Io... non ho una sposa.

di Kurokage
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Here we go: L'arrivo (Prologo) ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - The first time I saw you: Eppure conoscevo già la tua voce ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2.5 - Tell me, why? (Omake) ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - Maybe you don't want it? E' per questo che fa così male? ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - Something I couldn't see: Ci sono cose che non posso dirti. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 4.5 - Be the Light (Omake) ***
Capitolo 7: *** Capitolo 5 - Once I was weak: Ora devo solo trovare la Forza ***
Capitolo 8: *** Capitolo 6 - Se incontro il destino, ci faccio quattro chiacchere: There's something bigger than us ***
Capitolo 9: *** Capitolo 6.5 - It's too Long (Omake) ***
Capitolo 10: *** Capitolo 7 - Love hides in every little thing: ma comunque non lo ammetto. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Here we go: L'arrivo (Prologo) ***


Capitolo 1 - Here we go: L'arrivo (Prologo)

Erano passati poco più di un paio di mesi dalla fine del festival che tenevano regolarmente tutte le scuole, e l'agenzia immobiliare per cui lavoravo mi aveva ripetutamente ed incessantemente chiesto e richiesto di tornare a controllare se, per caso, una certa Katsuragi Kiyo non fosse intenzionata a rivendere la casa che le aveva lasciato in eredità la nonna.
«Certo!» dissi lamentandomi con Yuriko, la mia collega «Perchè io faccio sempre tutto, no?!»
«Yuuuukiiii!!» disse lei sbuffando «Lo sai che lo fanno perchè sei un'abile ed ottima venditrice.»
«Il fine non giustifica i mezzi, Yuriko.» le risposi guardandola con due fessure per occhi. «Kobayashi dovrebbe smetterla di affidarmi tutti questi casi impossibili. Non ne posso più, ho persino i capelli bianchi!»
La risata di Yuriko riecheggiò nel piccolo bar dove ci eravamo fermate a mangiare un boccone.
«Tu piaci a quell'uomo»
«Qualunque cosa, ma non questo. E' il mio capo!»
«Credo che quel bel... pezzo di uomo, possa facilmente trovarti lavoro in un'altra ala dell'agenzia.»
«Pezzo di uomo? Yuriko, va bene che sei divorziata, ma quello la è tutto muscoli e niente cervello!»
«Sì, sono divorziata e me ne vanto! Tesoro, se non ti sbrighi, te lo porteranno via.»
«E allora, che gli alieni vengano pure a prenderselo.»
Il cameriere, un ragazzo abbastanza carino, ci porse i nostri piatti.
«Nikuman e Ramen per le signore. Buon appetito.»
«Grazie.» dicemmo io e Yuriko insieme.
Presi le bacchette ed incominciai a mangiare il Ramen.
«Itadakimasu.»
Mangiavo con calma, gustando ogni boccone del mio piatto preferito.
Avevo ventun anni, vita uno schifo, fidanzati a bizzeffe ma mai quello giusto, capo che ci provava e lavoro stabile.Potevo chiedere di più?
«Umh.. Scusi, può portarmi anche un piatto di Takoyaki?» chiesi al cameriere più vicino.
«Certo, ve li porto subito.»
Potevo chiedere di più?
Beh, un piatto di Takoyaki me lo portavano.
«Allora, questa Katsuragi Kiyo non mi è nuova. Dove l'ho già sentita?»
«Umh.. ti ricordi quel tizio che ti faceva il filo, Tanaka?»
«Sìììì?» mi rispose lei curiosa
«Ecco, Tanaka e... come si chiamava? Mitsuhiro... Matsushiro, non mi ricordi più, bhè, quello che ha mollato il lavoro insieme a lui, ti ricordi di quando erano andati ad accompagnare una ragazza a vedere la proprietà che le aveva lasciato la nonna?» dissi prendendo un Takoyaki «Sìììì?» «Bhè, quella ragazza era lei, e devo riuscire a farle vendere la casa.»
«Ma se non l'ha venduta allora, cosa vuole Kobayashi, che la venda ora?» fece Yuriko agitando le bacchette.
«Parlane con quel "bel pezzo d'uomo".» mimai le virgolette in aria.
«Umh... lo farei se potessi. E sai che parlata che ne verrebbe fuori...?»
Il Takoyaki mi andò di traverso.
«Yuriko! Ti proibisco di fare certi riferimenti a tavola! Mi stavi facendo strozzare!»
Sbuffò. «Bhè, quando devi andare?»
«Fra tre giorni. Il capo mi ha riservato una stanza all'hotel più vicino, ma avrei preferito che non lo facesse.»
«E perchè?» sbottò lei con una faccia da "ha-fatto-questo-per-te-sii-grata".
«Perchè per andare dall'hotel a casa Katsuragi ci vogliono due ore e mezza. E a me piace dormire tra i boschi.»
«Wow. Ma è così lontana? E' una casa, mica un viaggio alle Bahamas!»
Risi. «Mi sarebbe piaciuto di più, credimi.»
«Ci scommetto, tesoro.»

Erano già le nove di sera inoltrate, quando io e Yuriko ci separammo per andare ognuna a casa propria.Abitavo in normalissimo e monotono appartamento nel centro di Nagano, la città per eccellenza dell'omonima prefettura, Nagano.
Il centro era abbastanza calmo, per essere un martedì alle ore nove di sera.
Salii le scale che conducevano al mio appartamento, presi le chiavi dalla borsa ed entrai.
Il mio caldo e piccolo, monotono e normalissimo appartamento era giusto quello che mi serviva. Conteneva tutto ciò di cui avevo bisogno, non avendo mai spazio per altro.
Soprammobili? Non c'era spazio.
Libri? Ce n'era in abbondanza.
Erano anni che mi chiedevo se quel appartamento fosse infestato o roba simile.
Insomma, era un controsenso appartamentato!
Un campanellino riecheggiò nella stanza, ed una palla di pelo nera incominciò a strusciarsi violentemente sulle mie gambe. «Kuro! Asp-Aspetta, che mi fai cadere!»
Kuro era una piccola palla di pelo nera che avevo trovato abbandonato in una scatole di cartone un giorno di pioggia.
Lui non era un semplice gatto, era il mio compagno di vita.
Qualunque cosa o problema avessi, i suoi "mau" c'erano sempre.
«Mauuuuu!!!» fece Kuro scodinzolando con quella coda da gatto che si ritrovava.
«Sì, ho capito, ho capito. Ora ti do da mangiare.»
Andai in cucina e diedi da mangiare al gatto, poi mi recai in bagno ed aprii l'acqua calda per far riempire la vasca.
Nel mentre, andai in camera e tirai fuori la biancheria pulita.
Intenta ad andare in quella vasca che misteriosamente aveva trovato spazio nel minuscolo bagno, mi trovai bloccata da Kuro che mi guardava con occhi da traditrice.
«Mauuu!!!» fece arrabbiato.
«Scusa Kuro, ma oggi sono troppo stanca per cenare. Tu non fare come me, neh? Va e mangia tutto, così sei bello sazio.»
«Mauuu...» fece già più rabbonito, e poi andò a mangiare scodinzolando come un cane.
Se non gli davi una buona scusa per mangiare da solo, non mangiava affatto.
Arrivata nel bagno, mi immersi nella vasca, presi un libro ed incominciai a leggere.
Macché!
«Fossi almeno buona a fare questo! Possibile che, puntualmente, ogni volta che mi rilasso, mi deve venire in mente Kobayashi e le sue maledette dichiarazioni?!
Non ne posso più! Quante volte ancora dovrò dirgli che non mi piace per nulla?!»
Un "mau?" riecheggiò lungo il salotto.
«Sono in bagno, Kuro!»
In meno di un minuto, un palla di pelo nera era già lungo distesa sul bordo della vasca da bagno.
«Prima o poi cadrai, e farai il bagno con me.»
«Purrrr...» fece lui piacevolmente accolto dal caldo tepore che riempiva la stanza.
Fissai le pareti bianche coperte di piastrelle azzurro chiaro.
Il bagno, più lungo che largo, era assolutamente scomodo per poter fare qualunque cosa, e assolutamente intoccabile dal punto di vista "muratoresco", perchè «Punto cruciale della casa. Se modifichiamo il bagno, potrebbe crollare l'appartamento...» dissi ripetendo a memoria ciò che i muratori mi avevano detto.
Kuro mi guardò incuriosito, ma io chiusi gli occhi e mi rilassai ancora un po'.


Quando mi svegliai, mi trovai ancora dentro la vasca, Kuro sul tappeto, e l'acqua fredda.
Svegliando palla di pelo, uscii e mi vestii, pronta per andare a dormire di nuovo.
Guardai l'orologio «Le due e mezza, eh?» feci dirigendomi verso il mio caldo futon.
Mi infilzai sotto il piumone e tentai di addormentarmi.
Sentii un "pofff" vicino i piedi e subito dopo, un piccolo e dolce russare.
Come diavolo faceva quel dannato gatto a dormire così facilmente?!
Chiusi gli occhi.
Le immagini della giornata mi passarono davanti: io che mi svegliavo, che prendevo la metropolitana, che svolgevo il mio lavoro, il capo che mi faceva l'ennesima moina, io che andavo a mangiare a con Yuriko, fino a quando non mi ero messa nel futon ed avevo chiuso gli occhi.
«Solo un poco.» dissi nel dormiveglia.
«Vorrei che la mia vita cambiasse. Solo un poco.»
«Solo un... poco.»
«Solo...»
E sprofondai nel sonno.

I due giorni successivi furono abbastanza... traumatizzanti.
Il capo mi rivolgeva molte più premure di quante avrebbe dovuto (o meglio, che normalmente mi rivolgeva), ed a causa di questo, tutti quanti dentro l'agenzia si erano fissati che io stesi per partire e non tornare mai più.
«RAGAZZI!» sbottai improvvisamente alle due di pomeriggio dell'ultimo giorno «Non sto mica andando a morire! Devo solo andare a far firmare un contratto per vendere una casa!»
Si levò un mugugno generale, ma durò ben poco.
Mi spostai nella zona stampa, e lì successe il misfatto.
«Katokashi, io...»
«No.» sbottai voltandomi.
Non mi sorprese il fatto che dietro di me, a pronunciare il mio cognome, ci fosse il capo.
Una figura alta, dai capelli mori, corporatura ben fatta, quel tipo che va in palestra ed ha muscoli, pur non essendo palestrato.
Quel tipo di uomo che aveva l'orgoglio nei muscoli.
“Dato che non lo ha nella testa...” pensai divertita.
Portava i capelli mori, corti davanti e leggermente lunghi didietro, sempre vestito in giacca e cravatta.
D'accordo: era il perfetto uomo da una notte e via.
Almeno questo dovevo concederglielo.
«Ma...»
«Ho detto di no. Sarà la centesima volta che rifiuto ogni suo appuntamento o flirt. Ci dia un taglio, sono stanca.»
«Katokashi, come può rivolgersi con quel tono a me?! Sono il suo capo, se non se lo ricorda!»
«So perfettamente chi è lei, Signor Kobayashi. Ma io non sono una di quelle gentili donne che le si concedono tutte le sere e/o che le casca dietro come una pera.
Starò via per il tempo necessario, quindi veda di schiarirsi le idee o la settimana dopo il mio ritorno avrà la mia lettera di licenziamento!»
Vidi il capo impallidire.
Sapevo perchè aveva quell'espressione da fantasma, e non era certo per il mio rifiuto.
Lo traumatizzava, infatti, il solo pensiero di me che lavoravo per un'altra agenzia immobiliare.
Non so perchè, ma per lui significava la fine della Kobaya Realest Agency, acronimo di Kobayashi Real Estate Agency.
Rimanemmo a fissarci per una decina di minuti.
Lui che diventava sempre più bianco.
Io che diventavo sempre più preoccupata che potesse svenire da un momento all'altro.
Poi, come se nulla fosse, voltò le spalle e disse un «Fa buon viaggio, Katokashi».
Wow.
Non mi sarei mai aspettata che si arrendesse così facilmente.
Forse, avrei dovuto giocare la carta del licenziamento più spesso.


Quando fu l'ora di chiudere baracca e burattini, mi sembrò ancora troppo presto.
Non avevo voglia di lasciare l'agenzia ed andarmene in un luogo sperduto, ma "gli affari sono affari", tanto per menzionare il capo.
«Yukky!!!!»
Vidi una figura dai capelli rossi avvicinarsi.
«Yuriko! Non correre, o cadrai!»
Avvolta dal suo scialle, vidi la figura alta e perfetta di Yuriko avvicinarsi.
Una folata di vento freddo le scompiglio i capelli rossi che lei si sistemò elegantemente.
Invidiavo Yuriko.
Lei era così... aggraziata.
Io sembravo una pera.
Capivo perchè tutti gli uomini ci provassero con lei, ma la sua bellezza era stata anche la causa dei suoi due divorzi.
Per fortuna, era il caso di dirlo, non aveva mai avuto figli.
«Ti va di andare a mangiare qualcosa insieme? Dopo parti e non ti vedrò per un po'...» disse lei facendo la faccia da cucciolo abbandonato.
«Okay. Ah, domattina, verso le otto, ti porto Kuro.»
«No problem, baby! Sai che amo quella palla di pelo!»
Incominciammo ad incamminarci verso il ristorante più vicino.
«Sai... sarà tutto molto meno divertente senza di te.»
«Oh, Yuriko! Non dire cose del genere! Mi fai commuovere!» dissi fingendo una voce piagnucolante.
Ci avvicinammo ad uno dei ristoranti più buoni della città.
«Bene,» mi disse Yuriko «Questa cena te la offre la sottoscritta.»
«Yuriko, davvero...»
«Entra dentro, zitta e mangia.»
Le sorrisi.
Era davvero un'ottima amica.


Finita la cena, girammo un po' per il centro e ci separammo.
Era ora di andare a casa.
Come aprii la porta, trovai un Kuro finto morto.
Andai in cucina e presi la sua pappa.
«Ah, adesso non siamo più morti di stenti, eh? Birba!»
Tirai fuori una bottiglia di Ice Cucumber (come diavolo facessi a bere quella roba non lo sapevo nemmeno io), e la buttai giù in un sol sorso.
Mi avvicinai al salotto, e controllai le ultime cose da mettere in valigia.
«Intimo, abbigliamento, libri... Ho forse dimenticato qualcosa?» mi dissi guardando Kuro, che per tutta risposta mi disse «Mauuu.»
Andai in bagno e feci una doccia, uscita, mi vestii e mi guardai allo specchio.
La mia carnagione rosa chiaro era evidenziata dalla rivoltosa, intricata, indomabile massa marrone che avevo per capelli.
Presi in mano la spazzola ed incominciai a tentare di districarli.
Appena furono più malleabili, presi la piastra per lisciarli.
Mentre attendevo che si scaldasse, continuai a fissarmi allo specchio ed a riflettere su di me.
Ero di corporatura normale, con un seno normale, di altezza normale, con una vita normale.
Normale.
Solo i miei occhi mi piacevano realmente.
Li avevo sempre trovati anormali in un corpo normale.
Avevo degli occhi verdi, con delle folte ciglia lunghe e nero scuro.
Ma... i miei occhi non erano esattamente verdi.
All'ombra potevano apparire marroni, ma erano contornati da uno sottile strato di nocciola, per poi passare ad un verde scuro, ad un verde chiaro e a delle punte di giallo andando verso il centro nero della pupilla.
Un «MAUUU!!!» improvviso mi ridestò dalla mia tranche/contemplazione.
«Kuro, che è succ-... Hai ficcato la coda in mezzo alla piastra, non è vero? Beh, ben ti sta. Così impari a ficcanasare dove non devi.»
Presi la piastra ed incominciai a lisciarmi i capelli.
E' proprio vero.
“Chi ha i capelli lisci li vuole ricci, chi ha i capelli ricci li vuole lisci.”, ripeteva sempre la nonna.
Finito, mi andai immediatamente a buttare a letto, tra il caldo piumone del futon.
Non ci volle molto al solito "puff" che precedeva un leggero e profondo russare.
Chiusi gli occhi e mi addormentai.

“Benvenuta, cosa posso fare per lei?”
Una figura bianca stava davanti una porta, curioso di cosa volesse una donna come me.
“Salve, mi chiamo Yuki Katokashi, starei cercando una certa Katsuragi Kiyo”
“La signorina Kiyo? Sì, la prego di accomodarsi.”
La figura, che aveva una voce da uomo, mi fece entrare in uno spazio bianco.
O almeno, quella che vedevo era un'immensa stanza bianca, ma che io sapevo essere una stanza.
Mi sedetti su un divano immaginario, che non c'era realmente, ma che sapevo esserci.
La figura bianca che mi aveva aperto la porta tornò.
“La Signorina Kiyo sarà lieta di riceverla a momenti.”
“Grazie mille.”
Poi, improvvisamente, come se nulla fosse, vidi l'immensa stanza colorarsi di rosso.
Rosso come il sangue.



