Riunione di classe

di Shainareth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo quinto ***
Capitolo 6: *** Capitolo sesto ***
Capitolo 7: *** Capitolo settimo ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo ***





RIUNIONE DI CLASSE - CAPITOLO PRIMO




Se qualcuno mi avesse chiesto in che modo eravamo arrivati a un tale livello di degenerazione, non avrei saputo rispondere. L’unica cosa che posso dire è che era cominciato tutto durante quella che sembrava essere una normalissima assemblea di classe, nella quale avremmo dovuto fare il punto della situazione riguardo a verifiche, interrogazioni, compiti a casa, problemi con gli insegnanti, attività didattiche e non, e tutte quelle altre cose che di solito riempiono queste noiosissime riunioni.
   Ricordo che uno dei compagni aveva fatto una battuta a cui un paio di ragazze aveva risposto con fare indispettito e, di lì, era iniziata una sorta di bisticcio sessista che aveva finito per coinvolgere buona parte del gruppo. L’ultima parola, comunque, l’aveva avuta Peggy che, con quella sua invidiabile dialettica da pettegola e aspirante giornalista, era riuscita a far tacere i maschi della classe, accusandoli di essere banali e prevedibili.
   «Se scriveste un pensiero anonimo riguardo ad un tema ben preciso, sono sicurissima che saprei persino dirvi a chi appartiene», aveva detto ad un certo punto.
   Manco a dirlo, la sfida era stata accettata. Gli uomini adorano questo genere di cose, anche se non ne ho mai capita la ragione; pertanto, volendo fare i gradassi, avevano persino chiesto a noi ragazze di scegliere il tema sul quale scrivere il loro pensiero.
   «La domanda è: se aveste la possibilità di passare la serata con la donna che amate, cosa le proporreste di fare?» decise Peggy per tutte noi, senza incontrare obiezioni di alcun tipo, se non dagli sfidati.
   Alexy alzò la mano. «Posso ritenermi escluso dalla scommessa?» volle sapere, quando gli fu concesso di parlare. Qualcuno rise, ma lui non se ne curò.
   «Concesso», accordò la nostra compagna, che ormai aveva preso in mano le redini del gioco. «Ma nessun altro può chiamarsene fuori: avete lasciato decidere noi, quindi adesso attaccatevi al tram.»
   «Un momento», intervenne Armin, perplesso. «Quindi è una scommessa? Se lo è, non dovrebbe esserci qualcosa in palio?»
   I suoi compari lo ritennero un genio. Ci voleva una posta che facesse gola a tutti, ma non si riuscì a trovare un accordo al riguardo. Fu dunque deciso che, se i maschi avessero vinto, ci avrebbero costrette a giocare a Guitar Hero insieme a loro – l’idea ovviamente era stata di Armin, ma aveva avuto subito l’approvazione di Castiel e degli altri. Se invece fossimo state noi ragazze, a vincere la sfida, li avremmo costretti a prendere parte ad una piccola recita improvvisata per i bambini del giardino d’infanzia non distante dal liceo – Rosalya aveva proposto, invece, un pomeriggio di shopping al centro commerciale, ma per loro sarebbe stato semplice scappare fra la folla.
   Decisa anche la posta, Peggy stessa distribuì ai ragazzi dei fogli di quaderno identici, sui quali ognuno di loro avrebbe potuto descrivere il proprio ideale di serata romantica. «Avete cinque minuti di tempo, non di più», li avvisò, puntando lo sguardo all’orologio.
   Il gioco ebbe inizio e allo scadere del termine Alexy, ritenuto super partes perché né sfidante né sfidato, ritirò i biglietti ben piegati e li mischiò a dovere prima di consegnarli a Peggy. Appollaiata sulla cattedra, quest’ultima lanciò uno sguardo panoramico ai ragazzi, quasi avesse bisogno di concentrarsi sui loro volti prima di cominciare.
   Prese il primo foglio, lo aprì e lesse: «Rose rosse e cena a lume di candela, con sottofondo musicale romantico.» Roteò gli occhi al soffitto. «Troppo facile», sospirò, volgendo la propria attenzione verso Nathaniel, che subito s’irrigidì. «Dovresti cercare di essere meno banale, la prossima volta», sentenziò, facendo ridere Castiel, che non mancò di commentare a modo suo.
   «Vorrei essere lì a godermi la scena, quando lei si stuferà di tenerti per mano e di guardarti negli occhi», assicurò.
   Nathaniel arrossì. «Non è affatto banale», borbottò risentito. «Sono tante le donne a cui piacerebbe trascorrere una serata del genere.»
   «H-Ha ragione lui!» ebbe il coraggio di sostenerlo Melody, pronta probabilmente a passare dalla parte dei ragazzi, se solo il suo grande amore – non corrisposto – glielo avesse chiesto. «A me piacerebbe!» aggiunse poi, abbassando lo sguardo e cercando di non dare a vedere di essere arrossita anche più di Nathaniel – che finse di non averla udita.
   Melody non ebbe quasi finito di parlare che già Peggy era passata al secondo biglietto. «Maratona Star Wars, con un'enorme ciotola di patatine.» Le sue labbra si strinsero con disappunto. «Armin, non sei stato molto furbo», osservò accigliata.
   «Chi ti ha detto che sono stato io, a scriverlo?» pretese di sapere lui, indignato per quell’accusa senza fondamento.
   «Hai scritto Star Wars con il logo dei film», ribatté l’altra, infastidita da quella perdita di tempo.
   «E pensa che volevo disegnarci su anche R2-D2, ma in cinque minuti non credo ce l’avrei fatta», la informò Armin, seriamente convinto che fosse una buona idea.
   Peggy appallottolò il suo biglietto e glielo lanciò contro, facendoci ridere. «Non avresti potuto scriverci qualcosa di meno riconoscibile?» lo accusò Castiel, contrariato da tanta superficialità.
   «Andiamo avanti, anche se al momento non ci state facendo proprio una bella figura», riprese Peggy a voce alta, senza lasciare ad Armin il tempo di ribattere. Un mormorio di dissenso si levò fra i nostri compagni, mentre noi già pregustavamo il sapore della vittoria. «Passeggiata sotto al cielo stellato, ammirando il firmamento e decantando odi d’amore.» Le labbra di Peggy tornarono ad abbozzare un sorriso. «Che uomo d’altri tempi.»
   Le teste di tutti si voltarono in direzione di Lysandre, che quasi parve meravigliarsi per l’essere subito stato individuato come l’autore di quel biglietto. «E dire che avevo cercato di usare anche un linguaggio piuttosto colloquiale…» ponderò fra sé, portandosi una mano al mento con fare pensieroso.
   «Torna fra noi: siamo nel Ventunesimo secolo, amico», gli ricordò Castiel, affondando una guancia sul pugno, il gomito sulla superficie del banco al quale era seduto.
   «Beh, ma le poesie non passano mai di moda», obiettò pacatamente il suo compagno di banco. «Alle ragazze piacciono, queste cose. Soprattutto se gliele canti.»
   «Io gliele canterei sotto la doccia», gli fece sapere Castiel strizzando l’occhio, un sorriso malandrino sulle labbra che fece sospirare d’amore Ambra, rimasta stranamente in silenzio fino a quel momento, forse perché in trepida attesa di sapere in che modo quel finto bulletto avrebbe potuto trattarla, semmai si fosse accorto della sua esistenza in quanto donna.
   La risata divertita di Peggy ci indusse a riportare la nostra attenzione alla sfida, poiché il quarto foglietto di carta era stato dispiegato senza che nessuno se ne accorgesse. «Adorabile», commentò, prima di aggiungere: «Kentin è stato semplice e conciso, invece.»
   «Come fai a dirlo?» chiese lui, accigliandosi e arrossendo già per l’essere stato definito in modo poco virile.
   «Ci sono delle briciole di biscotto fra le pieghe del biglietto.»
   «Genio», lo accusò Castiel, tornando ad oscurarsi in volto perché seccato all’idea che stavano ingloriosamente perdendo la sfida.
   «Questo non vuol dire niente», protestò Kentin. «Potrebbero esserci capitate per sbaglio.»
   «Che c’è scritto?» domandò Alexy, avvicinandosi a Peggy e leggendo da sopra la sua spalla. Ridacchiò subito dopo. «Che tesoro…»
   «Volete smetterla di trattarmi come un moccioso?» si risentì il mio migliore amico, iniziando a scaldarsi.
   «Allora la prossima volta cerca di pensare a qualcosa di diverso dalle coccole», replicò Peggy, mostrando senza troppa pietà la parola scritta da Kentin a tutta la classe. Che rise.
   Castiel aggrottò la fronte più di prima. «Ha davvero scritto una stronzata del genere?» domandò, incapace di credere a ciò che aveva sentito.
   Armin ci mise del suo, producendo un fischio con la bocca e sillabando: «Forever friendzoned.»
   «Oh, andate al diavolo!» esclamò Kentin, avvampando d’ira e d’imbarazzo. Se solo avessi potuto, sarei corsa ad abbracciarlo. E dai sorrisi e dagli sguardi inteneriti delle altre mie compagne, dedussi che non sarei stata l’unica a volerlo fare, in quel momento.
   «Castiel!» urlò Peggy, facendoci sobbalzare tutti. Ci voltammo a guardarla e la trovammo rossa come un pomodoro, intenta ad accartocciare anche il quinto biglietto, questa volta con foga.
   «Che c’è?» chiese lui, simulando un’espressione innocente in volto.
   «Hai anche la faccia tosta di domandarlo?!» replicò l’altra, fuori di sé. «Che t’è saltato in testa di scrivere certe cose?!»
   Castiel rise. «Mica avevi detto che non potevamo farlo…» si giustificò, scrollando le spalle con noncuranza.
   La pallina di carta gli arrivò dritta fra gli occhi. «E comunque», puntualizzò Peggy, cercando di mantenere un tono di voce fermo, «pecorina si scrive con una sola r.» L’intera classe strabuzzò gli occhi, scoppiando al contempo in una risata sguaiata e imbarazzata.
   «Ah, davvero?» fece il finto tonto Castiel, spiegando il foglio davanti a sé e controllando l’ortografia. «È che ho la fissa per le gemelle, quindi magari, senza volerlo, m’è pure scappata una lettera doppia.»
   «Hai sentito, Charlotte?» La voce entusiasta di Ambra fece quasi eco a quella dichiarazione da pallone gonfiato. «Forse ho qualche possibilità!»
   «Permettimi di dissentire», commentarono in coro – e con disgusto – Castiel e Nathaniel, che pur essendo gemello di Ambra, non era certo donna.
   «E a gemelli come stai messo?» s’interessò di sapere Alexy, tanto per la cronaca.
   Il nostro compagno dai capelli rossi gli allungò il dito medio e Armin, con una smorfia in volto, non poté fare a meno di garantirgli: «Sappi che mi dissocio da tutto ciò che esce dalla bocca di quel pervertito.»
   Peggy riportò l’attenzione su di sé, battendo le mani fra loro. «A questo punto, il risultato è palese per tutti: avete perso, perciò si fa ciò che diciamo noi», annunciò col sorriso sulle labbra.
   La parola, dunque, passò a noi ragazze.












Ehm.
Non so da dove iniziare. :'D
Va beh, ci provo.
Dunque, la presente long... non so quanto sarà long, nel senso che ho solo l'idea per il secondo capitolo che teoricamente dovrebbe chiudere questa follia. Però, trattandosi di una nonsense, temo che il mio neurone possa partorire altre idiozie da accodare alla successiva. Insomma, un po' alla chissenefrega.
A mia discolpa posso dire che sono l'ansia e lo stress a farmi sragionare. *Seriamente convinta di ciò*
Beh, fuggo lontano lontano. Grazie a tutti e buona serata!
Shainareth





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Capitolo 2
*** Capitolo secondo ***





RIUNIONE DI CLASSE - CAPITOLO SECONDO




«Anzitutto», cominciò Peggy, mentre i ragazzi ancora borbottavano per l’esito della sfida che ci eravamo lanciati durante quella riunione di classe, «bisogna fare il punto della situazione, tenendo conto del fatto che si tratterà di una recita improvvisata.»
   «Quindi non avrò il tempo di cucire neanche un costume?» volle sapere Rosalya, seriamente in pena per questa terribile notizia. «Non possiamo nemmeno usare quelli che già abbiamo?»
   Peggy parve pensarci un po’ su. «Mah, vedremo», le concesse. «Prima occupiamoci della trama, a grandi linee. Qualcuno ha delle idee?»
   Ambra alzò immediatamente la mano. «Voglio essere la protagonista!» affermò risoluta, mettendosi in piedi per ergersi su tutta la classe. «Avrei potuto benissimo esserlo, nello spettacolo dell’altra volta, se certe piantagrane non mi avessero messo i bastoni fra le ruote.»
   Ruotai gli occhi al soffitto, senza cogliere la provocazione né rivelare di essere arrivata in ritardo all’audizione per l’assegnazione dei ruoli della recita perché lei mi aveva rinchiusa nel sottoscala. «Accomodati», dissi soltanto, poiché in effetti non mi importava di essere di nuovo al centro dell’attenzione. Anzi, se lei mi avesse lasciata in pace, probabilmente non ci sarei mai stata e la mia condotta scolastica non ne avrebbe risentito tanto.
   «Prima bisogna stabilire la trama, ho detto», ci zittì Peggy, che, se avesse potuto, si sarebbe armata di bacchetta di legno, pronta a punirci pur di farci rigare diritti. «Una fiaba sarebbe l’ideale, per dei bambini dell’asilo, ma qui tocca tener presente anche di quello che possiamo fare senza la minima spesa.»
   «In ogni fiaba che si rispetti ci vogliono un principe, una principessa e un nemico comune», elencò Iris, contando i ruoli principali sulla punta delle dita. «Ma ce ne sono troppe, di fiabe così, ci vorrà un bel po’ per scegliere quella adatta.»
   Peggy annuì. «Bisognerà fare una scrematura in base anche agli attori che abbiamo a disposizione… Iniziamo dal principe: ragazze, secondo voi, quale dei nostri banali compagni di classe sarebbe più adatto ad interpretare questo ruolo?»
   Le nostre voci si levarono come se fossero una: «Nathaniel.» Lui arrossì, ma il sorriso che gli comparve sulle labbra lasciò ben intuire quanto fosse lusingato di essere stato etichettato all’unanimità come principe azzurro.
   Con l’eccezione di qualcuno, invece, gli altri ragazzi protestarono indignati. Anche Ambra tornò a far sentire la sua, quasi battendo i piedi in terra come una bambina: «Se lui è il principe, io non potrò essere la principessa!»
   «Puoi esserlo lo stesso, se interpreti sua sorella anche sulla scena», fu la pratica osservazione di Alexy.
   «A questo punto perché non inventiamo una trama originale con gli elementi che abbiamo?» propose Kim con un sorriso birichino sulle labbra carnose.
   La sua idea parve riscuotere successo, tant’è che fu subito stabilito che doveva esserci anche una seconda principessa, affinché si realizzasse uno dei requisiti più importanti di quasi ogni fiaba che si rispetti: la storia d’amore.
   «Che due palle», fu il prosaico commento di Castiel, già fortemente annoiato da tutta quella faccenda.
   «Purché l’altra principessa non mi rubi la scena», fu invece la condizione che pose Ambra, in disappunto per la decisione di inserire una seconda eroina nella storia.
   «Restano da stabilire altri due ruoli principali», continuò Peggy, ignorando entrambi con invidiabile calma. «La nuova principessa e il cattivo. Qualcuno vuole proporsi?»
   La mano di Armin svettò su tutte. «Posso fare il boss di fine livello?»
   «Non hai la faccia da cattivo», gli garantì suo fratello, incurante di ferirlo nell’orgoglio.
   «Quello potrebbe farlo Castiel», buttai lì a mezza voce. Purtroppo il mio commento fu udito da parte della classe, che subito rise e concordò con me.
   Lo stesso Castiel approvò l’idea e, con un sorriso sghembo, disse: «Visto che il principino è niente meno che Nath… perché no?»
   «Sei consapevole che poi farai una brutta fine?» gli fece notare quello, con aria di superiorità.
   L’altro scrollò le spalle con noncuranza. «Sì, ma vuoi mettere poterti dare la morte per tutto il tempo?»
   «Voglio essere rapita dal cattivo!» esclamò Ambra, rossa in volto, tornando a far sentire la propria voce.
   «E che cavolo dovrei farmene, di te?» s’informò Castiel, regalandole una smorfia infastidita.
   «No, aspetta», intervenne Lysandre, con la sua solita flemma. «Potrebbe essere una trama interessante: la fanciulla in pericolo è importante.»
   «Teniamo quest’idea da parte, potrebbe tornarci utile», convenne Peggy, arrampicandosi definitivamente sulla cattedra a gambe incrociate ed iniziando ad appuntare tutto su un quaderno che teneva in grembo.
   «Se la fanciulla in pericolo è lei, come la mettiamo con la seconda principessa e la storia d’amore?» domandò Violette, facendo sentire la propria voce per la prima volta, durante quella strampalata assemblea.
   Mentre Peggy rifletteva con lo sguardo accigliato e la penna poggiata sulle labbra, Rosalya propose: «E se la seconda principessa fosse la promessa sposa del principe, con il quale è costretta a rimandare le nozze a causa del rapimento dell’altra?»
   «Sì, ma avrebbe un ruolo marginale, così…» osservò Alexy, poco convinto.
   «Non necessariamente», contestò la mia compagna di banco. «La fidanzata del principe potrebbe essere l’elemento chiave per salvare la situazione, perché in realtà è una fata.»
   «Che idea carina!» commentò Iris, una delle poche che sembrava divertirsi realmente.
   «Se c’è una fata, voglio anche un mago cattivo!» pretese Armin, battendo un pugno sul banco. «E voglio essere io, quel mago!»
   «Va bene, va bene!» lo accontentò Peggy, tornando a scrivere con uno sbuffo, pur di togliersi davanti le sue lamentele. «Chi vuole interpretare la fata?» chiese, nel frattempo.
   «Io ci vedrei bene Melody», propose inaspettatamente Capucine, che, pur essendo in buoni rapporti con Ambra, era anche amica di Melody. Gli occhi di quest’ultima si illuminarono e il sorriso che le affiorò sulle labbra fu più eloquente di mille parole, nonostante il rossore diffuso sulle guance.
   «Qualcuno è contrario?» la mise ai voti Peggy. Avvertii nitidamente lo sguardo di Nathaniel addosso e quando sbirciai nella sua direzione, cercando di non darlo a vedere, mi resi conto che, oltre ad essere quasi sul punto di alzare la mano, mi stava tacitamente implorando di intervenire in sua difesa.
   Non lo feci. Lo so, forse fu una pugnalata, per lui, ma che motivo avevo di contestare a Melody il posto da protagonista? In più, se lo avessi fatto, magari Nathaniel avrebbe proposto me come sua compagna in scena, e francamente volevo evitarlo per tante buone ragioni: la mia intenzione a non illuderlo, il musetto che Melody mi avrebbe tenuto per giorni, gli strepiti di Ambra nel sapermi sul palco insieme a lei nelle scene più importanti, il dovermi esibire di nuovo in un ruolo principale, e, dulcis in fundo, le frecciate al veleno che avrebbe lanciato una certa persona dagli occhi verdi che invece, al momento, pareva starsene buono buono ad ascoltare con aria seccata ciò che dicevano gli altri.
   «Quindi possiamo annoverare Melody nella lista dei personaggi principali», concluse Peggy, annotando anche questo. Nathaniel grugnì. «Riassumendo», riprese la nostra compagna, «abbiamo un principe che sta per sposare una fata, ma le nozze devono essere rimandate a causa del rapimento della sorella di lui ad opera di un malvagio che, con l’aiuto di un mago altrettanto cattivo, vuole…» Si fermò. «Cosa vuole?»
   «Sposare la sorella del principe?» azzardò Ambra con aria sognante.
   «Facciamo qualcosa di più realistico, sì?» obiettò svogliatamente Castiel, deludendo non poco le sue aspettative.
   «Potremmo mirare al regno, che nasconde al suo interno una fonte di mana capace di risvegliare le oscure creature del sottosuolo, per mezzo delle quali si potrebbe richiamare anche un’armata di zombi che…»
   Le fantasticherie di Armin furono bruscamente interrotte da Peggy. «Niente roba complicata che possa spaventare i bambini», lo avvertì, infastidita. «Ma possiamo prendere per buona l’idea che il cattivo vuole impadronirsi del regno perché magari mira a diventare il sovrano incontrastato del mondo.» Nessuno ebbe nulla da ridire, perciò lei si ritenne autorizzata a tirare di nuovo le somme.
   «Un momento!» intervenne Kim, accigliata. «Se non coinvolgiamo tutti quelli che hanno perso la sfida, non c’è gusto!»
   Convinto com’era stato fino a quel momento di essere tagliato fuori da quell’assurdità, il suo compagno di banco protestò d’istinto. «Ehi!»
   Lei rise e gli puntò il dito contro. «Per esempio, Kentin lo vedrei bene come scudiero o mozzo di stalla.»
   L’altro fece per ribattere, ma Armin lo fermò. «Dalle retta, amico: tra sguattere e castellane, lo stalliere cucca più del principe.»
   Kentin arrossì ed io, che m’ero chiaramente fatta tutta orecchi, non riuscii a trattenere un sonoro e indignato: «Oh!»
   I miei compagni risero. Beh, non tutti, comunque, ma non ebbi tempo di curarmene per via dell’imbarazzo che mi aveva colta per colpa dell’istintiva gelosia che mi aveva attanagliato lo stomaco. Armin mi rivolse un sorriso rassicurante. «Puoi sempre fare una delle sguattere», mi suggerì, strizzandomi l’occhio.
   La risata sguaiata di Ambra sovrastò qualunque mia risposta. «Oh, sarebbe fantastica, in quel ruolo!» affermò con malcelata cattiveria. «Oserei dire che le calzerebbe a pennello», aggiunse, facendo sogghignare Li e Charlotte.
   «Tu e le tue amiche, invece, sembrate tanto la matrigna e le sorellastre di Cenerentola», commentò Rosalya, prendendo le mie difese.
   «Come osi?!» si ribellarono tutte e tre all’unisono, mentre Peggy, con la lingua fra le labbra, scribacchiava qualcos’altro sul quaderno.
   «Lysandre», chiamò poi, puntandogli contro la penna. «Ci stai a fare il cantastorie?»
   Lui inarcò le sopracciglia con fare stupito. «Mi piacerebbe molto», considerò. «Potrei improvvisare qualche ritornello per i bambini durante la messa in scena.»
   «Beato te che riesci a vedere il lato positivo», sospirò Castiel. «Ammesso che ci sia…»
   «Quindi lo scudiero e la sguattera accompagneranno il principe e la fata durante il loro viaggio?» s’interessò di sapere Iris, curiosa riguardo allo svolgimento della storia.
   «O quello o rimarranno sullo sfondo a far nulla», rispose Peggy con un’alzata di spalle.
   Fu allora che esposi la mia remota speranza. «Non potremmo rimanere sullo sfondo e basta?»
   «Nella stalla, magari», mi appoggiò Kentin, senza rendersi conto di ciò che aveva detto. Armin glielo fece notare ad alta voce ed io fui costretta a nascondere il viso in fiamme contro le braccia intrecciate sul banco, mentre qualcuno rideva di nuovo alle nostre spalle.
   «Poche chiacchiere», ci riportò sull’attenti Peggy, risoluta ad avere l’ultima parola in quella riunione che era ormai sul punto di concludersi. «Chi altri vuole prendere parte all’iniziativa recitando davanti ai bambini?» Nessuno rispose. Vigliacchi. «Allora chi non ha un ruolo, si occuperà di reperire quello che ha in casa per abbozzare dei costumi e il materiale di scena, così che nessuno di noi debba spendere un centesimo.»
   Rosalya quasi ebbe un mancamento. «Non possono recitare con degli stracci addosso!» esclamò, con gli occhi lucidi.
   L’altra la liquidò con un gesto della mano. «Che si arrangino con i costumi dello spettacolo scolastico.»
   Castiel scoppiò a ridere. «Sarà divertente doversi battere con il Principe Coniglio.»
   Non finì di dirlo, che gli arrivò il cancellino in faccia e ci volle l’intervento di mezza classe per sedare il primo scontro – fuori scena – fra il Lupo Malvagio e il Principe Coniglio.












