Dragon Age - L'ombra di Corypheus

di Team Disturbo Bipolare
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione ***
Capitolo 2: *** Il Corvo e la maga ***
Capitolo 3: *** Sogni e Demoni ***
Capitolo 4: *** Essere assassini ***
Capitolo 5: *** Lunga vita a Corypheus ***
Capitolo 6: *** Fratelli ***
Capitolo 7: *** Anaan esaam Qun ***
Capitolo 8: *** Non si fugge ***



Capitolo 1
*** Prefazione ***




Salve a tutti! Quella che state per leggere è una storia scritta a quattro mani, precisamente da Lunete e StregattaLunatica.
Abbiamo deciso di scrivere una storia ambientata dopo Dragon Age: Inquisition, dove narreremo le vicende di due nuovi personaggi (inventati da noi) e ci alterneremo nella stesura dei capitoli, ovvero Lunete scriverà i capitoli dispari mentre StregattaLunatica scriverà quelli pari. La storia prenderà vita man mano che la scriviamo, cioè nessuna di noi sa come andrà a finire e che piega prenderanno gli eventi ad ogni capitolo!
Ovviamente non mancheranno le comparse dei personaggi più amati della serie (compresi Custode, Hawke ed Inquisitore, che sono stati scelti tra i nostri personaggi con cui abbiamo giocato, quindi anche il Thedas sarà influenzato dalle varie scelte che abbiamo compiuto durante le partite!).
Detto questo vi lasciamo alla lettura, con la speranza che sia di vostro gradimento!

A presto!
Lunete & StregattaLunatica


P.S.: é sottointeso che qualsiasi commento/critica/osservazione sarà ben accetto, quindi dateci dentro! ;)

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Capitolo 2
*** Il Corvo e la maga ***


 

Essere una donna ad Antiva era un vantaggio. Lo era ancora di più se eri una donna dei Corvi.
Dahlia finì di allacciarsi il corpetto blu scuro sopra la camicia di lino bianca, quindi infilò i suoi due pugnali nei rispettivi foderi, nascondendoli alla vista grazie alla mantellina che portava appoggiata sulle spalle: sebbene facesse parte della più spietata gilda di assassini di tutto il Thedas, nella ridente Antiva alle donne era proibito combattere. Esse erano viste come esseri quasi da venerare e proteggere, in particolare le nobildonne, che erano scortate sempre da uno stuolo di uomini adorante.
La Corvo si guardò allo specchio, l'unico presente nella stanza che doveva condividere con altri Corvi, quasi tutti uomini: lasciò i lunghi capelli castano-rossicci liberi sulle spalle, contornò di nero i grandi occhi verde acqua e dipinse di rosso carminio - il suo rossetto preferito - le labbra. Rimirò quindi il risultato finale soddisfatta: era pronta per un'altra giornata di lavoro.
Uscì dalla stanza e subito una mano molesta piombò sul suo fondoschiena; alzò gli occhi al cielo, ormai era rassegnata al tipico buongiorno dei suoi compagni Corvi.
«Ehi fiorellino, già pronta di tutto punto di prima mattina vedo!»
«Buongiorno anche a te, Julian» rispose Dahlia senza nemmeno voltarsi per guardarlo in faccia. Se c'era qualcuno che poteva permettersi di chiamarla fiorellino e non trovarsi con una lama piantata nella giugulare, questo era proprio lui. Julian era il suo collega più fidato, quello con cui aveva superato tutte le prove dei Corvi al tempo in cui erano entrambi reclute e con cui aveva portato a termine innumerevoli imprese.
«Il capo ha richiesto la tua presenza nel suo studio. Ti consiglio di fare in fretta, sembrava piuttosto agitato!» disse Julian, passandosi una mano sulla corta barba che gli ricopriva la mascella, bionda come i suoi capelli perennemente spettinati “ad arte”, come amava definire lui.
«Un'altra missione?! Ma se sono appena rientrata dall'ultima!» esclamò incredula Dahlia.
«Lo so fiorellino che vorresti sempre stare con me, ma abbiamo una reputazione da mantenere sai...i Corvi non vanno in ferie!» disse Julian, facendole l'occhiolino.
Dahlia sospirò esasperata, quindi si avviò verso lo studio del suo superiore. La Gilda dei Corvi aveva varie sedi sparse per tutto Antiva, ma lei aveva la fortuna di essere in quella della capitale: una villa maestosa, appartenuta a qualche nobile che per aver salva la vita era stato costretto a destinarla proprio ai Corvi, dopo aver perduto le proprietà assieme alle fortune.
Superò una decina di stanze, tutte adibite a camerata comune, mantenendo il passo leggero come le era stato insegnato quand'era solamente una recluta. Non che le servisse in quel frangente, in ogni caso i suoi passi sarebbero stati smorzati dai pesanti tappeti che ricoprivano ogni centimetro del pavimento, ma Dahlia pensava fosse bene mantenersi costantemente in allenamento. Non per nulla era diventata una delle migliori assassine della Gilda.
Quando arrivò a destinazione trovò Kinn chino sul tavolo mentre osservava una mappa e borbottava tra sé e sé: l'uomo dai capelli corvini e la pelle scura come un rivaini non si accorse subito della presenza della sua sottoposta, segno che era piuttosto nervoso, visto che solitamente i suoi sensi erano sempre allerta.
Dahlia scivolò silenziosamente nella stanza, con un enorme sorriso idiota stampato in faccia: era piuttosto compiaciuta delle sue abilità e l'aver ingannato Kinn era un vero motivo di vanto. Comunque il suo vantaggio durò solo una manciata di secondi: Kinn alzò lo sguardo piantando gli occhi d'ebano in quelli chiari della ragazza con fare autoritario.
«Era ora che arrivassi!» sbraitò con poca grazia.
Dahlia rimase interdetta «come scusa? Sono appena stata avvisata del fatto che tu mi volessi qui!»
«Certo, se la principessa si perde nel mondo dei sogni dobbiamo adattarci tutti!» sbuffò l'uomo.
Dahlia aprì la bocca per protestare, ma la richiuse subito: probabilmente ricordargli che era rientrata solamente quella notte dalla missione precedente non sarebbe servito a molto.
«Devi partire il prima possibile per il Tevinter» continuò Kinn, porgendole una pergamena.
«Per il Tevinter?» chiese la ragazza, prendendo in mano il foglio. Il Tevinter era la nazione che odiava più di tutte: falsi come ad Orlais e spietati come a Starkhaven, con l'aggravante di usare la magia del sangue sottobanco come simbolo di superiorità intellettuale. Per una fereldiana come lei non c'era niente di peggio del Tevinter.
Srotolò la pergamena e si immerse nella lettura: da come poteva leggere si trattava dell'ennesimo regolamento di conti tra magister, niente che costituisse una novità.
«Perché dovresti mandare me per un magister? É un incarico che qualsiasi novellino potrebbe portare a termine senza troppi sforzi!» protestò.
«Non si tratta di un magister qualunque. Edman Pretus era un venatori, uno dei più spietati sostenitori di Corypheus» spiegò Kinn.
«Venatori? Non è responsabilità dell'Inquisizione?»
«Pretus ha amici potenti che lo proteggono. É riuscito a sfuggire al giudizio con la scusa di essere stato costretto con la magia e che non aveva mai voluto sostenere la causa di Corypheus».
«Non può essere bastata una simile scusa!» esclamò incredula Dahlia.
«Come ti ho appena detto, ha amici potenti. Sembra sia riuscito a procurarsi le prove che lo scagionano, rendendolo intoccabile da parte dell'Inquisizione. Probabilmente se lo facciamo fuori silenziosamente avremo una delle organizzazioni più influenti del Thedas in debito con i Corvi».
Dahlia rimase in silenzio pensierosa: certo, messa così la missione prendeva una piega decisamente più affascinante, ma rimaneva pur sempre un semplice regolamento di conti tra magister. Era consapevole, però, che non aveva possibilità di parola, se Kinn aveva deciso di mandare lei per quella missione ci sarebbe andata.
«Chi posso portare con me?» chiese, rassegnata.

«Sapevo che non potevi stare a lungo senza di me, fiorellino!» esordì Julian quando Dahlia gli comunicò che sarebbero partiti insieme per la missione.
«Julian ti conviene darci un taglio subito, se ci tieni alla tua virilità».
«Lo sai, mi piacciono le donne aggressive, danno un tocco di passione a tutto ciò che fanno!»
Dahlia decise di non replicare, voltando le spalle al ragazzo biondo e raggiungendo Kres, l'altro Corvo che l'avrebbe accompagnata: con lui le sue orecchie avrebbero di sicuro trovato pace, visto che era probabilmente l'elfo più taciturno di tutto il Thedas.
«Sai quando parte la carovana per Minrathous?» gli chiese.
«Fra due ore» rispose l'elfo, lapidario e preciso come sempre.
Dahlia sbuffò: aveva solo due ore per poter organizzare l'equipaggiamento e le provviste per il viaggio.
«Bene. Julian, vai in lavanderia e procurati degli abiti di ricambio per tutti noi, bende e zaini. Kres, tu vai in armeria e recupera tutte le armi che ci possono essere utili. Io andrò al mercato per le provviste. Ci vediamo alle carovane!».
Dahlia lasciò la magione, dirigendosi verso il porto, dove ogni mattina si teneva il mercato. Il sole estivo splendeva illuminando con la sua luce dorata l'acqua della baia di Rialto, che infrangeva dolcemente le sue onde contro i moli del porto. La ragazza inspirò a pieni polmoni, per imprimersi nella mente l'odore della città, che ormai era casa sua da più di dieci anni: un misto di cuoio, salsedine e spezie arrivò alle sue narici, facendola sorridere. Passeggiò lungo il viale principale: le palme svettavano alte ai bordi, offrendo un misero riparo contro il caldo della giornata. Le nobili sventolavano annoiate i ventagli colorati, mentre i servitori si affaccendavano attorno a loro assecondando ogni loro capriccio; l'oro dei monili tintinnava dai lobi e dai polsi, mandando lampi di luce addosso ai passanti, che chiudevano gli occhi infastiditi. Al mercato il caos regnava sovrano: la gente correva qua e là per procurarsi il cibo e mettere le mani sulle offerte, prima che qualcun altro le reclamasse. Dahlia si confuse tra quella folla impazzita, avventurandosi tra le bancarelle dai drappi bianchi e rossi, procurandosi carne essiccata e pesce affumicato, pagnotte, mele e anche una piccola otre del famoso vino antiviano. Se non altro avrebbe tirato su il morale dei suoi compagni di viaggio mentre erano lontani da casa.
All'ora prestabilita si diresse verso il punto di partenza delle carovane, ma all'improvviso qualcuno la bloccò, afferrandola per un gomito. La mano di Dahlia di diresse subito verso uno dei due pugnali, ma una lama sbucò dal nulla, puntando alla sua gola.
«Non essere precipitosa, sorellina» ghignò una voce bassa e minacciosa. Una voce che purtroppo Dahlia conosceva benissimo.
«Che cosa vuoi, Cablan?» ringhiò la ragazza.
«È così che saluti il tuo fratellone?»
«Non ti comporti da fratello ormai da molti anni» replicò lei, liberandosi dalla presa con uno strattone.
Si voltò per affrontare il suo aggressore: un ragazzo di un anno più grande di lei, con corti capelli castano-rossicci e occhi azzurri la stava fissando con un mezzo sorriso sbilenco stampato in faccia. Uno dei suoi fratelli maggiori.
«Oh, vuoi dire da quando hai ucciso la nostra amata madre?» l'aggredì Cablan, mentre un lampo d'ira attraversava i suoi occhi chiari.
«Smettila! Lo sai che non è andata così, io non...»
«In ogni caso» la interruppe stizzito «sono qui solo per augurarti buon viaggio, sorellina. Spero che la tua missione vada liscia. Non sei stata nominata responsabile?».
Cablan scoppiò in una risata malvagia, allontanandosi e lasciando un brutto presentimento a Dahlia. Da quando erano dovuti fuggire dal Ferelden e si erano uniti ai Corvi, il fratello aveva sempre cercato di metterle i bastoni fra le ruote, per fortuna non riuscendo mai a recarle danno.
Dahlia raggiunse i suoi compagni, che l'aspettavano con gli oggetti recuperati; salirono nel carro della carovana in partenza per Minrathous e attesero in silenzio.

Il viaggio durò due settimane: tra il caldo afoso tipico del nord del Thedas, insetti molesti e strade irregolari che facevano sobbalzare la carovana ad ogni piè sospinto, i tre Corvi non vedevano l'ora di rimettere i piedi a terra.
«A quanto pare questi Tev non badano a spese quando si tratta di farsi notare» commentò Julian, fischiando ammirato.
Minrathous poteva essere descritta in un'unica parola: imponente. Palazzi di marmo altissimi svettavano contro il cielo nero della notte coprendo le stelle, ma sostituendole grazie alle innumerevoli lanterne magiche che pendevano dalle loro pareti levigate. Statue di drago spiccavano in qualsiasi direzione si guardasse, alcune erano persino ricoperte d'oro e al posto degli occhi avevano grosse pietre preziose. Dahlia guardò il ponte appena attraversato con la carovana: quello era l'unico passaggio che collegava la capitale tevinteriana con la terra ferma. Nel caso in cui fossero dovuti fuggire questo particolare avrebbe costituito un bel problema.
«Dobbiamo raggiungere il "luogo sicuro". Kres, tu sai dov'è, giusto? Se non sbaglio hai già lavorato a Minrathous...» disse Dahlia, rivolgendosi all'elfo.
Quest'ultimo si voltò e, senza proferire parola, s'incamminò lungo una strada buia e deserta, come quasi tutte le strade della città a quell'ora della notte. Dahlia si affrettò a seguirlo, con dietro a ruota Julian, coprendosi nervosamente il capo con il cappuccio della mantella. Dopo dieci minuti a zigzagare tra il dedalo di vicoli sempre più stretti e bui, Kres si fermò davanti ad una porta, che sarebbe passata per una normalissima porta di legno, se Dahlia non avesse notato il simbolo di Antiva inciso accanto alla maniglia: due occhi obliqui insanguinati.
«Quindi il posto è questo?» chiese titubante la ragazza. Il silenzio dell'elfo poteva essere riposante, soprattutto se messo a confronto con la continua parlantina di Julian, ma a volte diventava piuttosto inquietante.
Infatti, sempre senza dire una parola, Kres batté tre colpi sul legno, due di seguito ed uno isolato. Dopo qualche minuto la porta si aprì cigolando in modo sinistro, lasciando intravedere una stanza debolmente illuminata; Dahlia la spinse del tutto, entrando dentro con circospezione.
«C'è nessuno?» chiese.
«Vi stavo aspettando Corvi» disse una voce profonda ed inaspettatamente gentile.
Dahlia riconobbe la voce, sorrise voltandosi verso l'angolo buio da dove proveniva.
«Minrathous eh? Cosa hai fatto per esserti meritato questa fine?» chiese ridendo.
«La tua lingua lunga è sempre la stessa a quanto pare!». Un uomo alto, calvo, con una lunga barba nera ed una cicatrice che solcava metà viso sinistro, emerse dal buio, rivolgendo ai tre nuovi arrivati un caldo sorriso di benvenuto.
«Lokes!» esclamò Julian, abbracciando l'uomo di fronte a sé.
«Ehi calma ragazzino!» rise Lokes, rispondendo però all'abbraccio.
I tre nuovi arrivati si sedettero attorno al tavolo al centro della stanza, mentre Lokes offriva dei boccali di birra scura e schiumosa. Dahlia bevve con poca convinzione: non le era mai piaciuta la birra, ma rifiutarla sarebbe stato un gesto maleducato.
«E così voi tre siete stati mandati qui ad occuparvi del magister» disse Lokes, scuotendo la testa in segno di disapprovazione «cosa gli sarà saltato in mente a quel bastardo di Kinn a mandare tre ragazzini?»
«Non siamo ragazzini, abbiamo ormai superato i venticinque tutti e tre!» protestò Dahlia.
«Tu ancora no, fiorellino!» la prese in giro Julian.
Dahlia gli fece la linguaccia «mi manca poco e in ogni caso ho avuto il maestro migliore tra tutti i Corvi di Antiva!»
«E le lusinghe gratuite non ti porteranno da nessuna parte, mi sembra che fosse stata la prima lezione che ho cercato di impartire a quella tua testolina rossiccia!» la rimbeccò Lokes.
«In ogni caso» proseguì l'uomo pelato «non vi nascondo che la vostra missione mi preoccupa. Temo che il nostro magister abbia spie dappertutto, forse persino tra i Corvi!»
«Ma non è possibile, chi mai tradirebbe la Gilda per un magister?» chiese incredulo Julian.
«Ragazzo, ricordati che soldi e promesse di libertà possono comprare chiunque. Anche quello che fino al giorno prima si professava come il Corvo più fedele» spiegò tetro Lokes.
Parlarono ancora per qualche ora della missione e del loro obiettivo, Edman Pretus, finché Kres non si alzò e si diresse verso la camera da letto, senza dire una parola.
«Sembra che il vostro amico abbia deciso che sia l'ora di coricarsi» commentò Lokes pensieroso.
«Già e probabilmente ha ragione. Ci aspettano giornate dure e piene di impegni!» disse Dahlia, stiracchiandosi.

Il giorno dopo si divisero per studiare meglio il loro soggetto. Dahlia osservò bene l'enorme tenuta del magister, poco distante dall'Arena, ovvero un'enorme piramide di marmo in stile nanico che svettava al centro di Minrathous. Anche la tenuta di Pretus era di marmo, molto probabilmente costruita grazie alla magia, visto che sembrava sbucare direttamente fuori dal terreno; Dahlia imparò a memoria i tragitti degli schiavi che andavano e tornavano dall'abitazione, contò le finestre cercando la loro corrispondenza nella piantina datagli da Kinn e controllò la locazione di tutte le porte.
A fine giornata, i tre Corvi si ritrovarono alla base per scambiarsi le informazioni che avevano rilevato. Julian era riuscito a trovare un'utilità alla sua parlantina: stordendo di chiacchiere uno schiavista aveva scoperto che ogni settimana, alla villa di Pretus, venivano consegnati circa una decina di schiavi di tutte le razze. Nessuno sapeva che fine facessero tutte quelle persone, ma evidentemente nessuno se ne curava.
Kres, invece, era riuscito a scovare un passaggio segreto che portava direttamente alle segrete della villa, cosa che poteva essere usata a loro vantaggio nel caso in cui avessero avuto bisogno di una rapida via di fuga.
«Quindi ricapitolando: io e Kres ci travestiremo da schiavi ed entreremo nella villa con il prossimo gruppo, mentre Julian si intrufolerà nella sala accanto alla stanza da letto del magister e ci aspetterà acquattato. Nel caso in cui qualcosa vada storto, raggiungiamo le segrete e scappiamo attraverso il passaggio che ha scoperto Kres! Tutto chiaro?»
«Sissignora!» la canzonò Julian, facendole l'occhiolino.
Si presero la serata libera: per un caso del destino sarebbe stato proprio il giorno seguente quello in cui gli schiavi sarebbero stati consegnati in villa. Dahlia decise di prendersi una boccata d'aria, così uscì nelle strade buie e tortuose di quell'austera capitale. Subito sentì dei passi leggeri dietro di lei, ma non si prese nemmeno la briga di estrarre il pugnale dal fodero.
«Perché mi hai seguita?»
«Non posso stare troppo tempo lontano da te, fiorellino»
«Julian...» sospirò la ragazza.
«Dai, per una volta potresti farmi contento. Per quanto ne sappiamo, domani potremmo essere morti!» replicò il biondo, con un ghigno divertito stampato in faccia.
«Non lo dire nemmeno per scherzo!» protestò Dahlia, voltandosi per lanciargli un'occhiataccia.
«Si certo, fai tanto la dura, ma so che sotto sotto il tuo cuore palpita per me!»
«Nei tuoi sogni, forse!»
«Allora vorrei che fossero reali» replicò lui con voce inaspettatamente seria, piantando i suoi occhi color cioccolato in quelli verde acqua di lei.
«Julian, lo sai che io non credo nell'amore» disse Dahlia, distogliendo lo sguardo imbarazzata.
«Lo so fiorellino, perché credi che io stia qui ad insistere tanto? Prima o poi ti farò cambiare idea!».
Il ragazzo le afferrò le mani e la avvicinò a sé, scostandole una ciocca di capelli dal viso «lo so che la dottrina dei Corvi cambia il modo di vedere le cose, i sentimenti soprattutto. Ma non per tutti sono solo strumenti da usare, almeno non sempre».
«Non è solo quello, noi siamo assassini, siamo noi stessi degli strumenti! Strumenti che possono essere gettati o rovinati quando meno te l'aspetti!»
«Quindi hai paura di morire? O che muoia qualcun altro?»
«Io...» ma Dahlia non riuscì a completare la frase perché all'improvviso si ritrovò con le labbra molto occupate. Rimase immobile mentre il suo compagno d'armi la baciava, totalmente presa alla sprovvista: certo, sapeva di piacergli, ma non si aspettava certo tutta questa passione!
«Scusa, ma non potevo più resistere oltre» disse Julian, staccandosi da lei «con questo non voglio chiedere la tua mano e farti giurare eterno amore davanti al Creatore, solo...ecco, pensaci. C'è sempre una possibilità, se la si vuole».
Detto questo il ragazzo si voltò e tornò verso la base, lasciando sola Dahlia in preda ad un tumulto di pensieri.

La mattina seguente Dahlia ringraziò di partire per la missione con Kres, dato che si sentiva ancora piuttosto confusa per quello che era successo la sera prima.
Indossò una pesante veste da popolana sopra i vestiti da combattimento, lasciando però facilmente reperibili le sue due armi: una di esse era una lama azzurra di lazurite, che era ormai sua compagna fidata da molti anni. Precisamente da quando l'altro suo fratello maggiore, Davon, gliel'aveva donata prima di partire per unirsi all'esercito di re Cailan. Dahlia accarezzò l'incisione a forma di sole alla base della lama, poi ripose l'arma nel suo fodero: pensare a Davon ancora le faceva male.
Uscì di soppiatto dal covo assieme all'elfo e silenziosamente raggiunsero la base degli schiavisti che si occupavano di procurarsi la gente per Pretus. Il sole ancora albeggiava all'orizzonte, tingendo gli edifici di marmo di una dolce luce rosata, che smorzava in buona parte l'austerità della città.
La base degli schiavisti era una bassa casupola di pietra grigia, in netto contrasto contro il candore degli alti palazzi del centro; Dahlia e Kres riuscirono a superare le prime guardie scavalcando l'alto muro che circondava la casupola, ma trovarono la porta del retro - quella da cui sarebbero dovuti entrare - bloccata da una guardia non prevista.
«Hai...?» cominciò Dahlia, con l'intenzione di chiedere all'elfo se aveva qualche dardo soporifero con sé. Ma quello aveva già scagliato una freccia contro la guardia, facendola stramazzare al suolo.
«Sei impazzito?!» sibilò Dahlia arrabbiata.
«Andava fatto» rispose Kres laconico.
«Lo sai che dobbiamo limitare il numero di morti se non vogliamo dare nell'occhio!» sbuffò «ora dobbiamo sbarazzarci del cadavere, prima che lo scoprano».
Sgattaiolarono rasenti al muro e raggiunsero il corpo della guardia, lo trascinarono dietro ad alcuni cespugli e lo coprirono con il suo mantello. Certo, come sistemazione non era il massimo, ma avrebbe dato loro almeno un po' di vantaggio.
Entrarono quindi dalla porta in precedenza piantonata dalla guardia uccisa e furtivamente si fecero strada attraverso i bassi corridoi in penombra dell'edificio, superando le stanze degli schiavisti e raggiungendo la zona degli schiavi. Ma all'entrata trovarono un'altra brutta sorpresa: la gente era stata divisa in diversi gruppi eterogenei ed era impossibile stabilire quale fosse destinato a Pretus.
«Aspetta qui» ordinò Dahlia all'elfo. Tornò verso le stanze degli schiavisti, nascondendosi nelle ombre ogniqualvolta percepiva un rumore sospetto; raggiunse lo studio del loro capo e tirò un sospiro di sollievo: la stanza era vuota. Si gettò subito sulla scrivania, alla ricerca di un qualsiasi indizio che potesse indicarle a quale gruppo di schiavi unirsi, cercando di non lasciare segni del suo passaggio. Ad un certo punto sentì delle voci vicinissime andare incontro a lei: come diavolo aveva fatto a non sentirle prima?! Senza pensarci due volte rotolò sotto la scrivania, spostando la pesante sedia di legno davanti a sé, coprendola dalla visuale. Il perché non avesse sentito prima le voci fu presto svelato: una libreria accanto alla scrivania si spostò lateralmente, svelando un passaggio segreto, dal quale emersero due uomini. Dahlia guardò con ansia le due paia di piedi che si spostavano, pregando il Creatore - anche se non era credente - che non decidessero di passare dietro la scrivania, dove l'avrebbero di sicuro vista. Per pura fortuna (si rifiutava di credere che le sue preghiere avessero effettivamente funzionato) i due uomini si fermarono di fronte al suo nascondiglio, discutendo concitati.
«Questa volta quel bastardo ci farà ammazzare!»
«Deve solo provarci, si ritroverà con un bel po' di magister suoi amici piuttosto incazzati».
«Come fai ad essere così tranquillo? Non sai chi lo sta proteggendo?»
«Certo, ma so anche che noi siamo quelli che procurano i migliori schiavi in tutto il Tevinter. Come credi reagirebbero gli altri magister, se ci facesse sparire?»
Il primo uomo sospirò, cominciando a camminare in tondo nervosamente.
«Almeno abbiamo quello che voleva?»
«I due qunari? Come ogni settimana. Il resto è sempre a nostra discrezione, giusto?»
«Giusto. Pretus non è uno che cambia spesso gusti, eh?»
I due scoppiarono a ridere, uscendo dalla stanza.
Dahlia uscì circospetta da sotto la scrivania, guardandosi bene attorno per evitare altre sorprese. Quindi tornò nella stanza degli schiavi, esaminando con attenzione tutti i gruppi: quasi non credette di nuovo alla sua fortuna quando notò che vi era un unico gruppo con due qunari. Fece segno a Kres di raggiungerla, quindi entrambi si acquattarono accanto agli schiavi destinati al loro obiettivo. Quelli fecero spazio silenziosamente, senza nemmeno guardarli in faccia; probabilmente erano più impegnati a rimuginare sulle loro disgrazie per far caso a ciò che stava succedendo intorno a loro. Aspettarono seduti sul pavimento gelido per quelle che sembrarono ore, quando uno schiavista li fece alzare, spingendoli ad avanzare lungo lo stretto corridoio principale, che portava al cortile frontale della casupola. Gli schiavisti li incatenarono l'uno all'altro dai polsi e dalle caviglie, quindi li fecero sfilare lungo le strade di Minrathous, verso la tenuta di Pretus.
Il sole era ormai alto quando arrivarono a destinazione: due domestici aprirono una porta sul retro, facendoli entrare nella parte più spoglia e povera della magione. Furono portati in un salone grande e completamente vuoto; a Dahlia sembrò una cosa molto strana, si aspettava che gli schiavi venissero messi subito al lavoro.
Uno schiavista li liberò dalle catene e contemporaneamente nella stanza entrò un uomo, abbigliato con la tipica tunica dei magister, che li squadrò uno per uno.
«Benvenuti. Come ormai ben saprete siete qui per un preciso motivo» parlò il magister.
Fece una pausa d'effetto, quindi riprese «tra di voi c'è qualcuno che ha tutta l'intenzione di fare del male al vostro signore e padrone Edman Pretus. Immagino siano i due nuovi arrivati».
Prima ancora che potesse rendersi pienamente conto di ciò che stava succedendo, Dahlia si ritrovò con una decina di lame puntate alla gola, sguainate da quelli che fino a pochi secondi prima credeva fossero semplici schiavi.
«E così pensavate davvero di farla franca» li schernì il magister «forse non avevate capito bene con chi avevate a che fare!»
«Lasciami andare, brutto figlio di...»
«Oh oh oh, che lingua tagliente che hai signorina! Chissà se sarà abbastanza affilata per ciò che c'è in serbo per te...sbatteteli in cella!» ordinò in tono secco l'uomo.
Dahlia cercò invano di liberarsi, ma l'elsa di un pugnale la colpì forte alla nuca, facendole perdere i sensi.

Venne risvegliata da una secchiata d'acqua gelida, ritrovandosi seduta legata ad una sedia.
«Parla Corvo! Cosa sai sui mandanti dell'assassinio?»
«Cos...?» tentò di dire Dahlia, ma una fortissima emicrania la colpì, facendole credere che il suo cranio potesse esplodere da un momento all'altro. Accecata dalle lacrime, cercò di mettere a fuoco le due figure davanti a sé: una era uno degli schiavisti che l'avevano scortata alla magione quella mattina, l'altra era una donna bassa, con i capelli biondo cenere legati in un severo chignon e occhi piccoli di un colore che ricordava vagamente l'acqua putrida. Indossava la tunica dei maghi del Tevinter, con la mano destra reggeva una staffa composta da due serpenti di legno scuro, che si attorcigliavano e stringevano tra le fauci una gemma blu scuro. La mano sinistra era tesa in avanti, con le dita piegate come artigli dalle lunghe unghie laccate di rosso cremisi.
«Risposta sbagliata» ghignò lo schiavista «vedi di collaborare, altrimenti ci penserà la maga qui accanto a me a farti parlare!»
«Io non so niente» rispose meccanicamente Dahlia; fin da reclute i Corvi venivano preparati a rispondere così in caso di cattura. Non importa quali ricompense venissero promesse loro se avessero vuotato il sacco, anche se fossero stati rimessi in libertà ci avrebbe pensato la gilda stessa ad ucciderli.
«Tipica risposta da Corvo» sbuffò l'uomo, rivolgendo un cenno del capo in direzione della maga accanto a lui. L'emicrania riprese, facendo urlare di dolore la prigioniera.
«Lo sai vero che non ti uccideremo fino a quando non ci dirai tutto? Potremmo andare avanti giorni, anche settimane se lo volessimo!»
E così fu: Dahlia perse il conto dei giorni che trascorse in quella prigione ammuffita. Si chiedeva cosa ne fosse stato dei suoi colleghi, rammaricandosi di non essere stata più attenta nel valutare i rischi: ora era ufficialmente morta, anche se non lo era ancora fisicamente, e per colpa sua lo erano anche Kres e Julian. Quante persone sarebbero dovute ancora morire a causa della sua stupidità?
La cella in cui la sbattevano alla fine di ogni interrogatorio era piccola e claustrofobica; Dahlia si trascinava ogni giorno verso le sbarre per osservare l'esterno, ma la vista annebbiata a causa della mancanza di forze le facevano sembrare surreale tutto ciò che la circondava. Il corridoio su cui si affacciava la sua cella era in penombra, rischiarato a malapena dalle lanterne magiche appese ai muri. Con il tempo capì che l'odore di muffa non era l'odore più sgradevole che permeava l'aria, bensì quello di metallo e sangue, che, insieme alle urla ovattate degli altri prigionieri torturati, contribuiva a darle l'impressione di trovarsi in un mattatoio.
Lasciò andare le sbarre, accasciandosi contro la parete alla sua destra, cercando di mantenere il respiro regolare. Quanto ancora avrebbe potuto resistere prima che i suoi aguzzini perdessero la pazienza o che Pretus decidesse di agire personalmente? Mentre si abbandonava stremata al muro di mattoni grigi e umidi, il suo udito venne stuzzicato da un mormorio appena percepibile che proveniva dalla cella accanto alla sua. Quello che la incuriosì fu il fatto che non sembravano i soliti gemiti disperati e sofferenti, piuttosto ricordava una cantilena. Osservò ogni mattone, sfiorandoli con la punta delle dita: la roccia tendeva a sgretolarsi sotto al suo tocco, segno che la casa era più antica di quanto sembrava. Probabilmente alle segrete non veniva riservato lo stesso trattamento di bellezza del resto della magione. All'improvviso le sue dita s'insinuarono in un'apertura tra due mattoni, dove la malta tendeva a cedere più facilmente: Dahlia la allargò in fretta, spezzandosi le unghie, mentre i suoi sensi si risvegliavano grazie alla forza donatale dalla curiosità, mettendo da parte il dolore. Mentre conduceva questa operazione cominciò a distinguere delle parole in quella cantilena, anche se appartenevano ad una lingua sconosciuta.
«Shok ebasit hissra. Meraad astaarit, meraad itwasit, aban aqun. Maaras shokra. Anaan esaam Qun...1».
Quando il buco fu abbastanza largo, sbirciò dall'altra parte. Inginocchiata a terra con le braccia spalancate, vi era un'imponente figura dalla pelle grigiastra. Dahlia la osservò con curiosità: non aveva mai visto dal vivo una qunari donna. Le braccia erano sostenute da delle catene spesse ricoperte di simboli, così come quella proveniente da terra legata attorno al suo collo. Aveva insoliti capelli neri suddivisi in quattro sezioni, ognuna avvolta da nastri rossi, fermati alle estremità da pendenti d'argento. Indossava quel tanto di stoffa lurida che serviva a coprire le sue intimità, lasciando scoperte spalle, schiena, braccia e gambe. Fu solo in un secondo momento che Dahlia notò le corna: quelle originali erano state spezzate e sostituite da corna posticce in metallo scuro.
«Sei sveglia, bas2» la voce profonda e roca della qunari la fece quasi sobbalzare, non si aspettava l'avesse sentita muoversi.
«I carcerieri parlano. Sei qui per il Magister» proseguì la gigantessa.
Dahlia si abbandonò con la schiena alla parete senza più guardarla «si, almeno in teoria».
«Liberami e ti aiuterò».
L'assassina represse un'amara risata, scuotendo il capo «forse non lo hai notato, ma sono in cella esattamente come te!»
Improvvisamente dal fondo del corridoio provenne il secco ed assordante rumore di una porta che veniva spalancata e richiusa, che rimbalzò sulle pareti amplificato.
«Resta vicina alle sbarre» disse la Qunari, per poi zittirsi del tutto.
La Corvo si disse che la prigionia doveva averle dato alla testa, ma obbedì all'ordine.
L'uomo che sfilò davanti le celle era di media altezza, tozzo ed ignobilmente sporco. Nella mano destra stringeva un gatto a nove code, alla cintola pendeva il mazzo di chiavi delle celle, le quali parevano rifulgere di provocanti promesse. Oltrepassò la cella di Dahlia, soffermandosi davanti quella della qunari.
«Sveglia testa di bue! È ora dello spettacolo!» ghignò l'uomo.
La donna udì chiaramente il rumore sferragliante della chiave che girava nella serratura ed il suono delle catene che tintinnavano fra di loro, mentre veniva concesso alla qunari di alzarsi. Si accostò alle sbarre, afferrandole con ambedue le mani chiedendo uno sforzo disumano alle proprie gambe, tornando a rimettersi precariamente in piedi.
La porta dell'altra cella si richiuse con un tonfo, e vide i due passarle davanti. La qunari svettava di una testa sopra il carceriere, aveva ambedue le mani legate dietro la schiena, mentre l'uomo la trascinava per la catena legata attorno al suo collo come fosse un guinzaglio. Senza alcun preavviso, la qunari si gettò di peso contro l'uomo, schiacciandolo contro le sbarre della cella di Dahlia. Il mazzo di chiavi alla cintura era a portata di mano, così la Corvo colse l'occasione per sfilarlo, riuscendo a non farle cadere, mentre l'uomo riuscì a spingere via l'altra. Il carceriere non notò nulla, dato che era troppo occupato a colpire crudelmente con il flagello la qunari, costringendola in ginocchio.
«Come osi ribellarti contro i tuoi padroni, schiava!?» le urlava continuando a colpirla.
Dahlia infilò velocemente la chiave nella toppa della serratura, girandola con un colpo secco in modo da fare il meno rumore possibile. Nello stesso istante le mani della qunari presero fuoco, illuminandole il volto di luce aranciata e donandole un'aria minacciosa. Subito dopo, però, i simboli sui suoi ceppi s'illuminarono, estinguendo le fiamme e somministrando una piccola scarica elettrica alla gigantessa, che urlò di dolore e si accasciò a terra. Dahlia spalancò gli occhi davanti alla scena, sorpresa: davanti a lei c'era una maga. L'assassina uscì dalla cella, ponendosi alle spalle del carceriere.
«Si chiama Saarebas, non schiava, idiota!» disse, colpendolo usando con le poche forze che le rimanevano, sbilanciandolo. Questo si poggiò al muro per non cadere, per poi voltarsi a guardarla con occhi fiammeggianti.
«Piccola sgualdrinella!» urlò di rimando, spingendola e facendole sbattere la testa contro le sbarre metalliche. Dahlia vide tutto nero e perse i sensi.

«Svegliati bas».
Dahlia socchiuse gli occhi, facendo entrare la debole luce della stanza nelle sue pupille. La testa pulsava forte e, quando si portò una mano alla nuca, scoprì che stava lievemente sanguinando.
«Non c'è tempo per quello, dobbiamo andare. Ora».
La ragazza mise a fuoco il volto davanti a lei: la qunari la guardava con sguardo fermo e deciso, in attesa che si muovesse dalla posizione scomoda in cui si trovava. Il viso della gigantessa era ricoperto da sottili cicatrici, ma questo non nascondeva la sua bellezza: gli occhi chiari ed intelligenti ben si sposavano con la pallida carnagione grigiastra, tipica della gente della sua razza, sulla quale spiccava una piccola bocca carnosa, leggermente più scura.
«Cosa...cos'è successo?!» chiese Dahlia, con voce impastata.
«Sei svenuta» rispose laconica la qunari.
«Quello l'avevo capito...intendo dopo! Dov'è il carceriere?»
«Morto»
«Morto?!» esclamò incredula l'assassina.
Per tutta risposta la qunari fece spallucce, poi si voltò mostrandole le mani ancora strette nei ceppi di detenzione «tocca a te ora a liberarmi».
Dahlia scoprì con sgomento che la sua schiena era ricoperta da cicatrici vecchie e nuove: le ferite appena inferte dal gatto a nove code sanguinavano, altre non erano ancora del tutto rimarginate e si presentavano infette, secernendo pus dallo sgradevole odore. Fra le scapole aveva un simbolo, sul quale però l'assassina non si soffermò.
La Corvo cercò le chiavi con lo sguardo: erano ancora appese alla sua cella, accanto alla quale c'era il cadavere del carceriere. Aveva la testa spaccata, il sangue lo circondava come una tetra corona. Ignorandolo prese le chiavi, quindi cercò la chiave dei ceppi: con un leggero scatto quelli caddero dai polsi della qunari, tintinnando quando colpirono il pavimento. A Dahlia si strinse il cuore quando notò ulteriori segni di devastazione sul corpo della sua nuova alleata: attorno al collo ed ai polsi presentava cicatrici da abrasioni, sulle quali si stavano formando altre piaghe.
«Seguimi» le disse la qunari non appena fu libera, avviandosi lungo il corridoio «recuperiamo le tue armi».
Dahlia guardò in basso e scoprì di essere vestita ancora come quando era partita per la base degli schiavisti; si tolse la pesante tunica, rimanendo solo con i suoi vestiti da combattimento.
«Non so se sarò in grado di combattere» disse Dahlia stancamente, constatando di avere a malapena le forze per mettersi in piedi.
«Devi» rispose semplicemente Saarebas.
«Aspetta. Perchè mi stai aiutando?»
Saarebas si fermò e la guardò con quei magnifici occhi verde salvia «sei la prima umana che mi chiama con il mio nome».
«Tutto qui?»
«Hai rispetto per la mia gente».
«Io ho rispetto per tutte le razze» sbuffò la Corvo, non capendo cosa ci fosse di tanto straordinario.
«Eppure sei un'assassina».
«Quello è solo il mio lavoro».
Saarebas annuì «i tevinter sono assassini e basta, non lo fanno solo per lavoro».
Dahlia la seguì zoppicando vistosamente in un'altra stanza, che si trovava nella direzione opposta a quella da cui era sbucato il carceriere. Avanzare sembrava un'impresa impossibile, ma ora aveva un obiettivo da perseguire: trovare gli altri due Corvi e portarli in salvo. Una nuova forza e determinazione s'impadronì di lei.
Sulle pareti della stanza in cui erano appena sbucate vi erano svariate rastrelliere con molte armi, dove individuò anche i suoi fedeli pugnali. Guardò l'improvvisata compagna di fuga con la coda dell'occhio, vedendola indossare un'armatura dall'aspetto pesante, cosa piuttosto inusuale per una maga: la parte superiore presentava una protezione per il collo larga e alta, tanto da mostrare appena la bocca e spallacci larghi con cinghie di cuoio; questa si collegava poi al pettorale tramite delle larghe catene color bronzo. L'armatura era rigida sul ventre e si allargava poi dalla vita in giù in una tunica di stoffa grigia e consunta. La qunari s'infilò velocemente un paio di semplici stivali, per poi soffermarsi su di una mezza maschera dorata buttata in un angolo: le fessure per gli occhi erano sottili, dal naso in giù era stata spezzata. Sulla parte superiore aveva due fori, dai quali spuntavano dei nastri rossi. La qunari se la rigirò in mano pensierosa, per poi legarsela alla cintura.
«Saarebas, sai per caso dove sono i miei compagni?»
«Il tuo compagno vorrai dire».
«Il mio...? Vuoi dire che hanno preso solo me e Kres?»
«Intendi l'elfo? Ho visto solo lui. Era nella sala delle torture fino a qualche giorno fa».
«Cosa? Perchè lui è nella sala delle torture e io no?»
«Perchè è un elfo, è considerato inferiore dai tevinter».
Dahlia represse un brivido di paura al pensiero di cosa avrebbe potuto trovare in quella sala. La ragazza e la qunari attraversarono i corridoi bui delle segrete, stranamente vuoti: la Corvo rimase con tutti i sensi in allerta, ma non percepì anima viva. Infine entrarono nella sala delle torture, dove appeso a delle catene c'era...
«Kres!» urlò Dahlia, precipitandosi dall'elfo: liberò le braccia, ma quello si afflosciò a terra esanime, rivelando una serie di tagli e bruciature che si estendevano lungo tutto il torace, spogliato da qualsiasi indumento. La Corvo scosse le spalle del compagno, cercando di risvegliarlo, ma la sua immobilità decretò il fatto che ormai per lui non c'era più nulla da fare.
«No, no, no! Non puoi essere morto, non puoi!» urlò disperata Dahlia, con le lacrime che cominciavano a rigarle il volto. Una mano forte la prese per la spalla, facendola voltare.
«Stanno arrivando, preparati» annunciò semplicemente Saarebas, mentre dai suoi palmi apparvero dei piccoli lampi viola. Subito dopo nella stanza entrarono due uomini, che si lanciarono addosso alle due donne con le spade sguainate. Saarebas fulminò il primo con una scossa elettrica, mentre Dahlia estrasse i pugnali, piantandone uno sull'addome dell'altro assalitore. Lasciarono i due schiavisti agonizzanti a terra e scapparono fuori; diverse urla ora rimbombavano lungo le pareti di pietra.
«Conosco una via di fuga! C'è un passaggio segreto da qualche parte!» urlò Dahlia alla gigantessa.
«Forse so dove si trova, seguimi!» ordinò Saarebas, imboccando un corridoio laterale.
Dopo aver scartato diverse stanze, entrarono in una piccola sala circolare, con al centro un altare decorato da diversi bassorilievi di dragoni. L'altare era sinistramente ricoperte da macchie di sangue secco e strumenti taglienti di diversa foggia.
«Ma cosa...?»
«Non c'è tempo bas, dobbiamo trovare la leva!»
Dahlia represse un conato di vomito e si avvicinò all'altare, esaminando le teste dei dragoni in cerca di qualsiasi cosa potesse celare un meccanismo nascosto. Infine lo trovò: un grosso rubino isolato scattò in avanti, facendo scivolare una pesante lastra di pietra, scoprendo una scalinata che si perdeva nel buio. Ma all'improvviso nella stanza irruppe un manipolo di uomini, circondando le due fuggitive; una risata si levò dal gruppo, che si divise in due per far passare il magister che aveva accolto i falsi schiavi giorni addietro.
«Guarda guarda un po' chi si rivede. Sapevo che i Corvi avevano una buona resistenza, ma non credevo fino a questo punto».
«Non avrai mai nulla da me!» urlò Dahlia, estraendo i pugnali dai foderi.
«Oh, è qui che ti sbagli. Immagino che se qualche tuo amico venisse torturato al tuo posto, cambieresti idea».
Dahlia spalancò gli occhi terrorizzata «Julian!»
«A quanto pare è un sì» ghignò il magister.
«Ma tu non ce l'hai, Pretus! Non lo hai mai preso!» lo sfidò la ragazza.
Il mago piegò la testa da un lato, assumendo un'espressione curiosa «e se ti dicessi che ti sbagli in ben due cose? A parte il fatto che io non sono Pretus, so bene che il tuo amico sta venendo qui a salvarti, quindi sarà presto nelle nostre mani».
A quelle parole però, due sgherri alle spalle del magister caddero agonizzanti a terra: ad ognuno di loro spuntava un coltello da lancio dalla gola.
Dahlia sogghignò «e qui ti sbagli di grosso tu: il mio amico è già qui!»
Julian si levò il cappuccio ed uscì dal gruppo di schiavisti, dove si era camuffato fino a quel momento, e con un sorriso divertito disse «dubitavi di me, fiorellino?»
«Cosa fate lì impalati? Prendeteli!» urlò il magister, gesticolando in preda al panico.
Dahlia scattò verso l'uomo più vicino a lei, cogliendolo di sorpresa e recidendogli la gola con un fendente; contemporaneamente Saarebas scagliò fulmini a profusione, mentre Julian roteava con la sua spada ed il suo pugnale. Ma subito arrivarono altri uomini a dar man forte ai primi, facendo tornare in netta minoranza i tre fuggitivi.
«Giù per le scale! Subito!» urlò Dahlia ai suoi alleati, che si lanciarono dietro di lei, prima che i nuovi assalitori potessero essergli addosso.
Le scale conducevano in un corridoio umido ed ammuffito, dal pavimento piuttosto scivoloso; Saarebas sigillò l'entrata creando un'enorme muro di ghiaccio, permettendo loro di seminare i nemici in men che non si dica.
Corsero senza mai voltarsi indietro, finché alla fine del tunnel non videro la luce che indicava l'uscita. Si fermarono per una manciata di secondi per riprendere fiato, quindi si prepararono per entrare in città senza farsi notare.
«Lokes ci sta aspettando al covo» disse Julian «dobbiamo solo evitare le guardie e...».
Una freccia sibilò accanto all'orecchio del ragazzo, piantandosi nella trave di legno a due centimetri dalla sua testa.
«Sono già qui!» esclamò Dahlia, prendendo per mano Julian e cercando di trascinarlo via da lì. Sentì una resistenza e la ragazza si voltò per urlargli di muoversi, ma l'espressione di lui la fece ammutolire.
«Scappate, veloci, io li tratterrò qui» disse risoluto.
«Ma cosa stai dicendo? Tu vieni con noi!» Dahlia rafforzò la presa sulla sua mano, ma lui si liberò.
«Sono troppi, ci prenderebbero subito» rispose Julian.
«No ti prego, non farlo!» lo supplicò la Corvo, invano.
«Ricordati quello che ho detto, fiorellino» sorrise il biondo, accarezzandole la guancia. Poi si scambiò uno sguardo di intesa con Saarebas «mi raccomando qunari, te la affido!», quindi sparì di nuovo dentro al corridoio buio.
Dahlia urlò e fece per precipitarsi al suo inseguimento, ma un altro muro di ghiaccio le bloccò l'avanzata.
«No! Perchè l'hai fatto?!»
«Rispetta la sua scelta bas, ti sta salvando la vita!»
«No, io...Julian!!!» Dahlia si scagliò contro il muro, grattando invano con le dita il ghiaccio scivoloso. Si sentì sollevare a forza dal terreno ed essere trascinata via di peso.
«Dobbiamo andare, altrimenti il tuo amico si sarà sacrificato per niente» disse Saarebas, ma di fronte all'espressione di profondo dolore della ragazza aggiunse «mi dispiace, bas».

