Doppia Coppia

di Bryluen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Start ***
Capitolo 2: *** Dove Si Va? ***
Capitolo 3: *** Partenze ed Arrivi.. ***
Capitolo 4: *** Le Stai Facendo Paura... ***
Capitolo 5: *** ....Metti Una Sera In Pizzeria ***
Capitolo 6: *** Tragici risvegli ***
Capitolo 7: *** Il sogno di Fy Chan (Una mattina sugli scogli) ***
Capitolo 8: *** Tutti pazzi per Federica ***
Capitolo 9: *** Che si fa oggi ? Parco divertimenti! ***
Capitolo 10: *** Confidenze ***
Capitolo 11: *** Da uomo a uomo ***
Capitolo 12: *** I gemelli comprendono qualcosa... ***
Capitolo 13: *** I love shopping ***
Capitolo 14: *** Troppi pensieri ***
Capitolo 15: *** Succede all'improvviso ***
Capitolo 16: *** Tamburi di guerra ***
Capitolo 17: *** Sai tenere un segreto? ***
Capitolo 18: *** Adorabili ma sfiancanti ***
Capitolo 19: *** La principessa degli alieni ***
Capitolo 20: *** Diverse reazioni ***
Capitolo 21: *** Voglia di litigare ***
Capitolo 22: *** Segreto svelato ***
Capitolo 23: *** Preparativi per la serata pt.1 ***
Capitolo 24: *** Preparativi per la serata pt.2 ***
Capitolo 25: *** Tutta colpa dei boxer ***
Capitolo 26: *** Una serata romantica ***
Capitolo 27: *** Attenti a non scottarvi. ***
Capitolo 28: *** Ettore ***
Capitolo 29: *** Posso fidarmi di te? ***
Capitolo 30: *** Ti amo, ti odio, mi manchi ***
Capitolo 31: *** Luci spente in sala ***
Capitolo 32: *** Tutti contro tutti ***
Capitolo 33: *** E adesso cosa faccio? ***
Capitolo 34: *** Quello che provo per te... ***
Capitolo 35: *** Non è come sembra ***
Capitolo 36: *** "Ti amo" non è abbastanza. ***
Capitolo 37: *** Mio fratello è uno stronzo...o forse no? ***
Capitolo 38: *** Redenzione ***
Capitolo 39: *** LIETO... ***
Capitolo 40: *** FINE. ***



Capitolo 1
*** Start ***


-Fede sbrigati, dobbiamo spicciarci prima che ci sia troppa gente altrimenti non vediamo più niente- una giovane dai capelli biondi correva nell'atrio della scuola, gridando, ansiosa, si voltava indietro, facendo ondeggiare i capelli in disordine, davanti al viso.
-Cooooooosa?? ma guarda che mi tocca sentire, quella che è in ritardo sei tu! ti posso ricordare che io abito qui a fianco!- Federica  rincorreva l'amica, gridando a sua volta, più per scherzare che per una vera ira. Non che il loro rapporto fosse bello liscio, ogni tanto si facevano delle litigate memorabili; le due amiche si adoravano, erano come sorelle, entrambe avrebbero fatto qualunque cosa per l'altra, erano una ugauali ma diverse, una tranquilla e l'altra casinista, una principessa Disney e l'altra pancha bestia...entrambe pazze, fantasiose, adorabili, e tutte e due odiavano la scuola.
Era il giorno dei quadri, l'anno scolastico era giunto al termine una settimana prima, e adesso Sveva e Federica correvano verso la scuola perchè, incredibilmente, non avevano la più pallida idea dei voti con cui erano passate. Era quella la loro vita, stavano con la testa fra le nuvole, pensando alla danza, alla scrittura ai videogiochi e ai romanzi, ma mai allo studio, o meglio a quello ci pensavano un ora a notte, da mezzanotte all'una, giusto per apparare qualcosa per il giorno dopo. Non erano propriamente delle alunne dilgenti,  ma in classe erano straordinariamente attente, e quello che non avevano seguito lo compensavano con l'intelligenza, al contrario dei loro compagni.... facevano qualunque cosa al contrario dei loro compagni, per loro non nascondevano il loro odio e disaprovazione. Il che non era così sorprendente, erano molto diverse dai loro coertanei.

Sveva arrivò per prima, ma essendo la più timida, nonchè la più fifona, si fermò all'istante, davanti alla sala in cui erano esposti i quadri, deglutì davanti alla folla di ragazzi e ragazze firmati da capo a piedi che ciarlavano, si abbracciavano e parlavano al cellulare, si girò quasi impaurita, per cercare l'amica, non voleva entrare per prima, non da sola. Sveva era così molto cuore, poco coraggio, per qualunque "impresa" si appoggiava a Federica , più coraggiosa e forse meno lungimirante.
-Che è quella faccia da funerale che manco siamo entrate...- Fede abbracciò la biondina -Perchè intendiamoci adesso che entriamo si che ci sarà da piangere!- si misero a ridere entrambe superando l'uscio della sala, abbracciate.
-Credo che ti cederò il passo-
-Ok,- Fede si fece strada, trascinando per la manica l'amica, fino alla grande bacheca- secondo B, secondo B, eccolo! guarda-  spingendo la bionda accanto a sè, -si, si ,si sono senza debiti, non ci credo, non ci credo- Federica, l'amica dai capelli castani, alta quanto un grattacielo, per essere una ragazza, e con un corpo da mozzare il fiato, si fece notare ancora una volta nella scuola, iniziando a saltare davanti alla bacheca e urlando ai meno fortunati la sua felicità
-Brava tesorrrrrrooo, sono feliiiiice- disse Sveva, facendo una vocina piccola piccola, abbracciando l'amica, condividendone sinceramente la contentezza, ma la sua durò decisamente di meno, alzò lo sguardo e cercò il suo nome sul tabbellone, il sorriso le scomparve dalle labbra- Non ci credo, quella grandissima stronza della profesoressa di matematica-  guardò l'amica con malagrazia, e adesso, malcelata invidia Federica, -Mi ha messo il debito non ci credo- un ultimo sguardo, al resto dei voti, poi scosse la testa, si fece spazio fra i compagni di scuola e si allontanò dai quadri, scordandosi di annotarsi i voti restanti e di sbriciare quelli dei non amati compagni di classe
-Eddai non te la prendere- Federica le mise un braccio sulle spalle, non sapendo che dire (non era mai stata brava con le parole) -Lo sai come è fatta quella, e poi a settembre lo recuperi-
-Si certo- rispose l'altra con gli occhi fiammeggianti, dalla rabbia, dalla delusione e dalla vendetta...-Va bene, io la giornata non me la faccio rovinare- Abbracciò Fede, sorridendole in modo sinistro... -Tanto prima di partire vado dalla preside- continuò con una mezza risata e una voce melliflua, che, a volte, sapeva nascondere l'impeto della battaglia.
Federica previde guai...

Intanto in un altra città
-Ragazzi svegliatevi! Dovete andare a scuola!-
-Mamma ma la scuola è finita da  un pezzo- Un belissimo ragazzo albino, si tirò il lenzuolo color  porpora, o color sangue, come diceva lui, fin sopra la testa, nascondendo il viso alla luce del mattino, voleva palesemente, continuare a dormire, come minimo fino alle due..
-Poltrone alzati! Ci sono i quadri oggi-  Un altro ragazzo, identico a quello che dormiva fece il suo ingesso nella stanza, coperto solo da un pantaloncino azzurro, sembrava già sveglio e fresco, si passò la mano sulla testa a ravvivarsi i capelli -Certo che i tuoi voti fanno comunque schifo, ma i miei no, quindi muoviti e andiamo-La madre stava per rimproverarlo, ma lui fu più svelto si avvicinò al letto del fratello e gli strappoò il lenzuolo di dosso lasciandolo scoperto, a quel gesto la mamma non potè ribattere, se non osservare divertita la scena.
-Ahhhh maledizione Verg-  Si mise seduto, di scatto, rivelando il torso nudo, il corpo perfetto, anche lui come il fratello aveva dormito solo con il pantaloncino, soprendentemente, i due erano uguali, identici, come solo due gemelli possono essere, la stessa fisicità, la stessa espressione, anche se Vergil appariva più controllato, mentre Dante sembrava più istintivo e caotico.-Ma non potevi essere più delicato?-
-No. Perchè?- Un sorriso beffardo, e uscì dalla stanza, passando accanto alla madre e dandole un bacio affettuoso, -Comunque preparati, che ho fretta- Si sentì un ultimo grido, prima che una portà li accanto sbattesse, chiudendosi.
-Tuo fratello ha ragione Dante, è proprio ora di alzarsi- Eva, la madre dei due gemelli, si avvicinò al letto del figlio e lo baciò teneramente, come fosse ancora un bambino piccolo, e probabilmente Dante pernsò che quel gesto, era l'unica cosa buona da quando si era svegliato.

Soltanto quell' evento  poteva distrarre le ragazze dell'istituto dai quadri appena affissi: l'arrivo dei gemelli Sparda
-Ciao Dante-
-Ciao Vergil-
Ragazze adoranti, si voltarono a salutarli, spalancando gli occhioni, maledicendosi per non essersi messe qualcosa di più sexy e sorridendo civettuole, come non avevano mai fatto per altri ragazzi,  gli studenti maschi invece erano divisi, chi salutava tentando disperatamente di farsi notare dalle ragazze, come "amici degli Sparda"; e chi ostentava indifferenza ma suo malgrado dimostrava una grande, grandissima invidia.
Dante e Vergil entrarono nel cortile, guardandosi attorno, affiancati, studiarono qualche attimo la folla, poi senza dirsi niente si separarono.
Il primo si era evidentemente preparato in fretta e furia, indossava dei jeans chiari, e una t-shirt bianchissima, un po'spiegazzata e aderente che metteva in risalto il fisico perfetto, i capelli in disordine, andava girando salutando ragazzi con energiche pacche sulle spalle e facendo sorrisetti di apprezzamento alle ragazze, sembrava un PR, infatti era evidente che le relazioni pubbliche gli interessassero più delle valutazioni scolastiche, la folla adorante lo osservava come fosse stato un re con i suoi sudditi, era inevitabile : tutti amavano Dante.
Vergil, il gemello, era completamente diverso, dall'abbigliamento al modo di comportarsi. Bellissimo, come un dio greco, freddo come una statua di marmo. Si era vestito con un jeans nerissimo, dal taglio elegante, una cintura con una grande fibbia a forma di drago a stringerlo in vita, e una camicia verde scuro, il bavero alzato, i capelli tirati indietro, lenti nere a tenerlo distante dalla gente, passò davanti a tutti senza bisogno di farsi strada: forse studiatamente, Vergil passava accanto alle ragazze e quelle si spostavano per lasciarlo passare e contemporaneamente lo salutavano facendogli complimenti sul suo look impeccabile. Il sorriso di soddisfazione, che aveva dipinto sul viso, non si spense nemmeno davanti alla bacheca dei voti. Si tolse gli occhiali per osservare meglio il suo trionfo: il migliore della classe, i voti più alti, media alle stelle, del resto se lo aspettava. Si girò, tornò indietro, e iniziò, finalmente, a parlare con i compagni, e le compagne, sorridente e affascinante come mai era stato, la comitiva gli sorrideva, chi con odio malcelato, chi con la speranza di avere un sorriso, un gesto, o qualcosa in più....: Vergil era il migliore
Così come era venuto, vergil lasciò la gente con cui stava parlando, salutò sempre educato, come un lord inglese, e andò a cercare il fratello. Lo trovò.
-Dante hai visto i quadri?-
-Si, una volta al Louvre, ma non credo di ricordarmelì. Perchè?- Scherzò lui, girandosi a guardare il gemello e rubandogli le lenti scure -Belle, stanno meglio a me!-
-Va bene, bambinastro, tanto tu hai avuto la solita media!- disse Vergil inacidito, calcando la voce sulla parola "solita" , come a deriderlo, ma inaspettatamente gli lasciò tenere i suoi occhiali, forse neanche lui disdegnava un po' di sole di inizio estate.
-Solita? Il che vuol dire più bassa della tua- Sospirò, fingendosi disperato, poi guardò Vergil dritto negli occhi, come a voler prendersi una grossa rivincita -Comunque, dimentichi, FRATELLO, che abbiamo la stessa età, bambinastro- Così aveva affondato la lama.

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Capitolo 2
*** Dove Si Va? ***


Sola, i capelli al vento, sostava all'inizio della strada che la portava a casa. Appoggiata al muro di un palazzo familiare di vista, ma di cui non conosceva nessun abitante, torturava una ciocca di capelli biondi; si mordicchiava il labbro inferiore, e si muoveva a scatti nervosi. Aveva lasciato l'amica parecchio tempo prima, e nel mentre era arrivata nel suo quartiere senza avere il coraggio di tornare dai suoi per annunciargli il debito. Tutta colpa del suo orgoglio. Spesso l'avevano costretta a riporlo sotto i tacchi, offendendola, perché non era come le altre: non passava le sue giornate a parlare di  negozi e non spendeva cifre spropositate per uno straccietto con le iniziali "D&G" e questa, nel suo istituto, era una grave colpa. D''allora, era passato del tempo, molto tempo, aveva conosciuto meglio Federica, e insieme erano cresciute coltivando altri interessi, e facendosi forza con le piccole soddisfazioni che gli hobby concedevano loro. Fece un lungo sospiro, ripensando per la centesima volta in quell'ora, alla mattinata appena trascorsa.
-Facciamo un giro? Non mi va di pensare, non voglio problemi, non adesso... allora mi accompagni?- Sveva teneva per mano l'amica, tirandola verso una stradina laterale, piuttosto trafficata che in breve le avrebbe condotte in centro, nella zona "in", dove si riunivano tutte le comitive e si trovavano tutti i negozi, compreso il suo preferito:  la  grande libreria di tre piani. Pensava a questo mentre scrutava l'amica, con un espressione dolce e supplichevole, cercando di spalancare al massimo gli occhioni verdi. Notando che non rispondeva, si fermò di botto, si girò per averla di fronte, le lasciò la mano e congiunse le proprie in un gesto di preghiera. -PLIZ!!!-
-Non lo so Svevy, dovrei passare a casa, dirlo a mia madre, dirle i voti- Omise la frase "dirle che non ho debiti" per non urtare il caratterino dell'amica, che dolce quanto voleva, poteva diventare nel giro di un secondo una bimbetta velenosa, come lei del resto! -E poi...lo sai che ho danza presto, tra poco ho il saggio di fine anno, sono sotto pressione, eh il maestro, insomma non lo so!- L'aveva detto! Tutto d'un fiato, per non farsi interrompere dall'amica, che sapeva zittirla troppo bene, e poi quell'ultimo accenno alla danza, pensava che Sveva non avendo un'attività che le occupasse almeno un ora al giorno tutti i giorni non l'avrebbe capita, ma per lei la danza era importante, un grande onere ed un grande onore. Come per tutte le ballerine classiche
-Oh, al diavolo! Per una volta scusa...e poi prima c'era lo spettacolo, poi la scuola, poi l'esame... insomma fammi un favore solo per oggi, e ricordati tutti i pali che mi hai già rifilato!- Colpita, e quasi affondata Sveva vide Federica cambiare espressione, ne approfittò per prendere in mano la situazione -Allora ascoltami: passiamo da casa tua, parliamo con tua madre, poi al volo, ci facciamo le scale e andiamo in centro, stiamo là un' oretta e poi te ne torni a casa in tempo per andare a danza!- Anche lei parlò di filato, senza farsi interrompere, aveva pronunciato la parola "oretta" a malincuore, contava in un pomeriggio spensierato, ma non voleva pesare sulle lezioni di danza, a così poco dal saggio finale.
Silenzio assenso. Federica non rispondeva, ormai erano dieci minuti buoni che stavano ferme sul marciapiede. Sveva la trascinò verso casa; solo per ritornare in quello stesso punto dieci minuti dopo. Corsero a perdifiato per tutta la strada, una discesa piuttosto scivolosa, ridendo come due bambine alle giostre, incitandosi e scommettendo su chi sarebbe arrivata prima.
-Ma non vale tu sei una ballerina, sei più allenata!- Sveva, le mani sulle ginocchia, era piegata alla fine della strada e tentava di riprendere fiato. Federica, arrivata prima di lei, si girò dissimulando il fiatone, che l'aveva colta nonostante l'abitudine di correre per arrivare in orario alle lezioni.
-E non c'entra, hai perso adesso mi offri... una coca cola!-  Gridò, puntando il dito verso un chiosco ambulante proprio lì di fronte, il venditore, che si era sentito osservato, le sorrise con avidità, indovinando che la giovane sarebbe stata la sua prossima cliente.
-Coca cola, oh signore poteva mai essere qualcos'altro! Andiamo,- La bionda si fece trascinare al chiosco, e prese due bibite, saldato il conto, edulcorato dal venditore; si sedette su una panca, proprio davanti ad un negozio di vestiti che esponeva abiti estivi e costumi -quest'anno stesso posto di sempre? Mare, sole e cittadina di vecchietti senza niente da fare ?- Chiese riferendosi alle vacanze imminenti
-Per quest'anno non cambiare stessa spiaggia stesso mare...stessa rottura di cojons!!- Ridendo Federica annuì con la testa -Quando parti?-
-Subito dopo il tuo saggio, i miei hanno affittato un appartamento vicino la chiesa, e un ombrellone alla spiaggia dell'albergo, così restiamo vicine anche quest'anno- Sorrise, pensando mentalmente di fare un salto nel negozio di fronte, aveva bisogno di un costume nuovo. - Così  mi abbronzo un pochino prima che arrivi tu, a farmi sfigurare col fisicaccio che tieni!-  A Federica andò storto l'ultimo sorso di coca.
-Ma smettila!Senti io quest'anno ho il motorino, Mio cugi tiene la macchina e non voglio mettere le radici nel paesino, quindi si gira! Locali, mu...musei, se proprio vogliamo, mostre saggi, negozi!!- Parlando Fede si era alza e senza guardarsi indietro aveva attraversato la strada ed era entrata nel negozio.
Mezz'ora dopo le due amiche entrarono nella grande libreria, ognuna aveva in mano un sacchetto con un bikini, appena acquistato,una se l'era comprato azzurro con i cordoncino dorati, l'altra rosso con i cordoncini neri. Sveva che conosceva il posto come le sue tasche guidò l'amica nella sezione riservata alle guide turistiche. Si erano rese conto che, dopo tre anni nella stessa località, avevano bisogno di una guida turistica per conoscere il locali migliori e le mostre. Avevano trovato 3 guide all'apparenza affidabili e fresche di stampa, ma Sveva ancora una volta la più lungimirante aveva voluto chiedere al punto informazioni quale fosse la più aggiornata, si accostarono al bancone, ma la commessa fu distratta, un attimo prima che loro potessero parlare, da un telefono.

-Buongiorno, si abbiamo guide turistiche, che zona? Ah, perfetto si ne abbiamo 3, come dice? Le vuole tutte, si certo...ovviamente gliele possiamo inviare, il pagamento si effettua tramite bollettino postale. cognome? Può farmi lo spelling? S-P-A-R-D-A,ok, le invieremo subito le guide, buongiorno a lei.- La commessa si annotò scrupolosamente i dati ricevuti in quella telefonata, e trascrisse l'ordinativo sul pc della libreria.-ditemi ragazze!-
-Volevo sapere quale di queste guide fosse la più aggiornata- Le domandò quella con i capelli biondi.
-Curioso un donna per telefono mi ha appena chiesto lo stesso articolo!-

Sveva varcò la porta di casa, dopo attenta riflessione, nascose il sacchetto con il bikini e posò la busta della libreria vicino l'ingresso -Mamma, papà devo dirvi una cosa!-

-Francia, un paese di classe, elegante, ricco di storia e di fascino, ci sono il museo del Louvre, il palazzo di Versailles, i fiumi della Borgogna dove gustare ottimo vino, e visitare castelli, e poi le strade dei negozi, i più importanti stilisti hanno li la loro mason- Si aggiustò il colletto della camicia pronunciando l'ultima frase. Vergil parlava in modo affettato, degno della migliore guida turistica, ci si sarebbe aspettato che ora ripetesse tutto il discorso in un altro paio di lingue.
Seduti a gambe incrociate sul grande tappeto persiano del salotto i gemelli stavano decidendo dove passare le vacanze. Eva la loro madre, li ascoltava osservandoli orgogliosa, dal divano. Tutta la stanza era in disordine, cosa strana per il salotto di Eva, solitamente perfetto, ovunque erano sparsi fogli appena stampati, atlanti, guide turistiche, dépliant e volantini, che si andavano a concentrare attorno ai due ragazzi. Vergil e Dante erano seduti l'uno di fronte all'altro, divisi solo da un enorme atlante dalle pagine ingiallite e da un altrettanto gigantesco mappamondo, si guardavano in cagnesco. La loro rivalità si era riaccesa nel momento in cui la madre gli aveva concesso di scegliere il luogo di vacanza, a patto che fossero entrambi d'accordo. Data la loro età, 19 anni, sarebbero potuti andare in vacanza da soli, ognuno per fatti propri, ma nessuno dei due avrebbe permesso che la madre passasse da sola le vacanze, e poi senza confessarlo entrambi non avrebbero saputo cosa fare in vacanza senza il gemello insopportabilmente rompiscatole.
- Francia: capitale Parigi- disse Dante ripetendo mestamente una didascalia dell'atlante, -aspetta Parigi, Parigi, ci sta il Mulin Rouge!cioè l'unica cosa interessante e non me la dici!- uno strano bagliore si accese negli occhi del giovane.
-D'accordo è anche la capitale della cultura bohemien che trova la sua maggiore espressione nel successo del mulin rouge ma..- Vergil avrebbe voluto continuare..avrebbe voluto
-No, oddio santo, come parli, Verg, non verrei a Parigi con te nemmeno sotto tortura, e di certo non per un misero night club!-
Eva tossicchiò
-No ho io il posto ideale, possiamo fare sport, stare all'aria aperta, conoscere una cultura nuova, - Vergil lo lasciò continuare, sapendo che presto ci sarebbe stata la fregatura. -Sud Africa, temperatura ideale, safari tutti i giorni, armi e bestie feroci, riserve naturale,e cibo etnico-
-Anche malattie etniche? Insomma un caldo da squagliarsi, paesi in guerra, malattie, condizioni sanitarie terribili, proprio il posto ideale, di certo molto meglio di Parigi!- ironizzò Vergil, disgustato dalla proposta di Dante.  Diede una vigorosa manata al mappamondo, i loro occhi si unirono sulla superficie che girava, come quando da bambini giocavano ad immaginare posti lontani, e terre piene di misteri e tesori -SanPietrburgo! in estate c'è il clima ideale i palazzi imperiali, salvatisi dalla rivoluzione, sono maestosi, il museo cittadino contiene milioni di opere d'arte, molte delle opere dei pittori più celebri, Cezanne, Picasso..., potremmo anche visitare il Cremlino- Vergil si voltò a guardare la madre, sapeva che le piaceva la pittura, sperava di ottenere il suo sostegno, e poi avrebbero potuto vedere i palazzi della dinastia Romanov, Vergil era sempre stato affascinato dai simboli del potere assoluto, Dante disturbò le sue riflessioni.
-No no e no! Insomma che palle, Verg non puoi suggerire qualcosa di decente!! Palazzi, musei, musei, negozi e ancora palazzi; sarebbe come restare a casa!-
-Perchè quanti musei hai visitato nella nostra città?- Dante ignorò la battuta, che però colse l'approvazione di Eva, che la condì con un -Effettivamente- che rimase altrettanto ignorato dal gemello più "sportivo"
Dante prese in mano un po' di depliant, alberghi, negozi, voli, tutti riguardanti città d'arte..-Tuo, tuo, tuo, tuo...ancora tuo- Disse scartando ogni foglietto e passandolo al fratello, che li  posava distratto, tanto non c'era la minima traccia di ordine in quel momento, la sua precisione esatta al millimetro non era richiesta per il momento -Budapest,- Disse Dante ad alta voce trovando che il nome suonasse bene-Questa la conosco sta in Polonia!-
-Ennnnn- L'altro gemello fece uno strano suono con  la bocca, come  il segnale dei quiz quando il concorrente dà la risposta sbagliata -Budapest è la capitale dell'Ungheria- disse Eva, ricordandosi un viaggio di tanti anni prima.
-Ungheria hai detto? Io non la trovo sull'atlante!-
-Ma come guarda bene è impossibile che non ci sia,- Rispose premurosa la madre
-è possibilissimo che non ci sia se guardi vicino la Finlandia deficiente!- Rispose molto meno gentilmente Vergil, che iniziava a perdere la pazienza
-Opss...- Sibilò dante, evitando di guardare la madre, che rideva a crepapelle, girò a caso le pagine dell'atlante e fu estasiato da quel che vide -Arizona, andiamo non dobbiamo neanche uscire dagli Stati Uniti, possiamo fare campeggio, stiamo in mezzo alla natura, scommetto che si può fare anche kayak!-
-Splendido, tre mesi a disposizione e li sprechiamo in Arizona - Vergil si passò le mani tra i capelli in un gesto stizzito. Fu la madre a rispondere per lui
-Veramente Dante, io preferirei andare in un posto un po più tranquillo, e contavo anche di allontanarmi un po di più- Disse con un fil di voce, come a temere di far dispiacere il figlio, -Sentite se ho capito bene, tu vuoi andare in un posto dove ci sia la natura, e si possa fare sport; invece tu vuoi un luogo cittadino, dove visitare mostre, musei e negozi- Spostò lo sguardo da un gemello all'altro, come per essere rassicurata, le risposero all'unisono
-Si, mamma-
Eva,  evidentemente abituata a fare da paciere, posò davanti ai figli delle riviste -Che ne dite dell'italia? Ci sono dei grandi parchi nazionali, dove campeggiare ed anche un grande circuito automobilistico mi pare si chiami Marello, Manello..Maranello, insomma.. qualcosa del genere; e al contempo grandi città d'arte, Firenze, Venezia, Napoli, e soprattutto Roma una grande sede istituzionale! -
I gemelli la guardarono estasiati, già persi nelle città italiane...città diverse ovviamente! Dove si va, prima...mare o montagna?-
-Mare!- risposero in coro Dante e Vergil, guardandosi stupiti, chiedendosi come era potuto succedere che fossero d'accordo su qualcosa!
-Va bene telefono ad una libreria locale e mi faccio mandare qualche guida!-

ciao a tutti!!
wow la mia prima fan fic^^ spero che continui a piacervi di capitolo in capitolo, io farò del mio meglio per scrivervi una storia piacevole da leggere...
un grandissimo grazie a chi legge, e il doppio a chi commenta *_*; e ovviamente tanti baci alla fy che mi ha fatto amare Devil May Cry!!
 vostra...Bry!

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Capitolo 3
*** Partenze ed Arrivi.. ***


Hola a todos dalla vostra Bry! Non sapete quanto mi siete mancati... Mi spiace per il protratto ritardo, ma ero in vacanza e non avevo internet per aggiornare :(   In compenso dal mare vi ho portato come souvenir, un nuovo capitolo della ficcia bello lungo e succoso! Spero tanto che vi piaccia, (leggete e lasciate tanti commentini^^ please!!)...La storia va avanti:

Il copriletto era rosa, il marmo che ricopriva la scrivania era rosa, il legno dei mobili graziosamente intagliato; tutto in quella camera ispirava un che di romantico, eppure... il chaos. Vestiti pressocchè ovunque, piegati, ammappinati, disordinati,  per terra, sul letto, sulle sedie; insieme a questi, giacevano gioellini, fasce per capelli, carica batterie per ogni sorta di oggetto moderno, penne quaderni e tutte le cianfrusaglie che possono essere indispensabili per un adolescente.
No, non stava traslocando
No, non c'erano stati i ladri.
Si, Sveva stava facendo la valigia. Aveva detto alla sua amica che sarebbe partita presto, il tempo di mettere mezza casa in un trolley. Federica non poteva sapere che Sveva non stesse scherzando.  La ragazza infatti, sebbene non pensasse molto alla moda, aveva imparato da sua madre che  per andare in vacanza è  indispensabile quasi ogni cosa: abiti da mattina, pomeriggio e sera, per il caldo e per il freddo, per cene eleganti ed informali, e con questi ogni sorta di accessori, dalle scarpe al mascara, dalla borsa al bracciale. Se si aggiungeva che la ragazza tenesse molto, anche troppo a quello che la mamma considerava  futile, alias libri, computer, i pod, magliette assurde e completi improponibili, si sarebbe capito perchè era la terza volta che  faceva la valigia ma questa rifiutava di chiudersi.
Uno squillo prolungato: il cellulare, anche quello sepolto da qualche parte. - Oh cavolo- Gemette la ragazza guardando la sua bella camera assomigliare ad un campo nomadi, ma nomadi molto disperati e disorganizzati.  Con velocità strabiliante iniziò a gettare tutto all'aria, per cercare la fonte della musichetta, -Andiamo lo so che sei qui, cellularino, dove sei? Per favore vieni fuori-  Si, stava proprio parlando all'apparecchio come se questo la potesse ascoltare, la melodia continuava,-Ti preeego- Un ultimo lamento, Sveva sapeva che non avrebbe trovato il cellulare prima di mezz'ora, si accasciò al suolo. Eccolo! Il cassetto della biancheria intima mezzo svuotato faceva intravedere un filo di luce tra i pizzi - Chi è?- Aveva risposto subito, senza neanche guardare il display.
-Scema come sarebbe a dire chi è? Ti si è resettata la memoria, che non vedi il mio numero? E comunque dovresti saperlo a memoria, quindi non hai scuse!! Ahaha- La voce di Federica, esageratamente alta, le ferì l'orecchio. E l'ultima risatina ironica non le era piaciuta per niente.
- Non disturbarti a riprendere fiato! E comunque la mia memoria è a posto, solo non ho guardato il display. -
-Allora sei scema!- Rise in modo aggraziato stavolta - Che fai? - Eccola, la domanda a cui sveva non avrebbe mai voluto rispondere. Non c'era altro modo: non sapeva mentire. Si guardò intorno, e sospirò rumorosamente.
-Faccio la valigia- La biondina pronunciò la frase con una gravità degna di un imperatore che annuncia al popolo la guerra imminente. Un urlo dall'altra parte
-Ancora???- La faccia di Federica sembrava il muso di un pesce palla, la sua sorpresa era totale -Ma ti ho chiamato stamattina, e la stavi facendo, ieri e la stavi iniziando.... voglio dire andiamo in un paesetto sperduto mica a Miami, infila qualche top, costumi, e sandali, no?- La brunetta parlò come se avesse appena rivelato all'amica un Dogma.
-Si ma la mattina si muore dal caldo e la sera fa freddo, e poi se andiamo a ballare? Se mi schizzo di olio mangiando gli spaghetti? E  se...- Sveva non sapeva che Federica aveva smesso di ascoltarla già da un pezzo. Sospirò fortemente, era stressata, la camera era un casino, e lei scoppiava di caldo..-Ok, faccio come dici tu. ti chiamo appena ho finito.- La comunicazione fu interrotta, Federica non ebbe il tempo nemmeno di esprimere la sua soddisfazione di aver avuto ragione.

Casa Parini: un telefono squilla, - Fede è per te!!- Una voce di donna .
-Chi è???- La voce di Federica distorta.
-Sveva - Ancora la voce di donna: la madre di Federica
-Ho finito!-
-Ciao Svevy, anche io sto bene, grazie!- Disse Federica ironica
-Scusa, hai ragione è solo che....ho finito!!- Il vecchio legno del letto che si ricordava almeno tre generazioni di ragazze Mirelli, scricchiolò quando Sveva vi si gettò a peso morto. La camera era tornata normale, il che voleva dire un disordine accettabile. La famosa valigia era davanti al letto, molto rigonfia, perchè nonostante tutto la biondina non aveva rinunciato ad infilarci almeno due o tre capi per ogni occasione.-Mi sembra impossibile, la valigia è chiusa, cioè hai presente quando i due lembi della cerniera combaciano, e non si vede la roba che ci sta dentro??- La biondina era estasiata, parlava come una bambina che vedeva per la prima volta un ruota panoramica.
-Ahhh...insomma è come una valigia chiusa!- Federica ruppe l'incanto, con una voce un po' secca, un po' ridente.
-Tu hai finito la tua?-
-Io si da un pezzo! Senti però adesso devo scendere, ci sentiamo dopo.- La comunicazione fu di nuovo chiusa. La ragazza volse lo sguardo, era ancora in pigiama,  la camera  sembrava un mare in tempesta, la valigia, dopo essere stata disfatta cinque volte, aspettava ancora il suo carico definitivo.
L'indomani: 
occhiali da sole sul naso,T- shirt,  pinocchietti per una, jeans lunghi per l'altra, nella stessa città ma in quartieri differenti le due amiche salivano sulla macchina dei genitori. Il viaggio per la costiera non sarebbe stato lunghissimo, ma con  quel caldo, e le auto ingombre di bagagli il  percorso sarebbe risultato pesante. Nelle due ore che seguirono  i genitori delle due amiche furono ossessionati da piccole melodie e trilli, segni di un continuo scambio di sms fra le due. Sveva a cui piaceva  il paesaggio montano che si stendeva poi quasi a picco verso il mare, guardava insistentemente dal finestrino della loro macchina metallizzata. Ad un certo punto l'auto dei genitori fu superata da una lussuosissima Porche, vide una donna al volante, qualcuno accanto a lei era immerso in una cartina stradale, cercò di guardare gli occupanti dei sedili posteriori, vide solo una figura possente dal  capo argentino.

Eva sostava in un punto preciso del corridoio, guardava alternativamente da un lato e dall'altro, senza riuscire a capacitarsi. da dove si trovava, infatti,  poteva vedere contemporaneamente le stanze dei figli. Due camere, di ugual misura, una di fianco all'altra, eppure sembravano appartenere a due case, forse a due mondi diversi. E quel giorno si notava ancora di più.
Dante, in bermuda e torso  nudo, girava per la stanza, saltellando come un capo indiano, sulle note di uno sconosciuto gruppo rock, di cui l'unica cosa notevole era la chitarra elettrica che, come diceva lui, "spaccava di brutto."  Dandosi grandi aria da star,  aveva aperto, o per meglio dire spalancato  tutti i cassetti della camera, tutte le ante degli armadi, sorprendendosi della roba che c'era dentro, come se quella non fosse la sua stanza, e lui fosse una specie di capitano di polizia alle prese con una perquisizione. L'unica cosa ancora chiusa era il balcone.Il fratello che stava passando nel corridoio vide l'opera di Dante
- Ma perchè diamine non apri il balcone, fa un caldo insopportabile- Stava per mettere la mano sulla maniglia quando qualcosa gli passò a pochi centimetri dalla testa, facendo una grande evoluzione in aria,
-NOOOOOOOOOO- Urlò Dante, Vergil aveva aperto il balcone per qualche millimetro,e qualcosa di quel carico aereo si stacco dal mucchio e cadde sui vetri, senza danno.
-Ma che cavolo stai facendo sei impazzito- Pausa ad effetto -Peggio del solito?- Il bell'albino aveva il volto paonazzo; mentre parlava il misterioso carico aereo era caduto vicino al letto dove stava la valigia del fratello, e disfacendosi  si era potuto constatare che altro non era se non una ventina di maglie arrotolate.
-Ma sei tu il pazzo- La mano di Dante sui vetri del balcone a rischiare di romperli. -Volevi far cadere tutta la mia roba di sotto?Ammettilo!- La faccia di Dante, era quella di un bambino offeso, quando i genitori lo mettono lo mettono in castigo senza ragione.
- Ti pare normale, che tu per farti il bagaglio fai volare la roba per la stanza, e magari ti metti anche ad urlare strike, se centri la valigia?- Disse Vergil,  Dante era sorprendentemente serio, il fratello non capiva come mai non gli fosse riuscito di offenderlo.
-Conosci altro modo di fare la valigia?- Prese una serie di jeans dall'armadio e li scagliò nella valigia, centrandola, i capi di vestiario era spiegazzati e ammassati -Strike- Urlò Dante saltando furiosamente sull' assolo di chitarra del cd rock.
Vergil uscì dalla camera, lasciando che il fratello lanciasse il resto della sua roba per la camera, chiedendosi in quel mare di t- shirt e jeans strappati se si sarebbe portato anche qualcosa di decente.
Eva ritornò nella sua postazione, dopo essersi allontanata per un poco. Questa volta si volse e dalla stanza rossa e nera piena di poster e biglietti di chissàcosa, passò alla camera blu e grigio chiaro, in cui stava Vergil , osservò per un po' la stanza, come sempre perfettamente in ordine, i pesanti mobili di legno scuro, e i disegni appesi alle pareti davano un atmosfera di autorevolezza gotica, che contrastava con quella euforia rockettara  che si respirava in camera di Dante.
Vergil era chino sulla sua valigia, piena quasi per metà, le camice i pantaloni e il resto della biancheria, erano perfettamente piegati, il tutto era disposto in ordine, come se ogni panno avesse un posto già predisposto, il ragazzo in tuta nera, andava e veniva dalla cassettiera e dall'armadio, prendendo poche cose alla volta, e riponendole con gran cura, i suoi gesti erano sempre equilibrati e rilassati. La madre sorrise avvicinandosi a quella camera, in cui non si sa come si riusciva a sentire della delicata  musica da camera in cui predominavano gli archi, senza che il rock spacca timpani della camera affianco disturbasse quella concentrazione.
-Ciao mamma- Il giovane regalò alla donna uno dei suoi sorrisi più belli, gli occhi azzurri guardavano teneri Eva, come un cucciolo appena nato guarda la mamma. Dimenticò i preparativi, si alzò mettendosi dritto in tutta la sua statura, raggiunse la donna e la cinse per le spalle, silenziosamente in un gesto d'affetto. Eva che posava la testa sul petto del figlio pensò che tutto in lui era quieto, Vergil sapeva manifestare anche la peggiore furia restando calmo, pensò mentre rifletteva su quanto fosse cresciuto e di quanto ora la superasse. Rivide nella sua naturale eleganza un tratto di Sparda, ciò la commosse, ma non permise alle lacrime di rigarle il viso: non voleva inquietare i gemelli.   Proprio in quel momento, dalla camera attigua giunse un urlo distorto, Dante imitava il suono di un basso. Vergil sospirò e si sedette sul letto. -Cosa bisogna  fare con lui mamma?- Chiese ingenuamente Vergil, sentendosi  di gran lunga superiore a quella bestia di fratello; la madre con un sorriso duro lo scosse il capo
-Nulla, bisogna solo avere tanta pazienza,ed amarlo per come è.  Ha l'energia di un bambino, e la stessa voglia di fare. Entrambi avete la forza di vostro padre, ma tu la tieni silenziosamente riposta, mentre lui la esprime e la mostra alla gente, non per questo è da rimproverare - Così si espresse ancora una volta la saggia Eva. Non appena il suono della sua voce si estinse, si udì un tonfo: un boxer  era sbattuto contro la parete del corridoio, la testa di Dante fece capolino.
-Ho sbagliato mira- Disse facendo una smorfia buffa.

Sembrava un arcobaleno racchiuso in un portabagagli. Rosso fuoco, blu elettrico, giallo acceso, nessuno degli Sparda aveva rinunciato ad un bagaglio colorato. Stremati dopo molte ore di aereo ed una breve sosta all'aeroporto di Napoli, con un jet-lag pesantissimo sulle palpebre, disposero i bagagli nella porche noleggiata da Eva, per percorrere gli ultimi kilometri che li separavano dall'arrivo.
La strada si biforcava, di nuovo, per la terza volta senza dare indicazione, Eva spazientita aveva acceso le quattro frecce, mentre i gemelli guardavano nervosamente gli stradari, insultandosi a vicenda- Di qua imbecille- -Ma no a destra troglodita-; -DRITTO HO DETTO!-  Al sedile posteriore,  Vergil spazientito aveva alzato la voce con un tono basso e che non lasciava spazio alle contraddizioni, non per niente finora avevano seguito le sue indicazioni e sembrava che ancora non si fossero persi Eva ingranò la marcia e filò dritto. Un cartello pochi chilometri dopo indicava la loro destinazione, mentre Vergil si rilassava guardando le montagne beandosi di avere avuto ragione ancora una volta, mentre Dante accanto alla madre osservava ancora lo stradario, benchè fossero in una strada senza incroci, chiedendosi ancora come avessero trovato il percorso giusto. superarono una macchina metallizzata; dopo un altri quaranta minuti smontarono dalla macchina.
-Finalmente siamo arrivati!- Gridò Eva felice come una bambina
-Ci voleva, non ne potevo più di viaggiare senza raggiungere la meta- Disse Vergil massaggiandosi la nuca e guardando verso il mare .
-Eh, eh vecchia volpe- Una manata di Dante, che non sembrava per niente stanco,  sorprese il fratello- Davvero carine eh?-

Davanti al mare due ragazze una bionda, una castana, occhiali da sole sul naso,T- shirt,  pinocchietti per una, jeans lunghi per l'
altra, si stavano abbracciando rumorosamente.

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Capitolo 4
*** Le Stai Facendo Paura... ***


-Vorrei sapere gli orari della colazione, per favore- Una donna bionda, magra e slanciata, in un elegante mise nera si era accostata al bancone della reception per chiedere informazioni; dietro di lei un po' discosti stavano due ragazzi, quasi identici, non fosse  stato per gli atteggiamenti.
-Certo, signora, la colazione è servita dalle 7 alle 10, in quella terrazza- L'uomo indicò la grande terrazza ancora assolata, anche se mancavano pochi  minuti al tramonto. La donna che gli stava di fronte si girò nella direzione suddetta e lui ne approfittò per scrutarla meglio, era una delle donne più belle che avesse mai visto, la lunga chioma color miele, dei magnifici occhi di zaffiro e  un fisico da modella. L'unica cosa strana di lei, erano quei due gorilla bianchi che l'accompagnavano. Dando uno sguardo ai documenti aveva scoperto che erano i suoi figli, gemelli. da allora non riusciva a capacitarsene, certo potevano sembrare dei bei ragazzi, ma avevano qualcosa di molto strano, o forse era solo l'albinismo a farli sembrare diversi. Eppure quella donna, che era la loro madre, poteva sembrare la loro figlia, per la grazia e la  scioltezza dei movimenti che la facevano sembrare un'adolescente. L'inserviente si sforzò di smettere di fissare la donna, prima che uno di quei due yeti gli saltasse al collo. Ha trovato la camera di suo gradimento?- Chiese sfoderando uno dei sorrisi più seducenti che gli riuscissero ( con risultati piuttosto modesti )
-Oh, si, è davvero splendida, il panorama è molto bello- Rispose la donna con un buffo accento, (assolutamente irresistibile pensò il receptionist). -Anche ai miei figli sono piaciute molto, siete stati davvero gentili a darci tre stanze sullo stesso piano- Disse vedendo i figli avvicinarsi al bancone
-Peccato che siano troppo vicine- Disse Vergil in inglese sottovoce, sapeva già che il fratello gli avrebbe rotto le scatole per tutta la vacanza, fece una smorfia infastidita, quella che alla madre era sembrata una gentilezza a lui pareva un brutto tiro del destino.
L'uomo, non avendo sentito Vergil, si stava preparando a rispondere ad Eva, ma un brusio l'interruppe: era stata aperta la sala per la cena. Uno dei due yeti tirò via la madre, evidentemente affamato, e al povero receptionist non rimase altro da fare se non guardare quella celestiale visione allontanarsi trascinata da quel gigante bianco scalpitante
-Dante arrivo, non c'è bisogno che mi tiri in questo modo! non è buona educazione, datti un contegno figliolo-Ricevette una sola risposta secca:
-Mamma HO FAME!!-  Disse Dante a voce tanto bassa da far girare l'intera sala e strappare un sorriso ai camerieri che si affrettarono più che mai nel guidarli al loro tavolo.
Erano a tavola da circa mezz'ora, gli avevano appena servito il secondo, ed Eva si lamentava di essere già piena, Vergil declamava la raffinatezza dei piatti assaggiati finora, Dante si ingozzava.
-Potresti evitare di farti lo shampoo nel sugo della carne fratellino?- Vergil era evidentemente disgustato dal modo di mangiare del gemello;
-Di che parli, Vergil? secondo me hai..gnam...le allucinazioni...gnam-
-Dante non si parla a bocca piena!- La madre lo richiamò all'ordine, severa ma affettuosa, -E poi tesoro potresti anche scambiare qualche parola con noi a cena, non credi?- Un vago tentativo di rallentare la rapidità con cui il figlio finiva ogni piatto che aveva davanti.
-Scusa mamma hai ragione- Come per magia Dante tolse la testa dal piatto si pulì le labbra e si mise a mangiare lentamente, col busto eretto, in modo da eguagliare il portamento elegante del fratello.
-Deo gratias- Mugugnò Vergil tra un sorso di vino e un (minuscolo) boccone di carne .
-Comunque ne valeva la pena di fare tanta strada, questa località è davvero.....- La voce di Dante si spense,
-Davvero cosa figliolo?- Chiese Eva preoccupata da quel mutismo improvviso
Ma Dante non la ascoltava, tutta la sua attenzione era stata presa da un fruscio di stoffa, e dall'apparizione di una biondina in abito rosa pallido, la vide attraversare la sala sorridendo qua e là, un cameriere accompagnava lei, e quelli che dovevano essere i genitori, ad un tavolo, era la prima sera anche per loro pensò Dante, che, anche con il collo girato, a mo' di bambina dell' esorcista, non le toglieva gli occhi di dosso. Un violento schiocco vicino al suo orecchio lo riportò alla realtà, -Che vuoi?- chiese in tono minaccioso al fratello, dimenticando di avere anche la madre accanto
-Dante non usare quel tono con tuo fratello-
-Volevo solo dirti che si fredda, scemo- Disse freddo Vergil, pensando che il gemello fosse un caso irrecuperabile.
-Mio dio, sono piena come un uovo...- Si lamentò Eva in ascensore, mentre salivano tutti e tre al piano delle loro camere.
-Effettivamente mamma, dopo il pasto dell'aereo questa cena è stata massiccia- Il tono di Vergil suonava soddisfatto quanto quello di Lucullo al termine di un lauto pasto....
-A che ora avete detto che si fa colazione domani?- La voce di Dante suonò un po' lamentosa, gli altri due  si girarono stupefatti.
-Per tutti i demoni dell inferno, possibile che tu hai SEMPRE fame?- Il fratello non si riuscì a trattenere, Eva non proferì parola


La mattina dopo:
Triiiiii..triiiii...tiiiiiiiiiiii TRIIIIIIIIIIIIIII, una sveglia finì contro il muro
Driiin, drin,, driiiiiiiiiiiiiiiiin, drin, DRIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIN, una mano tolse la spina del telefono
Toc, toc...toc, tong, tong... TONC TONC TONC...
-Accidenti- Tra le lenzuola di un grande letto singolo, Dante tentava di non sentire chiunque stesse buttando giù la porta della sua stanza....
Toc, toc...toc, tong, tong... TONC TONC TONC...
Niente, chiunque fosse voleva proprio svegliarlo.
-Dante apri sono io Vergil-
Mezzo nudo, per il caldo soffocante del primo mattino italiano, Dante buttò via le lenzuola -E chi altro poteva essere??- Scarmigliato come non mai aprì la porta, Vergil fece un passo indietro per lo spavento, chiedendosi se anche lui era mai apparso in quello stato orribile, -Fratellone hai idea di che ora siano, yaaaaow- Disse Dante sbadigliando
-Si, le 10 meno 5,- disse Vergil compito, tentando di reprimere il suo orrore vedendo Dante buttarsi (non stendersi, buttarsi ) nel letto.
-Ecco, allora da bravo torna domani mattina, perchè per me è ancora notte- la voce di Dante si sentiva soffocata da sotto il cuscino, a mali estremi, estremi rimedi pensò l'altro albino...
-Bene, io e mamma vogliamo essere pronti tra mezz'ora, quindi se tu vuoi dormire ancora, sono certo, non ti dispiacerà saltare la colazione, vero?-
Saltare non si accompagna mai alla parola colazione..... pensò Dante ormai era completamente sveglio..

I due gemelli Sparda sostavano nell'atrio dell'albergo, Vergil leggeva, Dante giocava con un game boy di nuova generazione. Per essere precisi, sedevano ai due estremi dello stesso divano, perchè Dante faceva un chiasso infernale, agitandosi per sparare ai demonietti sullo schermo e Vergil, immerso in una rivista, avrebbe ricevuto parecchie gomitate se si fosse trovato di qualche centimetro più vicino al gemello. "L'ultima collezione presentata a Parigi da..." Vergil non riuscì a finire l'articolo: ricevette un game -boy in pieno stomaco.
-Mi sono scocciato, facciamo qualcosa di divertente!- Dante si alzò dal divano e guardò imperiosamente suo fratello, ricevendone un occhiata di profondo disgusto.
-Se credi che io ti faccia da baby sitter hai proprio torto marcio!é già troppo faticoso e snervante essere il tuo gemello, - Stavolta fu lo stomaco di Dante a riceve un game boy -Quindi non pretendere più di quanto io sia disposto a darti-
-Che palle che sei- Se non fossero stati fisicamente identici, Dante non avrebbe mai creduto che quel tipo barboso poteva essere non so gemello, ma neanche suo parente alla lontana. -Io non ho glia di stare qua a non far niente!- Cosa molto rara gli venne una citazione importante -alzati e cammina... Lazzaro!- Vergil si alzò di scatto, senza che il gemello se ne accorgesse, lo teneva per il colletto della camicia
-Come prego?-
-Ehi non ti arrabbiare sta scritto nel corano!-
-Veramente è la bibbia ignorante!-
-E lo so volevo vedere se stavi attento- Vergil  lasciò la presa, non valeva la pena di  affaticarsi con quel caso senza speranza.
sbadigliando Dante si voltò, adesso i due fratelli erano fianco a fianco. uno sguardo azzurro si posò su una biondina appena entrata.

-Ehi sta attento!- Sveva guardò furente in direzione di un tipo che le aveva tagliato la strada.
-scusa non ti avevo vista, ah io sono Dante!- Il ragazzo aveva trovato il suo passatempo, mollando il fratello ancora seduto sul divano, era schizzato verso la porta, calcolando i tempi per andare a sbattere contro la ragazza.
-Si Alighieri!-Sveva pensò che quel gigante albino doveva avere qualche rotella fuori posto.
-Perdona mio fratello, e i suoi modi da... Lazzaro- Una voce sicura le giunse da dietro le spalle-
-Ehi ma te che vuoi? Le sto solo chiedendo scusa!-
-Le stai facendo paura!-
-Paura, ma chi ti sembro Hannibal Lecter??- offeso come mai in vita sua Dante si girava verso il suo gemello, e quella che pensava essere la sua nuova conquista.
-Per quel che ne so io, ti potresti anche chiamare Hannibal!-La ragazzina, guardava alternativamente i due ragazzi, senza sapere cosa pensare, scrutava  i visi in cerca di somiglianze e differenze,senza guadarli negli occhi, per timidezza, sembrava un assurdo gioco di specchi, non fosse stato per il taglio di capelli e i vestiti avrebbe pensato di avere avuto un insolazione e vederci doppio.
-Tesoro sei sorda, ti ho detto che mi chiamo Dante!- disse uno dei gemelli passandole un dito sotto il mento con fare suadente.
-Ah bello non ti allargare!- disse la ragazza un po' schiva, togliendo la mano di Dante dal suo viso.
- Bello... tsè, come se lui lo fosse!- Vergil che non sapeva che quello era un intercalare italiano, aveva preso alla lettera le sue parole, un po' offeso che il complimento non fosse rivolto a lui.
-Guarda che ti saresti dovuto offendere se gli avessi detto che è brutto!  se dico a lui che è bello, è come se lo dicessi a te... siete uguali! -Sveva osservava l'altro albino senza nome, sperando di avergli sollevato il morale, ma a quanto pareva si era sbagliata, il ragazzo era diventato rosso come il sole al tramonto, il che contrastava moltissimo con i capelli bianchi come la sabbia tropicale. Quasi spaventata si nascose dietro Dante  osservando l'altro nascosta  dietro il suo braccio.
-Noi due coooosa? noi non siamo affatto uguali, siamo diversi, ma come fai a  non vederlo? io sono quello intelligente e lui stupido, io sono quello bello e lui quello ...normale!-
-Ah, be ecco veramente io...- La ragazza un po' tremante non si era accorta delle manovre di avvicinamento di Dante che ormai la stava comodamente abbracciando.
-Allora te ne accorgi che siamo diversi?-
-No-
-....- Vergil era ancora pericolosamente paonazzo,
-Sta a vedere che questa piccola italiana mi libera del mio fratellino!Andiamo Vergil ti stai facendo venire un ixus!e poi...le stai facendo paura!|- Ridacchiò Dante
-Cioè a me sembrate uguale ne più ne meno di due gemelli!- Disse guardando da ancora il ragazzo, scorgendo l'eleganza dei suoi modi, al contrario di Dante non alzava la voce, nè sembrava un esibizionista anche se da quello che aveva detto di certo la modestia non era fra le sue doti, ed anche l'amore fraterno era in dubbio.-E poi si dice ictus non ixus, e toglimi le mani di dosso! - Si scostò da Dante in tempo da evitare una stretta maggiore
 - Piccola comunque non mi hai detto come ti chiami....-
-Io sono Sveva-
-Sv..EVA-
-No Sveva, non sono due nomi separati!-
-No, lo so è che...-
-Sveva ti pare tanto difficile!- Disse secco Vergil
Sveva sorrise, il ragazzo che aveva detto senza difficoltà il suo nome, e con quell'accento un po' buffo, sembrava aver ripreso un colorito normale...
-Tu invece ancora non mi hai detto come ti chiami!-
-Vergil-  alzò la mano, la ragazza gli tese la sua, pensando ad una stretta invece, Vergil prendendole delicatamente le dita le fece un baciamano perfetto. Sveva che sentito quel nome, avrebbe voluto chiedere se le stessero prendendo in giro, (cioè chi chiama due fratelli Dante e Virgilio?) rimase senza parola, arrossì quando Vergil alzò i suoi occhi di ghiaccio verso di lei, sapeva bene di averla sorpresa.
-E adesso lo vedi che siamo molto diversi...-
-Io, si, adesso, forse....-
-Che palle, Vergil pechè devi sempre fare lo splendido?- ovviamente Dante  abbracciò la ragazza non appena il fratello le lasciò la mano.
-Mha io sono splendido! Tu invece se il solito marpione-
-Si concordo- si intromise la ragazza
-Tsè tu al massimo puoi fare il samurai- L'ultima parola pronunciata da Dante suonò come un dispregiativo
- E tu l'adolescente con la sindrome del cacciatore di taglie - disse Vergil con autentico disgusto
Sveva li guardò attentamente -Ok, mi state facendo paura!-

ok ancora ciao a tutti dalla vostra Bry,
un grandissimo grazie a chi legge la mia storia, anche in quest'estate quando tutti sembrano in vacanza; un enorme grazie a: Lady_x e Tifalockhart , non sapete quanto mi abbiano fatto piacere le vostre recensioni!!
spero che la storia continui a piacervi^^
( ditemi come è venuto questo capitolo, perchè non  mi convince come i primi >.<")

vi avviso che per 20 giorni, Doppia Coppia non verrà aggiornata, causa vacanze all'estero della sua scrittrice,(sospese anche le mail, nel caso qualcuno tenti di conttattarmi>.<)
ciao a tutti
...kisses....

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Capitolo 5
*** ....Metti Una Sera In Pizzeria ***


La sera si stava insinuando in quella giornata, con l'intento di portarla a termine, ignara della gioia insita nella gioventù che spinge i ragazzi a vivere la notte, come fossero creature amanti della luna. Il cielo ormai colorato d'un azzurro cupo sovrastava tre adolescenti  chini su altrettanti cocktail analcolici, immersi in un silenzio imbarazzato e padroni di profondi sguardi indagatori che tutti tentavano, senza successo, di celare.
-Come siamo loquaci stasera!- Dante fu il primo a parlare, appoggiandosi allo schienale della sedia, leggermente girato verso la ragazza, con un sorrisino spavaldo che gli illuminava il viso. Era deciso a portare un po' di movimento in quella comitiva ristretta che formavano lui, suo fratello, e quella ragazza silenziosa di cui non sapeva ancora niente. Osservò il proprio bicchiere, il ghiaccio si stava sciogliendo velocemente. Ghiaccio era la parola con cui avrebbe descritto il gemello, era il colore dei loro capelli, ed era la cosa che era deciso a rompere per far iniziare un discorso ( non serio) che coinvolgesse tutti e tre. Si  guardò attorno, la terrazza, dove servivano anche la colazione, era immersa in un buio rischiarato da piccole candele su ogni tavolo, e risuonava delle poche voci sommesse appartenenti agli altri ospiti dell' albergo. Ci fu uno scoppio di risa. -Possibile che quei vecchi parlino più di noi? Andiamo, lasciatevi andare voi due!-
L' unica risposta che si ebbe da Vergil fu energica alzata di spalle, segno di nobile disinteresse. Dante non potè fare a meno di guardarlo male, quando si comportava in quel modo da distaccato e superiore, odiava suo fratello.Per fortuna dall'altro versante, alias la ragazzina, fu più fortunato.
-Proponi un argomento! Di che vorresti discutere?- Parlando Sveva aveva guardato esclusivamente Dante, arrossendo leggermente quando i loro sguardi si erano incontrati, amava guardare le persone negli occhi, ma non riusciva mai a reprimere l'imbarazzo di fronte a nuove conoscenze. Poi lui sembrava l'unico davvero interessato a far decollare la  conversazione, il suo gemello, invece, era chiuso in un silenzio ermetico, sfuggendo ad ogni sguardo, con una smorfia arrogante stampata in viso.
-Bene ragazza, facciamo progressi! Il suggerimento mi piace molto...- sbattè una mano sul tavolo, facendo leggermente saltare i bicchieri, il fratello ebbe un moto di stizza, che sia Dante che Sveva ignorarono palesemente. Adesso però era ritornato il silenzio, la biondina aspettava che lui finisse la frase, e Vergil era....inutile ai fini di una conversazione. Avanti Dantuccio, fai muovere quel tuo bel cervellino, di cosa si può parlare con tuo fratello, e una ragazza? Disgraziatamente non gli sembrava di avere niente di intelligente da proporre, guardò la ragazza, come fosse la chiave per risolvere un mistero, quel mezzo sorriso che le indugiava sulle labbra faceva presagire un carattere molto dolce, avrebbe voluto conoscerla meglio -Voglio parlare di te!- Esordì con un sorriso da play boy consumato.
-Ah...- un suono indistinto uscì dalla gola della ragazza che improvvisamente si chiese perché cavolo fosse seduta a bere con loro.
-Tu non ti stanchi mai di fare figure di merda, vero?- La voce di Vergil risuonò bassa e annoiata, aveva pronunciato quell' insulto come se avesse detto una qualunque ovvietà. Il fratello gli rispose con un ringhio infantile. -Piuttosto, che si fa qui la sera?-  Chiese allungandosi un po' sul tavolo e scrutando a lungo la ragazza negli occhi, come a volerla, chiaramente, metterla in difficoltà.
-Bella domanda- Sveva sospirò, sostenendo lo sguardo del ragazzo, esitante all'inizio e sicura poi. -Qui, non si fa più o meno niente, è uno di quei paesini di vacanza piuttosto addormentati, le discoteche decenti sono nelle altre località, ma ci vuole la macchina per raggiungerle; solitamente qui si passeggia sul lungo mare, si chiacchiera vicino le panchine, o nei bar, ed infine si passeggia sullo stradone avanti e indietro finché, o incontri qualcuno di decente con cui divertirti anche solo chiacchierando, o si è fatto talmente tardi da mangiare i cornetti appena sfornati nelle panetterie.- Per la prima volta i due gemelli avevano la stessa espressione, anche se non si sarebbe mai azzardata a dirlo ad alta voce: attonito stupore questo si leggeva sui loro volti. Effettivamente quando lei e l'amica avevano scoperto che la vita notturna di quel posto era ridotta quasi a zero dovevano avere più o meno quell'espressione. Le venne da ridere. - Mi spiace avervi dato questa terribile notizia, ma queste sono le uniche cose da fare, se si evitano decine di pizzerie super affollate-
Quella parola: la parola magica -Perché diamine non l'hai detto subito?-Dante era balzato in piedi, per un fortunato caso Sveva aveva il suo bicchiere in mano o si sarebbe rovesciato, come accadde a quello di Dante ormai vuoto, mentre quello di Vergil pareva avere la stessa non curanza del padrone: entrambi rimasero perfettamente immobili.
-I-io che.. ho detto?- chiese la bionda guardando l'albino che controllava la somma che aveva nel portafoglio, con gli occhi che gli scintillavano; sempre più confusa, e non ottenendo risposta, si girò verso l'altro ragazzo, sperando che nel frattempo avesse recuperato l'uso completo della parola.
-L'hai nominata- Disse Vergil, in tono grave come se la ragazza avesse commesso uno dei più gravi delitti
-Cosa ho nominato?-
-La pizza- risposero in coro i due ragazzi creando una strana dissonanza, perché si erano espressi in toni molto diversi: Dante estasiato e Vergil atterrito.

Lo squillo di un cellulare:
-Scusatemi devo rispondere- Senza aspettare risposta Sveva si dileguò dal lato opposto del giardino.
-Mi scoccio- una voce di ragazza all'altro lato, sembrò annunciare un lutto.
Perché diamine parlano tutti di cavolate con un tono degno di un funerale, prima Vergil con la pizza e adesso lei con la noia! -Aiutami-
-Svevy che succede?- La voce dell'amica squillò come presagendo qualcosa di interessante dal vago terrore che le aveva sentito nella voce.
-Mi hanno invitato a cena, due ragazzi, gemelli, li conosco da... - un occhiata all'orologio da polso -Esattamente tre ore e quarantasette minuti! -
Un fischio dall'altra parte -carini?-
-Ehm...- si girò a guardarli meglio, cavoli faceva fatica ad ammetterlo, eppure...-Si, molto, molto...- Boni -Carini-
-Tutti e due?-
-No, uno assomiglia a David Beckham e l'altro a Quasimodo! Fede ti svegli? Ti ho detto che sono gemelli,...certo che sono carini tutti e tue, si assomigliano....però non dirlo a loro!-
-Cosa non devo dirgli?- Fede iniziava a dubitare della sanità mentale dell'amica.
-Che si assomigliano, cioè è una lunga storia, te la spiego dopo!- Alzò lo sguardo ripensando a quel buffo modo  di conoscersi, il baciamano di Vergil e i tentacoli di Dante, si infondo erano carini!-allora vieni anche tu? Andiamo in pizzeria. Dove? Da Napoli, quella dopo il vialone,
-Ma no! perché  quella?-
-Lo so che non è la migliore, ma ho fatto la stupidaggine di dire che era quella con i gusti più strani-.
-Perché?-
-E...perché stupidaggine? Lo capirai da sola quando vedi Dante! No, non sto scherzando si chiama Dante...è un tipo, come dire insolito! - Guardò i capelli argentei che brillavano alla luce della luna.
-Tu sai che mi stai costringendo a venire, vero?- La voce dell'amica costrinse Sveva a interrompere le sue fantasticherie
-Certo che lo so! D'altronde se  non avessi avuto bisogno di te, non ti avrei chiesto di venire!-...Ok era sempre la solita saputella.

-Non vi dispiace se ho invitato anche una mia amica a venire con noi, vero?- Era  tornata dai gemelli, con uno sguardo biricchino di chi ha appena trovato il modo di evitare una punizione; aveva giunto le mani e fatto un sorrisino, che aveva avuto il suo effetto, almeno su Dante.
-Un' amica? Uh...certo che non ci dispiace, e poi così Vergil avrà compagnia!- Disse l'albino avvicinandosi e avvinghiandosi alla ragazza, che lo fissava interdetta. La serata almeno secondo lui stava andando sempre meglio, era abbracciato ad una biondina, aveva trascinato il fratello fuori di casa, gli aveva trovato anche trovato compagnia ( come se l'avesse invitata lui l'altra ragazza), e dulcis infundo stava per mangiare una pizza, una vera pizza italiana: doveva essere in paradiso!
-Non ho bisogno di compagnia, ma almeno non farò il reggi moccolo a voi fidanzatini - La voce di Vergil era carica di disprezzo, che il gemello registrò invece come pura invidia. Incrociò le braccia , respirando a fondo, come per controllarsi, spalancò gli occhi, raddrizzandosi in tutta la sua altezza; aveva nel portamento qualcosa di nobile, come se tutto nei suoi movimenti trasudasse fascino letale e potere, era vagamente inquietante: forse per l'espressione perennemente cupa di assoluto controllo. Dante aveva ragione, suo fratello a volte sembrava fatto ghiaccio.
I tre si apprestarono ad uscire dall'Hotel, dopo aver avvisato, da buoni pargoli, i rispettivi genitori. Sveva davanti, avanzando sicura, era l'unica a sapere la strada, Dante camminava con lei tenendole un braccio sui fianchi, e Vergil chiudeva, silenziosamente il gruppo. Camminavano velocemente, fermandosi ogni tanto ad osservare i passanti e i luoghi che per i gemelli erano nuovi. Dante faceva un gran chiasso chiacchierando animatamente ed indicando posti che gli sembravano adatti per uscite successive, mentre Sveva si voltava ogni tanto per assicurarsi che l'altro albino li seguisse, forse per assicurarsi che non la lasciasse da sola con Dante praticamente incollato addosso. La ragazza, per la prima volta potè osservarli meglio: i gemelli, pur essendo fisicamente identici, avevano qualcosa nel modo di comportarsi, nel modo stesso di essere, che li faceva sembrare differenti quanto il giorno e la notte. E Vergil era la notte. Osservava i luoghi come a memorizzare la via già percorsa di un labirinto, lo sguardo vigile scrutava i presenti come a volergli rubare l'anima. Vagamente a disagio Sveva si voltò verso Dante sorridendogli apertamente, come non aveva mai fatto prima, era contenta di averlo a fianco, come se fosse l'unico sole che potesse riscaldarla dopo quello strano senso di gelo che le aveva lasciato l'altro gemello.
Chiacchierando delle ultime novità musicali, comuni in Europa e America, erano arrivati davanti alla pizzeria. Sveva notò un occhiata che si erano scambiati i gemelli, uno sguardo tipicamente maschile, il sorriso a mezza bocca  di chi ha visto qualcosa che gli piace molto. Ci mise meno di 5 secondi a capire cosa fosse, o meglio chi fosse.
Era sempre la solita, esibizionista senza rendersene conto...certo non era colpa sua se aveva quel fisico da far girare la testa ad una buona percentuale del sesso maschile, le aveva sempre invidiato quei centimetri in più! Federica stava là da sola, vicino la porta della pizzeria, lo sguardo incazzato di chi aspetta impazientemente da parecchio tempo. Era fasciata da un paio di short corti, che le lasciavano scoperte le gambe lunghissime, ma muscolose: da ballerina classica, ai piedi dei sandali bianchi abbastanza alti...tanto per farmi sentire un tappino pensò Sveva...la mise veniva completata da una camicia bianca, scollata, a pois. Erano abbastanza vicini per fare l'annuncio che avrebbe sconvolto i due gemelli, o almeno i loro ormoni.
-Ragazzi, lei è Federica, l'amica che ho invitato!- Disse sorridente, gustandosi le loro facce al suo annuncio, mentre abbracciava  l'amica-quasi-sorella, -Scusa il ritardo, allora come ti sembrano?-Le  bisbigliò piano piano all'orecchio mentre si salutavano.
-Lo spero bene che ti scusi, sai che noia stare qua da sola ad aspettarvi! Comunque sono carini, però con questa luce sembra che hanno i capelli ...bianchi!- Bisbigliando con quel vizio femminile di guardare dritto le persone di cui si sta parlando, e così inevitabilmente, farsi scoprire...Poco male, nè a Federica, nè a sveva era mai importato di nascondere i loro argomenti di conversazione: che parlassero bene o male avevano il coraggio di dire quello che pensavano. Era una cosa di cui erano sempre andate orgogliose.
-Non sembra..quei capelli SONO bianchi- Dopo aver sentito un timido verso di sorpresa da perte dell'alra ragazza Sveva si girò, per guardare i due gemelli come doveva vederli l'amica, e anche perché aveva notato che ancora non avevano aperto bocca. A quanto pareva l'effetto Federica, funzionava anche su di loro, con una punta di invidia  le sorrise con uno sguardo complice. Entrambe repressero una risata vedendo gli occhi da triglia di Dante, mentre Vergil, come sempre perfettamente a suo agio, aveva un sorriso di scherno, ma una strana luce nello sguardo tradiva, anche per lui un certo interessamento.
-Piacere, io sono Vergil -  Il gemello più elegante, era quello che si era disincantato per primo, tese la mano alla nuova venuta, guardandola fisso negli occhi  con un sorriso piacevole sulle labbra, con grande sorpresa di Sveva, fu una semplice stretta di mano, furono esclusi i baciamano.
-Io sono Dante- Disse mettendosi davanti al fratello, come a volerlo coprire con la propria ombra, al contrario dell'altro lui aveva un sorriso aperto, una voce squillante, niente di malizioso o seducente veniva nascosto in uno sguardo o in una tonalità di voce, tutto in Dante era chiaro come il sole. Sveva immersa nelle sue riflessioni, non aveva notato il braccio di lui che le era scivolato addosso per abbracciarla. -Sono il suo ragazzo-
Una frase detta quasi con orgoglio, la fece sussultare, girandosi vide un riso sornione sulle labbra di Vergil e un espressione spaesata sul viso dell'amica che sembrava dire tu-questo-non-me-lo-avevi-detto.- D'improvviso sembrò riprendere vita, voltò lo sguardo verso l'enorme albino che le stava di fianco, con gesti estremamente lenti quasi come fosse un robot arrugginito, -TU..Cosa?- Quasi strillò al colmo dell'imbarazzo, -Non credergli non, cioè, lui..io..-, -ma come ti è venuto in mente? E poi ci conosciamo da...4 ore e 20 minuti!-
-Stai contando i minuti da quando ci conosci?- La sorpresa di Vergil era palese.
-Certo che lo sta facendo! Dovremo dirla ai bambini l'ora esatta in cui mamma e papà si sono conosciuti...- Dante ricevette una spinta in pieno petto, che oltre a sconcertarlo non sortì altri effetti
-Ma tu sei completamente fuori di testa!- La biondina era decisamente arrabbiata, anche se nel suo petto iniziava a nascere una risata squillante, per la paradossale situazione in cui si era cacciata, o che aveva totalmente creato l'albino più scemo che potesse esistere. Ad un certo punto, quando pensava di star guardando minacciosamente "il suo ragazzo" sentì un risata alle sue spalle, non mi ero accorta di essermi messa a ridere pensò, ma girandosi vide Federica piegata in due dalle risa,.... evidentemente per lei la situazione era molto divertente.-Ok,entriamo, magari una pizza farà rinsavire tutti quanti!-

Dante Sparda,  Sacerdote Supremo del culto della pizza di qualunque gusto.  Con un espressione di bambino davanti ad un libro illustrato di fiabe, Dante sfogliava il menù alla scoperta di tutti i nuovi tipi di pizza originale made in Italy che offriva quel ristorantino in cui si erano imbucati. Divertiti gli altri tre lo osservavano con il sorriso sulle labbra. Erano seduti davanti alla finestra ad un tavolo rettangolare che gli permetteva di guardarsi bene in faccia: le ragazze sedute vicine, e i gemelli di fronte, Dante davanti a Sveva e Vergil di fronte Federica..
-Da bere?- Sempre concisi i camerieri
-Birra, per noi.. anche per me..IO COCA COLA!- Sveva diede un colpetto sulla testolina di Federica, mentre i gemelli la guardavano sorpresi.
-Pensavo che si smettesse a 14 anni di bere Coca-
-Per iniziare a fumarla-
-Dante ti prego sta zitto!-
-A 14 anni? NO, per me è come la benzina per il motorino!-  Disse la brunetta semplicemente
-Sono anni che è coca-cola dipendente, niente è proprio tossica, non siamo riusciti a farla disintossicare con nessun'altra bevanda- La prese in giro l'amica, i fratelli sorrisero
-Guardate che è la verità- Confermò la diretta interessata,con un aria così seria che anche i gemelli si guardarono interdetti per scoppiare tutti e quattro in una grossa risata.
-Che prendete?- Chiese una delle ragazze, avendo finito di scegliere.
-La Bismarck!- Gli occhi di Dante brillarono, leggendo ad alta voce gli ingredienti -pomodoro,Wurstel, provola  e patatine fritte- Il fratello si guardò intorno disperato, -Certo ci avrei messa anche dei peperoni-
-E lo sapevo!- Sbottò Vergil -Per me una Margherita, mi hanno detto che è la vera pizza tradizionale, mi sembra la cosa più saggia da provare-
-Ottima scelta! Io adoro la Margherita,- Disse Fede, chiudendo rumorosamente il menù, che del resto si era limitata a sbirciare.-Tu che prendi Svevy?-
-Credo che, sarò molto meno aristocratica di voi due, ma seguirò Dante con la Bismarck, però i peperoni non ce li voglio- aggiunse con un aria disturbata al solo pensiero.
Dieci minuti dopo erano quattro amici allegri davanti a quattro pizze, uguali per coppia, all'occhio dello sconosciuto poteva sembrare che cupido al posto delle frecce avesse usato delle margherite e delle patatine fritte.
Vergil scrutava Federica sorridendo, lei rideva alle sue battute a volte sadiche; mentre Dante continuava a travolgere Sveva di chiacchiere sulla sua vita in America e sulle sue avventure, da parte sua la bionda sorrideva rilassata guardandolo con occhi spalancati. Sembravano un gruppo affiatato, mentre scherzavano e quasi si strozzavano con qualche boccone mandato giù troppo distrattamente.
-Mah io pensavo che la Coca cola la bevessero solo le bambine!- Osservò Dante, pensoso.
-Gnè gnè, io sono una piccccola baambina!- Scherzò Federica, a cui più che una bambina uscì l'imitazione di una cinese ubriaca
-Parla quello che mangia si rimpinza di gelati alla fragola- La interruppe Vergil, la ragazza sorrise, mutamente ringraziandolo di averla difesa.
-Io non mangio un gelato alla fragola da quando avevo 5 anni!- Ricordò Sveva
-E no amore! Così non va bene!-
-Amore un corno, Dantuccio caro!-
-Dessert?- I quattro si girarono verso il cameriere spuntato dal nulla, Federica si chiese se sapeva dire anche qualche parola che non fosse contenuta nel menù.
Alla fine il quadro risultò analogo, forse solo vagamente più romantico di quello delle pizze: due grandi coppe furono portate al tavolo, ognuna con due cucchiaini. La prima alla fragola fu posta tra Sveva e Dante (inutile dire che l'albino l'aveva costretta a riprovare quel gusto dopo 12 anni di astinenza); e una seconda alla nocciola venne messa tra Vergil e Federica.
Silenziosamente il cameriere-ombra fece scivolare anche il conto sul tavolo dei ragazzi, Vergil, il più vicino, senza farsi vedere lo infilò tra lui ed il fratello, che prese il portafogli.
-Aspettate!Si fa alla romana...-Sveva, con la vista di un falchetto aveva notato le manovre clandestine, ma solo dopo si rese conto che per i ragazzi "alla romana" avrebbe potuto essere qualunque cosa, inclusa una posizione equivoca.-Ognuno la sua parte, intendo-
-Roma è la capitale d' Italia vero?- chiese Vergil
-Si- risposero in coro le ragazze prese in contropiede
-Allora gli abitanti della capitale non sanno cosa sia la cavalleria.- Con un gesto elegante Vergil si alzò, e non curante, andò a pagare il conto per tutti.
-E poi siamo in provincia di Salerno, quindi non vedo perché fare alla romana- Continuò Dante con un sorriso schietto guardando le due ragazze, e contento del gesto del fratello.
Usciti dal locale, notarono che l'aria si era rinfrescata e si incamminarono a passi svelti verso l'hotel e la casa di Federica.
-E' stata una bellissima serata- Bisbigliò Dante all'orecchio della bionda, prendendola per mano. Lei gli rispose poggiandogli  la testa sulla spalla, per qualche secondo, in un inusuale gesto di fiducia, entrambi sorridevano  nel buio.
Gli altri due chiacchieravano più avanti, gli occhi della ragazza osservavano Vergil con curiosità, forse perché era la prima volta che vedeva un albino, forse perché veniva dall'altra parte dell'oceano, forse semplicemente perché era un ragazzo stupendo. Lui, conscio del proprio fascino continuava a parlare senza imbarazzo.
-Tu e Sveva, siete arrivate qui insieme?- Le chiese quando un ricordo gli attraversò fulmineo la mente.
-Si, è stato due o tre giorni fa-
-Eravate vestite in modo simile-
Federica si volse sorpresa.-Tu come lo sai?-
-Io non mi dimentico mai delle belle ragazze!- Vergil alzandole il viso le premette le labbra su una guancia.
 

Che stia iniziando a nascere una doppia coppia in questa strana comitiva?
Rieccomi qui a  torturarvi con un altro capitolo della mia fiction ( Me sadica >.<"). Tralasciando gli scherzi, (e mettendo il finto buonismo da parte) ringrazio tutti quelli che hanno inserito "Doppia Coppia" nei preferiti, e quelli che continuano a leggere capitolo dopo capitolo, sperando di avervi strappato una risata o di avervi svagato per un pochino.
Un ENORME  grazie a: Tifalockhart, mi scuso per le mancanze del capitolo precedente (sono abituata a Word che mette le maiuscolo automaticamente, mentre con NVU devo correggere io >.< me scansafatiche) che ho provveduto  a correggere. Se dovessi notare altro, non farti problemi a farmelo notare, ok? Spero che questo capitolo sia venuto meglio ^_^.
P.S. Devo un capitolo esclusivo a Federica, non temete verrà anche quello ^^
Arrivederci al capitolo 6!!

