Mind

di Tadako
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mia ***
Capitolo 2: *** Fine. ***
Capitolo 3: *** Ombre Nere ***
Capitolo 4: *** Le vere tenebre ***



Capitolo 1
*** Mia ***


Pioggia. Rumorosa e insistente cade sul terreno umido creando piccoli rivoli silenziosi.
Vento. Pieno di rabbia si scaglia contro case e alberi gridando col suo suono grottesco.
Fuoco. Avidamente si nutre del legno ormai ridotto in cenere, lottando contro la pioggia per sopravvivere.
Tre dei quattro elementi sfoggiano la loro potenza davanti a me. Solo il quarto sembra tranquillo, immobile mi avvolge i piedi nel fango ghiacciato quasi a consolarmi.
Tremo, ma non ho freddo. Non provo più nulla, non penso più a nulla.
Strigno compulsivamente il braccio di un orsacchiotto di peluches. Sul corto vestitino bianco il sangue scorre lento, diramandosi per il tessuto.
quando le ginocchia sbucciate entrano in contatto con il suolo smetto di vedere, e tutto diventa buio.



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Capitolo 1 - Mia

Che creature strane i ragni... Con quelle sei zampette sottili e il corpo peloso sono tanto disgustosi da far rabbrividire, ma infondo sono animali innoqui... nascono, cercano un luogo tranquillo per costruirsi una casa e lì vivono senza infastidire nessuno. Sono anche utili, uccidono le zanzare, quelli sì che sono insetti fastidiosi. Un po' però le invidio... quanto dev'essere bello saper volare.           
-Mia!- Mi urla una voce furiosa davanti a me. Torno alla realtà.
-Hai capito quel che ti ho detto?!-
-Eh? Ehm... si certo.-
La signora Running abbassa lo sguardo e tira un profondo sospiro.
-Vedi Mia... è questo il tuo problema, hai sempre la testa tra le nuvole.-
La guardo in silenzio cercando trattenere una smorfia dalla noia. I suoi occhi hanno un colore a metà tra l'azzurro e il grigio, mi guardano freddi e distaccati.
-Ascolta, io desidero più di te che tu riesca a passare l'anno...- 
Ha delle pupille così profonde... non posso fare a meno di fissarle.
-Ma non posso aiutarti se non vedo neanche un po' di impegno da... Mia!-
-Si, la sto ascoltando.-
Ora ha assottigliato lo sguardo, si vede che sta per perdere la pazienza.
"stupida mocciosa svampita, possibile che non riesca a concentrarsi per più di due minuti?! Non vedo l'ora che finisca l'anno, vedremo poi se avrà ancora voglia di prendermi in giro quando verrà bocciata."
-Cosa?!- sobbalzo preoccupata alla notizia. Lei mi guarda interrogativa.
-Io non ho detto niente.- esclama.
E' successo di nuovo. Le voci nella mia testa sono tornate... Ormai era da più di quattro mesi che avevano smesso di presentarsi, per un attimo avevo persino pensato che finalmente se ne fossero andate per sempre. E invece no.
-Mi scusi... stavo pensando ad altro.-
-E quando mai...- mi risponde leggermente scocciata.
Persa ogni speranza mi congeda dalla presidenza, e finalmente posso tornare a casa.
Non ho il coraggio di dire a mia madre di essere stata nuovamente richiamata, non voglio farla stare male.
Non le dirò neanche del ritorno delle voci. I miei genitori hanno fatto fin troppo sacrifici per pagarmi i vari dottori e terapisti che hanno provato ad aiutarmi in tutta una vita, ovviamente senza risultato.
Da piccola pensavo di leggere nella mente, purtroppo non è mai stato un dono, ma una disgrazia. Sono sempre stata la "bimba strana", quella con cui nessuno voleva parlare o fare amicizia.
Ovviamente gli adulti non potevano pensare che le mie voci fossero il risultato di qualche potere sovrannaturale, e ognuno aveva la sua spiegazione.
-E' un segno d'insicurezza da parte del soggetto: Si immagina quel che potrebbe pensare la gente per paura di deluderla- Aveva detto il baffuto Dottor Redi.
-Prevede quello che la gente potrebbe dire in base alla situazione, in pratica la sua testa le suggerisce frasi ovvie e prevedibili.- Ipotizzava la giovane Dottoressa Renzi.
- E' una mocciosa che vuole solo attirare l'attenzione.- Farneticava la grassa signora Hudson, nostra vicina di casa.
Dopo qualche minuto passato camminando travolta da mille pensieri il paesaggio comincia a mutare forma, le case diminuiscono facendo spazio ai prati e le strade vengono sgomberate dai passanti.
Per casa mia la strada non è complicata, basta andare dritto e camminare fino a quando non finisce la città: vivo davvero troppo lontano. Ma io non voglio tornare a casa, imbocco invece una via più piccola e non asfaltata, indicata soltanto dal terreno più compatto e delimitato da pietre.
Non prende mai nessuno quella via. Un po' perché a vivere da questo lato della città ci sono solo anziani stanchi per i quali l'idea di passeggiata è il percorso che fanno dal letto al divano, un po' perché essa porta solamente ad un piccolo gruppetto di alberi, così pochi da non poter essere definito neanche un bosco. 
Inoltrarsi in quel luogo, salire sul rami e nascondersi tra le rassicuranti fronde verdi era la cosa che più amavo; ci andavo quando ero triste o giù di morale, quando non mi sentivo capita o venivo presa in giro.
L'aria spirava fresca scuotendo le foglie verdi e creando un dolce fruscio, il sole si insediava tra i rami che lasciavano filtrare solo qualche raggio color giallo acceso e i piccoli animali di bosco correvano agili sui tronchi e tra l'erba tanto frettolosamente da far contrasto con l'ambiente quieto.
Chiudo gli occhi e assaporo il momento. Una lacrima mi riga la guancia, a volte le emozioni sono troppe per esser contenute in un solo corpo... e bisogna farle uscire,  per questo esistono le lacrime.
-Bel posticino... non c'è che dire!-
Sobbalzo sconvolta. Una voce? Qui? Non me la sono immaginata.
Apro gli occhi e li punto verso il basso: si, è una persona reale, e mi sta guardando.
Che dire? Che fare? Non l'ho mai visto, non è certo del mio paese. Sembra avere la mia età, è un ragazzo dai capelli biondi e rivolti verso l'alto, ha due occhi talmente verdi da confondersi con il prato che gli fa da sfondo; ma la cosa che risalta maggiormente è il suo sorriso, così sfacciato e naturale da far risaltare l'intero viso.
La sua bellezza mi rende ancora più inquieta, sembra il classico ragazzo inavvicinabile che osservi da dietro un libro di scuola immaginandoti incontri impossibili. Arrossisco pesantemente, in questo momento vorrei diventare invisibile; magari lo sono, non è possibile che un ragazzo del genere mi stia prestando attenzione.
-Ehi, sei muta per caso?- dice ancora inclinando la testa da un lato.
Rimango in silenzio. Vorrei dire qualcosa, ma ogni risposta mi sembra talmente stupida e inadeguata da morirmi in gola.
-Ok... ho capito.-
Si è avvicinato al mio albero. Si sta arrampicando... che fa? cosa vuole da me?
Gli bastano pochi secondi per portare il viso ad un soffio dal mio. Spalanco gli occhi indietreggiando istintivamente con la schiena.
Passa qualche secondo a fissarmi, sto seriamente pensando all'idea di buttarmi giù dall'albero e fuggire via.
Porta una mano a contatto con la guancia. Mi ha toccata, è talmente calda...
Non so esattamente cosa l'abbia spinto a farlo, forse un attacco di follia. Un attimo.
Il piccolo spazio presente tra i nostri volti si annulla e le sue labbra entrano in contatto con le mie.
Sono morbidissime, la cosa più morbida che abbia mai sentito, e calde. Una sensazione mai provata mi attraversa tutto il corpo e comincio a tremare; è sentimento strano, un misto tra piacevole e terribilmente imbarazzante, qualcosa di impossibile da descrivere,
Mi ha baciata.
Il momento non dura molto, il tempo di realizzare quel che stava succedendo e lo spingo subito via.
-Ma che diavolo fai?!- urlo portando le dita alle labbra.
-Allora ce l'hai la lingua!-
Non so cosa rispondere, ho le guance ormai viola dall'imbarazzo e tutto quel che voglio è andarmene.
Mi alzo frettolosamente da dove mi ero seduta e senza neanche pensarci appoggio il piede sul primo ramo che trovo, senza controllare la sua stabilita. 
-Attenta!- mi avverte lui, ma io sono troppo presa dalla situazione per pensare alle sue parole; così, grazie alla mia grande indole di svampita, il ramo si rompe e io cado rovinosamente a terra.
Sento un forte dolore alla caviglia, emetto un gemito. 
-Stai bene?- Mi chiede lo sconosciuto avvicinatosi. Come ha fatto a scendere in così poco tempo? Mi guarda la caviglia.
-E' gonfia, potrebbe essere rotta.- Avvicina una mano ma io ritraggo subito la gamba, provocandomi altro dolore.
-Va via!- 
-Voglio solo darle un'occhiata, non ti mangio mica.-
-Chi sei tu? E cosa vuoi da me?- finalmente trovo il coraggio di chiederglielo.
-Fammi vedere quella caviglia e te lo dirò.-
-Io non ti conosco!-
-Se è per questo neanch'io conosco te.- le sue parole così semplici sono disarmanti.
-Ma mi hai...- continuare la frase è troppo imbarazzante.
-Cosa?-
Ricado in silenzio.
-Ascolta... potresti essere ferita, fammi solo controllare, giuro che non ti farò male.-
Continua a guardarmi, non penso che accetterà un no come risposta. Gli lascio distendere la mia gamba, poi molto delicatamente mi toglie la paperina nera facendo entrare a contatto il piede con la terra umida.
Appoggia le mani l'una sull'altra sulla mia caviglia, poi chiude gli occhi e tira un grosso sospiro.
La pelle si colora di un luminoso bagliore azzurro, poi tutto svanisce e lui mi libera dalla sua presa. Sembra stanco.
Muovo avanti e indietro il piede senza sentire alcun dolore, il gonfiore è svanito.
-Come hai fatto?-
-Sono uno stregone!- scherza alzando le mani e agitando le dita.
Lo guardo infastidita. Ha un carattere davvero troppo strano, non riesco a capirlo. Per la prima volta nella mia vita vorrei potergli leggere nella mente.
Il suo viso ora è serio. Lo vedo girare furtivo la testa a destra e a sinistra quasi come un fuggitivo. Si avvicina lentamente a me, cercando di provocare il minimo rumore, poi poggia l'orecchio sul terreno.
-Che stai f...- la mano mi tappa la bocca impedendomi di terminare la frase.
-Mi hanno seguito...- quelle parole mi riempiono di terrore, che sia davvero un criminale?
Non faccio in tempo a reagire alla nuova informazione che mi ritrovo in piedi afferrata per un braccio. Parte a correre e io dietro di lui trascinata dalla sua stretta.
-Che fai lasciami!- urlo, ma lui sembra non ascoltarmi. -Ti prego... fermati.-
Rallenta una volta arrivati davanti ad un grande albero verso la fine del boschetto. 
Finalmente mi lascia, ma dura giusto il tempo di scostare una piccola botola da sotto un gruppo di legnetti, poi mi riafferra e mi porta giù con lui.
Il luogo è buio e sa di muffa, ho paura.
-Aiuto!- faccio in tempo a dire, ma lui mi immobilizza agilmente contro il muro tappandomi nuovamente la bocca.
-Stai zitta, vuoi farci scoprire?- dice con un tono che sembra per la prima volta serio. Il suo corpo è contro il mio in modi da impedirmi la fuga. Non vedo niente.
-Ascolta... le persone che mi stanno cercando non sono poliziotti o carabinieri, e non avranno certo scrupoli neanche con te.- Le sue parole sono fredde e non ammettono contraddizioni. 
Sentiamo dei passi sopra di noi, voci grottesche e ovattate che urlavano parole a noi incomprensibili, poi più nulla. Una lacrima di terrore mi riga il viso, bagnandogli le dita.
Mi libera la bocca e mi asciuga la guancia, poi non appena sicuro che non avrei provato ad uscire, libera anche il resto del mio corpo. Cado a terra.
-C-chi sei...?- chiedo nuovamente, ma questa volta con un tono ben diverso.
-Io sono come te.-
 

