Un'estate qualunque

di Jasmine_dreamer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione. ***
Capitolo 2: *** Cap. 1: ricordi. ***
Capitolo 3: *** Cap.2: Una strana malinconia ***
Capitolo 4: *** Cap.3: Il compleanno di Christian ***
Capitolo 5: *** Cap.4: quella ultima e dannata notte. ***
Capitolo 6: *** Cap.5: L'incontro. ***
Capitolo 7: *** Cap.6: il bacio. ***
Capitolo 8: *** Cap.7: amore e passione. ***
Capitolo 9: *** Cap.8: la malattia. ***
Capitolo 10: *** Cap.9: La verità. ***
Capitolo 11: *** Cap. 10: Oliver&Chris ***
Capitolo 12: *** Cap.11: Nasciamo urlando, e moriamo in silenzio. ***
Capitolo 13: *** Cap.12 : non preoccuparti Nicole, ci sono io con te. ***
Capitolo 14: *** Cap.13: il vero amore. ***



Capitolo 1
*** Introduzione. ***


Quella mattina cominciò normalmente con un cappuccino e una brioche che mi servì la domestica.
“Grazie Karen.” Dissi ancora stordita per via del sonno.
Lei mi rispose con un sorriso e tornò in cucina.
Posai il vassoio sul comodino e mi alzai a guardare fuori da quella grande finestra, in quella casa in cui abitavo da sola da quando mia madre era morta.
Christian dormiva beato nella sua culla, figlio di un amore clandestino durato un’ estate, avrebbe presto compiuto un anno e suo padre non ne conosceva neanche l’esistenza.
A 20 anni nessun ragazzo è pronto a diventare genitore, e lui non era in grado di assumersi una tale responsabilità.
A volte mi sentivo egoista per negare a mio figlio un padre, io che avrei pagato oro pur di averne uno.
“Signorina Nicole..” Karen mi risvegliò dai miei pensieri: “C’è una chiamata per lei.”
“Pronto?” dissi sollevando la cornetta.
“Niki, oggi hai da fare?” La voce squillante di Jessica mi perforò un timpano.
“No, nulla. Vieni da me alle 12, mangiamo insieme e poi decidiamo cosa fare.”
“D’accordo, a dopo.”
Riattaccai e andai a fare colazione.
Finita la brioche, i versetti di Christian mi chiamarono.
Mi appoggiai mio figlio in grembo e lo accarezzai sulla testa, mentre in radio andava in onda una vecchia canzone dei Coldplay.
Avevo solo 19 anni, un figlio ed una casa in cui abitavo da sola da poco più di un anno.
Il mio cane Laika arrivò sdraiandosi ai piedi del letto, mentre io canticchiavo tutte le canzoni in radio e Christian se ne stava sdraiato con la testa appoggiata sul mio seno a godersi le coccole.
L’unica cosa che mi tormentava era il pensiero di dove fosse Oliver.
Christian si tirò su con le braccia, spalancò i suoi occhioni azzurri, e mi fece il sorriso più bello e dolce che potesse esistere.

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Capitolo 2
*** Cap. 1: ricordi. ***


Dopo aver saputo di essere incinta, mi eliminai da Facebook per paura che Oliver e gli altri ne venissero a conoscenza, ma ciò nonostante a volte lo aprivo senza eseguirci l’accesso per controllare cosa stesse combinando Olly.
Quando però vidi la sua immagine del profilo mi venne un tuffo al cuore: si era fidanzato insieme a Jane, una ragazza del gruppo.
Il padre di mio figlio aveva una ragazza, ma d’altronde era giusto così no?
Da quando avevo saputo della gravidanza di Christian avevo interrotto ogni tipo di rapporto con lui senza dargli spiegazioni, avevo semplicemente smesso di rispondere ai suoi messaggi ed alle sue telefonate per permettergli di avere una vita normale, nonostante sapevo quanto lo stessi ferendo.
E ora cosa stava succedendo? Lui aveva ripreso in mano la sua vita, era andato avanti senza di me proprio come volevo io, ed io ero colta dall’impulso di chiamarlo e sputargli tutta la verità in faccia.. ma non potevo, era troppo tardi, lo avevo perso.
Io non ero riuscita ad andare avanti, io non mi ero innamorata di nessun altro dopo di lui, mentre lui si e questo faceva male.
Mi voltai a guardare Christian che giocava con Laika dietro di me.
Lui era su di lei a tirarle le orecchie, e la mia povera Laika mi guardava con aria disperata senza fare il benché minimo accenno alla violenza. Risi e spensi il computer.
Christian stava crescendo a vista d’occhio, aveva 11 mesi e sapeva già dire mamma, Laika, Karen e quasi il suo nome.
“Chi ama la mamma venga a darmi un bacio, forza!” esclamai io.
Lui si alzò venne da me e mi baciò.
Christian da me aveva preso soltanto quei grandi occhioni azzurri, perché per il resto aveva gli stessi lineamenti del padre e una folta chioma castana proprio come Oliver. Chissà quando sarebbe diventato grande, lo immaginavo bello e forte come il suo papà. Con quelle grandi spalle che mi facevano sentire così al sicuro, quel metro e ottantasei di altezza, quel bellissimo sorriso e quei ricciolini in cui si passava sempre la mano destra quando era in imbarazzo. Ricordai la prima sera al bar, lui che venne verso di me. Ricordo ancora come le sue guance diventarono rosse quando gli feci un timido sorriso.
Il telefono affianco a me squillò, era mio padre.
Quando ero piccola mio padre andò via di casa con un’altra donna ed io non avevo alcun ricordo legato a lui.. ma da circa tre anni si era rifatto vivo, cercando di recuperare un rapporto che però dopo così tanti anni non era recuperabile. Nonostante ciò apprezzavo il suo tentativo e gli davo l’opportunità di passare del tempo con me e Christian, che aveva sicuramente bisogno di suo nonno.
“Ciao papà, dimmi.”
“Ciao tesoro.” La sua voce era dolce: “Hai già mangiato?”
“Mmh no, tra poco dico a Karen di preparare, perché? Vuoi venire qui?”
“Oh menomale, perché io sono già in macchina. Ti va se vengo lì e ci mangiamo una pizza tutti assieme? Magari anche Karen, così non cucina.”
“Oh si, per me vabene. A tra poco papà.”
Riattaccai.
Karen era la nostra domestica da prima ancora che nascessi io, era un amica per me e per tutta la mia famiglia. Era arrivata a casa nostra chiedendo un lavoro quando aveva 20 anni, orfana di entrambi i genitori, per noi era diventata una di famiglia. Quando morì mia madre anche lei stette malissimo.
Quando mio padre arrivò con le pizze, Christian aveva appena terminato la pappa ed era seduto in terra a giocare con Laika.
Come immaginavo saltò fuori il discorso di Oliver.
“Hai notizie di Oliver?” domandò papà.
“Si è fidanzato con Jane.”  Risposi addentando la prima fetta di pizza.
“Quando hai intenzione di dirgli di Christian, Nicole?”
“Papà, non posso dirgli di Christian.” Risposi .
“Per quale motivo?” il suo tono stava diventando nervoso.
“Perché non posso papà!” sbottai io.
I miei occhi si riempirono di lacrime, quindi esitai per qualche secondo prima di riprendere il discorso.
“Si è finalmente rifatto una vita, mi ha dimenticata. Non posso chiamarlo o presentarmi da lui e dirgli: oh ciao, sono Nicole, ti ricordi di me? Questo è Christian, nostro figlio di quasi un anno!”
Annuii in silenzio e riprese a mangiare.
 
 
Oliver:
 
Jane dormiva accanto a me, le gambe intrecciate alle mie e il suo respiro era regolare.
Il sonno a me mancava, quindi presi il cellulare e aprii la galleria.
Scorsi tutte le foto fino ad arrivare alle foto di Nicole.
Quando non avevo sonno facevo sempre così.
Mi chiesi per la millesima volta il motivo per cui lei fosse scomparsa dalla mia vita, ma non ero in grado di darmi delle spiegazioni, non sapevo quale fosse la risposta.
Mi apparve una foto che mi aveva inviato sul treno del ritorno, i suoi occhi azzurri, i suoi capelli biondi, quel sorriso dannatamente perfetto, era alta poco meno di un metro e sessanta e pesava poco più di 45 kg.
Ma nessuna foto era paragonabile alla realtà, nessuna foto le avrebbe potuto mai rendere giustizia.
Mi alzai dal letto per andare a fumarmi una sigaretta.
“Amore, che fai?” sussurrò Jane.
“Nulla tesoro, non ti preoccupare.. Vado solo a fumare, dormi.”
Lei fece un verso di approvazione, si girò dall’altra parte e si rimise a dormire.
Io amavo Jane, ma continuavo a interrogarmi sulla sparizione di Nicole, lei mi disse che fui il suo primo amore e lei fu il mio, perché quindi sparire così?
Spensi la sigaretta e mi misi a dormire.
Nicole abitava a Milano, non sapeva che per lavoro avrei dovuto trasferirmi lì per un po’.
 
 

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Capitolo 3
*** Cap.2: Una strana malinconia ***


Quella mattina, quando mi svegliai, rilessi l’ultimo messaggio inviatomi da Oliver, datato più di un anno prima.
 
“Ciao Nicole. Io non so perché tu sia sparita, l’unica spiegazione che riesco a darmi è che tu abbia capito di non amarmi abbastanza per abbattere un grande ostacolo come la distanza, e io non posso biasimarti su una cosa simile poiché ci vuole coraggio e purtroppo non tutti lo hanno (sempre se sia questo il motivo).
L’unico motivo per cui io ce l’ho con te è che non hai avuto il coraggio di parlarmene, ne su Whatsapp, né
 per SMS, né per via telefonica. Perché Nicole? Non mi merito una spiegazione?
Evidentemente mi sbagliavo dall’inizio, tu non eri l’amore vero ed io forse ti amavo più di quanto facessi tu.. Si sa, in amore c’è sempre qualcuno che ama più dell’altro, e tra noi  quel qualcuno ero io, perché io ero disposto a superare qualsiasi ostacolo per te, anche gli 800 km che ci dividono.. ma tu no, ed io non posso che accettarlo e aspettare di trovare il VERO amore.
Forse non amerò mai nessuna quanto ho amato te, ma amerò ancora.. Anche se non avrà i tuoi occhi, i tuoi capelli, le tue mani, il tuo sorriso, quella cicatrice minuscola sotto il seno sinistro, quei pollici lievemente diversi l’uno dall’altro.. insomma, amerò ancora, anche se la vedo dura amare qualcuno che non sia tu. In qualsiasi caso sappi che una parte del mio cuore e di me rimarrà sempre con te.
Buona fortuna amore mio, ti amo.
Tuo, Olly.”
 
