La pianta di rose

di APPLETREE
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima parte ***
Capitolo 2: *** Seconda Parte ***



Capitolo 1
*** Prima parte ***


Note alla storia: prima parte di un racconto ispirato dalla canzone dei Mecano ‘una rosa è una rosa’. La dedico a Kaos3003 in quanto è stata lei con il suo racconto ‘Una menzogna ed un credo’ ispirata a questa canzone a farmela conoscere, e anche perché adoro ciò che scrive :D

la seconda parte la pubblico stanotte.

 

Ovviamente la dedico anche a Severus per il suo compleanno, auguri mio adorato professore!

 

 

 

La pianta di rose

 

Prima parte

 

 

Il genere Rosa appartiene alla famiglia delle Rosacae. I fiori sono solitari e riuniti in infiorescenze a corimbo e sono ermafroditi o unisessuali per aborto di un sesso. Il numero dei petali nella rosa varia a seconda della specie ma anche se si tratta di specie coltivate o selvatiche.

 

Harry non aveva mai messo tanta attenzione e cura in nient’altro prima di allora, e la cosa stupì lui prima di tutto e lasciò interdetti i suoi migliori amici.

Tutto era iniziato pochi mesi prima, quando aveva chiesto a Neville di supervisionare il suo lavoro, il giovane Longbottom si era incuriosito parecchio ma era felice del nuovo hobby del compagno di stanza.

Harry aveva acquistato i semi di una specie particolare, la rosa Noisette. Si era recato in biblioteca parecchie volte alla ricerca di testi sulla cura delle piante, e ciò che non aveva trovato tra i libri della scuola se l’era procurato per corrispondenza. La coltivazione cominciò a settembre. Neville lo aiutò soprattutto nella fase iniziale; mettere i semi nei vasi, l’annaffiatura, la concimazione. Gli spiegò come evitare che i gambi appena nati si piegassero, aggiungendo una semplice stecca di legno legata ad essi come sostegno. Harry sembrava estremamente felice e rilassato solo quando si prendeva cura delle tre piantine, e Neville lo trovò confortante visto tutto quello che l’amico stava passando.

 All’inizio tenne le piante in dormitorio ma man mano che i giorni passarono, fu costretto a cercare un altro spazio dove tenerle a una temperatura adatta, corretta con un incantesimo quando necessario, e dove arrivasse la luce del sole.

Il perché di questa nuova passione rimase un mistero per tutti, almeno per qualche tempo.

 

Durante l'annaffiatura, i fiori delle rose non devono essere bagnati così come le foglie perché si favorirebbe l'insorgenza di malattie.

 

Subito dopo natale al rientro dalle vacanze Harry era ancora più taciturno. Aveva sorriso anche lui per le battute che Ron e Seamus gli avevano fatto in quei mesi riguardo all’attenzione estrema che riservava alle sue piantine, aveva riso anche per la poco velata allusione di Dean sul fatto che il suo fosse un comportamento poco maschile, battuta alla quale Neville reagì parecchio male sentendosi colpito anche lui, visto quanto tempo passava nelle serre per la stessa ragione di Harry. Intorno al primo gennaio, Harry decise di dare un aiutino alle sue piante di modo che fiorissero più rapidamente. Sapeva che non era corretto forzare la natura, ma lui aveva fretta, e il tempo che aveva a disposizione stava per scadere.

 

Si adatta a qualunque tipo di terreno purché lavorato in profondità, ben concimato. Le piante vengono collocate a dimora in autunno o alla fine dell'inverno nelle zone con forti geli, la concimazione si effettua all'inizio della ripresa vegetativa, incorporando nel terreno letame maturo.

 

Quando la mattina del nove gennaio Neville entrò tra i primi nell’aula di pozioni, rimase sconvolto e realmente confuso.