            


Spazio dell'autrice 

Ciao, caro lettore.
Mi presento, sono la pazza psicopatica che scriverà questo racconto e, con la tua approvazione, ti accompagnerà attraverso le avventure di Mia.
Mia è un personaggio molto particolare, non è la solita ragazza decisa e indipendente; è timida, chiusa e con una bassa autostima... Volevo creare qualcosa di diverso, aggiungendoci anche la caratteristica della classica ragazza svampita, qualità che tra parentesi mi rappresenta molto.
In contrasto con la protagonista ho aggiunto un bel ragazzo dal nome ancora ignoto e dal carattere aperto e imprevedibile. 
Passando al racconto, penso abbiate capito che entrambi i due giovincelli hanno dei "poteri magici". 
Questa mia scelta sarà la cosa più bella della storia e al tempo stesso quella più disastrosa... parliamoci chiaro, non voglio rifilarvi un racconto stile Winx in cui i ragazzi combattono i cattivi e salvano il mondo con i loro poteri fatati, non so se ho reso l'idea. Quindi, se mai doveste notare che il racconto cominci a prendere quella direzione, vi prego di avvertirmi. Cercherò di rendere tutto il più realistico possibile, ma aggiungerò comunque quel tocco di magia in più.
Spero che questo primo capitolo ti sia piaciuto. In ogni caso ti prego di lasciarmi una recensione per farmi capire che ne pensi, così da potermi migliorare :)
Grazie mille per essere arrivato fin qui
Alla prossima!



TK:3

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Capitolo 2
*** Fine. ***


 
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Capitolo 2 - Fine.