Mi svegliai di soprassalto col fiatone ed il cuore che pulsava.
«Mauu? Mauuu?!!» fece Kuro preoccupato.
«No, non preoccuparti Kuro, è stato solo un incubo. Torna a dormire, piccolo mio.»
Guardai la sveglia.
Le cinque e mezza del mattino.
Chiusi gli occhi e tentai di tornare a dormire, ma invano.
Alle sette meno un quarto ero già pronta ed impacchettata per andare dove dovevo andare.
Feci colazione con calma e finii di preparare tutto ciò che dovevo.
Misi Kuro nel trasportino e caricai tutto in macchina.
Arrivai a casa di Yuriko alle otto e un quarto.
Lei abitava in una casa vera e propria, frutto di due divorzi.
Ecco perchè se ne vantava.
Sogghignai quando venne ad aprirmi in vestaglia.
«Cavolo, mi avevi detto verso le otto, ma sei più puntuale di un orologio svizzero con la batteria infinita, tesoro!»
«Guarda che sono le otto e un quarto. Sono persino in ritardo.»
Lei mi guardò.
«Tesoro, alla fine del corridoio c'è il bagno. Vai a fare i tuoi bisogni, eh?»
Risi e le consegnai Kuro.
«Ecco la peste», le dissi mentre lei salutava Kuro «Ha rifornimento per una settimana. Passata quella, ti tocca andare a comprare.»
«Oh, tesoro! Gli comprerei il mondo, se me lo chiedesse!»
«Eeeeh! Esagerata!» dissi finendo entrambe a ridere.
Yuriko si vestì e mi accompagno fino alla metropolitana.
«Appena ho notizie, chiamo.»
«Fa con calma tesoro. Sappiamo già chi sentirà la tua mancanza, e non sto parlando di me.» La guardai male.
«Yuriko...»
«MA! Sono certa che ha già uno squadrone di sostegno ed uno di riserva pronti per lui! Squadroni di donne, si intende...»
Ridemmo come due dementi, fino a che non arrivò la mia corsa.
«E' ora di andare, tesoro.»
«Già...»
L'abbracciai.
«E' ora di andare.» dissi.
Salii sulla metropolitana e, una volta chiuse le porte, la salutai fino a non vederla più.
Feci mente locale.
La mia sarebbe stata la quinta fermata.
Dal finestrino della metropolitana, guardai il paesaggio che cambiava, intervallato dalle discese sotterranee.

Uno.
Gli alberi cambiavano.

Due.
Anche i colori dei prati sembravano diversi.

Tre.
Le forme delle nuvole cambiavano ad ogni punto di vista.

Quattro.
Anche gli uccellini cantavano in modo diverso.

Cinque.
La voce automatica, parlò, e confermò che ero arrivata a destinazione.
Scesi ed uscii dalla metropolitana.
Chiamai un taxi e mi diressi verso l'hotel.
Arrivata, notai che il capo aveva prenotato non un hotel, ma un hotel, uno di quelli a 5 stelle.
Rimasi con la bocca aperta ad osservare tanta magnificenza che trovavo, però, non adatta ad un hotel.
Registrai il mio arrivo e mi feci dare la chiave.
Raggiunta la mia stanza, aprii la porta con la tessera magnetica ed ebbi il piacere di notare che era una... suite.
La prima cosa che feci, dopo aver chiuso la porta, fu di buttarmi sul letto.
Oddei, era morbidissimo!
Odiandomi, mi rialzai e cominciai a sistemare la mia roba dentro gli armadi.
Erano giusto le 12, quando finii.
Decisi di usare il servizio in camera, infondo, era tutto pagato dall'agenzia.
Presi il telefono, feci l'ordine e poco dopo mi ritrovai un cameriere/valletto che bussava alla porta.
«Sì?»
«Servizio in camera.»
«Arrivo subito.»
Andai ad aprire la porta e feci entrare il valletto/cameriere con il carrello.
Vassoi. Coperchi. Piatto. Posate?
Diedi la mancia al cameriere e, demoralizzata, tolsi il coperchio al pasto.
Con mia sorpresa, le bacchette erano poste di fianco al Ramen.
«Se ci fosse Yuriko, mi sgriderebbe finchè non faccia portare roba più... francese?»
Risi di quella mezza affermazione e mezza domanda.
«Itadakimasu»


Finito di mangiare, mi buttai a letto e, colpa della nottataccia che avevo avuto, dormii come un sasso.
Mi svegliai alle due di mattina, a causa del mio lungo riposino.
Mi alzai, e decisi che era il momento di prepararmi.
Mi sedetti alla scrivania ed accesi la piccola lampada da scrivania.
Presi dalla mia borsa di lavoro il fascicolo "Katsuragi Property: Minako » Kiyo"
Era ora di incominciare a studiare.
Dovevo riuscire a far si che quella ragazza vendesse la proprietà, anche se non sarebbe stato un gran danno tornare a casa a mani vuote.
Rimasi su quei fogli pieni di scritte e grafici per quasi un'ora e mezza.
L'alba, in queste giornate ormai invernali, era ancora lontana, ma i miei occhi erano già stanchi.
Non feci nemmeno in tempo a spegnere la luce, che mi ritrovai addormentata sulla scrivania con la testa sulle braccia.

 

/*Note del Testo*/

“ Insomma, era un controsenso appartamentato! ”
Di solito si dice "è un controsenso animale"; "un controsenso umano" etc.., ma non si può definire umano o animalesco un appartamento.

Così, ecco il controsenso appartamentato.

“ [...] e assolutamente intoccabile dal punto di vista "muratoresco" [...] ”
Dal punto di vista di un muratore, il bagno non poteva essere toccato, altrimenti avrebbe fatto crollare l'appartamento (probabilmente il muratore in questione era solo sfaticato).

 

/*Note d'Autore*/

Holaloa, gente!
Beh, che dire... Questa è la prima fanfic in assoluto che scrivo, e sono un po' (tanto) emozionata.
Se siete arrivati fino alle Note, voglio dirvi che vorrei venire a consegnarvi una medaglia d'oro ad ognuno di voi, ma non so ne i vostri indirizzi, ne ho voglia xD
Se il primo capitolo lo avete trovato abbastanza noioso, vi porgo le mie più sentite scuse, ma era un capitolo introduttivo, quindi era obbligatorio che fosse abbastanza noioso.
Detto ciò voglio dire che io per prima, nello scrivere, di sono divertita.
Inizialmente ho pensato a come la gente potesse prendere il mio metodo di scrittura, ma poi mi sono detta: O la va, O la spacca.
Speriamo che vada lontano...
In ogni caso, mi piacerebbe che chi leggesse questo capitolo potesse fare una recensione per farmi comprendere cosa potrei aver sbagliato o se devo correggere il mio metodo di scrittura.
Come detto dall'introduzione, questa fanfic... shojo (per il momento), è incentrata tra la futura (e contorta?) storia di questa Yuki (personaggio rigorosamente inventato) e Alsh, il maggiordomo di Kobayashi nel manga Bloody Kiss di Furumiya Kazuko.
Il fatto è che tutti hanno un ruolo in quella storia e lui no.
Così mi sono decisa di punto in bianco, di dargliene uno io.
...
...

Penso che siano le note d'autore più lunghe che una persona abbia mai visto.
E saranno anche le ultime, promesso ;P
Per chi fosse interessato al manga, lo può tranquillamente leggere qui.

Un bacio,

Kurokage

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - The first time I saw you: Eppure conoscevo già la tua voce ***


Capitolo 2 - The first time I saw you: Eppure conoscevo già la tua voce

Mi svegliai al suono del cellulare.
«Umh... chi diavolo mi chiama a quest'ora?»
Peccato fossero le undici e mezza di sabato mattina.
«Tesoro, stai bene? Ti ho chiamata un sacco di volte, ma non hai risposto...»
«Ah... Yuriko... ciao.»
«Tesoro, tu... stavi dormendo?» dissi con voce accusatoria.
«Nono! Che ti salta in mente! E' solo che mo sono fatta un bagno e mi devo riprendere dal calduccio.» con tutte le mie forza tentai di trattenere uno sbadiglio
«Stavi dormendo.»
«...»
«Allora, com'è lì? Cioè, sì, non è lontanissimo da casa, ma non ci sono mai stata... Come hai detto che si chiama il posto?»
«Non ricordo. Oooh, Yuriko, posso dormire?» la pregai ficcando la testa sotto le braccia.
«NON PROVARCI!»
«Non c'è bisogno che urli, grazie tante. Senti, mi passi il capo?»
Silenzio.
«Yuriko?»
Ancora silenzio.
«Yuriko?!»
Di nuovo silenzio.
«Eh?» disse lei infine.
«Ti ho chiesto se mi passi il capo. Devo parlargli, e so che stai telefonando con il telefono della tua postazione.»
«S-Sì, aspetta... aspetta che lo trovo...»
Aspettai un paio di minuti, fino a quando non sentii qualcuno dire un "Capooooooo!!! Yuki ha della roba da dirleeeee!!!!"
«Pronto?»
«Capo, sono Katokashi.»
«Yuki, dormito bene come prima notte?»
«Avrei potuto dormire meglio.»
«Dimmi, di cosa hai bisogno?»
«Capo, per quando è fissato l'appuntamento di oggi con Katsuragi?»
«Alle cinque.»
«Ok, grazie capo.»
«Yuki...»
«Sì?»
«Sta attenta.»
«Certo capo.» dissi chiudendo la conversazione.
Già.. mi ero dimenticata del perchè Tanaka e quell'altro se ne erano andati, abbandonando il lavoro all'agenzia.
Quando erano andati con quella ragazza a vedere la casa, hanno raccontato di essere scappati a più non posso perchè infesta da... vampiri.
Mi scappò una risata.
D'accordo che ero un'accanita fan di Dracula e vampiri in generale, ma... non esistevano.
Cioè, forse mi sarebbe anche piaciuto.
Sarebbe.
Magari si erano spaventati dopo aver visto qualche pipistrello, nulla di più.
Restai a gustarmi il mio pranzo, Ramen per l'esattezza, e aspettai che arrivasse l'orario prestabilito rileggendo ciò che non avevo letto quella mattina.


Alle quattro meno un quarto scesi dalla camera, uscii dall'albergo e chiamai un taxi.
Gli diedi via e numero di dove doveva portarmi.
Più volte lo sentii chiedermi «Ma ne è sicura?»
... Se non lo fossi stata secondo te me lo scrivevo?!”
Il taxi fermò di fronte ad una specie di bosco.
«Eccoci arrivati» mi comunicò.
«E'... qui? Davvero?»
«Io le avevo chiesto se era sicura, lei mi ha risposto di sì, quindi... sì, questo è il posto.»
«Ah. Gra-Grazie mille.»
Pagai il tassista e scesi.
Gli alberi folti impedivano la mia visuale, e... per la miseria!
Dovevo andare in una remota zona di montagna!
Mi ci sarebbero volute ore per arrivare la dove dovevo!
E vabbè: gambe in spalla.
Quella mattina avevo pure messo una tailleur grigio, con una camicetta bianca e scarpe col tacco basse.
Non c'era scritto da nessuna parte che avrei dovuto scalare montagne.
«Ecco cosa intendevano con "ci metterai un'oretta"...!» dissi tra me e me.
Incominciai ad incamminarmi lungo un sentiero praticamente abbandonato, dove i sassi avevano la meglio sui miei piedi, ma la volontà aveva la meglio sul dolore.
Feci molte più pause di quante me ne fossi promessa.
«La strada è ancora lunga, Yuki. Ma solo per poco.»
Continuai a camminare per un po', e finalmente, in mezzo agli alberi, riuscii a vedere un qualcosa.
Arrivai ad una casa imponente e diroccata.
«Sembra veramente infestata.»
Qualcuno un giorno dovrà spiegarmi come farà quel cretino a rivendere una casa del genere, se mai la signorina Katsuragi la venda. Nemmeno tutti gli stipendi interi della mia vita potrebbero bastare a metterla a posto.
Diroccata. Termine corretto.
Mi sistemai avvicinandomi. Dovevo rendermi il più presentabile possibile, nonostante il male pazzesco ai piedi e il passaggio fra una "selva oscura infinita".
Passai il cancello caduto a terra anche se, in mezzo alla ruggine, potevo notare dei segni.
Molto probabile che dei teppisti lo abbiano preso a calci.” pensai mentre andavo oltre.
I vetri erano lucidi e puliti, l'orto vicino aveva la terra smossa dell'estate, ed il giardino era curato.
Arrivata alla porta, trovai un qualcosa che individuai come campanello, ma nella paura che cadesse qualcosa, non osai toccarlo e preferii bussare.
Solo che non avevo tenuto conto della porta.
Passarono pochissimi secondi che la porta incominciò a piegarsi come se stesse cadendo e, per paura che cadesse davvero, finii tra le braccia di qualcuno che invece la stava aprendo.
«Benvenuta. Se tutto ciò che desiderava era darmi un abbraccio, ne sono lusingato.»
Disse una voce che avevo già sentito.
Mi rimisi a posto in fretta e, inchinandomi in segno di scuse, dissi «Mi dispiace! Mi dispiace tanto! Quando ho bussato ho visto la porta muoversi e pensavo stesse per cadere. Mi dispiace veramente tanto.»
«Non fa nulla, non si preoccupi. Potrei sapere chi è?»
Che sgarbata che ero stata.
Mi rimisi dritta e rimasi stupida di trovarmi davanti un uomo che aveva sui... bho? Ventidue, forse, venticinque anni?
Aveva i capelli lisci e lunghi, di un bianco acceso.
In confronto il bucato impallidiva.
Ma furono i suoi occhi a rapirmi quasi completamente.
Erano viola. Viola intenso, come se fossero fatti della stessa sostanza che conferiva il tipico viola all'ametista.
(Purtroppo?) Riuscì a riprendermi da quella celestiale visione ed a rispondere.
«Mi chiamo Yuki Katokashi, sono della Kobaya Realest Agency.
Il mio capo ha preso un appuntamento per le cinque con la signorina Katsuragi Kiyo.» nel mentre finivo la frase, sentii un «Alsh! Chi è alla porta?» provenire dalle sue spalle in lontananza.
«Sì, la vado a chiamare subito. La prego di accomodarsi.» disse accompagnandomi in salotto ed indicando un divano dall'aria non troppo ben messa.
Eppure quella voce l'ho già sentita...
Mi disse una vocina.
...Ma dove?
Era come se avessi la risposta a portata di mano, forse ci sarei arrivata anche, se non fossi stata interrotta dall'arrivo della signorina Kiyo.
«Ah! Lei dev'essere la signorina Katokashi!»
«Mi chiami Yuki, la prego.»
Dissi ad una ragazza delle scuole superiori con i capelli grigio cenere.
Aveva un viso tondo che finiva col mento appuntito, e due grandi occhi marroni.
Un sorriso caldo ed accogliente dipinto sulle labbra.
«E lei la finisca di darmi del lei. Mi chiami Kiyo.»
Bene, presentazioni fatte.
«Kiyo... sa perchè sono qui, vero?» le dissi con uno sguardo da "so-già-cosa-vuoi-dirmi-ma-lo-devo-fare-lo-stesso"
«Sì. Vorrebbe convincermi a vendere la casa. Solo che, come ho già detto, non voglio farlo. Se può, mi dica, perchè la vostra agenzia ci tiene così tanto?»
«Bhè...» le dissi cercando di ricordarmi tutto quello che era stato detto «C'è un ottimo compratore che la pagherebbe bene e...»
Come potevo convincere qualcuno, se ciò che dicevo, non convinceva me in primis?
«Io...» la fermai subito con un gesto della mano.
«La realtà signorina Katsuragi, Kiyo, è che pare che sotto la vostra proprietà ci possa essere un assortimento di... materiale prezioso.»
«Non capisco.»
«E' probabile che sotto casa vostra ci possano essere dei resti di scavi di pietre preziose.»
Vidi il suo volto impallidire.
«Cos... Cosa?»
«Proprio così, signorina Katsuragi. Ecco perchè l'acquirente sta facendo ancora pressione sul fatto che voi vendiate questa casa.»
«Non... non me lo aveva detto nessuno.» il suo stupore eta molto più che tangibile nell'aria.
«Perchè se lo avesse saputo, si sarebbe rifiutata ancora più fermamente di vendere.»
«Allora perchè glielo sta dicendo lei?» disse un ragazzo apparso dal nulla, dietro le spalle della signorina Kiyo.
«Ho portato del the...» disse l'uomo che avevo identificato come Alsh. Sì, quello con gli occhi di ametista.
«Grazie, Alsh» disse Kiyo.
«Grazie mille» risposi.
«Quindi? Perchè glielo starebbe dicendo? Non va contro i vostri piani di vendita?»
Quel ragazzo era molto più intelligente di quanto sembrasse.
Era poco più alto della ragazza, con dei corti capelli castani e gli occhi rossi.
Bevvi un sorso di the.
«Perchè non mi piace che il venditore non sappia le cose.
La nostra agenzia, per dirla tutta, non ci guadagnerebbe nulla nel perdere o vendere la casa; ed è un diritto che il venditore sappia ciò che sta vendendo.»
«Quindi, lo sta facendo per senso del dovere?» disse Alsh, sedutosi accanto al ragazzo.
«Possiamo dire di sì.»
«Quindi, ha altri sotterfugi?» disse scherzosa Kiyo.
«No, non ho sotterfugi.» le risposi con un sorriso.
Bevvi un altro sorso di the. Era favolosamente squisito.
«Rosa?» chiesi riferita a ciò che stavo bevendo.
«Sì» rispose Alsh con lo sguardo che si illuminò, anche se per poco.
«Bhè,» disse Kiyo alzandosi «lei è nuova, quindi, che ne dice di fare un giro della casa per, almeno, non farle sprecare la visita?»
«Mi farebbe molto piacere, grazie.»
Ci alzammo e, seguite da Alsh ed il ragazzo, mi portò a vedere le stanze della casa: cucina, bagni e camere da letto, sorpassando il seminterrato.
«Da ciò che ho potuto vedere nelle foto, la casa ha a disposizione anche un seminterrato. E' per caso inagibile?» chiesi seria.
«No, anzi, è spazioso. Ma a causa della confusione, quel luogo è infestato da polvere, ragnatele e ragni di ogni sorta» rabbrividii. Ragni.
Notai con la coda dell'occhio, però, che i due dietro di noi avevano trattenuto il respiro nell'esatto istante in cui avevo posto la domanda, e non lo avevano rilasciato fino a quando non avevo espresso un «Ho capito».