 Harry entrò nell’aula poco dopo, il volto inespressivo. Neville si riscosse e prese posto in attesa che arrivasse il professore. Nessun altro pareva essersi accorto del vaso di terra cotta con la piccola pianta di rose posta ai piedi della cattedra, e anche se l’avessero notata, non era la prima volta che venivano usate delle piante per le pozioni. Harry aveva preso posto vicino a Ron come al solito e nascondeva bene il suo nervosismo.

Quando il professor Snape entrò, osservò rapidamente i suoi studenti e cominciò subito a parlare della lezione del giorno. Chiese a tutti di portargli le pergamene con i compiti che aveva assegnato l’ultima volta e si accomodò al suo posto. Mentre i ragazzi sfilavano davanti a lui per ciò che aveva richiesto, finalmente vide la pianta. Neville osservò attentamente il suo volto e poi quello di Harry, che adesso pareva veramente teso. Snape alzò un sopracciglio senza distogliere lo sguardo dal vaso circondato da un nastro rosso, e dal piccolo biglietto chiuso in una bustina che vi era attaccato.

Dopo qualche secondo in cui pareva essersi isolato dal mondo, si schiarì la voce e cominciò a dare le istruzioni per la pozione di quel giorno, senza badare più alla pianta.

Neville notò che le spalle di Harry parevano essersi rilassate, e si concentrò infine su ciò che dovevano fare.

Tutti si misero al lavoro, e sicuro di non essere più osservato dai suoi studenti prese il biglietto e lo aprì.

Neville che era seduto in seconda fila non aveva perso il movimento del professore e di sicuro nemmeno Harry. Snape lesse rapidamente, gli occhi neri coperti dalle ciglia non lasciavano trapelare nulla. Una volta letto, ripose il biglietto nella tasca e puntò il suo sguardo su Harry.  Neville vide che il compagno era arrossito furiosamente, forse non si aspettava che l’altro capisse che era stato lui a mandargli quel regalo, o forse aveva scritto chiaramente la sua identità e ora si vergognava. Neville non riusciva davvero a comprendere per quale ragione Harry avesse deciso di dare al professore una delle piante che aveva coltivato con un amore quasi febbrile, forse un giorno glielo avrebbe chiesto.

Al termine della lezione tutti uscirono rapidamente, Neville fu più lento degli altri e anche Harry a quanto pareva ci stava davvero mettendo una vita a riporre il libro, le piume e le pergamene all’interno del suo zaino. Harry si accorse di essere osservato e vide Neville che gli sorrideva timidamente. A quel punto si rese conto che lui aveva capito tutto, e si imbarazzò di nuovo. Neville uscì insieme agli ultimi studenti rimasti, lanciando un’ ultima occhiata alla cattedra, dove il professore stava apparentemente correggendo i loro scritti.

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Capitolo 2
*** Seconda Parte ***


La pianta di rose

 

Seconda parte

 

Harry aveva aspettato quel momento con trepidazione mista a timore. Aveva sempre serbato nel suo cuore ogni sentimento nei confronti di Snape senza parlarne a nessuno. Strana la vita e ciò che a volte capita, come il fatto di svegliarsi un giorno e capire di amare e odiare qualcuno allo stesso tempo. Snape gli aveva sempre avvelenato l’esistenza con le sue battute acide, con parole taglienti e sguardi gelidi, eppure Harry non poteva semplicemente ignorarlo. Con il passare del tempo si era reso conto che aveva bisogno della sua voce, aveva bisogno delle sue attenzioni, anche se lo feriva continuamente. Quando aveva capito di non poterne fare a meno si diede dello stupido, strinse i pugni e si maledì per aver lasciato entrare il professore così a fondo nella sua mente, anche senza l’uso della legimanzia.

Sapeva che era un sentimento malato, un bisogno doloroso di avere la sua approvazione, del suo sguardo sopra di lui. L’anno prima era arrivato addirittura a provocarlo di proposito per passare del tempo con lui, anche se si trattava di punizioni durante le quali al massimo ne usciva umiliato e deriso.