Non so neanche dire cosa provai quel giorno oltre a tanta tristezza, malinconia e sensi di colpa, un mix perfetto insomma.
Quanto avrei voluto chiamarlo, urlandogli: “Oliver ti amo! Sono sparita perché sono incinta!”
.. ma non lo feci. Sinceramente pensavo che lo avrei dimenticato, non avevo mai avuto difficoltà con i ragazzi. Ma ora non guardavo più nessuno, poiché riuscivo a trovare qualcosa di Oliver in qualsiasi ragazzo.
Occhi verdi? Oliver. Capelli ricci? Oliver. Capelli castani? Oliver. Oh quello ha la voce simile ad Oliver.
Riuscivo a trovare qualcosa di Oliver in qualcuno che con lui non aveva nulla a che fare.
Ho sempre immaginato a come sarebbe stato se glielo avessi detto, facendomi film mentali su ogni sua possibile reazione. Adoravo starmene seduta in balcone, mentre Chris dormiva, ad immaginare se fossimo diventati una famiglia.. noi tre.
Oliver che giocava con Christian, mentre io chiacchieravo con Karen dell’ultimo scoop televisivo, mio padre che veniva spesso a farci visita e parlava con lui di calcio e Laika fuori in giardino ad acchiappare le farfalle.
Chissà che con lui questa casa non mi sarebbe apparsa poi così vuota.
Forse mamma sarebbe stata più orgogliosa di me e forse mio figlio ed io sorrideremmo un po’ più spesso.
Chissà che gli avrei detto a Christian una volta iniziato a chiedermi chi fossero quegli omoni che andavano a prendere i bambini all’asilo, quando mi avrebbe detto che in classe sentiva i suoi amici parlare dei loro papà, e non sapere cos’è un padre. Chissà che gli avrei raccontato.
Oliver mi mancava più di qualsiasi altra cosa al mondo, insieme a mia madre.
 
Oliver:
 
Si possono amare due persone contemporaneamente?
Tra meno di due settimane sarei partito per Milano, e forse avrei rivisto Nicole e la cosa, stranamente, mi piaceva parecchio.
Da una parte però ero triste, sarei stato per più 2 anni e mezzo senza Jane, tranne alle feste.
Il pensiero di rivedere Nicole mi terrorizzava, non avevo più sue notizie da quasi due anni ormai, si era cancellata da Facebook, ed aveva smesso di rispondere a tutti noi.
Il buio calò in fretta quella sera sulla litoranea, dal mio balcone osservavo il sole tramontare sul mare, ripetendomi che tra pochi giorni sarei stato in città. Fin da piccoli avevamo dato Torre del Greco e tutto il resto della Campania per scontati, non rendendoci conto di quanto avevamo in un posto del genere, nonostante tutto ciò che i media avessero costruito su Napoli.
Ma a noi non era mai interessato, e non interessava neanche a Nicole. Ecco perché mi piaceva così tanto: nata a Milano, cresciuta nella ricchezza di Milano, era una ragazza con i piedi per terra, sempre sorridente e non ci snobbò mai solo perché eravamo del sud.
Quando la vidi la prima volta era al mare, correva sulla spiaggia tenendo il suo pitbull di nome Laika attaccata al guinzaglio.
Rimasi a fissarla per un quarto d’ora come un babbeo.
“Perché mi guardi?” urlò lei ad un certo punto.
“Che cosa? Io?” finsi di non capire.
“Si proprio tu!” urlò lei sorridendo.
Mi avvicinai: “Stavo guardando le tue tette, non te.” Risi.
Lei mi tirò uno schiaffetto sulla spalla ridendo: “A momenti non ci sono neanche.”
“Beh, non volevo essere offensivo!” Scherzai.
Rise ed io mi accorsi immediatamente  di quanto bella fosse lei, e quanto fosse raggiante il suo sorriso.
“Sono Oliver piacere.” Tesi la mano e sorrisi.
Lei mi guardò per un attimo sorridendo.
“Nicole.” Disse.
Ci guardammo negli occhi, ed ebbe tutto inizio.

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Capitolo 4
*** Cap.3: Il compleanno di Christian ***


Quella mattina ebbi la sensazione di svenire quando mi alzai dal letto.
Tra i pianti di Christian ed Oliver che mi tormentava in sogno, passai la maggior parte della notte sveglia.
Christian mi chiamò con un gemito ed io andai a tirarlo fuori dalla culla.
Oggi il mio piccolo compieva un anno e la mia emozione era immensa.
“Auguri amore della mamma.” Sussurrai baciandolo dolcemente sulle labbra.
Per mano ci dirigemmo in cucina dove Karen preparava la torta.
“Ecco il festeggiato!”  esclamai io.
Karen si abbassò e disse: “Tanti auguri piccolo Christian.”
Chris la abbracciò e lei sorrise.
Il mio telefono squillò: papà.
“Father, dimmi!”
“Sto arrivando, ho preso 4 vassoi di pasticcini, dici che bastano?” domandò.
“Boh penso di sì papà, siamo in 30 persone.”
“Ok, un bacio, arrivo.”
“Bye!”
Mio padre si stava davvero impegnando affinché il nostro rapporto diventasse un vero rapporto, e questo mi faceva un immenso piacere perché le sue priorità erano chiaramente incentrate su me e mio figlio.
Fu dura affrontare la gravidanza senza mia madre, e l’unica cosa che riusciva a risollevarmi il morale era sapere che mio padre era lì per me, era lì con me.
Quando mio padre arrivò a casa, lui e Karen mi aiutarono a sistemare tutto per la festa di Christian.
Quando Chri lo vide urlò: “nonnnno!” e si lanciò su di lui.
Poi però gli fece una domanda che mi sorprese: “Pechè tu nonnnno mio?”
“Perché sono il papà della tua mamma!” rispose mio padre.
Christian lo guardò e chiese: “Io no papà?”
Sbiancai.
“Dai scendi, nonno è stanco.” Disse mettendolo in terra.
Lui corse da Laika e noi continuammo a preparare.
 
Oliver:
 
Baciai Jane e mia madre, abbracciai mio padre ed i miei amici, e mi diressi a fare il check-in per prendere l’aereo.
Tra meno di due ore sarei arrivato a Milano.
Eminem impazziva nelle mie orecchie, ed io stavo lasciando la mia terra e tutto ciò che rappresentava per me per intraprendere una nuova vita.
Chissà che non avrei visto Nicole, chissà che non avrei scoperto di amare ancora lei.
Mi imbarcai, salii sull’aereo e mi addormentai.
Quando arrivai, l’odore di smog mi intasò le narici, uscii dall’aeroporto e la gente camminava frettolosamente, nessuno che si salutava, nessun sorriso.
Milano era fredda, il vento mi pungeva la pelle e il gelo calava impetuoso su di me.
Ero così confuso, un’ora prima era tutto così diverso.
Un uomo vestito bene e dallo sguardo gelido mi guardava squadrandomi dalla testa ai piedi, aveva un cartello in mano col mio nome scritto sopra.
Quando mi presentai, mi fece un sorriso e mi scortò in hotel.
Salii in camera mia, tutto mi sembrava così strano e confuso.
Mandai un messaggio alla mia famiglia, a Jane ed ai miei amici informandoli che ero arrivato.
Poi ne mandai un ultimo.
“Sono a Milano, se ti può interessare.”
Invio effettuato.
 
Nicole:
 
Gli ospiti erano arrivati tutti, uno dietro l’altro.
Casa mia si riempiva, ma senza mia madre mi sembrava ancora dannatamente vuota.
Laika mi implorava con lo sguardo di darle un po’ di cibo, così le riempii un piatto e glielo misi davanti.
Arrivò il momento della torta, presi il telefono per fare un video a Christian, ma avevo due messaggi in due diverse conversazioni su whatsapp.
Chi se ne importava in quel momento, li avrei letti dopo.
Diedi il telefono a Jessica, presi in braccio Christian e ci sedemmo davanti alla torta.
Gli occhi di Christian quel giorno brillavano.
Iniziammo a cantare “tanti auguri a te”, e anche se facemmo un po’ fatica a fargli soffiare sulle candeline alla fine ci riuscimmo.
Dopo la torta presi il cellulare ed aprii Whatsapp.
Quando lessi il suo nome rabbrividii.
Il messaggio annunciava che era a Milano, ma come e perché?
Sentii gli occhi gonfiarsi di lacrime e cercai col mio sguardo, quello di mio padre.
Lui mi scrutava ed io volevo solo sparire.
Andammo in cucina, dove nessuno poteva sapere.
“Che succede?” domandò preoccupato.
Gli mostrai il messaggio.
“È arrivato il momento, Nicole.”
“Il momento di cosa papà? Non è arrivato nessun momento!”
Scoppiai in lacrime e lui mi abbracciò, mi abbracciò come solo mia madre fece in passato.

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Capitolo 5
*** Cap.4: quella ultima e dannata notte. ***


