Cercasi Coraggio

di The Galway Girl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte Prima - 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** Prima Settimana: Conoscere i Vicini- Lunedì ***
Capitolo 7: *** Martedì ***
Capitolo 8: *** Mercoledì ***



Capitolo 1
*** Parte Prima - 1 ***


Avviso: io non sono una scrittrice, non ho idea di come funzionino le case editrici e di quanto tempo ci voglia a stampare e pubblicare un libro, quindi mi scuso in anticipo per le inevitabili baggianate che avrò senz'altro scritto.




PRIMA PARTE



1.


Niente panico.

Respira, fai respiri profondi e pensa a cose belle.

Prati fioriti, cuccioli di labrador, torte di compleanno.

Sono spacciata. Finita, fregata, fottuta.

No. Ricomincia da capo. Respiri profondi e pensa a cose belle, prati, cuccioli, torte.

< < Ehm, Virginia, hai intenzione di rimanere lì ancora per molto? > >

< < Mmm, no, solo qualche minuto > > dico rivolta alle décolleté Prada della mia amica Charlotte.

Sono trentacinque minuti che sto distesa sotto al letto in posizione fetale con le ginocchia strette al petto.

E' dove vengo sempre quando ho un attacco di panico, il mio posto sicuro, dove so che nessuno viene a disturbarmi.

< < C'mon, esci così ne parliamo > > mi dice lei, dallo scricchiolio deduco che si è seduta sul letto.

Faccio un altro respiro profondo e striscio fuori.

Mi siedo sul tappeto con le gambe incrociate e le rivolgo un'occhiata sconsolata.

< < Sono spacciata vero? > >

< < Ma no! Vedrai che ce li riprenderemo quei soldi! > > afferma lei convinta.

Forse è il caso di fare un passo indietro e raccontarvi cosa mi ha portata sotto quel letto.

Sono una scrittrice, o meglio ho scritto solo un libro due anni fa, una storia per bambini intitolato “Capitan Coraggio”, che si è venduto piuttosto bene. Ho guadagnato abbastanza per permettermi di vivere solo scrivendo, non che prima avessi un vero e proprio lavoro, svolgevo traduzioni via internet da casa. Non devo pagare l'affitto dato che vivo nell'appartamento lasciatomi da mia nonna e i soldi che ricavo dalle vendite bastano per coprire le bollette e le spese di ogni mese.

Visti gli ottimi risultati mi è stato ordinato un secondo capitolo (con l'opzione per un terzo) e io ho trascorso gli ultimi due anni a scrivere come una matta. La casa editrice mi aveva assicurato che per il secondo libro avrebbe organizzato un lancio promozionale senza precedenti, spendendoci un sacco di soldi in modo da assicurarci più lettori possibili, ma esattamente quarantasette minuti fa, la mia migliore amica, nonché auto-elettasi mia agente, mi ha comunicato una notizia che mi ha fatta sprofondare nella più profonda delle disperazioni.

I soldi non ci sono più, puf! Andati, spariti.

< < E come ce li riprendiamo? > > chiedo.

< < Se tu mi avessi lasciata finire prima, invece di fiondarti sotto questo letto, avrei potuto spiegarti bene la situazione > > dice lei afferrando uno dei miei cuscini.

< < E qual è la situazione? > >

< < I soldi ci sono > > a queste parole il mio viso si illumina < < Solo che non li vogliono più dare a te > > il mio viso è di nuovo una maschera di terrore.

< < Come sarebbe? Lo avevano promesso! > >

< < Si, due anni fa. Poi tu sei sparita e ti sei rintanata in questa tua casa senza mai far sapere niente a nessuno > > mi rimprovera Charlotte.

< < Non è vero! > > protesto < < Li ho sempre tenuti aggiornati, ti mando ogni tre mesi alla casa editrice con i nuovi capitoli come previsto! > >

< < Ginny, nessuno ti ha mai vista lì, mai, neanche una volta. Hai sempre mandato me, anche ai tempi di “Capitan Coraggio”, hanno sempre visto solo la mia faccia. Non vogliono investire soldi su un fantasma > >

< < Ma… > > tento di ribattere io, ma so che ha ragione.

Credo di avere uno di quei disturbi che i medici chiamano “Ansia da stress” o “Ansia da panico”.

Sono cinque anni che non metto piede fuori casa, solo il pensiero di uscire in strada mi terrorizza, per questo mi trovai un lavoro facile da fare a domicilio. Dopo l'università e la laurea in lingue, dove ho conosciuto Charlotte, non sono più uscita. Le persone mi mandavano i loro testi da tradurre e io li traducevo, nel frattempo scrivevo “Capitan Coraggio”. Ci ho messo quasi tre anni a terminarlo, una volta finito sapevo di aver scritto qualcosa di valido, e Charlotte, all'epoca stagista nella redazione di un quotidiano di fronte alla casa editrice, lo fece leggere.

Fu difficile far credere agli editori che esistevo per davvero, ho sempre parlato con loro esclusivamente per telefono, e il contratto l'ho firmato tramite Charlotte, che me lo portò a casa.

L'idea di una scrittrice misteriosa però piacque molto.

< < Ma non hanno avuto problemi la prima volta sul fatto che rimanessi nell'ombra! >

< < Si, ma era prima di vedere tutto il successo che hai ottenuto. I ragazzini vogliono conoscerti > > mi spiega lei.

< < E a chi lo vogliono dare il budget per la campagna promozionale? > > chiedo tanto per farmi del male.

< < Ehm, I don't know, non me l'hanno detto > > dice lei vaga col suo accento inglese.

< < Charlotte? > > le chiedo io sapendo benissimo che lo sa.

< < Ok, si fa chiamare Skyler Jones > > mi dice facendo un'espressione disgustata.

< < Come? > >

< < E' un nome d'arte, of course, in realtà si chiama Giuseppa Qualcosa, l'ho incrociata solo una volta. > >

< < E cosa scrive con un alias del genere? Romanzi fantasy? > >

< < No > > dice lei con la faccia scura < < Romanzi soft porno. > >

Ho voglia di tornare sotto al letto.

I miei soldi, il mio budget, verranno destinati a una che scrive libri porno? Voglio morire.

< < Il fatto è che lei li ha conquistati tutti > >

< < E lo faresti anche tu se solo ti decidessi a mettere il muso fuori di casa > > aggiunge severa.

< < Charlie, per favore, puoi andare adesso? > > chiedo sconsolata.

Lei mi rivolge un sospiro, mi bacia sulla testa ed uscendo mi dice < < Non tornare sotto quel letto! > >

Io aspetto di sentire la porta sbattere e me ne torno nel mio angolo sicuro.



Rimango qui un po', poi decido di uscire, devo controllare una cosa.

Accendo il mio vecchio portatile toshiba pieno di adesivi, e su google digito “Skyler Jones”.

Mi si apre una pagina piena di foto, ha un profilo facebook, un blog personale e una pagina LinkedIn dove annovera svariati romanzi.

Guardo le foto: è una stangona magrissima con una zazzera di capelli neri ricci e un sorriso chiaramente rifatto, ha i denti che si illuminano al buio da quanto sono bianchi.

Sfoglio il suo profilo facebook, non ha scritto l'anno di nascita, ma a occhio avrà un paio di anni più di me, 30-31 anni, o forse è solo lei che si atteggia da donna matura, non saprei. Ha 4897 amici, un sacco di foto scattate a feste in discoteca con i drink in mano e l'espressione che Charlie chiama “duck face”.

Sul suo blog, “SOS Skyler”, da consigli sul sesso e sulla cura della persona, un sacco di donne le scrivono per chiederle aiuto e lei termina ogni risposta con lo smile “<3”, che suppongo sia un cuoricino.

La odio solo a vederla in foto, se poi penso che userà il mio budget per vendere quei romanzi per casalinghe annoiate ho voglia di lanciare il computer dalla finestra.

Sento la serratura della porta e so che è Charlie.

< < Hey there! Ti ho portato la cena > >

< < Non devi portarmi da mangiare, so provvedere a me stessa > > dico per la milionesima volta, le ripeto la stessa cosa ogni sera.

< < Lo sai che non voglio mangiare da sola > > dice tirando fuori dalle buste di carta le vaschette del take away cinese < < For God Sake Ginny cosa fai? > > chiede lanciando uno sguardo allo schermo del mio portatile lasciato acceso.

< < Volevo vedere > > mi difendo io.

< < Non devi, così ti fai solo del male > > dice chiudendo il computer con un colpo.

< < Scrive porno > > sottolineo.

Non sono una pudica, ma se proprio devo farmi soffiare il budget da sotto il naso allora preferirei che fosse da una nuova J.K. Rowling e non da una che scrive soft porno.

< < Lo so, e ti ho già detto che quei soldi ce li riprendiamo > > dice decisa.