Non fatemi domande, non so cosa verrà fuori da questa roba. I personaggi continuano a muoversi per conto loro ed io sto iniziando a considerare l'ipotesi di alzare le mani dalla tastiera per lasciarli agire indisturbati.
Buona serata! :*
Shainareth





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Capitolo 3
*** Capitolo terzo ***





RIUNIONE DI CLASSE - CAPITOLO TERZO




L’attesa fu snervante.
   Non saprei dire come, ma Peggy pareva aver pensato proprio a tutto, ottenendo un accordo con il giardino d’infanzia per uno spettacolino domenicale ad opera di noi del liceo vicino; tuttavia, poiché per aprire gli edifici scolastici ci sarebbero voluti permessi comunali, statali o che so io, che si sarebbero protratti in inutili lungaggini, si trovò il modo di convincere i genitori dei bambini, grazie all’aiuto dei maestri, a riunirsi al parco di buon mattino.
   Il tempo si tenne al bello, per fortuna, così che, quando uscii di casa con il mio audace costume da Cappuccetto Rosso, qualche autista decise simpaticamente di suonarmi dietro con il clacson. Avrei strangolato Rosalya molto presto. Grazie al cielo, il parco era praticamente dall’altra parte della strada, perciò non fui costretta ad esibire a lungo la visione delle mie gambe a tutti i passanti. Lo feci, mio malgrado, con un paio di maestri e alcuni papà; alcuni sorrisero con aria interessata, altri corrucciarono la fronte, disapprovando al pari delle maestre e delle mamme dei bambini. Probabilmente nella loro ottica adesso dovevo apparire più come Cappuccetto Battona. Per fortuna, mio padre quella mattina non mi aveva vista uscire di casa per via di un impegno preso da tempo con un vecchio compagno di università.
   Trovai diversi miei amici già davanti all’entrata del parco, compresi quei miei compagni che si erano mostrati più restii a prendere parte a quella follia. Armata com’era di materiale audio e fotografico alquanto compromettente sulla maggior parte di loro, a quanto pareva Peggy era stata molto convincente nell’esporre i rischi a chi aveva manifestato apertamente la propria volontà di non presentarsi quella mattina. In pratica, ci teneva tutti sotto scacco.
   «Uh, c’è Cappuccetto Rosso!» esclamarono un paio di marmocchietti, venendomi incontro con passo saltellante. Loro, almeno, sorridevano felici. Mi piegai sulle ginocchia per vezzeggiarli, finché uno di loro non mi chiese: «Perché sei in mutande?»
   «Rosalya!» strillai, facendo indietreggiare i bambini con aria spaventata. Balzai in piedi e in poche, nervose falcate raggiunsi la mia compagna di banco, intenta a drappeggiare a dovere un improvvisato mantello sulle spalle di Fata Melody, vestita invece con un bell’abitino celeste pieno di rouches e svolazzi. Diverse bambine le gironzolavano attorno, estasiate dalla sua mise e dalla sua figura aggraziata.
   A differenza loro, non mi lasciai incantare dalla bellezza della fata, tant’è che quasi mi avventai su Rosalya e sputacchiai: «Volevo già chiedertelo l’altra volta: perché non mi hai fatto la gonna?!»
   «Non mi bastava la stoffa», mi spiegò distrattamente lei, continuando nel suo operato mentre Melody lanciava uno sguardo imbronciato al mio abbigliamento poco coprente.
   «Non mi pare il costume più adatto ad una sguattera», non si trattenne dall’osservare, difatti.
   «A me sembra quello di una cortigiana», rimarcò Capucine, ridacchiando malignamente fra sé e sé.
   Le ignorai, infastidita com’ero dalla risposta di Rosalya: era palese che mi stesse prendendo in giro. E aveva persino la faccia tosta di affermare che ero la sua più cara amica, la maledetta.
   Iris mi chiamò da parte e, dall’enorme borsa che aveva a tracolla, mi passò un paio di jeans. «Ho pensato che potessero tornarti utili, anche se mi rendo conto che, in un ipotetico regno medievale, il denim non doveva essere un tessuto molto in voga…»
   L’abbracciai con trasporto e, benché fossi ancora in tempo per tornare a casa e recuperarne un paio dei miei nell’armadio, iniziai ad indossare quelli, certa che così mi sarei risparmiata un’altra sfilata sulla strada – magari pure col rischio che qualcuno mi chiedesse quanto prendessi per le mie prestazioni. Mi stavano un po’ stretti sui fianchi, ma avrei sopportato stoicamente la tortura, lieta di sentirmi infine a mio agio.
   Poco dopo fummo raggiunte da Kentin che, nel suo costume da Cacciatore, adattabile con un po’ di fantasia anche alla figura del mozzo di stalla, non si era curato di rinunciare al fucile. Quando glielo feci notare scosse le spalle. «Lo so, ma ai bambini potrebbe piacere.»
   Così fu, perché tutti i maschietti cominciarono a chiedergli di farglielo vedere da vicino e di provare a tenerlo in mano. Lui li accontentò, specificando con pazienza che si trattava di un’arma giocattolo e che nessuno di loro avrebbe mai dovuto provare altrettanto entusiasmo per una vera.
   In quel momento mi sovvenne che, alla scuola militare, Kentin doveva avere senza dubbio imparato ad usare roba come quella, sia pure a salve. Mi vennero i brividi a pensarci ed io mi sentii stupida per non averlo dato per scontato sin dall’inizio. Odiavo le armi e speravo che lui non si fosse invece scoperto un amante di quella roba. Probabilmente sarebbe stata la prima, vera cosa su cui non saremmo mai andati d’accordo.
   Alcuni bambini esclamarono, a metà fra la paura e l’eccitazione, e quando mi volsi per capire cosa fosse accaduto, vidi arrivare Satana. Beh, non proprio. Evidentemente incapace di vedere il Lupo di Cappuccetto Rosso come un nemico credibile, Castiel si presentò a noi con indosso un completo bianco, sotto al quale non indossava né maglie né camicie. Alcune ragazze della classe non poterono far altro che rimanere a bocca aperta per ciò che metteva in mostra – un bel fisico, tocca ammetterlo, anche se non potei fare a meno di chiedermi se non gli sarebbe venuto un malanno, a girarsene così spudoratamente a torso nudo. Quel matto si era persino munito di forcone e coda finta, e si era tirato indietro i lunghi capelli rossi, fermandoli con un cerchietto dal quale spuntavano due corna da diavolo. Infine, a completare l’opera, una cintura rossa che recava sulla fibbia l’incisione col presunto numero dell’anticristo. Insomma, l’ideale per far morire di paura i bambini. Chissà poi dove cavolo l’aveva presa, tutta quella roba…
   Ci rivolse subito un’espressione soddisfatta e ammiccante. «Ho pensato che, se proprio dovevo abbassarmi a fare questo genere di stupidaggini, tanto valeva cercare di divertirmi.»
   «Spero solo tu non abbia esagerato», commentò Iris, ridendo. Mi venne spontaneo domandarmi come diamine facessero, quei due, ad essere amici. Erano diversi come il giorno e la notte, per la miseria! Anche Castiel e Lysandre lo erano, a ben guardare, tant’è che mi sovvenne un dubbio atroce: quindi, per andare d’accordo con Castiel, bisognava essere lontani anni luce da com’era lui? Mi si contorse lo stomaco al pensiero che, allora, forse non ero poi tanto diversa da quel bulletto da quattro soldi.
   Proprio in quel momento lui mi lanciò uno sguardo, scrutando con aria perplessa quello che avevo addosso. «Ti preferivo senza pantaloni», mi disse poi. «Non che tu sia un granché, comunque», aggiunse, tanto per rendersi simpatico più del solito.
   «Ti si vede la ricrescita», ribattei d’istinto, facendo cenno al colore scuro delle radici dei suoi capelli tinti.
   Mi puntò contro il forchettone, ma Kentin lo intercettò con la canna del fucile. «Ehi, riserva le tue mosse vincenti per il Principe Coniglio, okay?» fu la sua diplomatica opera di persuasione.
   L’accenno a Nathaniel fece tornare il sorriso sulle labbra a Castiel, che abbassò l’arma e si guardò attorno nel tentativo di individuarlo. «A proposito, è già arrivato? Non vedo l’ora di suonargliele.»
   «No», rispose Iris. «In ogni caso, lui e Ambra non sono gli unici a mancare all’appello.»
   «Armin mi ha mandato un messaggio, dicendo che sarà qui a momenti insieme ad Alexy», spiegò Kentin, riportandosi il fucile in spalla. «Lysandre, invece?»
   Castiel fece una smorfia. «Non lo so, ma spero solo che non si sia dimenticato l’ora e il punto d’incontro.»
   «Sempre ammesso che si sia ricordato dell’incontro», ponderai a mezza voce, seriamente preoccupata che le cose stessero proprio così.
   Dovendomi dare ragione, il diavolo dai capelli tinti sbuffò e mise mano alla tasca dei pantaloni chiari, cacciandone fuori il cellulare e allontanandosi per chiamare il suo migliore amico e capire che fine avesse fatto.
   Un’esclamazione di puro orrore provenne dal punto in cui avevo lasciato Rosalya. La voce era proprio la sua, perciò mi voltai appena in tempo per vederla gettarsi su di me come una furia scatenata, e alle mie più che giustificate proteste, spiegò in tono concitato: «Come ti sei azzardata a metterti questo scempio addosso?!» Iris arrossì, dal momento che i jeans erano i suoi.
   «Non posso mica continuare ad andare in giro in mutande!» fu la mia più che legittima giustificazione, tentando di scollarmela di dosso. Con un movimento brusco barcollai all’indietro e finii per cozzare contro Kentin, che mi agguantò per le ascelle prima che potessi crollare a terra.
   Fu allora che Rosalya prese il sopravvento, almeno fino a che non gridò: «Bloccala e aiutami a spogliarla!»
   Non ho idea di quali e quante tonalità di rosso divenne il viso di lui, posso solo dire che iniziò a balbettare qualcosa di confuso, mentre quella pazza scatenata della mia compagna di banco tentava di tirarmi via i jeans con una forza bruta che non le avrei mai attribuita, vista la corporatura molto femminile. Quanto a me, sbottai un’imprecazione talmente colorita che, con grande disappunto dei genitori, fece piangere uno dei bambini intenti ad assistere con divertimento alla scena.
   Mentre la lotta aveva luogo, senza che avessi modo di accorgermene, sopraggiunse la mia salvatrice. «Ah-ehm…» iniziò, schiarendosi la gola. E poiché ero troppo impegnata a scalciare e ad insultare Rosalya per darle retta, fu Kentin ad avvertirmi, riuscendo al contempo ad evitare che una mia gomitata gli frantumasse il setto nasale. Quando la situazione si placò, ci voltammo tutti e tre verso una bella signora dai capelli rossi e dal sorriso sbarazzino: mia madre.
   Trasecolai, sgranando gli occhi. «Che ci fai qui?!» non mi trattenni dal chiederle, facendola ridere.
   «Ho pensato di portarti una cosa», prese a spiegare, continuando ad osservarci con curiosità. «Però quello che vedo mi lascia alquanto perplessa…» commentò. Spostò la propria attenzione sul solo Kentin, che, sotto al suo sguardo, s’irrigidì all’istante. «Giovanotto, anche se mi fa piacere che accompagni spesso mia figlia a casa, non significa che tu sia autorizzato anche a prenderti certe confidenze, con lei», aggiunse mia madre, in tono palesemente divertito.
   Imbarazzato da morire, Kentin mollò la presa così di colpo che io quasi mi sfracellai al suolo. Rosalya ne approfittò per sfilarmi del tutto i pantaloni e li gettò alle sue spalle, inducendo la povera Iris ad acchiapparli al volo prima che potessero sporcarsi toccando terra. Ovviamente, goffa com’era al pari di me, fallì miseramente e travolse Violette, rischiando di mandare anche lei a gambe all’aria, se non fosse stata per la prontezza con la quale Kim l’afferrò per un gomito.
   In quel mentre Castiel tornò da noi, ancora intento ad armeggiare con il cellulare e borbottando contro quello di Lysandre che squillava a vuoto. «Sicuramente se l’è scordato da qualche parte, quell’incantato…» Alzò lo sguardo e si ritrovò davanti mia madre. Inarcò un sopracciglio e atteggiò le labbra in un sorriso sghembo. «Salve…» cominciò con quel suo tono da marpione che mi faceva venire il voltastomaco.
   Mamma corrucciò la fronte, infastidita per il modo in cui lui la guardava. «Mi ricordo di te», disse con voce gelida.
   «Ed io mi ricordo benissimo di lei, mia cara signora», rispose l’altro, forte del fatto che mio padre non fosse presente.
   Ma io sì, tant’è che lo affrontai subito di petto. «Abbassa lo sguardo o ti spacco letteralmente le corna», lo avvertii, afferrando il fucile che Kentin teneva a tracolla per usarlo eventualmente come arma contundente. Peccato solo che, bassa com’ero, non riuscii a sfilarlo dal collo del mio amico e finii per trascinarmi quest’ultimo appresso, costringendolo ad assumere una posa assai buffa.
   Mossa a pietà, mamma si avvicinò a noi, aiutando quel poveretto a riacquistare una postura decente. «Tieni», disse poi, tornando a rivolgersi a me e mettendomi fra le mani un indumento. «È di quand’ero ragazza, dovrebbe starti», mi spiegò, mostrandomi una gonna lunga che si intonava piuttosto bene con la mantella che avevo indosso. «Me ne sono ricordata solo dopo che sei uscita di casa, perciò mi sono messa a cercarla e te l’ho portata. Non sarà all’ultima moda, ma penso possa tornarti utile.»
   Rosalya intrecciò le braccia sotto ai seni e sbuffò, ma io fui così felice che quasi mi misi a piangere e, ringraziandola di cuore, non persi tempo ad infilarla per coprire le gambe fin troppo in vista. Stavo ancora finendo di tirare su la zip quando finalmente i gemelli si degnarono di unirsi al gruppo. Alexy si scusò con noi per il ritardo, ma era stato indeciso fino all’ultimo su cosa potesse portarsi dietro e cosa no; di certo nel borsone sportivo che stava trascinando con una certa fatica doveva aver ficcato un bel po’ di roba sulla quale nessuno preferì indagare.
   Quanto ad Armin, invece… beh, lui sì che ci costrinse a porci serie domande. Si era ammantato con un lenzuolo scuro, sotto al quale aveva indossato quello che ci spiegò essere un cosplay vero e proprio. Ci sfidò ad indovinare quale fosse e s’indignò fortemente quando nessuno lo riconobbe. «Lo strigo!» esclamò. E poiché per noi fu come se avesse parlato turco, alzò gli occhi e le braccia al cielo con fare esasperato. «Geralt di Rivia! The Witcher! Nessuno ci gioca, qui?!»
   Lo ignorammo bellamente, anche perché dietro di lui comparvero altre quattro figure: Ambra, che avanzava trionfante in uno sfarzoso abito turchese, il cui bellissimo strascico era sorretto dalle sue inseparabili amiche del cuore, Li e Charlotte. Al seguito, c’era un seccatissimo Nathaniel, che evidentemente aveva dovuto aspettare i comodi di sua sorella prima di poter uscire di casa.
   Non appena ci vide, Ambra s’impettì, lasciando ballonzolare ciò che si poteva vedere attraverso l’ampia scollatura del corpetto. Avvertii nitidamente qualcuno deglutire a vuoto e, d’istinto, occhieggiai verso Kentin che, però, fissava la scena con aria annoiata, esattamente come me. Guadagnò ulteriori punti, ai miei occhi.
   «Dove cavolo eravate finiti?» volle sapere Rosalya, che smaniava dalla voglia di mettere le mani addosso a qualcuna di noi per agghindarci a dovere.
   «Le principesse si fanno attendere», rispose Ambra in tono vellutato, divorando con gli occhi la figura di Castiel, i cui addominali scolpiti erano in mostra quanto le poppe di lei. Ed io che mi ero preoccupata per le mie gambe…
   «Ma non doveva essere uno spettacolo per bambini?» s’interessò di sapere giustamente mia madre che, braccia conserte, osservava con fare critico quei narcisisti che sembravano quasi gareggiare per chi dei due dovesse mettersi maggiormente in mostra.
   «Buongiorno, signora», la salutò educatamente Nathaniel, approfittando del suo ruolo nella recita per inchinarsi a lei proprio come avrebbe fatto un principe. Con gran disappunto di Castiel, non aveva indossato il costume da coniglio che aveva dovuto mettere per l’evento scolastico di qualche tempo prima. Era invece riuscito a recuperare quello che, con poco tatto, Armin definì l’abito della Prima Comunione, facendoci ridere tutti. Nathaniel lo fulminò con lo sguardo, ma non rispose alla provocazione.
   «Li!» esclamò poi Rosalya, piombandole alle spalle come un avvoltoio. «Aspettavamo te per il trucco!» Ah, avevamo pure la truccatrice? Lo scoprii in quel momento, ma forse avrei dovuto rendermene conto, visto che l’amica di Ambra portava con sé uno di quegli enormi beauty-case dalla struttura rigida che avrei creduto di poter vedere soltanto ad un’estetista o ad un truccatore professionista.
   «Mi metto subito all’opera», rispose lei, avvicinandosi subito a Melody, che invece era comprensibilmente distratta dall’avvenenza di Nathaniel. «Ambra l’ho già truccata, quindi farò in fretta.»
   «Eh, già», osservò Kentin, un sorriso beffardo sulle labbra. «Si sa che per Ambra, invece, ci vogliono più passate di stucco per coprirle la faccia.» Non fosse stato per la presenza degli altri, probabilmente lo avrei baciato. Anche Castiel rise per la sua battuta acida, e persino Nathaniel fu costretto a mordersi il labbro inferiore, dal momento che sua sorella, verde di rabbia, sembrava pronta a saltare alla giugulare di Kentin.
   «Sono arrivati tutti?» mi domandò mamma, richiamando la mia attenzione.
   «Manca Lysandre, il cantastorie», spiegai. «Ricordi? È quel ragazzo che veste con abiti vittoriani.»
   «Oh, sì», annuì lei, sorridendo. «È affascinante, lui.»
   «Davvero», confermai d’istinto. Diverse paia d’occhi si fissarono su di me, due delle quali piuttosto contrariate. Sbuffai, vagamente imbarazzata. «Beh, sfido chiunque a non trovarlo affascinante», dissi, puntellando le nocche delle dita sulle anche. Nessuna delle altre ragazze obiettò e mia madre rise. «Appunto.»
   «In realtà manca anche Peggy», ci informò Kim, intromettendosi per la prima volta nei nostri discorsi.
   «Prima ci fa scomodare per tutta quest’assurdità proposta da lei e poi non si presenta?!» sbraitò Castiel, agitando pericolosamente il forcone a mezz’aria. «L’ammazzo!»
   «Calma», lo rabbonì Kim, mostrandogli il proprio cellulare. «Mi ha chiamata poco fa, dicendomi che sta arrivando.»
   «Spero che abbia una buona scusa», borbottò ancora l’altro.
   «Sì, beh…» ridacchiò lei. «Sta facendo tardi perché è andata a recuperare il tuo amico affascinante», spiegò con un’alzata di spalle. «Pare che Lysandre si fosse dimenticato che l’appuntamento era qui e non a scuola.»
   «Almeno s’è ricordato dello spettacolo», osservò Alexy, ridendo.
   Due minuti dopo, infatti, arrivarono entrambi di gran carriera e, per di più, col fiatone. Ciò non impedì a Peggy di prendere immediatamente in mano le redini della situazione, tant’è che, dopo un rapido e rigido appello che ci riportò orribilmente alla memoria il regime del Terzo Reich, ci ordinò di marciare oltre l’ingresso del parco, nel quale già diversi bambini, con genitori al seguito, si stavano scatenando in giochi di vario genere perché annoiati dalla lunga attesa.