Andammo fuori e mi fece vedere il piccolo orticello, il giardino e il maestosissimo giardino di rose.
«E'... è molto più che magnifico...»
«Già» mi rispose Kiyo.
Era un immenso giardino pieno di rose rosse, alcune con sfumature, altre che sembravano seta.
«Ha incominciato mia nonna a coltivarle. Ed io me ne sto solo prendendo cura.»
«E'... stupefacente, Kiyo. Veramente magnifico.»
«Grazie. Anche se, come già detto, il merito va tutto alla nonna.» disse sorridendo allegramente.
«Non ne dubito» le risposi altrettanto allegramente.
Erano le sette, quando decisi di andare via.
«No, la prego!» esclamò quasi immediatamente Kiyo guadagnandosi un'occhiataccia da Alsh e dal ragazzo «Non riceviamo praticamente mai ospiti, e quandolo facciamo, svaniscono praticamente subito. la prego, rimanga a cenare con noi.»
Rimasi interdetta dalla cortese (e disperata?) richiesta di rimanere a cena, e non capirò mai perchè scelsi quella decisione.
«D'accordo»
«Ottimo!» Esclamò Kiyo ancora più contenta.
«Bene. Allora oggi, data la presenza di ospiti, curry.» si pronunciò Alsh.
«Alsh, ma.. li abbiamo gli ingredienti?» si preoccupò Kiyo.
«Cucina quello che ti pare» sbottò il ragazzo.
Io feci una piccola risata.
«Se volete posso dare una mano. Dovrò pur mostrare riconoscenza, no?»
Alsh mi guardò fisso negli occhi e disse «Non preoccupatevi. La vostra presenza è già molto»
In... In che diavolo di senso?!
Mentre preparavamo la tavola, Kiyo mi presentò Alsh, mister occhi-di-ametista, e Kuroboshi, il ragazzo dagli occhi rossi.
Ero abbastanza grande da capire che tra i due c'era più di una semplice amicizia.
Chissà poi, perchè vivevano due uomini ed una ragazzina insieme...
Cioè, sarà mica che...
Kiyo doveva aver capito cosa pensavo, perchè disse «Sembra strano, eh?»
«Cosa?» dissi io per non destare sospetti... come se non stessero già giocando a carte sul tavolino...
«Che una ragazza della mia età viva con un uomo ed un ragazzo...»
«Bhè.. sì, in effetti è abbastanza strano.»
«Non c'è da preoccuparsi. Alsh è una sorta di maggiordomo di Kuroboshi, ed è un adulto responsabile. E Kuroboshi... bhè, lui...»
«E' il tuo ragazzo, vero?» le sorrisi dolcemente.
«Sì... è dolce. Cioè, è un dannato bastardo quando ci si mette, ma in realtà e dolce... e gentile. Anche se non lo ammetterà mai in tutta la sua esistenza.»
«Chi non ammetterà mai di essere cosa, lungo tutta la sua esistenza?» disse Kuroboshi facendo capolino dalla cucina.
«NESSUNO!» dicemmo entrambe per poi guardarci negli occhi e ridere.
«Mah...!» fu quello che disse Kuroboshi.
Mentre gustavamo tutti e quattro allegramente il favoloso curry preparato da Alsh, un tuono di quelli bussi risuonò in lontananza.
«Prevedo pioggia...» disse Alsh, seduto davanti a me.
«Allora, sarà meglio che vada.» dissi posando la ciotola vuota «Non voglio arrivare all'hotel bagnata fradicia. Poi succede che non mi lasciano entrare ed è un casino...» dissi scherzosa.
«Allora, ti accompa-» disse Kiyo
«No.» Ci voltammo verso Alsh, io curiosa e Kiyo stupefatta «Perchè non rimane qui? In fondo, domani è domenica» disse lui sorseggiando un bicchiere d'acqua.
«A... Alsh?» disse Kiyo.
«Grazie, ma mi vedo costretta a rifiutare. Ho già abusato veramente troppo della vostra ospitalità» risposi incominciando a mettermi la giacca del tailleur che mi ero tolta prima di cena.
«Fuori sta già piovendo. E l'hotel più vicino è un cinque stelle ad un'ora da qui.
Le signore non dovrebbero andare in giro la notte. Tanto meno se sta piovendo.»
«Io... Grazie mille signor Alsh, ma mi vedo veramente costretta a rifiutare.» Oh, adiamo! Non avevo nemmeno il pigiama!
«Umh... però... Alsh ha ragione.» aggiunse pensierosa Kiyo, facendo crollare la mia unica difesa «Piove veramente a dirotto. Si prenderà sicuramente una febbre, se torna al suo hotel ora...»
«Io...»
«Suvvia, non mordiamo, sa?» disse Kuroboshi ponendo fine alla discussione.
«... D'accordo.»
Kiyo mi sorrise allegramente, e notai l'ombra di uno strano sorriso sul volto di Alsh, mentre lui mi serviva dell'altro curry.
Tentai con tutta me stessa di rimanere normale ma sotto pelle, il mio sesto senso, mi diceva che c'era qualcos'altro...


Con calma finimmo la cena e, dopo aver parlato e fatto una partitella a carte, decidemmo di ritiraci per la notte.
«Yuki, vieni, ti presto una camicia della nonna. Spero che non ti dispiaccia, ma non credo che i miei pigiami ti stiano»
«Più che altro, mi stavano» dissi ironizzando.
«Allora, se non avete bisogno, io mi ritiro per la notte. A domani, signorine» disse Alsh da perfetto gentiluomo.
«'Notte» disse Kuroboshi.
«Buona notte» risposi cortese, seguendo Kiyo nella sua stanza.
Arrivata nella sua stanza, non potei non notare la maestosità della camera.
«Wow, ma è immensa...!»
«Già. Era la camera della nonna, questa. Quelle degli ospiti sono ancora più grandi. Tieni, ti mostro la tua» disse porgendomi una camicia da notte in cotone pesante, bianca, con ricami azzurri.
La seguii nella parte della casa dedicata agli ospiti.
«Ecco la qui. La vostra stanza. Se per caso cercate il bagno, non dovete fare altro che proseguire dritto verso la fine del corridoio. E' la porta che vi troverete davanti» disse Kiyo facendomi entrare.
«Wow, grazie, è.. wow» dissi sorridendo.
Lei rispose con una risata.
«Buona notte, Yuki»
«Buona notte a te, Kiyo»


Mi svegliai di soprassalto per colpa di un dannato tuono che aveva fatto tremare i vetri delle finestre.
Mettendomi seduta, guardai nella luce dei lampi la stanza in cui ero.
Era una cosa abbastanza gotica, per nulla adatta me. Ma non mi dispiaceva.
La pioggia batteva forte sui vetri, ed i lampi illuminavano la stanza rapidi come se stessero scappando da qualcuno.
I tuoni, non facevano altro che amplificare quella sensazione.
“Ma che bella cosetta dar-
Mi voltai.
Avevo scorto un'ombra andare verso la porta, ma mi dissi che era solo il lampo.
No, non è solo il lampo.
Ecco. Grazie, ottimo momento per dirmi cose del genere, vocina insulsa.
“Io ti metto in guardia e tu ti lamenti pure?! Faccia tosta, ragazza!
Non mi sto- ODDIO SI E' MOSSO QUALCOSA!”
Visto?! Te l'avevo detto!
In effetti, a meno che non mi fossi presa un febbrone da cavallo, avevo realmente visto qualcosa muoversi...
Un "gulp" mi fece terrorizzare, ma poi mi resi conto che lo avevo fatto io.
Stupida me...”
Sbattei gli occhi più volte, prendendo un bel respiro profondo e dandomi dell'idiota da sola.
Mi risistemai nel letto, ma invano tentai di riprendere sonno.
«La signorina, dunque non vuole addormentarsi» sussurrò una voce presente nella stanza.
Io gelai.
Avvolta dalla paura e dal terrore, non so come, mi rimisi seduta sul letto.
Davanti a me seduta sull'angolo in fondo al letto, dalla mia parte, c'era una figura nera.
Era una figura alta, dai lineamenti secchi.
Non riuscivo a capire chi fosse.
Nemmeno la voce mi aiutava.
No, ti sbagli.” Questa volta non era la vocina insulsa. Questa volta ero io che davo voce al mio sesto senso.
Tu... sai perfettamente chi è.”
Avrei voluto alzarmi, scalciare, gridare ed uscire da quella stanza.
Ma ero terrorizzata dalla paura.
No. Ti sbagli.
Già. Mi sbagliavo. Ero sì congelata dalla paura, ma non era quello ciò che mi impediva di muovermi.
«T... Tu...»
Riuscì a sussurrare flebilmente.
«Shhhh. Non c'è niente di cui preoccuparsi» sussurrò di nuovo la figura nera.
Aveva una voce da serpente, incantatrice, suadente... estremamente sensuale.
Ma potevo avvertire la nota pericolosa che quella voce celava.
«Cosa... Cosa vuoi? Chi.. Chi sei?»
Ora capivo perchè quei due erano corsi via a gambe levate.
Lo avrei fatto anch'io. La mattina stessa.
«Ve l'ho già detto. Non c'è nulla di cui preoccuparsi»
Vidi la figura nera sorridere con denti bianchissi ed un lampo illuminò il suo volto.
L'ultima cosa che ricordo è il sorriso di quella figura con i denti lucenti... le zanne... ed il buio.


/*Note del Testo & Tips!*/
1. Sì, ho citato Dante;
2. L'autore vi consiglia di leggere da questo punto fino alla fine: "
Mi svegliai di soprassalto per colpa di un dannato tuono che aveva fatto tremare i vetri delle finestre." con la seguente Soundtrack: Strange Ritual - Alice Mare OST per permettere al lettore di immedesimarsi nei pensieri dell'autore e nella scena (è probabile che abbiate bisogno di ascoltare la canzone 2 o 3 volte a seconda della vostra velocità di lettura).




/*Note d'Autore*/
Muahahaha! Secondo capitolo!! Spero vivamente che questo capitolo vi sia piaciuto, e spero anche che abbiate seguito la mia indicazione ed abbiate riletto la parte finale con l'OST del videogioco horror Alice Mare. Non potevo chiedere di meglio, mentre scrivevo quella parte!
Premessa a parte, se mi è concesso, vorrei ringraziare la mia amica The Boss (no, non credo sia su EFP, ma questo è il suo nick, quindi capirà) perchè " Lo letto tutta in un fiato! Hai talento continua ti prego * fa la faccia da cucciolo abbandonato * ".
Sia io che l'italiano ti vogliamo bene, sappilo.
Senza il tuo incoraggiamento, non penso avrei continuato con il secondo capitolo.
...O forse no? (Bastard Inside) xD Ti voglio bene!
E grazie anche a StellinaDolce, non solo perchè ha recensito per prima la mia prima storia, ma perchè ha gentilmente fatto da cavia da laboratorio per il "visualizza la storia in modalità non-autore" ed anche perchè mi ha incoraggiato.
Viglio bene anche a te!
Vorrei inoltre ringraziare quel(la) folle creatore(trice) di Alice Mare, △○□× - Miwashiba, per aver creato delle OST così dannatamente belle da avermi ispirato un film xD
Ovviamente ringrazio anche Daisuke Kashiwa, per aver creato le OST di Kotoha no Niwa (conosciuto in Italia come "Il Giardino delle Parole") perchè mi hanno aiutato a risolvere i buchi bianchi delle pagine di Word.

E per ultimo, ma forse avrei dovuto metterlo per primo, vorrei porre un ringraziamento speciale a te che stai leggendo, sì, proprio te, perchè stai usando il tuo tempo per leggere la mia storia.

Grazie infinite a tutti.

Un bacio,

Kurokage

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Capitolo 3
*** Capitolo 2.5 - Tell me, why? (Omake) ***


Capitolo 2.5 - Tell me, why?
(OMAKE - ALSH'S POINT OF VIEW)


 

Fissavo la parete in alto del seminterrato, pensando a nulla in particolare.
Kuroboshi dormiva profondamente, ed io avevo tutto il tempo per alzarmi e girovagare.
Cosa che feci.
Il temporale incombeva potente fuori dalla casa.
«Aaaah. Non so dire se questa è una sera ottimale o pessima.
Nel dubbio, girovago.»
Passai in cucina a mettere a posto ciò che non avevo finito.
«Certo che non me lo sarei mai aspettato che la signorina Kiyo chiedesse ad una perfetta sconosciuta di rimanere a cena.
Fortuna che avevo gli ingredienti per il curry. E come mi si è presentata, poi!
Mi è decisamente volata addosso!
Insomma, so di essere bello ed affascinate, ma non c'era bisogno di una conferma tale!»
Continuai a lavare i piatti e le stoviglie utilizzate.
«Uhfff... Se solo avessi una di quelle belle ragazzine, giovani e fresche... Con quelle belle gonnelline corte...»
La mia immaginazione era già andata avanti minuti rispetto il mio pensiero.
Già vedevo i loro corpi fra le mie braccia, abbandonate, perse, mie.
Sentivo il sapore del loro sangue scendere giù lungo la mia gola.
Erano anni che non bevevo un sangue decente.
Da quando il Signorino era nato  ed eravamo stati accolti dalla gentile umana Minako, la nonna della signorina Kiyo, avevo giurato che non avrei più bevuto sangue se non strettamente necessario.
A volte, invidiavo davvero il Signorino Kuroboshi.
«Così giovane ed ha già trovato la sua sposa... Spero, anzi so, che andrà tutto per il meglio. Anche se... devo ammettere che il fatto che la signorina Kiyo sia umana, mi preoccupa un po'...
Aaaah.... Quanto vorrei avere una sposa!
Non essere più costretto ad andare a cercare quelle signore lungo la strada per procurarmi il sangue, sarebbe a dir poco magnifico...!!»
Ero stanco di tutto questo.
Poi, però, mi vennero in mente gli occhi verdi di quella ragazza.
«Bhè... Potrei... No, Alsh.»
Scossi la testa.
«No categorico. Non esiste. Quella ragazza è un ospite, e gli ospiti non si toccano.»
Mi feci una tazza di the alla rosa.
In tutto questo tempo, solo quella ragazza aveva capito che tipologia di the fosse al primo sorso.
Erano rare le ragazze del genere.
Con la mia tazza di the, inconsciamente, iniziai a camminare, e finii davanti la stanza della signorina Yuki.
Era notte inoltrata, ormai, quasi mattina.
«È ora di andare. Se Kuroboshi si sveglia e non ti trova, saranno guai.» dissi con la mano sul pomello della porta.
Solo... Solo uno sguardo...”
«No. Sappiamo entrambi come finirà se entro.»
Solo un'occhiata...”
Purtroppo cedetti, ed entrai nella stanza di Yuki.


