Beastly

di The Lady of His Heart 23
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Diploma ***
Capitolo 2: *** Arrivo alla villa ***
Capitolo 3: *** Incontri ***
Capitolo 4: *** Curiosità ***
Capitolo 5: *** La fuga ***



Capitolo 1
*** Diploma ***



“Un bel sorriso?” dice il fotografo da sotto la tendina. Mi affretto a sorridere sollevando il più possibile la cornice col diploma che reggevo in mano.
Clic.
Una polvere giallastra scoppietta in alto avvolta da tante piccole scintille, mentre un odore tremendo di zolfo invade l’aria circostante.
“Susan?”sento qualcuno chiamarmi in lontananza mi volto sorridendo.
“Melissa!”dico abbracciando la mia migliore amica.
“Ma ci pensi? Siamo finalmente diplomate ma è stupendo. Io con il mio bel ragazzo … tu con il tuo piano di studi universitari”dice lei.
“Ecco… a dire il vero …”dico io.
“Non dirmi che tuo padre non ti ci manda?”domanda lei.
“Non è questo e che, non posso permettermi tutte le spese di un campus universitario.”
“Cosa? Susan ma sei impazzita? Tu devi andarci, sei la ragazza più in gamba che conosca”dice lei.
“Melissa io …” balbetto.
“Niente Melissa in tono lamentoso e balbettante. Tu ci andrai. Sei stata scelta tra tantissime persone perché rifiutare”
“Non lo so … non voglio che mio padre si faccia carico di tutte le spese, hanno già un sacco di problemi”dico.
“E tu trovati un lavoro”dice lei.
“Un lavoro?”
“Ma si, un lavoretto part time. Che ne so, babysitter, cameriera, commessa … una roba del genere”dice lei.
“Si, ma pur supponendo che il lavoro lo trovi, non riuscirei mai a conciliare gli studi con esso”dico.
“Mmmm… ma certo, ho trovato” esclama lei.
“Cosa?”domando spaventata dal suo tono.
“Oh, ma perché non ci ho pensato prima che stupida” dice lei battendosi un colpetto di mano sulla fronte.
“Melissa stai bene?”le domando mentre l’osservo frugare nella sua borsa alla ricerca di qualcosa.
“Perché non provi questo”dice passandomi un foglio.
“L’altro giorno cercavo qualche lavoro su internet per fare un favore alla figlia di un’amica di mia madre, ma a te serve di più”dice. Leggo il foglietto. L’annuncio cercava una donna delle pulizie per una casa.
“Donna delle pulizie … ?”domando scettica.
“E’ un inizio”dice lei con un sorrisino.
“Quanto pagano?” domando.
“Devi chiamare e richiedere un appuntamento. Qui c’è il numero”dice lei indicandomi la fine del foglietto.
“Non lo so io …”balbetto nuovamente.
“Perché no? Insomma leggi qua. L’indirizzo di questa casa è praticamente nelle vicinanze dell’università. Si dice che appartenga a un famoso marchese dell’epoca barocca. Inoltre ho saputo che il comune voleva anche farlo diventare una specie di museo per ciò che contiene. Vedi tutti i vantaggi della situazione, potrai lavorare, studiare lettere e al tempo stesso essere in contatto con tanta roba vecchia e insignificante ma di valore storico che a te piace tanto”
“Un marchese? Museo? No. E se rompo qualcosa? Lo sai che sono sbadata”le dico.
“Suvvia è solo fino a che non ti laurei, poi sarà tutto finito”dice lei. Sospiro.
Quello stesso pomeriggio, dopo la festa in giardino a casa di Melissa mi recai nella mia stanza chiudendo a chiave la porta. Tentennai incerta saltellando sulle punte dei piedi. Nella mano destra impugnavo il telefono e nella sinistra il foglio che mi aveva dato Melissa poche ore fa.
Non essere codarda. Quel campus è il tuo sogno. Non puoi far spendere tanto a tuo padre. Ripetevo a me stessa
E se rompo qualcosa? – maledetta coscienza.
No. Andrà tutto per il meglio. Ripeto nuovamente a me stessa.
Mi faci coraggio e digitai il numero al telefono.
Tuuu.
Tuuu.
Tuuu.
Stavo quasi per chiudere la chiamata quando …
“Pronto?”disse una voce femminile dall’altro capo del telefono.
“Eh-eh… ehmm, salve”dissi io a voce tremante.
“Salve, desidera?”
“Ecco io … la chiamo per l’annuncio, cercavate una donna delle pulizie?”domando.
“Cameriera”dice la voce all’altro capo dell’apparecchio.
“Em, si… ecco io sono, cioè sarò, il punto e che io …”
“Senta ho molte cosa da fare …”
“No. La prego”dico io quasi urlando. Dal’altro capo non si sente niente.
“Continui”dice lei semplicemente.
“Ecco vede, io sono una studentessa. Mi sono diplomata da poco e andare al Campus della State University è il mio sogno, ma mio padre non ha i mezzi necessari per potermi mandare dato che costa un po’ troppo quindi è per questo che la chiamo. Ho davvero tanto bisogno di quel lavoro. La prego.”dico con gli occhi ormai lucidi.
“Okay. E’ assunta.”mi dice.
“Come? Di già?”domando stupita.
“Vuole che la licenzi ancor prima di incominciare?” dice la donna.
“N-no, certo che no. E solo … ecco mi chiedevo come mai così presto, non devo affrontare una specie di selezione prima?”domando con un filo di dubbio nella mia voce. In fin dei conti non sapevo come andavano queste cose.
“Abbiamo un posto libero e un urgente bisogno di un rimpiazzo e dato che lei è l’unica che ha risposto all’annuncio …”dice lei lasciando il discorso in sospeso.