Abbiate pazienza, gestire tanti personaggi non è un'impresa facile. @_@ Tanto più che alcuni non sono propriamente disposti a farsi addomesticare.
Col prossimo capitolo, che spero essere anche l'ultimo, dovrebbe finalmente aver luogo la recita. Come ho già detto a qualcuno, anche se qui la Dolcetta ha avuto più spazio, durante lo spettacolo dovrebbe invece tornarsene beatamente in disparte perché non ci tiene ad essere al centro dell'attenzione; e comunque il suo ruolo all'interno della recita è marginale, quindi si spera che se ne stia buona - questo dipende anche da come si metteranno le cose a causa degli altri personaggi intenti ad improvvisare un copione che non esiste. In ogni caso, non mi assumo responsabilità. :'D
Grazie a chiunque abbia letto, recensito e/o aggiunto la presente fra le preferite/ricordate/seguite. :*
Shainareth





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Capitolo 4
*** Capitolo quarto ***





RIUNIONE DI CLASSE - CAPITOLO QUARTO




Fu divertente, nonostante tutto.
   Quelli che non erano impegnati nella recitazione si occuparono di rifinire i costumi e di issare tre lenzuola fra gli alberi. Su di esse, durante l’attesa, Violette aveva disegnato, alla buona e con l’ausilio di alcune bombolette spray, le scenografie principali: il Regno Pacifico, l’Antro del Malvagio e, infine, un semplice paesaggio all’aria aperta, da sfruttare per le scene che si sarebbero svolte durante gli spostamenti da un luogo all’altro. Anche se erano soltanto abbozzate, rispetto a quelle molto più curate dello spettacolo scolastico, bisognava riconoscere a Violette un vero e proprio talento artistico.
   «Ricordatevi la trama a grandi linee», cominciò ad istruirci Peggy, cercando di ignorare le pose plastiche da supercattivo che Armin stava assumendo per far divertire i bambini. «Anche stavolta Charlotte si occuperà della narrazione degli eventi, interpretando la voce fuori campo.» Lo sguardo complice che Ambra e la sua amica si scambiarono ci mise vagamente in allarme. «Io invece mi occuperò della visione d’insieme, intervenendo laddove ce ne sarà bisogno. Mi raccomando», aggiunse poi, pronunciando le ultime due parole con un tono tanto minaccioso quanto l’espressione che rivolse ad Armin, costretto a rinunciare al suo personale momento di gloria per tornare a prestarle attenzione. «Parlate a voce alta, scandite bene le parole e… niente colpi di testa.»
   Nel dirlo, inchiodò gli occhi sul Principe e sul Malvagio, rei di essere i primi casinisti quando si trovavano a confronto. Per quel che mi riguardava, avrei esteso quella raccomandazione soprattutto alla Principessa e alle sue grazie che minacciavano di esplodere, strizzate com’erano nel corpetto ornato di pizzi e perline.
   «Voi due», riprese Peggy, rivolgendosi a me e Kentin, «sarete soltanto delle figure di supporto, nel qual caso ci sia bisogno di qualche personaggio in più, oltre ai cinque principali.» Sperai di cuore che nessuno mi avrebbe chiamata in causa. Ambra e Castiel difficilmente l’avrebbero fatto. Anzi, forse la prima sì, ma solo per mettermi in ridicolo.
   «Un’ultima cosa: ricordatevi che il nostro pubblico è formato quasi esclusivamente da bambini.»
   Questa precisazione non era del tutto corretta, dal momento che, oltre a loro, erano presenti anche i genitori, alcuni maestri e tutti quei passanti che, curiosi, avevano iniziato a soffermarsi nelle vicinanze per capire cosa diavolo stessimo combinando. Oh, e poi c’era mamma, che aveva deciso di godersi lo spettacolo a scapito della mia reputazione. Yu-uh.
   «Pertanto», stava dicendo Peggy, «sono tassativamente vietati: parolacce, frasi troppo crudeli e doppi sensi di alcun tipo.»
   «Quindi non possiamo neanche fare battute sulle corna del Cantastorie?» s’informò Alexy, occhieggiando in direzione di Lysandre che, in preda ad un folle e discutibile estro creativo, anziché presentarsi con i suoi soliti abiti demodé, che si sarebbero comunque adattati piuttosto bene alla recita, aveva optato per il vecchio costume da cervo che aveva indossato per quella di Cappuccetto Rosso. E sì che all’epoca mi aveva detto di trovare il suo ruolo interessante, ma evidentemente non avevo ben compreso in che misura lui lo reputasse tale.
   «In realtà, se avessi saputo che Nathaniel non aveva intenzione di mettere quello da coniglio, glielo avrei chiesto in prestito», chiarì Lysandre stesso, dando prova di saper stare agli scherzi. O di non capirli? Boh. In ogni caso, nessuno si azzardò a commentare, a parte Nathaniel che si propose di regalargli più che volentieri quel ridicolo costume da roditore.
   «Oh, prima che mi dimentichi», intervenne Armin, mettendosi a frugare nel borsone che aveva portato suo fratello. «Immaginavo che il Principe si sarebbe presentato avventatamente senza una spada, perciò mi sono premurato di portarla io per lui», spiegò, cacciandone fuori una. Alquanto futuristica, dal momento che era di forma cilindrica ed era formata da un’impugnatura argentata e da un lungo tubo fosforescente lì dove avrebbe dovuto esserci la lama. «Occhio», disse a Nathaniel, consegnandogli quell’aggeggio, «è una spada degli Jedi. Controlla le emozioni o passerai al lato oscuro della Forza.»
   «Ci passerò molto presto, temo», lo avvertì quello con un sospiro, accettando tuttavia il prestito.
   «A questo punto il mio fucile, più che all’avanguardia, diventa anacronistico», osservò divertito Kentin.
   «Se avete finito con le sciocchezze, proporrei di iniziare», tornò a prendere parola Peggy, dandoci uno sguardo panoramico. «Ognuno ai propri posti: i buoni nel regno dei buoni, i cattivi nel regno dei cattivi.»
   «E noi?» domandai, tanto per scrupolo.
   «Partite come Sguattera e Scudiero, quindi…», rispose distrattamente l’altra, dando una scorsa al suo quaderno degli appunti, «suppongo tra i buoni. Detto questo», aggiunse poi, alzando di nuovo lo sguardo, «Charlotte, trova una posizione dalla quale tu possa essere udita da tutti. Lysandre, mettiti accanto a lei.»
   Ciascuno di noi obbedì, alcuni malvolentieri, altri più ben disposti ad assecondare quella follia. Per evitare di sporcarci se ci fossimo seduti in terra, Kentin ed io ci accucciammo su una delle lenzuola non impiegate per l’allestimento scenico, e da lì iniziammo ad osservare lo svolgersi degli eventi. Tanto per cominciare, ci sarebbe stata la scena delle nozze fra il Principe e la Fata. Almeno in teoria.
   Inaspettatamente, la voce di Lysandre si levò limpida e chiara, inducendo tutti a tacere e ad ascoltare con espressione incantata quanto il Cantastorie vestito da cervo aveva da raccontare insieme alla narratrice della nostra fiaba improvvisata. Che cominciò così:
   «C’era una volta, in un pacifico regno lontano, una bellissima Principessa dai boccoli dorati e dagli splendenti occhi azzurri.»
   «Non sono certo le prime cose alle quali si fa caso», notò con aria annoiata Kentin, inducendo anche me a fissare il corpetto dell’abito di Ambra, che iniziò a farsi avanti e a mettersi in mostra neanche fosse stata ad una sfilata d’alta moda. Sarebbe stato divertente se il tessuto l’avesse tradita, cedendo e svergognandola davanti a tutti.
   «Questa meravigliosa e leggiadra creatura», stava continuando Charlotte, narratrice palesemente di parte, «era la fanciulla più amata del regno e le sue virtù erano note in tutto il mondo, tanto che persino re, principi e sovrani provenienti da terre lontane si recavano sovente da lei per chiederla in sposa.»
   «Cerca di tagliar corto», si sentì borbottare Castiel che, dall’Antro Malvagio, osservava le moine di Ambra con le braccia conserte e un’espressione tutt’altro che ammirata.
   «Tuttavia», riprese Charlotte, con voce lievemente stizzita, «poiché la sua bellezza e le sue incommensurabili qualità erano anche oggetto di invidia da parte delle altre donne del regno, la povera Principessa Ambra era stata maledetta dalla gelosissima Fata Melody…»
   «Ehi!» protestò la vera poveretta della fiaba, guardando indignata la nostra compagna di classe.
   Che tuttavia non si lasciò distrarre e proseguì: «…che aveva gettato su di lei un incantesimo crudele, rendendo il cuore di quella splendida fanciulla inaccessibile a tutti gli uomini meno che ad uno: il Malvagio Castiel, l’unico che con un bacio d’amore avrebbe potuto renderla libera di innamorarsi.»
   «Che cazzo di incantesimo è?!» non si trattenne dall’esclamare Castiel, mentre Nathaniel ruotava gli occhi al cielo e Peggy richiamava il Malvagio per l’essersi lasciato andare ad una parola poco fine davanti ai bambini. Quello non se ne curò e, anzi, facendo cenno col capo in direzione di Ambra, aggiunse: «Per quel che mi riguarda, può rimanere zitella.» Qualcuno, anche fra il pubblico, rise. Meno male.
   «Me la ricordavo diversa, la trama», ragionò Lysandre, portandosi uno zoccolo al mento con fare pensieroso e mettendo in discussione una volta di più la propria memoria ballerina.
   Charlotte lo ignorò e proseguì imperterrita per la propria strada. «La bella Principessa aveva un fratello, il biondo Principe Nathaniel», annunciò, mentre finalmente lui faceva qualche passo in avanti per mostrarsi a tutti.
   Una bambina trotterellò nella sua direzione, facendo irruzione in scena e chiedendogli a voce alta: «Ce l’hai la fidanzata?» Lui rise, come buona parte di noi, ma gli fu risparmiato di risponderle, perché la sua mamma accorse per riportarla fra il pubblico.
   «Egli era un nobile dall’animo valoroso», riprese Charlotte, quando la maggior parte delle risate si furono placate, «ma il suo buon cuore era stato plagiato dalla negativa presenza della Fata Melody, della quale il Principe era innamorato.» Nonostante il palese imbarazzo, la Fata marciò in scena con espressione tutt’altro che felice, mentre i nostri piccoli spettatori esclamavano ammirati per la sua bellezza, infischiandosene quindi del fatto che fosse cattiva. «I due giovani avrebbero dovuto sposarsi molto presto, così che Fata Melody avrebbe potuto mettere definitivamente le mani sul Regno Pacifico in qualità di Regina.»
   La povera Melody strinse le labbra con stizza e Nathaniel la consolò tacitamente porgendole una mano, sulla quale lei posò la propria, arrossendo e lasciandosi infine andare ad un sorriso intimidito. Ambra si schiarì rumorosamente la voce e Charlotte ricominciò a parlare.
   «Tuttavia, proprio alla vigilia delle loro nozze, accadde quella che, a prima vista, apparve come la più terribile delle disgrazie: come un manto d’ombra, l’oscurità avvolse il Regno Pacifico.» Peggy fece freneticamente cenno a Castiel e Armin di avanzare in scena e tutti e due si mossero, il primo con passo svogliato, l’altro volteggiando come un condor e atteggiando il lenzuolo scuro che aveva indosso a mo’ di ali nere. «Il prode Principe Nathaniel si fece subito avanti per contrastare la minaccia, ma il Mago Armin lo disarmò con un incantesimo», continuava Charlotte, aspettando che gli attori in scena mimassero ciò che lei raccontava, prima di proseguire.
   Nessuno di noi, comunque, aveva fatto i conti con la fantasia di Armin, che dapprima si esibì in una risata spettrale, degna del peggior cattivo del cinema, e poi, per contrastare il banale attacco laser del Principe, urlò a pieni polmoni: «FUS RO DAH!» Sobbalzando per la sorpresa, Nathaniel sgranò gli occhi e Armin ne approfittò per dare un calcio alla spada che volò via.
   Kentin rise. «Questo l’ha rubato da Skyrim», mi spiegò sottovoce, illuminandomi al riguardo.
   «Fata Melody, dotata anch’ella di poteri magici, non rimase certo a guardare», ricominciò Charlotte, con un’espressione che lasciava ben intuire come anche lei fosse rimasta perplessa dalla trovata del nostro compagno di classe. «E così riuscì almeno a salvare la vita dell’amato Principe, innalzando uno scudo magico fra lui e il Mago Armin.» Stupendo tutti, Alexy improvvisò un saltello in scena e lasciò cadere su Nathaniel un ritaglio piuttosto grande di organza color porpora, prima di tornare dal resto del gruppo e ricevere il cinque da Peggy per quel colpo di genio.