Raggiunsero il covo dei Corvi senza dare nell'occhio; Lokes aprì la porta, facendo entrare le due, senza commentare la presenza della qunari.
«Dove sono Julian e Kres?» chiese l'uomo a Dahlia, ma lei non riuscì a proferire parola, limitandosi a fissare il vuoto.
«Sono morti» rispose lapidaria Saarebas.
Lokes la studiò affascinato «immagino che sia solo grazie a te se la ragazzina si è salvata. Ti sono debitore».
Lokes spiegò ad un'attenta Saarebas e una sconvolta Dahlia ciò che aveva scoperto insieme a Julian, nei giorni in cui Dahlia e Kres erano stati fatti prigionieri: Pretus sapeva da settimane, se non mesi, dell'imminente attacco da parte dei Corvi, per cui aveva organizzato la trappola per poter catturarli vivi ed avere informazioni sul mandante dell'assassinio. Ovviamente, ancora prima che gli assassini potessero entrare in azione, si era premurato di lasciare la città, facendo sparire le sue tracce.
«Probabilmente è già fuori dal Tevinter: l'ultima volta che è stato visto era in viaggio verso la città di Nevarra»
«Morirà» disse Dahlia, pronunciando la prima parola dopo interi minuti di totale silenzio «è colpa sua se i miei compagni...se Julian...deve morire!»
«Verrò con te, bas. Anch'io ho dei conti in sospeso con lui» decretò Saarebas, guardando dritto negli occhi la Corvo.
La ragazza si voltò a guardare negli occhi la gigantessa, riconoscente «allora puoi chiamarmi Dahlia».

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Note dell'autrice:
Buonasera a tutti! Ecco il primo capitolo di questa storia! Spero che vi sia piaciuta e che
siate riusciti ad arrivare fino in fondo senza addormentarvi prima! XD
Se non si era già capito io sono Lunete e Dahlia è il mio personaggio...Antiva e i Corvi
mi hanno sempre affascinato tantissimo, sin da DA:O! Spero di riuscirci a tornare,
anche solo per poter far prendere un po' di sole ai personaggi della storia! XD
Invito di nuovo a scrivere commenti, critiche, osservazioni, consigli ecc ecc!
Baci e alla prossima! <3

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1 Lottare è un illusione. La marea sale, la marea scende, ma il mare è immutabile. Non vi è nulla contro cui combattere. La vittoria è nel Qun. - Tratto da "Preghiere Qunari per i defunti"
2 Letteralmente "cosa", usato per riferirsi a persone non appartenenti al Qun o non Qunari. 

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Capitolo 3
*** Sogni e Demoni ***



La luce mattutina che filtrava dalle piccole finestre del rifugio illuminava la stanza dove si trovava la qunari. Ella osservava le svariate rappresentazioni di draghi che affollavano Minrathous: baciate dai raggi di sole, le gemme incastonate nei loro occhi parevano rifulgere di vita. Abbassò lo sguardo sulle proprie mani, i propri polsi. La maggior parte del suo corpo era ricoperta di fasciature candide, sulle quali aleggiava l'odore di unguenti ed erbe medicinali. Esse erano celate da una semplice casacca color avorio di taglio maschile, i lacci allentati lasciavano intravedere le fasciature che le stringevano il seno e l'addome. Alle gambe portava delle braghe di tela marrone usurate dal tempo, infilate in stivali neri che le arrivavano appena sotto al ginocchio. Casacca e braghe le erano state prestate da Lokes, unici indumenti abbastanza grandi da starle, i vestiti dell'assassina le sarebbero entrati solo se fosse riuscita a rimpicciolirsi. Avevano fatto giungere un guaritore per lei e Dahlia, in quanto tutte e due erano in pessime condizioni una volta ritornate dalla tenuta. Per la qunari il processo era stato più lungo e doloroso, le ferite infette sulla schiena rendevano il processo di guarigione più arduo. L'assassina aveva più che altro bisogno di riposo, dato che la maggior parte di torture che aveva subito erano dovute alla magia entropica che colpiva la sua mente. Era sconvolta dal dolore per la perdita e la rabbia cocente di una vendetta sfuggita fra le dita come sabbia, ma cercava di nascondere le sue emozioni il più possibile. Saarebas però sapeva riconoscere lo sguardo iracondo e bramoso di qualcuno che aveva un bisogno incalcolabile di porre fine alla vita di qualcuno. E quel qualcuno era Edman Pretus.
Pensare a quell'uomo le faceva infiammare il sangue. Quanti anni erano passati dal giorno in cui il fato era stato così crudele dal farla catturare anziché morire? Tre...forse quattro. Ad un certo punto, il tempo perde il suo senso.
Aveva appreso a grandi linee ciò che succedeva nel mondo esterno dalle chiacchiere che sentiva ogni qual volta Pretus la esibiva ai suoi ospiti, dalle voci di corridoio dei carcerieri. Ma solo grazie ai Corvi aveva finalmente potuto ricevere un quadro completo di tutto ciò che era accaduto negli ultimi due anni. L'Inquisizione era stata stupida a farsi sfuggire il Magister, non vi era scusa che tenesse contro ciò che aveva fatto. Andava fermato, tutti i tevinter andavano fermati. Sospirò pesantemente, bramando di poter in futuro assistere al giorno in cui i qunari avrebbero schiacciato il Tevinter. Guardò il proprio riflesso nel vetro della finestra, assottigliando lo sguardo. 
In cuor suo sapeva però che quel privilegio le sarebbe stato negato.
Tre colpi decisi s'abbatterono sulla porta alle sue spalle, facendola voltare con un movimento fluido. Le placche argentee che sigillavano le quattro ciocche di capelli avvolti dai nastri cremisi tintinnarono cozzando fra di loro. «Si?» disse a voce ben udibile anche attraverso il solido legno della porta. Essa si socchiuse e Dahlia scivolò all'interno della stanza con la grazia di un felino.
«Ti senti meglio Saarebas?» le domandò con voce delicata. La maga si soffermò ad osservare il suo volto, aveva profonde occhiaie scure sotto gli occhi. «Sono già passati due giorni.» replicò la qunari senza rispondere, incrociando le braccia sotto al seno «Abbiamo perso tempo. Il Magister è in vantaggio su di noi.» Dahlia sospirò pesantemente, passandosi una mano fra i luminosi capelli castano ramati «Il guaritore ha fatto del suo meglio anche con la sua magia. Ma per alcune tue ferite ci vorrà ancora un po' di...cosa stai facendo?!» esclamò cambiando tono di voce. Saarebas stava tirando fuori la sua armatura, slacciandone le cinghie per poterla indossare. «Non ho intenzione di perdere altro tempo.»
«Credevo fossimo d'accordo saremo partite assieme.» 
«Stai perdendo tempo a piangerti addosso.» le rispose lapidaria la qunari «Non mi userai come scusa per continuare.» quasi sibilò in sua direzione, assottigliando lo sguardo verde salvia puntandolo negli occhi di acquamarina dell'assassina.
Vide la sua mascella contrarsi, un guizzo nervoso nei nervi della mano destra che testimoniavano come avesse represso l'istinto di estrarre la propria lama.
«Partiamo fra tre ore. Io vado a prendere delle scorte, tu pensa all'equipaggiamento.» la qunari si limitò a fare un cenno del capo, mentre l'altra usciva dalla stanza, lasciandola nuovamente sola.

L'odore di salsedine aveva un che di rinvigorente. A dire il vero, dopo gli anni di reclusione qualsiasi odore non fosse quello della muffa era fantastico per i suoi sensi. I raggi del sole baciavano la superficie dell'acqua, facendola splendere di mille bagliori cangianti. Poggiata con ambedue le mani alla balaustra del castello di prua, Saarebas osservava le onde infrangersi contro la chiglia della nave, spruzzando bianca schiuma in ogni direzione.
Dovevano uscire dal Tevinter al più presto ed avevano deciso di risparmiare giorni imbarcandosi in una caravella che avrebbe fatto attraversar loro il Mar Nocen, per poi sbarcarle a Vyrantium. Avrebbero risparmiato giorni di cavalcate lungo la Gran Strada Imperiale ed avrebbero evitato di far tappa in almeno altre tre città. Inoltre, c'era da dire che l'aspetto di Saarebas non le aiutava a passare esattamente inosservate.
Il rumore della pietra da cote che veniva lentamente passato sul filo della lama di lazurite, scandiva il tempo con regolarità inquietante. Si potevano contare i secondi fra un passaggio e l'altro, e sarebbero stati tutti perfettamente regolari. Saarebas voltò appena il capo verso la sua sinistra, osservando Dahlia seduta a gambe incrociate sulla balaustra mentre si prendeva cura delle sue armi. Aveva un aria seria e concentrata, sicuramente stava ripensando alle raccomandazioni di Lokes, a quelle poche informazioni che era stato in grado di dar loro prima che lasciassero Minrathous.
Saarebas si portò la mano alla cintura, slegando la maschera dorata per poterla prendere fra le mani. La osservò, facendosi sfuggire un sospiro. La carezzò quasi con amorevole distacco col pollice sinistro dall'unghia rotta e rovinata, come quelle delle altre dita. I lacci rossi della maschera s'agitavano al vento, come uccellini impazziti che bramavano solamente di poter finalmente prendere il volo. «Cos'è?» le domandò l'assassina, smettendo d'affilare il proprio pugnale per poterlo lucidare con un panno oliato. La qunari la guardò di sottecchi, alzando appena la maschera per fagliela vedere meglio. «Era uno dei simboli che mi identificavano come Saarebas. Si ruppe quando mi catturarono.» spiegò indicando con un dito i bordi frastagliati. Dahlia strisciò sulla balaustra sino a porsi accanto a lei, per poter osservare meglio l'oggetto. Notò che le sottili fessure per gli occhi presentavano delle parti aggiuntive che le facevano sembrare cucite. Una linea orizzontale e tre verticali che suddividevano la fessura dell'occhio in sei minuscole finestrelle. «Come facevi a vedere bene con questa addosso?» le domandò, non riuscendo a celare una vena ironica nel tono di voce. «Non potevo.» l'assassina si accigliò visibilmente «Allora perchè portarla?» In quanto membro dei Corvi di Antiva, sapeva quel tanto che le bastava per destreggiarsi fra i vari ambienti e culture. Ma i qunari non erano noti per essere gente aperta e le informazioni disponibili erano limitate. Saarebas rimase in silenzio ad osservarla, come fosse indecisa se risponderle o meno. Alzò appena le spalle poi, tornando ad osservare l'oggetto. «Non ne avevo bisogno. Arvaarad guidava i miei passi.» il nome, o per meglio dire titolo, suonava sconosciuto alle orecchie della donna, la quale si limitò a chinare il capo verso destra come un felino incuriosito. «E tu non avevi voce in capitolo?»
«Sai cosa significa Saarebas? Perchè noi maghi del Qun ci chiamiamo così?» Dahlia fece un cenno di diniego col capo «Significa “cosa pericolosa”. Siamo armi nelle mani del Qun, e gli Arvaarad sono coloro che hanno il compito di gestirci e controllarci.»
«Un momento, mi stai dicendo che tu non avevi libertà di scelta in nessun modo? Neanche un po'?» Saarebas indicò l'arma che stava lucidando con un cenno della sinistra «La tua arma ha scelta?» le chiese, osservando la lama dai riflessi azzurrini. L'assassina inarcò un sopracciglio, ma non era difficile per lei capire dove volesse arrivare la maga «Ma tu non sei un oggetto. Sei un essere vivente.»
«La mia magia mi rende ciò che sono. Cosa pensi di essere tu, nelle mani dei Corvi? Sei l'ennesima lama che mandano a svolgere un compito. Un mezzo per un fine. Non siamo poi così differenti, io e te.» Dahlia non era stupita da quel ragionamento. Lei stessa l'aveva detto a Julian poco prima della loro missione. Julian...pensare a lui faceva male
«Perciò, che fine ha fatto Arvaarad?» le chiese volendo cambiare argomento.
«Morto.» le rispose l'altra, senza un ombra di dispiacere od affetto nella voce «Come gli altri del mio Karataam1. Rimasi solo io.» L'assassina mise via la sua arma, riponendola nel fodero. «Mi dispiace.»
«Per cosa?» le chiese la qunari, riallacciandosi la maschera in vita e votando il capo per guardarla. «Per il tuo Karataam, qualunque cosa sia.»
«Karataam. Il mio gruppo.» la corresse la maga «Non dispiacerti, non sei stata tu.» Saarebas diede le spalle al mare, posandosi con i lombi sulla balaustra in legno scuro. «Che facevate quel giorno?» Saarebas scosse appena il capo, socchiudendo gli occhi nel guardare l'assassina «Fai troppe domande bas.» le disse, per poi distaccarsi con un colpo di reni dalla balaustra, ed allontanarsi verso il ponte. Dahlia guardò incuriosita la sua imponente figura. La gente del Qun poteva essere affascinante, ma non li avrebbe mai compresi davvero.

La malsana luce tremolante mandava riflessi verdastri lungo le pareti lignee della nave. Lo sciabordio dell'acqua contro lo scafo, i gabbiani che urlavano con voce stridula nel cielo, lo scricchiolio delle assi sotto i loro passi pesanti. Anche il rumore più piccolo, provocato magari dallo zampettare di un ratto di sentina, pareva riecheggiare con prepotenza nell'ambiente.
Al pari di uno spettro, Saarebas si aggirava sul ponte della nave osservando i marinai, niente più che spiriti composti da ricordi ed emozioni, svolgere i loro compiti. Chi in modo più celere e solerte chi meno, magari abbracciato ad una bottiglia di rum o mezzo addormentato fra le cime.
Socchiuse gli occhi, inspirando profondamente dalle narici l'aria eterea dell'Oblio per poi espirare lentamente schiudendo le labbra. Non le interessava sapere cos'era successo su quella nave. Il fatto che il capitano si portasse le donnine allegre del porto nella sua cabina, o che uno dei marinai rubava regolarmente qualche pezzo d'argento dal forziere, tanto meno che il mozzo avesse una relazione con il timoniere, nonostante il secondo fosse sposato. Non erano questi i ricordi che stava cercando. Doveva andare altrove. Guardò la superficie verdastra del mare un ultima volta, per poi voltarsi e darvi le spalle.
La sua cella era sempre la stessa, così come le urla degli schiavi ed il suono dello schiocco delle fruste che scindeva l'aria. Posò un ginocchio a terra, allungando la mano sinistra verso la catena proveniente dal pavimento, alla cui fine era fermato un collare metallico. Le rune di contenimento incise sul metallo mandavano debolissimi bagliori blu, ma la maga sapeva bene quanto forte potessero brillare non appena si tentasse di utilizzare la magia con quelle addosso. Istintivamente, con la destra si toccò il collo dove portava la cicatrice da abrasione e le fasciature che coprivano le nuove piaghe in via di guarigione, gemelle di quelle ai polsi. Si risollevò in posizione eretta, lasciando la cella che aveva precedentemente occupato così tanto a lungo.
Il salone principale, d'altronde, era forse uno dei posti più lussuosi di tutta la magione. Gli arazzi sulle pareti rappresentanti scene di battaglie fra maghi erano incantati, in modo che gli incantesimi rappresentati rilucessero davvero. Come per le strade della capitale, era possibile trovare sculture di draghi come soprammobili quasi ovunque. I divani e le poltrone, a disposizione degli ospiti, erano larghe e confortevoli. La maggior parte di tavolini e mobili erano di fattura squisita, in solido legno di mogano con decorazioni in oro antico. Il Magister era solito avere la maggior parte dei suoi incontri in quella stanza, per poi portare gli ospiti nel suo studio quando doveva concludere affari importanti.
Saarebas guardò il tappeto intessuto in rosso e oro, dove spesso l'avevano costretta ad inginocchiarsi, mentre Pretus la esibiva ai suoi pari come un animale esotico e stravagante. Ma non era quello il luogo di maggior interesse per lei. Voltò il capo verso la porta dello studio. Una porta in ebano, con bassorilievi di draghi nei cui occhi erano incastonate piccole gemme brillanti al pari delle immense statue per le strade. La qunari vi si avvicinò, sfiorando con le dita il profilo dei draghi. Bestie nobili e stupende, quanto pericolose.
Avrebbe voluto entrare in quello studio, ma non poteva. Non vi era mai stata. Staccò le mani, facendo un paio di passi indietro, cercando di concentrarsi. Doveva risalire a circa un mese prima, forse di più. Vide gli schiavi, le guardie, i servi camminare per le sale, svolgere i loro servizi, venir puniti per i loro errori. Li percepì tramite i loro sentimenti ed i loro ricordi. La solerzia, l'orgoglio, la paura ed il dolore. Si muovevano per la magione come spettri, sempre più velocemente, il sole nasceva e moriva oltre l'orizzonte illuminando ed oscurando il salone, mentre percepiva gli accadimenti tramite i sentimenti che permeavano l'aria.
D'improvviso la porta si aprì di colpo, facendo indietreggiare la maga ad occhi sbarrati. Doveva esser stata l'ultima volta che Pretus era stato nella casa, prima che partisse. «Signore, la sua carrozza è pronta.» disse con voce eterea una delle guardie del corpo del Magister, tenendo la porta aperta per lui. «Finalmente.» quella voce le fece correre un brivido spiacevole lungo la schiena. Era profonda, ma viscida come un verme che striscia sul ventre in mezzo al fango. Pretus uscì, ma Saarebas non riuscì a vederlo con chiarezza, sembrava una macchia scura e sfocata, dalla forma vagamente umana, un'ombra. Assottigliò lo sguardo confusa, mentre seguiva lui e le sue guardie. «Spero abbiate ben compreso il piano per la nostra trappola. Quei Corvi non ci devono sfuggire.»
«Sissignore, sarà tutto impeccabile.» la figura sfocata s'arrestò di colpo, voltandosi verso la guardia che aveva parlato. Osservandolo meglio, la qunari riconobbe che quell'uomo non era un a guardia qualsiasi, ma il capitano delle sue guardie private. «Voglio quei Corvi. E li voglio vivi. Userete tutti i mezzi a vostra disposizione per farli parlare. Menomateli se dovete, ma fateli parlare! Devo sapere chi mi vuole morto e perchè proprio ora.» esclamò riprendendo a camminare «Signore, è sicuro di non voler portare con sé delle altre guardie?» gli chiese il capitano seguendolo «Ha scelto un manipolo ristretto. Basteranno?»
«Attirerei l'attenzione con troppa gente alle costole. Non devono sapere che me ne sono andato. Finchè la faccenda non sarà risolta, la mia tenuta a Hunter Fell sarà la mia residenza temporanea.» Saarebas velocizzò il passo sino ad accostarsi all'ombra del Magister. Molto bene, finalmente avevano un posto sicuro dove poter andare. Ma non era abbastanza. Doveva sapere a cosa andavano incontro. Doveva sapere cosa stava pianificando quell'uomo. Allungò la mano sinistra verso quella che doveva essere la sua spalla, ma le sue dita affondarono nel fumo. Fu come immergere la mano nell'acqua gelata, per poi sbattere contro il ghiaccio stesso. L'ombra del Magister si voltò di scatto verso di lei, ed in quella massa scura vide chiaramente i suoi occhi malevoli fissarsi su di lei. Le mancò il fiato, ed il sangue le si gelò istantaneamente nelle vene. Tentò di ritirare la mano, ma qualcosa l'afferrò saldamente trattenendola. Il salone, la magione, le guardie, tutto venne spazzato via con la furia di un tifone lasciandola sospesa con la figura nel nulla. L'ombra vorticò per un istante, per poi mutare il suo aspetto avvolto da luce purpurea. Il Demone della Superbia strinse il suo polso sino ad affondare gli artigli nella sua carne e Saarebas vide il suo volto riflesso nei suoi molteplici occhi maligni. Spalancò le fauci, ruggendo contro di lei mentre la sollevava di peso. Saarebas urlò, mentre la mano destra veniva avvolta dalle fiamme. Le scagliò contro il volto di demone, che la lasciò andare con un urlo di dolore, facendola precipitare nel vuoto.

L'urlo spaventato proveniente dalla cabina in cui s'era rinchiusa la qunari attirò l'attenzione di Dahlia, la quale si lanciò contro la porta spalancandola con un calcio «Che succede!?» urlò in allarme con i pugnali sguainati e tutti i nervi del suo corpo in tensione. Saarebas era a terra, apparentemente caduta, il gomito sinistro poggiato a terra per farla rimanere col busto sollevato, l'avambraccio destro posto davanti al volto come se dovesse proteggersi da qualcosa, la mano avvolta da fiamme cremisi. Ma non c'era nulla davanti a lei, era sola nella cabina. L'assassina spaziò la cabina con lo sguardo, per poi attraversarla a grandi passi cercando anche il più piccolo segno di anomalia. Ma non c'era nulla. Lo sguardo verde acqua si posò sulla qunari, aveva il fiatone, la fronte imperlata dal sudore, le pupille talmente dilatate che quasi inghiottivano il delicato verde salvia delle sue iridi. Si rimise seduta, estinguendo le fiamme. La vide guardarsi il braccio sinistro con evidente preoccupazione, studiandolo, ma non aveva nulla a parte le fasciature. L'assassina ripose le armi, per poi inginocchiarsi davanti a lei «Cos'è successo?» le domandò, non senza un accenno di preoccupazione nella voce, Saarebas sembrava sconvolta. La maga riprese a respirare regolarmente, si portò il dorso della mano destra alla fronte per detergere con un gesto rapido il sudore. «Hunter Fell.» mormorò per poi alzare gli occhi puntandoli sul volto della donna «Dobbiamo andare ad Hunter Fell.»

La nave le sbarcò dopo due giorni al porto di Vyrantium, dove poterono ripristinare parte delle loro scorte e prendere due cavalli che le avrebbero velocizzate nel viaggio. A Dahlia venne dato un cavallo agile e veloce, uno splendido esemplare maschio di Mustang dal vello di un delicato color miele e la lunga criniera bianca. Saarebas invece dovette prendere un esemplare decisamente più grosso, il più grande a disposizione. Un maschio Shire dall'imponente muscolatura col vello color baio, così come la criniera ed il pelo attorno agli zoccoli. Li caricarono con tutte le loro provviste in diverse bisacce allacciate ai fianchi delle selle. Non sarebbero stati esattamente economici, ma Dahlia sapeva essere così affascinante da far drasticamente abbassare il prezzo allo stalliere, a suo dire, in onore di tanta bellezza.
«Sei sicura che dobbiamo andare ad Hunter Fell?» domandò l'assassina alla maga per quella che pareva esser la centesima volta. Saarebas alzò gli occhi al cielo, stringendo le redini della sua cavalcatura. «Si»
«Ma non vuoi dirmi come fai a saperlo.»
«Lo so e basta» Dahlia spronò il proprio cavallo, sino a porlo dinanzi quello della qunari per sbarrarle la strada «Come posso fidarmi di te, se non mi dici come apprendi le cose? Nemmeno Lokes aveva quest'informazione, e se tu l'avessi avuta sin da prima perchè rivelarmelo solo ora?» Saarebas inclinò appena il capo verso destra, i capelli stretti nei nastri seguirono la direzione del suo capo, accasciandosi sulla sua spalla. «Se non vuoi andare ad Hunter Fell, dove allora?»
«Non sto dicendo che non voglio andarci! Ma solo che...argh!» esclamò sollevando le mani al cielo, esasperata. «Non ho motivo di mentirti.» riprese Saarebas, facendo superare al suo cavallo quello dell'assassina, che le si accostò nuovamente. «E se anche te lo avessi detto prima, il nostro tragitto non sarebbe cambiato.»
«Probabilmente no, ma io ho bisogno di sapere le cose Saarebas.»
«Ora le sai.» Dahlia non aveva mai avuto tanta voglia di colpirla. Ma doveva stare calma. Sicuramente da Minrathous avevano già fatto partire un messaggio per il Magister che lo informasse del fatto che uno dei Corvi era fuggito con la qunari. Le serviva tutto l'aiuto possibile. Non sarebbe stata comunque la prima volta che lavorava con gente di cui non si fidava pienamente, le bastava rimanere allerta, come sempre. 
Dahlia infilò la mano in una delle bisacce legate alla sua sella, estraendone una mappa della zona. La srotolò posandola sul collo del cavallo, sfiorandola con la punta dell'indice per indicare la loro attuale posizione «Entro sera dovremmo arrivare alle Piane Silenti se aumentiamo un po' il ritmo. Costeggeremo il fiume sinchè non intravederemo la Gran Strada Imperiale, dove termina, e la percorreremo attraverso le Piane, così eviteremo di perderci per il deserto. Dovremmo attraversarlo per poi dirigerci circa a sud-ovest. Abbandoneremo la Strada poco prima del ponte, e seguiremo lungo la costa nord del fiume successivo, fino ad Hunter Fell.» riprese fiato, tenendo la mappa stesa con entrambe le mani, voltando il capo verso la qunari. «Obiezioni?» la maga fece un cenno di diniego con il capo, gli occhi ancora presi a scrutare la mappa. Si limitò a stringere le briglie fra le mani, per poi darvi un colpo secco incitando il cavallo ad aumentare la velocità, seguita a ruota dall'assassina.

La calura proveniente dalle sabbie era soffocante, ma ancor più sconvolgente era come si passasse dal caldo torrido al vento freddo durante la notte. Mentre Saarebas apriva le bisacce delle selle per poter prendere i sacchi a pelo, Dahlia si prodigava alla ricerca di alcuni rami secchi per poter accendere il fuoco, in modo da scaldarsi e tenere lontane le bestie. Per quanto pochi, anche in quell'ambiente ostile crescevano alberi e sterpaglie. Si accovacciò a terra, radunando i rami secchi e spezzando con un colpo secco quelli troppo lunghi. Li dispose in modo da creare una piccola piramide con i rami, mettendovi all'interno le sterpaglie per far accendere il fuoco più facilmente. Da una delle sue molteplici scarselle in vita prese due pietre focaie, che iniziò a colpire rapidamente fra di loro per poter creare una scintilla. Saarebas la guardava con la coda dell'occhio soffiare su di essa, accendendo il fuoco, mentre lei stendeva i sacchi a pelo ad una distanza ragionevole dal falò, in modo che potessero beneficiare del calore delle fiamme senza bruciarsi. Prese poi anche qualche provvista, il minimo indispensabile, per poi sedersi a gambe incrociate aspettando l'arrivo dell'altra. Le porse la carne secca, che Dahlia cominciò a mangiare silenziosamente, osservando la compagna di viaggio. Dopo il giorno in cui l'aveva trovata nella sua cabina con aria sconvolta, aveva sempre una luce pensierosa negli occhi. Non era semplicemente preoccupata, c'era qualcos'altro sotto, qualcosa che apparentemente non voleva condividere. Saarebas si accorse del suo sguardo, lo sentiva pungere sulla pelle. «Non ti fidi di me, vero?» le domandò poi abbassando lo sguardo sul proprio cibo. L'assassina alzò le spalle, mentre afferrava la borraccia d'acqua per il collo «Potrei farti la stessa domanda.» per un attimo, alla Corvo sembrò d'intravedere l'ombra di un sorriso sulle labbra carnose della qunari, ma come sbattè le palpebre scomparve. Forse l'aveva immaginato. Dahlia bevve l'acqua a piccoli sorsi per evitare di sprecarne. Il loro soggiorno fra le sabbie desertiche delle Piane Silenti sarebbe stato breve, ma era comunque meglio fare molta attenzione, specialmente con l'acqua. 
Saarebas sollevò il braccio sinistro, scostando appena il bordo della fasciatura al polso con un dito, osservando le piaghe. Si cambiava le fasciature ed i medicamenti regolarmente, difatti erano quasi del tutto guarite. Purtroppo, non ne sapeva nulla di magie di guarigione, altrimenti si sarebbe rimessa in sesto molto prima.
Dopo il pasto frugale, Dahlia insistette per fare il primo turno di guardia e la qunari non ebbe nulla da obbiettare. Mentre l'assassina sedeva a gambe incrociate davanti al fuoco, Saarebas si accovacciò in posizione fetale nel sacco a pelo, dando la schiena all'assassina. I suoi occhi socchiusi osservavano il buio che le circondava, le ombre che la luce del fuoco non era in grado di dissipare. Non riusciva a smettere di pensare al suo viaggio nell'Oblio. Al demone che l'aveva afferrata nel tentativo d'impossessarsi di lei. Ci era mancato poco, ma non era quella la cosa che la preoccupava di più. Da quando aveva scoperto la sua dote, le capitava di frequente che i demoni cercassero di avvicinarla più spesso, ma sapeva bene come difendersi. No, la cosa che la preoccupava di più era il fatto di non essere riuscita ad entrare in contatto con Pretus con i suoi ricordi. Era già strano che non riuscisse a vederlo chiaramente, ma quando aveva tentato un approccio più deciso aveva sentito una notevole resistenza. Era stato come se la sua mente sbattesse contro una barriera, impedendole di accedere. Che il Magister sapesse di lei? Di quello che era capace? No, impossibile. Se l'avesse saputo, non si sarebbe limitato ad usarla come intrattenimento per gli ospiti, ma avrebbe cercato di plasmarla come un'arma a suo favore. Quell'uomo aveva molteplici nemici, doveva semplicemente essersi premurato contro qualsiasi evenienza.
Il suo sonno fu leggero, in modo potesse essere pronta a svegliarsi in caso di emergenza. Alternò i turni di guardia con l'assassina sino all'alba successiva. Riposero i loro averi nelle bisacce, per poi riprendere a cavalcare verso la loro meta. 

«Finalmente!» esclamò Dahlia con voce grondante di gratitudine, mentre scendeva da cavallo con un movimento fluido. Tenendolo per le briglie, lo accostò alla riva del fiume, permettendogli di bere mentre lei s'inginocchiava a sua volta immergendo le mani nelle acque cristalline, bagnandosi il volto. Mentre si sciacquava il volto, guardò il sole in procinto di tramontare sul loro secondo giorno di viaggio dopo lo sbarco. Era stato più semplice del previsto attraversare le Piani Silenti, a parte per qualche Varghest non esattamente felice di vederle nel loro territorio. Attenendosi al piano principale, ovvero tenersi sul sentiero, avevano evitato un sacco di grane. Dopo aver sperato la piana desertica, il paesaggio aveva iniziato a mutare drasticamente. La sabbia iniziò a venir sostituita dai ciuffetti d'erba, che divenne più rigorosa mano a mano che proseguivano. Gli alberi si fecero sempre più frequenti e rigogliosi, stagliandosi alti verso il cielo. «Allestiamo l'accampamento qui?» chiese la qunari, scendendo da cavallo con un gesto decisamente meno aggraziato. «No, sono già passata di qui qualche anno fa, per lavoro. Se camminiamo ancora un po' saremo in grado di trovare un'insenatura protetta in una macchia boschiva.» completarono il tragitto a piedi, anche per concedere un po' di riposo ai cavalli.
Il punto non era semplice da individuare, ma fortunatamente Dahlia aveva un'ottima memoria. Un attributo necessario per chi svolge il suo tipo di lavoro. Slegarono i cavalli, scaricandoli dal peso delle selle e delle varie provviste e lasciandoli brucare. L'assassina non staccava gli occhi di dosso alla pozza d'acqua mentre finivano di strigliare i cavalli e di nutrirli. Quando finalmente completarono il lavoro, la maga la vide levarsi la mantellina, recuperando qualcosa dalla sua bisaccia personale, per poi cominciare velocemente a spogliarsi. Saarebas inarcò ambedue le sopracciglia di fronte all'inaspettato spogliarello, segno che la donna si trovava in confidenza col proprio corpo. «Cosa fai?» le domandò mentre legava le briglie di cavalli ad un albero.
«Secondo te? Sono giorni che non mi faccio un bagno.» mentre si abbassava i pantaloni di pelle nera, vide con la coda dell'occhio l'altra avvicinarsi alla sua destra, iniziando a spogliarsi a sua volta. Quando Saarebas si tolse la parte superiore dell'armatura, sganciando le catene bronzee, la lasciò cadere a terra con un tonfo notevole, segno che non doveva essere troppo leggera. «Sei una maga, eppure indossi un'armatura.» constatò mentre si passava una mano fra i capelli lisci costellati di svariate treccine «Sarà scomoda.» in tutta risposta, Saarebas si chinò in avanti, sollevandola col braccio sinistro. I muscoli del suo braccio si gonfiarono per lo sforzo, così come le vene del bicipite. Lo passò con noncuranza all'assassina, la quale posò a terra l'oggetto che aveva preso, e sporgere poi ambedue le mani per prenderlo. Saarebas si accorse che si trattava di una saponetta: l'assassina era forse una delle persone più attrezzate che avesse mai visto. Come la maga lo lasciò andare, Dhalia venne soverchiata dal peso dell'armatura. Si piegò letteralmente in avanti, presa alla sprovvista per come la qunari l'avesse sollevato con un braccio solo. «Per le chiappe di Andraste!» esclamò tornando in posizione eretta, guardando la qunari con occhi pieni di stupore. «Perchè la indossi?!» le domandò guardandola mentre si slacciava le altre cinghie «Diciamo che è il mio...meccanismo di controllo.» le rispose con un alzata di spalle «Guarda l'interno.» Dahlia seguì il suo consiglio, e s'accorse che effettivamente era così pesante perchè all'interno vi era uno spesso strato di metallo, sul quale erano incise diversi tipi di rune, dissimili però da quelle che erano incise sui ceppi di detenzione. «Ti riferivi a questo quando dicevi che Arvaarad ti controllava. Questo è un...collare.» 
«No, serve per garantire la sicurezza degli altri e la mia. O meglio, serviva. Senza la staffa di controllo un Arvaarad, è solo un pezzo di armatura.» mentre parlava scioglieva i nastri che le stringevano i capelli in quattro ciocche separate, liberandoli lentamente.
Dahlia entrò nell'acqua, non riuscendo a reprimere un brivido al primo contatto. Era fredda, ma rinvigorente. Non era particolarmente profonda, le arrivava appena sopra alla vita. Si inginocchiò sul fondo, piegandosi in avanti sino a sommergere anche il capo sott'acqua. Tutti i suoi sensi ricevettero una sferzata, mentre usciva dall'acqua reclinandolo velocemente all'indietro, creando un arco di goccioline d'acqua sopra al suo capo. «Chiamalo come vuoi, resta un collare.» disse mentre strofinava via le gocce dalle lunghe ciglia nere, tornando a guardare la qunari. Le dava le spalle, i capelli posti tutti davanti al seno mentre faceva cadere a terra i nastri rossi e le placche d'argento con suono tintinnante. Si era levata le fasciature, le ferite stavano decisamente meglio e finalmente Dahlia ebbe modo di osservare meglio quel simbolo rosso fra le scapole. Non fu facile identificarlo, tant'era straziato dai colpi di frusta e flagello che solcavano la sua pelle deformandola in più punti. Quando la pelle della sua schiena era integra esso rappresentava il simbolo di forma romboidale del Qun, tatuato con un inchiostro di un profondo rosso cremisi. Ora ridotto ad una storpiatura. La qunari si voltò, i capelli neri erano mossi con le punte che tendevano a formare naturalmente dei boccoli, sebbene fossero stropicciati. Recuperò il sapone lasciato prima dall'assassina, per poi immergersi in acqua a sua volta. Passò l'utensile per il bagno alla donna, mentre lei iniziava a bagnarsi i capelli. Dahlia se lo strofinò sulla pelle, che a contatto col sapone iniziò a rilasciare schiuma bianca dall'odore di cannella e spezie. «Mi sembra difficile pensare che basti un collare a fermarvi.» constatò la donna distrattamente, sebbene avesse visto un effetto simile anche nelle segrete del Magister, mentre Saarebas annuiva «Ai più si.»
«Ai più?» Saarebas le si avvicinò, chinando il capo per mostrarle da vicino la parte ricostruita delle corna. Dahlia vide che erano fatte con lo stesso metallo scuro del collare, e riportavano gli stessi simboli incisi però molto più piccoli. «Con me non bastava, riuscivo a muovermi anche mentre Arvaarad usava la staffa.» per un attimo, l'assassina non capì se Saarebas glielo stesse dicendo solo per rispondere alle sue domande, oppure per metterla indirettamente in allerta sul suo potenziale. Ma la qunari non le sembrava il tipo da sotterfugi e frecciatine. Sembrava più il tipo da incenerirti sul posto senza troppi complimenti. Saarebas si fece passare il sapone, passandolo con cautela e delicatezza nelle zone dove la pelle stava finendo di rimarginarsi.
«Dovresti cambiarla. L'armatura intendo.» disse Dahlia pensierosa mentre si sciacquava via il sapone dalla pelle «Ti appesantisci per niente, non va bene per un mago.» il verso che emise la qunari risultò a metà fra uno sbuffo ed un accenno di risata sarcastica. «Perchè? Pensi che io sia uno dei vostri maghi che usano tuniche di stoffa? Non sai quante volte mi sono trovata in prima linea senza nessuno che mi facesse da scudo.» 
«Non potevi chiedere aiuto?»
«Non è facile parlare con le labbra cucite.» Dahlia non realizzò immediatamente le sue parole. Subito dopo, si augurò di aver sentito male. Ma dall'espressione seria della maga era facile evincere non fosse così. «Avevi letteralmente le labbra cucite?» Saarebas si chinò su di lei, così vicina che l'assassina poteva percepirne il respiro sul volto. Ma non si discostò nonostante l'invasione dello spazio personale, era evidente che la qunari non avesse alcuna intenzione fisica nei suoi confronti. Infatti, alzò la mano sinistra, indicandole la linea delle proprie labbra. Dahlia assottigliò lo sguardo nell'osservarle, e le vide. Tante piccole cicatrici circolari, così piccole che solo un ago avrebbe potuto lasciarle, tutte intorno al contorno delle labbra ed a distanza regolare fra di loro. Saarebas lesse lo sgomento negli occhi della Corvo, così come la domanda inespressa che le suggerivano. «Più sono forti i nostri poteri, più rappresentiamo un rischio per gli altri. Il Qun cerca di limitarli in qualche modo, trattenerli. Arvaarad mi disse che, al nostro ritorno, mi sarebbe stata tagliata la lingua.» non vi era timore nel suo tono di voce, o felicità per esser scampata a quel fato. Al contrario, Dahlia vi individuò qualcosa di tetramente simile all'orgoglio. Saarebas si lavò i capelli in silenzio, mentre l'assassina continuava a guardarla con la coda dell'occhio.
Che differenza vi era per la maga fra il Qun e la schiavitù vissuta nel Tevinter?

La tenuta del Magister era situata fuori dalla città di Hunter Fell, in dei terreni di sua proprietà circondati da colline verdeggianti, al limite di un piccolo bosco. L'abitazione non era certo fastosa come la sua casa nel Tevinter, forse proprio concepita come una sorta di rifugio. Certo, non si era accontentato di una capanna. La casa era situata in due piani, con un ampio e spazioso sottoportico con tralicci in legno sui quali crescevano diversi tipi di piante rampicanti. 
Quel giorno pioveva, ed il rumore della pioggia che batteva contro le fronde degli alberi riempiva l'aria.
Acquattate fra i cespugli, la Corvo e la maga osservavano le guardie poste dinanzi l'ingresso, cinque uomini. Dahlia sentiva le mani prudere, ma doveva mantenere il sangue freddo, come le era stato sempre imposto. Si legò i capelli in una coda alta, in modo che non la infastidissero. «Dev'essere ancora qui.» mormorò verso la compagnia con un filo di voce. Non potevano studiare la casa per giorni com'era successo precedentemente, ma neanche piombare all'interno senza lo straccio di un piano. Non sapeva che difese avesse eretto il Magister, ma se si aspettava un altro attacco sicuramente non si sarebbe fatto trovare impreparato. Dahlia lasciò la qunari a sorvegliare l'ingresso, mentre lei faceva il giro della casa per controllare le uscite posteriori e quante guardie vi fossero disposte attorno al perimetro.
C'era una porta non sorvegliata, probabilmente conduceva nelle stanze della servitù o nelle cucine, le guardie a quanto pare permanevano solo dinanzi l'ingresso. L'assassina storse il naso: perchè così poche guardie? Era così sicuro che non avrebbero mai trovato la sua seconda residenza? O stavano per ricadere in trappola, od il Magister aveva commesso l'errore d'abbassare la guardia. Le finestre erano tutte illuminate, svariate ombre facevano avanti ed indietro per le stanze ed i corridoi. Servi e guardie senz'altro. Il balcone più grande era situato al secondo piano, con tanto di piccola terrazza illuminata da lanterne magiche. Pretus doveva essere lì.
Si tenne lontana dalle stalle per non rischiare di innervosire i cavalli o farsi notare dagli stallieri, mentre tornava verso Saarebas. La trovò dove l'aveva lasciata, immobile come una statua. Le riassunse brevemente quelle poche informazioni che aveva carpito, esponendole anche i suoi dubbi. Saarebas la ascoltava, ma il suo sguardo risultava in qualche modo assente.
«Passeremo dal retro, cercheremo di non farci notare così eviteremo le guardie diano subito l'allarme.» la qunari storse il naso, alzandosi in piedi. Di riflesso l'assassina si appiattì ancor di più fra le fronde «Ti vedranno!» ma l'altra sembrò non sentirla, fece qualche passo avanti, uscendo dalla macchia boschiva e dirigendosi verso l'entrata «Non mi nasconderò come un ratto bas.» le disse mentre allargava le braccia, i palmi delle mani rivolti verso l'esterno con le dita piegate ad artiglio. Energia pura iniziò a crepitare fra le sue dita, l'elettricità saettava da un dito all'altro come conduttori d'energia. Saarebas voltò solo il capo per guardare l'altra con la coda dell'occhio. «Ti servirà un diversivo.» L'assassina protestò, cercando di farle capire quanto fosse pericoloso per lei andare da sola, ma la qunari proseguì senza più voltarsi indietro. Internamente Dahlia maledì la qunari e scomodò diverse volte il Creatore ed Andraste con parole poche lusinghiere, mentre strisciava nuovamente fra gli arbusti dirigendosi verso il retro.
Saarebas sentiva la pioggia rimbalzarle sulla pelle, tintinnare sulla parte metalliche delle corna e sull'armatura. Gli stivali neri affondavano nel fango di più ad ogni passo mentre l'energia crepitava con più insistenza fra le sue mani, impaziente di essere scatenata. Finalmente le guardie la notarono, e lei fermò di colpo la sua avanzata, osservandoli. Tutti avevano le armature scure tipiche del Tevinter, i tre guerrieri avevano armature pesanti, due armati di spade e scudo ed uno con un ascia simile a quella di un boia. Gli altri due invece erano arcieri, le armature decisamente più leggere con ampi cappucci a coprirne il volto, le faretre che facevano capolino da dietro le spalle, gli archi stretti in mano.
I guerrieri estrassero le loro armi, mentre gli arcieri incoccarono le frecce, senza ancora puntargliele addosso. Uno di quelli armati di spada e scudo si fece avanti, urlandole contro. Ma la qunari non lo sentiva, li guardava, ma non li vedeva veramente. Non aveva tempo da perdere con i pesci piccoli.
«Ataash Qunari!2» urlò con tutto il fiato che aveva in gola mentre sollevava ambedue le mani verso il cielo battendole fra di loro. Quando l'energia delle mani si scontrò, da esse si scaturì un fulmine che rimbombò nell'aria, proiettandosi sopra alle teste delle guardie. Esso esplose, e l'energia andò a convertirsi in un globo elettrificato. Si alzò in cielo con schiocchi secchi e minacciosi. Da esso si ramificarono quattro lampi che colpirono il terreno con fragore, sollevando zolle di terra all'impatto, collegandosi fra di loro formando un cerchio crepitante sul terreno. All'interno della gabbia statica rimasero imprigionati un arciere e due dei guerrieri. Si lanciarono all'attacco contro di lei, ma come sbatterono contro le scosse violacee, caddero a terra in preda alle convulsioni.
L'arciere rimasto libero scoccò una freccia in direzione del petto di Saarebas, la quale si limitò a sollevare di scatto il braccio sinistro, evocando una barriera di ghiaccio sulla quale s'infranse l'arma. Si mosse lateralmente per uscire allo scoperto. La sua figura venne avvolta interamente dalla brina, per poi sparire in una scia biancastra appena visibile. L'arciere si guardò attorno confuso, rimasto senza bersaglio, per poi immobilizzarsi. Abbassò lo sguardo verso il proprio ventre: uno spuntone di ghiaccio ne fuoriusciva grondante del suo stesso sangue. Schiuse le labbra con orrore, per poi emettere un colpo di tosse che fece fuoriuscire un fiotto di sangue. Saarebas si era materializzata alle sue spalle, trapassandolo da parte a parte col suo incantesimo. Lo spinse, facendo cadere il su corpo esanime con la faccia nel fango.

Il segnale di Saarebas era stato chiaro, il suo urlo assieme al tuono improvviso aveva messo tutti gli abitanti della casa in allarme. Gli schiavi fuggirono a nascondersi, mentre le altre guardie presero le loro armi dirigendosi all'esterno. L'assassina pregò che la qunari sapesse quello che stava facendo, si sarebbe arrabbiata molto se non l'avesse rivista sana e salva. Aveva già perso due compagni per colpa di Pretus, non ne avrebbe perso un terzo.
Grazie alla confusione per lei fu semplice strisciare fra le ombre della casa, introducendosi con cautela nelle stanze per potervi spiare all'interno. Nella maggior parte trovò solo camere finemente decorate, con un lusso ben superiore alla facciata esterna della tenuta. Vi erano tappeti in ogni centimetro del corridoio, quadri ed arazzi alle pareti. I mobili tutti finemente intagliati e decorati, così come i soprammobili, le poltrone erano tutte soffici ed invitanti.
Ma non vi era la benchè minima traccia di alcun sistema difensivo, a parte le guardie. Il Magister non si era ancora fatto vedere, forse si era rifugiato da qualche parte per evitare la battaglia. Vigliacco, non sarebbe stata la prima volta che fuggiva.
Dahlia salì le scale, sino ad arrivare al secondo piano, dove cercò la stanza dall'ampio terrazzo che aveva visto aggirandosi nei pressi della casa. Non fu difficile individuare la porta giusta, era l'unica a due ante, decorata con bassorilievi astratti ridipinti in argento. Sentì il cuore accelerare e l'adrenalina scorrere velocemente nelle sue vene. Non riusciva a smettere di pensare al silenzioso Kres ed al solare Julian.
Julian...dal suo sorriso ai suoi capelli dorati baciati dal sole. Quando pensava a lui, le sembrava ancora di sentire la pressione delle labbra sulle sue, le carezze delicate sul suo viso. Ancora non sapeva cosa pensare di quell'unico bacio che si erano scambiati, ma ormai non aveva più importanza: Julian non c'era più e Dahlia non poteva far altro che vendicarne la morte, bagnando le sue lame con il sangue di Pretus. La donna posò le mani sulle maniglie circolari in argento, girandole lentamente per far scattare la serratura. Sentì il meccanismo fare resistenza, e staccò le mani subito per evitare di fare rumore sforzando la serratura chiusa. Il Magister poteva essere ancora all'interno, non doveva farsi sentire.
Si inginocchiò davanti la porta, scostando un lembo della mantellina. Le dita afferrarono i suoi migliori strumenti da scasso, inserendoli nella serratura con attenzione. Il grimaldello premeva con delicatezza i cilindretti della serratura, mentre il tensore faceva si che rimanessero nel posto giusto una volta aperti. Era un lavoro di precisione, al quale non bisognava applicare nessuna fretta se non si volesse che il grimaldello rimanesse incastrato col rischio di rompersi o compromettere del tutto la serratura.
Finalmente riuscì a sbloccare l'ultimo cilindretto, che fece scattare la serratura aprendola. La porta si schiuse appena, e Dahlia si rimise in piedi per mettere via gli strumenti da scasso.
Estrasse i pugnali, sfiorando con un gesto istintivo il sole inciso nella lama di lazurite. Spinse delicatamente la porta per introdursi all'interno, facendo scivolare i propri piedi sul tappeto, senza fare rumore.
C'era un uomo all'interno della stanza che dava le spalle alla porta, le braccia conserte dietro alla schiena.

