Quella ragazza dagli occhi a mandorla

di LuckyV97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 一 (Vita di un ragazzo pieno di contrasti) ***
Capitolo 2: *** 二 (Occhi che sorridono) ***
Capitolo 3: *** 三 (Saremo noi quelli fortunati?) ***
Capitolo 4: *** 四 (Ti aspetterò) ***
Capitolo 5: *** 五 (Bellezza primaverile) ***
Capitolo 6: *** 六 (Come nei film) ***
Capitolo 7: *** 七 (Voci che finalmente si incontrano) ***
Capitolo 8: *** 八 (E' soltanto l'inizio) ***
Capitolo 9: *** 九 (Solitudine che uccide) ***
Capitolo 10: *** 十 (Ferite non rimarginabili) ***
Capitolo 11: *** 十一 (Per te ci sarò sempre) ***



Capitolo 1
*** 一 (Vita di un ragazzo pieno di contrasti) ***


Casa, scuola, palestra e di nuovo casa. Questa è la mia vita. “Che vita monotona!” starete pensando, vero? Niente di bello e diverso da fare, ma sempre la solita routine, che dopo un bel po’ rompe le palle. Solo una cosa rende tutto più piacevole: la musica. Grazie a lei faccio tutto ciò ripetutamente per sei giorni su sette con il piacere di farlo. E voi lettori vi chiederete giustamente se ho degli amici.
“Luca, esci un po’” mi dice tutte le volte mia madre. E la mia risposta continua ad essere sempre la stessa: “Mamma, lasciami in pace per favore!” Io sono una persona molto aperta nei confronti delle persone. Pertanto parlo con tutti, anche con i pali della luce tra poco! Ciononostante, sono sempre stato uno di quei tizi strani che alla gente non piaceva, quindi i miei amici si possono contare sulle dita di una mano…sì, quella di un monco però! Al liceo però mi sono aperto di più e adesso arrivo a quattro/cinque amici seri, oltre agli altri ragazzi, con cui parlo, ma che non si preoccupano più di tanto di me.
A scuola sto con i miei amici maschi a fare il pirla con loro, parlando di ragazze, ascoltando musica, guardando i culi delle ragazze più belle della scuola, spettegolando come delle comari. Sì, mi diverto con loro. Però, attenzione…mai parlare di cose serie con loro, perché altrimenti ti guardano male. Quindi in situazioni come quelle amorose, mi rivolgo alle ragazze, che sono sempre disposte a darmi consigli. Con loro si accende la parte più sensibile e vera di me e forse è per questo che sono sempre andato più d'accordo con le ragazze.
Come a scuola mi apro come un balcone, a casa mia mi chiudo ermeticamente. Ascolto la musica, molte volte canzoni depresse e con un significato profondo, come quelle di Lana Del Rey, i Bring Me The Horizon e molti altri. Queste mi fanno pensare ai momenti che ho pensato con le mie ex. Superate tutte, tranne l'ultima storia, che è quella che mi ha procurato la ferita più profonda e che stenta a rimarginarsi. E quindi come si fa? Come faccio a dimenticare? Il bello è che, dopo tanto tempo che mi lasciai con Denise (questo è il suo nome), non riesco a immaginare un futuro con nessuna ragazza, perché ho paura di non riuscire a passare con lei dei momenti così belli, come quelli che ho passato con Denise. E’ questa la mia paura. Mi sono sentito solo per un casino di tempo ed è solo grazie ai miei amici (quelli veri, che mi hanno supportato) che sono riuscito ad andare avanti. Ma…un posto per un'altra ragazza lo troverò? O vivrò per sempre nel vano tentativo di cacciare Denise nell'oblio?

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Capitolo 2
*** 二 (Occhi che sorridono) ***


Tutte le cose belle finiscono e così finisce anche l'estate. Il termine di questa bellissima stagione implica una cosa ancora peggiore: ricomincia la scuola. Tutti gli anni la stessa storia e lo stesso trauma per uno come me che si alzava sempre dal letto alle dieci: sveglia alle sei di mattina, colazione veloce tutto rimbambito dal sonno che mi assale, vestirsi e andare a prendere i vari mezzi di trasporto che mi porteranno in quel posto che tanto odio, chiamato scuola.
Una cosa positiva c'è in tutto questo: la musica. La musica alle sei di mattina è la cosa migliore e più rilassante per fare iniziare bene la giornata. Nelle mie cuffiette Lana Del Rey e musica K-Pop (per chi non lo sapesse è un genere musicale fatto da cantanti o gruppi coreani), una delle caratteristiche, che fanno capire la mia passione verso i paesi dell'Estremo Oriente, specialmente Corea del Sud, Cina e il paese del Sol Levante: il Giappone.
Altra cosa che mi rende felice è rivedere i miei amici e compagni di classe, molti dei quali non vedevo da giugno. Non ho evitato i buoni saluti con nessuno e con chiunque ho parlato del più e del meno, come avventure e delusioni amorose, vacanze, mare e di qualsiasi altra cosa. Dopo di che mi sono ritirato con i miei amici maschi Lorenzo, Federico, Nicolò, Andrea e Alessandro. E adesso che siamo in quinta ci sentivamo quasi i padroni e i bulletti della scuola, dei veri e propri gangster. Le risate, le amichevoli prese per il culo tra di noi, il chiamarci sfigati, i commenti su culi e tette delle ragazze e quelli sulle primine.
“Minchia! Che figa la Brambilla ragazzi! Quanto me la farei!” comincia Lorenzo.
“Ma stai zitto, che non hai le palle nemmeno di chiederle di uscire!” commenta Nicolò.
“Ma zitto Polla, che l'ultima volta che hai parlato con una ragazza era per chiederle un temperino.” gli risponde Lorenzo chiamandolo per cognome, con quel suo modo di fare che attira molte ragazze. Lorenzo é il mio migliore amico e ha tutte le carte in regola per essere il classico rubacuori: alto, biondo, occhi azzurri, bel sorriso e carismatico. Ciononostante è molto generoso ed è diverso dai classici donnaioli, che molte volte si dimostrano rudi e rozzi nei confronti delle ragazze.
“Vogliamo parlare della Guccini?” si introdusse Federico, ragazzo simpatico e sempre gioioso.
“Ma se sei fidanzato!!! Ma lasciala a Polla!” disse Alessandro, il classico ragazzo tamarro, che ascolta rap e che si veste da hippie, mentre stringeva nelle sue braccia Sara, la sua ragazza da cinque mesi.
E Federico con il suo inconfondibile accento milanese ribatte: “Eh oh…con Rebecca siamo sull'orlo del fallimento, quindi…lasciami fare”. Poi mi fece LA domanda. “E tu, Luca? Trovata qualche pollastra quest'estate?”
“Mah…una semplice storiella estiva durata due settimane la consideri buona?” risposi io.
“Beh…meglio di niente! Così almeno hai dimenticato Denise per un attimo.”
“Considerato che mentre facevamo l'amore pensavo a Denise…direi che non sono riuscito a dimenticarla.”
“Come?!? L'avete già fatto?” mi chiese sorpreso Alessandro.
“Eh…sì, entrambi non eravamo vergine e quindi avevamo deciso di goderci questo momento, dato che poteva anche durare poco. E a quanto pare ho fatto bene.”
Lorenzo mi consola dicendomi che avevo fatto la scelta giusta e mi propone di andare a fare un giro per i corridoi della scuola con lui. Le ragazze, soprattutto quelle di prima e di seconda, avevano gli occhi su di lui. E pensare che nei due anni e mezzo che ho passato insieme a Denise mi venivano dietro e mi scrivevano molte. Quando si dice il tempismo…!
Lorenzo nel frattempo non si accorgeva nemmeno delle occhiate che gli lanciavano le ragazze e mi racconta della Brambilla: di terza, di due anni in meno di lui, ma nell'aspetto sembrava una di quinta. A lui piace tantissimo ma per la sua timidezza ha timore di andare da lei per qualsiasi cosa.
Continuava a parlare velocemente e lo ascoltavo. Però tutto a un tratto la mia testa si disconnette dalle parole di Lorenzo. E questo perché? Perché la mia mente si fissò su una ragazza. Una ragazza che non avevo mai visto nella scuola. Una ragazza alta, con delle gambe così belle e lunghe, che mi perdevo solo a guardarle, capelli lisci, mora, gli occhi castani e…a mandorla. Io ho sempre avuto un debole per le ragazze asiatiche, perché quando sorridono sembra che non accennino il sorriso solo con la bocca, ma anche con gli occhi. Quei bellissimi occhi a mandorla, che si incurvano come a formare un sorriso, di colore castano, mi avevano sconvolto. Forse perché tutte le ragazze asiatiche che vivono in Italia non sono mai state attraenti e non mi piacevano mai tantissimo. Tutte le ragazze coreane, giapponesi, thailandesi e cinesi belle che vedevo o erano su social network come instagram o erano idol di gruppi femminili coreani o giapponesi. Ma lei…lei è stato qualcosa di straordinario, una botta di vita al cuore, un atto di follia amorosa. I miei occhi sembravano essere diventati a forma di cuore. Era troppo bella per essere reale.
“Luca!” Mi chiama Lorenzo, ma non rispondo, tutto incantato ad ammirare quello spettacolo di ragazza. “Luca!” Non rispondo ancora.
“LUCAAA!!!” disse alzando la voce “Se ci sei, batti un colpo!”
Mi sveglio dal mio sogno e distolgo gli occhi da quella ragazza meravigliosa.
“Ma che stavi guardando? Sembrava che avessi visto la Madonna di Lourdes!”
“Scusami Lo!” Dissi io, schiaffeggiandomi piano la faccia. “Mi ero un attimo incantato. Ti ascolto ora!”
E intanto mi volto di nuovo ed era scomparsa, suppongo per andare in classe, dato che la campanella era appena suonata. Continuo quindi a parlare con Lorenzo, ma tenendo la mia mente fissa su quella ragazza. Chissà se sarà una semplice cotta momentanea! Però una cosa è sicura: in quel momento non pensavo a niente, se non a quella stupenda ragazza asiatica e ai suoi altrettanto stupendi occhi a mandorla.

