La collana della strega

di BebaTaylor
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno -17:30 - 19:00- ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due -19:00 - 21:30 - ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre -21:30 - 22:00 - ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro 22:00 - 23:00 ***
Capitolo 5: *** Capitolo Cinque 23:00 00:30 ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sei 00:30 - 11:00 ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sette 11:00 - 00:00 ***
Capitolo 8: *** Capitolo Otto 00:00 - 13:45 ***
Capitolo 9: *** Capitolo Nove 13:45 - 17:30 ***
Capitolo 10: *** Capitolo Dieci 17:30 - 23:00 ***
Capitolo 11: *** Capitolo Undici - 23:00 13:30 - ***
Capitolo 12: *** Capitolo Dodici 13:30 - 23:3 ***
Capitolo 13: *** Capitolo Tredici 23:30 - 3:00 ***
Capitolo 14: *** Capitolo Quattordici 3:00 - 20:00 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 20:00 - 01:30 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 01:30 - 01:45 ***
Capitolo 17: *** Capitolo Diciassette 01:45 - 03:45 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 - 03:45 - 21:45 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 - 21:45 - 00:00 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 - 00:00 -23:45 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 - 23:45 - 14:30 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 -14:30 - 04:30 - ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 04:30 - 03:00 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 03:00 - 22:30 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 -22:30 -23:45 ***
Capitolo 26: *** Capitoli 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 - Epilogo - ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno -17:30 - 19:00- ***



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Capitolo Uno
17:30 - 19:00

Arizona sbuffò infastidita. Quello non le sembrava per nulla un "fantastico, meraviglioso, insuperabile negozio", come le aveva detto Cindy, anzi, le faceva abbastanza schifo.
Era molto grande, ma la merce esposta le sembrava davvero poca. Arizona si avvicinò a un espositore di orecchini e li guardò, sperando che ci fosse qualcosa di suo gradimento.
Odiava uscire da un negozio a mani vuote; afferrò un paio di orecchini a forma di cerchio, pieni di piccoli pendenti a forma si stella e schifata li rimise al loro posto. Le sembrarono più adatte come decorazioni natalizie.
Si spostò di un paio di metri e guardò alcuni cerchietti, ne prese uno nero e blu, lo rigirò e lo rimise al suo posto, Arizona sbuffò annoiata.
«Hai trovato qualcosa?» domandò Cindy.
Arizona la guardò e fissò il cestino azzurro pieno di quelle che lei considerava cianfrusaglie. «Nulla che mi piaccia.» rispose desiderando uscire da lì al più presto, iniziava a sentirsi soffocare e si domandò se l'aria condizionata fosse accesa.
Cindy fece un'espressione delusa, frugò nel cestino e ne trasse una collana. «Non dirmi che non ti piace!» esclamò agitandola davanti al viso dall'altra.
Arizona piegò la bocca in una smorfia. «Veramente mi fa schifo.» disse fissando il ciondolo a forma di fetta di limone, secondo lei troppo grande e troppo pacchiana.
Cindy la fissò contrariata, «Sarà bella le tua, di collana.» disse sprezzante indicando la collana di Arizona.
La giovane portò istintivamente la mano sopra il ciondolo e lo strinse, sentendo le punte del sole stilizzato pungerle il palmo. «È un regalo e a me piace.» esclamò irritata.
Cindy alzò le spalle, si voltò e riprese a camminare.
Arizona sbuffò e la seguì, decisa ad impedirle di comprare tutto quello che era in esposizione.
Passò accanto a due commessi e li guardò appena, raggiunse Cindy davanti alle sciarpe. «Siamo in estate!» protestò.
«Ma sono carine!» disse Cindy prendendone due, guardò il cestino e alla fine le posò sul braccio.
«Non ti sembra di aver preso troppa roba?» le domandò, Cindy non rispose e proseguì nel suo giro di shopping.
Arizona scosse la testa e decise di rimanere lì, ferma, ad aspettarla.
"Idiota." pensò, si toccò il ciondolo sentendosi osservata, lo faceva spesso, le dava un senso di sicurezza, ma quella volta era diverso, lo sentiva. Il brivido, lo percepiva insieme a qualcos'altro che la sua mente non riusciva a definire.
Si voltò lentamente, e fissò i due commessi di prima. La stavano guardando.
Uno di loro due, capelli castani, occhi castani e fisico asciutto, alzò un braccio e la salutò con un sorriso.
«Shane.» mormorò Arizona leggendo il nome sulla targhetta. Si voltò di scatto, mentre quel brivido cresceva sempre di più.
«Possiamo andarcene?» esclamò a Cindy che era ritornata da lei.
«Perché?» domandò l'altra.
Arizona notò che il cestino straripava di oggetti e si domandò se Cindy avesse abbastanza soldi per pagare tutto quanto, perché lei non glieli avrebbe prestati.
Le doveva ancora dieci dollari da due settimane, da quando erano andate a mangiare la pizza.
«Devo studiare, ho un esame fra dieci giorni.» rispose dicendo la verità.
Cindy sbuffò, «Sei una secchiona.» esclamò, la prese per mano e la trascinò verso uno scaffale. «Dai, guarda che carine!» disse lasciandole la mano e indicandole alcune statuine ritraenti delle fate.
Arizona le guardò con poco interesse. «Carine.» mormorò desiderando di uscire da lì, quel ragazzo, Shane, la inquietava parecchio.
«Sono arrivate un paio di giorni fa.»
Entrambe le ragazze si voltarono e Arizona si trovò faccia a faccia con Shane, respirò piano mentre la sensazione di prima, il brivido, si mischiò qualcos'altro che non riuscì a identificare.
«Se ne prendete più di due c'è lo sconto.» esclamò Shane e sorrise fissando Arizona, quasi conoscesse il suo segreto. «Allora ne prendo qualcuna!» squittì Cindy afferrando a caso delle statuine.
Shane sorrise. «Tu non compri nulla?» domandò, rivolgendosi ad Arizona.
«No.» rispose lei e si voltò verso Cindy, «Possiamo andarcene?» sbottò.
Cindy annuì «E va bene, adesso ce ne andiamo!» sbuffò.
«La cassa è da quella parte.» Shane indicò delle scale alla sua sinistra, sorrise ancora rivolto ad Arizona.
Le due ragazze ringraziarono e si avvicinarono alle scale.
«C'è un po' di fila.» notò Cindy.
Arizona guardò le persone davanti a loro e le contò, erano sedici. Gemette quando si accorse che ognuno di loro aveva il cestino pieno di oggetti.
Cindy posò il cestino sul gradino e vi si sedette accanto. Arizona la fissò, incrociò le braccia al petto e si appoggiò alla parete, maledicendosi per aver seguito Cindy. Si toccò il ciondolo, sperando che l'ametista incastonata nella montatura d'argento le desse un po' di conforto.
Ma quella brutta sensazione si era impadronita nuovamente di lei. Fissò Shane e lo vide parlare con l'altro commesso, quello di prima. Chiuse gli occhi e cercò di concentrarsi, senza successo. Era troppo nervosa.
Aprì gli occhi e sbuffò, richiamò l'attenzione di Cindy toccandole una spalla. «Io vedo se c'è un'uscita per chi non prende nulla, vado nel bar di fronte, sto morendo di caldo.» le disse, ma Cindy l'ascoltò appena, troppo impegnata a leggere messaggi sul cellulare.
Arizonaa scosse la testa e cercò con lo sguardo se ci fossero altri commessi.
«Ti serve aiuto?»
Arizona si voltò, Shane era davanti a lei. «Sì, grazie. C'è un uscita senza acquisti?» domandò.
«No, devi fare la fila come tutti gli altri.» rispose Shane.
Arizona deglutì a vuoto mentre un tarlo iniziava a farsi strada nella sua mente.
«Arizona, torna dalla tua amica.» continuò Shane sorridendo, le posò le mani sulle spalle e la fece voltare.
Lei voltò la testa e lo guardò, mentre il brivido cresceva. «Come sai... come sai il mio nome?» domandò.
Shane alzò le spalle e spostò le mani. «Lo ha strillato prima la tua amica.» rispose.
Arizona aprì la bocca sorpresa, non si ricordava che Cindy l'avesse chiamata per nome.
«Non posso aspettare in fila. Devo andare, adesso.» esclamò Arizona, sentendosi sempre più inquieta. «Devo studiare.»
Shane scosse la testa dispiaciuto. «Devi fare la fila come gli altri.»
Arizona sbuffò infastidita, si bloccò e guardò Shane. Aveva sentito un rumore strano, come il suono di un campanellino lontano.
Shane le sfiorò il braccio. «Tutto bene? Hai bisogno di sederti?» le chiese.
Arizona lo guardò mentre il brivido si faceva sempre più intenso e il campanellino sempre più vicino. «Sì... cioè no. Devo uscire. Subito.»
Shane scosse la testa. «No.» il suo tono era duro.
Arizona si passò una mano sul volto, fino a farla scendere lentamente sul ciondolo.
Cercò di richiamare a sé l'energia ma non ci riuscì. Sconvolta portò la mano alla bocca.
«Che bella collana.» disse Shane, allungò un braccio per toccarla ma Arizona si scostò. Nessuno doveva toccarla tranne lei.
Shane la guardò ancora e sorrise, si sfiorò con la mano destra il bicipite sinistro, alzando di poco la manica della maglietta.
Arizona indietreggiò spaventata, lo sguardo fisso sul tatuaggio che la manica alzata aveva scoperto.
Shane se ne accorse, abbassò la manica e si avvicinò a lei. «Lo hai riconosciuto, vero?» domandò a bassa voce. «Sei in trappola, non puoi scappare.»
Arizona fece un passo indietro mentre il suono del campanellino si faceva più intenso. Poi capì. Era Shane la causa del brivido e del tintinnio.
Si voltò e si avvicinò all'entrata; la fissò: era in trappola. Le porte automatiche si aprivano solo se qualcuno entrava, stessa cosa per le barre di metallo.
Si voltò e guardò Shane, che le sorrideva. Sentì delle voci provenire da fuori e si voltò, alcune ragazze si stavano avvicinando all'entrata.
In una frazione di secondo prese la sua decisione, aspettò che le ragazze fossero abbastanza vicine alla fotocellula da far aprire le porte, sgusciò sotto le sbarre, e una volta lì si buttò in strada, scontrandosi con una delle ragazze. Cadde per terra, si rialzò e senza guardarsi indietro iniziò a correre.
Doveva raggiungere Logan, doveva dirgli quello che aveva scoperto; quel tatuaggio, quello di Shane, indicava che lui faceva parte del clan dei "Dark Shadow"; clan che si supponeva fosse estinto da tempo.
Evidentemente non era così.
Erano stregoni molto potenti, e Arizona, anche se era una strega, non era abbastanza forte per tenere testa anche ad uno solo di loro per questo aveva bisogno di Logan.
Continuò a correre, sperando che Shane non la raggiungesse.
Svoltò a sinistra e si fermò, respirò profondamente. Arizona voltò la testa da una parte all'altra, e capì che era in una delle tante piazze della città. Quella dove il giovedì facevano il mercato rionale. Si voltò e vide Shane e l'altro commesso.
Erano in due. Due membri dei Dark Shadow contro di lei.
Si sentiva in trappola, due contro uno...
Sentì il tintinnio farsi più vicino e si guardò nuovamente attorno alla ricerca di un riparo. Poi vide la chiesa.
Sorrise e si avviò per entrare, lì sarebbe stata protetta. Arizona lo sapeva che ogni luogo di culto, di qualsiasi religione fosse, era un posto protetto; era stato Jim, il padre di Logan a dirglielo.
Se non fosse stato per Logan e la sua famiglia lei non avrebbe mai saputo nulla.
I suoi genitori non le avevano mai detto nulla perché si vergognavano di lei. Quando Arizona aveva compiuto sei anni, i suoi genitori le avevano regalato un ciclo di sedute da uno psichiatra. Arizona non se lo sarebbe mai immaginata, di essere trascinata in quello studio dalle pareti bianche per parlare di quelle strane fantasie, come quella di poter accendere e spegnere le luci pronunciando alcune parole in una strana lingua.
Le sedute erano andate avanti per molto, fino al giorno in cui Arizona capì che doveva smetterla di parlare dei suoi poteri.
Si sedette su una panca al centro della chiesa e prese il cellulare dalla borsa.
Digitò velocemente un messaggio e lo inviò a Logan.
"Dove sei? Ho brutte notizie. Rispondi."
Controllò l'ora. Erano le sei e un quarto. Sospirò e pensò a quanto tempo fosse rimasta dentro quel negozio, si ricordava che lei e Cindy fossero entrate verso le cinque e mezza.
Più di trenta minuti. Era rimasta lì per più di mezz'ora, insieme a Shane e all'altro ragazzo.
Insieme a due membri del clan dei Dark Shadow. Rabbrividì rendendosi conto che quei due l'avevano osservata per tutto il tempo.
Arizona posò i gomiti sulle ginocchia e posò la testa sul palmo delle mani. Ripensò al giorno in cui aveva incontrato Logan e suo padre, al sollievo di sapere di non essere l'unica.
Cercò di rilassarsi e di calmarsi. Lì non l'avrebbero trovata, anche se sapeva che non avrebbe potuto restare lì per sempre.
Si guardò attorno ammirando le vetrate, i mosaici e i dipinti che adornavano la chiesa. Era la prima volta che entrava lì dentro.
Appoggiò le spalle contro lo schienale e s'impose di allontanare quei pensieri che stavano facendo capolino nella sua mente.
Non riuscì ad evitare di pensare a sua madre che l'accusava di tutti i suoi problemi, di tutte le offese ricevute in quegli anni…
Mostro, scherzo della natura, essere immondo, creatura del diavolo…
Arizona si passò il dorso delle mani sotto agli occhi per asciugarsi le lacrime. Piangeva sempre ogni volta che pensava a sua madre anche se non viveva più con i suoi genitori dalla fine del liceo, ormai erano quasi tre anni che viveva da sola.
Respirò profondamente e cercò la bottiglietta d'acqua la trovò e bevve qualche sorso.
Una vecchietta le passò accanto e le sorrise, Arizona piegò le labbra in un debole sorriso e pregò che l'anziana non le facesse domande, non avrebbe saputo rispondere.
"Ripugno mia madre perché sono una strega."
"Due membri di un clan di stregoni potenti mi stanno dando la caccia perché sono scappata da sotto il loro naso. O m'inseguono per chissà quale motivo."
Tutte e due le risposte sarebbero state esatte, ma era sicura che la vecchietta non avrebbe capito o non l'avrebbe creduta.
Arizona guardò nuovamente il cellulare, erano le sei e ventisette. Strinse il cellulare e sperò che Logan le rispondesse in fretta.
Respirò profondamente e mise il cellulare nella borsa, istintivamente si toccò il ciondolo e lo strinse con forza. Si alzò in piedi e si guardò attorno ma oltre ai credenti che erano lì per partecipare alla messa delle sei e trentacinque non vide nessun altro.
Rabbrividì e guardò più attentamente.
«Oh cacchio…» mormorò quando il campanellino risuonò nella sua mente.
La porta da dove era entrata si aprì e Shane e il suo amico entrarono.
Arizona afferrò la borsa e la mise a tracolla, iniziò a camminare velocemente raggiungendo la porta laterale; l'aprì e per poco non andò a sbattere contro una donna.
«Mi scusi.» disse guardandola appena, scese velocemente i gradini e corse verso la fermata del tram.
Svoltò nel vicolo alla sua sinistra e scavalcò un sacchetto caduto da uno dei cassonetti della spazzatura, girò a destra e si voltò appena, Shane e l'altro ragazzo non erano dietro di lei.
Arizona rallentò la corsa e si passò una mano sulla fronte sudata, scostandosi i capelli biondi.
Una delle sue particolarità era quella di riuscire a correre per diverso tempo senza stancarsi troppo.
Arrivò a pochi metri dalla fermata del tram e iniziò a camminare mentre cercava il portafoglio da cui prendere la tessera per i mezzi pubblici.
Trovò la tessera e la tenne fra i denti e mentre rimetteva a posto il portafogli, si bloccò. Si voltò lentamente e sentì il campanello suonare nella sua mente.
Trattene il respiro e vide i due ragazzi sbucare dalla via da dove era arrivata lei.
Prese la tessera con la mano destra e corse verso la fermata, non era sola e sperò che Shane e il suo amico non le facessero nulla in mezzo alla gente, del resto neppure lei avrebbe potuto fare qualcosa.
Sospirò di sollievo quando vide il tram arrivare e salì appena le porte si aprirono, senza aspettare che le persone scendessero.
Si sedette davanti, a qualche posto di distanza dall'autista, prese il cellulare e compose il numero di Logan.
«Sono Logan, ma questo lo sapevate già. Non ci sono, lasciate un messaggio e forse vi richiamerò.»
Arizona sbuffò infastidita. «Logan appena senti il mio messaggio richiamami subito!» esclamò dopo il bip.
Guardò fuori dal finestrino cercando di rilassarsi.
Non riusciva a capire perché quei due la inseguissero, non riusciva a capire come facesse Shane a sapere il suo nome, era sicura che Cindy non l'avesse mai chiamata per nome mentre erano dentro al negozio.
Il viaggio in tram durò circa quindici minuti, ad Arizona mancavano due fermate prima di scendere. Si alzò in piedi e si tenne al sostegno mentre il tram frenava dolcemente.
Alzò la testa e vide Shane che le veniva incontro sorridendo, di scatto scese dal mezzo prima che porte si chiudessero.
Si voltò e vide Shane guardarla attraverso i vetri, Arizona sorrise e gli mostro il dito medio mentre il tram ripartiva.
Si voltò, prese il cellulare e chiamò nuovamente Logan, questa volta sul numero di casa.
Sbuffò spazientita quando la segreteria le rispose.
«Logan, alza il culo dal divano e rispondimi! È urgente.» esclamò.
Camminò velocemente fino all'ingresso del palazzo, nel tragitto richiamò a sé l'energia e si pentì di non aver imparato a memoria uno degli incantesimi di protezione.
Entrò in casa, un bilocale, e gettò la borsa sul divano e iniziò a spogliarsi. Era sudata e necessitava di una doccia, il poter correre per tutto il tempo che voleva senza stancarsi non la esulava dal sudare.
Aprì il rubinetto della doccia mentre il pendolo in sala batteva le diciannove.

Salve, nuova storia :) Non vi preoccupate, ho intenzione di concludere tutte le storie in corso, e comunque questa non dovrebbe durare moltissimo.
Il sottotitolo si riferisce al tempo in cui si svolge il capitolo :)
Spero vi sia piaciuta e che lascerete qualche recensione ;)

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Capitolo 2
*** Capitolo Due -19:00 - 21:30 - ***




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Capitolo Due
19:00 - 21:30

Arizona uscì dal bagno, un asciugamano viola attorno al corpo. Prese il cordless e compose il numero di Logan. «Mi vuoi rispondere?» esclamò arrabbiata, «Abbiamo un problema. Un grosso problema.» si sedette sul divano e afferrò un cuscino. «Ho trovato un ragazzo con il tatuaggio dei Dark Shadow. Sa come mi chiamo e mi ha inseguito per mezza città. Richiamami subito appena senti il mio messaggio!» le ultime parole le strillò.
Scosse la testa e si alzò, andò in camera e iniziò a vestirsi insultando Logan.
"Se non mi risponde fra cinque minuti vado io a cercarlo." pensò e chiuse l'anta dell'armadio facendola sbattere.
Tornò in cucina e frugò negli armadietti alla ricerca di qualcosa da mangiare. Trovò una barretta e la scartò camminando, era molto nervosa, per la cucina e il salotto, era un'unica stanza, divisa da un muretto alto circa un metro.
Chiamò nuovamente Logan. Ancora la segreteria.
Arizona sbuffò e si ripromise di sgridare Logan appena l'avrebbe sentito, perché si dimenticava sempre di controllare a che punto fosse la carica della batteria del cellulare così, molte volte, usciva con il telefono scarico e non se ne accorgeva.
La giovane gettò la confezione nel cestino sotto al lavandino, aprì il frigo e prese la bottiglia di succo all'arancia e bevve direttamente da essa, la rimise a posto e chiuse il frigo, prese uno strofinaccio dal cassetto e si pulì la bocca.
Afferrò la borsa e il cellulare e uscì di casa, diretta verso il centro città.

***

Logan fissò Hannah e le sorrise, pensando a quanto fossero carine le lentiggini sul viso della ragazza.
Il cameriere posò davanti a loro i piatti degli antipasti di pesce della casa.
Il cellulare di Hannah suonò, «Scusa.» mormorò prendendolo e tolse la suoneria.
Anche Logan prese il cellulare, il suo era un riflesso, se qualcuno lo prendeva in mano doveva farlo anche lui. Vide lo schermo nero e premette qualche tasto, fece una smorfia e lo lasciò lì sul tavolo.
«Batteria scarica.» esclamò guardando Hannah. «Meglio così.» aggiunse sfiorando la mano della ragazza.

***

Arizona spostò la borsa da una spalla all'altra e si diede della stupida per non averla cambiata.
Si fermò all'incrocio e sbuffò, guardò la strada e sperò che il tram non arrivasse in quel momento, il semaforo pedonale era ancora rosso.
Mosse il piede nervosamente, irritata dall'attesa.
«Ciao, Arizona.»
La giovane si bloccò e s'irrigidì, lentamente si voltò.
Shane le sorrise e ammiccò.
Arizona lo fissò chiedendosi come mai non avesse avvertito nulla.
Respiro a fondo e si voltò, il tram stava ripartendo in quel momento, si portò una mano al collo e trattene un urlo quando si accorse di aver dimenticato la collana. Doveva riprenderla.
Deglutì sentendosi una stupida, sapeva bene di non doversi mai separare dalla sua collana. Abbassò il viso, diede una spinta a Shane e iniziò a correre verso casa.
Sapeva di essere inseguita e non perse tempo a voltarsi per controllare Shane.
Arrivò davanti a casa e si buttò contro il portone che si aprì sotto la sua spinta e lasciò che si chiudesse sbattendo. Salì velocemente le scale, temeva che se avesse preso l'ascensore avrebbe rischiato di trovare Shane davanti casa.
Aprì la porta con mani tremanti ed entrò, corse in camera afferrò la collana che aveva lasciato sul comodino e la indossò.
Velocemente tornò fuori e andò verso le scale, si bloccò quando sentì il tintinnio, Arizona si guardò attorno cercando di capire dove fosse Shane. Respirò a fondo, indecisa da che parte andare. Andare verso le scale o prendere l'ascensore?
Scosse la testa e avanzò lungo il corridoio. Svoltò a sinistra e si fermò. Il campanellino risuonava nella sua mente come se fosse una campana.
Shane e il suo collega erano a pochi metri da lei.
Arizona aprì la bocca, si voltò e corse verso gli ascensori, dalla parte opposta a quella in cui si trovava lei.
Si fermò e schiacciò istericamente i pulsanti. Controllò il display sopra le porte dell'ascensore e imprecò, la cabina era ferma al quindicesimo piano, e lei abitava al terzo. Si voltò trovandosi davanti Shane, l'altro ragazzo era fermo a metà del corridoio.
«Sei maleducata, Arizona.» esclamò Shane, «Continui a scappare.» disse ironicamente alzando le sopracciglia.
Arizona lo fissò e scappò travolgendo l'altro ragazzo e facendolo cadere.
Quando fu fuori dal palazzo si guardò attorno, svoltò a sinistra e riprese a correre verso il parco, svoltò poco prima di esso e attraversò la strada per arrivare alla fermata del tram che arrivò dopo qualche secondo.
Arizona salì e vide Shane e il suo amico dall'altra parte della strada. Si sedette di fronte ad una suora e guardò fuori dal finestrino. Non sapeva neppure quale tram avesse preso, le importava solo di allontanarsi da Shane.
Si domandò come facessero a trovarla, prese il cellulare e compose il numero di casa di Jim, dopo pochi squilli le rispose Lana, la madre di Logan.
«Ciao, Arizona.» mormorò la donna.
Ad Arizona si strinse il cuore nel sentire la sua voce, era malata da tempo di una malattia rarissima, un caso ogni settecentocinquantamila persone.
«Ciao Lana. Logan è lì?» domandò.
Lana tossì, «Scusami.» mormorò. «No, Logan non è qui. Non lo vedo da ieri sera.»
Arizona posò la fronte sul finestrino e capì di essere dalla parte opposta a quella in cui voleva andare, si alzò e si avvicinò alla porta. «Oh, grazie. È che ha il cellulare spento e ho bisogno di parlargli.»
«So che usciva con Hannah, quella che viene all'università con voi…» disse Lana.
Il tram si fermò e le porte si aprirono, «Oh, grazie Lana.» disse scendendo sul marciapiede. «Vengo presto a trovarti.»
Lana la salutò e lei infilò il cellulare in tasca. Passò sotto i portici e fissò il vecchio orologio appeso alla parete, erano le sette e quarantacinque.
Accelerò il passò e girò a destra diretta alla fermata del bus che l'avrebbe portata in centro.
Guardò il cielo tingersi di rosso e si avvicinò al palo della fermata, controllò l'orario e poi il cellulare per vedere che ore fossero. Mancavano cinque minuti all'arrivo del bus, altri venticinque per il viaggio…
Arizona sbuffò e si appoggiò alla pensilina, sperò che Shane non la trovasse. Non ne poteva più di scappare e non sapeva neppure il motivo.
Le uniche cose di cui era certa erano che i Dark Shadow fossero pericolosi e che avrebbe dato un calcio a Logan appena lo avrebbe visto.
Il bus arrivò in orario e Arizona salì e imprecò quando si accorse che i posti a sedere erano tutti occupati. Andò al centro del bus e si aggrappò al sostegno mentre il mezzo ripartiva.
Sbuffò nuovamente, odiava viaggiare in piedi, in particolare quando l'autobus era pieno, come in quel caso.
Ingoiò un insulto quando un ragazzino le calpestò un piede.
"Mancano ancora dieci fermate." pensò sentendo l'irritazione crescere, sbuffò e guardò fuori dal finestrino. Il bus si fermò ancora, altre persone salirono e Arizona si appiattì contro il vetro per non rischiare che qualcuno le schiacciasse di nuovo i piedi.
«Adesso non puoi più scappare.»
Arizona strinse con forza il sostegno e si voltò, «Dimmi chi siete e cosa volete da me.» disse guardando Shane.
Lui alzò le spalle e si passò una mano fra i capelli castani. «Io sono Shane e lui» indicò il ragazzo alle sue spalle, «è Tom. Vogliamo te.»
Arizona lo fissò senza dire nulla, domandandosi come mai non avesse sentito il tintinnio. Pensò che quei due avessero alzato uno scudo protettivo, per cui lei non riusciva a captare la loro aura.
«Perché?» domandò fissandoli attentamente, cercando di capire quale incantesimo stessero usando.
Shane alzò le spalle e guardò Tom. «Ci servi. Tu e il tuo amichetto Logan.»
Arizona aprì la bocca sconvolta, doveva assolutamente trovarlo e avvertirlo.
«Perché?» ripeté guardandoli, «Cosa volete da noi?»
Shane alzò le spalle e sorrise, un sorriso che inquietò Arizona. «Le vostre gemme, ci servono.» esclamò appoggiandosi alla sbarra di sostegno, sporgendo la testa verso Arizona.
Lei respirò a fondo. «Mai.» esclamò, sperando di dimostrare il coraggio che non aveva.
Shane si voltò e guardò Tom, alzò le spalle e si voltò verso la ragazza. «Non ci serve il tuo permesso.» disse e allungò il braccio, sfiorando la collana di Arizona. Lei indietreggiò ancora finendo contro lo schienale di uno dei sedili dietro di lei.
«Se mi tocchi mi metto ad urlare.» esclamò toccandosi la collana e maledicendosi perché non sapeva cosa fare.
Shane alzò le spalle e sorrise. «Sarebbe inutile. Guardarti attorno, ti sembra che qualcuno ci stia guardando?» disse, Arizona guardò gli altri passeggeri e si accorse che tutti tenevano la testa bassa, come se fossero molto concentrati a guardarsi le scarpe. «Puoi urlare quanto ti pare, nessuno ci farà caso.»
Arizona pensò che doveva assolutamente fuggire, tolse la mano dal sostegno e guardò le porte, c'erano cinque persone davanti ad esse ed Arizona pensò che forse sarebbe riuscita, spingendoli, a scendere dal mezzo, doveva solo aspettare che qualcuno salisse o scendesse.
«Fai la brava, dammi la collana e portami dal tuo amichetto.» Shane le si avvicinò ancora e le sfiorò il collo.
Arizona s'irrigidì, alzò la gamba destra e diede una ginocchiata a Shane, che si piegò dal dolore. Arizona approfittò di quel momento e del fatto che le porte si fossero aperte per scendere, spingendo chi si trovava davanti a lei.
Una volta in strada iniziò a correre, decidendo di non prendere nessun mezzo pubblico fino a quando non avrebbe trovato Logan.

***

Tre quarti d'ora dopo era in centro, e ormai era già buio. Aveva fatto un giro più lungo, passando per viottoli e per un paio di parchi pubblici.
Arizona entrò in un bar alla sua sinistra, si avvicinò al frigo e prese una bottiglietta d'acqua, cercò qualche monetina nella borsa e pagò alla cassa.
Guardò chi fosse presente in quel bar, uno dei preferiti di Logan, vide un gruppo di ragazzi che conosceva e si avvicinò a loro.
«Hai visto Logan?» domandò a Carl, un ex compagno di studi del ragazzo.
«È uscito con Hannah.» rispose l'altro.
Arizona sbuffò e bevve direttamente dalla bottiglia. «Lo so, voglio sapere se sai dov'è.» esclamò e mise la bottiglia in borsa.
Carl ingoiò qualche patatina, «E lascialo in pace!» disse, «Staranno sicuramente dandoci dentro!» esclamò e scoppiò a ridere.
Arizona lo fissò, poi voltò la testa. Aveva sentito qualcosa, come un campanellino lontano…
«Ho bisogno di parlargli urgentemente.» disse fissando Carl, «Si tratta… di sua madre.» aggiunse. Carl la fissò e annuì. Quasi tutti sapevano delle condizioni di salute di Lana.
«Ok. Era al ristornate di pesce, quello vicino a…» Carl non riuscì a finire la frase, la sua testa cadde in avanti sbattendo vicino al bancone.
Qualcuno urlò e Arizona fece un passo indietro mentre il campanello suonava sempre più forte nella sua mente. Carl scivolò per terra come se fosse una bambola di pezza e Arizona si coprì la bocca con la mano per impedirsi di urlare. Dagli occhi di Carl, come dal naso e dalle orecchie, stava uscendo del sangue e qualcosa che Arizona non riusciva a riconoscere, ma temeva che fossero pezzi di cervello.
Si voltò verso la porta e vide Shane appoggiato ad essa, lui sorrise guardando il corpo di Carl.
Arizona respirò profondamente e uscì dal locale. «Sei stato tu?» domandò a Shane.
Lui annuì, continuando a sorridere. «Sì, è stato divertente!» rispose allegramente.
«Perché?» soffiò Arizona stringendo i pugni, non conosceva bene Carl, ma vederlo morire in quel modo l'aveva fatta star male.
«Ucciderò chiunque voglia finché non mi darai la tua gemma.» rispose Shane. «E per quanto riguarda il tuo amico… so dov'è e tu non riuscirai ad avvertirlo.»
Arizona respirò a fondo, si voltò e iniziò a correre, seguita dalla risata di Shane.
Doveva assolutamente trovare Logan.
Dopo quelle che le parvero ore si fermò in una piazzetta, prese la bottiglia d'acqua dalla borsa e bevve. Prese il cellulare e si stupì quando vide che erano quasi le nove e dieci; scosse la testa e compose il numero di casa di Logan.
«Chiamami immediatamente, ci sono problemi di…» disse dopo aver sentito il messaggio della segreteria «lavoro.» finì sperando che Logan capisse. Pensò che probabilmente Logan avesse portato Hannah a casa sua.
Attraversò la piazzetta e sbucò dall'altra in una stradina. Le serrande dei negozi erano abbassate, le luci nelle case accese.
Dopo cinque minuti arrivò in un'altra piazza. Arizona si sedette su una panca e respirò a fondo, si sentiva stanca, non ne poteva più di scappare, non sapeva se Logan stesse bene, e si detestava perché si sentiva impotente. Non sapeva quale incantesimo usare e, soprattutto, se ce ne fosse uno adatto a quello che stava accadendo.
Si detestò e detestò i suoi genitori per averla privata di una parte importante della sua vita.
Pensò alla sorella di Logan, Cressida, era più piccola di lei, aveva sedici anni, ed era più potente. In quel momento la invidiò.
Arizona prese la bottiglia d'acqua e la sorseggiò lentamente, afferrò il cellulare e guardò l'ora. Le nove e venticinque.
Si alzò e riprese a camminare, passando davanti al distributore automatico di sigarette.
«Ciao, Ari.»
Lei si voltò e sorrise, «Ciao, Neal.» disse guardando il ragazzo prendere le sigarette e il resto. Odiava essere chiamata Ari.
«Cosa ci fai in giro a quest'ora?» domandò Neal sistemandosi gli occhiali.
«Un giro.» rispose, «E tu?» domandò, e all'improvviso le venne un'idea, sperò che lui le dicesse la cosa giusta.
«Sto andando a casa, devo finire di studiare.»
Arizona sorrise e si avvicinò a lui. «Studiare… ma è sabato!» gli fece notare e gli sfiorò una guancia.
Neal mormorò qualcosa d'incomprensibile e arrossì.
«Perché…» Arizona si bloccò e si fece coraggio. Neal non le piaceva ma abitava nello stesso complesso residenziale di Logan. «Perché non ci divertiamo un po'?» gli sussurrò all'orecchio e posandogli le mani sulle spalle.
«Co… cosa?» farfugliò Neal, le sigarette gli caddero sul marciapiede. «Sul serio?»
Arizona sorrise e annuì. Incominciava a sentire il campanellino suonare. Non sapeva se Shane avesse detto la verità, quando le aveva detto che sapeva dov'era Logan.
Anche Neal sorrise. «Oh, sì, sì, certo!» esclamò, «La macchina è di là.» aggiunse indicando il parcheggio dall'altra parte della strada.
Pochi secondi dopo erano in macchina e Arizona sperò di arrivare da Logan prima di Shane e Tom.

Secondo capitolo! Spero vi piaccia.
Un piccolo commentino non volete lasciarlo? Non fate i timidi,io non vi mangio mica!
Al prossimo capitolo

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Capitolo 3
*** Capitolo Tre -21:30 - 22:00 - ***




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Capitolo Tre
21:30 - 22:00

Arizona ignorò il disgusto che la mano di Neal posata sul ginocchio le provocava. Ricordò a se stessa che doveva sopportare per una buona ragione. Richiamò alle labbra un sorriso e si voltò per guardare Neal. «Preferirei che tu tenessi le mani sul volante.» disse spostando la mano del ragazzo.
Neal la fissò appena e annuì, posò la mano sulla leva del cambio.
«Sai, ci sono tanti idioti alla guida.» esclamò Arizona fissando fuori dal finestrino, mancavano un paio di chilometri e sarebbe arrivata da Logan.
Erano quasi arrivati quando Neal rallentò e si fermò.
«Perché ti sei fermato?» domandò Arizona iniziando ad agitarsi. Tremò al pensiero che anche Neal potesse essere uno dei Dark Shadow.
Trattenne il respiro e si voltò verso il ragazzo, in attesa di una risposta.
«Quell'imbecille deve proprio uscire con il camion adesso?» domandò Neal.
Arizona guardò davanti a sé e vide le luci riflesse sui paletti vicino al bordo della strada, Neal aveva ragione, un grosso mezzo era al di là della curva.
Neal ingranò la marcia e indietreggiò, finendo dentro un piccolo cortile di una casa abbandonata.
«Perché ti sei messo qui?» domandò Arizona, secondo lei il camion ci sarebbe passato.
Neal sbuffò. «Perché la strada è stretta e non voglio che la macchina si graffi.»
Arizona annuì e rimase in silenzio, dopo qualche secondo il camion passò, e i vetri vibrarono, il vecchio cancello si chiuse sotto le vibrazioni causate dal peso del mezzo.
«Ma… cosa?» borbottò Neal.
«Lo apro io.» disse Arizona, si slacciò la cintura e scese, si avvicinò al cancello e lo aprì, guardò in strada e fece cenno a Neal di avvicinarsi. Il ragazzo avanzò piano, uscendo dal cortile e fermandosi a bordo della carreggiata.
Arizona si avvicinò all'auto quando sentì una macchina frenare, si voltò e si trovò il cofano di un'auto a pochi centimetri dalle gambe.
Respirò a fondo, anche se era buio aveva riconosciuto Shane. Poco dopo i due stregoni scesero e fissarono Arizona. «Scappi sempre.» esclamò Shane.
«Non si fa.» disse Tom.
Arizona ingoiò la saliva e sperò che non facessero nulla.
«Ari? Vieni?» la chiamò Neal sporgendosi dal finestrino.
«Ari?» domandò Shane e sorrise. «Non pensavo che ti piacessero i quattr'occhi, Ari.» le disse prendendola in giro.
Arizona non gli disse nulla e si voltò verso Neal «Arrivo subito!» esclamò.
«Non credo proprio,» disse Shane e Arizona si voltò verso di lui, «mia cara Ari.»
Lei respirò lentamente. «Non chiamarmi Ari!» sbottò.
«Dammi quella gemma e falla finita, che mi sono stancato di correrti dietro.»
Arizona fissò Shane, «No.» disse.
Lui alzò le spalle, guardò Tom, sorrise e mosse la mano.
Arizona voltò lentamente la testa e con orrore vide un grosso pino abbattersi sull'auto di Neal, cadendo sul tettuccio.
Il rumore delle lamiere contorte la fece rabbrividire, con orrore vide la testa di Neal cadere sull'asfalto, lasciandosi dietro una scia di sangue che imbrattò l'auto e la strada.
Arizona fissò la scena senza dire una parola, senza muoversi. Era la seconda volta in quella serata che vedeva morire qualcuno.
«Sei uno stronzo.» mormorò, si voltò e fissò Shane, le braccia morbide lungo i fianchi. Mosse piano le dita, sentendo l'energia crescere dentro di lei.
«Non farla lunga, Ari.» disse Shane alzando le spalle.
Arizona si mosse le labbra e alzò una mano mentre mormorava una lania in una lingua che conoscevano in pochi, chiuse gli occhi e alzò la voce, dopo qualche istante scaricò l'energia contro Shane e Tom, facendoli sbattere contro l'auto.
Si girò e iniziò a correre, chiuse gli occhi quando passò davanti all'auto, arrivò al cancello e lo trovò aperto, entrò corse lungo il vialetto, passò sotto un arco di pietà, e finalmente arrivò davanti al portene dell'edificio D.
Arizona guardò appena la persona che stava uscendo ed entrò, fermandosi davanti all'ascensore. Decise d'ignorare gli avvertimenti di Jim —non usare la magia in pubblico— e pronunciò sotto voce un incantesimo. Le porte dell'ascensore si aprirono e lei entrò, si appoggiò alla parete di fronte alla porta e sospirò, fissò lo schermo sopra le porte, i numeri dei piani s'illuminarono uno dopo l'altro. Arizona era sicura che nessuno sarebbe salito a causa dell'incantesimo che aveva fatto.
Poco dopo le porte si aprirono e Arizona uscì, camminò velocemente lungo il corridoio e si fermò davanti alla porta dell'appartamento di Logan.
Suonò il campanello e attese, ascoltò delle voci soffocate e dei passi avvicinarsi alla porta, che si aprì di una decina di centimetri.
«Arizona… sono impegnato.» mormorò Logan.
Arizona sbuffò e lo fissò negli occhi azzurri. «Abbiamo un problema.» disse, «Non hai sentito i messaggi in segreteria?»
Logan scosse la testa. «No.» rispose, «Mi sembra di capire che sia grave. Sembri sconvolta.» il ragazzo chiuse la porta e Arizona sentì il rumore del catenaccio che veniva tolto.
La porta si riaprì e Arizona vide Hannah seduta sul divano.
«Perché lei è qui?» domandò, «Ero convinta che saremmo rimasti soli!»
Logan si votò verso di lei «Arizona è qui perché dobbiamo parlare di…» di fermò e guardò la giovane strega.
«Di lavoro. Dobbiamo parlare di lavoro.» finì Arizona entrando in casa, riconobbe il profumo dell'incenso al rosmarino, una pianta protettiva.
«Parlate, allora.» esclamò Hannah.
Logan e Arizona si guardarono, poi fissarono Hannah. «Anche se è lavoro sono cose private.» disse la ragazza.
Hannah arricciò il naso e borbottò qualcosa d'incomprensibile. «Vado in camera.» disse, prese la borsa e si alzò in piedi.
Quando la porta della camera fu chiusa Logan fissò Arizona. «Allora? Cosa devi dirmi?» domandò passandosi una mano fra i capelli castano chiaro.
Arizona respirò profondamente e lo fissò, guardando la luce che si rifletteva sul ciondolo verde smeraldo che Logan indossava. «Ho incontrato due dei Dark Shadow.» mormorò sedendosi. «È tutto il pomeriggio che mi seguono.» aggiunse toccandosi i capelli e attorcigliò una ciocca sull'indice sinistro.
«Il motivo?» domandò Logan.
Arizona lo guardò e notò che era sconvolto, anche se cercava di non farlo vedere.
«Non lo so quale sia il motivo esatto, però vogliono le nostre pietre.» rispose Arizona.
Logan respirò lentamente e annuì. «C'è dell'altro, vero?»
Arizona annuì e abbassò la testa. «Sì…» mormorò. «Carl e Neal sono morti.» bisbigliò. «Li hanno uccisi loro.» «Cazzo!» imprecò Logan. «E tu eri lì?»
Arizona annuì. «Sanno anche di te. Prima erano qua fuori.»
Logan si sedette sul divano accanto a lei. «Cazzo…» imprecò a bassa voce, «Dobbiamo andare da mio padre.»
Arizona annuì. «Sì, credo di sì.» disse lei. «E Hannah?» domandò voltando la testa verso la camera.
Logan si grattò il mento e sospirò. «La mando a casa, tanto abita qui accanto.»
Arizona annuì, prese la bottiglietta d'acqua dalla borsa e la finì in un paio di sorsi.
Logan si avvicinò alla camera e aprì la porta. «Mi dispiace Hannah, ma devi tornare a casa… io e Arizona dobbiamo fare alcune cose.»
Hannah sbuffò e incrociò le braccia al petto, si passò una mano fra i capelli e sbuffò nuovamente. «E io non posso venire?» domandò.
Logan scosse la testa. «No, scusa.»
Hannah uscì dalla stanza e si fermò accanto al divano. «Voglio venire anch'io.» disse, «Se è solo per lavoro posso venire.»
«Forse non hai capito.» esclamò Arizona. «Anche se è lavoro è anche una cosa privata.»
Logan la fissò e lei lo guardò sperando che capisse. Era agitata e incominciava a sentire il tintinnio.
Il ragazzo prese la borsa del netbook, controllò di avere il portafogli e afferrò dal cestino accanto alla porta le chiavi di casa e della macchina.
«Io non voglio andare a casa!» si lamentò Hannah.
Logan la ignorò e aprì la porta. «Andiamo.» disse, fece passare le due ragazze e chiuse la porta a chiave, Arizona tremò e si morse le labbra. «Sono qui…» mormorò.
Logan la fissò e guardò Hannah. «Devi andare a casa.» le disse e si avvicinò agli ascensori, ignorando le proteste della giovane.
Arizona tremò e sentì il tintinnio farsi più forte. «Logan!» esclamò un attimo prima che le porte dell'ascensore si aprissero.
Shane e Tom erano là e guardarono i tre. Logan fece un passo indietro.
«Bene, bene, bene.» disse Shane uscendo dall'ascensore. Tom lo seguì.
«Guarda chi c'è… la piccola Ari e Logan.» continuò Shane.
Logan si voltò verso Arizona, lei annuì debolmente.
Shane e Tom si avvicinarono agli altri. «Hannah, non hai fatto quello che ti avevo chiesto!» sbuffò Shane.
Hannah scrollò le spalle. «Non è colpa mia, è quella» disse indicando Arizona «è arrivata e ha rovinato tutto!» squittì.
Logan la fissò, la delusione per non essersi accorto di nulla sul volto.
«Che cosa?» mormorò Arizona.
Shane scrollò le spalle. «Siamo ben organizzati, Ari.» disse.
Arizona strinse i pugni, «Non chiamarmi Ari!» disse.
Shane alzò le spalle e sorrise. «Come vuoi, Ari.» esclamò prendendola in giro, «E ora dateci le pietre e chiudiamo qua la questione.»
Logan si voltò verso Arizona, la prese per mano e iniziò a correre verso le scale di servizio, quelle che portavano verso il parcheggio sotterraneo.
Scesero velocemente le scale sapendo di essere inseguiti.
«Come hai fatto a non accorgerti che Hannah è una strega?» domandò Arizona scendendo le scale. Sentiva il sudore scenderle sulla schiena e le incominciava a darle fastidio.
«Non ne ho idea!» rispose Logan accelerando il passo per stare dietro all'amica. «Avrà usato qualche incantesimo!» Arizona pensò che la stessa cosa era accaduta anche a lei, e non disse nulla. Aprì la porta che dava sul parcheggio e corse verso la macchina di Logan.
Lui aprì l'auto e entrambi salirono, Logan passò la borsa con il computer ad Arizona.
«Dobbiamo arrivare da mio padre il più in fretta possibile.» disse Logan accendendo l'auto.
Arizona respirò lentamente.
«Se Hannah si è nascosta così bene credo che altri di loro possano farlo.» disse il ragazzo mentre si avvicinavano alla rampa d'uscita.
«Sono preoccupato per mamma.» continuò, «Nelle sue condizioni non riesce a captare quasi nulla…»
Arizona annuì, si voltò e vide Shane accanto alla porta allontanarsi sempre di più, fino a quando la macchina non s'immise sulla strada.

Tre capitoli e due morti.
Buon pomeriggio!
Grazie a chi legge:)

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Capitolo 4
*** Capitolo Quattro 22:00 - 23:00 ***




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Capitolo Quattro
22:00 - 23:00

Logan rallentò quando passò accanto alla macchina di Neal, scosse la testa e guardò Arizona ma lei aveva la fronte appoggiata al finestrino e gli occhi chiusi.
«Dov'è Carl?» domandò il ragazzo.
«Al Moon Bar.» rispose Arizona. «Eravamo lì quando…» si fermò e abbassò il viso. «Sono scappata.»
Logan rimase in silenzio e annuì, «Spiegami cosa è successo.»
Arizona sospirò e lo guardò. «Ero in un negozio con Cindy. Shane e Tom erano lì. Io ero inquieta, avevo i brividi e sentivo un campanellino nella mente.» si fermò e fissò il semaforo rosso.
«Ho visto il tatuaggio di Shane, lui sapeva il mio nome e… sono scappata. E da quel momento continuo a scappare. Sanno dove mi trovo, sanno dove abito…» la ragazza abbassò di nuovo il capo, si sentiva svotata e priva di energie, avrebbe voluto andare a letto, rannicchiarsi sotto le coperte e convincersi che fosse tutto uno strano sogno. Si passò le mani sul volto e le passò fra i capelli biondi.
«Non puoi tornare a casa.» disse Logan.
«Lo so, non sono stupida.» borbottò Arizona.
Logan sorrise e scosse la testa. «Non l'ho mai pensato.» disse. «La mia era solo… una costatazione.» spostò la mano dal volante e strinse quella di Arizona. «Mi preoccupo.»
Lei sorrise e cercò di rilassarsi, aveva tutti i muscoli tesi.
L'abitacolo dall'auto fu invaso dalla luce e Arizona chiuse istintivamente gli occhi. «Che cosa...» borbottò.
Logan sterzò bruscamente e Arizona sbatté la testa contro il finestrino, si voltò e vide una macchina dietro di loro, accendeva e spegneva gli abbaglianti ogni due-tre secondi.
«Sono loro!» strillò la strega. «Accelera, Logan!»
Il ragazzo aumentò la velocità, Arizona respirò profondamente e voltò la testa, l'altra macchina era ancora dietro di loro.
La ragazza strinse il sedile con entrambe le mani mentre Logan accelerava ancora, l'auto svoltò a sinistra immettendosi sulla main street.
Logan rallentò e si fermò dietro ad una macchina che stava svoltando in un parcheggio privato, Arizona trattene il fiato fino a che Logan non ripartì. Mancavano circa cinque chilometri e sarebbero arrivati a casa dei suoi genitori. Si voltò e vide che la macchina non era più dietro di loro. Respirò profondamente, «Non la vedo più.» disse.
Logan guardò lo specchietto retrovisore e annuì. «Non li vedo neanche io.» disse.
Arizona rilassò le spalle e chiuse gli occhi. «Non li sento più.» mormorò.
«In che senso?» chiese Logan.
Lei sospirò e lo guardò. «Quando sono vicini sento dei brividi e un campanellino suona nella mia mente. Più il suono è forte, più sono vicini…» rispose. «Te l'avevo già detto prima.»
«Sì… non avevo capito.» mormorò Logan, guardò per un breve istante la ragazza e sorrise. «Come fai? Cioè… perché riesci a capire quando sono vicini?»
Arizona scosse la testa. «Non ne ho idea.» rispose, «Magari tuo padre saprà dirci qualcosa in più.»
Logan annuì ancora e strinse più forte il volante, non voleva far capire ad Arizona che gli tremavano le mani dalla paura.
Qualche minuto dopo si fermarono davanti ad un alto cancello di ferro.
«Prendi il telecomando.» ordinò Logan, Arizona aprì il cassetto portaoggetti e prese il telecomando del cancello, schiacciò il pulsante e le due ante si aprirono senza far rumore. Logan posteggiò nel giardino sul retro e i due scesero, in silenzio si avviarono verso la porta.
Il ragazzo rese le chiavi e aprì, Arizona entrò per prima. Dopo aver superato il piccolo ingresso si ritrovarono in cucina.
«Cosa ci fate qui?» domandò Jim.
Logan guardò Arizona. «Mamma dorme?» chiese.
L'uomo annuì, «Sì, perché?»
Logan sospirò e si sedette, Arizona fece lo stesso.
«Ci sono alcuni membri dei Dark Shadow… ci inseguono e vogliono le nostre pietre.» spiegò Arizona.
Jim respirò a fondo e fissò il bicchiere che stringeva in mano, mosse il polso e alzò lo sguardo sui due ragazzi. «Siete sicuri?»
Arizona annuì, «Sì… sono più che sicura.» rispose, «Ho visto il tatuaggio di uno di loro.»
Jim annuì e posò il bicchiere. «Andiamo in biblioteca e mi raccontate tutto.»

***

Jim fissò Arizona, chiuse gli occhi e respirò a fondo. «Perché non hanno tentato di prendere le collane?» domandò, più rivolto a se stesso che agli altri due. «Dovremmo cercare informazioni.» aggiunse.
Logan e Arizona annuirono e lei si guardò attorno, ammirando la moltitudine di libri.
«Dobbiamo cercare?» sbuffò Logan, «Ma sono centinaia di libri!»
Jim non lo ascoltò e si alzò in piedi. «Vado a chiamare Cressida.» disse e uscì dalla stanza.
Arizona fissò Logan. «Da che parte iniziamo?» chiese, posò le mani sui braccioli della poltroncina e si alzò in piedi. «Dalla parte che parla di quelli.» rispose lui, «Presumo.»
Arizona fece un sorriso, «Dove sono?» chiese.
Logan alzò il braccio e indicò una libreria in mogano, lunga circa sei metri e alta fino al soffitto. «La fila in alto.»
Arizona fissò i libri e si sedette di nuovo. «Sono… tanti.» mormorò, lo sguardo sempre sui libri, cercò di contarli ma rinunciò al decimo libro. Erano tanti e alcuni erano molto spessi.
Logan si alzò in piedi e spostò una delle scale contro un'estremità della libreria. «Arizona.» disse e fece un cenno verso la scala.
La strega annuì piano e si alzò di nuovo, si avvicinò alla scala e salì, si sedette sull'ultimo gradino. Logan intanto stava salendo su un'altra scaletta, all'estremità opposta della libreria.
Arizona prese il primo libro e lo aprì, sfogliò le prime pagine con aria dubbiosa. Non aveva ancora capito cosa doveva cercare.
«Che cosa devo cercare?» domandò.
Logan scosse le spalle. «Non lo so, qualcosa che ti sembri utile.»
Arizona non disse nulla e continuò a sfogliare il libro, parlava delle nascite delle varie congreghe e clan di streghe e stregoni; dei Dark Shadow si parlava al capitolo sei. Erano cose che Arizona conosceva già, la nascita del clan, avvenuta nel 1790, la loro storia, i membri più importanti. Lesse velocemente ma non trovò nessuno accenno alle collane.
Sbuffò e mise al suo posto il libro e ne prese un altro.
«Trovato qualcosa?» le domandò Logan.
«Non ancora.» ripose Arizona. «Tu?»
«Nulla.»
Arizona non disse nulla e continuò a leggere. Nulla che potesse risolvere i suoi dubbi. Nessun accenno alle collane, alle pietre o al perché le volessero.
Sbuffò annoiata e prese un altro libro, erano descritte i vari metodi di tortura usati dal clan. Arizona rabbrividì, quando lesse di un uomo —ucciso dieci anni prima— che era stato torturato fino alla morte, alcuni membri dei Dark Shadow avevano riversato contro il poveretto i loro poteri. Erano risalti all'identità dell'uomo solo grazie alle impronte dentarie, il resto del corpo era in pessime condizioni.
Lo avevano fatto solo perché l'uomo aveva risposto male ad uno di loro.
Arizona chiuse il libro e si passò una mano sugli occhi. Respirò a fondo e pensò che non avrebbe trovato nulla. Sbuffò, sistemò il libro e ne prese un altro.
«Ma tuo padre dov'è andato?» domandò. «Doveva solo chiamarla, non andare sulla luna!» esclamò.
«Magari è da mamma.» mormorò Logan.
Arizona abbassò la testa e sentì le guance arrossarsi per l'imbarazzo, si sentiva in colpa per essersi dimenticata di Lana, dopo che lei l'aveva trattata come una figlia.
Guardò il libro che aveva in mano, era molto antico: la copertina era in pelle e non si vedeva più il titolo, ma solo delle macchie sfumate color oro.
Anche il bordo delle pagine era dorato.
Arizona aprì lentamente il libro e sfogliò lentamente e con attenzione le pagine.
«Forse ho trovato qualcosa.» esclamò Logan. Arizona alzò lo sguardo e lo vide sorridere. Il pendolo della biblioteca suonò undici rintocchi.

Grazie a chi legge :)

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Capitolo 5
*** Capitolo Cinque 23:00 00:30 ***




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Capitolo Cinque
23:00 - 00:30

Arizona scese dalla scala, «Fammi vedere!» ordinò avvicinandosi al tavolo, scostò una sedia e si sedette.
Logan la raggiunse e posò il libro aperto sul tavolo. «È scritto qui.» disse indicando un paragrafo.
Arizona respirò a fondo e iniziò a leggere.

“Le pietre che alcune Streghe e Stregoni portano con sé sono fonte di grandi poteri, sia prese da sole che insieme. Se unite insieme tramite un incantesimo diventano un'arma potentissima. Chi le cerca non si fermerà davanti a nulla e sarà disposto a tutto pur di averle, anche ad uccidere.”

Arizona fissò Logan. «Non dice nulla sui Dark Shadow.» disse.
Lui alzò le spalle, «Almeno è un inizio. Non sappiamo per cosa le cerchino e quale sia l'incantesimo di unione... ma almeno abbiamo un'idea del perché le vogliano.»
«Una vaga idea...» disse lei, secondo lei in quel paragrafo non c'era scritto nulla di veramente importante, nulla che potesse essere d'aiuto.
Logan si morsicò il labbro inferiore. «Sempre meglio di niente.» replicò.
Arizona rimase in silenzio e dopo qualche secondo annuì. «Dobbiamo farlo vedere a tuo padre e intanto cerchiamo altro.»
Logan annuì, lasciò il libro sul tavolo e tornò sulla scaletta.
«Cressida sta arrivando.» esclamò Jim entrando in biblioteca.
«Abbiamo trovato quello.» disse Arizona indicando il libro sul tavolo, si voltò verso la libreria, spostò la scaletta e salì.
Jim annuì. «Vado a preparare dei tramezzini, credo che sarà una lunga notte.» disse prima di uscire di nuovo.
Afferrò un libro, piccolo, con la copertina blu rovinata e le pagine che si staccavano, le sfogliò lentamente, stando attenta che non cadessero. Lesse qua e là, ma le sembrò che non ci fosse nulla d'importante. Girò qualche altra pagina attrasse la sua attenzione: c'era un disegno del simbolo dei Dark Shadow, un cerchio iscritto in un triangolo equilatero, all'interno del cerchio c'erano due simboli dell'infinito intrecciati. All'esterno del triangolo, due grosse ali nere.
Girò la pagina e iniziò a leggere. Quello che c'era scritto le sembrò una leggenda.
«Qui c'è scritto...» esclamò senza alzare lo sguardo dal libro, «che le pietre rappresentano la persona che le indossa, rappresentano i suoi poteri. Che se le pietre vengono unite insieme, in una collana, renderà la persona che le ha unite molto più che potente.» alzò il viso e fissò Logan.
«Un distruttore.» Arizona guardò l'amico per qualche secondo, abbassò di nuovo la testa e riprese a leggere. «Non importa che la persona, Strega o Stregone che sia abbia dei buoni propositi, la collana lo renderà, cattivo, maligno, spregevole, ignobile...» respirò a fondo.
«Le pietre sono sette: uno smeraldo, un'opale, un'ametista, un rubino, un zaffiro, un'ambra e il turchese. Mole streghe e stregoni hanno pietre di questo tipo, ma solo sette di loro hanno le caratteristiche necessarie per essere usate nell'incantesimo...» le ultime parole furono quasi un sussurro.
«Io ho lo smeraldo, tu l'ametista...» disse Logan, «Ci cercano entrambi. Bisogna cercare gli altri cinque. Fosse semplice.»
Arizona lo guardò in silenzio.
«C'è scritto perché servono proprio quelle persone? Qualcosa che ci aiuti a trovarle.» continuò Logan.
Arizona abbassò lo sguardo sul libro. «Le persone hanno qualcosa in comune, oltre ad essere Streghe o Stregoni e avere la pietra. Sono nate tutte, in giorni, mesi e anni diversi, durante la notte di luna piena.»
Logan mise il libro che aveva in mano nella libreria e scese velocemente la scaletta, Arizona lo seguì portandosi dietro il libretto.
«Io sono nato nella notte di luna piena.» disse, si avvicinò al pc e lo accese.
«Se anche tu sei nata nella notte della luna piena...» mormorò guardando lo schermo illuminarsi, «stanno veramente cercando noi.»
«Non lo so che luna c'era quando sono nata. E non credo che i miei si ricordano questo particolare.» disse Arizona.
Logan si sedette sulla poltroncina e avviò il programma del lunario perpetuo, inserì la sua data di nascita e una grossa luna bianca e la scritta “luna piena” confermarono quello che sapeva già. Digitò velocemente la data di nascita di Arizona, 18 Marzo 1992.
Quando il risultato apparve sullo schermo si voltò e guardò l'amica.
«Cercano noi. Cercano noi...» sussurrò lei. Si toccò i capelli e sospirò. «Oh cazzo!» imprecò. «E come facciamo a trovare gli altri?»
Logan aprì un documento, era una lista di tutte le streghe e gli stregoni della zona, c'erano anche le date di nascita.
«Jack, Sam, Sandy, Carly.» esclamò Logan dopo cinque minuti.
«Dobbiamo avvertirli.» disse Arizona.
La porta della biblioteca si aprì e i ragazzi si voltarono, erano Jim e Cressida, il padre aveva un vassoio in mano, lo posò sul tavolo e si avvicinò alla scrivania.
Logan spiegò quello che avevano scoperto.
«Ne manca uno.» disse Jim guardando la lista.
«Sì, lo so, ma non è nessuno che conosciamo.» rispose Logan. «Il vecchio George era nato nella notte di luna piena, ma servono... gli serviamo vivi e George è morto tre anni fa.»
Jim aggrottò le sopracciglia. «Li avverto io, voi state qui e iniziate a buttare giù un piano.»
I ragazzi si sedettero al tavolo e Jim uscì di nuovo, Arizona prese un tramezzino e iniziò a mangiare.
«Cosa facciamo?» domandò Cressida, prese il libricino e iniziò a leggere.
«Non ne ho idea.» rispose Logan, si passò le mani sul viso e sospirò; fissò Arizona che mangiava lentamente.
«Non so da dove iniziare.» continuò il ragazzo. «Sono pericolosi.»
«Dovremmo scoprire chi sia il loro capo.» propose Arizona e mangiò l'ultimo pezzo del tramezzino.
«Non sarà facile.» esclamò Cressida.
Logan fissò Arizona, «Però tu riesci a sentire quando quei due sono vicini...» disse Arizona aprì la bocca e lo guardò sconvolta. «Troviamo quei due, li catturiamo e li costringiamo a dirci tutto.»
«Ma sei scemo?» strillò Arizona. «Cosa ti sei fumato? Io non faccio da esca!»
«Ha ragione Logan.»
Arizona fissò Jim e rimase in silenzio.
«Sam e Cindy sono scomparsi. Nessuno li vede dal pomeriggio.» esclamò Jim. «Jack sta venendo qui con Grace e Stephan. Carly arriverà appena finisce il turno al pronto soccorso.»
Grace era la moglie di Sam e Stephan il compagno di Cindy.
«Tu» continuò Jim indicando Arizona «e Logan andrete in giro per la città e troverete quei due, ci chiamate e noi verremo ad aiutarvi a catturarli.»
Arizona fissò Jim e annuì. «Va bene.» disse, prese un altro tramezzino e una bottiglietta d'acqua. «Andiamo.» disse a Logan.
«Se scopriamo altro vi chiameremo.» disse Jim.
Arizona e Logan uscirono dalla casa e pochi minuti dopo erano in macchina.
«Dove andiamo?» domandò Logan.
«Non ne ho idea, non sento nulla.» rispose Arizona. «E penso che sia una cosa pericola quella di usarmi come esca.»
«Guarda che non sei sola.» le fece notare Logan.
Arizona sbuffò. «Lo so, solo che... l'idea di fare da esca non mi piace.»
«Non sarai un'esca...» disse Logan e svoltò a destra, verso il centro. «Sei una specie di navigatore satellitare.»
Arizona lo guardò e sbuffò. «Sì, sì, come vuoi.» disse e sbadigliò. Era stanca, voleva solo andare a casa e dormire. «Non sento nulla.» Rimasero in silenzio per diverso tempo mentre giravano per le strade della città.
Il cellulare di Arizona squillò, lei lo prese dalla borsa, era Cressida. «Dimmi.»
«Abbiamo trovato un libro, c'è l'incantesimo completo.» esclamò Cressida, Arizona notò che era agitata.
«Aspetta che metto in vivavoce così ti sente anche Logan.» Arizona premette un tasto. «Parla pure.»
«Qui dice che hanno bisogno di sette pentoloni di rame, varie piante ed erbe, e poi candele, acqua, sale, sassi... insomma, quello che servirebbe per un normale incantesimo.» Cressida si fermò per prendere fiato.
«I sette prescelti, così li chiamano verranno appesi per le caviglie sopra i calderoni e i loro polsi verranno tagliati e il sangue finirà nel calderone.» continuò la giovane, «Così c'è scritto. E partono dalla più giovane.»
«Da me?» domandò Arizona. «Oh cazzo. Ma quello che manca? Avete scoperto chi sia?»
«No.» rispose Cressida. «Adesso vado, se ci sono novità vi chiamo.»
Arizona fissò il telefono. «Bene. Quelli mi vogliono morta. Adesso si spiega perché non abbiano tentato di strapparmi la collana... gli servo.»
Logan rimase in silenzio. «È orribile quello che voglio fare.» disse dopo un po', girò a sinistra, verso il porto. Arizona si bloccò e il cellulare cadde ai sui piedi, voltò la testa verso Logan e lo guardò. «Sono qui da qualche parte.»

Salve, scusate il ritarto.
grazie a chi legge, commente e mette la storia in qualche lista.

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Capitolo 6
*** Capitolo Sei 00:30 - 11:00 ***




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Capitolo Sei
00:30 - 11:00

«Dove?» domandò Logan e fermò l'auto vicino all'ingresso di un magazzno.
Arizona scosse la testa e guardò fuori dal finestrino anche se l'unica cosa che vedeva era il muro del magazzino.
«Non lo so... so solo che sono qua attorno.» rispose.
Logan strinse il volante e si morsicò il labbro inferiore. «Va bene.» disse. «Resteremo qui. Se sanno dove sei ci troveranno loro.»
Arizona annuì. «Cosa?» strillò voltandosi verso di lui. «Dobbiamo stare qui ad aspettare che ci facciano fuori? Tu sei scemo.»
Logan le strinse una mano. «Dobbiamo trovarli, è quello che avevamo deciso.»
Arizona guardò fuori e sospirò «Lo so...» chiuse gli occhi e li riaprì per guardare Logan. «È che non mi piace come idea.» disse e appoggiò la testa al finestrino.
«Comunque sono qua attorno, credo.» disse dopo qualche minuto di silenzio. «Penso che ci stiano girando attorno.»
Logan annuì. «Lo penso anche io... dobbiamo solo aspettare.» disse e abbracciò la ragazza. «Andrà tutto bene,vedrai.»
Arizona respirò profondamente. «Sono stanca, dormirei per due giorni.» mormorò posando la testa sulla spalla del ragazzo. Rimase lì ferma a farsi coccolare da lui.
Spalancò gli occhi e alzò la testa. Il campanellino nella sua mente suonava più forte e aumentava di volume molto velocemente. Prima che potesse dire o fare qualcosa il lunotto posteriore s'infranse, seguito dal finestrino del conducente.
Arizona strillò e si strinse a Logan.
«Eccoli qui...» esclamò Shane, «due piccioncini.» disse piegandosi per guardare attraverso il finestrino rotto. «Due ragazzi in una sera... Ari, la gente dopo potrebbe pensare male!»
Arizona lo fissò, si staccò da Logan, prese una bottiglietta vuota da sotto il sedile e la lanciò contro Shane, mancandolo.
Lui la raccolse da terra e la schiacciò. «Sei focosa.» disse ridendo.
«Cosa vuoi? Perché hai rotto i finestrini della mia auto?» domandò Logan.
Shane alzò le spalle. «Perché mi andava, suppongo.» rispose appoggiandosi alla macchina. «E perché è divertente.»
Lanciò la bottiglia e si voltò verso Logan e Arizona. «Finiamola con questa pagliacciata e seguitemi.» aggiunse. Logan si voltò verso Arizona, le sussurrò qualcosa all'orecchio e la lasciò andare. «Levati.» disse a Shane aprendo la portiera.
Il mago si scostò e Logan scese dalla macchina, lasciando la portiera aperta, senza togliere lo sguardo da Shane.
«Perché dovremmo venire con te?» domandò.
«Perché... dovete venire e basta.» rispose Shane. «O volete che mi diverta ancora con i vostri amichetti?» chiese sorridendo.
Arizona si bloccò, le mani sul sedile dove fino a pochi secondi prima era seduto Logan, i suoi pensieri corsero alla famiglia di Logan e agli altri stregoni che conosceva.
«Oh, Ari...» disse Shane voltandosi verso la macchina. «la tua amica Cindy come sta?»
Alla ragazza le si mozzò il respiro in gola, si era completamente scordata di Cindy, era scappata lasciandola nel negozio da sola. «Sta bene.» disse sperando che fosse vero.
Shane le sorrise e si chinò, posò un ginocchio sul sedile e la guardò. «Sicura?» chiese. «Io non se sarei così sicuro.» disse, allungò una mano e le sfiorò i capelli.
Logan lo afferrò per le spalle e lo sbatté contro l'auto. «Non azzardarti a toccarla.» ringhiò trattenendolo per la maglietta.
Arizona infilò la mano sotto il sedile del guidatore, strinse il teaser e colpì Shane al fianco, lui urlo e si accasciò a terra.
Logan aprì la portiera posteriore e disse ad Arizona di aiutarlo, ma prima che la ragazza potesse scendere dall'auto un raggio di luce si scagliò contro l'auto facendola tremare.
Logan cadde a terra vicino a Shane e Arizona si coprì il viso con le braccia, quando alzò il viso vide tre uomini avanzare verso di loro, non li conosceva ma era sicura che fossero dei Dark Shadow.
Si sporse dalla macchina e allungò un braccio verso Logan, gli strinse la spalla destra e lo scosse.
Il ragazzo scattò in piedi e rientrò in auto, travolgendo Arizona. Logan chiuse la portiera anche se sapeva che non sarebbe servito a nulla visto che il finestrino era distrutto.
I tre sconosciuti aiutarono Shane ad alzarsi. «Non si fa così Arizona.» disse, si voltò verso gli altri tre e fece un cenno con la testa. «Ci costringi a passare alle manieri forti.»
Logan abbracciò Arizona e fissò i quattro ragazzi. «Un'altra volta.» disse e teletrasportò lui e Arizona a casa sua.

***

«Come mai siete qui? E dov'è la macchina?» domandò Jim guardando Logan a Arizona apparire in salotto.
«La macchina è al porto.» rispose Logan, «E per il resto... abbiamo avuto un problemuccio.» disse.
Arizona si lasciò cadere sul letto e sospirò profondamente, posò la testa sul bracciolo, fissò il vassoio con i tramezzini che Jim aveva lasciato sul tavolino quando erano arrivati. Ne prese uno e lo mangiò velocemente, ascoltando distrattamente Logan che raccontava quello che era successo. Posò la testa sul bracciolo e chiuse gli occhi, pensò di riposarsi cinque minuti. Sbadigliò e si raggomitolò su se stessa.

***

Arizona aprì gli occhi e si guardò attorno, non capiva dove si trovasse, scostò il lenzuolo che la copriva e sbadigliando si mise seduta. Sbatté un paio di volte le palpebre e finalmente capì dove fosse: era sul divano del salotto della casa di Jim.
Le tende erano scostate e la luce del giorno filtrava attraverso le persiane socchiuse, girò il viso verso l'orologio a pendolo e si stupì quando scoprì che erano quasi le undici, non credeva di aver dormito così tanto.
Cressida passò accanto al divano. «Buongiorno.» le disse e si sedette accanto a lui.
«Buongiorno.» biascicò Arizona ancora mezza addormentata. «Dove sono gli altri?» chiese.
«Logan è di sopra con mamma, mentre papà,Carly e Jack sono in biblioteca, gli altri sono andati a casa.»
Arizona annuì. «Ho fame.» disse.
Cressida sorrise. «Papà stamattina ha preparato i pancake.» disse alzandosi. «Ti conviene mangiarli subito, se si sveglia Logan e li trova li finisce tutti lui.» esclamò e scoppiò a ridere coprendosi la bocca con la mano.
Arizona la seguì in cucina e si sedette al bancone mentre Cressida prendeva i pancake e lo sciroppo d'acero, si alzò e andò a prendere la bottiglia di succo di frutta dal frigo, prese un bicchiere dalla credenza e tornò a sedersi pensando che era appena iniziata un'altra lunga giornata.

Salve, scusate il ritartoma sono in preda a mille cose.
No, non è vero, sono solo pigra.
grazie a chi legge, commente e mette la storia in qualche lista.

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Capitolo 7
*** Capitolo Sette 11:00 - 00:00 ***





Capitolo Sette
11:00 - 00:00

Arizona non sapeva quanto tempo fosse passato da quando Jim l'aveva portata in biblioteca e fatta sdraiare su una coperta rossa, come non sapeva per quanto tempo ancora Jack sarebbe stato inginocchiato al suo fianco, tenendo stretta la sua mano, mormorando parole che non capiva.
Stavano cercando di scoprire il motivo per cui riusciva a captare la presenza dei Dark Shadow.
«Quanto manca?» domandò, «Mi fa male la schiena.»
«Non molto.» rispose Jack. «Adesso chiudi gli occhi» continuò e Arizona lo sentì posare qualcosa accanto alla sua testa, «e chiudi anche la bocca.»
Arizona fece come gli era stato chiesto e sentì qualcosa di freddo e duro posarsi sulla fronte, sulle labbra e sulla pancia, pensò che fossero delle pietre. Si chiese se tutto quello sarebbe servito a qualcosa. Sentì la pendola battere dodici volte. Mezzogiorno.
Le faceva male la schiena e doveva andare in bagno, respirò di sollievo quando le pietre furono tolte dal suo corpo.
«Alzati pure.» esclamò Jack e l'aiutò a rimettersi in piedi. «Non ho trovato nulla.» disse rivolgendosi a Jim.
Arizona li lasciò parlare, uscì silenziosamente dalla biblioteca e andò in bagno.

***

Arizona ascoltò distrattamente gli altri parlare di incantesimi, attacchi e contrattacchi, di cerchi magici, di cosa fare e cosa non fare.
Erano ore che erano lì, in biblioteca, a parlare di quello.
Voleva uscire, sdraiarsi su un prato e non pensare a nulla.
Il cellulare che aveva in tasca vibrò e Arizona lo prese, era un messaggio da parte di Evelyn, una sua collega dell'università, senza farsi vedere, tenendo il cellulare sotto al tavolo, lesse il messaggio.
“Cambio di programma! Quel dittatore di Morris ha cambiato orario, c'è domani mattina alle 10!”
Arizona respirò a fondo, Morris era l'insegnate di Economia, e se non andavi a una sua lezione rischiavi la bocciatura al suo esame. Lui reputava l'assenza giustificata solo quando uno dei suoi studenti era in punto di morte. Doveva assolutamente andare a quella lezione, non poteva rischiare una bocciatura all'esame.
Finalmente, dopo quello che le parve un tempo infinito, gli altri smisero di parlare e lei si accorse di aver capito poco e niente, ma non le importava. Seguì Logan e Jim in cucina.
«Posso tornare a casa?» domandò, afferrando la pentola che Jim le aveva dato. «Ho una lezione importate domani.» Jim la fissò per qualche secondo, «Preferirei di no.» disse.
Arizona posò la pentola sul bancone. «Ma ci devo andare!» protestò Arizona. «Quello stronzo mi boccia all'esame se non vado!»
Gli altri due rimasero in silenzio.
«Starò attenta, lo prometto.» aggiunse Arizona, «Vado a casa, rimango chiusa dentro e non apro a nessuno, e domani, subito dopo la lezione, vengo direttamente qui, senza passare da casa.» fissò gli altri due, sorridendo e cercando di assumere un'espressione da “brava bambina”.
Jim la guardò e sospirò, Arizona seppe di averlo convinto. «E va bene.» disse, «Ma devi promettermi che starai attenta e al minimo accenno di pericolo verrai immediatamente qui.»
Arizona sorrise e lo abbracciò, «Grazie! Grazie! Prometto che starò attentissima!» disse.
Jim sorrise e le accarezzò la schiena, guardò Logan e gli lanciò un'occhiataccia quando lo vide sbuffare. «Però rimani qui a cena e ti accompagna a casa Jack.»

***

«Sei arrabbiato?» domandò Arizona infilando la chiave nella serratura, «Non mi parli da quando abbiamo preparato la cena.» Logan sbuffò, aveva insistito per accompagnarla insieme a Jack e poi per accompagnarla fino alla porta di casa. «Credo che sia una follia.» rispose, «E credo che mio padre sia impazzito.» aggiunse.
Arizona lo ignorò ed entrò nel suo appartamento, posò la borsetta e la scatola che Jim le aveva dato sul tavolo della cucina e si voltò verso di lui. «Starò attenta, vedrai.» gli disse, «E se ci saranno dei problemi correrò da te.» aggiunse sfiorandogli il viso. Logan fece un passo indietro e lei alzò le spalle, si avvicinò al frigo e aprì lo sportello, prese il cartone del latte, lo posò sul mobile e si voltò per guardare Logan. «Se tuo padre ha detto che posso stare da sola credo che...» versò il latte in una tazza, «credo che sappia quello che faccia.»
Logan sbuffò nuovamente. «Mi preoccupo.» disse.
«Se non scendi subito sarà Jack a preoccuparsi.» scherzò Arizona.
Logan respirò profondamente e annuì. «Sì, giusto.» disse. «Ricordarti l'incantesimo.» aggiunse indicando la scatola sul tavolo, salutò Arizona con la mano e uscì, chiudendosi la porta alle spalle.
Arizona chiuse la porta a chiave e aprì la scatola, dentro c'era tutto il necessario per un incantesimo di protezione. Tornò alla sua tazza di latte, avrebbe eseguito l'incantesimo dopo aver fatto lo spuntino serale.

***

Il cerchio era disegnato per terra, sul pavimento del salotto. L'aveva fatto Arizona appena arrivata in quella casa e di solito se ne stava coperto dal tappeto viola.
Ad ogni punto cardinale era presente una ciotolina contenente qualcosa: a Nord della terra, del semplice terriccio che aveva comprato in un negozio di giardinaggio, a Est un bastoncino d'inceso, era già acceso e dalla punta si alzava una sottile filo di fumo e il profumo invadeva l'ambiente. A ovest, dell'acqua di rubinetto, e a Sud una candelina bianca, accesa anche quella.
Al centro del Cerchio Magico, accanto ad Arizona, in un piccolo braciere, bruciavano alcune piante e fiori protettivi: rosmarino, alloro, chiodi di garofano, edera, garofano, lillà, maggiorana e rosa.
Il loro odore, mischiato a quello del carbone e a quello dell'incenso era forte, ma Arizona non ci badò, ad occhi chiusi pronunciò l'incantesimo, afferrò la scatoletta alla sua destra, l'aprì e versò nel braciere le pietre che vi erano contenute. Erano dei semplicissimi quarzi bianchi e quarzi rosa. Le girò fra le erbe con un bastoncino e continuò a recitare l'incantesimo.
Non sentiva nulla, i suoi sensi erano concentrati su quello che stava facendo. I rumori che provenivano dall'esterno dell'appartamento non la disturbavano, non li sentiva. Era come se fosse in una grossa bolla trasparente insonorizzata e lì dentro si sentiva felice.

***

Arizona posò la sveglia sul comodino, l'aveva puntata alle sette, si sdraiò sul letto e sbadigliò. Era stanca, esausta e non vede l'ora che finisse tutto quanto, sia la storia dei Dark Shadow sia il suo esame, l'ultimo di quella sessione.
Cercò di ricordarsi se avesse chiuso tutte le finestre, in particolare quella della cucina che dava sulla scala antincendio. Si ricordò di averlo fatto e di aver messo persino il lucchetto, cosa che non faceva mai, aveva chiuso la porta d'ingresso con tutte le mandate e aveva inserito il catenaccio.
Era al sicuro in casa sua, pensò di non doversi preoccupare, le finestre e la porta erano chiusi e l'incantesimo aggiungeva una protezione in più.
Guardò le cifre sulla sveglia cambiare dalle 23:59 alle 00:00, chiuse gli occhi e si addormentò.

Salve! Capitolo pubblicato prima del previsto, l'isirazione è arrivata ieri, improvvisamente.
Non succede nulla, è solo una capitolo di transizione, ma spero che vi piaccia.

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Capitolo 8
*** Capitolo Otto 00:00 - 13:45 ***




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Capitolo Otto
00:00 - 13:45

Arizona si rigirò nel letto e mugugnò qualcosa, aprì gli occhi e fissò la sveglia. Chiuse gli occhi e li riaprì di scattato, si mise a sedere sul letto e afferrò la sveglia. Mancavano dieci minuti alle otto.
Buttò la sveglia sul comodino e si alzò, rischiando d'inciampare nel lenzuolo che le si era attorcigliato sui piedi. Corse in bagno e aprì l'acqua calda della doccia, velocemente si spogliò e si gettò sotto il getto caldo.
«Sono in ritardo.» mormorò afferrando la confezione di shampoo dalla mensolina. «Un tremendo ritardo.»
Dieci minuti dopo era di nuovo in camera, legò i capelli ancora bagnati in uno chignon disordinato, infilò la maglietta azzurra e si sedette per allacciarsi le scarpe.
Afferrò la borsa che usava per l'università e ci mise dentro il portafoglio e il cellulare, controllò che il blocco degli appunti non fosse finito e che la biro funzionasse.
Mise la borsa a tracolla e tornò in bagno, afferrò la bustina trapuntata rosa dei trucchi e la ficcò in borsa, andò in cucina e prese una merendina dal mobile, una bottiglietta di succo e una di acqua dal frigo, avrebbe fatto colazione sull'autobus. Uscì di casa chiudendo la porta a chiave e corse giù per le scale, se si sbrigava sarebbe riuscita a prendere il tram delle otto e dieci.
Arrivò alla fermata e si fermò a prendere fiato, guardò il display e vide che il suo tram, il numero cinque, era in ritardo di cinque minuti.
Si appoggiò al palo della pensilina e respirò profondamente, cercò il portafoglio in borsa e prese la tessera dell'abbonamento ai mezzi pubblici.
Sbuffò e sperò di arrivare in tempo. Doveva cambiare due tram e prendere un autobus, calcolò che sarebbe arrivata all'ateneo per le dieci meno venti. E poi c'era il pezzo da fare a piedi, l'aula del suo insegnate era dall'altra parte dell'ateneo.
Sperò di non arrivare in ritardo.
Il tram arrivò e lei salì, sedendosi su uno dei pochi sedili liberi nel fondo del mezzo.
Appoggiò la fronte al finestrino e sospirò. Era ancora stanca e aveva paura. Paura che Shane la trovasse, paura che trovassero Logan, aveva paura che succedesse qualcosa alle persone che amava.
Fissò, senza però vederlo realmente, quello che scorreva fuori dal finestrino. Sbadigliò e sistemò meglio la borsa sulle gambe. Si sfiorò la collana e chiuse gli occhi.
Li riaprì quando si sentì osservata, Arizona si guardò attorno temendo che fosse Shane o un altro dei Dark Shadow. Il tram era pieno e lei non vide nessuno di sospetto, si tranquillizzò, pensando che se ci fosse stato qualcuno dei Dark Shadow avrebbe sentito il campanellino.
Controllò fuori dal finestrino, mancavano due fermate e poi sarebbe dovuta scendere e cambiare linea, si alzò in piedi, sistemò la borsa a tracolla e si avvicinò alle porte, rimanendo in piedi e tenendosi a uno dei pali. Il tram frenò e un uomo finì addosso ad Arizona, lei lo guardò aspettandosi delle scuse ma l'uomo scese senza nemmeno voltarsi.
Arizona sbuffò infastidita e scosse la testa. Mise la mano in borsa e prese la barretta ai cereali, la scartò e iniziò a mangiarla, ignorando le occhiatacce di una vecchietta in piedi alla sua destra.
Cinque minuti dopo scese dal tram e controllò gli orari. L'altro tram sarebbe arrivato nel giro di due minuti.
Arizona finì la barretta e gettò la carta nel cestino della spazzatura.

***

Arizona corse per i viottoli dall'ateneo, mancavano dieci minuti alle dieci. Il secondo tram era rimasto bloccato per quasi dieci minuti a causa di due macchine che si erano scontrate e lei era scesa, decidendo che forse era meglio se fosse andata all'università a piedi.
Evitò due professori ed entrò nell'edifico ad ovest. Salì velocemente le scale e, dopo un paio di minuti, arrivò davanti alla porta dell'aula centodieci. Entrò e sospirò di sollievo quando vide che l'insegnante non era ancora arrivato, si scostò una ciocca di capelli dal viso e andò a sedersi, scegliendo un banco a metà fila.
Aveva appena appoggiato la borsa sul banco quando entrò il professor Morris. Arizona pensò di essere stata fortunata, se tardava di un solo minuto... non ci voleva pensare; prese il quaderno degli appunti e la biro dall'astuccio e spostò la borsa sul pavimento, vicino ai suoi piedi.
L'insegnante iniziò la lezione.

