30 days OTP challenge

di cryleshton
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Holding Hands ***
Capitolo 2: *** Cuddling Somewhere ***
Capitolo 3: *** Gaming/Watching a movie ***
Capitolo 4: *** On a date ***
Capitolo 5: *** Kissing ***
Capitolo 7: *** Wearing Each Others' Clothes ***



Capitolo 1
*** Holding Hands ***


Holding Hands

Louis sta attraversando uno di quei periodi neri, quelli in cui si chiude in sé stesso e non apre a nessuno, nemmeno al suo Harry. Vuole stare da solo, scansa tutti quelli che vogliono dargli consigli inutili – ché tanto non li seguirà mai. E’ testardo, chiunque passi almeno cinque minuti con lui se ne accorge, fa solo quello che crede. E, il più delle volte, riesce a far sentire le persone delle vere nullità. Non lo fa di proposito, però, lui è così. E Harry lo sa bene, ne è rimasto bruciato i primi giorni, quando non si conoscevano bene – niente pregi, niente difetti, ancora. Quando provava ad aiutarlo e veniva travolto dall’uragano che Louis aveva dentro. Era un pugno nello stomaco, di quelli che ti fanno mancare l’aria per giorni se provi a respirare, perché voleva salvarlo da sé stesso e non poteva.
Poi, con il tempo, ha imparato a capirlo e a rimanere in silenzio, al suo fianco, ad aspettare che sia lui a parlare, a dare segni di miglioramento. E Louis ne è grato, non ha bisogno di promesse o di discorsi senza senso, vorrebbe stare solo. Vorrebbe stare dannatamente solo. L’unico desiderio è quello di chiudersi in camera a fare niente, con la luce spenta e gli occhi sul soffitto buio. Ma con Harry vicino, quei periodi durano molto meno. Prima passavano mesi, ora qualche settimana e tutto è come prima.
Con Harry vicino, Louis vive meglio.
Socchiude la porta, quello è il suo cenno – Harry, sto male, sembra urlare, e corre a rannicchiarsi sotto le coperte calde. Anche in estate, se è una giornata no, si nasconde nel suo letto. E’ la mia armatura, diceva sempre da piccolo. La sua protezione ora, invece, sono le braccia del ragazzo che ama che lo avvolgono e lo stringono, senza fare male. E Louis vorrebbe essere capace di fingere per rimanere qualche giorno in più in quella posizione. Ogni tanto, vorrebbe quasi che quei periodi durassero un’eternità solo per potersi beare di quel calore, quelle attenzioni riservate solo ed esclusivamente a lui. Perché Harry esce, sorride, vive la sua vita normalmente, ma poi torna a casa ed esistono solo Louis e il suo silenzio, ché dentro è tutto un gran casino. E a Louis quelle gambe lunghe e magre avvinghiate alle sue tutt’altro che eleganti, il respiro caldo e rilassato alla base del collo, il pollice grande che accarezza tutto il braccio e gli fa tremare l’anima, sembrano quasi il paradiso. Pensa sempre che se potesse scegliere come morire non avrebbe dubbi: Harry, Harry – solo Harry, vicino a lui.
Sospira pesantemente e un “sono qui” soffiato nell’orecchio gli scalda il cuore.
Lo so, vorrebbe rispondere, se solo ne avesse la forza. Louis lo sa che Harry è sempre lì, accanto a lui, per proteggerlo da tutte quelle intemperie. Louis lo sa che Harry c’è sempre, anche se non si fa vedere. E’ una costante nella sua vita, un po’ come Nepero nella matematica. E Louis non può che ringraziarlo, nell’unico modo che conosce.
Si volta e lo fissa per qualche secondo di troppo, prima di abbozzare un sorriso timido, debole, di quelli che riservi alle persone importanti, quelle che ti vedono morire davanti ai loro occhi ma rimangono comunque, quelle che ti accettano per come sei. E Harry se lo merita, anche se Louis vorrebbe solo piangere e urlare Harry se lo merita un piccolo sprazzo di felicità. Così tende leggermente gli angoli della bocca e sospira di nuovo, a pieni polmoni, per liberarsi quasi. Di cosa nessuno lo sa, ma lui ha bisogno di togliersi quel macigno dal petto.
La mano piccola scivola fuori dalle coperte lentamente e, con una delicatezza che non ha mai avuto prima, Louis intreccia quelle dita con le unghie mangiucchiate che tanto odia a quelle del suo ragazzo, della sua anima gemella, e sembrano gli ultimi due pezzi di un puzzle che finalmente vengono uniti e danno vita ad un quadro che lascia il mondo senza fiato.
Perché Louis ha tutti i difetti che possano esistere, non ha di certo un buon carattere e la diplomazia non è dalla sua parte, ma quando è insieme ad Harry si sente come se ci fosse un posto anche per lui. Un posto per essere accettato. Un posto fatto solo di sorrisi e cuori leggeri, con tanta luce e colori accesi. Un posto felice.
E quello è il suo modo di dire grazie quando sta male, un piccolo contatto, che per lui è anche troppo. Minuscoli gesti che gli costano energia, ma che farebbe all’infinito per Harry – solo per lui.

