Straight through my heart

di BebaTaylor
(/viewuser.php?uid=33830)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno - When I met you ***
Capitolo 2: *** Due Beautiful World ***
Capitolo 3: *** Tre Rock The Night ***
Capitolo 4: *** Quattro Weird World ***
Capitolo 5: *** Cinque - Bop Bop Baby ***
Capitolo 6: *** Sei I want it that way ***
Capitolo 7: *** Sette - Rainy Day ***
Capitolo 8: *** Otto - Love at first sight ***
Capitolo 9: *** Nove - When I think of you parte I ***
Capitolo 10: *** Nove - When I think of you parte II ***
Capitolo 11: *** Dieci - Safest Place To Hide ***
Capitolo 12: *** Undici- Welcome To The Show Part I ***
Capitolo 13: *** Undici- Welcome To The Show Part II ***
Capitolo 14: *** Dodici - I cry ***
Capitolo 15: *** Tredici Straigh Through My Heart ***
Capitolo 16: *** Quattordici Love Like Stars Part I ***
Capitolo 17: *** Quattordici Love Like Stars Part II ***
Capitolo 18: *** Quindici - In a world like this Part I ***
Capitolo 19: *** Quindici - In a world like this Part II ***



Capitolo 1
*** Uno - When I met you ***


logo def
hosting immagini


Straigh Through
My Heart

Uno
When I Met You
*** it's starts off with a heartbeat ***



Sbuffo.
Sbuffo, sbuffo e sbuffo ancora mentre appendo il mio abito da cocktail di Vera Wang nell'armadio.
Cosa c'è di peggio nel tornare a casa dei proprio genitori, speranzosi di usare la dependance, e ritrovarsi nella propria vecchia cameretta?
Bha, forse sapere che nella dependance c'è un nerd brufoloso che suona la chitarra. Oh, e magari passa tutto il suo tempo attaccato ai videogames... lo odio, lo odio, lo odio. Scommetto che è uno di quei tizi alti e così magri che un soffio di vento li fa ribaltare, e che non ha nemmeno mezzo muscolo, che porta gli occhiali da vista e ha il viso pieno di brufoli.
Mamma dice che è tanto carino... ma lei trova carini anche i bambini che al ristorante si puliscono le mani sporche di crema alle zucchine sul tuo trench da ottocento dollari. Io li strozzerei, invece. Il Nerd, i bambini e mia madre.
«Ranocchietta?»
Aggiungo anche papà alla lista delle persone da strozzare, mi chiama in quel modo da vent'anni ormai. Non sono più una ranocchietta, cavolo.
«Sì?» domando uscendo dalla mia stanza e lo vedo in fondo al corridoio.
«Andiamo da Jacob's per le otto e un quarto.» mi ricorda.
«Va bene.» dico, anche se vorrei solo urlare e rientro in camera anche se vorrei fuggire. È venerdì sera e io dovrei uscire con gli amici, girare per locali, ballare, divertirmi, bere, ballare, divertirmi e sperare che ci sia un taxi libero che mi riporti a casa.
Prendo una maglia dalla valigia e la fisso, con orrore. È quella che mi ha regalato la mamma di quel brutto figlio di buona donna del mio ex fidanzato. Dio, avrei voglia di strozzare anche lui. E anche la segretaria con cui mi ha messo le corna e per cui mi ha piantato, una sera di un mese fa, mentre cenavamo tranquillamente.
Lo sapevo che la crostatina con la crema alla Nutella che mi aveva portato due giorni prima era un brutto segno, un bruttissimo segno, ma io i cosiddetti "segnali premonitori" non li colgo, non ne sono capace e, quando riesco a coglierli... li ignoro.
Però mi sono vendicata... altroché se l'ho fatto. Per prima cosa ho buttato qualche suo vestito giù per il condotto della spazzatura, poi ho preso uno dei cacciaviti che il cretino del mio ex si ostinava a comprare ma non usare mai e l'ho usato per tracciare delle belle linee quasi parallele da una parte all'altra della fiancata della sua auto, una comunissima utilitaria, anche se potrebbe comprarsi una Ferrari.
Il mio ex è anche tirchio, quell'imbecille.
Comunque non mi sono fermata lì: sul cofano, usando sempre il cacciavite, ho scritto: spero che non ti tiri più.
Afferro un paio di forbici e taglio la maglietta, creando un paio di stracci che userò per pulire il gabinetto.
Oh... ma mi sono vendicata anche della sua segretaria... una mattina ho portato fuori Neve, il collie della signora che abitava nell'appartamento sotto al quale vivevamo io e quell'ambea del mio ex e... ho raccolto la montagna di cacca che quella bestiola tanto simpatica ha prodotto. Poi sono corsa nel grattacielo dove lavoravamo sia io che il mio ex e ho trovato la macchina di quella e le ho spalmato la cacca su tutte le maniglie delle portiere. E anche sul tettuccio perché quell'idiota ha sempre avuto l'abitudine di posare la sua borsa da cinquemila dollari sul tettuccio dell'auto prima di aprirla.
Guardo la mia valigia: vuota. Oh... ho già sistemato tutto? Perfetto, posso andare a farmi un bel bagno. A New York vivevamo in un buco e in bagno avevamo solo la doccia. E pure piccola.
Un'ora dopo, alle sette e un quarto, sono pronta per vestirmi.

***

«Allora... Lindsay, dove hai lasciato il tuo fidanzato?»
Persone che strozzerei volentieri: l'Ambea, la segretaria, il Nerd brufoloso che strimpella, mia madre, mio padre, i bambini e George, il collega di mio padre.
«Mi ha messo le corna con la sua segretaria.» ribatto, asciutta e spero che il pesce spada gli vada di traverso, «E lei, lei ha mai messo le corna a sua moglie?» domando, sbattendo le ciglia e dipingendomi un sorriso innocente sul volto.
«Lindsay!»
Questa è mamma.
«Ranocchietta!»
Questo è papà.
Il silenzio è di George e della sua consorte che lo sta fissando, in attesa che risponda. Le cose sono due: o George è fedele o non lo è.
Io, dato che tutti gli uomini sono stronzi, propendo per la seconda.
«Allora?»
Questa sono io e mi rivolgo a George.
Lui tossicchia, passa l'indice destro nel collo della camicia, tossicchia, beve il vino e finalmente risponde: «No.»
«Ah, bene.» dico io. Mente, lo so. «Ne è sicuro?» chiedo, «Veramente sicuro?» continuo e prendo un sorso di vino, «Sicuro sicuro?»
«Lindsay!»
«Ranocchietta!»
«Era solo una domanda!» sbotto io, «Un'innocente domanda...»
E la cena è rovina, lo so.

«Ranocchietta... non sono domande da farsi!» mi rimprovera papà mentre torniamo nella nostra mega-villa a picco sull'oceano.
«Eh, ma è lui che ha cominciato...» dico io, incrociando le braccia, «Lo sapeva vero?»
«Sì.» dice mia madre, una delle donne più pettegole dell'intera contea di Dale.
«Ecco, allora il coglione è lui.» ribatto io, «Poteva pure tacere, eh.»
I miei genitori tacciono.
E io penso che, se mi trovassi davanti quella scimmia del mio ex, probabilmente gli sparerei. E toglierei tutti i punti della blefanoplastica, il filler, il silicone che invade il corpo di quella stronza della segretaria, rendendola di nuovo biodegradabile.
Poi le sparerei, ovvio.
Sono violenta?
Svetlana dice che sono stressata e isterica, che avrei bisogno di una “sana scopata”, così tornerei ad essere l'agnellino che sono sempre stata. Peccato che io non sia mai stata un agnellino, proprio mai.
Né alle elementari, né alle medie o al liceo o all'università.
Una volta ritornati a casa mi fiondo in camera mia, seguita dalle domande dei miei che mi chiedono se sto bene. Guardo fra le listarelle delle persiane e fisso la finestra di fronte alla mia. È tutto buio. O il Nerd dorme alle undici di sera, brutto sfigato, oppure è in giro. Cretino di un Nerd. Lo picchierei anche se non lo conosco.

***

Avrei voluto la dependance per poter ingozzarmi di gelato e piangere davanti a un film deprimente. Invece mi tocca starmene nella mia stanza, con mamma e papà che mi chiedono continuamente come stia.
Mamma, papà, allora: mi sono messa con Josh quando avevo vent'anni, dopo sei mesi siamo andati a vivere insieme e dopo poco più di tre anni di relazione... lui mi ha messo le corna e mi ha piantato dicendomi che non mi amava più, che vedeva un'altra da sei mesi e che era meglio lasciarci.
E io avrei voluto piantargli il coltello in mezzo agli occhi.
Quindi... come volete che stia?
E in più... il Nerd sta suonando la chitarra. Alle nove del mattino. Di domenica. Dio, lo ucciderei spaccandogli la chitarra in testa.
Lancio via i cuscini, mi alzo e vado verso la porta finestra, guardando quella di fronte, quella della stanza del Nerd. Faccio scorrere la porta finestra e percorro a grandi passi la breve distanza che ci separa.
«Vuoi smetterla?» sbraito battendo il pugno sul vetro, «Te la ficco nel cu-»
La porta finestra si apre.
«Sì?»
E questo è il Nerd brufoloso? Oh. Mio. Dio.
«Piantala di suonare.» dico, puntando lo sguardo sul suo viso, «Io vorrei deprimermi in pace e tu, con la tua musichetta allegra, me lo impedisci.»
«Tu devi essere Lindsay.» dice lui. «Io sono Ryan.»
«E chi se ne frega?» sbraito. «Smettila di suonare.»
«Tua madre mi ha detto che posso farlo.» ribatte lui, incrociando le braccia muscolose.
«E io ti dico che voglio deprimermi in pace.» quasi grido.
Lui ridacchia e cavolo, la voglia di prenderlo a sberle è molto forte. Così mi limito a girare i tacchi e tornare in camera mia.
«Bel pigiama.»
Che cosa? Che cosa?
Decido di ignorarlo e proseguo, ho appena aperto la porta finestra quando lui riprende a suonare.
«Piantala di suonare!» urlo, svegliando probabilmente mezzo vicinato.
Ryan è seduto sul muretto che divide una parte della terrazza e sta suonando. «Perché ti vuoi deprimerti?» mi chiede, «È così triste...» dice.
«Ho concluso una storia dopo tre anni.» ribatto. «È un motivo valido, Sua Maestà?» sbotto.
«Perché?» chiede, «Perché è finita?»
«Perché mi ha messo le corna con la segretaria!» grido.
«Uh, il classico cliché.» commenta lui e suona un paio di accordi. «Magari è pure più giovane di te...» e mi guarda e la voglia di spaccargli la faccia arriva ai massimi livelli.
«Ma quale cliché.» sbotto. «Io ho ventitré anni, lui ne ha venticinque e quella puttana ne ha cinquantacinque!» grido, svegliando i vicini che ancora dormivano.
«Oh.» fa lui.
«Oh cosa, di grazia?» faccio io.
«Oh... niente.» fa lui e scuote la testa. «È così umiliante e triste essere traditi con una persona che ha trent'anni più di te.» dice, «Potrebbe essere sua madre...» infierisce ancora, «Magari gli farà da nave scuola...»
Oh, ma allora è proprio stronzo.
«Vaffanculo.» esclamo e rientro in camera, chiudo le imposte, la porta finestra e mi getto sul letto.
Ryan non sarà un nerd brufoloso, ma è un grande stronzo.

«Lui è una persona davvero irritante anche se ha degli occhi azzurri meravigliosi, aveva un sorriso che avrei voluto togliergli con due schiaffi... mi guardava come... come... Dio, aveva una maglietta attillata che metteva in risalto i muscoli e continuava a prendermi per il culo e suonava, suonava, sorridendomi con quelle labbra carnose... si crede un gran figo solo perché ha degli zigomi alti e suona la chitarra...» dico alla mia amica Svetlana.
«Dev'essere un gran figo, questo Ryan.» commenta lei.
«Ma quale figo!» sbotto, «È stronzo e basta.»
«Lo hai detto tu che è figo.» dice lei.
«Mai detto.» ribatto.
Lei ridacchia, «Oh, sì che lo hai fatto.» dice, «Fra un insulto e l'altro hai infilato la descrizione di questo gran bel pezzo di ragazzo.» continua, «Occhi azzurri meravigliosi, un bel sorriso, maglietta attillata che mette in risalto i muscoli, labbra carnose...»
«Ma piantala.» faccio io. Davvero ho detto tutte ste cose? Cavolo, devo proprio essere messa male, se le penso.
«Scommetto che sai anche com'è il suo culo.»
Io guardo fuori dalla porta finestra, fissando Ryan che si china per raccogliere qualcosa. «Sodo.»
«Ecco, lo sapevo!» squittisce lei. «Ti sei presa una cotta.»
«Sparami, ti prego.» le dico. «Ho chiuso con gli uomini.»
«Dicono tutte così...»
«Io sono seria.» dico.
«Sì, sì.» esclama lei, «Tempo un mese e vi rotolerete nel letto.» dice, «Adesso vado, mamma mi aspetta a pranzo.» aggiunge e riattacca.
Sospiro e getto il telefono sul letto.
Ryan si china ancora, il sedere rivolto verso di me... è veramente sodo.

Sono tornata a Miami da quasi tre giorni e fuggirei al Polo Sud. Ryan suona, i miei sono troppo gentili e io mi rompo le palle. Poi squilla il telefono, che rompe il silenzio di questa domenica pomeriggio.
«Casa Mars.» dico, educata.
«Lindsay? Sono Melanie.»
Melanie? E questa chi cazzo è? «Sì. Ciao, Melanie.» dico, «Da quando non ci sentiamo?» faccio, nella speranza che mia dia un indizio, perché io non so chi sia, questa Melanie. Da dove salta fuori? Cavolo, la mia vita sociale è sempre stata frenetica, fin dalle medie e ho conosciuto un sacco di gente.
«Da quando è finito il liceo.» ridacchia lei, con la risata da topino.
Ah, quella Melanie! «Oh, già.» commento. «Come mai mi chiami?»
«Oh... bhe, sai... Ryan canta al Soleil mercoledì sera, volevo sapere se potevi farmi entrare..»
Ah, la solita Melanie. Sempre a chiedere favori: “Mi passi gli appunti? Mi puoi dare una spintarella nelle cheerleader? Puoi dire a Tim che mi piace? Puoi dire ad Anastacia di smetterla di prendermi in giro?”. «Chi è sto Ryan?» chiedo.
«Non sai chi è?» domanda lei e la odio, lei e la sua voce da gallina stitica. «Ryan Messer, cantautore e chitarrista.» dice.
«Ah, ho capito.» dico, «Uh, bhe, devo chiedere a mamma...»
No, fermi tutti. Ryan Messer. Chitarrista. Ryan. Chitarra. Ryan, il non-Nerd, suona la chitarra.
Merda.
«Oh, sì, okay.» dice, «Allora... bhe, fammi sapere.» aggiunge, «Vivo con i miei e il numero è lo stesso.»
«Va bene.»
«Allora ciao.»
E riattacca.
Ma l'educazione l'hanno persa?
Deglutisco.
Afferro il portatile e spingo il pulsante per accenderlo. Solo che rimane spento. Cerco il filo del caricabatteria ma non lo trovo. Dove. Cazzo. È?
Okay, no problem, c'è il fisso nell'ufficio di papà.
Dopo che il computer si è acceso e collegato a internet, digito il sito del locale.
La parte centrale dell'home page è divisa in due: a sinistra i prossimi eventi, a destra la locandina di mercoledì sera, guardo la foto e deglutisco: stessi occhi azzurri, stesse labbra carnose, stessi capelli più castani che biondi, stesso sorriso che leverei con una smerigliatrice...
Porca... Ryan che vive nella dependance è lo stesso Ryan che suonerà e canterà mercoledì sera al Soleil.
Ryan Messer e i JCAL. Che nome idiota.
Oh, merda.
Persone che strozzerei: mamma, papà, George e consorte, Ryan, i bambini rompi palle, l'Ambea, la Rifatta e Melanie.

Melanie Green, ecco come si chiama l'idiota dalla vocetta isterica.
In questo momento, alle dieci di domenica sera, sono qui, in camera mia invece di essere in giro a bere, ballare, gridare che mi fanno male i piedi, bere, ballare, bere e ballare.
Sono seduta sul mio letto, il portatile davanti a me — il filo del carica batteria era finito sotto al letto — e sto curiosando nel profilo Facebook della carissima Melanie che, evidentemente, ignora le opzioni della privacy di Facebook.
Apro un album che si chiama “Io e Ryan ♥” e giuro che non so se: ridere, piangere o denunciarla alla polizia. Oppure se fare tutte e tre le cose.
Insomma, Melanie è un tantino fissata, con Ryan. Cioè... lo ha visto diciannove volte e okay, però... l'album è di duecentoventi foto, per cui, tolte le diciannove foto in cui la scema è con lui, fanno ben... duecento e una foto di collage di quelle diciannove foto. La cosa è estremamente inquietante.
E le scritte che le accompagnano... “Io e Ryan Martedì 20 Maggio 2014 ♥♥♥♥♥♥”
Quella sequenza di cuoricini è... rivoltante.
Anche gli altri album sono inquietanti, sopratutto quello delle risposte/retweet/preferiti ricevuti dal tizio che occupa la dependance.
La cosa peggiore è che condivide le foto ad ogni fottuto “anniversario ♥”. Ad ogni mesiversario Melanie condivide la foto, accompagnandola da una montagna di cuoricini, stelline e cuoricini.
Dio, Melanie è una stalker del cazzo.
Un qualcosa, della roba sdolcinata che condivide, mi fa supporre che quelle frasi che trasudano unicorni che vomitano arcobaleni sia per... Ryan. Chissà se lo sa...
Oh, non sono affari miei, dopotutto. Il portatile emette un trillo allegro che odio, altroché se lo odio, e clicco sull'icona di Skype. Svetlana appare in tutto il suo splendore: capelli biondissimi, occhi azzurri e pelle perfetta.
«Ehi!» fa e agita la mano, «Allora come va con il bel vicino?»
«Lo odio.» dico, «Ha suonato per tutto il pomeriggio...»
«Almeno è bravo?» ride lei, «Perché sai, un bel ragazzo è una cosa buona e giusta, uno che è bravo a suonare la chitarra lo è ancora di più...» ride ancora.
«Suona un po' troppo, per i miei gusti.»
«Ma è bravo sì o no?» chiede lei, «Perché sai,» abbassa la voce e avvicina il viso alla web cam e i suoi occhi appaiono ancora più grandi, «sai... si dice che chi suoni bene la chitarra sappia muovere bene le dita anche su alcune parti del corpo di una donna...»
«Svetlana!» esclamo, «Ho chiuso con gli uomini!» le ricordo e giuro che è vero, possano cascarmi tutte le unghie dei piedi se sto mentendo.
Lei ride, «Dicono tutte così...» dice e agita la mano, «Devo andare, stella, ci vediamo!» schiocca un bacio e poi chiude la comunicazione.
Sospiro.
Io ho chiuso con gli uomini, non m'importa di quanto sia bravo Ryan a suonare la chitarra...
E lo è, sul serio, è dannatamente bravo.
Non dovrei pensare certe cose, di Ryan. È solo un tizio che canta e suona e che, per mia grande sfortuna, occupa la dependance.
Mi ritornano in mente le sue dita mentre si muovono sulle corde della chitarra e per un attimo penso a quello che mi ha detto Svetlana.
No, Lindsay. Tu hai chiuso con gli uomini, non devi pensare a Ryan. Alle mani di Ryan. Agli occhi di Ryan o a qualunque altra parte del corpo di Ryan.
Ritorno al profilo di Melanie e trovo l'indirizzo del suo blog. Clicco e la pagina che si apre è un tripudio di rosa, cuoricini rossi, arcobaleni che spuntano da nuvolette bianche, stelline e fiorellini vari.
Oh, usa il Comic Sans. Bleah.
Ogni post è scritto in un colore diverso: verde, giallo scuro, rosso, blu, viola, celeste, arancione.
Oh. Mio. Dio.
“Lunedì 21 Aprile 2014
Ieri sera ho rivisto Ryan e lui era così bello che mi guardava con i suoi occhi bellissimissimi... io lo amo tanto! So che abita qua in zona ma il suo nome non c'è nell'elenco telefonico e io vorrei avere il suo numero perché lo amo tanto mi ha salutato e mi ha detto “Ciao Melanie!” e la sua voce tremava... magari è innamorato di me
Melanie è fuori come un balcone... insomma, primo non sa scrivere, poi è proprio necessario fare i cuoricini di colori diversi?
Cacchio, se la porto lì come minimo lo sbaciuciucchia tutto. Povero Ryan.
No, ma quale povero Ryan?
Io lo odio.
Io odio tutti.




Salve! Nuova storia.
Spero che interessi a qualcuno, perchè ho già pronti ben otto capitoli su... bho xD
No, dai se la storia v'interessa fatemelo sapere: una recensione, un messaggio, un segnale di fumo, un piccione viaggiatore...
Non fate i timidi, che io non mordo nessuno! (non ancora, almeno xD)
Comunque il titolo del capitolo, When I met you è il titolo di una canzone di Shane Filan, tratto dal suo primo (e per ora unico) album: You and Me, mentre il sottotitolo è un verso della canzone. Il titolo del capitolo si riferisce all'intero capitolo, mentre il sottotitolo a un preciso momento.
I titoli dei capitoli saranno quelli di alcune canzoni che mi piacciono! Avrei voluto mettere anche il banner ma la mia pessima connessione 3G della vodafone non collabora, quindi, anzi spero, di riuscire a caricarlo il prima possibile!
Dato che ho otto capitoli pronti, ne posterò uno ogni dieci giorni/due settimane circa, quindi per un po' avrete aggiornamenti regolari.
Al prossimo capitolo!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Due Beautiful World ***


logo def
hosting immagini

Straigh Through
My Heart

Due
Beautiful World
*** Life's made up of small victories***



Tutto mi sarei aspettata, tranne che trovare Melanie davanti al cancello, che agita le mani come una bimba cretina. È in piedi accanto alla sua Mini che è... che è... che è... cazzo, è arancione fluo. Un gigantesco evidenziatore con quattro ruote e un volante.
«Ciao.» dico, “Levati dalle palle.” penso, «Adesso apro.» esclamo e spingo il pulsante per aprire il grande cancello in ferro battuto nero.
Lei sale in auto e porta l'enorme evidenziatore nel cortile.
«Allora...» faccio quando scende e lei mi travolge, abbracciandomi con la stessa forza di un gruppo di agenti anti-sommossa.
«Oh, sono solo venuta a sapere se mi fai entrare al Soleil.» dice e mi porge un pacco di biscotti al cioccolato.
«Uhm... entriamo.» continuo, tirando fuori la brava padrona di casa che è in me. In realtà vorrei tirare fuori un fucile...
Siamo in cucina, con davanti due tazze di latte, e aspetto Melanie che aspetta una mia risposta.
«Uh, allora... cosa hai fatto in questi anni?» chiedo, «Che università hai fatto?»
Lei ridacchia e io la odio sempre di più, «Uh, sono andata alla statale qua a Miami, ma ho mollato dopo tre mesi... era troppo duro!» dice, mettendoci troppe “u” e troppe “o”.
«Hai mollato dopo tre mesi?» chiedo io, «E cosa intendi con troppo duro?»
Lei sospira, «Bhe, sai, era pieno di confraernite...»
Come in tutte le università, d'altronde.
«E poi c'erano tutte quelle ragazze perfettine che mi prendevano in giro...»
Come facevo io al liceo.
«E lo sai che è più difficile del liceo?» mi domanda,
E no, ma dai? «Lo so.» dico, «Io sono andata alla Columbia.» la informo, «Sai, è un pelino più difficile della statale di Miami...»
I suoi occhi castani si spalancano. «Ma davvero?»
Ancora troppe vocali.
«E ti sei trovata bene?» chiede, «Anche se era più difficile del liceo? Anche se c'erano le confraternite? Anche se le ragazze perfettine ti prendevano in giro?»
Dio, le ficcherei la testa nel microonde e poi lo accenderei alla massima potenza. «Sì, mi sono trovata bene. Facevo parte di una confraternita e quelle che mi prendevano in giro...» prendo un sorso di latte, ricordando che nessuno mi ha mai preso in giro, «Quelle che mi prendevano in giro venivano prese in giro a loro volta.»
«Oh, tu sei così forte...» sospira.
Io sorrido, benevola e alzo il viso e scorgo Ryan al di là della porta finestra della cucina che fa grandi cenni: indica Melanie, scuote la testa come se dicesse di “no” e fa il segno di tagliarsi la gola.
«Uh, Melanie.» dico, ricordando quanto sia stato stressante Ryan da quando sono arrivata: fra la chitarra e il canto avrei voluto sbattergli la testa contro il muro. «Sai, Melanie, mercoledì entrerai al Soleil...» esclamo alzando la voce, per farmi sentire anche dal ragazzo che mi spia dalla porta finestra.
Ryan spalanca la bocca e agita le braccia al cielo.
Melanie spalanca la bocca e squittisce, squittisce sul serio, giuro: fa squit squit come un fottuto topo. «Sul serio?»
Dovrei abituarmi al fatto che 'sta qui allunghi tutte le vocali.
«Oh, sì.» dico, «E sai, potrei anche portarti sul retro e fartelo conoscere...»
Ryan sbatte la testa contro il muro e io trattengo una risata, pensando a quanto sia scema Melanie a non accorgersi che Ryan è dietro di lei.
«Oh... ma io lo conosco già.» trilla lei, allegra come una martellata sugli alluci, «Sarebbe la ventesima volta che lo incontro...» sospira, «Una data da non dimenticare, vero?»
«Oh... sì.» dico, «Assolutamente indimenticabile.»

Venti minuti dopo Melanie se ne va, a bordo dell'evidenziatore con ruote e volante.
«Perché?» chiede Ryan aprendo totalmente la porta finestra della cucina. «Perché l'hai invitata?»
«Perché è mia amica.» ribatto, «Perché non te ne frega un cavolo, di chi invito al locale dei miei.» aggiungo.
Lui sbuffa e infila in bocca un biscotto, «Lei è... lei è... lei...» borbotta.
«Lei è tanto dolce e simpatica, vero?» chiedo io.
«È una piaga.» abbaia lui. «Cazzo, Linds, perché l'hai fatto?»
Linds?
Linds?
Linds?
«Primo: non chiamarmi Linds, altrimenti ti taglio le mani.» dico, «Secondo: avresti potuto smettere di suonare, quando te l'ho chiesto ieri mattina.»
«Dovevo provare.» si giustifica lui.
«Pagati una sala prove.»
«Di domenica mattina?»
«Sì.»
«Non vedo il perché avrei dovuto farlo, visto che posso farlo qui.»
Dio, se è irritante... «Io invito che voglio.» ripeto, «E poi è la ventesima volta che v'incontrerete...» dico, «Cielo, non è così romantico?»
Lui mi lancia un'occhiataccia che probabilmente mi brucerebbe. «È una delle piaghe d'Egitto.» dice, «Mi sta sempre attorno, mi scrive continuamente su Twitter, intasandomi tutto con le sue stupide richieste...» dice, «Spero che il fatto che viva qui te lo tenga per te.»
«Dovrei?» faccio io, prendendo l'ultimo biscotto.
«Certo.»
«Perché?»
«Perché..» soffia lui, chinandosi verso di me, «Altrimenti troverai spesso la tua cara amica Melanie qui, a casa tua.» sussurra, «Lei, la sua bellissima auto e la sua adorabile vocetta.»
Eh. No, questo non l'avevo considerato. «Uhm, hai ragione.» gli dico, «Sai, forse su questo taccio.» aggiungo. Lui sorride e io vorrei prenderlo a schiaffi. «Smettila di sorridere, ho una voglia immensa di darti un ceffone.»
«Perché?» chiede lui incrociando le braccia — quanto sono muscolose! — e osservandomi con l'aria divertita.
«Perché ho chiuso con gli uomini.» dico.
«E io che c'entro?» ribatte, «Io non ti ho mica tradito con una che ha trent'anni più di me e potrebbe essere mia madre...»
Io lo odio. Giuro che lo odio, 'sto cretino di Ryan.
Lui ride, «Che c'è?» domando.
«Oh,» dice, «Adesso mi odi, ma poi mi amerai, lo so.»
Ho parlato ad alta voce? Non era un mio pensiero? Cazzo, Lindsay, ricomponiti!
«Preferisco rimanere zitella.» ribatto e spero di essere risultata acidissima.
Lui, invece, ride ancora. «Non dico che ci dobbiamo sposare... potrebbe essere solo una roba da una notte...» esclama.
«Vaffanculo, stupido chitarrista.» sbotto e me ne vado dalla cucina. «E chiudi quella cazzo di finestra!» urlo.
E Ryan ride ancora.
E io vorrei tornare indietro e picchiarlo. Sono tornata da tre giorni e vorrei scappare lontano.

***

Arrivo davanti al Soleil puntuale, pago il tassista, lasciandogli una bella mancia e mi stampo un sorriso da brava ragazza, un sorriso rassicurante e mi dirigo verso Melanie.
«Ehi, se sapevo che venivi in taxi ti avrei offerto un passaggio!» trilla lei.
Io, salire sull'evidenziatore con le ruote? Ma mai! «Oh, grazie.» faccio, «Ma sai, ormai sono abituata a girare in taxi.» aggiungo e lei ridacchia, quello squit squit che mi trasforma in un'assassina in meno di tre secondi. «Entriamo?» le dico e lei annuisce e squittisce ancore.
Saluto il buttafuori e lui mi bacia le guance e mi solleva come se fossi di carta.
«Ehi! Fate la fila!» strilla una finta bionda con delle finte tette. «Non può passare davanti, quella stronza!»
«La stronza è la figlia dei proprietari.» ribatto io e la guardo e lei indietreggia, come se fosse spaventata. Sorrido, afferro Melanie per un gomito e la spingo nel locale e mi fiondo al bancone, ordinando un Long Island. «Molta vodka e poco del resto.» dico al barista, che annuisce.
«Uh! Ih! Ah! Oh! Eh!»
La vocetta di Melanie mi trapassa il cervello e io la odio, la odio, la odio e la odio ancora, quando mi trascina davanti al palco. Sono le nove e mezza e il concerto inizia fra mezz'ora e il locale è mezzo vuoto. Eh, Ryan, com'è cantare davanti a quattro gatti?
Prendo due sorsi e poi mi volto, rimanendo sorpresa: tutte le ragazze che erano fuori sono entrate e strillano, urlano gridano, agitano le braccia e scattano foto al palco vuoto.
Stringo il bicchiere, ficco la cannuccia fra le labbra e prego qualsiasi divinità di far finire presto questa serata.
Dopo quello che mi pare un'eternità Ryan entra insieme a quattro musicisti e le galline attorno a me urlano, gridano si dimenano... manco fosse Nick Carter.
Finisco di trangugiare il mio Long Island e poi butto il bicchiere di plastica sul pavimento.
Scusa mamma.
Ryan sorride, guardandosi attorno e Melanie urla grida e squittisce, facendomi venir voglia di dare fuoco a tutti quanti.
«Benvenuti.» dice Ryan al microfono, «Grazie per essere qui.» aggiunge, suona un accordo e le urla coprono gli altri suoni.
“Speriamo che finisca presto.” penso.

Un'ora. Il concerto è durato un'ora. Sessanta minuti in cui avrei voluto picchiare la testa contro qualsiasi cosa pur di svenire e non sentire tutte quelle galline starnazzare e Ryan che suona e canta e vederlo dispensare sorrisi come un politico dispensa promesse che non manterrà mai.
Mi dirigo verso il bar. «Un Long Island.» ordino e agito il braccio destro su cui spicca il bracciale rosso che indica che posso avere ciò che voglio e che posso andare dove mi pare. «Tu cosa vuoi?» domando a Melanie.
«Succo alla fragola con vodka.» dice lei, «Ma poca, eh, voglio essere lucida con Ryan!» trilla e la sento, Dio se la sento, anche se c'è un casino infernale. «Succo alla fragola e vodka per lei.» ordino al barista e gli sventolo il polso destro sotto al braccio, in caso si sia dimenticato chi sia. Perché sì, questo è il vantaggio di avere due genitori che sono i proprietari di uno dei locali più in di Miami: bere ed entrata gratis.
Recupero i nostri cocktail, do il suo a Melanie e le dico di seguirmi. Attraversiamo la folla, passiamo per i bagni e oltrepassiamo una porta segnata da una grossa etichetta che indica che quella zona è privata. Non per me, cocchi.
Apro un'altra porta e il chiacchiericcio s'interrompe. «Salve!» cinguetto, «Io sono Lindsay e questo locale è dei miei genitori.» mi presento a Ryan e ai suoi musicisti, da cui si leva un coro di “Ciao.”
Melanie agita una mano e ridacchia, ridacchia e ridacchia. Io m'infilo la cannuccia fra le labbra, sorrido e mi siedo accanto al ragazzo che sul palco suonava la batteria.
«Melanie...» gracchia Ryan e poi mi guarda e, oh mi brucerebbe se solo potesse. Ma non può.
Lindsay uno, Ryan zero.
«Dove sei stata fino adesso?» domanda il ragazzo seduto accanto a me. «Cioè... non ti ho mai visto prima d'ora.» aggiunse, «Io sono Jake.»
Gli sorrido, «A New York.» rispondo. «Ci sono andata subito dopo il liceo, per frequentare la Columbia e sono rimasta là.» dico, «Sono tornata venerdì.»
«Come mai sei tornata, Linds?» chiede Ryan e io penso che no, non posso sprecare questo Long Island versandoglielo in testa. Proprio no. «Perché il mio ragazzo mi ha messo le corna.» rispondo e lo picchierei, giuro. Lo picchierei.
«Ah, si?» dice Ryan, «E con chi?»
Mi sta prendendo per il culo. Lo guardo, fissando il suo sorriso, così grande, così.... così. Bah, lo odio, lo odio.
«Ryan!» lo rimprovera Jake, «Non sono domande da fare!» dice e io gli sorrido, grata. Lui sì che è intelligente, non come Ryan.
«Oh, scusami, Linds.» il tono di Ryan è da presa per il culo.
«Oh, Lindsay ci scatti una foto?» chiede Melanie.
«Certo.» dico e poso il bicchiere sul mobile e prendo la macchina fotografica, «Su, Ryan, abbraccia Melanie.» dico e ridacchio e mi picchierei per questo. Ma Ryan vuole la guerra e allora guerra sia. Melanie si strige al ragazzo e lui mi fissa, con quegli occhi così azzurri e così belli...
No, ritratto tutto. Non sono belli, sono solo azzurri.
Scatto un paio di foto e ridò la macchina fotografica a una strillante Melanie.
Ryan si allontana e si siede, io mi riapproprio del mio bicchiere e bevo, sperando di dimenticare il mio ex, Ryan, Melanie e il sorriso di Ryan.
Rimaniamo qui un po' a parlare e a ridere, mentre sento su di me lo sguardo di Ryan che probabilmente mi odia quanto io odio lui.
Ad un certo punto Ryan si alza in piedi, forse perché Melanie gli sta troppo vicino, o forse perché lei ha le pulci. Così si alza e beve dell'acqua, poi mi guarda e lo capisco. Capisco che sì, sono nella merda, perché quello sguardo non promette nulla di buono.
«Ehi, Melanie...» dice e sorride, «Non sapevo che fossi così amica di Linds.»
E io lo odio, lo odio e lo odio ancora di più.
«Non ci vediamo da quattro anni.» dico.
«Perché se sapevo che eravate così amiche... avrei detto a Linds di dirtelo.» continua lui e si avvicina a me, sedendosi sul bracciolo del divano.
«Detto cosa?» chiede Melanie.
Ryan mi posa un braccio sulle spalle e sento il suo odore: un misto fra dopobarba, sudore e qualcos'altro che non capisco, «Che io vivo nella dependance della casa della nostra amica Linds!» esclama, felice.
Io stringo le labbra e trattengo la voglia di prenderlo a pugni.
«Sul serio?» squittisce Melanie, usando troppe vocali, sul serio ne usa davvero troppe!
«Sul serio!» dice Ryan stringendomi un po' di più e io stringo le mani per impedirmi di stringere il collo di Ryan fra le mani.
Cavolo, mi rendo conto che sto diventando psicopatica. Che mi stanno facendo diventare psicopatica.
«Non è vero, Linds?» dice Ryan e mi guarda con un sorriso e cavolo, se è meraviglioso... ma io lo odio, giusto? Sì, lo odio.
«Sì.» borbotto. «È vero.»
Spero che qualcuno irrompa qui dentro e mi salvi, portandomi in ostaggio lontano, ma veramente lontano da qui. Melanie mi fissa e non so se vuole uccidermi perché non le ho detto nulla o se vuole uccidermi per prendere il mio posto nella mia famiglia.
«Oh... ma è fantastico!» squittisce Melanie e ridacchia, infilando uno squit squit qua e là. «Perché non me lo hai detto?»
La fisso e non so cosa rispondere. «Ehm... perché... perché....» balbetto e odio quando balbetto.
«Perché sono stato io a dirle di non dirlo a nessuno.» dice Ryan e mi guarda e mi sorride e io non so se picchiarlo o baciarlo.
Lindsay, tu hai chiuso con gli uomini, quindi puoi solo picchiarlo.
«Però, sul serio, se lo avessi saputo...» Ryan continua a parlare e a tenere la sua mano sulla mia spalla, «Le avrei detto di dirtelo.» dice e sorride prima a Melanie e poi a me.
«Oh.» fa Melanie, con la sua voce da gallina.
«Eh, già.» dice Ryan.
Io rimango in silenzio.
Odio tutti.
«Ma è bellissimo!» squittisce Melanie e batte le mani, come se invece di avere ventitré anni ne avesse tre. «Quanto sei fortunata.» continua, aggiungendo troppe “o”, troppe “u” e una marea di “a” a fortunata.
«Eh, già.» mugugno, «Vado a prendermi da bere.» dico e mi alzo, scostandomi da questo cretino.
«Portaci altre birre.»
Guardo Ryan e lo odio, lo odio, lo odio e, se non si è capito... lo odio. «Non sono la tua schiava.» ringhio e, con eleganza, esco facendo sbattere la porta alle mie spalle. Al bar ordino un altro Long Island e sei birre e dico di portarle nel salottino.
«E le birre?» chiede Ryan quando rientro.
Io lo fisso e ho una voglia matta di prenderlo a ceffoni. «Arrivano.» replico e mi siedo al mio posto, Ryan è davanti a me, Melanie accanto a lui, che lo fissa come se fosse una divinità. Se inizia a sbavare come un cane giuro che le do due schiaffi. Ryan la sta ignorando perché sta guardando... me. Oh, merda, perché proprio a me?
Non mi bastava avere un ex che mi ha messo le corna con una vecchia rifatta, no, dovevo pure avere un inquilino che canta e suona e mi sveglia alle nove, o anche prima, del mattino, e che mi fissa per evitare di guardare Melanie che vorrebbe solo saltargli addosso.
Che gioia.
Che schifo.
Per fortuna entra il cameriere con gli alcolici, prendo in mano il mio bicchiere e inizio a bere.
«Non stai esagerando, Linds?»
Ignoro Ryan, lo devo fare. «Non sono affari tuoi.» ribatto, «E non preoccuparti, non ti chiederò di tenermi i capelli mentre vomito anche l'anima.»
Lui sorride, piegando la testa di lato, «Oh, tanto non lo avrei fatto ugualmente.»
Ma che stronzo!

«Io vado.» squittisce Melanie, «Linds, vuoi un passaggio?» chiede.
«No.» rispondo. Mai, per nessuna ragione al mondo salirei su quell'evidenziatore. «Torno in taxi, grazie.»
Lei annuisce e io decido di essere educata: alzo il culo dal divano e l'accompagno all'uscita sul retro. «Se dici a qualcuno dove vive Ryan...» le dico, «Giuro che... che... che ti rigo la macchina.» la minaccio, «Lo faccio sul serio.»
Lei annuisce, «Non dirò niente a nessuno, giuro.» dice, «Ciao!» trilla e sale in auto, poi parte.
Io torno dentro. «Ma sei un coglione?» sbraito, rivolgendomi a Ryan, «Ma cosa cazzo ti è saltato in mente di dirle che vivi a casa mia? Ma sei idiota?»
Lui mi fissa, «Oh, se tu inviti chi vuoi io posso dire a chi voglio dove vivo.» replica e mi accorgo che ha ragione.
Dio, sono proprio ubriaca.
«Ma vaffanculo.» sbotto. «Sei proprio stronzo.» dico e prendo la mia borsetta. «Io vado, ciao.»
«Dove vuoi andare che sei ubriaca?»
Fulmino Ryan ma lui sorride, «A casa.» rispondo, «Prendo un taxi, non preoccuparti.»
«Oh, io mi preoccupo, invece.» dice e mi fa sedere. «Ho promesso a tua madre che ti avrei riaccompagnato a casa, sana e salva.»
Cosa? Cosa? Cosa?
Mia madre ha fatto e detto cosa?
Oh, ho già detto che io odio tutti?

«Riesci ad arrivare alla porta senza vomitare?»
Giuro che lo picchierei. «Sì.» rispondo e scendo dall'auto, «Ce la faccio.» dico e ce la farei se solo il piazzale davanti ai garage non fosse pieno di minuscoli sassolini bianchi che non sono l'ideale se si indossano delle scarpe con il tacco a spillo.
«Linds, stai vacillando.»
Oh, ma non tace mai?
Mi levo le scarpe e proseguo verso la porta d'ingresso. «Adesso va meglio.» dico, «Erano le scarpe.» aggiungo.
Non è che va così bene, eh, i sassolini mi fanno male ai piedi. Fortunatamente supero i tre metri ed entro in casa, passando dalla porta sul retro, schiaccio il tasto dell'allarme, chiudo la porta e vado in camera mia.
Ho bevuto troppo.
Dieci minuti dopo, mentre gemo nel mio letto, qualcuno bussa alla mia porta finestra.
«Che vuoi?» borbotto.
«Ehi, Linds, stai bene?»
Ma è Ryan? Scendo dal letto e scosto la tendina rosa cipria, «Ma sei scemo?» ribatto.
«Stai bene?»
«Vorrei dormire.» rispondo, «Dopo starò meglio.» biascico.
«Sicura?» chiede lui e posa la fronte sul vetro.
«Sì.» rispondo, «Come sono sicura che se non ti levi di lì ti spacco la faccia.»
Lui sorride per poi fare una breve risata. «Oh.» fa.
«Ma piantala.» esclamo e rimetto la tenda a posto, conto fino a trenta e sposto la tenda e... Ryan è di nuovo lì, che mi fissa, sorridendo, con il viso premuto contro il vetro. «Maniaco.» dico, sistemo la tenda e torno a dormire.

*-*-*

Lindsay è molto simpatica, anche se fa la dura. Credo che sia tutta scena, che sia un riflesso del tradimento subito da quel cretino.
Appena salgo sul palco la vedo, in prima fila, l'aria annoiata di chi vorrebbe fuggire, sto per sorriderle quando incrocio lo sguardo di quella piaga di Melanie.
Alla fine l'ha portata.
Che stronza.

Io, Jake e gli altri ci stiamo rilassando quando la porta si apre ed entra Lindsay, che si presenta. Dietro di lei c'è Melanie. Hanno entrambe un bicchiere in mano.
Jake le chiede dov'è è stata fino ad ora e lei gli risponde che era a New York per l'università, poi è rimasta là.
«Come mai sei tornata, Linds?» le chiedo.
«Perché il mio ragazzo mi ha messo le corna.» mi risponde e credo che voglia picchiarmi... oh, è proprio adorabile!
«Ah, sì?» dico. «E con chi?» chiedo come se non lo sapessi. Ma lo so è tutto ciò rende tutto molto più divertente.
«Ryan!» esclama Jake, «Non sono domande da fare!» mi rimprovera.
«Oh, scusami, Linds.» mi scuso e sorrido. Sono sicuro che lei sappia che la sto prendendo in giro.
Poi la piaga salta su e chiede a Lindsay se ci scatta una foto.
«Su, Ryan, abbraccia Melanie.» dice lei. Io lo faccio, anche se è l'ultima cosa che vorrei.
Chiacchieriamo un po', divisi sui tre divanetti. Io, con mia grande sfortuna, sono seduto accanto a Melanie.
Po mi alzo, bevo dell'acqua e sorrido a Lindsay, dal suo sguardo capisco che sa che sto per colpire.
«Ehi, Melanie.» dico, «Non sapevo che fossi così amica di Linds.» continuo a sorridere.
«Non ci vediamo da quattro anni.» dice Lindsay.
«Perché se sapevo che eravate così amiche... avrei detto a Linds di dirtelo...» continuo e mi siedo accanto a Lindsay, sistemandomi sul bracciolo del divano.
«Detto cosa?» squittisce Melanie e giuro che squittisce come un topo.
Io sorrido e poso il braccio destro sulle spalle di Lindsay. «Che vivo nella dependance della nostra amica Linds!» esclamo e sorrido ancora di più.
Dolce vendetta.

***

«Non stai esagerando, Linds?» le chiedo quando un cameriere rientra con gli alcolici e lei si fionda su quello che sembra del Long Island. Per quanto ne so, questo è il secondo che beve.
Lei cerca di ignorarmi poi ribatte: «Non sono affari tuoi.»
«E non preoccuparti, non ti chiederò di tenermi i capelli mentre vomito anche l'anima.» aggiunge.
Sorrido e piego la testa di lato. «Oh, tanto non lo avrei fatto ugualmente.» dico e lei mi guarda come se fossi uno stronzo insensibile e io glielo lascio credere perché la realtà è più imbarazzante: se vedo qualcuno che vomita... vomito anche io e non sarebbe carino se capitasse mentre tengo i capelli di Lindsay lontano dalla bocca.

«Ma sei coglione?» questo è ciò che Lindsay sbraita una volta che torna indietro dopo aver accompagnato Melanie alla porta — e meno male che se ne è andata! — «Ma cosa cazzo ti è saltato in mente di dirle che vivi a casa mia? Ma sei idiota?» m'insulta.
Io la guardo, «Oh, se tu inviti chi vuoi io posso dire a chi voglio dove vivo.» replico e so di avere ragione. Oh, sì, ho ragione.
Ryan uno, Lindsay zero.
«Ma vaffanculo.» sbotta lei e vedo Jake e Chris che ridono. «Sei proprio stronzo.» dice e afferra la sua borsetta. «Io vado, ciao.»
«Dove vuoi andare che sei ubriaca?» chiedo e, quando lei mi lancia un'occhiata che mi brucerebbe, mi accorgo che forse sono stato troppo diretto.
Oops.
«A casa.» mi risponde, «Prendo un taxi, non preoccuparti.»
«Oh, io mi preoccupo, invece.» dico e la spingo a sedersi. «Ho promesso a tua madre che ti avrei riaccompagnato a casa, sana e salva.» dico ed è vero, la signora Mars mi ha chiesto di farlo e io lo faccio, dato che non mi costa nulla. Dopotutto andiamo nello stesso posto.
Lindsay mi fissa, a bocca aperta e io le sorrido.
Ryan due, Lindsay zero.
O forse è a uno, dato che ha portato qui Melanie...

Lindsay è sana e salva nella sua stanza. Almeno credo. Ha traballato un po', nel tragitto dall'auto alla porta. Lei ha detto che era colpa delle scarpe... non credo che fosse solo colpa delle scarpe, se ondeggiava di qua e di là...
Avrei dovuto dirglielo e adesso è troppo tardi.
Mi avvicino alla porta finestra di lei e cerco di vedere qualcosa ma è impossibile: le tende sono tirate e in più la luce è spenta.
Merda.
Mi avvicino ancora di più al vetro e... lo colpisco. Cazzo.
«Che vuoi?» geme lei.
«Ehi, Linds, stai bene?» chiedo. Sento un fruscio e dei passi, poi la tendina si scosta.
«Ma sei scemo?» mi chiede.
«Stai bene?»
«Vorrei dormire.» mormora lei, «Dopo starò meglio.» biascica.
«Sicura?» chiedo e poso il viso contro il vetro.
«Sì.» dice, «Come sono sicura che se non ti levi di lì ti spacco la faccia.»
Mi sfugge una piccola risata, «Oh.»
«Ma piantala.» dice lei, sistema la tenda e dopo qualche secondo la scosta.
«Maniaco.» mi dice, sistema la tenda e sparisce dalla mia vista.
Cavolo, è proprio strana! Io mi preoccupo per lei e lei mi dà del maniaco... Lindsay è proprio strana!
Sospiro, guardo un'ultima volta la finestra e me ne torno nella mia stanza.

Neanche questa volta sono riuscita a postare il banne -.- colpa della mia connessione... anche se il mio operatore è quello de la "rete 4G più grande d'Europa" [cit] dalle mie parti il 3G va a manovella. Quando va, mi pare ovvio. Passa dal GPRS all'EDGE all'UMTS al nulla assoluto nel giro di mezzo minuto, così non riesco nemmeno ad aprire un fottuto sito di hosting.... ah, quanto amo la Vodafone e le sue risposte che passando dall'essere standard all'essere surreali!
Okay, gente, ecco il secondo capitolo, dove c'è anche il punto di vista del bel Ryan.
E anche Melanie La Piaga (ma non ditele che Ryan la chiama così o ci resterebbe male!)fa la sua comparsa.
RIngrazio chi legge la storia, chi l'ha messa in una delle liste, chi mi mette fra gli autori preferiti.
Ah, prima che mi scordi, "Beautiful World" è una canzone dei Westlife dell'album "Greatest Hits".
Poi... nello scorso capitolo non ho corretto la data del post di Melanie... non è una cosa tragica, è che mi sono scordata di farlo quando ho corretto la timeline della storia.
Ci vediamo fra due settimane con il terzo capitolo!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Tre Rock The Night ***


logo def
hosting immagini

Straigh Through
My Heart

Tre
Rock The Night
*** break down these walls ***



Sono ormai due settimane che sono qui e il mio livello di sopportazione nei confronti di Ryan è sceso sotto lo zero.
In questo momento sono seduta sul divano del salotto, un libro di Kathy Reichs in mano e mi rilasso mentre Marisol, la domestica, spolvera i soprammobili di mamma. Il campanello suona e Marisol va a vedere chi è. «È Melanie.» dice guardando il video citofono.
Oh, no. Che palle. Sono ormai quasi due settimane che viene qui quasi tutti i giorni e io mi sono rotta le scatole. «Dille che non ci sono.» esclamo e con il mio libro torno in camera mia.
Nel corridoio del primo piano mi fermo alla grande finestra e osservo Melanie che parla animatamente al citofono, poi sbuffa, sale su quello stupido evidenziatore e se ne va. Meno male.

Ryan aveva ragione: è una vera piaga, quando ci si mette. Da quel mercoledì è venuta qui almeno dieci volte, strillando e squittendo, chiedendomi dove fosse Ryan o se potessi farle vedere la casa di lui.
Ovviamente le ho detto di no, perché, anche se al momento ci vive Ryan, quella casa è dei miei e non credo che sarebbero contenti di sapere che porto gente in casa per un giro turistico.
E poi perché non mi va che Melanie curiosi in giro, anche se ogni tanto ho la tentazione di mostrarle la camera di Ryan, giusto per farlo arrabbiare un po'.
Me ne torno in camera mia e, mentre sistemo le tendine della finestra, lo sguardo mi cade sulla piscina e sul materassino rosa che galleggia, così, dieci minuti dopo, me ne sto spaparanzata sul materassino, gli occhiali da sole a ripararmi gli occhi e un piede dentro l'acqua.
Questo sì che è rilassante...
Dopo un po' Marisol mi porta un thermos con del succo d'arancia, un bicchiere con una cannuccia e dei grissini con i semi di sesamo. La ringrazio, mi spingo verso il bordo e mi riempo il bicchiere, che svuoto mentre mangio mezzo grissino. Poi me ne ritorno in mezzo alla piscina e chiudo gli occhi, sentendo il sole che mi scalda la pelle e l'odore del cloro. Sono così rilassata che potrei addormentarmi.
Non so quanto tempo passi ma, quando sento il cancello sul retro che si apre, una macchina che entra e il cancello che si chiude, non apro gli occhi. Che si fottano, io mi sto rilassando. Probabilmente è solo mamma. Solo che non mi saluta... strano, ma forse non mi ha visto. Bha, Marisol le dirà che sono qui.
Mentre mi muovo lentamente sul materassino per girarmi in posizione prona, quello si ribalta e io finisco in acqua.
I piedi toccano il fondo, così mi basta una piccola spinta per riemergere completamente.
Fisso il materassino che galleggia a un metro da me e poi i miei occhi si posano su Ryan, sulla maglietta bianca, i muscoli che si intravedono sotto la stoffa bagnata, il suo sorriso...
«Brutto imbecille!» sbraito, «Ma sei cretino?» abbaio, «E se non avessi saputo nuotare?» continuo, mentre lui mi osserva senza smettere di sorridere, «Sei un idiota!»
«Oh, Linds... mi sembravi accaldata.» dice, «Volevo solo rinfrescarti.» alza le spalle e si passa una mano sul viso per scostarsi i capelli.
«Sei scemo?» chiedo.
Lui sbuffa e scrolla le spalle, «È così che mi ringrazi?» dice, «Ti ho evitato un'insolazione!»
«Ma l'insolazione ce l'hai nel cervello.» ribatto e gli passo accanto, fissando davanti a me, per non vedere quei muscoli messi in risalto, «Sono qui da appena mezz'ora!» continuo e mi siedo sul bordo, mi verso un po' di succo e bevo piano, per levare il sapore di cloro dalle labbra e dalla lingua.
Ryan ride, «Te la prendi troppo.» dice e io vorrei picchiarlo. «È solo uno scherzo.»
«Ma vai a quel paese.» borbotto. «Vorrà dire che, la prossima volta che Melanie verrà qui, la porterò da te e le farò ficcare le mani fra le tue mutande...»
Ryan mi fissa e il sorriso sparisce dal suo viso, «No!» esclama, «Ti prego, no! Tutto ma non quella!»
Io sorrido, «Oh, tu ti diverti a spingermi in piscina...»
«Tecnicamente tu eri già in piscina.»
«Tu ti diverti a spingermi in piscina e io mi diverto a guardare Melanie che fa squit squit mentre ha in mano le tue mutande.» dico e bevo un sorso di succo, «Semplice, no?»
«No, Linds... ti prego non farlo!» mi supplica ed è divertente vederlo mentre lo fa.
«Non chiamarmi Linds.» gli ricordo.
«Okay... Lindsay, ti prego, non portare Melanie in casa, non farle vedere le mie mutande... per favore.» mi supplica.
Sospiro e poso il bicchiere sul tavolino. «Okay.»
«O-okay?» fa lui, stupito.
Annuisco, «Sì.» dico e mi chiedo perché lo stia facendo.
«Oh...» fa Ryan, «Oh, grazie!» dice e mi abbraccia e io sento le sue braccia sul mio corpo, i suoi muscoli su di me, il suo respiro sul mio collo...
Lindsay. Tu. Hai. Chiuso. Con. Gli. Uomini.
Ryan mi schiocca un bacio sulla guancia sinistra poi salta fuori dalla piscina e se ne va, mentre io lo guardo, fissando i suoi jeans bagnati, jeans che evidenziano il sedere sodo...
«Non guardarmi il culo!» dice lui e io lo strozzerei, giuro. Lui entra in casa e sparisce dalla mia vista.
E il mio momento rilassante è andato a quel paese.

***

Un'altra domenica.
Un'altra domenica in cui Ryan inizia a suonare alle nove in punto. Sbuffo e mi alzo dal letto, dicendomi che se i miei genitori avessero la camera da questo lato della casa, probabilmente non vorrebbero che Ryan suonasse. Invece se ne stanno dall'altro lato.
Beati loro.
Spio Ryan dalla porta finestra e lo guardo mentre suona, seduto su una sedia sdraio di plastica verde scuro. È concentrato e le sue dita si muovono veloci, pizzicando le corde della chitarra... sarebbe sexy se non fosse così cafone e imbecille.
Suona bene, questo non posso negarlo però alle nove di domenica mattina io vorrei dormire e non sentirlo suonare.
«Ryan...» dico aprendo la porta finestra, «Devi proprio suonare a quest'ora?» chiedo.
Lui alza il viso e mi sorride, «Sì.» risponde.
«Sono le nove.» gli dico.
«Lo so.»
«E allora smettila.»
«No.»
«Ma sono le nove!»
«Lo hai già detto.»
«Vorrei dormire.»
«E allora dormi.»
Oh, ma è proprio scemo. «Mi spieghi come faccio a dormire se tu suoni?»
«Usa i tappi per le orecchie.» replica lui e mi sorride, mettendo in mostra le fossette.
Mi avvicino a lui e gli strappo la chitarra dalle mani.
«Cosa fai?» mi chiede mentre rientro in camera.
«Dormo.» rispondo chiudendomi la porta alle spalle.
«Con la mia chitarra?» fa lui e posa il viso contro il vetro.
«Spostati, che mi sporchi il vetro.» dico e poso la chitarra contro il muro.
Ryan se ne va e io me ne torno a letto e chiudo gli occhi. Dieci minuti dopo, quando sto per riaddormentarmi, un paio di accordi giungono alle mie orecchie.
Cosa?
Guardo la porta finestra, è chiusa, la chitarra al suo posto. Esco sul balcone e vedo Ryan, seduto sulla sedia a sdraio, che suona la chitarra.
«Ma quante chitarre hai?» sbraito.
Lui fa una risata, «Tre.»
Tre? Ha tre chitarre?
«Merda.» dico, «Non vuoi smettere, vero?»
«No.» ride lui.
Che gran bastardo. «Cretino.» sbotto.
Lui smette di suonare, «Linds, se la smetti ti offro la colazione.»
Lo guardo e incrocio le braccia al petto.
«Io dovrei smetterla?»
«Sì.»
«Se tu che suoni, non io.»
«Okay... se la smetti di rompere giuro che domenica prossima inizio a suonare alle dieci.» propone, «Va bene?»
«E la colazione?» dico io.
Lui ride ancora, «Se fra venti minuti sei davanti alla mia auto... bene, altrimenti... niente colazione.»
Inspiro lentamente. La tentazione di farmi offrire la colazione da Ryan è grande, ma non ho intenzione di passere cinque minuti in più del necessario con lui.
«Potrai prendere quello che vuoi.» dice, «Muffin, ciambelline, bacon...» sorride.
«Okay.» dico, «Ci vediamo fra venti minuti.»
Rientro in camera, chiudo la finestra e tiro le tende, l'ultima cosa che voglio è che Ryan mi spii. In meno di un quarto d'ora sono pronta. Prendo la borsetta ed esco fuori, mi appoggio all'auto di Ryan e aspetto.
Aspetto per ben dieci minuti.
«Sei in ritardo.» gli dico quando arriva.
Lui ridacchia. «Ho dovuto riprendere la mia chitarra.»
«Ah, bene.» dico.
No, aspetta: lui ha fatto cosa? «Sei entrato nella mia stanza?» chiedo, «Come ti sei permesso?»
Lui ride, «Avevi lasciato la finestra socchiusa.» risponde, come se fosse la cosa più normale del mondo, entrare nella camera della figlia dei tuoi padroni di casa.
Salgo in macchina e sbatto la portiera, sperando che questo lo faccia incazzare.
Anche lui sale e partiamo.
Dieci minuti dopo si ferma in un ampio parcheggio accanto a... «Starbucks?» gracchio, «Tu mi porti da Starbucks?»
«Oh, io ho detto che ti offrivo la colazione ma non ho specificato dove.» dice lui. «Quindi... se vuoi una colazione gratis...» scrolla le spalle.
Certo che voglio la colazione gratis, non si rifiuta mai una colazione gratis, soprattutto se me la offre lui. «Okay.» dico e scendo.
Ryan mi guarda, e fissa il mio vassoio pieno di roba: un cappuccino gigante, una ciambella con glassa al cioccolato, una con glassa al lampone, una ripiena di crema pasticcera ricoperta di glassa al cioccolato. E poi un muffin ai mirtilli e un paio di biscotti al burro, per metà ricoperti di cioccolato al latte.
«Ma la mangi tutta?» chiede indicando la roba davanti a noi.
«Sì.» rispondo e divido a la ciambella con la glassa al lampone. «Sei tu che hai voluto offrire, eh.» gli ricordo.
«Pensavo che prendessi un cappuccino e un muffin!» replica lui, «Non mi sembravi il tipo che mangia così tanto!» dice, «Dove la metti tutta sta roba?»
«Metabolismo.» replico a bocca piena. «Uhm, è buonissima.» aggiungo.
«Mi sei costata un patrimonio.» borbotta lui.
«Sei tu che hai voluto offrire.» gli ricordo. «E visto che mi hai svegliato all'alba... questo è il minimo!»
«Seh, all'alba.» dice lui, «Erano lo nove.» esclama, «È l'alba è sorta da almeno tre ore.»
Sbuffo, «Sono sempre le nove di mattina.» ribatto. «Sono sicura che in alcuni stati è reato svegliare qualcuno prima delle dieci di domenica mattina.»
«In quali?» fa lui e sorseggia il suo caffè macchiato.
«In alcuni.» ribatto.
«Quali?»
«In alcuni.»
«Quali?»
«In alcuni.» ripeto.
«Quali?»
«Oh, ma la smetti?» faccio, «Non sei divertente.»
«Ma io mi divertivo!» protesta lui.
Ci avrei scommesso. «Sei irritante.» biascico con la bocca piena.
«Anche tu.» dice Ryan.
«Ti prenderei a sberle.»
«Sei adorabile.»
«E tu sei ancora più irritante.»
«Io ti offro la colazione e tu mi tratti così?» chiede lui e mi fissa con un espressione da cucciolo indifeso e abbandonato.
Lo fisso e mi chiedo: perché? Perché a me? Perché mi sono trovata in questa assurda situazione, con Ryan che mi sveglia la mattina suonando e con Melanie che mi rompe le scatole un giorno sì e l'altro pure?
«Sei cattiva, Linds.» dice, «Potrei chiamare Melanie e dirglielo... scommetto che lei non è così.» aggiunge e capisco che mi sta prendendo in giro.
Non chiamerebbe mai Melanie.
O sì?
«Dopo che l'hai definita una piaga la chiami?» chiedo.
«Dopo che ti ho spinto in acqua, dopo che ti ho svegliato alle nove di domenica mattina... tu accetti che ti offra la colazione?» ribatte.
«Mi sembra il minimo che tu possa fare per scusarti.» dico. «E poi dimentichi di aver detto a Melanie dove vivi.» gli ricordo.
Lui sbianca, poi scuote la testa. «Quello è successo solo perché mi hai provocato.»
«Io ti avrei provocato?»
«Sì.»
«Come?»
«Invitando Melanie al Soleil.»
«Dovevo dirle di no?»
«Sì!»
«Sarei stata maleducata.»
«È una piaga!»
«Non lo sapevo!» mento.
«I miei gesti non ti dicevano nulla?»
«Sembravi una scimmia che si spulcia.»
«Ti stavo dicendo di mandarla via.»
«Da casa mia?»
Finalmente Ryan tace e io sorrido.
«Potevi evitarle di dire di sì!» dice lui dopo una manciata di secondi. «Insomma... Melanie è una piaga e lo sai anche tu.»
Io sorseggio il mio cappuccino e lo guardo, piego la testa di lato e sorrido. «Non dovresti chiamarla così.» dico. «Sopratutto quando è dietro di te.» aggiungo e sorrido ancora di più nel vederlo sbiancare sempre di più, «Povera Melanie.»

«È dietro di me?» chiedo e mi accorgo che la mia voce è stridula e odio quando è così. «Oh, merda.» dico.
Mi volto lentamente e mentre lo faccio deglutisco il caffè, guardo dietro di me e Melanie non c'è. Mi guardo attorno ma della mia “più grande fan” non c'è traccia: non la vedo e non sento la sua vocetta.
Un dubbio s'insinua nella mia mente. «Mi hai preso per il culo?» esclamo, «Mi hai fatto venire un infarto, cazzo.» sbotto e le rubo un biscotto, che poi non è rubare, dato che l'ho pagato io! «Sei terribile.»
Lei ride, «Oh, così impari.» dice, «Dovevi vedere la tua faccia!» ride e rompe a metà il muffin, «Sei così adorabile...»
«Non sono più uno stronzo, allora?» le chiedo.
«Forse.» risponde. Lindsay è veramente strana. Chi la capisce è davvero bravo!

***

Ancora un'altra serata al Soleil, solo che questa è diversa: Carl, il nostro manager, ci ha consigliato di fare una sorta di incontro con le fans, le prime venti persone che hanno acquistato il biglietto e hanno pagato un piccolo supplemento, possono farsi una foto con me e gli altri ragazzi.
Lindsay allunga la macchina fotografica a Melanie — che non ha preso nessun biglietto, ha stressato Lindsay per entrare gratis — e la vedo sbuffare.
Carl fa accomodare le prime dieci ragazze che entrano, urlando e strillando, agitando macchine fotografiche e pupazzi e si spintonano, gridando: «C'ero prima io!», urlando: «Ci sono prima io!»
Sto incominciando ad avere paura, sto per mollare tutto e scappare quando sento un... fischio.
È Lindsay, che ha recuperato un fischietto da chissà dove. «Ma siete ragazze o galline?» urla, «Santo Dio, sembrate un branco di scimmie impazzite.»
«Tu che cosa vuoi?» grida una finta bionda con il seno così grande che mi sembra finto.
«Cocca, il locale è dei miei.» ribatte Lindsay, «Un altro urlo e ti sbatto fuori.» continua e sorride. «Mettetevi in fila!» urla e le ragazze... lo fanno, si mettono in fila indiana, anche se la finta bionda protesta. «Anche tu.» dice Lindsay e la addita, «Muovi il culo rifatto che ti ritrovi altrimenti ti strappo le estention.»
La bionda spalanca la bocca ma poi si mette in fila, per ultima.
«Okay, brave.» dice Lindsay, «Adesso, una alla volta, venite avanti, se avete qualcosa per Ryan o uno degli altri glielo date, e poi vi mettete in posa per la foto.» continua e io mi chiedo se sia la stessa Lindsay che ho conosciuto. «La prima che urla la faccio sbattere fuori, okay?»
Dieci teste annuiscono.
«Bene.» dice Lindsay, «Vieni avanti.» aggiunge e fa un cenno alla prima ragazza, una tipa piccola con lunghi capelli neri e i tratti medio-orientali.
Sorrido a Lindsay, riconoscente.
Ogni tanto i suoi urli sono utili, ma questo non glielo dirò mai!

La prima cosa che mi viene in mente, una volta che Carl espone la sua idea è: “Ma che stronzata è?”, invece mi limito a dire: «Ma sei scemo?»
Abbiamo appena finito il concerto e siamo nella saletta del Soleil, in attesa delle birre, di Lindsay e di quella piaga di Melanie.
«È una buona idea!» ribatte Carl. «Hai visto come le ha tenute a bada?»
«Sì.» rispondo, «Ma è Linds! È mezza matta! Rischiamo che picchi qualcuno se fa un passo in più del necessario!»
«Ma no, la sua è tutta scena!» Carl agita una mano. «Appena Melody...»
«E chi cazzo è?» sbotta Chris.
«L'amica di Lindsay.» dice Carl.
«Si chiama Melanie.» lo correggo.
«È lo stesso.» dice lui, «Dicevo... appena Melanie o Melody o quello che è se ne va... parlo con Lindsay.» dice, «Per voi va bene?»
Un coro di “Sì” si leva dai miei compagni, mentre io me ne rimango in silenzio. Tanto Carl ha già deciso, lo so, quindi è inutile ribattere.

Io e Melanie entriamo nel salottino, seguite da un cameriere con le birre per i ragazzi.
Odio doverlo ammettere ma, ogni tanto, ma proprio ogni tanto, Melanie è simpatica, soprattutto quando è d'accordo con me quando dico che certe ragazze si comportano come galline che scappano dal contadino che vuole tirare il loro collo.
O come quando fa tutte quelle cosine che fanno incazzare Ryan, tipo postare la loro foto su Twitter, menzionarlo e definirlo “il mio amico.”
Ah ah ah ah, chissà cosa dirà quando lo vedrà.
Mi siedo accanto a Jake, che è simpatico e non è stronzo come Ryan, anche se è meno bello di lui.
Ryan prende in mano il cellulare e... sbaglio è è diventato un pochino pallido? Ha visto la foto? Ha letto che Melanie lo ha definito “suo amico”? Ben gli sta!
Lui mi guarda e io gli sorrido, come una bambina innocente.
Ma non lo sono!
Quanto mi diverto!
«Ehi, Linds.» dice lui, mettendo via il cellulare e guardandomi, mentre al suo fianco Melanie sorride così tanto che temo che le si spaccherà la faccia. «Hai sentito il tuo ex?»
Lo odio.
«No.» rispondo. «Avrei dovuto?»
Lui scrolla le spalle, «Oh, così...» dice, «Magari ti sentivi sola...»
Che stronzo.
«Primo: non sono cazzi tuoi.» dico, «Secondo: tu e lui siete le ultime persone che chiamerei, anche se stessi per morire.» continuo.
Lui inarca le sopracciglia e fissa Carl, il loro manager, «Uh, okay.» dice e non aggiunge nulla, il che è strano, molto strano... ha in mente qualcosa, lo so.

«Che cosa?» strillo. Melanie è andata via da dieci minuti perché domani deve alzarsi presto e Carl mi ha appena fatto una proposta praticamente indecente: io dovrei essere quella che mantiene le relazioni fra Ryan e gli altri con le fans. Dovrei mantenere il controllo quando ci sono degli incontri con le fans, come questa sera.
«Hai già un lavoro?» chiede Carl.
«Ehm... al momento no.» rispondo, «Ma questo che c'entra?»
«Su, dai, dimmi di sì.» dice lui, ignorando la mia domanda, «Sei stata fantastica questa sera.»
Fantastica, eh?
Gongolo.
«Uhm, okay.» dico, «Va bene.» aggiungo. «Accetto.» dico e sorrido.
«Che cosa?»
Credo che l'urlo di Ryan lo abbiano sentito in tutta la parte sud della Florida. «Tu... tu... tu...»
«Sei un telefono occupato?» gli chiedo.
«Hai detto sì!»
«Avrei dovuto dire di no?»
«Sì!»
«Guarda che non mi piace stare a casa a fare nulla.» dico, «E poi credo che sarà divertente!» sorrido.
«Ma tu...» fa lui.
«Io cosa?»
«Mi odi!»
«Odiavo anche il capo che avevo prima, ma ho lavorato per lui per due anni...» alzo le spalle. «Allora, quando si comincia?» trillo e Dio, ma sono ubriaca?
Ryan mi fissa, sorpreso. «Te la sei cercata!» ride Chris.
Ryan incrocia le braccia e fa una smorfia offesa.
È proprio adorabile!
Sono proprio ubriaca!

Ryan ferma l'auto davanti al garage, io riprendo in mano le mie scarpe e poso la mano sulla leva che apre la portiera.
«Non capisco perché vai in giro con quelle se poi le togli.» dice lui e io alzo gli occhi al cielo.
«Perché mi piacciono.» rispondo.
Lui annuisce e sospira. «Grazie.» dice.
Aggrotto la fronte, «Per cosa?» chiedo.
«Per prima, con quelle ragazze.» risponde. «Dopo due secondi avevo tutta l'intenzione di fuggire.» ammette.
«Okay.» faccio e apro la portiera. «Di nulla.» aggiungo uscendo dall'auto, «Sai, se avessero continuato altri cinque secondi le avrei strozzate una a una.»
«Su questo non avevo dubbi.» ride lui.
E certo.
«Buonanotte, Linds.» dice quando è davanti alla sua porta.
Io rimango un attimo sorpresa e lo sono ancora di più quando mi sento dire: «Buonanotte, Ryan.»

Ola, bella gente.
Eccoci qui con il terzo capitolo. Il titolo è una canzone dei Blue, dall'album "Guilty".
E ancora una volta niente banner. La mia connessione mi odia e io odio lei. Ma proprio tanto, così tanto che se mi si presentasse alla porta uno che lavora per la "più grande rete 4G d'Europa" lo saluterei con la padella di ghisa.
In faccia.
Vabbè, in ogni caso, io immagino Lindsay come Troian Bellisario e Ryan come Ben Montague, uno dei miei cantanti preferiti, che adoro tanto *fanghirla perchè fra 26 giorni esce il suo album Back into paradise*
Ryan è proprio simpatico, vero? Io lo adoro! Aspettate... la regia m'informa che Lindsay sta gridando che Ryan non è simpatico, ma scemo.
*spegne l'audio* Dicevamo... sì, ecco, io adoro Ryan e Lindsay, sono così carini insieme!
AL prossimo capitolo!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Quattro Weird World ***


logo def
hosting immagini

Straigh Through
My Heart

Quattro
Weird World
*** It's a weird world don't you know it? ***



In che guaio mi sono cacciata?
Io che lavorerò per Ryan? Ma siamo matti?
Devo smettere di bere. Per fortuna lo faccio solo quando vado al Soleil, altrimenti avrei già combinato un mare di casini.
Dio, quanto odio Ryan. Anche in questo momento, che suona la sua stupidissima chitarra, seduto su una sedia del terrazzo. Io vorrei prendere un po' di sole ma non posso, ovviamente.
Chissà quante battute sceme farebbe!
Lo fisso dalla porta finestra e mi chiedo perché sia capitato proprio a me. La colpa è tutta di quell'imbecille del mio ex: se non mi avesse tradito e lasciato io sarei rimasta a New York, non avrei rivisto Melanie con il suo evidenziatore su ruote e la sua voce da gallina e, soprattutto, non avrei conosciuto Ryan.
«Quel bikini ti sta benissimo.»
«Smettila di spiarmi!» sbraito a Ryan.
Lui ride, «Bhe, fino a prova contraria sei tu quella che mi stava fissando...» dice smettendo di suonare. «Sei tu che mi spii.» sorride.
Sbuffo. «Cretino.» sbotto, afferro l'asciugamani, una rivista di moda ed esco dalla mia stanza, per poi sistemarmi sul lettino bianco e azzurro.
«Credevo che non volessi avermi attorno.» dice lui.
«Purtroppo vivi qui...» mugugno, «Mi tocca sopportarti.»
«Ma se sono adorabile!» ribatte lui.
Io lo ignoro, perché so che mi sta guardando. I suoi occhi così azzurri...
No, Lindsay, ascolta: tu hai chiuso con gli uomini!
«Se non fossi così scorbutica...»
«Io non sono scorbutica!» esclamo girandomi verso di lui e lo vedo ridere mentre posa la chitarra sul tavolino, «Sei tu che mi fai uscire di testa!»
«Io?» dice lui, «Ma se non ho fatto nulla!»
«Nulla?» esclamo, «Suonare alle nove del mattino non è nulla?»
«Ti ho promesso che la domenica inizierò a suonare alle dieci.» mi ricorda, «E io le promesse le mantengo.»
«Lo spero per te.» borbotto mentre mi giro, sdraiandomi sulla pancia. Perché deve sempre farmi incazzare?
«Io le mie promesse le mantengo, tutte.» dice Ryan.
«Lo spero, altrimenti giurò che ti spacco la chitarra in testa e fidati che anche io mantengo le mie promesse.» esclamo e metto le braccia sotto alla testa, girata dalla parte opposta a dove si trova lui.
«Uhm... che hai fatto al tuo ex?»
«Cosa?»
«Sicuramente ti sei vendicata.» dice Ryan, «Cosa gli hai fatto?»
Mi metto seduta e lo guardo con la voglia di spaccargli la faccia. «Ho preso un cacciavite e l'ho usato per incidere sulla sua auto due linee parallele sulla carrozzeria e poi sul cofano ho scritto che spero che non gli tiri più.» dico, «E ho riempito di merda di cane le maniglie delle portiere di quella stronza della segretaria.»
Ryan mi osserva per qualche secondo senza dire una parola e la cosa mi fa innervosire, «Oh, bhe... se facessi una cosa del genere alla mia auto come minimo ti butterei in piscina tutti i giorni.»
«Io e te non stiamo insieme, non staremo mai insieme, quindi il problema non si pone.»
Ryan mi sorride, la testa piegata verso destra, «Io non sarei così categorica, Linds.» dice.
«Oh, sì che lo sono.» ribatto e mi sdraio.
«Io credo che un giorno riuscirò a farti cambiare idea...»
Lo picchierei, giuro. Lo prenderei a sberle. «Io credo di no.» dico.
Lui mi osserva, «Cambierai idea, Linds.» esclama, prende la chitarra e rientra in casa sua, senza salutare.
Maleducato!

***

Melanie parla ma io ho smesso di ascoltarla da mezz'ora. Parla di quando, come e dove ha incontrato Ryan, di quanto lo ami...
Ho voglia di sbattere la testa contro il muro.
«E poi sai, credo che mi ami anche lui!»
Cosa?
«Eh?» faccio, incredula. Ryan che ama Melanie? Ma dove?
«Lo vedi anche tu le facce che fa ogni volta che mi vede!» squittisce lei, «È così emozionato... non riesce neppure a parlare...» aggiunge, «Mi ama!» sospira.
Mi mordo le labbra per non ridere. Ryan che ama Melanie... si è mai sentita una cosa più divertente?
Lui non la ama... lui la chiama “La Piaga”! Non può amarla, giusto?
Perché sarebbe davvero... ridicolo. Senza contare che lui non le ha mai chiesto il numero di telefono, né di uscire né ha fatto qualsiasi altra cosa che fa una persona innamorata.
Quindi Ryan non ama Melanie ma ovviamente non posso dirlo a lei, altrimenti inizierebbe a piangere.
«Tu che ne pensi?»
Che ne penso? Hai preso un gigantesco granchio! «Ehm... io non so.» dico, diplomatica.
«Oh, sai, stavo pensando di farmi tutte le date che fanno loro!» dice, «Così staremo insieme!» squittisce, le mani giunte e lo sguardo sognante.
Che orrore!
«Forse dovresti andare con un po' più di calma.» dico, «Esserne completamente sicura prima di buttarti.» suggerisco.
Il suo sorriso si trasforma in una smorfia offesa. «Ma io ne sono sicura!» esclama, «Ryan mi ama!»
Se ne sei convinta... «Okay.» dico e guardo l'orologio, «Devo andare.» esclamo, ingoio l'ultimo sorso di cappuccino e mi alzo, «Ci vediamo.» dico e fuggo dalla caffetteria, lontano da Melanie e dalla sua stupida convinzione.
Perché Ryan non può essere innamorato di lei. Non è che Melanie sia brutta, è uno di quei tipi normali: qualche chilo in più, capelli lunghi, occhi piccoli, tratti del viso normali. È solo il carattere che è di merda, con i suoi post pieni di cuoricini, la sua fissazione per Ryan e tutto il resto.
Senza escludere la sua orribile auto.
Devo andare in lavanderia e poi in pasticceria a ritirare la torta perché oggi viene a trovarci mio fratello maggiore con sua moglie e il loro figlio di tre anni, che è l'unico bambino che non odio, perché mi sorride sempre e mi da tanti bacini.
Quando rientro in casa Marisol ha già preparato la tavola. «Sono andati all'aeroporto.» mi dice.
«Okay.» esclamo, «Grazie.» le sorrido e poso la torta in frigo, nello spazio preparato da Marisol, poi salgo in camera mia e mi sdraio sul letto con un sospiro.
Ryan è fuori e credo che ci resterà tutto il giorno. Non che la cosa m'importi più di tanto, sia chiaro! Almeno un giorno lo passerò tranquilla, senza lui che canta e suona e canta e suona e canta.
Chiudo gli occhi, godendomi i rumori che provengono dalla cucina e dal giardino, sento gli uccellini cinguettare — probabilmente sono nella piccola casetta che mio padre comprò sei anni fa — e mi rilasso ancora di più.
Una mezz'ora dopo i miei ritornano, così mi alzo dal mio comodo letto, mi passo le mani fra i capelli per sistemarli e scendo di sotto.
«Greg!» esclamo e corro ad abbracciare mio fratello, che mi stringe, anzi, mi stritola e mi scocca un bacio sulla fronte, come quando avevo cinque anni. Saluto Brenda, mia cognata e prendo in braccio il mio nipotino, Cameron Junior. «Uh, ma quanto pesi!» dico mentre lo sistemo meglio sul mio fianco.
«Pappa!» trilla lui e batte le manine, felice.
«Manca ancora una persona.» esclama mio padre, Cameron Senior. Io lo fisso, chiedendomi chi possa mancare all'appello, ma siamo tutti qui...
La macchina di Ryan si ferma nel cortile, la vedo attraverso la finestra... no, non può essere! Non può essere! Ryan non può mangiare con noi! Non è giusto!
«Ah, no...» dice mia madre, «Ryan è arrivato!»
Oh. Mio. Dio. Ma perché? Ma perché proprio a me? Nella mia vita precedente devo essere stata una persona davvero orribile e adesso sto scontando la mia pena.
«Didi! Didi!» trilla mio nipote e la porta di casa si apre, Ryan appare in tutto il suo irritante splendore.
«Didi?» dice lui con un sorriso che mi fa venire voglia di dargli due sberle, poi si avvicina e si presenta. Greg e Brenda lo salutano calorosamente. Come fanno a non notare che è un grandissimo idiota?
Ma Ryan sorride, incantando tutti quanti, persino il piccolo Cam, che agita la manina paffuta nella sua direzione.
«Anche lui mi adora.» mormora Ryan mentre andiamo nella sala da pranzo.
«Solo perché non lo hai ancora svegliato dal suo pisolino.» ribatto io.
Lui ride, «Oh, ma io non sveglio i bambini che dormono!» dice.
Mi fermo davanti a lui e lo fisso, mentre mio nipote gioca con i miei capelli. «I bambini no e me sì?» dico, «Ah, grazie tante!» esclamo, mi volto ed entro nella sala da pranzo, sistemo il bambino nel seggiolone e vado a sedermi. Merda.
Alla mia destra, a capotavola, c'è Brenda; davanti a me Cam sbatte i pugni sul piano del seggiolone mentre accanto a lui c'è Greg che cerca di calmarlo. Poi c'è mamma e, all'altro capotavola, papà.
Ryan è accanto a me e lo ha fatto apposta, lo so, altrimenti non sarebbe l'idiota che mi manda in bestia che è.
«Spero che non mi ficcherai il coltello in mezzo alla fronte.» mi sussurra mentre Marisol entra, portando il carrellino su cui fa bella mostra il piatto di portata con l'arrosto.
«Mi hai dato una buona idea.» ribatto e poso il tovagliolo sulle ginocchia.
«Uh, litigate come due innamorati...» commenta Brenda.
«Preferirei farmi strappare le unghie,» dico «che stare con lui.»
Ryan ridacchia, «Linds è veramente adorabile quando fa la scontrosa.» esclama e lo vedo sorridere a mia cognata.
«Taci, altrimenti invito qui Melanie.» dico e ringrazio Marisol che posa davanti a me il piatto con la mia porzione di arrosto e patate.
«Guarda che non la sopporti nemmeno tu.» mi ricorda lui.
«Bhe, se così riesco a darti fastidio posso pure sopportarla.»
«Dopo un po' impazziresti.»
«Sarebbe sempre colpa tua.»
«Melanie chi?» chiede Greg mentre rompe a metà un grosso pezzo di patata che Cameron sta cercando d'infilarsi in bocca.
«Melanie Green.» rispondo, «Era a scuola con me.»
«Quella che voleva entrare a tutti i costi nelle cheerleader?» chiede lui e io mi limito ad annuire perché ho la bocca piena di carne, è davvero buonissima. Marisol è una bravissima cuoca!
«Eri una cheerleader?» chiede Ryan, «Uh, non me l'avevi detto!» dice, «Mi sarebbe piaciuto vederti con due pon pon in mano!»
Mamma sorride e ti prego, non dirglielo. Non dirgli quella cosa!
«Oh, abbiamo i filmati!»
Ecco, mamma ha detto quello che non doveva dire.
«Te li faccio vedere, devo solo trovare dove sono.»
E aggiunge quello che non doveva aggiungere.
Tengo lo sguardo fisso sul mio piatto, non trovando il coraggio di guardare Ryan.
«Oh, grazie.» dice lui, gentile, — e lecca culo, aggiungerei — «Mi piacerebbe molto.»
Io continuo a mangiare anche se ho voglia di rompere qualcosa in testa a quell'idiota... spero che mamma non trovi i filmati che mi faceva alle partite di football... e non perché non fossi brava, anzi, all'ultimo anno ero anche vice capitano delle cheerleader, è solo che non voglio che Ryan li veda, ecco. Altrimenti mi prenderebbe in giro da qui fino alla fine dei tempi. O della sua vita.

Finalmente il dolce arriva, così poi Ryan se ne va e non lo vedrò più, almeno fino a quando Melanie non mi stresserà per accompagnarla in qualche locale per vederlo. Mi chiedo cosa direbbe se sapesse che adesso lavoro per lui e gli altri, di sicuro non sarebbe contenta o pretenderebbe di essere la mia assistente, cosa che non accadrà mai, intendiamoci, almeno che con “assistente” non s'intenda una persona che mi porti caffè e tramezzini quando lo ordino o contro cui posso urlare un sacco d'insulti.
Guardo Cam che si sta gustando una piccola meringa al cioccolato, le labbra sono sporche e gli occhietti castani sembrano brillare dalla gioia.
«Su, Greg, raccontami qualcosa di divertente su Linds.» dice Ryan e io lo odio.
Mio fratello ride, «Una volta ha dato uno schiaffo a un suo compagno di scuola quando lui l'ha chiamata Linds.» esclama, «Strano che non che non ti sia ancora successo.»
Ryan ride, «Oh, sono sicuro che non lo farà.»
«Meglio, così saprò prenderti di sorpresa.» esclamo.
Lui ride ancora e mi guarda, «Non credo che succederà.» dice poi si gira verso Greg, «Altro?»
«Dovete parlarne proprio adesso?» sbotto.
Ryan alza le spalle, «Bhe, possiamo farlo quando tu non ci sei.» dice, «Anche se è più divertente vedere le facce che fai.»
Ho già detto che odio Ryan?
Per fortuna abbiamo finito di mangiare, così ci spostiamo in salotto, tranne Brenda che è andata di sopra con Cam per cambiargli il pannolino.
Fisso Ryan che guarda il pianoforte a coda che troneggia accanto al divano e so che si sta chiedendo se ci sia qualcuno che lo suoni, così mi alzo dal divano, sollevo il coperchio, mi siedo e inizio a suonare. Le mie dita sfiorano i tasti e le note di una delle prime melodie che ho imparato a suonare si spargono nell'aria.
«Sai suonare il piano?» domanda Ryan e dalla sua faccia intuisco che non si aspettava che fossi io a saper suonare.
«Esatto.» rispondo, «Sorpreso?» ridacchio mentre le ultime note si spargono nell'aria. Ryan non mi risponde, limitandosi ad osservarmi con la bocca aperta, «Guarda che ti entrano le mosche.» dico, «Su, chiudi la bocca.» aggiungo, abbasso il coperchio e sistemo lo sgabello
«Sai suonare.» dice Ryan, «Non me lo sarei mai aspettato.»
Io alzo le spalle, «Vado in camera mia.» dico e salgo di sopra, lasciandomi dietro un Ryan stupefatto.
Lindsay uno, Ryan zero.

*-*-*

Lindsay sa suonare il piano. Giuro che non me lo sarei mai aspettato, non mi è mai sembrata una tipa così paziente da prendere lezioni di piano per mesi, se non per anni. E non credevo che avesse fatto la cheerleader al liceo... spero non sia stata capitano della squadra, altrimenti povere compagne!
In questo momento Lindsay è seduta alla scrivania, davanti al portatile e sembra che stia parlando con qualcuno e spero che non sia un ragazzo, non sono geloso, proprio no, mi preoccupo per il povero sconosciuto, che potrebbe subire l'ira della mia bella vicina.
Forse dovrei smetterla di spiarla... o forse no, dopo tutto anche lei mi spia dalla finestra, quindi se lo fa lei lo faccio anche io. Spero solo che non mi becchi suo fratello.
«Hai finito di spiarmi?»
Oops.
«Ero soprappensiero.» ribatto e sorrido a Lindsay, che alza gli occhi al cielo e sbuffa. «Non ti stavo spiando.» dico.
«Uh, certo, come no.» esclama lei ed esce dalla camera. «Ah... a proposito: sei sorpreso nel sapere che so suonare il piano?» mi chiede e il suo tono di voce è orgoglioso.
«Sì.» ammetto. «Non credevo che ne fossi capace.»
«Pensi che sia idiota?» sbotta lei.
«No!» rispondo, «Non credevo che t'interessasse suonare qualche strumento!» dico, «Non ti sei mai avvicinata alle tastiere di Liam.» le faccio notare.
«Le tastiere non sono la stessa cosa di un pianoforte.» ribatte lei.
Scrollo le spalle, «È uguale.» dico, «Così come non pensavo che fossi una cheerleader.» aggiungo, «Sai... mi piacerebbe proprio vederti con una minuscola divisa e due pon pon in mano, che fai il tifo per me mentre canto.»
«Preferirei fare il tifo a una gara di lumache che a te.» ribatte lei, facendo la finta acida. «E vestiti!» dice, «Che non vivi mica da solo!»
Io rido e indosso la t-shirt grigia, «Contenta?» le chiedo e lei mi regala uno sbuffo in risposta. «Sei adorabile, lo sai?»
«Vai a quel paese!» sbotta e io rido ancora, poi Brenda esce dalla sua stanza e io la saluto.
«Lindsay... che ne dici di andare a fare un giro?» domanda, «Ci siamo dimenticati di portare i pannolini per Cam e ce ne rimane uno solo.»
«Certo.» esclama Lindsay, «Arrivo subito.» aggiunge, mi guarda e rientra nella sua stanza.
E io la fisso mentre si muove, recuperando la borsa dal ripiano della cassettiera e controllandone l'interno, poi lei si accorge che la sto guardando, mi mostra il dito medio della mano destra e chiude le tende.
Peccato, avrei guardato volentieri un altro po'. Incrocio lo sguardo divertito di Brenda e rientro in casa, è meglio che mi sbrighi, prima che Aaron s'incazzi perché sono in ritardo.

***

«Lo sapete che Lindsay ha fatto la cheerleader quando era al liceo?» dico agli altri, «Vorrei proprio vederla con una gonnelina striminzita e due pon pon in mano!»
«Tu vorresti fartela, che è ben diverso.» dice Jake.
«Io farmi Lindsay?» ribatto, «Come minimo me lo stacca con un morso!»
Jake ride, «Non credo, sai?» dice, «Non è quel tipo di ragazza.»
Sbuffo, «Tu non la conosci.» ribatto, «Mi odia.»
«Solo perché tu le dai continuamente fastidio.» dice Chris. «Se la smettessi forse non si arrabbierebbe così tanto con te.»
Sbuffo di nuovo, «Io non le do fastidio, mi diverto solo a stuzzicarla!» esclamo, «Cavolo, è lei che se la prende troppo!»
Aaron alza gli occhi al cielo, «Non stuzzicarla troppo, altrimenti dovremo trovarci un altro cantante.» esclama.
«Ah, ah, quanto sei simpatico.» dico. «Non mi farà nulla, vedrai.»
«Non ne sarei così sicuro.» sospira Liam, «Ha rigato la macchina del suo ex e sporcato di merda le maniglie della segretaria...» mi ricorda e prego che Lindsay non scopra mai che ho raccontato quello che ha fatto al suo ex e la vecchia con cui è stata tradita, «Immagina cosa potrebbe farti se la facessi incazzare veramente tanto...»
Inspiro lentamente e mi passo una mano fra i capelli, «Non mi farà nulla.» dico e spero sul serio che sia così. «Ah, sa suonare anche il pianoforte.»
«Chi?» domanda Jake.
«Lindsay.» rispondo, «Giuro, non pensavo che ne fosse capace.»
«Ha il pianoforte?» domanda Liam.
Annuisco, «Sì, un bellissimo pianoforte nero a coda.» dico, «Pensavo che fosse lì di bellezza...»
«Di bellezza?» esclama Aaron, «Da quando uno tiene un pianoforte per bellezza?»
Alzo le spalle, «Credevo che fosse una di quelle cose bizzarre che la gente ricca tiene in casa... come quelle orribili statuette a forma di animali.»
Chris mi lancia un quaderno a quadretti grossi, quelli da un centimetro. «Su, muoviamoci a scrivere queste canzoni.» ordina.

***

Guardo Lindsay che gioca con Cameron. Sono in piscina, il bambino è dentro un piccolo canotto azzurro e verde e lancia degli urletti quando lei lo schizza con l'acqua, sembra diversa, anzi lo è: ride, è rilassata e radiosa...
«Ciao.» saluto e mi siedo sul bordo della piscina.
«Ciao.» dice lei voltandosi appena, «Cam, saluta.» dice al bambino.
Cam mi guarda e agita la mano destra. «Didi! Didi!» trilla.
«Didi?» chiedo io, «Ti chiama Didi?» domando e non posso fare a meno di sorridere.
«Non riesce a dire Lindsay.» ribatte lei, «Imparerà.» dice senza voltarsi, lo sguardo fisso sul bambino.
«Ehi, Cameron, riesci a dire Ryan?» domando al bambino.
Il piccolo mi fissa, «Iaia!» trilla, «Iaia!»
Lindsay ride, «Iaia? Sembra un nome da femmina!» mi prende in giro.
«Ah, ah.» faccio, «È piccolo, imparerà.» esclamo e sorrido guardando Cam che butta una pallina rossa nell'acqua.
Lindsay si gira verso di me, «Credevo che rimanessi fuori tutto il giorno.»
Alzo le spalle, «Abbiamo finito prima.» esclamo, «E comunque sono quasi le sei, è praticamente l'ora dell'aperitivo!»
«Le sei?» strilla lei, «Cameron, il bagnetto è finito!» dice e spinge il canotto verso il bordo della piscina, solleva il bambino e lo posa sul bordo, accanto a me. Istintivamente afferro il bambino per impedirgli di buttarsi in acqua.
«No!» grida il bambino «Ancora! Ancora!»
Anche Lindsay esce e osservo le gocce d'acqua che scivolano sul suo corpo abbronzato, messo in risalto dal costume azzurro. «Invece sì.» dice e prende in braccio il bambino, «Grazie.»
«Cosa?» chiedo, stupito dal fatto che mi abbia ringraziato.
Lindsay sbuffa, «Grazie per aver impedito al bambino di buttarsi in acqua.»
«Ah, di nulla.» faccio e la osservo mentre avvolge il bambino in un asciugamani verde, poi anche lei si copre, indossando un accappatoio lilla. Che peccato, l'avrei vista volentieri in costume ancora per un po'.
Rimango con i piedi nell'acqua per qualche minuto, poi rientro in casa anche io. In realtà non sono tornato perché abbiamo finito prima ma perché ho un appuntamento con una ragazza che ho conosciuto al concerto di tre giorni fa. Avrei potuto dirlo a Lindsay ma non l'ho fatto... e mi chiedo il perché. Sicuramente sarebbe contenta di non avermi attorno per una sera ma dopotutto c'è qui la sua famiglia e lei è felice insieme a loro.
E io... ne sono invidioso ma non dovrei esserlo, giusto? Perché questa sera esco con Camille, non ho nulla da invidiare a Lindsay, non sono io quello che è stato tradito.
E mi dispiace che lei lo sia stata, perché non lo merita.

*-*-*

Se Ryan pensa che io non lo abbia visto si sbaglia di grosso! Lo vedo, nella sua camera mentre mi guarda... fino a due minuti fa mi stava guardando mentre mi stavi vestendo, per fortuna mi stavo solo allacciando la camicetta e davo le spalle alla porta finestra, così lui non ha potuto vedere nulla.
Stupido guardone!
Esco sul terrazzo e mi siedo sul divano a dondolo, tolgo il mollettone dai capelli e inizio a spazzolarli.
«Che fai, ti prepari ad uscire?»
«Non sono affari tuoi.» rispondo senza neanche spostare lo sguardo.
«E dai, dimmelo che sono curioso!» dice Ryan e si siede accanto a me.
Smetto di spazzolarmi i capelli e lo guardo, «Non sono affari tuoi!» ripeto e mi fermo per osservarlo. Sta davvero bene con la camicia nera.
Questa è solo un'osservazione, un dato di fatto... Svetlana direbbe che è un indizio, che Ryan in realtà mi piace ma non è vero!
«E tu?» chiedo, «Hai un appuntamento?» domando e un alito di vento porta il profumo del dopo barba di Ryan al mio naso... è buonissimo, inebriante, quasi ipnotico.
«Sì.» gongola, «Con Camille, ti ricordi di lei?»
Camille, Camille... ah, sì, è quella che dopo il concerto è andata dritta da Ryan e gli ha infilato un biglietto nella tasca davanti dei suoi jeans, per poi andarsene come se nulla fosse. «Sì.» rispondo. «Goditi 'sta serata, perché presto scoprirà che sei un idiota e allora...»
Ryan ride, «Mica me la devo sposare!» dice, «Linds, esistono anche le storie di solo sesso, sai?» sussurra e le sue labbra sono così vicine al mio orecchio che potrebbero quasi sfiorarlo.
«Idiota.» dico e mi scanso, riprendendo a spazzolarmi i capelli, lui ride.
«Su, non dirmi che sei gelosa!»
«Io, gelosa di te?» ribatto, «Questa è la cosa più assurda e divertente che io abbia mai sentito!»
Lui scrolla le spalle, sorride e io vorrei dargli la spazzola in fronte. «Potrebbe essere.» dice, «Magari tu fai la sostenuta solo perché non vuoi ammettere di essere gelosa.»
Io alzo gli occhi al cielo e mi giro, dandogli le spalle. La porta della stanza di Greg e Brenda si apre e Cameron sgambetta fuori, correndo sul terrazzo con indosso solo un pannolino bianco con disegnini azzurri. «Ehi, peste!» lo chiamo e poso la spazzola accanto a me, «Vieni qui.» dico alzandomi in piedi, lui mi corre incontro, lo prendo in braccio e lo riporto da mia cognata.
«Sei molto dolce con lui.» dice Ryan quando torno al divano a dondolo. «Un comportamento diverso da quello che hai con me.» sorride.
«Primo: Cam è mio nipote e non lo vedo quasi mai, dato che vive in Texas; secondo: lui ha quasi due anni; e terzo: Cam non è idiota quanto te!» sbotto, afferro la spazzola e rientro in camera mia. Ryan è proprio un idiota!
Io, gelosa di lui? Ma andiamo, si è mai sentita una cosa più idiota? E poi esce con Camille, che sarà si bella, ma di sicuro è un'ochetta idiota!
A pensarci bene potrebbe essere il tipo di Ryan: dopotutto sono simili, sono idioti entrambi.
E io non sono gelosa!

*-*-*

Infilo i dvd nel lettore, mi siedo sul divano e premo “play”. Il filmato all'inizio è un po' sfuocato e mosso ma poi si stabilizza.
Chi ha filmato, probabilmente il padre di Lindsay, è seduto sulle tribune di un campo di basket. C'è un casino di gente che grida, parla e urla, quando parte una musica allegra e le cheerleader fanno il loro ingresso le urla diventano più forti.
Riconosco subito Linds, è al centro e indossa un corto abito senza maniche, color oro, con la gonnellina oro, verde e viola scuro. Sulla schiena, sotto al nome del liceo — San Marie High School — c'è una grossa “L” viola scuro, con il bordo bianco.
Le ragazze iniziano a muoversi mentre incitano la folla. Lindsay agita i pon pon dorati e i capelli, legati in una coda alta e fermati con un nastro oro, si muovo di qua e di là.
È bellissima e radiosa. Salta, fa le capriole, agita i pon pon e incita la folla come se lo avesse fatto da sempre, come se fosse una cosa naturale per lei... è molto diversa da quella che conosco io. Credo che la colpa sia di quell'idiota che le ha messo le corna... se lo avessi fra le mani lo strozzerei, giuro.
Cavolo, è andato con una che probabilmente avrà l'età di sua madre! Come può essersi fatto scappare una come Lindsay?
A meno che lei non sia sempre sta così...
I giocatori entrano in campo e io spengo il lettore, finirò di guardarlo più tardi, anche perché la partita non m'interessa, m'interessa altro, tipo guardare Lindsay che agita i pon pon.

***

Sono sul terrazzo quando intravedo la macchina di Melanie fermarsi davanti al grande cancello d'ingresso. Per fortuna che non sa che c'è anche quello sul retro, altrimenti mi vedrebbe in pieno. La sua auto arancione si ferma, sento la portiera aprire e poi chiudersi.
La porta d'ingresso si apre, così scendo piano le scale che dal terrazzo portano al prato. Passo davanti alle finestre della salotto, constatando che le tende sono tirate, sorpasso la finestra del bagno, giro l'angolo, oltrepasso la sala da pranzo e mi fermo accanto alla porta finestra della cucina.
Linds e Melanie sono lì e non si sono accorte che ci sono. Meno male. L'ultima cosa che voglio è che Melanie si accorga che sono qui, altrimenti mi si attaccherebbe al collo e non riuscirei più a levarmela di dosso.
Dio, non sento nulla! Voglio sapere cosa si stanno dicendo, se parlano di me e cosa dicono.
Mi sposto lentamente accanto alla finestra sull'altro lato e per mia fortuna è semi aperta, così posso sentire. Mi siedo sul prato.
«Vorrei tanto venire anche io al Country.» sospira Melanie La Piaga, «Ma papà non vuole darmi i soldi»
Meno male! Il Country è uno di quei locali da ricconi e Melanie non può approfittare di Lindsay. In più è a tre ore di auto da qui e probabilmente ci fermeremo una notte in albergo... altri soldi che Melanie, evidentemente, non ha.
«Mi dispiace.» dice Lindsay ma so che mente, anche lei è contenta che non venga, lo so. «Ma non hai dei soldi da parte?»
«Eh, no.» risponde La Piaga. «Papà dice che non so gestirli!»
«Ah.» dice Lindsay. «Ehm... immagino che tu non riesca a convincerlo.»
«Purtroppo no.» pigola Melanie. «Vorrei tanto venirci...» dice, «Non è che potresti prestarmi i soldi?»
Ti prego, Lindsay, dille di no. Dille di no. Dille che non glieli presterai.
«Non posso.» dice Linds e io sospiro dal sollievo, «Sto finendo quelli che avevo da parte e mi devo anche comprare un'auto,» continua «non posso continuare ad usare quella di mia madre.»
«Oh.» mormora Melanie, «Neanche una cinquantina di dollari?»
«Mi dispiace.» dice Lindsay e io ho quasi l'intenzione di ringraziarla ma non lo faccio, altrimenti poi penserebbe che la spio, «Ma ho messo da parte i soldi giusti per l'anticipo e le prime tre rate per comprare un'auto che ho visto l'altro giorno... dovrò anche cercarmi un lavoro.»
Non so se è vero quello che ha detto Linds, perché, da quello che so, Lindsay ha un fondo fiduciario... quindi il punto è che non è che non può prestare i soldi a Melanie, è che non vuole.
Brava Linds!
«Oh.» pigola Melanie. «Uffa.» sbuffa, «Credi che metteranno le foto sul sito?»
«Io... bhe...» balbetta Linds e sento lo sportello del frigo aprirsi — emette un piccolo bip e se non la si chiude entro trenta secondi parte una serie di bip fastidiosi —, «Bhe... credo di sì.» dice.
Non le ha detto che lavora per noi? Oh, Lindsay... Melanie si arrabbierà molto quando lo saprà! Mi viene da ridere ma mi trattengo quando sento La Piaga che dice che deve andare via, così mi sposto, piano, e torno velocemente di sopra.
Lindsay non ha detto a Melanie che lavorerà per noi... ci sarà da divertirsi, lo so!




