Ricostruirsi..

di Black_G
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I. Introduzione ***
Capitolo 2: *** Capitolo II. Partenze ***
Capitolo 3: *** Capitolo III. Arizona ***
Capitolo 4: *** capitolo IV. Insieme ***
Capitolo 5: *** Capitolo V. Addio ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI. Casa ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII. Resta ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII. Famiglia ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX. Partenze ***
Capitolo 10: *** Capitolo X. Va via ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI. Sola ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII. Calliope ***
Capitolo 13: *** Capitolo XIII. Caos ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIV. Tempo ***
Capitolo 15: *** Capitolo XV. Memoria ***
Capitolo 16: *** Capitolo XVI. Fine ***



Capitolo 1
*** Capitolo I. Introduzione ***


Note dell'autrice: è la prima fan fiction che scrivo. Perdonate, cari lettori, qualsiasi imprecisone.Grazie ad ognuno di voi.
 
Era un sabato sera, uno di quelli in cui non ti va di fare niente, sei sul divano davanti la tv ma non la stai realmente guardando. Così ti fermi un attimo chiedendoti a cosa stai pensando ma non sai risponderti, sei vuota. 
 
"Lei è andata via Addison, non tornerà più, è semplicemente andata via" lo dissi con tutta la convinzione che avevo dentro di me, se n'era andata e non avrei mai potuto riavere ciò che mi aveva portato via: me stessa. 
"Callie sono passati 2 anni! Devi uscire, non puoi stare a casa tutte le sere." Addison aveva ragione, non potevo trascorrere il resto della mia vita chiusa nel mio appartamento o in ospedale.
"Addison, non so dove andare. Sei l'unica amica che mi è rimasta, ma non voglio uscire con te e Teddy" eccola la verità: lei si era portata via il mio cuore e adesso io non potevo più sopportare la visione di due persone innamorate.
"Va bene Callie, resta a casa." Era arrabbiata, la mia migliore amica non mi aveva nemmeno dato il tempo di replicare. 
Posai il telefono sul divano, non avevo la forza di richiamarla. Stavo evitando la vita e la vita evitava me, era questo il nostro tacito accordo. Mi accorsi che era già passata da un pezzo l'ora di cena, il mio stomaco brontolava, non avevo mangiato. Mi alzai dal divano in cui avevo soppresso per 2 anni le mie lacrime, il rancore, la rabbia e la tristezza. La mia vita si era arrestata, lei era partita ed io ancora speravo che tornasse. Avrei dato qualsiasi cosa per farla tornare da me, per ritornare ad essere completa, ma io non ero più completa, ero vuota. 
 
Mi svegliai alle 06:30 come ogni mattina, il sole non era ancora sorto, pensai a lei, il mio sole, ma lei non era con me, non sentivo più il suo odore, quasi non lo ricordo più. Ogni giorno mi alzo con la speranza che il vuoto che provo sia spartito, poi apro gli occhi e quella speranza si attutisce, lei non tornerà. Andai a lavoro, fu una giornata tranquilla, solo qualche intervento di routine, nulla di complesso. Finito il turno mi avvicinai allo spogliatoio e sentii delle voci:
"Non so cosa fare, sta sprofondando e io non so come aiutarla Teddy, è la mia migliore amica e io non riesco a fare nulla, qualsiasi cosa le dica non riesce a tirarla via da quell'abisso in cui è caduta. I suoi occhi non splendono più, sono spenti e vuoti. Lei ha perso tutto ed io non riesco ad aiutarla. Mi sento inutile, diamine!"
Entrai nello spogliatoio, non potevo nascondermi dietro il muro ancora molto "Addison.. " intervenni. Non potevo permettere che la mia tristezza danneggiasse anche lei. "Usciresti con me stasera?" Alzó lo sguardo, i suoi occhi si illuminarono ed io sorrisi. "È un po' che non esco, decidi tu dove andare, ma andiamo a mangiare qualcosa sto morendo di fame." Addison scattò in piedi, salutò Teddy mentre io mi cambiai e mi portò a mangiare la pizza in un ristorante italiano, vicino l'ospedale. Parlammo di tutto, era passato tanto tempo dall'ultima volta che mi sono sentita così bene, stavo ricominciando a vivere. 
Quando aprii la porta del mio appartamento non era molto tardi, ero stanca, volevo solo spogliarmi e dormire, per la prima volta non sentivo un macigno dentro. Mi stavo convincendo davvero, stavo riuscendo a risalire dagli abissi in cui ero sprofondata. Quando pensai ai miei progressi, tutti i motivi per cui ero sprofondata nel buio sono riaffiorati.. Bussarono alla porta, insistentemente, aprii e vidi un uomo in uniforme. Perché era alla mia porta? Rimasi sbigottita, lui lo capì. 
"Sono il tenente Robbins, mi dispiace per l'ora tarda ma ho urgenza di parlarle.."
Fece una pausa ed io capii perché lui era davanti a me in quel momento. 
 
"Non partire, ti prego non andare, non lasciarmi Erika, è pericoloso!"
"Callie, ho giurato di servire il mio paese quando avrà bisogno di me, questo momento è arrivato ed io non posso stare qui. Lo capisci vero? Sono l'unica che può salvare quei poveri ragazzi."
Sapevo che era sincera, era l'unico chirurgo d'urgenza che non aveva figli, né una moglie, l'unico chirurgo che aveva fatto domanda tanti anni prima e che veniva chiamato solo adesso per andare in Iraq, tempismo perfetto.
 
"Dottoressa Torres.."
Mi ripresi, i miei occhi erano pieni di lacrime, lei non era tornata, non voleva tornare ed è rimasta lì per sempre.
"Dottoressa Torres, ho conosciuto Erika sul campo, eravamo amici, mi ha parlato di lei e mi ha detto che se un giorno non fosse più potuta tornare, sarei dovuta venire da lei, anche in piena notte, dicendole che l'amava."
Io non risposi, lui continuò.
"C'è stata un esplosione durante uno degli spostamenti, lei era sul camion dietro il mio, ad un certo punto è stata lanciata una granata che è entrata nel veicolo, facendolo esplodere. Nessuno è sopravvissuto. Mi dispiace per la sua perdita."
Mi sentii avvolta da due braccia decise e forti, mi stava abbracciando. Percepii il suo profumo, era particolare, delicato, dolce. Mi strinse come se volesse davvero farlo, come un vecchio amico fa quando gli dici che le cose non vanno bene. Si staccò ed io lo guardai, il mio viso era bagnato dalle lacrime, il suo, invece, era stanco. Mi accorsi solo allora che ai suoi piedi aveva una valigia, non era andato in albergo, ma era venuto da me una volta atterrato. 
"Tenente Robbins, vuole accomodarsi?" non sapevo cosa dire. Troppe domande di affollavano nella mia testa, ma non fui in grado di dargli un ordine perciò gli chiesi di entrare. 
"Mi chiamo Timothy Robbins. Accetto volentieri, non ho avuto modo di prenotare una stanza in albergo e non saprei dove andare"
Mi scostai per lasciarlo passare.


 

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Capitolo 2
*** Capitolo II. Partenze ***


 
Entrò in casa, lo feci accomodare nella stanza degli ospiti, gli offrii da mangiare, era visibilmente stanco. 
"Grazie per la tua ospitalità, dottoressa Torres"
"Timothy, puoi chiamarmi Callie."
"Tu puoi chiamarmi Tim"
"Va bene" lo guardai e vidi che si perse ad osservare il bicchiere di vino davanti a lui.
"Tim.. " si girò a guardarmi ed io mi accorsi del suo sguardo spento.
"Scusa Callie, stavo pensando ai miei genitori, a mia sorella, non li ho ancora chiamati, non sanno nemmeno che sono in congedo per 6 mesi e che sono qui a Seattle"
" Vuoi chiamarli? Puoi usare il telefono se vuoi"
" lo farò domattina, grazie" mi sorrise, ma il suo viso non sorrideva, i suoi occhi erano vuoti.
Finì di mangiare e ci sedemmo sul divano, quel divano che aveva accolto le mia lacrime per 2 anni. Gli chiesi di Erika, volevo sapere cosa aveva fatto in questi anni lontana da casa. Tim cominciò a parlare: "L'ho conosciuta un anno fa, lavoravamo nella stessa squadra, io soccorrevo i caduti portandoli nella tenda più vicina, in cui lei li avrebbe curati. Mi ricordava mia sorella, quindi ogni sera mi avvicinavo a lei per parlarle. Subito diventammo amici, mi raccontò del suo lavoro a Seattle, della vita che aveva lasciato, di te. Negli ultimi tempi gli attacchi erano più frequenti e una sera mentre parlavamo mi disse che potevamo non tornare più a casa. Io lerisposi che si sbagliava, che saremmo tornati, io avrei riabbracciato mia sorella e lei avrebbe riabbracciato te.." Vidi le lacrime comparire sul suo volto, fece una pausa, mi guardò. Il mio volto era completamente immerso tra i cuscini del divano, ormai completamente bagnati dalle mie lacrime. Si avvicinò a me mi stride nuovamente tra le sue braccia "Callie, ti prego non piangere.." Io cominciai a singhiozzare, lui mi cullò dolcemente. 
"Continua ti prego.."
 Lui lo fece, continuò il suo racconto: "Quella sera era la sera prima dell'incidente, Erika non era convinta delle mie parole e così mi fece giurare che se le fosse accaduto qualcosa dovevo tornare a Seattle, bussare alla tua porta ed abbracciarti, perché lei non avrebbe potuto più farlo." Si fermò e io smisi di piangere, Erika sapeva che non sarebbe tornata. Gli chiesi l'unica cosa che mi passo per la testa in quel momento: "Dov'è il suo corpo?"
"Callie.. Arriverà domani una bara, con sopra una grande bandiera, accompagnata da noi ragazzi dell'esercito."
Lo guardai con decisione. "Tim voglio sapere dov'è il suo corpo"
"È cenere, l'esplosione è stata così violenta che non abbiamo potuto soccorrerli, il fuoco era alto, abbiamo cercato di spegnerlo e quando ci siamo riusciti l'unica cosa che era rimasta erano pezzi di metallo"
Cominciai a piangere e a singhiozzare, lui mi strinse nuovamente ed io cominciai a colpirlo sul petto sempre più forte. Non ero arrabbiata con lui, ero arrabbiata con Erika, lei doveva tornare e invece è rimasta in quell'inferno. Non so quanto tempo passai tra le sue braccia, mi ero sicuramente addormentata. Dopo essermi svegliata, mi alzai e mi avvicinai alla finestra, piccoli barlumi di luce colpirono la mia pelle, il mio viso era stravolto, i miei occhi erano gonfi e rossi. Guardai il sole tramontare, lei era il mio sole, ma il mio sole era morto. Un'unica lacrima scivolò sul mio viso. Mi voltai verso Tim, lo guardai e capii in quel momento cosa dovevo fare, dovevo riportarlo dalla sua famiglia, i suoi genitori e sua sorella non avrebbero più dovuto attendere. 
Preparai la colazione, lui si svegliò e mi guardò cucinare, seduto sull'isola della cucina.
"Callie, grazie per avermi ospitato. Non mi conosci e ti sei fidata di me, non posso che ringraziarti per questo."
"Tim se vuoi puoi restare quanto vuoi,  ma non credi che sia arrivato il momento di andare a trovare la tua famiglia?"
"No Callie, oggi arriverà la bara e domani ci saranno i funerali, voglio starti vicino. Le ho promesso che lo avrei fatto."
Lo avrebbe fatto davvero.
"Tim io devo avvisare i miei amici, la famiglia di Erika eravamo noi."
"Va bene, vuoi che ti aiuti? Vuoi che ti accompagni in ospedale?"
"No, devo solo fare una chiamata."
Composi il numero che sapevo a memoria, speravo che Addison non fosse in sala operatoria, io avevo il giorno libero. Dopo qualche squillo rispose, le dissi di Erika e di Tim e le chiesi di parlare con Owen, avevo bisogno di qualche giorno di riposo. Addison bussò alla mia porta dopo pochissimo tempo, mi abbracciò ed io piansi nuovamente. Il mio corpo non si reggeva più sulle mie gambe, caddi e Tim corse ad aiutarla.  
Ero svenuta, quando mi ripresi mi misero sul letto nella mia stanza, mi addormentai. 
Fu Addison a svegliarmi "Callie, svegliati sta arrivando la bara, verrà portata in chiesa per il funerale" 
Scattai in piedi. "No non può essere, doveva essere domani il funerale!" Panico.. Il mio cervello non riusciva ad elaborare tutto quello a cui stavo pensando, mi immobilizzai, chiusi gli occhi e smisi di ascoltare Addison. Lei mi strattonò. "Callie!! Callie!! Tim vieni non so che succede!" Io aprii gli occhi, guardai i loro visi preoccupati, forse era meglio così. " Aiutami a vestirmi e avvisa tutti che il funerale sarà più tardi. Tim tu cambiati."
Entrambi fecero ciò che gli avevo chiusero, Tim indossò giacca e cravatta, Addison aiutò me. Il tempo passò ed io non me ne resi conto.
Iniziai a prendere consapevolezza di quello che stava succedendo quando vidi tutti quegli ufficiali, tutti i miei amici, i nostri amici che piangevano e mi stringevano la mano cercando di rassicurarmi. Dissi ad Addison di sedersi. Andai sola verso ciò che rimaneva di lei. Piansi sulla bara, sulle medaglie e sulla grande bandiera. In quel momento giurai a me stessa che non avrei più pianto. Erika non sarebbe tornata ed io dovevo andare avanti come lei aveva sempre voluto. 
Il funerale finì in fretta ed io, Tim e Addison tornammo al mio appartamento. 
"Addy va da Teddy, stalle vicino erano molto amiche. Tim resterà con me questa notte. Stai tranquilla, vai."
Fui io a rompere quel silenzio imbarazzante. “Raccontami di te Tim, della tua famiglia, della sorella che vuoi tanto riabbracciare” accolse la mia richiesta.
“ Mio padre era nell’esercito, ha sempre desiderato che uno dei suoi figli entrasse in questo mondo. Sarebbe stato un onore per lui. Sapevo che toccava a me seguire le volontà di mio padre, non potevo permettere che la mia Arizona abbandonasse il sogno di diventare un medico. Decisi di arruolarmi come volontario, nel giro di pochi anni sono riuscito ad arrivare a questo punto.”
“ Tua sorella è un medico?”
“Si, tra una settimana tornerà a Seattle per cercare un ospedale che la assuma come strutturato, ha finito la specializzazione in chirurgia pediatrica a…..”
“ Deve fare richiesta al Grey Sloan allora! Siamo tra i primi i migliori ospedali dell’intero paese, abbiamo bisogno di uno strutturato in pediatria, da poco il vecchio primario è andato in pensione e stiamo cercando un sostituto.” Volevo aiutare Tim e se aiutare sua sorella Arizona lo rendeva felice, lo avrei fatto.
“Domani la chiamerò, le dirò che sono a Seattle e della tua proposta. Grazie Callie!” entrambi sbadigliavamo, la stanchezza stava avendo la meglio su di noi. Diedi la buonanotte a Tim e andai nella mia stanza. Ero troppo stanca per pensare a tutto quello che era successo in due singoli giorni, pensai alla sorella di Tim,Arizona. Arizona.. che strano nome..
Morfeo mi accolse tra le sue dolci braccia.