Dopo la frase scandita dal ragazzo misterioso non ho più voce per dire nulla. Ho paura, una paura che mi gela il sangue. Chi è veramente, e perchè mi ritrovo a nascondermi con lui come una criminale?
Porto le ginocchia al petto attenta a fare il minimo rumore, terrorizzata dal rischio di attirare la sua attenzione, cingendole forte alle braccia. Passano interminabili minuti e il mio sguardo rimane fisso sull'ombra nera del giovane che in piedi davanti a me ascolta vigile il silenzio.
Un singhiozzo mi sfugge dalle labbra bagnate e subito mi tappo la bocca spaventata. Il suo sguardo si sposta su di me: non posso vederne le espressione ma riesco ad avvertirlo.
-Beh, pare che se ne siano andati.- dice con voce leggera, la stessa voce usata poco prima sull'albero. Lo guardo scioccata, come ha fatto a cambiare di umore in così poco tempo?
Con un agile movimento si piega verso di me tendendomi una mano per farmi alzare, ma io non ho alcuna intenzione di porgli la mia.
-Andiamo... non c'è più alcun pericolo!- esclama, ma tutto ciò che ottiene è un ostinato silenzio. 
Sbuffa inspiegabilmente annoiato, poi poggia le ginocchia sul terreno umido e posiziona le mani vicine alle mie coscie, in posizione di gattoni.
-Ehi... dormi per caso?- 
Provo a indietreggiare incerta sul da farsi ma mi trovo bloccata dal muro dietro.
Lui è lì, talmente vicino che sento il suo respiro sulle mie ginocchia. Il cuore accellera il ritmo di battiti e le sensazioni che inizio a provare sono un misto tra il ribrezzo e l'imbarazzo. Voglio solo stare sola... perchè continua ad avvicinarsi, cosa vuole da me?
La paura di poco prima sembra svanire nel nulla e al suo posto si espande come una macchia d'olio una fastidiosa sensazione di inadeguatezza.
 -Quante volte devo dirti di starmi lontano prima che tu te ne vada?!- sbotto con innaturale confidenza pentendomi all'stante della frase appena pronunciata, ma al tempo stesso mi sembra di essermi tolta un peso.
-Allora sei sveglia! Tieni.- risponde senza dar peso al mio irritato tono di voce.
L'oggetto che mi porge è un fazzolettino di stoffa biaco.
-Non è bello vederti piangere, dovresti smetterla.-
Io? Smetterla di piangere? Si è forse dimenticato della situazione in cui mi trovo?! Perchè deve essere così maledettamente strano.
-Ma sei scemo o cosa?!-
-Perchè?-
-E me lo chiedi anche?-
-Si, non capisco... io ti salvo la vita e tu ti metti a piangere... Quella scema sei tu.-
-L-la vita? tu? Ma se...- mi blocco. A che sarebbe servito parlare con lui.
-Ascolta, non so chi tu sia e non voglio saperlo, voglio solo tornare a casa.-
Lo stano ragazzo sobbalza alle mie parole come improvvisamente preoccupato.
-A casa? Ma non puoi.- 
-Per favore... lasciami.- dico con tono implorante, stanca diella situazione. Riesco ad alzarmi strisciando la schiena e mi dirigo verso l'uscita.
-N-non andare... non ti conviene.- mi dice serio afferrandomi per un polso. Ritraggo il braccio stizzita.
-Lasciami ho detto!- e frettolosamente mi arrampico sulle pietre sporgenti della parete riuscendo finalmente ad aprire la botola e scappare da quell'inferno.
-Mia... ti prego ascoltami.- A quelle parole sobbalzo. Mia? Come sapeva il mio nome? Chi glielo aveva detto? di certo non io. 
Decido di non ascoltarlo e svelta mi allontano dal misterioso ragazzo. Cambio più volte strana per accertarmi di non esser seguita, poi mi dirigo a casa.
E' quasi sera quando esco dal bosco e imbocco la strada asfaltata.  Il cuore ha ripreso un andamento normale e la naturale calma dell'ambiente rende le emozioni di ansia e paura di poco prima quasi irreali.
 Non voglio pensare a quel che è accaduto, voglio immaginarmi che tutta la vicenda non sia stata altro che un' invenzione della mia testa. In fondo mi è già capitato di trovarmi costretta a covincermi che cose veramente viste e sentite non fossero altro che frutto della mia immaginazione. In pratica la storia della mia vita.
Nessuno mi avrebbe creduto, ovviamente l'avrebbero considerata un'altra delle mie follie e forse era vero, forse era tutta una semplice follia. Un tizio che si presenta dal nulla ai piedi di un albero, un inspiegabile bacio, una luce azzurra che cura le ferite... non mi avrebbero ascoltato neanche se fossi stata una persona normale. 
Non devo far altro che non pensarci, come si fa con gli incubi. Sono arrivata all'albero, sono scivolata e cadendo ho battuto la testa, cadendo in un tormentato incubo. Provo a sorridere pensando al mio folle sogno e mi accorgo delle guance ancora bagnate. Cerco tra le tasche dei jeans un pacchetto di fazzoletti e ne trovo uno di stoffa, quello regalatomi dal folle.
Eccola lì. Piccola e bianca. La prova che rende reale la mia fantasia.
La stringo arrabbiata, come se la mia disavventura fosse stata causata da quell'oggettino, e lo getto malamente a terra.
La porta di casa mi si presenta come una luce di salvezza: superate quelle mura potrò finalmente gettarmi alle spalle l'orrenda giornata e cullarmi tra le rassicuranti coperte del mio letto. 
A cenare non ci penso neanche, secondo le tradizioni della nostra famiglia oggi doveva essere la "serata pizza", ma in questo momento nel mio stomaco non c'è spazio neanche per un grissino.
Tiro fuori le chiavi e portandole verso alla serratura vedo una strana macchiolina di colore rosso. Mi avvicino per scrutarla con più attenzione, poi ci sfrego il dito sopra per lucidare la maniglia e ripulirla da quella che avevo classificato come una chiazza di sporcizia.
Stupida.
La sporcizia è nera, la polvere è grigia... solo una cosa è rossa.
Ma come potevo sapere. Come potevo anche solo immaginare il lago da cui essa proveniva. 
Come una piccola goccia di pioggia annuncia la tempesta, quella piccola macchiolina ha annunciato la fine. La fine di tutto ciò che conoscevo, la fine di tutto ciò che amavo.
Fine.
Corpi stesi esanimi. Volti pallidi. Occhi spalancati in una smorfia di un terrore che non verrà mai cancellato.
Anche loro piangevano. Piangevano rosso, e sputavano rosso, e lasciavano gocciolare rosso dalle bianche dita.
Rosso. Non dimenticherò mai quel colore. Così intenso...
-M-mamma?- chiamo nella disperata speranza di una risposta. Silenzio.
 -P-papà?!- provo acora. le lacrime scendono più calde. Il cuore si ferma, così come il tempo.
Grido. 
Un grido disperato che spezza l'aria, che crea brividi di ghiaccio lungo la schieda di chi ascolta. Un urlo che raggela il sangue e fa volare via i piccioni rimasti fino a quel momento immobili e silenziosi a scrutare la scena dai loro rami, come spettatori di un film con un brutto finale.
A questo ne segue un altro, poi un altro, poi un altro.
Urlo, fin quando non ho più fiato, fin quando non ho più lacrime. 
Non mi muovo. Non sbatto i piedi, non tiro pugni. Non oltrepasso neanche l'uscio di casa. Solo urlo, e piango.
La gente nelle case lontane sentiva le grida ovattate dalla lontananza e stava in silenzio. Nessuno si alzava dal proprio divano come nessuno smetteva di annaffiare il giardino. 
"Un altro degli scleri di quella pazza" pensavano all'unisono, come pecore. Non si curavano della disperazione con cui quel suono raccapricciante era riempito.
Così piangevo, e a pianto rispondeva silenzio.
-Ehi Ehi... va tutto bene.- parlò una voce dolce e rassicurante.
Lo strano ragazzo mi scosta una spalla e delicatamente mi porta una mano dietro all' orecchio in modo da costringermi a guardarlo negli occhi. 
Erano rossi e lucidi, pieni di rabbia straziante. Cominciai a muovere compulsivamente la testa a destra e a sinistra. Non avevo neanche più la forza e la lucidità per allontanarmi da lui.
-Mi dispiace... te l'avevo detto di non venire...-
-No... non è successo veramente. E' tutto un mio sogno!- urlo per convincere me stessa. La voce è rotta dalle lacrime.
-Mia, non è colpa tua.-
-Sta zitto!- comincio a prenderlo a pugni. Lui si lascia colpire.
-E' tutto un sogno, è tutto un sogno, è tutto un sogno!-
Continuo ad urlare fino a quando non mi afferra per i polsi bloccandomi.
-Smettila! Non puoi risolvere i tuoi problemi fingendo che non esistano!-
Mi mordo le labbra fino a ferirle, i singhiozzi diventano incontrollabili.
Mi fissa. Non ho il coraggio di aprire gli occhi, ho troppa paura della realtà.
Sobbalzo quando lo sento abbracciarmi. Le braccia forti mi cingono i fianchi stringendomi a se in modo quasi protettivo; le labbra vicino al mio orecchio.
-Non puoi cancellare la realtà, puoi soltanto accettarla.- 
Continuo a piangere, piango per un tempo interminabile, ma lui rimane lì. 
Mi aggrappo a lui. Sento il mondo intorno distruggersi e la desolazione ricopre l'ambiente. non c'è più nessuno, sono sola. 
Dimentico chi sia la persona davanti a me, mi basta solo un corpo su cui sfogarmi, una persona su cui affondare il viso. 
Mi sento debole e per la prima volta nella mia vita sento il bisogno di esser protetta. 
La sua stretta è salda, sicura. Mi avvolge come una piccola barriera fuori dalla quale la disperazione regna sovrana.
E lì, col passare del tempo, il dolore diventa sopportabile.