La stanza era buia, illuminata dai lampi.
Yuki, nel letto, dormiva agitatamente, come se fosse tormentata da incubi costanti.
Un rombo di tuono fece tremare i vetri, e lei si svegliò.
I suoi occhi non potevano vedere al buio, ma i miei sì.
Notai immediatamente il piccolo luccichio verde dei suoi occhi.
Devo andarmene...”
Dissi a me stesso mentre mi voltavo per uscire.
Il suo fiato si bloccò per un attimo.
Mi aveva visto.
Devo andarmene prima che...”
Troppo tardi.
Il mio istinto di vampiro aveva già iniziato a lavorare.
Calcolai la lentezza di come si muoveva, il tempo che impiegava a reagire, i secondi del suo fiato.
Era completamente terrorizzata dalla paura.
La vidi risistemarsi nel letto, ma non riprendere sonno.
Bene, è ora di andare.” dissi a me stesso senza però muovermi.
C'era qualcosa in quella ragazza che mi attraeva.
Qualcosa di fatale che, se lo avessi seguito, sapevo avrebbe inevitabilmente portato alla sua morte.
O almeno, così diceva il mio sesto senso.
Per anni, secoli è meglio dire, avevo servito la famiglia del Signorino Kuroboshi, e per altri anni, sempre secoli, avevo errato prima di diventare loro maggiordomo, e mai, mai avevo provato una così forte curiosità verso un umano.
Sarà perchè usavo quelle umane quasi subito?
Non mi era mai passato per l'anticamera del cervello, di provare curiosità per un umano.
Loro non erano nient'altro che cibo.
Per secoli avevo tentato, invano, di trovare una sposa ma haimè, nulla era andato a buon fine.
Ed ora me ne stavo qui, come un pesce lesso, a stalkerare nella mia stessa casa (anche se in realtà non era proprio mia) un'umana di cui conoscevo poco e niente che si era infiltrata nella nostra adorata routine quotidiana.
«La signorina, dunque, non vuole addormentarsi.» dissi di punto in bianco.
La vidi bloccarsi, letteralmente, e il suo respiro diminuì così tanto che pensai non respirasse più.
MA CHE DIAVOLO TI E' PASSATO PER LA TESTA, STUPIDO IDIOTA DI UN VAMPIRO CHE NON SEI ALTRO?!”
Ah, bhè. Se lo avessi saputo non lo avrei fatto, no?
Mi avvicinai e mi misi seduto sul letto, in fondo, nello spigolo della sua parte.
Molto probabilmente avrebbe pensato fossi uno spettro o qualcosa del genere, quindi decisi di continuare la farsa.
La vidi provare sempre più paura, e per evitare che andasse in giro ad urlare come una pazza maniaca, decisi di usare i miei poteri e bloccarla.
Sperai che la scossa non fosse così forte da farle male, ma credo non l'avesse nemmeno sentita. Troppa paura.
Sentii il suo cuore battere così velocemente che pensai potesse esploderle nel petto o uscirle dalla cassa toracica.
«T...Tu...» sussurrò flebilmente.
Forse aveva voluto dire "tu chi sei?" o "tu, perchè sei qui?" o ancora "tu, che cosa vuoi da me?" ma aveva dubbi che mi avesse riconosciuto, così optai per la prima.
«Shhhh. Non c'è nulla di cui preoccuparsi.» le risposi, ma credo che il tentativo di calmarla non fosse andato a segno per via del mio istinto.
Il vampiro mezzo rinchiuso che era in me, la parte più istintiva e letale, il vampiro, spingeva per liberarsi ed uscire.
No, non le farò del male.” continuavo a ripetere più all'aria che a me.
«Cosa... Cosa vuoi? Chi... Chi sei?» disse completamente presa dalla paura.
Ma nella sua voce notai una nota di coraggio, come se sapesse che le sarebbe successo qualcosa ma avrebbe ugualmente combattuto per difendersi.
Questa cosa stuzzicò di molto il vampiro, ed a stento riuscivo a trattenerlo ancora.
«Ve l'ho già detto. Non c'è nulla di cui preoccuparsi.»
Quella fu la ciliegina sulla torta.
Spettatore di me stesso, vidi il vampiro sorriderle, allungare i canini che premevano ed avvicinasi a lei.
Ormai svenuta, quella ragazza era completamente alla mia mercé.
Mi avvicinai di più, le presi dolcemente il collo con la mano sinistra ed avvicinai la mia bocca alla parte destra del suo candido collo.
Dovevo ammettere che aveva proprio una bella pelle.
Ed aveva anche un ottimo odore.
Non era dolce come il sangue della signorina Kiyo, ma non era per nulla cattivo.
Mi sarebbe perfino potuto piacere
Forse, potrebbe persino diventare la mia Sposa...
Fu questo pensiero a ridestarmi.
Capito in che guaio mi ero cacciato, la riadagiai a letto, le tirai le coperte fino al collo e me ne andai via da quella stanza.


Che diavolo ho fatto?” continuavo a ripetere a me stesso “Cosa diavolo stavo per fare?!
Tornai al seminterrato, mi riadagiai nella mia tomba e tentai con tutto me stesso di riprendere sonno.
Quella ragazza se ne sarebbe dovuta andare.
Domani stesso.” decisi risoluto.
Era una scelta più che ovvia e sicura per tutti.
Allora, perché?
Perché qualcosa, in me, si sentiva rattristato nel saperla andare via?
Quella notte, senza sapere la risposta, mi addormentai con una domanda che avrei ripetuto più volte nel tempo.


/*Note d'Autore*/
Già! Questa volta, niente note del testo, se avete domande: commentate!
Avevo voglia di fare un capitolo come questo, ma dato che non potevo chiamarlo "far vedere cosa succede quando gli occhi di Yuki sono chiusi", ho deciso di chiamarlo Omake, ovvero quelle storie speciali/bonus nei manga.
Direi che gli omake saranno sempre dal punto di vista di Alsh, e ne farò uno ogni due-tre capitoli normali, previo complicazioni.
Sappiate, che scrivo sempre con la musica.
Quindi, per stavolta, ringrazierò solo la meravigliosa voce di Clear (sì, quello di DRAMAtical Murder) che mi ha ispirato la complessa (?) mentalità di Alsh.
Voglio premettere anche che ciò che ho scritto su Alsh, tutto ciò che ho scritto su Alsh, è puramente inventato, tranne ciò che può chiaramente essere affermato.
Ciò è dovuto alla mancanza ed alla scarsità di notizie sul personaggio.
Ma ciò mi fermerà? Assolutamente no.
Nel prossimo capitolo, nelle note d'autore (a meno che non lo richiediate), vi farò conoscere la playlist di canzoni che mi aiutano a scrivere.
Chissà, magari aiutano anche voi xD
A presto col prossimo capitolo!

Un bacio,

Kurokage

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 - Maybe you don't want it? E' per questo che fa così male? ***


Capitolo 3 - Maybe you don't want it? E' per questo che fa così male?
 

«Mamma, sono a casa!» esclamai mentre chiudevo la porta d'entrata e mi toglievo le scarpe.
Era tardi.
Io e le mie amiche c'eravamo fermate a mangiare qualcosa a cena fuori, ed eravamo finite per andare al karaoke, tanto per alleviare un po' di stress scolastico.
Ed ecco che si erano fatte le undici di sera.

«Mamma?»
Nella casa regnava un silenzio innaturale.
«Mamma?...!» dissi incominciando a cercare mia madre in tutte le stanze della casa.
Io e mia madre abitavamo in una casa medio-grande lasciataci da mio padre quando, stanca di tutte le volte che l'aveva tradita, mia madre non aveva chiesto il divorzio.
Salii al secondo piano, dove vi erano le camere da letto.
La porta della stanza di mia madre era socchiusa, la luce spenta e gemiti provenivano dal suo interno.
Strano...” pensai “se mamma avesse avuto una relazione con qualcuno, me lo avrebbe detto.”
Curiosa di chi fosse il bellimbusto in questione, mi avvicinai alla porta, l'aprii leggermente e guardai dentro.
Sarebbe stato meglio se non lo avessi mai fatto.


Mi svegliati intontita e madida di sudore.
«Ancora quel sogno, eh?» dissi, mettendomi a sedere.
Sospirando, guardai fuori dalle gigantesche finestre.
La tempesta era passata, lasciando solo delle nuvole grigio scuro come ricordo.
«Se non mi sbrigo, tornerà a piovere, esattamente come ieri ser-» mi bloccai.
I ricordi di ciò che era successo la notte passata, arrivarono davanti i miei occhi con un impatto micidiale.
Ricordai gli occhi viola brillante dell'uomo che si avvicinava, il suo sorriso e le sue zanne.
«No...» dissi soffocando la voce e prendendomi la testa fra le mani.
«No...»
Il ricordo di mia madre, riversa sul pavimento della sua stanza, e di quella figura alta, dagli occhi rosso lucenti ed un rivolo di sangue sul lato della bocca, mi invase.
Sentivo l'odore di sangue sin dentro la gola.
Istintivamente, mi portai la mano al collo, prima da un lato e poi dall'altro.
No, nessun segno.
La mano che mi ero portata al collo, cadde sul letto come morta.
Avvolta in quella che consideravo un misto tra paura e disperazione, l'unica cosa che riuscii a dire fu una sola parola.
«Vampiro.»
La sfortuna volle, che poco dopo, fu Alsh a bussare alla mia porta.
«Signorina Katokashi? Sono Alsh, se vuole unirsi a noi, la colazione è pronta.»
Perchè sono io la colazione, vero?!” pensai isterica.
Scesi dal letto ed andai ad aprire la porta.
Da quando, ero così coraggiosa?
«Signor... Alsh?»
Lui si voltò e mi fissò con i suoi bellissimi e terrorizzanti occhi viola.
«Sì, signorina Katokashi?»
«Vorrei... Vorrei parlarle, ha un minuto?»
Sì, dovevo essere sotto shock.
Lui capì, la sua espressione già più seria.
«Ho tutto il tempo che le serve, signorina.»
Lo feci entrare nella stanza.
Magari dopo mi sarei pentita, magari mi avrebbe ucciso.
Ma lo shock era forte.
O la va, o la spacca.” pensai chiudendo la porta.


«Sì.»
Fu la prima cosa che disse.
Un sì deciso, come se sapesse già cosa avrei voluto chiedergli.
Peccato che io non lo sapevo.
«Sì... Cosa?»
«Sì, signorina Katokashi.
Io sono ciò che lei crede io sia.»
«Signor Alsh, è mattina e mi sono appena svegliata. La pregherei cortesemente di non fare intricati garbugli di parole.»
Mi guardò per un lungo momento.
Io continuavo a fissare i suoi bellissimi occhi ametista: erano lucenti, ma non come quelli della sera precedente.
Con un sospiro arrendevole, appena accennato, disse «Sì. Sono un vampiro.»
Mi sentii mancare.
Vidi Alsh gettarsi verso di me e prendermi prima che sbattessi il posteriore o la testa per terra.
«Io...»
«Si calmi, signorina Katokashi. Nessuno le farà del male.»
«Quale idiozia è mai questa?!» strillai «Voi volevate uccidermi giusto ieri sera!»
Mi guardò offeso.
«Nessuno l'avrebbe uccisa. Ha la mia parola che nessuno lo farà mai.»
Lo guardai di sbieco.
«Io... Devo tornare all'hotel.»
«Non resta per tentare la signorina Kiyo?»
«NO! C-Cioè.. C-Come ho già detto, la nostra agenzia non ci perderà nulla.»
«Molto bene.» disse lui sollevato.
Notai, però, anche una nota di leggera tristezza.
Voleva forse, nel profondo, che non me ne andassi?


Mi vestii, piegai accuratamente la camicia da notte che Kiyo mi aveva imprestato, rifeci il letto, e la adagiai su un cuscino.
Scesi poi per la colazione.
Al tavolo in cucina trovai Kiyo seduta vicino Kuroboshi, ed un posto vuoto di fianco ad Alsh.
Cercando di mettere un sorriso convincente sulle labbra, diedi il buongiorno a tutti.
«'Giorno.» disse semplicemente Kuroboshi.
«Buon giorno, signorina Katokashi.» disse educato Alsh, guardandomi con un sorriso e continuando a sorseggiare il suo the.
«Buongiorno, Yuki. Dormito bene?» mi chiese Kiyo raggiante.
Evidentemente, almeno lei, aveva passato un buona nottata.
«Sì, ho dormito molto bene. Grazie ancora per la vostra ospitalità.»
Presi un biscotto e tentai di versarmi una tazza di the, ma Alsh mi precedette.
«Mi permetta.» disse educato con un sorriso.
Io gli risposi altrettanto educata, ma con un sorriso un po' più tirato.
Finimmo la colazione e facemmo una partitella a carte in squadra.
Sembrava quasi una battuta, ma qualunque cosa facessi, Alsh era vicino, di fianco, dalla mia parte o in squadra con me.
Sembra quasi che mi stia stalkerando, dannazione!
Con calma, si fece poi ora di tornare all'hotel.
«Bene. Ora devo proprio andare.»
Un mugugno provenne da Kiyo.
«Se vuole, l'accompagn-» si stava per offrire Kiyo, quando l'improvviso ed imperiale «No!» di Alsh si frappose tra le sue parole.
Ci voltammo a guardarlo, stupite da tale fermezza.
«Ci penso io, signorina Kiyo. Se lei si dovesse far male, il signorino Kuroboshi, non me lo perdonerebbe mai.» disse con un sorriso.
Io rabbrividii all'idea che mi accompagnasse all'hotel in mezzo ai boschi, si sa mai cosa potesse farmi, ma per nascondere ciò che sapevo, non dissi nulla.
Pregai.
Pregai tanto.


«Lasci che la prenda io, la prego.» disse Alsh rivolto alla mia valigetta.
«No, davvero, non è un pro-» dissi io mentre lui me la strappava di mano e si fermava.
Mi voltai verso di lui.
«Cosa?» dissi stizzita.
«Vorrei dirle, signorina Katokashi, che in ogni caso, non mi costa nulla uccidere un umano.»
«Avete dato la vostra parola che non mi avreste fatto nulla.»
«Se voi non farete nulla che possa turbare il signorino Kuroboshi.»
Lo guardai, tentando di capire che cosa voleva con quella minaccia quasi velata.
«Ciò che sto tentando di dirvi, signorina Katokashi, è che vi sarei molto grato se non rivelaste nulla di ciò che sapete.»
«Mi state chiedendo di non dire a nessuno che siete una vampiro?»
«Esattamente, milady.» rispose lui con un sorriso.
Io continuai a camminare.
Che diavolo pensava potessi fare?!
Anche se lo avessi detto al mondo intero, l'universo mi avrebbe preso per pazza, l'universo intero!!
Con il broncio, continuai a camminare.
«Suvvia, ve la prendete per così poco?» disse Alsh facendo una risatina.
«Mi avete minacciata. Vi sembra poco?!» dissi infuriata guardandolo.
Lui mi fissò con i suoi occhi viola.
«Rispetto a me, quella minaccia è nulla.» disse avvicinandosi.
Fu più veloce di quanto potessi immaginare.


«Sarà... Sarà meglio andare, ora.» disse tornando a camminare verso il fondo.
Io rimasi immobile, ferma, con la mente che vorticava.
Lui...
Lui mi aveva baciata!!
Conscia e carica di adrenalina fin dentro le cellule gli corsi in contro, e gli presi il braccio per farlo voltare.
Mi guardò stranito, ma non gli diedi il tempo di capire.
Veloce, gli diedi uno schiaffo sulla guancia sinistra.
Io... Io non sapevo perché l'avessi fatto.
Insomma, non era la prima volta che qualcuno mi aveva baciato, ma lui...
Con lui era stato come...
...come se mi avesse rubato il mio primo bacio.
«Ahi.» disse.
«Ma... immagino di meritarmelo.» si massaggiò la guancia.
«Non è buona educazione baciare una lady senza il suo permesso.»
«Non.. Non... NON E' QUESTO IL PUNTO!» gli dissi rossa d'imbarazzo.
«Sì, avete ragione. Dev'essere orribile essere baciata da un mostro come il sottoscritto. Vi pregherei di perdonarmi.»
Io, in realtà... non sapevo cosa dire.
La verità era che... non mi era dispiaciuto per niente.
Non mi era dispiaciuto quando mi aveva baciato con quelle labbra tiepide.
Non mi era dispiaciuto sentire la stretta forte delle sue mani sulle mie braccia.
Non mi era dispiaciuto sentirlo così vicino a me.
La vera verità, era che... non mi era dispiaciuto per niente essere baciata da lui.
Conscia di tutto questo, mi voltai e continuai a camminare senza dargli una risposta.
Come avrei potuto dargli una risposta?
Ti ho preso a schiaffi perchè, a quanto pare, mi è piaciuto il tuo bacio?
Imbarazzante e controsenso.” pensai.