Piccola nota: ringrazio tutti voi lettori per avermi dedicato qualche minuto del vostro tempo. Non vi supplicherò di lasciare una recensione, perchè se non lo fate avete sicuramente le vostre buone ragioni, ma non vi nascondo che mi farebbe piacere leggere le vostre considerazioni. Detto ciò, non so come uscirà questo capitolo, ho litigato con l'editor ahahah. 
A presto!

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Capitolo 3
*** Capitolo III. Arizona ***


Mi svegliai presto, avevo il turno di mattina, lasciai un biglietto a Tim ricordandogli di chiamare i suoi genitori e di avvertire sua sorella Arizona. Entrai in ospedale e tutti mi guardavano come se dovessi fare qualcosa di folle da un momento all’altro. Non lo feci, andai nel mio reparto e svolsi il mio lavoro in modo impeccabile. Tornai a casa per cena, avevo comprato la pizza, ero troppo stanca per cucinare. Tim mi accolse con un grosso sorriso, non so se fosse più contento della pizza o di vedermi, mangiammo e una volta finito, gli chiesi della sua giornata.
“Tim hai chiamato i tuoi genitori?” 
“Si ci stanno aspettando.”
“Cosa?? Che significa ci stanno aspettando?”
“Non ci sarei andato solo, vieni con me! Ci sarà pure Arizona, ha finito prima la specializzazione ed è arrivata oggi pomeriggio a Seattle. L’unica cosa sconveniente è che i miei genitori abitano fuori dalla città, in periferia e per raggiungerli dovremmo prendere la tua macchina.”
“ Mi hai preso in trappola! Va bene, vado a cambiarmi e andiamo”
Entrai nella doccia, non volevo che i genitori di Tim mi vedessero così stanca, quella doccia serviva più a rigenerarmi. Riuscì a darmi l’effetto sperato, misi un vestito nero, informale, scarpe non molto alte, volevo essere comoda. Uscii dalla mia stanza e diedi le chiavi della macchina a Tim, lui accettò e ci avviammo. In venti minuti arrivammo davanti ad un’immensa villa. Oltre il cancello c’era un bellissimo prato, tutto circondato da fiori di ogni genere, la casa era immensa, sembrava una reggia ed io mi sentii a disagio. Tim lo capì e mi prese sotto il braccio portandomi alla porta, bussammo. Ad aprire fu la madre di Tim, Barbara,  mentre il padre, il Colonnello, ci attendeva in soggiorno seduto comodamente sulla sua poltrona. Salutai entrambi molto educatamente, ma non fui in grado di guardare il Colonnello negli occhi, quell’uomo incuteva terrore. Ci accomodammo nel grande divano, vicino al Colonnello, Tim stava per sedersi ma qualcosa attirò la sua attenzione e scattò verso l’ingresso della stanza. La mia visuale era coperta dal suo corpo in movimento, lo vidi fermare e alzare il corpo esile di una donna. Lei era la donna più bella che avessi mai visto, i suoi capelli erano biondo oro, fluenti e luccicanti. Tim la mise giù ed entrambi mano nella mano si avviarono verso di noi. 
“Callie, lei è mia sorella Arizona” Mi porse la sua mano, io riuscii a reagire e la strinsi, la sua pelle era candida ed estremamente morbida.
“Sono lieta di conoscerti Arizona, Tim mi ha molto parlato di te” la guardai, non avrei mai dovuto guardarla, i suoi occhi erano cerulei ma io non vidi soltanto i suoi occhi, ma quel bellissimo sorriso sincero che mi stava rivolgendo. Arizona mi stava sorridendo, i suoi occhi sorridevano più della sua bocca, la sua anima mi sorrideva. Avrei potuto passare la vita a guardare nei suoi occhi.
Barbara tossì, forse era passato più tempo di quanto pensassi, il Colonnello si alzò per versarsi un bicchiere di whisky, Arizona si sedette tra me e Tim. Calò il silenzio in quella stanza ed io mi senti a disagio, come se per l’ennesima volta fossi nel posto sbagliato. 
“Tim io e tua madre vorremmo parlarti in privato” il tono del Colonnello fu molto duro, non era il caso di replicare. 
Arizona si voltò nella mia direzione. “Callie vieni con me ti porto fuori a fare un giro del nostro immenso giardino”. Accettai la mano che mi porse e senza lasciarla la seguii. 
Il giardino davanti la casa era minuscolo in confronto a ciò che vidi nel retro della villa, scendemmo qualche gradino e cera un piccolo viale alberato.
“Allora Callie è il diminutivo di..?”
“Calliope, ma nessuno mi chiama così”
“Perché? Calliope è un nome bellissimo invece! Posso chiamarti Calliope?” io sorrisi, il mio nome sembrava bellissimo pronunciato da lei. 
“ Si Arizona, potrai chiamarmi Calliope solo se mi dici da cosa deriva il tuo nome”
“ U.S. S Arizona, porto il nome di una nave da guerra.”
“ Lo trovo un bellissimo nome.”
“Grazie”
“ Tim mi ha raccontato della tua specializzazione, pediatria giusto?”
“Si, sono venuta a Seattle perché vorrei fare un colloquio al Grey Sloan. So che lavori lì, sarà un onore lavorare in uno dei migliori ospedali del paese”
“ Si abbiamo un ottimo programma, se vuoi domani posso farti parlare con Owen, è il capo di chirurgia.”
“Faresti questo per me?” 
“Farei tutto ciò che posso per farti sorridere in questo modo.”  Mi stupii delle mie parole,  erano uscite di getto senza che potessi rifletterci. Mi sorrise nuovamente ed arrossì, era cosi bella che per un attimo smisi di respirare.
Voltai lo sguardo e il lungo viale era arrivato al termine, davanti a noi c’era solo una panchina, il cielo e tutta Seattle. 
“Arizona, è bellissimo! Non mi ero resa conto che fossimo così in alto.”  Guardai il panorama, innamorata di quella vista. 
“Calliope, sei bella quando sorridi, dovresti farlo più spesso.”
Arrossii.
“Sediamoci” l’ascoltai e mi sedetti accanto a lei nella panchina. Il cielo era meraviglioso quella sera, la luna illuminava Seattle e allo stesso tempo illuminava il volto di Arizona. Stava guardando davanti a sé, notai i suoi lineamenti così raffinati, era estate e il suo vestito si muoveva a causa del lieve vento, lasciandomi intravedere le sue gambe sinuose. Arizona era di una bellezza unica, quella bellezza che ti lascia senza fiato ed io non riuscivo a godermi il panorama se lei era al mio fianco, catturava il mio sguardo. Non riuscivo a distoglierlo da lei, se ne accorse.
“Che c’è Calliope?” era tranquilla, non c’era alcuna traccia di fastidio nella sua voce.
“Niente. Stavo solo pensando”
“A cosa, se posso chiedere?”
Non potevo dirle che pensavo a quanto fosse bella, aprii la bocca ma nessun suono riuscì ad uscire
“Callie, Arizona! Dove siete?” Tim ci stava cercando. 
“Tim! Siamo qui”
“Venite! È tardi e devo riportare Callie a casa”
Ci incamminammo e arrivammo da Tim in pochi minuti. 
“Allora che avete combinato voi due?” Tim fece un sorriso forzato, non capii perché stesse fingendo. Guardai Arizona, anche lei stava osservando il fratello.
“Oh niente, Arizona mi ha fatto vedere il panorama”
“L’hai portata lì?!?” Tim era sbalordito, Arizona si limitò ad annuire fulminando con lo sguardo il fratello.
“Andiamo Callie, ti riporto a casa.”
“Non resti con me stasera?”
“No, devo rimanere qui. Perciò ti accompagno e renderò un taxi per tornare alla villa”
“ Tranquillo, prenderò un taxi e domani mattina Arizona mi porterà la macchina, abbiamo un appuntamento con il primario di chirurgia. Arizona per te va bene?”
Non disse niente, si limitò ad annuire. Era ancora concentrata su Tim, era strano quella sera.
Non chiesi altre spiegazioni, mi limitai a salire sul taxi che mi avrebbe portato a casa. 
Una volta arrivata, mi sdraiai sul divano, non avevo la forza per arrivare al letto. Mi addormentai lì.
 

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Capitolo 4
*** capitolo IV. Insieme ***


Che rumore fastidioso, perché stanno sbattendo contro il muro? Oh cavolo, perché mi sono addormentata nel divano? Non posso muovermi. Non stanno sbattendo contro il muro, stanno bussando insistentemente alla porta. Che ore sono? Le 9 del mattino, chi sarà a quest’ora?
Mi alzai a tentoni dal divano, andai ad aprire la porta e..
“Scusa io non ho potuto avvisare, non ho il tuo numero di telefono. Tim mi ha dato l’indirizzo del tuo appartamento. Ieri sera non mi hai detto a che ora sarei dovuta venire perciò eccomi qui.”
“Arizona..” Non avevo capito metà delle cose che aveva detto, ero troppo assonnata, vedo ancora sfocato. 
“Entra, accomodati. Io vado a cambiarmi” Corsi nella mia stanza, mi lavai il viso, indossai dei vestiti puliti e la raggiunsi. Mi poggiai allo stipite della porta, lei era intenta a guardarsi attorno, come un bambino che scopre qualcosa di nuovo. Stava toccando i miei cd, i dvd, i quadri, tutto. 
“Eccomi..”
“Mi piace il tuo appartamento Calliope, magari un po’ troppo cupo per il colore delle pareti, ma la vista è davvero bella. Oh scusa, ti ho portato il caffè, tieni”
“Caffè! Grazie. Non potrei vivere senza”. Mi sorrise, ma notai qualcosa di strano nel suo sorriso, era forzato come quello di Tim. Non le chiesi nulla, non la conoscevo nemmeno, non volevo essere invadente.
“Andiamo in ospedale. Non vedo l’ora di farti conoscere Owen, ti assumerà di sicuro.”
“Calliope..” mi fermai in mezzo alla stanza. Arizona stava tremando, il suo colorito era pallido. Senza pensarci mi fiondai su di lei, le toccai la fronte
“Arizona che c’è? Ti senti male”. Mi sorrise di nuovo, i suoi occhi erano fissi sui miei, mentre le mie mani erano ancora sul suo viso. Eravamo vicinissime, potevo sentire il suo respiro accelerato. 
“Calliope sto bene. Ho solo paura di non essere adatta per questo posto. Ho finito da poco la specializzazione.. io”
“Arizona! Andrà bene, conosco i medici dell’ospedale non hai niente da invidiare a loro. Andiamo, sarò lì con te.”
“Non lasciarmi.”
“Non lo farò” le tesi la mia mano, lei l’afferrò prontamente. 
Parcheggiai la macchina davanti l’ospedale, osservai Arizona, era molto tesa. Le sorrisi e strinsi nuovamente la sua mano, volevo tranquillizzarla. 
 