Ripensai a quell’ultima dannata sera.
Mi ricordai il profumo di Oliver, le sue mani incrociate alle mie, i suoi occhi verdi.
L'amore, l'alcol, le sigarette e l'erba, si respirava tutto.
La spiaggia era buia, tutti erano tornati a casa, e Oliver mi aveva appena vista piangere.
Un amore clandestino, un amore durato una sola estate e da lì a breve sapevamo che i nostri sguardi non si sarebbero più incrociati.
Oliver si muoveva dentro di me, rendendomi sua per sempre.
"Nicole.." gemette: "Ti amo."
“Ti amo anche io.” Dissi avvolta dalla passione.
I nostri corpi sudati ed eccitati, esprimevano tutto l’amore vissuto quell’estate.
Sarei partita 12 ore dopo, sarei tornata in quella vecchia casa, consapevole che una parte di me l’avrebbe sempre avuta lui.
Ma io portavo in grembo suo figlio, nonostante allora non lo sapessi ancora.
Oliver continuava a muoversi in me, io fremevo, ero sua e sempre lo sarei stata.
Mi portò via l’innocenza, la purezza, la mia prima volta.
La bibbia definiva il sesso prima del matrimonio come un peccato e, che Dio mi perdoni, non mi pentii mai di averlo commesso.
Olly mi fece il regalo migliore del mondo dandomi un figlio, qualcosa che avrebbe dovuto unirci per sempre, ma io feci in modo di farci dividere.
Mi toccai con la mano sinistra la collana che mi regalò lui, c’era scritto il suo nome.
“Non dimenticarmi mai, Nicole.. qualsiasi cosa accada, io ti amerò sempre.”
Le lacrime calde iniziarono a sgorgare calde sulle mie guance.
Mi voltai su un lato, quella notte faceva terribilmente freddo.
“Ti amo Oliver, sarò per sempre tua.”
Le lacrime scesero sempre più violente.
Sbloccai il telefono, colta dall’impulso di rispondere al suo messaggio, ma lo bloccai di nuovo poco dopo.
Sorrise accarezzandomi la guancia, mi abbracciò ed io piansi di nuovo e lui con me.
“Mi mancherai” bisbigliò nella speranza di farmi restare.
“Mi mancherai anche tu!” risposi stringendolo più forte.
“Promettimi che non mi dimenticherai.” Mi strinse mentre disse quelle parole.
“Mai.”
Dannati ricordi mi offuscavano il cervello.
Mi misi le mani davanti agli occhi.
“Per favore Nicole, resta con me.”
“Vorrei, ma non posso.”
Sospirai nella speranza che quei ricordi smettessero di torturarmi.
“Vattene dalla mia testa..” ripetevo sottovoce per non svegliare Christian.
Laika si sdraiò accanto a me.
Le sue mani che mi accarezzavano il viso, poi le spalle, poi la schiena, riuscivo ancora a sentirle.. rabbrividii.
Strinsi le braccia attorno al mio cuscino, e ci conficcai le unghie.
“Ne vuoi una?” mi chiese porgendomi il pacchetto.
Afferrai una sigaretta e la accesi.
“Sai..” disse dopo averla accesa anche lui: “Non mi sono mai innamorato. Ho sempre pensato che alla nostra età non esiste l’amore, che è qualcosa di inesistente.. per lo meno per uno come me. Ma poi sei arrivata tu, e se devo dirti la verità pensavo che saresti stata una come le altre. Pensavo che saresti stata solo sesso, ma invece..” esitò.
“Invece?”
“Invece ti amo, Nicole. E sai, non riesco a immaginare di amare qualcuno che non sia tu, non riesco ad immaginare di poter provare per un’altra quello che provo per te. Ho 20 anni Nicole, e tu sei l’unica che è riuscita a farmi cambiare idea, l’unica che sia riuscita a domarmi. Pensavo che scopare fosse la cosa più bella del mondo, ma questa sera grazie a te, ho capito che fare l’amore è la cosa più bella. Riuscivo a sentire il tuo cuore che batteva all’unisono col mio, la tua passione che travolgeva la mia e tutto ciò in cui avevo sempre creduto è crollato.”
“Avrai un’altra storia, Oliver.”
“Questo non lo so.” Sorrise: “Se c’è una cosa che so è che comunque vada io non smetterò di amarti, di ringraziarti, di desiderarti. Non smetterò di cercare qualcosa di te in tutte le altre, ma le altre non saranno mai come te. Tu sei stata il mio primo amore, Nicole, e mi piacerebbe fossi anche l’ultimo. Non posso pensare di poter guardare altri occhi come guardo i tuoi, toccare altre mani come tocco le tue, baciare altre ragazze come bacio te, volere altre quanto voglio te, sfiorare altre come sfioro te. Non potrei, ti amo..” i suoi occhi erano gonfi di lacrime: “E non ho mai amato nessun’altra.”
“Non smetterò di cercare il tuo sguardo negli occhi dei passanti.” Mormorai.
Appoggiai la mia testa sulla sua spalla.
Lui mi sollevò il mento e mi baciò.
Laika mi leccò le lacrime che, imperterrite, scorrevano sul mio viso.
“Guardami Nicole, voglio solo dirti che non so se amerò più o meno di quanto ho amato te, ma non amerò mai nessuna come ho fatto con te.”
Presi il telefono e mi misi a messaggiare con Jessica.
 
 
 
Oliver:
 
Quanto freddo che faceva quella notte.
Eppure non riuscivo a tenere le coperte addosso, mi sentivo pesante, stanco.
Avevo molto sonno, ma la testa piena di pensieri che si rincorrevano come non mai.
Mi alzai dal letto, mi infilai i primi vestiti e scesi a fare un giro.
“Sei sveglia?” scrissi a Jane, ma non ebbi risposta.
Dopo essermi fumato una sigaretta, decisi di mandare lo stesso messaggio a Nicole, anche se sapevo che non mi avrebbe risposto.
Due ragazzi limonavano affianco a me.
Quando la ragazza si girò, mi parve di averla già vista.
Dopo essermi scervellato finalmente ci arrivai.
Mi avvicinai a lei e dissi: “Tu sei l’amica di Nicole?”
“Sì, Jessica. E tu chi sei?” pareva perplessa.
“Sono Oliver, non so se te ne ha mai parlato.”
Entrambi esclamarono all’unisono: “Oliver?! L’ex di Nicole? Quello di Napoli?”
“Ehm..” ero allibito: “Sì. Dove abita Nicole?”
“Sali in macchina.” Mi rispose il ragazzo.
Salii in macchina e andammo a casa di Nicole.
“Penso stia dormendo ora.” Mormorai.
“No è sveglia, ci sto parlando.”
Scesi ed andai a suonare il campanello.
Una donna mi aprii la porta in vestaglia dopo circa un quarto d’ora: doveva essere Karen.
Ero così ansioso.
"Salve, vorrei parlare con Nicole." dissi: "Sono Oliver."

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Capitolo 6
*** Cap.5: L'incontro. ***


Karen bussò alla mia porta.
“Nicole..” era allarmata.
“C’è Oliver al piano di sotto.” Sobbalzai.
“Cosa?” ero scioccata e terrorizzata.
Mi infilai la vestaglia e scesi.
Quando scesi, lo vidi seduto sul divano.
“E tu che diavolo ci fai qui?” avevo la voce spezzata dal pianto.
“Nicole..” sussurrò lui alzandosi in piedi.
Si alzò e distava pochi centimetri da me: “Come mi hai trovata?”
“Non importa. Perché sei sparita? Non mi amavi abbastanza forse?”
“La storia è..” cercai il termine più corretto: “..complicata, Oliver.”
“Non posso trovare spiegazioni migliori, Nicole.” Vidi il suo sguardo e capii quanto lo avessi ferito: “Sei completamente sparita.”
“Era qualcosa più grande di me, Olly.” Le lacrime assalirono nuovamente i miei occhi.
“Mi amavi?” chiese lui con gli occhi lucidi.
“Certo che ti amavo, Oliver. Ti amavo più di chiunque altro, ti amavo come non avevo mai amato.”
“E ora? Mi ami?”
“Che te ne importa? Tanto tu stai con Jane, no?” esclamai io.
Sorpreso, mi rispose: “Sì, sto con Jane. Ma se tu non fossi sparita ora non sarei fidanzato con lei.”
Annuii: “Mi dispiace di averti ferito.”
“Rispondi alla mia domanda.” Mi guardò come solo lui sapeva fare.
“Sì, Olly. Ti amo.”
“E allora perché? Cazzo, Nicole, perché?!” sbottò.
“Oliver, è..” mormorai piangendo.
“Complicato? Non è mai troppo complicato quando due si amano!”
“Mi dispiace tanto..” sussurrai avvicinandomi a lui.
Mi attirò a sé e mi strinse.
Avrei tanto voluto fermare quel momento.
Dopo qualche secondo però, mi allontanò nuovamente.
“Nicole, io mi fidavo di te. Come hai potuto?” era chiaramente ferito.
Rimasi in silenzio, terrorizzata al pensiero che Christian potesse svegliarsi.
Si sedette sul divano e affondò il viso nelle sue mani.
Dopo qualche secondo si voltò a guardarmi.
“Forse non sarei dovuto qui, forse ho sbagliato.” Mormorò.
Sobbalzai al pensiero di perderlo di nuovo.
“Ma in questi due anni, non ho fatto altro che chiedermi che fine avessi fatto e perché fossi sparita. E ora ti guardo, e sai son venuto qui e pensavo di sbatterti in faccia il mio odio nei tuoi confronti, di insultarti e dirti che non vali nulla, ma.. tu sei così bella. Anche con le lacrime agli occhi, senza trucco ed in pigiama, sei così bella. Ed io che volevo sbatterti in faccia che ti odiavo, sono qua a dirti che ti amo, e che non ti ho dimenticata. Che tu conti più di Jane e di qualunque altra ragazza, ed io.. beh, io sono un coglione perché nonostante tutto non posso odiarti, non so farlo. Non te.”
“Mi dispiace, Oliver.” Sussurrai.
Annuì: “Anche a me.”
E andò via, sbattendo la porta.
Lo seguii fuori.
“Oliver! Oliver, fermati!” urlai, ma lui continuò a camminare.
“Oliver!” scoppiai in lacrime: “Ti prego..”
Si fermò senza voltarsi.
“Ascolta, so che può sembrarti assurdo che io lo dica ma.. ti amo!”
Si voltò: “E allora perché sei sparita?!” sbottò.
“Perché.. non potevo darti la vita che volevi, Olly. Tu eri cosi giovane, ed io così lontana e quindi ho deciso di lasciarti andare per fare in modo che tu ti rifacessi una vita, con qualcuno che avresti potuto vedere ogni giorno. E credimi, non è stato facile, ma l’ho fatto per te.”
“Tu, tu non sei mia madre.” Si avvicinò terribilmente incazzato: “tu non devi prendere delle decisioni al posto mio, solo perché credi che sia meglio per me, perché tu non puoi saperlo!”
Esitò, ma riprese subito dopo, più calmo: “Vuoi sapere se la nostra relazione mi avrebbe ferito? Probabilmente si. Ma sai cosa mi avrebbe ferito di più?”
“No, non lo so.” Risposi senza guardarlo.
“Sapere che tu non mi amavi abbastanza per farcela.” Alzai lo guardo e vidi i suoi occhi riempirsi di lacrime: “E guarda un po’ che cosa è successo.. ho scoperto che tu non mi amavi abbastanza, non saresti sparita altrimenti.”
“Non sono sparita per quello, Oliver.” Dissi incerta.
“E allora per cosa? Ah, certo, è.. complicato, vero?”
Abbassai lo sguardo senza dire una parola.
“Ma vaffanculo, Nicole.” Fece per andarsene, ma io lo fermai afferrandolo per un braccio.
“Te l’ho spiegato prima.”
“Già.” Annuì: “Ho bisogno di tempo, Nicole.”
Annuii e lo guardai andarsene.
Salii in camera mia e scoppiai a piangere, poi guardai Christian.
Glielo avevo nascosto, di nuovo.
 
Oliver:
 
Arrivai nella mia camera d’hotel e mi sentii avvampare.
Uscii in balcone a fumare, erano le 5 del mattino e gli uccellini iniziavano a cinguettare.
Ero terribilmente nervoso.
Quando tornai in camera, non riuscii a dormire, ripensai a quanto accaduto prima.
Nicole era più bella di quanto ricordassi.
Le lacrime mi offuscarono gli occhi, ed io le sentii scendere calde sul mio viso.
Come aveva potuto?
Mentre parlavamo ed io ero incazzatissimo, l’avevo guardata con occhi innamorati tutto il cazzo di tempo e questo mi faceva innervosire ancora di più, perché ero un coglione che amava, evidentemente, la donna sbagliata.
Forse mi meritavo tutto per i cuori che avevo spezzato prima che lei spezzasse il mio, ed ora riuscivo a capire tutte le ragazze che avevo ferito e mi sentivo terribilmente in colpa.
Nicole si era presa un pezzo di me, perché io glielo avevo lasciato fare, perché io mi fidavo di lei.
Il telefono vibrò e mi apparve la sua chat di whatsapp: “Scusami.”, diceva.
Questa volta fui io ad ignorare lei.
Mi promisi di starle lontano, ma mentre me lo promettevo, sapevo già che ci avrei riprovato.

