al mio errore, e aver concluso la storia nel peggiore dei modi. È stata solo colpa mia.
Mi viene in mente che tante volte sono venuto a trovarti, restando in silenzio, sistemando il prato, piantando fiori nuovi e freschi al posto di quelli appena sgualciti, ma mai, mi pare, di averti raccontato di aver trovato e letto i tuoi diari. Inizialmente avevo la sensazione di violarti leggendo le tue parole, ma proprio grazie a quelle parole sono riuscito a riprendermi, e tornare nel mio Ordine… immagino che tu da lassù mi abbia visto lottare per quello che mi hai chiesto, ho lottato per te, ma come ben immagini fin quando fossi stato un semplice adepto nessuno mi avrebbe mai ascoltato.
Poi, dopo anni, ho scalato i gradi, fino a diventare Maestro Assassino. Questi vestiti vanno rammendati ogni anno, ahah! Diventando il Primo Assassino, ho potuto esaudire la tua richiesta: sono andato a parlare con il Gran Maestro Rivière3, inizialmente non era accondiscendente nel far entrare un Assassins4 nel loro covo, ma dopo avergli fatto leggere la tua lettera si è ammorbidito, finendo per stilare un contratto: la tua speranza.
 
Ti dico questo perché non voglio che tu ci rimanga male quando questo contratto cadrà… Rivière è malato gravemente, e il suo successore è un radicale convinto che questa tregua non possa andare avanti… ti prego, amore mio, perdonami se non riuscirò a portare avanti il tuo progetto, farò il possibile, ma sono piuttosto pessimista sull’esito dello scontro che verrà.
Mia cara, scusa se mi appoggio alla tua lapide per alzarmi, ma come ho già detto le mie ginocchia invecchiano con me.
Se dovessi morire, lascerò scritto a Lèon5 di comprare questa villa e risanarla, e di seppellirmi vicino a te, in modo che i nostri corpi possano riposare vicini e le nostre anime ricongiungersi al più presto.
 
Addio, Èlise, mio amore.»
 

  ~~
  1 riferimento all'esecuzione del Re avvenuta in Piazza della Rivoluzione nel 1793, un anno prima della morte di Elise. La scena è ambientata nel 1833. Sulla pagina Wiki di Arno Dorian alla voce "Riammissione nella Confraternita" c'è scritto che si hanno notizie di Arno fino al 1808; ho volutamente ambientare la scena più avanti.
   2 trad. "povero figliolo".
   3 non esiste nessun Gran Maestro Rivière, nè nel gioco, nè nel libro; l'ho inventato io per contestualizzare il discorso di Arno.
   4 trad. "Assassini". Ovviamente, ma va letta con l'accento francese.
   5 Lèon è il ragazzino con cui Arno collabora nel DLC "Dead Kings"; ho voluto immaginare che Arno lo abbia preso sotto la sua ala protettrice, trattandolo quasi come suo figlio.
 
  
Finalmente, finito!
Diciamo che è stato abbastanza complicato perchè sapevo dell'esistenza dei diari di Elise ma non sapevo dove trovarli - credendo si trovassero all'interno del gioco - e invece stava tutto sotto il mio naso in libreria! 
(▽≦)
voglio spiegare innanzitutto che questo cpitolo è stato scritto come un flusso di coscienza, pensieri che si susseguono a volte anche senza un nesso logico alla Joyce, qui è un Arno ormai anziano che parla alla lapide di Elise a Versailles.
Ho pianto tanto quando Elise è morta, e un po' l'ho anche odiata perchè è stata fortemente egoista: se avesse aiutato Arno a liberarsi, avrebbe perso si e no forse 5 secondi, ma quei 5 secondi sarebbero potuti servire per uccidere Germain, insieme, come volevano.

Questo capitolo di Assassin's Creed mi ha fatto aprire gli occhi sulla vita sentimentale degli Assassini: potranno essere felici per un certo periodo di tempo, ma saranno costretti a vedere chi li ama sparire sotto i loro occhi, impotenti: Altair con Maria; Ezio con Cristina; Connor... beh Connor credo sia tipo asessuato; Edward con Jennifer; per ultimo Arno con Elise... che tristezza 
()

Spero vi sia piaciuta questa mini-long, aspetto vostre notizie ∀`)

Salute e pace, e che la Luce Divina ci guidi sempre! <)

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