   «Si sono organizzati davvero bene», ragionai, ammirata dalla prontezza dei riflessi dei nostri compagni di classe.
   «Ma è uguale al Mago!» esclamarono alcuni bambini, additando Alexy con aria curiosa ed entusiasta.
   Nel tentativo di riportare un po’ di ordine, Charlotte fu costretta ad alzare di nuovo la voce. «Approfittando di quella distrazione, il Malvagio, ma bellissimo Castiel si fece avanti e rapì la bellissima Principessa Ambra.» Quella dunque era l’unica cosa che, al momento, era rimasta immutata all’interno della trama originale concepita a grandi linee da Peggy – che però sembrava non disapprovare del tutto quelle modifiche.
   Castiel sbuffò e si portò davanti ad Ambra. Si guardarono negli occhi per diversi istanti, in silenzio, poi lei, cercando di mantenere un certo contegno, ringhiò fra le labbra: «Che aspetti?! Rapiscimi!»
   Rassegnandosi all’inevitabile, dopo essersi lasciato andare ad un lungo sospiro, lui le passò un braccio attorno alla vita e l’attirò a sé in un gesto brusco, ma abbastanza virile da strapparle un gemito talmente equivoco che lasciò ammutolita metà dei presenti in scena – Armin, Kentin ed io, invece, quasi ci rotolammo in terra per le risate. Terrorizzato, Castiel mollò subito la presa e le puntò contro il forcone, portandosi preventivamente a distanza di sicurezza e provocando il divertimento degli spettatori più grandi.
   Rossa in volto, Ambra batté il piede in terra. «Devi rapirmi, non attaccarmi!»
   «Allora cerca di controllare gli ormoni, dannata oca!» ribatté giustamente l’altro.
   «Rispettate il copione!» li riprese Peggy irritata, cercando di rimetterli in riga.
   «Non abbiamo un copione, purtroppo», protestò Melody, seriamente infastidita dalle manie di protagonismo di Ambra e dal fatto di essere costretta a passare per la cattiva, quando in realtà gli accordi erano molto diversi.
   Ne seguì un alterco che Lysandre fu costretto a censurare con il canto, proteggendo così le orecchie innocenti degli spettatori più giovani. Durante la sua esecuzione canora, comunque, Castiel riuscì a prendere malamente Ambra per un polso e a trascinarla con violenza verso l’Antro del Malvagio, dove la lasciò andare di colpo, spingendola in avanti. Lei inciampò e quasi cadde, ma l’imprecazione che le scappò di bocca per fortuna fu sovrastata dalla forza della voce del nostro abile Cantastorie.
   Quando lui tacque, Castiel tornò a rivolgersi agli altri attori. «Ora, Principe Coniglio…»
   «Nathaniel!» ruggì lui, aggrovigliandosi nell’organza nel tentativo di liberarsi. «Principe Nathaniel!»
   «Sì, va beh», lo liquidò l’altro con un vago gesto della mano. «In ogni caso, se vuoi indietro quella piattola di tua sorella, dovrai cedere a me il tuo bel regno!»
   «Che vuol dire piattola?» si sentì domandare da una vocina infantile dispersa fra il pubblico.
   «Charlotte!» si lagnò Ambra, tornando a pestare un piede in terra con fare contrariato.
   «Oh!» si riscosse quella, riprendendo la narrazione dal suo punto di vista. O meglio, dal punto di vista della sua amica. «Il Malvagio Castiel rapì la bella Principessa e sfidò il Principe Nathaniel: gli avrebbe restituito la Principessa solo in cambio del Regno Pacifico.»
   «Fossi in te, gli direi di tenersela», commentò disinteressatamente Armin che, dimentico del suo ruolo di Mago nemico, si permise di dare un consiglio a Nathaniel. Questi lo scacciò verso l’Antro del Malvagio, fingendo di prenderlo a calci e suscitando il divertimento dei bambini.
   «Mio amato Principe!» prese di colpo parola Melody, emozionata come una marmocchietta in procinto di recitare la poesia di Natale davanti ai parenti. «Non potete cedere al ricatto di quel losco figuro! Dobbiamo andare a salvare vostra sorella dalle grinfie del Malvagio Castiel!» Per lo meno, nonostante gli intoppi e le sorprese, si sforzava di mantenersi fedele alla trama originale. Almeno lei.
   «L’ignara e cattiva Fata», la interruppe Charlotte, attirandosi l’ennesimo sguardo contrariato da parte sua, «sapeva perfettamente che la chiave per sciogliere l’incantesimo stava proprio nel bacio d’amore che il Malvagio Castiel avrebbe potuto dare alla meravigliosa Principessa Ambra durante la sua prigionia.»
   «Sottolinealo meglio, quel condizionale!» l’avvisò lui, agitando con fare minaccioso il forcone, mentre alle sue spalle Armin ridacchiava e infastidiva Ambra, punzecchiandola con la doppia spada laser dei Sith che nel frattempo aveva tirato fuori dal borsone di suo fratello.
   «Hai ragione, Fata Melody», intervenne Nathaniel, cercando di sedare gli animi. «Non posso lasciare mia sorella in una situazione di così grave pericolo. Partirò immantinente per l’Antro del Malvagio e lo sfiderò a duello.» Si voltò nella nostra direzione ed esclamò: «Mio prode Scudiero!» Pur preso in contropiede, Kentin scattò sull’attenti. «Sella il mio destriero!»
   «Ne abbiamo uno?» s’interessò di sapere allora, allungando il collo verso coloro che rimanevano dietro le quinte. Non si fecero cogliere impreparati, perché Alexy gli lanciò una mazza di scopa alle cui estremità erano stati attaccati un foglio di carta su cui era stata abbozzata una testa equina e alcune striscioline di stoffa che dovevano rappresentare la coda. Kentin l’afferrò al volo, ma faticò a trattenere le risate quando la passò a Nathaniel, dicendo: «Ecco, mio signore: il vostro destriero è pronto.»
   Lui glielo tolse di mano con malagrazia, mentre dall’Antro del Malvagio si sentiva nitidamente qualcuno sghignazzare immaginando già la scena di vederlo ridicolizzato in groppa ad una mazza di scopa. Ferita nell’orgoglio, la mente di Nathaniel ebbe un colpo di genio e lui ributtò l’improvvisato cavallo addosso a Kentin, che se ne tornò al suo posto. «Fata Melody!» esordì il Principe con uno stato d’animo più leggero. «Con i vostri poteri potremo certo volare fino all’Antro del Malvagio!»
   Quella aprì la bocca per rispondere, ma la voce di Charlotte l’anticipò. «Il Principe era in errore, perché, come Fata Melody ebbe modo di spiegargli, nessuno era in grado di avvicinarsi all’Antro del Malvagio per mezzo della magia. Il potente Mago Armin, infatti, aveva eretto molti potenti incantesimi a protezione della dimora del Malvagio Castiel e pertanto il Principe Nathaniel e la sua crudele promessa sposa ci avrebbero messo molto, molto tempo prima di riuscire a giungere a destinazione.»
   «Poche chiacchiere, non ho alcuna intenzione di passare la vita ad aspettare quei due», vociò Castiel, visibilmente seccato. «Se non mi lasciano il Regno Pacifico, ammazzo la piattola.»
   «Castiel!» urlò Peggy, dal momento che non era proprio il caso di spaventare i bambini. Loro, però, sembravano trovare la faccenda interessante, tant’è che non diedero alcun segno di paura. Uno si offrì persino di baciare la Principessa Ambra al posto suo.
   «Accomodati», rispose l’altro, con noncuranza.
   «Dovremo affrontare un lungo viaggio, a quanto pare», tornò a parlare Nathaniel, in tono provato. Si voltò di nuovo verso di noi e sorrise, facendomi rabbrividire. «Mia cara Cappuccetto Rosso», cominciò con un preoccupante schiocco di labbra che indusse Kentin a corrucciare la fronte. «Vorresti venire con noi?»
   «E di che utilità potrei mai essere, mio signore?» mi arresi a rispondere, cercando un modo per sviare la sua attenzione da me.
   «Vista la situazione di grave pericolo in cui si trova il nostro amato regno», mi spiegò Nathaniel, «abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile.»
   «Sì, ma mi pesano le caviglie», mi scappò di bocca, lasciandolo attonito e facendo ridere gli altri, pubblico compreso. Non avevo alcuna intenzione di buttarmi nella mischia e, anzi, preferivo rimanermene a prendere polvere sullo sfondo, come un banale oggetto scenico.
   «Sono certo che la tua forza d’animo vincerà qualunque debolezza fisica», insistette il Principe, cercando di convincermi con lo sguardo a dare una mano a lui e Melody.
   Col cavolo.
   «Vorrei tanto», presi a dire, sforzandomi di assumere un’espressione sofferente, «ma sono in travaglio.» Solo dopo mi resi conto di ciò che m’ero inventata e, ridendo, agguantai la prima cosa che trovai sotto mano e me la posi sotto la mantella, mimando un pancione, mentre Nathaniel, Kentin e Melody mi fissavano sbigottiti.
   Quest’ultima fu la prima a recuperare e ad improvvisare la battuta successiva. «Mio amato Principe, dovremo contare solo sulle nostre forze!»
   «Ma… Ma…» farfugliò Nathaniel, sforzandosi di superare la sorpresa. «Non ce la faremo mai, da soli!»
   Fata Melody strinse le labbra, indispettita. «Chiamate il vostro scudiero, allora!» sbottò, intrecciando le braccia al petto. «Di sicuro sarà più utile di una sguattera incinta!»
   «E dovrei battermi con Castiel?» ragionò a mezza voce Kentin, facendosi prendere dall’ansia di doversi scontrare con lui una seconda volta, sia pure solo per finta.
   «Che cacasotto…» sghignazzò il Malvagio, subito ripreso aspramente da Peggy, che gli tirò appresso una scarpa. Non sua, ma della povera Iris, che uggiolò e implorò Castiel di ridargliela.
   A quell’insulto, Kentin si risentì e fu quasi sul punto di balzare in piedi, ma lo trattenni per un braccio. «Non cogliere le provocazioni, se non vuoi renderti ridicolo quanto loro», gli rammentai.
   «Allora?» lo incitò Armin con un sorriso dispettoso. «Non vieni a batterti con noi, valoroso Scudiero?»
   «Non posso», esclamò lui, cercando di trovare una scusa che potesse aiutarlo ad evitare la propria entrata in scena.
   «E perché?»
   «Devo assistere mia moglie durante il travaglio!» rispose deciso, afferrandomi per le spalle. Mi voltai a fissarlo con tanto d’occhi, mentre Nathaniel ruggiva di sdegno. La sicurezza di Kentin vacillò. «Beh… oh! È al primo parto e sono ben sei coppie di gemelli!»
   «Calma!» vociai terrorizzata alla sola idea. «Sono io quella che deve scodellarli!»
   «Sc-Scusa…» balbettò lui, rosso in volto per l’imbarazzo e la mortificazione. Ciò nonostante, il pubblico più adulto manifestò un certo divertimento e persino il Malvagio e il suo compare Mago si guardarono ridendo.
   Lysandre intonò una ninnananna.
   «No, aspetta! Non ho ancora partorito!» lo interruppi, spaventata all’idea che poi fossi costretta a seguire il Principe e la Fata fino all’Antro del Malvagio.
   Le proteste di Ambra superarono in potenza tutto il vociare che si era levato attorno a lei. Gli spettatori l’avevano dimenticata e ciò non andava affatto bene. «Charlotte!» chiamò per l’ennesima volta, ricordandomi spaventosamente Ash che invoca il fido Pikachu.
   Quella si riebbe dallo stato di stupore in cui era piombata in seguito a tutte le nostre improvvisate e riprese in mano la narrazione. «E fu così che, soli e abbandonati a loro stessi, il Principe e la Fata intrapresero il lungo viaggio verso l’Antro del Malvagio.»
   Ce l’avrebbero fatta a salvare il Malvagio Castiel dalle grinfie della bella e capricciosa Principessa Ambra?
   No, cioè.
   Ce l’avrebbero fatta a salvare la bella e capricciosa Principessa Ambra dalle grinfie del Malvagio Castiel?












Ordunque! Non avevo idea che avrei aggiornato tanto in fretta, ma l'ispirazione è imprevedibile. Soprattutto, mi costringe a scrivere più di quanto sarebbe nelle mie intenzioni. I due capitoli che avevo previsto inizialmente, a quanto sembra, sono già diventati cinque. Spero che il quinto, appunto, sia l'ultimo. *Incrocia le dita*
Annuncio che nei prossimi giorni sarò impossibilitata a scrivere, perciò rimando la chiusura al prossimo fine settimana. Mi scuso per l'intoppo.
Nel frattempo vi ringrazio di cuore per essere arrivati fin qui con la lettura di questa stupidaggine e per averla persino aggiunta fra le storie preferite/ricordate/seguite. Ci vuole coraggio! ♥
Buona serata e buon fine settimana a tutti! :*
Shainareth





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Capitolo 5
*** Capitolo quinto ***