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Capitolo 7
*** Cap.6: il bacio. ***


Quella mattina mi svegliai in lacrime.
Erano passati 18 giorni dalla visita di Oliver a casa mia, il padre di mio figlio aveva nuovamente scombussolato la mia esistenza.
“Mamma, perché piangi tu?” Christian mi guardava con occhi tristi.
“Niente amore” dissi  prendendolo in braccio.
“Non voglio che piangi tu..” i suoi occhi si gonfiarono di lacrime.
“No Chri, non piangere, sta’ tranquillo.”
Si asciugò le lacrime ed appoggiò, dolcemente, la testa sulla mia spalla.
La felicità, per me, aveva il suo nome.
Chris cresceva a dismisura, lo vedevo più bello ogni giorno che passava ed io non riuscivo neanche a pensare al giorno in cui avrebbe preso le valigie e si sarebbe andato a fare la sua vita.
Quando lui andò da Laika a giocare, io andai in bagno a guardarmi allo specchio.
I miei occhi erano tristi e spenti, il mio viso era stanco, il bagliore che avevo prima negli occhi, quella luce di speranza se ne era andato insieme a mia madre, la donna a cui pensavo ogni dannato giorno e che mi mancava sempre di più.
Solo Oliver stava riuscendo a riaccendere quella luce che un tempo brillava in me, ma averlo rivisto mi aveva completamente distrutta.
Quella sera avrei voluto morire, urlargli che avevamo un figlio, ma sono una codarda e non lo feci.
Amavo quel ragazzo, lo amavo come non avevo mai amato nessun altro prima, lui fu la mia prima volta, lui fu il vero amore, la passione, l’eccitazione, la felicità, il dolore, la gioia, il bene ed il male, lui fu.. suonarono il campanello e la voce di mio padre che salutava mio figlio, mi risvegliò dai ricordi.
“Ciao papà.”dissi scendendo le scale.
Mi abbracciò.
“Ne vuoi parlare oggi?” ogni giorno, da quando aveva saputo della visita di Oliver, me lo domandava.
“E d’accordo.”
Ci sedemmo di fronte al tavolo e iniziammo a parlarne.
“Ero su, avvolta nei ricordi di quella sera in cui rimasi incinta di Christian..” Mi girai a guardare mio figlio che torturava la povera Laika immobile: “quando ad un certo punto viene a chiamarmi Karen, tutta allarmata, dicendomi che Oliver era al piano di sotto.”
Gli raccontai della discussione avuta, ogni minimo dettaglio.
“E quando gli hai detto di vostro figlio? Lui che cos’ha fatto?”
Lo guardai e mormorai: “Non gliene ho parlato, papà.”
“Cosa?” era sconvolto ed incazzato: “Niky, quando cazzo glielo vuoi dire?”
“Io non voglio dirglielo.”
“Tu non puoi tenergli nascosto ancora vostro figlio!”
“Ha una ragazza, papà!” urlai.
“Ma voi siete una famiglia, stai facendo crescere Christian senza un padre!”
“Perché tu cos’hai fatto?” sbottai: “Noi non eravamo una famiglia, papà?! Sono cresciuta senza un padre anche io!” mi pentii immediatamente di quelle parole: “Scusa..”
Mi ignorò: “Nicole, siamo tutti d’accordo che io ho sbagliato, ma io ho avuto l’opportunità di scegliere, anche se quando tu avevi 6 anni io ho sbagliato. Non stai dando ad Oliver la possibilità di scegliere. Se ama Jane, allora potrà stare con lei pur avendo un figlio con te, tu non gli negherai di scegliere tra te e lei. Ma non negargli la verità, gliela stai nascondendo da quasi due anni ormai. Ha il diritto di saperlo.”
“Non glielo dirò, non posso.”
Incazzato, si alzò e se ne andò sbattendo la porta.
Scoppiai in lacrime e Karen corse ad abbracciarmi, mentre Christian correva dietro a Laika, senza essersi accorto di nulla.
Mio padre non riusciva a capire quanto fosse difficile dire ad Oliver di nostro figlio.
 
Oliver:
 
Uscii da lavoro, salii in macchina e mi diressi da Nicole.
Quando arrivai a casa sua erano le 19.30.
Incerto mi avvicinai alla porta ed esitai prima di suonare.
Karen aprì la porta e mi guardò sorpresa: “Oh ciao, aspetta.”
Aspettai fuori per qualche minuto e poi scese Nicole.
“Che ci fai qui?” disse perplessa.
“Ciao anche a te, bionda.” Sorrisi: “L’altro giorno forse sono stato un po’ aggressivo.”
Mi guardò.
“Bene, vedo che sei già truccata e vestita, vieni con me, parlare davanti ad una pizza non può farci che bene.”
“Solo un secondo.” Disse chiudendo la porta.
Dopo una manciata di minuti, uscì fuori.
Salì in macchina e guardando fuori, mi domandò: “Perché hai deciso di parlarmi ancora?”
“A questo punto, se fossi una persona normale, dovrei dirti che voglio chiudere ogni rapporto con te perché mi hai fatto soffrire.” Dissi fermo.
“Ah..” bisbigliò.
“Ma credo di essere masochista.” Gli sorrisi e lei mi guardò: “Io ti amo Nicole, non riesco a starti lontano sapendoti vicina, ne parliamo dopo che siamo arrivati.”
Parcheggiai e scesi dalla macchina.
A quel punto un uomo le avrebbe aperto la portiera, ma io non le sapevo fare queste cose, io sono Oliver.
Arrivammo dentro, ci sedemmo e dopo aver deciso dal menù cosa prendere, ordinammo.
Poi io attaccai a parlare: “Come ti dicevo ti amo, e non riesco a starti lontano. Riconoscerei il tuo modo di camminare, i tuoi occhi, il tuo profumo tra 7 miliardi di persone. Ma io non riesco a capire Nicole, dici che mi amavi, dici che mi ami ancora, ma allora perché sei sparita?”
Lei mi guardò esitante.
“Puoi darmi una risposta?”
“Oliver, era qualcosa di più grande di noi. La lontananza e tutto il resto, non ero pronta. Ed io continuo a non capire perché mi hai portato qui e continui a dirmi di amarmi se sei fidanzato con Jane.”
“L’ho lasciata, Nicole. Gliel’ho detto che quando ti ho vista, i miei sentimenti si sono rivelati gli stessi di prima, grazie,” dissi ringraziando il cameriere per la pizza e poi tornai a Nicole: “gliel’ho detto che il mio cuore batte per te e nessun’altra.”
“Ma Oliver, dopo tutto quello che ti ho fatto come puoi amarmi ancora?” era sinceramente dispiaciuta.
“Me lo chiedo anche io, sai?” sorrisi: “prima di vederti ce l’avevo a morte con te, pensavo che ti avrei detto quanto male mi avevi fatto e quanto potevo odiarti, ma poi.. ti ho vista e la prima cosa che ho pensato è stata che eri ancora più bella di quanto ricordassi, che il tuo profumo preferito era ancora quello di Victoria Secret, e che ti amavo quanto ti amavo prima.”
La guardai, cercava di trattenere le lacrime, i suoi occhi erano spenti, erano tornati tristi, innamorati, persi e spaventati.
Io l’amavo, per quanto sbagliato potesse essere, per quanto stupido potessi apparire, amavo quella ragazza da morire, l’amavo da vivere.
Quando finimmo la pizza, pagai il conto e ci dirigemmo verso la macchina.
Arrivati al parcheggio, afferrai Nicole per le spalle, la costrinsi a girarsi e la baciai con amore, passione e foga.
Lei ricambiò intrecciando le dita nei miei capelli, le nostre lingue si cercavano impazzite, come se aspettassero quel momento da quando si erano separate quasi due anni prima.
Le misi le mani sui fianchi e la strinsi a me.
Il suo cuore ed il mio battevano impazziti all’unisono, riuscivo quasi a sentire i fuochi d’artificio.
Andammo avanti così per quanto? Un minuto? Due? Tre? Non lo so, so solo che quel bacio, mi sembrò eterno, che fu la cosa più bella e spontanea che potessimo fare.
Quando finimmo lei mi guardò sorridendo: “Ti amo tanto Oliver.”
Le sorrisi: “Ti amo anche io.”
Salimmo in macchina e prima che potesse scendere, la baciai di nuovo.
Non volevo fare sesso, non mi interessava averla così, non in quel momento.
Sapevo che mi amava, e questo mi bastava.
Aprì la porta, ed io me ne andai in Hotel e, per la prima notte da quando ero a Milano, dormì bene e per il giusto tempo.

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Capitolo 8
*** Cap.7: amore e passione. ***


Arrivai a casa alle 2.18, tutto taceva poiché dormivano tutti.
Guardai Chris dormire beato nella culla, quanto amavo quel piccolo esserino che cresceva e faceva progressi giorno per giorno.
Il respiro era regolare, la boccuccia semi-aperta e gli occhi erano socchiusi.
Di tanto in tanto lo vedevo ingoiare la saliva, il ciuccio era appoggiato alla sua guancia sinistra che era appoggiata al cuscino.
Mi tolsi i vestiti rimanendo in intimo, mi misi una maglietta di mio padre e mi infilai nel letto, sotto le coperte.
Riuscivo ancora a sentire l’odore di Oliver, e mi cullò facendomi addormentare.
La mattina seguente, mi svegliai con il pianto di mio figlio.
Mi avvicinai alla culla e realizzai che stava facendo un incubo, così lo accarezzai sulla schiena e lui si svegliò allungando le braccia.
Lo presi e pianse per circa 10 minuti, poi si calmò quando gli misi il ciuccio.
Appoggiò la testa sulla mia spalla, sentivo i battiti del suo cuoricino accelerati, il respiro affannato.
Strinse con la mano destra il colletto della mia maglietta ed io strinsi, dolcemente, lui.
“Va tutto bene, piccolino.” Sussurrai.
Lui si calmò, scese ed andò a salutare Karen e Laika.
Suonarono il campanello, doveva essere papà.
Aprii la porta e il suo sorriso fece sorridere anche me.
“Buongiorno principessa!” esclamò.
“Buongiorno mio re!” lo abbracciai.
Mio padre era ufficialmente diventato una delle persone più importanti della mia vita, riconquistandomi il cuore proprio come da bambina che mi portava a cavalcare.
“E dov’è il principino?”
“Nonnno!” Christian arrivò correndo, lanciandosi su di lui.
Papà lo prese in braccio facendolo girare e Chris rise.
Una volta pronto il pranzo ci sedemmo a tavola.
“Allora.. com’è andata ieri sera?” domandò mio padre.
“Bene, abbiamo mangiato e abbiamo parlato, riso, scherzato.. e poi mi ha baciata.”
“Sono contento ma..” guardò Christian e poi tornò a me.
“Non gliel’ho detto, papà.” Abbassai lo sguardo.
“Ma andiamo Nicole, che cosa aspetti?”
“So che avrei dovuto dirglielo papà, ma tu non capisci..” sentii gli occhi gonfiarsi di lacrime: “è stato tutto come ai vecchi tempi, so che avrei dovuto parlargliene, e mi sento una persona orribile perché glielo sto tenendo nascosto, ma.. non voglio perderlo di nuovo.”
“Tesoro..” si alzò avvicinandosi a me e mi prese la mano: “vedi, il fatto è che lo saprà. Quindi è meglio che glielo dica tu, perché se lo scoprisse da solo sarebbe molto peggio.”
“Lo farò, papà.. solo non ora.”
Si alzò e uscì a fumare.
 