“Perfetto, la ringrazio”dico.
“Ha dimestichezza nei lavori domestici?”mi domanda.
“Ehm… me la cavo”dico.
“Perfetto. Inizierà a settembre. Il suo nome?” mi domanda.
“Susan. Susan Shoa.”dico.
“Perfetto. Ci vediamo per il dodici di settembre, buona giornata”dice la donna. Non faccio neanche in tempo a dirle grazie che la linea cade.
Ripongo l’iphone sul comodino e mi dirigo in bagno. Mi infilo sotto la doccia e mi insapono per bene. Le goccioline dell’acqua che scorrono sul mio corpo sciolgono ogni nodo del mio corpo. Le mie spalle si rilassano e tutto si addolcisce. L’inebriante bagnoschiuma al miele e vaniglia mi avvolge, e lo shampoo alle mandole dolci è a dir poco inebriante. Esco dalla doccia completamente bollente. Mi asciugo bene i capelli, stirandoli prima con l’asciugamano e poi col phone. Infine mi infilo il caldo pigiama di flanella e scendo al piano di sotto per prepararmi una tazza fumante di te caldo ai fiori di ciliegio.
“Ciao papà”dico baciandogli la fronte. Era seduto sul divano e leggeva il suo amatissimo giornale.
“Ciao cucciola”
“Novità?” domando mentre mi dirigo in cucina e apro il cassetto dove tengo conservate le scatoline di te.
“Il solito, la politica è quel che è e con essa anche gli affari”
“Problemi al lavoro?”domando.
“No. Tutto magnificamente”dice. Io intanto avevo messo l’acqua a bollire sul fornello.
“Senti papà … io ”provo a dire ma non riesco a trovare le parole.
“Tesoro puoi dirmi tutto quello che vuoi”dice lui. Io intanto verso l’acqua bollente nella tazza e apro una bustina di tè mettendocela dentro.
“Ecco il punto e che .. voglio andare all’università di lettere, ma non voglio che sia tu a pagare per i miei studi”dico.
“ma tesoro, non vedo come tu possa …”
“Ho trovato un lavoro”dico veloce.
“Tu hai …?”
“Come cameriera. Per una casa importante, pensa era di proprietà di un ex marchese”dico io.
“Ex marchese? Deve essere una cosa grossa allora”dice lui.
“Si infatti”dico io prendendo un sorso di te.
“Non lo so … insomma, dovresti studiare e il lavoro ti potrebbe distrarre dal tuo obiettivo …”
“Nessuna distrazione”dico io “La casa è a pochi passi dal campus e poi, vedi il lato positivo, potrò stare a contatto con un mucchio di roba antica, delicata e di valore che io adoro”dico ripetendo le parole di Melissa.
“Ne sei davvero sicura?”mi domanda.
“Sicurissima. Quell’università è il mio sogno”dico.
“Proprio come tua madre, ostinata e decisa. Se ora fosse qui sarebbe molto orgogliosa di ciò che sei diventata, ma qualcosa mi dice che lo è”
Detto questo mi da un bacio sulla fronte e, augurandomi la buona notte, si dirige al piano di sopra dritto nella sua stanza.
Quella sera, non riuscii a chiudere occhio. Per tutta la notte pensai e ripensai al mio futuro universitario e alla mia nuova vita in quella splendida casa. Avrei alloggiato in una specie di villa, incontrato nuova gente e visitato posti fantastici, esattamente come i mistici luoghi incantati dei protagonisti dei miei tanti amati libri d’avventura. L’unico fattore negativo era lasciare solo mio padre. Ma lui era un uomo forte e coraggioso, se la sarebbe cavata alla grande.
Per tutte le vacanze estive non feci altro che allenarmi nelle faccende e pulizie domestiche. Comprai i libri e iniziai a prepararmi per tenermi al passo con gli studi. Melissa aveva ragione, se mi concentravo potevo fare tutto e lei ne era la prova vivente. Concentrandosi riusciva a conciliare lo shopping con l’estetista, gli allenamenti delle cheerleader e le uscite al cinema con il suo ragazzo.
Il dodici settembre arrivò in un lampo.
12 Settembre.
Sistemai nella beautycase tutti i miei effetti personali e sistemai i vestiti nella valigia ripiegandoli con attenzione. Chiusi la zip e con un sospiro, riguardai per l’ultima volta la mia camera da letto.
“Coraggio Susan”sussurrai a me stessa e spegnendo la luce, chiusi la porta e scesi le scale. Di fronte la soglia di casa c’era mio padre. Posai la valigia e lo abbracciai stringendolo forte a me.
“Mi mancherai tanto papà”gli dico.
“Anche tu tesoro”mi dice. Ci stacchiamo dall’abbraccio e gli sorrido. Riafferro il manico della valigia e scendo i gradini del pianerottolo del giardinetto di casa mia e, attraversando il vialetto fiorito, mi dirigo verso il taxi fermo sul bordo della strada. L’uomo mi aiuta a caricare il bagaglio nel cofano e intanto io mi accomodo sul sedile posteriore. Abbasso svelta il finestrino. Mio padre mi sorride e saluta con la mano. Lo saluto a mia volta.
“Chiamami quando arrivi”mi dice.
“Lo farò. Ti voglio bene. Ciao.”gli dico e l’autista mette in moto e parte. Una volta via, richiudo il finestrino e, infilandomi le cuffiette nere nelle orecchie mi lascio cadere all’indietro sprofondando nel morbido sedile in pelle dell’auto.

