Sei sono le sorelle...(ovvero una tranquilla licenza a Palazzo Jarjayes)

di serelalla
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Compagnia B. Interno notte. ***
Capitolo 3: *** Palazzo Jarjayes. Interno giorno. ***
Capitolo 4: *** Allegro con brio. ***
Capitolo 5: *** Metti una mattina a colazione... ***
Capitolo 6: *** Attraverso lo specchio e quel che Oscar vi trovò ***
Capitolo 7: *** Il salotto di Madame de...e il risplendere delle fanciulle ***
Capitolo 8: *** Ricordi di un Generale ***
Capitolo 9: *** Mescolare bene una tazza di femmine ed un pugno di soldati. ***
Capitolo 10: *** Mesdames e Messieurs, prego, disponetevi per la quadriglia. ***
Capitolo 11: *** Un sogno all'improvviso ***
Capitolo 12: *** Io, tu e le rose (per tacer di lei) ***
Capitolo 13: *** Soldati e damigelle (titolo provvisorio) ***
Capitolo 14: *** sentiamo il parere delle lettrici ***
Capitolo 15: *** Spoiler I ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Madame stava ultimando la sua acconciatura comodamente seduta al tavolo da toelette nella sua stanza mentre il Generale passeggiava nervosamente alle sue spalle.

-Credo che mi verrà una febbre polmonare, Renyer- Madame gli si rivolse scherzosamente.

Il Generale si fermò di colpo.

-Eh? Cosa?- La moglie lo aveva riscosso dai suoi pensieri.

-Dicevo che, con tutto il vento che c’è in questa stanza, credo che mi ammalerò- Sorrise Madame.

Il Generale sbuffò e si allontanò il colletto della divisa da collo inserendovi un dito.

Madame lo osservava attraverso lo specchio.

-A volte somigli ad Oscar, sai?- gli disse ridacchiando.

Il Generale le rivolse un’occhiataccia.

-Appunto!- Rise apertamente lei.

Il Generale ridacchiò scuotendo il capo, sconfitto.

-Oscar dovrà obbedire ai miei ordini questa volta!- Disse poi con convinzione.

-Come vuoi tu, Renyer- Rispose Madame. Il sorriso ancora sulle labbra.

-E’ ora che la smetta con i suoi colpi di testa.- Ribattè il Generale col cipiglio del comandante.

-Certo, Renyer- Madame inserì uno spillone nell’acconciatura. Una maliziosa luce divertita negli occhi.

-Insomma sono io il capo della famiglia e Oscar deve sottostare alla mia volontà!- Un grande oratore, il Generale.

-Sicuramente, Renyer- Madame raccolse nella crocchia un ricciolo ribelle.

-Maledizione moglie, hai ragione!- tuonò il Generale. –Credo che andrò da Andrè a chiedergli di aiutarmi a convincerla!-  E si avviò verso la porta con passo marziale.

-Come decidi tu, Renyer- Madame sorrise soddisfatta ammirando il suo lavoro.

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Capitolo 2
*** Compagnia B. Interno notte. ***


Oscar scartò un asso.

Le risate sguaiate dei soldati accolsero la carta sul tavolo.

-Un errore da novellini, comandante!-

Oscar sorrise, imperturbabile. La divisa perfettamente abbottonata, la spada al fianco.

Reggeva le carte con una sola mano, l’altro braccio piegato sul tavolaccio di legno della camerata.

Il sorriso morì sul viso del soldato Labourne.

-Forza muoviti!-

-Tocca a te!-

-Accidenti, quanto vuoi farci aspettare?-

Labourne raccolse le sue carte dal tavolo.

-Sì, sì…quanta fretta! Tanto per voi è finita, Comandante!-

Oscar sorrise di nuovo. Labourne scartò.

-E ora, Comandante? Vi ho conciato per le feste, eh?-

Oscar mostrò le sue carte e raccolse la posta dal centro del tavolo.

-Ma come accidenti avete fatto?-

-Sì, quale trucco avete usato?-

Alain osservava la scena divertito. Seduto al contrario su una seggiola, la mano destra sullo schienale, il mento poggiato sopra.

-Ragazzi! Ragazzi calma!-

Si raddrizzò per far valere la sua stazza.

-Il Comandante, qui, ha giocato ed ha vinto. Non è colpa sua se siete degli incapaci con le carte!-

-Ma Cristo, Alain! Ci ha stracciato!-

-Sì, un damerino non gioca così!-

-Chi diavolo le ha insegnato a giocare?-

Oscar si voltò verso la branda alla sua destra, un po’ più indietro rispetto al tavolo.

-Andrè, credo che questi gentiluomini chiedano di te-

-Eh? Cosa?-

 -Andrè?-

-Sei stato tu, Andrè?-

-Tu le hai insegnato a giocare?-

Andrè rimase disteso, le braccia incrociate sotto la testa, gli occhi chiusi.

-Non è la cosa di cui vado più fiero in vita mia-

-Ma…-

-E, comunque, ha vinto perché avete fatto degli errori stupidi!-

Labourne si lanciò verso di lui.

-Ma come osi, Andrè? Io so giocare meglio di chiunque altro!-

-Non meglio di me…a quanto pare-

La voce di Oscar risuonò calma, sicura. Laborne si voltò verso di lei.

-Oh, non ti meravigliare! Neanche il mio maestro aveva così tanta fiducia nelle mie possibilità. Ha sussultato fino a scuotere anche la branda sopra la sua quando ha pensato che volessi scartarti un tre!-

-Io non stavo seguendo la partita, Oscar. Ti sbagli.-

Rabbia nella voce di Andrè.

-Oh, no, Andrè. Tu non seguivi la partita. Tu seguivi me. Come sempre. Come ho potuto confondermi?-

Provocazione in quella di Oscar.

-Alain?-

-Sì, Comandante?-

Alain si stava divertendo un mondo.

-Credo che io e i tuoi compagni gradiremmo fare un regalo a Lasalle con questi soldi. Per il suo secondo figlio appena nato-

-Cosa?…-

-Ma…non è giusto!-

-Zitti voi!-

Alain si alzò.

-Siete la feccia più schifosa!-

Poi si volse verso Oscar e annuì.

-Grazie, Comandante. Sono sicuro che a Lasalle farà piacere-

-Invece non sono sicuro che a tuo padre farebbe piacere sapere che hai giocato a carte con i tuoi soldati. E nella loro baracca, per giunta!-

Una precisazione inutile. La scintilla.

-Oh, sì. Credo che potrebbe morirne!-

Oscar si girò verso Andrè, il gomito poggiato sullo schienale della seggiola.

-Vuoi essere tu a dirglielo, Andrè?-

Un tono acido, fintamente divertito.

-Se ce l’hai con me Oscar non hai che da dirlo. Non serve cercare di stuzzicarmi con un comportamento irresponsabile!-

Andrè si forzava a rimanere immobile. Fremeva dalla rabbia. Alain li guardava pensieroso. Gli altri soldati li fissavano a bocca aperta, ammutoliti.

 Oscar stava per esplodere.

-Oh, ma io non ce l’ho con te! Quante volte ho desiderato ucciderti oggi? Vediamo…Quattrocentoquarantadue?-

-Solo?…-

-Mila!-

Andrè si alzò a sedere di scatto. I suoi commilitoni si volsero verso di lui quasi spaventati dalla sua reazione.

-Sei ubriaca, Oscar?-

-No, ma sto valutando seriamente l’ipotesi-

Indicò la bottiglia lasciata in bella vista sul tavolo.

-Credi che potrei farcela con questa?-

-Dovresti berne una botte. Quella bottiglia ti servirebbe a poco!-

-Oh, ecco un’altra cosa che mi hai insegnato!-

Andrè balzò in piedi, i pugni stretti.

-A quanto pare ti ho insegnato molto di più di quanto avrei dovuto!-

Oscar gli voltò le spalle.

-Ma molto meno di quanto avresti voluto…-

Sussurrò ad Alain. L’uomo non riuscì a trattenere una fragorosa risata.

-Sei impazzita, Oscar?-

Lei si volse, si alzò e scaraventò a terra la seggiola in un unico, fluido, movimento.

-Avevamo un patto io e te!-

Gli urlò in faccia.

-Tu sei folle, Oscar! Niente che io avessi potuto dire avrebbe fermato tuo padre!-

Ora anche lei stringeva i pugni, protesa verso di lui. Ribolliva di rabbia.

-Non è vero e lo sai. Mio padre non avrebbe preteso da me una cosa così assurda se tu ti fossi opposto!-

-Ah, sì? E da quando? Quando il mio parere ha mai contato per tuo padre?-

Urlavano senza ritegno, improvvisamente ignari dei soldati attorno a loro.

-Sempre, lo sai! A palazzo…-

-Smettila, Oscar! Piantala con quella stupida filastrocca! Tuo padre avrebbe continuato per la sua strada qualunque cosa io avessi detto. Non avrebbe fatto alcuna differenza!-

Oscar agitò i pugni.

-E invece no! Quando mio padre ha il tuo consenso impone, quando non ce l’ha, chiede. E questo fa differenza, Andrè!-

Affannavano entrambi.

-Ti credevo amico. Mi hai tradita!-

Oscar si voltò e si diresse verso la porta.

-Oh e ora che farai? Non giocherai più con me? Rivuoi indietro i tuoi soldatini di legno?-

Andrè le urlò dietro. Oscar aprì la porta e attraversò la soglia.

-E’ questo il tuo problema, Andrè. Mi vedi ancora come una bimbetta attaccabrighe di dodici anni. Beh, ho una sorpresa per te! Io sono cresciuta, cerca di farlo anche tu!-

E sbattè la porta. Il foglio con il bersaglio disegnato che vi era attaccato volteggiò per la stanza.

-Io? Io devo crescere, santo Iddio?-

Andrè urlava contro la porta chiusa. Pareva volesse scagliarvisi contro. Alain lo trattenne per le spalle.

-Calmati, Andrè.-

Andrè scalciava per liberarsi dalla stretta.

-E’andata via, Andrè. Calmati adesso.-

Gli altri lo fissavano allibiti. Il sempre calmo Andrè appariva trasfigurato.

-Andrè!-

Ancora un richiamo di Alain. Andrè si ricompose e strattonò l'amico, liberandosi.

-Porca puttana quella donna mi farà perdere la ragione!- Imprecò.

Alain rise. Una risata lunga, piena. Gli altri lo seguirono.

Vigorose pacche piovvero sulle spalle di Andrè.

-Sembrerebbe che tu te la sia sposata, amico!-

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Capitolo 3
*** Palazzo Jarjayes. Interno giorno. ***


-Andrè, ma sei sicuro che io possa passare la mia licenza qui a Palazzo?- Alain si mostrò dubbioso entrando nel grande atrio di Palazzo Jarjayes. La sacca dell’esercito, il suo unico bagaglio, sulla spalla destra. Si tolse il cappello alla vista della magnificenza della sala.

-Cristo, sembra una chiesa!-

-E allora cerca di non bestemmiare, troglodita!- Andrè gli diede una sonora pacca sulla spalla.

-Questi qui mi cacciano in due secondi, Andrè-

-Ma no, Alain! Sei ospite di Oscar, al massimo ti trapasserà con la spada!- Andrè scherzò divertito dalla reazione dell’amico.

Abile in strada, ma quando si tratta di grattare via il lerciume delle taverne…eh, Alain?

Una piccola rivincita per lui. Sapeva che sarebbe durata poco. Alain aveva un coraggio da leone ed un sorriso sfrontato e quella era la casa delle sorelle Jarjayes. Avrebbe infranto la sua parte di cuori, ne era sicuro!

-Andrè! Andrè!...oh, Santa la Vergine cosa devo fare con te benedetto ragazzo!- Alain osservò quella simpatica nonnetta con tanto di cuffietta e occhialini dirigersi verso l’amico.

-Nonna, sono appena arrivato. Dimmi Oscar è già…Ahia! Cosa ti prende, nonna?- Alain guardò sconcertato la nonnetta inferocita. Ma da dove l’aveva tirato fuori quel mestolo?

-Oscar è qui già da un’ora, disgraziato! Lasciare la mia bambina attraversare Parigi da sola! Ma cosa ti è saltato in mente?-

Alain cercò di calmare quella che aveva capito essere la nonna di Andrè.

-Perdonate, Madame, ma se vi riferite al Comandante sono certo che sia perfettamente in grado di difendersi da sola molto meglio di quanto la difenderebbe Andrè.- E non era sicuro di stare dicendo una bugia solo per calmare la nonnina infuriata.

-E tu chi saresti, eh? Che ne sai tu della mia dolce bambina?- Alain indietreggiò di un passo. Quella vecchietta era temibile.

Dolce bambina? Il Comandante?

-Dai nonna, è Alain. Il mio amico Alain. Il soldato del reggimento di Oscar che lei ha invitato a passare qui la sua licenza.- Si intromise Andrè.

-Oh, tu sei Alain caro ragazzo?- Caro ragazzo? Ma se lo stava per ammazzare solo un attimo fa?

-Mi dispiace per la tua perdita, figliolo! Andrè sa cosa significhi rimanere soli al mondo…se non ci fosse stata Oscar allora…ma vorrà dire che ora sarete in tre! Oh, Andrè, ma cosa fai ancora lì impalato? Accompagna Alain nella sua stanza. Tra poco arriveranno le bambine e questa casa sarà di nuovo piena di allegria. Su…su! – Li incitò mentre li spingeva verso le scale.

-Marie!-

Alain ed Andrè si voltarono verso la nuova arrivata. Una dama di gran classe. Pensò Alain.