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Capitolo 3
*** 三 (Saremo noi quelli fortunati?) ***


Non penso che ci siano state altre volte in cui ero stato così disattento alle lezioni. E meno male che era il primo giorno di scuola, quindi i professori ci avevano chiesto cosa avessimo fatto durante le vacanze e non hanno spiegato qualcosa di nuovo! Pensavo costantemente a quella ragazza. Giulia, la mia compagna di banco e grande amica, mi aveva scosso più volte, perché mi aveva visto incantato e immobile come se avessi visto Beyoncé in carne ed ossa. All'alba della quinta e ultima ora Giulia, dopo avermi svegliato per l'ennesima volta, mi chiede se c'era qualcosa che non andava.
“No no, tutto bene, tranquilla!” rispondo io con la sicurezza di un funambolo che cammina su una fune appesa alle estremità di due pareti rocciose del Grand Canyon.
Si vedeva benissimo che ero scosso. Non lasciavo capire il motivo per cui fossi in tali condizioni, ma i miei amici, quelli che mi conoscono veramente bene, se ne erano resi conto subito.
“Luca, la primavera è passata da un bel pezzo, insieme all'estate!” Mi dice Lorenzo. “È tutto oggi che sei strano. Hai gli occhi persi nel vuoto ogni due per tre, non parli e se lo fai rispondi a monosillabi, sembra che tu abbia la testa tra le nuvole. Non è che sei innamorato ancora della tipa che ti sei fatto al mare?”
“Ma ti pare!!!” esclamo e facendo un saltino all'indietro. “Assolutamente no! Abbiamo deciso che non ci sarebbe stato alcun futuro. Anche perché poi lei abita a Rimini, come farei a gestire una storia a distanza, se non sono riuscito a gestire una ragazza a 2 chilometri da casa mia?”
“Eh suvvia…sono cose che capitano, non è finita per colpa tua, mettitelo in testa.” mi rassicura lui, poi aggiunge: “Ma quindi? Sei innamorato?”
“Ancora?!? Ti ho detto di no!”
Ed è proprio in quel momento che esce di nuovo lei. I suoi capelli erano mossi dalla dolce brezza autunnale, che mitiga il clima di settembre. La sua bellezza era impareggiabile, tanto che non avevo notato nessun altro oltre a lei. Esisteva solo lei in quel momento, tanto che non mi ero nemmeno reso conto dell'arrivo della Brambilla e dell'amica di quest'ultima, che era considerata la più bella della scuola. Le due ragazze erano passate completamente inosservate per quanto riguarda il mio campo visivo, che era tutto concentrato su questa ragazza dagli occhi più belli che abbia mai visto. Anche senza ridere, la sua espressione sprigionava tenerezza e dolcezza solo a guardarla. I capelli si muovevano al vento e le sue gambe erano coperte da lunghi leggins neri che mettevano bene in mostra tutte le sue curve ben definite. Io mi spiego ancora come faceva a passare inosservata una ragazza come questa. Come? Indossava una maglietta asimmetrica a righe orizzontali bianche e blu, che le dava anche un tocco di trasgressione. Le peggio fantasie mi occorrevano nella mente in quell'attimo. Cazzo...quanto è bella, pensavo io. Ma non sarebbe mai stata mia: si vede da come si atteggia che non è una di quelle sempliciotte che vanno dietro al primo ragazzo che trovano, e nemmeno una che cerca un ragazzo. È tutta sola, isolata dal gruppo, che, come lei, aspettava il pullman. Mi dispiaceva troppo vederla li tutta sola soletta e mi sarebbe venuta voglia di andare li e parlare con lei. Ma come?!?
“Hai visto la Brambilla?!?” Dice Lorenzo tutto esaltato e con queste parole la mia testa ritorna sulla terra ferma. Che cazzo me ne frega della Brambilla, mi sarebbe venuta voglia di dire, ma ovviamente sono stato zitto e mi limito a dire un bello e sonoro: “Sì, che gnocca!”
Lo pensavo realmente, dire che la Brambilla è brutta equivale a bestemmiare, però nella mia testa non c'era posto per due ragazze. Quindi l'unico posto disponibile è per quella bellissima ragazza asiatica.
“Dai Lorenzo, vado, che sta arrivando il pullman!”
“Dai vai, prima che lo perdi! A domani, Luca!”
Mi congedo da lui e corro dall'altra parte della strada per raggiungere la fermata, piena di gente incalzante per stare il più comodo possibile dentro il pullman. Tra le ragazzine che parlano di fighi e i ragazzi che parlano di figa (notare le differenze) e che si menano per finta, c'era lei, seduta, tutta sola, con le cuffie nelle orecchie. Chissà che starà ascoltando, pensavo.
Il pullman arriva e saliamo tutti in massa come una mandria frenetica di buoi ai quali è stata appena data la sbobba. Poi c'era lei che rispettava i turni, come una vera ragazza educata. Una ragazza d'oro, veramente, dove la trovi una così? Lei trova il posto a sedersi, io sto in piedi ma in un posto abbastanza vicino a lei, così da rendere ancora più facile la visione di quello spettacolo. Nelle mie cuffie suonava “Lucky Ones”, canzone di Lana Del Rey, che parla di un amore che cresce man mano e che da una semplice cotta diventa un amore, che probabilmente, se i due amanti saranno fortunati, sboccerà, proprio come un ciliegio in primavera. La canzone era proprio azzeccata per il mio stato d'animo: speravo che io e lei avremmo potuto essere quei ragazzi fortunati, di cui parla la canzone, dando ovviamente tempo al tempo.
Tutto a un tratto squilla un telefono, con una suoneria classica, una di quelle già preimpostate nel telefono ancora prima dell'utilizzo. Era il suo. Lo cerca freneticamente nel suo zaino blu cobalto, fino a trovarlo.
Moshi moshi? (もしもし?)” sono state le sue prime parole, che in giapponese significano “Pronto?”. E queste sue parole mi avevano già dato un indizio molto importante: è giapponese. E dopo il suo fisico e il suo volto, anche la sua voce era bellissima. Era una voce acuta, ma non una di quelle esageratamente noiose e squillanti che si sentono negli anime e nei cartoni animati giapponesi. Acuta, ma delicata. Era un qualcosa di angelico, al quale non so nemmeno dare una spiegazione o trovare una descrizione adatta. Da poco tempo, oltre a inglese, spagnolo e tedesco a scuola, studio anche giapponese a un corso nella mia città. Dal poco che ho capito della telefonata, mi sembrava che stesse parlando con suo padre, perché avevo capito “Otou-san” che significa “Padre”. Tenera, bella, angelica, meravigliosa e tanti altri aggettivi, tutti con un'accezione super positiva. Mi sono perso così tanto a guardarla che avevo perso anche il senso dell'orientamento e mi ero dimenticato di scendere alla mia fermata.
Pertanto mi precipito giù dal pullman alla fermata immediatamente successiva. L'infatuazione gioca brutti scherzi. Eccome se li gioca!!!

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Capitolo 4
*** 四 (Ti aspetterò) ***