Ed ecco anche il quarto capitolo! Il titolo è quello di una canzone dei Backstreet Boys, tratta dall'album "Never Gone".
E si scopre che Linds era una cheerleader e che sa suonare il piano... non lo sapevo nemmeno io! Linds si è seduta al piano e si è messa a suonare... 'sti personaggi che fanno quello che vogliono >.< xD
Spero che anche questo capitolo piaccia!
Ci vediamo con il quinto capitolo!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Cinque - Bop Bop Baby ***


logo def
hosting immagini

Straigh Through
My Heart

Cinque
Bop Bop Baby
*** when I lie in my bed with the thoughts in my head ***



Controllo e ricontrollo gli orari e le località delle prossime date, un paio delle quali sono in una città della contea di Bradford che, a quanto pare, è nella parte nord della Florida.
Ammetto la mia ignoranza ma non lo sapevo.
Una settimana fa i ragazzi hanno girato un video, una roba semplice, loro che cantano e che suonano, alternati a momenti in cui giocano e scherzano fra di loro e le visite sono state pazzesche: nessuno di pensava che avrebbero raggiunti numeri così alti! Presto uscirà il loro primo EP e, con nostra grande sorpresa, soprattutto mia, Ryan e JCAL sono molto richiesti in tutta la Florida. E per questo Carl ha deciso di fare questo mini tour.
«Ho prenotato gli hotel.» dice Carl entrando nell'ufficio.
«Okay.»
«A te una singola va bene, vero?»
«Certo.» rispondo.
No, cosa?
«Eh?» esclamo.
Carl ridacchia, «Verrai anche tu.» dice.
Oh. Mio. Dio.
Sospiro. «Okay.» faccio. «Va bene.»
Rimaniamo per qualche secondo in silenzio, poi mi viene in mente una cosa, «Ma come ci arriviamo a...» leggo il nome sul foglio, «Carlton City?»
«Affittiamo un camper.» risponde lui, «Uno di quelli da dieci persone, così ci stai anche tu.»
Se potessi mi sgonfierei come un palloncino. «Uhm.» mugugno, «Okay.» dico, anche se no, non sono contenta di questi sviluppi. Io, insieme a sei uomini, in un camper?
Io e Ryan nello stesso camper?
Ma siamo matti?
Okay che in queste ultimi quattro giorni siamo andati abbastanza d'accordo, anche se l'altro giorno mi ha spinto in piscina, per sbaglio, dice lui, eh!
Perché a me? Perché? Perché?
Ah, già, ho detto sì a questo lavoro.
E ciò mi fa venire in mente un'altra cosa: Melanie La Piaga. Chissà cosa dirà quando saprà che passerò quasi due settimane con Ryan.
Ma tanto lei non potrà venire, i suoi genitori su certe cose sono un po' all'antica.
Meno male, un problema in meno.

***

Esco dal mio bagno privato, avvolta in un accappatoio bianco e mi dirigo al letto, su dove ho posato i miei vestiti, lascio cadere l'asciugamano, rimanendo nuda.
Sto per prendere in mano le mutande quando sento un paio di accordi.
Mi giro lentamente e urlo quando vedo Ryan seduto sulla mia poltroncina, che suona la chitarra.
«Ciao Linds.» dice. «Sei nuda.» mi fa notare, come se non lo sapessi!
«Brutto porco!» grido e recupero l'accappatoio, stringendomelo al petto. «Come ti sei permesso di entrare?» strillo.
Lui scrolla le spalle e suona ancora e io ho una voglia matta di spaccargli la chitarra in testa. «La porta finestra era aperta.» risponde.
«Ma sei un maniaco!» gli dico e lui ridacchia. «Esci, che devo vestirmi.»
«Ora che ti ho visto nuda?» dice e sorride.
Io grugnisco un insulto. «Vattene.» dico.
«Ma mi sto divertendo!»
«Se non alzi il culo entro tre secondi giuro che chiamo Melanie e le dico di venire con me sul tour-bus.» lo minaccio e lui sbuffa, smette di suonare e si alza.
«Sei una guasta feste.» dice.
«E tu sei un maniaco!» grido mentre esce dalla mia camera.
Uffa.
Uffa? Lui mi ha visto nuda e io dico solo uffa?
Sono impazzita.

«Uh, due settimane insieme a Ryan!» trilla Svetlana, «Nello spazio stretto e angusto di un camper...» dice e so a cosa allude, «Chissà cosa accadrà!»
«Niente!» dico, «Non succederà nulla!» sono categorica, «Niente di niente!» dico, «Al limite gli do un cazzotto in faccia.»
«Sì, sì.» fa lei e so che mi prende per il culo. Mi siedo sulla poltroncina e rannicchio le gambe, «E dai, Lindsay!» esclama, «Lo hai visto nudo!»
«Era in piscina ed era vestito!» le ricordo.
«Con una maglietta bianca e attillata.» dice lei, «E sai cosa succede quando una maglia bianca si bagna, vero?» ride, «Diventa trasparente!»
Sbuffo.
«E quindi è come se lo avessi visto nudo, almeno dalla cintura in su!» continua Svetlana e io mi chiedo perché non abbia amici normali.
«Io non farò nulla con Ryan!» grido, «Quindi scordatati di questa eventualità!»
Lei ride ancora, «Sai che sei a un passo dall'innamorarti di lui?»
«Ma sei scema?» sbraito.
«No.» dice lei, «Continui a dire che lo odi perché non vuoi ammettere che ti piace.» aggiunge.
«Oh, vai a psicoanalizzare qualcun'altra.» borbotto.
«Ma è vero!» dice lei.
«Ma non è vero!» ribatto io. «Io non lo sopporto più, Svetlana.» dico, «Suona, canta...» mi giro verso la finestra, «Fa il bagno nella mia piscina con un costume blu scuro...»
«Il suo culo com'è?»
«Sodo.» rispondo.
«Vedi?» dice lei, «Lo trovi attraente!»
Sospiro e distolgo lo sguardo, puntandolo sul mio letto. «Non farmi dire cose di cui potrei pentirmi.»
«Tipo che ti piace?» propone lei.
«Svetlana!» dico, «Okay,» sospiro, «Lui è un bel ragazzo.» ammetto, «Ma è un grande stronzo.»
La mia amica ride. «Okay, stella, adesso ti saluto che mi sa che Rob è arrivato.» dice, «Ci sentiamo!»
«Okay.» dico, «Ciao.» la saluto e chiudo la chiamata.
Lascio il cellulare sul comò ed esco in terrazzo e mi appoggio alla balaustra. Ryan non è più in piscina.
Ho un po' di fame, per cui mi volto per tornare in camera.
«Io e te non faremo nulla?»
Oh, merda.
«Cos'è che non faremo, Linds?»
Mi volto e me lo trovo davanti, un asciugamani bianco avvolto attorno ai fianchi, le gocce d'acqua che scendono lente sul suo corpo...
«Niente.» rispondo, «Noi non faremo nulla.» dico, «E da quando ti metti ad origliare?» chiedo.
Lui scrolla le spalle, «Tu urlavi.» dice, «Questa volta è stato facile.» sorride, «Le altre volte dovevo avvicinarmi alla finestra senza fare rumore e con le fioriere è un po' complicato.»
Deglutisco. «Tu ascolti le mie telefonate?» chiedo e mi avvicino a lui, «Come ti sei permesso, razza d'idiota?» sbraito e poso le mani sul suo ampio e muscoloso torace e il mio sguardo si ferma su quel sottile segno sopra al pettorale destro e lo fisso, quasi incantata.
«Su. Non arrabbiarti.» dice, «Ti verranno le rughe...»
«Tu non preoccuparti delle mie rughe!» esclamo e le mie mani scendono e si fermano sul bordo dell'asciugamani, «Perché ascolti le mie telefonate?» chiedo.
«È divertente!» dice lui.
Le mie dita si chiudono attorno alla morbida stoffa e tiro. 
E... oh, merda. È nudo!
Sento la faccia andare a fuoco e faccio qualche passo indietro, l'asciugamani ancora fra le mani.
Lui sorride, come se non fosse nudo. «Me lo ridai?» chiede, allungando una mano verso di me. «Linds... ti sei incantata?» dice, «Bhe, potevi anche chiedere invece di strapparmi l'asciugamani da dosso, eh.» 
Oh, merda.
«Io... io...» farfuglio, «No!» esclamo, la voce stridula, «Ecco.» gli dico, «Prendi.» aggiungo e lancio l'asciugamani verso di lui e quello cade ai suoi piedi e lui si china per raccoglierlo, mettendo in mostra i muscoli della schiena e poi si alza.
«Ci vediamo dopo, Linds.» dice e rientra nella sua stanza.
Io ritorno velocemente nella mia, tiro la tenda, mi fiondo sul letto e ficco la testa sotto al cuscino. 
Che figura di merda. 

***

Okay, questa sera siamo ancora al Soleil — mamma e papà continuano ad invitare Ryan e JCAL perché vengono un sacco di ragazze che, dopo aver gridato e cantato, si fiondano al bar — e devo dire a Melanie che lavoro per Carl e che andrò via con loro per due settimane.
E che lei non è invitata.
Mamma e papà sono contenti di questo lavoro, così riuscirò a sfruttare la mia laurea. Dove lavoravo prima, anche se sul contratto c'era scritto: “Addetta alle relazioni con il pubblico” in realtà non avevo tutti 'sti contatti con i clienti...
«Allora... Lindsay, sei pronta? Hai preparato la valigia?» dice Carl, «Ricordati di non portare troppi vestiti.»
«Perché? Dove vai?» squittisce Melanie.
«Lindsay lavora per me.» dice Carl, non sapendo quello che le sue parole potrebbero scatenare.
«Tu lavori per Ryan?» strilla Melanie, «Perché non me l'hai detto?»
Io scrollo le spalle, «Bhe... ecco... io...» cavolo, non so cosa rispondere tranne un bel “non sono affari tuoi!”, «Non mi è venuto in mente.»
«Non ti è venuto in mente?» strilla Melanie e vorrei ficcarle qualcosa in bocca per farle tacere. «E cos'è 'sta storia della valigia?»
Carl la guarda come se fosse scema, «Facciamo un mini-tour di due settimane qua in Florida.» risponde.
«E io non vengo?»
«No.» rispondo a Melanie, «E la pianti di strillare?» sbotto.
«Ma... ma...» le sue labbra tremano e spero che non pianga. «Vorrei venire anche io!» pigola.
«Non puoi.» dice, «Non è che abbiamo un budget illimitato, eh.» continua.
«Ma... credevo che mi avresti invitato!» squittisce Melanie rivolgendosi a Ryan. «Perché non l'hai fatto?» piagnucola.
Ecco, Ryan, voglio sentire cose le dici.
«Non credevo di doverlo fare.» dice lui, poi prende la sua birra e beve, mi guarda e sorride, come se volesse passare la patata bollente a me.
Lo odio.
«Ma io...» pigola Melanie La Piaga. «Io voglio venire!»
«Non puoi venire.» dice Carl. «Qui comando io, non Ryan o Lindsay.» aggiunge, «Se vuoi vedere uno dei concerti fa come le persone normali: pagati il viaggio e il biglietto.»
«Ryan!» esclama Melanie, «Non dici nulla?»
Lui alza le spalle, «È lui che comanda.» dice.
Melanie piagnucola per mezzo minuto, poi si asciuga le lacrime, spargendo mascara e matita nera su tutta la faccia e si alza in piedi. «Io vado a casa.» dice, esce dal salottino e se ne va.
«Credo che sia offesa.» commenta Liam.
Ryan scrolla e le spalle, «Non è colpa mia.» dice, «È Lindsay che non le ha detto che lavora per noi.»
«Ah, sarebbe colpa mia?» esclamo e Ryan annuisce con un sorriso, «Quanto sei idiota.» dico, «Potevi dirglielo tu.»
«Ma io non sono un suo ex compagno di scuola.» ribatte lui.
«Ma vai a quel paese.» sbotto. «Sei proprio idiota.»

***

È giunta l'ora della partenza, la prima tappa è... è... bho, da qualche parte, sul confine fra la contea di Broward e quella di Palm Beach. Più di sei ore di viaggio, almeno credo, non sono brava in queste cose, nel calcolare le distanze. Stasera serata al Click, poco fuori Miami e poi, subito dopo la fine del concerto, io, Carl, Ryan e i JCAL — Jake, Chris, Aaron e Liam —, Annie, moglie di Carl, che occupa il ruolo di fonico/tuttofare saliremo sul tour bus e partiremo. Chissà se riuscirò a dormire, con sei maschi che ruttano e scorreggiano e si grattano il sedere per tutto il tempo.
Perché ho accettato?
Forse perché sono cretina?
Bha, meglio non pensarci.

***

Sono le sette meno un quarto e sto gustando la mia focaccia ripiena di salsa rosa, mozzarella, tonno, salmone affumicato, gamberetti, insalata e fette di pomodoro.
«Me ne dai un pezzo?»
Questo è Ryan.
«Lasciala in pace!»
Questo è Carl.
«No.» questa sono io che rispondo per poi staccare un grosso pezzo di focaccia da cui cade una foglia di insalata a cui segue un pezzetto di salmone affumicato.
Ryan si allunga per prenderlo ma io lo fisso, sperando che capisca, poi, visto che sembra non recepire il messaggio, prendo fra il pollice e l'indice destro la foglia e il salmone. «Ho detto no.» biascico con la bocca piena.
«Un pezzetto?» implora lui, mentre gli altri ridacchiano, «Linds-Linds... per favore!»
«No.»
«Ma sei stronza.»
Io ignoro l'insulto, «Potevi prenderla anche tu.» dico.
«Ma Carl non vuole!» borbotta lui.
Lo fisso e mi lecco le labbra sporche di salsa. «Ma non è tua madre!» ribatto.
«Però si comporta come lei.» dice lui. «Mi aspetto che da un momento all'altro mi chieda se mi sono lavato le orecchie.»
«Lo hai fatto?» chiede Carl e Ryan borbotta sottovoce. «Lascia stare Lindsay, che è una santa a sopportarti!»
Io sorrido e gongolo. Eh sì, sono proprio una santa!
Ryan sbuffa. «E che palle.» mormora.

Ma quanta gente c'è?
Fisso la sala del locale, strapiena di gente.
Una cosa nera vola per aria e atterra sul palco, sopra una delle casse. Purtroppo questo è uno dei miei compiti: raccattare le cose dal pavimento.
Avanzo sul palco e parte un urlo, che si spegne appena capiscono che non sono Ryan o Jake o Aaron o Liam o Chris. Qualcuna mi urla di “levarmi dalle palle”, bhe, almeno non mi tirano addosso i pomodori. Raccolgo la cosa nera e la fisso.
È un tanga, di La Perla. Un tanga nero, con attaccato un cartellino. Trattenendo l'impulso di vomitare torno dietro le quinte, sventolando quel minuscolo pezzo di stoffa.
«È tutto vostro.» dico e lo lancio verso i ragazzi. Il tanga atterra in testa ad Aaron.
«Spero che sia pulito.» dice lui mentre se lo leva dalla testa, «Oh, è per te.» aggiunge leggendo il cartellino e lo lancia verso Jake che lo prende, lo fissa e lo posa sul tavolino.
«Ma leva quelle mutande da lì!» esclamo, «Che schifo!» dico. «Ti pare il caso?»
Lui ride, «Bhe, tanto sono pulite.»
«Sì, ma sono mutande!»
«Cos'è, sei gelosa perché a te nessuno tira dei boxer?»
Quanto odio Ryan quando mi prende per il culo. «Taci.» mugugno. «Nessuno a lanciato mutande per te.» dico.
«Oh, ma a me le lanceranno, lo so.» ribatte lui.
«Spero che ti entrino direttamente in gola, così magari smetti di dire stronzate per un po'.» replico io, il più acida possibile.
Lui ride, 'sto scemo. «Ti piacerebbe, vero?» dice, «Ma sai, sono sexy anche con un tanga ficcato in bocca.»
 Alzo gli occhi al cielo e sbuffo, Annie viene in mio soccorso — o in quello di Ryan, visto che ho la tentazione di mollargli uno schiaffo — e dice: «Su, alzate il culo e preparatevi, che fra dieci minuti siete in scena.»
Io ridacchio e osservo i ragazzi alzarsi in piedi.

Spio i ragazzi da dietro le quinte e osservo Ryan che canta e suona e sorride e sembra a suo agio su quel palco, con davanti una folla urlante, che grida e si dimena.
Lo osservo come osserverei un boa dentro il suo terrario, con curiosità.
Che è davvero bravo l'ho già detto e continuo a dirlo. È un animale da palcoscenico. Il problema è quando scende da quel palco: ritorna ad essere il solito cretino che si diverte a punzecchiarmi e a vedermi arrabbiata.
Stupida io che glielo lascio fare.
“Hai una cotta per lui, Lindsay. Tu non vuoi ammetterlo, ma io lo so. È ora di lasciarti alle spalle quel cretino del tuo ex e fiondarti nel letto di Ryan.”
Dio, perché devono venirmi in mente le parole di Svetlana? Giuro che quando la rivedrò le scombinerò l'armadio delle scarpe.
Io non ho una cotta per Ryan, ve lo posso assicurare!

*-*-*

Okay, queste ragazze sono matte.
No, sul serio: sono completamente fuori di testa.
Hanno urlato e cantato per tutto il tempo. Io al loro posto sarei senza voce, invece sento ancora qualche urletto.
«Questo credo che vada bene.»
Lindsay mi passa accanto con in mano un minuscolo sacchetto di plastica.
«Bene per cosa?» chiedo.
Lei mi sorride, «Per raccattare quello che vi hanno lanciato.» risponde e... ho voglia di baciarla.
No, Ryan. Tu non puoi baciarla.
Primo: lei lavora per te e vivi nella casa dei suoi genitori; secondo: lei non mi sopporta; terzo: se lo facessi probabilmente mi ritroverei senza labbra e senza faccia; quarto... non c'è un quarto motivo, questi tre bastano e avanzano, giusto?
«Non credo che basti.» dico a Lindsay e faccio un cenno al sacchetto.
«Oh, sì.» ridacchia lei, «Anzi, credo che sia anche troppo.» aggiunge ed esce sul palco e parte un urlo che mi spaventa, poi le ragazze si accorgono che è solo Lindsay e smettono di urlare. La osservo e la vedo raccogliere un paio di pupazzi, qualche busta colorata, poi una ragazza molto robusta che mi ricorda Melanie la chiama e lei si avvicina, le due parlano per qualche secondo poi la sconosciuta dà a Lindsay un grosso peluche a forma di rana, lei le sorride, credo che la saluti perché poi torna da me, con il sacchetto in mano e la rana stretta al petto. Io sorrido e allungo le mani per prendere la rana ma Lindsay mi supera, va dritta verso Aaron.
Cosa?
«Questo è per te.» dice e gli porge la rana.
Aaron la prende, la faccia dubbiosa. «Sicura?» chiede.
Lindsay annuisce, «Certo.» risponde, «Mi ha ripetuto il tuo nome almeno dieci volte in mezzo minuto...» dice, «E il tuo nome è scritto sulla busta.» 
«Non è per me?» chiedo e mi accorgo di non averla nemmeno pensata questa frase. L'ho detta e basta.
Lindsay ride, «No.» dice e mi porge il sacchetto, «Magari qui c'è qualcosa per te...» aggiunge e credo che si stia divertendo un mondo, in questo momento.
Lo sta facendo apposta, solo per farmi arrabbiare.
Guardo nel sacchetto, a parte una lettera per Jake, una per Liam e un pupazzo per Chris, il resto è per me.
«Ah-ah, hai visto? Per te non c'è nulla!» gongolo sventolando i miei trofei.
Lei scrolla le spalle. «Ma io ho i numeri dei buttafuori del locale.» dice, «E anche un paio di giri gratis.» sorride.
Ah, questo non me l'aspettavo. Che qualcuno trovasse Lindsay così interessante da darle il numero di cellulare e delle bevande gratis. «Magari l'hanno fatto solo perché... perché... bah, perché non sapevano cosa fare.» dico e Lindsay mi guarda e lo so, so che vorrebbe soffocarmi con il sacchetto, annodandomelo al collo.
Lei, però, non ribatte e se ne va.

Finalmente saliamo sul tour-bus, anche se per me è solo un grosso camper.
Vedo Lindsay che scosta una tendina di uno dei letti in alto. «Ehi, lo volevo io, quello!» le dico e lei sale agilmente, infilandosi dentro lo spazio angusto. «Linds!»
La sua testa sbuca, i lunghi capelli castani si muovono, «Chi prima arriva meglio alloggia.» replica.
«Ma lo volevo io!» dico e sì, lo so che mi sto comportando come un bambino dell'asilo, ma sono stanco, ho sonno... e volevo dormire lì. «Uffa.»
«Ma hai cinque anni?» dice Carl, «E lascia stare Lindsay.» mi ricorda.
Borbotto un okay poco convincente e mi sistemo nel letto sotto a Lindsay, premo le mani sul soffitto e spingo.
«Smettila.» dice lei.
«Mi hai soffiato il letto.»
«Ti taglio le mani.»
«Non potrei più suonare.»
«Meglio per noi.»
«Sei adorabile.» dico e rimango in attesa di una sua risposta che, però, non arriva.
«Linds?» chiamo, «Lindsay?»
«Piantala.» dice Aaron e io sospiro. Uffa, uffa e ancora uffa.
Sospiro e prendo il cellulare, entro su Twitter e, finalmente, il bus parte. Controllo le menzioni, che sono tante, guardo chi mi segue ma non c'è nulla d'interessante. Guardo i DM e sbuffo quando vedo che Melanie mi ha scritto. Sfioro il suo messaggio e lo leggo, dice le solite cose, alla fine: “Ciao Ryan!!!! Com'è andata? Spero bene!!!!! Spero di vederti presto!!!!!!!!!! Mi manchi!!!!!!!!!”
Che palle che è. Non le rispondo neppure. Metto via il cellulare e spingo ancora un po' il soffitto della mia cuccetta.
Niente.
Spingo ancora, in attesa di un lamento, di un insulto, di un qualcosa da parte sua ma nulla... 
Perché non mi risponde?
Spingo ancora, con più forza, questa volta. Sento un rumore, come se qualcuno si stesse rigirando nel letto.
Sorrido e spingo ancora.
«La vuoi finire?»
Per poco non urlo quando la tendina si scosta e il viso di Lindsay appare capovolto.
«Guarda che se non la smetti scrivo a Melanie che il mio letto si muove a causa tua.» dice.
«E allora?» ribatto io.
«Perché un letto si muove?» chiede lei.
«Perché sopra c'è una persona posseduta?» faccio io.
«O perché...» 
«Perché cosa?»
Lei sorride ed è bella anche se è a testa in giù. Bella ma stronza, quando tira fuori Melanie.
«Melanie potrebbe pensare che io e te... bhe, prova a indovinare?» dice e io mi rendo conto di cosa intende. Io e lei a letto insieme. «Ecco, bravo.» mormora, «E potrebbe pensare che tu non sia bravo, visto che io le scrivo su Twitter...» aggiunge e ritorna nella sua cuccetta.
Merda, questo no. Nessuna si è mai annoiata con me, posso giurarlo.
Spingo ancora.
«Guarda che sto digitando il messaggio...»
La voce di Lindsay mi arriva attutita.
Spingo ancora.
«Ho finito il messaggio.»
Spingo.
«Lo sto per inviare.» dice lei. 
«Ryan!» esclama Carl, «Smetti di dare fastidio a Lindsay!»
Uffa. «Okay.» dico.
«E chiedile scusa!»
«Okay.» dico, «Scusami, Linds.»
«Okay.» dice lei, «Adesso dormi e non rompere.»
La sua voce è dolce e assonata e so che sta per addormentarsi, ormai la riconosco senza problemi. Sorrido e sbadiglio. 

*-*-*

Ormai sono quasi due settimane che siamo in viaggio e i giorni sono trascorsi più o meno tutti uguali: arrivo al locale, chiacchiere con il proprietario, pranzo, le prove del gruppo, io che sopporto le ragazze che mi chiedono ogni singola informazione sui ragazzi, io che cerco di non spaccare qualcosa in testa a Ryan, la cena, il concerto, le bevute post concerto...
Ryan è il solito coglione che si diverte a spingere il mio letto quando siamo nel camper, facendomi arrabbiare, fortunatamente Carl o Annie lo sgridano sempre e io lo sento sbuffare, arrabbiato e io devo sempre trattenere una risata nel sentirlo sgridare come un bambino di cinque anni.
Ma questa sera, questa sera... dormirò in un letto vero! Un comodo letto, dal materasso alto, con soffici cuscini, dove posso girarmi e rigirarmi a mio piacimento e dove, soprattutto, Ryan non potrà spingermi.
Resteremo a Carlton City per tre sere, poi torneremo a casa.
Adesso sto controllando i nomi delle ragazze che questa sera faranno le foto con i ragazzi, non c'è nessuna che io conosca. Spero che si comportino bene, non ho voglia di urlare e gridare anche con loro, mi basta quando mi sgolo a causa di Ryan che è l'unico che mi dà problemi. Jake è adorabile, se va a prendersi da bere, che sua solo acqua o caffè o un qualcosa di alcolico non importa, mi chiede sempre se voglio qualcosa anche io; Aaron ha la mia età e mi parla sempre dell'università, delle feste, di quello che gli piace, della ragazza che gli piace, anche se non vuole dirmi chi è, anche se cerco sempre di farmi dire almeno il nome; Liam ha la stessa età di Ryan: venticinque anni ed è il più tranquillo, parla sempre in modo tranquillo e pacato, con la sua voce quasi impostata, come se fosse un attore. Chris è un po' come Ryan, ama divertirsi e prendere il giro la gente. Solo che Chris non mi prende mai in giro e se lo fa mi basta lanciargli un'occhiata e smette immediatamente, poi mi sorride, sbatte quelle ciglia lunghissime che si ritrova e che invidio tantissimo e mi chiede scusa.
Li adoro tutti, anche Carl e Annie.
Ovviamente non adoro Ryan che anche adesso continua a punzecchiarmi, mettendo la mano sul foglio che ho stampato.
«La smetti?» gli chiedo, «Mi stai disturbando.»
«Lo so.» dice lui e posa anche l'altra mano sul foglio.
«Ryan...» esclamo e gli sposto le mani, anche se è inutile: due secondi dopo le ritrovo sul foglio. Sbuffo e lo guardo. «Vuoi smetterla?» sbraito e lui ride e io gli mollo uno schiaffo.
«Ahi!» si lamenta lui.
«Adesso la smetti?» chiedo io, «O ne vuoi un altro?»
«Carl... Lindsay mi ha dato uno schiaffo!» si lamenta lui.
Carl osserva la sua guancia, «Ma non è nulla!» dice, «E dovresti smetterla di darle fastidio, cos'hai, cinque anni?» lo rimprovera e io gli sorrido grata.
«Sei forte.» borbotta Ryan massaggiandosi la guancia offesa.
«Ne dubitavi?» chiedo.
«Bhe... sì.» dice, «Sei una ragazza.»
«Ringrazia il Cielo che sono seduta, altrimenti ti avrei preso a calci nelle palle.»
«Io starei attento, Ryan.» esclama Aaron, «Credo che ne sia capace.»
Io ridacchio e sento lo sguardo di Ryan su di me, «Cosa c'è?» gli chiedo e lo guardo, fissando i suoi occhi azzurri che mi scrutano.
«Niente.» risponde.
«Okay.» dico.
Vado avanti a controllare la lista, assicurandomi che i nomi di chi ha inviato le email corrisponda a quella di chi ha comprato i biglietti.
È un po' complicato andare avanti a lavorare con lui che mi fissa, con i suoi occhi azzurri che oggi sembrano ancora più chiari, come se fossero di un azzurro ghiacciato, ma non sono freddi, il suo sguardo è così... ardente. Mi mordo la lingua a questo pensiero perché non posso pensarla, una cosa del genere.
Lui è solo un grande... cretino. Lo conosco da un paio di mesi e continuo a pensarla allo stesso modo.
Anche se è veramente bello.
Argh.

*-*-*

Entro nel salottino del locale e fisso Lindsay che guarda il suo tablet. Ha l'aria assorta, quasi triste, mentre osserva lo schermo. Mi avvicino piano e osservo la foto: Lindsay abbraccia una ragazza bionda.
«Bella tipa.» dico.
Lei capovolge il tablet. «Hai finito di spiarmi?» ribatte.
Io le sorrido e mi siedo accanto a lei, «No.» rispondo. «Chi è?» chiedo.
«Svetlana.» risponde, «È la mia migliore amica.»
«Non l'ho mai vista.» dico, «Una ragazza così bella me la sarei di sicuro ricordata!»
Lei mi fissa e sbuffa, «È di New York.» dice, «Ci siamo conosciute quando ho iniziato la Columbia...» sospira e mi accorgo che è triste. «Abbiamo sempre condiviso la stessa stanza nel dormitorio.» aggiunge.
«Ti manca?» chiedo e mi rendo conto che è una domanda scema, perché è evidente che le manchi la sua amica.
«Sì.» mormora lei e per un attimo temo che si metta a piangere, «Molto.»
L'unica cosa che riesco a fare è abbracciarla. La stringo a me e le bacio la testa, sentendo il suo profumo. «La rivedrai presto.» le dico e lei rimane in silenzio, senza dire mezza parola, il che è strano, perché succede di rado.
Dopo mezzo minuto si scosta, si sistema i capelli e mi fissa, con i suoi grandi occhi castani che sembrano quasi verdi sotto alle luci della stanza, poi dice una cosa che mi lascia sorpreso: «Grazie.»

Io e gli altri guardiamo Lindsay che parla con le ragazze del meet, indica di qua e di là, stringendo la cartellina al petto. Una di loro le chiede qualcosa, lei risponde e annuisce con un sorriso.
«Hai finito di spiarla?»
Per poco non urlo. «Cazzo, Liam.» sbotto. «Hai finito di spaventarmi?»
«Hai finito di spiare Linds?» ribatte lui.
«Io non la spio!» esclamo, «Guardo solo quello che fa!»
Lui ride, «Guardo che ti ho visto che l'altra sera cercavi di spiarla mentre si cambiava!»
Spero di non essere arrossito, anche perché non è vero! «Non la stavo spiando.» esclamo, «Ero solo sovrappensiero e non mi ero accorto di essermi fermato davanti alla porta del bagno.»
Liam ride ancora, «Sì, sì, certo.» dice e se ne va.
Lindsay dice qualcosa a Carl, lui si avvicina a noi, «Siete pronti?» ci chiede e noi diciamo di sì, così usciamo e ci mettiamo accanto a un tavolino, su dove firmeremo la locandina della serata.
Mentre entriamo nella sala il mio sguardo è fisso su Lindsay che, però, m'ignora e continua a sorridere alle ragazze, mentre le invita una a una ad avvicinarsi a noi.
Credo di essere geloso.
Non devo esserlo, giusto?
Lindsay non mi piace, anche se è dannatamente bella e ha dei meravigliosi capelli castani, grandi occhi bellissimi e labbra che vorrei baciare.
Oops. Forse mi piace, ma poco poco. Su una scala da uno a dieci lei mi piace due.

Il concerto è finito e ci godiamo il meritato riposo nella saletta, insieme a birre e salatini. Lindsay si sta bevendo il suo Long Island, seduta su uno dei divani, davanti a me.
«A chi scrivi?» le chiedo.
Lei sorseggia il suo cocktail e mi fissa prima di mettere via il cellulare, «A Melanie.» risponde.
«Senti ancora la piaga?» borbotto, «Non credevo che foste così amiche.»
Lei alza le spalle, «Non ho detto che siamo amiche.» ribatte, «Ma io sono educata, a differenza di qualcun altro...» dice e so che allude a me, «Io le rispondo se mi chiede qualcosa.»
«Non è più arrabbiata di questa cosa?» chiede Liam.
Lindsay scrolla le spalle, «No.» risponde. «Almeno credo.» aggiunge e poi lei e Liam iniziano a parlare di libri, mostre, quadri e chissà cosa.
Mi stanno escludendo e io non lo sopporto!
«Linds,» la chiamo e so che s'incazza quando la chiamo così, lei mi guarda e mi accorgo che non so cosa dirle, «bhe... bhe... se stasera non riesci a dormire chiamami pure che ti spingo un po' il letto.»
«Quanto sei idiota.» mormora lei con la cannuccia fra le labbra e Dio, quanto vorrei essere quel pezzo di plastica rosa. «Dormirò come un angioletto.» dice, «Dormirò benissimo, senza te che mi rompi le scatole.» mi sorride e io non so cosa dire.
«Uhm, okay.» borbotto.
Dopo un'oretta rientriamo in albergo, la stanza di Lindsay è accanto alla mia, la testata del suo letto è contro la mia... peccato che io condivida la stanza con Liam.
«Se hai bisogno di dormire vieni pure.» le dico.
«Ah, se non riesco a dormire posso venire a darti un ceffone?» ribatte lei, «Grazie.»
«Non intendevo questo.» dico.
Lei ridacchia, «Lo so.» esclama. «Ma non ti permetterò di spingermi anche questo letto.» dice, «Questa notte dormirò tranquilla.» aggiunge ed entra nella sua stanza, per uscire subito dopo, «Ma se vuoi... se non riesci a dormire... posso darti un paio di sberle.» dice, sorride e rientra nella sua camera.
Quella ragazza mi farà diventare matto.



E il quinto capitolo è qui!
Il titolo è una canzone dei Westlife, tratta dall'album "World of our own".
Okay... Ryan ha visto Lindsay nuda e lei gli ha strappato l'asciugamani da dosso xD
Sti due mi faranno uscire di testa!
Grazie a chi legge e a chi mette la storia in una delle liste.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Sei I want it that way ***


logo def
hosting immagini

Straigh Through
My Heart

Sei
I want It That Way
*** but we are two worlds apart ***



«Orlando?» grida Liam, «Siamo richiesti ad Orlano?»
Disneyworld. È questo il primo pensiero che mi sfiora.
«Esatto.» dice Carl. «Tre serate nelle stesso locale.» aggiunge, «La prima è domani sera.» aggiunge. «Partiamo questa sera, subito dopo il concerto, così arriveremo al mattino in modo che siate riposati.»
«Pensavo che saremo andati a casa.» protesta Ryan.
«Cos'è, adesso che qualcuno ti ascolta tu rinunci al successo?» gli chiedo. Lui mi osserva e poi sbuffa, «Oppure ti manca... com'è che si chiama? Ah sì, Katy.» sorrido.
La storia con Camille non è durata, nemmeno quella con Cristal o quella con Alexandra... le sue storie non durano nulla. Quelle stupide oche si accorgono di quanto sia scemo e lo mollano.
«Ho rotto con Katy prima di partire.» dice, «Credevo che lo sapessi.»
Alzo gli occhi al cielo, «No.» dico, «E comunque non m'importa.» aggiungo. Non m'importa se quelle galline starnazzanti continuano a girargli attorno, le stupide sono loro, non io!
Ryan non ribatte, non dice nulla, il che è strano... «Stai bene?» gli chiedo.
«Sì.» risponde, «Sono solo stanco.» sospira, chiude gli occhi e reclina la testa all'indietro, posandola sulla spalliera del divanetto del camper. «Appena arriviamo a casa mi faccio una di quelle dormite...»
Lo osservo mentre se ne sta con gli occhi chiusi e penso che quando è così tranquillo e in silenzio sembri una persona normale e non il solito imbecille che è.
«Non c'è speranza di fermarsi a Disneyworld, vero?» chiedo e, quando vedo sette paia di occhi fissarmi, compresi quelli azzurri di Ryan, mi sento una vera e completa idiota. «Ehm... è solo una domanda!» mi scuso, «Sono anni che non vado e visto che siamo già lì...» alzo le spalle e sorrido, sperando di sembrare meno idiota di quello che mi sento.
«Non avremo tempo.» risponde Carl. «Dovrai andarci un'altra volta.»
«Con tutto il tempo che hai avuto prima che partissimo...» dice Ryan, «E non è da bambini voler andare a Disneyworld?» mi chiede.
Io sbuffo, «Non ci avevo pensato.» rispondo, «E no, non è da bambini.» aggiungo, «E comunque l'ho vista la foto che tieni in camera tua, quella di qualche anno fa, dove sei abbracciato a Pluto!»
Lui sbianca e apre e chiude la bocca un paio di volte, sorpreso. «Tu... tu... tu...»
«Sei un telefono occupato?» chiedo io.
«Come hai fatto a vedere quella foto?» sbotta, «E poi ti arrabbi quando entro in camera tua!»
«Tu sei entrato e mi hai visto nuda!» gli ricordo e mi ribolle il sangue al solo pensiero di come Ryan fosse lì, in camera mia, tranquillo e pacifico mentre suonava la sua stupida chitarra. «E comunque,» scrollo le spalle «ero sul terrazzo di casa mia e tu avevi lasciato la porta finestra aperta... ho guardato dentro e l'ho vista.»
«L'hai vista nuda?» squittisce Liam.
«Lei mi ha strappato l'asciugamani da dosso!» Ryan mi punta il dito contro mentre fissa Liam.
«Solo perché tu hai ammesso di origliare le mie telefonate!» ribatto io.
«Perché tu e la tua amica stavate parlando di me!» dice Ryan, «Volevo solo sentire cosa dicevi di carino su di me.» mi sorride.
«Niente.» dico, «A Svetlana dico solo quanto sei scemo e cretino.»
Lui mi fissa e incrocia le braccia al petto, «Bhe... comunque mi hai spogliato, non è colpa mia se non ti sei accorta che ero lì e ti sei tolta l'accappatoio!»
«E quindi sarebbe colpa mia?» sbraito, «Tu entri nella mia stanza senza il mio permesso e la colpa sarebbe mia perché non ho controllato che tu, stupido idiota, fossi lì?»
«Sì.»
Bastano quelle due lettere, quell'unica sillaba per farmi uscire di testa: mi alzo dalla sedia e raggiungo Ryan, gli afferro la maglietta e lo fisso, «Se ti azzardi ad entrare un'altra volta in camera mia senza il mio permesso giuro che prima ti spacco tutte le tue chitarre in testa, poi ci faccio un bel falò e poi ti costringerò a ingoiare le loro ceneri.» ringhio. «Sono stata chiara?»
Lui mi afferra i polsi mentre attorno a c'è solo silenzio. «Non ne saresti capace.» dice.
«Non sfidarmi.» esclamo, «Se ho rigato l'auto di quello stronzo del mio ex sono capace di spaccare una chitarra.»
Lui accenna un sorriso, «Non ci credo.» dice.
Io lo lascio andare e mi avvicino alla custodia a un paio di metri da noi.
«Ehm.. Ryan?» dice Aaron, «Forse è meglio se le chiedi scusa.»
«Ma anche no!» ribatte lui e io apro la custodia, «Non lo farebbe mai!» aggiunge e io sollevo la chitarra.
«Ryan, io non ne sarei così sicuro.» dice Liam.
Lui si volta e mi vede, «Chiedimi scusa.» ordino, «Adesso!» dico e alzo la chitarra sopra la testa.
«No.» dice e lo so che mi sta sfidando ma vincerò io questa volta. «Non ci penso neppure.»
Mi avvicino al muro, all'angolo che nasconde la porta, «Ryan...» lo chiamo, «Se ci tieni alla tua chitarra...»
Lui mi osserva e so che sta contemplando l'idea che possa effettivamente rompere la chitarra contro il muro. O forse pensa che sia matta, il che potrebbe essere vero, sono stressata ai massimi livelli. 
«Metti giù la mia chitarra, è la mia preferita.» dice Ryan.
«Chiedimi scusa.» dico, stringendo la presa sul manico o su come diavolo si chiami sto coso. «Tre... due...»
Ryan mi fissa indeciso se chiedermi scusa o se vedere la sua adorata chitarra in mille pezzi, sospira mentre sto per dire “uno” e alla fine lo dice.
«Scusami, Lindsay.»
Io rilasso le spalle e rimetto la chitarra al suo posto, «Hai visto? Non è così difficile chiedere scusa.»
«L'ho fatto solo per salvare la mia chitarra.» ribatte lui.
«Idiota.» mormoro.
«Uhm, okay, se gli animi si sono calmati io direi di prepararci per il pranzo.» esordisce Carl.
«È Lindsay quella isterica.» dice Ryan e ho voglia di rompergli qualcosa in testa, «Credo che abbia bisogno di una vacanza...» mi sorride.
Incrocio le braccia al petto e sbuffo. «Ho bisogno che tu non mi dia fastidio.» ribatto.
Lui ridacchia, «Sei stressata.» dice e mi fissa sorridendo, «Dai, per oggi smetto di darti fastidio.» aggiunge. «Lo prometto.»
Lo fisso e spero vivamente che sia sincero, altrimenti è la volta buona che gli spacco la testa.

***

Siamo ad Orlando!
E alloggeremo in un albergo! Neanche queste notti Ryan mi darà fastidio.
Esco dalla doccia del minuscolo bagno della mia stanza e sorrido nel vedere che Ryan non è qui. Velocemente mi vesto e mi controllo allo specchio, fissando i capelli che mi arrivano oltre la metà della schiena e sono indecisa se tagliarli o farli crescere un altro po'... per adesso mi limiterò ad asciugarli, prima di beccarmi un torcicollo o il raffreddore. Mezz'ora dopo sono pronta, così esco dalla mia camera e incrocio Liam in corridoio.
«Pronti?» gli chiedo.
«Ehm... in realtà vorrei fuggire.» dice, «È la prima volta che suoniamo in un locale così grande e ho una paura fottuta...» aggiunge, «Dio, mi tremano le mani al solo pensiero!»
Sorrido, «In realtà intendevo se siete pronti per andare a pranzo, non se siete pronti ad esibirvi!»
Liam arrossisce, «Ah, bhe... sì.» dice, «Noi siamo pronti.» aggiunge e alza gli occhi al cielo, «Tranne Ryan, che si sta sistemando i capelli.»
Ryan è il solito, passerebbe le ore a pettinarsi, è peggio di una donna. «Se siamo in ritardo è sempre per colpa sua.»
«Ma non è vero!» esclama il diretto interessato uscendo dalla sua stanza, «Non siamo in ritardo!» dice, «Non per colpa mia, almeno.» aggiunge, «Aaron è al telefono con una ma, oh, mica mi vuol dire chi sia!»
«Non vuole dirlo a nessuno.» dico, «Sembra uno di quei segreti di Stato! Che gli costa dircelo? Così ci leviamo la curiosità e buona notte!»
«Io non vi dirò mai chi è!» esclama Aaron uscendo dalla camera che divide con Ryan.
«Andiamo o Carl ci fa il culo.» dice Chris, uscendo dalla stanza che divide con Liam e Jake.
Scendiamo di sotto e andiamo nella sala da pranzo. «Dormito bene?» mi domanda Ryan.
«Intendi questa notte che non mi hai fatto chiudere occhio perché sei peggio di un bambino dell'asilo oppure del riposino che ho fatto prima?» ribatto.
Ryan sorride, «Intendevo quando eravamo sul bus.» dice, «Bhe, lo sai che se non riesci a dormire puoi venire da me...»
Faccio un respiro profondo e prendo il cellulare che ha iniziato a suonare. «È Melanie.» dico, «Ehi!» faccio rispondendo, «Ciao, Melanie.»
«Ciao Lindsay!» squittisce lei e la sua voce è ancora più insopportabile, «Ryan è lì?»
«Sì.» rispondo, «Perché?» chiedo, se mi chiama solo per sapere come sta lui giuro che potrei distruggere la sua auto. Mi chiama quasi ogni giorno, lamentandosi che Ryan la ignora... e lei che crede che lui la ami! Purtroppo Melanie è troppo stupida e innamorata per capire che Ryan la ignora perché non la sopporta, e invece continua a credere che lui la ami e che la ignora solo perché è timido.
Timido un corno! Ryan è stronzo e basta.
«Ma sta bene?» chiede Melanie, «Perché è qualche giorno che non mi risponde...» dice, preoccupata. Mi ricorda quasi mia nonna quando sono partita per la Columbia, che mi ha raccomandato di stare attenta a tutto: anche ai vasi di fiori che potrebbero cadere da qualche finestra di un qualche grattacielo...
«Sta bene.» dico, anche troppo se è per questo.
«Uh, e allora perché non mi risponde?» pigola Melanie La Piaga.
«Non avrà visto i messaggi, non si sarà collegato a Twitter o non avrà avuto il tempo di farlo... siamo sempre impegnati!» dico.
«Ma ieri ha risposto a un paio di ragazze di Tampa!» strilla lei e io vorrei sbattere la testa contro il muro.
«Ehm... Melanie, qui il pranzo è pronto.» esclamo, «Ascolta, dirò a Ryan di risponderti, okay?» aggiungo. «Ciao!» la saluto e riattacco.
«Io non le rispondo!» esclama Ryan.
«Invece lo farai.»
«Ma anche no!»
«Così continuerà a rompermi le scatole?» esclamo, «Su, basta che gli scrivi che stai bene!»
«Non ci penso neppure!» ribatte lui incrociando le braccia al petto. Che braccia muscolose...
«Allora dammi il tuo telefono che le scrivo facendo finta di essere te.» propongo.
Lui mi fissa per qualche istante poi scuote la testa. «Ma neanche per sogno!» dice.
«Rispondi a quella.» esclama Carl che fa fatica a ficcarsi in testa il nome di Melanie — la chiama Melody, Melinda, Melissa... una volta l'ha chiamata Mercedes! — «Così smette di chiamare Lindsay, che non può farti da segretaria per le ragazze a cui spezzi il cuore!»
Ryan sbuffo, «Okay... dopo mangiato lo faccio.» dice.
«Lo spero.» esclamo mentre afferro le posate, «Altrimenti ti prendo il cellulare e le scrivo che la ami tanto...»
«Ho detto che dopo lo faccio!» sbuffa lui e mi guarda e io, mentre fisso i suoi occhi, so che non mi sta mentendo e così, contro ogni mia aspettativa, le mie labbra si piegano in un sorriso.

*-*-*

Ieri Lindsay era isterica, anche se credo che sia colpa mia, che l'ho provocata... per un attimo ho temuto che rompesse sul serio la mia chitarra.
Adesso siamo in questo locale, il Blue World, e stiamo in attesa di iniziare le prove. Lindsay parla con il proprietario del locale e io mi chiedo cosa si stiano dicendo.
«Sei geloso?»
«No.» rispondo a Liam, «Non lo sono.» dico, «Hai visto il pianoforte?» gli domando.
«Sì, è una meraviglia.» dice lui fissando il pianoforte bianco a coda alla nostra destra. «Vorrei tanto suonarlo...»
Fisso Lindsay mentre Liam parla e la guardo stringere la mano del proprietario, allontanarsi da lui e avvicinarsi al pianoforte. Con lentezza si siede sullo sgabello bianco, alza il coperchio e sfiora un paio di tasti.
«Finalmente la sentiamo suonare!» esclama Aaron, che è dietro di noi.
Già, Lindsay, da quel pomeriggio, quando dal Texas sono arrivati Greg, Brenda e Cam, lei non ha più suonato il pianoforte in mia presenza e si è sempre rifiutata di farlo davanti ad Aaron, Liam, Jake e Chris e c'è stato un momento in cui ho temuto che gli altri pensassero che mi fossi inventato tutto. E per un istante l'ho creduto anche io...
«È Angel!» esclama Liam, riconoscendo i primi accordi della canzone di Sarah McLean. Rimango incanto mentre lei suona, quasi come se ci fosse solo lei in questa stanza... è dannatamente bella mentre le sue dita si muovono sui tasti...
E poi... e poi Lindsay apre la bocca e inizia a cantare. Ha una voce dolce, bassa e sexy. Dio, era una cheerleader, sa suonare il piano e pure cantare! Peccato che ogni tanto sia così dannatamente stupida!
Quando la canzone finisce Lindsay alza la testa e arrossisce quando si accorge che la stiamo fissando, quasi come se mentre suonava fosse entrata in una bolla, lontana dalla confusione e da tutti noi. Abbassa il coperchio, sistema lo sgabello e si allontana dal pianoforte, viene verso da noi e ci supera senza dire una parola.
«È... fantastica.» sospira Jake.
Già, lo è. Lindsay è fantastica.
Anche troppo.
È troppo fantastica per me, è questo il punto.

*-*-*

Il concerto è finito e io sono ancora in imbarazzo per quello che ho fatto nel pomeriggio: come diavolo mi è venuto in mente di mettermi a suonare davanti a tutti?
E non ho neanche la scusa che ero ubriaca! Dio, devo essere proprio esaurita se mi metto a suonare così, davanti a tutti.
Entriamo nel camerino e aspettiamo che uno dei camerieri ci porti da bere. Mi siedo nell'angolo del divano, lontano dagli altri e mi fisso le mani. Dovrei togliere lo smalto, si sta rovinando. Che colore potrei mettermi? Malva, lilla o indaco?
Sto pensando a tutto tranne alla cosa più ovvia: Ryan che mi fa i complimenti per come ho suonato.
«Perché non ci hai detto che sai suonare e cantare?» domanda Liam.
Ecco, temevo questo momento. Scrollo le spalle, «Non me l'avete chiesto.» rispondo come se fosse ovvio e, in effetti, per me lo è.
«Hai fatto una scuola? Hai seguito un corso?» Liam continua con le sue domande.
Alzo le spalle, «Bhe... per il piano sì.» rispondo, «Da quando avevo... tredici anni, più o meno.» aggiungo, «Bhe, poi a scuola ho seguito il corso di teatro, abbiamo fatto anche un musical...» sorrido.
«Cheerleader e teatro?» dice Ryan, «E poi cos'altro?»
«Il comitato studentesco.» rispondo e mi staccherei la lingua con un morso.
«Tre corsi extra?» dice Jake, «Cavolo, e avevi pure il tempo di studiare!»
«Mi servivano crediti per andare alla Columbia.» dico, «E quelli erano quelli che mi piacevano di più.»
Ryan mi fissa e poi sospira mentre il suo sguardo vaga per la stanza. Per qualche attimo rimaniamo in silenzio.
«Siamo stati grandi, eh?» esclama Chris che è su di giri perché una ragazza gli ha lanciato un pupazzo con un bigliettino. Giuro, lo bacerei perché ha distolto l'attenzione da me.
Sì, lo sono stati. Grandi, intendo.
«Già...» dice Ryan, «E tutte quelle ragazze che gridavano il mio nome... wow!»
Sì, e lui è il solito grande stronzo! «Quanto sei presuntuoso.» borbotto e lui mi guarda.
«Sei gelosa?» chiede, «Guarda che se vuoi posso far urlare anche te.» dice con la voce bassa e roca.
«Anche io posso farti urlare.» dico, «Mi basta darti un calcio sui gioielli di famiglia.» esclamo e lui, per fortuna, non ribatte. Però mi fissa, in silenzio e la cosa mi fa incazzare ancora di più perché temo che questo silenzio possa nascondere altro, tipo qualche battuta cretina o scherzo idiota. Anche se fino ad ora non mi ha fatto scherzi idioti non posso pensare che non me ne faccia.
«Dio, Linds, ogni tanto puoi anche evitare di rispondere in modo acido.» sbotta dopo un po' Ryan.
«Non sarei acida se le tue battute non fossero squallide, idiote e piene di doppi sensi maschilisti.» dico e finalmente entra il cameriere con le bevande, prendo il mio bicchiere di Long Island quando il mio cellulare squilla. È Melanie, che mi scrive su Watsapp.
“Ma Ryan sta bene? Perché non mi risponde?”
«Ryan... hai scritto a Melanie?» domando al ragazzo seduto davanti a me.
«Sì che l'ho fatto.» risponde lui, «Subito dopo pranzo. Perché?»
«Perché Melanie è più piaga del solito.» sospiro, «Vuole sapere se stai bene e perché non gli rispondi.»
Lui sbuffa e si passa una mano sul viso, «Digli che sto bene e che sono impegnato con una.»
«Vuoi spezzare il cuore della povera e piccola Mel?» ride Liam.
«È una piaga.» sospira Ryan.
«È innamorata di te.» dice Jake.
«È una piaga.» ripete Ryan. «E che palle... se non le rispondo potrebbe pure capirlo che non m'interessa!»
«L'amore rende cechi e stupidi.» esclama Chris.
«Non è che Melanie fosse una cima anche prima di innamorarsi di Ryan, eh.» dico ed è vero: al liceo Melanie era sempre quella che aveva bisogno di un aiuto per superare test e verifiche, quella che frequentava corsi di recupero con scarsissimi risultati.
“Linds, ti prego: se ti chiamo me lo passi?”
«Cosa le devo scrivere?» chiedo a Ryan. Quel “Linds” mi dà fastidio. «Parola per parola.»
«Scrivigli che sto bene e che mi hai visto parlare con una bellissima ragazza e che poi l'ho baciata.» dice Ryan.
Io annuisco e inizio a scrivere: “Ryan sta bene, prima era in un angolo con una ragazza molto bella e la stava baciando.”
Scrivo le ultime parole con fastidio, perché non mi piace mentire, anche se si tratta di quella piaga di Melanie. No, non è vero. È che temo che mi chiami, in lacrime, e mi parli del suo amore per Ryan. «Inviato.» dico.
Non passano neppure dieci secondi che il mio cellulare inizia a squillare e l'immagine di un unicorno — l'ha scelta Melanie — appare sul display. Sbuffo, sospiro, sbuffo di nuovo e premo il tasto verde. «Sì?» faccio, «Dimmi.»
«Bacia un'altra?» singhiozza Melanie, «Ma perché?»
«Perché la trova attraente?» dico.
«Ma lui mi ama!» squittisce lei, «Perché lo fa?» pigola.
«Non ne ho idea, Melanie.» dico, cosicché Ryan capisca che debba tacere.
«Ma-magari Ryan... lui...» singhiozza lei, «Magari lo fa perché gli manco, vero?»
«Non credo, sai?» dico, indecisa se dirle la verità oppure no.
«Ihh...» piange Melanie, «Perché dici così? Sei solo invidiosa che lui ama me e non te!» grida e riattacca.
Io, invidiosa di lei? Ma è scema?
«Melanie crede che sia invidiosa di lei.» esclamo e ficco il cellulare in borsa.
«E lo sei?» domanda Ryan.
Lo fisso, «Ma sei cretino?» sbotto. «Ma neanche per sogno!»
Lui ridacchia, «Su, Linds, ammetti la verità, ci sarà pure un qualcosa che ti rende invidiosa di lei.»
«La sua capacità di non accorgersi che la prendi per il culo.» rispondo.
Lui ridacchia, «Io non la prendo in giro!» dice, «È lei che non capisce!»
Il cellulare di Aaron squilla e lui si alza, esce dalla stanza e chiude la porta. «Dev'essere la sua fidanzata.» dice Liam.
«Ma chi è?» domando, «Uffa, sono curiosa!»
«Tanto non ce lo dirà mai.» sospira Chris, «Cavolo, manco fosse la figlia di qualche politico...»
«Magari è una principessa.» dico io e lo so che è una cosa idiota da dire.
«Sì e l'ha conosciuta al castello del parco.» borbotta Ryan, «Linds, qualcosa di più intelligente non potevi dirla?»
«Oh, sì.» esclamo. «Sei cretino.»
Liam ride, «Questa te la sei cercata!» dice e Ryan sbuffa mentre gli altri lo prendono in giro e io mi limito a sorseggiare il mio cocktail sorridendo. Se potessi mi metterei a fare qualche capriola e salto all'indietro.
Ryan mi fissa e io smetto di ridacchiare e di bere e lo guardo. «Che c'è?» dico, «Era una cosa troppo intelligente per te?»
Lui sbuffa e sospira, senza smettere di fissarmi neppure per un'istante, «Ho capito, Lindsay.» dice. «Ho capito.»
E io mi chiedo a cosa si riferisca. Ha capito che lo considero un cretino? Bhe, glielo dico almeno una volta al giorno, non è difficile da comprendere. Oppure...
Oppure nulla e sono io che non capisco cosa diavolo abbia capito lui. O forse sono semplicemente brilla e le mie facoltà mentali sono offuscate dall'alcol.

***

Altro giorno, altro concerto.
Sono le sei e siamo di nuovo al Blue World, per un altro concerto.
Ryan sta suonando la chitarra con l'aria stanca, di chi è sul punto di mettersi a delirare per la stanchezza e una febbre altissima.
Siamo tutti stanchi, tutti desiderosi di tornarsene a casa e di dormire. Io non ne posso più di controllare quelle oche starnazzanti che ancora un po' e si prenderebbero a pugni per essere le prime a farsi una foto con il gruppo. Non ne posso più di rispondere alle mail che chiedono dettagli privati sulla vita dei ragazzi.
Non ne posso più di sentire Melanie che chiama e piange perché Ryan la ignora. Non ne posso più dello stupido “no comment” che Aaron ci propina ogni volta che gli chiediamo chi sia la misteriosa ragazza con cui si sente ogni singolo giorno.
Non ne posso più del silenzio di Ryan che, da ieri sera, dopo quel “Ho capito” non mi ha più rivolto la parola.
Non ne posso più e basta.
«Fra mezz'ora si mangia.» dico a Ryan.
Lui smette di suonare, mi guarda e sospira mentre posa la chitarra nella sua custodia.
«Ehi, hai capito?» domando.
«Sì.» mi risponde e se ne va, senza aggiungere altro.
Chi lo capisce è bravo!
Lo seguo e mi siedo accanto a lui, davanti al mio doppio cheesburger. Ryan mangia in silenzio, senza dire una parola.
Forse non si sente bene perché è strano che non dica nulla, nemmeno una sciocchezza qualsiasi... devo indagare.

***

Subito dopo il concerto Ryan è sparito, da solo, e Carl mi ha ordinato di andarlo a cercare. Con il mio Cuba Libre — ho voglia di cambiare — e una bottiglia di birra ficcata in borsa, giro nel retro del locale alla ricerca del cantante.
Vedo un cameriere con un pacchetto di sigarette in una mano e l'accendino nell'altra e lo seguo, sperando che mi porti verso l'uscita sul retro perché ce ne sono due: una per il personale e l'altro per lo scarico e carico delle merci e noi siamo passati da quest'ultima, dovendo portare dentro gli strumenti.
Il cameriere esce dall'uscita del personale e mi tiene aperta la porta. Gli sorrido, lo ringrazio e cerco Ryan.
Lo trovo accanto a un cassonetto dell'immondizia, seduto su una panca di plastica bianca. Non mi sembra molto solida, ma ho una vescica sul piede destro e non sono così schizzinosa da rifiutare un posto a sedere. «Tieni.» dico a Ryan e gli porgo la bottiglia di birra e il piccolo apribottiglie.
Lui accenna un sorriso, stappa la bottiglia e beve un lungo sorso.
«Carl mi ha mandato a cercarti.» dico, la cannuccia fra le labbra.
«Okay.» sospira lui.
«Stai bene?» gli chiedo. «Sei strano.»
Lui gira la testa verso di me e mi fissa e anche se siamo praticamente nella penombra e l'unica luce è di un verde spettrale, i suoi occhi mi sembrano più belli del solito. Eh, l'alcol incomincia a dare i suoi effetti.
«Guardavo le stelle.» mormora e alza il viso verso l'alto.
Lo faccio anche io. «Non se ne vedono molte.» dico, «Ci sono troppe luci.»
«Lo so.» esclama Ryan, «Ma quelle che si vedono sono belle ugualmente.» aggiunge prima di bere un sorso di birra.
«Cosa hai?» chiedo. Sono decisa a fargli sputare il rospo.
Lui mi fissa e sorride. «Sono solo invidioso.» dice, «E stavo pensando ad alcune cose del mio passato...»
«Quali?» chiedo.
Lui prende un respiro profondo. «Avrei voluto fare anche io teatro quando ero al liceo, ma mio padre mi obbligò a fare football...»
«Giocavi a football?» domando.
«Già.» risponde lui, «Come linebreaker.» dice e beve ancora. «Lui voleva avere il figlio giocatore, uno di quelli famosi che guadagnano montagne di soldi e che sono contesi da tutte le squadre... solo perché lui non c'era riuscito, perché suo padre non voleva e lo costringeva a lavorare invece che andare a scuola.»
«Ah.» è l'unica cosa che esce dalla mia bocca. «Mi dispiace.»
Lui mio sorride, «Ovviamente non voleva che cantassi o suonassi perché secondo lui è una roba che non porta da nessuna parte.» dice, «Ho ottenuto una borsa di studio per meriti sportivi ma io non la volevo... non la volevo.» le ultime parole sono praticamente un mormorio, «E così, durante l'estate prima di cominciare l'università, sono caduto dalle scale e mi sono rotto una gamba, mandato a puttane il futuro nel football.»
«Tuo padre l'ha presa male?» chiedo e mi rendo conto che la risposta è una sola: sì.
Ryan posa la bottiglia fra i suoi piedi e si slaccia la camicia bianca. «Questa,» indica la sottile cicatrice sul pettorale destro, «me la fece lui quando anche l'ultimo specialista in ortopedia confermò che non avrei mai potuto essere un giocatore professionista. Me la fece perché gli dissi che non avrei preso nessuna merda per poter giocare.»
«Ti ha accoltellato?» mormoro.
«Sì.» dice, «Era così fuori di testa che ha pure sbagliato.»
«Eh?» faccio.
«Voleva mirare al cuore, lo disse al poliziotto chiamato dai vicini che mi avevano sentito gridare.»
Oh, merda. «E adesso dov'è?» chiedo.
«In galera.» risponde lui e alza le spalle.
Non so cosa dire, tutto mi sembra così irreale e temo che ogni cosa che esca dalla mia bocca sia una stupidaggine. Alla fine, dopo un lungo sorso di Cuba Libre, dico l'unica cosa che non mi sembra stupida: «Mi dispiace.»
Ryan mi sorride, «Su, adesso non fare quel faccino triste che ti vengono le rughe!»
Sbuffo, «Rientriamo, prima che Carl ci dia per dispersi.» dico.
«O che gli altri pensano che io e te...»
Guardo Ryan, «Io e te cosa?»
Lui mi sorride e beve. «Indovina?» dice.
Ah! Che io e lui... «Stupido.» esclamo e mi alzo in piedi, chiedendomi come possa far battute così idiote dopo un momento così... intimo. «Entriamo.» dico e mi alzo in piedi.
Mentre percorro il breve corridoio mi rendo conto di una cosa: sono stata fortunata. I miei genitori non mi hanno mai obbligato a fare qualcosa, bhe, escludendo quella volta che non volevo farmi fare il prelievo del sangue...
I miei genitori non mi hanno mai imposto nulla, ho sempre fatto quello che desideravo.
Ryan invece si è beccato una coltellata da suo padre.
Che mondo di merda.

Mentre usciamo, diretti ai taxi che ci porteranno in albergo, alzo il viso al cielo e sorrido nel vedere una minuscola manciata di stelle brillare nel cielo nero.
Sì, sono proprio belle.
Una volta in camera, dopo aver scostato la tenda, mi siedo sulla poltroncina di pelle nera e guardo il cielo, striato dalle luci della città, che nascondono le stelle, anche se alcune, quelle che brillano di più, si vedono.
Ryan è nell'altra stanza e io mi chiedo perché pensi a lui, in questo momento. Forse per quello che mi ha raccontato prima, chissà a chi altri lo ha detto. Di sicuro ai ragazzi e a Carl.
Di sicuro Melanie non lo sa e nemmeno le ochette con cui esce.
Perché devo sempre pensare a lui? Perché? Sospiro, sistemo le tende e vado a dormire.



Ed ecco il capitolo sei! Ho passato più tempo a scegliere il titolo che fare il resto... I want it that way e dei Backstreet Boys, album Millenium che, sigh, è del 1999 e mi fa sentire vecchia xD
Anyway... non vi preoccupate, la storia non prenderà una piega tragica!
Non so quanto durerà questa storia, perchè se provo a fare la scaletta a qualcosa puntualmente: 1-Non la seguo, 2- la seguo ma mi passa la voglia di scrivere. Quindi niente scaletta!
Grazie a chi recensisce, a chi mette la storia in una delle liste... siete biscottini pucciosi!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Sette - Rainy Day ***


logo def
hosting immagini

Straigh Through
My Heart

Sette
Rainy Day
*** She's a storm on a rainy day ***



Siamo a casa da quattro giorni e da tre non vedo Ryan.
In compenso Melanie è venuta qui tutti i giorni chiedendomi perché Ryan la ignorasse.
È qui anche adesso, che piange sopra la spremuta d'arancia.
«Melanie!» sbotto, «Se Ryan t'ignora mettiti il cuore in pace e trovati un altro a cui scassare le palle!»
Lei mi fissa con gli occhi sgranati e rossi e gonfi dalle lacrime, «Ma io lo amo!» dice come se non fosse ovvio, «E anche lui...»
«Oh, Ryan ha venticinque anni e non è timido!» dico, «Se t'ignora è perché non gli interessi!» esclamo, «Santo Dio, sei abbastanza grande per capire certe cose!»
«Ma Ryan...» pigola lei, «Lui mi saluta sempre e poi...»
«Ti saluta perché è educato,» ribatto «e non perché ti ami. Ti ha mai dato il suo numero? Ti ha mai chiesto di uscire? Ti risponde subito o lascia passare giorni o anche ore da quando legge il tuo messaggio?»
Melanie scoppia a piangere, singhiozzando peggio di Cameron... almeno lui ha la scusa di essere un bambino, lei è solo scema! «Melanie, svegliati!»
Lei singhiozza ancora più forte, poi si alza, prende la sua borsa e corre fuori da casa mia, percorre il vialetto e io spingo il pulsante per aprire il cancello, lei passa fra i due battenti di ferro e sparisce dalla mia vista.
«Sei stata dura.»
Mi giro verso Ryan. «Dovevi dirglielo te che non sei interessato, non io.» ribatto e poso il bicchiere di Melanie nel lavandino.
Ryan alza le spalle e si siede sullo sgabello e posa i gomiti sopra il ripiano dell'isola. «Non volevo spezzarle in cuore.» dice, «È più divertente se lo fai tu.»
Sbuffo, «Però quando molli le tue amichette non ti fai tutti 'sti problemi, eh!» esclamo.
Lui ride e prende uno dei biscotti con le gocce di cioccolato, «Ma non sono così diretto!» dice. «Linds, sei troppo dura.»
«Se ci tieni tanto puoi andare da lei e consolarla!» dico.
Ryan mi fissa, «Bhe, mica ci tengo a Melanie.» dice, «È una piaga.»
«E allora di che ti lamenti?» chiedo, «Le ho detto quello che dovevi dire tu.» dico, «Mica è difficile dire a una persona che non si è interessati a lei!»
Ryan scrolla le spalle, «Okay.» dice, «Grazie.» aggiunge e mi regala un sorriso.
Mi regala un sorriso? Ma come ragiono? Ha sorriso e basta.
Ryan finisce di mangiare il biscotto, si pulisce le labbra con il dorso della mano, «Io vado.» dice. «Ci vediamo.» aggiunge, poi fa una cosa che non mi sarei mai aspettata: mi dà un bacio sulla guancia prima di uscire dalla porta finestra della cucina.
Mi chiedo cosa diavolo prenda a Ryan... prima m'ignora, poi entra nella mia cucina, dopo aver spiato la mia conversazione con Melanie, mangia i miei biscotti e mi riprende perché sono stata troppo dura con quella! E per concludere in bellezza mi da un bacio sulla guancia.
Chi lo capisce, oltre ad essere bravo, merita pure un premio.

***

La prima cosa che penso, dopo che Carl ci ha illustrato la bella novità, è: ma siamo sicuri?
La seconda è: ma siamo proprio sicuri?
La terza è: oh porca! Vogliono un cd da Ryan e i JCAL!
«Ma ne sei sicuro?» chiede Liam, che evidentemente ha i miei stessi dubbi.
«Certo che ne sono sicuro.» esclama Carl, quasi indignato che nessuno gli creda. Ma dovrebbe capirci: ci ha riunito tutti e se ne è uscito con questa bomba: “Sono stato contattato da una casa discografica,” e qui ha mollato il nome di una delle più grosse case discografiche a livello mondiale, “vogliono farvi incidere un cd!” ha detto.
«Ma l'EP che dovevamo incidere?» domanda Jake.
«Inciderete l'album, non l'EP.» risponde Carl, «Non vedo il problema.»
«Porca puttana!» esclama Chris.
«Un vero cd con una vera casa discografica!» esclama Aaron.
Ryan tace e ci osserva, pensieroso. «Non dici nulla?» gli chiedo.
«Non so cosa dire.» risponde lui, «Giuro che non lo so.»
Lo fisso e vedo i suoi occhi sorpresi, quasi increduli; gli sorrido e lui ricambia, fissandomi per qualche secondo, così intensamente che mi viene in mente il dubbio che mi stia spogliando con gli occhi.
Maledetto il momento in cui ho scelto d'indossare questa maglietta con lo scollo a “V”!
«Fra due giorni andiamo là per parlare con un responsabile.» dice Carl.
Chris sbianca, «Fra due giorni?» pigola muovendosi sulla sedia come se la seduta fosse fatta di carboni ardenti e di chiodi appuntiti. «Io non so mica se sono pronto!» 
Ridacchio, «Bhe... mi sa che dovrai esserlo.» gli dico. Chris mi fissa a bocca aperta, poi la chiude e beve dell'acqua. «E io?» chiedo, «Che fine farò? Dovrò cercarmi un lavoro?»
Non sarebbe un problema, ho una laurea in business management, potrei gestire un qualsiasi locale senza problemi. Oddio, il problema sarebbe che, a parte quei tre mesi in cui ho affiancato un tizio in un ristorante a New York, poi ho fatto tutt'altro...
«Tu continuerai a lavorare per me.» risponde Carl, «Ne ho già accennato qualcosa con la persona con cui ho parlato che mi ha assicurato che non ci sono problemi.»
Sorrido, «Oh, perfetto!» esclamo, «Grazie!» dico.
«Ma... uffa.» protesta Ryan, «Dobbiamo avercela ancora fra i piedi?»
«A quanto pare... sì.» replico incrociando le braccia al petto, poi scrollo le spalle e prendo la brioche di pasta sfoglia con il ripieno di Nutella... una vera goduria! Quella pasticceria meriterebbe quattro stelle o un Nobel o qualsiasi cosa che la indichi come fantastica.
«Grande.» commenta Ryan.
Io lo ignoro e mi concentro sul mio cappuccino, sulla mia brioche e sul fatto che se i ragazzi sfonderanno, il mio lavoro triplicherà e guadagnerò di più.
Scarpe di Jimmy Choo, a me!

***

Io odio la pioggia!
Negli anni che ho passato a New York ho visto e anche preso abbastanza pioggia per i prossimi dieci anni. 
Fermo l'auto davanti al garage, in attesa che la porta basculante si alzi, oggi sembra impiegarci un'eternità... quanto la odio!
Finalmente la porta si apre ed entro, fermo l'auto e, prima di scendere, prendo la borsa e cerco le chiavi.
Dove diavolo sono?
Svuoto il contenuto sul sedile del passeggero: il portafogli, la bustina con i trucchi, la custodia degli occhiali da sole, il cellulare, un paio di barrette energetiche, un assorbente interno, la confezione di mentine, un paio di caramelle mou, una penna usb con le foto e gli articoli che Carl mi ha chiesto di correggere e postare sul sito dei ragazzi... e le chiavi?
Dove sono le mie chiavi di casa?
Chiudo gli occhi e ripenso a quello che ho fatto dopo pranzo: mi sono lavata i denti, le mani e il viso, mi sono pettinata, ho controllato di non avere i vestiti sporchi, ho preso la borsetta dal divano, ho controllato di aver chiuso le finestre, ho inserito l'allarme e, mentre lo facevo, ho gettato uno sguardo alla mensolina, sopra la quale c'è il cestino dove mettiamo le chiavi delle auto e della casa... e c'erano entrambe.
Solo che io ho preso quelle dell'auto, lasciando lì quelle di casa.
Dio, posso essere più idiota?
No, ecco qual è la risposta.
I miei non ci sono perché sono in vacanza ad Aspen. E si sono portati a dietro le chiavi perché sono usciti al mattino presto per prendere l'aereo e io ero mezza rincoglionita dal sonno per poter ricordarmi di chiudere la porta dopo che loro sono usciti.
Potrei chiamare Marisol! Lei ha le nostre chiavi, visto che entra anche quando non ci siamo... peccato che sia a un centinaio di chilometri da qui, al compleanno di sua sorella.
Mi rimane l'ultima opzione: sperare che Ryan abbia una copia delle chiavi.
Così rimetto tutto in borsa, scendo dall'auto e guardo i miei acquisti sul sedile posteriore... con questo diluvio si rovineranno tutti, sopratutto il mio nuovissimo portatile. Sbuffo e mi metto a cercare una borsa di plastica abbastanza grande da contenere tutto e la trovo in un armadietto del garage. Ficco dentro tutto quanto anche la mia borsetta e mi avvio verso la porta di Ryan.
Busso e ringrazio il piccolo tetto spiovente che mi copre. Ho già detto che odio la pioggia?
«Oh, Linds.» esclama lui, «Piove.» dice, come se non lo sapessi! «Sei bagnata. Cosa vuoi?»
«Mi sono chiusa fuori.» dico, «E non ho le chiavi per entrare.» aggiungo, «In realtà le chiavi sono in casa...» scrollo le spalle, «Non è che tu avresti una copia?» domando.
«No.» risponde e fa per chiudere la porta, «Ciao.»
«Ehi!» sbraito, «Fammi entrare!» grido alla porta chiusa, «Non posso starmene fuori sotto l'acqua!» continuo ad urlare, «Ryan!» strillo.
Lui apre la porta e mi fissa. «Hai bisogno di me, eh?» domanda e muove le sopracciglia e, se pensa che sia divertente... si sbaglia di grosso!
«Mi fai entrare?» chiedo, «Domani Marisol arriva, così entro con lei...»
«Se non mi dici quelle due parole puoi pure dormire in macchina...» sorride Ryan.
«Quali parole?» chiedo, «Perché se speri che ti baci o qualcosa del genere... bhe, levatelo immediatamente dalla zucca!»
«A me bastava un per favore...» Ryan alza le spalle, «Ma se vuoi ripagare in natura...»
Okay, a questo punto le opzioni sono due: o lo mando a quel paese, con il rischio di dover dormire in macchina e usare il minuscolo bagno dell'altrettanto minuscolo spogliatoio della piscina, oppure...
«Ryan, per favore, potresti ospitarmi per questa notte?» chiedo, «Saresti molto gentile.»
Lui sorride e io vorrei prenderlo a schiaffi ma purtroppo non posso. Non questa volta, almeno.
«Entra pure.» dice, «Ma dormirai sul divano, lo sai?»
Vorrei insultarlo ma taccio, così entro e poso la borsa sulla panca dell'ingresso. Quant'è bella la mia dependance... peccato che non sia mia.
«Aspetta!» esclama Ryan, «Togliti le scarpe, altrimenti mi sporchi tutto il pavimento!»
«Cosa?» esclamo, «Tu pulisci il pavimento? Ma se c'è Marisol!»
Lui incrocia le braccia al petto... ha di bicipiti così... perfetti.
Lindsay, tu sei scema!
«Io pulisco i pavimenti.» risponde, «Stai lì che ti porto delle pantofole.» aggiunge e sparisce in bagno per poi tornare dopo due secondi, con un paio di pantofole in spugna azzurra.
Sbuffando mi tolgo gli stivaletti alla caviglia e constato, con mio grande piacere, che le calzine di cotone sono asciutte. Meno male! Indosso le pantofole e mi alzo dalla panca. «Posso andare in bagno o hai paura che lo sporchi?»
Ryan ride e la mia insofferenza scende tipo a meno dieci, «Vai pure... però se lo sporchi lo pulisci tu, okay?»
Grugnisco in risposta, prendo la mia borsa ed entro in bagno.
La stanza è circa tre metri per tre, con le piastrelle del pavimento azzurre, circondate da una striscia bianca con gli angoli tondi e concavi. Le pareti, invece, sono ricoperte per tre quarti da piastrelle azzurre, con dei fiori di un tono più scuro che disegnano una specie di quadrato.
Tutto il resto è bianco, con qualche tono di azzurro qua e là: le sbarre porta asciugamani, i ganci appendi accappatoi, i porta saponi — tranne i piattini, quelli sono di vetro bianco opaco, il bicchiere per gli spazzolini...
È perfetto, è uno dei bagni più belli che io abbia mai visto...
«Sei caduta dentro?» esclama Ryan, «Se vuoi posso aiutarti!»
«Piantala!» grido, «Dammi cinque minuti e prepara il caffè!» ordino.
«Non mi va!» ribatte lui.
Quanto lo odio!
Dieci minuti dopo esco dal bagno e trovo Ryan seduto sul divano ad angolo, con i piedi posati sul tavolino da caffè, in mano una tazza fumante.
«E il mio caffè?» domando sedendomi accanto a lui.
Ryan mi guarda e sorride, «Pensavi sul serio che te lo avrei preparato?» domanda e ride, «Oh, piccola Linds...» dice.
«La piccola Linds ti ha già dato uno schiaffo.» gli ricordo, «E per poco non spaccava la tua chitarra preferita.» aggiungo, «Il mio caffè?»
Lui inspira un paio di volte, «Non l'avresti spaccata.» dice, eludendo la mia domanda.
«Io non ne sarei così sicuro, sai?» esclamo, «L'avrei rotta sul serio!»
Ryan mi fissa, «Il caffè è nella caffettiera, la tazza è nel mobile sopra al frullatore.» dice, «Non prendere quella rossa.»
«Perché?» chiedo. «Il rosso mi piace.»
«Perché è rotta.» risponde lui e posa la tazza sul mobile accanto al divano, «Merda... non avrei dovuto dirtelo! Così sarebbe stato divertente!»
«Idiota.» mormoro mentre mi alzo. Dal mobile prendo una tazza verde e controllo che non abbia crepe e la riempo di caffè. «Lo zucchero e il latte?» domando.
«Incominci a pretendere un po' troppo, lo sai?» esclama Ryan, «Lo zucchero è lì.»
«Lì dove?»
«Lì.»
«Lì dove?»
«È lì!»
«Dove?» chiedo, sentendo la pazienza che se ne va e mi fa ciao-ciao con la manina prima di mostrarmi il dito medio.
Ryan sbuffa, «Vicino al frullatore.» risponde, «E il latte è nel frigo.»
Okay, ho individuato la zuccheriera, apro un cassetto a caso e sono fortunata, è quello delle posate.
«Non ti ho dato il permesso di aprire i cassetti.»
«Mi serviva il cucchiaio.» dico e verso un paio di cucchiai di zucchero nella tazza, ci aggiungo un goccio di latte e, mentre giro il tutto, vado verso il divano.
«Come diavolo hai fatto a dimenticarti le chiavi dentro?» chiede Ryan.
Alzo le spalle e soffio sul caffè. «Non so.» dico, «È stata una cosa automatica...» esclamo, «Ho preso le chiavi dell'auto e mi sono convinta di aver preso anche quelle di casa.» alzo le spalle e sorseggio il caffè, «Tu sei sicuro di non aver una copia?»
«Sicuro.» risponde, «Non ho una copia.»
Vorrei urlare ma mi trattengo. «Perfetto.» borbotto. «Una giornata iniziata benissimo e finita... bah.» dico.
«Solo perché ti sei chiusa fuori?» ride Ryan, «Dai, non è così terribile...»
Sospiro e sorseggio il mio caffè, «Mi da solo noia questo stupido contrattempo...»
Rimaniamo in silenzio guardando la tv, su cui scorrono le immagini di un documentario sui rettili, appena finisco il caffè vado a prendere il mio portatile nuovo.
«È nuovo?» chiede Ryan.
«Sì.» rispondo
«Quello vecchio è rotto?»
«No.»
«Perché ne hai preso uno nuovo?»
«Perché mi serve per il lavoro.»
«Ah.» dice lui.
Uh, perfetto! Riesco a prendere la linea wifi di casa anche da qua! Così posso caricare tutto sul sito. Mi collego, infilo la usb e mi collego al sito del gruppo, inserisco username e password e sono pronta a caricare tutto. Apro anche la mail del sito — sia lodato chi ha inventato i programmi portable, così non devo incazzarmi perché non ho tutto con me — e controllo la posta.
«Quante mail!» esclama Ryan, «Sono per me?»
«No.» rispondo anche se non ho cliccato su nessuna email. Ne apro un paio a caso e vedo che sono tutte richieste imbarazzanti del tipo: “Di che colore sono le mutande di Aaron?”; “Liam ha la ragazza?”; “Il numero di telefono di Jake e Chris?”
Per poco non urlo quando, aprendo un'altra email, leggo quella domanda: “Quant'è lungo il coso di Ryan?”
Chiudo in fretta la finestra e torno su quella del sito. Per fortuna Ryan non ha visto nulla, altrimenti chissà cosa avrebbe fatto!
Mezz'ora dopo, quando sono quasi le sei e mezza, ho finito di caricare le foto sul sito, ho controllato il comunicato che ha scritto Carl e l'ho postato, ho risposto alle domande che avevano un senso e ho liquidato tutte le altre con la solita frase: “Non diamo informazioni personali sui componenti del gruppo.”
«Le lasagne ti vanno bene?»
Eh? Cosa?
«Uh?» faccio guardando Ryan.
«Lasagne.» dice lui, «Per cena.» aggiunge, «Ti vanno bene?»
Annuisco, «Sì, vanno benissimo.»
Lui sorride e scarta la confezione di lasagne surgelate e infila la vaschetta nel forno.
Chiudo il portatile e mi rilasso contro lo schienale del divano.
Rimaniamo in silenzio per svariato tempo, poi chiedo una cosa che ho in mente fin da quanto sono entrata qui: «Dormirò veramente sul divano?» chiedo.
«Sì.» risponde Ryan e torna a sedersi accanto a me. «Mi sembra il minimo.»
«Dovresti lasciarmi il tuo letto, sai?» dico, «È così che si fa con gli ospiti.»
Lui sbuffa, «Tu non sei un'ospite.» dice, «Sei capitata qui.»
«Non è che sono un cane randagio che ti capita sotto il portico!» mi lamento, «Ti ho solo chiesto un favore.»
«Sì, come vuoi.» dice, «Ma non sei un'ospite.» aggiunge, «Sei un'adorabile rompiscatole.» esclama e controlla il forno mentre io mi guardo attorno.
Alle pareti ci sono varie stampe: c'è quella di Roma, città in cui mamma e papà sono andati in viaggio di nozze, con la veduta del Colosseo, quella di Londra, con il London Eye, una stampa di Parigi, varie foto di Ryan con Jake, Liam, Aaron e Chris... niente foto con un familiare. Che non esponga foto con il padre mi pare logico dopo quello che è successo, ma quelle con la madre, i fratelli e la sorella?
Dio, quanto vorrei chiedere il perché di questa cosa! Ma forse è meglio se aspetto la fine della cena, prima che Ryan mi sbatta fuori e rimanga a stomaco vuoto.
Ma io sono curiosa! Cavolo, cosa faccio?
«Ma hai solo foto con i ragazzi?» ecco cosa faccio, ci giro attorno. «Se uno non ti conoscesse penserebbe che tu sia cresciuto in orfanotrofio.»
Ryan alza le spalle, mi guarda e sospira. «Il punto è che dopo quello che mi ha fatto mio padre... mia madre e i miei fratelli non mi parlano più, credono che sia colpa mia.»
Eh? Cioè... lui è stato accoltellato e la colpa è sua e non di suo padre? L'ho sempre detto che la gente è fuori di testa. «Ho capito.» mi limito a dire. 
Durante la cena rimaniamo in silenzio, ascoltando il TG locale. 
Poi ritorniamo sul divano, «Devo proprio dormire sul divano?» chiedo.
«Sì.» risponde Ryan, «Dormi sul divano.» dice.
E che palle! Uffa, non è che sia comodissimo dormire su un divano, io ho bisogno dei miei spazi per girarmi e rigirami come piace a me. «Neanche se ti chiedo per favore?» lo supplico, «Per favore!»
Lui tace e fissa lo schermo. «Ryan?» lo chiamo, «Per favore? Per favore? Per favore? Per favore?» continuo a ripetere e spero che mi risponda di sì.
«No.»
Che stronzo! «E dai, Ryan!» sbotto. «Ho la schiena delicata, domani mattina sarò tutta incriccata!»
«Non sono io quella che si è chiusa fuori.» dice, «La colpa è tua.»
«È una cosa che può capitare a tutti!» ribatto, «E dai, cavolo!» sbotto, «Fai il gentil uomo per una volta!»
Ryan mi guarda, sorseggia la sua birra e sorride. «No.» 
Sbuffo, incrocio le braccia al petto e poso le dita dei piedi contro il bordo del tavolino da caffè.
«Leva quei piedi.»
«Tu fammi dormire nel tuo letto.»
«No.»
E allora io poso completamente i piedi sul tavolino, le caviglie l'una sull'altra. Se può farlo lui lo faccio anche io.
«Togli quei piedi dal mio tavolino.» esclama Ryan.
«Solo se tu mi fai dormire nel letto.» dico.
Lui rimane in silenzio, poi sospira, «Tieni pure i piedi sul tavolino, perché tanto non ti farò mai dormire nel mio letto.»
«Ma sai che sei veramente stronzo?» gli dico e lui mi sorride per poi continuare a bere la sua stupidissima birra che spero che gli vada di traverso. Riprendo in mano il portatile e mi collego a internet, controllando Twitter e Facebook.
“Lei è solo invidiosa perché lui ama me, lo so!!!!!!!!!!!!”
Melanie è fuori come un balcone. Primo: io non sono invidiosa di una che ha mollato l'università dopo tre mesi solo perché è troppo difficile; secondo: se pensa che Ryan sia innamorato di lei è ancora più scema.
Il ding della chat di Facebook mi distoglie da Melanie “Ehi, come va?” mi scrive Svetlana.
“Sono chiusa fuori casa.”
“Ah ah ah ah! Hai dimenticato le chiavi dentro?”
“Sì. Le ho lasciate sulla mensola.”
“Dove sei adesso?”
“Con Ryan.”
“CON RYAN?” scrive lei, “Uh, chissà cosa succederà...”
“Niente.” rispondo. “Proprio nulla. Lui è uno scemo che mi farà dormire sul divano perché è stronzo.”
“Ahahaha e tu ficcati nel suo letto quando dorme!”
“MA SEI SCEMA?” scrivo. “Io e lui? Ma mai nella vita!”
“Allora dormi sul divano!”
“Grazie tante.”
“E dai! Magari è la volta buona che iniziate ad andare d'accordo facendo del buon e sano sesso!”
Spero di non essere arrossita! Guardo brevemente Ryan ma lui è concentrato sulla tv, però, per sicurezza mi appoggio alla spalliera dell'angolo del divano, così che Ryan non riesca a sbirciare manco mezza parola.
“TU SEI PAZZA!” rispondo alla mia amica. “Prima che vada a letto con lui dovranno scendere tre metri di neve multicolor qui a Miami.”
“uh, ma sei una guastafeste! Dovresti lasciarti un po' andare... e Ryan è disponibile!”
“Io non sono disponibile con lui. Né ora né mai!” scrivo.
“Dici così ma cambierai idea, lo so!”
“Come va con Rob?” chiedo, giusto per cambiare argomento e distogliere l'attenzione da me e Ryan.
“Rob è il passato, Jacob è il presente...”
Rido. Svetlana si prende una cotta ogni dieci giorni. “Uh, okay.” scrivo.
«Perché ridi?»
«Non sono affari tuoi!» rispondo a Ryan.
“Dimmi di Jacob.” scrivo.
“Ha 26 anni, è un broker e vive a due isolati da qui.” risponde lei. “È un incrocio fra Brad Pitt e David Boreanaz.”
“Dev'essere figo!!” scrivo.
“Oh, sì! Adesso stacco che fra poco passa a prendermi!”
“Ciao!” 
Guardo lo stato di Svetlana che passa da “online” a “offline” e sospiro, scorro la pagina, beccando svariati post di Melanie, che condivide frasi da carie dentale istantanea, frasi rivolte sicuramente a Ryan. Chissà quando capirà che lui non la ama... forse mai, a giudicare da quello che scrive.
Alle undici e mezza chiudo tutto, spengo il portatile e lo poso sul tavolino. «Non è che potresti prestare una maglia?» chiedo a Ryan e sbadiglio.
Lui mi fissa, alza gli occhi al cielo e sbuffa, «Inizi a pretendere troppo, lo sai?» dice, poi si alza e lo vedo andare al piano superiore, torna giù dopo due minuti, con una maglia della Heineken in mano. «Tieni.» mi dice e mi lancia la maglia, che mi sfiora la fronte e poi cade sulle mie ginocchia, scivola da esse e finisce per terra.
«Ma darmela in mano come una persona normale ti faceva schifo?» chiedo raccogliendo il pezzo di stoffa verde. 
«E che palle che sei.» borbotta lui, «È già tanto se te l'ho presa.»
Sospiro, mi alzo e vado in bagno.
Torno dieci minuti dopo, con indosso la maglia e i jeans.
«Dormi con quelli addosso?» chiede Ryan e noto che ha messo sul divano un piccolo plaid con dei grossi girasoli disegnati, «Ti verrà la cellulite, lo sai?»
Sbuffo, «Io non ho la cellulite.» dico, «E non mi verrà.» aggiungo e lo spero vivamente. Spiego il plaid e lo poso sulle gambe, lo avvolgo attorno a me come se fosse un pareo e tolgo i jeans.
«Quante storie che fai.» dice lui, «Come se non ti avessi già visto in déshabillé...» aggiunge e mi guarda mentre mi siedo, «Ormai ti ho visto nuda, cosa vuoi che cambi se ti vedo in mutande?»
La mia mano è più veloce di qualsiasi risposta, colpisco Ryan sulla nuca. «Ahi!» si lamenta lui.
«Così impari!» esclamo, «Mi ribolle ancora il sangue se ripenso che sei entrato in camera mia e mi hai visto nuda.»
«Chiunque se ne sarebbe accorto che ero lì.» si giustifica lui, «Almeno non ero un ladro o un maniaco...» dice e sorride e io vorrei dargli un altro schiaffo.
«Maniaco lo sei.» mugugno. «Altrimenti non saresti entrato nella mia camera mentre non c'ero.»
Lui ridacchia e io mi metto comoda, appoggio la schiena contro lo schienale e allungo i piedi verso di lui, sfiorandogli le cosce. 
«Non spingere.» dice lui dopo qualche minuto.
«Mi sto mettendo comoda.» ribatto.
«Puoi farlo anche senza spingere.»
«Ma così è più divertente!» ribatto e spingo con un po' più di forza, mi basterebbe alzare il piede destro e potrei colpirlo proprio ma non lo faccio. Ryan mi blocca il piede mentre io mi sdraio completamente e poso la testa su uno dei morbidi cuscini che adornano il divano.
«Piantala, Linds.» esclama Ryan, «Inizi a essere fastidiosa.»
«E che palle che sei.» borbotto. Cavolo, il mio piano “diamo fastidio a Ryan così mi cederà il letto” non sta funzionando. Uffa, uffa e ancora uffa. «Sono scomoda,» dico «se potessi dormire in un vero letto...» lascio cadere la frase, sperando che capisca e che ceda.
Ryan, però, è un osso veramente duro, infatti mi dice: «Non ti farò dormire nel mio letto.»
«Puoi anche buttarmi giù dal divano a furia di darmi pedate, ma tanto non cambierò idea.» aggiunge.
Dio, ma è proprio stronzo! «Grazie tante.» esclamo, «Me lo ricorderò quando avrai intenzione di chiedermi un favore.»
«Che favore dovrei chiederti?» dice lui.
«Ah, qualcosa del tipo di far capire a Melanie che non sei interessato.» rispondo.
«Ormai dovrebbe averlo capito.» dice Ryan.
«Non ne sarei così sicuro.» ribatto ma taccio su quello che ho visto su Facebook. «Melanie è un po' toccata, lo sai.»
Lui tace, poi sospira.  «Linds... dormirai sul divano, ficcatelo in quella bella testolina che ti ritrovi.» dice, «Altrimenti puoi andare a dormire in macchina...»
«E va bene.» mormoro. Mi sa tanto che è inutile insistere Ryan è di coccio quando ci si mette.
Dopo una mezz'ora scarsa Ryan si alza, stiracchia le braccia e sbadiglia. «Non fare casino.» dice, «E non dormire con la tv accesa, che potrebbe esplodere.»
Mi stendo completamente e alzo gli occhi al cielo, «Okay.» borbotto.
«Spegni la luce.» aggiunge Ryan prima di andare di sopra ma poi cambia idea e la spegne lui.
Fisso per qualche minuto lo schermo della tv, poi afferro il telecomando, spingo il tasto rosso mandando la tv in stand-by. Sospiro, mi rigiro sul divano ritrovandomi con la faccia contro lo schienale e chiudo gli occhi. Spero di addormentarmi presto.

*-*-*

Lindsay dorme in una posizione così... così... strana! Se si gira rischia di cadere sul pavimento. Vabbè, intanto io preparo la colazione e spero che non si svegli, altrimenti è capace di mangiarla tutta e lasciarmi a secco.
Verso la pastella dei waffle sulla piastra e attendo che siano pronti.
Ne ho appena messi due su un piatto, sto per cospargerli di Nutella quando sento dei rumori provenire dal divano.
«Waffle? Ne voglio un paio!»
Guardo Lindsay e vorrei ridere: i suoi capelli sono arruffati come un cespuglio e ha i segni del cuscino stampati sulla parte destra del viso. «Non potevi dormire ancora un po'?» le chiedo, verso la Nutella sui waffle e poso il piatto davanti a lei. Per fortuna ho preparato abbastanza pastella per una decina di waffle.
Lei prende le mie posate, il mio bicchiere, la mia tazza di caffè e inizia a fare colazione. «Quella roba era per me.» dico e la fisso mentre beve del succo d'arancia.
«Tu non vuoi che io guardi nei tuoi cassetti...» ribatte e scrolla le spalle, «Per cui...»
Cavolo, questa volta ha ragione! «Uhmf, okay, ma che non diventi un'abitudine!»
«Non lo diventerà, fidati.» dice e infila in bocca un pezzo di waffle ricoperto di Nutella, «Non ho intenzione di dormire un'altra volta sul tuo divano.»
«Lo spero.» esclamo e finalmente anche i miei waffle sono pronti. Prendo altre posate, un altro bicchiere, un'altra tazza che riempo di caffè e vado a sedermi davanti a lei.
«A che ora arriva Marisol?» chiedo.
«Alle nove e mezza.» risponde lei con la bocca piena.
«Fra dieci minuti.» dico guardando l'orologio, «Avresti potuto fare colazione a casa tua ed evitare di soffiarmi il caffè.»
Lei ride e si pulisce la bocca con un tovagliolino di carta, «E dai, per due waffle?» dice, «Ti offrirò la colazione.» aggiunge.
«Quando?» chiedo.
«Quando ci sarà l'occasione.» risponde Lindsay.
Vorrei chiederle “Quando?” ma non lo faccio perché so che andremmo avanti a dirci le solite cose.
In un quarto d'ora finiamo di fare colazione e nel frattempo anche Marisol è arrivata, così Lindsay indossa i jeans, le scarpe, e raccatta la sua roba. Forse dovrei dirle che ha un baffo di Nutella sulla guancia sinistra ma, prima che possa anche solo aprire la bocca, lei mi ringrazia, mi saluta e mi dice che mi farà riavere la maglietta lavata e stirata, poi esce dalla porta. La vedo attraversare lo spazio fra le due abitazioni ed entrare dalla porta finestra del suo salotto. Ormai è tardi per avvertirla...

***

«L'hai fatta dormire sul divano?» mi chiede Liam.
«Bhe sì.» rispondo, «Mica potevo cederle il mio letto!»
«Invece sì.» dice Aaron, «Sai, è una cosa che si fa con gli ospiti.»
«Non è un'ospite!» ribatto, «Si era solo dimenticata le chiavi!» ripeto, «Mica l'ho invitata io!»
«Quanto sei idiota.» sospira Jake. «Era la tua occasione, Ryan!»
«Quale occasione?» chiedo io e prendo la chitarra dalla custodia.
«Quella di andarci d'accordo.» risponde lui, «Oltre a farci qualcosa...»
Ma è scemo? 
«Ma sei scemo?» strillo, «Io e lei?» esclamo, «Come minimo mi taglierebbe le palle a tradimento!»
«Dopo tutti i dispetti che le fai sarebbe il minimo.» ribatte Jake, «Dai, Ryan!» dice, «È l'unica ragazza che stuzzichi e con cui hai una sorta di rapporto che dura da mesi, con le altre non duri mica così tanto!»
«Parli come se stessimo insieme.» esclamo, «E non è vero.» dico e suono un paio di accordi, sperando che Jake capisca che non voglio parlare di questo argomento, anche perché non c'è nulla di cui parlare, giusto? «Pensiamo al fatto che firmeremo un contratto discografico che ci renderà famosissimi!» dico.
«Uh, sì!» esclama Chris.
«E così ci saranno altre Melanie convinte che le amiamo!» ride Liam.
«Oh, Dio, speriamo di no!» sospira Jake.
Cazzo, a questa eventualità non ci avevo pensato! «Bhe, c'è Lindsay che le terrà sotto controllo.» dico e controllo che la chitarra sia accordata.
«Oh Lindsay, well you came and you kisses me and stopped me from shaking, and I need you today... oh Lindsay...» canticchia Jake e in questo momento lo odio, dovrebbe essere il mio migliore amico e stare dalla mia parte e non fare questi giochetti infantili.
«Quanto sei idiota.» sbotto, «Non puoi rovinare una canzone cambiando il nome con quello di Lindsay!» dico, «Lei è isterica e si è mangiata i miei waffle!» gli ricordo.
«Sei tu che l'hai tirata fuori, non io!» si giustifica Jake.
«Io non l'ho... tirata fuori!» ribatto, «È il suo lavoro quello di tenere lontano le fan matte e psicopatiche come Melanie!»
«Lei ti piace!» squittisce Liam e scoppia a ridere e io lo prenderei volentieri calci.
«Lindsay non mi piace!» urlo.
«Grazie dell'informazione.» borbotta Carl, «Adesso sì che la mia giornata è completa.» aggiunge e ci guarda, «Su, adesso fate le persone serie che c'è tempo per il gossip.»
«Lindsay non mi piace.» ripeto e collego la chitarra all'amplificatore e mi accorgo che gli altri mi stanno ignorando, come se non mi credessero. Phf, a me Linds non piace! Cos'è devo urlarlo in mezzo alla strada per farmi credere?
Ma siamo matti?

*-*-*

Oggi è Mercoledì tredici Agosto. Oggi è il gran giorno, quello in cui incontreremo il tizio della casa discografica. 
Entriamo nella sede di Miami della casa discografica e rimango a bocca aperta per il lusso che trasuda questo posto. Ogni dettaglio è stato creato e posizionato da qualcuno che, evidentemente, sa come lasciare la gente con la bocca aperta dallo stupore. Le pareti sono rivestite con una carta da parati color mattone chiaro, i pavimenti sono di marmo bianco, così lucido e pulito che ci si potrebbe mangiare sopra, i cristalli del grosso lampadario sopra l'ingresso scintillano, riflettendo la luce che entra dalle grandi vetrate e spargendo i riflessi oro dei bracci del lampadario. Poltroncine di pelle nera e bassi tavolini di mogano occupano un angolo e il tutto si armonizza con il bancone moderno della reception. Carl si avvicina ad esso e parla con una ragazza che sarebbe più adatta a una passerella che a una reception.
«Ottavo piano.» ci dice tornando da noi. Dopo che abbiamo firmato alcune scartoffie e ci sono stati consegnai dei pass giornalieri, finalmente saliamo in ascensore. Io, purtroppo, sono proprio dietro Ryan, così non riesco a vedere nulla, se non le sue spalle.
«Spostati.» gli dico, «Non vedo nulla.»
«Non è colpa mia se sei bassa.» replica Ryan senza voltarsi.
Sbuffo e ho voglia di dargli un pizzicotto, proprio lì, sulla pelle del collo. «Non è colpa mia se non sono alta come te.» ribatto, «Sei tu che non conosci le buone maniere!»
Lui ride, «E dai, mancano cinque piani!» dice.
«Fate i bravi.» ci rimprovera Carl e io mi limito a incrociare le braccia, stando ben attenta a dare una spinta a Ryan e sbuffo. «Comportatevi da persone civili, almeno per una volta.»
«Io sono civile.» mugugno. «È lui che mi fa venire i nervi.»
Ryan ridacchia e vorrei tanto sbatterlo fuori con un calcio, ma davanti a lui c'è Aaron e non voglio che si faccia male.
Le porte dell'ascensore si aprono e avanziamo verso una grande scrivania bianca, su cui spicca un grosso vaso bianco, circondato da tulle verde chiaro, da cui spuntano delle bellissime orchidee.
La segretaria ci fa accomodare e io mi ritrovo sull'angolo del divanetto. «Stringiti un po'.» dico a Ryan, «Occupi tutto il posto!» esclamò, «Cos'è che sei, una balena?»
Lui, tanto per cambiare, ride. «E smettila di lamentarti!» dice guardandomi e per un attimo mi perdo nei suoi occhi azzurri....
Rimango in silenzio, in attesa che inizi l'appuntamento. Chissà cosa ci diranno? Chissà se manterrò questo posto di lavoro, che mi piace nonostante l'idiota che è seduto alla mia destra? Chissà se mi aumenterà lo stipendio?
Dopo quella che mi sembra un'eternità la segretaria ci fa accomodare in un grande ufficio, dopo uno dei dirigenti della casa discografica ci dice di accomodarci, così mi fiondo su una comoda poltroncina, mentre a Ryan tocca la sedia che, anche se ha la seduta e lo schienale imbottito, due braccioli che sembrano comodi... è e rimane una sedia. Ryan mi fissa con una smorfia e io gli sorrido con l'aria innocente, così impara!