-Oh, buongiorno Andrè. Bentornato- Esclamò la donna accorgendosi di Andrè.

-Buongiorno a voi, Madame- Rispose Andrè. Alain si inchinò non sapendo bene il perché.

-Oh, e voi dovete essere Monsieur de Soisson, l’amico di mia figlia Oscar!-

-Sì, Madame, rispondo al nome di Alain de Soisson, ma non so se posso fregiarmi a buon diritto del titolo di amico vostra figlia-

-Ma non era con voi che si è buttata in quella rissa a rue de Tullerie? Credo che dobbiate entrambi la vita ad Andrè dopo quella sera-

Oscar aveva raccontato alla madre si essersi ubriacata con lui in una taverna di Parigi?

-Andrè! E’ vero quello che dice Madame?-

-Oh, suvvia Marie! Ovviamente Oscar era in servizio e c’era un alterco da sedare, me lo ha raccontato Andrè quella sera che la riportò a casa in braccio, svenuta. Quanto hai camminato, povero caro, quella notte!-

-Il Generale non dovrebbe permettere che Oscar si metta in pericolo così, Madame- singhiozzò la nonna.

-Oh, ma Andrè mi ha detto che Oscar ne ha date almeno quante ne ha prese…che espressione pittoresca!-

Alain guardò l’amico con una serie di domande dipinte in volto.

-E’ il mio patto con Oscar- sussurrò lui –Ci siamo sempre coperti a vicenda.-

-Tu non me la racconti giusta, amico! Qui ci sono un mucchio di cosette che mi devi spiegare!-

Il rumore delle ruote di una carrozza sul selciato li distrasse dalla imbarazzante conversazione.

-Oh, Madame…è la carrozza delle bambine, finalmente!-

La nonna afferrò le gonne e si precipitò verso l’ingresso. Madame la seguì con il suo incedere elegante.

Quella donna non pare toccare terra quando cammina! Pensò Alain.

-Vedo che ti sei già abituato a conversare come un damerino, amico mio!- Lo canzonò Andrè. –Ma attento alle donne Jarjayes e poi non dire che non ti ho avvertito!- Aggiunse indicando con gli occhi Madame su cui lo sguardo di Alain era ancora posato.

- Ma che vai blaterando, razza di plebeo ripulito. Le donne sono donne, nobili o popolane! L’amico Alain, qui, se ne intende!-

-Certo Alain, certo!- Rise Andrè e in cuor suo rettificò i suoi pensieri aggiungendo che  anche se Alain avrebbe certamente spezzato dei cuori lì a Palazzo, a quanto pare neanche il suo era poi così al sicuro!

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Capitolo 4
*** Allegro con brio. ***


OK arrivano le sorelle, Campo totale per l'omaggio a Ninfea, figura intera sull'ngresso della guest star, piano americano sul generale. Questo è un capitolo col botto. Su le mani per Gordon DUE ZERO DODICI! Scrivetemi!!!!!




Due splendide donne attraversarono il vestibolo di ingresso togliendosi gli eleganti cappellini in tinta con gli abiti da viaggio.

La più anziana, una impetuosa bellezza bruna dagli occhi turchesi salutò allegramente Madame.

-Buongiorno, madre.-

- Come state, madre?- le fece subito eco l’altra. Una conturbante beltà bionda indubbiamente sorella di Oscar.

Alain credette di essere giunto in Paradiso e che gli angeli stessero venendo ad accoglierlo.

-Buongiorno ragazze mie- Madame le abbracciò.

-Oh, buongiorno Andrè! Che bello vederti a Palazzo!- 

Sei amico di questa bionda sconvolgente, Andrè?

Alain sentì la bocca arida ed un improvviso bisogno di bere. Quante ce ne sono?

-Buongiorno Ortense…Josephine…- Andrè, le salutò senza tradire alcuna emozione se non un dolce e fraterno affetto.

Ma sei di legno, amico?

-Alain de Soisson- Andrè lo presentò in risposta ad uno sguardo interrogativo di Josephine. L’angelo bruno, secondo Alain.

-Buongiorno, madamigelle. Sono onorato di fare la vostra conoscenza. Vi prego di considerarmi, umilmente, al vostro servizio-

Andrè stava per scoppiare a ridergli in faccia. Ma sei andato a ripetizione dal prete del villaggio, Alain?

-Bene, questa casa aveva bisogno di qualche altra presenza maschile- Concesse Josephine.

-Si sperava che questo compito fosse assolto dai vostri mariti, Josephine- Rimbeccò Andrè, divertito.

-Andrè, non essere insolente!- La nonna era pronta all’attacco. Alain pensò che se fosse stata lei ad allenare Oscar, quella sera il Comandante sarebbe stata in grado di malmenare tutti gli avventori della taverna da sola.

-Oh, ma Andrè ha ragione, nonna!- La calmò Ortense. –Purtroppo i nostri consorti hanno preferito non rinunciare alla famosa battuta di caccia del Cardinale de Rouen.-

- Hai un patto anche con loro? Com’è che qui tutte ti difendono, Andrè? - Bisbigliò, Alain.

Andrè rispose semplicemente, alzando le spalle. -Sono innamorate di me-

-COSA?-  Una sfilza di ottave di troppo. Sguardi verso di loro. Alain si chiese come uscirne, quando…

-Danielle! Non correre!- Una soave voce provenne dallo scalone di ingresso.

-Oh. LouLou, ma c’è Andrè! Ho sentito la sua voce. Sono sicura che è a Palazzo!-

Così Alain assistette all’ingresso di una bambina bionda bella come una porcellana e con degli occhi turchesi come il mare che si precipitava verso il suo amico.

Ma questa è sputata il Comandante!  Pensò.

-Andrè! Oh, sapevo che era la tua voce quella che avevo sentito- e corse verso di lui.

Andrè sorrise alla piccola e le indicò il gruppetto di dame alla sua destra.

-Buongiorno a te, piccola Danielle- le disse dolcemente.

La bambina si fermò di colpo e si rivolse a Madame.

-Ah, sì… Buongiorno Nonna…Nonna Marie. Poi andrò a salutare il Generale. Posso giocare con Andrè, ora?-

-Danielle! Ti avevo pregato di non correre- Alain vide entrare dall’ingresso di Palazzo Jarjayes la più bella ragazza che avesse mai visto.

Com’è che il sole ha illuminato quest’androne all’improvviso?

Bruna come Josephine con degli splendenti occhi turchesi avanzava con la classe di Madame ed il sorriso dolce di una Madonna . Si inchinò a Madame e la salutò con grazia.

-Buongiorno, nonna. Sono felice di rivedervi. Trovo bene anche voi, nonna Marie.-

-Oh, e così avremo anche la nostra LouLou con noi!-

Alain vide un’ombra oscurare un istante quel viso splendido.

-Sono felice che tu sia potuta venire, Louise- La salutò Andrè.

Lei si voltò verso di lui ed il sole tornò a splendere e a riflettere i suoi raggi sui freddi marmi della sala donando loro un dolce tepore.

O almeno questo parve ad Alain.

-Oh, grazie Andrè. Tu sì che sei un gentiluomo! Sei l’unico che comprende quanto quel vezzeggiativo mi metta ormai in imbarazzo-

Andrè sorrise, annuendo.

-Andrè è stupendo ed io lo sposerò da grande!-

Non ammetteva repliche il tono di Danielle. Il gruppetto di dame scoppiò a ridere.

-A quanto pare mi sono già persa il primo atto!- Una paffutella, gioiosa dama fece il suo ingresso.

-Oh, le scale di questo Palazzo mi hanno messo a dura prova questa volta.- Affannò un po’.

Louise corse a darle il braccio.

-Oh, scusatemi Zia! Ero impegnata a badare a Danielle e mi son dimenticata di offrirvi aiuto-

-Oh, non fa nulla bambina. Oh, ma ci siete anche voi Josephine e Ortense…quando siete…?…ah, no, ora ricordo! Abbiamo viaggiato insieme…oh, la mia povera testa!…Buongiorno Marguerite e buongiorno anche a voi Marie, amica mia. –

-Buongiorno, zia Serena. Cara, venite a sedervi-

Madame fece accomodare la donna su un divanetto.

-Oh, grazie. Beh, cosa mi son persa quindi?-

-Oh, il nostro Andrè si è trovato un’altra pretendente alla sua mano- rispose Josephine allegramente.

-Perché?- chiese la zia rivolgendo uno sguardo indagatore verso Andrè. –Cosa ne è stato di Oscar?-

Il precipitare degli eventi.

Andrè, calmo da prenderlo a schiaffi.

–Il Comandante?- Alain si rivolse verso di lui incredulo.

- Zia Oscar non c’entra nulla!- Danielle offesa come una primadonna oltraggiata.

E Ortense, candido fiore. –Noi tutte siamo un po’ innamorate di Andrè, Zia. Ma non credo che i sentimenti di Oscar si possano paragonare ai nostri…o a quelli di Danielle-

-Oh, è la piccola la pretendente? Niente di paragonabile, dite? Sì…oh, sì, certamente. Oh, anche tu sei stata innamorata di Andrè, LouLou?-

La ragazza si volse verso Andrè con un sorriso che raggiunse il cuore di Alain come un raggio del sole d’estate.

–Oh, un po’ lo sono ancora Zia…ma concordavamo prima che il suo amico Alain colmava l’incresciosa mancanza di figure maschili in questa casa- 

E come il sole cocente, lo bruciò.

Andrè le sorrise. Ricordava Louise bambina, anche se la trattava come una madamigella ormai grande.

-Oh, non importa quello che dite! Io lo sposerò, ormai ho deciso- ribadì Danielle.

-Andrè, ho bisogno di te!- La voce del Generale arrivò dalla sommità delle scale e da lì apparve.

Andrè annuì. - Certo Generale, sarei venuto a salutarvi non appena possibile- Alain gli rivolse un saluto militare.

–Non ti ho chiesto di salutarmi, ma di venirmi in aiuto….e tu riposo, giovanotto…chi  sei? Ah, de Soisson! Bene raggiungimi anche tu nel mio studio…Bene, bene…qualche uomo in questa casa, finalmente…potremo gustare del buon vino in santa pace.-

Le mani intrecciate dietro la schiena si rivolse alle dame ancora al piano inferiore. –Buon giorno figlie…nipoti…cara Zia…ci troverete nel mio studio- E si avviò verso il corridoio alla chetichella.

Andrè spinse Alain con una pacca sulla schiena. –Muoviti!- gli disse.

-Ma cosa diavolo…? Andrè?-  Andrè, lo incitò con lo sguardo superandolo.

-Meglio non approfondire l’esito di questa disputa, soldato- gli rispose il Generale sottovoce. –E soprattutto non ora!-

Troppo tardi.

-Debbo parlarvi, padre!-

Il Comandante! Solo lei ci mancava!

-Comandante!- Alain, altro saluto.

-Riposo, Alain…Padre devo parlarvi di questa vostra decisione…-

-Non ora Oscar…ho da fare con Andrè, ora…vai dalle tue sorelle…- E raggiunse la porta del suo studio.

-Ma padre!-

Il Generale aprì la porta -Fila dentro, ragazzo mio- ordinò ad Andrè.

Andrè ed Alain si rifugiarono nella stanza. Senza onore. Oscar cercò di seguirli.

-Padre dovete ascoltarmi…-

-Non posso Oscar, Danielle ha appena deciso di sposare Andrè…risolvi un po’ questo, intanto…-

Oscar rivolse al padre uno sguardo interrogativo. Un attimo di esitazione di troppo. Il Generale le chiuse la porta in faccia.

-Padre?- Bussò.

-E’ stato un colpo sleale, Generale- lo rimproverò bonariamente Andrè.

-E’ stato un colpo che ci ha salvato la vita, benedetto ragazzo- rispose accomodandosi in poltrona e accendendo la sua amata pipa.

-Padre, cosa volete che mi importi dei capricci di Danielle…non ho più quindici…cinque anni!-

Andrè sussultò. Il Generale lo guardò fisso.

-Oscar, parlerò con te più tardi- Rispose senza distogliere lo sguardo da Andrè.

-Ma perché deve per forza averlo sempre tutto per lei?- La voce alterata di Danielle.

-Oh, Cristo…ha davvero cominciato anche lei!- Imprecò Oscar. Abbandonò l’impresa di discutere col padre.

Quando sentì il silenzio impadronirsi del corridoio il Generale si rivolse ad Andrè.

-Non ha più quindici anni?- chiese.

-Meglio non approfondire il risultato di questa disputa, Generale.-  Gli rispose Andrè senza abbassare lo sguardo.

Hai del fegato, amico! Alain si complimentò con lui mentalmente.

-No…certo…o almeno non ora.- Il Generale aspirò una boccata continuando a fissarlo.

-A palazzo…-cantilenò-ma immagino che nessuno si aspetti che proprio io mi metta a recitare questa sciocchezza…avanti figliolo, versami un po’ di quel vino di cui parlavamo-

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Capitolo 5
*** Metti una mattina a colazione... ***


Alain scendeva pensieroso la scala di Palazzo Jarjayes. Mani in tasca osservava i marmi pregiati ed il mobilio fastoso. Una volta la sua famiglia abitava in un palazzo simile gli aveva raccontato sua madre. Il ricordo della donna gli procurò una stretta al cuore. Sorrise e si grattò la fronte.

Il grande e grosso Alain ha nostalgia delle gonne della sua mammina. Ridacchiò.

I suoi compagni d’arme l’avrebbero preso in giro se l’avessero saputo. Invece nessuno lo canzonava per il suo affetto per Diane, la sua sorellina. Tutti ne erano innamorati, affascinati dalla sua leggiadra bellezza. Ora aveva solo lei, la sua Diane, pensò.