< < E come? > >

< < Ancora non lo so > > risponde con la bocca piena di ravioli al vapore.

< < Magari non mi serve la campagna promozionale, la prima volta ho venduto bene senza>> dico dopo un po'.

< < Ginny, la prima volta hai avuto, come dite voi? Culo. Non succederà di nuovo. Sono passati due anni, nel frattempo sono usciti miliardi di altri libri per ragazzi, nessuno si ricorda più di te ormai. Quando hai venduto l'ultimo libro? > >

Guardo il piatto. Non voglio ricordare. Sono mesi che non guadagno più niente dalla vendita dei libri, sto sopravvivendo grazie ai risparmi, ho bisogno di ottenere quel budget.

< < Ok > > mi limito a dire.

< < Troveremo un modo > > mi dice spezzando il suo biscotto della fortuna.

La imito, il mio dice:

Goditi una pausa e rilassati.

Allibita lo strappo e lo butto via.






Nota dell'autrice: Ecco il mio terzo racconto! Per una volta infrangerò la mia regola di pubblicare solo racconti finiti, questo lo sto ancora scrivendo, ma “Brace yourself”, ha tipo mille capitoli, quindi lo finirò man mano che pubblico i capitoli già pronti, così da non far passare troppo tempo tra un aggiornamento e l'altro, come piace a me!

Nel frattempo ringrazio tutti i lettori e chi vorrà lasciare una recensione!

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Capitolo 2
*** 2 ***


2.


La sera come sempre infilo le scarpe, prendo le chiavi e scendo giù al piano terra a ritirare la posta, lo faccio sempre a sera tardi così sono sicura di non incontrare nessuno.

Torno in casa, lancio le buste sul tavolino vicino alla porta insieme a una decina di altre, e vado in bagno.

Indosso il pigiama, mi lavo le mani col sapone e l'acqua bollente, mi strucco e mi spalmo il latte detergente con cura, mi pettino e mi rilavo le mani. Mi guardo allo specchio e mi ripeto il mantra “Tu sei bella, hai successo, hai totale padronanza della tua vita”. L'ho letto su internet, ripeterselo ogni sera aiuta ad accrescere l'autostima.

Vado in cucina e metto il bollitore sul fuoco, aspetto che fischi e mi preparo una tisana, la confezione riporta “Effetto rilassante”, Charlotte me l'ha regalata per Natale, inutile dire che su di me non ha nessun effetto.

Mi distendo sul divano, accendo l'abat-jour, mi sistemo il portatile sulle gambe e proseguo nella scrittura.

Capitolo venti.

Sconsolata fisso lo schermo. A cosa serve scrivere? Skyler Jones occupa tutti i miei pensieri, non riesco a pensare ad altro.

Non riesco a credere che mi abbia soffiato il budget così sotto il naso. “Capitan Coraggio” è stata la più grossa vendita della casa editrice, sono stati loro a dirmelo, e ora danno i miei soldi a lei? Forse come me sono convinti che io non abbia bisogno di un grosso lancio, magari i miei lettori mi sono ancora fedeli e attendono con ansia il seguito. O forse, come dice Charlotte, a nessuno importa più di me e di “Capitan Coraggio” e la casa editrice non ha più intenzione di sprecare un altro euro su di me.

Sono tentata di spegnere il portatile e andarmene a letto, ma poi penso “al diavolo!”, ho trascorso due anni a scrivere questo libro, lo terminerò, e se la mia casa editrice non lo pubblicherà vorrà dire che lo farà qualcun altro.

Con rinnovata convinzione comincio a scrivere, la mia antagonista mi da anche lo spunto per un nuovo super cattivo così trascorro gran parte della notte china sul computer.


Come sempre mi addormento sul divano, mi sveglio al suono di un clacson giù in strada.

Non faccio colazione come al solito, passo la mattina a rileggere quello che ho scritto ieri sera, e il pomeriggio ad aggiungere dettagli e cambiare alcune parti.

E' il mio modo di lavorare.

Un giorno scrivo, il giorno dopo correggo. Ho un quaderno dove mi annoto i personaggi, le loro caratteristiche, e tutte le idee che mi vengono in mente, trovo una pagina libera e scrivo il nome del nuovo cattivo, l'ammiraglio Jones, il proprietario di una nave nemica che attacca il galeone di Capitan Coraggio con lo scopo di affondarlo.

Alle sette puntuale arriva Charlotte con la cena e io con un sospiro tiro fuori i piatti.

< < Sarebbe il caso di leggere un po' di posta > > mi dice osservando la pila di buste.

Le rivolgo uno sbuffo annoiato mentre lei va a prendere tutta la mia corrispondenza.

Con un coltello apre una busta alla volta e me la porge. Io dispiego le lettere e le leggo.

Niente di interessante come sempre, estratti conti bancari, che non oso neanche guardare, offerte telefoniche, proposte di finanziamenti, tutte finiscono dritte nel cestino.

Per ultima Charlie mi porge una bustina rossa rivolgendomi uno sguardo interrogativo.

La apro e per poco non cado dalla sedia.

Com'è che si dice? Oltre al danno, la beffa.

La busta contiene un volantino con un primo piano di Skyler Jones e il suo sorriso finto che mi invitano a un incontro di lettura del suo nuovo romanzo “Lei e loro”.

Solo il titolo mi fa inorridire, senza dire niente lo mostro a Charlie e lei esclama

< < Oh my God! Perché ti hanno invitata? > >

Fisso il volantino, la sua espressione convinta mi fa salire una rabbia incredibile.

< < Si può essere così odiosi solo in foto? Chissà com'è dal vivo > > chiedo cupa.

< < Si, bé è inutile che si atteggi, lo sanno tutti che si chiama Giuseppa > > mi risponde lei.

Faccio una risatina ripensando al suo blog in cui propensa consigli come se fosse chissà che guru della moda e del sesso.

Odio questa ragazza con ogni cellula del mio corpo.

< < Lo sai che ha un blog? > > chiedo a Charlie.

Sfottere Skyler con la mia migliore amica è l'unica cosa che potrebbe tirarmi su il morale in questo momento.

< < Si! > > dice lei inorridita.

< < Chi si crede di essere? > > chiedo io.

< < Lo sai cosa sono i suoi “romanzi”? > > dice l'ultima parola facendo il segno delle virgolette con le dita.

< < No! Cosa sono? > > chiedo interessata.

< < Bè, ho fatto una piccola ricerca > > mi dice Charlotte con sguardo complice

< < Volevo leggere qualcosa di suo, nel suo profilo dice che ha scritto un sacco di libri, invece sono fanfiction erotiche con protagonisti i personaggi di Hanna Montana! > >

< < Cosa? > > chiedo allibita

< < Si! She's a fraud! E' un'impostora! > > mi dice lei.

Non riesco a credere alle mie orecchie. Non ho niente contro quelli che scrivono fanfiction, anzi trascorro serate intere a leggerle, ma ci vuole un bel coraggio per spacciarle per romanzi. Che imbrogliona, se possibile ora la odio ancora più di prima.

< < Charlie, dobbiamo annientarla! > > dico convinta.

Lei si anima e per ridere infila il coltello tra i denti dicendo < < I'm ready! > >

< < Ci riprenderemo il budget! > > annuncio.





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Capitolo 3
*** 3 ***


3.


Charlotte ed io abbiamo trascorso tutta la sera ad elaborare piani per riprendermi il budget, uno più assurdo dell'altro, dall'ackerare il suo conto in banca per rubarle i soldi all'assumere la Yakuza giapponese per farla uccidere, nessuno di concretamente realizzabile.

E' venerdì, niente scrittura oggi, per me è il giorno delle pulizie. Pulisco a fondo il bagno, uso il pulitore a vapore, lo passo nella vasca e tra ogni piastrella, lavo il pavimento con un detersivo apposta che uccide tutti i batteri, o almeno così è riportato sulla confezione. Cambio le lenzuola del letto e passo l'aspirapolvere in tutta la casa, perfino sul balcone, pulendo per bene sotto al letto. Metto le lenzuola e gli asciugamani in lavatrice con l'ammorbidente e il detersivo antibatterico e avvio il programma a temperatura 90 gradi come sempre.

Riordino l'armadio sistemando i vestiti per colore e tipo, i jeans insieme ai jeans, le gonne con le gonne, indosso sempre fuseaux e t-shirt in casa, quindi questi vestiti non li indosso mai, ma mi piace riordinare l'armadio ogni settimana comunque, mi da una sensazione di ordine e stabilità.

Vado in cucina e pulisco il piano da lavoro, che non uso mai dato che cucino raramente, strofino bene ogni superficie con lo sgrassatore antibatterico e sistemo tutti i vasetti in fila ben ordinati, svuoto i cassetti, li pulisco per bene e riordino tutti gli utensili.