Non ci posso credere.
Non ci posso credere.
Devo assolutamente darmi un pizzicotto, perché è impossibile che sia successa una roba del genere.
I ragazzi hanno firmato un contratto. Anche Carl.
Anche io.
Ho ancora un lavoro!
Credo di essere a un passo dell'iperventilare ma sono felicissima. Dio Mio.
Settimana prossima firmeremo il contratto e i ragazzi verranno affiancati da alcune persone che li aiuteranno a scrivere delle canzoni, anche se Ryan e gli altri ne hanno già pronte alcune.
A me, invece, verrà spiegato quale sarà il mio compito, ma sarà l'assistente di Carl, quindi non cambiano molto le cose. L'unica che non c'è è Annie, che al momento è a casa per un brutto virus, poi non so cosa farà.
Oddio, chissà quando lo saprà Melanie! Probabilmente vorrà uccidermi. O si metterà a piangere dicendo che non è giusto, che Ryan l'ama tanto e che io sono invidiosa.
Seh, di cosa dovrei essere invidiosa? Forse del fatto che Ryan la ignora... beata lei.
Non è lei che vede tutti i giorni Ryan, non è lei che lo incrocia in cortile almeno una volta al giorno, non è lei che deve sopportare le sue battute sceme ogni volta... non è Melanie quella che ogni tanto s'incanta nel veder gli occhioni azzurri di Ryan...
Dio, Lindsay, smettila di pensare agli occhi azzurri di Ryan e al suo fisico!
Devo assolutamente dirlo a Svetlana. Fra un po' la chiamo e le dico tutto, così ne approfitto per sapere se Jacob è ancora il presente oppure se è già diventato passato.
Magari evito di parlarle degli occhi azzurri di Ryan...
Lindsay, devi ricomporti! Smetti di pensare a Ryan, ai suoi occhi e al fatto che vada in giro con magliette attillate che mettono in risalto i muscoli.
Oppure al fatto che la maglietta della Heineken è ancora nel tuo armadio e non è né lavata né stirata perché ha il suo profumo..



Scusate per il ritardo ma ero indecisa su quale titolo mettere, non avevo internet e quando c'era non riuscivo a caricare il capitolo dal cel... e comunque "Rainy Day" è una canzone del mio adorato Ben Montague... che continua a stellinare i miei tweets in italiano xD Caro lui.
Ringrazio chi commenta, chi mette la storia in una delle liste e chi legge. Al prossimo capitolo!

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Otto - Love at first sight ***


logo def
hosting immagini

Straigh Through
My Heart

Otto
Love at first sight
*** Do you belive in love at first sight ***



«Stella, preparati che fra una settimana sbarco a Miami!»
«Che cosa?» strillo, «Svetlana... vieni qui?» chiedo. Sarebbe davvero stupendo!
«Sì!» trilla lei, «I miei si fanno una crociera che parte da Miami io li accompagno e ne approfitto!»
«E quando arrivi?» chiedo. Non m'importa nulla della crociera, voglio solo vedere la mia migliore amica.
«Sette giorni.» risponde imitando la vocina di Samara Morgan.
«Una settimana?» chiedo, «Oh mio Dio!» grido, «È bellissimo!» esclamo, pensando già a dove portarla.
«Oh, sì.» dice lei, «Così conoscerò finalmente questo famoso Ryan!» aggiunge e ride così forte che devo scostare il telefono dall'orecchio.
«Non è niente di speciale.» dico.
«Ah, no?» ribatte lei, «E perché non gli hai ancora ridato la maglia che ti ha prestato?» chiede.
Questo è lo svantaggio di avere una migliore amica che consideri come una sorella: le dici tutto quanto, anche se ti eri ripromessa di non farlo, le parole ti escono di bocca come un fiume in piena e tu non sei capace di fermarti. O non ti rendi conto di parlare troppo finché non è troppo tardi. «Me ne sono dimenticata!» dico, «Mica è grave!»
«Infatti non è grave.» esclama lei, «È solo il segno che lui ti piace.»
Sospiro e stringo il telefono, «Lui non mi piace.» dico e mi assicuro che Ryan non sia nei paraggi, ma la sua auto non c'è, quindi non c'è nessun problema.
«Sono mesi che ripeti questa cosa.» sbuffa Svetlana, «Ma non ci hai ancora provato con un altro, quindi...»
«Non ci provo perché ho chiuso con gli uomini.» le ricordo, «Quindi non ci provo né con Ryan né con nessun altro!»
«Però ce l'hai sempre in bocca!» ridacchia Svetlana
«Chi avrei in bocca?»
«L'affascinante vicino che canta e suona.»
«Ryan?»
«Uh, lo dicevo!»
«Sei tu che lo tiri fuori, non io!» ribatto e lei ride.
«Ma sei tu che mi parli sempre di lui!»
«Ma non è vero!»
«Invece sì!»
«Ti dico di no!»
«Sì!»
«No!»
«Sì!»
«No!» dico poi cambio argomento: «Jacob?» chiedo.
«È il passato, stella.» dice, «Sono pronta ad aprirmi a nuove esperienze!»
Rido. «Oh!» faccio, «Dici sempre così!» dico. «Ma a che ora arrivi?» domando, prima che l'argomento torni su “Ryan”, «Perché sai, settimana prossima dobbiamo andare a firmare il contratto, ma è la mattina, così riesco ad organizzarmi per venirti a prendere, altrimenti chiedo a papà se lo fa lui.»
«Contratto?» strilla lei, «Che contratto?»
«Eh, tu non mi hai dato il tempo di dirtelo.» dico, «Ti ho chiamato appunto per questo.» aggiungo. «I ragazzi firmeranno un contratto con la Music Life.»
«La Music Life?» strilla lei, «Ma è una delle più importanti case discografiche!»
«Eh, già.» concordo, «Comunque nel pacchetto ci sarò anche io.» gongolo, «Sarà la loro addetta alle pubbliche relazioni... contatti con i fans e robe del genere.» spiego.
«Oh, comunque arrivo mercoledì venti» risponde Svetlana, «Per mezzogiorno o l'una, credo.» aggiunge, «I miei hanno l'imbarco alle cinque e mezza.»
«Uh, okay.» dico. «Posso venirvi a prendere e poi andare al molo...» propongo, «Basta che mi diciate che molo è, perché non vorrei sbagliare.»
«Certo,» dice lei «più tardi ti mando una mail con i dettagli.»
«Brava ragazza.» esclamo.
«E La Piaga?»
«Melanie?» faccio io, «Bhe, credo che mi odi.» dico, «Ed è convinta che io sia gelosa perché Ryan ama lei e non me!»
«E lo sei?» domanda Svetlana.
«No!» il mio è quasi un grido, «Ma ti pare?» faccio, «Io, gelosa di Melanie La Piaga?» continuo, «Ma neanche per sogno!»
«Oh, beh, allora non preoccuparti.» dice Svetlana.
«Infatti non mi preoccupo.» dico, «Il punto è che bah, scrive dei post su Facebook che farebbero la gioia di qualsiasi dentista.»
«Prego?»
«Sono così sdolcinati da far venire la carie.» spiego. Svetlana è intelligente ma ogni tanto il suo cervello si svuota, soprattutto quando cambiano le vetrine dei negozi di scarpe. C'è chi è meteoropatico e chi è vetrinopatico... sempre se esiste questa parola.
«Ah, ho capito!» dice lei, «Allora...» la sento che digita qualcosa, «Il cognome di Melanie?» chiede.
«Green.» rispondo, «Ha una foto di lei e Ryan circondata da cuori, arcobaleni, stelline e nuvolette.»
«Trovata!» esulta la mia migliore amica, «Cavolo... Se amarti con tutto il mio cuore è un reato, allora sono colpevole.» legge, «Cavolo... è proprio fusa!»
«Eh, sì.» dico, «Condivide sempre queste frasi che mi fanno venire voglia di dare una testata al muro.» sospiro.
«Santo cielo!» esclama, «Credi che la incontrerò?»
«Bhe, forse sì.» dico. «Dove c'è Ryan c'è anche lei, e dove c'è Ryan ci sono anche io, quindi...»
«Eh, tu e Ryan...» sospira la mia amica scema.
«Ma piantala.» le dico.
«Sei tu che lo nomini, non io!»
«Bhe, tu mi hai chiesto se incontrerai Melanie e io ti ho detto dio sì!»
«No, stella, tu mi hai detto che dove c'è Ryan ci sei tu...» esclama Svetlana.
«Ma non è vero!» ribatto.
«Sì che è vero!» ride Svetlana.
Sbuffo. «Ma che palle.» sbotto, «Analizzi ogni cosa che dico e ci trovi dei significati sbagliati!»
«Io trovo i significati giusti, sei tu che non lo ammetti.» dice lei. Ho già detto che è scema? «Comunque adesso devo andare, mamma urla che non ha vestiti.»
«Ma se ha tre armadi pieni!» dico.
«Eh, ma lo sai com'è fatta.» sospira Svetlana, «Ogni volta che parte dice di non avere vestiti. Papà invece non è così.»
«Tuo padre esce di casa e va in negozio senza fare scenate.» le faccio notare e lei ride.
«Bhe, sì, hai ragione.» esclama, «Adesso vado.» dice, «Stasera o domani ti mando i dettagli del volo e da dove parte la nave! Un bacio!» aggiunge e riattacca.
Ho un'amica completamente matta.
Mi alzo dalla poltroncina sulla quale mi ero fossilizzata e poso il cellulare sulla scrivania, guardo fuori dalla finestra, fissando lo spazio lasciato vuoto dall'assenza dell'auto di Ryan. Mi sposto verso la cabina armadio, apro l'anta ed entro. Apro l'armadio alla mia sinistra e fisso la maglietta verde, quella della Heineken, quella che ho usato una settimana fa. La prendo, chiudo gli occhi e la porto al viso, inspirando il profumo di Ryan.
Dio mio, sono una cretina. Una vera cretina. Perché annuso la maglia di Ryan? 
Lindsay, tu hai bisogno di farti vedere da uno davvero, ma davvero bravo!

***

Ma Melanie non ha amiche?
Perché viene sempre da me?
Adesso sta piangendo, singhiozzando sul perché Ryan sia così freddo e scostante con lei, poi mi chiede per la quinta volta dove sia e io, per la quinta volta, le rispondo che non lo so.
«Ma perché non gli piaccio?» pigola.
Perché sei Melanie La Piaga? «Non lo so.» rispondo. Siamo nella veranda che divide casa mia dalla dependance, sedute su due sedie di ferro battuto dipinte di bianco.
Melanie, fra un singhiozzo e l'altro, fissa la dependance, forse spera che Ryan esca dalla porta finestra, le corra incontro e le giuri di amarla.
Illusa.
Gli occhi di Melanie vagano sulla dependance, sul giardino, sul cancello, sugli alberi... poi singhiozza, di nuovo. «Io lo amo.» piagnucola.
«Vado a prendere altro succo.» dico, prendo la brocca e rientro in casa. Quando esco due minuti dopo, Melanie sta ascoltando una canzone che non conosco e i tizi che cantano non hanno l'accento americano ma inglese.
«If it's wrong to do what's right... I'm prepered to testify... if loving you with all my hearts is crime then I'm guilty...»
Melanie spegne la musica e io mi ricordo quello che ha letto ieri Svetlana sulla bacheca di Melanie: è la stessa canzone! «Chi sono?» chiedo e poso la brocca sul tavolino della stessa foggia delle sedie.
«Sono i Blue, sono inglesi.» risponde lei, «La canzone è di una decina di anni fa.»
Annuisco, «Uhm, okay.» dico, poi mi blocco, sentendo l'auto di Ryan che percorre il vialetto laterale. I battenti del cancello si aprono e l'auto entra. Capisco subito che Ryan non è solo e ne ho la conferma quando una biondona scende dall'auto ridacchiando come un'oca, poi scende anche Ryan, fa il giro dell'auto, si avvicina alla stangona e le ficca un metro di lingua in gola.
Che cosa... disgustosa!
Mi schiarisco la voce per far capire a quei due che non sono soli.
«Oh, ciao.» dice Ryan, «Non pensavo che fossi qui.» aggiunge guardandomi.
«È casa mia.» ribatto e lui afferra la mano della bionda e la trascina verso la dependance. Dio mio, che cosa disgustosa.
«Ryan...» pigola Melanie
«Lascialo perdere.» dico ma è troppo tardi: Melanie scoppia in un pianto fatto di singhiozzi rumorosi.
Lei annuisce poi raccatta il suo cellulare, «Io vado.» pigola pulendosi il moccio con la manica della camicetta rosa pallido che indossa.
Io l'accompagno alla macchina e rimango lì fino a quando Melanie non se ne va, poi me ne torno in casa, pensando che Ryan non dovrebbe portare certe troiette a casa mia.
Esistono i motel per questo.
Stupido Ryan.

***

«E lui è Liam.» esclamo, finendo di presentare i ragazzi.
Osservo Svetlana, che guarda Liam con gli occhioni blu sgranati e le labbra socchiuse, poi piega la testa di lato e sorride, «È un vero piacere conoscerti.» dice e oh, le sue guance sono leggermente rosse, la mano tremola leggermente e la voce è strana, come quando... come quando le piace qualcuno.
A Svetlana piace Liam?
Guardo lui, che ha la stessa espressione di un pesce lesso e trattengo un risolino.
I due si piacciono!
Ci sediamo sui divanetti e Carl apre lo spumante, alternando occhiate a Liam che osserva Svetlana come se fosse un'apparizione mariana e a Melanie che se ne sta seduta accanto ad Aaron — io non ho invitato Melanie e non so chi sia stato a farlo, di certo non Ryan!
Carl versa lo spumante nei bicchiere e io prendo il mio, osservo Melanie che guarda Ryan che, ovviamente, non la degna di uno sguardo, forse perché è troppo impegnato a parlare con Jake. Aaron cerca di parlare con Melanie ma lei sembra ignorarlo, tropo presa dal suo amore non corrisposto.
«Tutto bene?» mormoro alla mia migliore amica.
Lei mi fissa e sorride, «Oh, sì.» risponde, «È perfetto.» sospira, «È davvero perfetto.»
Perfetto, l'abbiamo persa! Houston, abbiamo un problema!
«Credo che alla tua amica piaccia Liam.» mi dice Chris dopo aver sorseggiato lo spumante.
«Eh, già.» commento e guardo Svetlana che sorride e sbatte le ciglia mentre parla con Liam, «A Liam piace Svetlana» dico a Chris
Lui annuisce, «Eh, penso proprio di sì.»
Rimaniamo in silenzio per qualche istante, ancora troppo eccitati dalle firme dei contratti di questa mattina.
«Ma chi ha invitato Melanie?» chiede Chris.
Lo fisso e prendo uno dei salatini che mamma ha fatto preparare per noi. «Io no.» rispondo, «E non credo che lo abbia fatto Ryan.
«Preferirebbe farsi strappare le unghie dei piedi.» annuisce Chris.
Mi sporgo verso Jake, ignorando Svetlana che civetta con Liam, «L'hai invitata tu?» gli chiedo e indico Melanie.
«Ma sei scema?» sbotta lui, «No!»
«Neppure io.» dice Ryan.
«Eh, questo lo immaginavo.» sospiro e torno a bere il mio spumante.

Un'ora dopo siamo tutti un po' brilli: Svetlana continua a civettare con Liam, Aaron chiacchiera con Carl, Jake parla con Chris e Ryan e io guardo Melanie che, anche se Aaron cerca di coinvolgerla nel discorso, rimane ostinatamente con lo sguardo fisso su Ryan.
Strattono Svetlana e le sussurro una cosa, lei ridacchia e annuisce in risposta, così mi limito ad alzarmi e ad andare a ordinare da bere.
Un quarto d'ora dopo un cameriere rientra con un paio di bottiglie di vodka, bottigliette di succo d'arancia, di mela verde, succo ACE, alla fragola e ai frutti di bosco, portandone tre per ciascun gusto.
Ci sono anche due confezioni di bicchierini di plastica anche non credo che questo sia il cocktail preferito di Carl e Annie, che comunque è ancora un po' sottosopra per il virus e a toccato appena lo spumante.
«Cos'è?» chiede Chris.
«Una cosa che facevamo a New York.» risponde Svetlana, «È tipo rum e pera, solo che si fa il giro: prima l'arancia, poi l'ACE, poi la mela, fragola e i frutti di bosco.» spiega mentre sistemiamo il tutto sul tavolino basso di tek, «Vince chi fa più giri.»
«Cosa vince? Una sbronza?» borbotta Carl.
«Ha parlato quello che va in giro con lo spumante.» lo rimprovera Annie.
Iniziamo il nostro gioco, seduti in circolo attorno al tavolino. Io sono fra Svetlana e Ryan e Melanie se potesse mi lancerebbe la bottiglia in testa.

«Che scarso che sei.» biascico mentre Jake annuncia la sconfitta. Rimaniamo io e Svetlana e rimangono gli ultimi due gusti prima di finire il nostro quinto giro.
Bevo il succo di fragola e mando giù il bicchierino di vodka, lo riempio di nuovo, mando giù il succo ai frutti di bosco, di nuovo la vodka e mi accorgo che anche Svetlana ha fatto lo stesso.
«Abbiamo vinto!» esulto alzandomi in piedi. Ondeggio un po' prima di ritrovare la stabilità giusta per camminare fino al divano, dove mi siedo.
«Sei ubriaca, Linds.» dice Ryan.
«Anche tu.» ribatto e ridacchio e mi allungo verso il tavolino.
«Basta, Lindsay.»
«Ryan, piantala che non sei mio padre.» sbotto, «E comunque volevo solo il succo alla mela.» prendo la bottiglietta, tolgo il tappo e bevo un paio di sorsi. «Non rompere.»
Lui alza gli occhi al cielo. «Come vuoi.» dice, «Ma se domani avrai mal di testa non prendertela con me.»
«Non lo farò, giuro.» dico e mi allungo piano per posare la bottiglietta sul tavolino. Faccio piano perché mi gira un po' la testa.
Venti minuti sono nel bagno del personale e mi sto lavando le mani. «Allora... che te ne pare?» domando.
Svetlana sospira mentre s'insapona le mani, «È così bello e sexy...» sospira lei.
«Ryan sarà bello ma non è sexy.» dico.
«No, non Ryan!» ribatte lei, «Io parlavo di...» sospira, «Liam.» altro sospiro.
Alzo gli occhi al cielo, «Certo.» borbotto.
Torniamo dagli altri facendo piccoli passi. Perché ho messo 'sti tacchi altissimi?
Quando raggiungiamo il salottino scopro che c'è la birra. Mi fiondo sul tavolino, ne prendo una e mi spalmo sul divanetto.
«Non mischiare, Linds.» dice Ryan.
«Oh, taci!» sbotto, «Non ho nessuna intenzione di chiederti di aiutarmi a salire le scale quando torneremo a casa.»
«Tanto non lo farò.» dice lui.
Brutto imbecille.

*-*-*

«Dio, Linds, sei una finta magra.» ansimo mentre sollevo Lindsay dal sedile posteriore. Liam si occupa di Svetlana e non credo che sia rosso solo per lo sforzo. «Per di qua.» mi rivolgo a Liam e avanzo fino alla scala esterna. «Linds... ce la fai?» chiedo, spaventato dal doverla portare su per chissà quanti gradini di questa stupida scala. Sono le tre del mattino e siamo appena rientrati. Aaron ha riaccompagnato a casa Melanie, Carl è tornato a casa con Annie, Jake e Chris hanno chiamato un taxi e io ho chiesto a Liam di aiutarmi con 'ste due belle addormentate. Quando ci sveglieremo lo riaccompagnerò al Soleil per riprendere la macchina. «Linds... riesci a camminare da sola?» chiedo.
«I want it that way...» canticchia lei. «Tell me way...»
Perfetto, è andata! Carico Linds sulle spalle e guardo Liam che è ancora più rosso di prima mentre stringe la vita di Svetlana. «È sbronza, non può mica violentarti!» gli dico, «Caricatela in spalla!»
«Ma se poi pensa male?»
Dio mio, sono circondato da due ragazze sbronze e un amico idiota. «È ubriaca, domani mattina non si ricorderà nemmeno cosa ha combinato stasera.» dico. Liam sospira, sbuffa e poi solleva Svetlana. «Bravo ragazzo.»
«You... are... my... fire... the one... desire belive... I want it that way!»
«Shh!» faccio, «Linds, sono le tre del mattino.» esclamo, «Non cantare che da ubriaca che sei stonata.» dico, «E sbagli pure il testo.»
«Tell my why, ain't nothin' but a heartache....»
«Shh... taci.» mormoro e lei sta zitta. Finalmente arriviamo al piano di sopra e faccio sdraiare Lindsay sul lettino bianco e azzurro.
«Le vuoi lasciare qui?» domanda Liam.
Sospiro, la tentazione di farlo è forte ma non posso. «No.» rispondo e mi avvicino alla porta finestra della stanza di Lindsay, apro le persiane e controllo il bordo degli infissi. Prendo una tessera di un supermercato dal portafogli, la passo nella fessura e la faccio scorrere piano.
La serratura scatta, apro il vetro e mi fiondo sul pannello dell'allarme, digito il codice, accendo la luce e torno da quelle due.
«Sai il codice.» dice Liam
«È stato Cameron a darmelo.» rispondo e sollevo Lindsay. «Per le emergenze.»
«Now I can see we're falling apart from the way that it used to be, yeah no matter the distance I want you to know the deep down inside of me...»
«Gesù, Linds, 'sta canzone è del secolo scorso!» esclamo e faccio sedere Lindsay sul letto mentre scosto le coperte. Anche Liam fa lo stesso con Svetlana.
«Sono i Backstreet Boys, non sono del secolo scorso.» esclama Liam mentre toglie i sandali della ragazza svenuta.
«Tell me why è del novantanove. È il secolo scorso.» faccio notare.
«Non si chiama Tell me why» ribatte Liam Il Saccente, «Si chiama I want it that way.»
«Qualsiasi cosa sia... è di quindici anni fa.» ribatto mentre copro Linds, nella versione Canterina Ubriaca. «Linds aveva otto anni quando è uscita, come cazzo fa a conoscerla?» 
«I Backstreet Boys esistono ancora, stupido.» dice Liam mentre guarda Svetlana come se fosse una visiona mistica. «E comunque esiste Youtube.»
Sbuffo e alzo gli occhi al cielo, mi avvicino alla scrivania, recupero un post-it e una biro e scrivo. Attacco il foglio alla paralume delle lampada. «Andiamo.» dico a Liam e usciamo dalla stanza, faccio scorrere la finestra, chiudo le persiane e scendo le scale.
«Credi che le piaccia?» mi chiede Liam mentre entriamo in casa.
Rido mentre mi giro verso di lui, «Liam?» chiamo, «Sei un'idiota.»
«Cosa?» dice lui aggrottando le sopracciglia.
«Le piaci.» rispondo e saliamo al primo piano. Afferro una maglia, chiedendomi quando Lindsay mi ridarà quella che le ho prestato, e la lancio a Liam. «Tieni.» dico e lui la prende al volo. «Se ti fai una sega pensando a Svetlana vedi di non sporcarmi il letto, okay?» esclamo e prendo una maglia per me.
«No, aspetta.» dice lui, «A me mi dai il tuo letto e Lindsay l'hai fatta dormire sul divano?» squittisce, «Ma sei pirla?»
Ryan, questo è il momento della verità. Dovrai pur parlarne con qualcuno, no?
Sospiro. «Pensavo che sarebbe venuta da me.» borbotto.
«Cosa?» esclama Liam mentre si slaccia la camicia.
«Pensavo che sarebbe venuta da me.» ripeto.
«Questo l'ho capito.» dice lui, «Non ho capito però perché eri convinto di questo.»
«Non lo so, okay?» sbotto, «Pensavo che avrebbe capito che il mio no in realtà era un invito!» dico, «Mica pensavo che fosse così... così...»
«Così come?»
«Non lo so!» agito le braccia, «Credevo che ci arrivasse!»
«Bhe, ma se tu non glielo hai fatto capire...» dice Liam e indossa la maglia nera.
«Ma io pensavo che capisse!» esclamo, «È abbastanza intelligente da entrare alla Columbia e non da capire che la volevo nel mio letto?»
Liam sbuffa e si siede sul letto. «Evidentemente sì.» replica, «E tu sei un gran coglione.» dice.
Che palle. «Okay,» scrollo le spalle, «avrei dovuto farglielo capire... ma cavolo, Linds è così irritante che poteva pure farmi incazzare ed entrare nel mio letto!»
Liam ride, «Oh, Ryan... Ryan...» sghignazza, «Ogni tanto sei così... così...» si ferma e mi guarda. «Imbecille.» finisce di dire.
«Cosa? Perché?»
«Perché?» chiede Liam, «E me lo domandi pure?» sbotta, «Fai il sostenuto quando lei ti chiede ospitalità per la notte e le dici subito che dormirà sul divano, ogni volta che ti chiedeva di cederle il letto tu le dicevi di no... si può sapere da dove cazzo ti è uscita sta convinzione che lei capisse che la volevi nel tuo letto se tu hai aperto bocca solo per dirle di no?»
Annuisco, come un cretino.
«Imbecille!» sbraita lui, «Sei un cretino.» sbotta, si leva le scarpe e i jeans, scosta le coperte e s'inginocchia sul letto. «Invece di punzecchiarla come fai sempre, apri quella cazzo di bocca per dirle che ti piace.»
«Non posso.» dico.
«Non puoi? Non puoi?» sbotta Liam, «Che merda di scusa è?»
Sospiro, «Hai visto Lindsay?» dico, «Hai visto in che casa vive?» chiedo, «Lei è così...» sospiro, «Io non sono il suo tipo.» mormoro e incurvo le spalle, «Non siamo dello stesso mondo.» continuo, «Lei è bella, ricca, intelligente e io... io sono solo un'idiota con un padre in galera.»
Guardo Liam che tace, «Tu sei idiota e basta.» sbadiglia. «Buonanotte.» biascica e si ficca sotto le coperte.
Prendo il plaid e un cuscino dall'armadio e vado di sotto, mi siedo sul divano e sospiro.
Sei un gran minchione, Ryan. Non potevi prenderti una cotta per una che non fosse così “troppo” per te?
No, per questo sono uno scemo.
Per lei sono solo quello che le ha occupato la dependance e basta.
Complimenti, Ryan, meriti il primo premio in stupidità. 

*-*-*

Che mal di testa! Dio, ho bevuto troppo! Non mi ricordo neppure come ho fatto a tornare a casa. Svetlana dorme ancora, con un sorriso idiota sulle labbra. Chissà, magari lei si ricorda qualcosa...
Mi trascino in bagno dal quale riemergo dopo mezz'ora, dopo essermi fatta una doccia e aver vomitato anche l'anima. Mi vesto, indossando pantaloni di cotone e una maglietta con le maniche a tre quarti, mi siedo sul letto e sbadiglio, indecisa su cosa fare. Dov'è la mia borsa? Ah, ecco, è sul comodino. Mentre la prendo mi cade l'occhio sulla sveglia — sono le undici e un quarto — e sul post-it giallo. Lo prendo e leggo.
Non. È. Possibile.
«Quei bastardi!» sbotto, «Io Ryan lo uccido!»
«Abbassa la voce.» biascica Svetlana «Ma come siamo tornate a casa?» domanda mettendosi seduta, «Cazzo, che mal di testa...»
«Siete due finte magre.» leggo «Due finte magre, ubriache e svenute. È stata una faticaccia portarvi qui. Ryan e Liam.»
«Che c''è di male?» borbotta la mia amica e io mi limito a fissarla. «Oh, merda.» squittisce. «Ci hanno portato loro qui!» dice, «E se eravamo svenute... ci hanno portato in braccio.» avvampa.
Deglutisco, «Conoscendo Ryan direi che sono entrati da lì.» indico la porta finestra.
«Credi che Liam sia ancora qui?», guardo Svetlana che salta in piedi e si agita, «Oh mio Dio.» squittisce «Cosa mi metto?»
«Ma non sai se è qui!» le faccio notare e mi trascino fuori dal letto, scosto la tendina della finestra e guardo il cortile. «La macchina di Ryan non c'è e nemmeno quella di Liam.»
«Ah, no?» Svetlana smette di correre per la stanza, «Che peccato.» sospira. «È così...» fa un sospiro e lascia cadere il lenzuolo, poi sbianca, si copre la bocca con la mano e corre in bagno, dove vomita anche l'anima.
Che schifo.
Apro la porta finestra che, come immaginavo, è socchiusa. Devo assolutamente capire come cazzo fa ad entrare nella mia stanza.
Mezz'ora dopo scendiamo al piano di sotto.
«Avete un pessimo aspetto.» commenta mia madre mentre chiude il Miami Chronicle. Mamma sfoggia il suo solito aspetto: viso abbronzato ma non troppo, una riga di eyeliner, mascara e rossetto chiaro. Credo di averla vista al massimo tre volte con un rossetto rosso.
«Uhm, grazie.» commento mentre lei versa del succo d'arancia in due bicchieri alti con il bordo rosso, poi prepara due tazza di latte e ci lascia a disposizione cereali, brioche di sfoglia calde e biscotto con gocce di cioccolato.
Svetlana si trascina al mio fianco gemendo e si siede, prendendosi la testa fra le mani, domandandosi perché abbia bevuto così tanto la sera prima.
«Hai visto Ryan?» mi costringo a chiedere mentre mi alzo per andare a recuperare il barattolo con il cacao amaro in polvere.
«Sì, è uscito un'ora fa.» risponde mamma, «Con... come si chiama? Ah, sì, Liam.» dice e io guardo Svetlana, che arrossisce appena, «Doveva riaccompagnarlo a riprendere l'auto.» aggiunge, bacia le nostre teste, ci dice che deve andare al Soleil per fare non so cosa ed esce dalla cucina.
Per qualche minuto io e Svetlana rimaniamo in silenzio, poi le mi guarda e sospira, «Che c'è?» biascico masticando un biscotto.
«Liam...» è la risposta di lei, «Oh, mi ha aiutato ad andare in camera... è un vero cavaliere.» si lascia andare ad altri sospiri mentre fissa il soffitto. Lo guardo anche io, chiedendomi cosa ci sia di così interessante ma, escludendo il lampadario e il soffitto bianco, non c'è nulla.
Probabilmente Svetlana sta avendo una visione di Liam.
Finiamo di fare colazione, rassettiamo la cucina e decidiamo di spalmarci sui lettini accanto alla piscina.
Rimaniamo tranquille per un po', io che penso a quali torture far subire a Ryan e nel mentre spero di non aver fatto nulla d'imbarazzante, Svetlana pensa a Liam, ne sono certa.
Il trillo del campanello ci riscuote dai nostri pensieri. Sbuffando mi alzo e vado a vedere chi è: Melanie, con la sua auto arancione fluo.
La faccio entrare e le dico di seguirmi, le do una sedia a sdraio e mi siedo al mio posto.
«Ryan?» pigola la nuova arrivata.
«Non c'è.» rispondo, «È andato via.»
«Lo hai visto?»
«No.» risponde, «Lo ha visto mia madre.»
«Ah.» pigola Melanie poi sospira, si guarda le mani e alza il viso, «Perché non mi ha guardato, ieri sera?» piagnucola, «Io mi ero fatta carina per lui...» inizia a singhiozzare.
«Ma fa sempre così?» mi chiede Svetlana mentre La Piaga piange che Ryan non la guarda e non la considera e perché lo fa se lui la ama. «È matta?» sussurra.
Io mi limito ad annuire e sorseggio il mio succo. Da cattiva padrona di casa non mi passa neppure in mente di chiedere a Melanie se ne vuole un po'.
«E perché ha portato a casa solo voi e non me?» pigola Melanie.
«Perché lui vive qui, io vivo qui, Svetlana è mia ospite...» rispondo e scrollo le spalle, «Tu abiti dall'altra parte del quartiere, non aveva senso fare il giro più lungo.» le faccio notare.
«Sì, però...»
«Bhe... con chi sei tornata a casa?» chiede Svetlana che sta cercando di non ridere.
«Con Aaron.»
«E di che ti lamenti?» dico, «Ci sono ragazze che venderebbe anche la nonna pur di farsi portare a casa da lui!»
«Ma io amo Ryan!» piagnucola Melanie, «Perché non si è offerto?»
Le opzioni sono tre: o le rido in faccia, o le strillo che è davvero cretina se è ancora convinta che Ryan l'ami oppure la butto in piscina.
Prima che possa scegliere, il cancello si apre ed entra l'auto di Ryan.
Si blocca quando ci vede tutte e tre. «Oh, ciao.» ci saluta. «Linds, Svetlana... tutto okay?» chiede mentre si avvicina.
«Sì.» borbotto.
«È per te, da parte di Liam.» esclama lui e porge un foglio piegato a metà a Svetlana «Ci vediamo.» dice e fa dietro-front ed entra in casa sua.
Guardo Svetlana che apre il foglietto, «Chiamami. Liam.» legge e si lascia andare a un sospiro mentre si affloscia contro il lettino, sospira e stringe al petto il foglietto, poi lo alza, lo fissa e... lo bacia.
Lo bacia.
Houston, abbiamo un problema. Un problema serio, perché Svetlana è completamente partita!
Poi, fra un sospiro e l'altro della mia migliore amica, il mio sguardo cade su Melanie, che fissa la dependance con gli occhi pieni di lacrime: Ryan l'ha ignorata completamente, non l'ha salutata e non l'ha degnata neppure di un misero sguardo, ora che ci penso.
«Liam...» sospira Svetlana, ignara di tutto, mentre fissa il cielo con aria sognante, poi si alza in piedi, afferra il cellulare e saltella via ridacchiando come un'adolescente alla prima cotta.
Guardo Melanie. «Melanie... mi dispiace.» dico e un po' è vero, Ryan è uno stronzo insensibile. Cosa gli costava salutarla? Guardo anche io la dependance e in quel momento Ryan esce mentre parla al telefono, mi guarda, sorride poi sbianca quando Melanie lo chiama, si volta e torna dentro. «Che pirla.» dico tornando a guardare Melanie
Lei deglutisce e mi fissa, poi tira su con il naso e si asciuga gli occhi con il dorso della mano. Io mi limito ad alzare il culo per spostare un po' indietro il lettino per tenere la testa all'ombra e non ustionarmi il naso nel sole di fine Agosto ma, prima che le mie mani possano anche solo sfiorare la plastica bianca, qualcosa mi travolge e mi fa cadere in acqua. Riemergo e tolgo i capelli dal viso. «Melanie?» sbraito, «Che cazzo ti è preso?»
Lei si avvicina a me e posa le sue mani sulla mia testa e mi spinge sott'acqua. Cerco di togliermela di dosso ma lei è semplicemente più forte di me. Riesco a riemergere per qualche istante, giusto il tempo di sentire l'urlo di Svetlana e il cancello che si apre.
Poi qualcuno spinge Melanie via da me e mi fa riemergere. Anche se non apro gli occhi so che è Ryan. «Ma che cazzo ti prende, idiota?» abbaia contro Melanie, «Stai bene?» mi chiede mentre mi spinge piano verso il bordo, dove Aaron e Svetlana mi aiutano a risalire.
«Tu preferisci lei a me!» grida Melanie.
«Tu sei una fottuta piaga, Melanie.» ribatte Ryan, «Mi hai rotto i coglioni, lo vuoi capire? Smettila di starmi addosso!» 
Melanie sgrana gli occhi e scoppia a piangere mentre Svetlana quasi mi spinge in bocca il bicchiere con il succo. «Ma io...» pigola la Piaga, «Io...»
«Melanie, calmati.» dice Aaron e lo guardo, fissando i suoi occhi quasi tristi mentre fissa Melanie che piange. Svetlana mi avvolge le spalle in un asciugamano e si siede accanto a me, abbracciandomi.
«Ma Ryan...» pigola Melanie, «Io ti amo.» dice mentre sto ancora guardando Aaron e sento lo sguardo di Ryan su di me.
«Sto bene.» gli dico e lui sorride prima di accarezzarmi i capelli bagnati.
«Ryan!» grida Melanie e si avvicina.
«Vattene.» ribatte lui, «Vattene subito.» dice, «Ora!» urla.
Melanie raccatta la sua borsa e corre via.
«Vado ad aprirle il cancello.» sospira Svetlana, mi scocca un bacio sulla guancia e si alza, allontanandosi dietro la scia di lacrime di Melanie.
«Stai bene?»
Osservo stupita Ryan. Il suo tono è dolce a differenza di prima. È completamente vestito e bagnato. Si è tuffato in acqua per aiutarmi, senza pensare a togliersi anche solo le scarpe. «Sto bene.» dico e gli sorrido e bevo un altro sorso di succo, finendo il contenuto del bicchiere. «Grazie.» gli sorrido e mi sorride anche lui e io distolgo lo sguardo, come se fossi in imbarazzo, così mi concentro su Aaron
Lo fisso e seguo il suo sguardo, vedendo l'auto di Melanie che esce dal cancello. Sembra triste, addolorato, come se... come se... come se...
Cazzo! Non è possibile!
No, sul serio, non è possibile.
Ora tutti i pezzetti s'incastrano, andando ognuno al proprio posto. Ecco perché, quando eravamo in viaggio, ogni volta che Melanie mi chiamava e io le dicevo che Ryan era impegnato o era con una... poi Aaron riceveva una telefonata e usciva dalla stanza.
Ecco perché, ogni volta che parlavamo male di lei, lui taceva.
Ecco perché ieri sera c'era anche lei, anche se io non l'avevo invitata, lo aveva fatto lui.
Aaron è innamorato di lei.
Devo dirlo a Svetlana!
Un'ora dopo, dopo aver ripetuto a Ryan che sto bene almeno una dozzina di volte, io e Svetlana torniamo in casa, in camera mia.
«Ad Aaron piace Melanie.» sbotto all'improvviso mentre indosso abiti asciutti.
«Cosa?» strilla Svetlana, sgranando i suoi occhioni blu. «Dici sul serio?»
Annuisco e le spiego tutto. «Capisci?» chiedo.
Lei si siede sul mio letto, «Oh, mio Dio.» dice, «Povero Aaron.» sospira, «Lui l'ama ma lei vuole Ryan che non la sopporta e a cui, in ogni caso, piaci tu.»
«Esatto.» annuisco e mi rendo conto di quello che dice, «Ma sei scema?» sbotto.
«Tu gli piaci.» dice lei e annuisce con convinzione. «Gli piaci.» ripete.
«Tu sei scema.» dico io.
Lei si limita ad alzare gli occhi al cielo e sbuffa. «Come vuoi.» borbotta. «Cosa facciamo?» chiede.
E mentre decidiamo cosa fare, io penso che non piaccio a Ryan. Lui è un'idiota, anche se mi ha salvato da quella disgraziata di Melanie 
E comunque, a me Ryan non piace, ecco.



Ah ah ah... pensavate che il titolo si riferisse a Ryan e Lindsay? Invece no, è per Svetlana e Liam... due adorabili piccioncini!
E si scopre anche chi è la ragazza che ha rubato il cuore di Aaron, la carissima Melanie. E chissà se lo capirà?
Non preoccupatevi, siamo al punto di svolta che volevo.
La canzone che canticchia Lindsay Canterina Ubriaca è, ovviamente, I want it that away, dei Backstreet Boys.
Mentre il titolo del capitolo è una canzone dei Blue. Come al solito ringrazio chi legge, chi mette la storia in una delle liste, chi commenta. E chi mi mette fra gli autori preferiti.
Ci vediamo al prossimo capitolo!

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Nove - When I think of you parte I ***


logo def
hosting immagini

Straigh Through
My Heart

Otto
When I think of you part I
*** My laughs, my frowns ***



«Cosa ha fatto?» esclama Jake.
«La stava» do un altro pugno al sacco «affogando, quella stronza.» finisco e colpisco di nuovo il sacco.
«Perché?»
«Perché è cretina?» chiedo di rimando e mi fermo, passo la mano guantata sul viso.
«Sì, ma che ha fatto Lindsay?» chiede Jake e io mi chiedo se è scemo, «Insomma, la conosciamo...»
«Niente, non ha fatto nulla.» rispondo, levo un guanto e apro la bottiglietta d'acqua, «Stava spostando il lettino e quella pirla di Melanie l'ha buttata in acqua.» dico e bevo un sorso, «Poi l'ha spinta sotto.» continuo e deglutisco, ripensando a quell'istante, quello in cui ho visto la cattiveria di Melanie esplodere mentre spingeva la testa di Lindsay sott'acqua. Mi sono buttato un piscina senza pensare a nulla, se non ha salvare Lindsay.
«L'avrei presa a sberle.» ringhio e rimetto il guanto.
«Non si picchiano le donne.» dice Jake.
«Melanie non è una donna, è una psicopatica del cazzo.» sbotto fra un pugno e l'altro.
«Io l'amo.»
Mi giro di scatto e per poco non cado per terra.
«Aaron... tu cosa?» dice Jake.
«Io amo Melanie.» risponde Aaron.
«Quella Piaga psicopatica?» domando. «Ma come fai?»
«Non è una piaga.» ribatte lui, «È solo innamorata di te.» sospira con tristezza.
«Adesso sarebbe colpa mia?» chiedo.
Lui sospira di nuovo. «No.» dice, «Ma sicuramente Lindsay le avrà detto qualcosa.» aggiunge.
«Linds non le ha detto nulla.» ribatto.
«Tu come lo sai?» chiede Aaron.
«Perché lo so.» rispondo. Lindsay sarà pure un po' stronza ma non credo che lo sia fino a questo punto. «Magari le avrà detto che non sono interessato a lei e basta.» dico, «Se Melanie non lo capisce non è un problema mio.» continuo, «Se non capisce che la ignoro perché non m'interessa è un problema suo, non mio e tanto meno di Lindsay.»
«Tu pensi con le palle.» ribatte Aaron, «Usa il cervello.»
«E io penso che se non ci fossi stato io o Svetlana...» mi fermo perché non voglio continuare.
«Melanie non lo avrebbe fatto.» dice Aaron
«Bha, io non ne sarei così sicuro.» esclama Jake, «Insomma... Melanie è... è» prende un respiro profondo, «è innamorata di Ryan e probabilmente detesta Lindsay perché lavora per noi, perché è la sua padrona di casa e lo vede tutti i giorni... se è uscita di testa credo che sia normale.»
«Normale?» strillo, «Ti pare normale voler affogare qualcuno?»
«No! No!» Jake agita le mani, «Intendevo dire che è normale che sia uscita di testa, non che sia normale affogare la gente.»
Inspiro e mi levo i guanti prima di sedermi sulla panca accanto a Jake, «Senti, Aaron, mi dispiace che Melanie ti consideri solo un amico.» dico ed è vero, «Ma non è normale quello che ha fatto.» sospiro, «Prova a parlarci, perché se lo faccio io come minimo la riempo d'insulti.»
Aaron sospira, «Lo farò.» dice, «Comunque guarda che mi dispiace per Lindsay.»
Lo fisso, «Lo spero.» dico, «Perché lei è nostra amica.» continuo e ignoro Jake che ridacchia. Spero che Liam non gli abbia detto nulla di quello che gli ho confessato l'altra notte. Sarebbe veramente imbarazzante.
«Guarda che c'ero lì anche io, eh!»
La voce di Aaron mi riporta alla realtà. «E allora perché insinui che Lindsay si è meritata di essere quasi stata affogata da Melanie La Piaga Psicopatica?»
«Che cosa?»
L'urlo di Carl fa tremare anche i vetri, probabilmente hanno tremato i vetri dell'intera città.
«Ieri mattina Melanie era da me, vicino alla piscina con Linds e Svetlana,» inizio a spiegare e mi accorgo che Liam è dietro di lui, insieme a Chris e che ha un bel colorito rosso-aragosta, «poi Melanie ha spinto Linds in piscina e le teneva la testa sott'acqua.» finisco di spiegare e mi accorgo che Carl sta per esplodere.
«Ma è scema?» sbotta. «Perché l'ha fatto?»
«Perché è innamorata di Ryan ed è diventata matta?» propone Chris superando Liam e Carl e sedendosi accanto a me.
«Gesù...» commenta Carl, «Lindsay come sta?» chiede.
«È fuori con Svetlana.» risponde Liam e lo guardiamo e lui diventa ancora più rosso.
«Uh, uh.» ride Chris, «Sento le campane che suonano...»
«Che vorresti dire?» squittisce Liam.
«Che sei cotto, Liam.» dice Carl, «Cotto a puntino.» aggiunge e Liam avvampa ancora di più, «Comunque mi fa piacere che Lindsay stia bene.» dice, «E che sia in giro con la sua amica.» aggiunge e ridacchia quando Liam si volta verso la finestra.
«Sei proprio cotto.» dico, «L'hai invitata ad uscire?» chiedo, «No, perché sai, passi dare un bi-»
«Ryan!» mi interrompe lui.
«Passi dal dare un bigliettino a Svetlana ma sai, non voglio fare da intermediario.»
«Uh, Liam scrive i bigliettini come un ragazzino.» ride Jake.
«Bhe, almeno io non ho detto a una ragazza che non poteva dormire nel mio letto quando l'unica cosa che volevo era che ci venisse.» ribatte Liam.
«Di chi parli?» chiede Carl.
«Liam!» lo chiamo e sento gli sguardi degli altri su di me.
«Tu hai detto a Lindsay che non le davi il tuo letto ma in realtà avresti voluto farlo?» chiede Jake.
«No, in realtà lui pensava che Lindsay capisse che lui la voleva nel suo letto anche se le aveva detto di no.» spiega Liam e, Dio, lo ucciderei.
«Ma sei pirla?» sbotta Chris.
«A quanto pare sì.» dice Liam.
«Questo è un colpo basso.» borbotto. «Era una confidenza, Liam!» esclamo, «Potevi tenertela per te!»
Lui ride, «Oh, no.» dice. «Non potevo.»
Oh, merda. «Non l'avrai detto a Svetlana, vero?»
«No, cretino.» risponde lui, «L'ho detto direttamente a Lindsay.»
La bocca si spalanca senza che io possa fare nulla. «Tu che hai fatto?» sbraito e Liam ride. «Brutto idiota.» sbotto capendo che mi ha preso per il culo.
«Ah, Aaron è innamorato di Melanie.» sghignazza Jake facendo arrossire Aaron, Chris e Liam iniziano a chiedere il perché e come faccia a piacergli una come lei.
«Siete un branco d'idioti!» sbotta Carl facendoci sobbalzare. «Tu,» mi indica «sei un cretino.» dice, «Apri quella cazzo di bocca e dì a Lindsay che ti piace, che vuoi andare a letto con lei o qualunque cosa sia.» continua e io annuisco come un cretino.
«Non posso.» dico.
«Perché?» chiede Carl.
«Perché no!» ribatto e lui scuote la testa.
«Liam, se Svetlana ti piace così tanto come sembra, invitala ad uscire senza dare dei bigliettini a Ryan. Avete venticinque anni, non quindici!» Carl continua con le sue “perle di saggezza”, «Aaron... parla con... con.. Melanie e dille di calmarsi, altrimenti la prossima volta che la vedo la prendo a calci.» dice, «Chris, Jake... smette di ridere come due idioti altrimenti quando sarà il vostro turno riderò per tutto il tempo.»

*-*-*

Io e Svetlana svoltiamo a sinistra e mi blocco quando vedo Melanie a qualche metro di distanza da noi. Lei si blocca e mi fissa.
Per fortuna non ci sono piscine o fontane qua attorno, penso. Però c'è l'oceano dietro di noi.
«Andiamo.» esclamo e spingo Svetlana. Il ristorante dove vogliamo pranzare è proprio accanto a Melanie, che è ancora ferma.
«Io la uccido.» sibila Svetlana.
«Dopo di me, cocca.» dico.
In breve siamo davanti a Melanie. «Spostati.» esclamo, «Dobbiamo passare, sei proprio davanti all'entrata.»
Melanie si guarda attorno e fa un passetto di lato. «Io... scusami.» squittisce.
La fisso e ho voglia di romperle la testa. «Ma sei cretina?» sbotto, «Hai tentato di affogarmi, imbecille.» sibilo facendo un passo verso di lei, «Sparisci!» le dico e poi Svetlana mi trascina nel ristorante. Al maître dico il mio cognome e lui ci accompagna al tavolo che ho prenotato.
Ci sediamo in un tavolino del giardino interno, poco lontano da una piccola fontana.
«Dio, non credevo che fosse così...» sospira Svetlana aprendo il menu.
«Matta?» finisco. «Prendi la grigliata di pesce.» suggerisco, «Il cocktail di gamberetti è buono, anche l'insalata di mare è okay.»
«Come primo?» domanda lei.
Ci penso un attimo mentre scorro la lista, «Linguine allo scoglio.» rispondo.
Svetlana annuisce, «Allora, io prendo il cocktail di gamberetti, le linguine e la grigliata.»
«Okay.» annuisco e chiudo il menu, «Io l'insalata di mare, linguine e il fritto misto.» esclamo, «Poi ci scambiamo il primo e l'antipasto?»
Svetlana sorride, «Ma certo.» dice, «Da bere?»
«Vino.» rispondo, «Lo facciamo scegliere a loro, mi fido.» dico, «Sono fenomenali.»
Il cameriere arriva e noi ordiniamo, io gli chiedo del vino indicato a quello che abbiamo preso e una bottiglia d'acqua naturale.
«Allora...» dice Svetlana, posa i gomiti sul tavolo, intreccia le dita e posa il mento su di esse, «Ieri Ryan è stato... wow.» dice, «Il cavaliere con l'armatura scintillante che ti salva...» sospira.
«Mi ha tirato fuori dall'acqua ma non è un cavaliere.» dico.
Svetlana ridacchia, coprendosi la bocca con la mano su cui spiccano le unghie decorate di verde chiaro, «Sì che lo è.» dice, «Ha fatto una cosa così... romantica.» sospira.
Alzo gli occhi al cielo, «Liam?» domando, giusto per cambiare discorso.
Svetlana mi fissa e le sue guance si colorano di rosso. «Sta bene.» dice poi si blocca quando arriva il cameriere con il vino, l'acqua e due bruschette.
All'improvviso, mentre addento la bruschetta, sento uno squit squit inconfondibile.
«Cosa ci fa qui?» chiede Svetlana osservando Melanie che avanza con i suoi genitori, i tre si sistemano in un tavolo poco lontano da noi.
«Pranza?» dico e sospiro. La madre della Piaga mi fissa e sorride, agita la mano e ridacchia. Ecco da chi ha preso Melanie.
«Gesù.» commenta Svetlana, «Che famiglia...»
«Perché tu li hai visti solo adesso.» esclamo, «Non li conosci come li conosco io...»
Svetlana scrolla le spalle, «Cambiamo discorso...» dice, «Hai ringraziato Ryan?»
Sbuffo, «Sì che l'ho fatto.» borbotto e bevo un sorso di vino, «C'eri anche tu, ricordi?»
Lei sorride, «Ma potresti ringraziarlo in un altro modo...» mormora, «Magari usando labbra e lingua non per parlare...» ammicca.
«Ma sei scema?» sbotto e lei ridacchia, «Pensa un po' a Liam... quand'è che gli chiederai di uscire?» domando.
Lei avvampa, «Bhe... ecco... io...» dice e sventola la mano destra davanti al viso, «Non fa caldo, dentro qua?»
Mi sta nascondendo qualcosa ma prima che possa dirle di sputare il rospo arriva il cameriere con gli antipasti.
«Allora...» esclamo mentre le rubo un gamberetto, lo intingo nella salsa rosa, «Quand'è che chiederai a Liam di uscire?» chiedo e mangio il gamberetto. È una vera delizia! «Non ti sei mai fatta problemi, in questo senso.»
Lei arrossisce e abbassa lo sguardo, «Ehm... più tardi, magari.» dice e manda giù un sorso di vino, «Dopo pranzo.» mi sorride.
Okay, adesso sono certa che mi nasconde qualcosa. Ha già chiesto a Liam di uscire? «Tu gli hai già chiesto di uscire!» esclamo, «Brutta befana, perché non me lo hai detto?» chiedo.
Svetlana ridacchia, «Ma io non gli ho chiesto nulla!» dice, «Ho solo pensato di farlo.» sbatte le ciglia, piegando la testa di lato e osservandomi con le labbra sporche di salsa rosa.
Mente, lo so. «Okay.» dico.
Mentre mangiamo evitiamo di parlare di Liam, di Ryan o di quello che è successo ieri, chiacchierando di vari argomenti; quando aspettiamo che ci portano il primo Melanie si avvicina.
«Che vuoi?» chiedo e ho voglia di ficcarle il bicchiere in gola, giusto per farle provare la sensazione di non respirare.
Lei arrossisce, china la testa e sposta il peso del corpo da un piede all'altro, «Ecco io....» dice, «Scusa.» sospira.
«Solo scusa?» dice Svetlana, «A me pare un po' poco.»
Melanie avvampa, «Ecco io... bhe...» balbetta e ci guarda. «È che tu stai sempre attorno a Ryan...»
«Ryan vive nella mia dependance.» le ricordo, «È normale che lo vedo più spesso di te.» dico, «Quindi sarebbe colpa mia se tu hai perso la brocca e hai tentato di affogarmi?» domando abbassando la voce.
Melanie mi fissa e so che mi odia, oh sì che mi odia. «Potresti anche parlargli bene di me.» dice, «Perché prima che arrivassi tu le cose andavano bene e lui mi parlava e mi sorrideva e gli piacevo.»
Svetlana posa la mano davanti alla bocca e sono sicura che sta cercando di non ridere. «Se ne sei convinta...» esclamo.
Melanie mi fissa, «Le cose erano diverse.» ripete lei.
«Diverse del tipo che tu, per entrare al Soleil, pagavi?» le chiedo e sorrido.
Lei diventa rossa e stringe le labbra, sospira, si volta e torna dai suoi genitori.
«Che imbecille.» ridacchia Svetlana.
Alzo gli occhi al cielo. «Evitiamo di parlare di lei.» dico e noto che il cameriere si sta avvicinando con le nostre linguine. «Concentriamoci sul pranzo.» esclamo.
Svetlana annuisce e sorride, «Okay.» dice, «Ma dimmi... non sarebbe il caso di fare un regalino a Ryan?»
«Non molli l'osso, eh?» esclamo mentre prendo le posate, «Non gli farò nessun regalino.» dico, «Se sarà necessario glielo farò a Natale, dato che il suo compleanno è già passato.»
Svetlana annuisce, «Sei una testona.» esclama, «E dai, ormai l'hanno capito anche i muri che ti piace.» dice.
«Tu. Sei. Scema.» ribatto arrotolando le linguine e lei ridacchia. «Ryan non mi piace.» mugugno.
«Come vuoi.» ridacchia lei.
Alzo gli occhi al cielo, sbuffo e continuo a mangiare.
Fortunatamente il pranzo prosegue senza intoppi e Melanie non ci disturba più. Prima di uscire io e Svetlana andiamo in bagno e, mentre ci laviamo le mani, nel bagno entra anche la signora Green accompagnata da Melanie.
«Oh, sono così felice che la mia Melanie abbia trovato un'amica.» squittisce la donna, congiunge le mani e lo porta al viso... sembra una demente con quel sorriso da idiota. «E ha anche un ammiratore.» continua la signora Green, «Un cantate!» squittisce, «Solo che non me lo vuole ancora presentare.» dice, «Io sono curiosa di conoscere questo Ryan ma Melanie è un timidona...»
No, Melanie è una bugiarda. Oltre che psicopatica, s'intende. «Veramente... Ryan...» dico e Melanie mi lancia un'occhiataccia, «Veramente...»
«Veramente, a quanto ne sappiamo, Ryan non è interessato a Melanie, signora.» esclama Svetlana. «Non lo è mai stato, e ieri mattina l'ha praticamente buttata fuori di casa.» continua e sorride.
La signora Green sbianca e guarda la figlia, «Melanie!» squittisce, «Ma tu mi avevi detto...»
«Loro sono solo invidiose!» strilla lei, «È vero, mami, Ryan ama me!»
Mami? Mami?
Oh, mio Dio.
«Invidiose?» ribatte Svetlana, «Ma seria?»
«Lui fa sempre le foto con me!» squittisce Melanie.
«Però vive a due metri da Lindsay...» dice la mia amica, «E sarà lei a lavorare per lui.»
Annuisco, «Eh, già.» dico, «E lo sai che se non sarà Ryan ad invitarti...»
«O Aaron.» m'interrompe Svetlana.
«O Aaron,» riprendo a parlare, «tu dovrai fare come i comuni mortali e pagare per vedere i concerti?» continuo e sbianco, «E visto che fin'ora ti ho invitato io e Aaron...» alzo le spalle e sorrido, «Non entrerai più.» finisco e guardo il volto pallido di Melanie e quello sconvolto di sua madre.
«Andiamo, stella, abbiamo un appuntamento.» dice Svetlana e quasi mi spinge fuori dal bagno.
«Un appuntamento?» faccio io quando usciamo dal bagno, «Noi non abbiamo nessuno appuntamento...»
Svetlana porta la mano destra alla bocca e inizia a mordicchiare le pellicine attorno all'unghia del pollice. «Svetlana!» strillo, «Che hai combinato?»
«Niente!» dice avvampa. «Dov'è la Casa del Gelato?» chiede.
«A un paio di isolati da qui, sul lungo mare.» rispondo, «Perché?» chiedo ma lei non risponde e inizia a camminare lungo la direzione che ho indicato. «Svetlana!» la chiamo, «Dimmi che ti prende!»
«Ma niente!» squittisce lei, «Me ne avevi parlato così bene che ero curiosa!» dice ma so che mi sta nascondendo qualcosa, anche perché non mi ricordo di averle parlato di quella gelateria...
«Okay.» dico, «Facciamo che ti credo...» borbotto, «Andiamo.» sospiro.
Avanziamo lungo il vialetto, alla nostra sinistra una fila di alberi di non so che tipo, alla nostra destra l'oceano, le cui onde sbattono contro l'argine di cemento.
«Allora... che diavolo ti prende?» domando. «E non dirmi niente che non ci credo.» esclamo.
Svetlana arrossisce e si fa aria con la mano, «Fa davvero caldo.» squittisce, «Non trovi?»
«Svetlana!» esclamo, «Dimmi che ti prende.»
«Ma niente!» dice lei «Oh, guarda i gabbiani...» cambia discorso.
«Sono come quelli di Cony Island.» dico, «Dimmi che hai combinato!» ripeto, «Hai un appuntamento con Liam alla gelateria?» chiedo, «Se è così non me la prendo, basta che mi dici la verità!»
Lei mi sorride, un sorriso da bambina che sa di aver commesso una marachella, «Ma niente!» dice, «Non ho fatto nulla...» continua, «Sono solo felice perché prima ho sentito Liam, tutto qui.»
Annuisco, quasi convinta della sua risposta. Tutto fila, tenendo conto del comportamento di Svetlana quando pensa a Liam... chissà cosa farà quando tornerà a New York!
Dopo un'oretta — abbiamo perso tempo in un paio di negozio — arriviamo alla gelateria, entriamo dentro e mi blocco, nel riconoscere la testa castana di Jake e quella biondiccia di Liam.
«Oh, guarda chi c'è...» commento.
«Uh, ma che coincidenza...» dice Svetlana mentre avanziamo verso il loro tavolo e mi accorgo che c'è anche Aaron, che ha una faccia più adatta a un funerale che a un pomeriggio fra amici. E comunque, no, non credo sia una coincidenza!
«Ciao!» li saluto, allegra, e mi siedo accanto a Jake, mentre Svetlana arrossisce e si siede accanto a Liam, guardandolo sbattendo la ciglia.
«Non capisco perché hai fatto venire anche noi.» borbotta Jake.
«Svetlana?» esclamo mentre prendo il menu, «“Ma che coincidenza” un corno!» sbotto, «Tu sapevi e non mi hai detto un cavolo!» dico. 
Lei ha la decenza di arrossire, «Eh... non è mica grave.» esclama guardando Liam.
Sbuffo e alzo gli occhi al cielo, «Come vuoi.» borbotto.
«Gli altri?» chiedo a Jake, «Chris e Ryan?»
«Vedi che lo pensi sempre?» dice Svetlana distogliendo lo sguardo da Liam.
«Ma che palle che sei.» borbotto, «È solo una domanda.» dico.
«Dovrebbero arrivare fra poco.» risponde Jake, che mi sembra l'unico sano di mente qua dentro: Liam e Svetlana si guardano, parlottano fra di loro e ridacchiano, Aaron ha lo sguardo come quello di un cucciolo che ha passato troppo tempo in un canile e io ho una voglia matta di prendere a sberle Melanie.
«Speriamo.» dico, «Che fra Mister Depressione e i due piccioncini...» scrollo le spalle.
Jake scrolla le spalle, «Intanto io vado a cambiare l'acqua al canarino.»
«Jake!» sbotta Liam, «Non parlare così davanti a loro!» dice, scordandosi forse delle due settimane passate sul camper e altro che “vado a cambiare l'acqua al canarino!”
«Non preoccuparti.» esclamo mentre Jake si allontana ma Liam è già tornato a fissare il viso di Svetlana. Sospiro e guardo Aaron. «Come va?» chiedo.
«Potrebbe andare meglio.» mugugna lui in risposta.
Alzo gli occhi al cielo e sfoglio le pagine del menu, indecisa su quale gelato prendere perché, nonostante abbia mangiato come un maiale, ho ancora fame. No, la verità è che per il gelato c'è sempre spazio nel mio stomaco.
«Sei sempre in mezzo.»
«Sono stata incastrata.» dico, «Quindi non è colpa mia, Ryan.»
«Certo, come no.» borbotta lui, «Spostai, stai occupando tutta la panca.» dice sedendosi accanto a me, mentre Chris si accomoda accanto a Svetlana, che lo saluta appena, per poi tornare a guardare Liam sbattendo le ciglia.
Sbuffo e poso il menu mentre Ryan — e non devo pensare che il suo profumo sia buono — chiede dove sia finito Jake.
«Al cesso.» sospira Aaron.
«Su con la vita!» esclama Ryan, «Abbiamo firmato il contratto e tu hai una faccia da funerale...» continua, «Non è morto nessuno!»
«Taci.» borbotta Aaron.
Ryan sbuffa, poi saluta Jake, che si siede accanto a lui.
«Mi stai schiacciando!» mi lamento.
«E che noia che sei.» ribatte lui, «Ti lamenti sempre!»
«Io?» esclamo guardandolo, «Sei tu che stai bello largo, mica io!» sbotto, «Non ci sei solo tu!».
Ryan sbuffa e io ho voglia di dargli un cazzotto in faccia, lo salva solo l'arrivo del cameriere venuto per prendere le ordinazioni.
«Allora, cosa facciamo stasera?» chiede Jake. «Andiamo da qualche parte?»
«Potremmo andare in quel locale a Kendall, quello nuovo, dovrebbe essere figo.»
«C'è sempre il Soleil.» ribatte Ryan, «Almeno siamo sicuri di entrare.»
Alzo gli occhi al cielo, «Potremmo anche cambiare.»
«Non sei stata invitata.» dice Ryan.
«È ovvio che è invitata.» esclama Chris.
Sorrido a Ryan. «Visto?» gongolo. «Sono invitata.» ridacchio.
Lui sbuffa e muove la braccia, poi mi tira i capelli.
«Mi hai fatto male.» mi lamento. «Lo hai fatto apposta!»
«Non è vero.» dice lui, «Sei tu che mi butti i capelli addosso.» ribatte.
Lo fisso e lui mi sorride e vorrei tanto dargli una sberla. «Io non ti butto i capelli addosso, sei tu che mi stai appiccicato!»
«Sei tu che occupi-»
«La finite?» sbotta Aaron, «Perché non ve ne andate e... che so, non vi baciate così la finite qui?»
«Ma sei cretino?» borbotto, «Io, baciare lui? Ma sei scemo?»
«Non sai cosa ti perdi.» ribatte Ryan e mi colpisce con il gomito quando incrocia le braccia.
«Un herpes labiale?» chiedo, «Ne faccio anche a meno, grazie.»
«Uh, quanto siete carini!» cinguetta Svetlana.
«Questa me la paghi.» sibilo fissandola e sporgendomi sul tavolo, poi arriva il cameriere e mi rimetto composta.
«Ma lo mangi tutto?» chiede Ryan, «Ingrasserai.»
«Non sono affari tuoi se ingrasso.» ribatto infilando il cucchiaino nella panna. «Cosa fai?» chiedo vedendo Ryan che mi “ruba” una nocciola. «È la mia nocciola!»
«Ti aiuto a non ingrassare!»risponde lui e mangia la mia nocciola.
Che gran bastardo!
Senza lasciargli il tempo di fare o dire altro, prendo una delle grosse fragole dal suo gelato, insieme a un po' — un bel po', lo ammetto — di panna montata.
«Che fai? Linds, quella fragola è mia!» ribatte lui.
«Ti aiuto a non ingrassare.» lo scimmiotto.
«Tu te le cerchi sempre!» ride Chris.
«Taci.» borbotta lui.
Io mi limito a mangiare il mio gelato anche se ho una voglia matta di buttarglielo in testa ma non lo farò perché questo gelato è davvero buono.
«Ma è un pezzo di cioccolato con le nocciole, quello?»
Fisso il cucchiaino di Ryan che indica il quadratino di cioccolato nella mia coppa, «È mio.» ringhio e gli sposto la mano, «Non pensarci neppure.»
«Tu mi hai rubato la fragola!» protesta lui.
«Perché tu mi hai preso la nocciola!» gli ricordo.
«Ce ne erano altre sei, almeno!» dice.
«Lindsay?»
«Che c'è?» sbotto guardando Chris e lui si limita a indicare Svetlana che sta masticando qualcosa, le labbra sporche di cioccolato... ma lei ha preso una coppa con il gelato alla frutta e lo sciroppo di amarena... «Ma... Svetlana...»
«Fra i due litiganti il terzo gode.» ride lei e io sospiro.
«È colpa tua.» borbotto, «Stupido Ryan.» mormoro.
«Ti ho sentito.»
«Bene.» esclamo e mangio un po' di gelato, «Almeno sappiamo che non sei sordo.»
Lui sbuffa, «Quanto sei adorabile.» dice.
«Grazie.» esclamo io e guardo Svetlana che ride. «Che c'è?»
«Siete così carini quando battibeccate...» risponde. «Proprio una bella coppietta.» mi sorride.
«Tu sei fuori.» ribatto. «Appena verrò a New York ti scombinerò l'armadio delle scarpe.» la minaccio.
Svetlana sbianca, «Non farlo!» squittisce, «Ci metto un paio d'ore per sistemarle!»
«Quante scarpe hai?» chiede Jake.
«Troppe.» replico io.
«Ma non è vero!» si difende lei.
«Ma se all'università avevi delle scatole sotto al letto piene di scarpe!» le ricordo, «Oltre a quelle nella scarpiera e quelle dentro l'armadio.»
«Anche tu ne hai tante!» replica Svetlana.
«Meno di te.» dico e prendo un pezzetto di cioccolato ripieno di nocciole.
«Ma hai tante borse.» sorride la mia amica. «Ne compri una a settimana!»
«Uh, adesso sai cosa regalarle!» ridacchia Chris guardando Ryan.
«Io non le regalo un bel niente.» grugnisce lui.
«Stupido.» borbotto.

«Mi porti a casa?» chiede Svetlana guardando Liam, sorride e sbatte le ciglia.
«Sì.» risponde lui arrossendo.
«Io sono inclusa, vero?» chiedo.
«Direi di no.» risponde Jake. Liam e Svetlana ci ignorano, troppo presi a guardarsi, a sorridersi a a toccarsi le mani.
«Grande.» mormoro. «Ryan...»
«Cosa vuoi?» chiede.
«Vai a casa?»
«Sì.»
«Mi accompagni?»
«Basta che stai zitta.» risponde lui.
«Sarò muta.» prometto. «Grazie.»
Dieci minuti dopo saliamo in auto; Liam ha pagato per Svetlana mentre a me nessuno ha offerto il gelato. Che idioti.
«Ma che è?» domando quando al radio si accende.
«Musica country.» risponde Ryan.
«Cambia, non mi piace.» dico.
Lui sospira mentre esce dal parcheggio. «Non dovevi tacere?» domanda e cambia stazione un paio di volte.
«Lascia qui!» esclamo ma lui cambia di nuovo. «Era In a world like this!» dico. «Dei Backstreet Boys!»
«Non mi piace.» replica lui.
«A me sì.»
«Lindsay... non avevi promesso di stare zitta?» borbotta e spegne la radio. Io sbuffo, incrocio le braccia e guardo fuori dal finestrino.
Quando arriviamo a casa scopriamo che Liam e Svetlana non sono ancora arrivati.
«Quei due saranno da qualche parte a farlo in auto.» dice Ryan mentre posteggia.
«Può darsi.» dico scendendo, «Io non l'ho mai fatto...»
«Linds.... sei vergine?» grida Ryan.
«Non gridare!» esclamo, «E intendevo dire che non l'ho mai fatto in auto!» dico e spero di non essere diventata rossa. «Secondo te sarei andata a vivere con il mio ex se non avessimo mai fatto sesso?»
Ryan ride, «Hai la faccia rossa!» sghignazza. «Era solo una domanda...» dice.
«Ma non dovevi urlare!» ribatto.
«Da come l'avevi messa sembrava che non lo avessi mai fatto!» si difende lui, «Posso anche essere curioso, no?» dice.
«Non sulla mia vita sessuale!» borbotto.
«È una delle poche cose di cui non abbiamo parlato!» replica lui.
Io stringo i manici delle mie borse. «E non ne parleremo più!» sbotto ed entro in casa.
Svetlana arriva mezz'ora dopo, mentre sono in cucina a bere dell'acqua. «Che avete fatto?» chiedo.
«Niente.» sospira lei, le guance rosse e le labbra gonfie.
«Sì, certo, come no.» commento.
Lei sospira,  «Ci siamo solo baciati...» mormora, gli occhi che brillano.
«Pensavo vi foste persi...» rido, «Potevi anche avvertirmi che arrivavi dopo.» dico.
«Non mi è venuto in mente di avvertirvi.» esclama e si versa dell'acqua.
«Bhe, con la lingua nella bocca di lui e le mani sul suo corpo era un po' complicato...» la prendo in giro.
Svetlana arrossisce, «Lindsay!» squittisce e beve un lungo sorso, «E tu? Quand'è che infilerai la tua lingua nella bocca di Ryan?»
Alzo gli occhi al cielo, «Mai.» rispondo.
«Mai dire mai.» ribatte lei. «Dai, prima eravate così carini mentre litigavate!»
«A te l'aria di Miami fa male.» dico. «Molto.»
«Sei tu che non vuoi ammetterlo.» replica lei.
«Io non... non è che non voglio ammetterlo.» mugugno. E se fosse vero? Nah, non è così. Punto. Lo so cosa provo, mi conosco da ventitré anni, dopotutto. «La verità è che Ryan non mi piace. Mi irrita troppo.»
Svetlana ride, «Se lo dici tu.» dice, poi sospira, «Cosa ci mettiamo stasera?»
Alla fine andiamo... al Soleil. Io avrei voluto andare da un'altra parte ma la maggioranza ha vinto. «Non ne ho idea.» rispondo. «Tu potresti indossare anche il sacchetto dell'immondizia, tanto staresti bene ugualmente.» dico, «E comunque Liam ti guarderebbe lo stesso...»
Lei ride, «Oh, lui è così fantastico!» sospira, «È meraviglioso.»
«Come farai quando tornerai a casa?» le chiedo.
Lei posa il bicchiere sul ripiano e mi fissa, «Cosa?» squittisce, «Cosa?»
«Bhe, oggi è il ventisette, tu ritorni a New York il tre Settembre, giusto?» chiedo e lei annuisce, «Quindi... cosa farai quando sarai a casa?»
«Oh mio Dio.» mormora mentre il suo viso diventa pallido. «Cosa farò?» pigola. «Ah, io vengo a vivere qui!»
«Giusto.» annuisco, «Eh?» faccio. «Svetlana, lo conosci da due giorni!»
«È il mio grande amore.» dice lei, «Lo so.»
«Okay.» mormoro. «Va bene.» dico, anche se non ne sono convinta del tutto, e non perché non voglio che sia felice o perché penso che Liam non sia quello giusto per lei, è solo che Svetlana ha questa... abitudine di prendersi una cotta   ogni due settimane. E se finisse tutto in fretta? Lei ci resterebbe male, ne soffrirebbe e a me dispiacerebbe molto.
«Che mangiamo per cena?» chiedo, «Ordiniamo qualcosa o lo prepariamo noi?»
«Noi?» squittisce Svetlana, «Io più in là di un tramezzino, di un piatto di pasta e di una bistecca non so fare altro!»
«Imparerai.» rido, «Petto di pollo e insalata?» propongo aprendo il frigo, «Così restiamo un po' leggere che a pranzo abbiamo mangiato per un reggimento...»
«Okay.» dice Svetlana, «Io preparo l'insalata.» annuisce, «Ma torniamo alla cosa più importante, anche perché sono già le cinque.» continua, «Cosa ci mettiamo?»
Rido, «Non so.» rispondo, «Andiamo a vedere.»
«Mettiti questo.» esclama Svetlana dieci minuti dopo, sventolando sotto al mio naso un micro abitino che non sapevo neppure di avere.
«Ma è minuscolo!» le faccio notare.
«Ma è adatto.» replica lei e lo posa contro il mio corpo. «Sì, è proprio adatto.»
«Per essere raccattata insieme alle prostitute durante una retata.» borbotto.
«Ma no.» sorride lei, «Così Ryan non ti toglierà gli occhi di dosso...» ammicca.
Io alzo gli occhi al cielo, «Tu sei fuori.» replico e mi scanso, afferro un paio di jeans skinny azzurro chiaro e una maglia bianca, lunga fino ai fianchi in stile impero. «Questo è più adatto.»
Lei sbuffa, «Sì, se vai a un raduno di giovani marmotte.» borbotta. «Mettiti almeno un top scollato.»
«Ma questa ha una scollatura a “V” molto profonda!» esclamo.
Svetlana rotea gli occhi, «Come vuoi.» dice, «Io metto questi.» esclama e mi mostra una minigonna di jeans e un top striminzito.
«Non so se Liam riuscirà a tenere le mani a posto.» dico.
Svetlana ridacchia, «Ma è quello che voglio.» dice poi sospira, stringendosi i vestiti al petto. «Mi mancherà, quando sarò a New York.» mormorò.
«Credevo che volessi trasferirti.» le dico.
Lei mi fissa e sospira, «Io lo farei, ma non credo che papà sarebbe d'accordo.» dice, «Non dopo una settimana e non senza averlo conosciuto ed essere andato con lui a pescare.»
Già, il padre di Svetlana ha quest'abitudine di portare i ragazzi di lei, quelli delle storie che superano le sei settimane, a pesca e se il ragazzo prende almeno un pesce, anche uno minuscolo, un pesciolino piccolo piccolo, è adatto a Svetlana.
«Bhe, se i ragazzi sfondando verremo sicuramente a New York.» le faccio notare, «Così tuo padre lo conoscerà e potrà portarlo a pesca.» dico. «Magari può portarsi dietro anche Ryan e abbandonarlo da qualche parte...»
«Sei terribile, lo sai?» ride lei, «Povero Ryan, che ti ha fatto?»
«A parte svegliarmi alle nove la domenica mattina?»
«Non lo fa più!»
«A parte essere entrato in casa mia e avermi visto nuda?» chiedo, «A parte avermi fatto dormire da cani quando eravamo sul camper per il mini tour? A parte avermi spinto giù dal materassino? Escludendo che trova sempre il modo di farmi incazzare?»
«E dai,» Svetlana agita la mano destra, «è solo un modo arcaico per farti capire che gli interessi.»
«E allora perché mi ha fatto dormire sul divano?» chiedo e poso le mani sui fianchi, «Se gli interesso poteva cedermi il letto!»
«Lì è stato stupido.» dice, «Mi presti la tua cintura? Quella con il pendente a forma di cuore.» 
«Sì.» dico, «È lì, nel terzo cassetto.» esclamo mentre mi giro verso il letto, poi mi viene in mente. «No, aspetta!» esclamo e mi volto, «La prendo io...»
Troppo tardi. Svetlana afferra con due dita la maglia verde dell'Heineken. «E questa?» chiede. «Questa è quella che ti ha prestato lui! Perché è qui?» chiede, «Mi avevi detto che gliela avevi ridata!»
«Perché.. perché... perché...» borbotto non sapendo cosa dire. «Ecco dov'era finita!» esclamo, prendo la maglia e vado in bagno. «Chissà perché l'ho messa lì...» aggiungo gettandola nel cesto della biancheria sporca.
«Bugiarda.»
Guardo Svetlana che mi sorride.
«Ma non è vero!» squittisco, «L'avrò buttata lì e me ne sarò dimenticata.» scrollo le spalle.
«Tu menti sapendo di mentire.» dice Svetlana, «Tu l'hai tenuta lì perché quella maglia ha il profumo di Ryan.»
«Ma no!» rido, «Me ne sono dimenticata, giuro.
Lei alza gli occhi al cielo, «Certo, come no.» dice, «Per caso l'hai infilata nel cassetto delle cinture, cinture che usi tutti i giorni e, sempre per puro caso, non l'hai mai vista.» continua, «Ovviamente.»
«Io... bhe... quel cassetto non lo apro sempre.» dico. «È per questo che non l'ho vista.» esclamo e spero di essere risultata convincente. Non posso mica dirle perché era lì!
«Tu l'annusavi!» squittisce lei, «Oh, mio Dio, Lindsay!»
«Ma no!» esclamo, «Cosa pensi!» rido, forse un po' troppo istericamente, «Me ne sono dimenticata, tutto qui.» dico, «Giuro!»
«Facciamo che ti credo.» esclama, poi si gira e prende la cintura. «Iniziamo a prepararci!» cinguetta, «Non vedo l'ora di rivedere Liam.» sospira.

Un'ora dopo siamo in cucina, Svetlana ha i capelli legati in otto grosse trecce perché vuole i capelli mossi e sta preparando l'insalata.
Io guardo la bistecchiera, chiedendomi se è abbastanza calda poi decido di metterci dentro le bistecche proprio quando qualcuno bussa alla porta finestra.
«Ryan.» esclama Svetlana.
«Ciao.» dice lui, «Lindsay, mi presteresti un po' di maionese?»
Sbuffo. «Okay.» dico, prendo il barattolo e glielo porgo.
«Hai i bigodini?» ride lui, «Sembri una pazza!»
«Idiota.» sbotto, «Prendi la maionese e sparisci!» grugnisco.
«Eddai, sei così buffa!» ride lui, «Oh, pollo e insalata...» commenta, «Meglio dei miei tramezzini.» dice.
«Poi unirti a noi se vuoi.»
Lancio un'occhiataccia  a Svetlana, lei mi guarda e ride. «Se vuoi.» borbotto.
«Oh, grazie!» esclama Ryan e si siede.
«Potresti aiutare.» dico.
«Tu non mi hai aiutato.» replica lui.
«Tu avevi lasagne surgelate.» gli ricordo.
Lui sbuffa mentre Svetlana gli posa le posate davanti, io aggiungo un'altra bistecca nella padella
«Perché hai i bigodini?» chiede Ryan.
«Perché sono troppo grandi da essere infilati nella tua bocca.» esclamo.
Ryan ride, «Era solo una domanda!» dice, «Comunque vedete di essere in orario, altrimenti vi lascio qui.»
«Oh, non preoccuparti, saremo puntuali.» dice Svetlana e posa sul tavolo una bottiglia di acqua. «Non vedo l'ora di vedere Liam...»
Ryan ride e mi fissa, «Non penserai di uscire così, vero?»
«No, mancano ancora le stelle filanti.» rispondo, sarcastica.  «È ovvio che li tolgo, scemo.» aggiungo e rigiro le bistecche. «Ti pare che possa andare in giro con sti cosi in testa?»
«Ah, non so, tutto è possibile.» replica lui.
Io mi limito a sbuffare mentre Svetlana ridacchia. Le bistecche sono pronte, così le metto sui piatti e Svetlana mi aiuta a portare i piatti sul bancone della cucina.
La cena fila liscia come l'olio e Ryan ci risparmia dalle sue battute sceme, così, alle otto e mezza, io e Svetlana torniamo di sopra per finire di prepararci.
«Potevi anche essere un po' più gentile.» esclama la mia migliore amica mentre finisco di asciugarmi i capelli.
«E tu potevi anche non invitarlo.» replico.
«Ma povero, la sua cena erano dei semplici tramezzini!»
«Nessuno è mai morto per aver cenato con due tramezzini.»
«Però è triste.» mormora lei sciogliendo la seconda treccia, «Povero, cenare da solo...»
«Tu stai diventando troppo sentimentale.» mormoro e sposto l'asciugacapelli dalla mano destra alla sinistra. «Non sarebbe stata la prima cena da solo.»
Lei sbuffa e posa un altro elastico sul ripiano di marmo del lavandino. «Ti stai indurendo, Lindsay.» dice.
«Ma non è vero!» replico e spengo il fono, spruzzo una dose generosa di lacca sui capelli e inizio a togliere i grossi bigodini. «Lui è irritante.» dico, «Se non fosse così fastidioso non farei così.»
Lei sbuffa e finisce di sciogliere le trecce, «Come vuoi.» dice e passa le dita fra i capelli.
Io rimango in silenzio, arrotolo il filo sul fono e lo sistemo nel cassetto, per poi prendere la trousse dei trucchi. Mi pettino piano, per non rovinare le onde appena creare.
Finiamo di truccarci e di vestirci e, alle nove e mezza in punto, siamo davanti all'auto di Ryan.
«Sei in ritardo.» gli dico quando arriva con cinque minuti di ritardo.
«Sono cinque minuti.» replica lui con uno sbuffo.
«Però se avessimo fatto tardi noi ti saresti incazzato.» esclamo.
«Mi stavo sistemando i capelli.» si giustifica mentre saliamo in auto.
«Non muore nessuno se non ti sistemi alla perfezione i capelli.» replico mentre avvia il motore.
«Mi piace avere i capelli in ordine.» dice lui.
Svetlana ride, «Oh, siete proprio adorabili!» cinguetta. «Proprio una bella coppietta!»
«Ma anche no!» esclamo e incrocio le braccia mentre fisso la mano di Ryan mentre scala la marcia. Non ho ancora capito perché preferisce usare un cambio manuale invece di uno automatico... certo che la sua mano è proprio bella, con quelle lunghe dita...
No, Lindsay, non pensare a quello. Leva quell'immagine dalla tua mente.
Ora!

Finalmente entriamo nel salottino del Soleil.
«Melanie?» esclama Ryan, «Che ci fai qui?» sbraita.
«L'ho invitata io.» dice Aaron.
Io mi limito a sospirare, saluto gli altri e mi siedo accanto a Jake, mentre Svetlana si avvicina a Liam.
«E baciatevi, tanto non ci scandalizziamo.» esclama Chris.
«Intanto che aspettiamo che Lindsay e Ryan si diano una mossa...» esclama Jake, «Ahi!» si lamenta quando lo colpisco con il gomito.
«Scusa.» dico e fisso Melanie, che ci guarda, sorpresa e confusa, come se non avesse capito la battuta di Jake — battuta stupida, fra l'altro — oppure come se l'avesse capita benissimo.
Ryan osserva Melanie, in silenzio e ho quasi l'impressione che voglia urlarle di andarsene, sospira e si siede accanto a me, finendomi quasi addosso. «Scusa.» borbotta e io sono... sorpresa, di solito mi direbbe che occupo troppo spazio, che non è colpa sua ma mia... bah, chi lo capisce è bravo.
«Ciao.» pigola Melanie, stropicciandosi la gonna a fiori. Una gonna orribile, fra l'altro. Io la ignoro, così impara.
Finalmente entra un cameriere con le nostre bevande e Ryan mi passa il mio Long Island. Ci sono anche patatine  e salatini  vari, così ne mangio alcuni, bevo un po' e mi rilasso contro lo schienale del divanetto.
«Che succede?» chiede Chris, «Non vi siete ancora scannati...» commenta indicando me e Ryan.
«Niente.» rispondo e prendo un altro paio di patatine alla paprika.
«Sarà.» dice lui, «Ma è strano...»
Guardo Ryan e lo vedo stringere il suo bicchiere con il Cuba, lo sguardo fisso sul cubetto di ghiaccio che galleggia all'interno. «Sei il solito imbecille.» esclama alzando il viso e fissando Chris, «Quand'è che sarai tu a darti una mossa?» chiede, «Trovati una donna invece di rompermi le scatole.»
«Se Lindsay ha un altra amica come Svetlana...» ride Chris.
«Non c'è nessun'altra come me.» esclama la diretta interessata, poi torna a guardare Liam, a sorridergli e a baciargli le guance.
Alzo gli occhi occhi al cielo e infilo la cannuccia fra le labbra, mentre Jake grida a Liam e Svetlana di prendersi una camera.
Guardo Aaron, che fissa Melanie, guardandola con gli occhioni blu da cucciolotto triste.
«Ehi, Melanie, hai tentato di affogare qualcun'altra?»
Per poco non mi strozzo con il mio cocktail, tossisco un paio di volte e guardo Jake che ha fatto quella domanda.
Melanie sobbalza e lo fissa, «Io... no.» dice.
«Meno male.» commenta Jake e ignora l'occhiataccia di Aaron.
«Io... io... scusa.» mormora Melanie fissandomi.
«Dovevi pensarci prima.» esclama Ryan, «Prima di tentare di affogare Linds.»
«Ryan!» esclama Aaron.
Lui scrolla le spalle e beve, «Bhe, è vero.» dice.
«Sì è scusata.» replica il biondo Aaron
«Calmatevi.» esclama Chris, «Non ne vale la pena.» dice.
Io sospiro e sto per bere di nuovo quando Jake mi viene addosso, «Stai attento!» esclamo e riesco a salvare il mio drink.
«Non è colpa mia!» si giustifica lui, «Ma loro.» indica Svetlana seduta sopra Liam.
«Svetlana!» grido.
«Che c'è?» ansima lei.
«Prendetevi una stanza!» grido, «O spostatevi sul pavimento!» aggiungo e mi sporgo per guardarla, anche lei fa lo stesso, «Rimetti a posto le sorelle, Santo Cielo!» squittisco.
Lei abbassa lo sguardo e si fissa il seno, guardando il top che si è alzato fin sopra al seno. Arrossisce e abbassa il pezzo di stoffa. «Ehm... oops.» ridacchia.
«Forse è meglio se ve ne andate in macchina.» propone Jake.
Svetlana guarda me e poi Liam, «Okay.» dice, «Andiamo?»
Lei e Liam si alzano e, con risolini vari, escono dal salottino. «Ancora cinque minuti e lo avrebbero fatto qui.» dico e bevo un sorso.
«Almeno potavamo vedere qualcosa di diverso.» ride Jake e io sbuffo.
«Porco.» mormoro e lui ride.
«Come se non avessi mai visto un porno...» commenta Ryan. «Lo hai visto, Linds?» chiede.
«Sì, se vuoi saperlo.» sbotto fissandolo, guardando quegli occhi così azzurri... devo smettere di bere. «Ma è diverso un porno con gente sconosciuta che vedere la propria migliore amica che fa sesso.»
Ryan ride ed è così...
Affascinante.
Ficco la cannuccia fra le labbra e aspiro un lungo sorso. Non ci devo pensare. Non devo pensare a Ryan in questo modo.
Non ci devo pensare, punto.
«Ti sei incantata?» mi chiede Ryan.
«No.» rispondo e distolgo lo sguardo.
«Pensavo che volevi provarlo a fare in auto, visto che lì non lo hai mai fatto...»
«Ryan!» strillo, «Cazzo, sei il solito idiota!» sbotto, «Ma devi farlo sapere a mezzo mondo?» sbraito e lui ride e io le prenderei a sberle. O lo bacerei, giusto per farlo tacere.
No, no, no e ancora no!
«E dai, Linds, non ho detto nulla di male...» dice.
«Vai a quel paese.» borbotto e mi spingo contro di lui, giusto per dargli un po' di fastidio, ma lui mi circonda le spalle con un braccio e mi bacia la testa. «Levati.» esclamo, «Mi scombini i capelli.»
«Dopo che ti ho dovuta avere davanti tutta la cena con quei ridicoli bigodini posso fare quello che voglio.»
«Ma vai a quel paese.» dico, «È stata Svetlana ad invitarti, non io!» dico.
«E meno male, altrimenti avrei cenato con due miseri tramezzini.»
«Ti ci potevi pure strozzare con quelli.»
«Non l'avresti mai permesso.»
«Sarei rimasta lì a guardare.»
«Io dico di no.»
«Io dico di sì, invece.» replico e incrocio le braccia al petto.
Ryan mi guarda, mi guarda e mi guarda ancora. Perché mi guarda? Perché mi guarda in questo modo?
«Sei adorabile, Linds.» dice, «Sei adorabile quando fai l'isterica sostenuta.»
Io lo ignoro, mi scosto e bevo un lungo sorso.
«Non ubriacarti, che mi è bastato l'altra notte. Non ho voglia di riportarti su per le scale, con te svenuta e che canti e poi buttarti sul tuo letto. Sei una finta magra.»
«Che hai fatto?»
L'urlo di Melanie mi trapassa il cervello. «Ma che cazzo ti urli?»
Lei mi fissa e stringe i pugni. «Ti ha portato a letto?» pigola rilassando le mani, «Perché?»
«Veramente mi ha accompagnato fino in camera.» replico. «Non abbiamo fatto nulla.»
«Anche se le sarebbe piaciuto.» ride Ryan e io vorrei versargli il Long Island in testa. O da un'altra parte.
«Ma taci.» sbotto, «E comunque,» torno a guardare Melanie «non sono affari tuoi.» dico, «Non dopo quello che hai fatto.»
«Lindsay!»
«Bhe, Aaron... io non sono una che dimentica in fretta.» dico e mi sporgo in avanti, «Melanie... potrei vendicarmi, sai?» dico, scosto i capelli dal viso e getto la ciocca dietro la spalla, «Potrei vendicarmi in un modo che tu non puoi neppure immaginare.»
«Lindsay!» esclama Aaron, «La stai spaventando!» mi rimprovera.
Io lo guardo e sbuffo, «Meglio così.» dico e mi accorgo di qualcosa: qualcuno sta giocando con i miei capelli, lisciando una ciocca per poi farla tornare un morbido boccolo «Ryan.» esclamo e drizzo la schiena. «Mi rovini tutto il lavoro se fai così.» dico, anche se è stato quasi piacevole sentire le sue mani sulla mia schiena. Perché ho messo questo top e non quell'altro, quello con la scollatura profonda sulla schiena?
Santo Cielo, ma ha cosa diavolo sto pensando?
Lindsay. Tu. Sei. Scema.
Lui ride, «Ma è divertente!» dice.
Io mi limito a sbuffare alzando gli occhi al cielo, «Non è divertente.» replico, «È irritante.»
Ryan ride e i suoi occhi sembrano ancora più belli e ancora più azzurri. «Ma io mi diverto, piccola Linds.»
Sono indecisa se dargli un pugno o altro e no, Lindsay, per altro non intendo un bacio, quando Melanie scoppia in singhiozzi rumorosi. Mi giro e la fisso, guardando il suo viso paonazzo e le guance rosse, le lacrime che scorrono, trascinandosi dietro il mascara e la matita e mi chiedo se Melanie conosca il make-up waterproof, i pugni stretti e le spalle che vanno su e giù... «Che c'è?» sbotto, «Perché piangi?» chiedo.
Lei emette un lamento, a metà strada fra il verso di un gabbiano e il lamento di un cancello cigolante e mi fissa, «Hiii.» piange, «Hii.» piange ancora, si copre il viso con le mani e corre via.
«Ma che ha?» chiede Jake.
«Lo sai che è strana.» replica Chris masticando una manciata di salatini — mi chiedo come riesca a infilarsi in bocca così tanta roba senza vomitare.
«Ma che schifo.» esclamo.
«Piantatela.» sibila Aaron e guarda me e Ryan, o meglio, guarda la mano destra del cantante posata sul mio ginocchio.
E da quando quella mano è lì?
Ryan la toglie, così velocemente che per un attimo ho il terrore che possa strapparmi i jeans, «E dai, Aaron... mica posso evitare i guardare Lindsay o le altre!» dice e io sono quasi felice che non mi abbia incluso nelle “altre”.
Dio, sono già sbronza.
Aaron sospira, «Lo so, ma mi dispiace per lei.» dice.
«Tu dovresti dirglielo che sei innamorato di lei.» esclama Jake, «Come dovrebbe fare qualcun altro nei confronti di qualcun altra...» aggiunge.
A Chris piace qualcuna? Perché non credo che si riferisca a Liam e Svetlana... a quanto ne so potrebbero essere già scappati davanti a un giudice ed essersi sposati, anche se non credo che Svetlana rinuncerebbe all'abito bianco, alla location da favola e a un pranzo di tredici portate, ai mazzi di fiori e a tutte le altre cose da matrimonio... anche perché se non m'invita sa che la picchierei.
«Vado a vedere come sta.» dice Aaron strappandomi dai miei pensieri.
«Qualcun altro vuole andarsene?» propone Ryan.
«Io vorrei vedere Aaron che consola Melanie.» dico.
«Sei curiosa.» replica lui fissandomi.
«Guarda che lo so che vorresti vederlo pure te.» dico e lui ride. Da quando la sua risata è così... bella?
Per l'amore del Cielo, Lindsay, datti un contegno!
Posso farcela, sì, posso farcela.
... non se lui mi guarda così.



Allora, ecco qui il capitolo nove, un capitolo lunghissimo che ho diviso in due parti. (così ho il tempo di finire il capitolo dieci!)
Sti due mi stanno facendo uscire di testa -.-
Ah, nel capitolo 8 ho sbagliato una cosa, verso la fine: invece di scrivere "Nel sole di metà agosto" ho scritto "nel sole di fine settembre" (o una roba simile.) Correggerò appena ricaricherò la chiavetta, ovvero ad agosto, così sistemerò gli errorini sparsi.
Passando alle cose serie: il titolo è una canzone di Lee Ryan..
Ogni tanto mi dimentico che magari c'è qualcuno che non ascolta la stessa musica che ascolto io o che, magari, era troppo giovane quando tale canzone è uscita, come I Want It That Way, titolo del capitolo sei, che è del 1999. Ed io ero una quindicenne scema. Adesso ho sedici anni in più e sono ancora scema xD
Poi... le solite cose: grazie a chi commenta, chi inserisce una storia nelle liste e grazie a chi legge la storia.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Nove - When I think of you parte II ***


logo def
hosting immagini

Straigh Through
My Heart

Nove
When I think of you part II
*** My laughs, my frowns ***



Svetlana si sveglia con un sorriso idiota nell'esatto momento in cui mi lego i capelli in una coda alta. «Buongiorno.» mormora.
«'giorno.» biascico passandomi i capelli sulla nuca, assicurandomi che nessun capello sia sfuggito all'elastico. «Dormito bene?» chiedo girandomi verso di lei.
«Sì.» sospira e poi si volta, fissandomi con gli occhioni blu ancora pieni di sonno. Porta le ginocchia al petto e le circonda con le braccia, dalle sue labbra sfugge un sospiro triste e posa la guancia sinistra sulle ginocchia e mi fissa. «Non riesco a credere che domani arriveranno i miei e fra due giorni sarà in volo per New York.» mormora, triste. «Se ci penso Liam mi manca già.» dice.
Io vado verso di lei e l'abbraccio, forte.
«Mancherai anche a lui, lo sai?» sussurro e lei mi stringe, quasi mi stritola e io penso cosa farei se dovessi tornare di nuovo nella Grande Mela. Avrei Svetlana, ma non avrei più...
No, Lindsay. Non puoi pensare a lui. Non ci devi pensare. Non devi pensare a lui, che sta suonando la chitarra, in questo momento. Lo stesso giro di accordi che ha sempre fatto fin dalla prima domenica in cui ti ha svegliato.
Perché se lo facessi vorrebbe dire ammettere quella cosa, e io non sono pronta. Non sono pronta a donarmi, a darmi completamente a qualcuno come ho fatto con il mio ex, perché la delusione sarebbe non dietro l'angolo, ma proprio davanti a me.
E io non voglio più soffrire, piangere per un intera settimana fino a ridurmi a un esserino che non si regge in piedi e che ha consumato tutte le lacrime per uno stupido.
«E se lo invitassi alla cena di domani?» dice lei, «Così mamma e papà lo conoscerebbero...»
Guardo Svetlana e mi chiedo se l'amore renda cretini all'improvviso e mi dico di sì, basta guardare Melanie. O me. «Ehm... sai, credo che sarebbe in imbarazzo.» dico, «Passi per i miei, visto che li conosce... ma una cena mi sembra troppo,» mi fermo e la fisso «formale, ecco.» finisco e scosto una ciocca bionda dal viso della mia migliore amica. «E poi... povero Liam, sarebbe in imbarazzo!»
«Bhe, se tu invitassi Ryan... Liam non sarebbe in imbarazzo.»
Sì, l'amore rende scemi.
«Non ci penso neppure.» replico e mi alzo dal letto, sistemandomi la maglia che si è alzata. «E comunque lo vedrai anche dopo la cena, quindi...» alzo le spalle.
Lei allunga le gambe, quello stacco di coscia chilometrico che si ritrova e mi fissa. «Okay.» dice, «Che facciamo?» chiede.
Scrollo le spalle, «Non so.» rispondo, «Un giretto alla beauty farm?» chiedo, «Un paio di massaggi, fanghi, sauna...»
«Oh, sì!» cinguetta lei e batte le mani, «Così sarò ancora più bella per Liam!»
Che l'amore rende cretini l'ho già detto?

***

«Ma devi sempre stare davanti?»
Mi siedo sul sedile, allaccio la cintura e chiudo la portiera, sbattendola.
«Non sbattere la portiera!» esclama Ryan, «Mi rovini la macchina!» dice.
Io sbuffo mentre Svetlana ridacchia. «Che noia che sei.» borbotto e mi rilasso contro il sedile.
Questa sera andiamo in un locale un po' più tranquillo del Soleil, cosa che non accadrà ancora per molto, fra una settimana i ragazzi avranno un'intervista e il quattro Settembre inizieranno a registrare l'album.
Con il mio aiuto diventeranno famosi. Forse sono troppo egocentrica?
Questi sono gli ultimi giorni in compagnia di Svetlana... mi mancherà, quando tornerà a casa.
Ma tanto c'è lui.
No.
No, no e ancora, assolutamente e categoricamente no.
In breve arriviamo davanti casa di Liam, che è già fuori, sulla soglia del grande cancello di ferro battuto. Sale in auto e, prima ancora di dire qualcosa, tipo un “Ciao” come farebbero le persone normali, si getta su Svetlana e la bacia.
«Ciao Liam.» esclama Ryan, «Come va?» chiede, «Immagino bene...»
«Oops.» mormora il ragazzo seduto dietro di me, «Ciao.» dice.
Io ridacchio e mi volto sul sedile, fissando la mano destra di Liam che si sta insinuando sotto alla gonna di Svetlana. «Ryan... ti arrabbi con me perché sbatto la portiera ma con Liam e Svetlana che lo stanno per fare sul sedile posteriore no?»
Lui si ferma allo stop in fondo alla via dove vive Liam e si gira, «Non scopate sulla mia auto, cazzo!» sbotta e la coppietta si divide, la mia migliore amica diventa rossa.
«Scusa.» dice Liam, «Non succederà più.» aggiunge, «Lo prometto.»
«Lo spero bene.» ribatte Ryan, «Hai la tua di auto, tromba su quella.» dice, «Che sulla mia lo faccio io.»
«Oh, non ti preoccupare, Ryan...» dice Liam, «L'altra sera cos'abbiamo fatto secondo te?»
Io rido, immaginando la faccia completamente rossa di Svetlana.
«Eh, adesso manchi solo tu, Lindsay.»
«Cosa?» chiedo guardando Ryan.
«Manca solo a te di farlo in auto...» risponde lui, «Ahi! Cazzo, mi hai fatto male.» si lamenta quando gli do un pugno sulla coscia destra.
«Così impari, stupido.» mugugno e guardo fuori dal finestrino.
Guardo fuori perché non voglio guardare chi c'è al mio fianco.
E ovviamente non posso fare la guardona.

Quando arriviamo al Blue Sky tiro un sospiro di sollievo. Ancora cinque minuti in quel minuscolo spazio e mi sarei buttata dall'auto in corsa.
Incontriamo gli altri — c'è anche Melanie La Piaga Psicopatica —, «Che succhiotto gigante!» ride Chris indicando il collo di Liam, mi avvicino e gli fisso la parte destra.
«Svetlana!» esclamo, «Santo Cielo, ancora un po' e gli strappavi via la pelle!» rido e saluto Jake con un abbraccio, l'unico che mi sembra sano di mente, fra Aaron che guarda Melanie, lei che guarda Chris che prende per il culo Svetlana e Liam e Ryan che mi fissa.
Perché lo fa?
Perché?
E se prenotassi un viaggio di solo andata per la Luna?
Dopo dieci lunghi minuti, in cui ho pensato di chiedere una sigaretta al tizio tatuato davanti a me, finalmente entriamo.
Troviamo posto a un tavolino tondo, circondato da una panca che lo circonda quasi per intero e io mi siedo fra Chris e Jake.
Così sono al sicuro.
Illusa, Ryan è proprio davanti a me, in mezzo fra Liam e Melanie.
Che l'Inferno di Dante abbia inizio, allora.
O forse è già iniziato.