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Capitolo 2
*** Arrivo alla villa ***



Una volta a destinazione l’uomo parcheggia e scende per aiutarmi con la valigia. Scendo a mia volta e la prendo per il manico. Ringrazio il signore e gli pago quando devo. Quando lui se ne va mi volto e finalmente la guardo. Altro che villa, quello era un vero e proprio castello. Rimango a bocca aperta per non so quanti minuti ad osservare tanta bellezza. Il cancello era enorme e super elaborato. Spingo ed entro osservandomi attorno. Il vialetto era composto da tante pietre incastonate nel terreno a mo di ponte. Ai lati vi era un enorme giardino. Non molto curato sfortunatamente. Vi erano un sacco di erbacce. Tra i cespugli intravidi tre uomini in verde che tagliavano, potavano e piantavano.
“Buon giorno” li salutai. Loro si limitarono ad alzarsi in piedi e ad osservarli senza dire una parola. Continuai a camminare silenziosa fino a che non giunsi davanti ad un enorme portone con su batacchio dentro la bocca di un feroce e possente leone.
Toc. Toc.
Attesi.
Ad un tratto sentii dei passi e la porta, scricchiolando rumorosamente, si aprì. Usci una donna alta e snella con i capelli raccolti e gli occhiali che le cadevano sulla punta del naso a punta.
“E lei sarebbe?”mi domanda.
“Susan Shoa. Avevo parlato con lei all’inizio dell’estate al telefono per il lavoro da cameriera”dico io.
“Ah, si. La prego mi segua, le mostro la casa. Richard? Le valigie della signorina.”dice lei facendomi entrare. L’interno era ancora più sconvolgente dell’esterno. Delle maestose scale che si aprivano a due sul davanti, uno splendido tappeto rosso e un enorme lampadario in cristalli. Osservavo tutto attorno a me ammaliata.
“E’ … magnifico”dico con stupore mentre seguo la donna non so dove.
“Questa è la sala principale che accede a tutte le camere e stanze del palazzo”dice lei. Io le sto dietro senza dirle una parola.
“Qui c’è il salotto”dice mostrandomi una stanza sulla destra.
“Che magnifico pianoforte”dico.
“E’ in puro avorio con rifiniture d’argento. Non lo tocchi è estremamente delicato.”mi dice.
“Qui c’è invece la cucina”dice facendomi entrare dentro un’enorme sala piena di fornelli e donne in camice bianco che affettano, tritano e condiscono. Nell’aria c’è uno splendido profumo di pollo aromatizzato alle erbe. Ho letteralmente la bava alla bocca.
“Qui c’è la cantina con le scorte” dice indicandomi una stanza chiusa sul fondo della cucina.
“Venga le mostro il bagno”dice e mi conduce dentro una sala enorme con piastrelle in ceramica e lavandini di marmo.
“In questa stanza invece c’è la camera delle armature”dice prendendo la chiava dalla tasca e aprendo la porta. Con la testa mi fa cenno di entrare e mi affaccio timorosa.
“Lei si occuperà di questa stanza. Badi bene a non rompere nulla”mi dice. Infine mi fa uscire e richiude la porta.
“Ecco la chiave”dice consegnandomela. “La teniamo chiusa perché la polvere e il calore potrebbe deteriorare l’argenteria e arrugginire le armi. Sono pezzi storici in fondo, estremamente delicati”dice spiegandomi.
“Al piano di sopra a sinistra ci sono le stanze dei dipendenti, questa è la chiave della sua camera” dice porgendomi un’altra chiave. La prendo sorridendole imbarazzata. Tutto questo era troppo anche per un reale, avrebbe nesso in soggezione tutti o forse era solo una mia impressione. La donna In nero semprava non stupirsi più di niente ormai.
“Le presento il personale. Richard? Convoca i fidati”disse al fattorino che poco da aveva preso la mia valigia.
“Procedo. La sua valigia signorina è nella sua stanza”mi disse.
“Mi chiami pure Susan”dissi, ma lui se ne era già andato via. In pochissimo tempo il salotto si era riempito di persone.
“Allora signoria Shoa, lui è Antony, il giardiniere. I ragazzi che ha visto con lui in giardino sono i suoi figli i gemelli Luke e Mike. Lei è Donna Agnese, la nostra cuoca. La ragazza è Mary-Jane assistente in cucina”disse presentandomi una ragazzina alta ed esile.
“Lui è Richard il nostro fattorino, Angus l’autista, Aristo il medico di famiglia. Il signor Philip si occupa delle stalle e Goerg è il fidato maggiordomo di famiglia.”dice.
“Salve”dico stringendo la mano di ognuno di loro.
“E infine lui è Andrew, il vostro maestro” dice.
“E’ un onore … come?”dico rivolgendomi alla donna.
“Mi scusi, ma ha appena detto maestro per caso?”domando.
“Ha problemi di udito forse?”mi domanda lei tirandosi su gli occhiali con un dito ossuto.
“No, il fatto e che, ecco io credevo di dover studiare al campus”dico.
“ma non sia ridicola. Ha visto le dimensioni di questa casa? Come avrebbe mai pensato di lavorare e al tempo stesso studiare?”dice lei.
“B-be … io, ma io ecco pensavo che …”
“Per l’amor de cielo non balbetti” mi dice.
“Mi scusi, Signora …”
“Mi chiami Miss. Franca”
“Miss Franca, mi scusi, ma io ho un dettagliato piano di studi e … punto ad uno laurea …”
“Verrà seguita come deve nei suoi studi l’assicuro. Il signore qui presente è altamente qualificato nel suo mestiere e ha stampato l’intero piano di studi che avrebbe fatto all’università. Le offriamo vitto e alloggio, istruzione e una paga, non le va bene?”mi domanda.
“No e che io … non importa la ringrazio”dico.
“Perfetto. Ah! Quasi dimenticavo. In fondo al corridoio oltre il salotto c’è la libreria, ma lei non dovrà occuparsi di quella stanza, almeno no per il momento”dice.