Una delle guardie ebbe la sfortuna di calpestare un sigilli di ghiaccio sparsi all'esterno della tenuta, dal quale eruppero diverse stalagmiti che lo trafissero, uccidendolo sul colpo. 
Saarebas si deterse il sangue proveniente da una ferita sopra l'occhio destro, mentre indietreggiava per guadagnare un po' di respiro. Le guardie erano fuoriuscite dalla tenuta, riversandosi al suo esterno per poterla fronteggiare. Usare gli incantesimi costava energia e più lei si indeboliva, più vi era il rischio che qualche demone venisse attratto da lei e cercasse di possederla, stabilendo un contatto dall'Oblio mentre lei vi traeva forza per usare gli incantesimi.
Era la prima volta che si spingeva in un vero combattimento da anni, da quand'era stata catturata. Ed ora, senza la guida del suo Arvaarad, si sentiva spaesata. Temeva di andare oltre il limite, di non riuscire a controllarsi. Chi l'avrebbe fermata se avesse perso il controllo?
Scagliò un fulmine contro i suoi nemici, che scatenò una reazione a catena colpendo tre guardie, una vicina all'altra trapassando i loro corpi lasciando un buco fumante all'altezza del torace.
Udì un sibilo alle sue spalle e da una densa nuvola di fumo grigio saltò fuori una guardia dalla figura guizzante armata di due lame. Balzò contro di lei, ma Saarebas alzò le mani pronta ad erigere una barriera per potersi difendere.
Il clangore di lame che si scontravano risuonò con forza, interrompendo i suoi gesti. Fra lei e la guardia s'era frapposta una figura armata di spadone, che aveva parato il colpo proteggendola. La vide respingere la guardia per poi trafiggerla con la lama, facendola accasciare a terra esanime. Si voltò, ma non riuscì a vederlo in volto, dalla struttura si sarebbe detto un maschio, ma non capì di che razza si trattasse al momento. Silente, sentì i suoi occhi osservarla da sotto il bordo del cappuccio. Si osservarono per qualche istante, poi lui partì all'attacco contro le guardie. Saarebas non sapeva chi fosse, ma se poteva sfoltire i suoi avversari non lo avrebbe certo scacciato. In due riuscirono a farsi più agevolmente strada fra i nemici, lei con i suoi incantesimi e lui con fendenti decisi.
Fecero irruzione in casa, e come vi misero piede, la qunari sentì uno spiacevole brivido lungo la schiena.
Salì di corsa le scale, la figura incappucciata alle calcagna. Quel brivido era familiare, lo avvertiva ogni qual volta si trovava nell'Oblio, o quando era in presenza di demoni. E questo non era un demone minore.
Nell'aria risuonò un urlo stridente e disumano, simile allo sgradevole rumore di una lama che sfrega contro del metallo. Un forte disagio si impossessò del suo animo, mentre spalancava di colpo la porta dello studio. Dahlia era in piedi, stringeva saldamente le sue armi, guardandosi attorno con occhi stralunati. Sulla spalla sinistra aveva tre ampi tagli, simili alla zampata di una bestia. Saarebas non fece in tempo a chiederle cos'era successo, che una luminosa pozza verde s'espanse sotto ai suoi piedi. «Attenta!» l'avvertì la Corvo, ma troppo tardi. Qualcosa fuoriuscì di colpo, scaraventando la qunari gambe all'aria. Sollevò il busto per cercare di vedere cosa l'aveva attaccata, rimanendone atterrita. Non aveva mai visto un demone del terrore. Quella figura verdastra, alta e secca con spuntoni ossei che sbucavano dalle spalle e dai gomiti. Aveva una coda lunga e sottile, costellata degli stessi spuntoni. La mascella inferiore sembrava rotta, penzolava sul suo petto esponendo la sua gola scura ed i denti acuminati. I molteplici piccoli occhi scuri le si puntarono addosso, mentre dalla sua gola provenne un altro urlo fastidioso che le fece incassare la testa nelle spalle.
Dahlia si mosse veloce, e tirò contro la schiena del demone tre dei suoi pugnali da lancio. Quello si piegò all'indietro per il dolore, urlando ed agitandosi, dando il tempo alla maga di rimettersi in piedi. La sua mano sinistra venne avvolta dalle fiamme, flesse il braccio indietro per poi scagliare una sfera infuocata contro il demone. Lo colpì al petto e questo iniziò a contorcersi come un verme. La figura incappucciata si fece avanti e con un sol fendente mozzò di netto il suo lungo ed ossuto braccio destro.
Nessuno dei tre gli diede tregua, non dovevano permettergli di far breccia nelle loro menti o sparire nuovamente in uno dei suoi portali. Dahlia si avventò sulla sua schiena, piantandogli ambedue le lame all'altezza delle scapole costringendolo a piegarsi in avanti. Saarebas mosse le mani, le fiamme vennero sostituite da cristalli di ghiaccio mentre bloccava a terra il braccio e le ginocchia del demone. La figura incappucciata fu rapida, si accostò alla creatura per poi mozzargli il capo di netto. La testa rotolò sino ai piedi di Saarebas, che la guardò con freddezza. Il corpo del demone si ridusse in cenere, che lasciò dietro di se uno sgradevole odore di putrefazione, mentre spariva lentamente.
I tre si guardarono per qualche interminabile istante, l'aria che veniva sempre più appesantita da domande inespresse. «Pretus?» domandò la qunari a fil di labbra verso l'assassina, la quale però scosse il capo con espressione evidentemente delusa. L'aveva mancato un'altra volta. Saarebas si fece avanti verso il guerriero con fare minaccioso, ambedue le mani nuovamente avvolte dalle fiamme. Non sembrava interessarle che le avesse aiutate: il Magister era sfuggito di nuovo e non sapeva perchè la figura misteriosa si trovasse lì, se avesse avuto qualche informazione l'avrebbe fatto parlare.
Ma il guerriero abbassò l'arma, sollevando la mano destra, coperta da un guanto d'arme con le dita a forma d'artiglio. «Saarebas kost. Maaras shokra. Annan esaam Qun.3» la maga bloccò i propri passi, facendo sparire le fiamme. «Ben-Hassrath?4» domandò lei con tono incerto. Sicuramente quello non era un qunari: che fosse un Viddathari, un fedele del Qun di un altra razza? Non sarebbe stato il primo agente che incontrava. Lo sentì emettere una bassa e roca risata, scuotendo appena il capo. «Decisamente no» Si scostò il cappuccio dal capo, svelando finalmente il suo volto. Lo sguardo della qunari sembrò illuminarsi «Tu...». Il guerriero era un elfo dalla pelle olivastra, aveva i loro tipici e grandi luminosi occhi di un colore che andava dal verde all'azzurro. I suoi capelli erano corti e stranamente candidi, che mal si sposavano con la sua età. La cosa però che colpiva di più di lui, erano i suoi tatuaggi chiari che sembravano mandare un lieve bagliore, partivano dal mento scendendo poi lungo il collo, sparendo nell'armatura. Dahlia inarcò un sopracciglio, affiancandosi alla maga, ma senza ancora riporre le armi. «Lo conosci?» Saarebas rimase con gli occhi puntati sull'elfo «Di vista. Tu eri a Kirkwall, con la Basalit-an5. Hawke.» l'elfo annuì, riponendo la propria spada nel fodero. L'assassina faceva saettare lo sguardo da uno all'altro «Si, dovevi essere con l'Arishock.»
«Tu ed Hawke avete reso un servizio al Qun, recuperando il tomo di Koslun e consegnandoci la ladra. Grazie.» l'assassina la vide ringraziarlo, abbassando anche appena il capo. E così Saarebas era presente all'invasione di Kirkwall da parte dei qunari. Ma non era certo questo il momento di indagare. Si fece avanti, interrompendo i loro convenevoli. «Chi diavolo sei tu? E cosa ci fai qui?» sbottò in direzione dell'elfo «Sto cercando il Magister Livius Erimond, era una spia dell'Inquisizione, almeno fichè non si è riunito ad un gruppo di Venatori. L'ho rintracciato mentre seguivo un gruppo di schiavisti. Lo state cercando anche voi?» Saarebas si scambiò uno sguardo eloquente con Dahlia. Venatori, ecco perchè se n'era andato. Probabilmente aveva avuto una riunione con un loro gruppo. «Non mi hai ancora detto chi sei.» riprese l'assassina, stringendo le proprie armi. «Fenris.» rispose l'elfo. «Mi chiamo Fenris.»
 
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Note dell'autrice:
Buona sera, fan di Dragon Age! (Applausi pre-registrati)
Caspita, sono le mie prime note d'autore, spero di non imbalbettarmi proprio ora...il microfono è acceso, si?
Mi sentite anche lì in fondo? (Auditorium vuoto)
Ehm ehm...pubblico difficile...
Ok bando alle ciance! Ringrazio i coraggiosi che hanno deciso di seguirci in questa nuova avventura! 
Io sono StregattaLunatica, colei che si occuperà di tutti i capitoli pari della saga.
Saarebas la maga del Qun è, come oramai si è ben capito, il mio personaggio! Sin dall'apparizione di Sten in DA:O sono rimasta colpita dalla loro cultura. Ho sempre trovato la loro filosofia interessante, affscinante ed al contempo spaventosa. Potete immaginarvi poi nel secondo quando li ho visti anche con le corna, ho dato i numeri! Quanto vorrei che pubblicassero il tomo di Koslun!
Scusate, la mia anima da Fan ha preso il sopravvento, potrei parlare del Qun per ore!
Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto, e che ci farete conoscere le vostre opinioni/consigli/critiche/ ecc...tramite una recensione!
Grazie ancora a tutti!
Panahedan!


 
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1 Un gruppo formato da maghi qunari e dei loro guardiani.
2 Gloria ai Qunari!
3 Pace, Saarebas. Non c'è ragione per la quale combattere. La vittoria è nel Qun.
4 Letteralmente "Cuore dei molti" un ordine Qunari indetto a difendere i Qunari, la lofo fede ed unità.
5 Un non Qunari degno di rispetto.

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Capitolo 4
*** Essere assassini ***


 





Dahlia aprì gli occhi sorridendo, quando il dolce profumo delle ciambelle arrivò alle sue narici; si alzò di scatto, scostando le coperte e saltando giù dal letto con un balzo. La sua camera era proprio come l'aveva lasciata anni addietro: le pareti in muratura erano ricoperte dal legno, più caldo e confortevole, sul quale vi erano appesi lo stendardo di Lothering e quello della famiglia Lynar, la sua famiglia: un sole bianco su campo viola. Il letto si trovava sotto la finestra, in modo che ogni mattina Dahlia potesse risvegliarsi con i primi raggi del sole. Almeno secondo suo padre, ma questo metodo non aveva mai funzionato granchè con la figlia.
Dahlia saltellò giù dalle scale felice, non vedeva l'ora di rivedere sua madre: ed eccola ai fornelli, con i lunghi capelli castano-ramati sciolti sulle spalle. La ragazza si precipitò da lei, abbracciandola da dietro.
«Mamma! Mi hai preparato le mie ciambelle preferite!»
«Ti sbagli mia cara» rispose la donna con una voce strana.
Si voltò verso la figlia e Dahlia vide che la sua pelle era grigiastra e malsana, gli occhi vitrei e ciechi; si allontanò di scatto con il cuore che martellava veloce nel petto.
«Cosa ti è successo?» chiese con voce tremante.
«Non ricordi? Sono morta per colpa tua!» rispose la donna.
«No! Non è vero, avrei voluto salvarti, lo sai!»
«Come avresti voluto salvare me, forse?» intervenne un'altra voce.
Dahlia si voltò: avrebbe riconosciuto quella voce ovunque. Julian era appoggiato allo stipite della porta e la guardava con gli occhi stretti in una fessura, un'espressione che mai, in dieci anni di amicizia, gli aveva visto fare.
«Julian, no! Non avrei mai dovuto lasciarti andare...» disse Dahlia, mentre grosse lacrime cominciarono a scorrere sulle sue guance. Julian coprì la distanza che li separava con tre grandi passi, prendendola per le spalle e cominciando a scuoterla.
«Non avresti dovuto, avresti voluto...quando comincerai ad agire, invece di desiderare e basta?!»
«Io...smettila mi fai male!»
«Basta scappare! Devi reagire, devi svegliarti, bas

Dahlia sbarrò di colpo gli occhi, trovandosi di fronte lo sguardo salvia indagatore di Saarebas. Si mise seduta, asciugandosi con rabbia le lacrime che ancora le bagnavano il viso; odiava fare certi incubi, soprattutto quell'incubo...ed ora si era aggiunto pure Julian.
«Continuavi a ripetere il nome di quel ragazzo. Ci tenevi molto» disse Saarebas, fissandola seria. Non era una domanda, bensì un'affermazione, alla quale Dahlia non sapeva come replicare.
Da quando si era unita ai Corvi, dopo la fuga da Lothering, Julian era sempre stato al suo fianco: erano stati reclutati insieme e insieme avevano superato tutte le prove a cui furono sottoposti per entrare ufficialmente nella Gilda. Sebbene fosse stata preparata mentalmente alla perdita dei suoi compagni, la mancanza del biondo si faceva sentire ogni giorno di più: era come una morsa che le attanagliava il petto, lacerandole pezzo per pezzo il cuore.
Dahlia si riscosse da quei pensieri «non è niente, sto bene».
Si alzò dalla stuoia, uscendo dalla tenda che condivideva con la qunari: all'esterno vide Fenris che stava guardando la sua mappa del Thedas, borbottando tra sé e sé.
«Quale sarà la nostra prossima mossa?» chiese Dahlia all'elfo.
«Purtroppo ne so quanto voi: le informazioni in mio possesso arrivavano alla villa di Hunter Fell, da lì non ho più alcuna pista»
«Allora dobbiamo andare in città e scoprire qualcosa» replicò l'assassina, con tono disinvolto.
«Certo, se ci tieni a diventare un mucchietto di cenere nel giro di pochi secondi» rispose l'elfo truce.
«Dimentichi chi sono io»
«Forse lo dimentichi tu...sbaglio o secondo le regole dei Corvi quando fallisci una missione devi morire?»
Dahlia rimase per un attimo senza parole: a quell'opzione non ci aveva nemmeno pensato. Tecnicamente la missione non era del tutto fallita, poteva ancora rintracciare ed uccidere Pretus. Giusto?
«E se non possiamo andare in città cos'altro possiamo fare?» chiese scoraggiata Dahlia.
«Ho trovato questo sulle ceneri del Demone del Terrore che abbiamo sconfitto» disse Fenris, porgendo un pezzo di pergamena bruciacchiato alla ragazza. Dahlia lo prese in mano ed avvertì dietro di sé la presenza della qunari, che li aveva raggiunti mentre parlavano.
«Il nostro signore...ci chiama a sé, dobbiamo...Corypheus...sotterranei...Grande Necropoli» lesse Dahlia. Sospirò guardando i suoi alleati «non è molto, ma sembra indicare un luogo preciso».
«La...Grande Necropoli?» chiese Saarebas, con un'insolita nota d'incertezza nella voce. Purtroppo la sua condizione di maga nel Qun l'aveva sempre tenuta lontano dal mondo esterno, per cui molte cose, che la maggior parte dei cittadini del Thedas conosceva normalmente, erano per lei delle novità.
«È la città dei morti dei nevarriani. Loro non bruciano i cadaveri, li mummificano e gli costruiscono dei palazzi enormi...almeno, per chi se li può permettere» le spiegò velocemente Dahlia.
«Che strana gente» commentò seria la qunari.
«Qui parla di “sotterranei”...presumo dovremmo cercare qualcosa sotto la necropoli» mormorò Fenris, con la sua voce roca.
Dahlia rabbrividì: sebbene non credesse nel Creatore, era fermamente convinta che la pratica di bruciare i cadaveri fosse la più giusta ed ovvia: un cadavere mummificato poteva essere posseduto da un demone e l'idea di trovarsene uno davanti non la allettava affatto. Se poi c'erano i Venatori di mezzo la situazione non poteva di certo migliorare.
«Presumo dunque che dovremmo dirigerci verso la città di Nevarra» sospirò Dahlia «a cercare un ago in un pagliaio...di morti, per di più».

Partirono un'ora dopo, non prima, però, di essersi riempiti lo stomaco con una colazione spartana a base di carne secca ed acqua.
«Il mio obiettivo è quello di trovare Erimond, dopodiché dovrò raggiungere Skyhold» le informò Fenris, aggiustandosi distrattamente la fascia rossa che portava legata al braccio.
«Skyhold? Lavori per l'Inquisizione?» chiese Dahlia, curiosa.
«Diciamo che abbiamo due missioni diverse, ma con lo stesso obiettivo. Erimond ha tradito l'Inquisizione ed allo stesso tempo aveva le mani su un traffico di schiavi, cosa che sto cercando di fermare a tutti i costi» spiegò l'elfo.
Cavalcarono tutto il giorno ed alla sera decisero di accamparsi su una piccola macchia boschiva. Il cielo stellato illuminava il paesaggio, tingendo d'argento l'acqua del torrente che scorreva pacifico lì a fianco. Dahlia sistemò la tenda per la notte, mentre Saarebas sfruttò i suoi poteri per accendere un falò, attorno al quale i tre avventurieri poterono riscaldarsi.
«Allora...Fenris» esordì Dahlia, inginocchiata con le mani protese verso il fuoco «conosci il famoso Campione di Kirkwall?»
«La Campionessa, vorrai dire» rispose burbero l'elfo.
«Ho sempre sentito parlare di “Campione”...non ho mai avuto incarichi che mi portassero a Kirkwall» si scusò la ragazza.
«In ogni caso si, posso dire di conoscere piuttosto bene Sophie. Purtroppo non ho più sue notizie da quasi un anno»
«Che le è successo?»
«Non lo so. Era partita per le Anderfel per parlare con i Custodi Grigi di Weisshaupt, ma una volta arrivata là è come se fosse sparita»
«Sparita? Che vuoi dire?»
«Che nessuno sa cosa sta succedendo alla fortezza dei Custodi. È tutto avvolto nel mistero». Fenris guardò la ciotola di legno che aveva in mano, quindi la scagliò a terra con forza, alzandosi di scatto ed allontanandosi dal gruppo.
«Ma che gli è preso?» domandò allibita Dahlia.
«Presumo che lui e la Campionessa non fossero semplici compagni d'avventura» rispose la qunari, fissando la schiena dell'elfo, prima che si confondesse tra le ombre arboree.
Dahlia sospirò, prese in mano un bastoncino e cominciò a disegnare distrattamente sul terreno umido per la pioggia della notte precedente: non avrebbe mai capito i sentimenti, tantomeno l'amore. Era entrata a far parte dei Corvi proprio quando si era a malapena affacciata all'età adolescenziale e da allora le era sempre stato insegnato che l'amore ed il sesso erano solo due facce della stessa medaglia, due armi da usare contro l'obiettivo. Poteva dire di essere stata a letto con molti uomini, ma con nessuno di questi l'aveva fatto per pura volontà: tutto si riconduceva sempre al lavoro da assassina. L'unico bacio vero che aveva ricevuto era stato quello di Julian e...Dahlia si colpì la fronte con la mano. Che senso aveva pensarci ora? Non stava mica diventando un'ossessione?
«Che ti succede bas?» chiese Saarebas, con sguardo preoccupato.
«Niente, perché me lo chiedi?»
La qunari non rispose, limitandosi ad indicare il pezzo di terra sul quale la ragazza stava disegnando. Dahlia abbassò lo sguardo e si rese conto di aver scritto ripetutamente il nome di Julian senza rendersene conto. Arrossendo fin sopra le orecchie, cancellò le scritte e gettò il bastoncino nel fuoco.
«Io...credo di essere stanca. Vado a dormire!» annunciò nervosamente, dirigendosi a grandi passi verso la tenda.

Il giorno dopo cavalcarono fino al tramonto, finché non videro in lontananza i profili degli edifici che costituivano la Grande Necropoli.
«Fermiamoci qui finché non cala la notte» disse Fenris, scendendo dal suo destriero e legandolo ad un albero.
«Che senso ha aspettare? Ce li faremo sfuggire!» protestò impaziente Saarebas.
Fenris la guardò torvo «il buio sarà l'unica cosa che ci proteggerà, dato che ancora non sappiamo esattamente dove si nascondono».
«Il buio proteggerà anche loro» ribattè la qunari.
Dahlia si morse un labbro, indecisa sul da farsi: tecnicamente avevano ragione entrambi.
«Proviamo ad avvicinarci agli edifici, ma stando attenti a non farci vedere. Magari riusciamo a scoprire qualcosa di utile!» propose infine ai due compagni di squadra, che accettarono il compromesso di buon grado.
La Grande Necropoli era a dir poco immensa: enormi palazzi, completi di giardini con annesse fontanelle di varie fogge, costellavano i lati delle strade, perfettamente piastrellate con lastre di marmo bianco. Diverse lanterne illuminavano la città, facendo risplendere le decorazioni d'oro e le pietre preziose, incastonate praticamente ovunque. I palazzi più grandi solitamente appartenevano a qualche Pentaghast o Van Markhams, le due famiglie più potenti di Nevarra; le altre famiglie potevano permettersi edifici decisamente più modesti, ma non per questo meno spettacolari.
I tre alleati rimasero all'esterno della necropoli, cercando un qualsiasi indizio che li portasse verso la loro meta, ovvero i sotterranei.
«Non troveremo mai nulla qui fuori!» esclamò spazientita Dahlia, dopo due ore di ricerche infruttuose «non sappiamo nemmeno se sono veramente diretti qui!».
«Ormai è buio, dovremmo entrare per poter cercare meglio» disse con decisione Saarebas. Poi, senza aspettare il consenso dei suoi compagni d'avventura, varcò il cancello d'ingresso della città.
Dahlia guardò Fenris, stringendosi nelle spalle come a dire “è fatta così!”, quindi raggiunse la qunari silenziosamente.
Si strinse nervosamente nella mantellina nera, sforzandosi di guardarsi attorno per cercare qualche indizio: le fontanelle sprizzavano allegre, sollevando una nebbiolina fine, che di certo non aiutava a rendere l'atmosfera più allegra. Il silenzio invadeva le orecchie, facendo rimbombare sinistramente ogni passo che facevano su quelle strade lastricate. Dahlia stava per suggerire di arrischiarsi a prendere una torcia a testa e dividersi, quando con la coda dell'occhio vide un'ombra guizzare e scomparire tra gli edifici alla loro destra. Ma non fu l'unica ad averla vista: Saarebas si era già lanciata all'inseguimento.
«Saarebas, dove vai?» le chiese sconvolta Dahlia, mentre Fenris sbuffava contrariato alle sue spalle. L'assassina inseguì la qunari, senza fare attenzione al rumore che
emetteva: era più preoccupata per la salute della sua compagna.
Saarebas sfilò veloce tra i vicoli della necropoli, sempre a qualche passo di distanza dall'ombra: riusciva a scorgerla appena prima che svoltasse una curva o attraversasse un incrocio, senza che potesse mai vederla interamente. Continuò a correre senza curarsi di quello che pensavano i suoi compagni: lei non avrebbe aspettato ancora, non si sarebbe lasciata sfuggire di nuovo Pretus ad un palmo dal naso. Infine la sua corsa terminò in un giardino di una di quelle ville enormi, ma l'ombra era sparita. Si guardò intorno, in preda al nervosismo: dove poteva essersi cacciata? In quel momento sentì un tonfo ovattato provenire lateralmente alla facciata dell'edificio, così aguzzò la vista e vide che una porticina sulla parete destra si stava richiudendo. Senza pensarci due volte raggiunse quell'entrata a grandi passi, smaniosa di ritrovare la figura misteriosa.
Contemporaneamente Dahlia arrivò trafelata nel giardinetto, seguita a ruota da Fenris, che sguainò lo spadone guardandosi attorno circospetto. Fecero appena in tempo
a vedere la maga che spariva attraverso la porticina laterale, così si affrettarono a raggiungerla: si ritrovarono all'interno di un'enorme solone, riccamente decorato con arazzi raffiguranti scene di vita quotidiana della nobiltà. Al centro della stanza la qunari si era fermata ad osservare i particolari: quegli arazzi le ricordavano molto quelli presenti nella magione di Pretus a Minrathous, ma non sapeva dire se fosse una cosa strana o no. D'altronde non conosceva molto le usanze dei bas. Dahlia le si affiancò.
«Dov'è andato, Saarebas?»
«Non lo so, l'ho perso» rispose la gigantessa, continuando a fissare gli arazzi.
Dahlia sospirò «immagino che dovremo addentrarci nel palazzo». La sola idea di esplorare quella che a tutti gli effetti era una tomba, seppur sfarzosa, le faceva venire la pelle d'oca; si diresse convinta verso il portone più vicino, quando vide Fenris schizzare esattamente dal lato opposto.
«Presto, seguitemi!» esclamò, prima di sparire dentro ad un corridoio buio.
Saarebas e Dahlia si guardarono sorprese, quindi si lanciarono all'inseguimento dell'elfo. Lo trovarono pochi metri più avanti, accovacciato di fronte ad una porta, intento a spiare dal buco della serratura.
«C'è un uomo che cammina qui dentro» sussurrò, guardando verso le due donne.
«Aspettiamo che esca, così possiamo tendergli un'imboscata e...» esordì Dahlia, ma Saarebas li superò spalancando la porta e precipitandosi all'interno della stanza.
L'uomo non fece nemmeno in tempo a voltarsi, poiché la qunari evocò un incantesimo di ghiaccio, bloccandogli i piedi a terra.
«Oh beh...presumo che ormai l'imboscata non serva più» commentò sarcastica l'assassina.
Fenris sganciò lo spadone dalla cinghia sulla spalla, quindi si avvicinò cautamente al prigioniero «chi sei? Che cosa stai facendo qui?»
L'uomo misterioso sollevò le braccia in segno di resa, poi parlò, sfoderando il tipico accento orlesiano con la “r” moscia «vi prego, non fatemi del male! Io sono qui per vendicare la mia famiglia!»
Anche Dahlia si avvicinò con i pugnali sguainati, guardando finalmente il volto dell'ombra misteriosa: era un giovane sulla trentina, dai corti capelli scuri e una folta barba che ricopriva gran parte del mento. I suoi occhi dorati guizzavano spaventati da un viso all'altro dei suoi aggressori, mentre il labbro inferiore tremava vistosamente.
«Rispondi alle mie domande» disse autoritario Fenris, avvicinando la punta dello spadone al petto dell'uomo.
«Io mi chiamo Arnell, Arnell Du Jarmaine! Sto cercando un magister, un Venatori, che ha sterminato la mia famiglia! Non può restare impunito!» esclamò, stillando pura rabbia mentre pronunciava l'ultima frase.
«Non dirmelo» disse Dahlia «scommetto che il tuo magister si chiama Pretus, dico bene?»
«Come fai a conoscere quel nome?» esclamò l'uomo, sorpreso.
«Vedi Arnell, la tua famiglia non è stata l'unica ad essere uccisa da quel simpaticone» spiegò la Corvo in tono spiccio «oltre al fatto che se non lo faccio fuori io, a mia volta verrò fatta fuori da qualcuno. E la cosa non è di mio gradimento».
Arnell la guardò improvvisamente torvo «non sarai mica un bardo, vero?»
Dahlia sgranò gli occhi «che cosa? Ti sembro uno di quei bamboccioni imbellettati che sanno a malapena usare un coltello da burro?! No no, io sono un Corvo di Antiva!»
Ma a quell'affermazione l'uomo si accigliò ancora di più e sputò ai suoi piedi «tu e tutti quelli della tua risma dovreste solo sparire dalla faccia del pianeta!»
«Ma che modi! Sai penso che dovresti controllare la quantità di “r” nelle frasi...tendi a storpiare un po' troppo i discorsi, per i miei gusti!»
«Dammi solo l'occasione di liberarmi da questa prigione e...»
«Diciamo che lo farai da morto!» sogghignò Dahlia, alzando il pugnale di lazurite. Ma, mentre stava per infliggere il colpo, qualcosa la bloccò: si voltò indietro e vide che Saarebas le teneva fermo il polso.
«Saarebas?!» chiese Dahlia, sollevando un sopracciglio.
«Potrebbe esserci utile. Sa combattere e abbiamo lo stesso nemico in comune» rispose la gigantessa tranquillamente.
«La qunari ha ragione» s'intromise Fenris.
«Ragazzi, non vorrei farvelo notare, ma questo tizio mi ha appena minacciata
«È un problema tuo, bas».
La mascella di Dahlia toccò terra mentre la maga cominciava a sciogliere il ghiaccio che teneva bloccato Arnell.
«Aspetta un secondo! Non sappiamo nemmeno se vuole collaborare con noi!»
La qunari guardò prima Dahlia, poi l'uomo «ci aiuterai se ti libero?»
«Se il vostro obiettivo è trovare Pretus...allora si».
Saarebas fece spallucce e continuò a sciogliere il ghiaccio «per me può bastare».
Dahlia boccheggiò, non sapendo bene cosa dire «asp...aspetta! Almeno potresti promettere che non mi ucciderai appena verrai liberato?»
Arnell sollevò lo sguardo al cielo «non ho mai avuto intenzione di ucciderti, per lo spirito del Creatore!»
«Oh...» riuscì a dire Dahlia, prima di diventare bordeaux e rinfoderare i pugnali. Alle volte la sua natura da assassina prendeva il sopravvento, avrebbe dovuto mantenere meglio il controllo.
Arnell, finalmente libero dal ghiaccio, scostò il lungo mantello, marrone e logoro, che gli ricopriva le spalle, rivelando una balestra e un quadrello, appesi con una cinta alla schiena.
«Perchè sei venuto proprio qui a cercare Pretus?» chiese Saarebas al nuovo compagno di squadra.
«Ho spiato alcuni magister collegati a lui...tutti pesci piccoli, ma alla fine mi hanno condotto sulla via giusta» spiegò l'uomo.
«Quindi i Venatori si riuniscono in questo palazzo?»
«Non nel palazzo, c'è una camera segreta qui, da qualche parte. Stavo cercando di capire dove potesse essere l'entrata, prima che arrivaste voi!»
«Dunque? È in questa stanza?» chiese Dahlia, ancora diffidente.
«Purtroppo no, dobbiamo proseguire lungo il corridoio!».
Uscirono dalla stanza, addentrandosi nuovamente nel corridoio buio. Saarebas illuminò debolmente l'area attorno a loro, facendo crepitare una piccola fiammella al centro della mano. Arnell, con occhio esperto, studiò le pareti alla ricerca di un qualsiasi indizio utile. Infine entrarono in una sala circolare, totalmente spoglia e vuota, tranne che per un altare posto esattamente al centro.
«Mi ricorda qualcosa...» mormorò Dahlia. Arnell si avvicinò circospetto all'altare, seguito da Saarebas, Fenris ed infine Dahlia, che guardava le spalle ai suoi alleati.
Arnell studiò le figure che componevano la base di pietra: una moltitudine di draghi s'intrecciava, formando un intrico di figure decisamente complesso. Le sculture erano completamente bianche e lisce, senza imperfezioni; le mani dell'uomo si spostarono freneticamente su di esse, alla ricerca di una qualsiasi anomalia. Infine esclamò «ah-a!», afferrò un enorme smeraldo nascosto dietro la testa di uno dei draghi e lo tirò verso di sé.
Il terreno cominciò a tremare sotto ai loro piedi, mentre una lastra di marmo scivolava all'indietro, scoprendo una serie di scalini che si perdevano nel buio più totale.
Contemporaneamente, però, dall'alto cadde un'enorme grata di ferro, completa di lame acuminate alla base; i quattro saltarono lontano per salvarsi dal pericolo imminente, ma quando si rimisero in piedi scoprirono con orrore che l'aggeggio li aveva separati. La grata divideva la stanza circolare in due sezioni, isolando la parte verso l'altare, rendendo così la discesa nel buio l'unica opzione di fuga. Dahlia si trovava dalla parte opposta Da sola.
Saarebas tentò di sciogliere la grata con il fuoco, ma appena l'incantesimo toccò il ferro, quello s'illuminò di blu e rispedì una palla di fuoco tre volte più potente verso il mittente. Fenris, Arnell e la stessa Saarebas si salvarono appena in tempo, gettandosi nuovamente a terra.
«Ragazzi proseguite senza di me» disse risoluta Dahlia «troverò il modo di raggiungervi!».
Saarebas la guardò con preoccupazione, cosa insolita per lei, poi fece un cenno d'assenso e guidò gli altri due verso gli scalini bui.

Una volta rimasta sola, Dahlia fece due profondi respiri, cercando di dimenticarsi di essere all'interno di una tomba.
“È solo un palazzo, uno dei tanti che hai visitato per lavoro” ripeteva dentro di sé, mentre si sforzava di mettere un piede dietro l'altro. La stanza dell'altare era al termine del corridoio buio, così tornò indietro, comparendo di nuovo nel salone degli arazzi. Proseguì con più decisione verso il portone dorato che stava per aprire in precedenza, prima che Fenris le portasse da Arnell; i cardini scricchiolarono leggermente quando Dahlia li fece girare su sé stessi. Si ritrovò in una stanza abbondantemente illuminata, al contrario di quelle precedenti: una sala da ballo. Durante la sua carriera da assassina aveva spesso dovuto frequentare quegli ambienti, anche vestita da dama: l'addestramento dei Corvi le aveva permesso di imparare a combattere agevolmente anche indossando bustier e crinolina. Dahlia si portò al centro, ammirando rapita gli affreschi sulle pareti e sull'alto soffitto a volta: immagini di Andraste ed il Creatore, che predicavano al popolo con sguardo benevolo e rassicurante, si alternavano ad immagini di Maferath, che si disperava per il tradimento compiuto. La ragazza si avvicinò al ritratto di Hessarian, con la famosa lama sguainata e puntata verso il basso, mentre con la mano libera indicava la profetessa; accarezzò con la punta delle dita il contorno del viso di quell'uomo che aveva avuto pietà per una povera donna, messa sul rogo semplicemente perché credeva in un dio diverso.
All'improvviso lo sentì: un rumore di passi strascicati ed ovattati si stava lentamente avvicinando a lei, facendola voltare di scatto. Nella stanza erano entrate cinque figure, rinsecchite e con la pelle nera che penzolava dalle ossa, per la maggior parte in bella vista. Uno degli incubi peggiori di Dahlia si era materializzato davanti ai suoi occhi.
Per un attimo, che sembrò interminabile, il suo cervello non volle collaborare; l'assassina indietreggiò in preda al terrore cieco, fino a trovarsi con le spalle al muro, le mani che si contraevano e si rilasciavano senza riuscire a concludere nulla. Alla fine fece un enorme respiro, permettendo all'ossigeno di arrivare ai neuroni: sfoderò i pugnali e si lanciò alla carica verso il cadavere più vicino, cercando di ignorare lo stomaco in subbuglio. Piantò il primo pugnale, quello di silverite dei Corvi, nel petto della mummia, ma quella non sembrò nemmeno farci caso. L'assassina si allontanò dal nemico con un balzo, prima che potesse trafiggerla a sua volta con la spada arrugginita che si trascinava appresso. Guardò il mostro avanzare, cercando di ragionare velocemente per trovare una soluzione; nel frattempo le si era avvicinato un altro cadavere, che sollevava un'enorme ascia contro di lei. Dahlia rotolò su un fianco e recise di netto una gamba scheletrica: la creatura cadde, ma continuò a trascinarsi verso la ragazza, la quale si rialzò e corse verso il centro della stanza, per evitare di rimanere circondata dai mostri, quindi attaccò il cadavere più vicino. Con la sua fidata lama di lazurite tranciò di netto la testa, che cadde a terra con un tonfo sinistro. La creatura decapitata scivolò a terra e non si mosse più.
“Devo recidere la testa!” pensò Dahlia, che cominciava ad essere affaticata per la battaglia frenetica. Tornò verso il primo cadavere che aveva attaccato, si abbassò evitando il suo fendente e strappò il pugnale di silverite dal suo petto. Quindi fece un mezza piroetta per darsi lo slancio e lo decapitò con un unico fluido movimento, spingendo a terra il resto del corpo con un calcio. Sentì un dolore lancinante alla spalla e, quando si girò per capirne l'origine, si trovò davanti un'altra mummia che era riuscita ad avvicinarsi abbastanza per colpirla; fortunatamente l'aveva ferita solo di striscio, per cui Dahlia non perse l'occasione e le recise il capo, prima che la colpisse di nuovo. Rimasero gli ultimi due cadaveri, che si rivelarono particolarmente lenti e goffi, per cui la Corvo li finì velocemente.
Dahlia si appoggiò brevemente alla parete per riprendere fiato, ma non si permise il lusso di rimanere ferma a lungo: doveva raggiungere i suoi compagni. Raggiunse il portone dorato, opposto a quello che aveva usato per entrare nella sala da ballo, ritrovandosi in una sala buia e apparentemente deserta. Fece qualche passo incerto nell'oscurità di fronte a sé, quando all'improvviso un battito di mani, seguito da una risata crudele, fece accendere una serie di lanterne magiche appese alle pareti di marmo bianche.
Temporaneamente accecata, Dahlia si schermò gli occhi con una mano, cercando di capire di chi fosse quella risata: di fronte a sé vide una donna magister con accanto una figura incappucciata, con il volto in ombra. Riconobbe la donna per la maga che l'aveva torturata quand'era nelle segrete della magione di Pretus; la magister sollevò il suo bastone di ebano, pronta a scagliarle un'altra maledizione, ma questa volta la ragazza era pronta e riuscì a resistere alla forte magia Entropica dell'avversaria.
La donna fece un verso insoddisfatto «oh bene, dunque abbiamo una guerriera modello qui!», quindi fece un passo avanti, facendo crepitare un globo di pura energia elettrica tra le mani; Dahlia saltò di lato, appena in tempo per non finire fritta da una scarica violetta. La maga continuò a lanciarle fulmini a profusione, che la ragazza schivò con agilità. Ma Dahlia sapeva che la sua resistenza era ormai agli sgoccioli: la battaglia con i cadaveri era stata estenuante e la ferita sulla spalla pulsava dolorosamente. Così prese una decisione azzardata, lanciò il pugnale di silverite verso la maga, rischiando così di rimanere inutilmente senza un'arma.
Il suo lancio andò quasi del tutto a segno: l'arma argentea si conficcò nel fianco della magister, trapassandolo e cadendo a terra producendo un rumore metallico. La donna urlò di dolore e portò una mano al fianco colpito, che cominciava a sanguinare copiosamente.
«Maledetta!» urlò la maga dai capelli cenere «se né i cadaveri né la magia ti hanno fermata, forse ci riuscirà qualcosa di più simile a te!». Quindi fece un cenno alla figura incappucciata accanto a sé; quella estrasse dai foderi una spada ed un pugnale, slanciandosi verso Dahlia, che si preparò a parare il colpo con l'unica arma che le era rimasta. Le due lame dell'avversario scivolarono su quella di lazurite, permettendo a Dahlia di disimpegnarsi e portarsi al suo fianco. L'assassina sollevò il pugnale in alto, pronta a colpirlo a morte; l'avversario si voltò nello stesso istante, facendo scivolare il cappuccio che gli copriva il volto all'indietro.
Dahlia sgranò gli occhi, fermando la mano a mezz'aria; «tu!» esclamò sorpresa.

Saarebas percorse con passo deciso gli scalini che scendevano sempre più in profondità: dietro di sé sapeva che i suoi compagni la stavano seguendo, Fenris deciso come sempre, Arnell con una punta di timore in più. Probabilmente non aveva mai combattuto vere e proprie battaglie, si era ritrovato in quella situazione solo spinto dall'incoscienza dettata dalla voglia di vendetta.
Quando gli scalini terminarono, si ritrovarono in un corridoio stretto, dal cui fondo proveniva un mormorio basso, simile ad una cantilena.
I tre si acquattarono, avanzando cautamente per evitare di far rumore; alla fine del corridoio sbucarono in un passaggio circolare aperto verso il centro. La qunari si affacciò sbirciando al piano inferiore: sotto di loro c'era un'enorme sala circolare, completamente rivestita di marmo bianco e nero, sul cui fondo svettava una specie di pulpito di legno scuro. Davanti al pulpito vi erano disposte molte file di panche, sulle quali vi erano seduti una decina di uomini, vestiti con le lunghe tuniche tipiche dei magister del Tevinter. Essi si dondolavano su e giù, ripetendo in continuazione la stessa nenia:
«noi ti adoriamo, nuovo dio. Noi ti attendiamo, forgiatore del nuovo mondo. Noi ti salveremo dall'Oblio, nostro signore...».
«Quello è Erimond!» sibilò Fenris, indicando un magister con i capelli neri legati in una coda di cavallo.
«Dobbiamo trovare il modo di scendere» mormorò Saarebas, guardandosi attentamente attorno.
«Aspetta! Prima dobbiamo decidere una linea d'azione...sono troppi là sotto, ci annienteranno se non ragioniamo sulla tattica!» la riprese Arnell.
Saarebas sbuffò, ma dovette ammettere che l'uomo aveva ragione. Guardò Fenris: probabilmente tra loro tre era il maggior esperto per quanto riguardava le tattiche da battaglia. L'elfo sospirò, quindi snocciolò velocemente un paio di istruzioni «io e la qunari andremo di sotto e ne falceremo il più possibile, io li attaccherò frontalmente, mentre la maga li colpirà da lontano. Tu rimarrai quassù a coprirci le spalle con la balestra. Se dovessimo cadere nasconditi e attendi l'arrivo dell'assassina».
«Sempre se arriva» borbottò poco entusiasta il balestriere.
L'elfo e la qunari lo ignorarono, quindi cominciarono ad avanzare rasenti al muro, facendo attenzione a non uscire dalle ombre. Trovarono un'apertura sulla parete, che conduceva alle scale per il piano inferiore; con un cenno d'intesa, Fenris e Saarebas le scesero e si scagliarono contro i magister, cogliendoli di sorpresa. L'elfo fece roteare agilmente lo spadone sopra la testa, abbassandolo di colpo e squarciando il ventre di uno dei maghi; Saarebas ne paralizzò altri due, finendoli poi con degli spuntoni di ghiaccio. Contemporaneamente Arnell scagliò i suoi dardi con precisione estrema: colpì tre magister dritto in testa, uccidendoli sul colpo. Davanti a loro, però c'erano almeno altri cinque maghi, che, ormai ripresisi dalla sorpresa, si prepararono a scagliare le loro magie.
«Erimond devo averlo vivo!» disse Fenris, avvicinandosi alla qunari.
Saarebas annuì in risposta, quindi bloccò due incantesimi nemici erigendo una barriera di ghiaccio: a contatto con le magie, essa esplose frantumandosi in mille pezzi, uno dei quali si conficcò brutalmente nella schiena di un magister. Fenris si protesse dalle schegge rotolando dietro ad una panca di legno, che si era rovesciata a causa dell'onda d'urto creata dall'esplosione; passato il pericolo, si lanciò fuori dal riparo, falciando di colpo il braccio di un magister che aveva avuto l'ardire di avvicinarsi troppo. Quello urlò terrorizzato, fissandosi il moncherino sanguinante, mentre Saarebas lo finì con una scarica elettrica. Mancavano ancora tre magister, di cui uno era Erimond: solo allora Saarebas si rese conto che tra loro non c'era Pretus.
Controllò freneticamente tra i cadaveri, ma in nessuno di essi scorse la chioma leonina color topo dell'uomo che l'aveva resa schiava per tre lunghi anni. Possibile che fosse fuggito di nuovo?!
Arnell riuscì a ferire gli ultimi magister, che si arresero, prostrandosi di fronte allo spadone di Fenris; quest'ultimo li guardò con immenso disgusto, così decapitò i due magister, lasciando in vita Erimond.
«Ora tu verrai con me» disse l'elfo in tono minaccioso, estraendo dalla bisaccia che teneva legata alla cintura un paio di manette, il cui metallo era inciso di rune anti-magia.
«E dove vorresti portarmi, elfo?» chiese il magister, quasi sputando alla parola “elfo”.
«Hai degli amici che ti aspettano a Skyhold»
«Che cosa? Tu...tu lavori per l'Inquisizione?!» esclamò il prigioniero in preda al panico.
«Più o meno» rispose Fenris, finendo di chiudere le manette attorno ai suoi polsi.
«Dov'è Pretus?» chiese Saarebas, piantando gli occhi salvia in quelli piccoli e scuri di Erimond.
«E tu staresti cercando Pretus?» rispose quello, prima di scoppiare in una fragorosa risata «non hai nemmeno idea con chi hai a che fare!»
«Allora spiegamelo tu!»
«Pretus non è che una parte di ciò che verrà...nulla che quelli della tua stupida razza possano comprendere!»
All'ennesimo insulto gratuito, Fenris perse la pazienza e lo colpì alla nuca con l'elsa dello spadone, facendogli perdere i sensi.
«Che cos'hai fatto? Doveva rispondere alla mia domanda!» esclamò Saarebas.
«Credimi se ti dico che da questo qui non ci avresti ricavato nulla. Da quando è stato sconfitto dai Custodi Grigi ha perso prestigio e rango all'interno dei Venatori, ora ha accesso solo alle informazioni a disposizione degli iniziati»
«Sarebbe stato comunque qualcosa!»
Fenris si limitò a scuotere la testa, mentre si caricava sulla schiena il corpo del magister svenuto.
«Il mio lavoro qui è terminato. Ora va e recupera la tua amica, io riuscirò a cavarmela da solo».
«Immagino questo sia un addio» disse Saarebas, senza far trasparire alcuna emozione.
«Dipende da molti fattori. Le nostre strade potrebbero ancora incrociarsi, qunari».

La maga dai capelli cenere ghignò soddisfatta di fronte allo sbigottimento di Dahlia «non è magnifico? Quando si è lanciato coraggiosamente contro di noi per salvarti, abbiamo pensato che ci sarebbe stato più utile da vivo che da morto».
Dahlia guardò ancora il viso del ragazzo di fronte a sé: i capelli biondi spettinati, la barba corta che incorniciava il mento, gli occhi cioccolato...Julian. Era vivo ed era lì davanti a lei.
«Julian...» mormorò incredula la ragazza.
«Come fai a sapere il mio nome?» gli chiese lui con voce dura. quella voce fu una stilettata dritta al cuore dell'assassina: non l'aveva mai usata con lei, gliel'aveva sentita rivolgere solamente alle sue vittime, poco prima di infliggere loro il colpo finale.
«Cosa? Julian, sono io, sono Dahlia!»
«Non conosco nessuna Dahlia!» urlò il biondo, prima di scagliarsi di nuovo contro la ragazza.
La Corvo schivò l'attacco per poco: nonostante conoscesse tutte le tecniche del suo ex-compagno d'arme, rimaneva comunque uno degli assassini più abili della Gilda.
«Ti prego, guardami sono io! Sono qui!» disse disperata Dahlia.
La maga proruppe in una risata crudele «Ancora non l'hai capito, stolta ragazza? Il tuo amico non può riconoscerti»
«Bastardi, cosa gli avete fatto?!» urlò la Corvo.
«Oh, solo un piccolo incantesimo, per il resto non gli abbiamo torto un capello!»
Dahlia vide tutto rosso dalla rabbia: senza ragionare su quello che stava facendo, si lanciò contro la maga, ma venne intercettata dalla lama di Julian. La ragazza rotolò di lato appena in tempo, costringendosi a rivolgere nuovamente l'attenzione al biondo.
«Penso che vi lascerò soli ora» disse la maga, senza celare un smorfia di dolore «vorrei tanto potermi trattenere qui, ma a causa tua ho una ferita di cui occuparmi!»
«Maledetta!» imprecò Dahlia, guardando impotente la donna che scompariva in un fascio di luce verde.
I due Corvi si girarono attorno, studiandosi: uno con l'intento di uccidere, l'altra tentando di trovare un modo per rinsavirlo.
«Julian, per favore...devi combattere l'incantesimo!»
«Non so di cosa tu stia parlando» rispose il ragazzo, scagliandosi di nuovo contro di lei, facendo roteare pericolosamente le lame vicino al suo ventre. Dahlia scartò di lato, dato che altro non poteva fare.
«Non puoi non ricordarti di me, guardami!»
«Ti ho detto che non so chi tu sia, so solo che mi hanno incaricato di ucciderti».
Dahlia scivolò sotto all'ennesimo fendente e lo colpì alle gambe con un calcio, facendolo barcollare all'indietro; cogliendo l'occasione al volo, Dahlia si portò alle sue spalle, bloccandogli un braccio contro la schiena e puntandogli il pugnale alla gola.
«So che sei forte, puoi combattere qualsiasi cosa ti abbiano fatto!»
«Smettila di parlare a vanvera!»
«Julian...mi dicevi sempre che ero il tuo “fiorellino”...»
A quelle parole un'ombra d'incertezza passò nelle iridi del biondo, facendo crescere la speranza nel petto di Dahlia. Ma l'incertezza passò subito, sostituita da fredda determinazione. Il ragazzo si voltò, facendole perdere l'equilibrio e gettandola a terra: Dahlia lo vide alzare la spada e cominciare a calarla su di lei. Chiuse gli occhi aspettando la morte, era troppo vicino per sperare di riuscire ad evitarlo.
Ma il colpo non arrivò: la Corvo aprì di nuovo gli occhi e incrociò lo sguardo cioccolato di Julian, che la fissava con gli occhi spalancati.
«D-Dahlia?». Pronunciò il suo nome con incertezza, quasi come se si aspettasse di vederla scomparire da un momento all'altro. Dal suo volto traspariva un'enorme sofferenza, come se qualcosa di invisibile lo stesse artigliando dall'interno.
«Julian! Mi riconosci?»
«Io...non riuscirò a resistere a lungo...scappa!!!» la esortò.
«No, non ti lascerò di nuovo indietro!»
«Se non lo fai finirò per ucciderti con le mie stesse mani! Devi scappare!»
«Non posso! Io...» grosse lacrime cominciarono a scendere lungo le guance di Dahlia, mentre lentamente si alzava in piedi per avvicinarsi al suo vecchio compagno d'avventura.
«Tornerò, te lo prometto! Ma ora...vattene...prima che...» Julian pronunciò a fatica le ultime parole, quindi il suo volto si rilassò ed i suoi occhi tornarono a stringersi pericolosamente.
Dahlia lo guardò un'ultima volta, poi con un enorme sforzo si voltò e corse verso l'uscita, prima che l'incantesimo lo possedesse del tutto.