Lavo i vetri con un foglio di giornale come lessi in una rubrica sul quotidiano in cui scrive Charlotte, sistemo le tende e accendo candele profumate in ogni stanza, lo sgrassatore antibatterico che uso ha un odore tremendo.

Ci impiego tutto il giorno, esausta mi butto sul divano aspettando Charlotte, oggi sono felice di avere la cena pronta.

Puntuale si apre la porta con la chiave che le diedi cinque anni fa ed entra carica di borse.

< < Charlie? > > chiedo cercando di vedere il suo volto dietro alla barriera di buste.

< < Hey, ho pensato che una bella cenetta potesse tirarti su il morale > > dice posando tutto sul tavolo.

< < Ho letto una ricetta su un sito, rilassati, ci penso io > > mi fa l'occhiolino, e con mio grandissimo disappunto apre tutti gli armadi e cassetti tirando fuori piatti, scodelle e utensili.

Trattengo un gemito e mi sistemo su uno sgabello guardandola armeggiare con pentole e coltelli.

< < Cosa dovrebbe essere? > > chiedo dopo mezz'ora buona.

< < Riso thai al latte di cocco e pollo al curry > > mi dice girando il mestolo nella pentola, sembra una delle streghe di Macbeth.

< < Oh fuck > > la sento sussurrare a un certo punto.

< < Cosa succede? > > chiedo preoccupata, sto morendo di fame.

< < Niente > > dice con una voce un po' troppo stridula < < Direi che è pronto! > >

Poco convinta apparecchio la tavola mentre lei carica la lavastoviglie alla bell' e meglio strappandomi un altro gemito e chiudendola con un piede.

Io sistemo le tovagliette all'americana allineandole precise col bordo del tavolo, posiziono i piatti, i bicchieri, piego i tovaglioli con cura e Charlie me li strappa di mano < < Da' qua > > dice terminando di apparecchiare.

Mi ritrovo nel piatto una sbobba verde chiaro con del riso tutto attaccato e una salsina poco invitante.

Verso del tè verde a me e del vino a lei e, trattenendomi dal fare il segno della croce, assaggio.

Tengo il boccone in bocca, non ho il coraggio di mandarlo giù. E' la cosa più terribile che abbia mai mangiato.

Lancio occhiate a Charlotte e noto che lei è disgustata tanto quanto me.

< < Oh God, fa schifo! > > esclama lei dopo aver assaggiato.

Sollevata sputo il mio boccone nel tovagliolo e bevo un lungo sorso di tè.

< < Well, ci ho provato > > dice lei porgendomi il bicchiere per un brindisi.

Finiamo col mangiare french toast sul divano preparati da me, senza farmi vedere ho anche sistemato meglio i piatti nella lavastoviglie e l'ho avviata.

< < Sai, ho avuto un'idea su come cavarmela in questa storia > > le dico sistemandomi sul divano.

< < Uh quale? > > chiede lei interessata.

< < Pensavo di finire di scrivere il libro e proporlo ad altre case editrici. Ci dovrà pur essere una disposta a lanciarlo come si deve! > > dico convinta.

La mia amica mi guarda come se le avessi appena detto che ho intenzione di sposarmi con me stessa.

< < Cosa vuoi fare? > > mi chiede.

< < Andare a bussare ad altre porte, cioè, mandare te, ovvio > > spiego un po' meno convinta.

< < Ginny, non puoi > > mi smonta subito lei.

< < Perché? > >

< < Ormai hai venduto i diritti a loro, non puoi prendere baracca e burattini e andare altrove > > mi spiega.

< < No? > > chiedo

< < No! > > mi conferma lei < < Cioè, puoi andare a lavorare per un'altra casa editrice, ma con altri romanzi. “Capitan Coraggio” appartiene a loro, non hai letto il contratto?>

< < Ehm, no > > dico imbarazzata.

< < Bé, devono pubblicarlo loro, nessun altro può > >

< < Lo faranno in sordina per evitare di spendere altri soldi, ovvio > > aggiunge tanto per darmi il colpo di grazia.

< < Quindi sono in trappola? > > chiedo < < ”Capitan Coraggio” è spacciato, non posso salvarlo? > >

< < Si che puoi, solo che non sappiamo ancora come > >

< < Mancano tre mesi al lancio previsto, dobbiamo trovare un modo! > > ripeto per la millesima volta.

Sono giorni che diciamo che bisogna trovare un modo, ma non abbiamo ancora avuto nessuna buona idea.

< < Dormiamoci su, ok? > > mi dice alzandosi e salutandomi.

La saluto a mia volta, non andrò a prendere la posta oggi, voglio solo andare a letto.



Mi sveglio con lo stomaco che brontola, ieri non ho pranzato e a cena ho mangiato solo un misero toast.

Mi squilla il cellulare, e mentre rovisto negli armadi cercando qualcosa con cui fare colazione rispondo.

< < Buongiorno signorina Castelli, sono Ilaria della casa editrice > > mi dice una ragazza tutta felice < < La chiamo perché avremmo bisogno della versione finale del suo manoscritto per la revisione. > >

< < Ehm, si certo > > dico sconsolata, ho creduto che mi avessero chiamata per dirmi che avevano cambiato idea per il budget < < In settimana la mia agente verrà a portarvela > > taglio corto, non ho intenzione di dirle che mi mancano ancora almeno cinque capitoli da scrivere.

< < Ottimo! > > dice lei con il suo tono entusiasta.

< < Senta > > comincio io, ho voglia di chiederle indietro i soldi, ma non ce la faccio

< < No, niente, arrivederci > > dico riagganciando.

Maledicendo il mio poco coraggio riordino tutti gli armadi sconsolata, il lato positivo della chiamata di poco fa è che mi ha fatto passare la fame.

Accendo il computer e la stampante, recupero una confezione di fogli bianchi dall'armadio e lancio la stampa degli ultimi capitoli, nel frattempo continuo con la stesura del finale.

Trascorro tutto il pomeriggio a scrivere, la mia vecchia stampante ci impiega un'eternità a stampare tutto, saranno all'incirca 60 pagine, nella mia mente lancio insulti alla casa editrice, perché cavolo non si fanno andare bene una copia digitale? Potevano chiedermi di battere tutto a macchina già che c'erano.

Domenica rileggo tutto quello che ho scritto, complimentandomi con me stessa, questo libro è proprio bello, e con un po' di tristezza mi dico che probabilmente non lo leggerà nessuno.

Infilo tutto in una busta e lo appoggio sul tavolo, domani sera lo consegnerò a Charlotte.

Vado in bagno per il solito rituale della sera, mi guardo allo specchio e mi ripeto “Tu sei bella, hai successo, hai totale padronanza della tua vita”.

All'improvviso realizzo che non ho più niente da fare nella vita.

Ho finito di scrivere il seguito di “Capitan Coraggio”, ormai non mi rimane più niente, dovrò tornare a svolgere traduzioni via internet.

Col morale nelle scarpe mi infilo nel letto, niente tisana oggi, non mi basterebbero cento litri per rilassarmi.

Note dell'autrice:

Voilà il nuovo capitolo sulle disavventure di Virginia, lo so che sono corti, ma ho dovuto dividere la "Parte Prima" in tanti piccoli capitoli, cercherò di aggiornare più spesso possibile!





















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Capitolo 4
*** 4 ***


4.


Mi sveglio, e subito il pensiero di ieri sera mi colpisce “Non ho più niente da fare”.

Controllo la sveglia: 8.45.

Vado in cucina, svuoto la lavastoviglie e sistemo tutto con cura al suo posto.

8.56

Mi vesto, indosso i soliti fuseaux e una maglietta con scritto “Keep Calm e Carry On”, mi pettino e mi applico la crema idratante.

9.08

Diventerò matta.

Accendo il portatile ed accedo al sito tramite il quale lavoravo, effettuo il login e controllo se ho qualche traduzione in coda.

456 traduzioni.

Questi poveri utenti devono avermi maledetta per non aver ricevuto risposta ed essersi rivolti a qualcun altro, con pazienza elimino una alla volta tutte le traduzioni in sospeso e nel mio profilo cambio il mio stato da “occupato” a “disponibile”.

La verità che io sono passata da “occupata” a “non ho più niente da fare” ed è una sensazione orribile.

Trascorro il giorno a girare in tondo come un leone in gabbia, nel pomeriggio controllo il portatile e noto che ho ricevuto una richiesta di traduzione, 35 pagine di saggio sulla Guerra d'Indipendenza, ottimo, mi aiuterà a cambiarmi le idee.

Alla solita ora arriva Charlotte, stavolta grazie al cielo con cibo da asporto.

< < Hey! > > mi saluta lei < < Che faccia che hai > >

< < Mi sono annoiata a morte tutto il giorno > > dico io lamentandomi.