“Ora potete andare. E lei può ritirarsi nella sua stanza. Ogni stanza ha il suo bagno personale. Quindi non serve che vada in giro per il castello a vanvera.”mi dice.
“Okay, la ringrazio” le dico io.
“E un’ultima cosa. Non provi per nessun motivo ad andare nell’ala ovest” mi dice.
“Perché che cosa c’è lì?”chiedo ribollendo dentro di curiosità.
“Niente che lei possa pulire questo è certo. L’avverto se verrà beccata da quelle parti sarà licenziata in tronco siamo intesi?” mi domanda e io scuoto la testa in segno affermativo.
“Bene. E non faccia troppo rumore nelle sue faccende d’ora in poi al signorino non piace essere disturbato inutilmente”
“Signorino? Ci vive davvero qualcuno qui?”domando.
“Certamente. Altrimenti non lavoreremmo tutti così affannosamente.”dice lei.
“E il signorino …” prova a dire ma lei mi precede.
“Il signorino non gradisce che si parli di lui. Le sue lezioni sono tutti i giorni dalle tre alle quattro” mi dice.
“Okay perfetto”dico e senza aggiungere altro mi dirigo nella mia stanza silenziosa.

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Capitolo 3
*** Incontri ***



Una volta nella mia stanza chiudo la porta e chiamo subito mio padre.
“Pronto papà? Si, si … sono arrivata”
"Tutto okay, qui è tutto stupendo. Pensa non devo neanche andare al campus, mi hanno affidato un insegnate”dico.
“Si, si. Ora vado, ti voglio bene anche io”dico e spengo la chiamata. Disfo la mia valigia riponendo ogni cosa negli appositi cassetti.
Anche la mia stanza non era male. Era molto bella e al tempo stesso antica e raffinata. Sistemo ogni cosa e mi siedo sul letto lasciandomi cadere all’indietro. Socchiusi gli occhi e inspirai a fondo. Mi sembrava di essere dentro un’altra epoca fatta di luci, sfarzo e raffinatezza. Sorrisi e mi tirai su. Andai in bagno e mi sciacquai la faccia e i polsi. Dopo essermi rinfrescata mi spazzolai i capelli e indossai la divisa da cameriera bianca e nera appesa all’armadio sulla stampella in legno. Mi osservai allo specchio. Con quella cosa indosso mi sentivo ridicola, estremamente ridicola. Cercai di non pensarci, in fondo la gonna a riccetto potevo anche sopportarla. Forse non avrei fatto lo stesso con il cappellino. Quello di certo non l’avrei mai messo. Chiusa bene la porta a chiave mi dirigo al piano di sotto dritta in cucina.
“Buona giorno” dico salutando le donne in cucina, ma nessuna mi rivolge la parola. Mi si avvicina solo Mary-Jane timida.
“Ciao”mi dice.
“Ciao, posso darti una mano?”le chiedo.
“Potresti aiutarmi a sbucciare le patate sono troppe”mi dice.
“Si, non c’è problema”dico seguendola e accomodandomi accanto a lei. Prendo in mano un coltello e una patata e inizio a sbucciare.
“Non avete i pela patate qui?”domando.
“Mi spiace, solo coltelli, alla madre del signorino non li ha comprati”
“la madre del signorino?”domando.
“Il signorino Edward.”dice lei. “I suoi genitori non stanno mai qui, fanno sempre un sacco di viaggi beati loro. L’anno scorso sono stati alle Hawaii e poi a Bombai e persino in Australia”mi dice.
“Però che vita favolosa”dico.
“Non per il signorino, lo lasciano sempre qui da solo poverino. Be, in realtà dicono che non vogliano portarselo con se perché dicono che nel profondo … cioè non nel profondo, il punto è che in giro si dice che lui è …”
“Adesso basta. Chiudi quella boccaccia Mary-Jane”dice Donna Agata spuntando dal nulla come un falco in agguato.
“Le stavo solo dicendo che …”
“Niente, non stavi dicendo niente e non dirai niente. Il signorino è un ragazzo … particolare. Forse un po’ viziato, ma è pur sempre il tuo padrone in questa casa e guai a te se osi parlare male di lui. Se Miss. Franca ti sente ti licenzia in tronco”dice.
“Perché il signorino non vuole mai essere disturbato?”domando.
“Il signorino è un tipo molto permaloso, nessuno lo vuole tra i piedi”dice Mary-jane.
“Ora basta è solo un ragazzo, fila nella dispensa a prendere del formaggio”dice Donna Agata.
“Si sentirà così solo in quella camera”dico.
“Senti ragazzina, è meglio per te se non ne parli te lo garantisco.”mi dice.
“E perché no?”domando.
“Mary-Jane non ha tutti i torti in fin dei conti, ma Miss Franca lo ha in un certo senso cresciuto e non lascerà che se ne parli male.”mi dice.
“Non ero mia intenzione, ero solo curiosa”dico.
“Anche la scorsa cameriera e adesso non c’è più”mi dice “Tieni la lingua dentro la bocca e usala solo per impastare il cibo con la saliva”mi dice. Io sorriso appena e continuo a sbucciare le patate.
“Susan?”dice Richard da dietro la porta.
“Si?” domando.
“Puoi pulire la stanza. Oggi niente lezioni, l’insegnante ha avuto in impegno urgente” dice.
“Oh, non c’è problema, tanto mi ero già avvantaggiata con il programma in estate”dico e mi dirigo giù dalle scale seguita dal passo svelto e attento di Richard. Arrivati davanti la stanza apro la porta con la chiave che Miss Franca mi aveva dato e sto per entrare.
“Socchiudila quando pulisci e poi richiudi bene quando te ne vai”mi dice.
