Raccolta di Storie Sconnesse

di hely_e_Scripsi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Sconnessa Storia di mio nonno Laser ***
Capitolo 2: *** La Sconnessa Storia del Polinomio Malvagio ***
Capitolo 3: *** La Sconnesa Storia del Cantante Stridente ***
Capitolo 4: *** La Sconnessa Storia del Trapano Malvagio ***
Capitolo 5: *** La Sconnessa Storia del Ladro di Castelli ***
Capitolo 6: *** La sconnessa storia dell’Amore…no! Vabbè, la lascio così, al massimo lo cambiamo. ***



Capitolo 1
*** La Sconnessa Storia di mio nonno Laser ***


LA
SCONNESSA
STORIA
DI
MIO
NONNO
LASER


Buongiorno, fratelli del sole! Vi narrerò una storia  che mi è stata raccontata da mio nonno, che si chiamava Laser…
Barillio e Ullallò, grandi amici, avevano una casetta piccolina in Canada e tutte le ragazze che passavano di là dicevano “Che bella la casetta in Canada!”
Ma, un brutto giorno, la casetta bruciò. Il suo funerale si celebrò due giorni dopo a Sant’Apollinare di Giufifi che non era mai esistito ma vabbè. Un avvocato che abitava lì vicino e che aveva assistito al funerale un giorno si svegliò con la luna storta e decise di fare causa per diffamazione, ma nel processo si confuse e vinse l’avvocato della parte avversaria, che era un tipo brutto, piccolo e nero che giocava a poker senza mai vincere.
Due giorni dopo il processo, nel paese vicino, Ambarabacciccicoccò, tre civette che abitavano sul comò di una casa vecchia di mille anni che non sapevano cosa fare telefonarono alla figlia del dottore con la scusa di un consulto e si unirono tutti e quattro nella scintilla della vita. Durante l’atto, però, il preservativo si bucò e dopo nove mesi il dottore fu nonno. Non appena seppe la storia, arrabbiatissimo, uccise la figlia a randellate e si fece un altro processo con lo stesso avvocato della casetta in Canada, che si ri-confuse e perse di nuovo la causa, così lui e il neo-nonno andarono in birreria a ubriacarsi. Scoppiò una rissa tra gli ubriachi, ciò fu causa di un altro processo, stavolta con un altro avvocato meno scemo di quello di prima, che sparò a tutti: come in quel video che gira su youtube, urlò “tu, tu, tu!” e premette il grilletto del mitra. 
Dopodiché uscì di corsa dal tribunale, azionò il jetpack che teneva sotto la camicia, lanciò una granata sull’edificio, ma la bomba si inceppò e gli esplose in faccia. Diventato un mostro, spese diciotto mila milioni di euro per un intervento di chirurgia plastica eseguito dal più abile chirurgo che esisteva sulla faccia della terra. Ma ovviamente, il chirurgo sbagliò operazione: fece diventare le labbra dell’avvocato più grandi della sua faccia, così l’avvocato si ritirò a vivere in uno stagno come rana.
Un giorno arrivò una principessa in cerca di uno sposo e, conoscendo la favola, baciò la rana avvocato. Lui si ritrasformò in umano, la sposò ed ebbero un figlio, ma la principessa era la reincarnazione della figlia del dottore di Ambarabaciccicoccò. Il padre stavolta uccise direttamente l’avvocato, in modo che non potesse più perdere cause, con le relative conseguenze. L’avvocato si ritrovò nell’inferno degli avvocati, dove i criminali che erano stati mandati in prigione da loro mentre erano in vita si vendicavano, prendendoli a randellate e cantando “Il pulcino Pio”.
Intanto Barillio e Ullallò, nei loro viaggi per il mondo, incontrarono le loro anime gemelle: due avvocatesse, Barillia e Ullallà. Immantinente i cuori di tutti e quattro vennero presi d’amore e dopo un paio d'ore di fidanzamento si sposarono. Purtroppo i genitori delle ragazze non erano d’accordo, così le due coppie dovettero scappare in un paese molto lontano, chiamato Quel Paese.
Ma lì viveva mio nonno Laser, che per sbaglio bruciò Quel Paese e relativi abitanti. Per evitare problemi con gli avvocati scappò in Norvegia, dove la vita è bella, e continuò la sua vita, sposandosi, avendo dei figli i quali generarono me, e ora vado a bermi un caffè.

 

The end

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Capitolo 2
*** La Sconnessa Storia del Polinomio Malvagio ***


LA SCONNESSA STORIA DEL POLINOMIO MALVAGIO

AAH CHE PAURA!

 

 