< < A proposito, domani dovresti passare alla casa editrice a consegnare gli ultimi capitoli > >

< < Lo hai finito? > > mi dice lei rivolgendomi un'espressione triste.

< < Già. Non ho ufficialmente più niente da fare! > >

< < Puoi rimetterti a scrivere > > mi consiglia lei.

< < No grazie. Credo che l'annunciato fallimento di “Capitan Coraggio 2” mi basti > > dico sconsolata.

< < Non dire così > > mi consola lei.

< < E' così > > insisto io < < Cadrò in depressione e mi ritroverai impiccata all'asta della doccia > > dico cupa.

< < Tu non ce l'hai la doccia > > mi risponde lei per niente divertita.

< < Dopotutto con un nome come il mio che fine posso sperare di fare? > >

Charlotte mi rivolge uno sguardo interrogativo.

< < Virginia Woolf, hai presente? > > chiedo staccando le bacchette cinesi < < Devo ricordati che fine fece? Si riempì le tasche di sassi e si lasciò annegare, forse dovrei fare altrettanto. > >

< < Tu non ti lascerai annegare>> mi dice lei < < E poi scommetto che non ti hanno chiamata così in onore suo > >

< < Forse no, ma cosa cambia? > >

< < Bé, per annegare prima dovresti uscire di casa > > taglia corto lei.

Non ho nessuna intenzione di uccidermi, ovvio, mi piace punzecchiarla, lei odia quando si parla di morte, ed è terrorizzata dai fantasmi.

Ci siamo entrambe arrese sul cercare un modo per farmi riavere il budget così lei trascorre tutta la sera a raccontarmi della sua ultima fiamma, Stefano. Charlotte ha una vita così attiva che mi piace parlare con lei ed ascoltare i suoi aneddoti, è un po' come se li vivessi anch'io, sono patetica lo so.



Trascorro i seguenti giorni a svolgere traduzioni, il mio profilo è tornato attivo subito, gli utenti mi sommergono di temi da tradurre, sono contenta, mi aiuta a non pensare a quanto la mia vita stia andando allo sbaraglio.

Circa una settimana dopo aver consegnato gli ultimi capitoli mi accorgo di avere un messaggio nella segreteria.



Buongiorno Virginia, sono Emma della casa editrice, gli ultimi capitoli vanno benissimo, siamo pronti per la stampa


Dice una voce entusiasta. Cosa avrà mai da essere così felice proprio non lo so.

Tra le e-mail trovo un messaggio con allegate varie opzioni per la copertina, nell'oggetto c'è scritto “Urgente, sceglierne una”.

Le guardo attentamente, sono tutte disegni con colori vivaci, simili a quelle del primo volume, scelgo quella che mi piace di più e rispondo alla mail : opzione 3, e invio.

E' tutto come durante il lancio del primo capitolo, mi telefonano e mi mandano tutto via mail o tramite Charlotte, nessuno mi ha detto di presentarmi lì, mi chiedo perché allora non abbiano voluto darmi il budget.

Mi ributto nelle traduzioni e le mie giornate sono sempre le stesse, con qualche e-mail ogni tanto per definire gli ultimi dettagli, scegliere il layout delle pagine, inviare i ringraziamenti da inserire alla fine e la dedica da mettere all'inizio, stando a quello che mi dicono il libro dovrebbe praticamente essere pronto.

A differenza del primo questa volta non sono eccitata, non sono in ansia, perché so già che lo pubblicheranno nel minor numero di librerie possibile per non spendere troppo e so già che sarà un fallimento.





Sono trascorsi due mesi, mi sono messa l'anima in pace e trascorro le giornate con le mie traduzioni, devo ultimare una tesina universitaria di 130 pagine, gli studenti al giorno d'oggi non hanno proprio più voglia di fare niente.

Alle tre di pomeriggio inaspettatamente arriva Charlotte con un'espressione felicissima in volto.

< < Charlie, ciao > > la saluto io.

< < Ginny, siamo salve! > > annuncia lei.

< < Mi ridaranno il budget? > > chiedo speranzosa.

< < No, non ancora almeno > >

< < Cioè? > > chiedo io confusa.

< < Ci ho pensato, e sono arrivata alla conclusione che se il budget non va a Virginia, Virginia andrà al budget > > mi spiega lei con un'espressione convinta.

< < Come? > >

< < Ok, loro non vogliono darti the money perché non ti fai mai vedere > > dice aspettando di vedere se la seguo.

Io le faccio un cenno con la testa e lei continua < < Quindi, la soluzione è di farti vedere > > conclude lei.

< < In che senso “farmi vedere”? > > chiedo.

< < Bé, che devi andare lì di persona e reclamare i tuoi dannati soldi > > mi spiega.

< < Andare dove? > >

< < Alla casa editrice, Jesus Ginny, hello! > >

< < Ma...ma > > balbetto io < < Io… lo sai che non esco > > comincio a boccheggiare.

< < Lo so, i know > > dice lei < < Ma ho parlato con Emma, la tua referente alla casa editrice, e mi ha dato un opzione che non avevamo ancora preso in considerazione > >

< < L'ipnosi? > > chiedo io < < La droga? > >

< < No, idiot > > dice lei alzando gli occhi al cielo < < La casa editrice ti manderà un terapista>>

< < Un cosa? > >

< < Qualcuno che ti curi > >

< < Ma io non sono malata > > protesto.

< < Ok, allora non chiamiamolo terapista, ma life coach > >

< < E dovrebbe aiutarmi perché? > > chiedo confusa.

< < Ma è ovvio! Tu non esci di casa da cinque anni, lui ti insegnerà a vincere le tue paure, sarà qua domani mattina alle nove, ho chiesto un giorno di permesso così posso esserci anch'io > > dice in fretta prima di andarsene.

< < No, aspetta, Charlie! > > urlo io alle scale.

Ok, niente panico. Uno sconosciuto piomberà qua domani mattina e mi dirà che sono completamente pazza, niente di grave.

Passo il pomeriggio a girare in tondo agitata, non riesco a concentrarmi sul lavoro.

Stupita noto che sono le 20.30, Charlotte non mi ha portato la cena oggi.

Mi scaldo una pizza surgelata nel microonde e la mangio davanti alla televisione.

Alle dieci vado a dormire, è stato il giorno più brutto della mia vita, sperando che si tratti di un incubo mi infilo sotto le coperte.





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Capitolo 5
*** 5 ***


5.


Il telefono squilla e il campanello suona.

Mi alzo e controllo la sveglia.

9.05

In pigiama vado alla porta e controllo dallo spioncino, è Charlotte.

Chiedendomi perché non si sia aperta la porta da sola le apro e con sgomento noto che con lei c'è qualcuno.

< < Ciao > > mi dice un uomo alto con i baffi.

Io strabuzzo gli occhi, apro la bocca per dire qualcosa, ma per tutta risposta corro a chiudermi in bagno.

Ok, non era un incubo.

Con respiri profondi mi lavo la faccia, mi pettino, mi lavo i denti e mi applico la crema idratante come faccio ogni giorno.

Apro la porta e sguscio in camera mia per vestirmi, indosso dei jeans e un maglioncino a righe bianche e blu.

Prendendo un altro respiro profondo vado in salotto.

Charlotte e quello che suppongo essere il mio life coach sono in piedi al centro della stanza con espressione stupita.

< < Ciao > > ripete lui.

< < Ehm ciao > > dico con la bocca secca.

< < Sei Virginia > > mi dice.

< < Lo so > >

< < Io sono Vincenzo, ma tutti mi chiamano Enzo > > si presenta lui con tono affabile porgendomi la mano.

Io ignoro il suo gesto e gli rivolgo un sorriso tirato.

< < Charlotte ti ha spiegato chi sono? > > mi chiede.

Mi sento come uno di quei bambini iperattivi ai quali la gente si rivolge scandendo bene le parole perché credono siano ritardati.

Faccio un cenno con la testa.

< < Bene, io sarò il tuo ter… > > si trattiene quando la mia amica gli molla una gomitata < < Il tuo life coach > > si corregge lui.

< < Ti assegnerò degli esercizi da fare per sconfiggere la tua timidezza e superare l'ansia > > mi spiega.

< < Che tipo di esercizi? > > chiedo.

< < Charlotte mi ha spiegato che abbiamo un mese per farti uscire di casa, ogni settimana avrai un compito diverso, ogni giorno sarà un po' più difficile da affrontare, procederemo per gradi > > mi spiega con tono professionale.

Io cerco di capire cosa mi ha appena detto.

< < Hai un foglio? Di solito non lavoro a domicilio, nel mio ufficio ho una lavagna > > mi spiega lui.

Io lo guardo e mi viene un'idea.