Un allegro vociare lo distrasse dai suoi pensieri. Si accorse che proveniva da una porta poco più in là, al piano inferiore. Risate allegre risuonarono fin nelle scale. Risate femminili. E poi una voce conosciuta al di sopra delle altre.

-Vado io a chiamarlo…- LouLou apparve sulla porta, ancora la mano sulla maniglia. Lo vide e sorrise facendogli un piccolo inchino.

-Oh, siete giunto fin qui senza problemi vedo, monsieur de Soisson. Andrè si preoccupava vi foste perso.- Gli sorrise.

Come è dolce il suo sorriso, pensò Alain.

-Non ho avuto alcuna difficoltà ad orientarmi, madamoiselle Louise. Il mio amico Andrè si è preoccupato per nulla.- rispose. Poi avrebbe parlato con Andrè. Diamine! Voleva farlo passare per un bimbetto bisognoso di una balia?

-Spero abbiate riposato bene, monsieur. Avete trovato comodo il vostro letto?- LouLou gli rivolse un sorriso birichino. -Forse un po’ solitario?- aggiunse.

Alain strabuzzò gli occhi.

-Immagino siate abituato a dormire coi vostri commilitoni, in caserma. Spero che la vostra stanza non vi sia sembrata troppo silenziosa- Continuò, soave, la ragazza.

Ad Alain un dubbio sfiorò la mente. Sorrise sornione a quella affascinante ragazzina.

E’ un gioco pericoloso, dolcezza. Sei sicura di volerlo fare con me? Le chiese nei suoi pensieri.

-La camera è splendida ed il letto molto spazioso, in effetti. Immagino possiate dire lo stesso del vostro. Voi ve ne rammaricate?- Le rispose.

LouLou arrossì suo malgrado. Alain le rivolse un sorriso angelico.

L’ha fatto apposta! Pensò, divertita.

-Spazioso è una qualità che ritengo buona, monsieur. Spero sia lo stesso per voi.- Lo guardò di sottecchi. Aveva segnato il punto, considerò. -Ma venite a fare colazione con noi. Ci sono tutti, ormai- e guidò Alain nel salone.

La scena che gli apparve davanti agli occhi lo lasciò stupefatto. Sembrava uno di quei dipinti che raffiguravano i banchetti degli dei ed Andrè…Andrè vi stava gloriosamente al centro.

-Oh, sei qui de Soisson! Vieni a mangiare amico. Cominciavo a credere ti fossi perso.- Lo salutò Andrè. Danielle lo stava imboccando offrendogli un pezzetto di torta di mele.

-Uno a me…e ora tocca a te- Disse la bambina infilando il dolce nella bocca di Andrè che si prestava al gioco divertito.

Attorno al tavolo sedevano sei bellissime donne tra cui Alain riconobbe Ortence e Josephine. La loro bellezza risplendeva ed illuminava la stanza più della luce del mattino e le loro risate risuonavano allegre. Alain le guardava stupefatto. Il suo amico Andrè si era reso conto che sedeva tranquillamente in mezzo a sei delle più belle donne che si fossero mai viste?

-Oh, assaggia anche questa torta al cioccolato, Andrè!- Gli disse una delle sei dee offrendogli un piattino con una fetta di torta.

-Zia Marie Anne! Sono io che mi sto occupando di Andrè- la redarguì la bisbetica bimbetta.

La dama sorrise- Oh, ma puoi continuare ad imboccarlo, Danielle. Ma non credi gradirebbe provare questa torta così buona. Anzi, dovresti assaggiarne un po’ anche tu.- le disse accondiscendente.

LouLou ridacchiò osservando la faccia di Alain che guardava l’amico e le sorelle Jarjayes con gli occhi fuori dalle orbite.

-Venite a sedervi, monsieur- l’invitò mostrandogli una seggiola vuota all’altro fianco di Danielle.

Alain si avvicinò guidato dal canto di quelle meravigliose sirene.

-Buongiorno, Alain- Una voce nota lo richiamò alla realtà e il ragazzo si volse verso la sua provenienza alla sua destra. In piedi, la schiena poggiata al tavolo del buffet Oscar sorseggiava della cioccolata da una tazza di porcellana finemente lavorata. Composta nella sua divisa regolamentare perfettamente abbottonata, gli rivolse un pallido sorriso.

-Spero tu abbia dormito bene e che gradirai la colazione preparata dalla nonna. Ad Andrè piacciono molto le prelibatezze di casa Jarjayes.- Concluse. Ad Alain parve di intuire una punta d’acidità nella sua innocente considerazione.

-Dai vieni a sederti, Alain- Lo invitò Danielle battendo la manina sulla seggiola vuota accanto a lei.

Diventerà una dama temibile questa bambinetta. Decretò Alain nei suoi pensieri. Bella e un po’ dispotica. Risulterà irresistibile.

-Le zie sono arrivate ieri in tarda serata, ma ho già detto loro che avevamo un ospite maschio- confidò la bimba orgogliosa.

Fortuna che adesso è ancora piccola! Alain sorrise e si sedette accanto a quel demonietto.

-Benvenuto a Palazzo Jarjayes, amico- Ridacchiò Andrè.

-Hai un mucchio di segreti, Grandier! Dove l’hai tenute nascoste queste bellezze? Mai una parola! E dire che ti credevo amico!- Sibilò Alain cercando di non farsi udire.

LouLou ridacchiò al suo fianco. Il cuore di Alain mancò un battito accorgendosi che la ragazza si era compostamente seduta alla sua destra. Distolse lo sguardo ed incrociò quello gelido di Oscar che lo osservava. Conosceva quello sguardo, non c’era da aspettarsi nulla di buono. Si meravigliò che Andrè continuasse a conversare con tranquilla giovialità e si prestasse alle attenzioni della piccola Danielle e delle bellissime sorelle Jarjayes senza curarsene.

-Zia Clotilde mi regalerà un manicotto come quello della Regina Maria Antonietta quest’inverno, sai Alain?- Gli disse la bimba tutta contenta indicando la dama seduta al capotavola alla sua sinistra. -

Compio gli anni in Dicembre, ma prima di Zia Oscar!- Precisò.

Questa è una dichiarazione di guerra, bambina. Alain pensò che avrebbe dovuto avvertirla.

-E tu cosa mi regalerai Zia Catherine?- Chiese sedendosi sulle ginocchia e rivolgendosi alla donna di fronte a lei.

-Sta seduta correttamente, Danielle! E non importunare le zie con le tue richieste.- la redarguì Oscar. Le dame le rivolsero uno sguardo interrogativo. Oscar sussultò nel veder tutti gli occhi puntati su di lei. Forse non si era accorta di aver pronunciato quelle parole ad alta voce?

-Dovresti essere tu a ricordarle come ci si comporta, Ortense- Disse continuando a sorseggiare la cioccolata. Stava cercando di darsi un tono. Pensò Alain e intercettò lo sguardo di Andrè che guardava il suo comandante con un sorriso divertito e una strana luce negli occhi per poi rivolgere una muta richiesta a Danielle di un altro pezzo di dolce schiudendo le labbra.

Attento, Andrè! Questa è una guerra tra donne! Alain scosse il capo divertito.

La porta si spalancò all’improvviso e Zia Serena entrò nella stanza come un turbine battendo le mani al colmo della felicità.

-Oscar! Oscar!- La cercò tra le dame sedute al tavolo pensierosa. Alain le indicò l’oggetto della sua ricerca alle sue spalle.

-Oh, eccoti. Quando sei arrivata?- Oscar la guardò interrogativa. Zia Serena rimase un attimo a fissarla poi riguardò il gruppetto seduto al tavolo. Poi, finalmente, l’intuizione.

-Ah, no! Sono io che dovevo dirti…dovevo dirti…oh, ma che ci fai ancora qui? La sarta ha portato il tuo vestito per il ballo!-

La rabbia si impossessò immediatamente del volto di Oscar che rivolse ad Andrè uno sguardo con cui Alain temette riuscisse ad ucciderlo.

-Oscar?...- Andrè si ricompose dai suoi giochi con Danielle cercando di calmarla.

-Sei uno sporco traditore, Andrè!- le ringhiò lei. – Non ho alcuna intenzione di indossare un abito da donna, Zia Serena!- Continuò rivolgendosi alla sconcertata vecchietta.

 –Un abito da donna?- Chiese sorpreso Alain.

-Ma bambina…tuo padre…e Andrè era d’accordo!- Balbettò la donna.

-Andrè non decide su quello che io devo o non devo fare!- Lo guardò irata. –Ti odio, Andrè-

Il ragazzo si alzò e si diresse verso di lei cercano di giustificarsi.

-Oscar, ascolta…-Ma la ragazza si affrettò a lasciare la stanza. Andrè la seguì. -Oscar possibile che non si riesca mai a parlare con te in maniera civile?-

-Sei un traditore, un meschino traditore, un ignobile traditore! Cosa vuoi ottenere assecondando la follia di mio padre?- Oscar era fuori di sé.

-Non ho mai detto di essere d’accordo, ho solo…-

-Solo cosa? Solo annuito senza rispondere? Solo risposto con quelle tue mezze frasi che dovrebbero dire senza farti parlare? Credi che non ti conosca? Pensavo di liberarmi di te lasciando la Guardia Reale, invece mi sei sempre alle calcagna. Sei sempre a spiare ogni mio movimento per riferirlo a mio padre, sei…-

-Pensala come vuoi, Oscar! Ma io sono l’unico in grado di difenderti!- Le urlò Andrè interrompendola.

-Non ho alcun bisogno di essere difesa!-

-Ma se solo tre settimane fa ti ho riportato a casa svenuta dopo una rissa in una taverna!- Le rinfacciò. Un ricordo gli sovvenne alla mente. Una sensazione calda e morbida sulle sue labbra. Lo scacciò.

-Me la sarei cavata benissimo anche da sola!- Un ricordo le sovvenne alla mente. Una sensazione calda e morbida sulle sue labbra.  Lo scacciò. -E poi c’era Alain con me!-

-Ah, perfetto allora? Devo ricordarti come eravate ridotti quando vi ho trovati?-

-La cosa non ti riguarda!...- Ma non proseguì oltre. Anche Andrè tacque.

Affannavano. Troppe parole si erano detti e le prossime sarebbero state ancor più amare. Lo sapevano e non vollero continuare.

Dopo un lungo istante trascorso a fissarsi si riscossero e si diressero verso il portone principale.

-Non ti azzardare a uscire con me!- Gli intimò lei.

-Non puoi impedirmi di andare fuori a cavalcare, Oscar!-

-Ma voglio andarci io!-

-Bene!-

Camminavano veloci cercando di superare l’altro.

-Nessuno esce da questa casa!- Il Generale apparve sulla sommità delle scale e li fissò intensamente. Oscar si morse il labbro inferiore, stizzita.

-Sì, Generale- Andrè annuì.

-Sei un venduto senza onore!- Gli sibilò Oscar tra i denti.

-Non accetto questi insulti gratuiti, Oscar!- Il padre la rimproverò duramente.

-Generale…- Andrè cercò di intervenire.

-Fila via, Andrè. Nemmeno tu puoi dirti senza colpa.- Gli intimò.

-Sì, Generale- rispose  il ragazzo chinando il capo.

-E adesso andate entrambi a svolgere i vostri doveri. Oscar in camera tua ti aspetta Madame Bertin e non voglio storie! Andrè tua nonna ha sicuramente bisogno di te in cucina!- Fermo, con le mani dietro la schiena impartì i suoi ordini.

-Sì, Generale-

-Padre…-

-Non voglio sentire scuse, Oscar! Dopo potremo discuterne con calma, se vuoi. Ora vai a provare quello stramaledetto abito!-

Oscar si avviò verso la sua camera stringendo i pugni. Si voltò per studiare la reazione di Andrè e  vide che stava dirigendosi verso le cucine. Stizzita corse verso la sua camera. Andrè si accorse di quella manovra e velocizzò il passo. Il Generale, immobile nella sua posizione di comando, socchiuse appena gli occhi allo sbattere di due porte quasi in contemporanea. Zia Serena gli si rivolse dalla porta del salone, una rampa di scale più in giù.

-Renyer, non ti sembra che quei due ragazzi è un po’ che non fanno che litigare?- Gli chiese pensierosa.

-Oh, Buondì cara Zia! Voi credete?- Gli rispose il Generale con fare allegro.

-Mi sembra che sia qualche anno ormai…oh, ma la mia memoria non è più quella di una volta! Forse mi confondo?-

-Io non me ne sono accorto, Zia- rispose Renyer guardandola fisso negli occhi.

La zia si sventolò allegramente con la mano.

-Oh, ma deve essere certamente la mia memoria che mi gioca i suoi soliti scherzi!-

-Se lo dite voi, Zia- Accondiscese il Generale. 

-Perché non mi fate compagnia durante la colazione?- Madame comparve dal corridoio del primo piano e si rivolse allegramente alla donna.

-Oh, certamente mia cara!- Rispose la Zia già dimentica della discussione. Madame sfiorò il braccio del Generale delicatamente e gli sorrise. Poi si incamminò sulla scala.

-Oscar? Dovevo dirle qualcosa di importante!- Le chiese la Zia.

-Sono sicura che lo sa già. Venite a sedervi con me.- La invitò entrando nel salone.

-Buon giorno a tutti, miei cari- sorrise ai presenti. –Buongiorno anche a voi, caro Alain.-

Alain balzò in piedi e la salutò imbarazzato. Ma cosa combinano quei due?

-E così quei due continuano a litigare?- Chiese Vivienne sorridendo.