Dopo quella svista, perso anche il treno, arrivai a casa alle due e mezza, invece che alle due. Se questi sono gli effetti...sarebbe meglio che mi innamori poche volte!!!
Tornato a casa, non avevo avuto nemmeno il tempo di sdraiarmi sul mio letto. Non avevo voglia di cucinare, quindi metto nel forno a microonde le lasagne di ieri sera e me le mangio tutte in un boccone per poi lanciarmi a pesce sul letto. Ed è lì che la mia testa inizia, anzi ricomincia, a fare viaggi mentali. E a cosa penso? Proprio a una persona a caso. Sempre e solo lei. Avevo stampato nella vista il suo sguardo, la sua camminata, i suoi capelli al vento e la sua voce mi risuonava nelle orecchie con le poche parole in giapponese che avevo capito. Ero proprio innamorato.
Ha avuto tutte le denominazioni possibili, da "quella stupenda ragazza" a "quella ragazza asiatica", da "quella ragazza con gli occhi a mandorla" a "quella ragazza giapponese", ma chissà se un giorno potrò scoprire il suo nome e se mai potrò chiamarla per nome. Sicuramente una ragazza così, dovrà avere un nome stupendo, che le possa rendere giustizia. Non vedo veramente l'ora che arrivi quel momento. Ero proprio innamorato.
Faccio i compiti. Matematica e fisica già erano materie a me molto ostili, poi figuriamoci con tutti i pensieri che avevo nella mia testa. Non ci mettevo impegno, ero costantemente distratto e non riuscivo a concentrarmi niente. La mia mente era confinata nel mio "Tengoku", nel mio paradiso. Angeli con ali che cantano in coro, le porte d'oro che si aprono e un'altissima scala. Ero proprio innamorato.
Non ascoltavo nemmeno quello che mi diceva mia madre: era come se le sue parole mi entrassero nelle mie orecchie per poi uscire nel momento immediatamente successivo. Aiuto, ero proprio innamorato.
Eh...già. Proprio così, ma...aspettate un attimo...l'ho già detto che ero proprio innamorato?
Era inutile che facessi i compiti: non li avrei fatti concentrandomi e quindi sarebbero proprio venuti uno schifo, quindi ho preferito lasciare stare. Magari mi sarebbe venuta un po' più di voglia più tardi, anche se la vedevo molto dura. Metto quindi le mie solite cuffie con la musica a palla e cosa mi capita come canzone scelta dalla riproduzione casuale? Una canzone J-Pop (pop giapponese), che originariamente era cantata da un gruppo coreano con il titolo di "기다릴게" (pronunciato "Gidarilge"). Rispecchiava perfettamente il mio stato d'animo in quel momento, poiché il titolo coreano significa "Ti aspetterò". E' una canzone molto energica, ma che allo stesso tempo tratta di un tema molto tenero, ossia di una storia che non è mai iniziata, ma che non è detto che non sia destinata a iniziare. Sperando che questa speranza ci sia anche per me. Non si sa mai cosa la vita ha in servo per noi. Intanto continuo ad avere la testa tra le nuvole senza freno. Sempre lì, in quel bellissimo Tengoku, di cui ho parlato prima.
Un giorno passa e arriva il secondo giorno di scuola. Mi sveglio alle sei di mattina che sembro un morto vivente a causa dell'insonnia. Ho pensato a lei per molto tempo e mi sarò addormentato alle due di notte, tre ore dopo essermi coricato. Non è normale questa cosa.
La rivedo entrare a scuola e sedersi nell'auditorium. Oggi era vestita ancora meglio di ieri: una maglietta attillata, ma sempre una di quelle asimmetriche che lascia una delle due spalle scoperte, dei jeans, anch'essi attillati, e un paio di All Stars nere, alte fino a sopra le caviglie, proprio come piacciono a me. Mi sembrava di assistere alla stessa scena di ieri alla fermata del pullman. Tutti che parlano e lei, così bella, se ne sta nell'angolo con un libro del mio scrittore preferito, che è Haruki Murakami. Stava leggendo "L'uccello che girava le viti del mondo", uno dei miei libri preferiti dello scrittore giapponese, insieme a "Norwegian Wood", "Kafka sulla spiaggia" e "1Q84". Grazie al libro, ho capito un'altra cosa, che può giocare a mio vantaggio. Il libro che stava leggendo non era scritto in giapponese, ma in italiano. Quindi vuol dire che vive in Italia qui da tanto tempo. E dovrebbe anche sapere molto bene l'italiano, dal momento che Murakami è uno scrittore, che scrive in modo molto poetico e intricato. Quindi si parla senza alcun problema in italiano: ho un problema in meno.
"E rieccolo che dorme!" mi dice Lorenzo, scuotendomi energicamente, ma non così tanto da spaventarmi come le volte precedenti. "Pensi sempre alle farfalle?"
"Ciao Lo! Tutto bene?" gli chiedo io.
"Mah...veramente la stessa cosa dovrei chiederla a te! E' da un po' che sei così...ehm...strano. In senso positivo, eh!"
"Eh va bene...sputo il rospo! Però andiamo a fare un giro per i corridoi, così ti racconto tutto con calma"
"Va bene! Come vuoi tu!"
Iniziamo a scendere le scale e io iniziavo a essere rosso come un pomodoro, sia perché siamo passati vicino a lei, ma anche perché ero abbastanza agitato per raccontare tutto a Lorenzo, anche perché lui non mi è mai stato così vicino in questi ambiti. Da quando mi sono lasciato con Denise, si è dimostrato molto più disponibile del solito e io di conseguenza mi sono aperto con lui.
"Allora..." Inizio timidamente a introdurre il mio discorso "Mi piace una ragazza!"
"Aaaah...cosa ti avevo detto? Lo sapevo che eri innamorato, te lo si leggeva in faccia! Sono contento per te, ma fai in modo che non sia la Brambilla! Lei è solo mia!"
"Ah no, tranquillo! Non te la tocca nessuno!"
"E allora? Chi è?" chiede lui, dimostrandosi molto impaziente.
"E'...E'...E'..." balbetto.
"E'?" ripete lui
"La ragazza con gli occhi a mandorla seduta li in disparte sui gradoni dell'auditorium!" Mi fermo un attimo e poi ricomincio. "L'ho vista per la prima volta ieri. Ma non penso che sia una primina, è troppo grande per essere una 2001."
"Luca.." disse Lorenzo con aria sconvolta "Sapevo questo tuo amore per l'Oriente, ma...addirittura farti piacere una ragazza cinese.."
Ecco la cosa che non doveva dire. Per Lorenzo tutte quelle con gli occhi a mandorla sono cinesi. Non esistono coreane, thailandesi, giapponesi o filippine, solo le cinesi. "1) E' giapponese. 2) Guarda quanto è bella! 3) So che non sono i tuoi tipi quelle con gli occhi a mandorla, ma...guardala!!!"
Niente...a Lorenzo non diceva niente! A quanto pare per lui "è carina". Solo carina. Non gli si addice questo aggettivo. E' troppo riduttivo per lei!!! TROPPO!
La campanella suona e tutti piano piano entrano in classe, lasciando l'auditorium vuoto. Le lezioni passano allo stesso modo di ieri: stando disattento, non prendendo appunti, pensando a lei, e disegnare kanji giapponesi (per chi non lo sapesse sono i caratteri presi dai cinesi che si distinguono dai due alfabeti giapponesi). Le ore volano lente e all'una, quando arriva il momento di uscire, la vedevo sempre lì, seduta sul marciapiede, aspettando il pullman, immersa nei suoi pensieri. E come lei, anch'io ero immerso nei miei pensieri. Pensavo al futuro e...chissà se una parte di futuro l'avrei passata con lei.

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Capitolo 5
*** 五 (Bellezza primaverile) ***


Torno a casa ed è sempre la stessa storia. Stavolta però sono riuscito a fare i compiti come si deve e, per svagarmi, sono uscito con il mio primo amico in assoluto, il mio compagno di avventure fin dalle elementari. Il suo nome è Christian e con lui ho condiviso moltissimi momenti stupendi per dodici lunghi anni. Lui è rimasto, rimane e rimarrà sempre quello che mi ha supportato di più nei momenti di difficoltà. Ci è sempre stato e sempre ci sarà, quindi potrò sempre contare su di lui in qualsiasi momento. Me la sento. Il mio sesto senso da amico non mi tradisce e so benissimo che sarà sempre con me e, ovviamente, io sarò sempre con lui nei momenti più difficili.
Inoltre lui condivide con me la passione per il Giappone. Attenzione...solo e solamente il Giappone. A lui non piacciono né la Cina, né la Corea del Sud e altri paesi nei dintorni, che non siano il paese del Sol Levante. Infatti ogni volta che gli parlo di K-Pop, della Corea, Cina, Thailandia o altri paesi estranei al Giappone, lui mi fulmina con lo sguardo come per dire "Che stai dicendo, o essere blasfemo?!?". Chissà come sarà la sua faccia quando scoprirà che mi sono innamorato di una ragazza giapponese! E chissà cosa dirà!
"NOOOO! Anch'io voglio una ragazza giapponese nella mia scuola!" Ecco le sue parole, ricche di invidia verso di me. Così tanta gelosia che avrebbe voluto quasi cambiare scuola.
"C'è chi può e chi non può" dico io in risposta. E intanto si erano fatte le sei del pomeriggio. Era arrivato il momento di andare al corso di giapponese, che io e Christian frequentiamo insieme ad altri ragazzi più o meno della nostra età, tra i quali quelli con cui ho legato di più sono Ilenia, Milena, Sabrina e Stefano. E sicuramente anche loro saranno molto pacati e tranquilli nel modo di rispondermi, quando avrò detto loro che mi piaceva la ragazza nipponica.
"Ma che culo!!!" esclama Ilenia "Perché non ho mai incontrato un jappo (io e il mio gruppo li chiamiamo così) che è figo? Non è giusto!!!"
"Sugoi!" ("Che bello!" in giapponese) grida Sabrina con una vocina dolce e cinguettante. "Come si chiama?"
"Non lo so, Sabri! Non ci ho parlato! L'ho solo vista ed è bastato quello per farmi innamorare!" le rispondo. "E avete visto che non mi sono innamorato di una coreana?"
"Bene! Quindi adesso rimarrai fedele al paese del Sol Levante, vero?" mi chiedono sotto forma di supplica Sabrina e Christian quasi all'unisono.
"Ma guardate che lo sono sempre stato!"
"E lascerai perdere per sempre ogni cosa riguardante Cina e Corea?"
"Fino a questo punto assolutamente no!!!" protesto io, ridendo sotto i baffi.
Ovviamente erano contenti per me. Lo sarebbero stati anche se fosse stata una ragazza italiana ovviamente, ma parlare di una ragazza, che proviene da uno dei miei paesi del mondo preferiti, fa tutto un altro effetto. E gli altri mi possono comprendere. Prima di tutte la nostra sensei ("insegnate") Eleonora, che è ufficialmente fidanzata con un ragazzo giapponese. "Ah quanto ti posso capire! Sembri me i primi giorni da quando mi sono messa con Daisuke". Queste sono state le sue parole.
Inizia la lezione. Quel giorno, dopo avere fatto un'introduzione sulla coniugazione degli aggettivi (Avete letto bene: coniugazione, non declinazione!), si è parlato di cultura e ci siamo concentrati molto sui nomi giapponesi, sia maschili e femminili. A ogni nome femminile associavo l'immagine della ragazza e vedevo se ci potesse stare bene con le sue caratteristiche. Tanti sono i nomi che mi hanno colpito e tanti sono stati i nomi nuovi, di cui non conoscevo né il significato, né tanto meno la loro esistenza. I più belli sono stati Aiko, che significa "Bambina d'amore", Ayame (菖蒲, "Iris"), Kaori (香織, che significa "Profumi intrecciati"), Ran (蘭, "orchidea"), Sakura (桜, "ciliegio") e Sayuri (小百合, "giglio"). E poi altri due, che la descrivano di più: uno è Yuriko (百合子), che significa "bambina dalle cento perfezioni", e l'altro è Harumi (春美), che significa "bellezza primaverile". Chissà se è uno di questi due, ma qualsiasi nome lei abbia, io non cambierò mai idea. Lei è e sarà sempre stupenda. Se sia una bellezza dalle cento o mille perfezioni o una bellezza primaverile, estiva o di qualsiasi altra stagione...non ha importanza, perché la parola "bellezza", in qualsiasi caso, rimarrà sempre la più evidenziata e utilizzata da me per descriverla in tutto il suo splendore.