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Capitolo 6
*** Tragici risvegli ***


C'era nella stanza un rumore ripetitivo, metallico,  che le entrava addirittura nel cervello, deformando i suoi sogni. Stancamente aprì un occhio, come a voler identificare quel rumore, per poi farlo morire con un solo sguardo: il ventilatore, vedeva in modo incerto le pale che continuavano a girare incessantemente, vorticosamente, da chissà quante ore. Sentiva quell'alito di vento artificiale sfiorarle la pelle come una carezza gelida su una superficie rovente. Abbassò le palpebre, sedendosi nel letto, iniziò a massaggiarsi il viso, fino a stringersi le tempie con le dita. La testa le doleva in un modo insopportabile, eppure sorrise capendo istintivamente la ragione di quel fastidio: la cena della sera prima, come un film auto prodotto le passarono dinnanzi varie scene di quella giornata. Con estremo piacere si rivide inciampare fra le braccia di Dante, arrossire al baciamano del fratello, sedersi ad un tavolo silenzioso, e banchettare in una piccola pizzeria con quella che solo pochi anni prima era una sconosciuta e adesso era una sorella, una confidente, un sostegno. Aprì gli occhi, ma ,come in una folle allucinazione, continuò a vedere il sorriso insolente dell'albino, e il calore di quella mano stretta nella sua. Al trillo del telefono scoprì di avere la voce ancora assonnata e la mente piena di sogni
-Si mamma, no mi sono appena svegliata, ok fra mezz'ora in terrazza. No, non ti preoccupare non mi riaddormento- Tanto per confermare quella frase chiuse la comunicazione con uno sbadiglio. Alzandosi a rallentatore, e poteva permetterselo dopo le corse forsennate per non fare tardi a scuola, si avventurò verso  il bagno, chiuse la porta,  e con timore reverenziale si preparò a fronteggiare la sua immagine riflessa nello specchio. -Mamma mia!- Non esiste cosa peggiore per una persona del vedere il proprio viso, di prima mattina, dopo aver dormito poco. Evitando una seconda occhiata si infilò nella doccia per reprimere il sonno residuo, emergendo solo mezz'ora dopo.Mezz'ora...-Cavolo è passata mezz'ora!- Funeste visioni del padre e della madre affamati le sfilarono davanti mentre prendeva il primo costume,  top e jeans  che le capitavano sottomano; con ancora la spazzola in mano a torturare la lunga chioma bionda, ripassò davanti lo specchio -Giuro che è l'ultima volta stamattina!- poté constatare che la situazione era migliorata, ma che solo un bel bagno di mare poteva far sparire quelle occhiaie. Uscì dalla stanza.
La lucina si accese dietro la scritta "in arrivo", l'ascensore stava scendendo dal piano sopra il suo, le porte si aprirono e si infilò nell'angolo sussurrando un buongiorno. Fin da quando era piccola odiava andare negli ascensori stretti con degli sconosciuti, timore, timidezza o semplicemente fastidio, neanche quella volta poté evitare quel silenzio imbarazzato, alzò lo sguardo non tanto da farsi notare, e osservò sorpresa la donna che le stava accanto. Non ne aveva mai vista una simile, un fisico semplicemente perfetto, un espressione distinta, di chi viene da una buona famiglia, e un aria naturale, niente di eccessivo, volgare che potesse rovinare quell'insieme. Neanche la più bella donna di Hollywood avrebbe retto il confronto, anche lei avrebbe voluto essere così. Si concesse una seconda occhiata, vide il ciondolo che aveva al collo, era un unione di tre lettere: Eva. L'ascensore arrivò al primo piano, entrambe si diressero in terrazza, ma si sedettero alle due estremità opposte.

-Buongiorno-
-Buongiorno- Salutò i genitori sedendosi al tavolo
-Ti abbiamo già ordinato il caffè, dormito bene?- Come prevedeva i suoi la stavano già aspettando, sperava che non si fossero seduti da molto.
-Si bene, ho solo messo il ventilatore troppo forte e stamattina mi sono svegliata un po' male per il rumore. Andiamo a prendere qualcosa al buffet?-
Tutti e tre si alzarono sua madre si mise ad esaminare le marmellate con grande interesse, Sveva e suo padre si diressero verso il succo d'arancia e i cereali.-Con chi sei stata ieri sera? All' una ti abbiamo chiamato, ma ancora non eri in camera-
-Sono tornata poco dopo, comunque sono andata a cena con Federica  e degli amici, abbiamo mangiato una pizza e fatto un giro, si è fatto tardi praticamente senza far niente.. - Sorrise, pensando alla strana comitiva del giorno prima. Che terribile errore: mai sorridere davanti a sua madre!
-Eh allora, come è andata? Dove avete mangiato? Erano simpatici questi amici di Federica?-
Come dice Federica "ohi loc oì", l'interrogatorio era cominciato, a parole nascose l'interesse con una moderata noia, e un medio entusiasmo, così da evitare altre domande. Erano simpatici gli amici di Federica?Come avrebbe voluto rispondere che: no, erano una noia mortale, e nel tempo libero erano serial killer demoniaci dotati di spadoni e pistole futuristiche, tipo i thriller horror che tanto piacevano a fede....e poi chi le diceva che erano amici di Federica e non suoi? Passò il tempo di caffè e cornetto presa da mille domande diverse, dalla qualità della pizza all'aspetto dei due ragazzi, sulle prime rispondeva in modo esauriente, alle seconde in modo molto titubante e laconico.
-Bene io ho finito, vado  in spiaggia. Federica mi aspetta...almeno credo!- Presa al volo la borsa, rimase il tempo di salutare i genitori, e sentire le loro raccomandazioni, per poi incamminarsi verso l'uscita dell'albergo e quindi la strada che conduceva in spiaggia.

Le risate dei bambini, e gli schiamazzi della gente che si divertiva fra le onde erano le prime cose che aveva sentito arrivando in spiaggia. Federica e la sua grande famiglia, comprensiva dei 4 membri effettivi più zii e cugina avevano appena fatto il loro ingresso nel grande lido stretto fra le altre spiagge, per il gran caldo si erano affrettati a percorrere  la poca strada che separava la loro casa dal mare, e nel mentre erano passati a comprare un delle maschere ai bambini così che potessero continuare la loro collezione di pietre marine. La ragazza si era alzata odiando chiunque le avesse sottratto almeno altre quattro ore di sonno; la sera precedente, benché fosse stata la prima a tornare a casa aveva fatto comunque molto tardi ( senza contare che aveva dovuto raggiungere la sua camera e  cambiare a rallentatore per non svegliare nessuno)... si  chiese mentalmente a chi diavolo fosse venuta la "splendida" idea di venire al mare così presto, ne conseguì che appena l'avesse scoperto la persona sarebbe stata automaticamente iscritta nel suo libro nero: sissignore. Non le si sarebbero mai tolte ore di grande ronfata impunemente!
Facendo slalom fra i vari ombrelloni e asciugamani colorati raggiunse il suo posto proprio davanti al bagnasciuga, con una velocità che avrebbe fatto invidia a flash man tolse il telo dalla borsa, lo buttò sulla sdraio e ci si sedette sopra, come fosse stanca dopo una faticosa giornata di lavoro.
-Fa caldo!- Si lamentò la ragazza, con grande disappunto.
-Ma no a zia, siamo fra i ghiacci dell'Antartide, non fa caldo!- Le rispose la zia sedendolesi accanto e osservandola -E poi sei ancora vestita, mettiti in costume e vedi che starai già meglio-
-Mi scoccio!- Protestò incrociando le braccia al petto, e aprendo la bocca che venne dilatata da uno sbadiglio.
-E si adesso rimani vestita, che te lo fai con la gonna il bagno! Su alzati- Sua madre si intromise nel discorso, spronandola a muoversi.
Vicino a lei suo fratello e la cuginetta già  iniziavano a muoversi irrequieti chiedendo di potersi buttare a mare per provare le maschere nuove, irritata Federica cercò di distrarsi guardandosi intorno: sua madre le sembrò troppo vivace per essere primo mattino, la cosa era sospetta decise che era venuto il momento di iniziare l'interrogatorio.
-Ma come mai siamo scesi così presto?- Aguzzò gli occhi, come a voler notare ogni minimo cambiamento di espressione da parte dei presenti.
-Presto? Sono le 10 e un quarto a che ora volevi scendere? E poi questa è l'ora migliore per il sole, che poi diventa troppo caldo e vi scottate- Sua mamma aveva usato un tono di voce impaziente, era un segnale...
-Ma se siamo sempre scesi verso le 11 pure le 11 e mezzo!- Si alza il tono, per far innervosire la propria vittima
-E stavolta siamo venuti prima!- E questo non l'aveva calcolato, sua zia si era intromessa in quel faccia a faccia dando modo alla sua prima interlocutrice di riprendere fiato...Era necessario scoprire le proprie carte
-E a chi è venuta 'sta bella idea? - Ancora pochi secondi avrebbe scritto un altro nome sul suo lungo, lungo, lungo registro...era il momento della verità
-E' mia, sono stata io a pensare di venire un po' prima- Sua madre capitolò senza neanche tentare di venire ad un compromesso. Era una confessione in piena regola, Federica alzò il mento soddisfatta
-Aspettati ritorsioni...-

Perché non è qui? Perché ANCORA non è qui? Seduta sulla sedia a sdraio con un libro poco interessante sulle ginocchia Federica aspettava impaziente l'arrivo dell'amica in ritardo. Nel lido accanto una biondina con una grossa borsa rosa da collegiale americana  scendeva la passerella in legno per raggiungere i tre lettini riservati alla sua famiglia. Contò le file senza fretta, e arrivata poggiò la sua roba distrattamente, evidentemente immersa in chissà quali pensieri lontani e veloci come le nuvole in quella mattina ventilata. Sapeva cosa ci voleva per riportare quella sua mente errante alla realtà. Sistemata la borsa, il telo e i vestiti, si avventurò verso il lido vicino, dove sapeva che avrebbe trovato il rimedio per eliminare le sue distrazioni e acquistarne altre anche maggiori.
-Ciao a tutti!- Trillò forse con allegria eccessiva vista la faccia della sua amica: Fede guardava la sabbia ai suoi piedi con gli occhi un po' gonfi e cerchiati... si chiese se anche lei aveva lo stesso aspetto
-Ciao Sveva!- Le risposero in coro i familiari vicini, e i bambini le chiesero se avrebbe convinto la rispettiva sorella e cugina e farsi il bagno quella mattina.
Dopo non poche insistenze le due ragazze e i due più piccoli si fecero il solito bagno quotidiano pieno di schiamazzi, risate e ovvie stupidaggini varie. Ogni tanto Sveva e Federica si lanciavano occhiate indagatrici come a chiedersi se stavano pensando la medesima cosa. Entrambe sapevano di si. Con una scusa sciocca risalirono sulla spiaggia e si accomodarono sui lettini del lido di Sveva, quel giorno i suoi genitori non sarebbero scesi e avevano tutto lo spazio per loro due.
-Tu quanto hai dormito stanotte?-
-Poco e niente, non riuscivo ad addormentarmi, ho fatto una fatica pazzesca ad alzarmi per questo sono arrivata in ritardo.-
-E...subito a trovare scuse tu! Piuttosto li hai visti stamattina?- chiese Federica in tono inquisitorio...quel giorno sembrava un tema ricorrente per lei. Non avevano nemmeno il bisogno di dire i nomi delle persone di cui stavano parlando, era ovvio che si riferivano agli stessi soggetti.  
-hm hm- con un verso da bambina Sveva scosse la testa, facendo schizzare varie gocciolina d'acqua tutto intorno.-Siamo nello stesso albergo, ma evidentemente scendiamo per fare colazione in orari diversi- Continuò con un sospiro di rammarico
L'amica si mosse come se fosse stata appena colpita da una scossa elettrica -Stesso albergo hai detto? Ma... ma se questa è la spiaggia dell'albergo, loro  potrebbero essere qui!- Girò la testa da una parte e dall'altra come inserendo un radar visivo, la bionda fece lo stesso.-Quello!- un dito si alzò ad indicare un ragazzo in acqua in lontananza
-Ma sei sicura?-
-No-
-Ma chi quello?-  Il tipo precedentemente indicato si rivelò essere un 40enne -Tu hai le allucinazioni...lo sai vero?-
-Uffa! Che gli costava venire un po' in spiaggia stamattina!- Federica si lasciò stendere sul lettino
-Avranno voluto dormire anche loro. Ehi ma allora ti sono piaciuti?- Sveva sfoggiò un "adorabile" sorrisino malizioso, preparandosi a sapere tutto su quello che stava pensando l'amica
-E...beh, ecco io non...cioè non ho detto questo! però certo che...Che sono due bonazzi da far paura!-Entrambe scoppiarono a ridere, a quella franca ammissione di approvazione.
-Quale ti è piaciuto di più? Cioè teoricamente dovrebbero essere similissimi perchè sono gemelli, però non lo so, io li trovo molto diversi. E poi Vergil mi fa una strana impressione-Disse la biondina concitatamente, eccitata da quelle confidenze da flirt estivo.
-Ma perché? No Vergil è carino, è molto - la brunetta Alzò le spalle come a mimare un portamento fiero e sicuro di sé; alla risata dell'altra rincarò la dose-E poi, l'altro Dante mi pare che si chiama, ti si è attaccato come una cozza! - Continuò con un leggero velo di invidia nella voce.
-A me? - Sveva divenne color pomodoro-E scusa tu e Vergil allora? tutti quegli sguardi, le risatine eh...e poi dici di me e Dante se se...-
-Però in effetti ha qualcosa di diverso, non so spiegare cosa, uno sembra più serio e l'altro più spumeggiante, più pronto alla battuta, alla risata...Vergil sta un po' sulle sue, però è molto affascinante, ha quel certo non so che- Federica stava tentando di iniziare un'analisi dei due gemelli, lo sguardo che puntato oltre la spalla dell'amica, come ad attraversare il tempo guardava le azioni della sera prima, cercando di attivare quel fiuto infallibile che aveva per le persone.
-Magari Vergil è solo più..timido- Idiota che cosa hai appena detto? Lo stesso cervello di Sveva si ribellò a quell'ultima affermazione.
-Ma ti senti quando parli? Vergil..quel Vergil timido, secondo me tu non stai bene!-
-E' probabile, devo aver preso troppo sole! Effettivamente è un tipo molto affascinate, anche più di Dante, proprio perché Dante è come lo vedi: ride quando ha voglia di ridere, si lamenta quando ne sente la necessità. Vergil è sempre iper controllato, ma non credo che sia poi serio, almeno non solo quello, quando ha voglia di divertirsi o divertire, magari in modo più sottile ma lo sa fare.-
-Quindi tu dici che potrebbero essere entrambi una bottiglia piena di bollicine solo che Dante sarebbe una coca cola e Vergil uno spumante?-
-Wow Fede che similitudine...elegante, e sopratutto molto banale. Certe cose te le puoi inventare solo tu! però hai reso bene l'idea-
-Eh io sono un genio, pazzo ma un genio!- Ammise modestamente la bruna.
-E di Dante che te ne sembra? Per la serie se Vergil è affascinate, come definiresti il fratello?- Sveva e la sua mania di dare aggettivi e definizioni alle persone.
-Mmm Dante, Dante è assurdo, pazzo, divertente, avvolte molto cretino!- Federica si sorprese di poter scoprire tutte queste cose di una persona in una sola serata.
-Ma povero! Non è stupido - Lo difese la bionda probabilmente intenerita. -Io lo definirei spontaneo, insomma fa tutto quello che gli passa per la testa senza pensarci, nè crearsi problemi- 
-Tu sei sempre la più buona, comunque siamo pari tu hai dato un aggettivo a uno e io un altro al gemello- Ragionò Federica -Wa Dante e Vergil, manco fossimo nella divina commedia... Ma come diavolo li hanno scelti 'sti nomi? Cioè se mi chiamassi io così ai miei genitori non gli rivolgerei più la parola- Rise ancora incredula della situazione.- e poi a 18 anni dritto al comune...Ma tu ci pensi  a quanta gente gli avrà riso in faccia quando gli hanno detto i loro nomi?-
La bionda assunse una strana espressione, mentre si guardava intorno con aria di finta non curanza...
-No, non dirmi che tu....!-
-Ma io pensavo che stessero scherzando! Ma chi sia chiama ancora Dante,e poi con un fratello Vergil...e andiamo avresti avuto la stessa reazione e uffa!-
-Piccola, hai ragione la colpa non è tua,è....dei genitori!- Federica annuì come se avesse appena pronunciato una verità universale.
-Intanto i genitori devono essere molto belli entrambi...-
-Perché non li hai visti?- Chiese l'altra curiosa
-No, ma lo intuisco da come gli sono venuti i figli!-
Ancora uno scoppio di risa. In quell'istante entrambe erano perfettamente rilassate, si stavano godendo l'estate e il sole caldo le gli asciugava la pelle ancora bagnata, meritato riposo dopo un anno di scuola sopportata mal volentieri in compagnia di gente che vedevano ancora meno volentieri. Ma in quei giorni, come in un muto patto avevano stabilito di non pronunciare mai niente che avesse a che fare con quella realtà parallela che si era temporaneamente interrotta. Ed ora erano solo loro stesse: due adolescenti, due ragazze diverse da chiunque altro, ognuna regina di un proprio universo pieno di stramberie.
-Ma secondo te uno dei genitori è albino?- Finalmente passarono ad affrontare l'aspetto più evidente dei due ragazzi: l'albinismo.
-Oddio, credo si.- Qualcosa nel cervello di Sveva tentò di riesumare qualche pagina di biologia -Non so se è una di quelle malattie in cui se entrambi sono portatori sani il figlio è malato..Però potrebbe essere..Macchenesò!-
-Yee viva l'ignoranza! Wa chissà chi è albino se la madre o il padre... - Federica iniziò ad immaginare gente dai capelli bianchi, che si trasmette questi colori slavati da generazioni, fino ad un capostipite pieno di scheletri nell'armadio, magari anche vampiro.
-E per di più non è che hanno UN figlio albino, ma due gemelli - I ragionamenti poco più sensati di Sveva la riportarono alla realtà
-Si infatti che sfiga!  No che sto dicendo? Meglio per noi se sono due gemelli!-
-Vero, ma non tanto perché sono gemelli fossero stati pure cugini parenti lontani anche conoscenti, è che sono..sono Bellissimi!Sembrano attori del cinema!-
-Il che è strano di solito gli albini sono piccolini magrolini fragilini, invece hai visto Dante che muscoli? E Vergil che portamento!Insomma sono perfetti, e pensare che noi conosciamo tutti normali diciamo senza malattie nè niente e sono di quella bruttezza!Piccoli, bassi, antipatici che si credono chissà chi... se i gemelli sono come sono, e fossero tutti albini a questo punto!- La battuta, forse un po' cruda di Federica aveva, in realtà, espresso perfettamente quello che entrambe pensavano dei ragazzi, soprattutto dei loro compagni di scuola.
-O  magari  Dante e Vergil hanno fatto un incantesimo e hanno...hanno poteeeri per cui sono più belli alti e splendenti!- Sveva imitò di nuovo la vocina di bambina incantata da una fiaba...
-Si, come no tesoro. Credici!-
La famiglia di Federica le richiamò in acqua per un ulteriore bagno, e per fare compagnia ai bambini che, da soli,  iniziavano a diventare irrequieti. Le ragazza accettarono di buon grado perché il sole ormai le aveva asciugate e il gran caldo iniziava a tormentarle facendo arrossare la pelle. I loro costumi che si erano asciugati in mezz'ora ci misero circa cinque secondi a bagnarsi nuovamente.

Un costume blu elettrico, da cui pendeva un laccio nero pece,  faceva capolino da una valigia semi aperta. Un ragazzo dal fisico sapientemente scolpito stava dritto davanti ad uno specchio lungo, che lo ritraeva a figura intera, provandosi vari articoli da mare, e facendo di tanto in tanto varie smorfie alla sua immagine riflessa. La stanza era un caos, una parte del contenuto della valigia era sparso per terra, sul letto e sulla sedia, come se quella fosse per loro la collocazione più naturale, il ragazzo sembrava non accorgersene:  in quello scenario apocalittico c'era solo lui, dritto in mezzo alla confusione, e il proprio riflesso. I suoi occhi azzurri scrutavano ogni centimetro di quella fedele riproduzione, pronti a emettere elogi e condanne in egual misura, a seconda se ciò che vedevano fosse soddisfacente per i loro standard di quasi assoluta perfezione. Aveva provato capi di abbigliamento per il mare che variavano per forma e colore, fantasie e taglie, tutto doveva adattarsi perfettamente a lui, come se il suo corpo fosse stato nella mente di stilisti e sarti nei momenti di creazione dei pezzi, che fossero indifferentemente t-shirt, pantaloni e costumi. Era il suo modo di essere se stesso, di esprimere la sua personalità e farla percepire agli altri con uno sguardo privo di parole. Era un giovane pieno di se stesso, egocentrico nel senso vero del termine, metteva la sua persona al centro di tutta la realtà: se fosse una cosa per lui naturale o necessaria, se fosse arrogante o insicuro nessuno lo avrebbe mai saputo.
Vergil si era alzato prestissimo, le lancette dell'orologio nel momento in cui la sveglia iniziò la sua sonata dolente, erano posizionate entrambe sul sei: le sei e mezza di un luminoso mattino d'estate. Alzò un braccio e con un colpo vigoroso abbassò il tasto che interrompeva la suoneria, si mise a pancia in su, e nel buio fissò il soffitto per qualche minuto, perso in chissà quali pensieri, o forse con la testa vuota. Quando la sua misteriosa meditazione finì , si alzò dal letto spostando l'unico lenzuolo che lo copriva e si diresse in bagno; accese la luce e aperto il lavandino si fissò  nello specchio, forse analizzandosi attentamente o forse non vedendosi, si sciacquò la faccia con dell'acqua gelata, in pochi secondi il sonno si dileguò.
Tornò in camera, e con un gesto veloce fece sì che anche in quel vano si diffondesse la luce, fissò per un attimo lo spazio che aveva a disposizione, tutto era al proprio posto in modo assolutamente preciso. Si sedette sul bordo del letto, concedendosi di mostrare quella debolezza soltanto perché non divideva la stanza con nessuno. Non avrebbe mai permesso ad anima viva di conoscere un suo, anche minimo cedimento o debolezza. Nella sua vita adottava un disciplina ferrea: il fatto di essere nato con qualcun altro, di aver dovuto dividere l'attenzione dei genitori e anche il suo aspetto fisico con un altra persona, l'aveva costretto ad imporre come fine ultimo quello di farsi riconoscere come l'unica vera identità, come il migliore, e soprattutto come se stesso, non come uno dei gemelli. Probabilmente se Dante non fosse esistito, o se almeno fossero stati diversi fisicamente tutto sarebbe stato diverso. Ma non lo era e quello stato di cose l'aveva fatto diventare la persona che era, o che gli altri credevano fosse.
 Mentre era ancora seduto, poggiò i gomiti sulle  ginocchia e  in una posizione un po' prostrata iniziò a massaggiarsi le tempie: per la prima volta sentiva l'effetto del jet lag, delle lunghissime ore e dell' eccitazione del viaggio.  Pensò che avrebbe dovuto aprire la finestra, voleva osservare l' Italia che ancora dormiva davanti a lui, non c'era mai stato, malgrado fosse una terra che aveva influenzato la sua famiglia: il suo nome e quello di suo fratello erano italiani, e poco distante dal paese dove si trovavano c'era la città in cui era sepolto il grande poeta di cui lui portava il nome: Virgilio. Sorrise pensando al suo nome in italiano, non l'aveva ancora sentito pronunciare in quel modo, ma gli sarebbe piaciuto sentire come suonava. Le uniche persone che effettivamente aveva conosciuto finora, e a cui avrebbe potuto chiedere la pronuncia, erano le due ragazze di ieri sera. Sveva e Federica, ebbe davanti i loro visi in maniera netta come se il sonno non gli avesse offuscato i ricordi, sembravano così diverse..era davvero strano che fossero amiche, si chiese che razza di amicizia potesse essere la loro, perché le donne, (malgrado fosse giovane l'aveva già notato), potevano essere amiche e volersi bene come sorelle, oppure definirsi amiche ed odiarsi come le rivali peggiori, a volte anche entrambe le cose. Pensò a Federica, il suo fisico elegante, i grandi occhi nocciola e quei modi schietti, lo aveva colpito subito sembrava esprimere un gran carattere sia nei gesti che nel modo di apparire; lo aveva stuzzicato l'idea di conquistarla, perché gli era sembrata immediatamente la più bella e lui voleva per sè solo le cose migliori, ma infondo doveva ancora conoscerla e confermare quelle sue impressioni. E poi c'era l'altra "la ragazza di Dante", si ricordò di come si fosse arrabbiata quando il fratello l'aveva chiamata in quel modo;  con lei si era divertito l'aveva fatta intimidire con un baciamano e con uno sguardo, sembrava più fragile rispetto all'amica meno appariscente, la ricordava in modo meno netto, sebbene ci avesse passato più tempo. A ben pensarci la ricordava nei primi momenti per poi sfocare la sua immagine da quando aveva visto l'amica, evidentemente  non le aveva prestato poi tanta attenzione, anche se una cosa la ricordava: al contrario di Federica che aveva gli occhi e i capelli marroni, e quindi uno sguardo scuro; Sveva aveva qualcosa di chiaro, non ricordava quale fosse il colore dei suoi occhi, solo qual piccolo lampo chiaro. Quello strano ricordo lo turbava e affascinava allo stesso tempo.
Senza ulteriori indugi, e giudicando di essersi riposato abbastanza, aprì la finestra e si mise in attività: doveva essere il primo giorno in spiaggia, e lui come ogni anno avrebbe dovuto compensare con una perfetta forma fisica la perenne mancanza di abbronzatura, e il costume, abbinato ai vestiti, contribuivano a mettere in risalto la sua persona. Per questo si era alzato prestissimo con l'intenzione di provare tutto quello che poteva essere adatto per andare al mare, e senza fare ritardo a colazione, in modo che nessuno potesse fare domande su cosa aveva fatto: la sua perfezione doveva risultare naturale e non frutto di grande studio. Aveva iniziato a provare freneticamente i capi, togliendoli velocemente dalla valigia e buttandoli poi dove capitava una volta finito di indossarli.
Stava dritto davanti allo specchio, fissandosi squadrandosi, valutandosi.
-Linea perfetta, bell'abbinamento...colore da dimenticare, mi fa sembrare un cadavere!-
-Ah si questo va decisamente bene, belle proporzioni, taglio di moda, e  mette in risalto il bacino. Ah si, davvero perfetto -
-No, questo no, accidenti guarda che brutto...avrei dovuto fare più esercizio, avrei dovuto fare un taglio diverso, avrei, avrei, avrei...-
Con un sospiro di sollievo finì di provarsi tutto quello che aveva scelto, aveva passato due ore a guardarsi allo specchio, ora e era stanco e nervoso. Andò in bagno e si ristorò con una lunga doccia. Tornato in camera, coperto solo da un asciugamano intorno alla vita, osservò il caos, che aveva creato poco prima, senza interesse considerandolo solo un inutile intralcio; si mise a riordinare rapidamente badando solo a mettere da parte i capi scelti per quella mattina.
Attorno alle nove, quando ormai aveva quasi finito di riporre le proprie cose, giudicò saggio chiamare il fratello per assicurarsi che fosse sveglio. Lui sarebbe stato pronto in poco tempo, mentre a Dante serviva molto anche solo per alzarsi dal letto, poltrone!
-Buongiorno poltr...ehm..Fratellino! Sono le nove è ora di alzarsi, direi.-
-Fanculo, ho sonno!-
-Mi spiace saperlo, comunque muoviti, a me manca poco per essere pronto. Lo sai che alla mamma non piace fare colazione tardi-

Dante appese il ricevitore senza neanche aggiungere una parola, sentiva un cerchio di piombo pesargli nella testa, come se la sera prima si fosse ubriacato pesantemente. E invece le sue uniche colpe, nell'ordine, erano: abitare a migliaia di chilometri da lì, avere chissà quanto sonno arretrato, aver fatto tardi la sera prima con suo fratello e due carinissime ragazze italiane che mai si sarebbe fatto sfuggire, ed aver dormito soltanto sette ore. Non poca roba, eppure niente di queste cose gli avrebbe tolto quel dolore lancinante. -Ho sonno maledizione!- In una grottesca contraddizione, si alzò urlando dal letto, con uno scatto veloce. Si mise le mani davanti agli occhi, percependo in quel momento l'assenza della luce, c'era solo una debole sfumatura chiara che entrava dalle serrande del balcone, come a ricordargli, come poc'anzi aveva fatto Vergil, che era mattino inoltrato e lui doveva alzarsi. Indignato con il mondo che non gli permetteva di seguire il suo bioritmo naturale accese la luce che teneva sul comodino, rimanendo temporaneamente ferito da quel bagliore. Emise un sospiro rassegnato, capendo che una nuova giornata doveva iniziare che lui lo volesse o no!
Si mise in piedi, guardandosi intorno come non riconoscendo la camera con cui ancora non aveva pienamente familiarizzato, mosse qualche passo e fece una smorfia da bullo allo specchio, trovandosi a dir poco spaventoso, non avrebbe potuto guardare nessuna ragazza con quei cerchi agli occhi, doveva farsi una doccia, mettersi in tiro, doveva...si ributtò sul letto!
Raggiunto il cuscino se lo mise in testa, ma non trovando l'ambiente di suo gradimento, spinse l'interruttore che faceva ripiombare la stanza nel buio. Come capita ogni tanto la mattina, in quello spazio di tempo in cui  il nostro inconscio comprende di dover ricominciare a breve l'attività giornaliera e ricomincia ad elaborare i nostri ricordi per meglio affrontare il presente, Dante sognò la giornata appena trascorsa, venendo a contatto con pensieri che aveva formulato senza rendersene conto.
Una luce intensa, il cielo azzurro, una vecchia torre sulla strada per entrare in paese, come presagio di un mondo diverso. L'atrio e il fratello distratto, guardava un punto poco lontano, fu allora che le vide: due ragazze che si abbracciavano, erano vestite in modo molto simile, anche se i loro corpi erano molto diversi. Si disse che le conosceva. La noia di un pomeriggio senza niente da fare, un viso, dei capelli biondi, un sorriso che gli spunta spontaneo sul viso.
-Alighieri stai attento!- Una voce allarmata, e lui divertito, come sempre. Una ragazza fra le sue braccia.
-Sveva, hai quasi il nome di mia madre, e sorridi, sei timida, ma non te la prendi per i miei scherzi...Mi fai tenerezza- Era quello che lei gli comunicava, un senso di tenerezza, di dolcezza, di fragile serenità. Era carina aveva notato anche questo, certamente. Ma c'era qualcos'altro: che si stesse affezionando?
E poi vide la stessa scena, ma da un angolatura diversa: la stessa ragazza e Vergil che le prendeva una mano e se la portava alle labbra. Perché lo aveva fatto? Era sempre quel senso di rivalità che li accompagnava dalla nascita mista a quell'affinità insita in loro che li portava a volere comunque le stesse cose?
La scena si fece buia, vide due ragazze abbracciate, aveva già visto quella situazione: erano sempre le stesse ragazze, le avevano viste arrivare il primo giorno, e poi le aveva dimenticate! Sveva è di spalle, vede solo il viso di Federica, un ciuffo di capelli le copriva gran parte della fronte, guardava in basso e diceva qualcosa, ma lui non riusciva a sentire. Lei ride, quell'espressione lo fa sentire felice, si sente bene. Era una gran bella ragazza, la parte italiana che mancava a Sveva, quelle due sembravano completarsi a vicenda, come le due parti opposte di un puzzle, eppure si vedeva che erano molto legate, che si adoravano: non si stupì del fatto che fossero così amiche. L'una era la riservatezza, l'altra l'esuberanza, la grinta. Guardò verso una finestra che dava nel locale, vide loro quattro ridere spensierati, erano una bella comitiva, o forse delle belle coppie: coppia di amiche, coppia di gemelli, sarebbero diventati coppie di fidanzati?
-Sono stata bene- Sentiva flebilmente una voce in lontananza, qualcosa turbava la sua emozione, qualcosa di molesto. Un trillo forte.
-Cazzo sono in ritardo! che ore sono? Arrivo- Svegliandosi di colpo, si diresse verso la porta, pensando che qualcuno bussasse, la spalancò, si trovò davanti solo due vecchiette che attraversavano il corridoio dirette all'ascensore, le quali, a quel punto, lo fissarono sbalordite. Dante si guardò:  eccezion fatta per uno striminzito pantaloncino rosso, era nudo. -Porca- chiuse violentemente la porta, mentre probabilmente le due anziane stavano ridacchiando o segnandosi. Il rumore rimaneva.
-Pronto?- Era il telefono.
-Allora sei vestito?- L'albino pensò alla figuraccia fatta poco prima
-Non ancora, Verg.-
-Non ti sarai riaddormentato, vero?-
-Be ecco veramente- Lo raggiunse un improperio
-Tra mezz'ora in terrazza.-

Eva raggiunse il tavolo dove la aspettavano i due figli -Dormito bene, cari?- Chiese raggiante, lei era sempre perfetta, e fresca come una rosa d'aprile.
-Si mamma- Le giunse la medesima risposta poco convinta all'orecchio.
-Oggi pensavate di venire al mare con me, vero? So che l'albergo ha una meravigliosa spiaggia qui davanti!- Disse felice versando il caffè, che sperò senza ammetterlo, avrebbe svegliato i suoi figli.-Avete portato le creme protettive, vero ragazzi? Sapete che non potete esporvi al sole senza.-
-Certo mamma le ha portate Vergil, lo sai che è lui quello responsabile!- Disse Dante con tono annoiato, quando sentì suo fratello che soffocava.
-Io? No Dante, proprio perché io sono quello responsabile, ho portato le guide, le cartine e simili...le creme le hai portate tu!- Vergil guardava il fratello come se delle fiamme verdi stessero per uscirgli dagli occhi
-Ma, io...-
-Ok ragazzi. Non fa niente, vorrà dire che per oggi rinuncerete al mare, e andrete a comprare i protettivi solari - Concluse la madre.

-Idiota! Tutta colpa tua se non siamo stesi al sole!- Vergil era furioso.
-Senti le hai sempre portate tu le creme, io faccio di tutto per non mettermi quella roba appiccicosa addosso! Potrei benissimo farne a meno.- Rispose di rimando Dante egualmente arrabbiato.
-Si e poi bruceresti vivo, incosciente!-
Inutile dire che trascorsero così tutta la strada che li separava dalla farmacia più vicina e fornita. Sotto il sole cocente senza alcuna protezione se non due cappellini da basket a coprire le teste colorate d'argento.  Trascorsero qualche lungo minuto a tentare di spiegare al farmacia quello che gli serviva, ma a quell'ora trovarono solo il proprietario anziano per cui la parola inglese determina  solo il cognome di un qualche collega. Non ottennero nulla finché Dante non afferrò un pezzo di carta e ci disegnò sopra un omino triste e un enorme sole che lo colpiva, per poi scoprirsi il capello ed indicare i capelli e il colorito troppo chiaro per esser normale, Vergil scrisse tra il sole e l'omino la parola "albino", che sapeva essere uguale in tutte le lingue.
Dopo un quarto d'ora riuscirono a tornare in strada con i loro preziosi protettivi , e Dante trascinò il fratello per il resto del viale, sapendo che poco lontano si trovava un gelataio.
-Gelato alla fragola!-
-Razza di facocero, hai appena mangiato! - Veril non sapeva se essere disgustato o sorpreso.
-Si ma per esprimere il mio talento creativo mi ci è voluta molta energia- Rispose il ragazzo, agitando il disegnino che aveva fatto al farmacista.
-Ti sopporto solo perché ci hai fatto ottenere la crema!
-Ora manca solo qualcuno che la spalmi- Sentenziò facendo l'occhiolino da sopra il gelato rosa.
-E mi sembra che tu abbia già una biondina in mente!-
-Già, che ti è sembrato di quelle due? Mi pare che la bruna ti sia piaciuta molto!-
-Si abbastanza, - Neanche Vergil trattenne un sorriso. -E' davvero..ben fatta!-
-E' vero, ha una gran linea , molto magra e poi è alta..cosa strana per le ragazze qui. Hai visto che gambe? -
-Era difficile non notarle! Ma tu non ti guardavi la tua biondina?- Chiese curioso di sapere se le preferenze del fratello stessero cambiando direzione.Gli rispose con un sorriso da don giovanni
-Ti assicuro che l'ho guardata!- I suoi occhi disegnarono una curva nell'aria. -E poi non mi sembrano male come carattere, insomma mi sono divertito ieri. Tu?- Dante sapeva che se il fratello avesse risposto negativamente, avrebbe voluto dire che le giudicava due che  intellettivamente non valevano niente.
-Si, anche io. Sono molto simpatiche! Non ridono quando leggono il menù scambiandolo per un libro di barzellette!-Mai pretendere troppo da Vergil.-Entrambe sembrano abbastanza sveglie, anche se Federica mi sembrava più  sciolta-
-Hai ragione, ma anche Sveva lo era abbastanza, credo che sia semplicemente più timida.-
-Già, ho notato che sembrano diverse anche caratterialmente, oltre che fisicamente-
-E' vero, l'ho notato anche io. Sono come il nero e il marrone, si somigliano pur essendo diversi e stanno bene insieme- Gulp Dante ingogiò l'ultimo pezzo di gelato.
-Scommetto che questa ti è venuta guardando il cono bruciacchiato! Avanti torniamo all'albergo, tanto sulle ragazze tranne  apprezzamenti sul fisico non possiamo dire niente: dobbiamo ancora conoscerle.-
E così i gemelli si riavviarono in direzione dell' albergo


Hello, miei affezionatissimi lettori!
Rieccoci qui con un nuovo capitolo di Doppia Coppia. Innanzi tutto, mi congratulo con voi per il coraggio dimostrato nell'arrivare fino a qui! Spero che la storia vi piaccia, e che vi sia piaciuto anche questo capitolo 6. Ho avuto un po' di  incertezze nel pubblicarlo per intero, perchè mi è venuto di una lunghezza abnorme, però poi ho deciso di non spezzarlo, perchè essendo una storia su DMC un capitolo in cui comparivano solo le due ragazze sarebbe potuto risultare noioso. La narrazione è divisa in varie parti a seconda dei punti di vista dei personaggi: ho operato questa scelta perchè volevo farvi conoscere i loro pensieri e il loro modo di vivere, mettere in evidenza dei lati del carattere che altrimenti non si sarebbero notati abbastanza.  Spero di aver fatto un buon lavoro e che questo capitolo incontri i vosti gusti e soddisfi le vostre aspettative.
Un abbraccio grandissimo a tutti i lettori e recensori (Grazie come sempre di farmi sapere le vostre opinioni!)...arrivederci al capitolo 7
Bry!

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Capitolo 7
*** Il sogno di Fy Chan (Una mattina sugli scogli) ***


Era una luminosa giornata d'estate,  il sole splendeva alto e rovente sopra i corpi dei bagnanti, il cielo azzurro si estendeva chiaro e privo di nuvole. Solo il vento,  impertinente, osava guastare quella mattinata idilliaca, soffiando veloce e gelido. Il rumore degli ombrelloni, succubi delle folate, si confondeva con quello delle urla del mare, agitato per lo stesso motivo. Il rombo furioso delle onde riempiva le orecchie delle persone vicine alla riva, che si godevano la spiaggia, per una volta non essendo oppressi da un caldo eccessivo. Solo alcuni genitori erano privati di quella tranquillità: doveva essere vigili attenti di bambini piccoli, che giocavano troppo vicini alle onde.
Degli occhi color dell'ombra si mossero ad osservare le due teste d'argento più in là; nel suo sguardo brillava l'affetto oscurato dal peso delle responsabilità. Si concesse qualche altro minuto di riposo, godendosi quei primi raggi di sole che le carezzavano la pelle come teneri amanti. Il colpo scolpito era ancora bianco, come l'inverno lo aveva lasciato, le lunghe gambe appena piegate davanti a sè. Sospirò  osservando il proprio corpo fasciato in un costume a due pezzi, verde bosco: non aveva scelto colori più cangianti per via del pallore ancora evidente. Era ancora una donna splendida, sebbene il suo ventre avesse sostenuto due figli contemporaneamente, una gravidanza che su di lei non avrebbe avuto effetti, se non si fosse trovata ad  allevare due magnifici bambini prima, e ragazzi poi. Si voltò nuovamente ad osservare i suoi figli, aveva fatto un buon lavoro: Dante e Vergil erano diventati due giovani uomini bellissimi, e dai caratteri forti ma, a loro modo dolci. Li vide affaticati dal sole, nonostante non ci fosse un caldo eccessivo, i gemelli risentivano del loro primo giorno in spiaggia, in quel momento con i corpi sudati, i capelli in disordine e gli occhi chiusi, apparivano identici. Solo quando si comportavano naturalmente, senza tentar di fuggire quella loro, inevitabile somiglianza, si vedevano per quel che erano: due persone indissolubilmente legate dallo stesso aspetto, due gemelli identici.
Eva decise di  mettere fine alla quiete in quello stesso istante.
-Ragazzi, - si alzò scuotendo delicatamente, ma decisamente entrambi i figli -dovete mettervi la crema solare!- Agitò un tubetto bianco davanti ai loro visi, su cui vi era stampata, a grossi caratteri gialli, la scritta "Crema solare, protezione massima".
Un mugolio arrivò direttamente dalla gola di Dante, che neanche aprì gli occhi. Vergil invece guardò la confezione, ma si mise subito una mano poco sopra la  fronte perché il sole accecante gli feriva gli occhi chiarissimi. Eva gli porse il tubetto, decidendo di dare a Vergil il tempo di spalmarsela e poi svegliare Dante, per costringere anche lui a mettersela. Svogliatamente, l'unico sveglio dei due gemelli, prese la crema ed iniziò a passarla sul corpo, uniformemente, attentamente e in grandi quantità: fin da quando era piccolo odiava scottarsi, cosa che, nonostante la crema, gli succedeva perennemente. Si mise una mano sulla schiena tentando di proteggere anche quella parte dai raggi inclementi -Non ci arrivo- mugolò fra i denti, sua madre gli si avvicinò premurosa come sempre, e sedutasi sul lettino del figlio, gli coprì una parte delle spalle di crema, per poi  spanderla per tutta la schiena. Vergil sorrise beato a quel massaggio benefico, nonostante la sua aria glaciale, non disprezzava le affettuosità di sua madre, quando Eva ebbe finito si voltò verso di lei sorridendo ancora. -Grazie mamma- mormorò come un bambino di cinque anni dopo che ha ricevuto la merenda.
-Figurati caro- gli pose un bacino sui  capelli dorati, sorridendo a sua volta, mentre nel suo animo si preparava alla dura battaglia.-Daaante- Chiamò a bassa voce mormorando con una voce dolce affascinante, come quella di una sirena, che purtroppo non sortì alcun effetto: il ragazzo chiamato in causa continuava a dormire.
-Tesoro -Eva si adagiò accanto all'altro figlio, -Se non ti metti la protezione, passerai da questa bella tonalità avorio, ad una pessima color rubino!-Niente da dire, elegante anche nelle ramanzine la mammina!
Dante aprì un occhio solo. -Mi piacciono i rubini- si rimise a dormire voltando la schiena al sole.
-Possibile che tu debba fare sempre così! Inizio ad essere stufa del tuo comportamento...- La madre decise di provare anche la carta della rabbia, sapeva che suo figlio detestava saperla preoccupata. Ed infatti si mosse
-Ok, non ti arrabbiare me la metto la crema!- Il trillo di un cerca persone distrasse Eva dalla propria vittoria, dovette rispondere ad una chiamata urgente e fece il grosso errore di voltare le spalle al figlio, che, in un primo momento finse di mettersi la protezione, per poi buttare il tubetto sulla schiena del gemello che dormiva placidamente.
-Deficiente, poi vediamo stasera chi urla dal dolore alla pelle- rispose Vergil tranquillo.
-Il rosso mi dona, e io non piagnucolo mai...- Un ghigno sinistro fu l'unica risposta del fratello. -Guarda Vergil, ci sono le ragazze!- Dante-occhio di falco salutò sua madre e corse verso la riva.
Sveva e Federica con lo sguardo rivolto alle onde si sentirono afferrare da delle poderose braccia.  -Hey!- esclamarono all'unisono, per poi guardarsi interrogativamente a vicenda. Avevano ovviamente riconosciuto uno dei gemelli dell'altro ieri, ma essendo quello poco vestito e con i capelli sudati, non riuscivano a capire chi fosse dei due ragazzi, e quindi a dargli un nome. Sveva era particolarmente combattuta dal modo di "presentarsi" avrebbe scommesso che fosse Dante, ma se si fosse sbagliata, e avesse chiamato Vergil col nome del fratello probabilmente sarebbe stata barbaramente uccisa da un solo, glaciale, sguardo. Decise di dissimulare l'imbarazzo giocando con una ciocca di capelli biondi che le finiva sempre davanti al viso.
-Ciao- Si voltarono tutti e tre a quel saluto, era arrivato anche l'altro gemello, le due ragazze erano sempre più imbarazzate, mentre Dante ancora sorrideva imbambolato con le due amiche fra le braccia. L'ultimo arrivato, intanto si era passato una mano sulla testa a tentare di mandare indietro i capelli, manovra che di fatto non ebbe successo. Sveva riconobbe il gesto, ma l'amica intanto aveva già svelato il motivo del loro imbarazzo.
-Scusate chi è Dante, e chi Vergil?- Per i due ragazzi fu come un fulmine a ciel sereno, soprattutto per Vergil che si stava scocciando di essere, tanto spesso, anzi troppo  spesso, scambiato per il gemello.L'altro intanto, un po' offeso anche lui, lasciò i fianchi delle ragazze per andare vicino al fratello.
-Possibile che nessun italiano ci riconosca! La cosa inizia a darmi sui nervi..- Il tono evidentemente acido. -Tu sei Vergil!- una vocina lo sorprese, mentre ancora stava per continuare i suoi lamenti. Sveva aveva un dito puntato verso il suo petto e lo guardava negli occhi. Annuì, semplicemente col capo, senza parlare e guardandola negli occhi, tentando di definirne il colore. Non ci riuscì perché il fratello, ribadendo di essere Dante (come se non si fosse ancora capito),  trascinò le due ragazze in acqua e spruzzò il gemello, che ancora stava all' asciutto, costringendolo a buttarsi. Quel giorno i vecchi pensarono che la gioventù odierna non aveva educazione, e i bambini credettero che solo i poco-grandi si sapevano divertire.
-AHHHHH- I quattro ragazzi erano risaliti sulla spiaggia insieme, perché Sveva e i gemelli avevano i lettini vicini. Quando furono abbastanza vicini al posto riservato agli Sparda, sentirono un urlo squarciare l'aria. -Dante, povero caro, che ti è successo!- Una donna, che Sveva riconobbe come quella vista in ascensore,  si avvicinò al ragazzo  e lo osservò attentamente con  sguardo ansioso. -Ma la crema non ha fatto effetto tesoro?- Gli altri tre si girarono e fissarono Dante, pensando che adesso avevano modo di distinguere i gemelli; infatti mentre Vergil ostentava ancora un pallore albino, sulla pelle dell'altro ragazzo c'era stato un vistoso cambiamento cromatico: Dante era rosso fiamma. Le ragazze si guardarono perplesse, notando che nessun altro si fosse scottato, mentre Vergil ridacchiava sonoramente. -Su tesoro, mettiti altra crema, magari così non peggiora la situazione-
-Ma mamma non me la voglio mettere la crema!- Protestava il ragazzo nauseato dall' idea di spalmarsi quella cosa addosso, mentre anche gli altri si avvicinavano al suo lettino.
-Ma Dante se non te la metti stasera urlerai dal dolore, guarda che fanno male le scottature!- La biondina si era inginocchiata vicino al ragazzo steso, tentando di convincerlo.
-E' inutile, non lo convincerai mai!- sentenziò l'altro gemello, irritato dal fatto che il fratello fosse la star del momento a causa della sua stupidità.
-E allora è uno scemo!- aggiunse Federica, cosa che fece sorridere Vergil.
Sveva dispiaciuta per Dante si girò a guardarlo, notando che lui fosse molto più interessato al fisico delle ragazze che al rossore del proprio. La ragazza si alzò e bisbigliò una cosa all'amica.
-Pervertito com'è sarebbe l'unico modo per convincerlo- le rispose Federica togliendosi dal viso i capelli resi ancora più scuri dall'acqua.
Approfittando del fatto che la madre dei ragazzi si era momentaneamente assentata per prendere delle bibite fredde, Sveva e Federica  attuarono il loro piano, -E' questa  la protezione solare?- la prese senza aspettare risposta, e guardò l'amica che annuì -Dante ti va di fare un gioco?- alla risposta affermativa del ragazzo la bruna prese la parola.
-Girati, su non fare storie girati!- Confuso il ragazzo si trovò a fissare Vergil che si era rimesso a dormire, quando, improvvisamente ebbe un brivido: una mano che gli scivolava lungo le spalle. -Secondo te chi è, io o Sveva?-
-Eh?- Un secondo tocco, percepì qualcosa di unto, capì che una delle due gli aveva appena passato della crema sulla schiena -Cioè devo capire chi è delle due?- La cosa si fa interessante!-Mmh Sveva?-
-Sbagliato!-
Le ragazze passarono così un quarto d'ora, tra risate, brividi e sorrisi maliziosi, (inutile dire che Dante non indovinava mai chi fosse delle due a massaggiargli la schiena con la protezione), fino a che non lo convinsero a finirsi di passare la crema da solo,(e ci misero parecchio perché ovviamente  lui, dopo essersi così divertito non ne voleva sapere di smetterla ).

Vergil si svegliò con un grande sbadiglio nel momento in cui il fratello si finì di mettere la protezione, coincidenza che suggerì agli altri la possibilità che non avesse mai dormito ma solo fatto finta. -Andiamo sugli scogli. Mi sto annoiando!-  Guardò freddamente le ragazze e il gemello, come a far capire con lo sguardo che fino adesso avevo accontentato e coccolato Dante, adesso toccava a lui ricevere attenzioni.
-Ma a me non piacciono gli scogli!- Disse timidamente Sveva. -Non mi importa!- si senti rispondere da Vergil, mentre Dante fu molto più premuroso -Non ci fare caso, a lui gli scogli piacciono tanto perché sono spigolosi quanto lui- le disse sottovoce. Federica invece era già schizzata a prendere un pareo, felice di cambiare location.
La piccola comitiva si avviò verso l'altro lato del lungomare, in un vortice di colori:  Sveva aveva un pareo bianco sul bikini fucsia, Federica un pareo arancione su bikini verde, Dante era completamente rosso fatta eccezione per il costume floreale, e Vergil sfoggiava le tonalità chiare, pelle diafana e costume azzurro.
Il mare salutò l'arrivo dei ragazzi con un onda piuttosto alta, la corrente infatti era ancora forte, e sospinta dal vento.  Sveva si guardò intorno preoccupata non le era mai piaciuto farsi il bagno in un posto che non fosse una tranquillissima spiaggia sabbiosa.
-Che bello questo vento sugli scogli, abbiamo fatto bene a venire qui, così non abbiamo la sabbia negli occhi!-Trillò la brunetta felice, mentre Dante non osservato la abbracciava sorridendo sornione,
-Ci è andata bene come primo giorno, con questo vento non soffriamo nemmeno il caldo, apparte te che sei il solito salame, e non accorgendoti che comunque il sole picchiava ti sei scottato come un bambino deficiente!- In una sola frase Vergil era riuscito ad offendere due volte il fratello.
-Sediamoci là!- Dante, ignorando a bella posta gli insulti, indicò un posto abbastanza esposto al vento e alle onde.
Verg, sei sicuro che il vento non sia troppo forte?- Chiese Sveva avvicinandosi al ragazzo e sfiorandogli un braccio con le dita per attirare la sua attenzione. Entrambi, sorpresi,  notarono quei gesti... cosa  lo aveva appena chiamato Verg? Aveva appena chiamato con un amichevole diminutivo quel gigante dal cattivo carattere, che le stava succedendo? si chiese la ragazza, rispondendosi che l'odio per gli scogli le stava dando alla testa.
Vergil aveva tremato nel momento in cui aveva sentito quella lieve carezza sul suo avambraccio, con un modo d'invidia si chiese cosa aveva provato Dante quando le due ragazze gli avevano messo la crema. Trovandosi sconvolto  dal desiderio di un nuovo contatto il ragazzo guardò severo la bionda, ponendo, di fatto, le distanze che lui stesso non desiderava. Osservò con la coda dell' occhio il gemello che rideva con Federica, le stava dicendo qualcosa all'orecchio con fare sensuale e fanfarone, e lei, ammiccando, rideva in risposta.  Mosse qualche passo in direzione dei due, senza voltarsi verso Sveva, ma anzi lasciandola da sola.  -...Sta tranquilla il vento non è così forte-  
Come sentendosi chiamato in causa l'elemento, che nasceva dal mare e saliva verso il litorale, soffiò un pochino più forte, ma non abbastanza da far allarmare il ragazzo albino che raggiunse senza problemi il posto indicato precedentemente dal fratello
-Hey Vergil sei arrivato... Verg, Veeerg?- Dante aveva visto, con la coda dell'occhio il gemello che si avvicinava, ma il tempo di girarsi completamente e Vergil non c'era più! Si voltò ma vide solo Federica ridere a crepapelle e Sveva puntare il dito nel punto sugli scogli. I tre ragazzi si guardarono, e senza pronunciare parola si sporsero verso il mare, e con curiosità guardarono giù. In quel momento l'altro albino si stava arrampicando sulla superficie ripida per risalire. Il fratello gli tese una mano, che Vergil accettò con un mugolio. -Ma che hai, ti pare il posto giusto per buttarti?- chiese Dante preoccupato.
 -Ti pare che mi buttavo da qui, idiota!-  L'albino chiuse un occhio trasalendo, la sua schiena era coperta di graffi sanguinanti, causati dalle sporgenze taglienti.
-Ma non avevi detto che il vento non era poi così abbastanza forte? - Chiese Sveva un po' acidamente, guardandolo con una piccola luce di vendetta.
-Infatti il vento non è forte! Il mare sì però!- Controvoglia il ragazzo infortunato raccontò che un' onda inaspettatamente alta lo aveva spinto verso il mare, e che lui sorpreso era caduto con la schiena contro gli scogli. Il suo sguardo imbronciato di nobiltà lesa fece ridere Dante -Ma che cazzo ti ridi?- Gridò Vergil infuriato -Sei il solito cretino senza cervello,  infantile ed egocentrico!-
Il fratello lo osservò con uno sguardo divertito -Vuoi che faccia l'altruista e ti aiuti- La testa dell'altro fece un leggero movimento, annuì.  Dante gli diede una poderosa spinta,  facendo però  attenzione a non buttarlo nello stesso posto precedente. -Va bene il sale cauterizza!-
-Tu sai che significa cauterizza?-  Esclamarono in coro le due ragazze!
-Si l'ho imparato in un documentario!- Ammise Dante grattandosi la testa.
-Tu guardi i documentari?- Chiese la bionda sorpresa.
-No, l'avevo scambiato per una televendita!-
-Ah, ecco!- Disse Federica un attimo prima di scoppiare a ridere puntandogli un dito verso il torace.
-Tu cosa hai da ridere, tu...!-Dante si buttò sulla ragazza facendole il solletico e mentre loro due giocavano come due ragazzini, l'altra andò a recuperare Vergil, che rimaneva a farsi il bagno da solo.
-...Non te la prendere- Sveva si tuffò in acqua facendo forse anche troppa attenzione agli scogli, lo raggiunse e biascicò qualcosa prima di riuscire a pronunciare quella frase, imbarazzata. -Lo sai com'è Dante -  Tentò di consolarlo
-Si lo so com'è-... uno schifo...-Tu perché non sei rimasta con lui?-
-Non mi sembrava carino nei tuoi confronti, siamo venuti insieme, non vedo perché tu debba rimanere solo!-
-Uh Uh attenzione arriviamo noi!- Due tuffi gemelli risuonarono nell'acqua, si erano buttati anche gli altri due.-Ciao piccola- Disse Dante abbracciandola stretta e posandole un bacio sulla spalla destra.
-Ehh che sono queste scene hard! - Rise Federica buttando le braccia al collo di Vergil che sorrise.
-Cavolo Dante quante volte te lo devo dire che mi da fastidio che mi abbracci così!-Mugolò la ragazza cercando di liberarsi da quella stretta, che più si rafforzava tanto più lei si dibatteva.
-E' inutile la cavalleria non la imparerà mai!- Affermò Vergil
-Andiamo non mi dire che preferisci i suoi baciamano ai miei abbracci- Protestò lui
-Ah.., e se fosse?- Rispose la ragazza con un sorriso che fece impazzire Dante. Anche questa volta l'altro fratello sorrise compiaciuto.
Splash Federica diede inizio a quella che sarebbe diventata la  prima guerra mondiale acquatica, in cui più volete i nostri eroi rischiarono di morire in battaglia affogati ingloriosamente. Nessuno dei quattro sarebbe stato in grado di dire  quanto tempo fossero rimasti a mollo; il tempo, come spesso fa, aveva perso la propria valenza oggettiva per assoggettarsi alle loro risate e schiamazzi. Si presero in braccio, tentarono di affogarsi, si azzuffarono, litigarono e fecero pace, si raccontarono tutte e nessuna avventura marina, mentre i raggi del sole splendevano inclementi riscaldando i loro corpi.
-Ho fame!-Disse Dante, nessuno sa quanto tempo dopo.
-E ti pareva che non eri tu a dirlo! Comunque tienitela perchè noi mangiamo stasera all'Hotel!- Rispose noncurante Vergil
-Ma dai tienitela... sembra la pipì!- Scherzò Federica
-Ah, sei disgustosa- Si lamentò la biondina tirando all'amica uno spruzzo d'acqua. -E comunque anche io ceno stasera- Aggiunse voltandosi di scatto, per evitare l'onda anomala creata dall0amica che rischiava di colpirla in pieno viso.
-Andiamo a farci dei panini, sono leggeri così possiamo comunque stare in riva al mare!-
-Per una volta hai detto una cosa intelligente fratellino!-
La comitiva uscì dall'acqua, e recuperata la loro roba attraversarono la strada davanti agli scogli, per arrivare poi al bar là vicino.
-Voi che volete?- Chiese Vergil alle ragazze
-Acqua-, -No, io Coca-
-Ok due coca cole e due acque minerali.... Da mangiare?-
-Io un panino al tonno-, -Anche io- -No io col salame!-- Manchi solo tu Dante!-
-Ok io lo prendo tonno, pomodoro, mais e crema di gamberi- Disse semplicemente l'albino
Le ragazze si guardarono interdette. -Possibile che tu mangi sempre quanto un rinoceronte?- Esclamò Vergil, che ormai non si sorprendeva neanche più.
Si sedettero ad un tavolino e consumarono il pranzo allegramente. Quando si  alzarono per pagare notarono delle attrezzature per la pesca.
-Si pesca qui vicino?- Chiese uno degli albini, incuriosito, al barista
-Si, giù agli scogli c'è il vecchio 'Trizio che pesca. Dovreste trovarlo a quest'ora-
10 minuti dopo il vecchio 'Trizio fu circondato da un allegra comitiva. Dovete sapere che il vecchio pescatore, non era proprio amichevole, anzi pur essendo sempre stato un gran burbero con gli anni era molto peggiorato, e quando pescava pretendeva il massimo silenzio, solo le onde potevano disturbarlo con il loro rumore. Esperto conoscitore di tutti gli insulti italiani e dialettali, rischiava a volte di esagerare perché avendo raggiunto, e forse superato, i settant'anni neanche il cervello gli funzionava più molto bene.
-Buongiorno!-  Dante si avvicinò gridando nel silenzio più totale, e sottolineò il saluto con una poderosa pacca sulle spalle del vecchio, che per lo spavento fece cadere buona parte delle esche a mare
-Ah strunz, si chiù malat e me ad avvicinarti così, ma tornate alloc da dove sì venut! -
-Non credo lo stia salutando gentilmente vero?- chiese Vergil che pur non comprendendo il dialetto aveva capito benissimo il tono con cui era stato pronunciato.
Il vecchio si girò, voltando le spalle ai ragazzi, neanche fischiettava, segno che Dante lo aveva proprio messo di cattivo umore..
Passarono 5 minuti
-E cosa pesca?-
-E'  difficile pescare?-
-E viene sempre qui?-
Ovviamente l'albino non aveva capito l'antifona. Il vecchio sbottò qualche inedito  -E santi Gamberi imperatori te vuò sta zitt! -Per poi ritirarsi in religioso silenzio
Passarono 10 minuti
Vergil, Federica e Sveva sbadigliavano al sole, non  prestando attenzione al vecchio e a Dante che gli stava attaccato. Si godevano il caldo, per una volta stando all'asciutto, Vergil ne aveva approfittato per una seconda passata di crema, le due ragazze per leggere qualche pagina di romanzo. Tutto taceva, le onde continuavano il loro eterno andirivieni. Fino a quando l'aria non si condensò di elettricità, il vecchio iniziò a fremere. -L' ho preso, lo sento, ...arriva, eccolo...- Urlò eccitato.
-Che cosa stai per avere un infarto?- Dante avendo mal'interpretato le parole dette dal vecchio gli balzò addosso, col risultato che il pescatore tirò fuori dall'acqua un vecchio scarpone logoro. L'oggetto descrivendo un bizzarro arco in aria, andò ad atterrare sulla testa argentea di Dante che cadde con un tonfo in acqua.
-Ahhhhh maronna, aiuto, che è successo! Il fetente scolorito è cadut abbasc! Aiuto l'ho ucciso...- Iniziò a piangere voltandosi, Vergil, sentendo un rumore d'acqua andò a controllare verso gli scogli, le ragazze balzarono in piedi, Federica tentò di calmare il vecchio.
-L'ho ammazzato, è morto, è morto-
-Ma non si preoccupi è giovane, non si sarò fatto niente.-
Dante intanto ridendo nel vedere il vecchino sconvolto, si issò sugli scogli, e quando Sveva gli si avvicinò preoccupata le rubò il pareo bianco.
-Tu assassino, killeeeeeeer, mi hai ucciso, e io adesso vagherò per l' eternità uh uhhhhh- L'albino si mise il pezzo di stoffa bianca sulla testa e andando davanti al pescatore si mise ad ululare all'impazzata. Le ragazze si fecero bianche anche loro, ma per contenere le risate. Vergil , che intanto osservava la scena, indisturbato da dietro le spalle del pescatore decise di aggiungere un altro capitolo  all' opera monumentale intitolata "Le cavolate fatte dai gemelli Sparda".
-Ahhh un fantasma...Io, no ....sono un uomo buono non ci voglio finire all'inferno. Ti prego, non volevo, uh marò l'ho ucciso  un fantasma....- Mentre Dante alzava le braccia a tentare di afferrarlo, il pescatore si volse per togliere quella visione dagli occhi, ma...sommo orrore, il fantasma era capace di bilocarsi, e adesso non aveva neanche il lenzuolo bianco, gli vedeva gli occhi iniettati di sangue e il colorito pallidissimo, si girò, si volse ma il fantasma era sempre alla sua destra e sinistra... -Ahhhhhhhhhhhhh- Un urlo scosse tutto il molo, il pescatore fuggiva a gambe levate. I suoi concittadini avrebbero tentato di farlo internare, dopo che lui raccontò per mesi e mesi di essere un assassino e di aver visto il fantasma dell'ucciso.
Intanto i due pseudo fantasmi e le due ragazze ridevano a crepapelle, contorcendosi su se stessi dalle risate.

Hola, hola... hola!!
Dalla vostra Bry, la vice-must di sezione, (dove la must ovviamente è la mia mitica fantasmagorica Fy, seguita da Teiresias King)

Eccomi qui  con uno nuovo capitolo! Vi starate chiedendo il perché di questo strano titolo "il sogno di Fy Chan", ebbene una mattina d'estate la nostra adorata fFy ha tentato di far affogare me e sua cugina facendoci sbellicare dalle risate. Infatti questo capitolo non è altro che un sogno fatto dalla Fy, la stessa notte in cui io ho sognato Winter Medina (Il personaggio del "mercante di bambole" della Fy) che ubriaco mi confidava le sue pene d'amore per Dante, con cui si era appena lasciato.... Lo so non siamo normali >.<".  Essendo passato parecchio tempo però non ci ricordiamo esattamente come si svolgesse l'azione quindi ho messo parti di sogno e parti di mia invenzione. Spero di avervi fatto divertire  quanto mi sono divertita io a scriverlo XD.

Un grazie va quindi a Fy, ma anche a Loyr: fa sempre piacere sapere anche solo il nome di gente che legge e cui  piace la mia storia *_*
Oltre a quelle che credo siano le mie lettrici e lettori di sempre....

Prima del saluto un piccolo spoilerino: il prossimo capitolo Sveva si eclisserà per lasciare la scena a Federica....cosa succederà?

Kisses a tutti
Bryluen!

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Capitolo 8
*** Tutti pazzi per Federica ***


-Pronto Fefi!-
-Ciao, tesora!Come va?-
-Emh...a me tutto ok, solo volevo dirti che non possiamo scendere oggi!- Ecco era andata dritta al sodo, niente giri di parole, entro pochi secondi avrebbe saputo se la sua vita sarebbe stata ancora salva.
-Cosa?- allarme... Federica si stava arrabbiando- No, Svevy non mi puoi fare questo!- Disse con voce piagnucolosa. Si era calmata nel giro di 5 secondi? Troppo sospetto, bisognava tenere gli occhi anzi le orecchie aperte, pensò Sveva
-Lo so Fede, ma i miei voglio andare  Ravello e papi ci può accompagnare solo oggi!-Per un'adolescente  i genitori sono sempre rompiscatole...
-Sganciati! Dici mamma, papà CIAO CIAO- La bionda all'altro capo del filo fu costretta a staccarsi il telefono dall'orecchio per non subire un permanente deficit uditivo.
-Ehi guarda che ai timpani ci tengo ancora! E comunque non mi posso sganciare altrimenti lo avrei fatto! Dai sarà per un altro giorno- 
-E va bene- Federica interruppe la linea. Guardò malinconicamente il cellulare, lo schermo ancora illuminato: ecco come buttare  a mare una mattinata di shopping!

-E adesso che faccio?, che faccio, che faccio, che faccio?- La ragazza si buttò sul letto, dando voce a quell'interrogativo che le girava per la testa da quando aveva sentito la tragica frase "non possiamo scendere." Ogni volta che ripeteva quella frase aumentava il volume della propria voce, così che una banalissima frase fatta diventò una litania folle. Degna di una hit rock.
-Fede ti vuoi stutare!- Matilde, la cuginetta della ragazza uscì a posta dal bagno per interrompere quel suono molesto.
Federica aspettò che la bambina fosse uscita dalla stanza per digrignare i denti in una smorfia di dispetto, come quando da piccola faceva la linguaccia ai genitori che avevano appena finito di rimproverarla.
Sbuffò ancora di disappunto, rimanendo stesa sul letto, dato che non doveva più uscire tanto valeva poltrire ancora per un po'. Nei tre quarti d'ora seguenti i suoi occhi scoprirono tutte le macchioline sul soffitto della sua camera, smettendo per quei cinque minuti intermittenti in cui si addormentava senza accorgersene.
-Fede ancora così stai?- sua madre entrò nella stanza portando con se un mestolo, segno tangibile che lei e la zia stavano cucinando chissà quale elaborato pranzo per il primo giorno da quando erano arrivati che non erano andati in spiaggia.  La figlia la guardò senza capire...come doveva stare? Poi in un moto di inattesa lucidità si ricordò che sua madre non sapeva le news:
-Svevy mi ha dato buca!-
-Ah- la frase veniva completata dall'espressione di sua madre
-Eh- questa invece veniva completata dal viso della ragazza.
-Si a,e ,i,o, u...Vogliamo stare qua a fare tutto l'alfabeto o te ne vuoi uscire un po tu? Vai a comprarti anche un costume nuovo magari. -
-No mamma non tutto l'alfabeto solo le vocali.- Fede si stese di nuovo, profondamente annoiata.
-Allora se devi rimanere a non fare niente vieni a dare una mano a me e a zia in cucina!-
-ok mamma esco!-

Così dicendo, si alzò di scatto dal letto, infilò la borsa sotto il braccio e si chiuse la porta di casa alle spalle senza pensare a nulla in particolare. Era uno di quei momenti in cui la testa è vuota e il cervello si limita a decodificare le informazioni sensoriali: l'aria calda, il profilo della macchina che ti passa davanti, un dislivello nella strada. Federica non sapeva dove andare, da un momento all'altro i suoi piani erano cambiati e non sapeva, quella che doveva essere una giornata di shopping con un amica, in cosa si sarebbe trasformata; preferì lasciare che fossero i piedi, un passo dopo l'altro, a decidere automaticamente dove dirigersi.
Superò senza guardarsi intorno il viale  dove sorgevano, esclusivamente, abitazioni residenziali che di anno in anno cambiavano occupanti, girò l'angolo a destra trovandosi improvvisamente davanti al mare. Attraversò di corsa la strada, ora che non transitavano automobili, sorrise guardando le spiagge piene e sentendo i bambini che giocavano a riva, proprio come di solito facevano suo fratello e sua cugina, non aveva voglia, di camminare, non adesso, non da sola. Si sedette sul muretto che separava il marciapiede dalle spiagge e stette un po' lì a guardare le vite degli altri: stralci di conversazioni, suonerie di cellulari, sorrisi e voci alterate. Rimase così circa dieci minuti, prima di sentire il sole riscaldarle la testa, "accidenti ai capelli scuri, ci mancavano solo loro ad attirare il sole" pensò irritata, guardò freneticamente nella borsa, ma si era dimenticata il cappellino da baseball a casa "di bene in meglio",  sbuffò sentendo improvvisamente la rabbia rimontarle dentro, in un attimo provò a fulminare il mondo intero nel sadico tentativo di rendere migliore la propria giornata, ma come al solito non successe nulla. "Chissà perché non mi riesce mai."  Con un balzo scese dal muretto e tornò in strada, lungo il marciapiede dove si trovava c'erano solo i bar delle spiagge e più avanti un giornalaio che vendeva anche libri, ma in quel momento non le interessava niente di tutto questo, andò dall'altro lato della strada, dove, quanto meno, avrebbe trovato un cappellino per ripararsi dal sole che le stava friggendo le sinapsi,già di per sè non molto sane, si passò una mano sugli occhi truccati in modo quasi invisibile e fu attirata dal buio di un locale alla sua sinistra, lesse l'insegna e lo riconobbe, probabilmente era il posto più tecnologico di tutto il paese: la sala videogame. Decise che uno di quei bei giochi "picchia duro" non sarebbe stato per niente fuori luogo, almeno per come si sentiva nervosa in quel momento, ed entrò. Pagò per un gettone e si avvicinò alla prima postazione libera che l'attirasse "Che fortuna" era riuscita a beccare uno dei suoi videogiochi preferiti di quel periodo: Tekken. Scelse il personaggio che voleva muovere ed iniziò la serie di combattimenti, non le era difficile vincere, ci aveva giocato milioni di volte, del resto era bravissima in qualsiasi gioco.
-Bravo, hai stabilito un punteggio stratosferico!- Qualcuno si rivolgeva ammirato ad uno degli altri giocatori, Federica non vedeva chi era perché c'era un capannello di gente ad osservare quella partita, con un pizzico d'invidia tornò a pensare alla sua di lotta. Ma la concentrazione durò poco.
-Guarda quello...-
-Cavolo quanto è bravo-
-Non sono mai arrivato alla fine con un punteggio simile-
Fine. una musichetta segnalò che il giocatore aveva completato la sua partita, e la ragazza pensò che poteva finalmente concentrarsi un po' meglio. Quel trambusto le aveva fatto perdere gli ultimi due incontri. "Perdi maledetto" disse in collegamento telepatico con l'avversario sullo schermo. E quello perse, così i tre successivi.
-Non dovresti muovere quel pulsante, usa quello di destra...- Una voce le rivolse un suggerimento poco gradito, la ignorò
-Salta, è inutile che attacchi adesso, è meglio schivare l'altro-
-Muoviti verso destra- Sempre la stessa voce, adesso il tipo stava seriamente, per darle sui nervi, il bello era che le sembrava di conoscerlo, ma non aveva il tempo di girarsi a guardarlo.
-Senti grillo parlante vattene un po' a fare un giro!-
-Federica ti ricordavo più gentile!-
Adesso doveva girarsi -Oh, cazzo... Ve..Vergil- Lo vide a meno di trenta centimetri dal suo viso ad osservare lo schermo
-GAME OVER-
- Pare che tu abbia perso!-
-Accidenti!- Sbottò la ragazza guardando la scritta rossa davanti al suo giocatore.
-Ehy amico davvero bella partita!- Un tizio si accostò all'albino per fargli i complimenti.
-Hai giocato anche tu?- chiese Federica
-Si fino ad ora, ero seduto lì- indicò la postazione alla sua destra dove prima facevano tutto quel chiasso.
-Ah, eri tu la leggenda dei videogiochi per cui prima facevano tutto quel chiasso! La tua tifoseria mi ha fatto perdere due match!-
Per tutta risposta lui alzò le spalle sorridendo -Ti va di andare a fare un giro?-
-Ok, tanto non ho niente da fare... Come mai non sei al mare?-
-Preferivo saltare un giorno, mi sono già scottato abbastanza- Effettivamente le braccia non coperte dalla maglietta bianca a mezze maniche apparivano innaturalmente arrossate, e avevano l'odore di una nota crema solare al profumo di vaniglia, i capelli bianchi invece non spuntavano dallo spesso berretto da baseball blu. Vergil stava guardando la ragazza-E tu, sei sola oggi, la tua amica non è venuta?-
-No, oggi no, doveva stare con la sua famiglia- Il ragazzo annuì. Un uomo, sulla porta di un negozietto lo salutò. Federica vide sul tavolino da esposizione un berretto uguale a quello che portava il ragazzo -L'hai comprato qui il cappello?- Vergil annuì ancora. La ragazza si girò chiedendogli di fermarsi, si era ricordata che lei non l' aveva più comprato, e vedendone uno verde carino decise di approfittare di quell'occasione.
Cappellini in testa, i due si avviarono fianco a fianco per la strada che li avrebbe condotti al viale principale del paese. La gente che con loro percorreva quella via si voltava per osservarli: erano una coppia splendida, difficilmente se ne sarebbe vista una simile. Già dal primo impatto visivo lasciavano un segno, entrambi erano molto belli, e le loro peculiarità individuali si amalgamavano piuttosto bene, la cosa che faceva più effetto era l'altezza, quella di lui, poco sopra la media, era messa in risalto dalla corporatura muscolosa, e dall'andamento sicuro, quella di lei,più evidente, dal passo sportivo e scattante e  della linea filiforme. Tutto nei loro gesti trasmetteva energia, i loro movimenti erano agili e scattanti, nonostante entrambi fossero oppressi dal caldo, si notava che nessuno dei due era estraneo ad un' intensa attività fisica. Ma la cosa che li distingueva dai molti adolescenti che villeggiavano in quel paesino era l'eleganza innata. Molte persone tentano di acquisire dei modi fini, delle movenze o espressioni, che però una volta messe in atto risultano volgarmente artefatte. Invece quei due giovani non avevano bisogno di finzioni, i loro corpi slanciati i loro visi fieri si esprimevano per loro. Ma in quella mattinata d'estate entrambi erano ignari dei pensieri che suscitavano nei passanti, e forse anche se l' avessero saputo non gli avrebbero dato importanza alcuna, camminando velocemente  superarono la zona principale fitta di negozi e passanti in costume da bagno, che tentavano, a volte inutilmente di fuggire l'attenzione dei vigili, si diressero per le vie limitrofe, per le quali si andava nei comuni vicini oltrepassarono reverenti un archetto che era stato testimone di una mezza decina di secoli e sbucarono in una stradina nota ad entrambi: di fronte c'era la pizzeria dove si erano conosciuti, dove i due fratelli e le due ragazze avevano passato la prima sera insieme.
-E siamo di nuovo qui-
-E già, bhe il paese è piccolo, non è che ci sono molti posti dove fare una passeggiata lunga...- Disse delusa la ragazza
-Una passeggiata assolata, la definirei io- Precisò lui passandosi una mano sulla fronte sudata
-Ma serio, ci prendiamo qualcosa da bere?-
Entrarono nel bar antistante, presero una bottiglietta d'acqua ed un immancabile lattina di coca cola, dopo il primo, rinfrescate, sorso riaffrontarono il sole a picco di mezzogiorno percorrendo a ritroso lo stesso lungo percorso che li aveva portati fin lì. Dopo l'arco antico passeggiarono ancora per qualche centinaio di metri, consumando velocemente il contenuto delle bottigliette appena comprate, si avvicinarono ad alcuni secchi della spazzatura per gettarle. La fortuna volle che non appena si furono avvicinati un' altra comitiva si allontanasse liberando una panchina
-Ci sediamo?- Chiese Vergil, indicando una panchina, e togliendosi il capellino, massaggiandosi la nuca, il viso  rosso e accaldato
-Si mamma mia, che caldo- Disse la ragazza anticipandolo e  sedendosi
-Non dirlo a me, non lo sopporto il caldo, specialmente ad inizio estate, quando non ci sono abituato. Il freddo è molto più...dignitoso!-
Federica rise, pensando a quanto fosse strana quell'affermazione, certo con il freddo solitamente si ha n aspetto più in ordine...ma i brividi no è che siano così...dignitosi, pensò la ragazza.
Lui le si sedette accanto, appoggiandosi allo schienale respirando profondamente, voltò il capo, liberandolo dal berretto e riordinandosi i capelli, tendendoli all'indietro con una mano, guardò la ragazza con uno sguardo cristallino, acuto e penetrante, la osservò lievemente distratta da qualcosa che le stava davanti, si volse anche lui e, con fare non curante appoggiandosi più comodamente alla panchina, le cinse le spalle con un braccio  -Allora, dimmi di te?-
La ragazza si volse sorpresa -Di..me? Alloora mi chiamo Federica Parini, ho 17 anni, a scuola vado una chiavica, sono intelligente, sensibile, bellissima e...pazza! -
Vergil la guardava compiaciuto, vagamente curioso, ma poi la sua espressione mutò di colpo-Ah- L'unico suono che riuscì ad uscire dalla bocca mezz'aperta dell'albino.-Insomma è... rassicurante, chi non sognerebbe di essere in un altro continente ed uscire con una- là guardò come se la prossima parola che avrebbe detto sarebbe stata l'unica logica conclusione di quello sguardo -pazza-
-Ma dai stavo scherzando- Disse la giovane guardando alternativamente il viso e la mano di lui, sulla propria spalla.
-Meno male che me lo hai detto, iniziavo a preoccuparmi- le rispose aumentando la pressione del braccio -E lasciando da parte gli scherzi, cosa c'è da sapere su di te? cosa c'è di importante, intendo -
-Lo sai non so se sono capace di lasciare da parte gli scherzi...- disse voltandosi a guardare un punto imprecisato, e arrendendosi alla stretta del ragazzo, forse per un attimo desiderò di essere la sua amica, più esperta in viaggi mentali sulla propria interiorità...(anche chiamati inutili film mentali e deprimenti....) -Dunque io sono un' adolescente non tanto normale, Mi piacciono la danza, la disciplina, ma  anche la creatività come il disegno e la scrittura, sono estroversa, spontanea...molto orgogliosa, dura, ma anche dolce, ho dei grandi valori, credo nella famiglia, nella giustizia, nell'educazione, mi fanno inc...aaarrabbiare le persone che fingono, che si credono Dio sceso in terra, che credono che quello che porti addosso sia la definizione di quello che sei, mi dicono che sono lapidaria, e forse lo sono ma... sono fatta così!-
 -Wow, questo è meglio di pazza!-
-Si, forse. Comunque ora ho parlato io, adesso dimmi di te...cosa c'è di importante da sapere su Vergil Sparda?-
-Mha, ogni cosa di me è importante!  Io sono un' uomo  sicuro di sè, perchè mi ritengo troppo maturo per essere ancora chiamato semplicemente ragazzo, sono  molto determinato, voglio portare a termine tutto ciò che ho iniziato e voglio finirlo bene, per me è importante raggiungere un risultato che non sia soddisfacente ma il migliore possibile.-
"Vote for me", pensò Federica, in quel momento Vergil sembrava un politico concorrente alle presidenziali che volesse essere eletto e cercasse di convincere chi lo ascoltava a sostenerlo. Ogni frase iniziava con un "io" sottinteso ad esprimere la centralità della sua persona.
-Sono convinto di me stesso, sono convinto di essere il migliore, e che a dispetto della somiglianza nessuno potrà uguagliarmi. Mi piace tenermi in forma, ma non penso solo all'esteriorità credo di essere adatto sia alle discipline sportive, sia a quelle intellettuali. Sono una persona capace, è tutto qui!-
-Vergil for president!-
-Come scusa?- Chiese lui
-E no, niente!-
Un  cagnolino dal pelo color caramello si avvicinò alla ragazza, uggiolando in cerca di coccole o forse in un più concreto segno d'affetto, magari un pezzo di carne, (questo purtroppo il cane non lo ha detto!) Federica si chinò a guardare il cucciolo iniziando a giocarci, strattonandolo dolcemente e ricevendone in cambio morsetti poco convinti. La ragazza era intenta in questa occupazione , con uno sguardo divertito, mentre Vergil, momentaneamente ignorato la guardava insistentemente in quel che, dall' esterno,  sembrava un momento idilliaco di una coppietta felice.
-Federica- La chiamò piano il ragazzo
-Si?- Rispose lei alzando il viso arrossato con i suoi occhioni nocciola a guardare lui
-Ma sei ventriloqua?-
-Eh?- la ragazza si guardò lo stomaco, -No certo che n..no-
-O hai in ostaggio una cantante lirica appartenente alla popolazione dei puffi, o c'è qualcuno che urla nella tua borsa!-
Ad onor del vero l'aria nei pressi della panchina era satura di acutissime urla femminili con una canzone metal in sottofondo, e il suono, poco abituale in quel paesino e in quella situazione, sembrava provenire dalla borsetta della ragazza.
-Ah hai ragione- la ragazza per un attimo sembrò cadere dalle nuvole, ma si riscosse immediatamente -è il mio cellulare- disse semplicemente, estraendo nel frattempo l'oggetto che effettivamente stava emettendo quella melodia insolita
-Il tuo cellulare?- Chiese basito lui -Tu usi quella..., come suoneria?-Le palpebre di Vergil si alzavano ed abbassavano ritmicamente, mentre gli occhi cerulei assumevano un' espressione sorpresa.
-Pronto....  No perché, che ore sono? ....E che fa...Ah devo tornare..... no non me ne ero accorta. ....Ok arrivo, ....Ho detto che arrivo.... E un attimo!- La conversazione, che il ragazzo sentiva a spezzoni, data l'assenza fisica dell'interlocutore, finì bruscamente- E che palle!-
-Opinione interessante, per quella che credo essere tua madre, o sbaglio?-Chiese lui sornione, godendosi implicitamente la propria autonomia
-Si, era mia madre, senti mi spiace io devo tornare a casa!-
-Ti accompagno, tanto sono di strada-