Saarebas e Arnell si ritrovarono nel cortile del palazzo, sollevati di poter respirare nuovamente l'aria fresca della notte. Dalla cripta in cui avevano trovato i magister, avevano trovato un passaggio che conduceva direttamente all'esterno, sul retro dell'enorme tomba di marmo.
«Dove sarà l'assassina?» chiese Arnell, scrutando le ombre attorno a loro.
Saarebas si diresse decisa verso la porta da dove erano entrati all'inizio di quell'avventura, ma quando allungò la mano per aprirla, essa si spalancò di colpo. Dahlia si scaraventò letteralmente addosso alla qunari, non riuscendo a fermare la sua corsa.
«Cosa diav...? Oh siete voi!» esclamò sorpresa «non dobbiamo fermarci! Là dentro c'è Julian che...»
«Calmati bas! Di cosa stai blaterando? Il tuo compagno è morto, lo sai!»
«No, non lo hanno ucciso, gli hanno fatto un incantesimo per poterlo usare come arma contro di noi!»
«Stai dicendo che là dentro c'è un altro Corvo?» s'intromise Arnell, preoccupato.
«Si!»
«Un Corvo intenzionato ad ucciderci?»
«Si!»
«Oh...merda!» imprecò il balestriere «allora non c'è tempo da perdere! Seguitemi!»
I tre corsero attraverso i vicoli bui tra un edificio e l'altro della Grande Necropoli, cercando di lasciare meno tracce possibile del loro passaggio. Quando finalmente raggiunsero il loro accampamento stava già albeggiando; smontarono rapidamente le tende e montarono sui destrieri (Arnell per fortuna aveva il suo cavallo, un fiero animale dal manto nero come la pece ed un'unica macchia bianca sulla fronte), allontanandosi il più possibile dalla città dei morti.

«Quindi di Pretus ancora nessuna traccia?» chiese sconsolata Dahlia ai suoi compagni di viaggio.
«Per Andraste, vuoi piantarla di chiederlo in continuazione?» la rimbeccò Arnell.
L'assassina mise su il broncio «scusami tanto se speravo di mettere le mani addosso a quel sacco di pulci!»
«Come se fossi l'unica» borbottò l'uomo a mezza voce.
Saarebas sospirò: erano in viaggio solo da due giorni e già non li sopportava più quei due, che continuavano a battibeccare incessantemente.
«In ogni caso dobbiamo trovare una nuova pista» sospirò Dahlia «qualche idea?»
Arnell rimase in silenzio per qualche secondo, infine parlò «forse è venuto il momento di presentarvi qualcuno che potrebbe saperne qualcosa...»
«E di chi si tratta?»
«Un famoso scrittore, che era presente sia allo scoppio della guerra tra maghi e templari a Kirkwall, sia alla sconfitta di Corypheus»
«Stai parlando di...»
«Varric. Varric Tethras».


Note dell'autrice:
Ok, fangirl scatenate tra 3,2,1... XD eheh, vi ho giocato un brutto scherzo con Julian, ammettetelo!
Pure la mia socia in affari è rimasta sconvolta dal suo ritorno nelle scene! Detto questo, la Grande
Necropoli *____* un altro luogo che mi ha sempre affascinato da quando ne ho sentito parlare per
la prima volta (su DA:I se non ricordo male?) e che ho avuto il piacere di descrivere...ma, al contrario
di Antiva, spero di non tornarci più! Brrrr...al limite ci farò uno speciale Halloween ad ottobre! XD
Come sempre spero che questo capitolo vi sia piaciuto, rinnovo l'invito a commentare: più ci scrivete,
più possiamo migliorare! Ora vi lascio nelle mani di StregattaLunatica, ci vediamo fra due capitoli!
Baci <3

 

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Capitolo 5
*** Lunga vita a Corypheus ***



Affermare che il continuo bisticciare di Dahlia ed Arnell fosse insopportabile era un eufemismo.
Continuavano ad avere screzi su ogni cosa, anche sulla più stupida, come quale fosse il luogo migliore dove potersi accampare. Sembrava che, a parte il loro nemico comune, non avessero nulla che li rendesse in grado di parlare cinque minuti senza bisticciare come bambini capricciosi.
Saarebas inspirò profondamente, seduta sulla riva del lago a gambe incrociate ed occhi chiusi. La superficie cristallina dell'acqua era placida, vi si riflettevano le stelle argentee e la luna crescente, simile ad uno sbieco sorriso di qualcuno che si prendeva gioco delle loro sfortune.
Non vi era una singola nuvola in cielo, la tiepida aria estiva scuoteva le fronde degli alberi e dei canneti, le libellule volavano sul pelo dell'acqua, a volte cadendo vittime dell'agguato di un pesce.
La maga si era disfatta di quello che l'assassina chiamava “collare”, la parte pesante della sua armatura, rimanendo solo con le fasce per il seno e la parte inferiore dell'armatura in pelle leggera. I lunghi capelli stretti nei nastri cremisi erano adagiati davanti al suo petto, lasciando la schiena straziata e l'appena riconoscibile tatuaggio in vista. La parte delle corna ricostruita in metallo scuro intarsiata di rune sembrava brillare alla luce delle stelle, così come le placche argentee che sigillavano le ciocche dei capelli tenendo ben chiusi i nastri.  Alle sue spalle vi era l'accampamento, una tenda per lei e l'assassina ed una per l'orlesiano, il focolare al centro con le fiamme che scoppiettavano allegre, ed i tre cavalli legati ad un albero li accanto. 
Sentì Arnell fare l'ennesimo commento acido nei confronti dell'assassina, la quale gli rispose in termini così scurrili che un educatrice sarebbe svenuta nel sentirla. L'uomo si allontanò dal falò, andando verso Saarebas, calciando un sasso brontolando a mezza voce su quanto gli assassini fossero tutti ugualmente vili.
«Ma come fai a sopportarla!?» esclamò lanciando l'ennesimo calcio al sasso, che volò all'interno del lago. Cadde in acqua, creando tante piccole increspature circolari che deformarono il riflesso del cielo. La maga interruppe i suoi respiri lenti e regolari, emettendo qualcosa di simile ad un rantolo infastidito. Socchiuse gli occhi, voltando il capo per guardarlo senza la parvenza di una singola emozione in volto. «Voglio dire, è insopportabile!» continuò a dire con quel suo accento dalla spiccata “r” moscia. La maga lo trovava in parte buffo ed in parte snervante. Scosse il capo sconsolato, per poi guardare a sua volta la qunari, la quale non aveva mosso un muscolo. «Ad ogni modo...cosa fai qui?» 
«Cerco un po' di pace» rispose Saarebas seria, prendendo l'ennesimo respiro profondo «Pace da cosa?» domandò Arnell guardandosi attorno, nella radura c'era una placida quiete. «Da voi due!» esclamò infine lei alzando appena la voce ed assottigliando lo sguardo quel tanto che bastava per far venire la pelle d'oca al balestriere. L'uomo si bloccò un istante, facendo poi scivolare lo sguardo sul suo corpo, sui segni lasciati dalla schiavitù e dal morso della frusta. Inarcò le sopracciglia, inorridito.
Arnell prese un respiro profondo, costretto in parte a darle ragione. Dal canto suo, non era certo colpa sua se la Corvo era così antipatica da costringerlo a ribattere costantemente, ma la povera maga si trovava sempre nel mezzo. Capì il suo punto di vista.
Le si sedette accanto, stendendo le gambe e reclinando appena all'indietro la schiena posando le mani a terra in modo da tenersi in equilibrio. Sotto i palmi delle mani sentiva il terreno morbido e florido, l'erba soffice ed umida. «Per quanto sei rimasta con lui?» le domandò con voce quasi timorosa, mentre i suoi occhi si soffermavano ancora sulle sue cicatrici. «Tre anni secondo i calcoli di Dahlia.» gli rispose senza la parvenza d'un emozione nella voce, mentre il suo animo invece veniva scosso dal rancore. «Non fosse per lei, sarei ancora lì.» vi era un appena percepibile vena di gratitudine nei confronti dell'assassina nella voce, che lasciò l'orlesiano basito per qualche secondo. Saarebas era per lo più distaccata nei confronti di tutti, ma ogni tanto sembrava che lei e Dahlia si lanciassero uno sguardo complice, i qunari conoscevano il significato della parola “amico” ?
«Pensaci, prima di darle ancora della vile.» tornò a guardare avanti a sé, per poi chiudere gli occhi.

Dopo le semplici parole della maga, i loro bisticci si erano acquietati. Per loro era impossibile smettere di litigare, ma Arnell aveva iniziato a limitarsi, riflettendo prima di parlare su alcune cose. Dahlia da parte sua non era aggressiva nei confronti dell'assassino e pareva non aver fatto molto caso al suo piccolo cambiamento.
Secondo le informazioni del balestriere, il nano scrittore si trovava ancora con l'Inquisizione, nella fortezza di Skyhold, perciò avevano avuto bisogno di lasciare Nevarra. S'imbarcarono nuovamente a Cumberland, dove presero una nave per attraversare il Mare del Risveglio, ma furono costretti a vendere i cavalli poiché non fu loro permesso d'imbarcarli. Ci volle più di qualche giorno per il viaggio, durante il quale l'assassina era costantemente pensierosa e persa nei suoi pensieri. Più di una volta Saarebas l'aveva sentita svegliarsi di soprassalto nella notte, mormorando a fil di labbra qualcosa riguardo sua madre e Julian, ma non capiva. Si ostinava a non volerle raccontarle quali erano i suoi incubi e la qunari la rispettava abbastanza da non andare a frugare nei suoi sogni accedendo all'Oblio.
Arnell era teso come una corda di violino, come se temesse di vedere un demone sbucar fuori dalle pareti da un momento all'altro. Nonostante potesse inizialmente dare l'impressione del solito orlesiano con la puzza sotto il naso, non mostrava così tanta baldanza in battaglia, ed aveva un'ottima mira con la balestra, perciò si dimostrava utile. La cosa più buffa però, era che soffriva il mal di mare. Saarebas non poteva far nulla per lui, non sapeva nulla si magia guaritrice, ma Dahlia che era pratica di erboristeria gli preparò un decotto che affievolisse i sintomi. Per tutto il viaggio per mantenne un colorito pallido che tendeva spaventosamente verso il verdino.
Quando i marinai  abbassarono la passerella per il porto, Arnell quasi si precipitò a terra, con la balestra ed il quadrello che sbatacchiavano rumorosamente sulla sua schiena. Dahlia rise apertamente alla scena, mentre Saarebas si limitò a scuotere il capo con qualcosa di molto simile ad un mezzo sorriso sulle labbra.
Il porto di Highever era ghermito di gente di ogni nazionalità con tanti accenti diversi, per lo più mercanti. Nell'aria l'odore di spezie sembrava renderla quasi colorata, non fosse stato che quello pungente di pesce e del sudore dei marinai ingrigiva un po' il fascino del primo. Più di qualcuno si voltava a guardare l'imponente figura della qunari, non celando espressioni e bisbigli di stupore od anche di disgusto, la sua razza non era comunque ben vista, sopratutto dopo l'attacco nei Liberi Confini. 
Alla maga sguardi e giudizi sembravano scivolarle addosso come acqua, Dahlia non sembrava contenta ma non prestava oro molta attenzione, mentre Arnell talvolta si voltava per ricambiare gli sguardi pungenti. «Che ammasso di ignoranti!» esclamò mentre si inoltravano nella zona del mercato, incrociando le braccia davanti al petto.
«Visto che ci siamo, facciamo un po' di rifornimento.» disse l'assassina, muovendosi con agilità per schivare le persone senza toccarle nemmeno. Si muoveva con la sinuosità serpente ma con la grazia di un felino. Saarebas fu certa di aver visto Arnell arrossire sotto quella folta barba scura  all'ancheggiare dell'assassina. Non fu certo l'unico a voltare il capo verso quella donna dai lunghi capelli castano rossicci e gli occhi acquamarina e più di qualche marito ricevette una sonora pacca dalla moglie.
Mentre si dirigevano verso i banchi contenenti le varie cibarie, Saarebas bloccò di colpo i propri passi. L'assassina ed il balestriere se ne accorsero dopo alcuni istanti, votandosi per controllare dove fosse finita.
Si era soffermata ad uno dei banchi che vendeva ad ogni tipo di arma, dalle più tradizionali alle più esotiche e stravaganti. Dahlia riconobbe degli scudi di fattura qunari, così come quelle strane spade la cui lama sembrava terminare a forma di mano. Ma Saarebas non si era soffermata su quei simboli così evidenti della sua cultura, osservava invece qualcosa di più piccolo, qualcosa che l'assassina non riuscì ad identificare finché non si avvicinò al banco con il balestriere.
La maga stava guardando una serie di cinque barattolini di medie dimensioni, davanti ai quali era posto un piccolo cartello con scritto “Vitaar”. La Corvo si accigliò così come il balestriere, non capendo cosa vi fosse di così affascinante.
«Buon giorno!» esclamò il mercante responsabile del banco, vedendoli ad osservare la sua merce. Si soffermò un paio di secondi in più sulla figura della maga, ma senza cambiare espressione o modi. Era un uomo corpulento dalla pelle scura e lunghi capelli neri raccolti in un alta coda di cavallo. Si sfregò le mani, guardando a sua volta gli oggetti che avevano affascinato la qunari. «Vedo che avete buon gusto! Ad un esponente della vostra razza possono sempre servire eh?»
«Cos'è?» chiese Arnell inarcando le sopracciglia con fare piuttosto dubbioso. Saarebas prese in mano uno dei barattoli, posando la mano sul tappo. Lanciò uno sguardo al mercante, il quale le fece un cenno d'assenso col capo, segno che poteva aprirlo. La maga lo fece, e mostrò ai due un liquido color blu cobalto particolarmente denso. «Questa è una delle nostre sostanze.» spiegò ai due richiudendo il barattolo «Se usato e combinato nel modo giusto può rendere la nostra pelle dura come l'acciaio ed avere effetti diversi asseconda del disegno e dei colori usati.» Arnell si grattò la folta barba, mentre l'assassina guardava gli altri quattro barattoli chiedendosi che colori contenessero. «Non ne avevo mai sentito parlare.» disse prendendo uno degli altri barattoli rigirandoselo fra le mani, ma senza aprirlo. «Perchè non si usa anche da noi se ha questi effetti?»
«Perchè è tossico.» Dahlia mise giù il barattolo, mentre di riflesso Arnell fece un passo indietro «Tossico?!»
«Beh, potenzialmente tossico. Alcuni non-qunari non hanno avuto effetti collaterali mortali, pochi ma ci sono!» intervenne il mercante, sentendosi lasciato in disparte per troppo tempo. «Resta sicuro solo per i qunari» lo riprese la maga, mettendo mano al proprio borsellino. «Quanto vuole?» gli domandò passando al lato pratico.
Al mercante sembrò illuminarsi lo sguardo, mentre passava alla parte che preferiva nel suo mestiere. La vendita.
«Beh, sono prodotti davvero rari da trovare così, tutti intatti e nei baratoli originali! E poi...»
«Quanto vuole?» ripetè seccamente la maga, poco avvezza a farsi spiegare da un mercante cose che capiva a malapena. Questi si schiarì la voce, offeso per l'interruzione. «Una sovrana a barattolo, cinque sovrane.»  la maga aprì il proprio borsellino per controllare, ma non aveva abbastanza soldi per poterseli permettere. Le sfuggì un sospiro, mentre scuoteva il capo «Non importa.» disse votandosi per allontanarsi.
«Eh no, un momento!» esclamò Dahlia, ponendole una mano sul braccio per fermarla. «Cinque sovrane sono un furto!» il mercante rise, allargando le braccia «Per niente mia cara. Come dicevo prima, questi sono prodotti davvero molto rari e...»
«Ed inutili.» concluse l'assassina con un alzata di spalle. Il mercante divenne paonazzo per l'offesa arrecata alla sua merce «Inutili!? Signorina, i miei prodotti sono tutti in ottime condizioni e di grande utilità!» Dahlia incrociò le braccia sotto al seno, sollevò gli occhi verso il cielo facendo un verso di scherno. «Sono inutili! Anche lei lo ha detto, sono tossici. Quale idiota comprerebbe un prodotto mortale?»
«Potenzialmente mortale!» ripetè lui assottigliando i piccoli occhi scuri. «E poi, potrebbero sempre venir comprati da alcuni collezionisti! Gente affascinata da queste strambe teste di bue!» si pentì delle sue parole come uscirono dalle sue labbra. Il volto da paonazzo divenne esangue, mentre guardava la qunari, temendo che gli si potesse rivoltare contro. Ma la maga non si mosse, al contrario di Arnell che si fece avanti guardandolo palesemente male «Sottises! Zotico!» esclamò con tono a dir poco seccato, ma prima che il mercante potesse ribattere verso di lui, Dahlia continuò ad incalzare. «Fatto sta che questa non è certo zona per collezionisti. Non le sembra? Ora come ora i suoi prodotti sono inutili, ed ad un prezzo a dir poco esorbitante le occuperanno solo spazio.» il mercante riprese colore, scuotendo vigorosamente il capo come per riprendersi «Solo la mia amica qui è in grado di utilizzarli come si deve, sapendo quello che fa. Perciò ecco la mia proposta.» infilò la mano nel proprio borsello, estraendone delle monete che poi mostrò al mercante «Una sovrana e cinquanta pezzi d'argento.»
«Ma è oltraggioso!» Dahlia gli sorrise, quel suo sorriso affascinante, che accostato allo sbattere delle sue lunghe ciglia scure dava l'impressione che fosse un amorevole colomba, non certo un Corvo. «Scegli, od una sovrana, o torni a casa con le tasche e la pancia vuota.» il mercante rimase inebetito dal tono vellutato della sua voce e dai brillanti occhi acquamarina «M-ma avevate detto una sovrana e cinquanta...»
«Più continui a farci perdere tempo, più il prezzo cala. Devo farlo scendere ancora?» domandò rigirandogli davanti al naso la sovrana luccicante. Il mercante tentennò qualche istante, boccheggiando come un pesce fuor d'acqua «Oh per le palle del Creatore! E va bene! Prendetevi questi maledetti intrugli e levatevi dalla mia vista!»
Mentre si allontanavano dal banco d'armi, Saarebas stringeva il borsello con dentro il Vitaar come fosse un piccolo tesoro, continuando a guardarlo senza appenderselo in vita. «Non dovevi...» disse verso l'assassina guardandola di sottecchi «Non ti posso ripagare.» l'assassina scosse il capo «Non preoccuparti. E poi, ti sarà utile nei combattimenti non è così?» la qunari la guardò qualche istante, per poi metter via il regalo. Dahlia le aveva salvato la vita, impedendole di finire i suoi giorni in una lurida cella a soffrire per il divertimento di terzi. Era sempre stata gentile con lei, anche quando non le aveva dato motivo di farlo, ed era stata paziente con i suoi colpi di testa. «Grazie...kadan.» le disse, per poi fare qualche passo avanti, superando i due che la guardarono basiti.

«Dì un po', perchè l'hai difesa con tanto fervore?» chiese l'assassina al balestriere, mentre camminavano lungo la strada che li avrebbe portati al villaggio più vicino, dove avrebbero preso una carrozza. «Beh, siamo compagni di viaggio no?» rispose lui arricciando il naso «Vuoi dire che se insultassero anche me mi difenderesti?» gli domandò sbattendo le lunghe ciglia, stuzzicandolo. Arnell scosse vigorosamente il capo, sbuffando «Tu puoi benissimo difenderti da sola, assassina!»
«Perchè secondo te lei è un fiorellino delicato? Dovresti averla vista in azione alla Necropoli, è tutto fuorchè indifesa.» l'orlesiano sospirò «Io...non sopporto il razzismo.» Dahlia si accigliò «E così sei un nobile difensore dei popoli...» usò un tono di scherno, giocherellando con i lacci del proprio corpetto blu ricamato a fiori. «Fatti gli affari tuoi assassina.» sibilò in sua direzione, prima di accelerare il passo in modo da porsi al fianco destro della qunari, territorio neutrale per i loro litigi.
Dahlia sollevò ambedue le braccia al cielo reclinando il capo all'indietro con fare esasperato. Voleva solo fare una civile conversazione, ma ogni cosa che diceva al balestriere sembrava pungerlo sul vivo e solo perchè  era uscito dalle sue labbra.
«Credi veramente che il nano chiacchierone ci potrà aiutare?» domandò la qunari quando lo vide sopraggiungere al suo fianco, raggiunto poco dopo dall'assassina che si mise però alla sua sinistra, lasciandola nel mezzo. «Lui era presente nella maggior parte degli eventi peggiori. So che ha notizie praticamente di ogni cosa, senza contare che sta ancora con l'Inquisizione. Quindi può avere piste più fresche.» Saarebas non sembrava particolarmente convinta, ma che scelta avevano?
La carrozza li portò sino al Passo di Gherlen, superando le imponenti porte di Orzammar, verso il gelo sempre più rigido. Tutti loro erano stati costretti ad indossare pesanti pellicce, anche se quello che soffriva di più il freddo era apparentemente il balestriere. Non faceva che tremare e lamentarsi del clima, della neve che ricopriva ogni cosa e che spesso ricadeva sulle loro teste. Dahlia sembrava sempre a suo agio, mentre Saarebas si limitava a starsene zitta, riscaldandosi evocando piccole fiammelle fra le mani. «Andrà meglio quando giungerete alla fortezza.» disse loro svariate volte il cocchiere, un uomo di una certa età con folti baffi grigi che nascondevano il labbro superiore e nemmeno l'ombra di un capello in testa. Diede loro una borraccia contenente del forte whisky, per aiutarli a riscaldarsi. «Allora...» iniziò Arnell con voce già allegra dopo pochi sorsi, apparentemente non reggeva bene gli alcolici. «Che cosa intendete fare una volta che avremo preso la testa di Pretus?»
«Quando io avrò preso la testa di Pretus vorrai dire.» lo rimbeccò l'assassina «Devo portare la prova della sua morte al mio ritorno. Me lo sono fatto già scappare troppe volte.» gli prese la borraccia di mano, portandosela a sua volta alle labbra «Basta che muoia.» commentò la qunari con un indifferente alzata di spalle. «Quando sarà morto allora.» si corresse l'orlesiano sbuffando, per poi sorridere «Io berrò sino a consumare tutte le cantine di Orlais! Festeggerò per mesi la morte di quel bastardo!» Dahlia ingurgitò l'alcolico, sentendolo bruciare mentre scendeva lungo la sua gola. «Troverò un modo per aiutare Julian, e mi farò dare il mio compenso. Non so ancora cosa ci farò...spero non mi rispediscano subito in missione!» puntò gli occhi su Saarebas infine «E tu? Che farai?» le passò la borraccia, che la qunari si rigirò fra le mani con sguardo dubbioso «Tornerò a casa.» era un desiderio semplice, lo espresse con tono di voce così lieve che parve averlo sussurrato, quasi temesse che dirlo ad alta voce lo rendesse irrealizzabile. Arnell si sedette più composto, sporgendosi appena in avanti «Che farai una volta tornata? Manchi da molto.» la qunari gli rese la borraccia,dalla quale l'uomo bevve avidamente. 
«Morirò»
Arnell sputò il liquido che aveva in bocca, facendolo volare oltre il bordo della carrozza «Ehi! Quella è roba buona!» si lamentò il cocchiere notando il gesto, mentre il balestriere tossiva convulsamente pulendosi il volto con il dorso della mano la barba fradicia. Dahlia sbarrò gli occhi a sua vota, guardandola incredula. Lei ed Arnell si lanciarono uno sguardo, dovevano aver sentito male. «Stai scherzando?» disse infatti la Corvo, tornando a guardarla «Asit tal-eb. Così deve essere.» le rispose sempre con voce placida e tranquilla. «Non ha senso!» esclamò Arnell allargando le braccia di colpo «Riesci a dartela a gambe dalla schiavitù per poi andare a morire! Perchè!?» Saarebas si passò una mano sul volto, scuotendo il capo sospirando con fare esasperato. «Sono stata separata dal mio Kartaam, da Arvaarad. Potrei essere corrotta e non saperlo. Il Qun esige che io faccia ritorno e muoia per la sicurezza degli altri. Non voglio mettere in pericolo nessuno.» Arnell fece per aprir nuovamente bocca, ma venne interrotto dall'assassina «Pensi che un demone stia cercando di possederti?» le domandò mentre sfiorava istintivamente l'elsa del pugnale in silverite. Non aveva mai affrontato un abominio, ma i racconti che aveva sentito al riguardo erano agghiaccianti. Saarebas si limitò a fare un cenno di diniego col capo «Non capireste mai.» disse loro, per poi calarsi l'ampio cappuccio sul volto e raggomitolarsi in un angolo della carrozza.
Arnell aveva un espressione sconvolta, cercò di parlare ancora ma l'assassina lo zittì posandogli una mano sulla spalla. Si guardarono e la donna si limitò a scuotere il capo per dissuaderlo. Lo sguardo astioso che le lanciò il balestriere sembrò bruciarle la pelle. Si scostò con un gesto secco dalla sua presa, voltando il capo dall'altra parte osservando le montagne che sfilavano attorno a loro.
Dahlia guardò la qunari preoccupata. La sua era una razza forte ed orgogliosa, ma sopratutto testarda. Erano stati indottrinati al Qun in modo disumano, tanto da non temere di morire per quest'ultimo. Ma non era tanto la sua volontà di vivere secondo il Qun ad averla colpita, quanto la sua ultima frase.
“Non voglio mettere in pericolo nessuno.”

Una volta scesi dalla carrozza, dovettero proseguire a piedi. La neve ed il freddo in quella zona erano più clementi, la neve più compatta impediva di affondarvi all'interno, se si sapeva come muoversi. Dahlia, col suo passo leggero, lasciava appena le impronte muovendosi con la sicurezza di una volpe delle nevi. Arnell era ridicolmente goffo, spesso e volentieri affondava nella neve sino al ginocchio, più di una volta era inciampato finendo steso faccia a terra. Saarebas anche affondava più facilmente, non per goffaggine, ma per via del suo peso e la sua mole senza però mai cadere. Dopo un giorno e mezzo di cammino, finalmente dinanzi a loro si stagliò l'imponente figura della fortezza dell'Inquisizione. Skyhold.
«Impressionante...» mormorò Arnell con occhi pieni di meraviglia, soffermandosi sui vessilli col simbolo dell'Inquisizione che garrivano fieri al vento. Fece un altro passo avanti, rischiando di cadere nuovamente, ma la qunari lo trattenne per il braccio, salvandolo all'ultimo.
Giunsero sino alla torre che custodiva il passaggio per il lungo ponte in pietra che pareva scavato nella roccia stessa delle montagne. Le guardie si fecero avanti, bloccando il loro passaggio «Fermi! Chi siete?» domandarono loro con tono austero. L'assassina si fece avanti, decisamente la più indicata come portavoce. «Siamo qui per parlare con Varric Tethras.»
«Avete comunicato il vostro arrivo?» Dahlia alzò le spalle, scuotendo il capo con fare costernato «Non ne abbiamo avuto il tempo. Non sa che siamo qui per lui.» le venne poi in mente l'elfo dalla pelle scura, Fenris, che fosse arrivato prima di loro? «Abbiamo incontrato un certo elfo, Fenris. Dovrebbe avervi consegnato un prigioniero.» le due guardie si scambiarono uno sguardo «Il cacciatore di schiavisti...» mormorò uno dei due, per poi tornare a guardarli. Li studiarono qualche secondo, mentre Dahlia sfoderava il suo sorriso più affascinante. «Dovrete consegnare le vostre armi.» sentenziarono infine, tornando sull'attenti «So che l'elfo aveva menzionato una donna dai capelli rossi ed una qunari, ma non possiamo essere certi delle vostre intenzioni.» Saarebas incrociò le braccia sotto al seno, guardando gli altri due. Lei stessa era un arma, perciò non aveva nulla da consegnare. Arnell invece sfiorò la propria balestra con non poca preoccupazione, mentre l'assassina posò la mano sul pugnale di lazurite con affetto.
Sospirò, per poi sfilarsi le lame gemelle e consegnarle alle guardie. Se era l'unica pista percorribile, non potevano permettersi di perderla. Oltretutto, sfidare l'Inquisizione era davvero un idea stupida. Certo, non consegnò proprio tutte le armi, anche perchè le guardie li perquisirono solo sommariamente. Il balestriere si separò dalle sue armi di malavoglia, seguendo poi le guardie assieme alle compagne di avventura. Le guardò preoccupato, bisbigliando verso di loro «Sicure sia la scelta giusta? Disarmati?»
«Io non sono mai disarmata.» gli bisbigliò Saarebas in risposta.
Nel cortile della fortezza vi era un gran via vai. Soldati che si allenavano, agenti che facevano avanti ed indietro dall'armeria o semplicemente chiacchieravano fra di loro in pausa fra una missione e l'altra.
Dahlia sapeva che col compimento di questa missione avrebbero potuto trovare degli amici nell'Inquisizione, ma non si aspettava di dover andare proprio nel suo cuore pulsante per reperire informazioni.
Invece di portarli all'interno della fortezza, le guardie li portarono in un edificio in legno situata a parte, la taverna, già gremita di gente nonostante fosse solo pomeriggio.
«Mastro Tethras? Questi tre cercano di voi.» chiese ad alta voce una delle due guardie ad un tavolo gremito di gente. La maggior parte si fecero da parte, rivelando una figura china sopra a delle carte da gioco e dei soldi messi ordinatamente in colonna.
Questi alzò le spalle, schiudendo le labbra in un sorriso sornione «Vi unite alla partita signori?» 
Quella che parve più colpita dalla presenza del nano, fu Saarebas. Lo aveva intravisto a Kirkwall solo di sfuggita e malamente attraverso i piccoli fori della maschera, perciò l'immagine che aveva di lui era confusa e sfocata.
L'unico altro nano che ricordava chiaramente era Javaris, quell'idiota che aveva cercato di comprare dall'Arishock la Gaatlock. Oltre a lui ne aveva visti davvero pochi e Varric era l'unico senza la barba. Una caratteristica che spesso distingueva quelli della sua razza per il modo elaborato in cui la portavano. Rimase a fissarlo in silenzio, mentre Arnell si faceva avanti per parlare.
«Che onore incontrarla mastro Tethras!» esclamò sorridendo «Leggo quasi tutto ciò che scrive, il suo stile è davvero fantastico!» il nano rise, facendo loro cenno di sedersi. «Ridategli le armi, so chi sono» disse verso le guardie, che eseguirono per poi congedarsi.
L'orlesiano strinse le sue armi con affetto, sentendosi più sicuro, per poi tornare con lo sguardo sul nano. Dahlia invece si accigliò mentre le risistemava «Ci conosce?» Varric ridacchiò, iniziando a distribuire loro le carte di Grazia Malevola senza aver chiesto nulla. «Fenris mi ha parlato di voi, prima di ripartire.» iniziò a dire con tranquillità, ma facendo saettare gli occhi su ognuno di loro con sguardo sveglio ed attento «Cercate quel farabutto di Pretus...ne ha combinate di tutti i colori.»
«Ci chiedevamo se lei potesse aiutarci.» Varric rise sonoramente «Cosa vi fa pensare che possa aiutarvi? Ho forse la faccia di un Venatore?» Arnell scosse il capo convulsamente, temendo di averlo offeso, mentre il nano iniziava tranquillamente a giocare seguito subito dopo dall'assassina. Saarebas guardava le carte senza capirne il vero utilizzo, rigirandosele in mano e scoprendole pure. Il nano infatti si allungò sul tavolo per rigirarle verso di lei, sfiorando con la piccola e robusta mano quella molto più grande e rovinata della sua «Mai scoprire le proprie carte.» le consigliò facendole un occhiolino complice.
Dahlia si accigliò guardando la maga abbassare lo sguardo su quel breve contatto, per poi tornare sul volto del nano. Per un istante, l'assassina avrebbe giurato sul cuore di Andraste che le gote della maga si erano fatte più colorite. «Mastro Tethras...»
«Varric andrà benissimo.» rispose al balestriere «Va bene, Varric. Io ho pensato a te perchè sei stato presente nella maggior parte degli ultimi eventi catastrofici. Hai aiutato sia Hawke che l'Inquisitore, ed ora fai parte dell'Inquisizione. Dovrai pur avere qualche indizio per noi. Per favore.» Arnell strinse tanto i pugni da far sbiancare le nocche, digrignando i denti. «Quel figlio di puttana ha massacrato la mia famiglia. Ha usato mia madre per uno dei suoi sporchi rituali...Sono anni che cerco di vendicarmi, ed ora che sono così vicino...non posso permettermi di lasciarmelo sfuggire ancora!» la rabbia che emanavano le sue parole lo facevano sembrare diverso dall'orlesiano timoroso ed insicuro che si dimostrava esser la maggior parte del tempo. 
Lo scrittore lo ascoltò in silenzio, grattandosi distrattamente il mento sul quale cresceva un po' di barba incolta «Molti hanno trovato la loro fine in guerra. E voi due? Che mi dite?» Dahlia prese un respiro profondo. Che Fenris che avesse detto che lei faceva parte dei Corvi? Non era certa che un membro dell'Inquisizione avrebbe aiutato apertamente un membro della più famosa gilda d'assassini del Thedas. «Ha torturato ed ucciso un mio caro amico.» disse quindi con un fil di voce, ripensando all'elfo taciturno «Poi ha preso qualcuno a cui...tenevo molto. E gli ha contorto la mente sino a fargli dimenticare di me, a rivoltarmelo contro. Pretus dovrà prima guarirlo, poi dovrà pagare.» d'altronde, non era una bugia totale, aveva solo omesso parte della verità. Saarebas si limitò a posare le carte, per poi sollevare ambedue i polsi mostrando le cicatrici da abrasione dovute ai ceppi di detenzione, per poi indicare quelle sottili sul suo volto. Non c'era bisogno di parole per quelle. Varric emise un basso e prolungato fischio, posando le carte a sua volta. «Non si è fatto nemici barando a carte...» commentò con voce ferma e sarcastica al contempo. Si alzò dal suo posto, facendo stridere le gambe della sedia contro le assi del pavimento. «Seguitemi.»
Li portò fuori dalla locanda, per poi farli scendere lungo le scale che li portarono sotto terra, nelle segrete della fortezza. Là sotto vi era un forte odore di muffa ed umido che per un istante fece girare la testa alla qunari. Ma non vi era il metallico odore di sangue, nè quello nauseabondo di infezioni e cancrena. Si sentiva solo l'eco dei loro passi, nessun tipo di urli strazianti ed agonizzanti.
Le celle erano per la maggior parte vuote, ma solo dinanzi ad una vi erano appostate due guardie armate. E dentro ad essa, il Magister
Livius Erimond. 
L'uomo era tenuto in buone condizioni, alle mani pesanti manette che gli impedivano di lanciare anche l'incantesimo più semplice. Varric fece cenno alle guardie di allontanarsi, per poi porsi con i tre davanti la cella. Il Magister alzò il capo, facendo loro un espressione disgustata non appena li vide. «I guastafeste della Grande Necropoli e lo sgherro dell'Inquisitore...» voltò il capo, sputando a terra con disprezzo «La volontà dell'Antico vi travolgerà con la sua potenza!» il nano ridacchiò sommessamente, alzando appena le spalle «Vedi? Per questo finisci sempre nei guai. L'inquisitore non sarà affatto felice di rivederti qui al suo ritorno, non dopo l'opportunità che ti aveva concesso. Sarà anche la prescelta di Andraste, ma non ha la sua pazienza.» Livius si alzò di scatto, andando quasi a sbattere contro le sbarre della cella, facendo sobbalzare Arnell «Quella puttana non è mai stata la prescelta della tua falsa dea! Lo sai bene, pulce!» Saarebas si fece avanti a sua volta, guardandolo torva «L'ultima volta siamo stati interrotti.» infilò la mano destra fra le sbarre. Prese il Magister per il collo, stringendo la presa sino a togliergli il fiato. «Dov'è Pretus?!» Fenris le aveva ben spiegato che lui oramai non era che un pezzo insignificante del puzzle, ma doveva avere anche il più piccolo indizio, qualcosa dal quale partire. «Mettilo giù!» esclamò Varric facendosi avanti «Solo l'Inquisitore potrà decidere che farne di lui!» Saarebas sembrò non ascoltarlo, strinse invece più forte. Livius si agitava come un verme trafitto dall'amo, il suo volto che diventava sempre più paonazzo. Per un attimo non sentì le proteste di Varric, ne la mano di Dahlia sul suo braccio o le lamentele in lingua orlesiana del balestriere. Quando i movimenti dell'uomo iniziarono ad indebolirsi, la maga lo attrasse verso le barre con un gesto brusco, facendogli sbattere il naso contro l'acciaio, per poi lasciando andare. Il Magister si accasciò a terra, tossendo convulsamente nel tentativo di riprendere fiato. Si toccò il volto, e si accorse del sangue che scendeva dal naso, rotto per via dell'impatto. Alzò i piccoli occhi scuri pieni di astio, puntandoli in quelli della qunari «Tu kaffas!1 Tenete quella vacca lontana da me!» urlò con voce tanto acuta che rasentava l'isteria, mentre tornava a rimettersi seduto strisciando via dalle sbarre. Saarebas diede loro le spalle, allontanandosi verso le scale. Gli altri la guardarono basiti, mentre veniva inghiottita dalle ombre.
«Mi scuso per Saarebas.» disse dopo qualche istante la Corvo allo scrittore «Lei è...impulsiva.» Varric si passò una mano sulla nuca, scuotendo il capo «Qunari...» brontolò a mezza voce «Forse per oggi può bastare.» ipotizzò l'assassina, ponendosi le mani sui fianchi. «Varric, avete la possibilità di ospitarci a Skyhold per questa notte?» il nano annuì, allontanandosi dalla cella «Abbiamo sempre un po' di posto qui, fermatevi quanto volete.»

La luce della luna non arrivava fino alle celle, così come quella del sole. Non vi erano finestre, nemmeno la più piccola. Solo la luce delle torce che mandavano riflessi rossastri ovunque. Ma il Magister sapeva che era notte, gli avevano già portato il secondo pasto, ed ora le guardie erano momentaneamente assenti per fare la ronda generale dei sotterranei. Si guardò le mani, ancora rossicce per il sangue che aveva dovuto asciugarsi dal volto. Quella stupida qunari gli aveva rotto il naso, ancora doleva, ma nessuno sarebbe sceso fin lì per guarirlo. Guardò le celle vuote avanti a sé, di nuovo. Non era certamente nei suoi piani farsi riportare a Skyhold. Che vergogna. Una volta era quasi il braccio destro dell'Antico, alla stregua di Calpernia, ed ora non era nessuno. Alla Grande Necropoli nessuno si era nemmeno sforzato di proteggerlo, mentre un tempo si sarebbero lanciati su di lui per far da scudo con i loro corpi. La sua vita era precipitata nel caos, e tutto solo perchè una sporca piccola elfa non era stata capace di farsi gli affari suoi.
«Buona sera.» Livius sobbalzò, alzando di scatto il capo. Davanti la porta della sua cella c'era una delle quattro figure che erano venute a trovarlo di pomeriggio. L'assassina sorrideva benevola, come fosse venuta a far visita ad un vecchio amico. «Che cosa vuoi?» sibilò il Magister assottigliando lo sguardo nell'osservarla. «Lo stesso che voleva la mia amica. Solo in modo meno plateale. Vedi...» si scostò la mantellina nera, indicando una delle due cinture incrociate che portava in vita. In una teneva i pugnali, mentre nell'altra vi era una fila ordinata di tante boccette con la stessa forma ma di contenuto diverso. «Ho sempre apprezzato l'alchimia.» iniziò a dire, sfiorando le boccette con delicatezza «Gli effetti che una determinata combinazione può avere rispetto ad un altra. Molti si limitano solo a curare o ad uccidere. Ma ci sono cose ben peggiori di una morte rapida...» infilò le dita in un piccolo scomparto posto dietro alla cintura delle pozioni, dal quale estrasse una sottile arma poco più lunga del palmo della sua mano. Era un lungo ed appuntito ago, la cui impugnatura appiattita presentava raffinati bassorilievi rappresentanti dei rovi. 
Il Magister la guardò con disprezzo «Non puoi uccidermi, ti faresti nemica l'Inquisizione.» Dahlia sorrise, scuotendo il capo «Sai quanti insetti e ragni velenosi ci sono in giro? Solo una piccola puntura...ed il mondo si libererebbe della spazzatura senza scomodare nessuno.» tolse il tappo da una delle boccette, essa conteneva un liquido ambrato con riflessi scuri che non promettevano nulla di buono. Vi intinse la punta dell'ago, girandola delicatamente nel liquido per potervelo impregnare. «Vedi Livius, io so benissimo che non sei nessuno. Perciò certamente non saprai nulla di Pretus. Ma facevi pur sempre parte dei Venatori...» estrasse l'ago dalla boccetta, richiudendola, ammirando poi la punta cosparsa dalle minacciose goccioline. «...in quali altri posti vi incontrate?» domandò semplicemente, tornando a sorridergli. Il Magister indietreggiò, sino ad arrivare al fondo della cella «Minacciami quanto vuoi! Non puoi fare nulla finché sono qui dentro!» l'assassina infilò la sinistra sotto al mantello e, senza smettere di sorridere, estrasse un pesante mazzo di chiavi. «Ah, ma è qui che ti sbagli!» l'uomo sbiancò iniziando ad agitarsi, preso in trappola «Non puoi cavartela così! Guardie! GUARDIE!» il suo urlo rimbalzò sulle pareti rimandandogli l'eco della sua stessa voce.
L'assassina inserì la chiave nella toppa «Urla quanto ti pare. Nel loro vino c'era un sonnifero che li terrà belli addormentati fino all'alba. Quando sarà tardi per te.» girò la chiave nella serratura, entrando nella cella mentre l'uomo le lanciava contro maledizioni e definizioni non esattamente lusinghiere.
Con un gesto fulmineo e preciso, la donna lanciò l'ago che si conficcò nella spalla destra dell'uomo. Il Magister urlò, più per paura che per dolore. Si levò l'ago, lanciandolo via da se come se potesse lanciar via anche la sostanza ora in circolo nel suo corpo. «Bastarda! Che cosa mi hai fato!?»
«Se ti agiti il veleno agirà prima, ed hai comunque solo pochi minuti a disposizione prima di morire.» raccolse l'ago, pulendolo distrattamente sul bordo della propria mantella nera «Ho l'antidoto, ma dovrai guadagnartelo.» Livius sembrava combattuto. Non voleva morire così, ma non poteva nemmeno tradire ancora una volta i Venatori e sperare di passarla liscia nuovamente. In qualunque caso, rischiava la vita anche con il giudizio dell'Inquisitore. 
Dahlia batteva l'ago sulle sbarre della cella a ritmo regolare «Tic, tac, tic, tac...» accompagnava ogni colpo scandendo i secondi, facendo salir ancor più l'ansia nell'uomo. «Sai, in realtà non ho ancora usato questo veleno. Ma dicono sia raccapricciante a vedersi.» disse con noncuranza, tornando a guardarlo negli occhi. I suoi splendidi occhi acquamarina erano gelidi, lo sguardo fermo e le labbra incurvate in un sorriso agghiacciante. «Prima inizierai a contorcerti per i dolori, gli spasmi saranno così forti che non controllerai più il tuo corpo. Sentirai il tuo stesso sangue iniziare a bollire nelle tue vene, prima di vederlo fuoriuscire dai tuoi orifizi.» si accucciò davanti l'uomo, sventolandogli l'ago sotto al naso «Vale la pena di morire così per qualcuno che ti ha abbandonato?»
Livius iniziò a respirare affannosamente, il cuore che batteva a mille mentre tante piccole gocce di sudore imperlavano la sua fronte. «Dammi l'antidoto!» disse in un rantolo «Le informazioni prima, l'antidoto dopo! Sbrigati Magister, non ti rimane molto tempo, ed a quel punto non potrò più aiutarti.»
«Le Paludi di Nahashin!» esclamò portandosi le mani al petto, sentiva il cuore scoppiare. «Le paludi! C'è un antico tempio nascosto fra le paludi eretto a Urthemiel!» l'assassina si accigliò «Le Paludi di Nahashin sono ad Orlais. Non può esserci un tempio di un antico dio.»
«Dimentichi quanto vasto fosse un tempo l'Impero! Ed ora dammi la cura! Sbrigati!» l'assassina si alzò, riponendo l'ago al suo posto. «Grazie.» si voltò uscendo dalla cella, facendolo scattare malamente in piedi, barcollava precariamente. Si accasciò sulle sbarre mentre l'assassina richiudeva la cella «L'antidoto! Dammi l'antidoto non voglio morire!» le urlò contro scuotendo le sbarre, gli occhi dilatati dal terrore. La donna sorrise «Antidoto? Per un emetico?» gli fece la linguaccia, allontanandosi. L'uomo la guardò prima con confusione, poi con ira pura nello sguardo «Brutta putt...» non fece in tempo a terminare la frase. Sentì un insopportabile fitta al ventre, e fu costretto a piegarsi in due mentre riversava a terra il contenuto del suo stomaco.
Dahlia risalì le scale fischiettando allegramente, per poi aprire la porta che la riportò nel cortile. L'aria serale scosse i suoi capelli, permettendole di respirare un odore migliore rispetto a quello di muffa delle celle.
«Com'è andata?» abbassò lo sguardo, e vide la figura del nano appoggiata al muro mentre l'aspettava. La donna gli restituì le chiavi delle celle «Molto bene. Solo che qualcuno dovrà andare a pulire, ha vomitato. Ti ringrazio Varric, sei stato molto gentile.»
Il nano alzò le spalle, discostandosi dal muro con un colpo di reni «Quell'idiota non piace neanche a me. Ora torniamo dai tuoi amici.»
La taverna era calda ed accogliente, l'odore di alcolici permeava l'aria mentre i vari soldati si concedevano il meritato riposo, parlando fra di loro e confrontando le loro esperienze. Arnell aveva subito fatto amicizia con un manipolo di arcieri e balestrieri, mettendosi a confrontarsi con loro sulle tecniche migliori da usare e dei trucchi per prendere meglio la mira.
Saarebas invece se ne stava in disparte, da una delle finestrelle continuava a fissare il punto dal quale era sparita l'assassina, attendendo il suo ritorno. Dopo quella che sembrava un eternità, la vide tornare con il nano chiacchierone. Le fece un cenno dalla finestra e l'assassina le indicò con una mano i bastioni. La maga si allontanò, afferrando Arnell per la collottola «Ehi, lasciami sto parlando!» si lamentò l'uomo facendo cadere il boccale di birra «Abbiamo cose più urgenti ora.» gli rispose trascinandolo fuori.
Sui bastioni l'aria era più fredda e fu decisamente utile per far schiarire le idee al balestriere orlesiano. «Allora?» domandò all'assassina, un po' seccato per esser stato trascinato via così malamente. 
«Abbiamo un nuovo obbiettivo. Dobbiamo andare ad Orlais, alle Paludi di Nahashin.» il balestriere non riuscì a reprimere un sorriso «Si torna a casa!» la maga si accigliò «Vivevi nella palude?»
«Non prendermi così alla lettera!» la rimbeccò con un gesto seccato. Varric si fece avanti, dando loro un vecchio diario rilegato in pelle, chiuso con un nastro blu scuro. «Cos'è?» chiese Dahlia, rigirandoselo fra le mani senza aprirlo. «Un diario. Era in una delle case degli agenti Venatori che abbiamo perlustrato. Noi abbiamo già tutto quello che ci serve e qui Pretus viene menzionato un paio di volte. Magari voi troverete qualcosa che vi tornerà utile.» Saarebas si avvicinò all'assassina, scrutando il diario con curiosità, era così semplice che sarebbe passato inosservato. «Grazie.» disse verso il nano, il quale ricambiò con un sorriso. «Ma, l'Inquisitore sarà d'accordo?» chiese Arnell timoroso, mordicchiandosi le pellicine delle unghie «Sono certo che se Levellan fosse qui, vi aiuterebbe. Ma ora è a Denerim, ha affari da sbrigare con re Alistair.» Nel sentir menzionare l'uomo, alla maga venne in mente il rapporto dello Sten che aveva viaggiato al fianco del Custode Grigio. Ne parlò bene, sopratutto perchè senza l'aiuto dell'Eroe del Ferelden, lui non avrebbe potuto far ritorno. L'aveva aiutato a ritrovare la sua spada, che equivaleva ad una parte del suo animo. Saarebas abbassò lo sguardo sulla maschera che portava in vita, per poi sfiorare il suo collare. Essi erano l'equivalente delle spade degli Sten. Senza essi, l'avrebbero ammazzata a vista senza nemmeno permetterle di aprir bocca.
«Grazie di tutto Varric Tethras, ci è stato di grande aiuto.»
«Vi auguro di farcela. Buona fortuna.»