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Capitolo 6
*** 六 (Come nei film) ***


Erano le due del mattino ed ero ancora sveglio. Indovinate per cosa o per chi…? Suppongo che l'abbiate capito subito…ormai sono diventato troppo prevedibile.
Ogni cosa che riguardava lei mi rendeva vulnerabile, debole davanti a tutto e fragile, proprio come un usignolo colpito da un sassolino scagliato dalla fionda di un bambino. Aiuto! Sono inerme, disarmato, senza alcuna protezione davanti a questo grande sentimento che gioca scherzi mica da poco!
Chiudo gli occhi, ma non ce la faccio! È più forte di me: anche nel buio più totale di quella stanza vedevo solo lei. Una cosa è certa: dal momento che non riuscivo a distaccare la sua immagine dalla mia testa, mi sarei sicuramente addormentato mentre pensavo a lei, così da averla con me anche nel sonno profondo della notte. Il giorno dopo in pullman avevo delle occhiaie che non facevano invidia nemmeno a un signore anziano che rimpiange gli anni della sua giovinezza. Nelle cuffie avevo Lana Del Rey…il che non mi aiutava a rimanere sveglio, ma era l'unica cantante che mi sentivo di ascoltare in quel momento di pura solitudine e pace con me stesso…e pensando al letto!!!
Tanto per svegliarmi, chiedo a Lorenzo e a Federico di fare una delle consuete passeggiate lungo i corridoi della scuola. “Come va con la tua nuova fiamma?” mi chiede curioso Lorenzo.
“Eh sì dai! Racconta, spara, bomber!” mi dice Federico con fare insistente e impaziente.
“Ragazzi, uno alla volta!” dico queste parole con l'intento di calmarli, poi aggiungo: “Solita storia: penso a lei, non ho il coraggio di andare da lei, ho paura di dire qualcosa di sbagliato e cose così! Con tutte le ragazze che ho avuto o con cui ho avuto storie meno serie non ho mai avuto questo tipo di problemi. Con lei è diverso…non saprei. Forse è perché in Asia hanno una concezione di cotta e di amore diverse da quelle che abbiamo noi, ma non lo so!” I ragazzi si guardano un attimo e poi mi dicono in coro un bel: “Daje!!! Forza e coraggio!” Forza e coraggio. Mi pigliate per il culo? A dirsi è facile, ma a farsi?
Vado dalle ragazze, che in questi casi, mi hanno sempre dato consigli giusti.
“Aspetta un bel po’! Si vede che è molto timida! Quindi vacci piano.” Mi consiglia Giulia. Consiglio completamente diverso da quello di Lorenzo e di Federico, ma sinceramente me l'aspettavo. Ed è per questo che mi fido più di Giulia.
“Ma ci hai parlato qualche volta?” Mi chiede Anna. Poi si introducono nel discorso anche Alice e Valeria, ex amiche della mia ultima ex.
“Uuuh…un Luca innamorato!” strilla Valeria. “Mica ti piacerà la Tosetto, vero?”
“Ma va, Vale! Gli piace una ragazza asiatica! Che tra l'altro non sa come si chiama!” Parla Alice. “Bene, è un'opportunità per dimenticare la tua ex!”
Ovviamente Denise ci doveva andare per forza di mezzo. Quella ragazza, alla quale ho dedicato vita, morte e miracoli, per poi non riconoscere niente di quello che le avevo dato in questi anni. Me l'ero già dimenticata, però ovviamente quando qualcuno ti ricorda qualcosa o qualcuno che ti ha cambiato la vita, è ovvio che tutto ciò che esce dalla bocca è un sospiro di timore. Timore di non passare più dei momenti belli come quelli che ho passato con lei. Il mare è grande, dicono tutti, ma la paura di non trovare un pesce, con cui si ha nuotato per tanto tempo, pinna nella pinna, tra le onde e le profondità dell'oceano, rimane sempre.
“Luca, non ci pensare! Quella non ti merita! Non ti ha compreso! Adesso hai questa ragazza a cui pensare? Ebbene…pensa a lei! Vedi cosa succede col passare del tempo e poi decidi! Solo una cosa però: dai tempo al tempo!”
Queste parole mi avevano reso felice e sollevato. Durante la lezione mi risuonavano come un'eco in alta montagna, dove regna il silenzio più assordante che si possa mai immaginare.
Arriva l'intervallo e mi chiamano giù in segreteria per ritare un modulo per una borsa di studio che avevo vinto l'anno scorso. Lascio una firma, ringrazio e me ne vado via velocemente per tornare dai miei amici per continuare il discorso che avevamo interrotto. Salgo le scale e lungo il corridoio sento qualcuno che correva anche più velocemente di me. Questo qualcuno mi viene addosso e gli cade il libro che teneva in mano. Mi giro di soprassalto e ho una visione eterea. La persona che mi aveva urtato era lei, la ragazza dagli occhi a mandorla che mi aveva fatto impazzire tre giorni fa. La mia faccia era veramente un qualcosa di impagabile: era una faccia come per dire un misto tra: “Oh cazzo, mi dispiace tantissimo!” e un “Oh porca troia, quanto sei fottutamente bella?!?”. Lei invece mi guarda per un attimo con un aspetto mortificato e poi si china a raccogliere il libro che le era caduto a terra. Velocemente si tira su e mi chiede più volte scusa con una vocina timida e impacciata, e tra l'altro…in un italiano perfetto. Intanto faceva piccoli inchini, come fanno in Giappone in segno di saluto. Detto ciò, se ne va via velocemente, allo stesso modo in cui mi è venuta incontro. Sulla cartella leggo due kanji che mi fanno capire il suo nome. Harumi. Uno dei miei nomi preferiti e, senza alcun dubbio, uno di quelli con il significato più bello. Deriva dal kanji 春 (letto Haru), che significa Primavera e da 美 (lettura Mi), che sta per bello, bellezza. Messo insieme si crea un epiteto perfetto per lei e per la sua personalità: bellezza primaverile. Questo è il significato del suo nome. La bellezza di un fiore di ciliegio, che, nel bel mezzo della primavera di aprile, sboccia e giunge al culmine del suo splendore.
Penso a lei anche durante le lezioni. Invece di ascoltare la mia prof di storia, mi sono messo a fare un disegno. Ho iniziato a rappresentare il suo nome scritto in kanji giapponesi, circondato da dei rami di ciliegio in fiore…con molta fantasia, dato che io non sono bravo a disegnare. E purtroppo questi fiori di ciliegio non rendevano giustizia a lei e al significato del suo nome…non rappresentano la bellezza primaverile, non rappresentano uno splendore che è appena sbocciato e che diventerà sempre più grande. Non rappresentano Harumi. Non rappresentano quella bellezza primaverile che tre giorni fa, quando l'ho vista per la prima volta, mi ha ucciso solo con un innocente sguardo da lontano, nemmeno da conoscenti. Cazzo…questo sì che si può chiamare un amore a prima vista.
Il mio primo incontro con lei è stato proprio come succede nei film. La classica scena in cui la ragazza abbastanza maldestra con i libri in mano va addosso al suo principe azzurro, il quale la aiuta a rialzarsi. Non so se dietro il suo sguardo si nascondeva lo stesso mio sentimento, ma per adesso non importa. Diamo tempo al tempo. Non la conosco da nemmeno una settimana e subito che penso al futuro? No, grazie, passo e chiudo.
“Vi siete incontrati?!?” mi dice Giulia tutta incredula, quando le ho raccontato tutto l'accaduto.
“Oddio che cosa tenera!” dice Alice. “E lei?”
“Ha chiesto scusa ed è scappata di fretta, forse proprio perché la campanella era suonata. Non avete idea: uno sguardo molto breve, ma che allo stesso tempo mi sembrava infinito.”
“Breve ma intenso, come si suole dire.” Si introduce Valeria.
“Già…ho anche scoperto il suo nome.” Dico io.
“Sì?!? Ebbene?”
“Si chiama con il mio nome giapponese preferito. Harumi.”
“Oddio che bello!” Esclama Giulia. “C'è un significato particolare?”
“Sì, c'é, ed è un significato bellissimo, che la rappresenta in tutte le sue qualità. Significa ‘Bellezza primaverile’.”
“Wow…ce l'avessi un nome con un significato così!” disse Alice.
Adesso però sono sempre più confuso. Come faccio a parlarle? Quando ci parlerò? Ma soprattutto…cosa devo fare? Sembra così timida! E ciò rende il mio obiettivo molto più difficile di quello che è già. Magari fosse mia! Aspetterò anche un anno, ma voglio almeno parlarci. Questi erano tutti i viaggi mentali che la mia testa si faceva in pullman con le immancabili cuffie nelle orecchie, che riproducevano una canzone degli U2. Diceva: “Ogni onda che si infrange sulla spiaggia dice alla prossima che ce ne sarà sempre un'altra”. Riferimento puramente casuale? No, signore! Denise era la prima onda. Si infrange e scompare confondendosi con la sabbia, che diventa umida. L'altra onda era Harumi. Voglio viaggiare nel mare insieme a lei. Voglio che sia un'onda del mio oceano, una goccia di sangue nelle mie vene, una lacrima che scende dai miei occhi. Voglio che sia mia, solo mia.