Quell’anno invece aveva deciso di provare un’altra strada; evitare di provocarlo e cercare di fargli capire i suoi sentimenti in un altro modo. Ci aveva riflettuto tutta l’estate, soprattutto mentre si occupava di curare il giardino di sua zia. Fu in una di quelle afose mattine, mentre potava i rosai di Petunia che gli venne l’idea. Aveva stretto con troppa forza il gambo di una rosa ferendosi le dita, e le gocce di sangue che caddero a terra erano rosse e corpose come i petali delle rose. Il dolore era una piccola fitta fastidiosa, ma passò nell’esatto momento in cui infilò il dito tra le labbra e le strinse sul taglio, succhiando il sangue e lenendo la ferita con la punta della lingua.

Le rose erano come Snape. Ti affascinavano ma se ti distraevi un momento, ti potevano ferire, e tutto ciò che ti restava tra le dita erano i petali morbidi misti al tuo stesso sangue.

Aveva passato gli ultimi mesi a curare e far crescere quelle piantine di rose con l’intento di regalarne una al suo professore il giorno esatto del suo compleanno. Si ricordava che cadeva il sette gennaio, e così in fine arrivò il giorno.

Aveva preso il mantello dell’invisibilità e si era recato di nascosto nell’aula mentre tutti gli studenti stavano facendo colazione. Aveva sistemato il vasetto sul pavimento al lato sinistro della cattedra, e poi aveva raggiunto gli altri in Sala Grande per evitare di suscitare sospetti. Entrò nell’aula di pozioni dopo gli altri, cercando di nascondere l’agitazione che gli cresceva dentro. Aveva scritto anche un biglietto, ma non lo aveva firmato. Sarebbe stato troppo umiliante se il professore avesse voluto deriderlo pubblicamente davanti ai suoi compagni, e decise di non scrivere il suo nome. Gli avrebbe detto in seguito dopo aver visto la sua prima reazione, di essere lui il mittente.

Gli occhi di Snape non avevano fatto trapelare emozioni all’inizio, però non appena aveva letto il biglietto, il suo sguardo acuto si posò su di lui. Harry non riusciva a capire come avesse fatto a scoprirlo subito, ed era talmente sorpreso e terrorizzato dalla cosa che non poté trattenersi dall’avvampare. Ormai era inutile far finta di niente, avrebbe aspettato il termine della lezione per parlare con lui.

 

Neville fu tra gli ultimi ad abbandonare l’aula, non prima di concedergli un sorriso dolce. Harry avrebbe anche dovuto immaginarselo che l’amico non ci avrebbe messo molto a riconoscere la pianta infiocchettata che si trovava accanto al professore. Si sentì così stupido e arrossì nuovamente. Presto avrebbe parlato con Neville, anche perché di sicuro aveva intuito fin troppe cose riguardo ai sentimenti che aveva nascosto così bene a tutti quanti.

 

Snape prese in mano i compiti della classe, e si apprestò a sistemarli in ordine alfabetico. Alzò lo sguardo solo nel momento in cui sentì chiudersi la porta. Harry era ancora dentro, in piedi accanto al suo banco con lo sguardo fisso su di lui e non accennava ad andar via.

“Perché l’ha fatto?”

“Fatto cos-“

“Sa benissimo di che parlo. Questa cosa, - disse indicando la piantina con la mano, - perché?”

Harry sopirò passandosi una mano sulla faccia. Il momento era arrivato e non sapeva davvero come affrontarlo.

“Oggi è il suo compleanno.” Disse in fretta, ammutolendo poi nuovamente.

“Noto che è in grado di sottolineare l’ovvio, i miei complimenti.”

“Intendevo dire che essendo il suo compleanno non trovo poi così strano che abbia ricevuto un regalo.”

Snape rise, non una risata felice, ma più un suono simile a delle unghie passate su un vetro.

“Sono velenose per caso? Ha creato una qualche specie mortale che vuole testare su di me?”