Vado nello studio, la seconda stanza inoccupata che dovrebbe servirmi per scrivere ma che non utilizzo mai e afferro la gigantesca lavagna che mia madre mi fece recapitare come regalo quando scoprì di “Capitan Coraggio”. E' una di quelle lavagne grandi e bianche sulle quali si scrive con i pennarelli appositi, la trascino sulle rotelle fino in salotto e lo sguardo di Enzo si illumina.

< < Perfetto > > dice.

< < Non l'ha mai usata > > spiego < < Me l'ha regalata mia madre per gli appunti, ma non è per niente pratica, credo abbia visto troppi episodi di Criminal Minds > > dico con una risatina.

< < Ti senti a tuo agio, fai battute, ottimo > > osserva lui.

Mi sento come una cavia da laboratorio, mi chiedo se mi applicherà degli elettrodi in testa e mi farà correre sul tapis roulant.

< < Bene, come ti dicevo procederemo per gradi > > dice lui prendendo il pennarello e tracciando

tre linee sulla lavagna creando tre colonne.

In alto ad ognuna scrive “Prima settimana”, “Seconda Settimana”, “Terza Settimana”, e poi lunedì, martedì, così via fino a venerdì.

< < Ogni giorno avrai dei compiti, questa settimana cominceremo con qualcosa di semplice, rimarremo in un perimetro ristretto, questo edificio > > mi spiega.

Io lo ascolto attentamente.

< < Il primo esercizio consiste nel parlare con qualcuno > >

< < Ma io sto parlando con te > >

< < Io non conto > > dice con una risatina < < Qualcuno che stia fuori da questa casa >

Mi guarda come se si aspetti che io metta in pratica l'esercizio subito, così apro la finestra che da sul cortile, scorgo una signora e urlo < < Salve! > > lei alza la testa chiedendosi da dove provenisse il saluto.

Mi volto verso di lui soddisfatta e noto che sia Enzo che Charlotte hanno un'espressione incredula.

< < Ehm, non intendevo parlare in quel senso > > dice lui cauto, credo tema che io possa saltargli alla gola da un momento all'altro, deve aver capito che la mia situazione è ben peggio di quanto pensasse.

< < Ci sono degli inquilini qui, altre persone che ci vivono, dovrai fare la conoscenza di almeno cinque di loro > > mi spiega.

Cinque?

< < Così tanti? > > chiedo.

< < Bé, il nostro scopo è di farti relazionare col maggior numero di persone possibile, quindi si > > mi spiega.

Torna alla lavagna e sotto alla scritta “Prima Settimana” scrive “Conoscere i vicini”.

< < Ogni giorno dovrai andare a prendere la posta e salutare chiunque incontri > >

< < Ma io ritiro la posta la sera per non incontrare nessuno > > dico come se fosse ovvio.

< < Bé, da oggi dovrai farlo di mattina > >

< < E se non dovessi incontrare nessuno? > > chiedo sperando di prenderlo in contro piede.

< < Non importa > > dice lui tranquillo < < Perché tornando a casa dovrai fermarti in un appartamento e salutare il proprietario, uno diverso ogni giorno > >

Non ce la farò mai.

< < Ogni giorno avrai un compito diverso > > elenca scrivendo < < Il primo giorno, cioè oggi, dovrai semplicemente suonare il campanello, salutare, presentarti e scoprire il nome dell'inquilino. Il secondo giorno, dovrai chiedere una cosa > >

< < Che genere di cosa? > > lo interrompo.

< < Qualsiasi cosa, chiedere qualcosa in prestito, o qualcosa che riguarda la loro vita > mi spiega.

Opto per la seconda, se chiedessi qualcosa in prestito dovrei tornare a restituirla.

< < Il terzo giorno dovrai toccare la persona che ti apre la porta, stabilire un contatto fisico > >

< < Cosa? Perché? > > chiedo preoccupata.

Non so che genere di persone abitino in questo palazzo.

< < Che problema c'è? >> mi chiede.

Comincio ad avere il fiato corto, lui mi guarda in modo strano.

< < Ehm, Virginia, toccami > > mi dice.

< < Ma io non ti conosco! > > rispondo allibita.

< < Non importa > > mi dice porgendomi un braccio.

Capitan Coraggio”, “Capitan Coraggio” mi ripeto mentre tendo un braccio e gli afferro il polso.

Inaspettatamente lui afferra col braccio libero il mio e rimaniamo così per qualche secondo.

< < Visto? > > mi dice lasciandomi andare.

< < Il quarto giorno dovrai fare un invito > >

< < Che tipo di invito? > > chiedo ancora più preoccupata.

< < Puoi proporre all'inquilino di venire a trovarti o di vedervi per un caffè > > mi spiega.

Perché diamine dovrei bere un caffè coi miei vicini?

Temo il peggio per l'ultimo giorno, cosa dovrò fare, sposarne uno?

< < Venerdì dovrai offrirti per qualcosa > >

Ecco lo sapevo.

< < Cioè, proporti di aiutare un inquilino in qualcosa > > mi spiega.

Ok, avevo del tutto mal interpretato il compito.

Guardo la lavagna, tutti quei compiti mi fanno venire mal di testa.

< < Hai un quaderno vuoto o un diario? > > mi chiedo distogliendo la mia attenzione dai miei compiti.

< < Ehm, si dovrei averne uno > > torno nello studio e trovo un quadernino con la copertina rigida e glie lo porto.

< < Ottimo, ogni giorno dovrai annotarti le tue emozioni, e le sensazioni che hai provato nello svolgere ogni compito, sei una scrittrice dovrebbe essere facile per te > > mi dice.

< < Perché devo farlo? > > chiedo.

< < Io verrò qui ogni pomeriggio, verso le 17.00, leggeremo i resoconti delle tue giornate e parleremo insieme di come ti sei sentita a svolgere ogni compito > >

E io che temevo di non aver più niente da fare nella vita.

< < Ok > > mi limito a dire.

< < Bene, allora adesso Charlotte ed io andiamo, perché non ci accompagni così puoi subito svolgere il tuo primo compito? > > mi propone lui.

< < Ok > > ripeto nervosa.

Infilo le scarpe, prendo le chiavi e li seguo fuori.

Non c'è nessuno nel corridoio, nessuna sorpresa, sono l'unica che vive nel mio piano.

Con mio grande disappunto non prendono l'ascensore ma scendono le scale, e io li seguo.

Sono le dieci di mattina, con un po' di fortuna tutti gli inquilini saranno a lavorare.

Arriviamo al piano terra, io apro la mia cassetta della posta e prendo le buste.

< < Ok, allora, mi raccomando, un inquilino da conoscere, noi ci vediamo stasera > > mi saluta Enzo e Charlie lo segue facendomi un sorriso.







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Capitolo 6
*** Prima Settimana: Conoscere i Vicini- Lunedì ***


PRIMA SETTIMANA

Conoscere i vicini



LUNEDI'



Rimango per un po' all'ingresso aspettando di incontrare qualcuno, ma non si manifesta nessuno.

Sollevata mi trascino su per le scale fermandomi al primo piano.

Potrei tornarmene a casa, inventarmi qualcosa sul vicino che ho salutato, lo ha detto anche Enzo, sono una scrittrice, dovrei cavarmela.

Non credo che lui andrà ad interrogare ogni vicino per chiedere se è vero che io li ho salutati.

Contenta salgo le scale fino al mio appartamento non incontrando nessuno. Infilo le chiavi nella serratura ma mi blocco. Devo impegnarmi in questo compito, è stata la casa editrice a mandarmi Enzo, significa che credono in me, che credono che io possa farcela a strappare il mio budget dagli artigli smaltati di Skyler.

Convinta scendo le scale e mi fermo al quarto piano e suono alla prima porta che trovo.

Nessuna risposta.

Provo all'appartamento vicino, nessuna risposta.

Tendo le orecchie, dal 4D proviene un rumore così suono il campanello.

Sento le chiavi nella serratura e mi apre una signora anziana.

La guardo, mi ricorda mia nonna.

< < Salve, mi chiamo Virginia, abito qua sopra al 5D, e lei come si chiama? > > chiedo tutto d'un fiato.

La signora mi guarda circospetta e mi sbatte la porta in faccia.

Rimango pietrificata davanti alla porta per un po'.

Mi sono presentata ma non ho scoperto il nome di quella vecchia arpia quindi devo ricominciare d'accapo.

Scendo al terzo piano, tendo le orecchie e suono al 3B.

Mi apre un ragazzino di circa dieci anni.

Un bambino, perfetto!

< < Ciao! Io sono Virginia, abito qua sopra, tu come ti chiami? > > chiedo con tono gentile.

Lui mi guarda terrorizzato e scappa urlando.

Ma cos' hanno che non va in questo palazzo?

Non volevo mica trasformarti in rospo dannato ragazzino.

Suono al campanello vicino.

Mi apre un signore con gli occhiali sul naso e mi rivolge un sorriso.