“Va bene”
“Perfetto, non rompere nulla”dice.
“Ci proverò”dico a mia volta e socchiudo la porta. Prendo in mano la pezza e ci spruzzo sopra l’apposito prodotto posizionato in bella vista sulla mensola. Poi delicatamente inizio a pulire ogni cosa. Comincio dall’argenteria e poi continuo con i vetri e le finestre. Miss Franca mi aveva anche detto che non c’era bisogno che pulissi tutto, che per quel giorno bastava anche solo l’argenteria e qualche finestra. Afferro l’ultimo piatto sul tavolo lentamente lo lucido.
Senza accorgermene canticchio una vecchia ninna nanna che mi cantava mia madre quando ero piccola per farmi addormentare. Mentre passo la pezza sul piatto osservo il mio volto li riflesso. D’improvviso noto un altro volto in lontananza. Spaventata lascio il piatto che, scivolandomi tra le mani cade a terra emettendo un suono assordante. Mi volto di scatto. Davanti a me c’è un giovane alto con delle spalle larghe. Indossa una camicia nera chiusa fino al collo con dei pantaloni scuri. Gli occhi verdi e i capelli biondo cenere ramati alle punte, la pelle è chiara e con lentiggini. Mi osserva come se fossi un oggetto esposto in quella stanza e la cosa mi mette a disagio.
“Chi sei?”mi domanda. Ha una voce roca e sensuale.
“Susan Shoa, la nuova cameriera” dico semplicemente io.
“Stavi canticchiando?”mi domanda.
“Lo so è una vecchia ninna nanna che mia madre mi canta …”
“Smetti all’istante, mi disturba”dice.
“Come può una semplice canzone disturbarvi?”domando.
“Si dia il caso che la stanza in questione coincida con la mia camera da letto. Quindi cessa all’istante se non vuoi che ti licenzi”
“Lei è per caso …?”
“Edward Lancaster proprietario dell’intero palazzo. Ho soddisfatto la tua curiosità?”domanda sfrontato.
“Si”dico lui si volta e sta per andarsene quando io gli sussurro “per ora” lui si ferma qualche istante e poi riparte. Socchiudo la porta e mi aggrappo con le spalle ad esse. Che razza di cafone. Sebbene la sua arroganza lasciasse a desiderare, quella notte sognai il suo viso. Soprattutto quei suoi occhi. Quei suoi magnifici e profondi occhi verdi.

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Capitolo 4
*** Curiosità ***



Ho una stana sensazione. Mi sento nuda e ho freddo dentro. Mi guardo attorno smarrita con il cuore che mi batte a mille. Riesco a sentire la mia paura. Respiro a fatica. Noto che indosso un abito strano, antico sul viola prugna arricchito con del pizzo sulle maniche e sul colletto. Sul fondo della veste si intravedono enormi graffi e morsi. Sono tutta ricoperta di terra e sul bustino si intravede il segno di due grandi mani insanguinate che prima mi stringevano a se. Sento dei rumori in lontananza. Sono in un bosco nel cuore della notte senza un motivo plausibile. Dietro di me avverto dei rumori e scattando per la paura mi volto ad osservare. Non riesco a vedere niente. Ad un tratto una nuvola lascia spazio al chiarore della luna e in quel momento lo vidi. Aveva gli occhi azzurri e freddi come il ghiaccio. I denti affilati ed era ricoperto di pelo. Il volto era più simile ad un muso e dalla bocca colava del sangue. “vattene” sentii urlare. Senza attendere oltre mi rimisi in piedi e incominciai a correre senza sosta. Corsi così veloce da non sentire più le gambe. Entrai dentro il palazzo e chiusi la porta.
Mi sveglio di scatto urlando. D’istinto mi passo una mano tra i capelli. Ero sudata e avevo i battiti del cuore super accelerati. Con riluttanza e qualche sospiro mi stesi e in silenzio osservai la luna fuori dalla finestra. Senza accorgermene, sprofondai nuovamente in un profondo sonno.
Il mattino seguente, dopo essermi lavata più volte il viso, mi spazzolai energicamente i capelli e infilai quella ridicola divisa da cameriera che Miss Franca si ostinava a impormi. Per parecchio tempo temporeggiai davanti allo specchio cercando di trovare qualcosa di positivo in quella ridicola vestina. Rassegnata misi a posto le mie cose e mi diressi al piano di sotto.
“Susan, finalmente eccoti qua. I gemelli mi hanno detto che Gorg gli aveva detto che Miss Franca gli aveva ordinato di cercarti perché ti doveva urgentemente parlare”disse Richard.
“Che?”domando io.
“Miss Franca ti cerca”dice lui alzando gli occhi al cielo.
“Dove posso trovarla?” domando.
“Nel salone dei ricevimenti”dice e io mi affretto a raggiungere la sala.
“Miss Franca voleva vedermi per caso?”domando.
“Si. Accomodati”dice lei mentre digita qualcosa sul suo pc. Io mi siedo e resto in silenzio. Lei preme gli ultimi tasti e infine richiude il computer e, sistemandosi gli occhiali, incrocia le mani e posizionandosele sotto il letto rimane ferma ad osservarmi.
“Ho fatto qualcosa di sbagliato?”domando.
No ti prego fa che quel deficiente non ha fatto la spia. Non posso perdere il lavoro, non posso, non posso …
“Ha fatto un ottimo lavoro nella stanza delle attrezzature e mi piacerebbe che lei continuasse”dice. Tiro un respiro di sollievo.
“La ringrazio”dico
“Ma dovrà aiutare Donna Agata nelle faccende. Mary-Jane si è ammalata”
“Ammalata? Ma ieri stava benissimo”dico.