“Ciao, mi chiamo Polinomio, ho 42 anni e soffro di attitudine acuta al crimine. Spero saremo buoni amici. Muahahaha!”
Fu questo il messaggio che l'imperatrice Mardonia dell'Impero di Mardonandia ricevette quella mattina sul suo smartphone (l'ultimissimo modello sulla piazza, il l'iPhone Figoso s16).
Ancora assonnata per il brusco risveglio - la sua suoneria era “Perfect Weapon” dei Black Veil Brides - rispose al messaggio: “ Ma che vuoi? E soprattutto, chi sei?”
La risposta non tardò ad arrivare: “ Sono il tuo peggiore incubo, ma posso essere anche il tuo migliore amico: io voglio conquistare il tuo Impero. Se mi aiuterai saremo migliori amici, se invece mi ostacolerai...”
Mardonia, ancora convinta di essere nel mondo dei sogni, non intuì la minaccia celata nel messaggio, così replicò: “Senti, lasciami dormire in pace, che oggi devo fare i compiti di Matematica e ho già le scatole rotte”
“Era esattamente quello che volevo dire”
In un altro momento della giornata l'imperatrice avrebbe ordinato alle sue spie di rintracciare questo Polinomio, giustiziarlo seduta stante e portarle la sua testa, ma visto che non era un altro momento della giornata, Mardonia rispose solo: “Ok”.
Arrivò l'ora dei compiti e Mardonia sedette diligentemente alla sua scrivania, intinse la piuma nell'inchiostro e si accinse a copiare il lungo esercizio di Matematica scritto sul libro, ma qualcosa non quadrava. Ad ogni cifra che scriveva, la lunghezza del polinomio che avrebbe dovuto scomporre pareva aumentare, aumentare, allargarsi, allargarsi, intrecciarsi in una spirale e fare le capriole, mentre una voce le risuonava in testa: “Te l'avevo detto. Muahahaha!”
Intimorita, confusa, sbigottita e incredula nello stesso tempo, mandò subito le guardie a chiamare il suo intelligentissimo e prolisso consigliere Diomede De Odisseis, il quale arrivò trafelato in pochi istanti.
Si prostrò a terra, baciando l'orlo del vestito di Mardonia e pronunciò la frase di rito:
“Oh Vostra Illustrissima Magnificenza, il Vostro umile servitore Vi omaggia. Se posso osare rivolgermi a Voi, oh Fulgida Luce dell'Impero di Mardonandia, ditemi: che diavolo volete da me?!”
Mardonia, molto inorgoglita dagli omaggi del suo consigliere, si degnò di rivolgere la sua Imperiale Attenzione al consigliere De Odisseis, spiegandogli la situazione.
Diomede De Odisseis rimase pensieroso per qualche minuto... qualche ora... qualche giorno... qualche mese... e le rispose dopo circa due anni, quando la lunghezza del polinomio aveva già superato i confini dell'impero.
“Venerabilissima Guida di tutte le terre conosciute, spero vogliate perdonare la mia impertinenza nel rivolgermi a Voi, oh Dea scesa tra gli indegni mortali, ma penso di aver trovato la risposta al problema che Vi affligge”
L'imperatrice Mardonia, che grazie all'abilità diplomatica del suo consigliere non fece caso alla lunga attesa, rispose: “Spara.”
De Odisseis, ringalluzzito, si profuse in un poema di pari lunghezza a quella dell'Iliade e dei Promessi Sposi messi insieme, in rima per giunta, durante il quale spiegò che quello era il malvagissimo Polinomio Malvagio, un essere crudele e senza scrupoli che aveva conquistato un regno dopo l'altro confondendo i regnanti per mezzo della Matematica.
“E come possiamo sconfiggerlo?” chiese Mardonia, che era rimasta alquanto seccata dalla lunghezza del discorso e, anche se non lo avrebbe mai ammesso, aveva avuto bisogno dell'aiuto di una guardia per riassumerle il tutto.
De Odisseis, notato il tono irritato dell'imperatrice, si profuse in scuse. Quando ebbe terminato il suo immenso arsenale di belle parole, si decise a risponderle:
“Il Polinomio Malvagio scomparirebbe se fosse risolto da qualcuno”
“E pensi che io ce la possa fare?” si informò l'imperatrice.
De Odisseis le si avvicinò: “E' mia opinione che il Vostro regale Cervello sia troppo importante per essere disturbato da queste insulse quisquilie: comporremo uno squadrone di matematici con l'unico compito di risolvere il Polinomio Malvagio.”
In realtà lui sapeva bene che l'imperatrice non era in grado di risolvere nemmeno il più banale dei polinomi, ma ovviamente non si sarebbe mai permesso di dire una cosa del genere a Sua Magnificenza (anche perché la pena per queste insinuazioni era pulire tutti i bagni delle prigioni del palazzo a tempo indeterminato).
In breve, lo squadrone dei duecento matematici più bravi dell'impero impegnò quasi un anno a scomporre e risolvere il Polinomio Malvagio, durante il quale l'imperatrice si fece gli affari suoi, facendo credere al popolo di essere lei a star risolvendolo.
I passaggi si susseguirono, il Polinomio era sempre più corto, finché un bel giorno i matematici si bloccarono sull'ultimo, complicatissimo passaggio: 1+1 = ?
Il consigliere Diomede De Odisseis, durante il suo giro d'ispezione, notò lo sgomento degli illustri studiosi. Insospettito, ne prese uno da parte e gli chiese:
“Ma voi, che avete passato la vostra vita sui libri di Matematica, non sapete risolvere una così semplice operazione?!”
Il matematico rispose, agitato: “Abbiamo studiato questa addizione durante il nostro primo anno di scuola, non potremmo mai ricordarci come si fa!”
De Odisseis si batté una mano sulla fronte, ma subito la sua brillante mente trovò la soluzione: l'imperatrice avrebbe potuto risolvere l'ultimo passaggio del Polinomio Malvagio!
Corse alle Regali Stanze e bussò, bussò, bussò, finché Mardonia, decisamente scocciata, non aprì la porta.
“Brutto disgraziato, stavo giocando ad Assassin's Creed! Cosa rompi?”
Il consigliere si buttò ai suoi piedi, attingendo ancora una volta alla sua dotazione di belle parole, e quando fu sicuro che l'imperatrice fosse tornata calma, le spiegò la situazione.
Mardonia decise che sì, avrebbe risolto l'ultimo passaggio del Polinomio, giusto per sentirsi un po' soddisfatta. Si fece condurre al salone dove i matematici lavoravano e, quando vide l'ultimo passaggio, scoppiò a ridere e scrisse: 2!
La terra tremò, le luci si spensero e, con un boato da far rizzare i capelli, il Polinomio Malvagio esplose: l'impero era salvo, l'imperatrice aveva sconfitto il nemico!
Un araldo corse per la città annunciando la buona nuova: una folla festante si radunò davanti ai cancelli del palazzo, aspettando che l'imperatrice Mardonia si affacciasse dal suo balcone, cosa che non tardò a fare.
“Popolo di Mardonandia, gioite! La vostra imperatrice ha risolto il Polinomio Malvagio!” urlò l'araldo da scoppiarsi i polmoni.
“Lunga vita all'imperatrice!” inneggiò la folla, facendo inorgoglire Mardonia.
“La parola all'imperatrice!” urlò di nuovo l'araldo.
“Eh eh, sì, è stato uno scherzo, mi è bastato scrivere il piccolo passaggio finale...” sghignazzò Mardonia, ma Diomede De Odisseis le sussurrò all'orecchio:
“Pss, non vorrei contraddire Sua Maestà, ma per il bene del popolo e della Vostra carica sarebbe meglio indurre i sudditi a credere che abbiate sconfitto il Polinomio Malvagio solo grazie alla Vostra forza, senza aiuti da terze parti.”
L'imperatrice dovette riconoscere che il consigliere aveva ragione, così disse alla folla:
“Ascoltate! L'ultimo passaggio era anche il secondo, ho risolto IO tutto il Polinomio!”
“Io vi amo, imperatrice!” urlò qualche fanatico dalla folla.
“E io amo te, cittadino qualunque!*” replicò l'imperatrice.
“Lunga vita all'imperatrice!” inneggiò di nuovo il popolo festante.
Mentre Mardonia si godeva tutte le lodi, De Odisseis annuiva: il popolo era sempre stato credulone.
“Organizzate una grande festa per celebrare la vittoria, siete tutti invitati!” annunciò Mardonia, poi sottovoce aggiunse: “Me ne vado a giocare alla Wii, non c'ho più voglia di fare 'ste schifezze...”
De Odisseis, sempre ai suoi ordini, le disse:
“Ma certo Vostra Imperiale Furbizia, faccio subito preparare il Vostro Ologramma Solido - sviluppato dalla Maghi&Magie TM - per presenziare alla festa al Vostro posto.”
“Ottima idea Consigliere! Ti raddoppierò lo stipendio!” esclamò l'imperatrice. “Poi però alle 10:30 di sera ricordatevi di spegnerlo, non lascerò certo tutto il divertimento a voi!”
“Ovvio, Mia Signora, aspetterò il Vostro ordine e l'Ologramma Solido andrà ad incipriarsi il naso, e Sua Maestà potrà sostituirlo.”
“Perfetto, ora sparisco. Bye Bye!” tagliò corto l'imperatrice, che non vedeva l'ora di giocare a Mario Kart.
Il consigliere De Odisseis si inchinò e sparì fra le ombre.