< < Buongiorno, mi chiamo Virginia, abito qua sopra al 5D, lei come si chiama? > > ripeto annoiata con voce robotica.

< < Oh, abita nell'appartamento di Anna Maria? > > chiede interessato.

Voglio sapere il tuo nome non far conversazione.

< < Si, era mia nonna, allora come si chiama? > >

< < Oh, giocavamo sempre a carte insieme! > > dice nostalgico.

Molto interessante.

Mi viene un'idea < < Si, mia nonna mi parlava sempre di lei, ma non ricordo proprio il suo nome! > >

< < Oh, sul serio? > > chiede lui commosso < < Si, Anna era gentile > >

< < Già > > dico spazientita < < Sa, nel week end vado a trovarla nella casa di riposo, se vuole le porto i suoi saluti signor… > > dico lanciandogli un'occhiata interrogativa.

< < Oh, io sono Mario, Mario Rosso > >

Si! Evviva!

< < Ottimo Signor Mario Rosso, arrivederci! > > dico schizzando su per le scale.


Torno nella sicurezza del mio appartamento, prendo il quaderno e scrivo un breve resoconto del mio primo compito.

Soddisfatta trascorro il pomeriggio a tradurre e attendo la visita di Enzo.

Puntuale suona al citofono e io gli apro.

< < Ciao Virginia, allora com'è andata? > > mi chiede.

< < Bene > > dico positiva porgendogli il quaderno.



La signora del 4D è una vecchia megera che mi ha sbattuto la porta in faccia, i proprietari del 3B hanno un figlio insopportabile che ha guardato troppi cartoni animati e al 3A vive un signore canuto di nome Mario Rosso che giocava a carte con mia nonna.



Legge lui ad alta voce mentre io ascolto compiaciuta.

Finita la lettura alza lo sguardo dal quaderno e mi guarda.

< < Ehm, dovevi salutare un vicino > > mi dice spiazzato.

< < L'ho fatto. Ho suonato ad una porta ma la signora me l'ha sbattuta in faccia, il ragazzino è scappato urlando, il vecchietto invece mi ha finalmente detto come si chiama > > spiego io.

< < Virginia, i tuoi resoconti dovranno essere un po' più dettagliati > > mi dice di nuovo con quel tono cauto.

< < Dovevo salutare un vicino, cosa devo scrivere di più? > > chiedo non capendo.

< < Le tue emozioni, come ti sei sentita a parlare con degli sconosciuti? > >

< < Coi primi due non ci ho parlato > >

< < Bé, dati i tuoi standard presentarti è stato un bel passo avanti, e lo hai fatto con ben tre persone > > mi dice lui.

< < Si, ma solo perché le prime due erano dei maleducati e sono stata costretta a fare più di un tentativo > > rettifico io.

< < E come ti sei sentita? > > insiste lui.

Io ci penso un po' su.

< < Bé, alla prima porta ero un po' in ansia, devo ammetterlo > >

< < Per cosa? > > mi chiede lui interessato.

< < Non sapevo chi mi avrebbe aperto, non mi piacciono le sorprese > > dico io.

< < Bene, e sei rimasta delusa, o stupita da chi hai trovato? > > mi chiede.

< < Ehm, sollevata direi > >

< < Perché? > >

< < Bé, la signora mi ha ricordato mia nonna, il ragazzino era giovane, sono sempre andata d'accordo coi bambini, e il signore mi è subito sembrato gentile > > spiego io.

< < Ecco, avresti dovuto scrivere questo sul quaderno > >

< < Perché scriverlo, se poi te lo dico a voce? > > chiedo.

< < Perché poi il quaderno ti rimarrà, sarà una raccolta di tutte le tue emozioni. Scrivere vecchia megera e ragazzino insopportabile non sono molto utili alla nostra terapia > >

< < Ok > > mi arrendo io, sarà una noia mortale per me raccontare le mie emozioni.

< < Bene, allora domani dovrai chiedere un particolare della vita di un inquilino > > si raccomanda.

< < Ma oggi ho scoperto che il Signor Rosso giocava a carte con mia nonna, vale, no? > chiedo sperando di cavarmela.

< < No > > dice lui dandomi un colpetto in testa col mio quaderno < < Non vale perché è stato lui a dirtelo, e in più dovrà essere un vicino diverso > > mi spiega.

< < Ma oggi solo per presentarmi ho suonato in almeno sei case, non c'è nessuno! > > protesto.

< < Torna a diverse ore del giorno, non sei costretta ad andarci sempre di mattina > > mi consiglia lui.

< < Ok > > dico poco convinta.

Devo appostarmi fuori dal palazzo in attesa che entri qualcuno? Potrei colorarmi la faccia di verde e nascondermi in una siepe.

< < Comunque direi che l'esercizio di oggi è stato svolto come si deve > > dice Enzo facendo una spunta vicino a “lunedì”.

< < Senti un po' ma, più imparerò le lezioni più diventerai bello? Ti spariranno le verruche e ti verranno i denti dritti tipo Nanny McPhee? > > chiedo io prendendolo in giro.

Lui mi guarda e dalla sua espressione capisco che non ha idea di cosa io stia parlando.

< < Ehm, Tata Matilda, hai presente? I libri, lei insegna delle lezioni ai bambini e poi… > > comincio a spiegare io ma lui continua a guardarmi con uno sguardo interrogativo.

< < Ok, non importa > > dico alzando le mani in segno di resa.

< < Domani alla stessa ora > > mi dice uscendo.

Trascorro il pomeriggio finendo di tradurre quella noiosissima tesina e aspetto la sera perché arrivi Charlotte.

Puntuale come un orologio svizzero arriva con la cena.

< < Che fine hai fatto ieri? > > le chiedo

< < Oh, mi sono trattenuta in redazione con un collega > > mi risponde con uno sguardo allusivo.

< < Stefano? > >

< < Who? No, Michele > >

< < Ok > > dico ricordandomi che la mia amica cambia fidanzato come le camicie.

< < Allora, hai salutato i vicini? > > mi interroga.

< < Si, e ho scoperto che sono una manica di teste di cavolo, avevo ragione a stare alla larga da loro > > racconto.

< < C'mon, non devi mica farci amicizia, devi solo salutarli > >

< < Per adesso, domani dovrò chiedere qualcosa della loro vita, che vuoi che me ne importi? > >

< < Ginny, devi impegnarti in questi compiti, ricordati cosa c'è in palio > > mi rimprovera lei.

< < Va bene, mamma > > le rispondo mentre lei mi molla un'altra occhiata severa.



note dell'autrice:

Ciao a tutti! Ecco qua, un nuovo capitolo! Da qui cominciamo con le "lezioni", scopriremo come Virginia affronterà ogni compito... Spero che questo racconto vi stia piacendo, ringrazio tutti i lettori e chiunque vorrà lasciare una recensione!




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Capitolo 7
*** Martedì ***


MARTEDI'



Oggi decido di seguire il consiglio di Enzo e ritirare la posta di pomeriggio.

Ho passato tutta la mattina a fare una lista di ipotetiche domande da rivolgere ai miei vicini, ieri solo per ottenere un semplice nome ho sudato sette camicie, mi chiedo quanto ci metterò ad ottenere un dettaglio intimo.

Potrei chiedere l'età, la professione, informazioni sulla famiglia, ma so che da una domanda ne nasceranno altre e mi ritroverò intrappolata in una conversazione di cui non mi importa nulla, ma dopotutto è il compito di oggi e io dovrò impegnarmi al meglio.

Comincio a pensare che Enzo sapesse benissimo che non avrei ottenuto un nome al primo tentativo, e che sappia benissimo che con la domanda che porrò oggi darò il via ad una conversazione vera e propria, credo che gli esercizi siano proprio questo, da una semplice consegna si arriva a qualcosa di più elaborato e complesso. Ho già paura di cosa succederà venerdì quando dovrò offrirmi per fare un favore.

Verso le tre di pomeriggio scendo all'ingresso, non ho nessuna lettera, come ieri aspetto un po' appoggiata al muro e dopo una decina di minuti passati a non incontrare anima viva mi decido a salire le scale e andare a suonare ai campanelli.

Mi fermo al primo piano, forse i piani di questo palazzo sono come i gironi dell'inferno, più si sale più le anime sono dannate.

Ha senso, dato che all'ultimo, il quinto, ci sono io, al quarto c'era la signora antipatica che mi ha sbattuto la porta in faccia e al terzo c'era il bambino paranoico.

Se la mia teoria è esatta al secondo e al primo piano dovrebbero esserci quelli gentili.

Suono al 1A e aspetto.

Mi apre un signore asiatico nerboruto in canottiera che mi guarda, ha le dimensioni di un lottatore di sumo.

Cosa potrei chiedere a un armadio del genere?