***

Il cellulare squillò e Arizona lo prese dalla tasca, senza guardare chi fosse rispose.
«Dimmi.» esclamò, infilando l'ultima monetina nel distributore.
«Per che ora sarai qui?» le domandò Logan.
«Per l'una.» rispose premendo il pulsante, la bottiglia da mezzo litro di tè alla pesca cadde nel cassetto con un tonfo. «Devo passare da casa per prendere alcune cose.», prese la bottiglia e si allontanò dal distributore.
«Pensavo che avresti preparato il borsone ieri sera o stamattina.» disse Logan.
Arizona aprì la bottiglietta e bevve. «Ieri sera era stanca e stamattina mi sono svegliata tardi.»
«Hai spento la sveglia nel sonno.» scherzò Logan.
Arizona sorrise, «Esatto.» disse e richiuse la bottiglia. «Adesso vado, ci vediamo dopo.»
Mise il cellulare nella tasca dei jeans e la bottiglietta nella borsa e, lentamente, uscì dall'edificio.

***

Arizona attraversò la strada e proseguì, la fermata del bus era a un centinaio di metri di distanza. «Sei sempre in giro.» «Stai andando da quei tuoi amici fuori di testa?» Arizona strinse la tracolla della borsa e fece un passo avanti. «Diventerai matta come loro.» «È già matta!» Arizona deglutì la saliva e si voltò lentamente. «Mamma... papà...» mormorò sentendosi di nuovo quella bambina che si chiudeva nell'armadio per sfuggire agli insulti dei suoi genitori.
Suo padre l'afferrò per il polso destro e la strattonò verso di sé, «Abbiamo trovato un altro medico, uno bravo.» le disse fissandola, «Uno che può curare questa tua... fissazione.»
Arizona aprì la bocca sorpresa e cercò di liberarsi, ma la stretta di suo padre era forte. Tremò dalla paura quando sentì il campanellino suonare nella sua mente.
Respirò a fondo cercando di calmarsi, pensò a quale incantesimo usare ma non le venne in mente nulla.
«... vedrai, la lobotomia funzionerà!»
Arizona fissò suo padre. Lobotomia? Tremò ancora e sentì le ginocchia cederle.
Il campanellino nella sua testa suonò più forte e per qualche secondo la sua vista si offuscò, facendole vedere nero. «Ari, tesoro, sei qui.»
Arizona fissò Shane, uno Shane sfuocato, che si avvicinava. Lui le sorrise e le circondò la vita con un braccio e la liberò dalla presa del padre.
«Sono i tuoi genitori?» domandò lui. Arizona si limitò a annuire.
«Salve.» esclamò Shane rivolgendosi ai genitori di Arizona. «Sono Shane e sono il fidanzato di vostra figlia.»

***

Arizona voltò la testa, i suoi genitori non c'erano più.
«Cosa ti è saltato in mente?» strillò e diede uno spintone a Shane. «Il mio fidanzato? Ma dico, ti sei bruciato il cervello?»
Shane alzò le spalle e sorrise. «Mi tratti così dopo che ti ho salvato?» le disse posandole una mano sulla spalla. «Mi devi un favore.»
«Tu sei scemo.» replicò lei facendo un passo indietro.
Shane si avvicinò di un passo, «Come vuoi.» disse piegando la testa di lato e sorridendo. «Se vuoi essere rinchiusa di nuovo...»
Arizona aprì la bocca sorpresa, «Come fai...»
«So tutto.» la interruppe lui. Incrociò le braccia e si appoggiò al muro, «Arizona Green, nata il diciotto Marzo del novantadue. Due ricoveri nel reparto psichiatrico dell'ospedale pediatrico, infinite sedute con psicologi e psichiatri, vai alla San Mary University e ti mancano tre esami per laurearti in storia dell'arte.»
Arizona si morsicò le labbra. Molte di quelle cose non le sapeva nessuno.
«Fottiti.» mormorò e si voltò, pronta per andarsene.
«E no, mia cara Ari.» Shane la fermò per un braccio e la fece voltare. «Adesso tu vieni con me, chiami il tuo amichetto e gli dici di raggiungerci.» le sussurrò Shane avvicinandosi. «Mi devi un favore.»
Arizona rimase in silenzio.
«Non ti succederà nulla, oppure preferisci finire con il cervello fulminato, legata a un letto, con solo un pannolone addosso?»
«Certo, perché se vengo con te non mi succederà nulla?» ribatté lei, «Lo so che tu e i tuoi amici volete ucciderci!» Shane la guardò per qualche istante e Arizona notò la confusione nei suoi occhi. «Studi troppo, mia cara Ari. Non sai quello che dici.» disse.
«Guarda che so tutto, so cosa volete farci.» sibilò lei.
Shane chiuse gli occhi e scosse la testa. «Vaneggi.» replicò lui. «Stai dicendo un mucchi di stronzate.»
Arizona pensò per un secondo che fosse sincero, che non sapesse veramente cosa volessero fargli.
«Adesso finiscila e vieni con me.» esclamò Shane. «Muoviti.»
Arizona lo fissò, alzò il braccio libero -il destro- e gli diede uno schiaffo.
Shane, sorpreso, la lasciò andare, Arizona corse via, diretta alla fermata del bus.
Il mezzo arrivò dopo pochi secondi e lei salì, si sedette e guardò fuori dal finestrino.
Vide Shane avvicinarsi e per un attimo notò la confusione sul suo viso. Arizona sospirò e si chiese se Shane sapesse dell'incantesimo.
Scosse la testa, decisa a non pensarci. E decise di non pensare neppure all'incontro con i suoi genitori. Respirò a fondo e cercò di rilassarsi.
Un'ora e mezza dopo era a casa sua, si era fermata nella pizzeria poco lontana da casa per prendersi un paio di tranci.
Posò la scatola di cartone sul tavolo, accanto alla borsa e andò in camera, masticando un boccone di pizza Prese il borsone blu dall'armadio, lo gettò sul letto e prese qualche maglietta dal cassetto. In cinque minuti preparò la borsa.
Tornò alla scrivania e afferrò il notebook, lo infilò nella sua custodia e lo prese anche il caricabatteria, che gettò nel borsone prima di chiuderlo. Tornò in cucina e finì la pizza, accompagnandola con una lattina di birra che aveva trovato sul fondo del frigo, Arizona non sapeva da quanto fosse lì ma, dato che non era scaduta, aveva deciso di berla.
Il cellulare squillò mentre finiva il primo trancio, guardò il display, era Logan. «Arrivo, finisco la pizza e vengo.»
Logan sbuffò. «Sei in ritardo.»
«Lo so, scusa.» disse, il telefono incastrato fra la spalla e l'orecchio, tagliò un pezzo di pizza ascoltando distrattamente Logan che la rimproverava.
«Se mi fai finire di mangiare forse riesco a venire da te per le due.»
Logan sospirò, «Giusto.» disse e fece una risata. «Stai attenta.»
Arizona sorrise e afferrò il bicchiere. «Certo.» disse, «A dopo.»
Chiuse la chiamata e bevve la birra, era contenta che qualcuno si preoccupasse per lei, anche se Logan a volte esagerava e l'assillava.

***

Arizona controllò che le finestre fossero chiuse e che le luci fossero spente. Mise la borsa che aveva usato per andare all'università a tracolla, afferrò le maniglie del borsone -il portatile l'aveva messo dentro lì- e aprì la porta. Stava per dare la seconda mandata con la chiave quando un brivido le corse lungo la spina dorsale e il campanellino suonò nella sua testa.

Salve :)
Grazie a tutti quelli che leggono, commentano e mettono la storia in qualche lista!
P.S: No so se esistano reparti di psichiatria negli ospedali psichiatrici, quindi passatemela per buona ù.ù

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Capitolo 9
*** Capitolo Nove 13:45 - 17:30 ***




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Capitolo Nove
13:45 - 17:30

Arizona si voltò lentamente, ingoiò la saliva e cercò di capire dove fossero i Dark Shadow.
La mano le tremò mentre infilava le chiavi nella tasca dei jeans. Afferrò i manici del borsone e lo sollevò. Respirò profondamente e decise di correre giù per le scale.
Arrivò alla fine del corridoio e li vide, Shane, Tom e Hannah, in piedi, sul mezzanino.
Shane la guardò e sorrise, si appoggiò al muro e tolse le mani dalle tasche. «Ce ne hai messo di tempo, Ari.» esclamò, «Se tardavi ancora un po' avremmo messo le radici.» si spostò e fece un passo avanti, posando un piede sul gradino.
Arizona rimase in silenzio e scese di un gradino, posò il borsone e stese le braccia, i palmi rivolti ai ragazzi. Chiuse gli occhi e respirò a fondo, sorrise quando sentì l'energia crescere in lei. Aprì gli occhi e una bolla di energia partì dalle sue mani, si divise in tre e finì contro i Dark Shadow, scagliandoli contro il muro.
Velocemente Arizona afferrò il borsone e corse giù, era quasi arrivata al primo piano quando sentì Shane imprecare contro di lei.
Uscì in strada e si diresse verso il tram, sbuffò quando vide che sarebbe arrivato dopo cinque minuti.
Sistemò il borsone sulla spalla e si guardò attorno; la città, come sempre era piena, contò dieci persone alla fermata insieme a lei.
Si voltò appena sentì il campanellino, Shane era in testa al terzetto, e avanzava verso di lei con passo deciso, le labbra strette e l'espressione fiera.
«Sei una stronza.» le disse quando le fu vicino.
Arizona decise d'ignorarlo, guardò la strada sperando che il tram arrivasse presto.
«Sto parlando con te.» esclamò Shane avvicinandosi ancora di più. «Non me l'aspettavo una cosa del genere da te, Ari, sei troppo... violenta.»
Lei si scostò appena, non voleva averlo vicino. Vide il tram in lontananza e si mosse in avanti, pronta per salire appena le porte si fossero aperte.
«Sei maleducata, dovresti guardarmi mentre ti parlo.» disse Shane sfiorando il borsone di Arizona, lei si voltò e si scansò, spostandosi verso destra.
«E dovresti rispondermi, Ari.» continuò Shane, «Non mi piace parlare da solo come un cretino.»
Il tram arrivò e si fermò con uno stridio le porte si aprirono e Arizona salì, «Mi chiamo Arizona, stronzo.» esclamò lei, un attimo prima che le porte si chiudessero dietro di lei, lasciando Shane a terra. Lo guardò e rimase stupita quando vide la t-shirt che indossava, era quella della sua università, riconobbe il simbolo, la testa stilizzata di un lupo, stampata a sinistra, all'altezza del cuore. Respirò profondamente e si voltò alla ricerca di un posto libero.
Si sistemò a metà del vagone, sedendosi e infilando il borsone fra i piedi, posò l'altra borsa sulle ginocchia e respirò profondamente. Fissò fuori dal finestrino e cercò di tranquillizzarsi, si voltò quando si sentire sfiorare la testa, ma era solo un'anziana che si stava sedendo.
Sollevata, guardò fuori dal finestrino.
Cinque minuti dopo, cominciò a sentirsi irrequieta. Non c'era nessun brivido o campanellino ma non si sentiva al sicuro; si guardò attorno, cercando di capire chi la rendesse così irrequieta, però, il tram era pieno e lei non riuscì a vedere tutte le persone presenti.
Scosse piano la testa, sfilò l'elastico dal polso e si legò i capelli in una coda bassa.
Alzò il viso e si bloccò, le era sembrato che qualcuno la stesse osservando. Davanti a lei c'era un uomo sulla quarantina, vestito con un completo scuro, impegnato in una conversazione telefonica.
Arizona decise di ignorare quella sensazione, presto sarebbe stata da Logan.

***

Arizona imboccò la via dove vivevano i genitori di Logan e si guardò attorno, quella sensazione, quella di essere seguita, non l'aveva ancora abbandonata.
Pensò che fosse solo la sua immaginazione e continuò a camminare, anche se aveva aumentato il passo.
“Meglio prevenire che curare.” si disse mentre arrivava davanti alla casa di Logan.
Suonò il citofono, nessuno le rispose ma il cancelletto si aprì. Entrò e vide Cressida sull'uscio.
«Ciao, Arizona.» esclamò lei aiutandola prendendole il borsone. «Starai in camera con me, nel letto di sopra.»
Arizona annuì e la seguì al piano di sopra, la camera di Cressida era spaziosa, nell'angolo a sinistra della porta si trovavano i due letti a castello. Quello di Cressida era sotto, il lato lungo contro la parete della porta, un piccolo armadio a due ante accanto al comodino color ciliegio. Sopra, raggiungibile da una scala di legno dove in realtà i gradini erano dei cassetti, si trovava l'altro letto, quello dove avrebbe dormito Arizona. I due letti, visti dall'alto, formavano un angolo retto.
Arizona si alzò sulla punta dei piedi e sistemò la sua borsa sul letto.
«Ti ho fatto spazio nel primo cassetto,» disse Cressida indicando il comò, «io vado in biblioteca dagli altri.»
«Non era necessario.» ribatté l'altra, ma Cressida era già uscita dalla stanza, Arizona alzò le spalle e sistemò le sue cose.

***

Jim, Jack, Carly, Logan e Cressida erano in biblioteca. Quando Arizona entrò, capì subito che non c'erano notizie di Cindy e Sam.
Si sedette accanto a Logan e fissò le mappe della zona sul tavolo. La più grande era quella dei boschi a nord della città, le altre erano mappe della città.
«Dovremmo controllare le caverne, per sapere se il loro covo è lì.» esclamò Jack. «Sono un intricato labirinto di gallerie...» aggiunse afferrando un grande foglio con una mappa disegnata a matita delle gallerie e caverne.
Arizona lo fissò quando si sentì osservata. «E dovrò andarci io, esatto?» chiese, anche se conosceva già la risposta.
«Sì.» rispose Jack, «Devi solo dirci se sono lì oppure no.»
Arizona annuì e posò le braccia sul tavolo. «Basta che non usino un incantesimo per schermarsi o una roba del genere.» abbassò il viso quando si accorse che i presenti la stavano osservando.
«Che cosa?» domandò Jim.
Lei alzò il viso e sospirò. «Quando stavo preparando la borsa mi sentivo tranquilla, ma appena sono uscita di casa li ho sentiti e anche molto forte... erano sulle scale, quasi al mio piano.» rispose e guardò gli altri; si passò una mano sulla fronte e spostò le mani sul grembo.
«Sì, insomma...» borbottò, «mentre aprivo la porta per uscire non ho sentito nulla, ho chiuso la porta e... li ho sentiti.»
Gli altri rimasero in silenzio e lei abbassò di nuovo il viso.
«Forse hai ragione.» esclamò Jim alzandosi, si diresse verso la libreria e prese un grosso volume. «C'è una leggenda che risale al tempo della caccia alle streghe.» aprì il volume e sfogliò velocemente le pagine.
«Dicono che alcuni stregoni per salvarsi fingessero di poter riconoscere le streghe e gli stregoni solo dall'odore, in realtà usavano un incantesimo. Così alcune streghe inventarono un incantesimo di protezione, un qualcosa che mascherasse il fatto che fossero streghe.»
«Quindi potrebbe essere inutile andare alle caverne?» chiese Arizona, sperò che le rispondessero affermativamente.
«Da qualche parte dovrebbe esserci un contro incantesimo...» mormorò Jim sfogliando il libro, ignorando Arizona. «Basta fare l'incantesimo e andare alle caverne.»
Arizona sospirò e posò la fronte sul tavolo, il pensiero di trovarsi circondata dai Dark Shadow la faceva tremare. Rialzò la testa e guardò Logan. Lui le sorrise e le posò una mano sulla spalla.
«Non siamo ancora sicuri che siano lì.» esclamò Carly. «Potremmo perdere solo tempo oppure... potrebbe essere una trappola» disse.
«E se non fosse una trappola?» domandò Jack, «E se fossero lì?» aggiunse. «E se Cindy e Sam fossero lì?» disse. «Potremmo salvarli!» gridò.
«Ma non possiamo mandare sempre Arizona!» ribatté Logan, «È da sabato che scappa da loro.» respirò profondamente e si alzò in piedi, iniziò a camminare avanti e indietro.
«C'è quell'incantesimo... quello per trovare le cose perse.» Logan si fermò e osservò suo padre, «Potremmo modificarlo e vedere se riusciamo a trovarli.»
Jack intrecciò le dita delle mani e le posò contro il viso, sulle labbra. «Potrebbe essere una buona idea.»
Jim si sedette e fissò Arizona, seduta di fronte a lui; si passò una mano sul viso segnato dalla stanchezza e sospirò. «Sì, si potrebbe fare.» spostò alcune carte e prese un block notes. «Scriviamo l'incantesimo, poi voi tre,» guardò i suoi figli e Arizona «preparate tutto quanto, mentre io, Carly e Jack prepareremo uno spuntino e avvertiremo Grace e Stephan.» aggiunse e trovò una biro nera sotto alcune mappe della zona industriale.
Un'ora più tardi l'incantesimo era stato scritto, Carly aveva avuto il compito di scriverlo sul Libro delle Ombre della loro congrega.
I tre ragazzi uscirono dalla biblioteca ed entrarono nella stanza accanto.
All'interno di quella stanza, proprio al centro, si trovava un altare di marmo bianco. La base era a forma di cubo, mentre il piano era una lastra alta qualche centimetro, lunga quasi tre metri e larga circa un metro e mezzo, A terra, dipinto con della vernice nera, era disegnato un grosso cerchio, dove, all'interno si trovava l'altare. Sulla circonferenza, in corrispondenza dei quattro punti cardinali, erano presenti delle piccole ciotole di ceramica bianca. Dei mobiletti bassi erano contro una delle pareti. Cressida aprì un cassetto e prese della stoffa bianca e alcuni fili di lana colorati.
«Vado a preparare le bamboline.» disse.
«Ricordati di non chiuderle.» le rammentò Logan. Lei annuì e uscì.
Arizona si chinò e aprì un mobiletto, afferrò una scatola e prese alcune candele bianche, si alzò in piedi e posò le candele sul mobiletto. Da un altro mobiletto afferrò dei piccoli candelabri in argento, alcuni avevano due bracci, altri uno solo; posò anche quelli sul mobiletto e si voltò verso Logan, che aveva già sistemato gli incensi e in quel momento stava posando sul pavimento alcune ciotoline bianche contenenti dei fiori e piante essiccate.
Arizona sistemò le candele sui candelabri, andò all'interno del cerchio non ancora consacrato, sistemò i candelabri sull'altare, mettendo quelli con una sola candela negli angoli, mentre i tre candelabri con i due bracci li sistemò al centro dell'altare, formando un triangolo equilatero, dove al centro si trovava una grossa ciotola di vetro bianco, opaco, contenente dell'acqua e un braciere, dove sopra si trovava un calderone nero con tre piedini. Logan sfilò accanto ad Arizona, spostò il calderone e lo riempì con della carbonella.
Quaranta minuti dopo Logan e Arizona avevano finito di sistemare e uscirono dalla stanza, andando in salotto.
«Cressida ha finito le bamboline.» disse Jim. «Possiamo incominciare.» aggiunse.
«E Carly?» domandò Logan.
«È andata al lavoro.» rispose Cressida stringendo le bamboline fra le braccia. La bambolina che rappresentava Cindy aveva un vestitino rosa che ricordava la divisa di un'ostetrica, e aveva dei capelli lunghi fino alle spalle neri, fatti con fili di cotone. I tratti somatici erano stati disegnati on dei pennarelli, rosa per la bocca e il naso, gli occhi erano blu, circondati da una sottile linea nera.
La bambolina che ricordava Sam aveva dei pantaloni di panno verde scuro e una camicia rossa. Era senza capelli –Sam era calvo– e gli occhi erano marroni.
Lentamente, tornarono nella sala dell'altare. Grace e Stephan rimasero fuori dal cerchio mentre Jim, Cressida, Logan e Arizona entrarono all'interno del cerchio.
Le candele vennero accese, le bamboline disposte sull'altare, circondate da alcuni oggetti personali di Sam e Cindy: un paio di occhiali da sole, dei gemelli e un ferma cravatta per lui, due paia di orecchini, il contenitore delle lenti a contatto e un braccialetto per Cindy.
Le luci vennero spente, Arizona si sistemò a Ovest, a rappresentare l'elemento dell'acqua, Logan era a Nord, terra. Cressida, a Est, per l'elemento aria. Jack a Sud, rappresentava il fuoco. Ognuno di loro doveva chiamare il proprio elemento, rappresentarlo, controllarlo.
Jim avrebbe celebrato il rituale, mentre Grace e Stephan avrebbero solo assistito.
Jim accese le candele, partendo da quella nell'angolo a destra e proseguendo in senso orario, richiamando a sé le energie; accese nello stesso modo le candele disposte a triangolo. Prese i bastoncini d'inceso che Logan aveva disposto su un piattino di argento e ne accese uno, lo tenne stretto alla base e si staccò dall'altare. Si fermò davanti a Cressida e mosse la mano, avvolgendola con il fumo dell'incenso. Jim si spostò verso Logan, fermandosi davanti a lui, rimase fermo qualche istante e si spostò verso Arizona.
Lei lo guardò e strinse la ciotola con dentro l'acqua. Sentì l'energia crescere in lei e l'acqua avvolgerla come una coperta calda e morbida, si sentiva come se fosse sotto a una cascata, udiva lo scroscio dell'acqua, le gocce che rimbalzavano sul pavimento e finivano sulle sue gambe, ma non si sentiva bagnata.
Lentamente, in contemporanea con gli altri, posò la ciotola sul pavimento; allargò le braccia e chiuse gli occhi, respirando lentamente.
Il cerchio magico era stato creato e chi si trovava all'interno poteva sentirne l'energia. Arizona lo immaginava come una cupola bianco latte, con una miriade di brillantini oro e argento che scendevano, delicatamente e continuatamente, lungo le pareti.
Grace e Stephan, all'esterno del cerchio, non vedevano bene quello che succedeva all'interno, era come se stessero cercando di guardare attraverso una finestra dal vetro satinato e smerigliato.
Jim afferrò le bamboline che aveva creato Cressida e le passò sul fumo delle fiamma della candela davanti a lui, bagnò le loro fronti con poche gocce d'acqua, fece cadere qualche granello di sale –che rappresentava l'elemento Terra– su di loro, le fumigò con l'incenso e le rimise a posto.
Si voltò verso il calderone e vi versò un po' d'acqua, afferrò le piante e i fiori secchi e li gettò dentro il calderone. Girò il composto con un cucchiaio di legno, afferrò le bamboline e le lasciò cadere nel calderone, prese due presine bianche e sollevò il calderone, si spostò dall'altare e si avvicinò allo specchio a terra, delicatamente versò il contenuto sulla superficie levigata. L'acqua e le erbe si sparsero sullo specchio, mentre le bamboline finirono nel mezzo. Jim tornò lentamente verso l'altare e afferrò due dei candelabri a due bracci e li dispose accanto allo specchio, prese l'ultimo candelabro doppio e lo dispose insieme agli altri, sottovoce pronunciò alcune parole che solo lui poteva udire.
Le fiamme delle candele si alzarono, compresa quella che teneva in mano Jack. L'acqua nelle ciotole –quella sull'altare e quella che teneva in mano Arizona si mossero, creando piccoli mulinelli. Il sale nelle ciotole tremò, come se fossero scosse da un terremoto e Logan strinse più forte la sua ciotola.
Il fumo dell'incenso si mosse, creando dei cerchi che salivano lentamente verso l'alto.
Arizona e gli altri aprirono lentamente gli occhi, nessuno gli aveva detto di farlo ma sapevano che era arrivato il momento, ancora pochi istanti e avrebbero visto dov'erano i loro amici.
Un cono di luce si alzò dallo specchio, diventando alto un paio di metri, lentamente si aprì, diventando largo circa un metro. Gradualmente apparve un'immagine sfuocata in bianco e nero che si schiarì lentamente e divenne a colori.
Una parete di legno, un sacco di iuta pieno di non si sa che cosa e uno vuoto, un gancio da macellaio appeso a una trave del soffitto, era quella l'immagine che apparve nel cono di luce. Jim mosse le mani, allontanandole l'una dall'altra, e l'immagine si allargò; in un angolo di quella casa di legno, apparvero Sam e Carly, un pezzo di nastro adesivo sulla bocca, le mani dietro la schiena, probabilmente erano ammanettati. Cindy aveva la testa posata contro la spalla di Sam.
Le luci delle candele si alzarono i colpo e, con un botto che fece sobbalzare tutti quanti, anche Stephan e Grace, l'immagine svanì e i sei rimasero al buio.

Salve
Questo capitolo è stato un parto, in particolare la parte finale, tutto l'incantesimo in pratica. Incantesimo che ho inventato di sana pianta.
Grazie a tutti quelli che leggono!

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Capitolo 10
*** Capitolo Dieci 17:30 - 23:00 ***





Capitolo Dieci
17:30 - 23:00

«State tutti bene?» domandò Jim mentre Stephan accendeva la luce.
Arizona posò la ciotola sull'altare, sfregò il dorso delle mani sulla maglietta per asciugarle. «Cos'è successo?» domandò, era la prima volta che vedeva una cosa del genere.
«Dove sono?» pigolò Grace, le mani sul volto e le lacrime che le rigavano le guance. Stephan l'abbracciò e non le disse nulla.
«Non lo so.» esclamò Jim e si guardò attorno. Logan era accanto a Cressida, mentre Jack era corso da Grace e Stephan. Arizona era in piedi, vicino all'altare, ferma, le mani posate sul marmo bianco.
«Tutto bene?» le domandò Logan.
Lei annuì lentamente, «Sì, mi sono solo spaventata.» rispose guardandolo. Lui sorrise e le circondò le spalle con un braccio per poi stringerla in un abbraccio.
Arizona rimase ferma e fece un passo indietro. «Cosa facciamo adesso?» domandò, allontanandosi ulteriormente da Logan. Lui scosse la testa e guardò sua sorella che usciva dalla stanza.
«Non lo so.» rispose Logan, «Non so cosa sia successo, è la prima volta che vedo una cosa del genere.»
«Dov'è andata Cressida?» domandò Arizona seguendo gli altri fuori dalla stanza.
«Credo sia andata da mamma.» rispose Logan, si mise al fianco di Arizona e le posò un braccio sulle spalle.
Entrarono in biblioteca poco dopo gli altri e andarono a sedersi.
«Avete sentito qualcosa di strano?» domandò Jim, «Niente strane vibrazioni, sensazioni negative?»
Arizona scosse la testa e posò le braccia sul tavolo, le mani una sopra l'altra.b Nessuno aveva avvertito nulla di strano o d'insolito e nessuno di loro aveva idea del perché l'incantesimo fosse finito in quel modo.
«Hai sentito qualcosa?» le domandò Jim, «Sono nei dintorni?»
«No.» rispose lei, omettendo che quel pomeriggio si era sentita osservata dopo che era scappata da Shane e gli altri, era convinta che fosse solo una stupida paranoia. «Non li sento, non sono qua attorno.»
Jim annuì e iniziò a parlare, facendo proposte su quello che era successo.
Arizona lo ascoltò per qualche minuto poi la sua attenzione scemò, catturata da altro. C'era un qualcosa che sapeva essere importante, ma non riusciva a ricordare cosa fosse. Respirò lentamente e si diede della stupida, alzò la testa e s'impose di concentrarsi su quello che stavano dicendo Jim e Jack, che discutevano dell'incantesimo ma la sua mente ricominciò a vagare. Le venne in mente un qualcosa che aveva a che fare con i vestiti. Il bucato lo aveva fatto qualche giorno prima, era sicura di non aver dimenticato nulla nel locale lavanderia che si trovava nel seminterrato del suo palazzo. Aveva forse visto un vestito che le piaceva? Arizona scartò quell'idea, se avesse visto un abito che le interessava se lo sarebbe ricordato di sicuro.
Sbuffò e si grattò la guancia destra, pensando che, qualunque cosa fosse, le sarebbe tornato in mente.
«Continuiamo dopo cena.» esclamò Jim chiuse un grosso libro e si alzò in piedi.
Anche Arizona si alzò, seguita da Logan.
«Hai la maglietta bagnata.» le fece notare lui.
Arizona chinò la testa per controllare e vide l'alone poco sotto il seno sinistro. «Devo essermi bagnata prima.» disse, «Vado a cambiarmi.» Si diresse verso le scale e aveva salito i primi gradini quando Logan la chiamò.
«Dimmi.» esclamò.
«Pizza?» domandò Logan, appoggiato al muro, mentre guardava Arizona.
«Ovviamente.» rispose lei, sorrise e salì. Entrò in camera e si tolse la maglietta bagnata, ne prese una pulita e l'indossò. Con la maglietta bagnata in mano andò verso il bagno che avrebbe diviso con Cressida, la gettò nella cesta dei panni sporchi e si bloccò, lo sguardo fisso sulle cose da lavare.
«La maglia dell'università!» disse, «Shane!» Uscì di corsa dal bagno, tornò in camera, afferrò il portatile e salì sul suo letto, sedendosi a gambe incrociate, la schiena appoggiata al muro. Aspettò che il sistema operativo si avviasse, si collegò alla rete wi-fi dell'amico, avviò il browser e andò nel sito dell'università. Sbuffò mentre aspettava che la pagina si caricasse, sperava di trovare qualche informazione su Shane, se aveva la maglia voleva dire che l'aveva frequentata, non credeva che gliela avesse prestata qualcuno.
Entrò nel suo account, controllò se ci fosse qualche comunicazione e guardò se qualche lezione avesse cambiato orario, non c'era nessun stravolgimento, cliccò su “I nostri ragazzi”, che era la sezione dove c'era la lista di tutti gli studenti che si erano laureati.
Arizona sperò che Shane fosse uno di quelli. Gemette quando si accorse che lei non sapeva il cognome di Shane e che gli studenti laureati erano più di centomila da quando l'università aveva aperto cinquant'anni prima.
Sbuffò e tentò con la ricerca avanzata, digitando Shane nel campo del nome, selezionò “Maschio”, come periodo di laurea scelse “2005 – 2013”, non sapeva neppure l'età di Shane ma era convinta che non avesse molti anni più di lei.
Attese che la pagina caricasse i risultati e sbuffò nuovamente. Duemila risultati. Venti profili per pagina. Arizona grugnì, quando si accorse che avrebbe dovuto controllare cento pagine.
Controllò le prime cinque pagine, guardando attentamente ogni singola foto, ma nessuno di quei ragazzi era il “suo” Shane. Sbuffò e guardò l'ora, mancavano pochi minuti alle sette e mezzo, chiuse il portatile e scese dal letto, afferrò il cellulare e controllò se ci fosse qualche chiamata persa, uscì dalla stanza e andò al piano inferiore, in cucina.
«Pensavo ti fossi persa.» le disse Logan, chiudendo la porta del frigorifero con un piede, le mani erano occupate da un paio di bottiglie di birra.
«Stavo controllando una cosa sul sito dell'università.» disse e si sedette, posò il cellulare sul ripiano e prese la bottiglia che Logan le stava porgendo e respirò a fondo.
«Stanca?» domandò Logan aprendo la birra con un apri bottiglie a forma di mano.
Arizona annuì, prese l'apri bottiglie dalla mano di Logan e lo guardò. «Sono spossata.» disse aprendo la bottiglia, «Spero che finisca presto.» sorrise e si portò la bottiglia alle labbra, chiuse gli occhi e bevve un paio di sorsi.
Logan sorrise e allungò una mano verso di lei, le accarezzò il viso e le sistemò i capelli dietro l'orecchio, scese sulla guancia che sfiorò con il dorso delle dita; Arizona rimase sorpresa da quei gesti, non era la prima volta che succedeva ma erano diversi, non sapeva in che modo ma lo erano.
Il cellulare di Arizona trillò e lei fu grata di quell'interruzione, si scostò da Logan, afferrò il cellulare e lesse il nome sul display. «È Cindy!» esclamò, alzandosi.
«Ciao Cindy!» disse allontanandosi da Logan.
«Che fine hai fatto? Sei chiusa in casa a studiare? Sei una secchiona, ti sei persa le ultime novità!» esclamò l'altra.
Arizona sorrise, felice che la sua amica stesse bene. «Adesso sono da Logan, stiamo aspettando la pizza.» pronunciò uscendo dalla cucina, «Dai, dimmi queste novità, sono curiosa.» e lo era, voleva sentire qualcosa di allegro e divertente che la distraesse da incantesimi, Dark Shadow, Shane e Logan.
Cindy ridacchiò, «Sai quel negozio, quello dove siamo andati qualche giorno fa?» domandò.
Arizona si appoggiò alla parete e si morsicò un labbro. Certo che si ricordava quel negozio, era quello dove aveva incontrato Shane. «Sì, mi ricordo.» rispose.
«Beh... hai presente quel commesso molto carino... Shane? Ecco mi ha chiesto di uscire!» trillò felice Cindy.
Arizona aprì la bocca, sconvolta. «Co-cosa? Esci con Shane?» domandò balbettando.
«Sì, esco con lui.» esclamò Cindy, la voce leggermente alterata. «Sei gelosa?»
«No, non sono gelosa.» disse, «Solo che...» mormorò, non sapendo cosa dire. Di certo non poteva dirle la verità.
«Solo che?» la incalzò Cindy.
«Solo che credevo che lui non fosse il tuo tipo.» rispose. Sapeva che all'amica piacevano i tipi biondi con gli occhi chiari.
Cindy ridacchiò, «Sì, non è il mio tipo ma non rifiuto un invito da un ragazzo carino.»
Arizona non poté fare a meno di sorridere. «Giusto, hai ragione. Ma dimmi qualcosa su di lui, quanti anni ha, se ha fatto l'università, il suo cognome...»
«Così mi piaci!» squittì Cindy, «Si chiama Shane Ross, ha cinque anni più di noi e ha studiato nella tua stessa università.» rispose.
Arizona sorrise, felice di avere quelle informazioni. «Uh, ha studiato nella mia stessa università... in cosa si è laureato?» domandò.»
Cindy ridacchiò, «Lo sai che sono cose di cui non m'importa nulla!» esclamò, «In realtà me lo ha detto, ma l'ho scordato...»
«Non importa.» esclamò Arizona, pensando che le informazioni in suo possesso fossero sufficienti. Si voltò quando sentì il campanello della porta suonare, vide Logan avvicinarsi con in mano il portafogli.
«Credo siano arrivate le pizze.» disse a Cindy, «Stai attenta e fammi sapere come va.»
«Va bene, ti farò sapere come va!» cinguettò Cindy, «Ciao!»
Arizona chiuse la comunicazione, infilò il cellulare nella tasca dei pantaloni e andò ad aiutare Logan chiudendo la porta. Lo seguì in cucina e lo guardò aprire le scatole delle pizze. «Perché sono solo cinque?» domandò.
«Stephan e Grace sono tornati a casa, è rimasto solo Jack.» rispose Logan chiudendo le scatole, andò al frigo, prese due birre e tornò al tavolo. «Porto queste a papà e Jack.» tornò al tavolo, prese le due scatole e uscì dalla cucina.
Arizona alzò le spalle, prese il portatovaglioli dal ripiano vicino al lavandino e lo sistemò sul tavolo. Le pizze erano già state tagliate a fette per cui non avevano bisogno di posate.
Logan fu di ritorno dopo un paio di minuti con Cressida.
«Cindy sta bene?» domandò Logan.
Arizona annuì, prese una fetta di pizza ai quattro formaggi, ripiegò la punta e ne staccò un morso. «Sta benissimo.» rispose, prese la bottiglia e ne bevve un sorso, decidendo di non tacere momentaneamente sul fatto che Cindy sarebbe uscita con Shane. Se la sarebbe vista lei, in fondo era scappata dal negozio lasciando lì Cindy, non sapendo se ci fossero altri membri dei Dark Shadow nei paraggi.
Pensò, finendo la prima fetta, che si sarebbe fatta dire l'ora e il luogo dell'appuntamento e sarebbe andata anche lei per tenere sotto controllo la situazione, intervenendo solo in caso di necessità O se Shane avesse invitato Cindy a casa sua.
I tre mangiarono chiacchierando del più e del meno, lasciando da parte incantesimi e Dark Shadow.

***

Arizona sbuffò arrabbiata.
«Non ci puoi andare!» esclamò Logan.
«Tuo padre ha detto di sì, quindi io domani vado a lezione.» replicò lei, incrociando le braccia al petto e guardando Logan, «E dovresti andarci anche tu, vuoi perdere un altro anno?»
Logan si morsicò il labbro inferiore, «Può essere pericoloso.» si avvicinò a lei e le posò le mani sui fianchi. «Verrò anche io.»
«Ecco, bravo, vieni anche tu.» disse Arizona sorridendo. «Io alle mie lezioni, tu alle tue.» aggiunse e sorrise, posò le mani su quelle di Logan e le allontanò da sé.
Logan sbuffò e si passò una mano fra i capelli. «Come vuoi.» disse, «Sono solo preoccupato per te.» aggiunse avvicinandosi di nuovo a lei, sorrise dolcemente e l'abbracciò.
«Lo so.» esclamò lei, sciogliendosi dall'abbraccio e facendo un passo indietro, finendo quasi contro il muro. «Domani sveglia alle otto, ho lezione alle nove e un quarto e non voglio arrivare tardi, la signorina Finn è una vera arpia!» aggiunse, baciò velocemente un guancia del ragazzo ed entrò in camera, chiudendosi la porta alle spalle.
Respirò a fondo, con la schiena posata contro la porta, fino a che non sentì i passi del ragazzo allontanarsi. Guardò nel cassetto che le aveva lasciato Cressida, prese una maglia di due taglie più grande, delle mutandine pulite, afferrò l'asciugamano e il beauty case e uscì dalla stanza, diretta al bagno per farsi un doccia.

***

Arizona salì sul letto, afferrò il portatile e lo aprì, si connesse ad internet e aspettò che si caricasse la home page del sito dell'università, dopo pochi secondi digitò le informazioni che aveva avuto da Cindy, e la ricerca le diede dieci risultati, il “suo” Shane era il quarto della lista, si era laureato in business management sei anni prima. Osservò la foto per qualche secondo, concentrandosi sul viso del ragazzo. Non aveva l'aria pericolosa e il sorriso era luminoso.
«Controlli ancora il sito dell'università?»
Arizona si voltò verso Cressida e sorrise. «Sì.» ammise, «Ogni tanto cambiano le cose all'ultimo.»
«C'è qualche cambiamento?» domandò l'altra sedendosi sul letto.
«No.» rispose Arizona chiudendo il portatile, lo posò sul gradino e si sistemò, sdraiandosi sotto il lenzuolo. «Buonanotte, Cress.»
«Buona notte.»

Scusate il ritardo ma mi ero bloccata su una frase e non riuscivo ad andare avanti >.<
Spero che il capitolo vi sia piaciuto!

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Capitolo 11
*** Capitolo Undici - 23:00 13:30 - ***




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Capitolo Undici
23:00 - 13:30

Arizona imprecò spazientita osservando il ragazzo davanti a lei. «Vuoi darti una mossa?» gli disse.
«Sono indeciso.» disse lui, osservando il distributore automatico. 
Arizona sbuffò, spinse il giovane da parte e si prese una bottiglietta di aranciata. Si allontanò sentendo gli insulti del ragazzo.
Scrollò la testa e uscì dall'edificio, camminò lentamente lungo i vialetti dell'ateneo, in attesa che Logan finisse le sue lezioni. 
Si sedette su una panchina, all'ombra di una grande quercia, aprì la bottiglietta e bevve lentamente. 
Arizona chiuse gli occhi e reclinò la testa, passò una mano sulla fronte sudata e respirò lentamente. 
Mancava poco a mezzogiorno e faceva un caldo infernale.
«Ciao Ari.» 
Arizona aprì gli occhi di scatto e voltò il viso verso destra. «Shane!» esclamò.
Il ragazzo sorrise e allungò le braccia sullo schienale della panchina, sfiorò la schiena di Arizona continuando a sorridere. «Stai aspettando Logan?» domandò, inclinando la testa da un lato.
Arizona si alzò di scatto, facendo cadere la borsa. «Cosa vuoi?» domandò mentre la raccoglieva.
Shane sbuffò, «Lo sai, Ari.» rispose. «Te, voglio te.»
Lei lo fissò come se gli fosse spuntata un'altra testa. «Me ne vado.» disse.
«Vai all'edificio D?» domandò Shane e rise quando vide la faccia di Arizona. «So tutto.» disse a bassa voce alzandosi.
Arizona si sistemò la borsa e iniziò a correre, preoccupata per Logan. Shane sapeva in quale edificio si trovasse e si domandò come facesse a saperlo.
Si fermò poco dopo e si appoggiò al muro, respirando profondamente. 
«Scappi sempre.» le sussurrò Shane, bloccandola contro il muro.
«Lasciami o urlo.» lo minacciò lei.
Shane sorride e chinò il viso verso di lei. «Non servirebbe a nulla.» sussurrò, «Hai dimenticato chi sono?» continuò, sfiorandole l'orecchio con le labbra.
Arizona rimase immobile. «Vattene via.» disse mentre lui si avvicinava sempre di più, cercò di spingerlo via ma lui era troppo forte. Pensò di usare la magia ma ci ripensò quando vide altri studenti in giro.
«Potremmo divertirci un po', prima che tu venga con me.» mormorò Shane accarezzandole il viso con le labbra, «Sono sicuro che ci divertiremo, insieme.» sussurrò prima di baciarla, posandole una mano sulla schiena e l'altra sul collo. Lei rimase sorpresa e chiuse gli occhi per qualche secondo, all'improvviso si ricordò con chi fosse e aprì gli occhi, riuscì a spingerlo via. «Stronzo!» strillò, si passò una mano sulle labbra e fissò Shane che la guardava con un sorriso sul volto.
«Bastardo.» continuò Arizona, «Sei uno stronzo e se provi a uscire con Cindy e farle del male giuro che io...» si fermò respirando rumorosamente.
Shane scoppiò a ridere. «Tu cosa?»
«Cosa mi farai?» domandò lui dopo qualche secondo di silenzio, «Cosa mi farai?» ripeté prima di avvicinarsi a lei, le posò le mani sui fianchi e strinse leggermente.
«Se le fai del male giuro che ti strappo le palle e le faccio mangiare alle papere dello stagno.» rispose Arizona facendo un passo indietro, andando a sbattere contro il muro.
Shane sorrise, «Non credo che avresti il coraggio di farlo.» le sussurrò.
Arizona lo schiaffeggiò. «Non sfidarmi.» sibilò. 
Shane ridacchiò massaggiandosi la guancia. «Sei adorabile, Ari.» chiuse gli occhi e respirò a fondo e Arizona approfittò di quell'istante per dargli uno spintone e scappare.
Una volta dentro l'edificio D andò nei bagni e si lavò il viso. Respirò affannosamente e strinse i bordi di ceramica bianca del lavandino. 
Shane l'aveva baciata. Ripensò alle sue labbra morbide e al profumo del suo dopobarba.
Sbuffò e scosse la testa, cercando di scacciare quell'immagine dalla sua mente. Si bagnò nuovamente il viso, passò le mani sulla testa e scese sul collo. Si guardò allo specchio sentendosi stupida, sciocca e infantile.
Sì, infantile e non sapeva neanche il perché.
Forse perché non aveva reagito immediatamente, perché, per soli due secondi, quel bacio le era piaciuto. 
Scosse nuovamente la testa, tolse l'elastico dai capelli e si rifece la coda. Afferrò la borsa, la mise a tracolla e uscì dal bagno. 
Si fermò poco lontano, appoggiandosi al muro con le spalle. 
Sfiorò l'ametista e cercò di calmarsi. Ficcò le mani nelle tasche dei jeans alla ricerca di qualcosa che la distraesse. Alzò il viso alla ricerca di un orologio. Era poco più avanti, sulla destra, accanto ai distributori. Afferrò le monetine che aveva in tasca e si diresse verso i distributori. Aveva ancora l'aranciata in borsa ma voleva qualcos'altro, magari uno snack.
Fissò i tramezzini, le patatine e gli snack al cioccolato e sbuffò. Non sapeva cosa scegliere. Si spostò per lasciare spazio a due ragazzi e decise di prendere un cappuccino dalla macchinetta.
«Merda.» imprecò quando si accorse che la paletta non era scesa. Soffiò sulla bevanda calda e sperò che Logan uscisse presto, non ne poteva più. 
Si fermò quando sentì il campanellino seguito dalla risata di Shane, cercò un posto in cui nascondersi anche se sapeva che sarebbe stato inutile.
Si appoggiò a uno dei tavolini rotondi, stringendo il bordo come se da quello dipendesse la sua vita.
Shane le passò davanti insieme a un ragazzo più giovane,  lui la guardò, le sorrise e agitò la mano in segno di saluto prima di scomparire oltre l'angolo mentre in Arizona cresceva la voglia di picchiarlo con qualsiasi cosa.

***

Venti minuti più tardi Logan uscì dall'aula. «Scusa il ritardo.» le disse, «Ma quel befano non la smetteva di parlare.»
Arizona annuì, «Va bene.» mormorò, «Ce ne andiamo?» domandò iniziando a camminare verso l'uscita.
«Oh, che ti prende?» Logan la fermò prendendola per un braccio, «Sei strana.»
Arizona scosse la testa. «Sono solo stanca.» disse decidendo di dire una mezza verità. Non voleva dirgli che aveva incontrato Shane e che lui l'aveva baciata.
Logan le posò un braccio sulle spalle, «Ok.» esclamò anche se non era del tutto convinto della spiegazione di Arizona. «Ci fermiamo a mangiare qualcosa?» domandò mentre uscivano. 
Arizona annuì lentamente. «Sì, incomincio ad avere fame.» rispose con un sorriso

***

Arizona sbuffò e afferrò lo scatolone da bagagliaio dell'auto di Jack.
«Ma c'è dentro un masso?» esclamò, «Pesa una tonnellata!» si lamentò mentre camminava verso la porta d'ingresso dei genitori di Logan.
«Sono strumenti e roba varia che potrebbero esserci d'aiuto.» disse Jim.
Arizona posò lo scatolone sul pavimento e respirò a fondo, guardò Jim e scrollò la testa, qualunque cosa ci fosse in quella scatola era davvero pesante.
Andò in cucina per prendere da bere. Mentre sorseggiava l'acqua fredda ripensò a quello che era successo all'università. Al bacio con Shane.
Scrollò la testa, imponendosi di non pensare a lui. 
Shane era uno dei cattivi, sadico e violento. Aveva ucciso due ragazzi che non c'entravano nulla solo per un semplice capriccio.
«Tutto bene?»
Arizona sobbalzò quando sentì la voce di Logan. Posò il bicchiere sul bancone della cucina e si voltò per guardarlo.
«Sono solo stanca.» rispose.
Lui le si avvicinò e le sfiorò il viso, sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e sorrise. «Sei strana da quando siamo tornati dall'università.»
Arizona lo fissò in silenzio. «Sono solo stanca ed esausta da tutta questa situazione.» disse e in fondo era vero. 
«Mi piacerebbe tanto mettermi a mollo nella vasca con l'acqua bollente e tanta schiuma e dormire per due giorni di fila.» aggiunse dopo qualche secondo.
Logan sorrise e l'abbracciò, «Credo che il bagno bollente tu lo possa fare.» le disse e le baciò la nuca.
Arizona sorrise e fece un passo indietro, liberandosi dell'abbraccio di Logan. «Oh, guarda che ti prendo in parola.» scherzò, prese il bicchiere e finì l'acqua. «Abbiamo finito o c'è altra roba da portare dentro?» domandò.
«Abbiamo finito.» rispose lui, «Dobbiamo solo sistemarla.» aggiunse e le sfiorò il viso con la punta delle dita.
Arizona si voltò, «Andiamo, prima iniziamo, prima finiamo.» disse uscendo dalla cucina. 
Scrollò la testa e respirò a fondo, pensando allo strano comportamento di Logan, al bacio di Shane e ai Dark Shadow.
Andò alla ricerca di Jim per sapere cosa doveva fare con il contenuto degli scatoloni. Era sicura che lavorare l'avrebbe distratta, che non avrebbe pensato alle labbra di Shane sulle sue o alla dolcezza delle carezze di Logan.

***

Arizona seguì Logan lungo le viuzze del centro storico. Ancora una volta era il “diversivo”. Erano alla ricerca dei Dark Shadow. Il piano di Jim e Jack era perfetto ma Arizona non era del tutto d'accordo visto che era suo il compito di trovarli. 
«Ancora niente?» domandò Logan.
Arizona sbuffò, «No.» rispose. «Se sento qualcosa te lo dico.» aggiunse.
«Sempre se non hanno fatto qualcosa per impedirlo.» disse Logan continuando a camminare, gettando di tanto in tanto qualche occhiata alle vetrine dei negozi.
Arizona sospirò pensando che l'ultima cosa che voleva era un'apparizione improvvisa di Shane. Quella mattina non l'aveva sentito arrivare. Niente brivido, niente campanellino... ma non aveva sentito neppure i suoi passi o quando si era seduto accanto a lei. Se lui non avesse parlato lei se ne sarebbe accorta soltanto quando avrebbe aperto gli occhi.
Sbuffò irritata e affrettò il passo per raggiungere Logan. 
«Ho capito che la tua macchina è ancora dal carrozziere ma non potevamo usare la moto?» sbottò quando fu al fianco di Logan.
«Il piano, Arizona. Il piano.» le ricordò lui.
Arizona strinse le labbra per impedirsi di sbuffare di nuovo. Il piano era perfetto – almeno su carta – ma non le piacevano alcuni punti, come quello che prevedeva che lei sarebbe rimasta sola con i Dark Shadow mentre Logan sarebbe andato a recuperare Jim e Jack. 
Sospirò e si guardò attorno.
«Sono quasi le nove, siamo in giro dalle sei, ho fame e mi fanno male i piedi.» si lamentò lei, «Possiamo fermarci per mangiare?»
Logan si fermò e la guardò, «Sai cosa ti dico?» esclamò e sorrise, «Ho fame anche io.»
Arizona sorrise e lo seguì verso la pizzeria lì vicino.

Quaranta minuti dopo, dopo aver mangiato due tranci di pizza e una fetta di crostata alla frutta a testa, Logan e Arizona ripresero il loro giro di perlustrazione.
Dopo un centinaio di metri Arizona si bloccò.
«Li hai sentiti?» domandò Logan.
Arizona annuì, «Sì ma sono lontani.» rispose, «Il suono del campanellino è molto debole.
Anche Logan annuì. «Sinistra, destra o dobbiamo tornare indietro?» domandò guardando davanti a sé.
Arizona guardò da una parte e dall'altra e scosse la testa. «Non ne ho idea.»
Logan si grattò la testa e sospirò. «Proviamo da una parte, se non senti nulla torniamo indietro.» propose.
Arizona rimase in silenzio e lo seguì, svoltarono verso destra. «Sembra leggermente più forte.»
Logan continuò a camminare voltando ogni tanto la testa per guardare Arizona.
La ragazza si fermò e si voltò verso la via alla sua sinistra. Riuscì a vedere poche cose: un paio di bidoni dell'immondizia, una panchina di plastica con lo schienale rotto.
«Arizona?» la chiamo Logan.
Lei si limitò ad alzare il braccio sinistro e a indicare la via. Logan capì immediatamente. «Sei sicura?» domandò sussurrando.
Arizona si girò verso di lui. «Credo di sì.» rispose, «Mi sembra che il suono venga da lì.»
Logan annuì e le prese la mano e lentamente s'immisero nella via. Dopo qualche metro Arizona si fermò, un brivido le scosse il corpo e il campanellino suonò nella sua mente. 
«Sinistra.» sussurrò. 
Girarono nel vicolo e Arizona infilò una mano nella borsa e strinse il teaser, pronta a tirarlo fuori in caso di necessità.
«Quale onore!» mormorò Shane. Era appoggiato al muro, le braccia incrociate, la gamba sinistra era piegata e il piede era contro il muro. «La coppietta felice.» 
Si spostò e fissò gli altri due, «Che carini.» disse indicando le loro mani. 
Arizona istintivamente tolse la mano da quella di Logan.
Shane sorrise, «Però... ora che mi viene in mente voi non siete una coppia.» aggiunse e infilò le mani nelle tasche dei jeans.
«Smettila.» ringhiò Logan. Shane rise, Arizona si scostò da Logan e si avvicinò al fianco di Shane. Quello era il piano B, sfilò lentamente il teaser dalla borsa e lo strinse con tutta la sua forza.
«Ti dà fastidio l'ovvio?» domandò Shane e inarcò un sopracciglio mentre un altro sorriso gli increspava le labbra.
«Chiudi la bocca.» esclamò Logan. «Sei solo? I tuoi amichetti ti hanno abbandonato?»
Shane rise, «No, sono qua attorno.» rispose, «Non hai risposto alla mia domanda.»
Logan lanciò una breve occhiata ad Arizona che ormai era dietro a Shane. «Le cose ovvie non mi piacciono.» disse, «Preferisco le sorprese.» aggiunse. «Io starei attento.»
«Cosa?» domandò Shane, voltò la testa quando sentì una leggera scossa attraversargli il corpo. Arizona premette nuovamente il pulsante del teaser e Shane cadde a terra.
«Piccoli bastardi!» gridò Tom correndo verso i tre.
Logan afferrò Shane mettendogli le mani sotto le ascelle. «Corri a casa.» disse ad Arizona. Lei annuì ma, prima che potessero fare qualsiasi cosa, una bolla di energia nera colpì Arizona mandandola a terra. Logan urlò il suo nome, le strinse una mano e teletrasportò tutti e tre a casa di Jim.

***

Arizona aprì lentamente gli occhi e si guardò attorno, era nella stanza di Cressida. 
«Ehi, bella addormentata.» disse la giovane.
Arizona si mise a sedere sul letto. «Cosa è successo? Mi ricordo solo che Shane sveniva e che Logan urlava qualcosa...» mormorò passandosi una mano sul volto.
«Uno dei Dark Shadow ti ha colpito e sei svenuta anche tu.» le spiegò Cressida e si sedette sul letto, «Logan ha portato qui tutti e tre.»
Arizona la fissò sorpresa. «Cosa?» gridò e si premette le mani sulle tempie, la testa le faceva male. «Shane è qui?» domandò abbassando la voce.
Cressida annuì, «Sì, è di sotto, sotto alla taverna.»
Arizona annuì, aveva capito benissimo. «Che ore sono? Quanto ho dormito?»
«Sono le undici e mezza del mattino, hai dormito quasi dodici ore.» ridacchiò Cressida, «Ti sei svegliata solo per andare in bagno e mangiare una barretta ai cereali.»
Arizona annuì e appoggiò la schiena ai cuscini e sospirò. «Vai pure, sto bene.» disse, «Vado a lavarmi e scendo.»
Cressida sorrise e si alzò. «Vado a dire a papà che sei sveglia.» esclamò ed uscì dalla camera.
Arizona sospirò e chiuse gli occhi. Shane era in quella casa, nel seminterrato, anzi, sotto al seminterrato. Nelle segrete, per essere precisi.
Con un altro sospiro si alzò e andò in bagno. L'ultima cosa a cui voleva pensare era Shane a pochi metri da lei.

***

Logan colpì Shane un'altra volta.
«Ti sei sfogato?» domandò Shane, sfregò il viso contro la spalla per pulirsi dal sangue, le braccia erano bloccate dietro la schiena visto che era ammanettato alla sedia.
«No.» disse Logan respirando profondamente. «Il tuo amico ha fatto del male ad Arizona, lui non c'è quindi me la prendo con te.»
Shane sorrise, «Oh, povera piccola Ari.» esclamò prendendolo in giro, «Pensi di avere una possibilità con lei?»
Logan gli diede uno schiaffo, «Taci!» gridò.
Shane chiuse gli occhi, quello destro era già gonfio e tumefatto, «Vuoi sapere come sono le sue labbra? Che sapore hanno? Il profumo della sua pelle o dei capelli?» domandò guardandolo.
Logan rimase fermo e cercò di capire cosa intendesse Shane.
L'altro rise, «Dalla tua faccia si direbbe che tu non sai nessuna di queste cose.» sussurrò malignamente.
Logan gli diede un pugno sulla guancia destra. «Stai zitto!» urlò.
«Le sue labbra sono morbide, sanno di lampone.» disse Shane respirando velocemente, «Profuma di vaniglia e miele.»
Logan lo colpì di nuovo, «Se le hai fatto del male ti ammazzo.»
Shane scoppiò a ridere. «Io non le ho fatto nulla.» disse, «Se vuoi sapere la verità anche lei mi ha infilato la lingua in bocca.»
Logan strinse i pugni. «Non è vero.» urlò, il viso rosso dalla rabbia. Shane rise, «Stai mentendo!»
«Purtroppo per te no.» replicò Shane. «L'ho baciata e lei non si è tirata indietro.» disse e si leccò il sangue dalle labbra, «Un bacio da dieci e lode»
Logan gli diede un paio di pugni, una parte di lui non credeva a Shane ma un qualcosa dentro di lui gli urlava che forse era vero.
«Logan!» gridò Arizona. 
Il ragazzo si voltò pensando che Arizona fosse dietro di lui ma nella piccola cella c'erano solo lui e Shane.
«Vuoi venire ad aiutarmi?» strillò Arizona.
Logan capì che era in corridoio. Fissò Shane che lo guardava con un sorrisetto sulle labbra, respirò a fondo e uscì dalla cella. Arizona era in corridoio, dietro la porta formata da delle sbarre di ferro e aveva in mano un vassoio.
«Tuo padre mi ha ordinato di portare il pranzo a Shane.» disse lei.
«Perché?» domandò Logan aprendo la porta, Arizona si limitò a rispondere con un'alzata di spalle.
«Non ne ho idea.» disse seguendo Logan nella cella, «Comunque vuole parlarti.» aggiunse posando il vassoio sul tavolo. Guardò Shane e distolse lo sguardo quando lui sorrise.
«Ehm, Logan...» 
Il ragazzo guardò Arizona, «Liberagli una mano, io non lo imbocco.» disse accennando alle mani legate di Shane.
Logan sbuffò e liberò la mano destra dello stregone. «Niente scherzi.» grugnì a Shane. 
Arizona spinse un piccolo tavolino davanti a Shane e posò il vassoio su di esso. «Mangia e taci.» gli disse. 
Shane mosse la spalla e afferrò la forchetta e la rigirò nella pasta in bianco.
«Tu rimani qui?» domandò Logan.
Arizona annuì. «Vai pure da tuo padre.» rispose, «So come difendermi.» aggiunse prendendo il teaser che aveva infilato nella tasca posteriore dei jeans.
Logan annuì, guardò un'ultima volta Shane e uscì dalla cella.
Arizona posò il teaser sul tavolo e guardò Shane che mangiava. «Se ti strozzi perché ti è andato qualcosa di traverso io non ti salvo.»  disse fissando Shane che mangiava velocemente.
Lui alzò lo sguardo dal piatto e le sorrise, «Vuoi dirmi che non mi faresti la respirazione bocca a bocca?»
Arizona strinse le labbra e incrociò le braccia, si appoggiò al tavolino e sospirò. 
«Eppure il bacio di ieri ti è piaciuto.» continuò Shane afferrò la bottiglietta d'acqua e la porse ad Arizona. 
Lei si staccò dal tavolino e svitò il tappo. «Non mi è piaciuto.» disse.
Shane bevve direttamente dalla bottiglia e rise, «A me non sembra.» esclamò. 
Arizona tornò al tavolo e non replicò. 
Rimasero in silenzio fino a quando Shane non finì il suo pranzo.
«Lo hai fatto incazzare.» disse Arizona.
Shane afferrò un paio di tovaglioli di carta e li bagnò con l'acqua, lentamente se li passò sul viso gemendo per il dolore. «Gli ho solo detto del nostro piccolo segreto.» disse e gettò i tovaglioli sul vassoio. «Non l'ha presa bene, credo che si sia incazzato per quel bacetto.»
Arizona rimase in silenzio e strinse le mani a pugno.
«Credo che il tuo amichetto sia geloso perché hai baciato me e non lui.» esclamò Shane.
Arizona si avvicinò a lui e gli diede uno schiaffo. «Bastardo.»
Shane chiuse gli occhi e si massaggiò la guancia. «L'ho sempre pensato che tu sia focosa.» sussurrò e reclinò la testa. «Lo so che ti è piaciuto.»
Arizona afferrò le chiavi delle manette e legò Shane.
«Sai che ho ragione!» gridò lui mentre Arizona se ne andava.
Arizona si fermò lungo il corridoio e sospirò. Sperò solo che Logan non credesse a quello che aveva detto Shane. Non aveva voglia di dargli nessuna spiegazione. Sbuffò e tornò di sopra. 

Grazie a chi legge :)

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Capitolo 12
*** Capitolo Dodici 13:30 - 23:3 ***




Capitolo Dodici
13:30 - 23:30

Arizona sbuffò mentre girava lentamente il cucchiaio nella zuppa ai cereali e guardò brevemente Logan. Sospirò quando  lo vide distogliere lo sguardo.
Si sentì in colpa per non avergli detto del bacio con Shane.
Girò un'altra volta il cucchiaio nella ciotola e guardò Jim; anche lui era in silenzio, perso nei suoi pensieri.
Mangiò lentamente, iniziando a sentirsi ansiosa a causa di tutto quel silenzio.
«Dopo dobbiamo fare qualcosa?» domandò afferrando un pezzo di pane, «Oppure ho il tempo per studiare?»
«Dobbiamo fare altre ricerche.» rispose l'uomo.
Arizona annuì, sentendosi in parte sollevata: leggere o guardare mappe le avrebbe impedito di pensare a Shane. Sospirò nuovamente e fissò i cereali appiccicati alle pareti della ciotola, li raschiò con il cucchiaio e guardò Logan, lui la fissò brevemente e distolse lo sguardo, Arizona abbassò la testa  e fissò la ciotola dicendosi che avrebbe parlato con lui più tardi quando sarebbero stati soli. Sperò solo che lui volesse ascoltarla e non la ignorasse.
«Quando avete finito dovete portare la cena a quello.»  esclamò Jim.
«Dobbiamo proprio farlo?» domandò Logan sbattendo il bicchiere vuoto sul tavolo, «Non possiamo semplicemente lasciarlo morire di fame?»
«Ci serve vivo, Logan.» rispose Jim, «Altrimenti come li scambiamo Sam e Cindy? Se fosse morto non ci servirebbe a molto.»
Logan annuì brevemente, «Hai ragione, papà.» disse, «È solo che non mi piace il fatto  che sia in casa nostra anche se è ammanettato e dentro al cerchio che gli impedisce di usare qualsiasi incantesimo.»
Jim non rispose e mangiò il pezzo di pane, «È solo fino a domani mattina» disse, «Poi faremo lo scambio.»
Arizona fissò i cereali attaccati al cucchiaio. Non era sicura che lo scambio avrebbe funzionato, pensò che i Dark Shadow non avrebbero accettato. Sperò che il piano B funzionasse.

***

Arizona guardò Logan, erano ore che non le parlava. Sospirò e aprì il cancello. Logan le passò davanti senza degnarla di un'occhiata. «Logan...» chiamò piano mentre il cancello si richiudeva con un cigolio.
«Non adesso, Arizona.» ringhiò lui, «Non adesso.»  Si fermarono poco distante dalla cella in cui era rinchiuso Shane, «O preferisci che ti chiami Ari?»
Arizona rimase in silenzio e non rispose, afferrò la chiave e aprì la porta della cella.
«Devo andare al cesso.» esclamò Shane, «Subito.»
Logan sbuffò e posò il vassoio sul tavolo.
«Mi avete sentito?» esclamò Shane, «Devo andare al cesso!»
Logan strappò le chiavi dalle mani di Arizona e andò verso Shane, gli liberò le mani e lo fece alzare in piedi. 
Lo stregone barcollò un po' dopo essere rimasto seduto tutto quel tempo. «Non mi accompagni, Ari?» domandò muovendo le spalle su e giù, «Mi farebbe molto piacere.»
Arizona arricciò le labbra e decise d'ignorarlo, Logan, invece lo punzecchiò con il teaser.
«Il tuo amichetto è arrabbiato.» esclamò Shane sorridendo ad Arizona, «Sai,» abbassò la voce mentre si sporgeva verso di lei. «Credo che sia geloso del nostro piccolo bacetto.» 
Logan lo colpì con il teaser, più a lungo delle volte precedenti. Shane boccheggiò e si piegò in avanti, respirando con la bocca aperta.
L'altro ne approfittò e lo colpì nuovamente.
«Logan!» esclamò Arizona, «Ricorda quello che ha detto tuo padre!»
Logan sbuffò e condusse Shane nel piccolo bagno adiacente alla cella.
Arizona sospirò e portò il vassoio sul tavolino, tornò al tavolo e si sedette sopra, iniziò a muovere nervosamente le gambe. Aveva paura che Logan facesse qualcosa di stupido che mandasse all'aria i loro piani.
Pochi minuti dopo i due ragazzi tornarono e Shane si sedette. «Zuppa di cereali.» esclamò Shane, «La mia preferita!»
«Stai zitto e mangia.» ringhiò Logan, andò vicino ad Arizona e si appoggiò al tavolo, e continuò a stringere il teaser fra le mani. 
Rimasero in silenzio mentre Shane mangiava e Logan non guardò mai Arizona, tenne lo sguardo o su Shane o sul teaser o sul pavimento. 
Arizona cercò più volte d'intercettare i suoi occhi ma alla fine rinunciò, scese dal tavolo e si appoggiò contro il muro con un sospiro. Non sopportava più quella situazione.
«Sbaglio o c'è della tensione fra di voi?» domandò Shane pulendosi la bocca.
Logan imprecò a bassa voce, Arizona si sporse verso il tavolo, afferrò le chiavi e andò da Shane, gli afferrò il braccio destro e iniziò ad ammanettarlo. 
«Mi piace quando sei violenta!» esclamò divertito Shane.
Arizona fece una smorfia, gli prese l'altro braccio e finì di ammanettarlo. «Torniamo di sopra.» esclamò rivolgendosi a Logan. 
Il ragazzo annuì, prese il vassoio e seguì Arizona.
«Vuoi dirmi qualcosa?» domandò Arizona, «Mi hai detto due parole in tutto il giorno!» 
Logan la ignorò e la superò. Arizona sospirò rumorosamente e si diede della stupida per non aver parlato subito con Logan del bacio. Tornò al piano di sopra con lentezza, sentendosi sempre più stanca e spossata.

«Logan...» chiamò piano Arizona quando erano entrambi in cucina. Jim era con Lana e Cressida stava facendo il bucato; Jack sarebbe arrivato a momenti. 
Logan la ignorò e mise il vassoio accanto al lavello, «Cosa vuoi dirmi, adesso?» esclamò.
Arizona sospirò e si avvicinò a lui, prese la ciotola e la sciacquò, «Parlarti.» rispose.
Logan rise, «E di cosa?» disse, «Del fatto che hai baciato il nemico? Oppure del fatto che non mi hai detto nulla?»
Arizona abbassò la testa sentendosi colpevole, sospirò e alzò il viso. «Lui ha baciato me.» mormorò, «Quando siamo andati all'università... non sapevo che era lì, ero su una panchina ed è arrivato. Abbiamo  discusso e poi lui mi ha...» si fermò e guardò Logan. 
«Mi ha baciato.» finì con un sospiro.
«E no ti è passato per l'anticamera del cervello di avvertirmi?» urlò lui.
Arizona abbassò nuovamente la testa. «Avevo paura!» disse, «Sono stanca di correre, di scappare, di guardarmi dietro le spalle ogni volta che metto piede fuori di casa...» continuò alzando la voce, «Non ce la faccio più! Ho paura!»
Logan fissò Arizona scoppiare a piangere, lasciò perdere lo sportello della lavastoviglie e l'abbracciò; le accarezzò i capelli e le baciò la nuca. «Shh, non piangere.» sussurrò mentre Arizona singhiozzava contro la sua spalla, «Andrà tutto bene, te lo prometto.» 
Arizona annuì e respirò a fondo cercando di calmarsi. Fece un passo indietro e guardò l'amico. «Non sei più arrabbiato con me?» pigolò.
Logan sorrise e le asciugò una lacrima, «No.» rispose, le scostò i capelli del viso e sorrise di nuovo. «Finiamo qui, fra poco arriva Jack.»
Arizona annuì e si voltò verso il lavello, sciacquò il piatto e le posate e le infilò nella lavastoviglie insieme alla ciotola. Logan non era più arrabbiato con lei e di questo ne era felice. Ora c'era da sistemare il resto.
Mentre Logan puliva il vassoio con una spugna umida il campanello suonò, «Vado io.» disse Arizona, «Sarà Jack.» aggiunse, corse alla porta d'ingresso e guardò il videocitofono, aveva ragione, era Jack. Schiacciò il pulsante per aprire il cancello, «Entra.» disse all'interfono.
Arizona aprì la porta e cercò di fare un sorriso quando vide la pila di libri in mano a Jack. Anche quella sarebbe stata una lunga serata.

***

Arizona represse uno sbadiglio fatto di noia e stanchezza. Posò il gomito sul grande tavolo della biblioteca e posò la testa sulla mano cercandosi di concentrarsi su quello che Jack stava dicendo.
I Dark Shadow, secondo Jack, erano nascosti nel bosco che ricopriva la collina a nord della scogliera. Dovevano solo scoprire il punto esatto ed era lì che veniva la parte difficile. Oltre al fitto bosco nella collina si potevano trovare grotte e qualche passaggio segreto risalente ai tempi del proibizionismo.
«Sarà difficile trovarli in una notte.»
«Cosa?» strillò Arizona, «Dobbiamo stare svegli?» gemette.
Jack annuì, «Faremo a turno.» rispose, «Il primo lo faremo noi due.» disse guardando Arizona, «Il secondo è di Jim e Logan.»
Arizona annuì lentamente, l'idea di avere il primo turno con Jack le piacque molto.
«Faremo la parte nord della collina, dalla fine del sentiero fino all'inizio delle vecchie grotte.» continuò Jack.
Arizona annuì, «Ma saranno sei chilometri!» si lamentò quando capì bene il discorso dell'uomo. Sbuffò e posò le braccia sul tavolo. «Quando questa storia sarà finita prenoterò un ciclo di massaggi alle gambe.» disse.
«Vai a prepararti, partiamo fra venti minuti.» le disse Jack, Arizona annuì e uscì dalla biblioteca.
Una volta in camera si cambiò i jeans con un paio di pantaloni azzurri di una tuta, molto più comodi per camminare e per correre. Sì legò i capelli in una coda alta, afferrò una mini borsetta con tracolla – ci stavano solo il cellulare, la carta d'identità e qualche banconota –  e tornò in biblioteca.
Jack le venne incontro «Sei pronta?» le chiese e Arizona annuì, «Andiamo, ti spiego cosa dobbiamo fare mentre siamo in macchina.»

***

Arizona prese un respirò profondo e riprese a camminare, mosse la torcia davanti a sé per vedere dove metteva i piedi, non voleva rischiare d'inciampare in una radice sporgente come prima; mancavano forse due chilometri e sarebbero arrivati alle grotte.
Arizona non vedeva più in là del suo naso, le fronde fitte degli alberi impedivano alla luce della luna crescente e delle stelle di illuminare il sottobosco, aveva paura di schiacciare qualcosa che non avrebbe voluto calpestare, qualcosa di schifoso o un animale altrettanto schifoso.
Seguì Jack lungo il sentiero appena tracciato e cercò di percepire il campanellino. «Non sento nulla.» mormorò per l'ennesima volta, «Loro e i loro stupidi incantesimi di protezione.» sbuffò asciugandosi il sudore dalla fronte.
Avanzò di qualche metro e guardò con disgusto un mucchio di foglie cadute. Si fermò, indecisa se fare come Jack – calpestarle – o se scavalcarle. Scrollò le spalle e decise di passarci sopra, posò il piede sinistro su quel grande mucchio di foglie umide e strillò quando la gamba sprofondò fino a metà coscia.
Jack si voltò e illuminò la ragazza, sorrise e tornò indietro.  «Volevi vedere com'è la tana di qualche animale?» scherzò e posò la torcia per terra.
Arizona sbuffò, «Non sei divertente!» esclamò arrabbiata, «Aiutami!»
Jack rise e scosse la testa. «Non strillare.» le disse e le mise le mani sotto le ascelle, si bloccò quando vide l'espressione di Arizona. «Cosa c'è?» domandò allarmato.
«Sono qui.» sussurrò lei, mentre il campanellino rimbombava nella sua testa.

Scusate il ritardo, stavo scrivendo il capitolo quando l'ispirazione è scesa su di me e ho scritto "Sound of a broken heart" ho dovuto scriverla, subito, lasciando perdere questa. E poi è sparita l'ispirazione per questo capitolo ma visto che è qui vuol dire che l'ispirazione è tornata!
Spero vi sia piaciuto, le recensioni sono sempre gradite! *offre biscottini*

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Capitolo 13
*** Capitolo Tredici 23:30 - 3:00 ***




Capitolo Tredici
23:30 - 3:00

«Sei sicura?» domandò Jack a bassa voce mentre aiutava Arizona a uscire dal buco.
Arizona annuì lentamente e prese un respiro profondo. «Sì.» disse, «Sono qui vicino...» mormorò e chiuse gli occhi, cercando di concentrarsi e di capire dove fossero i nemici. Aprì gli occhi con un piccolo gemito. «Sono sotto di noi.» sussurrò.
Jack la fissò sorpreso e si chinò, tolse velocemente le foglie e vide delle assi di legno marce e il buco causato dallo sprofondare di Arizona; illuminò l'interno con la torcia e, in un angolo, vide una scala a pioli inchiodata nel muro. «C'è una scala,» disse rialzandosi in piedi, «ci dev'essere una botola o un'entrata qua attorno.» continuò agitando lentamente la torcia.
Arizona annuì e raccolse la torcia che le era caduta e sbirciò dal foro, «Non credo che questa sia l'unica entrata.» esclamò alzandosi. «Sicuramente ce ne sarà un'altra.»
Jack annuì e afferrò il telefono, velocemente digitò un messaggio a Logan dicendogli di venire. «Sì, probabilmente è così.» disse.
Arizona annuì e si guardò le mani sporche di terra e pezzetti di foglie marce e qualcos'altro che preferiva non sapere e se le pulì strofinandole sui pantaloni già sporchi.
Qualche secondo dopo, accompagnato da un leggero luccichio, apparve Logan che stringeva Shane. Il componente dei Dark Shadow aveva le mani ammanettate dietro la schiena e una collana –una di quelle che inibivano i poteri – al collo.
«Sei sicura?» domandò ad Arizona che si limitò ad annuire fissandolo. «Ok, stupido.» esclamò Logan strattonando Shane, «Dicci dove sono i tuoi amichetti.»
Shane ridacchiò e scosse la testa. «No.» replicò divertito.
«Cerchiamo l'entrata.» disse Jack, afferrò il braccio di Shane e lo spinse in avanti. Dietro loro due si sistemò Arizona e Logan subito dietro di lei.
«Sei caduta nel fango?» domandò il ragazzo.
Arizona sbuffò infastidita, «Sì.» ringhiò avanzando.
«Non preoccuparti, Ari.» esclamò Shane, «Sei bellissima lo stesso.»
Arizona sbuffò ancora, Logan strinse il teaser e Jack alzò gli occhi al cielo. «Allora, dov'è l'entrata?» domandò quest'ultimo.
Shane scrollò le spalle. «Non ve lo dico.»
«Muovi a sputare quell'informazione!» gridò Logan, «O vuoi un'altra scossa?» domandò alzando il teaser. Era un modello diverso, a pistola e aveva altre sei cariche nelle tasche dei jeans.
Shane scrollò le spalle — per quanto le spalle costrette in quella posizione gli permettessero — e si fermò, lentamente si girò, sempre sorridendo. «No.» rispose, «Ma grazie di avermelo chiesto!»
Logan contrasse la mascella e avanzò di un passo. «La smetti di avere quel sorriso da cretino?» domandò, «Mi fai venire voglia di toglierlo a forza di calci.»
«Puoi provarci, se vuoi.» replicò Shane «Vieni avanti, forza.» disse e Logan lo prese in parola: fece un passo avanti e urlò quando il terreno franò sotto di lui.
Arizona strillò e si inginocchiò accanto al buco dentro il qual era caduto Logan. «Stai bene?» domandò agitando la torcia per poterlo vedere.
«Sto bene.» borbottò il ragazzo alzando il viso verso il fascio di luce, «Aiutami, ho perso la torcia.»
Arizona si sporse di più e mosse lentamente la torcia.
«Tutto bene?» domandò Jack mentre tratteneva Shane con entrambe le mani.
«Sì!» strillò Arizona e sorrise quando Logan ritrovò la torcia e il teaser. «Cosa vedi?»
Logan ispezionò il luogo in cui si trovava e sbuffò frustato, «Niente.» sbottò. «Credo che sia una trappola.» disse e imprecò sottovoce, insultando Shane.
«Ti ho sentito!» replicò l'interessato.
Logan sbuffò e passò la torcia e il teaser ad Arizona, s'issò sulle pareti e uscì dal buco; fissò con odio Shane e si avvicinò a lui.
Shane sorrise e ridacchiò. «Ti sei fatto male?» domandò piegando la testa di lato.
Logan avanzò ancora e Jack si mise in mezzo ai due. «Smettetela!» esclamò. «Tu,» si rivolse a Logan, «bada ad Arizona.», strinse il braccio di Shane e lo spinse, facendolo voltare verso di lui, «E tu dicci dov'è sta cazzo di entrata che mi sono rotto i coglioni di tutta sta storia.»
Shane tacque e il suo viso divenne serio. «Ho già detto di no.» ringhiò.
«E se entrassi nel buco dove sono caduta prima?» esclamò Arizona pulendosi le mani sui pantaloni, «Basterebbe allargare il buco, magari riuscirei a capire dove porta la scala.»
«No!» esclamò Logan.
«Si potrebbe fare.» disse Jack ed ignorò lo sguardo sorpreso del ragazzo e i risolini di Shane. «Smettila di ridere, altrimenti mi tolgo le mutande e te le ficco in gola.»
Arizona sussultò allo sfogo di Jack; era sempre stato un tipo tranquillo, che raramente alzava la voce o infarciva di parolacce una frase, pensò che fosse colpa di quella storia, aveva fatto uscire di testa tutti quanti; si voltò lentamente e tornò dove era caduta poco prima, si chinò e controllò il legno. «È marcio.» disse alzandosi in piedi e puntando la torcia in direzione degli altri tre che la stavano raggiungendo. «Basteranno un paio di calci.» continuò e iniziò a picchiare con il piede le tavole di legno che dopo pochi minuti cedettero, cadendo e sollevando polvere e terra.
Arizona si piegò e ispezionò l'interno con la torcia, riusciva a vedere il pavimento di quel buco, calcolò che non era troppo in basso, al massimo due metri. Poteva farcela. Respirò a fondo e si bloccò quando sentì qualcuno fischiettare, si girò lentamente e guardò Shane.
Lui le sorrise e riprese a fischiettare, Arizona sospirò e si avvicinò a Logan, «Tieni.» gli disse passandogli la torcia; guardò un'ultima volta Shane — che le sorrise — e scosse la testa.
Saltò dentro e si fece passare la torcia. «Sembra un vecchio rifugio.» disse osservando le pareti, si avvicinò alla scala a pioli e la illuminò e sorrise quando vide la botola, infilò il manico della torcia fra i denti, sistemò la borsetta dietro la schiena e posò delicatamente il piede sul primo piolo, gli sembrò resistente e così proseguì.
Osservò la botola chiusa con un lucchetto e lo tirò; imprecò quando si accorse che il lucchetto era nuovo e non cedeva di un millimetro.
«Cosa hai detto?» domandò Logan.
Arizona tolse la torcia dalla bocca e fissò ancora il lucchetto. «Ho trovato una botola.» disse, «Ma è chiusa da un lucchetto.» continuò e lo illuminò. «Sembra che sia appena uscito dalla fabbrica.» sospirò e scese dalla scala e ispezionò il pavimento — era una semplice gettata di cemento — alla ricerca di un'altra botola o di una qualsiasi altra cosa che assomigliasse a una porta.
«Non c'è nessun'altra entrata.» disse e tornò sotto l'apertura.
«Sei sicura?» esclamò Jack.
«Sì!» rispose Arizona e si arrampicò sulle parete e Logan l'aiutò ad uscire. «C'è solo la scala e la botola.» spiegò e si guardò attorno pensando a dove poteva trovarsi l'entrata. Sospirò quando si accorse che poteva essere ovunque, persino dietro l'enorme masso alla sua sinistra. Sospirò e si passò una mano sul viso.
«Allora, vuoi dirci da dove si entra?» domandò Jack stringendo il braccio di Shane, lui scosse la testa e sbuffò.
«Non ve lo dico, non ve lo dico...» cantilenò. «Non ve lo dico...» continuò prima che Jack gli tirasse una sberla sulla nuca. Shane scrollò la testa e sbuffò. «Guarda che non ottieni nulla se mi prendi a sberle.» disse, «Ma,» si girò verso Arizona, «potrei dirlo a te, se sarai un po' gentile con me.»
Arizona gli si avvicinò prima che potesse farlo Logan e schiaffeggiò il viso di Shane. «Piantala.» disse prima di indietreggiare di un passo e bloccarsi; deglutì e si voltò lentamente, respirando piano.
«Cosa c'è?» le domandò Logan sfiorandole le spalla, «Sono qui, vero?»
Arizona annuì e strizzò gli occhi per vedere nell'oscurità del bosco — la torcia le era caduta a terra — e cercò di concentrarsi per capire dove fossero i Dark Shadow, ma sentiva solo Shane o almeno, era sicura che quel campanellino che sentiva — dal suono ritmico — fosse di Shane.
«A terra!» strillò vedendo la grossa bolla di potere avanzare verso di loro e si buttò a terra, seguita dagli altri, la bolla s'infranse contro un albero dietro di loro, facendolo esplodere e mandando schegge di legno e foglie in giro.
Arizona si sentì sollevare e urlò, ma era solo Logan che la stava aiutando ad alzarsi. I quattro si ripararono dietro una sporgenza rocciosa usando Shane come scudo mentre attorno a loro esplodevano bombe di potere che sradicavano alberi e polverizzavano arbusti.
«Logan, porta Shane a casa!» esclamò Jack e girò il viso per evitare un piccolo ramo.
Logan aprì la bocca per rispondere ma si bloccò quando una bolla lo raggiunse e lo colpì alla spalla.
Arizona urlò e lo afferrò per le spalle impedendoli di cadere.
«Vado.» mormorò Logan stringendo i denti per il dolore, strinse il braccio di Shane e guardò Jack e Arizona.«Torno a prendervi.» disse.
Jack scosse la testa, «No, rimani a casa e riposati, io e Arizona ce la caveremo.» esclamò.
Logan fece una smorfia ma annuì. «Se avete problemi chiamatemi.» disse e sorrise ad Arizona, strinse più forte il braccio di Shane e svanì con un luccichio.
Jack afferrò il polso sinistro di Arizona e lo strinse. «Al mio tre corri.» mormorò e Arizona annuì, anche se era stanca.
L'uomo sbirciò e si tirò indietro appena in tempo, evitando di essere colpito. «...tre!» gridò e iniziò a correre trascinando Arizona dietro di sé, pochi metri dopo lasciò Arizona che gli si affiancò saltando un ramo secco.
Corsero lungo il sentiero e la ragazza ebbe paura di cadere e rotolare lungo il fianco della collina, rischiando di finire in acqua.
Jack deviò per il bosco e Arizona gemette e si abbassò evitando un ramo che, altrimenti, l'avrebbe colpita in pieno viso.
«Sai dove stiamo andando, vero?» gridò Arizona prima di strillare quando vide una bolla di potere colpire il ramo sopra la sua testa, mandandolo in briciole.
Jack non le rispose e continuò a correre, «No!» gridò e scavalcò un grosso sasso.
Arizona non replicò e aumentò l'andatura, chiuse gli occhi per un istante e quando li riaprì vide Jack scivolare per terra e finire oltre il bordo della collina, urlò e si precipitò da lui; sospirò dal sollievo quando lo vide disteso a meno di mezzo metro sotto di lei. Si avvicinò a lui e lo guardò, domandandosi dove fosse la torcia e si ricordò di averla fatta cadere quando erano stati attaccati. Aiutò Jack a rialzarsi. «Stai bene?» gli chiese quando lui fece una smorfia di dolore.
«La caviglia...» gemette lui, «credo sia una distorsione.»
Arizona annuì, preoccupata e lo aiutò a sedersi, afferrò il cellulare e chiamò Logan.
«Jack si è fatto male alla caviglia.» disse quando Logan rispose, «Vieni.» Si guardò attorno e si accorse che avevano percorso molta strada, erano in una piccola baia, il rumore delle onde copriva i loro respiri rumorosi.
Logan apparve qualche secondo più tardi. «Porto lui e vengo a prendere te.» disse posando un braccio sulle spalle di Jack.
Arizona lo fissò, «Non mi sembri abbastanza in forze.» esclamò, «Sei pallido.»
Logan scosse la testa e tossì, «Sto bene.»
«Arizona ha ragione.» disse Jack, «Sei debole.» esclamò e alzò una mano come se volesse zittire Logan che aveva aperto la bocca. «Lei può correre, al limite prende un taxi e lo pago io quando arriva.»
Arizona annuì lentamente, l'ultima cosa che voleva era stare da sola con i Dark Shadow, ma Jack non poteva camminare e Logan era troppo debole per poter teletrasportare due persone. «Per me va bene.» si sentì dire.
«Sei sicura?» domandò Logan e Arizona annuì.
«Andate.» disse e Logan e Jack svanirono.