Spazio dell'autrice 

Eccomi con il secondo capitolo di Mind in onore della fine dell'anno scolastico!
L'ho dedicato principalmente alle emozioni della protagonista volendo sottolineare la sofferenza provata nel perdere i genitori.
Ora voi direte "ma a sta poveraccia gliene stai facendo passare di tutti i colori..." e avete ragione...  purtroppo era un passaggio  che dovevo affrontare e spero di essere stata all'altezza di descriverlo.
Non mi sono ancora soffermata molto nella descrizione del mio biondo misterioso, ma non preoccupatevi rimedierò nei prossimi capitoli.
Spero che vi sia piaciuto e se avete qualche consiglio da darmi o volete semplicemente farmi sapere che ne pensate vi invito a lasciare una recensione.
Un bacio e alla prossima!

TK:3                                                                      

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Capitolo 3
*** Ombre Nere ***


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Capitolo 3- Ombre Nere

Il frenetico rumore delle rotaie riempie il pesante silenzio creatosi nella cabina, mentre dal finestrino scorre veloce un susseguirsi di alberi e case illuminate dalla bianca luce della luna.
Nonostante il buio riconosco subito il piccolo boschetto che sfila sotto il mio sguardo per poi allontanarsi col resto del paesaggio. Il luogo da dove tutto è iniziato, il luogo dove ho incontrato Matt.
Dal giorno più brutto sono passati un mese, dieci giorni e quattro ore. Un infinito periodo di pausa destinato a finire proprio in quel preciso momento.
Davanti a me il misterioso ragazzo sonnicchia comodamente sdraiato sullo schienale del proprio sedile. Dal giorno più brutto l'unico volto che ho avuto la forza di vedere è stato il suo: sempre presente, in ogni circostanza. Non mi ha mai lasciata sola.
Mi è stato vicino in ogni momento di ogni giornata. Quando ero triste, quando piangevo, quando urlavo... persino quando incolpavo lui stesso del mio dolore, a volte tirandogli anche qualche oggetto contro...
Le prime serate le avevamo trascorse nella casetta di legno abbandonata lontano dal resto del villaggio, accanto al focolare, in silenzio. Protetta da una grossa coperta rossa passavo le ore concentrata su quel misterioso viso illuminato dai bagliori del fuoco e cercavo di intuirne le emozioni, senza mai riuscirci. Capitava che lui voltando lo sguardo mi coglieva in flagrante a fissarlo, allora di scatto abbassavo la testa arrossendo.
Poi le cose lentamente cambiarono... cominciammo a uscire e a parlare. Parlare di ogni cosa, come due vecchi amici d'infanzia.
Gli confidai tutto: dal mio strano potere ai miei rapporti con le atre persone; degli scherzi, delle prese in giro, delle lacrime... e ogni volta la sua reazione non era altro che un sorriso e uno sguardo comprensivo, uno sguardo da cui non traspariva alcun tipo di giudizio nei miei confronti.
Era strano per me, non essere giudicata... 
Di lui non parlavamo molto, spesso tendeva a cambiare discorso quando gli chiedevo di qualche sua faccenda personale. Mi disse che era orfano, e che i suoi genitori lo avevano abbandonato davanti ad un'orfanotrofio accanto ad un ciondolo d'oro con dentro un pezzetto di carta bianco: l'unico oggetto che gli rimaneva delle sue origini. 
Della sua infanzia parlava sempre con allegria. Raccontava dei suoi amici, delle suore simpatiche che ogni tanto gli portavano qualche caramella di contrabbando, e di Anna... Anna era la bambina con cui aveva legato di più in quel posto, la sua migliore amica; ogni volta che la nominava gli occhi gli si riempivano di gioia e un genuino sorriso gli compariva sulle labbra.
Di quel che succedette dopo l'orfanotrofio non ne fece mai parola. 
Un giorno ebbi infine il coraggio di chiedergli la domanda che più mi interessava fargli.
-Perchè sei venuto da me...?- gli chiesi cogliendolo di sorpresa. Girò lo sguardo e rimase in silenzio per qualche istante, poi posato il coltello con cui stava ripulendo il pesce per la cena mi si avvicinò.
-Mi hai raccontato di avere un potere, di sentire delle voci... giusto?- cominciò così il suo discorso, e io annuii confusa. 
-Le altre persone ti hanno dato della matta e hanno rinnegato il tuo dono, ma solo perchè le persone hanno paura di qualsiasi cosa sia diversa dal loro ideale di normalità. Io invece sto per dirti quel che tu hai sempre saputo ma che non hai mai voluto ammettere, ciò che ti fa paura e ti fa sentire diversa. Mia, tu leggi nel pensiero.-
Poggiando la testa sul finestrino del treno rivango la reazione che ebbi a quelle parole, e capisco che alla fine non ne ero rimasta poi così sorpresa. Forse perchè, come aveva detto lui, già lo sapevo... 
Realizzo solo in quel momento che alla fine lui non aveva mai risposto alla mia domanda; il discorso di quel giorno si perse nella discussione del mio dono e del perchè per così tanto tempo non ero mai riuscita ad accettarlo. Ma quindi perchè lui era lì, perchè eravamo saliti su quel treno... 
-Che giorno è oggi?-
-Martedì, perchè?-
-Tra tre giorni facciamo i bagagli e partiamo.-
-Cosa?-
-Prenderemo il primo treno per la città.-
-Ma Perchè?!-
-Non hai più nulla per cui rimanere, e io devo andar via... vieni con me.-
-E dove?-
-Te l'ho detto, andiamo in città.-
Fu questo l'unico discorso che avemmo sull'argomento... Non ci fu altro da dire, presi le poche cose che avevo, le racchiusi in una piccola valigetta e partii abbandonando per sempre il luogo dove avevo trascorso tutta la mia vita. Non ebbi neanche la possibilità di salutare la mia vecchia casa, ormai sovrannominata come "casa del delitto" per la misteriosa strage avvenuta in essa. Per settimane la polizia circondava l'edificio ispezionandolo da cima a fondo, ma al momento l'unica possibile sospettata del duplice omicidio ero io: la pazza ragazzina del paese vista per l'ultima volta dalla preside della scuola dopo un duro rimprovero e sparita nel nulla subito dopo l'accaduto. Inoltre alcuni anziani di case più vicine testimoniavano di aver sentito delle mie acute grida la sera del giorno più brutto e la scientifica aveva rilevato le mie impronte sulla maniglia della porta.
Le prove non erano ovviamente sufficenti per incriminarmi, ma bastavano a far girare voci.
Per questo motivo non volli più tornare al villaggio, neanche per testimoniare la mia innocenza... di quel che pensavano gli altri non mi importava più di tanto.
-A cosa stai pensando?- mi chiede Matt interrompendo improvvisamente il mio susseguirsi di pensieri.
-A tante cose...- rispondo evasiva.
-Cose tristi immagino.- incrocio il mio sguardo col suo e realizzo che stava studiando la mia espressione... lo fa spesso, e ogni volta mi mette in serio imbarazzo. Riesce a capire come mi sento semplicemente guardandomi, al contrario per me le sue emozioni sono un gigantesco punto interrogativo.
-No...-
-... stai pensando al tuo paese? Ti dispiace così tanto lasciarlo?-
-Credimi, no.- esclamo questa volta sincera.
-Allora perchè sei malinconica.-
-Non sono malinconica!-
Mi guarda in silenzio. 
-Ma tu non stavi dormendo?-
-Ho il sonno leggero, e poi tra dieci minuti dovremmo essere arriva...-
Non fa in tempo a finire la frase che un assordande fracasso spezza l'aria e la cabina sobbalza come in preda ad un terremoto. Le luci si spengono e riaccendono ad intermittenza, poi tutto diventa buio. Un silenzio inquietante si impossessa dell'ambiente.
-M-Matt...?-
-Shh...- scorgo i suoi occhi verdi illuminati dalla luna scrutare furtivi l'ambiente. Un fruscio lo fa girare di scatto.
-Dobbiamo andarcene da qui...- bisbiglia. Non faccio in tempo a reagire che mi afferra per un polso e mi fa uscire dalla cabina. Ho paura. Il cuore mi batte come impazzito e l'unica cosa in grado di rassicurarmi è quella mano che mi stringe decisa trascinandomi verso il corridoio.
Un altro fruscio ci fa bloccare. 
-Informiamo i gentili passeggeri che il treno si è fermato a causa di un guasto al motore. Ci scusiamo per eventuali disagi e vi preghiamo di mantenere le vostre postazioni fino al riavvio del mezzo.- Un urlo spezza l'aria. Subito dopo si sente una porta sbattere con forza, poi silenzio.
-Sono nel quarto vagone, questo significa che non sanno dove siamo...- bisbiglia tastando una parete con le mani. -Bene.-
-D-di chi stai parlando... chi ha urlato?!- 
-Mia ascoltami... devo chiederti un favore, ed è molto importante che tu mi ascolti.- mi dice con decisione afferrandomi per le spalle. Il suo naso sfiora il mio.
-S-si...-
-Ho bisogno che tu sia coraggiosa. Farai tutto ciò che ti chiederò di fare, senza contestare nulla.-
-O-ok.- le sue parole mi intimoriscono ancora di più, ma so che posso fidarmi di lui e mi convinco che se faccio quel che dice andrà tutto bene. Non devo far altro che seguirlo cecamente.
-Bene. Ora ascolta, le porte del treno si aprono e si chiudono attraverso i pannelli di controllo posti ai due estremi del treno, quindi ci basterà raggiungerne uno per riuscire a fuggire. A giudicare dalle urla loro dovrebbero essere arrivati al quarto binario, questo significa che ai primi non avremo problemi, o almeno è meno probabile. Ora ci serve qualcosa di sottile e molto resistente per poter aprire la porta che ci divide dal primo vagone.-
Avrei voluto fare mille domande in quel momento. Chi c'era in quel treno? Cercavano forse noi? Avevano qualcosa in comune con gli uomini in nero visti nel bosco solo un mese prima?
Ma non ci penso, mi ripeto che la cosa più giusta da fare è aiutarlo in quel che sta facendo.
-Ci sono... ascolta, io torno un attimo in cabina, tu resta qui. Sarò il più veloce possibile.- Finisce di dire la frase mentre ripercorre la strada fatta poco prima e io rimango sola. Non devo lasciarmi sovraffarre dal panico. Devo rimanere concentrata. Decido di avvicinarmi alla porta che separa i due vagoni: è scorrevole e si apre e chiude elettricamente attraverso un tastino ormai privo di corrente. Dei passeggeri del treno nessuna traccia: probabilmente rimasti chiusi nelle loro cabine intimoriti dalle urla o intendi a seguire gli ordini del capotreno di rimanere ai propri posti.
Un dolore al fianco mi fa gridare.
In preda alla fitta mi accascio a terra portando subito le mani al punto dolorante. Un liquido denso mi bagna le dita mentre tasto la superficie di quella che sembra una lama metallica.
-Zitta.- mi sussurra una voce all'orecchio e immediatamente mi accorgo di una presenza dietro di me.
Non faccio in tempo a girarmi che una mano nera coperta da un guanto mi copre la bocca, impedendomi di respirare. Mi dimeno in preda al terrore ma la gigantesca figura dietro di me non mi lascia scampo. Le ginocchia mi tengono strette le gambe mentre un braccio spinge sul petto. Sento il suo respiro sulla fronte e un sottile sorriso risalta sullo sfondo nero.
Sono al limite delle mie energie. Le immagini diventano più opache. Mi manca l'aria. 
Un rumore di lama. La mano che lentamente perde pressione sul mio volto e il corpo esanime che si accascia su di me.
-Mia... Mia stai bene?!- Matt mi scuote ripetutamente subito dopo aver gettato via la gigantesca ombra.
-M-Matt...- bisbiglio tornando a vedere con lucidità. Mi stringe in un rassicurante abbraccio, poi sposta l'attenzione sulla ferita.
-Fortunatamente non ha colpito organi vitali, il taglio è solo superficiale.- Poi si alza e tirando via il coltelo dal corpo senza vita lo infila a lato della porta facendo leva e riuscendo ad aprirla.
-Svelta, ci stanno raggiungendo.- mi porge la mano e io la afferro senza pensarci. 
Cominciamo a correre fino al pannello centrale e, una volta forzata anche l'ultima porta, inizia a cercare la leva d'emergenza che avrebbe dovuto aprire tutte le porte del treno. Del macchinista nessuna traccia, doveva quindi trovarsi dall'altro capo del mezzo... 
Un altro urlo riempie l'aria, questa volta ben più vicino.
-Sono qui...- bisbiglio fissando il corridoio come in trans.
-Diamine, non c'è più tempo!- esclama il mio compagno. 
Non c'è più tempo. E' finita. Mi giro ad osservare Matt mentre ancora speranzoso preme tasti e abbassa tutte le leve che vede.
E' tranquillo, non sembra trasparire nessuna traccia di paura... sa che ormai non c'è più niente da fare, perchè anche se in un estremo atto di fortuna fosse riuscito ad aprire il treno, le ombre nere non ci avrebbero messo più di qualche secondo a raggiungerci; eppure non smette di cercare.
Due grosse mani mi arrivano alla bocca e l'urlo di spavento mi muore in gola. spalanco gli occhi cercando il mio compagno con lo sguardo mentre vengo trascinata verso il petto dell'ombra. 
-Stai ferma se vuoi vivere.- mi sussurra, poi un enorme mantello mi avvolge e perdo lucidità.
Il pavimento sembra smaterializzarsi. Non sento più niente, come dentro un sogno.
Dov'è Matt...