-Oh, non me ne preoccuperei più del dovuto. A…-

-Palazzo Jarjayes…-Continuarono le sorelle in coro per poi scoppiare a ridere.

-Shhh…bambine c’è vostro padre!- Le redarguì  Zia Serena.

-Ma che scocciatura! Mi ha di nuovo rubato Andrè!- Piagnucolò Danielle.

-A Palazzo Jarjeyes…- Ricominciò LouLou ridacchiando.

-LouLou!- Josephine le rivolse un’occhiataccia con tanto di sopracciglio alzato.

-Scusate, Madre!- Si ricompose le ragazza.

-Dicono che persino la Regina conosca la filastrocca!- Sussurrò ad Alain.

-Oh, LouLou che cosa sciocca. Ovviamente la conosce anche lei! Tutti la conoscono!- Intervenne Zia Serena. -Come continuava, Marguerite? Ah, no…ora la ricordo…bene bene…sì sì ora la ricordo…beh, finiamo la nostra colazione ora che ne dite?-

E il gruppetto continuò il pasto come se nulla fosse. O almeno questo parve ad Alain.

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Capitolo 6
*** Attraverso lo specchio e quel che Oscar vi trovò ***


-Oh, Madamigella! Che bel personale che avete!- Madame Bertin si agitava come una farfalla su una lanterna. Oscar era al colmo dell’ira. Le sartine si affannavano a puntare spilli, rimboccare orli e prender misure.

-Vite Vite…oh, benedette ragazze, mi farete usci di senno!- Madame Bertin  batté le mani incalzando il lavoro delle ragazze.

Oscar cominciava a sentirsi umiliata da tutte quelle donne che la circondavano concentrate sul di lei. Madame Bertin l’aveva fatta spogliare praticamente nuda ed era inorridita alla vista delle fasce che le stringevano il seno.

- Oh Mio Dio! Cos’ è quest’obbrobrio?-  Aveva esclamato. -Avete un seno meraviglioso, Madamigella. Non potete assolutamente nasconderlo! Una tortura simile non è concepibile ai nostri giorni.-

Ma perché? Questo bustino così stretto? Aveva pensato lei.  

Ad Oscar non andava di farsi vedere nuda da tutte quelle smorfiose. Si era pudicamente coperta con le mani quando Madame Bertin le aveva tolto le fasce.  La donna l’aveva derisa.

-Su su, madamigella. In fondo siamo tra donne!-

Oscar era arrossita. Era una soldato, dannazione. E se avesse dovuto affrontare una battaglia? Non poteva mostrarsi così fragile. Eppure…In vita sua solo la nonna l’aveva vista…no, non solo lei…scacciò quel pensiero molesto. Quelle donne la stavano torturando. Tremò accorgendosi che le veniva da piangere. Sola ad affrontare quel plotone d’esecuzione. Dov’era Andrè?...Andrè? Ma che andava a pensare? Andrè in quella situazione? No, no, non voleva che lui la vedesse ridotta così…uno spaventapasseri! Ecco cosa sembrava. E lui glielo avrebbe detto senza il minimo scrupolo. Solo per farla adirare. Una volta…Una volta lei ed Andrè non litigavano così spesso…ma adesso…Oscar lisciò il bustino dell’abito con una mano. Cosa?…Da quando aveva quel seno così prosperoso? L’abito lo metteva in risalto in una maniera indecente.

-Siete una rosa pronta per essere colta, Madamigella.- Madame Bertin la guardava estasiata ed ad Oscar non sfuggì il senso recondito di quella frase. Fersen? Sarebbe stato lui a? Oscar scosse la testa stizzita. No! Lei non voleva sposare Fersen. Lei non avrebbe sposato nessuno…mai! Lei era un soldato. Improvvisamente aveva paura. Di cosa? Quel maledetto abito! Lei non aveva quel seno invitante. Lei non avrebbe giaciuto con Fersen.  Lei non era una rosa da cogliere!

 Oh, mio Dio! Cosa sta succedendo alla mia vita? Pensò atterrita.

Ed i suoi occhi spaventati la fissarono dallo specchio che Madame Bertin aveva scoperto. Occhi spaventati in un volto incorniciato da soffici riccioli biondi. Riccioli biondi che le accarezzavano le spalle semiscoperte da un abito squisitamente femminile, come femminile era il corpo sinuoso che quell’abito fasciava. Il suo corpo. Oscar trasalì. Una sensazione languida si faceva strada dentro di lei. Le mani di un uomo che l’accarezzavano frementi, i baci di un amante appassionato in una notte d’estate.

Maledetto vestito! Io sono un soldato!

 

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Capitolo 7
*** Il salotto di Madame de...e il risplendere delle fanciulle ***


-Hai qualcosa in mente, vero Renyer?-

Madame ricamava lentamente mentre il Generale osservava il giardino dalla finestra. Le mani intrecciate dietro la schiena, la sua posizione tipica.

-Cosa intendi dire Marguerite?- Le chiese sospettoso.

-Per Oscar…hai qualcosa in mente?- Specificò Madame senza interrompere il lavoro.

-Beh, di farle sposare Fersen...Mi sembra ovvio!- Sbottò il Generale.

Madame sorrise.

-Se lo dici tu, Renyer-

Il Generale rimase rivolto alla finestra, ma le labbra gli si incurvarono in un sorriso.

-Madre…- Oscar entrò nella stanza, ma si fermò di colpo accorgendosi della presenza del Generale.

-Non sapevo foste qui, padre- balbettò. Aveva di nuovo indossato la divisa, ma non  si era ancora reimpossessata della sua solita sicurezza.

Il Generale si voltò appena.

-Vedo con piacere che sei sopravvissuta alla famosa Madame Bertin, Oscar-

Oscar sussultò e abbassò lo sguardo.

-Sì…sì certo! Un soldato supera prove ben più ardue, Generale!- Tornò a sfidarlo guardandolo negli occhi.

Il Generale sorrise.

-Bene, bene…- e si avviò velocemente verso la porta.

-Resta pure con tua madre. Presto questo salottino si riempirà di femmine ciarlanti ed io credo che mi risparmierò di assistere-

Oscar cercò di seguirlo. –Padre, dobbiamo ancora discutere…-

-Oh, sei qui Oscar? Dovevo dirti qualcosa di importante, ma…ah, no quello era prima! Ora…ora…ora vieni a sederti con noi, cara e raccontami del vestito. Non sarà di quell’orribile color pulce che ha infestato Versailles ultimamente, vero?- Zia Serena entrò dalla porta lasciata aperta dal Generale come se questi l’avesse fatto per accoglierla e si impadronì di Oscar trascinandola gioiosamente verso un divanetto.

-Ma…Zia…- Oscar cercò di liberarsi e si voltò a guardare il padre che alzò le spalle divertito prima di sgusciare fuori dalla stanza, salvo.

E così era in trappola, maledetta Zia. Eppure voleva bene a quella paffuta donnetta sempre allegra e con la memoria vacillante. Le sorrise rassegnata. Le avrebbe raccontato dell’effetto che le aveva fatto quel vestito? No…no…non poteva! E poi avrebbe dovuto dirle anche…no, no…non poteva! Si riscosse accorgendosi che la madre aveva interrotto il suo ricamo e la stava osservando.

-Posso fare qualcosa per te, Oscar?- Le chiese con quel suo sorriso gentile. Oscar scosse la testa.

-No, madre…non ho bisogno di nulla-

-Oh, era una semplice visita la tua, allora- Madame riprese il suo lavoro di ricamo nascondendo una luce divertita che le era comparsa negli occhi.

-Sei così cara a venire a salutare tua madre, bambina. E dimmi: ad Andrè è piaciuto l’abito?- Cinguettò Zia Serena.

Oscar si voltò irata. –Andrè? Perché Andrè avrebbe dovuto vederlo?- Le sarebbe davvero dispiaciuto? Ma certo, che diamine! –Andrè è un traditore e non mi fiderò mai più di lui!- Dichiarò incrociando le mani dietro la schiena.

-Non ti pare che somigli a qualcuno, Marguerite?- Chiese la zia, disorientata.

-Credete, zia?- Rispose Madame.

-Eppure, ne sono convinta…- continuò pensierosa la zia. Oscar le osservava incerta se ridere o bestemmiare.

-Beh, non importa…e quindi tu ed Andrè avete litigato di nuovo, tuo padre darà un ballo in tuo onore, Madame Bertin ha cucito il tuo abito e qui a Palazzo c’è tutta la famiglia e anche quel bel soldatino alto…- Zia Serena rispose al sorriso complice che le rivolgeva Madame. –Bene, bene…-Aprì il suo ventaglio e cominciò a sventolarsi allegramente- Pare che, infine, mi sia ricordata tutto-

-Oh, mi fa piacere Zia. Lady Marcella avrebbe gongolato di gioia al tuo riassunto della situazione!- esclamò Marie Anne entrando nel salottino.

Le sorelle la seguirono a ruota. Oscar scorse anche Alain nel gruppetto e gli rivolse un’occhiata indagatrice. Il soldato sembrava molto preso dalle belle dame, forse da una in particolare. Andrè avrebbe detto che quella era un’osservazione molto femminile, pensò mordendosi il labbro inferiore.

-Oh, cara! Chiunque tu sia delle mie nipoti…Non mi sovviene che ruolo abbia questa dama nella nostra storia…né chi sia in verità!- Rispose la Zia continuando a sventolarsi tranquillamente.

-Oh, ma di certo lei vi conoscerà- sorrise Marguerite.

-Oh, questo è probabile, amica mia. Non passo inosservata ora e, di certo, non lo facevo da giovane.-

Oscar approfittò della confusione per addossarsi ad una parete cercando il momento giusto per sgattaiolare fuori.

Le dame si sedettero tra un coro di chiacchiere e risate per dedicarsi al loro lavoro di ricamo. Alain si accomodò con loro dopo aver salutato Madame e la zia come si conveniva ed aver rivolto ad Oscar il saluto militare. Oscar gli concesse il riposo con un’occhiata, semplicemente. Da quando Alain era così compito e formale? Ma cosa stava succedendo a tutti? E dov’era Andrè? Andrè! Quel traditore!

Danielle entrò come una furia nella stanza attirando l’attenzione. Nunny cercava di farla ragionare.

-Io non capisco perché Andrè non possa giocare con me!-

La bambina bionda mostrò tutto il suo disappunto alle donne Jarjayes riunite nel salottino privato di Madame. Un adorabile broncio le adombrava il viso, ma il piedino che aveva battuto sul pavimento ne tradiva la stizza.  Le dame la guardarono sorridendo.

 –E’ incredibile quanto somigli…- Iniziò Madame abbandonando in grembo il suo lavoro di ricamo. Ma zia Serena scosse allegramente la testa, un sorriso benevolo sul suo volto paffuto.

–Oh, Oscar…Andrè non può sempre stare a giocare con te! Su...alla tua età dovresti comprendere certe cose, bambina-

Un’ uguale reazione di disappunto colse la bambina e la ragazza in uniforme che se ne stava in disparte, appoggiata al muro.

-Io non sono Oscar!- Gridò la bambina pestando ancora il piedino e scuotendo le gonne.

-Zia! Io non mi permetterei mai un comportamento del genere!- Oscar si protese in avanti stringendo i pugni. E poi lei odiava quella bambina!

-E poi Zia Oscar è orribile e vuole Andrè tutto per sé, ma anche io ci voglio giocare!-

E poi lei odiava quella bambina…appunto!

Le dame ridacchiarono sommessamente sprofondando il capo nel loro lavoro di cucito.

Zia Serena si aggiustò gli occhiali sul naso e guardò le due contendenti con fare stupito.

-Oh!- esclamò-E’ così facile confondervi, a volte…sapete?-

Alain stava per soffocare nel tentativo di non ridere. Louise gli diede una leggera gomitata continuando, serena, il suo ricamo floreale. Lui la guardò e lei gli sorrise di sottecchi. Quella ragazza gli infondeva una calma avvolgente. Ed ora perché gli sembrava di stare in riva al mare e di sentire il canto dei gabbiani?

-E poi- Continuò Oscar - Andrè è il mio attendente!- Non era vero. Non più. –O, comunque, un mio soldato- si corresse. –E non può mica mettersi a giocare con una bambina!-

 Ma vedi tu se doveva mettersi a litigare con una bimbetta ancora in fasce. E per Andrè poi…

-Su, Oscar…- Madame sorrise comprensiva, mentre gli occhi brillavano divertiti – non vorrai assecondare i capricci di una bambina-

-Io non sono più una bambina e non è giusto che lei abbia Andrè tutto per sé!-

-Combattiva la bambinetta…io voto per la Zia: in effetti, non è facile distinguerle!- Mormorò Alain a beneficio della sua dolce vicina.

Louise sorrise, un luccichio divertito negli occhi. Scosse la testa quasi impercettibilmente. Lo invitò a non intromettersi.

-Questa bambina ha un carattere impossibile, Ortense!- Tuonò Oscar. –Andrebbe sculacciata fino a che non abbia imparato un po’ d’educazione! E tieniti lontano da Andrè, signorina! Ci mancherebbe che si debba mettere a far da balia agli infanti adesso!-

Oscar infilò un dito a scostare il bordo dell’uniforme dal collo, accaldata.

-E’ incredibile! Il Generale mi avrebbe frustato per una scena del genere!-

E lasciò la stanza con passo marziale, oltraggiata.

Zia Serena guardava con sconcerto il gruppetto dei presenti. In fondo che aveva detto di così orribile?