RIUNIONE DI CLASSE - CAPITOLO QUINTO




Di una cosa il pubblico non avrebbe mai potuto accusarci: della mancanza dei colpi di scena.
   Mentre me ne stavo bel bella nel mio angolino, nei panni di Cappuccetto Rosso in versione Sguattera del castello, stipata in quella sorta di stalla improvvisata a fingere un travaglio con il solo supporto dello Scudiero del Principe, nonché, a quanto pareva, mio marito e padre dei miei dodici figli… Mi sono persa. Va beh, mentre cercavo di rimanere il più lontano possibile dalle scene principali di quella recita sui generis, ecco che iniziava a profilarsi l’ennesimo evento non previsto.
   «Nell’Antro del Malvagio», ricominciò a raccontare Charlotte, la narratrice della fiaba, «mentre il Principe Nathaniel e la sua promessa sposa si preparavano ad affrontare il lungo viaggio per salvare la povera Principessa Ambra, quest’ultima languiva in una grotta oscura, soggiogata dagli incantesimi del Mago Armin, ma soprattutto dalla schiacciante forza mascolina del Malvagio Castiel.»
   «Perché mi fa pensare a qualcosa di equivoco, l’ultima frase?» mi domandò Kentin con fare retorico, inducendomi a nascondere una risata sotto al mio cappuccio rosso.
   «Oh, Malvagio Castiel!» improvvisò Ambra, portandosi il dorso di una mano alla fronte con aria avvilita. «Non cederò mai ai tuoi vili ricatti!»
   Lui si permise di corrucciare la fronte e di ribattere: «Quali ricatti?»
   «Potrai avere il mio corpo, ma non avrai mai il mio cuore!» esclamò a gran voce la Principessa, cadendo in ginocchio in una di quelle scene madri che si vedono solo nei cartoni animati.
   Castiel le rise in faccia e le piantò la suola di uno stivale contro la nuca, costringendola ad abbassare ulteriormente il capo. «Non mi interessa un fico secco, di te», le spiegò ancora una volta, tanto per rimarcare il concetto, dal momento che lei pareva non volerlo capire. Umiliata, Ambra uggiolò per la consapevolezza di non riuscire a ribellarsi al suo grande amore. Tra parentesi, al posto suo avrei da tempo spostato il mio interesse romantico da un’altra parte, soprattutto dopo questa palese dimostrazione di disprezzo – l’importante era che continuasse a tenere gli occhi lontani da Kentin, poi, per quel che mi riguardava, poteva pure puntare a tutti gli altri ragazzi del liceo messi insieme, come faceva già Laeti. «Tutto ciò a cui miro è schiacciare quel bellimbusto di tuo fratello», continuò Castiel, perfettamente calato nel personaggio. «Dopo di che, finalmente il Regno Pacifico sarà mio.»
   «Ehi, vacci piano!» gli gridò dietro Nathaniel, prendendo così le difese della sorella non soltanto ai fini della trama.
   Armin ci mise del suo, tanto per complicare le cose. «Mio signore», iniziò, rivolgendosi al Malvagio Castiel, «ho sentito dire che la Principessa Ambra è stata maledetta.»
   L’altro fece una smorfia. «Sì, da me, almeno sei volte al giorno.» Ogni tanto anche lui sapeva essere simpatico, toccava riconoscerglielo.
   Il Mago non si scompose e precisò: «Il suo cuore è inaccessibile a tutti gli uomini, ma se voi le darete un bacio d’amore, potrete ottenere il Regno Pacifico senza alcun bisogno di combattere una guerra: vi basterà prenderla in sposa.» Castiel gli puntò il forcone alla gola e lui deglutì sonoramente. «Era… solo un suggerimento…» balbettò con un mezzo sorriso. «Ma in effetti la guerra è più divertente.»
   «Quel che persino il Malvagio Castiel ignorava», riprese Charlotte, dispiaciuta di vedere la sua amica trattata in quel modo, «era che tra le tenebre del suo cuore di pietra in realtà brillava una luce d’amore.»
   «Non ci provare, donna!» l’interruppe bruscamente lui, pronto a scagliarle contro la propria arma, se fosse stato necessario.
   «Ma di questo ne parleremo più avanti…» tartagliò la narratrice, cercando riparo dietro Lysandre, che non riuscì a nascondere un sorriso palesemente divertito.
   «Mago!» vociò Castiel, smettendo infine di torturare Ambra, che si concesse un sospiro di sollievo non da poco. Dall’espressione del suo viso si vedeva lontano chilometri che fosse delusa e mortificata per il trattamento subito e, nonostante tutto, non potei fare a meno di dispiacermi per lei. «Sono certo che quel dannato principino verrà qui per salvare questa piattola. Prepariamoci a dargli battaglia!»
   «Ai vostri ordini, mio signore!» si mise sull’attenti Armin, come un bravo soldatino. Lanciò uno sguardo ad Alexy, che a sua volta gli strizzò l’occhio e gli mostrò il pollice in su. Che diavolo avevano in mente, quei due svitati?
   Non feci in tempo a pormi altre domande, che la voce di Charlotte tornò a farsi udire da tutti, questa volta con maggior sicurezza di prima. «Non appena il Principe Nathaniel e la Fata Melody si misero in viaggio ed uscirono dal loro amatissimo Regno Pacifico, furono sorpresi dalla notte.»
   «Tanto valeva avviarsi l’indomani mattina», commentò seccato Nathaniel, avanzando stoicamente insieme alla nostra compagna di classe verso il centro dello spazio occupato per lo spettacolo, là dove era stata allestita la scenografia del paesaggio all’aria aperta. Violette ci aveva disegnato su il sole, in realtà, ma i bambini non parvero farci troppo caso.
   «Pertanto», continuava Charlotte, fingendo di non averlo udito, «decisero di comune accordo di accamparsi fino a che la luce del giorno non fosse tornata ad illuminare i loro passi.» I due si volsero a guardarla per capire cosa diamine dovessero fare.
   «Improvvisate!» suggerì Peggy, indispettita per la loro mancanza d’inventiva.
   Il cipiglio corrucciato di Nathaniel lasciava ben intendere che non fosse proprio dell’umore adatto per accogliere quella richiesta, perciò toccò a Melody trovare una soluzione. «Mio amato Principe», cominciò con voce melliflua, «in questa stagione l’oscura notte scende gelida su di noi.» Perché avevo l’impressione di conoscere esattamente ciò che avrebbe aggiunto di lì a poco? «Saremo costretti a rimanere…» l’emozione le spezzò la voce, «…vicini per tutto il tempo.»
   Nathaniel s’irrigidì, mentre io mi mordevo il labbro inferiore. «È per il travaglio o per la gelosia?» mi sentii chiedere d’improvviso. Spostai la mia attenzione su Kentin che mi fissava imbronciato. «Mi stai stritolando la mano», mi fece notare allora, dal momento che gliel’avevo afferrata senza rendermene conto.
   «Non… Non è il momento di fare domande del genere», borbottai risentita, scrollando via le dita dalle sue. La verità era che non ero affatto gelosa di Nathaniel, figurarsi; semplicemente, invidiavo l’inaspettata audacia di Melody che, forte del suo ruolo nella recita, non si dava troppa pena di nascondere i propri sentimenti per l’amato. Oh, beh, io ero incinta di ben sei coppie di gemelli di Kentin, a quanto pareva, quindi in effetti avevo ben poco di che essere invidiosa… Ma non era questo il punto.
   «Nel frattempo», s’intromise inaspettatamente la voce di Rosalya, che si era portata accanto a Lysandre per coadiuvarlo nella narrazione della fiaba, «nel Regno Pacifico, il nobile Scudiero del Principe accusava d’infedeltà la sua sposa in dolce attesa.»
   Kentin ed io sussultammo e solo quando ci voltammo verso di lei, scorgemmo lo sguardo infervorato della nostra amica puntato dritto verso di noi. E Charlotte? Bloccata e trascinata via da Kim e Alexy. Forse ci sarebbero stati persino gli estremi per una denuncia, ma nessuno finse di accorgersene e la cosa mi preoccupò alquanto.
   «Ehi, rispettate la trama!» strillò Ambra, timorosa della nuova piega che avrebbero potuto prendere gli eventi. E, se devo essere sincera, anch’io lo ero: nel suo servilismo nei confronti di Ambra, Charlotte era abbastanza prevedibile; Rosalya, invece, era quella che, per dirla nel gergo di Armin, si sarebbe potuta definire una caotica buona. In soldoni, imprevedibile e per nulla incline a scendere a compromessi pur di portare a termine i suoi propositi – a fin di bene, a suo dire.
   In ogni caso, nessuno si curò di Ambra né di Charlotte né di Li, che cercava invano di accorrere in aiuto dell’amica appena… ehm… rapita. Anzi, fra il pubblico si levò persino una risata che mi lasciò alquanto perplessa. Rosalya, perciò, riprese a parlare. «A questo punto, com’è naturale supporre, c’era da chiedersi se tutti e dodici i bambini nel grembo della gestante fossero del povero Scudiero.»
   «Rosalya!» scattai in piedi, rossa in volto forse più della mia stessa mantella. Non appena mi raddrizzai sulle gambe, l’imbottitura che mi ero messa sotto ai vestiti crollò miseramente a terra. Lysandre tornò ad intonare la ninnananna ed io imprecai. Per lo meno, fu un parto rapido e indolore.
   «Oh, hanno tutti gli occhi verdi del papà!» commentò Fata Melody fra i denti, a testimonianza che qualunque accenno ad un eventuale tradimento del suo amato Principe Nathaniel era in grado di metterla di pessimo umore. Di certo io non la biasimai e, anzi, in cuor mio pensai che avrei dovuto ringraziarla per aver salvato il mio… ehm… matrimonio, suppongo.
   Rosalya la guardò con disappunto. «Al diavolo!» sbottò. «Hai rovinato una svolta potenzialmente interessante!»
   Calciai con furia il lenzuolo che avevo usato come imbottitura verso di lei, ma tutto ciò che ottenni fu di attorcigliarmelo attorno alla caviglia e di rischiare di cadere all’indietro. Kentin mi raccattò appena in tempo e mi sbrogliò da quella situazione, facendo ridere nuovamente il pubblico. «Sono l’unico a temere per quello che succederà d’ora in poi?» mi confidò sottovoce, mentre tornavamo a sederci zitti zitti nel nostro angolino.
   «No, fidati», ringhiai, sentendomi sul punto di sputare fuoco e fiamme.
   «Andate avanti!» si sgolò Peggy, non troppo interessata al fatto che ci fosse stato un cambio alla narrazione delle vicende. «E niente riferimenti vietati a bambini così piccoli!»
   «Mentre i nostri due non troppo fedeli, ma tanto pigri servitori iniziavano a cullare la loro dozzina di pargoletti appena nati», riprese allora Rosalya, lanciandomi indietro il lenzuolo appallottolato, affinché mimassi di avere un bambino fra le braccia, «il Principe e la Fata si stringevano l’un l’altra allo stesso modo, nel tentativo di confortarsi a vicenda.»
   «È una storia per bambini, dannazione!» protestò a gran voce Nathaniel, fingendo di non notare l’imbarazzo di Melody che, per forza di cose, sembrava essere tornata di buon umore.
   «Nell’Antro del Malvagio, invece», lo ignorò a bella posta Rosalya, facendo un ampio gesto con il braccio in direzione di Castiel, Armin e Ambra, «stava intanto avvenendo la più insolita delle conversazioni: la bella Principessa stava cercando di convincere il Mago a passare dalla sua parte con mezzi non troppo leciti.»
   L’improvvisazione non era propriamente fra le nostre migliori qualità. «Trova immediatamente un modo per convincerlo a baciarmi!» starnazzò Ambra, afferrando Armin per il lenzuolo che gli fungeva da mantello e scuotendolo come uno shaker.
   «Ehi, calma!» esclamò lui, cercando di liberarsi dalla sua presa. «Quello mi ammazza, se ci riprovo!»
   «Ma non capisci?!» insisteva l’altra, con gli occhi spiritati, mentre Castiel dimostrava tutto il proprio interesse per la faccenda accendendosi una sigaretta. I genitori dei bambini si indignarono per il cattivo esempio dato ai piccoli spettatori e lui fu costretto a spegnerla subito, borbottando chissà quale imprecazione. «Questa forse è la mia unica possibilità per far breccia nel suo cuore!» stava dicendo ancora Ambra, disperata.
   Armin l’afferrò per i polsi e, con un gesto deciso, se la scollò di dosso. «E io che ci guadagno?» volle sapere, giustamente.
   «Tutto quello che vuoi», rispose senza ritegno la Principessa.
   Chiunque si sarebbe approfittato di quell’offerta dalle molteplici interpretazioni, tant’è che persino Armin cedette. «Voglio il nuovo GTA», stabilì allora. Dopotutto, che altro ci saremmo potuti aspettare, da lui? «Dovrebbe uscire a giorni e l’ho già prenotato da un pezzo, ma sarai tu a sborsare i soldi.»
   «Dannazione, va bene!» acconsentì Ambra, sia pur malvolentieri, visto quanto accidenti costano i videogiochi appena messi sul mercato. «Ma se lui non mi bacia, non se ne fa niente!»
   L’accordo fu siglato con una stretta di mano. Quindi, Armin si avvicinò con fare guardingo al Malvagio Castiel. «Mio signore», cominciò in tono diplomatico.
   «Sparisci, prima che faccia una magia con questo forcone», lo fermò immediatamente quello.
   «Che magia?» s’incuriosì l’altro, aggrottando perplesso le sopracciglia scure. «Sono io, il Mago, qui. Non puoi rubarmi il ruolo.»
   «No?» Castiel sorrise a mezza bocca. «Vogliamo scommettere che posso far scomparire questo affare in un antro segreto del tuo corpo?» propose, rigirandosi il forcone fra le dita.
   «Principessa Ambra!» saltò su Armin, tornando con un balzo da lei. «L’accordo è saltato: tenetevi pure i vostri soldi.»
   «Sei un vigliacco!» l’accusò quella, le mani puntellate contro i fianchi a sottolineare la propria indignazione. «Non sei neanche capace di aiutare una fanciulla in pericolo!»
   «Ehi, quello ha motivazioni più convincenti delle tue!» le assicurò il Mago, additando col pollice Castiel, che se ne rimaneva a fissarli alle sue spalle.
   «Intanto, dopo una lunga notte d’amore passata all’addiaccio», riprese Rosalya, incurante delle espressioni furiose che continuava a lanciarle Nathaniel e dell’imbarazzo con cui Melody si portò entrambe le mani al viso, «il Principe e la Fata ripresero il loro cammino. Erano ormai convinti che ci avrebbero messo tanto, troppo tempo per raggiungere l’Antro del Malvagio… Invece si sbagliavano.»
   «Ah, sì?» s’interessò di sapere Nathaniel, sperando evidentemente che la faccenda si concludesse in fretta.
   Rosalya gli rivolse un sorriso incoraggiante. «Sì, perché loro ignoravano l’esistenza di un altro mago molto potente, la nemesi del Mago Armin: il Mago Alexy!» Con una serie di balzelli degni di un giullare zoppo, Alexy fece irruzione in scena avvolto in un lenzuolo bianco, forse a sottolineare la bontà del proprio animo e della propria magia.
   «Oh, questa, poi!» rise Armin, facendosi avanti per osservare meglio suo fratello.
   «Egli era niente meno che il gemello del malvagio mago al servizio di Castiel», spiegò Rosalya, assumendo un tono pomposo per creare atmosfera. Persino Lysandre intonò una melodia dal sapore mistico. «Tuttavia, il Mago Alexy era buono e generoso e pertanto, vedendo il Principe Nathaniel e la Fata Melody in difficoltà, subito offrì loro i propri servigi.»
   «Una cosa sola chiedo in cambio», esordì Alexy con voce impostata, mentre si portava un braccio contro il petto, stringendosi addosso il mantello e dando quasi l’impressione di essere un senatore romano, più che un mago. «Esigo che mi sia concesso l’usufrutto del vostro valoroso Scudiero.»
   «Cos…?» balbettò Nathaniel, cadendo dalle nuvole.
   «Ehi, definisci meglio usufrutto!» fu invece la protesta che sbottò Kentin, mentre io faticavo a trattenere una risata. Alexy si voltò a guardarlo con un sorriso che era tutto un programma. Lui rabbrividì e precisò: «Ho già una moglie!»
   «Dettagli», liquidò la faccenda il Mago, scrollando le spalle con noncuranza.
   «E pure un figlio!» cercò di difendersi ancora Kentin, abbracciando me e il fagotto di stoffa per enfatizzare il concetto. Persi di colpo la voglia di scherzare e mi sciolsi come neve al sole, strusciando il viso contro il collo del mio sposo. Il quale, a sua volta, strinse la presa e poggiò la guancia contro la sommità della mia testa, crogiolandosi per quel contatto. Aaah, se solo fosse stato tutto vero!
   «Dodici figli!» corresse qualcuno tra gli spettatori, riportandoci tragicamente alla realtà.
   «Quell’abbraccio mi piace poco», commentarono quasi all’unisono Alexy e Nathaniel.
   Intrecciando le braccia sotto ai seni, Melody s’indispettì. «Puoi prenderti lo Scudiero», decise per tutti, facendo cenno verso me e Kentin. «A patto, però, che ti porti appresso pure la Sguattera.»
   «Non la voglio, lei», replicò imbronciato il Mago, le mani strette a pugno sui fianchi spigolosi. «Non saprei che farmene.»
   «Dello Scudiero sì, invece?» s’incuriosì Castiel, fissando la scena con un certo, preoccupante divertimento.
   «Oh, se solo sapessi…» commentò l’altro, sfregandosi le mani e tornando a sorridere a Kentin. Che rabbrividì di nuovo e quasi mi strizzò come un limone per il terrore che lo separassero da me.
   «Non mi lasciare, per nessun motivo al mondo», m’implorò difatti.
   «Piuttosto mi trasformo in un drago e gli do fuoco», gli assicurai, pronta a battermi per lui con le unghie e con i denti, pur di tenermelo stretto.
   Inaspettatamente, invece, Kentin allentò l’abbraccio e si voltò a guardarmi con gli occhi spalancati. «Un drago!» esclamò. E poiché io non compresi al volo la sua idea, m’agguantò per un gomito e si alzò, trascinandomi fuori scena insieme a lui. Non potei seguire il resto degli avvenimenti, benché sentissi Alexy gridare oltraggiato per il ratto dell’amato Scudiero, ma mi ritrovai imbambolata a fissare Kentin che si chinava sul mucchio di indumenti e oggetti scenici scartati per la recita.
   «Che state combinando, voi due?» chiese Iris, avvicinandosi.
   «Movimentiamo un po’ lo spettacolo», spiegò lui, senza tuttavia essere più chiaro. La nostra amica mi lanciò uno sguardo, ma non potei far altro che rispondere con un’alzata di spalle. «Ci sono delle forbici?»
   «Eccole», rispose Violette, passandogliele.
   Kentin le afferrò ed iniziò a ritagliare dei triangoli di stoffa da uno scampolo verde pisello. «Avete del nastro adesivo o qualcosa che possa sostituirlo?»
   La risata di Kim distolse la mia attenzione, spingendomi a curiosare su ciò che stava accadendo in scena. Quel che vidi mi lasciò alquanto disorientata: Alexy si era attaccato ad un lembo della giacca di Nathaniel, chiedendogli incessantemente se non lo preferisse a Melody e se non fosse piuttosto disposto ad unirsi a lui e allo Scudiero in un gioco molto interessante – che il povero Nathaniel pretese di non sapere. Nell’Antro del Malvagio, intanto, Ambra e Armin continuavano a discutere, mentre Castiel, annoiato, s’era procurato una sedia – non so come – e ci si era seduto per rollarsi una nuova sigaretta. Ma davvero a Peggy andava bene che si continuasse così?
   «Ne abbiamo di compagni strani», non potei fare a meno di osservare, mentre seguivo con lo sguardo i movimenti esagitati di Melody che tentava di staccare a forza Alexy dal suo amato Principe.
   Kim mi lanciò un’occhiata carica di significato. «Tu sei una di quelle che dovrebbe solo star zitta», mi rinfacciò.
   La fissai risentita e feci per ribattere, ma qualcuno mi afferrò per la mantella e mi tirò indietro. «Ehi!» protestai, poiché fui ad un passo dal perdere l’equilibrio e picchiare il fondoschiena per terra.
   Lo battei invece contro qualcuno che, alle mie spalle, prese ad armeggiare con il mio cappuccio. «Sta’ ferma», mi ordinò Kentin, impegnato a fare chissà cosa.
   «Vuoi smetterla di fare il misterioso?» domandai, mettendo il broncio come una mocciosa.
   Lui si lasciò andare ad una risatina sommessa. «Se tutto va bene, questo ci risparmierà ulteriori imbarazzi», mi disse in tono convinto, mentre scendeva con le mani dalla mia testa alla mia schiena.
   «Ma stai attaccando qualcosa alla mantella?» insistetti, soprattutto quando Iris, Kim e Violette iniziarono a ridere nell’osservare il suo operato.
   Kentin non rispose subito, ma non appena ebbe finito mi afferrò per le spalle e mi fece voltare verso di sé. «Ascoltami bene», iniziò, puntando un dito per aria, a metà strada fra il suo ed il mio viso. «Da questo momento non siamo più lo Scudiero e la Sguattera.»
   Corrucciai la fronte. «Ah, no?»
   «Adesso siamo un Drago ed il suo Cavaliere.»
   Sperai di aver capito male.
   «Ovviamente il Drago lo fai tu», puntualizzò Kentin. «Ecco perché ti ho attaccato dei triangoli di stoffa alla mantella, così potremo fingere che siano delle placche ossee. Tipo quelle dello stegosauro, hai presente?»
   «Posso azzannarti il dito?» m’interessai di sapere io, piuttosto. Lo vidi arrossire e stringere le labbra con fare imbarazzato, perciò gli schiaffeggiai la mano. «Sempre a pensar male, voi uomini!»
   «Sei tu che parli in modo fraintendibile», lo difese Kim, sempre più divertita dalla scena.
   «L’idea di Kentin mi sembra geniale!» commentò invece Iris, entusiasta come solo una bambina avrebbe potuto essere.
   «Solo una cosa», intervenne Violette, prendendomi di mano il fagotto di stoffa che avrebbe dovuto essere la mia prole. «I draghi rubavano oro, non neonati», ci ricordò con un sorriso.
   Erano tutti contro di me, pertanto, non potei fare a meno di arrendermi. «D’accordo», sospirai in direzione del mio migliore amico, ex-marito ed ex-padre dei miei figli. O potevo ancora considerarlo tale? Dopotutto Ciuchino aveva sposato Draghessa, che gli aveva dato una manciata di… come si chiamavano? Drughini, mi pare. Comunque stessero le cose, mi rassegnai all’idea di dover entrare nuovamente in scena, questa volta con un ruolo che mi avrebbe attirato addosso un bel po’ di sguardi… purtroppo.
   «È per un fine superiore», mi consolò Kentin, mentre io continuavo a guardarlo con aria torva.
   «Sarebbe?»
   «Radiamo tutto al suolo.»
   Ebbi la netta sensazione di non averlo mai amato come in quel momento.