 
Oliver:
 
Avevo appena terminato di lavorare, così decisi di scrivere a Nicole.
 
“Hai impegni per stasera?”
 
Dopo circa due minuti mi arrivò la risposta.
 
“No, sono libera.”
 
“D’accordo, passo a prenderti alle 20.00”
 
Lei mi inviò un pollice, bloccai il telefono e me lo misi in tasca.
Salii in macchina e andai a casa, mi feci la doccia, mi cambiai ed andai a prendere Nicole.
Suonai al campanello, e mi aprì Karen.
Tornai in macchina e aspettai Nicole, che arrivo dopo qualche minuto.
“Buonasera bellezza.” Mormorai.
Lei mi baciò ed andammo al ristorante.
Passammo la serata tra vino, risate e chiacchierate.
Una volta terminata la cena salimmo in macchina e le chiesi: “Bene, è venerdì sera, domani non lavoro. Sono ancora le 22.30, dove vuole andare, signorina.”
“Mi faccia vedere dove vive, signorino.” Sorrise.
“Agli ordini, capo.”
 
Nicole:
 
Entrammo nell’hotel dove alloggiava Oliver e la signorina nella hall mi squadrò da capo a piedi.
Poi si voltò verso Oliver, facendo la sgualdrina: “Ciao Olly, come stai?” domandò. Che vocina irritante.
“Tutto apposto grazie. Tu?”
Lei mi guardò male e rispose: “Bene, tieni le chiavi.”
La ringraziò con un cenno del capo, mi sentivo i suoi occhi addosso e così lo baciai e sorrisi alla moretta.
Una volta saliti in camera, Oliver mi domandò: “Allora che te ne pare? Bel posto, eh?”
“Sì, non c’è male.” Sorrisi.
“Prova il materasso, è ad acqua, una figata assurda.”
Ci buttammo insieme all’indietro, ed una volta atterrati iniziammo a ridere insieme.
Poi ci guardammo e dopo qualche nanosecondo lui mi poggiò la mano sul viso e mi baciò.
Il bacio si faceva sempre più intenso, la sua mano passò dal viso alle spalle, poi alla coscia e poi mi toccò il seno.
I nostri respiri erano affannosi, e il desiderio era palpabile.
Mi tolse la maglietta e abbassò il reggiseno, si mise su di me ed iniziò a baciarmi il seno.
Io tolsi la sua maglietta e conficcai le unghie nella sua pelle, graffiandolo.
La sua mano scendeva sempre di più, arrivò ai leggings, iniziò ad accarezzarmi le intimità con i vestiti sopra e poi andò sotto.
Mi accarezzò il clitoride e poi mi spogliò.
Mi assaggiò con le labbra, baciandomi dolcemente per poi passare alla lingua che mi esplorava imperterrita, riuscivo a sentire il piercing che aveva.
Il desiderio in me ardeva sempre più.
Mentre leccava, infilò anche un dito dentro ed io afferrai le lenzuola con entrambe le mani e le stingevo, mentre sentivo il mio corpo volere sempre di più.
Gemetti.
Lui infilò il membro dentro di me ancora prima che potessi accorgermene, dopo quasi due anni, Oliver mi stava di nuovo rendendo sua.
Iniziò a muoversi dentro di me e il mio corpo sussultava ad ogni spinta, che era sempre più forte della precedente.
Lo sentivo mio, lo sentivo dentro di me.
“Nicole..” gemette: “Ti amo.”
Un flashback di quella ultima sera mi balzò in testa.
“Ti amo anche io.” Mormorai eccitata.
Pregai perché quel momento non finisse mai.

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Capitolo 9
*** Cap.8: la malattia. ***


Ormai erano passati due mesi da quando ero tornata insieme ad Oliver.
Tra di noi andava tutto bene, non avevamo alcun segreto.. Tranne Christian.
Non avevo ancora trovato il coraggio di dirgli di nostro figlio.
Quella notte avevo dormito da lui e quando rientrai a casa la mattina dopo, trovai mio padre ad attendermi con le braccia conserte.
“Sai che ore sono?” chiese infuriato.
“Le 9.30 credo.” Risposi io.
“Ti sembra l’ora di tornare? Hai un figlio, Nicole.”
“Dai papà non rompere.” Dissi voltandogli le spalle per appoggiare la mia roba sul divano.
“Non rompere?! Non ti ho mai rimproverato nulla, ma hai un figlio a casa, non puoi permetterti di mancare fino al giorno dopo!”
Rimasi girata a guardare il muro.
“A proposito glielo hai detto?!”
Non risposi.
“Rispondimi, cazzo!”
Mi girai infuriata: “Smettila di fingere che ti importi qualcosa, papà! Sei sparito per oltre 10 anni ed ora fingi interesse per tua figlia? Ma vaffanculo!”
Lui se ne andò senza dire una parola.
Mi sedetti sul divano e scoppiai in lacrime, Karen corse a consolarmi.
Dopo circa mezz’ora, mi arrivò una telefonata da parte di Oliver.
“Amore, stasera?” la sua voce squillante mi fece tornare di buon umore.
“Vieni pure a prendermi..” risposi.
Il pomeriggio proseguì tra pianti, TV e Christian che imparava sempre meglio a camminare.
Quando Christian verso le 17.00 si addormentò, ripercorsi un tratto della mia storia con Oliver mentre ero a Napoli.
 
 
“Dove pensi che finiremo?” gli chiesi io.
Lui mi guardò per un attimo e poi rispose: “Non so, è la prima volta che imbocco questa strada. Penso in qualche quartiere.”
“No..” risi: “voglio dire.. quando la vacanza sarà finita, io tornerò a Milano. E cosa ne sarà di noi?”
Lui si fermò e, sorridendo, mi osservò.
Mi prese per mano e poi disse: “Non posso prometterti che durerà per sempre, ma posso prometterti che farò il possibile affinché vada bene. Tu mi hai cambiato Nicole, mi hai reso un uomo migliore. Non voglio scappare da te, non voglio scappare da noi. Io ti amo, piccola.” E poi mi avvolse in un dolce bacio.
Il mio viso avvampò, le farfalle esplosero nel mio stomaco e le ginocchia iniziarono a tremarmi.
Quel bacio fu passionale, dolce,caldo e cocente.
Mi riprese per mano e iniziammo di nuovo a camminare.
“Guarda!” esclamò ad un certo punto.
Ci mettemmo a correre per poi lasciarci cadere sul prato di quel parco che mi sembrava magico.
 
Quando suonò il telefono, ritornai alla realtà.
Oliver era fuori da casa mia.
Salutai Christian e Karen e mi diressi fuori.
Oliver mi baciò: “Ciao bellissima.” Sussurrò.
Mi sorrise ed io ricambiai.
Non penso possa esistere qualcosa più bello del suo sorriso.
Il suo sorriso era un misto di gioia, dolore, felicità e malinconia.
Era un’esplosione di emozioni, una tempesta di sentimenti.
Quando arrivammo al ristorante, mi aprii la portiera da vero gentiluomo, e quando scesi lui mi strinse in un forte e caloroso abbraccio.
“Sono felice di essere qui, sono proprio nell’esatto posto in cui vorrei essere.” Mi disse.
“Anche io.” Dissi in un sospiro.
Quando tornai a casa, trovai mio padre attendermi sul divano.
Aveva un’aria buia e cupa, e Karen se ne andò non appena misi piede in casa.
“Papà..” bisbigliai.
“Ciao angioletto.”
“Non mi chiamavi così da anni ormai.” Bisbigliai sedendomi accanto a lui.
“Papà..” continuai: “Mi dispiace per oggi. Hai ragione, dovrei dirglielo, ma ho paura, ho paura di rovinare tutto di nuovo. So che sto sbagliando a tacere ma..”
“Nicole, devo dirti una cosa..” alzò gli occhi su di me.
Dal suo tono di voce percepii che non era semplice, avevo paura che volesse di nuovo lasciarmi.
“Sai che da qualche mese ho forti mal di testa e altri dolori vero?”
“Sì, hai fatto la visita ed hanno detto che è tutto apposto, no?”
“Non è andata esattamente così, Nicole.” Abbassò lo sguardo per poi riposarlo di nuovo su di me.
“Cosa?” la mia voce era spezzata.
“Ho il cancro.” Mi guardò con occhi affranti.
Rimasi per qualche secondo, forse minuto in silenzio per poi scoppiare a piangere.
“È uno scherzo, vero?” urlai: “Vero?! Papà ti prego dimmi che stai scherzando.”
“Purtroppo no..” i suoi occhi si gonfiarono di lacrime.
“È curabile?” dissi non appena mi calmai un po’.
“No.” Bisbigliò.
Scoppiai nuovamente a piangere: “No papà!” urlai tra le sue braccia.
Lui mi strinse forte a sé scoppiando in lacrime ed io disperata, gridai: “Non puoi lasciarmi, non di nuovo papà! Non andartene anche tu, io ho bisogno di te! Ti prego.” Speravo e pregavo affinché facesse qualcosa, ma mi rendevo conto che lui non poteva farci nulla.
“Mi dispiace, angioletto.” Disse in lacrime.
“Stai con me, papà, ti prego!” urlai stringendolo.
Non potevo credere a tutto quello che stava succedendo.
Dopo una manciata di minuti, non appena il mio pianto si calmò, mi staccai e gli chiesi: “Quanto tempo ti rimane?”
“I medici non lo sanno, ma non molto.” Rispose lui con voce roca.