-Ecco lo vedete, Madre? Non vuole che nessun altro lo tocchi, il suo Andrè! E’ cattiva!-

Ad Alain stava per scoppiare il torace nel tentativo di trattenersi dal ridere.

Louise si alzò sfiorandogli la gamba con le gonne e la tensione svanì riempendolo di confusione.

-Oh, non fare così piccola…- Prese ber mano la bimba conducendola fuori in giardino –Gioco io con te...-ma non potè impedirsi di aggiungere lanciando ad Alain un’occhiata un po’ malandrina -E poi lo sai? A palazzo Jarjeyes, sei…
-
-Eh, no!- Sbottò la nonna –Non vorrete insegnare quella stupida filastrocca anche a lei!-

Maledetta vecchiaccia. Pensò Alain guardandola in maniera truce. Louise ridacchiò.

Era sicura che qualcuno l’avrebbe interrotta. Comprese. L’ha fatto apposta!

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Capitolo 8
*** Ricordi di un Generale ***


Questo è un capitolo non facile da leggere. Si tratta di un capitolo di ricordi  e pensieri per cui ho conservato il corsivo usato nelle occasioni simili in precedenza. Questo ha, però, fatto scomparire tutti i riferimenti (virgolette e simili) alle battute di dialogo. Ciò che descrive il tempo presente rimane in stampatello minuscolo. Baci.





Sono pronto ad accettare qualunque vostra decisione riguardo a mia figlia, Vostra Maestà. Difendere quell’individuo e le sue idee sovversive al vostro cospetto è stato un atto imperdonabile.

Il Generale Jarjayes chinò il capo davanti al Re. 

Quale sarebbe stata la punizione per l'ennesimo colpo di testa di sua figlia Oscar?

Il ginocchio destro poggiato sul freddo marmo della sala attendeva una risposta che non sentì arrivare.

Rialzò lo sguardo ed incrociò il tranquillo sorriso di Luigi XVI.

Pensavo di convocare l’avvocato Robespierre per una udienza privata.


Il Generale aspirò una boccata della sua amata pipa ricordando il suo sguardo sorpreso a quelle parole del Re. Sorrise.

Siete un ottimo generale, signore. Ma qui si tratta di figli….

Il Re fissò il Generale

… ed anche qui dovreste avere una insuperabile esperienza.

Lo stupore sul volto del militare fece sorridere il giovane Luigi.

Ho pensato a mia figlia Maria Teresa, sapete? Cosa farei se dovesse sentirsi compresa ed amata da un uomo che non condivido? Più di quanto non si senta compresa ed amata da me? E così la mia Francia… e quell’individuo, come voi l’avete definito.

Questo ragazzetto…pensò il Generale.

Così parlerò con lui. Concluse il Re.

Il Generale sentì una profonda comunione con l’animo del suo sovrano. E una punta di ammirazione, anche.

Il Re si alzò e si diresse alla finestra. Sorrise.

Volete prendere la pergamena serbata nel cassetto del mobile veneziano, Generale Jarjayes? Quello al centro, in alto.

Il Generale si alzò, si inchinò, poi si diresse al mobile indicatogli dal Re. Aprì il cassetto e prelevò una fine pergamena avvolta e chiusa da un nastro. Si stupì nel riconoscere il sigillo di cera lacca che chiudeva il plico, anche se era stato spezzato.

Volete leggerla ad alta voce, amico mio?

Il Generale svolse la pergamena e la scrittura elegante gli confermò la sua intuizione.

Vi auguro che la felicità di questa unione sia completata presto dalla nascita di un figlio. Anzi almeno due. Allora comprenderete quanto il mio affetto sia per Voi sincero.

Lesse il Generale.

Gli auguri per il vostro Matrimonio? Chiese.

Il Re scosse il capo docilmente.

Madame Du Barry rise molto quando lesse quell’augurio per la mia incoronazione. Seppure disse fosse triste accorgersi di come si fosse ridotta una donna così potente a corte ed intelligente come la Contessa.

Il Re si voltò verso il Generale e continuò.

Vedete Generale anche io lo pensai, ma qualcosa mi spinse a conservare quel plico. Tempo dopo, quando nacque Maria Teresa, mi capitò di rileggerlo. La nascita di un figlio ti insegna un tipo d’amore così profondo che non puoi che immaginarlo altrimenti. Ma avere più di un figlio ed amarli allo stesso modo, due persone diverse…Quell’augurio mi parve assumere un altro senso… La mia unione con Antonietta, la mia unione con la Francia... I nobili, il popolo…A corte si diceva che la Contessa avesse uno straordinario acume e, forse, dei poteri magici.

Il Generale sorrise.

Oh! Dovete giudicarmi un ragazzetto ingenuo, Generale. Ma credo che questo augurio vi possa fare da consiglio. Siete un ottimo Generale, ma qui si tratta di vostra figlia. Oscar è una persona straordinaria, sapete. E il suo gesto, per quanto impulsivo, era animato da un amore sincero per la giustizia e per la Francia. Per cui, pur auspicando maggior lealtà in futuro, non ho intenzione di punirla.

Il Generale annuì.

Ma voi, mio caro amico, ditemi. Cosa avete intenzione di fare con lei?

Il Generale sorrise. Un’idea si faceva largo nella sua mente.

Io credo di non godere della compagnia della Contessa da troppo tempo, Vostra Maestà.

Il Re annuì.

Potete andare ora, Generale.

Il militare battè i tacchi e salutò il sovrano.

Quello stesso pomeriggio una lettera di invito partì da Palazzo verso la dimora della Contessa Serena de Jarjayes.


Quel ragazzetto… il Generale sorrise ancora ricordando come tutto era iniziato. E soffiò via il fumo della sua fidata pipa.

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Capitolo 9
*** Mescolare bene una tazza di femmine ed un pugno di soldati. ***


In origine il capitolo era più lungo, ma ho deciso di dividerlo in due parti. Recensite che ho bisogno di affetto!!!!!!


-Andrè! Per l’amor del Cielo dove ti sei cacciato?- Nunny era furibonda. –Non senti bussare al portone? Vai subito a vedere chi è!-

Andrè posò la tazzina sul tavolino e rivolse un ammaliante sorriso a Danielle.

-Sono desolato Contessina, ma urgenti impegni mi costringono a rinunciare alla vostra compagnia nonostante il mio enorme rammarico-

Zia Serena ridacchiò. –Che galante!-

-Oh, no! Ancora? Ma non dovrebbe esserci un maggiordomo per questi doveri?- si ribellò la piccola damina seduta al tavolino del salotto.

-Purtroppo voi e mia nonna non condividete questa opinione, mon cher- Andrè si inchinò e uscì dalla stanza.

-Andrè è davvero cresciuto bene, non trovi Marguerite?- Zia Serena si sventolò lentamente fissando ancora la porta chiusa da cui il ragazzo era uscito.

-Sì è un bravo ragazzo, affidabile e bene educato- Rispose Madame.

-Ecco! Proprio quello che intendevo dire.- Sorrise la Zia. –Chissà se Oscar se ne è mai accorta di quanto è venuto su bene quel ragazzo!-

-Oscar è un soldato, Zia. – Rispose tranquillamente Madame.

-Oh, sì! Certo. Ovvio. E così non se ne è mai accorta, dici?-

Zia Serena scartò distrattamente una carta alla sua avversaria.

Madame sorrise.

-Di quanto sia venuto su bene educato?- Chiese raccogliendo una carta dal mazzo.

-Non è di questo che stavamo parlando, cara?- Ridacchiò Zia Serena.

-Io me ne sono accorta benissimo di quanto Andrè sia meraviglioso!- Sbottò Danielle.

Le due donne si scambiarono uno sguardo complice.

-Assomigli tanto ad Oscar alla tua età, Danielle- Sorrise Madame con dolcezza.

-Già, ma poi lei è diventata un soldato!- Le fece eco Zia Serena.

-Non riesco a capire cosa c’entri.- Si intromise la bambina. –Ma Andrè un soldato lo è diventato solo ora!-

Zia Serena rise divertita. –E questo sì che è proprio un buon argomento, piccola-

-Proprio quello che mancava alla nostra conversazione, Zia- Annuì Madame.

-Dovremmo discorrere più spesso con Danielle, non trovi, Marguerite?- Zia Serena mostrò le sue carte. -Credo che anche Renyer amerebbe partecipare-

-Credo che Renyer abbia i suoi progetti da seguire, Zia- Madame calò le sue carte.

-E questi non comprendono l’eccellente riuscita della crescita di Andrè, dici?-

-Non che lui sappia.- Sorrise Madame.

-Oh, d’altro canto anche lui è un soldato!- Sospirò la Zia. -Questa casa è piena di soldati!-

-E di femmine!- Sbottò Danielle.

Le due dame si voltarono ad osservarla e poi scoppiarono a ridere.

–Sbalorditivo!- Commentò la Zia.

-Ma si può sapere cosa ho detto di così divertente?-

-Oh, lo capirai piccola. Da grande lo capirai.- La rabbonì la Zia. -Attenta solo a non diventare un soldato!-

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Capitolo 10
*** Mesdames e Messieurs, prego, disponetevi per la quadriglia. ***


Andrè aprì la porta per ritrovarsi davanti un’enorme scatola chiusa da un nastro di raso culminante in un fiocco di proporzioni maestose.

Dietro quella scatola si intravedevano delle mani sottili ed affusolate e l’orlo di una gonna.

-Ahem! – SI schiarì la gola divertito. –Una giornata calda per andarsene in giro,  Madamoiselle Cadeau1-

-Oh, siate gentile vi prego! Aiutatemi- rispose una voce soave proveniente dal retro della scatola.

-Ma io vi conosco…- Andrè si affrettò a prendere l’ingombrante pacco dalle mani della fanciulla.

-Tu sei Diane!- Esclamò.

-Andrè! Buongiorno, Andrè. Io…-

-Non stare lì sulla porta. Entra pure. Che fai qui a Palazzo? E con questo enorme pacco?2-

-E’ l’abito che è stato ordinato alla mia padrona- Rispose lei -Madame Bertin.- Precisò.

-Questo è l’abito di Oscar?-

-Oscar? De Jarjayes? Il Comandante di Alain?- Chiese stupita.

Andrè sorrise.

-Ah! Conoscete monsieur de Soisson?- Una punta di acidità nel tono di LouLou.

La ragazza continuò a scendere le scale con portamento regale senza distogliere lo sguardo dalla nuova arrivata.

Diane si inchinò con grazia, il volto illuminato dall’affetto.

-Oh, certamente sì, Madamoiselle-  LouLou si morse il labbro inferiore. Andrè ridacchiò. Quel gesto gli ricordava Oscar quando era contrariata. Pensò con tenerezza. Ma scacciò subito quei pensieri: ormai era da tempo che i suoi rapporti con Oscar erano burrascosi. Si rivolse a LouLou per chiarire l’equivoco.

-Louise è mio grande onore presentarti Madamoiselle Diane de Soisson.- LouLou lo guardò soffocando una domanda.

-E’ sua sorella- fu la risposta del ragazzo.

-Oh, ma quindi voi siete la piccola Diane?- LouLou scese di corsa gli ultimi gradini per andare incontro alla ragazza. –Alain…Monsieur Alain parla spesso di voi! Vi vuole molto bene, sapete?- le prese le mani nel trasporto. Diane le corrispose immediatamente.

-Oh, Alain è fratello molto premuroso-

-E così avete portato l’abito di zia Oscar?-

-Madame mi ha chiesto di consegnarlo- Spiegò la ragazza.- Come ultimo incarico- Aggiunse intristendosi.

-Ultimo incarico?- chiese dolcemente Andrè.

-Mi ha assunta per far fronte alle ordinazioni per un ballo molto importante, ma ora abbiamo cucito tutti gli abiti richiesti. Questo era l’ultimo rimasto. Il più importante in assoluto, ha detto Madame. Doveva essere perfetto. Ed è meraviglioso!- Il viso della ragazza si illuminò.- La stoffa…il modello…oh, ma ora non c’è più bisogno di me…purtroppo…-

 L’amarezza le velò lo sguardo per un attimo, poi lasciò il posto ad un caldo sorriso.

- Ma quindi il comandante è vostra Zia? Mio fratello non fa che parlarmene. -

-Sicuro!  Oscar ha quei meravigliosi capelli biondi ed un sorriso così convincente! Non vedo l’ora di vederla vestita come si conviene-  Alain rise dalla sommità della scala.

-Alain!- Il volto si Diane si illuminò. LouLou gli rivolse un sorriso tirato, mentre Andrè strinse la scatola che ancora reggeva.

Quest’abito pesa troppo. Pensò infastidito.

-Sono  il miglior comandante che tu abbia mai avuto, Alain! E la prossima volta che ti scopro a fare questi commenti assurdi ti sbatto in cella per un mese intero!- Oscar incrociò le braccia e rivolse ad Alain uno dei suoi sguardi più risoluti.

-Scherzavo, Comandante- Rise il ragazzo. Oscar continuò a fissarlo per un breve istante. Poi lasciò che un sorrise le incurvasse le labbra.

-Perché non resti a Palazzo?- Andrè si era rivolto a Diane senza riflettere. -Il tuo incarico era consegnare questo enorme pacco e ormai ce l’ho io-

Oscar aggrottò un sopracciglio. Fissò la scatola che Andrè aveva preso dalla ragazza.

-Oh, ma certo! Vostro fratello passerà qui la sua licenza ed anche voi dovete assolutamente rimanere per il ballo.- LouLou posò le mani sul braccio di Andrè. –Che idea meravigliosa, Andrè-
Lo sguardo di Alain indugiò sulle mani di LouLou.