 

 

THE END

 

 

 

 

* cit. Megamind

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Capitolo 3
*** La Sconnesa Storia del Cantante Stridente ***


LA SCONNESSA STORIA DEL CANTANTE STRIDENTE

Altresì detto Banshee

 



Nella città di Elegia, dove ogni voce è come un coro di usignoli (o di una sinfonia di violini, dipende dai punti di vista) viveva un giovane uomo nato nell’895 a.C., di nome Elmerico.
Anche Elmerico, come tutti i suoi concittadini, aveva una voce come cori di usignoli o sinfonie di violini, l’unico problemino era che i suoi usignoli avevano la raucedine e i violini erano stati accordati da un architetto ubriaco.
Per questo, Elmerico era stato condannato dalla Suprema Corte Cantante della città di Elegia a chiudersi la bocca con un bavaglio magico, che poteva togliere soltanto per mangiare, e anche in quei casi era sorvegliato da una schiera di tredici guardie armate fino ai denti.
Eppure Elmerico avrebbe voluto tanto poter cantare a gola spiegata, esibirsi sul palcoscenico, commuovere il pubblico con quei virtuosi assoli difficilissimi che fanno venire la pelle d’oca ancora prima che comincino.

Una bella mattina andò alla Biblioteca Sinfonica per trovare alcuni libri di canto (non che si trovasse altro). Stava curiosando in giro, quando inciampò e urtò lo scaffale davanti a sé.
Lo scaffale ondeggiò, traballò, oscillò pericolosamente, rimase un momento indeciso su quale direzione prendere nella sua traiettoria distruttiva e scelse quella peggiore. Si sfracellò sullo scaffale dietro, il quale venne travolto e cadde a sua volta, abbattendo quello dietro ancora e così via, con i botti del legno che si schiantava sul pavimento e i fruscii delle pagine staccatesi dai libri che svolazzavano per aria.
Elmerico fece appena in tempo ad alzarsi sulle ginocchia che un’orchestra apparve dal nulla, con un tripudio di scintille, colori, stelle filanti e note musicali. Le note volarono sul grande spartito, disponendosi nell’ordine che aggradava più loro, e il maestro cominciò a dirigere.
Il motivo di “Les Toreadors” della Carmen si insinuò tra le pagine svolazzanti. Nella sala calò il buio, un riflettore si accese sopra la Bibliotecaria, comparsa dal nulla.
La matrona, sotto lo sguardo atterrito di Elmerico, cominciò a intonare una sublime melodia composta dalle più ricercate ed distinte bestemmie sul Pantheon greco, insultandolo a tutto spiano.
Il povero Elmerico si coprì la testa con le mani, aspettandosi da un momento all’altro che un fulmine cadesse dal cielo, seguito da una civetta, un pavone, un cervo, un tridente, una cetra, un grappolo d’uva, uno specchio e un cane a tre teste.
Cosa che effettivamente avvenne.
Un boato squassò la biblioteca da cima a fondo, facendo sussultare gli scaffali a terra e svolazzare i fogli che finalmente si erano posati.
La bibliotecaria cacciò un gorgheggio (che è il corrispondente del nostro urlo) e si nascose dietro il bancone, cosa alquanto inutile.
Elmerico non fece in tempo a scappare che apparvero i seguenti dei: Zeus, Atena, Era, Artemide, Poseidone, Apollo, Dioniso, Afrodite e Ade.
“Per la barba di Poseidone!” tuonò Zeus, guadagnandosi un’occhiata di sbieco dal dio in questione, che si era rasato proprio quella mattina. “Chi, dico CHI, osa nominare i nostri olimpici nomi accostandoli a cotanti oltraggiosi epiteti?!”
Ci fu un rapido scambio di sguardi tra le persone radunate in biblioteca, quindi una miriade di dita vennero puntate verso il bancone.
La bibliotecaria uscì esibendosi in un allegretto (il corrispondente del nostro singhiozzare) e si gettò ai piedi degli dei, i quali la squadrarono con un olimpico sopracciglio alzato.
“Miei signori!” cantò. “Lungi da me volervi offesa arrecare, ma questo tapino” e indicò Elmerico “mi ha fatta arrabbiare! La biblioteca distrusse, merita percosse!”
“Meriterà pure percosse, ma non si bestemmia! La pena sarà scontare sessant’anni di pulizie nell’Oltretomba” decretò Ade, furioso per essere stato chiamato «becchino».
Mentre la povera bibliotecaria chiedeva pietà, apparvero due demoni che la presero per le braccia e la portarono nell’Oltretomba.
Le altre persone, esaurito lo spettacolo, tornarono agli affari propri, mentre gli dei si voltavano verso Elmerico.
“Tu! Cos’hai da dire a tua discolpa?!” ruggì Apollo, nero di rabbia per essere stato definito «gallinaceo».
“Mmhh!” fece Elmerico, facendo accapponare la pelle a chiunque nei paraggi. Persino gli dei rabbrividirono e decisero che avrebbero anche potuto fare a meno di ascoltare le sue scuse.
“Giovine mortale, in codesta contrada non v’è essere che non possegga favella eccelsa e nobile, tranne te.” disse Era.
Le persone lì intorno vennero prese dall’euforia: una canzone che conoscevano! Presero tutti a cantare, e ben presto anche l’orchestra trovò il ritmo.