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Capitolo 10
*** Cap.9: La verità. ***


Chiamai Oliver.
“Pronto?” neanche la sua voce riusciva a farmi tornare il buon umore.
“Ciao Olly.”
“Ei piccola.. Va tutto bene? Che succede?”
“Mio padre ha il cancro.” Scoppiai in lacrime.
“Oh, ehm.. ne sei sicura? Cioè,voglio dire, come lo hai saputo? E dove?”
“Cervello, me lo ha detto lui.” Mi calmai un po’, ma la mia voce rimase roca.
“Mi dispiace piccola, ma sai quanto tempo gli rimane?”
“No Oliver, non ne ho la più pallida idea.” Risposi con voce spezzata.
Oliver mi parlava, ma io non potevo fare a meno di pensare a papà e a tutto quello che stava accadendo.
“Scusami Olly, ma io stacco, sto veramente molto male. Ci vediamo domani, ti amo.”
“D’accordo piccola a domani.”
Riattaccai.
Christian guardava i cartoni sul letto ed io ero consapevole di non poter piangere di fronte a lui.
Quando mi sdraiai accanto a lui, mi balzò addosso.
Si strinse a me, avvinghiandomi i fianchi con le sue piccole braccia.
“La mamma ti ama tanto, piccolino.” Sussurrai.
Lui sollevò la testa, dandomi un dolce bacino sulle labbra.
“Mamma, posso io giocare Laika?” mi domandò.
“Certo, andiamo giù.”
Karen sorseggiava una tazza di caffè sul divano.
“Come stai?” mi chiese quando mi sedetti affianco a lei.
“Tu lo sapevi?” chiesi.
“Da pochi giorni. Tuo padre mi ha chiesto di non dirti nulla perché era compito suo.”
“Capisco.” Bisbigliai: “Mi ha colto di sorpresa, non credevo avesse in cancro.”
“Posso capire, sono rimasta sconvolta anche io quando l’ho saputo.”
“Speravo almeno fosse curabile. Tutto questo non è giusto, Karen. Io ho solo 19 anni, un figlio, mia madre è morta e son cresciuta per una decina anni senza papà. E ora che tutto tra noi si stava risolvendo, ecco che ne va di nuovo.. ma questa volta non è colpa sua, non posso dare la colpa a nessuno, se non a Dio.”
“Mi dispiace tesoro.”
Mi voltai in lacrime: “Perché si è accanito così tanto su di me, Karen?”
“Non lo so, forse perché sei così forte da poter reggere.”
“Tutti pensano che io abbia una vita felice perché ho una casa e molti soldi, ma.. non è affatto così.”
“Vieni qui dai.” Disse Karen abbracciandomi: “Ti voglio bene, lo sai.”
Annuii: “Te ne voglio anche io, Karen.”
Il campanello suonò.
“Finisci pure il tuo caffè, credo sia papà.”
Quando aprii la porta però, non era papà, era Oliver.
Atterrì, ma prima che potessi uscire, lui entrò in casa.
Chris era in cucina con Laika, pregai affinché restasse lì.
“Non potevo lasciarti così, so che stavi male e..” spostò gli occhi dietro di me, mi girai e vidi Christian.
“Chi è quel bambino?” domandò Oliver.
Io non risposi.
“È un tuo parente? È di Karen?”
Chris si avvicinò a me, nascondendosi dietro la mia gamba e sussurrò: “Mamma, cos’è?”
Oliver balbettò: “Mamma? Oh mio dio..”
“Oliver, mi dispiace, io volevo dirtelo, ma..”
“Di chi è?” sbottò.
Lo guardai con gli occhi pieni di lacrime e sussurrai debolmente un: “Mi dispiace..”
“È mio Nicole?! Questo bambino è mio figlio?” urlò furioso.
Annuii e lui uscì sbattendo la porta.
Lo seguii urlando: “Oliver, fermati! Ti prego!”
“È per questo che sei sparita, Nicole? Perché eri incinta?”
“Sì..” bisbigliai: “Scusami..”
“Le tue cazzo di scuse non bastano questa volta! Come hai potuto tenermelo nascosto?!” non lo avevo mai visto così infuriato.
Scoppiai in lacrime attaccandomi al suo braccio: “Ti supplico Oliver, non andartene!”
“Tu come puoi anche solo pensare che io possa stare qui? Mi hai tenuto nascosto mio figlio, Nicole! Sei solo una stronza!” urlò.
“Tu non eri pronto.” Dissi io, staccandomi da lui e mettendomi a braccia conserte.
“E tu che cazzo ne sai?”
“Nessuno è pronto per questo alla nostra età!” urlai.
“Perché tu eri pronta?!”
“Io dovevo esserlo, sono sua madre..” dissi in lacrime.
“E io sono suo padre!” sbottò infuriato: “Possibile che questo non valga nulla? Sono il suo fottuto padre, e io sarei stato pronto a prendermene cura! Sarei venuto da te! Tu sei cresciuta senza un padre, con quale coraggio lo neghi a tuo figlio?”
Prese un po’ d’aria e poi bisbigliò: “Questo è assurdo. Tu sei.. sei.. non lo so, sei una persona orribile, e io.. io ti odio.”
Se ne andò.
Le mie urla supplicanti furono inutile, non si guardò indietro neanche una volta.
Caddi a terra piangendo.
 
Oliver:

Ero infuriato, come aveva potuto nascondermi una cosa del genere? Che razza di madre era?
Un figlio, cazzo.
Ora tutto il quadro stava diventando sensato, tutto era più chiaro adesso.
Ecco perché era sparita così, senza dire nulla.
Assurdo, non avevo parole per descriverla, provavo solo tanta rabbia.
Entrai in casa e tirai un pugno al muro, lo crepai ed osservai sanguinare la mia mano.
Poi senza medicarla, andai in balcone a fumare.
Tutto questo non aveva un cazzo di senso, quale madre negherebbe un padre al figlio?
Sapeva che genere di persona fossi, sapeva che non l’avrei mai lasciata sola.
Che grandissima stronza.
“È davvero assurdo..” sussurrai facendo un altro tiro alla sigaretta.
Ed intanto la mia mano continuava a sanguinare, io ero un padre e tutto intorno a me stava crollando.

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Capitolo 11
*** Cap. 10: Oliver&Chris ***


I giorni passavano e le condizioni di papà non facevano che peggiorare.
Ero davvero devastata, sia per lui che per Oliver.. ma non potevo permettermi di essere triste, non potevo per mio padre, non potevo per mio figlio.
Così passavo le giornate a ridere e la notte mi concedevo a pianti che parevano eterni.
Uscii con Karen a fare la spesa, una volta entrata mi diressi ai surgelati.. e vidi Oliver.
Christian nel passeggino giocava con due dinosauri di plastica.
Rimasi bloccata a guardare Olly scegliere cosa prendere.
Quando si voltò con delle ali di pollo in mano mi vide, ed esitò per poi dirigesi verso di me.
“Ciao..” mormorai, ma lui non mi degnò neanche di uno sguardo.
Si abbassò invece, verso Chris e parlò con lui.
“Che belli questi dinosauri..” disse.
Christian lo guardò senza dire nulla.
“Posso vederli?” domandò Oliver sorridendo.
Christian glieli porse.
“Sono veramente molto belli e cattivi. Ma dimmi hanno anche dei nomi?”
“Sì” rispose mio figlio: “Morte e cattivissimo.”
Olly sorrise.
“Ora cattivissimo ti mangerà il pancino!” esclamò Oliver strofinandogli il T-rex sulla pancia e facendolo ridere.
“Nicole..” disse poi Oliver senza guardarmi: “Mi piacerebbe trascorrere questa giornata con MIO figlio. Potrei venire da voi?”
“Certo..” sussurrai.
Annuì: “Ci vediamo alle 17.00.”
Accarezzò Chris e se ne andò.
“Cos’è lui mamma?”
“Lui è il tuo papà, tesoro.” Risposi io mentre osservavo Oliver allontanarsi.
Andammo a casa, e dopo mezz’ora arrivò Oliver.
Chris andò da lui con Morte e Cattivissimo, esclamò: “Cattivissimo mangia pancia papà.”
Vidi lo stupore negli occhi di Oliver quando si sentì chiamare ‘papà’.
Poi lo prese in braccio e lo sollevò in aria, fingendo di farlo cadere.
Nostro figlio scoppiò a ridere e poi lo abbracciò.
Non avevo mai visto il mio bambino così affettuoso con nessuno, il rapporto di sangue che aveva con lui superava qualsiasi cosa.
Per Christian, Oliver non era un normale amico di mamma, per lui Olly era speciale, era il suo papà e il suo cuore lo sapeva.
In quell’abbraccio vidi l’unico ragazzo che io avessi mai amato commuoversi.
Poi Christian si diresse verso di me, accucciandosi con la teste sulle mie gambe.
“La mia mamma.” Sussurrò dolcemente.
Sollevò di scattò la testa, si alzò e prese Oliver per mano portandolo verso di me: “Lei è la mia mamma!”
“Lo so, piccolo.” Rispose, ma non spostò mai i suoi occhi su di me.
Poi suonarono alla porta, Karen aprì a mio padre.
“Nonnnno!” strillò Christian lanciandosi su di lui.
“Tesoro mio!” urlò papà prendendolo in braccio.
“Salve Michele.”
“Oliver, ma che sorpresa. Ho saputo che hai saputo del tuo piccolo.” Mormorò stringendogli la mano.
“Sissignore, sono qui proprio per lui.”
“Assomiglia moltissimo anche a te. Devi ringraziare mia figlia per averti dato un bambino così bello. È tremendo, super vivace e non sta fermo un attimo, ma è anche molto dolce.”
“L’ho notato.” Disse Oliver guardando suo figlio e sorridendo.
“Papà vieni camera, faccio vedere altri giochi miei.” Chris prese suo padre per mano e lo trascinò in camera da letto.
Papà arrivò da me.
“Ciao papà.” Lo salutai abbracciandolo.
“Nicole, angioletto.”  Notai il dolore nei suoi occhi.
“Come stai?” domandai.
“Non bene.” Disse in un sospiro: “Non è la morte che mi spaventa, neanche quello che c’è dopo.
È il senso di colpa a farmi paura.”
“Senso di colpa per che cosa?” chiesi.
“Ti lascio di nuovo..” i suoi occhi si riempirono di lacrime.
“Papà..” anche i miei occhi si gonfiarono di lacrime.
“E questa volta non potrò più tornare.. mi dispiace, Nicole. Mi dispiace di essermene andato e di averti abbandonata, mi dispiace di non essere stato un padre esemplare e di non esserti stato accanto. Ma ti giuro che ti ho pensata e amata ogni giorno della mia vita. Ti voglio bene, angioletto.”
“Anche io papà.” Scoppiai a piangere e lo abbracciai.
Poi si allontanò da me e disse: “il mio momento è sempre più vicino, tesoro, ma tu promettimi di essere forte. Io e la mamma ti saremo sempre affianco, ma tu sii forte, devi esserlo per Christian.”
“Ci proverò papà.”
Mi sorrise debolmente.
“Sono fiero di te e della donna che sei diventata.”
Gli diedi un bacio sulla fronte e mi appoggiai con la testa su suo petto.
Non avevo mai capito quanto fosse importante mio padre prima di sapere della sua malattia, e mi chiesi il perché.
Perché quando hai una persona non ti rendi conto del suo valore? Perché dobbiamo sempre accorgercene quando è ormai troppo tardi?
Poi Oliver sbucò dietro di noi.
“Io devo andare, ci sentiamo. Arrivederci Michael.”
Stampò un bacio sulla guancia a Christian e se ne andò.
“Ciao!” urlai.
 