Grazie per esserci ogni giorno.
Grazie di amarmi, anche così, anche con l’anima spezzata.
Grazie di esistere.
Grazie e basta.
Grazie. Sempre.

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Capitolo 2
*** Cuddling Somewhere ***


Cuddling somewhere
 
Harry è uno di quei ragazzi che nascondono la loro timidezza dietro manciate e manciate di sorrisi e battute senza senso, vuole far credere a tutti di essere immensamente estroverso e sicuro di sé stesso. Invece, è tutto il contrario. E, a volte, per proteggersi deve essere il primo che attacca. Non vuole più distruggersi l’anima, non vuole più piangere e piangere fino a disidratarsi, non vuole più e allora ferisce – ferisce anche chi non se lo merita.
 
Ferite profonde.
 
E Louis lo sa bene, perché quando quel “non ti amo più” ha sfiorato le sue orecchie, quella mattina, lui è morto un po’ dentro. Discutono sempre per qualche stupidaggine, uno spazzolino messo al contrario, il lavandino del bagno sporco di schiuma da barba, i piatti ancora da lavare. Non è di certo colpa di Harry, però. Lui svolge ogni compito quando è il suo turno. Louis, invece, è la procrastinazione in persona, se non ha voglia di fare una cosa rimane con il culo sul divano ché tanto c’è sempre tempo. Sono io quello sbagliato, pensa ogni volta.
Avevano discusso, si erano urlati in faccia, buttati fuori di casa, ma mai – mai – Harry aveva osato dire quella frase. Mai.
E non sa, di preciso, perché l’abbia fatto. Doveva ferirlo e quello era il modo giusto, gli viene il vomito a ripensarci. Guarda Louis rannicchiato in un angolo del letto, il loro letto, che piange e si sente uno schifo. Vorrebbe avvicinarsi e abbracciarlo e baciarlo dalla testa ai piedi, ché non potrebbe nemmeno lontanamente immaginare una vita felice senza quella lingua lunga e quegli occhi troppo azzurri, ma verrebbe solo respinto perché è andato troppo oltre, gli ha fatto più male del male stesso. Vorrebbe chiedergli scusa, asciugare quelle lacrime che sanno di mare e tornare a ridere insieme, come sempre.
Si sposta da quella posizione scomoda e si fa più vicino a Louis, senza toccarlo.
 
“Mi manchi.” sussurra e spera di non essere sentito.
 
Per sua sfortuna, però, l’udito del suo ragazzo – che poi se lo è ancora non lo sanno – funziona ancora bene e quella frase, quelle due parole, otto misere lettere, gli danno il colpo di grazia. Non ce la fa più a trattenersi, Louis davvero non ce la fa più. E, allora, i leggeri singhiozzi diventano un tremore continuo, lo scuotono e non riesce a respirare. Non capisce come sia possibile che Harry sia così, che prima dica una cosa e poi voglia essere perdonato. Non se lo spiega e sa che, probabilmente, non troverà mai una soluzione. Vorrebbe solo cancellare quello che ha detto, così senza motivo, in preda alla rabbia. Vorrebbe non sentire più l’eco di quella frase costantemente nella mente. Vorrebbe riavvolgere il nastro e ripartire dalla sera prima, quando sorridevano e si amavano tanto da far invidia al mondo.
 