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Capitolo 7
*** 七 (Voci che finalmente si incontrano) ***


L'amore non è cieco, ma rende ciechi. Infatti non vedo nient'altro che lei in questo periodo. Sono follemente innamorato di lei, nonostante non avessimo scambiato nemmeno una parola. Cieco e pazzo, ecco come sono io. Così pazzo che ho deciso di fare una cosa folle, senza avere ascoltato il consiglio dei miei amici: avevo deciso di andarle a parlare una volta per tutte.
I due risultati di questa chiacchierata sarebbero stati due: o un inizio di magari un'amicizia o una grande figura di merda. Nonostante l'eventuale figuraccia…ho deciso di prendere coscienza delle conseguenze e di affrontare questa mia paura, che mi ha bloccato per questi pochi giorni. Ero determinato e quando io sono determinato non c'è santo che mi possa trattenere!
Non dormo la notte per pensarci e, quando suona la sveglia, mi fiondo giù dal letto e faccio colazione velocemente per stare in bagno per la bellezza di mezz'ora! Io sono uno che all'aspetto da tanta importanza, ma quel giorno gliene ho data ancora di più del solito. Volevo apparire al meglio: due lavate di denti, piastra, lacca, un quintale di profumo e addirittura una camicia nera a maniche corte. Sembravo pronto per una serata di gala. “Dove devi andare vestito così?” Mi chiede Lorenzo. “Mica vorrai fare colpo su Cin-Ciul-Lai!!!”
“Intanto Cin-Ciul-Lai si chiama Harumi” ribatto mezzo infastidito e mezzo divertito “poi…sì, voglio andare a parlarle”
“Eh bravo ragazzo!” Mi dice Federico, che si introduce nella conversazione, alzandosi rumorosamente dalla sua sedia. “Ma in che classe é?”
“É nella stessa classe della Brambilla e della Motta!”
“Una classe di cesse quindi!” Dice Lorenzo ironicamente.
“Ma proprio tanto tanto” ironizzo io ridendo a crepapelle, un po’ per la felicità e anche per sdrammatizzare il momento d'ansia che stavo passando.
Incredibile! Non sono mai stato così agitato per parlare con una ragazza. Boh…Harumi mi fa un effetto diverso, ancora peggiore dell'alcool e della droga. Perché almeno questi due intorpidiscono e stordiscono le persone, invece in questo caso non riesco a fare altro che pensare a lei. Tanto che quel giorno ho fatto il record di richiami da parte dei professori (quattro in un'ora intera) e inoltre il mio professore di fisica ha lasciato un commento sul mio look: “La stagione degli amori è finita ormai!”
Suona l'intervallo. È arrivata l'ora X! Sono determinato, vado in 3°AS per parlare con lei, ma non la vedo. Cazzo! Non dirmi che non c'è, pensavo in quel momento, insieme a tutte le imprecazioni che mi venivano in mente. Mancano due minuti alla fine dell'intervallo e il mio sguardo la cattura. La vedo starsene li per i fatti suoi con il libro di Murakami. Mi incoraggiavo ad andare da lei, mi davo pizzicotti sulle braccia per continuare ad avanzare, ma mi bloccavo. Continuo a fissarla, senza farmi notare. Che faccio? Vado o non vado? Mi muovo o sto qua? Cazzo… tra poco suona l'intervallo, che cosa faccio? Non avevo pace, mi sudavano le mani. Mi decido e inizio ad avvicinarmi e sento uno squillo: era la campanella. Lei si alza diligentemente e si avvia verso la sua classe. Un'occasione buttata nel cesso con tanto di tirata dello sciacquone. Un'occasione mandata a puttane. E perché? Semplicemente perché sono un cagasotto. Non sono un uomo, sono solo un coniglio, un codardo. Invece di lottare mi sono fatto prendere dall'agitazione e adesso? Sono rimasto fregato. Finirà sempre così, se avrò sempre questa reazione da fifone.
Durante la lezione di tedesco pensavo a tutte le volte in cui mi sono tirato indietro da situazioni di cui avevo paura. Mai combattuto fino all'ultimo. Una volta saltato il primo ostacolo (sempre se l'avevo saltato), non sono mai stato capace di andare avanti per molto tempo. E perché? Per questa mia attitudine da persona insicura che non mi fa andare da nessuna parte e che mi fa sempre avere l'ansia di fare la scelta sbagliata, nel momento sbagliato. E il bello è che non riesco a migliorarmi. E quindi rimango molte volte deluso delle mie esperienze.
Finisce il giorno di scuola e vado alla fermata del pullman come di consueto, pensando e ripensando a questa chance che ho avuto di rompere il ghiaccio. Cosa succede però? All'orizzonte, lontana da me vedo Harumi. Sarà forse questo il momento per provare? Beh…se non faccio qualche passo avanti, non lo saprò mai. Il mio cuore inizia ad accelerare i battiti. Raccolgo il coraggio, emano un respiro profondo come la fossa delle Marianne, mi alzo e vado da lei. Molto lentamente, ma avanzo. Sono a due passi da Harumi, ma le parole mancano e, se ce le ho, mi escono con un suono soffocato. Mi pizzico ancora una spalla per farmi coraggio, ma ancora niente. Ad un tratto un ragazzo rozzo e vestito da tamarro la urta per sbaglio e le fa cadere il libro di Murakami. Mi abbasso di fretta e glielo raccolgo. Alla fine, incredibile, ma vero…esce la mia prima frase.
“Ecco. Deve essere tuo.” la mia voce tremava e il mio gesto si vedeva che era stato come uno stimolo involontario. Era scattante, frettoloso e agile, proprio come i movimenti di un ghepardo.“
"Grazie mille” dice lei con quella bellissima voce angelica. Potrei approfittare di questa occasione per iniziare a parlare, pensavo. Se non l'avessi fatto, sarei stato proprio un coglione. Quindi raccolgo il coraggio e dopo un po’ di silenzio rompo nuovamente il ghiaccio.
“Certa gente che non guarda dove va!”
“Eh…già!” Dice lei tutta timida.
Attimo di silenzio.
“Io sono Luca” mi presento, allungandole la mano, tremante come una foglia d'autunno.
“Io mi chiamo Harumi. Piacere di conoscerti”
“Il piacere è tutto mio” dico io, facendo finta di non conoscere già il suo nome. Poi aggiungo: “Quindi sei giapponese?”
Lei sembrava stupita. “Sì, come hai fatto a capirlo?”
“Perché faccio un corso di giapponese e dopo una lezione sui nomi giapponesi, ho visto che c'è anche Harumi.” Poi aggiungo, sia per il fatto di essere esageratamente logorroico sia per farle i complimenti: “devo dire che ha un significato bellissimo!”
“Wow che gentile! Ne sono onorata!” Dice lei. “Che bello che studi giapponese! Adesso mi spiego perché non mi hai detto che sono cinese, come mi dice chiunque parli con me!”
“No no! Assolutamente no, io sto attento a certe cose!” Lei ride. E questo sorriso mi uccide. Immobilizzato, non mi ero nemmeno accorto che stava passando il pullman. Saliamo in due e ci mettiamo vicini. Lei seduta e io in piedi accanto a lei.
“Dove abiti?” Le chiedo.
“A Nova Milanese. Lo conosci?”
Taccio un attimo a sentire il nome di quel paese, dato che è lo stesso in cui vive anche la mia ex, però non dimentico di rispondere.
“Sì, lo conosco bene, perché io sono di lì vicino, di Desio precisamente.”
“Ah beh…allora non viviamo lontani”
“A quanto pare no!”
I discorsi si esauriscono subito però. Eravamo tutti e due timidi quindi è logico che durante la prima chiacchierata ci si senta un po’ a disagio. E anzi, è già andata meglio del previsto.
Quel giorno in pullman avevamo parlato di poco altro, come per esempio i vari interessi. Le piace moltissimo leggere libri di tutti i tipi e disegnare. Soprattutto animali e paesaggi primaverili. Per quanto riguarda la musica…abbiamo più o meno gli stessi gusti. Anche a lei piace tantissimo Lana Del Rey e ovviamente anche il pop giapponese. Di coreano ascolta poco, ma le piacciono tantissimo anche i gruppi k-pop. Insomma ho scoperto già un bel po’ di cose di lei e questo mi ha reso felicissimo, perché non pensavo che andasse così bene questo primo incontro.
Arriviamo in stazione. Lei deve prendere un altro pullman e io il treno. Ci separiamo quindi con un sorriso sulle nostre labbra. Forse nel suo non c'era nient'altro che un sorriso da amici, ma nel mio si nascondeva un sentimento che va oltre l'amicizia. È proprio un volere, che chiaramente va coltivato pian piano come una pianta di ciliegio.
Prendo il treno, nelle cuffiette “난 니가 좋아” del gruppo coreano dei GOT7. Il titolo di quella canzone significa “mi piaci”. Frase ideale per quel momento. E finalmente mi siedo con un peso in meno, felice di avere fatto la scelta giusta al momento giusto per una volta nella mia vita. Ovviamente non mi lascerò scappare dalle mani questa possibilità di coltivare qualcosa con Harumi. Ci sarò per lei e sono pronto per iniziare un'amicizia con questa meravigliosa ragazza con gli occhi a mandorla più belli che abbia mai visto.