Come mi aspettavo, il colloquio di Arizona andò benissimo. Owen l’aveva assunta come strutturato di chirurgia pediatrica. La portai a visitare l’intero ospedale, era già pomeriggio inoltrato.
“Calliope, io devo cercarmi un appartamento. Tra due giorni devo cominciare a lavorare qui e non so come fare..”
“Giusto!” E in quel momento mi balenò per la testa l’idea più folle che potessi mai avere. “Vieni a vivere con me, il mi appartamento è troppo grande per una persona sola, ci sono due camere da letto ed ognuna ha un bagno. Mi farebbe piacere” Lei sgranò gli occhi. “Sei sicura Callie? Tim mi ha detto che vivi sola da molto tempo. Non voglio disturbare, andrò in albergo per qualche giorno e cercherò un appartamento.”
“Arizona, sono sicura. Sono sola da tanto tempo perché la persona con cui stavo prima è andata via e non tornerà.” Lei mi guardò stranita, Tim non le aveva detto nulla di Erika. Lasciai morire questo discorso, non era il momento giusto per parlarne.
“Calliope.. io te ne sarei grata. Prometto che sarà solo per qualche giorno e poi mi troverò un appartamento.”
Andò alla villa a prendere alcune delle sue cose ed arrivò a casa per l’ora di cena. Le feci trovare il mio piatto preferito: le lasagne. 
“Wow se cucini così bene, credo che non me ne andrò mai!” mi sorrise, amavo il suo sorriso.
“Beh la tua compagnia non è male, credo di poterla sopportare.”
“Sopportare? Mi offendi così!” ridemmo entrambe. Non ridevo da così tanto tempo, Arizona era una brezza d’aria fresca per i miei polmoni. 
Finito di mangiare io sparecchiai e Arizona posò le sue valige nella stanza, cercando di sistemare più cose possibili. Fu più veloce di me e mi raggiunse in cucina mentre io era ancora intenta a lavare i piatti.
“Calliope..”
“Si?”
“Mio padre ha obbligato Tim a fare un altro turno in Iraq. Partirà tra qualche mese quando finirà il congedo e starà via molte settimane. ” mi si gelò il sangue. Il piatto che stavo accuratamente pulendo scivolò dalle mie mani e cadde. Si frantumò, ma non fu solo il patto a rompersi, io mi ruppi nuovamente.
Erika era morta in Iraq, non poteva succedere anche a Tim, non poteva lasciarci. Arizona non avrebbe dovuto perdere suo fratello. I miei occhi si riempirono di lacrime, Arizona se ne accorse, fece il giro dell’isola. 
“Stai bene? Sei ferita?” non lo sapevo nemmeno io. Dentro stavo morendo, ma fisicamente ero ancora intatta. 
“Si mi è solo scivolato dalle mani.”
“Calliope, tu hai gli occhi pieni di lacrime” cosa le avrei detto adesso? Non ero pronta a parlarle di Erika e di tutto ciò che rappresentava per me.
“Niente Arizona, è stato solo lo spavento causato dal piatto che mi è scivolato. Va tutto bene”
Mentii, lei me lo lasciò fare, capì che c’era qualcosa sotto, ma aspettò che fossi io a parlare. Non dissi niente. Accettò il mio silenzio.
Guardammo un po’ di tv, sbadigliava, era stanca. Le proposi di andare a dormire.
“Buonanotte Calliope.”
“Buonanotte Arizona”
 


N.d.A: buona domenica a tutti! Vi ringrazio voi tutti, cari lettori, perchè seguite questa storia e mi trasmettete la voglia di scrivere nuovi capitoli. Tim dovrà partire, ecco cosa nascondeva dietro il suo sorriso forzato. A presto

 

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Capitolo 5
*** Capitolo V. Addio ***


Arizona si ambientò in fretta in ospedale, dirigeva il reparto di pediatria diligentemente. Le presentai Addison e Teddy, e tutti il resto dei miei amici. Eravamo un gruppo molto unito.
Passarono delle settimane ed io e Arizona facevamo tutto insieme, lei aveva deciso di rimanere da me ed io ne fui entusiasta. Spesso ci veniva a trovare Tim, gli facevo provare tutti i miei piatti messicani, mentre Arizona tentava inutilmente di convincerlo a non partire. 
Una sera, arrivammo a casa insieme, era stata una giornata estremamente dura per me, avevo perso un paziente. Entrammo e mi gettai sul divano senza levarmi il cappotto. 
"Calliope! Puoi almeno levarti il cappotto e farti una doccia?"
"No. Non mi muoverò da qui Arizona."
"Perché? Lo so che sei stanca, lo sono anch'io, ordino una pizza per cena così non dovrai cucinare"
"Fa ciò che vuoi. Non ho neanche voglia di cenare." Non rispose, andò in cucina, la sentii parlare al telefono. Quando finì la vidi attraversare il soggiorno diretta verso la sua camera, avrei voluto alzarmi ma non ci riuscivo, dovevo scusarmi per il mio tono acido. L'ultima cosa che sentii fu Arizona che aprì l'acqua della doccia. Mi addormentai.
"Callie.. Svegliati" mi stava accarezzando il viso, mi svegliai con il suo profumo che mi inebriava i sensi ogni volta. Aveva addosso il suo pigiama e scorsi la pizza sul tavolino davanti al divano.
"Ehi.. Scusa per prima. Io.." Il suo indice era sulle mie labbra, mi zittì.
"Stai tranquilla, non importa. Sei molto stanca, ti capisco. Ma non posso farti morire di fame, né posso sopportare di vederti con il cappotto, perciò perdonami per quello che sto per fare." Non capii cosa aveva in mente, il suo sguardo era sereno, il mio corpo vibrava a causa della sua vicinanza. Si inginocchiò davanti a me, mi tolse le scarpe. Si alzò e mi tolse gentilmente il cappotto, la lascia fare, i suoi movimenti erano delicati. Prese una coperta e la pizza dal tavolo, si sedette accanto a me, io inconsapevolmente misi il mio braccio dietro le sue spalle e lei si avvicinò ulteriormente. Aprì la scatola della pizza, aveva ordinato la mia preferita. Le sorrisi, ricambiò, era dannatamente bella quando sorrideva. Mangiammo la pizza sul divano e lì ci addormentammo una abbracciata all'altra. 
La mattina seguente mi svegliai e sentivo ancora il profumo di Arizona, ma lei non era accanto a me. Aveva il turno di mattina, io invece, avevo il giorno libero. Mi andai a fare una doccia, i miei vestiti erano completamente impregnati del suo profumo, li levai a malincuore. Mentre l'acqua scorreva sulla mia pelle, pensai a quanto Arizona mi avesse sconvolto la vita, lei mi ha salvato. Era la mia ancora, dovevo proteggerla da tutta la crudeltà del mondo, lo avrei fatto per tutta la vita.
Stavo pulendo la casa, volevo preparare una cena coi fiocchi ad Arizona per ringraziarla. Suonarono alla porta, non aspettavo nessuno. Aprii
"Ehi ciao Tim! Che bello vederti!"
"Ciao. Callie"
"Tim sei strano, c'è qualcosa che non va? È successo qualcosa?"

Tim entrò in casa, dietro le spalle portava delle buste impilate, legate con dello spago. Non gli diedi tanta importanza. 
"Callie, io non me la sono sentita di consegnartele quando ho buttato alla tua porta. Sono passati due mesi da quel giorno ed io non posso più nascondertele. Tieni, ti appartengono" mise quelle buste sul tavolo, io le guardai, continuavo a non capire. 
"Scusa, non capisco. Cosa c'è in queste buste?"
"Sono lettere Callie, lettere di Erika, non sono mai state spedite. Le hanno trovate tra le sue cose, io non ne conoscevo l'esistenza fino a quando non mi hanno congedato. Mi dispiace"
Guardai le buste, erano tantissime, non sapevo cosa farne. Ringraziai Tim, lo mandai via. Volevo stare da sola. Le lettere erano ancora sul tavolo, le osservai per un tempo infinito, poi mi decisi ad aprirle. La prima risaliva a due anni fa, altre erano molto più recenti. Le lessi tutte, parlavano solo di guerra. Morti, feriti, interventi in condizioni impossibili. Erano semplici resoconti delle sue giornate. Aprii l'ultima busta, notai che l'aveva scritta il giorno prima di morire..
Cara Callie, è la prima lettera, dopo due anni, che ti scrivo. Non so se riuscirò a trovare il coraggio di mandarla, ma la scrivo comunque. Mi manchi oggi più degli altri giorni, tuttavia non posso tornare, la guerra mi ha cambiata profondamente, ho continuamente incubi la notte, non dormo da mesi ormai. Ogni giorno gli attacchi ai paesi vicini si fanno più frequenti, non so se sarò ancora viva domani. Ho conosciuto dei ragazzi in gamba, uno di loro, Tim, vorrei che lo incontrassi. È gentile, resta con me tutte le sere a parlare, mi racconta di sua sorella, io gli racconto di te. Tim dice che tornerò a riabbracciarti, io non credo che sarà così. Qui non si distingue più il giorno dalla notte, esplosioni e nubi sono l'unica cosa che vedo da giorni. Non c'è altro in me se non questo: la visione di un mondo che sta distruggendo noi e se stesso. Non posso tornare a Seattle dopo aver visto cosa succede qui. Spero che tu sia andata avanti con la tua vita, che mi abbia lasciato indietro come un ricordo speciale, so che mi amavi ma se mai non dovessi tornare trova qualcuno che possa darti quello che io non potrò darti mai:una famiglia, un figlio. Ama Callie, ama e stai lontana dalla guerra, questa distrugge tutto. Non sarei potuta tornare perché non sono più in grado di amarti come dovresti essere amata, ti sto lasciando andare Callie, me ne sto rendendo conto adesso, scrivendoti questa lettera. Addio Callie.
La lettera era completamente bagnata dalle mie lacrime. La abbandonai sul tavolo, avevo bisogno di prendere aria. Guidai per miglia, fino a quando non mi trovai davanti alla sua lapide.
"Te ne sei andata Erika senza voltarti indietro. Hai detto di amarmi e poi sei andata in quel maledetto posto! Come posso andare avanti se il tuo pensiero continua a tormentarmi?" Singhiozzavo e urlavo ad una lapide.
"Ho conosciuto una persona, lei riesce a curare le mie ferite. È la sorella di Tim, anzi prima che me ne dimentichi, ha rispettato la promessa. È venuto a dirmi che eri morta, che non saresti tornata mai più. Eri il mio sole, ma hai ragione tu, la guerra ti ha cambiato, ti ha reso diversa dalla persona che amavo, la Erika che amavo sarebbe tornata, mi avrebbe permesso di aiutarla, invece tu non lo hai fatto. Devo ricostruirmi, ho bisogno di qualcuno mi aiuti a farlo. Sei un bellissimo ricordo, ma non puoi distruggermi ancora, io posso ancora sperare di aggiustarmi. Addio" dissi quelle parole tutte d'un fiato. Non mi accorsi nemmeno che aveva cominciato a piovere, ero bagnata. Le mie lacrime si mischiavano alla pioggia, mi sentivo libera. Non era un senso di vuoto quello che percepivo dentro di me in quell'ostante, era speranza. Era tardi, dovevo tornare a casa. Non sarei mai arrivata in tempo per preparare la cena. 
Arrivai davanti alla porta del mio appartamento più in fretta che potei, volevo veramente cucinare per Arizona. Infilai la chiare nella serratura, la porta si aprì subito. Percepii una luce soffusa provenire dalla camera di Arizona. Guardai il tavolo della cucina, era vuoto. La lettera.. Merda! 
"Arizona?" La sentii aprire la porta della sua stanza, aveva in mano la lettera di Erika. Stava piangendo.



Nota: beh cari lettori, ho molti impegni e forse sarò più lenta a pubblicare il seguito della storia, ma non mi dimentico di voi. Buona lettura, grazie sempre.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo VI. Casa ***


