Cercasi Coraggio di The Galway Girl (/viewuser.php?uid=641858)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte Prima - 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** Prima Settimana: Conoscere i Vicini- Lunedì ***
Capitolo 7: *** Martedì ***
Capitolo 8: *** Mercoledì ***
Capitolo 1 *** Parte Prima - 1 ***
Avviso:
io non sono una scrittrice, non ho idea di come funzionino le case
editrici e di quanto tempo ci voglia a stampare e pubblicare un
libro, quindi mi scuso in anticipo per le inevitabili baggianate che
avrò senz'altro scritto.
PRIMA
PARTE
1.
Niente
panico.
Respira,
fai respiri profondi e pensa a cose belle.
Prati
fioriti, cuccioli di labrador, torte di compleanno.
Sono
spacciata. Finita, fregata, fottuta.
No.
Ricomincia da capo. Respiri profondi e pensa a cose belle, prati,
cuccioli, torte.
< <
Ehm, Virginia, hai intenzione di rimanere lì ancora per
molto? >
>
< <
Mmm, no, solo qualche minuto > > dico rivolta alle
décolleté
Prada della mia amica Charlotte.
Sono
trentacinque minuti che sto distesa sotto al letto in posizione
fetale con le ginocchia strette al petto.
E' dove
vengo sempre quando ho un attacco di panico, il mio posto sicuro,
dove so che nessuno viene a disturbarmi.
< <
C'mon, esci così ne parliamo >
> mi dice lei, dallo
scricchiolio deduco che si è seduta sul letto.
Faccio
un altro respiro profondo e striscio fuori.
Mi siedo
sul tappeto con le gambe incrociate e le rivolgo un'occhiata
sconsolata.
< <
Sono spacciata vero? > >
< <
Ma no! Vedrai che ce li riprenderemo quei soldi! > >
afferma
lei convinta.
Forse è
il caso di fare un passo indietro e raccontarvi cosa mi ha portata
sotto quel letto.
Sono una
scrittrice, o meglio ho scritto solo un libro due anni fa, una storia
per bambini intitolato “Capitan Coraggio”, che si
è venduto
piuttosto bene. Ho guadagnato abbastanza per permettermi di vivere
solo scrivendo, non che prima avessi un vero e proprio lavoro,
svolgevo traduzioni via internet da casa. Non devo pagare l'affitto
dato che vivo nell'appartamento lasciatomi da mia nonna e i soldi che
ricavo dalle vendite bastano per coprire le bollette e le spese di
ogni mese.
Visti
gli ottimi risultati mi è stato ordinato un secondo capitolo
(con
l'opzione per un terzo) e io ho trascorso gli ultimi due anni a
scrivere come una matta. La casa editrice mi aveva assicurato che per
il secondo libro avrebbe organizzato un lancio promozionale senza
precedenti, spendendoci un sacco di soldi in modo da assicurarci
più
lettori possibili, ma esattamente quarantasette minuti fa, la mia
migliore amica, nonché auto-elettasi mia agente, mi ha
comunicato
una notizia che mi ha fatta sprofondare nella più profonda
delle
disperazioni.
I soldi
non ci sono più, puf! Andati, spariti.
< <
E come ce li riprendiamo? > > chiedo.
< <
Se tu mi avessi lasciata finire prima, invece di fiondarti sotto
questo letto, avrei potuto spiegarti bene la situazione >
>
dice lei afferrando uno dei miei cuscini.
< <
E qual è la situazione? > >
< <
I soldi ci sono > > a queste parole il mio viso si
illumina <
< Solo che non li vogliono più dare a te >
> il mio viso è
di nuovo una maschera di terrore.
< <
Come sarebbe? Lo avevano promesso! > >
< <
Si, due anni fa. Poi tu sei sparita e ti sei rintanata in questa tua
casa senza mai far sapere niente a nessuno > > mi
rimprovera
Charlotte.
< <
Non è vero! > > protesto < < Li
ho sempre tenuti
aggiornati, ti mando ogni tre mesi alla casa editrice con i nuovi
capitoli come previsto! > >
< <
Ginny, nessuno ti ha mai vista lì, mai, neanche una volta.
Hai
sempre mandato me, anche ai tempi di “Capitan
Coraggio”, hanno
sempre visto solo la mia faccia. Non vogliono investire soldi su un
fantasma > >
< <
Ma… > > tento di ribattere io, ma so che ha
ragione.
Credo di
avere uno di quei disturbi che i medici chiamano “Ansia da
stress”
o “Ansia da panico”.
Sono
cinque anni che non metto piede fuori casa, solo il pensiero di
uscire in strada mi terrorizza, per questo mi trovai un lavoro facile
da fare a domicilio. Dopo l'università e la laurea in
lingue, dove
ho conosciuto Charlotte, non sono più uscita. Le persone mi
mandavano i loro testi da tradurre e io li traducevo, nel frattempo
scrivevo “Capitan Coraggio”. Ci ho messo quasi tre
anni a
terminarlo, una volta finito sapevo di aver scritto qualcosa di
valido, e Charlotte, all'epoca stagista nella redazione di un
quotidiano di fronte alla casa editrice, lo fece leggere.
Fu
difficile far credere agli editori che esistevo per davvero, ho
sempre parlato con loro esclusivamente per telefono, e il contratto
l'ho firmato tramite Charlotte, che me lo portò a casa.
L'idea
di una scrittrice misteriosa però piacque molto.
< <
Ma non hanno avuto problemi la prima volta sul fatto che rimanessi
nell'ombra! >
< <
Si, ma era prima di vedere tutto il successo che hai ottenuto. I
ragazzini vogliono conoscerti > > mi spiega lei.
< <
E a chi lo vogliono dare il budget per la campagna promozionale?
>
> chiedo tanto per farmi del male.
< <
Ehm, I don't know, non me l'hanno detto >
> dice lei
vaga col suo accento inglese.
< <
Charlotte? > > le chiedo io sapendo benissimo che lo sa.
< <
Ok, si fa chiamare Skyler Jones > > mi dice facendo
un'espressione disgustata.
< <
Come? > >
< <
E' un nome d'arte, of course, in realtà
si chiama Giuseppa
Qualcosa, l'ho incrociata solo una volta. > >
< <
E cosa scrive con un alias del genere? Romanzi fantasy? >
>
< <
No > > dice lei con la faccia scura < <
Romanzi soft
porno. > >
Ho
voglia di tornare sotto al letto.
I miei
soldi, il mio budget, verranno destinati a una che scrive libri
porno? Voglio morire.
< <
Il fatto è che lei li ha conquistati tutti > >
< <
E lo faresti anche tu se solo ti decidessi a mettere il muso fuori di
casa > > aggiunge severa.
< <
Charlie, per favore, puoi andare adesso? > > chiedo
sconsolata.
Lei mi
rivolge un sospiro, mi bacia sulla testa ed uscendo mi dice <
<
Non tornare sotto quel letto! > >
Io
aspetto di sentire la porta sbattere e me ne torno nel mio angolo
sicuro.
Rimango
qui un po', poi decido di uscire, devo controllare una cosa.
Accendo
il mio vecchio portatile toshiba pieno di adesivi, e su google
digito “Skyler Jones”.
Mi si
apre una pagina piena di foto, ha un profilo facebook, un blog
personale e una pagina LinkedIn dove annovera svariati romanzi.
Guardo
le foto: è una stangona magrissima con una zazzera di
capelli neri
ricci e un sorriso chiaramente rifatto, ha i denti che si illuminano
al buio da quanto sono bianchi.
Sfoglio
il suo profilo facebook, non ha scritto l'anno di nascita, ma a
occhio avrà un paio di anni più di me, 30-31
anni, o forse è solo
lei che si atteggia da donna matura, non saprei. Ha 4897 amici, un
sacco di foto scattate a feste in discoteca con i drink in mano e
l'espressione che Charlie chiama “duck face”.
Sul suo
blog, “SOS Skyler”, da consigli sul sesso e sulla
cura della
persona, un sacco di donne le scrivono per chiederle aiuto e lei
termina ogni risposta con lo smile “<3”, che
suppongo sia un
cuoricino.
La odio
solo a vederla in foto, se poi penso che userà il mio budget
per
vendere quei romanzi per casalinghe annoiate ho voglia di lanciare il
computer dalla finestra.
Sento la
serratura della porta e so che è Charlie.
< <
Hey there! Ti ho portato la cena > >
< <
Non devi portarmi da mangiare, so provvedere a me stessa >
>
dico per la milionesima volta, le ripeto la stessa cosa ogni sera.
< <
Lo sai che non voglio mangiare da sola > > dice tirando
fuori
dalle buste di carta le vaschette del take away cinese <
< For
God Sake Ginny cosa fai? > > chiede lanciando
uno sguardo
allo schermo del mio portatile lasciato acceso.
< <
Volevo vedere > > mi difendo io.
< <
Non devi, così ti fai solo del male > > dice
chiudendo il
computer con un colpo.
< <
Scrive porno > > sottolineo.
Non sono
una pudica, ma se proprio devo farmi soffiare il budget da sotto il
naso allora preferirei che fosse da una nuova J.K. Rowling e non da
una che scrive soft porno.
< <
Lo so, e ti ho già detto che quei soldi ce li riprendiamo
> >
dice decisa.