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Capitolo 8
*** 八 (E' soltanto l'inizio) ***


Ho veramente parlato con Harumi? Non ci posso credere! Uno degli ostacoli è superato. Beh…ostacolo è una parola grossa, considerato che ce ne saranno molti altri. E anche ben più difficili. Questo primo impedimento aveva il compito di rompere il ghiaccio con lei. E finalmente le nostre voci si sono riunite e confrontate. Cosa potevo chiedere di più? La luna! In quel momento ero proprio al settimo cielo. Anzi…anche al decimo!!! Non ho ancora realizzato del tutto. Quindi sono giunto a una conclusione: molto probabilmente stavo sognando e, pensando che stessi facendo un bel sogno, nessuno mi ha dato un pizzicotto per svegliarmi. Ma pensandoci e ripensandoci…mi accorgo che quella chiaccherata con Harumi c'è stata veramente. E ora è solo l'inizio. Il ghiaccio è stato rotto, ma ora devo fare in modo che questo non si riformi. Devo far mantenere l'acqua alla temperatura giusta per non farla ritornare ghiaccio. E quindi che si fa? Si continua a cercarla. Eccome se lo farò!
Il giorno dopo a scuola non esito due volte a raccontare tutto ai miei compagni di classe, i quali hanno delle reazioni completamente tranquille e pacate (ironicamente parlando).
“NON CI CREDO!!!” strilla Giulia, facendomi quasi fischiare le orecchie.
“Che bello! Alla fine hai avuto il coraggio di parlarle quindi!” Si sorprende Alice.
“Bella bomber! Sei un grande” dice Lorenzo, non appena sente tutto il racconto. “Prossima mossa…fidanzatini!!!” “We we…andiamoci piano!” Lo fermo io.
“Ecco Luca, bravo!” Si complimenta Giulia. Poi si rivolge a Lorenzo, dicendo: “Che fidanzatini?!? Non la vedi com'è timida! Bisogna andarci piano. Piuttosto perché non pensi alla Brambilla tu?”
Lui si ammutolisce, come un cane che si è seduto in seguito all'ordine del padrone.
Giulia riprende a parlare. “Luca, tu sei un bravissimo ragazzo. Quindi so già che non avrai problemi. Ma per qualsiasi cosa…tu sai che io ci sarò sempre! Mi permetto di consigliarti solo una cosa: come ho detto prima, vacci piano. È molto timida, quindi ovviamente non le piaceranno i ragazzi che si affrettano.”
“Assolutamente!” Rispondo io. “Tra l'altro non so nemmeno se le piaccio. Ci siamo parlati per una mezz'oretta in pullman. In un periodo di tempo così breve è impossibile capire se una persona prova dei sentimenti così forti. Bisogna conoscersi di più!”
“Hai capito tutto. Bravissimo!” Queste sono le parole di Giulia, che mi rassicurano moltissimo.
Ero abbastanza sicuro e cosciente di quello che avevo in mente di fare. Adesso che il silenzio è stato spezzato tra me e Harumi, devo far sí che le nostre parole continuino a incrociarsi in dialoghi, che piano piano potevano diventare sempre più seri.
Ovviamente informo anche il gruppo di giapponese del mio primo scambio di parole con Harumi! E le reazioni non si manifestano diverse rispetto a quelle dei miei compagni di classe.
“CHE BELLO!” Cinguetta Sabrina, tutta allegra e felice per me.
“Luca parla con una giapponese e non con una coreana!!!” Dice Ilenia, come se avesse scoperto tutto in quel momento.
Anche Rebecca, Milena ed Elena non si trattengono. Ho parlato a tutti di questo avvenimento, ma ho lasciato qualche parola in più per Christian. Con lui, essendo il ragazzo che mi conosce da più tempo, ho un rapporto diverso rispetto a quello che ho con gli altri. Non gli ho mai nascosto niente, quindi perché mai avrei dovuto risparmiarmi qualche dettaglio? Gli ho raccontato tutto, ma che sia proprio tutto, senza tralasciare nemmeno una virgola.
“Sono troppo contento per te, watashi no tomodachi (amico mio). È un occasione per dimenticare Denise. Se ti piace, continua. Non mollare.” Le parole di un amico fanno sempre bene. Consolano, incoraggiano, trasmettono messaggi e non tradiscono mai. Poi…se si parla di amici come Christian…potrei mettere la mia mano su un ceppo ardente per lui. E non me ne pentirei.
Le sue parole mi hanno sempre trasmesso tantissimo e questa volta ancora di più. Questa volta mi sono sentito proprio come se fossi un maratoneta sulla linea di partenza, in attesa dello sparo che da inizio alla gara. Lo sparo simboleggia quella chiaccherata e da lì parte tutta la competizione, che non solo è lunga come una maratona, ma comporta anche degli ostacoli. E mica semplici da superare. Possiamo dire che quella chiaccherata è solo un grande inizio. E l'ho capito veramente parlando con una persona importante, su cui potrò sempre contare a occhi chiusi: il mio migliore amico.

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Capitolo 9
*** 九 (Solitudine che uccide) ***


È superfluo raccontare tutti i giorni successivi a quella prima chiaccherata con Harumi, perché più o meno succedevano sempre le stesse cose: ogni volta che ci incrociavamo nei corridoi della scuola ci salutavamo allegramente e ci chiedevamo come stavamo. E alla fermata del pullman parlavamo del più e del meno, dei voti a scuola, dei nostri impegni scolastici e non, tempo libero e vari hobby. Quindi direi che non eravamo più semplicemente dei conoscenti. Eravamo proprio amici. Contenti di parlare l'uno con l'altro e di scambiare conversazioni.
Una chiacchierata più piacevole del solito è quella in un pomeriggio di ottobre. Caldo per essere in quel mese e con un cielo velato di soffici nuvole bianche. Abbiamo iniziato a parlare di compiti e poi siamo finiti a parlare dei nostri fratelli.
“Ho un fratellino di 12 anni e uno di 2!” Mi dice Harumi. Io ero un attimo sconvolto quando ho sentito questa notizia. Ha un fratellino di 15 anni in meno di lei. Stranissimo per un italiano, figuriamoci per un giapponese. “Wow! La differenza di età è enorme!”
“Eh lo so, ma lo volevamo tutti quanti, io prima di tutti!” mi risponde lei.
“Che bello!” esclamo io.
Dopo di che lei mi chiede se ho fratelli o sorelle.
“Anch'io sono il primogenito, però ho una sorellina. Ha 15 anni!”
Boh…sarò io che mi faccio tutte queste paranoie, ma per me parlare della famiglia non è una cosa che si fa da amici. Io con le mie amiche parlo dei miei problemi o dei loro, mentre con i miei amici maschi parliamo di culi, tette, ragazze e di altro. Ma con nessuno ho mai parlato della mia famiglia. La trovavo una cosa da fidanzati, e non da amici! Però, boh…con lei mi è sembrato quasi naturale parlare di queste cose. E non ho fatto nemmeno fatica a confidarmi. Che sarà? Lo si scopre solo andando avanti e continuando a parlare con lei. Soprattutto ora che i discorsi stanno diventando sempre più interessanti.
Qualche giorno dopo quella conversazione però…Harumi fa la sua prima assenza a scuola. Non la vedo per un giorno intero. È la prima volta che succedeva e non ero abituato a non vederla. Quel giorno mi sono sentito come se fossi solo, anche se non lo ero veramente. Sentivo che mancava qualcosa e, nello specifico, qualcuno. Harumi mancava, ma alla fine mi tranquillizzavo, perché alla fine capita di fare una o due assenze. Magari era ammalata. L'autunno miete un casino di ragazzi e li costringe a stare a casa da scuola tra le calde e ospitali lenzuola del letto nella loro cameretta. Quindi…fa niente. Si riprenderà tra qualche giorno. Peccato però che dopo altri tre giorni non si fa vedere a scuola.
Passano quattro giorni, cinque, sei ed è ancora assente. Passa il weekend e Harumi non si fa ancora viva. A quel punto comincio a farmi qualche domanda, tra le quali spicca LA domanda. Dov'è Harumi? Cominciai a sentirmi proprio come una rondine che vola verso i paesi caldi, triste di lasciare il luogo precedente e consapevole del fatto che le mancherà tanto il suo vecchio giaciglio. Mi sentivo proprio una sensazione di vuoto e di malinconia: non ero più abituato ad andare in pullman da solo. Era da tantissimo che non trascorrevo il viaggio di ritorno da scuola con le cuffie. Ricordo che in una di quelle giornate, mentre stavo tornando a casa, risuonava una canzone coreana che si chiamava “그리워해요” (letto Geuriwohaeyo), che significa “Mi manchi”. Come al solito il mio cellulare sceglie canzoni sempre adatte al mio stato d'animo ed è sempre pronto a quasi farmi commuovere. Non ho pianto durante quella canzone, però sentivo una specie di solitudine, un vuoto che doveva essere colmato in qualche modo.
I giorni passano, passano e passano ancora, ma di Harumi non c'è traccia. Sembra infinita l'attesa del suo ritorno a scuola e sono costantemente tormentato da pensieri strani. La mia paura più grande era che avesse cambiato scuola, ma non pensavo fosse così tanto probabile, perché altrimenti me l'avrebbe detto. Magari era andata via per una bella vacanza. Ma nel bel mezzo di ottobre? Mi sembra troppo strano. Ci pensavo e pensavo ancora. Ma poi mi viene in mente una cosa ancora peggiore.
“E se fosse tornata in Giappone?” Esclamo io, mezzo disperato e mezzo impaurito.
“Ma da quanti giorni non viene più a scuola?” Mi chiede Lorenzo.
“Sono quasi due settimane. É impossibile che sia ammalata. Se avesse cambiato scuola me l'avrebbe detto. Per una vacanza è un po’ improbabile, ma anche se fosse penso che mi avrebbe avvisato anche in questo caso. Rimane solo una cosa: è tornata al suo paese.”
“Eh ma non te l'avrebbe detto anche in questo caso se avesse dovuto partire per il Giappone?”
Lorenzo in quel momento mi aveva dato una speranza in più. È vero: non è che una persona parte così, senza avvisare nessuno e senza dare nell'occhio. Poi mi suggerisce un'ipotesi abbastanza plausibile: “Magari deve risolvere delle faccende famigliari. Non ne ho idea.”
Non ne aveva idea, ma nemmeno io potevo avere la certezza di quello che le era successo. Però è l'idea più probabile. Magari è successo qualcosa di urgente, pensavo, e quindi ha dovuto aiutare i suoi genitori. Doveva essere andata in questo modo. Speravo che questa fosse la vera situazione. Lo speravo con tutto me stesso. Veramente. Ma allo stesso tempo, pregavo che non fosse nulla di grave o qualcosa che la portasse lontano da me per sempre. Avevo paura, perché non è la prima volta che succede una cosa del genere. Non con persone, ma con hobby. Un mio amico suonava divinamente il pianoforte, ma in seguito a un grave incidente in macchina, ha perso l'uso del dito indice e del pollice. Quindi…il suo sogno di esibirsi in almeno una delle concert hall più famose del mondo venne infranto da questo incidente. Allo stesso modo io avevo paura di avere perso Harumi, per qualcosa di grave e per sempre. Perché la sfiga quando ci mette è proprio una grandissima stronza.
Ridatemi Harumi, ne sento il bisogno. Rivoglio vedere quella ragazza splendida, sia fuori che dentro, dal sorriso di un angelo, dagli occhi a mandorla più belli che abbia mai visto in vita mia.