Il suo viso era stravolto, i suoi occhi erano rossi dal pianto, le sue labbra bagnate da lacrime che non dovevano essere lì. Lei stava piangendo per colpa mia. Non potevo rompere anche Arizona. Era ancora immobile davanti la porta della sua stanza, io ero paralizzata davanti a lei. Fu Arizona a rompere quel silenzio 
"Era la persona che è andava via vero? Me lo dicesti la sera in cui ti dissi che Tim sarebbe dovuto tornare in Iraq" 
"Si, è lei."
"Dov'è ora?"
"È morta Arizona, io e tuo fratello ci siamo conosciuti quando lui ha bussato alla mia porta per darmi la notizia." Un'altra lacrima segnò il suo viso.
"Mi avete mentito."
"No Arizona, non ti abbiamo mentito, abbiamo omesso la verità."
"Perché ti ha portato a casa nostra"
"Non lo so, devi chiederlo a Tim. Ho pensato che avesse bisogno di qualcuno che gli stesse vicino, proprio come ha fatto lui con me."
"Non è tornato la mattina che ci ha chiamato, vero?"
"No. È tornato qualche giorno prima."
"Perché non mi hai detto di lei?" Smise di piangere, si avvicinò a me. Toccò il mio viso, la mia pelle al contatto con la sua mano prese fuoco. Toccò i miei capelli.
"Calliope, ma tu sei completamente bagnata!" Senza interrompere il contatto con lei, le dissi la verità, se volevo ricostruire la mia vita non avrei dovuto mentire. Le bugie portano solo dolore, lo vidi sul suo volto quando realizzò che Tim non era corso da lei una volta arrivato a Seattle.
"Sono bagnata perché dopo aver ricevuto le lettere da tuo fratello avevo bisogno di prendere aria. Avrei voluto prepararti la cena, saresti arrivata stanca. Ho chiuso Erika in una scatola, lei è il mio passato, l'ho fatto il giorno del funerale, ma quella lettera mi ha smosso l'animo nuovamente. Sono andata al cimitero ed ho parlato alla sua lapide per ore, fino a quando non ha cominciato a piovere e sono corsa alla macchina. oggi le ho detto addio, lei è solo il mio passato."
"La ami ancora Calliope?" Quella domanda arrivò con una naturalezza disarmante. La guardai negli occhi e posai la mia mano sulla sua, sopra la mia guancia. 
"L'ho amata, ma è passato ormai. Adesso credo di amare un'altra persona." Abbassai lo sguardo, mi ero scoperta troppo, se non avesse ricambiato i miei sentimenti l'avrei persa. Non volevo perderla, Arizona era la mia ancora. Mi alzò il mento. 
"Guardami, Calliope." 
Non lo feci. Alzai la testa, ma cercai di evitare il suo sguardo. 
"Calliope, non posso dirti che ti amo se continui a guardare il tetto o i tuoi piedi" il mio cuore si fermò. Abbassai lo sguardo fino ad incontrare il suo, non stava mentendo. Mise l'altra mano libera sul mio fianco e si avvicinò ancora. Io mi persi nei suoi occhi, il cuore mi stava uscendo dal petto.
"Sono sempre scappata da qualsiasi impegno nella mia vita. Quella sera seduta accanto a te nella panchina ho capito che eri diversa. Il giorno dopo quando mi hai stretto la mano per rassicurarmi, prima di entrare in ospedale, sei riuscita nel tuo intento, mai nessuno c'era riuscito, nemmeno Tim. Perdo il controllo quando sono con te Calliope, perché quando ti sono vicina io sento di essere a casa. Sei tu a rendermi felice, quando mi prepari la cena o ti preoccupi se sento freddo la sera sul divano e ti alzi a prendere una coperta. Io ho paura di molte cose, ma sono certa di amarti Calliope, perché mai nessuno mi ha fatto sentire a casa."
Annullai la distanza, la strinsi a me. L'altezza giovava a mio favore, lei si rannicchiò tra le mie braccia. Le mie lacrime bagnarono i suoi capelli. Alzo lo sguardo 
"Perché piangi Calliope?"
"Perché sono felice, per la prima volta dopo tanti anni." 
I miei occhi erano fissi sui suoi, guardai le sue labbra e nuovamente i suoi occhi. Volevo che sapesse ciò che avrei fatto. Si avvicinò e chiuse gli occhi, la baciai. Non avevamo fretta, avevamo tutta la vita davanti, perché se c'era un modo in cui avrei voluto passare la mia vita era quello. La passione prese il sopravvento, ci staccammo per riprendere fiato. Mi sorrise, ricambiai.
"Calliope, vai ad asciugarti, prima che ti prenda un brutto raffreddore."
"Mi aspetterai qui?" Risi
"Non vorrei essere in nessun altro posto." Non stava mentendo, Arizona sarebbe rimasta.




piccola nota: è un capitolo breve rispetto al precedente, ho un piccolo blocco, non riesco a scrivere qualcosa che mi convinca davvero. Grazie a voi tutti cari lettori! probabilmente ritarderò nella pubblicazione ma non lascerò la storia incompleta.

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Capitolo 7
*** Capitolo VII. Resta ***


Entrai nel bagno con un sorriso immenso, non sorridevo veramente da due anni. No, credo di non aver mai sorriso in questo modo. In quel momento mi sentivo in pace con il mondo, sentivo di essere nel posto giusto. Mi svestii e subito il suo odore stuzzicò i miei sensi, la mia pelle profumava di Arizona. Inspirai quel profumo per un paio di minuti, fino a quando non sentii la porta della mia stanza aprirsi, qualcuno era entrato nella camera. Non sentii nessun altro rumore, stavo per entrare nella doccia quando il profumo di Arizona si intensificò, le sue braccia circondarono la mia vita, vidi il riflesso di noi sullo specchio, mi stava sorridendo, lo stavo facendo anch’io. Misi la mia mano sul suo braccio e cercai di girarmi in quel suo caldo abbraccio. Ci riuscii, nonostante la sua presa fosse vigorosa.
“Arizona..” la baciai, non ero riuscita a resistere al suo sguardo, alle sue labbra, avevamo parlato fin troppo. Mentre la stavo baciando sentii le sue braccia accarezzare la mia schiena, ricordai solo in quel momento di essere completamente nuda, vulnerabile, fragile e piena di tutte le mie paure. Ero lì che baciavo la donna di cui mi ero innamorata nel giro di pochi mesi, senza nemmeno volerlo.
“Ti amo.” Lo dissi. Le dissi che l’amavo perché per la prima volta in vita mia capii cosa significa amare. Lei mi guardò e la vidi sorridere per l’ennesima volta quella sera.
“Arizona, devo farmi questa doccia, hai una scelta da fare: o entri con me oppure mi aspetti in camera mia e ti prometto che perderò solo qualche minuto.” Il mio sorriso era malizioso, volevo che entrasse insieme a me, dandomi la possibilità di amarla ancora.
“Devo chiamare i miei genitori, ti aspetto di là.” Uscì dal bagno.
Non capii la sua scelta ma decisi comunque di entrare nella doccia da sola. Non impiegai molto tempo, la trovai seduta sul mio letto. Mi sedetti accanto a lei, ci guardammo. Fu lei a rompere il silenzio.
“Calliope” posò la sua mano sul mio braccio “ non vorrei che tu pensassi che non volevo fare l’amore con te. Lo voglio in ogni momento, voglio baciarti ogni volta che sei così vicina, controllare il mio desiderio non è facile.”
La baciai, rispose. La passione come sempre prese il sopravvento.
“Aspetta Calliope” mi allontanai, non capivo perché continuava a rifiutarmi. Arizona capì quello che stavo pensando.
“Ho paura. Ho paura che domani tutto questo sarà finito.” Risi. Lei mi guardò con aria interrogativa.
“Ti amo Arizona e ti amerò anche domani e il giorno dopo ancora. Ti amo come non ho mai amato nessuno. Mi hai fatto rinascere, hai ricostruito tutta la mia vita, la stessa vita che io ho frantumato in piccoli pezzi. Hai ricostruito me, Arizona, mi hai insegnato a vivere davvero e a sorridere. Mi completi, mi chiedo dove tu sia stata in tutti questi anni perché adesso che sei qui io mi chiedo come ho potuto vivere così tanto tempo senza di te. Aspetterò, Arizona, aspetterò tutto il tempo che vorrai, aspetterò che le tue paure si sgretolino davanti al mio amore. Io..”
Mi baciò, e cominciò a correre con le sue mani lungo la schiena.
“Non voglio aspettare, ho aspettato per mesi questo momento Calliope. Io ho solo paura di non essere abbastanza.”
“Sei tutto, Arizona”. Mi baciò ancora, sempre più vorace, sentivo il suo cuore che galoppava. Percepii che il mio stava seguendo il suo ritmo, i nostri cuori battevano all’unisono.  Ci amammo per tutta la notte.
Mi svegliai nel mio letto e lei era lì, dormiente con un sorriso bellissimo, serena e completamente a suo agio, sapevo che dovevo alzarmi, fu difficile farlo. La baciai sulla fronte. Dovevo uscire presto quella mattina, avevo il giorno libero e dovevo assolutamente incontrare Tim. Lasciai un biglietto ad Arizona: “Tornerò nel pomeriggio. Ti amo”
Incontrai Tim al parco, lo trovai seduto su una panchina di fronte ad una grande fontana.
“Tim ciao! Aspetti da molto?”
“No Callie, sono arrivato da poco. Cosa devi dirmi? Stamattina al telefono mi sei sembrata preoccupata, è successo qualcosa?” il suo viso era teso, i suoi occhi mi scrutavano in cerca di una risposta.
“Non è successo niente di grave. Volevo solo parlare con te, non lo facciamo da un po’.” Mi abbracciò.
“Dio Callie! Grazie, mi hai fatto prendere un colpo.”
“Scusami non volevo.”
“Beh dimmi, come mai sei venuta senza mia sorella?”
“Tim.. Non andare in Iraq” era sbigottito, non si aspettava questa richiesta, non da me almeno.
“Callie io non sono Erika, tornerò.”
“Lo so che lo farai. So che vuoi tornare, che qui c’è la tua famiglia, le persone che ti vogliono bene. Erika non voleva tornare, tu si. Ma..”
“Ma?”
“Ma non posso permetterti di distruggere Arizona. L’ho sentita piangere ogni sera quando le hai detto che partivi, ogni volta che ascoltiamo il telegiornale si incupisce, lei pensa continuamente a te in Iraq ed io non posso permetterti di lasciarla. Non farle questo, so che significa perdere qualcuno. Resta, ti prego.”
Tim si mise la testa tra le braccia, curvo, guardava davanti a sé con lo sguardo perso.
“Devo andare Calie, non ho altra scelta.”
“Non è vero, tutti abbiamo una scelta maledizione!” mi alzai di scatto, non volevo che partisse, non volevo che la sua decisione oscurasse il cuore della persona che amavo.
Tim mi raggiunse, si mise alle mie spalle.
“Da quanto tempo ne sei innamorata?” Tim sapeva.
“Dal giorno in cui l’ho incontrata. L’amo Tim come non ho mai amato Erika. La vedo ogni giorno perdere un pezzo di sé per colpa del tuo lavoro. Sei suo fratello, la conosci meglio di me, lo sai quanto è testarda e quanto sia fragile. Non voglio che perda suo fratello e non voglio che tu perda la tua famiglia. Non c’è niente di più distruttivo della guerra, lo sai Tim, lo sai meglio di me.”
“Non c’è niente di più distruttivo della guerra, è vero, ma c’è qualcosa che di così forte da poter ricostruire tutto: l’amore. Arizona capirà, stalle vicino, amala come già stai facendo e sono sicuro che lei non scapperà. Mia sorella ti ama Callie, l’ ho capito tempo fa dal modo in cui mi parlava di te. Sarò di ritorno presto, sei mesi non sono poi così lunghi.”
“Partirai tra due settimane..”
“Lo so, ma ritornerò e quando tornerò organizzeremo il vostro matrimonio ed io non farò altro che ballare con voi per tutta la sera!” Ridemmo insieme.
“Cosa ti fa pensare che vorrà sposarmi?” non riflettei sulla mia domanda, lo chiesi e basta. Ci avevo pensato tante volte ad una vita intera con Arizona.
Tim tornò serio. “Lo farà.”
Squillò il telefono proprio in quel momento.
“è Arizona.”
“Ehi Arizona.. si.. sono al parco avevo bisogno di prendere una boccata d’aria.. si tutto ok.. a stasera” riattaccai il telefono.
“Devo andare, voglio prepararla la cena stasera.”
“Va bene. Ciao Callie e grazie per tutto quello che stai facendo.”
Passai al supermercato, comprai tutto ciò di cui avevo bisogno. Volevo preparare le mia famose lasagne e dei tortini al cioccolato come dessert. Avevo comprato delle candele. Non vedevo l’ora di vedere la reazione di Arizona!
 


N.d.A: Eccomi qui, leggermente in ritardo ma non troppo! Ho scritto questo capitolo in poche ore dopo aver pensato per giorni a come poter continuare la storia. Ho trovato la strada da percorrere. A presto cari lettori, grazie per tutto!

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII. Famiglia ***


Tornai a casa e cominciai a cucinare, Arizona sarebbe arrivata tra qualche ora. Pensai a ciò che mi aveva appena detto Tim. Sposare Arizona, ho passato intere notti a considerare l’idea di creare una famiglia, di vivere con lei per il resto della mia vita. Distolsi quei pensieri dalla mia testa, conoscevo Arizona solo da pochi mesi. Lasagne, ecco cosa dovevo fare.
Era quasi l’ora di cena, le lasagne erano in forno, il dolce pronto, la tavola apparecchiata e la stanza illuminata solo dalla luce soffusa emanata dalle candele. Arizona non tardò.
“Ehi Callie sono a …” non terminò la frase, restò stupita da ciò che vide. Sorrise ed io la osservai dalla cucina. Posai le lasagne sul tavolo e mi avvicinai a lei.
“Ti ho preparato la cena” la strinsi in un abbraccio, lei si sporse a baciarmi, un bacio casto a fior di labbra.
“Grazie Calliope, questo è il momento migliore della giornata.”
“E' successo qualcosa in ospedale? Hai perso un paziente?” sorrise.
“No Calliope è il momento migliore della mia giornata perché tu sei qui con me.”
La baciai di nuovo, stavolta con più decisione, volevo che capisse quanto anch’io fossi contenta di vederla.
“Vado a tagliare le lasagne, tu levati il cappotto, ti aspetto a tavola.”
 