< <
E come? > >
< <
Ancora non lo so > > risponde con la bocca piena di
ravioli al
vapore.
< <
Magari non mi serve la campagna promozionale, la prima volta ho
venduto bene senza>> dico dopo un po'.
< <
Ginny, la prima volta hai avuto, come dite voi? Culo. Non
succederà di nuovo. Sono passati due anni, nel frattempo
sono usciti
miliardi di altri libri per ragazzi, nessuno si ricorda più
di te
ormai. Quando hai venduto l'ultimo libro? > >
Guardo
il piatto. Non voglio ricordare. Sono mesi che non guadagno
più
niente dalla vendita dei libri, sto sopravvivendo grazie ai risparmi,
ho bisogno di ottenere quel budget.
< <
Ok > > mi limito a dire.
< <
Troveremo un modo > > mi dice spezzando il suo biscotto
della
fortuna.
La
imito, il mio dice:
Goditi
una pausa e rilassati.
Allibita
lo strappo e lo butto via.
Nota
dell'autrice: Ecco il mio terzo racconto! Per una volta
infrangerò la mia regola di pubblicare solo racconti finiti,
questo
lo sto ancora scrivendo, ma “Brace yourself”, ha
tipo mille
capitoli, quindi lo finirò man mano che pubblico i capitoli
già
pronti, così da non far passare troppo tempo tra un
aggiornamento e
l'altro, come piace a me!
Nel
frattempo ringrazio tutti i lettori e chi vorrà lasciare una
recensione!
|
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Capitolo 2 *** 2 ***
2.
La sera
come sempre infilo le scarpe, prendo le chiavi e scendo giù
al piano
terra a ritirare la posta, lo faccio sempre a sera tardi
così sono
sicura di non incontrare nessuno.
Torno in
casa, lancio le buste sul tavolino vicino alla porta insieme a una
decina di altre, e vado in bagno.
Indosso
il pigiama, mi lavo le mani col sapone e l'acqua bollente, mi strucco
e mi spalmo il latte detergente con cura, mi pettino e mi rilavo le
mani. Mi guardo allo specchio e mi ripeto il mantra “Tu sei
bella,
hai successo, hai totale padronanza della tua vita”. L'ho
letto su
internet, ripeterselo ogni sera aiuta ad accrescere l'autostima.
Vado in
cucina e metto il bollitore sul fuoco, aspetto che fischi e mi
preparo una tisana, la confezione riporta “Effetto
rilassante”,
Charlotte me l'ha regalata per Natale, inutile dire che su di me non
ha nessun effetto.
Mi
distendo sul divano, accendo l'abat-jour, mi sistemo il portatile
sulle gambe e proseguo nella scrittura.
Capitolo
venti.
…
…
…
Sconsolata
fisso lo schermo. A cosa serve scrivere? Skyler Jones occupa tutti i
miei pensieri, non riesco a pensare ad altro.
Non
riesco a credere che mi abbia soffiato il budget così sotto
il naso.
“Capitan Coraggio” è stata la
più grossa vendita della casa
editrice, sono stati loro a dirmelo, e ora danno i miei soldi a lei?
Forse come me sono convinti che io non abbia bisogno di un grosso
lancio, magari i miei lettori mi sono ancora fedeli e attendono con
ansia il seguito. O forse, come dice Charlotte, a nessuno importa
più
di me e di “Capitan Coraggio” e la casa editrice
non ha più
intenzione di sprecare un altro euro su di me.
Sono
tentata di spegnere il portatile e andarmene a letto, ma poi penso
“al diavolo!”, ho trascorso due anni a scrivere
questo libro, lo
terminerò, e se la mia casa editrice non lo
pubblicherà vorrà dire
che lo farà qualcun altro.
Con
rinnovata convinzione comincio a scrivere, la mia antagonista mi da
anche lo spunto per un nuovo super cattivo così trascorro
gran parte
della notte china sul computer.
Come
sempre mi addormento sul divano, mi sveglio al suono di un clacson
giù in strada.
Non
faccio colazione come al solito, passo la mattina a rileggere quello
che ho scritto ieri sera, e il pomeriggio ad aggiungere dettagli e
cambiare alcune parti.
E' il
mio modo di lavorare.
Un
giorno scrivo, il giorno dopo correggo. Ho un quaderno dove mi annoto
i personaggi, le loro caratteristiche, e tutte le idee che mi vengono
in mente, trovo una pagina libera e scrivo il nome del nuovo cattivo,
l'ammiraglio Jones, il proprietario di una nave nemica che attacca il
galeone di Capitan Coraggio con lo scopo di affondarlo.
Alle
sette puntuale arriva Charlotte con la cena e io con un sospiro tiro
fuori i piatti.
< <
Sarebbe il caso di leggere un po' di posta > > mi dice
osservando la pila di buste.
Le
rivolgo uno sbuffo annoiato mentre lei va a prendere tutta la mia
corrispondenza.
Con un
coltello apre una busta alla volta e me la porge. Io dispiego le
lettere e le leggo.
Niente
di interessante come sempre, estratti conti bancari, che non oso
neanche guardare, offerte telefoniche, proposte di finanziamenti,
tutte finiscono dritte nel cestino.
Per
ultima Charlie mi porge una bustina rossa rivolgendomi uno sguardo
interrogativo.
La apro
e per poco non cado dalla sedia.
Com'è
che si dice? Oltre al danno, la beffa.
La busta
contiene un volantino con un primo piano di Skyler Jones e il suo
sorriso finto che mi invitano a un incontro di lettura del suo nuovo
romanzo “Lei e loro”.
Solo il
titolo mi fa inorridire, senza dire niente lo mostro a Charlie e lei
esclama
< <
Oh my God! Perché ti hanno invitata?
> >
Fisso il
volantino, la sua espressione convinta mi fa salire una rabbia
incredibile.
< <
Si può essere così odiosi solo in foto?
Chissà com'è dal vivo >
> chiedo cupa.
< <
Si, bé è inutile che si atteggi, lo sanno tutti
che si chiama
Giuseppa > > mi risponde lei.
Faccio
una risatina ripensando al suo blog in cui propensa consigli come se
fosse chissà che guru della moda e del sesso.
Odio
questa ragazza con ogni cellula del mio corpo.
< <
Lo sai che ha un blog? > > chiedo a Charlie.
Sfottere
Skyler con la mia migliore amica è l'unica cosa che potrebbe
tirarmi
su il morale in questo momento.
< <
Si! > > dice lei inorridita.
< <
Chi si crede di essere? > > chiedo io.
< <
Lo sai cosa sono i suoi “romanzi”? >
> dice l'ultima parola
facendo il segno delle virgolette con le dita.
< <
No! Cosa sono? > > chiedo interessata.
< <
Bè, ho fatto una piccola ricerca > > mi dice
Charlotte con
sguardo complice
< <
Volevo leggere qualcosa di suo, nel suo profilo dice che ha scritto
un sacco di libri, invece sono fanfiction erotiche con protagonisti i
personaggi di Hanna Montana! > >
< <
Cosa? > > chiedo allibita
< <
Si! She's a fraud! E' un'impostora! >
> mi dice lei.
Non
riesco a credere alle mie orecchie. Non ho niente contro quelli che
scrivono fanfiction, anzi trascorro serate intere a leggerle, ma ci
vuole un bel coraggio per spacciarle per romanzi. Che imbrogliona, se
possibile ora la odio ancora più di prima.
< <
Charlie, dobbiamo annientarla! > > dico convinta.
Lei si
anima e per ridere infila il coltello tra i denti dicendo <
<
I'm ready! > >
< <
Ci riprenderemo il budget! > > annuncio.
|
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Capitolo 3 *** 3 ***
3.
Charlotte
ed io abbiamo trascorso tutta la sera ad elaborare piani per
riprendermi il budget, uno più assurdo dell'altro,
dall'ackerare il
suo conto in banca per rubarle i soldi all'assumere la Yakuza
giapponese per farla uccidere, nessuno di concretamente realizzabile.
E'
venerdì, niente scrittura oggi, per me è il
giorno delle pulizie.
Pulisco a fondo il bagno, uso il pulitore a vapore, lo passo nella
vasca e tra ogni piastrella, lavo il pavimento con un detersivo
apposta che uccide tutti i batteri, o almeno così
è riportato sulla
confezione. Cambio le lenzuola del letto e passo l'aspirapolvere in
tutta la casa, perfino sul balcone, pulendo per bene sotto al letto.
Metto le lenzuola e gli asciugamani in lavatrice con l'ammorbidente e
il detersivo antibatterico e avvio il programma a temperatura 90
gradi come sempre.
Riordino
l'armadio sistemando i vestiti per colore e tipo, i jeans insieme ai
jeans, le gonne con le gonne, indosso sempre fuseaux e t-shirt in
casa, quindi questi vestiti non li indosso mai, ma mi piace
riordinare l'armadio ogni settimana comunque, mi da una sensazione di
ordine e stabilità.
Vado in
cucina e pulisco il piano da lavoro, che non uso mai dato che cucino
raramente, strofino bene ogni superficie con lo sgrassatore
antibatterico e sistemo tutti i vasetti in fila ben ordinati, svuoto
i cassetti, li pulisco per bene e riordino tutti gli utensili.