Poco più di un quarto d'ora dopo Vergil e Federica arrivarono a casa di lei, lo spazio era occupato dalle molte palazzine moderne, vicine tra loro e poco inclini a lasciare la giusta intimità agli occupanti temporanei. Il ragazzo si guardò intorno incuriosito, lo sguardo cinico verso ciò che lo attorniava.
-Siamo vicini all'albergo.- Asserì semplicemente
-Ehm si è poco distante, si vede la facciata di dietro- Disse imbarazzata dalla situazione. Il silenzio di Vergil certamente non l'aiutò. I due ragazzi stavano l'uno davanti all'altro ma i loro sguardi avevano opposti punti di fuga: lui si guardava in giro, e lei osservava, forse per la prima volta attentamente, il portone di casa.
-Immagino che tu debba salire- Disse lui con voce assolutamente atona, priva del minimo interesse
Cavolo sei  telegrafico ragazzo mio, pensò lei un po' dispiaciuta, ma felice di avere un diversivo per interrompere quella situazione di stasi nervosa -Si infatti, mi staranno aspettando...- Un pensiero assolutamente pazzesco le sovvenne alla mente ...non dirlo Fede, non dirlo, non ci provare, sta zitta, non lo fare, per favore per favore....-Ti va di salire?-
Non ci sono testimoni disposti ad affermarlo, ma la leggenda dice che Vergil a quella domanda strabuzzò gli occhi ..sempre elegantemente! Il cervello del ragazzo lavorò febbrilmente elaborando la seguente teoria: a casa ci sono i suoi genitori, ma io non vorrei conoscerli, MA dato che fuggire un incontro civile con una famiglia è degno di quello screanzato di Dante... -Ok, saliamo-
Ha accettato... o cazzo! La ragazza si chiese quanto ci sarebbe voluto perché il suo cervello si riprendesse dallo shock e quando il suo cuore sarebbe guarito dal complesso del cavallo da corsa imbizzarrito. -Ah- La bocca di lei rimase un po' aperta  mentre il braccio indicava una delle palazzine  -Andiamo- Disse con un tono squillante, quando riprese l'uso della parola, anche se l'espressione esprimeva puro terrore.
La porta dell'interno 12 aveva una curiosa caratteristica: due cariatidi "ornavano" l'uscio. Le quanto meno curiose figure, erano un ornamento molto bizzarro, e per certi aspetti non si sarebbe potuto dire se potessero effettivamente soddisfare il canone del bello.  Nel qual caso le due "figure" avevano tratti maschili, di età diverse, ma con tratti affini, a ben guardare. A destra dell'uscio era posta la più imponente, raffigurava un uomo sui quarantanni, il capo brizzolato e n accenno di barba sul viso largo, che si sarebbe detto facile al riso, ma che in quel frangente era serrato in un espressione seria, l'altezza di poco superiore alla media, si intonava a tutto il resto della corporatura massiccia. Alla sinistra invece sostava un' altro "ornamento", stavolta dai tratti ben più giovanili, sui vent'anni, i capelli castani appena un po' lunghi,  il viso scuro per una recente abbronzatura e l'espressione seria celata da un paio di occhiali neri, anche la sua corporatura era massiccia e minacciosa. Entrambe le "cariatidi" avevano le braccia incrociate sul petto, guardavano innanzi a sè, come in attesa, l'aspetto poco rassicurante era evidenziato dal vestiario scuro,  formale per la figura di destra e più modaiola per quella di sinistra. Questo era il panorama che ebbero davanti i due ragazzi quando l'ascensore arrivò al piano prenotato con un tonfo.
Federica era visibilmente sulle spine, nel momento di proporre l'invito non aveva previsto che Vergil accettasse, ma aveva ipotizzato, che come ogni ragazzo -clinicamente testato-,si defilasse con non chalance ed una scusa improbabile, al momento di salire nello strettissimo ascensore, il sudore le imperlava la fronte come se sentisse i quasi quaranta gradi solo in quel momento. Sfoggiò un sorriso mal riuscito salendo nella cabina e  fu così costretta a notare  quanto lo spazio fosse ristretto, e quella vicinanza che solitamente le avrebbe fatto molto piacere in quel momento la infastidisse, per questo rimase dalla parte della porta, pronta a schizzare fuori, non appena fossero arrivati al suo piano.  La ragazza fu la prima a uscire, e il giovane Sparda la seguiva, perfettamente a suo agio, quando l'amica si fermò di botto, per poco non le andava addosso.
-Che succede ?- le chiese sorpreso, -Qualcosa non va?- Lui, infatti aveva la visuale coperta da una  parete, mentre la ragazza aveva già imboccato la piccola curva per giungere al suo appartamento.
-Oh Porc....- a miseria ladra . Federica finì l'imprecazione con il pensiero -No, cioè, non ti preoccupare- Se, dopo aver visto la porta di casa mia non pensa di essere capitato in un film dell' orrore, sarà un miracolo.
-Bene, andiamo allora!-
Detto ciò anche Vergil svoltò l'angolo e si ritrovò di fronte alle due cariatidi, che alla sua vista assunsero una posizione ancora più eretta e fiera,  mentre quella più anziana si leccò le labbra, come preparandosi a parlare. Curiosa variante della mattonella  con la 'attenti al cane' pensò Vergil, per nulla impressionato da quella stramba situazione.
-Ciao, Federica- La portentosa figura di destra si decise a parlare, con voce decisa, velata di rimprovero, mentre il suo compagno più giovane rilassò la posizione delle braccia, portandole lungo i fianchi.
Federica per tutta risposta, portò una mano a massaggiarsi le tempie, tentando di calmarsi per non uccidere all'istante tutti i membri della sua famiglia, per quella figuraccia. -Quello di destra è mio padre, a sinistra mio cugino Alfonso....Lui è Vergil, un mio amico, sta nello stesso Hotel di Svevy.- Completò le laconiche presentazioni, voltando il viso dalla parte opposta per nascondere il rossore, di vergogna o rabbia non è dato saperlo.
-Buongiorno signor Parini-  Il ragazzo, superò l'amica e salutò il padre con una delicata ma decisa stretta di mano, guardandolo negli occhi come volesse ipnotizzarlo, nei suoi gesti, una cortesia glaciale, ripeta l'operazione con il cugino, ma con meno formalità essendo l'età tra loro ravvicinata, e la posizione di quest'ultimo di minor prestigio rispetto a quella paterna.
Infine il padre aprì la porta, lasciando il pianerottolo privo delle due oscure e minacciose cariatidi. Dalla cucina, la madre di Federica sentì l'uscio schiudersi, ma nessuna lamentela per il ritardo proferita dal marito e nessuna recriminazione da parte del nipote per il pranzo non ancora ricevuto, quello strano silenzio la preoccupò e decise di sopperire lei stessa a quelle mancanze.
-Madonna mia Federica dove sei stata, è un' ora che ti stiamo aspettando- Disse a voce molto alta per farsi sentire dalla stanza accanto, che stava raggiungendo.
-Serena, come dice la canzone, aggiungi un posto a tavola, che abbiamo ospiti!- le rispose il marito, nel mentre lei si fermò di botto, non aspettandosi di trovare n amico di sua figlia in salotto.
-Oh, scusami, non immaginavo che ci fosse un  ospite, ma Federica, mi potevi anche avvisare invece di farmi fare certe figure!- Continuò la madre  portando le mani ogni tanto al volto, evidenziando, il disagio per la cattiva figura appena fatta con il giovane sconosciuto.
La ragazza avrebbe voluto risponderle-perché non sai quella che abbiamo fatto davanti la porta,- ma Vergil fu più veloce nel rispondere -Non rimproveri sua figlia, la prego, mi ha gentilmente invitato ad entrare, ed ho accettato, spero di non causare troppo disturbo!-  
-No, no ma che disturbo,lavatevi le mani, e  venite a tavola è tutto pronto!-
Nemmeno 5 minuti dopo erano tutti riuniti attorno ad un tavolo rettangolare, ognuno con un  piatto di insalata di pasta  davanti, che invitante stuzzicava l'appetito dei commensali, solo alla vista. Fatti gli irrinunciabili auguri di buon appetito, iniziarono a mangiare, ma dopo pochi bocconi fu chiaro a tutti che fosse calato il più grande nemico di un pranzo napoletano: il silenzio.I commensali si scambiavano occhiate  di vario genere, chi preoccupato, chi imbarazzato, chi curioso, tranne  Alfonso, che continuava a mangiare come fosse digiuno da quaranta giorni.
-Ehm ehm- Serena, esperta di buone maniere, si schiarì la voce per iniziare una conversazione, ed intrattenere l'ospite, come doveva fare ogni buona padrona di casa. -Allora, come vi siete conosciuti? Non mi sembri della solita comitiva di mia figlia, o mi sbaglio?-
Vergil alzò gli occhi dal piatto, e prima di aprire parlare si passò il tovagliolo delicatamente sulle labbra, per non mostrare macchie di olio sulle sue labbra perfette. -Ha perfettamente ragione, signora, ho avuto il piacere di conoscere sua figlia tramite una ragazza che soggiorna al nostro stesso albergo. Si chiama Sveva, probabilmente la conoscete. - Da bravo conversatore, usò il plurale per  estendere la discussione anche agli altri commensali.
-Ah, certo Sveva, la conosciamo da anni, è una ragazza per bene, lei e mia figlia hanno legato molto, frequentano la stessa classe.-
-E senti un po' ragazzo, non credo ho sentito bene come ti chiami: di cognome-
Non ho mai detto il mio cognome, pensò Vergil, ma evitò la precisazione per non apparire acido. -Sparda, Vergil Sparda, signore-
-E... quanti anni hai?-
Federica lanciò un occhiata implorante verso la madre perché troncasse sul nascere quello che stava diventando, pericolosamente, un terzo grado degno di un poliziesco Hollywoodiano, si iniziava con le domande innocenti, poi quelle a doppio taglio e poi si finiva a dover guardare nei piatti per paura di trovare tanta cicuta da stendere una mandria di elefanti.
-E da dove vieni?-
-E da che parte dell'America precisamente?-
-Cosa pensi di fare finita la scuola?-
Vergil, con un' aria perfettamente serena e suo agio,  rispondeva tranquillamente a tutte le domande che gli venivano rivolte dal padre della ragazza, finendo ogni volta con un cenno che invitava l'interlocutore a dargli ragione. Era sempre stato un convincitore eccezionale, riusciva a raggirare la gente come se nulla fosse, ma  quel giorno si ritrovò a chiedersi se per caso quel grosso italiano non fosse un presentatore di quei quiz  pieni di domande terribilmente idiote o assurdamente difficili, che amava vedere Dante, per il gran numero di quesiti che gli proponeva e per il fatto che no gli lasciava prendere fiato; elemento, quest' ultimo, che gli fece  pensare che  o era, come già detto un imitatore di Mike  Bongiorno, o  aveva la sindrome di  agente del KGB, e la sua  sfilza di domande non era altro che una subdola tattica psicologica per innervosirlo.
Arrivati alla 73esima domanda, la madre della ragazza invitò tutti a trasferirsi in soggiorno per il caffè, qualche secondo dopo il cellulare di Vergil iniziò a squillare.
-Scusate, devo rispondere.- Sfoderò un sorriso mellifluo e annoiato, come di  una grande star  attorniata da fan   che lo tediavano chiedendogli centinaia di autografi. -Pronto..., ah sei tu, cosa c'è Dante- altro sorriso annoiato. -Ho pranzato con i genitori di Federica, si proprio lei. Si dì alla mamma che arrivo subito!- Chiuse la comunicazione senza salutare ulteriormente il gemello, e rimettendo  il cellulare nella tasca con consumata non curanza. -Signora mi vedo obbligato a declinare il suo generoso invito per il caffè, mia madre mi cerca, e devo rientrare in albergo.-
-Ah allora ti dobbiamo salutare qui, ci dispiace- Disse il padre  dando una pacca sulle spalle del ragazzo, che stavolta con fatica, represse un moto di stizza a quel contatto,  e aggiunse -Volevo farti qualche altra domanda!-

****
 Quella stessa sera  Federica decise di uscire per fare un giro,  cercò inutilmente di contattare la sua amica, ma era ancora con i suoi genitori e non si poteva muovere. Demoralizzata , decise di esprimere il suo umore nefasto attraverso un  abbigliamento altrettanto degno: Jeans neri strappati, e top sformato  verde acido, con un teschio di brillantini neri  disegnato sul petto.
Così atteggiata a panca bestia, andò verso il porto, sperando di incontrare qualcuno della comitiva di suo cugino. Anzi meglio sperava di incontrare Lui in persona. Perché? Perché doveva fargliela pagare, per quella sceneggiata delle cariatidi fuori la porta, e per  la figura di niente che aveva contribuito a farle fare. A suo padre aveva già pensato, stavolta coadiuvata dalla madre, entrambe infatti , appena uscito Vergil,  iniziarono a dare una bella strigliata,rispettivamente a padre e marito, su come ci si comportava con gli ospiti, soprattutto se erano amici mai visti prima di una figlia in ritardo, per dare maggiore incisività ai propri argomenti la ragazza decise di tenere il muso al padre per un certo periodo di tempo, non molto, il giusto per farlo sentire tanto in colpa da farsi comprare un nuovo gioco per la play station.
Fu allora che lo vide, la gente gli passava davanti senza badarci molto, intenta nei propri commenti, e lui lì tutto solo, sedeva su un muretto panoramico sul mare, la schiena piegata in avanti, i gomiti sulle ginocchia, con le mani si sosteneva il viso appena sotto il mento. Doveva chiedergli scusa, per il trattamento della mattina, doveva...certo sperava che non fosse stato il quiz senza premi di suo padre a ridurre Vergil in quello stato.
-Ciao-
-Ciao Federica! - La salutò l'albino visibilmente sorpreso di vederla, come se avesse considerato impossibile la sua apparizione in quel momento.
-Sai stamattina, sono stata bene- Federica decise di prendere la questione alla larga.
-.....Mi fa piacere per te.- Rispose il ragazzo con viso confuso.
-Sai non ti facevo un tipo da Video Game, pensavo fossero più adatti a tuo fratello- Continuò  lei,accennando alla prima parte del loro incontro.
-Mio fratello, bhe si, ci sappiamo fare entrambi, però io sono più bravo!- Rispose il ragazzo, chiedendosi lei come facesse a sapere che sapeva giocare ai Video game, intanto manteneva la sua espressione desolata.
-Si, l'ho notato, senti per stamattina, mi dispiace....- Federica prese il coraggio a due mani...
-E per cosa?- Chiese lui con una faccia stralunata
-Sei carino a sminuire la cosa,- Disse lei notando che Vergil stava assumendo un espressione sempre più sorpresa -Ma sai, quando ci siamo visti, bhe insomma mio padre, tutte quelle domande-
-Visti, noi stamattina? Tuo padre? Di cosa stai parlando Federica?-
-Come di cosa Sto parlando?- Con grande stupore la ragazza vide l'albino iniziare a ridere, e in quel momento si maledisse per avergli chiesto addirittura scusa.
-Senti ma tu chi credi che io sia?- Domandò lui, con un sorriso divertito, appoggiandole le mani sulle spalle e  guardandola intensamente negli occhi.
-Ve...Vergil!-
-Eh no cara- nel mentre le mani scesero sulle braccia e la afferrò portandola più vicina a sè. -Io sono DANTE! Il gemello, quello Bello, affascinante e...perfetto!-
Modesto e maniaco no eh?- ahh scusa-Disse lei allontanandosi,- in effetti non sono ancora capace di riconoscervi-

Chiarita la situazione e le rispettive personalità, i due iniziarono a camminare avanti indietro per il paese, come Sveva aveva detto la prima sera, non c'era molto da fare in quella località, ci si incontrava e poi si passeggiava senza meta lungo il lungo mare o il vialone interno, sperando di sostituire con  la compagnia  e la conversazione dei divertimenti più sofisticati.  I due ragazzi iniziarono a  discorrere del più e del meno, di quelle cose così sciocche che tolgono l'imbarazzo, ma non permettono di conoscere una persona: dei paesi in cui vivevano, della gente che passava, di quanto piccolo fosse quel posto.  Nel mentre si osservavano: Federica apprezzava ancora una volta la fisicità dell'albino, come se per quel giorno non avesse fatto altro, data la somiglianza straordinaria tra i due gemelli, per lei che li aveva appena conosciuti, era come essere stata l'intera giornata con lo stesso ragazzo, i suoi occhi nocciola continuavano a scorrere sulla muscolatura tonica e il corpo perfetto di lui, notando di come lo spessore muscolare fosse simile a quello dell'altro gemello, ma risaltasse  molto di più,  forse, per l'abbigliamento di quel momento.
Dal canto suo, Dante non poteva non essere felice di quella compagnia femminile, non si faceva troppo scrupolo di nascondere delle occhiate indagatrici e languide una volta al viso, una volta...ad altri punti del corpo, apprezzò lo stile della ragazza, non disdegnava per niente il panchettarismo, ma si rammaricava di come quella mise coprisse le gambe ben in mostra i giorni precedenti.
Al quarto giro del paese  la coppia rallentò il passo, finora avevano sostenuto un' andatura veloce ed elastica che li portava a sorpassare fulminei il resto degli astanti. Dante sbadigliò in modo innaturale e nel mentre alzò esageratamente le braccia, in modo che l'arto sinistro andasse poi a ricadere sul bacino di lei. Mossa già collaudata e sempre riuscita, da piovra perfetta Del resto non si poteva far sfuggire l' occasione avendo un' italiana con un fisico da modella accanto a sè.
-Come mai avevi quella faccia triste prima?- Chiese Federica, che non si scomponeva tanto per un braccio intorno alla vita, come invece faceva la sua ben più timida amica bionda.
-L'amore della mia vita mi ha lasciato solo stasera.- Rispose l'albino con una faccia da cucciolo abbandonato.
-L'amore della tua vita? Una ragazza americana?- Chiese tentennante la giovane, mentre nella sua mente si formava un sospetto.
-No. La mia fidanzata, la tua amica Sveva- Dante fu istantaneamente raggiunto da grosse risate squillanti. La ragazza affianco a lui si era fermata a piegata in due -Perché ridi?- Chiese in modo assolutamente innocente lui.
-Ih ih  ahaaaa  Sc... Scusa ma lei...lei sa di essere l'amore della tua vita? Cioè è informata della cosa? -  Federica rideva tanto che sembrava che anche lo scheletro sulla sua maglietta potesse spalancare la bocca per l'ilarità, intanto la giovane si immaginava la faccia dell'amica quando l' avrebbe informata del modo in cui la chiamava Dante, se la vedeva già tutta rossa, ahh che momento sarebbe stato...
-Ma è naturale, del resto, come potrebbe resistermi? - Sfoderò il sorriso più seducente del suo repertorio, solo dopo aver assunto un' espressione profondamente offesa.
-Eh bè, certo, sono sicura che non ti ha manifestato la sua grande...ammirazione... per...timidezza, sai lei è molto timida!- Solo quando aveva chiuso la bocca Federica si era accorta di aver detto la verità scherzando, ma non potè non chiedersi se quel ragazzo poteva piacere davvero a Sveva, lui evidentemente era convinto della cosa, e quando l'amica era a tiro le stava incollato, abbracciandola il più strettamente possibile,, ma si chiese se non sarebbe stato, invece, più adatto il gemello più posato, il quale, però, sembrava preferire lei. .
-Si, si infatti è timida. Tu non lo sembri affatto invece.- Accompagnò il commento con un' occhiata degna dei raggi laser, e una smorfia che lasciava intendere quanto gli piacesse ciò che vedeva.
-No, io sono quella assolutamente senza freni inibitori e completamente lascivia e ashtakatz essss-
-Cosa?- Dante stava facendo appena in tempo ad apprezzare la prima parte della risposta, che non capì più assolutamente nulla
-Chupa!- E la ragazza gli scoppiò a ridere davanti. -Ah, ah ci sei cascato-
-Ehi questa è una stronzata degna di me! Così mi rubi la parte!- Puntando un indice accusatore verso Federica che si era allontanata da lui, e che, mentre rideva, per poco non  tirava un calcio ad un bambino piccolo che le stava davanti.
-Si dello scemo del paese-
-No questa è degna di mio fratello!-
-E' vero- un  momento di silenzio ed entrambi scoppiarono a ridere. Le loro risate erano talmente irrefrenabili, e sonore che attirarono gli sguardi di tutti i passanti e i sorrisi dei bambini , i quali pensarono che i grandi, a volte, non erano così noiosi, tranne il bimbo, quasi- vittima innocente di Federica, che pensò di essere scampato ad una pazza. Qualche minuto dopo, i respiri della coppia si furono normalizzati, si potevano guardare in faccia senza scoppiare a ridere nuovamente, ma non c'era verso di farli camminare diritti, entrambi zigzagavano, e Federica dissimulava le volte in cui inciampava con improbabili passi di danza moderna, mentre Dante non perdeva quelle occasioni per allungare i tentacoli ed afferrarla, con un "oh, ma stavi cadendo" o un "ho sempre desiderato essere come Billy Elliot..."
-Dante?-
-Si?-
-Dove stai guardando?- La ragazza aveva notato che non la guardava negli occhi ma parecchio più sotto.
-IO..sul teschio!-
e più che sopra secondo me guarda sotto, pensò la ragazza notando dove capitava il disegno.
-Come si chiama?- Riprese Dante
-Chi?-
-Il teschio!-
-Ah bho!-
-Io farei iniziare il nome con la V- disse serio l'albino -Come V..ergil- annuì -Si ci somiglia, proprio la stessa espressione-.
-Che gentile, dire che tuo fratello ha l'espressione di un morto- Federica pensò che lei al proprio fratello aveva spesso detto di peggio, ma evitò di dirlo -Io lo chiamerei Volde!-
-Volde?- Ripetè Dante chiedendosi se quello era un nome italiano.
-Si, Volde...Muort!-
La loro stessa demenzialità li fece scoppiare di nuovo a ridere, rilassati e felici di quella spontanea sintonia nata tra loro.....



Ed eccoci di nuovo qui!
Dopo ( Bry evita deliberatamente di scrivere quanto tempo), è tornata Doppia Coppia in cima alla lista delle storie aggiornate. Questo capitolo 8 è stato una gravidanza, l'ho scritto in un sacco di tempo e ho perso il foglio, l' ho scritto e riperso, ho perso le speranze, e poi riscritto daccapo, dopo aver sostenuto l'esame di stato.  (Questa è la prova della mia sopravvivenza alla maturità classica)
Che dirvi ieri ho riletto i vecchi capitoli e mi sono fatta due risate con le avventure dei nostri protagonisti XD. Come promesso questo capitolo è dedicato esclusivamente al personaggio di Federica, credo che lo troverete un po' diverso come stile, ma spero vi piaccia *_*
Spero ardentemente di trovare i vecchi lettori, ed altrettanto ardentemente di scoprirne di nuovi. Mi auguro che continuiate o iniziate a seguire questa storia con il mio stesso divertimento ed entusiasmo.
Come al solito un enorme GRAZIE a chi legge, e due a chi mi fa sapere le sue impressioni tramite recensione!
Un ringraziamento specialissimo a chi ha inserito Doppia Coppia tra i preferiti, e che magari ora sarà piacevolmente sorpresa dell'aggiornamento!

P.S. se vi piace come scrivo vi invito a dare un' occhiata anche alle mie one shot originali ^_* ne ho postata una nuova "Oltre il primo sguardo" per la quale ci terrei ad avere pareri (di qualsiasi genere, ovviamente!)

Bry

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Capitolo 9
*** Che si fa oggi ? Parco divertimenti! ***


All'improvviso si accese una piccola luce, piacevole, accogliente, illuminò l'ambiente con un grazioso bagliore rassicurante. Era in una grande stanza dipinta di bianco, un cigolio attrasse la sua attenzione, si voltò, espresse con un sorriso il proprio apprezzamento per ciò che aveva davanti, o meglio per chi.
-Ciao piccola!- Disse Dante alla biondina che gli stava di fronte, lei gli mise una mano sul braccio, un tocco gentile, prima, poi insistente..fastidioso!
-Dante, Dante- La ragazza parlava, ma con sommo orrore dell'albino aveva la voce di....di Vergil
-Dante! Maledizione alzati, stiamo facendo tardi a colazione! - Vergil sospirò infastidito, facendo un salto all'indietro -Ho detto alzati non cadi dal letto! Idiota!- Proferì l'ultimo epiteto a voce particolarmente alta.
-Mh, ma sei tu... Accidenti!- Disse Dante, ritrovatosi seduto per terra, con il lenzuolo bianco attorcigliato al suo petto nudo, mentre si massaggiava il capo, come a voler mettere ordine nel casino che regnava nella sua testa già di prima mattina.
-Beh mi spiace, se pensavi che fossi la tua bella italiana "piccola" ti sei sbagliato. E vestiti. Cretino.-
-Noo, non essere tanto gentile così di buon ora, mi fai preoccupare- Disse Dante sardonico -E poi come sei entrato?- Ricordandosi improvvisamente che non erano a casa, e che ci voleva la chiave per entrare in camera sua.
-Ti sei dimenticato di chiudere a chiave la porta. Imb..-
-Ecille... si si ho capito! Ora vattene, così mi vesto. Ho fame-
-Tanto per cambiare!- Sentenziò Vergil lasciando la stanza con passo marziale
-Mah questa frase non l'ha finita con  un insulto-

Con l' indice esercitò una leggera pressione sul pulsante che aveva di fronte e la spia luminosa si accese, di lì a pochi istanti l'ascensore sarebbe arrivato. Sveva sospirò guardandosi attorno nel pianerottolo vuoto, qualche voce proveniva da dietro le porte chiuse delle altre camere, segno che anche gli altri clienti si preparavano ad iniziare la loro giornata; ancora voltata sentì le porte dell'ascensore aprirsi, non fece in tempo a salirvi di sua spontanea volontà che due possenti braccia la strinsero alla vita e la intrappolarono in una stretta affettuosa e possessiva, sorpresa, la ragazza aprì la bocca per protestare, ma alzando lo sguardo, si accorse che il suo viso era a meno di due centimetri da quello di Dante. Era sicuro che fosse lui, perché Vergil Ice Man non se l'immaginava proprio a stringerla così.
-Ciao amore mio!- Salutò l' albino felice. -I miei sogni si avverano allora!- Sveva stava, ancora una volta, aprendo la bocca per frenare quell'entusiasmo, ma ci non riuscì perché il ragazzo le premette le labbra su una guancia, volendo dare a quel saluto un' impronta ancora più dolce.
-Dante, quante volte devo ripeterti che non sono il tuo amore?- Riuscì a rispondere finalmente la bionda, guardando alternativamente gli occhi dell'albino e poi abbassando lo sguardo, imbarazzata.-E poi cos'è questa novità dei tuoi sogni?- Pentendosi immediatamente di quella curiosità...
-Mh, una lunga storia- Rispose lui sorridendo -Che c'è perché non mi guardi?-
-Non è vero che non ti guardo- Replicò lei con lo sguardo fisso per terra. Nel frattempo erano arrivati al piano terra e Dante sciolse l'abbraccio per prendere la mano di Sveva nella propria,  gli ospiti dell'albergo che si trattenevano nell'atrio non poterono fare a meno di pensare che quei ragazzi formassero proprio una bella coppia di sposini. Lui raggiante a testa alta, che si guardava attorno per poi sorridere alla ragazza, che, timida, fuggiva il suo sguardo. -Bene, credo che tu debba raggiungere la tua famiglia...-
-No, c'è solo mio fratello...e lui non conta!- L'albino aveva notato che mancava qualcosa, ma non riusciva a capire cosa, poi d'improvviso- I tuoi dove sono?-
-Se ne sono andati...oggi sono da sola. - All'istante si maledisse per quell'ultima frase, adesso chissà cosa si sarebbe messo in mente Dante!
-Tu sola. Io solo. Potremmo trascorrere la giornata insieme!- Il ragazzo la prese di nuovo tra le braccia, incurante degli sguardi curiosi che attiravano e appoggio la propria fronte a quella della giovane. -Che c'è perché sei diventata tutta rossa?-
-Eh, io cosa? ...No è il.., caldo!- Sveva sospirò capendo di essere tremendamente imbarazzata, era sempre stata molto introversa, e di fronte alle effusioni dell'albino non sapeva come reagire, lui era il primo che, appena conosciuta, non aveva pensato che fosse antipatica, o snob, ma l'aveva subito presa in simpatia...anche troppo. -E poi tu non sei solo c'è Vergil con te!- Tentando di divincolarsi da quella stretta .
-Si infatti ci sono io..ad aspettarti...da mezz'ora! - Si intromise nella conversazione l'altro albino, con la solita voce dura e l'espressione scostante. -E lasciala non vedi che non gradisce "le tue attenzioni"- Aggiunse seccamente.
-Ma sta zitto, e poi che vuoi...sei geloso forse, fratellino?-
Sveva socchiuse la bocca, ma non un suono le uscì dalle labbra, sul viso una chiara espressione di stupore per quello scambio di battute tra i gemelli, guardò di sfuggita Dante, ma poi indietreggiò, approfittando della minore pressione intorno alla propria vita.
Vergil continuò a sorridere beffardo, chiuso in un silenzio inquietante, senza soddisfare quella provocazione, ma il suo sguardo, inevitabilmente, cadde sulla biondina appoggiata al divano: l'insulsa espressione d'imbarazzo, che le imporporava le guance, sembrava un topolino finito tra le grinfie di due gatti (siamesi, in quel caso), il fisico era appetibile, anche se non appariscente come quello dell'amica, era più piccolina ma forse più femminile. Ma c'era una cosa, di lei,  che Vergil tentava di capire da giorni: il colore degli occhi. Ancora una volta la ragazza lo giocò, abbassò lo sguardo, lasciandogli intravedere, come al solito, solo quel maledetto lampo chiaro.  

Il sole era alto nel cielo azzurro e terso, non si vedeva nessuna nuvola bianca, di cui indovinare la forma, nulla come la pioggia era più lontana da quella piccola località di villeggiatura, faceva molto caldo quella mattina, e dal litorale veniva un gran frastuono di gente che si divertiva fra le pigre onde del mare, per contrastare quell'afa. I tre ragazzi si erano scoperti liberi da ogni controllo genitoriale, e fra guerra fratricide e strani flirt avevano fatto colazione insieme. I gemelli avevano confessato, seppur riluttanti, che quel giorno il sole era troppo forte per la loro chiarissima carnagione, e avrebbero conseguentemente evitato la spiaggia, la ragazza si offrì di fargli compagnia, dicendo che faceva piacere anche a lei, per una volta, non andare al mare. Aveva concluso l'azione prendendo il cellulare e chiamando Federica.
Sveva espose il viso al sole, godendosi quella calda carezza estiva, appoggiò i palmi delle mani al muretto dietro di sé, e dopo qualche istante ci si sedette sopra, lasciando agitare le gambe nella trepidante attesa dell'amica. Dante e Vergil le si sedettero accanto, ai due lati opposti, entrambi rimanevano in silenzio, fiacchi per una volta, perfino Dante si astenne dalle sue solite battute, sofferente per il gran caldo, fu proprio lui a guardarla allontanarsi decisamente sorpreso.
-Secondo te dove va?- Chiese al fratello, che rispose con una semplice alzata di spalle ed un -Ha importanza?-
Ma nessuno dei due ebbe il tempo di innervosirsi: entrambi si videro davanti una bottiglietta colorata. -Succhi di frutta, freddi- Sveva calcò la voce sull'ultimo aggettivo, sorridendo -Mi spiace non ero sicura dei gusti-
-E' stato un pensiero molto gentile, Grazie- Rispose Vergil senza nemmeno alzare lo sguardo da sotto il suo cappello da baseball blu, mentre il gemello le offrì un ringraziamento ben più concreto con un abbraccio e un bacio sulla guancia.
-E a me niente? - La comitiva si voltò ad assistere all'entrata in scena di Federica. La ragazza era in pantaloncini aderenti di jeans e una maglietta verde militare, con il cappellino dello stesso colore, comprato con Vergil qualche giorno prima, teneva le mani sui fianchi, in una posa sostenuta, che metteva in evidenza la sua straordinaria fisicità, l'espressione fintamente imbronciata era testimone del suo caratterino esuberante e spontaneo.
-Se ti avessi comprato la coca cola, sarebbe diventata calda nel frattempo che arrivavi!- Si giustificò l'amica ed aggiunse: -Qual era la splendida idea, che ti sei rifiutata di espormi al cellulare? -
Mezz'ora dopo erano tutti al luna park del paese vicino, avevano preso una macchina a noleggio, facendo guidare l'unico con l'aplomb necessario alla stretta costiera e, naturalmente,la patente: Vergil.
-Sai una cosa? Mi sono sempre piaciute le auto sportive, ma per i piloti.. ho una vera passione!- La brunetta si avvicinò all'amica, mettendola a parte dei suoi pensieri, con far da grande cospiratrice.
-Hey voi due, cosa vi state dicendo la formula segreta della fusione calda?- Accusò Dante, con un dito alzato minacciosamente verso le ragazze. Per parte loro, Vergil si mise una mano sugli occhi, come a coprire quell'abominio culturale del fratello, e Sveva sbatté le palpebre non sapendo se scandalizzarsi per gli apprezzamenti della confidente, o per le "conoscenze scientifiche" dell'albino.
-Ma come sei riuscito a farlo!.....- Celiò allegramente Federica, staccandosi dal braccio dell'amica
-Eh, lo so sono davvero bravo nelle mie intuizioni!- si vantò Dante ridendo, sfoggiando le fossette da seduttore, mentre lo sguardo da aquila divorava la brunetta che gli si stava avvicinando, alzò il braccio per cingerla appena si fosse accostata maggiormente e...-Ma dove vai?-
-Hai fatto quella manovra in modo assolutamente spettacolare, Vergil!- La ragazza concluse la frase, appoggiando la mano sulla spalle del pilota e avvicinando il viso, in una posa degna di una femme fatal.
Vergil assunse un' espressione di pura soddisfazione, non è dato sapere se per i complimenti o per la faccia delusa del fratello poco lontano.
Due coppie già allegre varcarono un arco a sesto acuto di cartone, addobbato con tanti palloncini coloratissimi  e sormontato da uno striscione con la scritta a caratteri cubitali: Parco divertimenti.
-Nell'ultimo film che ho visto c'era un ingresso proprio come questo, c'erano due ragazzi e due ragazze, che entravano per divertirsi e incontravano un serial killer, imbrattato di sangue, ovunque, finivano torturati, squartati e....- Tre bambini in fila vicino a Dante iniziarono a piangere, mentre due madri avevano scritto in faccia "adesso ti lincio ragazzo yeti ". Vergil, sorprendentemente, alzò una mano e la agitò in segno di saluto verso le madri e i bambini, poi però l'arto calò pesantemente sul collo del fratello -Non potevi dire niente di peggio, eh?-
Nel giro di dieci minuti la piccola comitiva riuscì a pagare la quota d'entrata, e con grande sollievo persero tra la folla i tre bimbi traumatizzati col seguito di madri assassine. Appena ebbero convalidato i biglietti le ragazze fecero un passo in avanti, raddrizzarono la postura, si osservarono, come parlandosi con lo sguardo, poi si presero per mano,infine guardarono i ragazzi con occhi sbrilluccicanti e con una risata, da far gelare il sangue nelle vene di qualsiasi maschio, iniziarono una corsa a perdifiato evitando per millimetri chiunque si mettesse sulle loro strada ridendo a crepapelle. Dante e Vergil si guardarono dubbiosi, chiedendosi, non per la prima volta, con quali pazze fossero capitati -Che ti dicevo, si fanno brutti incontri al luna park!- esclamò Dante prima di urlare in coro con il gemello:-Tanto vi prendiamo-
Fu una confusione di gambe, di risate, di bambini per poco non scamazzati, genitori che recriminavano, e urla varie ma dopo poco i fratelli riuscirono a calare su le compagne, come spietati predatori sulle proprie prede indifese.
Vergil afferrò Federica per la vita, avendo una presa salda sul fisico magro di lei, sebbene questo, quasi caddero l' uno sull'altra sbilanciati dalla folle corsa, -Allora dove volevi scappare tu, eh?- Chiese lui con un sorriso perfido sul volto, ad una raggiante ragazza che ancora rideva. -No, ti prego non farmi del male!- Lo prese in giro lei, imitando una qualche ochetta con voce stridula.
Dante fu costretto a cimentarsi in una corsa ad ostacoli, infatti, Sveva ben conscia di non correre4e quanto lui si nascondeva dietro ogni riparo trovabile e se l'amico era abbastanza vicino, rimaneva al di là dell'ostacolo, muovendosi ogni volta nella posizione contraria a quella che sembrava voler prendere l'albino; il quale però giocò d'astuzia, La ragazza si era riparata dietro un fontanina, avevano girato un pochino, osservandosi, poi lui si fermò, Sveva sorpresa abbassò la guardia, Dante approfittò del momento per spruzzarle dell'acqua addosso e senza aspettare fiondarsi su di lei.
-Sposa bagnata sposa fortunata! Si dice anche da voi?- chiese lui ironico
-Ma questo non vale e...Eh, mettimi giù Dante!- Protestava la ragazza impotente, aggrappata al collo di lui che la teneva in braccio.
Ogni coppia si girò in direzione dell'altra scoppiando a ridere per quella paradossale situazione. -Noi siamo stati più eleganti!- Giudicò Dante, vedendo il fratello seduto per terra con la testa della brunetta sul petto, mentre lui sosteneva ancora la bionda che guardava giù oltre la sua spalla. -Però mi sento alta da qui!- Sentenziò Sveva baciando l'albino su una guancia, sorridendo maliziosa.

-Facciamo le torri della prigionia!-Gridò Federica, adocchiando un gioco poco lontano. -E tu sta zitta, fifona!- ammutolendo l'amica che tentava di protestare spaventata dall'altezza.  Si accomodarono in vagoncini neri, su cui erano disegnate delle catene, e subito un dispositivo di sicurezza li bloccò nei loro posti. -Condannati a morte!- Disse una voce registrata con tono temibile. subito i vagoncini si misero in moto a velocità elevatissime, percorsero un lungo tunnel buio animato da neon rossi e lamenti spaventosi, fino ad uscire in uno spiazzo dove la luce li ferì agli occhi, ogni vagoncino si agganciò ad una torre che li sparò in aria. Lì i tre ragazzi ( cioè tutti tranne Vergil che anche quelle situazioni manteneva un perfetto aplomb) diedero fiato alle corde iniziando a gridare -No, non vogliamo morire..ahhhhhhh-
Dante pensò di dover fare delle giostre simili più spesso, mentre sveva, fattasi improvvisamente piccola piccola si reggeva al suo braccio. Federica e l'altro albino erano invece intricati in un abbraccio strettissimo mentre parlavano fittamente, per nulla scossi.
- Scommetto che non hai mira fratello!-
-Dante, non sono io che per colpire un bersaglio ha rotto la vetrata del bar di fronte!-
-Che c'entra? E non guardarmi così, comunque ti sfido!-
-Se vuoi perdere! Per me va bene- Detto questo la comitiva si avvicinò ad un capannone con dei fucili e alla parete di fronte una distesa di oggettini vari.
-Su fate dei regali alle vostre belle fidanzate- Disse un uomo anziano radiografando le ragazze. Dante toccò il fucile ed iniziò a sparare all'impazzata, invasato dalla vista di chissà quale nemico. -Ma chill'e muort, chist' m accopp!- (Tradotto: Accidenti a lui, questo mi ammazza) Disse il titolare nascondendosi in una rientranza, uscendo solo alla fine del caricatore -Tieni, hai colpito questi tre....Ma per me puoi prendere quello che vuoi basta che non torni più in questo posto!- Disse allungando al ragazzo un cuore rosso con uno spazio per le foto, una pistola ad acqua ed uno yo yo.
-Ti faccio vedere come si fa, serial killer mancato! Cosa vuoi?- Disse Vergil rivolgendosi prima al fratello poi a Federica.
-Quel drago viola con le stelle bianche...ma forse è troppo difficile da prendere!-
-Non te lo regalerei solo per quest' offesa!Ma oggi mi sento buono- Sorrise Vergil baciando la ragazza all'angolo della bocca per poi sussurrare - come portafortuna - L'albino sparò un paio di colpi a vuoto, ma che gli servirono per calcolare di quanto il fucile avesse la mira truccata, poi con tre colpi perfettamente centrati tolse il sorriso al gestore e fece scatenare la ragazza in un urlo di gioia -L'hai preso bravo!-
-Solo fortuna!- Mugolò il gemello, che ricevette uno schiaffo sul braccio dal senso della giustizia di Sveva. Con il quale l'albino si ricordò di tenderle il cuore di peluche -Per te- disse sorridendo e prendendola per la vita. La bruna è stata più fortunata come fidanzato, ma come fa a piacerle quel "coso" pensò il vecchio, guardando l'altra coppia con il drago viola e bianco.
I ragazzi decisero di proseguire con un giro al galeone, una costruzione lignea che navigava in un laghetto adattato ad arte. Appena saliti il vento iniziò a soffiare scompigliando i capelli. Vergil con sommo orrore vide un flash davanti ai suoi occhi, -Non puoi immortalarmi.... spettinato!-Gridò tentando, senza riuscirci di non assumere una tonalità di voce da ragazzina isterica - Per tutta risposta gli altri si misero a ridere.  -Linguacce!- Urlò Federica mentre tutti e quattro davanti all'obiettivo assunsero un' espressione da scherzi della natura con le lingue di fuori, seguirono le caricature dell'ultima cena di Leonardo, Dante che imitava la gioconda, con i capelli di Federica (piegata dietro di lui), Vergil-David di Donatello (senza notare le corna made in fratello deficiente), le ragazze che si improvvisarono tre grazie-meno una,  varie altre pose in ginocchio in braccio e in ogni posizione quasi consentita dai luoghi pubblici.
Scesi dall'improbabile galeone ripresero il loro giro per le giostre Sveva si fermò di colpo, costringendo anche Dante, con cui si teneva per mano, ad arrestarsi. -Lo sapevo che sei un inguaribile romantica!- Si sentì dire dal ragazzo che la abbracciò guardandola con  tenerezza, come fosse una bambina. -Ti va di fare Cenerentola ?- Le chiese ancora lui indicando la classica giostra con i cavalli e le carrozze che tanto amano i bambini e che così fortemente aveva attirato l'attenzione della biondina. Dopo l'assenso, l'albino tirò la comitiva verso la giostra. -Non vorrai farci salire sul quel coso, vero?- Chiese disgustata Federica, -non salirò mai- le fece eco Vergil, che dopo mezzo minuto si ritrovò seduto con la bruna nella carrozza di Cenerentola,-E pensare che il mio personaggio delle favole preferito era Barbablù- Concluse, tirando sù il cappuccio per evitare ogni prova fotografica della sua presenza lì.
-Almeno siamo seduti- Rispose Federica che si sedette imbraccio all'amico, che riprese istantaneamente un sorriso soddisfatto (sempre da sotto il cappuccio), mentre la coppia più romantica salì su due cavalli vicini. Finito il giro un capannello di genitori preoccupati guardava le foto scattate sulla giostra, in particolare una con un ragazzo con il volto coperto e una ragazza irriconoscibile come tale che faceva un orrenda smorfia con gli occhi storti, un' altra con una coppia simile che si sorrideva da due cavalcature adiacenti passò inosservata. Proprio questa coppia ritirò due copie della propria foto più altre due dell'altra incriminata. 
 Le due ragazze iniziarono a ridere tra loro, incuranti dei gemelli che confabulavano alle loro spalle.
-Certo non sono male le ragazze, eh? Sveva è proprio carina - Si confidò Dante con un' espressione da play boy consumato.
-Io preferisco Federica, hai visto che fisico! - Apprezzò Vergil, abbandonando per la bella brunetta italiana, il suo glaciale riserbo. -Dante,che ne dici di far fare a quelle due la pesca delle rane?-
-Cosa? Ma devi solo prenderle con l'asta quando loro aprono la bocca, ci riuscirebbe un bambino di cinque anni!-
-Si, ma non se "qualcuno" gli fa il solletico- Disse Vergil sorridendo crudelmente
-Sei un infame fratello...Mi piace! Federica, Sveva....?- strillò Dante facendo voltare le due ignare vittime all'istante
-Eh si, grida pure il codice fiscale- rispose la prima, con lo stesso tono di voce
-Il codice fiscale- Urlò Dante mentre gli amici, prima di vedere, stranito, gli amici e svariati passanti piegarsi dalle risate guardandolo.
Le ragazze si avvicinarono al banchetto  con le rane di plastica e presero le aste tese da una signora acidula.
Molto tranquille iniziarono a prendere la mira, mentre Federica stava per prenderne una Vergil, fingendo di sgranchirsi, le diede una gomitata -Ma sta attento!-.
Sveva sorrise avendo quasi preso il suo obiettivo quando Dante mosse indice e medio su per la schiena della ragazza, che inarcò la parte interessata per un riflesso spontaneo -ma sei scemo?- Chiese mentre lui continuava a farle il solletico. Le amiche resistettero all'assalto come meglio poterono, fino a che i gemelli non deciso di smetterla, ripresero entrambe le aste, ma non videro l'occhiolino che Vergil fece al fratello che mimò un Ok con la mano, in risposta al segnale. Federica ricominciò la pesca, ormai sicura di nona vere interruzioni, ma nell'istante in cui stava per afferrare la preda Vergil le poggiò le mani sui fianchi ed  iniziò a baciarle il collo, ridendo. Federica, impreparata alla cosa reagì tirandosi indietro e dando una fortissima gomitata, in pieno petto, a Vergil dietro di lei, che si piegò in due. Dante sbagliò i tempi: quando vide Sveva aver quasi afferrato la rana, fu meno elegante del fratello allungando la mano sul "lato b" della ragazza, la bionda però aveva già afferrato il grosso  rospo di plastica che per un caso fortuito di poco equilibrio sbattè contro la testa di Dante, ed anche lui si piegò con un lamento tenendosi la testa, e per di più sbattendo contro il gemello.
-Due idioti- Conclusero in coro le ragazze che si guardarono assumendo una posa alla bond girls.

Due ore dopo sia i Mirelli che i Parini accolsero a pranzo una figlia raggiante e con un impressionante carico di peluche tra le braccia.
Pochi minuti prima un' auto sportiva si fermava davanti ad un hotel sulla spiaggia. Eva, seduta in terrazza, ma nascosta dai cespugli decorativi aveva visto scendere Dante dall'auto e salutare molto affettuosamente una biondina, che con sorpresa della donna, entrò nel loro albergo. Mentre  Vergil, parcheggiata l'auto si accomiatòmolto galantemente da una brunetta  che se ne andò per una strada laterale. Quando i suoi figli la andarono a salutare, prima di essersi cambiati per il pranzo ed ignari di essere coperti di rossetto, Eva sorrise benevola.


Hello I'm Bry!
Complimenti a te che sei riuscito a leggere fino a qui, e che ti sei interessato tanto a questa mia storia da affrontare anche questo nuovo capitolo *_*
Da parte mia spero di aver descritto in modo vivido le scene e, quindi, di averti fatto fare tante e sane risate!

Un enorme Grazie alla Fy, che non mi stancherò mai di chiamare Must di sezione *.*, per aver dato nuovamente il benvenuto alla mia FF e per divertirsi tanto con me (e con Dante & Vergil ) in questa "avventura"
Un grazie a chi legge e a chi passa di qui silenziosamente ma ha inserito la mia storia tra i preferiti, tra questi grazie per il nuovo inserimento ad Ikarikun
*__________* Ti aspetto al prossimo capitolo!!

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Capitolo 10
*** Confidenze ***


Non esiste un parametro oggettivo per misurare le emozioni.
Non siamo capaci di capire la loro portata, il loro peso, la loro grandezza, eppure ci sono momenti in cui le emozioni ci sembrano tanto forti da riempirci il cuore e volerci logorare, fanno accelerare il battito del nostro cuore, ci imporporano il viso tanto da farci credere che ogni nostro pensiero sia leggibile "ce l'abbiamo scritto in fronte". Diventiamo troppo piccoli per contenere le nostre idee, le nostre illusioni e loro troppo voraci per restare chiuse nei nostri silenzi. In questi momenti si ha bisogno di sentire la presenza di una persona amica, per riversare in lei parte delle emozioni che ci agitano lo spirito, perchè lei condivida quel fremito o metta ordine nel nostro disordine.

Tra Amiche non ci devono essere segreti, le amiche, quelle vere, sono complementari, prosecuzione una dell'altra. Sono rompiscatole quando non campiamo i nostri sbagli, sono complici quando non abbiamo il coraggio di buttarci in un' avventura.
C'è chi dice che la solidarietà femminile non esista, c'è chi pensa che la vita perderebbe quel suo sapore gustoso se non esistesse quell'amica.
Sveva aveva imparato che ogni persona può farti notare un' angolazione diversa per guardare la vita. Ed erano anni che condivideva un orizzonte con Federica, l'orizzonte più colorato e più pazzo che avesse visto fino ad allora, ma che l'aveva aiutata nei momenti bui, che l'aveva gettata nelle tempeste peggiori ma fatta riemergere dopo lo scompiglio.

Il giorno dopo il parco divertimenti le due amiche sedevano comodamente nella cucina dell'appartamento dei Parini. La vista di quel vano avrebbe gettato nel panico qualsiasi gourmet, l'odore avrebbe fatto deprimere il miglior fiuto dell'uiniverso impossibilitato a riconoscere i misteriosi miscugli che stazionavano sul tavolo, versioni gastronomiche del delirio adolescenziale che presto sarebbero diventate copie della deliranza nel torturare gli intestini delle ragazze, le quali avevano avuto l'insana idea di crearle e il coraggio suicida di mangiarle.
-Passami le patatine al formaggio- Comandò Federica intenta liberare da una misteriosa macchia di caffè un quadernetto a righe
-Tieni, ma guarda che quella non viene via- Sentenziò Sveva dalla sedia vicina
-Si è affezzionata allora la adottiamo e gli facciamo una famiglia!-
-Che diamine stai dicen....- Gli occhi della biondina quasi uscirono dalle orbite vedendo la caffettiera alzata al di sopra del foglio e liquido scuro inondare il tavolo con diecimiliardi di piccole macchioline.
-Questa è la cugina Anna, lo zio Antonio- Raccontava Federica additanto le piccole macchie.
-Questa è la badante della bisnonna- Rispose Sveva lanciando una pezza umida sul tavolo che tolse la maggior parte del caffè
-No! Hai fatto una strage, hai ucciso la famiglia...Moca!-
-Vorra dire che mi farò trent'anni di galera nella prigione di Lindt- Disse addentando un pezzo di tavoletta al cioccolato e Irish Coffee
-Non è meglio ritirarsi nell'abbazia di San Carlo?- Chiese la brunetta prendendo le patatine al pomodoro dall'altro lato del tavolo e mettendone un pezzo nella tazza di caffè rimasta
-Fede ma che schifo!-
-Ma sono buonissime e poi tu prima hai mangiato i wurstel con l'anguria! Senti chi parla...-
-Seh, Pronto? -
-Occupato! Vai nell'altro bagno-
Al posto dello sciacquone si sentì una sonora risata, che avrebbe attirato l'attenzione di tutta la famiglia Parini, se non si fosse dedicata ad un' escursione, lasciando casa libera alle due ragazze.
-Meno male che non abbiamo invitato i gemelli a pranzo-
-Secondo me Dante avrebbe mangiato tutto tranquillamente...-
Sveva guardò desolata la cucina e quel campo di battaglia che era il tavolo -Vergil ci avrebbe fatto rinchiudere. Scommettò che gusta solo i manicaretti migliori, il signorino- Ultimo appellattivo riferito con una smorfietta da parodia.
-Il Signorino doveva solo fiatare che me lo sarei mangiato...anzi me lo mangerei comunque!- Commentò la bruna con un sorriso malizioso.
-Sarebbe la prova inconfutabile che hai uno stomaco di ferro. Vergil è un tantino...amaro a volte, per non dire acido.- Rispose la bionda
-Guarda, ha uncerto fascino ma certe volte è proprio pesante. Dante invece è più spontaneo, con lui ci si diverte sempre e comunque! Dice stupidaggini ma ti mette a tuo agio, poi figuriamoci, le cretinate sono il mio campo! Anche se spesso è tanto scemo da sorpassare anche me. E ce ne vuole per riuscirci!-
-E' vero. Qualche volta io non lo riesco nemmeno a seguire, magari inizio a ridere e non ho nemmeno capito che ha detto! Vergil poi fa delle battute talmente fastidiose. E' così perfettamente puntiglioso.-
A quella frase Federica alzò la testa dal foglio in cui stava iniziando a tracciare delle linee a matita, la guardò un attimo poi disse semplicemente -E' come te-
Sveva lasciò improvvisamente cadere la busta di biscotti che stava per riporre ( e che invece andò a comporre un mosaico bizantino di briciole sul pavimento). Non commentò oltre quella frase come a non volerle dare importanza ma iniziò a raccogliere il guaio fatto in precedenza.

-Cosa fai?-
-Disegno!-
-Ah pensavo scoprissi l'equazione del fuoco freddo-
-No, quello l'ho fatto ieri-
Non ottenendo le risposte desiderate Sveva si sporse a guardare quelle figurette che le sorridevano dal foglio bianco con macchie decorative di caffè.
-Ah siamo noi!-
-Si, io sto stritolando Vergil, mentre tu sorridi timidamente a Dante-
-Sul serio credi che Vergil si farebbe stritolare in quel modo?- Chiese la bionda con un lampo di ironia all'amica disegnatrice.
-No, ma sarebbe bello. Dante è in effetti molto più stritolabile-
-Si ma nel frattempo i suoi tentacoli ti arriverebbero ovunque!-
-...Mica male!- Esclamò Federica immaginandosi la scena
-Se a te piace..- Mugolò l'altra ben più ritrosa.
La bruna rimaneva piegata a guardare il proprio disegno, mentre dava ai personaggi delle espressioni scomposte, qualcosa le solletticava la mente da qualche minuto. Era un pensiero indefinito che non riusciva ad afferrare, eppure le girava intorno come una mosca fastidiosa, allontanandola dalla concentrazione minima che ci voleva per completare le figure e parlottare con l'amica. Proprio quel loro spettegolare su se stesse e sugli amici le aveva suggerito qualcosa, quel qualcosa che non si avvicinava e non se ne voleva andare.
Guardò di nuovo il disegno analizzando le proporzioni degli arti, le espressioni, i pochi colori che aveva già messo sui vestiti e alla fine lo notò. Un sottile spazio bianco separava le quattro figure dividendole in due coppie, simili ma con qualche differenza emergente.
-Secondo te chi lo ha deciso l'ordine delle figure?-
-Tu fai un disegno e non decidi come disporre i personaggi? O pensi di essere posseduta da una disegnatrice di manga... Ci sono! Un ritrattista vittoriano morto di stenti!-
L'aria di sufficienza con cui la guardò l'altra la zitti in un secondo. -Sai di essere insopportabile?-
-Si, più o meno quanto tu sei schizzofrenica- Rispose con aria angelica, prima di sbattere le palpebre con aria civettuola e concludere con un -Tesoro-
-Se non fossero gli ultimi M&Ms te li tirerei appresso!-
-Credevo me li tirassi comunque e poi te li mangiassi...come al solito, insomma-
-Hai ragione!- Esclamò Federica prima di far piovere una mangiata di cioccolatini addosso all'altra che tentava di riordinare quel casino prima che rientrassero i Parini e chiedessero i danni morali per lo shock delle condizioni in cui versava la cucina. -E comunque ero seria-
-Strano..-
-Ma la vuoi piantare?-
-Se me lo chiedi con tanta cortesia!-
-Abbiamo conosciuto i gemelli lo stesso giorno, abbiamo passato insieme la maggior parte del tempo eppure ci siamo divisi, quasi senza accorgercene, in due coppiette.-
-E' vero- Ragionò la biondina avvicinandosi al foglio e riflettendo sui giorni precedenti, su come fosse sempre al fianco di Dante eppure spesso si chiedesse cosa pensasse Vergil. Scavando nei ricordi pensò anche a quelle volte in cui aveva sentito Dante e Federica ridere per cose che le erano completamente estranee.
-Come l'abbiamo deciso?-
-Forse è per carattere...-
-Già tu sei caotica e spontanea come Dantino, infatti non assomigli per niente ad una principessina riservata. Tu!-
-Ehm..Forse lo hanno deciso loro-
-E a noi sta bene?-
Le due ragazze si guardarono negli occhi, come chiedendosi qualcosa con lo sguardo. Raramente davano voce a certi sentimenti, Sveva molto incline al romanticismo era mal sopportata da Federica, quando iniziava a parlar d'amore. Però c'era qualcosa di diverso quella volta: entrambe sentivano di essersi lasciate andare alle battute, agli scherzi e agli slanci che c'erano stati con i due ragazzi, ma che tutto era successo tanto in fretta da non aver capito alcuni passaggi. Avevano bisogno di parlare come si fa tra amiche, con voce sommessa e poca prudenza, come facevano loro, senza fingere di essere persone diverse, senza vergognarsi delle loro idee assurde.
-Si dice che gli opposti si attraggano...Tu come la pensi?-
-Che non capisco se sei a tuo agio con certe uscite di Dante- Disse severamente la bruna, che ricordava spesso il rossore dell'altra in abbracci particolarmente stretti o battutine poco delicate. Sapeva già da tempo quanto fosse impacciata in certe situazioni e voleva essere protettiva con lei -Che gli piaci si vede-
-Si comporta così con tutte. Anche se con me sa essere tenero-Rispose con un' alzata di spalle. -Certo a volte è un po'...eccessivo, ecco-
-Lo sapevo che l'avresti pensata così. Per essere tenero è proprio un tenerone: è un po' tonto, un po'dolce- Ammise Federica con uno sguardo particolare subito percepito dall'altra
-E poi fisicamente non è per niente male- Assecondò l'altra credendo che la preda avrebbe abboccato all'amo.
-Irresistibile-
-Appunto... Fede ma tu non abbracciavi Vergil?-
-Eh...io...ecco.SI- Prendendo il disegno e nascondendosi la faccia con quel pezzetto di carta che se avesse potuto sarebbe fuggito da quelle due psicopatiche -Vergil è così affascinante, educato, corretto-
-Inamidato- Continuò Sveva notanto gli aggettivi poco passionali che stavano dipingendo Vergil
-No!| Non troppo...Certo rispetto a Dante...- Notando che non c'erano commenti a quella strada ascesa di risposte Federica decise di non stare ad aspettare e colpire a sua volta. -Ma a te non piacevano gli stranieri, dagli occhi chiari, i modi aristocratici, leggermente glaciali con la passione per le frecciatine? -
-A me? Che cosa te lo fa pensare?- Dissimulò la bionda, che quasi cadeva dalla sedia
-Forse ho la palla di cristallo o ti conosco bene, oppure ho tirato ad indovinare? Ah no! Quelle smielate pagine dei romanzi che leggi ogni santo giorno-
Un sospiro degno dell'eroina di un romanzo rosa sfuggì dalle labbra di Sveva pensando a tutti i conti inglesi di carta stampata per cui si era infautata e che avevano dei tratti caratteriali e non pericolosamente simili a quelli di Vergil. Mentre Federica oscillava quel disegno in cui anche le figure ora avevano preso un' espressione dubbiosa.
-E se..- Iniziò a dire la disegnatrice
-Avessimo sbagliato l'ordine dei personaggi?- Concluse la romantica
Ma in quel momento non avevano modo di avere una risposta certa, probabilmente non esisteva neppure. Chi vivrà vedrà sussurravano i pensieri delle ragazze.
*******

Note dell'Autrice
Sono combattuta tra il non dire nulla e il fare qualche commento personale, scelgo una via di mezzo:
Ho pensato mille volte di scusarmi per la lentezza giurassica con cui prosegue questa storia, ma spesso lo faccio e il capitolo di dopo viene sfornato dopo secoli, quindi evito.
Non voglio inserire pareri o interventi personali ma voglio dedicare queste poche righe a voi lettrici e lettori che vi siete affezionati alla storia.
Voglio ringraziarvi uno per uno, almeno per gli utenti che conosco di nome.
Grazie a
Kiarana, Ikarikune Beautiful Lie ( in particolare a quest' ultima che mi ha spronata tantissimo con la sua recensione!) che hanno commentato l'ultimo capitolo
Assassin, AyuChan Uchiha, Beautiful Lie, Dark Slayer, Devil Girl Dark, Diaras, Fy Chan, Grimelaidina e Kaled che hanno inserito la storia da i preferiti
Ikarikun e Manga Darling che seguono Doppia Coppia
Tutti i lettori abituali e nuovi! ^_^ e Fy che mi ispira.

Fate finta di non averlo letto, ma non temete il nuovo capitolo non dovrebbe farsi attendere tanto!

La vostra Bryluen


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Capitolo 11
*** Da uomo a uomo ***


La parola "comunicazione" viene applicata in modo molto diverso dagli uomini rispetto alle donne.
Alle ragazze piace "comunicare", spesso vengono definite come logorroiche, le loro corde vocali sono sempre in esercizio (con risultati spesso discutibili), per le quali il telefonino è un' appendice quasi naturale della mano. La sfida più ardua per una ragazza è articolare un discorso medio- lungo con un uomo.
Il sesso forte sembra sempre poco incline alla parola, mentre molto più ferrato in mugolii o versi dal significato difficilmente definibile. Tra loro i maschi riescono a comprendersi grazie ad un linguaggio comune, spesso ostico alle donne, in cui l'espressione orale è solo una delle alternative possibili tra altre tipologie di linguaggio. Spesso il perno del discorso viene esposto velatamente o meno da un certo agonismo, sfide per dimostrare il predominio dell'uno o dell'altro uomo.
C'è però una cosa che accomuna entrambi: l'argomento preferito è il sesso opposto.
E' facilmente dimostrabile che gli uomini parlano delle donne e le donne discutono di uomini.


*****

Una luminosa mattina annunciava una giornata ideale da trascorrere in spiaggia, il sole splendeva prepotentemente sulla terrazza dell'albergo, dove alcuni ospiti si erano già riuniti per consumare la prima colazione. Le porte dell'ascensore si aprirono con un leggero rumore, come un richiamo per far voltare istantaneamente i camerieri più vicini e salutare i clienti appena arrivati, il personale più lontano invece iniziò subito a chiacchierare sottovoce. La fama di quella strana famiglia si era estesa nello stabilimento: Eva e i suoi gemelli, volenti o nolenti, erano una calamita per storie e sguardi più o meno penetranti.
-Che donna!- Sibilò un cameriere vicino la porta delle cucine, la sua espressione estasiata poteva esser messa in un' enciclopedia accanto alla voce "sguardo da triglia"
-Si chiama Eva, come la donna dell'Eden. Con lei si che mangerei la mela-Sussurrò  un altro alle sue spalle
-Ti auguro una bella indigestione Gaetà!- Rispose arcigna l'ex moglie del dongiovanni
-Basta che riferisci le sue chiacchiere ai figli della signora, poi vediamo come trema il Casanova- Scherzò una collega vicino a loro, sapendo quando i ragazzi fossero temuti.
-No, per carità ! E'...è troppo magra a ben pensarci ed anche troppo alta...- Balbettò Gaetano tentando di fuggire dalla terribile vendetta degli albini
-Quindi è brutta?- Propose, conciliante l'ex moglie
-...Si, un pochino- Balbettò di nuovo controvoglia il pover uomo
-Perfetto, sai come saranno contenti i figli sapendo che parli male della madre in giro-
Gaetano passò in un nano secondo dal rosso al viola, al giallo, al verde fino al bianco lenzuolo lavato con la candeggina. -No, no che dici? Quelli mi tagliano la lingua! Lo hai visto allenarsi a quello lì? Tirava dei pugni che sembrava voler lottare con tutti i demoni dell' Inferno!-
-Quello lì chi?-
-E che ne so! Sono uguali-
-Mmmhh, una volta glielo ha detto pure Carmine, e sapeste come l'han guardato male quei due-
-Ed è stato male per due giorni! Per carità non dite niente che quei due mi fanno paura! Sono così..strani!- Il casanova ricondotto sulla buona strada era tutto tremante e parlava in un sussurro per non farsi sentire dagli Sparda, che erano a pochi passi da loro aspettando un tavolo libero per la colazione.-Ma li avete visti quei capelli?-
-Già, poveri ragazzi! Certo che se fossero biondi sembrerebbero proprio due angeli, sono così belli- Sospirò una giovane cuoca che era uscita dalla cucina per portare una torta appena sfornata.
-Io li preferirei mori, con quella carnagione pallida e quegli occhi ci sarebbe un contrasto irresistibile!- Quali licenziose immagini a luci rosso fuoco stessero passando per la mente di un' altra delle cameriere è meglio tacerlo
-Io li preferirei color mogano con delle meches di un delicato biondo paglierino, un filo di matita non ci starebbe male su quei graziosi occhietti. Per farli risaltare, capite no?- Disse una voce maschile stranamente stridula, emersa da uno strano figuro allampanato, vestito con una camicia rosa shocking ed un passo da far invidia a Raffaella Carrà. E' lecito presumere che le fantasie della cameriera precedente si siano gelate sul nascere a quel suggerimento.

-Prego, il vostro tavolo è pronto- Il capo cameriere fu ringraziato da tre caldi sorrisi mentre scortava gli Sparda in un angolo tranquillo della terrazza.
-Muoio di fame- Commentò Dante, pregustando una ricca colazione
-Che novità fratellino!- Esclamò Vergil a voce ben alta sorridendo alla madre -E  mai una volta che ti strozzi!- sibilò all' orecchio del gemello in modo da non farsi udire.
-Allora siete contenti di questo viaggio in Italia? Avete conosciuto qualcuno di interessante?- Chiese Eva con tono leggero, mentre si sistemava un tovagliolo sulle gambe, in modo da far sembrare la domanda poco importante. Malgrado l'apparente leggerezza vide i due figli trasalire e scambiarsi un rapido sguardo imbarazzato.
-E' una bella terra, la gente sa essere ospitale... se vuole- Rispose diplomaticamente Vergil, lanciando un' occhiataccia ad ragazzo del personale che stava fissando i suoi capelli nivei con orrore.
-Dante, non mi racconti nulla? Di solito sei più chiacchierone di tuo fratello- La madre cercò di incoraggiare il figlio più esuberante a farle qualche piccola confidenza.
-Io, ehm...- Mugugnò iniziando a masticare deliberatamente con una lentezza esasperante e a lui solitamente estranea.
-Se continui così inghiottirai quel panino quando sarà scaduto già da qualche anno-
-Vergil non rompere!- Esclamò Dante, sorpreso dal fatto che il fratello non capisse la sua geniale tecnica per eludere la domanda materna, intanto aveva rovinato tutto e sua mamma fissava su di lui quel suo sorriso gentile e gli occhi benevoli, non poteva mentirle.- Ci troviamo molto bene qui, il mare è limpido, l'aria fresca...
-Le nuvole sono bianche e l'erba è verde- Continuò il gemello con tono canzonatorio-
-Abbiamo conosciuto delle persone. Stiamo uscendo con due ragazze, anche loro sono qui in vacanza- Disse Dante tutto d'un fiato, mentre Vergil strabuzzava gli occhi, non credendo che avrebbe confessato tutto. Da qualche tempo erano restii a parlare delle loro amicizie femminili con la madre.
-Ah bene! Mi fa piacere che siate riusciti ad ambientarvi e come sono queste ragazze?- Eva tralasciò di dire che le aveva già viste e che si era comunque già accorta delle frequenti uscite dei figli.
-Una è bionda, piccolina ma proporzionata, occhi verdi, carnagione pallida..-
-Mi sembra di vederla-
-Eh, modestamente, sono bravo con le descrizioni!-
-Idiota è appena arrivata!- Sibilò il fratello, alzando una mano e sorridendo per salutare Sveva che si apprestava a fare colazione da sola.
-Ti deve essere simpatica quella ragazza Vergil- Commentò Eva vedendo il figlio più riservato osservare con insistenza la ragazza e il fratello che le andava vicino
-Niente più di una normale simpatia derivante da una conoscenza superficiale- Rispose Vergil con voce fredda, versando però qualche goccia di caffè fuori dalla tazza, tradendo il nervosismo per quella domanda.

-Ciao tesoro!-
-Ciao Dante- Rispose Sveva con meno slancio, con la voce ancora impastata dal sonno. -Come fai ad essere così energico la mattina?-Gli chiese la ragazza da sopra una tazza di caffè nero fumante.
-Di solito non lo sono ma oggi ho avuto un risveglio "particolare"-
-Sarebbe? Ho visto Vergil!-
-Non lo vedi ogni santa mattina da quando sei nato?-
-Si ma fortunatamente non mi svuota mezza bottiglia d'acqua gelata per svegliarmi ogni mattina!- Ancora scombussolato dal ricordo e ferito dalla risata che vedeva tremolare sulle labbra dell'amica Dante si alzò, dicendo che sarebbe tornato poco dopo. Intanto Sveva tirò fuori il cellulare dalla tasca dei jeans, impostò il numero di Federica come destinatario ed iniziò a digitare un messaggio, concentrandosi per non sbagliare i vocaboli del T9: "Forse svegliarsi con Vergil non è piacevole come avevamo immaginato..." -Cosa scrivi?- Il telefono disegnò un cerchio in aria e cadde a terra, mentre la ragazza respirava a fatica per lo spavento.
-Dante ma come cavolo ti è venuto in mente di metterti dietro di me e leggere i miei messaggi? Mi hai fatto spaventare...-
-Che hai scritto?-  Chiese ancora lui con un sorriso furbo
-Non sono fatti tuoi-
-Ma di Vergil si, c'era il suo nome nel messaggio.- Sveva aprì le labbra per protestare ma non ne uscì un suono. -Purtroppo non ho letto altro- Finì l'altro
-Devi esserti sbagliato, non era Vergil era "Virgilio"...parlavo di compiti!-Recuperando la prima scusa banale che le veniva in mente
-Ti vergogni di dire che stavi spettegolando con la tua amica su di noi?-
-Non siete un argomento tanto quotato. Federica ed io non parliamo mai di voi!- Articolò la ragazza con tono fintamente sicuro ed un' espressione snob
-Uh figurati, nemmeno noi parliamo mai di voi...Non ci verrebbe mai in mente una cosa simile!- Rispose a tono l'albino
- Questo credo sia tuo- Il cuore dell'italiana era destinato a non avere requie quella mattina, battibeccando con Dante si era dimenticata di riprendere il cellulare e ora proprio Vergil si era avvicinato per raccoglierlo da terra, presumibilmente con il messaggio ancora sullo schermo. La ragazza sembrava aver perso di nuovo l'uso della parola, capace solo di fissare il viso inespressivo del ragazzo. -Ha preso una bella botta: s'è spento-
-Meno male!- Quasi esultò la ragazza
-Come?-
-Volevo dire: male, molto male. Ehm Grazie Vergil!- Rispose Sveva approfittando di dover controllare l'integrità del telefono per distogliere lo sguardo da entrambi i fratelli.
-Dov'è mamma?-
-E' salita in camera, vuole riposare. Oggi avrebbe dovuto ritirare un dolce ma non se la sente di andare, tu conosci la pasticceria dove l'aveva ordinato, quindi devi andarci tu-
-Perfetto! Prendo le chiavi della macchina-
-Cosa? - Esclamò Vergil
-Prendo le chiavi della macchina. Sei diventato sordo nel sonno?- Chiese Dante iniziando ad agitare le mani, imitando il linguaggio dei segni
-Scordati che ti lascio guidare l'auto!- Rispose il gemello, ignorando la provocazione
-E come dovremmo fare?-
-Tu conosci il posto, lui vuole guidare: dovete andare insieme, divertitevi!- Rispose la bionda un minuto prima di defilarsi e lasciarli soli.

Meno di dieci minuti dopo i due gemelli erano in auto, diretti nel piccolo paese in cui sorgeva la rinomata pasticceria che aveva solleticato la gola materna. Il traffico era scorrevole, dalle altre auto arrivavano strofe dei peggiori tormentoni estivi sparati a tutto volume, stralci di conversazione tra fidanzati gelosi e risate di comitive ebbre della vista estiva. Oltre i vetri il panorama non aveva uguali: il celeste del cielo degradava in un azzurro intenso del mare, la spuma bianca lambiva le spiagge sotto di loro e tormentava le scogliere. Passarono così venti minuti nella macchina degli Sparda, chiusi in un silenzio assorto che separava mentalmente i due fratelli fisicamente vicinissimi; Vergil stava ritto al volante, attento alla strada, ai segnali, mostrando una sicurezza superba anche alla guida, mentre Dante si rilassava sul sedile vicino guardando il panorama e limitandosi a bofonchiare le direttive per raggiungere il comune e la pasticceria.
-Hai visto quante leccornie che c'erano al bancone?- Commentò l'albino goloso ( altrimenti detto Dante) appena ebbero svolto la commissione per la mamma
-Ho visto, purtroppo, i tre gelati che hai ingurgitato tu- Rispose l'altro con un'espressione disgustata
-Sei solo invidioso perché non ingrasso. Io!-
-Guarda che sono più magro e muscoloso di te, ragazzino-
-...Veramente portiamo la stessa taglia-
-E' escluso-
-Invece è vero-
-Cosa te lo fa pensare?-
-Il fatto che ti ho fregato dei pantaloni dalla valigia in settimana scorsa e mi stavano divinamente-
Il viso di Vergil mostrò i segni di un' ira funesta trattenuta -Sapevo di non averli dimenticati. Spero che tu faccia indigestione con tutti quei gelati...- Avrebbe finito la frase ma dei clacson furenti attirarono la sua attenzione, il fracasso non dava segno di voler diminuire ma anzi aumentava d'intensità. L'albino sospirò guardando oltre la strada e salendo in macchina -E' tutto intasato, fantastico!-
-Se prendiamo l'uscita per il prossimo comune riusciamo a saltare il pezzo di strada bloccato- Propose Dante
-Sai la strada?-
-Certamente!-
Vergil ebbe un brivido lungo la schiena, suo fratello sapeva "certamente" forse solo il suo nome e il suo numero di telefono da dare alle ragazze, era già un miracolo che fossero arrivati alla giusta pasticceria e l'idea di doverlo usare ancora come navigatore non lo entusiasmava nemmeno un po' -Dimmi dove devo girare-
-Là- Si limitò a dire Dante indicando con il mento una direzione tra le tre possibilità che offriva l'incrocio. Vergil svoltò a destra ma la voce dell'altro lo assalì -Ma sei scemo dovevi andare dall'altra parte!-
-No sei tu l'analfabeta! "Là" secondo te è definizione di destra, sinistra o dritto?-
-Là è là-
-Si....Le, lì, lo, lù. Cavolo! Siamo sulla strada principale...ed è bloccata!-
Poche cose possono essere peggiori di una via costiera intasata. La strada che percorrevano i gemelli, infatti, proseguiva sempre dritta, ( le sole uscite si immettevano nei piccoli comuni adiacenti) serpeggiando inesorabile lungo la costa, senza deviazioni e strettissima, a tratti quasi scavata nella roccia, si bloccava con estrema facilità, bastavano due pullman in differenti sensi di marcia per rallentare enormemente i tempi di percorrenza. Forse un incrocio spinoso tra mezzi pesanti o un incidente avevano causato la lunga coda di auto che stava davanti agli Sparda e che si accingeva ad allungarsi ancora dietro di loro. Il caldo sole d'estate arroventava le auto e innervosiva le persone chiuse negli abitacoli.
-Metti la radio Ver'-
-Lo farei volentieri se tu non l'avessi rotta tre giorni fa!-Per tutta risposta il fratello  si allungò verso la manopola dell'aria condizionata, ma la mano di Vergil gli afferrò il polso in una stretta glaciale. -Tocca il condizionatore e io spengo il motore, ti trascino fuori dall'auto e ti butto giù da quella scarpata- Lui stesso regolò l'aria in modo da avere un getto fresco che ritemprasse il loro umore e tenesse ad un clima adatto anche la torta di Eva.
-Siamo fermi nel traffico ed è tutta colpa tua! Hai sbagliato strada- Piagnucolò Dante
-Il mio unico errore è avere te come fratello. Non sai nemmeno indicare una via! Ma chi l'ha avuta la brillante idea di venire qui insieme?-
-Sveva- Rispose l'altro, non cogliendo il tono retorico della domanda. Vergil schioccò la lingua in un tono contrariato, ma non rispose, fece evidentemente male perché l'altro continuò -Segui spesso i suoi consigli. Non lo dimostri ma ascolti sempre quello che dice-
-Non ti preoccupare Dante non ho intenzione di fregarti la ragazza. Non mi interessa-
-Non potresti fregarmela perché non è la mia ragazza...-
-Da come ti comporti non sembra-
-Ti da fastidio, vero?-
-Dobbiamo proprio fare conversazione? Federica è più attraente- Rispose Vergil, non dando seguito alla provocazione e distogliendo lo sguardo dal fratello.
-Non hai interrotto un discorso e tu solo se ti interessa l'argomento-
-Cos'è, ci sono pillole di psicologia spicciola sulle carte delle merendine che ingurgiti?-
-Federica è troppo spigliata per te- Sentenziò Dante
-Ma non per te, fratellino, vero? Non le stacchi gli occhi di dosso! Sei tanto onesto da abbracciarti una ma spogliare l'altra con gli occhi-
-Forse in qualcosa siamo uguali-
-Che vorresti insinuare Dante?-
-Che spendi ogni adulazione per Federica ma se passa Sveva, chissà come mai, ti volti subito. Sei peggio di un cane da tartufo-
-Non sai nemmeno cos'è il tartufo... Ah no, dimenticavo che se qualcosa si mangia la conosci "certamente"-
-L'altro giorno ti ho chiesto se eri geloso di me e Sveva e non hai risposto! Si vede come ti piace Federica-
-E tu allora? Sugli scogli hai tenuto Federica sempre abbracciata, non ti scollavi di un centimetro da lei. Non hai degnato Sveva di uno sguardo. E meno male che eri il suo ragazzo  -
-Sai che non lo sono-
-Hai detto di esserlo appena l'hai conosciuta-
-E tu hai iniziato a fare il cretino con lei-
-Io non faccio il cretino con nessuna!- Esplose Vergil -Sei tu che lo fai con due amiche, ma è degno di te.-
-Non è vero!-
-Ah no? Ti rinfresco la memoria: in pizzeria hai detto che Sveva è la tua ragazza, in spiaggia te le abbracciavi entrambe e sugli scogli ti appartavi con Federica. Allora hai cambiato idea o hai pensato che essere doppiogiochista è più conveniente?-
-Io non scelgo l'opzione più conveniente se è scorretta.Tu..-

Un clacson alle loro spalle interruppe la discussione: la strada davanti a loro si era liberata.
Vergil mise in moto l'auto ed andò alla velocità maggiore possibile, pronto a tutto pur di finire quella vicinanza forzata con il fratello, con la coda dell'occhio colse stralci di panorama, uno scintillio del mare gli ricordò il lampo chiaro che gli tornava in mente non appena abbassava la guardia.
Dante rispondeva ad un sms di Eva arrivato qualche minuto prima, inviato il messaggio alzò lo sguardo in tempo per vedere un cartellone pubblicitario, l'immagine di Federica si sovrappose per qualche secondo alla modella che era effettivamente raffigurata.