Ci vollero quasi due settimane di viaggio per attraversare il Ferelden e quasi tutto il regno di Orlais. Viaggiare nel regno più pomposo del Thedas fu uno strazio. Arnell non faceva altro che decantare le lodi di ogni cosa incontrassero sul loro cammino. L'elaborata statua di Andraste al crocevia, i raffinati palazzi orlesiani, i fragranti profumi provenienti dai fornai, persino l'eleganza dei rami di un albero in particolare. Oltre alla sua continua parlantina orgogliosa, vi erano anche i vari abitanti che li squadravano da capo a piedi come se fossero ricoperti di fango. L'unica a salvarsi era Dhalia, che talvolta riceveva commenti inerenti alla sua bellezza...sebbene celata dalla sporcizia. Saarebas era stata tentata più di una volta di avvicinarsi ai cittadini per poterli incenerire.
Quando finalmente arrivarono al limitare delle paludi era circa metà mattina. La palude sembrava essere immersa in un mondo a sé stante. Avvolta da una fitta coltre di nebbia, permetteva di intravedere appena le forme contorte degli alberi spogli che si ergevano fra le sue acque putride come dita ossute. Non proveniva un singolo rumore da quel luogo spettrale, come se anche gli animali avessero deciso di evitarla sapientemente. 
«Dobbiamo riposare un po', prima di avventurarci lì dentro.» disse saggiamente Dahlia legandosi i capelli in una coda alta, lasciandosi cadere sul tronco di un albero abbattuto «Dobbiamo essere in piene forze.» il balestriere acconsentì, lasciandosi cadere a terra per poi estrarre la sua balestra e farvi un rapido controllo. Saarebas si unì a loro, sedendosi a gambe incrociate ed estraendo i barattoli contenenti il Vitaar.
Purtroppo, il diario del Venatore non sembrava contenere grandi informazioni, se non i nomi di alcuni loro importanti membri già catturati però dall'Inquisizione. Pretus veniva appena menzionato, era sfuggente persino nelle parole vergate sulla carta.
Eppure si riferiva spesso un grande piano, dicendo più volte che la sconfitta del suo padrone era stata solo temporanea. Purtroppo, non vi erano i dettagli. Facevano molta  attenzione a come conservare i loro segreti.
«Tieni.» disse Arnell alla maga, distogliendola dai propri pensieri. Le porse un pennello di medie dimensioni, dalla lunga asticella nera e con setole in pelo scuro di martora. «Così andrai meglio ad usarlo e ne sprecherai meno.» la maga lo ringraziò con un cenno del capo, per poi aprire il barattolo contenente il Vitaar nero e farsi prestare il piccolo specchio dell'assassina. 
Contornò i propri occhi di scuro, allungandoli verso l'esterno dando all'occhio più profondità ed una forma più allungata. Lo posò poi sul proprio labbro inferiore, disegnando una linea verticale lunga sino alla base del collo. Col rosso, disegnò sei piccoli puntini seguendo la linea scura inferiore dell'occhio, per poi disegnare al centro della propria fronte quattro piccoli rombi accostati fra di loro a formarne uno più grande. Sempre col rosso, tracciò due linee verticali affianco a quella nera sul mento, per poi colorarsi le intere labbra di rosso evitando però di coprire la linea scura. Posò infine il pennello, controllando che il Vitaar fosse fatto correttamente. 
I tre riposarono, e si rifocillarono in religioso silenzio, già percependo la tensione che incombeva su di loro.
Non erano certi di trovare qualcuno al tempio, ma certamente avrebbero potuto scoprire qualcosa di interessante sul loro obbiettivo e cosa stava combinando per attirare l'ira di qualcuno affinchè assumesse i Corvi di Antiva per ucciderlo.
«Che schifo, i miei poveri stivali!» brontolò Arnell mentre le sue gambe affondavano nell'acqua fangosa. Era più sicuro camminare lì in mezzo piuttosto che nei terreni poco stabili, dove si rischiava di incappare in sabbie mobili che non avrebbero dato loro scampo.
«Perchè non possono ritrovarsi in belle foreste od adorabili pianure? Eh no, Necropoli e paludi!»
«Piantala di lamentarti.» lo zittì la maga, continuando a procedere. Si guardavano attorno con circospezione, non volendo incappare in qualche strana creatura od ostacoli imprevisti.
«Eccoci!» esclamò l'assassina, indicando qualcosa di fronte a sé dopo quella che parve un eternità. La prima cosa che sbucò dalla nebbia furono due alte colonne di pietra, sulle quali si intrecciavano dei draghi con minacciose fauci spalancate. Il tempo e le intemperie avevano rovinato le sculture, ricoperte di crepe e con più di qualche pezzo mancante. Pareva riuscissero a rimanere in piedi solo grazie ai rami ed ai rampicanti che li avvolgevano saldamente. Sotto di loro vi erano alcuni mattoni, ciò che restava di quello che una volta doveva essere il sentiero lastricato che conduceva alle porte del tempio, ora una figura indistinta fra la nebbia.
Quando avanzarono e parte della coltre si dissipò, rimasero ad occhi sbarrati. 
Il tempio era sviluppato in verticale, affiancato da due alte torri, con innumerevoli guglie di svariate dimensioni che si protendevano verso il cielo. Erano finemente decorate con statue e bassorilievi, per lo più rappresentanti draghi e scene religiose. I blocchi di marmo bianco con la quale era costruita erano stati finemente lavorati. I dettagli erano fatti in oro splendente ed argento. Sulle vetrate legate a piombo era rappresentato il simbolo di Urthemiel in giallo oro, mentre lo sfondo era composto da diverse sfaccettature di colori più spenti per far risaltare il simbolo centrale. Sopra all'immensa porta vi era la statua più grande e suggestiva. Interamente fatto di marmo rosso, il drago con le immense ali spalancate sopra alla porta formava un protiro splendido. Si potevano vedere anche a quella distanza i dettagli delle scaglie, cesellate una ad una. Le fauci spalancate lasciavano intravedere una lingua guizzante e le zanne ricoperte da lucido smalto bianco. Sul fondo della gola era stata applicata polvere di rubini, in modo che ogni volta che il sole l'illuminasse sembrasse in procinto di sputare fiamme. Al posto degli occhi due grandi diamanti gialli incastonati nelle orbite di pietra, scolpite in modo da dargli uno sguardo terribile, ma bellissimo.
All'epoca della sua gloria doveva esser stata una costruzione che rasentava il leggendario. Ma il tempo e le intemperie erano stati inclementi. La costruzione ora si rivelava esser pericolosamente storta, probabilmente le fondamenta stavano cedendo, e la palude accoglieva lentamente la costruzione nell'abbraccio del fango. Del bianco marmo non rimaneva che un pallido ricordo, così come lo splendore dell'argento e dell'oro, la maggior parte delle vetrate in frantumi, una delle ante della porta pendeva inerme di lato. Svariate guglie si erano staccate, attorno al tempio vi erano le sue stesse macerie, che lo circondavano come i petali di una rosa che appassisce.
Il drago in marmo rosso sembrava ancor più minaccioso, avvolto dalla vegetazione paludosa e dalla rovina che lo circondava. Sembrava ancora intero, ma un ampia crepa percorreva la sua ala destra, segno che non vi sarebbe rimasta attaccata ancora a lungo.
Il suo sguardo sembrava giudicarli, intimandoli ad allontanarsi dal suo suolo sacro.
«È bellissimo.» mormorò Arnell rapito da quella visione «Doveva esserlo.» disse Dahlia, avanzando cautamente «Urthemiel era il drago dio della bellezza per gli antichi Tevinter. Non potevano costruire un tempio che sfigurasse.»
«Non sapevo te ne intendessi di antichi dei.» disse Saarebas rapita dallo sguardo della statua. D'altronde, anche la sua gente considerava quagli animali quasi come sacri. «Infatti, ma nel diario ho trovato diverse pagine dedicate a loro. Urthemiel è stato anche l'ultimo arcidemone comparso, sconfitto dall'Eroe del Ferelden.» 
Entrarono con grande attenzione, facendo attenzione a non scivolare nel fango che si era insinuato anche all'interno. I loro passi riecheggiavano nel luogo, mentre le statue dei draghi all'interno della navata principale sembravano seguirli con lo sguardo. «Inquietante...» disse il balestriere intimorito, reggendo la sua arma con ambedue le mani. «Forza, cerchiamo qualche indizio.» disse con praticità l'assassina, iniziando a perlustrare ogni centimetro del tempio assieme ai compagni, rifiutandosi categoricamente di dividersi. Non voleva che si ripetesse l'esperienza avuta alla Necropoli, ed i compagni erano d'accordo con lei.
Saarebas si sentiva incredibilmente a disagio. In quel luogo aleggiava ancora della magia, magia potente ed antica, sebbene incontrollata ed inattiva. Il velo era molto sottile, avrebbe dovuto fare attenzione se si fosse rivelato necessario lanciare degli incantesimi. Passò accanto ad una porta socchiusa, nella quale sbirciò all'interno. «Kadan, bas.» richiamò i due, attirando la loro attenzione per poi entrare. Aveva trovato la biblioteca del tempio, alti scaffali si ergevano sino al soffitto, ricolmi di libri e pergamene così antiche che rischiavano di tramutarsi in polvere fra le mani se fossero stati maneggiati indelicatamente.
«Potrei leggere per anni.» disse la Corvo, guardandosi attorno con ammirazione. Quanta storia e conoscenza erano racchiuse fra quegli scaffali? Saarebas si mise a sfogliare libri e pergamene con delicatezza, aiutata da Arnell, mentre Dahlia si aggirava fra la biblioteca in cerca di qualche scrigno o possibile passaggio segreto.
Dopo un paio d'ore, Arnell si accasciò contro un muro sbuffando con frustrazione. Purtroppo la maggior parte dei tomi erano illeggibili per loro, scritti in antico Tevene. «Ancora niente, solo anticaglia!» esclamò buttando in malo modo tomo che aveva in mano sul tavolo più vicino. La maga gli tirò uno scappellotto che lo fece sbilanciare in avanti, rischiando di farlo cadere per la sorpresa. «Ma che fai!?»
«Vedi di trattare questi tomi come si deve.» lo rimproverò, prendendo poi l'oggetto da lui lanciato e rimettendolo al suo posto sullo scaffale. «Robaccia del Tevinter!» ribattè lui, incrociando le braccia davanti al petto «No qulaba2. Storia e cultura.»
«Come mi hai chiamato!?»
«Zitti!» sibilò all'improvviso Dahlia raggiungendoli con passi veloci e leggeri. «Ho sentito qualcosa.» tutti e tre si ammutolirono, ascoltando l'ambiente circostante. Una manciata di secondi, ed il rumore di passi che riecheggiavano nel luogo si fece sentire.
Arnell sbiancò, mentre la maga si accostava alla porta che dava sulla navata centrale, subito seguita dall'assassina.
Saarebas socchiuse silenziosamente la porta, sbirciando con gli occhi color salvia l'ambiente. Entrarono circa una ventina, o forse più, di uomini con i tipici mantelli Venatori con i cappucci triangolati. Quasi tutti loro portavano la staffa a forma di lancia, ma altri erano armati anche con spade ed archi. Uno di loro si staccò dalla folla, procedendo sino all'altare ponendosi di fronte a loro.
«Quanti sono?» bisbigliò il balestriere alle sue spalle «Troppi.» rispose seccamente lei assottigliando lo sguardo.
La figura all'altare sbattè tre volte la staffa a terra, il rumore riecheggiò chiamando all'attenzione tutti i presenti che si voltarono a guardarlo.
«Manaveris Corypheus! Na via lerno victoria!3» disse a voce alta in Tevene, la voce distorta dall'eco mentre tutti ripeterono le sue parole in un tetro coro. L'uomo si portò la mano al cappuccio, abbassandoselo dal capo con un gesto fluido.
Saarebas si irrigidì, e strinse tanto forte il legno marcio dello stipite da creparlo. «Che succede? Che fanno?» le domandò Dahlia cercando di sporgersi per poter vedere a sua volta. Saarebas si voltò a guardarla, non aveva mai visto tanta ira nei suoi occhi limpidi, i tratti del volto induriti come quelli delle statue. «Il sacerdote all'altare...è Edman Pretus.» 
 
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Note dell'autrice:
Salve a tutti!
Anzitutto chiedo scusa per averci messo mille anni luce a pubblicare il mio capitolo.
Ma, sapete com'è, purtroppo a volte la "realtà" ci mette i bastoni fra le ruote! xD
Varric caro Varric! Spero di aver reso giustizia ad uno dei miei personaggi preferiti della saga.
A quanto pare nessuno è immune al suo fascino nanico! Sono davvero curiosa di vedere
cosa farà la mia collega ora che le ho passato la patata bollente! Muahahahahahah!
Spero vivamente che il capitolo vi sia piaciuto! Che lo sia o meno, che abbiate consigli o domande
ci auguriamo che recensiate i nostri capitoli per darci una mano!
Un abbraccio a tutti! *w*

 
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1 Stronza!
2 Un tipo di mucca, nota fra i Qunari, per via della sua stupidità.
3 Lunga vita a Corypheus! Solo i vivi conoscono la vittoria!

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Capitolo 6
*** Fratelli ***



Dahlia guardò il profilo del suo nemico numero uno: la folta zazzera grigia incorniciava il viso magro e sciupato del mago, ma gli occhi neri e malvagi scrutavano la folla davanti a sé con una vitalità particolare. Sembrava piuttosto eccitato per qualcosa e quel qualcosa preoccupava non poco l'assassina.
«Fratelli miei, questo è un gran giorno per il nostro Signore, l'unico vero dio!» esclamò il Venatori con voce profonda «questo è il giorno in cui il suo ritorno si fa sempre più vicino!»
Il gruppo di maghi davanti all'altare proruppe in mormorio compiaciuto, prima di formare un cerchio attorno a Pretus. Quest'ultimo appoggiò una coppa d'oro intarsiata sopra all'altare, quindi si tagliò il palmo della mano sinistra con un piccolo pugnale di metallo rosso, facendo gocciolare il sangue all'interno del contenitore. I Venatori cominciarono a dondolarsi a destra e a sinistra, mormorando una lenta litania, che faceva accapponare la pelle.
Dahlia, Saarebas e Arnell rimasero nascosti all'ombra, cercando di trattenere il respiro per fare meno rumore possibile; il loro sforzo fu vano, poiché di punto in bianco Pretus urlò «ci sono degli intrusi!».
Il mormorio dei Venatori cessò, sostituito da grida rabbiose, che anticiparono la frenetica ricerca di coloro che avevano osato interrompere il loro rituale.
«Correte!» urlò la Corvo, senza perdere un minuto. I tre si precipitarono dentro la biblioteca, sperando in una via d'uscita, ma ben presto si resero conto di aver commesso un grave errore: in tutta la stanza non c'erano altre porte, se non quella dalla quale erano entrati, e le finestre erano poste troppo in alto persino per Saarebas. I Venatori non tardarono ad accerchiarli, intrappolandoli in una gabbia fatta di elettricità.
«Bene, bene, bene» disse la voce cavernosa di Pretus, mentre si avvicinava ai tre prigionieri, ghignando soddisfatto «e così siete riusciti a trovarmi alla fine!»
L'espressione di pura sorpresa che si dipinse sul volto di Dahlia lo fece scoppiare in una fragorosa risata, seguito dai suoi adepti.
«Pensavate che non vi tenessi d'occhio? Un Corvo, una maga qunari e un mezzelfo che scorrazzano per il Thedas, convinti di potermi uccidere?». Pretus lanciò uno sguardo disgustato verso Arnell, poi con voce gelida disse «voi mezzelfi sarete i primi a scomparire, quando il nuovo dio sorgerà!»
Dahlia proruppe in una risatina di scherno «certo che voi Venatori non imparate mai, eh?»
Il magister la guardò come se si trovasse davanti ad un nug dall'aspetto particolarmente sgradevole «la tua insolenza sarà punita severamente!»
«Ma sentiti come parli... “la tua insolenza”, “il nuovo dio”...non ci aveva già provato il tuo amico Corypesce? Non mi sembra abbia fatto una bella fine!». Dahlia continuava a provocare il nemico, mentre con la mente cercava freneticamente una via di scampo da quell'assurda situazione. Ma come potevano essere stati così stupidi da mettersi in trappola da soli?! Ora si ritrovavano completamente circondati da maghi pazzi ed assassini. Oltre al fatto che, se solo avessero provato a fare un passo, nel migliore dei casi sarebbero finiti per diventare un ottimo arrosto, fulminati all'istante dalla gabbia magica che li intrappolava.
«Stupida ragazzina insolente! Come osi insultare l'Antico?!» sbraitò Pretus, sputacchiando per la rabbia.
L'assassina trattenne a stento una faccia schifata «beh, non credo che mi possa sentire dall'Oblio...»
Pretus ridacchiò, come se la ragazza avesse fatto una battuta «certo, ora è nell'Oblio, ma presto tornerà tra di noi!»
«E di grazia, come pensi di poterlo recuperare da laggiù?»
«Potrei anche spiegarti come, ma cosa ne può capire una come te di argomenti come il risveglio trans-corporale?»
Dahlia stava per ribattere, quando con la coda dell'occhio vide due magister dietro a Pretus accasciarsi a terra, morti. La Corvo sbuffò, quindi sorrise e disse «voi cattivi vi divertite sempre a parlare troppo, non è vero?»
«Tanto fra poco morir...»
La minaccia di Pretus fu bloccata sul nascere, quando si rese conto che uno dei magister che stava evocando la gabbia elettrica si stava accasciando a terra, con tanto di pugnale conficcato sulla schiena. La gabbia implose, producendo un'esplosione verso l'esterno, uccidendo sul colpo i restanti Venatori che la stavano evocando.
«Dicevi?» disse Dahlia, accarezzando distrattamente l'elsa dei pugnali.
«Non mi sembra proprio il momento di sbeffeggiarlo adesso!» le sibilò Arnell, prendendo in mano la fidata balestra.
«Devi proprio sottolinearlo in questo momento?!» esclamò incredula Dahlia.
Per tutta risposta Saarebas sospirò, quindi battè le mani, provocando un'enorme onda d'urto che spazzò una decina di maghi di fronte a loro, facendoli finire a terra.
«Vi consiglierei di seguire l'esempio della vostra amica troppo cresciuta» disse una voce sconosciuta dal tipico accento antiviano.
Dahlia si voltò verso il luogo da cui proveniva e vide che a parlare era stato un elfo non molto alto, dalla pelle olivastra e capelli biondi lunghi fino alle spalle. Senza perdere altro tempo in chiacchiere, il nuovo arrivato si scagliò contro i maghi, che subito risposero con un vasto numero di magie, tutte evitate con una naturalezza quasi spaventosa. Dahlia si affiancò al nuovo alleato, schivando qualche palla di fuoco per pura fortuna e riuscendo ad uccidere qualche avversario, prima di essere scagliata via da un'Esplosione Mentale. Volò addosso ad uno scaffale, che le fece precipitare addosso svariati tomi antichi.
«Kadan!» urlò preoccupata Saarebas, mentre erigeva un muro di ghiaccio attorno all'assassina per proteggerla da ulteriori attacchi. Quindi si voltò verso due Venatori, intenti ad evocare qualche strana magia del sangue; la gigantessa non perse tempo a pronunciare formule e formulette magiche, fece crepitare l'energia del fuoco nei suoi palmi per poi scagliarla a tutta forza contro i nemici. Arnell, intanto, lanciava indisturbato i suoi dardi, proteggendosi dietro altri scaffali di pesante legno ammuffito.
Dahlia aprì gli occhi, guardandosi attorno ancora lievemente stordita: il colpo ricevuto era stato particolarmente duro da assorbire. Si alzò vacillando, facendo capolino da un lato del muro di ghiaccio. Quando riuscì finalmente a mettere a fuoco il mondo attorno a sé, distinse chiaramente Pretus che se la stava dando a gambe, insieme ad altri due Venatori. La Corvo cercò di lanciare l'allarme ai suoi compagni, ma, dopo una rapida occhiata attorno a sé, capì che erano fin troppo occupati per poterle dare ascolto. L'unica libera dai nemici era lei, così, sprezzante del pericolo, si lanciò all'inseguimento.
Quando Pretus la vide avvicinarsi con passo incerto, scoppiò in una risata fragorosa «e cosa vorresti fare tu, piccola Corvo dalle ali tarpate?»
«Uhm, fammici pensare bene...tipo ucciderti?» rispose sarcastica la ragazza.
«I miei seguaci non lo permetteranno mai, sono troppo prezioso, ormai dovresti averlo capito!»
«Certo, anche se continuo a pensare che abbiano davvero pessimi gusti, per aver scelto te come loro leader!»
«Leader? Oh ragazzina, non sai nemmeno di cosa stai parlando! Ma basta chiacchierare, penso che tu ormai conosca la mia fedele Orla» disse Pretus, indicando uno dei magister incappucciati accanto a lui. Quello si fece scivolare il cappuccio dalla testa, rivelando una chioma biondo cenere raccolta in uno chignon ed un ghigno sgradevole stampato in faccia.
«Chi non muore si rivede!» esclamò la maga, canzonando Dahlia.
«Eh già, ma dopo oggi spero di non vederti mai più!» rispose la ragazza scagliandosi contro la maga. Quella evocò un Glifo di Paralisi sotto i piedi dell'assassina, che bloccò qualsiasi suo movimento.
«Penso che da qui in avanti potrai pensarci tu!» disse Pretus alla sua fedelissima.
«Certo mio Signore, sarà un gioco da ragazzi» sogghignò quella.
Dahlia non potè far altro che guardare Pretus uscire dalla porta della biblioteca e scomparire alla sua vista; non poteva farselo sfuggire di nuovo!
«Scommetto che non vedi l'ora di rivedere il tuo amichetto!» la provocò la donna.
La Corvo non poteva rispondere, dato che il Glifo le impediva qualsiasi movimento, anche parlare.
«Sai, la sua mente è così affascinante, ha un sacco di sentimenti buoni, per essere un assassino» continuò quella, mentre accarezzava distrattamente il profilo del suo bastone d'ebano «e poi è così pieno di te...oh si! Gli hai fatto proprio perdere la testa!»
Dahlia digrignò i denti: quanto avrebbe voluto saltare alla gola di quella maledetta maga, se solo non fosse stata bloccata da quel Glifo...un momento! Era riuscita a digrignare i denti?!
«Vorresti sapere come liberarlo dal suo incantesimo? Oh la risposta è molto semplice...vedi, siamo in sei a tenerlo sotto controllo!»
Dahlia provò a spostare lateralmente un piede e ci riuscì, anche se solo di pochi centimetri.
«Come ho detto prima, il tuo ragazzo ha una mente piuttosto affascinante, non è per nulla facile mantenerlo piegato al nostro volere!» continuava a blaterare Orla, talmente concentrata nel pavoneggiarsi che finì per voltare le spalle all'assassina.
Dahlia prese la palla al balzo, con un enorme sforzo fece scivolare un piede fuori dal Glifo, interrompendo la continuità del disegno, facendolo quindi scomparire.
«Il tuo amico potrà essere libero solo se qualcuno riuscisse ad eliminare tutti i magister che lo tengono sotto controllo, altrimenARGH!»
«Decisamente, oggi i cattivi hanno troppa voglia di parlare» sbuffò Dahlia, estraendo il pugnale di silverite dalle reni della maga.
Quella si voltò terrorizzata, trovandosi la faccia dell'assassina a pochi centimetri dalla sua.
Dahlia la afferrò per il bavero, trascinandola vicino a sé «voglio i nomi degli altri cinque magister!»
La donna rise di fronte alla minaccia, sputando sangue «e cosa ti fa credere che te li dirò?»
«Se me li dici avrai una morte rapida e indolore»
«Fai pure di me quello che vuoi, non m'interessa! Quando l'Antico risorgerà, avrò la mia vendetta!»
Dahlia piantò nuovamente la lama nel corpo della donna, che sussultò, mentre un rivolo rosso cominciò a scorrere all'angolo della bocca.
«Tutti uguali voi fanatici. Possibile che non v'interessi mai il “qui ed ora”?» chiese sprezzante Dahlia.
«L'amore che nutri per lui non ti fa onore, Corvo!» disse la donna, sputando saliva e sangue sul volto dell'assassina. La ragazza non ci vide più, fece scivolare il pugnale lateralmente e uccise la magister subito. Aveva capito che non avrebbe ottenuto nulla da lei, per cui era inutile essere troppo crudeli.
Lasciò cadere il corpo della donna a terra e si precipitò fuori dall'atrio, inseguendo Pretus: accanto a lei comparvero Saarebas e l'elfo misterioso, interamente coperti di schizzi di sangue.
«Arnell?» chiese preoccupata Dahlia, non vedendo da nessuna parte l'orlesiano.
Saarebas scosse la testa «è rimasto intrappolato sotto una libreria crollata, non ho idea di come stia».
Dahlia fece per tornare indietro, ma la qunari la fermò «lo so a cosa stai pensando kadan, ma di lui dobbiamo preoccuparcene dopo! Ora dobbiamo andare a prendere Pretus, altrimenti sarà stato tutto inutile!»
Dahlia chinò la testa, impotente: sapeva che la sua compagna aveva ragione, così a malincuore riprese a correre verso l'entrata del tempio.
Pretus e l'altro magister erano in piedi davanti all'altare, circondati da una bolla verde e sinistra. Dahlia si gettò contro di loro, ignorando la voce di Saarebas che le intimava di non avvicinarsi: appena entrò in contatto con la bolla, una forte energia la respinse, facendola volare lontano e sbattere con il muro. Si rialzò a fatica e vide che Pretus la stava osservando con un sorriso soddisfatto.
«Bastardo!» urlò la Corvo, avvicinandosi di nuovo ai due maghi, stavolta più cautamente. Pretus si limitò a sogghignare, poi schioccò le dita e i due scomparvero in un lampo verde. Dahlia si accasciò nel punto dove un attimo primo c'era il suo bersaglio e battè il pugno a terra.
«Ci è sfuggito di nuovo! Di nuovo!» urlò in preda alla rabbia.
«Beh, questa volta vi ha lasciato una pista» commentò l'elfo biondo, prendendo per una spalla la ragazza e forzandola a tirarsi su.
«Si può sapere chi saresti tu?» chiese lei, con un tono decisamente più aggressivo di quel che avrebbe voluto.
«Oh certo, non abbiamo ancora avuto il tempo di presentarci. Mi chiamo Zevran, ma le belle ragazze come te possono chiamarmi Zev» rispose lui, facendole l'occhiolino.
Dahlia stava per rispondere con qualcosa di sarcastico e pungente, dato che era abituata alle avances degli uomini, ma qualcosa la bloccò: vide che Zevran aveva un tatuaggio sulla parte sinistra del volto, il quale non aveva nulla a che fare con i vallaslin Dalish. Se non era un Dalish (e sicuramente non poteva far parte dei nani senza casta), allora voleva dire che era un...
«Corvo?!» esclamò incredula Dahlia.
L'elfo scoppiò a ridere di gusto, tenendosi gli addominali con una mano «oh, forse un tempo, ma ora direi proprio di no!»
La ragazza non capì subito, ma poi si allontanò di scatto «se non sei più un Corvo dovresti essere morto!»
Zevran la guardò con un mezzo sorriso «a quanto pare hai trovato un altro fuggitivo dalla Gilda!»
«Un altro?!»
«Oltre a te, intendo!» spiegò lui, guardandola interrogativo.
«Aspetta un attimo! Io sono in missione per conto dei Corvi, chi ti ha detto che sono una fuggitiva?!»
«Beh, il gruppo di Corvi che ti sta inseguendo da quando hai lasciato Skyhold non sembra essere dello stesso parere!»
Dahlia spalancò la bocca, non riuscendo a proferire parola. Vedendo il momentaneo sconvolgimento dell'amica, Saarebas si fece avanti «E tu cosa ci fai qui? Perchè ci hai aiutati?»
«Sto tenendo d'occhio i movimenti dei Corvi, sospetto stiano tramando qualcosa di losco assieme a quei magister del Tevinter. Per puro caso mi sono imbattuto in voi e m'incuriosiva molto sapere perché la Gilda vi abbia sguinzagliato dietro ben tre assassini!»
Dahlia e Saarebas si guardarono senza parlare: sapevano entrambe che tre Corvi a piede libero erano una minaccia non da poco, senza pensare anche a Julian ed al resto dei magister.
«Suvvia, cosa sono quelle facce tristi? Io sono ricercato da dodici anni ormai, eppure sono ancora qua!» esclamò Zevran.
Dahlia sorrise debolmente, non sapendo ancora da che parte prendere quella nuova notizia: per lei non era solo una questione di essere ricercata, per lei voleva anche dire che non faceva più parte della Gilda, quella che ormai da anni era una sorta di famiglia.
«Dovremmo andare a vedere come sta Arnell...» disse seria Saarebas.
Dahlia si colpì la fronte con una mano: Arnell! Se ne stava quasi dimenticando! Corsero di nuovo dentro la biblioteca, dove – Dahlia lo notò solo in quel momento– il pavimento era invaso da cadaveri di magister. Scavalcò un paio di corpi orrendamente mutilati, opera di Zevran sicuramente, e si precipitò verso uno scaffale crollato su un lato, da dove proveniva un flebile lamento.
«Arnell, resisti! Ora ti tiriamo fuori!»
«Oh io resisto, non vi preoccupate! Se fate con più calma potrei anche pensare di schiacciare un pisolino qui!» rispose sarcastico il balestriere.
Saarebas evocò una colonna di ghiaccio, che sollevò e spostò l'enorme libreria, rivelando la figura scomposta dell'orlesiano sotto di essa.
«Ma voglio dire ragazze, ci voleva tanto? Sono rimasto in questa posizione scomodissima per almeno mezz'ora!!!»
«Che esagerato, saranno passati nemmeno dieci minuti!» ribattè Dahlia, prendendolo per le spalle ed aiutandolo a rimettersi in piedi.
«Che siano dieci minuti o mezz'ora, prova tu a rimanere bloccata con una gamba piegata all'indietro!» brontolò l'uomo, zoppicando vistosamente.
Dahlia sbuffò, guadagnandosi un'occhiata truce da parte di Arnell, avvicinandosi agli altri due alleati.
«Dicevi che Pretus ci ha lasciato una pista» disse Saarebas, rivolgendosi all'elfo.
«Si beh, se non sbaglio ha parlato di risveglio trans-corporale e ...»
Dahlia balzò in avanti, afferrando per il bavero Zevran e lasciando cadere a terra Arnell, che imprecò inviperito contro l'assassina.
«Ne sai qualcosa?!» esclamò la ragazza.
«Ehi dolcezza, so che non vedi l'ora di entrare in contatto con il mio splendido corpo, ma forse ora dovresti calmare i bollenti spiriti!» ridacchiò Zevran.
Dahlia lasciò di scatto la presa e si portò a distanza di sicurezza «per favore, dicci quello che sai!»
«Io sono solo un'umile ex-Corvo, come potrei sapere qualcosa sull'argomento?»
Saarebas, Dahlia e Arnell sospirarono sconsolati.
«A quanto pare siamo di nuovo ad un punto morto» commentò Arnell, mettendosi faticosamente in piedi.
«Però c'è un posto dove potreste cercare informazioni» disse l'elfo «si dice che la biblioteca dell'università di Markham contenga un sacco di libri».
«Quindi ci aspetta un altro lungo viaggio, eh?» sospirò Dahlia «avrei bisogno di un bel po' di riposo».
«Per una volta mi ritrovo pienamente d'accordo con te» borbottò Arnell.

I quattro uscirono dal tempio, desiderosi di lasciare al più presto quella palude dall'aria pesante e umida. Zevran apriva la strada, tagliando con i suoi pugnali le radici ed i licheni che sbarravano loro la strada. Ad un certo punto, un sibilo quasi impercettibile catturò l'attenzione di Dahlia; la ragazza si guardò attorno, cercando di capire che cosa l'avesse provocato, finché non notò una freccia conficcata in un albero lì vicino.
«Giù!» urlò, buttando a terra Arnell con poca grazia e spingendo Saarebas, anche se il suo tocco non era abbastanza forte da trascinarla verso il basso. Zevran si appiattì contro un albero, un secondo dopo altre frecce fendettero lo spazio in cui si trovava qualche attimo prima.
«Merda!» imprecò l'elfo «i Corvi ci hanno trovati!»
Dahlia sbarrò gli occhi: chi avrebbe dovuto affrontare ora? Chi dei suoi vecchi compagni avrebbe cercato di ucciderla? La risposta alle sue domande arrivò, purtroppo, fin troppo presto.
«Sorellina, dove ti sei nascosta? Non vieni a salutare il tuo fratellone?» disse un ragazzo non molto alto, con capelli castano-rossicci corti, un pizzetto dello stesso colore e occhi verde acqua.
«Cablan!» mormorò Dahlia, rimanendo nascosta tra le fronde.
«Chi?!» chiese Arnell, cercando di sbirciare al di là della spalla della ragazza.
«Mio fratello!» sibilò di rimando lei, intimandogli di rimanere nascosto con un'occhiata glaciale.
«Piccola Dahlia, così mi deludi! Ho fatto tutta questa strada solo per vedere te! Non vorrai mica che i tuoi amici si facciano del male a causa tua...»
Dahlia tremò di rabbia, ma si costrinse a non intervenire. Saarebas la guardò con occhi interrogativi: sebbene ormai fossero compagne di viaggio da quasi due mesi, Dahlia non aveva voluto rivelarle nulla riguardo la sua storia personale. Non perché non si fidasse della qunari, ma semplicemente perché certi ricordi erano troppo dolorosi da affrontare e il dolore rende vulnerabili. Una cosa assolutamente inaccettabile per un assassino.
«Ma certo, sei sempre la solita...lasci che gli altri si sacrifichino per te, proprio come la mamma!»
A quelle parole Dahlia vide tutto rosso e non ragionò più: scattò in piedi uscendo dal nascondiglio e lanciò uno dei suoi coltelli verso Cablan. Il colpo però non andò a segno e la lama andò a conficcarsi nel tronco accanto al ragazzo.
«Allora ti sei decisa ad affrontare la tua sorte, finalmente!»
«Non puoi uccidermi! Non ho finito la mia missione, posso ancora eliminare il bersaglio!»
«Però hai perso i tuoi compagni e ti sei fatta catturare. Mi sembra che sia abbastanza per poter dichiarare il tuo completo fallimento».
«Kinn non può volermi morta! Sono una delle sue assassine più fidate e...»
«Kinn è morto» annunciò Cablan con voce atona.
La notizia ebbe sulla ragazza l'effetto di un masso lanciato a tutta velocità contro lo stomaco: sebbene non potesse dire di aver avuto un rapporto di amicizia con il suo capo, Kinn l'aveva sempre spronata ed incoraggiata fino a farla diventare quella che era, pur rimanendo un burbero di prima categoria.
«Cosa...come?!» balbettò la Corvo, incredula.
«Non credo che possa più interessarti, non credi? In qualunque caso ora dovrai morire!»
Cablan si slanciò contro la sorella, coprendo con pochi passi la distanza che li separava; la lama dell'assassino si sarebbe conficcata sulla spalla della ragazza, se non fosse stata intercettata da un'altra lama. Zevran era accorso in aiuto, sorprendendo l'assalitore sul fianco e facendolo cadere all'indietro grazie alla forza del contraccolpo.
L'elfo si girò verso Dahlia e la riscosse dall'attonimento «che cosa aspetti?! Corri!»
Senza farselo ripetere due volte, la ragazza si voltò e cominciò a correre, acciuffando per la collottola Arnell, il quale doveva ancora rendersi bene conto di quello che stava succedendo. Un pioggia di frecce cadde attorno a loro e Dahlia sentì Saarebas evocare una catena di fulmini, che uccise uno dei tre Corvi nascosti tra gli alberi. Cablan ringhiò di rabbia e partì all'inseguimento, ordinando all'altro Corvo che lo accompagnava di rinfoderare l'arco e seguirlo.
I quattro corsero a perdifiato nella fitta vegetazione, scivolando a causa del fango e inciampando nelle radici. I rami bassi degli arbusti graffiavano ogni centimetro di pelle scoperta e Dahlia cominciò presto a sanguinare da diversi tagli, non da meno erano le condizioni dei suoi compagni.
Alla fine sbucarono in una piccola radura con una grotta, dove vi si nascosero senza indugio
«Sembra che siamo riusciti a seminarli» mormorò pensieroso Arnell.
«Forse li abbiamo allontanati per un po', non puoi seminare un Corvo» disse Dahlia con voce dura.
Arnell piegò la bocca in una smorfia di disappunto «certo, immagino che di questo ne andiate molto fieri, voi assassini».
Zevran tornò dal gruppo dopo aver esplorato la caverna «dovremmo essere al sicuro qui, i ragni giganti sono molto più in fondo. Direi che possiamo anche sistemarci per la notte, ci scambieremo a due a due i turni di guardia».
L'elfo e l'orlesiano fecero il primo turno, così Dahlia e Saarebas si sistemarono nei giacigli di fortuna, fatti di foglie secche, e si addormentarono. La Corvo si agitò parecchio durante il sonno, di nuovo alle prese con lo stesso incubo che la tormentava da anni. Si svegliò di soprassalto, quando una mano lo scosse gentilmente per svegliarla.
«Tocca a voi ora!» le annunciò Zevran.
L'assassina e la qunari si appostarono ai due lati dell'entrata della caverna, rimanendo in silenzio per un bel po' di tempo.
Alla fine Saarebas si decise a parlare «quando ti deciderai a parlarmi di tua madre?»
Dahlia spalancò la bocca per ribattere che non ne aveva voglia, come aveva ripetuto più e più volte nelle ultime settimane, ma quando guardò la sua compagna negli occhi qualcosa dentro di lei si ruppe. Non riusciva più a trattenere quel peso da sola: almeno prima c'era Julian con lei, l'unico con cui era riuscita a parlarne, ma ora si sentiva terribilmente sola.
«È morta mentre fuggivamo dalla nostra città, durante il Quinto Flagello...Lothering, non so se ne hai mai sentito parlare. È stata completamente rasa al suolo dalla Prole Oscura». Un nodo le strinse la gola, incrinandole la voce e facendole salire le lacrime agli occhi: i ricordi si riversavano prepotentemente nei suoi pensieri, rendendo ancora più difficile la confessione che stava per fare.
«Mentre quei mostri distruggevano tutto ciò che era stata casa nostra, io, Cablan e mia madre scappammo per metterci in salvo. Io però mi attardai, volevo recuperare a tutti i costi il pugnale che mi aveva donato Davon, mio fratello più grande, ma la mia strada fu bloccata da un genlock. Quell'essere mi avrebbe uccisa se mia madre non si fosse lanciata davanti a me per proteggermi e...»
Dahlia cominciò a singhiozzare senza ritegno, incapace di proferire parola. Il senso di colpa le schiacciava il petto e la mente, la vergogna per ciò che era successo era opprimente.
«È stato un incidente, kadan. Non è stata colpa tua» disse Saarebas.
«Invece si! Se solo non mi fossi intestardita per il pugnale...forse mia madre...»
«Non potevi prevederlo. Quel genlock avrebbe potuto attaccarvi più tardi, tu ti saresti trovata disarmata e magari ora saresti qui a darti della stupida per non aver recuperato l'arma!»
Dahlia sbuffò ancora scettica «la colpa ce l'ho comunque e Cablan non ha mai smesso di ricordarmelo da allora»
«Perchè tuo fratello ti odia tanto?»
«Perchè lo ha sempre fatto. Lui era il secondogenito, si riteneva non abbastanza importante per competere con il primogenito e non abbastanza furbo per competere con la terzogenita» disse sprezzante la ragazza «razza di idiota. Gli ho sempre voluto bene, ma lui fraintendeva tutti i miei comportamenti, come quelli di Davon o di papà. Diceva che l'unica che lo capiva era nostra madre, che in effetti lo difendeva sempre a spada tratta, anche quando combinava guai».
«Quindi vorresti farti mettere i piedi in testa da un ragazzino viziato?» le chiese Saarebas «dov'era lui, mentre tua madre veniva uccisa? Perchè non è intervenuto per difenderti assieme a lei?»
Dahlia spalancò gli occhi: a questo non ci aveva mai pensato. «Lui...non lo so. Ho dei ricordi piuttosto confusi riguardo a ciò che successe».
«Dovresti smetterla di addossarti tutte le colpe, kadan. È stato un incidente, di cui nessuno è responsabile e che nessuno poteva prevedere».
La Corvo ci rimuginò sopra, rimanendo in silenzio per tutto il resto del turno.

Alle prime luci dell'alba lasciarono la radura, facendo attenzione a non lasciare tracce dietro di sé. Per raggiungere Markham avrebbero dovuto affrontare un nuovo viaggio in nave, gettando nello sconforto Arnell.
«Non c'è proprio un modo per evitare il viaggio in mare?» chiede con un filo di speranza nella voce.
«Certo, potresti farti catturare dai Corvi e fare in modo che ti trasportino via terra fino ad Antiva. Di solito, però, usano portare solo la testa delle loro vittime» commentò sarcastica Dahlia.
«Non parlarne come se non facessi più parte di quella maledetta Gilda!»
«Perchè, non ti è bastato sentire i bei discorsi del mio adorabile fratello?»
Arnell aprì la bocca per ribattere, ma la richiuse quando si rese conto che non poteva dire nulla.
Fiancheggiarono la Via Imperiale, senza percorrerla apertamente, per evitare di essere riconosciuti; dopo qualche giorno di viaggio raggiunsero finalmente Val Chevin, da dove presero la nave che li avrebbe portati verso la città-stato di Ostwick, da dove poi avrebbero dovuto continuare via terra per Markham. Il viaggio in nave durò una settimana, purtroppo non fu affatto tranquillo: diversi temporali si abbatterono su di loro, dando vita a onde turbolente che metterono a dura prova la stabilità della nave. Arnell passò il tempo tra la preghiera fervida e il rimettere sistematicamente tutti i miseri pasti che riuscirono ad accaparrarsi. Quando finalmente toccarono terra, la faccia dell'orlesiano presentava un bel colorito mozzarella, corredato da una delicata sfumatura verdognola e profonde occhiaie blu. Racimolarono un passaggio da un contadino originario di Markham che vendeva le sue merci al porto di Ostwick, in cambio di aiuto nel caricare e scaricare le vettovaglie.
Zevran era rimasto con il gruppo: li aveva seguiti adducendo la scusa che con loro sarebbe riuscito a tenere d'occhio più facilmente gli spostamenti dei Corvi, cosa che rese scettica Dahlia, ma chi era lei per poter rifiutare un aiuto così valido?
Markham era una delle città più tranquille dei Liberi Confini: dediti soprattutto allo studio e all'agricoltura, i cittadini erano tra i pochi nel Thedas a potersi vantare di possedere un'università. Dahlia si guardò intorno, quasi non credendo alla pace e alla tranquillità che regnava in quel luogo, il tutto accentuato dalla leggera pioggia che batteva sui tetti di legno delle tipiche case basse e lunghe del posto. In lontananza si scorgevano le verdi colline, parte terminale della catena montuosa Vimmark, che circondavano la città, proteggendola dai forti venti che provenivano dall'oceano di Amaranthine. Trovarono una vecchia taverna poco frequentata, pagando per avere due stanze a poco prezzo. I soldi cominciavano a diventare un problema, dato che fino ad ora erano riusciti a cavarsela grazie ai piccoli furtarelli commessi da Dahlia e al saccheggio dei luoghi antichi in cui s'imbattevano.
«Presumo che dovremo cercarci qualche impiego» sospirò Dahlia, guardando il borsellino semi-vuoto.
«Sicuramente alla bacheca del cantore ci sarà qualche annuncio interessante» disse Arnell.
«Oppure potremmo vedere se ci sono dei mercenari a cui interessa il nostro aiuto!» esclamò la ragazza entusiasta.
«Già...che altro aspettarsi da una come te?» brontolò il balestriere, incrociando le braccia sotto al petto.
Dahlia gli rivolse una linguaccia di scherno, quindi raggiunse Zevran e Saarebas, entrambi stavano osservando pensierosi fuori dalla finestra del salottino della taverna.
«Come siamo musoni oggi! Allora, quando andremo all'università?»
«Ci saremmo già andati, se solo fossimo in possesso di un certificato di cittadinanza di Markham» rispose l'elfo, senza smettere di scrutare l'andirivieni di gente lungo la strada.
«Come prego?» chiese Dahlia, perdendo in un colpo la sua baldanzosità.
«Ci serve un certificato che dichiari la nostra appartenenza a questa città, il che implica che dovremmo aver vissuto qui almeno dieci anni» sospirò Zevran.
«Ok, allora come ci infiltriamo nella biblioteca dell'università?»
Zev sogghignò «questa è una domanda interessante. L'edificio dell'università è piantonato giorno e notte dai soldati della Veglia, la guardia cittadina, noti anche come i combattenti più spietati dei Liberi Confini»
Dahlia fece spallucce «aggiunge un po' di pepe alla missione, altrimenti che gusto ci sarebbe?»
L'elfo si staccò dalla parete e si fermò davanti alla ragazza, guardandola dritta negli occhi «e tu come intendi procedere?»
La Corvo arrossì di fronte a quello sguardo dorato ed intenso, ma si riscosse subito «ovviamente dovremmo aspettare la notte, per evitare di incrociare gli studenti e...»
Il biondo scosse la testa «ed è proprio qui che ti sbagli. Quello che non ti ho ancora detto è che i cittadini hanno bisogno del certificato di cittadinanza per accedere alla biblioteca, ciò non è valido per gli studenti»
«Dunque dobbiamo procurarci una divisa da studente!»