Arizona si alzò in piedi e si guardò attorno cercando di capire dove fosse. Non aveva più la torcia ma scorse qualche lampione in lontananza; camminò velocemente lungo la piccola lingua di sabbia e iniziò a correre quando la spiaggia si allargò, Arizona vide la vecchia scala di pietra, che conduceva all'altrettanto vecchia villa, ormai disabitata da anni.
Arizona scavalcò un ramo portato dalle onde e salì la scala due gradini alla volta; strillò spaventata quando sentì un gradino distruggersi dietro di lei, si voltò appena e vide Hannah, Tom e un tizio che non conosceva, molto alto e con un sacco di muscoli. Gemette e tornò a guardare davanti a sé, e strillò quando vide la catena di ferro sorretta da due pali di cemento, spiccò un salto ma il piede sinistro colpì uno dei grossi anelli e lei cadde a terra, rotolò, si mise a quattro zampe e, con uno scatto, riprese a correre, domandandosi come mai ci fosse una catena e come mai le luci della villa fossero accese. Decise di non pensarci e continuò a correre e scavalcò un'altra catena senza inciampare, scese i gradini e proseguì lungo la strada, svoltando nella prima via a sinistra.
Andò avanti a correre svoltando a casaccio e si fermò per prendere fiato. La gola le bruciava e respirò affannosamente, mentre si chinava in avanti e posava le mani sulle ginocchia.
“Una chiesa, devo trovare una chiesa.” pensò e sobbalzò quando l'ennesima bolla di potere — questa volta molto grande e avvolta dalle fiamme — le passò accanto; dopo un respiro profondo riprese a correre per fermasi di colpo quando vide un cimitero. Scavalcò il grande cancello in ferro battuto e balzò all'interno del luogo sacro, si nascose in un'insenatura e si coprì la bocca con le mani quando si accorse che era finita nella parte del cimitero vecchia, quella dove nei piccoli loculi c'era solo una cassettina con le ossa dei defunti. Strizzò gli occhi e, alla luce tremolante dei lumini, lesse la data alla sua sinistra. Chiunque fosse sepolto lì — il nome e la data di nascita non si leggevano più — era morto nel 1885. Rimase ferma per riprendere fiato e decise di esplorare il cimitero, alla ricerca di un'altra uscita che non fosse il cancello da dove era entrata.
Si mosse lentamente, accompagnata delle fiamme dei lumini e si bloccò quando si accorse di aver superato una fontanella. Tornò indietro e girò lentamente la manopola e si chinò per bere. Si asciugò la bocca e girò la manopola al contrario e riprese a camminare, cercando di non sobbalzare ad ogni singolo fruscio od ombra che si muoveva. Era sicura che i tre Dark Shadow fossero lì fuori, in attesa che lei uscisse per attaccarla e magari rapirla. Si concentrò sul campanellino che sentiva e cercò di capire da dove provenisse. Camminò velocemente e si ritrovò davanti al muro di cinta. Fece per scavalcarlo ma si accorse che lì, attaccata al muro, si trovava una lapide. Alzò le spalle e usò il bordo della lastra di marmo per issarsi sul muro; quando fu in cima guardò attorno a lei e capì di essere in una delle sei zone industriali della città. Saltò sul prato sotto di lei e corse in mezzo a un campo incolto fino a quando raggiunse la strada.
Continuò a correre lungo il marciapiede e si bloccò, si voltò e si tuffò a terra per evitare un colpo lanciato da Hannah, rotolo un paio di volte e si rimise in piedi, attraversò la strada e s'infilò in un buco di una recinzione, fermandosi appena in tempo per non andare a sbattere contro un muro basso e per non farsi vedere da una guardia; capì di essere finita accanto a una guardiola.
«James come va?» domandò un uomo.
«È terzo, per ora.» rispose un altro.
Arizona si appiattì contro il basso muro della guardiola e rimase ferma, immobile. Sentì un rumore metallico e alzò lentamente la testa, sopra di lei, a una decina di centimetri dai suoi occhi si trovava una mensolina di ferro traforato e lei vide una pistola, due caricatori e quello che aveva tutta l'aria di essere un coltello serramanico. Si domandò come mai una guardia di una ditta girasse armata, poi le venne in mente che poteva essere la ditta che lavorava il rame e che ultimamente era stata soggetta a diversi furti, per cui si era dotata di guardie armate.
Respirò piano domandandosi in quale guai si fosse cacciata. Se l'avessero vista l'avrebbero fermata e lei avrebbe dovuto spiegare perché una ragazza di ventuno anni andasse in giro in piena notte conciata come se avesse fatto il bagno nel fango. Decise di non pensarci. I Dark Shadow erano sempre più vicini e lei doveva fare qualcosa.
«Io vado un attimo al cesso.»
Arizona quasi sobbalzò, quando sentì la voce seguita da dei passi che si allontanavano. Con attenzione si alzò e si sporse oltre la mensolina e vide la guardia che era rimasta che fissava il piccolo televisore portatile. Afferrò il coltello serramanico e si riabbassò, con delicatezza aprì la cerniera della borsa e infilò il coltello, afferrò uno dei due caricatori e mise anche quello in borsa — ormai era talmente piena che non si chiudeva più.
Fece un respiro profondo e si alzò in piedi, afferrò l'ultimo caricatore e lo fece scivolare lentamente nella pistola. La guardia si voltò appena e Arizona reagì d'istinto, colpendola con il calcio della pistola. La guardia — non doveva avere più di venticinque anni — si accasciò con un gemito e la giovane ne approfittò per voltarsi, pronta a scappare.
«E tu chi sei?» esclamò l'altra guardia, uscendo da un cubicolo dove ci doveva essere il bagno.
Arizona lo fissò, la pistola ancora in mano. «Una di Greenpeace.» rispose e scappò, passò nel buco e corse lungo la strada, che ben presto si trasformò in una stradina di campagna. Arizona si accorse che non c'era nulla dove ripararsi. Era entrata in un luogo privato, aveva steso una guardia e aveva rubato una pistola, di sicuro la stavano cercando.
Intravide un casolare e si affrettò, maledicendo sottovoce il terreno sconnesso. Entrò in quella che aveva tutta l'aria di una stalla abbandonata, entrò da una porta che sembrava stare in piedi solo per miracolo e si acquattò nell'angolo più lontano e buio.
Strinse la pistola con entrambe le mani e la tastò lentamente, indecisa se togliere la sicura oppure no. Lei non sapeva sparare, aveva seguito Jim e Logan una volta al poligono, aveva provato a centrare il manichino senza troppi risultati: su dieci colpi sette si erano conficcati attorno alla silhouette nera, uno era un po' nella spalla un po' fuori e Jim le aveva detto che se avesse sparato sul serio a uno, quello sarebbe stato il classico colpo da striscio, e gli ultimi due si erano conficcati nel polso e nella mano. Arizona sbuffò e pensò che forse era il caso di gettare la pistola e i caricatori sotto al cumulo di fieno marcio al suo fianco.
Tremò e sentì il campanellino, strinse la pistola e abbassò la sicura. Magari non li avrebbe uccisi, ma con un proiettile calibro .9 nel polso poteva recuperare un po' di vantaggio. Si alzò in piedi, afferrò un pezzo di legno umido con la mano sinistra, infilò la pistola nell'elastico della tuta e si concentrò come le aveva insegnato Jim. Chiuse gli occhi e alzò la mando destra, respirò profondamente e una piccola palla di fuoco partì dal suo palmo e si diresse verso il legno, spegnendosi qualche centimetro prima. Arizona aprì gli occhi e gemette prima di riprovarci di nuovo. Al terzo tentativo riusci ad accendere la torcia improvvisata.
Perlustrò la stalla alla ricerca di un qualcosa che le potesse tornare utile, alla fine, appesa a un gancio mezzo arrugginito, trovò una borsa verde scuro. La prese e la rivoltò ma era vuota; sfilò la sua borsa e la infilò in quella verde che rimise a tracolla, dopo un attimo afferrò la pistola e la mise nella tasca davanti, decise di uscire visto che li non c'era nient'altro. Gettò il legno infuocato in un secchio d'acqua — l'ultima cosa che voleva era causare un incendio — e uscì lentamente.
Respirò profondamente, guardò Hannah e iniziò a correre, tornando indietro, verso la ditta ma, prima di raggiungerla, deviò in una strada secondaria. Passò in un parcheggio mezzo vuoto e proseguì, andando a caso, con l'intenzione di seminare i Dark Shadow e anche le guardie — sempre se la stessero seguendo.
«Merda!» gridò e pestò un piede a terra quando si accorse di essere finita in un vicolo cieco, si voltò e gridò quando vide Hannah e li altri due a pochi metri da lei. Era in trappola.
Deglutì a vuoto e fece partire un paio di colpi in rapida successione che colpirono Tom che crollò a terra e lo sconosciuto muscoloso che, invece, rimase in piedi. Arizona lo fissò sorpresa, il suo colpo non gli aveva fatto nulla, come se non lo avesse sfiorato.
L'uomo emise un ringhio roco e sorrise divertito e Arizona capì di essere nei guai, lentamente fece scivolare la mano nella tasca e strinse la pistola.
Hannah avanzò e inviò un colpo che Arizona evitò scartando di lato, estrasse la pistola e sparò tre colpi che rimbombarono nella notte silenziosa; quando riaprì gli occhi si accorse di aver centrato in pieno Hannah. La giovane era per terra, sostenuta da Tom e una grossa macchia di sangue si allargava sulla pancia di Hannah.
L'uomo muscoloso urlò e saltò, Arizona gridò e tremò quando lo vide trasformarsi in un essere che non aveva nulla di umano, la testa sembrava quella di un toro umanizzato, le mani si erano trasformate, diventando come quelle di un orso bruno, mentre il corpo le ricordò un gigantesco leone, indietreggiò e notò un cassonetto dell'immondizia, ci saltò sopra e sparò altri colpi che sfiorarono Tom e presero in pieno l'essere mostruoso, facendolo arrabbiare ancora di più. Sparò ancora e si arrampicò sul muro, cadendo dall'altro lato. Boccheggiò inspirando polvere e si alzò in piedi, tremante a causa del ruggito. Si voltò lentamente e s'impose di calmarsi per evitare di spararsi su un piede. Indietreggiò e alzò l'arma, cercando di puntarla alla testa della bestia, premette il grilletto e il proiettile colpì l'essere a una guancia, facendolo ringhiare e ruggire. Arizona sparò ancora e lo colpì alla spalla, l'essere se la guardò e poi fissò Arizona, il volto animalesco distorto in un ghigno feroce.
«O cacchio.» mormorò Arizona quando il tamburo scattò a vuoto, infilò la pistola nella borsa, si voltò e fuggì terrorizzata mentre la bestia si gettò al suo inseguimento.
Si infilò nello stretto spazio fra un cassonetto e un muro e frugò nelle borsa alla ricerca dell'altro caricatore, lo trovò e lo sostituì con quello esaurito. Strillò quando l'essere sollevò il cassonetto come se pesasse quanto una scatola di scarpe per poi lanciarlo lontano. Arizona sparò e colpi l'essere che ruggì, lei rotolò di fianco e si alzò riprendendo a correre.

Questo capitolo è lungo e se non mi fossi fermata sarei andata avanti ancora, rendendolo ancora più lungo.
Spero che vi piaccia :)

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Capitolo 14
*** Capitolo Quattordici 3:00 - 20:00 ***




Capitolo Quattordici
3:00 - 20:00

Arizona prese un respiro profondo e si nascose nel piccolo spazio fra il muro e una grossa cuccia. Non sapeva come ma era finita sul retro del grande negozio di giardinaggio e arredamento per esterni, il cancello non c'era —  lei sapeva che dovevano rifare la recinzione —  , così era entrata e si era nascosta. Afferrò il cellulare e imprecò quando vide che non c'era campo. Con rabbia mise via il cellulare e riprese in mano la pistola; ansimò —  aveva ancora il fiato corto —  e cercò di concentrarsi e di percepire se i Dark Shadow si stessero avvicinando. 
Vide una luce fioca in lontananza e si coprì la bocca con le mani per impedirsi di urlare, rimase rigida e si rilassò quando capì che era solo la guardia che passava per il controllo; quando l'uomo si allontanò Arizona pensò che sarebbe stata una pessima cosa se la guardia l'avesse trovata, avrebbe dovuto dare una spiegazione plausibile e le non l'aveva, almeno, sarebbe stata una scusa assurda per chiunque non fosse stato una strega. E, a quanto ne sapeva lei, uno dei poliziotti avrebbe potuto essere uno dei Dark Shadow.
Quella era la sua terza violazione di proprietà privata, senza contare il furto della pistola, il fatto che andasse in giro senza il possesso d'armi, e poi aveva aggredito una guardia; Arizona gemette al pensiero di tutte quelle violazioni della legge e posò la testa sulle ginocchia , prese un respiro profondo e si decise a sbirciare: la via era libera, strinse più forte la pistola e strisciò fuori dal suo nascondiglio. Camminò lentamente, guardandosi attorno per evitare d'inciampare in una statua o barbecue; arrivò a metà del cortile e, quando si alzò il vento, Arizona si girò lentamente e trattenne un urlo quando vide l'essere mostruoso sopra il tetto del capannone che fungeva da negozio. Non urlò e iniziò a correre, aggirò il capannone e tornò sulla strada principale mentre il mostro ruggiva e distruggeva tutto dietro di sé.
Scese le scale del vecchio sotto passaggio e quasi inciampò quando saltò gli ultimi gradini, si fermò un attimo e respirò a fondo. Il sottopassaggio era vecchio, largo circa un metro e mezzo puzzava di umidità e sporcizia; Arizona si ricordò che lì sotto si rifugiavano i barboni.  Riprese a correre e sperò di non inciampare, strillò quando l'essere ruggì e il verso rimbombò. Saltò un senzatetto che dormiva e atterrò su un qualcosa di morbido, perse l'equilibrio e cadde, finendo con il viso su un sacchetto dell'immondizia. Si rialzò e riprese a correre senza voltarsi. salì velocemente le scale facendo due gradini alla volta. Respirò a fondo quando tornò in superficie e svoltò verso destra infilandosi in un grande viale alberato.
Continuò a correre e strillò quando gli artigli dell'essere la sfiorarono senza ferirla, saltò oltre un new jersey e si voltò, alzò la pistola e sparò ancora, anche se sapeva che non sarebbe servito a nulla. I proiettili sembravano infastidirlo e basta. Infilò la pistola in borsa e continuò a correre, gemette quando in lontananza scorse il quartiere dove vivevano i genitori di Logan. Si fece forza e aumentò l'andatura, imboccò una stradina, arrivò davanti al muretto di recinzione e lo scavalcò ed entrò in casa, cadendo sul pavimento dell'ingresso.
«Arizona!» esclamò Cressida quando la vide, alzò lo sguardo e vide il mostro, urlò e chiuse la porta.  «Che cos'era?» chiese con voce tremante.
«Uno di quegli stronzi che si è trasformato.» ansimò Arizona mettendosi carponi.
«Sei caduta in una discarica?» domandò Jack e si avvicinò a lei zoppicando. «E cosa ti è successo?»
Arizona si levò la borsa e incespicò fino al divano. «Sono distrutta.» mormorò, «Ho sete.»
Cressida andò in cucina e tornò con una bottiglietta d'acqua. Arizona la prese e si sedette sul divano, l'aprì e ne bevve quasi metà in un paio di sorsi. 
«Una pistola! Arizona!» esclamò Jim.
«L'ho rubata.» disse lei e chiuse un attimo gli occhi. «Alle guardie delle fabbrica del rame.» borbottò, «E ho steso una delle guardie.»
«Che hai fatto?» esclamò Logan.
Arizona alzò le spalle e finì l'acqua. «Credo di aver ucciso Hannah.» sussurrò.
«Tu credi...» mormorò Jim.
Arizona sospirò, «Le ho sparato all'addome.» spiegò. «Ero lì, in un vicolo e non sapevo cosa fare!» strillò, «Poi quel tizio si è trasformato in un mostro orribile e ho avuto tanta paura...» disse e Logan l'abbracciò.
«Sei finita in cassonetto?» chiese Logan.
Arizona ridacchiò. «No.» rispose, «Sono passata nel vecchio sottopassaggio, sono inciampata e sono caduta su un sacchetto dell'immondizia.»
Rimasero in silenzio qualche secondo, Arizona sospirò e si alzò in piedi. «Posso farmi una doccia e dormire un paio d'ore?» chiese, «Sono distrutta.»
Mezzora dopo Arizona uscì dal bagno e si asciugò il viso con la manica dell'accappatoio, si arrampicò sul letto e si addormentò ancora prima che la sua testa toccasse il cuscino.

***

Arizona sbadigliò e si mise seduta, mise a fuoco l'ambiente attorno a lei e si tranquillizzò quando capì di essere nella stanza di Cressida. Scese dal letto a castello e si vestì, riportò l'accappatoio in bagno, legò i capelli in una coda alta e scese in cucina. 
«Hai fame?» chiese Jim.
Arizona annuì e si sedette, due minuti dopo l'uomo le posò davanti al naso un piatto con dell'arrosto di tacchino. Arrivarono anche gli altri e iniziarono a pranzare; Arizona iniziò a raccontare quello che era successo partendo dal quando Jack e Logan se ne erano andati, quando arrivò a parlare della ditta di rame, Jack scoppiò a ridere.
«Quelli hanno messo delle guardie armate e si sono fatti fregare da una ragazza!» sghignazzò, «Greenpeace!» continuò a ridere.
«È la prima cosa che mi è venuta in mente.» borbottò Arizona arrossendo, «Non potevo dirgli la verità.»
Jack si asciugò le lacrime causate dalle risate e annuì, «Sì, sì, certo... sono una di greenpeace!» rise ancora.
Arizona sbuffò infastidita e mangiò un pezzo di pane, e si domandò, per la prima volta da quando era tornata a casa, dove fosse Shane.
Bevve e si disse di non pensarci, dopotutto non le importava nulla dello stregone.

***

Arizona sbuffò e posò il vassoio sul tavolino, «Svegliati!» esclamò, «Ti ho portato il pranzo.» disse e guardò Shane che, sdraiato su una vecchia brandina, dormiva; si avvicinò a lui e lo scrollò per una spalla. «Se non ti alzi in due minuti salti il pranzo.» disse, un urlo le morì in gola quando Shane le strinse il collo.
«Sei scemo?» strillò la ragazza liberandosi dalla stretta, «Cazzo, ti porto il pranzo e mi aggredisci? Ma sei scemo o cosa?» esclamò e fece un passo indietro.
Shane si mise seduto e cercò di spostare le manette, si massaggiò i polsi e guardò Arizona. «Se avessi saputo che eri tu non l'avrei fatto.» disse.
Arizona alzò gli occhi al cielo e spinse il tavolino davanti alla brandina. «Mangia e taci.» ordinò.
Shane rise e si spostò sulla seggiola, le catene che partivano dalle manette e finivano nel muro tintinnarono quando gli anelli metallici sbatterono fra di loro. «Dovrei andare al cesso.» disse, «Mi aiuti?» sorrise guardando Arizona.
«Chiamo Logan.» disse lei, si spostò di un paio di metri e usò l'interfono per chiedere a Logan di scendere. 
«Io avrei voluto che mi aiutassi te, non il tuo amichetto a cui spezzerai il cuore, mia cara Ari» replicò Shane addentando un pezzo di pane. «È troppo violento!»
Arizona sbuffò e si appoggiò al muro. «Non chiamarmi Ari.» ringhiò, «Mi chiamo Arizona, idiota!»
Shane rise ancora, «Come vuoi.» disse, «Ari.»
Arizona sbuffò e incrociò le braccia al petto; si appoggiò al muro e fissò Shane, sperando che Logan scendesse al più presto. 
«Ti rendo nervosa?»
«Sì.» rispose lei, «Tu e i tuoi amichetti idioti mi avete veramente rotto le scatole.» 
Shane alzò gli occhi al cielo e sbuffò, «Se facessi quello che ti chiedo avremmo chiuso la questione da tempo.»
Arizona rimase zitta poi sorrise. «Sai che ieri sera ho sparato alla tua amichetta Hannah?» disse.
Shane bevve l'acqua facendo rumore e posò la bottiglietta sul tavolino, alzò le spalle e guardò Arizona, «Non è la mia amichetta, ma quella di Tim.» disse, «E comunque... se si è fatta sparare, da te, per giunta, vuol dire che se lo meritava.»
Arizona lo fissò sorpresa, non aspettandosi una risposta del genere, era convinta che i Dark Shadow fossero un gruppo unito, evidentemente si sbagliava e ripensò a quando Shane aveva ucciso i suoi amici sotto ai suoi occhi. «Imbecille.» mormorò e respirò dal sollievo quando Logan entrò nella piccola cella.
«Accompagnalo al cesso.» disse lei. «E punzecchialo un po', già che ci sei.» 
Logan sorrise e sfiorò il teaser che aveva infilato nella cintura, liberò Shane e lo condusse verso il bagno.
«Ehi, Ari! Tu dovresti stare dalla mia parte! Siamo uguali, noi due!» gridò Shane e urlò quando Logan lo colpì.
Arizona alzò gli occhi al cielo e sbuffò, iniziò a sistemare il vassoio e spostò il tavolino; Logan e Shane tornarono dopo cinque minuti, e Shane si sedette sul letto mentre Logan lo incatenava nuovamente.
«Rimani qui con me, Ari?» domandò Shane, «Ci divertiremo!»
Arizona aprì la bocca per rispondere ma Logan la precedette e colpì Shane sul viso.
«Bhe, prima direi che bisognerebbe mandare a cuccia il tuo amichetto.» disse Shane e sorrise, «È un po' troppo geloso.» 
«Stai zitto.» esclamò lei, afferrò il vassoio e uscì dalla cella, seguita da Logan e dalla risata di Shane.

***

Arizona sbuffò e girò la pagina della guida turistica. «Qualcuno mi spiega perché sto guardando la guida turistica della nostra città? La conosco, non mi serve sapere altro!» 
«Devi trovare qualcosa legato alla collina, sapere se da qualche parte si parla di qualche rifugio sotterraneo.» le disse Jim.
Arizona non replicò e girò un'altra pagina, leggendo svogliatamente; respirò profondamente e si domandò cosa voleva dire Shane quando aveva detto “Siamo uguali, noi due”, scosse la testa e chiuse gli occhi per un'istante, allungò le gambe sotto al tavolo e rilassò le spalle. Girò un'altra pagina e guardò le foto del vecchio castello che dominava la baia, lesse che era stato trasformato in un bed&breakfast dai proprietari.
«Qui non c'è nulla.» disse quando arrivò alla fine del libro, lo chiuse e lo spinse in avanti. Jim non disse nulla e le passò un altro libro, Arizona emise un piccolo gemito, prese il libro e ci posò sopra la testa sospirando. «Quanto dobbiamo andare avanti?» pigolò.
«Fino a quando non troviamo qualcosa.» rispose Jack, sistemando meglio la caviglia con la distorsione sul cuscino.
«Sempre che ci sia.» borbottò Logan aprendo un nuovo libro.
Arizona sorrise e allungò una mano per prendere una delle patatine dalla ciotola. 
Andarono avanti a leggere per quasi altre tre ore, finché Cressida non entrò nella biblioteca e disse che la cena sarebbe stata pronta in mezz'ora.
Arizona alzò le braccia sopra la testa e sbadigliò, si rifece la coda e si alzò in piedi. «Vado in bagno.» disse.
«Va bene.» esclamò Jim senza alzare gli occhi dal libro, «Poi porta la cena a Shane.»
Arizona sbuffò lentamente e rispose che andava bene.
«Non possiamo farlo morire di fame?» borbottò Logan.
«No.» rispose Jim.
«Peccato.» replicò Logan. Arizona alzò gli occhi al cielo e uscì dalla biblioteca.

***

Shane era seduto sulla brandina quando Arizona arrivò da lui. «Ti ho portato la cena.» disse mettendo davanti a lui il piatto con due tramezzini.
«Sei venuta da sola, eh?» disse Shane spostandosi sulla sedia. «Ti mancavo, vero? Di solito la cena me la porta il tuo amichetto geloso.»
Arizona non disse nulla e si appoggiò al muro. «Perché non ci dici dove sono i tuoi amici?» esclamò, «Sai, mi sono rotta le scatole di correre qua e là.»
Shane mangiò e non rispose.
«Allora?» lo incalzò lei e lui alzò le spalle, Arizona sbuffò e incrociò le braccia al petto.
«Se tu mi dai un bacio io ti dico tutto.» disse Shane e sorrise, le labbra sporche di maionese.
Arizona alzò gli occhi al cielo e rimase in silenzio. «Nemmeno se fossi l'ultimo uomo in tutto l'universo!» replicò.
Lui alzò le spalle e continuò a mangiare. «Come vuoi, Ari.» disse, «Ma non sai cosa ti perdi!»
Arizona sbuffò di nuovo e lo guardò. «Preferisco non saperlo.» replicò.
Shane rise e finì di mangiare. «Cambierai idea, ci scommetto quello che vuoi.»
Arizona scosse la testa e infilò le mani nelle tasche dei pantaloncini di jeans. «Io scommetto di no.» disse, «Però, se vuoi, puoi mettere in palio i tuoi gioielli di famiglia... non vedo l'ora di prenderli a calci.»
Shane la guardò brevemente, sorrise e scosse la testa, «Sei violenta, Ari.» disse, «Mi piaci sempre di più!»
Arizona si avvicinò a lui e riprese in mano il piatto, «Idiota.» mormorò e si voltò, fece due passi e si girò, «Cosa intendevi dire prima, quando hai detto che siamo uguali?» domandò.
Shane alzò le spalle, «Te lo dico solo se mi dai un bacio.» rispose e sorrise, inarcò un sopracciglio e le mandò un bacio.
Arizona alzò gli occhi al cielo e sbuffò, «Mi tengo la mia curiosità, grazie.» disse e si voltò nuovamente, avviandosi verso l'uscita.
«Ehi, dovrei andare in bagno!» esclamò Shane, «Arizona!» gridò mentre la ragazza chiudeva la porta della cella, «Ari!» 
Arizona non lo ascoltò e tornò di sopra, infilò il piatto nella lavastoviglie e si sedette per cenare.

Salve! Spero che piaccia anche questo capitolo! Grazie a chi legge questa storia!

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 20:00 - 01:30 ***




Capitolo Quindici
20:00 - 01:30

Arizona sbuffò e pensò che sarebbe caduta da un momento all'altro. Le gambe le facevano ancora male e aveva sonno —  Logan l'aveva svegliata alle cinque e mezzo, dopo una dormita di sei ore scarse — in più faceva troppo caldo per le dieci del mattino e, infine, i moscerini la stavano divorando. 
Logan era davanti a lei, che seguiva Mike, mentre la fila la chiudeva Jason —  i due erano stregoni amici di Jim — e stavano camminando sulla collina, alla ricerca del nascondiglio dei Dark Shadow o di Sam e Sandy.
«Arizona, quanto manca?» domandò Mike.
La ragazza si scostò una ciocca di capelli che le si era appiccata al viso e strizzò gli occhi. «Non molto.» rispose, «Siamo quasi arrivati.» aggiunse e sperò di non sbagliarsi. 
Avanzarono ancora per qualche minuto, fino quando Mike non si fermò e chiamò Arizona, indicandole una buca.
«Si, è quella.» disse lei e si piegò sulle ginocchia per poter osservare l'interno del piccolo rifugio, drizzò la schiena e guardò Mike che prendeva un paio di tenaglie dallo zainetto.
«Vieni con me.» le disse e saltò nel buco, «Logan, Jason, rimanete qui e fate il palo.»
Logan non ribatté, era lo Sceriffo della contea, era stato un ex-marine in nell'esercito — un ex tenente congedato con onore— , in guerra e, sopratutto, era grande e grosso.
Mike ruppe facilmente il lucchetto che cadde a terra con un tonfo, diede una spallata alla botola che si aprì, prese la Desert Eagle e la puntò in avanti, mentre balzava agilmente all'interno di quello che sembrava un vecchio rifugio scavato nella roccia.
Arizona si guardò attorno muovendo la torcia, rivelando un paio di brandine arrugginite, un vecchio lavabo, un tavolo e quattro sedie, una aveva una gamba rotta. «Non ci sono.» disse, «Non sento nulla.» aggiunse e si guardò attorno.
Mike era qualche metro più avanti, davanti a una vecchia credenza di legno scuro, gli scaffali erano sfondati e l'unico integro sembrava stare su solo per miracolo; le due antine erano divelte.
«Non c'è un'altra uscita?» chiese Arizona scartando di lato per evitare un sacchetto d'immondizia.
Mike agitò la sua torcia da una parte all'altra, «Lì c'è una porta.» esclamò fermando il fascio di luce su una vecchia porta di legno.
I due si avvicinarono e Arizona vide che la porta una volta doveva essere bianca, a giudicare dalle rare macchie di vernice nei punti dove era ancora visibile. Mike l'aprì e i due entrarono in quella che sembrava una vecchia cucina, con un fornello da campeggio — e relativa bombola —, un piccolo frigorifero e un altro tavolo con le sedie.
Sulla parete di fronte a loro c'erano altre due porte, una rivelò un piccolo bagno da cui proveniva un orribile tanfo e Arizona quasi vomitò quando ne sentì l'odore; l'altra porta — una di quelle blindate — era nuova, come se fosse appena uscita dalla fabbrica, e aveva l'aria di essere particolarmente resistente, oltre che chiusa a chiave.
Arizona rabbrividì — erano dentro una montagna, dopotutto — e si strinse le braccia al corpo mentre Mike imprecava. «Non puoi distruggerla con un colpo?» gli chiese.
Lui scosse la testa. «Così poi scoprono che siamo stati qui?» esclamò, «No, grazie.» disse, afferrò un coltellino svizzero che aveva appeso alla cintura e fece scivolare fuori una lama, con la quale cercò di scassinare la porta, senza risultati. 
Arizona si guardò pigramente attorno, osservando l'ambiente spoglio e lurido, e dicendosi che Shane non sembrava il tipo da vivere in quella che sembrava una baracca. Scosse la testa, ricordandosi che Shane era il cattivo, e che non era importante dove  e come vivesse; fece un mezzo giro su se stessa e si bloccò, sentendo la pelle d'oca sul corpo. Si avvicinò a Mike, ancora intento a cercare di scassinare la serratura e gli toccò la spalla.
«Sono qui.» sussurrò, «Si stanno avvicinando alla porta.» 
Mike chiuse il coltellino e si girò verso di lei. «Muoviti.» le disse. 
Arizona annuì e si voltò, iniziando a camminare velocemente, contando — e non sapeva neppure lei il perché — il numero dei passi.
Arrivarono alla botola, l'aprirono e Arizona saltò giù, ignorando la scaletta, si arrampicò sulla parete e uscì dal buco, e quasi travolse Logan.
«Che succede?» chiese Jason.
«Stavano arrivando.» ansimò Arizona piegandosi sulle ginocchia. «Hanno una fottutissima porta blindata per un rifugio scavato nella montagna.» esclamò.
«Andiamo su per la collina.» ordinò Mike, dall'altra parte ci sarà un'uscita per quel diavolo di posto.»
Arizona gemette ma non replicò — Mike era dell'esercito e sapeva come comandare — e seguì gli altri sul fianco della montagna, incespicando e brontolando mentre si arrampicava sulla collina, aiutandosi a salire aggrappandosi agli arbusti, facendo scivolare sassi che rotolavano sotto ai suoi piedi.
Dopo quella che le sembrò un'eternità raggiunsero la cima della collina; Arizona inspirò a fondo e disfò la coda per poi rifarla. Era completamente sudata e la maglietta le si appiccava addosso. Ansimò e riprese a camminare per scendere dall'altra parte, facendo piccoli passi e aggrappandosi a qualsiasi cosa che le sembrasse più resistente di un ciuffo d'erba.
Mike si fermò all'improvviso e Arizona andò quasi a sbattere contro Logan. Il soldato fece segno di tacere e indicò un qualcosa alla sua destra. La ragazza si sporse oltre Logan e osservò l'apertura scavata nel terreno, alta circa un metro e trenta centimetri e larga forse un metro; da dove si trovava, Arizona riusciva a vedere il cemento che rafforzava l'ingresso. Inspirò lentamente e imprecò quando un moscerino le si infilò nel naso.
«Deve essere quella l'entrata.» bisbigliò Mike e Jason annuì, «Deve esserci un tunnel che arriva fino alla porta.» continuò Mike.
«Una porta blindata.» specificò Arizona. «Alla fine di un tunnel.» 
Mike alzò le spalle, «Evidentemente ci tengono alla sicurezza.» disse come se fosse un dato di fatto, inspirò lentamente e si avvicinò all'apertura. Gli altri lo seguirono e si misero dietro di lui. Il buco era buio e non si vedeva nulla dopo un metro scarso, solo l'oscurità. 
Mike avanzò di un paio di passi, afferrò la torcia che aveva appeso alla cintura e illuminò l'interno, fatto di cemento. Dopo qualche metro il tunnel si alzava, raggiungendo i due metri.
Arizona aprì lo zaino di Logan e prese la bottiglietta d'acqua dal portabottiglie termico e ne bevve un sorso.
«Arizona, vieni con me.» esclamò Mike, «Esploriamo il tunnel.»
La ragazza si bloccò, la bottiglia posata sulle labbra e girò la testa verso di lui, fissandolo e Mike le sorrise. Arizona ingoiò, rimise a posto la bottiglia  e sospirò prima di avvicinarsi al marine, accese la torcia e lo seguì, pensando che se al suo posto ci fosse stato Jack, Logan avrebbe protestato di sicuro.
Lasciò uscire un altro sospiro e avanzò, la schiena piegata in avanti per non pestare la testa, Mike era quasi piegato totalmente — era alto quasi due metri — e imprecava un passo sì e uno no.
Dopo quasi sei metri il tunnel iniziò ad alzarsi e Arizona poté drizzare la schiena mentre Mike dovette aspettare ancora qualche passo prima di mettersi completamente dritto.
«Come va?» domandò Mike.
«Escludendo lo sciame di moscerini e zanzare che mi sta massacrando?» replicò lei agitando le mani davanti alla faccia, «Alla grande.» rispose. «Secondo te l'hanno scavato loro o è una grotta naturale?» domandò dopo qualche secondo.
«È una grotta naturale.» rispose Mike, «E deve essere stata usata come rifugio durante la guerra di Secessione, poi deve essere stato allargato con gli anni.» 
«Però dovrebbe essere su qualche guida, ma non c'è ne è traccia.» replicò Arizona.
Mike alzò le spalle, «Probabilmente se ne è perso il ricordo.» disse, «Non c'è neppure sui fogli del catasto.» aggiunse. 
Proseguirono per altri tre metri svoltando dolcemente a sinistra, mentre si allargava sempre di più. «Sono proprio furbi, sti stronzi.» aggiunse Mike e si fermò.
«Merda.» sibilò Arizona alla vista di tre porte blindate identiche; inspirò a fondo e ascoltò i battiti impazziti del suo cuore.
Mike si avvicinò lentamente alla porta in mezzo e la osservò in silenzio, come se quella potesse rivelargli qualche segreto sull'universo. Fece un altro passo avanti, ritrovandosi a meno di mezzo metro dalla porta e inspirò a fondo mentre Arizona si concentrò per percepire i nemici. Erano lì, dietro una di quelle porte ma lei non riusciva a sentirli. 
Si avvicinò alla destra di Mike e osservò la porta, poi sfiorò il braccio di Mike e gli indicò la porta, verso il basso, dove era intagliato un simbolo: un cerchio di una quindicina centimetri di diametro, circondato da quelle che sembravano fiamme stilizzate. All'interno del cerchio c'era una spirale e, all'interno di questa, una serie di triangoli che seguiva la linea spiraliforme.. Arizona prese il cellulare dalla tasca posteriore dei pantaloni e scattò una foto al simbolo, tenendo il pollice premuto sull'auto parlante del cellulare per evitare di far sentire il rumore dello scatto. Per il flash non poté fare nulla, visto che serviva per rendere la foto più chiara.
Controllarono anche le altre due porte dove trovarono lo stesso simbolo intagliato. 
«Deve essere un simbolo di protezione.» mormorò Mike mentre controllava la porta a sinistra e si bloccò, alzò lo sguardo, scattò in piedi e afferrò il polso sinistro di Arizona. «Corri.» le disse.
I due iniziarono a correre mentre la porta dietro di loro si apriva e qualcuno urlava. Arizona chinò la testa quando il tunnel iniziò ad abbassarsi sempre di più.
In breve i due furono all'aperto e Arizona finì dritta fra le braccia di Jason — ex marine anche lui —  e si sentì buttare a terra, fece per aprire la bocca per insultare l'uomo ma la richiuse quando vide una bolla di potere infrangersi contro un arbusto poco lontano. Si rialzò e iniziò a correre lungo il pendio della collina, e ben presto superò Mike, Jason e Logan.
Dopo quella che le parve un'eternità arrivarono alla base della collina,  gli stregoni si voltarono e Arizona urlò quando riconobbe l'essere che l'aveva inseguita la notte prima. Anche Logan strillò quando lo vide, mentre le mani dei due soldati corsero alle Desert Eagle e un attimo dopo aprirono il fuoco, mirando al torace dell'essere. Logan spinse Arizona dietro le rovine di una vecchia casa di pietra, della quale rimanevano solo due muri mezzi distrutti. Presto li raggiunsero anche gli altri due che si tuffarono accanto a loro, e ricaricarono le pistole così in fretta che Arizona distinse a fatica i rapidi movimenti delle loro mani. Solo allora si ricordò di avere anche lei una pistola automatica nella borsa — gliela aveva data Mike —, la prese, tolse la sicura e inspirò a fondo, poi urlò quando una pietra sopra la sua testa si sbriciolò.
Si alzarono tutti quanti e ripresero a correre — la loro auto era a due chilometri da lì, e poi si voltarono tutti e quattro e fecero fuoco contro l'essere che ruggiva e strappava arbusti e rami. 
Mike si alzò in piedi, abbassò la pistola e si concentrò per poi inviare contro il mostro una grossa bolla di potere avvolta dalle fiamme, l'essere fu centrato in pieno e barcollò cadendo a terra con un ringhio che si trasformò in un guaito.
Arizona si concesse un sorriso che ben presto si trasformò in una smorfia quando vide altri Dark Shadow che arrivavano di corsa, sparando contro di loro bolle di potere.
L'essere si rialzò in piedi e spiccò un salto, atterrando davanti a Logan e colpendolo con gli artigli prima che il ragazzo o uno degli altri potesse fare qualsiasi cosa.
Logan si accasciò a terra reggendosi il braccio ferito che cominciò a sanguinare copiosamente; Arizona inspirò a fondo, tirò indietro il carrello della pistola, armandola, e sparò, colpendo il mostro da una distanza ravvicinata. Sparò un altro colpo, più in basso del precedente e l'essere guaì quando il proiettile lo colpì all'inguine.
Arizona afferrò Logan con un braccio e lo tirò su a forza e lo spinse in avanti, per poi trascinarlo verso le rovine di un'altra casa.
Jason sparò ancora, mentre Mike mandava una bolla di potere dietro l'altra e imprecò quando si rese conto che i Dark Shadow erano immuni ai suoi colpi, come se avessero uno scudo invisibile che li proteggeva, avvolgendoli completamente. 
«Tira fuori il fucile!» gridò Mike buttandosi a terra e Jason sorrise, infilò la Desert Eagle nella cintura dei pantaloni e nelle sue mani apparve un M16 nero e lucente. 
Jason mirò e sparò a uno dei Dark Shadow, aprendogli un squarcio grande come un pugno di un uomo adulto nel petto, poi si girò verso l'essere che aveva inseguito Arizona e Logan e gli sparò a una spalla, portandogli via un grosso pezzo di carne.
L'essere ruggì e si girò verso di lui e Jason sparò di nuovo mentre lui e Mike raggiungevano gli altri due. Jason sparò di nuovo prima di abbassarsi e posare il fucile d'assalto ai suoi piedi. 
«È grave.» pigolò Arizona stringendo il bicipite di Logan con entrambe le mani. Mike si levò la maglietta, rivelando i  muscoli e i tatuaggi, strappò l'indumento, dividendolo in strisce e fasciò il braccio di Logan.
«Dobbiamo andare alla macchina.» esclamò Jason riprendendo il mano l'M 16. Era quello il suo potere, la capacità di far apparire qualsiasi cosa desiderasse — un fucile, in quel caso.
«Mike, dammi le chiavi del SUV.» esclamò la ragazza.
Lui la fissò inarcando un sopracciglio. «Sei pazza?» chiese.
Lei scosse la testa, «No.» rispose, «Voi sarete pure dei marines addestrati, ma sono io quella che corre veloce.» disse, «E visto che Logan è ferito...»
Mike la fissò brevemente, infilò una mano in tasca e prese le chiavi che lanciò alla ragazza.
Arizona sorrise e le infilò nella tasca interna della borsetta, rimise la sicura alla pistola e si alzò lentamente in piedi.
«Vai, ti copro io.» mormorò Jason.
Arizona annuì, guardò un'ultima volta Logan e iniziò a correre, raggiungendo in breve tempo la stradina di terra battuta e la seguì per un centinaio di metri, prima che la stradina terminasse a ridosso della strada asfaltata.
Incespicò e riuscì a mantenere l'equilibrio mentre saltava un grosso ramo, e riprese a correre sulla strada, sentendo spari, urla e grida. 
Un albero a due metri da lei esplose, mandando schegge di legno e foglie attorno a lui, Arizona chiuse gli occhi senza smettere di correre. Strinse la pistola, oltrepassò un tombino sporgente e si girò, fermandosi di scatto.
«Ciao, Tom.» esclamò togliendo la sicura.
«Hai ucciso Hannah!» strillò lui.
Arizona inspirò a fondo e sparò, colpendolo al braccio. Tom urlò e si accasciò a terra, sanguinante. Arizona si girò riprese a correre, con un pensiero solo in testa: arrivare in fretta all'auto, salirci sopra e tornare dagli altri. Quando fu a meno di duecento metri dall'auto prese le chiavi dalla borsa, stringendole forte nel pungo sinistro. 
Schiacciò il pulsante e le portiere si sbloccarono, salì a bordo e gettò la pistola nel vano porta oggetti fra i due sedili. Accese il motore e inserì la retromarcia, strillò quando vide qualcosa dallo specchietto retrovisore, come una figura che cadeva al suolo, non ci badò e fece inversione, e poi lo vide: Tom era a terra e aveva l'aria di uno che era appena stato investito. Arizona capì che era stata lei a investirlo quando aveva fatto retromarcia. Non ci badò più di tanto e premette l'acceleratore. In meno di due minuti fu davanti alla vecchia casa.
Mike trascinò Logan e lo buttò sul sedile posteriore per poi salire lui stesso e chiudere la portiera mentre Jason saliva davanti.
«Parti!» gridò Mike, «Adesso!»
Arizona fissò l'essere, pieno di buchi di proiettile, che avanzava ruggendo e  non se lo fece ripetere due volte: ingranò la marcia e partì sgommando e facendo inversione, alzando una nuvola di polvere.

***

Carly pulì e fasciò le ferite di Logan mentre Arizona continuava a grattarsi.
«Ti rimarranno i segni.» le fece notare Carly mentre sistemava la fasciatura.
«Prude.» replicò lei contorcendosi per cercare di grattarsi un punto della schiena.
Carly frugò nella sua valigetta e le lanciò un tubetto di crema antistaminica. «Lavati, asciugati senza strofinare troppo e spalmala dove prude.» spiegò.
Arizona rigirò il tubetto fra le mani e poi annuì, «Cress, poi ti chiamo per la schiena.» disse, la sorella di Logan annuì e Arizona andò di sopra, direttamente in bagno. Era completamente sudata, piena di punture di zanzare e moscerini e pezzetti di erba, foglie e corteccia.
Dopo dieci minuti, dopo essersi lavata e asciugata iniziò a spalmare la crema sulle gambe mentre Cressida entrava nella stanza, senza dire una parola la ragazza iniziò a spalmare la crema sulla schiena di Arizona.
«Sembri la cartina della luna.» le disse, «Sei piena di bozzi e crateri.»
«Grazie.» replicò Arizona, «Adesso mi sento veramente meglio.» disse e Cressida ridacchiò. «Oggi è Venerdì.» esclamò dopo un po', «È iniziato tutto sabato sera...» 
Cressida riavvitò il tappo al tubetto e sospirò. «Sembra che sia successo ieri ma anche due mesi fa.» disse.
Arizona si limitò ad annuire e si allungò per prendere il reggiseno e Cressida lo allacciò.
«Credo che il pranzo sia pronto.» disse la più piccola.
«Mi vesto e scendo.» esclamò Arizona e Cressida le sorrise e uscì. Arizona si infilò un paio di pantaloncini verde scuro e una t-shirt nera e pensò che erano sei giorni che conosceva Shane. Sette giorni in cui lui l'aveva tormentata, uccidendo due persone sotto ai suoi occhi, solo per il gusto di farlo. Sette giorni di battutine, di prese in giro... 
Improvvisamente le sembrò che quel bacio che Shane le aveva dato fosse successo anni prima, invece era successo Martedì. Inspirò a fondo, infilò le infradito nere e argento, legò i capelli in uno chignon disordinato e andò al piano di sotto, decisa a non pensare a Shane. “E ci riuscirò.” si disse.

***

Arizona sbuffò e posò il vassoio sul tavolino. 
«Dì la verità, Ari.» esclamò Shane, «Sei tu che insisti per portarmi il cibo, perché sai che non puoi resistermi.»
Arizona sospirò e lo guardò incrociando le braccia. «Tu sei matto.» disse e distolse lo sguardo quando Shane le sorrise.
«Forse.» replicò lui e strinse la forchetta, «Ma tu sei più matta di me se continui a venire da me.»
Arizona non disse nulla e si appoggiò al muro, voltò piano la testa verso la porta della cella e sorrise.
«Stai sorridendo.» notò Shane, «Hai capito che ho ragione?»
Lei non rispose, limitandosi a sorridere ancora mentre Mike entrava.
«E tu chi saresti?» lo apostrofò Shane.
Mike sorrise, afferrò una sedia e la sistemò davanti a Shane e si sedette al contrario, posando le braccia sullo schienale. «Mike Jefferson.» rispose, «Tenente della Marina Militare Americana.»
Shane lo osservò aggrottando le sopracciglia, poi infilzò un pezzo di carne, «E così vi siete rivolti all'esercito?» domandò e sorrise quasi ironicamente.
Mike non rispose, limitandosi ad inarcare il sopracciglio destro, e inspirò lentamente, prima di allungare un braccio verso il tavolino dove Shane stava pranzando, sfiorò il ripiano di plastica — era un tavolino da esterni —, guardò Shane e diede un pugno al tavolo, facendo sobbalzare Shane e cadere la bottiglietta — per fortuna aveva il tappo avvitato.
«Dimmi dove sono Sam e Sandy.» esclamò Mike.
Shane lo osservò sorpreso ma rimase zitto. 
Mike inspirò a fondo e lo guardò, rilassò la mano — era ancora chiusa a pugno — e la posò sul ginocchio. «Abbiamo trovato il rifugio nella collina.» disse.
«Bravi.» esclamò Shane, «I miei complimenti.» disse e sorrise guardando Arizona appoggiata al muro.
Mike colpì di nuovo il tavolo e Shane sobbalzò, spingendo indietro la sedia e le catene tintinnarono. «Ma sei pazzo?» gracchiò.
Mike lo fissò e sorrise quasi con sarcasmo prima di piegare di lato la testa. «Dalla botola si arriva in un appartamento.» disse ignorando l'insulto di Shane, «Un appartamento lurido.» specificò, «Dal tunnel si arriva a una specie di sala con tre porte. Blindate.» aggiunse e si alzò in piedi, girò la sedia e si sedette correttamente. «Abbiamo trovato lo stesso simbolo marchiato a fuoco sulle porte...»
Shane lo fissò e posò la forchetta sul piatto. «Io non ti dico nulla.» disse, «Ad Arizona sì.» esclamò sorridendo.
«Tu stai parlando con me, non con lei.» disse Mike, «Quindi rispondimi: dove sono Sam e Sandy? Perché ci sono tre porte nel rifugio della collina? Cos'è quel simbolo? Cosa cazzo volete?»
Shane rimase sorpreso da quel fiume di parole, come Arizona. «Non voglio rispondere.» disse Shane.
Mike non disse nulla, afferrò il tavolino e lo spostò di lato.
«Ehi!» protestò Shane, «Non ho finito di mangiare!»
«Mangerai quando lo dico io.» replicò Mike.
«Devo andare al cesso.» disse Shane e Arizona noto che stava incominciando a spaventarsi.
«Ci andrai quando lo dico io.» esclamò Mike con un sorriso, voltò la testa e guardò Arizona, «Vai pure, Arizona.»
Lei sorrise e si staccò dal muro, «Hai bisogno di qualcosa?»
«Il secchio.» rispose Mike. «È qui fuori, nel corridoio.»
Arizona annuì e uscì.
«Secchio?» gracchiò Shane, «Per cosa ti serve?»
Mike scrollò le spalle. «Non hai detto che devi andare al cesso?»
Shane impallidì e si morse le labbra, Arizona rientrò, posò il secchio accanto a Mike e si voltò.
«Cosa? Te ne vai?» strillò Shane, «Mi lasci con questo pazzo?»
Arizona si girò e lo fissò, sorrise e se ne andò mentre Shane urlava il suo nome e la chiamava.
«Come se la cava Mike?» le chiese Jack dal divano quando tornò in salotto.
«Bene.» rispose, «Sta tirando fuori il soldato che è in lui.»
Jack sorrise e afferrò il bicchiere di succo d'arancia, Arizona si sedette accanto a lui. Shane era terrorizzato da Mike. “Speriamo che non gli faccia del male.” pensò e si paralizzò quando si accorse che lo aveva fatto sul serio, aveva pensato a Shane e aveva sperato che Mike non gli facesse del male. Sospirò e fissò il bicchiere che Cressida aveva preparato per lei, lo afferrò e per un istante desiderò correre al mobile bar, prendere la prima bottiglia di alcolico e correggere il succo. Invece lo bevve così com'era, «Gli altri sono in biblioteca?» chiese osservando Jack.
Lui annuì, «Sì, stavo aspettando te per andare.»
Anche Arizona annuì e finì il suo succo, prese il bicchiere vuoto di Jack e li portò in cucina, dove sospirò chiedendosi perché, anche se non lo desiderava, continuava a pensare a Shane.

***

Arizona girò un'altra pagina, posò il libro sul tavolo e si stropicciò gli occhi. Erano quasi tre ore che guardava libri su libri, cercando il simbolo che lei e Mike avevano visto sulle porte. Logan e Jack , a differenza degli altri, erano seduti su due comode poltroncine, e Jack aveva i piedi posati su un poggiapiedi in tinta con la poltroncina. 
Arizona afferrò un tramezzino — lo aveva preparato Jason — e iniziò a mangiarlo lentamente e si sistemò sulla scomoda sedia, riprese in mano il libro e riprese a girare le pagine. Venti pagine dopo il libro finì, lei lo chiuse, lo mise sul tavolo e ne prese un altro e gemette quando si accorse che gliene mancavano ancora sei — escluso quello che aveva in mano — da controllare. Sospirò e si sentì sempre più stanca, esausta da tutta quella situazione. Erano giorni che non dormiva una notte intera, o che non rimaneva qualche minuto seduta a fare nulla — escludendo le poche ore che aveva trascorso in università — o che non usciva per una semplice passeggiata, senza dover correre per scappare da qualcuno.
O per uscire con un ragazzo, Arizona sospirò pensando che il suo ultimo appuntamento risaliva a tre mesi prima, a Marzo; girò un'altra pagina — fatta solo di testo, come la seguente — e si chiese se sarebbe potuta uscire con Shane se lui non fosse stato uno dei Dark Shadow.
Sbuffò arrabbiata per aver pensato ancora a lui quando si era riproposta di non farlo.

***

Il pendolo batté un singolo rintocco mentre Arizona infilava in bocca un biscotto ripieno di marmellata ai frutti di bosco che aveva preparato Jason — aveva avuto un passato come cuoco e pasticcere prima di diventare un soldato — e girò una pagina e rabbrividì quando si trovò davanti un disegno di un pipistrello con la bocca deforme, i canini aguzzi e sporchi di sangue.
«L'ho trovato.» esclamò Mike e spinse il libro — un libricino sottile, rilegato a mano almeno una settantina di anni prima — al centro del tavolo. 
Logan e Jack si alzarono dalle poltroncine e raggiunsero il tavolo; Arizona fissò l'immagine e annuì constatando che era lo stesso disegno che aveva visto sulle porte.
«Il simbolo protegge dagli sguardi indiscreti dei curiosi senza il dono.» lesse Mike, traducendo dal latino e Arizona gliene fu grata, perché la sua conoscenza del latino era scarsa.
«Il dono?» fece Cressida.
«Credo che si riferisca agli stregoni in generale.» spiegò Mike, «Altrimenti neppure noi l'avremmo visto.»«Però sono stati stupidi.» disse Logan, «Gli altri non posso vedere le porte, ma noi sì.»
«E al diavolo la sicurezza.» sbuffò Arizona. 
Mike alzò le spalle, «Forse non si aspettavano che li trovassimo.» disse e sospirò. «E quell'idiota non mi vuole dire nulla, dice che non è mai stato al rifugio nella collina.»
«E tu gli credi?» chiese Logan.
Mike annuì, «Sì, glielo chiesto più volte e ci è mancato poco e se la sarebbe fatta addosso.» ridacchiò.
Arizona sospirò, erano dal pomeriggio che non pensava a Shane e Mike glielo nominava. Scostò il libro e posò le braccia sul tavolo e la fronte su di esse.
«Hai sonno, Arizona?»
Lei alzò la testa e fissò Jim, «Sì.» sbadigliò.
«Vai pure a dormire.» le disse lui, «Andate anche voi.» disse a Logan e Cressida.
Arizona annuì, chiuse il libro e si alzò in piedi, biascicò un “buona notte” e uscì dalla biblioteca; mentre passò accanto alla porta che portava ai sotterranei pensò che quella sera non aveva visto Shane. Grugnì e sbadigliò, maledicendo se stessa e andò in camera.

Salve! Grazie a chi legge, commenta, mette le storie in una delle liste.
E finalmente è arrivato l'esercito! Ok, sono solo due marines, ma sempre meglio di niente, no?
razie ancora!

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 01:30 - 01:45 ***




Capitolo Sedici
01:30 - 01:45

«Mangia piano, altrimenti ti strozzi.» esclamò Logan.
Arizona lo degnò di una breve occhiata e riprese a mangiare i cereali con il latte. «Ho fame.» replicò con la bocca piena. «E poi mi hai detto tu di fare in fretta.»
Logan sorrise e si sedette di fronte a lei. «Dobbiamo incontrare Cindy, lo sai.» le ricordò, «Dobbiamo accertarci che stia bene.»
Arizona annuì e prese un'altra cucchiaiata di cereali. «Tanto è sempre in ritardo anche lei.»
«Magari è la volta buona che è in orario.»
Arizona fissò Logan e sollevò la tazza, «Chi? Cindy?» domandò e sorrise, «Non credo proprio.» aggiunse e bevve il latte e quello che rimaneva dei cereali. «E va bene.» borbottò, «Vado a vestirmi.» disse, posò la tazza sul tavolo e andò al piano di sopra passando per la scala della cucina.
Velocemente si cambiò e andò a lavarsi la faccia e i denti, dieci minuti dopo era di nuovo al piano di sotto. «Allora...» mormorò guardandosi attorno, «Logan!» esclamò.
«È in bagno.» le disse Jim.
Arizona annuì e si sedette sul divano.
«Andiamo?» esclamò Logan dopo un paio di minuti. Arizona sorrise e si alzò in piedi e si girò, guardò Logan e sorrise di nuovo.
«Sì.» disse e si avviò verso la porta.
Venti minuti dopo erano in centro, davanti a un negozio di caramelle in attesa di Cindy.
«Te l'avevo detto che sarebbe stata in ritardo.» esclamò Arizona e guardò Logan. «Come minimo arriverà per le nove e mezza.»
«Come fai a sopportarla?» chiese Logan.
Arizona scrollò le spalle, «È simpatica, dopotutto.» rispose, «E abbastanza svampita per non accorgersi di nulla.»
Logan annuì, «Senti qualcosa?» chiese.
Arizona chiuse un attimo gli occhi e scosse la testa. «No.» rispose, «Non ci dovrebbero essere problemi.»
Logan annuì anche se quel “dovrebbe” non gli piaceva molto. «Bene.» commentò.
«Scusate il ritardo!» esclamò Cindy arrivando di corsa.
Arizona le sorrise e si alzò dalla panchina su cui si era seduta. «Non sei in ritardo di molto.» disse, «Allora... cosa dovevi dirmi d'importante?»
Cindy si lasciò cadere sulla panchina. «Hai presente Shane, il tipo del negozio?» chiese.
Arizona annuì e guardò Logan. La sera prima, quando aveva ricevuto il messaggio di Cindy aveva dovuto raccontare tutto a Logan — aveva dovuto dirgli che Shane aveva invitato fuori Cindy — «Sì.» rispose.
«Non mi chiama più e non risponde ai miei messaggi!» piagnucolò Cindy, «Perché?»
«Forse non gli interessi.» rispose Logan e le altre due lo fissarono. «Bhe, che c'è?» domandò, «Potrebbe essere vero!» aggiunse guardando Arizona che scostò lo sguardo, fissando nuovamente l'amica.
«Non pensare più a lui.» esclamò Arizona e le sfiorò la schiena, «Se si è comportato così vuol dire che è un vero... vero stronzo, ecco.»
Cindy fece un sospiro che somigliava di più a un singhiozzo, «Ma lui mi piace.»
Arizona sorrise, «Su, dai non fare così.» disse, «Fai un bel sorriso, vai in giro e vedi che ne troverai uno... migliore di Shane.»
Cindy annuì e si alzò, «Hai ragione!» cinguettò e abbracciò Arizona, «Il mondo è pieno di bei ragazzi!» disse e sorrise, «Logan... domani sera sei libero?» chiese e sbatté le ciglia.
Il ragazzo avvampò, «Cindy... io... ecco...» balbettò, «Non credo sia il caso...»
«Intende dire che è impegnato domani sera, ha una cena di famiglia.» gli venne incontro Arizona e lui le sorrise.
Cindy alzò le spalle. «Oh, non importa, tanto stasera vado al compleanno di mia cugina... sicuramente in quella discoteca ci sarà qualche bel ragazzo.» esclamò allegramente, baciò la guancia di Arizona, strinse il manico della borsa e se ne andò.
«È matta!» esclamò Logan, «Mi ha chiesto di uscire!»
Arizona alzò gli occhi al cielo. «Uh, già, dobbiamo andare a chiamare una squadra della S.W.A.T! È una vera tragedia, una minaccia...» lo prese in giro, «Logan!»
Lui sbuffò e si passò una mano fra i capelli, «Sei davvero, ma davvero simpatica, lo sai?»
Arizona sorrise e gli si avvicinò, «Dai, muoviamoci, abbiamo tempo per fare la spesa in tranquillità.» disse e lo prese sottobraccio e lo guardò, «Prendiamo anche qualcosa di sfizioso... gamberetti in salsa rosa.»
«Gamberetti?» chiese Logan sorpreso, «Arizona, dobbiamo prendere solo frutta e verdura!»
Lei alzò le spalle, «Uffa.» brontolò e sorrise

Arizona guardò svogliatamente Logan infilare un paio di pomodori in un sacchetto.  Fece mezzo giro su se stessa e fissò la gente che passava davanti alle vetrine del fruttivendolo, guardandoli distrattamente. 
«Ho finito.» 
La giovane si girò verso Logan e afferrò il sacchetto che lui le stava porgendo. «Andiamo?»
Logan annuì e aprì la porta e i due uscirono, diretti nella panetteria che si trovava poco più avanti, lungo la Promenade.
Mentre camminavano in silenzio Arizona si girò per un attimo. «Cosa c'è?» le chiese Logan.
«Nulla.» rispose lei guardando avanti, «Mi è sembrato... di vedere uno che viene all'università.» disse. In realtà le era sembrato che qualcuno li stesse seguendo; pensò, anzi, si convinse, di essere diventata troppo paranoica. Inspirò lentamente, apprezzando il profumo del pane appena sfornato che proveniva dalla panetteria e dall'odore dei fiori delle aiuole.
«Come va il braccio?» chiese ad un certo punto, mentre aspettavo di essere serviti.
«Bene.» rispose Logan «Mi scoccia solo perché...» si fermò e guardò Arizona con un sorriso, «Solo perché dovrò stare a riposo.»
Arizona ridacchiò, «Mi pare che tu abbia già dato abbastanza.» disse e afferrò il sacchetto di carta con il pane.
«Non ancora.» mormorò Logan, «Li voglio ridurre a cuccioli indifesi.» aggiunse abbassando ulteriormente la voce.
Arizona si limitò ad annuire. 

***

Arizona si chiese perché tutti i moscerini della zona dovessero volare attorno a lei. Respirò lentamente e si tolse un pezzo di foglia dai capelli. Erano le tre del pomeriggio ed erano tornati alla scogliera, lei, Jason, Mike e Jack che si era completamente ripreso, merito dell'unguento “miracoloso” preparato da Cressida.
Si spostò verso destra senza far rumore e agitò una mano per allontanare gli insetti. «Stanno arrivando.» mormorò voltandosi verso Mike che le rispose mettendole in mano una pistola. ^
Arizona la fissò e la infilò nei pantaloni. Se c'era una cosa che aveva imparato in quei giorni era che era possibile far fuori un altro stregone con la magia ma sparargli — o passargli sopra con la macchina — era ancora meglio. Seguì gli altri e si spostò dietro un altro cespuglio e spiò l'ingresso ai bunker. Lì c'erano tre membri dei Dark Shadow, erano disarmati ma con l'aria di chi si era svegliato male ed era pronto a picchiare chiunque gli capitasse davanti. Arizona inspirò lentamente e fissò uno degli uomini fare un passo avanti e guardare verso di loro, se Arizona non avesse saputo che erano protetti da una barriera, probabilmente sarebbe fuggita urlando. Invece rimase lì, ferma, in attesa del momento giusto per muoversi.
Mike mosse la mano e lei si preparò a muoversi — doveva distrarre quei tre o almeno uno di loro.
Un minuto dopo Mike si girò verso Arizona e annuì lentamente, lo fece anche Arizona e fece un passo indietro, respirò a fondo, strinse la pistola e iniziò a correre, passando davanti ai tre uomini che urlarono quando la videro e lei non si voltò, era sicura che la stessero seguendo. Dopo qualche minuto si fermò e si girò, e vide uno dei tre uomini che aveva visto prima più uno che non conosceva e una donna sulla quarantina. Prese un respiro profondo e riprese a correre, decidendo di scendere verso la scogliera.
Le bolle di potere che i tre le lanciavano contro la sfiorarono, sibilando contro il suo orecchio. Arrivò in spiaggia e si guardò attorno, indecisa se andare a destra — verso la villa — o a sinistra — verso la pineta —, inspirò a fondo e decise di andare verso la pineta, avrebbe trovato più ripari e poteva fare il giro e tornare da Mike e gli altri. 
Oltrepassò un rigagnolo d'acqua e si buttò a terra appena prima che una bolla infuocata andasse a sbattere contro un albero. Arizona rotolò a terra un paio di volte e si rialzò, sputacchiando terriccio e pezzi di foglie. Riprese a correre e risalì il crinale della collina e si nascose dietro un grosso masso e rimase in attesa. Non percepì nessun rumore a parte quelli naturali del bosco. Chiuse gli occhi cercando di sentire il campanellino ma non percepì nulla, aprì gli occhi e si sporse di poco oltre il masso: la via era libera, sembrava che li avesse seminati. Si concesse un sorriso e ritornò dietro il masso, guardò verso il basso e sgranò gli occhi quando vide la vipera, lentamente si alzò in piedi e si allontanò correndo velocemente, senza preoccuparsi di dove potevano essere i nemici. Quando vide fra il verde degli alberi il nero del SUV rallentò ed entrò in auto, sbattendo la portiera.
«Problemi?» le domandò Mike mentre ripartiva.
«Sì.» ansimò lei.
«Quali?» chiese Jason.
«Una vipera.» rispose lei, «Una vipera enorme.» disse, Mike ridacchiò e Arizona fece una smorfia offesa, «Comunque... perché ho rischiato quasi un infarto?»
«Abbiamo fatto sapere a quelli che domenica sera ci sarà lo scambio.» rispose Jack, «Shane per Sam e Sandy.»
«Sono d'accordo?» chiese lei.
«Non troppo.» rispose Mike, «Diciamo che gli ho messo un pochino di paura e ha detto, o meglio, ha piagnucolato, che avrebbe riferito tutto al suo capo.» spiegò, «Uno di loro è corso dentro ed è tornato dicendo che andava tutto bene.»
Arizona annuì, «Quando è l'appuntamento?» 
«Domani sera alle nove.» le rispose Jack.
«Quindi vedi di riposarti ed esercitati, fra oggi e domani. Ci servi.»
Arizona annuì ancora, «Sì, ovviamente.» disse guardando il paesaggio che scorreva fuori dal finestrino, «Cosa?» strillò, «Mike, sei scemo?»
«Tu ci servi.» ripeté Mike, «Anche Logan verrà.»
«Veramente Logan non vede l'ora di fare un po' di casino.» esclamò Jack.
Arizona sospirò sapendo che sarebbe stato inutile ribattere. Avrebbe partecipato con gli altri alla liberazione dei loro amici, sperò solo che Mike e gli altri preparassero un piano decente.

***

Arizona entrò nella cella di Shane e ridacchiò quando lo vide strisciare sul letto e appiattirsi contro il muro.
«Mi hai spaventato.» squittì.
Lei sorrise e posò il vassoio sul tavolo, «Uh, davvero? Sono contenta.» disse.
Shane si sedette sulla sedia e iniziò a mangiare. «Pensavo che fosse il tuo amichetto geloso o quello che si crede un soldato.»
«Mike è un soldato.» esclamò lei.
«Un soldato pazzo.» replicò lui prima d'ingurgitare un po' di purè di patate. 
«Non è pazzo, è solo... esigente.» disse Arizona e si appoggiò contro il muro.
Shane sorrise, «Allora, Ari... come va?» domandò. Lei lo fissò e fece un respiro profondo invece di rispondere; Shane sorrise e la guardò, «Sai, mi piaci quando fai la dura.» aggiunse. «Non vuoi rispondere, eh?» disse dopo aver mangiato ancora. Arizona non replicò e incrociò le braccia al petto; Shane bevve un sorso d'acqua, «Siamo simili, noi due.» esclamò dopo qualche secondo di silenzio e richiuse la bottiglietta d'acqua.
«Io non sono un'assassina.» disse Arizona.
Shane la fissò, inarcò un sopracciglio e sorrise, «Ah no?» esclamò divertito, «Hai sparato ad Hannah.»
«Legittima difesa.» replicò lei.
«E hai investito Tom.» disse Shane.
«Legittima difesa.» ripeté Arizona, «Tu hai ucciso due persone che conosco solo per divertimento.»
Lui sorrise, «Era solo per farmi notare da te.» disse, «E ci sono riuscito a quanto pare, vero, Ari?»
Arizona inspirò a fondo. «Tu sei malato.» esclamò.
Shane ridacchiò. «Comunque te lo ripeto: siamo più simili di quanto immagini.» disse e bevve ancora. «Mi accompagni in bagno?» chiese.
«No.» rispose Arizona, «Chiamo uno degli altri.» disse avvicinandosi all'interfono.
«No!» gridò Shane, «Non voglio uno di loro, voglio te!»
Arizona non ci badò, «Mike? Puoi scendere?» disse al microfono dell'interfono, «Shane deve andare al cesso.»
«Cinque minuti e arrivo.» rispose lui.
Arizona si girò verso Shane e sorrise nel vederlo pallido. «Hai paura?»
Lui scosse la testa, poi annuì. «Quello è matto!» strillò, «Me la farà fare in un secchio...»
Arizona rise, «Bhe... meglio che farsela addosso.» esclamò e fece un passo verso di lui. «Hai finito?» chiese e Shane annuì, lei allungò le mani verso il vassoio e strillò quando Shane le strinse i polsi. «Lasciami!» gridò divincolandosi ma la presa di Shane era salda.
«Ascoltami, Ari.» ringhiò, «Io e te siamo più simili di quanto immagini. Abbiamo più cose in comune io e te che tu e Logan.» disse, «E questa storia non finirà bene, dammi retta.» aggiunse e lasciò andare Arizona un attimo prima che Mike entrasse nella cella.
Lei afferrò il vassoio e per un secondo ebbe voglia di darlo in testa allo stregone ma si limitò a voltarsi senza dire una parola. 
«Ciao Ari, ci vediamo presto.» disse Shane.
«Si chiama Arizona, cretino!» esclamò Mike mentre la ragazza si allontanava.
Arizona andò in cucina e sbatté con poca grazia il vassoio sul ripiano accanto a lavandino.
«Cosa ti ha fatto?»
Arizona sorrise a Logan. «Niente.» mentì, «Continua a chiamarmi Ari e sai che mi da fastidio.» rispose.
Lui ridacchiò e svuotò i piatti dai rimasugli di cibo — la ferita al braccio non era così grave come sembrava il giorno prima — «Portalo fuori.» esclamò, annodò il sacchetto e lo passò alla ragazza.
«Cosa?» squittì lei, «Io?»
Logan sorrise, «Se non vuoi portare fuori la spazzatura puoi pulire il pavimento.» esclamò.
Arizona fece una smorfia, «Dammi.» disse — odiava pulire il pavimento — e prese il sacchetto, sbuffò e uscì dalla porta e si trovò nel giardino sul retro, aprì il bidone della spazzatura e gettò il sacchetto. Sistemò il coperchio e s'immobilizzò quando sentì un rumore alle sue spalle, si voltò lentamente, pronta a colpire chiunque ci fosse e si diede della stupida quando vide un piccione sopra a un ramo del pesco. Sospirò, guardò il piccione che volò via. Si girò nuovamente quando percepì un odore che la fece girare di nuovo; annusò e le sembrò che qualcosa stesse bruciando, non ci badò, pensando che qualcuno stesse bruciando delle sterpaglie — anche se era vietato da un'ordinanza comunale.
Rientrò in casa e si lavò le mani. 
«Ho appena pulito il lavandino!» la sgridò Logan.
Lei alzò gli occhi al cielo, «Non ti preoccupare, lo asciugo.» disse, afferrò lo strofinaccio e lo passò sul lavandino, «Contento?» chiese e sorrise.
Logan ridacchiò e le scompigliò i capelli. «Sei adorabile quando fai quella faccia!» le disse e le diede un breve abbraccio. «Cos'è sta puzza?» domandò.
Arizona alzò le spalle. «Credo che qualcuno stia bruciando le sterpaglie.» rispose.
«Ma non può.» replicò lui.
«Vaglielo a dire.» sorrise Arizona.
Logan scrollò le spalle. «No.» disse.
«La cartiera è in fiamme.» esclamò Jason entrando in cucina, «Venite in soffitta.»
Gli altri due si guardarono e lo seguirono.
Una volta in soffitta, insieme agli altri, si avvicinarono alle finestre e videro la cartiera in fiamme. 
«Allora non era uno che bruciava le foglie...» mormorò Arizona coprendosi la bocca con la mano destra. «Cavolo, saranno milioni di dollari di danni.»
«Non credo che sia un incidente.» esclamò Jack.
«Perché?» domandò Cressida.
Lui alzò le spalle, «Il mio vicino Charlie lavorava lì prima di andare in pensione e i controlli sono severissimi.» rispose, «Se ti beccano con in tasca un fiammifero ti licenziano in tronco. La zona fumatori è a cento e passa metri dallo stabile ed è controllata da telecamere... è impossibile dare fuoco alla cartiera se non sei uno che lavora lì e i controlli sono severissimi.»
«Ed è altrettanto impossibile che stia bruciando a causa dei vandali, dato che ci sono almeno quattro metri fra la strada e il cancello, poi ci sono più di duecento metri fra il cancello e il primo ingresso.» disse Jason, «Se uno volesse lanciare una bomba-carta dovrebbe aver partecipato alle olimpiadi per poter lanciare così lontano e riuscire a beccare l'unica finestrella aperta. E il sistema antincendio viene controllato e aggiornato ogni sei mesi.»
«Stai dicendo che potrebbero essere i nostri nemici?» squittì Arizona.
Jason alzò le spalle, «Potrebbe essere.»
Rimasero in silenzio mentre si udivano le sirene dei pompieri.
«Speriamo non ci siano feriti.» sospirò Jim.
Rimasero lì ancora qualche minuto, poi tornarono di sotto. «Fra mezz'ora ci riuniamo in biblioteca.» esclamò Jim.
Arizona decise di andare da Lana. Entrò nella sua stanza e la vide sdraiata nel grande letto che guardava la tv. «Ciao, Lana.» disse.
«Ciao.» esclamò la donna e sorrise, abbassò il volume del televisore e posò il telecomando sul comodino. «Cos'è successo?» chiese con un filo di voce.
Arizona spostò la sedia vicino al letto e si sedette accavallando le gambe, «La cartiera sta andando a fuoco.» rispose.
«Povera gente.» commentò Lana.
Arizona annuì, «Come stai?» chiese.
«Bene.» rispose l'altra e Arizona intuì che stesse mentendo, la donna era più pallida del solito e il contrasto fra la sua pelle e le lenzuola blu era evidente.
«Logan ti vuole tanto bene.»
Arizona distolse lo sguardo dal televisore e fissò Lana. «Lo so.» disse, «Anche io gliene voglio.»
Lana sorrise, «Farebbe di tutto, per te.»
Arizona annuì, chiedendosi come mai le stesse dicendo quelle cose.
«Il prigioniero?» chiese Lana cambiando argomento.
«Certe volte vorrei ammazzarlo, soprattutto quando si ostina a chiamarmi Ari...» rispose la ragazza e sospirò, «Se non fosse un Dark Shadow e un coglione totale potrebbe essere un bel ragazzo.»
Lana ridacchiò, «Oh, capisco.» commentò, «Ti chiama Ari perché sa che ti da fastidio.» disse, «Se gli dimostri che non ti da noia vedrai che smetterà.»
Arizona annuì, «Sì, certo.» disse sentendosi confusa. «Devo andare, Jim ci aspetta in biblioteca.» esclamò, si alzò in piedi, sistemò la sedia contro il muro, baciò la guancia di Lana, «Ci vediamo più tardi.» disse e si avviò alla porta.
«Arizona.» la chiamò Lana un attimo prima che posasse la mano sulla maniglia.
«Sì?»
«Segui il tuo cuore e l'istinto, sempre.» disse Lana.
Arizona annuì, sorrise e uscì dalla stanza. Inspirò a fondo e si domandò perché Lana le avesse detto quelle cose. Andò in bagno, si pettinò i capelli e li legò in una coda alta.
Entrò in biblioteca con cinque minuti di anticipo e si sedette al suo posto.
«Dobbiamo preparare tutto per domani sera.» disse Jim quando furono tutti riuniti. «Quando avremo finito, tu,» indicò Arizona, «e Logan andrete a prendere quello che ci manca per gli amuleti.» disse, «Dovremo farli potenziati.»
Gli altri annuirono e Arizona posò le braccia sul tavolo.
«Dobbiamo iniziare a mettere a punto un piano.» esclamò Jason. «Ognuno avrà un ruolo ben preciso.» continuò e Arizona sperò che il suo non fosse quello del diversivo, «Niente colpi di testa, niente robe da macho.» continuò e lanciò una breve occhiata a Logan.
«Alcuni di noi si occuperanno di Shane, gli altri di Sam e Sandy, una volta che saranno con noi ci occuperemo dei Dark Shadow, li distruggeremo e ce ne andremo.» continuò Jason, «E ora mettiamoci al lavoro.»

***

Arizona e Logan entrarono nel terzo negozio, «Allora... prezzemolo, cannella, noci moscate e menta.» lesse dal foglietto. «Ma non ci sono già a casa?» sbuffò.
«Per papà non sono abbastanza.» esclamò Logan, «Ha detto che devono essere potenziati, quindi...» aggiunse.
Arizona annuì e afferrò alcune boccette con le erbe secche e le depositò nel cestino che aveva Logan e ci aggiunse anche un paio di sacchetti di patatine. «Li mangio durante la riunione di stasera.» disse a Logan.
Lui alzò le spalle e andò verso la cassa, pagarono e uscirono.
«Cosa manca?» domandò Arizona.
«Niente.» rispose Logan, «Abbiamo preso tutto.» disse, «Possiamo prenderci due minuti per un caffè.»
Arizona annuì lentamente e si diressero vero la caffetteria più vicina. Nell'aria si sentiva ancora l'odore acre del fumo ed era vietato andare nella zona sud-ovest della città.
Si sedettero a uno dei tavolini esterni e ordinarono. 
«Dicono che l'incendio sia scoppiato all'improvviso.»
«Come?»
«Non lo sanno, ma non c'è traccia di un accelerante.»
«Chi te lo ha detto?»
«Peter, il vice capo dei pompieri è il cugino di mia moglie.»
Arizona e Logan ascoltarono la conversazione dei due uomini al tavolino alla loro destra.
«Chissà come ha preso fuoco.»
«Sembra un mistero.»
Arizona pensò che fosse Jason aveva avuto ragione, forse la colpa era dei Dark Shadow, sospirò e cercò di rilassarsi. «Pensi che avesse ragione?» chiese.
«Penso di sì.» rispose e si toccò la testa, «Se non verranno accertate le cause potrebbero essere loro.»
«Ma chissà quando saranno pronti gli esiti.» sospirò Arizona.
Bevvero il caffè in silenzio e tornarono a casa. Dovevano cenare, preparare gli amuleti e ripassare il piano. Jim aveva detto che sarebbero andati a letto presto e lei ne era contenta, avrebbe potuto riposarsi perché era sicura che non sarebbe stato facile liberare i loro amici, distruggere i Dark Shadow e andarsene sani e salvi.
E tutto sarebbe tornato alla normalità.
Finirono di bere e tornarono verso la macchina.
«Arizona, ancora in giro con i tuoi amici strambi.»
Arizona sentì il sangue gelarle lentamente nelle vene e si voltò piano, sperando di essere diventata matta sul serio e di aver incominciato a sentire le voce. Invece si trovò davanti i suoi genitori.
«Cosa volete?» domandò Logan.
«Stai zitto.» disse il padre di lei e diede uno spintone al ragazzo.
«Lascialo stare.» ringhiò Arizona e strinse i pugni, con la voglia di colpire i suoi genitori in piena faccia.
«Cosa vuoi, stupida?» esclamò la madre.
Arizona fece un passo avanti e alzò il braccio destro, fregandosene se si trovava di fronte alla donna che l'aveva messa al mondo.
«Sei come tua nonna.» disse ancora la donna.
Logan afferrò il braccio di Arizona e la spinse in auto dicendole di calmarsi.

***

«Mi sa che mi tocca dirti tutto quanto.» esclamò Jim quando Logan disse dell'incontro.
«Dirmi cosa?» fece Arizona mentre si sedeva sul divano.
Jim sospirò. «Come sai conoscevo tua nonna.» iniziò a parlare sedendosi accanto alla ragazza. «Tua nonna era una strega, figlia di due stregoni. Tuo nonno era una persona normale.
«Questo lo so.» disse Arizona.
«È che... è che...» balbettò Jim.
«Tua nonna ebbe due figlie.» disse Mike. «Due gemelle.»
«Ho una zia?» strillò Arizona, «E dov'è?»
Jason sospirò e chinò la testa, «Tua zia si chiamava Rose.» disse Jim al suo posto. «Lei era una strega, tua madre no.»
«Non riesco a capire.» mormorò Arizona, «Perché nessuno non mi ha mai detto nulla?»
Jim sospirò, «Vedi... tua madre era gelosa del fatto che Rose fosse speciale e lei no. Continuava a chiedere quando avrebbe avuto anche lei i poteri ma quando ebbe il primo ciclo capì che non li avrebbe mai avuti.»
Arizona annuì, era quello il modo in cui una ragazza, figlia di uno stregone e di una persona normale, capiva se era una strega: se prima la venuta del ciclo mestruale era riuscita a fare qualche incantesimo — anche una cosa stupida come far volteggiare una matita a mezz'aria per quindici secondi — allora era destinata ed essere una strega, altrimenti sarebbe rimasta normale.
«Così, il giorno dopo che compirono dodici anni, litigò con Rose e...»
«E cosa?»
«La spinse giù dalle scale.» rispose Jim. «Rose si è rotta l'osso del collo e tua madre si è giustificata dicendo che era inciampata e caduta.»
Arizona inspirò a fondo, «Mia madre ha ucciso mia zia, che era una strega. Ha sempre odiato la nonna perché è una strega. Odia anche me perché sono una strega.» esclamò.
Jim annuì. «Sì, è così.» disse, «Voleva esserlo anche lei, poi non so, deve aver pensato che fosse brutto essere come noi...»
Arizona sospirò, «Ho capito.» mormorò e si fissò le mani, sospirò di nuovo e si alzò, «Devo andare in bagno.»

***

«Come stai?»
Arizona guardò Logan. «Bene.» rispose e guardò Logan e capì che non le credeva. «È vero!» squittì.
Logan infilò le mani in tasca. «Arizona... hai praticamente appena scoperto che tua madre ha ucciso tua zia, cioè la sua sorella gemella.» disse, «Non puoi stare bene.» mormorò, tirò fuori le mani dalle tasche e le posò sui fianchi della ragazza, «Non fingere con me, ti conosco come le mie tasche.» le disse e le toccò la punta del naso con l'indice.
Arizona alzò gli occhi al cielo e spostò la mano del ragazzo, «Logan, credimi, sto bene.» esclamò, «Mia madre è una stronza, punto.» 
Logan fece un passo indietro, «Come vuoi.» disse, «Ma se vuoi parlare io ci sono.» mormorò e le baciò la fronte.
Arizona fece un piccolo sorriso,  «Dobbiamo preparare la cena» disse e si girò verso la porta della cucina.
Logan alzò le spalle e la seguì. 