Spazio dell'autrice 

Salve cari lettori, eccomi qui con il terzo capitolo di questa assurda storia... perchè assurda? Semplicemente perchè ormai è chiaro che questo racconto non ha un genere. Nel primo capitolo poteva sembrare una commedia romantica mentre nel secondo già scendiamo nel drammatico, in questo infine entriamo direttamente nell'azione con una scenetta di fuga dei nostri due protagonisti.
Non so quanto possa piacere questo cambio di trama, io semplicemente scrivo quel che mi sento, senza programmare nulla, per questo ogni capitolo suscita emozioni diverse. Mi scuso quindi con voi per questi miei atti di follia.
Detto questo, passiamo ai ringraziamenti.
Ringrazio I Sogni di Elen per la creazione del banner. Ti amo <3
Un grazie anche a Sam27Sputafuoco e Persona22 per aver letto e recensito i primi due capitoli.
Infine grazie a tutti quelli che seguono questa storia e sono arrivati a leggere fino a questo punto.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, un bacio e alla prossima!

TK:3

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Capitolo 4
*** Le vere tenebre ***


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Capitolo 4 - Le vere tenebre


 


-No! Lasciatela stare, vi prego!- urla una donna in lacrime. Il volto è indefinito, il busto coperto da una camicetta a quadri viola macchata da chiazze vermiglie. L'unico dettaglio che riesco a registrare.
Le ginocchia sbucciate, sporche, sanguinanti sono accasciate sul terreno mentre grida con la voce rotta dal pianto. La mano tesa verso qualcosa... cosa? Non lo so, ma si sta avvicinando.
Si avvicina sempre di più.
E' a un soffio da me. Avverto il suo respiro roco sulla pelle: è caldo, lento.
Mi sento nuda di fronte a qualcosa che non vedo ma avverto avvolgermi come una coperta, infondendomi una paura disumana che mi attanaglia il cuore. Un' interminabile serie di brividi mi avvolge e le urla che fino a quel momento avevano impriegnato l'aria del suono del dolore diventano sempre più ovattate.
I colori perdono consistenza smettendo semplicemente di esistere, in bocca un sapore amaro.