Comincio dalle cose facili < < Salve, mi chiamo Virginia, abito al 5D, lei come si chiama? > > chiedo nervosa, una delle sue mani potrebbe spazzarmi via in un solo colpo.

< < Sino ka? Ano kawili-wili sa akin! Kunin ang bago kong masira ang iyong mukha!> mi urla con tono minaccioso agitando un braccio.

Terrorizzata schizzo su per le scale fino al secondo piano e mi siedo sull'ultimo scalino a riprendere fiato.

Ma che problema hanno tutti? E poi Charlotte si stupisce che non esco mai di casa, mi basta scendere qualche piano per ritrovarmi faccia a faccia con un pazzo!

Comincio a credere che tutto il palazzo sia abitato da mostri, forse ci hanno messi tutti qua proprio per questo.

< < Signorina sta bene? > > mi chiede una voce alle mie spalle.

Mi volto e trovo una signora minuta sulla cinquantina coi capelli a spazzola rosso fuoco.

< < Si, sono incappata nell'inquilino del 1A, mi ha spaventata a morte > > dico nervosa.

< < Oh, si è filippino, è sempre arrabbiato, non so perché e nessuno riesce a capire una parola di quello che dice! > > dice con una risatina.

La guardo meglio, mi ispira fiducia, così mi alzo e mi presento.

< < Io sono Virginia, abito… > >

< < Al 5D, lo so > > mi interrompe lei < < Non ti avevo mai vista prima > >

Lo sa? Cosa sono, una leggenda metropolitana?

Bambini, state attenti alla strega che vive al 5D!”

< < Come lo sa? > > chiedo sospettosa.

< < Conosco tutti gli inquilini, sono la presidente del comitato, tu non ti sei mai presentata ai nostri incontri > > mi spiega gentile.

Le rivolgo un sorriso imbarazzato.

< < Io sono Nadia comunque > > si presenta < < Abito qui, al 2C > > dice indicando la porta.

< < Da quanto tempo vive qui? > > colgo la palla al balzo per farle la domanda per il mio compito.

< < Oh > > dice lei colta alla sprovvista < < Non saprei, vediamo, quasi sedici anni, credo > >

< < Però > > dico fingendomi ammirata < < Ora, dovrei andare a casa, ho del lavoro da finire > > mi scuso congedandomi.

< < Ok, vieni a qualche riunione ogni tanto, abbiamo la torta! > > mi dice lei tornando in casa.

Le rivolgo un saluto con la mano e torno nel mio appartamento.

Prendo il quaderno, mi siedo al tavolo e rimango a fissare il foglio per almeno mezz'ora.

Mi è sempre venuto naturale scrivere e raccontare storie, fin dai tempi della scuola, scrivevo dei temi bellissimi che i professori leggevano sempre a tutta la classe, ma scrivere cosa ho provato oggi è più difficile di quanto credessi.

Come durante i compiti in classe di matematica scrivo prima a matita, rileggo e cancello tutto una decina di volte, poi ripasso con la penna e cancello i segni di matita con la gomma.

Puntuale alle 17 arriva Enzo, lui e Charlotte andrebbero molto d'accordo.

< < Ciao Virginia, allora come è andata? > > mi chiede ripetendo le stesse identiche parole di ieri.

Credo si aspetti sempre che io gli risponda che non ce l'ho fatta a svolgere il compito.

< < Bene > > dico convinta.

< < Ok, leggiamo allora > > risponde afferrando il quaderno.



Oggi sono scesa per controllare la posta di pomeriggio, ma come ieri non ho incontrato nessuno.

Ho suonato al campanello dell'appartamento 1A e mi ha aperto un signore asiatico.

Quando l'ho visto sono rimasta spiazzata, tutte le persone asiatiche che ho incontrato erano magre e piccole e col sorriso felice in faccia, lui invece era molto robusto e alto ed era molto arrabbiato.

Mi sono presentata e lui per tutta risposta ha urlato qualcosa di incomprensibile che mi ha spaventata a morte e mi ha fatto correre ai ripari al secondo piano.

Qui ho incontrato Nadia, una signora che sembra un riccio caduto nella marmellata, ma molto gentile, che mi ha spiegato che il signore del 1A è filippino ed è sempre arrabbiato ma nessuno capisce mai cosa dice.

Forse è per questo che è sempre arrabbiato, ho pensato, perché nessuno lo capisce.

La Signora Nadia mi ha trasmesso molta e fiducia, così le ho chiesto da quanto tempo vivesse nel palazzo e lei, dopo averci pensato un po', mi ha risposto sedici anni.

Mi ha raccontato inoltre di essere la presidente del comitato degli inquilini e mi ha proposto di unirmi a qualche riunione, sottolineando che hanno la torta. Io l'ho ringraziata, l'ho salutata e sono tornata a casa.



Mentre legge lo guardo preoccupata.

Ho inserito le mie emozioni, ma sembra il tema di un bambino di prima elementare.

< < Bé, già meglio di ieri > > mi dice dopo un po'.

< < Sul serio? > >

< < Si, hai sottolineato le tue emozioni. Vedo che tendi a catalogare le persone, ma su questo ci si può lavorare > >

< < In che senso “catalogare le persone”? > > chiedo.

< < Vecchia e cattiva, robusto e arrabbiato > > mi spiega lui.

< < Bé, ma è vero > > mi difendo io.

< < Virginia, le persone non sono solo buone e cattive, giovani e anziane. Ad esempio il signore che hai incontrato ieri era anziano ma anche gentile > >

Lo fisso. Non capisco cosa voglia dirmi.

< < Non devi vederli come dei mostri estranei da etichettare a tutti i costi > >

< < Ho semplicemente descritto come sono, la signora era un'antipatica e l'ho scritto. Dovevo forse dire che è stata gentilissima quando non è vero? > > protesto.

< < Virginia, ti ha solo sbattuto la porta in faccia, non significa che sia una persona odiosa > >

Lo guardo allibita.

< < Per me si! > > protesto.

< < Magari avrà avuto i suoi buoni motivi per chiuderti la porta in faccia > >

< < Si, il motivo è che è una vecchia antipatica > > insisto io.

< < Non faremo nessun progresso se continui ad essere così chiusa > > mi sgrida lui.

< < Io sarei chiusa? > > dico allibita < < Cosa avrei dovuto fare? Ringraziarla per essere stata così maleducata? > >

< < Avresti potuto suonare di nuovo e insistere > > mi dice lui come se la cosa fosse ovvia.

Apro la bocca per rispondere ma non so cosa dire.

Non avevo minimamente preso in considerazione questa idea.

< < Ieri hai gettato la spugna con quella signora, ti sei fermata al primo ostacolo, qualcosa mi dice che tendi a farlo molto spesso > > dice riflessivo.

< < Ho suonato a tre porte, lo chiami gettare la spugna? > > chiedo allibita.

< < Si, dato che hai parlato solo con la persona che secondo te era gentile. Le altre due le hai scartate subito > >

< < Ho ottenuto un nome, ho svolto il compito > > gli dico indicando la spunta che ha fatto ieri vicino a “lunedì”.

< < Si, e anche oggi hai svolto il compito > > risponde aggiungendo una seconda spunta accanto a “martedì” < < Domani dovrai stabilire un contatto fisico con uno dei vicini > dice indicando la terza consegna della settimana.

< < Lo so > > dico mesta.

< < A domani? > >

< < A domani > > ripeto sollevata di aver concluso la mia “terapia” quotidiana.










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Capitolo 8
*** Mercoledì ***


MERCOLEDI'



Stamattina mi sono svegliata insolitamente di cattivo umore, ho sbattuto ogni porta, lanciato qualsiasi cosa, ieri Charlotte mi ha nuovamente dato buca per una delle sue fiamme e più guardo la lavagna, più mi viene voglia di piangere.

Oggi dovrò toccare uno di loro, se penso che potrei capitare su un altro filippino incavolato mi vengono i brividi.

Ops, è vero, non devo catalogare.

Sono le 15.45, fra meno di due ore Enzo sarà qui a reclamare il suo resoconto e io non ho la più pallida idea di come fare a stabilire un contatto fisico con un perfetto sconosciuto.

Potrei “accidentalmente” andare a sbattere contro uno di loro, ma so già che il mio life coach non apprezzerebbe il mio approccio, lui vuole un contatto fisico vero e proprio, come quello che c'è stato tra di noi l'altro giorno.

Controvoglia mi trascino giù per le scale, arrivo all'ingresso e nella cassetta delle lettere trovo un'altra odiosa bustina rossa, come se il mio umore non fosse già abbastanza funereo.

La porta d'ingresso si apre ed entra Nadia, con un'espressione triste.

Potrei andare via, devo toccare un inquilino nuovo, lei l'ho già usata ieri, ma si accorge di me così sono costretta a salutarla.