«Smettila di fissarmi così!»
«Non è colpa mia, ma l'aria da studente universitario proprio non ti si addice».
«Perchè, a te si?!»
Arnell e Dahlia camminavano l'uno accanto all'altra lungo i corridoi silenziosi dell'università, guadagnandosi diverse occhiate di disapprovazione da parte degli altri studenti. Purtroppo erano riusciti ad accaparrarsi solo due divise (che consistevano in una lunga tunica blu notte bordata d'oro, una cinta marrone legata in vita ed una catenella d'oro completa di ciondolo tondo con impresso il simbolo della città di Markham) che, guarda caso, erano della taglia giusta dell'assassina e del balestriere. Zevran e Saarebas li avrebbero aspettati alla taverna, tanto il compito che li aspettava era piuttosto semplice: entrare in biblioteca, andare dritti alla sezione di magia arcana, cercare il significato di risveglio trans-corporale. Facile no? Certo, se non fosse stato che quella università fosse dannatamente immensa. Giravano da più di un'ora, senza arrischiarsi a chiedere informazioni per evitare di essere scoperti: tutti lì avevano l'aria di sapere esattamente cosa stavano facendo, dove stavano andando, cosa stavano cercando.
«Di questo passo non la troveremo mai!»
«Vuoi stare zitto?! Ti sentiranno tutti!»
Dahlia sospirò, guardandosi attorno e sperando di trovare qualche indicazione che li guidasse, ma ovviamente non ce n'erano, oltre al fatto che i corridoi erano tutti uguali. Stava per darsi per vinta, quando, girando un angolo, qualcuno le piombò addosso, rovesciandole addosso un'intera pila di libri.
«Oh scusami!» esclamò un ragazzo dai capelli mogano «accidenti che disastro! Devo riportare questi libri alla biblioteca, ma da solo non ce la farò mai!»
«Ti aiutiamo noi!» esclamò Dahlia, cogliendo l'occasione al volo.
Il ragazzo guardò scettico la minuta ragazza che aveva di fronte a sé e replicò «grazie, ma non mi sembra che il tuo amico sia molto d'accordo, mentre tu sei piuttosto mingherlina e...»
«Che cosa? Certo che il mio amico è d'accordo!» esclamò Dahlia, rifilando una gomitata all'orlesiano, che si affrettò ad annuire «e poi sono più forte di quel che sembro!»
Arrivarono finalmente al luogo del loro interesse, dove congedarono il ragazzo e si prestarono ad iniziare la loro ricerca. La biblioteca era decisamente affascinante: file e file di libri erano riposti su alti scaffali di legno lucido, dalla forma curiosamente ricurva e sinuosa, illuminati dalla luce che filtrava attraverso le grandi finestre a mosaico, che schizzavano gocce di colore in ogni angolo della stanza. Tra due scaffali c'erano enormi tavoli dello stesso legno, molti dei quali occupati da altre pile di libri, per metà aperti. Dahlia camminò timorosa tra quegli scaffali, cercando di limitare il rumore rimbombante che ogni suo passo produceva nel momento in cui il suo piede poggiava sul pavimento di marmo sale e pepe.
«Magia primordiale...magia entropica...magia arcana!» esclamò Arnell, indicando un cartello posto a lato di uno scaffale.
«Ma saranno tipo centinaia di libri!» disse Dahlia, strabuzzando gli occhi.
Arnell alzò gli occhi al cielo «esiste una cosa chiamata “ordine alfabetico”, sai!»
Dahlia gli fece una linguaccia e cominciò a scorrere con il dito le targhette d'oro che indicavano l'inizio di un gruppo alfabetico «ras...res...ris! Ecco qua!»
Nonostante tutto la fila conteneva almeno una ventina di tomi, ognuno dei quali trattava di diversi argomenti.
«Direi che “risveglia i tuoi compagni con le tecniche di cura arcana avanzata” possiamo escluderlo tranquillamente» disse Arnell, mettendo da parte un grosso tomo dalla copertina verde.
«Anche “riscopri le erbe con la magia arcana: una soluzione inusuale”» disse Dahlia, sospirando. Prese un altro libro, con una spessa copertina in pelle marrone, cominciando a leggerlo. Passarono tutta la giornata a sfogliare pagine, senza mai fare una pausa, nemmeno per mangiare. Alla fine calò il buio fuori dalle finestre e la biblioteca venne illuminata da alcune lampade ad olio, poste sopra i tavoli.
«In due siamo troppo lenti, dovremmo tornare qui domani» disse Arnell, sbadigliando.
«Non possiamo correre il rischio di essere scoperti, dobbiamo trovare qualcosa entro stasera!» sibilò di rimando l'assassina. Il suo stomaco brontolava per le fitte della fame e il suo cervello non voleva saperne di rimanere concentrato.
Alla fine sbottò, allontanando di scatto il libro che aveva sotto gli occhi «basta! Non ne posso più di leggere queste pappardelle sui viaggi nell'Oblio e sul ritorno al mondo terreno!»
«Aspetta! Cosa hai detto?!»
«Che non ne posso più di leggere su...»
«No, no! Parlavi di ritorno dall'Oblio?!»
«Si, ma...oh!» esclamò Dahlia, riacciuffando il libro e cominciando a leggere ad alta voce. «Ci sono diversi modi per richiamare un'anima intrappolata nell'Oblio: dai sogni coscienti alla divinazione tramite lyrium, dal Cammino del Penitente al Sussurro dell'Oltretomba. Tra questi, quello sicuramente più interessante è il Risveglio Trans-Corporale, che permette di accogliere un'anima dentro il corpo di un essere vivente, a patto che egli sia consenziente».
I due si guardarono negli occhi increduli, quindi Arnell spezzò il silenzio dicendo «Pretus vuol far reincarnare dentro di sé Corypheus?!»
Ma in quel momento una voce interruppe i loro pensieri «la biblioteca sta chiudendo, riponete i libri e tornate al vostro alloggio!». Una signora bassa e tondetta, con una lunga treccia bionda arrotolata a mo' di chignon sulla nuca, li stava osservando severa.
«Oh, ci scusi! Ci eravamo persi nello studio!» rispose Dahlia, sfoderando il suo perfetto sorriso rassicuratore.
«Bene, ora muovetevi, altrimenti vi chiuderò qua dentro!» disse la donna, allontanandosi dai due.
Appena fu lontana dalla loro vista, Dahlia estrasse il pugnale, legato per precauzione alla gamba, e tagliò le pagine del libro sul Risveglio Trans-Corporale.
«Ma che fai?!» chiese allarmato Arnell.
«Non abbiamo tempo per prendere appunti e di sicuro non abbiamo tempo per tornare qua e rimetterci a cercare!» rispose la ragazza, nascondendo velocemente i fogli sotto la tunica.
Si alzarono ed uscirono velocemente dalla biblioteca, cercando di orientarsi nella labirintica università; i muri di pietra, rivestiti da pannelli di legno scuro, si susseguivano senza differenze, facendo ben presto perdere l'orientamento ai due. Ora, però, i corridoi erano vuoti, ormai la maggior parte degli studenti e del personale si era ritirato nei propri alloggi.
«Mi scusi buon uomo!» esclamò Arnell, fermando un custode che fortunatamente passava di lì «mi sa dire dove devo andare per raggiungere gli alloggi?»
«E perché non usi la mappa?»
«La...mappa?»
«Il medaglione che porti al collo...ha una mappa all'interno! Non ve l'hanno spiegato al momento dell'iscrizione?»
«Io...ehm...non me lo ricordavo!» rispose nervosamente il balestriere.
Dahlia lo agguantò per un gomito, trascinandolo lontano «cosa diavolo ti è saltato in mente?! Vuoi farci scoprire?»
«Certo, meglio morire di stenti qui, allora!»
Finalmente raggiunsero l'esterno, tirando un sospiro di sollievo: percorsero per un tratto la strada che portava agli appartamenti degli studenti, nel caso in cui ci fosse stato qualcuno che li osservava, quindi deviarono verso la taverna, dove li aspettavano Zevran e Saarebas.

«Quindi stanno cercando di portare indietro l'anima di Corypheus infilandola nel corpo di Pretus» disse pensieroso Zevran «il che richiede un sacco di ingredienti, molto difficili da reperire, ed un numero praticamente infinito di rituali, da eseguire tutti in luoghi precisi. Se ci giochiamo bene le nostre carte possiamo impedirglielo!»
«Mi sembra strano che sia così semplice. Pretus non può essere stato così stupido da consegnarci la soluzione tra le mani!» obiettò Saarebas.
«Fammi vedere quei fogli» disse Dahlia «mmmh...osso di mummia consacrato è il primo ingrediente, questo spiegherebbe perché erano alla Grande Necropoli. Coppa del Destino è il secondo...che fosse la coppa che abbiamo visto al tempio?»
«Probabile. Dunque dovremmo essere riusciti ad interrompere il secondo rituale» disse Saarebas.
«Non credo, Pretus è riuscito a scappare e scommetto che non si è dimenticato di portarsi via la coppa!» ribattè Arnell.
«Non ci resta che capire qual è il terzo ingrediente, così possiamo arrivare lì in tempo» disse Dahlia, scrutando la lista «corno di Ogre...beh, i Prole Oscura ora come ora si trovano in un unico posto!»
Ci fu un momento di silenzio, poi i quattro si guardarono e dissero all'unisono «le Vie Profonde!»

Note dell'autrice:
Salve a tutti!!! E guarda un po' chi si unisce al gruppo sgangherato...ebbene si,l'elfo più
disinibito dell'Era del Drago!!! Finalmente scopriamo qualcosa di più del passato di Dahlia,
la quale non ha avuto un'infanzia rosa e fiori: il fratello di mezzo è decisamente un gran
b******o e ora che sono ufficialmente nemici ne vedremo delle belle! Ora vi lascio di nuovo
nelle mani di Stregatta, che si ritroverà ad affrontare l'incubo di gran parte dei cittadini del
Thedas (e dei videogiocatori!): le Vie Profonde! Alla prossima!
Baci <3

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Capitolo 7
*** Anaan esaam Qun ***


 
Se avessero dovuto continuare a far avanti ed indietro in quel modo, prima o poi sarebbero cresciute loro le ali. Pretus era più sfuggente di un'anguilla, proprio quando pensavi di averlo in pugno, riusciva a sgusciarti via fra le dita.
Inoltre, il rituale che stavano cercando di portare a termine non era certo servito a risollevare loro il morale. Avevano due Corvi alle calcagna che volevano massacrare Dahlia ed il piccolo gruppo, dovevano raggiungere ed intercettare i Venatori che avevano un largo anticipo su di loro. Come se non bastasse, serviva urgentemente trovare un ingresso per le Vie Profonde.
La situazione sembrava più disperata del solito, ma fortunatamente, Zevran diceva di avere i giusti contatti per procurarsi le mappe che servivano.
Partirono l'indomani mattina, e viaggiarono sino alla città di Jader, ad Orlais, il che significava l'ennesima traversata in mare incubo di Arnell. Durante il viaggio, Saarebas continuava a guardare l'elfo insistentemente, tanto che lui si voltò a ricambiare il suo sguardo «Cosa ti turba, mia tenebrosa fanciulla?» le chiese con tono carezzevole. La qunari sollevò appena il sopracciglio sinistro, immune al suo fascino «Perchè sei ancora con noi?» gli chiese, finalmente esprimendo il pensiero che la tormentava da un po'. «Vedete...» rispose lui col suo solito sorriso sornione «...ho un particolare interesse per i Corvi. Da quando ho fallito la mia missione ed hanno cercato di farmi le scarpe, ho iniziato a sfoltire i loro ranghi.» Dahlia lo guardò come se faticasse a capire, mentre sulle labbra di Arnell si dipinse un sorriso compiaciuto.
«Stai mentendo!» esclamò l'assassina, assottigliando lo sguardo nell'osservarlo, cercando di individuare qualsiasi segno del fatto che si stesse prendendo gioco di lei. «Invece no. Perchè dovrei?» le chiese con fare canzonatorio. Le si avvicinò, sollevando il braccio destro per poterglielo passare sulle spalle. L'assassina s'irrigidì, ma non si distaccò dal contatto. «Ma d'altronde, non è così strano che tu non lo sappia. Sicuramente non vi faranno sapere questo genere di cose, temendo perdiate fiducia nella gilda.» Dahlia storse il naso, ma non disse nulla. Effettivamente era giunta sin loro qualche indiscrezione riguardo alcuni membri venuti a mancare. Ma non era abbastanza immischiata negli affari più “intimi” della gilda da aver accesso a quel genere di notizie. Si staccò delicatamente dalla sua presa, facendogli assumere un espressione affranta. «Quindi lo fai solo per la soddisfazione di spennare un Corvo in più?» domandò il balestriere, guadagnandosi un'occhiataccia da Dahlia. «Perchè no? Vedi, io non ci trovo niente di male nella professione del sicario. Ma il modo in cui i Corvi gestiscono la cosa è....ignobile. E poi hanno regole troppo ferree.»
«Quindi Dahlia è ufficialmente fuori?» chiese la qunari, riaprendo finalmente bocca. «Eh si. Ha fallito ed i Corvi non danno una seconda occasione. Se poi ci sono in mezzo anche i Venatori...» Dahlia sospirò pesantemente, poggiandosi ambedue le mani sui fianchi. «Ma non ha senso. Perchè mettersi con i Venatori?» Arnell sollevò ambedue le braccia al cielo con fare spazientito «Sei ingenua per essere un'assassina!» esclamò, per poi tornare a guardarla. «Soldi, tanti soldi. E poi se Pretus e gli altri riuscissero nel loro intento, avrebbero la protezione di un Dio. Per questo hanno eliminato anche il tuo amico, probabilmente non era d'accordo. Non avrei mai immaginato che una gilda d'assassini potesse divenire più ignobile...» scosse il capo con disprezzo, e solo allora si accorse dello sguardo di tutti puntato su di lui. Si bloccò, facendo saltellare lo sguardo fra i tre, confuso. «Beh? Che c'è?»
«Non sai solo lamentarti allora.» disse la maga guardandolo dall'alto in basso, facendosi sfuggire dalle labbra un verso molto simile ad una bassa risata.

Jader era la classica città orlesiana dove il lusso imperversava per le strade come una pestilenza. Arnell scoprì che Saarebas provava lo stesso suo disprezzo per quei falsi nobili che si aggiravano per le strade, ostentando ricchezze che a malapena avevano. Indossavano abiti ricchi di costose passamanerie, perle, pietre dure e maschere elaborate sui volti. Ma la vera ricchezza non si rifletteva da queste persone, ma dai servi che li seguivano. Si poteva evincere quanto fosse pieno il loro borsellino da com'erano agghindati i servi, ovvero se indossavano miseri stracci o se avevano abiti decenti che non li facessero passare per pezzenti.
Mentre Saarebas si guardava attorno, andò accidentalmente a sbattere contro una delle donne riccamente vestite, la quale si discostò da lei con un urletto scandalizzato. Guardò la qunari con un misto di timore e disgusto, sfregando vigorosamente la stoffa del vestito con la quale la maga era entrata in contato urtandola. «Guarda dove metti i piedi, tête de boeuf!1» le disse con vocetta sottile e leggermente isterica, per poi andarsene via. La maga la guardò allontanarsi basita, chiedendosi ancora una volta quanto potessero essere maleducate stupide certe persone. Si mosse per raggiungere i suoi compagni, quando l'occhio le cadde su di un borsellino a terra. Si chinò per raccoglierlo, era fatto di morbida seta rosa cipria decorata con ricami in filo oro e perline bianche. Doveva essere caduto alla donna che aveva urtato. Per un attimo, carezzò la possibilità di correrle dietro e restituirglielo. Ma d'altronde era stata talmente maleducata...se lo legò in vita, ed accelerò il passo per raggiungere nuovamente i compagni.
Zevran si muoveva abilmente fra le strade della città, li condusse sino alla zona mercantile, per poi fermarsi di fronte ad un grande emporio. L'insegna che penzolava sopra alla porta rappresentava un Bronto seduto su di un cumulo di merci. Sopra ad esso vi era una grande scritta in runico, con sotto la traduzione in caratteri più piccoli “Il Bronto caparbio”.
L'elfo entrò, facendo suonare le campane a vento appese allo stipite della porta. «Buon giorno!» esclamò aspettando che entrassero tutti, per poi richiudere la porta. I compagni si guardarono attorno. Apparentemente, era un negozio per avventurieri ed escursionisti. Alle pareti vi era appeso di tutto, da armi ed armature più semplici ed economiche ad equipaggiamento più pratico quali corde e rampini. Qualcosa si mosse da sotto il basso bancone, ed i quattro videro sbucar fuori un nano. Aveva capelli castano chiaro tagliati a spazzola, occhi di un pacato nocciola ed una barba lunga sino al ventre decorata con tante trecce di dimensioni diverse.
Zevran allargò le braccia con un gran sorriso «Denar! Vecchio amico mio!» esclamò ponendosi davanti al banco. Allungò la mano destra, che il nano strinse prontamente ricambiando il sorriso. «Figlio di buona donna! Chi non muore si rivede!» rise, contento di rivedere l'amico per poi adocchiare chi lo accompagnava «Quanta bella gente mi porti!» esclamò per poi uscire da dietro il bancone.
Indossava una camicia con le maniche arrotolate sino ai gomiti, sopra alla quale portava una traversa in pelle. Alle gambe pantaloni scuri, dai quali facevano capolino uno stivale nero ed un evidente protesi alla gamba destra. Arnell lo fissò con poca grazia, beccandosi una gomitata d'ammonimento da parte dell'assassina. Al nano il gesto non passò inosservato, ma ci rise sopra. «Un dannato orso corrotto, un Bersekan, ha deciso che avevo una gamba di troppo. Ma il bastardo ci ha rimesso la testa.» indicò la parete del bancone, sopra al quale era appeso il suo trofeo di caccia. La testa di un orso esageratamente grande con speroni d'ossa che uscivano dalle sue mandibole. «Notevole.» commentò Saarebas inclinando appena il capo verso destra nell'osservarlo. Denar annuì soddisfatto, posandosi le mani sui fianchi «Beh...immagino che questa non sia una visita di piacere eh?» domandò loro, mentre Zevran si andò a sedere sul bancone con un gesto fluido. «Esatto. Abbiamo urgente bisogno di una mappa.»
«Hai solo l'imbarazzo della scelta!» esclamò il nano in risposta, indicandogli una libreria ricolma di pergamene arrotolate «Dipende tutto da dove dovete andare.» Dahlia gli sorrise «Nelle Vie Profonde.» l'espressione di Denar si incupì, mentre tornava ad osservare l'elfo con non poca preoccupazione. «Scherzate vero?» Zevran scosse il capo «Purtroppo no. Ne abbiamo davvero bisogno, e so che tu hai una mappa degli accessi di Orlais.» il nano si passò una mano fra i corti capelli, sospirando pesantemente.
«Quella mappa...ce l'ho. Ma costa veramente tanto Zevran, e sai che non posso farti sconti. Non su questa.» Arnell li guardò dubbioso «Ma...è solo una mappa.» disse con tono confuso. «Ragazzo...» riprese il nano con tono sempre più preoccupato «...hai idea di quanti idioti in cerca di tesori muoiano lì sotto?»
«Ma noi non cerchiamo tesori!» esclamò il balestriere in loro difesa «Ah no? Ed allora che volete fare?» ribattè il nano. Il balestriere fu in procinto di rispondere, ma l'elfo lo precedette. «Credevo che il fare poche domande fosse reciproco in certe situazioni...» mormorò a voce bassa, ma udibile, mentre giocherellava con una pietra focaia. Denar emise un verso di disapprovazione, per poi recarsi nuovamente dietro il proprio bancone. Da sotto la camicia estrasse una collanina, alla quale teneva appesa una chiave. Se la levò dal collo, usandola per aprire un cofanetto tenuto sottobanco. Vi erano molteplici oggetti in esso, ma estrasse solamente una pergamena arrotolata su se stessa. La posò sul banco, osservando i clienti con sguardo truce. «Allora, quanto vuoi per il tuo pezzo migliore?» domandò l'elfo, scendendo dal bancone per potervisi porre davanti assieme a Dahlia ed ad Arnell. La maga invece era apparentemente disinteressata, si aggirava per gli scaffali del negozio, curiosando fra le merci.
«Sai quanto sono rare queste mappe Zevran. E poi vi servirà equipaggiamento adeguato, provviste in abbondanza, magari anche un Bronto che vi porti i pesi in più. La mappa...non potrò separarmene per meno di quaranta sovrane.» ad Arnell per poco non uscirono gli occhi dalle orbite. «Quaranta!? Ma è una follia! Dove li troviamo tutti quei soldi?!» esclamò guardando i compagni allibito «Denar, amico mio, so che è una mappa rara ma il prezzo è davvero ridicolo.» disse l'elfo a sua volta, mantenendo però un tono di voce calmo. Il nano fece un cenno di dissenso col capo ed i quattro si misero a bisticciare riguardo il prezzo della mappa. Nemmeno la coercizione ed il fascino dei due assassini riuscirono a smuoverlo, Arnell per lo più faceva tanta confusione.
Saarebas osservava lo spettacolo in disparte, non eccellendo nell'arte della conversazione tanto meno della persuasione, sbuffando per il tempo che stavano perdendo. Si posò le mani in vita, e sentì sotto alle dita un oggetto estraneo. Abbassò lo sguardo, e vide il borsellino che era caduto poc'anzi alla nobile, si era già scordata di averlo raccolto e conservato. Lo slacciò dalla cintura, aprendolo per potervi guardare all'interno.
«Ve l'ho già detto, non posso abbassare il prezzo!» esclamò Denar iniziando a spazientirsi visibilmente per la loro insistenza. «La prego Mastro Nano. Le giuro che è questione di vita o di morte!» disse il balestriere congiungendo le mani in segno di supplica. Saarebas li raggiunse, e posò la mano sinistra chiusa a pugno sul bancone, lo sguardo serio e determinato. «Ci darai la mappa.» disse risoluta. Dahlia temette in uno dei suoi colpi di testa, ed aprì subito bocca per mettersi in mezzo. La maga aprì il pugno, lasciando cadere sul bancone una manciata di rubini e smeraldi di piccolo taglio. «L'equipaggiamento completo ed un Bronto.»

L'ingresso delle Vie Profonde più vicino ed accessibile era nascosto fra le sabbie dell'Accesso Accidentale. Ma fu più semplice del previsto arrivarci grazie alla mappa, che indicava sentieri nascosti comodi e raggiungibili. Il Bronto che Saarebas aveva comprato si rivelò incredibilmente utile. Portava tutto il loro carico, era resistente, mangiava e beveva pochissimo.
Arnell guardava l'ingresso con evidente preoccupazione, continuando a spostare il proprio peso corporeo dal piede destro al sinistro senza star fermo. «Allora...andiamo?» domandò preoccupato verso i compagni. Dahlia guardò le gambe dell'uomo che tremavano visibilmente «Stai bene?» chiese ironicamente. Arnell si cercò di controllare «Benissimo! Mi fanno solo un po' male per il viaggio!» cercò di giustificarsi con scarsi risultati. Saarebas strinse le briglie del Bronto, facendo qualche passo avanti superandoli. «Facciamola finita.» disse, per poi avanzare oltre l'entrata nascosta. Poco prima di sparire nel buio, si voltò guardando i raggi del sole che baciarono la sua pelle per l'ultima volta.
Le gallerie erano estremamente buie e fredde, odoravano di chiuso e di funghi delle profondità. I suoni rimbombavano contro le pareti, rimandando loro il suono dei loro passi come se nei tunnel camminasse un esercito. «Dove diavolo troviamo i Prole Oscura?» domandò Dahlia camminando affianco alla maga, la quale aveva evocato una luce sospesa che illuminava il loro cammino. «Non ci sarà bisogno di cercarli.» le rispose Zevran. «Non appena arriveremo in profondità, saranno loro a trovarci. E se saremo fortunati, inciamperemo nei cadaveri dei Venatori.» al balestriere corse un brivido lungo la schiena che lo scosse dalla testa ai piedi. «C-com'è che un ex-Corvo sa tanto dei Prole Oscura?» gli chiese, mentre Dahlia lo osservava con lo sguardo di chi ha qualcosa in mente.
«Ho imparato molte cose viaggiando con Amhal. Uno degli anni più interessanti della mia vita!» esclamò sorridendo, lo sguardo reso nostalgico dai ricordi. «Amhal?» chiese Saarebas incuriosita «Un Custode Grigio?» l'elfo rise a bassa voce «Vorrai dire il Custode Grigio. Ma forse voi lo conoscete meglio come Eroe del Ferelden.» Arnell bloccò all'improvviso i propri passi, voltandosi per guardare l'elfo. «Aspetta un momento!» esclamò, dimenticandosi momentaneamente della paura «Eroe del...non sarai veramente quell'assassino!» il suo sguardo brillò, acceso dall'interesse e la curiosità «Ma certo...l'assassino che aveva fallito ma che lui aveva accolto nel suo gruppo! Sei menzionato nelle famose ballate di Sorella Leliana! Zevran!» allargò le braccia con entusiasmo, come se avesse rivisto il suo più caro amico. «E pensare che ora è la Divina Victoria...Mi ha reso così famoso?» domandò retoricamente, ma sorridendo soddisfatto per l'ammirazione che gli veniva dimostrata. «Non sei un completo ciarlatano allora!» disse in risposta Dahlia, incuriosita a sua volta.
«Mia cara così mi ferisci!» rispose posandosi la mano sul cuore. «Comunque si, stando con lui ho imparato parecchio. Più di quanto avrei voluto sinceramente.»
«Com'era?» gli chiese il balestriere, emozionato come una damigella di fronte il vincitore di un torneo «Beh, orgoglioso, come la maggior parte dei Dalish. Teneva fede alle loro leggende, aveva una mira straordinaria con l'arco. Ma sapeva dimostrarsi estremamente simpatico e sarcastico. So che all'inizio ha avuto qualche problema ad integrarsi, vedeva di rado gli umani. Poi ha perso la testa per la strega e...beh, il resto lo conoscete tutti.» alzò appena le spalle, per poi riprendere a camminare lasciandosi tempestare di domande dal balestriere.
Camminarono a lungo, per lo più girando a vuoto con un solo obbiettivo. Scendere verso le viscere della terra. Non era in corso un Flagello, perciò era più facile trovare i Prole Oscura nelle profondità, dov'erano intenti a scavare alla ricerca di un Antico Dio. Quel luogo riusciva a portarti allo stremo. Niente aria fresca o luce naturale, nessun rumore tranne i loro passi e lo zampettare dei ragni giganti e dei cacciatori oscuri. Erano là sotto da almeno tre giorni e non una traccia di Prole Oscura o Venatori.
«Kadan.» l'assassina si rigirò nel proprio sacco a pelo, voltandosi per guardare la maga stesa affianco a lei. Si sentiva incredibilmente stanca, tanto che faticava a tenere gli occhi aperti. Era stata una giornata sfiancante. Od una nottata, era difficile capire in quale momento della giornata si trovassero da lì sotto. «Che succede?» le chiese, stropicciandosi gli occhi acquamarina. La qunari abbassò lo sguardo un istante, per poi tornare a guardarla negli occhi «Devo mostrarti una cosa.» all'assassina sembrò titubante, ma si convinse che fosse a causa del sonno, Saarebas non tentennava mai. «Proprio ora? Scusa ma ho un sonno...» le rispose cercando di soffocare uno sbadiglio. La maga si accomodò nel proprio sacco a pelo, chiudendo gli occhi «Va bene così Kadan.» il suo sussurro fu l'ultima cosa che sentì, prima di chiudere a sua volta gli occhi e sprofondare nel sonno.

Dahlia si stiracchiò, sbadigliando e contorcendosi fra le lenzuola come una gatta. Si mise a sedere, scompigliandosi ancor più i lunghi capelli castano ramati. Volse il capo verso la finestra della sua stanza, e sorrise. Il sole illuminava la sua Lothering, la dolce brezza primaverile stuzzicava il suo volto, portando con sé il dolce profumo di fiori e del fragrante pane appena sfornato dal fornaio.
Si preparò con calma, lavandosi e domando la chioma ribelle per poi vestirsi. Vestiti semplici e comodi, adatti alla vita di tutti i giorni. Si diresse nel salottino, aprendo le finestre affinchè entrasse la luce. «Una bella casa.» disse una voce alle sue spalle, facendola voltare. Saarebas era poggiata accanto ad una delle finestre aperte poc'anzi, le braccia incrociate sotto al seno ed il capo inclinato nell'osservarla. «Saarebas!» esclamò Dahlia, felice di rivedere l'amica. «Che bella sorpresa! Sono contenta che tu sia venuta a trovarmi.» le sorrise, mentre la qunari si scostava dalla parete con un colpo di reni. «Ricordi che un giorno ti dissi che dovevo mostrarti una cosa?» le domandò, e l'altra annuì in risposta. «Bene, seguimi.» le due si diressero verso la porta, che la maga aprì per poi oltrepassarne la soglia.
Il porto di Kirkwall era deserto, lo sciabordio delle onde contro le chiglie delle navi ormeggiate pareva esser l'unico suono udibile. Dahlia si guardava distrattamente attorno, sebbene la sua attenzione fosse per lo più focalizzata sull'amica. «Ho sempre trovato questa città caotica.» commentò mentre l'altra la portava in una zona del porto adibita ad accampamento. Sui muri erano stati dipinti alcuni simboli del Qun, vi era una lunga scalinata alla fine della quale stanziava un trono di fattura tipicamente qunari. «Lì sedeva l'Arishock.» le spiegò, mentre saliva i primi scalini «Ed io spesso mi trovavo alle sue spalle con Arvaarad.» si fermò a metà della scalinata, per poi voltarsi e guardare l'assassina, rimasta ai suoi piedi «Vissi qui da quando naufragammo per colpa della ladra, sino al giorno in cui Hawke restituì il tomo. Fui felice di ripartire per il Par Vollen, la mia casa.» sospirò, scuotendo distrattamente il capo.
«Era questo che volevi mostrarmi?» le chiese Dahlia, confusa. Si voltò per guardare il mare, e quando poi volse nuovamente lo sguardo dinanzi a sé, Saarebas si era materializzata davanti a lei. Trasalì per la sorpresa e la qunari le posò le mani sulle spalle. «Non proprio.» rispose, per poi voltarla.
Lo scenario cambiò ancora, questa volta le due si trovarono in una città distrutta. Le macerie delle case divorate dal fuoco, segni di lotta ovunque e schizzi di sangue cremisi e nero, ma nessun cadavere. Dahlia si guardò attorno con orrore, mentre l'aria malsana che portava con se il puzzo di morte le circondava. «Saarebas...» mormorò confusa, tornando a fissare la qunari. Il volto della maga era impassibile, mentre si muoveva fra le macerie, calpestando il legno bruciato che si rompeva sotto ai suoi piedi con uno schiocco. «Saarebas, vorrei tanto essere a casa.» ripetè di nuovo a bassa voce, stingendosi fra le braccia. Si sentiva incredibilmente a disagio. C'era qualcosa di tetramente familiare in quel luogo, era una sensazione che ti faceva accapponare la pelle. La qunari la guardò, per poi indicare con la mano sinistra ciò che rimaneva di una casa alle sue spalle «Ma tu sei a casa, Kadan
La Corvo la fissò come se fosse impazzita, per poi sbarrare gli occhi. I campi erano quelli che vedeva ogni giorno dalla finestra della sua casa, così come il mulino le cui pale ora giacevano inermi senza che facessero un movimento. E la casa alle spalle della maga...era la stessa dalla quale erano uscite poco prima. Abbassò lo sguardo sulle proprie mani, stringeva il pugnale che le aveva regalato Davon, ed era vestita esattamente come il giorno della propria fuga. Dahlia sentì il proprio animo venir scosso dal dolore, e dalla colpa. Se non fosse stato per quel dannato pugnale, sua madre sarebbe stata ancora viva. «Che cosa sta succedendo?» domandò con voce tremante alla qunari, la quale le fece cenno di voltarsi.
La piazza, dapprima vuota, era ora ghermita di gente...e di mostri. I Prole Oscura massacravano chiunque si trovasse sul loro cammino. Uomini, donne, bambini ed anziani. Non aveva alcuna importanza di chi fossero le carni nelle quali affondassero le loro lame, bastava che morissero. I loro corpi s'accasciavano a terra, come marionette alle quali avessero tagliato i fili, le loro urla di dolore si mischiavano ai ruggiti mostruosi di quelle bestie senz'anima. «Quanti sono morti per loro mano quel giorno?» disse Saarebas, ora al suo fianco. «Vuoi colpevolizzarti anche per la loro morte? Non è stata colpa tua.» a Dahlia faceva male la testa, la sentiva come se fosse in procinto di scoppiare da un momento all'altro. Si portò le mani al capo, chiudendo gli occhi di fronte a tanto orrore e sofferenza. «Basta! Basta!» urlò con tutto il fiato che aveva in gola. Ed arrivò il silenzio.
Riaprì lentamente gli occhi, temendo ciò che avrebbe visto. Era stesa sul letto nella sua stanza ad Antiva, con indosso gli stessi vestiti con i quali era partita per dare la caccia a Pretus. Si tirò su, e trovò la maga seduta ai piedi del proprio letto. «Sono confusa...» mormorò l'assassina, strappando un sorriso benevolo alla qunari. «Non è solo per cercare di farti capire che non hai colpa per tua madre se ti sto mostrando queste cose.»
«Me le stai...mostrando? Che vuoi dire?» la maga si volse completamente in sua direzione. «Concentrati Kadan. Cosa stavi facendo prima di risvegliarti nella tua vecchia casa?» La Corvo non capì subito il significato della domanda, ma tentò di accontentarla. Chiuse gli occhi. In effetti, non ricordava con precisione quand'era andata a dormire o cosa faceva in casa prima di farlo. Ma forse non era in casa, era altrove. Ma allora come poteva essere possibile tutto ciò? L'illuminazione avvenne all'improvviso. Riaprì gli occhi, e vide che si trovavano nell'Oblio. La luce verde e malsana, le immagini tremolanti, le ombre degli spiriti. «Stiamo sognando?» domandò all'altra, come si poteva essere coscienti in un sogno? «Si. Siamo nell'Oblio. Anche se tu non l'hai mai visto così...reale.» Dahlia fece un giro su se stessa, osservando l'ambiente circostante. «Ma com'è possibile? So che possono farlo i maghi, ma serve un sacco di lyrium, o sacrifici dei Maghi del Sangue...» per un attimo venne assalita dal dubbio, e guardò la maga con sguardo interrogativo. Saarebas sollevò il sopracciglio sinistro «Non lo penserai sul serio? Chi avrei sacrificato...Arnell?» le chiese con tono cinico «No! Mi dispiace, non volevo insinuare...» la maga fece un cenno frettoloso con la mano, interrompendola. «Lascia stare.»
«Allora come puoi entrare nell'Oblio così facilmente? E con un'altra persona...» Saarebas si mosse a disagio, grattandosi la nuca con la mano destra. «I Tev chiamano quelli come me Sominari, ma siamo più comunemente conosciuto come Sognatori. Ne hai mai sentito parlare?» l'assassina fece un cenno di diniego col capo. «Quelli come me sono estremamente rari...e pericolosi. C'è un motivo se quasi nessuno sopravvive a questa capacità.» Dahlia la ascoltava, cercando di concentrarsi e capire le sue parole. Non aveva mai sentito Saarebas parlare così tanto. «I nostri poteri sono forti, se coltivati e controllati. E questo purtroppo è fonte di grande interesse da parte dei demoni. Chi non sa controllarli, rischia di venir posseduto. Ed un abominio formato con un Sognatore è qualcosa di spaventoso. Se sono fortunati però, muoiono.» l'assassina si guardò attorno preoccupata «Demoni eh...» mormorò muovendosi avanti ed indietro. «Che altro puoi fare?» le domandò, tentando di focalizzarsi su di lei. «Posso addormentarmi in un luogo, ed esplorarlo. Scoprire i suoi segreti se voglio, sapere cos'è successo lì, o dove sono già stata, tramite i ricordi.» l'assassina corrugò la fronte, facendosi pensierosa «Un momento...Hunter Fell. Così sei venuta a sapere dove andare?» l'altra annuì «Posso anche far impazzire le persone nel sonno. Od ucciderle.» sul momento, la donna la guardò senza capire «Uccidere nel sonno? Ma...perchè non lo hai fatto con Pretus allora!?» Saarebas sospirò pesantemente «Ci ho provato, credimi. Ma non appena cerco di raggiungerlo sento una forte resistenza. Come se avesse una barriera che mi impedisse di raggiungerlo. Non mi era mai successo.» Dahlia si grattò il capo, sbuffando «Quindi, puoi entrare nella mente di chiunque?»
«Potenzialmente.» le rispose annuendo «Potresti aiutare Julian?» domandò con voce colma di preoccupazione e speranza. La maga vi pensò qualche istante. «Hai detto che sei...cinque maghi trattengono la sua mente. Ci posso provare, ma deve essere fisicamente con me, e deve dormire. Ma non ne sono sicura...non l'ho mai fatto. Se riuscissimo ad ammazzare qualche altro mago, sarebbe più semplice.» Dahlia le sorrise, in parte rincuorata. «Grazie. Ma perchè hai deciso di parlarmene ora?»
«Tu mi hai raccontato la tua storia, è giusto così.» si posò le mani sui fianchi «Ora però torniamo alla realtà.» Dahlia osservò i dintorni, cercando qualcosa di simile ad un uscita. «E come facciamo?» sentì l'impercettibile, bassa e roca risata della qunari. La guardò, e vide la sua immagine farsi più sfocata. «Devi svegliarti Kadan.»
L'assassina riaprì gli occhi. Era di nuovo nel suo sacco a pelo, all'interno di una delle molteplici grotte delle Vie Profonde. Alzò appena il capo, e vide Arnell e Zevran fare la guardia dinanzi al fuoco. Al suo fianco, Saarebas continuava a dormire tranquilla, il petto che s'alzava ed abbassava con ritmo regolare. L'assassina sorrise. Si fidava abbastanza da dirle il suo segreto, e da darle una speranza in più per Julian.

L'unica cosa negativa del Bronto? Quando espletava i suoi bisogni corporali dovevi cambiare galleria più veloce del fulmine o rischiavi di morire per intossicazione. Il loro risveglio purtroppo fu quello. Anzichè venir svegliati dai dolci raggi solari e dal profumo dell'erba fresca, lo furono dall'oscurità e dall'odore più pestilenziale che avessero mai sentito in vita loro.
Si alzarono in fretta e furia, raccogliendo le loro cose e cambiando tunnel quasi correndo a perdifiato, col Bronto dietro di loro che li seguiva con passo più placido. Saarebas lo strattonò per le briglie, imprecando in qunlat con espressione non proprio felice.
Arnell si accasciò contro una delle pareti, permettendosi di respirare a pieni polmoni solo quando non si sentiva minimamente l'odore infernale. «Pensavo di morire!» esclamò passandosi una mano sulla fronte. I tre si guardarono attorno, e si accorsero che mancava un membro della squadra. «Dov'è Dahlia?!» esclamò il balestriere, girando su sé stesso per guardarsi attorno.
«Wah!» un urlo stridulo arrivò dall'oscurità, mentre qualcosa pizzicava i fianchi del balestriere. Arnell urlò spaventato, incespicando sui propri passi sino a cadere. Fece per estrarre la balestra, ma l'unica cosa che vide fu Dahlia piegata in due, a ridere a crepapelle tenendosi le mani sul ventre. L'orlesiano divenne paonazzo per la vergogna e la rabbia, rimettendosi in piedi con gesti scomposti. «Brava! Ti sei divertita!?»
«Si tantissimo!» Arnell si spolverò i vestiti con gesto affrettato, puntandole poi contro un indice accusatore «Molto maturo da parte tua! Cercano costantemente di ucciderci e tu ti diverti a fare scherzi infantili!» lei annuì vigorosamente, strappando all'uomo un esclamazione seccata. «Smettetela di urlare.» si mise in mezzo la maga, mentre Zevran ridacchiava sotto i baffi. «Fate innervosire Sata-kas.» i tre la guardarono perplessi, mentre carezzava il collo del Bronto «Facciamo innervosire...chi?» domandò Arnell perplesso «Sata-Kas.» ripetè la maga, indicando loro il bestione. «Gli hai dato un nome?» Zevran aveva l'aria divertita mentre osservava la maga ed il bestione. «Che vuol dire?» chiese anche Dahlia, riprendendo a camminare per le gallerie. «Maglio.» rispose Saarebas, tirando l'animale per le briglie per farsi seguire. Arnell ridacchiò, beccandosi un occhiataccia dalla maga «Tu come lo chiameresti? Batuffolo?» i tre risero ad alta voce, mentre Zevran si accostò alla qunari sorridendole «Allora sai fare anche battute!» lei alzò appena le spalle, mentre si inoltravano fra le gallerie. «E Kadan che significa?» le chiese l'assassina. Saarebas non si sentiva a suo agio messa al centro dell'attenzione, ma fortunatamente erano tutte persone che conosceva. «Nel tuo caso, amica.» le disse per poi farle un pacato sorriso. «Perciò...» riprese Arnell «Io e Zevran siamo...com'era la parola...bas
«Lui è un bas. Una “cosa” un non-qunari.» rispose la maga indicando l'elfo, che non sembrò molto felice della definizione da come storse il naso. «Tu sei qalaba.» il balestriere continuò a fissarla, in attesa di una traduzione «Che vuol dire...» iniziò a dire lasciando la frase in sospeso. «È un tipo di mucca.» rispose lei continuando a camminare senza guardarlo «Una mucca molto stupida.» Zevran scoppiò a ridere, improvvisamente felice del suo soprannome mentre l'orlesiano divenne paonazzo «Al Bronto è andata meglio...» brontolò.
Parlarono poco durante il loro peregrinare nelle Vie Profonde. Più a lungo scendevano, più un forte e pungente odore iniziava a farsi sentire. «Non siamo molto lontani.» disse Zevran, grattandosi la punta del naso. «Questa puzza di corruzione me la ricordo fin troppo bene...» commentò sbuffando. Più scendevano, più capitava di trovare gallerie più basse, talvolta costringendo la qunari a camminare col busto piegato per non sbattere le corna e la testa. A volte essere così alti poteva essere problematico. Erano gallerie poco usate, di certo non ci potevano passare i più grossi dei Prole Oscura, tanto meno un Ogre, perciò non era il posto migliore dove cercare.
Cercarono tunnel più grandi, dove l'odore era più forte. Sata-kas iniziava a farsi più nervoso, talvolta bloccandosi con la necessità di venir strattonato per le briglie per continuare. «Guardate!» esclamò di colpo Dahlia, facendoli sobbalzare. Si chinò a terra, e Saarebas fece spostare la luce fluttuante su di lei per aiutarla a vedere con più chiarezza. Si era chinata sopra a ciò che rimaneva di un fuoco, ne sfiorò le ceneri con le dita, per poi posarvi tutto il palmo. «Sono fredde.» disse risollevandosi in piedi «Ma ora lo sappiamo, siamo sulla via giusta.» sorrise, prendendo a camminare con più decisione. L'indizio diede al gruppo un nuovo entusiasmo, permettendo loro di procedere con passo spedito. Nel tragitto incontrarono altre tracce, segno del passaggio di qualcuno.
Ad un certo punto, da una delle gallerie laterali sentirono il rumore metallico di armi che cozzavano fra di loro. Rumore di combattimenti. «Andiamo!» esclamò l'elfo estraendo le proprie armi e lanciandosi nel tunnel seguito dagli altri, la luce magica ad illuminare i loro passi. Qualcosa venne scagliato ai loro piedi, facendoli fermare all'improvviso in allarme. Arnell vi puntò contro la balestra, vedendo che si muoveva mentre Saarebas lo illuminò. «Fottuti bastardi!» disse quello, sollevando poi lo sguardo su di loro.
Era un nano armato di scudo ed accetta, ma con addosso un armatura assemblata così male che pareva avesse raccolto i pezzi al mercatino dell'usato. Sulla parte destra del volto aveva svariate cicatrici, ma al contrario di quelle di Saarebas che erano sottili e precise come risultato della tortura, le sue erano di diversa forma e grandezza, dovute a ferite subite in battaglia. Un naso grosso tipico dei nani, ma non tanto da risultare fastidioso, le orecchie grandi e leggermente a sventola. Aveva capelli neri rasati ai lati e leggermente più lunghi sopra, tutti scompigliati. Folti baffi che lasciavano però in vista le labbra, e che si andavano a collegare con la barba lunga circa quattro dita, sulle guance segni di barba incolta. Sulla fronte aveva un tatuaggio nero disegnato con linee spesse, simile alla punta di un triangolo rovesciato con un piccolo rombo al suo interno. Sugli zigomi due linee, una più grossa con una più sottile sopra.. «Un nano!» esclamò Arnell spostando l'arma «Ma và!?» esclamò lui rimettendosi in piedi con l'aiuto dell'elfo.
Urli mostruosi sopraggiunsero dalla galleria dalla quale era sbucato, facendoli voltare in quella direzione.
«Prole Oscura!» esclamò Dahlia con entusiasmo ed un gran sorriso mettendosi in posizione di combattimento, suscitando nel nano un espressione sbigottita «Sei pazza ragazza?!» non ebbe risposta, che davanti a loro si palesarono tre Genlock, due armati di arco e frecce, uno di pugnali. Ed un Hurlock, che imbracciava un pesante e rudimentale martello da guerra in pietra. I mostri non parvero preoccuparsi della presenza di altri quattro individui, lanciandosi per poterli attaccare indiscriminatamente.
Il nano si scagliò contro l'Hurlock, schivando per un soffio il pesante martello che si abbattè contro la parete facendovi apparire una ragnatela di crepe. Lo caricò con lo scudo, facendolo cadere rovinosamente a terra. Arnell si posizionò subito in fondo, prendendo la mira verso l'arciere posto a destra. Premette il grilletto della sua balestra, e fece partire un dardo che andò a conficcarsi direttamente nella gola del Genlock. Il mostro cadde a terra emettendo raccapriccianti gorgogli mentre affogava nel suo stesso sangue nero e corrotto. Dahlia si mosse con fluidità, i muscoli che rispondevano in maniera eccelsa dopo anni di duri allenamenti. Schivò una delle frecce dell'arciere sopravvissuto con un movimento fluido, deviandola con la lama dei pugnali affinchè andasse a cozzare contro la parete. Prima che potesse incoccare la seconda freccia, l'assassina riuscì a conficcargli uno dei suoi pugnali nel fianco, mentre con l'altro trapassò il suo cuore. Zevran era invece alle prese con il Genlock armato di pugnali, fortunatamente per lui non era uno dei nemici più eccelsi, difatti bastarono pochi colpi ben assestati per farlo crollare a terra in ginocchio e finirlo mozzandogli la gola.
L'Hurlock riuscì a levarsi di dosso il nano pochi istanti prima che che conficcasse la sua accetta nel torace. Sollevò il martello per finirlo. Ma sentì il gelo avvolgere le sue mani deformi e le sue braccia, facendolo crollare in ginocchio per via del peso del martello sul quale non aveva più una buona presa. Volse il capo verso la maga, le cui mani emettevano un intensa luce azzurra. Ruggì rabbioso verso di lei, ma l'urlo durò poco. Il nano gli mozzò la testa con un sol fendente, facendola rotolare via.
La quiete tornò d'improvviso così come era stata tolta, lasciando che nell'aria si sentissero solo i loro respiri. Il nano pulì l'accetta dal sangue mefitico delle bestie contro i suoi già luridi cosciali, per poi assicurarsela in vita e mettere lo scudo dietro la propria schiena. «Grazie per l'aiuto.» disse ai quattro con un cenno del capo. La qunari gli si avvicinò, inginocchiandosi a terra per osservarlo meglio, fece un gesto con la destra, ed il globo di luce si spostò su di loro. «Sei ferito?» gli domandò analizzandolo brevemente. Solo ora ebbe modo di osservare i suoi occhi. Sotto le spesse sopracciglia scure aveva occhi con le iridi di un azzurro particolare, talmente chiaro da essere quasi bianco ma con venature che rasentavano il blu. Il nano la studiò con altrettanto interesse «Non avrei mai pensato di vedere uno di voi giganti, figuriamoci qui nelle Vie Profonde!» esclamò per poi passare agli altri, prendendosi qualche secondo anche per loro. Evidentemente non aveva mai visto alcuna razza al di fuori della sua. «Si, sto bene.» rispose infine, incrociando le braccia davanti al petto.
«Che ci fai qui sotto senza equipaggiamento?» domandò Dahlia affiancandosi all'amica, ora ritornata in posizione eretta. Era pur sempre vero che quella era praticamente casa dei nani, ma senza nemmeno una borraccia d'acqua? Il nano scosse il capo, assumendo un espressione contrita. «Sono qui sotto da giorni...non avreste qualcosa da mangiare?» domandò con voce fiaccata dalla stanchezza. Arnell prese della carne secca e dell'acqua da una delle varie bisacce appese al Bronto, porgendogliele. Il nano fece loro un cenno di ringraziamento, mettendosi a mangiare e bere con calma a dispetto della fame. «Perchè non ci spostiamo da qui prima di venir corrotti, così puoi dirci chi sei?» suggerì saggiamente l'elfo. «Seguitemi, scappando sono passato accanto ad una fonte sotterranea.» rispose il nano, facendo loro strada. Tutti furono ben felici di seguire il suo consiglio. Scavalcarono i cadaveri di Prole Oscura, facendo ben attenzione a non entrare in contatto col loro sangue.
Il nano li diresse ad una grotta sotterranea, parzialmente illuminata da alcuni funghi delle profondità grazie alla loro bioluminescenza bluastra. Al centro di essa vi era una grande pozza d'acqua, stranamente cristallina. Dahlia toccò le pareti, trovandole tutte più fredde ed umide «Dobbiamo essere sotto un corso d'acqua.» ipotizzò, mentre Arnell si inginocchiava davanti la pozza per immergervi letteralmente il capo. Ne uscì alcuni secondi dopo, la barba ed il volto grondanti d'acqua. Lo raggiunse anche Sata-Kas, il quale invece vi si abbeverò con lentezza.
«Allora, chi sei?» domandò Zevran, poggiandosi con la schiena ad una delle fresche pareti. Saarebas si sedette, mentre Dahlia prendeva a pulire meticolosamente le sue lame con uno straccio. «Mi chiamo Rengar Thaler.» gli rispose finendo di masticare la carne secca. «Faccio....facevo parte della casta dei minatori.»
«E che ci fai quaggiù?» domandò Dahlia arricciando il naso. Rengar tentennò qualche istante «Sono stato condannato a morte.» confessò infine, guardandosi le mani forti e coperte di calli,
Arnell s'irrigidì all'istante, facendo saettare lo sguardo fra i compagni con preoccupazione evidente, ricevendo in risposta però solo indifferenza. Chi più, chi meno, avevano tutti un passato non esattamente roseo alle spalle. «Da quanto sei qui?» gli chiese Saarebas, giocherellando con i capelli stretti nei nastri rossi. «Giorni...chissà, forse più di una settimana.»
«Il focolare che abbiamo trovato, era tuo?» il nano si limitò ad annuire. Dahlia calciò un sasso in acqua «Oh merda!» esclamò, prendendo a calci altri sassi e spedendoli tutti in acqua «Merda! Merda! Ed ancora merda!» alzò progressivamente la voce, facendola rimbalzare sulle pareti. «Ragazza, non è saggio quello che fai.» l'ammonì Rengar sollevano la mano destra.
«Al diavolo!» disse lei voltandosi a guardarlo «Pensavo che finalmente fossimo sulle loro tracce! Come fanno ad essere sempre un passo avanti a noi quei brutti figli di..!»
«Calmati Kadan.» la riprese a bassa voce la qunari, continuando a guardare il nano «Hai visto altri oltre a noi qui sotto? Cerchiamo degli umani.» il nano si fece pensieroso. Alzò gli occhi verso il soffitto, carezzandosi distrattamente la barba. «In effetti....si.»
Tutti loro scattarono sull'attenti, i nervi tesi come corde di violino. «Dev'essere stato due giorni fa, forse tre. Li ho sentiti, parlavano in una lingua che non conosco. Uno di loro sembrava particolarmente arrabbiato. I toni non mi piacevano, così ho deciso di girare al largo, anche se mi serviva aiuto. Mi davano l'impressione che con loro sarei caduto dalla padella alla brace.»
«Ed hai fatto bene!» gli disse l'assassina, sedendosi di fronte a lui. Gli riassunse brevemente la loro situazione, chi fossero gli uomini che inseguivano e perchè. «Stiamo girovagando nel buio da giorni, perciò non ci potresti aiutare?» gli propose, sbattendo le lunghe ciglia scure «Tu ci aiuti a trovare i Venatori, e noi poi ti aiutiamo ad uscire di qui con noi. Che ne pensi, affare fatto?» Rengar non ci pensò neanche un secondo. Allungò la mano verso la ragazza, stringendola con decisione «Gli Antenati mi sorridono!» esclamò con un largo sorriso, vedendo in quel favore reciproco la sua salvezza.