Anche seeee…Tutti ballano, tranne teee…
E il tuo drink sembra quasi un teee…

“BASTA!” gridò la dea, e calò un silenzio di tomba. Era tornò dunque a rivolgersi allo spaventato Elmerico.
“Qual è, quindi, il dilemma che ti affligge? Ma, te ne prego, scrivilo!”
Elmerico trovò un foglio e una penna, non che fu difficile, e spiegò il suo problema agli dei.
“Capishco, amico…hic!” fece Dioniso, rosso in viso. “Eh…a volte la vita è coshì ingiusta…hic! Pensha a me…sono stato chiamato shbronzo! Ma bisogna aiutarshi, tra compagni di shventura! Hic! Propongo di dargli il dono della bella vosce…hic!”
“Ma oh! Sei scemo?!” lo rimbeccò Artemide, non esattamente la dea più delicata ed educata.
“Dammi solo un buon motivo per cui dovremmo aiutarlo! Ci ha fatti alzare dalle nostre divine poltrone, abbiamo dovuto sgobbare per trovare dei pegasi pronti al viaggio, e ora vuoi anche aiutarlo? Alcolizzato che non sei altro?”
Il dio del vino fece una faccia offesa. “Ma io…”
Zeus bloccò la protesta di Dioniso sul nascere.
“TACI, DIONISO!” Quindi aggiunse, con tono più gentile (per quanto gentile possa apparire un gigante muscoloso, mezzo nudo che ti fissa con un fulmine in mano): “Dei dell’Olimpo! Propongo una votazione: chi vuole aiutarlo non alzi la mano”
Succede che vi siano dei fraintendimenti, grossi o piccoli. Quando si tratta di dei, di solito gli equivoci sono parecchio grandi.
Quattro mani non si alzarono, tutte le altre sì (ci fu un po’ di confusione, dato che alcuni dei alzarono entrambe le mani).
“Quindi, Ade, Artemide, Afrodite e Apollo, volete aiutarlo?!” Nel tono di Zeus si intuiva un leggero smarrimento.
“EH?!” fecero tutti.
Elmerico, scrivendo, fece notare a tutti il madornale errore.
Ci fu un “Ops” generale.
“Bene, bene, bene… Sembra che dovrò aiutare la banshee” ghignò Ade.
“Facciamo così: se riesci a trovare la pappa preferita di Cerbero, ti aiuterò. Altrimenti la pappa ti mangerà.” aggiunse il dio dell’Oltretomba.
Se avesse avuto la bocca libera, Elmerico l’avrebbe spalancata dallo stupore e da una certa dose di fifa.
“Dovrai aiutare Ercole a cacciare la cerva bianca” disse Artemide.
“Cerca per me il Pomodoro, che non è la Mela di Paride, in caso non fosse chiaro” ingiunse Afrodite.
“Pulisci gli zoccoli dei miei cavalli, a furia di galoppare nel cielo si sono sporcati” ordinò Apollo.
“Quando avrai finito, di’ a qualcun altro di farci un fischio” tuonò Zeus, e con un PUF gli dei scomparvero.
Elmerico sbarrò gli occhi, non credendo alla sua fortuna (se fortuna si può definire). Aveva la possibilità di ottenere la voce dei suoi sogni e non se la sarebbe lasciata sfuggire.
Uscì dalla biblioteca e prese l’autobus con scritto “1317- Missioni Suicide con scarse Probabilità di Successo”.

Dopo mezz’ora arrivò nel quartiere della pappa di Cerbero. Codesta disgustosa sostanza era un miscuglio di…roba ultraterrena non meglio definita che puzzava del deodorante di Ade.
Il quartiere era composto di pappa solidificata, e per trovare quella originale Elmerico doveva andare nel negozio specializzato.
Entrò e fece “Mmh…” per attirare l’attenzione del proprietario, il quale, pur di non sentire ancora quel lamento, consegnò un barattolo di pappa nelle mani del giovane e scappò a gambe levate.
Soddisfatto, Elmerico prese l’autobus per il bosco della cerva bianca, dove incontrò Ercole che si scervellava su come potesse catturarla. A Elmerico bastò mugolare e la cerva, convinta che fosse scoppiata una guerra, si consegnò mogia mogia a Ercole, che ringraziò Elmerico e se ne andò per la sua strada.
Contento, il giovane prese un altro autobus e andò nella foresta dei Pomodori. Piante di pomodoro alte due metri, con frutti rossi e succosi, pendevano sulla sua testa.
Ad un certo punto, vide il Pomodoro, l’unico che fosse fatto d’argento tempestato di diamanti purissimi. Gli bastò prenderlo in mano e tornare indietro.
Infine, prese un autobus per le scuderie di Apollo. I cavalli erano enormi purosangue coi nervi a fior di pelle per il troppo sole che prendevano e, quando Elmerico provò ad avvicinarsi, lo scalciarono. Elmerico mugolò di spavento e i cavalli svennero. Con uno spazzolone gigante, il giovane compì il suo dovere.
Trovò lo stalliere e gli scrisse su un foglio: “Fai un fischio a Zeus, per favore.”
Lo stalliere obbedì e dopo due secondi, in un’esplosione di luce arrivarono gli Olimpi, tutti completi di grandi sorrisi, persino Apollo, Ade, Afrodite e Artemide: del resto, aveva fatto loro un favore.
“Molto bene,” disse Zeus, “a quanto vedo hai fatto in fretta. Beh, non tutto il male viene per nuocere…”
“E allora, come precedentemente pattuito, avrai la voce più strabiliante dell’intera Elegia!” dichiarò Era. Batté le mani ed Elmerico fu avvolto da un alone di luce, che, quando si diradò, aveva fatto sparire il bavaglio. Elmerico provò ad aprire la bocca: ne uscì un’aria magnifica di ringraziamento agli dei, i quali si misero a piangere, commossi dalla bellezza della sua voce e dalla propria bravura nel concederne.
Elmerico fu un grande cantante e visse rispettato per il resto dei suoi giorni.
Finché, una sera, non gli capitò malauguratamente di starnutire durante un importante concerto. A voi le conclusioni.