Ormai, era possibile scorgere la strada.
Un paio di metri, e ci saremmo dovuti separare.
In quel momento ero divisa fra paura e tristezza.
Volevo allontanarmi da quegli esseri il più presto possibile.
Ma, non volevo lasciarlo solo.
Mi voltai un'ultima volta.
«Sig... Alsh, Kiyo sa, vero?»
Arrivammo al limitare, il taxi aspettava.
Stupito dal tono informale, mi rispose con un sorriso.
«Sì, la signorina Kiyo sa.»
Mi voltai, ma lui prese la mia mano e ne baciò il palmo.
«Vorrei dirle "arrivederci", signorina Katokashi, ma... mi adeguerò ad un addio.
Addio, Yuki.»
Disse spingendomi verso il taxi.
Mi voltai per vederlo un'ultima volta, e restituirgli l'addio.
Solo alberi.
Alsh, se n'era andato.


/*Note d'Autore*/
Holala!
L'ultima parte mi ha veramente spezzato il cuoricino.
Ho avuto un po' di problemi a scrivere questo capitolo, insomma, ammettilo Kuro, non sapevo come diavolo far reagire Yuki.
Quindi, mi sono arrovellata il cervellino mentre mettevo la spesa in frigo, e sono giunta alla conclusione che ciò che ho scritto andasse bene.
Ed ora, come promesso(?) nelle note del precedente capitolo, vi lascio il link alla playlist.
Premetto che è la mia musica. Se non piace, affari vostri, io continua ad ascoltarla lo stesso.
Se piace... più amici di prima xD
Ah, premettono che mancano anche le OST.
In genere ascolto un numero spropositato di canzoni che mi aiutano al momento, ma queste sono quelle che ascolto di più.
Hope you like it ;)

Un bacio,

Kurokage

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 - Something I couldn't see: Ci sono cose che non posso dirti. ***


Capitolo 4 - Something I couldn't see: Ci sono cose che non posso dirti.
 

Salii sul taxi e tornai all'hotel.
Una volta arrivata corsi alla mia stanza, presi la valigia con cui ero partita e la riempii in fretta e furia con la mia roba.
« Devo... devo seriamente andarmene da questo luogo. Io... No. Mai più. »
Un po' mi intristiva. Non avrei più potuto rivedere Alsh, ma non aveva importanza. Lui...
Lui è un vampiro. Un vampiro, DANNAZIONE!
Chiusi la valigia con uno sbuffo e mi ci sedetti sopra.
Volevo davvero tornare a casa?
Senza darmi una risposta, scesi alla reception e chiesi il conto della stanza.
Il receptionist mi chiamò un taxi che arrivò quasi subito.
Caricai i bagagli e mi feci portare verso la stazione.


Seduta sul sedile della metro, controllai il telefono.
Due chiamate dal capo.
Una quarantina di messaggi da Yuriko.
Telefonai a quest'ultima.
« Cosa diavolo pensavi di fare, eh?! Mi sono preoccupata a morte! Non hai risposto ad uno solo dei miei messaggi! Mi spieghi cosa stavi facendo?! Kuro sta impazzendo per la tua assenza... »
Allontanai il telefono dall'orecchio, evitandomi così la lunga ramanzina che mi stava facendo.
Lo riavvicinai dopo poco.
« Finito ora? »
« Umhf. Tanto non mi stavi ascoltando. Quindi? Com'è andata? »
« Io... ne possiamo riparlare quando arrivo? »
« Tesoro, tutto bene? » mi chiese, seriamente preoccupata.
« Ne riparliamo, neh? Ora... Ora devo andare, ho il capo sull'altra linea. Ciao. »
« Yuki...! » chiusi la chiamata bruscamente.
Ero stata cattiva, ma non volevo ricordare Alsh.
... Ecco. Cos'è che non volevi fare, Yuki?” pensai sbuffando.
Le fermate passarono veloci, ma per me era come se passassero lentamente.
Molto, molto lentamente.
Così lentamente che avevo tutto il tempo per ripensare ad Alsh.
Perchè mi aveva baciato?
Insomma, aveva dimostrato apertamente di provare tutto l'opposto della simpatia che invece aveva mostrato Kiyo.
-:- Fermata di Nagano: Arrivo. Fermata di Nagano: Arrivo -:-
La voce metallica mi annunciò che il miei pensieri e le mie rogne erano giunti al termine.
O almeno, per quanto riguardava la metropolitana.
Telefonai a Yuriko.
« Yuri.. »
« Sono già qui, tesoro. » mi disse una voce proveniente sia dal telefono che da dietro di me.
Mi voltai sorpresa.
« Yuriko... mi hai spaventata! » le dissi chiudendo la telefonata e facendole un mezzo sorriso.
« Non fingere, cara. Forza, dammi il bagaglio, dirigiamoci verso l'auto e piangi a dirotto. »
Perchè mi capiva sempre così bene?



«MA E' UN GRANDISSIMO PEZZO DI-» «SHHH!!!! Yuriko siamo in un luogo pubblico!!»
Difatti, tutti (ma proprio tutti) si erano voltati a guardarci.
Il thè di prima mattina era la seconda cosa più buona dell'universo.
La prima era il latte.
Erano passati due giorni dal mio ritorno, ed al lavoro mi avevano tutti abbracciato e pianto come se fossi appena tornata dal fronte.
Quindi, questo era effettivamente il terzo giorno di casa.
Appena tornata, Yuriko aveva passato tutta la giornata con me, a consolarmi per quello che mi era successo.
Non le avevo rivelato la vera natura di Alsh e di Kuroboshi, e per questo si era e mi aveva chiesto più volte perchè fossi scossa.
L'unica cosa che era riuscita a fare era piangere.
Forse perchè aveva sfidato la sorte.
Forse perchè avevo sfidato la morte.
Forse aveva ragione chiunque avesse fatto la dannata teoria del coraggio del topo.
Fatto sta' che ora stavamo tranquillamente facendo colazione del solito bar, alla solita ora, del solito monotono giorno.
Effettivamente, mi ero scoperta ad amare questa monotonia.
Ma chi non l'amerebbe, dopo aver passato quello che mi era toccato?
«Terra chiama Yuki, Yuki rispondi.
Terra chiama Yuki, Yuki rispondi.
Terra chiam-»
«Houston, abbiamo un problema.»
«Eh?»
Io risi.
Ero ancora abbastanza scossa ma ora potevo riderci sopra, non con leggerezza, ma era sempre meglio di niente, no?
«Che abbiamo da fare, oggi?»
«Pratiche, pratiche, pratiche e... »
«Pratiche?»
«Mi hai tolto le parole di bocca, cara.» disse Yuriko ridendo.
Ci alzammo, pagammo e ci dirigemmo a lavoro.


Era tarda sera, quando vidi uscire Yuriko con una faccia pallida da fantasma.
«Hei...» dissi avvicinandomi a lei «Hai visto un fantasma o sei posseduta tutto d'un botto?» le sorrisi divertita.
Lo sguardo vuoto che mi fece di rimando mi spaventò a morte.
«Yu...Yuriko?»
«Vodka.»
«Yu..riko?»
«Whisky.»
«Yuriko?»
«ORA!»
Infumanata, mi trascinò nel primo locale che trovammo.
«Le sign-» «Whisky. Doppio.» «Ce-certo.» «Per me un analcolico.» «Subito.»
il fatto che Yuriko aveva un caratteraccio quando riceveva brutte notizie, non era mai stata una bella cosa.
Il barista era pure carino...
Sbuffai.
«Quindi? Cos'è successo?»
«Com'è che definisci il capo, tu?»
«Umh... "tutto muscoli e niente cervello"?»
«Ebbene! Rivedi la tua affermazione, Yuki!»
La guardai incuriosita.
«E' un' emerita testa di-umhf!» per fortuna le tappai la bocca in tempo.


Dopo il quinto bicchiere, riprovai.
«Yuriko, vuoi dirmi che è successo?»
Lei scoppiò a piangere.
«NO! NON E' GIUSTO! PERCHE' SEMPRE IO? MA DICO!» le porsi un fazzoletto e lei si soffiò il naso «Giusto perchè TU NON CI RIESCI, NON significa che devo farlo IO!»
Continuavo a non capire.
«Yuriko...?»
«LUI! LUI!!! UN ALTRO!» sbraitò contro il cameriere.
«Le dia qualcosa di analcolico, per favore.» bisbigliai al cameriere che, conscio della situazione, annuì.
Abbracciai Yuriko.
«Dimmi.»
Lei ricominciò a piangere ma, in mezzo ai singhiozzi, biascicava qualche parola.
«Lui... è cattivo... questo... perchè io... buona!»
Le presi il volto fra le mani. «Yuriko, concentrati. Datti una sistemata e torna la donna che sei. Non puoi abbandonarti così. Tu vali più di un bicchiere di Whisky.»
Mezza ubriaca, mi guardò come se fossi la sua salvatrice personale.
«Hai... HAI RAGIONE!»
«Bene. Ora mi vuoi dire che ti è successo?»
Mi guardò seria, come se l'alcool fosse completamente svanito dal suo corpo.
«Yuki... so che può farti andare in escandescenza, che può farti stare male ed altro, ma io ho bisogno di sapere.»
La guardai con cautela, assorbendo ogni parola che mi diceva.
«Sapere... cosa?»
Lei fece un respiro profondo, dall'odore di alcool.
«Sapere che cos'è successo dai Katsuragi.»
«Io non cre-»
«Yuki! Devo sapere.»
«Perchè?»
Lei non rispose, ed io feci morire l'argomento li.


Era quasi passata una settimana, ormai, ed io e Yuriko ancora non ci parlavamo.
Non avevo paura di raccontarle cos'era successo.
Avevo paura di dire troppo.
Quel troppo che le sarebbe costata la vita.
Durante la pausa pranzo, mi fermai a mangiare un boccone al bar davanti l'agenzia, intravedendo dai vetri Yuriko ed il capo che parlavano animatamente.
Il capo annuì un paio di volte, disse qualcosa, poggiò la mano sulla spalla di Yuriko e la lasciò andare tornando al suo lavoro.
Notai con la coda nell'occhio che lei si avvicinava al bar.
A me.
Entrò, ordinò qualcosa e si mise davanti a me.
«Dobbiamo parlare.»
Silenzio.
«... Senti, Yuki, so di averti ferito, ma c'è una spiegazione molto più che logica, dietro la mia domanda.»
«E sarebbe?»
«Il capo... ecco, lui... mi ha passato l'incarico.»
La guardai sbalordita.
«Che? Sei diventata presidente?»
«No, sciocchina!» disse lei con un sorriso dolce che si rabbuiò subito.
«Lui... mi ha passato il tuo incarico.»
Sentii il boccone fermarsi in gola.
«Lui... cosa?»
«Sì, Yuki, mi ha passato il tuo incarico.»
La guardai ancora più incredula.
«Ritenendoti non più idonea psicologicamente, ha deciso di mandare me. Ecco perchè mi servono le informazioni, Yuki.»
Mi ricomposi e la guardai fissa negli occhi, seria.
«Se vuoi sapere. Allora ci vorrà molto... tempo.»
«Ho chiesto al capo il pomeriggio libero. Ad entrambe.» mi disse con un sorriso da gatto.
Io feci un mezzo sorrisino.
«Vieni, andiamo a casa mia. Ti racconterò... quello che so.»
No, Yuki. Le racconterai ciò che puoi raccontarle.


Era sera inoltrata, ormai.
Yuriko mi fissava sbalordita.
Avevo evitato tutto ciò che potesse anche solo far spuntare un'idea su quello che era veramente Alsh.
«Wow. Quindi... è questo ciò che ti è capitato?»
«Sì.»
«Quindi, mi stai dicendo che questo Alsh è un gnoccone-one?»
Imbarazzata le risposi con un mezzo cenno.
«Sì o no?» fece lei sbrigativa «Come vuoi definirlo.» le risposi.
«... Sei innamorata.» sbottò lei.
«Che?!Cosa?!NO!!»
«Sì, sei cotta. Sennò non mi avresti mai sorriso.»
«Yuriko... Yuriko, t-tu sei... pazza!»
«Non preoccuparti, mia cara. Io ho già il capo.»
Si alzò, andò a pagare e tornò a casa.
Io ero rimasta impietrita dallo shock.
Come diamine può piacermi un... un... UN VAMPIRO, PER ODINO!”
Mi alzai, tornai all'auto ed andai a casa.
Lungo la strada, però, mi venne una seria domanda.
Accostai, presi il cellulare e chiamai Yuriko.
«... Pronto, Yuki?»
«Yu-Yuriko, ciao!»
«Oddei, ho dimenticato qualcosa, per caso?»
«No, io... senti, quando parti?»
«...»
Silenzio.
Silenzio, ed ancora silenzio.
«Yuriko?»
«...»
«Yuriko, sei in-»
«Domani.» e chiuse la conversazione.
Feci un dietrofront e mi precipitai a casa di Yuriko.
Dopo cinque minuti, scesi dall'auto, andai alla porta e suonai incessantemente il campanello.
«Ma chi cav... Yuki.»
«Che cosa vuol dire "domani"?! Quando avevi intenzione di dirmelo, fra tre settimane?!»
«Yuki, è solo un viaggio di lavoro, perchè sei così preoccupata?»
«Tu.. tu...! Tu non sai niente.» le dissi con disperazione.
«Yuki, mi stai facendo preoccupare. Che cosa c'è?»
Le mi si le mani sulle spalle e la fissai negli occhi, seria.
«Stai lontano da Alsh.»
Lei fece un mezzo sorriso «Vedi? Lo sapevo che ti piac-» «Yuriko! Dico sul serio!»
Lei mi guardò seria e preoccupata.
«Alsh è pericoloso. Stagli alla larga. Lo dico per te, Yuriko.»
Poi tornai in macchina, accesi e partii, lasciandola sulla soglia di casa in vestaglia e completamente shoccata.
Domani... Spero non le succeda nulla di male...”



/*Note d'Autore*/
Holala!
Questo capitolo mi è parso un po' turbolento, ma spero sia piaciuto.
Non volendo cancellare il capitolo che avevo già scritto, ho cercato di adattarlo il più possibile.
Yuki è sinceramente preoccupata per Yuriko, e nel prossimo capitolo scopriremo come andrà l'incontro fra Alsh e Yuriko.
Stay tuned!
Un bacio,

Kurokage

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Capitolo 6
*** Capitolo 4.5 - Be the Light (Omake) ***


C4
Capitolo 4.5 - Be the Light
OMAKE (ALSH'S POINT OF VIEW)

Tranquillo.”
Calmo.”
Respira.”
Era ciò che continuavo a ripetermi a più non posso per non pensare a ciò che avevo appena fatto.
Io...
Io avevo sempre odiato gli umani.
Perchè, eccezion fatta per la signorina Kiyo, non riuscivo ad odiarla?
C'era qualcosa che mi legava a lei, qualcosa di forte che per poco, quella notte, non aveva rischiato di ucciderla.
Perchè la volevo così insistentemente?
«Ciò che è fatto, è fatto. Ora non si torna più indietro, Alsh.»
Baciarla... era stato l'errore più fatale di tutta la mia esistenza.
Una persona diventa la sposa di un vampiro quando ella bacia il vampiro spontaneamente.
Ora ero veramente nei guai.
Anche se, c'era di dire, ero io quella che l'aveva baciata.
Ma lei non aveva negato o rifiutato.
Non aveva neanche risposto, però.
Mi appoggiai ad un albero, ormai vicino casa.
Aveva persino avuto il coraggio di darmi uno schiaffo.
Feci una risatina.
Era una donna in gamba.
«Aaaaaaalsh!!! Aaaaaalsh!!!»
Kiyo mi chiamava.
Mi ripresi, misi il consueto sorriso sulle labbra e finii la giornata come se tutto ciò non fosse successo.



Un lago di sangue si stendeva sotto i miei piedi.