Ed eccomi qui, come promesso! ♥
Come avrete notato, ci sarà un ulteriore capitolo. Sigh. Più cerco di semplificarmi le cose, più i personaggi si ribellano e me le complicano.
Approfitto di queste righe per ringraziare come sempre tutti i lettori e i recensori, ma anche tutti quelli che hanno aggiunto la presente long fra le fanfiction preferite/ricordate/seguite. Non pensavo che foste così tanti, iniziate a farmi preoccupare per la vostra sanità mentale. Nevermind.
Buon pomeriggio a tutti e al prossimo capitolo! ♥
Shainareth





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Capitolo 6
*** Capitolo sesto ***





RIUNIONE DI CLASSE - CAPITOLO SESTO




«Toh», commentò Castiel, non appena ci ripresentammo in scena. «È tornata Pornuccetto Rosso col Cacasotto.»
   «Posso cominciare da lui?» domandai disinteressatamente al mio Cavaliere, piantando due occhi di fuoco proprio su quel disgraziato dai capelli tinti.
   «Porta pazienza, mia giovane Draghessa», iniziò a rispondermi Kentin, allungando un braccio per ostruirmi la strada, affinché rimanessi buona e ferma dov’ero. Nonostante la tolleranza dimostrata, probabilmente per paura di ritorsioni, si vedeva che l’insulto di Castiel gli pesasse non poco.
   Fece per aggiungere altro, ma la sua voce fu coperta da un urlo straziante: Rosalya. Ci girammo giusto in tempo per vederla aggrapparsi con forza ad una delle zampe da cervo di Lysandre, gli occhi spiritati puntati su di me e la bocca spalancata in un rantolo morente. «Avete rovinato il mio costume!» strillò non appena riuscì a ritrovare la voce.
   «Questo costume l’ho pagato di tasca mia, perciò ci faccio quello che voglio», la informai seccata, incrociando le braccia al petto.
   Lei però parve non udirmi e scattò nella mia direzione, pronta probabilmente a schiaffeggiarmi. Lysandre l’afferrò appena in tempo, passandole un braccio attorno alla vita e tirandola verso di sé. «Andiamo, Rosa, la recita è ancora in corso», cercò di farla ragionare, benché lei continuasse ad urlare e a scalciare, come se qualcuno l’avesse oltraggiata oltre ogni dire. «E abbiamo bisogno di una narratrice…»
   «A questo posso provvedere io», si offrì subito Kim, prendendo in mano le redini della situazione con un sorriso dispettoso che non prometteva nulla di buono. Si schiarì la voce e cominciò: «Proprio quando il buon Mago Alexy decise di accorrere in aiuto del Principe Nathaniel e della Fata Melody, ecco profilarsi all’orizzonte una nuova minaccia: un prode Cavaliere in sella ad un Drago potente e… beh, forse un po’ piccolino», valutò, squadrandomi dall’alto come se fossi stata un folletto. Sapevo anch’io di non essere alta, anzi, ma che bisogno c’era di sottolinearlo in quel modo?
   «Cavaliere», s’intromise Armin, con espressione palesemente divertita, «la tua Draghessa è talmente piccina che, se te la ingroppi, rischi di toccare terra coi piedi.»
   «Taci, imbecille!» scattò Kentin, avvampando per l’imbarazzo che ci causò il termine assai fraintendibile adoperato da quel… marrano del nostro amico.
   «Ho cambiato idea, prima faccio fuori lui», ringhiai fra i denti, pronta a rimboccarmi le maniche – che non avevo – per andare a picchiare Armin.
   Quest’ultimo allargò le braccia ai lati del corpo con aria innocente. «E che ho detto mai?» domandò, fingendo di non capire.
   Castiel sghignazzò. «Mago», esordì, dandogli una piccola pacca sulla spalla, «mi sei simpatico.»
   «Ah, sì?» s’interessò di sapere lui, aprendo la bocca in un sorriso. «Quindi mi alzi lo stipendio?»
   «Prima sbarazzati di tutte queste perdite di tempo», pose come condizione il Malvagio, inducendolo a sospirare per la delusione.
   «Sì, ma se non si sbrigano ad arrivare, non posso fare un bel niente», gli fece notare Armin. «A meno che tu non voglia che ti lasci da solo con la Principessa», ponderò, lanciando uno sguardo ad Ambra che, con viso imbronciato, osservava ciò che stava accadendo in silenzio. Il che, lo confesso, mi parve assai strano e, soprattutto, preoccupante: quando stava zitta e buona non era sempre buon segno. Che avesse anche lei qualcos’altro in mente?
   Castiel rabbrividì visibilmente. «Narratrice!» chiamò con voce imperiosa, schioccando le dita. «Sbrigati a raccontare la storia!»
   Kim fece una smorfia infastidita. «Oh, non sono mica la tua serva», gli ricordò, puntellando le nocche delle mani sui fianchi armonici.
   «Una Sguattera c’era», osservò ancora il Mago Armin, facendo cenno con la testa nella mia direzione, «ma s’è digievoluta in un Drago.»
   «Diamoci una mossa, sì?» prese infine parola Nathaniel, anche lui impegnato come sua sorella a fissarci con cipiglio piuttosto seccato. Probabilmente si stava chiedendo cosa diamine avessimo in mente e, per la verità, avrei voluto saperlo anch’io. Perché, toccava riconoscerlo, l’idea di sovvertire ogni avvenimento, all’interno della storia, andava anche bene, ma difettava di un non troppo insignificante dettaglio: occorreva un piano. Mi domandai se Kentin ne avesse uno, visto il suo sguardo serio e fiducioso.
   Kim tornò a schiarirsi la voce. «Ebbene, il prode Cavaliere, in groppa al suo fedele Drago…» riprese a narrare, facendo cenno a Kentin di salirmi sulle spalle.
   «Sei matta? Rischierei di ammazzarla!» la fermò subito lui, anticipando le mie proteste.
   L’altra sbuffò. «Senti, Hiccup», cominciò a dire, stufa di essere puntualmente interrotta. «Qua abbiamo una devastazione in larga scala da mandare avanti, e se non…» Si bloccò quando Violette le passò accanto di corsa, attraversando la scena per venire ad appiccicarmi qualcosa dietro le spalle.
   Kentin rise. «Sei un genio!» si complimentò con lei, facendola arrossire.
   «Ho pensato che così fosse più credibile…» spiegò lei sottovoce, fissando al meglio quelle che, a quanto avevo capito, dovevano essere delle ali di carta improvvisate. Forse non avrei potuto volare davvero, ma almeno avrei avuto un aspetto più minaccioso. Beh, più o meno, visto che di imponente non avevo un bel niente.
   Mentre Violette tornava con discrezione dietro le quinte ed io giravo su me stessa come un cane che cerca di mordersi la coda nel vano tentativo di dare un’occhiata alle ali, Nathaniel tornò a parlare. «Insomma, prode Cavaliere, cosa vuoi?»
   La sua era una domanda più che legittima. Kentin s’impettì e dichiarò: «Sono qui per porre fine a tutti i malefici presenti su questo mondo!»
   Alexy interruppe bruscamente la sua scena madre. «Aspetta un attimo!» lo fermò, seguendo con passo veloce le orme di Violette. Calò il silenzio per alcuni istanti. Poi, come se nulla fosse, quel matto tornò indietro con una lunga striscia di stoffa e, passandomi accanto, mi diede una sonora pacca sul fondoschiena. Castiel fischiò.
   «Bastardo!» urlarono in coro Kentin e Nathaniel, mentre io, pur rossa in volto per quella confidenza inaspettata, mi preoccupavo piuttosto di capire cos’avesse combinato Alexy: con lo stesso sistema usato già da Violet e da Kentin, anche lui aveva attaccato la striscia di stoffa al mio costume, più o meno all’altezza del coccige.
   «La coda!» esclamai allora, tutta contenta. Soprattutto perché sulla punta spiccava un vivace fiocchetto rosa – e pazienza che stonasse di brutto con il rosso della mantella. «In effetti mi mancava, grazie!»
   Alexy rise, divertito soprattutto per la reazione del mio Cavaliere e del Principe, tentati forse di prenderlo a pugni, ma ben consapevoli del fatto che non sarebbe servito a nulla – più che altro per via dei gusti sessuali del nostro amico. «Possiamo riprendere», sentenziò, dando il suo beneplacito a Kentin con un solenne gesto del capo e della mano. «Il nostro bel Cavaliere dagli occhi di smeraldo ci stava dicendo che era giunto fin qui per porre fine a tutti i malefici presenti su questo mondo», lo scimmiottò, impettendosi tutto proprio come aveva fatto lui un minuto prima. «Il punto, però, è che questi malefici sono tutti concentrati laggiù, nell’Antro del Malvagio», argomentò poi, allungando un braccio in direzione di Castiel, Armin e Ambra. «Anche noi stiamo andando là per fare piazza pulita. Quindi le cose sono due: o tu e il tuo Drago aspettate il vostro turno oppure vi unite a noi e, già che ci siamo, prendiamo tutti posto in groppa al Drago, così saremo sicuri di arrivare in un batter d’occhio, vista la possanza e la notevole apertura alare di questa splendida bestia», concluse, prendendomi una guancia fra le dita, pizzicandomela e tirandomela come se avessi avuto grossomodo la stessa età dei bambini presenti fra il pubblico.
   «Vuoi toglierle le mani di dosso?» protestò Kentin, infastidito dalla confidenza che Alexy continuava a prendersi con me.
   Ridacchiando, lui rispose: «Vuoi che le metta addosso a te?»
   Con un balzo, il Cavaliere fu alle mie spalle e, passandomi un braccio attorno al collo, neanche fossi stato un ostaggio, mi incitò: «Drago, inceneriscilo!»
   «Esagerato!» ci rimase male Alexy.
   «Prode Cavaliere!» vociò Nathaniel, indignato per l’essere stato messo da parte, dal momento che il ruolo dell’eroe avrebbe dovuto essere suo. In realtà, immaginai fosse anche stizzito per altro, e difatti lui non si curò di nasconderlo. «Lascia che prenda il tuo bellissimo Drago e raggiunga l’Antro del Malvagio: ho una missione da compiere e non ho alcuna intenzione di lasciare mia sorella ancora in balia di quel pusillanime che si nasconde alla nostra ira!»
   «Ripetilo e ti inforco le chiappe!» gli gridò dietro Castiel, saltando finalmente giù dalla sedia su cui si era accomodato ed impugnando di nuovo la propria arma.
   «Uhm…» mormorò Alexy, lanciandomi uno sguardo complice che mi lasciò inorridita. «Lo spettacolo si fa interessante.»
   «Principe», intervenne Kentin, stringendo con fare possessivo la presa attorno al mio collo. Aveva forse intenzione di strangolarmi? «Il mio Drago», cominciò, enfatizzando l’aggettivo possessivo, «obbedisce unicamente ai miei ordini.»
   Inarcai un sopracciglio. «Ah, sì?» m’interessai di sapere, non sapendo se trovare la cosa divertente o, piuttosto, irritante.
   «Pertanto non ti porterà in nessun luogo, senza di me», continuò lui, ignorandomi e chiarendo con Nathaniel che non mi avrebbe mollata neanche sotto minaccia.
   Quello lo prese in parola, perché subito affermò: «Se le cose stanno così, allora mi batterò, per averlo!» E, dicendolo, mise mano alla cintola, dove non trovò alcuna spada. Solo dopo ricordò di averla persa durante lo scontro contro Armin. Alexy subito accorse in suo aiuto e la recuperò per lui, passandogliela. «In guardia!» esclamò allora Nathaniel, tornando a rivolgersi a noi con la spada laser sguainata.
   Peccato solo che, nel frattempo, Kentin avesse già imbracciato il fucile e lo avesse puntato fra gli occhi del Principe con la precisione di un serial killer. «In guardia», ripeté con aria da sfottò, ma uno sguardo mortalmente serio in volto. Mi fece paura, lo confesso.
   «Ehi, ehi!» intervenne a quel punto Kim, spazientita. «Via le armi! Ci sono dei bambini!»
   «Soprattutto, via i draghi!» sbottò Ambra, messa sempre più in ombra dall’evolversi degli eventi. «Non ne abbiamo bisogno! Sono brutti, cattivi e maleodoranti!»
   «Ringrazia il cielo che non posso sputare fuoco per davvero!» ribattei, le mani sui fianchi.
   Lei atteggiò le labbra in un sorriso divertito. «Suvvia, sono certa che puoi fare miracoli, con il tuo alito pesante.»
   Sforzandomi di non darle corda, lasciai il Principe e il Cavaliere a bisticciare fra loro con la sola mediazione del Mago Alexy, e mi avvicinai alla Fata. «Melody, andiamo noi due a salvare quell’oca?» proposi, sia pur di malavoglia.
   Quella mi fissò con una certa esitazione nello sguardo. «Ehm… ma non credi che sia il caso di lasciarla lì dov’è?» ebbe il coraggio di domandare, nonostante sapessi che Ambra le facesse paura. O forse lo domandò proprio per questo?
   Mi venne da ridere e non mi sforzai di nasconderlo. «Oh, guarda, fosse per me…» le assicurai, scrollando le spalle con noncuranza.
   «E allora che si fa?»
   «Ce ne torniamo a casa a riprendere la vita di tutti i giorni?» suggerii con leggerezza. «Tu accanto al tuo bel Principe, io ad allattare i miei dodici cuccioli, sebbene non sappia ancora in che modo sbrigarmela», osservai, abbassando lo sguardo ai miei seni. Anche se non li avessi avuti così piccoli, era indubbio che me ne sarebbero servite altre cinque paia per allattarli tutti.
   Melody ridacchiò. «Immagino però che dovremmo comunque andare ad affrontare il Malvagio…» mi fece notare, facendo cenno in direzione del pubblico. «I bambini se lo aspettano.»
   Sbuffai. «Oh, sì, pupe, venite a me», ci prese in giro Castiel, pregustando già la magra figura che avremmo fatto nel momento in cui saremmo state costrette a batterci con lui. Risbuffai.
   «Venite a noi», lo corresse Armin, accigliato. «Sono due, possiamo dividercele.»
   «Non so», ci pensò su l’altro. «Pornuccetto Rosso ha un nome che alletta, ma…» Schioccò la lingua sotto al palato. «Difetta di qualità», aggiunse poi, mimando due grossi palloni all’altezza del petto.
   «Ti fracasso le corna, rosso!» proruppi, saltellando su un piede perché impegnata a togliermi con foga l’altro stivale col proposito di gettarglielo appresso. Manco a dirlo, persi l’equilibrio e piombai a sedere per terra con un tonfo sordo. Preoccupata che mi fossi fatta male, Melody si precipitò ad aiutarmi a rimettermi in piedi.
   A quel punto, Ambra tornò alla carica, impettendosi e facendo ondeggiare vistosamente ciò che strizzava nel corpetto dell’abito. «Oh, mio Oscuro Signore!» Ma che era? Una Mangiamorte? «Non lasciare che i tuoi meravigliosi occhi si insudicino posandosi su una tale, infima creatura!»
   Castiel sospirò. «Non potevamo rapire la Fata?» domandò al suo compare. «Di sicuro parla meno.»
   «Basta chiedere», rispose Armin, agguantando malamente Ambra per un gomito e trascinandosela dietro, nella nostra direzione.
   «Ehi!» protestò quella, cercando di opporre resistenza. «Lasciami subito, razza di…!»
   «E sta’ zitta!» la redarguì lui, strattonandola con forza e spingendola via, verso gli altri. «To’, Principe!» disse al contempo. Preso alla sprovvista, Nathaniel non riuscì a fermare lo slancio di sua sorella, che gli cozzò contro in un goffo abbraccio. «In cambio, ci prendiamo la tua bella!»
   Per un terribile attimo temetti che si riferisse a me. Peccai di presunzione, perché invece, seguendo il canone del copione – se così si può chiamare – che avevamo stabilito all’inizio, Armin avvolse Melody nel proprio mantello scuro. Lei soffocò un’esclamazione sorpresa ed io l’afferrai per un braccio, nella speranza di impedire quel rapimento.
   E dal momento che non mollavo la presa e che, se entrambi avessimo forzato, avremmo rischiato di fare del male alla povera Fata, Armin ideò un subdolo stratagemma. «Guarda, Drago! La Principessa sta cercando di pomiciarsi il Cavaliere!»
   Se qualcuno mi avesse osservata in quel momento, probabilmente sarebbe giunto alla conclusione che, in confronto al mio modo di ruotare la testa di centottanta gradi, la bambina dell’Esorcista fosse soltanto una pivella. Fatto sta che le parole di Armin mi offuscarono la ragione ed io mi voltai di scatto per vedere cosa stava succedendo alle mie spalle: un bel nulla, in realtà, dal momento che Nathaniel, che ci guardava sconvolto, sorreggeva ancora Ambra, palesemente imbarazzata, mentre, poco distante da loro, Kentin impugnava ancora il fucile, sia pure con aria disgustata per la trovata del suo amico.
   «Armin!» berciai allora, tornando a prestare attenzione al rapimento della Fata. Che, mio malgrado, era avvenuto senza che potessi accorgermene, visto che, in preda alla gelosia, avevo mollato di colpo la presa. Masticai un’imprecazione, osservando come, a passo di danza, quel disgraziato di un nerd se ne tornava nell’Antro del Malvagio tirandosi dietro la povera Melody. «Questa me la paghi!» gli assicurai, mostrandogli il pugno. Non ottenni la reazione sperata, dato che quello si mise a ridermi in faccia.
   «Ora sì che si ragiona», affermò Castiel, rivolgendo uno sguardo d’apprezzamento alla bella Fata. Che uggiolò. «Di’, Principe», riprese poi il Malvagio, tornando a prestare attenzione all’altro gruppetto. «Come la mettiamo, adesso? Vieni o non vieni a salvare la tua promessa sposa?»
   Nathaniel esitò e Alexy gli diede una gomitata. «Un Principe che si rispetti deve salvare la fanciulla in pericolo!»
   «Sì, suppongo di sì…» considerò lui, non proprio convinto di voler accorrere in aiuto di Melody. «Ma forse, ripensandoci, sono troppo giovane per sposarmi.» Melody uggiolò di nuovo.
   «Che uomo senza cuore!» non si trattenne dall’esclamare l’altro. E, francamente, non me la sentii di dargli torto: illudere una ragazza e poi abbandonarla in una situazione di pericolo era un comportamento da mascalzoni – per esser fini. «Kentuccio, fagli vedere com’è che si comporta un vero uomo», ricominciò Alexy, seriamente indispettito con Nathaniel.
   «Ehm…» prese a balbettare il Cavaliere, soppesando la situazione: finché la fanciulla in pericolo era Ambra, potevamo infischiarcene a dovere del Malvagio; adesso, però, toccava salvare la povera Melody, e per farlo bisognava scontrarsi con Castiel. «Di solito sono i Principi a fare questo genere di cose», risolse di rispondere, infine, facendomi ruotare gli occhi verso l’alto.
   «Mi sa che abbiamo di nuovo preso l’ostaggio sbagliato», considerò Armin, accigliandosi davanti a quella misera dimostrazione di volontà e di coraggio.
   «Oh, siete davvero una delusione!» sbottò inaspettatamente Melody, non riuscendo a mandare giù la faccenda. Come biasimarla?
   «Sì, ma se ti ricordi», cercava di farlo ragionare Nathaniel, «all’inizio della storia è stato detto che la Fata è malvagia e che ha maledetto mia sorella e ha irretito anche me con le sue arti magiche.» C’era da riconoscergli una certa coerenza, purtroppo. «Adesso che è lontana, tutto può tornare alla normalità.»
   «No, che non può!» si lagnò Ambra, che era passata per l’ennesima volta in secondo piano e che, soprattutto, poteva dire definitivamente addio alla sua storia d’amore – fittizia – con Castiel. «Se non riceverò il bacio d’amore del Malvagio, il mio cuore rimarrà inaccessibile a chiunque altro!»
   «Il cuore», precisò Kentin per lei. «Tutto il resto no. Quindi va’ e divertiti, visto che ti riesce bene fare la gatta morta con gli sconosciuti.»
   Questa Ambra proprio non la mandò giù e, presa da un raptus, fece per avventarsi su di lui. Purtroppo inciampò sul piede di suo fratello e perse l’equilibrio, andando a calpestare l’orlo del proprio abito che produsse un rumore sinistro, come di stoffa lacerata. Benché Nathaniel si mosse per afferrarla prima che cadesse, la mancò clamorosamente ed Ambra crollò in avanti, finendo addosso al Cavaliere; che, a sua volta, franò all’indietro, ritrovandosi aggrovigliato con lei al suolo.
   E la furia del Drago si scatenò.
   Un ruggito, quasi pari ad un boato, si propagò nell’aria, facendo ammutolire tutti, ed io spiccai per davvero il volo, pronta ad atterrare a peso morto su quella dannata Principessa dalle poppe quasi al vento per strapparle i capelli a morsi, uno per uno. Mio malgrado, non riuscii neanche a controllare il numero e la gravità delle parole che mi uscirono di bocca, perciò tutti accorsero a separarci e lo spettacolo fu sospeso, soprattutto quando si avvidero della prima goccia di sangue versata davanti al pubblico.
   Ma, ehi: mai toccare il compagno di un Drago, se non volete ritrovarvi monchi di qualcosa.