-Ma cosa è questo baccano?- Nunny accorse con le mani sui fianchi pronta alla battaglia – Andrè cosa stai combinando?-

-Diane si fermerà a Palazzo per il ballo, nonna Marie- LouLou le diede la buona novella.

-Oh, quindi ci sarà un ballo?- Zia Serena giunse dal salone seguita da Madame e dalla piccola Danielle. –E’ per questo che siete così eccitati mie cari ragazzi? Vi si ode dal salotto-

-Renyer vi ha scritto l’invito personalmente, Zia. Ve ne rammentate?- Madame sorrise accondiscendente.

-Oh…quel ballo dite? E ci sarà anche questa ragazza…Diane, dite? Non mi pare di ricordare il suo nome tra quello delle mie nipoti. Sbaglio, Marguerite?-

-E’ la sorella di Alain, Zia- Spiegò Andrè.

-Ehi, amico! Sono ancora in grado di badare ai miei affari da solo!-

-Zitto voi!- tuonò la nonna. –Quindi questa ragazza così carina è la sorella di quel bellimbusto, Andrè?-

Bellimbusto? Ma sentila questa vecchiaccia!

-Non trovi che sia troppo carina per sembrare sua sorella?- Negli occhi di Nunny luccicava un progetto.

-Alain mi passerebbe a fil di spada se osassi commentare la bellezza di sua sorella, nonna- sorrise  diplomaticamente, Andrè.

-Puoi esserne sicuro Grandier!-

Oscar non partecipò a quello scherzoso scambio.

Da quando Andrè parlava della bellezza di una donna che non fosse una delle sue sorelle o delle sue nipoti?

-Ma io…io non posso…- Farfugliò Diane.

-Se è per l’abito da indossare al ballo non dovete crucciarvi- LouLou le rivolse un sincero sorriso.

-Crucciarsi per un abito? In questa casa? Marie tira fuori un po’ di quelli che hai cucito per Oscar – Zia Serena trattò con sufficienza la questione.

-Mi sembra un ottima idea, Zia- Madame annuì a Nunny, ma la donna era già pronta a correre ad ubbidire.

-Ma…io…-

-Non temere Diane: sono anni che mia nonna cuce vestiti nell’attesa che venga il momento che Oscar li indossi- Andrè rassicurò dolcemente la ragazza.

-Sicuro bambina! A volte quello che non crediamo vada bene per noi poi scopriamo che si adatta meravigliosamente ad altri. – Commentò Zia Serena bonariamente. Poi si rivolse ad Oscar sollevando leggermente il capo per guardarla in viso.

-Credo che questo sia proprio il caso, mia cara. Questo dei tuoi abiti intendo, non trovi?- E sorrise allegramente.

-Bene è deciso!- Concluse poi. - Oh voi, bel soldatino vorreste essere così gentile da scortare queste deliziose fanciulle nel salotto? - Zia Serena rivolse ad Alain uno sguardo seducente. Il ragazzo scese le scale ridacchiando.

-Agli ordini, Madame-

-Andrè cosa ci fai lì impalato?- La nonna fece per tornare sui suoi passi. –Porta quella scatola nella stanza di Oscar-

-Subito, nonna- Andrè guardò la ragazza sulla sommità delle scale.

-Non indosserò mai un abito come quello!- Disse lei con rabbia. –Mio padre non può obbligarmi. Devo assolutamente parlargliene- E si voltò per dirigersi verso lo studio del Generale.

-E’ giunto il Capitano Girodelle che chiede di conferire con il Generale, Madame- Il maggiordomo si intromise con discrezione.

-Cosa?- Tuonò Oscar.

-Oh, ma allora esiste un maggiordomo!- Osservò Danielle piccata.

-Ho bisogno di uscire a fare una cavalcata. Questa casa è piena di femmine e di soldati!- Sbraitò ancora Oscar.

-Questa frase mi è familiare, Marguerite. Non riesco a rammentarmi il perché.- Chiese la Zia svanita.

-Sono sicura che una tazza di te vi aiuterà, Zia-

-Può darsi, mia cara. Ho l’impressione che nella mia testa si danzi una strana quadriglia3, sapete?- Osservò la donna dirigendosi vero il salotto a capo del gruppetto da lei radunato.

-So cosa si dice delle vostre impressioni cara Zia- Rispose madame proseguendo al suo fianco.

-Ah, sì!- Zia Serena trotterellò gioiosamente verso la sua meta – Sono una preveggente infallibile dicono…oh, ma questa è semplice: ci sarà un ballo qui a palazzo, no?- Sorrise a Madame.

-Così ha ordinato il Generale, Zia- Madame si accomodò di fronte alla donna al tavolo delle carte.

Danielle indicò loro Diane di sottecchi -Voglio sperare che non si innamorerà anche lei del mio Andrè!- mormorò esasperata.

-Ti riferisci a Diane, piccola?- chiese dolcemente Madame.

-Quella del vestito di Oscar, mia cara- Zia Serena distribuì le carte.

Madame rise e si accinse a giocare la sua mano.

-Ricorda che in una casa comandano i soldati, mia piccola cara- le disse Zia Serena. –Le femmine possono solo, ahimè, giocare con le carte-

Madame annuì. -E ballare la quadriglia- Precisò.

-Oh, certo! Ma deve esserci un ballo, mia cara. Ci sarà un ballo, dunque?- Chiese la Zia già dimentica.

-Così ha ordinato il Generale, Zia- Ripetè quietamente Madame.
 
 
1 Cadeau sta per regalo: Andrè prende in giro la ragazza completamente nascosta dalla scatola proprio come se fosse una scatola con braccia e gambe e così la chiama signorina pacco regalo. Il termine francese per pacco, letteralmente, non mi piaceva.

2 Potrei fargli io questa domanda a lui! ;-)

3 Lo so è un anacronismo anche se la quadriglia nasce dal cotillon, danza francese del diciottesimo secolo. Mi serviva così! E tanto in sta storia è tutto stravolto! Nell’universo parallelo in cui vivono i miei personaggi la quadriglia nel settecento era in voga nei migliori salotti, ok?

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Capitolo 11
*** Un sogno all'improvviso ***


-Dovremmo organizzare qualche scampagnata o un gioco, non credete cara Diane?-

Alain osservava LouLou e sua sorella che conversavano allegramente.  I capelli di LouLou obbedivano al dolce alito di vento e lui ne seguiva il movimento. Un sussulto lo colse, una sensazione intensa, simile ad una carezza fatta direttamente al suo animo.

Louise era una ragazza gentile e allegra, ma Alain leggeva una dolce fermezza nel suo sguardo.  Lei seguiva i discorsi di Diane, organizzava con lei giochi e divertimenti, ma non sembrava così fragile come la sua sorellina. Eppure la vita era stata dura con Diane, ma lei aveva conservato quella trasparenza propria di un cristallo. Bella, limpida, rinfrescante, ma pronta ad incrinarsi ed a frantumarsi in mille pezzi al più piccolo urto.

Forse era colpa sua. Forse l’aveva protetta troppo. Aveva lavorato duro il caro Alain.

Il caro Alain…

Sua madre lo chiamava così. Il caro Alain…Il caro Alain…

Quanto aveva lavorato! Dopo la morte del padre era naturale che toccasse a lui occuparsi di tutto, di sua madre di sua sorella. Al caro Alain…

Per carità, si era divertito: risse, sbronze, donne…tante donne…ma solo due per il caro Alain, sua madre e sua sorella.

Era il primo a menar le mani, ma anche il primo a sobbarcarsi turni aggiuntivi. I soldi. Servivano e lui li guadagnava. Come poteva, come sapeva. Lavorava sodo. E si divertiva con le donne.

Era stanco.

Il profumo dei capelli di LouLou gli inondò le narici e gli arrivò al cuore. Si distese a osservare il cielo, poi chiuse gli occhi.

Una casa, un uomo che vi fa ritorno, si sbottona la divisa e si lascia cadere su una seggiola. E’ stanco. Ma è a casa. Una casa. Aveva bisogno di una casa.

Il volto di LouLou si inserì con naturale prepotenza nella sua fantasia. LouLou che gli sorrideva, LouLou che gli si sedeva in grembo. LouLou…

Sorrise.

Era il tipo di donna le cui carezze ti fanno sentire amato, ma che ti ritrovi con in braccio un fucile pronta ad usarlo se le cose si mettono male.

Ridacchiò all’immagine della ragazza con un piede su una seggiola per stabilizzare il tiro di un fucile che aveva tirato fuori da chissà dove.

Era stanco.

Lei gli regalava la possibilità di dormire un po’, di non essere da solo, alto muro a difendere la madre e la sorella. Si fidava. La sua dolcezza lo inebriava, la sua solidità lo rilassava.
Forse era giunto il momento di aprire la porta di quel suo cuore posto così in alto, inaccessibile.

Accarezzò quell’idea così confortante. Era così naturale. Così giusto. Così completo.

Riaprì gli occhi e abbassò lo sguardo.

La realtà gli si impose, dolorosa, al cuore.

L’immagine di LouLou che si opponeva al vento raccogliendo i capelli con una mano, il turchese lucente dei suoi occhi. Sullo sfondo il Palazzo Jarjayes.

Soldato Alain de Soisson. Guardia metropolitana. Compagnia B.

Ecco l’unica cosa che aveva.

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Capitolo 12
*** Io, tu e le rose (per tacer di lei) ***


-Posso aiutarti?- Andrè rivolse a Diane un tenero sorriso.

La ragazza alzò il capo e riparò gli occhi dal sole con una mano.

-Oh, Andrè. Grazie. Sei davvero gentile. Puoi portarmi quel cestino di rose? Sto cercando di rendermi utile con le decorazioni e qui ci sono davvero dei fiori meravigliosi-

Andrè annuì.

-Madame tiene molto al suo giardino e le rose sono il fiore preferito di Oscar.-

-Ah! – Diane sembrò stupita da quella affermazione.

-Madamigella sembra così coraggiosa…non credevo amasse dei fiori così fragili-

Andrè sorrise.

Oscar non permette a nessuno di oltrepassare le sue difese…nemmeno a sé stessa. Pensò.

-Sono contento che tu rimanga per il ballo, Diane, ma non devi lavorare per questo. Sei un ospite a Palazzo- disse, invece.

-Oh, ma mi fa piacere! E poi non so stare senza far nulla. E questi colori mi riempiono di gioia.-

Sorrise entusiasta.

-Sono molto belli, in effetti- Oscar si palesò alle spalle di Andrè. Pantaloni e stivali ed una camicia comoda. Portava in mano due spade.

-Andrè è ora di allenarci.- aggiunse.

-Dovrai aspettare un altro po’ Oscar. Ho promesso a Diane di aiutarla a portare in casa i fiori raccolti. Poi sarò subito da te.-

Il solito caro Andrè?

Dovrai aspettare…

Sono contento che…

Questi colori mi riempiono di gioia…


Oscar osservò i cespugli di rose. Qualcosa impedì all’armonia dei colori di raggiungere il suo cuore, nonostante ne cogliesse la perfezione.

Diane…

Lei non era un soldato…

Guardò Andrè e la colse una strana ansia.

-Cerca di far presto, Andrè o non ci sarà più abbastanza luce.-

Si allontanò decisa. La schiena dritta non tradiva il minimo cedimento.

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Capitolo 13
*** Soldati e damigelle (titolo provvisorio) ***


 Oscar? Cosa fai in giro per casa con quelle spade?- Josephine incrociò Oscar al rientro dal giardino.

-Avrei dovuto allenarmi…con Andrè, ma…ma lui sembra sia occupato con le decorazioni per il ballo- rispose la ragazza.

Josephine la osservò intensamente, il turchese dei suoi occhi si incupì.

-Presto la tua vita cambierà, Oscar- disse, infine.

-Non ho alcuna intenzione di sposare un damerino che non conosco per far piacere a mio padre!- tuonò in risposta la giovane. La mano a stringere le due spade. –Forse a te e alle altre sarà andato bene così, ma io sono un soldato, maledizione!-

Josephine sorrise.

-Un soldato…un soldato…è da quando avevi cinque anni che non fai che ripeterlo, sai? Che necessità hai di farlo continuamente? Sembra che tu debba convincer tutti…o sei tu a non esser convinta?-

Oscar la guadò sorpresa, poi la rabbia si impossessò di lei.

-Non dire sciocchezze, Josephine. Io so cosa sono e di certo non una sciocca damigella buona solo a raccoglier cestini di fiori da disporre in saloni da festa- Ringhiò.

-Fiori da addobbare il salone?...- Zia Serena chiuse il suo ombrellino parasole entrando. –Credo che Diane ne stia raccogliendo di meravigliosi in giardino, in effetti.- disse
-Andrè la sta aiutando a portarle in casa- concluse rivolgendo uno sguardo sorridente a Josephine.

- Ah, allora c’è qualcuno che non trova sciocche le damigelle che raccolgono fiori, quindi?- insinuò lei, di rimando.

-Oh, Signore! E perché qualcuno dovrebbe?- chiese zia Serena sconcertata.

-Opinione di soldato, credo, Zia- Rispose la ragazza divertita e accennando ad Oscar con un piccolo movimento del capo.

-Non mi riferivo a…oh, al diavolo!- Oscar sbottò.

-Oscar, dolce bambina, Andrè non può mica star sempre a giocar con te- sorrise accondiscendente la Zia.

-Ma cosa c’entra Andrè!- Oscar alzò la voce stizzita.

-Oscar ha ragione, cara Zia. Si parlava di damigelle e di soldati, in effetti- Josephine ridacchiò.

Oscar le rivolse uno sguardo truce.