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Capitolo 4
*** La Sconnessa Storia del Trapano Malvagio ***


LA SCONNESSA STORIA

DEL TRAPANO MALVAGIO




 

C'è nostro zio che sta usando il trapano ed è un nuovo modello talmente potente che ora possiamo spiare il nostro vicino di casa che fa la doccia.
Però fa anche tanto casino e mentre usiamo la vista telescopica del trapano il vicino può sentirci, così non possiamo spiarlo. Peccato. Però è ciccione e non ci perdiamo molto. Certo che se potessimo spiare il vicino di sotto sarebbe molto meglio. È un bel ragazzo giovane... però sta di sotto e usando la vista telescopica vediamo solo le tubature e il resto. Ma d'altronde, per spiare una talpa bisogna scavare a fondo, e il nostro trapano non è così nuovo. Prima era nuovo. Ora è invecchiato e fa Creeeeeeeeeeeee reeeeeeee quando lo usiamo.
Suonano il campanello. Lo zio non sente, il rumore del trapano è troppo forte, ma noi ci guardiamo bene dall'aprire. La mamma ci ha detto di non parlare con gli sconosciuti.
Magari è solo il lattaio, e la mamma non c'era molto con la testa. Ultimamente andava in giro in stile serial killer ad ammazzare sconosciuti, solo perché non si fidava. Aprire o non aprire la porta, questo è il dilemma.
Passa un quarto d'ora e il tipo è ancora lì a suonare. Lo zio sente e va ad aprire, ma fa un buco nella porta, essendosi dimenticato di spegnere il trapano. Il tipo salta e si aggrappa allo stipite della porta. “AAAAAHHH!” urla tipo femminuccia. Oh, è il vicino di sotto. Allora non è una talpa, meno male. Sarebbe stato imbarazzante trapanare una talpa, mentre se è un ragazzo col WWF si può sempre discutere.
“Dica” dice lo zio, non spegnendo il trapano.
“Spenga il trapano!” esclama il ragazzo.
“Non ne vedo il motivo, devo fare i buchi nel muro. È stata mia sorella a dirmelo ed è meglio non farla arrabbiare”.
“Zio, la mamma è in galera, se non le fai i buchi mica si offende. Forse hai sbagliato muro e i buchi dovevi farli a quello della sua cella” diciamo.
Il ragazzo guarda prima noi, poi lo zio, con aria atterrita.
“Beh, allora non ci saranno problemi se vi chiedo di smettere...c'è troppo rumore...”
“Non so come si fa” ammette lo zio, mesto.
“Lascia fare a me!” diciamo noi, in contemporanea. Gli strappiamo di mano il trapano e lo lanciamo dalla finestra chiusa.
Crashcreeeee fanno il trapano e il vetro, poi tunf, e il trapano è atterrato e Creeeee sta facendo buchi nella terra.
“Non mi sembra spento” osserva il tipo.
“Però ora non fa rumore” diciamo. Infatti ora c'è silenzio: il trapano è affondato nella terra e si diverte a scavare, in silenzio. Farà il minatore, da grande.

Il giorno dopo, sul giornale c'è un titolone grosso così:


EH, CHE ESAGERATO!

Ok, non così grosso. Facciamo così:


TRAPANO AFFONDA NEL SOTTOSUOLO DELLA CITTÀ

MILIONI DI DISPERSI, TRA CUI IL FIGLIO DELLA TALPA CAPO

 

“Nessuno conosce il responsabile - dice l'articolo - ma si pensa sia opera di ragazzini squinternati con madri killer. Se qualcuno dovesse saperne qualcosa, può contattare la polizia in via dei Beoti numero 0, Sant'Apollinare di Giufifi. Ogni aiuto sarà ricompensato”
“Urcalurca!” esclamiamo. “Siamo ricercati!”
“Non preoccupatevi, è colpa mia che non sapevo come spegnerlo” dice lo zio. “Ora però come facciamo a riscattarci?”
“Recuperando i dispersi?” proponiamo.
“Oh, si, sottoterra” dice lo zio.
Passiamo diverso tempo in silenzio, pensando.
“Potremmo dire che è stata nostra madre, tanto in galera c'è già. Diciamo alla polizia che qualcuno, per il compleanno, le ha regalato una torta con dentro il trapano per evadere, ma dato che la mamma non è capace di usare i trapani le è scappato e si è interrato” ri-proponiamo.

Dall'altra parte del mondo, Barillio e Ullallò, che hanno ancora la loro casetta in Canada, vedono spuntare un trapano dal pavimento.
“Oh! E tu che ci fai qui?” chiede Ullallò.
“Sono un serial killer! Ho scavato tutta Sant'Apollinare di Giufifi e ho fatto disperdere pure il figlio della Talpa Capo! Cr-cr-crrr!” urla il trapano.
“AAAAHHH!” strillano Barillio e Ullallò, aggrappandosi allo stipite della porta.
“Si, temete il Trapano Malvagio!” sghignazza il Trapano, cercando di saltellare per raggiungere lo stipite.
“Ehi!” esclama una voce da fuori campo. “Su quell'appellativo c'è il copyright!” E dal nulla spunta l'imperatrice Mardonia, incavolata più che mai, seguita dal suo fedele consigliere Diomede De Odisseis.
“Cosa!?” chiede il Trapano, dimenticandosi di Barillio e Ullallò.
“Già, il Polinomio Malvagio ha reclamato quel titolo alcuni giorni or sono, ed è anche stato risolto” dice Mardonia.
“NO! Mio fratello! L'hai ucciso!” strepita il Trapano.
“Vorrei far notare alla Signoria Vostra che la qui presente Sua Magnificenza la luce dell'Impero Imperatrice Mardonia lo ha risolto, non ucciso” precisa De Odisseis.

Il mondo esplose.

 

FINE

 

 

 

 

 

 

 

 

...Ci siete cascati, eh? Continuiamo.
“Esatto, consigliere!” dice Mardonia, gonfia d'orgoglio. “E ora farò sparire anche te!”
“Sì, ma come farete, Vostra Illustrissima Grazia?” chiede Barillio.
Cri-cri, fanno i grilli.
“Ehm...” borbotta Mardonia. “Ah!” esclama quindi l'Imperatrice.
Si gira verso il Trapano, lo guarda un attimo, cammina verso il muro e stacca una spina apparsa dal nulla.
Con un esplosione e un boato da far spaccare i timpani, il Trapano si spegne.
“Siete stata bravissima, Vostra Eccellenza!” dice subito De Odisseis.
“Si, si, ora voglio tornare a giocare alla Wii. Andiamo, consigliere” ordina l'Imperatrice.
E spariscono. Barillio e Ullallò si guardano per qualche istante.
“E ora che facciamo?” domanda Ullallò.
Barillio raccoglie il trapano da terra.
“Be', potrebbe tornarci utile” dichiara, e lo riattacca alla corrente.

 


Stupido d'un Barillio.