Mangiò con una voracità che mi stupì.
“Arizona nessuno mangerà le tue lasagne, rallenta. Sembra che non tocchi cibo da stamattina.”
“Beh…”
“Arizona! Perché non hai mangiato per tutto il giorno?” Ero stupita, perché mai non aveva mangiato?
“Ero preoccupata, sta mattina mi hai lasciato sola, mi sono svegliata senza di te e nel biglietto che mi hai lasciato non c’era scritto molto.. cosa hai fatto? Dove sei stata?”
Non sapevo cosa risponderle, non volevo riferirle il discorso che io e Tim avevamo fatto quella mattina. Aprii la mia bocca ma nessun suono uscì dalle mie labbra. Ci riprovai.
“Ho incontrato Tim al parco, abbiamo scambiato qualche parola, poi ho pranzato al volo e sono andata al supermercato ed infine sono tornata a casa per cucinare e organizzare tutto questo.” Non potevo mentirle, non potevo basare il nostro rapporto su una menzogna, non c’era nulla di sbagliato nel dirle che avevo incontrato Tim.
Sgranò gli occhi.
“Come mai sei andata via di corsa per raggiungere Tim? Non so Calliope, ieri sera ho detto delle cose e tu stamattina sei corsa da mio fratello. Che succede? Ho fatto o detto qualcosa di sbagliato?” Era nervosa, le sue mani tremavano e cercò di nasconderle posandole tra le sue gambe accavallate.
“Arizona..” non mi fece dire altro.
“No callie, sto dando di matto maledizione! Ho paura.. “
“Arizona, calmati..”  mi avvicinai a lei e la strinsi forte, me lo lasciò fare “non sono scappata da te stamattina, non sono corsa via perché penso che abbiamo fatto qualcosa di sbagliato.. sono corsa da Tim perché gli ho chiesto di non partire! Sei tutto il mio mondo Arizona, sei la persona che amo, quella con cui voglio costruire una famiglia, non voglio che questa guerra mi porti via anche te, perdere tuo fratello sarebbe un dolore così grande che non so se riusciresti a superarlo. Ho paura, ho paura ogni momento di perdere te..”
Lei stava piangendo e le sue lacrime si fermavano sulle sue labbra, nonostante stesse piangendo Arizona sorrideva.
“Calliope ti amo, davvero. Hai fatto qualcosa di meraviglioso, ti sei preoccupata dei mie sentimenti e questo non può che rendermi felice. Tim non ti avrà ascoltato, lui partirà comunque ed il mio cuore batterà all’impazzata ogni volta che il telefono squillerà ed ogni volta che qualcuno busserà alla nostra porta. Sono anni che vivo così, spero sempre che lui decida che valga la pena restare ma ogni volta lui parte. Lo andremo a salutare all’aeroporto tra due settimane e poi lo andremo a prendere.”
Arizona disse tutte quelle parole con decisione come se volesse convincere prima di tutto se stessa.
“Tornerà, me lo ha promesso.” La guardai e la strinsi ancora di più, Tim sarebbe tornato, perché lui voleva tornare.
“Va bene Calliope, ma adesso basta parlare di Tim.” Il suo era uno sguardo malizioso “vorrei ringraziarti come meriti per questa cena” si avvicinò e mi baciò. Le sue mani percorrevano la mia schiena, tutto intorno a me svanì, non c’era nulla che mi importasse al di fuori di Arizona. Arrivammo in camera mia..
“Arizona aspetta, devo chiederti una cosa” mi guardò con aria interrogativa.
“Penso che sia inutile continuare ad avere due camere separate, che ne pensi se domani portassi tutte le tue cose nella nostra stanza? Non voglio più dormire da sola adesso che sei con me.”
Mi baciò sorridendo, lo presi come un si.
“Devo chiederti una cosa anch’io..” mi fermai, era molto seria. La guardai con aria interrogativa.
“Durante la cena hai detto che vorresti creare una famiglia.” Sospirai.
“Si Arizona, voglio avere dei figli da viziare, vorrei tornare a casa e sentirmi veramente a casa mia.” Si allontanò da me, come se sentisse il bisogno di scappare. Ripensai a quello che mi disse Tim. Cominciai a sentire la paura impadronirsi del mio corpo, caldo, freddo, sentivo il flusso del sangue nelle vene, in testa rimbombavano suoni e pensieri, i miei sensi si erano notevolmente amplificati. Arizona continuava a guardarmi.
“Calliope.. “ Interruppe il flusso dei miei pensieri. “Ho sempre pensato che non sarei mai stata una buona madre e l’idea di una famiglia mi ha sempre terrorizzata, ma adesso io voglio creare una famiglia con te, voglio vederti ogni mattina, voglio poter dire al mondo che sei mia. Sposami Calliope, oggi domani o tra venti anni, aspetterò che tu sia pronta.”
Tutto intorno a me si era fermato.




N.d.A: forse ho saltato troppe tappe con questo capitolo, ma non è detto che tutto andrà per il verso giusto. Tim deve ancora partire..
Spero di avervi incuriosito, oggi ho azzardato! Vorrei sapere cosa ne pensate, sono ben accette anche le critiche. Grazie a tutti voi che continuate a seguire questa storia.

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Capitolo 9
*** Capitolo IX. Partenze ***


Continuava a fissarmi in attesa di una risposta. Mi accorsi in quel momento di quanto fosse teso il suo volto, i suoi occhi erano fissi sui miei.
“Si Arizona ti sposo!” non c’era bisogno di riflettere, sapevo che l’amavo più di ogni altra cosa. Si fiondò su di me, i nostri corpi erano stretti in un abbraccio.
“Ti sposo oggi, domani o tra venti anni Arizona, non ho bisogno di pensarci, io sono già sicura di questo.” Glielo sussurrai all’orecchio, il suo viso era oltre la mia spalla. Si staccò, rimanendo molto vicina.
“Calliope io ho avuto paura che mi dicessi il contrario. Sono passati pochi mesi della morte di Erika, lei era l’amore della tua vita.” Era mortalmente seria, Arizona non si fidava dei miei sentimenti. Mi alzai, il suo viso era sbalordito, mi avvicinai all’armadio, lo aprii, presi una scatola. Uscii dalla stanza, Arizona mi seguì.
“Callie che stai facendo? Non andartene ti prego!” Mi voltai, aprii la scatola e le mostrai il contenuto. Mi avvicinai al camino acceso, il fuoco cominciò a scoppiettare quando gettai tutte le lettere di Erika tra le fiamme. Arizona era appoggiata allo stipite della porta, con una mano davanti la bocca, gli occhi sbarrati.
“Quello che tu non capisci Arizona è che Erika è andata via due anni fa senza mai voltarsi indietro, l’ho amata ma non è l’amore della mia vita. Ho bruciato le lettere perché erano l’unica cosa che mi rimaneva di lei, l’ho lasciata andare Arizona, fallo anche tu.”
Un sorriso comparve sul suo volto. “Allora mi sposerai?”
“Anche in questo momento.”
“Non credo che sia il caso, Teddy ed Addison ci ucciderebbero se scoprissero che abbiamo fatto tutto di nascosto.” Ridemmo insieme. Poi tornò seria.
“Voglio aspettare Tim , Calliope. Voglio ballare con lui quel giorno, voglio che ci sia.” Sorrisi, Tim al parco aveva espresso il medesimo desiderio.
“Certo. Adesso, però, festeggiamo come si deve.” Mi fiondai sulle sue labbra, non ebbe il tempo di rispondermi, ogni parte del suo corpo mi assecondò, entrammo nella mia camera e chiusi la porta.
 
Io ed Arizona il giorno seguente comunicammo la nostra decisione sia ad Addison che a Teddy, pregandole di mantenere il segreto. Entrambe ne furono felici e si proposero come damigelle.
Uscimmo a festeggiare il lieto evento.
 
Le settimane passarono in fretta, era arrivato il momento che né io né Arizona volevamo arrivasse.
Arizona passò la notte a piangere sul mio collo, cercai di rassicurarla e per un attimo ci riuscii, si addormentò ed io la strinsi tra le mie braccia. Mi svegliai presto, cercai di non fare rumore, dovevo prepararmi e poi svegliare Arizona. Andammo a prendere Tim a casa dei signori Robbins, il Colonnello lo salutò freddamente con il saluto militare, Barbara, invece, lo abbracciò stringendolo così forte da fargli mancare il fiato. Entrammo in macchina tutti e tre ed io guidai fino all’aeroporto.
Nessuno fiatò durante tutto il tragitto, sia Tim che Arizona erano impegnati a fissare qualcosa fuori dal finestrino. Le mani di Arizona erano serrate tra le sue gambe, gesto che ripeteva ogni volta che qualcosa la rendeva nervosa. Poggia la mia mano sulla sua gamba e immediatamente l’afferrò stringendola. Ci guardammo e capì che entrambe stavamo pensando alla prima volta che feci questo gesto davanti l’ospedale, prima che Arizona venisse assunta. Arrivammo e Tim presentò tutti i documenti necessari, eravamo arrivate davanti l’imbarco, era l’ora dei saluti. Arizona si gettò piangendo tra le sue braccia, Tim cercò di calmare i singhiozzi, le disse qualcosa che non riuscii a sentire, ma qualsiasi cosa fosse funzionò. Arizona lo baciò e si fece da parte. Abbracciai Tim.  Lui nascose la testa tra i miei capelli.
“Se non dovessi tornare, sposala Callie e non lasciare mai che il suo sorriso si spenga. È un buon marinaio nelle tempeste ma sappiamo entrambi quanto può essere distruttiva una guerra.”
“Torna.” non c’era altro da dire.
“Promettimelo.”
“L’amo e abbiamo deciso di sposarci al tuo ritorno, perciò torna e ballerete insieme quel giorno.”
Nonostante non potessi vedere il suo viso lo sentii sorridere. Sciolse l’abbraccio, Arizona mi si affiancò. La sua mano cercò nuovamente la mia, la tenni stretta e passai intorno alla sua vita il mio braccio. Tim cominciò a sparire dalla nostra vista, Arizona cominciò a piangere, io la strinsi al mio petto.
“Tornerà Arizona”
“Mi ha promesso che ballerà con me il giorno del nostro matrimonio.” La guardai con aria interrogativa, non pensavo che glielo avesse detto, lei capì la mia perplessità. “Calliope se è l’ultima volta che lo vedo volevo che sapesse che sono felice perché ho trovato te.”
Non dissi niente, sicuramente Arizona percepì il mio cuore battere più velocemente, perché alzò lo sguardo su di me. Mi abbassai per baciarla, sullo sfondo l’aereo stava decollando.




n.d.a Cari lettori, non vi ho chiesto esplicitamente, fino ad ora, di lasciare una recensione perchè non volevo che vi sentiste obbligati a farlo. Non voglio che vi sentiate forzati, ma sarei veramente curiosa di sapere cosa ne pensate di questa storia. Accetto volentieri anche le critiche, è la prima ff che scrivo articolata in più capitoli ed ho bisogno di migliorarmi ancora. Vi ringrazio tutti, specialmente voi che continuate a leggermi, grazie!

 

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Capitolo 10
*** Capitolo X. Va via ***


Quando ami qualcuno così tanto da non poter più immaginare la tua vita senza la suddetta persona, a quel punto sei completamente sua. Ti trovi in un turbine di emozioni quando i vostri sguardi si incrociano. Ma cosa accade quando lo sguardo della persona amata, quello sguardo che tanto avete amato, si spegne? 
 
Le prime settimane passarono in fretta, Tim telefonava due volte ogni settimana, Arizona sembrava aver ripreso il controllo. Ogni mattina ci svegliavamo, andavamo a lavoro, pranzavamo insieme, ci incontravamo segretamente nelle stanze dei medici, andavamo al cinema o a cena fuori e la portai in tutti i miei ristoranti preferiti. Arizona si incupiva solo quando leggeva le notizie sul giornale o ascoltava il tg, i suoi occhi si riempivano di lacrime, alcune volte si chiudeva in bagno per qualche minuto ed una volta uscita faceva finta di niente. Amavo il suo essere forte, il suo volersi mostrare forte. Il tempo trascorse in fretta, noi cercavamo di vivere ogni attimo al meglio. Il tempo, però, è nemico dell'uomo, le telefonate di Tim cominciarono a diventare sporadiche, io ed Arizona cominciammo a litigare per qualsiasi futile motivo. Trascorreva giorni interi davanti al telefono in attesa di una chiamata che puntualmente tardava ad arrivare, non dormivamo più insieme perché lei preferiva dormire sul divano accanto al telefono. Il suo sguardo, la prima cosa che ho amato di lei, si spegneva giorno dopo giorno. 
 
Quando cominciai a pensare che peggio di così non poteva andare rientrai a casa e la trovai davanti la finestra con una sigaretta in mano.
"Quando hai cominciato a fumare Arizona?" Il mio tono era preoccupato.
"Che ti importa?"
"Mi importa tutto di te, maledizione!" Mi avvicinai, cercai di farle sentire la mia presenza "parlami Arizona, portiamo insieme il peso che ti sta consumando"
"Callie va via." 
"Non posso Arizona, sei tutto ciò che mi rende felice"
"Vattene! Tim c'è riuscito, diceva che ero la persona più importante della sua vita ed è andato via, fallo anche tu."
"Tornerà Arizona, lo ha promesso"
A quel punto si girò completamente, non riconobbi la persona che avevo davanti, il suo volto era rabbioso, triste, disperato, era una mescolanza di emozioni contrastanti, ma io feci attenzione al suo sguardo: la mia Arizona non c'era più. 
"Mi ha telefonato mio padre, Tim ha deciso di rimanere lì per altri mesi." 
Mi avvicinai ancora di più, la avvolsi tra le mie braccia, venni respinta.
"Va via. Non voglio vederti. È colpa tua maledizione!"
Non so come abbia fatto il mio corpo a reggersi in piedi, la mia mente era completamente affuscata. 
"Cosa?" Fu l'unica cosa che dissi.
"Lui è sempre tornato perché sapeva che non poteva lasciarmi sola, poi sei arrivata tu, il tuo amore, il lavoro e lui ha ben pensato di affidarmi a te come se fossi un giocattolo. Mio fratello non tornerà fino a quando saprà che sei qui con me, perciò si Callie è colpa tua se non tornerà!"
Non potevo credere alle sue parole. Feci ciò che mi chiese, uscì dal mio appartamento senza una meta precisa.  
 