**************************
Ciao a tutti!
Sono felice di potervi presentare il nuovo capitolo di Doppia Coppia, in realtà è la continuazione ideale del capitolo precendente. I protagonisti si stanno ponendo, seppure con toni diversi, i medesimi interrogativi ma i dati sono troppo scarsi per ottenere delle risposte certe.
Cosa succederà?
Lo scoprirete seguendo Doppia Coppia e vi ringrazio di aver letto sin qui! Se avete pareri, domande, battute sulla fanfic o sulla stramba autrice non esitate a commentare, contattarmi con il form o chiedermi la mail ^^

@ Beautiful Lie: Grazie ancora per le tue recensioni! Sono davvero felicissima che i capitoli e la piega degli eventi ti stiano piacendo, spero di continuare ad offrirti una lettura piacevole e sarò ben lieta di sapere cosa ne pensi.
@ Fy Chan: Smettila di tirare M&M's! Allora piaciuto questo 11esimo capitolo? Grazie per la recensione *_*

La vostra Bryluen!

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Capitolo 12
*** I gemelli comprendono qualcosa... ***


Era una torrida giornata d'estate. Sembrava che il sole volesse sciogliere ogni forma solida che incontrava, bruciare con un solo raggio il fisico e l'anima delle persone che, impavide, si avventuravano per le strade. I negozi e i bar erano insolitamente pieni: i clienti si gettavano negli esercizi commerciali ipnotizzati dal fresco invitante dell'aria condizionata o dalla visione paradisiaca di un ventilatore, rimanevano nei locali per lunghissimi minuti, quasi fino ad imparare ogni articolo in vendita ma raramente davano soddisfazione ai venditori comprando effettivamente qualcosa.
Le spiagge erano gremite di persone e  nei primi metri l'azzurro del mare era coperto dai costumi colorati dei bagnanti. Federica era già pronta ad aggiungersi a quella folla rumorosa, in pantaloncini di jeans e maglietta verde mela sopra al costume arancione, guardava un'amica decisamente poco convinta.
-Vatti ad infilare il bikini, prendi la borsa e muoviti, donna!- Sentenziò con il suo tipico tono dispotico, di quei disperati casi in cui voleva avere assolutamente ragione, senza farlo troppo notare.
-Oggi no, fa troppo caldissimo, per favore!- Supplicò Sveva che sembava soffrire l'afa già all'ombra.
-Perchè non siamo al mare, come ci buttiamo in acqua non sentirai più caldo. Ci metti  un' eternità a tuffarti, che per te l'acqua è sempre fredda.- La bruna continuò imperterrita la sua opera di convincimento ai danni dell'altra che sembrava proprio non volersi muovere.
-Non voglio venire-
-Dov'è che non vuoi andare?-
Dal nulla si sentì una voce maschile, profonda e ben nota alle ragazze, il tono era gelido ma aveva una nota di maliziosa ironia che la rendeva  inconfondibile. Sveva sentì una mano posarsi sulla sua spalla e per poco non si voltò con un' espressione terrorizzata degna di un film horror. Non lo aveva visto da quella conversazione con Federica, eppure lui era stato sempre maledettamente lì, nella sua testa, anche quando sembrava poter pensare ad altro c'era qualcosa che lo riportava in primo piano e riproponeva quell'interrogativo insondabile "Cosa provo per lui?"
-Non ho voglia di andare al mare oggi, fa troppo caldo- Rispose la bionda, troppo in fredda e troppo seccamente, evitando anche di guardare Vergil, che le aveva posto la domanda e si era già seduto, senza essere stato invitato a farlo, vicino a lei.
-Ma scommetto che tra poco andranno in spiaggia anche i nostri gemellini preferiti! Vero?- Chiese Federica tutta entusiasta, supponendo che, con la presenza dei ragazzi, Sveva si sarebbe certamente convinta ad accodarsi.
-Dolente di doverti deludere ma nostra madre ci ha consigliato di evitare l'esposizione prolungata al sole. Sembra condividere l'opinione di qualcun' altro- La voce del ragazzo aveva un' inflessione sorridente finchè si rivolgeva alla bruna, poi per la seconda frase fu quasi atona, mentre gli occhi azzurri si fissavano su Sveva con un' espressione infastidita.
Federica fece in tempo a vedere Dante che usciva in fretta dall'albergo, avendo saputo dal fratello che andava in edicola a prendere delle riviste per la madre, pensò bene di fare una corsa e raggiungerlo. Lasciava così l'amica sola con Vergil, sperando che non passassero in quel silenzio ostile tutta la prossima mezz'ora e che non si sbranassero a vicenda alla prima battuta sarcastica.

A Vergil non era sfuggita l'aria atterrita della ragazza nel vederlo, sapeva che lei aveva imparato quasi subito a distinguere i due gemelli e il sospetto che quell'espressione fosse solo la delusione di vedere lui e non Dante lo pungeva nell'orgoglio, nel modo più doloroso possibile. Pochissime cose facevano vacillare la sicurezza in se stesso, nè critiche velate, nè aperti rimproveri ledevano la sua altergia, eppure c'erano volte in cui  la competizione continua con il gemello lo logorava, proprio quella somiglianza così straordinaria era un' eccezione alla supremazia del suo amor proprio.
 -Speravi evidentemente di vedere un altro...-  Iniziò il ragazzo, vedendo un' aria pensosa sul viso dell'amica. La bocca gli si contrasse in un sorriso obliquo
-No, perchè? Non aspettavo nessuno- Rispose lei, continuando a non guardarlo negli occhi, continuando a fissare un punto indefinito verso la fontana che stava davanti a loro. La voce aveva un tono basso che non riusciva a nascondere un certo nervosismo. Sembrava la timidezza dei primi giorni, quella che era sparita  in lei già da tempo.
-Magari mio fratello!- Per la prima volta la bionda si volse a guardarlo, le sopracciglia leggermenta alzate, la bocca dischiusa in un' espressione di evidente sorpresa.
-E' appena passato. Se avessi aspettato lui lo avrei raggiunto io, al posto di Federica- Sottolineò lei
-Ma non mi sembra che tu oggi abbia molta voglia di correre...- Ribbattè l'albino, adduccendo l'essere rimasta in hotel alla stanchezza e non alla poca voglia di vedere Dante, e stranamente non lo sfiorò nemmeno l'idea  che la ragazza fosse rimasta lì per il desiderio di stare con lui.-...Nemmeno dal tuo ragazzo- continuò con voce quasi disgustata. Stavolta fu lui ad avere un sincero moto di sorpresa, sentendo un riso cristallino di fianco a sè
-Tra me e tuo fratello non c'è nessuna relazione, come ti viene in mente?Ah, non fare quella faccia oltraggiata!
-Dante continua a chiamarti la sua ragazza, e tu non smentisci -
-Veramente è da un po' che non dice più certe cose, a volte sembra che il vento spiri da un' altra parte.- Rispose lei, osservando una bandiera poco lontana ma alludendo a ben altro. -E poi non pensavo che tu credessi ancora alle baggianate di Dante-
-Allora lo ritieni uno stupido?- Chiese Vergil, mentre nei suoi occhi passava un lampo di trionfo.
-Io no, ma tu si.- Il suddetto lampo di vittoria si spense ben presto. -Piuttosto tu non sei deluso che la tua bella sia corsa dall' altro?-
Vergil non manifestò alcuna emozione, la maschera atona adornata dal sorriso spavaldo gli era calata di nuovo sul viso, privando gli altri della possibilità di far congetture sulle sue reazioni. Era vero, mentre si scandalizzava della preferenza di Sveva per Dante, Federica non aveva aspettato molto prima di correre dal suo gemello, li aveva anche visti abbracciarsi con slancio. Fin dal primo momento Vergil aveva preferito la bruna, giudicando l'altra troppo poco evidente per degnarla delle sue attenzioni, possibile che proprio la sua preferita iniziale lo tradisse in quel modo? Gli era forse apparso qualcosa delle ragazze sotto una luce diversa, all'inizio? (Perchè non era ovviamente possibile che fosse stato lui a sbagliare nell' interpretare le nuove conoscenze ). Possibile che fosse Federica quella tanto stupida da preferire suo fratello? (Perchè chiunque anteponesse Dante a lui non era altro che un intelletto inferiore)
La ragazza, ancora seduta di fianco a lui, ormai non si vergognava più di guardarlo. L'imbarazzo precendente, certamente dettato da quel paragrafo sentimentale e romantico della sua anima, aveva lasciato il posto alla solita spontaneità. Non aveva voglia di pensare a cosa avrebbe potuto pensare di lei, non aveva voglia di farsi problemi inutili nè deboli e vaste congetture, voleva essere se stessa, come lo era stata in quei giorni. Ed ora c' era qualcosa dentro di lei che ribolliva dalla rabbia, aveva voglia di cancellare dal viso dell'albino quell' espressione di superiorirà non curante, voleva dimostrargli che anche lei non mancava di intelligenza per equiparare le sue battute sarcastiche, e che la sua perspicacia non era da meno di quella di lui. Proprio così e in quel momento Sveva, quasi senza accorgersene, aveva inferto un colpo stranamente inaspettato alla sicurezza del ragazzo, non potè fare a meno di chiedersi se con quel gesto non avesse trasformato Vergil in una specie di Otello, il cui silenzio pensoso presagiva un' ira terribile. 

Intanto un cagnolino nero era entrato nel vicolo antistante l'albergo, il suo abbaiare vivace aveva messo in fuga tutti i gattini del circondario ed attirato molti curiosi, Federica non aveva mai resistito a quei piccoli animali giocherelloni e non potè fare a meno di intrattenersi qualche minuto con lui. Dante, non accorgendosi che l'attenzione dell'amica era monopolizzata dal cucciolo, andò avanti, quando si accorse di essere rimasto solo qualche metro innanzi, si guardò intorno. Non vide Federica: vide invece una coppia in terrazza. Nel momento in cui realizzò che Sveva stava guardando Vergil con un po' troppo trasporto, lui si sentì cingere ai fianchi da delle lunghe braccia femminili e non potè fare a meno di sorridere contento. -Il cagnolino ti ha lasciata andare...-



Ciao a tutti lettrici e lettori,

Buona Estate! Ecco a voi un capitolo piccolo ma abbastanza significativo per i nostri personaggi: a quanto pare iniziano a chiarirsi un po' di situazioni e le apparenze iniziali crollano progressivamente. Cosa succederà? 
Arrivederci al prossimo capitolo!
Come al solito GRAZIE  a chi legge, e mi inserisce tra autori,storie preferite, ricordate o seguite. Un grazie doppio a chi commenta:  Beautiful Lie e Fy , senza di voi non continuerei con la stessa tenacia!

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Capitolo 13
*** I love shopping ***


Erano ormai le undici del mattino quando i gemelli e le due amiche poterono trovarsi tranquillamente tutti insieme. All'apparenza tutto procedeva normalmente: c'erano le solite battute ironiche, gli abituali scambi di galanterie e civetterie, i sempreverdi scherzi di atipico gusto, ma in realtà i malumori e le gelosie sotterranee continuavano a scorrere e i vecchi dubbi venivano sostituiti con nuovi interrogativi forse ancor più pressanti. Erano, ovviamente, ancora la piccola comitiva spensierata ma proprio quella spensieratezza tipica delle frequentazioni superficiali stava lasciando il posto ed emozioni più forti, segnali di una conoscenza più profonda.
Queste erano le sensazioni che ribollivano negli animi di ciascuno dei ragazzi ma che non si manifestavano mai apertamente, ognuno le teneva per sè, gli dedicava un cantuccio della propria mente, qualche battito veloce del cuore e cercava subito dopo di dimenticarle, lasciando che fosse il tempo a far emergere ogni segreto nel momento opportuno.

Federica iniziò ad agitare il piede sinistro, sbattendolo nervosamente per terra con piccoli scatti irritati.
-Che abbiamo intenzione di fare? Io qui mi sto cuocendo, arrostendo e dorando- Sentenziò bruscamente, interrompendo uno dei piccoli dibattiti futili che si stava svolgendo tra i due gemelli.
-Tesoro, che sei un bocconcino appetitoso l'abbiamo sempre saputo!- Rispose Dante sporgendosi dalla sedia come fingendo di darle un morso alla spalla, prima che la ragazza gli ponesse l'indice al centro della fronte per spingerlo indietro.
-Potrebbe essere un boccone più amaro del previsto- Aggiunse improvvisamente Vergil, mentre la bionda di fianco a lui lo guardava perplessa.
-E sarò molto, molto amara se mi farete stare qui tutto il tempo a non far niente!- Proseguì Federica con voce più acuta di prima e ancor più seccata. -Siete voi gli anormali a non voler andare in spiaggia con questo tempo ideale- Continuò con ben poca delicatezza, prima di essere interrotta da Vergil
-Vuoi andare in spiaggia?-
-Si- Rispose lei con uno sguardo di sfida
-Bene, quella è la strada. Ciao!- Concluse lui, alzando la mano a mimare un gesto di saluto, ma poi per il livore stava per calare l'arto pesantemente sul tavolo, fu in quel momento che Sveva si azzardò a posargli una mano sul braccio, quasi sul polso, con un tocco gentile ma fermo, che invitava alla calma. Vergil la guardò sorpreso ma incontrò un' ammonimento a mantenere il controllo, si stupì: credeva di essere l'unico a cercare di tenere a freno gli impulsi subitanei. Possibile che lei stesse capendo i suoi atteggiamenti? Proprio quella ragazzina che si era divertito a prendere in giro ed imbarazzare, proprio lei che aveva sempre avuto qualcosa di inafferrabile.
-Ci vuole un posto con l'aria condizionata, così non saremo sotto il sole, nè soffriremo il caldo.- Disse la ragazza, con voce quasi atona, tornando al discorso precedente e chiudendo l'alterco tra l'amica e Vergil.
-Possibilmente un luogo in cui non siamo ancora stati, magari evitiamo di annoiarci almeno un giorno.-La interruppe  l'albino vicino a lei.
-Le prime parole sensate che sento!-  Esclamò la bruna, prima di sotterrare di nuovo gli animi dicendo -peccato che non ci sia un posto così-
-Ricapitolando: fa troppo caldo per stare fuori, è troppo presto per cinema o ristoranti e rimanere qui sarebbe decisamente troppo noioso- aggiunse questa preziosa informazione l'albino
-Grazie per questo utilissimo contributo, Dante- sbottò Federica
-Mio fratello è sempre illuminante- affermò seccato Vergil
-Vi illumino di immenso miei cari!- esclamò il ragazzo, quasi non accortosi del sarcasmo altrui. Tre paia di occhi lo fissarono stupiti, mentre lui rispondeva con uno sguardo evidentemente soddisfatto di sè. -Tu conosci una poesia?- Chiese qualcuno di loro
-Si, anche se non ho mai capito come continua questa-
-Mi pareva strano- osservò Sveva sconsolata -Dante, questa poesia non ha seguito: è l'unico verso!-
-Davvero? Chiunque l'abbia scritta è stato intelligente! Lui l'ha capito che le poesie lunghe non le impara nessuno! -
stavolta tre paia di mani toccarono le rispettive fronti in un gesto di sconforto. -Secondo la tua logica ti chiami come il poeta più stupido della storia! Hai idea di quanto sia lunga la Divina Commedia?-
-Se lo meriterebbe di chiamarsi come un cretino. Altro che Dante, io lo vedrei bene come Asdrubale, Anacleto,Eleuterio...-
Federica non sapeva se ricordare il suo cattivo umore con un sonoro "uff" o scoppiare a ridere per quel fraterno "scambio di cortesie e sguardi affettuosi" ( e per l'immaginarsi Dante come il gufo di Merlino, Anacleto) alla fine decise per una comica via di mezzo, un verso anomalo e irriproducibile. Non poté fare a meno di guardare Dante con un moto di simpatia, i suoi occhi chiari e sinceri tradivano una certa ingenuità infantile, ma sapeva che era capace di grandi sentimenti. Vergil le faceva girare le scatole: saccente, uomo vissuto, affascinante quanto un dio greco, ma difficilmente digeribile.
-Per il malumore femminile niente è meglio di un po' di shopping!- Assicurò l' altra ragazza.
-In questo caso ci vorrebbe un intero centro commerciale!- Commentò Vergil vedendo la faccia scocciata della bruna
-Come ho fatto a non pensarci!- Sveva fece saltare tutti per quell'esclamazione a voce troppo alta - Ne hanno appena aperto uno, veramente pacchianissimo a vederlo da fuori,  se i gemelli prendono la macchina potremmo andarci!-
-Pacchia...che?- Chiesero i gemelli in coro.
Sveva guardò prima Dante sorridendo, poi però osservo Vergil e scosse la testa ridacchiando -Meglio che non lo sappiate!- Peccato che quell'espressione felice si gelò nell'imbarazzo che incendiò le guance. Il ragazzo aveva mosso le dita e solo allora Sveva si era accorta con orrore di aver sempre tenuta la propria mano su quella di Vergil, un gesto del quale non si era accorta, che lui non aveva respinto, ed ora le dita di lui serravano quelle di lei, come una carezza statica ma invitante. Evitò di ritrarsi bruscamente da quel contatto per non attirare l'attenzione, ma vedeva le labbra dell'amico piegarsi pericolosamente verso l'alto, avrebbe sorriso. "Quel" sorriso indecifrabile, che solo lui era capace di assumere. Per un lunghissimo istante i due si isolarono in un  microscopico mondo, che comprendeva solamente le loro due sedie, i loro sguardi rimasero incollati ma non facevano trapelare le reali sensazioni che nascondevano.
Federica fu compiaciuta dalla situazione, ma non si accorse che Dante fissava il fratello e l'amica con mal celata preoccupazione.

I gemelli dovevano pensare che il noleggio dell'automobile fosse stato l'investimento migliore fatto in vacanza: il veicolo sfrecciava veloce tra le strade costiere, sospese tra rocce e panorami mozza fiato. Con i capelli al vento, la radio al massimo, i visi accesi dall'allegria e aspettativa la piccola comitiva si allontanava velocemente dal loro paesino piacevole quanto stagnante, per loro i chilometri  mangiati dalle ruote avevano il sapore della libertà, potevano andare dove volevano, padroni di una giornata di sole.
-Che canzone mettiamo?-
-Mettiamone una per il mio serissimo fratello!-
-Giusto, il nostro pilota merita una canzone...ah no, non te la puoi scegliere da solo, non vale! Sveva che canzone dedicheresti a Vergil?- Sentendo quella frase Dante sudò freddo, l'intesa che aveva visto tra il gemello e l'amica lo rendeva inquieto. Un morso di gelosia gli pungeva lo stomaco, aveva sempre coperto di coccole la biondina, ma doveva ammettere che il feeling tra loro due era scemato, o meglio c'era semplicemente qualcosa che non scattava. Non voleva credere che invece con lui... Era il senso di protezione a metterlo all'erta, sapeva che il fratello poteva essere insensibile con chi gli dimostrava un certo interesse e non avrebbe voluto vedere l'amica ferita da quella copia mal fatta di se stesso. Corrucciato aspettò il titolo della canzone che sperava non fosse d'amore o vagamente romantica.
-Per Vergil? Niente di meglio di Womanizer della Spears- Rispose allegramente Sveva, togliendosi una ciocca di capelli che le sferzava il viso, Dante guardandola tirò un sospiro di sollievo. Il pilota, l'unico di loro a tenere un certo autocontrollo, forse proprio in virtù del compito che svolgeva piegò le labbra in un sorriso seducente ma non disse niente. -Fede sentiamo Alighieri cosa ti dedicherebbe...-
L'albino sfoggiando un'espressione da tipica canaglia: -Hot, di Avril Lavigne. -   Le ragazze lo guardarono stupite, ma si vedeva che lui non aveva ancora finito -Eh si, perché a qualcuno piace caldo!- concluse facendo l'occhiolino.
-Ricordamelo la prossima volta che ho a portata di mano un po' d'acqua bollente, mio caro "American IDIOT!"- Scoppiarono tutti a ridere, tranne l' "idiot" evidentemente scontento.
L'ultima curva li portò in vista di una costruzione piuttosto bizzarra, una forma di  alta onda fabbricata con materiale indefinibile e attorniata da decide di macchine.
-Che cavolo?- Si lasciò sfuggire Vergil, perdendo la solita compostezza.
-Io l'avevo detto che era pacchiano-
-Mi augurerei uno tsunami giusto per vendicare il buon gusto-
-Non fino a che c'è la nostra macchina sotto! Chissà come Dante non l'ha già distrutta.- Sentenziò l'albino parcheggiando con una sola precisissima manovra e chiudendo l'auto dopo che gli altri tre furono scesi.
C'era qualcosa di elettrizzante in quelle porte scorrevoli che si aprivano davanti a loro: la promessa di divertimento, di corse lungo i corridoi, di foto rubate in negozi che vendono articoli improbabili, di scoprire gusti discutibili e mai confessati degli amici. Un lungo corridoio di piastrelle bianche li invitava ad entrare come un tappeto rosso ad un galà, tutt'intorno era pieno di vetrine scintillanti, manichini dal fisico perfetto, abiti mal abbinati, e insegne pubblicitarie grandi e illuminate.
"I love shopping" sussurrò Sveva all'amica, che ricambiò con un "Wonderland!"
I ragazzi, abituati ai negozi americani furono poco impressionati, ma Vergil non avrebbe confessato nemmeno sotto tortura che un brivido di piacere gli percorse la schiena all'idea di trovare qualche articolo interessante di moda "made in Italy", a Dante sarebbe bastata qualche vaga minaccia di frustate per fargli sputare un elenco infinito di negozi dove voleva assolutamente andare.
Due vetrine di abbigliamento maschile occhieggiava al lato destro. "Quello non sembra male!" indicò Dante.
Il fratello non riusciva a credere che avesse trovato un negozio di abiti di classe, e cogliendo al balzo un' occasione non sperata lo precedette. "Ma dove vai?" chiese, vedendolo svoltare improvvisamente.
"Che domanda? Al negozio!"
Vergil si accorse troppo tardi, e con sommo orrore, del negozio pseudo street-style, proprio di fianco a quello elegante che aveva visto lui, e che offriva un' incredibile gamma di pantaloni stracciati, magliette bucate, larghe e coloratissime. La mano in fronte fu d'obbligo. "E ci ero pure cascato..." si limitò a sussurrare vedendo il gemello infilarsi in quello che a lui pareva un ricettacolo di roba immettibile. "E tu dove vai?" con sua sorpresa anche Federica stava seguendo il fratello.
"Certo che oggi ti sei bevuto proprio il cervello, non vedi che vado al negozio?"
"Ma...." non riuscì a finire la frase, guardò la vetrina e si accorse che non vendevano articoli femminili, ma ormai la ragazza era già entrata per farglielo notare.
"Le sono sempre piaciute le maglie da uomo!" Si limitò ad osservare Sveva, che era rimasta dietro di lui. Vergil si riscosse, riprendendo la solita aria stolida, almeno cercava di salvare le apparenze con  lei. "Quella polo ti starebbe molto bene". Si limitò a dire l'amica, osservando una maglietta bianca con delle cuciture blu elettrico nella vetrina che aveva attirato lui prima.
"Mi sta bene qualunque cosa!" Rispose lui, quasi prima di accorgersene. Il sorriso esitante della ragazza fu sostituito da uno sguardo duro e indecifrabile, mentre anche le labbra di lui prendevano una piega amara.
Cinque minuti dopo quasi tutti loro avevano una busta con i primi acquisti. Federica, incoraggiata dall'albino, sventolava una maglietta da uomo con il logo di batman e Dante un paio di pantaloni che sembravano usciti da un incidente stradale. "Che hai preso tu fratellino?"
"Non vedo nessun fratellino, qui."
"E dai non fare l'antipatico."
"E tu non essere insopportabile! Ah già...è impossibile!"
"Ha preso la polo bianca della vetrina. Gliel'ho consigliata io..." aggiunse la bionda, prima che i due sembrassero appena usciti dall'asilo.
"Ahh quella da principino elegantone" criticò ridendo l'amica
"Semplicemente di buon gusto" si difese Sveva.
"Proprio come piace a te!" aggiunse l'altra facendole l'occhiolino.
"Andiamo al negozio di accessori!" Propose, cambiando istantaneamente discorso, prima di finire sul terreno minato.
"Siiiiiiiiiiiiiiiiiiii!"
"Non ne usciremo  vivi" Si dissero i gemelli, ritrovando improvvisamente l'alleanza maschile di fronte alla sfida titanica di una bottega di bracciali, collane e qualunque altra cosa sbrilluccicasse.
Infatti, i successivi dieci minuti le due amiche non fecero altro che girare estasiate tra gli scaffali ed indicare più o meno tutto quello che c'era, per un apprezzamento o commenti negativi. Il termometro della noia per gli Sparda schizzava in sù, anche se seguivano stoicamente le due ragazze. Sveva decise per un ferma capelli a forma di fiore, sebbene non staccasse gli occhi e ogni tanto accarezzasse da un più imponente baciamano orientale, mentre Federica agguantò un paio di orecchini e li sventolò davanti alla faccia di Dante, che fu graziosamente costretto a regalarglieli. Alla fine uscirono tutti e quattro dal negozio: due pacchetti erano tenuti orgogliosamente in mano dalle ragazze, mentre un terzo venne nascosto in un' altra busta da uno dei due gemelli.
"Andiamo a vedere gli articoli sportivi!"
"No, vediamo il make-up"
"Ma sei matta, andiamo da alcott!"
"No, io voglio andare al Disney Store!" (L'elenco di negozi citati fu troppo lungo per essere riportato per intero)
"Federica, testa o croce?" Propose Vergil, apparendo tra lei e il gemello con una scintillante monetina, che alla fine decise per una istruttiva visita nell'unico negozio del centro dove l'orologio biologico torna indietro: Disney!
La biondina non riuscì a non fare gli occhi dolci davanti ad un enorme peluche della Bestia, esemplare mancante alla sua collezione.
"Uh guarda Dante, l'unico principe che ti somiglia!" Scherzò Vergil indicando il peluche.
"Meglio è il mio preferito!" Sveva intendeva difendere più il pupazzo che l'amico, ma i gemelli fraintesero, così mentre uno gongolava, l'altro dissimulava una fitta di gelosia.
"Grazie tesoro, ma io sono...Hercules! Il più bello e il più forte!" Spiegò l'albino mettendo in mostra i bicipiti.
"Nooooooooooo voglio la penna di Jack!" La voce di Federica interruppe il dibattito, uscendo da non si sa quale anfratto della sezione dedicata a Tim Burton, e ovviamente la penna andò a far compagnia agli orecchini nella sua borsa.

Dante si avvicinò al fratello con aria da gran cospiratore, i due si allontanarono da qualche passo, per non farsi sentire dalle ragazze, e per la prima volta sembrarono i gemelli che realmente erano: uguali, illuminati dallo stesso diabolico sorriso, che non faceva presagire nulla di buono.
"Che avete da sghignazzare voi due?" chiese ingenuamente Sveva.
"Oh niente, pensavamo che avendo Federica scelto l'ultimo negozio adesso....toccasse a Dante"
"E....io ho già deciso!" L'espressione più angelica che gli riuscì mise comunque i brividi alle ragazze, che si voltarono verso la vetrina indicata dai maschietti: Intimo femminile.

"Chissà perché non me lo aspettavo..."
"Era prevedibile, però non avrei creduto che anche Vergil sarebbe stato d'accordo"
"Svè, pure lui ha gli ormoni, magari meno shackerati ma ci sono."
Con due volti da prigioniere le ragazze entrarono nel negozio di intimo, seguite da un ridacchiante Dante e il suo, come al solito, impassibile ma sorridente gemello, e sarebbe difficile dire chi dei quattro facesse più attenzione alla merce in vendita.
"Stiamo facendo venire pensieri poco casti alla nostra suorina?" Chiese Federica all'amica, sventolandole davanti un bustier rosso come la sua faccia.
"Non sono poi così suorina" rispose l'altra sibilando e guardando distrattamente  un completo
"Buono a sapersi" Aggiunse Vergil dietro di loro,
"Adesso sì che ti sei fatta rosso peperone!"
"Ma la vuoi smettere!"
Dante si avvicinò alla mora con aria sorniona "Questo ti starebbe divinamente, tesoro!" mostrandole una stampella con qualche pezzo di stoffa difficilmente riconducibile ad un tanga con reggiseno.
"...Io non credo"
"Potresti provarlo!" Continuò lui, come colpito da un' idea eccellente
"E magari fartelo vedere"
"Ovviamente!"
"Mmmhh" la ragazza prese il completo, come esaminandolo attentamente, con interesse..."NO!" lo rimise davanti al naso di Dante, prendendo invece un push-up poco distante. "Svèè guarda che carino questo!"
"Il colore non mi piace"
"Ma è troppo imbottito!" Protestò l'amico guardando l'articolo
"Dante, mi spiace darti quella che sarà la notizia più tragica per te, dopo l'inesistenza di babbo natale, ovviamente. La maggioranza delle ragazze a cui fai la radiografia ha questa imbottitura sotto la camicia" Rispose la bionda senza scomporsi
"Ti assicuro che non è così...Esperienza ...diretta!" aggiunse lui con aria di gran casanova
"Allora sei stato con tutte rifatte!"
Il sorriso di Dante si congelò all'istante, mentre insospettabilmente Vergil rise vivacemente, attirando l'attenzione di tutte le commesse.
"Noooo, c'è anche il reparto maschile! Questi, sono perfetti per voi!" Federica agitò due paia di boxer, uno aveva un sushi e l'altro un cannolo siciliano ( in zona strategica). Fu la bionda a non trattenersi dalle risate. "Sempre che non siete tipi da slip.....spero di no!" Disse Federica abbassando evidentemente lo sguardo "Tsè, prima fate i cascamorti poi sembrate due educandi!"
"Questi sono da Vergil.." Insospettabilmente, anche la suorina iniziò a fare congetture sull' intimo dei ragazzi. "Non mi guardate così! Che ho detto di male?" Effettivamente nessuno si aspettava quell'intervento disinvolto, men che meno l'albino a cui effettivamente i boxer neri scelti piacevano non poco."E' un segno del destino, hanno messo anche Womanizer alla radio. Che ne dici Ver?"
L'albino non rispose ma piegò le labbra in un sorriso seducente.
"Io direi di tornare al reparto femminile!" Ne approfittò il fratello
"Ok, Tanto a quel che pare voi due non siete divertenti nemmeno sotto i vestiti." Dante strabuzzò gli occhi, ma non gli riuscì di dire niente, gli sembrò l'insulto peggiore che avesse mai ricevuto in vita sua. "Non fare quella faccia! Dai ti regalo questi!" Guardando la scena che si svolgeva alle loro spalle prima di tirare fuori da dietro la schiena un paio di boxer rossi con il logo della coca cola.
"Federica ma che.....?" Dante si sentiva sempre più preso in giro.
"Mhhh se mi conoscessi meglio dovresti esserne felice" Rispose lei ridacchiando.
Sveva era rimasta un po' indietro, guardando uno stand alla sua sinistra "Questo è carino.." commentò sottovoce guardando un completo nero con frangette rosa che scendevano.
"Ti donerebbe molto" Sibilò Vergil alle sue spalle, tanto vicino che la ragazza poteva sentirne il fiato accarezzarle la nuca.
"Te ne intendi di biancheria femminile, womanizer?" riuscì ad articolare piuttosto maldestramente la ragazza. Anche se era di spalle, riusciva a capire che quel mezzo sorriso non aveva abbandonato le labbra dell'albino.
"Mi piacevano i boxer che avevi indicato per me..." alla ragazza sfuggì una risata di imbarazzo, mentre tentava di girarsi per andarsene. La canzone di Britney Spears proseguiva ( I know just what you are...But no way I’m ever gonna fall for you) "Sei sicura che non sarai un' altra vittima di un seduttore?" sussurrò infine lui.
"Andiamo piccioncini!...Uh Sve, bello quello prendilo!"
La bionda che fissava gli addominali di Vergil dai 10 secondi più lunghi di tutta la vita, non se lo fece ripetere due volte e prese al balzo la prima scusa che la disincastrasse dall'albino e lo scaffale: senza sapere come si trovò fuori dal negozio con la busta di un negozio in cui non aveva nemmeno pensato di andare, ma il cui contenuto non le dispiaceva.
Un' ora di negozi dopo la piccola comitiva decise di fare una pausa terapeutica per mangiare. Da perfetti salutisti quali erano tutti e quattro optarono per il locale in cui gli hamburgher sembravano più grandi, pieni di salse dalla composizione indecifrabile, e accompagnati da patatine giganti e tanto dorate da sembrare più adatte nella vetrina di una gioielleria.
Prima di prendere posto andarono a lavarsi le mani, ed entrambi i gruppi poterono approfittare della momentanea separazione per scambiarsi qualche commento.
"Ti sei accorta che nel negozio di intimo Vergil ti ha mangiata con gli occhi?"
"Ehm, si, credo. Ma mi sono sentita più uno snack arrostito che una femme fatale."
"Se ti guarda ti sciogli, non si fa così, Sve!"
"Già, dovrei prendere esempio da te eh? Ho visto che gli hai comprato qualcosa a Dante"
"Ah, ehm, te ne sei accorta...." Federica sembrava improvvisamente reticente. "Ti ha dato fastidio?"
Sveva sospirò in un modo che fece venire un nodo allo stomaco all'amica "No. E' solo che mi sembra tutto talmente confuso. Alla fine abbiamo stretto i rapporti tutti con tutti, a Dante sono molto affezionata, è simpatico, è dolce anche se fa lo scemo" disse sorridendo intenerita. "Però a volte non so come comportarmi con lui, voi due mi sembrate molto più in sintonia, più rilassati, state bene insieme."
"Anche a me sembra che tu e Vergil potreste andare molto più d'accordo di quanto mostrate"
"Non lo so. Anche se mi chiedo se anche loro facciano questi discorsi." Si chiese pensosa, rivivendo certe scene dalle quali era innegabile che negli ultimi giorni anche gli Sparda avevano cambiato alcuni atteggiamenti verso di loro, a volte impercettibilmente, altre molto manifestamente. "E comunque, non mi sfuggi, che gli hai preso?" Riuscì a beccare l'amica proprio prima che svanisse oltre la porta del bagno.
"Un boxer della coca-cola"
"Questo si che è apprezzamento per una coca-cola dipendente come te!"
Le ragazze uscirono ridendo dalla toilette.
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"Devo fare le cascate del Niagara"
"Dante, fai schifo!"
"Guarda che è una cosa fisiologica!"
"Falla, senza dare anteprime. Grazie!" Vergil scosse la testa, disgustato dall'idiota che si ritrovava come fratello.
"Reggi queste che mi lavo le mani"
Vergil notò la busta del negozio di intimo. "Non pensavo ti fossi comprato qualcosa lì"
"Non l'ho fatto. E' un regalo di Federica" fece lui schioccando la lingua, molto compiaciuto.
Senza chiedere permesso il gemello aprì la busta per vedere che cosa c'era dentro "Sei sicuro di riempirli?"
"Vuoi scherzare, al massimo potrebbero essere stretti!" Il sorriso spaccone di Dante scivolò in un' espressione confusa mentre aspettava che anche il fratello si lavasse le mani. "Ti ricordi il discorso dell'altra volta?"
"Sei sicuro che fosse un discorso degno di essere ricordato?" Chiese l'altro ridendo
"Mentre eravamo bloccati in macchina...." Vergil annuì, non aveva dimenticato di quando si erano reciprocamente rimproverati di prestare attenzione ANCHE alla ragazza che  non avevano scelto inizialmente.
"Mi sa che abbiamo  continuato su quella strada"
"O forse abbiamo proprio cambiato direzione" Rispose l'altro enigmaticamente.

Due panini a testa,una bibita, un numero incalcolabile di patatine e un imprecisato valore calorico di dolci dopo, la piccola comitiva uscì dal ristorante pseudo-western che avevano scelto. Gli occhi strabuzzati suggerivano che nemmeno loro riuscivano a credere a quanto avessero mangiato, solo Dante sembrava fiero soddisfatto sotto il suo nuovo cappello da Cow-Boy, omaggio della casa per il giovane che si era tanto evidentemente distinto nel campo dell' appetito.
"Tre porzioni di patatine, come diamine hai fatto?"
"Nel selvaggio west servono energie per combattere i pelle rossa, ya-ohh"
Sveva si limitò ad alzare il sopracciglio, dire che si era bevuto il cervello insieme alla birra sarebbe stato superfluo "Meno male che i panini erano piccoli!"
"Non se, come ho fatto io, ci aggiungevi peperoni, melanzane, formaggio, pancetta, uova, mostarda e..."
"Ti supplico basta!"
Vergil passò all'azione rubando il trofeo del fratello
"Ridammelo immediatamente"
"Altrimenti che fai? Chiami lo sceriffo? Consideralo in ostaggio per la prossima ora, tu non nomini nulla di vagamente commestibile e io ti ridò il pargolo"
Il gemello si limitò a guardare il suo povero cappello con aria timorosa e sconsolata, se avesse tentato di riprenderlo con la forza l'avrebbe rovinato, e non voleva esporlo a quell'inutile rischio. Ci si era affezionato tanto che si era persino rifiutato di regalarlo a Federica, resistendo per la prima volta ai suoi occhi dolci, adducendo la scusa che il west non era roba da donne...a meno che non fossero mezze nude in un saloon.
"Svevy"
"Che c'è Fede?"
"Come inizia quel libro...quello del pianista"
"Novecento di Baricco? -Succedeva sempre che ad un certo punto uno alzava la testa e la vedeva...-"
"La vedo!"
"L'America?"
"Meglio!"
"L' Inghilterra!"
"No...l'area DIVANI!"
I due mal capitati vicino a Federica furono istantaneamente catapultati verso dei comodissimi quanto logori divani in pelle nera. L'America era, ovviamente, un divano libero al centro della saletta predisposta. Degli sguardi pieni di orrore accompagnarono la comitiva: quattro ragazzi, anche se in due coppie, facevano presagire sempre disastri e fine del riposino per gli anziani e le altre coppiette che interpretavano quel piccolo spazio come un' anticipazione all'ospizio o ad un motel. I divanetti dei luoghi pubblici sono spesso uno scenario peggio del telefilm LOST, chi è riuscito a sedersi è tra i pochi eletti e fortunatissimi, ma è decisamente poco contento di condividere il privilegio con altri occupanti, a meno che non dimostrino la loquacità di mummie egizie senza maledizione annessa.
"Federica ci siamo appena alzati dal tavolo del ristorante! Continuiamo il giro..." La esortò Vergil che si meritò uno sguardo di ammirazione da parte di una vecchietta.
"Appunto, dopo pranzo ci vuole un po' di riposo!"
"Ma io non ne ho bisogno!" Aggiunse Dante, rimanendo in piedi. (La vecchietta fu sempre più contenta!)
La bruna però si era già accampata su un divano e accanto a lei c'era ancora un posto libero. " Lo convinco a sedersi in mezzo minuto" Sussurrò all'amica che le stava di fianco. "Ma Dante, preferisci peregrinare per tutto il centro commerciale con tuo fratello, piuttosto che riposarti un po' vicino a me?" Una blanda indicazione del cuscino e le classiche gambe accavallate fecero il resto.
"Che splendida idea sedersi un po!" Rispose l'albino, che ormai aveva dimenticato perfino il cappello da cow- boy.
Sveva guardava sorridendo la scenetta, ma iniziava a sentirsi di troppo. Malgrado i suoi sentimenti fossero ancora terribilmente confusi, sentiva che qualcuno avrebbe dovuto fare qualche passo in avanti per chiarire la situazione e le preferenze di ognuno. Ma non riusciva ad essere lei, mentre Federica non aveva quasi mai paura di buttarsi, se le andava di fare una cosa erano poche le volte in cui si faceva problemi, così  decise di lasciarla da sola con Dante, sicuramente Vergil non sarebbe rimasto lì a fare da reggi moccolo.
"Faccio un giro alla libreria di fronte!" Non ottenne risposta i due erano già assorti l'uno nell'altra e l'altro gemello dava l'impressione di non interessarsi a cosa facessero gli altri.
"Uh, ma Sveva se ne è andata!" Notò Dante più di cinque minuti dopo.
"Sarà qui intorno, non si perde non ti preoccupare. E poi così stiamo più larghi! " Commentò la ragazza sedendosi più comodamente.
 "Io preferisco quando stiamo stretti..." rispose l'amico abbracciandola e riattirandola a sè.
"E va bene, ma non iniziare a fare l'appiccicoso!"
"Con te è difficile trattenersi" La ragazza rise e smise di discutere, dopo tutto Dante le piaceva ed era meglio farglielo capire piuttosto che allontanarlo in malo modo.
La loro percezione della realtà tornò a comprendere anche il luogo in cui si trovavano e gli amici solo mezz'ora dopo, quando il fratello riapparve da non si sa dove e Sveva stringeva ancora uno scontrino per la consumazione di un caffè.
"Sono le cinque"
"Di già?" Guardarono tutti meravigliati Vergil e il suo orologio.
"Se volete cambiamo fuso orario..." rispose sprezzante
"Con te non si può mai parlare!" Esclamò la biondina prima di incamminarsi per un lato del centro che non avevano ancora visto e costringendo gli altri a seguirla.
Nemmeno un minuto dopo si erano già fermati di nuovo, i due maschi osservavano una vetrina che prometteva  " le migliori cravatte del momento"
"Io detesto le cravatte" informò Dante, "Sono dei moderni arnesi di tortura, nessuno sano di mente si farebbe un nodo al collo!"
"In realtà non sono proprio moderne.... e poi già nel '700 la moda maschile prescriveva degli specifici nodi alle cravatte per essere davvero eleganti. Una piega sbagliata o un nodo mal fatto avrebbero procurato al messere di turno il biasimo di gran parte della società."
"Sveva, ti bastava dire che sono troppo raffinate per lui." Vegil entrò nel negozio, ma non si aspettava che la ragazza lo seguisse. "Qui vendono solo cravatte."
"Oh, davvero? Questa l'avevo scambiata per un tosta pane!" Rimbeccò lei, ma non ottenne risposta alla provocazione. "....Mi sono sempre piaciute le cravatte"
"Ma sono da maschi!"
"Vuoi davvero sentirmi dire che somigli a tuo fratello quando parli così?" In risposta ebbe solo un battito nervoso di ciglio, e la bocca piegata in giù in un' espressione decisamente contrariata. "Appunto.  Cerchi qualcosa in particolare?"
"Non esattamente, volevo solo controllare cosa va qui in Italia"
"Stai vedendo le stoffe più eleganti. Le azzurre, anche celesti ti dovrebbero stare molto bene, fanno risaltare gli occhi. Probabilmente,però, ne hai già parecchi così"
"Si, infatti."
"Bordoux? Tonalità calda, tendente al rosso che è il colore passionale per eccellenza, ma in una sfumatura tanto scura da potersi dire seria, in una parola: fascino"
"Se continua così la prendo a lavorare con me, signorina!" Il negoziante fino ad allora non si era intromesso, avendo visto la coppia già assorta in discorsi propri, ma stavolta aveva voluto dire la sua. "La sua fidanzata è convincente!"
"Convincente si" disse Vergil, osservando meglio la cravatta, "Fidanzata no!"
"Ehm, no assolutamente no!...Comunque grazie, cioè per il convincente, non per..." La voce dell'unica donna presente nel negozio si spense in un mormorio indistinto, mentre lei si girava verso un altro stand.
"Finalmente siete usciti da lì!"
"Che avete comprato?"
"Guarda che carina!" Sveva alzò con orgoglio una cravatta con piccoli stemmi antichi riprodotti su uno sfondo grigio rosa.
"E' rosa" confermò Vergil con orrore.
"Tranquillo, la metto io mica tu. In effetti gli uomini vestiti di rosa non mi piacciono. Li trovo poco virili." 
"Non è detto, però come colore devono saperlo portare." smentì in parte Federica.
L'albino vide per caso un pullover maschile rosa confetto in una vetrina poco lontana, guardò suo fratello e sorrise "Dante, perché non entriamo in quel negozio? Mi è quasi venuta voglia di farti un regalo!"
 Così con un po' di timore i quattro ragazzi si accostarono ad un gigantesco magazzino di abbigliamento sia maschile che femminile. Il brio della mattina stava gradualmente lasciando posto ad una stanchezza totale, e  l'entusiasmo era sfiorito man mano che passavano le ore tra le vetrine piene di lustrini e tentazioni.
"Secondo te scherza?" Dante si era avvicinato a Sveva, facendosi piccolo piccolo e sussurrandole all'orecchio. "Penso che abbia smesso di farmi regali da quando avevamo 3 anni!"
"Ha detto di avere -Quasi- voglia di farti un regalo, no?"
"Si ma....sembrava serio.Insomma sono almeno 15 anni che non mi da manco un morso della sua pizza!"
"E' solo un regalo! Di che hai paura?"
"P....paura? Ehi, con chi credi di avere a che fare io non ho paura di niente!"
La ragazza alzò le spalle sorridendo, il solito Dante, dolce e arrogante un po' come la cioccolata al peperoncino.
"Ti ho sentito!"
"Che cazzo, hai i timpani ad ultrasuoni Ver?"
"No, sono semplicemente vicino a te"
"Ah...."
"Non posso voler fare un regalo al mio fratellino?"
"Non abbiamo fratelli minori!"
Dopo un sonoro grugnito Vergil entrò nel negozio, facendosi seguire dagli altri "ovviamente dopo che te l'ho regalato lo dovrai anche indossare...." peccato che nessun riuscì a notare il sorriso diabolico che gli brillò per qualche istante sulle labbra.
"Ho un' idea!"
"Fede, questo si che è un evento memorabile..."
"Stai zitta donna! Facciamo un gioco: voi" indicando gli albini "Vi scambiate di posto, Vergil fa lo sportivaccio e tu l'elegantone"
"Bella idea!" commentò l'altra
"Lui lo sportivo? E se gli si spettinano i capelli chi gli asciuga le lacrime"
"E tu non hai la minima idea di come scegliere un abbigliamento elegante!"
"Per questo ci saremo noi, li sceglieremo noi i vestiti e poi voi li provate! Viceversa voi sceglierete qualcosa da provare per noi!"
"Pessima Idea!" sentenziò l'altra, già sospettosa, ma ormai gli altri tre erano già alla ricerca degli abiti.
Un numero incalcolabile di grucce sorreggevano altrettanti capi, di ogni colore, taglio e per tutti i gusti, due piani di negozio offrivano ampie possibilità di scelta ai quattro amici, che cercavano di indovinare i gusti degli altri solo per stravolgerli e creare un abbinamento divertente più che azzeccato. I gemelli iniziarono insieme il loro giro di perlustrazione, andando a zonzo tra camice, gonne, e toppini coi push-up, non furono poche le persone che li guardarono straniti dalla somiglianza, dall'albinismo e non ultimo dalla loro presenza in un reparto inadatto, ma i due fratelli non ci fecero caso.
"Hai qualche idea?"
"Ho l'idea suprema Ver...Negli abiti per ragazze, meno stoffa c'è, meglio è!"
"Avrei dovuto indovinarlo" Disse amaramente l'altro, con un' espressione sempre più seria "E per quanto mi spiaccia dirlo, per una volta concordo con te! Ti ricordi di come era vestita Federica la prima volta che l'abbiamo vista..."
"Dal sorrisino che ti è sfuggito direi che me lo ricordo bene quanto te" Ed ecco che nelle mani dei due gemelli si materializzò un'aderente tutina di jeans, che finiva a pantaloncino, ovviamente la vista panoramica sulle gambe era assicurata.

"Non poteva venirti un' idea peggiore!" Sveva per la prima volta varcava la soglia del reparto maschile, lo scarso interesse per gli abiti larghi unito alla preferenza cromatica di tutte le scale di rosa avevano sempre fatto sì che gli stand per signori non figurassero mai nei suoi itinerari di shopping. "Non oso pensare a cosa ci faranno provare..."
"Pensa al lato positivo quel che gli faremo provare noi! Su, che scegliamo per Dante? Ti piace questo completo qui?" Disse pragmatica Federica
"Molo eleganza british,  molto da Vergil...ma non è abbastanza per lui. "
"Che vuoi dire?"
"Che se dobbiamo divertirci anche noi alle loro spalle, tanto vale esagerare"
"E come?"
"Hai mai visto come si veste Morgan?...." Indicando un reparto di abiti maschili che sembravano riesumati da un museo vittoriano, pieno di camicie dalle cravatte delicate e maniche con pizzi bianchi.
 
"Una è a posto, pensiamo all'altra " propose Vergil, senza troppo riguardo per le amiche che erano precipitate momentaneamente al rango di manichini viventi.
"Se esageriamo nella scelta morirà dall'imbarazzo"
"Questo è sicuro, eppure secondo me può essere provocante se vuole"
"Ma è una bambolina, è adorabile quando arrossisce. Non ce la vedo aggressiva provocatrice"
Vergil aveva imparato ad aspettarsi qualche sorpresa da quella bionda enigmatica così iniziò ad osservare una serie di aderenti abiti dal vedo non vedo. "Scommettiamo 10 euro?"
"Ci sto, " rispose Dante, allontanandosi fino a gli stand che confinavano vicino al reparto da uomini, su un ripiano erano appesi una serie di capi in ecopelle, da caste scamiciate a sbarazzine gonne ampie, passando per giubbotti grintosi. "Hey Sve!"
"Dante che fai? Ci starai mica spiando!" Rispose l'amica, nascondendo una giacca da uomo bordoux con le spalline e piene di decori militari molto retrò.
"Naaa, che ne dici di sta roba?" Alzando un vestito di eco pelle marrone con le mezze maniche e un' ampia scollatura
"Non mi piace per nulla" Rispose la ragazza arricciando il naso, "però quello lì è carino" Detto ciò scomparve per tornare agli ordini della capA che si stava già dando da fare per trovare un paio di jeans per Vergil
Dante pensò di aver avuto le allucinazioni, oppure aveva solo sbagliato a vedere cosa lei stesse indicando. Sicuramente gli stava facendo notare la camicia di fianco, Sveva non avrebbe mai indicato -quello-. Coincidenza o meno l'albino lo propose come alternativa al fratello
"E meno male che volevi andarci piano con la tua adorabile timida!Però la scelta mi piace parecchio" Rispose il gemello adocchiando un tubino di eco pelle nera, aderente, con minigonna e senza spalline.

"Io ho scelto la maglia!" Esultò Federica abbracciando una strettissima t-shirt bianca e corredata da buchi circolari che lasciavano vedere il petto vicino la spalla destra
"Vergil non se la metterà mai!" Rise Sveva soltanto a guardare la stoffa che sembrava aver resistito ad una rissa. "Io ho scelto i jeans!"
"Quelli non ti piacciono?" Indicando un paio grigio e sfumato alla loro sinistra
"....Non è abbastanza rotto!" Confidò l'altra con un' aria da cospiratrice. "Ma questo invece si!" Alzando un paio di pantaloni larghi, in azzurro, tutti sfilacciati sulle cosce e il ginocchio, i fili che pendevano da i punti scuciti erano di un perfetto rosa confetto.
"Perfetto! Si vergogneranno a morte!"

L'ora X era scaduta quando le due coppie si fronteggiarono davanti ai salottini prova, fortunatamente c'era uno spazio inutilizzato dove la comitiva poté istallarsi senza essere disturbata. I quattro marciarono silenziosamente in quella direzione, ma ognuno aveva un mezzo sorriso soddisfatto nel pensare al bello scherzo che aveva combinato agli altri, ogni tanto anche la curiosità di sapere cosa era stato scelto per loro si faceva sentire.
"Ce li proviamo uno alla volta, nessun commento fino a che il capo non viene indossato!Ci state?" Propose Vergil agli altri
"Si, ma inizi tu!"
Federica consegnò la maglietta e i jeans a Vergil, all'inizio l'albino sembrò piuttosto soddisfatto: ovviamente il grande rispetto che le ragazze nutrivano per lui le aveva portate a scegliere una semplice t-shirt bianca con classici pantaloni azzurri! La soddisfazione svanì immediatamente nel camerino. I buchi della maglietta, stesi sul suo torace possente, lasciavano intravedere molta più pelle di quanto Federica aveva supposto, anche i jeans sdruciti davano un' aria vintage e sbarazzina che apparteneva molto più a Dante che a Vergil....non fosse stato poi  per gli inserti rosa.
L'albino uscì dal camerino con un viso adirato "Cosa dovrei essere il giardiniere di barbie?" Il suo umore non migliorò quando un flash gli esplose in faccia "Non starai facendo quello che penso, spero.."
"Oh, si! Ver, qui ci vuole la prova fotografica! Sve, guarda come gli stanno bene i jeans," Disse Federica, mentre invece zoomava sulla maglia bianca tirata sull'addome
"Dirò sempre che avete fotografato Dante!E' lui quello che si veste da...da...da pieno di buchi!"
"Oh no fratello, io non sono mai pettinato in quel modo!" Indicando i capelli gellati e portati all'indietro.
"E va bene, ora la nostra fotografa potrà prendere il mio posto in camerino." Disse Vergil, con un sorriso maligno.
Fu la volta di Federica di entrare nel angolo di prova, ma subito infranse il patto, commentando la mise prima di essere vista dagli altri. "Scusate ma dove sarebbe il vestito? Qua ci manca un pezzo: sembra un top con delle mutande sotto!"
"Tu esci e non ti preoccupare!" Risposero i ragazzi con voce famelica. E lei uscì.Fu come un' apparizione mistica, per uno strano sortilegio ormonale tutti e due gli Sparda avevano perso la lingua e riuscivano solo a sporgere gli occhi verso la loro amica bruna col fisico da top e una tutina da pin-up.
"Anche meglio di come ce la ricordavamo"
"Sta zitto e fotografa" Commentarono i due fratelli in inglese prima che Sveva si insinuasse tra loro mettendo ad entrambi le mani sotto il mento e spingendoglielo verso l'alto
"State sbavando!"
"Biondina non fare la dura che ne abbiamo anche per te!" Rispose Dante ridacchiando. Vergil non commentò ma sembrò che un luccichio gli balenasse negli occhi.Istintivamente la ragazza fece un passo indietro, verso il camerino.  "Ecco brava, la direzione è quella giusta!" Un pezzo di stoffa nera volò in aria.
Dopo aver preso al volo il vestito che Vergil le aveva lanciato, la ragazza notò che la stoffa era morbida, riconobbe l'eco pelle e si ricordò dello stand in cui aveva visto Dante.Per il resto perse la parola ed il sorriso fino a che si vide nello specchio: tentò di abbassare la gonna, ma lo stesso effetto si aveva anche sulla scollatura, poco consigliabile, alzava il vestito lì allora, ma anche la gonna saliva sulle gambe ad imitare il mini short di Federica, e poi con un sospiro dovette uscire dal camerino con un quel rettangolo di stoffa nera strizzata addosso. "Allora?"
"Ti hanno vestita quasi meno di me Sve!"
"Eh grazie di avermelo fatto notare" rispose all'amica con aria sconsolata. "Dante, la prossima volta che indico qualcosa non vuol dire che me lo immagino addosso e men che meno di una taglia minore della mia! " Protestò la ragazza, cercando di sminuire la scollatura mettendo i capelli lunghi davanti. "Che avete da sorridere in quel modo?"
"Dante?" Chiamò il fratello
"Si, l'ho fatta la foto!"
"Mi devi 10 euro."
"Indubbiamente si." rispose l'altro, staccando gli occhi dal punto in cui stava prima la ragazza solo quando gli lanciarono addosso la roba che doveva provarsi. "Son rimasto solo io." Mentre gli altri sembravano essersi cambiati in fretta ed ordinatamente l'ultimo albino ci mise un' infinità di tempo ed ogni tanto uno dei suoi vestiti sbucava da sopra le tendine, come se lanciasse in aria quello che si stava togliendo invece di riporlo sulla sedia.
"La smetti con lo spogliarello? Esci di lì"
"Mi mancano ancora i pantaloni!"
"Esci subito di lì! " Tentò di dire Federica, ancora vestita da pin-up, mentre Sveva cercava di spegnere le risate contro la sua spalla, con sorpresa delle ragazze Dante sembrò quasi uscire dal camerino, almeno una gamba nuda emerse dalle tende, prima che Vergil spingesse dentro il fratello
"Stavano scherzando!"
Dopo un minuto, con una vistosa faccia da funerale Dante uscì da camerino, evidentemente non riusciva a muoversi bene strizzato nella giacca troppo piccola, che però metteva bene in evidenza i muscoli delle braccia e l'ampiezza delle spalle. I pantaloni erano adattati al vintage, elastici e aderenti come una calzamaglia doppia. Federica si dedicò al servizio fotografico
"Ho i pantaloni da gay, la camicia da nonnetta e la giacca che blocca peggio di un gesso! Voi due siete crudeli!"
"Aspetta!" Sveva si arrampicò fino alla fronte dell'albino per scompigliargli i capelli e formargli un ciuffo che ricadesse sugli occhi. "Sembri Mr Rochester!"
"Spiacente conosco solo i Ferrero Rocher!"
Non riuscirono a frenare le risate davanti a quel ragazzone affascinante dall'aria tanto tetra. Qualche commessa iniziò a farsi strada verso l'ala più distante dei camerini, ma prima della discesa delle valchirie la comitiva riuscì a fare un ultimo scatto
"Dite Formaggio!"
La pin-up, il bucato, la trasgressiva in eco pelle e l'uomo venuto da passato intonarono insieme un "Cheeeeeeeeeeeeeeeeeese" che fece da colonna sonora all' ultima  foto di gruppo di quella giornata memorabile. Che ormai volgeva al termine.

Ciao a chiunque sia giunto fino a qui,
questo capitolo è stato un' odissea, l'ho iniziato mesi fa, tra scene riscritte, battute che non venivano a dovere, ispirazione ballerina e voglia di aggiornare. Alla fine di tutto questo non so come sia venuto questo tredicesimo episodio, perciò sarò grata a chi vorrà fornirmi la propria opinione.
Come al solito desidero ringraziare chi ha deciso di seguirmi prima fra tutti Beautiful  Lie,
mia unica recensitrice per gli ultimi capitoli, non faccio fatica ad ammettere che le tue recensioni sono non solo un grande piacere, ma una vera spinta per aggiornare, grazie per l'entusiasmo che mi trasmetti!
Grazie anche a Ishimaru, Crystal Breeze, Namhirya per aver inserito Doppia Coppia tra i preferiti, e Cry Benihime per aver deciso di seguirla, spero di aver confermato la vostra voglia di continuare a leggerla!



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Capitolo 14
*** Troppi pensieri ***


Il movimento delle pale del ventilatore produceva un rumore ritmico, costante quasi ipnotico che invadeva tutta la stanza e tutta la sua mente. Aveva una mente molto affollata in quel momento, troppo affollata, c'era evidentemente una persona di troppo. 
Vergil o Dante?
Sveva tentava vanamente di riflettere, con l'utopica convinzione di mettere le cose in chiaro una volta per tutte. Era palese il motivo per cui alcune amiche l'avevo soprannominata "la psicologa mancata", doveva, per uno strano imperativo della ragion pura che avrebbe fatto impallidire lo stesso Kant, scomporre ogni problema, guardarlo da angolazioni diverse, fino a farlo assomigliare ad un puzzle bizzarro, dove tutti i tasselli sono al proprio posto ma separati dagli altri da uno spazio sottile ma essenziale. Da non capirci nulla: guai a chi crede di mettere ordine nella mente di una adolescente innamorata.
La ragazza stesa sul letto guardava il bianco del soffitto, quasi aspettandosi che da un momento all'altro potesse convertirsi in un esplosione di colori, o magari sarebbe stata la sua testa ad esplodere, nel qual caso avrebbe dovuto lasciare una lauta mancia alle signore delle pulizie.
Dante o Vergil?
-La risposta la conosci già,- sembrava sussurrarle la sua mente, che in quell'istante aveva preso le sembianze di una bella sirena ammaliatrice dai capelli viola e gli occhi dorati, lei sussurrava e più i pensieri della ragazza si perdevano in un mare di interrogativi apparenti, perchè forse la soluzione la conosceva già. -Non senti che la tua voce insiste sulla V, che diventa più flebile, che è solo un nome a farti fremere di più il cuore?-
-Non mi fa fremere...mi farà secca dopo un infarto, è diverso!- Rispose Sveva alla propria mente, anche se qualcosa in lei dava terribilmente ragione alla sirena -Non vedi come mi tratta male? E' gelido-
-Siamo in estate, un po' di fresco fa piacere!- Canticchiò la sirena immaginaria -E poi il fatto che non ti tratti da principe azzurro non vuol dire che tu non possa esserti presa una cotta-
-Stai dicendo che sono sentimentalmente masochista?-
-Fai il liceo classico, devi essere masochista per contratto!-
-Se facevo lo scentifico era peggio...tutta matema...-
-Non cambiare discorso!- La sirena sembrava arrabiata e i mezzi pesci adirati non hanno un bell'aspetto, potrebbero anche puzzare, se volessero.
-Secondo te, se io sapessi già la risposta perchè continuerei a negare? Non ha senso!-
-L'amore ha ragioni che la ragione non conosce!-
-Bacio perugina?-
-No, la versione pezzotta, il cioccolatino della caffarel!- Lo stomaco di entrambe, che in realtà erano una persona sola, si mise a brontolare, -Pensaci ti ci vedresti con Dante a camminare mano nella mano?-
-Si, certo! E' già successo-
-A fare discorsi seri, lunghi, e profondi, a confessarvi romanticamente il vostro amore...-
-Il discorso più serio che sa fare Dante è sul menù del pranzo!- Pensò Sveva con orrore
-E nel resto del tempo ti accompagnerebbe volentieri in libreria?- Romanzi, erano la sua unica droga, la biondina non resisteva più di qualche settimana senza una visita in una libreria ben fornita
-La lettura più profonda di Dante è...il menù del pranzo!-
-A meno che la libraia non sia una gran bella ragazza-
-Mi stai dando della racchia?-
-Hai stoffa ma non ti applichi- sospirò la sirena che sembrava in veste professoressa del liceo e le squadrava il trucco sciolto con disapprovazione.
-E va bene: lo so.-
-Lo sai! Quindi per te Dante è.....-
-Ah, ma basta. Smettila- La sirena guardò Sveva con tutta la disapprovazione di cui era capace, e stava per protestare vivacemente quando la ragazza continuò -Non ci provare a fiatare, o ti faccio fare la fine della sirenetta-
-Mi fai sposare un principe e acquistare un regno con castello dotato di discesa a mare privata?- Chiese la mezzopesce, speranzosa
-No, non sono mica la madre di Kate Middletone! Ma posso farti diventare un appetibile piatto di sushi!-
Detto questo la sirena svanì. Il silenzio che c'era sempre stato nella stanza, interrotto solo dal rumore del ventilatore, calò su Sveva come un violento aggressore, soffocandola. Il vociare confuso era solo nella sua mente, o forse solo nel suo cuore, che aveva ormai preso posto come organo sovrano del suo acerbo corpo da adolescente dotato di un equilibrio secondo solo a quello della torre di Pisa.
Sapeva che c'era solo un modo, letale quanto drastico di spegnere il cervello, farla finita con quei pensieri molesti e insistenti...
...
Accendere la tv: il suicidio mentale.

Lo schermo si accese con un leggero bip, il nero ci mise qualche secondo a trasformarsi in vivaci colori e disegni animati.
Canale 31: Discovery Channel. No troppo intelligente, Sveva cercava qualche canale che trasmettesse programmi insulsi, tipo reality show in cui l'umanità sembrava non aver fatto molta strada dal primo stadio evolutivo. 
Canale 8: MTV, dai ci sarà roba tipo sweet sixteen..... Ok, si è un reality su un High School americana, perfetto!
Paul, un attraente ragazzo statunitense alto, biondo, occhi azzurri, poco cervello sta esponendo il progetto di ricerca che dovrà portare avanti il suo gruppo, a quanto pare è su un personaggio storico famoso. Chi sarà mai? Napoleone, Cleopatra, Washington? Paul con lentissime mosse da far invidia a qualunque valletta della ruota della fortuna srotola il cartellone in cui è disegnato il volto del personaggio di cui dovranno trattare. Sveva spostò un attimo lo sguardo, tanto la scena sembrava andare a rallentatore, ma quando riportò l'attenzione sulla tv ebbe l'insano impulso di lanciargli contro il telecomando: DANTE Alighieri la stava guardando con la sua solita aria da essere superiore.
-Non ci si può fidare nemmeno più di mtv- sospirò la biondina cambiando canale
-Dixan, fidati del bianco!- le rispose, canale 5.
-Bianco, albino, mi stai prendendo in giro?- Chiese la ragazza alla tv
-Riprende "Scherzi a parte"- Ribattè Italia 1, spaventandola non poco.
-Ok, niente panico- Rai 3. "Oh, per un pugno di libri, uno dei miei programmi preferiti! Finalmente posso essere tranquilla" pensò vedendo la sigla così familiare, il conduttore le sorrise e le diede il benvenuto ad  nuova puntata: -Buona sera a chi ci segue da casa, e andiamo subito a farvi scoprire con quale libro giochiamo questa settimana. I nostri ragazzi oggi dovranno cimentarsi con un grande classico delle letteratura, a volte un po' ostico ma molto appassionante: L' Eneide, il capolavoro di Virgilio!-
BIP
Il televisore si spense istantaneamente....-Ostico ma appassionante? Verg.....Virgilio? -
No, non poteva star succedendo davvero, la tv non poteva rispondere davvero ai suoi pensieri.
-Ok, ricominciamo. Io non voglio pensare a nessun Dante, nessun Virgilio, nessun albino e nessun trian....quadrato (perchè c'era anche Federica di mezzo) amoroso. Ci siamo capiti?-
Rai 1, Verdetto finale, l'opinionista psicoterapeuta più strano della storia emerge dallo schermo dicendo: "Non pensare al problema non è una soluzione per risolverlo!"
Accesso ai canali internazionali: riuscito
-Ecco, ora puoi dire quello che vuoi, di inglese con un certo accento non capisco una parola, puoi dire quello che vuoi!-
Canale 1151: un altro reality, altra High School statunitense.
Per poco Sveva non svenne, ormai non rischiava più di impazzire perchè il ben dell'intelletto lo aveva già perso anni prima. Vergil e Dante, proprio QUEI Vergil e Dante emersero dallo schermo, guardandola con  quello stesso viso ma con quelle espressioni così diverse.  Dante aveva un sorriso accattivante, un po'sornione ma con gli occhi sinceri, sembrava il confidente che qualunque ragazza avrebbe voluto. Dentro gli occhi di Vergil non si percepiva altro che un labirinto di ghiaccio, impenetrabile, mentre il suo sorriso era soltanto accennato, come se non volesse concedere nemmeno la fugace visione delle sue labbra incurvate. Sleale ma maledettamente sexy...
La bionda ebbe solo qualche decimo di secondo per valutare tutto questo perchè nell'arco di così breve tempo: il televisore si spense, il telecomando venne scagliato dall'altro lato della camera, insieme a un fermacapelli che alla ragazza dava solo fastidio, l'armadio venne saccheggiato di una minigonna, top rosso e sandali neri mentre sul volto della ragazza compariva un filo di eye-liner nero ben definito, mascara e  un rossetto rosso acceso. Tanto per non sentirsi dire da una sirena qualunque che "sei brava ma non ti applichi". Pochi secondi dopo  la porta si richiudeva con un tonfo e la stanza rimase vuota con i suoi fantasmi.

Ciao a tutti!
E' particolarmente difficile scrivere questo piccolo angolo di Bry. In  questi 14 capitoli mi sembra ci siano stati un infinità di partenze e ritorni, sono passati anni da quando è iniziato questo viaggio, forse l'ha addirittura intrapreso un' altra persona, con una mentalità diversa e un diverso colore di capelli. Eppure io sono ancora qui e spero ci siate anche voi.
Se stai leggendo puoi stare tranquillo, il prossimo aggiornamento non tarderà tanto perchè il capitolo 15 è gia scritto.
Detto questo potrei anche finirla qui, ma non voglio perchè sento il dovere di ringrazia singolarmente ogni persona che ha fatto una parte del viaggio con me, almeno fin ora. Sarà che a me fa piacere sentirmi "riconosciuta", spero che faccia piacere anche a voi.
Grazie a chi ha Doppia Coppia come storia preferita: Assassin, Dark Slayer, Devil Girl Dark, Diaras, Grimelaidina, Ishimaru, Metal Darkness, Mizzy, Namhirya, Sweety Lover, Anna Whyte, Katherine. A Nerry che la ricorda e a Cry Benihime, Crystal Breeze, Ikarikun e Manga Darling che la seguono. Siete spesso dei lettori silenziosi ma so che ci siete, e ve ne sono molto grata.
Fy che ogni tanto mi parli di Doppia Coppia facendomi tornare il tarlo di questa fic.
Anna White e Katherine che hanno commentato l'ultimo capitolo, grazie infinite io sono molto sentimentale le recensioni su di me hanno un effetto potentissimo. Vi confesso che vado a rileggermele per trovare la carica e la voglia di scrivere ancora.
E soprattutto a Beautiful Lie, ogni volta che mi allontanavo da questa storia riuscivi a farmi ritornare, non ci siamo mai scambiate più di un paio di messaggi ma sei riuscita ad essere "la lettrice da non deludere" che mi ha imposto di continuare con doppia coppia, per cui un po' tutta questa storia è dedicata anche a te. Grazie.
Se poi sei nuovo di questa storia Benvenuto, spero ripercorrerai il  percorso  e continuerai con me



  

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Capitolo 15
*** Succede all'improvviso ***


- Che leggi Ver?-
Ovviamente Vergil non sprecò un briciolo della sua energia per rispondere al fratello. Ma Dante non si perdeva tanto facilmente d'animo così, sfidando l'ira funesta del gemello, diede una manata al libro in modo da leggerne il titolo.
-Filosofia antica, il dialogo e la nascita del pensiero occidentale. Ma che roba è?-
-Sono già troppo stupito per il fatto che tu sappia leggere, per sorprendermi anche del fatto che tu non conosca la filosofia!-
Dante mosse la testa e le labbra in modo da fargli il verso, prima di rispondere. -Non mi è mai piaciuta la filosofia, questi pensavano solo, poi non avevano una vita. Io preferisco agire e basta-
-E' ovvio che tu non pensi: sei un animale!-
-Ho molto istinto!- Rispose Dante con orgoglio
-No, hai solo poco cervello!- Assicurò Vergil prima di rimmergersi nella lettura
Il fratello ritenne che invece di sprecar tempo a pensare ad una degna risposta ( insulto) fosse meglio uscire a far qualcosa, la prima cosa che gli capitava a tiro
Era metà pomeriggio, il paese era tranquillo come nelle giornate feriali d'estate: aria fresca piena degli schiamazzi dei bambini, piccole comitive in giro che davano un' atmosfera piena di allegria, senza che ci fosse il caos dei giorni festivi, quando ogni strada brulicava di persone accaldate. Una persona in particolare lo colpì come una gradita sorpresa, stava da sola, seduta su una panchina a sbrogliare i fili di un MP3, era più bella del solito.
-Ciao Fede!-
-Hey Dante! Come va?- chiese la mora prima  scoccargli due baci sulle guance, visibilmente felice di vederlo.
-Tutto ok. Tu che ci fai qui tutta sola?-
-Ma no niente, le solite cose.......Sono fuggita!-
-Co...come? E da chi?- Chiese l'albino guardandosi intorno, probabilmente aspettandosi di vedere qualche ammiratore in pena che cercava la sua bella fuggitiva.
-Da mia madre, voleva costringermi a fare una cosa orribile! Cioè secondo lei, io, e dico io avrei dovuto addirittura studiare!-
Dante non potè fare a meno di ridere, dopo averle assicurato che anche lui sarebbe fuggito in circostanza simili, mentre lei aveva un sorriso furbo che le aleggiava sulle labbra.
-Andiamo un po' sulla spiaggia, che ne dici?-
-Grande idea, io ho sotto il costume!-
Ai due bastò poco tempo per raggiungere un tratto del lido poco affollato, appropriarsi di due lettini e  mettere al sicuro nella borsetta di Federica le poche cose di valore che avevano nelle tasche. La ragazza stava ancora armeggiando per chiudere la piccola borsetta firmata Coca-Cola quando Dante le chiese qualcosa, ma tutto quello che vide quando alzò gli occhi fu una distesa di addominali assolutamente perfetti. -Sc...scusa che hai detto?-
-E' stata una fortuna esserci incontrati oggi-
-Eh, si  gran per corp...coLPO di fortuna!- rispose Federica biascicando un po' le parole e annuendo troppo vigorosomente-
-Che canzone stavi ascoltando quando ci siamo incontrati?-
-Mh, no stavo guardando delle immagini sull'iphon. Dei personaggini di videogames-
-Ci giochi con Sveva ai videogames?-
-No- rispose Federica, a cui quell'accenno all'amica sembrava stonasse parecchio. -Lei non saprebbe dove mettere le mani: preferisce i libri-
-Ah i libri- rispose Dante con poca convinzione - anche a Vergil piacciono i libri, stava leggendo un libro quando sono sceso, era di filosofia- aggiunse  facendo una smorfia come se gli avessero appena pestato un piede.-Io non so cosa ci sia di così affascinante nell'impazzire interrogandosi su ogni minima cosa, secondo me è tutto più semplice: mi va di fare una cosa la faccio!-
 -A volte però bisogna pensarci un po' su.- Rispose Federica, anche lei poco convinta, come se avesse parlato qualcun altro e non lei stessa
-Ma poi si perde tutta la spontaneità, tutta la foga del momento- Rispose Dante stendendosi sul lettino accanto a quello della ragazza, e voltandosi per parlarle si ritrovarono con i volti a pochissima distanza. Gli sguardi si fecero più intensi ad ogni momento che passava. Federica si ritrovò come sospesa in un mondo tutto suo, i rumori della spiaggia svanirono in pochi secondo, e in quegli attimi  le sembrò che attorno a loro non ci fosse nessuno. L'albino iniziò a sentire distintamente ogni battito del proprio cuore, mentre la mente confermò di essersi svuotata di ogni pensiero, l' unica percezione era la vicinanza di Federica: l'attrazione fisica e qualcos altro, il ricordo dei momenti passati insieme, delle risate senza motivo, delle battute più stupide esistenti, e di un bacio.
Ma quel bacio non era uno dei suoi ricordi migliori, era il presente,  un' ondata di sensazioni  che crescevano ogni secondo. Era un cocktail sublime che aveva il sapore di un giusto finale. Perchè c'era una parte di loro che non aspettava altro che quel momento dalla prima volta che Dante e Federica erano usciti insieme. Ogni volta, ogni singola volta c'era stata una sensazione, piccola ma presente, quasi impercettibile ma  tremendamente insistente, che li aveva spinti verso quel bacio. Era una percezione che non era passata per la mente, era una stazione tralasciabile il cervello, era saltata direttamente al cuore, passando per il fisico, per i muscoli le ossa. Aveva sussurrato ogni notte e ogni giorno perchè si erano riconosciuti l'uno nell'altro. Vergil e Sveva erano forse i loro migliori amici, o i patners che avrebbero certamente dovuto desiderare perchè non avrebbero potuto sperare in niente di meglio, ma non era così. Non c'era la categoria "migliore" in quella situazione, nessun primo della classe, c'era solo un istinto imperante, una brama di possesso che aveva aspettato per colpire, ma alla fine aveva sferrato il primo attacco. E i due ragazzi, forse finalmente, si erano arresi scambiandosi un lungo bacio, labbra contro labbra, interrotto solo da uno sguardo troppo rapido per lasciar entrare dubbi e interrogativi, ma troppo lento per lasciar fuori la sensazione di star facendo la cosa giusta in quel momento, non c'era calcolo, non c'era il pensiero delle conseguenze o di come avrebbero potuto reagire altre persone in futuro. C'erano solo loro, solo adesso

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Dedicato a una persona che probabilmente non  leggerà questa pagina, ma che mi ha fatto pensare a quanto sia emozionante leggere d'amore, a quanto sia difficile descriverlo e che viverlo è tutta un' altra cosa.
Come al solito i ringraziamenti sono d'obbligo, e se anche non sono d'obbligo a me piace ringraziare per l'affetto con cui ricordate, seguite, leggete, recensite la mia ff. , in particolare mi rivolgo a:
_AnnaWhite_ oggi forse hai trovato qualche risposta alle tue domande, ma ci sono ancora molte cose da raccontare. Grazie per la recensione, sono felicissima di essere riuscita a strapparti qualche risata!
Metal Darkness, ahimè non ho aggiornato prestissimo ma spero che leggerai questo capitolo ugualmente! Grazie per la recensione.
Shockwave...ancora non mi abuto a questo nick! Non posso continuare a chiamarti Fy? Spero che avrai particolarmente apprezzato questo capitolo u.u il perchè scommetto che lo capirai da sola.
Katherine, grazie infinitamente per la tua recensione, credo sia il commento che ogni autore spera di ricevere almeno una volta nella vita XD e grazie anche per il messagio in cui vieni  a "pretendere" l'aggiornamento,  fai benissimo perchè se non mi si stimola un po' io non mi muovo >.<" spero ti sia piaciuto il capitolo.
Un grazie speciale va a Layla_ Aspasia: sono davvero felicissima di aver trovato una nuova recensitrice, particolarmente perché sei una "vecchia" lettrice di cui non conoscevo l'esistenza, grazie per il commento per me è una gioia e uno stimolo potentissimo sapere cosa i lettori pensino di ciò che scrivo.