< < Buongiorno > >

< < Virginia, salve > > mi dice con tono triste.

Lei fa qualche sospiro mentre controlla la posta e mi rivolge un sorriso.

< < Ehm > > dico schiarendomi la voce < < Tutto bene? > >

< < No, vedi, un'inquilina del palazzo è improvvisamente venuta a mancare > > mi spiega.

< < Oh > > mi limito a dire, anche mi dicesse di chi si tratta non l'avrei comunque mai vista.

< < La Signora Rosa, abitava al 4D > > mi racconta mentre con orrore noto che mi segue su per le scale

Ok, questa l'ho vista.

< < L'ho incontrata l'altro ieri > > dico confusa per evitare l'imbarazzo.

< < Soffriva di cuore poverina, adesso c'è la figlia nel suo appartamento, sta sistemando le sue cose > >

Per fortuna, penso, Nadia vive al secondo piano, mancano ancora poche scale.

< < E' stato lo stesso con tua nonna? > > mi chiede invece di entrare in casa trattenendomi.

< < No, mia nonna si è solo trasferita, non è morta > > taglio corto.

< < Non ti sei occupata tu delle sue cose? Adesso vivi tu nel suo appartamento > > mi chiede.

< < No, se n'è occupata mia madre, poi sono subentrata io > > dico guardando distrattamente il cellulare per farle credere che vado di fretta.

< < Organizzeremo una veglia nei prossimi giorni > > mi dice tirando finalmente fuori le chiavi.

Bello, dovrei invitare Charlotte.

< < Vado a presentare le condoglianze > > dico per svignarmela.

< < Ok, ci vediamo! > > mi risponde un po' meno triste.

Salendo le scale mi rendo conto che la scusa che ho appena usato con Nadia può andare benissimo per il compito di oggi.

Quale motivo migliore per toccare una persona se non per farle le condoglianze?

Suono al campanello del 4D e attendo.

Mi apre una signora sulla quarantina con un vestito a fiori che mi rivolge un sorriso

< < Si? > >

Accidenti, dovrebbe essere atterrita dalla perdita, invece sembra che sia qui per il matrimonio della sorella.

< < Buongiorno, mi chiamo Virginia, abito qua sopra, ho saputo della Signora Rosa > > dico mettendo

su un'espressione il più possibile contrita.

< < Oh, certo adesso le chiamo Roberta, io sono una sua collega, sono qui per darle una mano > > mi spiega.

Torna in casa lasciando la porta aperta e la sento borbottare qualcosa.

Dopo pochi istanti vedo venire verso di me una signora in tuta con le spalle curve e un fazzoletto di stoffa a quadri in mano.

Mi guarda e con orrore noto che sta singhiozzando e ha gli occhi rossi.

< < Ehm, salve > > dico cauta < < Sono qui per porgerle le mie più sentite condoglianze per sua madre. > >

La signora mi guarda e scoppia a piangere.

Io rimango impietrita, so che dovrei toccarla, ma nessun muscolo del mio corpo sembra voler obbedire.

Non mi sono mai ritrovata in una situazione del genere, non ho mai dovuto consolare nessuno, i miei nonni sono tutti vivi e vegeti, o quasi, e l'unica volta in cui ho visto piangere Charlotte è stato quando abbiamo guardato insieme “I segreti di Brokeback Mountain”.

Con tutte le mie forze tendo un braccio e le afferro il polso della mano che regge il fazzoletto, lei per tutta risposta mi afferra e mi serra in un abbraccio che mi toglie il respiro.

Trattengo il fiato più che posso, questa sconosciuta mi sta letteralmente singhiozzando sulla spalla, le mie braccia sono rigide lungo i fianchi e il mio cuore batte all'impazzata.

Mi trovo costretta a respirare e inspirando noto con sollievo che la signora ha un buonissimo odore, sarebbe potuta andarmi peggio.

Non so per quanto rimaniamo così, almeno un paio di minuti.

< < Oh, per l'amor del cielo, Roberta, lascia andare quella povera ragazza! > > la collega accorre in mio aiuto < < Non puoi continuare ad abbracciare tutti quelli che suonano alla porta. > >

La signora col vestito a fiori mi scolla di dosso l'amica che mi dice < < Grazie di essere passata, lo apprezzo molto > >

< < Si figuri > > dico indietreggiando per paura di un nuovo abbraccio.

Le due donne tornano in casa e io salgo le poche scale che mi separano dal mio appartamento con le gambe molli.

Manca mezz'ora all'arrivo di Enzo e io devo ancora scrivere il mio dettagliatissimo resoconto che però temo sarà molto conciso dato il tempo.

Alle 17 in punto premo il pulsante che apre il portone e lui non ha neanche bisogno di suonare che la porta è già aperta.

< < Ciao Virginia… > > comincia lui.

< < Si è andata bene e ho svolto il compito > > lo interrompo io.

Senza aggiungere altro prende il quaderno e legge il resoconto.



Oggi Nadia mi ha comunicato che un'inquilina del palazzo è improvvisamente venuta a mancare. Era molto triste quando me l'ha detto, ma io, non conoscendo la signora, non ho provato gli stessi sentimenti.

Mi sono recata nel suo appartamento per presentare le mie condoglianze alla figlia, lei era molto scossa e piangeva a dirotto.

Io mi sono sentita un po' a disagio, le ho preso una mano per consolarla e lei mi ha stretto in un abbraccio che mi ha lasciata senza fiato.

Era da molto tempo che qualcuno non mi abbracciava, ma non ho ricambiato il gesto, sono rimasta immobile e ho lasciato che la signora si sfogasse.

Non ho cercato di consolarla, non sapevo come comportarmi, non mi aspettavo di ritrovarmi in una situazione del genere, e quando la signora mi ha lasciata andare mi sono sentita sollevata.



Mentre Enzo legge ad alta voce capisco di essermi data la zappa sui piedi da sola.

Non avrei dovuto scrivere che ero sollevata di essermi scollata di dosso la figlia, crederà che ho il cuore di ghiaccio.

< < Bé, per lo meno sei stata sincera, lo apprezzo > > osserva lui invece.

< < Sul serio? > > chiedo incredula.

< < Si, non mi aspettavo certo che tu ti mettessi a consolarla dandole pacche sulla schiena > > ammette.

< < Allora va bene? > > chiedo tanto per essere sicuri.

< < Chi è la signora? > > mi chiede ignorando la mia domanda.

< < Quale? > >

< < Quella che è morta > >

< < Ehm, Nadia non me l'ha detto > > dico in fretta.

Che idiota, ma che risposta è?

< < Ma se sei andata a fare le condoglianze > > mi guarda lui allibito.

< < Ok, è la signora del 4D > > confesso, mi ero premurata di non sottolineare questo dettaglio nel mio resoconto.

Noto che lui mi guarda in modo strano.

< < Cosa c'è? > >

< < Niente, ma l'altro ieri lei ti sbatte la porta in faccia e poco dopo muore > > osserva.

< < Non crederai mica che l'abbia uccisa io! > > esclamo esterrefatta.

< < Cosa? Certo che no! > > ribatte lui basito < < Ma ricordi cosa ti ho detto ieri? > >

Io ci penso un po', ricordo di cosa abbiamo parlato ieri, ma non capisco a cosa si riferisce.

< < Ti ho detto che la signora avrà avuto i suoi buoni motivi per sbatterti la porta in faccia, e data la situazione attuale, probabilmente stava già male > > mi spiega lui.

Guardo il pavimento come un bambino beccato con la mano nel vaso dei biscotti.

< < Devo dirti che avevi ragione? > > chiedo.

< < No, perché lo so che ho ragione > > dice lui compiaciuto spuntando anche il “mercoledì”. < < Domani devi fare un invito > > aggiunge controllando la lavagna.

< < Non vedo l'ora! > > dico fingendomi entusiasta.

Lo scorto fino alla porta e poi accendo il portatile, con tutti questi compiti sono indietro col lavoro.

Odio doverlo chiamare “il mio lavoro”, ma perlomeno mi permette di pagare le bollette.

Charlotte non si presenta neanche oggi, due sere di fila, dev'essere una storia seria.

Ceno con la solita pizza surgelata e mi infilo nel letto.

All'improvviso mi rendo conto di aver saltato il mio rituale della sera, non mi sono spalmata il latte detergente e non ho ripetuto il mio mantra.

Lo farò domani.










note dell'autrice:

Ciao a tutti! Ecco un nuovo capitolo delle disavventure di Virginia! Dato che sto scrivendo questo racconto man mano che lo pubblico purtroppo non sono molto veloce nell'aggiornare... Cosa ne pensate del "formato" del racconto, giorno/compito? Vi sembra ripetitivo, noioso? Fatemelo sapere, questo è un vero e proprio esperimento per me, ogni consiglio è ben accetto! Grazie!


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