***

«Non funzionerà.» esclamò Shane mentre Jason lo strattonava nel salotto, «Non funzionerà.» ripeté. «Oh, Ari, ciao.» disse quando si accorse della ragazza. «Come stai?» le chiese con un sorriso.
«Si chiama Arizona, idiota!» esclamò Jason.
«Siete pronti?» chiese Mike.
«Io no.» rispose Shane e Jason gli strinse il braccio con forza. Arizona sistemò la piccola borsetta a tracolla — aveva solo la pistola, un ricaricatore di riserva, il cellulare, un documento e un po' di soldi — , sistemò i vari sacchetti con le erbe protettive nelle tasche dei pantaloni e legò in vita la felpa — le previsioni davano brutto tempo — e respirò a fondo; insieme a Logan, Mike, Jack, Jason e Shane uscì di casa e salì in auto. Jim e Cressida sarebbero rimasti a casa.
Arizona aveva trascorso il sabato in casa, a riposarsi e a provare qualche tecnica di autodifesa e, ovviamente, qualche incantesimo.
E ha pensare a quello che le avevano detto Jim e Jason, alla fine aveva deciso di non pensarci.
«Ha cosa stai pensando?» le domandò Shane.
Lei si girò e si trovò faccia a faccia con lui e lo guardò negli occhi. «A se darti prima un pugno nello stomaco oppure un calcio nelle palle.» rispose.
«Mi piace quando sei violenta.» disse lui.
«Vuoi stare zitto?» ringhiò Mike. «Altrimenti ti riduco a un cucciolo guaente.»
Shane ridacchiò e si appoggiò allo schienale. Arizona sospirò piano e guardò fuori dal finestrino, incominciando a sentirsi agitata. “È solo lo stress.” pensò e si girò appena quando si sentì osservata. Sapeva che era Shane quindi guardò di nuovo davanti a sé, fissando lo sguardo sul poggia testa. 
Per tutta la durata del viaggio continuò a sentire lo sguardo dello stregone su di sé, oltre alle battute che continuava a dire e agli insulti degli altri. Sospirò quando arrivarono alla base della collina.

«Cammina.» ordinò Jason spingendo Shane davanti a lui. Mike era in testa, Arizona e Logan erano dietro di lui, poi c'erano Jason e Shane, per ultimo Jack.
«Stupidi moscerini.» si lamentò Arizona mentre grattava un puntino rosso sul braccio, «Li sterminerei tutti.» borbottò.
Arrivarono all'ingresso del bunker sotteraneo in una decina di minuti. Uno dei Dark Shadow era lì che li aspettava. «Siete in orario.» disse.
«Dateci Sam e Sandy e noi vi daremo Shane.» esclamò Mike.
L'altro stregone annuì lentamente. «Seguitemi.» disse e si girò.
Gli altri lo seguirono e Logan si avvicinò ancora di più ad Arizona, intanto lei camminava piano, sentendo Shane dietro di lei.
Arrivarono davanti alle tre porte e l'uomo aprì quella in mezzo. «Io sono Martin.» si presentò e Arizona pensò che avrebbe potuto farne a meno.
La stanza era grande e luminosa a causa dei vari faretti posizionati sulle pareti. Un grande tavolo  rettangolare era al centro della stanza, circondato da dodici sedie.
«Allora... dove sono Sam e Sandy?» esclamò Mike.
«Un attimo.» disse Martin, «Sedetevi.» continuò e scostò una sedia dal tavolo.
«Non siamo venuti qui per prendere un caffè e un dolcetto del cazzo.» ringhiò Mike. «Siamo venuti qui per uno scambio.»
Martin rise e Arizona guardò il doppio mento traballare e trattene una smorfia di disgusto. «Con calma, amico.» esclamò, «Aspettate un attimo.»
Jason e Jack si sentirono spingere e Shane venne spintonato in avanti, finendo contro Arizona che cadde a terra.
«Ehi!» gridò Logan e l'aiutò a rialzarsi, si girò e venne colpito, cadendo a terra. Arizona gridò, afferrò la prima cosa che trovò — un vaso di vetro con delle margherite recise — e la scagliò in testa al ragazzo che aveva spinto Jack. Inspirò a fondo, rendendosi conto che erano in netta minoranza in confronto ai Dark Shadow: dieci contro cinque. Si chinò per controllare Logan.
«Scappa.» le disse lui.
«Credo che abbia ragione.» esclamò Shane liberandosi dalle manette e Arizona non capì come avesse fatto.
La ragazza fissò Mike che lanciava incantesimi contro tre dei nemici, Jason che combatteva corpo a corpo con un altro e Jack che sollevò Logan come se fosse non più pesante di un bambino di due anni. Inspirò ancora e infilò la mano nella borsa, stringendo la pistola. Poi iniziò a correre verso la porta più vicina — opposta a quella da dove erano entrati — e percorse il corridoio scarsamente illuminato. Aprì la prima porta che trovò e la richiuse quando si accorse che era solo il bagno, proseguì e si voltò, si concentro per un secondo e una bolla azzurro scuro parti dalla sua mano, colpendo l'uomo che la stava inseguendo. Proseguì mentre quello la minacciava di orribili torture, aprì un'altra porta ed entrò in una camera, entrò e si fiondò verso un'altra porta sperando che non fosse l'armadio a muro e fu fortunata: si ritrovò in un'altra stanza, aprì un'altra porta e vide una scala pioli che saliva. Infilò la pistola in borsa e salì velocemente i gradini ma, quando stava per uscire, si sentì tirare per un piede. Gridò e scalciò ma il suo assalitore non mollò la presa. La ragazza strinse un grosso sasso — era più grande della sua mano — e lo lanciò nella botola, sentì l'uomo gridare e lo colpì con il piede libero.
Si mise in piedi e iniziò a correre, accorgendosi che a causa delle fronde degli alberi era praticamente buio. Rallentò appena e afferrò un ramo secco, si concentrò e la punta si accese e continuò a correre, cercando di capire dove fosse. Intravide un sentiero — uno di quelli usati dagli escursionisti —  e lo seguì andando verso valle. Si ritrovò nello spiazzo dove aveva investito Tom e andò verso sinistra, dirigendosi verso l'entrata sotterranea del bunker, quella dove lei e Mike erano entrati per la prima volta. Scostò un grosso ramo che compiva la botola, saltò dentro e salì la scaletta, scoprendo che non c'era nessun lucchetto alla botola e la spinse piano, temendo che cigolasse.
Entrò nella stanza e scoprì che lo stato era peggiorato da quando ci era stata. Ignorò il cattivo odore e il disordine e andò alla porta d'ingresso. Rimase in silenzio e riuscì a sentire delle urla ma non capì di chi fossero. 
Trattenne a stento un urlo quando una pendola — e non sapeva dove fosse — batté le otto e mezza. Fece un paio di respiri profondi e aprì piano la porta, uscì lentamente e guardò la porta in mezzo — porta che non c'era più, era stata scardinata ed era finita qualche metro più in là.
Vide Mike che stese con un gancio uno dei Dark Shadow e cercò gli altri, preoccupata per loro. 
«Ciao, Ari.»
La giovane strinse i pugni e si girò, trovandosi faccia a faccia con Shane, che lo sorrideva come se non fosse successo nulla. «Bastardo.» sibilò.
Shane sorrise e allungò la mano destra, Arizona fu più veloce e gli scagliò contro un incantesimo, facendo indietreggiare — Shane, però, rimase in piedi.
Arizona lanciò un altro incantesimo e quello distrusse l'unica porta ancora chiusa e lei la fissò, poi sentì Shane imprecare e alzarsi così decise di entrare lì. Corse dentro la stanza, s'infilò dentro un'altra camera — era la prima a destra —  e chiuse la porta dietro di lei, anche se sapeva che non sarebbe servito a nulla. Si guardò attorno e scoprì di essere finita in una camera da letto. 
Arizona inspirò a fondo e vide una porta, saltò sul letto e si fiondò contro di essa, la porta cedette sotto il suo peso e Arizona cadde a terra. Si rialzò e vide una stanza spoglia, con una piccola porta sulla destra. 
Si fermò un attimo a pensare se tornare indietro o proseguire; si domandò cosa ci fosse oltre quella porta e dove conducesse. Stese il braccio sinistro con il palmo rivolto verso l'alto e sorrise quando una piccola fiammella si accese su di lei. Illuminò la stanza e vide che le pareti di cemento erano state ricoperte da assi di legno, anche se alcune erano marce.
Si bloccò quando sentì un rumore dietro di lei e vide la porta della camera spalancarsi, non ci pensò due volte: diete un paio di calci alla porticina, facendola uscire dai cardini e vide un piccolo corridoio di pietra, Inspirò un paio di volte, si girò e vide Shane che avanzava lentamente, con il sorriso sulle labbra, come se sapesse che fosse in trappola. Si gettò lungo il corridoio — fortunatamente era più alto di lei e corse. La fiammella sulla sua mano si spense e lei non ci badò — bastavano gli incantesimi che le lanciava contro Shane per illuminare l'ambiente.
Il corridoio curvò dolcemente verso destra e Arizona girò la testa per controllare dove fosse Shane e lo vide a pochi passi da lei. Guardò di nuovo davanti e strillò quando vide la porta chiusa davanti a lei. Con impulsività lanciò un incantesimo che si infranse contro la porta, bruciandola.
Arizona oltrepassò i resti carbonizzati con un saltello e continuò a correre lungo delle scale di legno, piccole e strette.
Aprì l'ennesima porta — non ne poteva più — e quasi gridò quando vide Sam e Sandy.  Gridò i loro nomi e richiuse la porta, girò su se stessa e vide una cassettiera, la spinse contro l'uscio anche se sapeva che non sarebbe servito a nulla ma almeno avrebbe guadagnato tempo. «Sam, Sandy... sono Arizona.» disse chinandosi sui due, slegò le corde che legavano le loro mani e i loro piedi, tolse le bende e i bavagli e rimase in attesa. Sam aprì piano gli occhi e li sbatté diverse volte, come se dovesse metterla a fuoco. Arizona afferrò il cellulare e vide che c'era segnale, una tacca sola ma meglio di nulla. 
“Camera dx dall'ingresso, 1ma stanza a destra, porta vicino letto, corridoio destra. Sali scale. S & S sono qui.”
Inviò il messaggio a Logan sapendo che avrebbe capito e rimase in attesa, preparandosi ad attaccare Shane o chiunque altro oltrepassasse quella porta, sperando solo di non colpire uno dei suoi amici. Vide una vecchia mazza da baseball e la prese, stringendo il manico. La scarsa illuminazione — c'erano un paio di lampade ad olio appese — le permise di vedere che la punta era scheggiata, ma a lei non importò. La strinse più forte e si preparò, allargando le gambe e portando indietro le spalle, caricando il colpo. La porta tremò sotto ai colpi di Shane e Arizona ebbe paura, strillò quando sentì qualcuno toccarle la spalla e lasciò cadere la mazza che si spezzò in due quando toccò il pavimento.
«Sono io!» gridò Logan mentre i colpi si facevano più forti. Arizona sospirò di sollievo.
«Gli altri?» domandò.
«Sono nella merda fino al collo.» rispose il ragazzo e si chinò sopra Sam. «Dobbiamo portarli a casa, da Carly.» aggiunse e si rialzò. «Resta qui con lui.» disse, strinse la vita di Sandy e sparì in un luccichio.
Arizona annuì e ingoiò la saliva, si girò e vide la porta salare via, si buttò sopra Sam dopo aver creato una bolla di fuoco e averla mandata contro Shane che la evitò spostandosi verso destra.
«Siamo soli.» disse lo stregone.
Arizona si mise in ginocchio davanti all'amico svenuto e strinse le labbra. «Che gioia.» esclamò sarcastica. «Non vedevo l'ora.»
Shane sorrise e fece un passo avanti. «Uh, quanto sarcasmo, Ari.» commentò, «Mi piaci ancora di più, quando fai così.»
Arizona si morsicò il labbro inferiore, «Stai fermo, altrimenti...»
«Altrimenti cosa?» domandò lui senza smettere di sorridere.
Arizona allungò una mano e strinse una delle metà della mazza e la lanciò contro Shane, colpendola sulla coscia destra. «Ti uccido.» rispose e si rialzò in piedi, stringendo i pugno avvolti da raggi blu e viola.
Shane rise, «Tu, piccola Ari?» 
Lei non disse nulla e scagliò due bolle contro Shane, colpendolo e facendolo cadere. 
«Tutto bene?»
Arizona si girò verso Logan che era ritornato. «Sì.» rispose, «Porta via lei, io...» vide una botola sopra la sua testa, «scappo da lì e faccio il giro e torno dagli altri.»
Logan la fissò un'istante, poi annuì. «Stai attenta.» le disse e le baciò la fronte, strinse Sam e sparì.
Arizona lanciò una bolla di potere contro la botola che si ruppe mentre Shane riprendeva i sensi. Arizona saltò, aggrappandosi ai bordi della botola e riuscì, con fatica, ad issarsi. 
«Arizona!» gridò Shane. 
Lei si guardò attorno e vide che era finita in una piccola grotta, accese una fiammella sulla mano e avanzò piano, dopo un paio di metri intravide un'uscita sulla destra a aumentò il passo quando intuì che Shane la stava seguendo. In un minuto, dopo aver scostato un cespuglio, fu fuori e aprì la bocca sorpresa quando si accorse che era praticamente accanto alla scalinata della villa che tutti credevano abbandonata e invece era abitata.
«Arizona!» gridò Shane, «Non mi scappi!» 
Lei agitò la mano e la fiammella si spense e pensò a cosa fare. Sentì Shane avvicinarsi e si avvicinò alla scalinata, percorse velocemente i gradini, attraversò il piazzale, saltò la catenella e svoltò subito a sinistra, entrando nel bosco dietro alla villa, scoprendo che quella parte non era recintata. Si nascose dietro un muro alto poco più di un metro e sorrise quando vide la fontana con accanto alcune bottiglie di plastica vuote. Sapeva che nel giardino della villa c'era una fontana con acqua potabile, così afferrò una bottiglia da mezzo litro e la riempì, per poi svuotarne quasi la metà in un paio di sorsi. La riempì di nuovo e la richiuse, la infilò nella borsa — la bottiglia usciva per metà —  e si concentrò ma non percepì Shane. Sapeva che non era al sicuro, così si alzò lentamente e si guardò attorno, sentendo solo il verso di gufo. Avanzò piano e dopo qualche minuto si ritrovò di nuovo sulla collina. Ora doveva solo capire da che parte andare. 

***

Venti minuti dopo era davanti all'ingresso del bunker. Entrò piano e si gettò a terra quando vide un lampo bianco venire verso di lei. Si rialzò e proseguì, entrò nella stanza in mezzo e sospirò quando la vide mezza distrutta.
«Se ti muovi ti sparo!»
Lei alzò le mani. «Jason...» pigolò spaventata, «Sono io, Arizona.» mormorò e si girò con lentezza.
Jason abbassò la pistola e la guardò, «Scusa.» disse. «Logan ha portata al sicuro Sam e Sandy.»
«Lui dov'è?»
Jason alzò le spalle e si passò una mano sul viso. «Lo hanno preso.» rispose, «Anche Jack.»
«Merda.» esclamò Arizona. «E Mike?» domandò, poi vide un ragazzo magrolino volare per la stanza e atterrare sulla schiena con un gemito di dolore.
«Sono qui.» rispose Mike. «E sono incazzato nero.» disse, «Hai trovato qualcosa?» chiese ad Arizona.
«La stanza a sinistra esce in quella botola nel bosco, l'altra casa ha un tunnel che spunta vicino alle scale della villa.» rispose la ragazza.
Mike annuì. «Dobbiamo cercare Logan e Jack.» disse, «E liberarci di quegli stronzi.»
Arizona annuì e inspirò a fondo. «Cosa facciamo?» domandò.
Mike e Jason rimasero in silenzio qualche istante. «Sam e Sandy sono al sicuro e questo è un passo avanti.» rispose, «Adesso devi fare il segugio e cercare quei bastardi.»
Arizona annuì ancora, «Cosa?» strillò quando si accorse di quello che aveva detto Mike. «Perché devo sempre fare il segugio?» si lamentò e si sedette su una sedia per alzarsi quasi subito quando la sentì scricchiolare.
Mike si concesse un sorriso. «Hai l'acqua?» chiese e afferrò la bottiglia, svitò il tappo, bevve e passò la bottiglia a Jason che fecce lo stesso.
«Era mia.» mormorò lei, «Ho rubato la bottiglia alla fontana del parco della villa.»
Jason ridacchiò, schiacciò la bottiglia e la gettò a terra. «Andiamo.» esclamò e uscì, Mike fece cenno ad Arizona che si mise in mezzo ai due.
Andarono nel bosco e Arizona si concentrò a percepire la presenza dei Dark Shadow, senza successo.
Camminarono per un centinaio di metri, arrivando alla spiaggia. «Dove hai visto l'ultima volta quel cretino dei Shane?» chiese Mike.
Arizona sbuffò piano — era la quinta volta che si sentiva fare quella domanda —, «Nel tunnel.» rispose, «E no, non sento nulla.» aggiunse prevenendo la prossima domanda. «È lì.» disse dopo qualche minuto, «Dietro quel cespuglio.» aggiunse indicando un punto davanti a lei.
Jason avanzò piano e scostò le fronde con un bastone raccolto da terra. Arizona morsicò il labbro inferiore mentre Jason si chinava per controllare.
«È pulito.» disse girandosi poi urlò quando qualcosa lo colpì, Arizona strillò e Mike la spinse da parte mentre sfoderava la pistola. 
«Vattene e cerca gli altri, al limite vai da Jim e digli di prendere rinforzi!» gridò Mike e Arizona annuì e iniziò a correre verso la scala della villa e salì i gradini due a due, saltò la catenella e attraversò il piazzale,  scese le altra scale e proseguì lungo la strada, domandandosi dove fossero gli altri. Sicuramente Jason e Mike avevano controllato il bunker quindi Logan e Jack non erano lì. Avanzò lungo la strada e girò a destra, proseguì lungo la strada e rallentò. Camminò e vide un locale con i distributori automatici, infilò la mano in tasca e afferrò qualche monetina, prese una bottiglia di acqua e qualche barretta energetica, aprì l'acqua e bevve, si asciugò la bocca con il dorso della mano e vide su un tavolino una borsa di tela, una di quelle per fare la spesa, la prese, tolse un paio di scontrini appallottolati, infilò la bottiglietta d'acqua, le barrette e prese un paio di bottiglie di bibite energetiche. Infilò la borsa a tracolla — fortunatamente i manici erano abbastanza lunghi per poterlo permettere — e uscì, andando verso il centro città.
Si bloccò di colpo quando pensò a dove potevano essere Logan e Jack, e le venne in mente il negozio dove aveva visto per la prima volta Shane e il suo amico. Non poteva essere una coincidenza che due componenti dei Dark Shadow lavorassero lì. Inspirò a fondo un paio di volte, pensando a quale fosse la strada più breve e incominciò a correre.

Si gettò sulla panchina davanti al negozio in cui era stata il sabato prima con Cindy e annaspò. Si piegò in avanti e respirò a fondo un paio di volte, reprimendo la nausea, prese la bottiglia di bibita energetica e tolse il tappo, bevve un paio di sorsi e si accasciò sulla panchina. Un paio di minuti dopo fissò il negozio davanti a lei con l'insegna spenta e un paio di luci accese all'interno. Si alzò in piedi e attraversò la strada senza guardare se stesse arrivando qualche macchina. Guardò attraverso la vetrina ma non vide nulla, così svoltò a destra e proseguì fino a quando non notò un cortile con il cancello; senza guardarsi attorno — pensò che avrebbe destato troppi sospetti — entrò e si avvicinò al retro del negozio. Guardò la porta chiusa di metallo, una lastra di vetro smerigliato occupava un quarto della parte superiore di essa; sospirò piano, pensando che fosse resistente e che rompere il vetro non era una buona idea, sicuramente sarebbe scattato l'allarme, così si appoggiò al muro vicino allo stipite e cercò di rilassarsi mentre chiudeva gli occhi. Cercò di far scivolare via tutti i pensieri e di concentrarsi sui suoni che udiva: il rombo di un motore, portiere che sbattevano, un allarme in lontananza, risate, qualcosa che cadeva, il cicaleccio di un televisore, un motore ingrippato, una moto che frenava... e un campanellino.
Un suono debole, quasi impercettibile, ma Arizona lo sentì, aprì gli occhi e cercò di capire da dove provenisse, non era vicino ma ne neppure troppo lontano, pensò che forse era a un centinaio di metri. Sistemò la borsa di tela e fece un passo avanti, dando le spalle alla porta. Si concentrò ancora chiudendo gli occhi e si sentì afferrare per la vita, aprì la bocca per urlare ma se la ritrovò chiusa da una mano maschile. Agitò le gambe e le braccia mentre il suo assalitore la trascinava all'interno del negozio.
«Ciao, Ari.»
Lei ispirò a fondo ed ebbe voglia d'insultare Shane ma lui le teneva ancora la mano sulla bocca, «Non provare a mordermi.» ridacchiò Shane prevenendo la prossima mossa della ragazza, aspettò qualche secondo e la lasciò andare.
Arizona si girò e guardò lo stregone. «Stronzo!» strillò e andò verso la porta ma un ragazzo basso e tarchiato le sbarrò la strada.
«Sei in trappola.» disse Shane, «Non pensavo che fossi così intelligente da venire qui.» aggiunse «O così stupida da finire nella tana del lupo.» ridacchiò, «Ma sei ugualmente adorabile, mia cara Ari.»
Arizona si guardò attorno, alla ricerca di una via di fuga, strinse i pugni e fece un passo avanti, optando per cogliere di sorpresa Shane e il suo amico di cui ignorava il nome, spintonò Shane e corse in avanti, afferrò un espositore di collane e lo spinse a terra, sperando che il rumore avrebbe attratto qualcuno. Andò verso le scale e incominciò a scendere velocemente, saltò gli ultimi quattro gradini e cadde, si mise in ginocchio, si rialzò, saltò i tornelli delle casse e si fermò a pochi passi dal muro.
«Ari... Ari... sei in trappola.» cantilenò Shane scendendo le scale. 
Lei respirò rumorosamente e si spostò a sinistra, passò sotto a una catenella di plastica bianca e rossa e si nascose dietro un muro, finendo vicino a uno scatolone pieno di borse. Ne prese una da mettere a tracolla,. Aprì la cerniera, tolse i fogli di carta e di plastica che la rendevano gonfia e svuotò il contenuto delle sue borse dentro quella. Strappò l'etichetta  — fortunatamente non c'erano congegno antitaccheggio — e rimase in attesa.
«Cucù!»
Arizona trattene un urlo, afferrò altre borse e le lanciò verso Shane, passò fra le gambe di lui trascinandosi la sua nuova borsa e si rialzò in piedi, scagliò un incantesimo contro l'altro ragazzo e salì di corsa le scale.
Si guardò attorno, cercando di capire da dove potesse uscire e si fiondò contro la porta sul retro.
«È chiusa.»
Arizona si girò verso Shane e vide che aveva le chiavi in mano. 
«Se la vuoi devi venire qui e darmi un bacio in cambio.»
Arizona lo fissò, «Mai.» rispose dopo qualche secondo, lanciò un pupazzo contro Shane ed entrò dentro il bagno, chiudendosi la porta a chiave alle spalle. alle spalle. Entrò nello stanzino dove si trovava il gabinetto e vide una finestrella abbastanza grande per farla passare. Sorrise .
Abbassò la tavoletta del wc e ci saltò sopra, litigò con la maniglia della finestra mentre la prima porta veniva scardinata. Arizona ingoiò la saliva e si girò, vide la porta scricchiolare sotto ai colpi di Shane o del suo amico — e non le importava in quel momento saperlo —, strattonò la maniglia e la finestra si aprì con uno scricchiolio. Riuscì ad issarsi sul bordo un attimo prima che la porta si aprisse.
«Arizona!» gridò Shane, lei gli sorrise saltò dall'altra parte e corse via.

***

Arizona si fermò e posò le mani sulle ginocchia, inspirò a fondo un paio di volte e temette che i polmoni le uscissero dalla gola. Si rialzò e scostò i capelli dalle fronte sudata e riprese a camminare. Vide le luci della villa in lontananza e sospirò dal sollievo, era riuscita a seminare Shane e il suo amico — cosa non facile, dato che loro erano in auto e lei a piedi —, e ora doveva solo trovare gli altri. Infilò la mano in tasca e prese il cellulare, compose il numero di telefono e sperò che Mike le rispondesse in fretta. Sbuffò mentre sentiva il telefono suonare libero. Imprecò quando scattò la segreteria e infilò il cellulare in tasca e iniziò a correre più velocemente che poteva.
Dopo un paio di cadute e di spaventi dovuti a qualche uccello notturno, arrivò davanti all'ingresso del bunker e trattene un urlo quando vide Jason appoggiato al tronco di un pino. «Come stai?» gli domandò preoccupata quando fu accanto a lui. 
«Una favola.» mormorò lui e fece un sorriso. 
Arizona prese una bottiglia dalla borsa e gliela porse.
«Dove l'hai presa?» domandò lui dopo aver bevuto. 
«L'acqua l'ho pagata, la borsa l'ho rubata nel negozio dove ho visto per la prima volta Shane.» 
«Ci sei andata da sola?» esclamò Jason, «Ma sei matta?»
Lei alzò le spalle, «Stavo cercando Logan e Jack.» rispose, «Pensavo che potessero essere lì.»
«E non c'erano.» sospirò Jason.
«Mike?» chiese Arizona, afferrò una barretta energetica e iniziò a mangiarla.
«La natura chiama.» rispose l'interessato. «Cibo!» esclamò, prese una delle barrette e la ingoiò in tre morsi. Anche Jason ne prese una.
«Allora... adesso?» chiese Arizona.
«Continuiamo a cercali.» esclamò Mike, infilò la carta della barretta nella borsa di Arizona e si alzò in piedi. «Muoviamoci.» esclamò.

Arizona avanzò lentamente, muovendo la torcia da una parte all'altra mentre percorreva il corridoio che aveva fatto prima, quello che l'aveva condotta da Sam e Sandy. 
«Fermi.» disse Mike, «Andiamo di là.» aggiunse indicando un cunicolo sulla sinistra che Arizona non aveva notato la prima volta. Proseguirono per svariati minuti e Arizona incominciò a sentire la pelle d'oca che si formava sulle braccia.
Mike si trovò davanti a una porta e l'aprì, «Ma che cazzo...» commentò.
Arizona si alzò sulle punte dei piedi e sbirciò oltre la sua spalla e rimase sorpresa da quello che vide: un grande campo sterrato, illuminato da torce di legno, cespugli, muretti diroccati e una cascina cadente in lontananza. «Logan!» disse e indicò a sinistra.
«Merda.» fece Jason.
Logan e Jack erano legati mani e piedi, con la schiena appoggiata a dei sacchi di iuta, sistemati accanto a un basso muretto a secco e Logan stava gridando insulti a uno dei Dark Shadow.
Mike sussurrò ad Arizona di andare verso sinistra e lei annuì lentamente, sistemò la tracolla della borsa e avanzò con lentezza, scivolando dietro dei cespugli e rimanendo bassa per non farsi vedere ed espanse il suo potere per non farsi beccare dai nemici. Arrivò dietro Logan e Jack mentre Jason e Mike erano dalla parte opposta, dove si trovava Martin che a quel punto, secondo Arizona, era il capo dei Dark Shadow.
La ragazza approfittò di un momento di distrazione dello stregone davanti a Logan e afferrò l'amico, trascinandolo dietro il muretto e lanciò un incantesimo per bloccare temporaneamente il Dark Shadow, che le diede il tempo di slegare le mani di Logan.
«Dove cazzo eravate?» gracchiò lui.
«A cercavi.» rispose lei, mentre si sporgeva per controllare la situazione, fece un cenno a Jack e si allungò verso di lui per prenderlo ma il nemico la vide e si scagliò contro di lei, Arizona si sdraiò per terra, coprendosi la testa con le braccia, e mormorò sottovoce un incantesimo e una bolla multicolore andò a scagliarsi contro il Dark Shadow, facendolo cadere sulla schiena, Logan riuscì a prendere Jack e lo liberò.
«Gli altri?» gridò l'uomo.
«Dall'altra parte.» rispose Arizona. Si abbassarono di colpo e un albero dietro di loro si distrussi a causa di un colpo di uno dei nemici.
Logan annuì, afferrò entrambi per i polsi e teletrasportò tutti quanti nel cunicolo che li aveva condotti lì.
«Dobbiamo organizzarci.» esclamò Jack e Arizona annuì, prese una bottiglia d'acqua e bevve, la passò agli altri e rimase in attesa. 
«Andiamo da Mike e Jason.» disse Logan, prese di nuovo i polsi degli amici e si concentrò di nuovo, dopo pochi secondi arrivarono da Mike e Jason, che stavano combattendo.
Arizona rotolò sulla schiena e si rialzò, colpì con una gomitata allo stomaco un ragazzo dietro di lei e si girò verso di lui, scagliò qualche bolla colorata verso di lei e fece un salto verso destra per evitare un colpo. Respirò un paio di volte con il naso, pensando che non si era mai sentì così carica — ma poi le venne in mente che fosse solo l'adrenalina —  e continuò a dare calci e pugni, lanciare incantesimi e schivare i colpi degli altri.

Salve! Grazie a chi legge, commenta, mette le storie in una delle liste.
Scusate il ritardo ma ho avuto un po' di blocco, nonostante abbia la scaletta dei capitoli non sapevo cosa scrivere -.-
Grazie ancora a tutti!

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Capitolo 17
*** Capitolo Diciassette 01:45 - 03:45 ***




Capitolo 18
01:45 - 03:45

Arizona inspirò a fondo e guardò il cellulare. Mancavano quindici minuti alle due del mattino. Infilò il cellulare nella borsa e spiò da sopra il cespuglio dietro il quale si era nascosta. Trattenne un urlo quando qualcuno le toccò la spalla. «Sono io.» disse Logan.
«Mi hai fatto venire un infarto.» sibilò lei. «Dimmi.»
Logan sospirò, «Abbiamo un problema.» mormorò, «Vedi, ecco...»
«Mamma?» face lei guardando oltre la spalla del ragazzo, «Papà?»
«Appunto.» disse Logan girandosi per un istante.
«Perché diavolo sono qui?» chiese lei e afferrò la mano di Logan.
«Perché sono dei nostri, a quanto pare.»
Entrambi si voltarono verso Shane e Logan si mise davanti ad Arizona.
«Ehi, io non ne so nulla, è una sorpresa anche per me.» disse Shane alzando le mani e si lasciò cadere sul terreno.
«E io dovrei crederti?» sbraitò Logan.
L'altro alzò le spalle, «Ti ho mai mentito?» replicò, «Ari, il tuo amico è un miscredente, oltre che geloso.» commentò, rivolgendosi ad Arizona.
Lei lo guardò appena e capì che era sincero. Guardò ancora i suoi genitori — avevano l'aria di non essersi accorti di nulla — e inspirò a fondo. «Andiamo.» disse a Logan e si alzò in piedi.
«Dove credete di andare?» esclamò Shane.
«Lontano da te.» rispose Logan, gli scagliò contro un incantesimo e si mise a correre, trascinando Arizona. Arrivarono in una zona scoperta, non c'era nulla dietro cui potessero nascondersi. Urlarono quando un si ritrovarono davanti a uno dei Dark Shadow, Logan lo colpì con un pugno e ripresero a correre, finendo per nascondersi dietro ad alcuni alberi mezzi bruciati. Arizona ansimò rumorosamente e si sedette per terra.
«Credo di essermi rotta i pantaloni.» disse Arizona, «Uffa.»
«Te ne ricompro dieci.» mormorò Logan e sbirciò attraverso le fronde di un cespuglio, «È troppo buio per vedere qualcosa.»
Arizona lo raggiunse e guardò anche lei, «Merda.» sbuffò, «Passo dal sentire campane che suonano a festa al silenzio... non riesco a capire dove siano finiti.» esclamò e si scostò una ciocca di capelli dalla fronte — aveva perso l'elastico e non ne aveva un altro con sé —, e strizzò gli occhi per vedere meglio. «Perché..» mormorò.
«Non ne ho idea.» disse Logan, «Potrei andare da mio padre e chiedergli aiuto.» aggiunse e si abbassò di colpo, «O forse no.» gracchiò guardando la buca nel terreno causata da un incantesimo dei nemici. Il ragazzo inspirò a fondo e fissò Arizona, «Chissà dove sono gli altri...» mormorò.
«Forse sono dall'altra parte.» disse lei, «Cosa facciamo?» domandò riferendosi a quella situazione ma anche ai suoi genitori.
Logan ispirò a fondo. «Dividiamoci.» disse anche se Arizona capì che non era contento di quella situazione — lo sapeva che Logan non amava saperla in pericolo — «Tu vai a destra, io a sinistra.» aggiunse dopo un respiro profondo.
La ragazza annuì, sorrise a Logan e gattonò fino all'estremità del cespuglio, sperando di non schiacciare nulla di schifoso.
Si alzò in piedi lentamente, guardò davanti a sé e partì di corsa, sperando di non inciampare — non vedeva nulla e non voleva usare un incantesimo per rischiarare la strada perché non voleva sprecare energie —, e continuò a correre.
Intravide un albero mezzo distrutto e si nascose dietro il tronco bruciacchiato, chiuse gli occhi e si concentrò, cercando di capire dove fossero i nemici, ma non percepì nulla. «Maledizione.» sibilò.
«Sono qui.»
Arizona si girò di scatto, la mano destra chiusa a pugno e colpì su una spalla il ragazzo dietro di lei.
«Sei nervosa, Ari?» esclamò Shane, «Hai una bella forza ma una pessima, pessima mira.» ridacchiò massaggiandosi la spalla dolorante.
Arizona si alzò in piedi, «Bastardo... mi chiamo Arizona!» esclamò e Shane alzò gli occhi al cielo con un sorriso divertito. «Tu sapevi che i miei erano dei vostri e non mi hai detto mai nulla!»
«Io non lo sapevo, giuro.» replicò lui alzandosi a sua volta, «Sono sorpreso quanto te.»
«Non ti credo.» esclamò Arizona stese il braccio destro, il palmo della mano rivolto verso il ragazzo e sorrise, «Sei un bugiardo.» ringhiò, «Ed ora dimmi dove sono gli altri, prima che ti riduca a un cucciolo indifeso.»
Shane ridacchiò, «Oh, Ari... non ne saresti capace.» la prese in giro, «Io sono più forte di te.»
Arizona strinse le labbra e chiuse gli occhi quando sentì un boato e dei rumori di vetri infranti. «Non sfidarmi, Shane Ross.» disse e sorrise, «Sai, la mia amica Cindy oltre ad essere carina e svampita è anche molto logorroica e pettegola.»
Lui sorrise, «Oh, bhe...» fece e fece un passo avanti fino a quando il suo torace non sfiorò la mano di Arizona, «Sai il mio nome e che sono andato alla tua stessa università... non hai scoperto granché, mia piccola Ari.»
Lei abbassò il braccio, si voltò e riprese a correre. Non sapeva neppure lei il perché ma credeva a Shane quando diceva che non sapeva nulla dei suoi genitori. Corse e continuò a chiedersi come mai i suoi genitori si fossero alleati con i Dark Shadow, poi si ricordò che sua madre aveva spinto giù dalle scale la sorella, che era sempre stata gelosa di lei perché era una strega; si fermò bruscamente sollevando una nuvoletta di polvere. «Ha tutto un senso.» mormorò, girò su se stessa, alla ricerca delle due persone che l'avevano messa al mondo, decisa a vendicarsi.
Vendicarsi di Rose, morta troppo giovane, per i suoi nonni, che avevano vissuto per più di trentanni con la consapevolezza di avere una figlia morta e un'altra che era una psicopatica assassina. Vendicarsi per tutto quello che aveva dovuto subire: i ricoveri, i farmici, essere legata al letto...
Ingoiò la saliva e avanzò, mentre dalle sue dita partivano raggi color ametista, che si allungavano e ritraevano come se stessero danzando, fino a quando non si avvolsero attorno ai polsi, lungo il braccio per poi fermarsi sulle spalle.
Arizona continuò a camminare, sentendosi calma e tranquilla: sapeva dove andare e cosa fare. Superò alcuni Dark Shadow ignorandoli completamente e si fermò a pochi metri da sua madre e aprì la bocca quando vide Logan riverso a terra, sovrastato dalla donna che lo colpiva con calci e incantesimi, che facevano gemere e urlare il ragazzo.
Fece altri due passi verso di loro, mentre i raggi colorati, simili a saette circondavano il suo corpo, contraendosi ed espandendosi al ritmo del suo respiro.
«Mamma!» gridò e la sua voce risuonò chiara e forte nella radura, «Lascia stare Logan... tu ce l'hai con me.» esclamò, non sapendo da dove venisse tutto quel coraggio, «Sono qui!» urlò e stese le braccia, i fulmini danzarono sulle sue mani per qualche secondo prima di partire e schiantarsi contro la donna, circondandola e Arizona avanzò ancora, arrivando davanti a lei. Inspirò lentamente e guardò sua madre, sobbalzando quando vide sua madre che stava bene, come se i fulmini e il relativo voltaggio non l'avessero fatto nulla.
«Sorpresa?» esclamò la donna mentre si spolverava il vestito, «I tuoi sciocchi giochetti non mi fanno nulla!» rise.
Arizona la fissò e si spostò verso Logan, s'inginocchiò accanto a lui e controllò che stesse bene. Il ragazzo si mise in ginocchio e guardò la ragazza, tossì e fissò la donna.
«Non le hai fatto un graffio.» mormorò, «Eppure hai fatto una cosa... come ci sei riuscita? Era fighissima!»
Arizona ebbe solo il tempo di fare un sorriso prima che una bolla di potere s'infranse su di loro, sollevandoli in aria e facendoli cadere qualche metro più in là. La ragazza rotolò sul fianco destro e si mise in ginocchio, tossì passandosi una mano sulla bocca e si ritrovò le dita appiccicose, sfiorò il labbro ma ritrasse subito la mano quando sentì un dolore lancinante attraversarle il viso. Era sicura di avere un labbro rotto e che la sua mano era appiccicosa perché era sporca di sangue. Grugnì un paio d'insulti e si girò per guardare Logan, urlò il suo nome quando lo vide sdraiato supino, privo di conoscenza.
«Logan!» lo chiamò scuotendolo, «Svegliati!» disse e gli schiaffeggiò il viso, si guardò attorno alla ricerca di Mike, Jason e Jack ma non li vide; guardò nuovamente Logan e sospirò di sollievo quando lo vide aprire gli occhi. «Come stai?» chiese.
«Come uno che è stato investito da un treno.» borbottò lui mettendosi seduto, «Cavolo... è davvero forte!» disse, «Mi chiedo come sia possibile.»
Arizona sospirò dal sollievo, «Magari ha fatto un patto con il diavolo.» commentò e aiutò Logan ad alzarsi, «Andiamocene prima che ci colpisca di nuovo.»
Logan annuì e la seguì, arrivarono dietro un grosso cespuglio e si sedettero per riprendere fiato. «Siamo nella merda.» disse, «Fino al collo.» sospirò e Arizona annuì e si guardò attorno per vedere se si stesse avvicinando qualcuno.
«Sarò ripetitivo... ma io non so perché siano qui o perché siano così forti... più di me.»
Arizona sobbalzò e si girò verso Shane, «Sì... va bhe.» commentò, «Come facciamo a crederti?» disse anche se lei gli credeva, «Insomma... sei un nemico anche tu...» aggiunse mentre Logan si metteva fra lei e l'altro stregone.
Shane alzò le spalle, «Tuo padre ha colpito anche me...» disse, «Non gli piaccio.»
Arizona aprì la bocca per ribattere che almeno in quello lei e suo padre andavano d'accordo quando un boato e un lampo accecante li fece voltare tutti e tre verso sinistra, videro una grossa bolla bianca avvicinarsi velocemente a loro. Shane e Logan spinsero Arizona a terra, la bolla passò a pochi centimetri dai loro corpi.
«Ma sei deficiente?» gridò Shane alla madre di Arizona che si stava avvicinando lentamente, «Siamo dalla stessa parte, idiota!» strillò e si abbassò appena in tempo per evitare un altro incantesimo.
«È pazza.» mormorò Arizona scivolando da sotto il corpo di Logan. «Completamente.» disse riuscendo a mettersi a carponi, mezza nascosta dal cespuglio — o almeno, di quello che ne rimaneva — e fissò sua madre sentendo crescere di nuovo quella forza che aveva prima; le bastò fissare Logan, con il viso pieno di escoriazioni e lividi, il gomito sinistro sporco di sangue, e Shane, con la maglia strappata e un taglio sopra il sopracciglio destro.
«Attenta!» gridò il Dark Shadow buttandosi su Arizona e facendola cadere sopra al cespuglio. La ragazza aprì gli occhi e vide Shane sopra di lei, con il viso stravolto dal dolore. «Shane!» gridò e strillò quando vide due mani che l'afferrarono, poi vide che era stato Logan e si rilassò un poco.
«Ti ha salvato!» gridò il ragazzo per poi girarsi quando sentì Mike urlare e lo guardò, vedendo che stava sparando alla donna e, in contemporanea, le lanciava contro degli incantesimi, uno dietro l'altro. «Aiutami.» disse ad Arizona, «Portiamolo là.» aggiunse indicando un muretto basso. Lei annuì e si alzò in piedi barcollando e prese Shane dai piedi. Dieci minuti dopo posarono Shane dietro il muretto e si accucciarono anche loro per non farsi vedere — anche se Arizona sapeva che li avrebbero trovati presto.
«Perché?» domandò lei.
«Perché ti ha salvato.» rispose lui e sorrise ad Arizona, «Oh... ma che...» fece quando abbassò gli occhi sul torace del ragazzo svenuto.
«Eh?» esclamò Arizona poi guardò anche lei e rimase sorpresa della luce bianca, quasi opaca, che si sprigionava dal torace di Shane, all'altezza del cuore; con lentezza passò due dita su quel punto, sentendo il calore delle luce sulla pelle, «Sento qualcosa...»
«Magari ha una costola rotta.» disse Logan sistemandosi alle sue spalle.
«No...» sospirò Arizona, «È tonda e liscia e fredda, quasi come se fosse una...» si bloccò e guardò l'amico, «Una pietra.» finì di dire.
Logan inarcò un sopracciglio e sobbalzò quando sentì un boato lontano, «Cosa? Una pietra?» esclamò e allungò la mano destra, tastando il torace di Shane, sfiorò le dita di Arizona e toccò anche lui quella che sembrava una pietra. «Merda.» imprecò ritirando la mano, «E se lui fosse...» si fermò e scosse la testa.
«Il settimo?» suggerì Arizona, «Credevo che non ci fossero pietre nei Dark Shadow.» disse, «Anche se sta storia delle pietre non l'ho mai capita fino in fondo.
Logan alzò le spalle, «Non ne ho idea...» mormorò, «Era solo un ipotesi.» disse. «Dobbiamo avvertire Mike e gli altri.»
Arizona annuì e fissò Shane che gemeva e si muoveva, in preda a dei dolori che Arizona non voleva immaginare, spiò oltre il muretto e vide che la via era libera, «Resta qui con lui.» ordinò a Logan, «Crea una bolla di potere protettivo.» aggiunse, «E non fargli nessun dispetto.» si raccomandò, baciò la guancia di Logan e iniziò a correre, alla ricerca di Mike, Jason e Jack.
Li avrebbe trovati, poi avrebbe cercato sua madre e suo padre.
Una volta davanti a loro, li avrebbe uccisi.

***

Arizona inspirò a fondo mentre guardava lo schermo del cellulare e fissava l'orologio digitale cambiare le cifre, passando dalle due e cinquantanove alle tre.
Le cose si erano messe molto male: Jack era ferito a una caviglia — la stessa di qualche giorno prima —, Jason aveva un braccio fasciato e Mike e il naso rotto, senza contare Logan e Shane. Li aveva visti una decina di minuti prima, e la pietra — un opale, secondo lei — entrava e usciva dal torace del Dark Shadow, mentre Logan aveva un braccio rotto e Arizona aveva usato la sua felpa per tenerlo fermo.
Respirò piano un paio di volte e si tolse una fogliolina dalle labbra, fissò il cellulare ed entrò nell'applicazione delle mappe stradali, non sapeva il perché ma sembrava che dove fosse lei fosse l'unico punto dove c'era del segnale e lei voleva sfruttare quell'occasione. Si piegò in avanti, portando il busto contro le cosce e attese che si caricasse la posizione del GPS. «Bingo.» mormorò quando apparve la freccetta rossa, schiacciò i tasti laterali del cellulare e catturò la schermata, poi diminuì lo zoom e catturò un'altra schermata.
“Siamo qui. Siamo nella merda. Tutti feriti. VENITE SUBITO!” digitò l'email e la inviò a Cressida allegando le due schermate, poi per sicurezza, inviò un SMS alla ragazza: “Guarda subito l'email!”
Infilò il cellulare in un calzino — aveva perso la borsetta — e strinse la pistola, sentendo l'altro caricatore premerle contro la coscia — era dentro l'altro calzino; strisciò fuori dal cespuglio di pungitopo sotto il quale si era nascosta e si alzò in piedi, caricò l'arma e corse verso Logan e Shane.
Arrivò appena in tempo per alzare una barriera protettiva per tutti e tre. «Mamma.» esclamò e alzò la pistola, allargò le gambe e alzò strinse il calcio della pistola, «Un'altra mossa e ti ammazzo.» disse, sperando di essere più coraggiosa di quello che era — avrebbe voluto scappare e rifugiarsi in un angolino — e fissò sua madre che se ne stava ferma, immobile e la guardava come se fosse un insetto fastidioso.
«Sei sempre stata una palla al piede, lo sai?» disse la donna dopo qualche istante e avanzò di un passo, arrivando quasi vicino a Logan, se avesse allungato il piede avrebbe potuto toccare quello del ragazzo.
«E tu una psicopatica del cavolo.» replicò Arizona, sentì che la pistola le scivolava dalle mani e la strinse più forte, sentendo che sui palmi si stava imprimendo il disegno romboidale del calcio. Non ci badò e si costrinse a non tremare. «Un altro passo e come terzo occhio avrai un foro di proiettile.» esclamò.
Sua madre ridacchiò e avanzò lentamente, arrivando accanto a Logan. «Non ne saresti capace, sei solo una deficiente che non sa fare nulla.» disse e diede un calcio nello stomaco a Logan, facendolo urlare dal dolore.
«Ferma.» gridò Arizona, «Ferma o ti ammazzo, poi uccido papà.»
«Non ne saresti capace.»
Arizona premette il dito sul grilletto ma il proiettile si conficcò in un albero dietro alla donna.
«Sei un'incapace.» la prese in giro la madre, alzò le mani e scaraventò una bolla contro Arizona, che finì per terra.
La ragazza si rialzò in piedi stringendo la pistola. «E tu sei una psicopatica assassina.» replicò, stese il braccio e gridò quando la donna colpì prima Logan e poi Shane.
«Lasciali stare, lurida vacca!»
Entrambe si girarono verso Mike, che avanzava tenendo un K47 in mano, «Se fai un altra mossa ti riduco la testa a una patata bollita.» continuò il marines, la donna lo guardò appena, sporse una mano verso di lui e gli lanciò una palla infuocata, che colpì Mike e lui cadde al suolo con un rantolo.
Arizona lo guardò appena, poi sentì l'energia di prima invaderla come un fiume in piena e vide i fulmini viola saettare attorno alla sua mano, avvolgendole anche i polsi e la pistola, posò l'indice destro sul grilletto e stava per premerlo quando sua madre la colpì di nuovo e lei volò a terra, perdendo la presa sulla pistola. Rotolò accanto a Shane, fece forza sui gomiti alzò il busto e aprì la bocca quando vide sua madre avanzare verso di lei, protendendo le mani su cui danzavano due bolle nere grandi come palloni da calcio. Inspirò a fondo un paio di volte e tastò il terreno, alla ricerca della pistola, urlò quando vide le bolle partire e ingrandirsi, rotolando su se stesse ed espandendosi, creando lame dall'aspetto affilato; chiuse gli occhi, preparandosi a ricevere quel colpo dall'aria pericolosamente letale quando sentì due mani, grandi e forti, spingerla a terra e un corpo sopra al suo. Aprì gli occhi e vide Shane sopra di lei.
«Solo io posso farti del male.» mormorò Shane cercando di sorridere ma le labbra si piegarono in una morsa di dolore.
Shane si rialzò un poco, riuscendo a sedersi sui talloni con fatica e girò il busto con un gemito di dolore, allungò il braccio sinistro e dalla sua mano partì un fulmine che andò a schiantarsi contro la madre di Arizona, che barcollò e cadde a terra. «Te l'avevo detto che io e te siamo più simili di quanto immagini.» mormorò.
Arizona lo fissò e guardò Logan, ancora riverso a terra e privo di conoscenza, inspirò un paio di volte e cercò la pistola ma le sue dita scivolarono sulla terra e strinsero terriccio e foglie.
«Piccolo bastardo.» esclamò la madre di Arizona alzandosi in piedi e Shane si preparò a colpirla di nuovo ma la donna fu più veloce: dalla sua mano destra partì un'altra sfera di energia e Shane urlò quando fu colpito alla schiena e cadde sopra ad Arizona, che gemette di dolore quando batté la testa per terra. La ragazza cercò di spostare Shane per riuscire a prendere la pistola e ad alzarsi ma il ragazzo era troppo pesante per lei.
Vide sua madre avanzare ancora per poi fermarsi accanto a loro, guardò il ghigno di sua madre e pensò che sarebbe morta e che non voleva morire per mano sua, avrebbe preferito morire in un altro modo — avrebbe preferito non morire affatto.
Posò le mani sulla schiena di Shane, sentendo sotto le dita la stoffa a brandelli e un liquido caldo, “Sangue.” pensò stringendo più forte, chiuse gli occhi e si sentì sollevare in aria per poi ricadere con violenza. Gridò dal dolore quando sentì uno strattone alla spalla destra. Annaspò e si accorse che il braccio destro era sotto alla sua schiena e che non riusciva a muoversi — Shane era ancora sopra di lei — e urlò quando sua madre si avvicinò ancora, mosse nervosamente la mano sinistra e sorrise vittoriosamente — o almeno ci provò a farlo — quando toccò la canna della nove millimetri, le sue dita strinsero il calcio e alzò la pistola, puntandola verso la madre — anche se era ancora sdraiata a terra.
«Tu non sei mancina.» le fece notare la donna, «E comunque sei un fallimento.»
Arizona alzò la pistola e la puntò contro la madre, vide la mano tremare vistosamente e pensò ancora una volta che sarebbe morta, sentì Shane che respirava male contro il suo collo; udì Logan gemere; sapeva che Mike era a pochi metri da lei, con il naso rotto, forse era ferito gravemente; non aveva idea di dove si trovassero Jason e Jack ma sapeva che erano feriti. Inspirò a fondo e alzò la testa, irrigidendo il collo. «Potrei essere diventata ambi-destra.» esclamò, «Ma tanto non te ne frega nulla...»
La donna sorrise, «Oh, povera piccola deficiente.» disse e le sue labbra si piegarono in un ghigno malefico, «Tanto ucciderò te e i tuoi amichetti...»
Arizona ingoiò la saliva e alzò ancora di più il braccio sinistro, «Non sfidarmi.» esclamò, «Potrei farti vedere che non racconto palle, stupida psicopatica.»
«Sei una nullità.»
Arizona fissò la pistola che tramava e sentì le dita di Shane sfiorarle il fianco e poi stringerle la maglia con delicatezza, come se fosse troppo stanco, troppo ferito per poter usare più forza. Quella stretta le ricordò quella volta che era andata in un agriturismo e aveva preso in mano un pulcino che l'aveva beccata — senza farle male — fra il pollice e l'indice; pensò che Shane e gli altri in quel momento fossero come piccoli pulcini: indifesi. Strinse più forte la pistola e la mano smise di tremare, con sua sorpresa e quella della madre. Le venne in mente quella volta, quando aveva sei anni ed era andata da lei, trillando felice “So fare le bolle senza il sapone!” e mostrando le mani su cui si muovevano tre piccole bolle semi trasparenti e sua madre le aveva risposto che era matta, o quando era scappata di casa, a diciotto anni — li aveva compiuti da tre ore — e se ne era andata, aveva preso i soldi che le aveva lasciato la nonna ed era fuggita.
A Disneyland.
Inspirò a fondo e posò il dito sul grilletto, guardò sua madre che rideva e la insultava, premette con delicatezza il pezzo di metallo.
«Cosa fai?» domandò sua madre mentre le lanciava contro un incantesimo, «Sono io la più forte.» disse e Arizona alzò una barriera protettiva che s'infranse, producendo un rumore di vetri infranti ma riuscì lo stesso a diminuire l'intensità del colpo.
«Ti uccido.» mormorò Arizona e premette il grilletto con le ultime forze che le erano rimaste; vide sua madre crollare a terra e gridò con voce rauca mentre il contraccolpo dello sparo le faceva cadere all'indietro il braccio. Rimase ferma, in quella posizione e fissò il cielo che incominciava a schiarirsi, mentre un rumore di elicotteri si faceva sempre più forte. «È finita.» pensò, chiuse gli occhi e svenne.

Salve!
Capitolo un po' breve, ma se l'avessi aggiunto allo scorso sarebbe diventato lunghissimo e non mi è sembrato il caso di farlo. E poi mi avrebbe sballato la scaletta xD (Ogni tanto le seguo xD)
Ormai siamo quasi alla fine, mancano un paio di capitoli e anche questa storia sarà conclusa!
Grazie a tutti!

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 - 03:45 - 21:45 ***




Capitolo 18
03:45 - 21:45

Arizona aprì gli occhi e sbatté un paio di volte le palpebre, non riuscendo a capire dove si trovasse.
«Oh... si è svegliata.» disse la voce di un uomo, «Peccato.»
Arizona temette di essere caduta in mano ai nemici, si agitò e boccheggiò quando la spalla destra pulsò dal dolore.
«Arizona, tesoro, stai calma.»
Arizona si concentrò sulla voce, «Carly!» gracchiò riconoscendo la donna, «Cosa...» mormorò, «Perché è un peccato che mi sia svegliata?»
Carly le scostò i capelli dal viso, «Perché hai una spalla lussata e dobbiamo sistemarla, siccome è doloroso era meglio se fossi stata incosciente.» spiegò.
Arizona annuì e sentì una fitta al collo, «Okay.» borbottò, guardò il suo corpo e vide una sciarpa blu sopra al seno e al braccio sinistro, guardò il destro e lo vide libero, guardò a sinistra e vide due uomini che non riconosceva tenere i due capi della sciarpa. «Cosa?» strillò, «Questo non è E.R., è la vita vera!» esclamò e cercò di divincolarsi ma Carly — che era alla sua destra — la tenne ferma.
«La vita non è un telefilm ma è così che si fa!» rise Carly e prese uno strofinaccio dal comodino accanto al letto, «Apri la bocca.» ordinò.
«Perché?» domandò Arizona.
«Altrimenti ti mordi la lingua.» rispose e Arizona annuì e aprì la bocca, Carly le infilò lo strofinaccio e le prese il braccio, «Al mio tre si tira.»
Arizona chiuse gli occhi e sentì l'odore di lavanda invaderle la bocca, sentì le mani di Carly stringerle in braccio destro.
«Uno... due... tre!»
Arizona morsicò lo strofinaccio mentre la spalla e il braccio le bruciavano dal dolore, Carly le tolse lo strofinaccio dalla bocca e sorrise, «Cavolo.» mormorò Arizona prima di svenire di nuovo.

***

Qualche ora prima
Arizona sentì dei suoni ovattati, come se venissero da lontano o come se lei avesse la testa infilata sotto svariate coperte. Aprì gli occhi e si ritrovò il viso sporco di sangue di Mike.
«Va tutto bene, Arizona.» disse lui, «Adesso lo sposto.» aggiunse e, insieme a un uomo che non conosceva, scostò il corpo di Shane dal suo. «Santa pace!» esclamò quando vide il petto del ragazzo.
Arizona voltò piano la testa — ed ebbe l'impressione che se si fosse mossa ancora avrebbe vomitato anche la cena di tre giorni prima — e vide quello che stavano guardando gli altri: dal petto di Shane sbucava una pietra bianca, grande quasi come la sua. Fissò quasi incanta la pietra entrare e uscire dal torace del ragazzo.
«Ha una delle pietre!» gracchiò Mike, «È lui il settimo!» disse, «Lui è uno dei Dark Shadow! È impossibile!»
Arizona inspirò a fondo e guardò Logan, altri due uomini che lei non conosceva ma che erano vestiti con la tuta mimetica lo avevano messo seduto e gli stavano dando da bere. «Ho sete.» mormorò, «Ho sete.» ripeté.
L'uomo più vicino a lei l'aiutò a mettersi seduta e Arizona urlò quando lui le toccò il braccio destro. «Credo che sia lussata disse l'uomo e posò il braccio, utilizzando tutta la delicatezza di cui era capace, contro il torace di Arizona, poi le posò contro le labbra il collo di una bottiglia, «Bevi piano.» disse e Arizona non se lo fece ripetere due volte: sorseggiò l'acqua che aveva un vago retrogusto all'arancia e sentì la gola rinfrescarsi — fino a quel momento non si era accorta di quanto le bruciasse.
Emise uno strillo quando vide l'elicottero atterrare e lo sconosciuto si piegò su di lei per proteggerla.
«Adesso vi portiamo da Jim, sono tutti là.» gridò lo sconosciuto per sovrastare il rumore delle pale.
“Tutti là?” pensò lei, “Chi?”, fece per aprire la bocca per chiederlo all'uomo accanto a lei ma quando la sollevarono per posarla sulla barella il dolore alla spalla la fece svenire di nuovo.

***

Arizona scese lentamente le scale, aggrappandosi al corrimano con forza, si sentiva debole e le testa le girava. Non sapeva per quante ore avesse dormito ma si era svegliata qualche minuto prima, era andata in bagno — con qualche difficoltà dovuta al braccio bloccato — e, mentre si lavava il viso, si era accorta di avere fame.
Scese l'ultimo gradino ed entrò in cucina, superando il piccolo disimpiego.
«Come ti senti?» le chiese Jim avvicinandosi.
«Affamata.» rispose lei e sorrise, anche se il labbro le faceva male. «Adesso capisco come si sente uno investito da un tir con rimorchio.»
Jim sorrise ancora e l'accompagnò al tavolo. «Sono quasi le tre del pomeriggio.» disse. «Vuoi il pranzo o qualcos'altro... latte e cereali?»
«Latte e cereali.» rispose Arizona e si sedette sulla sedia, «Logan?» domandò.
«Sta bene.» rispose Jim infilando la tazza nel microonde, «È solo un po' ammaccato.» disse, «Anche gli altri stanno bene.» aggiunse e sistemò un paio di scatole di cereali sul tavolo, «È solo...»
«Solo cosa?» fece lei guardando le scatole — ce n'erano tre — indecisa su quale scegliere.
«Shane.» sospirò Jim, «Lui è uno dei nostri, solo che ci deve essere un conflitto, dentro di lui.» spiegò e fissò Arizona, «Fra bene e male o qualcosa del genere che gli impedisce di far uscire la pietra.» aggiunse e mise la tazza con il latte caldo davanti alla ragazza. «Vado da Lana, se ti serve qualcosa o non dovessi sentire bene... urla, arriverà Philip, è un medico ed è uno stregone... non male.» disse e uscì dalla cucina.
«Philip? E chi è?» borbottò lei con la bocca piena — aveva messo tutti e tre i diversi tipi di cereali —, alzò le spalle e pensò che forse era il tizio che l'aveva portata sull'elicottero.
Venti minuti dopo entrò nella stanza dov'era Shane. Carly e Philip — aveva avuto ragione quando aveva pensato che fosse il tipo che l'aveva messa sull'elicottero e che aveva aiutato Carly a sistemarle la spalla — erano attorno al ragazzo, sistemando flebo e guardando i tracciati che scorrevano sugli schermi dei vari macchinari.
«Da quando Jim ha tutta questa roba?» domandò, per quanto la casa di Jim e Lana fosse grande e piena di sorprese — tipo le celle sotto alla taverna, che era già interrata di suo — non credeva che ci fossero anche apparecchiature mediche, si sarebbe aspettata qualche attrezzo da palestra, un'intera stanza piena di vinili degli anni Sessanta.
«Da quando le ho portate.» rispose Philip distogliendo per un'istante lo sguardo dallo schermo, da cui proveniva un continuo bip-bip.
Arizona annuì, lo sguardo fisso su Shane, che dormiva sul letto dalle lenzuola bianche. Il sonno del ragazzo era agitato, e sul suo torace brillava una debole luce biancastra; Arizona poté vedere la pietra bianca che entrava e usciva in maniera lenta, con un movimento costante. «Perché fa così?» domandò.
Philip sospirò, «Probabilmente dentro di lui sta avvenendo una battaglia.» rispose, «Fra bene e male. La sua parte cattiva, dovuta agli anni passati con i Dark Shadow è troppo forte mentre quella buona, dovuta alla pietra, cerca di sconfiggerla... ma è troppo debole per riuscirci.» spiegò, «Il fatto che abbia cercato di proteggerti deve aver scatenato il tutto.»
«E tu come lo sai?» domandò lei fissandolo sorpresa e frastornata da quelle informazioni.
«Me lo hai detto tu.» replicò il dottore.
«Quando?»
«In elicottero, hai ripreso conoscenza per due minuti e me lo hai detto.» rispose Philip e le sorrise.
Arizona annuì lentamente, «Okay.» disse e guardò Shane, «Però... perché adesso?» chiese, «La pietra esce quando uno è neonato, se ce l'ha, ovviamente. Dovrebbe esserci un segnetto sotto allo sterno, come un T rovesciata... in pochi giorni la pietra esce senza far troppo male al bambino.» disse, «Perché a lui non è successo? È strano.»
Philip la fissò e Arizona temette di aver detto un mucchio di cavolate. «È giusto come dici tu, però la pietra esce se qualcuno prepara il bambino.»
Arizona annuì ancora, «Sì, bisogna disegnare con l'olio consacrato un pentacolo sul pancino del bambino, la punta in alto deve inglobare il segnetto.» disse, «Quindi... perché a lui non lo hanno fatto? Almeno uno dei genitori deve essere una strega o uno stregone...» aggiunse.
Philip alzò le spalle, «Non ne ho idea.» esclamò.
Arizona annuì e fissò Shane, «Okay.» mormorò, «Io vado dagli altri.»
«Sono riuniti in biblioteca.» le disse Philip mentre lei usciva dalla stanza.
Arizona andò in biblioteca e vide gli altri — Jim, Cressida, Jack, Jason, Mike e Logan — seduti al tavolo. Arizona sorrise e si sedette fra Logan e Jason.
Stavano parlando di quello che era era successo la notte prima.
Dopo che Arizona aveva inviato l'email e l'SMS a Cressida la più giovane aveva subito avvertito suo padre, il quale aveva chiamato degli amici di Mike e Jason — erano stati i due Marines a lasciargli quel numero, in caso di necessità — che, dopo aver brontolato che Mike e Jason dovevano smettere di far i “Mister Macho”, si erano fatti dare tutte le informazioni, l'email di Arizona ed erano partiti. Alcuni di loro erano stregoni con lavori comuni — c'era anche un fornaio — altri erano colleghi dell'esercito di Mike e Jason, altri ancora erano poliziotti, agli ordini di Mike. Anche il vice sceriffo era un mezzo stregone, ma lui era rimasto alla centrale. Arizona si stupì di non sapere quanta gente avesse dei poteri, poi si disse che non era una cosa da sbandierare ai quattro venti, quindi era normale non saperlo.
In ogni caso, Philip e gli altri erano arrivati dopo un'ora dal momento in cui Arizona aveva inviato l'email, avevano messo al tappetto i nemici aiutandosi con i fucili che sparavano dardi tranquillanti, — gentile omaggio del figlio di un ex guardaparchi —, avevano aiutato Jason, Mike, Logan, Arizona e Shane; poi erano tornati da Jim con i feriti, mentre altri due elicotteri avevano portato i nemici alla centrale, dove alcune celle erano state incantate — i Dark Shadow non avrebbero potuto fare nessun incantesimo, neppure il più semplice e innocente —; altri tre o quattro erano rimasti alla radura a sistemare le cose aiutandosi con la magia e Arizona trattenne una risata, le era venuto in mente la scena del film “Fantasia” dove Topolino apprendista stregone puliva utilizzando la magia. Le balenarono davanti agli occhi rastrelli che si muovevano, raccogliendo foglie e rami, lasciando dietro di loro una scia luminosa.
Parlarono per oltre un'ora e ognuno dei presenti raccontò come era andata. Arizona raccontò di come aveva sparato a sua madre con voce atona, come se raccontasse di un giro al supermercato.
Logan aveva appena finito di dire la sua quando Arizona guardò l'orologio, «No, oggi avevo lezione con Morris!» sospirò, «Mi boccerà.» squittì, «Per l'ennesima volta.»
«Non preoccuparti, hai una giustificazione.» disse Philip.
«Eh?» fece Logan, «Quello ti boccia se non hai una buona giustificazione, tipo essere in punto di morte, con il prete che ti ha appena dato l'estrema unzione.»
Mike rise, «Bhe, credo che avere la madre e il padre morti in una sparatoria fra bande rivali sia una perfetta giustificazione.» disse.
Arizona aprì la bocca sorpresa. «Cosa?» squittì, «E la spalla come la spiego?»
«Io ho telefonato a Jim per dirglielo, perché era fra i contatti d'emergenza dei tuoi genitori.» rispose Mike, «Tu eri sulle scale e hai sentito tutto, sei svenuta e sei caduta, lussandoti la spalla. Cadendo dalle scale sei finita contro Logan che si è rotto il braccio.» spiegò.
«Sembra una roba troppo folle per essere vera.» commentò Arizona. «E io che cado su Logan... non è troppo comico?»
«No.» disse Jim, «Il tuo insegnante rimarrà colpito dalla morte dei tuoi genitori e non baderà al resto.»
Arizona annuì e si convinse che il suo insegnate non l'avrebbe bocciata all'esame, dopotutto era in lutto. «Okay, funzionerà.» disse.

***

Arizona uscì dalla sua stanza e incrociò Logan nel corridoio.
«Come stai?» le chiese lui.
Lei alzò le spalle, «Un po' ammaccata.» rispose, «Ma sto bene, sul serio.» disse e sorrise.
Logan la fissò e Arizona capì che lui non aveva creduto a una sola parola. «Non dirmi balle.» esclamò lui, «Hai sparato a tua madre.»
«Per salvarci il culo.» replicò lei e sospirò. «Sul serio, Logan, sto bene.» disse e gli sfiorò il viso con la mano sinistra e sentì sotto alle dita i graffi. «Mia madre non è mai stata una vera madre, quindi...» si fermò e ritrasse la mano, «Non preoccuparti.»
Logan annuì, come se le credesse, «Okay, se lo dici tu.» sorrise, «Papà dice che fra venti minuti è pronta la cena.» disse, «Io vado a vedere se riesco a darmi una lavata.» aggiunse e oltrepassò Arizona.
Lei lo guardò entrare in bagno e sbadigliò, scese le scale ed entrò nella stanza dove si trovava Shane.
Il ragazzo era nella stessa situazione di qualche ora prima-; lentamente si avvicinò al letto e osservò il tracciato del battito cardiaco che era quasi regolare, tranne per qualche picco in cui il battito aumentava. Arizona andò dall'altro lato — il sinistro — e sfiorò il braccio del ragazzo, salendo lentamente dal polso al gomito, proseguendo lungo il bicipite. Fissò il tatuaggio che l'aveva tanto spaventata solo una settimana prima, guardò quelle linee nere e socchiuse gli occhi mentre si piegava in avanti, c'era qualcosa di strano in quel disegno, sfiorò il tatuaggio e inspirò con il naso, si guardò la punta delle dita. Sul suo indice e medio sinistro c'era dell'inchiostro nero, denso,vischioso... e caldo.
Si precipitò verso l'interfono, incastrò la cornetta fra la spalla destra e l'orecchio e ignorò il dolore mentre con l'altra mano premeva freneticamente il tasto verde. «Ehi! C'è qualcuno?» strillò, «Sta succedendo qualcosa di strano al braccio di Shane!» gridò, «Qualcuno mi risponde?» domandò, «Il tatuaggio sta... sta sanguinando!»
«Arrivo.» le rispose Philip e Arizona sistemò la cornetta senza dire nient'altro. Si fissò la mano sinistra, l'inchiostro era sbavato e le sembrò che la pelle fosse quasi più calda del resto. Philip, Jim e Mike arrivarono dopo due minuti.
«Che cosa è successo?» domandò il medico.
«Non lo so.» rispose la giovane, «Sono entrata, mi sono avvicinata al braccio e ho sfiorato il tatuaggio perché mi sembrava strano...» disse e mostrò la mano. «Quel coso trasuda uno strano liquido nero... non è né sangue né inchiostro.» mormorò.
Philip annuì e indossò un paio di guanti bianchi di lattice, afferrò una garza dal cassetto e la sfregò sul tatuaggio; il corpo di Shane si inarcò, in preda agli spasmi, poi si rilassò quando Philip smise di toccarlo.
«Non so cosa stia succedendo.» disse, «È nero come l'inchiostro ma viscoso e caldo come il sangue.» aggiunse.
«Probabilmente avranno usato un inchiostro in cui avranno sciolto qualche polvere magica.» esclamò Jim facendo un passo avanti e guardando la garza sporca di nero. «E adesso...» si fermò e sospirò.
Arizona rimase in attesa che continuasse ma Jim non continuò, fu invece Philip a parlare. «Arizona, vai a chiamare Cressida e Jason, loro sono bravi con le erbe.» Arizona annuì e uscì dalla stanza, preoccupata per Shane. Lui l'aveva spaventata, inseguita, aveva ucciso due persone sotto ai suoi occhi, l'aveva baciata, le aveva lanciato contro degli incantesimi... ma l'aveva salvata, e ora la sua vita era in pericolo.
Trovò Jason e Cressida in cucina e li avvertì, tornò con loro da Shane e rimase lì, a fissare Cressida e Jason che discutevano su quali erbe, creme e intrugli vari da usare sul tatuaggio.
«Ehm... la cena è pronta.» disse Logan entrando, «Io non riesco a tirare fuori la teglia.»
«Okay, io resto qui.» esclamò Jason, «Voi andate pure, se ho bisogno vi chiamo.»
Arizona fissò Shane, desiderando rimanere con lui, poi si sentì tirare la maglia da Logan, sorrise e si voltò verso di lui. «Andiamo.» gli disse, «Altrimenti l'arrosto brucia.»
Anche lui sorrise.

***

Arizona fissò soffitto e sospirò. Era in camera da sola, Cressida era con Lana perché Jim aveva dato il cambio a Philip, che dormiva sul divano letto del soggiorno. Lentamente si mise seduta, scese dal letto a castello e prese il potatile dalla scrivania, con qualche fatica lo posò sul suo letto e andò anche lei a sedersi, la schiena appoggiata alla parete, il cuscino sotto al braccio destro. Alzò lo schermo del portatile e schiacciò il tasto di accensione e sperò che la volta precedente avesse azzerato il volume. Quando il sistema operativo si fu caricato si collegò a internet e avviò il browser. Digitò “Shane Ross” nella casella di ricerca e guardò, sconsolata i risultati. C'erano decine e decine di risultati che non avevano nulla a che fare con il Shane che dormiva al piano di sotto.
Ci doveva essere qualcosa, un motivo, per cui i genitori di Shane non l'avessero preparato per la pietra. “Forse sua madre è morta di parto.” pensò.
“Donna morta di parto 9 Luglio 1987” digitò ancora, sperando che spuntasse qualche risultato da un archivio di un quotidiano.
Il debole sorriso sulle sue labbra si spense quando vide i risultati, ancora troppi e sembravano tutti fuorvianti. Sospirò e scorse la pagina, per poi controllare le seguenti. Stava per chiudere tutto quanto quando l'occhio le cade sull'ultimo risultato della quinta pagina: “Neonato rapito al San Claire Hospital di Neptune, California.”
Cliccò sul link — Neptune era una città della contea di San Diego, a una sessantina di chilometri da dove si trovava lei — e trattenne il respiro mentre la pagina si caricava.
“L'altro giorno, Venerdì 10 Luglio, un neonato nato il giorno prima è stato rapito dal reparto di neonatologia verso le cinque del pomeriggio, durante l'orario di visita.”
Arizona guardò la data dell'articolo e per poco non cadde del letto quando vide che era del 1987.
“Il bimbo era nel reparto per curare l'ittero. Alcuni testimoni riferiscono di una donna vestita da infermiera, che è entrata nella stanzina e ha preso il bambino. La testimone — una parente di una donna che aveva appena partorito --- riferisce di non aver notato nulla di strano, anche se l'infermiera si stava dirigendo verso l'uscita e non verso le camere delle pazienti.”
Arizona continuò a leggere, scoprendo che la testimone aveva rilasciato una descrizione di quella infermiera, e quella descrizione non corrispondeva a nessuna persona che lavorava lì.
“Forse è lui.” pensò lei, “Forse Shane è stato rapito.” sospirò e cercò di scoprire se ci fossero scritti i nomi dei genitori ma c'erano solo delle iniziali. Continuò a cercare informazioni su quel rapimento ma era come se fosse caduto nel dimenticatoio.
Chiuse il potatile e lo posò accanto a letto, sistemò il cuscino e si sdraiò, dicendosi che era troppo stanca per pensare lucidamente, così chiuse gli occhi e si addormentò.

***

Shane era peggiorato dalla sera precedente. Quando Arizona fece capolino nella sua stanza, alle undici e mezzo.
Lei guardò Philip che si affaccendava attorno a lui, mentre Carly gli cambiava la fasciatura che copriva il braccio.
«Tutto bene?» le chiese Philip senza alzare lo sguardo dal petto di Shane, dove la pietra continuava a entrare e uscire.
«Sì.» rispose lei con un sorriso. «A parte le punture d'insetto che mi fanno impazzire ma Cress mi ha messo la crema.» disse, «Lui come sta?» domandò.
«Sempre uguale.» disse lui, «Sempre in lotta con se stesso.» scosse la testa, «Povero ragazzo, non vorrei essere nei suoi panni.»
«Tu ti ricordi di quel neonato rapito dall'ospedale nell'ottantasette?» domandò, «È successo a Neptune.» aggiunse.
Philip annuì. «Sì, ho un qualche ricordo.» disse, «Non l'hanno mai trovato. Credi che sia lui?»
Arizona alzò le spalle. «Bhe... lui è andato nella mia stessa università, sono riuscita a risalire alla sua data di nascita.» esclamò avvicinandosi al letto. «Il bambino rapito è nato lo stesso giorno di Shane.» disse.
Philip sospirò e guardò Shane, «Potrebbe essere.» esclamò.
Carly finì di sistemare la fasciatura, «Siediti, che ti cambio i cerotti.» le disse.
Arizona si sedette e lasciò che Carly e Philip la controllassero e le cambiassero le fasciature.

Arizona si sedette sul divano — avevano appena pranzato e pensò che le sarebbe scoppiato lo stomaco da un momento all'altro — e posò la testa sullo schienale, chiuse gli occhi e sospirò.
«Ehi.»
Aprì gli occhi e sorrise a Logan. «Ehi.» disse, «Come va?»
Lui alzò le spalle e si sedette accanto a lei, «Va che m'impediscono di entrare nella stanza di Shane.»
«Perché?» fece lei, «Hai tentato di dargli del cianuro attraverso la flebo?» scherzò. In realtà era sempre più preoccupata per il ragazzo.
«No.» ridacchiò Logan, «Credo che sia per quando era qui prigioniero, sai?» disse, «L'ho preso a schiaffi più volte.»
«Non sei l'unico.» disse lei.
Rimasero in silenzio per alcuni istanti, poi Arizona si girò verso il ragazzo e lo guardò per qualche secondo prima di trovare il coraggio di fargli quella domanda. «Secondo te è finito tutto?» domandò dopo aver preso un respiro profondo.
«Sì.» rispose lui. «Sì, è tutto finito.» disse, «Perché me lo chiedi? Sei preoccupata?»
Lei scrollò le spalle, «No...» rispose, «Cioè, un pochino.» ammise.
Logan le posò una mano sulle spalle, «Tranquilla.» le disse, «Ormai li abbiamo sconfitti.» sorrise e strinse leggermente la presa, «Certo, ci saranno sempre dei sociopatici con manie di protagonismo e di grandezza.» aggiunse, «Ma noi ce la faremo, insieme. Sempre.» disse stringendole la mano.
Arizona sorrise e fissò le loro mani, respirando piano. Stava per dire qualcosa quando un allarme suonò per la casa, rompendo il silenzio e la tranquillità.
I due giovani si guardarono in faccia, ben sapendo che cosa significava quel suono e la lucetta rossa ad intermittenza che brillava sopra il caminetto: uno fra Lana o Shane era peggiorato.

Salve! Nuovo capitolo, ormai siamo quasi alla fine... scoprendo che fine faranno i cattivoni e il mistero di Shane. È lui o no il bimbo rapito? E perché ha detto più volte ad Arizona che i due sono più simili di quanto lei pensi?
Okay, Neptune non esiste, l'ho preso in “prestito” a Veronica Mars, solo perché sono troppo culopesa per inventare il nome di una città xD (in realtà ho fato la scaletta di tre storie che voglio scrivere, quindi sono un po' fusa!)
Bon, grazie a tutti quelli che leggono questa storia *sparge amore*

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 - 21:45 - 00:00 ***




Capitolo 19
21:45 - 00:00

«Mamma!» gridò Logan, «Papà...» mormorò quando vide Jim affacciarsi alla balaustra.
«Lei sta bene.» disse lui, «Si è spaventata per la sirena ma sta bene.»
Arizona sospirò dal sollievo e fu felice che Lana stesse bene, abbracciò Logan che tremava ancora; poi spalancò gli occhi, rendendosi conto che se Lana stava bene quello che aveva problemi era Shane. Si staccò da Logan, quasi come se si fosse scottata, «Shane...» mormorò, «È lui che sta male.» disse, diede le spalle a Logan e corse nella stanza dello stregone.
Philip e Carly erano attorno a lui, il medico stava usando il defibrillatore sul ragazzo e Arizona osservò la scena, sentendosi come se non fosse lì, come se stesse guardando uno schermo su cui passavano delle immagini. Guardò Carly iniettare con una siringa del liquido nella flebo che entrava nel braccio di Shane. «Che cos'ha?» domandò e si accorse che la sua voce era stridula, inspirò un paio di volte, imponendosi di calmarsi.
«La pressione e il battito sono scesi.» rispose Philip e Arizona annuì per poi lasciarsi andare a un sospiro di sollievo quando vide che Shane si era ripreso, anche se continuava ad avere gli occhi chiusi mentre si agitava e la pietra entrava e usciva dal suo corpo.
Fece un passo avanti, arrivando ai piedi del letto, fissò Shane e desiderò poter fare qualcosa per aiutarlo perché le faceva male vederlo in quello stato. Sospirò e lo guardò. «Sta meglio?» chiese mentre Carly usciva dalla stanza.
«Sì.» rispose Philip, «Insomma.» rettificò, «Se la pietra uscisse sarebbe molto meglio.» disse, «Il suo fisico è molto debilitato e se continua così andrà peggiorando.»
Arizona annuì e si morsicò il labbro inferiore, capendo benissimo quello che voleva dire Philip: se la pietra non sarebbe uscita in fretta Shane sarebbe morto. E lei non voleva che accadesse, non dopo che Shane l'aveva protetta, rischiando la sua vita.
«Puoi rimanere qui un attimo?» le chiese Philip, «La natura chiama.»
Arizona si limitò ad annuire e Philip uscì dalla stanza; la ragazza si spostò sul lato sinistro e fissò la benda che copriva il tatuaggio che si stava sporcando di nuovo. Si morsicò il labbro inferiore, domandandosi cosa gli stesse succedendo, perché di quell'inchiostro che sembrava sangue che fuoriusciva, imbrattando le bende; sfiorò il bordo di esse e posò la mano sul braccio di Shane, poco sotto il gomito e continuò a guardare il ragazzo, la pietra che si muoveva con lentezza, a ritmo del respiro regolare del ragazzo.
Arizona fissò sorpresa il petto di Shane, fino a due minuti prima il respiro era irregolare e adesso era... normale. Alzò la mano e osservò Shane ansimare, «Stai tranquillo.» gli disse e posò la mano sul fianco del ragazzo e, come per magia, Shane smise di ansimare. Arizona fissò Shane, incredula da quanto era appena successo: se toccava Shane lui si... calmava. Provò a togliere la mano e Shane riprese ad ansimare.
«Tutto okay?»
Lei si girò verso Philip e fece un mezzo sorrise. «Sì.» disse, «Almeno credo.» sospirò, «Guarda.» disse e posò la mano sul braccio di Shane e il ragazzo smise di ansimare immediatamente.
Philip la guardò a lungo mentre delle rughe si formavano sopra il naso, fra le sopracciglia. «Prova a spostare la mano.» le disse e aprì la bocca quando Shane ansimò, «Bhe... sembra propria che tu riesca a calmarlo.» esclamò. «Rimani accanto a lui.»
«Cosa?» strillò Arizona, «Cosa devo fare?»
Philip le spinse vicino una poltroncina dall'aria scomoda. «Rimani qui, vado a parlare con Jim e a prenderti una coperta e un cuscino.» disse e uscì.
Arizona si sedette, sentendosi lo stomaco contorcersi. Una parte di lei non voleva stare lì con Shane, l'altra le urlava che era giusto che rimanesse perché doveva, in un qualche modo, sdebitarsi nei confronti di Shane: lui l'aveva salvata, rischiando la vita e il minimo che poteva fare era rimanere lì, con la mano sul suo corpo, in fondo non le costava nulla se non rimanere in una posizione scomoda per tutta la notte. Così sospirò e rimase lì.
«Cosa vuol dire che sei una medicina per questo qui?» esclamò Logan entrando nella stanza, «Devi rimanere qui tutta la notte?»
Arizona sospirò e alzò piano la mano ed entrambi rimasero ad osservare Shane che ansimava, lei posò la mano sul fianco del ragazzo e il respiro tornò regolare.
«Oh.» fece Logan e si grattò le dita che fuoruscivano dal gesso. «Non potresti lasciarlo ansimare?»
«No.» disse Jim, «Ha la pietra e finché non avrà le forze per dirci cosa è successo Arizona rimarrà qui.» esclamò e posò una coperta leggera e un cuscino sul mobiletto accanto ad Arizona, insieme a una bottiglietta di acqua, un bicchiere di latte e una scatola di biscotti ripieni di crema al cioccolato.
«Sì, okay... ma perché fa così?» chiese Logan, «Perché con lei fa così?» domandò, «Arizona, togli la mano che provo io.»
Arizona alzò la mano e Logan posò la sua sulla gamba del ragazzo ma Shane continuò a respirare ansimando, come se gli mancasse l'aria. La ragazza posò la mano sul fianco di Shane e lo fissò, mentre il respiro tornava regolare.
«Io non funziono.» borbottò Logan. «Se vuoi rimango qui con te.»
Arizona aprì la bocca per dire di sì ma Jim l'anticipò, posò la mano sulla spalla del figlio. «Devi rimanere con tua madre, questa notte.» disse, «Philip deve riposare e anche Cressida.» aggiunse, «Rimango io con lei.»
Logan annuì e Arizona si sentì sollevata, non sarebbe rimasta completamente sola, Jim sarebbe rimasto con lei; ormai aveva capito che Shane era innocuo, quello che la spaventava era che non sapeva cosa avrebbe fatto nel caso Shane fosse peggiorato: forse sarebbe riuscita a iniettargli qualcosa ma non avrebbe potuto usare il defibrillatore — anche perché non lo sapeva usare — o fare qualsiasi altra cosa per aiutarlo. Spostò la mano e prese il bicchiere di latte — era tiepido e Jim ci aveva aggiunto del cacao in polvere — lo sorseggiò lentamente e lo rimise a posto, posò la mano sul fianco di Shane e si rilassò contro lo schienale, sapendo che non avrebbe dormito molto.