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Capitolo 16
*** Tamburi di guerra ***


Non aveva mai sentito dentro di se una tale rabbia, una voglia di ribellione che le ribolliva dentro le vene, portando il sangue a una temperatura folle che rischiava di sciogliere ogni briciolo di gelido autocontrollo che tanto aveva faticato per avere. Sveva ansimava quasi all'interno dell'ascensore, lanciò uno sguardo arrabbiato perfino alla propria immagine allo specchio, perché quella non sembrava lei: labbra laccate di rosso, grazie ad un rossetto che aveva comprato in uno di quei momenti in cui una ragazza vuole apparire la femme fatale che non sarà mai, occhi truccati da orientale per mettere in mostra quel lampo verde (che tanto aveva perseguitato Vergil senza che la proprietaria lo venisse a sapere), minigonna nera e magliettina rossa. La voglia di emergere, di non essere più quella tranquilla e trascurabile ragazza timida appariva platealmente in quel look, ma sembrava svanire dentro quel respiro irregolare e lo sguardo angosciato.
Per un attimo il suo riflesso le restituì un’immagine diversa, il ritratto perfetto di una persona che conosceva bene: capelli nivei e occhi color del mare, e lei ci stava affogando in quell'oceano senza fine.
"Hey tesoro, finalmente tiri fuori un po' della tua femminilità, un gattino che si tramuta in tigre." La voce di Dante sembrava ridarle fiducia ma Sveva non fece in tempo a sorridere che lo sguardo di Dante mutò, erano gli stessi occhi cerulei ma avevano perso ogni calore, sembravano venati di ghiaccio. "Sì, uno di quei palloncini per bambini a forma di tigre, basta il ramo di un alberello e vedi come si accartoccia."  
Proprio mentre era sul punto di impazzire, la ragazza fu salvata dal suono squillante dell'ascensore che annunciava di essersi fermato al piano terra, e fu una grossa fortuna perché un minuto in più lì dentro le avrebbe regalato sette magnifici anni di guai e una richiesta di risarcimento danni dall'albergatore per aver scaraventato un tacco nello specchio.
Ma come si permetteva lui di scombussolarle la vita in quella maniera? Di entrarle nel cervello come un tarlo persistente che le imponeva di cambiare atteggiamento, abiti e abitudini? Come se la conoscesse, come se sapesse tutto di lei, eppure quei suoi occhi di ghiaccio sembravano strapparle la pelle e penetrare negli spazi più reconditi della sua mente. Vergil aveva un che di ipnotico, di sovrannaturale. "Sì, come no manco fosse Spiderman! " si ritrovò a pensare ad alta voce la biondina, certa di aver dato troppa importanza a chi non meritava nemmeno un blando pensiero. Sospirando si decise a guardarsi maggiormente attorno, per non dare troppo respiro a una parte di lei che cercava da sempre di soffocare, una parte orgogliosa, istintiva e poco accomodante, non si riconosceva in quel lato di se stessa, che però la seguiva come un’ombra fedele, pronta ad emergere ad ogni buona occasione
. Era un tardo pomeriggio d'estate, la luce iniziava lentamente a calare e l'aria a rinfrescarsi, farsi frizzantina. Sveva si ritrovò a rimpiangere un po' di compagnia. Nemmeno avesse espresso realmente quel desiderio, sentì un sussurro vicino l'orecchio.
"Vuoi compagnia?" Una voce maschile, forse era davvero lui! Era troppo bello per essere vero e invece... E, infatti, era proprio falso! Un tipico accento del sud d’Italia e un tono di voce d'odiosa supponenza avevano accompagnato quella proposta.
"Ci conosciamo?" Chiese senza troppa enfasi la ragazza.
"No" Rispose onestamente il ragazzo.
"Ecco continuiamo così!" Sarebbe stato facile se ora lo sconosciuto se ne fosse andato, ma evidentemente il destino non era dalla parte di Sveva, perché lui continuava a starle dietro biascicando qualche incomprensibile quanto ripetitivo"potremo conoscerci, come ti chiami, di dove sei... " e aspettando che il tipo arrivasse a chiederle codice fiscale, gruppo sanguigno e data di scadenza dello yogurt che aveva in frigo, alla bionda non rimase che dare prova della propria abilità nello sport che ogni ragazza doveva conoscere per poter uscire da sola: il dribbling degli sconosciuti appiccicosi. Il tizio ( che a quel punto aveva confessato di chiamarsi Giovanni, frequentare ingegneria e aver sempre sognato di avere una ragazza bionda- e che avrebbe cortesemente ignorato il fatto che quello non era il suo colore di capelli naturale-) però non demordeva, tanto da averla seguita per tutto il viale ed essere arrivato praticamente al suo fianco fino alla piazza. Ormai lei si era amaramente pentita del look sexy, di non avere la matita nera sciolta effetto panda o quanto meno di non sapere una lingua impossibile simile all'ungherese tanto da scoraggiare quel nuovo corteggiatore che ormai stava per allungarle anche un braccio attorno alla vita. Fu in qualche decimo di secondo che la ragazza percepì la mano di lui avvicinarsi e un branco di cani randagi abitudinari di quella piazzetta, solitamente serafici e placidi, abbaiare nervosamente proprio contro il sedicente Giovanni. Sveva prese la palla al balzo per allontanarsi velocemente, e distanziarsi dal ragazzo momentaneamente assediato dai cani. Fu proprio nella fuga che urtò contro qualcuno.
"Mi scusi, io... " Iniziò a mormorare con un tono mortificato.
"Credo stessi per dire che non mi avevi visto, ma non so da quando mi dai del lei”.
La bionda stava ancora elaborando la vicinanza di qualcuno dal fisico perfetto e dal profumo familiare. "Lei, io... " e solo dopo l'ennesima figura miserevole si decise ad alzare gli occhi. "TU?"
"Ecco, dopo aver ripassato i pronomi pensi di sapere abbastanza grammatica per dire anche qualche verbo?"
"Odioso!"
"No, quello è un aggettivo"
Stava per rispondergli a tono quando sentì qualcosa quasi strusciarsi contro la sua gamba. Uno dei cani che poco prima l'aveva salvata dall'assedio ora stava reclamando delle attenzioni da Vergil e lo guardava come fosse il suo amorevole padrone. "Cane"
"' E' un Sostantivo. Evidentemente non hai seguito abbastanza lezioni da arrivare ai verbi. Strano non mi eri sembrata ignorante come mio fratello, ma evidentemente per andare così d'accordo dovevate basarvi su un vocabolario limitato”.
"Non preoccuparti alla lezione degli aggettivi possessivi ci sono arrivata: è tuo il cane?"
"Come ti viene in mente?"
"Ti guarda come se potesse rispondere a ogni tuo comando, come se gli avessi detto tu di attaccare quel tipo."
"A proposito di quel tipo" la interruppe Vergil, allontanando con un gesto della mano il cagnolino che malgrado fosse andato ad accucciarsi dal lato opposto della strada rimase comunque a guardare l'albino come pronto a scattare ad un minimo segnale "Ti scegli sempre tipi mmh...folkloristici, prima mio fratello e ora quello."
"Sai bene che non ho scelto di stare con quel tipo." Rispose la bionda ricambiando lo sguardo freddo e iniziando a sentire di nuovo la rabbia che le saliva su per le ossa "Altrimenti perché sarei ferma qui a parlare con te, se non per fargli credere che tra noi c'è una certa confidenza" e sottolineò quella parola sfiorando con la mano una delle muscolose braccia di Vergil "e che saresti pronto a saltargli al collo, come quel cane, se mi importunasse di nuovo?" Fu solo allora che Sveva sfoggiò uno dei suoi migliori sorrisi cinici, e di certo sarebbe stata pronta a giurare di aver visto le sopracciglia dell'albino inarcarsi per qualche istante, esprimendo un moto di spontanea sorpresa. "E' ovvio che tu lo sappia già, altrimenti dovrei credere che ti stai facendo usare senza nemmeno essertene accorto".
Colpito e affondato, a quelle parole le labbra dell'albino si contrassero in una smorfia di astio represso, mentre gli occhi si riducevano a due fessure che mandavano pericolosi bagliori azzurri. Vergil non poteva sapere che in quel momento lui e la ragazza erano in balia della stessa rabbiosa emozione, ma mentre lei dava sfogo a quell'impulso distruttivo, lui ne veniva logorato dall'interno, come se migliaia di formiche fameliche gli stessero divorando le vene. Un orgoglio senza fine lo aveva sorretto fino a quel momento, lo aveva innalzato sul piedistallo che si era costruito da solo grazie alla sua impietosa determinazione e ora stava permettendo a una stupida ragazzina di farlo cedere, di smontare quell'equilibrio perfetto che lo metteva al di sopra di tutti. Cosa aveva quella ragazzina, nemmeno tanto attraente? L'albino dovette fermarsi qualche secondo per elaborare l'immagine che i suoi occhi gli trasmettevano, perché non collimava assolutamente con i suoi pensieri: i capelli biondi di lei aveva assunto una luce dorata, grazie al tramonto che stava iniziando, gli occhi verdi, quegli occhi verdi che lo avevano ossessionato perfino nei suoi sogni più remoti, brillavano d'ira, le labbra rosse dischiuse e piegate in un’espressione irresistibilmente indignata.  Era come se la vedesse per la prima volta, senza paragoni con nessun' altra, perché in quel momento c'era solo lei, c'erano solo loro due in un istante sospeso precariamente sui loro istinti di guerra. Vergil non concepiva di dover ammettere la sconfitta, eppure doveva accettare l'unico salvagente che lei gli aveva offerto per salvare il suo orgoglio.
 "Certo, ne sono perfettamente conscio, altrimenti non perderei il mio tempo qui con te." L'albino, non senza soddisfazione, vide le labbra di lei serrarsi per l'umiliazione e forse per un secondo ebbe il timore che lei gli tirasse uno schiaffo in pieno viso. "Ma sai, mi dispiaceva lasciarti in balia di quel buffone, in fondo sopporti già Dante, e così ho deciso di essere misericordioso e compiere la mia buona azione quotidiana. "
Quel sorriso diabolico sul suo viso angelico la stava portando sull'orlo della follia. Sveva non sarebbe riuscita a sopportare per un altro secondo i modi di fare di Vergil, il suo atteggiarsi a burattinaio, mente superiore su tutti loro, poveri pezzi di legno, che non avrebbero saputo muovere un passo senza il suo cortese aiuto. Era davvero troppo per la ragazza, che dovette stringere le mani a pugno per controllare l'impulso di schiaffeggiarlo per vedere se in quella sua testa piena di sogni di conquista del mondo qualcosa tornava normale, avrebbe davvero voluto vederlo sconvolto, più di quanto fosse adesso, vederlo abbassare la testa e perdere per una volta quell'aria di infallibile superiorità. "E già, perché soltanto tu sai come ci si comporta, non è vero? Tu puoi far sentire chiunque altro piccolo e inferiore rispetto a te, ma sai cosa ti dico? Preferirei passare diecimila serate con tuo fratello, che almeno sa come essere gentile, come mettere le persone a loro agio, piuttosto che un solo secondo con te, che non sai fare altro che parlare di te stesso, metterti al centro dell'attenzione come una prima donna, sai una di quelle vecchie attrici di teatro tutte piene di trucco per nascondere un viso in cui il fascino è solo un ricordo?" Ed ecco che il sorriso demoniaco era sparito di nuovo, ma a lei non bastava ancora, doveva vedere i suoi occhi bruciare come si sentiva bruciare lei. "E tu fai esattamente la stessa cosa, ti ergi a super uomo e ti poni al centro della scena e fai tutto da solo! Sai perché? Perché altrimenti gli altri non ti filano di striscio, perché uno come te è semplicemente insopportabile. Non so come tutte quelle ragazze, che tu ti vanti tanto di avere attorno, abbia mai potuto pensare di stare con uno così: vanesio, borioso, orgoglioso, andiamo sei più vanitoso di una donna, non riesci ad essere gentile, o... " La foga era troppa, era andata decisamente troppo oltre e rischiava di annegare il quel fiume impetuoso di parole che sgorgavano dai ricordi di quei giorni passati insieme, non stava parlando più di ragazze sconosciute, ma stava dando della stupida a se stessa per tutte quelle volte che era rimasta a guardare Vergil di nascosto, ad ammirarlo per il suo eloquio forbito, i modi da gentiluomo irresistibile e scostante non poteva essere caduta proprio nel più banale dei cliché: innamorarsi del bello e dannato. "O affettuoso, ma neanche equo, tu hai una misura per te stesso e un'altra per il resto del mondo ma accidenti Vergil svegliati, tu ci sei dentro a questo mondo, smettila di fuggire e confrontati con gli altri. Ah, lo so quello che stai per dire:- Mi sono già confrontato ma nessuno può battermi, anzi nemmeno arrivare al mio stesso livello-" e Sveva pronunciò l'ultima frase imitando il modo di parlare ad un tempo gelido e arrogante di Vergil."Ma la verità è che di avversari degni ne hai, ma tu ti sopravvaluti troppo e prima o poi ti troverai a stringere solo un pugno di mosche." 
Era davvero la prima volta che Vergil fissava quella ragazza, perche la ragazzina trascurabile, timida e ritrosa con cui aveva sempre avuto a che fare era sparita nel nulla. Chi era la persona forte, orgogliosa e terribilmente attraente che ora gli stava di fronte? L'albino, però, la conosceva già. Erano giorni che quel lampo verde veleno gli assediava l'anima, quegli occhi li avrebbe riconosciuti ovunque. Sveva l'aveva sfidato più volte, ma lui non aveva mai voluto ammettere di aver incontrato una mente acuta con cui confrontarsi, non si era mai dato il tempo necessario per guardarla davvero negli occhi, e ora in quello sguardo arrabbiato rischiava di annegare. Ma non si sarebbe mai dato per sconfitto al primo assalto. Quelle parole crepavano il muro gelido che lui aveva alzato tra sé e gli altri, ma non sfondavano le difese della sua superbia, il suo orgoglio non gli avrebbe mai permesso di arrendersi così facilmente. Lei aveva osato, si era spinta dove altri non avevano mai nemmeno sognato di andare, e per questo Vergil non l'avrebbe punita ma anzi l'avrebbe osservata, avrebbe studiato l'avversario, che ora riconosceva come tale, e si sarebbe preparato alla battaglia.


 
Angolino dell'autrice.
Mamma mia, siamo al capitolo16! Il verbo è giusto che sia al plurale perché senza di voi non sarei mai arrivata fino a qui, avrei mollato già da parecchio tempo e invece la voglia di non deludere chi segue questa storia è l'unica cosa che fa riaccendere la mia passione per la parola scritta. Dico "RIaccendere" perchè ultimamente con lo studio e lo scorrere delle piccole cose quotidiane mi sono un po' persa, forse è il blocco dello scrittore, non lo so, infatti anche questo capitolo è stato animato dalla voglia di continuare, di ritrovare qualcosa che era vivido nel passato e troppo tenue ora, ma devo ammettere che non sono pienamente soddisfatta. Nel caso aveste osservazioni da fare, commenti, consigli o qualsiasi altra cosa sarò felice di ascoltarvi, anche per messaggio se non volete lasciare una recensione.
Quindi, come al solito e come è giusto, grazie a te che segui, ricordi o semplicemente leggi Doppia Coppia. E grazie a:  
Sweety Lover, sono felice di darti il bentornato alla storia. So che è stata ferma per moltissimo tempo e purtroppo si ferma per molto tempo dopo ogni capitolo ma ritrovare dei lettori dopo tutto questo tempo per me è un regalo davvero inestimabile. Spero che la trama continui a catturarti.
_Katherine_ per me è una gioia immensa ritrovare il tuo commento a fine capitolo, e spero che questo nuovo nato non deluda le tue aspettative.  Layla_Morrigan_Aspasia  sono contentissima che il capitolo precedente ti sia piaciuto! Non preoccuparti, non mi dispiace che mi fai notare gli errori, anzi mi aiuti a non commetterne più la volta successiva. I lettori sono un punto fondamentale della storia ed è giusto che l'autrice rivolga loro un testo ben scritto :) Spero ti piaccia anche questo capitolo  
   Shockawave Tu sei la Federica della storia, ormai non so più nemmeno cosa dirti, se non che spero che la storia continui ad appassionarti perchè è un viaggio che abbiamo iniziato insieme ormai un sacco di tempo fa, forse ultimamente le nostre rotte si avvicinano ma non coincidono ma spero che arriveremo al porto insieme.
Ho un' ultimissima cosa da chiedere a chi recensisce, giusto una piccola curiosità: preferite le risposte a fine capitolo come ora o vi piacciono di più sotto ai commenti? 

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Capitolo 17
*** Sai tenere un segreto? ***


Il rumore del mare non era mai cessato, il rincorrersi delle onde era andato avanti inarrestabilmente, come sempre, né i bambini avevano interrotto i loro vivaci schiamazzi . Federica e Dante, invece, avrebbero potuto giurare di essere stati soli per un lunghissimo momento, non avevano sentito le grida delle madri ansiose ai loro pargoli, né lo sbattere del vento contro gli ombrelloni. La realtà stava lentamente riprendendo possesso delle loro vite strappandoli a quel mondo parallelo fatto di intimità, passione e dolcezza che aveva avuto inizio col bacio più inaspettato e inevitabile della loro vita. Dante staccò lentamente le proprie labbra da quelle della ragazza mentre riapriva gli occhi e il sole tornava a oscurargli la vista.
-Non so se sei più accecante tu o il sole.- Sussurrò emozionato
Federica rimase un istante in silenzio, interdetta da quell'espressione melensa, poi si ricordò di avere una dignità da difendere verso quelle frasi insulse inadatte perfino per una soap opera sudamericana.
-E' la luce dell'intelligenza a non averti mai accecato.- Rispose piuttosto infastidita.
L'albino era ancora stordito da quell'attimo di tenerezza e replicò solo con un' espressione inebetita, degna di un manichino di Benetton, che la ragazza trovò tanto odiosa da doverla cancellare all'istante, ma non trovò nessun metodo migliore di un altro bacio, passionale quanto il primo, anche se più sicuro e più divertito.
-Avremmo dovuto farlo prima- osservò Dante, con voce molto maliziosa.
-La tua attenzione prima era altrove- precisò Federica, con un sorriso che non ci mise molto a scomparire.-Oh, cazzo-
-Ci sono i tuoi?- Chiese con un' ombra di terrore il nostro albino cuor di leone, la cui memoria evocò il racconto che Vergil gli aveva fatto del giorno in cui aveva mangiato a casa di Federica (esperienza che non gli invidiava affatto), un particolare gli era rimasto impresso: l'immagine del cugino e del padre della ragazza fermi sulla porta di casa come due cariatidi e non fu difficile evolvere l'immagine verso un finale più catastrofico in cui cercavano di evirarlo brutalmente con un taglia pizza.
-No, peggio- quasi come fossero telepatici, per qualche secondo, anche la fantasia della brunetta imbastì l'immagine di parenti gelosi e infuriati in vista.-Ok, magari peggio no, però...- non riuscì a finire la frase e un silenzio imbarazzato e carico di parole non dette piombò tra loro.
Il problema era quell' "altrove", un altrove che aveva un nome e un cognome, oltre a un viso familiare e immensamente caro. Stava forse soffiando il ragazzo alla sua migliore amica? Quante volte si erano ritrovate a parlare di amicizie rovinate dall' essersi innamorate dello stesso ragazzo.
No, non poteva succedere, non a loro. Erano due ragazze così diverse, nel carattere, nel modo di esprimersi, eppure entrambe erano rimaste affascinate da quel viso aperto, quegli occhi color del mare, e quel fisico...
No, non poteva rinunciare a Dante, era la persona che aspettava da tanto tempo: sexy, dinamico, divertente. L'unico in grado di estirpare l'indole di pantofolaia disperata che la contraddistingueva, e per cui si sarebbe sottoposta volentieri, anche ogni giorno, alla orribile tortura di alzarsi dal divano, mollare i giochi dell'ipad, mettersi in tiro e addirittura truccarsi decentemente!
-Fede, che c'è? - Per una volta anche lui aveva un' espressione seria sul viso.Non riusciva a indovinare tutti i pensieri che vorticavano nella testa della ragazza ma aveva capito che qualcosa non andava.
-E Sveva? Non ti piaceva lei fino a qualche giorno fa?- Chiese velocemente, come a volersi liberare in fretta di parole che iniziavano a pesarle nella testa, come una fitta di gelosia improvvisa nel cuore. Lo fissò per qualche istante addirittura con odio, perchè forse le stava semplicemente prendendo in giro entrambe. Poteva forse essere così vanesio da credere di poterle avere tutte e due, poteva crederle così sciocche da buttarsi ai suoi piedi, inconsapevoli l'una dell'altra?
Il mento di Dante sembrò sprofondare fino a terra, un' esagerata espressione di stupore gli si dipinse in viso, e per lunghissimi secondi nessun suono riuscì a uscirgli di bocca. -Io sto baciando te...e tu pensi a un' altra? O che io stia pensando a un' altra?- Aggrottò le sopracciglia con fare offeso -Non ti ho baciata in modo abbastanza appassionato? Eppure bacio benissimo, quasi quanto gioco ai videogames-
-E meno male, perchè se sai baciare come sai la geografia avresti potuto amputarmi la lingua!-
 In quello stesso istante, sotto l'ombrellone vicino, una madre tappò le orecchie a sua figlia. -Uè, 'ste schifezze ditevele da un' altra parte. Sporcaccioni!-
Un misto di disgusto, stupore e di senso dell'assurdo si impossessò di loro e guardandosi negli occhi non poterono fare a meno di mettersi a ridere fragorosamente e tra una risata e l'altra si ritrovarono di nuovo abbracciati.
-Non mi hai risposto- sussurrò Federica, con un po' di timore.
-Sinceramente non ho pensato a Sveva nemmeno per un momento, prima che me la nominassi tu.- Dante sospirò rumorosamente, mentre ricordava tutti i momenti in cui non aveva perso occasione di fare il cascamorto con la dolce biondina.-All'inizio mi ha colpito, è stata la prima persona che abbiamo conosciuto qui, però poi, non so come spiegare quello che è successo. Non so nemmeno quando sia successo...- Ricordò la discussione avuta col fratello: Vergil l'aveva accusato di essere doppiogiochista, di flirtare con entrambe, forse in quel momento gli aveva anche aperto gli occhi. Diceva di avere una relazione con una, eppure stava sempre insieme all'altra.
-La tua attenzione si è spostata, come se all'inizio avessi la bussola orientata male- aggiunse Federica, comprendendo la confusione del compagno. Anche lei ricordò una discussione avuta con la sua amica. Si chiedevano come aveva deciso che lei e Vergil dovessero formare una coppia mentre Sveva e Dante un' altra. La verità è che non erano ben legati, e i fili di quelle unioni iniziavano a sciogliersi come neve al sole, andando a creare altre empatie, nuove ma forse più sincere.
-Esatto. Ho intuito, senza averlo davvero capito, che c'era qualcosa di male assortito in noi- La ragazza lo guardava negli occhi e non riusciva a scorgere nessuna traccia di ambiguità o bugie, l'albino era sincero e diretto come sempre, proprio come la persona che lei aveva sempre desiderato accanto a sè. Nè quello che diceva poteva sorprenderla, perché erano cose che pensava lei stessa. Dagli occhi, lo sguardo si spostò verso le sue labbra piene e perfette, desiderò avidamente un altro bacio, che non tardò ad arrivare. No, non poteva perderlo, l'amica l'avrebbe capito, per una volta il suo lato smielato e tutti quei romanzi strabordanti di amori da favola, (che a Sveva piacevano tanto e che lei detestava con lo stesso ardore) l'avrebbero aiutata. Un' idea improvvisa fece capolino nella sua mente, forse era l'unico modo di salvare la situazione.
-Dante-
-Sì-
-Sai tenere un segreto?-
-Che vuoi dire?-
-Nessuno deve sapere di noi due finché non avrò parlato con Sveva. Sarà il nostro segreto- Federica fissò l'albino con uno sguardo a metà tra il malizioso e l'omicida. -Non una parola con nessuno!-
-Va...va bene. Quando hai intenzione di dirglielo?-
-Non lo so ancora.- Se fosse stata un' altra persona non avrebbe avuto problemi a spiattellare la verità a muso duro, non le interessava quello che la gente pensava di lei, nessuno aveva il diritto di giudicare il suo modo di comportarsi e per proteggere i suoi sentimenti sarebbe passata sul cadavere di parecchia gente. Questa volta, però, era diverso. Non poteva ferire la sua migliore amica, che in fondo non aveva fatto nulla per meritarlo, non poteva andarci giù pesante come un caterpillar senza badare alla sua reazione. Per una volta doveva agire con tutta la delicatezza di cui era capace, e non era tanta.
-Vorrà dire che fino ad allora agiremo sotto copertura, potrai chiamarmi Bond, Dante Bond.-
Federica non riuscì a trattenersi, scoppiando a ridere come una pazza. Era questa assurda e inconsapevole comicità che l'aveva conquistata, la spontaneità con cui Dante si rapportava alle persone, senza temerne il giudizio, ma al contempo senza ignorarne i sentimenti, aveva un carattere amabile ( e in più quel particolare trascurabile che era il suo corpo da urlo).
-Meno male che i tuoi baci sono migliori del tuo senso dell'umorismo- rispose Federica parecchi baci dopo.


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E' la prima volta che mi sento a disagio nello scrivere le note di fine capitolo. Avevo promesso di essere più celere negli aggiornamenti e non ho mantenuto l'impegno, mi dispiace immensamente.
Il fatto è che Doppia Coppia è nata in un periodo, per me, ormai lontano e trovo difficoltà nel far crescere la storia con me, nonostante questo voglio continuarla e finirla perché è una sfida con e contro me stessa ed è un impegno che io ho assunto con ciascuno di voi. Ogni storia che ho postato qui aveva l'intento di incontrare un lettore, se non ci fossero degli occhi oltre lo schermo i miei testi, qui, non avrebbero ragion d'essere. Scrivo per me stessa perché è l'unica cosa che mi fa sentire speciale, in qualche modo, ma scrivo anche per te che leggi, perché voglio riuscire a farti dimenticare, per qualche istante, gli impegni o gli affanni e provare qualche emozione nuova. Anche per te io  devo prendere per mano questa storia e portarla al capolinea.
Questa volta non voglio solo ringraziarti per aver letto e/o commentato, voglio chiederti scusa, perché hai atteso troppo. Forse non ho ragione di scusarmi, perché oltre efp ho una vita più "concreta" che ha bisogno di me, ma voglio farlo comunque.
Ora basta con gli sproloqui, passiamo ai dovuti ringraziamenti a chi ha voluto lasciare il segno della propria presenza in questa avventura.
Edward_Elric96: ti ho risposto per messaggio, ma ti ringrazio per avermi fatto notare una lacuna nella storia, in fondo anche queste osservazioni possono dare spunti per nuove idee oltre a migliorare la struttura della trama.
Layla_Morrigan_Aspasia: ti ringrazio per i tuoi commenti sempre ben strutturati e ricchi di osservazioni, tipiche di una lettrice attenta. Sono lieta che il capitolo precedente abbia trovato il tuo apprezzamento e spero che anche questo trovi posto. Temo che questo capitolo darà pane per i tuoi denti perché l'ho scritto in fretta e potrei aver avuto qualche svista.
Sweety_lover: grazie per l'affetto con cui mi segui, sono felice ti sia piaciuta la strigliata del capitolo precedente, spero ti piaccia anche questo!
Firely: il tuo primo commento, sono io a dire "wow", non sai con quale gioia accolgo i nuovi commenti, mi danno l'energia per continuare e per trovare il tempo necessario a far crescere questa storia. Sono felice che tu segua la mia fiction.
Shockwave: preferisco chiamarti Federica XD spero che questo "tuo" capitolo ti piaccia, a me è piaciuta tantissimo la tua recensione che ha analizzato i miei punti di forza :) Come vedi il tuo augurio è servito e Doppia Coppia continua, spero che anche tu riesca a trovare la costanza per continuare le tue storie, lo sai che mi piacciono!
_Katherine_: chissà come è andata con "quella persona" a cui ti riferivi nella recensione. Lo sai che per me sei una lettrice speciale perché in un momento critico i tuoi commenti mi hanno afferrato e ricatapultata su questa storia, proprio per questo sono contenta che ti sia piaciuta l'evoluzione del rapporto Sveva-Vergil e spero di ritrovarti anche tra i commenti a questo capitolo. Grazie Alessia :)
IwillBecomeAShokunin: anche la tua recensione è stata una stupenda sorpresa, anche il fatto di averti "catturata" dopo qualche tempo mi ha fatto pensare che forse sono riuscita a tenere per mano il lettore e farlo entrare nella storia, realizzando così il mio desiderio. Ti ringrazio davvero tantissimo per i complimenti, mi hai fatto sentire come una grande scrittrice. Che imbarazzo...ma che felicità!

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Capitolo 18
*** Adorabili ma sfiancanti ***


Federica passeggiava per la strada dirigendosi verso casa. Era ancora imbambolata, il pensiero fisso al pomeriggio più bello della sua vita, alle ore passate con Dante, alle sue risate scroscianti, ai suoi baci appassionati, che sembravano accenderle un incendio nelle vene. Di certo non si domandava se il loro fosse un amore duraturo o un semplice flirt estivo, non c'erano domande, né insicurezze nella sua testa, c'erano solo immagini di divertimento e tenerezze. Le scappò una risata nel ricordare la mamma occhialuta dell'ombrellone vicino al loro, aveva continuato a guardarli male per tutto il tempo, li fissava come volesse incenerirli o era convinta di aver poteri telepatici per cui sarebbe riuscita a cacciarli dalla spiaggia. E invece no, lei e Dante avevano continuato a baciarsi e prendersi in giro a vicenda, in realtà era stata più lei a prendere in giro lui, che sembrava pago di godersi il sole e le loro effusioni...o forse non aveva capito un accidente delle sue battute. Era stata bene come non mai, e ora non le restava che tornare a casa mangiare quanto tredici obesi durante la cena di capodanno e infilarsi sotto le lenzuola per fare dei sogni che stavolta non avrebbero superato la realtà.
"Non è possibile" pensò, mentre una smorfia d'orrore le si dipingeva in volto: "sto diventando più smielata di Sveva". Senza rendersene conto fece segno di no con la testa, come a voler scacciare quei pensieri e ridere di se stessa, ma un' ombra rimase. Cosa avrebbe detto alla sua migliore amica? Forse lei non era mai stata il tipo da raccontare tutto tutto, ma il fatto che stava cominciando a uscire con Dante non era certo un particolare trascurabile. "Ciao, come ti va il vestito che abbiamo comprato l'altro giorno...ah, a proposito mi vedo con quello che prima diceva di essere il tuo ragazzo". Agitò di nuovo la testa, passandosi una mano sulla fronte. Come aveva fatto a cacciarsi in un simile guaio? Per tutta risposta il suo cervello evocò la tartaruga (e per tartaruga non si intende l'animale).
Il fatto che la Aguilera avesse iniziato a cantare Candy Man le fece capire che il cellulare reclamava la sua attenzione "è lui" pensò subito, ma la scritta GENITRICE sul display la smentì.
-Non ho ordinato un' aragosta al pescivendolo- trillò sua madre.
-Prego?-
-Sono le sette e mezza e tu sei fuori da ore, sarai diventata più arancione di un crostaceo!-
-Sai che esiste la crema protettiva?-
-Certo che lo so. E sai cos' altro so? Che tu non l'hai messa.-
-Mamma, ormai sono grande, puoi fidarti di me, ti dico che l'ho messa la crema.- Rispose Federica, incrociando le dita, come se quel gesto cancellasse la bugia.
-No, che non l'hai messa-
-Perché non mi credi? Vedi fai sempre così, se riesci a provare che non ho messo la crema preparerò il pranzo per una settimana-
-Il fatto che ho la tua crema qui davanti è una prova abbastanza valida?-
"Merda" -Visto che non mi credi mai, non hai creduto che avrei preparato DAVVERO il pranzo, vero?-
-Le promesse si mantengono-
"Accidenti a me, non sto mai zitta" -Ma...-
-Ma per tua fortuna non voglio essere costretta a scegliere tra il morire di fame per una settima a o l'essere avvelenata al primo tentativo.-
"Lassù qualcuno mi ama! Meno male che mi sono sempre limitata a giocare a cooking mama invece di imparare davvero a cucinare!"
-Senti ti ha telefonato Sveva-
-Ah, ok la richiamo.-
-Le ho detto che eri in spiaggia-
-Cosa? No, non ripetere ho sentito. Quando glielo hai detto.- Terribili immagini della sua amica che la vedeva tra le braccia di Dante si impadronirono della sua mente, l' avrebbe chiamata traditrice, infingarda, marrana. Ok, magari avrebbe usato dei termini meno romanzeschi, ma la sostanza non sarebbe cambiata, se la sarebbe presa a morte e non le avrebbe più voluto parlare, avrebbe cancellato il suo numero, l'amicizia da facebook e avrebbe bruciato tutte le loro foto e buttato tutti i suoi regali dalla finestra. "Ok, calmati Fede, non sei in paranoia, no neanche un po'..."
-Dieci minuti fa, forse, potreste andarvi a prendere una coca cola... -
-Camomilla!-
-Ma se a te non piace la camomilla, e poi con questo caldo?-
-Sì, cioè no, cioè volevo dire c'è il negozio Camomilla o meglio la pubblicità del negozio.- In mezzo a fantasie apocalittiche di un' amicizia distrutta la ragazza doveva anche fare il titanico sforzo di non far capire niente a quel cane da caccia di sua madre, aveva un fiuto davvero incredibile per i casini in cui si cacciava...
-Federica ma stai bene?-
-Eh, mamma. Ho qualche rotella fuori posto da una vita, che non lo sai?-
Per un momento il suo cuore si fermò, i suoi occhi avevano incrociato una visione familiare: spalle larghe, torace ampio, capelli nivei e sorriso seducente. Si scioglieva tutte le volte che lo vedeva...Ma stavolta era diverso, avevano passato tanto tempo insieme, lui era stato così fantastico, tenero e adesso era co...con un' altra?
Federica strabuzzò gli occhi, per poi farli diventare una fessura e prendere di mira la sua preda. -Mamma, ci sentiamo dopo.-  Soltanto un  click e la telefonata venne interrotta.
Che cosa diamine pensava di fare? Riempirla di smielatezze, che avrebbero potuto far piacere soltanto a una ragazzina senza cervello, per poi buttarsi tra le braccia della prima tettona non appena lei avesse girato le spalle?
Accelerò il passo, quasi sul piede di guerra, quasi pronta a fargli una scenata. No, una scenata no, perché avrebbe voluto dire dargli troppa importanza, però non era poi così sicura di riuscire a trattenersi. Il suo sguardo si posò sulla ragazza con cui stava flirtando, in realtà erano una piccola comitiva, ma lui guardava solo quella di centro, aveva un orrendo vestito di lustrini dorati, ci avrebbe potuto incartare i regali di natale con quella stoffa scadente, e sarebbe stata appena sufficiente, perché la stoffa era talmente poca che stava per esplodere su quel corpo che non ricordava una dieta da almeno tre anni: tettona e grassona, la odiava, questo era certo,
Poi fissò Dante come se avesse potuto riempirlo di schiaffi solo guardandolo, immaginò il suo viso farsi rosso e gonfio e lui che la supplicava di perdonarlo. Aveva un' aria così sicura di sé, così superba, così non sua...così di Vergil!
Un ulteriore sguardo alla camicia attillata e al look elegantemente ricercato le confermarono di aver incontrato il fratello sbagliato. Ormai quella scoperta non poteva salvarla, senza accorgersene si era avvicinata talmente tanto da poter sentire l'odore dell'albino e purtroppo anche il profumo dolciastro della tettona. Prima che potesse giustificare in qualche modo la propria presenza avvertì il gelo calare sulla piccola comitiva, evidentemente l'immagine di una ragazza che si avvicina quasi correndo come una valchiria, e poi si ferma di botto tra loro senza spiccicare parola doveva averli confusi. Che esagerati! Ok, era un po' sfatta, sudaticcia e, forse, aveva fatto un' ingresso un po'...bizzarro, ma non era certo uno zombie o la morte nera con la falce!
-Ciao Federica.- La salutò cortesemente Vergil, col suo solito tono altero. La voce era più fredda del solito e anche nel suo sguardo c'era qualcosa di diverso, embrava arrabbiato. Forse perché gli aveva guastato l'appuntamento, ma la ragazza non poteva credere che uno come lui si alterasse tanto per tre galline come quelle.
-Uhm, ciao!- Fu l' unica cosa che riuscì a biascicare lei.
-Quindi vi conoscete- osservò con orrore una delle ragazze.
-No, io piombo sempre così vicino agli sconosciuti- rispose sarcastica Federica.
-Ma potrebbero essere malintenzionati!- commentò con ansia una di loro
-Sta zitta Valentina, non vedi che sta scherzando-
-O forse è solo zoccola- sussurrò in modo molto udibile miss carta da regalo.
Federica non poté fare a meno di cogliere l'occasione per cancellare dalla faccia di quelle tre idiote i loro sorrisi al rossetto sbavato.-Sai mi chiedevo se potessi mandarmi via mail le nostre foto, sai quelle al centro commerciale. Ah, un' altra cosa, che ne dici se domani andassimo in pizzeria? Sai quella dove siamo stati l'altra volta.- Mentre parlava la brunetta aveva occhi solo per l'albino, poi passandogli una mano sul braccio -Fu una serata davvero piacevole- rincarò la dose con un tono malizioso, e poteva sentire le ragazze alle sue spalle trattenere il respiro, immaginavano che loro due fossero molto intimi e non potevano sopportarlo.
Non ci fu verso di strappare un sorriso a Vergil, sembrava una maschera di cera rabbiosamente annoiata. Strano, in altri momenti quel siparietto lo avrebbe divertito -Sì, se non ho altri impegni verrò. Immagino sia invitato anche quell'inutilità di mio fratello-
Le tre galline esplosero all'unisono -Tu hai un fratello?-
-Gemello- precisò Federica
Un coro di stridolii e visi estasiati accolse la notizia, ma la brunetta se le immaginava già ad accoltellarsi alle spalle per vedere chi delle tre dovesse accaparrarsi Dante. Alzò un sopracciglio scrutandole criticamente, non doveva preoccuparsi di nessuna di quelle, non aveva concorrenza. Dante era suo.
-Ce lo devi presentare!-
-Non ne vedo la ragione- rispose Vergil, con un tono ringhioso.
-Ma come è tuo fratello-
-Solo per uno scherzo crudele del destino- L'albino guardò con disgusto i visi delusi delle ragazze. Altre idiote che credevano di poter trovare Dante affascinante quanto lui, ovviamente le tre galline persero immediatamente ogni attrattiva ai suoi occhi. -Comunque, mi sono ricordato di aver un impegno. Fede vieni con me?- Chiese, mettendo il braccio intorno ai fianchi dell'amica e spingendola via, senza nemmeno aspettare la sua risposta.
Forse non aspettarono neanche di essere abbastanza lontani per commentare l'accaduto.
-Non credevo che trovassi interessanti tipi del genere-
Vergil rise, una risata bassa, gutturale ma molto sensuale. -Ogni tanto mi piace studiare altre razze di esseri umani. Sai, devo pur sconfiggere la noia!-
-Ma come le hai trovate? Aspetta, non dirmelo. Il vestito dorato di quella al centro. Non può esserti piaciuta una cosa simile.-
-No, il mio interesse non era rivolto al vestito, quanto a quello che c'era sotto.- rispose lui, senza il minimo pudore.
-Non c'era molto sotto, era tutto bene in vista!-
-Sei gelosa?- le chiese finalmente abbozzando un' ombra di sorriso.
-Per niente- rispose velocemente la ragazza, il cui interesse per lui era del tutto svanito -E se anche dovessi esserlo, non lo sarei per quelle- aggiunse, pensando ad un' altra persona, ma questo Vergil non poteva saperlo.
-Sei sicura di te stessa, mi piace-
-Tu che fai un complimento a qualcuno, che ti è successo oggi? -
-Niente di particolare- Federica non notò la ruga sottile che comparve sulla fronte dell'albino, in realtà lui non poté fare a meno di pensare alla discussione che aveva avuto quello stesso pomeriggio con Sveva. Malgrado la sua incrollabile superbia e alterigia, si era sentito dire cose che non potevano non toccarlo. Non poteva ignorare il fatto che lei aveva osato sfidarlo, aveva eliminato in un colpo solo tutte le barriere che avevano instaurato tra loro, aveva infranto il distacco che lui aveva posto, ma aveva infranto anche la sua timidezza. Vergil aveva percepito chiaramente l'ira che sconvolgeva la ragazza, sapeva che in questo momento lei non poteva stare davvero bene, non poteva avere la solita calma e ritrosia. Si chiese dove fosse, se stesse piangendo come una sciocca ragazzina o stesse allegramente bevendo alla disfatta del ragazzo più arrogante sulla terra. Ricordava ogni istante di quella conversazione, ogni particolare di lei. Gli occhi verdi accesi di rabbia, le mani strette a pugno, agitate ogni tanto come volesse schiaffeggiarlo, le gambe magre in mostra grazie a un' inedita minigonna, il rosso del corpetto. Se fosse stato un altro avrebbe notato con stupore di aver una fitta di gelosia al pensiero di tutti i ragazzi che si sarebbero voltati a guardarla, che ci avrebbero provato coi loro modi volgari. Ma lui era Vergil Sparda e, come aveva notato Sveva, usava per se stesso un altro metro di valutazione. Non poteva interessarsi davvero a qualcuno, non poteva farsi sconvolgere la mente da una ragazza, lui non era uno qualunque.
-Credevo le avessi già le foto del centro commerciale-
-Foto...quali foto?- Chiese Federica, dimenticandosi completamente della scusa usata poco prima.
Vergil rise di nuovo -Ciò dimostra che delle foto non te ne frega niente. Allora perché mi sei piombata addosso in quel modo, prima? Scommetto che l'invito in pizzeria era solo una scusa. Ti ha dato fastidio vedermi con altre ragazze!- Dedusse, con tono trionfante.
Federica lo fissò, non riusciva a spiccicare parola mentre stava cercando faticosamente di deglutire. Se gli avesse detto che era  gelosa, cosa non vera, lui avrebbe pensato di piacerle, avrebbe potuto dirlo a Dante e sarebbe successo un casino mostruoso. Se gli diceva che in realtà l'aveva solo scambiato per il gemello, se la sarebbe presa in un modo epico, altro che l'ira funesta di Achille. Chi se ne frega, avrebbe detto la verità.
-No, ti avevo solo scambiato per Dante-
Vergil si fermò un istante. Non poteva tollerare che ora fossero addirittura in due a prenderlo in giro. Cosa pensavano queste stupide italiane, di poter giocare con lui? Prenderlo in giro come volevano?
Non diede a vedere il suo immenso fastidio, si limitò a contrarre la mascella, cercando di controllare il suo livore
-Sarai stata felice di notare che, invece, sono il fratello giusto.-
-Ma certo!- Rispose la brunetta, quasi deformandosi il viso per sorridere esageratamente "Che fortuna se la canta e se la suona da solo. Me la sono scampata bella." Pensò in realtà. -Solo che quelle tre galline ci hanno fatto perdere davvero troppo tempo, mia madre mi aspetta per cena. Devo andare!- Il tempo di un rapido bacio su una guancia, diametralmente diverso dai lunghi e intesi baci dati a Dante, e Federica scappò via diretta verso casa. I due gemelli Sparda erano terribilmente attraenti, certamente divertenti, ma a lungo andare finivano col diventare sfiancanti.

1. Angolo dell'autrice
Ciao a te, chiunque tu sia,  per me sei un lettore e, in quanto tale, hai già un valore immenso.
Volevo dirti che questo capitolo l'ho scritto un po' di tempo fa, in preda a una fervente voglia di scrivere, magari addirittura di finire questa storia. Sai cosa è successo? Si è rotto il computer e tutta l'ispirazione è andata a farsi benedire. Che sfiga, eh?
Ora sono qui, ad aggiornare questo diciottesimo capitolo, con una voglia matta di sapere la tua opinione.

2. Come al solito voglio ringraziare chi ha recensito il capitolo precedente, i vostri pareri sono una fonte di energia inestimabile, per me.
Firely: Grazie per le tue parole, spero di riuscire davvero a tenere duro e continuare la mia avventura e spero che  continuerai a seguirmi.
Berry_Red: Che dire? La tua recensione mi ha fatto commuovere, il fatto che tu ti sia iscritta per recensirmi mi trasmette una gioia immensa, mi auguro che la storia continui a piacerti, anzi che ti piacca sempre di più. Hai avuto coraggio a leggere in quel modo tutti i capitoli precendenti :D
LadyCarmen: Ti ho già, in parte, risposto. Sono davvero contenta di avere una lettrice attenta come te, mi spiace davvero per la disattenzione che ho avuto in quel capitolo. Mi auguro di ritrovarti per questo nuovo episodio, le tue impressioni sono molto interessanti e mi aiutano a riflettere sulla storia.
Layla_Morrigan_Aspasia: Per quel poco che traspare di te capisco come mai tu ti immedesimi più in Sveva,  è un personaggio un po' alla Belle, de "La bella e la bestia". Mi spiace che non apprezzi il tipo di coppia che si sta venendo a creare, ma io seguo gli eventi, in parte come li avevo in testa dall'inizio, in parte come vogliono proseguire loro. Riguardo alla "è", ovviamente, sono concia del fatto che non si scriva con l'apostrofo ma, purtroppo, non ho ancora capito come digitarla correttamente usando NVU. Al prossimo capitolo :)

3. Spero di non violare nessuna norma del regolamente, volevo solo condividere con voi un traguardo che ho raggiunto. Questo mese, negli store online, è uscita la racconta "365 storie d'amore" edita dalla Delos, un' organizzazione che, a volte, collabora anche con Mondadori. All'interno dell'antologia c'è anche un mio racconto :D Non è la prima volta che riesco a vedere il mio nome stampato su un vero libro, ma ogni volta è un' emozione nuova. Volevo farvelo sapere, non per farmi pubblicità perché non becco un quattrino dalle vendite, ma perché condivido con voi la mia passione sfrenata per la scrittura, siete gli unici lettori con cui io abbia un vero dialogo. EFP mi ha dato delle emozioni davvero belle in questi anni ed è anche merito vostro.






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Capitolo 19
*** La principessa degli alieni ***


Ma come aveva potuto permettere a quel pallone gonfiato di ridurla così?
A Sveva piaceva passare davanti alle vetrine e specchiarvisi, non era un moto di vanità, semplicemente le sembrava che ogni vetrina le restituisse l'immagine di una persona diversa, quasi come se ci fosse qualcosa in quei vetri capace di distorcere la sua figura per crearne una nuova. A volte si sentiva migliore, più seducente, più alla moda, altre volte si vedeva goffa e vulnerabile. Forse era solo uno scherzo della sua immaginazione.

Anche quella volta non riuscì a trattenersi, gettò un'occhiata sbilenca al suo riflesso e quello che vide non le piacque affatto: era solo una ragazzina tremante e arrabbiata, indossava abiti attraenti senza avere la personalità necessaria per portarli. Aveva cercato di cambiare se stessa per rispondere alle critiche di Vergil...e se invece quella fosse stata una parte di lei che cercava disperatamente di emergere e che si era aggrappata alle parole dell'albino per avere finalmente un po' di ossigeno?
Intanto la vetrina le restituiva un ritratto di dubbi aggrovigliati dentro una minigonna e un top scollato, nascosti oltre uno sguardo color smeraldo acceso di collera. Tutto questo era il prodotto di Vergil Sparda, delle sue parole taglienti e del suo atteggiamento superbo. No, non era solo superbo, era anche maledettamente affascinante, le era strisciato nei pensieri fino a traviarli come un cancro in un organismo sano. Se avesse potuto avrebbe spaccato il vetro in cui si stava specchiando ma si limitò a scuotere la testa e scacciare quei pensieri torvi.

Un cancro?
Che esagerazione, stava decisamente dando all'albino più importanza di quanta ne avesse in realtà, non aveva mai permesso alla sua mente di indugiare tanto nemmeno sui ragazzi che le piacevano.
E Vergil? No, non le piaceva di certo. Lo detestava, no era troppo; le era indifferente, vabè non diciamo idiozie; la irritava, sì questa definizione era decisamente più consona. Lui era una persona seccante, a cui piaceva mettere a disagio la gente e lei era già abbastanza brava a mettersi in imbarazzo da sola per frequentare uno come lui.

Dante era decisamente migliore, finalmente a Sveva scappò un sorriso pensando all'altro fratello.
(Era beatamente ignara di quanto era successo tra lui e la sua migliore amica, quindi poteva permettersi ogni lieta fantasticheria, propria delle persone innocenti e, forse, stupidamente inconsapevoli.)
Dante era il gemello giusto, quello più solare, più gentile e premuroso, quello a cui affidarsi quando si aveva un problema, con cui uscire se c'era voglia di divertirsi e con cui parlare se ci si voleva sfogare, era così tenero, spassoso, irresistibile...Non riuscì a trattenersi dal fermarsi, mentre camminava, come se quell' immobilità improvvisa potesse fermare anche i suoi pensieri.
Stava passando da un estremo all'altro: demonizzava Vergil e venerava Dante, ma i contorni non erano così netti. Vergil non era un demonio e Dante non era un angelo, se la classificazione fosse stata così facile lei non si sarebbe impelagata in questa situazione, non si sarebbe fatta attrarre da un egoista, nè avrebbe tralasciato il principe azzurro. Entrambi i gemelli avevano i loro difetti, era solo questione di quale qualità si potesse digerire più facilmente.
La biondina si portò una mano alla testa. Quella seduta di autoanalisi le stava frullando anche l'unico neurone rimasto che, conoscendo il suo essere recidiva nella psicoanalisi spicciola, non si sarebbe arreso alzando bandiera bianca, si sarebbe direttamente suicidato, facendosi inghiottire nel vuoto cosmico del suo cervello romanticamente avariato.
Si fermò su una panchina ed estrasse dalla borsa lo specchietto, dando un' occhiata al trucco. Era un panda umano, perfetto, ammetteva di aver sentito gli occhi pungere, ma non aveva permesso alle lacrime di scendere sul viso, eppure erano state sufficienti a far crollare la matita sotto l'occhio, mentre il caldo aveva fatto il resto. Fortunatamente non era niente che un pennello e un fazzolettino non potessero risolvere.
-Un po' meno panda- sussurrò Sveva, sorridendo alla propria immagine allo specchio. Era stata una sciocca a farsi scombussolare così da quel ragazzo, per di più se lui fosse passato per caso, in quel momento, avrebbe visto un' immagine ben diversa dalla precedente. Se prima era stata orgogliosa e spavalda adesso era tornata incerta e dubbiosa.
Sospirando buttò la testa all'indietro fissando il cielo che si tingeva di nero, tra poco più di un' ora avrebbe dovuto presentarsi in hotel per la cena. Tra non molto sua madre l'avrebbe chiamata per chiederle dov'era finita. Doveva cambiarsi prima di scendere nella sala da pranzo. Fortunatamente quest'anno i suoi genitori le avevano preso una stanza singola, dandole un po' di privacy anche perché questo non gli permetteva di conoscere esattamente tutti i suoi spostamenti, anche se il paese era talmente piccolo che, se non l'avessero vista in albergo, gli sarebbero bastati cinque minuti a piedi per scovare la figlia davanti a qualche vetrina o seduta in un bar. Se suo padre l'avesse vista con quell'abbigliamento sarebbero fioccate le stupide battutine su eventuali flirt, e quella sera non era proprio in vena di sopportarle, per di più i suoi l'avevano vista spesso in compagnia degli Sparda e avevano certamente subodorato qualcosa. Doveva cambiarsi e la lunghezza della gonna doveva essere molto, ma molto, diversa da quella attuale. Ma aveva ancora un po' di tempo e la rabbia, mista all'orgoglio, ogni tanto tornava a farsi sentire. Prese il cellulare e le bastò premere due volte il tasto verde per chiamare Federica, aveva bisogno di sfogarsi con la sua migliore amica. Chissà cosa avrebbe pensato la sua ben più energica compagna d'avventure della strapazzata che la remissiva biondina aveva dato all'algido albino, non vedeva l'ora di raccontarglielo.
-E' spento- si ritrovò a dire ad alta voce, con un tono deluso. Pensò di chiamare a casa, forse Federica era rimasta a poltrire sul divano davanti ai videogiochi e aveva la batteria scarica. Dopo pochi squilli rispose la signora Parini, dicendole che la figlia era in spiaggia, ma non sapeva con chi, né quando sarebbe tornata. Forse lei poteva raggiungerla lì?
Sveva ringraziò e chiuse la telefonata, guardò con titubanza i suoi elegantissimi sandali neri, decisamente non rappresentavano la calzatura adatta alla spiaggia ma poteva anche toglierli e camminare a piedi nudi, ormai il sole era calato e la sabbia non scottava più in modo così insopportabile. Decise di avviarsi verso il lido, ansiosa di raccontare le sue peripezie all'amica e di sapere cosa lei stesse facendo. Aveva forse dei nuovi amici di cui non le aveva detto niente?

Spinta dalla curiosità Sveva si costrinse a camminare più velocemente, senza notare le persone che le passavano accanto. In altri momenti avrebbe fantasticato sulla vita della signora anziana col trucco pesante, criticato la ragazza col vestitino superaderente e guardato con invidia la coppietta che passeggiava con le mani intrecciate. Quel giorno non aveva tempo per gli altri, concentrata sul suo piccolo gruppetto di amici. Si concesse uno sguardo al panorama che aveva davanti, solo quando era già arrivata al lido in cui abitualmente stava Federica. La sera era già inoltrata, una lunga e iridescente falce di luna brillava già, protagonista in un cielo non ancora del tutto nero, le stelle sarebbero sorte tra non molto, ma per ora c'era ancora tempo. I bagnini stavano già facendo il giro per chiudere gli ombrelloni, ma non disturbavano le persone che sostavano ancora sulla spiaggia, incuranti dell'umido e della brezza fresca che accarezzava i loro colpi accaldati. Sveva si sporse dalla passerella per cercare la figura snella di Federica, di solito la trovava vicino a qualche ragazzo che la stava mangiando con gli occhi senza che lei se ne accorgesse, ma quella sera non sembrava esserci traccia dell'amica. Guardò con più attenzione tra le piccole comitive, ma nessuna ragazza aveva l'altezza giusta, o quel taglio di capelli alla moda.

Si spostò per far passare uno dei bagnini che, però, si fermò vicino a lei.
-Ciao- la salutò
-Uhm, ciao- rispose lei con un sorriso non molto rilassato. Conosceva quel tizio e si ricordava che non le aveva mai rivolto la parola, stranamente si accorgeva della sua presenza giusto la sera in cui aveva azzardato un abbigliamento più sexy. Il grande potere della minigonna.
-Come mai tutta sola?-
-Veramente sto cercando la mia amica. Ti ricordi di Federica, una ragazza alta bruna, viene qui con la famiglia, Gabriele, Matilde, quei due bambini sempre attaccati ai giochi...- disse indicando la postazione ludica vicino al bar. -Per caso l'hai vista?-
-No, mi dispiace.- Rispose lui sorridendo, mentre le faceva la classica, quanto banale e viscida, radiografia.-Però potrei offrirti da bere!-
-No, grazie. Come ti ho detto ho un appuntamento con la mia amica- si affrettò a ribadire, cercando di defilarsi.
-Allora trovala e poi ci vediamo per un drink più tardi. Dai porto un amico- Insistette lui, circondandole le spalle con un braccio.
Le ci volle un millisecondo a liberarsi da quella stretta sgradita quanto appiccicaticcia, mentre cercava di non mostrarsi troppo indignata da quel comportamento. -Non credo proprio, abbiamo già un altro impegno-
-Ma dai, chiediglielo alla tua amica. Ci siamo simpatici, sicuramente le farà piacere bersi un sex on the beach con noi-
La ragazza non riuscì a non chiedersi se il bagnino avesse scelto a caso il nome del drink -Ti ho detto che non possiamo- rispose, ancora declinando.
-Non ci credo-
Ormai Sveva aveva capito che il ragazzo aveva un vocabolario piuttosto limitato, in cui la parola NO, decisamente non era compresa. L'unica via d'uscita era fargli credere d'aver ragione. -Guarda stasera proprio non è possibile, però facciamo un altro giorno.- O in un' altra vita, pensò lei
Il bagnino non aveva bisogno di chiedersi come mai la ragazza avesse cambiato idea così all'improvviso, certamente la sua bellezza l'aveva accecata e ora non vedeva l'ora di uscire con lui. Doveva credersi la donna più fortunata del paese, anzi no, della terra.
Lungi dal sentirsi così baciata dalla sorte, Sveva non attese neanche un istante per tagliare la corda. Non sapeva che di lì a poco sarebbe finita dalla padella alla brace.

-Non ci posso credere, non sono passate neanche tre ore e ti rincontro di nuovo!-
Sveva non aveva fatto in tempo a uscire dal lido che frequentava Federica, per passare a quello successivo, dell'albergo in cui stavano lei e i gemelli, che una voce maschile, con un volgare accento locale, la raggiunse. Un brivido le corse lungo la schiena.
-Questo è destino- disse la voce maschile
-Eh, quando si dice destino...crudele- sottolineò la ragazza.
Purtroppo il ragazzo, quel Giovanni che poco prima aveva scatenato la lite con Vergil, scambiò la sua acuta e costernata affermazione per una battuta di spirito.
-Ah, come sei divertente. Già davvero bella battuta. Cosa stavi facendo?-
-Io...veramente, stavo cercando una mia amica-
-E' carina come te?-
Questo sì che è un gentiluomo-Per sua fortuna no- se avesse potuto finire il concetto avrebbe aggiunto che la sua amica era miss universo in confronto a lei, ma venne interrotta
-Oh, oh, concorrenza femminile, l'ho sempre trovata molto...stimolante, anche in campo sportivo sai le lotte nel fango femminili sono così...- Giovanni non riuscì a trovare un aggettivo appropriato e terminò la frase con un luccichio malizioso nello sguardo.
-Mi sa che non sono proprio canali sportivi quelli che guardi-
-Ma sì, a me piace lo sport-
-Sì, quello da camera.- Sveva si morse le labbra, adesso quel tizio avrebbe fatto chissà quali battute oscene!
-No, io vado in palestra-
-Cosa?- Non poteva credere alle sue orecchie, era talmente stupido da non aver capito lo scherzo!
-Non ho bisogno di stare a casa, ce li ho i soldi per la palestra. Vuoi vedere che muscoli?-
-No, grazie. Ti credo sulla parola!- si affrettò a rispondere.
-Sai, io sono un bravo...come si dice?-
-Stalker?-
-Ma no, quello è lo step. Io faccio più boxe- mimò dei pugni, che spaventarono solo delle povere mosche.
Sveva si chiese che male avesse fatto per trovarsi in meno di dieci minuti tra due chiari esempi di galanteria maschile, che le stavano quasi facendo rimpiangere l'arroganza glaciale di Vergil. Purtroppo fu costretta a rintracciare la risposta nei centimetri di gambe e decoltè esposti agli sguardi. Non metterò mai più una minigonna, pensò, nervosa. La voce del ragazzo la scosse  -Comunque, chi era quello con cui parlavi prima, sai quel tipo strano, quello sfigato...-
Lei non riuscì a non sgranare gli occhi, quello aveva appena dato dello sfigato a Vergil? Il suo cuore smise per qualche istante di battere e si guardò intorno col sospetto che l'albino comparisse davanti a loro per magia e prendesse a pugni Giovanni, altro che l'ira del pelide Achille, Vergil adirato doveva essere il peggiore degli incubi. Anche se lei, quello stesso pomeriggio gli aveva detto di peggio e lui non aveva mosso un dito, come una parete di ghiaccio. Tra la ricerca di Federica e quegli incontri del terzo tipo aveva quasi dimenticato la loro lite.
-Non è uno sfigato-Si trovò, senza capire come, a difenderlo.
-Ma dai, uno giovane che si tinge i capelli di bianco- disse con voce piena di orrore Giovanni.-Non ci crederai, perchè voglio dire io sono un tipo molto sveglio e intelligente, ma quando l'ho visto ho pensato che fosse un vecchio!-
-Hai mai sentito parlare di albinismo?-
-E' tipo una teoria sugli alieni? So un sacco di cose sull'argomento...ho visto E.T!-
-No, è una malattia. Quel ragazzo non si è tinto i capelli di bianchi, i suoi capelli sono bianchi- stava per aggiungere che aveva anche dei bellissimi occhi azzurri e dei veri muscoli da palestra, ma si dovette trattenere, dandosi mentalmente della stupida. Vergil sarà stato anche bello ma era uno str...strangolatore della sua pazienza.
-Allora non fa lo sfigato, lo è sul serio!-
-Wow! Che tatto, che hai.-
-Eh? Ma io non ti ho mai toccato.-
-Senti, hai presente prima quando ti ho parlato degli alieni-
-Sì- assentì Giovanni.
-Bhe, so che tu sei una persona tanto intelligente e discreta, quindi ti confiderò un segreto-
-Il ragazzo di prima era davvero un alieno-
-Davvero? Figo-
-Eh, sì e io sono la principessa degli alieni-
-No, non ci credo. Mi stai prendendo per uno scemo-
-Vuoi che te lo dimostro?- rincarò Sveva, notando un certo stupore nel viso di lui
-Ovvio-
-Quel ragazzo appare tutte le volte che io sono in difficoltà. Hai presente quando una ragazza viene avvicinata da un tipo fastidioso, che non le si scolla di dosso?-
-Ah, io i tipi così non li sopporto-
-Non l'avrei mai detto- bofonchiò lei cercando di reprimere una risata.-Comunque, ecco, quando io sono avvicinata da qualche sconosciuto, lui appare come fosse il mio angelo custode-
Giovanni rise, non pensò di aver incontrato una ragazza matta da legare solo perché la sua vanità lo convinse che quella era una tattica per fare la misteriosa e conquistarlo -Sì, come no e adesso allora dov....- Un colpo di tosse lo scosse, cancellando la risata di qualche secondo prima. In pochi secondo il suo viso perse quasi tutta l'abbronzatura, diventando di un preoccupante verdognolo.
-Ciao Sveva.-
-Ciao Dante, stai davvero migliorando, mi basta pensarti e tu appari così velocemente- Le reazioni a quelle parole, tra i presenti, non potevano essere più diverse. Sveva aveva scelto con cura la frase, per avvalorare lo scherzo in cui il ragazzo sembrava essere cascato con tutte le scarpe, forse lei si stava sentendo un po' crudele, ma il divertimento era impagabile, l'unica difficoltà era rimanere seria e guardare l'albino in modo adorante senza scoppiare a ridere. Dante invece era stordito dalla sorpresa, la ragazza non era mai stata così carina con lui e il fatto che lo fosse proprio quel pomeriggio, in cui lui aveva iniziato una storia con la sua migliore amica, per giunta senza poterglielo dire, lo metteva molto a disagio.  Il povero Giovanni invece non sapeva cosa pensare, non poteva certamente sapere che gli albini erano due, nè sospettava che, quando la ragazza avesse inventato la storia degli alieni solo dopo aver visto, con la coda dell'occhio, Dante che saliva dalla spiaggia.
-Lo sai, sono sempre al tuo servizio- Dante abbozzò un inchino maldestro, i modi erano stranamente simili a quelli di Vergil, cosa che testimoniava il suo completo stordimento.
-Non mi stavi prendendo in giro: è lui, è ricomparso. E' lo stesso di prima- farfugliò l'italiano
-Ah, questo è Giovanni. Purtroppo ho dovuto dirgli il nostro segreto-
L'albino rizzò le orecchie e spalancò gli occhi, visibilmente sorpreso e preoccupato -Segreto?- Possibile che Sveva già sapesse di lui e Federica, e cosa c'entrava questo Giovanni? Non aveva mai pensato a delle ipotesi così velocemente, ma in quel momento era quasi certo di non avere nessun segreto oltre alla relazione con la bella brunetta e alla volta in cui..... ma no di quella volta non sapeva nessuno. E poi perché quel ragazzo diceva che era lo stesso di prima? Era sicuro di non averlo mai incontrato prima
-Sì, il nostro segreto- Sveva lo colpì con quella che voleva essere una gomitata nello stomaco, ma che in realtà sortì il solo effetto di fare il solletico a Dante.-Spero non ti dispiaccia-
-Certo che mi dispiace, ora sarò costretto a ucciderlo!- rispose ridendo, ritrovando il suo solito umore giocoso, ma la sua risata si interruppe in modo stridente vedendo la faccia dell'altro ragazzo.
Giovanni, a sua volta, incosciente del colorito malsano che stava assumendo, interpretò il finire della risata e quello sguardo indagatore come evidenti segnali di pericolo.
-No, non uccidermi, io ho sempre avuto molta simpatia per voi. Davvero cioè secondo me non è giusto fare esperimenti su di voi solo perché siete diversi...- disse indietreggiando istintivamente e con un tremito nella voce.
Dante, stanco dalla lunga giornata ricca di emozioni, equivocò le parole dell'italiano -Che problemi hai con gli albini?- ringhiò minaccioso
-Io no davvero nessun problema, anche l'area 41...51..71 io l'arei chiusa amico.-  (Sì, 777 di megavideo, sussurrò Sveva)-Comunque io devo andare, davvero, non lo dirò a nessuno ve lo giuro...solo che devo andare.- Giovanni non aveva mentito sui propri e prodigiosi muscoli, scappò con uno scatto da velocista degno di nota.
-E poi dicono a me che sono fuori di testa!- Dante fissava il punto in cui, fino a un secondo prima, stava Giovanni. L'espressione sorpresa era ben dipinta sul suo viso, guardò l'amica per avere delle spiegazioni ma lei, per tutta risposta, scoppiò a ridere.
-Sei stato un fenomeno, ti adoro- mormorò lei quando finalmente riuscì a riprendere il controllo. Pensando di far cosa gradita si alzò sulle punte, meno del solito dati i tacchi vertiginosi, e stampò un grosso bacio sulla guancia dell'albino. Sveva non era abbastanza sconvolta per non notare che quel gesto, che in altri momenti avrebbe suscitato mille battute e grandi abbracci, in quel frangente non provocò reazioni. Dante era rimasto di ghiaccio, improvvisamente intimidito, per un secondo la ragazza ebbe il dubbio di aver davanti Vergil. -Dante che cosa c'è?-
-Niente.- Per la prima volta l'albino si sentiva un verme, aveva giocato spesso coi sentimenti delle ragazze, ma spesso quelle stesse ragazze si divertivano a giocare con lui. In questo caso invece era diverso, ormai stava imparando a conoscere Sveva, la sua timidezza, la sua ritrosia. Come poteva ingannarla e non dirle che aveva baciato la sua migliore amica? Cercò disperatamente di cambiare argomento, sperando che lei non notasse il suo turbamento. -Ma chi era quello?-
-Oh, nessuno. Ha iniziato a seguirmi questo pomeriggio e non sono più riuscita a scollarmelo di dosso.- Disse con aria seccata.
-Ti ha dato fastidio?- chiese subito l'albino con aria protettiva
-Quando me lo sono ritrovato di  nuovo tra i piedi ho iniziato a preoccuparmi, però non importa adesso è andato via- sorrise lei -E non credo proprio che tornerà- ammise lei, nascondendo il suo divertimento dietro un sorriso furbo. Non resistette molto prima di raccontare a Dante il modo in cui aveva fatto credere a quel ragazzo di essere una principessa aliena. Sottolineava spesso la stupidità di Giovanni, mentre cercava di evitare tutte le parti del racconto che includevano anche la comparsa dell'altro Sparda.
-Quello sì che è un vero stupido- commentò Dante compiaciuto, per una volta non era lui a fare la figura dell'allocco.-Ma c'è una cosa che non mi è chiara, ha detto che ero "di nuovo" io. Sono quasi sicuro di non averlo mai incontrato prima, tu sai che intendeva?- Notò subito il rossore che imporporava le guance della ragazza, il suo viso aveva assunto lo stesso colore scarlatto del top.
-Ehm, sì. Ha visto tuo fratello e non sapendo che hai un gemello ha pensato che foste la stessa persona e che anche tu fossi apparso per difendermi....- Sveva guardava in tutte le direzioni tranne quella dell'albino, mentre giocava nervosamente con una ciocca di capelli
-Anche io ero apparso per difenderti? Svè, ma tu eri con Vergil?-
La ragazza si voltò a guardare l'albino, sorpresa notò che aveva dato un' inflessione inedita al suo nome. Quel Svè,  le era suonato così nuovo, così familiare e brusco allo stesso tempo, e poi c'era una vena accusatrice in quella domanda. Alzò le spalle e abbassò leggermente la testa, sicura di avere ancora il volto in fiamme. Non riusciva a rispondere.
  Per la prima volta, durante quell'incontro, il ragazzo sembrò notare l'abbigliamento dell'amica. Minigonna, top scollato, trucco accentuato, se quella non era una mise da acchiappo lui era Napoleone. Ma come si coinciliavano quegli abiti seducenti col fatto che lei era con suo fratello? Non potevano avere un appuntamento! Lei era così dolce e carina, mentre il suo gemello era algido e orribile, l'avrebbe distrutta in pochi minuti, l'avrebbe sicuramente fatta soffrire. Eppure lei aveva usato un termine: difesa, Vergil aveva difeso più volte la loro madre da sguardi o approcci inopportuni, entrambi i figli erano molto gelosi di Eva, ma Vergil non si era mai dimostrato premuroso con una ragazza, almeno non che lui lo ricordasse. Possibile che suo fratello avesse un' altra vita, una vita in cui era addirittura gentile?
-No, cioè sì.- Sveva si umettò le labbra, era nervosa come se avesse dovuto pronunciare un discorso difficilissimo. Ci mise qualche secondo a capire che doveva semplicemente dire la verità. Quella era una cosa facile, lei la diceva sempre la verità. -Ci siamo incontrati per caso. Vergil mi ha visto con quel tizio e me l'ha tolto di torno. Tutto qui-
-Ah- fece Dante, visibilmente deluso da quella spiegazione e forse non del tutto convinto. Iniziava a nutrire dei profondi sospetti, quasi come se non fosse stato lui ad avere una relazione segreta. -Quindi vi siete visti ed è andato tutto bene?- cercò di indagare, quei due forse iniziavano ad intendersela, senza dirgli niente.
Sveva trasecolò -Tutto bene non direi. Abbiamo litigato-
Dante, che nel frattempo aveva assunto un' espressione furba, quanto l' ispettore gadget sotto copertura, vide cadere all'istante tutte le sue belle teorie -Tu hai litigato con Vergil?- Oggi la bionda gli sembrava un' estranea, era vestita con degli abiti provocanti che non le aveva mai visto addosso, camminava con tizi strani che la seguivano e per di più andava in giro a litigare col suo gemello. Ebbe il sospetto di stare sognando, per dimostrare che non si sarebbe ritrovato in pigiama nel suo letto, si diede un pizzicotto sul braccio. L'unico effetto che quel gesto produsse fu uno sguardo stranito di Sveva, sì come se qualcuno l'avesse mai guardato in modo normale. -Ripeto la domanda: tu hai litigato, proprio con Vergil? Sei sicura?-
-Dante tu oggi sei proprio strano. perché ti sei dato un pizzico?-
-Non cambiare discorso e rispondimi- Per essere più incisivo trascinò per un braccio la ragazza fino ad arrivare a una panchina, la costrinse a sedersi e a guardarlo negli occhi. 
-Sì, ho litigato con lui-
-E che gli hai detto?-
La biondina ripercorse a ritroso la propria giornata, fino ad arrivare ai fuochi d'artificio del pomeriggio -Credo di avergli dato della prima donna-
-Tu cosa?- Dante non poteva credere alle sue orecchie, spalancò i suoi magnifici occhi azzurri e le sue labbra erano dischiuse in una delle più innocenti espressioni di stupore.
-E anche del pallone gonfiato, almeno credo, forse le parole non sono state proprio queste ma il senso era lo stesso- Sveva sorrideva contenta, come se avesse compiuto una crociata contro un drago. L'albino invece non riusciva più a parlare e sembrava essere diventato una statua di sale.
-Ah, e poi gli ho detto la cosa che lui più detesta sentirsi dire. Proprio quella che lo fa infuriare di più-
-Che gli hai detto?- Finalmente il ragazzo riuscì a vincere la paresi facciale e articolare qualche sillaba, mentre mentalmente passava in rassegna tutti i possibili insulti che Sveva poteva aver rivolto a Vergil. Gli aveva forse detto che con tutto quel gel sembrava che un lama avesse appena sputato sui suoi capelli? No, quella non era una battuta nel suo stile, ma non lo erano nemmeno le parolacce da camionista che di solito era lui a dire al gemello. Aveva forse detto che Vergil era sexy quanto un inceberg? Sì, quella poteva essere un' osservazione papabile.
O peggio ancora, l'aveva chiamato GIL?
La carezzevole  voce della ragazza lo risvegliò dalle sue fantasticherie
-Gli ho detto che tu sei molto meglio di lui-
L'albino non riuscì a rispondere, solo pochi giorni prima a quell'affermazione avrebbe fatto i salti di gioia. Adesso l'idea di essere conteso tra due migliori amiche, probabile sogno erotico di tutti i suoi coetanei, si stava tramutando nel suo peggiore incubo.-No!- quasi gridò, terrorizzato.
-No?- Ripetè lei, stupefatta. Che Dante si stesse sentendo male? La ragazza era certa che l'amico si sarebbe sentito lusingato da quel commento, che probabilmente avrebbe dato sfogo a tutta la grandiosità del suo ego, e invece, inaspettatamente, c'era stata una smentita. -Stai dicendo che Vergil- E Sveva disse quel nome con un' inflessione amara -è migliore di te?-
-No!- L'albino pronunciò la stessa sillaba, ma ancora con un tono poco convinto, mente le sue guance parevano arrossarsi. Per la prima volta sembrava che non sapesse come comportarsi.
-Ecco, lo vedi? Tu sei più dolce, più spontaneo, sai come far sentire speciale una ragazza...- Sull'ultima qualità Sveva aveva qualche dubbio, Dante forse tendeva a far sentire troppo speciali le donne, aveva il vizio di esagerare coi complimenti e, di certo, alcune volte allungava troppo le mani, ma era sicura che quelle parole lo avrebbero messo di buon umore. Entrambi i gemelli adoravano sentir parlare bene di loro stessi, non avrebbero mai ammesso di avere un gigantesmo egocentrismo e un' immensa vanità in comune. Strano ma vero quelle parole sembravano avere su Dante l'effetto contrario a quello sperato. Il ragazzo stava diventando paonazzo e da quel rosso gambero stava velocemente sbiancando.
-Ma...ma ...Ma Vergil è più elegante di me, più raffinato, sai io sono forse troppo spontaneo...- Per la prima volta Dante stava osannando suo fratello. Si rendeva conto che questa cosa suscitava un grande sconcerto nella sua amica, ma non poteva permettere che proprio ora, ora che lui stava segretamente con Federica, lei lo rivalutasse.
-Stai facendo dei complimenti a quel pallone gonfiato del tuo gemello?- Aveva faticato non poco a farsi uscire le parole di bocca, il suo mento, probabilmente, era scivolato per terra, in un' assurda espressione di stupore. Cosa stava succedendo?
-No!...Cioè sì, voglio dire tu apprezzi quel certo charme che ha di solito Vergil no?-
-Charme? Non so se essere più sorpresa dal fatto che definisca Vergil come una persona affascinante o dal fatto che tu abbia appena usato la parola "charme"-
Dante assunse volutamente un' espressione da stupido, che almeno non lo costringeva a dire altro. Era costretto a parlar bene del fratello, cosa che gli procurava più orticaria di un' orrenda reazione allergica, ma doveva fare in modo che Sveva rivalutasse Vergil e non prestasse attenzione a lui. Per una volta doveva sembrare invisibile a una ragazza, non avrebbe mai pensato di assistere a un giorno simile!
-Coraggio Dante, puoi dirmelo, tanto ho già capito..-
L'ultima frase catapultò il ragazzo alla realtà, ma non completamente. Il panico gli stava salendo sempre più nelle vene. Guardò l'amica cercando segni di tristezza per quel loro vile tradimento e sperò di non aver perso per sempre la sua amicizia, gli scenari del dramma si stavano facendo sempre più vicini e l'ombra di un destino ineluttabile sembrava già stendersi su tutti loro. -Hai capito già tutto? Allora è vero che voi donne ne sapete una più del diavolo!- Il ragazzo unì le mani e se le portò davanti agli occhi, in un gesto di scusa.-Ti prego non arrabbiarti-
-Certo che mi arrabbio!- La ragazza si agitò, guardandosi intorno, sembrava davvero adirata, l'espressione docile sul suo volto era sparita, e i suoi occhi sembravano accesi da lampi verdi
Dante si sentiva uno schifo, abbassò le spalle e si posò una mano sulla fronte. Aveva appena rovinato anni di amicizia tra le due ragazze a cui aveva imparato a voler bene. Ma cos' altro avrebbe potuto fare? Sveva l'aveva attratto da subito, forse aveva agito con  troppa leggerezza, proponendosi come un moderno Casanova. Non aveva previsto lo sviluppo degli eventi, non avrebbe mai potuto immaginare di prendere una sbandata per la sua migliore amica, forse con altre ragazze gli era anche capitato di giocare "su più fronti", ma il gioco era sempre stato reciproco. Non c'erano mai stati segreti. -Ti giuro che non volevamo ferirti-
-Ma come hai potuto e proprio adesso?- Perché proprio adesso che aveva mandato a quel paese Vergil, suo fratello lo stava tanto decantando? Quel cinico buffone da strapazzo, quel cieco vanitoso incapace di pensare ai sentimenti altrui. Altro che "charme"  per lei avevo il fascino di un pezzo di legno avvizzito.Quel paragone le fece scappare l'accenno di una risata, che tentò di strozzare sul nascere
Dante rabbrividì. Il suono gutturale che aveva appena sentito era un singhiozzo? Il dramma si stava avvicinando sempre di più, se c'era una cosa che lo spaventava, una cosa capace di getterlo nel panico più totale era una donna in lacrime! -Non fare così, ti prego-
Perfetto, pensò Sveva, l'aveva anche sentita ridere così all'improvviso, come minimo adesso avrebbe pensato che era una pazza. -Scusami, non so cosa mi succeda. Quando penso a quello che è successo mi arrabbio così tanto-
-In fondo non è successo poi chissà cosa...-
-Invece sì! Non è da me reagire in questa maniera.-
L'albino continuava a sentirsi un verme, forse se ci fosse stata Federica avrebbe saputo cosa dire all'amica -Sai abbiamo scoperto di provare un affetto sincero e poi c'è stato un ba....-
-AFFETTO SINCERO?- La ragazza strabuzzò gli occhi, come se Dante stesse dicendo le peggiori assurdità, come se le avesse appena detto di essere nato su atlantide....o che non gli piaceva la pizza.
-Ma che stai dicendo? E poi sei proprio convinto che tutto questo affetto sia reciproco?- Sveva, che per tutto il tempo aveva continuato a pensare a Vergil non se lo immaginava proprio intento a dimostrare tutta questa tenerezza verso il fratello.
-Dovresti stare più attenta a quello che dici. - Adesso l'albino iniziava a perdere la pazienza, capiva che la ragazza non era esattamente in se stessa, ma quello che era successo non le dava il diritto di sparare a zero sugli altri. E poi aveva sempre creduto che fosse molto legata a Federica, non capiva perché questo volta faccia improvviso, non aveva mai nemmeno dimostrato tutto questo interesso verso di lui. Quindi sì, poteva essere ferita ma perché prendersela tanto con l'amica? -Certo che ne sono convinto e poi come ti stavo dicendo c'è stato...- Qui veniva la parte difficile, se già la biondina era sconvolta per l' affetto figuriamoci ora che le avrebbe detto che erano andati un po' più in là. Romeo era morto per amore, lui si sarebbe beccato un sonoro ceffone. Era una cruenta prova d'amore anche questa, no?
-Come puoi difendere Vergil tanto a spada tratta?-
-Un bacio-
I due strabuzzarono gli occhi nello stesso momento e, mentre fino a qualche istante prima scorrevano fiumi di parole, ora era calato il silenzio più totale. Avevano parlato l'uno sopra l'altra in modo da non far finire l'interlocutore prima di iniziare ad esporre la propria tesi e, invece, adesso iniziavano a capire che qualcosa non andava. Sveva era tanto su di giri da non aver ascoltato fino in fondo l' ultima frase dell'albino, mentre lui era riuscito a capire solo un nome, quello di suo fratello.
-Che diamine c'entra adesso Vergil?- Chiese Dante quasi in stato di shock
-perché tu di chi stavi parlado?-
-Certo di Vergil. Di chi altri dovrei parlare?- Una risata decisamente isterica uscì dalle labbra dell'albino, il sollievo di aver vuotato il sacco non era durato più di qualche secondo. Aveva creduto di aver confessato alla ragazza di essersi innamorato della sua migliore amica, invece, a quanto pareva aveva difeso Vergil senza neanche accorgersene. Doveva ancora capire le dinamiche di quella assurda conversazione, per ora si sentiva la testa vuota e leggera come un palloncino. In molti avrebbero risposto che, già normalmente, non è che aveva tutta questa materia grigia nel cervello.
Sveva stette per un po' in silenzio, meditabonda -Ma io non ho capito una cosa...-
-Eh...sapessi io...- Rispose Dante, agitando una mano per farsi aria al volto di nuovo pallido
-Cosa c'entra il bacio?-
Dante deglutì rumorosamente. Capire che Sveva si stava riferendo al fratello e non all'amica gli aveva fatto dimenticare di aver raccontato quel piccolissimo e insignificante particolare. Fortunatamente la ragazza aggiunse.
-Credo di non aver capito quello che stavi dicendo ma quella parola l'ho sentita chiaramente-
-Ma certo!- Rispose Dante stampandosi in faccia il sorriso più idiota che gli riuscisse in quell'istante -Ho detto che non è successo nulla che un bacio non possa risolvere- E così dicendo le sue labbra andarono a premersi sulla guancia della biondina, anche lei, ormai, visibilmente confusa.
-Ma che stai facendo? Sei sempre il solito. Mi hai stavi facendo uno scherzo, vero? Tutte quelle belle parole su Vergil...Ho frainteso tutto?-
-Non sai quanto- Commentò Dante in tutta sincerità.