Era impossibile che una sola persona potesse perdere tutto quel sangue.
Eppure c'era solo lei.
Distesa su un letto di fiori bianchi macchiati dal rosso sangue, emanava una leggera aura bianca come ad indicare il fatto che lei fosse 'speciale'.
Ero distante.
Non riuscivo a capire se respirava o meno.
Incominciai a correre, preoccupato per lei.
Per quanto continuassi con tutte le mie energie, non riuscivo a raggiungerla.
Improvvisamente stanco, mi accorsi di una cosa stranissima.
Perdevo sangue.
Avevo due grandi ferite sui polsi che non accennavano a richiudersi, ignorando completamente la mia abilità rigenerativa sovrumana.
Stupito, mi ritrovai di nuovo a correre, questa volta raggiungendola.
Lei, adagiata su questo letto di fiori bianchi e rossi, era splendida.
I capelli intorno al viso come a farne una corona, il volto pacifico come nel più bello dei sogni, e gli occhi chiusi.
Non stava respirando.
Nel panico, mi guardai in giro e optai per l'unica cosa che potesse salvarle la vita.
Avvicinai il polso ferito alla mia bocca e presi un po' di sangue, poi mi avvicinai a lei e, con movimenti delicati, posai le mie labbra...
«Hai intenzione di svegliarti, o devo chiamare la cavalleria?»
«No, Signorino. Sono sveglio.»
Aprii gli occhi, e realizzai che era stato solo un sogno.
«Allora muoviti, Alsh. Dobbiamo andare a scuola.»
«Sì, Signorino.»
Era ormai passata una settimana da quando Yuki se ne era andata.
Era un sacco di tempo, ma il suo odore era ancora forte nella camera dove aveva dormito.
Forse sei tu, Alsh, non trovi?” mi dissi per convincermi.
Una nuova giornata era alle porte, ed era meglio cominciarla nel modo migliore.
Un urlo provenne dal piano terra.
Il Signorino ed io schizzammo verso Kiyo, preoccupati per lei.
«Signorina Kiyo, sta bene?!»
«Cielo, mi sono dimenticata che oggi deve tornare quella dell'agenzia.»
Mentre il Signorino Kuroboshi la squadrava male, io ebbi un tuffo al cuore.
Posso... rivederla?”
Era alquanto improbabile, dato che era schizzata via come un fulmine, ma non potevo far altro che sperare.
Anche se mi opponevo con tutte le mie forze, il mio cuore continuava comunque a sperare.
«Quindi, Signorina Kiyo, come si fa?» risposi calmo.
«Credo che starò a casa.
Anzi, no.
Perchè non rimani tu, Alsh? Infondo, le devi semplicemente mostrare ciò che ho mostrato io.»
Un tuffo al cuore ancora più profondo.
Forse l'avrei rivista sul serio.
«Ma certo, milady.»



Tic.. Toc.. Tic.. Toc.. Tic.. Toc...

L'orologio a pendolo della sala, scandiva i secondi nella stanza fredda e vuota.
Dovunque guardassi, tutto era morto.
A partire da me.
Non aspettavo altro che quel tocco di vita che sarebbe arrivato tra poco.
Un leggero bussare alla porta, mi fece capire che era arrivata.
L'ora della verità.
Mi avvicinai alla porta, senza aprirla.
Cosa avrei fatto, se era veramente lei?
Cosa le avrei detto?
Come avrei potuto scusarmi?
Misi la mano sulla manopola.
Cosa avrebbe pensato di me?
Mi avrebbe accettato?
Mi avrebbe odiato?
Umiliato?
Ferito?
Girai la manopola ed aprii la porta.
«Buon giorno!»
Disse una donna giovane, alta, dai movimenti aggraziati e dai capelli rossi.
«Mi chiamo Yuriko Hishiryuku. Sono della Kobaya Realest Agency.
La signorina Kiyo è in casa?» mi chiese quella donna, Yuriko, curiosa.
Non... non è lei.”
Qualcosa dentro di me, sospirò rallegrato.
Qualcos'altro, si frantumò in microscopici pezzettini.
«Mi dispiace,» le dissi sorridendo «la signorina Kiyo, al momento, non è in casa. Mi ha lasciato, però, precise istruzioni.
Prego, si accomodi.»
Non è lei.”
«Possiamo iniziare con le pratiche di spiegazione, se ciò non rappresenta un problema?»
Non è lei.”
«No, si figuri. Non vuole fare un giro della casa?»
«Se non è un problema, lo eviterei. La mia collega, Yuki, mi ha illustrato punto per punto gli spazi di questa casa.»
... collega Yuki...
Si conoscono. Ma non è lei.”
«La sua collega sta bene?»
Prima che potessi accorgermene, la mia bocca aveva già sentenziato la mia pena di morte.
Lei mi fissò, visibilmente imbarazzata.
«Sì, signor Alsh. Yuki sta bene, anche se è ancora un po' scossa.»
Allora, alla fine, l'ha detto a qualcuno.”
Agendo come un automa, mi alzai e mi avvicinai alla donna.
Lei mi guardò perplessa, le azioni ritardate.
Il cervello umano capisce sempre troppo tardi.



«Aaaaaaalsh!! Siamo tornaaaaatiiii!!»

Bene. Almeno la signorina Kiyo era raggiante.
«Alsh, cos'hai fatto da pran-OHMIODIO! ALSH CHE COS'HAI FATTO?!»
Tutto ciò che era necessario.”
Kiyo corse da Yuriko, svenuta e distesa sul divano.
«Alsh.» mi disse Kuroboshi.
«Sapeva. Non potevo rischiare che lo dicesse in giro.»
«Tu...!!» mi guardò colpevole Kiyo.
«Non è morta, Signorina Kiyo. E' solo svenuta per una grave perdita di sangue.»
«Grave perdita di sangue? GRAVE PERDITA DI SANGUE?! Alsh, L'HAI MORSA!!»
«Come le ho già detto, signorina Kiyo, la signorina Yuriko non è morta.»
«Alsh...» si intromise il signorino Kuroboshi.
«NON E' MORTA!» dissi perdendo contegno ed alzandomi.
Camminai verso la porta d'ingresso e la chiusi sbattendola.
Mi ritrovai a scendere la montagna avvolto dall'ira, la realtà storpiata dal rosso della vendetta.
«Vendetta? E per cosa? Perchè si è spaventata e non è più voluta tornare?»
Mi rannicchiai improvvisamente, crampi mi assalivano lo stomaco.
Eccoci.
Di nuovo.
Da quel bacio, avevo più volte tentato di bere sangue, con lo stessa risultato.
Rigetto.
Il mio corpo continuava a rigettare il sangue di altri, perchè ormai legato a quello della signorina Yuki.
Ed ora?” chiesi a me stesso, avvolto dagli spasmi che mi costringevano a rigettare il sangue della signorina Yuriko.
Ed ora?”
Placati gli spasmi, mi ritrovai per terra, col volto stranamente rigato di lacrime.
Perchè? Io non ho chiesto niente, quindi perchè?”
Col vuoto nel petto, freddo e monotono, chiusi gli occhi vedendo lei sorridere.
Sorrisi a mia volta, sapendo perfettamente che lei non era qui.


Be the Light.




/*Note d'Autore*/
Ha... *sniff sniff* loa.
Questo capitolo mi ha fatto piangere fino alla fine.
Anzi, ho pianto più alla fine che in mezzo.
Il titolo del capitolo e l'ultima frase del testo sono il titolo della canzone Be the light dei One Ok Rock.
Se avete visto il film di Capitan Harlock (io sì) forse la conoscerete.
Ho ascoltato quella canzone per tutta la stesura del capitolo, e vi consiglio di fare altrettanto.
O almeno l'ultima parte.
*prede fazzoletto e soffia il naso*
Tornando al capitolo in sè, forse ho affrettato un po' le cose, ma in fondo, questa storia non ha vita breve (ancora un paio di capitoli, più o meno), ma mi sembra comunque un buon contenuto.
Tendo a fare le cose sdolcinate, ma spero che non vi sia arrivata tutta questa sdolcinatezza dal lato di Alsh.
E' pur sempre un vampiro.
MA! C'è una cosa che dovrebbe essere chiara come il sole:
Alsh è cotto perso di Yuki! (Ma va?)
Un bacio,
Kurokage

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Capitolo 7
*** Capitolo 5 - Once I was weak: Ora devo solo trovare la Forza ***


Once I was weak_Ora devo solo trovare la Forza
Capitolo 5 - Once I was weak: Ora devo solo trovare la Forza.

Tic... Toc... Tic... Toc...
Il tempo  scorreva inesorabile ed il telefono non suonava.
Era la quinta volta che chiamavo Yuriko, ed ancora non mi aveva ne risposto, ne richiamato.
Non era da lei.
“Magari... magari è semplicemente impegnata...” dissi a me stessa per calmarmi.
Col cavolo.
Alsh le doveva aver fatto qualcosa.
Alsh le aveva fatto qualcosa.
Fissai Kuro.
«Nee, cosa dovrei fare secondo te?» gli chiesi preoccupata, ricevendo un "mau" come risposta.
«Molto istruttivo, davvero.» gli risposi guardandolo male.
Mi presi un giorno di malattia per riflettere.
Probabilmente non era stata una grande idea dal punto di vista di Yuriko, ma per me era stata geniale.
Quella giornata, la passai sotto le coperte, fregandomene altamente delle chiamate del capo o dei messaggi dei colleghi.
Devo pensare.
Cosa sarebbe stato meglio: andare là con  croci ed acqua santa o un bel paletto di legno?
“Probabilmente nessuno dei due.” rispose una vocina molto simpatica.
Mi rigirai più volte nelle lenzuola.
Forse dovevo andare là di petto e riprendermi la mia amica.
Ma avevo seriamente paura.
Una reale e nera paura.
Mi affagottai nelle coperte, coprendomi totalmente.
«Cosa? Cosa devo fare...?!» dissi, sclerando contro il cielo.



«Yuki, va bene che sono buono e tutto il resto, ma vedi di concentrarti, d'accordo? Sei al lavoro, la-vo-ro, chiaro?»
«Ah? S-Sì, capo.»
Di nuovo. Lo avevo fatto di nuovo.
Erano passati due giorni e di Yuriko ancora nulla.
Mi stancai e andai dritta alla fonte, prendendo tutto il coraggio - praticamente inesistente - che avevo.
Bussai e Akihito mi permise di entrare.
«Capo, avrei una cosa da chiederle.»
«Tanto lo farai anche se te lo impedissi, vero?» mi disse con un sorrisino.
Prendendomi in contropiede, sorrisi di rimando. Sapevo che, comunque, era la verità.
«Vorrei-» «"Andare a vedere come sta Yuriko, dato che è un po' di tempo che non viene al lavoro e sono preoccupata per lei", vero?»
Io rimasi a bocca aperta. Aveva fatto tutto da solo.
Forse, ma solo forse, il mio capo non era così idiota come lo immaginavo.
«E' rischioso. Per i miei superiori, c'è già Yuriko, e quindi non posso organizzarti un viaggio a nome della compagnia.
Ma posso darti un permesso.» mi disse, iniziando a firmare alcune carte.
Me ne porse una.
«Tieni e torna a casa. Penserò io a prenotarti l'albergo a tuo nome...»
«Capo, non credo di riuscire a permett-» «...A mie spese.» mi interruppe sorridendomi.
Quasi mi misi a piangere.
Piegai la testa.
«Grazie. Capo.»
«Non farmene pentire. Tanto non me ne pentirò.» disse congedandomi con una risata.
Chiusi la porta del suo ufficio e guadai il foglio.
Una settimana di permesso mia e di Yuriko.
Vero, il capo non mi andava a genio, ma sapevo che era una brava persona.
Mi rimisi a sedere nella mia postazione e finii il lavoro che avevo cominciato.

Poche ore dopo mi ritrovai a casa, spaparanzata come una mucca sul mio futon.
Fissavo Kuro che si divertiva con un pezzetto di filo trovato in giro.
Ci si fiondava, si rigirava, si capovolgeva, lo calciava e partiva all'attacco tutto da solo.
Quando lo sentii sbuffare, risi.
Mi stavo solo distraendo.
Avevo ottenuto ciò che volevo, ma per farlo aveva usato tutto il coraggio di cui ero dotata.
Non ne era rimasta nemmeno una briciola.
Mi alzai, e andai a prepararmi una ciotola di noodles.
Pronti, mi sedetti al tavolo e cominciai a mangiare.
I noodles erano completamente insapore.
O almeno, lo avrebbero avuto se solo non stessi incessantemente pensando ad un modo per andare a riprendermi la mia migliore amica e scamparla dalle grinfie di Alsh.

Non mi accorsi nemmeno quando finii la ciotola.
Come un'automa andai in bagno a farmi una doccia, mi cambiai, e mi ficcai dritta dritta a letto.
Il futon era caldo e morbido.
Per me che ero stanca morta e stressata, una vera e propria benedizione.
Chiusi gli occhi e mi addormentai di botto.



Quella mattina mia svegliai con due terrificanti occhiaie.
Non avevo per nulla dormito, e quando dormivo avevo incubi a manetta.
Ogni singola volta che chiudevo le palpebre, vedevo il ghigno di Alsh alzarsi dal collo di Yuriko, sporco di sangue.
Dannazione, non solo paura,  ora mi rovinava anche il sonno, perdinci!
Presi la prima valigia che mi capitò sottomano e incominciai a riempirla.
Ero determinata a finirla una volta per tutte.
Ora andavo a riprendermi la mia amica.
Il cellulare trillò, facendomi prendere paura e perdere tutta la concentrazione con cui ero partita.
«Pronto?»
«Yuki? Buongiorno, sono Akihito.»
«Capo! Buongiorno a lei. Mi dica.»
«Volevo confermarti la prenotazione. L'hotel è il solito, la prenotazione è  nome tuo ed il soggiorno è per cinque notti.»
«Ci-Cinque notti?! Ma sono tante!»
«Non ha importanza. E... Yuki?»
«Sì, capo?»
«Muoviti. Sono fuori casa tua.»  e chiuse la chiamata.
«Co...COOOSA?!» urlai di botto.
Finii la valigia in fretta e furia, sistemai Kuro per cinque giorni con mangiare ed acqua, e mi precipitai  fuori dalla porta.
«Capo, cosa diavolo ci fa qui?!»
«Muoviti, o mi farai fare tardi al lavoro!»
Salii in auto e mi portò alla stazione della metropolitana.
«Bene,» disse dopo avermi portato la valigia per tutto il percorso «Buon viaggio, Yuki.»
«Grazie, capo.»
«Devi finirla di chiamarmi "capo" fuori dall'ambiente di lavoro.» mi rispose guardandomi male.
Io presi la mia valigia, gli sorrisi, e mi incamminai.
«Yuki...?» disse lui fermandomi.
«Sì..?»
«Porta Yuriko a casa.» mi disse dolce, voltandosi ed andandosene al lavoro.
Sbaglio o... c'era della preoccupazione nelle sue parole?
Bah, probabilmente me lo ero immaginato perché io stessa ero preoccupata.

La voce metallica reclamò la mia attenzione e salii nel vagone.
Mi sedetti e aspettai.
Non sentii nemmeno il numero delle fermate dal gran che ero concentrata su come riprendermi Yuriko, che quasi persi la mia.
Scesi, chiamai un taxi e mi diressi in albergo dove feci il check-in.
Non pranzai nemmeno.
Mi sedetti sul letto e ragionai.
Dovevo forse aspettare domani?
Dovevo andare subito?
Aspettare oggi?
Nonostante la mia iniziativa di digiuno, la mia pancia brontolò e mi beai del servizio in camera.
Mangiai di nuovo un pasto senza gusto, tanto per nutrirmi, e si fecero le tre di pomeriggio.
Mi rigirai nel letto fino alle tre e mezza, quando chiamai la reception.
Misi dei vestiti comodi e salii sul taxi che avevo fatto chiamare.
Mi portò esattamente dove volevo.
«N-Ne è sicura, signorina?» mi chiese l'autista titubante.
«Sì. Molto più che sicura.» gli  risposi io, ferma.
Aprii la porta e scesi, chiudendola dietro di me.
Il taxi se ne andò, lasciandomi sola davanti quella montagnetta da cui ero scesa quasi due settimane prima in fretta e furia.
Feci un paio di respiri e mi incamminai.
Fallo per Yuriko.



All'incirca dieci minuti dopo, mi ritrovai ferma a metà sulla montagnetta.
La casa di Kiyo ancora non si vedeva, ma fidandomi del mio istinto sapevo che c'ero quasi.
Mi asciugai il sudore dalla fronte e continuai a camminare decisa.
Dopo un po' di tempo, scorsi  la casa che cercavo: in rovina, col cancello abbattuto, e con l'orto come parte più curata.
Mi fermai al cancello, titubante ed impaurita.
Forza Yuki, forza! Ce la puoi fare!  Credi in te!
Feci un passo e presi coraggio.
Mi avvicinai sempre più a quella porta da cui ero uscita pensando di non tornarci.
Mai più.
Ed ora, eccomi qui, davanti lo stipite, davanti quella porta che pensavo si rompesse con un soffio.
Non aveva coraggio.
Non sapevo nemmeno come diavolo c'ero arrivata lì.
Era stato tutto un colpo, un botta e risposta non calcolato.
Balle, erano due giorni che ci pensavo.
Avevo paura, e per quanto mi fosse difficile ammetterlo, quella era la verità.