Harry saltellò da un piede all’altro, nervoso e mentalmente impreparato ad affrontare una nuova sequela di insulti a suo carico. Quell’uomo sapeva davvero dargli ai nervi, ma stavolta ci si era messo da solo in quella situazione. Prese un respiro profondo e cercò di reprimere la voglia di mandare al diavolo lui e quella sua maledetta espressione strafottente.

“No, non sono velenose, – mentre parlava, si avvicinò lentamente alla scrivania del professore. – Sono solo delle rose, niente di più.”

Snape aggrottò la fronte in una delle sue migliori espressioni accusatorie. S alzò in piedi aggirando la cattedra. Ora erano a pochi passi di distanza.

“E allora, se non si tratta di una pianta letale, per quale ragione si trova nella mia classe?”

Harry si avvicinò ancora un po’.

“Gliel’ho detto, oggi è-“

Snape appoggiò il mento su una mano osservandolo in modo penetrante.

“Esatto questo l’ha già detto. Ciò che voglio sapere è perché dovrebbe regalarmi qualcosa, giacché non ricordo di essere tra i suoi professori preferiti.”

Harry sostenne il suo sguardo. Era la solita espressione fredda e derisoria, che sempre gli dedicava. Faceva male ma allo stesso tempo ne aveva bisogno, anche se si sentiva tremendamente bloccato, soprattutto visto ciò che avrebbe voluto dirgli. Avrebbe voluto afferrargli il viso tra le mani e sorridergli, dirgli ‘fammi entrare, smettila di tenermi fuori da ciò che realmente sei’, ma non poteva farlo.

“E’ solo un regalo, non pensavo avesse bisogno di tutte queste spiegazioni.”

Snape non sembrò per niente soddisfatto dalla sua risposta. Lo fissò con gli angoli della bocca all’ingiù, l’espressione severa. 

“Beh, se si tratta solo di questo, allora può anche riprendersela, non la voglio.”

Harry spalancò gli occhi. Come poteva essere così dannatamente contorto? Si arrabbiò.

“Bene, io gliel’ho data, ora me ne vado.” Gli voltò le spalle ma il professore lo afferrò saldamente trattenendolo con un braccio intorno alla vita. Se lo schiacciò al petto e a Harry mancò il respiro per la forza del contatto che stavano avendo. Poteva percepire un incredibile calore sulla schiena, dove la sua pelle, anche se coperta dai vestiti era premuta sul corpo dell’altro. Snape da quella posizione lo sovrastava quasi di una spanna. Portò una mano ad afferrargli il viso, e lo voltò di lato verso di sé.

La voce era poco più di un sussurro quando gli chiese:

“Che cosa vuole da me.”

Harry aveva il fiato corto come se avesse corso. Se avesse voluto, avrebbe potuto tranquillamente staccarsi da lui, reagire o anche mandarlo a quel paese, ma si sentiva la bocca secca come se non avesse bevuto per giorni e il cervello non mandava segnali coerenti. Socchiuse gli occhi sentendo il fiato caldo dell’altro sulla sua guancia mentre parlava. Sentiva perfettamente i fianchi spigolosi di Snape su di sé, la linea del suo petto e il suo ventre, il suo inguine premuto contro il suo sedere, e non capì più nulla. Gli aveva chiesto qualcosa, ma cosa? Ah sì, ora ricordava.

“Tutto ciò che mi può dare.” Riuscì in fine a rispondergli, ancora perso nella nebbia che offuscava la sua mente a causa di quelle sensazioni. Poco dopo sentì un leggero sussulto provenire dal petto dell’uomo, che crebbe fino a divenire una sonora e crudele risata.

“Non credo di avere nulla da darle Potter.” Disse, staccandosi di scatto da lui. Harry si voltò a guardarlo furente. Che uomo terribile, come poteva volerlo?

“Prenda quel vaso e se ne vada ora.”