Una leggera brezza estiva mi sfiora la pelle.
Piccoli brividi provocati dal fresco improvviso mi attraversano le guance e l'intreccio di sogni e ricordi nel quale ero intrappolata finalmente mi libera dalla sua morsa.
Sospiro, ancora prima di aprire gli occhi, ancora prima di pensare: l'aria è pulita, il pesante odore di fumo che prima bruciava i polmoni si è ora dissolto.
Quando finalmente riesco a schiudere le palpebre mi ritrovo costretta a sbatterli più volte prima di abituarmi alla luce del giorno, strofino le palpebre con le dita mentre prendo coscienza di me stessa. Gli ultimi ricordi che ho risalgono ad una notte scura e piena di terrore: il treno, le urla, la paura, le ombre, il nero... Matt.
Solo quando quel nome riaffiora nella mente il corpo trova la forza di reagire e con un gesto improvviso mi desto dal giaciglio dov'ero sdraiata.
Le coperte che prima mi coprivano il busto scendono pigre fino al bacino. Mi guardo intorno.
L'atmosfera è fin troppo inverosimilmente diversa da quella che avevo lasciato mentre mi abbandonavo ai miei incubi. Ora l'aria è satura di calma e tranquillità e il bianco delle pareti contribuisce ad alimentare queste sensazioni. Mi sento come trascinata in un altro universo, uno totalmente estraneo a quel terrore che ancora mi invadeva i sensi. 

L'arredamento è piuttosto spoglio, costutuito da un armadio in legno, una scrivania con una lampada, qualche libro sparso in disordine su un portatile e infine un grosso tappeto grigio al centro della stanza.   
-Mia! Sei sveglia- la porta si spalanca  mostrando sull'uscio un ragazzo biondo dal volto raggiante e una maglietta blu notte con le maniche corte.
Il cuore mi si riempie d'emozione nel vedere quegli occhi che per un interminabile istante avevo temuto di perdere per sempre, quando due grandi mani mi avevano imprigionato la bocca e il mantello pece aveva avvolto ogni cosa.
Spinta da un'istintiva azione di avvicinarmi a lui balzo in piedi senza neanche rendermene conto.
Ma se per i miei battiti l'energia pareva essersi riacquistata e moltiplicata, non si poteva dire lo stesso per il resto del corpo: le gambe tremarono al movimento improvviso e per un attimo mi sembrò di cadere.
Inutile dirlo: non faccio in tempo a rendermene conto che due braccia forti e protettive mi hanno già prontamente sorretto. Lo guardai.
Ormai è quasi naturale, essere sorretta da lui. In  quei mesi era diventata la quotidianità: io cadevo, crollavo, mi perdevo e lui mi salvava ogni volta, sempre vicino. Sepre pronto.
Mi sento una debole ragazzina bisognosa di protezione, e la cosa che più mi sorprende è quanto mi piacca interpretare questa parte.
-Ehi frena l'entusiasmo, sei ancora debole- mi sussurra con un sorriso, con una dolcezza paragonabile al miele.
Non faccio alcuna domanda, al momento non mi importa di nulla, semplicemente mi va bene così.  Sorrido in risposta.
-Molto bene si è destata anche la principessa, ora siamo al completo quindi- la voce proveniente dall'uscio alle nostre spalle rompe l'immaginaria bolla che mi ero creata per imprigionare quell'attimo perfetto.
Lo sguardo si sposta immediatamente sulla figura a braccia incrociate appoggiata contro il muro. 
Ci guarda con un'indifferenza che però nasconde un'evidente nota seccata, come se gli desse fastidio qualcosa che non vuole mostrare. Non dò molto peso a quella consapevolezza appena colta, preoccupandomi prima di capire chi diavolo fosse la persona in questione.
I capelli neri sono in netto contrasto con quelli dorati del ragazzo che ancora mi stringe tra le braccia. Li porta spettinati, volutamente forse, perchè sembrano rappresentare alla perfezione il volto ostile e dai lineamenti duri. Gli occhi sono di un blu così profondo che racchiudono nella propria voraggine ogni più piccola emozione tanto da rendersi indecifrabili. 
Ci sono persone con cui sai di trovarti bene fin dalla prima stretta di mano, quelle con cui ti al primo incontro ti leghi in un'empatia che si ha solo con chi si conosce da tanto tempo; altre invece, al contrario, ti rendi conto di non potrerle sopportare senza neanche averci mai parlato. E' difficile capire il vero carattere di una persona, ma certe volte riesci a capire fin troppo facilmente che questo non è per nulla compatibile con il tuo, magari anche per un solo sguardo.
Quel ragazzo è certamente uno di quei rari casi. E da come mi guarda, penso che per lui valga la stessa cosa.
-Si chiama Dilan, è stato lui a salvarci- esclama Matt rispondendo alla mia muta domanda.
Il mio sguardo però appare solo più confuso.
-Già, ho rinunciato a tre notti di sonno e metà del mio sangue per salvarvi il posteriore da quei Ricercatori, ma non ringraziarmi.-
La sua voce aveva una fastidiosissima tonalità di ironia. Rimasi in silenzio non sapendo esattamente cosa dire.
-No davvero, non serve tranquilla- continua sottolineando l'assenza di una mia risposta.
Puntai lo sguardo sul mio amico, che delicatamente mi lasciò andare per rivolgere un sorriso divertito all'altro.
-Piantala, è ancora mezza scossa.-
-Posso solo immaginare- fu il commento pungente dell'altro, che però fece abilmente cadere la questione cambiando discorso.
-Allora, dove pensi di andare adesso?-
-Non saprei... sono indeciso tra Asia e Europa.- il tono è tranquillo mentre parla ignorando totalmente la mia espressione sconvolta a quella nuova rivelazione.
L'altro si abbandonò ad una risata.
-Sei sempre il solito, non ho mai capito come tu riesca a farlo.- ammise abbassando lo sguardo e infilando la mano nella chioma pece. In risposta riceve uno sguarda stranito.
-A fare che cosa?- 
-A spostarti così frequentemente, a viaggiare senza una meta.-
-Non è quel che fai anche tu?-
-Si, ma non così spesso, e mai fuori dal paese.-
-Che di devo dire, ho un'anima da esploratore.-
Gonfia il petto con fierezza e Dilan per tutta risposta scuote divertito la testa. Poi si infila le mani in tasca e si avvia verso l'uscita.
-Va bene Dora, fa come meglio credi, solo sta attento a non finire di nuovo nei guai: non ci sarò sempre io a salvarti.- e gli rivolge uno scherzoso sguardo di sfida mentre lasciava definitivamente la stanza.
-Non fare cose sconce con la principessa mentre non ci sono, ho appena cambiato le lenzuola. Torno subito.-
-Avrei tutte le ragioni per farlo visto il modo in cui hai ridotto il mio vecchio divano qualche anno fa con quella norvegiese.- urla in risposta prima di sentire il tonfo della porta principale riempire l'aria, io sento solo le guance in fiamme.