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Capitolo 10
*** 十 (Ferite non rimarginabili) ***


Anche la seconda settimana passa. E la paura era arrivata al culmine. Dopo quel margine c'era il baratro della pazzia, della disperazione. Non ero più lucido ormai ed ero al limite della depressione. Avevo perso quasi ogni speranza. Non avrei visto più Harumi in tutta la sua bellezza straordinaria. Non avrei più parlato con lei. Non avrei avuto più alcuna conversazione con lei. Un mese. Solo un fottutissimo mese è durata la mia amicizia con lei. E probabilmente è finita. Un'amicizia molto bella e adesso rovinata da non so che cosa. Che merda. Intenso, ma breve. Troppo breve.
Dopo un weekend passato a deprimermi chiuso in casa, con la voglia di stare da solo…torno a scuola il lunedì. E cosa succede? I miei occhi hanno una visione eterea e il mio cuore si alleggerisce come una piuma in volo. Harumi stava attraversando la strada, chiusa in un giubbotto nero. Non esistono parole per descrivere quel momento. Ero un concentrato di emozioni, eccitazione e felicità. Mamma mia quanto ero contento. Però questa felicità che provavo io in quel momento non era visibile nel suo volto. La ragazza giapponese sembrava abbastanza triste e crucciata. Era racchiusa in un'espressione che non lasciava trasparire quella che era la sua solita bellezza primaverile. Camminava anche lentamente, non con la sua solita grinta. La vedo sedersi nei gradoni come al solito, però questa volta con la musica. Dopo poco tempo si alza e se ne va. La campanella non era ancora suonata, quindi chissà dove potesse essere andata. Intanto vedo passare accanto a me delle ragazze, che erano sedute accanto a lei. Sento queste due oche parlare male di Harumi per via della sua timidezza. Ma andate al diavolo! Non sapete cosa vi perdete, pensavo io tra me me.
Suona la campanella e Harumi non era ancora tornata nel suo consueto posto. Chissà…! Mi veniva voglia di andare a cercarla ma magari, vedendola in quello stato, forse era il caso di lasciarla stare. Quelle di quel lunedì di novembre mi sono sembrate le lezioni più lunghe alle quali ho assistito in classe. Il tempo non scorreva, la lancetta dei minuti nell'orologio sembrava rimanere immobile. Pensavo ad Harumi e mi chiedevo per quale motivo potesse essere così triste e spenta.
"Luca, Luca! Ho visto Harumi!" dice Giulia, quasi correndomi incontro durante l'intervallo.
"Lo so! L'ho vista anch'io, ma boh...è strana." rispondo io.
"In che senso è strana?"
"Nel senso che la vedo molto spenta e per niente felice. Non so che fare!"
"Ma valle a parlare. Tanto ormai avevate iniziato già a parlare, no? Bene...se è qualcosa che non ti vuole o non ti può raccontare però, non insistere. Perché altrimenti ti dimostri invadente."
Ecco i consigli di Giulia, sempre pronta a dirmi le parole giuste al momento giusto del bisogno. Voglio veramente andare i più a fondo possibile in questa situazione, che mi sta angosciando, forse ancora di più rispetto a quando non sapevo nemmeno che fine avesse fatto Harumi. Vedrò, ma la situazione cominciava a preoccuparmi. Perché, nonostante l'avessi vista entrare a scuola, non l'avevo più avvistata in nessuna parte della scuola. Deve essere proprio successo qualcosa. E non penso qualcosa di poco conto!
Finisce la scuola. Tutti i ragazzi si fiondano fuori dal cancello per iniziare la loro corsa contro il tempo per prendere i mezzi. Io come al solito vado piano, dato che prendo il pullman vicino alla scuola. Nessuna traccia di Harumi fino a quel momento. Pertanto mi siedo sul marciapiede in attesa di vederla uscire da scuola. Chissà...magari con un umore diverso da quello di stamattina. La mia speranza si spegne in un istante, proprio nel momento in cui l'ho vista uscire dal cancello. Si dirige verso la fermata con la faccia segnata dalla tristezza e dall'inquietudine. Si avvicina verso di me e mi saluta, facendo un lieve inchino, poi si dilegua e si mette in un angolino dietro di me.
"Ciao Harumi" la saluto io di tutta risposta, girandomi verso di lei, che teneva il suo giubbotto in mano e che indossava un maglione rosa, con le maniche tirate su fino a poco sotto il gomito. Poi le faccio la domanda fatidica: "Come stai?"
"Bene, grazie." disse lei, accennando un lieve sorriso, che però svanisce subito. Da uno a dieci: la sua convinzione nelle sue parole era a livello ancora inferiore di zero.
"Ne sei sicura?" insisto io, dimenticando il consiglio di Giulia.
"Sì, sì, grazie. Sto benissimo" dice Harumi ancora meno sicura di prima.
E a quel punto decido di non parlare più, a meno che non avesse attaccato briga lei. Decido di non parlare, sì...fino a un certo punto però. Tutto in un tratto, noto sul suo braccio sinistro dei tagli. Saranno stati tre o quattro, tutti paralleli. E vedendoli non mi trattengo più. "Cos'hai fatto al braccio?" le chiedo io.
Lei tutta di fretta si copre il braccio coperto dai segni e balbetta: "Oh...n-n-niente!"
In quel momento capisco dal suo tono di voce che c'era veramente qualcosa che andava storto.
"Non ci credo." dico io "Se non vuoi dirmelo sei libera e non insisto, ma non mi puoi dire che non è successo niente."
Harumi non sa più che scuse inventarsi e quindi sputa il rospo, dopo aver emanato un respiro più profondo di un oceano. "Mia madre è morta."
In quel momento il mondo mi è crollato addosso. Ero pietrificato e mortificato allo stesso tempo per questa pessima notizia. Dopo un breve silenzio, decide di raccontarmi la storia.
"A te lo racconto, Luca. Da ciò che mi hai dimostrato sembra proprio che tu ti preoccupi per me. E' giusto che tu sappia." premette lei, poi comincia la vera storia. "I miei si sono separati quando io ero molto piccola, avrò avuto 2 anni. Si odiavano e mio padre non riusciva a trovare un lavoro in Giappone, quindi decide di trasferirsi in uno dei paesi di cui conosce la lingua e ha scelto l'Italia. Da quel momento lì non ho mai più visto mia madre. A settembre io e mio padre abbiamo ricevuto la notizia che mia madre era stata colpita da una grave malattia e i medici le davano altri tre mesi di vita, come massimo. Io non avendola vista praticamente mai, volevo assolutamente vederla, almeno negli ultimi giorni di vita. Quindi a ottobre ho chiesto a mio padre di andarla a trovare e così abbiamo prenotato il primo volo disponibile per Tokyo. Siamo arrivati lì però che era morta da due giorni. E così non ho fatto in tempo a vederla nemmeno per un secondo. Solo la sua foto il giorno del suo funerale ho visto." si interrompe e scoppia in lacrime. Dopo poco però trova la forza di parlare ancora. "Era il mio sogno potere rivederla. Nessun altra cosa volevo. Solo quello e non l'ho ottenuta. Poi mi sono pentita di avere cambiato scuola perché qui tutti, a parte te, mi trattano come se fossi una straniera. E...insomma la mia vita fa schifo. Non sono mai arrivata a fare un gesto così estremo come tagliarmi, però non ce la potevo fare. O piangevo e continuavo a sentire dolore o mi ferivo ed ero più felice. Ho scelto la seconda."
Mi venivano i brividi ad ascoltarla. Ed ero sull'orlo di piangere anch'io. Mi trattenevo ma per pochissimo. Come fa una ragazza così bella, solare e dolce a sopportare un dolore così grande? Ma soprattutto...se lo merita? Ci sono così tanti stronzi che la passano liscia ogni volta e la sfiga su chi si deve abbattere? Sui deboli e sulle persone fantastiche come Harumi. E' un'ingiustizia più unica che rara e, vedendola piangere, mi piangeva il cuore, forse anche più forte di quanto stesse già facendo lei. Le lacrime amare di una ragazza bellissima, una ragazza che ha visto il sogno più grande della sua vita infrangersi proprio come un vaso di ceramica e sparire come una delle persone che avrebbero dovuto essere molto importanti nella sua vita: sua madre.