Angolo dell'autrice:
Ciao, se stai leggendo queste righe dovrebbe voler dire che hai finito di leggere il capitolo.
Cosa te ne pare? Mi auguro che lascerai la tua opinione tramite recensione, mi fa sempre piacere leggere i commenti dei lettori, mi danno la carica per finire la storia e mi aiutano a migliorare i punti deboli.
Vorrei poter dire che per il prossimo aggiornamento non passerà tanto tempo, ma non ho il capitolo pronto e, quindi, potrei scrivere come una pazza oggi stesso o tra qualche settimana. Spero che vorrai leggere anche il prossimo, quando apparirà on-line.
Ringrazio Dream Nini e Mr Writer per le recensioni :D Sono davvero contenta che il capitolo precedente vi sia piaciuto e di avere suscitato la vostra curiosità!

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Capitolo 20
*** Diverse reazioni ***


Federica si attaccò al campanello di casa, ansiosa di mettere fine a una delle giornate più lunghe della sua vita.
Quando si era alzata, quella mattina, aveva osservato la sua immagine allo specchio, aveva maledetto le valigie sotto gli occhi, odiato i capelli spettinati e rivolto un tiepido incoraggiamento a quel filo di abbronzatura che finalmente iniziava a spuntare. E poi, col passare del tempo, quel solito risveglio si era trasformato in uno dei giorni migliori che avesse mai vissuto.
Il viso di Dante si palesò nei suoi sogni, così reale da sembrare tangibile. I suoi occhi chiari che la fissavano intensamente, le sue labbra morbide e salate durante i loro baci appassionati. La ragazza riusciva a sentire ancora il fiato caldo di lui che le solleticava il collo.
Non si era mai considerata una sciocca romantica, quel ruolo lo lasciava volentieri alla sua migliore amica, eppure ora doveva ammettere che il cuore le accelerava nel petto quando pensava a Dante.
Sveva avrebbe definito quella sensazione un "dolce batticuore", Federica, invece, era senza fiato al limite di un attacco cardiaco.
Aveva sempre guardato i ragazzi con molto interesse, soprattutto se erano giovani e prestanti, in grado di non scomparire vicino alla sua altezza, così insolita per una ragazza. Nessuno, però, era riuscito a entrare nei suoi pensieri come Dante, forse era per il suo sorriso giocoso, per i suoi modi aperti e schietti...era inutile pensare ai motivi, ormai lei ne era irreversibilmente cotta.
Alla fine di quella assurdamente bella serata, il suo unico desiderio era tornare a stendersi sul suo letto e mangiare qualcosa. Avrebbe realizzato tutte le sue terrene aspirazioni se, in quel momento, qualcuno si fosse deciso ad aprire la porta di casa. Lei, come al solito, non aveva ottenuto le chiavi, ed ora era costretta ad aspettare che qualcuno le aprisse.
Finalmente il fratellino della ragazza si decise a lasciare il suo videgioco preferito, alzare tutto il suo peso dalla sedia e trascinarsi stancamente fino alla porta. Federica ringraziò Gabriele scaraventandolo quasi per terra, aprendo l'uscio con troppa foga.
-Quanto ci ha messo!-
-La prossima volta ti lascio fuori-
-E io non ti accompagno a comprare i giochi!-
-Sei la solita acida-
-E tu il solito stupido-
La madre di Federica, disturbata da quell'espressione di amore fraterno, proprio mentre guardava il suo telefilm preferito lanciò un urlo ferino dalla cucina. In casa regnò il silenzio...almeno per cinque minuti.
-Quando vengono i tuoi amici fai tutta la carina, Vergil dovrebbe vedere come ti comporti da barbara quando lui non c'è-
-Gabriele, tu non sai manco chi sono i barbari...-
-Sì, che lo so!- rispose il ragazzino, con aria trionfante
-E allora chi sono?- lo incoraggiò la sorella.
-Quelli come te!-
Gabriele concluse la frase con una pernacchia e poi scappò via, durante la fuga rocambolesca fu colpito da un sandalo volante. Il bernoccolo sulla testa gli sarebbe durato almeno tre giorni, ma la sorella, lungi dal pentirsi della sua meravigliosa vendetta, si limitò a controllare che le sue scarpe non avessero subito danni irreparabili. Tanto suo fratello era già irrecuperabile.
La ragazza andò in cucina, improvvisamente sentiva lo stomaco vuoto e una voglia terribile di coca-cola. Non appena entrò nella stanza il poliziesco che stava guardando sua madre si interruppe per la pubblicità.
-Avete litigato?-
-E quando succede che io e Gabri non litighiamo?-
-Non intendevo con Gabriele...- disse sua madre, guardandola attentamente -Intendevo con lui...-
Federica per poco non si strozzò con la coca-cola.
Di quale "lui" stava parlando sua mamma?
Possibile che avesse capito tutto su lei e Dante?
Sua madre, per certe cose, aveva delle antenne super potenti, non riusciva a nasconderle niente. Però se avesse saputo qualcosa avrebbe anche saputo che lei e Dante non avevano affatto litigato, anzi.
-Sai mi piace quel ragazzo-, continuò la madre, cercando di farla parlare.
La figlia stava per dire "sapessi a me", ma si fermò in tempo per sentire -Anche se ha un brutto nome...-
-Non è brutto, è solo che è poco usato. Ci siamo disabituati- rispose Federica, ricordando che non aveva mai sentito sua madre definire "brutto" il nome del sommo poeta.
-Andiamo, chi mai chiamerebbe un figlio "Vergil"?-
Federica stavolta non si salvò, sputò tutta la coca-cola sulla sua deliziosa magliettina. Non aveva affatto pensato che stessero parlando di Vergil, certo lui era l'unico dei gemelli che era stato a casa sua. Forse i genitori avevano mal interpretato il suo gesto e avevano creduto che loro due stessero segretamente insieme.
La ragazza si rese conto di aver completamente cambiato atteggiamento verso l'altro Sparda. Vergil era di certo affascinante, ma troppo snob, troppo superbo e troppo pieno di sé. Non avrebbe resistito più di cinque minuti con uno come lui.
Un brivido le attraversò la schiena pensando alle volte in cui aveva visto Sveva guardarlo con maggiore interesse.
La sua amica era troppo fragile per stare con uno come quello.
No, non sarebbero mai stati insieme perché a Vergil interessavano solo le galline, e Sveva non lo era, poi era troppo timida e silenziosa per attirare la sua attenzione.
Però se lei si fosse presa anche solo una cotta per quel ragazzo avrebbe sofferto, certamente.
Dante era diverso.
Federica si accorse a stento che sua madre si era eclissata nella puntata del poliziesco, evidentemente stavano per scoprire l'assassino altrimenti non avrebbe mollato la presa sui dilemmi amorosi della figlia.
La ragazza ebbe una fitta al cuore, pensando alla sua migliore amica e al "gemello buono", erano stati così vicini nei primi giorni. Dante era sempre attaccato a lei, e lei, seppure intimidita come al solito, non sembrava disprezzare quelle attenzioni.
Non è che le stava rubando il ragazzo?
No, a Sveva non poteva piacere Dante, era troppo poco colto per lei, troppo espansivo, anche troppo dinamico.
Non ci sarebbe rimasta male.
Oppure sì?
Lasciò a metà la merendina che stava mangiando, le era passato l'appetito.
Aveva detto a Dante che avrebbero mantenuto il segreto su quello che era successo fino a che lei non avesse parlato con l'amica. Le doveva almeno questo, erano sempre state sincere e si volevano bene come sorelle, non poteva certo permettere che una storia estiva rovinasse l'amicizia di una vita.
Sua madre riemerse da una scena del telefilm, che doveva essere particolarmente noiosa, e le disse senza nemmeno voltarsi -Alla fine hai incontrato Sveva?-
Federica si girò di scatto, agitata -Non ci sono riuscita. Quando ha chiamato precisamente?-
-Almeno un paio di ore fa.-
Calcolò che a quell'ora doveva essere ancora con Dante. L'incontro successivo con Vergil le aveva fatto dimenticare quella chiamata. Avrebbe dovuto stare più attenta e ricontattare subito l'amica. Sentiva una brutta sensazione salirle lungo la schiena verso il collo.
-Le ho detto che eri in spiaggia..-
-Lo so- gridò la figlia, inspiegabilmente infuriata. Sperò ardentemente che non si fossero incrociate sul lido, lei era concentrata su Dante. Se Sveva fosse arrivata prima loro non l'avrebbero proprio notata.
-Federì, a mamma , non gridare in quel modo. Le ho solo detto di raggiungerti in spiaggia...-
Federica abbandonò la cucina in tutta fretta, afferrò la borsa che aveva lasciato in soggiorno e strinse il cellulare nelle mani sudate. Chiamò la sua amica.
Al primo squillo, cercò di calmarsi, probabilmente non si erano incontrate per un soffio.
Al secondo squillo, iniziò a sussurrare nervosamente "rispondi, rispondi"
Al terzo squillo, il timore che la sua amica avesse visto lei e Dante baciarsi in spiaggia iniziò a impossessarsi di lei.
E poi la chiamata venne interrotta, Federica sentì il segnale della linea occupata.
Sveva aveva rifiutato la chiamata, sapeva che era lei eppure non aveva risposto.
Se quel pomeriggio l'aveva cercata voleva dire che le voleva parlare, ma ora non era più così. Cosa poteva essere successo in quel paio d'ore?
Allora, forse, aveva ragione. Li aveva visti. E ora la sua migliore amica la odiava, perché le aveva portato via il ragazzo. Ma a lei non piaceva Dante, ne avevano parlato, che forse gli equilibri nella loro piccola comitiva dovevano cambiare, dovevano scombinare quella bizzarra doppia coppia...
La ragazza ripercorse per l'ennesima volta tutto ciò che era accaduto in quella giornata. Ma ora non riusciva più a capire se era più felice per i baci di Dante o terrorizzata all'idea di aver ferito la sua migliore amica.
Riprovò a chiamarla, ma il cellulare ora era staccato.
Si buttò sul letto e appoggiò la testa sul cuscino, tutta quella girandola di emozioni forti esplose dentro di lei, lasciandola improvvisamente spossata.
Si addormentò, scivolando in un sonno profondo, senza sogni.

**** ****** ****************** ******* *******


Sola nella sua stanza Sveva ripensò alla sera precedente.
Era rientrata in albergo con Dante, si era cambiata in fretta, aveva rifatto un trucco leggero ed era scesa a cena con i genitori. Aveva sentito il cellulare squillare, aveva notato che Federica stava tentando di contattarla, ma ormai erano in sala ristorante e i suoi genitori l'avrebbero rimproverata aspramente se avesse risposto. Rifiutò la chiamata a malincuore, avrebbe voluto sfogarsi un po' con l'amica. Alla seconda telefonata dovette spegnere il cellulare. Avrebbero chiacchierato dopo, o magari di persona.
A tavola non aveva parlato molto, i suoi avevano capito benissimo che qualcosa non andava, ma dopo decine di risposte a monosillabi non avevano insistito, lei aveva assicurato di avere un semplice mal di testa, e che non era il caso di preoccuparsi. Non era una completa bugia, il capo iniziava a pulsarle dolorosamente, e più osservava il tavolo degli Sparda, dall'altro lato della sala, più le fitte diventavano forti.
Era stanca.
Era stanca di cercare l'approvazione degli altri, senza capire nemmeno cosa voleva da se stessa.
Aveva guardato i gemelli, li vedeva solo di profilo e, malgrado la differenza nell'abbigliamento, non le erano mai sembrati tanto uguali. La luce giocava con i loro visi, creando dei chiaroscuri che facevano risaltare i loro zigomi alti, e i loro capelli nivei.
Poteva vedere bene la loro madre. Era una delle donne più belle che avesse mai visto. Non sapeva darle un'età, doveva essere ancora abbastanza giovane, la pelle era fresca e il viso perfettamente truccato. Un abito blu, evidenziava la sua figura armoniosa e la sua carnagione perfetta, appena abbronzata. Sveva fu colpita dalla sua espressione dolce, mentre si rivolgeva ai ragazzi, sorrise appena, pensando che i suoi amici non erano solo due adolescenti splendidi e caparbi, ma anche due figli adorati. Si chiese in che cosa Dante e Vergil avessero preso dalla madre, e come quella donna avesse potuto generare, nello stesso momento, due figli diversi quanto il giorno e la notte.
Gli Sparda avevano finito di cenare prima di loro, erano passati tutti e tre davanti al suo tavolo, ma lei aveva accuratamente evitato di incrociare i loro sguardi, dimostrandosi improvvisamente attratta dal pesce che stava finendo.
Era trasalita quando aveva sentito il padre sussurrarle -Come ti guarda quel tizio!-
-Chi?- aveva chiesto lei, cercando di non dimostrare interesse
-Uno dei ragazzi che sono appena passati...-
Avrebbe voluto subito domandare quale dei due fosse, e con quale espressione la stesse osservando, ma era rimasta in silenzio. Sopraffatta dalla stanchezza, e da quella giornata piena di emozioni contrastanti.
-Non sono i due con cui uscite tu e Federica? Ma sì, quegli americani che incontrate anche in spiaggia?-
-Sì, mamma.-
-Mi ricordo che hanno dei nomi strani. Come si chiamano esattamente?-
Sveva si sentiva troppo stravolta per affrontare un interrogatorio proprio in quel momento. Capiva, però, che i genitori volessero informarsi delle sue compagnie, fino ad allora le avevano lasciato anche troppo spazio, rispetto al solito.
-Ve l'ho già detto un milione di volte: Dante e Vergil-
-I genitori devono amare molto gli scrittori italiani!-
-Sì, è probabile- rispose lei, senza entusiasmo.
-Quello che ti stava guardando...- riprese il padre
-Chi era dei due?- lo interruppe la figlia.
-Quello con la camicia, vestito un po' me...-
-Vergil!-
-In realtà ti guardava anche l'altro- rispose sua madre. Sveva sospirò. I genitori credono sempre che le figlie femmine siano in possesso di un fascino tale da attrarre tutti i maschi della zona. Ma lei non si sentiva affatto affascinante, tanto meno in grado di attirare l'attenzione di Vergil, a meno che non fosse per farlo infuriare, a quanto pareva era piuttosto brava a fargli perdere le staffe. In realtà anche lui aveva un vero talento nel farla arrabbiare.
-A me non è sembrato che la osservasse- disse il padre
-Perché guardava e non guardava, come se non si volesse far notare-
-Quello è Dante, non so, oggi era piuttosto strano. Forse risente del cambiamento d'aria o di fuso orario- Lei dubitava fortemente che il suo amico, in genere forte come un leone, stesse davvero subendo quei condizionamenti, soprattutto dopo tanto tempo che era in Italia, ma non sapeva nemmeno spiegarsi le sue reazioni di quel pomeriggio. Quei due gemelli erano degli enigmi irrisolvibili.
-Sono simpatici?-
-Sì, papà. Anche se Dante è più alla mano di Vergil, lui è più freddo, distaccato-...Avrebbe voluto aggiungere arrogante, borioso e superbo ma si trattenne. Sorrise caldamente al cameriere che le porgeva il dolce, quella bomba di zuccheri era esattamente ciò che ci voleva.
-E sono...-
-Possiamo parlare d'altro?- Sbottò lei all'ennesima domanda, sperando invano di potersi godere quel fiume di caramello in santa pace.
I suoi genitori si scambiarono un' occhiata. Non avevano creduto nemmeno per un momento che la figlia fosse poco loquace a causa del mal di testa e adesso capivano perfettamente che era meglio non insistere con le domande.
Sveva era sempre stata una ragazza obbediente, non raccontava bugie e non trasgrediva alle regole, in cambio loro non erano troppo pressanti e le lasciavano una certa dose di privacy.
Ma quella sera avevano notato subito che qualcosa non andava, e ora avrebbero scommesso che c'entravano i due albini.
Avevano notato che la figlia era rientrata scortata da uno dei due gemelli, eppure avrebbero scommesso che il problema fosse l'altro.
L'espressione di sfida con cui Vergil aveva guardato la figlia e il tono di voce con cui Sveva aveva parlato di lui, erano sembrati troppo eloquenti per passare inosservati.
Sospirarono entrambi, rendendosi improvvisamente conto che la loro bambina ormai era un' adolescente. E la parola "adolescenza" era l'incubo peggiore per ogni genitore del mondo, se avessero aggiunto la presenza dei due affascinanti e misteriosi americani, si sarebbero assicurati parecchie notti insonni fino alla fine di quella vacanza.

Angolo dell'autrice:
Ciao chiunque tu sia,
grazie per essere arrivato fin qui insieme a me.
Quando ho iniziato a scrivere Doppia Coppia non mi sarei mai aspettata di giungere al ventesimo capitolo, soprattutto non credevo di metterci tanto. La poca costanza con cui ho seguito questa storia mi hanno fatto perdere parecchi lettori, per questo non posso che rimproverare me stessa se il capitolo precedente non ha avuto recensioni.
Spero che il capitolo ti sia piaciuto, e spero che vorrai farmi sapere le tue impressioni. Io non sono una di quelle autrici che dice “scrivo per me stessa”, anzi, io scrivo perché sono una lettrice accanita e scrivendo vorrei essere in grado di far provare agli altri le stesse emozioni che provo io quando leggo.
Sono riuscita a realizzare questo desiderio? Puoi farmelo capire solo tu caro lettore o cara lettrice.
Nel frattempo ti saluto e cerco di elaborare mentalmente i prossimi capitoli, così non dovrai aspettare tanto per gli aggiornamenti XD


Asari_Kun: grazie per aver inserito la storia tra i preferiti :D
Mignolocolprof: grazie per aver aggiunto la storia tra quelle da ricordare. NB Questa autrice ha una storia in corso davvero bella, se qualche lettore vorrà darci un'occhiata non se ne pentirà!
Alexien, Giuggolamid99, Hyarsav: anche a voi grazie per aver aggiunto Doppia Coppia tra le storie da ricordare :)
Jack write, LindonaNazionale, Nico di Angelo96 e Klaronline99 grazie anche a voi per aver inserito questa storia tra quelle da seguire :)

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Capitolo 21
*** Voglia di litigare ***


Vergil non aveva voglia di andare al mare, non voleva affrontare quell'allucinante caldo italiano, nè sentire la pelle bruciare come se lo stessero mettendo sul rogo.
Era molto meglio rimanere nella sua confortevole stanza d'albergo, le pale del ventilatore giravano energicamente, creando una gradevole frescura che gli agitava anche i capelli.
Sospirò stiracchiandosi sul letto, era seduto con le spalle appoggiate al muro, in mano aveva un thriller appassionante di cui faticava a leggere le pagine. La sua mente era altrove. Si era svegliato con una pigrizia che di solito non gli era propria, eppure quel giorno non aveva voglia di affrontare il mondo, preferiva restare da solo a meditare su stesso e su quella strana inquietudine che stava turbando le sue notti, rubandogli il sonno.
Si passò una mano sulla testa, sistemandosi la chioma nivea in modo che non gli desse fastidio durante la lettura. Cercò di decifrare qualche pagina, ma la sua deconcentrazione era evidente, ormai da mezzora era fermo sulla stessa riga.
Anche il protagonista del libro era incerto sul da farsi, doveva imboccare un corridoio oscuro, ma si trovava in un labirinto e non sapeva quale fosse la via migliore da intraprendere, sapeva solo che doveva salvare la sua amata dallo sguardo di smeraldo.
Occhi verdi.
Ormai stavano diventando un' ossessione. Erano due giorni che non li incrociava, che si rifiutava di andare in qualunque posto dove avrebbe potuto incontrare quella strega dagli occhi verdi.
Si alzò con un balzo, lanciando il romanzo in un angolo del letto, incurante delle pieghe che stavano rovinando il volume.
Era scosso, il cuore gli batteva più velocemente e la voglia di sferrare un pugno al muro stava diventando irrefrenabile. Faceva di tutto per non vederla eppure qualcosa in lui desiderava incontrarla, osservarla tremare di fronte a lui. I brividi della ragazza non erano dettati dalla paura., No, erano espressione della rabbia crescente che la stava invadendo. Le labbra dell'albino si piegarono in un sorriso amaro, aveva capito benissimo che Sveva l'avrebbe volentieri preso a schiaffi. Il suo petto si gonfiò di orgoglio quando realizzò di essere riuscito a sconvolgerla talmente tanto da far trasformare quel gattino piagnucolante  in un'elegante tigre.
Si avvicinò alla finestra, scostò le tende e guardò in giù. Per un attimo avrebbe giurato di vederla passare nel cortile, ma era solo la sua immaginazione che aveva distorto la figura di un'anonima turista.
Un' altra coppia passeggiava sul marciapiede, i due innamorati si tenevano romanticamente per mano. Lui non aveva mai desiderato quelle insulse dimostrazioni d'affetto, probabilmente non avrebbe mai nemmeno rivolto certe attenzioni a una ragazza, ma avrebbe scommesso che a una come lei quei gesti sarebbero piaciuti da morire.
Ripensò alle volte in cui  l'aveva vista abbracciata a suo fratello e sentì rinascere il morso insopportabile della gelosia. Non se ne rendeva neanche conto, ma quel sentimento lo stava logorando come un serpente che lo sorprendeva nel sonno. Gli si arrampicava su per una gamba, e poi risaliva fino al cuore, passando per lo stomaco e il petto, bruciando ogni cosa con il suo veleno.
Capì che forse Sveva non stava nemmeno pensando a lui in quel momento, forse era stata felice di non incontrarlo per tutto quel tempo, o peggio non si era nemmeno accorta delle sue assenze.
E lui, il grande Vergil Sparda, stava sprecando quella magnifica giornata chiuso in un stanza a pensare a un' insignificante ragazzina.
No, non poteva succedere davvero.
Lui aveva sempre usato le donne per il suo piacere, non gli importava se loro si innamoravano di lui o rimanevano ferite dai suoi modi sprezzanti.
Era inevitabile che loro cadessero ai suoi piedi ed era inevitabile che lui finisse col calpestarle. Eppure nessuna si era mai ribellata in quel modo.
Le vendette femminili nei suoi confronti erano sempre state più o meno patetiche. Qualcuna si rifugiava tra le braccia di Dante, sperando di ferirlo, qualcun altra metteva in giro notizie false sul suo conto, ma non veniva mai ascoltata, altre gli gridavano contro le peggiori parolacce e lui si limitava a sorridere, pensando già alla prossima preda.
E invece Sveva non lo aveva offeso in quel modo stupido. No, lei gli aveva rivolto accuse ben precise, forse persino vicine alla verità. Effettivamente lui si metteva sempre al centro della scena, ma solo perché sapeva che non c'era nessuno migliore di lui, nessuno che meritava maggiore ammirazione.
Quell'italiana lo aveva minacciato, dicendo che un giorno sarebbe rimasto sconfitto da un avversario che lui non si era nemmeno accorto di avere....
Possibile che quel nemico silente fosse proprio....
I suoi pensieri vennero interrotti da un bussare insistente alla porta. Sbuffò, aprendo l'uscio.
-Ciao Dante. In che modo hai intenzione di farmi perdere tempo stavolta?-
-Ti devo parlare-
-Non crederò mai che tu sia in grado di sostenere una discussione appena decente con me, comunque entra.-
-A che gioco stai giocando, fratello?-
-Che cosa intendi?-
Vergil guardò Dante senza capire dove volesse andare a parare. Non aveva voglia di interpretare le frasi laconiche di quello stupido, ma si sarebbe potuto divertire un po' con lui. Aveva voglia di litigare e il suo gemello era la persona giusta con cui farlo. Aveva perso il conto delle loro liti, delle volte in cui erano anche arrivati alle mani. L'unico punto negativo erano le infinite recriminazioni della madre, ma ormai era stufo anche di quelle.
-Sto parlando di Sveva-
Dante fissò intensamente il suo gemello. Qualche sera prima, a cena, aveva avuto la conferma che lui aveva litigato con la ragazza e, inevitabilmente, il senso di protezione aveva invaso il suo cuore. Dante non avrebbe voluto ammettere che, in quel gesto, c'era anche una larga parte di sensi di colpa. Era cosciente di stare ingannando l'amica e non intendeva permettere al fratello di trattarla in modo ingiusto, a quello ci stava già pensando lui in compagnia della sua migliore amica.
Purtroppo i Parini avevano organizzato delle gite fuori porta con un tempismo pessimo, così Federica non aveva potuto parlare con Sveva e non voleva assolutamente che fosse Dante a farlo. Gli aveva detto di sospettare che l'amica sapesse già qualcosa su loro due, ma lui non ne era affatto convinto, secondo lui su quel fronte potevano stare tranquilli. Piuttosto doveva occuparsi di Vergil. Né lui, ne Federica, volevano che il suo algido gemello facesse soffrire la ragazza, che era troppo debole per tenergli testa.
-Non vedo perché lei dovrebbe essere argomento di conversazione. Per quel che mi riguarda non nutro alcun interesse verso di lei-
Vergil faticò a rispondere, parlando con voce più bassa e minacciosa del solito, malgrado tentasse di non far notare il suo turbamento.
-Se è davvero così allora lasciala in pace!-
-Cosa c'è fratellino, sei per caso geloso?-
-No, ma voglio proteggerla da te. Non ti permetterò di giocare con lei o farle del male-
Dante stava ricambiando gli sguardi di fuoco, si avvicinò al gemello, ritrovandosi a pochi centimetri da lui. L'adrenalina stava entrando in circolo, erano ancora entrambi calmi, ma sarebbe bastata una piccola scintilla per far esplodere tutta la tensione che li divorava da giorni.
-Allora sei tornato a fare il suo paladino. Strano, mi pareva che le tue preferenze stessero prendendo un' altra direzione-
Il fratello capì subito l'allusione. Si chiese, in un attimo in cui fu preso dal panico, se Vergil sapesse  del segreto che lo legava a Federica. Non era possibile che lui fosse a conoscenza del fatto che stavano segretamente insieme. Quella stoccata gli fece comunque male, per la prima qualcuno stava minacciando un rapporto a cui lui teneva e lui non sarebbe rimasto a guardare.
-Questi non sono affari che ti interessano, Ver-
-Ma davvero? Quindi tu puoi venire qui a dirmi di tenere giù le mani,- Per un secondo la scelta di quelle parole lasciò sorpreso perfino lui, chissà come sarebbe stato allungare davvero le mani verso quel piccolo corpo tremante... -di comportarmi onestamente, mentre tu la prendi in giro con un sorriso rassicurante stampato in faccia?-
-Io le voglio bene. Per te è solo un giocattolo-
-Le vuoi talmente bene da esserti divertito con mezzo paese, compresa la sua migliore amica. Ti ho sempre creduto stupido, ma non così ipocrita!-
Dante stava per non farcela più. La voglia di spaccare la faccia a Vergil stava per superare tutto il suo limitato auto controllo. Strinse i denti e lo guardò con aria di sfida, ma non riuscì a rispondergli, quelle accuse gli bruciavano sulla pelle, perché in fondo contenevano una parte di verità.
Vergil incrociò le braccia e si appoggio alla parete, in una posa rilassata e indolente.
-Sei davvero ingordo. Hai già preso dei bocconcini gustosi, potresti anche lasciarmi quella biondina insù...-
Le parole gli morirono in gola. Dante lo aveva afferrato per la camicia e lo aveva sbattuto al muro, con più violenza di quanto si fosse aspettato. Vergil aveva dapprima ricambiato il gesto, per poi contrattaccare con un pugno nello stomaco. Il fratello si piegò in due e indietreggiò, ma solo per il secondo necessario a riprendere fiato e sferrare a sua volta un pugno, ma lui aveva mirato in pieno viso.
Vergil si abbassò velocemente, ma non riuscì ad evitare il colpo, che gli arrivò alla tempia sinistra. Placcò Dante buttandolo sul letto e immobilizzandolo per qualche istante.
-Razza di idiota. Solo tu potevi tradire un fratello per una ragazza.- Sibilò.
-Non sono idiota, ho solo un gemello troppo stronzo-
Dante gli rise in faccia. Con quella risata cattiva e lo sguardo di disprezzo che gli accendeva gli occhi Vergil, ancora una volta, fu costretto a notare la somiglianza tra loro.
L'adrenalina stava scemando nei loro corpi, mentre entrambi rimanevano vigili e affannati. Lentamente si spostarono, lasciando il letto e rimettendosi in piedi, ai due lati opposti della stanza. Stranamente quell'esplosione di violenza aveva donato loro una calma inquietante.
-Vergil, dico sul serio, non giocare con lei.-
-A quale delle due ti riferisci? Te l'ho sempre detto, secondo me tu tieni un piede in due scarpe-
Dante sorrise ancora, un' espressione amara gli si dipinse in viso. Senza saperlo Vergil lo aveva messo in difficoltà, era venuto per proteggere Sveva, ma in realtà avrebbe davvero ammazzato il fratello se avesse messo un dito su Federica. Non c'era paragone, lui apprezzava la biondina, le voleva bene ed era una delle migliori amiche che avrebbe mai potuto desiderare, ma Federica...era la ragazza di cui si stava innegabilmente innamorando.
-Stai lontano da entrambe-
-Quindi ho ragione!-
-Non me ne frega niente di quello che pensi.-
Vergil alzò le spalle, incurante dell'odio che velava la voce del fratello -E di quello che pensa Sveva te ne importa qualcosa?- ma fu allora che rimase sorpreso.
-E a te importa?-
Non si era aspettato quella domanda, alzò gli occhi verso l'altro, ma era controluce e non vedeva bene la sua espressione. Possibile che lui avesse capito quanto quella ragazzina fosse in grado di penetrare a tradimento nei suoi pensieri? No, suo fratello era troppo stupido per arrivarci. Mentì. -No, ovviamente. Non mi importa nulla di lei-
-Che bugiardo!-
Vergil rimase zitto, fissando le spalle di suo fratello che si era girato senza nemmeno la paura che lui potesse attaccarlo di nuovo. Sentiva i muscoli tesi, ma non riusciva a muoversi, quasi aspettando le prossime parole di Dante.
-Sai, ho visto un sacco di gente offenderti. Io sono stato il primo a farlo e a litigare con te. Fin da quando siamo piccoli, ho assistito a tutte le sfuriate delle persone che osavano mettersi sul tuo cammino, o peggio, erano tra te e qualcosa che tu volevi. Eppure tu non hai mai dimostrato la minima attenzione verso di loro, il tuo disprezzo era secondo solo all'indifferenza.-
Sospirò, mentre ripensava agli strani comportamenti del gemello, guardava fuori, ma poteva vedere il loro riflesso nella finestra. Vergil non fiatava, e quello era il segnale più lampante del fatto che lui ci aveva visto giusto -Invece, da quando hai litigato con Sveva ti comporti in modo assurdo. Da quella sera sei più scorbutico del solito, rivolgi appena la parola a mamma e, appena puoi, ti rintani in questa stanza. Ti nascondi-
-Non dire sciocchezze-
-Non vuoi correre il rischio di rivederla, perché sai che lei è in grado di turbarti. Ti senti minacciato-
-Quella è solo una sciocca ragazzina. Non sa che sta giocando col fuoco-
-Oh, quindi è lei a giocare con te?-
Vergil non rispose, dalla sua gola uscì solo uno sbuffo seccato. Dante non sapeva più cosa pensare, era solo contento che si stesse concentrando su Sveva e non su Federica. Per qualche tempo aveva temuto di dover competere con lui, ma aveva notato che il suo interesse verso di lei sembrava misteriosamente scomparso.
In un' altra circostanza avrebbe chiarito le rispettive posizioni, gli avrebbe urlato in faccia che Federica era sua e che lui doveva tenersi lontano. Ma ora non voleva provocare ancora di più suo fratello, e soprattutto aveva giurato alla ragazza di mantenere il segreto, per proteggere l'amica, che avrebbe potuto dimostrarsi meno imperturbabile di Vergil.
-Non mi faccio prendere in giro dai tuoi scarti- Dante trasalì a quella risposta
-Lei non è...-
-Oh, ammettilo, per favore. Sì, forse all'inizio lei ti piaceva, ma adesso... non è lei che vuoi.-
-Sei tu a volerla?-
-Non dire sciocchezze!- Vergil dimostrò il suo moto di stizza girandosi dall'altro lato e sorridendo, sprezzante. Avvicinò una sedia e si accomodò, di fronte a Dante, che si era seduto sul letto. Erano di nuovo faccia a faccia. -Non è di questo che stavo parlando-
-E di cosa stavi parlando? Evidentemente non sono abbastanza cervellotico per capirti-
-Non ne vuoi parlare, eh Dante?-
-Sei più lento del solito fratellino, devo ripeterti che non so a cosa ti stai riferendo.-
-Non mi chiamare fratellino, sai che non lo sopporto-
Dante sogghignò -Ma sei tu quello nato dopo!-
-Federica-
Il sorriso di Dante si cancellò dalla faccia. Un'espressione mortalmente seria prese possesso del viso, mentre la postura diventava più rigida. Presagiva un altro scambio di pugni e vedute col fratello.
-Che vuoi da lei?-
-Io niente, ormai non mi interessa più.- Vergil aveva realizzato quella verità l'ultima volta che l'aveva vista, aveva notato troppo interesse per quello stupido di Dante, e poi la brunetta non riusciva a sconvolgerlo tanto quanto l'amica. Forse avrebbe potuto corteggiarla solo per il piacere di soffiarla al fratello. Sì, avrebbe potuto davvero divertirsi...-E tu?-
-Lasciala stare-
-Oggi sembri un disco rotto: lasciala in pace, stalle lontano...Cos'è, hai paura che se competi con me le perderai tutte e due?-
-Vergil, faccio sul serio-
-Anche io. Almeno io, però, ho il coraggio di ammettere se perdo interesse per qualcuno-
La stilettata di Vergil non arrivò al bersaglio, i sensi di colpa di Dante verso Sveva in quel momento non tornarono ad acuirsi. Ormai era certo di volere Federica e se anche l'amica avesse sofferto gli sarebbe dispiaciuto, ma non ci avrebbe potuto fare nulla.Invece avrebbe potuto evitare che il fratello le facesse del male
 -Ma tu non ammetti se qualcuno ti interessa!- Nemmeno questa provocazione arrivò al punto
-Quindi tu ammetti di essere interessato a Federica?- Chiese Vergil
-Sì- rispose Dante, sinceramente. Non voleva infrangere la promessa fatta alla ragazza, di non dire nulla su loro due, ma doveva tutelare quel legame appena nato, e forse poteva farlo anche senza venir meno ai patti.
-Lei lo sa?-
-Sì-
Questo spiegava tutto, pensò Vergil, senza essere troppo sorpreso -Quindi è andata dal primo di noi due che è crollato, non molto ambizioso da parte sua.-
-Forse è andata da quello che le piaceva di più..-
-Impossibile. Ricordati che all'inizio lei preferiva me-
-Già, poi ti ha conosciuto... e ha cambiato idea-
-Potrei sempre riprendermela-
Dante perse di nuovo la calma, afferrò il fratello per il colletto della camicia, portando i loro visi talmente vicini che poteva sentire il suo respiro
-Non ho intenzione di ripetertelo. Finora ti ho avvertito, adesso faccio sul serio. Non provare a toccare Federica, nemmeno a guardarla...-
Vergil si stava preparando per dargli una ginocchiata a o farlo cadere all'indietro, ma non poté fare nulla perché fu interrotto da qualcuno che bussava alla porta.
-Vergil, sei qui?-
La voce di Eva fu come un incantesimo gettato sui gemelli, si allontanarono l'uno dall'altro e si sistemarono i vestiti spiegazzati. Nessuno dei due voleva turbare la madre con i loro litigi, sapevano che la loro rivalità la faceva soffrire molto e nessuno dei due voleva darle altri dolori. Eva era l'unica persona che li metteva d'accordo, entrambi erano estremamente protettivi verso la madre, per il suo bene finsero che andasse tutto bene.


Buon anno a tutti!
Noto con piacere che la sezione si sta un po' ripopolando, quindi se c'è qualche nuovo lettore che si senta il benvenuto nella mia storia. Se, invece, sei un cliente affezionato sono ben contenta di ritrovarti e bentornato.
Spero davvero che questo e i prossimi capitoli vi piacciano, li ho scritti di getto poco tempo fa.
Ammetto che questi nuovi spezzoni di storia mi stanno particolarmente soddisfacendo, quindi mi piacerebbe davvero tanto avere anche la vostra opinione.
Voglio ringraziare Layla_Morrigan_Aspasia per la recensione. Mi dispiace sapere che hai difficoltà nella lettura per la grandezza del carattere, questo capitolo l'ho "ingrandito". Ti trovi meglio? Sono felice che tu non abbia trovato errori grossolani e sono lieta ti piaccia la caratterizzazione dei personaggi, non mi sarebbe piaciuto sentirmi dire che una delle mie ragazze era una Mary Sue! E no, non sono una fan di Twilight, a dir la verità non ho letto né il libro, né ho visto il film. Spero tu riesca a staccare dalla realtà anche con questo capitolo. Auguro buone feste anche a te, anche se ormai siamo al 4 gennaio e le feste son quasi finite, manca solo la Befana :P
Grazie anche a Mizzy per aver inserito questa storia tra le seguite :D
Che altro dire? Buon anno e buone letture a tutti!
(E se non mi vedete ricomparire siete legittimati a scrivermi per chiedere gli aggiornamenti XD) Ciao!


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Capitolo 22
*** Segreto svelato ***


Il giorno non voleva saperne di sorgere.
Immersa nel buio più profondo, Sveva aspettava solo di vedere un timido raggio di luce filtrare dalle finestre per avvertirla della fine di quel supplizio. Stava passando un'orribile notte insonne, rigirandosi senza requie tra le lenzuola calde e ruvide.
Accendeva il ventilatore, lasciandosi cullare dal rumore delle pale che giravano, ma anche in quei suoni, apparentemente innocui, lei sentiva come un sussurro ipnotico.
Se tentava di chiudere gli occhi, lo vedeva lì, trafiggerla con quello sguardo glaciale, che però era in grado di scioglierla irrimediabilmente, come un pezzo di ghiaccio esposto al fuoco.
Poteva sentire nella sua mente il crepitio di fiamme invisibili, tentava di lasciarsi andare, pensando di iniziare a dormire, ma gli occhi le bruciavano, e i suoi pensieri non si fermavano, lasciandola sveglia e insofferente a ogni cosa.
Cercò l'interruttore della lampada e, con un sonoro click, una debole luce artificiale inondò la stanza.
La ragazza osservò con tristezza il disordine che imperava, gli abiti erano buttati alla rinfusa sulle sedie, il tavolo era ingombro di carica batterie, i cui fili si attorcigliavano tra accessori di makeup abbandonati a se stessi. La mattina dopo sarebbe stato difficile riordinare tutte quelle cose, pensò di iniziare subito, magari si sarebbe distratta e il sonno sarebbe arrivato più facilmente. Ma era troppo stanca per alzarsi e troppo sveglia per dormire.
Con uno sbuffo si guardò intorno, cercando un passatempo che le permettesse comunque di restare seduta. Vide il cellulare sulla colonnetta, forse avrebbe potuto chiamare Federica. La sua migliore amica sembrava sparita già da qualche giorno, le aveva detto di star facendo una serie di gite fuori porta con i genitori, una scusa per passare più tempo tutti insieme, in famiglia, ma a Sveva sembrava comunque strano che lei non trovasse tempo per risponderle degnamente a qualche messaggio, nemmeno durante i lunghi tratti in macchina.
Era preoccupata da quell'assenza, soprattutto ora che avrebbe avuto più bisogno di una voce amica con cui confidarsi.
Ma per parlare di cosa?
Sveva non temeva di non poter discutere con l'amica, non sarebbe stata la prima volta che mettevano i gemelli al centro dei loro dibattiti, ma non capiva se ci fosse veramente qualcosa sulla quale discutere.
Sì, aveva litigato con Vergil. E allora?
Questa circostanza aveva forse rilievo?
Che quell'essere freddo e spietatamente cinico non l'approvasse l'avevano capito tutti da una vita. Forse la notizia era che Sveva aveva finalmente trovato il coraggio di alzare la testa.
Fissò il display, l'orologio segnalava le tre di notte. Federica aveva problemi a dormire, forse sarebbe stata ancora sveglia, ma non era nemmeno il caso di disturbarla a quell'ora.
Aprì la rubrica del telefono, scorrendo i nomi di gente che conosceva più o meno bene. In quel momento la lucetta evidenziava un nominativo preciso.
"Dante"
Sveva sorrise d'istinto, quel ragazzo le era sempre stato simpatico, anche se all'inizio lo trovava esagerato e appiccicoso.Un sospiro le sfuggì dalle labbra, mentre si accorgeva che anche Dante, in quei giorni, si comportava in una maniera davvero strana.
L'albino sembrava tenerla d'occhio, soprattutto se c'era il pericolo che suo fratello si trovasse nei paraggi. A volte la copriva di premure, le offriva gelati e bibite fresche, l'accompagnava nelle passeggiate, e poi, all'improvviso, sembrava cambiare personalità, prendendo le distanze e raffreddandosi nei suoi confronti in un modo incomprensibile.
La ragazza si abbandonò tra i cuscini, stendendosi e cercando di rilassare la schiena. Gli occhi le bruciavano sempre di più e sarebbe stato meglio spegnere il cellulare e immergersi nel buio, ma non lo fece. Scorse ancora l'elenco di numeri, fino ad arrivare alla fine. Era l'ultimo, sotto la lettera "V".
Sveva fantasticò di inviargli un messaggio.
"Ciao prima donna"
"Heilà Mr Ghiacciolo"
"Stronzo"
L'ultima ipotesi era quella che la soddisfaceva di più, peccato che non avrebbe mai trovato il coraggio di digitare quella parola e inviarla al destinatario.
Dove diavolo era Federica?
Avrebbe voluto parlare per ore con la sua migliore amica, sentire le sue opinioni e ragionare con lei su quanto era successo.
No, stava davvero dando troppa importanza a un fatto banale. Ripensò a quel giorno, al momento in cui Vergil si era materializzato vicino a lei, per un istante, un solo velocissimo secondo, le era addirittura sembrato geloso del tipo che la stava abbordando. Sarebbe stato bello se fosse successo davvero.
Chiuse gli occhi e si rimmerse nei ricordi. Il tizio che ci aveva provato, non si ricordava nemmeno il nome, forse Giovanni, aveva definito Vergil come "uno sfigato". La sua risata infantile risuonò nell' oscurità, che cosa avrebbe dato per vedere la faccia dell'albino davanti a quell'esclamazione!
Forse avrebbe potuto aggiungerlo alla lista dei possibili SMS: "Ver..." No, anzi, "GIL sei davvero uno sfigato!"
L'avrebbe odiata per sempre.
Quel giorno aveva incontrato anche Dante, e lui era davvero strano. Blaterava di baci, di incomprensioni, di inganni...
Avrebbe dovuto parlare anche di questo a Federica, forse come argomento l'avrebbe interessata di più.
Aveva notato come l'amica simpatizzasse sempre di più per il più "sciolto" dei gemelli. Li vedeva spesso insieme, e quando uscivano tutti insieme loro coglievano sempre l'occasione per rimanere soli o per stare molto, molto vicini.
Sveva era contenta per loro, Dante era un gran bel ragazzo e Federica si meritava di stare con un tipo simile, poi si somigliavano anche come caratteri. Erano tutti e due spontanei, sinceri, sportivi e appassionati di videogiochi...Avevano certamente più cose in comune di quante ne avrebbero mai potute avere lei e Dante. Si dice che gli opposti si attraggano, ma loro erano davvero troppo opposti per avvicinarsi.
Ripensò ai primi giorni, in cui l'albino le stava sempre attaccato, mentre il gemello li derideva da lontano, un po' le mancavano quei gesti assurdi, però sapeva di poter comunque contare su Dante. Ormai erano diventati grandi amici, Dante sembrava nutrire per lei molto affetto e un grandissimo senso di protezione. Forse troppo.
Era passato poco tempo da quando le due ragazze e i due ragazzi si erano conosciuti, ma tante cose erano già cambiate.
Federica all'inizio sembrava preferire Vergil, adesso era in estrema confidenza con Dante.
Sveva non riuscì a non chiedersi se fosse già successo qualcosa tra loro. Un sorrisetto malizioso le alzò gli angoli delle labbra. Se l'amica fosse stata lì l'avrebbe costretta a confessare, non avrebbe avuto chance di tenersi quel segreto. Però le sarebbe dispiaciuto sapere che non le era stato detto niente, in fondo era stata lei a presentare l'amica ai gemelli, e le due ragazze erano amiche del cuore da quando si erano conosciute, ragion per cui lei avrebbe voluto essere a conoscenza di ogni ulteriore sviluppo della vicenda, soprattutto nei suoi risvolti più sentimentali...
Senza rendersene conto i suoi pensieri si erano spostati dalla lite con Vergil ai flirt di Federica, quella nuova prospettiva l'aveva aiutata a rilassarsi, e finalmente Sveva si abbandonò a un sonno ristoratore.

***************************************

Il rumore dei piatti invadeva tutta la casa, le posate tintinnavano vicino le stoviglie e la sua famiglia era già riunita in cucina, discutendo vivacemente su chissà cosa.
Federica si schiacciò il cuscino sulla faccia, cercando di soffocare quei rumori e continuare a dormire. Stava sognando Dante che usciva dal mare, con il corpo ancora umido e salato, insieme al solito rossore che gli provocavano sempre i raggi del sole troppo forti per la sua pelle delicata. Che poi delicato non lo sembrava per niente. Anzi.
La stoffa arancione del lenzuolo non trattenne il gemito che uscì dalle labbra della ragazza, ormai certa di dover abbandonare i propri sogni e tornare alla realtà. Si rassenerò constatando che Dante esisteva anche nel mondo reale, ed anzi era una presenza tangibile.
E la voleva.
Sorrise a quel pensiero. Nei giorni precedenti lei e l'albino si erano scambiati decine di messaggini, avevano scherzato sulla loro relazione clandestina e avevano flirtato via sms, però, senza mai scadere nelle parole sdolcinate tipiche degli innamorati nei loro primi giorni di relazione.
Lei e Dante erano molto simili, gli piacevano le stesse cose e avevano lo stesso atteggiamento nei confronti dell'amore. Volevano stare bene, godersi quel rapporto senza troppe preoccupazioni, senza pensare al domani, nè farsi dichiarazioni altisonanti di amore eterno. Quel che provavano l'uno per l'altro se lo dicevano con i gesti, con i baci e con le risate che non riuscivano mai frenare.
Mentre si stiracchiava, Federica capì di sentirsi finalmente felice.
Aveva un motivo per scendere dal letto col sorriso sulle labbra. Era estate, era in vacanza e soprattutto era innamorata di un ragazzo fantastico che la ricambiava con lo stesso slancio.
Andò in cucina ancora col pigiama e rimase sorpresa di vedere tutti già vestiti.
-Ohi Fede, è pronto il pranzo- disse il padre, dandole un bacio sulla guancia.
-Ma io non ho neanche fatto colazione!-
-Se ti svegliassi a un orario decente...- la rimproverò sua madre
La ragazza diede un' occhiata all'orologio -L'una è un orario decentissimo-
-Per pranzare-
-No, per svegliarsi!-
Si sedette su una sedia e afferrò un pezzo di pane, osservando di malavoglia l'insalata di pasta che la mamma stava mettendo in tavola. Il suo stomaco avrebbe protestato sicuramente per quelle abitudine alimentari piuttosto malsane, ma ormai lei non ci faceva nemmeno più caso. Saltare il caffè non fu un gran sacrificio, perché non le era mai piaciuto molto, in compenso si versò un generoso bicchiere di coca-cola. Se il pensiero di rivedere Dante non l'avesse svegliata a sufficienza quelle allegre bollicine marroni l'avrebbero sicuramente aiutata.
-Programmi per la giornata?- si informò il padre, che nei giorni precedenti si era divertito a fare da Cicerone ai figli, trascinandoli per tutti i paesi della zona circostante.
-Vedermi con gli amici-
-Amici...ci sarà per caso quel...come si chiamava? Vergil?-
-Probabilmente sì-  Federica non avrebbe mai confessato che non voleva assolutamente vedere quel ragazzo, ma che avrebbe di gran lunga preferito uscire da sola con l'altro gemello. Si ricordava bene lo sguardo gelido di Vergil quando aveva capito che lei aveva perso interesse nei suoi confronti, d'improvviso quel suo carattere scostante le riusciva davvero intollerabile.
-E chi altro c'è?-
-Papà è un interrogatorio?- chiese lei, con la bocca piena.
-No, è una rapina!- si intromise il fratellino, fregandole un pezzo di wurstel dal piatto.
La madre rise, coccolando un po' il figlio minore e sperando che non iniziasse una guerra con la sorella. Sapeva come finivano quelle situazioni: si tiravano il pane addosso, versavano coca-cola e acqua ovunque e poi scappavano dalla cucina rincorrendosi per tutta la casa, ovviamente senza pulire un piatto, nè la tovaglia da lavare.
Federica si disinteressò al fratellino e tornò a concentrarsi su suo padre, lo sguardo fisso che le rivolgeva le fece capire di non avere scampo. Doveva dargli una risposta. Certo poteva anche rifilargli una bugia, dopo tutto anche una menzogna era una risposta...
-Il gemello di Vergil e Sveva-
Il genitore non fece commenti, mentre assaporava un bicchiere di vino bianco ghiacciato. Sua madre però non seguì l'esempio del marito.
-Fate una classica uscita a quattro-
-In un certo senso...-
-E chi sta con chi?-
Un pezzo di pasta le andò storto per la gola, tossicchiando fece capire alla madre di non aver compreso la domanda.
-In un' uscita a quattro, ci sono due coppie che escono insieme. Quali sono le coppie in questo caso?- Chiese la donna, scandendo bene le parole ed elaborando frasi semplici come se stesse parlando a una bambina di sei anni.
-Facile, lei sta con quello che è venuto qua e Sveva sta con l'altro- intervenì il marito
Federica continuava a tossicchiare, non sapendo cosa rispondere. La risposta del padre aveva anche peggiorato le cose. Possibile che i suoi genitori fossero tanto convinti che lei stesse con Vergil? Maledì il momento in cui lo aveva invitato a salire in casa, e inveì mentalmente contro di lui, che era stato così sciocco da accettare.
-Nessuno sta con nessuno- rispose, alla fine.
-Ma come? - Sua madre sembrava piuttosto delusa. -Sono due così bei ragazzi!-
-Mamma!-
-E state sempre attaccati-
-Papà!-
-Federì non fare l'appello di famiglia, stiamo tutti qua. Ti stiamo semplicemente chiedendo delle cose...-
Lo squillo del cellulare la salvò da quella disastrosa conversazione. Si allontanò per rispondere, più si avvicinava al telefono e più sperava di sentire la voce di Dante, iniziava a mancarle molto, quello stupido.
Il nome sul display era un altro.
Non avrebbe dovuto essere sorpresa, ma quella telefonata non migliorava la sua situazione.
-Ciao-
-Ciao Fede. Dove sei sparita in questi giorni?-
-Te l'ho detto, le orribili gite organizzate da mio padre-
-Sì, ma credevo che stamattina venissi al mare...-
-Mi sono svegliata tardi, praticamente mezzora fa.-
-Ho capito. Ci vediamo più tardi?-
-Veramente io...- Federica esitò nel rispondere a Sveva. Erano giorni che era evasiva con lei, che si esprimeva a monosillabi ed evitava le sue domande.
La paura che la sua amica fosse al corrente della sua storia segreta con Dante stava scemando rapidamente. Non poteva, però, ignorare il fatto che forse lei era l'unica persona che sarebbe rimasta ferita da quel nuovo stato di cose.
Si ricordò di un pomeriggio, qualche tempo prima, in cui loro avevano già parlato di stravolgere la loro "Doppia Coppia" e cambiare l'ordine dei legami. Quella volta Sveva non era sembrata contraria, anzi, anche lei aveva ammesso che i loro rapporti fossero piuttosto sbilanciati. Sveva somigliava molto più a Vergil che non a Dante, quella constatazione però non risollevava il morale di Federica, sapeva che la sua amica era troppo debole per tener testa a quel leone di Vergil, sapeva anche che i due avevano litigato, ma non aveva avuto il coraggio di chiedere maggiori dettagli.
Quel pomeriggio lei aveva una voglia matta di correre tra le braccia di Dante, ricordava ancora il sapore dei suoi baci e l'espressione maliziosa che gli si accendeva negli occhi quando erano vicini. Desiderava tornare da lui, toccare il suo torace ampio e giocare con i suoi capelli chiarissimi, non lo vedeva da giorni e ora ne sentiva straordinariamente la mancanza.
Ma prima doveva risolvere quella questione.
Non era mai stata un' ipocrita, aveva sempre il coraggio di dire la verità in faccia a chiunque, per questo era spesso considerata antipatica e perfino maleducata.
Quando aveva un'opinione non teneva di manifestarla apertamente e di sostenerla fino alla fine.
Non era mai stata falsa con nessuno, e non poteva certo iniziare con la sua migliore amica, che non se lo sarebbe nemmeno meritato.
Forse Sveva avrebbe sofferto, forse no, fino a che non le parlava non poteva scoprirlo e poi riusciva più a reggere quel sotterfugio. Anche a Dante spiaceva non fare le cose alla luce del sole, e sentiva il bisogno di chiarirsi con la biondina.
-Ok, vediamoci verso le cinque al bar, quello nuovo, un po' più lontano- mormorò.
-Ho capito quale. A dopo-
-Ciao!-

**********************

Sveva osservava pigramente il locale tranquillo, a quell'ora  non c'era molta gente seduta ai tavolini del bar. Il sole era ancora alto nel cielo azzurro e il caldo atroce veniva mitigato solo da un piacevolissimo venticello fresco. Uno dei camerieri si avvicinò per prendere l'ordinazione, ma lei lo congedò dicendo che aspettava un'amica.
Federica comparve proprio mentre lei ricontrollava per l'ennesima volta l'orlogio
-Ma dove ti eri cacciata?-
-Lo so, scusami, sono in un ritardo allucinante.-
-Puoi farti perdonare offrendo tu la consumazione!-
-Hai intenzione di ordinare caviale e champagne?-
-Mi accontenterei di un caffè freddo, tu cosa prendi?-
-E me lo chiedi?-
-Pensavo ti fossi scolata il solito litro di coca cola a pranzo.-
-E chi dice che non l'abbia fatto?-
Federica fu lesta nell'agitare una mano e attirare l'attenzione del cameriere. In realtà non ci sarebbe stato nemmeno bisogno di quel gesto, perché il barman l'aveva tenuta d'occhio da quando era entrata e sembrava stare commentando la lunghezza dei suoi pantaloncini con il collega.
-Sbaglio o ti stanno radiografando?- le chiese Sveva, sottovoce
-Se se, tra un po' mi farà pure l'analisi del sangue. Che villano.-
-Abbassa la voce!- ridacchio l'amica, che ancora non si era abituata al caratterino focoso dell'altra.
-Lui non abbassa gli occhi, io non abbasso la voce-
Il barman dava sfoggio di sè nel preparare un cocktail per un altro tavolo. Lanciava lo shaker in aria e lo riprendeva al volo, non facendo mai sparire un sorriso insolente dal volto abbronzato. Federica pregava che un bicchiere gli andasse a centrare il viso o cadesse rovinosamente, facendogli fare una ben magra figura.
-Piuttosto, come mai hai scelto questo posto?- volle sapere Sveva.
-Non ci ero mai stata- rispose l'amica, facendo spallucce. -E non credo nemmeno che ci tornerò...comunque...-
Sveva si scostò per far posto al cameriere che stava servendo le bibite. Approfittò dell' interruzione per studiare l'amica. Sembrava tesa, la guardava a stento, e aveva un tono piuttosto irritato, che le sentiva raramente. Si chiese cosa potesse esserle accaduto di così spiacevole.
-Che è successo? - La ragazza stava per articolare meglio la propria domanda ma vide l'amica trasalire.
-Che vuoi dire?- Chiese Federica, quasi balbettando quelle poche parole.
-Sei nervosa. Qualcosa non va?-
Federica aveva scelto quel bar, dove non erano mai state, per evitare le occhiate indiscrete delle persone che le conoscevano negli altri locali. Però guardandosi intorno non era più sicura di aver fatto la scelta giusta. Le sembrava di avere diversi occhi puntanti addosso. Si chiese se fosse per la scarsa lunghezza dei suoi pantaloni o se stesse semplicemente diventando paranoica.
Guardò l'amica, cercando di rilassarsi, ma il suo sguardo preoccupato la fece sentire una carogna. Si era messa con un ragazzo che prima la corteggiava, e non glielo aveva ancora detto. Doveva vuotare il sacco, subito, o sarebbe impazzita.
-Dante- disse senza guardargla negli occhi
-Dove?-
-Cosa?-
-Hai detto Dante. Dove lo hai visto?-
-Non l'ho visto, è di Dante che ti devo parlare.-
-Quindi quello che non va riguarda lui...- mormorò Sveva, che ormai stava bruciando dalla curiosità e non aveva voglia di subissare l'amica di domande per ottenere solo tre parole alla volta.
-No, anzi. Con lui va.-
-Va cosa? Federica, io non voglio farti un interrogatorio. Vuoi parlarne oppure no?-
-Infatti, così non funziona. Senti io non sono fatta per dire le cose con delicatezza o con tatto, quindi te lo dico alla mia maniera.-
-Finalmente!-
-Io e Dante ci siamo baciati e ci siamo anche messi insieme. Va avanti già da qualche giorno, da prima che mio padre cominciasse con quelle assurde gite, ma ho pensato di tenere la cosa segreta.-
Sveva stramazzò sullo schienale della sedia. Il viso aveva assunto un' espressione di incredulo stupore, con gli occhi spalancati e la bocca socchiusa.
-Tu non conosci le mezze misure o non dici niente o spari le cose tutte insieme...-
-Non ti volevo ferire, però non sono capace di fare certe meschinità. Quindi se a te sta bene possiamo essere tutti felici, se non ti sta bene ne sono mortificata. Io non voglio perdere la mia migliore amica, però lui mi piace da morire.-
-Perché dovresti perdermi?-
-Perchè ti piace Dante!-
-...Lo saprei se mi piacesse!-
-Quindi non ti piace?- chiese Federica, speranzosa
-Sì, cioè no.- Sveva stava per scoppiare a ridere, vedendo l'amica che passava dal rosso scarlatto al bianco cadaverico in un millisecondo -Lo apprezzo come ragazzo, è carino e gentile ma...non è il mio tipo!-
La brunetta stava riprendendo un colorito normale, bevve un po' di coca-cola per farsi coraggio, ma ancora non disse nulla.
-Lui è decisamente il tuo tipo.-
-Questo è vero!- Federica ripensò ai baci che si erano dati e un brivido di eccitazione le corse lungo la schiena. Non avrebbe dovuto farsi tutti quei problemi.
-Sono comunque arrabbiata- la avvisò Sveva
-Se lui non ti piace, perché sei arrabbiata?-
-Perché tu non mi hai detto niente. Sai che puoi essere completamente sincera con me, eppure, pensando che a me interessasse Dante lo hai baciato e non mi hai detto niente!-
-Non l'avevamo programmato...è successo!- Si giustificò Federica, che aveva creduto troppo presto di averla passata liscia. -Tra te e Vergil non è successo niente?-
-Io te lo avrei detto!- l'accusò Sveva.
Federica incassò il colpo con grazia e alzò le mani in segno di resa. -Hai ragione, ti chiedo scusa.-
-Scuse accettate, per farti perdonare la prossima volta offrirai tu il gelato-
-Stai diventando una scroccona!-
-Se tu non avessi niente da farti perdonare io non avrei niente da scroccare!-
-Sei insopportabile quando fai l'offesa. Ecco perché non ti faccio mai arrabbiare.-
Le due ragazze risero, ritrovando la solita complicità dopo un momento di tensione.
-Sei sicura che ti stia bene?-
-Farebbe qualche differenza?-
-Non è quello che ti ho chiesto- specificò Federica.
-Ti ricordi quella volta che sono venuta a casa tua e tu facesti un disegno di noi quattro...-
-Sì- Federica ricordava perfettamente quella giornata, nel disegno le abbraccia Vergil e Sveva stava attaccata a Dante. Adesso non avrebbe tollerato una situazione simile.
-Siamo sincere, già allora avevamo capito che come coppie eravamo un po'...sbilanciate-
-Già-
-Fede, tu stai benissimo con Dante. Lui è un ragazzo fantastico e tu non meriti niente di meno. Voi siete simili, vi capite al volo, avete le stesse passioni. Io con lui non starei mai altrettanto bene. Noi abbiamo un gran bel rapporto, ma inizia a diventare quasi...- Sveva cercò le parole giuste, pensò alle volte in cui Dante l'aveva protetta da qualcuno le guardava troppo insistentemente o che l'aveva accompagnata a fare una passeggiata. -fraterno-
-Non starai esagerando? -
-All'inizio lui mi stava sempre attaccato, ma ci eravamo appena conosciuti e non sapevamo niente l'una dell'altro. Adesso che abbiamo capito i rispettivi caratteri tutti quegli slanci sono scomparsi. Sì, magari mi abbraccia ancora ma non...in quel modo.-
Federica fece un sospiro di sollievo
-Sei gelosa, eh?-
-No! Affogherò senza rimorso la prima che lo guarderà...ma non sono affatto gelosa.-
Sveva rise, mentre l'altra ricordava i terribili istanti in cui aveva visto Vergil attorniato da una frotta di ragazze orribili e l'aveva scambiato per Dante. Stava per avere un attacco di bile davvero memorabile, per fortuna aveva capito in tempo che era il gemello sbagliato.
-Non posso ancora credere che flirtaste in segreto...Ecco perché Dante si comportava in quel modo assurdo!-
Federica si incuriosì -Come si comportava?-
-Sembrava un pazzo, non che di solito sembri normale...-
-Ecco, se era normale non poteva essere lo stesso Dante.-
-E non poteva stare con te!- mormorò Sveva, finendo anche il fondo del suo caffè freddo.
-Ehy biondina, non fare l'impertinente!-
-Comunque lo stesso pomeriggio che io ho...litigato con Vergil- Federica si accorse subito del cambio di espressione dell'amica, le era bastato dire quel nome per diventare più tesa. -Ho incontrato Dante e lui ha iniziato a sproloquiare di affetto, e a dirmi che non dovevo arrabbiarmi...ora capisco che si riferiva a te! Pensa come mi ha raggirata, mi ha fatto credere che stesse parlando del fratello...-
-Non ci ho capito molto...-
Sveva continuò come se l'altra non avesse detto nulla -E nei giorni successivi oscillava tra l'essere terribilmente affettuoso, come se avesse avuto qualcosa da farsi perdonare, adesso che ci penso, all'essere freddo e distaccato. Ma sì come se volesse mantenere le distanze!-
-Gli avevo chiesto io di non dirti niente. Volevo parlartene io. Ma devo ammettere che lui non era contento di rifilarti certe bugie.-
-La mente criminale sei tu!-
-Certamente!-
-Non ci posso ancora credere! Tu stai con Dante!-
-Io sto con Dante- Federica ripetè quelle parole come se fossero una formula magica per ottenere la felicità. Sveva si astenne dal dire che aveva la solita espressione "con gli occhi a cuoricino", perché l'amica l'avrebbe uccisa, però dentro di sè rideva a crepapelle.
-Sono contenta per te. Ti meriti uno come lui, bello, simpatico e divertente...-
-E tu?- chiese Federica, che ormai si era liberata dal peso della sua confessione scomoda e ora moriva dalla curiosità di sapere di più sulla lite con Vergil.
-Io cosa?- rispose Sveva, con aria innocente.
-Avevi detto di volermi raccontare una cosa sul gemello cattivo- disse lei, con aria cospiratoria.
-Già, perché io a differenza tua muoio dalla voglia di venirmi a confidare con te. Non ho segreti, io!-
-Ok. Fino a quando hai intenzioni di farmi pesare questa cosa?- scherzò Federica, realizzando per la prima volta di aver scampato un pericolo orribile, di perdere l'amicizia più solida e importante che avesse.
-Fino al gelato che mi devi. Comunque, non c'è molto da raccontare. Abbiamo litigato.-
-Cosa vi siete detti?-
Sveva arrossì violentemente -Gli ho dato della prima donna, del pallone gonfiato..."Stronzo" mi pareva troppo pesante, però ammetto di averlo pensato.-
L'amica aveva la bocca spalancata, come se avesse davanti un'aliena. -Che diamine aveva fatto per farti uscire così dai gangheri? Tu sei la persona più calma che io conosca!-
-Come diceva Lizzie Bennet in orgoglio e pregiudizio "Avrei potuto perdonare la sua vanità se non avesse offeso la mia"- La ragazza guardò mestamente il bicchiere vuoto, per una volta avrebbe voluto ordinare qualcosa di più alcolico di un caffè. -Lui mi fa sentire così piccola e insulsa, e io non lo sopporto. Riesco a stare nascosta in un cantuccio già per conto mio, non ho bisogno che qualcuno come lui aumenti la mia insicurezza.-
-Tu non sei piccola e insulsa. E lui lo sa- Sveva la guardò in modo scettico, e Federica continuò -Lui ti osserva, e spesso è compiaciuto di ciò che vede...-
-No, lui apprezza solo se stesso.-
-Sì, ma lui ti provoca solo perché una parte di lui ha capito che tu sei alla sua altezza. Tu sei intelligente, non come quelle galline che frequenta di solito. Sei colta...-
-Non sono bella come te. Non ho la tua spontaneità, non so...farmi adorare come fai tu!-
-Ma che dici? Comunque è meglio se a lui non ci pensi più.-
Lei guardò Federica come se le  avesse appena consigliato di scalare l'Everest a piedi nudi. Per lei era altrettanto impossibile non pensare a Vergil. Si rese conto che in ogni momento di distrazione l'immagine di lui l'assaliva. Ricordava la sua voce bassa e minacciosa, i suoi occhi color ghiaccio, con quello sguardo freddo e l'espressione indifferente. Solo una volta le era sembrato di aver scalfito quel muro gelido, ma era stato solo per pugnalarlo in pieno petto. E lei si era sentita vittoriosa, quando aveva affondato il coltello. Quel senso di potenza era scomparso subito dopo, sostituito da una sgradevole sensazione di frustrazione.
Era un gioco al massacro e lei non aveva i nervi saldi di Vergil.
Federica aveva ragione, doveva smettere di pensare a lui.
Dante non le aveva detto nulla, ma aveva capito che tentava di tenerla alla larga dal gemello.
Se l'avesse sfidato avrebbe sicuramente perso, eppure la voglia di provare era una tentazione fortissima.
Sveva si sforzò di sorridere all'amica, le promise che avrebbe provato a dimenticarlo e le chiese qualche dettaglio in più sulla sua storia con Dante.
Federica sapeva benissimo che l' amica non sarebbe riuscita tanto presto a dimenticare Vergil, stavano anche nello stesso albergo, in quel buco di paesino. Decise di distrarla, rispondendo alle sue domande, ma decise anche che, se le cose si fossero fatte più difficili, avrebbe parlato lei stessa con "il gemello cattivo". Se avesse fatto soffire la sua migliore amica avrebbe dovuto vedersela con lei.


Come sempre, grazie a chi leggerà, commenterà, e a chi ha inserito la storia tra seguite/preferite/ricordate.
Scusate se sono di poche parole, ma non mi sento molto bene :S

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Capitolo 23
*** Preparativi per la serata pt.1 ***


Federica e Sveva si incontrarono all'inizio del vialone. Davanti a loro si apriva la strada più movimentata del paese, l'unica in cui era possibile fare uno shopping un po' più ricco del solito. 
-Allora cosa ti devi comprare?- chiese la biondina, ben sapendo che quando l'amica doveva fare "qualche acquisto" finiva col rifarsi tutto il guardaroba.
-Mi servirebbe un vestitino nuovo...qualcosa di carino.-
-Oh oh! C'è un'occasione speciale?-
Federica finalmente si sentiva libera di parlare, aveva già spiegato all'altra come stessero le cose tra lei e Dante, per cui non c'era ragione di nasconderle quell'uscita.
-Ho un appuntamento con Dante, domani sera.-
-Sai che non hai bisogno di fare colpo, ma vuoi stenderlo comunque.-
-Esatto!-
Le due ragazze si incamminarono subito verso i negozi di abbigliamento più giovanili. Una miriade di abiti corti e colorati si aprì davanti ai loro occhi estasiati.
-Comprati qualcosa pure tu.-
-Mmh, io non ho occasioni del genere. Al massimo ho cene di famiglia, sai che spasso!-
-Ricordati: se si ha qualcuno con cui uscire ci si compra un vestito nuovo, se non si ha qualcuno con cui uscire ci si compra comunque un vestito, come premio di consolazione!-
La commessa dietro di loro, al sentire quelle parole, assunse un' espressione esultante, e si precipitò nella loro direzione -Posso aiutarvi?-
-Lei aveva bisogno di qualcosa di carino!- disse Sveva, cercando di sviare l'attenzione da se stessa.
-Qualcosa di classico? Un bel tubino nero magari, come in colazione da Tiffany?...-
-No, non è il mio genere...- rispose Federica
-Preferisci pretty woman?- chiese l'amica, senza pensare al lavoro della protagonista a inizio film.
Federica non era mai stata fan dei film romantici, quindi non colse il motivo della risata della commessa.
Sveva capì al volo e avvampò -Non intendevo in quel senso! -
-Quale senso?-
-Lascia stare...comunque cercavamo qualcosa di colorato!-
-Sì, qualcosa di allegro.-
-Posso proporvi questo bel capo a fiori?-
Federica non riuscì a reprimere un' espressione d'orrore. -Nemmeno se andassi ancora all'asilo!-
-Intende dire che non ama i fiori!- Si intromise l'amica.
Davanti allo smarrimento della commessa Federica cercò di reprime un moto d'irritazione. -Senta, magari diamo un' occhiata per conto nostro...-
-Mi chiamate se vi serve qualcosa.-
Le amiche annuirono, ma la signora non si mosse di un millimetro e continuò a scrutarle con sguardo insistente.
Sveva indicò l'altro lato del negozio. -Che impressione vuoi dare a Dante? Nel senso, vuoi che speri di passare direttamente al dopocena...- chiese sollevando un abito rosso, corto e a aderente, che lasciava tutta la schiena scoperta. -Che sia stuzzicato ma non definitivamente k.o....- a quel punto prese dall'espositore un vestito lungo e trasparente con una sottoveste più scollata, che lasciava inalterato l'effetto vedo non vedo. -O magari che sia divertito...-
Le sopracciglia di Federica schizzarono verso l'alto notando la tutina alla marinara coi pantaloncini che Sveva le stava sventolando davanti.
-Se poi vuoi rimandare la serata, ma non essere tu a dargli buca potresti sempre indossare questo!- L'ultima scelta fu un abito con le maniche a palloncino e i pois colorati, che non avrebbe indossato nemmeno una scolaretta negli anni '80.
-Con quello scapperebbe a gambe levate!-
-E non gli darei neanche torto!-
-Lui mi piace e voglio che lui sappia di stare con una bella ragazza.- disse Federica, iniziando a rovistare tra gli stand, -Voglio essere desiderata, ma senza apparire volgare, nè...come posso dire...-
-Pretty woman- sospirò Sveva.
-Perché continui a nominarla?-
-Lascia stare, continua...- sorrise, quella caccia al vestito si stava rivelando anche un modo per accogliere le confessioni dell'amica.
-Io e Dante siamo simili, quindi voglio un abito che rispecchi entrambi...-
-Qualcosa di moderno, sexy, un po' sopra le righe, non necessariamente impeccabile...-
-E nemmeno troppo elegante...-
Sveva guardò le chilometriche gambe di Federica, e pensò che quel tesoro dovesse comunque essere messo in mostra. Rimase nella parte dello scaffale che conteneva abiti corti. Qualcosa attirò la sua attenzione.
-E questo, ti piace?-
L'altra osservò i pantaloncini della tuta, erano neri e attillati, Dante non avrebbe perso occasione per fissarle il sedere. La parte superiore dell'indumento aveva i toni del verde, ma smorzati da uno strato di leggerissima stoffa nera. Quel contrasto di colori le avrebbe fatto risaltare quel poco di abbronzatura che era riuscita a fissare sulla pelle chiara. -Lo provo!-
Le bastarono pochi minuti per emergere dal camerino con un luminoso sorriso soddisfatto. Quell'indumento valorizzava a pieno il suo fisico asciutto.
-Fede...sai che lui non ti guarderà esattamente in faccia, vero?-
-Era proprio quello l'effetto che volevo ottenere!-

************

La maratona di shopping era durata più del previsto, non che la cosa la sorpredesse.
Però ora era tramortita sul letto e come d'abitudine, Sveva guardava il soffitto della sua stanza, senza vederlo davvero. Su quella superficie bianca lei proiettava tutti i suoi pensieri tumultuosi.
Rivide il volto di Federica, aveva gli occhi accesi da una luce nuova, mentre le confidava le sue speranze per quella storia con Dante; ogni tanto, le tremava la voce e non smetteva di sorridere.
Lei era felice per la nuova coppietta, aveva sempre adorato i risvolti romantici e quello era davvero un capitolo roseo della loro stagione estiva.
Sorrise, pensando all'imbarazzo dell'albino, che non poteva dirle di star uscendo con la sua migliore amica, lo trovò inaspettatamente tenero.
Ma se si fosse preso gioco di Federica lei gli avrebbe cancellato quel bel sorriso dalla faccia.
Immaginò come dovesse essere Dante con il viso serio, non riusciva a figurarselo bene. Lui era un tipo decisamente solare e sempre pronto allo scherzo. Era difficile vederlo col viso teso o inespressivo, quel genere di espressione era molto più congeniale a...
Non è possibile, pensò la ragazza. Ogni pensiero la riconduceva a lui. Vergil.
Aveva promesso a Federica di dimenticarlo. Ma come avrebbe potuto farlo?
Sapeva che era la maniera giusta di agire, ma il suo cervello non voleva proprio smettere di rievocare la sua immagine. Ripensò a uno dei suoi rari sorrisi. Gli angoli della bocca erano piegati verso l'alto, ma di poco, solo un accenno. Il resto del viso rimaneva serio, come di marmo. Gli occhi erano freddi, ma luminosi, c'erano uno scintillio irripetibile, indescrivibile.
Il suo cuore accelerò.
Quel tipo era insopportabile, ma era bello. Era maledettamente affascinante, un buon conversatore, con delle ottime maniere.
Non era facile trovare uno come lui, non c'era nessuno come lui. E Vergil ne era pienamente consapevole.
Sveva scosse la testa e guardò l'orologio.
Aveva promesso ai suoi genitori di cenare con loro. Suo padre aveva prenotato un ristorante a Ravello, un locale elegante proprio sul panorama. Sospirò e andò a prepararsi, almeno così sarebbe riuscita a distrarsi e non pensare all'americano.
Indossò un abito azzurro, accollato sul davanti e scollato sulla schiena, la gonna le arrivava poco sopra il ginocchio e la stoffa era leggerissima, quasi impalpabile. Aggiunse una stola di un delicato color oro, per impreziosire l'insieme e proteggersi dal freddo della sera. Acconciò i capelli alla meglio, alzando i capelli in uno chignon e approfittando dei pochi boccoli creati dal mare per incorniciare il viso. Non esagerò col trucco, accontetandosi di un po' di ombretto per illuminare lo sguardo e un filo di gloss.
Si guardò allo specchio. Non avrebbe fatto voltare molte teste, decisamente non era un look vistoso, ma aveva un' eleganza discreta in cui lei riusciva a riconoscersi.
Uscì dalla stanza e si infilò nell'ascensore, sentì a stento dei passi alle sue spalle. Quando si voltò vide Vergil, in piedi di fronte a lei, che la guardava intensamente. Fu solo un attimo, prima che le porte si chiudessero. Talmente  breve che lei dubitò di averlo visto davvero, ma bastò per farle mancare il respiro.
Cos'era quella strana espressione che gli aveva letto sul viso? Il suo sguardo era cupo, le labbra socchiuse, quasi in segno di stupore.
Era rimasto fermo sul pianerottolo, non aveva neanche fatto un tentativo per entrare nell'ascensore. La sua vista gli era talmente sgradita da non voler fare accanto a lei nemmeno il breve tragitto fino al pian terreno?
Non gli era piaciuto il vestito accollato, o forse trovava orribile la sua pettinatura. Tanto non l'avrebbe mai approvata, lei non sarebbe mai stata il suo ideale di bellezza.
Raggiunse i genitori e salirono in macchina. Si concentrò sulla conversazione per evitare che il paesaggio notturno, che scorreva invitante dietro il finestrino, la facesse cadere in tentazioni romantiche.