-Allora... penso tu mi debba dare qualche spiegazione.- alzo un sopracciglio con espressione eloquente, la guancia appoggiata sul palmo della mano e il gomito sul tavolo.
La camera da letto si affaccia direttamente su un salottino color marrone chiaro, tutti i mobili sono in legno e al centro troneggia un divano ambrato sul quale é ora comodamente disteso Matt: le gambe accavallate e le braccia dietro la testa.
-Cosa di dovrei spiegare?- risponde tranquilo mantenendo lo sguardo sul soffitto, neanche stia porgendo quella domanda alla mosca che girava in tondo senza una meta precisa sopra le nostre teste.
-Ehm... non lo so, forse come diavolo siamo finiti qui?- il tono di voce nasconde una leggera sfumatura stizzita. 
Non sono arrabbiata, soprattutto non con lui, ma sono successe fin troppe cose che non riesco a comprendere in così poco tempo da non riuscire neanche a metabolizzarle tutte e dopo aver parlato con Dilan mi sento quasi come se l'unica a non arrivare alle cose sia proprio io, ciò non fa altro che confondere maggiormente la mia mente già colma di interrogativi, e questo "non sapere" comincia a starmi stretto. Ho bisogno di qualcosa di charo, di una via da seguire, di quanta più verità riesco a raccimolare.
Per questo percepisco le risposte secche di Matt come il tonfo secco di una porta che fino a quel momento avevo cercato e desiderato con tutta me stessa di aprire e che ora cerca di chiudersi. Come se fosse restio a farmi entrare in quel mondo misterioso in cui lui e il suo amico vivevano. E la cosa non va bene. Non dopo tutte le porte che gli avevo aperto io durante quei mesi. Tutte le cose dette, cose tenute nascoste per anni.
-Ci ha portati Dilan, pensavo l'avessi intuito.-
-Fin lì ci ero arrivata-
-E allora non vedo dove sia il problema-
-Il problema è che non so neanche chi sia-
-Un mio amico...-
Fisso quegli occhi che si ostinano a non incontrare i miei e la leggera tonalità di stizza comincia a farsi più evidente.
-La smetti di darmi risposte evasive?!- non lo capisco. Non l'ho mai capito e non lo capirò mai. Perchè debba sempre rendere ogni cosa complicata è una domanda che mi pongo da tempo. Ho sempre creduto di saper intuire il comportamento delle persone in ogni situazione, prevedendo le loro mosse e le loro risposte in maniera quasi automatica, ma questo era prima di incontrarlo. 
Questo ragazzo ha il potere di confondermi, di lasciarmi totalmente spiazzata anche quando penso di averlo finalmente capito.
E' semplicemente inumano, irreale, fin troppo imprevedibile.
Posa finalmente lo sguardo su di me, poi sorride.
-Siamo scontrosi, non ti ho mai vista sotto questo aspetto.-
Questa volta sono io a non riuscire a sostenere quegli occhi indagatori, così decido di abassare i miei sul pavimento. Sospiro.
-Odio quando fai così-
-così come?-
lo sento alzarsi.
-Quando cerchi di svincolare dalle mie domande. Lo odio.-
-O magari cerco di non darti risposte che non vuoi sentire-
La consapevolezza di quella nuova affermazione mi fa sobbalzare lievemente, facendosi strada nella mia mente e oscurando tutto il resto: la rabbia, l'imbarazzo, le domande, la sensazione delle sue mani che lente si appropriano delle mie cosce in un gesto possessivo.
Quella frase è la prova di quel che sospettavo fin dall'inizio: lui sa. Sa cosa sto provando in questo momento, quali sono i miei dubbi e le mie domande. Sa ogni cosa e si finge ingenuo, così da evitarsi abilmente gli argomenti che non vuole affrontare. 
Una cosa l'ho capita di lui: ha un carattere molto complesso. La maggior parte delle volte è il classico ragazzo un po' idiota, tanto scemo quando dolce e genuino. Ma ci sono certi momenti, quelli meno frequenti ma più distruttivi, dove si trasformava totalmente, mettendo in luce quella parte di se che mi attira e intimorisce nella stessa misura. 
A volte penso che la parte raggiante del suo carattera sia solo una maschera, una farsa per nascondere quello vero. Ma a meno che non sia davvero tanto bravo a fingere, anche questa possibilità è piuttosto inverosimile.
Rimango in silenzio. Forse perchè le risposte, o meglio le domande, che potrei fargli sono semplicemente troppe per sceglierne una sola.
-Sei arrabbiata?- mi sussurra all'orecchio.
Non rispondo. Solo ora mi rendo conto dell'estrema vicinanza del suo corpo.
Percepisco il suo calore, il suo respiro. Sa l'effetto che mi provoca quando è così vicino, l'ha sempre saputo e l'ha sempre usato a suo favore.
Lascia un leggero bacio appena sotto l'orecchio. Le sue labbra sono morbide e umide, talmente calde da sentire la pelle bruciare in quel punto. Rimane fermo per un tempo che non riesco a determinare, il suo respiro tra i capelli, poi si allontana con una lentezza quasi esasperarnte per osservare divertito le mie gote arrossate.
Sono totalmente inerme a lui. La mia mente urla di reagire, ora come ogni volta, ma il corpo non risponde, troppo scosso dalla scarica di brividi che mi ha appena attraversato la spina dorsale.
Mi mordo il labbro in un gesto fin troppo rivelatorio.
-Lo prendo per un no- mi sorride. Un sorriso caldo che dovrei odiare. Un sorriso che dovrebbe farmi salire la voglia di prenderlo a schiaffi, e invece...
Quando si allontana percepisco il suo calore abbandonare il mio corpo e improvvisamente avverto uno strano freddo alle cosce, sulla parte che prima era coperta dalle sue mani.
Lo osservo mentre si dirige verso la mensola su cui stava il televisore e alcuni oggetti in porcellana.
Quella che attira la sua attenzione rappresenta un dalmata straiato su un fianco con un collare rosso e un osso tra i denti. Sorride quando la solleva, scoprendo alcune banconote arrotolate.
-Certe abitudini non cambiano mai...- sussurra, poi sfila qualche dollaro dal gruzzolo e se lo mette in tasca.
-Vado a prendere qualcosa da mangiare, tu resta qui e aspettami: Dilan sarà qui a momenti, non ti preoccupare.- dice con il suo classico tono protettivo, poi si avvia alla porta e si chiude l'uscio alle spalle senza lasciar spazio ad altre parole.
Resto lì. Immobile. Ancora paralizzata da emozioni che non riesco a descrivere e con un cuore che non smette di battere.