“Secondo il nostro medico no. E ora se vuole scusarmi”dice la donna rimettendosi in piedi.
“E i miei studi?”domando.
“Purtroppo il padre del tuo insegnante è venuto a mancare”dice.
“Mi dispiace non lo sapevo”dico chinando lo sguardo.
“Ora che lo sa può evitare di fare domande e poi mi è stato riferito che aveva già studiato tutte quelle cose quindi penso che non ci sia il minimo problema.”dice lei.
“No infatti”
“Bene. Può ritirarsi adesso”dice lei.
“Vuole che pulisca prima la stanza delle armature?”domando.
“Non fa differenza l’importante che sia tutto in ordine prima dell’arrivo del Signorino”dice lei.
“E’ uscito?”domando.
“Non è affar che la riguarda”dice e io annuisco uscendo. Come prima cosa passo da Donna Agata per vedere se ha bisogno di una mano.
“Donna Agata, sono a tuo servizio”le dico.
“Patate. Pelare”dice lei.
“Ma mangiate solo patate tutto il giorno voi?”domando prendendone in mano una.
“Sbrigati, dopo ho altre commissioni da farti fare”mi dice e senza replicare sbuccio tutte le patate.
“Fatto”dico dopo aver pelato l’ultima patata.
“Bene. Pulisci”dice passandomi una scopa. Raccolgo ogni singola buccia in silenzio.
“Donna Agata?”domando.
“Non si parla quando si è a lavoro”dice lei.
“Perché devo conciarmi in questo modo? Non posso indossare un semplice grembiule invece che questa ridicola vestina?”domando.
“Ordini del capo”dice Mike entrando con una cassetta di carote in mano.
“Ordini del capo?”domando.
“Esatto”dice Luke spuntando dietro con una cassetta piena di limoni.
“Il Signorino vuole davvero che ci conciamo in questo modo?” domando.
“Non il signorino, suo padre”dice Luke. “E’ un tipo all’antica”continua.
“Non vi sentite mai a disagio con quegli abiti?”domando.
“Prima o poi ci fai l’abitudine”dice Mike.
“Sul volantino del lavoro per cui avevo chiamato si diceva che questa specie di villa era vicino al Campus Universitario, ma non mi padre di averlo visto quando sono arrivata.”dico.
“Perché il palazzo è stato costruito oltre il bosco che lo separa dalla città”dice Mike.
“Quindi siamo isolati da tutti?”domando.
“Più o meno”dice Luke.
“Vi rendete conto che un indirizzo falso equivale ad ingannare la gente?” domando.
“Quello è stato un errore di Miss Franca”dice Luke.
“Già, non ci sa fare con il pc quella donna”dice Mike.
“Quindi io ho fatto tutta questa strada per niente?”domando.
“Hai un lavoro, una buona paga e un’istruzione e adesso niente chiacchiere”dice Donna Agata puntandomi contro un mestolo in legno scuro.
“Agli ordini signora”dico io imitando un saluto da soldato. La vedo sollevare gli occhi al cielo.
“Limoni? Limoni? Avevo detto pomodori, è possibile che non mi ascoltate mai voi?”dice Donna Agata.
“Forza andate a prendermi dei pomodori, mi spiegate come preparo la portata coi limoni?” domanda lei.
“Patate pelate e pavimento pulito, serve altro?”domando.
“Attualmente non ho bisogno di te, quando ne avrò ti manderò a chiamare”dice lei.
“Perfetto allora io vado nella stanza delle armature a pulire”dico e accennando una piccola riverenza sotto le risatine delle cuoche e gli occhi al cielo di Donna Agata, mi dirigo nella stanza.
Entrata, socchiudo la porta come mi era stato insegnato e inizio a pulire lucidando ogni cosa. Mentre rifinisco i piatti, mi tornano in mente i suoi occhi. Subito ripenso alle parole di Mary-Jane, quando mi diceva che il signorino non era una persona come tutte le altre. La curiosità mi uccise. Finito di pulire tutto, scesi scaltra verso il salone di Miss Franca. Spiando da dietro un pilastro notai che non c’era. Attenta a non farmi notare mi dirigo verso la sua scrivania e frugando tra le sue carte prendo il mazzo di chiavi dentro il cassetto destro. Silenziosa sgattaiolo via. Stupita noto che in giro non c’è quasi nessuno.
Rimango immobile davanti alla porta chiusa che nasconde la camera del Signorino. Con un sospiro e facendomi un po’ di coraggio infilo la chiave nella serratura e dopo due scatti muovo la maniglia e questa si apre. La spingo in avanti e mi osservo dietro attenta che nessuno mi notasse. Silenziosa entro nella stanza richiudendo la porta alle mie spalle. Quando mi volto e accendo la luce, noto che davanti a me si presenta la stanza più confusionaria e in disordine che abbia mai visto. Rimango senza parole e cammino a passi lenti guardandomi attorno. Non è un semplice disordine ma una vera e propria distruzione di massa. Non è un ammasso di oggetti in maniera confusionaria, ma un’insieme di oggetti distrutti ammassati sul pavimento l’uno accanto all’altro. Le brande del letto sono spezzate e in giro ci sono schegge ovunque. Le tende della finestra sono strappate, il vetro e rotto e ogni oggetto è tutto o in parte distrutto. Appeso al muro c’è un quadro con tre enormi graffi sul volto. Afferro un pezzo della tela e cerco di sollevarlo per osservare meglio il viso del soggetto raffigurato, ma non faccio neanche in tempo ad afferrare un lembo di quella tela che la porta si spalanca di scatto alle mie spalle.
“Cosa ci fai qui?”mi urla qualcuno. Mi volto e noto il signorino Edward in piedi davanti a me che mi fissa furioso.
“I-io … stavo solo, volevo … ecco ”provo a dire ma sono terrorizzata.