***

Arizona sbadigliò e aprì gli occhi e guardò Shane che dormiva tranquillo, si sentì le gambe intrappolate e fissò la coperta. Alzò il viso, cercando l'orologio e lo trovò alla sua destra, appeso accanto alla porta. Erano le dieci del mattino ed era sola in camera con lo stregone.
Sollevò piano la mano e guardò il viso del ragazzo, aspettandosi un rantolo da un momento all'altro, ma il respiro di Shane rimase regolare.
«Cosa?» mormorò e sobbalzò quando sentì un rumore, si voltò ma vide che era soltanto Philip.
«Oh, sta meglio.» disse il medico.
«Già, anche se non lo tocco respira normalmente.» borbottò Arizona e si alzò in piedi sentendo la schiena dolerle a causa della posizione scomoda in cui aveva dormito. «Probabilmente avrà fatto il pieno.» sorrise Philip, «Dai, vai a mangiare, in bagno o qualunque cos tu faccia quando ti svegli.»
Arizona ridacchiò e, dopo aver guardato un'ultima volta Shane, uscì.
Mezz'ora dopo era in cucina, insieme a Logan e Cressida, e stavano facendo colazione, in silenzio, senza parlare. Arizona era troppo stanca e la schiena le faceva male per poter fare qualsiasi cosa che non fosse mangiare. Avevano venti minuti di tempo prima di riunirsi con gli altri nella biblioteca.

Arizona si sistemò sulla sedia, un cuscino sotto al braccio destro e slegò la fasciatura, sentendo i muscoli del collo contrarsi, mandandole una scarica dolorosa lungo la spina dorsale.
«Allora...» iniziò a parlare Mike, il livido sul viso gli copriva quasi per intero la guancia sinistra, «I Dark Shadow non parlano, tengono la bocca chiusa.» disse, «Non ci vogliono dire chi è il loro capo, anche se sospetto che fosse Martin.» continuò, «Non vogliono dire come mai i genitori di Arizona fossero lì e fossero così.. potenti.»
Arizona trattene il respiro quando sentì nominare i suoi genitori, anche se si era ripromessa di non pensarci più una parte di lei era curiosa di sapere come mai fossero diventati ancora più cattivi e così petenti, per usare le stesse parole di Mike.
«Pungolateli un po'.» propose Logan, «Dio, li prenderei a sberle io se non avessi un braccio fuori uso.» mugugnò, «Ho proprio voglia di rompere i loro culi.»
«Già.» disse Mike, «Comunque sembrano resistere a qualsiasi tortura: non gli abbiamo ancora dato un goccio d'acqua, sono divisi in stanzini minuscoli, senza finestre, con il cesso ben visibile...» esclamò, «Però rimangono zitti, come se fossero in vacanza e non in prigione, mah.» sospirò.
«E allora?» domandò Arizona, «Come facciamo?» disse, «Se loro non parlano siamo praticamente al punto di partenza, con loro che cercheranno di farci fuori quando meno ce lo aspettiamo.»
«Lo sappiamo.» disse Jason, «Ed è per questo che siamo incazzati.» aggiunse, «Speriamo che parlino nei prossimi giorni e nel frattempo non abbassiamo la guardia.»
Arizona sospirò, aveva sperato di poter tirare il fiato ma, evidentemente, non era così; mormorò un va bene poco convito e sospirò di nuovo, sentendosi sempre più stanca.
Un'ora dopo, avevano deciso quello che avrebbero fatto: nulla di particolare, avrebbero continuato così, come se non fosse successo nulla. Avevano anche una scusa per giustificare il motivo per cui nessuno avrebbe saputo il giorno di funerali dei genitori di Arizona: funerali privati. In realtà, i corpi dei due erano chiusi in uno dei sotterranei della centrale di polizia, in attesa che qualcuno li esaminasse e scoprisse qualcosa di più.
Arizona, il giorno dopo — ovvero giovedì 19 Giugno —, insieme a Logan, sarebbe andata all'università, dipingendosi sul viso un espressione triste con il professor Morris; poi sarebbero tornati a casa, stando attenti a non cadere in una qualche trappola — Mike e Jason ne erano sicuri: c'era ancora qualche Dark Shadow in libertà —, e poi... quello che veniva dopo non lo sapeva nemmeno lei. Mike avrebbe detto che dovevano vedere come sarebbero andate le cose.
Con un sospiro Arizona uscì dal bagno e si abbassò la maglietta, lisciando l'orlo.
«Ancora ignote le cause dell'incendio alla cartiera.»
Arizona si avvicinò alla balaustra del primo piano e guardò la televisione del salotto, dove stava andando in onda il telegiornale di mezzogiorno e mezzo.
«Non sono stati trovati acceleranti o altre cose che avrebbero potuto scatenare l'incendio.» continuò la giornalista e Arizona scese le scale, «Il comandante dei vigili del fuoco, Mark Bennett, ha detto che continueranno ad indagare....»
Logan spense la tv, «Bha, credo che siano proprio i nostri nemici.» commentò mentre Arizona si sedeva accanto a lui.
«La domanda è: perché l'hanno fatto?» disse Arizona, «Perché dare fuoco a una cartiera?» continuò, «Che cosa ci hanno guadagnato?»
«Che tutte le forze dell'ordine erano impegnate lì e non altrove.» rispose Mike.
«Tu eri con noi, però.» replicò Logan.
«I miei sottoposti sono bravi quanto me.» disse l'uomo, «E comunque io ero impegnato in una sparatoria.»
Arizona fissò lo schermo nero, senza pensare a nulla di particolare — si concentrò sul non pensare a nulla di particolare, altrimenti si sarebbe messa a urlare istericamente.
Dopo pranzo Philip la spedì da Shane e lei si sedette accanto a lui, stringendogli la mano, «Vedi di riprenderti in fretta,» iniziò a parlare quando fu sola, «che sono stufa di farti da infermiera.» finì.
«Anche perché sono curiosa di sapere cosa abbiamo in comune noi due.» disse dopo un po'. Piegò le gambe, mettendo i piedi sotto al sedere e sospirò reclinando la testa, «Fammi un favore: svegliati.» sussurrò ad occhi chiusi.
Due ore dopo Cressida le portò una tazza di latte e dei biscotti al cioccolato. Arizona fece merenda lentamente, sorseggiando il latte e inzuppandoci i biscotti, lanciando ogni tanto uno sguardo a Shane, che dormiva tranquillo. Arizona fissò la pietra che era fuori dal torace del ragazzo per tre quarti.
Quando finì di mangiare andò in bagno e tornò cinque minuti dopo, fissò Shane che stava cominciando ad agitarsi di nuovo, così si sedette e gli strinse la mano, «Stai tranquillo... sono qui.» mormorò e alzò la testa, fissando il soffitto bianco e la struttura di legno che copriva le luci al neon. Non seppe quanto tempo rimase in quella posizione, ascoltando il ronzio del ventilatore, il respiro di Shane e il rumore delle macchine ma, quando si sporse in avanti, sentì una fitta dolorosa al collo; mosse piano la testa lasciò andare la mano del ragazzo per massaggiarsi brevemente il collo e le spalle. Inspirò un paio di volte e rilassò le spalle, anche se era doloroso. Chiuse un attimo gli occhi e li riaprì di scatto urlando quando la mano di Shane strinse la sua, lo guardò e lo vide con gli occhi socchiusi, respirò velocemente e cercò di togliere la mano da quella del ragazzo ma fu inutile, la presa di Shane era forte. Lo guardò, «Shane... lasciami.» disse e fissò, con orrore, Shane chiudere gli occhi e inarcare la schiena in preda agli spasmi, spasmi che si riversarono su di lei, poiché la presa di Shane si fece più forte, fino a quasi stritolarle la mano.
Arizona urlò ancora, contorcendosi e cercando di liberare il braccio destro per poter premere il campanello ma non ci riuscì, così urlò ancora più forte, sperando che qualcuno, in quella casa, la sentisse.
La porta sbatté con violenza contro il muro, lasciando il segno della maniglia sulla parete, «Che succede?» esclamò Philip accorrendo al fianco della ragazza.
«Si è svegliato.» mormorò lei mentre le lacrime le rigavano il viso. «E mi sta rompendo qualche osso.» sibilò piegandosi in avanti e posando la fronte sulle gambe di Shane.
Philip le liberò la mano e Jason l'allontanò, facendola sedere su una delle sedie, «Non è rotta.» le disse dopo aver controllato la mano.
«Ma fa male.» piagnucolò lei.
Philip controllò Shane che si contorceva sul letto, stringendo le lenzuola e mormorando parole sconnesse che non avevano nessun significato. Jason lasciò perdere la strega e si avvicinò a uno degli armadietti e prese una siringa di morfina ma, prima che potesse usarla, Shane si calmò. Il corpo si rilassò, la mano smise di stringere il lenzuolo e, sotto gli sguardi sbigottiti dei tre e di Jim e Logan che erano entranti nella stanza, la pietra, sporca di sangue, si posò sul torace di Shane.
«Cosa...» mormorò Logan, «È uscita!»
Arizona si alzò dalla sedia e si avvicinò al letto del ragazzo tenendo la mano premuta contro il petto — le pulsava dolorosamente.
«È un opale.» esclamò Jason. «Lui è veramente il settimo.»
«Se lo scoprono siamo nei guai.» disse Jim.
«Forse lo sapevano, per questo lo avevano con loro... una fatica in meno.» pronunciò Philip.
Rimasero in silenzio, fissando la pietra e Shane, che alternava respiri tranquilli a singulti.
Si avvicinarono tutti al letto, «Cosa facciamo?» domandò Logan.
«Chiamiamo gli altri.» disse Philip e controllò i macchinari, fissando il battito cardiaco del ragazzo. «Chiamate Carly, ho bisogno di lei.» disse e guardò il viso del ragazzo, «Ora!» gridò quando Shane aprì gli occhi.
Jason rimase lì, con la siringa di morfina in mano, Jim corse fuori dalla stanza, «Chiama Mike.» disse Philip a Logan e il ragazzo annuì prima di uscire dalla stanza.
«Ma... ma... io...» balbettò Arizona e sospirò, chinando la testa pensando che la sua mano non sembrava importare a nessuno. Così sospirò e si avviò verso la porta.
«Dove vai?»
Arizona si bloccò e girò piano la testa, guardò Philip «Vado a prendere del ghiaccio per la mano.» rispose a bassa voce.
Philip annuì, «Sì, vai pure.» disse, «Intanto cerco se c'è una crema.»
Lei annuì e andò in cucina e, con una smorfia di dolore, aprì il freezer, afferrò la striscia piena di liquido blu refrigerante, l'avvolse in uno strofinaccio e usando la mano destra la tenne sulla sinistra. Quando ritornò nella stanza di Shane vide che c'era anche Mike; si sedette sulla sedia, posò la mano sinistra sul tavolino e ci posò sopra il ghiaccio.
«Carly arriva fra cinque minuti con Sam e Sandy con Grace e Stephan.» disse Jim.
«Come stanno?» domandò la ragazza.
«Sono ancora un po' deboli ma stanno bene.» rispose Jim e Arizona annuì, sollevata; Sam e Sandy le piacevano e sapeva quanto fossero stati in pena Grace e Stephan per loro soprattuto da quando avevano fatto quell'incantesimo tutti insieme. Inspirò un paio di volte e quasi sobbalzò quando Jason le tolse il ghiaccio dalla mano, Arizona lo fissò e gli sorrise quando lui le spalmò la crema.
«Adesso è tranquillo.» esclamò Philip.
«Perché avete lasciato lì la pietra?» chiese Logan, «Non sarebbe il caso di spostarla e incastonarla da qualche parte, come le nostre?»
Mike sospirò, «Non gli hanno fatto l'incantesimo quando era neonato quindi tocca a noi.» disse.
«Cosa?» strillò Logan e Arizona capì che era contrariato, «Noi?»
«No, andiamo in giro e prendiamo le prime cinque persone che passano a caso.» replicò Mike, «Ovvio che dobbiamo farlo noi e dobbiamo farlo qui.»
Arizona sorrise — quasi ridacchiò — e guardò Logan e fissò il ragazzo che arrossiva leggermente, imbarazzato. «Quando dobbiamo farlo?» domandò e mosse piano le dita sentendole ancora un po' indolenzite.
«Adesso.» rispose Jim. «Iniziamo a preparare tutto.» disse, «Tu rimani qui.» si rivolse ad Arizona.
Mezz'ora dopo era tutto pronto: le ciotole con il sale e l'acqua — in realtà ad Arizona diedero un calice, quella con l'incenso e quella con la candelina; le tende erano state tirate, altre candele sparse un po' ovunque, il letto era stato spostato quel tanto che bastava a Logan per stare comodamente con in mano la ciotola con il sale.
Arizona si sistemò al fianco sinistro di Shane, reggendo il calice, mentre Cressida e Jack presero i loro posti. Philip si sistemò accanto ad Arizona — non avrebbe fatto nulla durante il rituale se non concentrarsi, era lì per soccorre Shane in caso avesse avuto una ricarduta —; Mike e Jason si misero al fianco di Jim. Carly e gli altri rimasero in salotto — esclusa Carly gli altri erano troppo deboli per poter essere d'aiuto.
Jim invocò gli elementi, partendo da nord e quando fu il turno di Arizona sentì l'acqua agitarsi nel calice, come se stesse bollendo. Arizona chiuse gli occhi e percepì l'acqua avvolgerla, stringersi attorno a lei, accarezzarla con leggerezza e farle un leggerlo solletico; ogni volta si stupiva di quel cambiamente di sensazione ad ogni incantesimo anche se una cosa non cambiava mai: il sentirsi protetta.
Aprì gli occhi e fissò Shane e Jim che si avvicinava a lui con in mano una piccola anfora di terracotta contenente dell'olio purificato — era del comunissimo olio di oliva extra vergine — e versarne alcune gocce sul torace di Shane per poi tracciare, in senso orario, un cerchio attorno alla pietra. Jim mormorò sottovoce alcuni incantesimi — per scacciare le forze negative, per attirare quelle positive e per attivare totalmente la pietra.
Jim finì di pronunciare le ultime parole mentre tracciava, sempre con l'olio, il pentacolo attorno alla pietre — ma dentro il cerchio di prima.
L'opale s'illuminò di una luce bianca e opaca, anche se in alcuni punti era quasi traslucida, e la luce si espanse, inglobando, poco a poco, Shane. La luce divenne più forte, Arizona e gli altri chiusero gli occhi, e li riaprirono quando la luminosità scemò, e videro un piccolo bagliore danzare sulla pietra per poi fondersi con essa.
Jim sorrise e Arizona capì che sarebbe andato tutto bene, guardò i macchinari e vide che tutto era regolare: le pulsazioni cardiache, la pressione, il respiro... Shane stava solo bene, era solo addormentato per la morfina che Jason gli aveva innietato prima dell'incantesimo. Jim sciolse il cerchio magico e Arizona posò il calice sul mobiletto dietro di lei e mosse le dita, richiudendo la mano a pugno e riaprendola.
Jim afferrò la pietra e la sistemò in un sacchetto bianco di raso che sistemò sotto al cuscino del ragazzo.
«Abbiamo finito?» domandò Logan e posò la sua ciotola accanto al calice, «Dorme come un bambino.» commentò fissando Shane.
«Sì, abbiamo finito.» disse Jim e Logan sospirò.
«Adesso è tranquillo... potete andare.» esclamò Philip, «Tutta questa gente attorno a lui non gli fa bene.» disse.
Arizona inspirò e fissò il ragazzo, poi annuì e si diresse verso la porta, uscì, camminando lentamente. Una parte di lei voleva restare lì con lui e controllare come stava, l'altra parte... sarebbe volentieri fuggita via, e lo avrebbe fatto più che volentieri, in effetti. Invece si limitò ad andare in cucina, dove si versò un bicchiere d'acqua fredda, che bevve in due sorsi, e poi andò in camera sua. Si rifugiò nel bagno e si lavò il viso e le mani, tolse la maglietta e la posò sulla barra dove erano stesi oridinatamente alcuni ascugamani. Respirò a fondo e si si fissò allo specchio, osservando i graffi e i lividi sul suo corpo che stavano sparendo e cambiando colore, di scatto si girò e prese un paio di salviette umidificata dalla confezione e, con gesti lenti e pigri, se li passò sul torace, sulla pancia, sulle braccia, dietro al collo e anche su un pezzo di schiena. Gettò le salviettine nel cestino, indossò la maglietta e uscì dal bagno, dirigendosi verso la camera di Lana.
«L'ho sentita, mamma, lo stava pregando di svegliarsi.»
Arizona si bloccò nel sentire la voce di Logan, si fermò davanti alla porta della stanza di Lana e Jim e spiò dalla piccola fessura lasciata dalla porta quasi chiusa.
«Logan...» mormorò Lana.
«È così, mamma!» esclamò il ragazzo, come se sua madre non gli credesse, «Gli teneva la mano e lo pregava di svegliarsi perché voleva sapere perché fossero così simili...» sospirò, «E forse lo sono.»
Arizona portò una mano alla bocca, sorpresa. Lei e Shane simili? Cosa diavolo stava dicendo Logan? “Io e lui non siamo simili! Proprio per nulla!” pensò e per un attimo le balenò l'idea di entrare nella stanza e chiedere a Logan casa stesse blaterando, invece rimase lì, in corridoio.
«In che senso sono simili?» domandò Lana, la voce flebile.
«Nel senso che hanno lo stesso carattere.» rispose il ragazzo, «Sono forti, coraggiosi, pronti a sacraficarsi per gli altri...»
“Ma non è vero!” protestò la mente di Arizona, “Io non sono forte, ne pronta a sacrificarmi per nessuno.”
«Quando combattono hanno la stessa luce negli occhi, quella di chi è pronto a tutto.» continuò Logan.
“Ma quale luce!”
«Io credo che...»
«Credi cosa?» domandò Lana.
Logan sospirò, «Credo che ad Arizona interessi quello.» rispose, «Shane.»
“Ma non è vero!” pensò Arizona, stizzita da quella ipotesi, “Lui non mi piace... mi ha salvato e gliene sono grata e... basta!”
«Sei sicuro?» chiese ancora Lana.
«Sì.» rispose lui, «Cioè... almeno credo.»
«Non dovresti tenerti tutto dentro, Logan.» disse Lana, «Dovresti parlarne con lei.»
“Che cosa?” pensò Arizona, “Io dovrei dire a Logan che mi piace Shane? Ma per favore!”
«Lo farò.» disse il ragazzo e Arizona sentì il rumere di una sedia che strisciava sul pavimento, così si affrettò e scese le scale, andando in cucina.
«La cena è pronta fra venti minuti.»
Arizona sobbalzò e si girò verso Mike, «Eh?» fece.
«Le pizze arrivano alle otto e un quarto.» spiegò Mike e Arizona annuì.
«Okay.» disse lei, «Vado di là.» borbottò e andò in salotto, sedendosi accanto a Jason e insieme a lui guardò il telegiornale della sera.
Quando le pizze arrivarono andò in cucina e si sedette accanto a Logan.
«Stai bene?» le domandò lui.
Lei annuì, «Sto bene.» rispose, «Sono solo stanca.»
Logan annuì e le sorrise e Arizona si sentì in colpa per averlo spiato — anche se non ne aveva l'intenzione — poi pensò che anche Logan l'aveva spiata e quindi erano, in un qualche modo, pari.
Quando la cena finì Arizona si offrì per mettere le posate, i bicchieri e le ciotole dove avevano mangiato il gelato nella lavastoviglie.
«Ti aiuto.» si offrì Logan e Arizona gli sorrise, anche se avrebbe voluto restare sola, per pensare a quello che aveva sentito.
Arizona sciacquò le stoviglie sotto l'acqua e Logan le sistemò nella lavastoviglie; poi Arizona prese lo straccio e iniziò ad asciugare il lavandino, levando ogni goccia e fissando il calcare alla base delle manopole d'acqua calda e fredda.
«Arizona?»
Lei si girò verso Logan temendo che lui le volesse parlare di Shane, «Sì?» fece.
«La apri?» le chiese Logan allungandole la confezione nuova delle pastiglie della lavastoviglie.
Arizona annuì, si asciugò le mani, strappò il cartone e prese una capsula, che diede a Logan.
«Cosa fai dopo?»
Arizona fissò Logan, «Dopo?» fece.
Logan alzò le spalle, «Bhe, adesso.» disse, «Domani dobbiamo andare in univesità... pensavo che potevamo rilassarci, questa sera.»
La ragazza annuì, pensierosa. «Non saprei.» esclamò, «Devo ancora farmi la doccia e... e... asciugarmi i capelli.»
«Oh, non ci metterai una vita a farlo.» sorrise Logan e avviò la lavastoviglie, «Potremmo guardare un film.» propose, «Sceglilo tu.»
Arizona annuì ancora, «Okay.» acconsentì, «Va bene.» disse e fissò Logan sorriderle e sorrise anche lei, dopotutto lui era il suo migliore amico.

***

Arizona uscì dalla doccia e strinse l'asciugamani attorno al corpo, lei e Logan avevano visto “Venerdì 13” — il remake, non l'originale — e subito dopo che avevano spento il dvd lei era praticamente fuggita con la scusa che aveva sonno e doveva ancora lavarsi.
Sospirò e si guardò allo specchio, spostò i capelli dalla fronte e prese l'altro asciugamani e iniziò a tamponarsi i capelli biondi.
Inspirò lentamente e inizò a vestirsi, avvolse i capelli nell'asciugamani e gettò quello che aveva usato per il corpo nel cesto della roba da lavare, si guardò un'ultima volta allo specchio e prese il phon.
Venti minuti dopo era nella camera di Cressida, sdariata nel letto superiore e pensava.
Pensava a Shane, a Logan, a fatti accaduti nell'ultima settimana e mezzo: la scoperta che i Dark Shadow erano nella loro città, la morte di Neal e Carl, le corse, il “sequestro di Shane” le che infrangeva più leggi — violazione di domicilio, furto, posseso di arma, aveva sparato ad Hannah, investito Tim... — per fortuna lo sceriffo era Mike, ma se l'avesse beccata la polizia dello stato sarebbe stata sbattuta in galera senza troppi complimenti; il mostro orribile — e si chiese che fine avesse fatto —, la scoperta della verità su sua madre, lei che la uccideva.... troppe cose e tutte insieme.
“E il bacio che Shane mi ha dato all'università.” pensò dopo uno sbadiglio, chiuse gli occhi e scosse la testa, scacciando quel pensiero dalla mente, Shane l'aveva baciata di sorpresa e lei non avrebbe mai voluto baciarlo.
“O forse l'avrei baciato se non fosse stato uno stronzo?” pensò e sospirò, di nuovo, mentre si domandava se le cose fossero state diverse lei avrebbe accettato quel bacio, se sarebbe uscita con Shane.
“Se Logan non fosse il mio migliore amico, uscirei con lui?”
Arizona si girò sul fianco sinistro e fissò il muro, chiuse gli occhi, relegando quei pensieri in un angolono della sua mente anche se sapeva che, prima o poi, avrebbero di nuovo invaso la sua mente come un'enorme onda o una gigantesca valanga, e avrebbero nascosto gli altri pensieri e sarebbero rimasti solo quei due interrogativi: “Se Shane non fosse uno stronzo sadico io e lui potremmo...” e “Se Logan non fosse il mio migliore amico io e lui potremmo...”

Salve! Nuovo aggiornamento! Ormai siamo alla fine, forse. Anche perché sono arrivata dove volevo. 19 capitoli per arrivare qui e lasciarvi con i dubli amletici di Arizona xD
Ahahahahahahah, quanto sono simpatica — ma anche no!
Lol, pensavo che avrei scritto in questo capitolo il “mistero di Shane”, invece... invece i personaggi hanno fatto tutt'altro ç.ç
Vabbè... in attesa dei commenti (perché commenterete, vero? *o*), vi lascio con qualche curiosità sulla storia.
La storia inizia Sabato 7 Giugno 2014, quindi...
Sabato 7 = capitoli 1, 2, 3, 4 e 5
Domenica 8 = capitoli 6 e 7
Lunedì 9 = capitoli 8, 9 e 10
Martedì 10/ parte del Mercoledì 11 = capitolo 11
fine di Mercoledì 11 = capitolo 12
Giovedi 12 = capitoli 13 e 14
Venerdì 13 (xD) = Capitolo 15
Sabato 14, Domenica 15, inizio di Lunedì 16 = Capitolo 16
Parte di Lunedì 16 = Capitolo 17
fine di Lunedì 16 e tre quarti di Martedì 17 = capitolo 18
Fine Martedì 17 e tutto Mercoledì 18 (che sarebbe questo capitolo) = capitolo 19.
In totale (fino ad ora) 12 Giorni. E pensare che pensavo(?) di far durare la storia appena una settimana e invece fra un po' sono due xD
Vabbè, adesso vi saluto!

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 - 00:00 -23:45 ***




Capitolo 20
00:00 - 23:45

«Si è svegliato?» domandò Arizona mentre faceva colazione alle otto di giovedì mattina.
«Diciamo di sì.» le rispose Jim, «Rimane sveglio pochi minuti e poi si riaddormenta.» disse, «Philip dice che entro sera dovrebbe svegliarsi del tutto.»
Arizona annuì e pensò che l'importante era che Shane stesse bene. «Vado a lavarmi i denti e sono pronta ad andare.» disse e finì la sua tazza di latte e cereali, si asciugò le labbra e andò al piano di sopra. Dieci minuti dopo raggiunse Logan in salotto. «Andiamo?» gli chiese.
«Non dovresti avere una faccia triste?» domandò Logan.
Lei annuì, «Sì, giusto.» commentò. «Ho abbastanza tempo per pensare a cose tristi mentre andiamo in università.»
I due uscirono accompagnati dalle raccomandazioni di Jim e Jack. Presero l'autobus all'angolo della strada e si sedettero su due sedili vicini, «Pronta per l'incontro con Morris?» chiese Logan.
Arizona alzò le spalle. «Sì.» disse, «Tanto so cosa dire.» esclamò, «Spero solo di sembrare... convincente.» sospirò.
«Lo sarai.» disse Logan e la strinse con il braccio sano, «Altrimenti posso prenderti a pizzicotti per tutto il tragitto.» sorrise.
«Se lo fai sarai tu quello che piangerà.» ribatté lei, «Perché ti prenderò a calci per tutto il giorno... fino a farmi cadere il piede, se necessario.» disse e fissò il ragazzo.
Logan ridacchiò, «Okay... ti credo.» esclamò, «Non voglio essere preso a calci!»
«Non ridere.» lo riproverò lei, «Siamo tristi, ricordalo.» sospirò e appoggiò la fronte contro il finestrino, «Siamo tristi.» mormorò e in effetti lei lo era: quelle ultime due settimane erano state... frenetiche, piene di sorprese e assolutamente incredibili. Aveva scoperto la verità sui suoi genitori, aveva sparato a sua madre, Shane non era il cattivo che sembrava quando lo aveva visto per la prima volta, aveva capito che se s'impegnava poteva usare gli incantesimi che voleva.
«Tutto bene?»
Arizona sorrise a Logan, «Sì.» rispose, «Sono solo stanca.» disse e guardò la piazza dove c'erano le bancarelle del mercato rionale, «Vorrei andare via, in vacanza e dimenticare tutta questa storia.» sospirò.
«Potremmo farlo.» esclamò Logan, «Chiediamo in prestito a Jack il camper e andiamo a farci un giro lungo la costa.»
«Ma sei scemo?» disse Arizona, «Jack non ci darà mai il camper in prestito!» borbottò, «Preferirebbe incatenarsi al volante che prestarlo, sopratutto a te!»
Logan scosse piano la testa, «Lo so.» disse, «Era solo una proposta.»
Rimasero in silenzio per il resto del viaggio fino a quando non arrivarono all'università. Scesero dal mezzo e camminarono lungo i viottoli, salutando ogni tanto qualche compagno di corso. Entrarono nell'edificio G e bussarono alla porta dell'ufficio del professor Morris, la segretaria li fece accomodare su due poltroncine e offrì loro un bicchiere d'acqua. Mentre sorseggiava l'acqua Arizona guardò la segreteria e vide che aveva un grosso cerotto color carne — uno di quelli che ricordavano un nastro adesivo — poco sopra il gomito sinistro.
Arizona fissò la porta chiusa e inspirò a fondo, fissò il bicchiere e desiderò tuffarsi dentro di esso e sparire da quella stanza; il professor Morris la inquietava e la metteva in soggezione.
Dopo una decina di minuti la segretaria disse loro che potevano entrare, Arizona si alzò in piedi e tenne la testa china mentre pensava a una lista di cose, secondo lei, orribili: tanti cuccioli che la guardavano da dietro le sbarre di un canile, con quegli occhi grandi e tristi; l'ultima borsa in saldo che le veniva portata via da un'altra ragazza; bambini abbandonati, la sua vita prima di conoscere Logan... quando varcò la soglia dell'ufficio e alzò il viso si accorse di avere gli occhi lucidi. «Salve.» mormorò e tirò su con il naso.
«Accomodatevi.» disse l'insegnate.
«Mi scusi se non sono potuta venire alle sue lezioni... ma...» Arizona scoppiò a piangere e si coprì il viso con le mani.
«Oh, non si preoccupi, signorina.» disse Morris, «So cosa è successo alla sua famiglia e sono molto dispiaciuto.»
Arizona singhiozzò e sentì il braccio di Logan posarsi sulle sue spalle, pensò che era un'attrice nata, che stava piangendo veramente e che provava un dolore incredibile... per la puntura di una zanzara che l'aveva punta poco sopra la caviglia e l'unica cosa che voleva era grattarsi o chiedere a Logan se le sfregava il braccio ingessato contro la caviglia. Inspirò un paio di volte e si asciugò le lacrime, «Grazie.» mormorò quando l'insegnante le passò un fazzoletto di carta.
«Signorina, non si preoccupi... potrà dare l'esame a Settembre.» disse Morris, «Si faccia dare gli appunti dell'ultima lezione da qualche compagno.»
Arizona annuì e si soffiò il naso, «Grazie.» singhiozzò, «È molto gentile.» mormorò.
I tre si salutarono e Arizona e Logan uscirono dall'ufficio. «Cavolo... sei da Oscar.» commentò il ragazzo mentre uscivano dall'edificio.
«Ho un bozzo enorme sulla caviglia che mi prude da morire.» disse lei e si soffiò il naso, «Non è che puoi usare il gesso per grattarmi?» domandò.
«No!» rispose Logan, «Grattati da sola!» disse, «È solo una puntura!»
«Ma fa male!» ribatté Arizona, «Sarà stata una zanzara tigre, una di quelle enormi, gigantesche, grandi come topi.»
«Non esistono zanzare del genere,» esclamò Logan e si sedette su una panchina, «E poi... perché pungono sempre te?»
«Perché ho il sangue buono.» sospirò lei e si sedette accanto all'amico, «Uffa... fa male.» protestò e iniziò a grattarsi il punto dolente, «A casa dovrebbe esserci ancora un po' della pomata che mi ha dato Carly.» borbottò, «Ma non danno l'insetticida?» protestò, «Con tutte le fontane che ci sono!»
Logan sbuffò, «La smetti di grattarti?» domandò, «Ti tirerai via la pelle.» aggiunse.
Arizona sospirò e smise di grattarsi, chiuse gli occhi e posò la testa sulla spalla di Logan. «Fa caldo.» disse dopo qualche secondo di silenzio.
Logan sorrise, «Mi sembra normale che faccia caldo, eh.»
Arizona sbuffò e si mise composta. «Cosa dobbiamo fare?» chiese e fissò il prato davanti a sé, sentì il sangue gelarle nelle vene quando si accorse che era nello stesso punto dove, qualche giorno prima, aveva incontrato Shane e dove lui, più in là, l'aveva baciata.
«Arizona... tutto bene?»
La strega guardò Logan e annuì, «Sì... sto bene.» disse. «Mi gira un po' la testa.» aggiunse e sorrise, «Sarà il caldo...»
Anche Logan sorrise, «Meglio che andiamo, allora.» disse, «Ci fermiamo nel solito bar, ci prendiamo un caffè e torniamo a casa.»
Arizona annuì ancora, «Sì, direi che è perfetto.» esclamò e si alzò in piedi, «Andiamo.» disse e iniziò a camminare mentre Logan alzava le spalle e iniziava a seguirla.
Presero l'autobus e Arizona sbuffò quando si accorse che era pieno di gente e non c'erano posti a sedere. «Odio gli autobus strapieni.» commentò afferrando il palo di sostegno. «È questo quello che provano le sardine quando finiscono in una minuscola scatoletta di latta?»
Logan ridacchiò, «Non sono sicuro che delle sardine morte provino qualcosa quando le infilano in una scatoletta.» disse e si spostò per far passare un uomo sulla quarantina, «Almeno loro non avranno le gambe piene di lividi causate da valigette ventiquattr'ore.»
«Le sardine non vanno a lavorare in un ufficio.» disse Arizona e guardò fuori dal finestrino, «A dire la verità non lavorano proprio.» aggiunse, «Dopotutto sono morte.»
Logan alzò gli occhi al cielo, «Sei spiritosa.» commentò.
Lei alzò le spalle, «Sarà lo stress.» disse e fece un sospiro, «Sai... è strano.» disse, «Nessuno ne parla.»
«Di cosa?» domandò Logan.
Arizona lo fissò e inarcò un sopracciglio, «Di quello che è successo.» rispose, «Una sparatoria non è roba da tutti i giorni, sai?» disse, «Insomma, mi aspettavo che la gente parlasse solo di quello... invece...» aggiunse e alzò le spalle.
«Eh, già.» fece Logan, «Hai ragione.» disse, «Ne hanno parlato poco anche i telegiornali.» aggiunse, «Sarà merito di Mike.»
«Ce lo avrebbe detto.» disse Arizona, «Invece...» sospirò e premette il pulsante della chiamata per la fermata, «Si sarebbe dovuto sapere, almeno della sparatoria... invece è sembrata una cosa normale.»
«Il professore lo sa.» le disse Logan e la spinse piano verso la porta.
«È stato Mike a dirglielo.» disse, «È strano.»
Le porte dell'autobus si aprirono e Arizona borbottò un insulto contro due ragazzini che salivano senza aspettare che gli altri passeggeri scendessero.
Passarono davanti al chiosco di un'edicola e Arizona si bloccò, «Guarda.» disse a Logan indicando un foglio appeso, «Crimini efferati in città: incendio alla cartiera e sparatoria nella valle della collina.» lesse.
«Prendilo.» esclamò Logan.
Arizona alzò gli occhi al cielo, prese il portamonete dalla borsa, contò le monete necessarie e si avvicinò all'edicolante, «Una copia del..» guardò il nome del giornale, «Il quotidiano del domani.»
L'uomo sorrise, «È l'ultima copia.» disse e la diede ad Arizona, contò le monete e le infilò nel cassetto della cassa, «Buona giornata.»
Arizona fece un cenno con la testa e insieme a Logan si allontanò, «Dev'essere nuovo.» disse, «Non l'avevo mai visto.» «Da quando sai quali quotidiani esistono?» chiese Logan divertito.
Lei sbuffò, «Guardo la rassegna stampa prima di andare in università.» rispose.
«Quando non spegni la sveglia nel sonno.» la prese in giro lui, «O quando non la disintegri scagliandola contro il muro.» Arizona alzò nuovamente gli occhi al cielo, «Ah ah, sei davvero, ma davvero, tanto simpatico.» commentò con acidità e si affrettò verso il bar, si sedette all'unico tavolino libero e sospirò, posò il quotidiano sul tavolino e andò a pagina tre.
Lei e Logan ordinarono due caffè macchiati e iniziarono a leggiucchiare l'articolo che aveva attirato la sua intenzione.
«Fammi vedere le notizie sportive.» esclamò Logan dopo qualche istante, «Lo leggiamo a casa.» indicò l'articolo e sorrise ad Arizona quando lei sbuffò; girò le pagine e rimase sorpreso, «Oh... merda.»
Arizona fissò le pagine girate da Logan, fissando sempre lo stesso titolo, le stesse foto... e, in penultima pagina, il simbolo dei Dark Shadow. «Ma che... era uno di loro!» esclamò, «Altro che ultima copia!» sbottò e ringraziò appena la cameriera che aveva posato i caffè sul tavolino di metallo, «Era per noi, Logan.» disse e svuotò la bustina di zucchero nel liquido caldo, «Sapeva che stavamo arrivano e l'ha piazzata in bella vista... per noi.»
Logan annuì e sorseggiò il caffè, «Torniamo a casa.» esclamò, «Dobbiamo dirlo agli altri.»
Arizona annuì e prese i soldi per pagare il caffè. «Il prossimo lo offri te.» disse, finì il caffè ed entrò nel bar, pagò ed uscì, trovando Logan che stringeva il quotidiano ripiegato a metà.
«Concentrati e prova a sentire se ci seguono.» le sussurrò il ragazzo, «Se lo fanno... ci teletrasportiamo a casa.»
«Sei debole per tutte e due.» commentò lei, «Al limite vai tu e io...» disse incominciando a camminare, «Corro.» esclamò e si concentrò, amplificando il suo potere, «No sento nulla.» esclamò mentre si avvicinavano alla fermata del bus. «Sempre che non abbiano usato qualcosa per non farsi trovare.» disse e salirono sul mezzo, rimasero in piedi, vicino alle porte, anzi Arizona rimase in piedi, Logan si avvicinò a due sedili liberi.
«Arizona? Sediamoci.» disse il ragazzo.
«È più facile scendere, se rimani vicino alla porta.» disse lei, la voce atona. Il pensiero di correre, di scappare, di dover nascondersi, di nuovo, la rendeva stanca e nervosa ancora prima di cominciare.
Logan alzò le spalle e si mise accanto a lei. «Come vuoi, sei tu l'esperta.»
Arizona sbuffò, «Non ricordarmelo.» esclamò.
In breve arrivarono a casa di Logan, «Leggi qui.» disse il ragazzo posando il quotidiano sul bancone della cucina, davanti a Jim e Jason, che imprecò quando si accorse della “stranezza” di quel giornale.
«Come lo avete avuto?» domandò Jim.
«L'edicola che c'è vicino alla fermata del bus nella piazza accanto al mercato.» disse Arizona, «Siamo stati attratti dal titolo e lo abbiamo preso... quello stronzo dell'edicolante mi ha detto che era l'ultima copia.»
«Come se sapessero che stavate arrivando.» borbottò Jason.
«In autobus abbiamo parlato del fatto che nessuno sapeva della sparatoria.. ma parlavamo a bassa voce e c'era un sacco di gente.» esclamò Logan, «Non abbiamo notato nulla di strano.»
«Però...» disse Arizona, «In bus non abbiamo parlato del fatto che volevamo fermarci al solito bar.» ricordò, «Lo abbiamo fatto all'università, quando eravamo fuori, nel parco.»
Jason annuì, «Bhe... se Shane andava lì forse ce ne sono altri lì dentro.» sospirò, «Merda.» sbottò.
«Siamo stati pedinati?» squittì Arizona e si sedette, posò le mani sul ripiano e sospirò, pensando che quella cosa non ci voleva, che voleva che finisse tutto, al più presto, che non voleva più correre, scappare, nascondersi...
«Evidentemente... sì.» disse Jason, «Guarda.» si rivolse a Mike che era appena entrato in cucina.
Mike bestemmiò quando vide il simbolo dei Dark Shadow e Arizona e Logan gli spiegarono tutto. «Chiamate Jack.» disse, «Siamo nella merda.»

Arizona annuì e ingoiò il boccone di focaccia, «Sì, non ho percepito nulla.» esclamò, «Niente di niente, nemmeno un scampanellio lontano.» disse e sospirò mentre si appoggiava allo schienale del sedia. Erano di nuovo in biblioteca, a parlare dei Dark Shadow, a cercare di mettere a punto una strategia per stanarli e sconfiggerli definitivamente.
Però non riuscivano ad arrivare al vero punto della questione: come trovarli; Arizona non li percepiva più e loro non sapevano come trovarli. Avevano solo la descrizione che lei e Logan avevano fatto dell'edicolante. E basta.
«Siamo al punto di partenza.» esclamò Mike, «E quegli idioti non parlano.» disse riferendosi agli stregoni chiusi nei sotterranei della prigione.
«E quindi?» fece Logan, «Cosa facciamo, ora?»
Mike emise un lungo sospiro, «Non ne ho idea.» ammise.
“Perfetto.” pensò Arizona, “È proprio perfetto.” si disse e pensò che avrebbe voluto essere da un'altra parte, in un'altra situazione... non in quella biblioteca a discutere di cosa fare o cosa non fare. Guardò Logan e si ricordò di quello che era successo la sera prima, quando lo aveva sentito parlare con Lana e si disse che doveva dirgli di non spiarla più, che non doveva farlo. “Però io ho fatto lo stesso.” pensò e sospiro.
«Allora, domani voi due ritornerete all'università e poi ritornate qui facendo la stessa strada di oggi.» esclamò Jason e Arizona lo fissò e annuì, come se sapesse che alla fine sarebbe andata così — in fondo era da quando era iniziata quella storia che faceva da “esca” —, «Io vi seguirò a distanza, così. Se qualcuno vi pedinasse... lo vedrei, lo fermerei e gli darei due ceffoni perché mi sono leggermente rotto di tutta questa storia.» proseguì Jason e Arizona si ritrovò a concordare con lui perché, in fondo, era quello che voleva anche lei, voleva tornare alla sua solita vita: università, giornate passate sui libri, uscite con gli amici, passeggiare per la città guardando le vetrine.

Quando uscirono dalla biblioteca, dopo aver messo a punto il loro piano, ad Arizona sembrò che fosse passata un'eternità invece era appena mezzogiorno e mezzo e il pranzo era quasi pronto, così andò in bagno dove si lavò le mani e sospirò quando si guardò allo specchio, tolse la fascia che le teneva bloccato il braccio — l'aveva bagnata — e la guardò, sospirò, di nuovo, e la lasciò in bagno, appesa alla barra porta asciugamani posta sopra la vasca da bagno. Uscì e andò in cucina, dove Jason le chiese dove avesse messo la fascia per la spalla.
«Si è bagnata.» rispose, «È in bagno che si asciuga.»
Jason si limitò ad annuire e le mise davanti un piatto di pasta, Arizona lo ringraziò e sorrise a Logan, seduto davanti a lei. «Voglio toglierla anche io.» borbottò, «Uffa.»
Arizona gli mostrò la lingua, «Io ho solo una spalla lussata.» disse, «Tu no.»
Logan alzò gli occhi al cielo, «Sei molto simpatica, lo sai?» borbottò. Arizona si limitò a sorridere mentre afferrava la forchetta.

Arizona entrò lentamente nella stanza di Shane, aveva appena incrociato Philip che usciva per andare a prendere qualcosa da mangiare.
Si avvicinò al letto e guardò lo stregone che dormiva, il respiro lento e regolare di chi dorme profondamente; posò le mani sul materasso e continuò a fissare il volto del ragazzo, che sembrava sereno, nonostante i fatti degli ultimi giorni. Continuò a guardarlo mentre nella sua mente si formavano immagini della battaglia, di lei che sparava, lanciava incantesimi... e Shane che le si buttava contro, proteggendola.
«Sei inquietante, Ari.»
Arizona spalancò la bocca e fece un passo indietro, guardò Shane che la fissava con gli occhi socchiusi e le labbra dischiuse, «Tu... tu... sei... tu... sveglio.» borbottò, «E non sono inquietante!» squittì.
«Oh, lo sei.» soffiò Shane, «Lo sei.» mormorò, «Stavi qui, a guardarmi...» fece un sorriso che apparve come una smorfia.
«Io...» borbottò Arizona, «Volevo vedere come stavi ma, dato che sei il solito idiota, suppongo che tu stia bene.» esclamò e Shane fece un altro sorriso.
«Idiota.» mormorò lei e si girò quando la porta si aprì ed entrò Philip.
«Oh, sei sveglio.» commentò l'uomo quando vide Shane, «Hai fame? Sete?»
Shane annuì piano, «Sì.» rispose, «Ho sete e fame.» disse, «Arizona non vuole farmi mangiare.» brontolò.
Arizona sentì le guance diventare rosse, «Io non...» sospirò, «Io non ti ho mai detto che non voglio darti da mangiare!» esclamò, «Tu neanche me l'hai detto!» disse e guardò Shane che le sorrideva e capì che la stava prendendo in giro. «Oh, vai a quel paese.» borbottò e uscì dalla stanza, stava per chiudersi la porta alle spalle quando Philip la chiamò. «Dimmi.» disse lei.
«Shane vorrebbe del tè freddo, al limone.» esclamò Philip e Arizona lo guardò, poi spostò lo sguardo su Shane e strinse la mano che teneva la maniglia.
«Okay.» borbottò Arizona. «Serve altro?»
«Ho fame.» le sorrise Shane.
«E cosa diavolo vuoi?» sbottò lei.
«Ci penso io al mangiare.» esclamò Philip. Arizona annuì e chiuse la porta.
Mentre versava il liquido in un bicchiere alto continuò a borbottare insulti verso Shane, dicendosi che era insopportabile anche se l'aveva salvata. Ma aveva anche ucciso persone innocenti, l'aveva fatta correre per tutta la città.
«Stupido.» mormorò, «Stupido idiota.» borbottò riponendo la bottiglia nel frigorifero, «Deficiente.»
«Con chi ce l'hai?» domandò Logan.
«Con Shane.» borbottò Arizona in risposta, «Si è svegliato e pretende del tè al limone.» esclamò, «In testa, glielo tirerei.» disse.
Logan abbozzò un sorriso, «Sempre il solito idiota.»
Lei lo fissò e scrollò le spalle, «Bhe.. sì.» disse, «È meglio che glielo porti,» esclamò prendendo in mano il bicchiere, «prima che Sua Maestà si incazzi.» esclamò e guardò Logan che la stava osservando, «Che c'è?» sbottò, «Se ne vuoi anche tu... versatelo.» borbottò e si allontanò. «Il tuo stupidissimo tè.» esclamò quando fu nella stanza di Shane, «Spero che ti vada di traverso.»
Shane afferrò il bicchiere con entrambe le mani che tremavano, guardò Arizona e sorrise, «Mi aiuti?» domandò, «Per favore.»
Arizona sospirò, «Se proprio devo.» borbottò e afferrò il bicchiere, aiutando Shane a bere, e strinse le labbra quando la su mano toccò quelle dello stregone. Le mani di Shane erano calde — bollenti —, la pelle morbida, come se non avesse mai fatto lavori di fatica in vita sua, come se fosse sempre stato seduto a una scrivania di un ufficio.
«Grazie.» disse Shane, «Ogni tanto sei gentile, Ari.»
«E tu sei sempre idiota, Shane.» replicò lei e posò il bicchiere mezzo vuoto sul comodino. «Ti ho detto mille volte di non chiamarmi Ari.» disse, «Mi chiamo Arizona, cretino.»
Shane sorrise, «Uh, adoro quando ti arrabbi.» disse, «Diventi ancora più...» si fermò e sorrise ancora, «sexy.»
Arizona strinse i pugni e si trattenne dallo prenderlo a schiaffi o a spingergli un cuscino sulla faccia, «Taci.» si limitò a dire, «Stai zitto.»
«Perché?» domandò lui, «Ti sto dando fastidio?» chiese e posò le mani sul petto, «Ari, Ari, Ari... sei davvero adorabile.» esclamò, «Non è che potresti andare a vedere dov'è il mio pranzo? Sai, avrei un po' di fame.»
Arizona ingoiò un insulto, «Vado.» disse e non specificò se andasse a controllare oppure no, «E spero che ti vada di traverso, il tuo stupido pranzo.» borbottò e aprì la porta, trovandosi davanti Philip con in mano un vassoio con il pranzo del ragazzo.
«Tutto bene?» le domandò lui.
«È un idiota.» rispose lei e sospirò prima di allontanarsi e andò in camera sua, si sdraiò nel suo letto e sospirò. Per un attimo, per un singolo istante, quando stava aiutando Shane a bere, le era sembrato diverso, quasi.., normale, gentile, un comunissimo ragazzo ammalato bisognoso di cure. Erano bastate solo due parole per farle cambiare idea: Shane era ancora il solito idiota.
Sospirò, di nuovo, e si girò prona, mettendo il braccio sinistro sotto al viso. Avrebbe voluto dormire ma sapeva che non poteva farlo, non ora che erano di nuovo in allerta però nulla le impedì di sbadigliare e chiudere per un'istante gli occhi.
Sbuffò quando sentì Logan chiamarla, «Arrivo.» disse e scese dal letto, «Che c'è?» d0mandò aprendo la porta e fissando negli occhi Logan.
«Uh, siamo nervose, eh?» commentò lui e sorrise, «Dobbiamo andare in biblioteca.»
Arizona si limitò ad annuire, guardò l'orologio e si accorse di aver dormito per quasi mezzora. Sbadigliò e lo seguì al piano di sotto e in biblioteca e si chiese di cosa dovessero discutere visto che avevano già deciso cosa fare, si sedette fra Logan e Mike; fissò le carte davanti al soldato e si chiese cosa fossero, alcuni fogli erano scritti a mano, in corsivo, con una grafia dai caratteri piccoli e regolari, altri fogli sembravano fotocopie di qualche documento.
«Avevi ragione,» esclamò Mike guardando la giovane strega, «Shane è quel bambino rapito.»
«Cosa?» domandò Logan, «Perché?»
«Come avete fatto a scoprirlo?» domandò Arizona, «La polizia non aveva trovato nulla...»
Mike alzò le spalle, «Ho le mie conoscenze.» disse, «Circa sei anni fa i coniugi a cui quella finta infermiera rapì il figlio sono morti in un incidente stradale e, fra le prove del caso, c'erano pure i campioni di sangue dei due.» esclamò, «Ho le mie conoscenze all'archivio prove di Neptune, mi sono fatto dare il campione... quello di Shane non era difficile da prendere, visto che è qui.»
«Sì... okay,» fece Arizona, «ma per ottenere i risultati ci vuole un bel po' di tempo!» disse, «Come hai fatto?»
«Altro amico che lavora a Los Angeles in un laboratorio del DNA.» sorrise Mike, «È bastato incantare un po' il macchinario.»
Arizona annuì come se quella breve e scarna spiegazione fosse del tutto logica e sufficiente; tacque e s'impose di non fare quelle domande che le frullavano in testa: “Come ha fatto il tecnico ad incantare il macchinario che esaminava i DNA senza che nessuno si accorgesse di nulla?” e “Perché non possono farlo con altri casi, così, magari alcuni delitti vengono risolti più velocemente?” e “E chi dei suoi genitori era una strega?” e “Perché nessuno ha fatto nulla, pur sapendo che il neonato era figlio di una coppia in cui almeno uno dei due era una strega?”
Sospirò, sapendo che non avrebbe ottenuto nessuna risposta, non in quel momento, almeno; così si limitò ad ascoltare Jason che parlava, dicendo che aveva avvertito qualche suo amico di stare all'erta e di avvertirlo se ci fosse qualcosa di strano.
Però, quelle domande continuavano a girare nella testa di Arizona. «Ma chi dei due era una strega?» domandò, «Fra i genitori di Shane chi era una strega? E perché non ne abbiamo mai saputo nulla? Cioè... un bimbo rapito nella nostra comunità... avremmo dovuto saperlo.»
Mike emise un lungo sospiro, «Non sono riuscito a scoprirlo.» disse, «Probabilmente, almeno penso, che non sapessero o che non volessero che si sapesse... il perché ancora non lo so.»
Arizona annuì e pensò che tutto ciò non fosse giusto, poi le venne in mente che era di Shane che stavano parlando e si disse che era un idiota e basta.
Due ore più tardi, dopo aver discusso ancora su cosa fare o cosa non fare, su dove andare, su come comportarsi, finalmente uscirono dalla biblioteca. Arizona si stiracchiò e andò in cucina e si versò un bicchiere di latte, lo bevve e guardò Logan davanti a lei. «Che c'è?» domandò posando il bicchiere sul tavolo.
Logan sorrise, «Niente.» rispose, «A parte che hai le labbra sporche...» aggiunse e Arizona prese un tovagliolo di carta e si pulì, «Sei nervosa.» aggiunse, «Sicura di stare bene?» chiese e si avvicinò a lei, le posò la mano sulla spalla e la strinse leggermente.
Arizona lo guardò negli occhi e non seppe cosa rispondere, stava bene ma non stava bene, alla fine, neppure lei sapeva come stava veramente. «Sono solo stanca e stressata.» rispose e fece un piccolo sorriso, «Non è niente.» disse. Logan la guardò e spostò la mano sul viso di Arizona, le sfiorò la guancia con il pollice e lei lo fissò, domandandosi cosa diavolo stesse accadendo a Logan.
Arizona inspirò profondamente e fece un passo indietro, «Non preoccuparti.» esclamò, «Sto bene.» disse e abbozzò un sorriso mentre Logan continuava a fissarla e lei si chiese cosa ci fosse che non andasse, in lui, in lei... in tutti quanti. «Vado... vado in bagno.» squittì quando si accorse che Logan si stava avvicinando di nuovo.
«Arizona, aspetta.» mormorò Logan e le prese il polso destro, «Io... io...» balbettò e la guardò, avvicinò il suo viso a quello di lei e Arizona spalancò gli occhi e inspirò profondamente quando si accorse che Logan voleva baciarla, o fare qualcosa del genere.
«Devo andare.» disse e diede uno strattone, liberandosi della presa di Logan, lo guardò appena mentre s'incamminava verso il bagno, dicendosi che ne aveva avuto abbastanza, per quel giorno.

***

«Sempre io.» sbuffò Arizona mentre andava verso la camera di Shane, «Con tutte le persone che ci sono in questa casa... proprio io?» esclamò, posò il vassoio con la cena di Shane — riso in bianco, purè di patate e petto di pollo al vapore — sul mobiletto, aprì la porta ed entrò.
«La mia cena.» esclamò Shane, «Lo so che mi adori.» aggiunse mentre Arizona posava il vassoio sul tavolino accanto al letto.
«Taci.» disse lei, «Altrimenti t'infilo il cibo in gola con la forza.» borbottò.
«Ari, cara, potresti farmi un favore?» domandò Shane.
«Se mi chiami cara un'altra volta ti sparo.» replicò lei, «Comunque... dimmi.»
«Dovresti chiamare Philip.» rispose Shane con un sorriso.
«Perché?»
Shane scostò le coperte, «Il catetere mi da fastidio...» rispose, «Vorrei pisciare come una persona normale e in più mi prude.» aggiunse, «Mi aiuti?»
Arizona si rese conto che non era carino da parte sua rimanere lì a fissarlo in quel modo ma non si sarebbe mai aspettata una mossa del genere. Si limitò a inspirare velocemente mentre lo guardava, mentre il suo sguardo restava inchiodato a quella parte del corpo di Shane.
«Se vuoi puoi usarlo.» disse lo stregone, «Basta che mi tolgono questo affare.» aggiunse e si coprì.
«Tu sei... tu sei...» esclamò Arizona, «Idiota. Pervertito.» disse, «Buon appetito. E spero che ti strozzi.» aggiunse e si girò verso la porta ma si bloccò quando apparve Philip. «Ecco, chiedilo a lui.» esclamò.
«Chiedermi cosa?» domandò il medico.
«Il catetere... mi dà fastidio.» disse Shane, «Non si può togliere?»
«Non ancora.» rispose Philip. «E Shane... se mostri un'altra volta i gioielli di famiglia ad Arizona... prendo il bisturi e ti eviro.» disse e Arizona avvampò e le bastò una brevissima occhiata per vedere che anche Shane aveva il viso rosso dall'imbarazzo. «Sono stato chiaro?»
«Come... cosa... come?» balbettò il ragazzo.
Philip sorrise e indicò il soffitto. Arizona e Shane alzarono lo sguardo, «È l'antincendio.» disse lei, «Se c'è del fuoco o del fumo il sensore fa partire l'acqua.»
«Sì.» esclamò Philip, «Ma lì dentro c'è anche una video camera.» sorrise e Arizona aprì la bocca, sorpresa. Guardò Shane che era arrossito ancora di più e sorrise.
«Io vado.» disse la ragazza, «Spero che ti vada di traverso, idiota pervertito.» esclamò ed uscì dalla camera. Si fermò girato l'angolo del corridoio e si appoggiò alla parete, inspirò un paio di volte e si ritrovò a ridacchiare nel ricordare l'espressione di Shane quando Philip aveva detto che aveva visto tutto.
“Tutto.” pensò, “Ha visto tutto.” pensò ancora, «Oh, merda.» mormorò accorgendosi che se Philip aveva visto Shane scostarsi le coperte e rimanere praticamente nudo, aveva visto anche lei che guardava le parti intime del ragazzo, rimanendo lì, ferma, senza dire niente. Un'idiota guardona, in pratica.
«Oh, merda.» ripete e si allontanò. Passò nel salotto e guardò la porta d'ingresso. La tentazione di andare verso di essa, aprirla e correre fuori, lontano da tutto e da tutti era abbastanza forte. Continuò a camminare e si bloccò quando vide Logan uscire dalla cucina. Lo fissò e si bloccò, distolse lo sguardo e si girò verso la scala.
«Arizona.» la chiamò Logan.
Lei si voltò e lo guardò, «Ciao.» disse, «Devo andare...»mormorò e infilò le mani in tasca, «Devo lavarmi.» esclamò e si girò, salì velocemente le scale e si chiuse nella camera che divideva con Cressida. Si appoggiò alla porta chiuse e fece un respiro profondo prima di andare verso l'armadio, pensò che avrebbe dovuto andare a casa sua e ritirare la posta. Scrollò la testa e si disse che non era importante. Prese della biancheria intima pulita e la sistemò su una delle due poltroncine e andò in bagno.
Ne uscì dopo più di mezz'ora, indossò le mutande pulite e si mise sul suo letto, dove perse tempo a spalmarsi della crema per il corpo al burro di karitè. La passò ovunque, sui piedi e fra le dita, sulle gambe, mani e braccia, sulla schiena e sul busto, sul viso e anche dietro le orecchie, poi si sdraiò sopra l'accappatoio e rimase lì, ad osservare il soffitto, con il piccolo asciugamano arancione che le copriva il seno.
Dopo un po', quando fu sicura che la crema fosse stata assorbita interamente indossò la canottiera dalle spalline sottili coordinata con le mutandine — avevano il bordo rosso e dei cuoricini stampati qua e là — mise dei calzoni rosa e una maglietta bianca. Scese al piano di sotto e si sedette sul divano, accanto a Mike. Logan arrivò e si sedette accanto a lei, Arizona mise le mani in grembo e si costrinse a guardare la tv. «Beethoven?» domandò guardando le prime immagine del DVD che scorrevano sullo schermo. «Beethoven?» ripeté.
Mike si limitò a scrollare le spalle. «Ci piace.» disse. Arizona prese un profondo respiro e fece uscire l'aria lentamente.
Quando il film finì, verso le dieci e mezzo di sera, Arizona si alzò di scatto e andò in cucina, si versò un bicchiere di latte, prese un paio di biscotti e si sedette al bancone.
«Stai bene?»
La ragazza guardò Logan e per un attimo l'immagine di Shane si sovrappose al volto dell'amico. Scrollò la testa e infilò un biscotto nel latte. «Sto bene.» disse prevenendo la domanda del ragazzo. «Ho solo bisogno di dormire.»
Logan sorrise e si sedette davanti ad Arizona, che continuò a mangiare i biscotti. «Sì, credo che tu abbia bisogno di dormire.» disse, «Domani sarà una lunga giornata.» sorrise e le prese un biscotto. «Hai avvertito la tua amica per gli appunti?»
Arizona annuì, «Sì, prima.» disse, «L'ho detto ha Mike, prima.» esclamò e bevve un sorso di latte, «Non hai sentito?»
Logan fece segno di no con la testa, «Ero concentrato sui danni causati Beethoven.»
Arizona fece un piccolo sorriso, «Va bene.» mormorò, finì l'ultimo biscottò e il latte, sciacquò il bicchiere e lo mise nella lavastoviglie, incastrando fra gli altri e chiuse lo sportello. «Io vado a dormire.» disse, «Domani dobbiamo incontrare Alicia alle dieci e mezzo, alla fontana con l'elefantino.» esclamò e Logan annuì, «Bhe... buona notte.» mormorò e guardò il ragazzo. Fece per andarsene quando lui la bloccò e le baciò la guancia destra.
«Buona notte.»
Arizona sorrise e andò di sopra, in bagno si lavò i denti e tolse la pinza che teneva i capelli raccolti sulla nuca, li pettinò per qualche minuto e poi fece due trecce morbide ai lati del viso, legandole con due elastici colorati; uno viola e l'altro giallo. Sospirò ed uscì dal bagno, entrò nella camera e guardò Cressida che dormiva, così, facendo attenzione, andò nel letto di sopra, si sdraiò sotto il lenzuolo e guardò il soffitto, imponendosi di non pensare a nulla. Sospirò e si rigirò nel letto diverse volte, alla fine prese il cellulare e fece diverse partite a Sudoko, un paio per ogni livello di difficoltà — facile, medio, difficile, estremo — e guardò l'ora, la sveglia, posta sull'ultimo gradino della scala del letto a castello e che fungeva anche da comodino, segnava le ventitré e trentotto. Arizona mise il cellulare accanto alla sveglia e si sdraiò sul fianco sinistro, lo sguardo fisso sui numeri verdi, sulle cifre dei minuti che cambiavano — troppo lentamente secondo lei —, le ventitré e quaranta, quarantuno, quarantadue, le ventitré e quarantatré...
Quando le cifre cambiarono ancora, passando dalle ventitré e quarantaquattro alle ventitré e quarantacinque, Arizona dormiva profondamente.

Scusate per l'ennesimo ritardo ma ho avuto un blocco da paura ç.ç
Bon, comuque ormai la storia è agli sgoccioli, ancora pochi capitoli e sarà finita... forse xD
I commenti sono sempre graditi!

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 - 23:45 - 14:30 ***




Capitolo 21
23:45 - 14:30

«Non rompere.» esclamò Arizona, «È solo un caffè!» sospirò. Erano all'università e Arizona aveva gli appunti delle lezioni che aveva perso. «Per favore!» disse guardando Logan.
Lo stregone sospirò, «E va bene.» acconsentì, «Ma muoviti.»
Arizona sorrise e si avvicinò al distributore del caffè, inserì le monete nella fessura e selezionò il cappuccino al ginseng con cioccolato. «Tu non vuoi niente?» domandò mentre aspettava che la bevanda fosse pronta.
«No.» rispose Logan. «Jason penserà che ci siamo persi.»
«Jason penserà che stiamo prendendo il caffè o che uno di noi è andato in bagno.» ribatté Arizona e sorrise, prese il bicchiere e sbuffò, «Manca la paletta!» si lamentò, «Uffa.»
Logan ridacchiò, «Il prossimo se ne troverà due.»
Arizona sbuffò, «Ah, ah.» fece e soffiò sulla bevanda calda, «Dai, andiamo.» esclamò. Percorsero i corridoi dello stabile e incrociarono la segretaria — si chiamava Marie, ricordò Arizona — di Morris che li salutò con un sorriso e Arizona e Logan ricambiarono, uscirono all'aperto e passeggiarono per il parco, stando attenti se qualcuno li seguisse.
Mentre Arizona buttava il bicchiere ormai vuoto vide la segretaria superarli e dirigersi alla fermata del bus.
«Ma non aveva la macchina?» mormorò Logan ad Arizona.
Lei alzò le spalle. «Anche tu hai l'auto.» disse, «Magari è dal meccanico, come la tua.»
«La mia auto è ancora senza vetri.» sbuffò lui. «Che palle.»
Arizona ridacchiò e guardò se si vedesse il bus in lontananza. «Speriamo che non sia pieno.» disse, «Non ho voglia di fare la sardina anche oggi.»
«Sì, bhe, neppure io.» sospirò Logan. «Jason è dietro di noi.» sussurrò nell'orecchio di Arizona.
«Lo so.» fece lei, «Lo avevo già visto.»
Il bus arrivò e i due salirono stringendosi contro il retro dello stesso. «Ma tutta sta gente non ha un auto, una moto, una bicicletta, un monopattino?» sbottò Arizona e si afferrò al palo di sostegno quando il mezzo ripartì, «Devono prendere tutti questo bus?» brontolò spostando la borsa davanti a lei, bloccandola fra il suo corpo e il palo di sostegno.
«Idiota!» abbaiò Logan contro un ragazzo che lo aveva urtato, «Ho un braccio ingessato se non te ne sei accorto!» continuò mentre l'altro lo ignorava, «Te lo spacco in testa, la prossima volta!»
Arizona scosse la testa e sorrise, fece per dire a Logan di calmarsi quando un brivido le corse lungo la schiena e il campanellino risuonò nella sua mente, facendosi sempre più forte. Si aggrappò alla spalla di Logan, «È qui.» pigolò.
«Sicura?» gli chiese lui e Arizona annuì, «Merda.» esclamò, «Manda un SMS a Jason.»
Arizona annuì e prese il cellulare dalla tasca dei jeans, “È qui. Non so chi è ma è qui.” digitò e inviò il messaggio a Jason che era dall'altra parte dell'autobus, vicino all'autista. Lo intravide prendere il cellulare, leggere il messaggio e sobbalzare. L'uomo si guardò attorno e anche Arizona e Logan fecero lo stesso. Però Arizona non aveva la minima idea di chi potesse essere il nemico.
Arizona si appoggiò alla spalla di Logan e respirò profondamente, imponendosi di calmarsi e di concentrarsi. Chiuse gli occhi e si concentrò, dimenticandosi del chiacchiericcio, dei rumori provenienti dalla strada, del suo cuore che batteva all'impazzata e si concentrò sul campanellino. Dopo un attimo aprì gli occhi e sorrise, «È a metà autobus, vicino alla porta.» disse a Logan.
«C'è un mucchio di gente...» mormorò lui, «Ma è un inizio.» disse, «Uh, ancora due fermate e dobbiamo scendere.» aggiunse alzando la voce, «Andiamo da Joey a prenderci un caffè!» continuò con lo stesso tono alto per farsi sentire dal nemico.
Meno di cinque minuti dopo scesero. «È dietro di noi.» commentò Arizona e si sistemò la tracolla.
Logan si voltò appena e vide Jason sbucare da dietro un angolo, a una cinquantina di metri da loro; «Dietro di noi c'è la segretaria e un tipo che sembra un'enorme armadio.» disse.
«Che gioia.» mormorò Arizona, «Un gigante grande e grosso capace di mandarci dall'altra parte dello Stato con un cazzotto.» sbuffò.
Arrivarono al bar e si sedettero a uno dei tavolini esterni e osservarono la segretaria superarli mentre l'uomo grande e grosso entrò in un negozio di animali dall'altra parte della piccola piazzetta; Jason, invece, entrò direttamente nel bar.
«Speriamo che un alligatore lo ingoi.» commentò Logan dopo che la cameriera ebbe preso le loro ordinazioni.
«Mmh... sai, credo che non ci siano alligatori in un negozio di animali.» mormorò Arizona sentendosi esausta. Fece un respiro profondo e si accasciò contro la sedia, incurvando le spalle e posano le mani in grembo. «Speriamo finisca presto.»
Logan le posò una mano sulle spalle e le diede una pacca affettuosa sulla schiena. «Finirà presto, ne sono sicuro.» la consolò. Bevvero il loro caffè, pagarono e si avviarono all'altra fermata dell'autobus.
«È qui.» mormorò Arizona, «Dietro di noi.» sussurrò ingoiando la saliva, sentiva il campanellino suonare forte, come se qualcuno suonasse un grosso campanaccio da mucca accanto al suo orecchio.
Logan aprì la bocca ma, invece della domanda che aveva sulle labbra, dalla sua bocca uscì uno strillo quando si sentì travolgere e spingere verso uno stretto vicolo, largo non più di un metro. «Merda!» ringhiò, «Tutto bene?» fece ad Arizona e si girò per guardare l'assalitore.
«Sì... oh, cribbio, ma è la segretaria!» esclamò Arizona alzandosi in piedi e guardando con orrore quella che fino a pochi minuti prima aveva considerato solo la segretaria del suo insegnante. Non avrebbe mai pensato che quella donna dall'aspetto un po' scialbo potesse essere una dei Dark Shadow.
Fissò Jason entrare nel vicolo. Marie — la segretaria — si girò lentamente e spinse lo stregone verso Logan e Arizona. L'uomo cadde, sbattendo con violenza il fianco sinistro contro un secchio dell'immondizia in metallo.
Arizona strillò e Logan aiutò l'amico ad alzarsi. La strega si guardò attorno: niente via di fuga, il vicoletto era un vicolo cieco, se volevano scappare dovevano scansare Marie. I tre si avvicinarono — la botta che aveva preso Jason gli aveva lasciato solo un grosso livido —, Jason spinse da parte Marie e Arizona corse verso l'uscita ma, una volta arrivata all'imbocco del vicolo, rimbalzò all'indietro, finendo contro Logan che l'afferrò per un braccio prima che potesse cadere. La ragazza imprecò e riprovo, più lentamente questa volta — prima era arrivata di corsa — ma il risultato fu lo stesso di prima: era come se ci fosse un muro invisibile.
La donna avanzò di un passo verso Jason, le labbra piegate in un ghigno feroce, «Oh, non pensavate che fossi così stupida, vero?» domandò, «Ho alcuni assi nella manica...» aggiunse e, come a confermare le sue parole, in quel momento entrò un uomo nel vicolo, oltrepassando il muro invisibile come se non ci fosse.
Gli altri tre indietreggiarono e Arizona inciampò mentre faceva un passo indietro, scivolò sul coperchio del bidone fatto cadere prima da Jason, riuscì a rimanere in piedi aggrappandosi a una sporgenza alla sua destra, fece un salto all'indietro e finì contro Logan.
Il nuovo arrivato mise le mani — enormi, assomigliavano a delle racchette da tennis — a coppa, sorrise, spalancò le braccia e una grossa palla nera, larga quasi come il vicolo, partì da lui, avanzando minacciosamente. Arizona, Logan e Jason si chinarono per evitarla, purtroppo i due vennero colpiti di striscio.
Arizona gridò e finì seduta sopra una vecchia sedia di plastica da bambino, una gamba si ruppe sbilanciandola. «Logan! Jason!» gridò.
«Stiamo bene.» gracchiò Logan, alzò la testa e la riabbassò immediatamente per evitare un colpo da parte dell'omaccione. Poi allungò una mano verso Arizona, «Andiamo.» disse, «Dopo torno a prenderti.» si rivolse a Jason.
«Dove pensate di andare?» fece Marie, «Non scordatevi che ho tutti io vostri indirizzi, compresi quelli dei genitori.» aggiunse e sorrise.
Arizona respirò velocemente e guardò Logan. «Voi andate.» disse, «Io vado...» si fermò e guardò l'uomo, «Al nostro posto.» disse. Marie poteva conoscere l'indirizzo di casa sua, quello di Logan e dei suoi genitori ma, della vecchia casa dove una volta vivevano i bisnonni del ragazzo, non ne sapeva nulla.
Logan la fissò, «Come pensi...»
«Di corsa.» rispose lei interrompendo a metà la domanda di Logan, «Sono sicura.» sorrise e si chinò per evitare un altro colpo, guardò Jason che sembrava sul punto di svenire, «Vai!» gridò a Logan e si gettò sulla destra per evitare l'ennesimo colpo. Logan e Jason sparirono in un luccichio e Arizona si mise in ginocchio, pronto a scattare in piedi e correre: il muro in fondo al vicolo non era troppo alto, avrebbe potuto scavalcarlo.
Afferrò un coperchio di un bidone e lo lanciò contro l'uomo, colpendolo a un braccio.
«Cosa fai, idiota?» strillò Marie, «Vai da quei due!» gridò e l'uomo corse via.
Arizona ingoiò la saliva e si mise in piedi, fece un passo indietro e reagì quando Marie avanzò, scagliò un colpo — una sfera bianca e viola, grande come un pallone da calcio — contro la segretaria, si voltò e corse, non badando se il colpo fosse andato a segno oppure no.
Scavalcò alcuni bidoni e strillò quando Marie le scaraventò contro un incantesimo.
Corse tenendo la schiena bassa e zigzagando — per quanto lo stretto vicolo glielo permettesse — a destra e sinistra, calpestando oggetti che si rompevano sotto le sue scarpe, strillando quando percepiva un incantesimo che le si avvicinava.
Inciampò e finì contro un vecchio comò con i cassetti sfondati, balzò sopra di esso e si aggrappò al muro e si issò, un urlo le morì in gola quando Marie le afferrò la caviglia sinistra, lei scalciò e la colpì in viso. Marie urlò e mollo la presa e Arizona ne approfittò per scavalcare il muro e scoprì che il vicolo, da quella parte, era molto più largo: sulla sinistra era posteggiata una utilitaria verde e c'era ancora spazio sufficiente per un'altra auto. Si fermò un istante per capire da che parte andare e respirò rumorosamente.
«Tanto non mi scappi.»
Arizona non si voltò nemmeno, iniziò a correre svoltando a caso per le vie, sentendo dietro di sé i passi di Marie e si chiese come facesse ad essere così atletica. Okay, la segretaria era magra ma ad Arizona non era mai sembrata una persona atletica.
Salì su un bus e respirò affannosamente, con gli occhi chiusi e la testa posata contro il finestrino e si rilassò. Fu solo un attimo: aprì gli occhi di scatto e guardò Marie che avanzava verso di lei. Arizona era quasi pronta a scendere quando il bus si fermò nei pressi del liceo e un'orda di adolescenti salì, spingendola contro il finestrino e facendo indietreggiare la segretaria.
Arizona sospirò dal sollievo, per una volta era felice di fare la parte della sardina. Controllò la mappa sopra la porta e vide che mancavano quattro fermate, poi sarebbe dovuta scendere, avrebbe dovuto attraversare la strada e cambiare, prendendo un altro autobus, scendere due fermate prima del capolinea, infine, fare circa cinquecento metri a piedi. Respirando velocemente cambiò idea: sarebbe scesa prima – alla fermata successiva —, avrebbe preso il tram, sarebbe scesa al capolinea e poi farsi quasi un chilometro a piedi. Sospirò e iniziò ad avanzare, chiedendo scusa a bassa voce. I ragazzi attorno a lei erano più alti e coprivano i suoi movimenti, così, appena le porte si aprirono con un cigolio, lei scese saltando i due gradini e si allontanò dalla fermata dell'autobus.
Respirò a fondo e camminò lentamente, dicendosi che Marie doveva essere ancora sull'autobus e che poteva abbassare la guardia per qualche minuto. Avanzò per le vie del quartiere e cercò di ricordarsi da che parte dovesse andare, dopo qualche minuto entrò in un bar, afferrò un paio di bottiglie di tè freddo, pagò e si fece spiegare la strada per la fermata del tram più vicino. Una volta fuori dal locale aprì una bottiglia e bevve due lunghi sorsi e sorrisi quando, dopo aver svoltato a destra, vide a un centinaio di metri da lei le pensiline della fermata del tram. Aumentò il passo e strizzò gli occhi, cercando di capire dove fermasse il tram che le interessava, poi scrollò le spalle quando capì che da quella distanza non sarebbe mai riuscita a leggere i minuscoli caratteri degli orari appesi ai vari pali.
«Non mi scappi.» cantilenò Marie.
Arizona si girò, stringendo forte la bottiglia fra le mani, fissò Marie avanzare lentamente, il sorriso sulle labbra e l'espressione sicura e decisa. La ragazza si voltò e iniziò a correre, sentì il rumore del tram che si avvicinava e aumentò il passo, arrivando in pochi istanti alla ferma, un attimo prima che il bus arrivasse. Era il sedici B. “Il sedici B? E dove va?” si chiese mentre saliva. Non era quello che doveva prendere lei — l'undici — ma in quel momento non le importava, Marie era un osso duro e non mollava la presa, Attraverso il finestrino la vide salire nella carrozza di mezzo. Con un sospiro si sedette su un sedile e per poco non urlò quando il suo telefono squillò. Era Logan, «Dimmi.»
«Dove sei?» domandò lui.
«Sul sedici B.»
«E dove diavolo va?»
«Ah... bho.» rispose Arizona, «Non ne ho idea.» disse, «Senti, appena vedo qualcosa di familiare ti chiamo e mi vieni a prendere.»
Logan sospirò e Arizona pensò che non ci fosse nulla di buono, «Non possiamo.» esclamò il ragazzo, «Quando mi teletrasporto in casa o fuori di qui... la barriera s'illumina e sti stronzi ne approfittano.»
«Che... cosa?» mormorò Arizona, «Non dovrebbero... vederla.»
«Eh, lo so.» sospirò di nuovo Logan, poi Arizona lo sentì parlottare a bassa voce, «Ascolta, Mike dice che adesso facciamo fuori sti stronzi...»
«Ma quanti sono?» domandò lei, «Io ho ancora dietro al culo quella!»
«Quattro.» esclamò Logan, «Dicevo... sì, facciamo fuori sti tizi e poi ti veniamo a prendere in macchina.»
Arizona chiuse gli occhi, «Va bene.» disse, «Adesso ceco di capire dove diavolo vada sto coso...» mormorò, «A dopo.» chiuse la comunicazione e infilò il cellulare in borsa, insieme alla bottiglietta. Cercò di rilassare la schiena ma non ci riuscì, era troppo tesa e nervosa per farlo. Senza contare che era preoccupata per Logan e gli altri.
Il viaggio fino al capolinea durò una ventina di minuti. Arizona si allontanò e si guardò attorno, cercando di capire dove fosse finita; imprecò quando capì di essersi persa. Era in una zona che non conosceva, vicino all'oceano — poteva sentire il rumore delle onde e il profumo salmastro dell'acqua.
Alla sua destra si trovavano un paio di collinette, non più alte di una ventina di metri. Arizona si voltò e spalancò gli occhi quando si rese conto che Marie era dietro di lei. «Cosa diavolo vuoi?» ringhiò.
La segretaria rise, «Oh, lo sai.» disse, «Gli altri si sono fatti prendere... ma io no.» esclamò e si tolse il cerotto che aveva sul braccio, rivelando il tatuaggio con il simbolo dei Dark Shadow.
Arizona inspirò lentamente e iniziò a correre spintonando Marie e superandola, arrivò alle pendici della collinetta e percorse un breve tratto di uno stretto sentiero sterrato. Corse per un centinaio di metri quando un grosso ramo sopra la sua testa si spezzò e cadde davanti a lei strappandole un urlo. Deviò a sinistra, tagliando per il bosco. Dopo qualche minuto rallentò il passo perché la pendenza del terreno stava aumentando. Gridò, quando fu raggiunta da una bolla di potere, cadde a terra e rotolò un paio di volte, finendo per sbattere contro la parete di una vecchia baracca, gattonò dentro e si nascose dietro un tavolo rovesciato, respirò profondamente e si alzò in piedi, pronta a combattere. Dalle sue spalle partirono dei raggi ametista, che si avvolsero attorno alle braccia e alle mani.
Alzò i palmi, puntandoli contro Marie e sorrise. Scagliò le due piccole sfere che rotearono un paio di volte prima di unirsi e infrangersi contro Marie, avvolgendola dentro una nuvola di polvere.
Arizona sorrise e fece per parlare ma il sorriso si spense quando vide Marie, ancora in piedi e con l'aria ancora più arrabbiata di prima.
«Adesso mi hai fatto arrabbiare sul serio.» esclamò la segreteria e iniziò a sbottonare la camicetta.
«Io no sono di quella sponda.» esclamò Arizona e si sentì un'idiota per aver detto una cosa del gene in un momento come quello.
Marie sogghignò, «Oh, neppure io.» disse e lasciò cadere l'indumento. Portò le mani sul fianco e abbassò la cerniera della gonna che fece scivolare lungo le gambe magre.
Un attimo dopo Arizona sentì un rumore strano, come se delle ossa scrocchiassero tutte insieme, un rumore come quello di un lenzuolo di cotone pesante che veniva sbattuto prima di essere steso... capì che provenivano da Marie e si allarmò. «Cosa sei?» gracchiò, spaventata e fece un passo indietro, andando a sbattere contro la parete. «I muta-forma non esistono!» strillò quando vide il corpo della donna ricoprirsi di pelo color ambra, il viso diventare il muso di un lupo e le mani e i piedi trasformarsi in zampe.
Inspirò velocemente e si disse che non era possibile, che i muta-forma non esistevano... poi strillò ancora quando la bestia balzò in aria, così le spinse contro il tavolo rovesciato ed uscì dalla baracca e, sempre urlando, si arrampicò sulla collina. Dietro di lei sentiva il ringhio di Marie. Annaspò quando capì che l'essere era praticamente dietro di lei, puntò i piedi per terra e si diede lo slancio necessario per superare quel pendio e arrivare allo stretto sentiero sopra di lei. Corse, più veloce che poteva, ma la muta-forma era dietro di lei e correva più veloce. Arizona arrivò in uno spiazzo, afferrò un grosso ramo e si girò di scatto, calando il bastone sopra la testa della muta-forma, che si fermò e scrollò la testa; Arizona ne approfittò e la colpì ancora, ancora e ancora, sulla testa, sul dorso e sulle zampe, fino a quando il ramo si spezzò in due e lei lo lasciò andare. Fissò la bestia che scrollava la testa come se fosse intontita. Afferrò un altro ramo e la colpì ancora, usando tutta la forza che aveva: anche quel ramo si ruppe e la parte superiore volò via ma la muta-forma si accasciò a terra, svenuta.
Arizona respirò velocemente e si guardò attorno e afferrò un altro ramo, l'ultimo. Aveva una piccola biforcazione su una delle estremità e Arizona pensò che avrebbe potuto usarla per accecare la bestia. Stringendo il bastone con una mano e senza perdere di vista la muta-forma prese il cellulare dalla borsa. «Merda! Merda! Merda!» imprecò quando vide che non c'era segnale. Infilò il cellulare in tasca e si mise a correre, saltò un basso cespuglio e urlò quando i suoi piedi scivolarono sul bordo della collina. Rotolò verso valle per qualche metro e si fermò contro un lungo cespuglio, svenuta.
Si riprese dopo qualche secondo, quando sentì qualcosa di umido toccarle una mano, aprì gli occhi e guardò chi la stava leccando. Fissò la testa tonda, gli occhi piccoli e tondi, il pelo marrone scuro. «Ma sei un orsetto!» mormorò e fece un mezzo sorriso che si spense quando vide le foglie del cespuglio muoversi.
Arizona temette il peggio ma era solo un altro cucciolo di orso quello che apparve. «Siete carini.» commentò a bassa voce e alzò la mano sinistra per toccare il primo orsetto, affondò le dita nel pelo del collo e le sue dita toccarono qualcosa di duro, continuò a tastare e muovere il pelo fino a quando non raggiunse quella che sembrava una scatoletta nera attaccata a un grosso collare. «Siete sotto controllo.» sorrise riconoscendo il collare radio comandato. Arizona fece per alzarsi quando le balenò in mente una cosa: i due orsetti sembravano abbastanza giovani e di certo non erano in giro da soli, lì attorno doveva trovarsi la loro madre. Arizona ingoiò la saliva e abbassò la mano, rimanendo immobile. Non sapeva cos'era peggio: se farmi mangiare da una muta-forma o da una mamma orsa, molto protettiva verso i suoi cuccioli.
Chiuse gli occhi e respirò lentamente mentre gli orsetti l'annusavano e la toccavano con le zampine. Sentì gli artigli graffiarle con leggerezza la pelle ma s'impose di non gridare e di spostarsi, era sicura che l'orsa fosse lì attorno e non voleva attirare la sua attenzione. E poi c'era la muta-forma.
Aprì l'occhio destro e guardò il bordo della collina sopra di lei e scoprì che era caduta di un paio di metri, al massimo cinque. Stava per aprì anche l'altro occhio quando udì il ruggito.
Spalancò gli occhi e s'irrigidì, mentre gli orsetti emettevano strani versi, sentì la muta-forma ringhiare e balzare accanto a lei, mentre in lontananza si sentivano i ruggiti dell'orsa che rispondeva ai richiami dei suoi cuccioli.
Arizona tastò il terreno e strinse le dita attorno a un sasso, lo sapeva che avrebbe potuto farci poco con quello, ma era sempre meglio di nulla.
Uno degli orsetti guaì quando la muta-forma lo colpì con la zampa mentre l'altro corse sopra Arizona, camminandole sulle gambe e nascondendosi dietro le foglie.
La muta-forma ululò e si avvicinò ad Arizona che stringeva il sasso, pronta a picchiarlo sulla testa della bestia. Aveva appena alzato di un poco la mano quando l'orsa arrivò e colpì la muta-forma, mandandola a sbattere contro una roccia e Arizona approfittò per mettersi in ginocchio, il sasso stretto nella mano destra.
«Ti ha ferito.» sussurrò guardando l'orsetto che zoppicava verso il fratellino, gli sfiorò il fianco e capì che le ferite non erano profonde ma dovevano fargli molto male.
Guardò l'orsa e la muta-forma battersi, ruggirsi in faccia a vicenda e colpirsi con le zampe gigantesche. Fece una carezza ai cuccioli e gattonò dall'altra parte del cespuglio e sobbalzò quando udì una macchina che si avvicinava. Strisciò verso l'orlo della collina e si sporse, guardò il grosso SUV nero fermarsi alzando una nuvola di polvere. «Arizona!» gridò Logan uscendo dalla macchina.
La ragazza guardò i cuccioli, spaventanti che sembravano stringersi in un abbraccio, guardò l'orsa e la muta-forma che si battevano ancora, graffiandosi e ruggendosi a vicenda. L'orsa colpì la muta-forma sul muso con una poderosa zampata e Arizona vide i profondi squarci che creò, da cui iniziò a sgorgare il sangue.
Non perse tempo e iniziò a correre lungo il pendio, aggrappandosi agli alberi per non cadere, «È una muta-forma!» gridò, «La segretaria è una muta-forma!» ripeté e inciampò e scivolò per un paio di metri.
Logan l'aiutò a rialzarsi, «Stai bene?» domandò.
Arizona annuì, «Sì, sì!» disse, «Ma la segretaria è una muta-forma!»
«I muta-forma non esistono!» esclamò Mike, «Sei sicura di non aver sbattuto la testa?» domandò.
«Sì che sono sicura!» ribatté la ragazza.
«Arizona... i muta-forma non esistono!» esclamò Jason e in quel momento si udì un ruggito, un guaito e poi la muta-forma volò giù dalla montagna, cadendo a un metro dal SUV. In pochi attimi il corpo tornò quello umano.
Aveva squarci e graffi su buona parte del corpo e le mancava buona parte del viso.
«Esistono!» squittì Arizona e alzò il viso, fissando l'orsa in piedi sulle zampe posteriori. «Devi chiamare la forestale!» esclamò aggrappandosi al braccio di Mike, «Ha ferito uno dei cuccioli!»
«Perché dovrei chiamarla?» fece Mike e diede un piccolo calcio al corpo di Marie.
«Perché l'orsa mi ha salvato le chiappe e il minimo che possa fare è avvertire chi di dovere che uno dei suoi cuccioli è ferito!» rispose Arizona e Mike annuì lentamente.
«Okay, lo farò.» disse, «Ma tu stai bene? Ti ha ferita?»
La ragazza scosse la testa, «Solo qualche graffio.» rispose e risalirono in macchina e ripartirono. «Come avete fatto a trovarmi?» domandò.
«Shane.» rispose Jason.
«Che... che cosa?» gracchiò lei e prese la bottiglietta di tè e bevve un paio di lunghi sorsi.
Logan alzò le spalle, «A quanto pare il suo potere speciale è quello di trovare le persone.» borbottò e incrociò le braccia.
Arizona alzò gli occhi al cielo e posò il capo contro il poggia testa e respirò a fondo, dicendosi che era tutto finito, che nessun muta-forma voleva mangiarla. «Come avete fatto a sconfiggere quei tizi?» domandò dopo un attimo.
«Li abbiamo fatti entrare in giardino,» rispose Mike e svoltò a sinistra, «li abbiamo stesi con il teaser e li abbiamo portati nelle celle, riempiti di simboli e pestati a dovere.» aggiunse, «Adesso ci facciamo dire tutto da sti stronzi.»
Arizona annuì e guardò fuori dal finestrino, sentendosi esausta.