“Mi-mi odi? Mi odi perché sono…così?” Harry sa di cosa sta parlando, conosce ogni sua insicurezza, ogni sua paranoia, ogni suo problema. E si sente svenire, il cuore si ferma per un istante, la gola si chiude, gocce di smeraldo crollano sulle guance – Lou, scusa. Ti prego, scusa.
 
“Io- io, non potrei mai odiarti. Non hai niente di sbagliato e non è vero che non ti amo.” i singiozzi di entrambi a riempire la stanza. “Ti prego, credimi. Ti amo come non ho mai amato in vita mia, forse è quello il problema. Forse, ogni tanto, non ci capisco niente e dico cose senza senso.” si avvicina ancora un po’, nella speranza che Louis si volti e sorrida. “Io ti amo, Boo, ti amo.” le labbra sull’orecchio piccolo dell’altro.
 
Tiamotiamotiamo.
 
Lo ripete per dei minuti interminabili, senza fermarsi. E Louis vuole crederci – per una volta in vita sua vuole credere a qualcuno, anche rischiando di essere preso in giro. Louis sa che se Harry parla mentre piange, allora, è convinto di quello che sta dicendo. Louis sente che tutto sta passando, ritorna l’arcobaleno.
 
“Basta piangere, sei perdonato.” bacia gli occhi di smeraldo di fronte a lui. “Ma fallo un’altra volta e giuro che non mi vedi più.” riesce a strappare un sorriso ad entrambi.
 
“Niente più bugie, promesso.” la voce calda e profonda del suo Harry lo avvolge e si rannicchia contro di lui, con le lacrime già secche sul viso.
Posa l’orecchio sul cuore e una melodia famigliare inizia a rimbombare in quel petto grande e confortante.
 
“Here we are, here we are
Will you lay your body down?
Here we are, here we are
Two lovers in the dark.
Here we are, here we are
Will you lay your body, lay your body down?
Who's it gonna be, cause I'm divided.
Who you gonna see, haven't decided.”

 
Sa quale significato ha quella canzone, capisce che Harry si sente perso e ha bisogno solo di lui. Ché loro sono così, quando uno sta male il calore dell’altro fa sparire tutto. E, anche se quello ferito è Louis, non gli importa. Se si tratta del suo riccio, il resto può anche scomparire.
Lo stringe più forte che può e, poi, viene tutto automatico: le labbra sul collo, sulle guance, sugli occhi, sul naso, le gambe intrecciate, i pollici a sfiorarsi piano. Non si capisce più dove inizi uno e dove finisca l’altro, si fondono insieme. Il verde prende troppo azzurro e il blu ruba un po’ di quello smeraldo che tanto desidera.
Rimarrebbero così in eterno, senza fare l’amore, senza sporcare il momento – solo loro e la dolcezza che li contraddistingue.
 
“Mi piace fare le coccole dopo aver litigato, sai?” scherza Harry appena finisce di cantare e gli sfiora la punta del naso.
 
Il cielo è sereno, pensa Louis.
 


La canzone che Harry canta è "Here we are" cantata da The Fray :)

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Capitolo 3
*** Gaming/Watching a movie ***


Gaming/Watching a movie

“Louis, cosa guardiamo stasera?” chiede Harry, con gli occhi più luminosi del solito, ché quella è la serata film.

“Harry, tanto quello che scelgo io non va mai bene.” quelle due stelle verdi si spengono un po’ e Louis si sente leggermente in colpa per aver risposto male perché sa che Harry è cocciuto – tremendamente cocciuto, anche se non lo dà a vedere, e non si lascia intimidire da nessuno, ma quando è lui a rispondere di traverso, allora, è tutta un’altra storia. Si mortifica all’istante, gli occhi si spengono e le fossette svaniscono dal viso.
E Louis proprio non riesce a guardarlo in quello stato, non sopporta quella stupida sensazione che lo avvolge ogni volta ché vorrebbe farlo sempre sorridere e vivere e, invece, ha la maledetta abitudine di rovinare tutto.