“Chi ti ha fatto entrare?”dice arrabbiato.
“Nessuno io ..”dico e senza volerlo sollevo la mano con dentro il mazzo di chiavi.
“Chi ti ha dato la chiave?”domanda furioso.
“Nessuno io”provo a dire mentre lui si fa avanti con aria minacciosa.
“Ho detto chi è stato?”do domanda afferrandomi il polso e stringendomelo fino a farmi male.
“Nessuno te lo giro. Ti prego lasciami mi stai facendo male”dico ma lui stringe ancora di più la presa. Sono terrorizzata.
“Te lo giuro io …”provo a dire ma lui scatta in avanti e con l’altra mano mi afferra i capelli da dietro la testa stringendo forte.
“Avevo espressamente ordinato che nessuno doveva entrare qui dentro”urla.
“Ti prego”dico con voce tremante. Da lontano sento dei passi salire le scale. Davanti alla porta noto gli sguardi allarmati di Miss Franca, Donna Agata, Georg e Richard. Poco dopo arrivano anche tutti quanti gli altri.
“Signorino?”prova a dirgli Miss Franca ma lui padre non darle ascolto.
“La prego Signorino la lasci stare”dice Donna Agata.
“State zitti”urla il signorino.
“La prego, è solo una ragazza curiosa non accadrà più”dice Miss Franca in segno di scuse.
“Ha osato disobbedire agli ordini che avevo dato e ieri mi ha anche disturbato cantando”dice trascinandomi con se fuori dalla stanza.
“per favore”dico tramante aggrappandomi al suo braccio.
“Signorino la prego”sento le voci confuse degli altri venirmi dietro.
“Non osate seguirmi o vi sbatto fuori a calci intesi?”dice lui girandosi verso di loro. Osservo i volti di tutti quanti demoralizzati e sconfortati. Poi si rivolta e a passo svelto mi trascina non so bene dove.

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Capitolo 5
*** La fuga ***



“Dove mi stai portando?”domando incerta delle mie stesse parole.
“Forse ora la smetterai con questo tuo tono saputello”disse aprendo una cella e sbattendo mici dentro con forza. Caddi a terra contro il pavimento freddo e polveroso. Subito mi rimisi in piedi e corsi verso le sbarre.
“No ti prego non puoi lasciarmi qui”dico io ma lui senza darmi ascolto chiude l’enorme lucchetto con una chiave.
“Sicura?”domanda lui.
“Non puoi farlo” urlo.
“Si che posso è casa mia”dice allontanandosi.
“Non puoi farlo, non puoi farlo!”gli urlo mentre scuoto quelle sbarre alla disperata ricerca di una via di fuga. Ma niente. Lui se ne è già andato. Sospiro rassegnata e cado inginocchiata a terra con il volto in lacrime. Inizio a piangere senza fermarmi. Maledizione alla mia stupida curiosità. Piango così tanto che sono costretta a smettere solo per mancata idratazione all’interno del mio corpo. Il mattino seguente un rumore mi sveglia. Sussulto notando sulla soglia Edward dietro le sbarre. Senza parlare infila la chiave nel lucchetto e dopo qualche scatto l’aprì. Spalanca la porta e mi fa cenno di uscire.
“Esci”mi dice, ma io non riesco a muovermi sono completamente terrorizzata dalla sua presenza.
“Mi hai sentito? Alzati e vattene”dice. Tremante mi sollevo facendomi forza sulle braccia. Quando sono quasi finalmente in piedi mi sento tremare e sto per cadere. Osservo i suoi piedi fare un passo in avanti verso di me, come a volermi prendere prima che cadessi. Rabbrividisco e indietreggio. Lui non perde neanche un minuto e si ricompone tornando al suo posto.
“Fila via”dice.
“I-io”balbetto.
“Porta il tuo culo fuori di qui prima che richiuda questa porta. E puoi stanne certa che non la riaprirò.”dice. Odio quel tono. Inizio a odiare anche la sua voce. Senza sapere cosa faccio porto la mano destra in dietro per caricare e poi spingo in avanti cercando di colpirlo in faccia con una sberla. Lui afferra di scatto il mio polso e lo stringe tra le dita.
“Non provarci”dice sibilando tra i denti.
“Non mi toccare”dico ritraendo via la mano. Scostandolo mi allontano da lui e comincio a correre. Davanti a me c’è Donna Agata. Mi getto tra le sue braccia e la stringo forte a me.
“Va tutto bene piccola, va tutto bene”mi sussurra lei.
“Lavati. Sei orribile in quello stato”mi dice.
“Andiamo tesoro”dice Donna Agata mentre mi accompagna nella mia stanza.
“Agata”dico piangendo.
“Lo so tesoro andiamo. Sei stanca e confusa. Ti riempio la vasca, vedrai che dopo starai molto meglio.”mi dice lei. La sento dirigersi in bagno e aprire il rubinetto dell’acqua.
“E’ pronto. Vieni tesoro”dice lei afferrandomi per le spalle e aiutandomi ad alzare dal letto. Mi metto in piedi e con l’aiuto di Donna Agata raggiungo la vasca da bagno. Molto delicatamente mi aggrappo alla vasca.
“Posso ..?” dico io.
“Ma certo”dice lei uscendo e lasciandomi un po’ di privacy. Mi tolgo la divisa da cameriera e mi siedo dentro la calda vasca da bagno piena di oli e Sali profumati. Dopo qualche istante sento la porta aprirsi. E’ Agata.
“Ti senti meglio?”mi domanda.
“E’ un mostro Agata, come potete servire una persona così crudele e meschina”dico singhiozzando.
“Pur di lavorare si è disposti a tutto. Ora mi vuoi dire perché sei entrata in quella stanza?”mi domanda.