Giuro che il prossimo sarà l'ultimo. E giuro anche che non avevo previsto che la situazione sarebbe degenerata a tal punto. ;_;
Ah, una precisazione che volevo fare da tanto tempo. Avrete notato che Castiel e Armin vanno piuttosto d'accordo, in questa storia. Non me lo sono inventato, perché pare che nel manga i due abbiano un certo rapporto (magari non di amicizia, ma arrivano persino a passare la pausa pranzo insieme ad un fast-food e Castiel afferma che si trova bene a parlare con lui).
Che altro dire? Mah, credo nulla. Nel caso, prometto di annotare tutto da parte e di scriverlo alla fine della long.
Ora corro a rispondere ai messaggi e alle recensioni lasciate in sospeso, perdonate il ritardo!
Grazie a tutti e buon fine settimana! :*
Shainareth





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Capitolo 7
*** Capitolo settimo ***





RIUNIONE DI CLASSE - CAPITOLO SETTIMO




«È una pazza criminale!» stava starnazzando Ambra da qualche parte, lontana da me e attorniata dalle sue migliori amiche che tentavano di farle aria con la prima cosa che avevano trovato sotto mano. Alla fine il vestito le aveva ceduto davvero, ma non al punto da svergognarla come avrei voluto; dopotutto, però, non era stato un male, dato il suo incontro ravvicinato con Kentin. In ogni caso, Nathaniel si era premurato di cederle la propria giacca per coprire lo strappo sul corpetto.
   Alla fine la recita era stata sospesa a tempo indeterminato, anche se, visto il modo in cui la maggior parte dei genitori aveva portato via i bambini con aria indignata, difficilmente ci sarebbe stata una ripresa. Senza contare che due delle attrici in scena non erano conciate proprio nel migliore dei modi: nella colluttazione che era seguita dopo che ero andata in berserk, io avevo perso un’ala e il fiocchetto sulla coda, mentre Ambra, oltre al vestito strappato, si ritrovava anche con tre graffi sulla guancia sinistra ed una vistosa ciocca di capelli in meno all’altezza della tempia, che cercava disperatamente di coprire come poteva.
   «È violenta! Un caso disperato!» continuava ad insultarmi, senza avere più il coraggio di venirmi a dire cose del genere in faccia. «Voglio che sia espulsa dalla scuola!»
   Come se qualcuno avesse potuto testimoniare che ero stata io a conciarla in quel modo… Cioè, in effetti, tutta la classe avrebbe potuto farlo. Uhm.
   «È un animale! Dovrebbero metterla in uno zoo!»
   La sua voce stridula cominciava ad infilarmisi un po’ troppo nelle orecchie e se non l’avesse piantata subito, probabilmente sarei tornata da lei per prenderla a sberle – di nuovo.
   «Mi ha persino strappato il vestito!»
   «Ehi, no!» protestai a quel punto, girandomi di scatto nella sua direzione. «Quello l’hai fatto da sola!»
   Ambra mi rivolse un’occhiata oltraggiata. «Lo hanno visto tutti che sei aggressiva e violenta! E tutto solo perché sei invidiosa della mia bellezza, che fa gola persino al tuo amichetto!»
   «Tu!» ruggii con voce cavernosa, schiumando di rabbia come una scimmia idrofoba, e pronta persino a scattare ancora nella sua direzione, se avesse osato dire una parola di troppo su Kentin. «Lurida zocc…!»
   Quella mia epica risposta fu messa a tacere bruscamente da una mano che, con decisione, mi afferrò per il mento e mi costrinse a voltare di nuovo il viso. Fu allora che incontrai gli occhi severi di mia madre, che dardeggiavano furiosi. Deglutii a forza.
   Ebbene, in tutta onestà, mi ero completamente dimenticata della sua presenza fra il pubblico.
   Oh, a proposito del pubblico.
   Come ho già avuto modo di dire, dopo il mio piccolo spettacolo personale, molti genitori si erano precipitati a portare via da lì i loro poveri bambini, poiché, a sentir loro, non s’è mai visto un pessimo esempio del genere, neanche in televisione. Altri, comunque, avevano continuato a ridere per l’intera faccenda. Il che, lo confesso, mi parve ancora più eccessiva, come reazione. I piccoli, infine, avevano manifestato diversi tipi di gradimento al riguardo: alcuni si erano spaventati, altri si erano divertiti, altri ancora avevano cercato di emulare il Drago, saltando addosso alla Principessa per lacerarne le carni. Beh, forse i genitori che erano andati via indignati non avevano del tutto torto…
   «Non mi sono mai vergognata tanto in vita mia», iniziò mamma, fissandomi con collera. «Sembra quasi che io abbia cresciuto una selvaggia! Ti rendi conto di quello che hai combinato?»
   Certo che me ne rendevo conto, non c’era bisogno che lei lo sottolineasse, mortificandomi più di quanto già non fossi. Precisiamo, Ambra la meritava davvero una lezione, ma se dovevo essere obiettiva fino in fondo, forse non in quel momento: si era trattato di un incidente, lo sapevo. Solo che la gelosia mi aveva accecata fino al punto da farmi perdere la lucidità mentale. L’unica consolazione che potevo ricevere da quanto accaduto era che, in fin dei conti, viste tutte le volte che quell’arpia se l’era cavata ai miei danni, le avevo finalmente fatto scontare ogni cosa col botto, per di più a sangue freddo. Beh, non proprio freddo. In ogni caso, non riuscivo a pentirmene fino in fondo.
   «Prova a guardarti attorno», disse ancora mamma, inducendomi a spostare lo sguardo sui miei compagni di classe. Dall’altro lato della scenografia, Ambra, Li e Charlotte stavano ancora lagnandosi per la sciagura capitata loro nel momento in cui mi ero trasferita al liceo; più in là, Peggy e Capucine stavano parlottando sottovoce, la prima seriamente accigliata, l’altra con un sorrisetto soddisfatto sulle labbra; più vicine a noi, le mie compagne erano impegnate a porsi domande su cosa sarebbe successo e se fosse o meno il caso di riprendere lo spettacolo; poco distante, Castiel e Lysandre si osservavano intorno con aria annoiata, mentre Nathaniel, stranamente affianco a loro, mi fissava con sguardo torvo. C’era da capirlo, poveretto: in un attimo avevo mandato in frantumi ogni suo sogno romantico, avevo compromesso il suo ruolo da eroe all’interno della recita, gli avevo quasi spaccato uno zigomo con una gomitata quando aveva provato a dissuadermi dal mordere ancora il polpaccio di sua sorella, e avevo ridotto quest’ultima in uno stato piuttosto pietoso. Almeno per lui avrei potuto sentirmi in colpa per averla picchiata. Forse.
   Mia madre sospirò pesantemente. «Non credi che dovresti andare a chiedere scusa?» Aveva ragione da vendere, lo sapevo bene. Tuttavia, mi pesava non poco doverlo fare. Atteggiai il viso in una smorfia, pronta a mettere da parte l’orgoglio, quando lei aggiunse: «Immagino che gli farà piacere.»
   Aggrottai la fronte. Gli farà? Ah, quindi non stava parlando di Ambra?
   Seguii lo sguardo di mia madre e mi accorsi solo allora che era puntato sul terzetto che, non troppo lontano, se ne stava all’ombra di alcuni alberi. Mi morsicai un labbro e, senza proferire parola, mi avviai a passo spedito – sia pur zoppicando per le conseguenze della lotta – in quella direzione.
   Non appena fui a pochi metri da loro, Armin alzò gli occhi su di me ed io mi irrigidii all’istante. «Hulk, al confronto, è un agnellino», iniziò con un’espressione a metà fra il serio ed il faceto. Poi, approfittando del mio umiliato silenzio, spostò lo sguardo su Alexy che, in ginocchio accanto all’amato morente, mi rivolse un’occhiata languida e nervosa, come a voler dire: Non vedi in che stato pietoso lo hai ridotto?!
   Vergognandomi come una criminale, mi accucciai anch’io vicino a Kentin, steso sull’erba con un panno umido sugli occhi, nella speranza di contenere la nausea dovuta al dolore che, del tutto inavvertitamente, gli avevo provocato con una solenne ginocchiata fra le gambe. Non lo avevo fatto apposta, si intende; solo che, durante la zuffa, non ero riuscita a controllare del tutto i movimenti e lui, troppo vicino a me ed Ambra, ci era andato di mezzo.
   «Come… ti senti?» pigolai timidamente, non osando muovermi per toccarlo.
   Lo vidi inspirare aria a pieni polmoni e, con un gesto lento, portarsi una mano al volto per sollevare il panno e sbirciare nella mia direzione. Ci fissammo negli occhi per alcuni, lunghi istanti. Infine, abbozzando un sorriso, allungò un braccio nella mia direzione. «Vieni qua», mi disse solo. Non me lo feci ripetere due volte e mi avvicinai ulteriormente, lasciando che mi circondasse le spalle e mi stringesse a sé per rassicurarmi circa il suo stato di salute.
   «Mi dispiace così tanto…» piagnucolai contro la sua spalla.
   «Ricordami di non farti mai arrabbiare seriamente», mi sussurrò con voce roca, affondando il naso fra i miei capelli ed aspirandone il profumo – presumibilmente di sangue rappreso. Aveva capito che lo avevo fatto per lui? Sì, chiunque se ne sarebbe accorto, dannazione.
   «Ehi, basta così», s’intromise Alexy, afferrandoci entrambi per un braccio per staccarci l’uno dall’altra. «Avete fatto la pace? Bene, ora bisogna pensare a cose più urgenti.»
   «Aaah, la gelosia…» sospirò con fare teatrale Armin. Suo fratello lo ignorò, Kentin fece una smorfia ed io mi costrinsi a soffocare un risolino imbarazzato, mentre mi passavo una ciocca dei capelli arruffati dietro ad un orecchio. «Devo proprio dirvelo, però», riprese Armin, accigliandosi. «Con la vostra entrata in scena, ci avete rovinato la sorpresa.»
   «Che sorpresa?» domandai di riflesso.
   Lui e Alexy si scambiarono un’occhiata complice, trattenendo a stento un sorriso. «Avevamo intenzione di metterlo noi, in scena, un bel drago», spiegò il secondo. «Stamattina avevamo tardato anche per quello: stavamo finendo di raccattare pezzi utili per un drago coi fiocchi. Solo che Armin non era mai soddisfatto.»
   «Certo che no!» esclamò lui, tutto convinto. «Un drago dev’essere maestoso e terrificante, mica piccolo e carino come qualcuno di mia conoscenza!» Incrociai le braccia al petto e misi il broncio come una bambina. Divertito dalla mia reazione, Armin sorrise. «Ma te lo concedo: anche se non sei imponente e spaventosa come l’Arcidemone del Quinto Flagello, fai gli stessi danni. Vero, Kentuccio?»
   «Piantatela di chiamarmi così…» borbottò stancamente quello, premendosi i palmi delle mani sulle palpebre chiuse.
   Armin tornò a rivolgersi a me con aria preoccupata. «Meno male che ci avete pensato prima.»
   «A cosa?»
   «A sfornare dodici marmocchi», fu l’ovvia risposta che seguì quella mia domanda ingenua. «Credo che ormai lui non sia più in grado di…»
   «Tappati la bocca!» lo mise a tacere Kentin, saltando su a sedere di scatto. Un capogiro lo colse e subito io e Alexy ci precipitammo a sostenerlo prima che potesse ricadere all’indietro.
   «Non preoccuparti, Kentuccio: rimarrò con te nella buona e nella cattiva sorte!» gli assicurò quell’esaltato dai capelli azzurri, stringendogli appassionatamente la mano.
   Kentin se la scrollò di dosso con un certo fastidio. «Ti risparmio il sacrificio, grazie!»
   In quel momento, qualcuno chiamò l’adunata a gran voce e quando ci voltammo per capire cosa stesse accadendo, vedemmo Peggy avanzare al centro della scena, battendo le mani per attirare la nostra attenzione. «Tutti qui, subito
   «Sembra un generale», commentò Armin, rimettendosi in piedi con fare pigro. Alexy ed io aiutammo Kentin a sollevarsi con cautela e, quando fummo certi che riuscisse a reggersi senza troppi sforzi, iniziammo ad avanzare lentamente verso gli altri.
   «Uh, Lazzaro è resuscitato», commentò Castiel non appena ci vide, un sorriso strafottente in volto tutto per il nostro povero Cavaliere, ferito dal suo stesso fedele compagno alato.
   «Sai, capo?» cominciò Armin, tornando per un attimo a vestire i panni del Mago oscuro, braccio destro del Malvagio della nostra recita. «Tutto sommato ci è andata bene: pensa se la furia del Drago si fosse scatenata contro di noi.»
   «Credi davvero che questa mocciosa mi faccia paura?» ribatté l’altro, ridendo. Era ammirevole che avesse ancora il fegato di scherzare in quel modo, nonostante le condizioni disastrose di Ambra, lo zigomo quasi rotto di Nathaniel e lo stato larvale in cui avevo ridotto Kentin. Persino Rosalya aveva smesso di darmi addosso per la storia del costume rovinato.
   «Volete stare un po’ zitti, per favore?» ci richiamò all’ordine Peggy, visibilmente infastidita. Quando infine riuscì ad avere un po’ di silenzio, ci squadrò tutti, uno per uno, e il suo sguardo accigliato si soffermò un secondo di più sulla sottoscritta. Immaginavo che ce l’avesse con me per averle mandato a monte la recita e, in tutta onestà, non potevo biasimarla.
   «Anzitutto», riprese poi, «lasciatevi dire che, da quel che ho potuto vedere oggi, sapete essere più infantili dei bambini per cui avreste dovuto recitare.» E questo era indubbio.
   «Però è stato divertente», fu il commento vivace con cui Iris osò interromperla. Dagli sguardi degli altri nostri compagni di classe, intuii che nessuno sapeva se appoggiare o meno il suo entusiasmo. Di certo non lo facevano i feriti di guerra.
   «In ogni caso», tornò a parlare Peggy, recuperando dalla propria borsa il quaderno su cui aveva annotato tutto ciò che riguardava la recita e che, in verità, mi era parso di vederle in mano anche durante la nostra pietosa esibizione, «grazie a voi ho raccolto parecchio materiale.»
   Mi permisi di corrucciare la fronte. Non fui l’unica ad avere quella reazione, tant’è che Nathaniel azzardò con voce severa: «Prego?»
   L’altra sfoggiò un sorrisetto soddisfatto. «Andiamo, non penserete davvero che abbia organizzato tutta questa farsa solo per un’opera di beneficienza…» Rivolse uno sguardo a Capucine, che subito le allungò una macchina fotografica. «Per fortuna ho avuto anche una valida assistente», continuò Peggy, prendendo l’apparecchio digitale e mettendolo al sicuro nella borsa.
   «Ci stai dicendo che hai fatto tutto questo per un tornaconto personale?» osservò Lysandre, sollevando un sopracciglio sotto alle corna da cervo, un’aria meravigliata in volto. Lui, per lo meno, era forse uno dei pochi a non avere motivo di temere il peggio, visto che non si era esibito davanti al pubblico, se non per un sottofondo canoro improvvisato. A parte il suo ridicolo costume, si intende.
   Peggy si strinse nelle spalle. «Ognuno fa quel che può», fu la prosaica risposta che diede. «Avevo bisogno di qualche notizia succulenta per il giornale e nessuno di voi era disposto a concedermela. Così ho dovuto trovare una soluzione alternativa.»
   Il sinistro scricchiolio delle nocche delle dita di Castiel attirò l’attenzione di tutti. «Dammi un buon motivo per non iniziare a picchiare una donna», sibilò in direzione della nostra compagna, più diabolica persino di lui, che pure era vestito da demone.