Lavo i
vetri con un foglio di giornale come lessi in una rubrica sul
quotidiano in cui scrive Charlotte, sistemo le tende e accendo
candele profumate in ogni stanza, lo sgrassatore antibatterico che
uso ha un odore tremendo.
Ci
impiego tutto il giorno, esausta mi butto sul divano aspettando
Charlotte, oggi sono felice di avere la cena pronta.
Puntuale
si apre la porta con la chiave che le diedi cinque anni fa ed entra
carica di borse.
< <
Charlie? > > chiedo cercando di vedere il suo volto
dietro alla
barriera di buste.
< <
Hey, ho pensato che una bella cenetta potesse tirarti su il morale
>
> dice posando tutto sul tavolo.
< <
Ho letto una ricetta su un sito, rilassati, ci penso io >
> mi
fa l'occhiolino, e con mio grandissimo disappunto apre tutti gli
armadi e cassetti tirando fuori piatti, scodelle e utensili.
Trattengo
un gemito e mi sistemo su uno sgabello guardandola armeggiare con
pentole e coltelli.
< <
Cosa dovrebbe essere? > > chiedo dopo mezz'ora buona.
< <
Riso thai al latte di cocco e pollo al curry > > mi dice
girando il mestolo nella pentola, sembra una delle streghe di
Macbeth.
< <
Oh fuck > > la sento sussurrare a un
certo punto.
< <
Cosa succede? > > chiedo preoccupata, sto morendo di fame.
< <
Niente > > dice con una voce un po' troppo stridula
< <
Direi che è pronto! > >
Poco
convinta apparecchio la tavola mentre lei carica la lavastoviglie
alla bell' e meglio strappandomi un altro gemito e chiudendola con un
piede.
Io
sistemo le tovagliette all'americana allineandole precise col bordo
del tavolo, posiziono i piatti, i bicchieri, piego i tovaglioli con
cura e Charlie me li strappa di mano < < Da' qua >
> dice
terminando di apparecchiare.
Mi
ritrovo nel piatto una sbobba verde chiaro con del riso tutto
attaccato e una salsina poco invitante.
Verso
del tè verde a me e del vino a lei e, trattenendomi dal fare
il
segno della croce, assaggio.
Tengo il
boccone in bocca, non ho il coraggio di mandarlo giù. E' la
cosa più
terribile che abbia mai mangiato.
Lancio
occhiate a Charlotte e noto che lei è disgustata tanto
quanto me.
< <
Oh God, fa schifo! > > esclama lei
dopo aver assaggiato.
Sollevata
sputo il mio boccone nel tovagliolo e bevo un lungo sorso di
tè.
< <
Well, ci ho provato > > dice lei
porgendomi il bicchiere
per un brindisi.
Finiamo
col mangiare french toast sul divano preparati da me, senza farmi
vedere ho anche sistemato meglio i piatti nella lavastoviglie e l'ho
avviata.
< <
Sai, ho avuto un'idea su come cavarmela in questa storia >
> le
dico sistemandomi sul divano.
< <
Uh quale? > > chiede lei interessata.
< <
Pensavo di finire di scrivere il libro e proporlo ad altre case
editrici. Ci dovrà pur essere una disposta a lanciarlo come
si
deve! > > dico convinta.
La mia
amica mi guarda come se le avessi appena detto che ho intenzione di
sposarmi con me stessa.
< <
Cosa vuoi fare? > > mi chiede.
< <
Andare a bussare ad altre porte, cioè, mandare te, ovvio
> >
spiego un po' meno convinta.
< <
Ginny, non puoi > > mi smonta subito lei.
< <
Perché? > >
< <
Ormai hai venduto i diritti a loro, non puoi prendere baracca e
burattini e andare altrove > > mi spiega.
< <
No? > > chiedo
< <
No! > > mi conferma lei < <
Cioè, puoi andare a lavorare
per un'altra casa editrice, ma con altri romanzi. “Capitan
Coraggio” appartiene a loro, non hai letto il
contratto?>
< <
Ehm, no > > dico imbarazzata.
< <
Bé, devono pubblicarlo loro, nessun altro può
> >
< <
Lo faranno in sordina per evitare di spendere altri soldi, ovvio
>
> aggiunge tanto per darmi il colpo di grazia.
< <
Quindi sono in trappola? > > chiedo < <
”Capitan
Coraggio” è spacciato, non posso salvarlo?
> >
< <
Si che puoi, solo che non sappiamo ancora come > >
< <
Mancano tre mesi al lancio previsto, dobbiamo trovare un modo! >
>
ripeto per la millesima volta.
Sono
giorni che diciamo che bisogna trovare un modo, ma non abbiamo ancora
avuto nessuna buona idea.
< <
Dormiamoci su, ok? > > mi dice alzandosi e salutandomi.
La
saluto a mia volta, non andrò a prendere la posta oggi,
voglio solo
andare a letto.
Mi
sveglio con lo stomaco che brontola, ieri non ho pranzato e a cena ho
mangiato solo un misero toast.
Mi
squilla il cellulare, e mentre rovisto negli armadi cercando qualcosa
con cui fare colazione rispondo.
< <
Buongiorno signorina Castelli, sono Ilaria della casa editrice >
>
mi dice una ragazza tutta felice < < La chiamo
perché avremmo
bisogno della versione finale del suo manoscritto per la revisione.
>
>
< <
Ehm, si certo > > dico sconsolata, ho creduto che mi
avessero
chiamata per dirmi che avevano cambiato idea per il budget <
<
In settimana la mia agente verrà a portarvela >
> taglio
corto, non ho intenzione di dirle che mi mancano ancora almeno cinque
capitoli da scrivere.
< <
Ottimo! > > dice lei con il suo tono entusiasta.
< <
Senta > > comincio io, ho voglia di chiederle indietro i
soldi,
ma non ce la faccio
< <
No, niente, arrivederci > > dico riagganciando.
Maledicendo
il mio poco coraggio riordino tutti gli armadi sconsolata, il lato
positivo della chiamata di poco fa è che mi ha fatto passare
la
fame.
Accendo
il computer e la stampante, recupero una confezione di fogli bianchi
dall'armadio e lancio la stampa degli ultimi capitoli, nel frattempo
continuo con la stesura del finale.
Trascorro
tutto il pomeriggio a scrivere, la mia vecchia stampante ci impiega
un'eternità a stampare tutto, saranno all'incirca 60 pagine,
nella
mia mente lancio insulti alla casa editrice, perché cavolo
non si
fanno andare bene una copia digitale? Potevano chiedermi di battere
tutto a macchina già che c'erano.
Domenica
rileggo tutto quello che ho scritto, complimentandomi con me stessa,
questo libro è proprio bello, e con un po' di tristezza mi
dico che
probabilmente non lo leggerà nessuno.
Infilo
tutto in una busta e lo appoggio sul tavolo, domani sera lo
consegnerò a Charlotte.
Vado in
bagno per il solito rituale della sera, mi guardo allo specchio e mi
ripeto “Tu sei bella, hai successo, hai totale padronanza
della tua
vita”.
All'improvviso
realizzo che non ho più niente da fare nella vita.
Ho
finito di scrivere il seguito di “Capitan
Coraggio”, ormai non mi
rimane più niente, dovrò tornare a svolgere
traduzioni via
internet.
Col
morale nelle scarpe mi infilo nel letto, niente tisana oggi, non mi
basterebbero cento litri per rilassarmi.
Note
dell'autrice:
Voilà il
nuovo capitolo sulle disavventure di Virginia, lo so che sono corti, ma
ho dovuto dividere la "Parte Prima" in tanti piccoli capitoli,
cercherò di aggiornare più spesso possibile!
|
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Capitolo 4 *** 4 ***
4.
Mi
sveglio, e subito il pensiero di ieri sera mi colpisce “Non
ho più
niente da fare”.
Controllo
la sveglia: 8.45.
Vado in
cucina, svuoto la lavastoviglie e sistemo tutto con cura al suo
posto.
8.56
Mi
vesto, indosso i soliti fuseaux e una maglietta con scritto
“Keep
Calm e Carry On”, mi pettino e mi applico la crema idratante.
9.08
Diventerò
matta.
Accendo
il portatile ed accedo al sito tramite il quale lavoravo, effettuo il
login e controllo se ho qualche traduzione in coda.
456
traduzioni.
Questi
poveri utenti devono avermi maledetta per non aver ricevuto risposta
ed essersi rivolti a qualcun altro, con pazienza elimino una alla
volta tutte le traduzioni in sospeso e nel mio profilo cambio il mio
stato da “occupato” a
“disponibile”.
La
verità che io sono passata da “occupata”
a “non ho più niente
da fare” ed è una sensazione orribile.
Trascorro
il giorno a girare in tondo come un leone in gabbia, nel pomeriggio
controllo il portatile e noto che ho ricevuto una richiesta di
traduzione, 35 pagine di saggio sulla Guerra d'Indipendenza, ottimo,
mi aiuterà a cambiarmi le idee.
Alla
solita ora arriva Charlotte, stavolta grazie al cielo con cibo da
asporto.
< <
Hey! > > mi saluta lei < < Che faccia che
hai > >
< <
Mi sono annoiata a morte tutto il giorno > > dico io
lamentandomi.