Quando ordino il secondo Long Island Ryan mi fissa. «Non dirmi che devo smettere perché anche tu hai preso il secondo giro.» dico.
«No, non volevo dirti nulla.» ribatte lui, lasciandomi di stucco.
Eh?
«A parte che hai un pezzetto di buccia di lime sul labbro...» ridacchia e la voglia di ficcargli un lime intero in gola si fa strada in me.
«Grazie.» borbotto passandomi una mano sulle labbra e mi pulisco, o meglio, spero di essermi pulita.
Dopo qualche minuto, quando il cameriere torna con il secondo giro di bevande e altre ciotole di patatine e salatini vari, vedo Ryan sussultare nell'esatto istante in cui il cameriere volta le spalle e se ne va. Dopo qualche secondo sussulta di nuovo e io fisso Liam, pensando che lo abbia preso dentro mentre era impegnato a sbaciucchiare Svetlana. Ma il tastierista è impegnato con altro: la mano destra stringe il boccale di birra, la sinistra è praticamente dentro la ciotola di salatini, quelli a forma di semi di carte e pretzel.
Sorseggio il mio drink, lanciando ogni tanto qualche occhiata a Ryan. «Ma che hai? Stai bene?» domando quando sussulta per l'ennesima volta in meno di cinque minuti.
«Sto bene.» dice e afferra il suo Cuba Libre e beve un lungo sorso. «Melanie!» grida dopo qualche istante, «Vuoi smetterla di toccarmi i coglioni?» urla e so, oh sì che lo so, che qualcuno, dai tavoli accanto, ci sta guardando, magari domandandosi perché un ragazzo si lamenti di una che lo sta toccando proprio .
Melanie arrossisce ma le sue mani rimangono sotto al tavolo. O sulle gambe di Ryan.
Ho un'insana voglia di andare da lei, darle due schiaffi, prenderla per le spalle e scuoterla mentre le urlo di lasciare in pace Ryan, che lui è mio...
Devo smettere di bere. Se non bevvessi non farei questi pensieri assurdi, lo so.
O no?
Due minuti dopo Ryan posa la mano di Melanie sul tavolo, «Vuoi smetterla di toccarmi, per la puttana troia di tua madre?» sibila e anche se c'è casino riesco a sentirlo chiaramente. Dev'essere incazzato sul serio perché certe cose non le ho mai sentite uscire dalle sue labbra.
Melanie fissa il punto in cui le dita di Ryan l'hanno sfiorata e poi fissa il viso del ragazzo, mormora qualcosa che non riesco a capire e non sono capace di leggere le labbra.
«Che hai detto?» chiedo.
«Farmi piacere?» sbotta Ryan, «Cristo Santo, con te non mi si rizzerà mai, ficcatelo in quella zucca vuota!»
Melanie sussulta, sgrana gli occhi e... scoppia a piangere.
«Oh, mio Dio.» commenta Jake, «Questo è davvero troppo.» dice, il volto serio. Seriosità che rimane lì giusto dieci secondi, perché poi scoppia a ridere, così forte che è costretto a posare la testa sul tavolo.
Poco dopo anche Chris è piegato in due dalle risate, Liam smette di masticare e Svetlana rimane in silenzio, la bocca spalancata.
«Finitela!» grida Aaron e Jake e Chris smettono di ridere, mentre Melanie continua a piangere. «Dio, Melanie, piantala anche tu!»
La Piaga alza la testa e lo fissa, «Ma lui... loro...» piagnucola.
Aaron alza gli occhi al cielo e sbuffa, «Va a pulirti il viso.» le dice con dolcezza. Melanie sorride e annuisce, Aaron si sposta e lei va in bagno.
«Dovevate ridere come deficienti?» sbotta il ragazzo fissandoci, «E tu,» si gira verso Ryan «dovevi reagire così?»
Ryan incrocia le braccia, «E che cazzo, continuava a toccarmi e mi dava fastidio! Sono molestie, lo sai?»
«Se fosse stata un'altra persona non avresti reagito così.» sbotta Aaron.
Ryan lo guarda, «Melanie non mi piace, lo sai.» dice, «Piace a te... che tocchi il tuo, non il mio.»
«Si dia il caso che a lei piaci tu, non io.»
Ignoro il proseguimento dello scambio di battute fra i due e guardo Svetlana, che bacia il viso di Liam. Così mi limito a bere un lungo sorso.
«Stella, vieni in bagno con me?» mi chiede Svetlana e io annuisco, così Jake si alza, si alza anche Chris e ci dirigiamo verso il bagno.
Appena entriamo nel bagno delle donne Melanie esce da uno dei cubicoli. Sobbalza appena ci vede e rimane per un attimo ferma.
«Bhe?» le faccio mentre entro in uno dei cubicoli liberi, «Evita di molestare i ragazzi a cui non piaci, altrimenti sembri una patetica alla ricerca di attenzioni.» aggiungo prima di chiudere la porta dietro di me.
Quando ritorno ai lavandini, Svetlana non è ancora uscita. «Sei caduta dentro?» domando.
«No.» risponde lei e sento lo sciacquone scorrere, «Arrivo.»
Due minuti dopo appare, bella come sempre, con quella coda alta che le fa risaltare il collo.
«Credi che io piaccia sul serio a Liam?»
Cosa dicevo stamattina? Che l'amore rende cretini? Bhe, è vero. «Ma sei scema?» rido, «Certo che gli piaci sul serio!»
Lei si lava le mani e sospira, «È che lui mi piace proprio tanto e ho paura di prendermi l'inculata del secolo.» mormora.
«Non succederà.» le dico, «Liam è un tipo a posto.» sorrido mentre mi lavo le mani.
Svetlana annuisce e fa un grande sorriso, «Oh, ma hai visto com'è diventata intrepida Melanie?» ride.
«Sì.» dico anche se non vorrei pensarci.
No, non è che non vorrei pensarci, è che non devo pensarci, che è ben diverso.
«Cavolo, Ryan si è incazzato di brutto!»
«Eh già.» dico mentre mi asciugo le mani, «Andiamo?»
Lei annuisce così torniamo in sala. Di nuovo Chris e Jake si alzano per farci posto però, invece di sedermi fra i due ragazzi, mi metto accanto a Svetlana.
Melanie è seduta accanto ad Aaron, e continua a guardare Ryan, ma lui la ignora perché sta parlando con Liam.
E ogni tanto mi guarda.
E io non so cosa fare, cosa dire, cosa pensare.
Non so se è l'alcol che mi fa fare tutti 'sti pensieri assurdi o se è il pensiero che Svetlana partirà fra qualche giorno o che fra un po' ci sarà la presentazione del gruppo e io dovrò dare il meglio di me stessa.
La cosa giusta, e anche l'unica, che posso fare è non pensarci.
... forse.

Ryan riparte dopo aver lasciato Svetlana e Liam a casa di quest'ultimo, per fargli passare una notte insieme. Quando si sveglieranno Liam porterà Svetlana da me. Se non dovesse farlo li picchierò entrambi.
«Che hai?»
«Eh?» faccio guardando Ryan. «Cosa?»
«Sei stata poco rompipalle questa sera...» risponde.
«Forse perché Melanie le ha rotte per tutti...» replico, più acida di quanto voglia, Ryan però non se ne accorge e ride.
«Quello è poco ma sicuro.» dice, «Allora... che cos'hai?» chiede.
Sospiro e poso la testa contro il finestrino, «Sono solo stanca.» rispondo. Il che non è poi molto distante dalla realtà: tutti 'sti pensieri mi stanno stancando, oltre a procurarmi un forte mal di testa.
«Okay.» mormora Ryan.
Rimaniamo in silenzio fino a quando non arriviamo a casa, scendo dall'auto e guardo Ryan. «Buona notte.» mormoro.
«Buona notte, Linds.» dice
Io sbadiglio e mi dirigo verso la porta d'ingresso.
Una volta nella mia camera getto la borsetta sulla poltroncina, tolgo le scarpe e la giacca di jeans e m'infilo sotto le coperte senza neanche cambiarmi o struccarmi.
Sono troppo stanca per pensare anche a questo.

***

Oggi i genitori di Svetlana tornano a Miami e li andremo a prendere, papà mi ha lasciato il SUV apposta, così ci staranno tutte le loro valigie senza dover fare un tetris per incastrarle, arriveranno per le tre del pomeriggio, o meglio, la nave attraccherò alle tre, quando i coniugi Keaton scenderanno dalla nave non si sa.
«A che ora partiamo?» chiede Svetlana riempiendosi il bicchiere di succo.
«Boh, alle due?» dico, «Così siamo lì per le due e venti e magari troviamo un parcheggio vicino al porto.» aggiungo, prendo il cartone del succo all'arancia e lo verso nel mio bicchiere.
Svetlana annuisce, «Okay.» sorride e guarda fuori dalla finestra, fissando il SUV posteggiato praticamente in cucina, «È enorme.» dice, «Sei sicura di riuscire a guidarlo?» chiede, «Io avrei paura.»
Rido, «Svetlana... quand'è stata l'ultima volta che hai guidato?»
Lei ci pensa per qualche secondo, poi risponde: «Quando sono andata da Jean-Louis, a Boston.»
«Perché c'era lo sciopero dei controllori di volo.» ricordo e lei annuisce, «Ed è stato tipo... due anni fa, giusto?» lei annuisce di nuovo. «Io non ho paura di guidare il SUV,» scrollo le spalle, «È un auto come un'altra.»
«Basta che abbia il cambio automatico.» ride la mia amica e io sento che ho dimenticato qualcosa, ah, sì, devo sciacquare il tappetino di cocco che usiamo fuori dalla porta. Se non lo facessi mamma mi sgriderebbe.
Così io e Svetlana andiamo nel locale lavanderia, e sciacquo il tappetino, per poi lasciarlo ad asciugare sullo stendino. Fra un paio d'ore dovrebbe essere asciutto.

«Oh, mio Dio!» strillo un'ora dopo.
«Che succede?» chiede Svetlana, «Ti senti male?» domanda.
«Sì.» rispondo. «Il SUV ha il cambio manuale.» gemo portando le mani al viso, «Io non so usarlo.» pigolo.
Svetlana apre la bocca, la richiude e la apre di nuovo, «Cosa facciamo?» chiede.
Dalla porta finestra del soggiorno entrano le note degli accordi che sta suonando Ryan. «Dovremo,» sospiro «chiedere un favore.»
«Bhe, sì.» dice, «Sperando che dica di sì.» aggiunge. «Andiamo?»
Controvoglia mi alzo, usciamo all'aperto e troviamo Ryan seduto sul divano a dondolo.
«Ciao.» esclama, senza staccare gli occhi dalla sua dannatissima chitarra.
«Sei libero nel pomeriggio?» chiedo.
«Perché?» domanda lui, alzando il viso e guardandomi.
«Perché oggi tornano i genitori di Svetlana.» rispondo.
«E allora?»
«E allora papà mi ha lasciato il SUV visto che lui e mamma sono andati dal commercialista.»
«E quindi?»
E quindi ti rompo la chitarra in testa!
«Il SUV ha il cambio manuale.» dice Svetlana.
Ryan posa la chitarra accanto a sé e mi guarda per qualche secondo prima di ridere, «E tu, Linds, non sei capace di guidare.»
«Io so guidare!» ribatto.
«Non è vero! Non sai guidare.»
«Non con il cambio manuale!» esclamo incrociando le braccia.
Lui ride ancora, «Okay, lo guiderò io.» dice, «Però mi offrirete il pranzo, okay?»
Guardo Svetlana. In fondo è solo un pranzo, cosa saranno, trenta dollari da dividere in due? Niente. «Va bene.» acconsento.
Ryan sorride e ci fissa, «Perfetto.» dice, «Ci vediamo a mezzogiorno?»
Annuisco, «Okay.» dico e rientro in casa. L'ultima cosa che avrei voluto fare è chiedere aiuto a Ryan ma purtroppo mi è toccato farlo. Perché quello stupido SUV ha il cambio manuale?

«Le chiavi.»
Guardo Ryan che mi sorride, la mano destra protesa verso di me. Con un sospiro gli porgo le chiavi, «Stai attento, altrimenti papà ti ucciderà.» dico.
Lui ride, «Oh, non lo farà.» dice aprendo la portiera, «Cameron mi adora.»
Sbuffo e salgo anche io, ovviamente davanti. Sbuffo ancora pensando che Ryan ha ragione: i miei genitori lo adorano.
Anche Svetlana sale in auto e Ryan prende il telecomando del cancello, schiaccia il pulsante e avvia l'auto.
«Dove vuoi andare?» chiedo, «Basta che sia dalle parti del porto...»
«Non preoccuparti.» ribatte lui, «So dove devo andare.»
«Lo spero.» mormoro.
Lui ride ancora e io mi chiedo cosa ci sia di così divertente.
Fortunatamente il viaggio dura meno del previsto, Ryan parcheggia in un grande posteggio a un paio d'isolati dal porto. «Dopo ti dovrai avvicinare.» dico scendendo, «Perché i genitori di Svetlana avranno un sacco di valigie.» esclamo.
Lui sbuffa, «Okay.» dice. «Il ristornate è di là.» indica alla nostra destra, «Andiamo, che ho fame.»
Mi costerà una fortuna, penso mentre guardo il menu. Costolette d'agnello: trenta dollari, grigliata mista: cinquanta, almeno questa è per due persone. Per tre persone bisogna pagare settanta dollari.
«Io voglio la grigliata mista.» esclama Ryan dopo una breve occhiata. «Con patatine fritte e una birra ghiacciata.»
«La grigliata è per due.» borbotto.
«Prendetela anche voi, così risparmiate.» sorride Ryan.
Sì, risparmierei cinque dollari... guardo Svetlana che annuisce e poi alza le spalle. «Per me va bene.» dice.
«Okay.» sospiro, «Grigliata, patatine e birra per tutti.» dico. Per fortuna ho la carta di credito.
Venti minuti dopo una cameriera ci porta tre piatti bianchi e vuoti, più una grande pirofila piena di patatine fritte; dietro di lei un cameriere tiene fra le mani un enorme tagliere di legno con sopra una montagna di carne alla griglia. Mi sembra davvero tanta per tre persone!
«Ma è tantissima!» esclama Svetlana.
«Ma no, è sufficiente appena per due persone!» replica Ryan e si serve, prendendo un paio di costine e una costoletta.
Io mi servo delle patatine e poi passo la pirofila a Svetlana e prendo una costoletta.
«Buon appetito.» dice Ryan prima di affondare i denti nella morbida carne.
«Buon appetito.» mormoro.

***

«Ma quante valigie hanno?» ansima Ryan mentre Svetlana corre incontro ai suoi genitori.
«Ne avevano cinque.» rispondo, «Due a testa, più una in comune.»
«Veramente sono... sette.» replica Ryan.
Cosa? Guardo il carrello spinto dal padre di Svetlana e conto e valigie. Effettivamente sono sette. Da dove sono uscite le due in più? «Avranno fatto qualche acquisto...» li giustifico.
«Qualche?» ride Ryan, «Avranno preso una roba per negozio!»
«Probabile.» rido anche io.
È bello ridere con Ryan.
È bello stare al suo fianco.
«Katarina!» abbraccio la madre di Svetlana, «Leonard.» abbraccio il signor Keaton.
Ryan stringe loro la mano e lui e Leonard sistemano le valigie nel bagagliaio.
«Fatto acquisti?» chiedo sedendomi sul sedile posteriore, fra Svetlana e sua madre.
«Un po'.» ride Katarina, che ha ancora un leggero accento russo, nonostante sia in America da quasi trent'anni.
Anche i due uomini salgono in auto e, alle quattro meno dieci, partiamo, diretti verso casa.
Una volta oltrepassato il cancello emetto un sospiro di sollievo, e non è perché sono seduta in mezzo — sono la più bassa, mi sembra normale — e neppure perché Katarina ha un profumo molto forte che sa di vaniglia e rosa. No, è perché Ryan mi guardava dallo specchietto retrovisore.
Scendo dall'auto subito dopo Svetlana e mi precipito alla porta, per allontanarmi da Ryan.
Una volta aperto l'ingresso apro la porta finestra del salotto, perché è più comodo per portare dentro le valigie.
«Volete da bere?» domando mentre Ryan e Leonard portano dentro le valigie.
«Oh, sì, grazie.» risponde Katarina.
Io annuisco, «Svetlana li accompagni tu di sopra?» chiedo prima di sparire in cucina, dove preparo cinque bicchieri, la brocca d'acqua e quella del tè freddo. Torno in salotto stando attenta a non rovesciare nulla e poso il vassoio sul tavolino.
Katarina esce dal bagno e si siede sul divano, accanto a me, si versa l'acqua e la sorseggia lentamente, «A chi mandava tutti quei messaggi?» mi chiede, riferendosi a Svetlana che durante il viaggio continuava a scrivere e inviare messaggi su Watsapp.
Bevo anche io, solo che scelgo il tè. Prendo tempo per evitare di rispondere. Il punto è che non so cosa rispondere. «Ad amici.» dico infine mentre Svetlana scende le scale. «Chiedilo direttamente a lei.» ridacchio.
«Chiedere cosa?» domanda Svetlana, prende del tè e si siede accanto a me.
«A chi mandavi tutti quei messaggi.» dice sua madre.
Svetlana arrossisce mentre porta il bicchiere alle labbra, «Ad amici .» borbotta.
Katarina ride, «Sì, sì... ad amici, certo.» scherza.
Svetlana non risponde, limitandosi a bere.
Qualche minuto dopo ci raggiungono anche Leonard e Ryan che mi guarda sorpreso dopo aver notato il quinto bicchiere.
Io sono una persona educata!
«Grazie.» dice lui, strappandomi dai miei pensieri. Lo osservo per qualche secondo prima di distogliere lo sguardo.
«Io sono di là, se avete bisogno.» dice Ryan dopo aver bevuto il suo bicchiere d'acqua, mi guarda un'ultima volta e poi esce dal mio salotto.
Fortunatamente, a distrarmi dai miei pensieri su Ryan, ci pensano i miei genitori, tornati prima del previsto dal commercialista.

***

Ultima sera.
È l'ultima sera che Svetlana passa qui a Miami.
Lentamente scendiamo la grande scala a semicerchio, che domina il salotto.
«Uh, farete conquiste!» scherza Katarina e Svetlana avvampa, mentre mormora un “Mamma!”.
«Lindsay e Ryan sembrano una bella coppia.»
«Che cosa?» starnazzo, «Leonard!» strillo, «Ryan è... non siamo una coppia!» sbotto prima di baciare le guance dei miei genitori.
Il padre della mia migliore amica ride, con la sua voce che ricorda quella di un baritono.
«Andiamo.» ridacchia Svetlana trascinandomi verso la porta finestra.
«Siete quasi in ritardo.» ci accoglie Ryan quando ci avviciniamo alla sua auto.
«Non è vero!» sbuffo salendo in auto, ovviamente davanti.
Ryan alza gli occhi al cielo e si siede, «Come volete.» dice.
Dieci minuti dopo ci fermiamo nel parcheggio poco lontano dalla casa di Liam, accanto alla macchina del ragazzo. Svetlana scende e sale sull'altra, senza dire una parola. La osservo mentre getta le braccia al collo di Liam e lo bacia.
«Su, Linds, non fare la guardona!»
Mi giro verso Ryan, «Non faccio la guardona.» squittisco e lui ride prima di ripartire.
Dieci minuti dopo siamo al Soleil, Jake, Chris, Aaron e Melanie ci aspettano davanti l'ingresso posteriore.
«Liam?» chiede Jake.
«È con Svetlana.» risponde Ryan, «Staranno scopando.»
Io lo ignoro ed entro nel locale, godendomi l'aria fresca. Entro nel salottino e mi lascio cadere su uno dei divanetti, assicurandomi di occupare un bel po' di spazio.
«Linds, stai occupando tutto il divanetto!» brontola Ryan ma si siede accanto a me, dandomi una gomitata e facendomi quasi cadere.
«Idiota.» esclamo, «Sta più attento!» sbraito.
Lui ride e si sistema meglio, ossia allarga le gambe, come se ci fosse solo lui. «Sei tu che pretendi troppo.» dice.
Io lo ignoro e guardo Chris che si siede accanto a me, mentre Aaron, Melanie e Jake si sistemano sull'altro divanetto.
«Spero che Svetlana arrivi presto.» dico dopo aver ordino un Long Island.
«Ma dai, lasciali scopare in pace!» esclama Ryan, «Almeno c'è qualcuno che lo fa...»
Bhe, su questo non posso dargli torto. «Oh, taci.» sbotto.
«Io mi chiedo quando finirete a rotolarvi nel letto insieme...» domanda Jake.
«Mai!» strillo, forse con la voce un po' troppo stridula, così tanto che sento gli occhi di tutti addosso, compresi quelli di Ryan...
Dio, posso essere più imbecille? Evidentemente no.
«Dì la verità, Linds...» esclama Ryan, «Lo so che ti piacerebbe...»
«Darti un pugno in testa, forse.» borbotto.
Ryan ride ancora, «Uh, piccola Linds.» dice e io decido di fare la cosa più saggia: ignorarlo.
Fortunatamente Svetlana e Liam arrivano dopo venti minuti.
«Svetlana?» la chiamo.
«Sì?» fa lei.
«Hai allacciato male i bottoni.» non posso fare a meno di ridacchiare mentre indico la sua camicetta.
Lei abbassa il viso e avvampa, «Oops.» ride mentre si siede accanto a me e sistema quei due bottoni.
Anche loro due ordinano da bere e la serata può finalmente iniziare.
L'ultima in compagnia di Svetlana, anche se un qualcosa — il modo in cui lei e Liam si guardano, si cerchino, e si sfiorano — mi fa pensare che non sia l'ultima. Perché so che Svetlana tornerà a Miami e comunque noi andremo a New York, lo so.
Diciamo che è l'ultima di questo mese.
Mentre bevo sento la risata di Ryan, così... bella e lo guardo, vedendo che indica Chris che ha il viso completamente rosso. Non so il perché, ma è così buffo che rido anche io. Rido e non so neppure il perché. Rido e nel farlo mi appoggio a Ryan, sentendo il suo profumo, il suo respiro e il calore della sua pelle.
Mi sposto, di scatto, sperando che gli altri non abbiano notato nulla e infatti è così, sono tutti troppo presi a prendere in giro Chris per accorgersi di me.
Meno male. Ficco la cannuccia fra le labbra e guardo Melanie, che mi fissa, con quegli occhioni da cagnolino bastonato.
Ma non me ne importa nulla.
Voglio solo divertirmi, questa sera. Perché ho l'impressione che cambierà tutto, nei prossimi mesi.
E non so se sono pronta.

E poi, mentre fisso Svetlana teneramente abbracciata a Liam, Aaron che cinge con delicatezza le spalle di Melanie, Chris e Jake che guardano un video di ragazze che fanno la lotta nella schiuma e che commentano culi e tette come se commentassero una partita di football e Ryan, Ryan che respira accanto a me, che ogni tanto mi fissa, che mi guarda, con quegli occhi azzurri così belli, e il suo profumo che mi solletica il naso, mi viene in mente una canzone che ho sentito qualche settimana fa su YouTube. Una canzone di cui non ricordo il titolo o chi la canta, ma di cui ricordo benissimo l'inizio: “You're my past, my future, my all, my everything. My six in the morning when the clock rings and I open up my eyes to a new day. My laughs, my frowns, my ups, my down, it's a felling that you get when you know that something's true.
When I think love I think of you.”
E mi sa che devo togliermi sta cosa dalla mente.
Adesso, prima che sia troppo tardi e che il mio cuore venga distrutto in milione di piccoli e minuscoli pezzi.



Ecco qui la seconda parte. L'avevo detto che era un capitolo lungo!
Sinceramente non so perchè mi sia uscito così... pieno di seghe mentali.
Comunque ancora cinque/sei capitoli e la prima parte della storia sarà conclusa. Perchè sì, ho tante idee per Ryan e Lindsay e tutti gli altri che non mi fermo xD
Non so se riesco ad aggiornare settimana prossima perché non so se riesco a ricaricare il cellulare. In ogni caso aggiornerò il primo Agosto, e spero di poterlo fare dal portatile, così sistemerò i vari svarioni che ci sono in giro.
Ah, la canzone a cui pensa Lindsay è When I think of you di Lee Ryan.
Come sempre ringrazio chi commenta, chi mette la stora nelle preferite/seguite/ricordate, chi legge e chi mi mette fra gli autori preferiti.
Grazie!

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Dieci - Safest Place To Hide ***


logo def
hosting immagini

Straigh Through
My Heart

Dieci
Safest Place To Hide
*** Can you see me, here I am ***



Svetlana fissa Liam senza sbattere le palpebre o muovere un solo muscolo. Probabilmente è in imbarazzo perché la stiamo fissando tutti quanti. Né io, né lei ci aspettavamo che Liam venisse questa mattina a casa mia.
«Volevo salutarti.» mormora Liam, le guance che si colorano di rosso.
Svetlana sorride e gli si butta addosso, abbracciandolo così forte che sembra debba spezzarlo in due.
«E lui chi è? Devo per caso preoccuparmi?»
I due piccioncini si staccano e arrossiscono entrambi mentre Leonard scoppia a ridere, seguito da mio padre e da Ryan. Che ci sarà di così buffo?
Svetlana si gira verso suo padre, «Papà!» strilla, «Tu... tu...» borbotta prima di girarsi verso di me con l'aria stizzita. «Uffa.» sbuffa, «Ha rovinato il momento romantico.» si lamenta.
«Siete in mezzo al giardino, Svetlana.» le dico cercando di non ridere, «Lo sapevi che i tuoi erano lì, eh.» aggiungo.
Lei incrocia le braccia e io guardo Liam, che se ne sta lì, immobile, senza sapere cosa fare.
«Uh, ma guarda.» dice Ryan avvicinandosi a Liam e mettendogli un braccio sulle spalle, «Guarda qui,» indica il suo orecchio destro «sei completamente rosso!» lo prende in giro.
Liam tiene lo sguardo basso e credo che voglia fuggire. «Io... io...» balbetta, «Io volevo solo salutare Svetlana...» pigola e noi scoppiamo a ridere — tranne Svetlana, che mormora un “Tesoro mio” prima di correre ad abbracciarlo, scatenando altre risate.
«Okay,» dice papà «facciamo così: noi accompagniamo voi due,» indica i genitori di Svetlana «mentre Lindsay accompagna Svetlana e Liam...»
Io mi limito a scrollare le spalle, «Va bene.» dico, «Vado a prendere le chiavi.» aggiungo e rientro in casa. Fortunatamente oggi papà c'è, quindi può guidare quel cavolo di SUV. L'altro giorno si è dimenticato che non so guidare con il cambio manuale. Esco di casa dopo due minuti e papà ha già messo le valige nel bagagliaio della mia auto.
«Aspetta!»
Rimango ferma con la mano sulla maniglia della portiera quando sento Ryan dire quella parola, «Che cosa?» squittisco, «Vieni anche tu?» domando.
«Bhe, sì.» risponde lui facendo il giro dell'auto e aprendo la portiera davanti, «Vengo anche io.» sorride.
Inspiro lentamente e apro la portiera. «Okay.» borbotto salendo in auto, seguita subito dopo da Svetlana e Liam. «Niente sesso, grazie.» li prendo in giro e infilo la chiave nel blocco dell'accensione.
«Stai andando troppo piano.» si lamenta Ryan.
«Che dovrei fare, secondo te?» sbotto, «Andare contro l'auto di papà?»
Ryan sbuffa e incrocia le braccia e no, non devo pensare a quanto possano essere sodi i suoi muscoli. Proprio no. Ho altro a cui pensare, qualcosa tipo guidare, ecco.
«Dio, che lagna è?» si lamenta lui.
«Show 'Em.» rispondo, «Dei Backstreet Boys.» aggiungo «E non è una lagna!»
Lui sbuffa, «Come fanno a piaceri?» si lamenta, «Non potresti ascoltare una delle nostre?»
«No.» rispondo e spengo il lettore cd. «Sei un rompipalle, lo sai?» sbuffo e guardo nello specchietto retrovisore: Liam abbraccia Svetlana, che ha la fronte appoggiata al suo collo e gli stringe le mani. Sono così carini!
Dopo una ventina di minuti arriviamo all'aeroporto e trovo posto a un paio di parcheggi più in là di dove si è fermato mio padre.
Scendiamo tutti quanti e, visto che Liam e Svetlana sono troppo impegnati a tenersi per mano, tocca a Ryan prendere le valige di Svetlana.
Mettiamo i bagagli su due carrellini ed entriamo nel terminal. Dio, sento che scoppierò a piangere da un momento all'altro; Svetlana non è ancora partita e già mi manca.
«Sembri uno che sta andando in guerra.» esclama Ryan, rivolgendosi a Liam.
L'altro sospira e infila le mani nelle tasche dei jeans, «Mi manca.» mormora.
«Ma se è al banco del check-in!» dice Ryan, «È a venti metri da noi!»
Liam lo guarda con l'espressione di uno che vorrebbe dargli un pugno, e lo capisco benissimo, Ryan certe volte è così irritante!
La famiglia Keaton torna da noi e, due minuti dopo, anche i miei genitori, andati a prendere caffè per tutti. All'imbarco manca poco più di un'ora e mezza, così ci sediamo su delle scomode seggiole di metallo e ci gustiamo i nostri caffè.
Guardo Svetlana e la vedo che sta per piangere ma non lo farà, non in mezzo a tutta 'sta gente e non davanti ai suoi genitori, magari lo farà nel bagno dell'aereo...
Liam ha il faccino triste e Ryan sembra incazzato con il mondo intero. Chissà che gli prende. Non devo guardarlo, non devo guardarlo, non devo guardarlo.
Bevo il mio cappuccino concentrandomi su altro, tipo sulla tizia davanti a me, che indossa un ridicolo vestito giallo con fiori viola. Che orrore!
«Stai attento!» sbotto quando Ryan mi dà una gomitata.
«Non ho fatto apposta.» borbotta lui guardandomi, con i suoi occhi azzurri che sembrano vogliano leggermi l'anima.
Così mi volto, puntando lo sguardo sulla donna gialla e viola e sorseggio il mio cappuccino mentre i miei parlano con i genitori di Svetlana dicendo che andranno volentieri a New York a trovarli e che sì, è stato bello averli qui, anche se per poco.
Finiamo i nostri caffè e gettiamo i bicchieri nel cestino e ci avviamo all'inizio della lunga fila che porta ai controlli.
Sono baci e abbracci, e io stringo forte Svetlana. «Diglielo.» mi sussurra dopo avermi baciato la guancia.
«Ma anche no.» borbotto. Io non dirò niente a nessuno, anche perché non c'è nulla da dire. «Anche perché non ho nulla da dire.» aggiungo.
Lei mi sorride e mi dà una pacca affettuosa, prima di abbracciare Ryan. Poi guarda Liam e lo abbraccia prima di baciarlo sulle labbra, incurante dei suoi genitori che la stanno fissando. È proprio cotta.
Li guardiamo avanzare nella fila che scorre abbastanza velocemente e, più in fretta di quanto desiderassi, Svetlana e i suoi genitori spariscono dalla nostra vita.
«Noi andiamo, Lindsay.» dice mio padre.
«Okay.» sospiro.
«Voi cosa fate?» domanda ancora mentre andiamo verso l'uscita.
Guardo gli altri: Liam se ne sta con la testa bassa, perso in un mondo tutto suo, Ryan si limita ad un'alzata di spalle. «Per me è uguale.» dice.
Alla fine decidiamo di chiamare gli altri e di andare in una caffetteria qualsiasi a deprimerci. Almeno è quello che ho intenzione di fare io. E anche Liam, suppongo.
Mezz'ora dopo fermo l'auto accanto alla gelateria dove siamo stati qualche giorno fa. Chris e Jake sono già lì, che ridono e scherzano. Con un sospiro mi lascio cadere accanto a Jake.
«Come va?» chiede.
«Ho appena salutato la mia Svetlana, come vuoi che vada?» borbotta Liam sedendosi accanto a Chris, davanti a me e Jake.
Ryan, dopo un sospiro, si siede accanto a Liam, proprio davanti a me.
Che gioia.
«Aaron?» chiede il chitarrista.
«Dovrebbe arrivare.» risponde Chris, «Sperando che non sia depresso anche lui, altrimenti siamo messi male.»
«Io non sono depressa, sono solo triste.» mormoro.
«Io invece sono depresso.» sospira Liam posando la testa sui palmi delle mani, «Mi manca tantissimo...»
«Ma se non è ancora sull'aereo!» sbotta Ryan, «E poi è a New York, non dall'altra parte dell'universo!»
«Tu non puoi capire.» dice Liam.
Ryan alza gli occhi al cielo e sbuffa, «Io capisco che fai una tragedia per una cosa da nulla.» ribatte e lo prenderei a sberle. «Dai, fra qualche ora la sentirai e la vedrai su Skype.»
«Non è la stessa cosa.» ringhia Liam e io mi chiedo cosa sta pensando la cameriera, di questo gruppo, in cui due sono depressi, altri due ridacchiano come scemi e l'ultimo è un cretino insensibile. «Non sei romantico.»
Ryan lo fissa, le pupille dilatate, «Io sono romantico.» ribatte. «Scrivo canzoni d'amore, ricordi?»
«Un conto è scriverle, un conto è essere innamorati sul serio.» esclamo e, quando Ryan mi fissa, mi pento di aver aperto bocca. Sono cretina, ecco. «Cosa ne sai tu, che esci ogni due settimane con una diversa?»
Dio, sono così acida come se avessi ingoiato un paio di limoni. Interi.
Ryan mi fissa e Jake e Chris smettono di ridere.
«Io uscirò con ragazze diverse ogni due settimane ma non sono io quello che ha scoperto di avere le corna solo perché glielo hanno detto.»
Okay. Le cose sono due: o faccio una scenata oppure....
«Sei un grandissimo stronzo, lo sai?» sbotto, «Stronzo, insensibile e cretino.»
Oppure questo.
Ecco, sono proprio andata.
Ryan mi fissa, sorpreso, la bocca aperta e gli occhi spalancati. E io lo fisso, desiderando che capisca, che capisca perché ho detto questo. Potrei anche aprire la bocca e dirglielo ma non lo faccio, perché... perché non ne ho il coraggio. Perché non voglio soffrire di nuovo, perché vorrei anche io il mio posto dove essere al sicuro e dovo posso nascondermi dal resto del mondo.
«Che succede?»
La voce di Aaron mi riporta alla realtà, così lo fisso, scoprendo che è solo. Meno male, non sono sicura che reggerei Melanie e i suoi stupidi e sciocchi e infantili piagnistei senza urlarle contro qualche insulto.
«Ryan è uno stronzo insensibile che ha appena ricordato a Lindsay cosa le ha fatto il suo ex.» risponde Jake. «E non capisce perché Liam è così triste.»
Aaron sospira, borbotta a Ryan che è scemo e si siede accanto a lui. «È partita?» domanda a Liam.
«No.» dice lui e guarda l'orologio, «Ma sarà già sull'aereo.» mormora, triste.
Aaron annuisce, come se fosse l'unico che possa capirlo. A pensarci bene è così, in fondo: Chris e Jake non hanno una storia seria ma allo stesso tempo non cambiano ragazza ogni due giorni e Ryan... Ryan è Ryan.
Finalmente ordiniamo e giuro che se Ryan dovesse rubarmi anche il più minuscolo ciuffo di panna gli morsicherò la mano.
«Comunque i genitori di Lindsay hanno detto che andranno a trovare quelli di Svetlana...» esclama Liam quando la cameriera — che ha fatto gli occhi dolci a Ryan e, Dio, quanto la detesto — se ne va.
«Cos'è vuoi nasconderti nella valigia di Lindsay?» ride Jake e Liam avvampa.
«No.» borbotta il tastierista, «Io... ecco...» balbetta passandosi una mano fra i capelli biondi, «Io... pagherò il biglietto.» dice.
Io scoppio a ridere, Liam è così dolce! «Meglio così.» dico, «Perché mi incazzerei se scoprissi che hai tolto i miei vestiti dalla valigia per farti posto.»
«Anche perché non so se riusciresti a trascinare la valigia!» ride Jake e io annuisco.
Liam ci fissa e ride, «Giusto.» dice. «Melanie?» chiede ad Aaron, che sospira.
«È a casa.» risponde. «Non mi andava di chiamarla.» dice.
«Allora... pronti per l'intervista?» chiede Chris.
«No.» risponde Jake, «Sono... terrorizzato!» ammette.
Io trattengo una risatina, «Tu, terrorizzato?» dico, «Questa è bella!» commento.
Jake mi guarda e deglutisce, «Ho paura di fare una figura di merda.» geme.
Rido ancora, «E dai, tanto ti faranno due o tre semplice domande...» dico e tolgo le mani dal tavolo quando la cameriera — che sbatte le ciglia quando guarda Ryan — torna con quello che abbiamo ordinato.
«Due o tre domande?» squittisce Jake, sempre più pallido, «Così tante?» chiede e posa le mani sul viso, «Oh, mio Dio.» geme, facendoci ridere, anche se credo che la risata di Chris sia un po'... isterica, ecco.

Ryan cerca di parlarmi ma io lo ignoro. Lo sa che non deve parlare di Josh. Lo sa, eppure lo ha fatto. Brutto stronzo cretino imbecille.
«Linds?» mi chiama, ma io tengo lo sguardo fisso sulla strada, e lo ignoro, almeno fino a quando non gli ordino di prendere il telecomando del cancello. Ma è l'unica cosa che gli ho detto da quando se ne è uscito con quella frase idiota.
Scendiamo tutti e tre — c'è anche Liam — e io mi volto, dando le spalle all'idiota. «Ciao, Liam.» sorrido, «Grazie ancora per il gelato.» gli dico e lo stringo in un breve abbraccio.
«Ciao, Lindsay.» dice lui, poi saluta Ryan e se ne va.
«Lindsay...» mi chiama Ryan, ma io stringo la mia borsa al petto, inghiotto il groppo che ho in gola e vado verso la porta d'ingresso. Deve chiedermi scusa e ammettere di essere stato stronzo.
Io non lo perdonerò facilmente.

*-*-*

Sospiro e guardo la porta finestra. Sono stato davvero idiota questo pomeriggio. Perché glielo ho ricordato? Perché le ho fatto venire in mente quello che le ha fatto quel figlio di puttana del suo ex?
Devo chiederle scusa. Devo farlo, visto che non mi parla e io ho bisogno di sentire la sua voce, anche se mi insulta.
Ho bisogno di lei.
Avvicino la mano destra alla maniglia della finestra e la stringo. È facile, no? Vado da lei, le dico che ha ragione, che sono uno stronzo insensibile e che mi dispiace tanto per quello che le ho detto.
Sì, le dirò questo.
Ma la mia mano non si muove, rimane lì, ferma, sulla maniglia.
Non posso farlo. No. E se mi dicesse che non vuole più vedermi? Che si vuole licenziare? Che devo lasciare questa casa?
Sarebbe terrificante.
Lascio perdere la finestra e mi getto sul letto con un gemito. Perché deve essere tutto così complicato?
Adesso ci riprovo. Mi alzo in piedi e apro la finestra. Magari prima prendo un po' d'aria, per schiarirmi le idee. Mi muovo sulla terrazza, avvicinandomi sempre di più alla camera di Lindsay.
Non ci riesco. Non posso farcela. Proverò più tardi. Sto per andarmene ma la porta finestra di Lindsay si apre e lei esce, con la spazzola in mano. Vorrei prenderla e pettinarla io. Passare la mano in quei capelli castani, così morbidi e profumati.
Hai visto, Liam? Io sono romantico.
Lei mi guarda per mezzo secondo, forse, e distoglie lo sguardo.
«Lindsay... mi dispiace.» esclamo e spero che la mia voce non abbia tremato. «Hai ragione, sono uno stronzo egoista e non avrei dovuto dirti quella cosa. Sono stato un vero coglione e mi dispiace tanto se ti ho fatto tornare in mente quel cretino, giuro che non volevo farlo e che ho parlato senza pensare. So che sembra una frase fatta ma è vero. Ho parlato prima di collegare la lingua al cervello e me ne sono pentito subito. Mi dispiace tantissimo e tu non puoi immaginare quanto mi senta imbecille in questo momento. Ti prego, perdonami.» esclamo e la guardo, dicendomi che non devo più aprire la bocca, altrimenti potrei dire qualcosa di troppo.
Lei mi fissa, sorpresa dal mio fiume di parole. «Okay.» dice. 
Okay? Solo Okay?
«Oh.» mi limito a dire. «Va bene.» sospiro e infilo le mani nelle tasche dei jeans. «Ma mi perdoni sì o no?» chiedo e sono sicuro di sembrare un idiota.
Lei ride, «Diciamo che se mi offri la colazione...»
Io annuisco, felice. «Sì, okay, va benissimo!» esclamo. Mi ha perdonato! Mi ha perdonato!
«Buono il waffle con la Nutella?»
Come fa ha sapere che mi sono ingozzato di waffles? «Eh?» mormoro, «Cosa?»
Lindsay ride ancora, «Guardati allo specchio.» dice e si volta, «Ci vediamo!» aggiunge prima di rientrare in casa.
Corro in bagno e scopro, con mio sommo orrore, di avere il mento pieno di briciole e sporco di Nutella.
Questa sì che è una figura di merda!

***

Un respiro profondo.
Una scusa qualsiasi ed entro in cucina.
«Che vuoi?» domanda Lindsay mentre sorseggia una tazza di caffè.
Che voglio? Te.
Voglio te.
«Ehm...» borbotto, «Fra una settimana è il compleanno di mio padre.» dico.
«Ah, sì?» replica lei, «Quindi?»
Faccio un respiro profondo, «E quindi vado da lui.»
«In prigione?»
«Sì.» rispondo.
«Dopo quello che ti ha fatto?» domanda lei, sorpresa.
Annuisco. «Sì.» dico.
«Perché?» chiede.
Sospiro e mi siedo di fronte a lei. «Perché..» borbotto. «Perché l'ho promesso alla nonna.» rispondo.
Lei mi guarda come se fosse sorpresa dal fatto che io abbia una nonna.
«E non può andarci lei?» chiede e posa la tazza.
«È morta.» rispondo.
«Oh.» mormora, «Mi dispiace.»
Io le sorrido, «Non lo sapevi.» dico, «È che glielo ho promesso...» scrollo le spalle.
«E me lo dici perché...» esclama lei.
Ecco il momento della verità. «Di solito mi accompagna Jake, ma è impegnato,» dico e sfioro il ripiano «lo sono anche gli altri.» finisco. «Ecco, io volevo...» borbotto. Devi solo chiederlo, sono solo due stupide parole. «Mi accompagneresti?» chiedo.
Dimmi di sì. Dimmi di sì, Lindsay, perché sei l'unica che voglio che venga con me.
Lei mi fissa e so che sta decidendo cosa fare. Passano alcuni lunghi, lunghissimi secondi, nei quali lei prende tempo e beve un sorso di caffè. Poi mi guarda.
«Va bene.» dice, «Ti accompagno.» aggiunge.
Io le sorrido, «Grazie.» esclamo e mi alzo in piedi. «Ti faccio sapere l'ora.» aggiungo e rubo un paio di biscotti prima di uscire dalla porta finestra.
«Non rubare i miei biscotti!» la sento urlare, «Brutto scemo!»
E, mentre ficco in bocca uno dei dolcetti, sorrido.

***

«Tu devi dirglielo!»
«Ma sei scemo?» sbotto guardando Jake, «Io non le dirò mai nulla!»
«Ma se le hai detto di tuo padre...» sbuffa lui, «Sono solo tre parole: tu mi piaci.» dice, «Apri quella bocca e dì a Lindsay che ti piace!»
«Io non le dico un bel nulla!» ribatto incrociando le braccia.
«Però le hai parlato di tuo padre!» esclama Jake agitando le braccia, finendo per assomigliare a un cretino, «Non lo hai mai detto a nessun'altra ragazza!»
Scrollo le spalle, «Ero depresso.» mi giustifico. «Io non le dirò un bel nulla, okay?»
«Sei un pirla, lo sai?» sospira Jake, «Prima o poi Lindsay troverà un altro, magari andrà a vivere con lui e tu non la vedrai più se non per il lavoro.» dice, «Sempre che non si licenzi per seguire il suo nuovo amore...»
Stringo le labbra a queste terribili previsioni. «Lindsay è così scorbutica e isterica e irritante che non troverà nessuno.» dico.
«Certo, sarà pure così, però a te piace.»
Eh, già.
Guardo Jake e rimango in silenzio. «Oh, sei un vero rompi coglioni.» sbuffo. 
Lui sbuffa e alza gli occhi al cielo, «Tu sei strano, lo sai?» dice, «Continui a dire che non ti piace ma non è vero, continui a dire che Lindsay è irritante ma sei sempre lì a stuzzicarla...»
«Lei è irritante e mi diverto a irritarla.» ribatto.
«Però ribolli al solo pensiero che possa interessarsi a qualcuno.» dice Jake e si siede sul mio divano.
«Sei noioso.» sbuffo.
«E tu sei scemo.» dice lui e sorride. «E comunque... perché lo hai chiesto a lei?»
«Perché tu sei impegnato.» rispondo.
«Ci sono anche Liam, Aaron e Chris.» ribatte lui, «Ma invece tu lo hai chiesto a lei.» dice, «Hai chiesto a Lindsay di accompagnarti in prigione a trovare tuo padre.»
«So cosa ho fatto.» dico e vado in cucina, «Vuoi del caffè?»
«Non cambiare argomento!»
«Io non cambio argomento, faccio solo la persona gentile che offre il caffè al suo ospite.» ribatto, «Lo vuoi o no?» chiedo versando del caffè nella mia tazza.
«Sì, grazie.» dice lui e si avvicina al tavolo, «Comunque... perché lo hai chiesto a lei?»
Taccio perché non so cosa rispondere, cioè, so perché ho chiesto a Lindsay di accompagnarmi, il problema è che non posso dirlo a Jake. O a nessun altro, per essere più precisi.
«Ryan?»
Verso del caffè per Jake e gli porgo la tazza. «Non lo so.» mento, «Non so perché lo abbia fatto.» altra bugia, «Glielo ho chiesto ancora prima di pensare una cosa del genere!»
«Lo sai che non è l'idea più furba del mondo?» dice Jake mentre sorseggia il caffè, «Anche se, insomma... passerai un paio d'ore in auto con lei...»
Oh, è vero!
«Ma non l'ho mica fatto per questo!» ribatto, «Domani abbiamo l'intervista, non è il caso che vai a riposarti, pensare cosa dire o una cosa del genere?»
Jake mi fissa e sbianca, «Merda.» sbotta, «L'intervista!» gracchia e finisce il caffè in due sorsi. «Vado.» dice, «Devo vedere se mamma ha della valeriana o dello Xanax.» aggiunge.
«A domani!» lo saluto accompagnandolo alla porta.
Domani c'è l'intervista e poi iniziamo a registrare. Devo calmarmi anche io, però.
Come se fosse facile.

*-*-*

«Ehm... stai bene?» chiedo vedendo Jake sbiancare per poi precipitarsi verso il bagno degli uomini. «Ehm... no.» mi rispondo da sola e guardo gli altri, «Qualcuno va a controllare?» chiedo.
«Perché non ci vai tu?» chiede Ryan.
Alzo gli occhi al cielo e sbuffo, «Perché è il bagno degli uomini.» rispondo.
«Vado io.» dice Aaron alzandosi dalla sedia.
Oggi è il giorno dell'intervista e domani i ragazzi inizieranno a registrare e sono nel panico più assoluto, anche se cercano di non dimostrarlo. Bhe, a parte Jake. Oggi è martedì, sabato mattina ci hanno informato che avevano posticipato l'appuntamento di qualche giorno. Per la terza volta. Per tre volte hanno cambiato giorno e orario.
«È tutto okay.» esclama Aaron uscendo dal bagno, «Adesso arriva.»
«Dategli una mentina.» dico e mi allontano di un paio di passi, «Fra un quarto d'ora s'inizia.» aggiungo.
Inizierà la fase del trucco e parrucco, ma questo non glielo dico.
Io e Ryan abbiamo fatto pace. Quando mi ha chiesto scusa due sere fa non ho saputo — o voluto — dirgli di no, non potevo resistere davanti a quell'espressione da cucciolo. E poi a me bastava che chiedesse scusa e lo ha fatto.
Quello che non mi aspettavo è quello che Ryan mi ha chiesto ieri mattina. Non mi aspettavo che mi chiedesse di accompagnarlo alla prigione. Però ho detto di sì perché ho capito che avrà bisogno di una figura amica accanto in quel momento.
E sono felice che me l'abbia chiesto.

«Quando hai iniziato a suonare la batteria?» domanda Clark, il tizio che fa l'intervista.
Jake lo osserva per qualche secondo, come se non si rendesse conto che la domanda è rivolta proprio a lui. «Ecco, io...» si schiarisce la voce e ha la faccia di uno che preferirebbe farsi estrarre un dente senza anestesia e con delle tenaglie arrugginite piuttosto che starsene lì, su quel comodo divanetto rosso. «Io... bhe, mio zio suonava la batteria e io lo guardavo sempre e quando avevo quattro anni mi mise le bacchette in mano.» dice, «E poi i miei mi hanno mandato a una scuola di musica e... e... e basta.» aggiunge fissando Clark come se fosse un alieno, che però si limita a sorridere.
«Allora dobbiamo ringraziare tuo zio.» dice Clark e Jake annuisce ancora, sembrando un... cretino.
Alla stessa domanda rispondono anche gli altri, dicendo più o meno le stesse cose, hanno iniziato a suonare e cantare per caso, chi alle medie, chi al liceo.
Poi arriva la domanda e, anche se Ryan sa che gliela avrebbero fatta, anche se ha già concordato cosa dire, lo vedo sussultare.
«Non l'hanno presa bene.» dice, «I miei non erano molto d'accordo che cantassi e suonassi, mio padre a sempre voluto che diventassi un giocatore di football ma mi sono fatto male quindi...» scrolla le spalle e sorride.
Il manager con cui abbiamo parlato, Antony, ha detto che quando si saprà la storia di Ryan ci saranno un sacco di fans in più, tutte pronte a consolarlo dal padre brutto e cattivo.
Io ho storto il naso pensando che si dovrebbe seguire un gruppo o un cantante per la musica, non perché ha un padre di merda.
In ogni caso l'intervista procede senza intoppi fino alla fine. 
Jake è il primo ad alzarsi e a schizzare via da quel divano. «È finita.» sospira.
«Non è mica una tortura medioevale!» lo prendo in giro.
Lui mi fissa e sospira di nuovo. «Invece lo è!» squittisce e fa due passi.
«Dove vai?» chiedo, «Guarda che tu e gli altri dovete fare le foto!»
Jake si gira e mi fissa, gli occhi spalancati, «Cosa?» mormora.
«Sono solo un paio di foto...» scrollo e spalle, «Su, fai felici le tue fans!» dico e lo spingo verso il divano e lui avanza piano, la testa china, come se andasse incontro a qualche tortura.
Il fotografo scatta un paio di foto e, finalmente, siamo liberi.
Mentre avanziamo lungo i corridoi mi sento chiamare da Peter, l'assistente di Antony. «Sì?» dico e spero che non mi trattenga troppo, sono stanca, ho fame e mi fanno male i piedi.
«Vieni, ti presento il ragazzo che ha sistemato il sito.» mi dice e mi indica un ragazzo alto e magro, con gli occhiali e i capelli biondi spettinati. «Lunedì ti mostrerà alcune cose.»
Io annuisco, «Okay.» dico trattenendo uno sbadiglio, «Piacere, Lindsay.» mi presento.
Il Nerd mi fissa e mi stringe la mano, la stretta è... molle. «Elliot.» dice, la voce un po' stridula e la mano che inizia a sudare. Ha qualche brufolo qua e là sul viso che lo fanno sembrare un dodicenne, però ha un bel sorriso.
«Posso andare?» chiedo ad Antony e lui si limita ad annuire e fare un gesto con la mano. Mi riunisco con gli altri.
«Chi è?» chiede Aaron.
«Quello che si occupa del vostro sito.» rispondo.
«Il web-coso.» dice Ryan.
Alzo gli occhi al cielo e lo seguo verso l'ascensore, «Si chiama Elliot.» esclamo.
«Allora è Elliot il web-coso.» replica Ryan premendo il pulsante di chiamata dell'ascensore. «Sembra un nerd.» scherza, «Un nerd sfigato.» ride.
Sbuffo e alzo gli occhi al cielo, «Idiota.» mormoro.
«E dai, Lindsay.» ride Ryan, «Guardalo...» dice e io mi volto, scoprendo che Elliot mi sta osservando, quando si accorge che lo sto guardando avvampa, «Oh, Dio... diventa rosso se una ragazza lo guarda per più di due secondi.» ride Ryan.
Le porte si aprono con un bing ed entriamo tutti quanti. «Sei un'idiota.» ripeto, «Dai, Elliot è solo un po' timido.» dico.
«Chiami per nome il web-coso?» chiede Ryan, «Perché?»
Lo fisso mentre l'ascensore si ferma al quinto piano. «Perché sono gentile ed educata.» dico. «Non come te.» replico.
«Ma non lo sto prendendo in giro!» si difende Ryan e incrocia le braccia al petto, «Dico solo la verità!» dice.
Io rimango in silenzio e, finalmente, arriviamo ai sotterranei, dove ci sono le nostre auto posteggiate; bhe, veramente la mia non c'è perché sono venuta con Ryan visto che oggi abbiamo avuto gli stessi orari ma da domani verrò con la mia auto.
«Eddai, Linds.» dice Ryan premendo il pulsante per sbloccare le portiere, «Non puoi prendertela anche quando prendo il culo un'altra persona.»
«Ah-ah, allora vedi che lo stavi prendendo per il culo?» gongolo aprendo la portiera, getto la borsa sul sedile e mi fermo ad osservare Ryan che sistema la chitarra nel bagagliaio. «Guarda che è quello che ha creato il vostro sito, se sa che lo prendi in giro potrebbe mettere on-line una tua foto in cui sei brutto.»
«Io non sono mai brutto!» ribatte lui chiudendo il bagagliaio.
Io alzo gli occhi al cielo e sbuffo, «Ragazzi, ricordatevi che dovete essere qui domani alle sette!» ricordo agli altri che si limitano a sospirare e a sbuffare, poi salgo in auto prima che Ryan parta e mi lasci qui.
«Tu a che ora vieni qui?» domanda Ryan accendendo l'auto.
«Alle dieci e mezzo.» rispondo, «Vuol dire che posso dormire quasi tre ore in più di te!»
Lui sbuffa e si dirige verso la rampa che porta all'uscita. «Che palle.» borbotta, «Verrà il giorno in cui anche tu ti alzerai presto, magari quando dovremo partire per un tour...» aggiunge, «E io avrò finalmente il letto sopra.» aggiunge e si ferma per far passare un furgone verde.
«Uh, così non mi darai più fastidio.» esclamo.
«Ah, ma io non ho detto questo.» ribatte lui.
«Hai detto che vuoi stare sopra,» gli ricordo, «se stai sopra mi spieghi come fai a spingermi?» gli chiedo guardandolo. «E comunque sopra ci sto io.» dico.
«Uh, Linds... ti piace stare sopra?» domanda lui e io mi rendo conto che quello che ho detto è travisabile. «Lindsay!»
«Ehm... nei letti a castello mi piace dormire in quello sopra!» strillo, «Non pensare male!»
Ryan ride, «Oh, ma sei tu che fai questi... doppi sensi.» dice.
«I doppi sensi te li ficco nel culo.» borbotto. «Porco.»
Ryan ride ancora, «Lindsay, non è colpa mia!» dice, «Se tu non ti spieghi...» scrolla le spalle e svolta a destra. «E comunque, anche se dormirò sul letto di sopra, troverò il modo di darti fastidio.»
Io sbuffo e incrocio le braccia al petto e mi limito a guardare fuori dal finestrino.
«Lindsay...»
«Che c'è?» chiedo guardando Ryan.
Lui alza le spalle, «Niente, volevo vedere se dormivi.» dice.
«Alle sei e mezzo?» ribatto, «Okay che sono stanca, ma così è esagerato!» esclamo, lui ride e non dice nulla. «Fermati alla pizzeria d'asporto, favore.» gli chiedo dopo uno sbuffo.
«In pizzeria? Perché?» chiede Ryan.
Io alzo gli occhi al cielo, «Per comprare un bracciale di smeraldi.» borbotto, «Perché è quasi ora di cena, i miei non ci sono e io ho voglia di pizza!» sbotto.
Ryan, tanto per cambiare, ride, «Okay, Lindsay.» acconsente. «Me la prendo anche io, allora.»
«Okay.» borbotto e lo guardo, Ryan ha lo sguardo fisso sulla strada.
«È da maleducati spiare le persone.»
Sobbalzo sul sedile, «Idiota.» dico, «Ero soprappensiero.» esclamo.
Ryan rimane in silenzio, poi sorride. «Uh, okay.» dice e svolta a sinistra, nel parcheggio accanto alla pizzeria. Scendiamo ed entriamo dentro nel locale, attendiamo pochi minuti prima che sia il nostro turno per ordinare. «Una pizza gigante, metà ai quattro formaggi e metà salmone e gamberetti.» ordino.
«Pizza gigante? Linds, quanta fame hai?» chiede Ryan ma io lo ignoro. «Una pizza gigante ai peperoni e salsiccia.» ordina lui.
«Uh, pizza gigante? Ryan, quanta fame hai?» lo scimmiotto mentre fisso il frigo con le bottiglie delle bibite da mezzo litro. A casa c'è ancora della Coca-Cola? Nel frigo stamattina non l'ho vista, ma ciò non toglie che possa essere in dispensa; nel dubbio prendo una bottiglia.
Ci spostiamo in un angolo per lasciare spazio agli altri clienti e mi siedo su uno dei pochi sgabelli liberi; «Allora, com'è il web-coso?» mi chiede lui.
«Si chiama Elliot.» gli ricordo, «E ho scambiato solo due parole in croce.» dico, «Lunedì dovremo lavorare insieme, ti saprò dire.» dico e lo guardo, Ryan mi fissa, gli occhi azzurri spalancati, «Ah, okay.» dice, «Tanto è solo un nerd sfigato.» aggiunge dopo aver scrollato le spalle.
Se solo sapesse... prima o poi gli dirò che pensavo che lui fosse un nerd brufoloso, un po' come Elliot, in pratica.
Quando le nostre pizze sono pronte il pizzaiolo ci chiama e fa il conto. «Pago io ma poi mi dai i soldi.» esclama Ryan porgendo al ragazzo la carta di credito.
«Ah, pensavo che offrissi...» dico.
Ryan mi fissa e apre la bocca, «Ma anche no!» ribatte, «E comunque tu avevi chiesto la colazione e questa,» indica le scatole con le pizze, «non mi pare una colazione.»
Io alzo gli occhi al cielo e stringo la bottiglietta, «Okay.» borbotto, «Dopo ti do i soldi.» dico e lascio che Ryan faccia il cavaliere portando le pizze, io mi limito solo ad aprire la porta.
«Guarda che c'è anche la tua pizza.» dice lui mentre camminiamo verso la sua auto.
«Fai il cavaliere, Ryan.» esclamo, «Devi esserlo per le tue fans.»
Lui sbuffa e posa le pizze sul tettuccio dell'auto mentre prende la chiave, sblocca le portiere e mette le pizze sul sedile posteriore. «Io sono un cavaliere e so cosa devo fare senza che tu mi dica nulla.» ribatte.
Ridacchio, «Come vuoi.» dico ed entro in auto, «Forse hai ragione, basta vedere il fascino che eserciti su Melanie...»
Lui mi fissa, «Melanie?» squittisce, «Ma che palle.» borbotta e si siede anche lui, «Lei è una piaga.» borbotta ancora e partiamo.
Una volta a casa recupero la mia pizza dopo aver preso le chiavi, «Ci vediamo.» gli dico.
«Okay.» esclama Ryan, «Lunedì vai con la tua macchina, vero?»
Lo fisso, «Bhe, sì.» rispondo, «Non mi alzo mica prima solo per non guidare.» dico, «Buona serata.» lo saluto e mi dirigo verso la porta d'ingresso. Una volta dentro vado in cucina, poso la scatola sul bancone insieme alla bottiglia, tolgo la giacca, poso la borsa sopra uno dei mobili, recupero un bicchiere alto e le posate, mi siedo e apro il cartone, accendo la tv e inizio a cenare.

***

Annuisco mentre Elliot mi spiega come si crea una galleria. Spero di avere un'espressione intelligente perché non ho capito nemmeno mezza parola di quello che ha detto.
«Hai capito?» mi chiede lui.
«Ehm... sì.» dico.
«Non è vero.» sorride Elliot
Ridacchio, «Sì, lo ammetto: ho capito poco e niente.» dico, «So solo come devo mettere i testi e basta.»
Elliot sorride, «Non importa, tanto è compito mio.» dice. «Che ne diresti di fare una pausa e scendere alla caffetteria?» domanda e le sue guance, che di solito sono pallide, si colorano di rosso.
«Certo.» dico, «Dammi due minuti.» sorrido, recupero la borsa e vado in bagno a lavarmi le mani. Già che ci sono mi metto un po' di burro cacao sulle labbra.
Quando esco incrocio Ryan. «Dove vai?» chiede.
«In caffetteria con Elliot.» rispondo.
«Vai a bere con il web-coso?» strilla.
«Shh!» lo ammonisco, «Ti sentirà!»
«E che me ne frega.» ribatte lui incrociando le braccia, «Vai con il web-coso!»
«A prendere un caffè, non scappo a Las Vegas per farci sposare da Elvis!» ribatto.
«Uffa.» sbuffa lui, «Perché lei e il web-coso possono andare in caffetteria mentre noi il caffè dobbiamo prenderlo qui?» domanda a Carl
Lui lo guarda e sospira. «Non so chi sia web-coso, comunque Lindsay può andare in caffetteria perché non sta registrando un album.» dice.
«Io vado.» esclamo, «Ci vediamo!» aggiungo e torno da Elliot.

Sono le nove di sera e sono in terrazza, ho appena finito di parlare con Svetlana e mi godo un po' di brezza che porta con sé l'odore salmastro dell'oceano. Sento un auto arrivare e pochi secondi dopo il cancello laterale si apre e l'auto di Ryan entra lentamente.
«Come va?» gli chiedo appoggiandomi alla balaustra.
Lui sbuffa, «Sono stanco e ho fame.» borbotta. «E non ho voglia di fare nulla, se non buttarmi sul letto.» sbadiglia.
«Ryan!»
Mamma? Cosa vuole?
«Sì?» dice Ryan.
«C'è dell'arrosto se hai fame.» esclama mia madre. Deve essere alla porta finestra, perché in giardino non la vedo. «Se vuoi te lo riscaldo.
«Oh, è gentilissima, signora Mars.» dice Ryan. «Vado in bagno e arrivo subito.»
«Vado a scaldarlo.» esclama mamma.
Che cosa? Mamma riscalderà la cena a Ryan? Perché?
Fisso Ryan che entra in casa e sbuffo. Sbuffo e sbuffo ancora mentre rientro in casa. Mi getto sul letto e sbuffo di nuovo. E che palle.

***

Oggi è il giorno. Il giorno in cui accompagnerò Ryan in prigione. Sbadigliando — sono le otto del mattino — riempio per tre quarti un bicchiere di succo alla mela e lo diluisco con dell'acqua. Lo sorseggio lentamente, fissando fuori dalla finestra, guardando il grande cancello nero e un corvo appollaiato lì sopra.
Finisco di bere, sciacquo il bicchiere e lo infilo nella lavastoviglie, vado nel bagno della mia stanza e controllo di essere in ordine. Prendo la borsa e scendo le scale, fissando Ryan fuori dalla porta finestra del salotto. 
«Arrivo subito.» gli dico dopo aver aperto la porta finestra, «Avviso mamma.» aggiungo e Ryan annuisce.
Trovo mamma in lavanderia che tira fuori i vestiti dall'asciugatrice, «Io vado.» le dico. «Ci vediamo dopo.»
«Okay.» dice lei, «A dopo.»
Torno da Ryan ed entriamo nella sua auto.
«Ci fermiamo da Starbucks?» chiede lui mentre aspettiamo che il cancello si apra.
Sbadiglio ancora e annuisco. «Sarebbe l'ideale.» dico e mi rilasso sul sedile. Dieci minuti dopo siamo in fila, in attesa di ordinare. «Un cappuccino gigante e un muffin al cioccolato.» ordino e allungo una banconota da dieci dollari al commesso. Ryan ordina le stesse cose e, dopo aver ritirato i nostri bicchieri e i dolcetti, ci sediamo a un minuscolo tavolino quadrato.
«Hai poca fame.» dice Ryan e indica il muffin ancora intero. 
Sorseggio il cappuccino e scrollo le spalle. «Per ora mi basta.» dico e sorrido e anche Ryan lo fa, però i suoi occhi sono... tristi. Sorseggio il cappuccino lentamente e anche Ryan lo fa.
«Allora, come va la registrazione?» domando; in questa settimana ho girato come una trottola nel grande palazzo della casa discografica, conoscendo un mucchio di persone e ho scordato la metà dei loro nomi, ho partecipato a lunghissime riunioni e ho avuto qualche “lezione” da assistenti manager più esperti di me.
Ryan sospira e rompe a metà il muffin. «È stancante.» sospira, «Continuiamo a registrare, cantare e suonare.» dice, «Sembra che non sia mai perfetto.» sospira di nuovo.
«Bhe, deve essere perfetto.» dico e infilo in bocca un pezzetto del mio dolcetto.
Lui sospira. «Eh, lo so.» dice, «È solo che non credevo che pretendessero la perfezione assoluta.» aggiunge prima di bere un lungo sorso. «Sono capaci di farci ripetere una strofa all'infinito se per loro non è assolutamente perfetta.» brontola.
Sorrido e bevo il cappuccino, «È il loro lavoro.» dico ma Ryan sbuffa.
«E tu... come va con il web-coso?» mi chiede.
Inspiro, infilo in bocca un pezzetto di muffin e guardo Ryan. «Va che andiamo d'accordo e basta.» dico.
«Vai con lui sempre in caffetteria.» dice.
Alzo gli occhi al cielo e sbuffo. «Siamo conoscenti.» dico, «Due colleghi di lavoro che prendono il caffè insieme.»
Ryan ride, «Okay.» dice, «Come vuoi.» ridacchia.
E se gli versassi il resto del suo cappuccino in testa?
In ogni caso finiamo di fare colazione, saliamo in auto e Ryan imposta il tragitto sul navigatore satellitare integrato nell'auto.
«Non sai la strada?» gli chiedo.
«Sì.» risponde, «Ma hanno costruito una nuova strada e non so se hanno cambiato la viabilità.» dice.
Annuisco e allaccio la cintura di sicurezza, guardo il piccolo display e quasi gemo quando vedo che la durata stimata del viaggio è di quarantacinque minuti, sospiro e mi sistemo meglio sul sedile.
Il viaggi scorre tranquillo e dopo un'oretta siamo davanti alla prigione. Ryan posteggia e lo vedo stringere forte il volte, le sue mani sono così chiuse e strette che le nocche sono sbiancate.
«Tutto okay?» domando.
Ryan chiude gli occhi ed espira lentamente, rilassa le mani e mi guarda, «Sì.» risponde, «Andiamo.»
Una volta dentro la prigione firmiamo qualche documento e Ryan, prima che possa dire qualcosa, infila le chiavi dell'auto, quelle di casa, il suo cellulare e il portafoglio nella mia borsa che dobbiamo lasciare al poliziotto qui all'ingresso. Un'altra guardia ci conduce lungo un breve corridoio, poi apre la porta. Seduto a un tavolo tondo, con indosso una tuta arancione, c'è il padre di Ryan. Non si assomigliano quasi per niente, se non fosse per gli occhi, però quelli dell'uomo sono freddi e, quando mi guarda, lo fa in una maniera che mi fa rabbrividire, fa un cenno con la mano e vorrei fuggire da questo posto ma ho promesso a Ryan che gli sarei stata accanto.
Ryan si gira verso di me e mi guarda, «Torna di là.» dice.
«Cosa?» chiedo, «Perché?»
Lui mi fissa, guarda suo padre e poi ancora me, «Lindsay, torna di là, per favore.» esclama.
«Ma... perché?» mormoro fissandolo, «Credevo che volessi che...»
Lui inspira lentamente, «Vai di là, per favore.» dice, «La riporti di là.» si rivolge alla guardia.
Io guardo suo padre, che continua a fissarmi e si passa la lingua sulle labbra, un gesto che mi mette addosso paura e disgusto. «Va bene.» sorrido a Ryan, «Ti aspetto.» dico e ritorno nella sala d'attesa, mi siedo e la guardia mi porge un bicchiere di plastica pieno d'acqua. «Grazie.» sospiro e guardo la porta, dietro la quale Ryan e suo padre stanno parlando. E capisco perché non ha voluto che entrassi.

«Auguri.» esclamo sedendomi sulla sedia grigia.
«Il mio compleanno era l'altro ieri.» dice mio padre.
«L'altro ieri ero occupato con il lavoro.» ribatto.
Lui sorride, «Lavoro? Non dirmi che suoni ancora.» dice, «Fai ancora lo stupido?»
Deglutisco, «Veramente ho firmato un contratto con una casa discografica importante.» lo informo ma lui non ne è orgoglioso come dovrebbe essere un padre. Ma lui era orgoglioso di me solo quando giocavo a football.
«Scopriranno che sei un fallito e ti manderanno via a calci in culo.» dice, «E la tua amichetta?» chiede, «Com'è?»
«Lasciala stare.» ringhio, «Non devi neppure pensare a lei.» esclamo sentendo la rabbia salire.
«Lindsay, giusto?» continua, «Nome da troietta.» dice, «Te la sei già portata a letto o ha scoperto che sei un fallito?» domanda e io ho voglia di prendere la sua testa fra le mani e sbatterla forte sul tavolo, una volta, due volte, tre volte, dieci volte, fino a ridurgli la faccia a una poltiglia di sangue, carne e ossa. Ma non lo faccio. Non lo faccio perché sono migliore di lui.
Prendo un profondo respiro e rilasso le mani, «Lei è mia amica e tu non puoi parlare di lei così.» ringhio.
«Quindi non ci sei stato.» dice lui, «Peccato che non sia entrata, ha delle labbra così deliziose...» lascia cadere la frase, che rimane sospesa nell'aria.
«Addio.» esclamo alzandomi in piedi. «Ho finito.» dico alla guardia alla porta.
Lindsay è seduta e stringe un bicchiere di plastica. «Andiamo.» le dico e sorrido. 
Lei annuisce, si alza in piedi e getta il bicchierino nel cestino. «Tutto bene?» mi chiede.
No, vorrei dirle, non va per niente bene. «Sì.» rispondo. Recuperiamo le nostre cose e usciamo dalla prigione, lei mi passa le chiavi ed entriamo in auto. Perché sono venuto qui? Perché non ho detto a Lindsay di aspettarmi fuori fin da subito?
Perché gli insulti di quell'uomo mi fanno ancora male?

«Ehm... hai sbagliato strada.» esclamo quando Ryan gira a destra invece che andare a sinistra.
«No, stiamo andando da mia madre.» risponde lui, la voce piatta.
«Ah.» faccio, «Non me lo avevi detto.» aggiungo osservandolo. Ryan è teso e guarda fisso davanti a lui, le mani stringono forte il volante e ha la mascella contratta.
«Scusa.» mormora, «Non staremo lì molto, al massimo dieci minuti.» dice.
«Okay.» dico e continuo a guardare fuori dal finestrino. «È lontano?» chiedo.
«No, dieci minuti di strada.» risponde.
Rimaniamo in silenzio per il resto del viaggio, fino a quando Ryan non si ferma davanti a una casa dall'aspetto malandato. La vernice verde è scrostata in più punti e la ringhiera della veranda sembra voler crollare da un momento all'altro. Le altre case sono diverse, le facciate sono ben dipinte e le verande sono integre. Un paio di case più in là, un signore di circa sessant'anni sta falciando l'erba del giardino davanti casa.
«Vieni.» mi dice Ryan posando una mano sulla mia schiena. Lo seguo, salendo i grandini malconci e pregando che non cedano sotto il nostro peso.
Ryan bussa alla porta.
«Chi è?» domanda un ragazzo da dietro la porta chiusa.
«Sono io, Ryan.»
La porta si apre e un ragazzo ci fissa, le sopracciglie aggrottate e le labbra così tirate che quasi non si vedono. «Dovevi venire l'altro giorno.» dice, «E quella chi è?»
«Jacob, l'altro giorno lavoravo.» risponde Ryan, «E lei è Lindsay, una mia amica.
Jacob, il fratello di Ryan ci fa entrare. La casa è scura e puzza di umidità, fiori marci e caffè bruciato.
Sedute sopra un vecchio divano rosso, ci sono due donne: una è di sicuro la madre di Ryan — hanno gli stessi zigomi — l'altra è la sorella.
Io e Ryan ci sediamo sull'altro divano, di fronte alle due e mi sforzo di non tossire a causa della polvere che si è sollevata quando mi sono seduta. A Marisol, se entrasse in questa casa, verrebbe un infarto.
«Come va?» domanda Ryan.
«Male.» risponde sua madre. «La colpa è tua.» dice e io guardo Ryan, che si sta morsicando le labbra.
«Sei la sua ragazza?» domanda la sorella.
«No.» rispondo, «Siamo amici.»
Lei mi fissa con un sorrisetto irritante, «Certo.» dice e mi fissa con le braccia ossute incrociate al petto.
«Allora, Ryan.» esclama Jacob, «Che lavoro fai?» domanda.
«Sto registrando un album insieme a Jake e gli altri.» risponde Ryan.
Jacob ride, «Oh, e pensate di avere successo?» dice, «Un cd venduto fuori dai locali non è nulla.»
«Veramente lo stanno registrando con la Music Life.» ribatto e ho voglia di picchiare Jacob, è ancora più irritante di Ryan. «Ci sono centinaia di fans in attesa.» continuo.
Lui mi fissa e sorride. «Uh, l'avvocato del diavolo.» esclama, «Te la sei già portata a letto?» domanda fissando Ryan.
«Siamo amici.» ringhia Ryan. «Lascia stare Lindsay.»
Jacob ridacchia e mi guarda ancora, «Hai un accento strano... non sei di Miami, vero?»
«Veramente sì.» rispondo, «Solo che ho vissuto per cinque anni e mezzo a New York.»
«E che facevi, pulivi cessi?»
Ma è scemo? E poi... che male ci sarebbe nel pulire i bagni di New York? Non sarebbe un lavoro in ufficio ma è pur sempre un lavoro! «Sono andata alla Columbia e poi ho lavorato in un ufficio.» esclamo.
«La Columbia...» dice Jacob, «E chi hai dovuto pregare per entrare?»
«Scusa?» chiedo. Pregare? Io non ho mai pregato nessuna persona specifica, i vari: “Ti prego, fa che mi prendano alla Columbia, fa che accettino la mia domanda” e “Ti prego, postino, portami la lettera di risposta” non contano.
«A chi hai aperto le gambe?» domanda Jacob.
Che cosa? Sento la collera salire e mandarmi a fuoco il viso e sto per urlare quando sento qualcuno stringermi la mano destra ma è solo Ryan. «Non sei ancora riuscito a portartela a letto, eh?» si rivolge al ragazzo che mi sta stritolando la mano, «La puttanella è troppo intelligente per te?»
«Andiamo via.» mi dice e si alza in piedi, afferra il mio polso e mi strattona, facendomi alzare.
«La verità brucia, fratellino?» domanda Jacob.
«Tanto rimani un fallito.» dice la madre.
Ryan mi trascina verso la porta e la apre, «Scappi sempre.» esclama il fratello.
Ryan lo ignora e mi lascia il polso, mi fa passare avanti e arriviamo alla macchina mentre Jacob ci segue, «Tanto fallirai.» grida, «Sei un'incapace!» urla mentre Ryan avvia il motore; partiamo sollevando una nuvola di polvere e ci allontaniamo da quella casa.
Santo Cielo, ma in che razza di famiglia è cresciuto Ryan? Merda, sono uno più pazzo dell'altra!
Ryan è ancora più nervoso di prima e non dice una parola per diversi minuti. Solo quando imbocchiamo la statale si lascia andare a un respiro rumoroso. «Mi dispiace.» mi dice guardandomi brevemente.
«Non è colpa tua.» esclamo, «Non sei tu a doverti scusare.»
Ryan sospira ancora, «Ma è la mia famiglia.» mormora.
Io una famiglia così l'avrei già cancellata dalla mia vita... «Non importa, Ryan.» dico, «Non è colpa tua.» ripeto.
Ryan sospira come se non fosse totalmente convito. Rimaniamo di nuovo in silenzio, per più tempo, questa volta. Passano forse venti minuti abbondanti prima che Ryan sospiri di nuovo. «Ci fermiamo a pranzo?» domanda.
Guardo l'orologio dell'auto, è mezzogiorno e cinque, «Okay.» annuisco. «Va bene.» dico.
Qualche minuto dopo Ryan si ferma davanti a una steack house, sospira — di nuovo — e rilassa le mani, lasciando il volante. Apre e chiude i pugni un paio di volte, «Scendiamo?» chiede e io annuisco, prendo la borsa e scendiamo.
Ryan si ferma ad osservare la fontana all'ingresso, guardando l'acqua zampillare da un'anfora tenuta in mano da un putto, il tutto è in marmo bianco, molto bello ma è un pugno in un occhio con l'ingresso di legno del locale.
«Lindsay?» mi chiama Ryan e io lo seguo all'interno del locale; ci sediamo al tavolo più lontano dalla porta, ci sediamo uno di fronte all'altra, sulle panche imbottite.
«Tutto okay?» chiede.
Ryan mi fissa per un lunghissimo secondo, «Sì.» risponde, «Tutto okay.» mente, perché è chiarissimo che non è tutto okay. Non lo è per niente.
Sorrido e ringrazio la cameriera che ci ha portato i menu; sfoglio le pagine lanciando qualche occhiata a Ryan. Lui non mi degna di uno sguardo, troppo concentrato sul menu. «Cosa prendi?» chiedo, giusto per spezzare il silenzio fra di noi.
«Costata di manzo.» risponde.
Annuisco, «Anche io.» dico. Ryan mi fissa, a lungo, con quegli occhi azzurri velati dalla tristezza. «Stai tranquillo.» sorrido.
Lui annuisce e sospira, «Sono tranquillo.» dice. «È che non sopporto che ti... che ci offendano.» aggiunge.
«Non preoccuparti.» ripeto per l'ennesima volta, «Non è colpa tua.» dico e chiudo il menu, «Non è... non è quello che pensi tu e lo so e quindi non preoccuparti.» dico.
Ryan mi osserva e deglutisce, sospira e posa le mani sul tavoli, «Grazie.» sussurra così piano che non sono sicura che lo abbia detto sul serio.
La cameriera arriva e ordiniamo e io lo so che Ryan ha mentito, non è tranquillo, non è tutto okay, non sta bene. Lo so ma non capisco perché dica bugie... se siamo amici come dice potrebbe dirmi la verità.
Ma, alla fine, mi va bene lo stesso.

Il viaggio di ritorno è stato ancora più silenzioso di prima e Ryan mi saluta appena quando arriviamo a casa.
Una volta in camera mia mi sdraio sul letto e respiro profondamente. Mi dispiace così tanto per lui che sento che potrei scoppiare a piangere da un momento all'altro.
Invece chiudo gli occhi e mi addormento.

***

Dove cazzo è Ryan? Santo Cielo, è uscito prima delle otto e adesso sono quasi le tre e mezza del mattino e non è ancora tornato. L'ho chiamato diverse volte ma non mi ha mai risposto, ha ignorato gli SMS e anche i messaggi in segreteria.
Continuo a fare avanti e indietro dalla mia stanza alle scale, dove c'è la finestra che dà sul davanti della casa, in attesa che Ryan si decida a ritornare.
Okay, e se chiamassi qualche ospedale? Giusto per tranquillizzarmi. 
No, servirebbe solo ad agitarmi di più. Sono a metà corridoio quando vedo la luce di due fari che si riflettono sul muro, sento il cancello aprirsi, chiudersi e un auto andarsene. Corro nella mia stanza, spalanco la porta finestra e corro sulle scale esterne, rischiando di ammazzarmi ad ogni gradino.
Corro ancora nel giardino laterale e vedo Ryan barcollare, fermarsi e sedersi a terra, tenendosi la testa fra le mani.
Trattengo un urlo e lo raggiungo. «Ryan!» esclamo inginocchiandomi davanti a lui. «Stai bene?»
«Shh.» biascica lui, «Non urlare.»
«Sei ubriaco?» chiedo. Domanda stupida perché è ovvio che è sbronzo.
«Un po'.» mormora lui. «Molto.» ridacchia guardandomi.
«Dov'è la tua auto?» chiedo.
Lui mi fissa come se non lo ricordasse o non lo sapesse, «Vicino all'Irish Pub.» risponde.
Annuisco, «Dai, ti aiuto ad arrivare a casa.» esclamo e mi alzo in piedi, lo aiuto ad alzarsi e, piano piano, ci avviamo verso la dependance.
Ryan fruga nelle tasche dei jeans e trova le chiavi, solo che non riesce ad infilarle nella serratura, le fa anche cadere a terra, così le prendo e apro io.
Accendo la luce e Ryan si blocca, poi corre in bagno e lo sento vomitare. 
«Stai bene?» domando chiudendo la porta d'ingresso. La risposta è un altro conato di vomito.
Torna da me qualche minuto dopo, la faccia bagnata d'acqua e si avvia ciondolando verso le scale. Corro dietro di lui, assicurandomi che non cada. Dopo quella che mi sembra un'eternità arriviamo al piano di sopra e Ryan si getta sul letto, ancora vestito e con le scarpe. Accendo la luce e lo guardo.
«Spegni.» geme lui e io accendo la lampada sul comodino e spengo il lampadario centrale.
«Perché non mi hai risposto?» chiedo, «Ti avrò mandato almeno dieci messaggi, ti avrò chiamato quindici volte e lasciato non so quanti messaggi in segreteria!» sbraito e lui si gira, sdraiandosi sulla schiena, «Mi hai fatto preoccupare!» 
«Linds... ho mal di testa.» mormora, «Abbassa la voce, ti prego.»
«Non che non l'abbasso!» sbotto, «Sei un'idiota.» dico, «Almeno sei tornato in taxi.» sospiro e mi scanso quando Ryan si alza di scatto e corre nel piccolo bagno della camera.
Io sospiro e scosto le coperte dal letto e mi siedo, fissando la porta chiusa del bagno. Dio, ho fatto la figura della fidanzata gelosa e isterica. Ma io sono solo preoccupata.
Preoccupata per quello che è successo questa mattina, perché quando è uscito s capiva che era incavolato. Ma che tornasse così tardi, ubriaco e triste non me lo sarei mai aspettato.
Ryan torna in camera e quasi inciampa nei suoi stessi piedi ma riesce a mantenersi in equilibrio; mi alzo in piedi e lui si siede sul letto e geme piano, io, invece, vado a spegnere la luce di sotto e quella per le scale. Quando torno in camera Ryan si sta sdraiando nel letto con tutte le scarpe.
«Togli le scarpe.» gli dico.
«Se mi piego vomito.» mormora lui.
Lo guardo e sospiro, «Mettiti seduto, te le tolgo io.»
Ryan si mette seduto, posando i piedi sul pavimento, poi si sdraia con la schiena e geme ancora.
«Hai bevuto un po' troppo.» dico mentre slaccio le stringhe delle Nike di Ryan. Tolgo entrambe le scarpe e alzo viso, vedo Ryan che si sta abbassando i jeans. I miei occhi si posano sui boxer bianchi.
Oh, Dio...
«Che fai?» chiedo e sposto le scarpe vicino al comodino.
«Mi tolgo i jeans.» ansima ad occhi chiusi lui spingendo in giù la stoffa, la fa passare oltre le ginocchia e si ferma, apre gli occhi e mi fissa. «Mi aiuti?» pigola.
E lo faccio. Mi inginocchio di nuovo e tolgo i jeans, levo le chiavi dell'auto e il cellulare e li metto sul comodino. Ryan si accoccola sul letto, si sdraia sul fianco sinistro e lo copro, «Esco dalla finestra, okay?» dico a bassa voce e sto per spegnere la luce quando Ryan si gira verso di me e socchiude gli occhi.
«Lindsay?» mormora.
«Sì?»
«Rimani qui fino a quando non mi addormento?» domanda con una vocina così dolce che mi fa sciogliere il cuore e dimenticare le litigate, i dispetti e tutto quanto.
«Sì.» rispondo e spengo la luce, mi siedo sul letto e gli accarezzo il braccio destro. Scalcio e le ciabatte cadono sul pavimento e continuo ad accarezzare il braccio di Ryan, partendo dalla spalla e arrivando poco sotto al gomito. Lo sento rilassarsi ad ogni mio tocco.
Mi rilasso anche io che decido di sdraiarmi vicino a lui e contino a sfiorare Ryan. Mi rilasso talmente tanto che chiudo gli occhi.

***

Apro gli occhi di scatto e fisso il pezzetto di cielo che si intravede fra le tende scostate. Il cielo si fa sempre più chiaro ogni secondo che passa. Mi siedo e guardo Ryan che continua a dormire e mi rendo conto che ho dormito anche io!
Recupero le ciabatte e fisso Ryan, ancora sdraiato sul lato sinistro. Dio mio, perché mi sono addormentata?
Cammino piano verso la porta finestra e la apro e la chiudo lentamente. Una volta in camera mia getto le ciabatte sul pavimento e mi butto sul letto.
Non doveva accadere. Proprio no.
Non dovevo addormentarmi al suo fianco.
Gemo e chiudo gli occhi, metto la testa sotto al cuscino e cerco di riaddormentarmi. Senza successo, però.
Vorrei essere ancora di là, accanto a Ryan, perché mi sentivo al sicuro accanto a lui.
Ma sono così scema che non lo farò. 



Salve popolo di EFP!
Scusate il ritardo ma sabato il capitolo non era ancora finito e mancava l'ultima parte, che era tutta nella mia testolina ma non riuscivo a buttarla giù. Poi sabato fra posta-bar-supermercato-panettiere-Lidl-bar-casa-ristorante-torna a casa e sistema la spesa non ho avuto un momento libero. Poi la connessione scema ha fatto il resto. Comunque ho messo il banner e ho corretto le date sbagliate dei capitoli precedenti. Comunque ci sono riuscita!
Ecco qui il decimo capitolo, bello lungo anche questo. Ogni tanto sono prolissa e non mi fermo più. Comunque la storia procede come deve procedere, è arrivato chi doveva arrivare ed è successo quello che doveva succedere. La famiglia di Ryan è un po' così... deve essere così, per forza.
La canzone del titolo è dei Backstreet Boys.
Secondo i miei calcoli alla fine della storia non dovrebbero mancare più di cinque capitoli e poi questa prima parte sarà finita.
Ringrazio chi commenta, chi legge e chi mette la storia in una delle liste!

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Undici- Welcome To The Show Part I ***


logo def
hosting immagini

Straigh Through
My Heart

Undici
Welcome To The Show Part I
*** were the people gettin outta control ***



Sono passate due settimane e io e Ryan ci siamo appena incrociati. Non abbiamo parlato di quello che è successo. Lui mi ha solo chiesto se avesse fatto casino, io gli ho risposto di no e che lo avevo aiutato ad entrare in casa. E basta.
Perché dirgli che mi aveva chiesto di stare lì con lui? Tanto se lo è dimenticato.
E comunque siamo tutti troppo impegnati anche solo per pensare di poterci fermare e scambiare quattro chiacchiere.
Guardo lo schermo del computer e invio il tweet. Neanche tre secondi dopo iniziano ad arrivare tweet di risposta. Centinaia di menzioni.
Come farò? 
Scorro un po' la pagina, aggiungendo ai preferiti tweet a caso - ignorando quelli che inviano tweet tipo: “Mi seguiresti? x1000” - , il mio cellulare squilla, è Svetlana. «Pronto?»
«Cosa succede fra un'ora?» chiede lei.
«È un segreto.» rispondo.
«Ma io non resisto!» esclama lei, «Come faccio?»
Rido, «Fai come gli altri... aspetti.»
Svetlana sbuffa, «Uffa, sei cattiva.» brontola e sospira. «Devo andare, adesso.» dice, «Il lavoro chiama.»
«Ciao, tesoro.» esclamo, «Ci sentiamo dopo.» dico e riattacco, prima che mi inondi di domande tranello.
Sospiro e guardo lo schermo del computer, fissando il numerino delle notifiche che aumenta ogni volta che sbatto le palpebre. Sono ad un passo dal mettermi ad urlare e nascondermi sotto al tavolo.
Invece resto qui, a guardare quel numerino che sale, che sale e sale sempre di più...
«Wow, quante notifiche... sono tutte per me?»
«No, Ryan.» rispondo mentre lui si siede accanto a me. «Non essere il solito egocentrico...» dico e cambio scheda, passando a quella di YouTube, fisso quanto manca al caricamento del video e gemo. Il video è caricato al settanta percento... non posso farcela. E se non si caricasse in tempo?
«Si carica troppo lentamente!» esclama Ryan, «Fa qualcosa!» mi dice.
Lo guardo, «Che dovrei fare secondo te? Spingerlo?» domando.
Ryan ride, smette quando arrivano gli altri.
«Svetlana vuole sapere che succede.» geme Liam sedendosi dall'altra parte della scrivania, «Continua a mandarmi messaggi...»
«Non le avrai detto qualcosa, vero?» sbotto.
«No!» esclama lui in risposta, «Non le ho detto nulla!» assicura.
«Bene.» sospiro, «Altrimenti ti castro.» ridacchio.
Rimaniamo in silenzio per qualche istante, fino a quando un'altra persona entra nella stanza.
«Scusami se ci ho messo tanto, ma la caffetteria era piena...» si giustifica Elliot passandomi un cappuccino.
«Ah, non preoccuparti.» gli sorrido, «Grazie.»
«Adesso hai il tuo schiavetto?» ride Ryan, «Adesso il cappuccino, poi cosa?»
«Idiota.» sbotto e sorseggio il cappuccino, Elliot ha la faccia tutta rossa e si siede lontano da me e Ryan. «Stupido.» borbotto e il mio cellulare squilla ancora, lo prendo senza guardare lo schermo. «Pronto?» dico.
«Cosa succede fra un'ora? Cosa devono dire?»
Ma chi cazzo è che piagnucola? Guardo lo schermo. È Melanie. «Melanie?» sbotto, «Che vuoi?»
«Cosa succede fra un'ora?» piagnucola lei, «Perché non me lo vuoi dire? Ho scritto tanti tweets su Twitter ma mi hanno ignorato!» piange.
Oh, Gesù. «Melanie... smettila di piangere.» sbotto, «Non l'ho detto a Svetlana, vuoi che lo dica a te?»
Lei singhiozza per un paio di secondi, «Sei cattiva!» grida. E io riattacco.
«Che scema.» sbotto, «Dio, si può piangere perché non le ho risposto su Twitter?»
«Ma sa che sei tu o pensa che sia uno di noi?» chiede Chris, «Qualcuno tipo Ryan...»
Scrollo le spalle e bevo il cappuccino, «Ah, non lo so e non me ne frega un tubo.» sbotto, «Non ho tempo per sentire i suoi stupidi e inutili piagnistei.» dico e guardo Aaron, «E non ti azzardare a dirle qualcosa, altrimenti ti picchio.» gli dico.
«Io non le dico nulla.» replica lui, «Anche perché quando la chiama mi chiede di Ryan...» sospira. Povero Aaron, Melanie è proprio scema!
«Oh, è all'ottanta percento!»esclama Ryan. Sospiro e bevo il cappuccino. «Ehi, web... Elliot,» si corregge Ryan, «perché non vai a prendermi un caffè?» chiede e io lo colpisco sul braccio, «Che c'è? Te puoi usarlo come schiavetto e io no?»
«Idiota.» dico. «Non è mica un maggiordomo ai tuoi ordini!» esclamo.
Ryan sbuffa e incrocia le braccia, prende il cellulare e io lo spio, fissando lo schermo e guardando le centinaia di notifiche. Lui retwitta alcuni messaggi, ne mette nei preferiti alcuni e legge gli altri. Credo. Sono tantissimi, se li leggesse tutti starebbe lì seduto per mesi.
Tutti i ragazzi stanno facendo la stessa cosa. Io mi limito a fissare la barra di avanzamento del video. Quanto ci mette? Adesso che manca poco sembra andare più lentamente!
«Ryan... se vuoi posso andarti a prendere il caffè.» esclama Elliot.
«No.» rispondo, «Stava scherzando.» dico.
«Ma non è vero!» replica Ryan, «Io lo vorrei un caffè!» dice.
«Anche io.» esclama Jake. «Possibilmente macchiato.»
«Non è che tu puoi avere lo schiavetto e noi no, eh.» mi dice Ryan Io lo fisso e sbuffo.
«Non è il mio schiavetto.» ringhio. «E puoi andare tu in caffetteria.» dico. «Altrimenti chiedilo a Chantal, è il suo lavoro.»
Lui sbuffa, «E che palle.» mormora, «Allora non lo bevo.»
Alzo gli occhi al cielo e sbuffo, Ryan è proprio infantile certe volte. «Okay.» borbotto.
Finalmente il video si è caricato completamente, sorrido e lo condivido su Twitter.
Oggi, Giovedì due Ottobre, esce il primo singolo, "Best of you" con la Music Life.
Non faccio in tempo a staccare la mano dal mouse che le notifiche su Twitter aumentano.
E i cellulari dei ragazzi - tranne  quello di Elliot, ovviamente - iniziano a trillare.
Anche il mio telefono suona ed è ancora Svetlana «Dimmi.» esclamo.
«Ommiodio è bellissimo e oh cavolo Liam è meraviglio è stupendo e mi manca e dove l'hanno girato è bellissimo e voglio vederlo.»
«Hai preso fiato?» ridacchio appena Svetlana smette di parlare. «È una spiaggia di Miami.» le dico.
Lei sospira, «Non resistevo più.» dice, «Quest'ultima ora mi è sembrata interminabile!» aggiunge.
Rido, «Oh, immagino.» dico e guardo Liam  che mi fissa. «Sai, credo che tu debba chiamare qualcuno...»
«Oh, il mio Liam!» cinguetta lei, «A dopo!» dice, riattacca e due secondi dopo il cellulare di Liam squilla, lui sorride, si alza e si allontana di un paio di passi.
«Dio, Melanie continua a scrivermi.» geme Ryan
«Bloccala.» rispondo e bevo un alto sorso.
«Ti chiamerebbe.» replica lui, «Direbbe che sei stata tu.» dice e mi sorride.
Io sbuffo, è ovvio che Melanie direbbe che è colpa mia. «So gestirla.» replico, «Al limite la mando da Aaron.» dico. «E comunque potrebbe crescere.»
Ryan ride, «Bha, non credo.» dice.
Aaron sbuffa, «Guardate che sono qui.» esclama. «E intasa anche me.»
«Rompe le palle a tutti.» esclama Chris.
«Ignoratela.» dico. «Io la sto ignorando.» continuo. Come tutte le altre che inviano centinaia di tweets; mi chiedo se fanno copia e incolla e se non si stancano di scrivere sempre le stesse cose. E, sopratutto, non si stancano di non ricevere risposta?
Dopo un'ora arriva Carl che ci chiama, ricordandoci che abbiamo un'intervista alle undici, in uno studio televisivo dall'altra parte della città.
Spengo il computer, vado a recuperare le mie cose e, dieci minuti dopo, siamo in auto.

Oh, Santo Cielo.
Ma quanta gente c'è? Ci sono almeno cinquanta ragazze ammassate contro i cancelli, che urlano e gridano e si agitano come se avessero uno scorpione nelle mutande.
L'auto entra nel cortile e alcuni buttafuori tengono a bada quelle scalmanate che, però, non smettono di urlare neppure per un'istante. Anzi, quando scendiamo dall'auto urlano ancora più forte, alcuni pupazzi vengono lanciati oltre il cancello nero, atterrando a un paio di metri da noi. Poi basta che Ryan e gli altri facciano un gesto di saluto che quelle urlano ancora di più.
«Lindsay?» mi chiama Carl.
«Okay.» dico, «Li prendo io.» aggiungo, prendo una borsa di plastica e inizio a ficcarci dentro quei cosi mentre Carl e i ragazzi entrano negli studi.
Le fans urlano e scalpitano, infilano le braccia fra le sbarre, agitando le mani che stringono buste di tutti i colori.
Devo prenderle? Se mi avvicino mi distruggono!
Però è anche il mio lavoro e quindi devo farlo. Piano piano mi avvicino.
«È per Ryan!»
«Dalla a Jake!»
«Liam!»
«Aaron.»
«Chris!»
Le mie povere orecchie! 
Prima che possano mangiarmi entro anche io, raggiungo gli altri al quinto piano.
Butto la borsa su una sedia e mi siedo anche io. «Sono pazze!» dico a Carl, «Completamente pazze!» ansimo.
Lui ride, «Poi sarà peggio.» 
Che cosa? Sarà peggio?
Merda. Non sono mica pronta ad affrontare un mare di ragazzine infoiate, che scrivono fanfiction di dubbio gusto e sgrammaticate - sì, ho controllato. Esistono. -, che urlano a pieni polmoni, incuranti che dopo si ritroveranno senza voce e con la gola in fiamme.
Bevo un po' d'acqua dalla bottiglia e cerco di ricompormi. Anche perché fra un'oretta, cinque ragazze fortunate - estratte a sorte con un concorso su Twitter - incontreranno i ragazzi. Spero solo che siano calme, che non si agitino troppo o che non starnazzino come galline.
Ma spero anche che non se ne rimangano lì in silenzio, guardando Ryan e gli altri come se fossero figure mistiche apparse all'improvviso.

Alla fine le ragazze si comportano bene. Non urlano, non gridano, non si agitano... un paio di loro hanno gli occhi lucidi e le labbra perfettamente truccate tremolanti.
Ma si comportano bene. Sono in fila indiana e sorridono, quando le chiamano si avvicinano al gruppo, danno i loro regali, dicono come si chiamano, aspettano che loro firmino un poster e fanno la foto.
Poi se ne vanno e ce ne andiamo anche noi.
Quando arriviamo alla macchina - che in realtà è un piccolo pulmino - mi accorgo che tutte le ragazze sono ancora attorno ai cancelli e continuano ad urlare.
«Vieni qui Ryan!» grida una ragazza talmente appiccata alle sbarre della recinzione che fra un po' ci passa attraverso.
«Adesso non posso, bambola.» dice lui e agita una mano, «Sarà per la prossima volta!» le sorride e quella apre gli occhi e grida ancora di più.
«Lo sai che adesso quella è convinta che la riconoscerai?» esclamo una volta dentro la macchina. «Sarà delusa quando scoprirà che ti sei scordato di lei.»
Lui alza le spalle, «Almeno oggi è felice.» dice.
Io mi limito ad alzare gli occhi al cielo, osservo gli altri quattro che guardano dentro la borsa, dividendosi i pupazzi e le lettere.
Chiudo gli occhi e mi rilasso. Anche nel pomeriggio c'è un'intervista, in radio questa volta. Spero di poter pranzare in pace. E che non ci siano troppe fans urlanti fuori dall'edificio dello studio radiofonico.

***

Sono esausta. Distrutta. Vorrei sdraiarmi sul letto e dormire per quarantotto ore intere.
Invece non posso. Continuo a controllare orari, informazione varie e ormai vado con il pilota automatico. E litri di caffè. 
Ormai non so più cosa sia sedersi sul divano e rilassarsi per dieci minuti.
Bevo un sorso d'acqua e guardo Carl. «Siamo richiesti a New York.» annuncia.
«Vedrò Svetlana!» esclama Liam a voce alta, «Oops.» arrossisce quando si accorge che lo stiamo fissando tutti quanti.
«Perché?» domanda Ryan.
«Perché siete richiesti in un programma televisivo trasmesso da lì.» dice. «Mtv.» aggiunge.
Mtv? Stiamo parlando di quella Mtv? Oh. Mio. Dio.
«Mtv?» squittisce Jake, «Ci vedranno tutti!» ansima.
«Bha, avete fans europee e asiatiche, quindi vi hanno già visto tutti.» dico.
Jake sbianca. «Asia? Europa?» gracchia, «Io... io...» squittisce. «Non posso farcela.» sospira chinando la testa e incurvando le spalle.
«Sì che puoi.» esclamo. «È solo New York, non l'inferno.» rido, Jake sospira ancora-
«Partiamo fra tre giorni.» dice Carl.
«Tre giorni?» strilla Liam, «Vedrò la mia Svetlana fra tre giorni!»
Jake si accascia sulla sedia, Chris e Aaron sorridono come due scemi. Io sto pensando a cosa ficcare in valigia. Dovrò guardare le previsioni meteo. Fisso Ryan che guarda Carl «Sei ancora su questo pianeta?» gli chiedo.
Lui mi fissa e annuisce, «Sì.» risponde, «Sono solo sorpreso.» dice.
Io gli sorrido, felice. 
Felice che lui sia sereno, che ci sia questa opportunità per il gruppo, che rivedrò Svetlana... sono felice e basta.