“Vediamo Shrek, ti va?” sussurra nell’orecchio del più piccolo che torna ad accendersi e a scaldare il mondo di rosso e giallo, come una fiaccola. Anche se, in realtà, più che di rosso, Harry, illumina di verde.
 
Verde come la speranza che talvolta scarseggia.
Verde come l’erba del prato che ti culla quando sei da solo con te stesso a pensare.
Verde come la voglia di ridere.
 
E poi Harry, per Louis, è anche giallo.
 
Giallo come il Sole che dà luce al mondo, che ogni tanto si spegne, ma poi torna alto nel cielo a brillare.
Giallo come i fiori, quelli sul ciglio della strada che mentre gli passi accanto li guardi e non puoi fare a meno di raccoglierli e tenerli con te.
Giallo come la musica che quando sei triste ti riempie le orecchie e ti fa splendere, quando credevi non fosse più possibile.
 
Harry, per Louis, è verde e giallo mischiati insieme e non sa di preciso che colore venga fuori, ma non gli importa – tanto è sempre bello.
E lo guarda premere play e sorridere aspettando che il film inizi, con le gambe lunghe incrociate sul divano e la mano sinistra pronta a prendere una manciata di patatine. I ricci castani, troppo lunghi per chiunque, a cadere morbidi sulle spalle grandi e leggermente incurvate, le ciglia a sbattere sulle guance come un battito d’ali, la fossetta – una sola da quella prospettiva, ma Louis potrebbe chiudere gli occhi e descrivere l’altra anche senza vederla, da quanto le ama – al lato delle labbra che gli fa venire voglia di farlo ridere ancora di più, per poi affondarci dolcemente il polpastrello e sentire le farfalle nello stomaco.
A lui nemmeno fa impazzire molto quel cartone, ecco perché fissa Harry. Se ne sta lì, per tutti e ottantasette i minuti, ad ammirare il suo ragazzo, che tanto lui è talmente preso da non accorgersene.  Ogni tanto ride a qualche battuta, per fare la sua parte, ma quello che gli interessa veramente è studiare il gigante vicino a lui, ogni sua espressione, ogni suo movimento, ogni sua sfumatura, senza toccarlo e inquinarlo con i suoi difetti. Perché Louis si sente estremamente piccolo e imperfetto quando pensa al suo Harry. E non ci sta male, ne è felice, orgoglioso. Ha affianco l’essere migliore che chiunque possa desiderare, non importa se lui non è abbastanza. Ormai sa che viene amato anche così, con le gambe troppo corte e la lingua maledettamente tagliente. Non è una scusa per non migliorare, no, lui ci prova ogni giorno, sa solo di non poter superare Harry e gli va bene così. Di Sole ne esiste solo uno al mondo, due sarebbero troppi.

“Lou, sai perché mi piace tanto questo film?” domanda il riccio, dopo aver riposto il dvd nella custodia.

Louis rimane in silenzio per qualche secondo, cercando di capire il senso di quello che ha appena sentito, ma poi scuote la testa e attende impaziente la risposta. Ama profondamente i pensieri di quel ventenne tutto ricci e tatuaggi, prendono sempre una strada insolita e lui ne è affascinato.

“Perché io sono la principessa e tu Ciuchino.” Ride Harry.

Ride e esplode tutto.
Ride e Louis vive.


Chiedo scusa a tutti per aver ritardato un giorno, ma ho avuto dei problemi e non ho potuto scrivere.
Ho scritto una cosa cortissima, ma non mi va di spendere tutti i miei Larry per i primi prompt.
So, flowers and rainbows for everyone.
Un abbraccio, Rea.

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Capitolo 4
*** On a date ***


On a date

“Ciao.” sussurra Louis timidamente, mentre Harry gli bacia la fronte con la leggerezza di un colibrì.

“Ciao a te.” e pianta gli occhi verdi come foreste in quelli blu – blublublu – del suo ragazzo, senza dire una parola di più. Lo prende per mano ed entrano nel locale, il loro preferito, quello del loro primo appuntamento.