- Infatti mi pareva di aver inteso che Andrè sia un soldato ora e nessuno può negare che quella ragazzina che raccoglie fiori in giardino sia una incantevole damigella. Ho capito male?- chiocciò la zia.

Josephine rise. –Oscar intendeva ribadire che lei è un soldato e non una sciocca damigella, Zia-

-Oh, mia cara. E’ da quando avevi l’età di Danielle che proclami in giro di esser un soldato di Sua Maestà. Eppure ora ti stai per sposare…sarai una splendida damigella.- La guardò radiosa.

-Ed Andrè non pare trovare sciocche le damigelle, pur essendo un soldato- precisò la sorella al suo indirizzo. Oscar aprì la bocca per replicare l’ennesima volta che Andrè non c’entrava nulla, ma la Zia la interruppe.

-Almeno non quelle che raccolgono fiori- sorrise. – In verità è un’attività che dovresti coltivare d’ora in poi Oscar.- sentenziò.

-Potresti chiedere a Diane di insegnarti- suggerì Josephine. Oscar la fulminò con lo sguardo.

Si stava approfittando della ingenuità della Zia per prenderla in giro. Le donne Jarjeyas erano terribili.

-Magari Andrè potrebbe aiutare anche te a portare i fiori in casa- suggerì la Zia.

Oscar era al colmo della rabbia.

-Ma Andrè non c’entra nulla, Zia- Josephine si intromise prendendo la donna sottobraccio per condurla lontano dall’ira della sorella.

-Mi pareva che si parlasse di soldati e di damigelle...- la zia ripetè confusa.- Ho sbagliato? Andrè è un soldato ora…e Oscar presto sarà una damigella.-

-E Andrè non trova sciocche le damigelle- ripetè Josephine.

-Non quelle che raccolgono fiori, almeno.- sorrise la Zia entrando nel salone.

Oscar rimase a sbollire nell’androne.

Andrè non c’entrava nulla, maledizione! Lei era un soldato. Un soldato, dannazione! Lei non sarebbe diventata una sciocca damigella. Anche se Andrè non pareva giudicarle sciocche le damigelle. Non quelle che raccolgono fiori, almeno.
 
 
 
 
                                                                     ***
 
 
-Alzati e combatti!-

Alain distolse lo sguardo da Louise e vide una spada dirigersi in direzione del suo volto all’ultimo istante. Di istinto l’afferrò con la mano.

-Devo allenarmi!- Il tono di Oscar non ammetteva repliche.

Alain spostò il peso dal piede poggiato sul primo gradino della scalinata di palazzo e si piantò bene al suolo.

Sorrise.

-Beh Comandante? Di solito mi rifiuto di incrociar le spade con le damigelle, ma per voi farò un’eccezione!-

Il fendente di Oscar lo colse di sorpresa per la forza che vi era impressa.

-Cristo, Oscar! Vuoi uccidermi?-

-Damigella sarà tua sorella! Difenditi!- Gli intimò lei.

Alain si pose in posizione e ritrovò la sua solita spavalderia.

-Piano con le sorelle, Comandante. E’ una lotta impari anche quella per te. Più o meno come questa lezioncina di scherma che sto per impartirti-

Louise li osservava concentrata.

Alain non ha perso un attimo a buttarsi nel duello con Zia Oscar.

Oscar si rilassava man mano che il duello procedeva. Gli affondi e le parate erano sempre più precisi da entrambe le parti, ma ormai i due contendenti si stavano divertendo.

Oscar recuperava via via il sorriso ed ora cominciava anche a ridacchiare in qualche occasione.

Il duello portava i due ad allontanarsi, ma anche a sfiorarsi.

Alain rideva e scherzava allegramente con Oscar, stuzzicandola. Lei gli rispondeva a tono.

C’era una sintonia magica tra i due.

A Louise quel duello sembrava intimo, insopportabilmente intimo.

Un’ultima battuta, un’ultima stoccata. Una spada che vola per finire a roteare tra la lama e l’elsa dell’avversario.

La risata di Oscar. Limpida, cristallina. I suoi occhi: mare lucente al sole.

La calda risata di Alain.

Il resto del mondo fuori dal loro mondo.

I suoi capelli biondi…il suo sorriso convincente…

Louise rientrò nel salone.

Zia Serena la scrutò appena poi sorrise e pose il re in scacco vincendo la patita con Josephine ancora una volta.

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Capitolo 14
*** sentiamo il parere delle lettrici ***


Dispero ormai di concludere mai questa storia quindi vi chiedo se avete piacere che pubblichi gli stralci che ho scritto con la descrizione di quello che avevo in mente fino alla conclusione. Così da sapere come va a finire insomma. Sono qui. Ditemi voi. Bacio

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Capitolo 15
*** Spoiler I ***


E' da tempo ormai che non aggiorno questa storia. Era mia intenzione in questi giorni scriverne un altro capitolo e sembrava che l'embrione di un'idea stesse sbocciando da qualche parte nel mio subconscio, ma, complici gli impegni e vari stati d'animo quel capitolo non ha visto la luce. Non fraintendetemi, la storia è chiara nella mia mente e i capitoli nodali sono per lo più anche scritti, ma manca ancora un enorme lavoro per creare l'intreccio e poi dipanarlo. Quindi vorrei, a malincuore, tornare all'idea di pubblicare quanto in mio possesso con piccole note di collegamento. Sono cosciente e mi dispiace tanto che la storia perda tanto così. Anche perchè c'erano un paio di idee buone e un paio anche innovative che mi sarebbe piaciuto approfondire. Forse un giorno lo farò, ma per ora mi limito a rendervi noto quanto era nella mia testolina. O almeno parte di esso. L'intreccio, come sapete, è totalmente basato su una serie di fraintendimenti e di incroci amorosi. Andrè, Alain, Diane, Loulou, Girodelle, Fersen, Maria Antonietta e persino il Re credono che l'oggetto del proprio amore non solo non lo ricambi, ma ami un altro protagonista di questo complicato intrigo. Al momento del ballo lo schema è già più delineato rispetto a quanto appare da quello fino ad ora pubblicato. Ma molte di voi aspettavano questa scena ed essa è una di quelle già parzialmente scritte, quindi io ve la proporrei con le dovute note di collegamento. Il capitolo doveva essere immediatamente preceduto dal Cameo annunciato nel trailer. Zia Serena prepara Oscar per il ballo e...


-Ricordi quella favola che ti raccontavo quando eri piccola?- Disse Zia Serena mentre le pettinava dolcemente i capelli. Oscar annuì.
-Quella della Principessa costretta a farsi credere un maschio per non far cadere il Regno nelle mani del perfido zio!- Ricordò.
-Sì…aveva un bel nome che mi ricordava i tuoi occhi…-
Oscar ridacchiò.
-Ohhh, ebbene sì: sono un’inguaribile romantica, signorinella! Che c’è di male? Oh…quante storie per un po’ di sdolcinatezze! Ahhh, se fosse l’uomo dei tuoi sogni a paragonare i tuoi occhi a degli zaffiri lucenti non faresti così la schizzinosa!- borbottò offesa.
Ma che uomo dei suoi sogni? La confondeva ancora con una delle sue sorelle? O delle sue nipoti?
-Ma io sono un soldato, Zia! Quella principessa aveva due cuori: uno da donna ed uno da maschio…lei poteva scegliere! Io non posso vivere con un cuore a metà!- Protestò, tutta la sua disperazione in quelle frasi accorate.
-Certo che no, bambina! Che cosa assurda!- Oscar la fissò attraverso lo specchio.
- Quello che trovo singolare è che tu difenda strenuamente solo la metà del soldato…ma non è anch’essa solo metà?- Chiese sconcertata Zia Serena.
Oscar si voltò sconvolta.
-Che c’è tesoro mio?- Oscar non le rispose, una nuova consapevolezza nella sua mente. Non aveva mai pensato all’altra metà, era sempre il soldato che difendeva, quello per cui lottava, ma la sua parte di donna? Non era poi metà anche quella?
-Oh, devo aver detto qualcosa di veramente importante a giudicare dalla tua faccia, cara…-
Oscar annuì e tornò a rivolgersi allo specchio.
-Sì…credo di sì, Zia…anche se non so bene cosa farci…ancora…- mormorò.
-Oh, ricordi quella favola che ti raccontavo da bambina? Quella che ti faceva sentire meno strana?- cinguettò la Zia allegramente. Poi si interruppe notando l’espressione di Oscar.
-Te l’ho già rammentata vero? Oh, non farci caso piccola…-Sorrise e si allontanò per ammirare meglio la sua opera.
-Sei davvero bellissima questa sera…Andrè non riuscirà a toglierti gli occhi di dosso un solo istante!-
Oscar si alzò di scatto.
-Andrè? Che c’entra Andrè? Ad Andrè non importa niente di me! Lui è d’accordo con mio padre…vogliono che io sposi Fersen…-
Zia Serena si battè una mano sulla fronte.
-Fersen! Ecco come si chiamava il tuo promesso sposo!...E non è quel bel ragazzo alto, vero?-
-Alain? Ma per l’amor del cielo, Zia!-
-No, certo che non lo è…no…è Fersen…ma chi è Fersen adesso?-
Oscar sbuffò, rassegnata.
-Un conte svedese! Mio padre vuole che lo sposi ed Andrè è d’accordo!-
-Andrè è d’accordo, dici? Sei sicura? Beh, deve essere così…d’altra parte A palazzo Jarjayes…sì, certo…quindi Andrè è d’accordo…Beh, che problema c’è allora? Non ti sei sempre fidata di Andrè?- Le chiese.
-Ma…-Oscar cercava il modo di spiegare a quell’assurda donna, ma come poteva se non il suo cuore non era chiaro nemmeno a lei stessa?
-Poche storie, su… è ora di fare il tuo ingresso trionfale…sarà meraviglioso…e Andrè non ti toglierà gli occhi dosso!-
-Andrè non c’entra!- Oscar battè il piede, stizzita. Ma Zia Serena stava già dirigendosi fuori dalla stanza canticchiando e non le rivolgeva la minima attenzione.
-Oh, Oscar, vuoi rinunciare al tuo cuore rosa senza nemmeno farlo battere un pochino?- Le disse fermandosi sulla soglia.- Ricordi quella favola che ti raccontavo quando eri piccola?...Oh, sì…devo avertene parlato di recente!...Non fare attendere oltre gli ospiti…tuo padre ci tiene tanto a questo ballo…Hai idea del perché?...Beh, non importa…Sarà una gran bella festa!-
Ed uscì dalla stanza quasi saltellando dalla gioia.
Oscar scosse il capo osservando la porta chiudersi. Zia Serena era incorreggibile. Eppure…Quello che le aveva detto…Sentiva troppe diverse sensazioni agitarsi in lei.


Dopo di che ha inizio il ballo. Le presentazioni vengono fatte, gli sguardi si incrociano e si confondono. In particolare Andrè...


Andrè si ritrovò ad osservarli dall’altro capo del salone. Oscar e Fersen.
Sì, è giusto così.  Pensò.
I colpi di testa di Oscar erano divenuti ingestibili. La capiva, in fondo. Sempre divisa tra la sua natura e l’educazione ricevuta cercava disperatamente un’identità che riuscisse a sentire sua.
Una rosa resterà sempre una rosa.
Le parole del Generale gli tornarono in mente. Aveva ragione.
 Una rosa non sarà mai un lillà. Sì, aveva ragione.
Crescendola come un maschio le aveva impedito di godere delle gioie a cui le donne sono destinate. Il Generale l’aveva ammesso serenamente quella sera nel suo studio. Era ora di rimettere le cose a posto. Era sembrato giusto anche a lui, quella sera.  Si era sempre occupato lui di Oscar, sarebbe stato un pensiero in meno. Oscar sarebbe cresciuta, forse rasserenata.  Eppure…
Una rosa…Sarebbe rimasta una rosa. Nel giardino di Fersen.
-Cosa mi nascondi, Andrè?- Non si era accorto che Oscar gli si era avvicinata.
La osservò cercando ti trovare qualcosa da risponderle. Si accorse che non poteva dirle nulla di quei sentimenti che gli si agitavano nel cuore.
Una rosa. Nel giardino di Fersen.
-Indosso un vestito da donna, ma non sono stupida. Riesco ancora a vedere chiaramente nel tuo cuore, Andrè. Dimmi cosa ti preoccupa.-  Erano così semplici le cose quando eravamo bambini.
Andrè chinò il capo e ridacchiò. –Scusate, ma chi siete? Forse una contessa straniera?-
Oscar lo fissò esterrefatta, poi rise. –Sì, non ho voluto rendere noto il mio nome- Rispose stando allo scherzo.
Da un angolo del salone risuonarono delle note.  I violinisti si  erano alzati ed avevano cominciato a suonare.
 Andrè si inchinò. –Mi concede l’onore?-
Oscar annuì divertita e gli porse la mano. Un attimo dopo si ritrovò a volteggiare fra le sue braccia al centro della sala.