 
 
Cosa accade quando lo sguardo della persona amata, quello sguardo che tanto avete amato, si spegne? Cadrete in un vuoto, un vuoto più profondo di ogni ferita, un vuoto dell'anima che non potrà essere colmato.





Nda: mi dispiace per il terribile ritardo, purtroppo troppi impegni mi hanno occupato il tempo libero. Vi chiedo scusa, cari lettori, ma non ho abbandonato né voi né questa storia. Vi ringrazio per la vostra attenzione, fatemi sapere cosa ne pensate. A presto! 


 

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Capitolo 11
*** Capitolo XI. Sola ***


Iniziai a realizzare cosa era appena successo quando mi girai e vidi la porta del mio, o meglio, del nostro appartamento chiusa alle mie spalle. Dentro di me c’era solo il vuoto, non riuscivo nemmeno a sentire i miei pensieri, tutto stava accadendo troppo in fretta. Eravamo felici e un attimo dopo eravamo sprofondate in un abisso di rancore che ci ha completamente sommerso. Quanto è distruttiva una guerra? Decisamente troppo, più di quanto la tua mente possa riuscire ad immaginare, più di quanto il tuo corpo può sopportare, decisamente più dell’amore. Mi incamminai fino alle porte dell’ascensore, con me avevo solo il cappotto e la sciarpa, c’era solo un posto in cui potevo andare.
 
(punto di vista di Arizona) 
È andata via, non ha nemmeno tentato a convincermi. Maledizione! Calliope, mia dolce Calliope, cosa ti ho fatto? Restai davanti alla finestra con lo sguardo rivolto non so dove, la pioggia, il freddo non hanno più nessun effetto su di me, sono vuota, persa nel vuoto che mio fratello ha lasciato, potrebbe già essere morto. Quel maledetto telefona non si degna di squillare, non posso sentire la tua voce. Perché lo hai fatto Tim?
Piansi, piansi fino a quando i miei occhi non avevano più la forza per restare aperti. Il mio sonno fu tutt’altro che sereno, non sapevo dove si trovasse Callie, cosa stava facendo. Passai tutta la giornata ad aspettare una chiamata, arrivò dopo pranzo, era mio fratello che si scusava per la sua decisione e che mi elencava una lunga sfilza di motivi per cui l’aveva presa, Calliope, la mia Calliope non era tra quelle. Che cosa ho fatto? Provai a mandarle un messaggio o a chiamarla ma non sapevo cosa dirle, l’avevo ferita e non sapevo come rimediare. Calliope non chiamò, era già sera e non so se sarei riuscita a dormire senza avere sue notizie, senza poterle dire che non pensavo ciò che le ho detto. Mi decisi e presi il telefono, la chiamai ma il suo telefono era spento.
L’indomani mattina la cercai in ospedale, ma non la trovai, nessuno sapeva dove fosse. Tornai a casa sua, a casa nostra e mi accorsi che le ante dell’armadio nella nostra camera erano aperte, mi avvicinai, mancavano alcune cose sue. Caddi in ginocchio, straziata dal mio pianto, non poteva essere andata via, non poteva lasciarmi. Continuai a chiamarla ma il suo cellulare era sempre staccato…
Non so quanto tempo passai a terra davanti il nostro armadio, quello che sapevo è che non avevo la forza di alzarmi. Sentii bussare, forse era lei, la mia Calliope. Corsi davanti la porta e una volta aperta mi ritrovai immediatamente a terra, la mia mano destra era poggiata sul mio viso, sentivo pulsare la mia guancia, i miei occhi erano sgranati.
“Addison.. ma che..?!?”
“Arizona scusami!” mi aiutò al alzarmi “perdonami, non volevo darti uno schiaffo, è stato un gesto istintivo.”
“Perché lo hai fatto?” Non capivo cosa stava succedendo, Addison quasi tremava, non capivo se era arrabbiata o se era preoccupata.
“Non l’ha sentita vero?” a quel punto capii perché era venuta da me
“Che le è successo Addison?” stava temporeggiando ed io cominciai a perdere la pazienza “Addison è andata via per colpa mia, non potrei mai perdonarmi se le è accaduto qualcosa, ti prego parla.”
“E’ andata via Arizona..”
“Lo so, ho appena finito di dirti che non la vedo da due giorni, abbiamo litigato e lei è andata via.”
“Arizona..”  Scoppiai in lacrime, la sua voce non preannunciava niente di buono, non ero pronta, non mi sentivo pronta a ciò che avrebbe detto.
“Dopo la vostra lite è venuta da me, mi ha raccontato ciò che era successo. Stamattina è venuta a prendere alcune delle sue cose, poi è passata in ospedale dicendomi che sarebbe andata a prendere tuo fratello. È andata in Iraq Arizona..”
 






nda. Anche questo capitolo non è molto lungo, ma ho cercato di aggiornare il prima possibile in modo da farmi perdonare per la mia precedente assenza. Sono molto curiosa di sapere cosa ne pensato di questo finale, Callie che va in Iraq dopo la lite con Arizona, ve lo aspettavate? Cosa succederà? leggerò le vostre idee con molto piacere, grazie sempre miei adorati lettori.

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Capitolo 12
*** Capitolo XII. Calliope ***


La mia mente era completamente sperduta, la mia Calliope non poteva essere partita, non lo avrebbe fatto senza parlarmene. Come poteva? L’ho accusata di essere la causa del mancato ritorno di mio fratello. Che avevo fatto?
“Dobbiamo andare Addison!” non c’era tempo, dovevo fermarla, non potevo restare ferma a pensare.
“Arizona il suo volo decolla tra 10 minuti, chiamala.”
“Non mi risponde, ci ho già provato” eravamo già arrivate davanti la mia auto.
Fortunatamente non c’era molto traffico, arrivammo in aeroporto presto.
“Arizona, guarda il monitor, il volo è in partenza.”
Corsi verso l’ imbarco passeggeri, dovevo passare, dovevo fermare quel maledetto aereo. Tuttavia non fu così semplice quanto pensavo, mi trovai davanti una grossa guardia.
“Ascolti non ho un biglietto e non ho il tempo di comprarlo, non voglio volare devo solo far scendere una persona da questo aereo.” Non sembrava desistere “La donna che amo è su quell’aereo, sta partendo perché io le ho gettato addosso il mio dolore e lei è salita sul quel volo per riportarmi la serenità. La prego, mi faccia salire, devo fermarla, se prende quell’aereo potrebbe morire ed io non posso permetterlo. La prego..”
“Signorina.. è appena decollato. Mi dispiace”
Le sue braccia erano forti, non avevo più la forza di oppormi, il peso del mio corpo era diventato insostenibile, caddi tra le sue forti braccia, quelle braccia che non erano quelle della mia Calliope.
Addison aiutò la guardia, mi trascinarono su una sedia. Ero distrutta, non riuscivo nemmeno a reggermi in piedi.
“Cosa ho fatto? Io l’amo, dovevamo sposarci quando Tim sarebbe tornato e adesso non so nemmeno cosa pensa lei, se tornerà..” Il mio discorso fu interrotto dal pianto,cominciai a tremare, non riuscivo a tener ferme le mie mani, ondate di caldo si impossessarono di me, cominciai a sudare. Addison mi guardava senza dire niente, anche lei sconvolta dagli avvenimenti. Nessuna delle due aveva la forza di aprire bocca. Fu proprio in quel momento che la vidi, era di spalle davanti alla grande vetrata, con una valigia accanto, il mio corpo venne attratto da lei come una calamita.
“Calliope..” la mia mano toccò la sua spalla con paura, si voltò ed io morii per la seconda volta quel giorno.
“Scusi, parlava con me?” non era lei, non era la mia Calliope. La mia Calliope era andata a prendere il mio stupido fratello che ha deciso di sposare la guerra, la mia Calliope mi ama così tanto da essere disposta a sacrificare la sua vita per ridarmi mio fratello, ma quello che lei non ha mai compreso è che la mia vita non ha senso senza lei, che mio fratello non sarà mai del tutto tornato. Altre lacrime scesero copiose sul mio viso, mi voltai per tornare da Addison, cominciai a camminare.
“Ci hai messo un po’..” qualcosa interruppe il mio cammino. Quella voce era così simile a quella della mia Calliope, ma lei non era qui ed io cominciavo a vederla e a sentirla ovunque. Probabilmente era una voce dentro la mia testa.
“Forse lo avrei dovuto predere davvero quell’aereo..” mi voltai, non poteva essere vero.
Era lì nel mezzo dell’aeroporto con un borsone che prontamente cadde a terra quando il  mio corpo le saltò addosso.
“Calliope..” cominciai a piangere, era lì, non era salita su quell’aereo. Cominciai a colpirla sul petto, lei non allentò la sua presa, capì che ero spaventata.
“Arizona, sono qui.” Mi fermai, alzai lo sguardo.
“Stavi prendendo quell’aereo, tu stavi andando via. Ti amo Calliope ed una vita senza te non potrei viverla, tu vali più di ogni altra cosa, sei il mio mondo, mio fratello tornerà quando sarà pronto per farlo, ma non posso perderti. Ti prego Calliope non farlo più, non andare, non scappare dopo un litigio, resta. Resta Calliope perché hai promesso che mi sposerai ed io non vedo l’ora di passare il resto della mia vita con te.” Lei ascoltò, i suoi occhi si fecero lucidi. Fece l’unica cosa di cui entrambe avevamo bisogno, mi baciò. Sentii le sue lacrime che si univano alle mie.  Vicino a noi Addison guardava fuori dalla grande vetrata, ci lasciò il tempo di cui avevamo bisogno. Quando ci staccammo le sorrisi. Arrivò Addison ad abbracciarci.
“Andiamo a casa, è stata una lunga notte” tutte e tre ci avviammo verso l’uscita dell’aeroporto, prima di cominciare a camminare cercai la sua mano, la trovai immediatamente e lei la strinse forte. Ricordai la prima volta che lo fece e le sorrisi. 






nda: eccoci qua! Vi ho fatto prendere un piccolo spavento ma non potevo mandare in guerra anche Callie. Siamo molto vicini alla fine di questa storia e non posso che ringraziare voi tutti. Aspetto le vostre opinioni, so che non mi deluderete. 

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Capitolo 13
*** Capitolo XIII. Caos ***


La notte trascorse in fretta, mi addormentai tra le braccia di Callie ma mi risvegliai sola. Riuscivo a percepire il suo profumo ciò mi fece pensare che era uscita da poco. Mi vestii per andare a lavoro, l’avrei incontrata lì.
Quando arrivai in ospedale venni sommersa dal lavoro, non riuscii a cercare Calliope, né l’avevo vista tra i corridoi, sicuramente era rimasta nel suo reparto. Quando il caos passò l’andai a cercare e le mie speranze si avverarono, era in ortopedia.
“Calliope” la chiamai e nello stesso momento in cui lo feci la guardai, il suo viso era pallido.
“Ehi Arizona” mi sorriso, ma solo allora mi resi conto che c’era qualcosa che non andava.
“Ti ho cercato tutto il giorno, non eri in pronto soccorso né in sala operatoria nonostante il grave incidente di oggi.” Non capivo cosa stesse succedendo, cosa aveva fatto tutto il giorno?
“ Non c’era bisogno di me in pronto soccorso, sono stata in reparto.”
“Strano, ho chiamato e mi hanno detto che non c’eri.”
“Magari non mi avevano ancora vista, su Arizona non vorrai discutere di questo, torniamo a casa, ti preparo la cena”
Mi convinse, alla fine la mia Calliope non sarebbe andata da nessuna parte, lei mi amava ed era consapevole di quanto io amassi lei, ha capito in tempo che partire non era una buona soluzione perché tutto ciò che mi rende felice sarebbe partito con lei, lei mi rendeva felice. Cos’altro avrebbe potuto trattenerla dall’imbarcarsi se non questo?
Il viaggio in auto verso casa fu più silenzioso del solito, nessuna delle due parlò della sera precedente. Ero sicura di ciò che provava Callie, non sentivo il bisogno di fare domande.
Eppure è proprio in quel momento, quando credi che tutto sia perfetto: la tua ragazza, il tuo lavoro, la tua vita. Proprio in quel momento arriva un uragano che spazza via tutte le tue certezze.
Fu un attimo, quando presi coscienza attorno a me c’erano solo macerie, due macchine capovolte, la gente che urlava, Calliope…  Dolore, la mia gamba era piena di sangue, dovevo alzarmi dovevo trovare Calliope. Tentai di aggrapparmi ad un ragazzo che era corso a soccorrerci, come era successo? Callie aveva perso il controllo dell’auto, aveva perso i sensi mentre stava guidando, abbiamo urtato un’ altra macchina, adesso ricordo. Calliope, eccola, non si muove. La raggiunsi, non so in che modo, il dolore alla gamba mi stava uccidendo. Riuscii a sentire il battito, era debole ma c’era, i soccorsi arrivarono in fretta.
 
Gli sportelli dell’ambulanza si aprirono e scorsi Owen.
“Owen! Callie ha qualcosa che non va”
“Portiamola in trauma 2, subito! Chiamate Shepperd e Grey!”
Dolore.. la mia gamba, April era stata l’unica ad accorgersi della mia gamba, mi sorresse e mi portò in trauma 3.
“April, la mia gamba può resistere, voglio sapere di Callie, ti prego io ho bisogno di sapere come sta.”
“Arizona aspetta non muoverti, la tua gamba è messa male, nessun osso rotto, ma devo medicarla o la ferita si infetterà.”
“Fa in fretta” così fece.
 