< <
A proposito, domani dovresti passare alla casa editrice a consegnare
gli ultimi capitoli > >
< <
Lo hai finito? > > mi dice lei rivolgendomi
un'espressione
triste.
< <
Già. Non ho ufficialmente più niente da fare!
> >
< <
Puoi rimetterti a scrivere > > mi consiglia lei.
< <
No grazie. Credo che l'annunciato fallimento di “Capitan
Coraggio
2” mi basti > > dico sconsolata.
< <
Non dire così > > mi consola lei.
< <
E' così > > insisto io < <
Cadrò in depressione e mi
ritroverai impiccata all'asta della doccia > > dico cupa.
< <
Tu non ce l'hai la doccia > > mi risponde lei per niente
divertita.
< <
Dopotutto con un nome come il mio che fine posso sperare di fare?
>
>
Charlotte
mi rivolge uno sguardo interrogativo.
< <
Virginia Woolf, hai presente? > > chiedo staccando le
bacchette
cinesi < < Devo ricordati che fine fece? Si
riempì le tasche
di sassi e si lasciò annegare, forse dovrei fare
altrettanto. > >
< <
Tu non ti lascerai annegare>> mi dice lei <
< E poi
scommetto che non ti hanno chiamata così in onore suo
> >
< <
Forse no, ma cosa cambia? > >
< <
Bé, per annegare prima dovresti uscire di casa >
> taglia
corto lei.
Non ho
nessuna intenzione di uccidermi, ovvio, mi piace punzecchiarla, lei
odia quando si parla di morte, ed è terrorizzata dai
fantasmi.
Ci siamo
entrambe arrese sul cercare un modo per farmi riavere il budget
così
lei trascorre tutta la sera a raccontarmi della sua ultima fiamma,
Stefano. Charlotte ha una vita così attiva che mi piace
parlare con
lei ed ascoltare i suoi aneddoti, è un po' come se li
vivessi
anch'io, sono patetica lo so.
Trascorro
i seguenti giorni a svolgere traduzioni, il mio profilo è
tornato
attivo subito, gli utenti mi sommergono di temi da tradurre, sono
contenta, mi aiuta a non pensare a quanto la mia vita stia andando
allo sbaraglio.
Circa
una settimana dopo aver consegnato gli ultimi capitoli mi accorgo di
avere un messaggio nella segreteria.
“Buongiorno
Virginia, sono Emma della casa editrice, gli ultimi capitoli vanno
benissimo, siamo pronti per la stampa”
Dice una
voce entusiasta. Cosa avrà mai da essere così
felice proprio non lo
so.
Tra le
e-mail trovo un messaggio con allegate varie opzioni per la
copertina, nell'oggetto c'è scritto “Urgente,
sceglierne una”.
Le
guardo attentamente, sono tutte disegni con colori vivaci, simili a
quelle del primo volume, scelgo quella che mi piace di più e
rispondo alla mail : opzione 3, e invio.
E' tutto
come durante il lancio del primo capitolo, mi telefonano e mi mandano
tutto via mail o tramite Charlotte, nessuno mi ha detto di
presentarmi lì, mi chiedo perché allora non
abbiano voluto darmi il
budget.
Mi
ributto nelle traduzioni e le mie giornate sono sempre le stesse, con
qualche e-mail ogni tanto per definire gli ultimi dettagli, scegliere
il layout delle pagine, inviare i ringraziamenti da inserire alla
fine e la dedica da mettere all'inizio, stando a quello che mi dicono
il libro dovrebbe praticamente essere pronto.
A
differenza del primo questa volta non sono eccitata, non sono in
ansia, perché so già che lo pubblicheranno nel
minor numero di
librerie possibile per non spendere troppo e so già che
sarà un
fallimento.
Sono
trascorsi due mesi, mi sono messa l'anima in pace e trascorro le
giornate con le mie traduzioni, devo ultimare una tesina
universitaria di 130 pagine, gli studenti al giorno d'oggi non hanno
proprio più voglia di fare niente.
Alle tre
di pomeriggio inaspettatamente arriva Charlotte con un'espressione
felicissima in volto.
< <
Charlie, ciao > > la saluto io.
< <
Ginny, siamo salve! > > annuncia lei.
< <
Mi ridaranno il budget? > > chiedo speranzosa.
< <
No, non ancora almeno > >
< <
Cioè? > > chiedo io confusa.
< <
Ci ho pensato, e sono arrivata alla conclusione che se il budget non
va a Virginia, Virginia andrà al budget > > mi
spiega lei con
un'espressione convinta.
< <
Come? > >
< <
Ok, loro non vogliono darti the money perché
non ti fai mai
vedere > > dice aspettando di vedere se la seguo.
Io le
faccio un cenno con la testa e lei continua < < Quindi,
la
soluzione è di farti vedere > > conclude lei.
< <
In che senso “farmi vedere”? > >
chiedo.
< <
Bé, che devi andare lì di persona e reclamare i
tuoi dannati soldi
> > mi spiega.
< <
Andare dove? > >
< <
Alla casa editrice, Jesus Ginny, hello!
> >
< <
Ma...ma > > balbetto io < < Io…
lo sai che non esco >
> comincio a boccheggiare.
< <
Lo so, i know > > dice lei <
< Ma ho parlato con
Emma, la tua referente alla casa editrice, e mi ha dato un opzione
che non avevamo ancora preso in considerazione > >
< <
L'ipnosi? > > chiedo io < < La droga?
> >
< <
No, idiot > > dice lei alzando gli
occhi al cielo < <
La casa editrice ti manderà un terapista>>
< <
Un cosa? > >
< <
Qualcuno che ti curi > >
< <
Ma io non sono malata > > protesto.
< <
Ok, allora non chiamiamolo terapista, ma life coach > >
< <
E dovrebbe aiutarmi perché? > > chiedo confusa.
< <
Ma è ovvio! Tu non esci di casa da cinque anni, lui ti
insegnerà a
vincere le tue paure, sarà qua domani mattina alle nove, ho
chiesto
un giorno di permesso così posso esserci anch'io >
> dice in
fretta prima di andarsene.
< <
No, aspetta, Charlie! > > urlo io alle scale.
Ok,
niente panico. Uno sconosciuto piomberà qua domani mattina e
mi dirà
che sono completamente pazza, niente di grave.
Passo il
pomeriggio a girare in tondo agitata, non riesco a concentrarmi sul
lavoro.
Stupita
noto che sono le 20.30, Charlotte non mi ha portato la cena oggi.
Mi
scaldo una pizza surgelata nel microonde e la mangio davanti alla
televisione.
Alle
dieci vado a dormire, è stato il giorno più
brutto della mia vita,
sperando che si tratti di un incubo mi infilo sotto le coperte.
|
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Capitolo 5 *** 5 ***
5.
Il
telefono squilla e il campanello suona.
Mi alzo
e controllo la sveglia.
9.05
In
pigiama vado alla porta e controllo dallo spioncino, è
Charlotte.
Chiedendomi
perché non si sia aperta la porta da sola le apro e con
sgomento
noto che con lei c'è qualcuno.
< <
Ciao > > mi dice un uomo alto con i baffi.
Io
strabuzzo gli occhi, apro la bocca per dire qualcosa, ma per tutta
risposta corro a chiudermi in bagno.
Ok, non
era un incubo.
Con
respiri profondi mi lavo la faccia, mi pettino, mi lavo i denti e mi
applico la crema idratante come faccio ogni giorno.
Apro la
porta e sguscio in camera mia per vestirmi, indosso dei jeans e un
maglioncino a righe bianche e blu.
Prendendo
un altro respiro profondo vado in salotto.
Charlotte
e quello che suppongo essere il mio life
coach sono in piedi al centro della stanza con espressione
stupita.
< <
Ciao > > ripete lui.
< <
Ehm ciao > > dico con la bocca secca.
< <
Sei Virginia > > mi dice.
< <
Lo so > >
< <
Io sono Vincenzo, ma tutti mi chiamano Enzo > > si
presenta lui
con tono affabile porgendomi la mano.
Io
ignoro il suo gesto e gli rivolgo un sorriso tirato.
< <
Charlotte ti ha spiegato chi sono? > > mi chiede.
Mi sento
come uno di quei bambini iperattivi ai quali la gente si rivolge
scandendo bene le parole perché credono siano ritardati.
Faccio
un cenno con la testa.
< <
Bene, io sarò il tuo ter… > > si
trattiene quando la mia
amica gli molla una gomitata < < Il tuo life coach
> > si
corregge lui.
< <
Ti assegnerò degli esercizi da fare per sconfiggere la tua
timidezza
e superare l'ansia > > mi spiega.
< <
Che tipo di esercizi? > > chiedo.
< <
Charlotte mi ha spiegato che abbiamo un mese per farti uscire di
casa, ogni settimana avrai un compito diverso, ogni giorno
sarà un
po' più difficile da affrontare, procederemo per gradi
> > mi
spiega con tono professionale.
Io cerco
di capire cosa mi ha appena detto.
< <
Hai un foglio? Di solito non lavoro a domicilio, nel mio ufficio ho
una lavagna > > mi spiega lui.
Io lo
guardo e mi viene un'idea.