Arizona finì di raccontare tutta la storia anche a Jim, Jack e Cressida.
«I muta-forma non esistono!» esclamò Jim alzandosi dal divano sul quale era seduto. «Non è possibile!» ripeté.
«Invece è vero.» sospirò Mike, «Se non l'avessi vista che si trasformava con i miei occhi non ci avrei mai creduto.»
«Marie era una muta-forma.» esclamò Arizona, «E io che avevo sempre pensato che fosse un'insulsa segretaria...»
«Quella baldracca di Marie era una muta-forma?»
Tutti si girarono verso Shane, che aveva parlato, «E si è battuta con un orsa?» fece e alzò gli occhi al cielo, «Tipico di Marie, battersi con gente che è il triplo di lei.» disse e si sedette sul divano, fra Arizona e Jason. «Bhe... che c'è?» domandò quando si accorse che gli altri lo stavano fissando.
«Tu lo sapevi?» ringhiò Logan avvicinandosi a Shane.
«Veramente... no.» rispose l'altro, «Certo, Marie si comportava come una cagna in calore e si è fatta dare una ripassata da metà clan... ma mica lo sapevo che fosse una muta-forma!» disse, «Pensavo che fosse una leggenda, quella dei muta-forma.»
Rimasero in silenzio per alcuni istanti, «Uhm... okay.» disse Mike, «Facciamo che ti crediamo.» borbottò e Shane alzò gli occhi al cielo, «Dobbiamo far cantare quei quattro.»
«Fatelo voi, io vado a farmi la doccia.» esclamò Arizona alzandosi in piedi, «Credo di avere foglie e terra persino nelle calze.» borbottò.
«Ehi, Ari, se vuoi ti aiuto a lavarti la schiena!» si propose Shane e Jason gli diede uno scappellotto, «Ehi, stavo solo offrendo il mio aiuto!» disse massaggiandosi la nuca.
Arizona sospirò e andò di sopra.

***

Avevano pranzato e Mike e Jason erano scesi, andando dai quattro stregoni che avevano catturato. Logan e Cressida erano da Lana, Jack era andato al lavoro e Jim sistemava la cucina.
Arizona spalancò la porta della stanza di Shane. «Ehi, non si bussa?» fece lui, brusco, «Oh, ma sei tu, Ari.»
«Come facevi a sapere che ero lì?» domandò lei e si avvicinò al letto.
Shane sorrise, «Vedi... mi basta toccare qualcosa che è stata a contatto con la persona che voglio cercare... e la trovo.» rispose. «Mi è bastato prendere in mano le tue mutandine nere...» aggiunse e alzò le spalle con un sorriso.
«Le mie mutandine?» squittì lei, «Tu... tu... brutto pervertito!» esclamò, arrabbiata, guardò Shane e capì di essere stata presa in giro.
«Oh, Ari... sei adorabile quando hai il faccino incazzato.» ridacchiò lui.
Arizona inspirò un paio di volte e rilassò i pugni. «Allora... come hai fatto?»
Lui alzò le spalle e si mise seduto sul letto, la schiena appoggiata ai cuscini, Arizona notò l'opale che spuntava da sotto al cuscino. «Te l'ho detto.» rispose, «Mi basta prendere in mano qualcosa di tuo per trovarti.» specificò, «Una maglietta.» aggiunse e sorrise, «Anche se le mutandine sarebbero state meglio.»
Arizona alzò gli occhi al cielo e sospirò. «Si, bhe... grazie.» mugugnò. «Anche le altre volte mi trovavi così?»
Shane sorrise e annuì, «Oh, sì.» confermò. «Una volta mi sei passata davanti... credo un paio di giorni prima che tu passassi in negozio, comunque... hai infilato una mano in borsa ed è caduto fuori uno scontrino, io l'ho preso e da lì è stato facile.» spiegò, «Insomma... tu mi scappavi sempre.» sospirò, «Mi hai fatto correre per mezza città!»
Arizona alzò gli occhi al cielo, «Sei insopportabile.» borbottò e Shane si alzò in piedi, mettendosi di fronte a lei.
«Anche tu sei adorabile, Ari.» sghignazzò.
Lei si voltò e fece per andarsene ma si ritrovò bloccata dalla mano di Shane che le stringeva il polso destro, si voltò lentamente e guardò Shane, «Lasciami.» esclamò.
Lui non disse una parola e fece un altro passo avanti, ritrovandosi a pochi centimetri da Arizona.
«Senti... io devo andare.» borbottò lei distogliendo lo sguardo, si girò ma Shane diede uno strattone, facendola voltare verso di lui poi, senza dire una parola, chinò il viso e la baciò.
Un bacio leggero a fior di labbra, in cui Arizona chiuse gli occhi, lasciandosi andare per un minuto buono, prima di aprire gli occhi e fare un passo indietro. «Pervertito.» commentò e uscì dalla stanza, chiuse la porta domandandosi cosa dovesse fare. Perché quel bacio le era piaciuto, anche se non lo avrebbe mai ammesso a voce alta.
E ciò la spaventava, perché voleva dire che Shane le piaceva. E lei non voleva che accadesse.

Salve!
Nuovo capitolo, ormai siamo quasi alla fine. (Giuro!)
È tutto, per ora. Alla prossima!

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 -14:30 - 04:30 - ***




Capitolo 22
14:30 - 04:30

Arizona non aveva parlato a nessuno di quel bacio che l'aveva scombussolata, facendole desiderare di baciare ancora le labbra morbide di Shane o di prenderlo a schiaffi fino a quando non le avrebbero fatto male le mani. Era indecisa su quale fosse al momento la scelta migliore. Come era indecisa se era meglio mangiare un biscotto-gelato o una coppetta panna e cioccolato.
«Vieni con me.»
Arizona si voltò verso Mike, «Okay.» disse, «Perché?»
«Perché mi servi per spaventare un po' quei cretini.» rispose lui e aprì la porta che portava al piano interrato, «Basta che fai quell'incantesimo in cui hai le braccia avvolte in quei fulmini viola...»
«Non sono fulmini.» replicò lei scendendo le scale, «Non so cosa sono ma non sono fulmini.» spiegò. Neppure lei capiva come potesse fare una cosa del genere e cosa fossero, perché lei li percepiva sulla pelle come qualcosa di liscio, satinato e acquoso, tutto il contrario di quelli che dovevano essere fulmini, secondo lei.
Mike alzò le spalle, «Qualunque cosa siano... fanno paura.» disse.
Arizona scrollò le spalle e continuò a seguire Mike, fino a ritrovarsi davanti all'uomo che aveva visto nel vicolo e gli altri tre — erano tutti simili: molto alti, con tanti muscoli, l'espressione di chi ti prenderebbe molto volentieri a calci —, seduti su una panca che ad Arizona sembrò presa da una classe dell'asilo, con le mani e i piedi legati, circondati da simboli magici che impedivano loro l'utilizzo di qualsiasi incantesimo, anche il più semplice.
«Allora... volete parlare?» esclamò Mike dopo qualche secondo di silenzio.
I quattro tacquero e Mike diede un colpetto ad Arizona, che si concentrò per un paio di secondi, poi i raggi ametista le avvolsero le braccia, muovendosi sinuosi come serpenti, arrivando alle mani e avvolgendo ogni dito.
Arizona scrollò le mani e le saette partirono, veloci, andando a schiantarsi contro uno degli uomini — il secondo dalla sinistra di Arizona — , che iniziò a gemere. La strega scrollò le mani e colpì di nuovo lo stesso uomo che si contorse e urlò cadendo sul pavimento.
«O parlate o lei,» Mike indicò Arizona con la mano sinistra, «vi farà cagare in mano.» finì e sorrise.
Gli altri rimasero in silenzio, guardando quello che gemeva sul pavimento e Arizona non perse tempo, scagliò contro di loro il suo potere, facendoli urlare, gemere e contorcersi sulla stretta panca, la ragazza sorrise, chiedendosi se non l'avessero presa da una scuola materna, tanto era piccola. Sorrise e, prima che uno dei quattro si alzasse, li colpì di nuovo, più volte.
Mike le fece un cenno con la mano e lei si fermò, «Allora, idioti, volete parlare oppure Arizona deve continuare?» domandò e fece un passo verso di loro. «Rispondete!» gridò, congiunse le mani e quando le divise una grossa bolla bianca partì, si divise in quattro e colpì i nemici. «Allora?» fece e, visto che quelli si ostinavano a rimanere in silenzio, fece un cenno ad Arizona, che li colpì un paio di volte, prima che uno di loro alzasse di un poco la mano. «Parla.» ordinò Mike e lo strattonò, facendolo alzare.
«Noi siamo gli ultimi.» biascicò quello mentre uno degli altri nemici gli gridava di stare zitto e non dire nulla, Arizona lo fece tacere inviandogli contro il suo incantesimo.
«Noi siamo gli ultimi...» ripeté l'uomo in piedi, «in questa contea... ma nel resto dello Stato, del continente... del mondo... no.» mormorò, «Siamo ovunque.» sussurrò prima di svenire.
Mike lo lasciò andare e quello cadde a peso morto sui suoi amici. «Questo lo sapevo già.» borbottò il marines.
«Però ha detto che sono gli ultimi nella contea.» esclamò Arizona, «È sempre meglio di niente.»
Mike sospirò e si passò una mano sul viso, «Lo so.» disse, «È che speravo in qualcosa di... più sostanzioso, ecco.» aggiunse e guardò quelli a terra, «Bhe... per adesso basta.» esclamò, «Torniamo dopo.» aggiunse.
Arizona alzò le spalle e tornò di sopra, mentre passava davanti alla porta della stanza di Shane si bloccò per un attimo, ricordando quello che era successo poco prima, le sue labbra, il suo profumo... sospirò e riprese a camminare, lasciandosi alle spalle quella porta. Arrivò in cucina, aprì il freezer e afferrò il biscotto-gelato, lo scartò e iniziò a mangiarlo lentamente. Si sedette su uno degli sgabelli e inspirò a fondo mentre rimuginava a quello che era appena successo.
Continuò a pensare a Shane, alle sue labbra...
Arizona scosse la testa e sbuffò, infastidita da quei pensieri che continuavano a vorticarle nella mente. “Non posso pensare a certe cose, in momenti come questo.” pensò. “Non posso pensare a lui.” si disse, “È un'idiota pervertito. Uno stronzo che si è divertito ad uccidere persone solo per... divertirsi, ecco.” pensò ancora. In dieci minuti scarsi finì il gelato, gettò la carta nel cestino e sospirò, le mani appoggiate al metallo freddo del lavandino e gli occhi chiusi.
«Dobbiamo andare in biblioteca.»
Arizona sobbalzò e si girò lentamente verso Logan che ridacchiava, «Uhm, okay.» disse, «Mi lavo le mani e arrivo.»
Logan fece un cenno con la testa e sparì dietro l'angolo. Arizona inspirò profondamente, aprì l'acqua e si sciacquò le mani, per poi asciugarle nei jeans azzurro chiaro. Andò in biblioteca e si sedette al solito posto.
«Il fatto che non esistessero solo qui i Dark Shadow lo sapevamo già.» esordì Mike, «Sono ovunque.» sospirò, «E noi non possiamo pensare a tutti loro, ci penseranno le varie congreghe del luogo.»
«Il problema è scoprire se esistono altri... muta-forma» esclamò Jim, congiungendo le mani e intrecciando le dita. «Perché per...» si fermò e sospirò, «fermarli bisogna... avvicinarsi abbastanza da colpirli.»
«O che ci sia nei paraggi una mamma orsa incazzata.» commentò Arizona, ricordando la lotta feroce fra l'orsa e la lupa.
«Ma i muta-forma sono solo lupi oppure...» Logan non finì la frase, lasciandola cadere.
«Non ne ho idea.» commentò Mike, «Alcuni dicono che possono trasformarsi in qualsiasi animale, altri dicono solo alcuni...» sospirò, «Fino a questa mattina pensavo fosse solo una leggenda...» e sbuffò, infastidito.
“In fondo è un soldato,” pensò Arizona, “è logico che voglia avere tutto sotto controllo”
«Sono forti... e acquisiscono le capacità dell'animale in cui si trasformano.» esclamò Jason.
«Quindi se si trasformano in zanzare diventano ancora più rompicoglioni?» sbottò Logan.
«Se fossero zanzare sarebbe semplice...» mormorò Arizona, «Una spruzzata di antizanzare e... puff, basta.»
«Invece chissà cosa sono...» sospirò Jim.
Rimasero in silenzio per qualche secondo, fino a quando Mike non parlò: «Dobbiamo stare attenti.»
«Quindi non è finita?» domandò Arizona, atterrita da quell'eventualità. Voleva smettere di correre, scappare, fuggire e gridare dalla paura.
Mike alzò le spalle, «Bhe, qui i Dark Shadow non ci sono più, quindi possiamo stare tranquilli.» rispose, «Il problema sono i muta-forma» sospirò, «Di loro non sappiamo nulla. Dopo spremerò un po' quelli e mi farò dire qualcosa.» aggiunse, poi iniziò a spiegare perché, secondo lui, quelli fossero un vero pericolo: quando Logan si era teletrasportato a casa insieme a Jason, la barriera protettiva attorno alla casa si era illuminata come un albero di Natale, facendo vedere l'abitazione agli occhi dei nemici, che si erano appostati lì. Logan aveva riprovato a teletrasportarsi dalla casa all'altra parte della strada e la barriera si era illuminata di nuovo. Stessa cosa quando era rientrato. Alla fine, lui, Mike, Jason e Jim erano usciti, armati di teaser, avevano abbassato la protezione quel tanto che bastava per far entrare i quattro uomini e allora li avevano colpiti con i teaser. Una volta storditi, li avevano trascinati nelle segrete.
«Quindi, per un po' si entrerà e si uscirà come persone normali.» disse Jim.
Logan si limitò ad annuire, prima di sospirare un “Okay” poco convincente.
Per quasi tre ore sfogliarono libri, alla ricerca di informazioni sui muta-forma ma non trovarono nulla che li potesse aiutare sul serio: molti erano solo racconti, leggende, nulla di veramente utile.
Alla fine Arizona fu mandata insieme a Cressida a preparare la cena per tutti e lei si alzò con un sospiro, stiracchiò i muscoli della schiena e uscì dalla biblioteca.

***

«Arizona.» chiamò Logan, fermando la ragazza a metà del corridoio.
«Sì?» fece lei voltandosi.
Logan sospirò poi avanzò verso di lei. «Io...» sospirò, «Stai bene?» domandò.
«Sì.» rispose lei e sorrise, «Sono ancora tutta intera.» disse e allargò le braccia, «Ho qualche graffio, qualche livido... ma nulla di che.»
Logan annuì ma Arizona capì che non era del tutto convinto. «Okay.» fece e un mezzo sorriso si dipinse sulle sue labbra. «Senti... perché quando siamo un po' più liberi non andiamo a cena, noi due da soli?» propose mentre le sue guance si tingevano di un pallido rosa. «Magari da Mario.»
Arizona lo fissò sorpresa, Mario era uno dei ristoranti più belli della città, con una grande terrazza che dava sull'oceano, una piccola orchestra — pianoforte, violino e violoncello —, grandi lampadari a con gocce di cristallo, candele su ogni tavolo... un posticino costoso e romantico. «Da Mario?» boccheggiò, «Una pizza no?» fece.
«Oh, bhe...» Logan si passò una mano sulla nuca, poi infilò anche quella nella tasca dei jeans, «Pensavo che fosse l'ideale dopo quello che è successo.»
«Si, però... è Mario.» disse lei, «Costa un capitale! Fra un po' paghi anche solo per entrare e chiedere se c'è posto!» esclamò, «E poi è troppo romantico, è da coppiette.» protestò.
«Era quella la mia intenzione.» mormorò il ragazzo, arrossendo ancora di più e abbassando la testa.
Arizona lo fissò, non sapendo cosa dire. Inspirò a fondo un paio di volte mentre nella sua testa si affacciavano una miriade di pensieri. Guardò a terra, fissandosi le scarpe, dicendosi che doveva togliere quella minuscola macchiolina di terra che era sulla punta della scarpa sinistra. Quando alzò lo sguardo ebbe solo il tempo di vedere Logan avanzare a grandi passi verso di lei, prima che lui la bloccasse contro il muro e la baciasse.
Non c'era nulla della dolcezza del bacio che le aveva dato Shane qualche ora prima. Le labbra di Logan era fameliche, come se desiderasse quel bacio da tempo. Arizona rimase ferma, rigida, poi infilò le mani fra i loro corpi e spinse via Logan. «Devo andare... in bagno.» squittì allontanandosi di corsa. Si chiuse la porta alle spalle e si appoggiò contro di essa, respirando con affanno.
Quel bacio... era stato strano. E lei si sentì lo stomaco in subbuglio. Il suo migliore amico l'aveva appena baciata. Shane, il suo nemico, l'aveva baciata.
E Arizona si sentiva così confusa che pensò che la testa potesse esplodere da un momento all'altro. Aprì l'acqua per sciacquarsi il viso e lavarsi le mani. Due secondi dopo si precipitò sul gabinetto e vomitò il gelato.

Durante la cena Arizona si costrinse a guardare ovunque tranne che Logan e fu sollevata quando si accorse che nessuno si era accorto di nulla.
Verso le venti e trenta stava sistemando la cena di Shane sul vassoio quando Logan la raggiunse.
«Mi dispiace, Arizona.» esordì. «Ero ancora... sconvolto.» sospirò, «Scusami.»
Lei sorrise, «Non preoccuparti.» disse, «Facciamo come se non sia successo nulla, okay?» esclamò e Logan annuì. «Devo portare questo a Shane.» aggiunse.
«Uhm, sì.» disse lui, «Io mi faccio la doccia e poi vado da mamma.»
Arizona annuì, prese il vassoio e uscì dalla cucina, accompagnata dallo sguardo di Logan.
Quando entrò nella stanza di Shane per poco non fece cadere il vassoio. Il ragazzo era nudo e le deva le spalle. «Shane!» squittì.
Il ragazzo si voltò lentamente e lasciò cadere l'asciugamani sulla sedia. «Oh, Ari.» disse, «La mia cena.» sorrise e piegò la testa di letto. «Oh, sei diventata rossa...» ridacchiò, «Sei veramente adorabile.»
Arizona inspirò a fondo e posò il vassoio sul tavolo. «Idiota.» mugugnò.
Shane rise, «Oh, piccola Ari...» disse, «Cosa c'è che ti angustia?» domandò, «A me puoi dirlo.»
Lei si morse le labbra. «Vestiti, altrimenti ti ficco il cibo in gola.»
«Siamo nervosette, eh?» commentò Shane e indossò i boxer neri, tirandoli lungo le gambe con lentezza. «Cosa c'è, hai litigato con il tuo amichetto?»
«Taci, idiota.» ringhiò lei.
Shane si avvicinò e le prese la mano destra, stringendole con delicatezza il polso. «Puoi parlare con me, Arizona.» mormorò fissandola negli occhi.
Lei rimase sorpresa nel sentirsi chiamare per nome. Lo fissò, incatenando i suoi occhi a quelli di lui e rimase in silenzio.
«Ho indovinato, vero?» domandò lui, poi scrollò le spalle, la lasciò andare e si mise i pantaloni della tuta e una t-shirt bianca.
Mangiò in silenzio, mentre Arizona rimase contro il muro, temendo che , se si fosse spostata solo di un centimetro, sarebbe potuta cadere.
Così rimase lì, le braccia conserte, e guardava Shane che mangiava in silenzio. «Perché siamo simili?» domandò dopo qualche minuto — forse dieci — di silenzio.
Shane bevve un sorso d'acqua e si pulì la bocca. «Mio padre morì prima che nascessi.» iniziò, «Ed eravamo solo io e mia madre. Eravamo sempre io e lei, non mi mandò né al nido né alla materna, mi stava sempre addosso... aveva paura che morissi anche io.» sospirò e Arizona capì che non sapeva ancora nulla.
«Mi mandò alle scuole elementari solo perché... bhe, doveva.» Shane scrollò le spalle, «Un giorno, però, tornai a casa con un livido sulla fronte, avevo litigato con un bambino e bhe... era solo una piccola scaramuccia, nulla di che. Ma mia madre la prese così male che mi tenne a casa, facendomi da insegnate. Non avevo amici, ero iper protetto, non potevo fare nulla. Avevo frequentato solo tre mesi.» continuò, lo sguardo perso nel vuoto e Arizona si senti stringere il cuore in una morsa, pensando all'infanzia triste di Shane. I suoi potevano essere dei pazzi ma le avevano fatto frequentare la scuola e altri bambini...
«Però io avevo il mio piccolo segreto.» riprese a parlare il ragazzo e piantò i suoi occhi castani sul viso di Arizona, e la fissò intensamente. «Aprivo le mani e se mi concentravo abbastanza forte... le mie dita si accendevano.» continuò e prese un pezzo di pane, «Un giorno mamma mi scoprì e mi sgridò, dicendomi che ero un bimbo cattivo, che non esistevano cose del genere, che se avessi continuato mi avrebbero portato via...» riprese a parlare.
«Poi, un giorno, arrivò il luna park e io vedevo le luci colorate della ruota panoramica dalla mia stanza, così chiesi a mamma di portarmi lì, la supplicai, piansi, giurai di comportarmi bene per sempre... e lei mi rispondeva sempre: “Domani, amore, domani.”» disse, «Poi un giorno mi svegliai, felice perché la sera prima mamma mi aveva promesso che mi avrebbe portato nel pomeriggio al luna park.» disse e fece un sorriso triste, che spezzò il cuore di Arizona. «Così feci colazione felice, poi salii nella mia camera per prendere i libri e i quaderni per la lezione e guardai fuori dalla finestra... niente più giostre... stavano smantellando la ruota panoramica. E allora capii, capii che quella donna mi aveva mentito, così corsi di sotto, i libri stretti al petto. Quando arrivai davanti a lei le lanciai contro i libri, dicendole che era cattiva e bugiarda.» si fermò ancora e bevve.
«Lei mi sgridò, dicendomi che era cattivo, che se continuavo così non mi avrebbe più fatto uscire di casa neppure con lei, che mi avrebbe chiuso nell'armadio...»
Arizona sobbalzò quando lo vide tremare alla parola “armadio” e si chiese cosa fosse successo a quel povero bambino e perché nessuno fosse intervenuto.
«Mi chiudeva sempre nell'armadio quando uscivo in giardino senza di lei.» continuò il ragazzo, lo sguardo fisso sul piatto, «Da quando avevo due anni, e per i sette anni seguenti ogni volta che mettevo un piede oltre la soglia di casa... finivo nell'armadio.» sospirò — anche se ad Arizona sembrò più un singhiozzo. — «Però, quel giorno, mancavano pochi giorni al mio nono compleanno, decisi di ribellarmi.» continuò, la voce ferma e sicura come sempre, «Mi ribellai perché mi aveva mentito, perché non avevo amici, perché in tv vedevo bambini che andavano a scuola, in gita al parco, allo zoo... che invitavano gli amici per la merenda... e io niente, non potevo fare nulla di ciò. Mi arrabbiai talmente tanto che dalle mie mani partì del fuoco, che bruciò la copertina che mia madre stava facendo all'uncinetto. Si è accesa come una torcia, è bruciata e poi il fuoco si è spento senza fare danni.» disse, «E lei s'incazzò, afferrò il mattarello e iniziò a colpirmi, forte, sulla schiena, sulle gambe... e io scappai, corsi fuori dalla porta finestra e in giardino iniziai ad urlare, a gridare che mi picchiava, che voleva uccidermi.»
Arizona trattenne il fiato e fissò il viso di Shane, gli occhi tristi, le labbra piegate in una smorfia...
«Corsi lungo il vialetto e corsi in mezzo alla strada. Inciampai e caddi e mia madre mi colpì ancora, ancora e ancora...» continuò Shane, «Mi risvegliai in ospedale, e vidi il poliziotto che mi aveva salvato: Martin. Lui era in giro in pattuglia e si è fermato, ha bloccato mia madre e chiamato un'ambulanza» disse, «Lui mi prese in affido e poi mi adottò, quando mia madre s'impiccò in cella.» continuò, «Lui mi ha insegnato tutto quello che dovevo sapere.» concluse e sbatté le palpebre, poi si alzò in piedi, dando le spalle ad Arizona. «Vorrei dormire, sono ancora debole.»
Arizona annuì, riprendendosi, «Okay.» disse e afferrò il vassoio, uscì dalla stanza e socchiuse la porta. Aveva fatto forse quattro passi nel corridoio, quando si voltò e tornò indietro, posò il vassoio sul tavolino e si avvicinò a Shane che guardava fuori dalla finestra. Gli si avventò contro, circondandogli il collo con le braccia e premendo le sue labbra contro quelle di lui, le schiuse e sfiorò con la lingua le labbra morbide di Shane.
Lui le posò una mano sulla schiena e l'altra sulla nuca, stringendola a sé.
Nessuno dei due poteva immaginarlo, ma Logan aveva visto e sentito ogni cosa.

Lo aveva baciato.
Arizona aveva baciato Shane. Gli aveva stretto le braccia al collo e gli aveva infilato la lingua in bocca.
La giovane sospirò mentre entrava nella doccia per aprire l'acqua. Quel bacio era stato... «Wow.» mormorò Arizona al ricordo. Se chiudeva gli occhi poteva sentire ancora le labbra di Shane contro le sue, le dita di lui che le alzavano piano la maglietta e le sfioravano la pelle con una tale lentezza che ad Arizona parve esplodere dal desiderio. poi avevano sentito dei passi fuori dalla stanza, così si erano staccati e lei era corsa fuori, andando nella sua stanza.
Arizona scosse la testa, ed entrò nella doccia, si sedette sul piatto di ceramica bianca e sospirò mentre l'acqua calda scrosciava su di lei. Non aveva idea del perché lo avesse fatto, anzi, no, ce l'aveva: nonostante quello che gli avevano fatto passare i suoi genitori, aveva avuto una vita quasi normale: era andata alla scuola materna, alle elementari, era andata al parco... prima che tutto precipitasse e sua madre cominciasse ad odiarla. Però aveva avuto la nonna, i compagni di scuola, Logan e la sua famiglia... non era mai stata sola come lo era stato Shane. Per questo era tornata indietro. Per questo lo aveva baciato. Arizona lasciò che l'acqua scorresse sul suo corpo, lavando via tutti quei pensieri.
Quel giorno era stata baciata prima da Shane e poi da Logan. E poi lei aveva baciato — e che bacio! — Shane. Che alla fine non era così stronzo come pensava.
Arizona grugnì e si alzò in piedi, imponendosi di non pensare più a quella storia, a quei baci...

Arizona aveva appena finito di mettersi una canottiera verde con le spalline larghe quando sentì le urla, senza pensarci due volte uscì dalla camera e si precipitò al piano di sotto. Nel corridoio trovò Jim che tratteneva Logan, mentre Mike teneva Shane. Philip era lì — Arizona si chiese quando fosse arrivato — e, insieme a Cressida, li guardava con aria perplessa.
«Che succede?» domandò Arizona.
«Lui... lui...» gridò Logan e cercò di divincolarsi dalla presa salda del padre. «Io ti ammazzo!» urlò mentre Shane lo fissava come se fosse un insetto fastidioso.
«Piantala!» esclamò Philip, «Che cazzo succede?»
«Lui... lui l'ha baciata!» ringhiò Logan, «Ha baciato Arizona!» gridò e la ragazza si accorse che la stavano fissando, si coprì la bocca con la mano e arrossì abbassando lo sguardo.
«Arizona?» fece Mike, «Lo hai ba- baciato?» balbettò, guardandola sorpreso — ma non infuriato come si sarebbe aspettata lei.
«Come fai a saperlo?» chiese Philip.
«Io lo ammazzo.» ringhiò Logan, «Li ho visti!» disse, «Dalla telecamera!»
«Quella non è per fare il guardone.» lo sgridò Philip, «È per controllare che Shane non stia male.»
Il ragazzo sobbalzò sentendo il suo nome e sul suo viso si dipinse un'espressione strana nel sentire che qualcuno si preoccupasse per lui.
«Ma l'ha baciata!» protestò Logan smettendo di agitarsi fra le braccia di Jim, «L'ha baciata.» mormorò.
«Veramente... l'ho baciato io.» pigolò Arizona mordicchiandosi un'unghia e sentendosi in imbarazzo. Non si era ricordata che ci fosse una telecamera nella stanza di Shane, non ci aveva proprio pensato alla telecamera in quei momenti e comunque non credeva che qualcuno la spiasse.
«Non cambia le cose, Arizona.» sbottò Logan.
«Sì che le cambia.» borbottò Shane.
Logan gli lanciò uno sguardo assassino e sbuffò, «Lui è il nemico, Arizona.» le ricordò, «Ha ucciso i nostri amici!»
La ragazza sussultò e lo fissò. Si era dimenticata anche di quello. Dopo che Shane le aveva raccontato i suoi primi nove anni di vita... aveva dimenticato ogni cosa, accantonando il tutto in un angolo della mente.
«Lui è uno di noi.» esclamò Mike. «E se ci sono altri muta-forma... bhe, ci serve più gente possibile, e possibilmente forte.» disse «E lui lo è.»
Logan grugnì un insulto, «Non è un di noi! Non lo sarà mai! È un assassino!»
«Anche io lo sono.» sbottò Arizona. «Ho ucciso quei due e mia madre, idiota.» esclamò, «E ti ho pure salvato il culo. Sono io quella che è corsa per mezza città, non tu.» disse, «Non è tutto o bianco o nero.»
«Per me non è uno di noi e non lo sarà mai.» ringhiò Logan.
«Lui mi ha salvato!» gridò lei, «Mi ha salvato! Si è buttato su di me e mi ha salvato da mia madre, brutto idiota!» urlò e mentre lo faceva capì perché Shane lo avesse fatto. Respirò rumorosamente, rendendosi conto che quella scena, — lei a terra e sua madre sopra di lei — doveva aver ricordato a Shane quando, finalmente, si era liberato di quella strega — e non in senso di persona dotata di poteri magici.
«Non importa.» esclamò Logan e Arizona si sentì ferita da quelle parole.
«Perché li stavi spiando?» domandò Philip, ignorando tutto il discorso. «A questo punto non credo che lo stessi facendo per controllare che respirasse ancora... quindi: perché?»
Logan inspirò a fondo un paio di volte. «Non mi fido di lui.» rispose.
«Guarda che se volevo vi avrei già ucciso.» replicò, piccato, Shane, «Ma non l'ho fatto.» disse, «Quindi...» alzò le spalle, «Al momento sono un po' confuso da questa storia che anche io faccio parte di voi.»
Logan sogghignò, «Oh, perché i tuoi genitori erano stregoni e tu sei stato rapito appena nato, quando eri ancora in ospedale... ah, i tuoi genitori biologici sono schiattati in un incidente d'auto...»
Fu improvviso e veloce: Shane, non più trattenuto da Mike, si avventò contro Logan, lo afferrò per la maglia e lo strattonò, liberandolo da Jim. «Tu sei...» sibilò e strinse le labbra, «Ti senti meglio, ora?» mormorò e Arizona lo fissò, sorprendendosi di vedere gli occhi di Shane umidi a causa delle lacrime, «Tu sei arrabbiato perché Arizona preferisce me e non te.» disse.
«Oh, ma non sono io quello che è stato rapito.» ringhiò Logan.
«Infatti no.» replicò Shane allentando la presa, «Tu sei uno da colpi bassi.» mormorò e lo lasciò andare. Logan traballò e riuscì a rimanere in piedi solo perché dietro di lui c'era suo padre.
Shane sospirò e guardò Arizona e lei si sentì colpevole, per non avergli detto nulla. Lo stregone sospirò e si girò, ritornando nella sua stanza con le spalle curve... e scosse dai singhiozzi, notò Arizona.
«Che vi prende a tutti quanti?» sbottò Philip. «Perché l'hai baciato?» chiese ad Arizona.
Lei fissò il medico, «Mi ha raccontato la sua infanzia...» pigolò lei, «Ed è stata così triste... e credo che non l'abbia mai detto a nessuno.» continuò corrugando la fronte nell'ultima parte. «Mi dispiaceva per lui e... e...» si fermò e inspirò a fondo.
Philip scrollò le spalle, come se fosse stato soddisfatto della risposta. Logan, invece, non lo era. Stava guardando Arizona con cattiveria, «Ti dispiaceva? Ti dispiace?» domandò.
Arizona strinse le spalle e continuò a morsicare l'unghia dell'indice sinistro, «Io lo capisco.» borbottò. «Io e lui... abbiamo un passato simile.» disse e lo guardò.
«Tu non sei come lui.» disse Logan.
Mike aprì la bocca per parlare ma si udi un rumore, un colpo secco, come se fosse caduto qualcosa — o qualcuno — sul pavimento.
Philip e Mike si precipitarono nella stanza di Shane, a un paio di metri di distanza. Arizona cercò di seguirli ma fu bloccata da Logan. «Dove pensi di andare?»
«A vedere come sta.» rispose lei, spostandosi di lato per poter passare.
«No.» fece il ragazzo, «Arizona...» sospirò prendendole le mani.
Lei si divincolò e arrivò sulla porta, fissò Mike e Philip che sistemavano Shane, privo di conoscenza, sul letto.
«Arizona... perché?» domandò Logan. «Lui... è il nemico.»
Lei si girò e socchiuse gli occhi, «Anche tu mi hai baciato.» sbottò e non notò che Jim era sbiancato e poi arrossito. «Quindi non fare l'innocente, perché non lo sei.» gli ricordò ed entrò nella camera mentre Philip lo collegava a un monitor. «Come sta?»
«È solo svenuto.» rispose Philip, si fece passare lo sfigmomanometro da Mike e misurò la pressione al ragazzo. «Dev'essere stata l'emozione.» aggiunse, «Sapete com'è, quando ti rovesciano addosso cose importanti come se fossero gli ingredienti di una crostata...» disse e scoccò un'occhiata a Logan, «È normale sentirsi male.» esclamò.
Arizona fissò il viso di Shane, le guance bagnate dalle lacrime e si sentì male per lui. «Perché gliel'hai detto?» domandò a Logan.
«Già, perché?» fece Jim, «Eravamo d'accordo che glielo avremmo detto con calma, quando avremmo avuto più informazioni.»
Logan strinse le labbra, «Ero incazzato, ecco.» disse, «Lui non merita questo.» indicò la stanza.
«Tu non sai la sua storia.» replicò Arizona guardando Shane.
«Oh, sì.» fece Logan, «Quella che lo ha rapito era mezza matta e lo teneva in casa, lo rinchiudeva nell'armadio e lo picchiava con il mattarello...»
«E tu hai avuto il coraggio di dire che si meritava di sentire tutta la storia, così, come se fosse una barzelletta?» domandò Mike. «Ogni tanto sei idiota.»
Logan sobbalzò. «Voi non capite.» disse.
«Arizona ti piace. A lei piace Shane. A lui piace lei.» snocciolò Philip, «Tu sei solo geloso.»
Gli altri tacquero poi Cressida mormorò che andava in bagno, Jim sospirò che suo figlio ogni tanto era veramente sciocco.
Arizona, invece avvampò, ma non riuscì a staccare gli occhi da Shane. Sentì Logan respirare rumorosamente dietro di lei e, quando vide il grafico del battito regolare di Shane, si voltò, oltrepassò Logan e andò in salotto, lasciandosi cadere sul divano.
«Okay, gli idioti mi hanno detto che probabilmente ci sono altri muta-forma in città, oltre a Marie, ma non sanno chi siano o in che cosa mutino.» esordì Jason, apparendo dalla porta che conduceva al piano sotterraneo. Il soldato si guardò attorno, confuso. «Che succede?» domandò.
«Arizona ha baciato Shane...» rispose Jim.
«Cosa?» fece l'altro.
Jim alzò le spalle, «Logan ha litigato con Shane e gli ha detto la verità sui suoi genitori.»
«Cosa?» ripeté Jason, «Perché?» domandò mentre Arizona affondò la faccia nel cuscino.
«Perché mio figlio e stupido.» disse Jim, «Ogni tanto non riesce a tenere a bada il testosterone... e gli ormoni.» sospirò.
Jason li fissò, più sorpreso che arrabbiato. «Perché?» borbottò.
Jim alzò le spalle, «Chiedilo a lui.» rispose e Logan sbuffò.
«Shane?» domandò l'altro e Logan sbuffò un insulto, «Come l'ha presa?»
«È svenuto.» rispose Jim.
Jason si limitò ad alzare gli occhi e a borbottare qualcosa d'incomprensibile e si allontanò. Arizona si alzò e andò in cucina, riempì un bicchiere d'acqua e lo svuotò in un paio di sorsi.
«Arizona...»
Lei si voltò piano e fissò Logan. «Che c'è?» domandò brusca.
«Io... volevo solo...» Logan sospirò e infilò le mani in tasca, «Perché?»
Lei scrollò le spalle e riempì di nuovo il bicchiere. «Non lo so.» rispose, «È successo e basta.»
«Non mi basta.» esclamò Logan. «Arizona... io voglio una spiegazione.» pretese, «Una che abbia senso.» disse, «Sempre che questa storia un senso ce l'abbia... perché a me sembra tutto un gran casino pieno di stronzate.»
«Non lo so.» disse lei, «Logan, sul serio...» sospirò e riempì di nuovo il bicchiere. «Sai che lui mi diceva sempre che eravamo simili... no?» domandò, «Ecco, io prima gli ho chiesto il perché e lui mi ha raccontato la sua storia.» continuò, «E io... io mi sono sentita male per lui, lo immaginavo bambino, solo, senza amici, con una madre paranoica, iper protettiva e fuori di testa...»
«Voi non siete simili.»
Lei lo fissò, guardò il bicchiere e bevve, «Invece sì, che ti piaccia oppure no.» sospirò. «Io e lui ne abbiamo passate tante, prima che qualcuno ci salvasse.» disse, «Se fosse lui, quello salvato da tuo padre?» domandò, «Se ci fossi stata io, al suo posto?»
«Non dire stronzate.»
«Infatti non le dico.» sbottò lei. «Tu hai sempre vissuto con la tua bella famiglia e nessuno ti ha mai trascinato da uno strizzacervelli quando avevi dieci anni.» ringhiò, «Guarda che sono io quella con la madre che la odiava perché sono una strega e lei no, eh.» disse, «Quindi evita di dire che io non sono simile a Shane, altrimenti ti do un cazzotto da farti piangere tutta la notte.» aggiunse, finì di bere, lasciò il bicchiere nel lavandino
Logan la seguì per le scale. «Ma lui è cattivo!»
Arizona si bloccò e si girò con così tanta violenza che Logan barcollò e si aggrappò al corrimano per non cadere. «Lui sarà cattivo, ma almeno non è stronzo come te.» disse, «Almeno lui non butta in faccia alla gente il suo passato come una valanga di merda.» aggiunse e si voltò, «Buonanotte.» disse e andò in camera sua, chiudendosi la porta alle spalle. SI appoggiò contro e sospirò, pensando che quella giornata fosse la peggiore da quando aveva incontrato Shane, due sabati prima.
Si trascinò sul suo letto e si sdraiò, si raggomitolò e scoppiò a piangere.

***

Arizona aprì gli occhi e li richiuse quando una fitta alla testa la travolse come un treno in corsa. Inspirò a fondo e li riaprì, più lentamente, e fissò la stanza buia per qualche secondo, poi si voltò e guardò la sveglia. Erano quasi le quattro e mezza di mattina. Si alzò e Cressida che dormiva, così, in silenzio, uscì dalla camera, scese al piano di sotto ed aprì piano la porta di Shane.
Lo vide dormire, preda di un sonno agitato. Si avvicinò e lo osservò alla luce tenue della lampada; sfiorò il suo viso e ritrasse le dita bagnate di lacrime. Arizona sentì un'ondata di tristezza travolgerla e si appoggiò al letto, sfiorò la testa del ragazzo e sorrise quando lo vide calmarsi. Spinse piano la sedia accanto al letto, si sedette, prese la mano di Shane e intrecciò le dita con quelle di lui e sobbalzò quando lui le strinse la mano. Sorrise, chiuse gli occhi e si riaddormentò.

Ormai mancano due-tre capitoli alla fine! Spero che qualcuno lasci una recensione recensioncina reecensionuccia.
Okay, ormai ci siamo (quasi) lasciati alle spalle la storia della magia, per passare a "Beautiful" xD Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Intanto leggetevi questo prologo, è sul mio blogger Prologo In The End, presto (fra un paio di mesi, quando avrò scritto almeno metà dei capitoli) la posterò su EFP.

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 04:30 - 03:00 ***




Capitolo 23
04:30 - 03:00

Arizona sbatté le palpebre e si svegliò quando la porta della stanza di Shane si aprì. Guardò Jim che la osservava, sorpreso. «Come sta?» domandò lui.
Lei fissò il ragazzo, la sua mano in quella di lui, il torace che si abbassava e alzava regolarmente. «Bene.» rispose, «Credo.» Jim sorrise, «Vuoi fare colazione?»
Arizona annuì e fece un piccolo sbadiglio, «Uhm, sì.» disse lasciando la mano di Shane e stiracchiandosi i muscoli indolenziti della schiena — dormire su una poltroncina, per quanto comoda fosse, non era come riposare in un letto vero —, «Vado in bagno e arrivo.»
Jim fece un cenno con la testa e socchiuse la porta mentre Arizona si alzava.
La ragazza guardò Shane e gli sfiorò il viso con due dita, portò una ciocca di capelli dietro le orecchie e si chinò, sfiorò con le labbra la fronte dell'altro. «Mi dispiace.» sussurrò, dispiaciuta per quello che era successo la sera prima, di certo non si sarebbe mai aspettata che qualcuno — specialmente Logan — la spiasse mentre baciava Shane e non avrebbe mai pensato che il suo amico fosse così pieno di odio, astio e rancore nei confronti di Shane: dopotutto lui l'aveva protetta, permettendole di sparare a quella donna e salvarsi e salvare sia Shane che Logan. Arizona sospirò, sfiorò un'ultima volta il viso di Shane e uscì.
Dieci minuti dopo entrò in cucina, si sedette sullo sgabello e posò i gomiti sul ripiano.
«Latte e cereali o yogurt e cereali?» domandò Jim, «O uova e pancetta?»
«Yogurt e cereali.» rispose lei.
Jim sorrise e le mise davanti una confezione di cereali con pezzi di cioccolato — era la sua marca preferita, quella, con pezzetti di cioccolato bianco, al latte e fondente — poi prese una bottiglia di yogurt da bere dal frigo, una tazza bianca con un Topolino — quello degli anni Trenta, con le braccia e le gambe lunghe, i calzoncini rossi con i bottoni gialli — disegnato sia all'interno che all'esterno e un cucchiaio.
«Dopo posso andare a casa?» domandò e fissò la sveglia, sorprendendosi che fossero appena le sette e mezza del mattino, «Avrò la cassetta della posta strapiena.»
Jim annuì mentre buttava delle arance nello spremiagrumi, «Sì, direi che è possibile.» rispose, «Però vai con Mike e Logan.»
Arizona girò il cucchiaio nello yogurt, «Va bene.» disse e versò i cereali nella tazza. Capiva perché Jim voleva che Mike andasse con lei, dopotutto neppure lei era felice di andarsene in giro da sola, dopo l'incontro con Marie. Non sapeva se avrebbe retto a un nuovo faccia a faccia con un altro muta-forma. Mentre infilava il cucchiaio pieno di yogurt in bocca si chiese perché dovesse venire anche Logan.
«Logan è molto stupido, ogni tanto.» commentò Jim. «Lo fa solo perché è protettivo.» aggiunse sistemando due strisce di bacon su un piatto. «Anche se ogni tanto esagera...»
Arizona annuì, con la bocca piena e osservò Jim riempire una caraffa con il succo delle arance. «Lo so.» borbottò, «Ogni tanto però, tipo ieri sera, mi viene voglia di dargli uno schiaffo da fargli girare la testa come una trottola.»
Jim rise, «Già, ogni tanto Logan fa uscire dai gangheri.»
«'Giorno.» sbadigliò Mike entrando in cucina, indossava un paio di jeans tagliati al ginocchio e una maglia nera con il logo dei Rolling Stones stampato sul davanti. «Uh, yogurt e cereali...» commentò osservando la colazione di Arizona, «Li prendo anche io.» disse e si mosse come se fosse a casa sua, prendendo una tazza, il cucchiaio e un bicchiere dai mobili, aprendo gli sportelli e i cassetti con sicurezza. Si riempì il bicchiere di succo e si sedette accanto ad Arizona.
«Dopo vai con lei, deve passare da casa a controllare la posta.» disse Jim.
Mike annuì mentre versava lo yogurt nella tazza, «Okay.» esclamò, «Devo passare dalla centrale a controllare quei deficienti.» aggiunse, poi si rivolse alla ragazza, dicendole: «Mi aiuti a spaventarli?»
Lei annuì con la bocca piena.
«Viene anche Logan.» informò Jim.
Mike alzò gli occhi al cielo, poi sbuffò, «Bhe, meglio con noi che qui, altrimenti sarebbe capace di ucciderlo.» commentò, riferendosi a Shane.
«Chi ucciderebbe chi?»
Arizona irrigidì la schiena nel sentire la voce di Logan.
«Dopo andiamo a casa di Arizona, poi passiamo dalla centrale.» disse Mike, «E tu vieni con noi, prima che m'ammazzi Shane.»
Logan si sedette accanto al padre, di fronte a Mike, «Lo farei volentieri.» mugugnò, si alzò e cosse altro bacon e due uova. «Quello...»
«Lui ha salvato Arizona e ha la pietra.» sbottò Mike, «È forte e ci serve una persona come lui.»
Logan strinse le labbra ma non disse nulla, così si limitò a mettere la sua colazione su un piatto e andò a sederi accanto a suo padre. «Non mi fido di lui.» ripeté.
Mike alzò gli occhi al cielo e Arizona si concentrò sulla sua tazza ne raschiò le pareti con il cucchiaio, staccando pezzi di cereali e cioccolato. «E io non mi fido a lasciarvi nella stessa casa senza supervisione.» replicò Mike, «Siete peggio di due bambini dell'asilo.» Logan sbuffò mentre tagliava il bacon. «Come vuoi.» borbottò.
Arizona lo guardò appena, sentendo la testa dolerle, e finì di mangiare, desiderando andare da Shane e spiegargli perché non gli aveva raccontato nulla e che non sapeva che Logan li stesse spiando. E che avrebbe voluto baciarlo i nuovo.

«C'è odore di chiuso.» commentò Mike appena Arizona aprì la porta di casa.
«Ma dai?» fece lei, «Saranno dieci giorno che non vengo.» disse ed entrò, accese la luce e sospirò nel vedere la stanza illuminarsi. Lasciò cadere la posta sul divano e aprì le finestre e spalancò le imposte, fece lo stesso in bagno e nella sua stanza. Mentre controllava la posta Mike andò in bagno.
«Perché lo difendi?»
Arizona alzò il viso dalla pubblicità che aveva in mano e guardò Logan. «Perché lui ha difeso me.» rispose capendo che Logan si riferiva a Shane. «E, salvando me, ha salvato anche te.»
Logan sbuffò e si spostò dal bancone della cucina, «Forse.» ammise, «Però è ancora uno stronzo che ha ucciso Carl e Neal davanti ai tuoi occhi, non dimenticarlo.»
«Infatti non lo dimentico.» replicò lei e aprì la busta proveniente dalla banca e corrucciò la fronte nel vedere il suo conto sempre più basso, «Dovrò ricominciare a lavorare.» mormorò, rivolta più a se stessa che a Logan.
«E allora perché lo hai baciato?»
Arizona inspirò e sistemò le buste sul tavolino, «Perché.. non lo so.» rispose, «Perché mi andava, suppongo.» disse e scrollò le spalle, si sentiva così esausta che voleva solo rannicchiarsi sul divano e dormire. «Oh, Logan... perché tu mi hai baciato?» domandò
Il ragazzo avvampò e indietreggiò di un passo, «Ecco... io... è che...» sospirò, «Perché volevo farlo.» ammise.
Arizona sospirò e sistemò le buste sul tavolino e si alzò in piedi, andò verso la cucina e aprì il frigorifero. Rimase in piedi qualche secondo, osservando l'interno vuoto e il mezzo limone ammuffito che la fissava di rimando. La ragazza sbuffò e chiuse l'anta.
«Ho chiuso la finestra del bagno.» esclamò Mike rientrando.
«Grazie.» esclamò Arizona e andò a chiudere le altre finestre, sospirò nel vedere il suo letto e desiderò tornarci, inspirò a fondo, afferrò la boccetta di profumo e se ne spruzzò un po' sul collo e sui polsi, poi uscì e tornò in salotto; «Andiamo?» fece agli altri che annuirono, spense le luci appena gli Logan e Mike furono fuori e chiuse la porta con due mandate.
Andarono alla centrale — si muovevano con l'auto di Mike ed entrarono nell'edificio, seguendo lo sceriffo nel suo ufficio.
Mike toccò il fianco di una libreria e quella scattò, aprendosi come una porta — e in effetti lo era — e scesero le scale, arrivando nei sotterranei.
Arizona passò davanti alle varie celle e riconobbe alcuni uomini della battaglia di qualche giorno prima, se ne stavano seduti sulle brandine, in silenzio.
«Venite.» disse Mike e Arizona lo seguì nella cella più lontana. Guardò dentro e riconobbe Martin. L'uomo che aveva salvato Shane e che lo aveva trasformato in un mostro. Arizona rimuginò sulle parole di Logan e si disse che forse aveva ragione. Logan aveva ucciso i loro amici davanti a lei, senza preoccuparsi né per loro né per lei. Sospirò e si appoggiò al muro con la spalla destra e incrociò le braccia, fissando Mike che urlava e sbraitava contro Martin, che rimaneva lì, seduto, e guardava il soldato come se fosse un insetto fastidioso. Arizona strinse fra i denti il labbro inferiore accorgendosi che aveva la stessa espressione che Shane aveva avuto la sera prima, quando Logan lo aveva aggredito.
Mike colpì Martin diverse volte, alternando pugni e sberle a incantesimi, ma il prigioniero incassò tutti i colpi senza dire una parola.
«Arizona.»
La ragazza sobbalzò, nel sentirsi chiamare. «Sì?» fece.
Mike le fece un cenno con la mano e lei avanzò verso di lui, «Colpiscilo.» ordinò, «Fai il tuo giochetto.»
Lei annuì e chiuse gli occhi per un secondo, quando li riaprì la sensazione ormai familiare la riempì, scorrendo sulla sua pelle e sotto di essa.
Scaricò una serie di colpi contro Martin, colpi sempre più forti e veloci, fino a quando non si ritrovò ad ansimare, allora smise, si scostò i capelli dalla fronte e guardò Martin. «Porca...» mormorò quando si accorse di avergli causato poco più di qualche scottatura.
«Merda.» sputò Mike. «Vuoi parlare?» gridò e Martin alzò le sguardo e fissò l'altro, in silenzio e un'espressione imperturbabile sul viso. «Sai che Shane è con noi?» domandò Mike e Martin si limitò ad alzare il sopracciglio sinistro, «E sai che Logan» continuò Mike e indicò il ragazzo, appoggiato alle sbarre della cella, «non vede l'ora di spaccargli la faccia?»
Il sopracciglio di Martin si abbassò e lui riprese la sua solita espressione.
Arizona sbuffò e desiderò spaccare la faccia di quell'idiota.
«E sai che il tuo pupillo ha la pietra?» ghignò Mike e Arizona sobbalzò, preoccupata. Non pensava che avrebbe detto una cosa del genere, era convinta che lo avrebbero strapazzato un po', giusto per fargli dire qualcosa o dargli fastidio.
Martin fissò Mike e schiuse le labbra. «Cosa?» fece, «Che hai detto?»
Mike sorrise, «Oh, sì, hai capito bene.» disse, «Shane ha l'opale.» esclamò, «L'ultima pietra.» disse. «Ed. È. In. Mano. Nostra.» scandì parola per parola. «È dalla nostra parte ora.»
Rimasero in silenzio per qualche istante, poi Martin scattò: si alzò in piedi e cercò di colpire Mike, ma il soldato indietreggiò, evitando di venire essere colpito.
Arizona reagì d'istinto: alzò le braccia e scagliò i fulmini ametista contro Martin, prendendolo in pieno viso, e sobbalzò quando i fulmini si avvolsero sul viso del nemico, attorcigliandosi su di lui come sinuosi serpenti.
Martin gridò e si portò le mani al viso e i fulmini si avvolsero anche attorno alle sue mani, stringendosi sempre di più. Martin annaspò e aprì la bocca alla ricerca d'aria, poi, quando i fulmini scomparirono con un luccichio violetto, l'uomo si accasciò a terra.
«È svenuto.» commentò Mike tastando il collo di Martin. «Bel lavoro, Arizona.»
Lei fece un mezzo sorriso, «Ehm... grazie.» disse, sorpresa di quello che era successo.
Martin si riprese e boccheggiò, si misi a carponi e tossì.
«Andiamocene.» esclamò Mike, «Controllalo.» ordinò a quello che aveva l'aria di essere un secondino, attese che Arizona e Logan fossero al suo fianco e chiuse la cella.

Arizona si lasciò cadere sul divano della casa di Logan, «Quand'è che posso tornare a casa?» domandò.
«Mai.»
«Presto, fra un paio di giorni.»
Prima Logan e poi Jim.
«Mettetevi d'accordo.» borbottò Mike.
«È meglio che rimanga qui.» protestò Logan.
«Ancora un paio di giorni, finché non ci saremo accertati che sia tutto abbastanza nella norma.» esclamò Jim fissando prima suo figlio e poi Arizona.
«Mentre voi decide io vado a prendermi dell'acqua.» borbottò Mike.
«Ma qui rimane al sicuro!» esclamò Logan.
«Qui c'è Shane.» disse Jim e sorrise mentre Logan si lasciava cadere sul divano.
«Uff...» sbuffò il ragazzo. «Che palle.»
Arizona si ritrovò a sorridere, «Io vado in bagno e poi ripasso un po'.» annunciò e si alzò ma, una volta uscita dal bagno, andò in camera di Shane.
«Ma non si bussa?» borbottò il ragazzo, seduto sul letto, le braccia strette attorno alle gambe.
«Scusa.» fece lei entrando, chiuse la porta e si avvicinò al letto. «Mi dispiace per ieri sera.» disse, «Ti senti meglio?» chiese e indietreggiò quando lui la guardò.
«Perché non mi hai detto nulla?» domandò lo stregone.
Arizona sospirò, «Perché non ero io a dovertelo dire.» rispose e si mosse in avanti, arrivano a toccare il fondo del letto con la mano, «Mi dispiace, non avevo idea che Logan ci stesse spiando...»
«È uno stronzo.» sputò Shane. «È solo geloso che tu hai baciato me e non lui.»
«Anche lui mi ha baciato, se proprio vuoi saperlo.» sbottò Arizona incrociando le braccia al petto.
Shane la fissò e scoppiò a ridere, «Lo-Logan ti ha baciato?» squittì, fra una risata e l'altra, «Oh, questa sì che è bella!» commentò.
«Non sei divertente.» protestò Arizona e si sedette sul letto, lontana da Shane. «Lui è solo un amico, per me.» borbottò, «È praticamente... mio fratello!»
Shane smise di ridere e alzò le sopracciglia, «Non hai paura?» domandò, «Non hai paura che ci spii, di nuovo?»
Arizona aprì la bocca per parlare ma la richiuse per poi scrollare le spalle. «Bha.» borbottò, «Sono affari suoi se spia.» disse, «Lo sanno tutti che se si spia si scoprono cose che non si vorrebbe mai sapere.» aggiunse.
Shane gattonò fino a lei e le posò le mani sulle spalle. «Oh, bhe.. sì.» fece, «Hai ragione.» disse e massaggiò le spalle della ragazza e Arizona rimase così sorpresa da quel gesto che non seppe cosa dire o fare, così rimase immobile mentre il ragazzo continuava il lento massaggio. «Comunque... non preoccuparti.» aggiunse dopo qualche secondo di silenzio, «Non sono arrabbiato perché tu non mi hai detto nulla, sono arrabbiato perché quello stupido me l'ha buttata addosso così, come se fosse acqua.»
Arizona aprì gli occhi e inspirò piano. «Lo hanno sgridato tutti per questo.» soffiò.
«Se mia ma- cioè quella donna,» si corresse Shane, «mi ha rapito appena nato è perché voleva disperatamente un figlio... ma fare come una persona normale no? Poteva uscire, conoscere uno e farci un figlio. Oppure ficcarsi nel primo locale pieno di uomini della serie “basta che respiri”.»
«Magari non riusciva a rimanere incinta o a portare a termine la gravidanza.» mormorò Arizona e chiuse di nuovo gli occhi, godendosi il calore delle mani di Shane sul suo corpo.
«Già.» soffiò lui e posò il naso contro la spalla di Arizona, «Già.» ripeté, «In ogni caso il perché non cambia le cose.» mormorò, «Chissà, magari se non mi avesse rapito non ci saremmo mai conosciuti...» disse.
«Forse.» sospirò Arizona. «O forse sì, chi lo sa.»
Rimasero in silenzio per qualche istante, poi la porta si aprì e apparve Mike, «Il pranzo è quasi pronto.» annunciò.
«Arrivo.» disse Arizona.
«Uhm, okay.» ridacchiò Mike osservandoli, posando lo sguardo sulle mani di Shane posate sulle spalle di Arizona. «Per fortuna Logan sta aiutando in cucina, altrimenti...» disse e se ne andò.
Arizona rimase in silenzio e sospirò.
«Meglio che tu vada.» soffiò Shane e le baciò la spalla, «Me lo porti tu il pranzo?» chiese.
Arizona voltò il viso e si ritrovò quello di Shane cosi vicino al suo che avrebbe potuto sfiorarlo con il naso. «Non so.» rispose guardandolo, «Io vado...» aggiunse e si alzò in piedi, guardò Shane e sorrise. «Ci vediamo dopo.» mormorò e uscì dalla stanza.

Arizona si alzò dal letto sul quale stava leggendo i suoi appunti e uscì dalla stanza, diretta in cucina per uno spuntino. Non era stata lei a portare il pranzo a Shane, ma Jim.
Camminò lungo il corridoio e si bloccò quando passò davanti alla stanza matrimoniale. La porta era socchiusa e lei sentì la voce di Logan; si bloccò e rimase ferma ad ascoltare.
«Non riesco a capire il perché.» sospirò il ragazzo, «Perché lui e non io?» domandò.
«Non lo so.» rispose Lana.
«Perché lui le piace così tanto?»
«Sarà il fascino del ragazzo ribelle.»
«Lui non è ribelle, è deficiente.»
Lana rise, «Non fare così.» sospirò, «Se ad Arizona piace Shane non puoi farci nulla, tesoro.»
«Ma se lei si mette con... quello,» ringhiò Logan, «Io non voglio più che sia mia amica.»
«Non dire così, tesoro.»
«Bhe, io non voglio un'amica che sta con un tizio del genere.»
Arizona si allontanò, in silenzio, dicendosi che sì, “Lo sanno tutti che se si spia si scoprono cose che non si vorrebbe mai sapere.” Tornò in camera dicendosi, che qualunque cosa avrebbe fatto, qualsiasi strada avrebbe intrapreso... qualcuno avrebbe sofferto. Si lasciò cadere sul letto e scostò gli appunti, si aggrappò al cuscino e rimase lì, ferma, ad aspettare le lacrime che non arrivarono.

***

«Okay, sei incazzata con me.» esordì Logan, avvicinandosi ad Arizona. «Però potresti anche evitare di evitarmi.»
Lei lo fissò, «Non ti sto evitando.» replicò, «Sono impegnata, ecco.»
Logan inspirò a fondo, «A me non sembra.» commentò.
Arizona finì di condire l'insalata. «Pensala come vuoi.» disse e sistemò la bottiglia di olio nel mobile, afferrò le due grandi forchette di plastica e girò l'insalata.
«Quindi mi parli, adesso?» domandò Logan.
«Sì, basta che smetti di fare lo stronzo con il testosterone a mille.» rispose Arizona, «Perché sono stufa che tu ti preoccupi per quello che potrebbe fare Shane.»
Logan sbuffò, «Lui non è-»
«Lui mi ha salvato la vita, stupido.» lo interruppe lei, «E so lo capisci subito è meglio, altrimenti va a finire che m'incazzo sul serio e non ti parlo più veramente.» sbottò e gettò le posate nel lavandino.
«T'importa così tanto di lui?» esclamò Logan e Arizona intuì che si stesse arrabbiando. «T'importa così tanto da dimenticare cosa ci ha fatto?»
Arizona sospirò e pensò a quello che aveva sentito quel pomeriggio. «A te non importa che mi abbia salvata?» replicò e coprì la ciotola dell'insalata con uno strofinaccio giallo. «Dovrebbe importarti, invece.» esclamò, poi si allontanò e andò di sopra, dove si fece una doccia prima di cena.
Cena che ad Arizona sembrò durare un'eternità. Lei e Logan non parlavano, mentre gli altri chiacchieravano di argomenti vari.

«Perché deve portarla lei?» protestò Logan, «Posso portarla io, la cena, a quell'imbecille.»
«Saresti capace di pisciarci dentro o di versarci del veleno.» commentò Mike prendendo una bottiglia d'acqua da mezzo litro dal frigo, «E noi vogliamo evitare.» aggiunse e ignorò Logan che sbuffava alle sue spalle.
Arizona li ignorò e portò la cena a Shane. «Potrò mangiare con voi oppure sono relegato qui per sempre?»
Lei scrollò le spalle e posò il vassoio sul tavolo. «Ah, non chiederlo a me.» rispose, «Domandalo a Jim, è casa sua.»
Shane le sorrise e si sedette al tavolo, iniziò a mangiare lentamente. «Non mi piace mangiare da solo.» ammise, «A meno che non lo decida io.»
Arizona si sedette sul letto, «Uhm, sì, capisco.» disse.
I due rimasero in silenzio fino a quando Shane non finì di mangiare e andò a sedersi accanto alla ragazza.
Arizona pensò che fosse imbarazzante, quel silenzio, e che non aveva più quindici anni. Si passò la lingua sulle labbra e fissò Shane. «Allora...» fece.
«Allora...» mormorò lui, poi le prese il viso fra le mani e la baciò con dolcezza sulle labbra.
Arizona rimase sorpresa, poi si rilassò e gli circondò il collo con le braccia, stringendosi a lui.
Shane le baciò il collo e le spalle, poi tornò indietro e le sfiorò l'orecchio con le labbra, «Perché non rimani qui tutta la notte?» soffiò.
Arizona si scostò, «Sei impazzito?» squittì, «Santo Cielo, ci sono troppe persone in questa casa!»
«Uh, non sono così tanti.» soffiò Shane baciandole di nuovo il collo.
«Ah, no?» fece lei, mentre le mani di Shane scendevano piano sulla sua schiena, arrivarono fino al bordo della canottiera e la alzarono, «Jim, Lana, Cressida, Logan...» elencò, «Mike e poi c'è anche Jack e poi quei quattro nei sotterranei.»
«Uh, non sono tanti.» ripeté Shane senza smettere di baciarla. «Però, se t'imbarazza non insisto.»
Arizona aprì gli occhi quando Shane smise di baciarla. «Cosa?» mormorò girando appena il viso per guardarlo.
Lui le sorrise, «Ho detto che se t'imbarazza farlo con così tante persone attorno... va bene, non insisto.»
Arizona lo fissò e le sue labbra si schiusero in un sorriso, «Uh... grazie.» disse.
«Non è che sei vergine?» mormorò Shane baciandole la pelle dietro l'orecchio e posandole una mano sulla coscia.
Lei sbuffò e gli scostò la mano, «Sei un vero idiota, lo sai?» borbottò.
Shane rise e le baciò la testa, «E tu mi adori, vero?» domandò con un sorriso.
Arizona sbuffò e alzò gli occhi al cielo, «Quanto sei egocentrico.» sospirò e si alzò in piedi, si avvicinò al tavolo e prese il vassoio, «E comunque sì, sei okay anche quando fai l'idiota pervertito.» disse e poi uscì, mentre Shane ridacchiava.
Andò in cucina e sistemò i piatti sporchi nella lavastoviglie e pulì il vassoio con la spugna.
«Ma sempre io!» protestò Logan rientrando dal giardino, «Sempre io devo portare fuori la spazzatura.» si lamentò.
«Veramente ieri sera l'ho portata fuori io.» replicò lei e infilò il vassoio nel mobile.
«Eh, vabbè.» fece lui, «È lo stesso.» disse.
Arizona lo fissò, «Facciamo a turno.» gli ricordò, «Non è che la porti fuori sempre te, eh.»
«Sei rimasta un po' troppo, da Shane.» fece Logan.
Arizona lo fissò e incrociò le braccia, «Ancora?» fece, «Non molli...» sospirò e prese un respiro profondo, «Stavamo solo parlando.» disse.
Logan scrollò le spalle, «Facciamo finta che ti credo, eh.» replicò e fece un paio di passi avanti, superando la strega.
«Mi hai spiato di nuovo?» esclamò lei, «Logan!»
«L'hai spiata di nuovo?» domandò Mike.
«Io non ho spiato nessuno!» si difese l'altro agitando le braccia.
«Non ti ha spiato, credo che ti abbia preso per il culo.» osservò Mike.
Arizona alzò gli occhi al cielo e sbuffò, «Che palle.» commentò e salì di sopra.
«Non arrabbiarti.»
Arizona si voltò verso Logan, «Tu non prendertela più con Shane e io non mi arrabbio con te.» disse.
«Ma...» cercò di dire Logan ma fu interrotto da Arizona che alzò la mano destra.
«Ma un corno.» disse, «Senti, lui non ti sta simpatico, okay, posso accettarlo.» pronunciò, «Quello che non mi sta bene è che tu ti ostini a non ammettere che lui ci ha salvato.» disse, «Quindi vedi di smetterla di fare il cazzone, perché sono convinta che tu, al suo posto, avresti fatto lo stesso.»
Logan inarcò le sopracciglia, «Non credo proprio.» borbottò.
Arizona incrociò le braccia al petto, «Se ne sei convinto.» disse e sospirò, «Senti... tu sei il mio migliore amico.» esclamò, «E vorrei che la piantassi con questa storia, altrimenti sarò io a piantare il tacco della mia scarpa nella tua fronte.» disse.
Logan sospirò e si appoggiò al muro. «Perché non mi ascolti?» disse, «Shane è uno stronzo, fa tutto il carino con te per portarti a letto!»
«Lui mi ha salvato.» replicò lei, si voltò e tornò in camera sua.

***

Arizona camminò piano lungo il corridoio e scese le scale, andò in cucina e aprì la porta del frigo, trasse la bottiglia di latte e afferrò un bicchiere dal mobile.
Mentre sorseggiava il liquido bianco intravide Mike nel giardino, che fumava. Erano le tre del mattino e la casa era tranquilla e silenziosa. Troppo silenziosa. Arizona finì di bere e pensò che Logan era un completo idiota, con la sua ostinazione nel non ammettere che Shane l'aveva salvata. “Okay, Logan era svenuto, però lo sa che mi ha protetto.” pensò e finì di bere, sciacquò il bicchiere e lo lasciò nel lavandino.
Mentre tornava verso le scale udì un rumore, come se qualcuno stesse picchiando contro una porta. «Shane?» sussurrò e pensò che magari Logan lo avesse chiuso a chiave nella camera. «Shane?» sussurrò ancora.
Era ferma davanti alla porta che portava nei sotterranei quando quella si spalancò, uscendo dai cardini e finendo sul pavimento. Arizona gridò quando vide i quattro prigionieri davanti a lei.
Urlò più forte quando si accorse che non avevano le manette e che erano terribilmente incazzati.

Ormai la storia è finita!!!!! (perdonate i troppi punti esclamativi ma, ehi!, sono le mie note!)
Ancora due capitoli e anche questa storia sarà conclusa, dopo due anni. All'inizio mi sembrava molto, ma in fondo è praticamente un capitolo al mese...
In ogni caso, compreso questo capitolo ma togliendo i titoli dei capitoli e i sottotitoli la storia è di 73106 parole, spalmate su 155 pagine scritte in Georgia 14. Comunque il capitolo 24 è a buon punto (al momento sono a poco più di 900 parole!) conto di superare le 80k parole per questa storia.)
Okay, la smetto di sproloquiare e spero che mi lascerete un commentino! Grazie mille

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 03:00 - 22:30 ***




Capitolo 24
03:00 - 22:30

«Ma che cazz-» esclamò Shane uscendo dalla sua stanza stropicciandosi gli occhi, «Oh, cazzo!» gridò, «Arizona!»
La ragazza indietreggiò e raggiunse il divano, posò le mani sullo schienale e sentì lo stomaco attanagliarsi in una morsa, gli uomini avanzarono verso di lei e la strega indietreggiò ancora, finendo per ribaltarsi e cadere sul divano, rotolò dalla seduta al pavimento e strisciò sotto al tavolino.
Intanto anche Mike era arrivato, di corsa, gridando.
Jim si affacciò alla balaustra insieme alla figlia e sbiancò, «Cressida!» gridò, «Stai con tua madre!» disse e la spinse nella stanza.
«L'avevo detto che Shane era uno stronzo!» gridò Logan mentre Shane, che si stava avvicinando ad Arizona, venne spinto contro una parete.
La strega si raggomitolò e sperò che Mike tirasse fuori una pistola e facesse fuori quei quattro. Mike, purtroppo, venne spinto e cadde poco lontano da lei.
Anche Logan gridò quando il più basso dei quattro lo fece cadere dalle scale. E poi urlò anche Jim.
Arizona smise di piagnucolare e cercò di concentrarsi, dicendosi che non serviva a nulla stare lì, senza fare nulla. Stava per uscire da sotto il tavolino quando qualcuno lo sollevò e poi alzò anche lei, tenendola per il collo con la mano destra. La strega annaspò e cercò di graffiarlo e di usare i suoi poteri contro il nemico ma era tutto inutile, quello sembrava immune. Guardò Logan e lo vide in piedi, pietrificato, accanto a un mobile basso, dove sopra c'era una pistola. «Logan.» gracchiò, mentre quello continuava a tenerla sollevata — non stringeva, non cercava di soffocarla, la teneva e basta —, «Sparagli!» pigolò, «Sparagli.»
Logan però, non si mosse, rimase fermo. Fu Shane a muoversi: afferrò una sedia e la scaraventò contro l'uomo, colpendolo più volte, fino a quando la sedia si ruppe.
Quello lasciò andare Arizona che si accasciò a terra mentre Shane dava un pugno al suo aggressore.
«Stai bene?» domandò il ragazzo, lei annuì e tossì in risposta. Shane la strinse e guardò Mike e Jim, impegnati a tenere impegnati due degli uomini, quello che Shane aveva colpito era terra mentre l'ultimo colpì Logan.
«Come hanno fatto?» chiese Arizona e si accorse che tremava.
Non potevano liberarsi delle catene, non avrebbero potuto aprire la cella, non potevano uscire dalla cella: l'uscio era tappezzato da simboli magici, che impedivano ai prigionieri di uscire. E non credette neppure per un'istante alle parole di Logan. Shane non sapeva dove fossero le chiavi, e i lucchetti e le catene erano troppo resistenti per essere spezzati a mani nude.
Arizona gridò, quando l'uomo che l'aveva aggredita si alzò in piedi e fece volare Shane dall'altra parte della stanza. Lei gattonò fino a un mobile, spalancò la porticina ed entrò dentro, chiudendosi l'anta alle spalle. Nel piccolo spazio tastò il muro fino a quando non sentì un click. Aprì un'altra porticina ed entrò, scivolando nell'intercapedine del muro.
Avanzò nel buio, poi si fermò, si concentro e una piccola fiammella apparve. La ragazza si guardò attorno e continuò a gattonare, fino a quando non arrivò a un'altra porta, l'aprì, ritrovandosi dentro un altro armadio; scostò vecchi abiti e uscì, si alzò in piedi e si precipitò sull'armadio bianco di fronte a lei, aprì le ante centrali e si ritrovò faccia a faccia con le armi di Jim. Aprì un cassetto, alla ricerca della chiave per aprire la griglia di protezione. Dopo un grugnito rovesciò il contenuto del cassetto sul pavimento, trovò la piccola chiave in ottone, la strinse e aprì il lucchetto, che gettò sul pavimento. Recuperò da un altro cassetto una borsa di tela. Si legò i capelli in uno chignon disordinato, afferrò un paio di pistole, le caricò, poi le gettò nella borsa, insieme ad alcune scatole di munizioni. Dopo un secondo di tentennamento, afferrò altre due pistole. Guardò il grosso fucile per la caccia al cinghiale, indecisa se prenderlo. Le pistole le sapeva usare, un fucile no. Poi sentì grida, urla, rumori di legno che si spezzava e lo afferrò, cacciò dentro i proiettili, prese le munizioni e le aggiunse alle altre. Infilò una manciata di proiettili nelle tasche dei pantaloncini e le chiuse con il bottone a pressione. Tornò indietro, strisciando per l'intercapedine.
Ritornò indietro, arrivando al mobile di prima, lasciò la borsa con le pistole e i proiettili accanto a lei, tolse la sicura al fucile e con la canna spinse pianto l'anta della credenza. Davanti a lei si presentarono le gambe di uno dei quattro, e ad Arizona apparvero terribilmente muscolose anche se erano coperte dai jeans neri, le tremò un labbro mentre si accucciava meglio e strinse il fucile, posando l'indice del grilletto. Non aveva idea di cosa potessero fare quei proiettili, sparati a una distanza così ravvicinata — l'uomo era a massimo a una trentina di centimetri dalla canna — a una gamba ma, quando Arizona vide Shane crollare a terra, non ci pensò due volte: spinse il dito sul grilletto.
Il contraccolpo la fece sobbalzare e sbattere la testa contro il soffitto del mobile, guardò l'uomo a terra e ne vide un altro, pronto ad avventarsi contro di lei. Sparò ancora, poi uscì, si avvicinò a Shane e riuscì a trascinarlo dentro al mobile, lo spinse nel cunicolo, entrò anche lei, chiuse l'anta e si chinò su Shane. «Shane?» lo chiamò a bassa voce, «Shane? Mi senti? Come stai?»
«Mi ha colpito un orso?» borbottò lui portandosi le mani alla testa. «Dove siamo?» domandò.
«Dentro al muro.» rispose lei, si chinò su di lui e lo baciò sulle labbra, «Stai qui.»
Qualcuno prese a calci l'anta e Arizona urlò e Shane la strinse a sé, posandole una mano sulla nuca e l'altra sulla schiena. Arizona si sentì tirare e gridò, ma rimase aggrappata al fucile, «Il sacchetto!» gridò, «Prendi il sacchetto!» urlò mentre l'uomo a cui aveva sparato la sollevava come se fosse un gattino di due mesi. La strega urlò e gli calò in testa il calcio del fucile e lo colpì ancora, mirando alla nuca. Quello chiuse un attimo gli occhi e Arizona lo colpì di nuovo con il calcio del fucile, mirando il naso e strillò quando l'uomo mollò la presa e la fece cadere. Arizona rotolò sul pavimento e si fermò contro il muro, strillò quando si sentì sollevare ma era solo Mike. «Sparagli.» gridò lui e Arizona vide che aveva in mano la pistola, così ricaricò il fucile e sparò, cercando di mirare al petto. Il proiettile schizzò fuori dalla canna e colpì l'uomo al torace, poco sopra il pettorale sinistro.
L'uomo emise un basso ringhio e si strappò la t-shirt nera e poi si udì un rumore che Arizona riconobbe con un brivido: era lo stesso che aveva sentito quando Marie si era trasformata, ossa che scrocchiavano e panni bagnati che venivano sbattuti. Sentì le mani che cominciavano a sudare e il cuore che batteva all'impazzata. L'uomo ringhiò ancora, saltò e, quando fu davanti alla strega e Mike, si era trasformato in un gigantesco leone.
Arizona sentì la gola secca mentre guardava il grosso felino. Non aveva mai visto un leone così grande — anche se gli unici leoni che aveva visto erano quelli dello zoo di San Diego — e pensò che non fosse normale.
Arizona sparò di nuovo e il proiettile si conficcò nella coscia dell'animale che ruggì e alzò una zampa, gli artigli sguainati. Arizona fu tirata giù da Mike e rotolò di lato e strillò mentre puntava il fucile. Si muovevano tutti troppo velocemente e lei non era sicura di colpire uno dei nemici, la paura di colpire uno fra Mike, Logan, Jim e Shane le impediva di posare il dito sul grilletto. Afferrò il calcio del fucile e colpì la testa della bestia e poi fece l'unica cosa che le venne in mente: si girò e corse via, chiudendosi nel bagno accanto alla stanza di Shane. Chiuse la porta e andò in fondo alla stanza, inspirò a fondo e alzò il fucile, dicendosi che doveva sparare solo a chi ruggiva.
La porta sobbalzò un paio di volte, poi si scardinò e finì nella doccia, strappando la tendina azzurra con le balene blu.
Arizona strinse più forte il fucile e sparò due colpi in rapida successione, colpendo il leone sul viso. Il grosso felino scosse la testa e ruggì, poi la guardò, e avanzò di un passo e Arizona pensò che volesse mangiarla. Alzò di nuovo il fucile e fece fuoco ma il fucile scattò a vuoto.
«Merda.» imprecò e infilò una mano in tasca alla ricerca dei proiettili ma, prima che riuscisse a tirarne fuori almeno uno, il leone balzò verso di lei. Arizona gridò e si sentì spingere a terra, finendo con la faccia sul piccolo tappeto davanti al lavandino. Udì un urlo e si sentì gelare. «Shane!» gridò e vide il ragazzo riverso a terra, con la maglietta a brandelli e cinque profondi graffi sulla schiena.
Guardò il leone e gli scagliò contro i suoi “fulmini viola” ma quello reagì come se lo avesse colpito con una caramella. Spalancò le ante del mobiletto e incominciò a lanciare contro la bestia tutto ciò che le capitava sotto mano. Colpì il felino sul naso con un barattolo di crema idratante e approfittò dell'attimo di smarrimento del leone per ricaricare il fucile. Gli sparò ancora, colpendolo di striscio sul naso e sulla zampa anteriore destra. Il leone indietreggiò e lei sparò ancora due volte, ricaricò e sparò ancora, facendolo uscire dal bagno. Alzò una barriera magica al posto della porta. «Shane.» chiamò il ragazzo inginocchiandosi accanto a lui.
«Fa male.» mormorò il ragazzo.
Arizona lo fissò e ingoiò le lacrime e andò alla doccia, levò la porta e tornò da Shane, lo fece mettere in ginocchio e lo aiutò ad entrare nella doccia, sistemandolo con la spalla sinistra contro la parete, in modo da non fargli posare la schiena contro qualcosa. «Rimani qui.» gli sussurrò e lo baciò sulle labbra.
Uscì dalla piccola stanza dopo aver ricaricato il fucile. e rinforzò la barriera. Guardò nel salotto e deglutì quando vide il grosso lupo che girava attorno a Logan. Mike aveva steso uno ed era corso in aiuto di Jim, che stava combattendo contro l'ultimo.
Arizona afferrò il fucile e corse verso Logan, colpì la testa del lupo e poi gli sparò e quello si voltò verso di lei, emettendo un basso ringhio. La ragazza indietreggiò, spaventata e finì contro un mobile, sentì i soprammobili tremare per il colpo e strinse più forte il fucile, mentre Logan afferrò un pezzo di legno e colpì l'essere sulla schiena.
Il lupo si girò verso il ragazzo e Arizona sparò, mirando verso il basso: colpì la zampa posteriore sinistra e l'essere guaì perché il colpo gli portò via due dita.
Il grosso muta-forma voltò la testa verso la ragazza e ringhiò, Logan lo colpì di nuovo prima di cadere in ginocchio e Arizona vide che il ragazzo era ferito al bicipite — lo stesso del braccio ingessato —, deglutì, alzò il fucile e sussultò quando l'animale ondeggiò per qualche secondo prima di cadere a terra. Arizona lo fissò e si disse che quello era il momento giusto: alzò di nuovo il fucile e sparò, mirando direttamente alla testa. Strillò quando il proiettile entrò nel cranio dell'essere. Sparò ancora e un fiotto di sangue e cervella le sporcò il collo e la maglietta.
«Stai bene?» gridò a Logan.
Lui annuì, bianco come un lenzuolo, «No.» disse, «Mi ha graffiato un braccio.»
Arizona guardò il sangue e si sentì mancare. «Riesci a camminare?» gli chiese e Logan si alzò in piedi, la strega lo condusse nel bagno e, con uno strillo, lo spinse nella doccia insieme a Shane, mollò il fucile e afferrò la porta di legno e la spinse contro il leone.
La bestia graffiò il legno sottile che si spezzò fra le mani di Arizona, lei gridò e la lasciò andare, recuperò il fucile e cercò di colpire il leone in uno degli occhi perché il fucile era scarico. Il leone indietreggiò e Arizona intuì che stava solo giocando: alzò la barriera anche se sapeva che l'avrebbe indebolita, ricaricò il fucile e attese mentre annullava la barriera.
Il leone avanzò, piano, e fu davanti a lei. Arizona deglutì e si sentì mancare: Logan e Shane erano a un metro da lei, feriti e lei era sporca di sangue, ossa e materia celebrale di un muta-forma. Mike e Jim erano ancora lì con gli altri due, Cressida e Lana erano di sopra, chiuse in camera, terrorizzate. Inspirò un paio di volte e si mise in ginocchio, si concentrò e prese la mira: il proiettile uscì dalla canna e fu subito avvolto dai “fulmini viola” e, con una precisione che Arizona non credeva di possedere, si conficcò nell'occhio del leone, che ruggì prima di accasciarsi sul pavimento, in preda alle convulsioni, e il grosso corpo venne avvolto dai fulmini viola.
Arizona guardò il corpo del leone in preda agli spasmi, poi gettò un asciugamano sulla testa dell'essere, posò la canna contro la testa, vicino all'orecchio sinistro e sparò. Poi corse al gabinetto e vomitò.
Si pulì la bocca e il collo con un asciugamano e levò la maglietta, rimanendo solo con il reggiseno elasticizzato.
Tornò in salotto e rimase sorpresa: uno dei nemici si stava trasformando in quello che aveva tutta l'aria di essere un cinghiale non troppo grosso.
Arizona si guardò attorno, alla ricerca del tizio svenuto ma non lo trovò poi udì il sibilo: alzò la testa mentre i muscoli della schiena si contraevano con un brivido. Sulla ringhiera del piano di sopra si stava arrotolando una vipera. Arizona la guardò sparire e spalancò gli occhi quando si rese conto che stava dirigendosi verso la stanza di Lana e Jim.
Ricaricò i fucile, vide la borsa abbandonata in un angolo, recuperò una scatola di munizioni e la incastrò nell'estatico delle mutande, corse di sopra, saltando i gradini due a due.
Fissò la vipera e pensò che sarebbe stato facile ucciderla: non era troppo grossa, in fondo era lunga poco più di mezzo metro. Alzò il fucile e stava per fare fuoco ma la vipera alzò la testa e andò a sbattere contro la porta. Arizona pensò che fosse scema perché la porta era resistente e la vipera solo una piccola vipera. Invece la porta si spalancò e Lana e Cressida gridarono mentre il rettile strisciò nella stanza.
Arizona corse nella stanza e si bloccò sulla soglia: la vipera si era ingrandita, allargandosi e allungandosi, poi sentì Cressida mormorare un incantesimo mentre si stringeva a Lana. Arizona sparò al rettile ma quello evitò il proiettile con uno scatto proiettile. Arizona deglutì e provò di nuovo ma la bestia lo evitò di nuovo, poi mosse la coda e Arizona fu colpita alla gambe, cadendo e perdendo la presa sul fucile. Si rimise in ginocchio e guardò il serpente che scattava verso le due ragazze.
Inviò i suoi fulmini viola che avvolsero il serpente ma che non gli fecero nulla. Il rettile si girò verso di lei e fece scattare la lingua, Arizona gridò, recuperò il fucile e spiccò un salto, finendo in piedi sul letto, barcollò e si mise in ginocchio sul materasso, sentendo le grinze del lenzuolo sotto la pelle.
«Cos'è?» pigolò Cressida.
«Muta-forma.» rispose Arizona e gridò quando il serpente s'ingrandì ancora di più. «Merda.» disse e alzò il fucile, «Copri Lana.» si rivolse a Cressida, «Avere sangue e pezzi di cervello addosso fa vomitare.»
Il serpente fece saettare la lingua e Arizona sparò, colpendolo di striscio ma quello non ci badò e posò la testa sul letto come se fosse un cane che voleva il permesso per saltarci sopra. Arizona vide Lana piegare le gambe e Cressida aiutarla a tirarsi su, così la strega sparò ancora, mancandolo.
Arizona gli inviò contro alcune bolle di potere che lo colpirono, facendolo indietreggiare, Arizona continuò a colpirlo e sentì una barriera creata da Cressida alzarsi.
«Dove vai?» gridò alla giovane, vedendola correre via. Scosse la testa e sparò un'altra volta, mentre Lana tremava dalla paura. Arizona sperò che Lana non usasse nessun incantesimo altrimenti si sarebbe indebolita ancora di più.
Gettò la scatola delle munizioni e Lana l'aprì, passandone alcune ad Arizona che ricaricò il fucile. Il muta-forma riuscì a strisciare sul letto e Arizona strillò quando il serpente ebbe uno spasmo prima d'ingrandirsi. La ragazza calò il calcio del fucile sulla testa dell'animale un paio di volte, sperando d'intontirlo, senza successo, però. Così puntò il fucile e sparò ma il proiettile sibilò accanto alla testa del muta-forma e si ficcò nel materasso. Arizona sobbalzò quando sentì arrivare qualcuno ma era solo Cressida con in mano un grosso forchettone da barbeque. Arizona mosse il fucile, cercando di distrarre il serpente, dando il modo a Cressida di infilzarlo.
Il serpente mosse la testa su e giù, a destra e a sinistra, seguendo i movimenti del fucile. La bestia emise uno strillò quando Cressida la infilzò, mosse la testa e fece volare via il fucile dalle mani di Arizona che strillò. Cressida colpì ancora il serpente mentre Arizona afferrava il libro che Lana le stava porgendo e colpì la testa del muta-forma.
L'animale aprì la bocca e spruzzò un liquido vischioso e biancastro contro Arizona che ebbe appena il tempo di alzare le braccia per coprirsi il viso e il collo. La sua pelle cominciò a bruciare e lei iniziò a piagnucolare. Poi udi Jack gridare a Cressida di spostarsi e sentì il rumore di uno sparo.
«Come stai?» domandò Jason accorrendo al fianco di Arizona.
La strega abbassò le mani e si guardò le braccia e la pancia, guardò la pelle rossa a causa delle ustione e scoppiò a piangere, singhiozzando rumorosamente, «Brucia.» squittì fra le lacrime, «Fa tanto male.» continuò e si aggrappò a Jason, stringendosi forte a lui, senza smettere di piangere.
Sentì qualcuno che le posava una coperta sulle spalle e Jason che la sollevava per portarla nella sua stanza.
«Shane... Logan...» pigolò mentre il soldato l'adagiava sul letto.
«Li abbiamo trovati.» rispose lui, «Non preoccuparti.»
Arizona annuì e chiuse gli occhi mentre Jason le passava un fazzoletto di carta, poi l'uomo chiese a Jack di chiamare subito Philip e Carly. Arizona si sentì stanca e si asciugò gli occhi, poi sentì Lana strillare che non voleva stare in quella stanza con quel cose e che voleva cambiare materasso.
Arizona sentì qualcuno entrare nella stanza ma ormai era troppo stanca per badarci, così si addormentò.