“Quale posto migliore, se non questo, per festeggiare i nostri cinque anni insieme?” aveva detto Harry, distrattamente, alzando il bigliettino da visita di quel ristorante, qualche giorno prima. E, allora, senza nemmeno aspettare una risposta aveva preso il cellulare e aveva prenotato. A Louis non serve parlare troppo quando sono insieme. Harry sembra un ragazzo tutto fiori e arcobaleni, con la mente sempre da un’altra parte – e, forse, un po’ lo è, ma la verità è che la sua testa lavora il doppio delle altre e non ha bisogno di risposte, a lui basta uno sguardo. E Louis, già di suo, non è un tipo che ama conversare, non gli piacciono la sua voce e il suo accento, gli sembrano troppo strani, e con il suo ragazzo può farlo il minimo indispensabile. Non lo ringrazierà mai abbastanza per questo.
Lui, con Harry, condividerebbe solo il silenzio se potesse.
Che per tutti può risultare noioso e insensato, ma per Louis no. Lui con le parole non ci fa niente, gli hanno sempre fatto solo male, lui preferisce spartire l’essenziale con le persone che ama. E questo non significa che non sappia dialogare, anzi, potrebbe fare discorsi di ore e ore e ore lunghissime se volesse. Solo– non ne ha voglia. Ha sempre desiderato uno di quei rapporti simbiotici, dove guarda uno lo fa anche l’altro, cogliere gli stessi dettagli, scoprirsi lentamente ché altrimenti non c’è gusto. E con Harry l’ha trovato, sono tanto opposti quanto simili, in questo soprattutto.
Lo ammira, dall’altra parte del tavolo, mentre parla con una cameriera. Più che altro, è lei che continua a fare domande inutili. E’ la nostra serata, bionda, vorrebbe urlare per farla andare via e, invece, come al solito sta zitto e scoppia dentro. E’ geloso come mai prima, anche se è consapevole che Harry non lo lascerà mai, ma l’insicurezza lo logora giorno dopo giorno e ha paura. Un terrore folle ancorato al cuore che non lo lascia mai stare e, ogni tanto, gli ricorda che il suo ragazzo è bello – bellissimo, intelligente, simpatico e affascinante; tutto quello che ogni essere umano vorrebbe vicino. E lui, invece, è un metro e poco più di insolenza e paranoie.

Hai una brutta voce, dice quella maledetta pulce nel suo orecchio mentre aspetta impaziente di poter riprendere la cena con gli occhi di Harry che guardano lui, lui e solo lui.
Quelle iridi sono troppo azzurre, continua e lui prova ad ignorarla.
Hai le labbra troppo sottili e le orecchie estremamente piccole, chi mai ti amerebbe, sussurra ancora e Louis non pensa di resistere ancora per molto.
Lei è una donna, non avrebbe problemi di discriminazione se si mettessero insieme.

E non ce la fa più, gli sembra di soffocare, sa già che rovinerà la serata, ma si alza di scatto, mormorando un flebile “scusate” e facendo stridere le gambe di ferro della sedia contro il pavimento; un rumore che fa spaventare tutta la sala.
Corre fuori dal locale e piange – piange tutta la frustrazione di quei cinque fottuti anni, tutta la paura, tutte le offese, tutte le volte che ha pensato di mollare, tutte le discussioni. Le lacrime scendono copiose sulle guance e lui nemmeno se ne accorge da quanto gli fa male il petto. Il cuore sembra lacerarsi come un foglio di carta, tanti minuscoli coriandoli a riempirgli la gabbia toracica.
Non si cura di chi lo guarda e borbotta, non si cura di Harry che lo abbraccia e gli chiede cosa succede. Pensa solo a quella vocina e a tutti i suoi difetti.

Troppo basso.
Troppo magro.
Troppo diffidente.
Troppo permaloso.
Troppo fastidioso.
Troppo femminile.

Tutto troppo, mai una cosa che vada bene.