Vado
nello studio, la seconda stanza inoccupata che dovrebbe servirmi per
scrivere ma che non utilizzo mai e afferro la gigantesca lavagna che
mia madre mi fece recapitare come regalo quando scoprì di
“Capitan
Coraggio”. E' una di quelle lavagne grandi e bianche sulle
quali si
scrive con i pennarelli appositi, la trascino sulle rotelle fino in
salotto e lo sguardo di Enzo si illumina.
< <
Perfetto > > dice.
< <
Non l'ha mai usata > > spiego < < Me l'ha
regalata mia
madre per gli appunti, ma non è per niente pratica, credo
abbia
visto troppi episodi di Criminal Minds > > dico con una
risatina.
< <
Ti senti a tuo agio, fai battute, ottimo > > osserva lui.
Mi sento
come una cavia da laboratorio, mi chiedo se mi applicherà
degli
elettrodi in testa e mi farà correre sul tapis roulant.
< <
Bene, come ti dicevo procederemo per gradi > > dice lui
prendendo il pennarello e tracciando
tre
linee sulla lavagna creando tre colonne.
In alto
ad ognuna scrive “Prima settimana”,
“Seconda Settimana”,
“Terza Settimana”, e poi lunedì,
martedì, così via fino a
venerdì.
< <
Ogni giorno avrai dei compiti, questa settimana cominceremo con
qualcosa di semplice, rimarremo in un perimetro ristretto, questo
edificio > > mi spiega.
Io lo
ascolto attentamente.
< <
Il primo esercizio consiste nel parlare con qualcuno > >
< <
Ma io sto parlando con te > >
< <
Io non conto > > dice con una risatina < <
Qualcuno che
stia fuori da questa casa >
Mi
guarda come se si aspetti che io metta in pratica l'esercizio subito,
così apro la finestra che da sul cortile, scorgo una signora
e urlo
< < Salve! > > lei alza la testa
chiedendosi da dove
provenisse il saluto.
Mi volto
verso di lui soddisfatta e noto che sia Enzo che Charlotte hanno
un'espressione incredula.
< <
Ehm, non intendevo parlare in quel senso > > dice lui
cauto,
credo tema che io possa saltargli alla gola da un momento all'altro,
deve aver capito che la mia situazione è ben peggio di
quanto
pensasse.
< <
Ci sono degli inquilini qui, altre persone che ci vivono, dovrai fare
la conoscenza di almeno cinque di loro > > mi spiega.
Cinque?
< <
Così tanti? > > chiedo.
< <
Bé, il nostro scopo è di farti relazionare col
maggior numero di
persone possibile, quindi si > > mi spiega.
Torna
alla lavagna e sotto alla scritta “Prima Settimana”
scrive
“Conoscere i vicini”.
< <
Ogni giorno dovrai andare a prendere la posta e salutare chiunque
incontri > >
< <
Ma io ritiro la posta la sera per non incontrare nessuno >
>
dico come se fosse ovvio.
< <
Bé, da oggi dovrai farlo di mattina > >
< <
E se non dovessi incontrare nessuno? > > chiedo sperando
di
prenderlo in contro piede.
< <
Non importa > > dice lui tranquillo < <
Perché tornando
a casa dovrai fermarti in un appartamento e salutare il proprietario,
uno diverso ogni giorno > >
Non ce
la farò mai.
< <
Ogni giorno avrai un compito diverso > > elenca scrivendo
<
< Il primo giorno, cioè oggi, dovrai semplicemente
suonare il
campanello, salutare, presentarti e scoprire il nome dell'inquilino.
Il secondo giorno, dovrai chiedere una cosa > >
< <
Che genere di cosa? > > lo interrompo.
< <
Qualsiasi cosa, chiedere qualcosa in prestito, o qualcosa che
riguarda la loro vita > mi spiega.
Opto per
la seconda, se chiedessi qualcosa in prestito dovrei tornare a
restituirla.
< <
Il terzo giorno dovrai toccare la persona che ti apre la porta,
stabilire un contatto fisico > >
< <
Cosa? Perché? > > chiedo preoccupata.
Non so
che genere di persone abitino in questo palazzo.
< <
Che problema c'è? >> mi chiede.
Comincio
ad avere il fiato corto, lui mi guarda in modo strano.
< <
Ehm, Virginia, toccami > > mi dice.
< <
Ma io non ti conosco! > > rispondo allibita.
< <
Non importa > > mi dice porgendomi un braccio.
“Capitan
Coraggio”, “Capitan Coraggio” mi ripeto
mentre tendo un braccio
e gli afferro il polso.
Inaspettatamente
lui afferra col braccio libero il mio e rimaniamo così per
qualche
secondo.
< <
Visto? > > mi dice lasciandomi andare.
< <
Il quarto giorno dovrai fare un invito > >
< <
Che tipo di invito? > > chiedo ancora più
preoccupata.
< <
Puoi proporre all'inquilino di venire a trovarti o di vedervi per un
caffè > > mi spiega.
Perché
diamine dovrei bere un caffè coi miei vicini?
Temo il
peggio per l'ultimo giorno, cosa dovrò fare, sposarne uno?
< <
Venerdì dovrai offrirti per qualcosa > >
Ecco lo
sapevo.
< <
Cioè, proporti di aiutare un inquilino in qualcosa >
> mi
spiega.
Ok,
avevo del tutto mal interpretato il compito.
Guardo
la lavagna, tutti quei compiti mi fanno venire mal di testa.
< <
Hai un quaderno vuoto o un diario? > > mi chiedo
distogliendo
la mia attenzione dai miei compiti.
< <
Ehm, si dovrei averne uno > > torno nello studio e trovo
un
quadernino con la copertina rigida e glie lo porto.
< <
Ottimo, ogni giorno dovrai annotarti le tue emozioni, e le sensazioni
che hai provato nello svolgere ogni compito, sei una scrittrice
dovrebbe essere facile per te > > mi dice.
< <
Perché devo farlo? > > chiedo.
< <
Io verrò qui ogni pomeriggio, verso le 17.00, leggeremo i
resoconti
delle tue giornate e parleremo insieme di come ti sei sentita a
svolgere ogni compito > >
E io che
temevo di non aver più niente da fare nella vita.
< <
Ok > > mi limito a dire.
< <
Bene, allora adesso Charlotte ed io andiamo, perché non ci
accompagni così puoi subito svolgere il tuo primo compito?
> >
mi propone lui.
< <
Ok > > ripeto nervosa.
Infilo
le scarpe, prendo le chiavi e li seguo fuori.
Non c'è
nessuno nel corridoio, nessuna sorpresa, sono l'unica che vive nel
mio piano.
Con mio
grande disappunto non prendono l'ascensore ma scendono le scale, e io
li seguo.
Sono le
dieci di mattina, con un po' di fortuna tutti gli inquilini saranno a
lavorare.
Arriviamo
al piano terra, io apro la mia cassetta della posta e prendo le
buste.
< <
Ok, allora, mi raccomando, un inquilino da conoscere, noi ci vediamo
stasera > > mi saluta Enzo e Charlie lo segue facendomi
un
sorriso.
|
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Capitolo 6 *** Prima Settimana: Conoscere i Vicini- Lunedì ***
PRIMA
SETTIMANA
Conoscere
i vicini
LUNEDI'
Rimango
per un po' all'ingresso aspettando di incontrare qualcuno, ma non si
manifesta nessuno.
Sollevata
mi trascino su per le scale fermandomi al primo piano.
Potrei
tornarmene a casa, inventarmi qualcosa sul vicino che ho salutato, lo
ha detto anche Enzo, sono una scrittrice, dovrei cavarmela.
Non
credo che lui andrà ad interrogare ogni vicino per chiedere
se è
vero che io li ho salutati.
Contenta
salgo le scale fino al mio appartamento non incontrando nessuno.
Infilo le chiavi nella serratura ma mi blocco. Devo impegnarmi in
questo compito, è stata la casa editrice a mandarmi Enzo,
significa
che credono in me, che credono che io possa farcela a strappare il
mio budget dagli artigli smaltati di Skyler.
Convinta
scendo le scale e mi fermo al quarto piano e suono alla prima porta
che trovo.
Nessuna
risposta.
Provo
all'appartamento vicino, nessuna risposta.
Tendo le
orecchie, dal 4D proviene un rumore così suono il
campanello.
Sento le
chiavi nella serratura e mi apre una signora anziana.
La
guardo, mi ricorda mia nonna.
< <
Salve, mi chiamo Virginia, abito qua sopra al 5D, e lei come si
chiama? > > chiedo tutto d'un fiato.
La
signora mi guarda circospetta e mi sbatte la porta in faccia.
Rimango
pietrificata davanti alla porta per un po'.
Mi sono
presentata ma non ho scoperto il nome di quella vecchia arpia quindi
devo ricominciare d'accapo.
Scendo
al terzo piano, tendo le orecchie e suono al 3B.
Mi apre
un ragazzino di circa dieci anni.
Un
bambino, perfetto!
< <
Ciao! Io sono Virginia, abito qua sopra, tu come ti chiami? >
>
chiedo con tono gentile.
Lui mi
guarda terrorizzato e scappa urlando.
Ma cos'
hanno che non va in questo palazzo?
Non
volevo mica trasformarti in rospo dannato ragazzino.
Suono al
campanello vicino.
Mi apre
un signore con gli occhiali sul naso e mi rivolge un sorriso.