Oliver:


Vedere la sofferenza nei suoi occhi era davvero devastante, ma io non potevo perdonarla.
Ero troppo arrabbiato con lei, mi aveva ingannato su una cosa di fondamentale importanza: un figlio.
Le avrei perdonato qualsiasi cosa, ma non questo, non l’avermi tenuto nascosto per quasi due anni un bambino.. il MIO bambino.
Però mi faceva soffrire, soffrivo al pensiero che lei stesse male, perché lo sapevo che le stava crollando il mondo addosso, dopo che aveva appena scoperto della malattia di suo padre, io avevo scoperto di Christian e l’avevo lasciata.
Ora si trovava di nuovo sola, senza sua madre, senza di me e senza suo padre.
Ed i suoi amici? Che fine avevano fatto? Pian piano dopo che aveva avuto il bambino son spariti tutti, anche quelli che sembravano rimasti dopo, ora non c’erano più.
Io ero arrivato a Milano senza nessuno, ma lei era più sola di me.
Perché anche se dall’altra parte dell’Italia, io avevo il supporto della mia famiglia e dei miei amici.
Ma lei, chi aveva?
Era la persona più sola che conoscessi, e quanto male mi faceva vederla così a pezzi.
Quasi non sorrideva più.
Ma con quale crudeltà l’avevano abbandonata? Dopo tutto quello che aveva subito, come puoi abbandonare un’amica solo perché ha un figlio?
Dalla mia parte era comprensibile, io avevo tutte le ragioni del mondo per avercela con lei, ma nonostante tutto, nonostante lei non lo sapesse, io per lei c’ero ancora, e non avrei mai smesso di esserci.
Perché io amavo davvero quella ragazza, l’amavo più di quanto amassi me stesso e se avesse avuto bisogno di me, se mi avesse chiamato alle 3 del mattino perché stava male, io la avrei ascoltata.
Ma non potevo perdonarla, non ora, era troppo presto.
Anche se forse, in cuor mio, l’avevo già perdonata quando le gridai di odiarla.


Chiedo scusa a tutte per l'assenza ma ero in vacanza, ma ora sono tornata!

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Capitolo 12
*** Cap.11: Nasciamo urlando, e moriamo in silenzio. ***


Papà aveva iniziato a dormire a casa mia perché la sua salute era peggiorata troppo.
La chemioterapia gli stava portando via i capelli, continuava a vomitare e la sua voglia di vivere era quasi pari a zero.
Quella notte Karen mi svegliò: “Nicole, perdonami ma tuo padre chiede se puoi assisterlo tu questa notte.”
“Certo, dormi tu.” Risposi scattando in piedi ed infilandomi nella vestaglia.
Lei mi sorrise debolmente ed andò in camera sua.
Io mi avviai nella stanza di mio padre.
Teneva un secchio in mano vomitandoci dentro.
“Oh papà!” esclamai con il cuore infranto.
Quando smise di vomitare mi guardò.
“Angioletto, manca poco.”
“A cosa?” domandai nonostante avessi già capito.
“Lo sai.” Rispose sorridendo affranto.
Annuii e poggiai la testa sulla sua spalla.
“Ti voglio bene papà.”
Lui per risposta sollevò il braccio e mi strinse a sé.
Papà se ne stava andando di nuovo, ma questa volta non sarebbe più tornato.
Poi di scatto si scostò da me e ricominciò a vomitare.
Una volta finito si distese su un fianco ed iniziò a piangere affannosamente.
Mi stesi vicino a lui, lo abbracciai e ci piansi assieme.
E poi mi addormentai tra le sue braccia, proprio come quando ero bambina e papà mi pareva più forte di qualsiasi cosa.
Papà mi era sempre sembrato invincibile, mi era sempre sembrato più forte di qualunque cosa, ma di questa no, non era più forte della malattia.
La mattina seguente mi svegliai per la tosse di papà e capii quanto grave fosse.
Chiamammo un’ambulanza che arrivò quasi subito e ci portarono in ospedale.
Chris rimase a casa con Karen, io tenni le mani di papà per tutto il viaggio.
Pregai Dio che quel momento non fosse ancora arrivato.
Quando arrivammo in ospedale mi fecero attendere fuori per un po’.
Dopo qualche ora uscì la dottoressa: “Nicole?”
“Sì.”
“Suo padre vuole vederla.”
“Come sta?” chiesi.
“Purtroppo è arrivato ai polmoni.. Gli rimane solo qualche ora.” Mi guardò dispiaciuta: “Mi dispiace tanto.”
Con le lacrime agli occhi annuii e mi diressi da lui.
“Papà..” mormorai.
“Tesoro.. è giunta la mia ora.”
Gli afferrai la mano.
“Lo so papà.” Le lacrime iniziarono a sgorgarmi dagli occhi.
Aveva gli occhi lucidi, non so se fosse la tristezza di quel momento o fosse la morte.
“Non ho paura di morire, ho paura che tu mi odi.”
“E perché dovrei papà?”
“Perché sto andando via di nuovo.” Parlava con fatica, gli posai una mano sulle labbra e mi distesi accanto a lui.
Con la voce rotta dal pianto gli cantai la ninna nanna che mi cantava quando ero bambina, Mocking Bird di Eminem, In The End dei Linkin Park e tante altre canzoni che sapevo grazie a lui, mentre con la mano gli accarezzavo la testa.
Poco dopo che finii di cantare lui sollevò debolmente la testa e in un sottile gemito mormorò: “Ciao angioletto.”
Lo guardai e lo vidi spegnersi.
Le lacrime sgorgarono violente dai miei occhi, lo strinsi a me e mormorai tra i singhiozzi: “salutami la mamma.”
Dopo qualche manciata di minuti mi alzai in piedi, gli diedi un bacio sulla fronte e sussurrai un debole: “Ciao papà.”
Quando Karen venne a prendermi all’ospedale, mi strinse in un caldo abbracciò e si mise a piangere con me.
Quando entrai in casa vidi Oliver seduto che faceva mangiare Christian.
“Ciao..” dissi.
“Mamma!” strillò Chris.
Gli stampai un bacio sulla fronte e andai a sedermi sul divano.
“Ehi..” Oliver si sedette accanto a me.
Lo guardai.
“Mi dispiace tanto per tuo padre..” continuò: “Era un grande uomo..”
“Lo so..” scoppiai di nuovo in lacrime.
Dopo un attimo di esitazione Oliver mi strinse a se.
Io avevo le mani sugli occhi e sussultavo ad ogni singhiozzo.
Oliver intrecciò le dita della mano destra nei miei capelli, mentre con l’altra mano mi cingeva le spalle.
Mi scostai da lui e mi scusai, ma lui fece spallucce e mi disse che era più che normale.
“Mamma!” esclamò Christian che era appena arrivato da me.
“Dov’è nonno?”
Mi venne un tuffo al cuore.
“Il nonno è andato in cielo, tesoro.” Mormorai.
“Perché andato in cielo nonno?”
Guardai Oliver sperando che sapesse dargli una spiegazione.. e così fu.
“Lo sai che la casa degli angeli è il cielo, no?”
Christian annuì: “Ecco il nonno era un angelo e doveva tornare a casa. Vedi piccolo, tutti siamo degli angeli e prima o poi tutti torniamo a casa nostra, appunto il cielo.”
“E adesso quando lo vediamo di nuovo nonno?”
“Questo non possiamo saperlo, purtroppo.”
“Perché?”
“Perché ci sono cose che non ci è dato sapere.”
Christian annuì e se ne andò.
“Io ora devo andare, stasera devo lavorare. Ciao Nicole.” Mi abbracciò e mi baciò la fronte: “Condoglianze.”
“Grazie Olly.” Bisbigliai.
Poi diede il cinque a Chris ed esclamò: “Ciao campione!”
“Ciao papà.” Rise mio figlio.
“Ciao Karen.”
“A presto, Oliver.” Mormorò lei.
Mi stesi sul divano e mi imposi di essere forte per il mio bambino.
 
Oliver:

Forse avevo sbagliato, forse non avrei dovuto abbracciarla.
Ma avercela con lei ora a che cosa poteva servire, se non a farle più male?
Nicole stava soffrendo, e non potevo permettermi di essere stronzo con lei, non ora.
A parte che anche se avessi voluto non ci sarei riuscito.
Mi si frantumava il cuore a vederla così.
Quando la abbracciai sentii l’odore dell’ospedale, della disperazione, della morte e della sofferenza su di lei.
Odorava di tutto questo, e la cosa più brutta è che non c’era nulla di positivo in tutto ciò che era successo.
Io riuscivo sempre a trovare del buono in tutto, ma in un giorno del genere cosa c’era di buono?
Fin da piccoli sappiamo che un giorno moriremo, che è nostro destino, ma allora perché la morte ci fa così paura?
Io non ho paura di morire, io ho paura per la morte degli altri.
Quando mia madre non ci sarà più, quando mio padre non ci sarà più, quando verranno a mancare le persone che amo, come farò?
Come si fa a sopportare un tale dolore?
Nasciamo urlando e ce ne andiamo in silenzio.

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Capitolo 13
*** Cap.12 : non preoccuparti Nicole, ci sono io con te. ***


Quel giorno venne celebrato il funerale di papà.
Mio padre era un uomo molto amato in paese, difatti le persone che parteciparono erano davvero tantissime.
Christian dormiva nel passeggino, mentre il parroco celebrava la santa messa.
In chiesa piangevano tutti, grandi e piccini, uomini e donne.. “Uno delle persone migliori che abbia mai conosciuto, la scorsa notte è volato da Dio.” Disse il prete.
“La figlia di Michael mi ha chiesto gentilmente il permesso di dire qualcosa su suo padre.” Continuò Don Mario.
Mi alzai e mi avviai sull’altare e, dopo aver regolato il microfono, parlai: “Mio padre ha commesso molti errori durante la sua vita, ma ha sempre cercato di rimediare. È riuscito a recuperare un rapporto con me che sembrava ormai perso, ed è stato un ottimo nonno per suo nipote, ed anche un magnifico padre finché è rimasto con me. Papà ha sempre dato il meglio in qualsiasi cosa senza perdere mai il suo sorriso, persino poco prima che morisse, quando mi ha vista ha avuto la forza di sorridermi e dirmi che sarebbe andato tutto bene, nonostante entrambi sapevamo che non fosse così. Amavo quell’uomo e ora so di non essere l’unica, rimarrà sempre vivo nei ricordi di tutti i presenti.”
Poi mi avvicinai alla tomba, ci poggiai su la mia sciarpa e in un sussurro, con gli occhi gonfi di lacrime, dissi: “Addio papà, fai buon viaggio.”
Le persone in chiesa mi applaudirono ed io tornai al mio posto.
Quando fu il momento di seppellirlo, cominciai a piangere sussurrandogli un fragile addio.
Oliver accorse da me e mi strinse, affondai il viso nel suo petto e le unghie nella sua schiena.
“Ci sono io con te, piccola.” Mormorò stringendomi.
Continuai a piangere, cancellando ogni traccia di trucco che mi fosse rimasta.
Una volta finita la cerimonia, Olly si offrì per riportarmi a casa, mentre Christian che dormiva ancora tornò a casa con Karen.
 