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Capitolo 5
*** La Sconnessa Storia del Ladro di Castelli ***


Castelli di ladri dei storia sconnessa la

 

“Guarda che forme... e quei balconi dove li mettiamo? Ha degli spigoli magnifici...”
“Ma... quello è un castello”
“Sì.”
“Comincio a nutrire dubbi sulla sua sanità mentale, capo.”
Un raggio birulò colpì il malcapitato, scagliandolo mille mila millometri più in là. Schankajexuw Asweuqo fece un risolino malvagio e si rivolse ai restanti uomini che, tremanti, si erano stretti uno all'altro.
“Mai dubitare della mia sanità mentale. Oppure...” Mimò il gesto di volare lontano. Gli uomini annuirono incerti.
“E ora andiamo, abbiamo un castello da rubare.” concluse Schanka.
“Ehm, capo... Potremmo dover affrontare qualche guardia” disse uno degli uomini.

Il capo scosse il capo.
“No” rispose, avviandosi risoluto verso le porte del castello, magicamente incustodite.
Fece toc toc al portone, ma nessuno rispose. Corrugò le sopracciglia e fece tuc tuc. Non ricevendo risposta, fece tic tic con uno stuzzicadenti e cacciò un urlo a pieni polmoni, dopodiché prese una chitarra elettrica dalla bisaccia e iniziò a suonare una serenata.
Il castello, stregato dalla magia, diventò minuscolo ed entrò da solo nella bisaccia di Schanka.
Tornò soddisfatto dai suoi uomini, che nel frattempo si erano messi a giocare a poker. Il capo dovette tirare le orecchie ad ognuno per riuscire a distoglierli dal gioco, quindi mostrò loro il castello in miniatura.
“Oooooh” fecero gli uomini.
“Ma, capo, e gli abitanti? Voglio dire, ora sono fate?” chiese un uomo.
“No-oh, sono stati teletrasportati in una dimensione magica dove hanno trovato un altro castello più grande e bello. O almeno, questo è quello che dice il “Manuale per Ladri di Castelli.” rispose il capo.

Passarono la sera ad organizzare il prossimo colpo. Scartarono diverse opzioni fino a che Schanka non puntò il dito e gridò, euforico:
“Mardonandia!”
“Che?!” esclamarono i suoi uomini.
“Ma l'impero dell'imperatrice Mardonia, branco di scimuniti!” abbaiò Schanka, per poi assumere un'espressione sognante.
“Il suo castello è stato costruito nientepopodimeno che da Juju Lowwaxxc, il famosissimissimissimissimissimissimo architettissimo! Ha più di mille torri, un milioncino di stanze, è fatto tutto di pietra verde e profuma di pizza! Vi rendete conto di che grande affare sarebbe?”
“Io un castello così me lo tengo per me, mica lo vendo” osservò uno degli uomini di Schanka, il quale alzò gli occhi al cielo e disse:
“Perchè mai hai pensato che io volessi vendere il castello? No, lo userò come contenitore per tutti gli altri: in una stanza un castello, un altra un palazzo...” Proseguì per un mesetto buono a elencare gli usi che avrebbe fatto del castello di Mardonia.
Gli uomini non sapevano che fare per fermare quel flusso ininterrotto di parole, ma alla fine uno di loro raccolse il coraggio a tre mani e chiese: “E come ci arriviamo, a Mardonandia?"
Schanka lo guardò un attimo, poi fece clap clap con le mani e Pufff, erano tutti davanti al castello di Mardonia.
“Alt!” urlò una guardia, puntando loro la lancia addosso. “O la borsa o la vita!”
“Ma no, banfone! Hai sbagliato battuta!” lo sgridò un altro, sopraggiunto in quell'istante.
“Ah, giusto” convenne il primo, e gridò: “Chi siete e cosa volete?”
“Salve, mi chiamo Schankajexuw Asweuqo e sono qui per rubare il castello dell'Imperatrice Mardonia.” disse Schanka, levandosi il cappello piumato e facendo un bell'inchino.
Le due guardie si guardarono.
“Hmmm...Non so se Sua Grandissima Magnificenza l'Imperatrice gradirebbe che si prendesse una siffatta iniziativa. Forse è meglio che le chiediate il permesso” disse la guardia che aveva parlato per seconda.
“Ok, no problem” disse Schanka.
I suoi uomini furono lasciati fuori a giocare a poker, mentre Schanka venne condotto al cospetto dell'Imperatrice.
“Preso! Muori, idiota! Baaang! Sì, ho vinto!” Mardonia era impegnata in un'intensa battaglia sulla sua playstation, così non si accorse dell'arrivo delle guardie e del ladro di castelli.
“He-ehm...” fece una guardia. Nulla.
“EH-HEEEEEMM” fece l'altra. L'Imperatrice si girò di scatto.
“Come osate voi interrompere la regale partita? Stavo stracciando il vicino imperatore di Derbilandia, ora ho dovuto abbandonare!” abbaiò furiosa contro le guardie. Parve quindi accorgersi di Schanka.
“Oh, e tu chi saresti, per amor del Valhalla?”
“ Schankajexuw Asweuqo, al Vostro servizio. Volevo rubare il suo castello, ma ho pensato sarebbe stato scortese non chiederGlielo prima.” rispose
Schanka, inchinandosi di nuovo.

AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHA

AH.


Il castello intero si mise a ridere.
Schanka sbarrò gli occhi. Un castello parlante!
“Strano, non l'ha mai fatto prima” constatò Mardonia.
“Vostra Maestà...” iniziò Schanka, ma l'imperatrice lo zittì con un urlaccio.
“NON DEVI CHIAMARMI MAI DI MENO DI VOSTRA MAGNIFICENZA, CHIARO, CERVELLO DI AMEBA?!”
“Sì, sì, ho capito, non urlate!” esclamò Schanka tappandosi le orecchie. “Volevo solo dire che questo è un rarissimo castello parlante! Oh, vi prego, devo assolutamente averlo!”
Mardonia meditò per qualche secondo...qualche minuto...qualche ora...e gli rispose il giorno seguente.
“Va bene, va bene, se proprio insisti...Me ne farò costruire un altro. Intanto andrò a stare in casa della sorella di De Odisseis finché non lo finiscono.”
L'Imperatrice Mardonia batté le mani e una schiera di servitori arrivò con tutti i suoi effetti personali, mobili, lavandini, piscine, spazzole e elefanti. De Odisseis era stato malamente scaricato in groppa ad una vasca da bagno che, sentendosi sola, gli chiese: “Ti va di uscire stasera?”
De Odisseis accettò l'invito e da quel momento lui e la Vasca vissero felici e contenti insieme ed ebbero tanti vaschini.
Quando il castello fu svuotato da tutti i suoi mobili e abitanti, Schanka fece entrare i suoi uomini e li istruì su come avrebbero dovuto disporre i castelli all'interno delle stanze del castello parlante.
Dopo due settimane, quando ogni castello era stato debitamente arredato e posizionato, Schanka si svegliò un giorno e pensò:
“Mica mi piace messo così. Cambiamo tutto!”
Passarono diversi secoli prima che Schanka trovasse la disposizione adeguata per i suoi castelli, ma alla fine la trovò, era bellissima, perfetta, la guardò, e
morì.