***

Infilo un'altra felpa - questa volta rosa - nella valigia, la premo e mi scosto i capelli dal viso.
Partiamo domani mattina presto e io sono ancora qui che faccio la valigia. Metto dentro cose, le tolgo per fa spazio ad altre, ne tolgo alcune, rimetto quelle di prima... devo darmi una calmata!
Per poco non urlo quando sento bussare alla finestra. È Ryan. «Che vuoi?» chiedo.
«Ehm... volevo chiederti una cosa.» dice.
Apro la porta finestra e lo faccio entrare. «Allora?» chiedo.
Lui entra, «Mi servirebbe...» borbotta e infila le mani nelle tasche dei jeans. «Ce l'hai quel coso che serve per togliere i peli?» domanda.
«La spazzola per togliere i peli?» chiedo, anche se è ovvio che cerchi quella, infatti Ryan annuisce. «Ce l'ho.» dico. «Da qualche parte.» mi volto, apro l'ultimo cassetto del comò, sposto alcune cianfrusaglie e la trovo dentro una scatola, assieme alle ricariche.
«Non consumarla tutta.» dico e la porgo a Ryan.
«Grazie.» esclama lui. E si siede sul mio letto.
«Non hai una valigia da fare?» chiedo.
Lui scrolla le spalle. «No.» dice. «Ho quasi finito.» aggiunge. «Devo solo togliere alcuni pelucchi da una giacca e basta.» sorride.
Lo odio. Ha già preparato la valigia e io sono ancora in alto mare! Sbuffo e prendo un'altra maglia dal comò, chiudo il cassetto e mi giro. «Che cazzo fai con le mie mutande in mano?» sbraito.
Ryan ride e agita il pezzetto di stoffa, «Mhh... su chi vuoi fare colpo?» sghignazza, «Perizoma di pizzo verde scuro...» dice, «Hai anche il reggiseno coordinato, vero?» ride, «Sarebbe un peccato non averlo.»
«Non sono affari tuoi!» grido e recupero la mia biancheria intima, la ficco in valigia e la chiudo. «E adesso vai di là.» ordino puntando il dito contro la porta finestra, «Non hai una giacca da pulire? E allora fallo!»
Ryan ride e si alza in piedi, «Eddai, non prendertela.» dice, «Le mie erano solo osservazioni!»
«Vai a fare le tue osservazioni da un'altra parte.» esclamo e lo spingo verso la terrazza.
Ryan ride ancora, «Come vuoi.» dice, «Ci vediamo dopo.» aggiunge. Appena esce dalla mia stanza chiudo la porta finestra e tiro le tende.
Perché ho lasciato il tanga sul letto? Perché non l'ho messo subito in valigia? Perché sono cosi idiota?
Sospiro e finisco di preparare la valigia, ficcandoci dentro tutto quello che c'è sul letto. Mi manca solo il beauty case, la borsa con il portatile e i cavi per ricaricare le batterie.
Lo farò prima di andare a letto. Anzi, appiccico un post-it sul cuscino così non rischio di dimenticarmene.
Poi mamma mi chiama, dicendo che sono arrivate le pizze. Chiudo le cerniere della valigia e la poso sul pavimento, vado in cucina e mi blocco nel vedere quattro scatole di cartone sul bancone. «Chi è il quarto?» domando anche se la risposta è così ovvia che sono stupida solo ad aver pensato a chi possa essere.
«Ryan.» risponde mamma.
«Che cosa?» esclamo, «Perché?» borbotto, «E che palle.»
«Non fare la scontrosa.» mi riprende, «Prendi la birra, è in frigo.»
Io sbuffo e prendo quattro bottiglie, anche se la tentazione di prenderne tre è forte. Perché Ryan deve cenare con noi? Non va mica in spedizione su Marte!
Poso le bottiglie sul bancone, prendo le posate e spero che Ryan non mi faccia incazzare, altrimenti potrei lanciargli una forchetta in testa.
Ryan, mamma e papà arrivano mentre io sto aprendo la scatola con la mia pizza, giro il coperchio sotto di essa, stappo la bottiglia e aspetto che anche gli altri si siano seduti prima di iniziare a mangiare.
«A che ora vengono a prendervi?» chiede mamma.
«Alle sette.» risponde Ryan e beve un sorso di birra, «Ho detto di venire al cancello principale, così non devono fare troppo casino per fare manovra.»
«Bene.» commenta papà, «Hai fatto bene a dire così.» dice. «Hai preparato tutto?» continua.
Ehi! Ci sono anche io!
«Io ho preparato quasi tutto.» m'intrufolo nel discorso, «Manca solo il caricabatterie.» dico e taglio una fetta di pizza a metà.
«Okay.» esclama mamma.
«Io ho finito.» gongola Ryan.
Lo odio, lo odio lo odio. Lui ha preparato i bagagli in poco tempo, io ci ho impiegato tutto il giorno.
«E non ho tirato fuori mezzo armadio...»
«Oh, ma taci.» borbotto, lancio un'occhiataccia a Ryan e bevo un sorso di birra. Lui mi sorride e infila in bocca un pezzo di pizza.
Una volta finita la cena porto fuori i cartoni della pizza e, mentre alzo il coperchio del bidoncino, sento mia madre dire a Ryan che non è necessario che lavi le posate, lui ribatte che lo fa con piacere.
Leccaculo.
Poi lui esce con le bottiglie vuote e le getta nel bidoncino. «Sei scontrosa.» dice, «Dovresti riposare.» esclama, «Sei troppo irritabile.»
Io sbuffo e chiudo il coperchio del bidone, «Lavoro anche io.» gli ricordo, «Ed è stancante stare a dietro a quelle oche idiote che hai come fans.»
Lui ride, «Non sono tutte oche.» dice.
Io mi limito ad alzare gli occhi al cielo e sbuffo quando il mio cellulare squilla. «È Melanie.» borbotto.
«Che vuole?» domanda lui.
Io alzo le spalle e rispondo. «Che c'è?» sbotto.
«Lindsay,» piagnucola lei, «per favore... non che mi presteresti millecinquecento dollari?»
«E cosa ci devi fare con quei soldi?» chiedo.
«Venire a New York con voi.» risponde lei.
«Vuoi venire a New York con noi?» gracchio e guardo Ryan che fa “no” con la testa, «Mi dispiace ma non posso.» dico.
«Ma li hai!» protesta lei, «Mi servono i soldi per l'aereo e l'albergo...» piagnucola, «Ti prego!»
«Per averceli ce li ho, ma non te li presto.» dico.
«Ma per favore...» squittisce lei, «Io voglio venire con voi.» protesta, «Non mi invitate più.» piange.
«Non ti invitiamo più perché non possiamo.» dico ed è una mezza verità, non è che non possiamo invitare qualcuno, possiamo farlo ma invitando una persona a testa. Che non sia fuori di testa, possibilmente. «Ordini della casa discografica.»
«È una bugia!» strilla lei. «Non vuoi che venga.» piagnucola.
Dio, che imbecille. «Okay, come vuoi.» dico, «Ho la batteria a terra, ci sentiamo.» aggiungo e riattacco.
«Che piaga.» commenta Ryan mentre rientriamo in casa. 
«La conosci.» dico, «È una rompiballe.» sospiro. «Io vado di sopra.» dico, a mia madre. «Ci vediamo a domani.» m rivolgo a Ryan e salgo di sopra.
Mi getto sul letto con un sospiro. Non devo pensare a Ryan mentre gettava le bottiglie, alla luce del patio che illuminava i suoi capelli e il suo viso. E al suo sorriso, alla sua voce o qualunque cosa lo riguardi.
Non devo proprio pensarci.
Mi alzo con uno sbuffo ed entro in bagno, chiudo lo scarico della vasca, apro l'acqua calda e verso sali da bagno e bagnoschiuma. Lego i capelli in una coda alta, l'arrotolo e la fermo con una pinza verde. Sbadigliando mi spoglio, rimanendo in mutande e mi siede sul bordo della vasca, fissando la schiuma che si gonfia e l'acqua che sale. Chissà che cosa sta facendo Ryan?
Sospiro, mi spoglio del tutto e entro in acqua, chiudo gli occhi e mi rilasso, cercando di dimenticarmi di Ryan, di Melanie, delle fans mezze sciroccate..
Ma non ci riesco. Non del tutto.
Ryan è ancora nei miei pensieri.



Sono in ansia. Cioè... andremo a New York! Sono così in ansia che mi sono svegliato alle quattro e mezza, un'ora e mezza prima che suonasse la sveglia. Ho ricontrollato la valigia, il bagaglio a mano, i documenti, la mia chitarra, mi sono appena fatto la doccia e adesso non so cosa fare, di tornare a letto non se ne parla, se mi riaddormento è la fine.
Guardo fuori dalla porta finestra, le tende della stanza di Lindsay sono ancora tirate. Dorme ancora? Fra tre quarti d'ora passano a prenderci!
Apro la porta finestra e vado da lei. La sua è quasi chiusa, c'è solo una piccola fessura, dove infilo l'indice destro e faccio leva, aprendola. L'allarme non è inserito, chissà chi si è dimenticato di attivarlo.
Lindsay dorme tutta raggomitolata, sul pavimento c'è la sveglia, il coperchio del vano batterie e la pila sono accanto a essa, deve averla buttata per terra.
«Lindsay.» la chiamo, «Svegliati.» dico ma lei dorme.
«Linds.» la scuoto piano ma lei non reagisce, «Lindsay, svegliati.»
«Fammi dormire.» biascica lei e infila la testa sotto al lenzuolo, coprendosi fino agli occhi.
«Mancano dieci minuti alle sette.» esclamo e mento, perché sono appena le sei e cinque.
«Che cosa?» strilla lei e io mi scanso per evitare una testata sul naso. «Oh mio Dio!» strilla ancora, «Ho un sacco di cose da fare!» dice mettendosi in piedi.
Io la fisso trattenendo una risata mentre lei si agita e corre per la stanza, incurante di indossare una t-shirt extra-large che le scopre le gambe.
Poi si blocca di colpo davanti alla libreria.
«Sette meno dieci, eh.» dice e mi accorgo che fissa una pendola posta sopra uno dei ripiani più alti, «Sono le sei e cinque!» sbraita girandosi verso di me, «Imbecille!» sbotta e io rido, «Non ridere!» squittisce e io rido ancora di più. 
«Cretino.» borbotta, diventa rossa e tira giù l'orlo della maglietta, «Esci!» esclama, «Maniaco!» dice.
«Quanto la fai lunga.» esclamo, «Se non ti avessi svegliato avresti continuato a dormire.» le faccio notare ed esco dalla stanza - sempre dalla porta finestra -, «Ah, l'allarme non era inserito.» la informo. «Ci vediamo dopo, ciao!» la saluto mentre lei borbotta altri insulti.

«Grazie, signora Mars.» sorrido mentre la madre di Lindsay mi porge una tazza di caffè.
«E tu che ci fai qui?»
Mi giro e sorrido a Lindsay, «Bevo un caffè.» dico e alzo la tazza di caffè, «Buongiorno.»
«Buongiorno un cavolo.» mugugna lei e si versa del caffè. «Stupido.» borbotta.
«Linds, capisco che è presto, ma cerca di essere gentile.» la rimprovera la madre.
Lindsay irrigidisce la schiena. «Okay mamma.» esclama e versa lo zucchero nel caffè, poi si gira e mi fissa, rimango sorpreso nel vedere il suo viso segnato dalla stanchezza.
Sorseggiamo i nostri caffè in silenzio. «Vado a prendere i bagagli.» esclamo, esco dalla porta finestra della cucina ed entro in casa.
Dieci minuti dopo trascino i miei bagagli fino a cancello principale, Lindsay è già lì, con i suoi genitori e sorrido quando Cameron raccomanda a Lindsay di stare attenta, di non mettersi nei guai e di non fare cazzate.
L'auto arriva quasi subito, Cameron apre il cancello e metto i bagagli, anche quelli di Lindsay, nel bagagliaio.
«Quando atterro vi chiamo.» dice Lindsay abbracciando i suoi genitori. Io mi limito a un “Ciao, grazie per il caffè” e saliamo in auto.
«E gli altri?» chiedo a Liam.
«Sono nell'altra macchina.» risponde lui e io annuisco, scrollo le spalle e chiudo la portiera.
«Ma devi sempre occupare tutto 'sto spazio?» brontola Lindsay che è seduta fra me Liam.
«Non sto occupando tutto lo spazio.» dico, «Sono sul mio sedile, sei tu che ti allarghi troppo.»
Lei sbuffa e incrocia le braccia al petto. «Idiota.» borbotta e sorrido.
Adoro quando m'insulta perché almeno non mi ignora, che sarebbe pure peggio.



«Grazie.» dico a Jake che a messo il mio bagaglio a mano nella cappelliera, stringo la mia rivista e mi siedo sul mio sedile, lato finestrino.
«Facciamo cambio?»
«No, Ryan.» borbotto e infilo la rivista nella tasca del sedile.
«Ma volevo starci io lì!» protesta lui. Io sbuffo, alzo gli occhi al cielo e guardo fuori.
«Potevi metterti in fila prima per il check-in.» gli faccio notare, «Invece di perderti a guardare il culo di quelle che ti passavano accanto.» dico. E io non sono gelosa. Proprio no.
«Sei tu quella che mi è passata davanti!» ribatte lui.
«Oh, taci.» sbotta Jake, «Siediti.» ordina e si mette comodo anche lui, nel posto accanto al corridoio.
«Non mi piace stare in mezzo.» borbotta Ryan, «Siete degli amici dispettosi.»
«E piantala di lamentarti!» dice Liam, seduto con Aaron e Chris davanti a noi.
Una volta tutti a bordo le hostess iniziano a mostrare le uscite di sicurezza, dove sono i giubbotti di salvataggio e cosa bisogna farci... tutta roba che ormai conosco a memoria. Allaccio la cintura di sicurezza e spengo il cellulare, per poi infilarlo nella tasca della giacca.
Dopo un tempo che mi sembra infinito finalmente l'aereo parte, deglutisco e stringo i braccioli.
«Hai paura?» ridacchia Ryan.
«Chi, io?» borbotto, «Ma no!»
Bugia, bugia e ancora bugia. Il decollo mi mette sempre l'ansia.
«Hai paura.» dice lui, «Uh, se vuoi ti tengo la mano.»
Lo fisso, «Non serve.» gracchio perché sono scema, ma Ryan ignora le mie proteste e stringe la mia mano sinistra. Immediatamente mi rilasso e anche la mano destra smette di artigliare il bracciolo. Guardo il sedile davanti a me per non guardare Ryan.
Sono proprio stupida.
Appena siamo in quota tolgo la mano da quella di Ryan, anche se non vorrei, anche se adesso la mano sembra bruciare. Il tutto perché sono idiota.
Prendo la rivista e inizio a sfogliarla, poi sbadiglio e spero di addormentarmi presto. Ho un bel po' di sonno arretrato e il volo dura un bel po', quindi ho tutto il tempo per farmi un bel pisolino. Al terzo sbadiglio chiudo la rivista, la rimetto nella tasca del sedile e mi sistemo meglio contro il sedile e chiudo gli occhi.

Mi risveglio nel momento in cui una voce maschile annuncia che stiamo per atterrare. Sbadiglio e stiracchio le braccia sopra la testa.
«Avevi proprio sonno!» commenta Ryan.
«Oh, taci.» biascico, «Colpa tua che mi hai svegliato improvvisamente, facendomi venire un mezzo infarto.»
Lui ridacchia, «Eddai, ti ho solo svegliato.» dice, «Altrimenti avresti fatto tardi!»
Io sbuffo e guardo fuori dal finestrino. «Tu mi hai praticamente gridato che erano le sette meno dieci, facendomi diventare isterica perché ero in ritardo, invece erano solo le sei e cinque.» borbotto.
Ryan ride e Jake ridacchia, «Avevi buttato la sveglia per terra.» dice il primo, «Se non ti avessi svegliato avresti continuato a dormire.»
Sbuffo, «Mi avrebbe svegliato mamma.» replico.
«Si diverte a farlo.» commenta Jake, «Lo ha fatto anche con me.»
«Perfetto.» borbotto. «Sembri un bambino dispettoso.» dico a Ryan.
Lui mi sorride e ride.
Poi l'aereo atterra, aspettiamo che scendano un po' di persone e usciamo anche noi.
Le nostre valigie appaiono sul nastro per ultime, così possiamo andarcene dal JFK.
«Chissà se c'è qualcuno che ci aspetta.» dice Aaron spingendo un carrellino su cui ci sono anche le mie valige.
«Non credo.» risponde Jake. «Al limite saranno quattro gatti.» aggiunge, svoltiamo l'angolo e...
Quattro gatto un corno! Ci saranno almeno un trentina di ragazze che si animano appena ci vedono: urlano, saltano, gridano e si agitano.
«Oh, mamma.» sbianca Jake.
«Quattro gatti, eh?» lo prende in giro Chris.
I ragazzi salutano e io stringo la mia borsa con il portatile e cerco di mantenere la calma. Non possono mica oltrepassare il nastro, vero? Anche perché ci sono tre bodyguard grossi come montagne, con bicipiti enormi e mani grosse come racchette da tennis.
Carl ci dice di andare avanti e noi lo facciamo, anche se le fans urlano i nomi dei ragazzi e si agitano ancora di più quando loro le salutano.
Alcune saltano e piangono e sembra che vogliano correre da loro ed abbracciarli; per fortuna i tre gorilloni le tengono a bada. O forse no, visto che una si china e cerca di passare sotto il nastro, ma il bodyguard la riacciuffa e la ferma un attimo prima che quella si getti su Chris.
Le superiamo, lasciandoci dietro le loro urla beduine, usciamo dall'aeroporto e ci dividiamo, in due gruppetti, uno per ogni auto.
Io, ancora una volta, capito con Ryan e Liam.
«Svetlana arriva dopo?» domanda Liam mentre l'autista parte.
«Sì.» rispondo per la centesima volta.
«Non capisco perché non è venuta in aeroporto.» brontola.
«Perché ha una riunione al lavoro e perché quelle scalmanate l'avrebbero massacrata se si fosse avvicinata a te.» gli faccio notare, lui sbuffa e incrocia le braccia, «Dai, un paio d'ore e la rivedremo.» gli sorrido, anche lui sorride.
Un'ora dopo siamo nelle nostre stanze. Io ragazzi si dividono due camere, Carl e Annie ne hanno una tutta per loro e io una per me.
Mi do una rinfrescata in bagno e sistemo alcuni vestiti, prendo una borsetta più piccola, ci ficco dentro l'indispensabile ed esco in corridoio, in attesa degli altri.
Liam è già lì, «La riunione è quasi finita.» gongola.
«Lo so.» dico, «Lo ha scritto anche a me.»
«Evitate effusioni troppo esplicite, grazie.» commenta Chris uscendo dalla camera che divide con Liam e Aaron, che esce per ultimo.
«Melanie piange.» mi dice, «Ha detto che le hai proibito di venire qui.»
Sbuffo, «Io le ho detto che non le prestavo millecinquecento dollari.» replico.
«Ah, mi sembrava strano.» esclama lui, «Deve sempre farla tragica.»
«Voleva che le prestassi dei soldi?» chiede Chris, «Oh, cavolo.» dice e si trattiene dal ridere.
«Già.» commento, poi arrivano anche Jake e Ryan, così possiamo scendere al piano terra e ficcarci nel ristorante. Ho bisogno di mangiare. E di un buon caffè.
Venti minuti dopo, mentre sto mangiando un petto di pollo, mi arriva un SMS di Svetlana che mi dice che è appena entrata in metropolitana.
«Sta arrivando.» dico infilando il cellulare in borsa, «Una ventina di minuti ed è qui.» aggiungo e bevo un altro sorso.
Il viso di Liam si illumina, sorride e mi guarda... ha l'aria da ebete. Un ebete felice.
«Hai la faccia di un cretino.» ride Jake ma Liam lo ignora, o forse non lo ha nemmeno sentito, sembra perso in un mondo tutto suo...
«Starà pensando a cosa farà quando la rivedrà.» commenta Ryan.
«Mica è difficile da immaginare.» dice Chris.
«Non fatemi venire in mente certe cose!» squittisco, «Non ho voglia di immaginare Svetlana e Liam che si contorcono in strane posizioni.»
«Non fare la timida, Linds.» esclama Ryan, «Anche tu vorresti farlo.» dice.
Io lo ignoro e continuo a mangiare. Ho appena finito quando mi arriva l'SMS di Svetlana che mi dice che è a tre fermate da qui, bevo un ultimo sorso d'acqua e mi alzo in piedi, «Vado a prenderla.» esclamo.
«Vengo anche io!» dice Liam.
«Resta qui.» lo ammonico, «Se metti un piede fuori senza che Carl lo sappia  ci farà la ramanzina quando lo scoprirà.» gli ricordo, «E lo scoprirà.» sorrido e prendo la borsa.
«Però tu esci.» brontola lui.
«Ma io non rischio di essere spogliata da qualche fan fuori di zucca.» dico.
«Ma ti piacerebbe!» ride Ryan. Io lo ignoro ed esco dal bar dell'hotel, attraverso la hall e poi sono in strada.
L'ingresso della metro dove cavolo è? Ah, è lì, a sinistra, a una cinquantina di metri dall'hotel. Mi avvicino e aspetto che Svetlana arrivi. Nemmeno due minuti dopo la vedo, mi sorride e sale le scale, per poi abbracciarmi con forza.
«Ciao stella!» mi saluta.
«Ehi, come va?» le domando.
«Ora meglio.»sorride e ci incamminiamo verso l'albergo. «Allora... come va con Ryan?» chiede.
«Al solito.» rispondo, «Fa sempre il coglione.»
Lei sbuffa, «Perché tu lo tratti male.» dice, «Sii più gentile con lui.»
«Come vuoi.» borbotto e finalmente entriamo in hotel, andiamo al bar e non faccio in tempo a dire o pensare qualcosa che Svetlana si getta su Liam, travolgendo e spintonando Chris.
«Ehi!» sbotta il ragazzo, «Fai attenzione, cavolo!» dice ma i due lo ignorano, troppo presi ad abbracciarsi.
«Datevi un contegno che non dovete andare su qualche stupido sito di gossip.» esclamo.
«A te piacciono i siti di gossip.» dice Ryan.
«Oh, ma stai zitto.» sbotto, «Io sono pagata anche per controllare che non vi ficchiate nei guai.» dico e mi siedo al mio posto, accanto a Svetlana che stringe la mano di Liam e lo guarda con aria sognante.
«Com'è andato il volo?» domanda Svetlana.
«Lindsay non ha voluto cedermi il posto accanto al finestrino.» brontola Ryan.
«Potevi essere più veloce ed evitare di perdere tempo guardando il culo delle altre.» replico. Non sono sembrata gelosa, vero?
Svetlana ridacchia per poi richiamare l'attenzione del cameriere e ordina un cappuccino, mi guarda e sorride, «Potevi anche lasciarglielo.» dice.
Io la guardo e sbuffo, «No.» rispondo, «Che facciamo?» le chiedo, «Andiamo a farci un massaggio?» continuo, «Ne ho proprio bisogno.» sospiro.
Lei guarda me, guarda Liam e guarda me, «Uh, okay.» dice, «Quello in cui andavamo sempre è a un paio di isolati da qui.»
«Avverto Carl e possiamo andare.»
«Okay.»
«E io?» chiede Liam.
«Chiedi se puoi venire.» cinguetta Svetlana.
«Carl dirà di no.» dice Jake, «Ci ha detto di starcene qui.» sbuffa.
«E che palle.» sbuffa Ryan «Noi dobbiamo starcene qui mentre Lindsay può uscire.» brontola, «Non è giusto.»
«Non ho deciso io cosa dovete fare, eh.» dico, «Io faccio solo quello che mi dicono.» aggiungo, «Non prendetevela con me.»
«È Ryan che la fa lunga.» dice Aaron, «E Liam, ma lui è giustificato.»
Ryan sbuffa e incrocia le braccia al petto. «E che palle.» borbotta, «Siete noiosi.»
«Sono gli ordini, Ryan.» esclama Aaron mentre il cameriere porta il caffè a Svetlana, «Dobbiamo fare quello che dicono.»
«È solo che non capisco perché Lindsay possa fare quello che vuole e io no.» dice Ryan, «Non è giusto.»
«Perché io non ho centinaia di fans pronte a strapparmi le mutande senza togliermi i jeans, eh.» replico, «Se uscite e vi fate male ci vado di mezzo io.»
Ryan mi guarda, «E che palle.» borbotta, «Non è giusto.»
Sbuffo e alzo gli occhi al cielo, «Smettila di fare i capricci.» esclamo, «Allora,» guardo Svetlana «cosa facciamo?» chiedo ma lei è troppo impegnata a bisbigliare qualcosa nell'orecchio di Liam, «Svetlana!»
«Sì?» dice lei.
«Cosa facciamo?» ripeto, «Oggi non abbiamo nulla da fare, domani c'è l'intervista con Mtv, poi con una rivista e il giorno dopo con una web-TV, poi abbiamo un altro giorno libero e la mattina dopo torniamo a casa.»
Lei sorseggia la bevanda, posa la tazzina e sospira, «Non so.» dice, «Potremmo andare a farci un massaggio prima che parti, poi un giro di shopping e magari ci infiliamo in un qualche museo.»
«Tu vai al museo? Non mi hai mai detto niente!»
«E io?»
Prima Ryan poi Liam.
«Io vado al museo!» ribatto fissando Ryan, «Non me lo hai mai chiesto, perché avrei dovuto dirtelo?»
Lui sbuffa, «Non pensavo che ci andassi.» dice.
Sto per ribattere che non sono affari suoi quando mi accorgo che Svetlana e Liam sono... avvinghiati, ancora un po' e fra di loro non passerà neppure uno spillo. «Svetlana... c'è una svendita di campionario.» dico.
«Dove?» esclama lei, «Dove?»
Rido, «Da nessuna parte.» rispondo, «Credo.» dico, «Eravate troppo attaccati e qui c'è un bel po' di gente.»
«Okay.» sbuffa lei.
«E se tornassimo di sopra?» propone Chris, «Così quelli posso chiudersi da qualche parte e darsi da fare.»
Liam e Svetlana arrossiscono, «Okay.» borbotta lui.
Svetlana finisce il suo cappuccino e saliamo al diciottesimo piano, io passo un attimo nella mia stanza per recuperare il portatile e vado nella stanza di Ryan e Jake visto che Liam e Svetlana  si sono chiusi nell'altra camera.
«Che fai?» domanda Ryan mentre accendo il portatile.
«Gli affari miei.» rispondo, «Voglio solo controllare Twitter.» dico, Ryan si alza dal suo letto e si siede accanto a me, «Non spiare!» lo rimprovero.
«Sono solo curioso.» dice, «Ma non è che scrivi al web-coso?»
Lo guardo, «Primo: non sono affari tuoi.» dico, «Secondo: non sono affari tuoi e terzo... non sono affari tuoi.»
Lui sorride, «Uh, te la stai prendendo un po' troppo.» ride, «Allora lo senti!» esclama.
Sbuffo e accedo ad internet, mi collego a Twitter con il profilo del gruppo e sbuffo di nuovo. «È un amico.» ribatto, «E non sono affari tuoi.»
Da uno a dieci quanto sono scema?
Undici.
Scorro le menzioni e vedo alcuni messaggi di Melanie. Ne conto trenta che dicono tutti la stessa cosa: "Mi mancante, tornate a Miami", seguiti da numeri crescenti, l'ultimo inviato riporta il numero duecento. Però non è la sola, ci sono centinaia di richieste da parte di ragazze che voglio essere seguite. Apro alcuni profili a caso e seguo gente che si è limitata a uno o due tweet di richiesta.
«A Melanie non sono ancora cadute le dita?» domanda Ryan, «Continua a mandare tweet.»
«Vuole che torniamo a casa.» dice Aaron
«Ma se siamo appena arrivati!» esclama Chris
«Le mancate.» dico.
«Le manca Ryan.» sospira Aaron e mi dispiace per lui perché è un bravo ragazzo e Melanie è un'idiota, ma si sa, l'amore rende stupidi.
Basta guardare me.
«E Liam?» chiede Carl entrando nella camera.
«È di là, con Svetlana» risponde Ryan e gira il portatile verso di sé
«Non sarà uscito dall'albergo, vero?» chiede Carl parlando con me.
«No.» rispondo, «Sono andata da sola alla fermata della metro, io e Svetlana siamo venute qui, lei ha preso un caffè al bar e siamo venuti su.»
«Meno male.» dice lui, «Se qualcuno scoprisse proprio adesso che Liam ha una storia...» sospira, «Non ci voglio neppure pensare.»
«Perché non possiamo uscire da soli?» chiede Ryan
«Perché vi ritrovereste senza mutande dopo mezzo isolato.» risponde Carl, «Posso vedere se si può organizzare qualcosa e se la sede di New York può mandare qualche body guard a tenervi d'occhio.»
«Uffa.» brontola Ryan. «La prima volta che vengo qui e, o devo stare in stanza o devo avere qualcuno che mi tiene d'occhio.» sbuffa, «Ma non hai qualche gioco interessante?» domanda Ryan, «Hai robe tipo Tetris! Che noia.»
«Chi ti ha dato il permesso di curiosare nel mio computer?» sbraito e mi riprendo il portatile. «A me questi giochi rilassano e con te ho bisogno di rilassarmi ogni mezz'ora!»
«Dovresti rilassarti anche adesso.» ride lui.
«Oh, ma vai a quel paese.» sbotto.
«La finite?» esclama Carl, «Ryan, non curiosare nelle cose di Lindsay e tu,» mi guarda «sai com'è fatto, non prendertela troppo.»
«Okay.» sbuffo, «Ma la colpa è sua.» dico, «Mi fa sempre arrabbiare.» brontolo.
«Volevo solo svagarmi un po'.» replica Ryan, «Ma tu hai solo giochi noiosi.»
«Sono giochi che mi piacciono.» dico, «E, dato che devono piacere a me e non a te, non sono affari tuoi quali giochi ho sul portatile.»
Ryan mi fissa e sorride, «Te la prendi troppo.» esclama, «Sai, credo che l'idea del massaggio sia perfetta, sei troppo tesa e nervosa.» dice, «Te la prendi troppo.» ripete.
Io lo guardo con la voglia di dargli un pugno. «Oh, che noia che sei.» sbotto, «Dici sempre le stesse cose.» esclamo, «Cambia un po'.»
«Potete uscire.» esclama Carl, «Fra una mezz'ora arriveranno un paio di body guards e alcune auto, così potete andare in giro.» dice, «Basta che non fate gli idioti e che non litigate.»
Chissà perché, ma ho l'impressione che l'ultima parte sia rivolta a me e Ryan...
«Qualcuno avverata gli altri due.» continua Carl e infila il cellulare in tasca, «Lindsay, posta una tua foto con Svetlana, scrivendo che... bho, è bello rivedere la tua migliore amica.» mi dice, «Così se vi vedono tutti insieme non faranno troppe domande.»
«Okay.» dico, «Aspettiamo che quei due... finiscano.» sospiro, chiudo il browser, spengo il portatile e guardo Ryan «Se speravi che ti lasciassi curiosare... bhe, ti sei sbagliato di grosso.»
Lui alza le spalle, «Non sono così curioso.» dice.
Alzo gli occhi al cielo e abbasso lo schermo del portatile, «Se lo dici tu.» borbotto, «Vado a prepararmi.»annuncio e vado nella mia stanza.
Mi siedo sul letto e sospiro. Perché Ryan deve sempre farmi incazzare in questo modo? Lo odio quando fa così! Mi sdraio sul letto e chiudo gli occhi.
Giuro che io cerco di capire cosa passi nella testa di quell'idiota ma spesso è così complicato...  un attimo prima fa il bambino capriccioso, poi passa a prendermi in giro, ritorna a fare i capricci... fino a quando non si chiude in se stesso e non dice mezza parola.
Perché l'amore è così complicato?
Perché lui è così difficile da capire?
Perché sono così scema?
Con uno sbuffo mi alzo e vado in bagno. Mentre mi sto pettinando, qualcuno bussa alla porta.
«Sono io.» dice Svetlana
Con la spazzola in mano vado ad aprile, «Tutto bene?» chiedo, anche se dal sorriso radioso di Svetlana si capisce che va tutto bene.
«Sì.» cinguetta lei e si siede sul mio letto. «Una meraviglia ora che l'ho rivisto.»
«Okay.» sospiro e rimetto la spazzola al suo posto, sulla mensolina del bagno, proprio sotto il grande specchio.
«Dobbiamo farci una foto.» esclamo sedendomi sul letto, «Lo ha detto Carl. Così se qualcuno ci vede insieme sa che siamo amiche e non si fa strane idee.»
Lei annuisce, «Va bene.» dice, «Andiamo?»
Annuisco, riprendo la borsetta, aspetto che Svetlana si alzi e usciamo dalla camera. In corridoio c'è Carl
«Andate a fare quella foto, la posti su Instagram.» mi dice e io annuisco, «Poi ci aspettate, scenderemo fra qualche minuto, quando Liam non sarà più rosso come un peperone e gli altri quattro scemi abbiano finito di prenderlo in giro...»
Annuisco di nuovo, «Okay, noi scendiamo.» esclamo, afferro la mano di Svetlana e andiamo verso gli ascensori.
Entriamo, «Allora... cosa avete fatto?» domando.
«Quello che tu e Ryan non fate.» risponde lei.
Io sbuffo, «E che palle che sei.» borbotto, «Smettila con questa storia.» dico.
Lei ride, «È divertente vedere l'ostinazione che metti nel dire che non ti piace.»
«Ma non è vero!» ribatto, «Perché dovrei sprecare energie in quel modo?» le chiedo.
«Perché hai paura.» replica Svetlana. «Dovresti lasciarti andare.»
Io sospiro e incrocio le braccia al petto mentre le porte dell'ascensore si aprono. «Dove facciamo la foto?» chiedo.
«Non cambiare argomento.» dice Svetlana, «Lì?» propone e indica una zona alla nostra destra, piena di comode poltroncine e tavolini bassi e tondi i legno scuro.
«Okay.» dico. Troviamo un piccolo divanetto, ci sediamo, e scatto una foto. La guardo e per fortuna nessuna di noi due sorride in modo idiota o ha una faccia da scema. Così la posto su Instagram, scrivendo: "È bello rivedere la propria migliore amica!" e la condivido su Twitter.
Mentre aspettiamo i ragazzi leggo diversi commenti, che dicono che siamo belle, che chiedono dove siamo, se ci sono anche gli altri....
«Dove andiamo? Dove andiamo?» domanda Chris.
«In giro.» dice Carl.
«Io vorrei andare a Central Park...» esclama Aaron.
Guardo Svetlana e le sorrido, anche lei sorride, «So dove andare.» dico.
«Dove?» domanda Ryan, «Spero non in un centro commerciale...» dice, «Altrimenti non ne usciamo più.»
«Ma stai zitto che l'ultima volta hai passato quaranta minuti davanti all'espositore dei jeans perché non sapevi quali scegliere e alla fine non hai preso nulla!» esclama Jake.
«Non è un negozio.» sorride Svetlana, «È molto meglio!»
«Sarà, ma non è che mi fidi molto.» sospira Ryan.
Carl sbuffa, «Se avete finito... andiamo dove dicono loro, visto che conoscono la città.» dice.
Prima di salire in auto — la stessa di prima — dico all'autista dove deve portarci.

Una mezz'ora dopo il mezzo si ferma sulla Central Park West, all'altezza dell'Ottava strada. 
Mentre io e Svetlana conduciamo i ragazzi lungo i viali del parco, parlando della sua storia, un paio di gorilloni ci seguono. Arriviamo al Friedsam Carousel, lo superiamo e svoltiamo a destra. «Siamo arrivati.» annuncio.
«Ehm... sono cavalli.» commenta Ryan
«Lo so cosa sono.» dico.
«Sei sicura di essere nel posto giusto?» mio domanda.
«Sì.» sbuffo.
«Perché siamo qui?» chiede Liam, «Non dovremo salire su quei cosi, vero?» squittisce.
«Non sono cosi, sono cavalli.» esclama Aaron, «Da che parte si entra?» mi chiede.
«Tu vuoi salire lì sopra?» domanda Ryan indicando un cavallo marrone scuro con la mano destra, «Sei pazzo?»
«Ma lo sai che ogni tanto vado al maneggio, di che ti stupisci?» sbuffa Aaron, «Andiamo?» domanda.
«Sì.» esclamo in coro con Svetlana.
«Non ci penso nemmeno.» squittisce Liam.
«Io passo.» dice Jake. «Al limite gli do una carota.»
«No.» esclama Chris. 
«Ryan?» lo chiamo, «Che fai, vieni o rimani qui con i tuoi coraggiosi amici?» dico e mi trattengo dal ridere.
Ryan mi fissa, incrocia le braccia, deglutisce e sospira. «Rimango qui.» borbotta.
Carl sospira, «Voi andate.» si rivolge a me, Svetlana e Aaron, «Io rimango qui con questi tre...» sospira, «Sono cavalli, non mostri.» lo sento dire mentre entro nella bassa costruzione di legno, dove ci sono gli uffici, i bagno e una piccola zona di ristoro con distributori automatici.
«E allora perché non ci sali sopra?» esclama Ryan seguendoci.
«Perché devo tenervi d'occhio.» sospira Carl.
Che palle. Sospiro e vado alla cassa. Dieci minuti dopo noi tre siamo in groppa a tre splendidi cavalli. Svetlana è in testa, Aaron nel mezzo e io chiudo la fila.
«È bellissimo.» commenta Aaron.
«Avresti potuto dirmi che sapevi cavalcare.» esclamo, «Potevamo andare al maneggio insieme.»
«Potrei dirti la stessa cosa.» dice lui senza voltarsi.
Ha ragione. Ha davvero ragione. Non replico e continuiamo la nostra cavalcata.



«Perché Lindsay non mi ha detto che le piace cavalcare?» esclamo.
«Perché avresti tirato fuori qualche battuta dal dubbio gusto.» dice Liam.
«Ma non è vero!» ribatto, «Le avrei solo detto che non lo immaginavo che le piacesse cavalcare.»
«Già da come lo dici ha un doppio senso.» esclama Jake.
«E Lindsay ti avrebbe urlato contro qualche insulto.» ride Chris.
«Begli amici che siete.» borbotto, afferro una patatina e la ficco in bocca. Non sarebbe stata colpa mia se Lindsay avesse travisato... «E poi... perché ci hanno voluto portare qui? A 'sto punto era meglio se facevamo shopping.» esclamo.
«Piantala di lamentarti.» esclama Carl. «Sono solo cavalli, c'è l'istruttore... potete fare un misero tentativo.» dice, «Anzi, fatelo.»
«Ma sei pazzo?» esclama Liam, «Dovrei salire su uno di quelli?»
«Io non ci salgo.» esclamo.
«Ryan... tu ci sali, invece.» replica Carl. «Adesso. È un'ordine.»
Che cosa? Io dovrei salire su un cavallo? «Non ci penso nemmeno.» dico. 
«Invece sì.» replica Carl e si alza in piedi. «Muovetevi!» ordina.
Io dovrei salire su questo* cavallo? Ha la faccia da stupido. «Mi farà cadere, lo so.» borbotto allacciandomi il caschetto.
«Non cadrai.» ride Jhon o come diavolo si chiami l'istruttore. «Metti il piede sinistro lì» indica la staffa, «e datti la spinta per salire.»
Faccio come mi dice, anche se so che cadrò. Lo so... invece riesco a montare in groppa. Jhon mi spiega come tenere le redini e cosa fare e io lo ascolto con attenzione, non voglio che il cavallo si imbizzarrisca e mi butti giù.
«Si può andare più piano?» chiedo mentre il cavallo si muove.
«Più piano di così vuol dire fermarsi.» ride Jhon.
«Sarebbe l'ideale.» sbuffo e quello ride ancora, sono sicuro che anche il cavallo stia ridendo. Proseguiamo, percorrendo il perimetro dello spiazzo recintato. O come diavolo si chiamo 'sto posto. «Come va?» chiedo agli altri due.
«Preferirei fare altro.» ansima Chris.
«Non sembra male.» risponde Jake. «È quasi divertente.»
Divertente? Può essere tutto ma non divertente!
«Insomma.» è la risposta di Liam. «Potrebbe andare peggio.»
Sbuffo mentre giriamo a sinistra. «Potrebbe andare peggio in che senso?» chiedo.
«Potremmo cadere.» dice Liam.
«Grazie.» borbotto.
«Di niente!» esclama Liam.
Facciamo un paio di giri poi Jhon dice che possiamo scendere. «Grazie al Cielo.» mormoro. Okay, adesso devo solo togliere il piede destro dalla staffa e scendere, giusto? Una roba semplice. È così semplice che non tentenno nemmeno. «Ce l'ho fatta!» esulto mentre poso il piede sul terreno. Sfilo l'altro piede dalla staffa e mi sposto all'indietro, forse troppo velocemente perché in un attimo mi ritrovo a terra.
Sento qualcuno che ride, di sicuro sono Chris, Liam e Jake.
Solo che... una risata è femminile. È Lindsay
Mi giro verso destra e la vedo, in piedi accanto al cavallo, praticamente piegata in due dalle risate.
«Non ridere!» esclamo mettendomi in piedi, «È la prima volta!»
Lei non smette di ridere, «Sei caduto come una pera cotta!» sghignazza.
«Oh, sì.» ride Aaron, «Hai fatto tutto da solo!»
Svetlana si limita a ridere e basta.
«Begli amici che ho.» brontolo rialzandomi, «Avrei potuto farmi male!» mi lamento.
«Ti lamenti troppo per essere uno che si è fatto male.» dice Carl.
Sbuffo ancora e mi levo il caschetto, «Possiamo andarcene?» chiedo. «Vorrei fare altro.»
«Okay.» dice Lindsay, «Cosa vuoi fare?»
«Non so.» dico, «Qualsiasi cosa che non preveda di montare in groppa a qualsiasi animale.» esclamo. La verità è che non mi dà fastidio essere caduto, mi do fastidio averlo fatto davanti a lei.

New York è meravigliosa. Alla fine ci siamo accordati sul gironzolare per Central Park, stiamo per entrare in un bar  quando tre ragazze si avvicinano a noi.
Sono fans, lo capisco dal modo in cui ci fissano.
«Possiamo fare una foto con voi?» chiede la più alta.
«Certamente.» risponde Jake.
Lindsay prende la digitale e scatta le foto. Per un singolo istante, mentre abbraccio l'unica bionda del gruppetto, mi sembra di scorgere qualcosa nel suo sguardo. Qualcosa come... gelosia. Sicuramente è solo una mia stupida e sciocca gelosia. Lindsay non è gelosa di me. Figuriamoci se possa esserlo.
Lindsay non è gelosa di me. E non lo sarà mai.

Alle sei Carl ci ordina di tornare in albergo.
Dopo la cena Svetlana se ne va, lasciando un Liam molto triste.
«La rivedi domani!» esclamo mentre siamo in ascensore.
«Ma mi manca.» dice lui.
Io sto zitto, perché non so cosa dire e perché non voglio dire qualche stronzata davanti a Lindsay.
«Ci vediamo domani.» dice aprendo la porta della sua stanza. «E non fate casino!» esclama prima di entrare in camera. Io mi limito a fissare la porta che si chiude.
«Andiamo?»
Sospiro e mi giro verso Jake. «Arrivo.» mormoro. Anche se è presto — sono appena le nove e mezza — mi sento stanchissimo e ho solo voglia di farmi una bella dormita.



Scusate il ritardo!, ma ho avuto un periodo in cui non avevo voglia di scrivere, ero senza ispirazione e robe varie.
Capitolo lungo anche questo, così ho dovuto dividerlo in due. Il prossimo lo posterò in settima, al massiomo domenica prossima, perché lavoro come vendemmiatrice e non so mai quando ho tempo, dato che chiamano quando è pronta l'uva.
Comunque... grazie a tutti!
P.S: il titolo è di una canzone dei Blue!

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Undici- Welcome To The Show Part II ***


logo def
hosting immagini

Straigh Through
My Heart

Undici
Welcome To The Show Part II
*** were the people gettin outta control ***



Sbadiglio e chiudo la porta della stanza. Il programma è alle dieci, ma noi dobbiamo essere là almeno un'ora e mezza prima, per sapere cosa fare, per le prove e, ovviamente, per la sessione di trucco e parrucco dei ragazzi ma, dato che lo studio è a una decina di miglia da dove siamo noi, e che il traffico di New York è il traffico di New York, dobbiamo partire alle sette e mezza. Quindi mi sono svegliata all'alba.
Un'altra volta.
«Stanca?» domanda Liam.
«Abbastanza.» rispondo e mi trascino verso l'ascensore. Ucciderei chiunque si intromettesse fra me e una grossa, enorme e calda tazza di caffè. Pigio il pulsante di chiamata e sbadiglio ancora.
«Guarda che se tieni il dito contro il pulsante non è che l'ascensore arrivi più velocemente.»
Sbuffo e mi giro verso Ryan, che sembra una che ha dormito tranquillo e beato per tutta la notte, «Voglio. Un. Caffè.» borbotto.
«Puoi usare le scale.»
Inspiro, «Usale tu.» ribatto e agito la mano quando vedo anche gli altri; finalmente l'ascensore arriva ed entriamo.
«Sei nervosa, Linds.»
«Ma piantala.» sbotto, «Ryan, io voglio solo un caffè.» ripeto.
Lui ride, «Sei già nervosa, vuoi esserlo ancora di più?» domanda.
Io sbuffo, incrocio le braccia al petto e mi appoggio contro la parete, ci sta mettendo troppo l'ascensore a scendere. Non potrebbe andare più veloce? Finalmente arriviamo al piano terra e quasi corro verso il bar, dove alla fine prendo un cappuccino. Neanche un quarto d'ora dopo siamo in viaggio.
«Contenta?»
Guardo Ryan, «Di cosa?» chiedo.
«Di aver bevuto il tuo caffè.» risponde.
«Era un cappuccino.» lo correggo, «Comunque sì.» dico e guardo Ryan, che però, rimane in silenzio, come gli altri. Di sicuro siamo stanchi, poi c'è ansia e il nervosismo e il non sapere come andranno le cose non aiuta.
Arriviamo un paio di minuti dopo le otto e mezza e un assistente dai capelli rossi e tacchi vertiginosi ci fa strada e intanto spiega cosa succederà: a una ventina di minuti dall'inizio del programma i ragazzi entreranno, risponderanno a un paio di domande e canteranno un paio di canzoni.
«Ah, state tranquilli.» dice la rossa sorridendo, «Il pubblico è tranquillo.»
«Pubblico?» squittisce Jake, «C'è del pubblico?» pigola.
«Ma cavolo, hai suonato così tante volte di fronte a un pubblico e inizi a preoccuparti adesso?» rido.
«Adesso è diverso.» mormora lui stringendosi le mani. «Non ce la faccio.» sospira.
«Sì che ce la fai.» rido e lo spingo verso la sala dove staremo in attesa che li chiamino, prima per il trucco e parrucco, poi per l'esibizione.
Controllo il cellulare, Melanie mi ha mandato un SMS in cui mi chiede quando torniamo a casa perché vuole vedere Ryan Le rispondo che non lo so e che non posso rispondere perché sto lavorando. dio, che piaga.
Una decina di minuti dopo, l'assistente — di cui non ricordo più il nome — viene a chiamare i ragazzi per portarli in sala trucco. Mentre loro sono sotto le mani esperte delle truccatrici e delle parrucchiere, io mi concedo un'altra tazza di caffè. Sento i ragazzi che cantano e mi chiedo se è una loro iniziativa oppure se una delle ragazze lo ha chiesto.
E no, non sono gelosa.
Proprio no.
Neanche quando sento Ryan che scherza con una delle parrucchiere, dicendole che è sicuro che tratterrà bene i suoi capelli.
Non sono gelosa.
Ryan ride.
Oh, al diavolo.

Alle dieci e venti l'assistente fa un cenno e i ragazzi entrano nello studio. Le ragazze presenti lanciano un urlo da far tremare i vetri. Le guardo e temo che si fiondano giù dalle sedie e travolgano i ragazzi. Invece rimangono al loro posto, chi in piedi, chi seduta. Poi si alzano in piedi tutte quante quando i ragazzi cantano "Best Of You".
Mi appoggio alla parete dietro di me e li guardo. In verità guardo Ryan Guardo come si muovono le sue mani, le sue labbra, l'espressione rilassata ma concentrata allo stesso tempo.
Poi Ryan volta la testa verso destra, mi vede e mi sorride. Credo. Fra me e lui c'è una fetta del pubblico, quindi magari non sorride proprio a me, ecco.
Meglio non sperarci troppo.

***

Fra le interviste, le chiamate da parte di Svetlana e di Melanie non ho avuto un minuto libero, per cui me ne rimango sotto la doccia qualche minuto in più del necessario. Questa sera — ossia fra meno di quarantacinque minuti — andremo a cena in un locale poco lontano da qui. Un posticino tranquillo, dove io e Svetlana andavamo almeno due volte al mese; così abbiamo deciso di portare i ragazzi. E spero che nessuno ci disturbi, perché oggi pomeriggio è stato folle. Quando siamo arrivati allo studio della web-TV c'erano una trentina di ragazze così scalmanate che mi hanno ricordato il branco di gnu spaventati del Re Leone. Gridavano, urlavano e saltavano senza sosta, e un paio si sono buttate addosso a Ryan e Jake. I gorilloni le hanno riacciuffate e riportate con le altre.
Esco dalla doccia, ignorando il vapore che ha riempito il bagno e indosso l'accappatoio. È bianco, morbido e soffice. Mi siedo sul letto e sospiro, chiudo gli occhi e penso che se mi rilasso ancora un po' mi addormento. Così mi alzo in piedi, mi asciugo e mi vesto. Jeans skinny neri, maglioncino grigio fumo che arriva ai fianchi. Gli stivali li metto dopo.
Torno in bagno, appendo l'accappatoio e  inizio ad asciugarmi i capelli, poi mi trucco in maniera leggera.
Alle sette meno cinque sono pronta, infilo gli stivali, metto la giacca e prendo la borsa.
In corridoio vedo Jake, «Ciao.» lo saluto. Lui risponde con un cenno del capo, troppo impegnato a guardare l'iPhone. «A chi scrivi?» chiedo, curiosa. 
«A mio cugino.» risponde. «Vuole sapere com'è New York.»
Annuisco e chiudo la porta della mia stanza. Cinque minuti dopo siamo stretti nell'ascensore. «Ryan... sposti, per favore.»
«E dove vado? In braccio a Liam?» replica lui.
«Cinque centimetri più in là mi vanno bene.» dico.
«Linds, siamo in ascensore, non ci mette mica un'ora a scendere!» sbuffa lui.
Incrocio le braccia e rimango zitta, anche perché in un certo senso ha ragione. Finalmente arriviamo al piano terra, usciamo dall'hotel, saliamo sulle auto.
Un quarto d'ora dopo arriviamo al ristorante, dove Svetlana ci attende. L'abbraccio, felice di vederla. «Come va?» chiede.
«Sono stanca.» rispondo, lei sorride e saluta gli altri, abbracciando un po' più a lungo Liam
Entriamo al ristorante e il cameriere ci conduce al nostro tavolo, in una saletta lontano dall'ingresso. Ci sono altre quattro tavoli oltre al nostro e mentre cammino mi sento osservata.
«Oh, merda.» mormora Svetlana.
«Che c'è?» chiede Liam.
«C'è quello.»
Mi giro verso l'altro tavolo occupato e rimango di sasso. C'è Josh con sua madre, che mi fissano, sorpresi.
«Sediamoci, stella.» esclama Svetlana.
Sospiro e mi siedo fra lei e Jake, dando le spalle a quel cretino del mio ex. La voglia di prenderlo a ceffoni è forte ma mi trattengo.
«Quello lì e il tuo ex?» domanda Ryan.
«Sì.» borbotto.
«Ah.» commenta lui. «Ha l'aria del fesso.»
«Perché lo è.» borbotto, «Cambiamo argomento?» chiedo e decidiamo cosa ordinare. L'ultima persona a cui voglio pensare è Josh, anche se è difficile visto che sento i suoi occhi addosso.
In ogni la caso la cena prosegue senza intoppi e senza che nessuno ci disturbi. Dopo aver ordinato il dolce il mio telefono squilla. «È mamma.» dico, «Vado fuori.» esclamo e mi alzo in piedi. «Ciao.» saluto mamma, «È successo qualcosa?» domando.
«No.» risponde lei, «Stiamo tutti bene.» dice, «Però dovresti dire alla tua amica di smetterla di venire qui e chiedermi quando tornate.»
«Amica? Quale amica?» chiedo.
«Melanie.» risponde mia madre, «È insopportabile.»
«Lo so.» sospiro, «Glielo dirò,» aggiungo «adesso vado che sarà arrivata la mia torta.»
«Va bene, salutami gli altri!» dice e riattacca.
Rientro nel ristorante e mi chiedo quanto sia pirla Melanie. Insomma, dovrebbe saperlo che non staremo qui in eterno! E che Ryan non  è interessato a lei, ma questa creso sia la cosa più difficile da farle capire.
Attraverso la grande sala, passo accanto all'enorme acquario che divide in due il ristorante e mi sento chiamare, una voce di donna. Mi giro e rimango sorpresa.
Fisso Josh e ho la voglia di pestarlo.
«Non riesco a capire perché tu abbia fatto una cosa del genere...» sospira le madre del mio ex, «Josh è un così bravo ragazzo... non meritava che lo tradissi.»
Cosa?
Che cosa avrei fatto?
«Che cosa avrei fatto?» grido e la mia voce rimbomba nelle pareti della sala. «È stato lui a mettermi le corna per sei mesi con la sua segretaria!» sbraito. Credo che mi abbiano sentito anche a Coney Island.
La genitrice del mio ex mi fissa, la bocca aperta dalla sorpresa. «Lindsay.» dice Josh a denti stretti, «Non è il momento di parlarne, cara. Possiamo sistemare tutto.»
Che cosa? Che cosa?
«Non devi dare la colpa a lui!» squittisce quella vacca, «Piangeva quando lo hai lasciato.» dice e fa una carezza sulla testa di Josh. Un pat-pat che ricorda le carezze che si fanno sulla testa dei cani.
«Lui mi ha tradito per sei mesi con la sua segretaria di cinquantacinque anni.» esclamo, «E poi mi ha lasciato.» continuo alzando la voce, «Io non ho messo le corna a nessuno!»
«Lindsay!» esclama il mio ex, «Non dovevi dirlo!» dice, «Doveva restare un segreto.» piagnucola come un bambino che fa i capricci, «Non dovevi dirlo.» ripete.
«Io non avrei dovuto dirlo?» grido, «E perché?» sbraito, «Tu mi hai tradito, brutto scimmione idiota!» urlo, «Io lo dico a chi voglio!»
«Lindsay.» piagnucola quell'idiota, «Era un segreto!» squittisce, «Te l'avevo anche detto nei messaggi che ti ho lasciato in segreteria.»
«Cosa?» dico, «Io non li ho nemmeno ascoltati i tuoi stupidi messaggi.» esclamo e incrocio le braccia.
Josh sbianca ancora di più, «Non li hai ascoltati?» squittisce, «E perché?» chiede. Ma è idiota?
«Avresti dovuto farlo.» continua a piagnucolare e io mi chiedo perché sia stata per tanto tempo con un'idiota del genere. «Hai rovinato tutto!» dice e sbatte un piede per terra, come se avesse due anni. «Sei una stronza.»
E le mie dita si chiudono a pugno e un attimo dopo cozzano contro il naso di Josh.
«Calmati.»
Inspiro piano mentre Ryan mi abbraccia da dietro, «È uno stupido e basta.» dice, e sento il suo torace contro la mia schiena, le sue braccia contro le mie e le sue mani sui miei polsi. Quando mi ha raggiunto? Prima era seduto con gli altri.
Fisso Josh che si tiene le mani sul viso, tra le dita scorrono alcune gocce di sangue. Ryan mi prende la mano destra e sfiora le nocche con un dito.
«Niente di rotto.» dice e mi lascia la mano, deglutisco, pensando che non voglio che la lasci.
«Lindsay!» squittisce Josh.
«Torniamo dagli altri.» esclamo, mi scosto da Ryan e mi volto.
«Bel pugno.» dice quando ci allontaniamo di qualche metro.
«Grazie.» borbotto. «Dio, come ho fatto a non accorgermi che stavo con un cretino del genere?»
Ryan mi batte una mano sulla spalla, «Eri innamorata.» dice, «Non notavi i difetti.» mi consola.
Io sbuffo e incrocio le braccia, ci sediamo di nuovo con gli altri.
«Tutto bene?» domanda Svetlana.
«Quel figlio di puttana ha detto ai suoi vecchi che io gli ho messo le corna e si è quasi messo a singhiozzare quando ho detto a sua madre la verità.» rispondo. «E credi di avergli rotto il naso.»
«Gli hai rotto il naso?» chiede Jake.
«Già.» mugugno.«Gli ha dato un pugno bello forte.» esclama Ryan.
«Un pugno?» esclama Chris, «Un pugno sul naso?»
«Sì.» dico e prendo la forchettina da dolce. Fisso la fetta di Sacher e mi dico che del buon cioccolato ci vuole proprio in questo momento.
«Che imbecille.» dice Liam.
Mangio un pezzetto di torta, decidendo di lasciare il pezzetto di cioccolato a forma di cuore accanto a un ciuffo di panna montata per ultimo. «Lo so.» dico, «Un vero cretino.»
«Non voleva che dicessi ai suoi genitori la verità?» chiede Svetlana.
«Sì.» rispondo.
«Perché?» chiede lei.
«Perché è scemo?» propongo.
«Magari lo ha fatto per l'eredita o comunque per soldi.» esclama Jake e riempe il mio bicchiere di vino bianco.
«La casa negli Hemptons!» esclamo.
«Che cosa?» chiede Ryan, «Che c'entra la casa?»
«C'entra perché i suoi genitori hanno promesso che gli avrebbero lasciato la casa negli Hamptons, una villona enorme con due piscine, sette bagni e un soggiorno grande quanto un campo da basket, solo se si fosse laureato, sposato e se avesse fatto il bravo ragazzo.» rispondo. «Se avesse detto che ci siamo lasciati perché mi aveva tradito, con una più vecchia di sua madre, fra l'altro, la casa non l'avrebbe vista nemmeno in cartolina.» dico.
«Quindi ha inventato che tu lo hai tradito.» dice Ryan
«Sì.» esclamo e prendo un sorso di vino. Da quanto tempo Ryan era dietro di me? Ha sentito tutto?
«Che imbecille.» dice Chris.
«Melanie continua a venire a casa e chiedere quando torniamo.» cambio argomento, «Mamma si è rotta le palle.»
«Che cosa?» strilla Ryan, «Io non voglio trovarla quando torno!»
«Neppure io.» sospiro e bevo un sorso di vino. «E continua a mandarmi messaggi che ignoro il più delle volte.» aggiungo e bevo un sorso di vino.
«Ha scritto anche a me.» dice Chris, «Fra un po' non saluta neanche e mi scrive per sapere a che ora arriveremo.» aggiunge, «Le ho detto di farsi gli affari suoi.»
«Perché mi guardate?» esclama Aaron.
«Perché puoi dire a Melanie di smetterla di chiamarci ogni ora.» risponde Ryan
Aaron sospira, «Io glielo dico, ma lei è cocciuta.» dice, «Non mi ascolta.»
«E che palle.» borbotta Jake.
«Possiamo cambiare argomento?» chiede Ryan, «Evitiamo di parlare di Melanie e di quello scemo?»
Dio, lo bacerei.
Lo guardo e gli sorrido. Mi sorride anche lui.
Sono una scema.
Lo sono perché distolgo lo sguardo, puntandolo sul piattino mezzo vuoto.
Finiamo di cenare, paghiamo alla romana — tanto abbiamo preso le stesse cose — e usciamo dal locale, per poi dirigerci in un pub poco lontano, giusto un paio di isolati verso nord.
La fila è lunghissima ma appena il buttafuori ci vede ci fa passare, scatenando mormorii di protesta da parte delle persone in coda.
«Ommiodio, quelli sono Ryan e i JCAL!» sento strillare una ragazza mentre entro.
Okay, questa cosa si può rivelare molto utile. In certi locali fai fatica ad entrare se non sei nella lista, ed entrare nella lista è complicato come entrare negli Illuminati.
Una cameriera, che sgrana gli occhi appena vede Ryan, ci conduce a un tavolo, toglie velocemente un cartellino accanto al quadrato di legno con impresso a fuoco il numero del tavolo e ci dice di accomodarci.
«Ho l'impressione che il tavolo fosse prenotato per qualcun altro...» esclama Liam sedendosi.
«Pure io.» dico mettendomi accanto a Svetlana, «Giù le mani.» le mormoro in un orecchio, «Qui c'è troppa gente.»
Lei sbuffa e leva la mano dalla gamba di Liam «Che palle.» borbotta, «Voglio solo tenerlo per mano.» si lamenta sotto voce.
Le stringo la mano e sorrido, «Se lo facessi non avresti più una vita, lo sai?» mormoro, «Avresti fans impazzite che ti insultano...»
«Che palle anche questo.» borbotta.
La cameriera torna con i menu, sorride un po' troppo e si allontana di nuovo.
«Chissà se ci lasceranno in pace le ragazze che hanno urlato quando ci hanno visto.» dice Chris.
«Dipende se riescono ad entrare.» esclama Svetlana, «Se non sono in lista dubito che entreranno...»
«L'importante è che non siano mezze matte.» dice Jake.
«Ne basta una di isterica.» sbotto.
«Melanie non è isterica.» dice Aaron, «Lei è solo... Melanie.»
Sì ,Melanie è solo Melanie la Piaga Psicopatica che ha cercato di affogarmi, che mi manda messaggi ogni due ore, che viene a casa mia e rompe i coglioni a mia madre.
Ordiniamo i cocktail e, quando la cameriera torna con essi, ci porge anche varie ciotoline con salatini e patatine. Molte di più di quante ce ne siano sugli altri tavoli.
«Wow.» esclama Ryan, «Sono per noi?» chiede.
«Certo.» cinguetta la cameriera, sorride a Ryan e se ne va.
«Uh, che carina.» dice Ryan.
Non sono gelosa.
«Lo ha fatto solo perché siete famosi.» ribatto, «Siamo entrati solo perché il buttafuori vi ha riconosciuto, la cameriera vi ha riconosciuto e per questo ci ha dato un tavolo riservato ad altri.»
«Quindi non è il mio fascino?» sorride Ryan.
«Ma quale fascino!» borbotto, «Mi hai schiacciato un piede.» mi lamento con Svetlana.
Lei mi sorride, «Oops, scusa.» dice, «Non l'ho fatto apposta.»
Invece sì che lo ha fatto apposta. «Okay.» esclamo. Lei mi sorride e sbatte le ciglia. «Non m'incanti cocca.» dico.
«Cosa avrei fatto?» esclama lei portandosi una mano sul cuore, «È stato accidentale!»
Io afferro la mia Caipiroska alla fragola e ne bevo un sorso; è inutile anche solo provare a ribattere.
«Questo posto è fantastico!» esulta Chris, «C'eravate mai state?» chiede.
«Io no.» dico.
«Nemmeno io.» risponde Svetlana
Rimaniamo lì per un'oretta prima di decidere di tornare in albergo. Fuori dal locale, mentre aspettiamo il taxi chiamato da Svetlana, alcune ragazze si avvicinano agli altri, alla ricerca di foto e autografi.
Una di loro si aggrappa a Ryan e gli stampa un bacio all'angolo delle labbra.
«Gelosa?» mi chiede la mia amica.
«Dovrei?» replico. Lei si limita ad alzare le spalle. «Io non sono gelosa.» dico. Se potessi le spaccherei la testa. E anche tutto il resto. Quella tipa ha dato quello che sembra un biglietto da visita a Ryan e lui le sussurra qualcosa all'orecchio.
E comunque... non sono gelosa.
Detesto solo qualsiasi ragazza che si avvicina a Ryan, a meno che non sia la moglie di Carl, Svetlana, mia madre e mia cognata. 

Oggi ho la giornata libera. Il mio programma: un salto alla spa, dove mi farò qualche fango e un bel massaggio; estetista per la ceretta; pranzo fuori e shopping.
Il primo che mi disturba è un uomo morto.
Anzi, vado da Starbucks a fare colazione. È il mio giorno libero, dopotutto.

Esco dall'estetista con le sopracciglia perfette e la pelle del viso è meravigliosa. Sistemo la borsa sulla spalla sinistra e mi avvio verso la pizzeria, dista un centinaio di metri quindi posso evitare di prendere l'auto, anche perché non so se troverei posto nel parcheggio del ristorante.
Faccio un paio di metri quando un paio di ragazze mi si parano davanti.
«Sei Lindsay?» chiede la più bassa, «Quella di Ryan e JCAL?»
«Ehm... sì.» rispondo. «Ciao.»
«Possiamo chiederti un'informazione?» domanda di nuovo quella.
«Ehm... se posso rispondere... sì.» rispondo.
«Okay.» dice la più alta, «Sai dove abitano Chris, Aaron, Liam e Ryan?» chiede, «Perché abbiamo scoperto il palazzo dove vive Jake ma il portiere non ci fa entrare.»
«Ehm... io...» borbotto, «Non posso dirlo.»
«Quindi lo sai?» chiede quella, sgranando gli occhi verdi, «Diccelo, per favore!» mi implora.
«Non posso.» ripeto, «Mi dispiace.» dico. Non posso e non voglio. Non vorrei ritrovarmi con orde di ragazzine infoiate che si arrampicano sul mio cancello.
«Almeno dacci i loro numeri di cellulare!» la più bassa si aggrappa al mio braccio e mi fissa con occhioni da cucciolo. Un cucciolo un tantino posseduto.
Do uno strattone e mi libero, «Non posso.» esclamo. «Mi dispiace, devo proprio andare!» dico e avanzo di un paio di passi e mi allontano in fretta.
Quando sono a una distanza ragionevole mi giro e rivedo quelle due che mi seguono. Dio, sono matte! Dovrò parlarne con Carl. E pregare Ryan di non portare più a casa nessuna delle sue "amichette". E non è perché sono gelosa. Proprio no. È solo una questione di sicurezza. 

*-*-*

«Se erano carine potevi farti lasciare il loro numero!» esclamo e Lindsay mi guarda come se fossi cretino, «Capisco non volere dare l'indirizzo, ma almeno farti lasciare il loro...»
«Ma sei cretino?» sbotta lei, «Sai che se qualcuno scopre dove abiti non avremo più una vita?» esclama, «Ci saranno sempre ragazze fuori dai cancelli se non direttamente in giardino!»
Sbuffo, «E che palle che sei.» borbotto, «È la fama, tesoro.» le sorrido.
Lei grugnisce un insulto e torna nella sua stanza.
«Non è che sei invidiosa?» chiedo seguendola, «Non è che vorresti avere anche te dei ragazzi che cercano disperatamente il tuo numero di telefono?»
«Io non sono invidiosa.» borbotta Lindsay, «E nessuno ti ha dato il permesso di entrare nella mia stanza!» esclama.
Rido, «Non prendertela.» dico e infilo le mani nelle tasche dei jeans, «E dai, se qualche fans gironzola qua attorno non è mica grave.»
«Certo, come no.» dice lei, «Prima le fans, poi i paparazzi.» esclama. «Paparazzi pronti a immortalarti mentre rientri con una ragazza diversa ogni due settimane, oppure quando torni sbronzo, oppure quando esci senza maglietta in giardino...» continua, «Oppure potrebbero risalire a dove abitano...»
«Ho capito.» dico, «Potrebbero scoprire di mio padre.» esclamo. «È questo che intendi?» chiedo e lei annuisce, «Bhe, grazie tante di avermelo ricordato.»
«Sei tu che dici che dare in giro e l'indirizzo e il numero di telefono non è niente.» dice Lindsay. «Santo Cielo, ti ricordi la sfuriata che ti ha fatto Carl perché sei andato in un motel con quella là mentre eravamo a New York?» sbraita, «Vuoi che te ne faccia un'altra?»
Fisso Lindsay chiedendomi cosa diavolo le sia preso. «Non ho fatto nulla di illegale.» dico, «Io sono maggiorenne, lei pure... quindi?» le ricordo.
«Non è quello il punto!» grida lei.
«Qual è il punto?» chiedo, «Perché io non l'ho ancora capito.»
«Il punto è che non puoi fare di testa tua sempre e comunque.» sospira lei, «Ti hanno dato delle linee da seguire e tu, ovviamente, non le segui! Sai che se Carl scopre della ragazza di ieri ti fa il culo quadrato?» strilla.
La guardo, fissando le guance rosse, i pugni stretti e i capelli spettinati. «Con chi vado a letto non sono né affari di Carl e né tuoi.» dico.
«Sei un imbecille.» sospira lei e si passa una mano sul viso. Mi fissa con le labbra socchiuse. Labbra che vorrei baciare.
«Sei gelosa?» chiedo e mi rendo conto che sono un'idiota. È ovvio che non è gelosa.
«Ma... ma sei scemo?» strilla, «Io, gelosa di te?» dice, «È solo la tua immaginazione.»
Ecco, lo dicevo che non è gelosa di me.
«E adesso esci dalla mia camera.» esclama.
«Come vuoi.» sospiro. «Ci vediamo domani.» mormoro e torno nella mia camera.
Lindsay non è gelosa di me. È solo preoccupata per la sua sicurezza e il lavoro. Io c'entro relativamente poco. Sono sicuro che avrebbe detto le stesse cose anche agli altri.
Chiudo la porta finestra e mi getto sul letto con un sospiro. Ogni volta che penso di essermi avvicinato a lei mi sbaglio completamente. Come a New York, quando abbiamo incontrato quel coglione del suo ex: se non glielo avesse dato lei il pugno lo avrei fatto io. Ma anche due o tre.
Farei di tutto per lei.
Peccato che non ne abbia il coraggio.

***

Presto poca attenzione a quello che dice Carl, il mio sguardo è fisso sulla finestra che divide l'ufficio dio Carl dal resto della stanza. I miei occhi fissano il web-coso che posa una mano sulla spalla di Lindsay e lei che ride.
La voglia di uscire e di andare da lui e di prenderlo a sberle è tanta. Forse troppa.
«Ryan!»
«Sì?» guardo Carl.
«Lascia perdere la coppietta e ascolta quello che dico.» dice lui.
«Sono una coppia?» chiede Chris.
«E che ne so?» sbotta Carl, «Saranno affari loro.» dice.
Non è possibile. Lindsay non può stare con uno sfigato del genere! Ma lo ha visto bene? Ha la faccia da scemo del villaggio!
Sono geloso. Anzi, sono più che geloso: sono gelosissimo.

***

Sono nella casa di Lindsay, seduto al pianoforte.
«Cosa ci fai qui?»
«Provo a suonare qualcosa.» rispondo a Lindsay e la fisso scendere la grande scala semicircolare. 
«E chi ti ha detto che potevi farlo?»
Sorrido. «Tua mamma.»
Lei sbuffa e alza gli occhi al cielo. «Che palle.» sospira.
«Dove vai?» le chiedo, guardando ancora la minigonna nera e la camicia lilla.
«Fuori.»
«Dove?»
«Al ristorante.»
«Con chi?» chiedo, curioso, «Un'amica?»

Lei mi guarda e sorride prima di dire l'unica cosa che non avrei mai voluto sentirmi dire: «Con Elliot.»

«Cioè, capisci... è uscita con quell'idiota!»
«Ryan...» sospira Jake, «Sei un cretino.» dice.
«Perché?» chiedo e sposto il telefono da un orecchio all'altro.
«Perché tu non le dici nulla e pretendi che lei non esca con nessuno.» risponde lui.
«Ma lui è il web-coso!» gli ricordo, «Non va bene per lei.»
«Senti, io adesso devo andare.» dice Ryan, «Ne parliamo un altro giorno, okay?»
Sospiro, «Va bene.» dico. «Ciao.» chiudo la chiamata e getto il cordless sul divano, poso la testa sullo schienale e chiudo gli occhi.
Sono un'idiota.

***

«Anche ieri sera sei tornata tardi.» esclamo.
«Non mi controlla mia madre e lo fai tu?» dice Lindsay. «Fatti gli affari tuoi.» borbotta e beve un sorso di caffè.
Incrocio le braccia e fisso il web-coso a qualche metro da noi due.
«Sei andata a letto con lui?»
Dio, sono proprio un cretino. Perché gliel'ho chiesto? Perché voglio sapere. Perché sono curioso. Perché sono geloso.
«Lindsay?» la chiamo ma lei non risponde, limitandosi a bere senza guardarmi. «Lindsay?» ripeto.
Merda. Se chi tace acconsente... «Hai scopato con Elliot!»
Oops. Forse ho parlato a voce un po' troppo alta. Anzi, diciamo che ho proprio urlato.
Lindsay stringe il bicchiere e mi fissa. «Sei un cretino.» ringhia e si allontana.
Penso che abbia proprio ragione.

Io non esco più da qui. Il posto è un po' stretto ma posso adattarmi. Il cubicolo con il gabinetto è perfetto.
La porta principale del bagno si apre e io rimango in silenzio, pronto a mandare a quel paese chiunque mi dica di uscire da qui. A Jake l'ho già detto, mancano solo gli altri.
«Certo che verrà.»
Ma è il web-coso!
Quello che è andato a letto con Lindsay. Dio, mi viene da vomitare al solo pensiero.
«Mamma, non ti preoccupare.»
Sta parlando con sua madre?
«Certo che a Lindsay piace il riso con i broccoli e il cavolo.» esclama quello. E si sbaglia. Lindsay odia i broccoli e il cavolo.
«Ma certo che non mangia né carne né pesce.»
Ma è imbecille? Lindsay ama il pesce e adora la carne! Non penserà mica che è vegetariana? Ma è deficiente? Eppure sono andati a cena insieme!
«No, non le piacciono i dolci.»
Che cosa? Lindsay ama i dolci! Ricordo ancora la prima colazione che le ho offerto, ancora un po' e si portava via tutti i dolcetti!
«Non ti preoccupare mamma.» dice quello. Io mi preoccuperei, invece. «Ci vediamo dopo.»
Okay, forse è giunto il momento di uscire.
Apro piano la porta del cubicolo. «Lindsay non è vegetariana. Schifa i broccoli e il cavolo, e dopo mangiato prende sempre qualcosa di dolce, anche solo un biscotto.»
Il web-coso si gira di scatto, bianco come un lenzuolo. «Ry-Ryan?» balbetta.
«Se esci con lei dovresti saperle certe cose.» dico. «Perché Lindsay non mangerà nulla a quel pranzo, cena o qualunque cosa sia.» continuo, «E si incazzerà a morte.» sorrido. «Si arrabbia sempre se non mangia quando ha fame.»
Quello lì mi fissa stringendo il cellulare al petto.
«Eppure certe cose dovresti saperle, visto che uscite insieme.» dico e un'ondata di nausea mi travolge.
«Lo dirai a Lindsay?» pigola quello.
«Oh, no.» dico, «Sarà divertente vederti girare qui con un occhio nero.» esclamo ed esco dal bagno.
Che idiota.
Un altro idiota sulla strada di Lindsay.
E io sono un coglione.

***

Elliot passa davanti a noi con un paio di occhiali da sole in faccia. «Come va?» chiedo ma lui non risponde.
Arriva anche Lindsay e da solo come cammina capisco che è incazzata nera.
«La prossima volta che esco con qualcuno siete autorizzati a chiudermi in una stanza senza finestre.» sbotta sedendosi accanto a Carl.
«Perché?» domanda Liam.
«Perché quel deficiente di Elliot ha detto a sua madre che sono vegetariana.» dice lei. «E che non mangio i dolci.» continua. «E, quando gli ho detto che non avrei mangiato nulla di quello che aveva preparato sua madre perché non c'era nulla che mi piacesse... quel cretino mi ha supplicato di farlo.» dice e sorseggia il suo cappuccino.
Avevo ragione allora.
«Che gli hai fatto?» chiede Carl. 
«Niente.» dice lei, «Cioè, nulla finché non mi ha detto che se fingeva lui potevo fingere anche io.» sospira. «Mi ha detto di farlo per la sua mammina, che ci tiene tanto che lui trovi una ragazza vegetariana.» dice, «Gli ho dato un pugno e gli ho detto di trovarsi una ragazza vegetariana.» esclama. «E ovviamente me ne sono andata.»
«Uhm, se lo è meritato.» dice Carl, «Adesso possiamo andare avanti?» esclama, «Dobbiamo parlare del tour.»
Eh già, nel Marzo 2015 partirà il nostro primo tour statunitense!

***

«Mi dispiace.» dico a Lindsay e attraverso il terrazzo. «Io lo avevo sentito parlare con sua madre di quel pranzo ma non ti ho detto nulla.» ammetto. «Scusa.»
Lei inspira e mi fissa. «Mmh, okay.» dice.
«Solo okay?» chiedo. «Scusa, avrei dovuto dirtelo ma non l'ho fatto perché...» mi fermo «perché sono cretino, ecco.»
Lei accenna un sorriso, «Okay, ti perdono.» dice, «Contento?»
Sorrido, «Sì.» rispondo. Sono così felice che non sia arrabbiata con me. E sono felice che abbia dato un pugno a quel cretino.
«Buona notte.» mormora lei e posa una mano sulla porta finestra, sicuramente per chiuderla.
«Aspetta!» esclamo, «Senti... domani siamo liberi entrambi, se ti offrissi la colazione?» propongo.
Lei mi fissa per un paio di secondi prima di annuire, «Va bene.» dice, «A che ora?»
«Nove e trenta?» dico.
«Okay.» sbadiglia Lindsay, «Buona notte.»
«Buona notte.» le sorrido e ritorno in camera mia. È questa la cosa bella dei nostri litigi: non durano molto e facciamo sempre pace.
Peccato per tutto il resto.
Però domani usciremo insieme e questo mi basta.



Sono in ritardo, scusate. Però ho già scritto buona parte del prossimo capitolo! E che capitolo!
Elliot è stato silurato praticamente subito xD
Non ho nulla da dire, se non ringraziare tutt* voi che leggete, commentate, che mettete la storia in una della liste!
A presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Dodici - I cry ***


Straight Through
My Heart

Dodici
I Cry
*** I cry silenty, I cry inside of me, I cry hopelessly ***



Io non riesco a capire la facilità con cui perdono Ryan. Basta che lui mi fissi, con quegli occhioni azzurri, che sorrida, che me lo chieda con quella vocina... e io mi sciolgo. E lo perdono.
Esco di casa e mi dirigo verso l'auto di Ryan. Ormai è il diciotto Novembre, fra una settimana ci sarà il Ringraziamento. Sono passati sei mesi da quando sono tornata qui eppure certe volte mi sembra di essere tornata a Miami l'altro giorno.
Ryan esce di casa, «Pronta?» mi dice.
«Mi pare ovvio.» rispondo alzando gli occhi al cielo. Saliamo in macchina e Ryan esce dal cortile. «Sempre Starbucks?» domando.
«Ovviamente.» dice lui, «Altrimenti saresti capace di svenarmi, tu e la tua fame.»
«Tu ti sei offerto.» gli ricordo, «Non rompere.»
Ryan sorride, «Io non rompo.» dice, «Dico la verità.» esclama, «Altro che colazione importante, tu mangi abbastanza per tutto il giorno!»
«Al mattino ho fame.» dico, «Se non mangio poi divento nervosa.»
Ryan ride, «Linds, tu sei sempre nervosa.» dice, «Rilassati.» mi sorride.
Alzo gli occhi al cielo, «Cercherò di farlo.» dico.
Finalmente arriviamo da Starbucks, entriamo, ordiniamo — io prendo un paio di muffin e due ciambelle insieme a un cappuccino — e andiamo a sederci e il mio cellulare squilla. È quell'idiota di Elliot, così lo ignoro.
«Non rispondi?» chiede Ryan.
«È Elliot.» rispondo e bevo un sorso di cappuccino, «Non rispondo a quell'idiota.»
Ryan sorride, «Io lo avevo detto che era un'idiota.» dice, «Ma tu non mi ascolti...» fa una smorfia triste.
«Tu lo prendevi per il culo.» ribatto, «È diverso.»
Ryan ride, «Ma avevo ragione!» esclama, «Linds, lascialo perdere.» dice, «È un'idiota mammone.»
Sospiro e rompo a metà una ciambella, «Mica me lo dovevo sposare!» esclamo, «Era solo...» borbotto, incapace di finire la frase.
«Sesso?» suggerisce Ryan, «Linds, sei diventata rossa!» ride, «Almeno ne è valsa la pena?»
«Stupido.» sbuffo, «Non sono affari tuoi!» esclamo. E no, non è valsa la pena. La differenza fra Elliot e un tronco di legno è che il primo ha due braccia e due gambe, altre differenze non ce ne erano.
«Eddai, dimmelo!» dice lui, «Linds...»
«No!» esclamo, «Non sono affari tuoi.» ripeto.
«Allora vuol dire che è proprio pessimo.» dice lui e mangia un pezzo del suo muffin, «Linds, Linds... dovevi immaginarlo che il web-coso fosse scarso sotto quel punto di vista... è un nerd, dopotutto.»
E adesso che glielo dice che ero convinta che anche lui fosse un nerd? Io no. «Ryan, mi fai un favore?» chiedo.
«Se posso.» replica lui e prende una scaglia di cioccolato che si è staccata dalla mia ciambella.
«Smetti di parlare di quel cretino e della mia vita sessuale.» chiedo.
Ryan sorride, «Ma è divertente.» dice, «Oh, dai, Svetlana è a New York, se non puoi parlarne con lei fallo con me.»
Lo guardo e sbuffo, «Io parlo con lei ugualmente, eh.» dico, «Lei sa tutto di me.»
«E che ti ha detto?»
«Sei troppo curioso.» replico.
«Tu non mi dici nulla!» si lamenta Ryan e le sue labbra si piegano in un finto broncio.
«Io non ti parlo di certe cose.» squittisco. 
«Ma io sono curioso!» esclama Ryan.
Bevo il cappuccino e mangio un pezzo di ciambella, «Tieniti la curiosità.» esclamo sporgendomi verso di lui.
«Sei cattiva.» borbotta anche lui e mi guarda. Mi guarda e mi guarda. E lo fa ancora.
Perché?
Distolgo lo sguardo, puntandolo sulla ciambella quasi finita, così prendo l'ultimo pezzo e lo mangio.
Perché ho detto di sì? Non potevo rimanere ancora arrabbiata?
No. Non potevo.
Stupida.

***

Scendo in cucina ancora mezza addormentata, Marisol si sta asciugando le mani. «Ho scaldato dei croissant.» mi dice, «Quelli al cioccolato.»
Ecco come incominciare bene la giornata! «Grazie.» dico, metto una tazza di caffellatte nel microonde, lo avvio e mi siedo al bancone della cucina, mi allungo per prendere il Miami Chronicle.
«Io non lo farei vedere a Ryan.» mormora Marisol.
«Perché?» chiedo e volto il quotidiano per poter vedere la prima pagina. E rimango di sasso quando vedo l'articolo principale. Ignoro il “ding” del microonde e fisso quelle grandi ed enormi lettere nere che campeggiano sul quotidiano principale di Miami. Quotidiano che leggono centinaia di persone.
“Ryan ci ha sempre causato problemi ed ora non ci vuole aiutare” dice un titolo, “Ha accusato il padre di averlo accoltellato ma non è vero” dice il sottotitolo o come diavolo si chiami.
Chi è che ha scritto 'ste stronzate? Trovo il nome, è un tale Philip Green. Un'idiota, suppongo. Un cretino che ha trovato la laurea in giornalismo nelle patatine. C'è chi trova stronzatine e chi trova lauree. Chissà dove abita e che macchina ha...
«Grazie.» sospiro a Marisol che mi ha portato la tazza di caffellatte e un cucchiaio.
«Vado a vedere se la lavatrice ha finito.» dice. Oggi è il giorno in cui si lavano le tende di tutta casa.
E chi se ne frega, aggiungerei. Scorro velocemente l'articolo, stupide parole false e bugiarde.
“Ryan non ha mai ascoltato nostro padre. Lui era una testa calda e papà cercava di farlo ragionare, non voleva accoltellarlo!”
Stupido fratello di Ryan.
Devo nascondere questo quotidiano e sperare che Ryan decida di fare l'ignorante e che non apra nessun sito di notizie o di gossip. O Twitter, Facebook o qualsiasi social network esistente.
Faccio colazione e getto il quotidiano nella spazzatura, lavo la tazza e il cucchiaio e li rimetto al loro posto.
Dopo essermi lavata i denti esco di casa e vado alla sede del corriere espresso per ritirare un pacco che mi sono fatta spedire da Londra. È più comodo così, visto che non so mai quando sono a casa.
Una mezz'ora dopo torno a casa — anche perché mi sono accorta di aver dimenticato i cellulari nella mia stanza —  e appena entro nel cortile mi accorgo che qualcosa non va. Ryan è seduto sulla panchina che sta fra la porta finestra della sala e la finestra del bagno. E ha in mano il Miami Chronicle.
Posteggio e scendo, lo raggiungo di corsa e mi fermo a un paio di passi da lui. «Ryan...» mormoro.
«Avevo finito il caffè.» dice, «Così sono venuto da te per prenderlo. Avevo una merendina in mano e l'ho mangiata, quando ho buttato la confezione ho trovato questo.» mormora, «Mi sono chiesto perché uno di voi avesse buttato il giornale di oggi... poi ho letto.» continua, la voce incrinata, lo sguardo fisso sui fogli di carta che stringe fra le mani.
Mi siedo accanto a lui e poso la mano sinistra sulla sua schiena, sentendo i muscoli rigidi. «Mi dispiace.» dico, «Io non volevo che lo vedessi.»
Lui si volta verso di me e mi guarda, fa un sorriso tirato e sospira, «Lo so, Linds.» dice, «Grazie.» mormora e ho la sensazione che possa piangere da un momento all'altro. «Linds... non è vero nulla, lo giuro.» mormora, «Sono solo bugie...» continua, «Perché?» chiede e mi fissa.
«Non lo so.» rispondo e gli massaggio la schiena. Ha tutti i muscoli tesi.
«Io... non è vero nulla.» ripete e io lo abbraccio, d'istinto, perché è l'unica cosa giusta che possa fare.
Ryan fa un paio di sospiri, quelli che uno fa quando non vuole piangere, «Lo so che sono solo un mucchio di stronzate.» gli dico e gli accarezzo la schiena.
«Perché ora?» mormora lui stringendomi.
Qualche idea ce l'avrei del perché di tutto questo. «Sono solo gelosi.» dico.
Lui sospira ancora, poi il suo cellulare squilla, lui sbuffa, si stacca da me e prende il cellulare. «È Carl» dice, «Dimmi.» mormora rispondendo. «È qui.» dice, «Carl vuole sapere perché non rispondi.» esclama guardandomi.
«Ho dimenticato i cellulari in camera.» dico e lui lo riferisce a Carl.
«Okay.» sospira. «A dopo.» lo saluta e riattacca, «Fra un'ora dobbiamo essere alla casa discografica.»
Annuisco e strappo il giornale dalle sue mani, «Okay.» esclamo e guardo la mia auto, «Dammi una ventina di minuti...»
Lui annuisce e con il passo stanco se ne torna in casa sua. Attendo qualche istante, poi prendo il pacco dal bagagliaio ed entro in casa, lo nascondo nella mia cabina armadio e sospiro.
Dopo essere andata in bagno recupero i cellulari e li ficco in borsa; esco in giardino e vedo Ryan uscire dalla dependance a testa bassa. «Andiamo con la mia.» esclamo e lui si limita ad annuire e raggiungermi.
In una mezz'ora siamo alla casa discografica, entriamo e saliamo al nostro piano. Jake, Chris, Liam e Aaron sono già qui. Due minuti dopo Carl ci chiama nel suo ufficio.
Carl sospira e si siede sulla sua poltrona, si passa la mano destra sul viso e guarda Ryan. «Devi rilasciare una dichiarazione in cui spieghi come sono andate le cose.» dice, «Spiegherai come sono andate le cose e che c'è un rapporto di polizia e una sentenza che spiega cosa è successo veramente.»
Ryan annuisce, «Okay.» mormora. «Lo farò.» dice e sospira. «Quando?»
Carl lo guarda, guarda me e gli altri e di nuovo Ryan, «Domani pomeriggio.» dice, «E voi starete accanto a lui.» aggiunge, «Non direte nulla, ma sarete di supporto.»
Ryan si limita ad annuire e mi guarda, gli occhi tristi, «Io sarò dietro la telecamera.» sorrido. 
«Ryan, vai con Jacob, ti aiuterà lui a scrivere il comunicato.» esclama Carl
«Perché non può farlo Linds?» chiede Ryan, «Lei sa ed è brava.»
«Perché è coinvolta.» risponde il mio capo.
«Okay.» mormora Ryan.
Rimaniamo ancora un po' lì, poi io vado nel mio ufficio — in realtà un cubicolo con un scrivania, una sedia e un casellario —, accendo il computer e mentre il sistema operativo si carica vado a prendermi un cappuccino.
Torno alla mia scrivania, mi collego al profilo Twitter del gruppo e al mio Facebook privato. Neanche due secondi dopo che la pagina si è caricata, Svetlana mi contatta sulla chat.
“Come sta?” chiede. Non le ho mai raccontato nulla, e neppure Liam.
“Insomma.” digito, “È molto giù.”
“Eh, immagino. Povero.”
“Domani c'è l'intervista in cui spiega tutto, non so ancora a che ora.”
scrivo, “Adesso lo scrivo anche su twitter.” digito e lo faccio, apro anche la pagina con le notifiche. Sono
centinaia. 
“Non mi avevi detto nulla.”
Sospiro e bevo un sorso di caffè, “Ryan non vuole che si sappia.” invio, “Non voleva.” mi correggo subito dopo.
“Anche io non lo vorrei se fossi al suo posto.” scrive lei.
“Nessuno lo vorrebbe.” scrivo, “Dio, le menzioni aumentano a ogni secondo!” mi lamento, “Ma se non so ancora l'ora a fare me la chiedono? Ho detto che lo dirò domani mattina!”
“Vogliono sapere.”
“eh, lo so.”
digito, “Ma neanche io la so... e l'ho anche scritto!”
“Sono impazienti e curiose!”
scrive lei, “Adesso vado che la pausa è finita. Ci sentiamo dopo”
“A dopo.”
la saluto e mi concentro sulle interazioni di Twitter. Tutte che vogliono sapere come sta Ryan, cosa possono fare, che è “un povero cucciolo”, a che ora ci sarà il comunicato. E poi Melanie. Conto almeno una trentina di tweets che dicono tutti la stessa cosa: “Povero Ryan! Vorrei consolarti! Rispondimi, per favore!!!1!!!”
Non le rispondo, ovviamente. Su Facebook non mi può contattare perché per lei sono sempre off-line...
Ma non ho contato il cellulare. Se non le rispondo è capace di chiamarmi all'infinito. «Che c'è?» rispondo in modo brusco.
«Cosa succede a Ryan?» piange la Piaga.
«Non hai letto il giornale?» chiedo.
«Sì.» risponde, «Ma non capisco.» dice. Eh, lo immaginavo. «Perché non me ne ha mai parlato?» piange, «Io sono sua amica!»
Dio, che mal di testa. «Perché lo ha detto solo alle persone di cui si fida e tu non sei una di loro. Io sì.» dico, «Adesso devo salutarti, devo lavorare.» aggiungo e riattacco. Speriamo che non chiami più, altrimenti ficco il suo numero nella blacklist.
Due ore e mezza dopo — e dopo altre dieci chiamate di Melanie, che ha rotto le palle anche ad Aaron — possiamo tornare a casa.
Ryan è silenzioso e guarda fuori dal finestrino. «Puoi accendere la radio, se vuoi.» esclamo. Lui si limita ad annuire ma non fa nulla, così il viaggio prosegue in silenzio.
Una volta a casa Ryan se ne va nella dependance senza salutare e io non gli dico nulla, perché non saprei cosa dire. Saprei cosa fare, però: un bel cazzotto a ogni membro della sua famiglia e uno anche a quel giornalista del cazzo.
Invece entro in casa e vado in camera mia, getto la borsetta sulla poltroncina e mi butto sul letto, esausta.

Mi risveglio che sono le sette meno un quarto. Con uno sbadiglio mi alzo in piedi e vado in bagno, quando scendo in cucina scopro che mamma ha preparato il passato di verdure, «Portane un po' a Ryan.» dice, «Non credo che abbia voglia di cucinare.»
«Okay.» esclamo e prendo uno di quei contenitori che si possono usare anche nel microonde, tolgo il coperchio e passo il tutto a mamma. «Ehm... non è un po' troppo?» chiedo quando vedo che versa almeno due porzioni.
«Tu mangi là con lui.» risponde lei.
«Ah...» faccio, «Okay.» dico e mi accorgo che ha ragione, altrimenti Ryan non mangerebbe nulla. Mamma chiude il contenitore, prende un pacco di crostini e mi mette il tutto fra le braccia. La saluto e vado, uscendo dalla porta finestra del salotto.
Spio dalla finestra della cucina e vedo Ryan prendere una birra dal frigo, busso al vetro e Ryan apre la porta finestra. «Cena a domicilio. Passato di verdure.» sorrido ed entro, poso il contenitore sul ripiano accanto al lavello e lo apro. «I piatti fondi?» domando.
«Resti qui?» chiede lui a bassa voce e io annuisco, «Grazie.» mormora e prende i piatti e un mestolo, mentre verso la cena nei piatti Ryan prepara la tavola.
Ceniamo praticamente in silenzio. Io non so cosa dirgli e lui non ha voglia di parlare. E lo capisco benissimo.
«Domani dobbiamo essere là per le nove.» gli ricordo mentre sparecchiamo.
Ryan annuisce, «Lo so.» dice, «Vuoi un'altra birra?» mi chiede aprendo il frigo.
«No.» rispondo, «E neppure tu dovresti berla.» gli dico.
Ryan fissa la bottiglia che stringe nella mano sinistra, sospira, guarda me, di nuovo la bottiglia e la rimette nel frigo. «Hai ragione.» dice, «Succo ace?» chiede, «Ho anche delle girelle, se vuoi.»
«Okay.» dico, «È perfetto.» sorrido.
Anche Ryan sorride e, anche se ha gli occhi rossi e gonfi, è bellissimo.
Parla, Lindsay. Parla.
Ovviamente non dico nulla e mi siedo al tavolo della cucina, allo stesso posto di prima.
Ryan mi porge un bicchiere pieno di succo e una merendina, lo ringrazio e lo guardo sedersi. Sembra così stanco, provato... 
«Grazie.» mormora dopo una manciata di minuti di silenzio, «Per tutto.» dice.
Io sorrido, «Di nulla.» esclamo.

***

L'intervista è caricata sul sito appena finisce, verso le cinque del pomeriggio.
Condivido il link su Twitter e attendo i messaggi che non tardano ad arrivare.
Tutti dicono che lo sapevano che Ryan non aveva fatto nulla, che è solo un povero cucciolo con una famiglia molto cattiva...
Anche Melanie non si risparmia: continua ad inviare tweets in cui chiede a Ryan di rispondere ai DM.
Ovviamente lui non lo fa. Almeno credo. Liam è al telefono con Svetlana e sono tutti “pucci-pucci, mi manchi, ti amo”; gli altri sono presi a rispondere ai messaggi delle fans.
«E che palle.» borbotto quando Melanie mi chiama, così devio la chiamata alla segreteria e riprendo il mio lavoro ma lei richiama. «Che c'è?» rispondo bruscamente, «Sto lavorando.»
«Puoi dire a Ryan di rispondermi?» mi chiede lei. Ovviamente salutare è roba vecchia.
«No.» rispondo, «Se vuole ti risponde, se non vuole non lo fa.» dico.
«Ma io voglio sapere se posso fare qualcosa per lui!» strilla lei. «Io lo amo!» dice.
Sospiro e mi appoggio contro lo schienale della mia poltrona. «Una cosa la puoi fare,» esclamo «smettere di rompere i coglioni.»
«Sei tu che non vuoi che mi risponda!» strilla quella e se ce l'avessi davanti la strozzerei.
«Senti, perché non scassi le palle a qualcun altro?» sbotto, «Tipo Aaron.» dico e riattacco.
«E io che c'entro?» chiede l'interessato.
«Nulla, ma almeno non mi rompe le palle.» sospiro.
«Quasi quasi smetto di seguirla.» mormora Ryan. «Mi ha mandato tredici DM in un quarto d'ora.»
«Fallo.» dico, «Spero che non se la prenda con me.»
«Puoi dire che è colpa di Aaron.» s'intromette Chris.
Rimaniamo alla casa discografica per un'altra ora, poi abbiamo il permesso di tornare a casa. Anche durante il viaggio di ritorno Ryan è silenzioso. «Come ti senti?» gli chiedo.
«Un po' meglio.» sospira, «A parte Melanie» sorride.
«Chissà cosa farà quando scoprirà che hai smesso di seguirla...» rido.
«Ti dirà che è colpa tua.» dice Ryan. «Puoi sempre spingerla in piscina se ti dà fastidio.»
Rido, «Sembra una buona idea.» esclamo. Sono felice che Ryan stia meglio. «Ma tu non buttarti in piscina per salvarla!»
«Non ci penso neppure.» dice e io gli sorrido.
Arriviamo a casa poco prima delle sette. «Grazie.» dice Ryan scendendo dall'auto.
Scendo anche io e lo guardo, «Di nulla.» esclamo, «Siamo amici, no?»
Ryan continua a fissarmi, «Siamo amici.» conferma, «Ci vediamo domani.» dice ed entra nella dependance.
Siamo solo amici.
Solo amici.
Lo sapevo.
Deglutisco ed entro in casa, trovo una pizza, ancora nella sua scatola, sopra al bancone. “Noi siamo al Soleil, scaldati la pizza. Mamma.” c'è scritto su un post-it accanto alla scatola.
Accendo la tv, ignorando qualsiasi canale dove ci sono telegiornali o trasmissioni da salotto, dove la conduttrice fa facce sconvolte a qualsiasi cosa. Così opto per una televendita di prodotti da giardino. Scaldo la pizza nel microonde e ceno con le parole di Ryan che mi girano in testa.
Io e lui siamo solo amici.
Che schifo. Mi viene da piangere.  

*** 

Questa è la nostra serata libera e dove la passiamo? In discoteca, ovviamente. In mezzo a un casino infernale, dove bisogna gridare per farsi sentire. Ho giù preso tre gomitate e mi hanno schiacciato i piedi per due volte. Non ne posso più.
Adesso siamo seduti su dei divani di pelle nera e ci stiamo godendo i nostri drink, dopo aver ballato per una buona mezz'ora.
Cioè... hanno ballato i ragazzi, io mi sono limitata ad ondeggiare un po'.
«Ballerai, vero?» chiede Ryan. Dove siamo ora il volume della musica è più basso, così non siamo costretti a gridare
«Non credo.» dico.
«Lindsay, su, balla!» esclama un Chris molto alticcio e mi rendo conto che dovrò controllarlo per bene, prima che vomiti nel vaso di uno dei bonsai che decorano la discoteca. «Sei una cheerleader!»
«Lo ero.» lo correggo, «E poi devo tenervi d'occhio.» dico, «Questi erano i patti.»
«Linds... sciogliti un po'!» dice Ryan, «Altrimenti gli altri penseranno che ti annoi!» aggiunge e beve un sorso di birra, «E che sei scontrosa.»
Alzo gli occhi al cielo, «E che lo pensino.» ribatto, li guardo e sbuffo, «E va bene!» cedo, «Ballerò.» dico, «Ma voi dovete fare i bravi.»
«Noi siamo bravi.» commenta Jake, solo che non mi guarda, troppo preso a fissare una ragazza che passa. A dire la verità sta fissando il sedere di quella.
«Non ci è vietato guardare.» esclama Ryan.
«Io non ho detto nulla.» ribatto, «Solo che sai, se Jake parla con me può evitare di guardare le chiappe di una che sta passando.»
«Oops.» ride Jake, «Scusa, ma quella meritava!» dice.
Sbuffo, bevo un sorso di Long Island e non ribatto. Come non lo faccio quando Ryan mi trascina in pista.
Il DJ deve essere appassionato di musica dance anni '90, perché mette su solo quella.
Ballo in mezzo ai ragazzi, Ryan è proprio davanti a me. E si muove dannatamene bene, lo guarderei per ore. Muove i fianchi in una maniera che... Dio, ho bisogno di una boccata d'aria. O di una doccia gelata. Faccio un passo indietro e quasi cado quando inciampo contro qualcosa o qualcuno. Ryan mi afferra la mano e mi impedisce di cadere.
«Tutto okay?» chiede.
«Sì!» rispondo, «Grazie.» dico e guardo la mano di Ryan che stringe ancora il mio polso. E lo guardo. E lui mi fissa.
Un brivido corre lungo il braccio, da dove mi sta stingendo e prosegue lungo la schiena. Resterei qui per sempre. 
E poi... l'ennesima canzone dance finisce, c'è silenzio per un paio di secondi, fino a quando il DJ non ha la brillantissima idea di mettere "I don't wanna miss a thing". Fisso Ryan, incapace di dire qualcosa di sensato. Anche lui mi fissa e poi alza la mano destra, il palmo in alto. E mi guarda.
Mi guarda con i suoi occhi azzurri, le labbra piegate in un sorriso e i capelli leggermente spettinati.
«Linds.» dice, quasi un sussurro che sembra rimbombare lungo le pareti.
E ho paura. Una paura atroce, che mi attanaglia lo stomaco.
«Linds.» ripete avvicinandosi ancora un po'. «Vuoi...» e si ferma. E mi guarda.
E dico la cosa più stupida che possa dire: «Devo andare... in bagno.»
E faccio la cosa più stupida che possa fare. Scappo. Corro via dalla pista, lasciandomi dietro Ryan che probabilmente penserà che sia una cretina e mi rifugio in bagno. Entro in uno dei cubicoli, chiudo il chiavistello e mi appoggio alla porta.
Posso essere più cretina di così?
La risposta è una sola: no.
Avrei potuto ballare abbracciata a lui. Fissarlo negli occhi e magari dirgli quello che provo.
E invece no. Il tutto perché sono la più grande cogliona della Terra, se non dell'intera galassia.
Era la mia occasione e l'ho buttata nel cesso.