Oliver:
 
Guardava fuori dal finestrino con occhi spenti e vuoti, il cuore le era stato spezzato per l’ennesima volta ed io soffrivo quanto lei, se non di più, nel vedere che la persona che amavo più di quanto amassi me stesso, fosse di nuovo stata distrutta in mille pezzi.
“Nicole” sussurrai, dopo aver accostato.
Lei si voltò verso di me: “Non so neanche cosa dirti.. che stupido che sono.”
“No, Oliver.” Rispose.
“È stato un grandissimo uomo.” Dissi.
“Lo so..” mormorò in un fremito.
La studiai per qualche istante.
I suoi occhi grandi e azzurri erano spenti per via di un dolore immenso, i capelli lievemente arricciati, le mani erano screpolate, le labbra di tanto in tanto si incurvavano, evidentemente per via di qualche ricordo che le stava facendo del male, gli occhi lucidi di chi resiste, anche se dentro sta morendo.
Morse la fine della manica della sua larga felpa nera, e sussurrò parole incomprensibili.
“Sai..” esordì: “ricordo ancora quando ero piccola e combinavo qualche guaio, e lui mi diceva di stare tranquilla perché ero il suo angioletto e nulla era comparabile all’amore che provava per me. E ricordò anche quale vuoto immenso lasciò dentro di me quando se ne andò, ma anche quando si presentò anni dopo sotto la porta di casa mia con la mia pizza preferita, in lacrime e come scoppiai a piangere anche io che nonostante avrei voluto urlargli che lo odiavo, non feci altro che abbracciarlo. E quando nacque Christian, ricordo i suoi occhi lucidi, e l’amore nel suo sguardo. Guardava nostro figlio con gli stessi occhi con cui guardava me.” Le lacrime scorrevano sulle sue guance e lei non fece nulla per impedirlo questa volta.
“Nicole..” sussurrai.
“Sai, ora è insieme a mia madre, e chissà quante cose avranno da dirsi. Ma tutte quelle cose che avevo io da dire loro?” non riuscì a terminare la frase che scoppiò in un pianto terribile.
Scesi dalla macchina, andai dalla parte del passeggero, le sganciai la cintura e in ginocchio la strinsi a me.
Lei si lasciò cadere in terra ed io la strinsi ancora più forte.
“Oliver, non c’è bisogno che tu faccia questo.”
“Io non ti lascio sola.”
Rimanemmo abbracciati per  non so quanto.
 
Nicole:
 
Una volta arrivata a casa trovai Christian in cucina con Laika e Karen mi salutò con una tazza di tè in mano.
Salii in camera mia e mi lasciai cadere sul letto.
Mi voltai sul fianco sinistro e notai sul comodino la foto con me, Christian e mio padre.
Era il battesimo di Christian, che bello era stato quel giorno.
Ripensai alla giornata che avevo appena trascorso. Oliver mi aiutò molto, ma il vuoto che mi aveva lasciato papà era incolmabile, non so quanto tempo mi sarebbe servito per riprendermi.
Mi sedetti sul letto, e aprii il cassetto del comodino, prendendo dei vecchi album di famiglia.
C’eravamo io, la mamma e papà. In alcuni c’erano addirittura i nonni.
Chiusi gli occhi e desiderai con tutta me stessa di poter tornare a quei tempi, di riaprirli e scoprire che era stato tutto un sogno.
Ma quando riaprì gli occhi, ero la stessa ragazza devastata, triste e fragile di prima.. e quella merda era la mia vita.
Scorsi le foto fino ad arrivare ad una in cui avrò avuto 6 anni o poco più, dove abbracciavo con un braccio mia madre e con l’altro mio padre, loro di spalle ed io con un sorriso in volto.
Un vero sorriso, non uno di quelli che mi ero abituata a fingere.
Karen bussò alla mia porta, e quando le dissi che poteva entrare, dopo aver messo via l’album, Christian lasciò la sua mano e corse in braccio a me.
Lo strinsi.
Dopo di che mi guardò e mi chiese: “Nonno mangia pizza in cielo?”
Sorrisi: “Perché?”
“Perché gli piaceva tanto la pizza..”
“Credo proprio che gli altri angeli gliela diano.” Risi.
 
 
 
 
 
SPAZIO AUTRICE: SCUSATE IL RITARDO MA SONO INDAFFARATISSIMA IN QUESTO PERIODO, QUANTO HO PIANTO QUANDO HO SCRITTO QUESTO CAPITOLO, AIUTO. SPERO CHE VI PIACCIA, VI VOGLIO BENE. PER QUANTO RIGUARDA QUANTO DETTO DAL PICCOLO CHRISTIAN NEL FINALE, HO PRESO SPUNTO DALLA MIA NIPOTINA CHE QUANDO AVEVA DUE ANNI E IL MIO CANE MORÌ MI CHIESE “NELLA SUA LINGUA”, SE IN CIELO GLI DESSERO LE MELE CHE LUI TANTO AMAVA.

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Capitolo 14
*** Cap.13: il vero amore. ***


ldquo;Non so se ti è mai successo, Olly. A volte ti senti inutile, così inutile che ti sembra che a nessuno importi quello che hai da dire, quello che fai, o ciò che sei.” Dissi.
“Nicole, a me importa ciò che dici, cosa fai e quello che sei, nonostante sappia di averti urlato il contrario quella sera, ma voglio che tu sappia che non era vero. Ero solo arrabbiato e mi dispiace averti ferita, non era assolutamente mia intenzione.”
“Oliver, avevi tutto il diritto di essere arrabbiato con me, ti ho nascosto nostro figlio.”
“Sì, ma forse ho esagerato.. Insomma, tu stavi male per tuo padre ed io, nonostante lo sapessi, ti ho aggredita.” Disse Oliver con aria dispiaciuta: “Ma davvero io non ci ho visto più Nicole, e così sono esploso.”
Gli strinsi le mani, sorridendo: “Non importa.” Sussurrai.
“Ti amo piccola.” Bisbigliò attirandomi a lui.
“Ti amo anche io.” Risposi.
Non saprei da dove iniziare, chiunque abbia provato il primo grande vero amore, sa che non dura quasi mai tutta la vita, ma ti cambia per sempre.
Il primo amore è forse più grande di qualsiasi altro amore, ti fa provare delle emozioni che non avresti mai immaginato di provare, non le sentirai mai più così forti, e quando sarai anziano ti capiterà di ripensare ad esso con un sorriso.
Penso che il primo amore non dovrebbe mai finire in realtà, tutti vorremmo che durasse tutta la vita, ma nella maggior parte dei casi non è così, siamo già predestinati ad altre persone. 
Ma comunque vada il primo amore ce lo porteremo dentro per tutta la vita.
Oliver era questo per me, ed io non riuscivo ad immaginare nessun altro al mio fianco, non mi capacitavo di come avrei potuto dire 'ti amo' ad un altro uomo, non potevo neanche solo pensare di poter passare il resto della mia vita con qualcuno che non fosse lui.
A volte potrebbe capitarti, da adulto, di pensare a lui o a lei e versarci una lacrima, ma non che ti mancherà quella persona, ma bensì per mancanza di quelle sensazioni, di quei momenti, di quelle emozioni.
Perché nella maggior parte dei casi, il primo vero amore capita nell’adolescenza, e si sa che in quel periodo qualsiasi emozione è amplificata rispetto al normale.
Senti di più qualsiasi sofferenza, qualsiasi amore, qualsiasi gioia, qualsiasi tristezza, qualsiasi addio.. qualsiasi cosa sarà più forte rispetto a come la sentirai da adulto.
L’amore ti farà soffrire moltissimo, ci saranno delle volte in cui passerai intere notti a piangere per lui, volte in cui dirai di odiarlo ma dentro di te saprai che in realtà lo ami anche più di prima, volte in cui vorrai ucciderlo, sfondare la porta e andare a prenderlo per dirgli di mettere via quel fottuto orgoglio, e altre volte in cui quello stesso orgoglio farà in modo che tu possa lanciargli parole quanto macigni, con un pesantissimo nodo fisso nella gola.
Quello stesso orgoglio che a volte ti impedirà di scoppiare in lacrime dinnanzi al vostro ennesimo addio, e altre volte si farà da parte per lasciare spazio al dolore.
Verranno momenti così terribili da pensare che non sei più in grado di farcela, ma ce la farai, che starai cadendo, ma rimarrai in piedi, che cederai, mentre invece resisterai.
Momenti in cui ti sembrerà di toccare il cielo con un dito, mentre nel momento dopo ti sembrerà che quel cielo ti sia crollato addosso, volte in cui penserai che non può esistere una storia meglio della vostra, ma poi ti ferirà da morire, volte in cui dirai non poter amare nessuno quanto lui, mentre un secondo dopo penserai di odiarlo come non hai mai odiato nessuno.
Confusione, agonia, eccitazione, passione, emozioni contrastanti tra di loro, che si fonderanno insieme creando un miscuglio a cui l’essere umano ha dato il nome amore.
Perderai il conto delle volte il cui penserai di amarlo, e anche di quelle in cui dirai di odiarlo, perderai il conto delle volte in cui ti farà ridere, tanto quanto quelle di quando piangerai per causa sua.
Vorrai prenderlo a schiaffi, ma baciarlo subito dopo, gridargli che lo odi, e poi abbracciarlo, dirgli di andarsene per sempre, pregandogli di restare.
Addii urlati contro di lui, e addii sussurrati di notte, quando siamo sole, perché è in quei momenti in cui siamo più fragili.
Litigare di giorno, e fare pace facendo l’amore di notte, sentire i vostri corpi sudati ed eccitati a contatto, sentire il vostro cuore che batte all’unisono, sapere che vi ama, anche se potrebbe urlarvi il contrario.
Tutto questo è solo un breve riassunto di cosa fosse per me l’amore, di cosa fosse Oliver per me.
Christian arrivo infilandosi in mezzo a noi e, per la prima volta dopo quasi due anni, la mia famiglia era completa, e il mio cuore era integro.
Ed io sorrisi, per davvero.

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