Appena i brividi smettono di invadere il mio corpo, tutte le sensazioni prima accantonate tornano ad affiorare nella mente e la rabbia di poco prima mi invade come l'acqua di un fiume all'apertura di una diga.
Non posso accettarlo. Non voglio vivere passivamente questa situazione. Voglio capire, ho bisogno di capire.
Perchè mi trovo in quella casa? Chi è Dilan? Ma soprattutto, chi erano quegli uomini sul treno? Sono solo alcune delle mille domante che girano incontrollate per la mente.
Sia Matt che l'altro sicuramente conoscono le risposte, e mi tengono all'oscuro di tutto. 
Non è giusto. Non ho intenzione di lasciare che sia qualcun altro a prendere delle decisioni al posto mio. Gli avrei affidato la mia stessa vita, questo è vero, ma ciò non gli da il diritto di manovrarla a mia insaputa.
Mi guardo intorno in mezzo a quella casa: sembra troppo pulita e immacolata per potermi mostrare qualche indizio sulla vera identità di colui che ci abita, o almeno in apparenza.
Così decido di fare qualcosa di contro ogni mio principio morale, ma il desiderio di sapere eclissa ogni altro pensiero.
 Comincio a frugare nei cassetti, nelle mensole, cercando. Cosa? Non lo so, delle risposte.
Cerco di toccare meno oggetti possibili e di lasciare tutto nell'esatta posizione in cui lo trovo.
Mi fermo solo quando aprendo un cassetto dell'armadio vicino al letto, trovo sotto i vestiti una scatola già aperta di preservativi.
Volo via da quella stanza più in fretta che posso, neanche dovessi fuggirci da quel pacchettino. Il viso viola per la vergogna.
Non è tanto la scoperta dell'oggetto a mettermi in imbarazzo, non è quella la cosa grave. Il motivo per cui le mie gote si stanno colorando di un rosso acceso è la sensazione di essermi prepotentemente spinta nell'intimità di una persona a me sconoscita che in fin dei conti non mi aveva fatto proprio niente.
Anzi, a quanto pareva mi aveva addirittura salvato la vita. 
La mente mi porta a quella mano che mi aveva afferrato la bocca, e a quel sussurro...
Stai ferma se vuoi vivere
Ora posso associarla ad un volto, un volto che mi ha trascinato via da quell'incubo, salvandomi da una fine terribile senza neanche sapere chi fossi.
E io ora sto vigliaccamente sfruttando la situazione per cercare delle risposte che non ho il coraggio di chiedere.
Che diavolo sto facendo...
-Che diavolo stai facendo?- mi chiede una voce alle mie spalle, e io sobbalzo neanche fossi stata scoperta in una rapina.
-I-io... ehm...- 
Dilan si appoggia con  una spalla sull'uscio della camera da letto, accennando con la testa verso l'interno della stanza. La "prova del crimine" riposa placida sul pavimento vuoto, il cassetto ancora aperto.
-Ascolta... non so come tu sia stata abituata nel tuo paesino di campagna, ma dalle mie parti le cose si chiedono in prestito prima di prenderle, anche se se si hanno bisogni impellenti- 
calca le ultime parole in modo quasi ironico. La sua voce però è calma, tagliente.
-Guarda che non hai capito proprio niente- trovo il coraggio di parlare spinta dalla stizza provocata dalla velata accusa. L'imbarazzo surclassato dal nuovo sentimento.
-Certo certo... si può sapere allora che stavi cercando?-
A quel punto abbasso la testa senza rispondere, semplicemente perchè una risposta non esiste.
Lui scuote la testa e ride.
Sta puttana
-Scusami?- percepisco quelle parole come si percepisce l'acido sulla lingua. Nella vita mi hanno insultato in diversi e variegati modi, ma nessuno mi ha mai dato della troia. Quella è l'unica colpa della quale non mi sono mai macchiata, per la quale nessuno si è mai sognato di prendermi in giro.
Lui mi guarda leggermente spiazzato dal tono ricco di rabbia. Conosco quello sguardo spaesato, è quello che assumono le persone quando sento qualcosa che non viene detto. Improvvisamente capisco, e decido di sfruttare a mio favore quella prima ombra di debolezza che gli sono riuscita a intravedere negli occhi da quando l'ho conosciuto.
-Ascoltami bene, non so quale assudra idea tu ti sia fatto di me, ma ti dico una cosa: tu non hai la minima concezione di chi sia veramente. Non conosci me, la mia vita, il mio passato e tantomeno il mio carattere. Sei il classico ragazzo che si atteggia per sembrare tenebroso e pieno di misteri, ma che in realtà vale nulla. Giudichi la gente così da non poter essere giudicato a tua volta e sei convinto di sapere tutto di tutti e di avere sempre ragione. Le conosco bene le persone come te, e le ho sempre odiate, più di ogni altra cosa. Non so come o il motivo per il quale tu mi abbia salvato la vita ma in ogni caso mi sento in dovere di ringraziarti. Detto questo ti consiglio di stare attento a ciò che dici, o a ciò che pensi, perche non tutti sono disposti ad subire passivamente i tuoi sguardi da altezzoso o il tuo tono di scherno.-  in quelle parole sputo una rabbia che ha diverse cause e diversi periodi. 
L'impulsiva furia per quelle insinuazioni appena dichiarate è stata la scintilla che ha acceso le fiamme. Ad essa si è aggiuta la rabbia ancora viva di una confusione provocata da domande che ancora non accennano a trovare risposte e infine un antico dolore di anni passati in silenzio a subire insulti e prese in giro. Cose morte da tempo riemerse una volta pronunciate quelle parole.
Ogni cosa si è legata all'altra dando origine ad un'esplosione di parole che normalmente non avrei mai avuto il coraggio di pronunciare.
Non ho mai esplorato quel lato di me, e la cosa un po' mi spaveta.
Il ragazzo rimane in silenzio per qualche secondo, poi, contro ogni reazione logicamente possibile, si porta una mano davanti alla bocca per soffiarci una risata.
-Vedo che la principessa ha anche gli artigli.-
E' la mia volta di rimanere spaesata, ma a differenza sua il mio disorientamento è decisamente più evidente. Lo realizzo quando vedo il suo sorriso allargarsi una volta notata la mia espressione.
-Dici che non ti conosco... magari hai anche ragione, vediamo... so che ti chiami Mia, che hai diciassette anni e che sei una timida ragazzia di paese- inizia a dire avvicinandosi.
-So che hai sofferto, che hai passato una vita all'ombra di sofferenze e prese in giro. So ciò che è successo ai tuoi genitori, conosco le sensazioni di dolore che hai provato.- 
La gola diviene improvvisamente secca e il cuore smette di battere per interminabili istanti. E' sempre più vicino.
-So che puoi fare cose... cose che spaventano la gente normale e che neanche tu riesci a comprendere veramente- quelle parole le soffia sulla guancia.
Punta gli occhi sui miei: sono freddi, di un blu scurissimo. Dischiudo lievemente la bocca e l'ansia prende possesso del mio corpo.
-So tante cose su di te... posso descriverti per filo e per segno ogni tua emozione. Dalle più belle alle più dolorose. So raccontarti lacrima per lacrima la sera in cui hai scoperto che la vita in cui avevi vissuto era giunta al termine e parlarti in modo molto dettagliato delle mille notti insonni passate in un intrigo di pensieri che non ha ancora trovato il modo per scioglersi.- gli occhi diventano lucidi senza neanche lasciarmi il tempo di accorgermene. E' semplicemente troppo.
Porta  le labbra a sfiorarmi l'orecchio.
-E sai perchè io so tutto questo? Perchè io sono esattamente come te.- Le sussurra quelle parole.
La frase si fa strada nella mia mente come uno strano eco, un che di famigliare.
Io sono come te
Erano le stesse parole usate da Matt nel giorno del loro primo incontro, un giorno che ora sembrava fin troppo lontano.
-Dici che le persone come me li conosci fin troppo bene.- continua senza lasciarmi neanche il tempo di respirare.
-Non so che tipo di gente frequenti ma credimi, fortunatamente di gente come me al mondo ce n'è davvero poca.- sorride contro la pelle.
-Mi piacerebbe sai, farti fare un giro nel mio mondo... peccato che Matt non me lo perdonerebbe mai.- a quelle parole un brivido mi attraversa la schiena.
-Sarebbe bello però, farti conoscere le vere tenebre.- 

Spazio dell'autrice 
Rieccomi dopo due mila anni a pubblicare un nuovo capitolo!
So che lascio passare davvero troppo tempo, ma non avevo alcuna ispirazione per continuare questo racconto e piuttosto che pubblicare delle schifezze ho preferito aspettare... e aspettare... e aspettare... meglio tardi che mai, no? Ok passiamo al capitolo...
I caratteri dei due protagonisti prende piano forma, intanto se ne aggiunge un terzo: Dilan.
Ho ricreato il tipico ragazzo un po' inquietante e con quella sfumatura di mistero che a me fa impazzire. Fin da subito non dimostra una grande empatia con Mia, ma alla fine un po' è da capire.
Mia è la tipica ragazza debole, bisognosa di qualcuno che la protegga: il genere di persona che puo' non andare a genio a tutti, diciamo...
Sto creando dei rapporti davvero strani e la cosa mi piace :3
Ad esempio cosa sono veramente Mia e Matt? Non stanno assieme eppure ogni tanto salta fuori qualche scenetta "romantica" (se così posso definirla) e non dimentichiamo il loro primo bacio... 
Andrò a definirla questa relazione, anche se molto lentamente... Trovo comunque giusto creare un rapporto incomprensibile con Matt, perchè lui è il primo ad essere incomprensibile. 
Mia è confusa e vuole risposte, ma nessuno accenna a dargliele.
Forse nel prossimo capitolo qualcosa salterà fuori...
Chiedo ancora umilmente scusa per il ritardo. Grazie per chi ha letto fino a questo punto.
Alla prossima!


TK:3

 

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