“Louis, per favore, dimmi che succede.” lo implora Harry, perché non può vederlo così e non saperne il motivo, ma lui non risponde. “Louis. Guardami.” sa che non ha scampo.

Alza gli occhi e si sente affogare, l’azzurro lo sta disintegrando. Vede solo amore davanti a lui e non riesce a spiegarselo.

“Perché ami me, Harry?” gli chiede con la voce roca per i troppi singhiozzi trattenuti, esausto.

“Perché sei tu.” un sorriso. “E, credimi, tu è meglio di qualunque altra cosa.” gli sfiora attentamente le guance e i polpastrelli brillano come onde marine sotto il Sole a mezzogiorno.
Louis non capisce bene quello che sta per fare, ma ha bisogno di sentire tutto l’amore che vede in quelle due distese verdi, addosso a lui e posa dolcemente le labbra salate su quelle di Harry e sa di aver rovinato tutto, come al solito.

“Adesso ci toccherà pagare una cena che non abbiamo mangiato.” scherza il riccio.

“Mi farò perdonare, promesso.” risponde di rimando Louis, senza rompere quel contatto che tanto amano entrambi.

“Questo mi sembra già un buon modo.” e il buon umore di Harry non lo fa sentire più così sbagliato, così complicato, come credeva fino a cinque minuti prima.

Harry lo rende migliore.
Harry lo rende adatto ad ogni situazione.
Harry spazza via ogni insicurezza.
Harry ama Louis, senza reserve.
Louis ama Harry, senza paura.

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Capitolo 5
*** Kissing ***


Kissing
 
Louis se n’era andato, una valigia in mano e gli occhi spenti.
Era stato Harry a sbagliare, l’aveva offeso senza motivo.
Solo perché aveva i soliti cinque minuti di nervosismo giornalieri.
Solo perché non sapeva come sfogarsi.
Dopo giorni, ancora se ne sta lì ad aspettare che quella porta si apra, ma sa che non lo farà mai. Quando Louis prende una decisione è definitiva. Ed è proprio quello che gli fa più male, essere consapevole di aver rovinato tutto un amore, tutta una vita.
Se ne sta lì, con le ginocchia rannicchiate al petto e i pensieri che gli frullano per la testa, ad attendere.
Si ripete che non ne fa mai una giusta, che ha un carattere di merda, che si lascia scappare sempre le cose migliori; compreso Louis.
Lo dice come un mantra, ogni cinque minuti, per non dimenticarlo mai.
Si distrugge internamente, senza fare rumore.
E, quello, è un altro suo difetto: non lascia mai trasparire quello che sente nel profondo, quello che lo tormenta. Non lo fa mai vedere, anche se sa che i suoi occhi parlano e anche troppo.
Sei un libro aperto, Harry, dice sempre Louis quando c’è qualcosa che non va e lui non vuole discuterne. Almeno per me.
E la verità è che solo lui riesce a capirlo, solo ed esclusivamente lui. Conosce ogni suo timore, ogni sua insicurezza, ogni dubbio, senza bisogno di parole. Harry, con Louis, non ha mai bisogno di spiegarsi, di stare lì a scervellarsi per tirare giù un discorso di senso compiuto per rendere l’idea di quanto possa stare male, perché il più delle volte non lo sa nemmeno lui. Harry, con Louis, può piangere senza dover balbettare quelle frasi inutili tipo non ce la faccio più o aiutami.
Semplicemente perché Louis sa.
Louis sa ogni cosa di Harry e non ha bisogno di altro per capirlo.
E lui ha rovinato tutto, gli ha urlato in faccia di andarsene, che non lo vuole più vedere.
L’ha detto con la consapevolezza che non sarebbe mai tornato, non avrebbe più messo piede in quella casa, nemmeno per prendere le ultime cose. Piuttosto le ricompra.
Perché per Louis incontrarsi di nuovo sarebbe come riaprire una ferita, di quelle che anche con la cicatrice continuano a sanguinare, che fanno sempre un po’ male, e non è abituato a dire addio due volte – già una è troppa.
Poi il cellulare vibra e Harry non ha voglia di muoversi, non vuole rispondere e parlare con il mondo fuori. Vorrebbe solo sfondare la diga e piangere tutte le lacrime che lo soffocano da giorni, che sembrano anni.
Solo quel nome lo smuove, senza volerlo: Louis.
Louis lo sta chiamando, Louis ha pensato a lui, anche solo per offenderlo e dirgli che lo odia, Louis non lo ha ancora rimosso dalla sua vita.
E ad Harry sembra talmente tanto un sogno che non si accorge di aver risposto finché un pianto disperato non gli trafigge le orecchie, il cuore, spaccando tutto e lasciando che il fiume dentro di lui sovrasti tutto.