“No non lo riprendo, è un regalo e ora è suo. Se non lo vuole lo butti o lo bruci, non m’importa.”

Harry aveva davvero il brutto vizio a volte di parlare a sproposito, e spesso le cose che diceva per rabbia non corrispondevano a ciò che realmente pensava. Forse il professore lo sapeva, o forse era solo un gran bastardo, perché appena Harry finì di dire così, ghignò crudelmente.

“Se è così… - disse,prendendo la bacchetta e facendo levitare la pianta verso il cestino della spazzatura. Il vaso si adagiò con un leggero tonfo sul fondo, ed Harry non aveva davvero più voglia di restare in quella stanza.

Sentì un leggero crack provenire dal cestino, e capì che qualche gambo si era spezzato. Pensò ai giorni e le ore che aveva dedicato alla sua cura. Con quanta dolcezza aveva canticchiato per loro, parlato per loro. Aveva seguito i suggerimenti di Neville fino in fondo, anche se alcune cose come quelle sembravano ridicole, ma tutti i consigli e le letture notturne avevano funzionato, perché le tre piantine lo avevano ripagato con tutto il loro splendore. Ora quella che aveva scelto come regalo per Snape non c’era più.

Sentì qualcos’altro fare crack dentro il suo petto, e corse via dall’aula, corse e corse senza nemmeno guardare dove andava.

 

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Neville lo vide molte ore dopo, quando rientrò in stanza. Si accorse subito che era triste e sembrava anche molto stanco.

“Come stai Harry? Non hai un bell’aspetto.”

Harry lo vide seduto sul letto. Aveva un’espressione preoccupata.

“Non sono sicuro di stare molto bene in effetti. Forse mi farebbe bene dormire un po’.”

Neville lo osservò mentre si cambiava e si infilava il pigiama.

“Ma è presto per andare a dormire, non scendi giù per la cena?”

Harry aveva perso il conto delle ore che aveva passato fuori dalla scuola, nei pressi della foresta a pensare da solo. Era rientrato che il sole stava tramontando.

“Non ho fame al momento, e se penso al cibo mi si chiude lo stomaco. Resterò qui, ma tu vai pure Neville. Ci vediamo poi ok?”

“Harry… so che non sono affari miei ma… è successo qualcosa dopo, emh dopo che me ne sono andato dall’aula? Ti vedo molto turbato e sembri così giù.”

Harry sospirò, e sdraiandosi sul letto con il braccio sugli occhi si mise a raccontare tutto a Neville. Tutto quanto.

Quando ebbe finito, si azzardò a guardare il compagno. Neville sembrava furioso,  il suo corpo era scosso da tremiti e teneva i pugni chiusi con aria minacciosa. Harry pensò stupidamente che lo avrebbe colpito, invece dopo aver mormorato qualcosa che somigliava a ‘viscido bastardo’, si voltò e uscì in fretta dalla stanza.

Severus Snape si trovava nelle sue stanze, impegnato nella preparazione di una pozione curativa per l’infermeria. Si seccò alquanto per l’irritante presenza che batteva insistentemente alla sua porta. Andò ad aprire pronto a mandare a quel paese chiunque si era permesso di disturbarlo in un momento tanto delicato, e restando invece sconvolto perché davanti a lui c’era un Neville Longbottom in assetto da guerra. In sette anni di scuola non gli era mai capitato di vedere quel ragazzo, sempre piuttosto timoroso nei suoi confronti, così infuriato. Dopo alcuni secondi di assoluto sconcerto, Snape notò che Neville teneva tra le mani la pianta di rose di cui si era disfatto la mattina. Probabilmente il ragazzo era andato a recuperarla dalla spazzatura.

“Posso entrare?”

Più che una domanda pareva un ringhio, e la totale sorpresa fece si che il professore si mettesse da parte senza proferire verbo. Si voltò verso il giovane, che pareva una bomba pronta a scoppiare.