Alzai una mano rimanendo così, immobile, col pugno, pronta a bussare.
Non avevo la forza di farlo.
“Cos'è? Tutta d'un tratto sei una perdente scansafatiche? La tua amica non vale più niente? Hai fatto tutta questa strada per nulla?”
NO!
“E allora? Cosa facciamo?”
La risposta venne più naturale del previsto.
“Riportala a casa, Yuki.” le parole del capo sorsero spontanee dai miei ricordi, e mi diedero forza.
Bussai, ed aspettai.
Calma.
Impaziente.
Senza paura.
Tremante dal terrore.
La porta scricchiolò e si aprì leggermente.
Mandai giù la saliva, mentre aspettavo di trovami qualcuno davanti.
Pregai.
Pregai tanto che fosse Kiyo ad aprirmi la porta.
Che fosse Kuroboshi, che fosse anche il cane!
Alzai la testa che avevo involontariamente piegato, e spostai la visuale dal terreno al volto che avevo davanti.
Mi fissavano.
Mi scrutavano sorpresi.
No, non solo sorpresi.
Anche impauriti, felici, spaventati, feriti, tristi e gioiosi.
Mi stavano fissando.
Due occhi viola mi stavano fissando.

/*Note d'Autore*/
*mettere profondo rosso in sottofondo*
Beh, che dire? Oh, innanzitutto, essendo il primo capitolo dell'anno, spero che abbiate passato tutti un felice Natale.
Mi sono accorta solo ora che ho aggiornato la storia col capitolo precedente il giorno stesso di Natale e vi ho fatto gli auguri solo ora.
TTATT potete venire a fucilarmi, se volete, ma è a vostre spese, perché dopo non scrivo più xD
Aaaad ogni modo, ribadendo che è il primo capitolo dell'anno, voglio augurare a tutti voi, miei cari lettori , un bellissimo e fortunato 2015, come spero possa essere il mio.
Tornando al capitolo, beh, ho cercato di mettere un po' di suspense e di lasciare la resa dei conti al capitolo 6, già progettato nella mia mente.
Ne avremo ancora per un po' comunque, non finirà tutto lì.
Ultimamente mi frullano per il cervello un casino di altre storie ma, nonostante sia dura, le accantono per finire questa.
E' complicato farne una, figuriamoci tre in contemporanea per una novellina come me! Non voglio mica finire come quei/quelle mangaka che mollano i progetti. Mi fanno sempre soffrire quei dannati!
Ma per tornare a noi... anche se non fregherà molto, voglio dedicare questo capitolo ad un mio amico il cui nickname è Patata West.
A parte il tuo regalo di Natale (il mio primo yaoi cartaceo), mi hai dato lo sprint per fare ancora meglio! Ti sono debitrice!
E grazie anche a chi legge la mia storia! Senza di voi non sarei andata molto lontano!
Un bacio,
ღ  Kurokage 

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Capitolo 8
*** Capitolo 6 - Se incontro il destino, ci faccio quattro chiacchere: There's something bigger than us ***


Capitolo 6 - TITOLO
Capitolo 6 - Se incontro il destino, ci faccio quattro chiacchere: There's something bigger than us

«P-Prego. E-Entri pure.» disse la voce tremolante di Alsh mentre mi apriva la porta.
Entrai senza se e senza ma, dritta verso il mio scopo.
Trovai  Kiyo di spalle.
Mi fermai dietro di lei  e la chiamai.
«Signorina Kiyo...? Sono qui per...» la frase mi morii in bocca quando vidi il viso di quella ragazzina grondante di lacrime.
«...spiace. Mi... di... piace.... MIDISPIACEEEE!!!» mi disse piangente, gettandosi su di me.
Non capivo il senso di quelle lacrime, come se fosse morto qualcuno.
Un pensiero mi attraversò la testa, ed il mio sguardo torvo e preoccupato si scontrò con quello di Alsh, che divenne prima sorpreso e poi un tentativo fallito di rassicurazione.
«No. Non è come crede, signorina Yu-Katokashi.»
Io lo fulminai comunque.
Porsi un fazzoletto a Kiyo, anche se la mia camicetta era ormai completamente inutilizzabile.
«Io... io non volevo... è... è successo tutto così in fretta... io... io... midispiace!!!» mi disse tornando a piangere sulla mia camicetta.
Alsh si fece avanti.
«... Sono stato io.» il silenzio calò sulla stanza.
Tutti fissammo Alsh, allibiti. Persino Kiyo aveva smesso di piangere.
«Seguitemi. Vi porto dalla vostra amica.»

L'odioso silenzio era distorto solo dai nostri passi, riecheggianti in ogni angolo del corridoio.
Tap-Tap...Tap-Tap...Tap-Tap...Tap-Tap...
I nostri passi sembravano scandire i secondi.
Presa da un istinto a cui non seppi dare spiegazione, mi fermai.
Alsh si fermò con me, poco più avanti.
«...» aprii bocca, ma nessun suono uscì.
«...» Alsh restò di spalle, l'aria tesa come se anche lui voleva dare una spiegazione a quella domanda che non voleva uscire.
«...P... Perché?» sussurrai flebilmente, dopo interminabili attimi di silenzio.
«... Mi dispiace.»
«Cosa? Per cosa, ti dispiace?!»  gli dissi, avvicinandomi. Testa alta e petto in fuori.
Lui si voltò.
Uno sguardo misto fra dolore e speranza mi fissò scrupoloso.
Quel viola intenso riusciva a leggermi dentro, ne ero sicura.
Mi sentivo perforare da quell'intensità.
Io... potevo sprofondare senza sosta, in quell'intensità.
«...Perché ...vi ho costretto ad un circolo vizioso di cui non avevate chiesto di far parte.»
Lui si voltò e continuò a camminare.
Persa nella frase che mi aveva appena detto, rimasi impalata un paio di minuti.
Ancora in confusione totale, lo raggiunsi correndo e finii col sbattergli addosso.
«Scu...Scusami.»
Lui non rispose e mi aprii la porta, facendomi entrare per prima.

«YURIKO!» urlai entrando.
Yuriko era distesa sull'immenso letto della stanza,
con vestiti non suoi, come una principessa.
Non che me ne importasse.
Le andai vicina, la chiamai, la scossi, ma lei non si svegliava.
Alsh si avvicinò a noi con calma e molta, molta lentezza.
“Oddio... O-Oddio... Oddiooddiooddiooddio!!!”
«Se... Se le è successo qualcosa, io... io...» incominciai a blaterare senza nemmeno rendermene conto.
Alsh mi mise una mano sulla spalla, dolcemente.
Io sobbalzai.
«Non le è successo nulla, signorina Katokashi. L'ho solo tenuta senza coscienza per evitare che la situazione potesse peggiorare ulteriormente.»
Non lo stavo nemmeno a sentire.
Posò una mano sugli occhi chiusi di Yuriko e la tenne in quella posizione per un paio di secondi, dopodiché la tolse.
Io lo guardai come indemoniata.
Ero pronta per alzarmi, inveirgli contro, prendere qualunque cosa avessi sottomano e tirargliela addosso, quando Yuriko sospirò profondamente ed aprii gli occhi.
«Che... cos-... Io... AHIA!» disse lei mentre si alzava a sedere, toccandosi la testa.
«Yuriko...» sospirai il suo nome con sollievo.
Lei si voltò e mi guardò confusa.

«Yu... Yuki? Che- Che cosa ci fai qui?»

«Sono venuta a prenderti, Yuriko.»  le dissi trattenendo le lacrime.
Stava bene.
Nessuna ferita, niente di niente.
Un sospiro mi uscì dalle labbra.
«Umh? Cos'era quel sos-» accorgendosi della presenza di Alsh, Yuriko interruppe la frase e spalancò gli occhi.
«...T....Tu...!» disse con voce sussurrata e strozzata.
Istintivamente la sua mano destra volò alla parte sinistra del collo, coprendosi  un punto ben preciso.
I suoi occhi, spalancati e colmi di terrore, fissavano Alsh come se fosse un essere demoniaco (se non il diavolo in persona) venuto direttamente dall'Inferno.
Guardai Alsh con odio e lui ricambiò il mio sguardo con occhi all'inizio sorpresi, e poi colmi di tristezza e risentimento.
I nostri sguardi durarono solo un'istante, il tempo che servì a Yuriko per urlare.
La abbracciai forte, sussurrandogli parole cantilenanti e rassicuranti, dondolandola avanti e indietro.
«Shhh... Va tutto bene, Yuriko, tutto bene. Non è successo nulla. Non ti succederà, nulla.»
Mentre la cullavo dolcemente, presi al volo l'occasione per guardare la parte di collo che si era coperta con la mano.
La rabbia che mi prese, spodestò ogni altro sentimento, come se non ne avessi già provata abbastanza.
Due piccoli fori, in un punto ben definito, erano discretamente posati sul décolleté.
In quell'esatto istante, prima che potessi scagliare tutta la mia furia ed ogni sorta di maleficio su quel dannato, un lieve bussare fece intrusione, placando il pianto di Yuriko.
La porta si aprii ed il volto preoccupato di Kiyo fece capolino.
«È... È permesso?»
«Sì, Kiyo, vieni pure.» le dissi placando i bollenti spiriti.
Entrò con un cambio pulito, della camomilla calda, del tè freddo ed un paio di panini farciti con ogni cosa possibile.
Yuriko guardò il vassoio stralunata.
«È roba buona, te lo assicuro.» le dissi con una risatina.
Presi un panino e lo feci in quattro piccoli pezzi, di cui uno lo porsi a Yuriko.
«Forza, devi rimetterti in sesto.» le dissi con un piccolo sorriso.
Notai che Alsh era silenziosamente uscito, ed aveva lasciato solo noi tre.
Ben presto, anche Kiyo dovette andarsene e rimanemmo solo noi due.
Ad un certo punto, dopo svariati minuti di silenzio, Yuriko mi fissò intensamente.
«...Tu sai, vero?»
Io la guardai, ma non le risposi.
«Yuki, dimmelo. Tu sai. Sai che cosa mi è successo, sai perché è successo e come. Sai anche che cos'è stato, non è vero?»
Abbassai lo sguardo.
Non poteva chiedermi questo.
Anche se ormai potevo raccontare tutto quanto, avevo tutte le motivazioni per credere che comunque ci sarebbero stati dei risvolti molto negativi.
Un lungo silenzio si frappose fra noi.
«...Sì.»
Lei mi guardò: lo sguardo di chi sapeva che tutto era a fin di bene, ma che comunque non giustificava i mezzi.
Avrei voluto dirti tutto.” la tipica frase di scuse fatte, carta che non potevo e non volevo giocare.
«E quindi... continuerai a non raccontarmi nulla, vero?»
Ripensai a ciò che Alsh aveva fatto.
No. Questo me lo doveva.
«No. Alsh me lo deve
Feci un respiro profondo e le raccontai tutto quanto.



Un leggero bussare interruppe il silenzio.
«È... È ora di cena. Vi ho portato qualcosa...»
La dolce e premurosa Kiyo.
«Grazie.» le rispose una Yuriko calma e rilassata.
Tanto calma e rilassata che quasi Kiyo si spaventò con un sorriso.
Mise il vassoio sul letto e poi, scusandosi, ci lasciò per delle urgenti faccende.
«Quindi... è così, eh?» disse lei mangiucchiando un altro ottimo panino.
«Sì.» dissi io sbrigativa.
«Ora, non mi sorprende che tu fossi così preoccupata e spaventata al solo pensiero di raccontarmi tutto ciò.»
«Già.»
Lei mi guardò, negli occhi la convinzione di una certezza molto più che consolidata.
«Lui prova qualcosa per te.»
Spruzzai il tè in aria.
«C-COSA?!»
«Eh sì. Che sia odio o amore, non so, ma quell'Alsh prova qualcosa per te.»
La guardai completamente stralunata.
Quali diavolerie stava dicendo? Aveva forse la febbre? Allucinazioni?
Cosa diavolo causava il morso di un vampiro?!
«Ho ragione, credimi.
Quando... Quando... Beh, sì, quando mi ha morso, ho sentito... qualcosa.»
«Qualcosa, eh?»
«Sì, Yuki. Qualcosa.
Era come se lui cercasse qualcosa di te in me
Nonostante l'assurdità che mi ispirava la sua teoria, continuai silenziosamente ad ascoltarla.
«Quando... Quando sono arrivata, e lui mi ha visto, ho potuto vedere la speranza morirgli negli occhi.
Senza aggiungere che la prima cosa che mi ha chiesto è stata se stavi bene.»
Questo ravvivò la mia curiosità.
«Ah sì?»
«Sì, Yuki. Guarda che potresti diventare importante per qualcuno, sai? Non siamo tutti freddi congelati, a questo mondo.»
«"Da che pulpito la predica", eh? Non voglio diventare importante per uno come lui!»
«"Per uno come lui"? Yuki, ma sei fuori?»
«È un vampiro, per il cielo! UN VAMPIRO!»
«E con questo?!»
«Yuriko, per tutti gli dei, persino tu hai urlato quando lo hai visto!»
«Ero sotto shock.» disse tentando di giustificarsi.
«Tu!... Tu...!» mi arresi sospirando e abbassando la testa.
«Yuki, avrò letto un casino di libri sul genere, e i libri non sono la vita reale, ma non credo che sia una cosa così cattiva.
Anche se lui è un vampiro.»
Affilai lo sguardo.
«Com'è che hai già messo in conto che io possa piacergli?»
«Perché vedo che hai accettato l'idea.» disse sogghignando.
«E se mi odia?»
«Pazienza. Ma con tutta la mia esperienza, difficilmente mi sbaglio.» disse facendomi l'occhiolino.

Parlottammo ancora un po', ridemmo, scherzammo e si fece notte fonda.
Volevo chiedere a Kiyo se potevo rimanere a dormire, ma alle tre di mattina, raramente trovavo ancora qualcuno sveglio.
Qualcuno di umano, ovvio.
«Vado a prendere una bottiglia d'acqua. Vuoi qualcosa?»
«Ah? No grazie. Sarà meglio che ci ficchiamo a letto prima che sia troppo tardi per alzarci.» aggiunse con una risatina.
Io mi alzai ed andai in cucina.
Ovviamente, trovai l'unica persona che non avrei voluto vedere.
Alsh sobbalzò al mio arrivo, ma riprese subito contegno.
Mi offrì una tazza di tè che accettai: ero troppo stanca, anche per provare una singola emozione.

«Mi dispiace.» disse lui, dopo attimi di silenzio.
«Basta, Alsh. Non me ne faccio assolutamente nulla delle tue scuse.
Per quello che ne sapevo, avresti potuto anche ucciderla.»
«Mai. Non lo avrei mai fatt-» «Ma avresti potuto.»
«Io n-» «Io non conosco i tuoi limiti. Ma conosco i miei.
Ti prego subito di fermarmi se non vuoi sentire le tipiche baggianate umane, perché tanto incomincierò da lì.»
Dato il suo silenzio ed il famoso detto "chi tace acconsente", continuai a parlare.
«Premetto che ho letto qualcosa, che ho sentito qualcosa, e che in materia sono ignorante.
Tu sei un vampiro, e fino a prova contraria (prova che ho potuto constatare totalmente inesistente), ti nutri di sangue.
...Io... -feci un profondo respiro- ...io voglio solo sapere perché ce l'avevi così tanto con Yuriko.
Insomma, non credo che lei ti abbia fatto molto.
Io le voglio bene e non l'avrei mai mollata qui se non fosse stato per quell'idiota del capo.
Perché l'hai morsa, l'hai fatta svenire ed ora ti scusi come se avessi ucciso quaranta persone tutte in un colpo?»
Con gli occhi stanchi osservai la sua reazione.
Il suo sguardo, pieno di qualcosa che non sapevo descrivere - comprensione e... affetto?-, mi scrutava teneramente, come si fa con un bambino che, innocentemente, indica un'aquilone chiedendo di essere come lui.
«Mi dispiace, ma non lo so il perché.
È stata una cosa veloce, e non ho nemmeno avuto il tempo per realizzare che cosa avevo appena fatto.
Io non volevo ferire la vostra amica, signorina Katokashi.
Non volevo ferire voi
Disse quel pronome con una nota particolare, ma ero veramente troppo stanca, quindi mi alzai, presi la bottiglia d'acqua e liquidai lui, vampiri e discussione con un "buona notte".
Il suo "le auguro i più incantevoli sogni, signorina Katokashi", era completamente fuori luogo, ma una frase d'effetto, senza dubbio.
Tornai in camera e chiusi la porta a chiave.
Trovai Yuriko ancora sveglia.
«Beh? Non dovevi dormire?»
«Ti aspettavo.» disse stendendosi e coprendosi con le coperte.
Poggiai la bottiglia sul comodino, spensi la luce e mi misi anch'io sotto le coperte.
Nella dormiveglia, una domanda colpì il mio cervello che, di riflesso, la pose a Yuriko.
«Yuriko?»
«Umh?»
«Sei sveglia?»
«Che c'è?»
«Ma... come hai fatto ad accettare la situazione così in fretta?»
Ormai rintronata come una campana dal sonno, intuii solo poche parole della sua risposta, ma il mio subconscio le mise insieme per me.
«Perché se accade qualcosa, significa che è destino che succeda qualcosa di più grande.»