Sono quasi le tre quando usciamo dalla discoteca. Nel parcheggio mi blocco quando vedo una stangona dai capelli rossi avvinghiata al braccio di Ryan. La stessa di prima, quella che ballava con lui quando ho avuto il coraggio di uscire dal bagno.
Non c'è bisogno di dire che mi sono dovuta trattenere dal darle un paio di ceffoni.
«Te la porti a casa?» chiedo raggiungendolo.
«Sì, Lindsay, viene a casa con me.» risponde lui, «Si chiama Savannah.» dice, poi le sorride e la bacia. Un bacio che sembra l'antipasto di qualcos'altro. Un qualcosa che non ho voglia di immaginare; poi le mani di Ryan scendono sul sedere di quella, un sedere rifatto, ne sono sicura, e lo palpa.
«Cazzo, Ryan, sei in pubblico!» strillo, «Ricordati quello ti ho detto!» continuo a strillare, «Non puoi farlo!»
«Oh, ma piantala.» sbotta lui staccandosi dalla ragazza di cui mi sono già scordata il nome, «Non sei la mia baby-sitter.» dice.
«Ma sono quella che deve assicurarsi che tu non finisca su qualche stupida rivista di gossip solo perché hai infilato due metri di lingua nella gola della prima che hai raccattato in giro.» ribatto.
«E che palle.» sbuffa Ryan.
«E che palle dovrei dirlo io, non tu.» ribatto, «Santo Cielo, sai appena il suo nome!» sbotto, «Potrebbe essere una prostituta con la gonorrea e la candida e solo Dio sa cosa.» dico indicando la ragazza.
Lui mi fissa e stringe le labbra.
«Non mi offendere.» squittisce quella, «Io non ho quelle cose.» dice.
«Non hai malattie a trasmissione sessuale ma sei una puttana?» rido, «Complimenti!» 
«Lindsay... chiedile scusa.» dice Ryan.
«No.» rispondo.
«La sua è tutta invidia.» dice Savannah, «È solo una stupida frustata... magari è stata anche tradita.»
Se la picchiassi? Sarebbe una vera soddisfazione. Guardo Ryan, in attesa che dica qualcosa ma lui rimane in silenzio. «Idiota.» sbuffo e guardo Ryan che bacia di nuovo quella lì. «Se finisci sui giornali io non voglio avere nessuna colpa, okay? La responsabilità è tutta tua e di quella lì.»
«Lindsay!» esclama lui, «Non rompere i coglioni.» dice, «Muovi il culo, che voglio andare a casa.»
«Oh, sì.» ridacchia quella, una risata che mi fa rimpiangere quella di Melanie, «Vogliamo andare a casa.» continua a ridacchiare.
Non replico perché se lo facessi come minimo darei un pugno a quell'ochetta rifatta.
«Ryan!» esclama Jake.
«Che c'è?» risponde bruscamente l'idiota, «Non rompere!» grida.
«Sei un'idiota.» sbotta Jake.
Ryan gli lancia un'occhiataccia e prosegue verso la sua auto. «Tu sali dietro.» dice, «Lindsay... parlo con te.» sospira.
«Okay.» sbuffo. Apro la portiera e salgo, distogliendo lo sguardo quando Ryan e Savannah si baciano. Che... schifo, ecco.
«Non sbattere la portiera!» sbotta Ryan.
«Non l'ho fatto apposta!» mi giustifico. E non è vero, perché ho chiuso la portiera con forza solo per dargli fastidio. Perché lui sta dando fastidio a me, quando bacia quella, quando allunga le mani su quella...
Lindsay, sei cretina. Ma anche tanto.
Merito il primo premio in stupidità.

Finalmente arriviamo a casa e apro la portiera ancora prima che Ryan fermi l'auto, stringo la mia borsetta, guardo Ryan che bacia quella lì ed esco dalla macchina.
«Lindsay... non saluti?» mi riprende Ryan, mi giro e lo guardo scendere dall'auto, «Non essere maleducata.» dice.
Sto per rispondergli quando vedo la rossa rifatta che scende dall'auto, fa il giro di essa e si butta fra le braccia di Ryan.
C'è bisogno che risponda? No, così mi volto e mi dirigo verso la porta d'ingresso.
«Lindsay!» grida Ryan, «Non rispondi?»
No, non rispondo.
«Su, cicci, lasciala perdere.» esclama quella.
Entro in casa mia, salgo nella mia stanza. E faccio una cosa che non ho mai fatto: apro la porta finestra, chiudo le persiane, la porta finestra e tiro le tende.
Stupido Ryan. E stupida me.
E puttana quella là.

*-*-*

Fisso le persiane chiuse della stanza di Lindsay e mi chiedo cosa diavolo le sia saltato in mente. Era tutto così... perfetto. Stavamo ballando, poi quella canzone e io la volevo ballare con lei, volevo farlo con tutto me stesso, ma lei è scappata, come se avesse avuto davanti un mostro invece che me. E io non ho fatto nulla. Sono rimasto lì come un cretino e ho detto di “Sì” alla prima ragazza che mi ha chiesto di ballare.
Che cretino.
«Cicci... cosa fai?»
Guardo Savannah, sdraiata nel mio letto, ancora nuda. «Secondo te?» sbotto, «Guardo fuori dalla finestra.»
Lei fa una smorfia, «Vieni qui, cicci.» dice.
«Non chiamarmi cicci.» sbotto e mi avvicino al letto, mi ficco sotto le coperte e do le spalle alla ragazza. «Buona notte.» sospiro.
«Non vuoi...» sussurra lei e mi tocca il fianco destro.
«Sono stanco.» rispondo. «Fra tre ore ho un impegno, vorrei dormire ancora un po'.» dico, «Adesso taci e dormi.» sospiro.
Lindsay...

***

Lindsay non c'è. Sono le quattro del pomeriggio e Lindsay è ancora in giro. Non mi risponde quando la chiamo al cellulare. Non risponde quando le invio qualche SMS, né sul suo numero personale né su quello di lavoro.
Dov'è? Sta bene? Cosa diavolo le è preso? 
Sospiro, fisso la mia tazza di caffè e mi viene in mente quando Lindsay è rimasta chiusa fuori di casa e io l'ho fatta dormire qui. Sul divano perché sono un coglione patentato.
Gemo e poso la fronte sul tavolo. Perché sono così coglione? Perché non le dico quello che provo? Potrebbe andare male, anzi, andrebbe di sicuro male, ma almeno lei saprebbe.
E se si licenziasse?
Non voglio che lo faccia! Senza contare che poi litigherei con gli altri che darebbero la colpa tutta a me e avrebbero ragione.
Passa un'altra ora prima che Linds arrivi a casa, esco in fretta dalla cucina, passando per la porta finestra e la raggiungo.
«Che vuoi?» sbotta lei.
«Sapere come stai.» rispondo, «Va tutto bene?» chiedo. «Sei uscita presto...»
Lei mi fissa e sbuffa, si avvicina al portabagagli, sembra che voglia aprirlo ma non lo fa. «Tutto bene.» sbuffa. «La tua amichetta?»
«È a casa sua.» rispondo. Non c'è bisogno che le dica che ho chiamato un taxi, svegliato Savannah e spedita a casa con la promessa che l'avrei richiamata. E credo che lo farò. Perché tanto Lindsay non mi vuole.
Lindsay mi fissa per un'istante, poi si volta e rientra in casa, la seguo perché voglio sapere il motivo per cui ha reagito in quel modo. «Che ti è preso questa notte?» le chiedo entrando dopo di lei.
«Chi ti ha detto che potevi entrare?» sbotta. «Stavo solo facendo il mio lavoro!» dice.
Sospiro, fermo a due passi dalla porta d'ingresso. Da dove sono posso vedere la porta della cucina; se facessi un passo avanti avrei uno scorcio del salotto, con i grandi divani e il pianoforte. «Sembravi isterica.» dico, «È solo quello?» chiedo, «O c'è altro?» continuo, «Perché.. perché lo sai che puoi parlarmi.» dico, «C'è di mezzo il tuo ex? Elliot?» chiedo, «Perché se hai problemi con loro posso aiutarti.»
«Non sono loro il problema.» risponde lei e stringe di più i manici della sua borsa.
«E allora qual è?»
Lei non smette di fissarmi, le labbra strette. Gonfia le guance, espira e poi dice una cosa che non mi sarei mai aspettato, una cosa che non capisco. Un qualcosa che mi fa vacillare. La fisso, incapace di pensare mentre dice: «Il problema sei tu.»
«Adesso esci.» aggiunge dopo qualche secondo. E io lo faccio, perché non voglio che si arrabbi ancora di più con me.
Il problema sono io. Il problema sono io. Forse perché non faccio quello che mi dicono lei e Carl. Forse perché deve stare dietro ai casini che combino.
Merda, questa volta sarà complicato farsi perdonare.

***

«Linds... scusa.» ripeto per l'ennesima volta mentre siamo in ascensore. «Mi dispiace.» dico.
Lei rimane nello stesso silenzio degli ultimi quattro giorni e non mi guarda nemmeno, si limita a sbuffare.
«Linds... dimmi qualcosa, per favore.» la supplico e la guardo ma lei si gira verso la parete dell'ascensore, «Insultami.» mormoro, «Dimmi qualsiasi cosa, ma ti prego, parlami.»
La guardo, sperando che dica qualsiasi cosa. Anche un insulto sarebbe bello, perché almeno non mi ignorerebbe. È terribile essere ignorato in questo modo. «Lindsay...»
L'ascensore si ferma al piano e Lindsay esce senza dirmi una parola.
«Ancora male?» mi chiede Liam.
«Già.» sospiro e la guardo entrare nell'ufficio di Carl, «Non mi dice mezza parola.» dico, «Niente di niente, neppure un “Sei un'idiota”.» sospiro.
Liam alza gli occhi al cielo, «Dalle tempo.» mi dice.
«Sei scemo.» sbotta Jake.
Io non dico nulla e mi giro quando l'altro ascensore si apre ed escono Aaron e Chris. Entriamo nell'ufficio di Carl e ci sediamo. Lindsay non mi degna di uno sguardo mentre saluta gli altri. C'è anche Joshua, il “capo” di Carl.
«Ryan...» sospira Carl e mi lancia una rivista. “Nuova fiamma per Ryan Messer” c'è scritto e c'è una mia foto mentre bacio Savannah.
«Signorina Mars.» esclama Joshua e Lindsay sussulta, «Non le era stato chiesto di controllare Ryan?» chiede e Lindsay annuisce, «Perché non lo ha fatto?» chiede, «La paghiamo anche per questo.» continua, «È il suo lavoro.»
«Io...» pigola lei, «Io l'ho fatto, ma se lui è un coglione non è colpa mia.» dice senza fissarmi neppure per mezzo secondo.
«Avrebbe dovuto fare di meglio.» ripete Joshua, «Aveva detto che sarebbe stata attenta dopo quello che era successo a New York.» continua. «Queste cose non mi piacciono.» dice.
«Io ho fatto il possibile.» esclama e mi accorgo che sta per piangere, «Ma lui non mi ascolta.»
«Avrebbe dovuto fare di meglio.» ripete quel cretino, «Non mi piacciono queste cose.» continua e sulle guance di Lindsay scorrono alcune lacrime.
«Non è colpa sua.» interviene Chris e Lindsay lo fissa, riconoscente.
«Non sto parlando con te.» dice Joshua, «Sto parlando con Lindsay e voglio sapere perché non ha controllato Ryan.»
«Perché Ryan è un coglione.» esclama Chris, «Lindsay fa il possibile per non farci fare cazzate e lo fa anche bene,» continua «ma Ryan è uno scemo che non l'ascolta e fa di testa sua.» dice, «La colpa non è di Lindsay, lei glielo ha detto di non baciare quella lì in pubblico, ma l'imbecille qui presente non le ha dato ascolto.» 
«Chris ha ragione.» interviene Carl e io continuo a guardare Lindsay che piange e vorrei andare da lei e abbracciarla, dirle che sono un coglione e supplicarla di perdonarmi. E magari dirle che sono innamorato di lei. Ma non lo faccio perché sono scemo. «Lindsay non c'entra.» riprende a parlare Carl. «Lei fa il possibile ma Ryan è stupido.»
Io annuisco, «Hanno ragione.» ammetto, «La colpa non è di Lindsay ma solo mia.» dico, «La prego, non la sgridi, ho sbagliato io!» mi rivolgo a Joshua.
Quello mi fissa e sospira, «Per questa volta.» dice e io guardo Lindsay che, però, mi ignora.
«Posso andare in bagno?» pigola lei e mi ricorda una ragazzina delle medie che chiede all'insegnate più severa il permesso di andare in bagno. Carl annuisce e lei afferra la sua borsa e scappa. Ovviamente non mi guarda.
«Lindsay... scusa.» ripeto quando esce dal bagno. Forse ha ragione quando mi dice che sono un maniaco. «Per favore... non ignorarmi!» esclamo, «Se devo mettermi in ginocchio per essere perdonato lo farò!» le dico seguendola nel corridoio, «Linds...»
«Ti rendi conto che sono stata quasi licenziata per causa tua?» sbotta voltandosi verso di me, «Forse non te ne sei reso conto, ma a me questo lavoro piace!» grida, «E non voglio perderlo per causa tua!» continua, «Se ci fossi solo tu mi licenzierei ma ci sono anche gli altri! A loro non pensi? Sei uno stupido cretino che pensa solo a se stesso! Sei un'imbecille!» sbraita, ansima e si allontana da me.
E mi rendo conto di averla persa.
Entro nel bagno degli uomini, mi chiudo in uno dei cessi, faccio un respiro profondo e cerco di non piangere.
Ma non ci riesco.

«Sai dov'è Lindsay?» domando a Rachel.
«È andata a casa.»
«È andata a casa?» ripeto, «Ma siamo venuti qui insieme!»
«Mi ha chiesto l'orario dei bus.» dice Rachel e indica un foglio ripiegato.
«In bus?» chiedo, «Ma da quando è qui non ci è mai salita!» dico. Rachel alza le spalle e beve un sorso di tisana o tè o qualunque cosa sia. «Uhm, okay, grazie.» mormoro, «Ci
vediamo.» dico e mi allontano, dirigendomi verso gli ascensori.
Lindsay ha preferito andare a casa in autobus che aspettarmi e tornare con me. Sono cretino. Stupido. Imbecille.
Credo che mio padre abbia ragione quando mi chiama fallito. Lei ha fatto tante cose per me, è venuta in prigione e dalla mia famiglia con me, mi è sempre stata vicino e io... cosa ho fatto? Per colpa mia ha quasi rischiato il licenziamento.
L'ho persa.

«Perché sei tornata in bus?» domando a Lindsay senza quasi darle il tempo di varcare il cancello, «Avresti potuto tornare con me.»
Lei mi fissa per un'istante poi distoglie lo sguardo, mi supera e non mi risponde, «Linds...» la chiamo, «Scusa.» dico, «Mi dispiace.» esclamo seguendola, «Non volevo che ti sgridassero.» dico, «Perdonami! Per favore...»
«Smettila!» sbotta girandosi verso di me, «Forse non volevi ma quando baciavi quella là non ci pensavi che ci sarei andata di mezzo anche io!»
«Scusami.» ripeto, «Mi dispiace.» ribadisco, «Sul serio, io non pensavo che se la prendessero così tanto.»
Lei mi fissa e sospira, fissa le chiavi che ha in mano e mi guarda, «È questo il problema, Ryan.» dice, «Tu non pensi mai.» mormora, «Non pensi mai.» ripete e prende la chiave della porta d'ingresso.
«Linds... scusami.» ripeto, «Mi dispiace.» dico, «Mi perdoni?»
«No.»
Gemo e chiudo gli occhi per un istante. Non mi perdona. Lindsay non mi perdona.
«E non chiamarmi Linds.»
No.
«Scusami.» dico, «Mi dispiace.» ripeto per l'ennesima volta.
Lindsay non replica, non mi guarda e cerca di infilare la chiave nella toppa ma il mazzo le cade per terra e solo ora mi accorgo che le sue mani tremano. Fissa le chiavi e si china per raccoglierle ma prima che possa farlo le raccolgo io e le apro la porta.
«Lindsay... scusa.» dico mentre entra.
Lei mi fissa per un'istante, «Smettila di scusarti, tanto non cambio idea.» dice.
«Lindsay, ascoltami!» esclamo, «Io...»
Mi fermo. Che senso ha confessare qualcosa a una porta chiusa? Nessuno, così me ne torno in casa, fissando la renna e la slitta di Babbo Natale in fondo al giardino. È quasi Natale e io lo passerò deprimendomi perché Lindsay non mi vuole perdonare.
Ryan sei un coglione. Complimenti, hai fatto allontanare la persona più importante per te.
Con uno sbuffo entro in casa e mi butto sul divano, spingendo la faccia contro il cuscino; chissà, magari mi verrà in mente qualcosa. Ma tanto sarebbe tutto inutile.
Mi rigiro sul divano e fisso il soffitto. Devo dimenticarla, ecco cosa devo fare.
È l'unica cosa che possa fare, adesso. 
Il problema è che non è facile, non lo è perché lei è proprio qui accanto, perché lavora per me, perché è amica degli altri... mi sento un ragazzino scemo.
Il cellulare squilla, lo prendo. È un messaggio di Savannah che mi chiede di uscire. Non mi va, però la invito qui. Magari mi aiuterà a dimenticarla.
O forse no.
Dopotutto sono innamorato di Lindsay da un sacco di tempo. E continuerò a esserlo.



Ciao!
Per prima cosa: NON UCCIDETEMI, PER FAVORE! Tutto ciò ha un senso, lo giuro.
Ecco qui il capitolo 12. La diarrea verbale mi ha contagiato anche questa volta, così è uscito un capitolo lungo. Ormai mancano due capitoli alla fine... ma non temente, ci sarà anche la seconda parte di questa storia di cui sto buttando giù una scaletta molto sommaria, visto che poi le seguo poco xD
Il titolo è una canzone dei Westlife, tanto per cambiare.
Grazie a chi legge/commenta/mette la storia in una delle liste!
Al prossimo capitolo!
P.S: dato che sono tarda mi sono accorta che nel titolo manca la "t" finale a Straight, da questo capitolo in poi lo scriverò correttamente, gli altri capitoli li correggerò appena possibile. P.P.S: non riesco a rispondere alle recensioni, mi dispiace!

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Tredici Straigh Through My Heart ***


logo def
hosting immagini

Straight Through
My Heart

Tredici
Straight Through My Heart
*** want you tonight ***



Santo Cielo, perché mi sono cacciata in questa situazione? Ah, già, perché sono una cogliona. E perché Ryan è un cretino. Uno scemo. Uno stupido. Un'imbecille che non capisce.
Svetlana mi ha detto che sono una cretina, che dovrei dirgli tutto... ma come faccio? Lui esce con quella! Dovrei andare da lui e dirgli: “Ehi, Ryan! Sai perché sono così isterica? Perché mi piaci, brutto idiota!”
No, non potrei mai farlo.
Sospiro e mi rigiro nel letto, ascoltando la musichetta natalizia che proviene dal salotto.
Manca una settimana a Natale e io sono praticamente depressa. E devo pure organizzare l'evento del trentun Dicembre al Soleil.
Idiota, idiota e ancora idiota.
E in più devo ancora comprare qualche regalo. Ci sarà un casino infernale là fuori, ma mi tocca, così mi alzo, prendo dei vestiti puliti — indosso il pigiama da ieri pomeriggio, sono quasi ventiquattr'ore che lo ho addosso — e vado in bagno a farmi la doccia perché, fra le altre cose, puzzo da morire.
Mezz'ora dopo apro la portiera della mia auto e mi blocco quando vedo uscire Savannah dalla dependance.
«Sei uno stupido!» strilla.
Eh, brava. Te ne sei accorta.
«Savannah!» esclama Ryan seguendola, «Aspetta!» dice.
Io inspiro profondamente. Vederlo seguire quella stupida mi fa più male di tutto il resto.
“Tu non gli parli! Come può capirlo se stai zitta, brutta scema?”
Dio, perché mi viene in mente quello che mi ha detto Svetlana ieri sera?
«Oh, Lindsay.» mormora Ryan.
Io lo ignoro perché sono scema, entro in macchina, schiaccio il pulsante del telecomando del cancello e parto.
Sono cretina.

***

Rientro in casa che è ormai ora di cena. E i miei non ci sono, sono al locale. Meglio per me, così potrò disperarmi in pace. E incartare i regali sul bancone della cucina invece di farlo sul pavimento della mia stanza.
Ordino una pizza gigante e mentre l'aspetto incarto un paio di regali per Cam. Mio fratello mi ucciderà quando vedrà la montagna di regali che ho comprato per lui ma cavolo, è il mio unico nipotino e non lo vedo mai!
No, in realtà l'ho visto al Ringraziamento ma Greg e Brenda sono rimasti qui solo tre giorni, quindi non conta molto.
Riesco ad incartare tre regali prima che arrivi il ragazzo che consegna le pizze, lo pago, gli lascio la mancia e me ne torno a casa con la mia pizza. Mi hanno anche regalato una bottiglia di Coca Cola e una rotella taglia-pizza.
«Ciao.»
Mi volto verso Ryan e lo fisso. «Ciao.» borbotto. Sta uscendo, è vestito troppo bene per uno che vuole rimanere a casa. Andrà da quella là.
«Tutto bene?» chiede.
No, vorrei rispondergli, non va bene per niente. «Sì.» rispondo.
«Ti aiuto?» mi chiede.
Io mi limito ad alzare le spalle e a rimanere in silenzio perché sono cretina. Così lui mi guarda, sospira e poi si allontana, lasciandomi qui come la scema che sono. Lo vedo salire in auto, attendere che si apra il cancello posteriore e partire. Sbuffo ed entro in casa, poso la scatola sul bancone, getto il taglia-pizza nel cassetto, metto la bottiglia nella dispensa e prendo quella che ho già iniziato.
Che depressione. Martedì sedici Dicembre e io sono da sola, una pizza gigante e due porzioni di zuppa inglese come cena. 
Che gioia.
Sono proprio stupida. 

*-*-*

Lindsay mi ha parlato! Okay, mia ha detto solo una parola, ma è sempre meglio di niente. Mi mancano le nostre chiacchierate, quando ci prendevamo in giro, quando lei si imbarazzava, diventava rossa e mi strillava che ero un cretino.
Mi manca.
«Lindsay...»
«Che cosa?» grida Savannah, spalancando gli occhi e spingendomi via, «Perché pensi a lei quando sei con me?» urla.
Perché non ne posso fare a meno, vorrei dirle. «Scusa.» borbotto rotolando sul letto. Afferro i miei vestiti sparsi sul pavimento e inizio a rivestirmi.
«Non è la prima volta che capita.» borbotta lei, «Non è carino da fare...»
Smetto di ascoltarla, perché tanto mi dice le stesse cose che ha detto oggi pomeriggio, insieme a “Non voglio vederti più!”.
«Oh, ma chiudi quella bocca!» sbotto, «Mi stai facendo venire il mal di testa.» sospiro, prendo le scarpe e le indosso.
Savannah si siede sul letto e incrocia le braccia, «Non voglio più vederti.» dice e so che mente perché farà come prima, basterà lasciarla sbollire un po' e sarà di nuovo disponibile.
«Me ne vado.» esclamo alzandomi in piedi, «Ci vediamo.» le dico perché so che o mi chiamerà lei oppure lo farò io.
Quando torno a casa mi accorgo che le luci della stanza di Lindsay sono accese e che lei non ha chiuso le persiane; attraverso il terrazzo e mi fermo a due passi dalla porta finestra. Potrei bussare e chiederle di nuovo scusa, supplicarla di perdonarmi e dirle che sono un coglione. 
Sta guardando la tv ma il volume è troppo basso e non riesco a capire che programma sia. Inspiro a fondo e fisso il vetro davanti a me, sentendomi sempre più stupido ogni secondo che passa. Sospiro di nuovo e torno in casa. Mi getto sul letto e penso che questo sarà il Natale più brutto della mia vita, i genitori di Lindsay mi hanno invitato a trascorrerlo insieme a loro ma come farò? Lindsay mi guarda appena, non mi parla, mi odia...
Che schifo. E se penso che mi ci sono ficcato da solo in questa situazione mi prenderei a pugni.
Che schifo. E devo ancora comprare il regalo per Linds, anche se so che lei non mi farà nulla.
Buon Natale, Ryan, il re degli imbecilli.

***

Gironzolo per il centro commerciale e mi fermo davanti a una gioielleria. Mancano cinque giorni a Natale e qui c'è un casino infernale. Guardo le vetrine, alla ricerca del regalo per Lindsay e spero che non lo rifiuti, sarebbe troppo.
Almeno non ha detto ai suoi di mandarmi via...
Dopo dieci minuti in cui vago da una vetrina all'altra mi fermo e fisso il bracciale nella vetrina. È perfetto. Semplicemente perfetto. E il piccolo ciondolo a forma di cuore con la scritta “Love” dovrebbe far capire un sacco di cose...
Forse.
Il bracciale è in argento, una catenella né troppo piccola né troppo grande, la chiusura credo che sia quel fiore. Si possono attaccare dei charms, oltre al già citato cuore c'è anche un muffin, una scarpa con il tacco, una minuscola borsetta, una stellina, una mezza luna e un quadrifogli.
«Le piace?»
Mi volto verso la commessa, «Sì.» dico, «Lo prendo.» aggiungo, «E voglio tutti i charms.» aggiungo ignorando quanto mi costerà tutto quanto.
La commessa annuisce, prende la chiave che è appesa al suo collo e apre uno sportello sotto alla vetrina, prende alcune scatole, richiude lo sportello e mi dice di seguirla a uno dei banconi. Mi mostra il bracciale, facendomi vedere come si apre e si chiude, mi mostra i charms, spiegandomi come si attaccano.
«Le faccio un pacchetto regalo?» domanda.
«Sì, grazie.» rispondo e a momenti svengo quando vedo il totale: quattrocentosettantacinque dollari. Ma è per Linds, quindi va benissimo. Pago con la carta di credito, ringrazio ancora la commessa ed esco dalla gioielleria, rimetto gli occhiali da sole e proseguo il mio giro, l'ultima cosa che voglio è essere fermato da qualche fan, non sono in vena di fare foto o firmare qualche autografo. Basta stare lontano dal negozio di cd e dvd.
Non faccio neanche dieci metri quando mi fermo. È un negozio di borse. A Lindsay piacciono le borse. Una in particolare attira la mia attenzione: è grande, di un verde chiarissimo e c'è una borsa più piccola — credo che serva per i trucchi — e il portafogli coordinato.
Un quarto d'ora dopo sono fuori dal centro commerciale, in una mano il sacchetto della gioielleria, nell'altra quello del negozio di borse. Lì non ho fatto incartare nulla, perché voglio mettere dentro la borsa la scatola del bracciale, il portafogli e l'altra borsetta. Poi ficcherò il tutto in un sacchetto carino, che devo ancora comprare.

Lindsay è in casa quando torno, appoggiata alla ringhiera del terrazzo. «Ciao.» esclamo e prendo le buste dal portabagagli. «Ciao.» ripeto nel caso non mi abbia sentito.
La fisso voltarsi e rientrare in camera sua, chiudendo le persiane. Perché? Perché fa così?
Potrei chiamare Savannah... ma, mentre cerco il suo numero nella rubrica del cellulare mi accorgo che non mi va di vederla. Però non mi va neppure di restare qui, a fissare la porta finestra della stanza di Lindsay e sperare che mi perdoni.
Sarebbe davvero un miracolo se accadesse, quindi non ci spero troppo. Sistemo i sacchetti nel mobile all'ingresso e mi getto sul divano con un sospiro. Perché deve essere tutto così complicato?
Perché devo essere così stupido?

***

Altri quattro giorni in cui Lindsay mi guarda appena e non mi dice nulla, se non qualche “Ciao” stiracchiato. Con uno sbuffo mi lascio cadere sulla sedia e osservo le locandine sparse sul tavolo. È domenica e dobbiamo lavorare. Che palle.
«Dovete firmale.» dice Carl.
«Saranno un migliaio!» geme Jake, «Mi cadrà la mano!» ansima.
«Sono duecento cinquanta.» replica Lindsay, «Come le persone che hanno comprato i biglietti per l'evento.» dice, «Con gli autografi inizia Jake,» esclama, «poi vi passate le locandine.» aggiunge.
Jake sospira, apre il pennarello argento, prende una delle locandine sparse sul tavolo e lascia la sua firma, «Tieni.» mi dice passandola, la firmo anche io e la faccio scivolare verso Liam. Credo che resteremo qui delle ore se procediamo così lentamente.
Due ore dopo abbiamo finito. Ho le dita sporche di argento e mi fa male il braccio destro. «Ho sete.» esclamo alzandomi in piedi.
«Tu vieni con noi?» chiede Aaron a Lindsay.
Lei impila le locandine, «Fra cinque minuti.» risponde, «Voi andate.» aggiunge guardando lui e non me, che sono proprio accanto ad Aaron.
Mi fisso le mani ed esco dalla stanza, entro nel bagno e mi fisso nello specchio.
«Sei un coglione.» dico al mio riflesso.
«Per fortuna te lo dici da solo.» commenta Liam iniziando a lavarsi le mani.
«Non iniziare anche tu.» sbotto.
«Dovresti dirglielo.» dice.
«Io non le dico nulla.» ribatto, «Tanto non servirebbe a nulla...» sospiro, «E poi lei mi odia, quindi...» alzo le spalle e mi lavo le mani, fissando l'acqua sporca d'argento che scivola nello scarico. Come il mio rapporto con Lindsay.
«Sei stupido.» sbotta Aaron, «Stupido forte.» dice.
«E basta!» esclamo, «Lo so che sono stupido, non serve che me lo diciate anche voi!»
Aaron sospira, «Senti, se continui così sarà sempre peggio.» dice, «Tira fuori le palle e parla con lei.» continua, «Chissà, magari non è come sembra...» aggiunge entrando in uno dei cubicoli con la tazza.
Che cosa vuol dire? «Aaron!» lo chiamo, «Cosa cazzo vuoi dire?» chiedo, «Aaron!»
«Che sei scemo.» ribatte lui. «Fatti un giro da me che ti spiego alcune cose.»
Io guardo Liam, che sorride. Agita le mani per togliere l'acqua in eccesso, «Cosa diavolo voleva dire?» domando.
Lui alza le spalle, «Se non lo sai tu non posso dirtelo io.» esclama, «Io vi aspetto fuori!» aggiunge, si asciuga le mani sul jeans ed esce dal bagno.
Cosa hanno capito più di me? Dio, mi sento ancora più imbecille perché loro sanno qualcosa che io ignoro e — 'sti stronzi, aggiungerei — non vogliono dirmi di che si tratta!
Begli amici che ho, proprio belli. Io mi dispero e loro si divertono a prendermi per il culo.

***

«Savannah?» esclamo quando la vedo. È venuta qui a casa, in taxi, ed è al cancello principale, «Cosa vuoi?» chiedo.
«Possiamo parlare?» pigola.
No, vorrei dirle. «Okay.» sospiro e spingo il pulsante per aprire il cancello. «Ma in fretta, perché ho da fare.» mento, perché, a parte deprimermi e pensare a quanto sia stupido, non ho nulla da fare.
«Pensavo che potevamo continuare da dove ci eravamo interrotti.» mormora languida prima di tentare di abbracciarmi.
«Non qui.» la blocco, «Vieni.» le dico. Una volta davanti alla dependance la fermo di nuovo, «Aspetta.» sbuffo, entro, prendo il cellulare, il portafoglio e le chiavi. «Andiamo.» esclamo avvicinandomi alla mia auto.
Lindsay è in casa e non voglio che mi veda con Savannah, quindi è meglio andare da un'altra parte.
Mentre mi immetto sulla strada principale, e Savannah non fa che parlare, parlare e parlare, mi accorgo che non me ne è mai importato nulla di lei, così svolto a destra invece che proseguire diritto.
«Stai andando da me?» domanda lei, «Ma ci sono i miei zii a casa!» squittisce e mi dà fastidio, facendomi quasi rimpiangere la risatina di Melanie, «Sarebbe imbarazzante.»
«Tu torni a casa.» esclamo, «Non cercarmi più, non chiamarmi più, non presentarti più a casa mia.» dico, «Non voglio più vederti.»
Lei mi fissa, «Idiota.» sbotta.
Io non replico, penso che voglio mollarla a casa sua al più presto, andare da Aaron e costringerlo a spiegarmi quello che intendeva dire questa mattina.
Perché voglio sapere cosa devo fare con Lindsay.
Perché mi manca.
Perché sono innamorato di lei. 

*-*-*

Appena vedo l'auto di Ryan entrare nel cortile esco in terrazzo, mi appoggio alla balaustra e lo osservo. «Ti pare l'ora di tornare?» strillo, «Datti un contegno, cazzo!» continuo a strillare. «Ricordati cosa ti hanno detto, brutto imbecille!» strillo ancora.
Ryan mi fissa, sospira e chiude la portiera dell'auto. «Linds, smettila.» dice, «Basta.»
«Basta un corno!» sbotto, «Ma ti rendi conto?» grido. «Io lo faccio per te!» sbotto. Lui continua a fissarmi, incurante della pioggia che scende, «Ed entra in casa, altrimenti ti ammali!» grido.
«Vuoi smetterla?» grida lui, «Cazzo, Linds, sei più isterica e insopportabile del solito!» urla.
«Sei un cretino che non capisce nulla!» sbotto e mi rendo conto che forse sono un tantino isterica. Poi mi ricordo che lui è rimasto per tutto questo tempo a casa di quella là, «Idiota!» esclamo.
Ryan mi guarda, si passa una mano sulla fronte, «Lindsay... basta, per favore.» dice a bassa voce.
«No!» ribatto e mi stacco dalla balaustra, sono quasi alla porta finestra quando mi accorgo che lui sta salendo le scale.
«Cosa vuoi?» chiedo girandomi.
«Parlare.» risponde salendo gli ultimi due gradini.
«Vai al diavolo.» dico.
«Cosa ti prende?» chiede raggiungendomi.
Cosa mi prende? Un sacco di cose, al momento. «Niente che ti interessi.» dico.
«Magari potrebbe interessarmi, invece.» replica lui e io non lo guardo, perché ha su la maglietta bianca a maniche corte che si sta appiccicando al suo corpo.
«Ti becchi l'influenza.» esclamo ignorando quello che ha detto.
«Fanculo l'influenza.» ribatte, «Lindsay...» dice.
«Vai al diavolo!» sbotto e mi volto per tornare in camera mia.
«Sei insopportabile!» esclama.
«E tu lo sei di più!» ribatto voltandomi di nuovo. «Lasciami in pace!» strillo.
Sono scema. Ma tanto scema.
«Vuoi dirmi cosa ti prende?» chiede Ryan, «Linds... sei ancora più insopportabile quando fai così!»
«Cosa mi prende?» urlo, «Sei tu quello che porta in casa una ragazza diversa ogni due settimane, non io!» continuo e Dio, se sono gelosa. Così gelosa che potrei prendere a sberle la prossima donna che varca il cancello. «E il mio lavoro è anche controllare che tu non faccia stronzate!»
«Io non cambio ragazza ogni due settimane!» ribatte Ryan, «È una settimana che non esco con una!»
«E Savannah?» chiedo, «L'hai vista ieri!»
«Lei è venuta qui, io l'ho solo riaccompagnata a casa!»
«E adesso sono le undici di sera!» gli ricordo e temo che gli occhi possano esplodermi dalla rabbia. «Sei uscito alle sette!» grido, «E adesso sono le dieci passate! Sei stato fuori per un giorno intero!» urlo.
«Mi controlli?»
«Sì!» grido. «Eri con lei, vero?»
Lui mi fissa, con i suoi occhi così azzurri, «No.» risponde, «L'ho riaccompagnata a casa e poi sono andato da Aaron.»
«E dovrei crederti?» chiedo io, abbassando la voce e incrociando le braccia. Ovviamente non gli credo.
«Sì.» risponde lui. «Perché sei gelosa?»
«Non sono gelosa.» mento e mi scosto i capelli bagnati dal viso, lui sorride. «Non sono gelosa.»
«Lo sei, Linds.» dice con l'aria di uno che ha capito tutto, «Perché?»
«Perché cosa?»
«Perché sei gelosa?»
Sbuffo, «Perché sei un grandissimo idiota!» sbraito mentre la pioggia mi bagna ancora di più, «Non te ne sei accorto?» chiedo e cavolo, mi taglierei la lingua. Quanto sono idiota?
«Ti amo.»
Eh? Ho sentito bene? «Cosa?» pigolo, sicura di aver capito male.
«Ti amo.» ripete e no, non ho capito male. «Sono andato da Aaron per parlargli di questo...» aggiunge mentre le gocce di pioggia scendo sul suo viso, seguendo i lineamenti per poi cadere nel vuoto.
«Tu non puoi amarmi.» ribatto, «Sei insopportabile!»
«E tu lo sei quando non mi rispondi!» dice. «Perché sei gelosa?» chiede e mi afferra i polsi e li alza, portandoli all'altezza delle mie spalle e non smette di fissarmi neppure un attimo.
Lo odio, lo odio, lo odio così tanto... lo amo. Lo odio così tanto che lo amo.
Ryan continua a guardarmi, in attesa di una risposta, mentre io mi limito a fissare una goccia d'acqua che scende lentamente dai suoi capelli, scivola sulla fronte, si fra strada lungo il naso... «Linds?»
«Oh, quanto sei idiota.» sbotto, «Ti amo, brutto scemo!»
Le labbra di Ryan si piegano in un sorriso e io non so se vorrei toglierlo a forza di schiaffi o di baci. «Sei innamorata di me?» chiede.
«Bhe... sì.» rispondo, «Ovviamente.»
Lui mi sorride ancora e si china su di me, la mia pelle bagnata viene riscaldata dal suo respiro, «Sono felice di sentirtelo dire.» mormora. «Anche se sei la solita scorbutica.»
«Cretino.»
«Isterica.»
«Baciami.»
Lui si lascia sfuggire una risatina, «È una richiesta?» chiede.
«È un ordine, scemo.» ribatto io.
Ryan piega ancora di più la testa e mi fissa sorridendo, poi le sue labbra sfiorano la mia guancia destra, muovendosi su e giù, sfiorando il mio orecchio, per poi scendere lungo la mandibola...
«Mi baci sì o no?» sbotto, «O ti diverti a farmi impazzire?» chiedo.
Ryan ride, «Sei impaziente...» sussurra e mi guarda prima di sfiorare le mie labbra con le sue.
L'unica cosa che mi viene in mente è: finalmente.
Le sue labbra sono morbide mentre mi baciano, e sanno di caffè, cioccolato, pioggia e... di lui. Sì, sanno di lui.
Le sue mani mi sfiorano la schiena e le sento calde anche se ho la maglietta zuppa d'acqua. Io mi stringo a lui, passandogli una mano fra i capelli e quasi rido nel pensare a quanto sia fissato con i suoi capelli...
Ryan smette di baciarmi e sto per chiedergli il perché quando sento le sue labbra sul mio collo, proprio su quel punto che mi fa impazzire...
Gemo e lo sento sospirare sul mio collo mentre scosta i capelli per poi riprendermi a baciarmi. «Non farmi un succhiotto.» mormoro ad occhi chiusi.
Lui ride, «Ma è quello che voglio.» dice e alza il viso, mi fissa così intensamente che potrei quasi sciogliermi all'istante. Ryan sorride e le sue labbra si avventano sulle mie e io continuo a pensare che sia la cosa più giusta che io abbia mai fatto.
Sento le mani di Ryan scendere sulla mia schiena e fermarsi per qualche secondo sui fianchi, per poi proseguire sul sedere. Mi solleva da terra e stringo le gambe attorno alla sua vita.
«Uhm, sei focosa, Linds.» mormora Ryan con voce rauca, e mi fissa, mentre la pioggia inizia a placarsi. «Ti amo.» dice e mi bacia piano e io gemo mentre chiudo gli occhi. Lo sento muoversi e intuisco che si sta dirigendo verso la mia stanza.
«Ho appena cambiato le lenzuola.» mormoro mentre lui mi posa sul letto.
«Meglio.» mormora Ryan mentre si sdraia su di me.
«Le bagneremo tutte.» mi lamento e mi sistemo meglio contro i cuscini.
«Oh, è proprio quello che voglio...» dice lui con voce languida.
Spalanco gli occhi rendendomi conto di quello che vuol dire in realtà. «Porco!» esclamo.
Ryan ride e mi bacia una guancia, «Sei adorabile.» dice e mi sfiora la pancia, infilando la mano sotto alla maglietta, muove le dita piano, disegnando cerchi e spirali sulla mia pelle.
Chiudo gli occhi e sospiro di piacere mentre mi bacia il collo e le sue mani vanno sempre più su, sfiorandomi il reggiseno.
«Ryan...» mormoro il suo nome quando scosta la coppa e mi sfiora il seno, sto per aprire gli occhi quando sento le labbra di Ryan solleticarmi la pelle attorno all'ombelico, chiudo gli occhi e sprofondo nel morbido cuscino con un gemito.
Sento il respiro di Ryan e la cosa è ancora più... eccitante. Mi alzo piano quando lui mi sfila la maglietta e lo fa con una lentezza tale che, se non lo volessi così disperatamente, probabilmente gli urlerei di andare al diavolo. Ryan getta il pezzo di stoffa sul pavimento, sorride e mi bacia, di nuovo.
Ogni suo tocco, ogni sua carezza, ogni volta che le sue labbra si posano su di me... è una pura e semplice scarica di piacere, che parte dal centro della mia pancia, proprio lì, dove c'è l'ombelico, e si sparge per tutto il mio corpo, in ogni nervo...
«Ti piace.» mormora Ryan mentre le sue mani scendono lungo i fianchi, sfiorandomi il bordo dei jeans, «Ma questi sono di troppo...» aggiunge, mi bacia l'ombelico e poi prosegue verso il basso mentre lo sento armeggiare con il bottone e la cerniera.
Gemo e chiudo gli occhi, gli stringo la maglia e tiro, «Me la strappi...» dice lui.
«È quello che voglio.» ribatto e apro gli occhi, guardandolo mentre si mette in ginocchio e poi mi sfila i jeans, facendoli cadere per terra. In un attimo si spoglia anche lui, rimanendo con solo dei boxer blu scuro. Ryan sorride e si sdraia su di me, muove i fianchi finché non apro le gambe per fargli spazio.
«Così va meglio.» soffia sulle mie labbra, passa una mano fra i miei capelli e mi fissa, i suoi occhi mi guardano come se fossi la cosa più bella e preziosa che ha.
Gioca con i miei capelli e poi mi bacia, con dolcezza. Poi le sue labbra si fanno più avide e mi ritrovo a graffiargli la schiena quasi senza accorgermene.
L'unica cosa che so, in questo preciso istante, è che non posso fare a meno di lui, dei suoi baci, del suo amore. Di averlo accanto a me, dentro di me.

***

Apro piano gli occhi e sorrido quando vedo il torace di Ryan sotto al mio viso, gli sfioro il petto, sentendo sotto alle dita i peli che mi solleticano la pelle. Inspiro e chiudo gli occhi, ancora mezza addormentata e poso la testa sul cuscino, sbadiglio e mi sembra di sentire la porta che si apre ma sicuramente è solo la mia impressione, così non mi preoccupo neppure quando sento un altro peso sul letto... magari è solo il gatto.
Qualcosa zampetta fino a me e mi viene in mente che noi non abbiamo un gatto! Apro gli occhi e trovo quelli di mio nipote che mi fissano, «Linds!» trilla, «Zia Linds!»
Cosa ci fa qui Cameron? Come è arrivato? Non può essersi fatto Houston-Miami da solo, ha solo due anni e mezzo!
«Zia Linds!»
Io lo fisso, incapace di dire o fare qualsiasi cosa, al momento non so neppure se i miei pensieri abbiano un filo logico.
Prima che possa impedirlo, Cam, che è seduto sulla mia pancia — e posso assicurare che pesa —, tira giù il lenzuolo che mi copre, «Tette!» grida, poi si gira verso la porta, «Papi... tette!» dice indicando il mio seno nudo.
«Oh, merda.»
Già, concordo con mio fratello.
Non ho il coraggio di guardarlo in faccia. «Ehm... ciao.» balbetto coprendomi.
«Oddio.» geme Greg, «Non avrei mai voluto vederlo.» esclama. «Mi sento male.»
Lui? Lui si sente male?
E io? Io sono qui, nuda, coperta solo da un lenzuolo, ho mio nipote che continua a dire “Tette!” ridendo e Ryan dorme!
Io mi sento male, non lui!
«Che succede?»
No, anche Brenda no!
«Oh!» esclama apparendo sulla soglia, «Oh.» ripete e ridacchia. «Vieni qui, giovanotto.» dice entrando nella mia camera, afferra Cameron e lo solleva, «Lascia stare la zia.» dice.
«Tette!» ride il mio malefico nipotino.
«Ma fate silenzio.» borbotta Ryan e io gli do una gomitata, lui apre gli occhi e si pietrifica. «Oops.» dice, «Buongiorno.» aggiunge.
«Lindsay sta bene?»
No, mamma ti prego fermati, altrimenti partirò per la luna.
«Sta bene.» dice Brenda uscendo con Cam, «È con Ryan.»
«Era anche ora.» commenta mamma.
Io fisso Ryan, non sapendo da che parte guardare e quasi rido nel vederlo completamente rosso in viso, poi mi accorgo di quello che ha detto mia madre e sento il viso andare a fuoco.
«Greg? Tesoro, andiamo.» dice Brenda ma mio fratello sembra pietrificato, con la bocca aperta e le braccia lungo i fianchi, «Gregory!» esclama mia cognata e lo afferra per un braccio, «Se rimani lì Lindsay non si alzerà mai.» ride.
«Ma è nuda!» mormora lui, «La mia sorellina...» aggiunge voltandosi e, finalmente, esce dalla mia stanza.
«Tu lo sapevi?» chiede Ryan quando la porta si chiude. «Sapevi che dovevano venire?»
È così adorabile quando ha la voce stridula! «Me ne ero dimenticata.» ammetto, «Sai, ieri sera ero impegnata con il ragazzo più affascinante dell'universo...» dico, «Se vuoi te lo presento.»
Ryan sbuffa e si mette seduto, «Quanto sei simpatica.» dice e si sporge verso di me e, quando le sue labbra sono a mezzo millimetro dalle mie, qualcuno bussa alla porta.
«Il brunch sarà pronto fra mezz'ora.» esclama Brenda da dietro la porta, «Anche Ryan è invitato.»
«Uhm, okay.» dico, «Grazie.» aggiungo e guardo Ryan, «È meglio se ci prepariamo.»
«Uh, la nostra prima doccia insieme.» mormora Ryan e mi bacia.
«Ehm... no.» lo correggo e ridacchio quando vedo le sue labbra piegate in un broncio, «Io faccio la doccia qui, tu nel tuo bagno.» continuo. «Altrimenti se Greg lo scoprisse...»
«Ehm... già.» borbotta e si alza, lo guardo mentre raccatta i suoi vestiti, «Meglio non fargli sapere nulla.»
Rido, «Ma mica è scemo!» esclamo, «Lo sa già cosa abbiamo fatto.»
«Bhe, sì, però sai...» sospira mentre indossa la maglietta, «È meglio non dargli la certezza assoluta...» 
Rido ancora e mi alzo in piedi, recupero le mutandine e la maglietta e li indosso. «Okay.» dico e bacio la guancia di Ryan, «Ci vediamo fra mezz'ora.»
Lui annuisce e mi bacia le labbra, «Perfetto.»
«E passa dalla porta, non dalla mia camera.» esclamo, «Altrimenti rischi di farti beccare da Greg!»
Ryan sembra impallidire, «Tu dici?» chiede e io sbuffo, «Sì, okay, forse hai ragione.» dice, mi bacia di nuovo — e non mi stancherei mai di baciarlo — e se ne va, uscendo dalla porta finestra.
Venticinque minuti dopo scendo le scale e guardo Ryan che passa davanti alla porta finestra, «Entra.» esclamo dopo averla aperta.
«Credevo di dover entrare dalla porta.» dice lui.
Io scrollo le spalle, «Qui va bene.»
Ryan entra e mi posa le mani sui fianchi, poi si china e mi bacia sulle labbra.
«Oh, no.» geme Greg, «Non davanti a me, per favore.»
Mi stacco da Ryan e rido, «Oh, Greg... dovrai abituarti!»
Lui borbotta qualcosa d'incomprensibile, poi si gira ed entra nella sala da pranzo.
«Oh, è divertente vederlo imbarazzato!» esclamo, «Non trovi?» mi giro verso Ryan e trattengo una risata, è di un adorabile rosso pomodoro. «Ehm... sei in imbarazzo?»
Lui deglutisce e annuisce, «Eh... bhe...» balbetta, «Sì.» sospira.
Sorrido, lo prendo sottobraccio e lo porto verso la sala da pranzo. Entriamo e prendo il mio solito posto, quello accanto al capotavola vicino a Brenda. Ryan si mette accanto a me, alla mia sinistra e quando alza lo sguardo sbianca, rendendosi conto di essere seduto di fronte a Greg.
I due si guardano, come se si stessero studiando.
«Non voglio sapere nulla.» biascica mio fratello, «Assolutamente e categoricamente nulla.»
«Tette! Zia Linds ha le tette!» ride il mio nipotino.
Greg abbassa la testa mentre Ryan arrossisce, fortunatamente entrano i miei con le pietanze del brunch, così possiamo mangiare e non parlare delle mie tette.
Devo assolutamente raccontare tutto a Svetlana!

***

Dopo aver finito di mangiare ci spostiamo in salotto e Cameron è attratto dal grande albero di Natale che troneggia sotto la scala.
Lo fissa, sfiora le decorazioni e ride, felice, battendo le manine. «Mio!» trilla cercando di prendere una decorazione a forma di pupazzo di neve.
«Non è tuo.» esclama Brenda e lo riporta al divano. Il bambino viene da me e mi sale sulle gambe, mi dà un bacio umidiccio sulla guancia e ride.
«Tette!» strilla e, per rimarcare il concetto, mi sfiora il seno.
Io divento rossa e guardo Ryan che sta fissando il tappeto.
«Allora... da quanto?» chiede mamma.
«Quanto cosa?» domanda mio fratello.
«Lindsay e Ryan.» risponde mamma, «Da quanto?» ripete.
Terra, apriti e inghiottimi. Adesso. Non posso parlare di certe cose con mia madre! «Da ieri.» mormoro.
«Oh.» sussurra Greg, «La mia sorellina.» geme e io guardo Ryan che continua a fissare il tappeto.
«Hai le guance rosse.» mormoro e sorrido perché è davvero adorabile quando è in imbarazzo.
«Oh, sono felice per voi.» dice mamma.
«Grazie.» dico.
«Mamma!» strilla Greg.
«Come se tu non lo avessi mai fatto!» sbotta mamma, «E poi era ora che Lindsay si trovasse un altro!» continua.
Fisso mio fratello che sembra un pesce con la bocca aperta, «Mamma!» squittisce.
Mamma e papà ridono, «Su, Greg, lo sapevamo tutti che sarebbe finita così!» dice mamma.
Questo è troppo! Sposto Cam in braccio a Ryan, «Vado in bagno.» squittisco e fuggo.
Una volta dentro la stanza, dopo aver chiuso la porta e fatto un paio di respiri profondi mi accorgo di quello che ha detto mia madre. Sapevano che sarebbe finita così fra me e Ryan e non mi hanno mai detto un tubo?
Cavolo.
Mi lavo le mani e il viso e mi accorgo che un'orribile brufolo sta spuntando sul mento e la colpa è mia e delle troppo schifezze che ho mangiato in questi giorni.
Spero che di là non stiano parlando di me e di Ryan e di quello che abbiamo fatto questa notte.
Oddio, Ryan! L'ho lasciato solo con quelli!
Mi asciugo le mani e torno in salotto, «Brenda?» chiedo non vedendola.
«Ha portato Cam a dormire.» dice Greg e io annuisco. Ryan sta ancora fissando il pavimento.
«Anche noi andiamo.» esclamo e tocco la spalla di Ryan.
«Dove?» chiedono sia mio fratello che Ryan. Il primo è sbiancato, probabilmente pensa che ci chiuderemo nella prima stanza disponibile e faremo del sesso, Ryan invece ha l'aria di uno che non ha capito un cavolo.
«In spiaggia.» rispondo perché è l'unico posto dove possiamo stare tranquilli. Se rimaniamo qui e andiamo in camera mia o nella dependance rischiamo di ritrovarci mio fratello fra i piedi.
O i miei genitori. O tutti loro insieme.
Così salutiamo tutti, prendo la mia borsetta e usciamo di casa, arrivando alla spiaggia attraverso una piccola scaletta poco lontano dell'abitazione.
Non c'è nessuno qui, così possiamo stare tranquilli.
«Se fossi rimasto ancora un minuto di più credo che sarei scappato.» dice Ryan.
Rido, «Perché?» chiedo.
«Per lo stesso motivo per cui tu sei scappata in bagno.» replica e mi prende la mano, sfiora il palmo e fa scivolare le sue dita tra le mie.
È bellissimo.
«Non volevo stare lì a sentire mamma che parlava della mia vita sentimentale, ecco.» mi giustifico mentre camminiamo vicino alla riva.
«Però hai lasciato me.» ribatte, «Non sapevo più da che parte guardare!»
«Però Greg era imbarazzato quanto noi.» rido ma mi blocco quando mi ricordo che ci ha visti insieme, a letto, poche ore fa. Per fortuna stavamo solo dormendo...
Ryan ride, «Non è colpa mia se qualcuna si è dimenticata del suo arrivo...» dice.
Io sbuffo, «Ero impegnata.» ribatto, «Avrei dovuto cacciarti subito dopo e dirti che sarebbe arrivato mio fratello?» chiedo e lo fisso. 
Lui sospira, «No.» risponde, «E comunque sarei rimasto con te, giusto per farti dispetto.» sorride e si ferma, mi tocca i capelli e mette la mano sinistra dietro il mio collo. «E poi...» soffia, «Ora che è successo non voglio sprecare nemmeno un minuto.» mormora e mi bacia le labbra. «Non dici nulla?» chiede quando smettiamo di baciarci.
«Cosa dovrei dire?» chiedo.
Lui ride e scrolla le spalle, «Bhe, che siamo in pubblico, che stiamo dando spettacolo, che la casa discografica s'incazza e tutte 'ste cose.» dice.
Oh. Cavolo, ha ragione! «Ecco, io...» borbotto.
«O lo dicevi solo perché eri gelosa?» ride Ryan toccandomi il viso.
E adesso chi gli dice che in parte ha ragione? Merda. «Oh, sì.» esclamo dopo essermi schiarita la voce, «Non ci dobbiamo baciare in pubblico.» continuo e mi stacco da lui, «Assolutamente e categoricamente no.» dico allontanandomi di un paio di passi.
Ma chi voglio prendere in giro?
Mi volto, torno da Ryan, gli prendo il viso fra le mani e gli bacio le labbra.
«E questo sarebbe un categoricamente no?» ride sulle mie labbra, «Allora un sì cosa sarebbe?» soffia prima di baciarmi il collo.
Rido, «Stavo solo puntualizzando.» esclamo e mi scosto un poco da lui, alzo il braccio destro e gli tocco i capelli.
«Mi spettini.» si lamenta Ryan, «Smettila.»
Io rido, «Stamattina eri adorabile con i capelli spettinati.» lo prendo in giro, «Sembravi un pulcino.»
Lui fa una smorfia e mi blocca la mano, «Non voglio sembrare un pulcino!» esclama.
Io rido e gli tocco ancora i capelli, spettinandolo.
«Lindsay!» esclama e io... io scappo, ridendo mentre lui mi insegue. Mi fermo vicino a una grossa pietra con una parte piatta in cima.
«E dai, non prendertela!» esclamo, «Sei adorabile anche così!»
Lui sbuffa, «Però se ti spettino ti arrabbi!» dice.
«Tu lo fai per farmi incazzare, io perché mi diverto.» esclamo e mi siedo sulla pietra.
«È la stessa cosa.» replica e si siede accanto a me, «Stai occupando tutto lo spazio!» dice.
Io rido e lo abbraccio, poso la fronte contro il suo collo e mi rendo conto di quanto sono felice, di quanto questo momento sia perfetto.
Assolutamente perfetto.
E mi rendo conto di quanto sia stata imbecille in questi mesi, sopratutto in queste ultime due settimane. Certo, se Ryan avesse fatto meno l'imbecille...
«A che pensi?»
Alzo il viso per poter vedere Ryan, «A tutto e a niente.» rispondo e mi sistemo meglio contro di lui, «Tu a cosa pensi?» chiedo.
«A tutto e niente.» dice.
«Non è una risposta!» esclamo.
«È la stessa risposta che mi hai dato te!» ribatte lui.
Sorrido e mi stringo di più a lui, «A quanto sono, siamo, stati imbecilli.» dico. «Tu mi hai fatto incazzare uscendo con Savannah.» continuo, «Dio, ero così gelosa...» confesso.
«Bhe, quando uscivi con il web-coso ero io quello geloso.» ammette, «Avrei voluto prenderlo a pugni.»
Sorrido, «Su serio?» chiedo. Mi sembra ancora tutto così strano e ho paura di svegliarmi e scoprire che è stato un sogno.
Ryan annuisce prima di baciarmi la testa, «Sì.» soffia, «Ero gelosissimo.» dice e io sorrido ancora di più, felice di questa rivelazione.
Il vento si alza e Ryan mi stringe ancora di più, mi prende le mani e intreccia le sue dite con le mie. «Siamo imbecilli.» mormoro, «Proprio tanto.» dico, «Se solo avessi parlato...» continuo e taccio sul fatto che Svetlana è da mesi che mi dice di dirglielo.
«Già.» commenta lui, «Avresti potuto dirmelo, Linds.»
«Io?» esclamo e lo guardo, «Avresti potuto farlo tu!» dico e gli scompiglio i capelli.
«Lindsay!» si lamenta Ryan, «Smettila.» brontola e io rido.
E lo bacio.
Non mi stancherei mai di farlo.
«Stiamo dando spettacolo.» soffia Ryan sulle mie labbra.
«Oh, piantala.» sbuffo, «Non c'è nessuno.»
«Meglio.» mormora lui e ci baciamo di nuovo. «Hai freddo?» mi chiede quando si accorge che tremo.
«No.» rispondo, «È solo un po' d'aria.» dico, «Non preoccuparti.» sorrido e socchiudo gli occhi per evitare che della sabbia ci finisca dentro. «Però vorrei del caffè.»
«Andiamo da me?» dice lui.
«No,» rispondo «andiamo lì.» indico un bar in lontananza.
«Ma sarà almeno a un chilometro!» sbuffa Ryan.
«Se torniamo indietro rischiamo di trovarci Greg fra i piedi...» gli ricordo.
Lui inspira lentamente, «Okay.» acconsente, «Andiamo.» dice, si alza in piedi e mi aiuta. Camminiamo in silenzio, tenendoci per mano ma, quando siamo a una cinquantina di metri dal locale, Ryan lascia andare la mia mano. «Perché?» chiedo.
«Non dobbiamo dare spettacolo.» mi scimmiotta.
Io sbuffo e incrocio le braccia al petto, «Andrai avanti per molto?» chiedo.
Lui ride, «Sì.» risponde.
«Non sei simpatico.» dico e vado verso sinistra, in direzione della passerella di legno, prendo il cellulare per chiamare Svetlana, «Uffa.» mi lamento, «Ho solo il quindici percento di batteria!» sbuffo, «Non posso chiamare Svetlana!»
«Perché vuoi chiamarla?»
Alzo gli occhi al cielo e mi giro verso Ryan, «Per dirgli di noi, mi pare ovvio.»
Lui mi afferra il polso, «Non dirglielo.» dice.
«Perché?» domando, «È la mia migliore amica!»
«Teniamolo per noi fino a quando non arriva.» dice Ryan, la voce dolce, «Tanto arriva il ventisette, giusto?» chiede e io annuisco, «E visto che ceneremo insieme... lo diciamo a tutti in quel momento.»
Lo osservo, guardo le sue labbra piegate in un sorriso, il sole che regala riflessi dorati ai suoi capelli e sorrido, «Okay.» esclamo, «Sembra una buona idea.»
«Lo è.» replica lui e riprendiamo a camminare, «Io ho solo buone idee.» dice.
Rido, «Non mi pare.» replico, «Altrimenti mi avresti detto tutto tempo fa...»
Ryan si ferma davanti a me, «Potrei dirti la stessa cosa.» dice.
Sbuffo, «Smettila.» borbotto e mi rendo conto che dobbiamo parlare, che dobbiamo spiegarci perché siamo stai così coglioni. Io perché avevo paura di soffrire, ma lui? Sospiro, «Entriamo.» esclamo. Il locale è piccolo e accogliente e i tavolini sono divisi da alcuni separé.
Ci accomodiamo a uno dei pochi tavolini liberi e afferro il menu. «Dovremo dirlo anche a Carl.» esclama Ryan.
Alzo il viso dal menu, «Bhe... penso di sì.» dico, «Insomma, dovrebbe saperlo.» scrollo le spalle, «E comunque se non glielo diciamo noi o lo scoprirà da solo o glielo diranno gli altri.»
Ryan sorride, «Sì giusto.» dice, «Lo informi tu?» chiede.
Io fisso l'elenco delle cioccolate calde e sbuffo, «Lo informo io un corno.» rispondo, «Insieme.»
Ryan fa una smorfia, «Uffa.» dice, «Sei tu la sua aiutante, non io.»
Chiudo il menu e lo poso sul tavolino. «Insieme, altrimenti ti do un calcio.» dico e sorrido.
Ryan apre la bocca per ribattere ma arriva la cameriera per prendere le ordinazioni, la ragazza lo fissa, sbatte le ciglia e gli sorride.
«Gelosa?» domanda Ryan quando quelle se ne va.
«No.» rispondo.
«Bugiarda.» ride lui, «Sei gelosa.» sorride.
Poso le mani sul tavolo e faccio un respiro profondo. «No.» ripeto. «Non sono gelosa.» dico e sbuffo, «Un pochino.» ammetto.
Ryan sorride ancora di più, «Lo sapevo.» gongola e mi guarda, «Tu sei sempre stata gelosa.» aggiunge a bassa voce, «E non negarlo, ormai ti ho scoperto.» sorride.
Io sbuffo, «Eh, per forza lo hai scoperto, te l'ho detto io.» gli faccio notare ma lui agita la mano come se non fosse importante, «Idiota.» mormoro e lui sorride.
Che idiota.
La cameriera ritorna con i nostri caffè, fa gli occhi dolci a Ryan e se ne va, non le dico nulla solo perché non sono in vena di scenate. E anche perché sono felice. Così mi limito a sorridere e a prendere la schiuma del cappuccino con il cucchiaino. Il mio cellulare si lamenta che si sta scaricando la batteria e io sbuffo perché non posso chiamare Svetlana per raccontargli tutto.
«Non dirglielo.» borbotta Ryan che, evidentemente, sa cosa voglio fare, «Abbiamo deciso di aspettare a dirlo.»
«Tu lo hai deciso.» dico, «È la mia migliore amica.» esclamo e verso lo zucchero nel cappuccino, «Io le dico tutto.»
«Tutto?» domanda lui, «Tutto-tutto? Ma proprio tutto?»
«Già.» rispondo, «Tutto, ogni singolo dettaglio.»
Ryan smette di sorseggiare il suo caffè e mi fissa, deglutisce e posa la tazza sul tavolo, «Le racconti tutto?» mormora, «Anche quello?»
Annuisco, «Oh, sì.» dico, «Quindi vedi di non fare figuracce.» sorrido.
Lui spinge in fuori le labbra e mi trattengo dal baciarlo, «Io non faccio mai figuracce.» replica.
«Ah, no?» domando, «Nemmeno una volta?» chiedo e sorrido, «Niente pillolina blu?»
Ryan fa una smorfia offesa, «Niente pillola blu.» borbotta, «Mi pare di avertelo dimostrato.» aggiunge.
Io sospiro e sorseggio il cappuccino, «Uomini.» mormoro, «Appena tocchi la loro virilità se la prendono subito...» sorrido e guardo Ryan. Vorrei tanto baciarlo ma non posso. Inspiro lentamente e continuo a bere il cappuccino, lanciando di tanto in tanto un'occhiata a Ryan.
«Sei insopportabile.» borbotta.
«Ma ti piaccio per questo.» mormoro sporgendomi verso di lui. Ryan sorride, beve il suo caffè e mi guarda prima di darmi un calcio leggero, «Ehi.» mi lamento.
«Niente spettacolo.» ridacchia.
Finisco il mio cappuccino, «Cattivo.» borbotto, «Offri tu.» dico e mi alzo, «Vado a lavarmi le mani.» aggiungo.
Quando esco dal bagno Ryan mi aspetta alla porta, «La cameriere ha voluto foto e autografo.» mi dice.
«Okay.» dico ed esco.
«Non sei gelosa?»
«No.»
«Nemmeno un pochino?»
Sospiro, «No.» rispondo, «È il tuo lavoro.»
Ryan ride mentre camminiamo, «Eddai, Linds... lo hai detto tu di essere gelosa!» dice, «Non mentire.» esclama. Non rispondo e incrocio le braccia al petto, quando siamo a una cinquantina di metri dal locale Ryan mi prende la mano, mi sfiora il palmo con la punta delle dita, mi accarezza il pollice prima di far scivolare le sue dita fra le mie.
Camminiamo in silenzio per diversi minuti poi Ryan lascia la mia mano e mi abbraccia senza dire nulla. Bacia la mia testa e mi sfiora la schiena. «Ti amo.» sussurra stringendomi di più.
Mi aggrappo alla sua maglia e inspiro il suo profumo, gli bacio il collo, «Ti amo.» mormoro al suo orecchio; lui mi prende il viso fra le mani, sfiora le guance con i pollici e sorride mentre avvicina il viso al mio, poi le sue labbra sfiorano le mie e io stringo di più la sua maglia.
Lui mi bacia la guancia, «Torniamo a casa.» dice.
Riprendiamo a camminare mano nella mano, in silenzio, poi saliamo le scale, camminando con attenzione sui gradini di pietra e ci fermiamo in cima, ad osservare l'oceano, guardando i gabbiani che volteggiano prima di planare sugli scogli.
Dopo un altro paio di baci riprendiamo a camminare, entriamo dal cancello laterale e ci fermiamo davanti alla porta d'ingresso perché abbiamo le scarpe piene di sabbia. «Linds... tu prendi qualcosa?»
«Eh?» mormoro confusa guardando Ryan.
«Ieri non abbiamo usato nulla.» spiega e io capisco.
«Ah, non ti preoccupare, uso la pillola.» dico e agito l'All Stars destra, «E comunque dopo che quello che mi ha lasciato ho fatto le analisi.» dico, «È tutto okay.» sorrido, «E tu?» domando.
Lui sospira, «Io ho sempre usato il preservativo.» dice, «Ma se vuoi faccio anche io le analisi.»
«Oh, Dio, perché?»
Mi blocco, la scarpa sinistra in mano, la destra per terra, fisso mio fratello che ha aperto la porta senza che ce ne accorgessimo, ha lo sguardo rivolto in alto e il viso pallido.
«Oh.» commento e deglutisco, «Ciao.»
Lui inspira lentamente, «Ma perché?» geme, «Perché sempre io?»
Io taccio, troppo imbarazzata, raccolgo l'altra scarpa e fisso Ryan, anche lui pallido. «Bhe, se ci spii.» borbotto.
«Il ciuccio di Cam è nell'auto di papà.» replica mio fratello, «Ho aperto e voi eravate qui.»
Lo fisso e faccio un piccolo sorriso, «Okay.» dico, «Se ti sposti...»
Greg oltrepassa la soglia, fissa Ryan, «Tu cosa vuoi fare?» gli domanda, «Allora?» chiede quando l'altro non risponde.
Ryan sbianca, «Io... io vado.» dice, «Sì, vado.» mormora.
«Greg!» esclama mia madre uscendo dalla cucina, «Non trattare male Ryan.» dice, «La cena è pronta alle sette.» aggiunge rivolgendosi al mio ragazzo, — e mi fa strano chiamarlo così.
Ryan annuisce, lancia un'occhiata a Greg e si allontana di corsa. Io sbuffo ed entro in casa, attraverso il salotto e salgo le scale. Una volta in camera lascio le scarpe sul pavimento, recupero il caricabatterie e lo collego al cellulare.
Dio, quanto vorrei avvertire Svetlana ma non posso. Uffa.
Mi rigiro nel letto, finendo per sdraiarmi a pancia sotto, sprofondo con la testa nel cuscino e sento l'odore di Ryan, lo inspiro un paio di volte e sorrido.
Mi giro sulla schiena, il cuscino stretto fra le braccia e fisso il soffitto, rendendomi conto di quello che è successo: io e Ryan abbiamo litigato, ci siamo dichiarati in nostro amore e abbiamo fatto l'amore.
Dobbiamo chiarire ancora un sacco di cose, ma abbiamo tempo.
Sbadiglio e chiudo gli occhi, rilassandomi fino a quando il telefono suona e per poco non strillo. Afferro il cordless e mi accorgo che è una chiamata sulla seconda linea — la mia linea personale — ed è Svetlana. Merda, quella è un segugio! Dovrò stare attenta a quello che dico e come lo dico.
«Ehi.» rispondo, «Ciao.»
«Ehi, stella, come va?» dice, «Hai la voce strana.»
«Mi stavo addormentando.» rispondo, il che è vero. «Tutto bene.» dico, «Tu?»
«Fra pochi giorni rivedrò Liam!» trilla, «Sono così felice!» esclama, «Mi manca tanto.» sospira.
«Eh, lo so.» mormoro, «Ma dai, ancora una novantina di ore e lo vedrai.» cerco di consolarla.
«Sono ancora troppe.» borbotta, «Tu, invece? Hai fatto pace con Ryan?» chiede.
Io fisso davanti a me, la mia scrivania su cui c'è il pc che non accendo da ieri pomeriggio, «Sì.» rispondo, «Ieri sera.»
«Vi siete chiariti?» chiede.
«Parliamo.» borbotto.
«Parlate?» strilla lei costringendomi ad allontanare il telefono dall'orecchio, «Ma siete scemi?» urla, «Cos'è, devo venire lì io per farvi capire le cose?» sbotta, «Siete due imbecilli!»
«Grazie.» borbotto, «Ci parliamo ed è sempre meglio che ignorarsi, non credi?» dico. Com'è difficile non farle capire nulla!
«Bhe, sì.» acconsente, «Comunque ti ho chiamato per chiederti un consiglio: cosa posso regalare a Jake?»
«Jake?» faccio, «Perché?»
Svetlana ride, «Tu ti dimentichi sempre i compleanni!» dice.
Cosa? Mi alzo in piedi e mi avvicino alla scrivania, fisso il calendario da tavolo e guardo il ventisette Dicembre, cerchiato di rosso. “Compleanno Jake, 26” è scritto in blu, mentre “Svetlana, JFK, 12:45” è scritto in rosso. «Me ne sono dimenticata!» pigolo, «Non gli ho preso nulla!» gemo sedendomi sul letto.
«Sei la solita.» sbuffa Svetlana e la immagino alzare gli occhi al cielo, «Allora cosa posso prendergli?» domanda.
«Ehm... non so.» dico, «A lui piacciono le cose tecnologiche... so che aveva problemi con il cardiofrequenzimetro.» esclamo, «Magari prendigli una roba del genere, una cosa super
figa che ti fa il caffè quando finisci di allenarti.»
«Sembra una buona idea.» esclama la mia amica, «Tu cosa gli prendi?»
«Ah, non so.» sospiro, «Chiedo a Ryan se gli ha già preso il regalo e se posso aggiungere il mio nome sul biglietto.»
Svetlana ride, «Una scusa per parlargli!»
«Scema.» borbotto.
Lei fa una risatina, «Bhe, adesso vado e vedo se riesco a trovare sto affare, altrimenti gli compro qualche bacchetta figa per la batteria.» dice.
«Okay,» esclamo, «Ci sentiamo.»
«A domani, stella.» dice lei, «E tromba con Ryan!» ride prima di chiudere la chiamata.
Io avvampo, sistemo il cordless sulla sua base, infilo le ciabatte ed esco in terrazzo, le mattonelle sono già asciutte, non c'è traccia della pioggia di ieri sera. Busso al vetro della porta finestra di Ryan.
«Ti mancavo?» chiede lui e mi attira a sé, preme le sue labbra sulle mie e infila le mani sotto alla felpa.
«Sai che giorno è il ventisette?» chiedo quando il bacio finisce.
«Sabato.»
«E poi?»
«Il giorno in cui arriva Svetlana e Liam smetterà di dire quanto le manca.»
«E poi?»
«È il giorno in cui diremo agli altri di noi.»
Io mi dimenticherò i compleanni però neppure Ryan è messo meglio, «Jake.» mi limito a dire.
Ryan mi guarda, aggrotta le sopracciglia, «È il suo compleanno!» esclama, «Merda.» borbotta, «Non è che mi fai aggiungere il mio nome al tuo regalo?» domanda, «Per favore.» mormora e mi bacia la guancia.
Rido, «Volevo chiederti la stessa cosa.»
Ryan sbuffa, «Dobbiamo comprarlo.» dice, «Uffa.»
«Vado a mettermi le scarpe.» esclamo, gli bacio il viso, «Dovresti raderti.» faccio notare.
«Stanotte non ti dava fastidio!» esclama mentre io ritorno verso la mia camera.

Cinque minuti dopo scendo le scale. «Dove vai?» chiede Greg.
«Via con Ryan.» rispondo.
«Ancora?» borbotta mio fratello.
Alzo gli occhi al cielo e sbuffo, «Dobbiamo pendere il regalo di compleanno per Jake.» spiego, «È il ventisette.» dico.
Greg borbotta qualcosa che non capisco mentre Brenda ridacchia.
«Tornate per cena.» si limita a urlare mamma dalla cucina.
«Okay!» esclamo, «Ciao.» aggiungo ed esco di casa.

Io e Ryan osserviamo una sveglia a forma di batteria. È tutta blu e argento, con la base in legno di betulla.
Sulla cassa c'è lo schermo LCD che segna l'orologio digitale, il giorno, il mese e l'anno; in piccolo c'è l'orario su cui è impostata la sveglia.
«È carina.» dico, «Gli piacerà.» aggiungo.
«Speriamo.» sospira Ryan. «Chissà che suono fa quando la sveglia suona?»
«Quando la sveglia suona i piatti si muovono e sbattono gli uni contro gli altri.» spiega il commesso, afferra la sveglia-batteria e ci mostra come funziona, impostando un nuovo orario per la sveglia, i piatti vibrano e poi iniziano a sbattere, facendo un gran fracasso, «Si spegne schiacciando la parte superiore della grancassa e si può regolare il volume.» continua, spegne la sveglia e la gira, mostrandoci i pulsanti.
Guardo Ryan, «A me piace.» dico, «Piacerà anche a lui.»
Ryan annuisce, «Okay.» dice, «La prendiamo.»
«Devi darmi ventisette dollari e cinquanta.» borbotta Ryan quando siamo alla cassa — il commesso ha incartato la sveglia.
«Okay.» esclamo, afferro banconote e monete dal portafogli e le ficco in quello di Ryan, «Contento?» chiedo.
Lui mi fissa, annuisce e sorride.

***

In casa c'è silenzio, sono tutti a letto. Apro la porta della mia stanza, cammino piano piano nel corridoio e osservo la porta della stanza dove dormono Greg, Brenda e Cam. È tutto tranquillo, a parte Greg che russa. Ritorno nella mia stanza, chiudo la porta e apro la porta finestra e Ryan entra senza dire una parola, getta le chiavi di casa sua e il cellulare sulla mia scrivania e mi bacia, mi prende in braccio e mi porta a letto.
«Ti amo.» mormora fra un bacio e l'altro.
E io sono così felice che potrei esplodere. 



ERA ORA!
E finalmente è successo quello che doveva succedere!
Giusto qualche info: ho iniziato a scrivere questa storia l'8 Aprile 2015 e la scena del bacio è stata scritta... l'8 Aprile 2015 xD praticamente mentre scrivevo i primi capitoli ho scritto anche quella scena.
Vi informo che non saranno più 14 capitoli ma 15, visto che questo è bello lungo (8000 e passa parole) e visto che non mi andava di dividerlo in due ho deciso di fare un altro capitolo. Insomma, manca ancora tutta la parte di Natale, quando arriva Svetlana... e altre robe che non dico altrimenti faccio spoiler xD
Il titolo è ovviamente una canzone dei Backstreet Boys.
Grazie a chi legge/commenta/mette la storia in una delle liste e mi mette fra gli autori preferiti, sieti dei biscottini pucciosi!
A presto con il capitolo 15!

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Quattordici Love Like Stars Part I ***


logo def
hosting immagini

Straight Through
My Heart

Quattordici
Love Like Stars
*** close your eyes and stay whit me ***



Guardo Lindsay che dorme sdraiata sul fianco sinistro, in posizione fetale, la mano sinistra sotto la testa, la destra stretta a pugno e vicino alla bocca; le ginocchia piegate. Ancora un po' e se le ritroverà in bocca.
La sfioro, dalla spalla al fianco.
Lei strizza gli occhi, sbadiglia e li apre piano, «Che ore sono?» domanda.
«Le quattro.» rispondo, «Dormi, è presto.» mormoro e le bacio la fronte.
«Tu sei sveglio.» borbotta.
«Ti guardavo dormire.» sorrido.
Lindsay chiude un attimo gli occhi e li riapre, fissandomi, «Maniaco.» dice e sorride.
Io la stringo a me e inspiro il suo profumo, «Perché non mi hai detto nulla?» le chiedo.
Lei sbadiglia, «Ryan... ma ti pare l'ora?» dice, «È presto.» si lamenta, sbadiglia e chiude gli occhi. Sto per chiamarla per vedere se è ancora sveglia quando lei apre gli occhi e mi fissa, «Perché non volevo soffrire.» soffia, «Anche se non sembra sono stata male sul serio per colpa di quel cretino imbecille.»
Le bacio la fronte, «Non ti farò soffrire.» mormoro.
«E tu?» chiede.
Inspiro piano e mi sistemo meglio, «Bhe... ecco...» borbotto, «Perché tu sei bella ricca intelligente e sai fare un sacco di cose e pensavo di non valere nulla al tuo confronto.» dico senza prendere fiato. Il fatto che lo pensi ancora è meglio che non glielo dica...
Lindsay chiude gli occhi, sospira, li apre e mi guarda, «Sei uno stupido.» sbotta, «Come puoi solo pensarla una cosa del genere?» dice, «Ti darei una sberla ma ho ancora sonno.» borbotta e io sorrido e le bacio le labbra.
«Dormi.» sussurro.
«Lo farei, ma tu mi fai domande troppe impegnative per le quattro del mattino.» mormora chiudendo gli occhi e accoccolandosi contro il mio petto.
«Già che sei sveglia...» dico a bassa voce «Non è che potremmo...» mormoro, «Non i pizzicotti.» mi lamento e le sposto la mano con la quale mi ha pizzicato sulla pancia, «Linds, mi verrà un livido.»
«Così impari.» replica, «Se non mi fai dormire te ne do un altro.» borbotta.
Sorrido e le bacio i capelli, «Okay.» soffio contro la sua fronte e inspiro il suo profumo, chiudo gli occhi e mi impongo di riaddormentarmi quando sento Cam scoppiare a piangere, guardo Lindsay ma lei si è già riaddormentata, oppure fa finta. Io rimango immobile, pronto a saltare fuori dal letto e ficcarmi dentro l'armadio se mai dovesse entrare Greg.
Però non succede, il pianto del bambino smette piano piano e torna tutto silenzioso.
E io non ho più sonno. 

*-*-*

Apro la porta della mia stanza e per poco non urlo quando vedo Greg, «Che c'è?» gracchio.
«Ryan è qui?»
«No.» mento. In realtà è in bagno e spero che abbia sentito tutto e che non esca da lì, «È a casa sua.» dico, «Perché?» chiedo.
Greg mi fissa, probabilmente cercando di capire se stia dicendo la verità o meno, «La colazione è pronta.» risponde, fa un passo oltre la soglia e gira la testa verso la porta del bagno, «Ryan, hai sentito?» esclama, «Se non sei giù fra due minuti non mangi.» aggiunge.
Oh, merda.
«Ma lui non è qui.» dico e spingo mio fratello fuori dalla mia stanza e chiudo la porta, «Adesso lo vado a chiamare.»
«Guarda che non me la fai.» esclama Greg e si dirige verso le scale, «Sono più grande di te e ho più esperienza...»
Butto lì un “Sì” o un “Hai ragione” mentre mio fratello blatera, quando inizia a scendere le scale torno nella mia stanza e vado nel bagno.
«Come ha fatto?» pigola Ryan, «Appena l'ho sentito ho smesso di fare qualsiasi cosa.» dice.
Alzo le spalle, «Probabilmente avrà voluto provarci.» dico, «Hai fatto?» chiedo e lui annuisce, «Andiamo che ho fame.»
Usciamo dal bagno, dalla mia stanza, scendiamo le scale esterne e rientriamo dal soggiorno.
«Perché vedi, Lindsay, io sono più grande e certe cose le so. Puoi farla sotto al naso a mamma e papà, ma non a me. Non pensare di fregarmi in questa maniera un'altra volta, okay?»
Mio fratello smette di blaterare, sospira e rimane fermo ai piedi della scala, «Hai capito?» chiede.
Brenda esce dal bagno con in braccio Cam, «Con chi parli?» gli chiede.
«Con Lindsay.» risponde lui e si gira, apre la bocca quando non mi vede, «Ma... dov'è?» borbotta.
«Sono qui.» esclamo trattenendo una risata, «Parlavi solo te, così sono andata a chiamare Ryan, che era nella dependance, e siamo entrati dalla porta finestra.» dico. Bhe, almeno un qualcosa di vero c'è!
Greg sbuffa e mi guarda, «E io ho parlato da solo come un cretino?» sbotta.
«Non è colpa mia se non te ne sei accorto.» dico e mi dirigo verso la cucina.
«Speriamo che ci creda.» sussurra Ryan mentre ci sediamo.
«Ma sì.» rispondo a bassa voce e mi siedo.
«Comunque lo so che ha dormito da te.» borbotta mio fratello versandosi del caffè in una tazza, «L'ho sentito entrare! Io ho il sonno leggero.»
Rido, «Sonno leggero? Tu?» dico, «Ma se russi appena ti sdrai!» esclamo, «Avevo la porta socchiusa e ti ho sentito.»
Mio fratello avvampa mentre Cam cerca di infilarsi in bocca un'intera fetta di pane tostato, «Ma l'ho sentito.» dice.
«Oh, su, piantala.» ride mamma, «Come se tu non avessi mai fatto una cosa del genere.» dice, «E comunque Lindsay è grande.»
Io sorrido e ringrazio mamma per il piatto con il bacon, prendo un paio di fette di pane e aspetto che Ryan mi riempia il bicchiere con il succo d'arancia.
«Ah, Greg, ti ricordi quella volta che mi hai fatto da baby-sitter?» chiedo, «Sai quella volta che per poco non mi sono tagliata un dito perché tu eri troppo impegnato a sbaciucchiare la tizia con cui stavi invece di badare a me?»
Greg smette di mangiare e mi fissa, «Quando finirai di tirare fuori questa storia?» chiede.
«Quando tu smetterai di fare l'isterico.» sorrido e mio fratello sbuffa, borbotta un “okay” poco convito e beve il suo caffè.
«Quando è successo?» chiede Ryan.
«Quando avevo undici anni.» rispondo, «Lui,» indico mio fratello «ne aveva sedici ed era un pessimo baby-sitter.» sorrido.
Ryan ride, «Oh, poverina.» mi dice, «Almeno la tizia era bella?» domanda a Greg che rimane qualche secondo a osservarlo, perplesso.
«Sì.» risponde Greg dopo aver bevuto un sorso di caffè, «Era carina.» dice, «Era una cheerleader.»
«Le cheerleader sono le migliori.» esclama Ryan e io sto per insultarlo quando mi accorgo che è un complimento visto che ero anche io una cheerleader.

***

La giornata passa tranquilla, fra una corsa dietro a Cam che vuole arrampicarsi ovunque, e fra una visita e l'altra di mio fratello nella mia stanza, per accertarsi che stia bene e che non mi serva nulla.
Pensa che sia scema? Ho capito che lo fa solo per disturbare me e Ryan. E comunque se Greg pensa che mi metta a farlo con tutti i miei familiari svegli è veramente scemo.
«Pensi che entrerà un'altra volta?» domanda Ryan dopo l'ennesima visita di Greg
«Ah, non ne ho idea.» rispondo, «Se lo farà spero sia solo per dirci che la cena è pronta.» sorrido e lo bacio sulle labbra.
«Uh, speriamo di sì.» mormora lui abbracciandomi e attirandomi contro il suo corpo, «Anche perché dovrebbe essersi stancato nel fare le scale...» continua e mi bacia sotto l'orecchio.
«Lo spero.» borbotto sistemandomi meglio contro di lui, poso la testa sul suo torace e lascio che giochi con i miei capelli.
«Ma i regali?» chiede Ryan dopo qualche minuto, «Sotto l'albero non c'è nulla...»
«Li mettiamo dopo che Cam è andato a letto.» rispondo, «Altrimenti li apre subito.» dico, «Domani mattina sarà un vero delirio.» borbotto mi alzo un pochino e lo fisso, «Perché, mi hai comprato il regalo?» chiedo.
Ryan arrossisce appena e distoglie lo sguardo, «Bhe... sì.» risponde, «Tu?»
Sorrido e mi rimetto come prima, «Certo.» rispondo, «Mi pare ovvio.»
Rimaniamo in silenzio per e un po' e intanto penso ai regali chiusi nella cabina armadio: sono un bel po' e dovrò fare almeno un paio di viaggi per portarli giù tutti quanti.
E sperare che Greg non s'incazzi per tutti i regali che ho preso a Cam. Mi sono fatta prendere la mano e forse ho esagerato...
«Comunque potevi dirmi che hai la vasca idromassaggio.» esclama Ryan accarezzandomi il braccio.
«Non è importante.» replico.
Lui mi sfiora la spalla, «Ma io non ce l'ho.» borbotta con un finto broncio.
«E dillo ai miei.» rido, «Io che centro?»
Ryan sorride e mi sfiora le labbra con due dita, «Tu c'entri che me la devi far provare.»
Rido, «Bhe... vai.» esclamo.
«Ma io volevo farlo con te.» mormora al mio orecchio, «Noi due, qualche candela, soffice schiuma profumata...»
«E Greg che bussa all'impazzata.» rido e lo bacio.
Ryan sbuffa, «Sei una guastafeste.» borbotta, «E io che volevo fare il romantico...»
Mi stringo a lui e gli bacio il collo, «Lo so.» soffio contro il suo collo, «Basta aspettare.» dico e rimaniamo in silenzio per qualche minuto.
«Allora... che regalo mi hai preso?»
Guardo Ryan, «Non te lo dico.» rispondo.
«E dai!» esclama, «Voglio saperlo!» borbotta.
«Aspetti domani mattina.» esclamo e alzo la testa per osservarlo, «Come tutti.» sorrido.
Lui fa un piccolo broncio, «Sono curioso.» dice, «Dai, dimmelo.» esclama, «Per favore!»
«Fai i capricci peggio di Cam.» rido e lo bacio sulle labbra, «Aspetti domani mattina.» dico.
Lui sbuffa, «Ma uffa.» borbotta, «Sono curioso.» ripete.
«Tieniti la curiosità.» rido.
Ryan fa una smorfia, «Sei cattiva.» dice.
«E tu fai il bambino.»
«Sono curioso!»
«Aspetti.»
«Cattiva.»
«Ti amo.» mormoro.
Ryan sorride, «Anche io.» sussurra prima di baciarmi e, quando infila le mani sotto al mio maglioncino, qualcuno bussa alla porta.
Sospiro e mi scosto da Ryan, «Che c'è?» chiedo a voce alta.
«Dieci minuti e la cena è pronta.» risponde Brenda.
«Arriviamo.» dico e guardo Ryan, lo bacio velocemente sulle labbra e mi alzo dal letto.
«E che palle.» borbotta lui mettendosi seduto.
«Almeno non era Greg» ribatto infilandomi un paio di ballerine nere.
Ryan sbuffa, «Già.» dice, «Sembra un cane da guardia!»
«Gli passerà.» esclamo e vado a lavarmi le mani.
Esco dal bagno e trovo Ryan davanti alla cabina armadio che è aperta, «Che fai?»
Ryan si allontana di scatto e mi fissa, «Io... niente.» dice e mente.
«Stavi cercando i regali!» rido e chiudo la porta, «Sei un bambino cattivo.» lo prendo in giro.»
Lui ficca le mani nelle tasche e mi guarda, «Non cercavo i regali.» dice, «Proprio no.» borbotta, «E comunque non ci sono.»
Rido, «Oh, sì, ci sono.» dico, «Sono nascosti.» sorrido.
Ryan mi fissa, «Non li ho visti.» mugugna, «Dove sono?» borbotta e poi entra in bagno.
Dove sono i regali? Bhe, evidentemente ha guardato solo sugli scaffali e non ha aperto le antine...
Quando entriamo nella sala da pranzo troviamo mio fratello e Cam, seduti ai solito posti. Il mio nipotino agita le sue posate di plastica, le fa sbattere l'una contro l'altra e le picchia sul ripiano del seggiolone, «Zia!» trilla quando mi vede e io gli bacio la testa prima di sedermi.
Mio fratello ci fissa, anzi, guarda solo Ryan che evita di fissarlo, neppure per sbaglio.
Ryan, il macho della situazione, è messo in soggezione da mio fratello! Questa sarà una cosa divertente da raccontare agli altri! Soprattutto a Svetlana che conosce Greg.
«Stai bene?» domanda mio fratello fissando Greg, «Sembri pallido...»
Ryan deglutisce, fissa la tavola apparecchiata e poi Greg, «Sì.» risponde, «Tutto okay.»
Io mi limito a sospirare e alzare gli occhi al cielo, mi chiedo quando Greg la pianterà di fare il fratello protettivo visto che non lo ha mai fatto. Insomma, quando il padre di Svetlana ha saputo che sono stata tradita ha detto che poteva andare da lui e mettergli paura, mentre Greg si è limitato a un “Mi dispiace”, quindi non vedo perché debba iniziare proprio adesso!
Finalmente arrivano i miei e Brenda con la cena così possiamo iniziare a mangiare e forse 'sta cosa finirà.
Forse.

«No!» esclama Cam e corre verso l'albero di Natale. «Qui!» dice e sbatte i piedini.
«Andiamo.» dice Brenda, «È ora della nanna.»
Cam arriccia le labbra, «No!» grida e cerca di prendere una pallina dall'albero e ci riesce, staccando una sfera rossa e oro. Con il suo bottino stretto al petto inizia a correre per il salotto, mentre mio fratello gli dice di fermarsi senza però alzare il culo dal divano. I miei genitori ridono e dicono che Cam è proprio carino.
Non è carino, è una peste sovreccitata!
Brenda passa alle maniere forti visto che le richieste, i per favore e le urla non servono a nulla: afferra il bambino, gli prende la palla e la posa sul ripiano più vicino. «Adesso andiamo a nanna.» esclama.
«No!» strilla il mio nipotino, «Io qui!» esclama agitando i piedi e scoppia a piangere, «Mamma.» piagnucola ma Brenda non si fa incantare e lo porta di sopra.
«È una vera peste.» sospira Greg.
«Bhe, se qualcuno rimane con il culo incollato al divano...» esclamo, Greg sbuffa e incrocia le braccia al petto.
«Lo sai che se ci mettiamo a inseguirlo tutti quanti lui pensa che sia un gioco e si agita ancora di più.» dice.
Io alzo gli occhi al cielo e guardo Ryan, che ha il viso rivolto verso l'alto. «Cam starà bene.» mormoro, «È solo agitato dai troppi dolcetti.» dico prendo la mia tazza di cioccolata calda, ormai è tiepida, e ne bevo metà.
Ryan mi sorride, «Lo so.» dice, «È che strilla come un aquilotto... da dove la tira fuori tutta quella voce?»
«Non è sempre così.» interviene Greg, «Di solito è calmo...»
A me non sembra, però lo vedo talmente poco...
«Ah, okay.» commenta Ryan e mi sfiora la mano, io lo guardo, gli sorrido e sento Greg che si schiarisce la voce.
Rompiscatole!
In ogni caso dopo una mezz'ora Brenda scende, «Dorme.» annuncia, così possiamo iniziare a sistemare i regali sotto l'albero.
Così mi alzo e vado al piano di sopra e Ryan mi segue. «Che fai?» gli chiedo quando si siede sul letto.
«Aspetto il mio regalo.» risponde con un sorriso.
«Tanto lo apri domani mattina.» gli dico aprendo la cabina armadio, apro la prima anta a sinistra e prendo la prima borsa con i regali, «Tu non vai a prendere il mio regalo?» gli chiedo.
Lui ride, «Il mio regalo è dentro lì, vero?» chiede indicando la borsa ai miei piedi.
«No.» mento, lui non può vedermi perché gli do le spalle, prendo un'altra borsa, più grossa dell'altra e un paio di grosse scatole.
Greg mi ucciderà, lo so.
«Ma sei ancora qui?» rido, «Ryan... non vai a prendere il mio regalo?» chiedo.
Lui ride, «Uffa, sei cattiva.» dice, «Okay, vado.» esclama, si alza in piedi, mi bacia la fronte ed esce dalla porta finestra.
Per prima cosa porto giù la borsa più piccola e una delle scatole e spero di non ammazzarmi scendendo le scale.
«Non saranno tutti per Cameron, vero?» domanda Greg.
«No.» rispondo sistemando la scatola sotto l'albero, «Ci sono anche i vostri.» dico.
Greg sospira, scuote la testa, «Speriamo.» borbotta.
Presto lo spazio sotto all'albero si riempe di regali e io torno di sopra mentre Ryan rientra nella mia stanza con una borsa di stoffa in una mano e un grosso regalo incartato nell'altra. «È per me?» chiedo indicando il pacco nella sua mano sinistra.
«No.» esclama lui e io faccio una smorfia mentre prendo il resto della roba, «Aspetti domani mattina.» mi prende in giro.
«Cattivo.» borbotto cercando di non far cadere nulla.
«Sei curiosa.» ride lui.
Io lo ignoro ed esco dalla stanza, «Potresti darmi una mano.» esclamo quando arrivo alle scale, «Maleducato.» borbotto.
Ryan ride, «Basta che chiedi.» dice, mi porge la borsetta e prende la scatola.
«Ah, grazie.» borbotto e inizio a scendere le scale. Ma quanta roba ho comprato? Pesa un casino.
Quando siamo in salotto ignoro i borbottii di mio fratello e noto che i regali si sono moltiplicati. Afferro la mia scatola e do a Ryan la borsa. «Lì c'è il mio regalo, vero?» chiedo indicando il sacchetto che Ryan si ostina a non voler posare, «Ho indovinato!» esclamo, «Dai, dimmi cos'è!»
Lui scuote la testa e sistema i regali sotto all'albero, «No, Lindsay.» dice, «Non fare la curiosa e aspetta domani.» ride.
«Uffa.» borbotto, «Cattivo.»
«Lindsay, non fare i capricci,» dice Greg «mi basta Cam.»
Io sbuffo e sistemo i regali, cercando di avvicinarmi al mio regalo ma Ryan lo spinge sotto l'albero, «Non fare i capricci.» mormora al mio orecchio.
Io sorrido mentre Greg sbuffa.
Finiamo di sistemare i regali e beviamo un'altra cioccolata, ci salutiamo e ognuno va nella propria stanza, tranne Ryan che rimane nella mia stanza.
Sbadigliando apro la porta del bagno, entro e fisso la vasca, torno indietro e guardo Ryan seduto sul mio letto che si sta togliendo le scarpe. «Che ne diresti di farci un bagno?» domando.
Lui mi fissa, la bocca aperta, «Eh?»
Ridacchio e controllo che la porta della mia stanza sia chiusa, «Vasca idromassaggio.» gli dico, «Niente candele, però.» sorrido.
Le labbra di Ryan si piegano in un sorriso, «Uh, mi piacerebbe.» dice levandosi la maglietta verde a maniche lunghe.
Ritorno in bagno e inizio a riempire la vasca, verso un po' di bagno schiuma e poi mi accorgo che la vescica mi sta scoppiando, chiudo la porta e mi tolgo i pantaloni.
Cinque minuti dopo vado a vedere dov'è Ryan. Nella mia stanza non c'è, la porta finestra è aperta e riesco a vedere Ryan che traffica in camera sua.
«Che fai?» chiedo.
«Sono andato a prendere il cambio.» risponde lui, «E a lavarmi i denti.» dice.
I denti? Oops.
Fuggo in bagno e li lavo velocemente.
Ryan ride entrando nella stanza, «Sei schizzata via.» dice.
Io mi sciacquo la bocca, sputo nel lavandino e do una pulita, «Me ne ero dimenticata.» borbotto asciugandomi il viso. Sistemo l'asciugamani e, quando mi volto, per poco non vado a sbattere contro Ryan, «Volevi farmi cadere?» domando alzando il viso e guardandolo.
Lui mi sorride, un sorriso dolce che mi fa sorride a mia volta. «Forse sì, forse no.» risponde.
«Stupido.» borbotto e faccio per allontanarmi ma Ryan mi abbraccia e mi bacia i capelli, «Devo controllare l'acqua.» mormoro e lui mi lascia andare. Afferro una pinza per capelli e li sistemo sopra la testa mentre mi avvicino alla vasca, «È pronta.» dico voltandomi verso Ryan... completamente nudo. Distolgo lo sguardo e fisso la schiuma.
«Sei diventata rossa!» esclama lui, «Linds...» ride.
«Shh!» dico, «Non attirare l'attenzione.» borbotto e mi spoglio, rimanendo in biancheria intima, ancora seduta sul bordo della vasca.
Ryan si avvicina e mi posa una mano sulle spalle. Ma come fa? Dio, è completamente nudo e si comporta come se non lo fosse! «Tocca a te.» dice, poi la sua mano scende sulla mia schiena, arriva alla spallina del reggiseno e lo slaccia. Con una sola mano. Getta l'indumento verso la cesta dei panni sporchi e fa centro.
«Uhm, sì.» borbotto e mi alzo in piedi, tolgo anche l'ultima cosa che mi copre e la butto per terra.
Ryan ride ancora, «Sei adorabile quando sei in imbarazzo.» soffia nel mio orecchio ed entra nella vasca, mi porge la mano e mi aiuta a scavalcare.
«Grazie.» sorrido e mi siedo, le gambe rannicchiate. Ryan è seduto comodamente, con le gambe piegate e le braccia sulle ginocchia e mi fissa, la testa piegata di lato mentre imposto il programma “Relax”.
«Non stai scomoda?» mi chiede e indica le mie ginocchia piegate.
«Un po'.» rispondo e con attenzione mi sposto fra le sue gambe, stando attenta a non schiacciargli parti vitali. Sospiro e reclino la testa, posandola sulla sua spalla sinistra.
«Così va meglio.» mormora al mio orecchio, mi abbraccia e posa le mani sulla mia pancia. Io sorrido e sto per posare le mani sulle sue ginocchia ma lui allunga le gambe, «Fregata.» soffia contro il mio collo prima di baciarlo.
«Cattivo.» borbotto.
Lui ride e mi bacia ancora, sfiorandomi con le dita la pelle attorno all'ombelico, chiudo gli occhi e mi rilasso. Questo sì che è una cosa piacevole e rilassante, dopo le settimane passate. «Dovresti farti la barba.» mormoro aprendo gli occhi, «Graffia.»
«No.» dice lui, «E poi non mi sembrava che ieri sera di desse fastidio mentre stavo con la faccia fra...»
Lo zittisco posandogli due dita sulle labbra, «Sì, sì, ho capito.» borbotto.
«Fra le tue cosce.» ride Ryan nel mio orecchio e sfiora il lobo con le labbra, «Sei diventata rossa.» dice.
Io sbuffo e chiudo gli occhi, godendomi le sue coccole, dopo una manciata di minuti apro gli occhi e fisso la mensolina di vetro a una trentina di centimetri da me. Sopra ci sono alcuni bagnoschiuma, palle da bagno — di quelle che fanno un sacco di schiuma — chiuse nella loro scatola semi trasparente, uno shampoo e la spugna. Allungo il braccio e prendo quest'ultima e anche un bagnoschiuma. Immergo la spugna nell'acqua e la strizzo, sentendo lo sguardo di Ryan su di me. Metto qualche goccia di bagnoschiuma su ogni lato della spugna — quello morbido è bianco, quello ruvido è azzurro — e la ributto nell'acqua. La strizzo di nuovo e mi giro verso Ryan, gli passo la spugna.
«Che dovrei farci?» chiede.
Sorrido, «Lavarmi la schiena.» rispondo, «Mi pare ovvio.» aggiungo e mi metto in ginocchio, sento Ryan sbuffare per poi ridere, borbottare un “Okay.” e poi inizia a lavarmi la schiena, facendo movimenti circolari. Oh, sì. Adesso si ragiona.
«Uhm... ti piace.» mormora Ryan quando gemo, «Sembri una gattina che fa le fusa.»
«È piacevole.» sussurro, «Molto.» dico e sospiro quando Ryan finisce. Torno al mio posto, soddisfatta e rilassata. «Grazie.» dico baciandolo sotto la linea della mandibola.
«E io?» dice lui, la spugna ancora in mano, «Anche la mia schiena ne ha bisogno.»
Ridacchio e mi sposto, gli prendo la spugna, «Dai, girati.» dico, «Piano, non far uscire l'acqua.»
Lui annuisce e si volta, piano; si mette in ginocchio. I miei occhi sono fissi sulle sue scapole. Bagno la spugna e inizio a lavarlo. «Un po' più forte.» esclama, «Non sono delicato come te, Linds.»
Ah, sì? Giro la spugna e inizio a sfregare con la parte ruvida, «Adesso?» chiedo.
«Adesso esageri.» borbotta, «Ahi! Mi stai scorticando!» si lamenta.
Gli bacio la schiena e volto la spugna, «Tu hai chiesto un po' più forte.» gli ricordo e passo con delicatezza la spugna.
«Così va meglio.» dice, «Scommetto che mi hai graffiato.» dice.
Gli guardo la schiena, «Nah.» esclamo, «Non hai neppure un graffietto.»
«Sarà meglio.» borbotta e lo sento rilassarsi ancora di più. Dopo qualche minuto si gira e mi guarda, mi prende la spugna e la lascia cadere in acqua.
Lo guardo e fisso la cicatrice, la sfioro con un dito e sorrido a Ryan prima di baciarlo. Lui scivola al suo posto e scommetto che dell'acqua è uscita. Mi sistemo fra le sue gambe, in ginocchio e non smetto di baciarlo.
Ryan mi bacia il collo, sfiorandomi la schiena scendendo sempre più in basso. Potrei dirgli che non è il caso di farlo qui dentro, potrei anche dirgli che non l'ho mai fatto in questa vasca idromassaggio ma appena lui mi sfiora i fianchi, per poi salire sul seno... bhe, è già tanto se so da che parte sono girata.

«Auguri.»
Per poco non urlo e mi giro mentre infilo la maglia del pigiama, «Cazzo, Ryan.» ansimo, «Mi hai fatto venire un colpo.» dico, «Ma ti pare il modo?»
Lui ride, «È mezzanotte e venti, quindi è Natale.» replica sedendosi sul mio letto.
«Ah.» faccio, «Auguri.» dico, «Ma mi hai spaventato.» borbotto sedendomi, lui mi abbraccia e mi bacia la testa.
«Scusa.» mormora e sbadiglia, «Pensavo che mi avessi sentito.» dice.
«No.» ammetto e sbadiglio, mi accoccolo contro di lui e chiudo gli occhi.
«Dormiamo.» sussurra Ryan scostando le coperte, «O facciamo altro, se non sei stanca.» aggiunge guardandomi e sollevando il sopracciglio destro, «No, Linds.» aggiunge prendendomi la mano con la quale lo volevo pizzicare, «I pizzicotti no.»
Io non replico e mi infilo sotto le coperte. Dio, quanto vorrei raccontare tutto a Svetlana! Per fortuna che arriva fra due giorni.
Ryan scivola accanto a me, sistema le coperte sopra io nostri corpi e mi bacia la fronte prima di prendermi per mano. Mi sistemo contro di lui e chiudo gli occhi, stanca, rilassata e soddisfatta.
«Buona notte.» mormora Ryan.
«'notte.» biascico.