< <
Buongiorno, mi chiamo Virginia, abito qua sopra al 5D, lei come si
chiama? > > ripeto annoiata con voce robotica.
< <
Oh, abita nell'appartamento di Anna Maria? > > chiede
interessato.
Voglio
sapere il tuo nome non far conversazione.
< <
Si, era mia nonna, allora come si chiama? > >
< <
Oh, giocavamo sempre a carte insieme! > > dice nostalgico.
Molto
interessante.
Mi viene
un'idea < < Si, mia nonna mi parlava sempre di lei, ma
non
ricordo proprio il suo nome! > >
< <
Oh, sul serio? > > chiede lui commosso < <
Si, Anna era
gentile > >
< <
Già > > dico spazientita < < Sa,
nel week end vado a
trovarla nella casa di riposo, se vuole le porto i suoi saluti
signor… > > dico lanciandogli un'occhiata
interrogativa.
< <
Oh, io sono Mario, Mario Rosso > >
Si!
Evviva!
< <
Ottimo Signor Mario Rosso, arrivederci! > > dico
schizzando su
per le scale.
Torno
nella sicurezza del mio appartamento, prendo il quaderno e scrivo un
breve resoconto del mio primo compito.
Soddisfatta
trascorro il pomeriggio a tradurre e attendo la visita di Enzo.
Puntuale
suona al citofono e io gli apro.
< <
Ciao Virginia, allora com'è andata? > > mi
chiede.
< <
Bene > > dico positiva porgendogli il quaderno.
“La
signora del 4D è una vecchia megera che mi ha sbattuto la
porta in
faccia, i proprietari del 3B
hanno un figlio
insopportabile che ha guardato troppi cartoni animati e al 3A
vive un signore canuto di nome Mario Rosso che
giocava a carte
con mia nonna.”
Legge
lui ad alta voce mentre io ascolto compiaciuta.
Finita
la lettura alza lo sguardo dal quaderno e mi guarda.
< <
Ehm, dovevi salutare un vicino > > mi dice spiazzato.
< <
L'ho fatto. Ho suonato ad una porta ma la signora me l'ha sbattuta in
faccia, il ragazzino è scappato urlando, il vecchietto
invece mi ha
finalmente detto come si chiama > > spiego io.
< <
Virginia, i tuoi resoconti dovranno essere un po' più
dettagliati >
> mi dice di nuovo con quel tono cauto.
< <
Dovevo salutare un vicino, cosa devo scrivere di più?
> >
chiedo non capendo.
< <
Le tue emozioni, come ti sei sentita a parlare con degli sconosciuti?
> >
< <
Coi primi due non ci ho parlato > >
< <
Bé, dati i tuoi standard presentarti è stato un
bel passo avanti, e
lo hai fatto con ben tre persone > > mi dice lui.
< <
Si, ma solo perché le prime due erano dei maleducati e sono
stata
costretta a fare più di un tentativo > >
rettifico io.
< <
E come ti sei sentita? > > insiste lui.
Io ci
penso un po' su.
< <
Bé, alla prima porta ero un po' in ansia, devo ammetterlo
> >
< <
Per cosa? > > mi chiede lui interessato.
< <
Non sapevo chi mi avrebbe aperto, non mi piacciono le sorprese >
>
dico io.
< <
Bene, e sei rimasta delusa, o stupita da chi hai trovato? >
>
mi chiede.
< <
Ehm, sollevata direi > >
< <
Perché? > >
< <
Bé, la signora mi ha ricordato mia nonna, il ragazzino era
giovane,
sono sempre andata d'accordo coi bambini, e il signore mi è
subito
sembrato gentile > > spiego io.
< <
Ecco, avresti dovuto scrivere questo sul quaderno > >
< <
Perché scriverlo, se poi te lo dico a voce? >
> chiedo.
< <
Perché poi il quaderno ti rimarrà,
sarà una raccolta di tutte le
tue emozioni. Scrivere vecchia megera e ragazzino insopportabile non
sono molto utili alla nostra terapia > >
< <
Ok > > mi arrendo io, sarà una noia mortale
per me raccontare
le mie emozioni.
< <
Bene, allora domani dovrai chiedere un particolare della vita di un
inquilino > > si raccomanda.
< <
Ma oggi ho scoperto che il Signor Rosso giocava a carte con mia
nonna, vale, no? > chiedo sperando di cavarmela.
< <
No > > dice lui dandomi un colpetto in testa col mio
quaderno <
< Non vale perché è stato lui a dirtelo, e
in più dovrà essere
un vicino diverso > > mi spiega.
< <
Ma oggi solo per presentarmi ho suonato in almeno sei case, non
c'è
nessuno! > > protesto.
< <
Torna a diverse ore del giorno, non sei costretta ad andarci sempre
di mattina > > mi consiglia lui.
< <
Ok > > dico poco convinta.
Devo
appostarmi fuori dal palazzo in attesa che entri qualcuno? Potrei
colorarmi la faccia di verde e nascondermi in una siepe.
< <
Comunque direi che l'esercizio di oggi è stato svolto come
si deve >
> dice Enzo facendo una spunta vicino a
“lunedì”.
< <
Senti un po' ma, più imparerò le lezioni
più diventerai bello? Ti
spariranno le verruche e ti verranno i denti dritti tipo Nanny
McPhee? > > chiedo io prendendolo in giro.
Lui mi
guarda e dalla sua espressione capisco che non ha idea di cosa io
stia parlando.
< <
Ehm, Tata Matilda, hai presente? I libri, lei insegna delle lezioni
ai bambini e poi… > > comincio a spiegare io
ma lui continua
a guardarmi con uno sguardo interrogativo.
< <
Ok, non importa > > dico alzando le mani in segno di resa.
< <
Domani alla stessa ora > > mi dice uscendo.
Trascorro
il pomeriggio finendo di tradurre quella noiosissima tesina e aspetto
la sera perché arrivi Charlotte.
Puntuale
come un orologio svizzero arriva con la cena.
< <
Che fine hai fatto ieri? > > le chiedo
< <
Oh, mi sono trattenuta in redazione con un collega > > mi
risponde con uno sguardo allusivo.
< <
Stefano? > >
< <
Who? No, Michele > >
< <
Ok > > dico ricordandomi che la mia amica cambia
fidanzato come
le camicie.
< <
Allora, hai salutato i vicini? > > mi interroga.
< <
Si, e ho scoperto che sono una manica di teste di cavolo, avevo
ragione a stare alla larga da loro > > racconto.
< <
C'mon, non devi mica farci amicizia, devi solo
salutarli >
>
< <
Per adesso, domani dovrò chiedere qualcosa della loro vita,
che vuoi
che me ne importi? > >
< <
Ginny, devi impegnarti in questi compiti, ricordati cosa c'è
in
palio > > mi rimprovera lei.
< <
Va bene, mamma > > le rispondo mentre lei mi molla
un'altra
occhiata severa.
note dell'autrice:
Ciao
a tutti! Ecco qua, un nuovo capitolo! Da qui cominciamo con le
"lezioni", scopriremo come Virginia affronterà ogni
compito... Spero che questo racconto vi stia piacendo, ringrazio tutti
i lettori e chiunque vorrà lasciare una recensione!
|
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Capitolo 7 *** Martedì ***
MARTEDI'
Oggi
decido di seguire il consiglio di Enzo e ritirare la posta di
pomeriggio.
Ho
passato tutta la mattina a fare una lista di ipotetiche domande da
rivolgere ai miei vicini, ieri solo per ottenere un semplice nome ho
sudato sette camicie, mi chiedo quanto ci metterò ad
ottenere un
dettaglio intimo.
Potrei
chiedere l'età, la professione, informazioni sulla famiglia,
ma so
che da una domanda ne nasceranno altre e mi ritroverò
intrappolata
in una conversazione di cui non mi importa nulla, ma dopotutto
è il
compito di oggi e io dovrò impegnarmi al meglio.
Comincio
a pensare che Enzo sapesse benissimo che non avrei ottenuto un nome
al primo tentativo, e che sappia benissimo che con la domanda che
porrò oggi darò il via ad una conversazione vera
e propria, credo
che gli esercizi siano proprio questo, da una semplice consegna si
arriva a qualcosa di più elaborato e complesso. Ho
già paura di
cosa succederà venerdì quando dovrò
offrirmi per fare un favore.
Verso le
tre di pomeriggio scendo all'ingresso, non ho nessuna lettera, come
ieri aspetto un po' appoggiata al muro e dopo una decina di minuti
passati a non incontrare anima viva mi decido a salire le scale e
andare a suonare ai campanelli.
Mi fermo
al primo piano, forse i piani di questo palazzo sono come i gironi
dell'inferno, più si sale più le anime sono
dannate.
Ha
senso, dato che all'ultimo, il quinto, ci sono io, al quarto c'era la
signora antipatica che mi ha sbattuto la porta in faccia e al terzo
c'era il bambino paranoico.
Se la
mia teoria è esatta al secondo e al primo piano dovrebbero
esserci
quelli gentili.
Suono al
1A e aspetto.
Mi apre
un signore asiatico nerboruto in canottiera che mi guarda, ha le
dimensioni di un lottatore di sumo.
Cosa
potrei chiedere a un armadio del genere?