“Perché l’ha trattato così? Che bisogno c’era di gettare il suo regalo nell’immondizia? E’ solo una pianta, non si tratta di un qualche pericoloso demone malvagio.”

Snape lo guardò male. Come si permetteva quel moccioso di andare da lui e dirgli come si doveva comportare? Questo fece sì che ritrovasse il dono della favella.

“Che cosa diavolo vuole Longbottom? Non le sembra di essere finito un po’ troppo distante dal suo territorio? E moderi il tono, perché altrimenti-”

“Altrimenti cosa? Mi toglierà dei punti? Mi metterà in punizione? Lo faccia pure se questo la fa sentire meglio. Ciò non toglie che stavolta ha davvero esagerato con Harry. Non le è bastato tormentarlo per tutti questi anni, vero? Doveva necessariamente dargli il colpo di grazia ferendo i suoi sentimenti.”

Snape si raddrizzò in tutta la sua altezza ed era così minaccioso che Neville per un attimo ebbe timore. Quell’uomo lo aveva sempre terrorizzato, ma ora che aveva trattato Harry a quel modo, dopo tutto l’amore che aveva riposto in quel dono, aveva finalmente trovato la forza di tirare fuori il suo coraggio Grifondoro. Non doveva avere paura, si disse. Snape era solo un uomo, solo un uomo.

“Longbottom io l’avverto, la smetta subito e vada fuori di qui prima che sia costretto a cacciarla con la forza.”

Neville lo fulminò e andò verso la sua scrivania, spostò le carte che vi erano sopra e ci poggiò il vaso. Alcune foglie erano spezzate, così come due o tre gambi. I petali di alcune erano caduti, ma nel complesso la piantina era ancora viva.

Il ragazzo si voltò a fronteggiarlo, e Snape era sicuro di non averlo mai visto così prima.

“Lei non ha idea di tutto l’impegno che ci ha messo Harry in questi mesi per crescere questa pianta. Ha dedicato ogni minuto libero del suo tempo, l’ha trattata con tutto l’amore e le cure necessarie e lo ha fatto solo per LEI!”

Il professore corrugò la fronte. In realtà aveva creduto che la pianta fosse stata acquistata in qualche serra, visto l’aspetto rigoglioso. Non avrebbe mai pensato che il ragazzo se ne fosse occupato di persona. Certo questo non rendeva il suo comportamento meno spregevole…

“Potrà anche non piacerle, ma è comunque un pensiero gentile nei suoi confronti, e come tale sarebbe stato corretto accettarlo. Ora, Harry mi ha detto di averle dato un biglietto con le istruzioni per la cura della pianta, quindi non ha bisogno d’altro. Arrivederci.”

Neville lo fissò un ultimo istante prima di lasciare la stanza, senza dargli il tempo di ribattere.

Snape andò a sedersi alla scrivania, e contemplando la pianta prese il foglio che teneva in tasca da quella mattina.

Il caro Potter si era dimenticato di camuffare la calligrafia, quindi per lui che era abituato a correggere i suoi compiti da sette anni non era certo stato un problema capire chi era il mittente. Il biglietto era scritto con inchiostro rosso.

“Le rose non necessitano di molta acqua ma hanno bisogno di luce. E’ preferibile non bagnare le foglie e i petali, concimare una volta ogni sei mesi, e per qualunque altra informazione io sono a disposizione per aiutarla. Buon compleanno professore.”

Snape sospirò e si grattò il mento, in cerca di un luogo dove mettere quella dannata pianta.





Vi ringrazio per averla letta, con questo si conclude la trilogia sulle piante iniziata con Tetranicus Urticae, poi The Flame Tree e in fine questa. Se non avete letto le prime due date un occhiata e fatemi sapere, la prima soprattutto è la mia preferita.
Ringrazio chi ha commentato la prima parte, vi risponderò direttamente con il tasto contatta, e grazie a chi commenterà anche la seconda parte.
A presto, Apple

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