*-*-*

Perché devo svegliarmi alle quattro del mattino? Avrò dormito tre ore scarse! Forse perché Lindsay sta occupando buona parte del letto, visto che dorme praticamente in diagonale, lasciandomi un minuscolo spazio.
Mi alzo, anche perché devo andare al cesso. Mentre mi lavo le mani fisso lo specchio e la vasca che vi si riflette. Non credevo che Linds prendesse sul serio quello che le avevo detto sull'idromassaggio, non pensavo che fosse lei a proporlo dopo quello che mi aveva detto. E così in fretta.
E non pensavo neppure che avremmo fatto l'amore lì dentro. Anzi, ero convinto che Linds non lo avesse mai fatto in un idromassaggio!
Appena esco dal bagno sento dei rumori fuori dalla porta della camera, come dei piccoli urletti, delle parole che non capisco. Apro piano la porta e un esserino alto una novantina di centimetri mi travolge.
«Zia! Regali!» trilla Cameron avvicinandosi al letto.
«Non svegliarla.» dico prendendolo in braccio, «È presto.» continuo ed esco dalla camera.
«Regali! Regali! Regali!» continua a ripetere il piccolo e, quando siamo vicino alle scale si contorce, «Giù.» dice e inizia a scalciare, colpendomi.
«È presto.» ripeto, «Dormono tutti.»
Lui mi fissa mentre avanziamo nella semi oscurità, «Regali.» dice, «Miei.» mormora e spero che non scoppi a piangere.
Una volta davanti alla stanza di Greg e Brenda noto la porta semi aperta e mi chiedo cosa devo fare. Spingerci dentro Cam, chiudere la porta e tornare da Lindsay?
Oppure far capire che sono qui e sperare che non si svegli Greg? Certe volte mi fa paura, sembra che non voglia che io tocchi o sfiori solamente Lindsay. Se sapesse...
«E tu?»
Fisso Brenda e sospiro di sollievo. «Vuole i regali.» mormoro.
Brenda prende il bambino dalle mie braccia, «Birbantello.» dice e gli bacia la testa mentre lui continua a ripetere “Regali!”, «Ti ha svegliato?» chiede, «Greg dovrebbe saperlo che non deve lasciare la porta socchiusa, altrimenti Cam scappa.»
«No.» rispondo, «Ero già sveglio.» dico, «Ehm... io vado.» borbotto. Brenda mi ringrazia e io torno da Lindsay.
«Che ore sono?» biascica lei mentre m'infilo sotto le coperte. Ha cambiato posizione: adesso è tutta rannicchiata su se stessa.
«Le quattro e qualcosa.» rispondo, le bacio la tempia, «Dormi.»
«Okay.» mormora lei e il l'abbraccio, godendomi il calore del suo corpo contro il mio, i capelli che mi sfiorano il viso e il suo profumo.
E mentre la stringo ancora di più a me, mentre premo il mio torace contro la sua schiena mi rendo conto che questo è e sarà il Natale più bello della mia vita.
Perché ho Lindsay e il resto non conta.

***

Rientro in camera di Lindsay, passando ovviamente per la porta finestra, «Sono in bagno!» esclama lei.
«Va bene.» dico e mi siedo sul letto, fissando lo schermo del cellulare e la marea di notifiche di Twitter. È da almeno tre giorni che non entro.
“Buon Natale!” scrivo e allego la foto di un minuscolo alberello che mi ha dato la mamma di Lindsay all'inizio del mese: è alto una cinquantina di centimetri, il vaso è oro e rosso, un nastro argento lo decora. L'abete — finto, ovviamente — e ricoperto di lucine e palline oro, rosso e argento. Prima, mentre ero da me per lavarmi i denti e controllare che fosse tutto okay, mi sono scattato una foto davanti al piccolo Albero di Natale.
Invio il tutto e resto in attesa.
«Hai inviato la foto?» chiedo a Lindsay quando esce dal bagno, bellissima nel suo vestito verde scuro, le gambe messe in risalto dalle calze di un tono più scuro del colore del vestito. Lei mi fissa, come se non sapesse di cosa sto parlando. «La foto, quella che abbiamo fatto con gli altri, l'ultima volta che siamo andati alla casa discografica...» le ricordo.
«Ah, quella dove avete io cappellini di Babbo Natale in testa e sembrate cinque scemi?» chiede, «Lo faccio adesso.» dice ma, prima che possa fare qualcosa, la porta della stanza si spalanca e Cam entra dentro. Tutto nudo.
«Regali!» trilla saltellando, «Zia!» prende per mano Lindsay, «Giù.»
«Prima devi vestirti.» dice lei e lo prende per mano, «Non si va in giro nudi.»
«No!» strilla Cameron, «Voglio i regali!» dice e sfugge dalla presa di Linds e corre fuori dalla stanza.
Lascio il telefono sul letto e lo inseguo insieme a Lindsay. Il bambino se ne sta aggrappato al cancelletto delle scale e continua a gridare che vuole i regali.
«Vai a chiamare Brenda.» ordina Lindsay e io lo faccio mentre lei cerca di staccare il bambino dalle sbarre, il che è molto complicato, perché appena stacca una manina lui stringe di nuovo la sbarra.
Brenda esce dal bagno, la faccia e le spalle della maglia che indossa completamente zuppe d'acqua. «Che è successo?» chiedo.
«Mio figlio è posseduto.» risponde lei alzando gli occhi al cielo e torniamo da Lindsay.
«Su, ecco.» sta dicendo, «Adesso dammi anche l'altra mano...»
Cam le dà sì la mano, però in faccia, sul naso, «No! Regali!» torna a strillare aggrappandosi al cancelletto.
Linds, sorpresa, si porta le mani sul viso e si copre il naso, «Mi hai fatto male.» pigola, «Cattivo.» borbotta ma Cam non l'ascolta e urla quando Brenda lo afferra.
«Fammi vedere.» dico a Lindsay inginocchiandomi accanto, lei toglie le mani dal naso, «Non è niente.» sorrido.
«Mi verrà il livido, lo so.» geme.
«Che succede?» chiede Greg, salendo le scale.
«Succede che tuo figlio è non vuole saperne di vestirsi e che ha colpito Linds in faccia.» risponde Brenda cercando di staccare le mani di Cam dalle sbarre.
Greg ci guarda, uno alla volta e, quando posa lo sguardo su me e Lindsay, sospira, «Hai bisogno di una mano?» chiede.
«Secondo te?» borbotta Brenda e riesce a prendere in braccio Cameron.
Ci spostiamo da lì e Greg, apre il cancelletto, lo richiude e si allontana con la moglie e il figlio, che adesso piange. 
«Cavolo, mi ha preso in pieno.» si lamenta Linds mentre torniamo nella sua stanza.
«Non è nulla.» dico, «È solo la botta.»
Lei mi lancia un'occhiataccia, «Mi verrà un livido.» replica sedendosi sul letto, «Come le spiego?»
«Dì la verità.» scrollo le spalle.
«Mio nipote che è alto novanta centimetri mi ha dato un ceffone perché non voleva vestirsi?» replica.
Io sorrido e l'abbraccio, «Ti crederanno.» dico, «I bambini sono imprevedibili.» continuo. Lei sbuffa ma smette di lamentarsi mentre le bacio i capelli. «Sei bellissima.» mormoro baciandole la testa.
Lei sorride, «Davvero?» chiede, «Grazie.»
Sto per baciarla quando sua madre esclama che la colazione è pronta.
«Scendiamo.» dice e prende il cellulare.
«Invii la foto?» chiedo e lei annuisce. Scendiamo le scale ed entriamo nella sala da pranzo, tutta addobbata, con piatti di pancakes, waffle e brioches distribuite sul tavolo, insieme a caraffe di succo di frutta, caffè e latte.
Poco dopo arrivano anche gli altri, Brenda si è cambiata, Cameron è vestito e sembra si sia calmato, anche se il faccino è ancora rosso.
Finalmente possiamo iniziare a fare colazione e... cavolo, questi waffles sono una cosa paradisiaca. Dopo chiedo la ricetta alla signora Mars. Anche se sono quasi nove mesi che vivo qui, anche se do del “tu” ai genitori di Lindsay non riesco a chiamarli per nome.
Proprio non mi riesce.
In ogni caso la colazione procede benissimo, anche se Cam continua a strillare che vuole i regali e la maggior parte del cibo che ha preso è sparso sulla sua faccia e sul bavaglino invece di essere nel suo stomaco. Quando finiamo, Greg toglie il bambino dal seggiolone e lo posa per terra quello sgambetta via, correndo verso il salotto, ridendo.
Noi lo seguiamo e lo fissiamo mentre passa da un regalo all'altro, tutto eccitato.
Non so come, ma mi intenerisco. Forse è perché non mi ricordo di essere mai stato così felice in un giorno come questo, dove tutti sono felici, allegri e sorridenti.

Cam afferra un pacchetto blu e lo stringe al petto, «Mio!» esclama, il faccino ancora sporco di waffles e cioccolato.
Io mi siedo accanto a lui, sotto all'albero, «Fammi vedere.» dico e riesco a prendere il pacchetto. È per papà, da parte di Greg. «Dallo al nonno.» dico e porgo il pacchetto al bambino che sorride e si allontana.
«Tuo.» dice a mio padre, posandogli il regalo sulle ginocchia, torna verso di me, e si fionda sulla scatola più grande di tutte. Uno dei miei regali.
Strappa la carta e strilla di pura gioia quando vede l'immagine sulla scatola di cartone. «Treno.» dice, «Mio!» si aggrappa alla scatola, felice.
«Lindsay... non dirmi che è il trenino di legno.» esclama Greg.
Io non lo guardo mentre rispondo: «È il trenino.»
Greg inspira, «E non dirmi che è quello da cinquanta pezzi.» sbotta.
Mi fisso le unghie, come glielo dico che sono un pochino di più? Che è cinque volte tanto? «È da duecentocinquanta.» borbotto.
«Duecent...» geme mio fratello, «Oh, Linds.» dice, «Riempirà la casa di pezzi di legno!» si lamenta.
Io guardo mio nipote, che saltella su posto, le manine posate sulla scatola. È felice, il suo corpo è attraversato da scariche di pura e semplice felicità. «Ma guardalo.» dico, «Guarda com'è felice!» sorrido.
Greg fa una smorfia, poi le sue labbra si piegano in un sorriso, «Hai ragione.» ammette, «Però il supplemento per i bagagli lo paghi te.»
Io mi limito ad annuire, mi aspettavo una cosa del genere. L'ora successiva è fatta di regali scartati, di Cam che li distribuisce, dei suoi urletti di gioia — urletti che superano il limite dei decibel consentiti, ne sono sicura — fino a quando sotto l'albero non rimangono due regali: il mio e quello di Ryan. Afferro la scatola e la do a Cam, «Dalla a Ryan.» sorrido e il bambino sgambetta verso di lui, «Tieni.» dice e quasi gliela lancia.
Ryan sorride e prende la scatola, scartandola piano e spalanca gli occhi quando si accorge di cosa si tratta. È una radio sveglia a forma di chitarra, sulla cui cassa, nel punto più largo, c'è il display LCD. 
«Legge anche gli mp3.» dico, come se lui non potesse leggerlo sulla scatola.
«È bellissima.» mormora Ryan rigirando la scatola fra le mani. Lo so che si sta chiedendo se l'abbia comprata nello stesso negozio dove abbiamo preso il regalo per Jake. E la risposta è una sola: sì.
«Cam, prendi quello.» dico al mio nipotino indicando l'ultimo pacco rimasto. Il bambino striscia sotto l'albero, il sederino all'aria e ritorna da me.
«Tieni.» dice e quasi mi sbatte in faccia il pacchetto. Speriamo che non ci sia nulla di fragile, qua dentro.
Tocco la carta lucida e sento qualcosa di morbido ma non troppo, quindi non è un vestito, tocco quelli che mi sembrano manici e sorrido: è una borsa! La tiro fuori e la sollevo, osservandola. È verde chiaro, grande e semplice. La apro e strillo quando vedo il portafogli e la pochette coordinate. Poi fisso ancora dentro la borsa, guardando il pacchetto blu e dall'adesivo riconosco la gioielleria del centro commerciale. Mi blocco e inspiro, infilo portafogli e pochette nella borsa e la chiudo.
«Grazie.» dico a Ryan e gli bacio le guance, «Lo apro dopo.» gli sussurro.
«Di niente.» dice lui, «Sono felice che ti piaccia.» mi sorride, un sorriso così bello, così luminoso... vorrei baciarlo ma mi trattengo, anche perché Cam mi sta tirando la gonna, e urla che vuole giocare con il trenino.
Mamma dice che prima bisogna sistemare e Cam inizia a dare una mano: raccoglie tutti i fiocchi, i nastri, le coccarde, le sparge sul tavolino davanti al divano e annuncia che sono suoi.
Così prendo in mano tutti i regali e, insieme a Ryan, torno nella mia stanza; mentre chiudo la porta sento Greg dire a Cam di aspettare un attimo, che “La zia torna giù subito”.
Lascio i regali sul letto e mi siedo, prendo la borsa di Ryan e la apro, prendo la scatoletta della gioielleria e la scarto, trattengo il fiato mentre alzo il coperchio. È bellissimo.
Un bracciale in argento, con la chiusura a fiore e diversi charms. «È stupendo.» mormoro.
«Ti piace?» domanda Ryan e mi accorgo che lo sta chiedendo sul serio.
Sorrido e lo abbraccio, lasciando la scatoletta in grembo, «Sì.» dico, «È stupendo.» gli bacio una guancia, «Grazie.» aggiungo. Sto per prenderlo quando mi viene in mente una cosa. «Adesso non posso metterlo,» gemo «altrimenti Cam mi strappa tutti i charms.»
«Non importa.» dice Ryan sfiorandomi la schiena, «Lo metti un'altra volta.» esclama, «Magari dopo domani.» dice e io annuisco.
Certo, è una buona idea. Solo come glielo spiego a Svetlana che Ryan mi ha regalato un bracciale senza far trapelare nulla?
Quella è un segugio!
«Vado di là.» dice Ryan e mi bacia una guancia. Io annuisco e mi alzo, inizio a sistemare il casino che c'è sul mio letto.

Sono seduta a gambe incrociate sul tappeto e sto cercando di costruire il percorso del trenino, quello più piccolo, secondo quanto dice il libretto distruzioni. Non è una roba complicata, bisogna solo incastrare i pezzi, solo che con un bambino di due anni e qualche mese che si diverte a scombinare tutto non è proprio semplice. Io metto un pezzo di rotaia, ne prendo un altro e Cam ha scombinato il tutto.
Dopo quella che mi pare un'eternità, in cui nessuno si è degnato di aiutarmi, o chiedere se avessi bisogno di una mano, finalmente compongo la pista. È semplice, a forma di “otto” e, dove binari si incrociano, c'è un ponte, dove sotto passa l'altro binario. Prendo la locomotiva, ci aggancio un paio di vagoni e inizio a spingerla. «Devi fare così.» dico a Cam, «Hai capito?» chiedo mentre spingo il trenino sopra il piccolo ponte.
Lui, non mi risponde ma cerca di ribaltare l'ultimo vagoncino. «No.» dico, «Non così.» continuo, «Ecco, spingilo tu.»
Cam ride e inizia a giocare, così io monto un altro trenino e lo metto sulla grossa curva, in attesa che Cam si decida a far partire il trenino. Però il mio nipotino ha un'altra idea: spinge indietro il suo trenino che si scontra con il mio. «Cam!» esclamo, «Non così!»
Lui ride e spinge il trenino in avanti, lo fa passare sotto al ponte, lo fa uscire dall'altra parte e lo fa salire sul ponte. E lì lo lascia andare. Anche se il dislivello è minimo, il trenino prende velocità, e si scontra con l'ultimo vagone del mio trenino, che si ribalta, uscendo dai binari.
Inspiro piano e fisso mio nipote, che ride, felice, come se non avesse appena fatto deragliare due treni.
«Cam! Non si fa così!» lo sgrido, ma lui mi ignora e ride.
Mi giro verso mio fratello, seduto sul divano. «Io non c'entro.» dice mostrandomi i palmi delle mani.
«Ha appena deragliato due treni.» gli faccio notare, «Digli qualcosa!»
«Qualcosa.» ridacchia lui e io sbuffo, domandandomi se per caso abbia già iniziato a darci dentro con l'aperitivo. Perché, se è così, lo voglio pure io.
Ryan appare dal nulla con due bicchieri pieni di un liquido rossastro fra le mani. E me ne porge uno, lo sorseggio, sentendo un sapore aspro e dolce sulla lingua. Sembra che sia arancia rosso o forse pompelmo rosa e amarena, oltre a del vino bianco e secco. Uno degli esperimenti di mio padre, suppongo. In ogni caso è buono. 
Mentre lo bevo, con Ryan accanto a me, guardo il piccolo Cameron che gioca a fare il piccolo attentatore: si diverte un mondo a far scontrare i due trenini, e ride ogni volta che cozzano fra loro. Per fortuna sono resistenti, altrimenti sarebbero già rotti. 
Ryan mi dà in mano il suo bicchiere e si sporge verso Cam. «È più divertente se non li fai scontrare.» dice e muove uno dei trenini, facendogli seguire il percorso. «Ecco, così.» continua, «È più divertente.» sorride.
Sorseggio ancora il mio aperitivo, rimanendo quasi incantata nel guardare Cameron che fissa con gli occhioni sgranati Ryan. Gli presta attenzione, lo ascolta e, cosa ancora più assurda, fa quello che gli dice. Sbuffo. 
«Hai visto?» gongola Ryan guardandomi. «Mi ascolta.» dice e riprende in mano il bicchiere.
«Già.» borbotto, «Vedo.» dico. Ryan ride e mi sfiora un ginocchio.
«Ryan, gioca con me, gioca con me!»
Ci voltiamo tutti verso Cameron, sorpresi. È una delle poche frasi di senso compiuto lunga più di tre parole che dice. Una delle poche frasi in cui si capiscono bene tutte le parole.
«Oddio.» commenta Brenda.
Ryan sorride e muove il trenino, buttando un ciuf-ciuf qua e là, mentre Cameron batte le manine, entusiasta. Io guardo Greg, che se ne sta seduto sul divano, la bocca aperta e l'espressione da pesce lesso, «Chiudi la bocca, altrimenti entrano le mosche!» gli dico ridendo.
Lui la chiude, si stropiccia il viso con le mani e sospira, «Ryan lo ha fatto parlare.» borbotta, «Lo ha fatto parlare.» mugugna, la faccia contrariata. Lo so che è tutta scena, che è orgoglioso di Cameron che parla bene e non distrugge nulla.
Lo sono io, che sono “solo” la zia, come non potrebbe esserlo lui, che è il padre? Basta guardarlo in faccia per capire che è orgoglio del suo piccolo ometto.
Guardo Ryan, che sorride, felice, seduto su un tappeto per bambini, di quelli che hanno stampati sopra a caratteri enormi le lettere dell'alfabeto e i numeri, mentre spinge un trenino di legno, che si diverte, forse più di Cameron. E mi rendo conto di essere stata così felice, nella mia vita, poche altre volte: quando mi è arrivata la lettera della Columbia, quella che diceva “Siamo lieti di informarLa che è stata ammessa...”, o come quando sono entrata nella mia stanza nel dormitorio del college e ho visto Svetlana che sistemava le sue scarpe, quando mi ha detto “Ciao! Belle scarpe! Io sono Svetlana, andiamo a berci un caffè?” e lì ho capito che sarebbe stata la mia migliore amica. O come quando è nato Cameron e l'ho preso in braccio per la prima volta.
Sono felice e basta.

***

«Credo che potrei rotolare.» gemo sdraiandomi sul mio letto, «Ancora una briciola e il mio stomaco scoppia.» annuncio.
Ryan ride e si siede accanto a me, le gambe distese e la schiena appoggiata alla testiera del letto, «Tua madre ha preparato il pranzo per un esercito.» dice.
Io faccio un respiro profondo e prendo la mano destra di Ryan, ne sfioro il dorso e le dita.
Poi il mio cellulare vibra, così lascio la mano di Ryan e mi giro per prenderlo dal comodino, dove l'avevo lasciato a caricare. È incredibile come mi dimentichi anche di una cosa così semplice come controllare il livello della batteria quando sono con Ryan.
Sblocco lo schermo e fisso il widget delle notifiche. «Merda.» mormoro fissando i numeretti bianchi dentro i cerchi rossi. Twitter, Facebook, Instagram, messaggi... tutti i numeri sono a tre cifre.
«Uh.» commenta Ryan, «Sono un bel po'.» dice.
Io lo guardo, «Sono tante.» sospiro e inizio a controllare. Per prima cosa Instagram, dove ho postato la foto del gruppo, quella in cui hanno in testa i cappelli di Babbo Natale e sembrano cinque scemi. Cinque adorabili scemi. Poi passo a Twitter, dove ho condiviso la foto. Metto nei preferiti alcuni tweets, invio un messaggio in cui ringrazio tutti. Passo al mio profilo personale, dove faccio la stessa cosa.
Con un gemito mi sposto su Facebook ma, per fortuna, la maggior parte delle notifiche mi avverte che sono stata taggata in un post. Anche qui ringrazio. Ed ora gli SMS.
C'è quello della compagnia telefonica, che mi augura buone feste, quello del dentista, che fa la stessa cosa. E poi... «Melanie!?» strillo, «Quanti cazzo...» gemo mentre sfioro i centinai di SMS che mi ha inviato da stamattina alle dieci.
“Perché non mi risponde?”
“Ryan dov'è?”
“Digli di rispondermi!”
“Perché non mi rispondi?”
“Cosa fa? Sta bene?”
“QUELLO STRONZO DI CHRIS MI HA BLOCCATO SU TWITTER!!!”
“Dove sei?”
“Cosa fa Ryan? Sta bene? Perché non mi risponde?”
“Perché Aaron non mi parla :(?”
“RISPONDIMI!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!”

No, questa è matta. Completamente. Centodue SMS. Centodue fottuti messaggi di testo. Non le sono cadute le dita? Però, aspetta. Che cosa? Torno indietro di circa cinquanta messaggi — tanto dicono le stesse cose tutti quanti —, «Chris ha bloccato Melanie.» dico.
«Eh?» esclama Ryan, «Cosa?»chiede e io gli mostro lo schermo, «Ma quanti messaggi ti ha mandato?» domanda e io sbuffo. «Bhe, Aaron non le parla perché è stufo di sentirla lamentarsi.» legge, «Credo.»
Io sbuffo ancora, “Buon Natale anche a te. E non rompermi i coglioni, grazie.” le invio e rimetto il cellulare sul comodino con uno sbadiglio.
«Sonno?»
Guardo Ryan, «Mangiato troppo.» rispondo e poso la testa sul suo torace, cerco una posizione comoda e chiudo gli occhi. Mi accorgo di avere freddo, così recupero il plaid ai piedi del letto, lo spiego e copro me e Ryan.
«E se avessi caldo?» dice lui.
«Insensibile.» borbotto chiudendo gli occhi. Lui ride, mi sfiora i capelli e mi dice di riposare.

Mi rigiro nel letto e per poco non cado. Dov'è Ryan? Ma, soprattutto, che ore sono? Apro gli occhi e fisso la sveglia, che mi dice che sono le sei e cinque del pomeriggio.
Con uno sbadiglio mi siedo e con un altro mi alzo. Dopo essere passata per il bagno mi fiondo in cucina, dove mamma sta cucinando. Ancora.
«Cos'è?» domando mentre mi verso del caffè in una tazza.
«Brodo di carne.» risponde lei e io apro il frigo, alla ricerca del latte.
«Bene.» dico, verso il latte nel caffè, ci aggiungo lo zucchero e vado in salotto. Mi siedo accanto al tappeto, dove Cam, Greg e Ryan stanno giocando. Si comportano come se avessero tutti due anni. Uomini.
«Papà? Brenda?» chiedo e sorseggio il caffè.
«Papà è nello studio, Brenda sta smacchiando la sua camicetta perché qualcuno,» Greg guarda Cameron, «le ha versato il succo di uva addosso.»
Io rido e mi appoggio con la schiena alla parete di marmo o granito o quello che è del caminetto. Per quanto cerchi di sforzarmi non ricordo una sola volta in cui l'abbiamo acceso. Distendo le gambe con un sospiro, con il piede sfioro la coscia di Ryan. «Potevi svegliarmi.» gli dico.
Lui smette di giocare con il trenino — e solo ora mi accorgo che la pista è più grande — e mi guarda, «Ma se quando ti ho detto che dovevo andare a pisc...» dice «al bagno,» si corregge guardando Cam «tu mi hai detto che avevi sonno, ti sei girata dall'altra parte e hai continuato a dormire!»
Io sbuffo e poso la tazza sul gradino di marmo bianco del caminetto, spero che non lasci l'alone, altrimenti mi tocca pulire. «Uhm, okay.» dico. «Cam... non dai un bacio alla zia?»
Il mio nipotino mi guarda, il trenino in mano, «No.» risponde e torna a giocare.
Grazie tante, eh.
E pensare che prima non voleva che pranzassimo perché voleva giocare e dopo non voleva dormire perché voleva giocare. Con me. Adesso mi ignora.
Così bevo il caffè, guardando cam che ride e gioca, mio fratello che ha abbandonato la sua aria da “uomo d'affari sempre impegnato” che gioca, fisso Ryan che si diverte come un matto e sorrido. «Se vuoi lo regalo anche a te.» dico toccando con il piede la coscia di Ryan.
«Cosa?» chiede lui voltandosi appena.
«Il trenino.» rispondo e mando giù un altro sorso di caffè.
Sul suo viso appare un'espressione confusa, «Perché?» chiede.
Rido, «Perché ti stai divertendo più tu che Cam.» rispondo.
Ryan fa una smorfia, sbuffa e guarda il trenino, fermo su un binario morto della stazione, guarda me e borbotta qualcosa che non capisco.
«Cosa?» chiedo. Forse mi sbaglierò, ma mi sembra che abbia detto che gli piace.
«Mi piace.» dice, «Ecco, sì.» annuisce, «Mi piace.» ripete senza guardarmi. E io mi chiedo se ce lo abbia mai avuto un trenino, di plastica o di legno non importa, quando era piccolo. Perché sì, io lo ho avuto e anche Greg.
E lui? Glielo hanno mai regalato?
E, ancora una volta mi sorprendo, perché la risposta è una sola ed è talmente ovvia che è da stupidi averci solo pensato.
La risposta è no.

***

Seduta sul letto, in attesa che Ryan esca dal bagno, fisso la porta della cabina armadio, dove, nascosti in uno degli armadi, ci sono due pacchi. Due regali che ho preso quando ero convinta che andasse tutto bene, prima che Ryan mi facesse uscire di testa con il suo stupido comportamento da maschio imbecille. Sono lì, per lui e dovrei darglieli.
Così mi alzo, mi trascino lì dentro e recupero quello più leggero, anche se leggero non è, e lo poso sul letto. Mentre sto spostando l'altro pacco Ryan esce dal bagno.
«Ma che...» dice, «Linds?» mi chiama.
«Uffa,» sbuffo, «hai rovinato la sorpresa.» mi lamento.
«Che sorpresa?» dice lui, «Sono... sono per me?» chiede e si siede sul letto, accanto al grande pacco rettangolare.
«Sì.» rispondo, «Sono per te.» aggiungo, «Spero ti piaccia.» mormoro e improvvisamente non sono sicura che gli piaccia. E se avesse cambiato gusti?
Lui toglie la carta natalizia che ricopre la scatola, fissa il cartone marrone, strappa il nastro adesivo. I suoi occhi azzurri si spalancano quando riconosce la custodia di una chitarra.
«Linds...» mormora e solleva il coperchio, la bocca aperta dallo stupore quando riconosce ciò che c'è dentro. «È una Stratocaster.» ansima, «Linds... ti sarà costata un occhio della testa.» continua e la solleva, piano, come se fosse fatta di cristallo.
«Neanche tanto.» mento. Perché, fra quella, l'amplificatore, accessori vari, spese doganali, il cambio sterlina-dollaro, le spese postali... ho pagato quasi ventimila dollari.
Ryan si rigira la chitarra elettrica fra le mani e rimane sorpreso quando guarda la parte posteriore. «Linds...» mormora e mi guarda mentre io mi siedo sul letto, vicino ai cuscini, «Al mio imbecille preferito. Con affetto, L.» legge. «L'hai fatta incidere?» strilla, «Linds, solo questo ti sarà costato un casino!»
«Shh!» faccio, «Svegli Cam!» dico, «Allora... ti piace?» chiedo, ancora insicura.
Lui rimette la chitarra nella custodia e mi raggiunge, «Sì.» dice, «La proverei subito.»
«Se lo fai Greg te la spacca in testa.» dico prima di baciarlo.
Lui ride e si sposta verso l'altro pacco, ancora a metà stra fra la cabina e il letto. Lo apre, «Certo che non ti sei fatta mancare niente.» sorride, afferra una scatola tonda di plastica e torna da me prima di aprirne il coperchio. Fissa i plettri di svariati colori e sorride ancora prima di baciarmi la guancia, «Grazie.» dice, poi i suoi occhi si fermano su coperchio della scatola, sul marchio stampato all'interno di esso, «Lon... Londra?» strilla e io gli metto una mano sul viso.
«Non urlare.» gli dico. «Ti piace sul serio?» mormoro.
Lui sorride e annuisce, mi sfiora le guance con il dorso della mano, avvicina il suo viso al suo, «Sì.» soffia, «Ti amo.» mormora e rimaniamo così, i visi vicini. Poi si scosta, «Sistemiamo e andiamo a dormire.» dice, anche se poi fa tutto lui: sia la Stratocaster che l'altro scatolone finiscono nella cabina, la carta ancora per terra. «Domani le porto di là.»
Io annuisco e mi infilo sotto le coperte, aspetto che Ryan mi raggiunga e mi accoccolo contro di lui, la testa sul suo torace, le mie mani che si posano su di lui, il suo profumo che mi invade il naso.
«Buona notte.» sussurra Ryan sfiorandomi i capelli.
«Buona notte.» mormoro.
Buon Natale a me.



Scusate il ritardo ma prima ero bloccata in un punto e non riuscivo ad andare avanti, poi mi è venuta un'idea per una one shot e ho dovuto scriverla (ma non è ancora finita -.-), poi ero senza soldi per ricaricare il cellulare e non ho potuto postare.
E scusatemi perché sono logorroica e ho scritto un casino così anche questo capitolo è diviso in due, insomma, questo è di 8000 parole e passa e se ci avessi aggiunto anche il resto avrebbe superato le 15000.
Credo che la storia si allungherà di un altro capitolo.
In ogni caso: grazie a chi legge/commenta/mette la storia in una delle liste. Siete davvero carinissimi!
Il titolo è una delle mie canzoni preferite di Ben Montague.
Per quanto riguarda la Fender Stratocaster... alcuni modelli costano un botto, tipo sulle 10000 euro. Quindi, aggiungendo acessori/dogana/cambio/spese postali credo si arrivi ai 20000 senza problemi.
Grazie ancora

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Quattordici Love Like Stars Part II ***


logo def
hosting immagini

Straight Through
My Heart

Quattordici part II
Love Like Stars
*** close your eyes and stay whit me ***



Melanie non si stanca mai di scrivere SMS?
Altri quindici messaggi.
“Ryan?”
“Perché non riesco a mandargli i DM?”
Perché ha smesso di seguirti, imbecille.
“Ma rispondimi, per favore!!!!!!!!!!!!”
“Rispondimi!!!!!!!!!!!! Mi sto preoccupando!!!!!!!!!!!! Ryan sta bene?”

“Ryan sta bene.” digito, “Non rompere le palle, per favore. Grazie.” invio.
Ma si può essere più stupidi di così? Probabilmente sì, visto che stiamo parlando di Melanie La Piaga Psicopatica.
“MA IL PROFILO DI RYAN È STATO HACKERATO! HA SMESSO DI SEGUIRMI!!!!!!!!!!!!!!!!!!! DEVI AVVERTIRLO!!!!!!!!!!!!”
Rido, rido così tanto che mi ritrovo sdraiata sul letto, il cellulare accanto a me e mi tengo la pancia con le mani, e rido così tanto che a momenti mi manca il respiro.
«Linds?» dice Ryan entrando nella mia stanza, «Stai bene?»
Io mi limito a toccare il cellulare e cerco di dire “leggi” ma non ci riesco.
«Ma è pirla?» commenta Ryan sedendosi accanto a me, che evidentemente ha capito i miei farfugli, «Adesso se ne è accorta?»
Io smetto di ridere e mi asciugo le lacrime, «Deve essere proprio stupida.» ansimo, «Che fai?» chiedo vedendo Ryan che armeggia con il mio cellulare.
«Vedrai.» dice, con la mano destra porta il cellulare all'orecchio e si sdraia, alzandosi la maglia con l'altra mano, lasciando scoperta la pancia. Mi ci appoggio con la testa, sentendo un vociare provenire dal mio cellulare.
«No, sono Ryan.» esclama lui, «Perché sono al telefono di Lindsay?» continua, «Bhe... perché i suoi mi hanno invitato a cena.» dice e sbuffa.
Mi puntello sui gomiti e gli bacio la pancia, attorno all'ombelico, sentendo i muscoli che si contraggono sotto le mie labbra. Con la mano destra gli sfioro il ginocchio e salgo, senza smettere di baciarlo.
«Non mi hanno hackerato nulla.» sbuffa e la mia mano arriva alla parte alta della coscia mentre le mie labbra scendono, «Sono stato io.»
Sento le urla di Melanie e sposto un po' la mano, posandola proprio , e dalle labbra di Ryan esce un gemito strozzato.
«Sto bene.» gracchia e cerca di spostarmi, senza successo. Così gli slaccio i jeans e le mie dita accarezzano la stoffa nera dei boxer.
«Melanie... l'ho fatto perché mi hai rotto i coglioni.» dice e io lo bacio da sopra i boxer. «Cristo.» geme, «No, no... sto benissimo.» borbotta mentre io continuo, anche se lui cerca di fermarmi. Eh, no, mio caro Ryan. Mi sto divertendo un modo a torturarti così. «Ho sbattuto contro un mobile.» ansima. «Senti...» borbotta, «Oh, ma smettila, piaga che non sei altro.» sbotta, cercando di non gemere, «Oh, Dio.» soffia, «Fai così: non rompere le scatole, né a me né a Lindsay.» gracchia e chiude la chiamata, getta il telefono sul letto. «Ma che fai?» sbotta.
«Io?» replico mettendomi seduta, «Niente.» dico e mi alzo in piedi.
«E dova vai?» gracchia lui mettendosi seduto.
«Giù.»
«E mi lasci così?» strilla.
«Così come?» domando avvicinandomi alla porta.
«Così!» risponde lui, si alza in piedi, una mano che tiene i jeans, l'altra che indica l'inguine. «Linds!»
Io rido e chiudo a chiave la porta, torno da lui e lo spingo, facendolo sedere di nuovo. «È stata una cosa innocente.» mormoro e mi siedo a cavalcioni su di lui.
«Innocente?» replica Ryan, «Lindsay... sei terribile, lo sai?»
Sorrido, «Ma la colpa è tua.» dico.
«Mia? E perché?»
«Perché ti sei alzato la maglia.» rispondo e scrollo le spalle.
«E che ne sapevo io che ti sarebbe alzato l'ormone?» borbotta lui e mi stringe i fianchi.
Io guardo in basso, poi lo fisso negli occhi, «E non si è alzato solo quello...» dico.
Ryan respira profondamente e si sdraia, portandomi con sé, «Questa è colpa tua.» dice e, visto che sono a quattro zampe su di lui e mi tengo sollevata sui gomiti, lui è costretto ad alzare la testa per baciarmi il collo.
«Non è colpa mia se reagisci immediatamente.» mormoro e lui abbassa la zip della mia felpa, mi sfiora la canotta.
«Oh, Linds.» ridacchia mentre mi sfiora il seno. Pessima idea, proprio pessima. Non è stata una mossa intelligente non mettersi il reggiseno dopo essermi fatta la doccia. Ryan infila le mani sotto alla canotta e io mi piego per baciarlo.
«Non dirmi che vuoi fermarti?» soffia al mio orecchio.
«Sarei pazza se lo volessi.» rispondo e chiudo gli occhi.
Rettifica: non mettere il reggiseno è stata una buona, no, una buonissima idea.

***

«La cena è pronta!» esclama Brenda bussando alla porta. Lei sì che è intelligente, non come mio fratello che entra senza annunciarsi.
«Arriviamo.» dico, «Mi lavo le mani.»
Un paio di minuti dopo io e Ryan scendiamo le scale mentre il fattorino della steak house dall'altra parte del quartiere esce dalla porta. «Ma come siete vestiti bene.» borbotto fissando mia cognata che indossa un'elegante tubino nero, «Potevate dircelo, mi sento una stracciona.» dico. Per la cronaca, il reggiseno è ancora dentro il cassetto.
«Grazie.» mi sorride Brenda «Tieni.» aggiunge e mi passa Cameron.
Perché lo fa? E perché lei e mio fratello indossano i soprabiti? «Ma che succede?» chiedo. Giuro che non capisco.
«Brenda? Greg?» esclamo seguendoli. Stanno andando verso la porta.
«Andiamo al Moonlight.» esclama Greg e bacia la testa di Cam, «Il numero è sul frigo, se ci sono problemi chiama.»
«Dai da mangiare a Cam, lo fai giocare un po', gli fai il bagnetto e gli leggi una storia, così si addormenta.» aggiunge Brenda e i due escono.
«Ma vi siete dimenticati di Cam!» esclamo facendo un passo oltre la soglia, «Greg!» dico ad alta voce, «Gregory!» strillo ma lui è già in auto. Il cancello si apre e la macchina avanza.
«Si sono dimenticati del bambino!» dico girandomi verso Ryan.
«No, Linds.» fa lui, «Non se lo sono dimenticati.»
«Cosa?» squittisco e ritorno dentro mentre lui chiude la porta.
«Ci hanno fregato.» sospira Ryan, «Ci hanno incastrato.» dice, «Stasera ci tocca.»
«Cosa?» chiedo io, evidentemente sono stupida, perché non ho capito niente. O forse ho capito ma preferisco non pensarci.
«Dobbiamo fare i baby sitter.» esclama Ryan.
Inspiro, «Io... io...» pigolo.
Ryan ride, «Eddai, Linds,» dice «non sarà la prima volta che fai la baby-sitters!» aggiunge. Io mi limito a tacere, mentre Cam mi spettina, «Non hai mai fatto la baby-sitters?» esclama, «Linds!»
«Non ne ho mai avuto l'occasione!» squittisco, «Non è colpa mia.» sospiro.
Lo fa anche Ryan, «Dai, ce la caveremo.» dice e mi posa una mano sulla spalla dirigendomi verso la cucina, «Adesso mangiamo.»
Io mi limito ad annuire. Sistemo Cam nel seggiolone e lo lego mentre Ryan toglie la cena dai contenitori.
Taglio la bistecca di Cameron in pezzetti né troppo piccoli né troppo grossi, poso il piatto sul piano del seggiolone e do le posate al mio nipotino.
«Tieni.» dice Ryan porgendomi un bicchiere pieno di birra e io lo ringrazio, ne bevo un lungo sorso. Ho idea che questa sarà una lunga, lunghissima, serata.

«Fermalo!» grido e guardo Cam che corre per il salotto, agitando la mazza da golf in plastica arancione. Ryan si piazza sulla traiettoria del piccolo ma quello gli passa accanto, ridendo, e lui non riesce a fermarlo. Si sta dirigendo verso la vetrinetta e già me lo vedo che si schianta contro di essa, i vetri che lo graffiano, sangue ovunque...
«Cameron!» urlo, «Fermati! Adesso!» esclamo e lo rincorro ma lui mi colpisce con la mazza poco sopra il ginocchio, ride e scappa verso la porta d'ingresso. Perché è così iperattivo? 
Lo inseguo ma inciampo nei miei piedi e cado per terra, il tappeto attutisce la mia caduta e mentre mi rialzo vedo Ryan che riesce ad acchiappare Cam, lo disarma e lo prende in braccio. «Adesso stai tranquillo.» gli dice, «Tutto okay?» mi chiede.
«Sì.» sbuffo, «È una peste.»
Ryan ride, poi si blocca all'improvviso e sbianca, «Oh, Dio.» geme e mi passa il bambino, che ne approfitta per tirarmi i capelli e spingermi la mano in faccia.
«Che c'è?» chiedo, «Stai bene?»
«No.» ansima lui e poi lo vedo che porta le mani proprio lì, «Mi ha dato un calcio.» sussurra, «Mi ha preso in pieno.» geme.
Vorrei ridere ma non posso: Cameron mi sta tirando l'orecchio. «Povero.» dico, «Dopo ti faccio le coccole, se vuoi.»
Ryan mi fissa, le labbra piegate in una smorfia dolorosa, «Uhm... okay.» dice.
Io gli sorrido e gli bacio una guancia, «Portiamo Cam di sopra, gli facciamo il bagnetto e lo addormentiamo.»«Funzionerà?» chiede lui mentre saliamo le scale.
«Spero di sì.» dico, «Sono le dieci e mezzo, dovrebbe avere sonno.»
Una volta in bagno riempio la vaschetta che è dentro la vasca da bagno. Spoglio Cam, che continua ad agitarsi e cantare una canzoncina che non conosco. «Portalo fuori.» dico a Ryan porgendogli il pannolino.
Lui fa una faccia schifata, «Io?» dice.
«È solo pipì!» esclamo, «Lo butti nel bidone e basta.» rido. Ryan borbotta, afferra con due dita il pannolino ripiegato e se ne va, chiudendo la porta.
«Allora,» mi giro verso Cam, che se ne sta seduto sul tappeto «pronto per il bagnetto?»
«No!» strilla lui, io ignoro le sue proteste e lo ficco nella vaschetta.
«Non fare i capricci.» dico e gli passo la paperella di gomma. Lui l'afferra e inizia a giocare, così prendo una piccola caraffa e inizio a versargli l'acqua saponata sulla schiena. Insapono la spugna a forma di stella e inizio a lavargli la schiena, mentre lui gioca con la paperella.
Ryan torna e s'inginocchia accanto a me, «È tranquillo.» dice.
«Si sta rilassando.» sorrido.
«Faffa! Faffa!» trilla Cameron
«Eh?» faccio, «Cosa?»
«Faffa!» ripete lui, poi si sporge e indica Ryan, «Faffa mia!»
Guardo Ryan e lo vedo stringere la caraffa, «Vuole quella.» dico, «Credo.»
Ryan scrolla le spalle e gliela porge e il bambino ridacchia e inizia a buttare l'acqua fuori dalla vaschetta, ora capisco perché Brenda l'ha messa qui dentro!
«Adesso laviamo i capelli.» esclamo e prendo lo shampoo di Cameron, lo apro e ne verso qualche goccia sulla mano.
«No!» strilla lui. Un urlo bello forte, che rimbomba sulle pareti del bagno. «No!»
«Invece sì.» dico e sfrego le mani, «Laviamo i capelli.» dico e mi sporgo di più, gli poso le mani sulla testolina bagnata e inizio a massaggiare piano.
«No!» grida Cam e si agita, così dico a Ryan di tenerlo fermo. Riesco a insaponargli la testa e prendo la doccietta per sciacquarlo.
«No!» grida la piccola peste e lo vedo prendere la caraffa e poi succede in un attimo: faccio appena in tempo a gridargli di non farlo che mi ritrovo bagnata. Metà dell'acqua saponata mi è entrata in bocca, visto che stavo urlando. 
Mollo tutto e mi alzo, sputo nel lavandino mentre Ryan ride di gusto, mi sciacquo la bocca ripetendomi che Cam è solo un bambino, che è piccolo, che non capisce. Torno alla vasca e sbuffo perché Ryan ride e Cam rovescia l'acqua fuori dalla vaschetta canticchiando. «Adesso ci laviamo i capelli.» esclamo, prendo in mano la doccietta e regolo la temperatura dell'acqua.
Cam si agita, dice di no, urla, si agita, lancia la paperella, piange, «No, zia.» piagnucola e mi fissa con gli occhioni da cucciolo ma io non mi faccio incantare e riesco a sciacquargli la testa.
Lui continua a piangere, anche quando gli massaggio la schiena e i piedini, «Cattiva.» dice, «Zia cattiva.»
«Non sono cattiva.» esclamo, «Ti devi lavare i capelli.»
«Invece lo sei.» dice Ryan, «Poverino, guardalo...» mormora, «Io non l'avrei fatto, potevi benissimo non lavargli i capelli.» dice, «Cattiva, zia Linds.»
Io lo fisso e lo prenderei a schiaffi, giuro. Non m'importa se lo amo e se lui ama me, lo prenderei a schiaffi e basta. «Oh, taci.» borbotto e Ryan ride, poi si blocca quando una cascata d'acqua lo c'entra in pieno viso.
E io... io rido.
«Lindsay, non ridere!» squittisce Ryan, afferra un asciugamano e si tampona la faccia, «Teppista.» borbotta in direzione di Cam.
«Non devo ridere?» esclamo, «Tu prima hai riso!» squittisco, «Se puoi farlo tu lo faccio anche io!» dico, Ryan sbuffa ma non dice nulla, «Tienilo fermo, che lo sciacquo.»
«Così mi bagna ancora?» borbotta lui ma afferra i fianchi di Cam e lo alza in piedi. Il piccolo, ovviamente, inizia ad agitarsi e scalciare, gridando che non vuole e che siamo cattivi.
Dopo quella che mi pare un'eternità ho lavato via tutta la schiuma, così dico a Ryan di mettere il bambino sul tappeto. Cameron, ovviamente, cerca di scappare, poi si siede sul tappeto, mi fissa e scoppia a piangere.
«Non piangere, tesoro.» mormoro mentre gli metto l'accappatoio azzurro, «Su, non è niente.»
«Zia cattiva!» strilla lui, «Sei brutta.» mi dice e io mi blocco, offesa. Ecco, ci manca solo che mi metta a piangere anche io ma non lo faccio.
Lo prendo in braccio e dico a Ryan di prendere un pannolino pulito dalla confezione sopra il mobile e un asciugamano piccolo per i capelli e vado nella camera dove dormono mio fratello e mia cognata, scopro che Brenda a sistemato il pigiama sul letto del bambino.
Un pensiero in meno!
Poso Cam sul letto matrimoniale e mi giro per prendere il pigiamo, «No!» grida Ryan e mi volto, vedendo Cam che sgambetta verso la porta, che però è chiusa. Resta fermo lì davanti, imbambolato, senza smettere di piangere.
Ryan lo prende in braccio, gli accarezza la schiena e si siede sul letto, fa sdraiare il bambino e inizio a mettergli il pannolino. Dev'essere facile, dopotutto. Il davanti è quello con i disegnini, poi basta togliere la copertura dagli adesivi, chiuderlo bene senza stringere troppo ed è fatta!
... magari.
Cam scalcia come un puledro, cerca di rigirasi, lancia degli strilli che mi trapassano il cervello, si contorce tutto, continuando a sdraiarsi sulla pancia, poi torna prono, poi cerca di strisciare via... rendendo tutta l'operazione molto complicata. Ma mai quanto fagli indossare il pigiama! Mentre cerco di infilargli i pantaloni mi prendo un paio di calci sulle braccia.
Una volta sistemata la maglia faccio un respiro profondo, mi sembra di aver passato tre ore in palestra, ho la schiena tutta sudata e mi faccio schifo da sola.
Sollevo il bambino e lo prendo in braccio, gli tampono i capelli ma sono praticamente asciutti, cosi gli massaggio la schiena, fino a quando i singhiozzi non diventano radi.
Mi alzo in piedi e vado verso il mobile, dove ci sono alcuni libricini. «Allora... cosa vuoi sentire?» chiedo, «I tre porcellini?»
«No.» dice Cam e schiaffeggia il libro che ho in mano facendolo cadere.
«Okay.» sospiro, «Il pulcino...»
«No.»
Anche quel libro cade a terra, prendo l'ultimo ma Cam butta via anche quello.
Rimane solo una cosa da fare: camminare.

Il terrazzo è di dodici metri per cinque, quindi ha un perimetro di quarantaquattro metri, dato che non camino attaccata al muro togliamo quattro metri.
Ho già fatto venticinque giri, quindi sono a un km di camminata. E Cam non dorme. Non dorme!
È tranquillo, questo sì, ma non è ancora fra le braccia di Morfeo. Se provo a metterlo giù piange, se lo lascio nel lettino e mi allontano strilla... fra un po' sono io quella che crolla dal sonno. Senza contare che mi fanno male le braccia e la schiena.
Dopo altri tre giri Cam inizia a chiudere gli occhi sempre più spesso, così lo porto nella camera di Greg, lo poso piano piano nel lettino e trattengo il respiro. Cam si muove, ma è solo per prendere il suo pupazzo, quello che gli ho regalato io a forma di coniglietto.
Fa un respiro profondo e... dorme.
Dorme!
Lo copro, accendo la radiolina, porto il ricevitore con me ed esco dalla stanza, chiudendomi la porta alle spalle.
Scendo in soggiorno e mi lascio cadere sul divano con un gemito.
«Dorme?» chiede Ryan e mi porge un bicchiere di latte caldo.
«Sì.» gemo, «Era ora.» sospiro e bevo un sorso di latte, «Grazie.»
Ryan mi bacia la testa, «Dai, ormai è fatta.» dice, «Adesso aspettiamo che tornano Greg e Brenda.»
«Gli urlerei dietro di tutto se non avessi paura di svegliare Cam.» esclamo e chiudo gli occhi. «Ho sonno.» borbotto, «E mi fa male la schiena.»
Ryan mi accarezza la schiena e mi dice che mi farà un massaggio quando saremo in camera.
Fortunatamente Greg e consorte arrivano dopo dieci minuti. «Vostro figlio è il diavolo.» dico, «Ha fatto i capricci, correva ovunque, cercava di scalare qualsiasi cosa, fargli il bagnetto e rivestirlo è stata una faticaccia e ho dovuto camminare su e giù per il terrazzo per quasi un'ora.» continuo, «Io la baby sitter non la faccio mai più!»
«Bhe, lo sapevi che oggi era un po' agitato.» dice Greg
«Un po'?» esclamo e mi trattengo dall'urlare, «Mia ha lavato, mi ha detto che sono brutta e cattiva, mi ha dato non so quante sberle e calci e ha dato una calcio nelle palle a Ryan.» racconto, «Questo non è essere un po' agitati, è essere posseduti!» sbotto.
«Sono stati giorni un po' frenetici.» dice Brenda, «È un po' scombussolato ma da domani sarà meglio.»
«Lo spero.» borbotto, «Andiamo?» dico a Ryan, lui annuisce, si alza e porta le tazze in cucina, «Il primo che mi sveglia prima delle dieci verrà preso a cazzotti.» esclamo e inizio a salire le scale.
Una volta in camera mi trascino in bagno, poi m'infilo una maglia di due taglie più grandi, punto la sveglia alle dieci e un quarto e mi ficco sotto le coperte.
Ryan arriva dopo qualche minuto, «Dormi?» mi chiede e mi bacia la fronte.
«Quasi.» mormoro e sbadiglio.
«Arrivo subito.» dice lui e lo sento entrare nel bagno. Sbadiglio ancora e credo che fra poco mi addormenterò come un sasso.

*-*-*

Chiudo la porta finestra della mia camera e attraverso il terrazzo. Non credo di essere mai stato così felice, soprattutto perché mi sono svegliato alle nove e non alle quattro come i giorni scorsi.
«Che fai?» chiedo entrando nella stanza di Linds.
«Cambio le lenzuola.» risponde e getta la palla di stoffa sul pavimento.
«Perché?» chiedo.
«Perché se Svetlana scopre che non ho cambiato le lenzuola dopo quello che è successo come minimo ci prende a sberle tutti e due.» risponde.
«Ah.» commento e mi accomodo sulla sedia, «Ma perché deve dormire qui?» chiedo, «Può starsene da me con Liam.»
Lindsay mi fissa,«Secondo te la mia migliore amica, dopo che le diremo che stiamo insieme, non vorrà sapere ogni cosa?» dice, «Illuso.» ride, «Questa notte dormi da solo.»
Che cosa?
«Eh?» mormoro, «Davvero?»
Lei ride e toglie anche il lenzuolo sotto e lo butta sopra l'altro, «Già.» dice e mi lancia un cuscino, «Togli la federa.» ordina, «Svetlana sarebbe capace di infilarsi nel letto in mezzo a noi.» ride.
Sospiro, non avevo pensato a questa possibilità, adesso mi chiedo se anche gli altri mi tartasseranno per farsi dire ogni cosa. Sospiro e getto la federa sul mucchio di lenzuola, «Uhm, hai ragione.» ammetto, «Non voglio trovarmi Svetlana in mezzo a noi, sarebbe... imbarazzante.»
Lindsay mi sorride e si avvicina a me, mi bacia la guancia, «Bravo ragazzo.» dice, «Porto giù questi.» aggiunge e prende in mano il fagotto.
Io rimango sulla sedia, dondolandomi da una parte all'altra. Sulla scrivania c'è il tablet che le hanno regalato Greg e Brenda, attaccati a una minuscola lavagna di sughero ci sono alcuni buoni regalo per un negozio di vestiti, sempre da parte di Brenda e Greg e uno di quei book-gift per tre giorni in una spa della zona. Ovviamente ci andrà da sola, per rilassarsi.
Inspiro profondamente. Come farò a dormire da solo dopo le notti passate con lei?
Chi cacchio dormirà? Lo so già che mi rigirerò nel letto per tutto il tempo che Svetlana resterà qui.
Lindsay ritorna, prende lenzuola e federe pulite e le posa sul comodino, «Aiutami.» dice, così mi alzo e facciamo il letto insieme; mentre sistemiamo i cuscini il cellulare di Lindsay squilla.
«È Svetlana.» dice e risponde, la conversazione dura poco. «Parte adesso.» dice posando il cellulare sul comodino, «Con tre ore di ritardo.» sospira, «È talmente impaziente che se non fosse partito l'aereo sarebbe andata alla Grand Central Station e sarebbe venuta qui in treno.»
Rido e mi siedo sul letto, «Liam è peggio.» dico, «Continua a chiedermi se sei già uscita per andare all'aeroporto.»
«Alzati da lì.» esclama, «Stropicci tutto!»
Mi alzo e mi siedo sulla sedia, «È solo un letto!» dico, «Non prendertela.» rido, «Vieni qui.» sorrido, lei sbuffa ma si avvicina ugualmente, la prendo e la faccio sedere sulle mie ginocchia, «Bhe... Svetlana arriverà fra qualche ora...» mormoro e la bacio sotto l'orecchio, «Potremmo...»
«Ryan!» squittisce, «C'è la mia famiglia in salotto.» dice ma non mi scansa, così continuo a baciarle il collo.
«Mi pare che non ti dispiaccia.» dico.
Lei sbuffa, «Non ho detto questo.» mormora e mi guarda, «Sei terribile, lo sai?»
«Anche tu.» sorrido e sto per baciarla quando bussano alla porta.
«Zia.» esclama una vocina.
«Vieni qui.» dice Lindsay, «Cam?» chiama e si alza
Cameron entra nella stanza con Brenda, il bambino sgambetta nella stanza, si avvicina a Lindsay, «Scusa.» dice e allunga un cioccolatino, lo guarda e lo dà in mano a Lindsay.
Lei sorride, si china e abbraccia il bambino, «Grazie.» dice e gli bacia le guance.
Il bambino sorride e torna da Brenda, poi si gira e corre da me, «Tieni.» mi dice e quasi mi lancia il cioccolatino.
«Cameron.» lo riprende Brenda.
«Scusa.» dice il piccolo e io gli scompiglio i capelli, lui ride, «Giochiamo?» chiede, «Giochiamo?»
«Okay.» rispondo, «Arrivo subito.»
Il bambino ride e corre fuori dalla stanza, Brenda chiude la porta e io e Lindsay rimaniamo di nuovo soli.
«Volevi fare cosa?» domanda lei scartando il cioccolatino.
Rido, «Meglio rimandare.» dico e mangio il cioccolatino, «Scendiamo, che Cam ci aspetta.»
«Aspetta te.» replica lei, «A me non ha chiesto nulla.» brontola, mangia il cioccolatino e incrocia le braccia al petto.
«Ah, povera la mia piccola Linds.» dico alzandomi in piedi e l'abbraccio, «Il tuo nipotino preferisce me a te.» la prendo in giro.
Lei si scansa, «E pensare che avrei voluto concederti una sveltina dopo pranzo...» dice.
«Ah.» faccio, «Scusa, scusa.» dico e le poso le mani sui fianchi, «Scusa.» ripeto e le bacio il viso.
«Uh, okay.» dice, «Non è colpa tua.»
Io sorrido e le bacio la fronte, «Ti amo.» dico, «Andiamo, prima che Cam inizi a strillare.»
Scendiamo in salotto e giochiamo con Cam e il trenino fino all'ora di pranzo, momento in cui Cam inizia a fare i capricci perché non vuole smettere di giocare, tranne poi iniziare a mangiare appena gli si mette il piatto con il salmone ai ferri sotto al naso.
Strano bambino. Ieri sera sembrava posseduto, oggi è tranquillissimo, non poteva essere così anche ieri sera?
E, soprattutto, poteva evitarmi di darmi quel calcio che mi ha fatto vedere le stelle?
Se ci ripenso mi fa ancora male.

«Vai?» chiedo.
Lindsay mi fissa come se fossi scemo, «Ovviamente.» risponde, «L'aereo di Svetlana atterra fra mezz'ora,» dice «ora che arrivo, trovo posteggio...» sospira e controlla la borsa, «Ci vediamo dopo.» mormora e mi bacia la guancia, «Fai il bravo.» aggiunge.
Io sbuffo e l'abbraccio, «Io sono bravo.» dico e la bacio di nuovo.
Lei ride di nuovo, «Lo so.» dice, «Adesso vado.»
Si allontana di un passo, le afferro il polso destro, la faccio girare, la stringo a me e la bacio. «Adesso puoi andare.» esclamo.
Lindsay ride e mi spinge via, «Ci vediamo fra poco.» dice ed esce dalla camera, io la seguo fino alla macchina, la guardo uscire dal cancello ed entro in casa mia. Ancora un po' e mi scordo com'è fatta.

«No, Liam, non sono ancora arrivate.» esclamo e mi sdraio sul letto.
«Ma stanno bene?» chiede lui, «Dove saranno?»
Sospiro. Dio, Liam certe volte è veramente un rompicoglioni, come una di quelle nonne che continuano a rimpinzarti di cibo anche se sei già pieno . «Stanno bene.»
«E allora perché non sono ancora tornate?» strilla lui.
«Liam! Non preoccuparti.» dico, «Ci sarà stato casino al ritiro bagagli, poi Svetlana sarà dovuta andare al cesso, e poi lei e Lindsay si saranno fermate a bere un caffè e si saranno aggiornate sulla gente che conoscono entrambe a New York...»
«E allora perché non sono ancora tornate?» grida.
«Non urlare.» esclamo, «Si saranno fermate di nuovo.» butto lì, «Dai, Liam... sono ragazze, non si vedono da settimane... sentono il bisogno di spettegolare.»
Lui sospira, «Io mi preoccupo e voglio vederla!» dice, «Mi manca.» aggiunge e inizia a dire che non vede l'ora di vederla, di stare con lei... le stesse cose che mi ha detto cinque minuti fa. E anche mezz'ora fa. E anche ieri. E una settimana fa. Due giorni dopo che siamo tornati da New York. «Ryan? Ryan! Ma mi ascolti?»
«No.» ammetto, «Tanto dici sempre le stesse cose.» rido e sento un'auto avvicinarsi, così mi alzo ed esco in terrazzo. La macchina di Lindsay è ferma, in attesa che si aprano i battenti del cancello.
«Tu non sei romantico.» sbotta Liam e vorrei ridere, dirgli che si sbaglia di grosso... ma taccio.
«Okay, come vuoi.» dico, «Sono arrivate.» lo informo, «Adesso dico alla tua dolce metà di chiamarti, così la smetti di essere un rompicoglioni.» aggiungo, «A stasera!» dico e chiudo la chiamata, infilo il cellulare in tasca e mi precipito di sotto e per poco non rotolo giù dalle scale, così rallento, faccio un respiro profondo e apro la porta d'ingresso.
«Ciao.» esclamo e abbraccio Svetlana, «Tutto bene?»
Lei mi lancia un'occhiataccia, «Sono rimasta tre ore in aeroporto.» dice, «Stupido aereo in ritardo per della stupida neve.» borbotta.
Vorrei ridere ma non lo faccio, «Chiama Liam, è in ansia.» dico, «Gli manchi tanto, sai?»
Lei mi fissa e sorride, «Adesso lo chiamo subito.» dice, «Il mio ciccino...» squittisce.
«Vuoi aiutarmi?» strilla Lindsay.
Io la fisso e le sorrido ma lei sbuffa e tira fuori dal bagagliaio una grossa valigia, troppo pesante per lei. «Okay.» dico, «Bastava che chiedessi.» esclamo e lei sbuffa, così prendo la valigia e la trascino verso la porta finestra, da dove è entrata Svetlana.
«Ryan!»
«Sì?» mi giro e vedo Lindsay alle prese con il bagaglio a mano e un'altra valigia. Sospiro e mi chiedo quanta roba si è portata Svetlana. Prendo una delle due valigie e proseguo verso il salotto, dove trovo Greg che mi aiuta a portarle di sopra.
«Quanta roba si è portata?» ansimo mentre spingo la valigia nella stanza di Lindsay.
«Quella che serve.» dice Svetlana e io quasi urlo dallo spavento, «E comunque ci sono anche i vostri regali.» aggiunge, apre la valigia di media grandezza e tira fuori un grosso sacchetto avvolto in un plaid. «Allora... questo è per te.» mi dice e mi porge un pacchetto.
Lo scarto e trovo un portafoglio, una cintura e una custodia per l'Iphone, tutte coordinate fra di loro. «Grazie.» dico, poi lei porge a Lindsay un altro pacco.
«Una borsa!» trilla Linds e io vorrei baciarla ma non posso. Stupido idiota che non sono altro, perché ho deciso di aspettare stasera per dirlo agli altri?
«È la terza che ricevi.» borbotto.
«Questa è una pochette.» replica lei, «Se non capisci la differenza non è colpa mia.»
Svetlana ride, «Questa te la sei cercata.» dice, prende un altro pacco e me lo porge.
«Cosa?» dico.
«È per il compleanno di Lindsay.» risponde Svetlana e mi guarda come se fossi stupido.
«Compleanno?» dico e sì, mi sento stupido.
Svetlana sbuffa, «Se lo lascio qui Lindsay è capace di aprirlo, guardarlo, richiudere il pacchetto e fare finta di nulla.»
«Non è vero!» replica l'interessata.
Svetlana la fissa e sgrana gli occhi, «Dicevo,» riprende a parlare e mi guarda «nascondilo da te.»
«Ah, va bene.» dico, prendo il sacchetto del regalo che mi ha fatto e vado verso la porta finestra.
«Aspetta che vengo con te.» dice Svetlana.
Una volta nella mia stanza nascondo il regalo nell'armadio e sistemo la cintura, il portafoglio e la custodia in un cassetto.
«Tu non sai quand'è il compleanno di Lindsay.»
Chiudo la porta della cabina armadio, «Ma no!» rido, «Io so quand'è il compleanno di Lindsay!»
Svetlana posa le mani sui fianchi, «Bugiardo.» dice e ride. «È il quattro gennaio.»
«Lo sapevo!» dico. No. Non lo sapevo. Quanto sono idiota da uno a dieci? Undici.
Ritorniamo nella stanza di Lindsay e io mi sento sempre più idiota. Come posso non sapere il giorno in cui è nata la ragazza che amo?
Cosa diavolo le regalo? 

*-*-*

«Tu sei strana.»
«Ma non è vero.» ribatto, «Sto solo cercando di mettermi gli orecchini.» dico, «Credo che si stiano chiudendo i buchi,» borbotto e infilo l'orecchino destro — un semplice cerchietto d'argento — che entra senza troppi problemi, devo spingere un pochino ma non è praticamente nulla, come una puntura di spillo. 
«Non mi freghi.» dice, «Tu stai covando qualcosa.»
La guardo, «Tu ti sogni le cose!» rido, «Non sto covando qualcosa!»
Svetlana non dice nulla e si mette il rossetto, «Non mi freghi, cocca.»
Io non replico e mi preparo per infilare l'orecchino sinistro, «Ahi.» mi lamento, «Questo si sta chiudendo sul serio.» pigolo, «No, forse non li metto.»
«Dammi.» esclama Svetlana e mi prende l'orecchino dalle mani, «Girati.» ordina e io eseguo.
«Fai piano.» le dico.
«Okay.» esclama lei, mi scosta i capelli dall'orecchio.
Chiudo gli occhi e respiro profondamente, Svetlana conta piano all'indietro, partendo da cinque, «Cazzo!» sbraito, «Ti pare piano?» sbotto, «Che male...» ansimo, «E poi quello era il due! Dovevi farlo allo zero!»
«Se facevo piano era peggio.» ride lei, «Via il dente, via il dolore.»
«Sarà, ma adesso ho il lobo tutto rosso.» mi lamento guardandomi allo specchio.
«Tanto a Ryan piaci ugualmente.»
«Ma piantala.» esclamo e afferro il lucidalabbra alla fragola, «Tu ti inventi le cose.» dico e spero di essere risultata convincente.
Sembra di sì, perché lei non replica. Finiamo di preparaci, salutiamo mio fratello e mia cognata — Cam è troppo impegnato a giocare con il trenino — e usciamo di casa.
«Siete quasi in ritardo.» esclama Ryan, «Sono le sette meno due.» dice.
«Non siamo in ritardo se mancano due minuti alle sette.» sbotto ed entro in auto.
«Non sbattere la portiera!» strilla lui e io rido. Adoro farlo incazzare.
In pochi minuti siamo davanti alla casa di Liam, lui entra in auto e non ci degna di mezza parola, si butta direttamente su Svetlana.
«Ciao, Liam.» ride Ryan, «È piacere vederti.»
Liam si stacca da Svetlana, «Oh, ma piantala.» dice, «Lo sai che mi mancava!»
«Ovvio che lo so.» dice Ryan, «Mi hai triturato i coglioni tutto il pomeriggio con questa storia!»
«Oh, il mio ciccino!» squittisce Svetlana e lo bacia.
Io rido e guardo davanti a me, anche se ho voglia di prendere la mano di Ryan e stringerla forte ma non posso. E tutto per la sua stupida idea di dirlo stasera. Ma si rende conto della fatica che ho fatto nel non dire nulla a Svetlana?
Avrei voluto gridarglielo appena l'ho vista in aeroporto, ma non ho potuto. Che idiota.
Arriviamo al Soleil, salutiamo gli altri, entriamo e ci accomodiamo nella saletta, poco dopo arriva il nostro aperitivo.
«Finalmente Liam smetterà di rompere i coglioni per qualche giorno.» dice Aaron.
«Perché?» chiede Ryan, che è seduto accanto a me e io mi devo trattenere dal baciarlo e prenderlo a schiaffi. È così che si sente una persona a dieta davanti a un'enorme e buonissima torta al cioccolato? «Liam ha rotto i coglioni anche a te?» chiede Ryan.
«Sì.» risponde Aaron, «E Svetlana qui, e Svetlana lì, e mi manca e la voglio vedere e mi manca...» sbotta, «Me lo ripeteva tre volte al giorno.»
«Anche a me.» esclama Chris.
«Idem.» dice Jake, «Però adesso è tranquillo e felice, quindi... festeggiamo!» strilla e un qualcosa mi suggerisce che ha iniziato a festeggiare a casa.
Le cose proseguono tranquillamente, almeno fino alla fine del primo — spaghetti allo scoglio —, quando Chris dice quella cosa, dice:«Ma che avete voi due?» chiede e indica me e Ryan, «Siete troppo strani...» aggiunge e beve un sorso di birra.
«Chi, noi?» dico io, «Ma niente.» rido.
«Avete fatto sesso!» esclama Aaron, «Oh, mio Dio... state insieme!»
Io bevo un sorso di birra e non rispondo.
«Brutta vacca, non mi hai detto niente!» strilla Svetlana, «Sono la tua migliore amica!»
«Era ora.» dice Liam.
«Anche Ryan non romperà più i coglioni.» esclama Chris.
«Eh?» dice Jake, «Cosa... oh, cazzo!» sbotta, «Era anche ora, eh.»
«Lo hanno capito.» mormora Ryan fissandomi, «Volevamo dirvelo, giuro.» dice, «Questa sera.»
«E da quando?» chiede Chris, «Da quando avete fatto pace e iniziato a scopare come due persone normali?»
«Dalla sera del ventidue.» borbotto e prendo un altro sorso di birra.
«Dal venti... cazzo, ormai è una settimana e non mi hai detto nulla?» grida Svetlana e credo che abbia rotto il muro del suono, «Ma sono la tua migliore amica.» dice, «Avresti dovuto dirmelo subito!»
Deglutisco, «Subito no, perché la mattina dopo è arrivato Greg e ci ha visti...» pigolo.
«Vi ha visto mentre scopavate?» ride Jake.
«No.» risponde Ryan, «Stavamo dormendo.» dice.
«E ma se dormivate non è divertente.» ride Chris.
Io gli lancio un'occhiataccia, «È stato traumatico!» strillo, «Il mio nipotino mi ha visto nuda, ha ripetuto tette tutto il giorno e Greg era sconvolto più di me. Non è stato per nulla divertente! E se eravamo svegli era pure peggio.»
«Sì, ma a parte questo... perché non me l'hai detto?» chiede Svetlana.
«È colpa sua!» dico e indico Ryan, «Io avrei voluto dirtelo, ma lui non voleva, ha insistito per dirlo questa sera!»
Svetlana fissa Ryan, «Ah, sì?» dice, «Non si fanno queste cose!» esclama, «Dopo mi racconti tutto.» mi dice e si sporge sul tavolo, «Proprio tutto.»
«E quando?» chiede Liam, «Mentre siamo in macchina?» ride.
«No, quando torniamo a casa.» risponde Svetlana, «Prima di dormire.»  
«Credevo che saresti venuta da me!» esclama Liam.
«Dillo al tuo amico,» replica Svetlana «è colpa sua.»
«Grazie Ryan.» borbotta Liam, «È colpa tua.» dice.
Ryan sbuffa e alza gli occhi al cielo, «Eddai, dopo che mi hai ripetuto all'infinito di dirlo a Linds adesso rompi le palle?»
«Rompo le palle perché volevo passare la notte con Svetlana, non da solo!» sbotta Liam.
«Oh, ciccino.» cinguetta lei e lo abbraccia, iniziando a sbaciucchiargli le guance.
«Proseguiamo?» dice Jake, «Ho fame.» esclama, ignorando Liam e Svetlana che si baciano. Per fortuna siamo solo noi...
Vado a dire a uno dei camerieri se ci può portare il secondo — abbiamo ordinato al take away e abbiamo messo i cibi in caldo — e ritorno nella saletta. «Adesso portano il resto.» dico e mi siedo.
«Che piaga.» borbotta Liam guardando il cellulare, «Melanie continua a chiedermi perché Ryan ha smesso di seguirla.» sbuffa.
«Ma è stupida?» sbotta l'interessato, «Glielo ho detto ieri!» dice, «Dio, che piaga.» borbotta.
«Si è arrabbiata perché Chris l'ha bloccata.» dico e prendo da bere, «In due giorni mi ha scritto quasi duecento messaggi, fra SMS e Twitter.» sospiro, «È stupida.» dico.
«E non mi ha fatto gli auguri!» si lamenta Jake, «Me li hanno fatti gente che non sentivo dalle medie e lei no.»
«Perché gli interessa Ryan.» ride Chris e guarda Aaron che rimane in silenzio.
«Rompe le palle anche a me, eh.» dice l'altro dopo qualche secondo, «Mi tartassa in continuazione per sapere la inviterò ai concerti.» dice. «Non lo ha ancora capito che è una promozione.»
Eh già. Non sarà un tour con concerti, ma della semplice promozione. E non inizierà a Marzo, ma a metà gennaio, subito dopo l'uscita del secondo singolo.
La porta si apre e Chad porta dentro un carrellino con il nostro fritto misto e grigliata di pesce; togli i piatti sporchi, ce ne dà di puliti e mette le pirofile con il cibo al centro del tavolo. 
«Ma un bacio?» chiede Chris.
«A me pare che se ne siano dati anche troppi.» dice Aaron.
«Ma non parlo di Liam e Svetlana.» replica Chris, «Dico Ryan e Lindsay!» esclama.
«Cosa?» faccio, «Eh?» dico e, prima che possa impedirlo, Ryan mi sta baciando sulle labbra.
«Contenti?» chiede lui, «Andiamo avanti?» borbotta.
«Ora sì.» ride Chris, 
Io rimango impietrita, mando giù un sorso di birra e inizio a mangiare. E Ryan... ride, quel cretino.
«Uh, sei arrossita.» dice, «Sei adorabile.»
«Idiota.» borbotto e prendo un paio di gamberoni.
«Sono sempre i soliti.» ride Chris.
«Sono così carini!» squittisce Svetlana, «Dopo mi devi dire ogni singolo dettaglio.» ordina.
«Lei non ti dirà tutto quanto!» esclama Ryan.
«Invece lo farà.» ribatte Svetlana, «Siamo migliori amiche, è logico che ci diciamo tutto.» dice.
«Tutto?» sbotta Liam, «Lei hai detto tutto anche tu?» domanda, gli occhi spalancati, «Oh, Cielo.» sospira.
«Molte cose non le ho volute sapere.» lo rassicuro.
«Meno male.» sospira lui.
«Cos'è, temi che Svetlana racconti qualche tua figuraccia?» ride Ryan.
«Potrei chiederti la stessa cosa.» ribatte Liam.
«Oh, la finite?» sbotta Jake, «È il mio compleanno!» ci ricorda e manda giù un lungo sorso di birra.
Così cambiamo argomento, parando dell'evento del trentuno. Io non so se sono pronta a gestire tutte quelle ragazze che urlano e strillano. E dovrò contenere la gelosia. 
Sarà dura.

Il momento di aprire i regali è giunto e Jake li scarta velocemente, strappando la carta.
«Sei peggio di mio nipote.» rido, «Però lui è piccolo.»
Jake mi ignora e apre il regalo di Svetlana, lo guarda e fissa la mia amica, «Un salvadanaio?» dice, «A forma di batteria?» domanda, «Figo!» esulta e passa a quello che abbiamo fatto io e Ryan. «Ma cosa vi fa pensare che sia fissato con la batteria?» domanda.
«Forse perché ti preoccupi sempre se qualcuno si avvicina alla tua?» domanda Aaron, «Inizi a strillare se qualcuno ne sfiora una parte.»
«Perché è mia!» ribatte Jake, «Comunque,» guarda me e Ryan «grazie, è bellissima.»
«Almeno ti sveglierai in tempo.» ride Chris e si blocca quando entra Clara, una delle nuove cameriere, che spinge un carrello con sopra la torta e lo spumante. La fissa a bocca aperta e per poco non scivola dal divano.
Clara ci saluta e se ne va, lasciando Chris in adorazione.
«Ci sei?» gli chiede Aaron e gli sventola una mano davanti alla faccia, «Credo che lo abbiamo perso.» ci dice, «Sì è rotto!» ride.
«Chi è?» chiede Chris riprendendosi, «Come si chiama?» mi chiede.
«È Clara.» rispondo, «Credo che abbia ventun'anni ed è nuova.» dico.
Chris annuisce, «Ed è single?» chiede.
Scrollo le spalle e fisso Jake che stappa lo spumante, «Ah, non ne ho idea.» rispondo, «Chiediglielo.» dico e rido quando lui arrossisce.
«Uh, Chris è innamorato, Chris è innamorato!» ride Ryan, «Manchi solo tu, Jake.» dice.
L'altro scrolla le spalle, «Se devo avere l'espressione da pesce lesso di Chris... preferisco di no.» dice e inizia a versare lo spumante nei calici.
Beviamo, mangiamo la torta, ridiamo e scherziamo, senza pensare al concerto di fine anno o a Melanie.

***

Ryan si ferma davanti alla porta del garage. «Ci vediamo domani.» dice, «E non dirle tutto.» continua.
«Okay.» sospiro, «Anche se sarà difficile.» mormoro e mi sporgo verso di lui, mi blocco sentendomi osservata. Fisso Svetlana che si è sporta verso di noi e ci osserva con curiosità. «Non devi mandare la buona notte a Liam?» le chiedo e lei annuisce mentre Ryan borbotta che lo ha salutato cinque minuti prima, «E allora scendi.» dico.
Svetlana ride, «Come siete timide.» dice, saluta Ryan e scende dall'auto.
«Te l'avevo detto.» borbotto guardando Ryan.
Lei sorride e si slaccia la cintura di sicurezza, «Basta che non spiattelli ogni cosa.» mormora e mi bacia sulle labbra, «Se diventa troppo curiosa svii il discorso su lei e Liam.»
«Potrei provarci.» dico godendomi le sue carezze sulla schiena, «Ma non assicuro nulla.» mormoro. Ci baciamo ancora e per poco non salto in aria quando Svetlana bussa al finestrino.
«Devo andare al cesso.» esclama, così saluto Ryan e scendo dall'auto, fisso Ryan che entra nella dependance e mi avvio verso l'ingresso.
«Allora... dimmi ogni singola cosa.» dice Svetlana, anche se mi sembra più un ordine, e infila la maglia del pigiama.
Sospiro, sbuffo e mi siedo a gambe incrociate sul letto, «Non ti dirò tutto.» dico.
«Ma se lo hai sempre fatto!» replica lei sistemandosi accanto a me. 
«Ma non è vero.» dico.
«E dai, dimmi almeno com'è successo!» dice lei e ci fissa, le labbra spinte in fuori e l'espressione da cucciolo.
Inspiro e le racconto tutto. Bhe... quasi tutto. Certi dettagli, tipo quello che ho quasi fatto ieri mentre Ryan era al telefono con Melanie, non glieli dico.
E se scopro che Ryan li racconta a uno degli altri giuro che lo prendo a schiaffi.
«Oh, ma che cosa bellissima.» sospira Svetlana, «Come in un film romantico.» mormora, «Pentita di non averlo fatto prima?» chiede.
Ci penso un attimo prima di rispondere, «Un po'.» dico. «Ma chi lo sa,» aggiungo e spengo la luce «magari era destino che le cose andassero così.» sospiro e mi sdraio, tiro su la coperta e il lenzuolo.
«L'importate è che tu e lui stiate insieme.» sbadiglia lei, «Buona notte.»
«Buona notte.» borbotto e sbadiglio.
Nonostante abbia cambiato le lenzuola e le federe sento ancora il profumo di Ryan. Apro piano gli occhi per assicurarmi che non sia entrato di soppiatto ma lui non c'è.
Sto diventando pazza?
O forse sono solo innamorata.



Scusate il ritardo ma sono rimasta bloccata su una frase che non sapevo come scrivere -.-
Comunque, Grazie a tutti quelli che recensiscono, mettono la storia in una delle liste e tutti quelli che leggono la mia storia.
Non so quando riuscirò ad aggiornare perché non so se riesco a ricaricare il celullare -.- In ogni caso date un occhio al mio profilo twitter se sparisco per qualche giorno vuol dire che non sono più connessa con il mondo xD
Scusate, non riesco a rispondere alle recensioni -.-
Grazie ancora!

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Quindici - In a world like this Part I ***


logo def
hosting immagini

Straight Through
My Heart

Quindici
In a world like this part I
*** I've got you ***



Chiunque sia può andare a quel paese. Sopratutto alle nove del mattino.
Ficco il cellulare sotto al letto ma quello non smette di suonare, così guardo chi mi sta chiamando. Liam. Che diavolo vuole?
«Che c'è?» rispondo con uno sbadiglio.
«Ciao!» esclama lui allegro, e come faccia ad esserlo dopo sei ore scarse di sonno è un mistero, «Mi apri?»
«Eh?» sbadiglio, «Apro cosa?»
«Il cancello!» ride lui.
«Il cancello?» chiedo, «Eh?» faccio, perché sarà l'ora, sarà che ho dormito poco, ma non ho ancora capito un cazzo.
«Sono da te, ma non c'è nessuno che mi possa fare entrare.» spiega Liam, bello pimpante e per questo motivo inizio a detestarlo, «Mi vuoi aprire?»
«Ah.» biascico e mi metto seduto, «Ma perché sei qui?» chiedo e faccio l'enorme sforzo di posare i piedi sul pavimento.
«Perché voglio vedere la mia Svetlana!» ride Liam.
Ah, è così ovvio che è qui per questo! Mi alzo e scosto la tenda, «Lei e Lindsay stanno dormendo.» dico fissando la porta finestra di fronte con le tende tirate. Se fossero sveglie, Linds avrebbe scostato le tende.
«Ma mi fai entrare?» sbotta lui.
Sbadiglio, «Okay.» borbotto, «Arrivo.»
Cinque minuti dopo Liam posteggia la sua auto accanto alla mia, «Stanno dormendo.» ripeto, «Se le svegli, Linds sarebbe capace di buttarti giù dal balcone senza lasciarti il tempo di dire nulla.» dico.
Liam agita una mano, «Nah, non lo farà.» esclama, «Io non sono mica te!» ride e va verso le scale esterne.
«Liam,» lo chiamo «non farlo, ti prego.» supplico, «Linds darà la colpa a me!» sbotto ma lui mi ignora e sale i gradini, «Liam!» esclamo, «Per favore.» sospiro, «Beviamoci un caffè e aspettiamo un'oretta...» propongo ma lui continua a ignorarmi.
Ormai siamo davanti alla porta finestra di Lindsay e temo la sua ira quando verrà buttata giù dal letto da un Liam troppo pimpante con un sorriso idiota stampato in faccia.
Liam bussa al vetro, prima piano, poi più forte.
«Io ti spezzo le gambe, giuro.» strilla Linds dall'altra parte del vetro, apre la porta finestra, «Ryan, lo sai che odio essere svegliata presto!» sbotta, gli occhi pieni di sonno e l'aria di una che ucciderebbe qualcuno, «Oh, Liam.» dice e poi mi fissa.
«Non è colpa mia!» esclamo. «Ma sua!» dico e indico Liam.
«Che diavolo vuoi?» sbotta lei, «Sono le nove del mattino!» dice, «È reato svegliare qualcuno così presto!» sbotta.
«Non credo.» replica Liam, «Svetlana?» domanda.
Lindsay sbuffa, «Dorme.» dice, «E stavo dormendo anche io.» continua, «Ciao.» dice e fa per chiudere la porta finestra ma Liam fa una cosa che nessuna persona sana di mente farebbe: la blocca. «Levati o ti do una sberla.» sbotta lei.
«Ma io voglio vedere Svetlana...» dice Liam.
«E io voglio dormire.» sospira lei.
«Ma la pianti di fare casino?»
«Non sono io, ma è il tuo ragazzo che rompe.» replica Linds girandosi verso il letto.
«Che... oh!» strilla Svetlana, «Ma sono le nove! È reato svegliare le persone così presto!»
«Amore!» cinguetta Liam mentre io vorrei solo scomparire. O del caffè. 
Svetlana appare accanto a Lindsay e fissa Liam, «Non pensavo che saresti venuto così presto.» dice, «Altrimenti mi sarei svegliata prima.»
«Io voglio dormire.» geme Linds, «La finite di fare i piccioncini?» sbraita mentre quei due si sbaciucchiano, «Qui c'è gente che non è ancora del tutto sveglia!» esclama, sospira e si volta. «Ho bisogno di un caffè.» borbotta, «Svetlana!» esclama voltandosi, «Io vado al cesso, tu che fai?» chiede.
Svetlana bacia la guancia di Liam, «Arrivo.» dice.
«Ryan?»
«Sì?» sorrido a Lindsay, felice che mi abbia rivolto la parola. E che non mi abbia ancora preso a calci.
«Prepara la colazione.» ordina, «Voglio i waffles.» dice, chiude la porta finestra e tira la tenda.
«Ma...» dice Liam girandosi verso di me, «Non mi ha fatto entrare!» si lamenta.
«Perché tu l'hai svegliata bruscamente.» replico e inizio a scendere le scale, «Vieni che mi aiuti a preparare la colazione.» esclamo.
«Ma... perché?» chiede Liam che evidentemente non ha ancora capito. «Lindsay odia essere svegliata quando può dormire, prepararle o offrirle la colazione è il minimo.» dico.
Liam sbuffa ma mi segue, «Ma io pensavo che mi facesse entrare.» sbuffa.
«Ringrazia il cielo che non ti abbia buttato giù dal balcone a calci in culo.» replico ed entro in casa.
«Dovrebbe fare più sesso, magari si rilassa.» esclama Liam seguendomi e spero che Lindsay non lo abbia sentito, altrimenti è la volta buona che lo picchia. «Lo avete fatto, vero?» chiede.
«Ovviamente.» rispondo, «Perché ti siedi?» chiedo, «Aiutami!» sbotto, «Dopo che mi hai tirato giù dal letto e svegliato Lindsay ti metti comodo?» continuo, «Prepara la tavola!» ordino.
Liam ride ma alza il culo dalla sedia ed esegue i miei ordini.
Venti minuti dopo Lindsay e Svetlana entrano in casa, Liam si avventa sulla sua ragazza e la bacia.
«Avresti potuto fermarlo.» dice Lindsay avvicinandosi a me e mi bacia la guancia.
«Non ho potuto fare nulla.» replico, «Ha svegliato anche me.» dico, «E non c'è stato verso di fermarlo.» sospiro e metto un paio di waffles in un piatto, «È cocciuto.» sbuffo.
Lindsay ride e posa il piatto sul tavolo, «Oh, lo so.» dice, «Ma avresti potuto tentare...»
Io verso la pastella nella piastra, «Ma se mi ha chiamato dicendomi di farlo entrare e, anche se gli ho detto che dormivate e che tu lo avresti buttato giù dal balcone, lui se ne è altamente fregato!» esclamo.
Lindsay ride e mi bacia la guancia, «Ero troppo sconvolta per pensare di buttarlo giù dal balcone.» dice e va a sedersi.
«Cosa facciamo?» domanda Liam mentre iniziamo a fare colazione.
«Io so che voglio farmi una doccia.» rispondo, «Perché qualcuno mi ha buttato giù dal letto e non mi ha dato il tempo di fare nulla.» dico e Liam ride e ho un'istintiva voglia di dargli un cazzotto.
Meglio non pensarci. Non posso fare una cosa del genere, manca poco all'evento del trentuno e non voglio che Liam si presenti con un occhio nero, anche se se lo meriterebbe, ma non credo che Carl sarebbe d'accordo con me.
«Possiamo guardare un dvd.» propone Svetlana.
«Un dvd?» sbuffa Liam e si riempe la bocca di waffle, «Pensavo di fare qualcosa d'interessante...»
«Scusaci tanto se noi siamo ancora addormentati mentre tu sei bello pimpante.» dico, «Come diavolo fai ad essere così dopo aver dormito pochissimo?»
«L'amore.» sospira lui, «Volevo vedere Svetlana.» dice, «Perché tu non avresti fatto la stessa cosa, per Lindsay?» chiede lo stronzo.
Sento gli occhi dei tre che mi osservano, sopratutto quelli di Linds che mi scrutano, inattesa di una risposta. «Bhe, io...» balbetto, sentendomi sempre più idiota, «Io mi sarei messo d'accordo, ecco.» dico, «Sull'orario dell'appuntamento.»
«Una sorpresa è più romantica.» sorride Liam.
«Non se mi butti giù dal letto.» ribatte Lindsay.
Liam ride, «Eddai, scusa.» dice e Lindsay sbuffa, poi mi guarda e mi sorride.
E io mi sento l'uomo più fortunato della Terra.

Ovviamente tocca a me e Lindsay mettere a posto, perché gli altri due si sono accomodati sul divano e non hanno nessuna intenzione di schiodarsi da lì.
Passo la tazza lavata a Lindsay che l'asciuga prima di metterla via.
«Ryan...» mormora, «Ma hai i capelli lisci?» chiede.
«Eh?» faccio io.
«Nel senso... non ti ho mai visto con i capelli senza gel.» dice, «Sono curiosa.»
Mi blocco, il piatto in mano, «Ah.» dico, «Bhe... te li farò vedere.» borbotto. Non capiterà mai, una cosa del genere.
Mai.
Sono troppo ridicolo se lascio i capelli al naturale e l'ultima cosa che voglio è che Lindsay mi prenda per il culo.
«Giura.» dice lei, le mani sui fianchi e l'aria di una che non ha la minima intenzione di cambiare idea.
Sospiro, «Lo prometto.» dico e le sorrido.
Lo fa anche lei, «Okay.» esclama, «Ci conto.» dice.
Eh, mi sa che mi toccherà farmi vedere in tutto il mio naturale splendore.
Merda, perché le ho detto di sì? Spero solo che se ne dimentichi. E in fretta, anche.
«Fra poco è il mio compleanno...» mormora lei, sorridendo, come se fosse consapevole di aver appena sganciato una bomba.
Inspiro piano.
Merda, me ne ero dimenticato! Un'altra volta.
E adesso... cosa le regalo?
Non ho nessuna idea.
Uffa. 

*-*-*

Perché? Perché? Perché Melanie deve venire a casa mia e rompermi i coglioni? 
«Che c'è?» sbotto mentre la guardo entrare dal cancello.
«Voglio vedere Ryan.» dice lei, «Voglio sapere perché ha smesso di seguirmi su Twitter.» piagnucola.
Chi ha deciso che a Natale bisogna essere più buoni non ha mai conosciuto Melanie, perché vorrei spaccarle la testa. «Te lo ha già spiegato.» dico.
Lei mi ignora e prosegue verso la dependance, «Voglio che me lo dica in faccia.» ribatte, «Io mi preoccupo! Non vorrei che fosse stato spinto da qualcuno.» dice e mi guarda per qualche secondo.
Ovviamente si riferisce a me, lo so. «Ryan è grande e può prendere le sue decisioni da solo.» dico seguendola, «Se non vuole che lo intasi con menzioni o DM è libero di smettere di seguirti o addirittura bloccarti.»
Melanie si blocca così improvvisamente che per poco non le vado a sbattere contro, «Bloccarmi?» squittisce girandosi verso di me, «No! Non può farlo!» strilla.
«Oh sì che posso farlo.» esclama Ryan aprendo la porta.
Melanie lo fissa, quasi sorpresa, «Io... io...» balbetta, «Perché?» chiede.
Ryan sospira e si appoggia con la spalla allo stipite della porta, «Perché mi rompi le palle.» risponde, «Perché sei peggio di un gatto rognoso attaccato ai coglioni.» continua, facendo impallidire Melanie sempre di più.
«Che cazzo vuole quella?» sbotta Liam ma non si alza dal divano di Ryan, «E che palle, però.» continua, «A me non dice nulla, eppure ho smesso di seguirla anche io.» dice cercando di assumere un tono offeso.
Melanie sbuffa, irritata, «Tu non conti.» esclama stringendo i pugni.
«Ah, non conto?» ride Liam, che si avvicina alla porta, «Quindi posso bloccarti, giusto?»
Melanie si blocca e gonfia le guance, «Stronzo!» strilla, «Sei uno stronzo!» ripete.
«Te ne vai?» sbotta Ryan, «Non puoi restare qui se offendi.» dice, «Anche se non offendi, eh.»
Melanie si gira di scatto e mi fissa, «Io ti odio.» dice, «È colpa tua.» esclama e figuriamoci se non avesse detto una cosa del genere, sbuffa e si allontana verso il cancello così la seguo, giusto per assicurarmi che esca sul serio e non si nasconda dentro qualche cespuglio... anche se è difficile nascondere l'evidenziatore arancione con quattro ruote e un volante!
Torno da Ryan e mi siedo sul divano, fra lui e Svetlana, «Che piaga.» sbotto, «Per fortuna non ci sarà il trentuno.» sospiro.
Melanie si è lamentata decine di volte su Facebook di questa cosa, ha aspettato due giorni prima di poter prendere uno dei pacchetti della serata e non li ha più trovati. Forse pensava che uno di noi l'avrebbe invitata. Stupida.
Lascio da parte il pensiero di Melanie La Piaga e dei suoi inutili piagnistei e mi concentro su quello che stiamo facendo, cioè nulla, a parte guardare film natalizi in tv, così mi sistemo meglio contro Ryan, le ginocchia piegate verso il petto, lui mi circonda le spalle con un braccio e mi bacia la testa.
Adesso sì che si sta bene.

***

«Ti calmi?» sbotto guardando Svetlana, «Sembri una bambina dell'asilo.»
Lei ride, «Oh, dai, è la prima volta che entro in una casa discografica!» dice.
Io fisso la segretaria che prepara il pass da visitatore per Svetlana, «Lo capisco, ma datti un contegno!» dico, «Sembri una bambina che ha mangiato troppi zuccheri!»
Lei si calma e posa le mani sul bancone, fissando la segretaria. «Non vedo l'ora di essere con... gli altri.» dice.
Io non replico, ringrazio la segretaria che ci consegna il pass e spingo Svetlana verso gli ascensori, «Ti ricordi cosa ti ho detto?» le dico mentre spingo il pulsante di chiamata.
«Sì.» sbuffa lei, «Mi ricordo.» dice, «Ma sarà dura...» sospira, «Però... uffa.» si lamenta incrociando le braccia al petto, «Non è giusto!»
«Sono gli ordini.» le ricordo e l'ascensore arriva, «E comunque è roba da un paio d'ore, poi saremo a casa e potrete fare tutto quello che volete.» esclamo ed entriamo in ascensore.
«Lo so, ma è ugualmente una palla.» sbuffa.
Restiamo in silenzio — anche perché c'è altra gente con noi — fino a quando non arriviamo al nostro piano. Appena Svetlana nota Liam fa per buttarsi contro di lui, ma si ricorda dei piani e si limita a un abbraccio. «Vado da Carl.» dico e noto che vengo praticamente ignorata da tutti: Liam e Svetlana parlottano a bassa voce, Chris e Aaron discutono di sport, Jake e Ryan parlano di non so cosa, così entro nell'ufficio e mi accorgo che il mio computer è ancora in riparazione. Non potrebbero darmene un altro, invece di farmi usare quello di Carl? La sua poltrona è scomoda!
«Quando mi riportano il pc?» domando gettando la borsa sul divanetto — che è di una scomodità assurda! —, «Sono stufa si usare il tuo.» mi lamento.
«A Gennaio.» risponde lui.
Io alzo gli occhi al cielo, «Mi pare logico che lo portino a Gennaio.» sbotto, «Ormai Dicembre è finito! Ma a Gennaio quando?»
«Entro il sette.» risponde lui e mi lascia il posto, chiude la porta che divide il suo ufficio da quel buco che dovrebbe essere il mio, di ufficio. Con uno sbuffo mi lascio cadere sulla sedia, pronta per inviare le email con gli ultimi dettagli per la serata di domani, oltre a un altro miliardo di cose da fare.
Ho bisogno di un'assistente, di una segretaria, mi andrebbe bene anche Snoopy, basta che mi porti del caffè.
«Ehi.»
Alzo gli occhi dallo schermo e sorrido a Ryan, che mi ha portato un cappuccino gigante. «Grazie.» esclamo e quasi gli strappo il bicchiere dalla mano, «Ne avevo bisogno.» dico dopo aver preso un lungo sorso.
«Non merito nulla?» dice lui e si mette dietro di me.
«Ti ho detto grazie.» replico, «Cosa vuoi di più?» chiedo.
«Lo sai.» dice lui, «Un bacetto mi andrebbe bene...»
Sospiro e lo guardo, «Non nell'ufficio di Carl.» dico, «Ci butterebbe fuori a calci.» esclamo.
«Ma no,» replica lui «io gli servo, eh!» continua.
Sento il suo respiro sul collo mentre fisso lo schermo, «Ryan...» sospiro mentre lui mi bacia il collo, «Mi distrai.»
«È quello che voglio.» ride lui, «E non mi hai ancora ringraziato per il cappuccino.» dice.
«Ma ti ho ringraziato.» replico.
«Ma non come intendo io.» soffia lui al mio orecchio.
«Siamo nell'ufficio di Carl.» gli ricordo ma non mi sposto, perché, dopotutto, è piacevole.
«E allora?» mormora lui, «È impegnato a mostrare alcune cose a Svetlana...» dice e continua a baciarmi il collo, salendo piano verso l'orecchio.
«Mi fai finire?» chiedo, «È la terza volta che leggo la stessa riga,» sbotto e lui ride «dammi due minuti,» continuo «poi sarò tutta tua.» prometto.
Ryan sbuffa, «Okay.» borbotta e si alza, dandomi modo di controllare di non aver scritto stupidate, di non aver fatto errori e di inviare le mail alle persone giuste.
«Fatto.» esclamo, prendo il cappuccino e lo sorseggio mentre faccio girare la sedia verso Ryan, «Per adesso ho finito.» dico e finisco di bere, mi alzo e butto il bicchiere nel cestino accanto alla porta. «Ryan!» strillo quando torno alla scrivania e lui mi abbraccia e mi fa sedere su di essa, «Ma sei matto?» strillo, «Ma che fai?»
Ryan, tanto per cambiare, ride, «Niente.» dice, «Voglio solo un bacio.»
«E devi fare tutto 'sto casino?» chiedo, «Siamo nell'ufficio di Carl, nel caso te lo fossi dimenticato.» gli ricordo per l'ennesima volta.
Ryan scrolla le spalle, «È solo un bacio.» dice e posa le mani sulle mie cosce, «Non dirà nulla.» continua e riprende a baciarmi il collo, «Fidati.» sussurra.
Mi limito a chiudere gli occhi e posare le mani sulle sue spalle, godendomi le sue labbra sulla mia pelle, labbra che si spostano sulla mia bocca mentre le sue mani scivolano sotto la mia gonna.
«Perché hai messo questi?» borbotta lui toccando i leggins bianchi.
«Perché mi piacciono.» rispondo ad occhi chiusi.
«Sono di troppo.» borbotta Ryan.
«Non fate sesso sulla mia scrivania.»
Per poco non cado per terra quando Ryan si scosta bruscamente da me, «È colpa sua!» esclamo guardando Carl, che ci fissa dalla soglia, «Io glielo avevo detto!» dico, «L'avevo detto che questo è il tuo ufficio è non era il caso!» esclamo.
Carl fa un passo avanti senza smettere di guardarci, «Da quando?» si limita a chiedere.
«Da una settimana.» risponde Ryan, «E comunque lei c'è stata, è anche colpa sua!» aggiunge.
Carl scoppia a ridere, «Okay, okay.» dice, «Sono felice per voi.» aggiunge con un sorriso, «Però per voi valgono le stesse regole di Liam e Svetlana.» dice.
«Lo sappiamo.» esclamo.
«Ne avete solo una in più.» dice Carl, «Non fate sesso nel mio ufficio!» sbotta, «Né ora, né mai!» grida, «Adesso uscite!» ordina e noi eseguiamo.
«Cosa avete combinato?» domanda Jake quando raggiungiamo gli altri nella zona relax.
«Ma, niente di che.» risponde Ryan scrollando le spalle.
«Carl ci ha beccato che ci baciavamo.» dico io, «Sulla sua scrivania.» aggiungo.
«Oh, mio Dio.» esclama Chris, «Lo sanno tutti che la scrivania di Carl è sacra!» dice e scoppia a ridere, «Ma come vi è saltato in mente di fare una cosa del genere?» sghignazza.
«La colpa è sua.» dico indicando Ryan che sbuffa.
«Sempre colpa mia.» sbuffa incrociando le braccia, «E comunque non ci ha fatto niente,» mi dice «e tu che pensavi che ci avrebbe buttato fuori a calci!» esclama e ride.
«Ero sul punto di farlo, ma mi servi intero per domani.»
Ryan avvampa e si volta verso Carl, «Ah, beh, sì, ecco.» borbotta, «Hai ragione.» dice. È adorabile quando arrossisce! Gli tocco la testa, chiedendomi quando mi farà vedere i capelli al naturale. Lui si scosta, «Non toccarmi i capelli.» borbotta, «Non lo sopporto.»
Io rido, «E dai, ricordati quello che mi hai promesso.» gli ricordo.
Ryan mi osserva, «Mi ricordo.» dice, «Ricordo anche che ti ho detto che lo farò.»
Io sbuffo e incrocio le braccia al petto. Davvero, non capisco perché non si faccia vedere con i capelli lasciati al naturale, senza quintali di gel e lacca. Insomma, sono capelli! Non saranno così orribili! «Sono curiosa.» dico.
«Guarda che anche noi lo abbiamo visto pochissime volte senza tutto quel gel.» dice Chris, «Mettiti il cuore in pace.»
Io sbuffo, di nuovo. «E che palle.» borbotto. Ma... uffa. Lui è entrato nella mia stanza e mi ha visto nuda — e devo ancora capire perché sia entrato —, mi ha visto con il trucco sfatto, senza trucco, con i capelli in disordine... mi ha visto con i bigodini in testa!
Santo Cielo, mi ha visto con i bigodini in testa e io non posso vederlo con i capelli lasciati asciugare naturalmente? Cos'ha, i capelli di uno che ha appena preso la scossa? Sono davvero così orribili?
Sono curiosa!