***
Ciao a tutti,
perdonatemi per l'attesa (lo so, ormai lo dico ogni capitolo e voi siete stufi di sentirmelo dire. Avete ragione!)
Questo capitolo, insieme col prossimo, mi ha fatto davvero penare, per un problema di gestione degli spazi. Potrebbero essere un capitolo unico, ma alla fine ho deciso di dividerli per non creare troppa confusione, spero di aver fatto bene.
Ormai siamo anche in estate, quindi, spero che questa storia risulti più coinvolgente (e magari che per me diventi più semplice scriverla!)

Ringrazio chi ha inserito "Doppia Coppia" tra le storie da ricordare, seguire, preferire o recensire. Grazie mille a chi legge, e grazie a chi commenta.
Ai commenti, però, risponderò tramite il form :D

Spero che continuiate a seguirmi e che mi facciate sapere le vostre opinioni, per me sono fondamentali per migliorarmi e continuare a scrivere :)

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Capitolo 24
*** Preparativi per la serata pt.2 ***


-Non puoi defilarti. La mamma ci tiene molto a questa serata-
-Lo so, ma ho già preso un impegno,- si lamentò Dante
-Cancellalo.-
-Ma non voglio.-
-Non essere il solito egoista,- gli ringhiò contro Vergil.
I due fratelli si guardavano in cagnesco. I loro occhi azzurri si incrociavano ripetutamente, mentre una tensione sotterranea continuava a scorrere tra loro. Da quando avevano litigato, ancora non avevano recuperato il loro solito rapporto.
Vergil era risentito con Dante. Non sopportava che quel moccioso si insinuasse nei suoi affari, ancora peggio che si permettesse di dargli degli ordini. Era intollerabile che lui gli dicesse chi poteva frequentare e come comportarsi.
Dante, invece, continuava a tenere d'occhio il gemello. Temeva che si avvicinasse alle due ragazze, e lui non poteva certo impedirglielo. Ma non gli avrebbe permesso di prendere in giro Sveva, nè di rovinare la sua storia con Federica. Il fratello, però, era un manipolatore, gli piaceva giocare d'astuzia e non sempre a viso aperto, quindi lui temeva maneggi sotterranei.
-Da che palpito viene la predica...-
-Si dice pulpito- lo corresse Vergil, che poi sospirò, esasperato -Ignorante.-
Dante gli diede le spalle, mentre sceglieva quale t-shirt mettersi per la serata.
-Ti ho detto che il ristorante è di un certo livello...quello straccio non va bene.-
-E io ti ho detto che non verrò.-
-Per me puoi anche strozzarti con i panini di un ambulante, ma la mamma ci rimarrà male.-
-Lei capirà,- sorrise l'altro, con un' espressione furba sul viso.
-Per me è anche meglio se non ti unisci a noi. Al ristorante ci metteresti solo in imbarazzo, e non apprezzeresti nulla di quello che ti servirebbero. Mangi come un maiale-
L'altro stava per ribattere ma un lieve bussare alla porta lo interruppe.
-Questa stanza sta diventando piuttosto affollata. Ciao mamma.-
Eva diede un bacio a ciascuno dei figli. Fu lieta di trovarli insieme, sperava che condividessero qualche momento tra bravi fratelli, anche se notò subito un' aria ostile.
-Come state ragazzi?-
-Alla grande!- rispose Dante, mentre si infilava una maglietta bianca piuttosto aderente, sulla stoffa erano stampate due pistole, una color argento e l'altra nera come la notte. Adorava quella t-shirt, era un regalo di sua madre. La vide sorridere, anche se la sua espressione era preoccupata, lo capiva dalla piccola ruga che le si formò tra gli occhi, proprio sopra il naso. Dante non era un mago nel decifrare le emozioni altrui, ma con Eva era tutta un' altra storia. -Cosa c'è che non va?-
-Stai molto bene, tesoro. Pensavo, però, che potessi indossare qualcosa di più...formale.- La madre osservò il figlio con orgoglio, malgrado non apprezzasse i jeans chiari e sdruciti, non poté non notare che era diventato davvero un bel ragazzo. Somigliava moltissimo a suo padre. Malgrado i pantaloni sportivi e la maglietta moderna, la sua figura rimaneva comunque elegante. Certo proprio quella sera...
-A proposito di questo: ti dovrei parlare...-
-Dimmi pure,- rispose lei, sedendosi sul bordo del letto e lisciandosi una piega invisibile sull'impeccabile tubino nero.
-Vergil potresti lasciarci soli?- chiese Dante, sedendosi accanto alla madre.
Eva vide l'impercettibile smorfia che si formò sul viso di Vergil. Si accorse che per qualche secondo lui rivolse uno sguardo di fuoco al fratello.
Lui era sempre stato un figlio modello, obbediente, diligente, eccellente in tutti i campi, però era diventato troppo conscio del suo valore e ciò lo aveva trasformato in un giovane uomo piuttosto freddo e distaccato. La rivalità con Dante era stata spontanea, forse inevitabile data l'estrema vicinanza e somiglianza, ma non era distruttiva. Entrambi erano allenati a quella competizione e non avevano mai raggiunto punti critici.
Ma la donna notò con timore che, in quei giorni, qualcosa era cambiato. Vergil era più ombroso del solito, parlava ancor meno e la sua voce aveva perso quel tono indolente e rilassato, che tanto le piaceva. Poi guardava il gemello con disapprovazione e aperta ostilità. Dante ricambiava quelle occhiate e sembrava pronto all'attacco. Quello stato di cose la turbava molto.
-Scommetto che non ci sia nulla che lui non possa sentire.-
-Veramente...-
-Lascia stare, tanto non avrai niente di interessante da dire.Vi aspetto nella hall.-
Dante non era risentito per la pessima uscita del fratello, meno gli stava tra i piedi meglio era.
Non aveva nessuna intenzione di parlare della sua vita privata davanti a lui, gli aveva già chiarito che doveva tenersi alla larga dalla ragazza che frequentava.
(A dir la verità gli aveva detto di stare lontano anche dalla migliore amica della ragazza che frequentava, ma questa era un' altra questione.)
Guardò sua madre con affetto e fiducia. Era passato parecchio tempo dall'ultima volta che si era confidato con lei su questioni di cuore. Quando era piccolo gli piaceva correre da lei e raccontarle tutte le sue giornate, le parlava delle bambine a cui voleva regalare un orsacchiotto e dei bambini con cui avrebbe voluto fare a pugni. Si ricordava ancora le sue risate davanti a quei racconti assurdi, eppure lei lo ascoltava sempre con la massima attenzione. Lo faceva sentire compreso e protetto. Col tempo era cresciuto, e aveva capito da solo che "certe cose" alla mamma non vanno dette. Anzi, fuggiva il più lontano possibile se lei provava a chiedere informazioni.
Ma quella sera aveva bisogno della complicità di sua madre.
-Cosa devi dirmi, tesoro?-
-Non voglio che ci rimani male mamma, ma stasera proprio non posso venire a cena.-
-Non ti piace il posto che ho scelto?-
-No, non è questo.-
Eva restò in silenzio, suo figlio non aveva finito la frase, si vedeva che stava cercando le parole giuste. Il ragazzo si inumidì le labbra, mentre evitava il suo sguardo. Lei non lo aveva mai visto tanto imbarazzato, almeno non dalla volta in cui aveva provato a guidare senza patente e le aveva sfasciato la macchina.
-Ho un altro impegno,- disse semplicemente lui.
-E non lo puoi rimandare?-
-No! Cioè voglio dire, proprio non mi è possibile.-
-Capisco,- sospirò Eva, finse di essere molto triste e solo quando intercettò lo sguardo di Dante fece un mezzo sorriso. -Lei come si chiama?-
-Uhm...lei chi, mamma? Sai che sei l'unica donna della mia vita!-
Rifiutò l'abbraccio appiccicoso del figlio e si sedette in modo da guardarlo dritto negli occhi. Non voleva fargli un terzo grado, anche se era davvero curiosa di sapere qualcosa di più su tutta quella storia. -Andiamo, almeno il nome puoi dirmelo. Inizia con la S o con la F?-
Dante aprì la bocca. E non la richiuse.
Eva scoppiò a ridere e gli accarezzò una guancia. -Cosa ti dicevo quando eri piccolo? Se fai una monelleria non provare a nascondermela perché...-
-...perché le mamme sanno sempre tutto!- Finì lui la frase, da bambino l'aveva sentita mille volte, ma da molti anni non gli era più capitato.
-Allora chi è?-
-Federica, quella bruna, più alta, bellissima, spigliata, sexy- Dante si fermò di colpo, forse quell'ultimo aggettivo poteva evitarlo.
-Avevo capito che c'era qualcosa tra voi e quelle ragazze, ma la situazione non mi era molto chiara.-
-Nemmeno a noi,- sospirò lui
-Come?-
-Niente mamma, dicevo che la situazione era un po' complicata, ma ora si è risolto tutto.-
Eva annuì, con aria complice -Non essere così imbarazzato, sono stata adolescente anche io, e anche io avevo le mie storie...-
-No, basta! Non voglio sentire altri particolari!-
-Parlami di lei. E motivami un po' quegli aggettivi, non mi basta sapere che è simpatica, voglio sapere cosa fa e cosa dice di simpatico.Insomma, perché ti piace tanto.-
-Tanto da evitare la tua cena?-
-Anche...-
-Lei ride alle mie battute senza trovarle troppo stupide, a volte dice cose senza senso ma non si preoccupa del giudizio degli altri. Lei è dinamica, è spiritosa e ci somigliamo. Abbiamo le stesse passioni, sai i videogame, le serie tv sugli zombie, la musica rock...-
-Avere della passioni da condividere è una cosa molto bella.-
A Eva non era sfuggito il modo in cui Dante parlava di Federica, era entusiasta, gli brillavano gli occhi, e un sorriso involontario non gli abbandonava mai le labbra. Suo figlio era felice e lei era contenta per lui. Solo un dubbio offuscò quella gioia.
-Non è che quella ragazza piaceva anche a Vergil?-
Le sopracciglia di Dante schizzarono verso l'alto. Non aveva voglia di parlare del gemello e non aveva voglia di rivelare a sua madre tutta quella storia. -Sì e no.-
-Le questioni di cuore sono sempre spinose tra fratelli.- Eva si passò una mano fra i capelli, segno che era nervosa.
-Non devi preoccuparti-
-So che voi avete la vostra vita, che state diventando adulti e che non desiderate la mia intromissione. Ma vorrei almeno sapere cosa succede.-
-All'inizio Federica sembrava preferire Vergil, ma poi ha conosciuto meglio sia lui che me...e ovviamente ha preferito me!-
-Sono contenta di vederti tanto sorridente.- Eva era davvero felice per Dante, raramente aveva visto una ragazza colpirlo tanto, di norma non le sembrava così coinvolto dalle signorine con cui usciva, ma con quell'italiana era proprio diverso. Era solare, rilassato, disteso. Una parte di lei poteva stare tranquilla, l'altra parte, quella che pensava all'altro suo figlio, invece era molto tesa. Ma non voleva continuare a parlarne con Dante, non si sarebbe mai permessa di rovinargli quel momento.
-Mamma...-
Eva si era così' immersa nelle proprie riflessioni che non aveva sentito quello che le stava dicendo. -Scusami tesoro. Puoi ripetere?-
Dante aveva i palmi delle mani piuttosto sudaticci, ed era ancora nervoso per quel colloquio con la madre. Parlare con lei non era affatto come sfogarsi con una coetanea. -Ti stavo chiedendo di stasera...-
-Oh, figurati! Non ti vorrei mai rovinare la serata, quando hai già programmato di passarla in dolce compagnia.-
-Sapevo che avresti capito! Sei la mamma migliore del mondo!-

******
Vergil avrebbe voluto andarsene sbattendo la porta, ma lo giudicava un gesto da zotico e non degno di lui.
Era irritato dal comportamento del fratello, aveva l'impressione che stesse per dire alla madre qualcosa che riguardava Federica. Perché dava tanta importanza a quella ragazza? Lei e l'amica non erano degne nemmeno di un pensiero sfuggente.
Stava percorrendo il corridoio a lunghe falcate, quando vide davanti a sè una figura eterea, quasi evanescente. Attraverso una stoffa leggera si intravedevano delle forme invitanti di donna, i capelli biondi erano raccolti sul capo, lasciando scoperte delle spalle dritte. Aveva quell'eleganza classica che lui aveva sempre ammirato, esattamente il genere di ragazza che avrebbe corteggiato. La figura misteriosa era a pochi passi da lui. Affrettò il passò, ma lei girò l'angolo e scomparve.
Vergil arrivò in tempo per vedere le porte dell'ascensore che si stavano chiudendo.
Proprio in quel momento lei alzò il viso.
Due occhi verdi si fissarono con stupore nei suoi.
Vergil strinse i pugni. Ancora lei, maledizione.
In un altro momento sarebbe riuscito a entrare nell'ascensore. Avrebbe fatto una battuta spiritosa, avrebbe sorriso e attaccato bottone con quella bella ragazza. Ma in quell'istante non c'era nulla che lui potesse fare. Era stato sorpreso da quella visione e infastidito dalla propria reazione. Immobile. Era rimasto fermo a guardarla, imprimendosi nella mente ogni curva disegnata da quell'abito azzurro.
Ma dove diamine andava vestita in quel modo elegante? Non c'era nessuno, a parte lui stesso, che potesse apprezzare un abbigliamento raffinato. E di certo non aveva un appuntamento con lui.
Non sarebbero mai usciti insieme, ormai si salutavano a stento.
E allora chi avrebbe passato la serata?
Non certo con i suoi genitori, non era il vestito adatto, troppo civettuolo. Quella specie di vedo non vedo avrebbe fatto impazzire un uomo.
Vergil non l' avrebbe mai ammesso, ma desiderò spaccare la faccia a chiunque stesse aspettando la ragazza nell'atrio.
Si impose di non fare le scale di corsa, per vedere con chi fosse uscita. Perché a lui non importava un bel niente di Sveva, nè del tipo che l'avrebbe spogliata con gli occhi, o che avrebbe baciato quelle sue labbra piene e invitanti...


---------------- ANGOLO DI BRY:
Ciao a tutti :)
sorpresi che io sia tornata così presto, eh?
La verità è che questo capitolo è legato intrinsecamente al precedente. Non volevo far passare troppo tempo tra i due, perché praticamente vanno letti come un'unica lunga scena, vista da più personaggi.
Ringrazio anche qui Shockwave, DantexR e RocKMantick per le loro recensioni, alle quali risponderò attraverso il form.
Ringrazio anche chi sta leggendo silenziosamente e/o ha segnato questa storia tra le preferite, ricordate, seguite.
E poi c'è una novità:
qualche tempo fa ho partecipato a un concorso per una casa editrice. La mia storia è piaciuta e la casa editrice ha deciso di pubblicarla. "Un nuovo inzio" uscirà il 4 luglio per la Triskell Edizioni e si troverà in tutti gli store on line.
Per festeggiarne l'uscita un blog ha indetto un giveway, e si vincerà una copia dell'ebook. Vi lascio il link, nel caso interessasse a qualcuno:
GIVEAWAY QUI
Anche "un nuovo inizio" è una storia d'amore ambientata in una luminosa estate italiana. Nel caso desideraste saperne di più potete mandarmi un messaggio tramite efp o sulla mia pagina autore di facebook 
(mi sembra stranissimo avere una pagina autrice, però sembra che aiuti la promozione dell'ebook!)
Volevo comunque ringraziarvi e far partecipi anche voi di EFP di questo traguardo, in fondo avete sostenuto proprio questa mia grande passione, per la scrittura: è anche un po' merito vostro se sono arrivata fin qui. :)


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Capitolo 25
*** Tutta colpa dei boxer ***


Dante accompagnò la madre alla porta e la fissò mentre si allontanava. Fu felice di sapere che Vergil sarebbe stato con lei a cena, con quell'aderente tubino nero Eva avrebbe attirato parecchie attenzioni indesiderate. Se ci fosse stato lui avrebbe guardato in cagnesco tutti i signori, con l' alta probabilità di dover litigare con qualcuno di loro. Non era strano, era già capitato. Ma Dante sapeva che il suo gemello nutriva lo stesso senso di protezione nei confronti della loro madre. Era l'unica persona con cui quello scorbutico avesse un rapporto normale.
Chiuse la porta alle proprie spalle e pensò a quel fratello tanto diverso. Qualche minuto prima era uscito da quella stanza con la rabbia che gli ribolliva nelle vene, glielo si leggeva in faccia. Da giorni non facevano altro che discutere, il loro rapporto già precario stava andando definitivamente in malora. Il tutto per colpa di quelle ragazze italiane.
Sorrise.
Il viso dolce di Sveva gli si parò davanti, quel suo sguardo insicuro lo inteneriva terribilmente. Ricordò il giorno in cui gli aveva raccontato di aver litigato con Vergil, era evidente che era a disagio e non voleva parlarne, eppure aveva un fuoco nuovo negli occhi. Ma suo fratello era freddo come il ghiaccio, tra loro sarebbe stato un bello scontro e lui non credeva che la ragazza potesse farcela.
Si avvicinò alla scrivania, afferrò il portafoglio e le chiavi della camera.
Quella sera sarebbe uscito con Federica. Il cuore prese a battergli più forte, le labbra si piegarono in un sorriso felice.
Finalmente avrebbero avuto un appuntamento degno di questo nome. Avrebbero passato una serata romantica ma non sdolcinata, movimentata al punto giusto, avrebbero mangiato una pizza, che era il cibo preferito di entrambi, e fatto una passeggiata per il paese in festa.
Sarebbe stato perfetto. Era sempre così quando stava con quella ragazza.
Non si sentiva mai giudicato severamente, non gli faceva notare le sue lacune o figuracce, rideva alle sue battute anche quando erano terribili e potevano parlare per ore senza dire niente di importante.
E poi lei era così sexy.
Alta quanto una modella e con un fisico equilibrato, non era nè scheletrica, nè grassa. Completamente piacevole al tatto.
Ok, se avesse continuato così avrebbe dovuto farsi una doccia fredda prima di uscire.
Ricontrollò per l'ennesima volta di aver preso tutto, che in realtà erano ben poche cose. Uscì dalla camera, già pronto a godersi la serata, quando l'inconfondibile suoneria del suo cellulare iniziò a suonare. Si toccò le tasche, confuso dal non sentire alcuna vibrazione, poi si accorse che il suono era troppo lontano per avere il cellulare tanto vicino. Fissò la porta chiusa e si rese conto di averlo lasciato all'interno della stanza.
Aprì di corsa e si precipitò vicino al letto, dove vide subito il telefono e il display illuminato. "Chiamata in arrivo: Fede"
-Ciao teso...-
-Ma dove cavolo sei?-
Dante era sempre più confuso, quella serata non stava iniziando come avrebbe dovuto. Perché lei era tanto arrabbiata?
-Sto venendo a...-
-E sarebbe anche ora!-
-Che vuoi dire?-
-Avevamo appuntamento alle nove!- strillò lei
-Infatti ora sono solo le...-
-Solo? Sono le nove e mezza! Ti sto aspettando da più di mezzora.-
Dante iniziò a sudare. Arrivare in ritardo al primo appuntamento non era affatto il modo migliore per iniziare la serata. Si fiondò fuori dalla stanza e iniziò a correre per il corridoio, poi lungo le scale -Sono lì in un baleno. Mi farò perdonare!-
-Lo spero- disse Federica, prima di chiudergli il telefono in faccia.

Fortunatamente quel paesino era talmente piccolo da consentirgli di arrivare dalla ragazza entro pochissimi minuti. Sfortunatamente quel paesino era talmente piccolo da non avere nemmeno un fioraio decente, se fosse arrivato con un enorme fascio di rose sarebbe stata una bella scena. E anche un bell'impiccio da portarsi dietro durante tutta la serata. Ah, il romanticismo è sempre scomodo!
Si disse che Federica non era una ragazza romantica, per la quale le rose non erano poi un colpo di scena così epico. Anzi, se l'avesse fatta aspettare anche un solo minuto per comprarle dei fiori si sarebbe arrabbiata ancora di più.
Corse a perdifiato, ma grazie al suo allenamento costante non arrivò a destinazione col fiatone. Si guardò intorno. Federica era una ragazza alta e decisamente vistosa, l'avrebbe dovuta notare entro pochi secondi.
Infatti la vide,
e poi vide lui,
e anche l'altro.
Due ragazzi la attorniavano, erano seduti sulla panchina proprio vicino a lei. Dante non la vedeva bene, perché quel cretino con gli occhiali da sole ( e chi indossa le lenti scure alle dieci di sera? ) la copriva. L'altro con quell'orribile camicia a quadri che non avrebbero messo nemmeno in Happy Days era in piedi, ma la stava evidentemente mangiando con gli occhi.
L'albino provò la bruciante sensazione di voler menare i pugni, e quelle brutte faccie erano dei bersagli perfetti.
-Ciao Fede,- sibilò lui
L'italiana ebbe un brivido sentendo quella voce gelida, sembrava l'inflessione tipica di Vergil, ma Sveva le aveva appena spedito un messaggio in cui le raccontava di averlo incontrato al ristorante, in un paese vicino, non poteva essere lui.
Si trattenne per non lasciarsi andare all'impulso di scattare in piedi e aggredirlo per quel ritardo mostruoso, ma si impose di rimanere seduta e sorridere amabilmente a quei due seccatori.
-Ciao.-
Dante finalmente arrivò abbastanza vicino da vederla, se non ci fossero stati i due sconosciuti sarebbe rimasto a bocca aperta a fissarla come un baccalà. Tra il pantaloncino corto e il top scollato non sapeva dove posare gli occhi. C'era fin troppa roba da guardare.
-Questi chi sono?-
-Ehi amico, chi saresti tu?-
-Non sono tuo amico- rispose Dante, con il tono più minaccioso che gli riuscì. Mr soffro il sole di mezzanotte era più basso e più pesante di lui, lo fissava con un certo timore, tenendo lo sguardo sui suoi bicipiti. L'altro sembrava un tipo più tosto, e non sarebbe corso via con la coda tra le gambe.
-Allora è amico tuo?- chiese il ragazzo con la camicia, rivolgendosi a Federica e guardando Dante con disapprovazione.
-Sì- ammise lei, con voce estremamente lamentosa
-Non si fanno aspettare le signorine!- commentò l'altro.
-Non sono affari tuoi.- lo freddò l'albino.
-Come è scontroso!-
-Solo quando qualcuno si avvicina al suo osso- rispose Federica, come se stesse parlando di un cane. La cosa irritò Dante, che iniziava a stufarsi di quella situazione.
-Dovresti essere più gentile.-
-Vuoi vedere quanto sono gentile con voi due, se non ve ne andate subito?-
-Ehi Fede, dì al tuo innamorato che non ha bisogno di fare il geloso! Almeno non con noi...-
La risata squillante del ragazzo con gli occhiali da sole ferì le orecchie di Dante. Quel suono sembrava estraneo alla gola di un uomo, aveva un che di acuto e terribilmente femminile. Dante, che aveva già stretto i pugni, pronto a colpire, rilassò i muscoli della schiena.
Ma non era preparato per quello che vide.
I due ragazzi si abbracciarono con un certo slancio, e si baciarono.
-Noi togliamo il disturbo prima che il tuo amico ci sbrani. Godetevi la vostra serata romantica, che noi ci godiamo la nostra. Bye!-
Dante rimase con la bocca aperta e un' espressione esterrefatta dul viso.
Federica si piegò in due, sbellicandosi dalle risate alla faccia dell'albino.
-Sei così buffo che quasi ti perdono per il ritardo. Aspetta, ti prego rimani così che ti faccio una foto!-
Lui si ricompose sedendosi accanto alla ragazza.
-Quelli erano gay?-
-No, sono etero in incognito! Hai bisogno di vederli avvinghiati per capire che sono una coppia?-
-Io credevo che ti stessero abbordando...- si sentì il peggiore degli stupidi
-No, anzi. Si sono avvicinati per difendermi da un tizio un po'assillante. Solo che dopo hanno insistito per farmi compagnia fino a che non arrivavi tu. Sono dei chiacchieroni allucinanti, volevano sapere tutto di te e di me, manco fossimo amici da una vita.-
-Li conosci da molto?-
-Trenta minuti-
Scoppiarono entrambi a ridere. Federica passò un braccio sulla spalla di Dante e lui approfittò di quella vicinanza per catturarle le labbra e darle il primo bacio della serata. Quel contatto fece esplondere un fuoco in entrambi i loro corpi, non si vedevano da giorni e la voglia di incontrarsi stava bruciando entrambi. E poi finalmente potevano lasciarsi andare senza temere di ferire qualcuno. Erano solo loro due.
L'albino provò un intenso brivido quando la ragazza iniziò a giocare con una ciocca dei suoi capelli, approfondì il bacio e le circondò la vita con un braccio.
Sentirono un anziano dare il tipico colpo di tosse finta per farli smettere. Ma non ci badarono. Poi una vocina strillò.
-Nonno che stanno facendo?-
Si staccarono all'istante e videro un nanerottolo con l'indice della mano destra puntato verso di loro.
-Antonio, non ci pensare, quelle cose non si fanno- disse il vecchietto.
-Ma io l'ho visto fare pure a papà e mamma, e poi papà dà alla mamma un pizzico sul....-
L'anziano tappò la bocca al piccolo, ma il bambino si era già messo una manina sul fondoschiena, lasciando capire la fine di quella frase mozzata.
-Hai capito il padre del nanetto!- sussurrò Dante, all'orecchio della compagna
-Non ti azzardare a farlo.-
-Sarà impossibile resistere. Non dovevi comprare quei pantaloncini attillati!-
-Mi stanno bene?-
-Fin troppo...-
Federica rise e si alzò dalla panchina. -Dai, andiamo a mangiare, altrimenti non troveremo posto in pizzeria.-
Dante rimase seduto e lasciò che lei andasse avanti.
La ragazza si girò con sguardo interrogativo, e lo vide sorridere.
-Mi stavi fissando il sedere?-
-No, controllavo solo che quegli shorts ti stessero effettivamente bene, sai dovevo prendere in considerazione tutte le prospettive...-
Se non le fosse piaciuto tanto, anche quando faceva lo sfacciato impenitente, lei gli avrebbe volentieri tirato un ceffone.
-Che scemo!-

Federica ripensò alla prima volta che aveva visto i gemelli, quella sera erano andati a cena in una pizzeria. Ora lei e Dante stavano varcando la soglia di quello stesso locale.
La disposizione dei tavoli era leggermente cambiata, ma per uno strano scherzo del destino ebbero proprio il posto di quella prima sera.
Si guardarono negli occhi e sorrisero, stavano pensando alla stessa cosa.
-Sono cambiate tante cose.-
-Non poi così tante- rispose Dante.
-Noi ora ci conosciamo meglio.-
-E continueremo così ancora per molto tempo.-
Federica fu grata di quelle parole, riuscivano a rasserenarla, e il modo in cui Dante la guardava, con lo sguardo pieno di ammirazione, la faceva sentire amata. Un calore sconosciuto le riscaldava anche l'anima.
-Non è da noi lasciarci andare a certe sdolcinatezze, ma ogni tanto sono carine.-
-Non ti preoccupare, la pizza coprirà ogni rimasuglio di smielatezza.-
Un cameriere arrivò con le loro margherite, che erano così grandi da essere contenute appena nei piatti. Gli occhi di Dante si illuminarono. Federica ripensò al tessuto della tuta, fortunatamente non era tanto aderente, altrimenti a fine pasto poteva anche dire addio al meraviglioso effetto "pancia piatta."La ragazza fece appena in tempo a dare un morso alla propria pizza e a guardarsi un po' intorno che l'albino aveva già fatto fuori una bella porzione della propria pizza.
-Calmati, finirai per affogarti!-
-No, ci sono abituato. Quando ero piccolo gli altri bambini mangiavano gli omogeneizzati, e io trangugiavo già la margherita.-
-Non faccio fatica a crederlo! Peccato che non arrivi agli appuntamenti con la stessa velocità con cui mangi.-
-Sei ancora arrabbiata? Ti ho detto che mi farò perdonare.-
-Posso almeno sapere perché hai fatto così tardi?-
-Ho dovuto parlare con mia madre, aveva organizzato una cena in un locale e ci teneva che io andassi con lei. E poi si è messo in mezzo quell'idiota di mio fratello.-
-Va ancora male tra voi?-
-Perché è mai andata bene?-
-Sai che voglio dire, in questi giorni mi sembra che sia anche peggio...-
-Lo è. C'è parecchia tensione fra noi.-
-Non è colpa mia, vero?-
-No- rispose il ragazzo, ma esitò.
-E di Sveva?-
-Lei ha peggiorato le cose- dichiarò Dante, pensando allo sguardo del gemello, ogni volta che veniva fatto quel nome in sua presenza. -Vergil non è abituato al fatto che qualcuno voglia tenergli testa. Figuriamoci sei il suo "nemico" è una bella biondina italiana.-
-Lei non è il nemico di nessuno! Purtroppo non lo è nemmeno per lui- Federica si voltò, perché Dante non la vedesse in viso. Ma a lui quella manovra non sfuggì.
-Che vuoi dire? Lei non sarà interessata a mio fratello!-
-Sì, ma mi ha promesso di non pensarci più.-
-Sarà meglio, lui sarebbe solo capace di ferirla.-
-Oh, senti, è la nostra serata. Io non ho voglia di pensare a loro adesso. Non considerarmi egoista. Ok, forse sono un tantino egocentrica, ma se continuaiamo a parlare di questo sarà proprio come quella sera...saremo seduti in quattro attorno a questo tavolo.-
-No, oggi no. Ci siamo solo noi-
-Io e te- Federica allungò la mano per prendere quella di Dante, che si sporse a baciarlo.
-Sai di pizza. Il mio gusto preferito.-
La ragazza scoppiò a ridere, istantaneamente distolta da ogni pensiero triste o angoscioso. Il suo mondo, in quel momento, implose.
La sua realtà si restinse tanto da contenere soltanto lei e quel magnifico ragazzo dagli occhi chiari e dal carattere giocoso. Si rese conto di essere innamorata di lui, le bastava guardarlo per sentire il cuore accelerare, per dimenticare qualsiasi problema, per capire solo la voglia che aveva di restare tra le sue braccia forti e lasciarsi andare al desiderio di stare con lui.
Non era mai stata incline al sentimentalismo, non era una ragazza scioccamente romantica. Eppure doveva ammettere che l'amore era una potenza incredibile, aveva trasformato la sua estate, aveva fatto diventare quel minuscolo paesino attraente come una grande capitale europea. Va bene, forse stava un tantinello esagerando.
Iniziava a dire cose insensate, aveva il respiro più rapido del solito. O aveva la febbre alta o era davvero innamorata.
Chissà se lui stava intercettando quei suoi pensieri sconnessi.
Chissà se lui condivideva quei sentimenti assurdi e penetranti.
-A cosa stai pensando?- le chiese.
-A cosa si era fumato il disegnatore di lost world 3- rispose lei troppo in fretta.
-Sul serio?-
-Sì, i mostri di quel livello sono davvero bruttissim.i-
-Ah, sì. Me li ricordo. Come mai ci pensi adesso?-
Federica alzò le spalle, con aria non curante. Non era pronta a chiedergli cosa provasse lui. Mica poteva andare in giro a chiedere alla gente "Ehy, ma tu mi ami?"
Ok, Dante non era proprio uno sconosciuto qualunque. Ma comunque certe domande non vanno fatte.
Ormai le loro pizze erano finite, e decisero di non ordinare il dolce. Avrebbero preso un gelato lungo la strada. Pagarono il conto e uscirono dal locale.

L'aria era frizzante, ma loro non avevano ancora abbastanza freddo da indossare dei golfini. Si avvicinarono l'uno all'altra.
Dante passò un braccio attorno alla vita di Federica e quel contatto sembrò far divampare un fuoco tra di loro. Si guardarono e fu come se i loro sguardi si incatenaessero.
Si scambiarono un lungo bacio, pieno di passione, le loro labbra non volevano saperne di staccarsi. Si allontanarono per riprendere fiato, ma la pausa durò solo pochi secondi, erano entrambi affannati, ma non gli importava, l'unica cosa che riusciano a intendere era il bisogno che avevano l'uno dell'altra.
Come se avessero trovato l'altra metà della mela, come se avessero vissuto proprio per arrivare a quella sera, in quel momento, davanti a quel mare che scintillava per i riflessi di una luminosa luna. Ma loro non vedevano nulla di quel panorama magnifico, perché erano troppo intenti ad amarsi per pensare al resto del mondo.
L'unico panorama che Dante riusciva a percepire era il mistero di quel corpo stretto al suo. Federica aprì gli occhi solo per incontrare lo sguardo dell'albino, quegli occhi di zaffiro sembravano ancor più chiari  immersi nell'oscurità della notte.
Lei non pensò più ai suoi dubbi sui sentimenti di Dante, in quell'istante le bastava sentire la stretta di quell'abbraccio, per avere tutto ciò che desiderava.

Ricominciarono a camminare per il lungo mare, fecero un pezzo di strada mano nella mano, come due perfetti fidanzatini. Dopo qualche tempo, guardandosi negli occhi, capirono che nessuno dei due apprezzava quello slancio di romanticismo infantile, che era estraneo a entrambi. 
-dante non rinunciò al contatto fisico e passò il braccio attorno alla vita della ragazza, che non si offese affatto, anzi, anche lei era felice di quella vicinanza.
Malgrado loro si sentissero soli al mondo, in strada c'era moltissima gente. Era una serata di festa, qualche bancarella spuntava lungo i marciapiedi e allegri profumi di dolciumi allietavano l'aria.
-Mmh, che odore di caramello!- osservò Federica, voltandosi per capire da dove provenisse quel profumo dolciastro.
-Oh, c'è anche lo zucchero filato alla fragola!- L'albino fu più svelto a individuare il venditore ambulante, si avvicinarono, ma la ressa attorno al banco li convinse ad andar via.
-Che ne dici se prendessimo quel famoso gelato?-
-Buona idea, mia adorata-
Lei tossicchiò. -Come mi hai chiamata?-
-Dici che era troppo altisonante?-
-Da quando tu parli in questo modo?-
-Da mai, in realtà, però volevo capire cosa si provasse a sparare certi paroloni, come fa mio fratello.-
-E cosa si prova?-
-Mi sento un completo cretino.-
Federica scoppiò a ridere, e Dante si sentì rapito da quell'esplosione di allegria, la guardò sperando che quell'immagine si fissasse nella sua memoria per molto tempo a venire. -Allora sei un cretino che parla in modo...vetusto.-
-Vetusto...è una parolaccia?-
-Ma no!-
-Ah, ecco. Se fosse stata una parolaccia l'avrei già imparata.-
Federica si appoggiò di più all'abino. Lui la faceva ridere, rendeva più belli tutti i momenti passati insieme. Anche quel suo essere assurdo, e a volte un po' sboccato, era qualcosa di unico e di prezioso per lei. Fu felice di come erano andate le cose per la loro piccola comitiva. Lei e Dante, era esattamente così che doveva essere. Sveva non avrebbe mai apprezzato quel ragazzo come faceva lei, l'avrebbe trovato fuori luogo, mentre per lei era sempre perfetto. Ok, magari non sempre, però si avvicinava molto all'essere il suo ragazzo ideale.
-Lo vuoi grande?-
Federica cadde dalle nuvole, la voce del ragazzo le arrivava da molto lontano, lo guardò quasi scandalizzata -Cosa?-
-Come cosa?-
-Che cosa voglio...ehm- abbassò la voce, notando che una signora la stava guardando con aria di disapprovazione -grande?-
-Il cono- rispose Dante, iniziando a ridacchiare per il rossore che si stava formando sulle guancie della fidanzata. 
-È una metafora?-
-No...non so nemmeno cosa sia una metafora.-
Federica non sapeva più cosa dire, si guardò intorno annaspando, in cerca di indizi rivelatori. - Siamo in gelateria, allora intendevi davvero il cono!-
Dante non ce la fece più a trattenersi e scoppiò a ridere. Fortunatamente quell'intermezzo aveva reso più divertente l'attesa per raggiungere la cassa. Sfortunatamente le altre persone in fila li stavano additando, e molti adulti storcevano il naso. Lui li guardò e passò oltre.
-Voglio il gelato nocciola e pistacchio!-
-...Non farmi richiedere la misura, ti prego!- bisbigliò Dante, che era ancora scosso dalle risa.
Lei prese in mano la situazione e si avvicinò al commesso, finalmente era il loro turno. -Due gelati grandi, per favore, uno nocciola, pistacchio e mandorle e l'altro... -
-Cioccolato, fragola e panna- aggiunse l'albino.
Malgrado il fresco della sera i gelati tendevano già a sciogliersi, ancor prima che i due innamorati riuscissero a uscire dal negozio.
-Fragola e panna! Che gusti da donna incinta che hai scelto.-
-Hey donna, bada a come parli!-
-Siamo passati dal "mia adorata" al "hey donna"...povera me!-
-Tu mi hai chiamato donna incinta, penso di dover essere più offeso io.-
-Forse potresti avere ragione.- Lo sguardo di Federica fu attirato da qualcosa di rosso, che spuntava dai pantaloni di Dante. I jeans dovevano andargli larghi e gli scendevano un po' lungo i fianchi, lasciando l'intimo a vista. Cercò di abbassare ancora di più lo sguardo, senza farsi notare, ma incappò nel cono che stava reggendo. Sentì l'albino scoppiare di nuovo a ridere. Ebbe l'orribile sensazione di sentirsi un pagliaccio, evidentemente quella sera era più un' attrazione divertente che una femme fatale. -Ora che c'è?- sibilò
Dante puntò un dito verso la sua faccia, ma era scosso dalle risate, anche le sue spalle si alzavano e si abbassavano, mentre anche un bambino la guardò ed esibì un meraviglioso sorriso sdentato.
-Ma che avete tutti quanti..che?- Si avvicinò a una vetrina, dove riuscì a vedere la sua immagine riflessa -NO!-
Si toccò il naso, e le dita le diventarono marroni. Quando aveva urtato col gelato era incappata proprio nella nocciola. Ora aveva una grossa macchia scura sulla punta del naso, proprio come quando a carnevale ti fanno la maschera da gatto. -Tutta colpa dei tuoi boxer!- disse lei.
Dante strabuzzò gli occhi. - Sbaglio o la nostra conversazione sta diventando sempre più a luci rosse?-
Federica aprì la bocca e la richiuse. Senza dire niente. Nel mentre doveva giostrarsi col gelato, che sembrava sciogliersi a una velocità supersonica. -Forse era meglio piccolo, sarebbe stato più facile.-
-Cosa?- Dante si sedette su una panchina miracolosamente libera e si piegò in due dalle risate. Il gelato sussultava insieme a lui, ma era stato abbastanza veloce da finire la prima parte, così che la crema rimasta era al sicuro dentro il cono.
-Smettila!-
-Solo se tu mi dici di quale reato sono colpevoli...le mie mutande!-
La ragazza si sedette, felice di quella sosta, anche perché le sue meravigliose scarpette col tacco non erano comode quanto belle.
-Coca cola-
-Insieme al gelato?- L'albino la guardò smarrito.
-Non hai capito.-
-Questo me lo dicono spesso.-
Federica si sbrigò a finire il gelato, almeno per evitare altri incidenti imbarazzanti, nel mentre assunse l'aria di una maestrina di asilo che deve spiegare qualcosa ai piccoli alunni.
-Ti ricordi quando siamo andati al centro commerciale?-
-Sì!-
-E ti ricordi che io ti presi una cosa, anche se ti ho dato il regalo solo di recente?-
Era vero, durante lo shopping sfrenato lei era stata tanto audace da comprare anche un paio di boxer rosso fiammante, con la scritta coca-cola lungo l'elastico.  Lei e Sveva avevano commentato ridacchiando quell'acquisto, facendo anche diverse battutine maliziose. Eppure, malgrado l'ardire precedente, Federica non era riuscita a consegnare subito il pacchetto a Dante. Aveva trovato il coraggio solo pochi giorni prima, quando le cose tra loro si stavano facendo più intime ma sempre comunque giocose e divertenti. Si ricordò il momento in cui l'albino aveva strappato la carta regalo e aveva esclamato davanti a quel capo di biancheria "lo porterò con orgoglio". Aveva sventolato quel paio di mutande neanche fossero una bandiera.
-Ohhh, è verò ho messo quei boxer.-
-Ci sei arrivato, finalmente. Che altro c'è? Hai inalato del gas esilarante prima di uscire con me?-
-No, pensavo che non sono solo io a guardarti il sedere...anche a te cade l'occhio...-
Federica diede uno schiaffo sulla schiena di Dante, lui si lamentò e finse di scansarsi, ma entrambi ridevano di quella scena surreale.
La serata continuò in quel modo, alternando momenti di estiva passione, ad altri di calde risate. E loro furono felici di ogni istante vissuto insieme, ebbri della vicinanza l'uno dell'altra. Il resto del mondo continuò a scomparire, e loro furono convinti che quei fuochi d'artificio scoppiarono per illuminare solo i loro visi, per ravvivare esclusivamente i loro ricordi. Non si vergognarono dei lunghi baci, nè attenuarono il suono delle risate, c'erano soltanto loro e nessun' altro.


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Capitolo 26
*** Una serata romantica ***


Un vento fresco spirava per quella stretta stradina, le antiche mura della città, ormai in rovina, si stagliavano come giganti in attesa del momento giusto per risorgere. 
Sveva si strinse lo scialle dorato sulle spalle, quella brezza era una carezza gelida a cui non riusciva a sfuggire.
Camminarono a lungo prima di raggiungere il ristorante. Il paese era di orgine medievale e il centro storico non era percorribile in auto.
La ragazza si guardò intorno, ammirando il cielo stellato e le piccole botteghe di souvenir. Finalmente vide emergere dal buio un maestoso portone di una villa antica, l'insegna del ristorante era piuttosto discreta, una scritta lignea senza particolari illuminazioni.
Trattenne il respiro quando vide la magnifica terrazza che si apriva oltre l'ingresso, proprio a picco sul mare.
Il direttore di sala li condusse tra le lunghe file di tavoli bianchi, perfettamente apparecchiati, fino a un posto in angolo, piuttosto riservato, come piaceva a sua madre.
Si accomodarono, iniziarono a discutere delle pietanze che era meglio scegliere e con quali vini accompagnarle.
Lei alzava spesso lo sguardo dal menù, non riusciva a reprimere la curiosità per quel locale tanto raffinato e per i suoi clienti. Si sentì piccola piccola, di fronte alle ragazze straniere dalle gambe chilometriche, gli abiti firmati, e il portamento impeccabile sembravano delle modelle scese dal red carpet, pronte a risalire in passerella.
Vergil le avrebbe certamente apprezzate, pensò lei, facendo una smorfia di disgusto. Fortunatamente quell'espressione era sfuggita ai suoi genitori, che da giorni si lamentavano del suo malumore.
-Ti piace questo ristorante?-
-Sì, papà. Il panorama da qui è davvero magnifico- rispose, cercando di sedersi più composta sulla sedia. Raddrizzò la schiena e alzò il viso, avrebbe voluto avere lo stesso portamento fiero, come quello di chi si sente a proprio agio in ogni situazione.
-Mi fa davvero piacere che ti piaccia. In questi giorni abbiamo passato meno tempo insieme...-
Sua madre posò la mano su quella di suo padre, come a dire "meno sentimentalismi, tesoro. I giovani devono stare con i loro coetanei."
Lui recepì il messaggio, perché aggiunse -Anche se sono contento che tu abbia trovato delle persone della tua età con cui stare.-
Sveva agitò il vino bianco che le avevano appena versato. Il liquido paglierino vorticò nel calice, descrivendo delle spirali perfette e caotiche. -A Federica piacerebbe questo ristorante.-
-E agli americani?- 
La ragazza incontrò gli occhi verdi di sua madre. Avrebbe voluto mettersi sulla difensiva e cambiare discorso ma non voleva rovinare quell'atmosfera serena.
-Vergil lo adorerebbe, ama le location eleganti e tutto ciò che è raffinato- E inamidato e gelido, pensò.
-Questo ragazzo mi piace- disse suo padre.
Quella frase la scosse nel profondo. Non avrebbe dovuto essere sorpresa, era ovvio che i genitori approvassero un giovane dai gusti  ricercati, piuttosto che uno trasandato, eppure non avrebbe mai voluto che a loro piacesse tanto Vergil. Stava disperatamente cercando di dimenticarlo, l'ultima cosa che voleva era sentirne parlare a tradimento.
-E il gemello?-
-Dante è l'opposto, un tipo sportivo ed estroverso, che non bada molto alle formalità. Molto più simpatico del fratello.-
-Non ne parli mai bene dell'altro.-
-Ho detto che è elegante, non è un complimento?-
-Sì, ma come mai ti sta antipatico?-
-Non ho mai detto che...- Era inutile tentare di ribattere, ai suoi genitori non sfuggiva mai niente. -Vergil è presuntuoso, e non sopporto le persone che si danno tante arie.-
-Solo questo?-
Sveva aprì la bocca per rispondere, ma non le uscì un suono. Richiuse le labbra, concentrandosi sul piatto di pesce, che non stava assaporando a dovere. -Che altro dovrebbe esserci?-
Non vide i suoi genitori scambiarsi un'occhiata d'intesa. Per loro era chiaro che la figlia si fosse presa una cotta non corrisposta.


Eva sistemò l'aderente tubino, che le fasciava ogni curva del corpo in modo aggrazziato e sobrio. Guardò suo figlio abbandonare il volante e prendere la giacca dal sedile posteriore. Era impeccabile nel suo completo nero con la camicia bianca, perfettamente tesa sul torace ampio. I capelli tirati all'indietro lasciavano libera la fronte alta e i maginifici occhi azzurri. La mamma gli sorrise, con il cuore pieno di orgoglio e tenerezza, proprio come quando era solo una bambinetto balbettante.
-Sei davvero bellissimo questa sera, farai strage di cuori.-
Vergil accettò con garbo il complimento, evitando di aggiungere che lui faceva sempre strage di cuori. -Tutti gli sguardi saranno per te, stasera. Nessuna donna potrà mai competere con te.-
Si chinò per darle un bacio sulla guancia, e offrile il braccio per la lunga passeggiata che li aspettava. Sua madre era l'unica persona cui si lasciava andare, senza timore di dimostrare il proprio affetto.
-Sono felice di trascorrere questa serata con te.-
-Senza mio fratello tra i piedi.- Non fece in tempo a mordersi la lingua, a lei dispiaceva sentirlo parlare in quel modo di Dante, ma lui non risuciva a trattenersi.
-Io e Dante abbiamo parlato un po'...Vorrei che anche tu ti sentissi libero di confidarti con me.-
-Non c'è niente di cui discutere. Siamo in un posto molto suggestivo e io mi sto godendo queste agognate vacanze.-
La donna avrebbe voluto ribattere, ma furono distratti dall'ingresso nel ristorante. Fortunatamente avevano prenotato in tempo, così poterono accomodarsi a uno dei tavoli migliori, proprio vicino al panorama.
Vergil sorrise, sua madre aveva un gusto impagabile nello scegliere i locali. Congedò il cameriere e scostò la sedia di Eva, poi prese posto anche lui.
-Che cavaliere, le ragazze agli altri tavoli moriranno d'invidia per la tua vecchia madre!-
-Non sei affatto vecchia, e credo che un paio di signori si siano già concessi qualche sguardo di troppo.-
-Non sfidarli a duello prima di cena!-
L'unica risposta dell'albino fu una risata bassa e beffarda. Si scostò appena per ricevere un menù dal cameriere. Notò che sua madre non prestava tanta attenzione ai piatti, quanto alla gente che aveva intorno.
-Sai, io e tuo padre frequentavamo spesso posti come questo. Erano delle serate perfette.-
Lui rimase in silenzio, l'assenza di suo padre rimaneva sempre un dolore inespresso.
-Guardavo le coppiette agli altri tavoli, ci sono molti giovani. Mi piacerebbe che anche tu avessi una ragazza da invitare, invece di badare a me.-
-Io mi prenderò sempre cura di te. E riguardo alle ragazze...- Vergil distolse lo sguardo, non aveva mai desiderato tanto romanticismo con le tante donne che aveva già frequentato. Si innervosì, pensando che in quei giorni i suoi pensieri erano rivolti a una sola persona. Gli sembrò quasi di vederla a una tavolo lontano. Scosse appena la testa, iniziava anche ad avere le allucinazioni adesso? Il suo unico problema era che l'aveva sempre accanto. Stesso albergo, stesso lido, stessi posti. Ma quella sera si sarebbe liberato della sua presenza scomoda, non sarebbe rimasto soggiogato da quel fantasma. -Non ho ancora incontrato nessuna all'altezza...-
-Non dovresti pensare per standard, non sempre ci si innamora del proprio tipo ideale. Dovresti conoscerla e vedere se i tuoi pensieri tornano a lei. .-
All'ultima frase, lui quasi si strozzò con una mollica di pane aromatizzato.
Eva sorrise, il figlio evitava di risponderle, ma lei sapeva benissimo che qualcuna già occupava la sua mente.
-Ho dimenticato di lavarmi le mani. Torno subito.- Malgrado il suo perfetto autocontrollo Vergil aveva bisogno di sfuggire allo sguardo materno per qualche secondo.
Percorse la terrazza a occhi bassi, senza guardare nessuno negli occhi. Il bagno era vuoto, e lui si guardò allo specchio. Il riflesso di un uomo risoluto e privo di insicurezze gli trasmise più forza. Aggiustò una ciocca di capelli che tendeva a ricadergli al lato della fronte e si lavò le mani, il contatto con l'acqua gelida lo rasserenò. Non c'era motivo di irritarsi. Quella sera non avrebbe pensato a lei. Non si sarebbe chiesto dove fosse con quel suo vestitino vaporoso, non avrebbe maledetto chiunque l'avesse invitata a cena.
No, lui quella sera avrebbe pensato solo a far divertire sua madre.
Sveva, almeno per quella sera, non esisteva.
Uscì dal bagno pronto a godersi una cena sontuosa e senza pensieri.
Una nuvola azzurra. Proprio oltre l'angolo, sparì in fretta come era arrivata.
Vergil provò una brutta sensazione, ma decise di non darvi peso.
Continuò a camminare verso la terrazza, quando sentì una voce femminile, proprio dietro davanti a lui.
-Sveva, quello non è il tuo amico?-
Si voltò in direzione di quella voce.
No, non era possibile.
Non quella sera.
La sua serata di libertà.
Ma lo stava perseguitando?
Si costrinse a rilassarsi, quella paranoia non era da lui. Abbassò lo sguardo verso un tavolo accanto alla balconata, in prima fila su quel panorama scintillante, ma discosto dal centro della sala.
Era proprio lei.
La sua espressione stupita lo colpì. Afferrò la sua immagine, ancor prima di rendersene conto. Se ne stava lì seduta, schiena dritta e testa alta, con un portamento insolitamente fiero. Le sue labbra carnose erano socchiuse in quell'espressione di perfetto stupore, che non aveva dubbi si potesse leggere anche sul suo stesso volto.
Era indubbio che ormai l'avesse vista. Doveva avvicinarsi a salutarla. Stava per muovere un passo quando la vide chinare appena la testa, in un gesto di saluto degno di una dama del milleottocento. Quando voleva, anche lei riusciva a essere dannatamente altezzosa.
-Buonasera.-
-Anche tu qui?- rispose lei, con un tono più scontroso di quanto avrebbe voluto. Vide le sopracciglia di lui aggrottarsi, e anche i suoi genitori si scambiarono uno sguardo perplesso. -Volevo dire che è davvero una sorpresa!-
-Sì, lo è anche per me.- Pensavo fossi uscita con uno spasimante e invece sei al sicuro, da mani altrui, con i tuoi genitori.
-Tu devi essere Vergil!- La voce profonda del padre della ragazza lo colpì. Come era riuscito a capire quale era dei due gemelli, se in albergo si erano a stento presentati?
-Sì, è lui.-
-Sì, sono io- risposero all'unisono Sveva e il ragazzo.
-Mia figlia ci aveva detto che sei un ragazzo molto elegante.-
Vergil increspò le labbra in un sorriso compiaciuto, mentre osservava il colore sparire dalle guance della ragazza.
-Grazie, signore.-
-Sei in compagnia?- chiese Sveva, cercando di distrarre suo padre, in modo che non facesse altre osservazioni imbarazzanti. Cercò di guardare negli occhi Vergil, leggeva un certo divertimento nel suo sguardo azzurro cupo. Poi un ombra.
Avevo pensato la stessa cosa di te. -Sì, sono con mia madre.-
-Oh, Dante non c'è?- chiese ancora lei, fingendo un' espressione dispiaciuta. Vide con soddisfazione delle minuscole rughette formarsi agli angoli della bocca perfetta dell'albino.
-No, non sa apprezzare i locali con un certo fascino. Adesso scusate, ma devo tornare al tavolo, è stato un piacere incontrarvi.-
Sveva si sentì accarezzare da quello sguardo di ghiaccio, un brivido le corse lungo la schiena e, per la prima volta, avrebbe giurato che a Vergil fosse piaciuto quello che aveva visto. I suoi genitori lo salutarono educatamente e lui si allontanò subito. Lei notò delle ragazze osservarlo con attenzione, quasi spogliarlo con gli occhi, mentre lui passava incurante di tutto.
Il risotto si stava facendo attendere, quindi lei non aveva nulla con cui distrarsi da quell'incontro inaspettato. Sentiva il cuore batterle più veloce nel petto, e bevve ancora un sorso di vino per calmare i nervi.
Aveva promesso di dimenticare quel ragazzo, eppure ogni volta che lei tentava di farlo lui era lì, proprio davanti a lei.
-Sembra proprio un bravo ragazzo, certo un po' freddo.-
-Molto attraente, nonostante l'albinismo.-
Ecco, l'ultima cosa di cui aveva bisogno erano i commenti di sua madre e suo padre. Ovviamente erano entrambi affascinati da Vergil, non importava se lui la trattava come una nullità.
I suoi genitori si scambiarono un' altra occhiata. La cotta della figlia era corrisposta, ma lei non l'aveva ancora capito.

-Tutto bene?-
-Sì, mamma. Ho incontrato...una persona.-
Eva vide suo figlio stranamente sorridente. Le sue labbra erano increspate in un sorriso sardonico e soddisfatto. I suoi occhi scintillavano, pur essendo di un azzurro cupo.
-Qualcuno di speciale?-
-No- rispose lui, troppo velocemente. -Mangiamo?-
La donna sorrise, alzando il calice in un silenzioso brindisi e poi iniziando a gustare i deliziosi e abbondanti antipasti. Quell'estate in Italia le avrebbe certamente rovinato la linea, ma per il palato ne sarebbe valsa la pena.
Il resto della cena trascorse tranquillamente, lei e Vergil assaporarono ogni piatto, accompagnandolo con qualche commento sull'arte in Europa, o su vecchi ricordi.
Nessuna portata fu rovinata da argomenti come l'amore, così suo figlio avrebbe evitato di strozzarsi di nuovo.
Diedero un ultimo sguardo al panorama, dispiaciuti di lasciare quella posizione privilegiata. Eva recuperò una macchina fotografica dalla borsetta, e chiese a un cameriere di scattarle una foto insieme al figlio.
Vergil gustò quegli istanti di perfetta serenità, senza suo fratello tra i piedi. Avrebbe voluto prolungare il piacere di quella serata.
-Perché non ci sediamo un po' in piazza, ho bisogno di un caffè.- propose a sua madre.
-Mi sembra una splendida idea! Mi piace così tanto questo paese antico.-
Il ragazzo si voltò, stavano per uscire dal portone della villa quando la rivide. Una nuvola di stoffa azzurra, che aleggiava intorno a un corpo sinuoso.
-Vergil, quella non è la famiglia della vostra amica. Come si chiama? Ricordo solo che il suo nome somigliava al mio...-
-Sveva.-
Lei, come sentendosi chiamare si voltò. Una ciocca di capelli, lasciata libera dallo chignon, le ondeggiò davanti agli occhi verdi.
Eva salutò i genitori della ragazza, e si trattennerò qualche minuto scambiandosi le solite formalità.
-Non è una serata magnifica?-
-Sì, noi stavamo giusto pensando di continuarla al bar in piazza.-
-Davvero, ma che coincidenza. Anche noi!- rispose Eva. Sentì Vergil irrigidirsi accanto a sè. Lui già aveva intuito cosa stava per dire -Perchè non andiamo insieme?-
-Ma certo, ci farebbe piacere. Così i ragazzi si faranno compagnia- rincarò la dose il padre di Sveva
Lei e Vergil stavano immobili e zitti l'uno accanto all'altra. Le loro mani quasi si sfioravano. Sveva si impedì di tremare, scossa da quel contatto. Lui, si voltò a scrutarla, cercando di capire cosa stesse provando.
-Dobbiamo fare ancora molta strada, ma è salutare per la digestione- rise Eva. Iniziando a scendere qualche gradino, il suo passo si manteneva agile nonostante i tacchi alti.
-Perchè non mandiamo avanti i più giovani, così ci riserveranno un tavolo al bar. C'è un concerto nella villa accanto, rischiamo di non trovare posto.-
Sveva si sentì come quando, alle elementari, i compagni spingevano una bambina tra le braccia del bambino che le piaceva e che stava passando lì vicino, in modo che cadessero l'uno addosso all'altra, abbracciati.
Si sentì spingere tra le braccia di Vergil e odiò quella sensazione. 
D'impulso guardò quelle braccia, la giacca conteneva a stento i muscoli possenti, mentre sottolineava splendidamente le spalle ampie. Stava per sospirare come una sciocca ragazzina. Maledizione.
Avrebbe voluto protestare. L'ultima volta che era rimasta sola con Vergil, tranne per quei pochi secondi davanti l'ascensore, avevano litigato furiosamente. Ma, con sua enorme sorpresa, lui fu più rapido nel rispondere.
-Certo, andiamo avanti noi.-
Lei avrebbe voluto voltarsi di scatto e chiedergli che diamine stesse dicendo, invece rimase impietrita, mentre sentiva un braccio di Vergil circondarle le spalle e spingerla per farla avanzare lungo la ripida stradina.
Mosse qualche passo in silenzio. Sentiva un inteso calore lungo la schiena e sulla spalla destra, dove Vergil continuava a tenere la mano. Sembrava che quel contatto la stesse bruciando. Cercò di dare la colpa al vino, ma non in realtà sapeva che era colpa dell'albino.
Lui sapeva di averla gettata nello smarrimento più totale. Aveva voluto la guerra? Ed era esattamente ciò che avrebbe avuto.
Si considerava un ottimo stratega, ma quando poteva amava essere il primo a sferrare l'attacco.
Lei era inaspettatamente bellissima quella sera, e lui era finalmente conscio di essere stato tormentato da una folle gelosia, fin quando non l'aveva scorta al tavolo con i suoi genitori.
Lei lo detestava? E allora sarebbe stata costretta a passare la prossima ora in sua compagnia. Lui l'avrebbe controllata, e l'avrebbe trattata come il meraviglioso giocattolino che era, lo erano tutte.
-Posso sapere cosa ti ha preso?- esclamò la ragazza, cercando di liberarsi da quell'abbraccio, che stava diventando sempre più stretto, quasi possessivo.
-Non so di cosa tu stia parlando.-
-Dei nostri genitori, non avresti dovuto accettare quest' idea assurda.-
-Avresti potuto rifiutare, invece di rimanere zitta- osservò lui, con il tono di voce più piatto che gli riuscì di tenere.
Una coppia di vecchietti saliva la strada in direzione contraria, li vedero sorridergli con ammirazione. Dovevano sembrargli una coppietta innamorata, pensò la ragazza, sempre più allarmata.
Avrebbe voluto dire a Vergil di togliere quel braccio dalle sue spalle, soprattutto perché iniziava a stritolarla, ma non ne aveva il coraggio. Era come se una parte del suo corpo rifiutasse di staccarsi da lui. Traditore.
-Se ti dispiace così tanto stare in mia compagnia perché non mi chiedi di togliere il braccio?- Sussurrò lui, ma nello stesso istante spogliò con gli occhi una straniera che passava.
Sveva iniziò a vederci rosso. Avrebbe volentieri fatto lo sgambetto a quella brasiliana sculettante, ma nascere bella non era una peccato, crescere stronzo invece sì.
-Ahia!- Vergil non riuscì a soffocare un' imprecazione.
-Se ti sto così vicina posso colpirti meglio.- sussurrò lei, dopo avergli pestato un piede col tacco a spillo.
Lui tolse il braccio e lei si sentì improvvisamente più leggera...ma tutto il calore svanì di colpo. Si strinse nello scialle e si allontanò da lui. La stradina era troppo stretta per mettere tra loro una distanza siginificativa, l'unica cosa che potè fare fu mettersi dal lato opposto, appoggiando una mano sul muro di pietra e girandosi a guardare Vergil, con aria di sfida, eppure guardinga.
Eccolo, pensò l'albino. Quel lampo verde che aveva tormentato i suoi sogni come un fulmine improvviso.
Finalmente era la resa dei conti.
Si concesse un lungo sguardo, dai sandali argentati salì verso le gambe, indovinò la linea dei fianchi, malcelati dall'abitino azzurro, e salì ancora verso la scollatura, le spalle e quel viso adirato.
-Hai finito di squadrarmi come se fossi una delle stupide che si...-
-Che si... Che cosa, Sveva? Che si innamorano di me?-
Si avvicinò, sempre di più. Poteva incombere su di lei, sfruttando la sua altezza, lei era così piccola, e tremante, in quel momento. La vide mentre cercava di indietreggiare ma il tacco del suo sandalo sfiorò il muro. Era in trappola.
Seguì il suo sguardo, oltre la strada, cercando di avanzare ma, lui fu più rapido e appoggiò le mani sul muro, circondandola. Si piegò appena, in modo che i loro visi fossero vicini.
Poteva sentire il suo respiro accelerato, quegli occhi verdi lo stavano trafiggendo senza pietà, e lui li sentiva nei propri occhi, come se potessero penetrargli nel corpo.
Lei era così fiera, quella sera, così bella in quel suo vaporoso vestito azzurro. Il suo sguardo si abbassò verso le labbra, lucide e carnose...
-Vattene- rispose lei, sottovoce, minacciosa.
-Altrimenti cosa farai?-
Non si trattenne, alzò una mano pronta a colpirlo in pieno viso, ma anche quella volta lui fu più veloce. Afferrò i suoi polsi e li portò dietro la schiena.
-Lasciami-
-Sta calma- rispose lui, beffardo, continuando a fissare la sua bocca.
-Non osare dirmi quello che devo fare.-
-Sei letteralmente imprigionata tra me e il muro, credo di essere in vantaggio nella nostra piccola guerra personale.-
-Che vuoi un premio?- disse lei dimenandosi, per liberarsi, ma ottenendo solo una stretta maggiore.
-Potrebbe essere una buona idea.-
A quel punto le mancò completamente il fiato. Il viso di Vergil, mortalmente serio, era troppo vicino al suo per equivocare le sue intenzioni. Non era possibile, lei non gli piaceva, la considerava un' insulsa ragazzina, appena passabile. Allora perché la stava guardando in quel modo?
-Puoi scordartelo- sibilò, senza riuscire a pronunciare qualla frase con la giusta convinzione.
-Non ho bisogno che tu collabori, sono abituato a prendermi da solo ciò che voglio.-
La frase successiva fu inghiottita da un bacio rabbioso, le labbra di Vergil si serrarono su quelle della ragazza, come se fossero una sua proprietà.
Sveva fu sopraffatta da quelle sensazioni improvvise, tremò a quel contatto così intimo, e in un primo momento si ritrovò a rispondere a quella inattesa passione.
Vergil le liberò i polsi, lasciando che un braccio la stringesse per la vita, mentre l'altro le accarezzava il collo, lasciato libero dai capelli alzati sopra la nuca.
La ragazza posò le mani sulle braccia di Vergil, come se avesse voluto tenerlo stretto e non lasciarlo andare, ma alla fine si rese conto dell'assurdità di quella situazione e lo spinse via. Il suo corpo non ci mise la forza necessaria e lui non si mosse, riprovò ad allontanarlo, stringendo i pugni e colpendolo sul torace. Ma lo sentì ridere, contro la sua bocca.
-Che stai cercando di fare?-
-Lasciami!-
-Acconsento solo perché sono un gentiluomo.- Non si staccò subito, la afferrò ancora, un ultima volta. Un bacio più veloce, più dolce, malizioso.
-Tu sei...odioso.-
Sveva voltò il viso, ritrovandosi improvvisamente libera da quell'abbraccio. Si dimenticò di prenderlo a schiaffi, per ora sentiva solo la sua presenza incombente, tanto vicina da soffocarla. Doveva andarsene e alla svelta. Iniziò a camminare, dapprima lentamente, poi sempre più veloce, come se stesse fuggendo da un qualche pericolo.
Lo sentì ridere ancora, alle sue spalle. -Dove pensi di andare?-
Lontano da te, avrebbe voluto gridargli, ma le mancò il fiato. Sentiva ancora le labbra pizzicarle per i baci. Avrebbe voluto dimenticare quella sensazione inebriante e, allo stesso tempo, preservarla in un angolo della sua memoria per sempre, perché sapeva che non sarebbe più accaduto.
Vergil si stava solo prendendo gioco di lei.
La stava facendo impazzire.
Appena si convinse di averlo distanziato abbastanza, a lui bastarono poche falcate per raggiungerla. Le fu di nuovo addosso, afferrandola per un braccio.
Era ancora una volta troppo vicino.
-Allora, ti arrendi?-
-Per arrendermi dovremmo stare giocando o lottando...-
-E io sto vincendo.-
-Tu non potrai mai vincere, perché giochi da solo.-
-Non mi sembra di essere solo- Le loro labbra erano di nuovo vicinissime, ma non si sfioravano neppure.
La strada si stava allargando, i rumori si intensificavano e c'era sempre più gente intorno a loro. Ormai erano vicini alla piazza.
Rapido, come si era avvicinato, Vergil arretrò, cedendole il passo.
-Sbrighiamoci, altrimenti i tuoi genitori e mia madre ci troveranno ancora qui.-
Sveva era senza fiato, si erano appena baciati, lei gli aveva appena detto di detestarlo...e lui pensava ai genitori?
Una parte di lei avrebbe voluto prenderlo a pugni in pieno petto, e lui lo capì benissimo dalla sua espressione bellicosa. Ma il resto della sua mente si lasciò invadere da una strana calma.
Il viso dell'albino era una maschera di ghiaccio, un mezzo sorriso sulle labbra, gli occhi con un luccichio divertito, i capelli perfetti. Sveva non voleva essere da meno. Non voleva dimostrargli quando la stesse facendo ammattire. Alzò il mento, come dandosi delle arie da gran signora e si voltò, precedendolo per la strada.
Lui stava solo giocando, lei non significava niente. Benissimo, anche lui sarebbe stato insignificante per lei, un misero insetto fastidioso, come una zanzara che si cerca di scacciare prima che ti succhi il sangue.
Il fatto che lui fosse anche bellissimo e magnetico era solo uno svantaggio.
La ragazza badò a mettere quattro o cinque passi di distanza tra di loro, in modo che non sembrasse neanche che stessero insieme. Sorrise in modo vistoso a un giovane straniero che passava, lui ricambiò il sorriso e si girò a guardarla, quando lei lo superò. Sveva sentì Vergil emettere uno strano verso.
-La tua strategia è fare la smorfiosa con tutti passanti?- sentì sibilare lei, al suo orecchio.
-Non so di cosa tu stia parlando- rispose lei, con tono innocente.
-Stai attenta a quello che fai.-
-Non sia mai che io turbi il tuo povero animo sensibile!-
Lo sentì ridere. Girò appena il viso, per guardarlo da sopra la spalla. Non lo aveva mai visto con quell'espressione. I suoi occhi azzurri scintillavano e le sue labbra erano socchiuse. Era bello da togliere il fiato, accidenti a lui.
-Se continui a guardare me finirai per inciampare.-
-Vuoi dire che tu non mi prenderesti tra le braccia, come un bravo cavaliere, prima che io mi sfracelli al suolo?-
-Assolutamente no,- rispose lui, indifferente.
-Tuo fratello mi aiuterebbe.-
Aveva fatto centro. Gli occhi di lui si incupirono all'istante e la voce perse quella tonalità leggera.
-Per lui sarebbe solo un' occasione per metterti le mani addosso.-
-Come hai fatto tu stasera?- Sveva tremò, mentre diceva quelle parole. Stava giocando col fuoco.
Sentì di nuovo quel braccio forte lungo la vita, lui si avvicinò al suo viso e le sussurrò, piano -Hai mai provato queste cose con lui?-
No, avrebbe risposto, se fosse stata spontanea. -Cosa: irritazione e fastidio?-
Vergil sorrise, mentre spostava la mano sulla testa bionda della ragazza e le dava un bacio al lato della fronte. -Piccola bugiarda.-
-Ti assicuro che sto dicendo la verità.-
Ormai erano arrivati al bar e, contrariamente a quanto sostenuto dai loro genitori, c'erano molti tavoli liberi. Non lo dissero ad alta voce, ma entrambi avevano il sospetto che prendere il posto fosse solo un pretesto per lasciarli soli.
Vergil scostò la sedia per farla accomodare. Sveva rimase sbalordita, non si era ancora abituata a tante buone maniere.
-Faresti meglio a darti una sistemata- disse lui mentre si sedeva di fronte a lei.
La ragazza si sentì avvampare. Che cosa aveva che non andava? Possibile che lui trovasse sempre qualcosa da ridire. Capì dalla direzione dello sguardo dell'albino che il problema erano i capelli. Si toccò la testa, effettivamente lo chignon era sceso, e la sua pettinatura era un disastro. Colpa del modo in cui lui l'aveva afferrata. Sentì di nuovo le sue guance imporporarsi. Odiava sentirsi così piccola e intimidita, davanti a quello sguardo arrogante.
-Mi allontano un attimo- commentò con falsa cortesia. Lasciò la stola sulla sedia, approfittando del vestito scollato sulla schiena. Afferrò un paio di forcine e le tirò giù, erano gli unici appigli che avevano i suoi capelli per rimanere alzati. Una cascata color oro precipitò sulle spalle e sulla schiena nuda. Avrebbe voluto girarsi per guardare la reazione di Vergil, ma avrebbe smentito il comportamento non curante che stava tentando di tenere.
L'albino intercettò degli sguardi di invida da parte di altri uomini. Era evidente che credevano che Sveva fosse la sua fidanzata, e lui glielo lasciò credere. Notò subito come molte teste si erano voltante, quando la ragazza era passata sotto i faretti del bar, quella luce improvvisa rivelava ancor di più la sottoveste aderente che c'era sotto l'abito vaporoso. Serrò le labbra, pensando a come l'aveva stretta a sè solo pochi minuti prima. Su una cosa Sveva aveva avuto ragione, lui l'aveva sottovalutata.
Quando lei tornò dal bagno gli fu evidente che, oltre a sistemarsi i capelli, si era anche rifatta il trucco. Lo sguardo era più definito e le sue labbra scintillavano in modo provocante, per effetto di un qualche gloss.
-Fatica sprecata, tesoro mio.-
-Puoi chiamare "Tesoro" qualcuna delle tue fan, non me. E io non sono tua, per niente.-
-Quel lucidalabbra rimane comunque fatica sprecata- sottolineò lui, pigramente. -Basteranno cinque minuti e non lo avrai più.-
Lei sentì un brivido scorrerle lungo la schiena. Era solo la sua immaginazione o lui stava di nuovo fissando la sua bocca?
-Stai tranquilla, ho solo ordinato un sorbetto al limone. Non ho intenzione di baciarti di nuovo.- La sentì sospirare di sollievo, e la cosa lo irritò.
-Nessuna si è mai lamentata dei miei baci.-
-Forse perché li volevano. Io non condividevo questo desiderio.-
-Ah, no?-
Sveva abbassò lo guardo, ma in quel preciso istante capì di aver fatto la mossa sbagliata. Anche senza guardarlo sapeva che lui aveva un' espressione esultante. -Hai l'abitudine di saltare addosso a chiunque?-
-Mi stai di nuovo confondendo con Dante, tesoro.-
-Ti ho detto di non chiamar...-
-Ciao ragazzi!- I loro genitori stavano arrivando senza fretta, dai loro volti sorridenti era evidente che si trovavano simpatici e che stavano trascorrendo una serata piacevole. A Sveva sembrò trascorso un secolo dalla tranquilla cena al ristorante, in realtà non era passata neanche mezz'ora.
-Sveva che è successo ai tuoi capelli?- chiese la madre
-Ho perso un paio di forcine- mentì lei
-Va bene, in fondo ti stanno meglio i capelli sciolti.-
-Si sta davvero bene- commentò Eva, guardandola dolcemente e poi posando lo sguardo su suo figlio, come a chiedergli la sua opinione al riguardo. Vergil evitò quello sguardò, intercettanto, invece, un cameriere per le ordinazioni degli adulti.
-Noi abbiamo già preso un caffè e un sorbetto al limone-
-Pensavo avessi preso un sorbetto anche tu...- commentò Sveva, senza pensarci.
-No, preferivo prendere qualcosa che mi svegliasse. La strada per tornare è lunga e piena di curve.-
-E perchè a me hai preso il sorbetto al limone?-
-Hai ragione, avrei dovuto prendere qualcosa per addolcirti. Sei già aspra di tuo- commentò col sorriso sulle labbra, senza farsi sentire dai genitori.
-Che gentile, così mi fai arrossire!-
-Credo di averlo fatto parecchie volte oggi.-
E lei arrossì di nuovo. Lo detestò, di nuovo.
Il resto del tempo i genitori della ragazza si fecero ammaliare dell' educazione impeccabile di Vergil, lui stava facendo del suo meglio per affascinarli. Sedeva ritto sulla sedia, il tono di voce nè troppo, nè troppo basso, usava solo parole gentili e termini appropriati. Sveva trascorse l'ora successiva a essere arrabbiata con lui. Ogni tanto si punzecchiavano, ma facendo in modo che sembrasse un normale scambio di battute tra due grandi amici. Eva non parlava molto, ogni tanto scattava qualche foto e sorrideva felice, come se stesse assistendo a  una scena diversa dagli altri. Prestava molta attenzione ai modi della ragazza, al modo in cui lei guardava suo figlio, e suo figlio guardava lei. Dall'espressione serena che le aleggiava sul viso sembrava approvare quello che vedeva.