E così Oscar concede una danza ad Andrè, ma tra loro vige ormai un rapporto conflittuale fomentato dai colpi di testa di Oscar, dal suo bisogno di trovare il suo posto nel mondo, dalla responsabilità di Andrè di occuparsene secondo il volere del Generale a cui è legato da un rapporto di affetto e rispetto (sono i soli uomini in una casa di damigelle!) e apparentemente anche da qualcos'altro. Qualcosa di non detto, ancora. Forse accennato in qualche gaffes, forse temuto per certi versi. Qualcosa di no risolto che genera tensione. Il contatto, seppur ridotto alle sole mani, durante il ballo acuisce questi tensione ed i due cercano di nasconderla all’altro e, prima ancora, a loro stessi. Cominciano a punzecchiarsi e i toni salgono, le parole sfuggono. I due si rifugiano in terrazza per non farsi udire. Sono uno di fronte all’altra. Andrè poggia la mano sinistra sulla balaustra e rivolge lo sguardo su Oscar che a volte lo corrisponde, a volte lo fugge. I riccioli dell’acconciatura accarezzano a tratti la sua spalla acuendo la sensazione che lo sguardo di Andrè sul suo corpo, fasciato da quell’insolito abito, le provoca. Ricordano di quando erano bambini, ma la tensione è troppo forte. Finiscono col sfogarla nell’unico modo che riesce loro semplice: litigano. E cominciano a rinfacciarsi eventi del loro passato. Ma il bisogno che sentono li riporta comunque all’argomento in questione e cominciano a rinfacciarsi un evento ben preciso.

-Avevo quindici anni, Oscar! A quell’età si è…un po’…irruenti…ecco…irruenti…-
-Irruenti, Andrè?- Il tono alzato di un’ottava. –Irruenti? Tu mi hai…- un acuto soffocato. Oscar si guardò intorno per assicurarsi che nessuno li sentisse, lì su quella terrazza, al freddo.
-…Tu mi hai infilato le mani sotto i vestiti, Andrè!- gli ringhiò, ma sottovoce. Andrè inghiottì imbarazzo rimanendo di fronte a lei, la mano poggiata sulla balaustra che strinse un po’ di più. Lo ricordava. Eccome se lo ricordava.  Avvicinò un po’ di più il viso al suo e…
-Anche tu!- sparò. Oscar sussultò, arrossì e spezzò un sospiro. Tutto insieme. Lo ricordava. Eccome se lo ricordava.
Nessuno dei due riusciva a distogliere lo sguardo da quello dell’altro. Il ricordo di quella sera era ancora vivo nei loro desideri e il desiderio di quel ricordo accendeva quell’attimo di presente.  Oscar si succhiò il labbro inferiore, gli occhi di Andrè scivolarono sulla sua bocca. Strinse il pugno nel tentativo di trattenersi. Un attimo era bastato cinque anni prima per ritrovarsi quelle labbra sulle sue, le mani a slacciar bottoni, a cercare la sua pelle. E le mani di lei…
Un grido, dal giardino. Un grido di donna.
Oscar raccolse le gonne e si precipitò verso quella richiesta d’aiuto. –Chi è là?- Intimò correndo. –Mostratevi!-
Andrè le era appena un passo indietro. Oscar si fermò all’istante nello scorgere la bella dama dai magnifici riccioli biondo ramato tra le braccia del Conte di Fersen. –Voi?...- Chiese incredula.
-Oh, madamigella non potevo perdermi la vista di voi in un abito femminile! Ho convinto il Capitano Girodelle  a farmi uscire in incognito!- Cinguettò la donna. –Siete meravigliosa, amica mia.-
-L’ho scorta che si intrufolava dall’ingresso del giardino e sono intervenuto.- sentenziò il Conte. –Ma non mi aspettavo di ritrovarmi tra le braccia una dama certamente di nobile famiglia e  così bella e con un sorriso così soave. Vi prego ditemi il vostro nome…Oh!- La punta di un pugnale puntato alla gola lo bloccò.
-Oscar…-  Andrè trattenne il respiro. Oscar si era frapposta tra il Conte e la misteriosa dama e minacciava Fersen con uno sguardo carico d’ira.
E allora la vide e comprese. Comprese che le teorie botaniche del Generale erano stupidaggini.
Osservava rapito quel volto accesso, quello sguardo turchese di un ghiaccio infuocato, i riccioli scomposti che le scendevano sulle spalle e le accarezzavano la scollatura, il seno mosso dal respiro appena affannoso, il corpo teso e pronto all’attacco, le gonne sollevate a scoprire il nastro che fermava la calza sulla coscia sinistra, dove aveva nascosto il pugnale. Quel lembo di serica pelle che preludeva a morbidezze inebrianti, a quel calore umido dove aveva immerso le dita anni prima…Un dio Marte donna. Ancor più rosa grazie alla follia di un padre che ne voleva fare un lillà.
Era perduto, ora lo sapeva. E lei sarebbe andata via con quel Conte il cui sguardo indugiava in quello della dama dietro le sue spalle. E che lo ricambiava.
-Conte Hans Axel di Fersen!- La voce ferma di Oscar spezzò l’incanto. –Se volete parlare a questa dama chiedetele udienza a Versailles, perché vi trovate di fronte a Sua Maestà la Regina Maria Antonietta di Francia!-
Il Conte sbiancò- Io non credevo! Vi prego di perdonarmi, Vostra Altezza-
La Regina uscì dal suo riparo dietro di Oscar e posò delicatamente la mano sul braccio della ragazza affinchè abbassasse il pugnale.
-Vostra Maestà…- Oscar non sembrava così convinta.
-E’ tutto a posto, Oscar. Solo un piccolo equivoco. Ne troverete tanti sul vostro cammino, non vorrete davvero crucciarvi per questo?- Sorrideva. Maria Antonietta aveva incantato Parigi con quel sorriso.
-Come volete, Maestà- Oscar abbassò l’arma continuando a guardare Fersen in cagnesco. –Io vi avrei almeno scortato al posto di Girodelle, però!- Ringhiò.
-Oh, magari sarebbe stato inutile comunque! Non credete anche voi, Andrè?- Solo ora Oscar si accorse stupefatta della presenza dell’amico. Arrossì e si affrettò a riordinare le gonne. Maria Antonietta ridacchiò –A Palazzo Jarjayes…- mormorò. Oscar le diede un’occhiataccia, ma la Regina si rivolse a Fersen senza scomporsi. –Conte di Fersen…-Il giovane si inchinò ossequioso. –Non dimenticherò il vostro nome, Conte. E sarete bene accetto se vorrete venire a Versailles.- Gli porse la mano perché potesse baciarla.

L'incontro fatidico è, così, avvenuto. Le circostanze sono volutamente simili, così come i dialoghi. In questa fic uno degli intenti era proprio giocare con le location, le frasi celebri e meno note. Dopo il caos che si crea al ballo per l'arrivo della Regina (i tempi sono tutti stravolti a mio piacimento in questo universo alternativo!) Andrè si ritrova allontanato da Oscar senza poter concludere il discorso. Rimasto frustrato dalla situazio, da quanto accaduto e da quanto si comincia a delineare nel suo animo reagisce male ad un commento di Alain sull'avenenza di Oscar.

-Oscar è ancora una bambina, Alain!- Andrè gli rispose infastidito.
-Per essere una bambina lo riempie piuttosto bene il bustino di quel vestito!- Alain sogghignò divertito.
Andrè si voltò. -Ma come osi?-  Soffiò furibondo. –E’ sempre il tuo comandante! Anche se ha quasi vent’anni e si comporta come se ne avesse dodici!-
-Oh, no, Andrè- Alain scosse la testa, le mani in tasca.- Credimi, una bambina di dodici anni quelle mele tonde non ce l’ha!-
Andrè si scagliò su di lui pronto a colpirlo, poi si trattenne. Non era il caso iniziare una rissa nel salone di palazzo Jarjayes, ad un ballo. Sorrise ad un ospite che lo guardava incuriosito e rispose con finta nonchalance. –Non credo si stia parlando di mele di dimensioni così mirabolanti, monsieur de Soisson- sibilò tra i denti, senza farsi udire. Continuò a sorridere all’ospite che si allontanò poco convinto. – La mia mano può benissimo contenerne una!- Aggiunse, come se fosse una minaccia.
-Oh!- Alain rise, pur cercando di darsi un contegno. –Sarei curioso di sapere come le hai prese certe misure!-
Andrè sussultò comprendendo il significato di quel che aveva detto. Scacciò un’immagine…una sensazione…non doveva pensarci!
Alain si allontanò, sempre mani in tasca, ridacchiando lasciando l’amico al centro della sala.
-Ma in fondo lo sanno tutti che adori le mele!-
Andrè credette che tutti lo stessero guardando, ma non poteva essere vero. O no?


Dopo il ballo la tensione non è ancora sciolta. La casa si svuota: gli ospiti tornano alle loro dimore, i camerieri rassettano, i padroni di casa si ritirano nelle loro stanze. Oscar e Andrè, nel recarsi nelle loro stanze, si incontrano sulla soglia della stanza di lei. E' una Oscar priva di punti di riferimento che non siano il prorpio senso di lealtà e il proprio coraggio, divisa tra le sue due nature che non comprende come conciliare, tra i suoi due cuori o, meglio, tra le due metà del suo cuore. Non è cresciuta con un padre così rigido o una famiglia così assente e questo, forse, la confonde di più. Andrè è stato un fratello maggiore con diritto di replica, un compagno di giochi,un amico, ma anche una fonte di attrazione fisica (come per tutte le donne della famiglia). Lei è alla ricerca della sua identità, del suo limite e un po' incolpa Andrè per non averla seguita in quella ricerca, anche se non ha "più quindici anni"

-Tu non credi che io possa farcela! Perciò mi segui, mi controlli, mi fai da balia…continuamente…secondo gli ordini di mio padre!- Oscar era furibonda e triste. Gli aveva urlato un suo timore segreto. Lo stava sfidando. Avanti, dimmi che sono importante per te! Ma come poteva non capire! Avanzò di un passo. Tutti e due, sul limitare opposto della soglia della camera di lei, si urlavano un desiderio inconfessabile, come se fosse disprezzo.
-Io credo che tu possa riuscire a fare tutto quello che vuoi, Oscar! Tutto quello che decidi di fare! Difendere la Regina, guidare un esercito, sventare agguati o guidare un popolo in rivolta all’attacco della Bastiglia! E forse lo farai, un giorno…o forse in un’altra vita! Non mi impensierisce quello che PUOI fare, Oscar, ma quello che VUOI fare! Lo sai tu che vuoi fare? Lo sai? Accontenti me…accontenti tuo padre…cosa vuoi dimostrare, Oscar? Che sei grande? Che sei cresciuta? Che ce la fai a essere il soldato perfetto? Che sei il degno erede della famiglia Jarjayes? Che tuo padre può essere contento e smetterla di controllarti attraverso di me? Certo che sei il soldato perfetto, Oscar! Ma tu cosa vuoi essere? Tu cosa vuoi fare, Oscar? Lo sai questo?-
Le braccia alzate, le mani a stringere lo stipite della porta. Dall’altra parte lei, stessa posizione, stessa rabbia. Lo sai questo? Oscar fissò le labbra di Andrè. Un’idea folle, assurda, per nulla in relazione. Un sapore sulle labbra. Lo succhiò. Ne voleva ancora. Un sospiro, un impercettibile passo. Di entrambi.
-Oh, buona notte bambini!-
Zia Serena sorrise loro allegramente trotterellando verso la sua stanza. Lo scialle avvolto sulla vestaglia. Una candela nella mano.
-Su, su che fa freddo…giocherete di nuovo domani…-
Si guardarono. Il respiro affannoso. Perché?
-Buona notte, Andrè-
La porta sbattuta sulla faccia.
-Buona notte, Oscar!- Suonò come un “va al diavolo!”
 
 Lo sai quello che vuoi fare?
Se la zia non fosse arrivata e se lei non si fosse fermata…Se avesse superato quella minima distanza catturando le sue labbra…se l’avesse baciato…se l’avesse morso…piano…se lui l’avesse abbracciata…se fossero entrati nella sua stanza chiudendo il resto del mondo fuori…se fossero distesi sul suo letto ora…se lui l’avesse spogliata ora come allora, come al lago anni fa…ora sentirebbe i capezzoli tendersi per il freddo e l’eccitazione…come allora…ora li sentirebbe ardere sotto le sue dita, come allora…ora sentirebbe le sue labbra sulle sue, le sue mani sul suo seno e quel calore liquido tra le gambe…come allora…ora sentirebbe la pelle  di lui sotto le sue mani, intrufolate sotto la sua camicia, i suoi capezzoli piccoli e duri e quella peluria fine del suo torace…come allora…ora sentirebbe il suo desiderio premerle contro, la sua mano a spingersi ad accarezzarlo, a stringerlo…come allora…i gemiti di lui, o, forse, erano i suoi…e la mano di lui nei suoi di pantaloni, che ora erano una gonna, ma tra le sue gambe…come allora…ma non le avrebbe fatto male, aveva imparato come fare…si voltò prona, sul letto…ansimava…la mano tra le cosce accarezzava le pieghe umide della sua femminilità…aveva imparato come fare, negli anni, ripensando a quella sera, al lago, con le lucciole, tanti anni fa…un dito scivolò dentro di lei facilmente, era calda, bagnata, pronta. Trovò facilmente quel punto più sensibile che aveva imparato a conoscere, lo accarezzò. Una scossa di piacere l’attraversò, un gemito soffocato dal cuscino. Respiri spezzati. Il pollice su quel bocciolo fremente appena un po’ più su. Una frizione sapiente. Un grido e poi un gemito. Continuò ad accarezzarsi con quel dito immerso dentro di lei, continuò a stuzzicare quel piccolo cuore con il pollice, ma desiderava altro, desiderava lui. Come quella sera, al lago. Un gemito spezzato, un’onda calda la sommerse e si ritirò lasciandola  appagata, almeno per ora. Tolse piano il dito, mentre le ultime contrazioni ancora lo avvolgevano. Ansimava, ora sempre più lentamente. Si addormentò.


Spero di avervi fatto cosa gradita. Se volete, posso spoilerarvi ancora. fatemi sapere. S.




 
 



 

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