Comincio
dalle cose facili < < Salve, mi chiamo Virginia, abito al
5D,
lei come si chiama? > > chiedo nervosa, una delle sue
mani
potrebbe spazzarmi via in un solo colpo.
<
< Sino
ka? Ano kawili-wili sa
akin! Kunin ang bago kong masira ang iyong mukha!> mi urla con tono minaccioso agitando
un braccio.
Terrorizzata
schizzo su per le scale fino al secondo piano e mi siedo sull'ultimo
scalino a riprendere fiato.
Ma
che problema hanno tutti? E
poi Charlotte
si stupisce che non esco mai di casa, mi basta scendere qualche piano
per ritrovarmi faccia a faccia con un pazzo!
Comincio
a credere che tutto il palazzo sia abitato da mostri, forse ci hanno
messi tutti qua proprio per questo.
< <
Signorina sta bene? > > mi chiede una voce alle mie
spalle.
Mi volto
e trovo una signora minuta sulla cinquantina coi capelli a spazzola
rosso fuoco.
< <
Si, sono incappata nell'inquilino del 1A, mi ha spaventata a morte
>
> dico nervosa.
<
< Oh, si è filippino, è sempre arrabbiato,
non so perché e
nessuno riesce a capire una parola di quello che dice! >
> dice con una risatina.
La
guardo meglio, mi ispira fiducia, così mi alzo e mi presento.
< <
Io sono Virginia, abito… > >
< <
Al 5D, lo so > > mi interrompe lei < < Non
ti avevo mai
vista prima > >
Lo sa?
Cosa sono, una leggenda metropolitana?
“Bambini,
state attenti
alla strega che vive al 5D!”
< <
Come lo sa? > > chiedo sospettosa.
< <
Conosco tutti gli inquilini, sono la presidente del comitato, tu non
ti sei mai presentata ai nostri incontri > > mi spiega
gentile.
Le
rivolgo un sorriso imbarazzato.
< <
Io sono Nadia comunque > > si presenta < <
Abito qui, al
2C > > dice indicando la porta.
< <
Da quanto tempo vive qui? > > colgo la palla al balzo per
farle
la domanda per il mio compito.
< <
Oh > > dice lei colta alla sprovvista < <
Non saprei,
vediamo, quasi sedici anni, credo > >
< <
Però > > dico fingendomi ammirata <
< Ora, dovrei andare
a casa, ho del lavoro da finire > > mi scuso congedandomi.
< <
Ok, vieni a qualche riunione ogni tanto, abbiamo la torta! >
>
mi dice lei tornando in casa.
Le
rivolgo un saluto con la mano e torno nel mio appartamento.
Prendo
il quaderno, mi siedo al tavolo e rimango a fissare il foglio per
almeno mezz'ora.
Mi è
sempre venuto naturale scrivere e raccontare storie, fin dai tempi
della scuola, scrivevo dei temi bellissimi che i professori leggevano
sempre a tutta la classe, ma scrivere cosa ho provato oggi è
più
difficile di quanto credessi.
Come
durante i compiti in classe di matematica scrivo prima a matita,
rileggo e cancello tutto una decina di volte, poi ripasso con la
penna e cancello i segni di matita con la gomma.
Puntuale
alle 17 arriva Enzo, lui e Charlotte andrebbero molto d'accordo.
< <
Ciao Virginia, allora come è andata? > > mi
chiede ripetendo
le stesse identiche parole di ieri.
Credo si
aspetti sempre che io gli risponda che non ce l'ho fatta a svolgere
il compito.
< <
Bene > > dico convinta.
< <
Ok, leggiamo allora > > risponde afferrando il quaderno.
“Oggi
sono scesa per controllare la posta di pomeriggio, ma come ieri non
ho incontrato nessuno.
Ho
suonato al campanello dell'appartamento 1A e mi ha aperto un signore
asiatico.
Quando
l'ho visto sono rimasta spiazzata, tutte le persone asiatiche che ho
incontrato erano magre e piccole e col sorriso felice in faccia, lui
invece era molto robusto e alto ed era molto arrabbiato.
Mi
sono presentata e lui per tutta risposta ha urlato qualcosa di
incomprensibile che mi ha spaventata a morte e mi ha fatto correre ai
ripari al secondo piano.
Qui
ho incontrato Nadia, una signora che sembra un riccio caduto nella
marmellata, ma molto gentile, che mi ha spiegato che il signore del
1A è filippino ed è sempre arrabbiato ma nessuno
capisce mai cosa
dice.
Forse
è per questo che è sempre arrabbiato, ho pensato,
perché nessuno
lo capisce.
La
Signora Nadia mi ha trasmesso molta e fiducia, così le ho
chiesto da
quanto tempo vivesse nel palazzo e lei, dopo averci pensato un po',
mi ha risposto sedici anni.
Mi ha
raccontato inoltre di essere la presidente del comitato degli
inquilini e mi ha proposto di unirmi a qualche riunione,
sottolineando che hanno la torta. Io l'ho ringraziata, l'ho salutata
e sono tornata a casa.”
Mentre
legge lo guardo preoccupata.
Ho
inserito le mie emozioni, ma sembra il tema di un bambino di prima
elementare.
< <
Bé, già meglio di ieri > > mi dice
dopo un po'.
< <
Sul serio? > >
< <
Si, hai sottolineato le tue emozioni. Vedo che tendi a catalogare le
persone, ma su questo ci si può lavorare > >
< <
In che senso “catalogare le persone”? >
> chiedo.
< <
Vecchia e cattiva, robusto e arrabbiato > > mi spiega lui.
< <
Bé, ma è vero > > mi difendo io.
< <
Virginia, le persone non sono solo buone e cattive, giovani e
anziane. Ad esempio il signore che hai incontrato ieri era anziano ma
anche gentile > >
Lo
fisso. Non capisco cosa voglia dirmi.
< <
Non devi vederli come dei mostri estranei da etichettare a tutti i
costi > >
< <
Ho semplicemente descritto come sono, la signora era un'antipatica e
l'ho scritto. Dovevo forse dire che è stata gentilissima
quando non
è vero? > > protesto.
< <
Virginia, ti ha solo sbattuto la porta in faccia, non significa che
sia una persona odiosa > >
Lo
guardo allibita.
< <
Per me si! > > protesto.
< <
Magari avrà avuto i suoi buoni motivi per chiuderti la porta
in
faccia > >
< <
Si, il motivo è che è una vecchia antipatica
> > insisto io.
< <
Non faremo nessun progresso se continui ad essere così
chiusa > >
mi sgrida lui.
< <
Io sarei chiusa? > > dico allibita < < Cosa
avrei dovuto
fare? Ringraziarla per essere stata così maleducata?
> >
< <
Avresti potuto suonare di nuovo e insistere > > mi dice
lui
come se la cosa fosse ovvia.
Apro la
bocca per rispondere ma non so cosa dire.
Non
avevo minimamente preso in considerazione questa idea.
< <
Ieri hai gettato la spugna con quella signora, ti sei fermata al
primo ostacolo, qualcosa mi dice che tendi a farlo molto spesso
>
> dice riflessivo.
< <
Ho suonato a tre porte, lo chiami gettare la spugna? > >
chiedo
allibita.
< <
Si, dato che hai parlato solo con la persona che secondo te era
gentile. Le altre due le hai scartate subito > >
< <
Ho ottenuto un nome, ho svolto il compito > > gli dico
indicando la spunta che ha fatto ieri vicino a
“lunedì”.
< <
Si, e anche oggi hai svolto il compito > > risponde
aggiungendo
una seconda spunta accanto a “martedì”
< < Domani dovrai
stabilire un contatto fisico con uno dei vicini > dice indicando
la terza consegna della settimana.
< <
Lo so > > dico mesta.
< <
A domani? > >
< <
A domani > > ripeto sollevata di aver concluso la mia
“terapia”
quotidiana.
|
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Capitolo 8 *** Mercoledì ***
MERCOLEDI'
Stamattina
mi sono svegliata insolitamente di cattivo umore, ho sbattuto ogni
porta, lanciato qualsiasi cosa, ieri Charlotte mi ha nuovamente dato
buca per una delle sue fiamme e più guardo la lavagna,
più mi viene
voglia di piangere.
Oggi
dovrò toccare uno di loro, se penso che potrei capitare su
un altro
filippino incavolato mi vengono i brividi.
Ops, è
vero, non devo catalogare.
Sono le
15.45, fra meno di due ore Enzo sarà qui a reclamare il suo
resoconto e io non ho la più pallida idea di come fare a
stabilire
un contatto fisico con un perfetto sconosciuto.
Potrei
“accidentalmente” andare a sbattere contro uno di
loro, ma so già
che il mio life coach non apprezzerebbe il mio approccio, lui vuole
un contatto fisico vero e proprio, come quello che c'è stato
tra di
noi l'altro giorno.
Controvoglia
mi trascino giù per le scale, arrivo all'ingresso e nella
cassetta
delle lettere trovo un'altra odiosa bustina rossa, come se il mio
umore non fosse già abbastanza funereo.
La porta
d'ingresso si apre ed entra Nadia, con un'espressione triste.
Potrei
andare via, devo toccare un inquilino nuovo, lei l'ho già
usata
ieri, ma si accorge di me così sono costretta a salutarla.