“Non lo so, ero solo curiosa”dico io.
“La curiosità uccise il gatto”dice lei.
“Suvvia tesoro, non fare così. Oggi è un altro giorno e domani ne sarà un altro. Andrà tutto bene vedrai, col tempo ti abituerai.”mi dice lei.
“Non ho la minima intenzione di restare in questa casa”dico io.
“Ormai lavori qui, pensa a tuo padre”dice lei.
“Come sai di mio padre?”domando.
“E’ un piccolo castello e tu sei la nuova arrivata, le notizie girano”dice.
“Non so cosa fare”dico “Quel … q-quel … non so neanche come definirlo è un mostro”dico massaggiandomi i polsi, stranamente non c’è traccia di lividi.
“Il tempo mia cara, solo il tempo guarisce ogni cosa”mi dice.
“Vado a prepararti qualcosa di buono da mettere sotto i denti. Cosa preferisci?”mi domanda.
“Non ho fame, voglio solo stare da sola” le dico.
“Ma non puoi …”
“Ti prego, voglio solo stare da sola”le dico io e lei esce dalla stanza lasciandomi sola senza replicare. Dopo essermi lavata mi asciugo e rivesto, poi indosso i jeans e la maglia con cui ero arrivata in quel posto orribile. Mi spazzolo i capelli e attendo che tutti vadano a dormire. Nel frattempo sistemo tutte le mie cose nella valigia. Avrei aiutato mio padre in un altro modo, ma questo non era di certo il modo migliore per farlo. Sospirando richiudo la zip della valigia. Attenta a non svegliare nessuno e a non farmi scoprire, scendo le scale e mi dirigo verso la porta d’ingresso. Scendere le scale con la valigia è molto faticoso,soprattutto dopo una giornata del genere, ma faccio uno sforzo e riesco a farcela. Una volta davanti la porta poso la valigia e con uno spintone la apro. Finalmente fuori mi affretto ad attraversare il grande giardino spoglio. Quella sera faceva parecchio freddo e, anche se era solo settembre, tutto intorno a me era bianco, ricoperto dalla neve, ma non c’era da stupirsi dato che qualche giorno fa avevo letto che fenomeni del genere erano molto frequenti da quelle parti. Giunta davanti al cancello, spalanco la porta. Un cigolio fortissimo mi riecheggia nelle orecchie. Con la giacchetta sulle spalle mi incammino verso la libertà trascinando dietro la mia valigia. La neve e il peso del bagaglio non favoriscono di certo la mia fuga notturna ma non posso far nulla per migliorare la situazione e così mi accontento e procedo silenziosa. Il freddo è troppo forte che sono costretta ad aprire la valigia alla ricerca della mantella rossa che avevo trovato dentro l’armadio del castello. In fondo era solo un vecchio mantello e penso che, con tutte quelle cose all’interno di quella casa, non si sarebbero di certo accorti della mancanza di uno straccetto del genere. Me la metto sulle spalle posizionando il cappuccio sulla testa e chiudendo la valigia. Tra la tempesta di neve e il gelo, continuo a camminare ripetendo a me stessa che posso farcela. Ad un tratto in lontananza sento degli strani rumori. Mi volto allarmata mentre avverto un ululato provenire da destra nel cuore della foresta. Mettendo a fuoco una luce da lontano mi rendo conto che sono degli occhi. Avverto un ruggito. D’istinto lascio cadere la valigia a terra e inizio a girare su me stessa. Da dietro gli alberi fuori escono migliaia di occhi gialli che mi fissano. Non mi ci vuole molto per capire che sono dei lupi. Sono in trappola. Sola contro tre lupi affamati e feroci. Uno di quelle orribili bestie fa un balzo in avanti e si getta su di me. Succede tutto in un attimo. D’improvviso un altro lupo, molto più grosso dei primi tre si getta sull’animale che voleva attaccarmi azzannandolo alla gola. L’osservo terrorizzata cadendo sulla candida e fredda neve ora rosso sangue. Il lupo rivolge uno sguardo verso di me. Ha gli occhi azzurri come il ghiaccio, gli stessi del mio sogno. Resto a bocca aperta e cado all’indietro mentre l’osservo balzare dietro di me per azzannare gli altri lupi rimasti. Senza pensare, spinta solo dall’istinto di sopravvivenza mi rimetto in piedi e inizio a correre senza meta il più lontano possibile da quel posto. All’improvviso la tempesta cessa e giungo davanti a un’enorme lago ghiacciato. Sento dietro di me dei rumori fortissimi. Sollevo il mantello e inizio a correre sul ghiaccio cristallino e scivoloso. Mi volto appena e dietro di me, riecco quell’enorme bestia venirmi incontro. Corro più veloce che posso ormai quasi arrivata dall’altra parte del lago, ma qualcosa mi afferra per il mantello e scivolo a terra sbattendo di schiena al ghiaccio freddo. L’animale fa un salto in aria e poi ricade su di me, ma non è ciò che mi aspettavo che fosse. Ho il cuore a mille e il respiro super affannato.
“Edward” dico io con un sussurro.
“Dimmelo. Dimmi che sono un mostro”mi dice lui avvicinando il suo volto al mio. Mi sento come sotto incantesimo e non riesco a distogliere lo sguardo da quei suoi occhi. Con un dito traccia un segno che va dal mio collo fino alla scollatura della mia maglietta a V fino all’incavo con il mio seno. Lo sento sempre più vicino. All’improvviso però il ghiaccio sotto di me cede e io cado in acqua. L’acqua è gelata ed entra ad una velocità sorprendente dentro i miei polmoni. Avverto la mano di Edward afferrarmi dal gancio del mantello e trascinarmi in superficie.

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