Durante il tragitto che seguirono, si scambiarono informazioni utili riguardo la loro impresa, soffermandosi con gran cura su quanto Pretus fosse il più grande bastardo di tutti i tempi. «A proposito.» disse poi Dahlia, soffermandosi a guardare il balestriere «Sbaglio, od al tempio ti ha chiamato “mezzelfo”?» Arnell si irrigidì visibilmente, iniziando a giocherellare con il quadrello della sua balestra. «Hai sentito bene.» le rispose con voce tirata, guardandoli tutti di sottecchi. «Ricordate quando ho detto a mastro Tethras che Pretus aveva sacrificato mia madre? Beh...mio padre era un umano. Un mercante di Orlais. Incontrò mia madre durante i suoi viaggi, lavorava in uno dei negozi con i quali faceva affari. Mia madre era un'elfa bellissima, aveva lunghi capelli color del grano e grandi occhi dorati come il sole. Io ho preso più da mio padre, di media altezza, capelli ed occhi castani. Di mia madre ho solo gli occhi, e non sono nemmeno lontanamente paragonabili ai suoi...» vi era nostalgia nella sua voce, ma anche un grande affetto e dolore, un sorriso triste sulle labbra. «Mia madre era rimasta sola, mentre la famiglia di mio padre, i miei nonni, fecero di tutto per dissuaderlo. Mio padre non li ascoltò e la sposò comunque, guadagnandosi di venir diseredato. Ci pensate? Era il loro unico figlio e l'hanno abbandonato solo perchè si è sposato con una donna di razza diversa. Bastardi.» sospirò pesantemente, per poi continuare. «Dopo qualche anno nacqui io, e continuammo la nostra tranquilla vita ad Orlais fra i pregiudizi e l'ignoranza della gente. Non ci importava, eravamo felici assieme. Mia madre era brava a tirare con l'arco, ce l'aveva nel sangue. Io ero affascinato da quell'arte, ma preferivo la balestra, fu lei ad insegnarmi come usarla. Andò avanti così fin quando compii diciassette anni. Allora mio padre aveva iniziato a fare affari anche con gente della casta nobiliare. Alcuni erano brava gente, altri decisamente no. Si inimicò uno di questi in particolare, il quale lo prese in antipatia. Fece una falsa denuncia alle guardie, dicendo che la merce di mio padre era merce rubata. Perdemmo tutto.» si portò la mano al collo, giocherellando con un ciondolo raffigurante il sole della Chiesa. «Fummo costretti a trasferirci, fu così che finimmo nel Tevinter. Mio padre non riusciva a trovare lavoro, gli arrivavano solo offerte per comprare mia madre come schiava. Poi un giorno arrivò Pretus. Sembrava così gentile ed affidabile...offrì a mio padre ed a me un lavoro come servitori. Ci disse che mia madre avrebbe dovuto passare per schiava viste le usanze del Tevinter, ma che l'avrebbe trattata bene. Eravamo così disperati ed affamati...ci cascammo in pieno. Inizialmente andava tutto bene. Lavoravamo sodo, ma venivamo pagati ed avevamo un tetto sulla testa. Ma arrivò quel giorno e...» sentì una presa delicata sulla spalla. Voltò il capo, e vide Dahlia guardarlo con occhi pieni di comprensione. «Non sei costretto a continuare.» gli disse, ben sapendo quanto fosse difficile parlare di argomenti così delicati. Arnell prese un respiro profondo «Prese mia madre, e la usò in uno dei suoi schifosi sacrifici di sangue per aumentare i suoi poteri ed il suo pregio. Mio padre scoprì l'accaduto e decise di vendicarla. Ma Pretus era troppo forte per lui. Morì sullo stesso altare dove venne sacrificata mia madre.» strinse i pugni sino a far sbiancare le nocche, cercando di controllare il tremito delle proprie spalle mentre l'ira lo possedeva come un demone. «Non potei fare nulla. Fui costretto a scappare via come un coniglio con i mastini alle calcagna. Ma feci voto ad Andraste di vendicare i miei genitori per la loro infausta morte. Non ho mai dimenticato Pretus. Vorrei appenderlo al muro e riempirlo di dardi sino a renderlo irriconoscibile!» esclamò infine, il respiro reso irregolare dalla collera.
Gli altri lo ascoltarono in silenzio, scambiandosi sguardi silenziosi. Nonostante i suoi modi impulsivi e timorosi aveva una gran forza di volontà. «Diamine...» mormorò Rengar dopo quella che parve un eternità «Non è difficile capire perchè vogliate la sua testa.»
Per un po' proseguirono in silenzio, non sentendosela di dire alcunchè al balestriere rischiando di sembrare inopportuni o dargli l'impressione che lo compatissero.
Rengar si fermò di colpo, rischiando di far inciampare Zevran su di lui. «Che succede?» domandò l'elfo in allarme, ponendo istintivamente le mani sull'elsa dei propri pugnali. Il nano gli fece cenno di stare zitto, mentre s'avvicinava alla parete. Vi posò una mano, chiudendo gli occhi nel concentrarsi ad ascoltare la pietra. Rimase così per qualche secondo, per poi riaprire gli occhi di ghiaccio e posarli sul gruppo «Si sta avvicinando un gruppo di Prole Oscura.» disse estraendo la propria accetta. Tutti lo imitarono, imbracciando le proprie armi ed invocando incantesimi. «Non potrebbero essere i Venatori?» chiese Dahlia speranzosa «Sono troppi, e sono passi tutti diversi, alcuni preoccupantemente pesanti...» 
I grugniti ed i ruggiti dei mostri iniziarono ad arrivare sino a loro, rimbombando nelle gallerie senza dar loro modo di capire da che direzione precisa venissero. «Forse è meglio levarsi di torno.» suggerì Arnell, perdendo all'improvviso tutta la sua baldanza. «Buona idea.» rispose l'elfo, per poi correre in un'ampia galleria alle sue spalle, che andava ad allargarsi mano a mano che procedevano.
I loro passi e le loro voci attirarono l'attenzione dei Prole Oscura, che lanciarono l'allarme per poi lanciarsi al loro inseguimento. «Continuate a correre!» urlò Rengar, cercando di star loro dietro, mentre il Bronto se la dava saggiamente a gambe andando a nascondersi dietro delle formazioni rocciose che potevano fungere da nascondiglio. La galleria si allargò sempre di più, sino a farli ritrovare in un ampia caverna sotterranea. Arnell continuò a correre a perdifiato, per poi sentire improvvisamente la mano di Zevran che lo afferrava per il braccio impedendogli di proseguire. Inizialmente non capì, almeno sinchè non abbassò lo sguardo. 
Il pavimento della caverna era crollato, davanti a lui vi era un baratro il cui limitare era a forma di cuneo. Sotto ad esso, solo un accecante oscurità ed una promessa di morte certa. «Un vicolo cieco...» mormorò voltandosi, per vedere la galleria venir illuminata dai fuochi dei mostri «Un vicolo cieco! Siamo spacciati! Non possiamo morire così! Siamo tutti Morti! Mor-!»  venne interrotto bruscamente dal ceffone dell'assassina, che lo riportò alla realtà. «Che fine hanno fatto quei discorsi su Pretus!? Se muori qui non vendicherai mai la tua famiglia!» il balestriere dapprima la guardò basito, poi annuì vigorosamente, imbracciando la balestra con più sicurezza, nonostante le gambe tremanti. Iniziò a bassa voce a mormorare una preghiera per il Creatore ed una per Andraste, posando delicatamente le dita sul grilletto della balestra.
Zevran si nascose nel buio, in agguato come un felino predatore, acquattato fra le ombre con le lame sguainate impregnate di una tossina capace di nuocere persino a quei mostri. Rengar era praticamente in prima fila, dietro di lui Dahlia in un'elegante e fluida posa da combattimento con affianco Saarebas, i cui palmi erano avvolti dalle fiamme.
Non appena i primi Prole Oscura si riversarono nella galleria, la maga evocò un muro di fiamme che impedì ad alcuni di passare e bruciando coloro che vi misero sopra piede. I Dardi di Arnell iniziarono a volare con precisione, mancando raramente i bersagli. Ma fu chiaro sin da subito che non si trattava di una piccola pattuglia come quella precedentemente incontrata. Alcuni mostri sembravano spaventati dal fuoco, altri invece vi passarono attraverso ignorando il fuoco che attaccava le loro carni.
Rengar si lanciò all'attacco con un urlo, atterrando un Genlock per poi spaccargli il cranio in due con l'accetta. Zevran sembrava sbucare dalle ombre stesse, pugnalando i nemici con precisione chirurgica, per poi allontanarsi e quasi sparire. Saarebas lanciava i propri incantesimi a desta ed a manca, traendo il potere per farlo dall'Oblio, costretta però a rimanere costantemente vigile nel timore di attrarre lo sguardo caparbio di qualche demone. Dahlia le rimaneva vicino, con l'intento di difenderla per evitare che i mostri le impedissero di lanciare incantesimi. Dalle mani della qunari si sprigionava la furia degli elementi. I fulmini piovevano sui nemici, alcuni rimanevano bloccati nel ghiaccio mentre altri calpestavano glifi di fuoco che li carbonizzavano sul posto. Ma per quando ardui fossero i loro sforzi, l'afflusso d mostri sembrava non avere fine.       
Uno dei Prole Oscura sfuggì alla difesa di Dahlia, lanciandosi contro di Saarebas a spada tratta. La colpì al bicipite sinistro con un largo fendente, dal quale schizzò sangue cremisi sul volto del mostro. La maga urlò, per poi voltarsi e trapassare il petto del malcapitato con uno spuntone di puro ghiaccio. Il gruppo iniziò lentamente a ripiegare e la maga evocò una barriera di ghiaccio che bloccò momentaneamente il loro avanzare. «Così non va bene!» esclamò Zevran, tergendosi la fronte dal sangue, aveva una fastidiosa ferita che continuava a sanguinare sino al suo occhio, annebbiandogli la vista. Rengar si teneva una mano premuta ad un profondo taglio alla gamba destra che lo faceva zoppicare vistosamente. Arnell aveva qualche graffio, solo leggere ferite superficiali. Dahlia si portò la mano al polpaccio sinistro, estraendovi con un gesto secco una feccia che l'aveva centrata in pieno. Saarebas sembrava non far caso alla ferita al braccio, sebbene le impedisse di muoversi agevolmente e continuasse a sanguinare copiosamente.
I colpi alla barriera di ghiaccio erano sempre più forti e violenti, per quanto fosse spessa, iniziarono a crearsi le prime crepe. La maga iniziò a tracciare sul terreno davanti al muro di ghiaccio molteplici glifi, cercando di rimanere concentrata. Aveva il fiato corto, la fronte imperlata di sudore ed il cuore che batteva a mille. Per i maghi era rischioso spingersi oltre un certo limite, per lei ancora di più. Sapeva di poter fare meglio di così, molto meglio, ma aveva paura. Senza Arvaarad a controllarla, non si sentiva sicura a spingersi oltre. Un solo passo falso, uno scivolone, ed in quello stesso momento avrebbe potuto tramutarsi nell'abominio più spaventoso che il mondo avesse mai visto da secoli. Se fosse accaduto, i Prole Oscura sarebbero stati l'ultimo pensiero dei suoi compagni.
La barriera venne infine rotta ed i mostri ripresero ad avanzare. Molti trovarono la morte sui glifi, e per i colpi dei suoi compagni. Ma uno di loro riuscì a superarli, calpestando i loro stessi cadaveri per poi lanciarsi all'attacco. Il generale Hurlock portava un armatura pesante ed imbracciava un ascia a due mani degna del più temibile fra i boia. Gli altri vennero sommersi dai piccoli e sfuggenti Genlock, mentre l'Hurlock caricava senza dar l'impressione di aver un obbiettivo preciso.
Infine si scagliò contro la maga e l'assassina, imbracciando con ambedue le mani l'ascia. Compì un movimento semicircolare da destra a sinistra, un fendente così largo da poter tagliare entrambe in due. Dahlia si fece scudo con i suoi pugnali, ma la forza dell'impatto fu così forte da costringerla a lasciarli andare, rotolando oltre il limitare del burrone. Si riuscì ad aggrappare ad una roccia in posizione precaria a meno di un metro dal limitare del burrone. La sentì tremare sotto il suo peso, non riuscendo a trovare un punto dove agganciarsi con i piedi, la gamba ferita che protestava per lo sforzo. «Cazzo cazzo cazzo!»
Anche Saarebas vide l'ascia venirle incontro, ma i suoi muscoli non riuscivano ad obbedire, i riflessi lenti. Riuscì ad indietreggiare appena,  prima di venir colpita in pieno petto. Le tre catene che reggevano il suo collare si spezzarono, facendola cadere a terra per l'impatto. Esso le si sfilò di dosso, rotolando verso il limitare del burrone. L'orrore si dipinse nei suoi occhi, mentre si alzava con movimenti scomposti per correre dietro ad esso, evitando per miracolo un altro colpo d'ascia che si abbattè contro il terreno. Lo vide cadere, e si spinse con tutto il busto oltre il precipizio, allungando la mano destra per prenderlo. Riuscì ad afferrare una delle catene per miracolo, arrestando la sua caduta. Il collare era incredibilmente pesante, e nell'afferrarlo in quel modo con la forza di gravità che lo portava verso il basso, sentì la sua spalla slogarsi per lo sforzo improvviso ed eccessivo per il suo corpo. Urlò di dolore, posando la mano sinistra sul limitare del baratro per mantenere l'equilibrio. Cercò di trascinarsi indietro per aiutarsi, guadagnando appena qualche centimetro. Passi pesanti provennero dalla sua sinistra, e vide l'Hurlock guardarla con furia ceca nello sguardo vitreo. Sollevò l'ascia, per poterla finire decapitandola. La maga sollevò la sinistra, scagliando un fulmine dritto contro di lui. Il corpo dell'Hurlock venne scosso dalle convulsioni, mentre lasciava cadere alle sue spalle l'ascia. Perse l'equilibrio e per poco non cadde a sua volta dal precipizio. Riuscì ad aggrapparsi al bordo, per un pelo, imprecando con una serie di grugniti e ruggiti. Sollevò una delle mani, afferrando la qunari per l'avambraccio sinistro, costringendola con tutto il busto a terra per cercare di risollevarsi. Per un attimo Saarebas pensò che le si sarebbe staccato il braccio destro, ma non poteva mollare. Le fiamme avvolsero la sua mano sinistra, fiamme che si andarono a riflettere negli occhi color salvia, mentre schiacciava la sua grande mano sul volto del mostro, che iniziò ad urlare senza però mollare la presa «Katara, bas! Ebost issala!2» sibilò lei con voce feroce, per poi far divampare le fiamme lungo tutto il corpo della bestia. I suoi urli di dolore divennero assordanti, mentre finalmente lasciava la presa, cadendo nel buio.
«Saarebas!» urlò Dahlia, cercando di aggrapparsi con tutte le sue forze alla roccia che ancora le impediva di schiantarsi dal baratro. Cercava di aiutarsi con i piedi a salire, per raggiungere il limitare del baratro e potervisi aggrappare con ambedue le mani e sollevarsi da sola. Ma le pietre sotto i suoi stivali si sgretolavano ogni qual volta faceva pressione, e la gamba le doleva facendola scivolare un po' più in basso e muovendo pericolosamente la roccia alla quale si reggeva. Il panico si impossessò di lei quando ebbe la pessima idea di abbassare lo sguardo. L'oscurità era l'unica cosa visibile. Non sapeva di quanti metri fosse la caduta, e non ci teneva certo a scoprirlo in prima persona. Il cuore batteva spasmodicamente, così come il suo respiro incontrollato «Aiutatemi!»
Il braccio sinistro della qunari sanguinava copiosamente, aumentando la fuoriuscita dell'emorragia ogni qual volta i suoi muscoli compivano uno sforzo. Sporta oltre il precipizio, dava la schiena alla posizione in cui era la Corvo, le mani erano scivolose per via del sangue, e la spalla destra slogata le mandava scosse di dolore che percorrevano tutto il suo corpo. A quel baratro sembrava non esserci fine, se le fosse caduto, non lo avrebbe ritrovato mai più. Le urla dell'assassina giungevano alle sue spalle, forti e bisognose d'aiuto. «Resisti Kadan!» esclamò a denti stretti, senza sapere se l'avesse sentita. Alzò il capo per vedere dove fossero Zevran, Arnell e Rengar, potevano soccorrere loro la donna. Ma come li guardò, si rese conto che erano l'unica ragione per la quale i mostri non le avevano ancora sommerse. Cercò di risollevare il collare, ma come piegò il braccio destro l'ennesima fitta la percorse, facendola urlare di dolore e frustrazione.
Dahlia era allo stremo delle forze, iniziava a non sentire più i muscoli delle braccia. Non capiva, perchè nessuno riuscisse ad aiutarla. Gli urli dei mostri e della battaglia in corso erano assordanti, rimbalzavano sulle pareti creando un eco spaventoso. Forse erano troppo impegnati a combattere. Perciò le rimaneva un unica soluzione. Salvarsi da sola.
Cercò di rendere regolare il suo respiro, chiamando a raccolta le ultime forze che le erano rimaste. Puntò gli stivali in due incavi della roccia ignorando il dolore alla gamba, flettendo appena le gambe ma senza far ancora pressione. Si aggrappò alla roccia con più fermezza, prendendo due respiri profondi. Doveva tentare il tutto per tutto, non aveva altra scelta. Fece mentalmente il conto alla rovescia, chiudendo gli occhi per concentrarsi ed estraniarsi dalla confusione.
Fece leva con le gambe e con le braccia, spingendosi in avanti per poter compiere il balzo che l'avrebbe riportata con le mani sul limitare del baratro.
La pietra si sgretolò sotto ai propri piedi non appena vi fece pressione, mentre la roccia alla quale si era aggrappata tutto quel tempo si staccò. Per un istante, sentì il proprio corpo rimanere sospeso in aria, come se non avesse peso. Nella sua mente vi fu un susseguirsi di rimpianti, dolore e delusione. Urlò, mentre sentiva la forza di gravità piombarle sulle spalle per trascinarla verso il basso.
Sentì una forte presa al polso destro, mentre tutto il peso del suo corpo si caricò sulla spalla per via dell'inaspettato scossone. Urlò di dolore e sorpresa, alzando lo sguardo per vedere quale dei suoi compagni l'avesse fermata ad un passo dalla morte. Vide Saarebas spinta oltre il limitare del precipizio con tutto il busto, in volto un'espressione dolorante ed affaticata. «Forza Kadan!» le disse mentre l'assassina stringeva a sua volta la mano attorno al suo polso. Dahlia cercò di aiutarsi con il braccio libero e le gambe per non fare il peso morto, mentre anche l'altra tirava per poterla trarre il salvo. Riuscì ad afferrarle ambedue le mani ed all'ultimo tratto le diede uno strattone, riportandola con i piedi per terra. Caddero ambedue contro il terreno, il petto che si alzava freneticamente per lo sforzo e la paura. La Corvo si mise a fatica seduta, il corpo scosso dagli spasmi, mentre voltava il capo verso la maga. Era stesa sulla schiena, aveva il capo voltato dall'altra parte, perciò l'assassina non riuscì a vedere la sua espressione. «Saarebas...» la chiamò con un filo di voce, mentre questa si alzava lentamente in piedi dandole le spalle. Vide il sangue lungo tutto il suo braccio sinistro, scendere dalla ferita sul bicipite e gocciolare dalla punta delle sue dita verso terra, la spalla destra in una posizione innaturale. 
La maga avanzò verso i tre compagni che tenevano testa ai loro nemici. Superò il balestriere nelle retrovie mentre scagliava dardi a destra ed a manca. Le urlò qualcosa, ma la qunari non lo sentì. Sollevò il braccio sinistro, facendo un rapido gesto da destra a sinistra. Fra Rengar ed i Prole Oscura esplose un muro di fiamme ruggenti, che illuminò tutta la caverna a giorno. Zevran fece un balzo indietro per non farsi male a sua volta, venendo superato dalla maga che si pose proprio dinanzi le fiamme. 
Sollevò ambedue le braccia, alzando il capo verso il soffitto della caverna. Le pareti tremarono pericolosamente, ma non una sola roccia si staccò dalle pareti o dal soffitto. Dal terreno le fiamme si levarono con la potenza di un Alto Drago toccando il soffitto, in un vortice che portava con sé solamente dolore e morte. Gli urli di dolore disumano delle creature riempirono l'ambiente in men che non si dica, l'odore di carne contaminata che bruciava era così intenso e disgustoso da far lacrimare gli occhi. I mostri si agitavano, correndo e sbattendo fra di loro in preda al panico ed al dolore. Era uno spettacolo raccapricciante.
Saarebas fece un altro passo avanti, sollevando la gamba destra per poi sbattere il piede a terra. Dal colpo si sprigionò un'onda d'urto fatta di puro gelo, che investì i nemici congelandoli sul posto assieme alle fiamme che imperversavano. C'era qualcosa di affascinante in quell'orrore, le loro espressioni rabbiose e sofferenti, le fiamme cocenti, tutto bloccato nel ghiaccio come se non fosse altro che una raffinata statua. Un gesto della sinistra, ed evocò una catena di fulmini che cadde su di loro, distruggendo e sgretolando il ghiaccio. Passò il rombo del tuono ed all'improvviso il silenzio regnò sovrano. Come se non fosse stato null'altro che un terribile incubo. Dove poco prima vi erano i Prole Oscura, non rimanevano altro che polvere e ghiaccio sgretolato, reso rosso dai pezzi delle loro membra congelati in esso.
I quattro compagni alle spalle della maga la guardavano con stupore indescrivibile negli occhi. Era la prima volta che la vedevano sguinzagliare tanta potenza e violenza senza batter ciglio. Saarebas fece un passo indietro, la videro barcollare pericolosamente. Dahlia si fece avanti per aiutarla, ma la vide lanciarsi e sbattere con forza la spalla destra contro una delle pareti. Si udì un “crack” preoccupante, mentre l'osso della spalla tornava al suo giusto posto.
Barcollò sino al limitare del precipizio, davanti al quale cadde in ginocchio. I compagni la raggiunsero, Dahlia si inginocchiò al suo fianco, esaminando la profonda lacerazione al bicipite. Guardò le sue mani e notò tante piccole vesciche lungo i suoi palmi ed i suoi polsi, la gamba era ricoperta da un sottile strato di ghiaccio mentre l'energia elettrostatica percorreva la sua pelle. La magia invocata era stata tanto forte e violenta da riversarsi in parte anche su di lei.
Vide le spalle della qunari tremare ed alzò lo sguardo sul suo volto. Solitamente le emozioni, come le espressioni, della maga erano smorzate e controllate, appena percepibili. Non questa volta.
Il volto di Saarebas era deformato in una straziante maschera di puro dolore. I tratti del volto contratti, gli occhi lucidi ed il respiro irregolare. Fissava il baratro come se le avesse strappato una parte di sé. I suoi occhi color salvia scrutavano nell'oscurità senza vedere.
Era stata costretta a fare una scelta. Il suo collare, uno degli oggetti che la identificava fra la sua gente per ciò che era. Certo, aveva anche la maschera, ma il vero simbolo era il suo collare, l'essenza del Saarebas. In quell'oggetto c'era lei, c'era la sua anima. Oppure la vita di Dahlia, l'umana che l'aveva salvata da una vita di sofferenza, schiavitù ed umiliazione. Che l'aveva accolta come sua compagna, con la quale condivideva un'avventura e con cui aveva stretto un legame di amicizia. «Saarebas...» le sussurrò l'amica con la voce colma di preoccupazione, posandole delicatamente una mano sull'avambraccio destro.
La qunari ricambiò il suo sguardo, l'assassina non vi aveva visto tanto dolore nemmeno quand'era incatenata come un animale nelle segrete del Magister. La maga sbattè le palpebre, e calde lacrime scesero lungo le sue gote, soffermandosi sulle sottili e molteplici cicatrici del suo viso, per poi morirle sulle labbra. Alla maga iniziò ad annebbiarsi la vista, vedeva tutto confuso, l'immagine di Dahlia che pareva ondeggiare ed a tratti sdoppiarsi. «Non potrò mai più tornare a casa...» mormorò a fil di labbra, prima di accasciarsi al suolo, perdendo i sensi.
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Note dell'autrice:
Ciao a tutti, e grazie per continuare a seguirci! *3*
Il nostro elfo furbacchione preferito resterà con la banda ancora un pò a quanto pare! Spero non vi dispiaccia averlo in mezzo ai piedi! Muahahah! 
Aaaaaaah le Vie Profonde! Anche se in parte mi spiace ammetterlo, in DA:O è stato il punto da giocare che ho trovato un pò più noioso. 
Spero che il mio capitolo non vi abbia condannati ad una lettura noiosa!
Ho poi un paio di piccole segnalazioni da farvi!
Per prima cosa mi duole avvertirvi che, causa lavoro, la pubblicazione dei capitoli avverrà con un ritmo più lento rispetto a quello a cui vi abbiamo abituato. Lunete ha iniziato a lavorare a ritmo serrato, perciò vi chiediamo scusa in anticipo per i ritardi!
Seconda e ultima! Rubacchierò il sistema che ho notato nella FF di Black Friday, ovvero "La Canzone dell'Inquisitore" (che per altro vi raccomando di leggere!) di segnalare a fine del capitolo spiegazioni riguardo terminologie particolari, o per lo più nel mio caso traduzioni di frasi qunlat, elfico, nanico ecc...che metterò dopo le noe d'autore. Comincerò con questo, ma modificherò anche i capitoli precedenti, perciò se vorrete sbirciare indietro ora c'è tutto!
Grazie ancora per essere con noi, ed ancora una volta vi chiediamo di segnalarci gradimenti o critiche tramite recensioni! 
Un abbraccio!
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0 (Titolo) La vittario si trova nel Qun
1 Testa di bue 
2 Muori Cosa! Ritorna alla polvere!

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Capitolo 8
*** Non si fugge ***




Dahlia rimase interdetta per un secondo: Saarebas non era mai crollata in quei tre mesi di viaggio, mai, nemmeno quando Pretus era sfuggito loro di nuovo per poco. Le bagnò la fronte con una pezza, osservandola mentre si agitava nel sonno. Le ferite riportate dalla qunari durante la battaglia contro i Prole Oscura erano state le peggiori, ma Dahlia era riuscita a sfruttare le sue conoscenze in erboristeria, preparando degli impacchi curativi. Ne aveva preparati anche per i suoi compagni, anche se Arnell l'aveva guardata con una certa diffidenza, prima di accettare il suo aiuto.
«Da quanto tempo saremo qui?» chiese l'orlesiano con tono sconsolato.
«Forse da qualche ora, non di più» rispose Rengar, sospirando.
«Dovremmo muoverci, le provviste erano già poche quando eravamo in quattro, figurati ora che siamo in cinque...» rincarò la dose Arnell.
A quelle parola Dahlia scattò in piedi, piantandosi di fronte all'uomo «E dimmi, cosa vorresti fare con Saarebas? Vorresti abbandonarla qui?»
«No, io non...»
«Allora smettila di piagnucolare! Lei ha quasi dato la vita per salvarci...ha sacrificato sé stessa per noi! Per me...» disse Dahlia, con tono via via sempre più alto, prima di lasciarsi sfuggire un singhiozzo.
«Come se io non fossi stato lì! Ti ricordo che sei stata tu quella che è caduta dal burrone!» esclamò Arnell sulla difensiva.
Un lampo d'ira passò nello sguardo della Corvo, la quale avanzò di un altro passo con fare minaccioso, ma la sua avanzata fu prontamente bloccata da Rengar.
«Calmi voi due! Ci manca solo che iniziamo a litigare tra di noi!»
Dahlia voltò le spalle al nano e al balestriere, tornando a prendersi cura della qunari.
«Buone notizie!» esclamò Zevran, tornato dalla sua perlustrazione «La qunari ha fatto fuori un ogre ancora prima che avessimo il tempo di accorgerci della sua presenza!».
Scaricò un grosso fagotto ai piedi di Dahlia, la quale aggrottò la fronte e chiese «E quello cos'è?»
«Secondo te? C'era un corno ancora intero!» spiegò compiaciuto l'elfo.
«Oh Zevran! È magnifico!» esclamò la ragazza, abbracciando di slancio il biondino.
«Ehi ehi, calma tesoro! Se desideravi tutto questo contatto fisico non dovevi far altro che dirmelo!»
«Beh, a quanto pare c'è qualcuno che va piuttosto d'accordo tra di noi» borbottò cupo Arnell.
Dahlia si staccò subito dall'abbraccio, facendo la linguaccia ad entrambi i compagni di squadra.
«In ogni caso non vorrei fare il guastafeste, ma non abbiamo ancora traccia dei Venatori. E, per quanto ne sappiamo, potrebbero aver trovato un altro ogre!» disse Arnell.
«Su questo posso rassicurarti» disse Rengar «Dopo il Flagello gli ogre sono praticamente scomparsi, abbiamo avuto parecchia fortuna a trovarne uno. Sempre se si può parlare di fortuna».
«Dunque dobbiamo solo trovare i Venatori e...»
«Oh, per quello non dovrete faticare a lungo» disse una voce sconosciuta alle loro spalle.
Si voltarono tutti e tre, trovandosi davanti quattro magister ed una figura incappucciata. Dahlia sgranò gli occhi: aveva già visto quella mantellina, durante la sua visita nella Grande Necropoli.
«Julian» disse con un filo di voce.
Il ragazzo si scoprì il volto, mostrando di nuovo quel ghigno crudele, totalmente fuori luogo nel suo bel viso «Ancora mi chiedo come tu faccia a sapere come mi chiamo, ma questo sarà irrilevante nel momento in cui ti taglierò la gola!»
«Simpatico il tuo amico...»
«Arnell, taci!»
«Avete qualcosa che ci interessa» disse il magister che aveva parlato poc'anzi, un uomo dalla pelle color avorio e capelli rossi e radi «consegnatecelo e nessuno si farà del male!»
«Ora capisco perché i Tev non piacciono a nessuno: arroganti e spocchiosi, figurati nella loro versione malvagia!» commentò sarcastico Rengar, prendendo in mano ascia e scudo, preparandosi alla battaglia.
«Sapete benissimo che non ve lo daremo mai! Perchè perdete tempo in chiacchiere?» li sfidò Dahlia, forse con troppa audacia di quella che avrebbe dovuto usare.
«Evidentemente non ci tieni così tanto al tuo amico, allora»
La Corvo vacillò appena «Cosa vuoi dire?»
«Oh niente, solo mi chiedo cosa succederebbe se attaccasse uno dei tuoi compagni...nessuno dei due perderebbe tempo a risparmiare la vita dell'altro!»
Dahlia digrignò i denti, poi si volse verso il gruppo alle sue spalle «Se vi attacca non fategli nulla, piuttosto scappate!»
Tutti e tre annuirono seri, poi si misero in posizione da battaglia.
Il magister scoppiò in una risata tagliente e innaturale, poi fece un cenno col capo a Julian, il quale sorrise e si lanciò all'attacco dritto verso Rengar. Dahlia balzò di lato, tagliandogli la strada, guadagnandosi una pugnalata di striscio ad un fianco.
«A te ci penserò dopo, non ti preoccupare!» disse il ragazzo, sogghignando.
«No, a me ci devi pensare adesso!»
Julian sollevò la spada e roteò su sé stesso, ma Dahlia lo bloccò con la lama azzurra.
Contemporaneamente i suoi alleati si erano lanciati alla carica contro i magister, che risposero a suon di magie del sangue. Zevran, che era sempre il più agile del gruppo, riuscì ad ucciderne uno, mentre un dardo di Arnell ne ferì un altro.
Il magister dai capelli rossi riuscì ad evadere dai loro attacchi, raggiungendo così il fagottino con il corno, incautamente abbandonato in un angolo. Agguantò l'oggetto e si volse, sparendo nelle ombre delle Vie Profonde, seguito dai due magister ancora vivi.
«No!!!» urlò Dahlia, gettandosi all'inseguimento. 
Ma Julian le si parò davanti, bloccandole la strada ed esclamando «È ora di morire!». Le sue azioni furono però interrotte da un muro di ghiaccio, comparso all'improvviso tra i due.
Dahlia sgranò gli occhi e guardò dietro di sé: Saarebas si era alzata in piedi, anche se le tremavano vistosamente le gambe. La ragazza non ci pensò un attimo in più e si precipitò al suo fianco, sorreggendola.
«Dobbiamo andarcene subito da qui!» disse la qunari.
«Ma hanno preso il corno!»
«Ormai sono troppo lontani, non abbiamo le forze e nemmeno le provviste per addentrarci di nuovo nelle Vie Profonde!»
«La qunari ha ragione» intervenne Rengar «Dobbiamo uscire di qui prima che quel muro si sciolga, altrimenti non posso garantire per l'incolumità del tuo amico».
Dahlia guardò di nuovo verso la parete di ghiaccio bianco, poi strinse gli occhi ed esclamò «D'accordo! Cerchiamo di uscire da questo posto maledetto! Ai Venatori ci penseremo quando saremo fuori!».

Una volta usciti dalle Vie Profonde, furono accolti da una leggera pioggerellina primaverile. 
«Aria!!!» esclamò Dahlia, gettandosi a braccia aperte sul prato davanti a loro. Aprì gli occhi, guardando verso il cielo plumbeo sopra di lei, constatando quanto meravigliosi potessero essere i colori illuminati dalla luce solare, seppur tenue.
«Quando avrai finito di rotolarti sul prato in perfetto stile mabari, direi che dovremmo decidere cosa far...ma cos'hai?!» esclamò Arnell, guardando preoccupato Rengar.
Il nano stava immobile davanti all'entrata delle Vie Profonde, aggrappandosi a tutta forza con le mani sulle rocce «È tutto così...vuoto
Zevran scoppiò in una fragorosa risata.
«Che hai da ridere, elfo?» chiese risentito il nano.
«Oh niente di personale, è solo che mi ricordi un vecchio amico, un altro nano che conobbi ai tempi  del Flagello. Scommetto che anche tu non hai mai messo piede fuori da sottoterra!»
Per tutta risposta Rengar si voltò dall'altra parte e vomitò il poco cibo che aveva nello stomaco.
«No...direi di no» sospirò l'elfo, osservando preoccupato il nano.
In mezzo a tutto quel chiacchiericcio, l'unica a non aver ancora proferito parola era Saarebas, la quale si era seduta a qualche metro di distanza, appoggiata contro il tronco di un albero. Dahlia si sollevò da terra, scostando le lunghe ciocche castano-rossicce incollate al viso grazie alla pioggia.
«Saarebas, che cosa c'è?»
Inizialmente la qunari si limitò a fissare l'orizzonte con sguardo vacuo, poi si voltò verso l'assassina «Sai, è quasi ironico pensare a quanto fossi sicura del modo in cui la mia vita sarebbe terminata. Anche se ero ormai segnata, la consapevolezza che sarei morta come il Qun impone mi dava la forza per andare avanti».
«Non credo che riuscirò mai a comprendere fino in fondo il tuo credo, però mi sembra esagerato bollare una persona solo perché ha perso un pezzo di armatura!»
«Non era solo un pezzo di armatura. Era quello che mi rendeva una Saarebas del Qun, l'unica cosa che poteva impedire di fare e di farmi del male».
«Ma quell'armatura non poteva essere più usata da nessuno! Non sei stata tu a dirmi che senza verga di controllo era un semplice pezzo di metallo?»
«Non importa che fosse usabile o meno. Ciò che importa era il suo significato: il fatto di indossarlo era un indice chiaro della mia volontà di sottostare al volere del Qun. Senza di esso sono considerata una Vashot...ovvero una rinnegata. È come se avessi perso un pezzo di me.»
«Mi dispiace tanto. Se solo fossi stata più attenta...»
«Ti dai troppe colpe Kadan. È stata una mia scelta, posso incolpare solo me stessa».
Dahlia si morse il labbro pensierosa, non sapendo bene cosa dire per risollevare il morale a colei che ormai considerava un'amica. Il silenzio fu interrotto da uno sbuffo della qunari, che si alzò in piedi dicendo «Se non altro ho una missione da portare a termine, almeno per un po' avrò qualcosa con cui distrarmi»
«Saarebas…ricordati che anch'io non ho piú un posto dove tornare, una volta che tutto questo sarà finito»
La qunari si voltò guardandola in modo interrogativo «Cosa vuoi dire con questo?»
«Beh, essendo due rinnegate potremmo continuare a condividere il nostro destino!» rispose Dahlia, sorridendo timidamente.
«Una qunari e un’umana che viaggiano assieme per il resto della loro vita?» sogghignò Saarebas «Inusuale, ma interessante.»
La Corvo osservò la maga sorpresa, non si sarebbe aspettata un consenso così facilmente. E guardando quegli occhi salvia per un momento ebbe un dubbio, non vedendo la veemenza con cui aveva parlato riflessa in essi.

Verso sera la pioggerellina si trasformò in un vero e proprio temporale, così i cinque furono costretti  a ripararsi all'interno di una vecchia fattoria abbandonata.
«Dallo stile di costruzione degli edifici e dal tipo di vegetazione che cresce qui attorno, direi che ci troviamo nel bel mezzo delle Terre Centrali» disse Zevran pensieroso, guardando preoccupato le nubi nere che non accennavano a diradarsi.
Dahlia si avvolse in una delle coperte che fortunatamente avevano trovato in una cassa dentro la fattoria «Dunque ci troviamo vicino a Redcliffe?»
«Secondo i miei calcoli dovremmo essere circa ad una giornata di marcia di distanza» rispose l'elfo «Potremmo chiedere aiuto ad Arle Teagan, anche lui ha avuto a che fare con i Venatori non molto tempo fa»
«Certo, sempre se non moriremo annegati prima. O se non cadremo verso l'alto!» borbottò Rengar, che ancora non si era convinto che la pioggia non aveva nessuna intenzione di entrargli dentro il naso ed allagargli i polmoni, o che non si potesse “cadere verso l'alto”.
Passarono la notte accoccolati vicini l'uno all'altro, anche se Dahlia si guardò bene dal mettersi accanto a Zevran. Chiuse gli occhi, cercando di imporsi di dormire, ma il sonno non arrivava: nella sua mente erano impresse le immagini del viso di Julian contratto in quell'espressione crudele.
Rabbrividì e si sforzò di ricordarlo com'era normalmente, con il suo sorriso dolce e aperto e lo sguardo gentile. Alla fine, dopo l'ennesimo grugnito di protesta di Arnell al suo continuo rigirarsi, decise di alzarsi per prendere una boccata d'aria.
Uscì dalla fattoria, lasciando che la pioggia, ora leggermente attenuata, le scivolasse sui capelli e sui vestiti, ancora bagnati dal pomeriggio. Una figura agile si affiancò silenziosamente a lei, appoggiandosi alla parete esterna di legno del loro rifugio.
«Pensierosa, vedo» disse la figura.
«Non ti preoccupare, Zevran, non è niente». 
«È per quel tuo amico, giusto? Quello che sta con i Venatori?» 
«Lui non sta con i Venatori! È costretto dalla loro lurida magia!» lo aggredì Dahlia.
«Ehi, calma! Non volevo insinuare nulla!» si difese l'elfo, alzando le mani in segno di resa.
La ragazza sbuffò: anche se non era arrabbiata con il suo alleato, l'argomento la rendeva piuttosto suscettibile, soprattutto perché si sentiva totalmente inutile ed incapace di aiutare il suo amico.
«Immagino che per te fosse qualcuno di speciale» disse Zevran.
«Speciale? Era la persona di cui mi fidavo di più di tutti, quello con cui ho condiviso anni di missioni e segreti, l'unico con cui potevo confidarmi...». La ragazza tirò un pugno sul tronco di un albero lì accanto, facendo agitare le lunghe ciocche di capelli appesantite dall'acqua. Ripensò a come aveva conosciuto Julian: era appena stata reclutata nei Corvi assieme a Cablan, il quale tentò di metterla fin da subito in cattiva luce con le altre reclute. Organizzò quello che lui definì un “semplice scherzo”, ma che difatti avrebbe potuto portare all'uccisione della sorella: cercò di sabotare una delle prime missioni assegnate alla ragazza, facendo in modo che la vittima ricevesse una “soffiata” e sparisse dalla circolazione. Julian, al tempo recluta come loro anche se era un paio d'anni più grande di Dahlia, venne a sapere del piano di Cablan e non perse un minuto: corse nel punto in cui la ragazza avrebbe dovuto appostarsi in attesa e la salvò da un'imboscata, preparata dalla persona che avrebbe dovuto essere uccisa dalla Corvo. Da quella volta Dahlia e Julian divennero praticamente inseparabili.
«Non intendevo questo» ridacchiò Zevran «Tu ne sei innamorata».
Dahlia rimase interdetta per una manciata di secondi, poi scoppiò a ridere «Io? Innamorata?»
Zev aspettò pazientemente che finisse di ridere, quindi rincarò la dose «Non mentirti. Anche se ti sembra troppo doloroso da ammettere, sarà la consapevolezza di quello che provi realmente a spingerti a non arrenderti mai»
«Non mi arrenderò comunque, io lo salverò!»
«Non parlo solo di quello» sbuffò divertito l'elfo, prima di tornare dentro la catapecchia, lasciandola sola a rimuginare sui propri pensieri.