“Ha-Harry, non lasciarmi.” urla Louis dall’altra parte della cornetta. I singhiozzi talmente potenti da rendere la sua voce profonda come non è mai stata, nemmeno con il mal di gola.
Harry si sente male fisicamente, la testa gira, le mani tremano e il petto si alza e si abbassa a ritmo irregolare. Non lo ha mai sentito così, tante volte avevano pianto insieme ma mai il suo Lou era stato così fragile. Mai.

“Louis, d-dimmi dove sei.” gli chiede istintivamente, per raggiungerlo e scusarsi e giurargli amore eterno, anche davanti alla regina Elisabetta. Perché se una cosa è certa è che Harry ama Louis sopra ogni limite, sopra ogni immaginazione, e lo farà fino all’ultimo giorno della sua esistenza.

“Sotto casa nostra, non mi sono mai mosso.” e quella frase fa scattare il riccio in piedi, in un nanosecondo, con solo le mutande addosso e un maglia bianca sgualcita dalla posizione innaturale del corpo. Senza curarsi di altro, apre la porta e scende di corsa le scale, rischiando di cadere un paio di volte, ma senza demordere. Apre il portone e vede quella macchina, la sua macchina ancora parcheggiata davanti all’entrata.
La pioggia gli bagna i vestiti e si sente nudo, ma niente ha importanza se non Louis.

“Loueh!” grida con tutto l’ossigeno per sovrastare il fracasso provocato dal temporale di metà Ottobre.

E quando apre lo sportello e si guardano, Harry si sente svenire; le gambe cedono e cade in ginocchio con le lacrime a mischiarsi alle gocce d’acqua che cadono prepotenti sul suo viso. Non sa se sia lui a piangere così tanto o il cielo lo stia rappresentando.

“P-per favore, non lasciarmi.” singhiozza Louis, crollando sul corpo rannicchiato lì davanti, la voce ancora spezzata dai singhiozzi, un rumore struggente.

“Non te ne andare, ti prego. N-non dovevi ascoltarmi, mi prendi sempre troppo sul serio.” e il sorrisino timido che compare sul volto di fronte a lui dà la forza ad Harry di tirarsi su e prenderlo in braccio, incollando le labbra a quelle di Louis.
Le morde, le succhia, le ama come non ha mai fatto prima. E’ un bisogno quasi animale, quello che lo agita dentro.
E sa che la pioggia dovrebbe rendere tutto più romantico, ma gli sono mancate così tanto che non può aspettare un secondo di più. Fa scontrare le loro lingue ed è felice che Louis non si opponga più di tanto.
Un bacio che sa di sale e mare e amore eterno non se l’erano mai dato, mai in cinque anni.

C’è sempre una prima volta per tutto, pensa Harry sorridendo leggermente sulle labbra sottili e arrossate dell’altro.

“Ti amerò finché avrò vita, Louis. Non andartene.” dice, piangendo.

“Baciami di nuovo, Harry. Non lasciarmi mai.” risponde l’altro con le lacrime bloccate in gola e gli occhi più rossi del sangue.

"Mai, mai, mai." sussurra lentamente Harry, prima di mordere ancora il labbro inferiore sotto di lui.

Mai, Louis.
Mai, amore.

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Capitolo 7
*** Wearing Each Others' Clothes ***


Wearing each others’ clothes
 
“Così tra poche ore vai a Los Angeles, mh?” dice Louis, con il sorriso sul volto e la tempesta nel cuore.