***

Ansia.
Ansia, ansia, ansia ansia e ancora ansia.
E anche terrore.
Oltre la grande porta di legno — finto legno, perché dentro è piena di acciaio — ci sono le duecentocinquanta ragazze.
Loro saranno pure pronte, ma non io.
Come farò a tenerle a bada? A farmi ascoltare? Ad evitare che si fiondino su Ryan e gli palpino il culo?
Ho bisogno di un calmante.
O di una botta in testa.
O di tutte e due.
«Pronta?» mi chiede Carl.
«Mhm...» biascico, «No.» rispondo e lui ride. Sto ricominciando ad odiare tutti.
«Dai,» ride «andrà tutto bene.» esclama, «Basta che ti rilassi!»
Eh, fosse facile! «Certo.» borbotto, «Adesso mi rilasso.» mento, Carl mi fissa, sorride e ride, come se non mi credesse. Bhe, ha ragione.
«Bugiarda.» ride, «Fai un bel respiro profondo e vedrai che andrà tutto bene.»
Io sbuffo, sospiro e mi accascio sulla sedia più vicina mentre Svetlana torna dal bar con un caffè.
«È decaffeinato.» mi dice.
«Mi fa schifo.» commento ma lo bevo lo stesso.
Allora, ricapitoliamo: cinquanta persone avranno la cena e si siederanno nei tavoli davanti al palco, cinque tavoli da otto persone e uno da dieci. Loro potranno farsi delle foto singolarmente con i ragazzi.
Altre settanta persone avranno solo da bere e qualche stuzzichino — anche se qualche non è il termine corretto: ogni tavolo ha abbastanza stuzzichini da sfamare quindici persone — e sono divisi allo stesso modo; le restanti centotrenta resteranno in piedi, dietro i tavoli, lontane qualche metro dal palco, o si sistemeranno sui divanetti — se trovano posto, ovvio —, e avranno solo da bere, oltre le patatine e i salatini che riceverebbero se fosse una serata qualsiasi.
Questi gruppi, se ci riusciranno, faranno le foto nell'ora dopo il concerto. Tutte quante riceveranno la foto autografata e il portachiavi in esclusiva; tutte avranno lo spumante a mezzanotte e una fetta o di pandoro o panettone. Tutte saranno felici e contente.
E io avrò una crisi isterica.
Faccio un respiro profondo e mi impongo di rilassarmi ma invece mi volto e cammino verso il retro.
«Dove vai?»
«Ehm... a vedere come se la cavano gli altri.» mento.
«No, tu vai da Ryan.» ride lui.
Sbuffo e lo ignoro, entro nel salottino e mi lascio cadere sul divano. «Come va?» chiede Ryan, «Ormai è tutto pronto.» dice, «Tu sei pronta?»
Io lo fisso, «Vuoi un pugno?» ribatto, «Non vedi che sono nervosa?» sbotto.
Ryan ride, «Tu, nervosa?» chiede, «Dovremmo essere noi quelli nervosi, non tu.»
Lo prenderei a sberle, «Oh taci.» dico, «Tu canti e suoni, io devo assicurarmi che si mettano al posto giusto e che non facciano danni.» spiego, «Non è mica semplice, sono assatanate!» esclamo.
Ryan ride, mi abbraccia e mi bacia la testa, «Andrà tutto bene.» dice.
Io sbuffo di nuovo, «Uhm, lo spero.» borbotto. «E tu fai il bravo.» dico, «Non farti palpare troppo, altrimenti ti picchio.» dico.
Ryan ride ancora, «In questo caso non sarebbe colpa mia!» esclama e mi tocca la schiena, «Sei tesa.» dice.
«Lo so.» borbotto e chiudo gli occhi quando lui inizia a massaggiarmi il collo, «Ma è normarle.» dico, «Credo.» aggiungo.
Rimaniamo in silenzio per diversi minuti, fino a quando Carl non mi viene a chiamare, dicendo che dobbiamo far entrare il primo gruppo. Sospiro e mi alzo piano, bacio le labbra di Ryan e mi allontano, pronta per gettarmi nella fossa dei leoni.

«E voi...» guardo le ultime otto ragazze in piedi, che mi osservano, eccitate, «Sedetevi lì.» dico indicando l'unico tavolo libero davanti al palco; mi giro verso il tavolo rettangolare contro il muro e faccio cenno a Svetlana di raggiungermi, «Aiutami.» dico e, insieme, iniziamo a distribuire le foto e i portachiavi.
«Tu sei quella di New York?» le domanda una ragazza con due tette enormi, sembrano due meloni troppo cresciuti, quasi sul punto di esplodere.
Svetlana la fissa, sorpresa, «Io... sì.» risponde e proseguiamo a distribuire i due regalini, mentre spiego, tavolo per tavolo, quello che succederà fra pochi minuti: «Salirete una per una sul palco e farete le foto con il gruppo.»
«Comportatevi bene: potete abbracciarli, baciare le loro guance ma non saltategli addosso!» aggiungo, “E tenete giù le zampe da Ryan!” vorrei aggiungere ma non posso farlo.
Dio, la gelosia mi ucciderà.
«Le foto saranno sul sito entro la serata del due Gennaio.» finisco di spiegare, «Buon divertimento.» dico prima di trascinare Svetlana nel salottino, per dire ai ragazzi di muovere il culo e sbrigarsi a fare queste foto.
Prima iniziamo, prima finiamo. E magari non mi verrà un'ulcera dal nervoso: bacio Ryan prima che esca dalla porta, «Se ti palpano mandale via.» mormoro al suo orecchio.
Lui, lo stronzo, ride e segue gli altri, mentre le cinquanta galline... cioè, le cinquanta ragazze urlano così tanto da farmi pensare che le abbiano sentite persino dall'altra parte della città.
I cinque salgono sul palco, si sistemano in un angolo, davanti a un telo nero, che verrà levato subito prima del concerto, in ogni caso, nella parte superiore è appeso un filo di lucine colorate e stelline e palline.
Appena il fotografo, di cui mi sono già scordata il nome, mi da l'okay, faccio salire le ragazze una a una.
«Le ucciderei.» borbotta Svetlana passandomi un bicchiere di Guinness. «Guarda come lo sta toccando!» si lamenta, «Lo sta toccando troppo.» sbuffa, «Adesso la uccido.» dice.
«Stai calma.» borbotto sorseggiando la birra, «Se la uccidi poi vai in galera.» le ricordo.
Lei sbuffa e beve la sua birra, «Tu come fai?» domanda.
«Fingo.» rispondo, «E comunque lui mi ama.» dico, «Io di lui mi fido, è di quelle che non...» scrollo le spalle.
Dopo un ora e mezza tutte le ragazze hanno fatto le foto, «Fra una mezz'ora inizieremo a distribuire la cena.» annuncio ma mi accorgo che non mi hanno ascoltato, anche se ho usato il microfono, che è acceso. «Ascoltatemi!» urlo e loro si bloccano, «Fra mezz'ora vi porteremo la cena, fra qualche minuto, invece, vi porteremo l'aperitivo.» dico, «Quindi sedetevi e godetevi la serata.» sorrido, spengo il microfono e scendo dal palco, fiondandomi al tavolo dove io, Svetlana, Carl e gli altri mangeremo — e per altri intendo i due fonici, il fotografo e i suoi assistenti —, Ryan e gli altri hanno già mangiato un paio di ore fa.
A parte che fra un'ora dovrò alzare il culo per far entrare il secondo gruppo, sistemarlo, per poi far entrare il resto delle ragazze.
Sarà una lunghissima serata.
E la passerò lontana da Ryan. Il nostro primo Capodanno insieme e lui lavora. Che sfiga.

***

«Ma hanno preso qualche eccitante?» sbotta Svetlana osservando le ragazze che ballano, urlano, saltano mentre Ryan e gli altri cantano e suonano.
«Finché rimangono lì non ci sono problemi.» dico.
«Voglio andare anche io sul palco con loro.» sbuffa la mia migliore amica, «Invece ce ne stiamo qui, in un angolino, come se fossimo in castigo!»
«Già.» dico e trangugio il mio cocktail, «Manca poco a mezzanotte e non potrò baciare Ryan, perché non posso, perché lui è lì e io sono qui.»
I camerieri iniziano a distribuire i bicchieri per lo spumante ad ogni avventore, e li danno anche a me e Svetlana.
«Oh, finitela.» borbotta Carl, «Sono lì, non sono andati in guerra!» ride.
Ormai mancano due minuti allo scoccare della mezzanotte e io mi sento come Cenerentola. Una Cenerentola quasi ubriaca.
Il cameriere che ha portato i bicchieri e la bottiglia di spumante a Ryan e gli altri ci raggiunge, dicendoci che Ryan ci vuole tutti e tre sul palco.
Io mi limito a girarmi verso Ryan, che ci sta osservando con un sorriso, così saliamo sul palco, io fra Ryan e Carl, Svetlana fra Liam e Jake.
Il conto alla rovesce parte e quando arriva a zero e scocca la mezzanotte Ryan, Jake e Chris stappano le bottiglie di spumante.
«Auguri.» dice Ryan al mio orecchio e versa lo spumante nel mio bicchiere, «Ti amo.» mormora.
Io mi limito a sorridere mentre una pioggia di carta lucida e colorata cade su di noi, sento i “click” delle macchine fotografiche che scattano foto e sento la mano di Ryan sulla mia schiena.
Dov'è finita la bottiglia? Ah, ecco, ce l'ha Carl.
Mi muovo piano, ondeggiando sul posto.
Dio, non posso aver bevuto così tanto. O sì?
Dopo il brindisi di rito io, Svetlana e Carl scendiamo dal palco, per lasciare ai ragazzi la possibilità di suonare le ultime due canzoni, prima che si scateni il caos. Il caos causato da tutte quelle che vogliono una foto con loro, che vogliono abbracciarli, baciarli, giurargli amore eterno... mando giù un altro bicchiere di spumante, perché sì. E perché tanto domani non si lavora e perché comunque torneremo a casa in taxi. O con un auto messa a disposizione dalla casa discografica. Una delle due, insomma.
«Quando finirà questa tortura?» borbotta Svetlana al mio orecchio e io sento il suo alito che profuma di fragola e alcol.
«Ancora un'ora.» sospiro, «Una lunghissima ora.» dico.
Le due canzoni finiscono, i ragazzi scendono dal palco, avanzano, salutando le fans, fermandosi a fare foto, ad abbracciare, a farsi sbaciucchiare.
Se avessi una bomba, o anche solo una fialetta puzzolente, la butterei contro di loro. Sono vicine, troppo vicine a Ryan. Una di loro gli tocca il culo mentre lo abbraccia e io vorrei darle uno schiaffo. Ma anche due o tre.
Spaccarle la faccia.
Uno dei camerieri mi si avvicina, «C'è una certa Melanie...» dice.
«Cosa?» esclamo, «E che cazzo vuole?» chiedo.
Lui alza le spalle, «Entrare, suppongo.» dice, «Sta litigando con i buttafuori perché dice che tu le avevi detto che poteva entra-»
Non gli lascio finire la frase che me ne vado, diretta verso La Piaga.
Non le permetterò di rovinare questa serata. Oltrepasso una delle salette, dove alcuni quarantenni si stanno comportando peggio di un branco di scimmie sotto steroidi — uno di loro si è legato la cravatta attorno alla fronte e ha la camicia mezza fuori e mezza dentro i pantaloni e balla, agitando il sedere come se avesse uno scorpione attaccato ai testicoli — e raggiungo l'ingresso.
«Che cazzo vuoi?» abbaio appena scorgo Melanie che, tanto per cambiare... piange.
«Mi fai entrare?» singhiozza lei.
«No.» rispondo e sbuffo, «No, no e ancora no!» dico.
«Per favore...» piagnucola quella, «Voglio vederli...»
La fisso mentre passa la mano sul viso, spalmando matita e mascara nero e ombretto blu e argento su tutta la faccia chiazzata di rosso. Arancio e rosso. Arancio? Che ha fatto? Ha usato un auto-abbronzante scaduto tre anni fa? «Dovevi pensarci prima, cocca.» ridacchio, «Potevi prendere i biglietti quando sono usciti.» dico e prendo il cellulare che avevo infilato nella scollatura — non ho tasche! — e le scatto un paio di foto, giusto per giustificare la ridarella che mi prenderà non appena le volterò le spalle.
«Ma io pensavo che mi invitaste.» dice lei e mi osserva, gli occhi sgranati circondati dal trucco sbavato che la fa assomigliare a un panda. Un panda con la pelliccia arancione, «Lo avete sempre fatto.» dice.
Io sbuffo, provo a rimettere il cellulare dov'era prima ma i miei movimenti sono troppo goffi quindi ci rinuncio; alzando il viso scorgo delle ragazze dall'altra parte della strada, un grosso cartellone bianco in mano, con scritto che sono lì per Ryan e gli altri. Che carine! Alzo una mano e le saluto, prima di guardare Melanie che mi fissa come se volesse ammazzarmi.
Bhe, ci ha già provato.
«Adesso non possiamo più farlo.» dico.
Lei singhiozza, «Ma Svetlana è li con te.» dice e si passa le dita sugli occhi, spargendo ancora di più il trucco, «Non è giusto!» strilla.
Io sbuffo, «Lei è la mia migliore amica, e quelli della casa discografica lo sanno e hanno fatto un'eccezione per lei.» spiego. «Ciao.» aggiungo e mi volto, dico al buttafuori di non farla entrare e torno dentro.
«Cosa voleva?» mi chiede Svetlana. In risposta le mostro la foto, «Ma che...» dice e scoppia a ridere, «Ha la faccia arancione!» sghignazza e anche io rido.
«Siete sceme?» ci domanda Carl, così ci ricomponiamo e gli mostro la foto di Melanie e lui trattiene una risata.
Finalmente, dopo quella che mi pare un'eternità, i ragazzi salutano le fans e se ne vanno nel salottino, aspetto giusto il tempo di finire il mio bicchiere e poi li seguo. Non faccio in tempo a chiudere la porta dietro di me che Ryan mi afferra e mi stringe prima di baciarmi.
«Ryan.» ansimo quando si allontana, «A momenti mi fai soffocare.» dico e lui ride.
«Era tutta la sera che volevo farlo.» dice e mi bacia la fronte.
«Fagliela vedere!» strilla Svetlana, «Falla vedere! Falla vedere!» grida, staccandosi da Liam.
Ah, sì. Infilo la mano nella scollatura — alla fine sono riuscita a mettere lì il cellulare — e sento Ryan che mi fissa, «Linds?» chiede, «Non spogliarti davanti a tutti!» strilla.
Io rido e prendo il cellulare, «Non voglio spogliarmi.» dico e faccio un passo indietro, sentendo i piedi che mi fanno sempre più male. Oh, ma io ho le scarpe di ricambio! «Volevo solo prendere il telefono.» dico, «Ecco, Melanie prima era fuori e le ho fatto una foto.» dico cercando di non ridere. Svetlana, invece, scoppia a ridere e si appoggia allo schienale del divano.
Seleziono le foto e mostro agli altri.
«Ha la faccia arancione!» esclama Chris. «Perché?» chiede.
«Perché si trucca se sa che poi piange? Non è inutile?» borbotta Jake, «E non esiste quel trucco che usano le spose?»
«Waterproof.» dice Svetlana, «Sì, dovrebbe usare quello ma...» scoppia di nuovo a ridere.
«Che idiota.» si limita a commentare Liam mentre Aaron sospira e scrolla la testa.
«È qui?» chiede Ryan, «Di fuori?» domanda e io annuisco, «Non entrerà, vero?»
«No.» rispondo, «Ho dato ordine di non farla entrare per nessun motivo.» lo rassicuro e lo bacio.
«Non hai bevuto un po' troppo?» chiede Ryan quando un cameriere entra per chiedere cosa vogliamo bere con la torta.
«No.» rispondo e mi allontano piano da lui.
«Stai andando storta.» replica Ryan Il Guastafeste.
«Non è vero.» ribatto. Sì che è vero, però... «Mi fanno male i piedi.» aggiungo, «Vado a cambiare le scarpe.» dico, afferro Svetlana e vado nel bagno del personale con lei.
Torniamo nel salottino dopo cinque minuti e io mi sento meglio, con i miei stivaletti bassi. 
«Non è colpa delle scarpe.» dice Ryan quando lo raggiungo, «Vai ancora storta.» ride.
«Oh, taci.» borbotto sedendomi accanto a lui, «È stata una lunga giornata.» dico a poso la testa sulla sua spalla, «Ho dovuto sopportare quelle galline che allungavano un po' troppo le mani.»
Ryan ride ancora e io lo colpisco sulla coscia, «Non è colpa mia.» si giustifica, «Io cercavo di spostarmi ma loro erano tante e sembravano avere mille mani.»
Io sbuffo e rimango in silenzio mentre due camerieri portano la torta — già tagliata a fette — e le bevande nella stanza.
«Vodka?» dice Jake, «Chi l'ha ordinata?» domanda e Svetlana alza la mano con un risolino.
«Non mischiare.» esclama Ryan rivolgendosi a me.
«Tanto lo so che mi accompagnerai su per le scale.» dico, «E Liam porterà Svetlana in camera mia.»
«In camera tua?» dice lui, «Cosa? No!» esclama, «Io non voglio che quei due lo facciano nel tuo letto!» sbotta, «Se vogliono lo fanno nel mio, di letto.»
«Ma... perché?» chiedo prendendo il piattino con la fetta di torta, «Poi cambio le lenzuola, eh.» dico.
«Ma non è per le lenzuola.» ribatte lui, «Non voglio e basta.» dice e incrocia le braccia al petto, «No. Mi fa senso.» dice, «Io e te nel tuo letto, loro nel mio, okay?»
Io mi limito ad annuire. Un letto è un letto, dopotutto. E io incomincio ad avere sonno.
«Non è la prima volta che non ti fa dormire nel suo letto.» ride Liam.
Ha ragione. «Ha ragione!» esclamo, «Quando sono rimasta chiusa fuori casa mi hai fatto dormire sul divano!» ricordo.
«Oh, ma lui non voleva.» ride Liam.
«Che cosa?» chiedo.
«Liam!» esclama Ryan, «Sta zitto.»
«Che cosa?» ripeto.
«Che lui, in realtà, voleva che dormissi nel suo letto.» dice Liam prima di alzarsi e scappare via da Ryan che lo insegue.
«Io non ho capito.» dico, «Volevi che dormissi nel tuo letto?» domando a Ryan, «E allora perché mi hai fatto dormire su quel cazzo di scomodo divano?» urlo.
«Perché lui pensava che tu capissi» Liam s'interrompe, ride e scappa di nuovo, «che lui ti voleva nel suo letto.» finisce di dire.
«Che cosa?» sbotto. «Ryan!» esclamo e lui si ferma e mi guarda. «Tu volevi che mi infilassi nel tuo letto, insieme a te?» chiedo.
Lui tossisce, si passa una mano sui capelli, si riempe il bicchiere con della vodka e la manda giù in un solo sorso, «Bhe... sì.» mormora.
«E dovevo arrivarci così, da sola?»
«Sì.»
Mandò giù il pezzetto di Saint Honoré, butto giù un sorso di vino bianco e prendo un respiro profondo. «Idiota.» sbotto, «Pensavi che ti avrei letto nel pensiero?» borbotto.
«Sì!» ride Liam prima che Svetlana lo afferri per un polso e lo faccia sedere sul divano con uno strattone, «Credeva che ci arrivassi da sola!» esclama prima che Svetlana gli urli di stare zitto perché vuole sentire.
«Vieni qui, idiota.» dico a Ryan, «Sono troppo stanca per darti uno schiaffo.»
Ryan si avvicina e si siede, riprende in mano il piattino con la torta e mi guarda, «Scusa.» dice, «Mi dispiace.» mormora sfoderando il suo miglior sguardo da cucciolo abbandonato e lo sa che non riesco a resistere. Lo fa apposta, secondo me.
Sospiro, mangio ancora un po' di torta, bevo un po' di vino, «Okay.» dico e lui mi sorride e mi bacia.
Lo amo anche se è un completo idiota. Come può pensare che io gli legga nel pensiero? Io pensavo che fosse stronzo e basta!
Però... «Liam,» chiamo il tastierista, che è impegnato a imboccare Svetlana.
«Sì?» fa lui, la forchettina da dolce in mano.
«Quando tue e Ryan ci avete riaccompagnato a casa, poi dove hai dormito?» chiedo.
«Da Ryan.» risponde.
Alzo gli occhi il cielo, «Lo so.» dico, «Ma dove? Sul divano, per terra, nella vasca da bagno...»
Liam abbassa lo sguardo, poi mi fissa, «Nel suo letto.» dice, «Io gliel'ho detto che è cretino!» esclama, «Ma lo sai che è imbecille.» ride.
«Ehi!» sbotta Ryan, «Io sono qui!» borbotta e io rido.
Ho già detto che lo amo anche se è idiota? «Lo immaginavo.» dico e do un bacio a Ryan.
Lui diventa rosso, «Avete finito di prendermi per il culo?» domanda affondando la forchettina nella torta.
«Bhe, sei tu che te le cerchi!» ride Aaron e mi chiedo se abbia sentito Melanie in questi giorni, se lei lo abbia supplicato di farla entrare e cosa lui le abbia eventualmente risposto.
Alla fine mi accorgo che non me ne frega un tubo, non voglio pensare alla Piaga e rovinarmi questa serata che è una delle più belle della mia vita. Anche se ho lavorato, anche se non ho baciato Ryan allo scoccare della mezzanotte, anche se ho dovuto vederlo sommerso dalle fans dalle mani lunghe, sono felice. E impedirò a chiunque di rovinarmi questa sensazione che mi avvolge.

È quando vado verso il bagno che mi accorgo che si sente la musica che il dj ha deciso di mandare, così mi dirigo verso destra invece che a sinistra. E mi basta un niente per riconoscere quella canzone.
Gli Aerosmith, I don't wanna to miss a thing.
Fisso la porta che separa la zona privata dal resto della sala e grido quando mi sento afferrare, girare e stringere. «Ryan.» gemo, «Mi stai stritolando.» gli faccio notare.
«No.» replica lui, «Questa volta non mi scappi.» mormora nel mio orecchio e io sorrido, «Non scappi.»
«Uhm, okay.» rido, felice. «Ma mi stai stritolando sul serio.» dico, «Non riesco a respirare.»
Ryan allarga l'abbraccio e mi sfiora la schiena, iniziando a dondolare piano a destra e a sinistra, poso la guancia sulla sua spalla, la fronte contro il suo collo, la sua pelle calda contro la mia. 
Gli sfioro il collo con le dita, godendomi le sue mani che mi accarezzano la schiena, la sua voce che canta piano la canzone nel mio orecchio e continuo a darmi della stupida per essere scappata quella volta in discoteca.
È tutto così meraviglioso e perfetto che resterei qui per sempre.
Lentamente giriamo e apro gli occhi, fissando l'angolo del muro e lo stipite della porta, «Se qualcuno apre la porta ci prende in pieno.» mormoro.
«Ma no.» replica lui e mi bacia il viso.
«Secondo me sì.» dico e Ryan si allontana di un passo dalla porta, trascinandomi con sé.
«Contenta?» ride.
«Sì.» sospiro, felice, e chiudo gli occhi, godendomi questo momento.
La canzone finisce e Ryan si allontana un poco da me, le sue mani sui miei fianchi. Io gli tocco il viso, gli sfioro le labbra con la punta delle dita. «Sai di zucchero.» dice.
«Bhe, ho mangiato i dolcetti di sfoglia ed erano pieni di zucchero.» gli ricordo, «Mi sarei lavata le mani se qualcuno non mi avesse fermato...»
Ryan si blocca, «Mi hai sporcato la camicia di zucchero?» domanda e io scrollo le spalle. «Lindsay!» esclama.
Rido, «Bhe, non è colpa mia.» mi giustifico e gli sfioro il viso, «Adesso posso lavarmi?» chiedo e lui annuisce. Entriamo nel bagno del personale, fermandoci nell'anti-bagno dove ci sono i lavandini. Mentre mi lavo le mani sento dei rumori strani — come se qualcuno picchiasse la mano contro la porta di legno — provenire da uno dei bagni ma non ci faccio troppo caso, fino a che non sento un gemito bello forte. Guardo Ryan che si limita a sorridere.
«Qualcuno si starà divertendo.» ride.
Mi mordo le labbra per impedirmi di ridere e mi asciugo le mani.
«Liam!»
Fisso Ryan, sconvolta. Svetlana e Liam lo stanno facendo a qualche metro da noi! È così imbarazzante...
I rumori e i gemiti continuano e Ryan si china e mi indica una delle tre porte. Mi abbasso anche io, spio dallo spazio che c'è fra la porta e il pavimento e vedo i piedi di Liam. Bene, perfetto! Lo stanno facendo in piedi contro la parete. Mi copro la bocca con la mano mentre Svetlana esclama il nome di Liam e io e Ryan usciamo; una volta in corridoio scoppiamo a ridere.
I due hanno già inaugurato l'anno nuovo.
Torniamo nella nostra saletta e spiattelliamo il tutto agli altri, che ridono.
«Cosa c'è di divertente?» domanda Liam rientrando. Chissà se si è accorto di avere la cerniera dei jeans aperta...
«Oh, niente.» risponde Ryan, «Però, ragazzi... dovreste fare meno casino.»
Svetlana sbianca e si nasconde dietro Liam che diventa di un'adorabile rosso.
«Potevate aspettare di andare a casa!» ride Chris.
«E tu quand'è che chiederai a Clara di uscire?» domanda Liam riprendendosi.
Sul viso di Chris si dipinge un sorriso vittorioso, «Oh, già fatto.» dice, «E tu quand'è che tirerai su la cerniera?» domanda.
Liam avvampa di nuovo e si sistema fra uno scroscio di risate.
«Avete sentito tutto?» pigola Svetlana sedendosi al mio fianco.
«Pochi secondi.» la rassicuro. Pochi secondi che sono stati pure troppi.
Lei si copre il viso con le mani, «Che imbarazzo.» mormora, le do qualche pacca affettuosa sulla schiena.
«Cose che capitano.» dico e mi blocco quando capisco le parole di Chris, «Hai chiesto a Clara di uscire?» domando.
Lui annuisce, «Sì.» risponde.
«Lo sai che...» dico.
Chris sbuffa e si scola un bicchiere di vino. Ho l'impressione che i nostri fegati non siano molto d'accordo, in questo momento. «Lo so, lo so.» dice. «Infatti le ho proposto di vederci qui, una di queste sere.» continua, «Se ce ne stiamo qui, nella saletta, non ci sono problemi.» dice, «Giusto?»
Io mi limito ad annuire, «Va benissimo.» dico.
Riprendiamo a chiacchierare, a bere, a essere felici.
Che è quello che conta, alla fine.

All'alba delle quattro di mattina, l'auto messa a disposizione dalla casa discografica ci lascia a casa mia. Ryan fa entrare Liam e Svetlana, «Quando ti svegli e vuoi uscire chiamami così disinserisco l'allarme.» dice e chiude la porta mentre io cammino piano verso la porta d'ingresso.
«Tutto okay?» mi chiede mentre infila la chiave nella toppa.
«Sì.» sbadiglio ed entriamo, mentre lui è impegnato con il pannello d'allarme io vado verso le scale e all'improvviso mi sembrano troppo alte, troppo grandi, troppo lunghe. Mi siedo sul primo gradino e levo gli stivaletti.
E se salissi a quattro zampe? La stanza sta iniziando a girare troppo velocemente.
«Linds... che fai?»
«Salgo le scale.» rispondo posando le mani sul secondo grandino, Ryan ridacchia e mi aiuta ad alzarmi in piedi. Arriviamo in cima dopo un'eternità e Ryan mi solleva, «Che fai?» chiedo, gli occhi che si chiudono.
«Ti porto in camera.» risponde lui e poco dopo mi posa sul mio letto. Con un gemito mi metto a sedere, «Ti senti bene?» mi chiede.
«Sì.» rispondo e poso i piedi sul pavimento.
«Linds... se devi vomitare dimmelo.» mormora dolcemente lui.
«Non devo vomitare.» dico e mi avvio verso il bagno.
«Linds...» sospira lui, «Guarda che non mi fa schifo.» dice ma un qualcosa della sua espressione mi suggerisce il contrario.
«Devo solo fare pipì.» mormoro ed entro in bagno.
Torno in camera dopo qualche minuto, con indosso solo una maglia di due taglie più grande; sbadigliando mi infilo sotto le coperte.
«Hai sonno?» domanda Ryan e mi bacia la fronte, «Arrivo subito.» soffia.
Io mi sistemo meglio, sdraiandomi sul fianco e tirando le lenzuola fino al naso. Sono distrutta, ho sonno e voglio dormire. Ho gli occhi chiusi quando Ryan torna in camera e sono mezza addormentata quando lo sento sdraiarsi accanto a me e abbracciarmi.
E poi mi addormento.

*-*-*

«Allora, vai ad aprirgli?»
Mi giro verso Lindsay che sbadiglia, poi guardo fuori dalla porta finestra. Liam è nella mia stanza, che si sta agitando perché sto impiegando troppo tempo per andare ad aprirgli. «Ancora due minuti.» rispondo, è così divertente vederlo agitarsi come un cretino! Almeno non si è svegliato alle nove. Adesso sono quasi le due del pomeriggio. Io mi sono svegliato un paio di ore fa e ho avuto tutto il tempo di lavarmi, sistemarmi i capelli e recuperare qualche vestito che avevo lasciato qui e che la signora Mars ha gentilmente lavato.
Linds sbuffa, «Io voglio del caffè!» sbraita, «Vai!» ordina. Io rido e vado a liberare quei due.
A giudicare da com'è sfatto il letto, direi che ci hanno dato dentro. Forse mi conviene cambiare anche il materasso oltre che le lenzuola. E magari dare una passata con l'ammoniaca a ogni singola superficie. Non si sa mai.
«Volevi farmi aspettare ancora un po'?» sbotta Liam, «E hai la dispensa vuota!» dice, «Neppure un misero biscotto ho trovato.» borbotta mentre entriamo nella stanza di Lindsay.
«Devo fare la spesa.» esclamo.
Scendiamo le scale, «I quattro cavalieri dell'apocalisse con il dopo-sbornia!» ride Greg, seduto sul divano, geme e si prende la testa fra le mani.
«Non siamo i soli.» ribatto e mi stupisco di averlo fatto, Greg mi fissa, sorpreso, poi Brenda — che sta giocando con Cam — scoppia a ridere e dice che se l'è cercata.
Entriamo in cucina, dove la signora Mars ha preparato il caffè e ce lo versa in alcune tazze. Lindsay ci aggiunge un po' di zucchero e della panna montata, lei ci chiede se vogliamo delle uova e del bacon ma rifiutiamo tutti quanti, invece accettiamo volentieri degli enormi, grossi e grassi bomboloni alla crema, che trasudano trigliceridi e colesterolo da ogni poro. Ma chissenefrega, hanno un aspetto buonissimo ed è meglio che mi sbrighi a prenderne uno prima che Lindsay se li faccia fuori tutti.
«Pensavo che non avessi molta fame!» esclamo.
«Ho cambiato idea.» replica lei con le labbra sporche di zucchero e ho voglia di baciarla. E mi ritorna in mente quel momento vissuto sole poche ore fa, quando abbiamo ballato quella canzone che dovevamo ballare settimane fa.
Direi che è stata un'idea geniale chiedere al dj di mettere quella canzone. Meriterei un premio.
«Zia! Zia!» trilla Cam entrando in cucina con un cestino in mano, prende quella che sembra una grossa caramella e la porge a Lindsay, «Tieni.» dice.
Lindsay la prende, accarezza la testa del bambino, «Grazie!» gli dice e lo scarta, rivelando quelli che sembrano due biscotti cicciotti con in mezzo della crema al cioccolato. 
Cam si avvicina a me, «Ryan.» mi chiama e mi porge il dolcetto, non faccio in tempo a ringraziarlo che lui è già corso da Svetlana, «Tata,» la chiama «tieni.» gli sorride e lei lo ringrazia. Il bambino ride e si ferma davanti a Liam. Fissa l'ultimo dolcetto nel cestino, guarda lui, «Per te.» dice e e quasi lancia il biscotto a Liam per poi andarsene.
«Perché a me lo ha quasi tirato addosso mentre a voi lo ha dato in mano?» si lamenta Liam.
«Perché non ti conosce.» risponde Lindsay che dopo aver bevuto il suo caffè sembra meno scontrosa, «Non farci caso.» dice, «Almeno non è una peste indemoniata.» sorride, «Non adesso, almeno.» aggiunge, forse ricordandosi quando abbiamo fatto i baby-sitter, io mi ricordo ancora bene il calcio che il piccolo mi ha assestato. Se ci penso mi fanno ancora male; meglio non pensarci, allora. Meglio concentrarsi su altro, tipo Lindsay che ride, con le labbra sporche di crema e zucchero.
Ed è bellissima.
Dopo esserci rifocillati e aver ammesso di avere il frigo vuoto e di aver ricevuto un po' di cibo dalla mamma di Linds, andiamo da me.
Liam e Svetlana si siedono sul divano appena mettono piede in casa io e Linds sistemiamo la roba nel frigo e ci sistemiamo accanto a loro.
Oggi è la giornata ideale per non fare niente. Oggi è la giornata ideale per starsene seduti sul divano e non pensare a nulla. Abbraccio Lindsay e lei posa la testa sulla mia spalla, la sento rilassarsi contro di me; poi lei alza il viso e mi sorride così dolcemente che potrei sciogliermi all'istante, le bacio la testa e mi ripeto di essere fortunato ad averla trovata.



Buon Natale! Anche se in ritardo di un giorno. E auguri a tutti le Stefania che passano di qua.
Scusate il ritardo, ma ho avuto diverse cose da fare e c'era un punto in cui non sapevo come andare avanti.
Comunque... ecco qui la prima parte di questo lunghissimo e ultimo capitolo.
Sto (ancora) scalettando la seconda parte di questa storia, che inizierò a scrivere non appena avrò terminato qualche cosuccia.
Grazie ancora a chi legge/recensisc/mette la storia in una delle liste. Ci vediamo per il 31 Dicembre!

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Quindici - In a world like this Part II ***


logo def
hosting immagini

Straight Through
My Heart

Quindici
In a world like this part II
*** I've got you ***



«Perché non sei venuto con Liam?» sbuffa Jake.
«Perché lui avrebbe detto che ogni cosa è adatta a Svetlana.» rispondo, «Uh, questa cosa le piacerebbe moltissimo!» scimmiotto il nostro amico e Jake ride, «Per questo l'ho chiesto a te, almeno non scassi le palle come lui.» aggiungo mentre ci dirigiamo verso i negozi del centro. È il tre Gennaio e io non so cosa regalare a Lindsay!
«Cosa le regali?» domanda Jake.
Sospiro, «Non lo so.» dico.
«Un bracciale?» propone Jake.
«Già fatto.» gli ricordo.
«Una borsa?»
«Un'altra?» sbotto, «Fra un po' non ci sarà più spazio!» borbotto, «Aiutami!» lo supplico.
«E che ne so?» dice lui, «È la tua ragazza, non la mia!» 
Sbuffo e mi sento scemo perché non so cosa regalare a Lindsay. Non ho nessuna idea. Potrei sforzarmi fino a farmi venire il mal di testa ma non mi verrebbe in mente nulla.
«Un anello?»
Un anello? Ma è scemo? «Ma sei scemo?» sbotto guardando Jake, «Un anello? Non ti pare un po' presto?» chiedo.
Lui ride, «Bhe, dopo quello che è successo in questi mesi non mi stupirei se facessi una cosa del genere.» dice.
Io rimango in silenzio mentre avanziamo, superando un negozio di scarpe e una profumeria. «Tu che le regali?» chiedo e mi accorgo che Jake non è più accanto a me. «Jake?» lo chiamo e lo vedo fermo davanti alla vetrina di una gioielleria, intento a guardare dei cronografi.
«Non capisco perché li guardi se poi non li compri nemmeno.» borbotto.
«Perché mi piacciono.» replica lui.
Sbuffo e avanzo di qualche passo, guardando distrattamente orologi, bracciali, anelli, ciondoli a forma di lettera con un brillantino...
Aspetta, ciondoli a forma di lettera? Torno indietro e fisso le lettere in argento esposte in vetrina. La “A”, la “B” e la “C” sono sopra quei piccoli mezzi busti mentre le altre lettere sono posate sopra un pannello leggermente inclinato, coperto da quello che sembra del velluto blu. La “L”, in un elegante corsivo, è lì, che splende sotto le luci dei piccoli faretti.
“Comprami.” mi sta dicendo, “Piacerò tantissimo a Lindsay! Sono il regalo perfetto!”
Sto impazzendo.
«Uh, che belli!» esclama Jake, «È una di quelle cose che piacerà a Lindsay!»
Okay, direi che è perfetto. Compro quella e spero che a Lindsay piaccia!
Mentre siamo dentro la gioielleria e la commessa incarta la confezione con il ciondolo e la catenina, fisso Jake che guarda i cronografi, esaminandoli uno a uno. Sono convinto che se dicesse in un intervista che gli piacciono ne verrebbe sommerso.
«Andiamo?» sbotto mentre pago.
«Stavo solo guardando!» si giustifica lui.
«Se fai il bravo te ne regalo uno per il tuo compleanno.» dico e ringrazio la commessa che mi porge il pacchetto.
«Ma è appena passato!» esclama Jake e io rido.
«Oh, lo so.» dico, «Andiamo?» chiedo e Jake annuisce.
Finalmente usciamo a questo posto e ci dirigiamo verso un dinner qualsiasi. Ho fame e voglio un bel panino.

Una volta a casa nascondo il regalo accanto a quello di Svetlana e mi rilasso. 
Lindsay e Svetlana sono fuori per una giornata fra “ragazze” qualunque cosa sia e io ne approfitto per suonare un po', perché mi è venuto in mente un qualcosa che potrebbe diventare una canzone.
Forse.
Solo che Lindsay non dovrà mai saperlo. Perché la canzone sarebbe su di lei. Come tutte quelle che ho scritto da quando la conosco. Quasi nove mesi.
Suono e scrivo e canto fino a quando non sento l'auto di Lindsay varcare il cancello, velocemente sistemo tutto quanto, nascondendo i fogli dentro una cartelletta che ficco nell'armadio, dentro una valigia.
«Ciao.» esclamo raggiungendole accanto alla piscina e mi viene in mente quando ho ribaltato il materassino di Lindsay e lei si è incazzata a morte. 
«Ciao.» mi sorride lei e mi abbraccia prima di schioccarmi un bacio veloce sul viso.
Sto per dirle qualcosa quando vedo Svetlana prendere diversi sacchetti dal sedile posteriore, «Ma quanti sono?» gemo, «Non avete esagerato?» esclamo.
Lindsay ride, «No.» dice.
Immaginavo una risposta del genere. Faccio il cavaliere e prendo le borse dalle mani di Svetlana, seguo le due in casa e poso i sacchetti sul divano. «Spero che tu non abbia preso un'altra borsa.» esclamo mentre quelle due mi ignorano e vanno in cucina, «Ne hai troppe.» dico, «Non hai più spazio nell'armadio.» esclamo raggiungendole.
«Non preoccuparti.» dice Linds, «Ho solo preso qualcosa per la festa per il mio compleanno.» aggiunge e lancia un'occhiatina a Svetlana che scoppia a ridere.
Non capisco cosa ci sia da ridere in un paio di vestiti! A meno che... a meno che non abbia preso qualche completino intimo sexy! Perché non ho sbirciato nelle buste quando potevo? Adesso rimarrò con la curiosità! Uffa.
Linds mi sorride e mi porge un bicchiere di succo d'arancia, io la ringrazio e ne bevo un sorso. «Mi dici cosa hai preso?» domando.
«Mah, qualcosina.» risponde lei. 
Lo sapevo, lo sapevo che avrebbe risposto così. «Okay.» mi limito a dire, «Ma non puoi darmi qualche anticipazione?» chiedo.
Lindsay ride, «No.» cantilena, «Aspetti.» dice e ride.
Uffa.
«E va bene.» borbotto e prendo un biscotto dal pacchetto.
«Quanto sei curioso!» dice Svetlana, «Sono solo vestiti...»
Non è che la situazione migliori, con queste parole Svetlana mi ha dato la certezza che in quei pacchi ci sia qualcosa che possa vedere solo io.
E se andassi di là e dessi una sbirciatina? Potrei farlo.
Anzi, lo faccio subito. «Io... vado, allora.» dico, «Ci vediamo dopo.» bacio la fronte di Linds ed esco dalla cucina, mi avvicino al divano e guardo i sacchetti. In quale potrà essere il completino sexy?
«Sei il solito curiosone!»
Per poco non salto in aria! «Linds...» ansimo voltandomi, «Io... io non sono curioso!» dico.
Lei mi fissa, incrocia le braccia e sorride, «Come no.» dice, «E allora perché sei vicino alle borse?» chiede.
«Mi era... mi era sembrato che fosse caduto qualcosa.» butto lì, «Ma mi... ecco, ho visto male.»Lindsay ride, «Tu sei curioso e non provare a negarlo!» dice e afferra i sacchetti, «Aspetti.» aggiunge e si avvia alle scale.
«Io non sono curioso!» esclamo e mi siedo sul divano. Io non posso aspettare ancora due giorni! Diventerò pazzo.
«Sei peggio di un bambino.» mi prende in giro Svetlana, «Curiosone.» ride.
Incrocio le braccia e sbuffo, «Io non sono curioso, proprio no.» dico. Lei mi fissa e so che non mi crede, sto diventando un pessimo bugiardo.
«Come vuoi.» ride lei.
«Sì che sei curioso!» ride Lindsay scendendo le scale, «Ti ricordi che cercavi i regali nel mio armadio?» esclama e si siede accanto a me.
«Ma non è vero!» mento e le due ridono, «Io non stavo cercando i regali!» dico, «Stavo solo guardando.» borbotto, «E non prendetemi in giro!» sbotto ma l'unica cosa che ottengo è farle ridere di più.
La porta d'ingresso si apre e Cameron corre verso di noi, in testa un cappellino da Ranger e fra le braccia un pupazzo di un alligatore che è quasi più alto di lui, «Ciao!» trilla, «Lui è mio.» dice stringendo il pupazzo per il collo.
«Che bello!» esclama Lindsay, «Me lo fai vedere?» domanda piegandosi verso il bambino. Cam la guarda e si avvicina per poi posarle l'alligatore sulle ginocchia, «È bellissimo.» dice lei, «Ti sei divertito?» chiede.
Cam annuisce e infila il pollice destro in bocca, poi si gira verso sua madre, «Ho sete.» esclama, «Mammina.» dice avvicinandosi a lei, dimenticando il pupazzo, così lo prendo io e Cam sembra avere un radar: appena stringo l'alligatore il piccolo si gira e mi fissa, «È mio!» strilla, torna da noi e afferra il pupazzo. «Mio!» dice per poi trotterellare verso la cucina.
«È suo.» esclama Svetlana, «Lo aveva anche detto.» dice.
«Ma lo aveva dimenticato!» esclamo, «E poi a Linds lo ha dato, perché a me no?» chiedo.
«Perché io gli ho chiesto di farmelo vedere.» dice Lindsay, «Tu no!» ride, «E poi... sono io la sua zia preferita.» dice e si alza e, dato che lo fa anche Svetlana, lo faccio anche io.
E comunque... sono curioso. 
Sì, sono terribilmente curioso.
Dio, come farò a resistere altre quarantotto ore?

***

«Volete sbrigarvi?» sbotto, «Siamo in ritardo!» esclamo.
«Sono donne, Ryan.» esclama Greg, seduto per terra che gioca con il trenino insieme a Cam, «Sono geneticamente modificate per essere in ritardo.»
«Ah, sì?» esclama Brenda, «Geneticamente modificate per essere in ritardo?» chiede, «Bhe, allora la prossima volta che tu sarai in ritardo perché la camicia non si abbina alle scarpe ne riparliamo, okay?» dice, «E comunque... scordatelo, almeno per questa sera.»
Greg si blocca e io scoppio a ridere.
«Cosa c'è di così divertente?» domanda Lindsay e io mi volto, smetto di ridere all'istante e rimango a bocca aperta. È bellissima con quell'abitino celeste dalle spalline sottili e dalla scollatura molto accentuata. Anche Svetlana non è da meno con indosso un tubino nero. «Allora... perché ridevi?»
Eh? Cosa? Ah, sì, giusto. «Tuo fratello stasera andrà in bianco.» rispondo.
«Cosa?» dice lei.
«Ha detto che le donne sono geneticamente programmate per essere in ritardo.» esclama Brenda mentre Greg diventa rosso.
«Ah sì?» dice Lindsay, «Bhe...» guarda suo fratello «ti sta bene.» aggiunge andando a prendere la giacca e solo adesso mi rendo conto di quanto sia corto il suo vestito.
«Non è che hai dimenticato un pezzo?» sbotto, «Quel vestito è troppo corto.»
Lindsay si gira e Svetlana ride, «Non è corto.» esclama, «È fatto così.»
«Ma è corto!» esclamo, «Linds... se ti pieghi si vede tutto!»
«Uh, Ryan è geloso!» ride Greg, «Te ne sei accorto adesso che Lindsay usa vestiti cortissimi?» ride ancora.
Lindsay alza gli occhi al cielo mentre indossa la giacca, «Piantala.» sbotta. «E tu,» si rivolge a me «non rompere.» sbotta, «È il mio compleanno!» dice.
Sbuffo anche io. È tutto il giorno che ripete “è il mio compleanno!” a qualunque cosa le si dica.
«Andiamo?» chiede Svetlana, «Siamo in ritardo.»
Sbuffo un'altra volta, saluto i presenti e seguo le due fuori da casa. «Comunque è troppo corto.» ripeto mentre saliamo in auto.
Lindsay sbuffa di nuovo, «E piantala!» sbotta, «È solo un vestito!» dice.
«Un vestito troppo corto!» esclamo e la guardo mentre avvio l'auto, «Guarda, ti si vedono tutte le cosce!» ansimo, «Dio mio, gli altri vedranno tutto.» sospiro.
«Ma se staremo nella saletta!» replica lei, «Eddai, Ryan, non fare il guastafeste!» dice e mi tocca il viso, «È il mio compleanno...» soffia sulla mia guancia prima di baciarmi.
«Guardate che qua dietro ci sono io!» strilla Svetlana, «Non fate sesso mentre sono qui!» dice.
«La colpa è sua.» esclama Lindsay, «È lui che si fa le paranoie!»
Io non replico ma mi limito a sbuffare. Quelle due sono d'accordo e qualunque cosa dica si spalleggiano a vicenda.
Arriviamo da Liam che sale in auto, «Auguri!» esclama, «Per te.» dice porgendo un sacchetto a Lindsay.
«Grazie!» sorride lei e lo posa fra i suoi piedi, accanto al mio e a quello di Svetlana. Ha detto che vuole aprirli tutti insieme.
Liam si sporge fra i sedili, forse per baciare la guancia di Lindsay, «Stai fermo lì!» esclamo e lo spingo via, «Lindsay ha un vestito troppo corto e non voglio che tu guardi!» 
Liam, quello stronzo, ride. «Ryan!» dice, «Stai diventando troppo geloso!» sghignazza, «Mica voglio farmela, ho già Svetlana.» ride.
Io non dico nulla e guardo la strada. Io non sto diventando troppo geloso, non voglio che gli altri possano guardare troppo le gambe o qualsiasi altra parte del corpo di Lindsay.

«Linds... bevi più piano!» esclamo cercando di prendere il bicchiere dalle sue mani, ma lei finisce il suo cocktail in un sorso.
«E piantala!» sbotta lei posando il bicchiere sul tavolo, «È il mio compleanno!» ride e si alza in piedi, «Andiamo?» dice a Svetlana che annuisce, ride e si alza in piedi.
«Dove andate?» domando, «Linds?» la chiamo, «Dove andate?» ripeto e mi alzo in piedi e le seguo, dietro di me c'è Liam, evidentemente è geloso anche lui. «Lindsay!» esclamo quando lei esce dalla zona privata e va nel locale, «Linds...» mormoro guardandola salire su una pedana rialzata di una cinquantina di centimetri, «E se andassi a prenderla?» chiedo.
«Ma stanno solo ballando!» ride Liam, «Lasciala in pace!» dice e sbianca anche lui appena si accorge che un gruppo di ragazzi è attorno a loro e ballano e le indicano e ridono.
«Loro non vogliono solo ballare!» esclamo indicando quelli, «Avranno in mente qualcos'altro!» sbotto.
«Io... quello sta allungando le mani!» strilla lui, «Adesso lo ammazzo.» sbotta, «Poi vediamo se lo fa ancora.» dice e io riderei se non la pensassi come lui.
«Voi non andate da nessuna parte.» esclama Aaron, «Lindsay vi ammazza se fate una roba del genere.» dice.
«Sì ma... le stanno toccando!» esclamo indicando i ragazzi. Se avessi un seghetto trancerei le loro mani, poi vediamo come fanno a toccare la mia ragazza.
«E lascia che si divertono!» sbuffa Aaron, «È il suo compleanno.» ride.
«Non è una scusa valida.» borbotto incrociando le braccia, sempre più deciso ad andare a spaccare la faccia a quelli.
Fortunatamente Lindsay e Svetlana scendono da lì e ritornano da noi ridendo.
«Non potevate ballare qui?» sbotto quando rientriamo nel salottino.
«No!» risponde Lindsay, «E piantala!» ride sedendosi, «È il mio compleanno!» esclama, «E se facessi portare la torta?» domanda e noi diciamo che va bene, lei si alza ed esce per tornare pochi secondi dopo, «Adesso la portano.» dice sedendosi di nuovo e accavallando le gambe, il vestito si alza e ho l'istinto di togliermi la camicia e buttargliela sulle gambe oppure prendere la tovaglia che ricopre il tavolo che c'è in quell'angolo e avvolgerla attorno a lei.
Sono geloso, ecco. 

*-*-*

Apro il regalo di Aaron, «Uh, grazie!» esclamo fissano la cintura nera piena si brillantini bianchi, «È bellissima!» dico, apro il regalo di Chris e Jake che è il più grande di tutti. «Una borsa!» sospiro, «È meravigliosa.» dico fissando la stoffa verde chiaro con disegni più scuri e il ciondolo a forma di stella appeso a uno dei manici.
«Perché?» sbotta Ryan, «Ne ha già troppe!» si lamenta, come se fossero nel suo armadio e non nel mio.
«E piantala.» sbuffo e prendo il regalo di Liam e lo scarto.
«Un'altra borsa?» ansima Ryan.
«Veramente non è una borsa.» lo correggo, «Ma un porta gioie da viaggio.» dico, «Mi piace, è bellissimo.» dico.
«Il mio! Il mio!» esclama Svetlana mettendomi fra le mani il suo regalo. Apro il sacchetto blu e prendo la scatoletta trasparente.
«E quella cos'è?» ansima Ryan mentre io tolgo la trousse nera dalla scatola e la apro, rivelando alcune matite per gli occhi, una per le labbra, un rossetto rosa e una piccola palette con otto ombretti e un applicatore. C'è anche un buono per Macy, da usare sul sito o direttamente in negozio. Questo sì che è un buon motivo per tornare a New York.
Ryan sbuffa, «Finalmente tocca a me.» dice e io prendo il suo pacchetto, rimango senza fiato quando vedo il ciondolo. «È... è bellissimo.» mormoro e mi sporgo verso di lui, lo abbraccio e gli bacio una guancia, «Grazie.» dico e lo bacio di nuovo, questa volta sulle labbra.
«Prego.» sorride lui, «Sono contento che ti piaccia.» dice.
«Okay... facciamo un altro giro?» chiede Chris indicando l'altra bottiglia di spumante.
«Certo!» rispondo e guardo Ryan, pronta a rispondere che è il mio compleanno a qualsiasi sua obiezione. Per fortuna non dice nulla, così Chris stappa la bottiglia e versa il contenuto nei bicchieri.
Questo è il più bel compleanno che potessi desiderare.

La porta si spalanca e una Melanie con il fiatone appare. Dietro di lei c'è uno dei camerieri, «Scusate,» dice «non sono riuscito a fermarla.»
«Non preoccuparti.» dico e gli faccio cenno che può andarsene. «Allora, che vuoi?» le domando.
Melanie mi fissa e si lascia scappare un piccolo singhiozzo, «Perché non mi hai invitato?» dice cercando di non scoppiare in lacrime, «L'ho saputo da Instagram!» urla.
«È la mia festa e invito chi voglio.» dico, rimanendo seduta, con Ryan accanto a me, il suo braccio sinistro sulle mie spalle. 
Melanie mi fissa, fa un paio di passi avanti e scoppia a piangere, «Non è giusto.» singhiozza, poi spalanca gli occhi e mi fissa. Guarda me e Ryan, la sua mano che gioca con i mie capelli. «Che cosa stai facendo?» domanda e non capisco se lo chiede a me o a lui.
«Secondo te?» ride Chris, «Hai la faccia rigata di nero.» esclama. Melanie lo guarda appena per poi fissarsi su di me e Ryan, «E... ah, non ti importa che io ti abbia bloccato?» aggiunge e ride di nuovo.
Melanie stringe i pugni, «Glielo hai detto?» mi urla, «Perché?» strilla per poi piangere di nuovo.
«Sono stato io.» ribatte Liam alzando una mano, «E non urlare.» dice, «O piangere.» ride, «Anche se ci siamo abituati, ormai.» dice.
Lei lo guarda e tira su con il naso, «Smettila!» strilla poi torna a guardare me e Ryan, «Cosa stai facendo?» chiede e io mi domando se è stupida o se fa solo finta. «Io credevo che... credevo che...» esclama asciugandosi le lacrime, «Io piacevo a Ryan.» dice, come se parlasse con se stessa che con noi. «Io... è colpa tua!» esclama rivolgendosi a me, «Prima gli piacevo!» grida.
«Ma è scema?» domanda Svetlana ma Melanie sembra non sentirla, presa dai suoi singhiozzi.
«Perché hai smesso di seguirmi?» chiede per l'ennesima volta.
Ryan sbuffa, «Perché sei una piaga, Melanie.» risponde, «Sei infantile e appiccicosa e se mi rompi le palle un'altra volta giuro che ti blocco.»
Melanie lo fissa, sgrana gli occhi, poi scoppia a piangere con singhiozzi rumorosi: a la testa bassa, le braccia lungo i fianchi. Sembra Cameron, solo che lui ha quasi tre anni e ha tutto il diritto di piangere in questo modo, Melanie ne ha ventitré ed è solo ridicola. «Io ti piacevo.» mormora fra un singhiozzo e l'altro.
«E piantala.» sbuffa Jake, «Tu non piacevi prima, non piaci adesso e non piacerai mai a Ryan.» dice, «Perché non ti guardi attorno?» domanda, «A qualcuno tu piaci, ma sei troppo stupida per accorgertene.»
Melanie alza la testa e lo fissa a bocca aperta, «Cosa?» pigola, «Io voglio Ryan.» dice.
Guardo Aaron per capire cosa stia pensando in questo momento, però la sua espressione è la solita e non traspare nulla. Né dolore, né ansia, né dispiacere. Con un sospiro il bassista si alza e si avvicina a Melanie, «Smetti di piangere.» le dice, anche se sembra più un ordine che una richiesta e Melanie smette di singhiozzare all'istante, «Vieni.» continua lui, la voce dolce. I due escono dal salottino lasciando la porta semi-aperta ed è come se fosse un segnale perché ci alziamo tutti quanti, quasi in sincronia, e ci piazziamo davanti alla porta: io, Svetlana e Chris ci accucciamo a terra, gli altri tre sono sopra di noi.
Aaron e Melanie sono in fondo al corridoio, vicino alla porta sul retro, quella che viene usata per portare dentro gli strumenti delle band che suonano nel locale e i rifornimenti del bar.
«Devi smetterla di pensare a lui.» dice Aaron, «Ryan non ti vuole.»
«Ma io gli piacevo...» pigola lei, «Poi è arrivata quella e lui non mi ha più guardato. È colpa sua!» esclama.
Eh, immaginavo che dicesse che era colpa mia.
«No.» mormora Aaron e le sfiora il viso macchiato di trucco, «Ha ragione Jake: tu ne gli sei mai piaciuta.» dice, «Ma piaci a qualcun altro.»
Chissà se Melanie adesso ci arriva. Chissà se riesce a capirlo.
«A chi?» chiede lei.
«Ma è pirla?» borbotta Svetlana.
Ecco.
Aaron sospira, sfiora i capelli di Melanie e la fissa, «Io.» risponde, «Tu mi piaci.» dice.
Lei lo guarda e sgrana gli occhi, «Ma io voglio Ryan!» strilla ed è più deficiente di quanto pensassi. Uno dei camerieri, appena uscito dal bagno, si volta verso di lei, poi vede noi sei e corre via.
«Vattene, Melanie.» esclama Aaron, «Vai a casa.» dice, «Ora!» grida.
Melanie ha un sussulto, poi si volta e mentre lei corre via, noi torniamo ai nostri posti.
«Certo che se voi lavoraste per la C.I.A. saremmo fottuti.» esclama Aaron rientrando nel salottino.
«Eh?» esclama Jake con in mano una rivista. Al contrario. Idiota.
«Niente.» dice Aaron, «Vi ho visto che eravate lì per sentire cosa le dicevo.» aggiunge e si lascia cadere sul divano, «E Jake... gira quella rivista che è sottosopra.» dice, «Sembri una barzelletta.»
Jake avvampa e gira la rivista.
Odio Melanie per aver rovinato la mia festa di compleanno. E non mi ha neppure fatto il regalo, la stronza.
«Sì, okay... facciamo un altro giro?» esclama Chris e tutti quanti approviamo.
«Non mi ha fatto il regalo.» borbotto.
«Bhe, non l'hai invitata.» esclama Ryan.
«Ma è maleducazione presentarsi a una festa di compleanno senza un regalo.» dico, «È una stronza.» borbotto e guardo Aaron, che se ne sta seduto, il faccino triste. Se rivedo Melanie la prendo a sberle, giuro. Le do così tanti ceffoni da farle diventare la faccia tutta rossa.
Si può essere più stupidi di lei? No, non si può. Bevo un altro sorso e mi dico che non vale la pena rodersi il fegato per quella lì. Proprio no.
Quindi... divertiamoci e basta.

***

«Continuo a pensare che quel vestito sia troppo corto.» mormora Ryan mentre entro nel bagno della mia stanza.
Non è corto! Mi arriva a metà coscia! 
Dieci minuti dopo torno in camera, Ryan è seduto sul letto, con addosso solo i boxer neri.
«Non è corto.» dico, «È della lunghezza giusta.» continuo fermandomi davanti a lui. Lentamente abbasso la zip posta sul fianco sinistro, sfilo le braccia e spingo il vestito a terra.
Ryan mi fissa a bocca aperta, «Tu... tu... tu...» balbetta.
«Ti piace?» chiedo e sfioro la stoffa verde scuro, semi-trasparente e leggera, quasi impalpabile, del baby doll; Ryan annuisce e posa le mani sui miei fianchi.
«Sì.» soffia e mi attira a sé, io mi siedo a cavalcioni sopra di lui, gli circondo il collo con le braccia e sorrido.
«Volevi rovinarmi la sorpresa,» mormoro «cercando di scoprire cosa avessi comprato.» dico, «Cattivo.» mormoro prima di baciarlo.
«Sì...» soffia lui sul mio collo prima di baciarlo, «Sono un bambino cattivo.» dice e poi mi bacia le labbra.
Rido, «Sei un bambino curioso.» lo prendo in giro e chiudo gli occhi quando lui mi tocca la schiena.
«Ti amo.» soffia Ryan nel mio orecchio.
C'è un modo migliore per concludere questa serata?

***

Entro in camera e mi sdraio sul letto. Sono appena tornata dall'aeroporto, dopo aver accompagnato Svetlana.
«Ehi.» esclama Ryan entrando dalla porta finestra.
«Ciao.» dico mettendomi seduta, mentre lui si sistema sulla sedia della scrivania, proprio difronte a me, indossa un paio di jeans chiari e una felpa blu, il cappuccio calato sulla fronte.
«Promettimi di non ridere.» dice Ryan e in quel momento il mio cellulare suona.
«Lo prometto.» dico anche se non capisco perché. Sblocco lo schermo del cellulare e leggo il messaggio di Svetlana, che mi dice che le manco di già.
Ryan sospira e abbassa il cappuccio della felpa, lo fisso senza dire nulla e porto il cellulare alle labbra, coprendole.
«Non ridere.» dice lui.
«Non sto ridendo.» esclamo cercando di non ridere mentre fisso i suoi capelli, «Giuro!» dico, abbasso lo guardo, sfioro l'icona della fotocamera e scatto una foto.
«Non fare foto!» squittisce Ryan, «Lindsay! Lo avevi promesso!» esclama.
«Io avevo promesso di non ridere, non che non avrei scattato foto.» gli faccio notare, «Sembri una pecorella.» dico e indico i suoi capelli che sono una via di mezzo fra l'essere mossi e l'essere ricci, «Una pecorella!» scoppio a ridere.
«Lindsay!» gracchia lui e si sporge verso di me ma io indietreggio, finendo con la schiena contro la tastiera del letto, «Lo avevi promesso!»
«Scusa!» rido, «Ma sei così... buffo.» dico fra una risata e l'altra, «Scusa.»
«Me lo avevi promesso.» ripete Ryan raggiungendomi, «Dammi il telefono, voglio cancellare la foto.»
«No!» dico e mi divincolo mentre lui inizia a farmi il solletico, «Sei così... buffo!» rido e mi giro sul fianco, allungando la mano con la quale stringo il cellulare verso il pavimento
«Non sono buffo, sono ridicolo.» ribatte lui cercando di prendere il cellulare dalla mia mano ma io sono più veloce e lo faccio scivolare sotto al letto.
«Non sei ridicolo.» esclamo, «Ryan, mi stai schiacciando la gamba.» dico e lui si sposta di un poco, lasciandomi giusto lo spazio per farmi sdraiare di schiena. «Fammi alzare.»
«No.» dice lui, «Hai riso, avevi promesso di non farlo.»
«Lo so... è che...» lo guardo e mi impongo di non ridere, «Oh, scusa!» mormoro e scoppio a ridere, «Ma sei così carino!» dico e gli sfioro i capelli, facendoli scorrere fra le dita.
«Uh, grazie.» borbotta lui, «Io ti svelo il mio segreto e tu mi prendi per il culo.»
«Ma sei carino sul serio.» dico mentre con la mano sinistra continuo a sfiorargli i capelli e con la destra tocco il suo viso, «Devo solo abituarmi.»
Ryan sbuffa, «Non ti abituerai perché adesso vado a sistemarmi.» replica.
«No! Rimani così, almeno per oggi.» dico, «Per favore.» aggiungo prima di baciarlo, «Fallo per me.» dico e lo bacio di nuovo.
Lui sospira, «E va bene.» acconsente, «Ma lo faccio solo perché ti amo.»
Sorrido, «Grazie.» dico, «La mia bella pecorella.» esclamo e gli scompiglio i capelli.
«Lindsay.» geme lui, «Non chiamarmi pecorella.»
«Okay,» sorrido «pecorella.»
«Vuoi la guerra?» ringhia Ryan, «E allora preparati.» dice e inizia a farmi il solletico, lo fa per mezzo minuto, smette e inizia a baciarmi, «Ti piaccio lo stesso?» chiede.
«Certo.» lo rassicuro e guardo la sveglia, «I miei torneranno fra un paio d'ore...» informo Ryan.
«Ah sì?» dice lui e mi bacia. «Perfetto.» mormora prima di baciarmi di nuovo, «Così poi ho una scusa per lavarmi i capelli...»
Rido, «Cattivo.» dico, «Ti impedisco di lavarti i capelli.» esclamo, «Per favore!» lo supplico, «Sei così carino!»
Ryan sbuffa, «E va bene.» dice, «Ti amo.» soffia prima di baciarmi ancora.
«Ti amo.» mormoro stringendomi a lui.
La mia bella pecorella.

«Perché non ti fai vedere così?» chiedo, mi sdraio sulla pancia e tengo la testa sollevata e la poso sulle mani.
«Mi vergogno.» dice lui.
«Ma se sei così carino!» esclamo e mi trattengo dal ridere. «È per questo che ti svegli sempre prima di me?» chiedo e lui annuisce, «E che ti chiudi in bagno e ci passi le ore?»
«Sì.» dice Ryan, «E non ci passo le ore.» sbotta, «In mezz'ora ho fatto.»
Alzo gli occhi al cielo, «E poi vi lamentate di noi ragazze!» sbuffo, «Mezz'ora?» sbotto, «Neppure io ci impiego così tanto per asciugarmi i capelli!» dico.
«Bhe...» Ryan mi guarda e rimane in silenzio per qualche istante, come se non sapesse cosa dire, «Voglio che siano perfetti.» dice.
Mi rigiro e mi metto seduta, appoggio la schiena alla tastiera e distendo le gambe, «Sei carino anche così, sai?» esclamo e Ryan posa la testa sul mio grembo, «E ti amo lo stesso, anche se sembri una pecorella.»
«Linds!» sbotta lui e io rido.
«Okay, okay.» dico, «Non ti prendo più in giro.» prometto e passo la mano fra i capelli, facendoli scivolare e attorcigliare attorno alle dita.
Rimaniamo in un piacevole silenzio per qualche minuto.
«Non sono ridicolo?» chiede Ryan a bassa voce, girandosi e guardandomi.
«No.» lo rassicuro, «Sei bellissimo.» dico e sorrido; anche lui lo fa e si mette seduto, facendo forza con le braccia.
«Anche tu.» soffia, «Soprattutto quando sei nuda.» dice.
«Idiota.» borbotto, lo abbraccio e lo bacio, «Ti amo anche quando sei una pecorella idiota.» sbotto.
Ryan ride, «Oh, ti amo anche io.» dice e mi bacia.

*-*-*

«Che fai?» domando fissando Lindsay seduta alla scrivania, davanti al portatile.
«Guardo Facebook.» risponde lei, le bacio la testa e fisso lo schermo, guardando la foto — il panorama notturno di una città — di una certa Charlene.
«Chi è?» chiedo e inizio a leggere il lungo papiro che la ragazza ha scritto sotto la foto.
«Una mia ex compagna dell'università.» risponde lei, «È il racconto dell'appuntamento con il suo ragazzo.» spiega e la guardo, notando qualcosa di strano sul suo viso, qualcosa come il rimpianto, la delusione e la voglia di avere un appuntamento, di poter uscire e camminare lungo la strada e tenermi per mano, baciarmi senza la preoccupazione di avere paparazzi dietro ogni angolo.
«Possiamo andare da Starbucks, se vuoi.» esclamo e le bacio il collo.
«E se ci vedono?» borbotta lei, «Ryan, le sai le regole.» dice.
Scrollo le spalle, «Bhe... è un appuntamento di lavoro.» replico, «Basta che non facciamo nulla di compromettente.» dico.
Dimmi di sì, dimmi di sì, dimmi di sì.
Lei sospira e mi guarda, «Ryan...»
E dimmi di sì, cavolo!
«Vuoi dirmi che rinunci a una colazione o a uno spuntino da Starbucks?» chiedo e rido, «Hai la febbre?» domando e le poso la mano sulla fronte, «Non è da te rinunciare a un cappuccino offerto da me!»
Lei mi fissa, le labbra spinte in fuori, «Cappuccino con muffin e ciambellina?» domanda, fissandomi.
Sorrido e le poso le mani sulle spalle, le massaggio piano, «Certo.» dico, anche se so che prenderà tutti i dolci disponibili, «Come sempre.» aggiungo e le bacio la testa.
«Si può fare.» mormora.
Fisso lo schermo del portatile, «Allora... vuoi uscire con me oggi alle quattro?» chiedo, «Ti offro la merenda da Starbucks.»
«Alle quattro?» domanda Lindsay e fa girare la sedia, facendomi quasi cadere sul letto, «Ma... Ryan!» esclama.
«È un appuntamento di lavoro, se qualcuno ce lo chiede.» spiego, «Dai, dimmi di sì!» esclamo e le tocco le gambe, le prendo le mani e sfodero il mio miglior sorriso.
«E va bene.» acconsente lei.
«Grazie!» esclamo e l'abbraccio.
«Ma sei tutto sudato! Che schifo!» sbotta lei e mi spinge via, «Che hai fatto?» chiede.
Scrollo le spalle, «Sono andato a correre in spiaggia.» rispondo e mi alzo, «Alle quattro, okay?» dico e le bacio il viso, «Se fai tardi vado da solo.»
«Se non ti fai una doccia non vengo da nessuna parte.» dice lei e incrocia le braccia.
Rido, «Vado.» esclamo, «A dopo.»
Un'ora dopo esco da casa e vedo Lindsay avvicinarsi all'auto. Le sorrido perché è bellissima. Lo è sempre.
«Sei puntuale.» le dico.
Lei alza gli occhi al cielo, «Lo sono sempre.» replica, rido e le bacio il viso. 
Una manciata di minuti dopo posteggio accanto a Starbucks e fisso la mano di Lindsay che ho tenuto fino a qualche minuto fa. Vorrei poter uscire, fare il giro dell'auto, aprire la portiera e aiutare Lindsay a scendere e tenerla per mano.
E baciarla.
Ma non si può. Stupide regole.
«Ti sei incantato?»
«Eh?» faccio e mi accorgo che Lindsay mi sta sventolando una mano davanti alla faccia, «No,» rispondo e sorrido «stavo solo pensando a quanto mi costerai oggi.»
Lei ride, «Oh, mi hai invitato tu.» dice, «Non prenderò tanto.» aggiunge, «Basta che scendiamo in fretta.» sorride.
Lo faccio anche io, le sfioro il viso e finalmente scendiamo dall'auto.
«Ma avevi detto che non avevi tanta fame.» sbotto fissando i tre muffin, la ciambella e una brioche di sfoglia. «Se avevi tanta fame che facevi, ti mangiavi il barista?» chiedo.
Lei sbuffa, «E che palle che sei.» borbotta, «Sono quattro robe.» dice e posa il vassoietto e il bicchiere su uno dei tavoli liberi.
«Veramente sono cinque.» le faccio notare.
Lei sorride, prende uno dei muffin al cioccolato e ne stacca metà con un morso, «Tu mi hai invitato,» dice «non lamentarti.»
Io non mi lamento! Solo non capisco dove la ficchi tutta la roba che manda giù.
La guardo, mentre mangia e sorseggia il cappuccino e ho una voglia matta di baciarla, adesso, e fanculo le regole. Lindsay mi fissa e sorride, «Se rimani lì impalato mi mangio anche il tuo muffin.» dice.
«Non provarci.» esclamo e prendo il dolcetto.
«Altrimenti?»
«Altrimenti...» mi sporgo verso di lei, «Lo vedrai a casa.» mormoro e sorrido.
«Oh.» ride lei, «E cosa mi farai?» domanda, «Mi leghi al letto?» soffia.
Mi blocco, preso in contropiede, poi sorrido, «Potrebbe essere.» dico e sorrido di più nel vederla a bocca aperta, in un attimo la sua faccia diventa rossa, come se avessi premuto un interruttore.
«Non ridere!» squittisce, «Ryan!»
«Sei adorabile quando diventi un pomodoro.» la prendo in giro.
Linds sorseggia il cappuccino, «Idiota.» sbotta. 
Rido, «Sei adorabile.» dico e lei ripete che sono un idiota, e vorrei dirle che la amo tanto e vorrei baciarla mi mi trattengo, così bevo un sorso di caffè e noto la donna con la ragazzina che si alzano alle spalle di Lindsay. La piccola mi fissa, gli occhi castani sgranati mentre quella che deve essere la madre la spinge piano verso l'uscita.
«Mamma.» mormora la ragazzina, «È Ryan! È lui!» dice e mi indica, le sorrido e la saluto con la mano, facendola arrossire. Non avrà più di dodici anni e ha il faccino tondo pulito, con le lentiggini sul naso e guance, che la fanno sembrare più piccola. Lindsay si volta e sorride alle due, mentre la ragazzina mi guarda, imbambolata e io non so cosa fare o cosa dire.
«Salve.» dice la donna facendo un passo verso di me, «Mia figlia è una tua fan... puoi fare una foto con lei?» domanda.
«Certo.» dico, mi pulisco le labbra e mi alzo in piedi, «Come ti chiami?» chiedo con un sorriso.
«Ashley.» mormora lei.
«È un bel nome.» dico e mi chino e l'abbraccio, aspetto che la madre ci scatti una foto e drizzo la schiena.
Ashley sorride, fruga nella sua borsa e prende un blocco per appunti e una biro blu, «Mi fai un autografo, per favore?» chiede, la voce che è poco più di un sussurro e le guance rosse.
«Certo.» dico, prendo il blocco e la biro, mi appoggio al tavolino e le scrivo una piccola dedica, le ridò il tutto e le sorrido, «È stato un piacere conoscerti.» dico e le due si allontanano.
«Non sei gelosa?» chiedo a Lindsay dopo aver preso un altro sorso di caffè.
«E di chi?» chiede lei, «Di un'undicenne?» dice, «È praticamente una bambina.» ride.
Sorrido e le stringo la mano per pochi secondi, poi afferro un pezzo del suo muffin e lo mangio.
«È mio!» sbotta lei, «Idiota.» borbotta.
Rido e ne prendo un altro pezzo le mi dice che sono stupido ma lo fa sorridendo, «Li ho pagati io!» le ricordo.
Lindsay mi fissa, la testa piegata di lato, afferra delle codette di zucchero cadute dalla ciambella e le spinge fra le labbra, «Uffa.» dice poi si sporge verso di me, prende quello che è avanzato del mio muffin e ne stacca un pezzo e lo mangia, il tutto senza smettere di sorridere.
Bevo altro caffè le sorrido e credo che potrei scoppiare dalla felicità in questo istante.

«Sono le sei e un quarto!» esclama Lindsay fissando lo schermo del cellulare.
«Di già?» chiedo. Sembra che siamo arrivati dieci minuti fa!
«Sì.» sospira lei.
Guardo il bicchiere vuoto, «Che ne diresti se ce ne andassimo e prendessimo una pizza e un paio di birre?»
Lei sorride, «Offri tu?» domanda.
«Sì.» rispondo.
«Okay.» dice lei, infila il cellulare in borsa e si alza in piedi, «Andiamo?» esclama, allegra, «Voglio la pizza mezza al salmone e mezza ai gamberetti.»
«Io la voglio con i peperoni e salsiccia.» ribatto aprendo la porta.
«Ma io la voglio metà e metà.» replica lei.
«La mia metà è con i peperoni e salsiccia, la tua falla come vuoi.» esclamo.
«Ma io non voglio un quarto e un quarto.» sbotta lei, fermandosi nel parcheggio e guardandomi con le mani sui fianchi, il braccialetto che le ho regalato che tintinna ogni volta che
muove la mano.
«Io prendo solo una pizza gigante.» esclamo e la supero, «La mia metà è ai peperoni e salsiccia, la tua falla come vuoi.» dico e apro la portiera, «Linds?» la chiamo, «Non fare quel faccino» sospiro guardando le sue belle labbra spinte in fuori, in un broncio che dovrebbe convincermi ma che non lo farà.
«Uffa.» sbuffa, «Allora la voglio tutta al salmone e tonno affumicato.»
«Mi costi un patrimonio.» dico e la guardo salire in auto.
«Tu ti sei offerto.» sorride lei e io le scosto i capelli dal viso, portando una ciocca dietro l'orecchio.
«Non puoi vincere sempre.» soffio contro la sua guancia e avvio il motore. «Ma uffa.» sbuffa lei.
«Hai trovato la pizza che volevi, cos'altro vuoi?» chiedo mentre lei apre la portiera.
«Volevo il dolce.» borbotta sedendosi e io le passo il cartone della pizza e il sacchetto con le due birre, «Ehi! Non puoi metterle dietro?» domanda e io chiudo la portiera.
«No.» rispondo sedendomi accanto a lei, «E per il dolce... non ti sembra di averne mangiati troppi, per oggi?» le chiedo.
Lei sbuffa, «Uffa.» dice.
La guardo, «Ho il gelato, nel freezer. Al cioccolato e vaniglia.» sospiro.
«Mi fai i waffles, per favore?» domanda lei guardandomi e tirando fuori un faccino da cucciolotto a cui stavolta non resisto.
«Certo.» rispondo, avvio l'auto e parto.

***

«Lei vuole un appuntamento con tutti i crismi!» esclamo e mi siedo sul divano del salotto della casa di Aaron, sprofondo fra i cuscini e sbuffo.
«Ma te lo ha detto lei?» chiede Jake.
«No.» rispondo.
«Quindi non ne sei sicuro.» dice lui e io lo prenderei a cazzotti.
«Sì che ne sono sicuro.» dico, «La conosco, lo so.» continuo, «Mi basta guardarla in faccia per capire che vuole un cazzo di appuntamento, che vuole uscire a cena e poi fare tutte quelle cose che fanno le coppie.» dico, «È da quando ha letto l'appuntamento di quella Charlene che lo vedo che ci pensa e ci ripensa e vuole anche lei una cosa del genere!» sbotto.
«E che cavolo di appuntamento era?» domanda Aaron, apparentemente comodo fra tutti 'sti cuscini.
«Il suo fidanzato ha prenotato in un ristorante vicino a Central Park, un tavolo accanto alla vetrata da cui si vedeva la città, poi hanno fatto un giro in una carrozza trainata da due cavalli, poi lui ha fatto fermare il cocchiere accanto a un laghetto e... le ha chiesto di sposarla.» spiego.
«Vuoi chiedere a Lindsay di sposarti?» ride Chris, «Non ti pare un po' presto?»
«Oh, taci.» sbotto. «No, non adesso e non è quello il punto.» dico, «Il punto è che lei vuole un appuntamento!» esclamo.
«Ma qui non c'è né Central Park né un ristorante da cui si può vedere!» ride Jake e lo prenderei a sberle.
«Per i cavalli potresti farcela.» ride Aaron, «Al maneggio puoi fare un giro a cavallo durante la notte, però devi sapere cavalcare.» dice «E tu sei caduto da cavallo!»
«Io non sono caduto da cavallo!» urlo, «Sono inciampato quando sono sceso, ecco.» incrocio le braccia al petto. Che amici imbecilli che ho.
«Bhe, potresti portala alla collina degli innamorati.» dice Liam. «C'è una bella vista, è un posto romantico...»
«Poi ti porti un paio di tramezzini e qualche birra ed ecco la tua cena con vista su qualcosa che non sia la parete delle stanza di Lindsay.» ride Jake.
«Un paio di tramezzini e due birre?» sbotta Chris, «E che è, una roba fra ragazzini delle medie?» chiede, sarcastico, «Non ci vuole mica tanto a ficcare in una borsa frigo un paio di contenitori con... che so, vitello tonnato o insalata di mare e una bottiglia di Dom Pérignon.» dice.
«Vitello tonnato?» replica Jake, «E che è, un incontro fra vecchietti dell'ospizio?»
«Sempre meglio di due tramezzini!» sbotta Chris.
«Alla collina degli innamorati si va per scopare, non per fare un pic-nic!» sbotta Jake, «Devo spiegarti tutto?»
«No!» esclama Chris, l'aria vagamente offesa, «E parli proprio tu... mi pare che l'unico che non abbia concluso nulla in questi mesi sia proprio te.» dice e sorride, trionfante.
Jake incrocia le braccia e sbuffa, mentre io mi chiedo quanto siano idioti da uno a dieci. Probabilmente quindici.
Dai, come si può pensare che una serata alla collina degli innamorati, con del vitello tonnato, due tramezzini, un paio di birre e dello champagne possa essere romantico?
Che idea assurda! È così stupida da essere... perfetta.
È un genio!
Chris è un genio!
«Sei un genio!» esclamo guardandolo, «Un genio.» ripeto e mi disincastro da tutti i cuscini e mi alzo in piedi. «Un genio!» dico, «Io vado, ci vediamo!» prendo le mie cose, «Aaron, grazie per la birra!» dico, «Ci vediamo!» li saluto e me ne vado.
So cosa fare. Spero solo che Cameron mi presti il SUV.

*-*-*

«Domani sera usciamo.»
Guardo Ryan come se fosse uscito di testa. E in effetti lo è, se si è scordato delle regole.
«Ryan...» sospiro.
«Non è niente di che.» dice e scrolla le spalle, «Ci facciamo un giro lungo la costa, ci fermiamo a prendere un paio di Big Mac al McDrive e ci fermiamo in un parcheggio, magari uno che dà sull'oceano e mangiamo. Altro giro e torniamo a casa.» spiega.
Lo fisso, guardando gli occhi azzurri, le labbra piegate nel suo miglior broncio da cucciolotto abbandonato. E chi resiste?
Io no.
«E va bene.» acconsento.
Ryan sorride e mi dà un bacio sulle labbra, «Grazie!» dice, «E mettiti un bel vestitino!»
«Perché?» chiedo, «L'ultima volta ti stavi rodendo dalla gelosia!» rido.
«Perché così posso guardarti le gambe mentre guido!» esclama lui.
«No, tu quando guidi guardi solo la strada.» dico e incrocio le braccia, «Non le mie gambe.» sbotto, «Puoi farlo quando mangiamo, se vuoi.» sorrido.
«Bhe, farlo in quel momento mi pare ovvio.» ride, «Non c'è neanche bisogno di dirlo, tesorino.»
«Non chiamarmi tesorino.» sbotto e infilo la chiave nella serratura, cosa che avrei fatto  prima, se qualcuno non mi avesse interrotto, «Altrimenti la vedi con il binocolo per i prossimi tre mesi.»
Ryan ride e mi segue in casa, «Oh, non credo proprio.» dice, «Non resisteresti così tanto tempo.»
Mi giro di scatto e lo fisso, «Ne sei sicuro?» chiedo, «Ma proprio sicuro?» ripeto e Ryan mi guarda a bocca aperta, «Io non ne sarei così sicuro, se fossi al tuo posto.» dico e mi giro.
«Linds... scusa.» borbotta e io sorrido mentre vado in cucina, «E dai, era un nomignolo carino.»
«Ma non mi piace.» esclamo e apro il frigo, «Pecorella.»
«Non chiamarmi pecorella!» sbotta lui.
«E tu non chiamarmi tesorino.» sorrido mentre lui si siede su uno degli sgabelli.
«Okay.» sbuffa, «Dai anche a me il succo, per favore?» chiede.
Verso il succo d'arancia anche a lui e gli porgo il bicchiere, «Perché vuoi passare una serata in auto?» chiedo.
Ryan mi fissa, poi sorride, «Per fare qualcosa di diverso.» dice, «Altrimenti stiamo sempre in casa o al locale con gli altri.» aggiunge e beve un sorso. «Mi sto iniziando ad annoiare.»
Annuisco, «Okay, per me va bene.» dico. E su vuole un abitino corto... abitino corto sia, poi vediamo il “voglio guardarti le gambe”.

***

«Ryan?» chiamo chiudendo la porta di casa, infilo il mazzo nella pochette e vado verso la sua auto. 
E per fortuna che sono io quella che fa tardi!
«Ryan?» ripeto bussando alla sua porta, lui la spalanca, mi guarda e spalanca la bocca.
«Lin-Linds...» balbetta, «È... È...»
«Ti piaccio?» chiedo e sfioro il corpetto del vestito. È nero, senza spalline, con la scollatura a cuore. La gonna scende ampia, con un paio di balze fino a metà coscia. Solo che le balze sono di tulle, praticamente trasparenti. La vera gonna è sempre nera, attillata e cortissima, così corta da coprire il necessario e non di più. Mi sistemo la giacca di pelle nera e l'allaccio, senza smettere di fissarlo.
«Tu... sì.» dice lui, io mi scosto per farlo passare e lui chiude la porta, «Sei bellissima.» sorride e mi bacia le labbra; mi posa un braccio sulle spalle e mi conduce verso l'auto, solo che prosegue oltre la sua.
«Ryan?» dico, «La tua auto è dall'altra parte.»
«Oh, ma non andiamo con la mia.» ride lui e mi bacia la testa.
«Ah.» faccio, «E con quale andiamo?» chiedo e, quando lui si ferma davanti al SUV di papà, lo guardo, «Mio padre lo sa?» chiedo.
«Certo che lo sa.» risponde Ryan e mi apre la portiera.
Io salgo, un po' dubbiosa. Perché usiamo questa e non la sua o la mia? «Perché?» chiedo.
«Perché sì.» risponde lui, mi bacia e avvia il motore.
C'è qualcosa di strano, in tutto questo, ma non m'importa, così mi rilasso contro il sedile, accavallo le gambe e lascio che Ryan mi sfiori il ginocchio.

Stiamo andando su e giù per il lungomare da almeno venti minuti e sembra che Ryan non abbia intenzione di fermarsi. «Inizio ad avere fame.» esclamo.
«Adesso mi fermo.» dice Ryan e svolta a destra, poi a sinistra e ancora a destra.
«Ma il McDrive è dell'altra parte.» gli faccio notare.
«Andiamo a quell'altro.» esclama lui.
«Dovevi girare a destra!» esclamo qualche minuto dopo quando Ryan torna sul lungomare.
«Non andiamo al Mc Drive.» dice e si ferma in una piazzola di sosta, mi guarda e sorride. «Fidati.» esclama, prende un qualcosa dalla tasca della portiera del guidatore e me la porge.
È una mascherina nera, una di quelle che si usano per dormire. «Che dovrei farci?» chiedo.
«Indossarla.» ride lui, la prende e me la mette, facendola scivolare sulla mia fronte fino a coprirmi gli occhi, «Quante dita sono?» domanda.
«E che ne so?» sbotto, «Non vedo un cazzo!» dico.
«Perfetto.» esclama lui.
«Perfetto cosa?» sbraito, «Adesso mi tolgo 'sto affare e tu vai dritto al McDrive altrimenti mangio te, okay?»
Ryan mi afferra la mano, «Lindsay... fidati di me, ti prego.» dice, «È una sorpresa.» continua, «Per favore.»
Inspiro lentamente, «Okay.» dico, «Basta che mi fai mangiare.»
Ryan ride, «Mangeremo, non preoccuparti.» dice e mi bacia il dorso della mano prima di posarla sulla sua coscia, così decido di rilassarmi di nuovo e non pensare a nulla.
Qualche minuto dopo Ryan ferma l'auto. «Posso togliermi la benda?» chiedo.
«No.» risponde lui e sento la sua portiera aprirsi, «Stai ferma qui.»
«Ryan!» lo chiamo, «Ryan! Che diavolo combini?» strillo e mi accorgo che sta trafficando con i sedili posteriori. «Non rompere l'auto di papà!» sbotto.
«Non la rompo.» ride lui, «E tu non agitarti e non levarti la benda, altrimenti mi rovini la sorpresa.»
Io sbuffo, incrocio le braccia al petto e tendo le orecchie per sentire il minimo rumore. Se rompe il SUV gli spacco la testa. «Ryan...»
«Non sto rompendo nulla.» dice lui.
«Non è per questo.» sospiro, «Parlami... che se stai in silenzio mi fai venire l'ansia.»
«Okay.» ride lui e inizia a canticchiare una canzoncina che Cam ha ascoltato per parecchio tempo quando era qui e io mi rilasso, fino a quando non apre la portiera dalla mia parte e io caccio uno strillo.
«Chi pensavi che fossi?» dice lui, mi slaccia la cintura e mi prende per mano.
«Mi hai spaventato.» borbotto, «Posso toglierla?»
«Non ancora.» dice lui e mi aiuta a scendere, facciamo solo due passi poi Ryan si ferma, «Sali.» dice e io obbedisco: poso le mani sul sedile ribaltato e gattono fino all'altro lato, mi giro e appoggio la schiena alla portiera.
«Posso toglierla?» chiedo e sento la portiera chiudersi e la mani di Ryan sfiorarmi le caviglie.
«Sì.» soffia e io mi tolgo la benda e fisso l'abitacolo: Ryan ha ribaltato i sedili e steso una trapunta rosso scuro. In un angolo c'è un secchiello con dentro una bottiglia di... Dom Pérignon? Ha preso del Don Pérignon?
Ci sono due piatti di porcellana bianchi, due bicchieri per lo champagne e un frigo da campeggio, oltre a una borsa frigo azzurra. Piccole candeline elettroniche sono sparse qua e là, regalando un'atmosfera romantica.
«È... bellissimo.» sospiro e guardo Ryan, fissando gli occhi azzurri che sembrano brillare alla luce delle candeline, «Grazie.» soffio e gli getto le braccia al collo, «Grazie.» ripeto e gli bacio e labbra. Lui ride e mi stringe, mi bacia il collo.
«Sono felice che ti piaccia.» dice, «Beviamo?» chiede e io annuisco, prendo i due flûte, lui afferra la bottiglia, la stappa e riempe i due bicchieri, infila la bottiglia nel secchiello e prende uno dei bicchieri.
«A noi.» esclama alzando il bicchiere.
«A noi.» dico e bevo un sorso, «Allora... in quei cosi c'è da mangiare, vero?» dico, «Perché ho fame.»
Ryan ride, «Sì, c'è da mangiare.» dice e apre il frigo da campeggio, prende un contenitore trasparente e lo apre: insalata di mare con cozze, vongole, polpo e gamberetti. Prende delle posate e mi passa una forchetta mentre io ribalto il tavolino estraibile dal sedile del guidatore — ci sono due porta bicchieri — poso i due flûte e prendo il piatto, Ryan li riempe entrambi, estrae un contenitore più piccolo pieno di salsa rosa dal frigo e me lo porge insieme a un cucchiaino. Apre la borsa frigo e prende un contenitore con delle fette di pane tostato.
«Che è?» domando indicando quella che sembra una grossa pentola in acciaio.
«Uno scalda vivande portatile.» risponde lui e alza il grosso coperchio, rivelando altri tre coperchi più piccoli.
«Non devi attaccarlo all'accendi sigari?» chiedo.
«No.» dice e mi porge una cappasanta dall'aria buonissima.
Io lo ringrazio e mi metto comoda, afferro un tovagliolo di carta e lo stendo sulle cosce per poi posarci sopra il piatto.
«Finalmente mangi.» ride Ryan, «Così non rompi più.»
Faccio una smorfia, infilzo un paio di cozze, le passo nella salsa rosa e infilo il tutto in bocca. «È buono.» dico, «Grazie.»
Lui mi sorride, «Ti amo.» mormora con le labbra sporche di salsa rosa.

Siamo fuori, seduti sul cofano del SUV e guardiamo le stelle. Il posto è leggermente isolato, non ci sono case, lampioni o hotel con mega fari ad illuminare l'insegna e il cielo è limpido.
«Vuoi il dolce?»
Guardo Ryan, «Hai il dolce?» esclamo, «E cosa aspettavi a dirmelo?» sbotto.
Lui ride, mi bacia e scivola dal cofano, «Arrivo subito.» dice.
Faccio un respiro profondo, mi sdraio sentendo il cofano praticamente freddo sotto di me.
«Linds?» mi giro verso Ryan, fissando i due piatti con dentro i profitterol.
«Oh.» faccio, «Grazie.» dico e prendo i due piatti mentre Ryan va a prendere lo champagne che ormai è quasi finito. Quando torna poso i piatti sul cofano, prendo i bicchieri e attendo che lui si sieda accanto a me.
«È buono.» esclamo, «L'hai preso in pasticceria, vero?» chiedo.
«Potrei saperlo fare.» replica Ryan, «Io so cucinare.» dice.
Rido, bevo un sorso di champagne e lo guardo, «Non dico di no, ma è un profitterol. I bignè sono difficili da fare.»
«Okay, l'ho preso in pasticceria.» ammette e io mi sporgo e lo bacio.
«Sei adorabile.» dico e lo guardo mentre le sue labbra si allargano in un sorriso che gli illumina il volto.
Ha fatto tutto questo per me! Nessuno aveva mai fatto una cosa così romantica e così dolce per me. Chissà come gli è venuta in mente una cosa del genere. Magari ha mangiato troppi waffles alla Nutella e lo zucchero gli ha intasato il cervello.
Mangiamo il dolce tenendo i piatti sulle ginocchia, i bicchieri accanto a noi ed è tutto così bello, così meraviglio che se morissi adesso morirei felice. Quando finiamo Ryan prende i piatti e i bicchieri e ritorna in macchina, lo sento far rumore mentre sistema, poi torna e si ferma davanti a me, posa le mani sulle mie ginocchia e si sporge. Non ci impiego neanche due secondi che sono già contro di lui e lo bacio sul collo. Ryan ride e poi geme piano prima di staccarsi e sedersi accanto a me.
«Sei bellissima.» dice.
«Credevo che il vesto fosse troppo corto.» replico.
«Ma ti vedo solo io...» lui scrolla le spalle e sorride prima di spingermi a sdraiarmi sul cofano. In un attimo le sue labbra sono sulle mie, le sue mani mi accarezzano e poi Ryan abbassa la cerniera del vestito. «Cazzo.» mormora quando si accorge che sono senza reggiseno.
«Bhe... che fai, smetti?» rido.
«Tu... io...» balbetta, «Non me l'aspettavo.» dice e fa correre la mano lungo la coscia e mi guarda, il suo viso a pochi centimetri dal mio.
«Non vado in giro senza mutande!» esclamo.
«Peccato.» fa lui e riprende a baciarmi, «Sarebbe stato... interessante.» commenta e mi bacia la spalla.
Io chiudo gli occhi e inarco la schiena, godendomi la sue carezze.
«Andiamo dentro?» soffia Ryan al mio orecchio e io annuisco a occhi chiusi. Ryan si alza, mi aiuta a scendere, rientriamo nel SUV e ci sdraiamo, vicini, io sotto, lui sopra.
Apro per un attimo gli occhi mentre lui mi toglie il vestito e fisso le stelle che si vedono dal finestrino sul tettuccio: è semplicemente meraviglioso, tutto quanto. Io, lui, noi due, l'oceano dietro di noi, il cielo stellato che ci avvolge... 

*-*-*

Non capisco perché debba sempre svegliarmi con i capelli di Lindsay su tutta la faccia. li scosto piano e le bacio la spalla. Linds mugugna qualcosa d'incomprensibile, si appallottola come un gatto tirando su il plaid fino al mento.
Con uno sbadiglio mi metto a sedere e mi sporgo fra i sedili davanti, verso il cruscotto dove ho lasciato il telefono. Sono le tre e dieci del mattino e credo sia l'ora di andare a casa. «Linds?» chiamo e sbadiglio ancora, «Lindsay? Dobbiamo andare.»
«Mmh.» fa lei e dà uno strattone al plaid che mi fa quasi cadere.
«Linds?» chiamo ancora e la scuoto piano, «Svegliati, tesorino.» dico e le bacio i capelli.
«Non chiamarmi tesorino.» borbotta.
Rido, «E tu svegliati.»
«Che ore sono?» chiede abbassando la coperta quel tanto che basta per scoprire gli occhi.
«Le tre.» rispondo e inizio a rivestirmi.
Lindsay sbadiglia e si mette seduta. «Okay.» dice, «Non è che hai dell'acqua?» chiede stropicciandosi gli occhi.
«Sì.» rispondo, prendo una bottiglietta dal frigo portatile e gliela porgo.
«Grazie.» mormora, la apre e ne beve un paio di sorsi prima di richiuderla e darmela, velocemente si riveste, sistemiamo tutto quanto — anche se c'è poco da mettere a posto, visto che l'ho già fatto mentre mangiavamo.
Lindsay scavalca i sedile e si siede su quello davanti mentre io piego il plaid e la coperta, tiro su i sedili posteriori, metto nel bagagliaio tutto quanto e la raggiungo.
«Ti è piaciuto?» chiedo.
«Sì.» soffia lei, ancora mezza addormentata. «Grazie.» dice, «È stato bellissimo.» mormora e si rilassa contro il sedile mentre io faccio manovra, «Come ti è venuta un'idea del genere?» chiede.
Per qualche secondo rimango in silenzio, «Così.» rispondo, «All'improvviso.» dico, «Sai... quelle cose che ti saltano in mente così, quando pensi ad altro?» chiedo e lei annuisce, «Ecco.» dico.
Lei mi sorride, un sorriso bellissimo, che le illumina il volto e io continuo a guidare.
Arriviamo a casa in silenzio e Lindsay scende dall'auto con un sonoro sbadiglio. «Da me o te?» chiede appoggiandosi all'auto.
«Entrambi.» rispondo.
«Eh?» fa lei, «Cosa?»
«È un appuntamento, ognuno dorme a casa sua.» rido e la accompagno verso la porta.
«Dopo quello che abbiamo fatto in auto?» chiede lei fissandomi con perplessità.
«Sì.» dico.
«Perché?» chiede lei, fermandosi e guardandomi.
«Perché sì.» dico, «Eddai, Linds, tesorino bello... ho organizzato una serata romantica, falla finire come voglio.» esclamo, «Per favore!» la supplico e sarei pronto a sbattere i piedi se fosse necessario.
Lei mi guarda e sospira, «Okay.» dice, «Ma domani mattina mi prepari i waffles.»
Io annuisco, la stringo a me e la bacio, «E va bene, tesorino.» dico.
«Non chiamarmi tesorino.» sbotta lei, «Pecorella.» dice e mi tocca i capelli.
Io rido, la bacio e l'aiuto ad aprire la porta, «Buona notte.» soffio e la bacio di nuovo.
«'notte.» sbadiglia lei, sorride e chiude la porta.
Sorridendo torno al SUV, tolgo la mia roba e controllo che sia tutto a posto, sbadigliando entro nella dependance, lascio il frigo portatile e la borsa frigo in cucina e vado in camera. Passo velocemente dal bagno, mi spoglio e rimango ad osservare la stanza di Lindsay finché le luci non si spengono. Solo a questo punto vado a letto anche io.
Che idea idiota! Quella di dormire separati, intendo. Perché me ne sono uscito con una roba del genere?
Imbecille!
E se andassi da lei? Lei si sveglierebbe e mi darebbe un calcio, lo so. Quindi, forse, è meglio rimanere qui.
Sbuffo, sospiro, mi rigiro nel letto, sospiro, sbuffo, mi rigiro e sbuffo.
Sono un cretino.
Qualcuno bussa al vetro. Scosto le lenzuola, mi alzo e mi avvicino piano alla porta finestra, scosto la tenda e sorrido nel vedere Lindsay.
«La tua idea è una vera stronzata, sai?» sbotta entrando. «Una minchiata assurda, fattelo dire.» continua e si siede sul letto. «Ogni tanto sei un vero idiota, lo sai?» borbotta sdraiandosi.
«Lo so.» dico raggiungendola.
«Eh, meno male.» dice lei, si sistema contro di me e sbadiglia, «Passare la notte lontani dopo un appuntamento... che idea scema.» dice.
«Lo so.» dico, «Me ne sono accorto anche io.» esclamo e la stringo a me, sentendo il suo corpo contro il mio fianco, le sue gambe contro le mie... e i suoi piedi freddi contro i miei.
L'amo anche per questo, dopotutto, anche se sono praticamente ghiacciati. Ma finché non me li ficca da qualche altra parte mi sta bene.
«Per fortuna.» mormora lei, «Credevo che fossi diventato scemo all'improvviso.» dice e sbadiglia. «Buona notte.» mormora.
«Buona notte.» dico, le bacio io capelli, le prendo la mano e chiudo gli occhi con un sorriso.

*-*-*

Ryan non c'è. Non è nella mia stanza e neppure in bagno. Lo chiamo, girando per ogni stanza di casa ma non c'è. Così vado nella dependance e lo chiamo, ma lui non risponde. Salgo le scale di corsa, l'ansia e la paura che mi stringono lo stomaco in una morsa dolorosa.
Dov'è Ryan? Dov'è andato? Perché non mi ha svegliato?
Apro la porta della sua stanza e il cuore manca un battito quando mi accorgo che non c'è più nulla di Ryan. Mancano le foto sulla mensola, la bandiera dei Miami Dolphin appesa al muro, mancano le sue chitarre. Apro l'armadio e cado a terra quando lo trovo completamente vuoto.
Se ne è andato. Ryan è andato via.
Mi ha lasciato.
Mi abbraccio le ginocchia e scoppio a piangere.
Apro gli occhi, di scatto, e mi ritrovo al buio e non so dove sono. Ci metto qualche attimo per capire dove mi trovo: nella mia cuccetta del tour-bus, accanto a Ryan, che dorme, sdraiato sul fianco sinistro e sembra un angioletto.
Era solo un incubo, uno stupido e terribile incubo. Scosto la tendina e salto giù dalla cuccetta — ovviamente quella di sopra — e vado in bagno a sciacquarmi il viso e soffiarmi il naso, appena esco da lì vado nella zona cucina e mi verso un bicchiere d'acqua.
Non mangerò mai più la pizza ai peperoni e salsiccia subito prima di andare a dormire. Mai più, se mi fa fare incubi del genere, ho ancora l'ansia e la paura addosso. Bevo l'acqua, getto il bicchiere nel cestino e torno alla cuccetta.
«Mmh.» mormora Ryan socchiudendo gli occhi.
«Sono io.» sussurro e mi sdraio accanto a lui, che mi abbraccia, «Dormi.»
«Dove sei andata?» biascica ad occhi chiusi, il viso reso azzurrognolo dalla piccola luce ai piedi della cuccetta.
«In bagno.» rispondo.
«Mmh.» mormora lui e mi bacia i capelli, sdraiandosi sulla schiena e continuando a stringermi. Mi sistemo sopra di lui, la testa sul suo torace, la mano stretta nella sua.
Non so che ore sono ma è ancora notte, saranno le due, le tre del mattino a giudicare dal cielo nero che si vede dalla finestrella. Abbiamo avuto una serata ad Orlando e adesso siamo diretti a Columbia, in South Carolina.
Mi stringo di più a Ryan, cercando di scacciare le orribili immagini dell'incubo dalla mia testa. Ryan non se ne andrà, Ryan non mi lascerà, lui mi ama e io lo amo ed è tutto perfetto, tutto perfetto e continuerà ad essere così lo so, me lo sento.
Voglio che sia così.
Il problema è solo che quella pizza era troppo pesante e io non l'ho digerita, tutto qui.
Respiro il profumo di Ryan e mi concentro sul rumore del suo respiro e chiudo gli occhi.
Sarà tutto perfetto, d'ora in poi.
Perché ho Ryan al mio fianco e tutto il resto non conta. 



Scusate il ritardo, ma prima ero bloccata (stupida Melanie!), poi ho avuto da fare, poi mi sono dimenticata, poi mi sono scordata di postare il capitolo... scusate!
Ormai siamo giunti alla fine della prima parte, perché sì, c'è una seconda parte! ( e forse anche una terza... *fischietta*)
Qualche curiosità sui titoli. Su quindici capitoli un titolo è una canzone di SHane Filan (quel cretino che non muove il culo dall'Irlanda e UK), uno di Lee Ryan, tre dei Westlife (quegli stupidi che si sono divisi! Ma perchééééééééééééééééééééé ç_ç), due di Ben Montague (il mio amore!), tre dei Blue, e cinque dei Backstreet Boys.
Bhe, ringrazio ogni persona che ha letto la storia, quelle che l'hanno messa nei preferiti, nelle seguite e nelle ricordate. Ringrazio chi ha commentato e chi commenterà.
Siete dei pasticcini ♥.
Grazie ancora,
Barbara.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3115317