Cercavo Owen, in trauma 2 non c’era più nessuno, se non il pavimento pieno di sangue. Dovevano essere in sala operatoria! Andai più in fretta che potevo verso la sala di osservazione, vi trovai Addison.
“Addi!”
“Arizona” corse ad abbracciarmi “è sul tavolo operatorio, c’era una grave emorragia.. ma non è l’unica cosa che hanno trovato.”
“Che significa?” guardai giù, Meredith e Webber stavano operando ma non erano i soli, c’era anche Derek. “perché Derek sta operando, dimmi qualcosa Addi!”
“In pronto soccorso ha avuto un arresto, Derek ha ordinato immediatamente di correre in sala, lui sapeva cosa stava succedendo. È scoppiato un aneurisma..  ”
“Cosa?!? Non può essere, lei stava bene, due giorni fa stava partendo. Come faceva Derek a saperlo?”
“Arizona calmati. Guarda stanno richiudendo, è andato tutto bene. Va a parlare con Derek”
La mia testa era così piena di domande che quando raggiunsi Derek in terapia intensiva non sapevo cosa chiedergli, lui capì la mia confusione e cercò di spiegarmi.
“Ho bisogno che tu ti calmi Arizona, dobbiamo parlare.”
“Parla maledizione!” non riuscii a fermarmi
“Qualche giorno fa Callie è venuta da me, mi ha detto che qualcosa non andava ma che gli esami che aveva fatto erano tutti negativi, ho fatto dei controlli ma quando guardai le lastre la prima volta non vidi niente. Le dissi di stare tranquilla. Poi il giorno dopo non si presentò in ospedale, mi preoccupai e andai a ricontrollare le lastre, vidi un piccolo aneurisma e la chiamai immediatamente, mi raccontò che era in aeroporto ed io le dissi che non poteva partire. Avrei dovuto operarla domani, mi aveva chiesto di aspettare qualche giorno perché avrebbe dovuto parlartene, ma a quanto pare l’incidente è stato causato dalla rottura dell’aneurisma che le ha fatto perdere i sensi. Ha avuto un solo arresto, l’intervento è andato bene, ho rimosso tutto ma sai che le prossime 24 ore sono decisive. Mi dispiace Arizona, non avrei dovuto concederle tempo.”

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Capitolo 14
*** Capitolo XIV. Tempo ***


Pensiamo continuamente a quanto sia crudele il tempo, esso divora se stesso con una irrefrenabile voluttà, diciamo sempre di non avere tempo o di averne troppo poco. Dimentichiamo le cene, gli appuntamenti, rimandiamo uscite, solo perché non abbiamo tempo. Eppure 24 ore sono sempre 1440 minuti, non un minuto meno non un minuto più, ma il tempo è sempre stato nemico dell’uomo, è come un grande burattinaio che tira i fili delle nostre vite dall’alto e tu sei lì immobile mentre il tempo divora la tua vita.
Tempo.. un giorno, 24 ore, 1440 minuti, quante cose accadono in un giorno e noi immobili spettatori in balia di un abile burattinaio non ce ne accorgiamo. In Un giorno, 12 ore, 1440 secondi il sole sorge, raggiunge l’altezza massima ed infine lascia il posto alla luna. In un giorno, 12 ore, 1440 secondi mio fratello si è arruolato nell’ esercito a causa di mio padre. In un giorno, 12 ore, 1440 minuti tutto quello che pensavo fosse il mio mondo è disteso in un letto d’ospedale per colpa mia, perché non sono riuscita a capirlo in tempo, perché ero troppo concentrata su me stessa per rendermi conto di quello che le stava succedendo. Avrei dovuto capire i suoi silenzi, avrei dovuto solo guardarla per capire che c’era qualcosa che non andava. Dovevo solo osservarla e avrei potuto salvarla, ma non avevo tempo, ero completamente manipolata dalle mie sensazioni che ho lasciato che il tempo si divorasse ed io non ho fatto niente.
Devo attendere un altro giorno, 24 ore, 1440 minuti per sapere che sarai salva, tuttavia adesso il tempo non divora più se stesso, le lancette non si rincorrono tra loro come corridori che si contendono una medaglia, il tempo non passa, sembra fermo. Ed io non posso che stare ferma a stringerti la mano, perché se avessi solo un giorno, lo passerei con te, se avessi solo 24 ore le passerei a guardarti negli occhi. Sei così bella, resisti, sono solo 24 ore.. Resisti Calliope.
 
Ne sono passate meno di 12, Addison è qui con me a stringerti l’altra mano, ed io non riesco nemmeno a guardarla negli occhi, così è lei a rivolgermi la parola
“Ce la farà, è forte”
“Deve farcela Addi” levai gli occhi da quelli di Addison per spostarli su quelli chiusi di Calliope “Svegliati ti prego, torna da me” aspettai, ma niente.
Nessuna delle due ebbe il coraggio di parlare, eravamo troppo stravolte, così restammo in silenzio lasciando che il tempo divorasse noi.
 
Non ebbi il coraggio di lasciare quella stanza, volevo essere lì quando si sarebbe svegliata, perché lei si sarebbe svegliata. Quando lo avrebbe fatto, quando sarebbe stata in grado di camminare ed uscire dall’ospedale l’avrei sposata perché non ha senso aspettare. Passiamo la maggior parte della nostra vita aspettando che qualcosa accada, aspettiamo continuamente e non è una sensazione che ci piace. L’attesa è snervante e spesso ci fa capire che non vale la pena attendere, ma non è il nostro caso Calliope, ti aspetterò tutta la vita se dovessi.
 
Derek passava ogni 3 ore e fortunatamente i valori erano stabile, tutto faceva pensare che l’intervento fosse andato nel migliore dei modi.
“Si sveglierà, andrà tutto bene”
“Lo ripetete da tutto il giorno Derek ma non si è ancora svegliata ed io ho paura..” scoppiai a piangere, Derek si spostò verso di me e mi abbracciò, mi tenne stretta fino a quando smisi di tremare e contemporaneamente il monitor cominciò a suonare, arresto.
 
Eccolo il caro tempo, trascorrono 7 minuti senza nessun risultato. 8 minuti.. 9 minuti.. il cervello potrebbe essere danneggiato.
“Carica 300, libera! Andiamo Callie!!” quello sarebbe stato l’ultimo tentativo che Derek avrebbe fatto. “C’è il battito! Ben tornata Torres!”
9 minuti, il mio cuore si è fermato insieme al suo, non so come faccio a reggermi in piedi. Addison è accanto a me, non so da quanto sia arrivata, ha un braccio intorno alla mia spalla, ma io sono immobile a guardare il battito del suo cuore sul monitor. Derek se ne accorge.
“Arizona  è tornata, è qui e non lasceremo che vada via di nuovo. Resto con te ad aspettare, va bene?”
“Si” così si sedette accanto a me, aspettò che mi calmassi, che riprendessi il controllo di me stessa e lo stesso fece Addison. Eravamo tutti e tre seduti ad aspettare.
 
Accade allo scattare della ventitreesima ora, sentii la mia mano stretta dalla sua e mi alzai il viso per capire se quello fosse solo un movimento involontario, ma non lo fu. Calliope era sveglia e cercava di strapparsi il tupo del respiratore, Addison corse ad aiutarla, Derek controllò la sua condizione.
“Sta bene”
“Grazie al cielo!” Addison rispose all’affermazione del neurochirurgo, gioiosa anche lei.
Io rimasi ferma, ancora una volta, accanto al letto con la sua mano tra la mia, aspettando che dicesse qualcosa.
“Come ti chiami?” Derek cominciò a controllare se ci fossero danni al cervello.
“Callie Torres, sono un chirurgo ortopedico, lavoro in questo ospedale. Cosa è successo?”
“L’aneurisma è scoppiato Callie mentre stavi tornando a casa con Arizona, avete avuto un incidente, sei arrivata qui e abbiamo dovuto operarti, l’operazione è andata a bene, bentornata.”
L’osservai, come mi ero ripromessa di fare, e me ne accorsi prima di Derek, prima di Addison, perché quando l’amore della tua vita ti guarda in quel modo significa che qualcosa non va.
“Lei è una nuova infermiera? Non l’ho mai vista da queste parti. Se è tutto ok la prego di lasciarci soli per un attimo, i miei amici, nonché colleghi mi devono raccontare cosa è successo, perché sinceramente Derek non so di che aneurisma tu stia parlando e non so chi sia Arizona.”
 
Un giorno, 24 ore, 1440 minuti, ti cambiano la vita.












nda. bene siamo arrivato ad un punto davvero difficile, scrivere questo capitolo non è stato semplice, in parte perchè ho vissuto l'estenuante attensa e poi perchè questo capitolo è molto più riflessivo degli altri. C'è troppa me e non so se andrà bene, ma ho ritenuto che questo fosse il modo migliore per proseguire quest astoria. Vi ringrazio tutti! 

 

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Capitolo 15
*** Capitolo XV. Memoria ***


La vita può cambiare in meno di un minuto, la mia era già sul filo di un rasoio, poi ho visto il suo sguardo, sono bastati pochi secondi per sentirmi sprofondare. Siamo abituati a pensare che queste cose non accadranno mai, nessuno ti insegna ad essere forte, nessuno ti dice cosa fare, come reagire. Stetti in silenzio, non sapevo cosa risponderle, non riuscivo a muovermi, l'unica cosa che il mio corpo fece in automatico è stata quella di lasciare la sua mano e stingere le sbarre di quel letto d'ospedale. Alzai lo sguardo verso Derek ed Addison e li vidi impallidire, avevano capito la gravità della situazione, Addison fu la prima a reagire. Oltrepasso Derek, strinse la mano di Calliope e le disse:
"Callie non ti ricordi di Arizona?" Callie si limitò a scuotere la testa così Addison continuò imperterrita:
"Abitate nella stessa casa, Arizona si è trasferita da te quando suo fratello Tim è partito. Ti ricordi di Tim?".
Assente, il suo sguardo non faceva altro che mostrare la confusione che aveva dentro di lei. 
"Calliope, sono un chirurgo pediatrico, viviamo nello stesso appartamento da poco tempo. Sono passata solo per controllare come stavi, ti lascio ad i tuoi amici, sapranno prendersi cura di te."
Accennai ad andarmene, ma qualcosa mi fermò, era la sua mano.
"Arizona scusami ma non mi ricordo di te, né di questo Tim, ma ti prego di restare nel mio appartamento, sei la mia coinquilina non è necessario che tu lasci la casa."
"Si sono la tua coinquilina.." Ero solo questo, Calliope non aveva ben capito cosa stesse cercando di dirle Addison così evitai di metterle altra confusione. Lasciai la stanza, non so come io continuassi a reggermi in piedi, Calliope sarebbe rimasta in ospedale qualche altro giorno, così io andai a casa.
Quando entrai fui avvolta dal suo profumo, fu in quel momento che capii che non sarei mai potuta rimanere lì, come potevo guardarla senza desiderare di riavere indietro tutto ciò che siamo state? Andai in cucina e presi la bottiglia di vino bianco, mi sedetti sul letto della nostra stanza e cominciai a bere mentre riempivo la valigia delle mie cose. Non potevo vivere con lei, non potevo mostrarle il mio dolore, così decisi di tenermelo dentro, lasciandolo distruggere me. 
La mia testa girava, avevo bevuto troppo, ma ero comunque riuscita a finire la valigia. Mi guardai intorno e decisi di chiamare un taxi, dovevo andare via e l'unico posto in cui potevo andare era casa mia, i miei genitori erano ancora in vacanza, non sarebbero tornati prima dell'arrivo del prossimo mese. Lì sarei stata completamente sola. 
 
Pov Callie. 
 
La mia coinquilina aveva lasciato la stanza, così tornai a fare domande a Derek ed Addison, una in particolare mi risuonava martellante ed impetuosa:
"Ragazzi dov'è Erika? È tornata, vero?"
Derek ed Addison si guardarono, fu Addison a spiegarmi tutto, mi raccontò della morte di Erika, del mio amico Tim e di come mi ero offerta di badare a sua sorella Arizona. 
In quel momento tutte queste informazioni erano troppo da sopportare, come avevo potuto dimenticare tutti questi eventi? Feci l'unica cosa che ogni essere umano avrebbe fatto in quel momento, piansi. Piansi per Erika, per il mio amico Tim in Iraq, per quella parte della mia vita che avevo dimenticato. 
 