***

Arizona si svegliò e guardò la sveglia sul comodino. Erano le quattro del pomeriggio, così si alzò e andò in bagno, mentre si lavava le mani si accorse che le avevano pulito il sangue dal viso e legato i capelli in una treccia morbida che in quel momento minacciava di disfarsi da un momento all'altro. Tolse l'elastico e cercò di alzare le braccia per sistemare i capelli ma una fitta la bloccò. Il fianco sinistro le faceva male, cercò di alzare la t-shirt verde marcio — e pensò che Carly l'avesse ripulita e vestita mentre dormiva — ma non ci riuscì.
«Sei sveglia.»
Arizona sorrise a Cressida, «Sì.» disse, «Mi scappava.» aggiunse, «Mi aiuti?» domandò e indicò la spazzola, «Mi fa male tutto il fianco.»
Cressida le sciolse la treccia, «Hai un bel livido che parte dal fianco e arriva alla spalla.» le disse e prese la spazzola, «Se ti fa male c'è l'antidolorifico.» aggiunse mentre spazzolava i capelli dell'altra.
«Avrei anche un po' di fame.» ammise Arizona. «Gli altri come stanno?»
«Ammaccati ma interi.» rispose l'altra e legò i capelli di Arizona in una coda bassa, «Andiamo che vedo di darti da mangiare.»
Scesero al piano di sotto e Arizona mangiò un paio di tramezzini, prese l'antidolorifico e andò da Logan che riposava nella camera degli ospiti — aveva ceduto la sua stanza a sua madre.
«Come stai?» domandò e si sedette sul letto.
Logan alzò le spalle. «Insomma.» disse e sospirò. «Philip mi ha tolto il gesso... dice che ormai il braccio è guarito grazie alle erbette magiche di Cressida e comunque quello stronzo me lo aveva perso a morsi.»
Arizona si limitò ad annuire, «Ho visto il salotto... è un vero casino.» disse.
Quando era passata per l'enorme stanza era rimasta sorpresa: il divano era pieno di graffi, così come le pareti e i mobili.
«Già.» sbuffò Logan. «Io pulisco il pavimento e quelli fanno un macello.» scherzò guardando la ragazza. «Domani papà andrà a comprare un nuovo materasso, nuove lenzuola, nuovi cuscini...» fece, «Mamma ha detto che lì non ci entra finché non è stato cambiato il materasso..»
«Nuova camera?» scherzò Arizona, «Bha, la capisco, sai?» disse, «Neppure io ci dormirei.»
«Mi dispiace.» esclamò Logan dopo una manciata di secondi di silenzio, «Io potevo... sparargli ma mi sono bloccato.» disse abbassando la testa, «E... Shane,» sospirò quel nome come se gli stesse rubando l'ossigeno «lui ti ha salvato.» disse, «Di nuovo.»
Arizona lo guardò e sorrise, «Non preoccuparti.» fece e gli strinse la mano, «Potava capitare a chiunque.» disse, «Io sono scappata a nascondermi in bagno...» esclamò.
Logan ridacchiò e si fece di colpo serio.«Non mi sono mai spaventato così tanto...» sospirò, «Forse perché è successo in casa mia...»
«Uno crede che la propria casa sia sicura e invece...» fece Arizona e sbadigliò, «Credo che l'antidolorifico stia facendo effetto...» borbottò, «Vado a fare un sonnellino.» disse, baciò la guancia dell'amico e tornò nella sua stanza. Andò nel suo letto e si sdraiò prona, addormentandosi quasi subito.
La ragazza si svegliò giusto per cena, mangiò insieme agli altri — ma Shane non c'era — che erano in silenzio. Arizona pensò che fosse normale dopo tutto quello che era successo.
Dopo mangiato Cressida le spalmò della crema sulla schiena, le spalle e il braccio sinistro e, dopo essersi lavata i denti, Arizona andò da Shane.
«Arizona!» fece lui e si mise seduto sul letto. «Come stai?»
«Ammaccata.» sopirò lei e si sedette sul letto, «Tu?»
«I graffi bruciano e non posso appoggiarmi con la schiena da nessuna parte.» rispose e posò la mano sulla spalla sinistra della giovane, «Che hai?» domandò quando lei sobbalzò.
«Un enorme livido.» rispose lei e Shane le alzò la maglia.
«Oh, è enorme.» mormorò, «Una bella botta.» disse e sistemò l'orlo della maglietta, poi scostò piano l'orlo del collo e sospirò, chinò la testa e sfiorò il livido con le labbra, posando baci delicati sulla pelle.
Arizona chiuse gli occhi e pensò che Shane non aveva detto nulla sul fatto che non portasse il reggiseno.
«Dormi con me?» soffiò Shane al suo orecchio.
Arizona aprì gli occhi e voltò piano la testa, «Sì.» rispose con un sorriso.
«Fai il giro del letto, così ti metti sul fianco destro.» mormorò Shane e le baciò velocemente le labbra.
«Perché?» chiese Arizona.
«Perché così, primo non ti fai male al braccio sinistro, secondo perché così riesci a vedere la televisione.» rispose il ragazzo.
Arizona fissò il mobile e vide la piccola tv. «Uh, okay.» fece, scese piano dal letto e ci girò attorno, per poi salirci di nuovo. Si sdraiò sul fianco destro e sorrise quando Shane la coprì. Il ragazzo iniziò e sfiorarle il braccio sinistro con la punta delle dita, facendole un lento messaggio.
Arizona inspirò a fondo e si rilassò sotto le carezze del massaggio di Shane.
Il ragazzo cambiò canale un paio di volte, poi si fermò, «Guardiamo questo?» domandò.
Arizona fissò lo schermo con gli occhi socchiusi e vide scorrere sullo schermo la sigla del programma “Come è fatto”, «Va bene.» mormorò con la voce assonata. «Mi hai salvato un'altra volta.» sussurrò.
«Eh, lo so.» fece lui, «Dovrai iniziare a pagarmi.»
«Idiota.» borbottò lei e tirò su il lenzuolo per coprirsi il seno.
«Tanto lo so che non hai il reggiseno.» le disse Shane all'orecchio. «L'ho notato appena sei entrata.»
Arizona aprì l'occhio sinistro e lo guardò, «Idiota pervertito.» borbottò prima di sbadigliare di nuovo e chiudere l'occhio.
Shane ridacchiò e le baciò il viso. «Lo so che mi adori.» mormorò, «Ari.»
Arizona non replicò nulla, limitandosi a stringere la mano di Shane.
Dopo svariate puntate del programma Shane si rese conto che stava sbadigliando un po' troppo e che Arizona dormiva profondamente, così schiacciò un tasto del telecomando e l'ora apparve sullo schermo e vide che erano le dieci e mezzo, così spense la tv, posò il telecomando sul comodino e baciò la fronte della ragazza, l'abbracciò stando attento a non farle male e chiuse gli occhi, addormentandosi anche lui.

Salve gente!
Nuovo capitolo! Ormai mancano sul serio pochi capitoli: il prossimo, in cui i nostri parleranno di quello che è successo, in cui ci sarà il confronto Logan-Arizona-Shane e... l'epilogo!
Esatto gente, ancora due capitoli e poi anche questa storia sarà finita! Io come sempre vi aggiorno dal paese accanto al mio, mentre sorseggio il mio bel cappuccino gelandomi il culo.
Ah, comunque presto (questo sabato) posterò una nuova storia di genere soprannaturale, è una mini long di quattro capitoli, sono già scritti quindi devo solo postarla!
Commenti?
Grazie!

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 -22:30 -23:45 ***




Capitolo 25
22:30 - 23:45

«Oh.» esclamò Jason aprendo la porta, «Oh.»
«Non voglio lo sciroppo...» borbottò Arizona poi aprì lentamente gli occhi e la prima cosa che vide fu la mano di Shane posata sul suo seno sinistro, la seconda fu Jason che li fissava a bocca aperta.
«Che c'è?» disse Shane aprendo gli occhi, poi aprì gli occhi, «Oh, Jason.» disse, «Ciao.» salutò.
«Io...» Arizona scostò la mano di Shane e si alzò di scatto, mettendosi seduta, «Io...» ripeté, «Io... ciao, Jason.»
«La colazione è pronta.» fece lui.
«Ah, sì?» disse Arizona, «Adesso arrivo.» aggiunse e infilò le ciabatte, poi corse fuori dalla stanza, in imbarazzo. Si chiuse in bagno, dicendosi che se fosse entrato Logan sarebbe stato molto più che imbarazzante, sarebbe stata una tragedia.
Dieci minuti dopo era in cucina e mangiava la sua colazione.
«Non lo dirò a nessuno.» annunciò Jason entrando in cucina.
«Non dirai... cosa?» chiese Mike, tagliò un pezzo di pancake e lo infilò in bocca.
«Che Arizona ha dormito con Shane.» rispose Jason e Arizona sentì le guance andare a fuoco.
«Che cosa?»
Gli altri — Arizona, Jason, Mike e Jim — si voltarono verso Logan.
«Hai dormito con Shane?» squittì Logan, «Perché?»
Lei abbassò la testa e inspirò a fondo... «Mi sono addormentata lì...» mentì.
«Ah.» fece Logan e si sedette di fronte a lei. «Okay.»
«Okay?» biascicò Mike, «Okay?» disse, «Solo okay?»
Logan alzò le spalle, «Bhe... sì, solo okay.» disse. «Se si è solo addormentata...»
Arizona tenne la testa bassa, fissando la sua tazza di yogurt e cereali e sperò che Jason non dicesse nulla su come aveva trovato lei e Shane, altrimenti sarebbe stato imbarazzante sul serio.
Dopo aver finito di fare colazione e aver inghiottito un anti-infiammatorio, si riunirono tutti in biblioteca e Arizona sobbalzò, quando si accorse che c'era anche Shane. Lentamente andò a sedersi fra Philip e Jason.
Fu Mike il primo a parlare, chiedendo: «Come sono usciti, secondo voi?»
«È stato Shane.» rispose Logan.
«Io?» fece l'interessato, «Ma se dormivo!» protestò, «E poi mica so dove sono le chiavi, eh.» disse.
«Secondo me è stato l'uomo-vipera.» disse Arizona.
«Era troppo grosso.» fece Jason.
«No.» replicò lei, «All'inizio era una vipera piccola...» disse, «Insomma, io posso correre senza stancarmi, Logan può teletrasportarsi, Shane è un cane da tartufo, Jason fa apparire le cose e Cressida è brava con le erbe. Tutto ciò è slegato dalla magia.» disse, «Non dobbiamo fare nessun incantesimo per attivare queste cose, le facciamo e basta.» continuò «E se quei quattro stregoni, invece di poter correre o fare chissà cosa, potessero trasformarsi?»
Mike annuì, «Sì, può essere.» disse, «Se simboli per bloccare i loro poteri non hanno funzionato contro la loro trasformazione può essere come dice Arizona.»
«E come?» chiese Logan.
«Bhe...» Arizona scrollò le spalle, «Quello è diventato una vipera, strisciando fuori dagli anelli che lo incatenavano, ha strisciato fino al corridoio, ha preso le chiavi che erano appese, è tornato indietro, ha aperto la porta della cella...»
«E tolto le catene agli altri.» finì Jason.
Arizona annuì, «Sì, sì.» disse felice che non avessero riso della sua idea, «Insomma la vipera era l'unico animale che poteva scappare facilmente dalle catene... insomma le manette alle mani e ai piedi erano più larghe di lei...»
«Bhe, però gli altri potevano farlo: magari gli anelli si sarebbero spezzati.» fece Logan.
«E sarebbero rimasti lì.» disse Shane, «Come potevano uscire dalla cella?» domandò, «Avrebbero dovuto trasformarsi in gorilla con la super forza per poter piegare le sbarre.»
«No, no.» disse Jim, «Quello che dice Arizona dev'essere giusto.»
«Anche perché il leone era molto più grande di uno normale, il cinghiale idem.» disse Mike, «Il lupo era l'unico normale.» aggiunse, «Mentre il serpente...»
«Che cosa mi ha sputato addosso?» domandò Arizona, «Acido?» chiese, «Bruciava da morire...»
«Probabilmente sì.» disse Philip, «Lo stanno ancora analizzando.»
Arizona annuì, chiedendosi appena chi lo stesse analizzando — e in fondo non le importava poi molto saperlo.
Venti minuti dopo sospirò davanti a una pila di libri, che le sembrò così alta che, se fosse crollata, avrebbe potuto seppellirla. Stavano cercando informazioni sui muta-forma: la loro storia, come riconoscerli prima che sia troppo tardi e come sconfiggerli senza ucciderli.
Arizona chiuse un libro e lo spostò a destra, sulla pila dei libri che aveva già sfogliato — quello era il terzo — e ne prese un altro, fissò un libricino cadere sul pavimento e sbuffò, prima di chinarsi e raccoglierlo. Lo osservò, fissando le pagine ingiallite e pensando che doveva essere vecchio. Posò il libro che aveva in mano e iniziò a sfogliare il libricino, dicendosi che, visto che era piccolo, lo avrebbe letto in fretta.
Così sfogliò le pagine, leggendo qua e là la scrittura in corsivo, piccola e tendente a destra, l'inchiostro scolorito in più punti. «Oh.» fece a un certo punto, mentre leggeva la terza pagina del libricino.
«Hai trovato qualcosa?» le chiese Mike.
«Non sui muta-forma.» disse lei e respirò profondamente, «La gente nasce strega. La gente nasce normale.» lesse, «La gente che nasce strega deve avere la sua pietra, tutte le streghe devono averla. La pietra è importante. Più importante è la strega che nasce nella luna piena, perché la pietra nasce con lei, nessuno deve darla alla strega.» continuò.
«Bhe... questo lo sapevamo già.» commentò Mike.
Arizona lo ignorò e andò avanti a leggere: «Se... e qui non si capisce cosa c'è scritto, per un paio di righe non si vede l'inchiostro. Poi continua con: servono dodici Streghe della luna piena, alternate, uomo e donna, dall'ariete ai pesci.»
«Ah.» fece Jim, «Di questo non so nulla...»
«Le streghe devono essere di un anno diverso, in ordine crescente, dal più grande al più piccolo. Gli anni devono essere consecutivi. Ciò darà la forza per...» Arizona girò la pagina e sobbalzò quando si accorse che il libro era finito.
«Per?» chiese Jason e si sporse verso di lei, «Merda... il libro è finito.»
«Come finito?» fece Mike e Arizona fece scivolare il libricino sul tavolo, lui lo prese e lo sfogliò, «Oh... merda.» imprecò. «Ne manca un pezzo.» disse.
«Che cos'è?» domandò Logan.
«Credo che sia un altro rituale.» disse Mike. «Un rituale in cui servono dodici persone, sei uomini e sei donne, una per ogni segno zodiacale, dal più piccolo al più grande.» continuò, «Credo che sia più potente del rituale dei Dark Shadow.»
«Loro volevano ucciderci.» commentò Logan e Shane alzò gli occhi al cielo mentre Arizona pensava che i livelli di testosterone si stava alzando pericolosamente.
«Dobbiamo trovare il resto del libro.» esclamò Mike, «Oltre alle informazioni sui muta-forma, ovviamente.»
Arizona sospirò e prese in mano il libro che aveva posato sul tavolo, sperando che trovassero presto tutte le informazioni che cercavano. Guardò brevemente Shane, vedendolo assorto nella lettura, molto più di Logan, constatò con stupore. Poi si ricordò che Logan era fuoricorso all'università, invece Shane era già laureato da un po'. Inspirò lentamente e riprese a leggere.

Erano quasi due ore che erano in biblioteca, a leggere libro dopo libro, più confusi di prima. Le informazioni che avevano trovato sui muta-forma erano poche e discordanti fra di loro, ad Arizona sembrò che le varie persone che avevano scritto quelle manciate di frasi non si fossero mai incontrate o che avessero deciso di smentire chi aveva scritto prima di loro solo per il gusto di farlo. E lei ci capiva sempre di meno. Più leggeva, più informazioni le entravano nella mente, aggiungendosi alle altre e mischiandosi con loro, creandole una grande confusione, un palloncino gonfiato così tanto che sarebbe bastato sfiorarlo per farlo esplodere.
Sospirò e chiuse l'ennesimo libro e sospirò, mosse le spalle e alzò un po' il braccio sinistro, sentendo una fitta che le partì dalla spalla e le arrivò fino al fondo schiena.
Cercò di rilassarsi ma senza successo, poi, quando pensava che si sarebbe alzata per andare a prendersi un antidolorifico, Jim disse che potevano fermarsi per pranzo, così Arizona si alzò e andò in bagno, dove mandò giù un paio di pillole con l'acqua del rubinetto.
Mentre si dirigeva verso la cucina si sentì afferrare per un braccio — il destro — e si voltò, piano, riconoscendo l'odore di Shane.
«Stai bene?» domandò lui.
Lei annuì, poi sospirò, «Mi fa male.» disse, «E tu?»
«Potrebbe andare meglio.» fece lui, «Magari, se mi dai un bacio, starò meglio.»
Arizona alzò gli occhi al cielo, «Sei un'idiota.» borbottò, «Sai, se stamattina ci avesse visto Logan e non Jason sarebbe stata una tragedia.» disse, «Sai, magari ti avrebbe sparato.»
Shane ridacchiò, «Oh, non credo.» disse, «Anche perché avrebbe visto anche te...»
«Cosa?» domandò Arizona, non capendo cosa le volesse dire Shane.
«Che io avevo la mano sul tuo seno, ma che lui non è rimasto... indifferente, se mi capisci...» le sussurrò lui.
Arizona avvampò e fissò Shane, «Tu... brutto pervertito!» sbottò.
Shane rise, «Guarda che è vero!» disse, «Non me lo sono sognato, quello che ho sentito sotto il palmo della mano...» aggiunse e alzò la mano sinistra, guardandola, «Se m'impegno posso ancora sentire il tuo ca- ahi!» fece quando Arizona gli diede un calcio sullo stinco destro, «Perché?»
«Perché sei un'idiota pervertito, ecco perché!» rispose lei, riuscì a liberarsi e se ne andò in cucina, sperando che il suo viso non fosse diventato rosso perché quello che stava dicendo Shane era vero.
Scosse la testa e si passò le mani sul viso, poi fece un passo nella cucina, «Serve una mano?» chiese e sperò che le dicessero di no.
«No, ce la caviamo.» rispose Philip e Arizona annuì, sollevata e andò in salotto, si lasciò cadere sul divano e posò la testa sullo schienale chiudendo gli occhi.
«Allora, dove eravamo rimasti?»
Arizona guardò Shane e provò l'impulso di dargli un ceffone. «A niente.» rispose. «Se t'azzardi a parlarne ancora giuro che ti eviro.»
Shane ridacchiò e si sistemò meglio contro il divano, evitando di appoggiarci la schiena. «Sai... a parte gli scherzi, anche se non scherzavo, prima, eh.» disse, «È stata la notte in cui ho dormito, dormito sul serio.» aggiunse, «Riesci a capire cosa intendo?» domandò sfiorando la mano di lei.
Arizona prese un lungo istante prima di annuire, «Sì.» soffiò, «È la stessa cosa per me.» ammise e fece un sorriso, sfiorò la mano di Shane e lo guardò, dicendosi che sì, quella notte aveva dormito, dormito sul serio, risvegliandosi riposata, tranquilla e felice, anche se imbarazzata per la mano di Shane sul suo seno. Ma anche quello era stato... piacevole. Arizona sorrise ancora e strinse la mano di Shane.

***

Arizona aprì gli occhi e si alzò piano dal letto. Dopo aver pranzato Jim aveva detto che potevano riposare un paio d'ore prima di riunirsi di nuovo in biblioteca e Arizona ne aveva approfittato: aveva mandato già un paio di anti dolorifici e si era messa a dormire.
Sbadigliò ed entrò in bagno — aveva le mani sudate e non lo sopportava, «Scusa.» disse vedendo Cressida che schiacciava il pulsante dello sciacquone.
L'altra sorrise, «Non preoccuparti.» esclamò e Arizona annuì mentre si avvicinava al lavandino.
«Gli altri?» domandò, spostandosi di lato per lasciar spazio a Cressida
«In biblioteca.»
«In biblioteca? Ma che ore sono?» domandò Arizona smettendo di sfregarsi le mani insaponate.
«Le cinque.»
«Le cinque?» squittì Arizona, «Sono in ritardo di tipo... due ore!»
«Non preoccuparti!» sorrise Cressida, «Papà ha detto di farti dormire.» disse «E comunque devo cambiarti la medicazione.»
Arizona annuì, si sciacquò le mani e le asciugò, «Allora ti aspetto in camera.» disse e uscì dal bagno, e tornò in camera dove, cinque minuti dopo, la raggiunse Cressida, che stese sul suo letto un grosso asciugamani.
Arizona si levò piano la maglietta e si sdraiò sul letto. Guardò Cressida che le toglieva i grossi cerotti dal ventre, e dalle braccia che aveva steso sopra la testa, le mani posate sui cuscini. La fissò mentre puliva le ferite con una garza imbevuta di chissà cosa — ma profumava di fiori, quindi si disse che non poteva essere un disinfettante comune — la vide mentre stendeva una crema di un verde pisello un po' pallido, come se fosse scolorito. Pensò che Cressida fosse brava con le erbe, che sapeva creare tisane, intrugli e creme varie alla perfezione. Le faceva male la pancia? Due cucchiaini della polvere sciolti in acqua calda glielo facevano passare in meno di dieci minuti: il più delle volte arrivava a bere l'ultimo sorso chiedendosi perché stesse bevendo ancora, visto che la pancia non le faceva più male.
Ricordò quella volta che si era scottata tirando fuori la teglia dal forno: Cressida le aveva dato una crema che aveva fatto passare tutto quanto: il dolore, il bruciore, il rossore...
Cressida era brava, lo era su serio e Arizona pensò che sarebbe stato bello se fosse stata in grado di curare le persone da malattie gravi, “Come Lana.” pensò.
“Poi non servirebbero dottori.” si disse, “Gli ospedali chiuderebbero e rimarrebbero aperti solo i pronto soccorso e le cliniche di chirurgia estetica perché non c'era nessuna crema, tisana o intruglio che faccia crescere il seno da una seconda a una quarta in poche ore, a meno di non riempirsi il reggiseno con i sacchetti di erbe, però sarebbe una soluzione più imbarazzante di un intervento di chirurgia plastica.
«Chimica o biologia o erbologia?» domandò Arizona aprendo gli occhi.
«Cosa?» chiese Cressida.
«L'università.» disse lei, «Chimica, biologia o erbologia?»
Cressida sorrise, «Non credo che esista erbologia, sai.» commentò pulendosi le mani, «Comunque chimica.» disse, «Credo. Sono ancora indecisa.»
Arizona sorrise a sua volta, si alzò e indossò la maglia mentre Cressida appallottolava l'asciugamani. Prima di scendere in cucina per fare merenda andò in bagno.

Avevano trovato qualcosa. Lo annunciò Mike, mentre si versava una tazza di caffè.
«Non c'è molto da dire, in effetti.» esclamò, riempiendo la tazza per tre quarti, per poi aggiungerci della panna, «Solo che è come dicevi tu, Arizona: la loro trasformazione è slegata dalla magia. Quindi possiamo bloccare i loro poteri ma non possiamo impedire loro di trasformarsi.»
«Una vera sfiga.» commentò Shane, sfilando accanto ad Arizona e toccandole appena la schiena, all'altezza del reggiseno.
«Già.» fece Jason, «E poi non tutti gli incantesimi funzionano.»
«In che senso?» domandò Arizona, fissò l'indice sporco della maionese caduta dal tramezzino e la leccò.
«Nel senso che per ogni muta-forma c'è uno specifico incantesimo che lo può mandare al tappeto... gli altri o li intontiscono o non gli fanno nulla...»
«O li fanno incazzare ancora di più.» finì Arizona e Jason annuì. «Che sfiga.» borbottò. «E come si riconoscono?» chiese.
«Non si riconosco.» disse Logan, «Non finché non si trasformano davanti ai tuoi occhi.»
Arizona si limitò ad annuire, «Okay.» fece, «E il libricino che ho trovato?» chiese, «Avete trovato il resto?»
«No.» rispose Jim. «Il punto è che quel libricino è stato rilegato a mano chissà quanti anni fa... e non ricordavo che ci fosse.» disse, «Probabilmente era di mio nonno.» aggiunse, «Continueremo a cercarlo, ma pensiamo che non sia una cosa grave. Supponiamo che sia per un sabba, uno di quelli maggiori, magari...» continuò e ringraziò Logan che gli aveva teso una tazza di caffè, «Insomma, crediamo che sia un qualcosa che si faccia durante un Sabbat... non un rituale.»
«Un qualcosa per la prosperità.» disse Mike, «Pensiamo che risalga al Medioevo e che servisse per aumentare la fertilità dei campi, per aumentare il raccolto e cose così, insomma.»
Arizona annuì, sollevata: almeno una cosa non era pericolosa. Si bloccò quando le venne in mente una cosa. «Perché questi non sono ritornati umani?» domandò, «Cioè... Marie è ritornata umana, anche se era morta a causa dell'orsa.» disse. «Le mancava mezza faccia, non credo fosse viva mentre cadeva.»
«Su questo non abbiamo trovato nulla, in effetti.» sospirò Mike. «L'importante è che... non possano più nuocere.»
Arizona annuì, «Sì, okay.» borbottò e finì di mangiare il tramezzino, mandò giù un sorso di acqua, lanciò una breve occhiata a Shane e uscì dalla cucina per poi entrare nel “laboratorio” di Cressida, «Cosa fai?» domandò avvicinandosi al bancone e osservando le decine e decine di boccette piene di erbe e fiori e foglie secche e triturate.
«Preparo altra crema.» rispose la giovane, «Sai, nel caso ci sia un altro di quei serpenti.»
Arizona annuì e afferrò una delle boccette, Amamelide lesse sulla piccola etichetta bianca, Bardana, Piantaggine e Ortica. «Ortica?» squittì, «C'è dell'ortica nella crema che mi hai messo?»
«L'ortica purifica il sangue.» commentò Cressida. «Non sappiamo cosa sia quel liquido che ti ha sputato addosso, quindi Philip mi ha chiesto di preparare qualcosa per depurare il sangue.»
«Ho capito.» annuì Arizona.
«C'è anche nella crema che ho dato a Shane...» sorrise Cressida.
Arizona ridacchiò e guardò le altre boccette: Abete bianco, Arnica... pensò che lei non si sarebbe mai ricordata le proprietà di ogni pianta — anche perché erano tante! —, o a cosa servissero, quali dosi usare... la guardò, curiosa di sapere come preparasse le creme, dopotutto come si preparavano gli infusi e decotti lo sapeva anche lei, bastava avere le erbe secche e dell'acqua: nel primo caso bastava mettere le erbe in una tazza e versarci sopra acqua calda ma non bollente e lasciare le erbe in infusione per qualche minuto, come se si stesse preparando un tè. Nel secondo caso bisognava far bollire le erbe per una ventina di minuti, poi si filtrava il tutto con un telo di lino o un colino con le maglie molto fitte.
Arizona fissò Cressida aprire un barattolo ed estrarre quella che sembrava della cera d'api. «È cera?» domandò.
«Sì.» fece Cressida e mescolò la cera con un mestolo di legno, «La mischio con del burro di karitè, anche se bisognerebbe usare o del burro di cacao e del lardo...»
«Lardo?» Arizona arricciò il naso, «Non voglio mica essere pronta da ficcare in forno, eh.»
«Per questo uso il burro di karitè.» disse Cressida, aggiunse il burro di karitè alla cera e alle erbe e Arizona pensò a quanto potesse aver pagato quel panetto di burro, perché lei aveva preso una scatoletta minuscola e l'aveva pagato una quindicina di dollari... però contro gli arrossamenti da troppo sole funzionava alla grande.
Fissò Cressida che mischiava tutti gli ingredienti prima di prendere un frullatore a immersione e usarlo sul composto, creando un composto omogeneo.
Poi la ragazza versò il tutto in una grossa teglia dai bordi alti e la infilò nel forno acceso — ottanta grandi, notò Arizona.
«Finito.» disse Cressida togliendo la parte con le lame dal frullatore e gettandola nel piccolo lavandino.
«Finito?» fece Arizona.
«Ah-ah.» disse Cressida e aprì l'acqua del lavandino, «Deva stare in forno per almeno... quattro ore, ma tre e mezzo di solito sono sufficienti.»
Arizona annuì e guardò l'orologio, erano le sei e pensò che la crema sarebbe stata pronta per le dieci di sera. Sorrise e seguì Cressida fuori dal laboratorio.
Andò al piano superiore, entrò in bagno e raccolse i capelli in una coda, ignorando il dolore al braccio. Quando uscì rimase sorpresa di vedere Shane entrare nella vecchia stanza di Logan, dove ora si trovava Lana, in attesa che la camera da letto fosse messa a posto. Entrò nello sgabuzzino al fianco della camera e si arrampicò su un tavolo, arrivando a fissare la grata di aerazione fra le due camere.
«Tu sei Shane.» disse Lana.
«Sì... io cercavo dei pantaloni puliti.» rispose il ragazzo, «Jim mi ha detto che potevo prendere quelli di Logan.»
Arizona strizzò gli occhi, per poter vedere fra le grate. «La seconda anta dalla finestra.» esclamò Lana.
Arizona sentì l'anta che veniva aperta e il fruscio di vestiti che venivano spostati, insieme al rumore metallico degli ometti che sfregavano sull'asta.
«Grazie.» disse Shane e Arizona aprì la bocca sorpresa... aveva notato qualcosa di strano nella voce del ragazzo. Stupore? Confusione?
«Vuoi parlare?» domandò Lana, il tono di voce dolce, materno.
«Io...» Shane era confuso e Arizona lo capì benissimo, anche se non poteva vedere il viso dello stregone. «Sì.»
Arizona lo intravide sedersi e trattenne il respiro, non sapendo neppure lei cosa aspettarsi.
«Mi dispiace per quello che hai passato...» mormorò Lana.
«Oh... grazie.» fece Shane, la voce ridotta a poco più di un sussurro.
«Raccontami qualcosa.» disse Lana.
Arizona chiuse gli occhi e inspirò a fondo, poi scese dal tavolo facendo attenzione a non fare rumore, uscì dal ripostiglio e tornò al piano di sotto.
Non voleva sentire quello che Shane stava raccontando a Lana, forse non le avrebbe detto nulla in più di quello che già sapeva, forse avrebbe aggiunto altro o forse sarebbe rimasto in silenzio... in ogni caso, per la prima volta, le sembrò giusto non spiare.

***

Arizona aveva portato la cena a Shane, a cui faceva un po' male la schiena, altrimenti avrebbe potuto unirsi a loro in cucina. La ragazza osservò Shane mangiare e rimase in silenzio fino a quando lui non finì, poi lui la raggiunse e si sedette sul letto accanto a lei.
«Allora... so che prima eri nello sgabuzzino accanto alla stanza di Logan...» disse lui, «Cosa hai sentito?»
«Co-co... cosa?» pigolò Arizona.
Shane annuì, «Sì, sì, eri lì.» disse, «Sai, ho sentito il tuo profumo...»
«Io... io...» Arizona avvampò nel sentirsi scoperta, pensava di non essere né stata vista né sentita... ma Shane aveva sentito il suo profumo. «Non ho spiato, giuro!» disse, «Io ero lì perché... bhe perché...» annaspò, «Me ne sono andata quasi subito, ho sentito solo che chiedevi un paio di pantaloni.»
Shane si morse le labbra e rise, «Oh, Arizona!» esclamò, «Sai, non credevo che fosse così semplice prenderti in giro...» disse, «Sapevo che c'era qualcuno, lì dentro, ma non sapevo chi!»
«Tu... tu...» borbottò lei, «Brutto idiota.» esclamò, «Mi hai preso in giro! Non hai sentito il mio profumo.»
Shane annuì, «Sei adorabile, Ari.» le baciò la fronte. «Sei veramente adorabile.» mormorò contro i capelli della giovane.
Lei rimase un attimo sorpresa, poi sorrise. «E tu sei il solito idiota.» fece lei.
Shane rise e l'abbracciò, nascondendo il viso nell'incavo del collo di lei. «Scusa.» mormorò quando lei gemette dal dolore e allentò la presa, «Tutto bene?»
Arizona sorrise e annuì, «Non preoccuparti.» disse, «È solo un livido, nulla di grave.»
«No che non è nulla!» esclamò Shane, «Ti fa male!» disse, «Hai un livido su metà schiena...» mormorò e le sfiorò la parte sinistra del collo e infilò le dita sotto al collo della maglietta, «Sai che per un paio di settimane non potrai metterti in costume?» disse, «Ti rimarrà il segno della maglietta, come ai muratori...»
Arizona fece per ribattere poi decise di tacere, capendo che Shane stemperava la situazione solo perché non sapeva cosa dire. Arizona si domandò se Shane avesse mai avuto una storia seria e poi si chiese perché si stesse facendo una domanda simile. «Idiota.» mormorò.
Shane le baciò la spalla, rimanendo con le labbra sulla pelle di lei, inspirandone il profumo e Arizona si godette quel contatto, come se non avesse desiderato altro. Shane le lasciò una scia di baci delicati lungo la spalla e poi salì sul collo, arrivando all'orecchio. Baciò la pelle dietro al lobo e respirò piano.
«Dormi con me?» soffiò e Arizona voltò la testa per guardarlo, fissando per qualche istante i suoi occhi in quelli di Shane. «Sì.» rispose e sorrise.
«E se Logan ci spiasse?» mormorò lui.
«Affari suoi.»
«E se domani mattina entrasse e ci trovasse in una posizione... compromettente?»
Arizona fissò Shane e scrollò la testa, «Ma piantala.» sbottò, «Sei il solito.» disse.
Shane rise, «Pensavo che ti preoccupassi... sai, l'ultima volta voleva spaccarmi la faccia.»
Arizona scrollò le spalle, «Sei insopportabile.» sbuffò, «Ogni tanto ho voglia io, di spaccartela.»
Shane ridacchiò, «Sei ancora più bella quando ti arrabbi.» disse e l'abbracciò piano, posandole le mani sulla parte bassa della schiena, per poi massaggiarle il lato sinistro con delicatezza, facendo scorrere piano la mano. Dopo qualche istante infilò la mano destra sotto alla stoffa della maglietta e le sfiorò la pelle.
Arizona posò la testa sulla spalla di lui e chiuse gli occhi, godendosi quelle carezze. Dopo alcuni minuti si staccò da lui, «Vado a portare il vassoio in cucina.» disse.
«Fallo dopo.» replicò Shane.
«Quando?»
«Dopo.»
«Dopo dormo.»
«Non credo.» Shane le sorrise e Arizona sbuffò.
«Idiota pervertito.» commentò alzandosi dal letto.
«Lo sai che ti divertiresti anche tu, vero?»
Arizona non rispose a Shane, prese il vassoio e si avviò alla porta.
«Dopo torni, vero?»
Lei lo guardò e fissò gli occhi di Shane, leggendovi dentro che il ragazzo aveva paura che lei non tornasse. Sorrise, «Sì.» rispose.
In cucina sciacquò i piatti prima di infilarli nella lavastoviglie.
«Possiamo parlare?»
Arizona chiuse lo sportello e si girò verso Logan e lo guardò per qualche istante prima di risponde: «Sì, certo.»
«Ecco...» fece Logan, «Bhe... Shane ti... lui... lui ti...»
«Salvato di nuovo?»
Logan annuì e sospirò, «Sì, ecco.» fece, «Insomma... lui ti piace?» domandò.
Arizona si sentì presa in contropiede, non si sarebbe mai aspettata una domanda così diretta. «Io... io... ecco...» balbettò e abbassò lo sguardo sulle mani, inspirò a fondo e alzò la testa. «Non lo so.» rispose, «Io credo... io, cioè... non ne sono sicura sicura ma credo che... ecco...»
Logan respirò profondamente, «Ho capito.» fece a bassa voce, «Lui ti piace.»
«Co-cosa?» squittì lei, «Io... io.... devo andare.» fece, avviò la lavastoviglie e uscì, quasi correndo, dalla cucina.
«Era una semplice domanda.»
Arizona fissò Logan. «Ehm... lo so.» squittì, «E la risposta è... ecco...» fissò il ragazzo e sospirò, «Non lo so.»
«Quindi è un sì.» disse Logan.
«Non è quello che ho detto.» replicò lei.
«Ma è quello che pensi.» disse Logan e la guardò con un mezzo sorriso.
Arizona deglutì la saliva e sospirò. «Non so cosa penso.» mormorò e andò al piano di sopra, si chiuse la porta alle spalle e si appoggiò contro di essa, dicendosi che quella manciata di minuti con Logan era stata... complicata.
Inspirò a fondo, poi si lavò le mani e si sciacquò il viso, si asciugò e aprì piano la porta, vide che Logan non c'era così scese le scale ed entrò nella stanza di Shane e lo vide con la testa e le spalle appoggiate alla spalliera del letto, la schiena ben distante dai cuscini.
«Pensavo che avessi cambiato idea.» disse lui.
«Dovevo andare in bagno.» ribatté lei e si sedette sul letto accanto a Shane, posò le mani sul materasso e fece dondolare i piedi, guardando le infradito che scivolavano via dai suoi piedi.
«Cosa c'è?» domandò Shane sorridendo con dolcezza.
Arizona inspirò a fondo, «Niente.» rispose.
«Non è vero.»
Lei lo guardò poi gattonò verso di lui, sistemandosi fra le sue gambe e appoggiandosi con il fianco destro contro il corpo di Shane.
«Non vuoi dirmelo, eh?» sorrise Shane, «Fai la misteriosa, Ari?»
Lei sbuffò e chiuse gli occhi. «Sono solo stanca.» disse.
«Dopo il riposino di quasi tre ore che hai fatto oggi pomeriggio?»
Lei alzò la testa e lo fissò poi sbuffò, «Sì.» disse riappoggiandosi contro di lui e chiudendo gli occhi. Con la mano sinistra si aggrappò alla sua maglietta e la strinse, Shane sorrise e l'abbracciò, per poi baciarle la testa.
Arizona si godette le carezze e incominciò a sentire i muscoli che si rilassavano. «Ti va un gelato?» chiese dopo qualche minuto.
«Uhm, sì.» rispose Shane senza smettere di fissarla e di accarezzarle la schiena.
Arizona si staccò da lui e si rimise in piedi, infilò le infradito e guardò Shane, «Vieni o resti qui?»
Lui le sorrise, «Ti aspetto qui.» rispose, «Intanto guardo se c'è qualcosa di decente in tv.»
Arizona annuì, poi uscì dalla stanza e ritornò in cucina; prese due coppe di vetro con la base azzurra e le riempì con due generose cucchiaiate di Nutella, poi trasse dal freezer le confezionai di gelato al fior di latte, cioccolato al latte e crema e riempì le coppe, mise di nuovo la Nutella, creò su ciascuna coppa una montagnetta con la panna montata spray e ci versò sopra lo sciroppo al cioccolato.
Prese dei biscottini di cialda dal mobile e ne mise uno per ciascuna coppa, avvolse altre quattro cialde in un tovagliolo di carta che infilò nella tasca dei pantaloni della tuta, afferrò due cucchiaini con il manico lungo e tornò da Shane.
«Non sono un po' grandi?» commentò il ragazzo.
Arizona porse a Shane una delle coppe e posò il tovagliolo con le cialde sul tavolino. «Qui ci sono altre cialdine.» disse. «E comunque no, non sono grandi.» aggiunse e si sedette al tavolino e Shane la imitò, sedendosi di fronte a lei.
«Se per te non sono grandi...» commentò mentre sollevava con la cialda un po' di panna. «Comunque è buono.»
Arizona gli sorrise, grata. «Grazie.»
«Mica lo hai fatto tu, il gelato.» disse Shane.
Arizona alzò gli occhi al cielo e rubò un po' di panna dalla coppa di Shane.
«Ehi, è mia!» protestò il ragazzo.
«Non l'hai preparate te.» fece Arizona, poi imboccò Shane.
«Guarda che si ruba la roba dai piatti degli altri per mangiarsela.» disse Shane.
Arizona alzò le spalle, «Ti saresti lamentato.» disse.
«Ma non è vero.»
«Sì che è vero.»
«Questo lo dici tu.»
«Volevo fare una cosa carina.» sospirò Arizona.
Shane le sorrise e si sporse sul tavolo e le strinse la mano sinistra. «Lo so, Arizona.» soffiò, «Grazie.»
La strega lo guardò sorridendo e riprese a mangiare il gelato. Erano passati una manciata di minuti quando vide il cucchiaino di Shane affondare nel suo gelato e sollevare un po' di crema sporca di Nutella.
Il ragazzo le sorrise e poi infilò in bocca il cucchiaino, Arizona sbuffò, alzò gli occhi al cielo e borbottò che Shane era idiota.
Poi sentì contro le labbra un peso leggero e abbassò gli occhi, fissando il cucchiaino di Shane pieno di gelato al fior di latte e Nutella; dischiuse le labbra e mangiò il gelato, per poi sorridere a Shane. Finirono di mangiare il gelato in silenzio, poi Shane diede ad Arizona un bicchiere d'acqua e tornarono a sedersi sul letto, dove il ragazzo scostò le coperte prima di sedersi e attirare Arizona a sé.
Accese la piccola tv e saltò da un canale all'altro, fino a fermarsi su delle repliche di “C.S.I: Miami”.
Arizona si accoccolò fra le braccia del ragazzo, prestando poca attenzione alle immagini che scorrevano sullo schermo.
«Shane...» mormorò dopo un po'.
«Dimmi.»
«Perché mi chiami Ari?» chiese.
«Perché..» fece Shane, «Perché sei veramente adorabile quando t'incazzi.» rispose.
«E basta?»
Shane smise di accarezzarle la schiena. «Bhe... ecco... io...» balbettò, «Mi sembra un soprannome carino.»
Arizona sorrise contro la sua spalla, «Grazie.» mormorò mentre lui le sfiorava i capelli.
Passarono altri minuti, poi i due si sdraiarono, Arizona davanti, sistemata sul fianco sinistro, Shane dietro di lei, che le circondava la vita con un braccio, sfiorandole la mano e il polso, per poi salire lentamente lungo il braccio e arrivare alla spalla. Lì si fermò e le massaggiò le spalle.
Arizona si godette le carezze di Shane, fino a quando non gli prese la mano e la strinse, intrecciando le dita con quelle le sue e sorridendo quando sentì Shane stringerle la mano.
Si sentì felice, anche se Shane la punzecchiava continuamente, la faceva arrabbiare e si divertiva un mondo a farlo.
E sapeva benissimo qual'era la risposta alla domanda di Logan: sì.
Quando qualche ora dopo spense la tv, dopo aver baciato la fronte di Shane, che dormiva da qualche minuto, tranquillo come un bambino, mancava un quarto d'ora a mezzanotte.

Buon giorno, bimbi belli!
Lo so che il capitolo scorso ho scritto che mancavano due capitoli... e invece ce n'è uno in più, altrimenti questo capitolo sarebbe stato lunghissimo, questo è di 5000 e passa parole, aggiunto all'altro avrebbe superato le 10k...
Per prima cosa, i Sabbat sono otto: quattro maggiori e quattro minori. I maggiori sono Samhain o Halloween o Ognissanti, è fra il 31 Ottobre e il 1° Novembre; Imbolc, conosciuto anche come Candelora, è il 2 Febbraio; Beltane si svolge fra il 31 Aprile e il 1° Maggio; e Lugnadash o Lughnasadh, il 1° Agosto. I minori invece si svolgono durante l'equinozio di primavera e autunno e durante il solstizio d'estate e inverno.
Le info sulle erbe (di cui non assicuro la riuscita, quindi non provateci o se siete così befani da farlo... non date la colpa a me, se fate esplodere la vostra casetta) sono prese dal libro “Il libro delle streghe” di Raymond Buckland e dal libro “Curarsi con le erbe” di Laura Mantovani. L'unica cosa che consiglio è di usare del burro di karitè se vi si arrossa il naso appena prendete un po' di sole. Però prendetene uno buono, non uno che ha il burro come penultimo ingrediente, eh!
Quello da provare è il gelato: Nutella sul fondo del bicchiere/coppa/tazza/calderone, poi gelato, altra Nutella, panna montata e sciroppo di cioccolato. O ancora Nutella, se non avete lo sciroppo al cioccolato.

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Capitolo 26
*** Capitoli 26 ***




Capitolo 26
23:45 - 22:00

Arizona aprì gli occhi, ritrovandosi con la testa posata sul torace di Shane. Inspirò lentamente e sfiorò la mano del ragazzo e sorrise, sentendosi felice; poi, il pensiero che qualcuno entrasse e li trovasse in quella posizione così intima la fece imbarazzare, voltò lentamente la testa e fissò la sveglia. Erano le otto.
Facendo piano scostò il braccio di Shane che le circondava la vita, si mise seduta e ricoprì Shane, gli baciò le labbra e, dopo aver recuperato le infradito e le ciotole del gelato, uscì dalla stanza.
In cucina lavò le ciotole e i cucchiai, asciugò e rimise tutto in ordine. 
Venti minuti più tardi, dopo essersi fatta una doccia e cambiata, tornò in cucina.
«Buongiorno.»
«Buongiorno, Jim.» sorrise lei e si sedette sullo sgabello, afferrò la confezione di cereali e ne versò un po' nella ciotola.
«Latte o yogurt?» domandò Jim.
«Latte.» rispose lei, decidendo di cambiare. Jim le versò del latte caldo sopra i cereali e lei li rigirò con il cucchiaio, facendo attenzione a non far uscire nulla.
«Sei qui.»
Arizona aveva quasi finito quando udì la voce di Shane, deglutì e si voltò, fissando il volto sorridente e assonnato del ragazzo.
Shane si sedette accanto a lui, «Caffè.» rispose quando Jim gli chiese cosa volesse.
Jim aprì il fornetto e tirò fuori il vassoio su cui fumavano una decina di brioche alla sfoglia. «Sono tutte al cioccolato.» disse e sorrise.
Arizona ne prese una, si versò un po' di latte nella ciotola e continuò a fare colazione.
Anche Logan, Cressida e Jack arrivarono, prendendo una brioche ciascuno.
Arizona evitò di guardare Logan e Shane, sentendosi ancora in imbarazzo; perché si era risvegliata abbracciata a Shane, perché Logan sapeva che la notte precedente avevano dormito insieme... 
«Logan... da quando non vai nel tuo appartamento?» domandò Jim mentre sorseggiava il suo caffè.
«Ehm...» biascicò il ragazzo, seduto alla destra di Arizona — Shane era davanti a lei — «Da quando è iniziata 'sta storia.» rispose.
«Non credi che sia il caso di controllare che ci sia ancora?» continuò Jim.
«Uhm, okay.» biascicò il ragazzo, «Arizona...»
La giovane inspirò a fondo, «Sì?» fece.
«Vieni anche tu, vero?» chiese Logan.
Lei osservò il viso sorridente del giovane e immaginò che Shane stesse ribollendo dalla gelosia — e la cosa le fece enorme piacere, anche se non lo avrebbe mai ammesso! —, «Va bene.» rispose e riprese a mangiare, staccando un pezzo di brioche e facendo finire le briciole nella tazza, assieme al latte e ai cereali rimasti. Aspettò un commento di Shane, che non arrivò; Arizona alzò il viso, guardando il ragazzo davanti a lei, in attesa di una sua reazione.
Shane, però, si limitò a farle un sorriso prima di continuare a mangiare. E Arizona non riuscì a capire perché sorridesse, dopotutto si era svegliata ed era praticamente fuggita dalla sua stanza e sarebbe andata in giro con Logan.
«Che hai da sorridere?» sbottò Logan, rivolgendosi a Shane.
«Niente.» rispose l'altro. «Proprio niente.»
Arizona sospirò, pensando che quei due non sarebbero mai cambiati, e che sarebbero andati avanti a punzecchiarsi.
Mezz'ora dopo, Arizona, Logan e Mike erano in auto, diretti verso l'appartamento di Logan.
«Puzza!» esclamò Arizona quando Logan aprì la porta del suo appartamento, «Apri una finestra, per favore.» lo supplicò.
Logan sbuffò e aprì la finestra della sala, aprendo le persiane e spalancando i vetri.
Arizona mollò la posta sul tavolino del salotto, scostò un cuscino e si sedette, cercando di non pensare a Shane.
Quell'idiota che l'aveva punzecchiata prima che partisse, chiedendole se dovesse essere geloso di lei e Logan nella stessa auto. Arizona sbuffò al ricordo, Shane trovava sempre il modo d'irritarla.
“Stupido!” pensò.
«Tutto okay.» esclamò Logan tornando dalla camera e si sedette accanto ad Arizona, iniziando a controllare la posta.
«Nel frigo c'è un topo morto.» esclamò Mike.
«Non c'è nessun topo morto.» disse Logan.
«Bhe, dalla puzza non si direbbe.» ribatté l'altro. 
Logan lo ignorò e continuò a controllare la posta. «Bhe, possiamo andare.» fece, «La casa è ancora qui.»
«Il tuo frigo puzza.» disse Mike.
«Lo pulirò.»
«Quando?» chiese Arizona, «Stai sempre da tuo padre.»
Logan sbuffò e andò in camera a chiudere le finestre, Arizona sorrise e chiuse quella della sala.
Qualche minuto dopo erano ancora in auto, guidata da Mike.
«Ehm... hai sbagliato strada.» commentò quando si accorse che Mike era andato dritto invece di girare a destra.
«Infatti non torniamo a casa.» ribatté il marine.
«E dove andiamo?» chiese Logan.
«A fare la spesa.» rispose Mike e alzò le spalle. «Tu padre mi ha dato la lista della spesa, la carta di credito e il pin.»
«Papà ti ha dato il pin?» strillò Logan, «Perché a me non lo vuole dire?» si lamentò.
«Perché tu spenderesti soldi per offrire cene a ragazze che il giorno dopo sbatteresti fuori da casa tua senza troppi complimenti.» disse Mike.
Arizona sospirò, pensando che fare la spesa non le era mai piaciuto troppo.
Un'ora e mezza dopo i tre stavano scaricando sacchetti dal baule dell'auto. Avevano riempito due carrelli e speso un casino. Arizona aiutò Cressida a mettere in ordine il cibo mano a mano che Logan, Mike e Jim portavano dentro i sacchetti.
«Potevi almeno posteggiare sul retro!» borbottò Logan mentre posava sul bancone un pesante sacchetto contenente vasetti di sughi vari e verdure sottolio e sottaceto.
Mike lo ignorò.
«Serve una mano?» chiese Shane entrando in cucina.
«Aiuta loro due.» rispose Jim indicando Arizona e Cressida.
«Ma perché?» protestò Logan ma Mike lo trascinò fuori dalla cucina.
«Porta questi nello sgabuzzino al piano di sopra.» fece Arizona, controllò che nel sacchetto ci fosse tutto e lo passò a Shane, che ci guardò dentro.
«E poi?» domandò il ragazzo.
«Lascia lì il sacchetto, poi ci penso io.» disse Cressida.
Shane sorrise ad Arizona e le si avvicinò. «Non dovresti scappare il mattino dopo, Ari.» le sussurrò, «È così da...» si strinse nelle spalle, «Cattive ragazze.» fece, le scostò i capelli dalla fronte e se ne andò.
Arizona sbuffò e continuò a mettere in ordine, dicendosi che Shane era proprio stupido.

***

Arizona entrò nello sgabuzzino e sbuffò mentre accendeva la luce. Guardò gli scaffali, domandandosi dove fosse la scatola con gli accessori del bidone aspiratutto e perché non fossero insieme all'aspirapolvere. Chiuse la porta dietro di sé, lasciandola accostata, per poter guardare meglio gli scaffali. Iniziò dal fondo, dentro ogni scatola, alla ricerca di quello che le serviva. Era a un passo dal rinunciarvi quando sentì delle voci provenire dal corridoio, che filtravano attraverso la porta chiusa.
Chiuse gli occhi e riconobbe la voce di Logan.
«Tu piaci ad Arizona.» esclamò il suo amico e Arizona si bloccò, capendo che stava parlando con Shane.
«E tu sei geloso.» ribatté l'altro.
«Io mi preoccupo.»
«Non devi.» disse Shane, «A quanto mi risulta, sono io che l'ho salvata.» continuò, «Due volte.»
Arizona alzò gli occhi al cielo, dicendosi che se Shane non punzecchiava Logan non sarebbe stato contento.
«Non vuol dire nulla.» ribatté Logan.
«Oh, invece sì.»
«No.»
«Però Arizona dorme con me, non con te.»
La ragazza chiuse gli occhi, tremando al pensiero che Logan potesse dare un pugno a Shane, anche se in quel momento avrebbe voluto dargli un pugno anche lei.
«Lo so.» fece Logan.
«Lo sai?» esclamò Shane, sorpreso quanto lo era Arizona, che si trattenne dall'uscire dal suo nascondiglio e chiedere a Logan se li aveva spiati nuovamente.
«Lo ha detto Jason ieri mattina.» rispose Logan, «E beh... non è difficile immaginare dove fosse questa notte, visto che non era in camera con Cressida.» continuò e Shane rimase in silenzio, «Se lei fai del male giuro che ti spezzo le gambe.» continuò.
Arizona sentì dei passi lungo il corridoio e pensò che Shane o Logan si fossero allontanati, così rimase ferma, poi udì altri passi e capì che poteva tornare a cercare quello che le serviva. Trovò la scatola sullo scaffale più basso, dietro a un grosso scatolone pieno di cianfrusaglie.
Sollevò la scatola — per fortuna era piccola e leggera — e uscì dallo sgabuzzino, andò al piano di sotto e la posò sul tavolo della biblioteca. «Le ho trovate.» disse a Jim, poi uscì dalla stanza, dirigendosi verso il salotto e sedendosi sul divano.
«Non dovresti spiare, Ari.»
«E tu non dovresti punzecchiare Logan in quel modo.» disse lei, sentendo Shane che si sedeva accanto a lei.
«È divertente.»
Arizona aprì gli occhi e fissò il ragazzo, «Sei proprio idiota.» borbottò.
«Sei tu quella che spia, non io.» ridacchiò Shane.
«Stavo solo cercando una cosa nello sgabuzzino.» replicò lei, «Sai, quando avete iniziato a parlare io ero li dentro da qualche minuto.»
«Bhe, è il tuo amichetto che non ha controllato, non io.»
«La smetti di chiamarlo in quel modo?»
«Sei un pochino acida, Ari. Non è che deve venirti il ciclo?»
Arizona inspirò un paio di volte, dicendosi di stare calma, «Sei un cretino.» sbottò.
Shane rise, «Sei adorabile, Ari.» disse, «Anche con il ciclo.»
«Io non ho il ciclo!» gridò lei.
«Grazie dell'informazione.» borbottò Mike passando dietro il divano e proseguendo verso la cucina.
«È colpa tua.» disse Arizona e incrociò le braccia al petto, «Sei un idiota.»
Shane rise ancora, «Sei veramente adorabile.» mormorò e l'abbracciò prima di baciarle la testa.
«E tu sei veramente idiota.» fece lei, posando la testa contro la spalla di lui.
«Abbiamo finito con le robe melense?»
I due ragazzi si staccarono e fissarono con imbarazzo Mike che li osservava con l'aria divertita, poi l'uomo si allontanò ridacchiando.
«Cretino.» borbottò Arizona.
«Chi? Io o lui?» chiese Shane.
Lei lo fissò, «Tu.» rispose. «Sei tu il cretino.»
«E mi adori così, giusto?»
Arizona lo fissò e sorrise. «Giusto.» sussurrò.
Shane la fissò, poi le circondò le spalle con il braccio e le baciò la testa.
«Se avete finito... le pizze sono arrivate.» esclamò Mike.
Arizona arrossì e si scostò da Shane, che ridacchiò, lei si alzò in piedi e seguì Mike in cucina. «Non vieni?» chiese al ragazzo.
Shane la fissò, poi le regalò un sorriso. «Certo.» rispose, «Come vuoi, Ari.»
Arizona sbuffò e alzò gli occhi al cielo prima di voltarsi, stizzita, e andarsene in cucina, dove si sedette al suo posto, davanti alla sua pizza con doppia mozzarella, salmone e gamberetti.
Shane la raggiunse e, prima di sedersi, le toccò la schiena, sfiorando la spallina del reggiseno, Arizona replicò con uno sbuffo, afferrò il coltello e tagliò la punta di una delle fette di pizza — in pizzeria le avevano già tagliate a fette.
«Quando posso tornare a casa?» domandò Arizona dopo qualche minuto.
«Mai.»
«Quando vuoi.»
Lei alzò gli occhi al cielo, «Decidetevi.» disse riferendosi a Jim e Logan che avevano parlato in contemporanea.
«Quando vuoi.» ripeté Jim e lui e Arizona ignorarono lo sbuffo di Logan.
«E io?» chiese Shane. «Per quanto ne so casa mia potrebbe essere stata occupata da qualche deficiente.»
«Quando starai meglio.» disse Jim e guardò Logan. «E tu?» gli chiese, «Quando hai intenzione di tornare a casa tua?»
Logan avvampò, «Bhe... io... ecco...» balbettò. «Quando va via Arizona.» disse.
«Io me ne andrei anche domani.» disse lei e sentì lo sguardo dei due giovani su di sé. Uno le stava dicendo che era matta a voler tornarsene a casa, l'altro la supplicava di restare lì e di dormire ancora con lui. Lei si limitò a cacciarsi in bocca un pezzo di pizza; si disse che non era il momento di pensarci, che non ci doveva pensare: dopotutto lei e Logan avevano mantenuto la loro amicizia anche se vivevano in due case diverse — come il 99% degli amici, del resto, pensò — e che lei e Shane avrebbero potuto vedersi lo stesso. Trangugiò un sorso di Coca-Cola e si disse che era stupida se continuava a pensarci. Ma era più forte di lei: quei pensieri erano come se fossero fatti di ferro e la sua mente fosse un'enorme calamita, che li attirava a sé continuamente.
Si domandò come mai fosse così dura non pensare a Shane.
“Perché ti piace.” pensò, “Fine della storia.”
Arizona avrebbe voluto scappare via da quel tavolo, invece rimase lì, seduta, a mangiarsi la pizza.

***

«Allora sei decisa.»
Arizona fissò Logan, che era entrato nella stanza di Cressida. «Sì.» rispose, «Non posso stare qui per sempre.»
«Potresti.» replicò Logan.
Arizona sospirò, «Invece no.» disse, «Ho bisogno di riprendere in mano la mia vita.» esclamò infilando alcuni vestiti nel borsone.
«E Shane?»
Arizona si bloccò nel sentire quel nome e decise di non rispondere, anche perché non avrebbe saputo cosa rispondere, così continuò a sistemare la sua roba; andò verso il comò e dal cassetto aperto afferrò alcuni vestiti.
«Arizona...» la chiamò Logan.
«Sono impegnata.» fece lei, spinse i vestiti nel borsone e chiuse la cerniera.
«Ti ho fatto una domanda.» disse lui e si sedette sul letto. «E Shane?» ripeté.
Arizona sospirò, «Cosa?» chiese.
Logan inspirò profondamente e guardò l'amica, si morse il labbro inferiore e fece uscire l'aria dalla bocca. «Ti piace?» chiese. «Le risposte sono due, Arizona.» disse, «O sì o no.»
Arizona si guardò le mani e si sedette anche lei, infilò la caviglia destra sotto al ginocchio sinistro e posò le mani sulle gambe. «Non lo so.» rispose guardando a terra, «Ti va bene come risposta?»
«Lo sanno tutti che ti piace.» replicò Logan e Arizona sentì le guance andare a fuoco. «Prima eravate sul divano che vi sbaciucchiavate...»
Arizona tenne lo sguardo basso e respirò velocemente. «Bhe... io... ecco...» alzò il viso e alzò le spalle. «Forse un pochino...» ammise.
Logan annuì, «Ti piace.» disse.
«Non ho detto questo.» replicò lei.
Logan sorrise, «Sì che lo hai detto.» disse e le accarezzò la testa, passando la mano fra i capelli biondi. «Mamma mi ha detto che ha parlato con Shane e che lo ha trovato molto dolce e tanto triste.» aggiunse, «E lo sai che mia madre non si sbaglia mai su queste cose.»
Arizona rimase sorpresa, Shane non le aveva mai detto nulla. «Davvero?» fece.
Logan annuì, «Sì.» disse e si alzò in piedi, «Finisci qui, che poi andiamo a prenderci un gelato con Cress che è un po' che non esce, poverina.»
Arizona si limitò ad annuire, poi sorrise, «Okay.» esclamò, «Dammi dieci minuti.»
Logan annuì, le baciò la fronte e uscì dalla stanza.
Arizona sospirò e si passò le mani sul volto, fece un respiro profondo e si alzò in piedi, afferrò i manici del borsone e lo posò per terra, accanto al comò, poi controllò che i vestiti che aveva addosso non avessero macchie e andò in bagno a prepararsi.
Cinque minuti dopo scese in salotto e si bloccò, quando vide Logan e Jim discutere, Cressida era sul divano che si copriva la bocca con le mani, cercando di non ridere.
«Ma io non voglio!» esclamò Logan.
«Non può stare chiuso qui per sempre!» ribatté Jim.
«Io pensavo di andarci con Cressida e Arizona, non io, mia sorella, Arizona e Shane!» protestò Logan, «Uffa.» disse, sbuffò e incrociò le braccia al petto.
Arizona ridacchiò e avanzò di un paio di passi, fermandosi accanto al divano. «Sembri un bambino piccolo.» lo prese in giro.
Logan la fissò e fece una smorfia, «Non pensavo di dover fare il baby sitter.» borbottò.
«Infatti non devi farlo.» esclamò Shane entrando nella stanza. «Sono il più grande, al limite sono io che faccio il baby sitter.» sorrise verso Logan. «Il mio portafogli?» continuò, rivolgendosi a Jim.
«Adesso lo prendo.» esclamò l'altro e andò verso la biblioteca.
Arizona distolse lo sguardo, per non vedere Shane, i jeans che gli fasciavano le gambe e le maglietta a maniche corte che metteva in risalto i muscoli.
Jim rientrò e porse il portafogli a Shane, che lo ringraziò.
«Con cosa andiamo?» chiese Arizona.
«Se non vi ammazzate vi porto io in centro, poi tornate con l'autobus.» esclamò Mike.
«Per me va bene.» esclamò Shane spostandosi verso Arizona, le sfiorò la parte bassa della schiena prima di oltrepassarla. «Andiamo?»
Arizona strinse lo schienale del divano, per impedirsi di prendere a schiaffi Shane.
«Se siete pronti... sì.» disse Mike.
I cinque uscirono ed entrarono nell'auto di Mike, Shane si sedette davanti mentre Logan, Cressida e Arizona si strinsero sul sedile posteriore e rimasero in silenzio fino a quando Mike non si fermò in una via che conduceva al centro. «Fate i bravi e non v'ammazzate, okay?» esclamò e guardò Shane e Logan.
«Okay.» esclamò Shane.
«Se proprio devo.» sospirò Logan e seguì la sorella fuori dall'auto, mentre Arizona stringeva i manici della sua borsa, pensando che avrebbe potuto darla in testa a Shane e Logan nel caso avessero fatto casino.
«Andiamo di lì.» esclamò Cressida, afferrò il braccio sinistro di Logan e lo trascinò lungo la via davanti a loro.
Arizona sospirò e s'incamminò dietro i due. 
«Tu non mi trascini?»
«Tu non sei mio fratello.» replicò lei girandosi verso Shane.
Lui rise e le posò il braccio sulle spalle, «Per fortuna.» replicò lui, «Altrimenti sarebbe incesto.»
Arizona sbuffò e alzò gli occhi al cielo, «Idiota.» mormorò.
«Ehi, aspettateci!» esclamò Shane, Logan e Cressida si girarono verso di loro, la ragazzina sorrise, mentre Logan fissò i due come se volesse bruciarli, poi sospirò e guardò davanti. «Credo che sia geloso.» sussurrò Shane.
«Idiota.» ripeté Arizona, si scostò da Shane e raggiunse gli amici, «Ci fermiamo da Jenna?» chiese.
«Uh, sì!» rispose Cressida con un sorriso.
In meno di cinque minuti arrivarono alla gelateria e si sedettero a un tavolino accanto a un grosso vaso con dentro una siepe ben potata; una cameriera portò loro i menu, Arizona ne afferrò uno e iniziò a girare piano le pagine, fissando le foto e le descrizioni dei gelati, indecisa su quale scegliere.
«Quale mi consigli?» chiese Shane all'orecchio della ragazza seduta alla sua sinistra.
Arizona si scostò di un poco, «Sono tutti buoni.» rispose e guardò Logan, che aveva il viso nascosto dal menu, sospirò e chiuse il libricino, per poi posarlo sopra quello di Cressida
«Allora...» fece Shane, chiuse il menu e lo posò sopra agli altri, «Stiamo per tornare alle nostre vite.»
«Eh già.» commentò Logan e fissò Shane come se volesse lanciargli in testa il cubo di legno su cui era marchiato a fuoco il numero del tavolo, «Se non sbaglio tu abiti dalla parte opposta di dove vive Arizona.»
Shane sorrise mentre Arizona si domandò perché quei due dovessero arrivare sempre a punzecchiarsi, «Anche tu abiti lontano da lei.» esclamò il ragazzo.
«Uhmp.» fece Logan, «Sì.» borbottò.
«Una coppa alla frutta.» esclamò Cressida alla cameriera.
«Per me una coppa al cioccolato plus e un bicchiere d'acqua frizzante.» ordinò Arizona, grata che la cameriera fosse arrivata, altrimenti avrebbe preso a sberle quei due.
«Abbiamo le bottiglie da mezzo litro.» disse la cameriera.
«Va bene la bottiglietta.» disse Arizona, aveva sete e un bicchiere o una bottiglietta erano uguali.
Anche Logan e Shane ordinarono e, quando quest'ultimo ordinò la stessa cosa di Arizona, Logan sbuffò rumorosamente, borbottando sottovoce perché stesse accadendo proprio a lui.
«Cosa pensate di fare una volta che saremo tornati ognuno nella propria casa?» chiese Shane.
«Darti un pugno in testa!» esclamò Logan.
«Come sei gentile.» fu il commento sarcastico di Shane.
Arizona sospirò profondamente e guardò Cressida pensando che ogni tanto i maschi fossero proprio scemi.
«Se vuoi posso incominciare anche subito.» esclamò Logan.
«Non affaticarti.» replicò Shane, «Poi hai la forza di arrivare alla fermata dell'autobus?»
«La piantate?» sbottò Arizona, irritata da quello scambio di battute, «Sembrate due bambini dell'asilo!»
«Ha iniziato lui!» esclamarono i due.
Arizona sbuffò, poi ringraziò la cameriera quando posò i gelati e la bottiglietta d'acqua sul tavolo. «Siete insopportabili.» esclamò e prese la cialda che usò come cucchiaino per prelevare un po' di panna montata.
«Ma tu mi adori anche così, vero, Ari?» le domandò Shane e ridacchiò quando Logan sbuffò.
«Idiota.» mormorò  lei, sorrise e si infilò in bocca la cialda con la panna.
Anche Shane sorrise e le sfiorò una spalla, facendo sbuffare di nuovo Logan, anche Cressida sbuffò.
«Siete peggio dei miei compagni di scuola.» esclamò la ragazzina, «Almeno loro hanno la scusa di essere degli adolescenti stupidi... voi che scusa avete?»
Logan e Shane arrossirono, «Shane mi fa imbestialire.» esclamò il primo, «Non posso farci nulla se è un coglione!»
«Logan è un pochino isterico...» sussurrò Shane ad Arizona, «Povero, credo che abbia bisogno di una donna!»
«Ho bisogno di darti un cazzotto!»
«Mi hai sentito?» fece Shane guardando l'altro.
«Non sono sordo.»
«Non l'ho mai pensato.»
«Deficiente.»
«Sei noioso, lo sai?»
«La piantate?» sbottò Arizona, «Altrimenti vi abbandono da qualche parte!» disse, «Cavolo, una volta che possiamo starcene tranquilli, come persone normali, voi giocate a chi ce l'ha più grosso! Siete tutte e due degli idioti!»
«Sei arrabbiata sul serio.» commentò Shane e aprì la bocca per aggiungere altro, ma gli bastò fissare Arizona per cambiare idea e rimanere in silenzio.
«Ha iniziato lui!» esclamò Logan.
«Logan?» chiamò Arizona, «Fammi un favore: smettila.» disse, «Smettila di fare il macho della situazione e piantala di stuzzicare Shane e di reagire alle sue battute cretine.»
«Okay.» sospirò Logan, «Ma lo faccio solo perché me lo hai chiesto tu.»
«Ah, se te lo chiedo io no, se te lo chiede lei sì?» esclamò Cressida e si pulì le labbra dal gelato, «Grazie tante. Per fortuna che sono tua sorella.»
«Perché lei è stata più...» Logan si fermò, alla ricerca delle parole esatte da usare, «Incisiva, ecco.»
Arizona sospirò, pronta a riprendere i due ragazzi ma la merenda continuò senza intoppi: i due rimasero praticamente in silenzio, commentando di tanto in tanto quello che dicevano Arizona e Cressida, senza lanciarsi frecciatine fra di loro. E ad Arizona sembrò quasi un pomeriggio qualsiasi, trascorso con gli amici, a parlare di tutto e di niente. Per un attimo quasi si dimenticò che erano quattro persone speciali, con poteri che gli altri potevano solo sognare di avere.
Finirono il gelato e passeggiarono lungo le viuzze del centro.
«Non è che adesso vi fermate a guardare le vetrine?» domandò Logan mentre Arizona e Cressida si fermarono davanti a un negozio di borse e scarpe.
«Sì.» disse Arizona. «Stiamo solo guardando.» disse.
«Donne.» sbuffò Shane, «Basta una vetrina con due scarpe e vanno in estasi.»
«Eh, già.» lo appoggiò Logan, «E qui ci sono tanti negozi... c'impiegheremo un'ora per arrivare alla fermata, invece di quindici minuti.»
«A noi bastano cinque minuti per scegliere un paio di scarpe, loro ci mettono venti minuti, come minimo.» disse Shane.
«Esatto.» esclamò Logan.
«Ehm... guardate che siamo qui.» disse Arizona, «E poi cos'è sta storia?» continuò, «Solo le donne c'impiegano molto per scegliere un paio di scarpe e voi maschi no?»
«Bhe... sì.» le sorrise Shane.
«Stranamente sono d'accordo con lui.» disse Logan.
Arizona «Idioti.» esclamò, scrollò le spalle e si girò, ritornando da Cressida che ridacchiava.
«E dai, Ari, non arrabbiarti!» esclamò Shane.
Arizona incrociò le braccia al petto e proseguì a camminare, dicendosi che non valeva la pena ribattere.
«Ari...» la chiamò Shane, «Ari... sei arrabbiata?»
Lei strinse le labbra per impedirsi di scoppiare a ridere e continuò a camminare.
«Ari... mi rispondi?» domandò Shane mentre svoltavano a destra.
«Arizona, rispondigli, altrimenti andrà avanti a lungo.» sbottò Logan.
La ragazza ridacchiò e si fermò ad osservare le vetrine di un negozio di abiti da donna, «Non sono arrabbiata.» rispose e si girò verso gli altri due, «Ma se continuate così giuro che vi do un paio di schiaffi a testa.» aggiunse e si rigirò di nuovo verso la vetrina.
«Così come?» domandò Shane, «Ari?»
«Come due idioti.» esclamò Cressida, «Prima sembra che vi vogliate pestare, poi vi coalizzate contro di noi... decidetevi!»
Gli altri due tacquero e Arizona scoppiò a ridere, «Non ridere!» disse Shane, «Mi prendi in giro, Ari?»
«Oh, sì.» disse lei, «Hai fatto una faccia così buffa...» rise ancora, «Cavolo, avrei dovuto filmarvi!»
«Non sei simpatica.» sbottò Shane.
«Guarda che io non mi sono coalizzato con lui!» esclamò Logan, «Cress, ti sbagli di grosso!»
Cressida rise, «A me non sembra.» disse, «Sopratutto quando vi siete messi a dire che noi guardiamo tutte le vetrine e ci impiegamo il triplo del tempo per scegliere un paio di scarpe!»
«Ma è la verità!» ribatté Logan.
«La pura e sacrosanta verità.» confermò Shane. «Siete proprio così!» disse e sorrise.
Arizona sbuffò, afferrò il braccio di Cressida e la spinse in avanti, poi, dopo circa cinque metri, le due entrarono in un negozio che vendeva accessori per i capelli.
Ne uscirono quindici minuti dopo, ognuna aveva un sacchetto in mano.
«Ecco, lo sapevo!» esclamò Shane additandole.
«Sapevi cosa?» domandò Arizona e lo fissò, fissando il suo sorriso, gli occhi che sembravano brillare... distolse lo sguardo.
«Che non resistevate senza entrare in un negozio.» rispose Shane e sorrise, vittorioso, «Te l'avevo detto che avrebbero comprato qualcosa.» continuò, rivolgendosi a Logan.
«Uh, non vi siete ammazzati.» commentò Cressida.
«Perché, avremmo dovuto farlo?» chiese Logan, «Quando parliamo di come non resistete davanti a un negozio andiamo d'accordo.»
«Se non la piantate immediatamente di prenderci per il culo mi faccio prestare la pistola da Mike e vi sparo ai piedi.» esclamò Arizona.
«Ai piedi? Perché?» chiese Shane.
«Così.» rispose Arizona e scrollò le spalle. «Altrimenti posso spararvi nelle palle.» mormorò guardando prima Logan e poi Shane, «Ah, niente battutine sceme altrimenti vi prendo subito a calci!» sorrise e guardò Cressida, «Andiamo?» chiese.
L'altra annuì, ridacchiò guardando i due ragazzi che se ne stavano appoggiati al muro con la bocca aperta dalla sorpresa.
Arizona avanzò per un paio di metri insieme a Cressida, poi si voltò, «Allora, rimanete lì come due stoccafissi o ce ne andiamo?» domandò ai ragazzi, «Altrimenti per colpa vostra Mike ci sgriderà!»
«Uh, mi piace quando mi minacci.» esclamò Shane e la raggiunse, le posò una mano sulla schiena e le baciò la nuca, «Sei adorabile.»
Arizona guardò brevemente il ragazzo e sbuffò prima di scuotere la testa, «Idiota.» mormorò e incrociò le braccia al petto, il sacchetto che dondolava da una parte all'altra.
«Sei davvero adorabile, Ari.» commentò Shane senza togliere la mano dalla schiena della strega, «Molto adorabile.» le sussurrò all'orecchio e rise quando Arizona sbuffò.
Arizona rimase in silenzio e guardò Logan, che fissava davanti a sé, mentre Cressida ridacchiava, coprendosi la bocca con la mano. Pensò che quella situazione, con Shane che le sfiorava la schiena, con Logan che cercava in tutti i modi di non far capire quanto fosse contrariato da quel gesto, con Cressida che ridacchiava e con lei che sembrava quasi immune a tutto quello, fosse estremamente divertente. Riuscì a trattenersi per una manciata di secondi, poi scoppiò a ridere.
«Perché ridi?» domandò Shane, «Cosa c'è di così divertente?» chiese.
Arizona lo fissò e vide il suo viso distorto in una smorfia dubbiosa, «Niente.» squittì, «Cioè... è tutta questa situazione che è divertente.» 
«Divertente?» domandò Logan, «Ti sembra divertente?» esclamò, alzando la voce e agitando le braccia, «A me sembra tutto fuorché divertente!» sbuffò.
Arizona rise ancora, «E dai, rilassati un attimo!» disse, «Su, abbiamo un pomeriggio per rilassarci, quindi... rilassiamoci, no?» aggiunse e si accorse solo allora che le mancava qualcosa.
Quel calore sulla schiena.
La mano di Shane.
Lo fissò e lo vide con le braccia incrociate e lo sguardo che vagava per la stretta strada, soffermandosi su tutto e su niente.
«Tutto bene?» domandò lei fissandolo.
«Ah-ah.» rispose lui, «Sì.» sospirò.
Arizona lo fissò ancora per qualche secondo, dubbiosa, poi scrollò le spalle e guardò davanti a sé, fissando la strada che si stringeva ulteriormente prima di curvare dolcemente verso destra. «Sicuro?» chiese.
Shane la fissò, «A parte che ti sei messa a ridere sena un motivo preciso?» domandò e Arizona capì che era quello il motivo del cambiamento d'umore del ragazzo, «Certo,» continuò Shane «sono sicuro.» disse.
Arizona si limitò a fissarlo e poi sorrise, «Okay.» esclamò, «Come vuoi.»
I quattro si fermarono quando arrivarono nella piazzetta perché avevano diverse possibilità su cosa fare e dove andare: a destra potevano percorrere la strada parallela a quella che avevano appena percorso, andando dritti, dopo una ventina di metri, si trovava un piccolo parco pubblico, mentre a destra si trovava la fermata del tram e dell'autobus.
«Dove andiamo?» chiese Logan.
«Al parco.» rispose Cressida.
«Dovremmo andare a casa.» disse Logan.
«E allora perché hai chiesto dove dovessimo andare?» domandò Shane.
Arizona sbuffò di nuovo e fece un passo avanti, «L'autobus c'è ogni quarto d'ora, un giretto al parco non ci farà male.» disse, «Così magari, oltre a favorire la digestione, forse scenderà anche il livello di testosterone.»
«La colpa è di Shane.» sbuffò Logan e seguì Arizona.
«Sempre colpa mia, eh!» replicò l'altro.
«Bhe... sì!» fece Logan, «Sai com'è... ti sei messo a inseguire Arizona...»
Shane rise e Arizona si trattenne dal girarsi e dare un pugno a ciascuno, «Insomma è colpa tua.»
«Io facevo solo quello che mi ordinavano, cocco.» replicò Shane, «E comunque non sono l'unico che correva dietro ad Arizona...» aggiunse mentre varcavano la soglia del parco.
«Che vorresti dire?» ringhiò Logan.
Shane scrollò le spalle, «Che io le correvo dietro per un motivo, tu per un altro...» rispose e sorrise.
Arizona sbuffò e pensò che se non avessero smesso entro cinque minuti, li avrebbe presi a schiaffi. «Smettetela!» esclamò girandosi verso loro due, «Cavolo, siete così... irritanti!»
«Ha iniziato lui!» dissero in coro i due stregoni, «È colpa sua!»
Arizona alzò gli occhi al cielo e sbuffò piano mentre si avviavano verso il grosso salice piangente.
«Veramente è colpa tua!» esclamò Shane.
«Colpa mia?» strillò Logan, «Ma sei scemo o cosa?» continuò, «Sei tu che hai iniziato!»
«Sei tu che mi lanci battutine sceme, eh!» replicò Shane, «Dovresti cambiare repertorio e magari staccarti da quelle trasmissioni comiche sceme.»
«Ma piantala, stupido.» disse Logan, «Sei tu che mi provochi!»
«Io ti provoco?» rise Shane, «Sembri un bambino dell'asilo!» continuò fra una risata e l'altra, «Maestra, Shane è cattivo! Mi prende in giro!» lo prese in giro.
«Brutto idiota...» ringhiò Logan, «Adesso io...» disse ma non finì perché Arizona prese i due ragazzi e li trascinò sotto le fronde del salice piangente.
«La volete finire? Cazzo, sembrate due deficienti!» continuò.
«Ha iniziato lui!» dissero in coro.
«Ari... non è colpa mia.» le sorrise Shane.
Arizona inspirò a fondo poi afferrò i polsi dei ragazzi mentre sulle sue braccia si formavano gli ormai familiari fulmini viola. «La volete finire?» sibilò.
«Non è colpa mia!» si difese Logan.
«Invece lo è.» ribatté Shane.
Arizona non diede il tempo a Logan di ribattere perché riversò i suoi fulmini sui polsi dei ragazzi che gemettero mentre cadevano in ginocchi sul prato.
«Arizona... perché?» mormorò Logan.
«Perché siete due idioti.» rispose lei mentre Cressida li raggiungeva, «Adesso chiedetevi scusa.»
«Mai.» disse Logan.
«Mi dispiace, Ari cara, ma sono d'accordo con lui.» esclamò Shane.
Arizona lasciò i loro polsi e prese fra i pollici e gli indici le loro orecchie, «Chiedetevi scusa.» ripeté iniziando a stringere.
«Io non... ahi!» si lamentò Logan quando Arizona usò le unghie per stringere.
«Al mio tre vi chiederete scusa, altrimenti vi colpisco alle palle.»
«Con cosa?» mormorò Shane cercando di liberarsi dalla sua presa.
«Indovina?» fece lei mentre i fulmini viola si muovevano sui suoi polsi e sorrise, «Tre, due,» iniziò a contare «uno.»
I due ragazzi si guardarono come se volessero scuoiarsi a vicenda, poi Logan sopirò, «Scusa.» mormorò poco convinto.
«E va bene.» borbottò Shane, «Scusami.»
Arizona sorrise ancora e lasciò le loro orecchie. «Bene, adesso ci fermiamo e voi due offrirete a me e Cressida quello che vogliamo.» esclamò.
«Perché?» mormorò Logan.
«Perché ci avete rotto le palle.» rispose Cressida e Arizona annuì con un sorriso. «Adesso usciamo di qua che ci sono troppo moscerini.»
I quattro uscirono da sotto l'albero, trovandosi davanti tre anziane signore.
«Bhe, che c'è?» sbottò Arizona fissandole, «Non avete mai sentito parlare di un'ammucchiata?»
Le tre anziane si guardarono sconvolte, poi si allontanarono borbottando che la gioventù di oggi era davvero, ma davvero maleducata.
Il gruppo si fermò all'uscita del parco, in un bar-pasticceria-panetteria.
«Sei stata troppo violenta.» disse Shane mentre si sedevano. «L'orecchio mi fa ancora male.» si lamentò.
«Ti sta bene.» disse Arizona, «Anzi...» pizzicò il dorso della mano di Shane.
«E questo perché?» si lamentò lui.
«Per avermi chiamato cara.» disse lei e ordinò una crema al cappuccino con panna montata. «Lo sai che non lo sopporto.»
Shane sospirò, «Uh, scusa.» mormorò, «Non lo farò più, Ari.» disse e le sorrise mentre Logan sbuffava ma non commentò, «Cara.»
Arizona alzò gli occhi al cielo e pensò che prima o poi le sarebbero rimasti bloccati in quella posizione. «Idiota.» disse e Shane ridacchiò.
«Una volta Arizona ha dato un pugno a uno che l'aveva chiamata cara.» esclamò Logan, «Per poco non gli rompeva il naso.» aggiunse, «Credo che dovrai stare attento.» disse e sorrise
«Nah, sono sicuro che non mi farà nulla.» sorrise Shane, «Vero, Ari cara?»
Arizona non commentò, dicendosi che non doveva dare una soddisfazione del genere a Shane.
«Non mi rispondi, Ari cara?» chiese Shane e toccò la spalla di Arizona che sperò di non essere arrossita. «Cara?» continuò lo stregone, «Ari... rispondimi!» esclamò, «Vero che non mi darai un pugno se ti chiamo cara?»
Arizona non lo degnò di un'occhiata ma ringraziò la cameriera.
«Cara Ari, sei ancora arrabbiata per la piccola scaramuccia che ho avuto con il tuo amichetto?» chiese Shane toccandole ancora la spalla e Arizona trattenne a stento un risolino mentre affondava il cucchiaino nella panna, «E che palle che sei quando fai la sostenuta!» sbuffò il ragazzo.
Arizona infilò il cucchiaino in bocca e, quando lo tolse, ridacchiò, «E tu sei buffo quando fai quei broncio da cagnolone abbandonato in autostrada.» esclamò e ridacchiò quando Shane sbuffò ancora.
Venti minuti dopo, con una teglia di pizza margherita al trancio e una di focaccia ripiena di prosciutto curdo, mozzarella, insalata e pomodoro fra le mani di Logan e Shane, i quattro salirono sull'autobus che li avrebbe riportati a casa.
«Pesa.» si lamentò Logan, «E io sono ferito!»
«Ma stai zitto che non hai nulla!» esclamò Cressida, «Sono solo due graffi!»
«Ma fanno male!» protestò Logan.
«Ti lamenti solo perché non vuoi portare pesi.» disse Arizona.
«Quando dicevi offrire pensavo a un caffè o una brioche o un panino o una lattina di Coca-Cola... non una teglia intera di pizza!»
«Così impari a fare il macho man della situazione.» esclamò Arizona, comodamente seduta sul sedile accanto al finestrino, al suo fianco Shane si lamentava sotto voce. «E anche tu, Shane.» disse, «Non lamentarti, che hai contribuito anche tu a questa situazione.»
L'altro sbuffò, «Io non ho fatto niente, Ari cara.» borbottò Shane prima di sorriderle. Arizona gli pizzicò la pelle sopra al polso destro e sorrise quando Shane si lamentò. «Guarda che mi hai fatto male.» si lamentò.
Arizona sorrise ancora, «È quello che volevo.» gongolò, «Così impari.»
Shane sbuffò, «Okay, scusami, Ari.» disse, «Mi dispiace averti chiamata cara.» aggiunse, «Cara.»
Arizona scosse piano la testa e rise, sentendosi rilassata. Era felice e, come prima, le sembrò la fine di un pomeriggio qualsiasi, ed era convinta che era quello che le serviva dopo tutto quello che era successo in quegli ultimi diciotto giorni.
“Diciotto giorni...” pensò Arizona, pensando che le sembravano passate una manciata di ore da quando aveva conosciuto Shane e lui aveva iniziato a inseguirla e ora... ora lui era lì, accanto a lei, con una teglia di focaccia in mano, che rideva per un qualcosa detto da Cressida. Sorrise, felice, e si rilassò.