Il suo Harry parte, per l’ennesima volta, e lo lascia lì da solo, con il vuoto dentro. Non vuole farglielo pesare, però. Non è nessuno per ostacolare la libertà del suo ragazzo, se ha bisogno di staccare e volare lontano chilometri che lo faccia senza preoccupazioni.
E’ solo che.
E’ solo che Louis, quando manca Harry, non è più Louis.
Non è più il Louis che ride spontaneamente, anche se i problemi lo sommergono.
Non è più il Louis che ha voglia di scherzare e vivere.
Non è più il Louis che dorme ogni notte con il cuore leggero e la mente svuotata.
Non è più quel Louis perché se non c’è Harry lui perde l’anima.
E sa di essere tragico, che in fondo è solo un viaggio.
Sa di poterlo raggiungere in qualsiasi momento, basta prendere un aereo e attraversare l’oceano.
Sa che lo aspetterebbe a braccia aperte.
Sa anche, però, che Harry ha bisogno di stare da solo, a volte. Ha bisogno di pensare solo a sé stesso, senza nessuno intorno. Ha bisogno di dedicarsi alle sue passioni senza impegni che lo costringano a mollare tutto a metà.
Lui è così, un spirito libero; troppe costrizioni lo distruggono.
Lo conosce troppo bene e vuole solo che sia sereno, anche se lui non potrà vederlo. Per questo finge un altro sorriso e sotterra l’angoscia in fondo al cuore.

“Posso tenere la tua felpa verde?” chiede con la faccia schiacciata contro il cuscino bianco, ché l’imbarazzo è troppo grande. Non è la prima volta che fa una richiesta del genere, ma con un carattere orgoglioso come il suo è sempre una lotta.

Harry ride leggermente e poi si alza – la grazia di una libellula.

“Tieni, dormici anche stanotte.” dice qualche secondo dopo, posandola sulle spalle piccole davanti a lui. “Mischia i nostri profumi, così sarà anche un po’ tua mentre sarò via.” e Louis proprio non ha il coraggio di tirare fuori la testa, da quell’ammasso di lenzuola e piume d’oca, per guardarlo in faccia.

Davvero non può farlo.
Scoppierebbe in lacrime in un nanosecondo, perché nessuno ha mai detto cose del genere prima che arrivasse Harry. Invece, lui, le ripete ogni volta che deve partire.
E tutto il loro amore riempie quel cuore di marmo e Louis non sente più di dover fingere di stare essere forte, non ha bisogno di essere qualcuno che non è.
Perché si sente solo spezzato, fragile, vulnerabile se è da solo. Se non c’è Harry con lui.
Con gli occhi lucidi come diamanti, si gira e lo abbraccia.
Niente baci, niente carezze, un unico abbraccio.
Un semplice gesto che riempie tutto; dentro e fuori.
Il battito del cuore di Harry esplode nel petto di Louis.
Il suo squarcia ogni lembo di pelle, senza dolore, e corre svelto a rifugiarsi sotto le costole destre di fronte a lui.
I corpi diventano un singolo elemento, non sanno più dove inizia uno e dove finisce l’altro.
E Harry inspira profondamente il profumo di quel bagnoschiuma che sa di menta e fragilità che tanto ama addosso a Louis.

“Io posso prendere il tuo maglione blu?” gli sussurra, con le labbra rosse e carnose contro il collo.

E come si fa a resistere ad una richiesta del genere?
Solitamente, Louis, è geloso delle sue cose, ma al suo ragazzo regalerebbe anche l’ultimo paio di mutande.
Non importa cosa chieda, lui gliela presterà sempre – compresa l’anima, se mai ne avesse bisogno.

“Sai, a forza di rubarci i colori non so più se i miei occhi sono ancora azzurri o stanno diventando come i tuoi.” dice Louis mandando giù le lacrime e sdraiandosi di nuovo, con Harry al suo fianco. “Però, sì, puoi prenderlo. E tenerlo anche quando sei qui, se vuoi. E’ tuo ora.” con la punta del naso sfiora quello dell’altro e sorridono assieme, prima di addormentarsi cullati dai loro profumi – mescolati a creare un’unica fragranza.

Amore imperituro.

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