/*Note d'Autore*/
Heilà! Ne è passato del tempo, eh?
Ebbene, sono in piena sessione esami!
Giusto oggi ho fatto la simulazione ed è stato un incubo.
Ma basta parlare delle mie cose, passiamo alla storia che quello che interessa a tutti!
Devo ammettere che ho avuto un sacco di buchi nello scrivere, ed ho passato un sacco di tempo senza idee.
Non c'è una canzone particolare per questo capitolo... anzi, non c'è proprio.
Magari... no, nemmeno quella.
Beh, ho poco da dire in queste note, se non che non so come andare avanti TTATT
Se volete darmi suggerimenti o altro, come sempre, non esistate a recensire.
Critiche o pregi, accetto tutto.
Il manico è in legno di ciliegio, eh!
Baci,
ღ Kurokage

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Capitolo 9
*** Capitolo 6.5 - It's too Long (Omake) ***


Capitolo 6.5 - Titolo
Capitolo 6.5 - It's too long
Omake (Alsh's Point of View)

Vagavo avanti e indietro per la stanza che avevo adibito a pensatoio.
Rimuginavo sedendomi su varie cose, divano, pavimento, sedie, letto...
Il pensiero di quella ragazza - il fatto che non fosse Yuki - mi aveva totalmente mandato in pappa i neuroni.
O meglio, quello che le avevo fatto.
Come diavolo mi era saltato in mente di morderla?!
Beh, la risposta a questa domanda era abbastanza semplice: Niente.
Istinto puro.
Che mi era costato un mal di testa incessante, crampi allo stomaco, convulsioni, e nausea costante per almeno due giorni.
Che gran bel istinto di mer-
«Alsh?» fece una voce da un piano sopra di me.
Kiyo mi stava evidentemente cercando.

Andai di sopra e sentii un bussare deciso.
Mi avvicinai ed aprii la porta, sbarrando gli occhi a ciò che mi si mostrò davanti.
Sentii tante cose dentro di me, in un profondo che non riuscivo a raggiungere.
Era principalmente felicità, seguita da paura, idiozia ed istinto.
Ecco, l'ultima parte mi preoccupava e non poco.
 
«P-Prego», le disse la mia voce tremolante.
Lei mi fissò, ed entrò, dritta al sodo.
Kiyo, vedendola, scoppiò a piangere.
Fra la confusione e l'isterismo, le parole uscirono dalla mia bocca senza nemmeno averle pensate.
«...Sono stato io.» Il silenzio calò su tutta la stanza e  tutti gli occhi si puntarono su di me.
Silenziosamente mi girai e mi diressi lentamente verso la stanza che avevo riservato a "Yuriko",
«Seguitemi. Vi porto dalla vostra amica.».

Nel silenzio, mille pensieri m'invadevano la testa mentre i nostri passi scandivano il tempo.
Nonostante sapessi che non c'entravo nulla, non riuscivo a credere di quanto il fatto che fosse qui mi rendesse felice, di quanto - nello stesso momento-  mi sentissi terribilmente amareggiato.
E vigliaccio.
E felice.
Lei si fermò di botto, e così feci anch'io.
Nel silenzio, parole non dette formavano frasi a cui, colpevole, non davo risposta.
 «...Perché?»
Quella parola.
Quella domanda.
Avrei preferito mille altre cose a quella domanda.
«...Perché ...vi ho costretto ad un circolo vizioso di cui non avevate chiesto di far parte.»
Silenziosamente, la condussi alla stanza dove avevo sistemato la signorina Yuriko, osservandola, notando i cambiamenti delle sue espressioni sul suo volto: sorpresa, paura, rabbia ed istinto omicida.
"Possibile che... con un solo gesto sia riuscito a procurarle così tante emozioni?"

Ero compiaciuto ed allo stesso tempo terrorizzato da me stesso.
Ecco perché, alla prima occasione, me la svignai di soppiatto.
Uscito dalla stanza, tirai un sospiro di sollievo, dirigendomi verso il roseto per riacquistare tutta la calma di cui aveva bisogno.



Grazie alla signorina Kiyo ed al signorino Kuroboshi le rose sbocciavano in maniera impeccabile, sopratutto quando le gocce di rugiada cadevano leggiadre sui petali fino a diventare simil-diamante e contribuire allo splendore della rosa stessa.
Molte volte mi ero fermato a creare elogi su esse, ma ormai la mia concentrazione era totalmente incentrata sulla stessa persona che ora mi stava odiando.
Passai le dita fra i petali di una rosa splendidamente rossa e pronunciai un sospiro malinconico.
«È il tempo che hai perduto per la tua rosa, che ha reso la tua rosa così importante»

«Si-Signorino Kuroboshi! Mi avete spaventato!»
«Sai cosa vuol dire?»
«Che... Che cosa, vuol dire cosa?»
«Più passi tempo con una cosa o più sprechi tempo per quella cosa, più quella cosa diventa importante»
Dopo quella piccola frase, Kuroboshi si prese e se ne andò, lasciandomi con un'espressione sorpresa e stralunata in volto.

Osservavo tranquillo il cielo al tramonto.
L'azzurro stanco del cielo andava fondendosi col viola delle nuvole,  creando uno spettacolo senza precedenti.
Nella mia lunga vita avevo imparato che persino le cose eterne, col corso del tempo, cambiavano.
Esattamente come me.
Rimasi a fissare il tramonto finché lo scenario non cambiò; andai in cucina e con mio dispiacere (o forse piacere?) scoprii che la signorina Kiyo aveva già preparato la cena.
Velocemente, mangiai i panini oltremodo squisiti e me ne andai nella stanzetta adibita a biblioteca, presi l'Amleto di Shakespeare e mi sedetti su una poltroncina comoda e con segni di evidente e ripetuto uso.
«Chissà quante pagine hai sentito sfogliare, eh?» chiesi retoricamente alla poltroncina, stranamente affettuoso, coccolando un bracciolo.
Aprii il libro e mi immersi nella lettura; quando alzai la testa era già l'una di notte passata.
Essendo famoso il proverbio "non c'è due senza tre", andai in cucina a farmi un ottimo tè alla rosa.
Un leggero rumore di passi, però, mi fece fermare, ed un odore di ciliegia mi fece voltare.
«Volete del tè, signorina Katokashi?»
Yuki accettò di buon grado, dato l'elevato tasso di sonnolenza, e dopo un breve periodo di silenzio, incominciò a pormi domande a cui, semplicemente non risposi.
Lei, al mio silenzio, avanzò nel discorso con le sue tesi e le sue opinioni: tutte cose a cui il mio istinto diceva "sì" solo per accontentala.
Anche nella più piena sonnolenza, dovevo ammettere che il suo cervello lavorava bene.
La sua discussione mi ispirò tenerezza, infondo, ero molto più vecchio di lei, e lei era decisamente molto più fragile di me.
Non riuscii per nulla a trattenere uno sguardo di dolcezza, e per ogni tesi o idea che diceva, un leggero sorriso si faceva via via più largo sulle mie labbra.
Alla fine, arrendendosi alla stanchezza, liquidò me e la discussione con un semplice "buona notte".
«Le auguro i più incantevoli sogni, signorina Katokashi» "sogni dove io non ho il permesso di entrare".
Yuki prese una bottiglia d'acqua e tornò nella sua stanza.
Solo, rimasi ancora un po' in cucina.
L'odore di ciliegia della signorina Yuki aleggiava nella stanza, prova tangibile del suo passaggio.
Con quell'odore in circolo, il thè aveva ormai perso tutto il suo sapore.

Dopo aver messo la teiera e le tazze da lavare, non riuscivo a smettere di riflettere .
L'odore di ciliegia selvatica, era come un ferro infuocato che mi marchiava la gola. Ma era anche la più efficacie delle carezze.
Come ossessionato, il mio istinto premeva per prendere il sopravvento.
No. Non avrei mai fatto del male a Yuki.
Fissai  fuori dalla finestra.
Per Yuki e per la signorina Yuriko la notte sarebbe stata un gioco di ragazzi, ma per me la notte sarebbe stata lunga.
Molto lunga.






/*Note d'Autore*/
Finalmente,  anche questo capitolo è giunto al termine.
Ci vorrà un po' di tempo perché parta a scrivere il capitolo 7, ma lo scriverò.
Al momento, sto progettando una nuova storia su Barajou no Kiss - Il bacio della Vergine delle Rose, ma se non ho tempo per questa figuriamoci per una nuova storia vAv
Ma le righe devo buttarle giù, sennò mi dimentico xD
Tornando al capitolo,  mi dispiace  che sia così... corto ed a mio parere vuoto, ma mi è venuto meglio di  quanto immaginassi.
Per ora, vi saluto fino al prossimo capitolo sperando che sia il più presto possibile.
Baci,
ღ Kurokage

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Capitolo 10
*** Capitolo 7 - Love hides in every little thing: ma comunque non lo ammetto. ***


Capitolo 6.5 - Titolo
Capitolo 7
Love hides in every little thing: ma comunque non lo ammetto


Mi stiracchiai in mezzo alle coperte e socchiusi un occhio quando un raggio di sole mi centrò in pieno volto.
Chi diavolo non aveva chiuso le tende, ieri sera?!
Ah. Io.
Sospirando, mi voltai a vedere come se la cavava Yuriko e, trovandola a russare con una faccia da bimba indifesa, non mi preoccupai più di tanto.
Quella mattina sarebbe cominciata nel migliore dei modi se non fosse stato per il boom di ricordi che esplose nella mia mente.
Ed allora mi arrabbiai sul serio.
Facendo il minimo rumore e stando attenta a non svegliare Yuriko, mi alzai, pronta e combattiva per affrontare l'Alsh del giorno.
Volevo finire la giornata con uno schiacciante "Yuki 2 - Alsh 0".
Uscita dalla porta, trovai una Kiyo fischiettante che mi salutò con un gioioso "buon giorno" ed un sorriso a trentaquattro denti.
Vederla placò un poco la mia ira, ma ero comunque arrabbiata.
Passai davanti un paio di porte, nel salotto ed arrivai in cucina, dove trovai una tazza di thè fumante ed un biglietto.
Presi in mano il biglietto e lo osservai.
Era finemente piegato in quattro e la carta era leggermente rigida e ruvida.
Rimisi il biglietto sul tavolo e portai con me la tazza da thè.
Doveva sicuramente esserci un'errore, non poteva essere  indirizzato alla sottoscritta.
Alla fine del salotto, mi fermai.
Potevo tornare in camera e fare finta di nulla, o tornare la dentro e prendermi una batosta.
"Quindi? Cosa facciamo, Yuki?" chiesi a me stessa in un impeto di indecisione.
Alla fine, scelsi  la più ragionevole.
Mi voltai e tornai in cucina a prendere quel maledetto biglietto.

La carta ruvida e leggermente pesante faceva uno strano effetto al tatto, come qualcosa di molto antico.
Aperta una sola metà, trovai il mio nome scritto in una bellissima calligrafia elegante e antica.
Come piaceva a me.
Con coraggio, spiegai anche l'ultima metà del bigliettino, trovandovi scritto nel centro solo poche righe.

"Signorina Elizabeth.. ho lottato invano e non c’è rimedio.
Questi mesi trascorsi sono stati un tormento, sono venuto a Rosings con lo scopo di vedervi, dovevo vedervi!
Ho lottato contro la mia volontà, le aspettative della mia famiglia, l’inferiorità delle vostre origini,
il mio rango e patrimonio, tutte cose che voglio dimenticare e chiedervi di mettere fine alla mia agonia"

Al momento rimasi molto stordita dalla cosa.
Non riuscivo minimamente a capire che cosa diavolo significasse quella frase, e non mi ricordavo nemmeno di averla mai letta.
Accuratamente, richiusi il bigliettino e lo posizionai esattamente dove lo avevo trovato.
Prova inconfutabile che non lo avevo nemmeno letto.
"Sè! Col cavolo!"
Tornai tranquillamente in camera e aspettai che Yuriko si svegliasse, scossa ancora da ciò che era appena successo.



Erano circa le quattro del pomeriggio quando, in fretta e furia, eravamo pronte per tornare a casa.
Volevo casa.
ESIGEVO casa.
Salutammo Kiyo, mentre mi guardavo intorno per scovare un qualche Alsh da evitare, ma non vi era traccia di lui.
Diamine, mi ero presa un così grosso spavento!
«La prossima volta vedi di andarci con più calma e avere dei riflessi un po' più decenti. Ma dico, l'istinto non ti diceva nulla?!»
Lei mi rispose con una risatina sbadata ed io feci finta di mettere il broncio.

Arrivate all'hotel, feci una corsa veloce nella mia stanza a raccattare la mia roba, feci una veloce telefonata al capo per farci venire a prendere e scesi... praticamente volando.
Con un taxi arrivammo alla stazione e salimmo, pronte per tornare a casa.
Seduta verso il finestrino, guardavo per la millesima volta il paesaggio mentre il ronzio della voce di Yuriko che mi raccontava cos'era accaduto, mi entrava da un orecchio e mi usciva dall'altro.
Mi strinsi un po' di più nella giacca che mi ero messa, avevo improvvisamente più freddo del solito e rimasi sorpresa quando le mie dita tastarono qualcosa di familiare ma estraneo.
Yuriko si fermò quasi immediatamente quando estrassi il bigliettino dalla tasca della giacca.
Era identico a quello della mattinata, la copia esatta.
Un fischio partì da una sogghignante Yuriko.
«Te. Lo. Avevo. Det-to!»
«Taci.»
«Heee!!! "Love is in the Air, Baby!" Sento profumino di rose rosse, all'orizzonte!»
«Ta. Ci»
Dopo aver cercato di zittire Yuriko per una buona mezz'ora (anche se, in realtà, dovevo ammettere che si era autozittita quando ero diventata rossa come un pomodoro), aprii il biglietto delicatamente, ma solo una metà.
Pensavo fosse quello della mattinata, ma al suo interno, questa volta, non c'era scritto il mio nome.
«Sarà caduto per sbaglio nella tasca della giacca, non sarà nulla d'importante»
«Da' quà!» mi disse lei strappandomelo di mano e aprendolo del tutto.
«Eh?» disse lei guardandolo sbalordita «Si può sapere cosa vorrebbe dire?»
Sapevo che lo aveva fatto apposta.
Io lo sapevo.
Eppure ci ero cascata come un'allocca.
«Cosa vuol dire cosa?» dissi prendendole il biglietto dalla mano.

Era scritto con la stessa calligrafia elegante di quello della mattinata, ma questo recitava un'altra frase.
Ci misi poco per leggerla, ma non parlai per qualche minuto, finché non fu Yuriko a parlare per prima.

«Yuki...?» mi chiese preoccupata Yuriko «Stai... stai bene?»
«Sì, perché?»
«Yuki, tu... tu... stai piangendo...»


«Lo so»

"Dubita che le stelle siano fuoco, dubita che il sole si muova, dubita che la verità sia mentitrice, ma non dubitare mai del mio amore"





/*Note del Testo*/
Nel primo bigliettino ho citato le parole di Darcy de Orgoglio e Pregiudizio;
Nel secondo biliettino ho citato l'
Amleto di Shakespiere (Atto II, Scena II)


/*Note d'Autore*/

E dopo tempo immemore, ecco anche il capitolo 7!
Ce n'è volutodi tempo, eh?
Ma almeno, sono abbastanza soddisfatta, constatando che sono nella settimana antecedente gli esami (partono il 17), fra un po' faccio 19 anni (non voglio invecchiare é_è) e che sono una maturanda in crisi con la tesina e con gli esami in generale.
Però c'è un lato positivo.
Almeno ho più tempo.
Aaaad ogni modo, tornando a noi,  questo capitolo l'ho scritto un po' di getto, facendomi prendere dai feels e dalle emozioni ( xD ) e senza una musica in particolare.
Però se la volete ve la cito, alla fine quella dannata canzone la trovo sempre xD
Kiss while your lips are still red - Nightwish
He, un grazie alla mia adorata mamma per questa meravigliosa canzone!
Baci,
ღ Kurokage

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