   «Non vi bastano quelli che vi hanno costretti ad assecondarmi in questa storia?» replicò serafica l’altra.
   «Chi ci dice che non sia un bluff?»
   «Vuoi davvero che svergogni qualcuno di voi, magari proprio te, davanti a tutta la classe?»
   Il silenzio che seguì fu più eloquente di mille parole. Era ovvio che tutti noi, nessuno escluso, avessimo un qualche scheletro nell’armadio da voler nascondere accuratamente; e per quanto non avessimo la sicurezza che quelle di Peggy fossero solo minacce infondate, non fummo abbastanza coraggiosi da arrischiarci a contraddirla. Maledetta ficcanaso.
   Lei sospirò deliziata, mentre sfogliava le pagine del proprio quaderno. «C’è da dire che, in effetti, se non vi foste lasciati andare così tanto, forse sarei riuscita ad ottenere molte più informazioni», ebbe il coraggio di aggiungere con espressione meditabonda. I suoi occhi scuri indugiarono per qualche altro istante sugli appunti, ma poi si sollevarono e si puntarono dritti su di me, mentre la linea della sua bocca si assottigliava per il disappunto. «Indoviniamo di chi è la colpa?»
   «Ho già chiesto scusa», borbottai di malavoglia, arrossendo quando mi sentii gli sguardi di tutti addosso.
   «Di certo non a me», puntualizzò Ambra, indignata.
   «Vuoi che ti dia una ripassata?» ebbi la faccia tosta di ribattere. Mia madre, più in disparte, si schiarì rumorosamente la voce ed io fui costretta a tacere il resto delle mie intimidazioni ai danni di quell’oca.
   Ci pensò anche Peggy a rimettermi al mio posto, poiché prese a frugare di nuovo nella borsa. «Non me ne faccio niente delle tue scuse», chiarì seccata. «Quindi, almeno tu, dovrai pagare per la magra figura che abbiamo fatto davanti al nostro giovane pubblico.»
   Corrucciando la fronte, fui sul punto di scattare, ma mi trattenni per ovvie ragioni e mi limitai a domandare: «Perché solo io? Anche Ambra ha fatto un bel casotto!»
   «Oh, pagherà anche lei, seppur indirettamente», mi rassicurò Peggy, tirando fuori dalla borsa un plico all’interno del quale sembravano esserci parecchie foto che non lasciò vedere a nessuno. Mi permisi di preoccuparmi appena.
   «Non è giusto!» protestò Ambra, convinta che nessuno si fosse accorto che la prima in procinto di alzare le mani sulla scena, per schiaffeggiare Kentin, era stata proprio lei.
   L’altra la ignorò e, recuperata l’immagine che cercava, rimise le altre da parte. «Ecco qua: la prova che tutto ciò che Cappuccetto Drago dice a proposito di Castiel è una colossale balla.»
   Lui aggrottò le sopracciglia, io sgranai gli occhi. «Di che diamine stai parlando?» chiesi, divertita da quell’invenzione. Tuttavia, il sorriso mi morì sulle labbra non appena Peggy girò la foto nella nostra direzione e mostrò a tutti ciò che vi era raffigurato sopra: un abbraccio affettuoso fra me e Castiel.
   Qualcuno scoppiò a ridere, qualcun altro trattenne il fiato per lo stupore. La presa del braccio con cui Kentin si stava sostenendo a me si strinse pericolosamente attorno al mio collo, quasi volesse strangolarmi, proprio mentre Ambra urlava come se qualcuno le avesse ammazzato il cane – che non aveva. «Lo sapevo!» esclamò poi, voltandosi verso di me con intenzioni omicide.
   «Ma che ca…?!» sbottò invece Castiel, facendo per agguantare il ritratto. Peggy glielo sottrasse giusto in tempo, ma non poté impedire a Nathaniel di fermarle il polso della mano con cui sorreggeva la foto per osservarla più da vicino.
   «Andiamo, è sicuramente un fotomontaggio!» affermai con foga, indignata, nonostante la presa ferrea di Kentin. «Peggy le escogiterebbe tutte pur di ottenere uno scoop!»
   «Non stavolta!» protestò lei, cercando di liberarsi dalla stretta di Nathaniel. «Questa foto è autentica!»
   «Bugiarda!»
   «No, ha ragione lei», commentò atono il nostro biondo Principe dallo zigomo arrossato e illividito. «Sembra che non sia stata manomessa.» La sua voce pacata mi mise i brividi.
   Castiel fu di tutt’altro avviso. «Ma che cavolo vai dicendo?!»
   «Guardala bene», lo invitò Nathaniel, piazzandogliela sotto al naso.
   «Balle!» protestai ancora, per nulla convinta da tutta quella storia. E come potevo esserlo?! Mi sentivo sinceramente ferita e ingiuriata.
   «Merda…» biascicò invece Castiel, portandosi una mano davanti alla bocca con aria preoccupata. «Purtroppo hanno ragione loro.» Lo fissai come se fosse pazzo.
   «Quando mai ci saremmo abbracciati, noi due? In quel modo, per di più!»
   Occhieggiò per pochi attimi nella mia direzione, esitante. «Debrah», disse poi, allungandomi la foto che ci ritraeva.
   Fu allora che mi crollò il mondo addosso.
   Avevo completamente rimosso l’accaduto, probabilmente per un’inconscia autodifesa; ora che però potevo osservare meglio l’immagine, associandola al nome di quella maledetta ex di Castiel, ogni ricordo iniziava a tornare a galla: dopo aver sbugiardato Debrah davanti a tutti e aver fatto riaprire gli occhi proprio a Castiel, quest’ultimo aveva finito col ringraziarmi, esprimendo il desiderio di rimanere da solo con i propri pensieri. Ed io, stupida dal cuore tenero, lo avevo rincorso per fargli capire che, nonostante tutti i nostri screzi, non ero tipo da voltare le spalle a chi aveva bisogno di aiuto o anche solo una spalla su cui piangere. Era stato allora che – ebbene sì – ci eravamo abbracciati. E sebbene fosse stato il contatto di pochi attimi, tanto era bastato affinché, non sapevamo come, quella dannata Peggy riuscisse a cogliere un’istantanea del momento.
   «E hai pure il coraggio di negare!» La voce petulante di Ambra tornò a ferirmi le orecchie, facendomi uscire dal coma cerebrale in cui ero caduta in seguito a quella sconcertante scoperta. La fissai con occhi vacui, incapace di rispondere per le rime. «L’ho sempre saputo che sei innamorata di lui!»
   Fu la proverbiale goccia che fece traboccare il vaso. «Ti ammazzo!» strepitai, pronta a saltarle di nuovo alla gola.
   Ad impedirmelo ci pensò Kentin, che mi trattenne ritrovando miracolosamente le forze, proprio come il Lazzaro nominato da Castiel pochi minuti prima. «Spiegami un po’ questa storia», mi ordinò, continuando a tenermi arpionata per il collo.
   «Vorrei sentirla anch’io», lo appoggiò Nathaniel, fissandomi con rabbia e delusione, le braccia incrociate al petto.
   Avrei voluto picchiarli di nuovo, questa volta intenzionalmente: possibile che la spropositata scenata di gelosia nei confronti di Ambra, che per di più aveva coinvolto anche loro, fosse già stata accantonata, nella loro mente?
   «Kentuccio, hai visto?» infierì Alexy, cogliendo la palla al balzo, sia pure con palese divertimento. «Non ci si può proprio fidare, di lei!» affermò, stringendosi all’altro suo braccio.
   Quello se lo scrollò di nuovo di dosso come se fosse stato una mosca fastidiosa. «Levati di torno!» esclamò, mentre Armin rideva.
   «Oh, non maltrattare il mio fratellino!» ebbe il coraggio di redarguirlo poi, continuando a sghignazzare.
   Kentin forse neanche lo ascoltò, troppo concentrato com’era nel serrare la presa e nello stringermi a sé con fare possessivo. Mi chiesi se ne sarei uscita viva. «Castiel!» invocai allora, come se improvvisamente lui fosse diventato la mia sola àncora di salvezza. «Di’ qualcosa!»
   Lo vidi sbuffare e scrollare le spalle. «È inutile negare l’evidenza: ormai ci hanno scoperti.» Mi si gelò il sangue nelle vene. Era forse impazzito?! Un attimo dopo, però, forse a causa dell’espressione che gli regalai, scoppiò a ridere e alzò le mani ai lati del capo. «D’accordo, d’accordo…» mi rassicurò. «Anche perché, se non chiarissi questo malinteso, la mia reputazione andrebbe a farsi un giro per le fogne.»
   «E la mia no?» domandai retoricamente, in tono stizzito.
   «Quindi?» incalzò Kentin che, sanguigno com’era, non riusciva neanche a controllare il tono della voce né a rendersi conto di dare spettacolo davanti all’intera classe. Non che io non avessi fatto di peggio, prima. Molto peggio, in effetti.
   «Ti pare davvero che possa farmela con una così?» E, nel dirlo, Castiel mimò una tavola piatta davanti al proprio torace, tanto per mortificare un po’ la mia femminilità.
   «Appunto», sottolineai, velenosa. «Di certo non perdo il mio tempo correndo appresso ad un troglodita del genere.»
   Lui sorrise a mezza bocca, divertito dalla mia risposta, ma decise finalmente di mettere in chiaro le cose. «Diciamo che Peggy ci ha beccati nell’unico momento in cui abbiamo deciso di fare una tregua. Rotta dopo… quanto? Due giorni?» mi chiese conferma.
   «Anche meno, credo», bofonchiai, stufa di quella situazione. E del fatto di essermi ritrovata per l’ennesima volta al centro dell’attenzione per colpa di altri. Di quella maledetta Ambra, per l’esattezza.
   Anzi.
   A voler essere onesti, la vera responsabile di tutto era un’altra: Peggy.
   Le lanciai uno sguardo torvo, poiché ogni cosa capitata quel giorno era soltanto dovuta al suo diabolico piano per estorcerci indirettamente delle informazioni personali. Anche adesso, per esempio, stava scribacchiando su quel maledetto quaderno, lo stesso che aveva usato anche alla riunione di classe. Era dunque plausibile ipotizzare che sin da allora avesse iniziato a raccogliere materiale su ognuno di noi.
   Rimaneva però il problema che nessuno avrebbe potuto ribellarsi alla sua volontà: quella disgraziata avrebbe benissimo potuto avere altro materiale compromettente su ognuno di noi. Non ricordavo di aver vissuto altre esperienze imbarazzanti come quella con Castiel, con gli altri compagni di classe, però era bene guardarsi alle spalle da qualunque tipo di pettegolezzo. Ripensai persino a quella volta in cui, uscendo dal bagno della scuola, non mi ero accorta che mi si era appiccicata una striscia di carta igienica sotto alla suola della scarpa, se non dopo che ero uscita in corridoio; anche se non mi aveva vista nessuno, ora il dubbio che Peggy potesse averci fatto su un intero servizio fotografico mi impediva di agire in alcun modo, maledizione.
   Il nostro generale con le lentiggini finalmente ci congedò, e le righe si ruppero. Persino Kentin allentò la morsa ed io fui libera di tornare a respirare a pieni polmoni. E di accorgermi pure che, oltre ad Ambra, anche Melody mi stava fissando con aria contrariata: che ora avesse iniziato a reputarmi una poco di buono? Sospirai, rassegnata al fatto che forse non avrei mai potuto sperare di instaurare un rapporto di affetto reciproco con lei. D’altra parte, non me la sentivo neanche di darle torto, visto il modo in cui Nathaniel trascurava la loro amicizia per gironzolarmi attorno. Non che io avessi colpe, al riguardo, ma l’amore è cieco e la gelosia del tutto irrazionale. Chi poteva saperlo meglio di me, che avevo quasi castrato l’uomo che amavo?
   «Se non ce la fai a camminare, ti diamo un passaggio noi, fino a casa», stava dicendo Armin a Kentin, agguantando il cellulare per chiamare i propri genitori, mentre qualcuno si stava già mobilitando per smontare la scenografia e raccattare tutto quello con cui avevamo allestito uno spettacolo iniziato in modo riprovevole e finito in modo a dir poco pessimo.
   «Piuttosto», cominciò invece mamma, tornando ad avvicinarsi a noi e puntando gli occhi su Alexy, le braccia incrociate al petto ed un’espressione non troppo amichevole in volto, «avrei qualcosina da ridire sul genere di confidenze che ti prendi con mia figlia.» Dunque non le era sfuggita nemmeno la pacca che lui mi aveva dato sul fondoschiena per appiccicare la coda al mio costume.
   Alexy rise, scrollando le spalle. «Stia tranquilla», prese a rispondere con fare allegro, aggrappandosi affettuosamente al braccio di Kentin. «Le assicuro che, a Cappuccetto Rosso, preferisco di gran lunga il Cacciatore.»
   Colta alla sprovvista, mamma batté le palpebre, rimanendo senza parole. «Quante volte devo dirti di scollarti di dosso?!» sbottò il povero Cacciatore, imbarazzato, cercando di liberarsi dalla sua presa con una smorfia che parlava da sola.
   Decidendo di non indagare oltre, mia madre tornò a rivolgersi a me, sia pure con aria perplessa. «Mi sa che dovrai spiegarmi un bel po’ di cose, quando saremo a casa», mi fece presente. Mi arresi a quella prospettiva. D’altra parte, anch’io al posto suo avrei preteso di capire che razza di relazioni intrecciasse mia figlia a scuola. E meno male che papà non aveva assistito a tutto quello che era successo, altrimenti… non volevo neanche immaginarlo. Sperai che mamma mantenesse il segreto.
   Alcuni minuti più tardi, durante i quali finimmo di sgombrare il parco, finalmente io e i miei compagni di classe ci demmo appuntamento l’indomani mattina a scuola. Infine, dopo aver chiesto scusa a Kentin per l’ennesima volta e aver ricevuto in risposta un sorriso ed una rassicurazione, ripresi la via di casa insieme a mia madre.
   «Certo che non vi annoiate, a scuola», fu l’allegro commento con cui per fortuna se ne uscì mentre attraversavamo la strada.
   «Sì, beh… diciamo che la mia classe è parecchio vivace», risposi, iniziando a rilassarmi dopo l’estenuante prova mentale – e fisica – a cui Peggy ci aveva sottoposti quella mattina.
   Mamma sogghignò fra sé e, quando fummo davanti al portone, mi lanciò uno sguardo divertito. «Solo una raccomandazione», disse infine, mentre cercava le chiavi nella borsa. «Dodici nipoti mi andrebbero anche bene, ma, per favore, non farmi diventare nonna prima del tempo.»












Ed eccoci giunti alla fine di questa follia. Credo di aver risolto tutto ciò che nella storia avevo lasciato in sospeso. O sbaglio? Comunque sia, spero di non aver deluso le aspettative di nessuno. In caso, me ne scuso profondamente, la colpa è sempre del neurone che vive di vita propria, non certo mia.
In realtà, avrei già in mente un'altra long, ancora più idiota e ridicola di questa, ma devo ancora maturare bene l'idea e, soprattutto, la trama. Anche perché è più "complessa", come roba, e non posso andare alla cieca come ho fatto in quest'occasione. Almeno credo. Ci penserò, perché non è neanche sicuro che io la metta per iscritto.
Che altro dire se non grazie per aver seguito e letto questa storia fino alla fine, per averla aggiunta fra le seguite/preferite/ricordate (siete stati veramente in tanti! O_O;;; ) e per aver perso alcuni minuti del vostro preziosissimo tempo libero per condividere con me i vostri pensieri al riguardo? Grazie di cuore! ♥
Buona domenica a tutti!
Shainareth





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