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Capitolo 11
*** 十一 (Per te ci sarò sempre) ***


E intanto piangeva, piangeva e ancora piangeva come una fontana. In casi come questi non so mai cosa dire. Anche per il solito discorso della mia paura di dire la cosa sbagliata al momento sbagliato. Magari le mie parole avrebbero potuto peggiorare la situazione, ma non potevo comunque stare zitto e quindi mi esce un timido: “Mi dispiace!”
Questa dimostrazione di dispiacere ovviamente non poteva farla stare meglio, anche tentando e ritentando.
“Merda, che cosa terribile!” Aggiungo io, che mi sentivo estremamente coinvolto emotivamente.
Harumi non smetteva di singhiozzare e tra i vari fiumi di lacrime che scendevano dalle sue candide guance trovava comunque la forza di parlare ancora: “Non è colpa tua.” Dice lei. “È la vita che fa schifo. La mia soprattutto!”
Mi distruggeva vederla così. Una ragazza così bella e dolce, afflitta dall'amarezza e dalla depressione per una perdita così importante. Per una volta infatti trovo le parole giuste per provare a rassicurarla.
“Harumi, non fare così! La tua vita non fa schifo, è il cerchio della vita che è fatto così! Hai 16 anni, so che è un età molto delicata per una tale perdita e so anche che non è facile superare un trauma così forte, anzi è quasi impossibile secondo me. Io non sono riuscito ancora a riprendermi dalla rottura con la mia ex, avvenuta un anno fa, figuriamoci se fosse morto uno dei miei genitori! Ciononostante mi sento di dirti che, credendo in te stessa e nelle occasioni che la vita ti da e che ti darà sempre più, riuscirai a vincere o, almeno attenuare, questo trauma che ti sta distruggendo. È difficile, ma non impossibile.” Dico io con un filo di voce, trattenendo a stento le lacrime. Dopo una brevissima pausa in cui sospiro profondamente, riprendo con una cosa che avrei voluto dirle fin da subito: “Una canzone dice ‘People help the people’, che come saprai bene significa 'le persone aiutano le persone’. Quindi con ciò ti prometto una cosa: se hai bisogno di aiuto…io ci sarò per te. Sempre. Su di me potrai contare anche con gli occhi bendati”.
Glielo dissi guardandola profondamente negli occhi e lei che mi guardava con gli occhi lucidi e accennando un debole sorriso. “Grazie Luca” mi ringrazia lei con la voce rotta dal pianto.
“È il minimo che io possa fare, Harumi.” Le rispondo io, poi alzo lo sguardo e vedo il pullman in lontananza. “È arrivato il pullman” le dico io.
“Io aspetto mio padre oggi” mi risponde lei “Vai pure quindi”.
“Allora fa niente! Aspetto che tuo padre arrivi, se non ti da fastidio.” ribatto io, dileguandomi dalla massa di ragazzi che si avvicinavano al pullman come una mandria di buoi. “Non mi da assolutamente fastidio. Anzi, mi fa molto piacere. Grazie mille ancora.”
Con questa mio gesto le strappo un sorriso, che fortunatamente era un po’ più esteso rispetto a quello di prima. Ero troppo contento di averla fatta sorridere. Anche perché in un momento come questo bisogna fare di tutto tranne che peggiorare le cose.
“Sei molto disponibile. Ti ammiro molto per questo.” Mi dice Harumi.
Ed ecco che arrossisco come un pomodoro. “Come ho già detto, è il minimo che io possa fare, Harumi. Ti vedo triste e non ti posso lasciare così in questo stato. Gli amici fanno questo, no? Consolano e aiutano nei momenti critici e difficili!” Rispondo io.
“Magari tutti facessero il tuo ragionamento! Ai miei compagni di classe, pur vedendomi assente da ben tre settimane, non è importato niente di quello che è successo. Non si sono preoccupati della mia assenza e scommetto che non si chiedevano nemmeno il motivo per cui sono stata via. Tu sei l'unico che ha dimostrato interesse nei miei confronti.”
“Beh…è più forte di me. Io non riesco proprio a ignorare le persone che odio, figuriamoci le persone come te, alle quali tengo.” Mi fermo per paura di stare palesando troppo ciò che provo per lei. Poi riprendo: “Poi…considerando la mia pessima esperienza alle medie…mi sento in dovere di farlo ancora di più!”
Harumi tutta scossa mi chiede cosa mi fosse successo in quel periodo e se fosse stato qualcosa di grave. E io rispondo senza peli sulla lingua.
“No beh…rispetto a quello che è successo a te, non è assolutamente niente di grave. Solo che mi ha fatto stare molto male questa cosa. Alle medie ero stato bullizzato e poi fino alla terza media preso pesantemente in giro dai miei compagni di classe. Anche se non avevo fatto niente di male, mi sentivo una merda. Tornavo a casa mia piangendo perché non avevo amici e perché nessuno si preoccupava per me. Quindi è stato un periodo molto brutto. A dire la verità avevo paura che succedesse la stessa cosa al liceo, ma fortunatamente non è accaduto nulla del genere. Forse perché sono cambiato io o forse perché ho trovato dei ragazzi fantastici che mi hanno dato la forza di andare avanti. E quindi, dato che mi sono sentito di merda in quel periodo, non voglio trattare le persone allo stesso modo in cui mi hanno trattato quegli stronzi delle medie.”
“Non capisco come potessero prenderti così tanto prenderti di mira. Un ragazzo come te…! Già non capisco il bullismo, poi se è fatto su persone come te…ancora peggio!”
“Sono onorato di sentirti dire queste parole, Harumi!” “Sto solo dicendo la verità, Luca!”
“In qualsiasi caso…io ho passato tre anni di inferno alle medie, ma mi sono risollevato. Lo stesso lo devi fare tu! Solo tirandoti su e assaporando le cose positive e l'essenza della vita riuscirai ad affrontare i demoni del passato che ti corrodono dentro. E io farò di tutto per aiutarti se avrai bisogno. Questo te lo prometto con tutto il mio cuore.”
Harumi riprende a piangere, ma per la commozione stavolta. L'avevo capito perché, mentre piccole lacrime uscivano dai suoi occhi a mandorla, mi guardava con il suo sorriso stampato in viso. Il sorriso di cui mi ero innamorato.
“Oh…è arrivato mio padre!” Disse, non appena vede una macchina nera e abbastanza grande. Ci alziamo insieme e ci salutiamo in un modo completamente inaspettato da me. Mi abbraccia.
“Grazie mille per il tuo supporto e per il tuo aiuto.” Mi dice mentre io la stringo tra le mie braccia per darle forza e per trasferirle il coraggio di affrontare la sua vita.
“Ricordati…quando vuoi, io ci sarò sempre!” Le dico io con tono deciso e quasi con il dispiacere di lasciarla andare via da questo sincero abbraccio. Però ero obbligato, dato che non volevo già essere odiato da suo padre!!!
“Ciao Harumi. A domani!”
“Ciao Luca!”
Così finisce il dialogo più bello che abbia mai avuto con una persona come lei. Ero in una bolla di emozioni diverse: ero ancora dispiaciuto per la storia di Harumi, ero ancora scosso e pietrificato, ma allo stesso tempo il mio cuore si era un po’ sciolto, soprattutto in seguito a quell'abbraccio. Inoltre ero anche soddisfatto e contento di averle dato i consigli adatti per affrontare questo momento difficilissimo. Però io ci sarò per lei. Per Harumi…questo e molto altro ancora!

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