***

«Perché avete un orecchio rosso a testa?» commentò Jim quando il gruppetto rientrò in casa.
«È colpa di Arizona!» esclamò Logan e posò la teglia sul bancone della cucina.
«Sì, è colpa sua.» gli diede manforte Shane e posò anche lui la teglia.
«Cosa hai fatto?» chiese Jim guardando la ragazza che si sentì arrossire.
«Ecco io...» borbottò lei, «Il punto è che quei due,» indicò Logan e Shane «non facevano altro che litigare e così...» alzò le spalle, «Bhe... e così ho dovuto trovare un modo per farli smettere.»
«Hai fatto bene.» esclamò Mike e lei sobbalzò, non aspettandosi che fosse dietro di lei.
«Oh, grazie.» mormorò Arizona imbarazzata.
«Uh, pizza e focaccia.» commentò Mike, non notando l'imbarazzo della giovane.
«Anche questa è un'idea di Arizona.» sbuffò Logan prima di andare al piano superiore.
«Grande idea!» commentò Mike.
Arizona sospirò e uscì dalla cucina dopo che Jim disse che la cena sarebbe stata pronta per le sette e mezza.
«Dove vai?»
Arizona si girò verso Shane e lo guardò. «Di sopra.» rispose, la mano ancora ferma sul corrimano della scala del salotto.
«Questo lo vedo.» sorrise Shane, «Ma voglio sapere dove vai di preciso.»
Arizona alzò gli occhi al cielo. «In camera.» esclamò, «Ma tu non vieni.»
«Ah no?» mormorò Shane dipingendosi sul viso un broncio, «Ho ancora la bua all'orecchio... non mi dai un bacino?» chiese, osservandola con gli occhi socchiusi.
Arizona si costrinse a non ridere o a non correre fra le braccia dello stregone, «Ti do un pugno se non la smetti.» esclamò.
«Bhe... se dopo mi dai un paio di baci... si può fare.» ribatté Shane fissandola con un sorriso e la testa piegata di lato.
Arizona scosse la testa. «E piantala.» sbuffò, si voltò e salì le scale con il sorriso sulle labbra.

***

La cena si era svolta tranquillamente, senza intoppi, senza che Logan e Shane si punzecchiassero o litigassero per qualsiasi sciocchezza.
Arizona si passò la mano fra i capelli ancora umidi e percorse piano il corridoio, temendo che Logan sbucasse da una porta e la costringesse a parlare o a fare chissà cosa.
«Arizona?»
Lei si fermò, poi riconobbe la voce di Lana e sorrise, fece dietro-front ed entrò nella stanza, «Tutto bene?» domandò, preoccupandosi per la madre di Logan.
«Rivorrei la mia stanza.» sorrise la donna.
Arizona sorrise e si sedette sulla sedia accanto al letto, pensando che probabilmente Shane l'aspettava nella sua camera, chiedendosi quando sarebbe arrivata... avrebbe aspettato un po', si disse Arizona, giusto quello che bastava per “punirlo” per le litigate di quel pomeriggio.
«So che sei diventata molto amica di Shane.»
Arizona fissò Lana, chiedendosi perché dovesse arrivare così, dritta al punto, immediatamente, senza aspettare nemmeno i soliti convenevoli. «Ehm... ecco... io...» balbettò, sentendosi enormemente stupida, fece un respiro profondo per calmarsi, «Bhe, sotto la scorza di coglione cretino che mi fa saltare i nervi c'è un bel ragazzo simpatico.»
Lana le sorrise, «Forse c'è di più.» mormorò e Arizona la fissò, chiedendosi dove volesse andare a parare, «Shane è un'anima triste.» aggiunse, «Ha bisogno di qualcuno,» continuò «di qualcuno che sappia come prenderlo.»
«Eh?» fece la giovane strega, «Cosa?»
«Tu sai come prenderlo, Arizona.» spiegò Lana, «Tu sai come calmarlo, come prenderlo e in più lui si fida di te, altrimenti non ti avrebbe raccontato quello che gli è successo quando era piccolo.»
Arizona rimuginò su quelle parole, «Sarà, ma ogni tanto è un grande stronzo.» borbottò incrociando le braccia al petto.
Lana rise piano, «Oh, sicuramente sì, come tutti, del resto.» disse, «Solo che lui è come...» si fermò, alla ricerca delle parole da usare, «Un grosso cane, che prima ti ringhia contro poi, quando gli fai due coccole, gli cambi l'acqua nella ciotola e gli dai da mangiare... diventa mansueto come un agnellino.» spiegò, «Un po' come te.» le sorrise, «Voi due siete due cagnoloni che fanno di tutto per sembrare scontrosi ma in realtà siete ben diversi.»
Arizona la fissò, domandosi come facesse a capire così bene le persone, poi si disse che fosse una cosa normale, se sai leggere l'animo umano. A Lana bastava parlare cinque minuti con una persona per capire come fosse e Arizona pensò che, se Lana fosse stata nell'FBI o in una qualsiasi centrale di polizia, avrebbe arrestato tutti i colpevoli dopo solo cinque minuti di convenevoli.
«Okay.» sospirò la giovane, «Hai ragione.» disse, accorgendosi troppo tardi che aveva dimenticato un “forse”, sospirò e si accasciò contro la sedia, e fissò Lana che le sorrideva e pensò che fosse troppo tardi per correggersi.
«Segui il tuo cuore.» disse la donna.
Arizona sorrise, «Lo so.» disse, «Adesso... vado.» esclamò, senza aggiungere che andava da Shane, perché intuiva che Lana lo sapeva già — e, in fondo, era quello che voleva, andare da Shane —, si alzò in piedi, «Ci vediamo domani.» aggiunse, baciò il viso di Lana, uscì dalla stanza e andò al piano di sotto, in da Shane.
«Pensavo che non venissi più.» mormorò lui appena lei entrò.
«Ne avevo quasi intenzione, dopo come ti sei comportato oggi pomeriggio.» disse lei.
«Su, piccola Ari, lo sai anche tu che non è colpa mia.» esclamò Shane posandole le mani sui fianchi.
«Non è colpa tua?» replicò Arizona alzando il sopracciglio destro, «Hai stuzzicato Logan fin da prima di uscire!» gli ricordò.
Shane sorrise e avvicinò il viso a quello di lei, «Oh, ma io l'ho fatto solo perché è divertente.» soffiò sulle labbra di lei prima di baciarla.
Arizona lo lasciò fare e si strinse a lui, affondando le mani nei capelli scuri del ragazzo.
Quando Shane infilò la mano destra sotto alla canottiera di Arizona, lei lo scostò da sé. «Shane...» ansimò.
«Sì, lo so.» fece lui agitando una mano come se la cosa non gli importasse, «C'è troppa gente, in questa casa.» le sorrise.
Arizona sbuffò e si sedette sul letto, «Idiota.» mormorò mentre si sistemava.
«Bhe... o è questo o è perché sei ancora vergine.» esclamò Shane sorridendo.
Arizona lo fissò, «Idiota.» ripeté, «Non sono vergine, per la cronaca.»
Shane rise, «E ci voleva tanto a dirlo?» esclamò sedendosi accanto alla ragazza, «Ari... sei diventata rossa?» domandò, «Come sei adorabile.» 
Arizona incrociò le braccia al petto e si voltò dall'altra parte, «Quanto sei idiota.» sibilò, sorrise e si girò verso il ragazzo. «Ogni tanto sei insopportabile, lo sai?»
Shane le posò un braccio sulle spalle e le toccò i capelli, «Ti sei fatta la doccia senza di me?» domandò, «Uffa, Ari cara, avresti potuto avvertirmi... ti avrei aiutato!»
«Ma piantala.» sbottò lei, «Dio, ma riesci ad evitare di fare battute idiote per dieci minuti?»
«No.» rispose Shane e ridacchiò, si chinò verso di lei, posando la fronte contro quella di Arizona e la fissò così intensamente che lei arrossì, «E comunque lo so, che ti piaccio così.» sorrise e poi baciò la fronte di Arizona.
«Stupido.» mormorò lei e lo guardò mentre un sorriso le increspava le labbra, «Egocentrico.» sussurrò, poi gli posò le mani dietro il collo, lo attrasse a sé e lo baciò.
«Uhm... era ora.» sospirò lui mentre le baciava il collo, e fece scivolare le mani sotto alla canottiera, di nuovo, e le fece scorrere sulla schiena di Arizona, arrivando a sfiorarle il reggiseno.
«Shane...» ansimò lei, «Può entrare qualcuno.» sussurrò contro le labbra di lui.
«E che palle...» mormorò Shane, «Uhm... se domani torni a casa...» soffiò, baciandole la pelle del collo, «Noi due potremmo...» lasciò cadere la frase mentre toccava il reggiseno, alla ricerca dei gancetti.
«Shane... smettila.» esclamò Arizona imponendosi di mantenere la calma, «Sei un pervertito, lo sai?» sbottò mentre si sistemava la canottiera, «Non mi chiedi neppure di uscire e pretendi di farlo subito?»
Shane la fissò, confuso, «Appuntamento?» gracchiò e Arizona annuì, «Ma oggi... prima ti ho offerto il cappuccino freddo e la teglia di focaccia e la brioche...»
«Quello non è un appuntamento.» replicò Arizona trattenendo un risolino vedendo il viso di Shane, a metà strada fra il confuso e il disorientato, «Io non vado a un appuntamento portandomi dietro Logan e Cressida.» disse e sorrise.
«Uhm... quindi un appuntamento come un'uscita al pomeriggio?» chiese Shane e sorrise quando Arizona gli strinse la mano.
«Un appuntamento come un invito a cena.» replicò lei.
«Una cene?» squittì Shane.
«Una cena.» confermò Arizona.
Shane sospirò, «E va bene.» disse, «Anche se ho l'impressione che mi costerà un occhio della testa....»
Arizona ridacchiò, «Oh, a me andrebbe bene anche una pizza o un fritto misto.» esclamò e sorrise a Shane.
Anche lui sorrise, le circondò le spalle con un braccio e le scoccò un bacio sulla testa, «Mi manderai in bancarotta.» scherzò.
Arizona rise, «Ma no!» disse e lo baciò con dolcezza sulle labbra. Shane l'abbracciò per poi sistemarsi contro la testata del letto, continuando ad abbracciarla, mentre fissavano, senza realmente vederle, le immagini che scorrevano sul piccolo televisore.
Dopo un po' Arizona si staccò da Shane, «Dove vai?» chiese lui quando la giovane si mise seduta.
«A dormire.» rispose lei.
«Sdraiati, che ti faccio spazio.» disse Shane.
Arizona ridacchiò, «Vado nella stanza di Cressida» rispose.
«Perché?» chiese Shane.
«Perché è la mia ultima notte qui.» sorrise Arizona.
«Appunto, dovresti stare qui.» replicò Shane e le prese i fianchi.
«L'attesa accresce il desiderio...» mormorò lei baciandogli velocemente le labbra.
«E questo da dove salta fuori?» esclamò Shane.
«Da una scatola di cioccolatini, credo.» rise Arizona e baciò ancora Shane e si rese conto che non poteva farne a meno. «Dai, ci vediamo domani e comunque torno a trovarti...» aggiunse sfiorando con due dita il viso del ragazzo.
«Lo spero bene!» mormorò Shane senza smettere di guardarla.
Arizona sorrise, «E comunque tu sai dove abito.» disse.
«Uhmf, basta che non fai l'ultima volta...» sussurrò Shane baciandola ancora.
«Eh, ma lì era una situazione diversa.» ricordò lei, «Devo andare...» sospirò sulle labbra di Shane.
«Ancora un bacio.» soffiò Shane mentre l'attirava a sé.
«Stai cercando di convincermi a rimanere?» domandò Arizona alzandosi in piedi.
«Sì.» disse lui, «Mi pare ovvio!»
Arizona sorrise ancora, prese il viso di Shane fra le mani e lo baciò. «Buona notte.» mormorò. «Ci vediamo domani mattina.»
«Buona notte, Ari cara.» esclamò Shane, «A domani, Ari cara.» continuò sorridendo. Arizona non replicò, sapendo che Shane l'aveva chiamata “cara” solo per punzecchiarla, gli sorrise e uscì dalla stanza.

Arizona si rigirò nel letto, dicendosi che dal giorno dopo sarebbe ritornata alla sua vita di prima, fatta di università, giornate passate sui libri, giri in centro, cene d'asporto mangiate sul divano, davanti alla tv.
Una parte di lei sarebbe rimasta sempre all'erta, ma si sentiva tranquilla.
E poi... poi c'era Shane.
Gli piaceva e pure tanto. Stava bene con lui, anche quando lui la faceva arrabbiare. Però a Logan Shane non le piaceva. E lei ci teneva all'approvazione del suo migliore amico, anche se lui non l'aveva mai ascoltata quando lei gli faceva notare i difetti delle ragazze con cui usciva.
Inspirò lentamente e sorrise, dicendosi che Logan avrebbe capito, erano amici da così tanto tempo che era sicura che, prima o poi avrebbe capito.
E così tutto quanto sarebbe andato a posto.
Ne era sicura, sarebbe successo.

***

Arizona si guardò attorno, scrutando la stanza, alla ricerca di qualcosa che potesse aver dimenticato in giro. Vide il caricabatterie del portatile sopra alla scrivania, lo prese e lo ficcò nel borsone, poi sospirò mentre chiudeva la cerniera, drizzò la schiena, mise a tracolla la borsa del portatile, afferrò i manici del borsone e con la mano libera prese la borsetta.
Era quasi ora di pranzo e, dopo di esso, sarebbe tornata a casa. Sperò che qualcuno l'accompagnasse perché non aveva voglia si trascinarsi quella roba su e giù per i mezzi della città.
Scese in sala e posò tutto quanto accanto al divano, mettendo su di esse la borsa del portatile e la borsetta.
«Chi mi porta a casa?» esclamò entrando in cucina e vedendo Jim che versava un po' d'olio in una larga padella bianca con il manico arancione.
«Io.» esclamò Mike entrando in cucina.
«Ma sei sempre qui?» chiese Logan entrando dietro di lui, «E poi dite a me che non vado mai a casa.»
«Sono qui per portare Arizona a casa.» replicò Mike, «E mi fermo a pranzo.»
Logan alzò gli occhi al cielo e sbuffò mentre Arizona ringraziava Mike. Poi i due giovani iniziarono ad apparecchiare.
«Shane mangia qui con noi?» domandò.
«Sì.» rispose l'interessato entrando in cucina, guardò Arizona e le sorrise — sorriso che non sfuggì né a lei né agli altri —, e rimase fermo, accanto alla finestra, guardando gli altri che lavoravano — tranne Mike che se ne stava seduto sopra la panca e leggeva il giornale.
Mentre Arizona sistemava la marmitta con l'insalata mista già condita sul tavolo, si accorse che Shane la stava ancora guardando. Sospirò con fare teatrale prima di sorridere mentre andava a prendere le grosse posate di plastica bianca e verde per l'insalata poi, mentre tornava indietro, verso il grosso bancone dell'isola della cucina, sorrise allo stregone e il cuore le fece una capriola nel petto quando vide il viso dell'altro illuminarsi; infilò le posate nell'insalata e la girò un'altra volta, poi si scostò per lasciare a Logan lo spazio per posare il pane. 
Intanto nell'aria si era sparso il profumo del salmone e del pesce spada, mentre nella friggitrice stava cuocendo il fritto e sulla griglia sfrigolavano i gamberoni.
Arizona si tagliò un paio di pezzi di focaccia, recuperò una teglia di alluminio — una di quelle usa e getta —, ci sistemò la focaccia e la richiuse con il coperchio di cartone, poi, quando stava per infilare il tutto in un sacchetto di plastica, Jim le disse di prendere anche un paio di pezzi di pizza, Arizona non se lo fece ripetere due volte e aggiunse anche la pizza.
«Penserai a me, vero?» le sussurrò Shane quando lei gli passò accanto, «Mentre mangi la focaccia, intendo.»
Arizona alzò gli occhi al cielo, poi sbuffò e infine sorrise. «Forse.» rispose, «Se non fai il coglione.» disse.
Shane le sorrise e le toccò il fianco, «Farò il bravo.» promise.
«Lo spero.» disse lei, poi si voltò e per poco non urlò quando si trovò davanti Logan, «Cavolo, mi hai quasi fatto venire un infarto!» esclamò.
Logan rise, «Eri così concentrata su di lui» indicò Shane «che non ti sei accorta che ero dietro di te!» esclamò, «Ancora cinque secondi e avrei potuto appiccicarti un post-it sulla schiena.»
Arizona alzò gli occhi al cielo e poi vide che Logan aveva effettivamente in mano un post-it, «Stupidi idioti infanti.» borbottò prima di andare a sedersi accanto a Cressida che era appena entrata nell'ampia cucina, Jim disse che il pranzo era pronto così si sedettero tutti, Shane dall'altro lato di Arizona e Logan davanti a lei. La giovane sospirò nel vederseli attorno e per un attimo, mentre tagliava il trancio di salmone, le parve che i due si scambiassero uno sguardo complice, come se avessero organizzato qualcosa — magari uno scherzo idiota — alle sue spalle. Dopo pochi minuti era certa che quei due stessero complottando qualcosa alle sue spalle, ne era più che sicura.
«Tutto bene, Ari?» chiese Shane.
Lei lo fissò e ne fu sicura: lui e Logan stavano escogitando qualcosa. «Sì.» rispose, «Tutto bene.» disse, anche se avrebbe voluto solo chiedergli cosa diavolo avesse in mente. Shane le sorrise ancora prima di concentrarsi sul suo pranzo, Arizona lo fissò, continuando a chiedersi perché lui la guardasse in quel modo e perché anche Logan facesse lo stesso.
«Che avete in mente voi due?» esclamò Mike.
«Chi?» chiese Logan.
«Tu.» rispose Mike, «Tu e Shane.» spiegò. «Avete lo stesso sguardo del gatto che si è appena mangiato il canarino.»
«Non abbiamo in mente nulla.» esclamò Logan e, anche se apparve sicuro, Arizona sentì una piccola sfumatura nella voce, quasi come se non fosse del tutto sicuro di quello che aveva appena pronunciato.
Mike alzò gli occhi al cielo e sbuffò prima di infilarsi un grosso pezzo di salmone in bocca e Arizona si trattenne dallo sospirare, perché era sicura che avrebbe attirato una qualche battutina di Shane.
Il pranzo trascorse tutto sommato tranquillo e, alla fine, Arizona aiutò Cressida a sciacquare i piatti e le padelle per poi infilare il tutto nella lavastoviglie. Arizona infilò la pastiglia di detersivo nell'apposito piccolo scomparto, chiuse lo sportello e avviò l'elettrodomestico. «Secondo te cosa stanno combinando quei due?» domandò appoggiandosi contro il lavandino.
Cressida passò una spugna umida sull'esterno della friggitrice, sospirò e guardò Arizona, «Non so.» rispose, «Di sicuro Logan ha in mente qualcosa.» disse, «Mi ricorda quando ha fatto la fiancata all'auto di papà e sperava che lui non se ne accorgesse.»
Arizona ridacchiò, «Oh, sì.» disse, «Me lo ricordo...» esclamò, «Uh, chissà quando sarà pronta la sua auto.»
«Spero presto.» esclamò l'interessato entrando in cucina, «La rivoglio.»
«Non farai i capricci, vero?» chiese Arizona incrociando le braccia e osservandolo con la testa leggermene piegata di lato.
«Io non faccio mai i capricci!» ribatté Logan, «È solo che sono più di due settimane che la mia auto» aggiunse «è da quel cretino di un meccanico e non l'ha ancora riparata!» disse, «Cosa ci vuole sistemare due finestrini?»
Arizona alzò gli occhi al cielo, «Magari si è danneggiato anche il sistema degli alza cristalli.» buttò lì, accorgendosi un secondo dopo che non avrebbe potuto prospettare uno scenario peggiore — escludendo l'incendio, forse — per la “preziosissima” auto di Logan.
«Spero di no.» sbottò Logan, «Sarebbe frustante.»
«Sarebbe una scusa comoda per rimanere qui.» replicò Cressida.
«Ma non è vero!» disse Logan, «Guarda che anche io voglio andarmene a casa!» disse.
Cressida e Arizona si fissarono per un istante, «Bugiardo!» dissero in coro, facendo sbuffare Logan che uscì dalla cucina ripetendo che sua sorella avrebbe dovuto appoggiarlo, tornò dopo meno di un minuto.
«Arizona... vieni un attimo con me?»
Lei lo fissò, «Uhm, okay.» disse e scrollò le spalle, seguì Logan chiedendosi cosa diavolo volesse dirle di così confidenziale da non poter parlarne davanti a Cressida. «Allora...» esclamò quando Logan chiuse la porta della biblioteca dietro di loro.
«Uhm...» Logan ficcò le mani nelle tasche dei jeans, «Ecco... sì.» disse.
Arizona lo guardò e si appoggiò al grande tavolo. «Cosa devi dirmi?»
Logan fece un respiro profondo, gonfiò le guance e poi fece uscire l'aria lentamente. «Io ho parlato con Shane» disse guardando Arizona «prima.» esclamò, «Prima di pranzo, intendo.»
Arizona si chiese di cosa potessero aver parlato visto che le loro conversazioni erano per lo più fatte di accuse sottintese, frecciatine e battutine. «E quindi?» chiese. Nessuno di loro due aveva un occhio nero o un labbro spaccato, quindi non si erano presi a pugni e pensò che fosse una cosa buona.
«E quindi... niente.» disse lui, «Shane è okay.»
Arizona ringraziò di essere appoggiata al tavolo, altrimenti era sicura che sarebbe caduta a terra, posò le mani sul piano di legno e fissò l'amico, domandandosi se stesse bene. «O-okay?» balbettò, «Logan... stai bene?» chiese, quasi preoccupata che Logan avesse preso una botta in testa o che gli effetti di tutte le lotte che avevano subìto stessero dimostrando i loro danni in quel momento.
«È okay.» ripeté lui alzando le spalle, come se la cosa non gli importasse, «Insomma... ti ha salvato.» aggiunse, «Due volte.»
Arizona lo fissò, sorpresa e rimase zitta perché non sapeva cosa dire.
«Lui non ci ha pensato due volte.» continuò Logan, «Mentre io... io avevo accanto a me una pistola ma non...» sospirò, «Non sono riuscito a fare nulla.» sussurrò abbassando la testa, «Nulla... avevo la pistola lì» continuò e Arizona capì che si riferiva all'attacco di un paio di giorni prima «e non sono neppure riuscito a prenderla...» sospirò guardando la ragazza.
«E poi, in fondo, ma molto in fondo... Shane è un tipo okay.»
Arizona si limitò ad annuire, troppo sconvolta dalle parole dell'amico. «È okay.» fece, «Okay.» ripeté, «Logan...» chiamò, «Ma sei sicuro di stare bene?» chiese, «No, perché sentire queste parole da te, poi... e dopo quello che è successo ieri pomeriggio...» disse, «“Shane è okay” sono le ultime parole che mi sarei aspettata di sentire da te!»
Lui rise, «Sto bene, sto bene.» disse, «Sai, abbiamo parlato e ho capito.» aggiunse, «Ho capito che Shane è sì un gran coglione ma comunque è uno dei nostri e in più è okay... quindi...» alzò le spalle sull'ultima parola, come se la cosa non gli importasse più di tanto.
Arizona annuì, «E tutto questo discorso è per farmi capire...» disse, «Cosa?» chiese, «Sai, a parte che Shane è okay non ho capito dove vuoi andare a parare.»
Logan la raggiunse in un paio di passi e l'abbracciò per qualche secondo, poi la lasciò e le sorrise. «Che se lui ti piace per me... per me va bene.»
«Ti va bene?» strillò Arizona, «Ti va bene?» ripeté, abbassando la voce, «Tu... oh, mio Dio.» mormorò, «Logan... te lo chiedo di nuovo: sicuro di stare bene?»
Lui rise, «Sì, sto bene.» disse, «E poi... tu sai come prenderlo, lui sa come prenderti... e adoro quando ti fa incazzare, ci riesce in un modo così...» si fermò, come se cercasse l'aggettivo esatto da usare, «In un modo così divertente.»
Arizona fece una smorfia, «Idioti.» borbottò poi sospirò, «Quindi...» mormorò.
«Quindi se vuoi puoi uscire con lui.» esclamò Logan.
Arizona lo fissò e per un attimo temette che sarebbe caduta per terra, trascinando con sé anche il grande tavolo. «Tu... tu...» balbettò, «Cosa?» strillò.
«Sì.» rispose lui, «Adesso usciamo di qui, prima che cambi idea.» aggiunse, si girò e si avviò alla porta della biblioteca.
Arizona rimase lì, confusa, chiedendosi cosa diavolo fosse preso a Logan. Le aveva detto che Shane era okay e che poteva uscire con lui. Era tutto troppo assurdo, così illogico da risalutare quasi... reale. Deglutì e si staccò piano dal tavolo, poi uscì anche lei. Era a pochi passi dal divano quando Mike la fermò e le mise in mano due biscotti gelato, ancora chiusi nella loro confezione bianca e blu, «Portane uno a Shane.» le disse.
Arizona si limitò ad annuire e, con un gelato per ogni mano, andò da Shane. La porta della stanza era socchiusa, così le bastò spingerla con il piede per riuscire ad entrare.
«Ti stavo aspettando.» commentò lui e prese uno dei biscotti gelato dalle mani della giovane, «Su, siediti.» le sorrise.
Arizona avanzò piano e iniziò a scartare il biscotto, poi si sedette accanto a Shane. «Hai parlato con Logan?» chiese, accorgendosi che la sua voce era stridula e che non era quello che voleva dire; avrebbe voluto buttare lì il discorso fra una chiacchiera e l'altra, come se fosse una cosa normale.
Shane ridacchiò, «Oh, sì.» disse. «È simpatico, in fondo.» aggiunse, «Molto in fondo. Ma proprio molto, eh.» esclamò e addentò il gelato mentre Arizona sbuffava. «A quanto pare gli vado bene.» aggiunse, «Sai, non mi sarei mai aspettato una cosa del genere da lui.»
«Perché?» chiese lei, «Guarda che Logan è una brava persona.»
«Perché fino a ieri era il tuo amichetto geloso.» rispose Shane e sorrise.
Arizona mangiò il gelato in silenzio, dicendosi che non valeva la pena di replicare, non ora*, visto che sembrava andare tutto per il meglio. «La pianti di chiamarlo così?» sbottò, non riuscendo a tacere, «Sei davvero insopportabile!»
Shane rise ancora, «Mi piace come reagisci verso di lui, si vede che ci tieni.» disse, «Siete amici, è normale che lo difendi.»
Arizona aprì la bocca, troppo sorpresa per dire qualcosa; si domandò se Shane — ma anche Logan — stesse bene perché era davvero strano quel comportamento, sentì un pezzo di gelato scivolarle sulle labbra e deglutì per poi pulirsi la bocca con la mano. «Stai bene?» gracchiò, «Tu e Logan oltre a chiacchierare vi siete anche fumati qualcosa?»
«No!» rispose lui, «Sto parlando seriamente.» aggiunse e sorrise mentre puliva il labbro inferiore di Arizona con la punta dell'indice, la osservò per qualche istante, rimanendo in silenzio, «Tu mi piaci sul serio, Arizona.»
Lei sorrise e mangiò un pezzo di biscotto gelato e si sentì felice, guardò Shane, deglutì e fissò per un attimo la parete davanti a lei. «Anche tu mi piaci.» mormorò sentendo le guance arrossarsi.
Shane le posò un braccio sulle spalle e l'abbracciò, poi le baciò la nuca.
«Se avete finito...» esclamò Mike entrando nella stanza — né Shane né Arizona l'avevano sentito bussare -, «Arizona, saluta Shane che ti porto a casa.»
Arizona sospirò, mandò giù l'ultimo pezzo di gelato e guardò Shane. «Ci vediamo.» gli disse e lui si limitò ad annuire. «Mi lavo le mani e arrivo.» si rivolse a Mike, poi lo seguì fuori dalla stanza.

Un'ora dopoArizona era nel suo appartamento, seduta sul divano, sentendosi improvvisamente stanca, come se non dormisse da giorni, sbadigliò e fissò il soffitto, storcendo il naso nel vedere una piccola ragnatela nell'angolo in alto a destra del salotto, pensò che l'avrebbe tolta più tardi — magari anche il giorno seguente — e sospirò.
Shane l'aveva salutata con un cenno della mano quando era uscita dalla casa dei genitori di Logan e lei si era sentita... un po' delusa, anche se non glielo avrebbe mai detto — e neppure a Logan o a qualsiasi altra persona —, per un attimo si era immaginata che lui le corresse incontro, poi si era detta che quello non era un film romantico e strappa lacrime e che, forse, vista la presenza di tutte quelle persone — Logan, Jim, Cressida e Mike — Shane si era sentito imbarazzato, preferendo rimanere “neutrale”.
Arizona sospirò ancora e sorrise, dicendosi che ormai era tutto risolto, che sarebbe andato tutto bene... guardò l'ora e vide che erano quasi le quattro e mezza, pensò di dare una pulita alla vasca, poi avrebbe sistemato i vestiti che si era portata da Logan, avrebbe fatto un bel bagno rilassante, mangiato la focaccia e sarebbe rimasta sul divano a guardarsi qualche stupidata in tv, e poi... e poi al resto ci avrebbe pensato dopo.

Arizona fissò l'acqua calda, quasi bollente, che riempiva la vasca e la schiuma bianca che si formava, si levò la canottiera e le mutande, per poi entrare piano nella vasca, reclinò la testa e chiuse gli occhi mentre muoveva le mani nell'acqua e giocava con la schiuma, sentendo i muscoli che si rilassavano uno a uno.
Spense l'acqua e rimase con gli occhi chiusi per diversi minuti, fino a quando sentì gli occhi farsi pesanti. Sbadigliò, infilò la testa sott'acqua per un paio di secondi, giusto il tempo di lavarsi i capelli, si mise seduta e, dopo aver afferrato la confezione dello shampoo, si lavò i capelli, li sciacquò e visto che l'acqua era ormai tiepidina uscì, indossò l'accappatoio e tornò in salotto e si sedette sul divano, accese la tv e guardò mezza puntata di una trasmissione che parlava di abiti da sposa prima di andare a vestirsi.
Stava infilando la focaccia nel microonde quando il suo cellulare squillò, osservò lo schermo, domandandosi di chi fosse quel numero che non conosceva. «Pronto?» esclamò, decidendo di scoprire chi fosse.
«Ari cara.»
«Non chiamarmi cara!» sbottò lei, «Shane?» domandò e lui rise, «Chi ti ha dato il mio numero?» domandò.
«La piccola Cressida.» rispose lui, «Però si arrabbia se la chiamo piccola...»
Arizona alzò gli occhi al cielo, «Mi pare logico.» borbottò, «Perché mi chiami?» chiese.
«Solo per sapere se stai bene.» disse Shane e Arizona arrossì.
«Sto bene.» esclamò, «Sto per mangiare qualcosa.» aggiunse, omettendo che era la focaccia che aveva comprato lui.
«Anche noi fra poco mangiamo.» esclamò Shane, «Comunque... Ari cara, quand'è che sei libera?»
Lei rimase ferma, la mano ferma sullo sportello del forno a microonde. «Cosa?» gracchiò.
Shane rise, «Ti ho chiesto quando sei libera.» ripeté, «Sai, hai presente un appuntamento? Ecco, quello.»
Arizona fissò il mobile davanti a lei, fissando i graffi sulla maniglia dello sportello, «Oh.» fece, «Oh, cacchio!» squittì, «Io... io... anche domani, volendo!» esclamò e si morse la lingua, accorgendosi di essere stata troppo precipitosa.
«Uh, sei impaziente, Ari.» ridacchiò Shane. «Comunque domani è impossibile, secondo Philip è meglio che mi riposi per un altro paio di giorni, fino a venerdì.»
«E chiedermi direttamente di uscire sabato ti faceva schifo?» domandò lei.
«Lo sai che adoro quando sei arrabbiata!» replicò lui e rise, «Quindo ci vediamo questo sabato?»
Arizona sbuffò e sorrise — tanto lui non poteva vederla —, «Okay.» rispose, «Dimmi l'ora e il posto e ci sarò.» disse, «No, anzi, facciamo così: dimmi l'ora che mi passi a prendere.»
«Devo anche passare da te a prenderti?» domandò Shane, «Anche questo?»
«Bhe, sì, mi pare ovvio.» replicò lei, «Sei tu che mi hai chiesto di uscire, non io.»
«Alle sette va bene?» domandò Shane, «Così magari ci facciamo un giretto in centro.»
«Va benissimo.» sorrise Arizona e sentì lo stomaco brontolare, «Adesso devo proprio mangiare,» aggiunse «ho lo stomaco che si lamenta.»
Shane rise, «Uhm, mi sa che è pronto anche qui.» disse, «Sento dei passi fuori dalla porta.»
«Magari è Logan che vuole darti un pugno perché hai chiamato Cressida “piccola”.» replicò lei.
«Anche lui la chiama piccola.» esclamò Shane. «E comunque io e Logan siamo grandi amici, sai?»
Arizona rise, «Grandi amici?» disse, «Ma se andate d'accordo da un giorno!»
«E vabbè, adesso non lamentarti!» esclamò Shane, «Non c'insultiamo da più di dodici ore... è un passo avanti!» commentò, «La cena è pronta.»
«Okay.» sospirò Arizona, «Ci vediamo sabato, allora.» disse, «E sii puntuale!» gli ricordò.
Shane ridacchiò, «Io sono puntuale, Ari cara.» disse, «A sabato, allora.» aggiunse e riattaccò.
Arizona fissò lo schermo del cellulare, lo posò sul ripiano e premette i pulsanti per avviare il microonde. Era Mercoledì 25 Giugno e considerò che, visto che ormai erano le diciannove e mezza, quel giorno era quasi finito, ormai mancavano settantadue ore all'appuntamento con Shane. “Cosa mi metto?” pensò mentre i numeri azzurri sul display del microonde scorrevano all'indietro, «Cosa mi metto?» gemette, poi il timer del microonde suonò, distogliendola momentaneamente da quei pensieri, prese il contenitore con la focaccia che trasferì in un piatto, riempi il bicchiere con della Guinness — aveva trovato un paio di lattine, piene di polvere, sul fondo del piccolo armadio dispensa — e andò al divano, posò il tutto sul tavolino e cambiò canale, finendo su un documentario sui dinosauri e pensò che era l'unica cosa decente che ci fosse da vedere, ancora felice perché Shane l'aveva chiamata, perché le aveva chiesto di uscire... e perché aveva una scusa per comprarsi un vestito nuovo.

Arizona sbadigliò quando il suo cellulare vibrò, tastò il comodino, afferrò il cellulare e sorrise nel vedere che era un SMS da parte di Shane. “Buona notte, cara Ari.”
“Buona notte, mio idiota.” gli rispose, controllò che il messaggio venisse inviato, fissò lo sfondo del cellulare — una farfalla colorata posata su una margherita bianca —, vide i numeri dell'orologio digitale passare delle 21:59 alle 22:00, bloccò lo schermo, sbadigliò di nuovo e, stringendo il cellulare al petto, si addormentò.

Ultimo capitolo prima dell'epilogo!
Non ci posso credere, dopo più di due anni anche questa storia è praticamente finita!
Scusate il ritardo, ma alcuni pezzi mi hanno un po' bloccato, comuque l'epilogo è a buon punto, conto di postarlo entro la prossima settimana.
Grazie a chi legge, chi mette la storia in una delle liste e a chi mi inserisce fra gli autori preferiti: siete delle care stelline *o*
CI vediamo con l'epilogo!

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 - Epilogo - ***




Capitolo 27
Epilogo

«Non voglio andarci.» esclamò Arizona.
Shane sospirò, «Devi.» disse.
«No.»
«Sì.»
«Non voglio.»
«È l'ultimo esame.»
«Che si fotta.»
«Ari...»
«Non chiamarmi Ari!»
«Io ti chiamo Ari finché non andrai all'esame!»
«Io non ci vado.»
«Ari...»
«Non chiamarmi Ari!»
«E allora vai a quello stupido esame, così smetto di chiamarti Ari, poi ti laurei e buonanotte.»
Arizona incrociò le braccia al petto. «Uffa, sei noioso.» borbottò.
Shane sorrise e le baciò la fronte, «Non sono noioso.» ridacchiò, «Sono il tuo idiota pervertito.»
Lei sorrise, «Stupido.» disse, «È meglio che mi prepari, Logan arriverà da un momento all'altro.» aggiunse e andò in bagno. Mentre legava i capelli in una coda alta sentì suonare il campanello.
Dieci minuti dopo trovò in salotto Logan e Shane che parlottavano, seduti sul divano.
«Arizona vai a quell'esame.» esclamò Logan.
Lei sospirò e alzò gli occhi al cielo. «Ma vi siete messi d'accordo?» sbottò, «Bell'amico, che sei.» disse, «Proprio bello.»
Logan rise, «Sono la voce della tua coscienza.»
Arizona alzò gli occhi al cielo, «Vi odio quando vi coalizzate contro di me.» disse e sbuffò quando i due ridacchiarono. «Andiamo.» esclamò e recuperò la borsa, baciò velocemente le labbra di Shane. «Ci vediamo dopo.» gli disse e uscì con Logan.
«Dai quello stupido esame.» sbottò Logan mentre erano in macchina, diretti alla stazione dei treni.
Arizona sbuffò, «E che palle che siete.» borbottò, «Cos'è, siete pronti a trascinarmi per le orecchie, una a destra e l'altro a sinistra?» chiese.
«Se fosse necessario...» disse Logan.
Arizona sbuffò e incrociò le braccia al petto fissando il paesaggio che scorreva fuori dal finestrino. Erano passati quasi due mesi e mezzo dal giorno in cui la casa di Jim e Lana era stata invasa dai muta-forma e lei ora viveva nel suo appartamento con Shane, lavorava part-time in un negozio di vestiti mentre Shane era il vice-manager di un pub. «Piantala.» mugugnò, «Speriamo che il treno arrivi in orario.» aggiunse, sperando che, cambiando argomento, Logan non parlasse più dell'esame del professor Morris che si ostinava a non voler dare.
Dovevano andare a prendere Leighanne, la nipote di Jason, che si trasferiva nella loro città per frequentare l'università e avrebbe vissuto con lo zio, per poi trasferirsi negli alloggi dell'università.
«Non cambiare argomento, Arizona.» disse Logan e svoltò a sinistra, «Con me non funziona.»
«Uffa.» borbottò lei. «Cos'è, tu e Shane andrete avanti fino a quando non sarò in quella cazzo di aula?» sbottò e guardò l'amico.
«Bhe... sì!» rispose Logan e rallentò quando arrivò allo stop, «Vabbè, ce l'hai tu la foto di Leighanne?» chiese.
«Sì.» rispose lei, «È sul cellulare.» aggiunse. L'ultima volta che aveva visto Leighanne lei aveva diciassette anni mentre la nipote di Jason quattordici. Nella foto era completamente diversa da come la ricordava, sopratutto per un particolare. I due arrivarono in stazione e Logan trovò un posto a una decina di metri dall'ingresso.
Entrarono nell'edificio dalle pareti bianche e dalle grandi vetrate, «Uhm... il suo treno arriva al binario... otto.» disse Arizona leggendo il display con gli orari degli arrivi, «Andiamo?» fece avviandosi alle scale.
Passarono nel sottopassaggio, sentendo sopra le loro teste i treni che arrivavano e che partivano.
«Allora... come va con Shane?» chiese Logan.
«Bene.» rispose Arizona, colpita da quella domanda come succedeva sempre da quando lei e Shane stavano insieme. Non credeva che Logan accettasse di buon grado la sua relazione con l'ex Dark Shadow ma invece era successo.
I due salirono le scale che servivano i binari otto e nove.
«Arizona...»
«Logan, se parli un'altra volta di quello stupido esame giuro che ti faccio lo sgambetto quando meno te l'aspetti.» sbuffò Arizona.
Logan ridacchiò, «Veramente volevo chiederti di mostrarmi la foto di Leighanne!»
Arizona arrossì, «Uhmf, okay.» borbottò, prese il cellulare dalla borsa, selezionò la foto che le aveva mandato Jason e la mostrò a Logan.
«Una dove non sta in questa assurda posizione da gobba ubriaca non ce l'aveva?» domandò Logan fissando lo schermo, «Speriamo di riconoscerla.»
«Ha due ciocche viola, non credo che tutti quelli che scenderanno dal treno avranno lunghi capelli castani e due ciocche viola.» esclamò Arizona.
Logan si limitò a sospirare mentre incrociava le braccia al petto. «Speriamo.» borbottò.
Il treno arrivò in perfetto orario e i due giovani si divisero — Arizona andò verso la testa del treno, Logan verso la fine — e iniziarono a cercare Leighanne.
La trovò Arizona, «Sei Leighanne?» le chiese e l'altra annuì, «Sono Arizona...»
«E sei venuta a prendermi.» finì l'altra, «Zio Jason me lo aveva detto.»
Arizona sorrise e agitò il braccio destro quando vide Logan che avanzava verso di loro e pensò a come avrebbe reagito il ragazzo quando avrebbe visto la ragazza.
Logan si presentò e fece di tutto per non guardare il seno di Leighanne, che faceva bella mostra di sé spuntando da una maglietta molto scollata. Il ragazzo arrossì e balbettò che dovevano andare, afferrò i manici dei due trolley più grandi — Arizona prese il borsone, lasciando a Leighanne il trolley piccolo, lo zaino e la grande borsa — e si avviò verso le scale.
«Che ha?» domandò Leighanne
Arizona sorrise, «Niente.» rispose, «È solo...» scrollò le spalle, «Un ragazzo.» disse, «Tutto bene il viaggio?» domandò.
Leighanne sorrise, «Sì, grazie.» rispose, «Come stai?» chiese, «È tanto che non ci vediamo.»
«Tutto bene.» rispose Arizona e alzò le spalle mentre percorrevano il sottopassaggio, «Ormai ci siamo ripresi.»
L'altra annuì, «Lo zio mi ha raccontato tutto.» disse, «Dev'essere stato terribile.»
Arizona annuì e guardò Logan che ogni tanto si voltava verso di loro e le guardava, cercando di non fissare troppo il seno di Leighanne, «Siamo sopravvissuti, è questo quello che conta, alla fine.»
«E tu hai trovato l'amore fra le braccia del nemico che si è redento...» sospirò Leighanne, «È così romantico!» squittì, «Sembra una storia da libro o da film!»
Arizona si bloccò, quasi non riuscisse a capacitarsi di quello che Leighanne aveva appena detto, poi scrollò le spalle e riprese a camminare, «Non è una storia da film.» disse, «Shane ogni tanto è un vero idiota.»
Leighanne ridacchiò, «Tutti i ragazzi sono idioti!» disse, «Vero, Logan?»
L'interpellato si girò e fissò Leighanne, «Sì!» rispose, «Sì, hai ragione.» confermò. Arizona scoppiò a ridere, «Perché ridi?» chiese lui, «Che ho detto?»
«Niente.» disse Arizona, «Su, non preoccuparti.» aggiunse e agitò una mano, come se volesse invitarlo a girarsi e a proseguire.
Logan osservò le due, perplesso, poi si girò e salì le scale, borbottando che non avrebbe mai capito le donne.
Arrivarono all'auto mentre Arizona e Leighanne chiacchieravano di argomenti frivoli, Logan infilò le valigie nel bagagliaio e si girò per prendere le altre, trovandosi a meno di mezzo metro da Leighanne, «Oh.» fece, ridacchiò, le prese la valigia e la infilò accanto all'altra. «Andiamo?» chiese chiudendo lo sportello.
«Sì.» disse Arizona, «Almeno che tu non voglia stare in contemplazione ancora un po'...»
«Contemplazione?» fece Logan perplesso, «E su cosa?»
Arizona nascose una risatina dietro la mano, «Oh... dicevo così, tanto per dire.» disse e salì in auto, anche Leighanne lo fece, sistemandosi sul sedile posteriore.
«Passi troppo tempo con Shane.» commentò Logan, «Fai battute stupide!»
«Io ci vivo con Shane.» fece notare Arizona, «E se non capisci le mie battute non è colpa mia.»
Logan alzò gli occhi al cielo e avviò l'auto mentre Leighanne ridacchiava. «Siete davvero forti!» esclamò la più giovane, «Mai pensato di fare cabert?»
«No.» rispose Arizona, «Ci tirerebbero i pomodori, lo so.»
«A te li tirerebbero, non a me.» la corresse Logan, «Io sarei fantastico, sopra un palco.» disse, «Ah... avrei dovuto fare l'attore...»
«Ma se ti vergogni pure a chiedere la strada quando ti perdi!» esclamò Arizona, «Come potresti stare sopra un palco senza imbarazzarti?»
Logan arrossì appena, «Supererei l'imbarazzo!»
Leighanne rise e lo fece anche Arizona, «Ci fermiamo per un caffè?» chiese, «Stamattina mi sono svegliata tardi e il caffè che prepara Shane non è dei migliori...»
«Uh, per me va bene.» disse Leighanne.
«Okay.» sospirò Logan, «Va bene.» acconsentì, «Sono in minoranza...» sorrise, inserì la freccia, e girò a destra, fermandosi nel posteggio davanti a un dinner. I tre entrarono e si sedettero a un tavolo libero, Leighanne e Arizona da una parte, Logan di fronte a loro.
«Che facoltà frequenterai?» domandò Arizona.
«Biologia.» rispose Leighanne, «E poi vorrei fare antropologia.» sorrise, «Credo.» disse e scrollò le spalle, «Al momento sono ancora un po' confusa su quale master seguire dopo la laurea...»
«Non hai ancora iniziato, è normale.» disse Arizona.
«Basta che non fai come qualcuno,» Logan fissò Arizona «che si ostina a non voler dare l'ultimo esame...»
Arizona alzò gli occhi al cielo, «Lo darò.» disse, «Prima e poi.»
La cameriera arrivò per prendere gli ordini, «Lo spero.» esclamò Logan dopo che donna si fu allontanata, «Ti manca solo quello!»
Arizona sbuffò, «Avevi promesso che non ne avremo parlato!» esclamò.
«Io non ho promesso nulla!» borbottò Logan e ringraziò la cameriera che portò loro i caffè.
«Cambiamo argomento.» esclamò Arizona e versò lo zucchero nel caffè macchiato, «Non vorrai annoiare Leighanne con questa storia inutile, vero?» domandò e sorrise.
Logan la osservò e sorrise, «Sai sempre come cambiare argomento, vero?» domandò, Arizona ridacchiò e annuì, «Allora... Leighanne» fece Logan fissando il viso della ragazza, «hai già trovato una stanza al dormitorio?»
L'altra annuì, «Sì, per averla trovata l'ho trovata è solo che posso entrare un paio di giorni prima che inizi l'università... e mancano ancora più di dieci giorni.»
Arizona annuì e sorrise, «Ho capito.» disse, «Bhe, intanto ti ambienti un po'.»
Leighanne annuì, «Bhe, sì.» confermò, «Sono anni che non vengo qui!» ricordò, «È meglio che mi abitui prima di buttarmi anima e corpo nello studio.»
«Non come qualcuno che si lamenta di me perché non ho ancora dato l'ultimo esame mentre lui è fuori corso di un anno...» borbottò Arizona e alzò la tazza del caffè.
«E che palle che sei.» mormorò Logan, «Ho avuto un periodo un po' così....» si giustificò.
Arizona sospirò e scosse la testa con un sorriso. «Okay.» fece, «Si vede che uscire ogni due settimane con una diversa è molto sfiancante...»
Logan avvampò e quando Leighanne ridacchiò arrossì ancora di più. «Ma... Arizona!» borbottò, «Puoi evitare di dire certe cose?»
«Ma è vero!» disse lei e sorrise, «Non sei nella posizione di dire a una persona che deve impegnarsi nell'università quando sei il primo che è indietro con gli studi!»
Logan borbottò qualcosa che le due ragazze non capirono, «Stare con Shane ti ha reso insopportabile.» disse.
«Ma non è vero!» replicò Arizona, «È un bel pezzo che ti faccio notare che sei indietro con gli esami, eh!» disse.
Leighanne rise, «Oh, Logan sei così adorabile con le orecchie rosse.»
Logan, se possibile, arrossì ancora di più, chinò la testa e fissò la sua tazza. «Grazie.» mormorò. «Andiamo?» esclamò.
Arizona ridacchiò, «Va bene.» rispose, «Altrimenti rischiamo che Jason chiami i suoi amici per cercarci!»
«Lo zio ne sarebbe capace!» esclamò Leighanne.
Finirono i caffè e Logan li pagò tutti e tre. Tornarono in macchina e proseguirono fino a casa di Jason, scoprendo che era appena tornato dalle sue commissioni.
«Perché sei bordeaux?» chiese Jason fissando Logan, «Hai pure le orecchie rosse.» «Ehm... io... ecco è che...» balbettò il ragazzo mentre prendeva una valigia dal bagagliaio. «Niente.» sospirò posando il trolley sullo spiazzo davanti al garage.
Arizona ridacchiò e prese il borsone, seguì Jason in casa e osservò Logan che entrava, ancora rosso in viso. «Potrei avere un po' d'acqua?» domandò a Jason che le rispose che la cucina era a sinistra e di servirsi da sola. «Ne vuoi anche tu?» domandò a Logan che annuì in risposta.
Dopo aver bevuto e salutato Jason e Leighanne — e Logan era arrossito di nuovo — Arizona e Logan tornarono in macchina.
«Ti porto a casa o al lavoro?» chiese il ragazzo.
Arizona guardò l'ora su display, «Lasciami vicino al negozio,» rispose «mangio qualcosa al fast-food e scappo al lavoro.»
Logan annuì, «Okay.» disse.
«Leighanne è molto carina, vero?» commentò Arizona dopo una manciata di secondi di silenzio.
«Uhm, sì.» rispose Logan, «Molto.»
Arizona rise, «Lo sapevo!» squittì, «Lo sapevo che ti sei preso una cotta per lei!»
«Cosa?» Logan si fermò al semaforo, dietro a un furgone verde scuro e si girò verso l'amica, «Io non ho preso una cotta per nessuno!»
«Magari per lei no ma per le sue tette sì!» rise Arizona. «E dai, ti ho visto che facevi di tutto per non guardarle il seno...»
Logan deglutì, «È impossibile da non guarda... cioè notare.» disse, «Non ricordavo che fossero così grosse e dalla foto non sembrava che avesse un paio di meloni così grossi»
Arizona alzò gli occhi al cielo e rise, «Che scemo che sei.» disse, «Sono solo tette.»
«Sì, vabbè.» borbottò Logan e ripartì, «Sei insopportabile a volte.»
«Grazie.» fece Arizona, «E tu sei un maniaco fissa tette.»
«Ma non è vero!» squittì Logan, «È che...»
«È vero!» rise lei, «Dai, Logan... è normale, lo sai? Non devi preoccuparti per queste cose!»
Logan sbuffò, «Quanto sei simpatica.» replicò, «Mangiato troppi limoni?»
«Non mi piacciono, lo sai.» disse Arizona, «E dai, Logan... hai guardato il seno di Leighanne... come avrebbero fatto molti ragazzi.» aggiunse, «Rilassati e tranquillizzati.»
«Io sono tranquillo, eh.» replicò lui, «Sei tu che fai battute stupide.» disse.
«Come vuoi.» esclamò Arizona. «Lasciami qui avanti, okay?»
«Lo so dove devo lasciarti.» replicò lui, «Non sono stupido.»
«Pensavo che i tuoi neuroni fossero scesi tutti al piano di sotto...» ridacchiò Arizona.
«Sei davvero simpatica, lo sai?» sbottò Logan, «Vai a fare quell'esame!»
Arizona smise di ridere, «Neppure tu sei simpatico.» disse.
Logan accostò, «Grazie.» rispose e sorrise, «Ti voglio bene.» disse mentre Arizona apriva la portiera.
«Ti voglio bene anche io.» disse lei e gli baciò la guancia destra, «Ci vediamo stasera!» lo salutò, chiuse la portiera, sistemò la borsa a tracolla e osservò l'auto di Logan che si allontanava.
Quella era l'auto a cui Shane aveva fatto esplodere i vetri — cosa di cui Logan si lamentava ancora, nonostante Shane gli avesse pagato metà dei danni, più per non sentirlo lamentarsi che per vero senso di colpa.
Attraversò la piccola piazza, diretta all'edicola per prendere una rivista, poi andò alla piccola pizzeria al trancio.
Un quarto d'ora dopo era seduta a un piccolo tavolo e mangiava il suo trancio con doppia mozzarella e sfiorava la rivista, ripromettendosi che avrebbe fatto l'esame di Morris, così non avrebbe più sentito Logan e Shane lamentarsi. Ma la verità era che non era più sicura di aver scelto la facoltà giusta, non voleva mollare tutto a un passo dalla fine, però non riusciva ad iscriversi a quell'ultimo esame.
Il suo cellulare squillò lo prese e lesse il messaggio di Shane: “Stasera dobbiamo essere alle 8 da Jim, vero? Passo a prenderti?”
“Sì, dobbiamo essere là alle 8. E sì, passami a prendere, finisco alle 6 e mezza.” rispose, inviò l'SMS e sorrise mentre beveva un sorso di Coca-cola.

***

Shane si bloccò, la bocca aperta, mentre fissa il seno di Leighanne.
«Shane...» lo chiamò Arizona, ma il ragazzo non reagì, «Shane!» esclamò lei e lo strattonò per il braccio, «Chiudi quella bocca.» ordinò e strinse il braccio del ragazzo. «Sono solo tette.» gli sussurrò all'orecchio.
«Ma sono... due meloni enormi.» bisbigliò lui.
«I meloni te li tiro in testa se non la smetti immediatamente.» sibilò.
Shane chinò la testa e avanzò nel salotto con un sospiro. «Che faccia da pesce lesso.» commentò guardando Logan.
Leighanne era in un angolo, con Jason che le stava dicendo di mettere una maglia un po' meno scollata.
«Eh...» sospirò Logan, «Non è facile. Non è facile.» commentò. «Per fortuna non vive qui, altrimenti...»
«Altrimenti staresti sempre qui.» esclamò Mike.
Logan sbuffò alzando gli occhi al cielo e Arizona ridacchiò, «Ha ragione.» disse lei, «Saresti sempre qui.»
«Ma non è vero!» esclamò Logan, «Io non sono così... così...»
«Fesso da farti beccare che guardi le tette di una?» suggerì Arizona.
Logan sbuffò e agitò le braccia, «Mi fai passare come se fossi un maniaco!» disse e Arizona ridacchiò, «Shane! Dille qualcosa!»
«Così poi non me la dà più?» fece l'altro, «No, grazie.» disse, «Dobbiamo concentrarci e guardarla dal collo in su e non il contrario.» aggiunse, «Ci riusciremo, vedrai.»
Arizona scosse la testa e osservò Leighanne che indossava una felpa di cotone leggero. «Uomini.» sospirò. «Idioti.»
«Ragionano con le parti basse.» commentò Cressida e abbracciò Arizona. «I loro neuroni sono tutti là sotto...»
Arizona annuì, «Uh, già.» disse, «Nel cervello c'è il vuoto cosmico...»
«Ma non è vero!» protestò Logan, «Non potete dire così!»
Arizona incrociò le braccia, «Uhm, vediamo...» disse «un paio di mesi fa vuoi due» indicò Shane e Logan «dicevate che noi ragazze ci impieghiamo un'ora per scegliere un paio di scarpe e noi non possiamo dire che ragionate con quello che avete nelle mutande?» domandò, «Esiste la parità dei sessi, lo sapete?»
«Tu dovresti stare dalla mia parte!» esclamò Shane ma prima che Arizona potesse rispondere Mike esclamò di stare zitti e che la cena era pronta, poi se ne andò borbottando che se fosse stato per lui avrebbe buttato tutti quanti fuori di casa a suon di calci.
Il gruppo entrò nella sala da pranzo e si si sedettero, arrivò anche Lana, che in quelle settimane stava meglio. Cressida, Logan, Leighanne, Shane e Arizona erano a un capo del tavolo, separati dai “grandi”. Logan si ritrovò a capotavola, alla sua sinistra Arizona e poi Shane, alla sua destra Leighanne e Cressida.
Arizona ridacchiò nel vedere l'espressione di Logan.
«Se lui la guarda non gli dici nulla, se lo faccio io... apriti Cielo, saresti capace di farmi lo scalpo!» le mormorò Shane.
«Tu sei il mio ragazzo, lui è il mio migliore amico.» rispose lei e Shane le sorrise prima di baciarle le labbra.
«Ehi, voi due!» esclamò Mike, «Siamo a tavola, evitate le smancerie!»
Shane e Arizona arrossirono e si bloccarono, la strega si bloccò un attimo e poi ridacchiò mentre Jim iniziò a servire la cena — arrosto di maiale con patate al forno.
«Allora... dove andate a divertirvi?» domandò Leighanne prendendo in mano le posate.
«Ci sono alcuni locali dove andiamo ogni tanto.» disse Arizona, «Potresti venire con noi, vero Logan?»
Il ragazzo la fissò e la patata infilzata sulla forchetta si divise a metà, scivolando nel piatto. «Eh?»
«Arizona intende dire che potremmo uscire una sera insieme, noi quattro.» spiegò Shane e ridacchiò nel vedere l'espressione di Logan — a metà strada fra l'imbarazzo e la rabbia —, «Era solo una domanda!» si giustificò lo stregone.
Arizona ridacchiò nel vedere le guance dell'amico farsi rosse dall'imbarazzo. «Abbassiamo il testosterone, okay?» esclamò e tagliò una fetta di arrosto.
«Non è facile.» borbottò Shane e ridacchiò quando Arizona gli diede un calcio sotto al tavolo.
«Potremmo andare in quella birreria... come si chiama?» propose Arizona, «Old Inn.» disse ricordandosi il nome del locale.
«Oh, sì, è un bel posto.» confermò Logan.
«Allora è fatta!» esclamò Shane.
Arizona alzò gli occhi al cielo e fissò Cressida, che cercava di non ridere, divertita da quello scambio di battute e dal viso di Logan che aveva ancora una sfumatura di rosso sulle guance.
«Siete proprio simpatici!» trillò Leighanne, «Sarà un piacere uscire con voi!»

Arizona ringraziò Jason quando lui le mise davanti un piatto con una fetta di tiramisù e un ciuffo di panna montata e ridacchiò quando lo vide guardare Logan che parlava con Leighanne, non era più rosso in viso e parlava senza balbettare e la guardava in viso quando lo faceva.
«Sono davvero carini, vero?» mormorò Shane ad Arizona.
Lei prese la panna e annuì prima di infilare il cucchiaino fra le labbra, «Logan è adorabile quando arrossisce!»
«Già.» fece Shane, «Ma non dico perché lo fa, altrimenti mi dai un ceffone.»
Arizona annuì, «Bravo.» disse e bevve un sorso d'acqua, «Vedo che inizi a capire.» ridacchiò.
Shane rise e le baciò la tempia, facendo brontolare Mike. Arizona rise e continuò a mangiare il dolce, promettendosi che avrebbe migliorato le sue abilità in cucina — sapeva cucinare ma cose semplici, non si era mai dedicata a cose più impegnative e complesse — sorrise e rispose a una domanda di Leighanne, sentendosi felice.

***

«Allora... quando vai?»
Arizona sbuffò e si levò la maglietta, gettandola sulla poltroncina. «Allora... quando ripari la finestra del bagno?» chiese di rimando fissando Shane che slacciava i bottoni della camicia a maniche corte, «Sono tre settimane che non si apre.»
Shane sbuffò, «Lo faccio quando tu darai quello stupido esame.» replicò.
Arizona aprì la bocca, «Se io non do l'esame non muore nessuno ma se io entro in bagno dopo di te e non posso aprire la finestra rischio di morire per la puzza!»
«Ma non è vero!» replicò lui.
Arizona si sedette sul letto per finire di togliersi i jeans, «Sì che è vero.» borbottò, «E comunque ho già detto che lo darò quello stupido esame, non mi dovete mettere ansia, tutto qui.» lasciò i jeans sul tappeto e si sistemò meglio sul letto, incrociò le braccia e fissò il torace di Shane.
«Io non metto ansia!» si difese il ragazzo.
«Ah no?» replicò lei, «Fra te e Logan oggi mi avete stressato molto.»
«Allora la colpa è di Logan, non mia!»
«È anche tua!» esclamò Arizona e stese le gambe, «Se fate così mio fate passare la voglia di prendere pure l'autobus per andare là.»
Shane inspirò piano e si avvicinò a lei, le toccò le spalline del reggiseno nero e le sfiorò la tempia destra con le labbra, «Almeno è quella l'unica voglia che ti passa...» mormorò prima di baciarle la spalla.
«Io non ne sarei così sicuro.» replicò Arizona e lo guardò, trattenendo una risatina nel vedere l'espressione del ragazzo.
«Ah.» fece lui, «Ah.» ripeté, «Okay.» sospirò. «Se smetto me la dai, vero?»
Arizona alzò gli occhi al cielo, afferrò il cuscino e lo lanciò contro Shane che lo afferrò al volo, «Forse.» rispose e riprese in mano il cuscino, afferrò la maglia che era sotto di esso e la indossò. «Sei un porco, lo sai?»
Shane sorrise, «Oh, lo so.» disse, «E tu mi ami anche per questo.»
Lei lo fissò e si scostò i capelli biondi dal viso, «Mi pare ovvio.» rispose, sorrise e si sporse verso Shane e lo baciò sulle labbra. «Ti amo, Shane.»
Lui sorrise e Arizona sentì una stretta al cuore. Ogni volta che diceva a Shane che lo amava lui sorrideva e il suo viso s'illuminava come una bambino la mattina di Natale, sembrava quasi che non credesse che qualcuno potesse amarlo sul serio. Ma lei lo amava, con tutti i suoi pregi e difetti.
«La ripari la finestra o devo chiedere all'amministratore se conosce qualcuno?»
«È meglio se chiedi.» rispose lui, «Non ne sono capace.» ammise con un sorriso, «Io e il bricolage non andiamo molto d'accordo.»
«Uh... finalmente lo ammetti.» sbadigliò Arizona, sistemò il cuscino e si sdraiò.
«Hai sonno?» domandò Shane e lei annuì, «Ma non è neanche mezzanotte!»
Arizona sbadigliò di nuovo, «Ma io ho sonno.» borbottò.
«Ma mancano dieci minuti a mezzanotte!» esclamò Shane mentre lei chiudeva gli occhi.
«Shane...» borbottò lei.
«Sì?»
«Se mi fai dormire giuro che domani lo facciamo nella vasca.» sospirò lei aprendo gli occhi e fissando il ragazzo chinato su di lei, le guance leggermente rosse, le pupille dilatate e le labbra socchiuse.
«Sul serio?» mormorò il ragazzo.
Arizona sorrise e alzò una mano, portandola dietro la nuca di Shane e lo attrasse a sé, facendogli posare la nuca sul suo seno. «Sì.» mormorò, «Basta che mi fai dormire.»
Shane si rannicchiò contro di lei e spostò le coperte su di loro mentre Arizona spegnava la luce, «Buona notte.» mormorò e baciò il viso di Arizona.
Lei gli sfiorò i capelli e chiuse gli occhi, “Farò quell'esame.” pensò mentre si addormentava.

***

Arizona sgranò gli occhi quando sentì il risultato. «Che cosa?» squittì, «Ne è sicuro?»
Il professor Morris annuì, «Certo, signorina.» rispose, «Buona giornata.»
La giovane afferrò il libretto, sorrise all'insegnante e al suo assistente di cui si era già scordata il nome, lo sistemò nella borsa a fece un altro sorriso, salutò i due e si alzò in piedi, uscendo dall'aula. Una volta fuori si appoggiò alla parete e respirò a fondo. Si era impegnata tanto in quelle due settimane, studiando ogni momento libero dal lavoro. Shane l'aveva aiutata, interrogandola ogni giorno e facendole domande a tradimento.
Arizona si avvicinò ai distributori automatici e prese un cappuccino, uscì dall'edificio e sorseggiò la bevanda calda mentre si avvicinava a Logan e Shane, che l'aspettavano, impazienti di sentire il voto dell'esame.
«Allora?» chiese Logan.
«Che ti ha dato?» domandò Shane.
«Mi fate bere?» borbottò lei e gettò la paletta nel cestino.
«Ma noi siamo curiosi!» esclamò Shane e cercò d'infilare la mano nella tasca della borsa.
«Non ci provare o ti ustiono le palle.» esclamò Arizona, Shane sbuffò e ritrasse la mano mentre Logan ridacchiava. «E tu non ridere, altrimenti vado da Leighanne e le dico una cosuccia...»
Logan avvampò, «Co-cosa?» squittì, «Che vorresti dirle?»
«Che ti piace, idiota.» rispose Shane, «E dai, Ari cara, dimmelo!» esclamò guardando la giovane che si stava sedendo sulla panchina.
«Aspetta.» fece lei, «Fammi finire.» disse e alzò il bicchierino.
«Ma sono curioso!» replicò lui incrociando le braccia al petto.
«A me Leighanne non piace!» esclamò Logan.
Arizona sorseggiò il cappuccino e guardò l'amico, «Sì che ti piace.» disse, «E non fare quella faccia da pesce lesso!»
Shane rise, «Ha ragione!» disse, «E dai, Ari... dimmelo!» supplicò sedendosi accanto alla ragazza.
Lei lo ignorò e continuò a bere il suo cappuccino, lo finì e gettò il bicchierino nel cestino accanto alla panchina, strofinò le mani sui jeans e guardò i due ragazzi accanto a lei: Logan borbottava che Leighanne era una bella ragazza ma non gli piaceva, Shane continuava a supplicarla di dire il voto dell'esame. «Secondo voi quanto ho preso?» chiese.
«Mah, secondo me o un ventitré o ventiquattro.» rispose Logan, «Quello lì è uno stronzo.»
«Ha preso di più.» disse Shane, «Arizona ha studiato tanto!»
«Ma Morris è uno stronzo!» replicò Logan.
«Ma Ari ha studiato!» esclamò Shane, «Almeno un ventisette lo ha preso.»
«Morris non dà mai voti oltre il venticinque, è incapace di farlo.» disse Logan.
«Okay,» sospirò Shane, «facciamo così: se Arizona ha preso più di venticinque tu chiedi a Leighanne di uscire.»
Logan avvampò e Arizona arrossì, «Bhe, tanto non succederà mai.» disse. «E comunque non mi piace!»
«Ventotto.»
«Cosa?» gracchiò Logan, «Ventotto?»
Shane si limitò ad abbracciare Arizona, le baciò una guancia sussurrandole che era fiero di lei.
«Adesso devi chiederle di uscire.» gongolò Arizona, «Hai perso.»
Logan espirò lentamente e chinò il capo. «Ma io...» sospirò e andò a sedersi accanto ad Arizona, «Mi vergogno!» disse, «Come faccio a chiederglielo?»
«Ciao, Leighanne, ti andrebbe di uscire una di queste sere? Possiamo andarci a fare una birra.» suggerì Shane.
Logan lo fissò e sbuffò, «Mica è facile, eh!» disse, «In più c'è Jason, rischio l'eviramento!»
«Ma no!» esclamò Arizona, «Basta che fai il bravo ragazzo.» disse e sorrise.
«Io sono un bravo ragazzo.» esclamò Logan.
«Allora mi offri il pranzo, vero?» sorrise Arizona.
Logan la fissò, poi sospirò. «Solo se io e Shane facciamo a metà.» rispose, «Perché tu saresti capace di mangiarti un maiale intero.»
Arizona aprì la bocca, «Ma non è vero!» protestò.
«Sì che è vero!» disse Shane, «L'altra giorno ti sei mangiata tre quarti di crostata!» le ricordò, «Me ne hai lasciata una fettina minuscola!»
«Stavo studiando!» protestò lei, «Mi servivano carboidrati!»
«Un'intera crostata?» replicò Shane.
«Eh, non me ne sono accorta.» disse Arizona alzando le spalle. «Lei era lì, e io l'ho mangiata pezzetto dopo pezzetto...»
Shane sbuffò poi sorrise, «Sei adorabile quando arrossisci.» le sussurrò prima di scoccarle un bacio sul viso.
«Se la smettete io direi che possiamo andare.» esclamò Logan.
Arizona alzò gli occhi al cielo e riprese a camminare, «Allora, chi lo offre l'aperitivo?» domandò.
«Tu.»
La giovane fissò gli altri due che avevano risposto in coro e sbuffò, «Okay.» borbottò, «Va bene.» disse e sorrise quando sentì la mano di Shane cercare la sua e solleticarle il polso per poi intrecciare le dita con le sue. I due avanzarono ancora, dietro a Logan e, nell'unico momento in cui Arizona stava guardando per terra, andò a sbattere contro la schiena dell'amico. «Ahi!» si lamentò, «Perché ti sei fermato?» domandò e lo guardò, fissando il retro del collo completamente rosso.
«Che c'è?» chiese Shane mentre Arizona si spostava al fianco di Logan, vedendolo che fissava il cellulare con la bocca aperta e il viso in fiamme.
«Ma che...» Arizona prese lo smartphone e fece un risolino, «Uh, uh, abbiamo fatto colpo!» trillò.
«Cosa?» chiese Shane.
«Ciao, Logan, che ne diresti di uscire domani sera per una birra?» lesse Arizona, «È di Leighanne!»
«Oh, vai Logan! Non ti devi neppure sforzare di fare il primo passo!» rise Shane.
«Io... ridammi il cellulare!» sbottò cercando di prendere il cellulare dalle mani di Arizona ma lei si girò su se stessa, dando le spalle all'amico.
«Ciao, Leighanne.» disse mentre digitava la risposta, «Certo che mi va di uscire! Ti passo a prendere io? Alle nove e mezza va bene?»
«Arizona!» gridò Logan, «Non farlo!»
Lei si girò con un sorriso sulle labbra, «Ops.» ridacchiò, «Inviato.»
Logan sospirò e chinò la testa. «Sei proprio... proprio...» borbottò, «Jason mi ucciderà.» pigolò.
«Nah, non lo farà.» disse Shane, «Basta che tieni giù le mani dai meloni.» continuò, «Ahi!» si lamentò quando Arizona lo colpì sulla nuca. «Ma che ho fatto?»
«Lo sai.» rispose lei.
«Gli ho solo dato un consiglio!» replicò Shane e sorrise, «E dai, mica è grave!»
«Se non la pianti giuro che ti ficco due meloni su per il culo.» sibilò Arizona, «Vediamo se poi ridi ancora.» aggiunse e sobbalzò quando il cellulare di Logan vibrò nella sua mano destra. «Ti aspetto alle nove e mezza al cancello dei dormitori! A domani!» lesse, «Uh, ti ha messo ben due faccine sorridenti...»
Logan arrossi di nuovo, «Ridammi il telefono.» borbottò e una volta preso dalla mani di Arizona, lo ficcò in tasca senza neppure guardarlo. «Grazie tante, sei una vera amica.»
Arizona sorrise, «Bhe, se avessi aspettato te... avrei aspettato un bel po'.» disse, «Ti eri piantato lì come un cretino.»
Shane ridacchiò e Logan gli lanciò un'occhiataccia, «Non ridere altrimenti rischi che Arizona non ti faccia più toccare i suoi meloni.» disse e Shane sbiancò mentre Arizona ridacchiava.
«Ma non è vero!» esclamò Shane, «Lei me li fa toccare quando voglio, non è vero, Ari?»
«Voglio vedere come fai a toccare qualcosa senza mani...» replicò Arizona mentre si muovevano verso il parcheggio dove Logan aveva posteggiato la sua auto.
«Io le ho le mani.» disse Shane.
«Non le avrai se non la smetti di fare battute idiote.» disse Arizona e lo guardò, sorridendo, gli prese la mano e la strinse, per poi fermarsi e baciarlo sulle labbra mentre Logan si lamentava che non sapeva dove portare Leighanne.
Mentre Arizona entrava in auto pensò che era tutto perfetto, anche se c'erano altri Dark Shadow in giro, anche se c'erano muta-forma in ogni angolo della città, anche se le mancava la tesi e non era più sicura di aver scelto l'università giusta... ma era tutto perfetto, perché aveva Shane, perché lo amava e lui amava lei, perché Logan era ancora il suo migliore amico, perché c'era Leighanne, perché, nonostante non avesse più una famiglia, una famiglia ce l'aveva.
E poi perché era una strega, cosa non da tutti e perché aveva scoperto che era più forte di quanto avesse mai immaginato.
E sopratutto, era tutto perfetto, perché lei era felice.

E siamo proprio alla fine. *scaccia la lacrimuccia*
Ho adorato questi personaggi, anche se in alcuni punti mi hanno fatto davvero ammattire.
Non so se continuerò ad usare questi personaggi, avevo una mezza idea per un'altra storia ma prima vorrei finire quelle che ho in corso, anche solo prima di buttare giù una scaletta qualsiasi... nella mia testolina scema c'è troppa roba e non capisco più un piffero. Comunque... se vedete di nuovo il mio nome in questa sezione è perché, di sicuro, ci sarà una nuova avventura per Arizona & Co.
Ringrazio chi ha messo la storia in una delle liste, chi ha commentato, chi mi ha scelto come autrice preferita...
Siete dei biscottini pucciosi.

  • Straigh Throug My Heart: nuova storia, un'originale romantica. Ho già pronti diversi capitoli, quindi gli aggiornanti saranno regolari per qualche settimana.
  • Burn: Originale romantica, l'ottavo capitolo (su 11) arriverà a breve.
  • Love Like Stars: storia su Nick Carter dei BsB. Il capitolo tre arriverà entro fine mese (spero!).
  • Please Stay: originale romantica, il capitolo 21 (su 24) arriverà entro fine mese (Lo giuro!)
Bene, per ora è tutto.
Grazie ancora!

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