La qunari guardò il proprio riflesso distorto nello specchio scheggiato ed impolverato a terra accanto al suo giaciglio improvvisato. Ma non riusciva a vedere se stessa. Non era una vera Qunari quella che ricambiava il suo sguardo, ora altro non era che una sporca 1Vashoth. Certo, non per sua scelta, non aveva rinnegato il suo credo, ma era ciò che sarebbe apparso di fronte agli altri Qunari. Una grigia, una rinnegata...una traditrice.
Il suo volto si distorse in una smorfia di disgusto, mentre gli occhi color salvia andavano ad incrociare le sue corna, soffermandosi sulla parte ricostruita in metallo scuro ed intarsiata di rune. La maga si alzò, uscendo dalla casupola cercando di non fare rumore per non svegliare gli altri.
Dahlia la vide sfilarle accanto mentre usciva «Che succede?» le domandò, facendola fermare, ma la qunari non si voltò per risponderle. 
«Dentro si soffoca» si giustificò prima di inoltrarsi nella macchia boschiva.  
L'assassina era sensibilmente preoccupata per l'amica: fu per questo che decise di muoversi senza far rumore, seguendola.
Faceva grande attenzione a dove metteva i piedi, non volendo spezzare qualche ramo o calpestare foglie secche rischiando di farsi scoprire dalla qunari. Il rumore della pioggia la aiutava ad attutire i rumori, celando la sua presenza. Mano a mano che si avvicinava, iniziò a sentire forti colpi scanditi con ritmo piuttosto regolare. Quando si rese conto d'essere in prossimità di quei rumori, si acquattò fra i cespugli più vicini. Assottigliò lo sguardo, cercando di scindere le ombre per poter distinguere le figure. E quando vi riuscì, sbarrò gli occhi per lo stupore.
Saarebas cercò di regolarizzare il respiro, traendone uno profondo. Lo spesso tronco della quercia davanti a se aveva la corteccia rovinata e graffiata, svariati pezzi di schegge giacevano a terra, nell'erba fra le sue radici.
La maga abbassò il capo, per poi lanciarsi alla carica quando colpì per l'ennesima volta il tronco dell'albero. Le sfuggì un gemito di dolore dalle labbra, mentre indietreggiava per poter caricare ancora. 
«2Maraas shokra!» esclamò poco prima di picchiare nuovamente le corna contro la corteccia, staccandone una piccola parte che cadde a terra. «3Asit tal-eb!» il colpo fu più forte degli altri, facendola barcollare e portare una mano alla fronte. Sangue rosso cremisi scendeva da una ferita poco più su della fronte, facendo scorrere piccole gocce sino alla punta del naso, che poi iniziarono a cedere a terra. Se lo asciugò frettolosamente, spargendo sangue su tutta la sua fronte. 
Respirò ancora facendo un altro passo indietro «4Anaan esaam Qun!» quasi urlò, mentre colpiva di nuovo l'albero. Ed ancora, ancora ed ancora ripetendo sempre l'ultima frase.
I colpi non fecero che frastornarla, si fecero sempre meno potenti sinchè non si fermò barcollante. Aveva la vista leggermente annebbiata, cercò di caricare ancora, ma cadde sulle ginocchia. Respirando affannosamente, abbandonò il proprio capo sul petto, ascoltando il tintinnio della pioggia mentre batteva sul metallo. Le sopracciglia si corrugarono in un espressione d'ira sofferente. Sollevò ambedue le mani, portandole alla base delle corna. Le strinse, mentre sentiva la ferita alla testa pulsare senza smettere di sanguinare. 
«5Nehraa...Nehraa Qun! Ataash Qunari! ATAASH QUNARI!» dapprima sussurrò, per poi alzare gradualmente la voce sino ad urlare. Strinse le corna con forza, iniziando a farvi pressione verso il basso, strattonando con tutta la forza che aveva, cercando di strapparsele dal cranio a mani nude. Urla strazianti di dolore uscirono dalle sue labbra, continuando però a tirare senza demordere.
«Basta Saarebas! Basta!» urlò Dahlia, uscendo dal suo nascondiglio, riscossa dallo shock di vederla in quello stato e non riuscendo più a sopportare la vista dell'amica che continuava a ferirsi in quel modo selvaggio.
Le rune sulle corna della maga s'illuminarono all'improvviso di luce viola, e da esse scaturì una violenta scossa che pervase il corpo della maga come un fulmine. Un urlo acuto e disumano fuoriuscì dalle sue labbra, mentre il corpo veniva scosso da violenti spasmi per poi crollare a terra, immobile.
L'assassina si portò ambedue le mani alla bocca per soffocare un gemito spaventato, gli occhi acquamarina spalancati per l'orrore mentre guardava il corpo della qunari inerme. «Saarebas?» mormorò abbassando le mani, per poi inginocchiarsi accanto a lei. Le posò le mani sulle spalle, iniziando a scuoterla, chiamando più volte il suo nome.
La boscaglia venne pervasa dal rumore di passi pesanti e rami spezzati, mentre Rengar, Arnell e Zevran facevano il loro ingresso in scena ad armi sguainate. 
«Che succede!?» esclamò il nano, già pronto per la carica. Assistettero alla scena, la maga a terra ferita e l'assassina che la scuoteva cercando di farla riprendere. 
«Aiutatemi! Non respira!» urlò Dahlia in preda ad un attacco di panico, continuando a scuotere la maga.
Rengar lasciò cadere a terra le proprie armi con poca cura, mentre Arnell si assicurava nuovamente la balestra in spalla e Zevran faceva lo stesso con le sue daghe. 
«Cos'è successo?» domandò il nano accorrendo al suo fianco.
«N-non lo so! Dalle sue corna è partita dell'energia...è stata fulminata! Saarebas rispondimi!»
«Spostati Dahlia!» le disse il nano cercando di spostarla, ma la donna non si muoveva, rimanendo spasmodicamente attaccata all'amica. Il nano la spinse brutalmente via, facendola finire gambe all'aria. L'assassina cercò di tornarle al suo fianco, ma Arnell fu più veloce, e riuscì a bloccarla per impedirle di intralciare il nano. 
«Lasciami! Devo aiutarla!»
«Tu non puoi fare nulla ora, calmati!» le sibilò Zevran cercando di farla ragionare.
Rengar si posò col capo sul petto della qunari, ma non vi sentiva alcun battito cardiaco. «Merda!» disse a denti stretti. Posò la mano destra direttamente sopra allo sterno, al centro del petto, per poi porvi anche la sinistra sopra all'altra. Spostò tutto il proprio peso in avanti in modo da avere le braccia ben tese, iniziando a fare pressione con colpi forti e decisi a ritmo regolare.
Dahlia si ritrovò in lacrime mente guardava il nano cercare di salvare la vita alla maga, mentre Arnell mormorava una preghiera al Creatore perchè restituisse la vita alla loro compagna, alla loro amica.
Rengar si spostò verso il suo capo, reclinandolo all'indietro in modo che le vie respiratore fossero allineate, sebbene fosse difficoltoso a causa delle corna che ostacolavano i suoi movimenti. Le tappò il naso con le grosse dita della sinistra, mente con la destra reggeva il suo mento facendole tenere le labbra socchiuse. Il petto di Saarebas si alzava ed abbassava grazie alla respirazione artificiale, ma non dava ancora alcun segno vitale. Ripetè il procedimento almeno tre volte, ma ancora non sembrava succedere nulla. 
«Respira dannazione!» esclamò il nano infine, colpendola con ancor più forza al centro del petto con frustrazione.
Gli occhi di Saarebas si spalancarono, mentre apriva la bocca inspirando avidamente l'aria con un rantolo. Il cuore ricominciò a battere debolmente, mentre la maga riprendeva a respirare, guardandosi attorno in stato confusionale. Mormorò alcune parole in qunlat, guardando i quattro che la osservavano a sua volta. 
«Saarebas!» esclamò Dahlia, tutti tirarono un sospiro di sollievo mentre il balestriere la lasciava andare.
«Lasciala respirare.» l'ammonì il nano, mentre si lasciava cadere a terra con un sorriso sollevato sul volto.
«C-cosa?» domandò la maga iniziando a riprendere lentamente coscienza di se, cercando di mettersi seduta. L'assassina l'aiutò, facendole fare movimenti lenti. Aveva voglia di abbracciarla, di sentire che non aveva perso anche lei, ma sapeva non sarebbe stato salutare. 
«Rengar ti ha salvato!» esclamò la donna, indicando distrattamente il nano. «Sei stata fulminata dalle tue corna Saarebas!» le spiegò mentre la maga si sfiorava con la punta delle dita le colpevoli.
Stranamente, la maga rise a voce bassa. I compagni si scambiarono uno sguardo preoccupato, temendo avesse perso la ragione. 
«A quanto pare...» mormorò lei «...il mio sistema di sicurezza, aveva un sistema di sicurezza.» scosse appena il capo, gesto che le provocò un piccolo giramento. Puntellò le mani a terra nel tentativo di alzarsi, ma il nano intercedette, costringendola a rimanere seduta «Non fare sforzi!» l'ammonì severamente, ma con una vena di preoccupazione nella voce. Saarebas non fece un gesto, non emise un verso, chiudendo semplicemente gli occhi e respirando a fondo.  Arnell e Zevran si lanciarono un occhiata preoccupata, per poi avvicinarsi a loro volta dandole una mano a rimettersi in piedi. La riportarono con molta calma all'interno della casupola, restare sotto la pioggia in quel frangente non era salutare per lei.
Quanto si furono tutti ripresi dallo shock, la ex Corvo mutò la propria espressione dal preoccupato all'arrabbiato. «Si può sapere che ti ha preso!?» le urlò così all'improvviso da far trasalire gli altri. 
«Dahlia!» la riprese il balestriere con tono ammonitore. 
«Stai zitto Arnell!» esclamò scattando in piedi andando al fianco della maga «Cosa pensavi di fare!? COSA!?» chiazze rosse iniziarono a macchiare il suo volto, sfigurato dalla rabbia. Saarebas continuava a fissare il vuoto, come se non la sentisse nemmeno urlarle contro. 
«Volevi spaccarti la testa da sola? Vuoi morire? È Così!? Come hai detto quel giorno sul carro! Ti risparmio la strada fino a Par Vollen! Ci sono metodi più semplici per ammazzarsi!» si sfilò dalla cintola uno dei pugnali con un gesto secco, lanciandolo con malo modo a terra. La maga spostò pigramente lo sguardo sull'oggetto, per poi passare al volto dell'assassina, limitandosi a sbattere le palpebre. «Ecco, fallo! Ammazzati e basta! Non era quello che volevi fare fin dall'inizio!?» 
Saarebas sospirò, scuotendo appena il capo. «Tu non capisci, Kadan
«Allora spiegati!» sbottò l'assassina, incrociando le braccia sotto al seno e facendo tamburellare il piede destro a terra. Saarebas guardò Arnel e Rengar, che attendevano in silenzio, e lesse che a loro volta volevano una spiegazione. D'altronde, come dar loro torto? Zevran, al contrario, si era seduto in disparte da loro su di un tavolo a ridosso della parete, guardandoli con la coda dell'occhio.
La maga si mosse a disagio «io...non so come..».
«Inizia dicendomi perchè hai cercato di staccarti le corna a mani nude dopo aver preso a testate un albero!» la interruppe Dahlia, sedendosi a terra e recuperando la sua arma con un gesto secco. Saarebas si sfiorò con le dita il taglio sulla fronte, mentre lo sguardo di Arnell e Rengar passava da incuriosito a sconvolto. «Hai cercato di fare cosa!?» esclamò il nano, colto alla sprovvista.
«Strapparmi le corna.» scandì la qunari con tono di voce calmo, guardandolo dritto negli occhi. Sebbene la conoscesse da poco, Rengar non li aveva mai visti così vuoti. «Le corna sono uno dei tratti che identificano la mia razza. La parte metallica intarsiata di rune, che mi ha fulminata, del mio rango» sospirò pesantemente, tornando a guardare le fiamme. 
«Fra la mia gente...fra il Qun, ci sono alcuni, rari, che nascono senza corna. Sono identificati come qunari che faranno grandi cose, come il nostro attuale Arishock. Io ne sono sempre stata fiera però, orgogliosa. Ma io...» spostò gli occhi sulle proprie mani, sui polsi con le cicatrici per via delle manette che per tre anni le avevano segato i polsi «io non sono più una qunari.» 
La frase aleggiò nell'aria, assieme alle faville del focolare scoppiettante. 
«E...cosa sei? Un elfo?» azzardò Arnell, tentando di alleggerire l'aria con una battuta, che purtroppo però cadde nel silenzio senza venir accolta da risa. 
«Voi ci avete identificati come qunari. Ma per noi per lo più indicano quelli della mia razza che seguono il Qun. Io...io non sono più degna. Non sono più una qunari. Sono...sono solo...» chiuse gli occhi mentre cercava di dirlo a voce alta. Scosse violentemente il capo, alzandosi di scatto e facendo qualche passo avanti, dando loro le spalle e puntando gli occhi verso una finestra. «Sono solo una sporca Vashoth.» il trio alle sue spalle non reagì, ma Saarebas non se ne stupì. Loro non potevano capire, per i bas era troppo complicato.       
«Sei più di questo...» iniziò Dahlia con tono più calmo. 
«No!» urlò la qunari «Sono molto meno! La mia vita non ha più scopo. Ora non sono niente. Sono una grigia, una rinnegata! Sono solo un peso sulla terra, la mia vita non ha scopo» i tre la guardarono esterrefatti, mentre tornava a voltarsi per guardarli «Sarei dovuta tornare alla fine! Vendicare gli altri, tornare a far rapporto e morire per la sicurezza di tutti!»
«Ma tu non sei pericolosa! Non lo capisci!?» esclamò Dahlia, alzandosi a sua volta per porsi davanti all'amica, afferrandola per le spalle, per farla calmare «Non sei corrotta, e non ci hai mai fatto del male. Tu sai controllarti benissimo da sola!»
«Non è questo il volere del Qun!» 
«Allora il Qun ha torto!»
«6Parshaara!» le urlò di rimando la qunari, colpendola con le mani ai polsi per farsi lasciare. Indietreggiò di qualche passo, guardando Dahlia con sguardo ammonitore. «Tu...non...!» sospirò esasperata, per poi allontanarsi. Prese la sua coperta, per poi mettersi in una stanza isolata dagli altri, nell'angolo più lontano in modo da restare sola.
Dahlia fece per seguirla. «Ferma» la ammonì l'elfo. Lei lo guardò sollevando ambo le sopracciglia «Non posso lasciarla così!»
«Non puoi aiutarla ora. Qualsiasi cosa tu dica le farai solamente del male.» era mortalmente serio, come non si era mai visto da quando si conoscevano. «Sten era proprio come lei. Non le farai mai cambiare idea. Questa sua nuova situazione...devi lasciare che ci si abitui da sola, lasciarle i suoi tempi ed i suoi spazi. Per la sua gente il cambiamento non è facile.» Dahlia fece per replicare, ma sebbene una parte di lei non volesse ammetterlo, sentiva che Zevran aveva ragione. Abassò il capo con espressione affranta, per poi tornare a coricarsi con gli altri.

La mattina dopo furono svegliati da un timido sole che sbucava dalle nubi grigie, riscaldando leggermente la temperatura. Arnell e Zevran tornarono carichi di frutta e bacche, raccolte dalle piante selvatiche delle Terre Centrali.
«Ecco a voi la colazione!» esclamò tutto contento l'elfo.
Dopo essersi rifocillata a dovere, Dahlia si alzò e uscì dalla catapecchia, osservando l'orizzonte per capire quale fosse la via migliore da intraprendere per raggiungere Redcliffe.
«È a nord-est da qui» le disse Zevran, che l'aveva raggiunta.
«E tu come fai a saperlo?»
«Ti dimentichi che ho girato in lungo ed in largo il Ferelden durante il Quinto Flagello».
Si misero quasi subito in marcia; durante il tragitto non incontrarono particolari nemici, anche se dovettero vedersela con un paio di orsi bruni piuttosto aggressivi ed un branco di mabari selvaggio. Dahlia ne approfittò per riempire la borsa dello speziale, raccogliendo le erbe medicinali che crescevano abbondanti lì attorno. Talvolta lanciava occhiate preoccupate verso l'amica. Rimaneva in disparte, silenziosa e pensierosa. Ma non aveva più fatto gesti inconsulti.
Nel tardo pomeriggio finalmente arrivarono in vista della cittadina: i raggi del sole in tramonto coloravano di un caldo arancione-rossastro i mattoni di pietra grezza degli edifici, mentre le acque del lago Calenhad sembravano immobili, come in attesa di qualcosa.
«Strano» disse Zevran pensieroso «A quest'ora le strade dovrebbero essere piene di gente che passeggia».
Effettivamente l'aria era fin troppo tranquilla, dato che non c'era quasi nessuno in giro ed i pochi presenti si limitavano a fissarli e sgattaiolare via velocemente.
«C'è qualcosa che non quadra qui» disse Dahlia «Andiamo alla taverna, magari troveremo qualcuno che ci spiega cosa sta succedendo!»
La taverna era buia e silenziosa, anche questo era un particolare insolito. L'uomo dietro al bancone, un tipo alto e decisamente grosso, li fissava truce mentre con uno straccio puliva meccanicamente un boccale con uno straccio.
«Salve. Che novità ci sono in città?» chiese Dahlia, cercando di usare un tono noncurante.
«Che cosa volete?» ringhiò quello di rimando.
«Noi? Vogliamo solo saper...»
«Andatevene! Ne abbiamo abbastanza di stranieri qui!»
La Corvo stava per controbattere, quando una voce gentile la interruppe.
«Non date retta a Lloyd, è un burbero di natura» disse una donna molto bella e con i capelli rossi che le arrivavano alle spalle «Piacere, sono Bella, la proprietaria della taverna!»
«Oh grazie! Ecco, volevamo sapere come mai in città c'è quest'aria tetra...» disse Dahlia, sperando in una risposta migliore rispetto a quella ricevuta dall'uomo.
Bella sospirò «Purtroppo le disgrazie colpiscono spesso Redcliffe. Pensavamo di esserci liberati di quei maghi del Tevinter grazie all'Inquisitrice, ma a quanto pare sono tornati».
«Maghi del Tevinter...?»
«Si, quei fanatici che adorano il nuovo dio, come lo chiamano loro. I Venatori».
I cinque avventurieri saltarono per la sorpresa, guardandosi l'un l'altro.
«Sembrerebbe che anche voi li conosciate» continuò la donna, osservandoli.
«Che cosa sono venuti a fare a Redcliffe?» chiese Saarebas, seria tornando finalmente a parlare.
«Volevano qualcosa da parte dell'Arle, sono andati al castello due giorni fa e se ne sono andati quasi subito»
«Quindi non sono piú in città?»
«Per quello che ne sappiamo noi, no»
Rengar imprecò in nanico con un tono che non si potrebbe definire propriamente basso.
Uscirono dalla taverna piuttosto giù di morale: ora non sapevano nemmeno da dove ricominciare la ricerca.
«C'è qualcosa di strano qui» disse pensieroso Arnell, osservando la gente attorno a sé «È come se fossero in attesa di una catastrofe».
«Di certo capirete questa povera gente se è spaventata, dopo quello che hanno combinato qui i Venatori nemmeno un anno fa» disse una voce femminile sconosciuta.
Il gruppo di avventurieri si voltò per capire da dove provenisse la voce, scoprendo che apparteneva ad un’elfa bionda, decisamente alta per la sua razza, che indossava un tunica verde piuttosto succinta.
«E voi sareste?» chiese Zevran, improvvisamente molto interessato.
«Io sono Velanna, Custode Grigio»
«Custode Grigio?!» esclamarono all'unisono Dahlia, Zevran e Arnell.
«Perché siete così sorpresi?» chiese piccata l’elfa, portandosi le mani ai fianchi.
«Non è certo per scortesia, milady, solo che da molto tempo non incontravo un Custode…infatti, io sono l’elfo che…» cominció Zev, sfoderando il suo miglior sorriso da conquistadores.
«So benissimo chi sei. Non sei l'unico ad aver combattuto a fianco dell'eroe del Ferelden» lo interruppe la nuova arrivata
«Cosa? Anche tu conosci Amhal?!» chiese sorpreso Zevran.
«Diciamo che l'ho aiutato a sistemare un bel po' di Prole Oscura».
«Dunque? Che cosa vuoi da noi?» le domandò Saarebas, spazientita da quella conversazione che sembrava non portasse da nessuna parte.
«Da quello che ho capito state dando la caccia ai Venatori» rispose Velanna, piantando le iridi verde foglia in quelle salvia della qunari.
«E immagino che siano anche il tuo obiettivo…» disse guardinga Dahlia: cominciavano ad essere decisamente troppe le persone interessate al loro stesso target e la cosa poteva non essere del tutto positiva.
«No, i Venatori non mi interessano. Piuttosto sono interessata a qualcosa che cercano anche loro»
«Ovvero?»
«Un antico manufatto elfico custodito nel castello di Redcliffe».
A Dahlia la cosa puzzava: cosa ci faceva un manufatto elfico a Redcliffe? E come faceva Velanna ad esserne a conoscenza?
«Dunque ora i Venatori hanno preso il manufatto! Dobbiamo assolutamente raggiungerli!» esclamò Arnell.
«Non puó essere semplicemente preso» sbuffò l’elfa.
«Allora, vuoi dirci di cosa si tratta?» sbottò Saarebas.
Velanna li guardò uno per uno, indecisa se parlare o no. Infine sospirò e disse «Nelle segrete del castello di Redcliffe si trova un Eluvian, un antico manufatto che veniva usato per raggiungere altri luoghi».
«E perché mai i Venatori dovrebbero essere interessati a questo…Elunian?» chiese Arnell dubbioso.
«Eluvian» lo corresse spazientita l’elfa «Perché secondo la leggenda avrebbe il potere di far raggiungere fisicamente l'Oblio».
«E quindi potrebbero raggiungere Corypheus?!» esclamò Arnell.
«Ma perché allora starebbero preparando un rito per il Risveglio Trans-corporale?» cercò di ragionare Dahlia.
«Non credo che Corypheus sia riuscito a mantenere la sua forma solida quando l'Inquisitrice lo ha sigillato nell'Oblio» disse Velanna «Dunque il Riveglio Trans-corporale serve per ospitare la sua anima nel nostro mondo».
«E dunque perché vorrebbero raggiungere fisicamente l'Oblio?»
«La mia è solo un’ipotesi. Di fatto l'Eluvian può far raggiungere molti posti…forse anche altri mondi».
«Quindi i Venatori potrebbero essere in cerca di un trasporto o chissà cos'altro!» disse Dahlia con una nota di disperazione nella voce. Già cercare di anticipare le loro mosse per quanto riguardava il rito era difficile, figuriamoci se si aggiungeva questa storia del manufatto!
«Ancora non ci hai detto perché sai tutte queste cose e soprattutto cosa vuoi da noi» disse Saarebas, che evidentemente non si fidava della nuova arrivata.
«Le informazioni che posseggo le ho cercate duramente durante i miei viaggi, altro non ti serve sapere. Per quanto riguarda voi…beh, potremmo darci una mano. Io devo raggiungere l'Eluvian, ma l'Arle non lascia avvicinare nessuno. Per cui se voi lo distraeste, io potrei eludere più facilmente la guardia delle segrete».
«E ti aspetti che ci fideremo cosí di una totale sconosciuta? Chi ci dice che tu non sia in combutta con i Venatori?» l'aggredì la qunari.
Velanna sospirò «Immaginavo una risposta simile. Allora vi propongo di dividerci in due gruppi, uno distrarrà l'Arle, l'altro verrà nelle segrete con me».

Una volta che furono tutti d'accordo con il piano, decisero che Saarebas e Rengar avrebbero accompagnato Velanna nelle segrete, mentre Dahlia, Zevran e Arnell sarebbero andati dall'Arle.
«Zev, sei proprio sicuro che funzionerà?»
«Certo piccola, credimi che se la fama di donnaiolo dell'Arle è vera soltanto a metà, vestita così non dovrai fare gran discorsi articolati».
Dahlia si guardó perplessa la profonda scollatura del vestito, mentre nervosamente toccava i pugnali infilati nei foderi della cinta dei pantaloni, ben nascosti dall’ampia gonna.
«Certo, in un bordello farebbe sicuramente successo» commentò sarcastico Arnell.
«Grazie Arnell, sei sempre rassicurante come al tuo solito» disse Dahlia, voltandogli le spalle e dirigendosi verso i portoni del castello.
«Alt! E voi chi sareste?» li fermò una delle guardie all'entrata.
«Siamo i commercianti che hanno richiesto urgentemente udienza con l'Arle» spiegò Zevran usando il suo miglior tono suadente.
«Commercianti eh?» disse la guardia, guardando con occhio critico le vesti sgualcite dell'elfo.
Fiutando il pericolo, Dahlia si fece avanti, mettendo in bella mostra la scollatura «Certo e se non ti dispiace avremmo una certa fretta!»
La guardia sogghignò, senza nemmeno sforzarsi di dissimulare la lunga occhiata che lanciò in direzione del petto della Corvo.
«Va bene, va bene, vi faccio passare. Però se combinate qualcosa che non va esigerò un pagamento...in natura!»
Dahlia gli lanciò un'occhiataccia ed entrò nell'atrio del castello, guardandosi bene dall'avvicinarsi all'uomo che la stava ancora fissando con un mezzo ghigno stampato in faccia.
I tre furono scortati da altre tre guardie nella sala del trono, una stanza dai soffitti alti e le mura di pietra grigia, sulle quali si rifletteva il bagliore caldo delle fiamme che danzavano dentro ad un enorme camino.
Arle Tegan li stava aspettando seduto composto sul trono: un'espressione seria e preoccupata corrugava la sua fronte, incorniciata da qualche ciuffo di capelli castani con qualche filo argenteo che spiccava. I tre avventurieri s'inchinarono e rimasero in quella posizione fino a quando l'Arle, con voce stanca, diede loro il permesso di rialzarsi.
«Chi siete e perché mai avete chiesto con tanta urgenza di incontrarmi?»
Dahlia prese coraggio e si fece avanti «Innanzitutto volevamo ringraziarla per aver accettato la nostra richiesta con così poco preavviso. Siamo solamente degli umili mercanti girovaghi, ma che hanno intenzione, con il vostro permesso, di stabilirsi qui a Redcliffe per qualche settimana»
«Non afferro ancora il motivo di chiedere udienza con me» disse Teagan, con una nota di sospetto nella voce.
«Vede, per poter vivere in città dovremmo vendere la nostra mercanzia qui, quindi avremmo bisogno del suo permesso...»
«Ma per questi affari dovete rivolgervi al Comitato dei Liberi Mercanti del Thedas. Tutti i mercanti lo sanno».
Dahlia boccheggiò senza sapere cosa dire, così intervenne Zevran «Ecco, noi ci rivolgiamo a lei proprio perché un mercante del Comitato qui a Redcliffe avrebbe insinuato che la nostra merce non può essere venduta qui e...»
Teagan lo interruppe alzando una mano con gesto stizzito «Questi sono problemi tra mercanti, l'Arle non può interferire. Ora mi avete già fatto perdere abbastanza tempo...»
«No, ci ascolti la prego!» intervenne Arnell in un impeto di coraggio «La nostra merce potrebbe essere utile ai vostri cittadini!»
L'orlesiano si accorse troppo tardi di aver fatto un passo falso, infatti l'Arle, ora del tutto spazientito, chiese «Va bene, allora fatemi vedere questa merce tanto importante».
Quando i tre non risposero, Teagan si alzò dal trono «Insomma, chi siete voi? Ho capito che non siete mercanti, per cui rispondete sinceramente e subito, se non volete che vi sbatta in prigione!».
Un silenzio imbarazzante calò nella sala, interrotto solo dallo sferragliare delle spade delle guardie, che con calma si preparavano ad un eventuale attacco.
Ricordandosi di quello che le avevano detto sulla presunta natura di donnaiolo dell'Arle, Dahlia si gettò ai suoi piedi e con voce implorante disse «È vero, non siamo mercanti, signore! Ma la prego, siamo in cerca di un posto sicuro dove nasconderci dai nostri sicari!».
La Corvo guardò l'Arle con occhi umidi e labbra appena schiuse, implorando protezione con il miglior sguardo indifeso che poteva sfoderare. Teagan cambiò immediatamente espressione: le fanciulle indifese erano sempre state il suo punto debole.
«S-sicari?!» chiese sorpreso.
«Si, vogliono ucciderci solo perché ci siamo rifiutati di vendergli il nostro amico elfo come schiavo!» disse Dahlia indicando Zevran, il quale aveva già assunto un'espressione contrita e spaventata, in perfetta armonia con la storia che la ragazza stava raccontando. Al contrario di Arnell, che evidentemente non era abituato a repentini cambi di programma: i suoi occhi sgranati vagavano vacui da Dahlia e l'Arle a Zevran. L'elfo se ne accorse e gli diede una gomitata di nascosto, seguito da una breve occhiataccia di ammonimento.
«Perchè allora non l'avete detto subito?» chiese Teagan, alzandosi in piedi di scatto.
«Perchè temiamo che ci abbiano inseguiti fino a qui e...»
«Fin dentro al castello?» 
Ma l'Arle non fece nemmeno in tempo a finire la domanda che un boato riecheggiò dal salone principale, seguito dalle urla di diversi uomini che combattevano.

Saarebas si guardò intorno, in cerca di un punto di riferimento: il buio all'interno di quelle gallerie era così fitto che era decisamente difficile capire dove mettere i piedi. Velenna sussurrò qualcosa in una lingua sconosciuta e dalle sue mani apparve un globo verdastro, che illuminò debolmente le umide pareti del sotterraneo.
«Dovremmo essere vicini» dichiarò l'elfa, guardando con aria assorta la vecchia mappa consunta che teneva in mano «Ora dovremmo girare qui a destra».
I tre sbucarono in un vicolo cieco: la via terminava con una liscia parete di pietra, coperta da muschio e funghi luminescenti. 
«Non dirmi che abbiamo sbagliato strada!» sbuffò Rengar, nascondendo a fatica il nervosismo, sebbene si sentisse più a suo agio con un soffitto sopra la testa. La magia non gli era mai piaciuta, non era un elemento familiare per i nani, ma l'antica magia elfica in particolare lo metteva decisamente a disagio.
«No. Qui c'è qualcosa che non va» mormorò pensierosa Velanna, sfiorando la parete di fronte a sé.
«Avverto della magia qui attorno» disse Saarebas «Ma è strana. Non riesco a capirne la natura»
«E' l'antica magia elfica, una magia che solo noi guardiani sappiamo ancora padroneggiare»
«Tu...sei un guardiano?» chiese sorpresa la qunari.
«Lo sarei, se il mio clan non fosse stato trucidato interamente da barbari senza alcun ritegno» disse l'elfa con tono duro.
«Mi dispiace. Ma posso capire...» disse Saarebas, pensando ancora alla tragedia che l'aveva travolta solo qualche giorno prima.
Velanna non diede segno di apprezzare o meno le parole della qunari, invece si voltò verso la parete rocciosa sfiorandola con la mano.
«Sembra richiedere un tributo di sangue» mormorò pensierosa.
«Vuoi dire che dovrai usare la magia del sangue?» chiese contrariata Saarebas.
«Si, ma non sempre la magia del sangue è malvagia. Gli antichi elfi la usavano normalmente, se usata nel modo giusto può portare grossi benefici»
«Non ne sono per nulla convinta, ma se è l'unico modo per uscire da qui...»
Velanna afferrò il pugnale che teneva legato alla cinta dalla tunica verde, passando la lama sopra il palmo della mano con cui aveva sfiorato la parete, lasciando che il sangue scuro vi schizzasse sopra. Inizialmente sembrava non fosse accaduto nulla, poi la parete tremò e cominciò a scivolare verso il basso, quasi fosse stata inghiottita dal terreno sottostante.
«Per mille nug!» esclamò Rengar strabuzzando gli occhi «Non sarò esperto di magia, ma una cosa del genere non l'avevo mai vista!»
La qunari non disse nulla, ma strinse i pugni tesa, preoccupata per ciò che avrebbero potuto trovare dall'altra parte. L'apertura si spalancava su un'enorme caverna, debolmente illuminata dalla luce verdognola di alcuni Funghi delle Profondità. Era un unico spazio perfettamente circolare, con al centro una collinetta bassa e stranamente ricoperta di erba. Enormi stalattiti cristalline pendevano dal soffitto, amplificando la luce emessa dai funghi e rendendo il posto ancora più spettrale.
«Ci siamo, è questo il posto. Sento forte il richiamo della magia antica» sussurrò Velanna, guardandosi attorno in contemplazione.
I tre avanzarono cauti verso la base della collinetta, da dove partiva un sentiero di ciottoli grigi. Risalirono il dolce pendio senza difficoltà fino ad arrivare in cima, dove maestoso si stagliava quello che ad un primo impatto sembrava un gigantesco specchio dalla cornice in oro massiccio.
«E' questo l'oggetto che cercavi?» chiese dubbioso Rengar.
«Si è lui, l'Eluvian» mormorò l'elfa, avvicinandosi cauta.
«E noi abbiamo fatto tutta questa strada per uno specchio?!» rincarò la dose il nano «Uno specchio che nemmeno riflette per di più!»
Infatti quella che avrebbe dovuto essere la superficie riflettente dello specchio non era altro che una lamina nera come l'ebano, fredda e totalmente priva di vita.
«Non è un semplice specchio!» lo rimbeccò Velanna stizzita «come vi ho già spiegato si tratta di un portale. Deve essere solamente attivato...»
L'elfa studiò con occhio critico il manufatto, controllando meticolosamente ogni suo centimetro alla ricerca di qualsiasi indizio che le potesse rivelare come riportarlo in funzione.  Dopo quella che sembrò essere mezz'ora, la bionda sospirò e cominciò a snocciolare una serie di frasi in elfico antico: improvvisamente la superficie nera cominciò a tremolare, per poi produrre cerchi concentrici come l'acqua di uno stagno colpita da un sasso.
«Qualsiasi stregoneria tu stia combinando sembra funzionare» borbottò Rengar, allontanandosi impercettibilmente dall'Eluvian.
Saarebas osservava colpita la scena, cercando di carpire i segreti di quella magia strana ed antica, quando uno strano stridore attirò la sua attenzione. Si voltò verso l'entrata della caverna, cercando di capire da dove provenisse, quando vide un bagliore rosso avanzare verso di loro a forte velocità.
«No!» esclamò, prendendo i due compagni di viaggio e spingendoli senza tante cerimonie a terra. Il bagliore rosso non era altro che una palla infuocata lanciata da un mago, la quale andò dritta verso l'Eluvian ma, invece di infrangersi sopra ad esso, lo attraversò senza lasciare traccia.
«Hanno aperto il portale!» esclamò una voce a pochi metri da loro.
Saarebas si rialzò pronta a fronteggiare i nuovi arrivati, cosa che fecero subito anche Velanna e Rengar.
«Bene, bene, bene» disse una voce che Saarebas aveva già sentito «Ci avete risparmiato un bel po' di lavoro.»
Il mago dai capelli rossi che avevano incontrato nelle Vie Profonde li stava guardando sogghignando. Accanto a lui c'erano altri due maghi e Julian, con lo sguardo vacuo tipico delle persone controllate dalla magia.
«Non devono raggiungere l'Eluvian, altrimenti saremo perduti!» esclamò Velanna.
«Ma va?!» la rimbeccò Rengar.
L'elfa non fece in tempo a rispondere alla provocazione: uno dei maghi fece esplodere una stalattite cristallina e la guardiana fece a malapena in tempo ad erigere una barriera per evitare che le schegge la trafiggessero.
Il nano partì alla carica, sollevando la pesante ascia sopra la testa e facendola roteare in modo minaccioso. Il mago gli scagliò addosso una serie di fulmini, i quali gli bruciacchiarono la folta barba ma non causarono altro danno, grazie alla naturale resistenza nanesca verso la magia. Saarebas si ritrovò a dover fronteggiare il Corvo, che balzò su di lei con le due lame; la qunari riuscì a scagliarlo via con un blocco di ghiaccio, tuttavia il ragazzo si rialzò subito in piedi, pronto a tornare alla carica. “Non devo ucciderlo” disse tra sé e sé la gigantessa, mentre faceva crepitare un globo di energia viola tra le mani “Dahlia ne soffrirebbe”.
Il Venatore dai capelli rossi, approfittando della confusione, si lanciò indisturbato verso l'Eluvian, ma all'ultimo Velanna riuscì a bloccarlo evocando dei licheni che si avvolsero attorno alle caviglie del nemico. 
«Non ti permetterò di toccare quel manufatto, umano!» ringhiò l'elfa, preda della rabbia «Non ne avete il diritto, dopo ciò che avete fatto agli elfi!»
Con uno schiocco delle dita scaraventò il rosso lontano, quindi si avvicinò ai due alleati ancora impegnati nella battaglia.
«Vi porto fuori di qui!» esclamò la guardiana «Mi sacrificherò pur di proteggere questo posto!»
«No Velanna!» urlò Saarebas, ma era troppo tardi.
L'elfa pronunciò una frase in elfico antico, quindi si pugnalò all'addome, spingendo l'arma dentro al suo corpo fino all'elsa. Quando il sangue sgorgò dalla ferita, intorno a loro divenne tutto bianco e un fischio fastidioso coprì qualsiasi rumore. Un boato improvviso fece crollare a terra Saarebas, che perse i sensi.

Dahlia corse verso la porta che conduceva al salone, ignorando le urla di Zevran e Arnell che tentavano di fermarla. La scena che si presentò di fronte a lei era raccapricciante: a terra vi erano riversi in una pozza di sangue una decina di guardie del castello assieme a due maghi, due Venatori a giudicare dalle tuniche. Il mago pel di carota che aveva avuto l'onore di conoscere nelle Vie Profonde stava arrostendo un'altra guardia, mentre Julian stava ferocemente combattendo contro Rengar, il quale non sembrava per nulla intenzionato a risparmiargli la vita.
«No!» esclamò Dahlia, correndo verso i due e tentando di separarli.
«Vattene stolta ragazzina! Ti farai ammazzare!» le urlò di rimando il nano, sollevando pericolosamente l'ascia verso l'Assassino.
«Non lo puoi ammazzare!» disse la Corvo, bloccando il braccio massiccio del nano, che per tutta risposta la spintonò con forza facendola cadere a terra. La ragazza scattò subito in piedi, ma barcollò: cadendo si era storta la caviglia, che ora pulsava terribilmente. Cercando di non far notare la cosa ai compagni, strattonò Rengar, che si stava preparando ad un nuovo assalto.
«Vai ad aiutare Saarebas piuttosto, posso affrontarlo da sola!» disse Dahlia, indicando la gigantessa, che effettivamente si trovava in grosse difficoltà contro il mago rosso.
«Ma cosa stai dice...»
«Rengar, VAI!!!» lo esortò Dahlia «Conosco le abilità di Julian, non mi farò uccidere!»
«Quando avrete deciso chi dei due dovrò uccidere per primo fatemelo sapere!» li schernì Julian, che  aveva guardato l'intera scena con un'espressione tra il divertito e l'annoiato.
Il nano esitò per un secondo, ma quando vide la determinazione negli occhi della Corvo annuì e corse in aiuto della qunari.
«E così siamo di nuovo da soli, dolcezza» la sbeffeggiò il biondo.
«Non mi hai mai chiamato così Julian...se vuoi distrarmi devi fare di meglio» rispose Dahlia, mettendosi in posizione di attacco.
Il ragazzo non aspettò oltre e scattò verso di lei con il pugnale sguainato, ma la ragazza lo schivò per un soffio infilandosi sotto al suo braccio, anche se il suo vantaggio durò poco: Julian fece un mezzo giro su sé stesso e riuscì a ferirle la spalla la spalla di striscio. Dahlia digrignò i denti e si allontanò con un balzo, constatando che il suo avversario era diventato decisamente più veloce rispetto all'ultima volta che si erano incontrati, sicuramente grazie alla magia dei Venatori.
«Lo sai che non puoi battermi» disse il Corvo, avvicinandosi guardingo «Leggo nei tuoi occhi la paura. Ti conviene arrenderti subito, almeno potrò regalarti una morte rapida».
Dahlia si guardò attorno in cerca di una via di fuga, ma il ragazzo le si avventò di nuovo addosso, costringendola a schivare ancora la sua lama letale. Con un altro movimento rapido Julian riuscì a ferirle il polpaccio, facendola urlare di dolore.
“Devo riuscire a distrarlo” pensò disperata, rotolando di nuovo lontana dal suo aguzzino, che già si stava preparando per un nuovo scontro. Il sangue usciva copioso dalle ferite e tenersi in piedi con la gamba ferita le risultava difficile. “Pensa Dahlia, pensa! In cosa sei sempre stata migliore di lui?” si chiese evitando una nuova coltellata. Nella sua mente si affollarono diversi ricordi di loro due, quando da ragazzini si allenavano assieme fino a quando, da adulti, intrapresero varie missioni per conto dei Corvi: le loro abilità erano sempre state molto simili, forse lei brillava più in agilità che in forza rispetto a lui, ma in quel momento quel vantaggio era stato annullato dalla magia. Continuò a schivare colpi, ma si aprirono altre due ferite, fortunatamente poco profonde, sull'avambraccio e sul costato. Trovare una soluzione in quelle condizioni era decisamente difficile, se non impossibile.
“Ma certo!” si disse fra sé e sé la ragazza, folgorata da un'illuminazione “Sono sempre stata più brava di lui nell'arrampicarmi...ma come posso sfruttare questa cosa?”.
Si guardò di nuovo attorno, poi corse verso la finestra aperta che dava sul cortile, uscendo all'esterno con un agile balzo.
«Cosa fai, scappi?» la canzonò Julian, inseguendola.
Dahlia si aggrappò ai mattoni nudi della facciata esterna del castello, cominciando a salire verso il tetto. A causa delle ferite non riusciva ad arrampicarsi velocemente come avrebbe voluto, ma bastava perché riuscisse a tenerlo a distanza.
Con un ultimo sforzo si issò sopra le tegole, rese leggermente scivolose dalla pioggerellina che aveva cominciato a cadere, pungendola sul viso. Guardò verso il basso, ma in quel momento Julian la raggiunse; prima che potesse salire anche lui sul tetto, la Corvo ne approfittò per ferirlo sulla mano dominante, sperando che ciò le concedesse un minimo di vantaggio.
Julian ringhiò, quindi si gettò sopra di lei, inchiodandola sulle tegole e sollevando il pugnale; con un calcio Dahlia gli fece volare via il pugnale, ma sapeva che non sarebbe servito a molto. Infatti il ragazzo sguainò subito il secondo pugnale, un'arma decisamente sinistra, dalla lama grigio scuro con riflessi rossastri e con l'elsa che terminava a forma di teschio.
«Non vedevo l'ora di provare il mio nuovo giocattolo» ghignò lui, sedendosi sopra al suo bacino e impedendole qualsiasi movimento. Dahlia tentò di liberarsi con un colpo di reni, ma tutto ciò che vide fu un bagliore rossastro che si avvicinava pericolosamente alla sua gola.

Saarebas boccheggiò nel momento in cui venne colpito dal pugno invisibile della magia del suo nemico. Non ancora del tutto ripresa dalla battaglia nelle Vie Profonde, cominciava a sentire un pericoloso torpore alle membra e la vista andava via via offuscandosi.
«Allora, ti arrendi sottospecie di mostro?» la insultò il Venatori «Dovresti ormai averlo capito che io, Taremund, non mi farò mai sconfiggere da una testa cornuta!»
«Ma da un nano forse si!» ringhiò Rengar, scagliando l’ascia verso il mago. Purtroppo, però, il colpo non andò a segno, in quando il nemico era riuscito a materializzarsi dietro al nano.
«Un nano non potrà mai fronteggiare la magia!» lo schernì, preparandosi a trafiggerlo con schegge di ghiaccio; Saarebas si riprese appena in tempo per creare una barriera protettiva attorno al suo alleato. 
I due amici si guardarono, scambiandosi un segno di reciproca gratitudine, quindi partirono all’attacco: Saarebas creò un’enorme sfera di fulmini e la scagliò sul Venatori, mentre Rengar partì all’attacco con un urlo spaventoso.
Taremund inciampò su uno dei cadaveri riversi a terra, la sfera della qunari lo raggiunse di striscio, procurandogli una brutta bruciatura sull’avambraccio. Rengar non perse tempo e balzò sull’avversario, che purtroppo riuscì a parare il colpo con il bastone.
«Un Venatori non si farà mai sconfiggere da due miserabili di razza inferiore!» ringhiò «Morirete ora, tra atroci sofferen...»
Il Venatori strabuzzò gli occhi e s’interruppe improvvisamente: dalla sua bocca uscì un fiotto di sangue, poiché la sua gola era stata trapassata da parte a parte da una dardo.
«Oh, finalmente un po’ di silenzio!» esclamò stizzito Arnell, mentre riponeva la sua balestra «Non potevo più sopportare il suo continuo blaterare!»
Saarebas e Rengar si guardarono attorno interdetti: mentre erano totalmente assorbiti dalla battaglia contro il Venatori, non si erano accorti che il resto dei nemici era stato sconfitto e ora in piedi rimanevano solo loro, Arnell, Zevran, qualche guardia del castello e l’Arle.
Quest’ultimo si guardava attorno con gli occhi sgranati, la spada ancora sguainata e un pericoloso colorito rosso si stava impadronendo del suo viso «Ora ESIGO sapere chi diavolo siete!»
«Arle Teagan, sono costernato per il disturbo arrecatovi da queste persone malvagie, ma le giuro che noi stavamo solamente cercando di proteggerla...» cominciò Zevran
«Questo è tutto da vedere elfo. Vi conviene spiegarvi velocemente e sperare che la vostra spiegazione mi convinca, se non volete marcire per sempre in cella!»
«Dov’è finita Dahlia?!» esclamò a sorpresa Saarebas.

Dahlia aveva chiuso gli occhi, aspettando il colpo finale. Non era da lei arrendersi, ma cos’altro poteva fare? Era in trappola, ormai poteva considerarsi spacciata. Ma invece di sentire la lama fredda ed orrenda di quell’arma sinistra trafiggerle la carne, sentì un tintinnio seguito da un «Dahlia!!!» decisamente sorpreso.
La Corvo si azzardò ad aprire gli occhi e vide che Julian era tornato in sé: il suo tipico sguardo gentile ma deciso si era di nuovo impossessato dei suoi occhi cioccolata, mentre la guardava come se fosse la cosa più bella che avesse mai visto.
Dahlia scivolò dalla sua presa, non fidandosi di questo repentino cambio di personalità.
«Dahlia, sono di nuovo io! Devono aver ucciso un altro dei Venatori che mi tiene prigioniero!»
La ragazza lo guardò diffidente, ma poi si rilassò constatando che effettivamente era proprio lui, il suo Julian; con le lacrime agli occhi gli corse incontro abbracciandolo, ma il ragazzo la colse di sorpresa, prendendole il viso e baciandola appassionatamente. La ragazza rimase immobile per una frazione di secondo, interdetta. Ma subito dopo ricambiò il bacio, rispondendo a quello che probabilmente era stato un desiderio sopito e soffocato dalla spietatezza della dottrina dei Corvi.
I due ragazzi rimasero avvinghiati l’uno all’altra, non accorgendosi della pioggia che si intensificava, temendo il momento in cui avrebbero dovuto separarsi di nuovo.
Infine Julian si staccò dalla ragazza, un’ombra oscura tornava lentamente ad impossessarsi delle sue iridi.
«Dahlia, devo andarmene finché sono ancora in tempo...»
«No!»
«Lo sai che finché tutti i miei carcerieri non saranno morti io non potrò mai essere libero»
«Ti prego, Julian, puoi combatterla! Lo so che puoi combattere la loro schifosa magia!»
Il ragazzo accennò un sorriso, velato di tristezza «Se fosse solo questione di volontà, mi basterebbe il pensiero di poter stare con te per poterla sconfiggere!»
Il Corvo sciolse l’abbraccio allontanandosi, ma non riusciva a staccare gli occhi da lei «Ora devo andare, sento che la magia si sta di nuovo impossessando di me, ma so che un giorno potremmo stare di nuovo assieme...»
Dahlia cadde in ginocchio singhiozzando, mentre guardava il suo amato che agilmente si allontanava da lei. Perché ormai non poteva più negarlo a se stessa: ne era innamorata e avrebbe fatto di tutto per riportarlo da lei.
Saarebas tirò un sospiro di sollievo quando vide la sua amica rannicchiata sul tetto del castello, anche se proprio non capiva come diavolo ci fosse finita lì.
«Kadan, cosa stai facendo sotto la pioggia? L’Arle ci vuole tutti nel salone, subito!».
Ma quando vide l’espressione affranta della ragazza intuì cosa potesse essere successo «Kadan...se n’è andato, vero?»
Dahlia annuì tristemente, mentre la qunari le avvolgeva un braccio attorno alle spalle e la aiutava ad alzarsi.
«Giuro Saarebas, giuro che lo libererò da quei maledetti!»
«Conta sempre sul mio aiuto, non dubitarne»
Le due si sorrisero, ma tornarono subito serie quando la potente voce di Rengar le rimproverò «Allora, avete finito con le smancerie sotto la pioggia o volete farci sbattere tutti in gattabuia?! Arle Teagan sembra aver esaurito la pazienza...»
 
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Note dell’autrice:
Ebbene si...dopo una lunga attesa (per chi ancora sperava in un nostro ritorno) siamo qui!
Purtroppo lavoro ed altri impegni della vita di ogni giorno hanno reso difficile continuare
a scrivere, ma con un po’ di pazienza spero di potervi regalare una storia degna di nota,
assieme alla mia collaboratrice, Stregatta! :) 
Per chi non avesse seguito anni fa la storia consiglio di leggere i capitoli precedenti...si,
sono belli lunghi, ma spero che vi piacciano, così non vi peserà la loro lettura! ;)
Per ora passo la palla a Stregatta, ci vediamo fra due capitoli!
Baci <3 
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1Letteralmente "I grigi" termine usato per indicare i Qunari nati al di fuori del Qun o che lo hanno abbandonato ma non rinnegato. 
2Non vi è nulla contro cui ribellarsi
3Così deve essere
4La vittoria è nel Qun
5Per il Qun. Vittoria ai Qunari!
6Basta!

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