Intanto Mardonia aveva scoperto Elmerico ed era diventata una sua grande fan.

 

 

 

ENIFINENIFINENIFINENIFINENIFINE

 

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Capitolo 6
*** La sconnessa storia dell’Amore…no! Vabbè, la lascio così, al massimo lo cambiamo. ***


La sconnessa storia dell’Amore…no! Vabbè, la lascio così, al massimo lo cambiamo.



 

Mardonia perse la partita a Mario Kart.
“NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOHHHH!!!!!!!!” Lanciò in aria il controller e dalla rabbia ruppe il prezioso vaso sino-italiota che teneva vicino al letto, regalo del famoso yeti.
Dalle cuffie che l’Imperatrice teneva in testa uscì una frase malvagia che le sue orecchie assorbirono, poiché fin troppo disumana, tremando come foglie.
“HAI PERSOOO!! MUAHAHAHAH!!!”
Mardonia si raggomitolò sul pavimento.
“E SAI COSA SUCCEDE SE PERDI?!” continuò la voce, che trasudava perfidia. “TE LO DICO IO! SARAI…”
Non che Mardonia volesse sapere che cosa ne sarebbe stato di lei, ma ci rimase veramente molto male quando un rumore ancora più forte coprì la voce nelle cuffie. Un rumore forte, stridente, intermittente.
“Oh, è solo l’allarme” pensò Mardonia. “L’ALLARME?!”  Incredula, chiamò a sé le sue guardie, nella vana speranza che loro potessero spegnere quel suono infernale. Immantinente un manipolo dei migliori soldati dell’Impero irruppe nelle Regali Logge.
“Soldati!” sbraitò Mardonia - che, se le prendevi male, poteva facilmente sovrastare il suono dell’allarme senza neanche alzare la voce - “Trovate chi ha attivato l’allarme: io lo condanno al Cappello della Vergogna!”
“Sissignora signora!” urlò il capitano. Le guardie, efficientissime, indagarono e in pochi minuti trovarono il colpevole.
“Ah, eccoti qui, canaglia!” esclamò il soldato. Acchiappò il malcapitato per le orecchie e lo portò nelle Regali Logge.
“Vostra Imperiale Squisitezza, ecco a voi colui il quale ha fatto suonare l’allarme!” esclamò, sbattendolo per terra. Poi si guardò intorno.
“Oh, ma dov’è finita l’Imperatrice?”
“Sono qui, razza di scimunito!” abbaiò Mardonia dal pavimento, massaggiandosi le orecchie.
I soldati indugiarono solo un momento prima di scattare e sollevare di peso l’Imperatrice, compito reso incredibilmente arduo dalla scarsa collaborazione di Mardonia.
Dall’altro lato del Paese narrano leggende sul terribile spettro urlatore che si dice infestasse il M.M.M (Magnificente Maniero di Mardonia), ma non sapevano che in realtà il fantasma altro non era che la Gloriosa Imperatrice (trascinata dalle guardie al patibolo) che dava prova delle sue impressionanti doti vocali.

I soldati riuscirono finalmente a portare Mardonia sul patibolo e lasciarla sotto le grinfie del Bo-oh-oh-oia, un boia che nel tempo libero aveva il passatempo di fare Babbo Natale, ed era talmente bello che quando si levava il cappuccio nero, tutti oooohavano (voce del verbo oooohare,t, fare “ooooh!”, un verbo della lingua mardoniese).
I popolani si erano radunati intorno al patibolo per assistere all’esecuzione di Mardonia. Fonte di grandi discussioni era la sua successione, dato che fino a prova contraria l’Imperatrice non aveva eredi (e si stavano già cominciando a pianificare le guerre tra gli altri pretendenti al trono).
Il Bo-oh-oh-oia legò Mardonia (beccandosi qualche calcio dove il sole non batte) e prese il Cappello della Vergogna.
Mardonia cacciò un urlo che gli fece volar via il cappuccio. L’avvenenza de Bo-oh-oh-oia era tale che la folla prese a inneggiare il suo nome.
Il Bo-oh-oh-oia fece per mettere il Cappello sulla testa di Mardonia, quando una nube oscurò il sole. La folla tacque, osservando il fenomeno, quando un manipolo di cavalieri infernali iniziò a galoppare tra la folla.
Urli e strilli di paura si alzarono da tutte le direzioni.
Il Bo-oh-oh-oia lanciò un’esclamazione e indicò un tetto. Su un nero destriero fiammeggiante era apparso, magnifico nel suo cappello piumato, Schankajexuw Asweuqo, il ladro di castelli, nonché neo-nominato Re degli Inferi, nonché vecchia fiamma di Mardonia. (Gossip.)
Schanka diede di sprone al cavallo, il quale si impennò con un potente nitrito. Saltò giù dal tetto e atterrò sul patibolo atterrendo la folla. Il Bo-oh-oh-oia si buttò giù, per non essere schiacciato.
Schanka si sporse e afferrò Mardonia, la fece salire, spronò nuovamente il cavallo e galoppò via, sparendo fra le montagne.
Non un refolo d’aria disturbava la ora ammutolita folla. Il Bo-oh-oh-oia, immobile al suolo (sorretto da una schiera di fangirl), osservava il cielo, gli occhi fissi, mentre un’ombra minacciosa si abbassava sulla piazza.
Thum, si sente. Thum, di nuovo. La folla trattenne il fiato mentre una nuova minaccia si posava sullo stesso tetto dove l’apparizione infernale era stava vista per prima: con artigli di acciaio inox a creatura strinse le pietre, e un solo raggio di sole si infranse sulla sua armatura di scaglie, lanciando riflessi rossi sul popolo terrorizzato. Con un movimento sinuoso, la creatura srotolò la lunga coda adorna di spine lucenti, avvolgendo la torre in un abbraccio stritolante. I suoi occhi di brace, racchiusi in una corona di scaglie, sondarono la folla in cerca della preda.
Ma la creatura non trovò ciò che stava cercando, e dalle fauci possenti rilasciò un tonante ruggito: persino gli infernali scagnozzi di Schanka tremarono, al sicuro tra le montagne.
La folla, in preda ad un muto terrore, non osò muovere un passo.
Infine, con un ultimo ruggito, la creatura aprì le ampie e magnifiche ali, adornate da venature purpuree: con poche possenti movenze fu in aria, volando alla ricerca della sua preda, lo scaltro Schanka, nemico di sempre.
E quando il profilo della bestia oltrepassò le montagne dalle frastagliate cime, un bambino urlò la sua gioia al cielo.
“Un drago, ho visto un drago!”