< <
Buongiorno > >
< <
Virginia, salve > > mi dice con tono triste.
Lei fa
qualche sospiro mentre controlla la posta e mi rivolge un sorriso.
< <
Ehm > > dico schiarendomi la voce < < Tutto
bene? > >
< <
No, vedi, un'inquilina del palazzo è improvvisamente venuta
a
mancare > > mi spiega.
< <
Oh > > mi limito a dire, anche mi dicesse di chi si
tratta non
l'avrei comunque mai vista.
< <
La Signora Rosa, abitava al 4D > > mi racconta mentre con
orrore noto che mi segue su per le scale
Ok,
questa l'ho vista.
< <
L'ho incontrata l'altro ieri > > dico confusa per evitare
l'imbarazzo.
< <
Soffriva di cuore poverina, adesso c'è la figlia nel suo
appartamento, sta sistemando le sue cose > >
Per
fortuna, penso, Nadia vive al secondo piano, mancano ancora poche
scale.
< <
E' stato lo stesso con tua nonna? > > mi chiede invece di
entrare in casa trattenendomi.
< <
No, mia nonna si è solo trasferita, non è morta
> > taglio
corto.
< <
Non ti sei occupata tu delle sue cose? Adesso vivi tu nel suo
appartamento > > mi chiede.
< <
No, se n'è occupata mia madre, poi sono subentrata io
> > dico
guardando distrattamente il cellulare per farle credere che vado di
fretta.
< <
Organizzeremo una veglia nei prossimi giorni > > mi dice
tirando finalmente fuori le chiavi.
Bello,
dovrei invitare Charlotte.
< <
Vado a presentare le condoglianze > > dico per
svignarmela.
< <
Ok, ci vediamo! > > mi risponde un po' meno triste.
Salendo
le scale mi rendo conto che la scusa che ho appena usato con Nadia
può andare benissimo per il compito di oggi.
Quale
motivo migliore per toccare una persona se non per farle le
condoglianze?
Suono al
campanello del 4D e attendo.
Mi apre
una signora sulla quarantina con un vestito a fiori che mi rivolge un
sorriso
< <
Si? > >
Accidenti,
dovrebbe essere atterrita dalla perdita, invece sembra che sia qui
per il matrimonio della sorella.
< <
Buongiorno, mi chiamo Virginia, abito qua sopra, ho saputo della
Signora Rosa > > dico mettendo
su
un'espressione il più possibile contrita.
< <
Oh, certo adesso le chiamo Roberta, io sono una sua collega, sono qui
per darle una mano > > mi spiega.
Torna in
casa lasciando la porta aperta e la sento borbottare qualcosa.
Dopo
pochi istanti vedo venire verso di me una signora in tuta con le
spalle curve e un fazzoletto di stoffa a quadri in mano.
Mi
guarda e con orrore noto che sta singhiozzando e ha gli occhi rossi.
< <
Ehm, salve > > dico cauta < < Sono qui per
porgerle le
mie più sentite condoglianze per sua madre. > >
La
signora mi guarda e scoppia a piangere.
Io
rimango impietrita, so che dovrei toccarla, ma nessun muscolo del mio
corpo sembra voler obbedire.
Non mi
sono mai ritrovata in una situazione del genere, non ho mai dovuto
consolare nessuno, i miei nonni sono tutti vivi e vegeti, o quasi, e
l'unica volta in cui ho visto piangere Charlotte è stato
quando
abbiamo guardato insieme “I segreti di Brokeback
Mountain”.
Con
tutte le mie forze tendo un braccio e le afferro il polso della mano
che regge il fazzoletto, lei per tutta risposta mi afferra e mi serra
in un abbraccio che mi toglie il respiro.
Trattengo
il fiato più che posso, questa sconosciuta mi sta
letteralmente
singhiozzando sulla spalla, le mie braccia sono rigide lungo i
fianchi e il mio cuore batte all'impazzata.
Mi trovo
costretta a respirare e inspirando noto con sollievo che la signora
ha un buonissimo odore, sarebbe potuta andarmi peggio.
Non so
per quanto rimaniamo così, almeno un paio di minuti.
< <
Oh, per l'amor del cielo, Roberta, lascia andare quella povera
ragazza! > > la collega accorre in mio aiuto <
< Non puoi
continuare ad abbracciare tutti quelli che suonano alla porta. >
>
La
signora col vestito a fiori mi scolla di dosso l'amica che mi dice
<
< Grazie di essere passata, lo apprezzo molto > >
< <
Si figuri > > dico indietreggiando per paura di un nuovo
abbraccio.
Le due
donne tornano in casa e io salgo le poche scale che mi separano dal
mio appartamento con le gambe molli.
Manca
mezz'ora all'arrivo di Enzo e io devo ancora scrivere il mio
dettagliatissimo resoconto che però temo sarà
molto conciso dato il
tempo.
Alle 17
in punto premo il pulsante che apre il portone e lui non ha neanche
bisogno di suonare che la porta è già aperta.
< <
Ciao Virginia… > > comincia lui.
< <
Si è andata bene e ho svolto il compito > > lo
interrompo io.
Senza
aggiungere altro prende il quaderno e legge il resoconto.
Oggi
Nadia mi ha comunicato che un'inquilina del palazzo è
improvvisamente venuta a mancare. Era molto triste quando me l'ha
detto, ma io, non conoscendo la signora, non ho provato gli stessi
sentimenti.
Mi
sono recata nel suo appartamento per presentare le mie condoglianze
alla figlia, lei era molto scossa e piangeva a dirotto.
Io mi
sono sentita un po' a disagio, le ho preso una mano per consolarla e
lei mi ha stretto in un abbraccio che mi ha lasciata senza fiato.
Era
da molto tempo che qualcuno non mi abbracciava, ma non ho ricambiato
il gesto, sono rimasta immobile e ho lasciato che la signora si
sfogasse.
Non
ho cercato di consolarla, non sapevo come comportarmi, non mi
aspettavo di ritrovarmi in una situazione del genere, e quando la
signora mi ha lasciata andare mi sono sentita sollevata.
Mentre
Enzo legge ad alta voce capisco di essermi data la zappa sui piedi da
sola.
Non
avrei dovuto scrivere che ero sollevata di essermi scollata di dosso
la figlia, crederà che ho il cuore di ghiaccio.
< <
Bé, per lo meno sei stata sincera, lo apprezzo >
> osserva lui
invece.
< <
Sul serio? > > chiedo incredula.
< <
Si, non mi aspettavo certo che tu ti mettessi a consolarla dandole
pacche sulla schiena > > ammette.
< <
Allora va bene? > > chiedo tanto per essere sicuri.
< <
Chi è la signora? > > mi chiede ignorando la
mia domanda.
< <
Quale? > >
< <
Quella che è morta > >
< <
Ehm, Nadia non me l'ha detto > > dico in fretta.
Che
idiota, ma che risposta è?
< <
Ma se sei andata a fare le condoglianze > > mi guarda lui
allibito.
< <
Ok, è la signora del 4D > > confesso, mi ero
premurata di non
sottolineare questo dettaglio nel mio resoconto.
Noto che
lui mi guarda in modo strano.
< <
Cosa c'è? > >
< <
Niente, ma l'altro ieri lei ti sbatte la porta in faccia e poco dopo
muore > > osserva.
< <
Non crederai mica che l'abbia uccisa io! > > esclamo
esterrefatta.
< <
Cosa? Certo che no! > > ribatte lui basito <
< Ma ricordi
cosa ti ho detto ieri? > >
Io ci
penso un po', ricordo di cosa abbiamo parlato ieri, ma non capisco a
cosa si riferisce.
< <
Ti ho detto che la signora avrà avuto i suoi buoni motivi
per
sbatterti la porta in faccia, e data la situazione attuale,
probabilmente stava già male > > mi spiega lui.
Guardo
il pavimento come un bambino beccato con la mano nel vaso dei
biscotti.
< <
Devo dirti che avevi ragione? > > chiedo.
< <
No, perché lo so che ho ragione > > dice lui
compiaciuto
spuntando anche il “mercoledì”. <
< Domani devi fare un
invito > > aggiunge controllando la lavagna.
< <
Non vedo l'ora! > > dico fingendomi entusiasta.
Lo
scorto fino alla porta e poi accendo il portatile, con tutti questi
compiti sono indietro col lavoro.
Odio
doverlo chiamare “il mio lavoro”, ma perlomeno mi
permette di
pagare le bollette.
Charlotte
non si presenta neanche oggi, due sere di fila, dev'essere una storia
seria.
Ceno con
la solita pizza surgelata e mi infilo nel letto.
All'improvviso
mi rendo conto di aver saltato il mio rituale della sera, non mi sono
spalmata il latte detergente e non ho ripetuto il mio mantra.
Lo farò
domani.
note
dell'autrice:
Ciao
a tutti! Ecco un nuovo capitolo delle disavventure di Virginia! Dato
che sto scrivendo questo racconto man mano che lo pubblico purtroppo
non sono molto veloce nell'aggiornare... Cosa ne pensate del
"formato" del racconto, giorno/compito? Vi sembra
ripetitivo, noioso? Fatemelo sapere, questo è un vero e
proprio
esperimento per me, ogni consiglio è ben accetto! Grazie!
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