Derek mi tenne sotto osservazione per giorni, non vidi più la mia coinquilina, ma in quel momento l'unica cosa che mi importava era riprendere il mio lavoro e poter tornare a casa. Riuscii a convincere Derek, così dopo una settimana in ospedale ritornai nel mio appartamento e non mi stupii quando lo trovai vuoto. Sicuramente Arizona avrà trovato un altro posto, magari con una coinquilina più presente di me. Cucinai e dopo aver cenato mi feci una doccia e mi misi a letto, le coperte avevano un odore diverso, buono, delicato, quel l'odore di pesca che mi sembrò tanto familiare ma quando mi misi a pensare, non mi riportò nulla in mente. Sicuramente era il mio vecchio shampoo, per questo mi è così familiare. 
Il mio sonno fu interrotto dall'incubo del funerale di Erika, il mio cervello mi stava giocando in brutto scherzo. Mi alzai sudata e in lacrime, decisi di farmi una doccia e poi cominciare a prepararmi per andare a lavoro. 
Le cose trascorsero normalmente per diversi giorni, l'unica cosa che mi tormentava era quel l'incubo ogni notte. Non c'era notte in cui non sognassi quel ragazzo che bussò alla mia porta e tutte le volte che piansi in quel giorno. 
Cominciai ad uscire con Addison e Teddy, ma sentivo che c'era qualcosa che mi nascondevano. Chiesi spesso del mio incidente o se avessero visto Arizona, ma loro si limitarono a rispondere velocemente e puntualmente cercavano un modo per cambiare discorso. Capii che dovevo cercarmele da sola le mie risposte, il problema è che non sapevo come. In ospedale tutti evitavano l'argomento, così decisi di smettere di indagare, forse stavo esagerando. 
Quando pensi di aver trovato il tuo equilibrio, proprio in quel momento in cui questo pensiero si forma nella tua mente, lo perdi. 
 
Bussarono alla porta, andai ad aprire e davanti a me trovai tutte le mie risposte.

 

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Capitolo 16
*** Capitolo XVI. Fine ***


Aprii la porta e lo vidi lì con ancora l’uniforme addosso. Ma io non guardavo i suoi occhi, io nei suoi occhi vedevo Arizona, la mia Arizona, come avevo potuto dimenticarla?
Eravamo entrambi immobili, lui cercava le giuste parole mentre io ero invasa dai ricordi.
Non pensi mai a quanto sia importante ogni avvenimento della tua vita, spesso desideriamo non aver vissuto alcuni momenti, incontrato persone che ci hanno fatto soffrire, ma alla fine non ci domandiamo mai dove saremmo noi senza tutto il nostro passato. Io ero sperduta, incompleta, sentivo un vuoto e nessuno sapeva colmarlo, cercavo risposte e sono arrivate guardando quegli occhi cerulei che Tim e Arizona condividevano.
Cominciai a sentire il mio corpo agitarsi, non sapevo dove fosse, cosa stesse facendo, perché aveva deciso di andar via, ma soprattutto perché aveva deciso di non lasciare sue tracce.
Tim spalancò le sue braccia, in quei pochissimi secondi, mentre il mio corpo e la mia anima vedevano Arizona, lui aveva trovato le giuste parole.
“Ehi Callie! Vieni qui ad abbracciarmi, sono tornato!” si avvicinò e mi strinse forte “Allora dov’è Arizona? Vi ho fatto una sorpresa e sono curioso di vedere la sua faccia!” . Lo guardai basita, non sapeva niente, Arizona non gliene aveva parlato, così lo feci sedere sul divano e cercai di raccontargli tutto nel più breve tempo possibile. Quando smisi di parlare, presi le chiavi ed il giubbotto, dovevo andare da Arizona e sapevo benissimo dove cercarla.
“Vengo con te! È mia sorella e non so cosa le passa per la testa!”
“Tim, no. Tu resti qua, sono io a dover andare. Resta qui, ti chiamo appena la trovo, te lo prometto.”
“Callie.. ma”
“Tim io la amo, lasciami andare.”
“Vai, ma per favore chiamami appena la trovi.”
 
Uscii dal nostro appartamento alla velocità della luce e mi diressi verso la mia auto, sapevo dove cercarla, ero abbastanza sicura di dove fosse, quello che non sapevo era in che condizioni si trovasse. Cercai di impiegare il minor tempo possibile e in meno di mezz’ora arrivai davanti all’immensa villa dei signori Robbins. Parcheggiai e bussai alla porta. Una giovane cameriera aprì.
“Salve, cerco Arizona Robbins, può dirle che sono qui?”
“Mi dispiace, ma Arizona non vuole essere disturbata, non accetta visite.”
“Senta, mi lasci entrare, ho davvero bisogno di parlarle.”
“Non posso, mi dispiace, non insista.
“Lei non capisce, là dentro c’è la donna della mia vita che pensa che io non mi ricordi di lei e probabilmente sta soffrendo terribilmente, perciò la prego mi faccia entrare affinché io possa parlarle.” il mio tono era supplichevole, quella donna era davvero irremovibile.
“Vede, io posso pure farla entrare, Arizona è qui, ma non è in casa.”
Le sorrisi e capii quello che cercava di dirmi, Arizona era lì ma non era in casa, era fuori. Ma certo, il giardino! Corsi, superai il viale e quando arrivai davanti la panchina e a quella meravigliosa vista di Seattle, il mio cuore trovò ciò che stava cercando, era proprio lì seduta sulla panchina a guardare l’orizzonte. Presi il telefono e mandai un sms a Tim, non volevo farlo preoccupare ulteriormente, poi spensi il telefono e cominciai ad avvicinarmi alla panchina in cui Arizona era seduta. Avevo le mani sudate, i battiti del cuore troppo accelerati, avevo paura perché avevo troppe cose da chiederle. Appena fui dietro di lei, capii che non aveva sentito i miei passi, ma mentre stavo muovendo il mio braccio verso la sua spalla, la sua voce mi fermò.
“Sento il tuo profumo Calliope, è così dentro di me da sentirlo ovunque.” Scoppiò a piangere ed io mi accorsi solo in quel momento della puzza di alcool che emanava, di tutte quelle bottiglie di super alcolici ai suoi piedi e sulla panchina, alla sua voce. Arizona era ubriaca e non stava parlando con me, ma con se stessa. Non potevo più resistere, dovevo dirle qualcosa, dovevo porre fine a quel suo dolore.
“Arizona” mi misi davanti a lei, cercò di alzarsi ma non ci riuscì così per evitare che si facesse male la strinsi e cercai di farla sedere nuovamente. Mi trascinò sulla panchina, mi mise le mani sul viso e cominciò a delinearne i contorni.
“Sei così bella Calliope, ma io sto sognando. Tu non sei reale, sei solo frutto della mia immaginazione, ho bevuto così tanto da poter vedere unicorni che corrono sopra i tetti di Seattle.”
Arizona non aveva più consapevolezza della realtà, sul mio volto caddero diverse lacrime, avevo distrutto l’unica persona che abbia mai veramente amato.
“Arizona, sono io, non stai sognando, mi ricordo di te, di noi, ricordo tutto Arizona e non posso vivere senza la donna che amo.”
“Sei davvero tu? Sei tornata da me?”
“Si Arizona, ma adesso non posso spiegarti tutto, tu sei completamente ubriaca e fai fatica a seguire un discorso. Ti porto dentro su, andiamo.”
“No! Sei qui Calliope, io ti vedo, sento il tuo profumo, non posso muovermi, perché se mi muovo tu sparirai”
Feci l’unica cosa che io potessi fare per cercare di tranquillizzarla, la abbracciai così forte da farle sentire il battito del mio cuore, se fossi stata solo una proiezione della sua mente non avrebbe mai potuto sentire il mio cuore. Funzionò, lei capì.
“Sento il tuo cuore, sei qui, non sei nella mia mente”
“No Arizona non sono nella tua mente.”
Mi baciò con forza, prepotenza, passione, rabbia, dolore, sentii in quel bacio tutto ciò che Arizona stava provando. Quando ci staccammo, scoppiò in lacrime.
“Mi sei mancata.”
“Anche tu Arizona, ma adesso torniamo dentro, è tardi e tu devi riposare, domani mattina parleremo.”
Arizona non si reggeva in piedi così la portai fino alla sua camera in braccio, la feci sdraiare sul letto e subito mi afferrò il braccio.
“Resta con me…” lo feci, restai lì a tenerla tra le braccia tutta la notte.
 
 
Mi svegliai presto, scesi a prepararle la colazione e la salii in camera di Arizona, stava ancora dormendo quando entrai, così decisi di poggiare la colazione sulla scrivania e svegliarla.
Mi sedetti sul letto, e la baciai dolcemente sulle labbra che tanto avevo desiderato, lei aprì gli occhi e saltò in aria per lo spavento.
“Calliope! Non era un sogno allora, sei qui, ti ricordi di me vero?”
“Si ricordo tutto Arizona e ti prometto che non mi dimenticherò più di te.”
La baciai con tutto l’amore che avevo da darle.
Fui io a cominciare il discorso interrotto la sera prima.
“Ti amo Arizona Robbins e non posso passare un altro giorno senza te, perciò tu adesso torni a casa con me, sempre che lo voglia.”
“Ho immaginato questo momento così tante volte, mi sono sentita spezzata nel momento in cui non mi hai riconosciuta. Sono andata via da casa nostra perché non avrei mai potuto vivere con te senza poterti vivere davvero. Ho preferito lasciarti i tuoi spazi, volevo che fossi tua decidere cosa fare della tua vita, non potevo legarti a me, non potevo dirti di amarmi.”
“Hai sbagliato, avresti dovuto dirmelo. Non hai lasciato tracce, sei sparita nel nulla, in ospedale nessuno mi diceva niente ed io continuavo a sentire un vuoto dentro di me, non mi avresti costretto ad amarti Arizona, mi avresti solo aiutato a ricordare più in fretta. Sei dentro di me, niente ti potrà cancellare.”
“Ti amo Calliope e ho fatto degli errori, è vero, ho avuto paura, non volevo legarti a qualcuno che non ricordavi. Mi hai salvata oggi Calliope, perciò non pensiamoci più e andiamo avanti, hai una promessa da mantenere.”
“Davvero? Quale?”
“Sposami, sposami oggi Calliope, non posso più aspettare, Tim ha fatto la sua scelta ed io non posso aspettare che lui torni in una bara con una grande bandiera. Io ti amo e voglio passare il resto della mia vita con te e se mio fratello ama di più la sua patria io non posso farci nulla.”
Mi avventai su di lei. “Certo che ti sposo Arizona, magari tra una settimana, perché devi riposarti un altro poco e in più ho una sorpresa per te.”
“Che sorpresa?”
“Vedrai.. vestiti che ti porto a casa” mi alzai dal letto per avvicinarmi all’armadio.
“Calliope?”
“Si?”
“Sono la donna più felice del mondo.”
“Anche io”
 
La portai a casa, non avrebbe mai immaginato di trovarci suo fratello. I due fratelli passarono tutta la giornata insieme, così io ne approfittai per comprare un anello, l’avrei sposata e volevo farle una proposta decente. Nei giorni seguenti mi accordai con Tim, che era definitivamente tornato dall’ Iraq, lasciai organizzare a lui la cerimonia, all’insaputa di Arizona. In poche settimane tutto era pronto, dovevo solo portare Arizona all’altare.
Il giorno del matrimonio io e Arizona avevamo la giornata libera, così le proposi un pranzo intimo. La portai in uno dei più lussuosi ristoranti di Seattle, in periferia, poco distanti dal luogo in cui avevo che si sarebbe tenuta la cerimonia.
Finito il pranzo, mi alzai e mi inginocchiai ai suoi piedi.
“Arizona Robbins, vuoi sposarmi?”
“Si certo!”
“Speravo lo dicessi” Arizona scoppiò a ridere
“Ma Calliope ti ho chiesto io di sposarmi, non avrei mai potuto rifiutare la tua proposta.”
“Lo so, ma io ti sto chiedendo di sposarmi oggi.”
“Oggi?”
“Si, fidati di me”
 
Arizona mi stava riempiendo di domande ma io cercai di spiegarle che avevo organizzato tutto, le misi una benda e le chiesi di fidarsi di me. In pochi minuti arrivammo a destinazione, la feci scendere dall’auto e le tolsi la benda.
“Calliope, che ci facciamo a casa dei miei genitori?”
“Ci sposiamo!”
“Qui?”
“Si qui, perché è qui che mi sono innamorata di te, la prima volta che ti ho vista ed è qui che voglio promettere di amarti davanti a tutti i nostri amici e parenti. Ma adesso dobbiamo dividerci, ci vediamo dopo, nella tua camera troverai tutto quello che ti serve. La bacia in fretta e corsi in casa, lei mi seguì subito. Io mi vestii nella stanza di Tim, mentre Arizona nella sua. La cerimonia si sarebbe tenuta in giardino, davanti alla nostra panchina e al fantastico panorama di Seattle.
 
Vidi Arizona percorrere quel viale pieno di fiori e mi resi conto che non c’era altro posto in cui volessi stare, stavo sposando l’amore della mia vita davanti al più bel panorama che esiste, ero proprio dove volevo essere.
La cerimonia fu breve ma intensa, ci scambiammo le promesse e gli anelli e poi fui libera di baciare mia moglie.
Tim aveva organizzato tutto alla perfezione, il resto del giardino era pieno di tavoli e al centro c’era una grandissima pista da ballo tutta in legno. Mentre io ed Arizona stavamo ballando, la musica cambiò velocemente e vidi Tim avvicinarsi a noi.
“Arizona, mi concedi questo ballo? Callie te la riporto subito”
Arizona ballò con Tim che mantenne la sua promessa e me la riportò quando la musica aveva finito di invadere la pista.
Quando Arizona fu nuovamente tra le mia braccia, la baciai e le dissi l’unica cosa che riempiva tutta la mia anima:
“Sei l’amore della mia vita, ti amo.”










n.d.a eccomi qui con il finale di questa storia, è decisamente più lungo del solito perciò spero di essermi fatta perdonare per l'immenso ritardo. Non posso che ringraziarvi, cari lettori e chiedervi per un'ultima volta di dirmi cosa ne pensate, adesso che ho concluso questa storia sono molto curiosa di sapere che ne pensate. Grazie e a presto.
 

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