Lontano, là sulle montagne più impervie, Mardonia scrutava il cielo. Schanka la guardava a pochi passi di distanza, ancora sul destriero.
Mardonia fece saettare lo sguardo tra le dense nubi di cenere. Un punto rosso si stava avvicinando. L’Imperatrice si lasciò sfuggire un gemito.
“È qui” disse. Si voltò verso il Ladro di Castelli, il volto contratto. “Ti sta seguendo.”
Schanka sospirò e corrugò la fronte.
“Vostro Imperiale Tesoro, io…ehm…vi voglio moltissimo bene, ma…non mi avete nemmeno detto grazie.”

Il cielo rifulgeva di bagliori dorati, le nuvole dipinte su soffitto infinito come sbuffi di fumo. Persino la bestia, il possente drago, non riuscì a trattenere la meraviglia di fronte ad una tale visione. Per un attimo parve concedersi pensieri di pace: la sua mente, lassù sulle nuvole, si tuffò e rituffò nel dolce tramonto.
Ed ecco che un oscura nube avvolse tutto in un’aura di malvagità e… sarcasmo (?), e la bestia ululò infuriata.
Ora lo vedeva, lo scaltro Schanka, arroccato sul pallido altipiano di roccia lassù, sulle montagne, ed ogni parvenza di pace abbandonò i suoi pensieri.
Volava rapido ora, e ruggì bellicoso alle nubi infernali che gli venivano incontro.
Quel giorno, si decideva il destino del mondo, sulle scoscese rupi delle montagne.
Quel giorno, non sarebbe stata concessa alcuna pietà
E mentre il fato dell’Impero di Mardonandia, gloriosa contrada patria di leggendari figuri, veniva conteso, da qualche parte nel Mondo, una ragazza sedeva sul suo divano, con un portatile surriscaldato sulle gambe e un telefono cellulare in mano, che scriveva alla sua amica in un’avvincente battaglia a colpi di parole.

-Mi fanno male le dita!- si lamentò colei che noi conosciamo come hely.
Scripsi entrò sbattendo la porta:
-Comunicazione di servizio! Tra poco mangio, continuiamo dopo. Tornerò fra dieci minuti.- 

Tornò un’ora dopo.
-Alla buon’ora!- strillò hely.
-Sono stata trattenuta- si giustificò Scripsi, anche se non era vero.

 
Schanka e Mardonia videro il drago prepararsi alla picchiata. Percepivano già il calore delle sue fiammate. Fiammate che sapevano di gelo, disperazione…e zucca, l’ultimo pranzo del drago.
Il cuore di Mardonia batteva all’impazzata. Poteva sempre ordinare al drago di fermarsi, ma per una volta dubitava che sarebbe servito a qualcosa. Gettò un’occhiata a Schanka, che le rispose con lo stesso sguardo, uno sguardo come a dire “Vecchia mia, è stato un piacere conoscerti” o in questo caso “Vostra Imperiale Magnificità, è stato un vero onore per la mia umilissima persona essere ammesso alla Vostra Fulgida Presenza”, altresì interpretato come “Siamo fritti!”
Mardonia avvertì un groppo alla gola e una vera fontana di lacrime bagnò il suolo roccioso dell’altipiano. Si gettò urlante tra le braccia di Schanka, il quale trasalì e diventò rosso come un peperone verde. Dipinto di rosso, però.
Il Drago era sempre più vicino. Gli sguardi di Mardonia e Schanka si incrociarono.
In quegli occhi marroni lei vide, sotto strati di terrore e rassegnazione, dei cuoricini.
Allora Mardonia capì. Anche Schanka capì. Sebbene avesse già capito da un po’.
Il drago era ormai a poche decine di metri, distanza che si accorciava ogni secondo di più.
E Mardonia allungò il viso e baciò Schanka.

Un boato. Il drago frenò a mezz’aria e sobbalzò (i migliori studiosi di tutto il mondo stanno ancora cercando di capire come diamine aveva fatto a sobbalzare in aria) alla vista dei due, stretti l’uno all’altra.
E vide ciò che non si sarebbe mai aspettato di vedere.
Attorno ai corpi di Schanka e Mardonia c’era un bagliore dorato. Un bagliore che crebbe in ampiezza e aumentò di intensità, fino ad esplodere.

BADUSH!

Il drago con un colpo di coda fece dietrofront, ma non poté impedire che il miracolo lo investisse e lo avvolgesse in un alone di scintille sfavillanti. Lanciò un ruggito, il più alto ruggito mai uscito dalla sua gola, ruggito che si spezzò un attimo prima che il drago si polverizzasse.
Il bagliore raggiunse il massimo della sua dilatazione, poi un colpo di vento. Una polverina dorata cadde dolcemente sulle montagne, mischiata a quella rossa: i resti del drago.
Mardonia e Schanka si staccarono. Si guardarono un attimo negli occhi, come se si vedessero per la prima volta. Si girarono lentamente e ammirarono lo spettacolo. La polverina dorata si posò anche su di loro.
Si guardarono di nuovo e si abbracciarono.

L’amore aveva vinto un’altra volta.

Ed hely iniziò a urlare:
-L’AMMMMMOREEEEEEEEEEEEEEEEE VITTORIAAAAAAAAAAAAAAAAA
L’AMMORRE HA VINTOO, SIORE E SIORIIII!!
-Abbiamo capito!- urlò una ragazza con una criniera di capelli neri, più comunemente nota come Scripsi. -Quando finisce sta melensaggine e parte Spongebob!?-

E la sigla di Spongebob si diffuse nell’ambiente.

“WHO LIVES IN A PINEAPPLE UNDER THE SEA?
SPONGEBOB SQUAREPANTS!”

Scripsi sbarrò gli occhi.
-Ah…Dice questo, la sigla??-

 

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