Angolo di Bry:
ed eccoci qui, con un nuovo capitolo.
Ringrazio chiunque abbia letto, seguito, commentato la storia o l'abbia aggiunta negli elenchi di interesse.
E niente, questo è il mio capitolo preferito. Spero sia piaciuto anche a voi :D

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Capitolo 27
*** Attenti a non scottarvi. ***


La cittadina sul mare ferveva di attività. Sul molo, poco lontano dalla spiaggia, una grande squadra di operai si dava rumorosamente da fare per montare un enorme palco, sormontato da fari e casse per il concerto più grande che si fosse mai visto da quelle parti. Anche nelle vie circostanti era tutto un prepararsi per la notte bianca. Le luminarie venivano montate, affiancate da altoparlanti e festoni. Malgrado mancassero ancora parecchi giorni alla festa, sorgevano perfino negozi ambulanti, pronti a far fare grandi affari ai clienti più fortunati.
Eppure, tra la sabbia bollente e le onde gelide, nessuno si accorgeva di quell' attività insolita. I bagnanti non facevano caso che a se stessi: le madri guardavano i figli piccoli lungo la riva, gli anziani leggevano vecchi romanzi e i più giovani amoreggiavano.
I gemelli Sparda scesero presto sul lido e non aspettarono molto prima di spogliarsi, rivelando i loro fisici perfetti a tutti gli adoranti sguardi femminili.
Federica si avvicinò subito a Dante, per far capire alle comitive di bikini striminziti che il pollo era già stato preso e adeguatamente cotto.
-Ciao, amore!- disse, buttandogli subito le braccia al collo e baciandolo senza ritegno.
Dante si staccò rosso in volto e molto allarmato. -E se ci vedono i tuoi?-
-Tranquillo, sono fuori con i genitori di Sveva.-
-Anche nostra madre è andata con loro- li informò Vergil, che non tentò nemmeno di salutare la ragazza, considerandola una stupida traditrice, quindi non degna di attenzione.
-Ah, quindi siamo solo noi quattro, fantastico!-
-Ma la quarta dove è?- chiese Dante.
-Cercavate me?-
Sveva fece capolino dalla fila di ombrelloni più indietro, sorridente come non mai.
-Tu devi assolutamente dirmi dove hai comprato quel costume!- Federica indicò con invidia l'attillato trikini nero, in cui si era fasciata l'amica. Una fila di perline colorate vivacizzava il decoltè, ondeggiando a ogni movimento. -E devi dirmi pure dove hai trovato il coraggio di mettertelo! Che è successo alla mia santarellina?-
-Secondo me sta tentando di fare colpo su qualcuno- suggerì Vergil, che aveva tentato di non osservarla per più di qualche secondo. Cosa maledettamente difficile.
-No, per niente. Ho già attratto troppe attenzioni indesiderate, ultimamente.- Sveva sorrise a Vergil, serafica. L'albino non mosse un muscolo, eppure qualcosa nel suo viso le suggeriva che si stava preparando alla guerra. Peggio per lui, era stato proprio lui a dare inizio alle ostilità, con un bacio.
-Qualche altro scocciatore?- chiese Dante, scattando verso l'amica, pronta a difenderla.
-Sì, non ne hai idea- ammise.
-Non mi hai detto niente!- la accusò Federica.
-Non ne ho avuto il tempo, è successo da poco.-
Vergil alzò un sopracciglio, chiedendosi dove volesse arrivare quella strega dai capelli biondi.
-Comunque non è che ci sia molto da dire, in realtà si potrebbe anche ignorare.-
-Non fare la stupida, parla!- La pregarono Dante e Federica.
Sveva si voltò distrattamente verso Vergil, lo guardava negli occhi ma parlava in modo assolutamente non curante, come se stesse discutendo di uno sconosciuto.
-Il peggior bacio della mia vita!- Con sua estrema soddisfazione la mascella di Vergil si contrasse, anche se il resto del viso sembrava una maschera di ghiaccio. Gli altri due amici schizzarono in avanti, pronti a sentire il resto della storia.
-Che ha fatto?-
-Mi ha intrappolata contro un muro.-
-Che bastardo!- esplose Dante, con un'improvvisa voglia di menare qualcuno.
-Sei piuttosto tranquilla, per una che è stata appena aggredita- osservò Vergil.
-Oh, non sono stata "aggredita", eravamo comunque in mezzo alla gente. E solo che lui è stato così...- Sveva fece attenzione a guardarlo dritto negli occhi, assicurandosi di essere ben interpretata. -basso, meschino e sgradevole.-
Federica stava scrutando l'amica, e iniziava a capire che qualcosa non andava nel verso giusto, ma preferì non fare commenti, aspettando che finisse il racconto.
-Certo mi fa un po'...pena- Sveva era sempre più convinta di stare giocando col fuoco, eppure quella sensazione la esaltava. -Evidentemente non aveva altro modo per dare un bacio a una ragazza.-
-Dimmi chi è e lo ammazzo.- disse Dante.
-Lo faresti con molto piacere, te l'assicuro.-
-Allora chi è?- insistette Federica, sempre più curiosa.
Sveva emise un mugolio infastidito -Non ha importanza, te l'ho detto. Un bacio da dimenticare,- cercò di non arrossire, comprendendo da sola i vari significati assunti da quella frase. Voleva sminuire le avences di Vergil, farlo sentire insignificante come si era sentita lei, eppure qualcosa nel suo cuore si ribellava, facendole capire che la realtà era ben diversa. Doveva dimenticare quel bacio perché, se ci avesse ripensato, avrebbe dovuto ammettere, almeno con se stessa, che stare tra le braccia di Vergil era stata la sensazione più inebriante che avesse mai provato. -Non ho più voglia di pensarci, anzi l'ho già rimosso.-
-Che prontezza!- esclamò Vergil, come se avesse appena ritrovato la parola. Le sopracciglia erano in alto, sopra gli occhi azzurri come se fosse sorpreso, ma la bocca era stretta in un sorriso amaro, contrariato.
-Se lo rivedessi voglio che me lo indichi, lo rimetto a posto io!-
-Grazie Dante, ma non c'è bisogno. Credo di averlo già rimesso al suo posto.-
Federica non aggiunse altro, pronta a chiudere la questione, ma non poteva fare a meno di notare gli sguardi che si scambiavano la sua migliore amica e Vergil. C'era una tensione sotterranea tra di loro, era qualcosa di quasi palpabile, un misto di attrazione e repulsione che minacciava di scoppiare da un momento all'altro. Conosceva Sveva da tantissimo tempo e sapeva quanto potesse essere dolce, eppure aveva scoperto anche altri lati del suo carattere, più celati, che si svelavano raramente. La biondina, arrivata al limite della pazienza, sapeva diventare sarcastica e crudele. Ma Vergil come avrebbe reagito?
-Andiamo a bere qualcosa? O magari ci prendiamo un gelato? Fa un caldo che mi sto per sciogliere!- Federica si affrettò a proporre un diversivo, prima che la situazione esplodesse.
-Mi sembra un'ottima idea! Vada per il gelato.- rispose Dante, felicemente ignaro di tutte le cupe sensazioni della fidanzata.
-E quando mai a te non va di mangiare! Muovetevi, voi due.-
-Uhm, non vorremmo essere di troppo...oggi siete più coppietta del solito,- ridacchiò Sveva, guardandoli.
-Cosa, noi?- Dante stava massaggiando un braccio a Federica, mentre lei era pigramente adagiata sul suo petto. Si tallonarono di colpo, come si fossero scottati.
-Non è mica una cosa brutta!- protestò Sveva.
-Non siamo una coppietta! Cioè lo siamo ma...-
Vergil si alzò, vestendosi alla svelta. -Possiamo evitare di riassumere il vostro status sentimentale e andare al bar?-
-Stranamente sono d'accordo con Mr so tutto io!- rispose Sveva, con tono lamentoso, mentre si alzava, si infilava una gonna corta sopra il costume e afferrava il portafogli e il cellulare.
-Biondina, ti stai dimenticando un pezzo!-
Sveva si girò verso Vergil, con un'espressione confusa.
Lui mosse le mani lungo il busto. -La maglietta!-
-Non l'ho dimenticata, non la metto.-
-Cioè?- E stavolta fu Dante a strabuzzare gli occhi, mentre Federica rideva.
-Il bar è a dieci passi da qui, non dobbiamo nemmeno uscire dal lido. Io ho il costume addosso ed è pure un trikini. Sono perfettamente coperta!-
-Diciamo che "coperta" non è proprio l'espressione che utilizzerei, ma dato che siamo in spiaggia non vedo perché dovremmo essere coperte!-Le diede man forte l'amica, che indossò un copricostume a rete, che non nascondeva niente, ma che le dava la possibilità di dire che aveva qualcosa addosso.
-E quella cos'è una rete per i pesci?-
-Ci manca solo la scenata di gelosia! Dante ma tu non avevi fame? -
-Sì, andiamo.- Ma tanto per chiarire la situazione, passò il braccio intorno alla vita di Federica e la strinse a sè. Quel segno di possesso avrebbe tenuto lontani gli altri maschi, mentre la ragazza era perfettamente rilassata e non perdeva occasione per prenderlo in giro.
I gemelli si offrirono di fare la fila e di ordinare da mangiare, mentre le due italiane rimasero comodamente sedute al tavolo.
-Il fidanzatino è geloso!- scherzò Sveva, dando una gomitata all'amica.
-Non ti ci mettere anche tu.-
-Ma dai che tra voi va benissimo: si vede lontano un miglio che siete felici. La seratina romantica come è andata?-
-Alla grande, abbiamo mangiato una pizza e poi abbiamo fatto una passeggiata. Ma non è tanto quello che facciamo, è più come mi fa sentire. Con lui è esattamente come dovrebbe essere: sono felice, rilassata, a mio agio e...ed è pazzesco quello che provo quando si avvicina a me e...-
-Salta i particolari osceni!-
-Non ci sono particolari osceni,- protestò Federica, poco convinta, soprattutto pensando alle numerose battute a luci rosse che si erano involontariamente fatti uscire.
-Secondo me ci sono. Ricordati che so come eri vestita! Che poi "vestita", tra virgolette...-
Federica le mollò uno spintone, ma Sveva riuscì a restare in equilibrio sulla sedia. Le frange piene di corallini, che sottolineavano la scollatura, vibrarono scontrandosi le une con le altre. -Parli tu, che oggi hai messo questo costume super sexy.-
-Ma quale super sexy? E' solo un po'...carino- Il viso di Sveva diventò porpora, mentre lei incrociava le braccia sulla scollatura, come per mostrare meno pelle. -Non eri tu a ripetermi che devo fare meno la santarellina?-
-E tu mi stai ancora ad ascoltare?-
Le due ragazze scoppiarono a ridere, ma il buonumore non tornò subito, perché Federica doveva ancora scoprire la verità. -A che gioco stai giocando con Vergil?-
Sveva fu colta dal panico. Una cosa era prendere in giro l'albino, tirando direttamente le stoccate, un'altra era confidare all'amica tutte le proprie insicurezze, dubbi e insensatezze. Per una volta non aveva voglia di parlare, per uno strano scherzo del destino fu proprio Vergil a toglierla dall'impiccio, tornando con le bibite.-
La sosta al bar fu breve, e il ristoro ancora minore, perché, una volta tornati in spiaggia, il caldo li assalì con più forza di prima.
-Allora, andiamo a fare il bagno?-
Dante fu il primo ad accogliere l'invito.
-Sei sicuro? Insomma, noi abbiamo solo bevuto un succo di frutta, tu hai mangiato.- Federica era preoccupata per lo stomaco di Dante, che però sembrava non condividere la sua ansia.
-Soltanto un gelato!-
-Un magnum cioccolato e doppio caramello! Ci metterai una vita a digerirlo.-
-A me sembra di aver ingerito solo briciole...Su, andiamo, mammina!-
Vergil fu l'unico a restare dov'era, dicendo di non avere ancora voglia di buttarsi.
Sveva fu contenta di vedere Vergil defilarsi. Era convinta di averlo almeno scalfito nell'orgoglio, ma tutta la sua convinzione crollò quando risalì sulla spiaggia, dopo un lungo bagno rilassante.
Sarebbe rimasta ancora in acqua, ma voleva lasciare un po' di intimità all'amica e al nuovo fidanzato. I due si comportavano come piccioncini innamorati, non se ne rendevano nemmeno conto ma, ogni tanto, scendevano i quei comportamenti quasi melensi che odiavano tanto. Lei non aveva alcuna voglia di farglielo notare, anzi, era fermamente convinta che un po' di romanticismo facesse bene a tutti.
Saltellava sulla spiaggia cercando di raggiungere in fretta il proprio lettino, quando si trovò di fronte a una rossa mezza nuda, con del filo interdentale al posto del bikini, avvinghiata a un tizio dal fisico statuario. Le davano le spalle, non poteva vederli in viso, e non ci fece più di tanto, ma, superandoli, si accorse che qualcosa non andava.
Lui aveva i capelli bianchi, ma era giovane.
Se Dante stava facendo il bagno con Federica, allora quello stritolato dalla rossa era...
Non avrebbe dovuto esserne ferita, ma qualcosa nel suo cuore si congelò all'istante. Sapeva benissimo quanto le ragazze adorassero Vergil e quanto lui sapesse essere un grande seduttore, in fondo lei non era che un'altra vittima...
La scena del loro bacio a Ravello le oscurò la visuale. Non aveva significato niente.
Cercò di ripeterselo mentre, finalmente arrivata al lettino, si spalmava la crema protettiva. Era solo un caso che ancora guardasse dalla parte dell'albino. Non lo stava spiando, non lo stava mentalmente menomando mentre vedeva il suo braccio stringere il fianco sottile di quella tizia dai capelli rosso fuoco. Però l'avrebbe fatto, sì quelle braccia gliele avrebbe veramente mozzate, stringevano troppo forte, sapevano incollare una donna al suo torace perfetto, farla aderire a punti a cui non aveva mai nemmeno pensato...
Si costrinse a voltarsi dall'altra parte, cercando freneticamente la bottiglietta d'acqua che si era portata in spiaggia, la salivazione si era improvvisamente azzerata.
-Vicino a certe persone si sente subito più caldo.-
Sveva non riuscì a non fare un salto. -Tu che ci fai qui?-
-Il mio ombrellone è qui vicino, lo sai benissimo.-
-Sì, intendevo come mai avessi mollato la tua Ariel...-
Vergil le sorrise, in quel suo modo irresistibile, eppure il sorriso non arrivava agli occhi, non era sincero -Si chiama Camille, e la stavo salutando, stava tornando a casa...-
-Torna a casa alle 10 e mezza? Ah, si deve essere accorta di aver dimenticato di vestirsi e stava tornando a casa a riprendere il costume.-
-Veramente aveva un bikini magnifico. E poi ha un corpo da opera d'arte-, precisò lui, con aria da rapace.
-Ti facevo un tipo più raffinato.-
-Sei invidiosa del suo corpo perfetto?-
-No, mi dispiace per te,Vergil. Pensavo che ti riservassi solo i diamanti, e invece stringi con tanto ardore una più falsa di un fondo di bottiglia.Sei passato dalla bellezza esclusiva al campione di prova, quello che toccano tutti...-
La biondina notò con somma soddisfazione il viso di Vergil tornare la solita maschera neutra, il sorriso gli era scomparso dalla faccia. Aveva colpito nel segno.
-Qui c'è poca varietà, mi accontento di quello che capita, anche se è scadente.-
Il modo in cui la guardò fu tutt'altro che lusinghiero, ma lei cercò di non badarci. Lo aveva fatto giocare in difesa e questo era già una soddisfazione.
-Vero, avevi messo gli occhi su Federica, e adesso? Ah, sì. Sta con tuo fratello.-
-Non è stato un mio errore, è lei che preferisce la brutta copia.-
-Pensavo che riuscissi a ottenere tutto ciò che volessi...-
-Non hai ancora visto niente.-
Il tono con cui lo disse la fece gelare. Soltanto Vergil sapeva essere ammaliatore e minaccioso allo stesso tempo. Soltanto per un momento lei capì di stare giocando col fuoco e di essere pericolosamente vicina a scottarsi.
-Che vuoi dire?- Sveva guardò verso il mare. Federica e Dante stavano ancora facendo il bagno, si rincorrevano tra le onde sollevando migliaia di schizzi scintillanti, sui loro volti si leggeva una felicità irrefrenabile, concessa a pochi e terribilmente preziosa. -Se hai in mente di danneggiare il rapporto tra tuo fratello e la mia amica, te lo dico subito, togliitelo dalla testa.-

Vergil si voltò verso di lei, lentamente, con un'espressione di stupore troppo evidente per essere sincera. -La gattina adesso si crede una tigre. Interessante.-
-Smettila di fare il cretino,- ringhiò lei, guardandolo di traverso, mentre si spalmava nervosamente la crema solare sulle braccia.
-Mostri gli artigli? Andiamo, sei più carina quando fai le fusa.-
Sveva strinse una delle assi del lettino per trattenersi dal lanciarli qualcosa in faccia. Era sempre stata una persona calma, praticamente serafica, ma Vergil aveva il dono di farle perdere anche l'ultimo, misero, briciolo di pazienza. Faceva uscire la parte più istintiva e selvaggia di lei, una parte che nemmeno sapeva di avere, che usciva fuori solo quando si sentiva minacciata. E lui con quelle sue frasi falsamente lusinghiere era un pericolo imminente, troppo vicino.
-Le "fusa" di certo non vengo a farle a te.- Rimase seduta ma si girò dall'altra parte, ma non guardare in viso il nemico fu il suo errore più grande. L'albino fu lesto ad alzarsi e superare la breve distanza che li separava. Afferrò la boccetta di crema protettiva e si sedette alle sue spalle.
-Ti sei già dimenticata dell'altra sera?- Le chiese con voce suadente, volutamente ammaliante.
-Che diavolo fai?- Lei tentò di alzarsi, ma Vergil fu più veloce e le cinse la vita con un braccio, tenendola ferma davanti a sè. L'altra mano le massaggiava la schiena, con gesti volutamente lenti, ma decisi, insinuanti.
-Stà ferma!-
Sveva avrebbe voluto fuggire lontano da lì, a mille miglia da quelle mani forti, da quei gesti perfetti che la stavano facendo sciogliere, o forse la stavano accendendo in un modo sconosciuto.Eppure era inchiodata lì, come sottomessa al potere di quel tocco caldo, di quella voce autoritaria. Come sotto incantesimo.
-Il peggior bacio della tua vita, eh?- sussurrò lui, perfettamente conscio del tremito che le attraversò la schiena, del battito accelerato di quel suo cuore arrendevole e impazzito.
Fu allora che Vergil la baciò di nuovo, ma sulla spalla, salendo verso il collo. Sembrò assaporare la sua pelle leggermente salata, poggiando appena le labbra su di lei.
Fu allora che Sveva chiuse gli occhi, sentendosi gelare fin dentro le ossa. Malgrado fosse al sole, su una spiaggia calda fino all'inverosimile, un brivido la scosse e fu come se il suo cuore perdesse un colpo, come se si fosse dimenticato di battere, proprio come lei, che rischiò di dimenticare se stessa tra le braccia di Vergil.
Ah, quel cuore traditore!
Se c'era una persona dalla quale non si doveva far conquistare era proprio l'albino. Lui le avrebbe spezzato il cuore fin troppo facilmente. Per lui sarebbe stata un'impresa talmente semplice da essere noiosa, non valeva nemmeno lo sforzo di pensarci. Allora perché si comportava così?  Perché si prendeva la briga di giocare con una ragazzina troppo romantica?
Perché stuzzicava quel cuore troppo fragile, che avrebbe spezzato con un solo tocco, una sola parola crudele?
-Non soffi più, gattina?-
La voce di Vergil la raggiunse da molto lontano, malgrado i loro visi fossero ancora a contatto. Lui la teneva ancora stretta, anche se la presa era meno ferrea, quasi rilassata, come se avesse capito che lei non avrebbe mai avuto la forza di scappare. Sveva si accorse, con orrore, di avergli preso la mano e di tenerla ancora nella propria.
L'unico punto a suo vantaggio era non vederlo in viso. Era seduto dietro di lei e lei non si sarebbe mai voltata. Sapeva perfettamente che avrebbe capito quanto fosse sconvolta, se l'avesse guardata negli occhi. Ma fino a che non si specchiava in quelle iridi di ghiaccio, fino a che non vedeva il sole giocare con i riflessi nivei dei suoi capelli, lei aveva ancora qualche speranza di mentire, a lui e forse a se stessa. Gli lasciò andare la mano e cercò di racimolare qualche frase sensata.
-Tutto qui ciò che sai fare?- chiese con voce tagliente, amara. - La mia schiena ti ringrazia per la protezione, ma ora potresti anche toglierti di dosso. Con questo caldo è insopportabile averti tanto vicino, non che di solito sia più piacevole.-
Lui sorrise. Non lo vedeva ma percepiva chiaramente il suo respiro trattenuto, immaginava le sue labbra sollevate di pochissimo.-
-Non fare l'altezzosa che non sei. L'aria da mangia uomini non ti si addice.-
-E che aria mi si addice? Aspetta non dirmelo: l'altra sera ero "tesoro", oggi sono una "gattina". Domani cosa sarò: "dolcezza"o "pasticcino"? Ti avverto: non ti conviene mangiarmi, ti finirei sullo stomaco!-
Sveva si alzò di scatto e lui non tentò di trattenerla. Voleva vederla in viso, voleva vedere quanto era brava a mascherare le proprie emozioni, se i suoi occhi mandassero i soliti lampi verde veleno o se quel rossore da educanda le imporporasse ancora le guance.
"I dolci scadenti finiscono sempre sullo stomaco", pensò. "Scadente": lei poteva esserlo?
La vide mordersi le labbra, senza capire quanto fosse seducente quel gesto. Vide i suoi occhi fissarsi nei suoi, per un lungo secondo, con una nuova rabbia, e poi fuggirne lo sguardo.
Avrebbe voluto colpirla, per farle capire che non poteva vincere giocando con lui. Avrebbe voluto sconfiggerla con una sola stoccata, rapida e letale.
Ferirla. Ma non gli uscì nemmeno una parola dalla bocca.
Per la prima volta non desiderò schiacciare il suo avversario, non desiderò eliminare la presunzione di potersi battere contro di lui.
La stava proteggendo...da lui stesso.
Impossibile.
Inconcepibile.

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Capitolo 28
*** Ettore ***


La sera iniziava a calare dolcemente sulla piccola città di mare. La luce era più tenue e i colori accesi del tramonto stavano già diventando meno vividi.
Vergil si passò una mano tra i capelli, per domare una ciocca ribelle, che continuava a scendere verso gli occhi. L'aria fresca gli accarezzava il viso mentre faceva jogging sul lungo mare.
Non sentiva la fatica: il cuore manteneva battiti costanti, i muscoli rispondevano con precisione agli stimoli e nemmeno un accenno di fiatone, malgrado fosse al decimo giro. Era perfettamente allenato, considerò con estrema soddisfazione.
Scattò in avanti per evitare un bambino sfuggito alla mano della madre e incrociò lo sguardo con una bella ragazza dagli occhi scuri e le forme invitanti. Sorrise, come sempre appagato dal vedere l'ammirazione negli occhi altrui. Controllò le pulsazioni sul braccialetto elettronico, chiuse gli occhi e accelerò l'andatura. Era al porto, la gente diminuiva sempre di più, e lui aveva la strada libera, finalmente solo, anche se una strana inquietudine continuava a seguirlo come un'ombra minacciosa. Era isolato dal resto del mondo grazie alle cuffiette. Alternava brani di musica classica a pezzi moderni, ma strumentali e sempre di grande potenza. Quella musica gli dava la carica, lo faceva sentire il padrone del mondo, qualcuno in grado di ottenere qualunque cosa desiderasse. Ed era esattamente questo ciò che era: un uomo deciso, sicuro di sè, in grado di vincere ogni battaglia.
Arrivò al limite del porto e si fermò. Aveva finito l'allenamento programmato, mosse qualche passo per non far raffreddare di colpo i muscoli e poi si concesse una vera sosta. Era alla fine del molo, nel punto più alto e panoramico. Da lì poteva osservare gran parte degli stabilimenti balneari e anche le persone che passeggiavano nel piazzale.
Fissò una coppia, poco lontano, sembrava lontana dal resto della folla, come se in quel momento ci fossero solo loro due al mondo.
Lui non doveva essere italiano, troppo biondo e con una corporatura massiccia. Probabilmente americano. Lei, invece, era più piccola e bruna. Rideva e cercava di scappare, ma il ragazzo riusciva sempre ad afferrarla. Fu in quel momento che la strinse a sè e la baciò.

Vergi si sorprese a chiedersi se, ad un occhio esterno, anche lui e Sveva erano apparsi così, qualche sera prima, a Ravello.
Chiudendo gli occhi riusciva a vedersi appoggiato al muro, mentre la intrappolava contro di sé e le rubava un bacio.
Il bacio peggiore della mia vita...la sentì ripetere nella propria mente. Gli sfuggì una smorfia di rabbia repressa, chiuse le mani a pugno, e distolse lo sguardo dalla coppia, sempre più vicina.
Un bacio da dimenticare... gli aveva detto. E allora perché lui non riusciva a dimenticarlo? Perché sentiva ancora quelle labbra morbide contro le sue, perché desiderava ancora tenerla stretta e farle capire che doveva cedere? No, loro non assomigliavano minimamente a quella coppia.
Fissò con astio i fidanzatini. La ragazza non smetteva di ridere guardava l'altro con adorazione. Lui l'abbracciava, ma senza tenerla stretta, le permetteva di allontanarsi e tornare da lui. Emanavano fiducia e serenità.
Tra lui e Sveva non c'erano quelle risate spensierate. Ultimamente la tensione stava crescendo sempre di più, avevano iniziato una schermaglia che iniziava a somigliare a una lotta all'ultimo sangue. Avrebbe vinto chi sarebbe stato capace di ferire più a fondo, di annientare l'orgoglio dell'altro. E lui non voleva perdere, ma non voleva neppure...
Bevve avidamente un sorso d'acqua, come se la confusione che lo agitava fosse un incendio da domare che gli stava ardendo dentro. Svuotò la bottiglietta e l'accartocciò. Il rumore della plastica distorta sembrò calmarlo. Lanciò il contenitore nel bidone, era abbastanza lontano ma sapeva di poterlo centrare.
-Bel lancio- esclamò una voce maschile dietro di lui. La coppia era ormai alle sue spalle.
Vergi chinò appena la testa, e se ne andò senza rispondere.
Camminò a passi lenti verso l'albergo, con la voglia che tutta quella gente sparisse. Accese di nuovo il lettore mp3, selezionò uno dei suoi brani preferiti, moderno ma epico. Voleva stare da solo. Riprendere il controllo.
Si sentì invadere dalla musica: il violino era struggente, ma pian piano il ritmo delle percussioni cresceva sempre di più. Lasciò che le note veloci lo trasportassero lontano, lavassero tutte le ombre che si portava dentro e gli restituissero il vecchio se stesso.
Si era calmato solo da qualche secondo quando si sentì strattonare. Si girò, trattenendo la rabbia.
-Chi...?-
-Ciao!- Federica saltò all'indietro quando lui si girò. Era molto tempo che non lo vedeva così: il viso inespressivo come una maschera di ghiaccio, solo i suoi occhi erano accesi da una strana luce, un'espressione indecifrabile. Gli sorrise senza dar troppo peso a quella stranezza. I guai di Vergi non erano affar suo e se lui continuava a fare lo stronzo con chiunque era naturale che, prima o poi, sarebbe incorso in qualche brutta esperienza.
-Non sono Dante.-
-Lo so.-
-Allora non dovresti sorridermi in quel modo- le sussurrò passandole un dito sulla guancia, con fare allusivo. -O hai finalmente capito che mio fratello non vale un decimo di me?-
-Evidentemente hai dimenticato cosa sia la cortesia. Te la spiego in una semplice frase: si deve sorridere anche alle persone che ti fanno proprio venire il mal di stomaco.-
Lui rise e incrociò le braccia sul petto. -Allora, che vuoi?-
-Lo so: non hai tempo da perdere con me, hai cose più importanti da fare e bla bla bla...-
Vergi non rispose, limitandosi ad alzare un sopracciglio e spostare appena lo sguardo verso il mare.
-Siamo tornati a quel punto...-
-Quale punto?- le chiese, senza far trapelare la curiosità dalla propria voce.
-Quello in cui tu ti ergi ad essere superiore, privo di emozioni e assolutamente disinteressato a noi poveri comuni mortali.-
-Se mi annoiate a morte non è colpa mia- stava per voltarsi e andarsene quando la domanda di Federica lo raggiunse.
-Ti annoia anche la mia amica?-
-Lei che c'entra?-
-Ti devo parlare di Sveva e tu, pezzo di ghiaccio oppure no, mi farai il santo piacere di ascoltare.- Per essere più incisiva si avvicinò a lui e afferrò l'asciugamano attorno al suo collo, rischiando di strangolarlo.
Quella sera Federica portava i tacchi, il che voleva dire che poteva guardarlo dritto negli occhi, senza bisogno di alzare lo sguardo. Erano assolutamente alla pari, i visi vicini. Vergi le mise le mani sui fianchi, ma con una leggera tensione verso l'esterno, per farle capire di allontanarsi. Lei non si mosse. -Stammi bene a sentire. Non provare più a giocare con la mia migliore amica, altrimenti ti spezzo le ossa una a una.-
Gli occhi della ragazza erano spalancati, il viso indurito e il tono chiaramente minaccioso, ma nonostante questo Vergi non riuscì a trattenersi. Gettò la testa all'indietro e rise come non faceva da tanto tempo.
-Questo è francamente esilarante. Anche volendo non riusciresti a farmi niente...- sussurrò avvicinandosi sempre di più al viso di lei.
Con sua sorpresa anche Federica si avvicinò, per un momento credette che stesse per baciarlo e invece la sentì mormorare.
-Se in questo preciso istante alzassi un ginocchio, ti assicuro che sentiresti molto dolore.- Lo vide contrarre le mascelle, con disappunto. Solo allora si allontanò, lo prese per un braccio e lo trascinò verso una panchina. Stranamente lui non oppose resistenza. -Sediamoci.-
-Cosa c'è, lei non è in grado di difendersi da sola e manda te?-
-Da come sei ridotto mi sembra che lei si difenda benissimo!-
-Stronzate!-
-Il fatto è che non voglio che la mia migliore amica sia costretta a difendersi.-
-Bel tentativo. Proprio tu fai la sua paladina. Tu che le hai fregato il ragazzo!-
Federica si voltò di scatto verso di lui, con espressione furente. -Non le ho fregato proprio niente.-
-Dante non aveva occhi che per lei, prima che ti mettessi in mezzo tu, cara "migliore amica"-
-Senti, io e Sveva su questo punto ci siamo già chiarite. Non provare a farci litigare, perché tanto non ci riusciresti.-
-No, certo. Il mio unico scopo stasera è stare qui seduto a sentire le tue stupidaggini.-
-Sveva dovrebbe prenderti a calci invece di in...- Federica si interruppe subito, capendo di star parlando troppo. Tentò di allontanarsi ma Vergi fu più veloce e la prese per un braccio.
-In...cosa? Che stavi dicendo?-
Una strana urgenza traspariva dalla sua voce. Vergi voleva sapere quell'ultima parola. Aveva bisogno di sapere se quell’ "in" fosse l'inizio di "innamorarsi".
All'improvviso capì che tutto ciò che stava desiderando era a portata di mano. Se avesse avuto ragione, se Sveva fosse stata davvero innamorata di lui allora avrebbe voluto dire che aveva ceduto, che lui era uscito vincitore da quella loro macchinosa guerra. La vittoria era sua, Sveva era sua.
-Parla!- Intimò a Federica, che si divincolò, piuttosto seccata.
-Invitarti a cena, quella prima sera in Italia!-
Vergi la lasciò andare, come se si stesse scottando al solo contatto. -Invito a cena?- Improvvisamente scoppiò a ridere. Quella prima sera, in pizzeria, l'aveva quasi dimenticata, era stato solo poche settimane prima, invece sembrava essere passata un'eternità.
-Avrebbe dovuto chiedere a qualcun altro di uscire!-
-Non credo ce l'abbia chiesto lei...e poi non avrebbe nessuno a cui chiederlo,- osservò con falsa non curanza.
-Lo credi tu.-
-Mi vuoi convincere che ci sia qualcuno, magari nella vostra città, pronto a cascare ai suoi piedi non appena lei fa un sorriso?-
Federica non aveva nessuna intenzione di convincerlo di una cosa simile, però...già che lo stava dicendo lui...
-Sveva è timida e troppo modesta, in realtà piace a molti ragazzi...- lo sentì sbuffare, ma continuò imperterrita. -Se non sbaglio, una volta, anche tu l'hai aiutata a togliersi un tipo appiccicoso di dosso.-
Lui non mosse un muscolo, eppure qualcosa faceva capire che si stava accigliando e che lei aveva colpito nel segno. -E poi c'è Ettore, che con lei è molto...affettuoso.-
Ce l'aveva fatta, le sopracciglia di Vergi erano schizzate verso l'alto, solo per un secondo, ma era stato reale, evidente.
-In che senso?-
-Vuoi che ti faccia un disegnino?- Si coprì le labbra con una mano, trattenendo una risata, poi indicò in modo poco elegante una coppietta che stava passeggiando mano nella mano. -Come quelli là.-
Vergi li riconobbe subito. La coppia di prima, al molo, adesso erano abbracciati. E rapidamente passarono ai baci.
Davanti ai suoi occhi la scena cambiò, con troppa facilità.
 Sveva stava baciando uno...un....Ettore!
Chi si chiamava più "Ettore"?
-Mi ha detto chiaramente che non è fidanzata.- Scandì bene le parole, ricordando le loro prime uscite. -Non può esserlo...- aggiunse, ricordando, stavolta, le loro ultime uscite.
-Non sono proprio fidanzati, diciamo che si deciderà tutto dopo l'estate. Lui ha preferito così, ma, secondo me, non ci metterà molto a ricredersi e a conquistarla. Lei è molto legata a lui, anche se non ne parla mai. Sai, com'è Sveva, tanto riservata. Forse nemmeno comprende quanto gli piaccia, magari ha tentato di dimenticarlo, ma non penso ci riuscirà davvero, una volta tornata a casa.-
"Si deciderà tutto dopo l'estate". Cosa diamine era quella, una pausa estiva? Sveva se la stava spassando nell'attesa di cadere ai piedi del primo deficiente non appena fosse iniziato settembre. E lui cosa era stato, un flirt da spiaggia?
Non poteva essersi sbagliato in modo così macroscopico. Quella che credeva essere una dolce, ingenua bambina era in realtà una seduttrice smaliziata.
La rivide tra le sue braccia, la sentì tremare al suo tocco, fremere alle sue provocazioni. Era troppo innocente per essere la manipolatrice che stava descrivendo.
Qualcosa non andava, eppure Vergi sentì lo stesso un gran vuoto sopra lo stomaco. Come se fino a qualche secondo prima ci fosse stato qualcosa lì, qualcosa di caldo e rassicurante, ma che all'improvviso gli era stato strappato.
E poi fu la volta della rabbia, fredda eppure bruciante.
Quel lampo verde veleno che lo aveva perseguitato nei suoi sogni peggiori.
Quell'abito azzurro, seducente e inafferrabile.
Tutto un inganno.
In fondo non si conoscevano neppure. Cosa sapevano delle rispettive vite? Nulla tranne quello che si erano raccontati e nessuna garanzia che si dicessero la verità.
"...è molto legata a lui". C'era un rapporto tra loro, una relazione, un legame che non si interrompe solo perché sono distanti, solo perché...si incontra qualcun altro. E lei apparteneva a un altro. Un altro che poteva baciarla quando voleva, che poteva tenerle testa e farle ingoiare la sua dannata testardaggine, che poteva farla arrabbiare ma poi vederla ridere.
Un altro.
Non lui.

Avrebbe voluto protestare, arrabbiarsi, oppure mostrarsi indifferente, per nulla interessato a quelle notizie, ma non poté fare niente di tutto ciò. Perché accadde l'imprevedibile.

Ciao!
Lo so, avevo detto che per un po' non ci sarebbero stati aggiornamenti ma, per motivi che non sto qui a dirvi, mi è saltato un esame.
Due giorni fa mi sono messa sotto e ho scritto fino alle due e mezza di notte, per poi continuare e finire il capitolo il giorno successivo. Insomma, sul mio pc, la storia è già più avanti. Non sul finale ma siamo in dirittura d'arrivo. Quindi, presa dall'euforia ho deciso di aggiornare anche EFP.
Ma ora torniamo a noi. Vi è piaciuto questo capitolo? Vi aspettavate questo colpo di scena? State in guardia perché le sorprese non sono finite qui :)
Ringrazio le mie tre fedeli commentatrici RockMantick, Katherine e DantexR, perché tutte le vostre critiche, impressioni e consigli mi sono davvero utili.


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Capitolo 29
*** Posso fidarmi di te? ***


-Chissà che sta combinando Federica. Ultimamente è sempre in giro.-
-Caro, non eri tu a dire che nostra figlia stava sempre in casa, e che avresti desiderato vederla svagarsi un po'?-
-Sì, con la sua amica. Con Sveva, che conosciamo e che è una ragazza responsabile. Non con quei due americani pallidi!-
-Albini, tesoro.- La moglie lo rimproverò con dolcezza, sorridendo della gelosia paterna.
-Ah, albini, albumi, albani che differenza vuoi che faccia? Sono...maschi!-
-Questo l'ho notato.-
-Eh, l'ha notato anche nostra figlia, purtroppo!-
-I maschi e le femmine non vanno d'accordo- sentenziò il piccolo Gabriele, interrompendo la discussione tra i genitori e reclamando la propria dose di attenzioni.
-Aspetta qualche anno e vedremo se lo dirai ancora- disse la madre, coccolando il bambino.
-Con calma, però, può restare piccolo almeno lui. Per un po'...una decina, ventina, d'anni.-
-Comunque, Vergil mi ha fatto una buona impressione. Un giovane molto ammodo, anche se non alla mano.-
-E speriamo che la mano la tenga a posto, anzi, tutte e due le mani!- Il padre di Federica estrasse un fazzoletto dalla tasca e si asciugò la fronte, improvvisamente imperlata di sudore.
-Lupus in fabula- mormorò la madre, come se stesse rivelando un segreto importante. -eccoli lì, di fronte. No, non li salutare, così gli rovinerai il momento romantico. Guarda come sono carini.-
-Vicini, sono troppo vicini. Quel tipo non sa cosa siano le distanze di sicurezza?-
-E' meglio portare te a distanza di sicurezza, sei un padre troppo geloso!-
-A Fede piace Vergil, a Fede piace Vergil- cantilenò Gabriele, senza realmente prestare attenzione al momento, concentrandosi sul videogioco che aveva in mano.
-Gabri, amore di mamma, andiamo al bar del lido. Vediamo se c'è Sara, quella tua amica tanto simpatica...-
Il marito si asciugò di nuovo la fronte e poi alzò gli occhi al cielo, sfinito.-Ora mi vuoi sistemare pure il bambino? Tesoro ma ti devo chiamare dottoressa stranamore?-
-Eh, cammina! Sei il solito esagerato!-
-L'amore non va più di moda, ora sono tutti single!-
-Ero io che dovevo restare single, invece di diventare tua moglie!-

Dante era rimasto a lungo in spiaggia. Anche quando gli altri se ne erano andati lui aveva insistito per restare, anche da solo, tra la sabbia e il sole che stava velocemente calando. Il caldo lo infiacchiva, ma il mare lo attraeva come un richiamo irresistibile. Aveva nuotato per ore, tra le onde cristalline, osservando pigramente le famigliole che iniziavano ad allontanarsi. Era perfettamente rilassato, niente avrebbe potuto turbare quella sensazione di pace assoluta.
Dopo tanto movimento era stanco e affamato, così, prima di andar via aveva deciso di fermarsi al bar, per prendere un aperitivo. Ordinò una Coca e una porzione di stuzzicheria. Un paio di ragazze si fermarono al tavolo di fronte, gli sorrisero e continuarono a guardarlo per diversi minuti, in cui lui tentò di far finta di niente. In altre occasioni si sarebbe avvicinato, avrebbe sfoderato tutto il suo fascino di straniero in cerca di divertimento e avrebbe continuato la serata in dolce compagnia...ma adesso c'era Federica e lui non avrebbe mai messo a repentaglio il loro rapporto. Con lei c'era qualcosa di intimamente esclusivo, da proteggere.
Si voltò verso l'entrata del bar, per dare le spalle alle ragazze. Segnale di disinteresse per loro, e di fuga dalle tentazioni per se stesso. Vide spuntare un nintendo, seguito da un bambino.
Gli scappò un sorriso, riconoscendo la famiglia appena entrata. Si allungò sulla sedia, per scorgere la sua ragazza, ma non la vide. Stranamente Federica non era con loro. Si disse che forse stava cenando con Sveva, ma quell'osservazione non attenuò la fitta di delusione che gli attraversò il petto. Salutò con un cenno della mano e notò Gabriele avvicinarsi. Il piccolo spense il gioco e iniziò a canticchiare. Dante cercò di decifrare quei versi ripetitivi, ma non riuscì subito a capire. Poi, però, il sangue gli si gelò nelle vene.
-A Federica piace Vergil?- anche lui ripeté i versi del ragazzino, ma con un'intonazione diversa, a metà tra lo stupore e il panico. Che diavolo voleva dire? Non era possibile che a Federica piacesse il suo gemello, insomma stava con lui!  Si agitò sulla sedia, e fece un sorriso tirato al bambino che si stava avvicinando sempre di più. La famiglia di Federica era rimasta all'inizio di quella situazione complicata, quando lui stava ancora incollato a Sveva, e lei al suo gemello. Federica non aveva raccontato nulla per evitare troppe intromissioni, ma era evidente che i suoi famigliari non avessero visto le ultime puntate. Sicuramente era così. Doveva essere così.
Con mano tremante afferrò una patatina dal piatto, mentre Gabriele si stava già generosamente servendo, senza permesso. Iniziò a masticare, ma era talmente nervoso che si morse la lingua. Dante e la ragazza avevano concordato di mantenere il silenzio stampa sulla loro relazione. All'inizio l'avevano tenuta segreta per non turbare Sveva, poi avevano deciso di continuare a tenere un profilo basso, per non essere tenuti troppo d'occhio dai genitori di lei. Era, quindi, normale che la famiglia non sapesse niente. Si rilassò. La coca cola gelata gli scese lungo la gola, rinfrescando e placando anche i pensieri più lugubri. Accolse con gioia i genitori di Federica e continuò a dividere gli stuzzichini con il ragazzino. Certo, avrebbe smesso di augurare a quel nanerottolo di strozzarsi con una patatina, se lui avesse smesso di ripetere "a mia sorella piace tuo fratello".
-Come mai tutto solo?- gli chiese la signora, con la solita curiosità ansiosa delle madri.
-Ho deciso di restare in spiaggia più a lungo. Volevo godermi il mare.-
-E come mai Sveva non è rimasta a farti compagnia?-
-Sveva? Aveva un po' di mal di testa e ha preferito andare a riposarsi...-
-Ah, che peccato. Altrimenti avreste potuto uscire tutti insieme... invece di lasciare soli mia figlia e quell'altro...- borbottò il signor Parini.
Dante sentì il sangue gelarsi nelle vene. -Scusi, come ha detto?-
-No, niente è che li abbiamo incontrati...prima.-
-Prima quando?-
L'uomo fu contrariato per quel tono da interrogatorio, non rispose. Vide il ragazzo girarsi, per guardarlo meglio negli occhi.
-Sicuro che non fossi io?- chiese Dante, sempre più allarmato.
-Senti, li abbiamo incontrati venendo qui. Che saranno stati, cinque minuti fa? Ora, a meno che tu non abbia il dono dell'ubiquità, e non mi pare possibile, credo proprio che quello fosse il tuo gemello.-
Cinque minuti fa. Maledettissimi cinque minuti fa, continuava a ripetersi l'albino. Che cavolo stava succedendo? Non voleva credere che Federica avesse approfittato della sua lontananza per buttarsi tra le braccia di Vergil, ormai aveva capito che persona fosse: arrogante, egocentrico, insopportabile. Non poteva aver cambiato idea e voler tornare da lui. D'altra parte a Vergil era scottato troppo sentirsi la seconda scelta, quindi non avrebbe più insidiato la brunetta. Dante aveva notato come il gemello le rivolgesse a stento la parola. Ma forse voleva prenderla in giro, farle perdere la testa e poi buttarla via. In quel caso Federica avrebbe resistito al suo fascino?
Si accorse di star stringendo troppo forte i braccioli della sedia, ancora un po' e li avrebbe deformati. Cercò di calmarsi. Niente panico. Le sue erano solo paranoie, probabilmente quei due si erano incontrati per caso, e i genitori li avevano visti scambiarsi un saluto frettoloso.
-Comunque, sono molto carini insieme. Sembrano andare davvero molto d'accordo.- La madre di Federica era chiaramente felice per la figlia...e inconsapevole dell'infarto che stava per causargli.
-...In che senso?- cercò di biascicare l'albino, che iniziava a sentire la gola secca, malgrado fosse alla fine della seconda coca-cola.
-Quando li abbiamo incontrati stavano seduti su una panchina, vicini. Si vedeva che c'è una bella intesa.-
L'albino non ci mise molto a visualizzare la scena. La panchina all'ombra, il mare reso rosso dal tramonto, loro due l'uno accanto all'altra. Vergil che sfoderava tutte le sue armi di seduzione, e Federica che era bellissima, come sempre. Quel quadretto sarebbe stato perfetto...se ci fosse stato lui e non il suo gemello. Non era mai stato davvero geloso di una donna. Fino a quel momento non si era mai sentito insicuro e non aveva neppure dato molta importanza alla ragazza di turno. Ma quella volta era diverso. Federica era diversa. Con lei poteva essere se stesso, senza timori, senza limiti. Tentò di contenere la rabbia, malgrado sentisse il bisogno di alzarsi e andare a cercare quello sfascia-coppie di suo fratello, per prenderlo a pugni come non aveva mai fatto prima. Ultimamente il loro rapporto stava andando a scatafascio e non sarebbe possibile salvare nemmeno le briciole, se quell'imbecille avesse continuato a comportarsi da perfetto stronzo.
-Tutto bene?- Chiese il padre di Federica, sempre più contento che sua figlia avesse scelto l'altro Sparda, perché quello che aveva davanti gli sembrava un po' tocco, piuttosto strano e non molto sveglio.
Dante aprì la bocca, ma non fece in tempo a rispondere che Gabriele riprese a canticchiare "a Federica piace Vergil". Il "sì" che stava per pronunciare gli rimase bloccato in gola. Si alzò di scatto, quasi rovesciando la sedia. -Devo proprio andare- mormorò. Sorrise alla famigliola, sapendo di avere sul viso qualcosa di più simile a un ghigno. Avrebbe trovato i due fedifraghi e glie l'avrebbe fatta pagare.
Il cielo sembrava voler rispecchiare la sua anima in tumulto, tingendosi d'un rosso vermiglio. Aveva lasciato il bar a passi pesanti, quasi militareschi, e con un'espressione tale da spaventare i passanti. Rabbia, gelosia e frustrazione si leggevano sul suo viso, passando dalle rughe sulla fronte, fino agli occhi accesi e alle labbra contratte.
-A Federica non può piacere Vergil.- Si ripeteva, scorrendo con la mente i tanti momenti d'amore perfetto, condivisi con la ragazza.  Non aveva mai confessato a nessuno quanto il loro rapporto lo facesse stare bene. Anche a sua madre aveva detto solo una minima parte delle sensazioni che la sua italiana suscitava in lui.
Il cuore sembrava galoppargli nel petto, facendogli quasi del male, quando la osservava apparire in quelle sue tenute provocanti, e la voglia di stringere, toccare, scoprire, era inarrestabile quando restavano da soli, nei rari momenti di intimità. Federica era una febbre dalla quale non voleva guarire, gli accendeva le vene, aumentava il battito cardiaco. Era la voglia di cui non si poteva liberare, la tentazione a cui era felice di cedere, ma che poi non si placava, mai.
E, ora, non avrebbe permesso a quello stronzo di suo fratello di mettersi in mezzo, di rubargli una cosa così preziosa, così necessaria.
Dante ormai era fuori controllo, sapeva di essere andato oltre il limite di sopportazione e non c'era altra possibilità, se non andare avanti. Non ce la faceva più a trattenersi, a ingoiare la rabbia, a dirsi che quello era pur sempre il suo gemello, che doveva amarlo e mantenere con lui un rapporto civile, per il bene della madre, ma anche per il loro stesso bene. Dante si era sempre ripetuto che, nel momento del bisogno, il loro legame di sangue si sarebbe fatto sentire, li avrebbe legati, per far fronte comune alle avversità. Ma era proprio quel loro legame, la quasi identità biologica, la causa dei loro disastri. Erano due persone che non facevano che divorarsi a vicenda, sminuirsi, canzonarsi, e...rubarsi le ragazze!
Ma Federica non era uno dei tanti flirt senza importanza, con i quali si erano divertiti, e sui quali avevano scatenato la loro rivalità. No, era più di un'occasionale conoscenza, più di una relazione passeggera. Era una donna, una persona piena di qualità, che riusciva a trarre il meglio da lui e ad amarlo per quello che era, forse non troppo colto, poco galante e un po' irriverente, ma un bravo ragazzo, con la voglia di perdersi in un rapporto profondo, rassicurante e irrefrenabile. Dante si sentiva legato a Federica, e non riusciva nemmeno a percepire l'idea di essere stato tradito. Tutte le colpe dovevano essere di Vergil, di quell'egoista bastardo che riusciva a guastare qualunque cosa avesse intorno. Per un attimo anche il viso di Sveva gli si affacciò alla mente, altra vittima del sadico divertimento di suo fratello. Sperò che lei non fosse così pazza da essersi innamorata di lui, anche se, purtroppo, conosceva già la risposta. Ma quello fu solo un attimo, una divagazione senza importanza, di fronte al timore che gli stringeva lo stomaco, all'insicurezza che lo portava a correre, a spintonare sconosciuti che si erano intromessi tra lui e ciò che non voleva vedere, ma che aveva il bisogno di sapere.
Con lo sguardo angosciato, cercò Vergil e Federica tra le coppiette che occupavano le panchine. La famiglia di Federica li aveva visti da poco, dovevano essere ancora lì... da qualche parte.
Si fermò un istante prima di piombare sulla coppia sbagliata e, dopo altri, lunghissimi, minuti di affannosa ricerca li vide.
Aveva creduto di avvicinarsi, ammazzare di botte il fratello e portarsi via la ragazza, ma non fece niente di tutto questo.
Rimase fermo, praticamente immobile, a guardarli discutere. Erano vicini, troppo vicini, su quell'accidenti di panchina. C'era spazio sufficiente per non stare così attaccati, ma loro erano talmente stretti da toccarsi. Parlavano sottovoce, sussurravano probabilmente, dando la sensazione di una forte complicità. Non c'era da meravigliarsi che i genitori della ragazza li avessero giudicati una bellissima coppia. Per Dante fu come ricevere un pugno allo stomaco, imprevisto e devastante. Deglutì a fatica e continuò a fissare le loro nuche. Erano di spalle e lui non vedeva poi molto, ma ciò che era davanti ai suoi occhi era già troppo.
All'improvviso Vergil si alzò. Dante respirò sollevato, inconsciamente grato della distanza che si creava con la sua ragazza, ma non era preparato a quel che successe dopo. Federica seguì Vergil, gli andò vicina, di nuovo, e la vide perfino posare una mano sulla sua spalla.
Fu troppo per lui. Il punto di non ritorno irrimediabilmente varcato. Si mosse, piombò su di loro con tutto il peso della propria rabbia.
-Che cazzo sta succedendo qui?-
La ragazza si voltò di scatto, sgranò gli occhi, evidentemente sorpresa di vederlo.
-Buonasera, fratellino.-
-Fratellino un corno! Che ci fate voi due, insieme?-
Federica si accorse di tenere ancora la mano posata sulla spalla di Vergil, la tolse in fretta, come se si fosse scottata con una superficie incandescente. Qualcosa dentro di lei iniziò ad agitarsi, un disagio, la sensazione di qualcosa di brutto. Cercò lo sguardo di Dante, normalmente caldo e rassicurante, accogliente come un letto caldo in pieno inverno, ma trovò solo il gelo più inquietante. Non aveva mai visto il suo ragazzo tanto stravolto. Il viso era una maschera ira a stento trattenuta, le sopracciglia unite sul naso, gli occhi ridotti a una fessura, le labbra strette. Quasi sembrava una persona diversa, non il suo dolce, amorevole e scherzoso Dante. -Che ti prende?- mormorò, quasi senza voce.
-Cosa mi prende, dici? Mi prende che ho appena incontrato i tuoi e sono stati tanto gentili da raccontami quanto gli siate sembrati affiatati, uniti: una coppia perfetta! E mi prende che ora sono qui e vi trovo davvero una coppia perfetta. Anzi, scusate se ho rovinato la vostra serata romantica, su quella dannatissima panchina.-
Vergil sentiva addosso il sudore della corsa. Era andato ad allenarsi per far riprendere il controllo su se stesso e le proprie emozioni. Ci era riuscito...un attimo prima di incontrare quella maledetta italiana e di sentir parlare di quella ancor più maledetta strega della sua amica. Stava cercando di digerire l'idea di essere stato sconfitto, di aver visto scivolare delle proprie mani qualcosa, qualcuno, che desiderava immensamente. E adesso gli toccava sentire gli sproloqui del suo gemello, geloso di un mulino a vento. Proprio lui, l'unico ad avere davvero il diritto alla gelosia, doveva subire una scenata. Trovò la sensazione esilarante e non si vergognò di ridere in faccia al gemello furente. -Abbiamo fatto qualche passo indietro, a quanto vedo. Tu, io e Federica: è un triangolo che ho già visto, e sinceramente mi annoia.-
Dante gli diede uno spintone. Vergil non fu attento a parare il colpo e finì per terra. Qualche passante cambiò strada, intuendo l'inizio di una rissa.
-Cazzo, se tu e questa qui avete dei problemi non mi mettere in mezzo!-
-Il mio problema sei tu!- urlò Dante, con tutto il fiato che aveva in corpo, ma già a mezza frase intuiva che c'era dell'altro. Federica se ne stava zitta, in disparte, con gli occhi sgranati, quasi spaventata. Perché non reagiva, perché non gli diceva che stava sbagliando tutto? Quel silenzio pesava come un'ammissione di colpa.
-E no! Io mi stavo facendo i cavoli miei quando la tua ragazza mi è piombata addosso, è stata lei a venirmi incontro.-
Dante sentì qualcosa frantumarsi, dentro il proprio petto. Rivide la scena di pochi istanti prima. Federica che seguiva il gemello, Federica che gli posava una mano sulla spalla. E poi l'inizio di tutta quella storia, i primi giorni in Italia, quando lei e il fratello sembravano fare coppia fissa. Si sentì umiliato, tradito.
-Sta dicendo la verità?-
-Sì- mormorò la ragazza, senza capire il perché di tutta quella furia.
-Io mi fidavo di te!- le disse, con voce rotta e girandosi dall'altra parte, senza nemmeno guardarla. Vergil, si defilò, dicendo a entrambi di risolvere da soli le loro questioni. Lui era stanco di litigate da asilo nido. In realtà, anche lui aveva le proprie ferite da leccare, e voleva farlo da solo, senza troppo pubblico. C'erano già altri demoni ad agitarsi nella sua mente, e doveva tenerli a bada, prima di impazzire come il fratello.
-Perché parli così? Tu puoi fidarti di me...anzi, tu devi fidarti. Noi stiamo insieme.-
-No, non più.-
-Cosa stai dicendo, Dante?-
-Che c'è, eh? Ti sei pentita di esserti messa col fratello stupido? Quello meno elegante, meno raffinato...-
-Tu sei fuori di testa! Ma davvero pensi che io ti abbia tradito?-
-Ti ho visto con i miei occhi: gli stavi attaccata!-
-Stavamo solo parlando...Non ho fatto niente per cui debba giustificarmi.-
-Parli così con tutti gli uomini?- Urlò di nuovo, abbracciandola, stringendola con violenza. Il fiato corto, il battito accelerato.
Federica cercò di spingerlo via, ma lo allontanò solo di pochissimo. Fu già abbastanza, quella vicinanza era talmente letale da toglierle il respiro. Dante tanto irriconoscibile da ferirla, avvelenarla. Lei non era mai stata una persona calma e imperturbabile. No, era una testa calda, spesso permalosa, che non permetteva a nessuno di maltrattarla o accusarla ingiustamente. Il carattere forte l'aveva aiutata in molte circostanze e ora stava per scatenarsi, ancora, ma contro l'ultima persona con cui avrebbe mai voluto litigare. -Tu sei impazzito.-
-No, sei tu ad essere una...-
Federica aveva già capito cosa stesse per dire. Glielo impedì nell'unico modo possibile in quel momento. Uno schiaffo, forte, preciso, che lo costrinse a voltare il viso dall'altro lato. Dante si allontanò istantaneamente, portandosi una mano alla guancia, già arrossata.
La ragazza sapeva di essere sull'orlo del pianto, ma non voleva scappare via. Non poteva mostrarsi colpevole per qualcosa che non aveva fatto. -Se vedi i fantasmi per colpa della tua rivalità con Vergil non prendertela con me. Non ho fatto niente. Gli stavo solo parlando. Ero venuta a dirgli di non illudere Sveva, anche se si erano baciati. E poi tu vieni qui come una furia. E vedi cose non ci sono. Cos'è hai improvvisamente complessi di inferiorità? Bè, risolviteli da solo, senza fare lo stronzo. E non permetterti mai, mai più, di parlarmi in questo modo.- Gli si avvicinò, puntandogli contro un dito accusatore e uno sguardo pieno di lacrime. Dante non reagì. La guardò, improvvisamente calmo. Immobile, come se non respirasse nemmeno più. Solo allora Federica andò via, spintonando i curiosi che avevano ascoltato, nemmeno troppo discretamente, la loro conversazione. Le sembrò di sentire Dante gridare "aspetta!" ma non si fermò, non si voltò nemmeno, continuò a correre, senza sapere nemmeno dove andare.
Quella non era stata la sua prima storia, ma era di certo la prima volta che il suo cuore andava in pezzi.  E faceva male, un male cane
.


Ciao care,
lo so, con l'ultimo capitolo sono stata davvero crudele, non avrei dovuto lasciarvi così in sospeso. Ma l'aggiornamento è arrivato presto, no?
Io, intanto, continuo a scrivere. Secondo uno schema che mi sono fatta sono a 4-5 capitoli dalla fine. Che emozione!
Che ne dite di questo capitolo? Vi aspettavate questo epilogo? Che ne sarà della nostra coppietta Dante- Federica?

Intanto vi lascio con un paio di foto, anche se temo non si vedano bene. Una è una fan art di una mia amica, fatta parecchio tempo fa, quando la storia era solo all'inizio. Non è carinissima? http://i59.tinypic.com/14w5bg1.jpg

L'altra è uno schemino che mi sono fatta per capire quali siano gli ultimi capitoli da scrivere. La numerazione non segue l'ordine di EFP e su alcuni punti sono ancora indecisa, però la parola "fine" è piuttosto vicina. A me viene un colpo e a voi?
http://i62.tinypic.com/1zqasfc.jpg

Fatemi sapere se le immagini si vedono e, come al solito, grazie per aver letto, commentato o annotato la storia in uno degli elenchi di preferite, seguite, e da ricordare.

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Capitolo 30
*** Ti amo, ti odio, mi manchi ***


Le bastarono pochi secondi per intuire il disastro. Sveva non aveva capito nulla dalla telefonata di poco prima, i singhiozzi dell'amica erano troppo forti e spezzavano ogni singola parola. Aveva compreso solo il luogo dell'appuntamento: una gelateria dove non andavano mai. Federica era già seduta a un tavolino appartato, con lo sguardo verso il basso e un fazzolettino che spuntava dal pugno chiuso.
-Tesoro, che succede?- chiese, sedendosi accanto all'amica e mettendole un braccio sulle spalle. Non era abituata a vederla così abbattuta, di solito era lei quella fragile, da consolare.
-Mi ha lasciata!- sbuffò Federica, affondando il naso in un altro fazzoletto.
-Ci deve essere un equivoco: non è possibile!-
-Sì, invece. Quello è uno stronzo...della peggiore categoria. Dante è il re degli stronzi!-
-Calmati, spiegami cosa è successo.-
-Stavo parlando con Vergil...-
-Vergil? Che c'entra lui?- Ok, avrebbe dovuto essere di conforto all'amica dal cuore spezzato. Ma quel nome la faceva sempre saltare sulla sedia, e anche il suo di povero cuore riceveva una stilettata profonda.
-Non c'entra niente... però è colpa sua...anzi è colpa di Dante...-
-Va bene. Ricominciamo dall'inizio. Fai un respiro profondo: che è successo mentre parlavi con Vergil?-
-Dante è arrivato come una furia, ha iniziato a urlarci contro. Ha detto...ha detto che io avevo cambiato idea, in pratica che lo stavo tradendo col fratello...- Federica dovette accorgersi dell'espressione smarrita dell'amica, perché si affretto ad aggiungere, -ti giuro che non è vero!-
-Ti credo, ma non capisco che diamine sia passato per la testa di Dante...-
-Signorine volete ordinare?- chiese un cameriere, senza alzare lo sguardo dal taccuino.
-Sì,- rispose Federica, con voce aspra -Un omicidio!-
Il cameriere sollevò di scatto la testa, pensando di essere preso in giro. Si fermò un istante prima di insultarle, appena si accorse degli occhi gonfi di pianto della ragazza.
-Ehm, ci dia ancora cinque minuti- mugugnò Sveva, arrossendo e facendogli segno di allontanarsi.
-Lo faccio sparire dalla faccia della terra!- Esclamò Federica, ormai più arrabbiata che delusa.
-Calma. Qui nessuno uccide nessuno. A quel che ho capito Dante ti ha vista col gemello, si è ingelosito e ti ha fatto una scenata. Giusto?-
-Giusto.-
-Tu che gli hai detto?-
-Che se aveva problemi col Vergil non doveva farla pagare a me...facessero a gara a chi ce l'ha più lungo da un'altra parte!-
Sveva scattò a sinistra. Quasi sicura di vedere il cameriere tornare alle loro spalle. Ma, fortunatamente, non c'era nessuno. -Gli hai detto proprio così?-
-No...purtroppo!- Esclamò Federica, dando un pugno al tavolino, tanto forte da far quasi precipitare la ceneriera di vetro.
-Comunque, è stato un deficiente.-
-Esatto...e mi ha lasciata!-
Sveva osservò con orrore Federica raggomitolarsi sulla sedia e ricominciare a piangere. Alzò un mano, ed esclamò con tono imperante -Cameriere, due coppe grandi al cioccolato...triplo cioccolato! E ci metta anche i biscotti e un po' di Bailyes o qualunque altra cosa che ci stia bene, basta che sia alcolica.-
-Ma ce l'avete l'età?- chiese l'uomo, avvicinandosi, senza fare troppo rumore.
Sveva indicò l'amica che continuava a singhiozzare, senza nemmeno guardarli. -Facciamo che per oggi ce l'abbiamo, ok?-
L'uomo annuì e tornò dopo poco con le ordinazioni. Le cialde a forma di cuore erano state appositamente spezzate a metà.
Federica alzò lo sguardo sulla propria gigantesca coppa, e si sforzò di sorridere, un sorriso minuscolo, ma era il massimo che riuscisse a fare. -Credi che abbia sbagliato a mettermi con lui, fin dall'inizio?-
-Ma che sei matta? Quando non fa lo stronzo, quel ragazzo è adorabile! Sono sicura che adesso si starà maledicendo da solo per averti trattata in quel modo. Gli do due giorni...-
-Cioè?-
-Cioè, scommetto che entro due giorni tornerà strisciando ai tuoi piedi e ti chiederà di perdonarlo.-
-Non lo so...- sussurrò Federica, spiluccando i punti in cui il gelato era stato innaffiato di crema di wiskey. Iniziava, stranamente, a sentirsi meglio.
-La domanda è: tu lo perdonerai?- chiese Sveva, allungando una cialda con la granella di nocciole all'amica.
-Pensi che debba farlo?-
-Mica sono io ad esserne innamorata! E diciamocelo, sai che io sono messa anche peggio di te, no?-
Federica, per la prima volta in quella giornata, scoppio a ridere, quasi finendo col naso nel gelato.
-Grazie. Bel trattamento per l'amica sfigata, innamorata del gemello stronzo. Quello davvero stronzo, non coi raptus di stronzaggine, quello...cronico.-
-Credi che Dante abbia avuto solo un...raptus?-
-Ne sono sicura. Insomma, i gemelli li frequentiamo da un po', hai visto che rapporto assurdo abbiano. La somiglianza li rende fragili, sempre in lotta tra di loro, sempre con la smania di dimostrare di essere il migliore.-
-Sì, ma lui se l'è presa con me, non con Vergil!-
-Perché tu sei diventata importante per lui. Ha capito di essere molto coinvolto e si sente troppo...esposto. Nel vederti col fratello è stato preso dalla gelosia e ti ha incolpata della sua sofferenza. Che il fratello sia un bastardo lo sa già, e ormai si è arreso all'evidenza, ma non è abituato all'idea di dipendere tanto da un'altra persona...da te.-
-Lui non dipende da me. Nono sono mica sua madre!- Federica aveva finito la parte  di coppa al cioccolato bianco, e si fregò quella dell'amica, senza dare segni di rimorso.
-La sua felicità dipende da te.- Sentenziò Sveva, con la solennità di chi ha la bocca piena di biscotti. -Allora, lo perdonerai?-
-Non lo so.-


Sveva si sentiva oscillare in un mare fatto di cioccolato. Malgrado avesse quasi saltato la cena, ci avrebbe messo varie reincarnazioni per digerire quella coppa di gelato, ma l'umore di Federica era visibilmente migliorato durante la serata. Alla fine, dopo aver pagato il conto alla cassa ed essere tornata al tavolino, l'aveva perfino vista con un sorrisetto furbo sul viso.
Adesso, però, doveva affrontare la parte avversa.
Da quello che aveva sentito, Dante si era comportato come un pazzo furioso, quindi non sapeva se andare ad infilarsi subito nella tana del lupo. Insomma, una cosa era parlare con Federica, che conosceva benissimo, che malgrado fosse arrabbiata come una iena, con lei sapeva di potersi esporre e piangere come una fontana. Un' altra cosa era piombare in camera di un ragazzo, che conosceva bene ma-non-troppo, violare la sua privacy e fargli un terzo grado degno di un telefilm poliziesco col picco di share. Dante l'avrebbe buttata fuori. A calci.
Salì le scale dell'hotel e si avviò a testa bassa verso l'ascensore.
-Ciao!-
Una voce melodiosa, dall'inconfondibile accento straniero, la raggiunse e la costrinse ad alzare lo sguardo. La madre dei gemelli era di fronte a lei, sempre bellissima in un vaporoso abito azzurro. Quella donna riusciva a sembrare un'apparizione, quasi irreale tanto che era splendida. Avrebbe voluto rubarle un pizzico di quella femminilità perfetta. -Buona sera- mormorò Sveva, sentendosi improvvisamente impacciata. Durante la serata a Ravello, la signora era stata gentile con lei, ma alcuni sguardi, profondi e insondabili, l'avevano fatta sentire un po' a disagio.
-Stai andando a trovare mio figlio?-
Sveva non seppe cosa rispondere. L'ultima volta che si erano incontrate lei era stata praticamente incollata a Vergil, ma se adesso avesse detto di essere alla ricerca di Dante, la signora avrebbe potuto farsi un'idea sbagliata. D'altronde, rispondere "Quale dei due?" era altrettanto equivoco. Eva, però, la tolse d'impaccio.
-Dante è così triste stasera. Non ha aperto bocca per tutta la cena. E ancor peggio....quasi non ha mangiato! Voi siete amici, no?-
-Io e Dante? Certo, siamo amici. Andrò a vedere cosa gli prende...- ridacchiò all'apice della tensione, osservando il sorriso enigmatico della donna, che se ne andò silenziosa come era venuta.
A Sveva sembrò di aver parlato con un fantasma, un'entità sovrannaturale. Scosse la testa. Il troppo gelato doveva averle dato le allucinazioni.
Arrivò dietro la porta di Dante, e si fermò ad ascoltare, sperando di non sentire altri pianti o qualche grido inconsulto. Alzò la mano, ma si ritrovò a bussare sul pettorale dell'albino.
-Hey, che ci fai qui?-
-Ciao, ehm...posso entrare o stavi uscendo?-
-Hai saputo vero?- chiese l'albino, senza guardarla negli occhi.
-Sì. Dobbiamo parlarne sul pianerottolo o mi fai entrare?-
-Vieni, magari chiamo il servizio in camera.-
-Tua madre mi ha detto che hai fatto l'inappetente stasera.-
-L'ina...che?-
-Lascia stare, chiama il bar.-
Lo vide digitare il numero e restare in attesa. Un filo di angoscia la assalì quando ascoltò l'ordinazione. -Camera 404, due gelati al cioccolato.- Ancora?
Rinunciò alla propria salute quando notò la posizione di Dante. Stava con le braccia conserte, appoggiato alla parete, quasi come se non riuscisse a reggersi da solo. Le spalle leggermente in avanti, abbassate. Tutto in lui esprimeva dolore, rimorso. Le sue parole successive non la sorpresero. -Ho rovinato tutto.-
-Mi dici che ti ha preso?-
-La sua famiglia mi ha detto di averli visti insieme, continuavano a ripetere quanto fossero una bella coppia...-
-Avete deciso voi di non dire niente ai suoi!-
-Sì, ma non per questo lei doveva andarsi ad appiccicare a Vergil!- sbottò Dante, a voce più alta del normale. Era ancora visibilmente alterato. Si sedette, lentamente, continuando a fissare il pavimento.
-Dante, è un po' come se Federica vedesse noi due parlare da soli e facesse una scenata. Capisci che non ha senso?- Sveva si accomodò davanti a lui, prendendogli una mano, cercando di farlo ragionare e confortarlo al tempo stesso.
-Non è la stessa cosa. Tu ed io siamo amici. Mio fratello è odioso, non ha amici e non c'è ragione per cui Federica debba parlarci...da sola.-
Sveva si morse le labbra, indecisa se parlare o meno. Alla fine si umettò le labbra e confessò. -Potrebbe essere stata colpa mia.-
-Tu che c'entri?-
-Ti ricordi in spiaggia, quando ho raccontato di essere stata baciata da un tizio...Ehm, era Vergil.- Sveva sentì l'amico sussultare e stringerle più forte la mano. Stavolta era lei a guardare a terra, mentre Dante la osservava attentamente, malgrado soffrisse era preoccupato per lei. -Temo che Federica volesse parlargli per dirgli di starmi lontano, e volesse farlo senza di te, perché...sei sempre stato protettivo nei miei confronti, forse credeva che sapendo del bacio tu avresti affrontato tuo fratello.-
-Certo che lo avrei fatto.-
-Appunto!-
-Ma così ho fatto anche di peggio! Me la sono presa con lei...- Un discreto bussare alla porta gli impedì di crollare. Un cameriere consegnò i gelati, equivocò la situazione, facendo un sorriso malizioso a Dante (che fece finta di non capire) e se ne andò.
Sveva prese le coppe e le portò sul balcone. Il tavolo era piccolo, ma per due bastava. -Ecco, come ti è venuto in mente di fare quella scenata?-
-Non so cosa sia scattato dentro la mia testa. L'ho vista con lui, la mano sulla sua spalla e...sono crollato. Ho pensato che si fosse pentita, che volesse lui, mi sono incazzato come una belva. Le ho detto cose terribili.-
-Lo so.-
-L'hai vista?-
-Sì.-
-Come sta?-
-A pezzi.-
-Sono uno stronzo!-
-Concordo.-
-Grazie, sei una vera amica.-
Sveva mangiava a rallentatore il gelato, che cominciava già a sciogliersi. Cercando di estorcere qualche altra informazione a Dante. Voleva farlo ragionare, doveva capire di aver sbagliato e correre ai ripari. -Allora, perché te la sei presa con lei e non con tuo fratello?-
-Non lo so, Sve.- L'albino le sorrise, in modo dolce e un po' affranto. Le accarezzò una guancia, con una complicità più forte del solito.
-Perché mi guardi così?-
-Mi stavo chiedendo se ci si sentisse così, ad avere una sorellina più piccola.-
Sveva gli scompigliò i capelli, e gli allungò il resto del gelato. -Sei un tenerone, ma oggi l'hai fatta grossa! Non basteranno gli occhioni dolci per farmi passare l'arrabbiatura, e con Federica sarà anche peggio.-
-Ma lei proprio con Vergil doveva mettersi a discutere? -
-Se fai così torniamo al punto di partenza. Non puoi dare di matto solo perché parla con un altro...Aspetti qualcuno?- Dei colpi alla porta li avevano distratti, anche se Dante sembrava ancora perso nel cioccolato, ormai liquido. -Vado io.- Sveva si alzò, lanciandogli un'occhiataccia, sperando che l'amico si riprendesse in fretta. Vederlo tanto afflitto le faceva male.
Aprì la porta quasi senza rendersene conto, con la mente ancora piena di dubbi sul rapporto tra Federica e Dante. Tornò sulla terra solo quando percepì uno strano silenzio, e qualcuno incombere davanti a sè.
Vergil le sembrò più alto del solito. Torreggiava su di lei, che si sentì improvvisamente piccola piccola. Era bellissimo, come al solito, ma la sua espressione era stranamente inquietante. Sul suo viso non si leggeva alcuna emozione, come se fosse una maschera di cera.
-Che ci fai qui?- le chiese.
Sveva si sentì incenerire da quegli occhi azzurri, e non riuscì a rispondere. Fu certa che Vergil se ne sarebbe andato, che si sarebbe fatto l'impressione sbagliata, che l'avrebbe considerata la solita stupida. Ma lui non lo fece. Mosse un passo verso di lei, costringendola a spostarsi, ed entrò nella stanza. Si mise al centro, osservando il letto e poi il tavolo sul balcone, apparecchiato per due. -Ho interrotto qualcosa?-
-Non sono affari tuoi- ringhiò Dante, che era stanco di quella lunga giornata.
-Io e tuo fratello stavamo solo parlando. Gli stavo facendo capire quanto fosse idiota.-
-Cosa?-
Fu solo un secondo, ma Sveva fu certa di averlo visto. Un sopracciglio, uno solo, era schizzato in alto sulla fronte di Vergil. Era sorpreso. -Diglielo anche tu.-
-Volentieri, tanto glielo dico da tutta la vita. Ma...biondina, hai bevuto?- Vergil le mise due dita sotto il mento, costringendola ad alzare il viso verso di lui. Sveva ebbe un flash dell'ultima volta in cui aveva subito quel gesto, del bacio rabbioso che si erano scambiati. Qualcosa in lei sperò in una replica, ma cercò di tornare alla realtà.-Cazzo, tu lo insulti ogni giorno. Per una volta che te lo chiedo io stai zitto?-
-Ha davvero detto....-Si chiesero all'unisono i gemelli, senza ripetere la parola poco fine che di norma non esitavano a pronunciare.
Sveva si sedette sul letto e si massaggiò le tempie. -Perdonatemi per aver offeso le vostre orecchie innocenti col mio lessico sboccato! Ma qui abbiamo una questione importante da risolvere.-
-E sarebbe?- chiese Vergil?
-Non sono...affari tuoi!-
-Sì, è meglio che tu te ne vada.- Assicurò lei, guardando un punto imprecisato oltre la sua spalla. Era stanca, e sentiva ancora in bocca il sapore amaro del cioccolato fondente. Troppo cioccolato. Voleva solo andare in camera sua e riposarsi. Ma crollare tra le braccia di Vergil, aggrapparsi alle sue spalle forti e larghe, sarebbe stata una valida alternativa. Per una volta non lo odiò per i suoi modi altezzosi, non trovò nulla in lui di insopportabile. Per una volta si concesse di esserne innamorata, semplicemente. Irrimediabilmente. E lui intuì qualcosa. Lo capì da come la guardava, malgrado il suo viso fosse ancora una maschera di algido distacco, i suoi occhi erano caldi, avvolgenti.
-Devo lasciarla qui?- Chiese al fratello, come se lei non fosse presente. Come se lei fosse qualcosa di suo, che non voleva lasciare in mano altrui.
Lei avrebbe dovuto arrabbiarsi per quel tono, per essere sempre sminuita e manovrata, ma non ci riuscì. Non riuscì a nutrire sentimenti negativi, per quel bel ragazzo che le stava di fronte."Vattene" si disse "Vattene, subito! Altri trenta secondi e ti supplicherò di stringermi tra le braccia. Come se fossi una di loro, una di quelle sciacquette rifatte che ti piacciono tanto." Qualcosa di quei pensieri riuscì a influenzare la realtà, perché prima che se ne rendesse conto Vergil era già fuori dalla porta e lei non aveva sentito una parola di quello che si erano detti lui e il fratello. Qualcosa su una gita, l'indomani.
-Puoi smetterla di fissarlo come se fosse un angelo sceso dal cielo?- le domandò Dante, tirandole un cuscino in faccia.
-Io non l'ho mai fissato in quel modo!-
-Di solito no, oggi sì.-
-Uhm...non cambiamo discorso! Siamo qui per te.-
-Così mi fai sentire colpevole- mormorò Dante, abbandonandosi stancamente sul letto.
-Lo sei!-
-Ma Federica proprio con lui doveva appartarsi?-
-Di nuovo con questa storia? Non ha sbagliato lei, non l'ha fatta lei la piazzata e non ha dato di matto! Dimmi, chi è stato a fare tutte queste cose?- domandò Sveva con l'aria da maestrina, sedendosi accanto all'albino e accarezzandogli i capelli, per compensare la ramanzina. Sembrava un ragazzo forte, incosciente, sempre allegro, ma anche lui aveva i suoi lati deboli, dei demoni che si portava dentro.
-Io, però...-
-Niente però.-
-Ok, ma...-
-Neanche ma.-
-Me la fai dire una cosa?-
-Sì, caro. Parla.-
-Non so perché l'ho fatto. Stavo per i fatti miei, tutto contento della situazione, di stare con lei, di averla per me. E poi, quando ho sentito quelle voci su lei e Vergil...mi è crollato addosso il castello di carte. L'unica cosa che sono riuscito a fare è stata correre, correre a più non posso per trovarli, per vederli...-
-Perché ci tenevi tanto a trovarli?-
-Volevo separarli-
-Perché?-
Dante guardò Sveva, senza capire dove volesse andare a parare, ma le rispose, stando al suo gioco. -Perché Federica sta, stava, con me e non volevo perderla.-
-E qui casca l'asino!-
-Che c'entra l'asino?-
-Eh? No, niente. E' un'espressione italiana, vuol dire che siamo arrivati al nocciolo della questione. Tu avevi paura di perderla, e ce l'avevi perché lei per te è importante.-
-Sì, lo è- ammise Dante.
-E come si trattano le cose importanti?-
-Con delicatezza?-
-Bravo! Quindi farai di tutto per farti perdonare da lei?-
-Ma non so come!-
-Un modo ti verrà in mente, fratellone!-
Sveva si chinò a dargli un bacio sulla guancia, ricevendo in cambio un abbraccio. Un ultimo lampo di preoccupazione passò negli occhi di Dante, mentre guardava la piccola amica.  Ma subito distolse lo sguardo e fissò il soffitto, sospirando. -Buonanotte. Grazie per l'aiuto.-
-Quando hai voglia di parlare sai dove trovarmi. Anche al telefono, anche se è tardi. Non ti fare problemi.-
Lo salutò con un ultimo cenno della mano, prima di uscire dalla stanza. Si appoggiò un secondo alla porta, ma qualcosa la fece sobbalzare dallo spavento.
-Hai paura di me, biondina?-
Vergil la scrutava a pochi metri di distanza. Era sulle scale, dove avrebbe dovuto dirigersi anche lei, ma non aveva voglia di avvicinarsi ulteriormente. La sensazione di dolce abbandono era sparita, sostituita da solito timore, quasi reverenziale, contaminato da una certa rabbia piena d'orgoglio. -No. Che ci fai qui?-
-Stavo tornando nella mia stanza. Quella lì.- Indicò una camera ad angolo, ma lei non aveva nemmeno bisogno di voltarsi per sapere qualche fosse. Aveva fatto attenzione a leggere il numero della stanza, impresso sulle chiavi, quando rientravano insieme dal mare. Ci era anche passata davanti un po' di volte, come se fissare la sua porta, potesse avere qualche effetto sul loro rapporto (che non fosse farla sembrare un stalker). Vergil mosse qualche passo, avvicinandosi. -Comunque, dovresti avere paura di me...- Non finì la frase e le alzò il mento con una mano. Sveva sapeva che stava per baciarla e qualcosa, dentro di lei, le impedì di muovere un muscolo. Voleva quel bacio...che non ci fu. Il suo cellulare scelse proprio quel momento per mandare dei fastidiosi ronzii. Sveva aveva quasi dimenticato di stringere ancora in mano il telefono. Entrambi guardarono verso il display, in cui lampeggiava una busta e un nome maschile: Ettore.
Vergil se ne andò senza dire una parola. E la ragazza sentì tutto il calore dissolversi con lui, corrugò la fronte, osservando con astio il cellulare. Proprio in quel momento doveva suonare? Si avviò a passi pesanti nella propria stanza, ripensando a tutti gli avvenimenti della giornata. Aveva tentato di fare da paciere tra i due litiganti, improvvisandosi dottoressa stranamore, ruolo che le competeva per il suo temperamento irrimediabilmente romantico, ma per i propri problemi di cuore non le era di alcun aiuto. Tornò nella sua camera, chiuse la porta con più forza del solito, ma, malgrado non l'avesse proprio sbattuta, in quell'albergo silenzioso lo trovò comunque un gesto audace. Che pensieri assurdi! Era proprio ora di andarsene a letto.

Ciao,
ebbene sì, ho già aggiornato. Il fatto è che ho quasi finito di scrivere Doppia Coppia, mi mancano giusto i due capitoli finali, e non veco l'ora di arrivare alla fine della storia insieme a voi.

P.S. Me lo lasciate un commentino?

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Capitolo 31
*** Luci spente in sala ***


L'ora di pranzo era passata da un pezzo, ma lei non aveva ancora voglia di alzarsi. Sebbene il letto fosse sempre più bollente, Federica si ostinava a rimanere con la faccia premuta contro il cuscino. Aprire gli occhi e abbandonare la rassicurante morbidezza del materasso avrebbe significato gettarsi di nuovo nella cruda realtà. Quando si era svegliata aveva sperato che fosse tutto un sogno, che Dante non l'avesse davvero lasciata, che certe parole, così forti e pesanti, non fossero mai state pronunciate. E poi c'erano tutte le cose non dette, che aleggiavano fra loro, dividendoli sempre di più. Che gli era preso? Perché ferirla in quel modo assurdo? La rivalità col fratello aveva raggiunto livelli insopportabili e lei non aveva voglia di trovarsi in mezzo a una lotta tra titani. Essere schiacciata da due cretini insensibili non era proprio sulla lista dei suoi desideri. Avrebbe dovuto mettersi l'anima in pace, rinunciare a quell'amore prefetto che aveva vissuto in quei giorni e ricominciare da capo.
Certo, c'era anche l'opzione B: fare un'altra scenata a Dante, riempirlo di parolacce per il suo comportamento, e poi concedergli la grazia, come espressione della sua magnanimità. Ma lui avrebbe dovuto supplicare, strisciare ai suoi piedi ai limiti dell'umana contrizione.
Sospirò, scalciando via il lenzuolo, che le si era arrotolato intorno a un piede. Doveva alzarsi, ma proprio non ne aveva voglia. I suoi genitori non la chiamarono per pranzo, anche i piccoli di casa le stavano alla larga, come se avessero intuito qualcosa. Ore e ore di singhiozzi ininterrotti forse erano stati d'aiuto.
Il cellulare emise un debole "bip" che risuonò nella stanza silenziosa. Si catapultò verso il telefono, sperando che fosse Dante, che le stesse già chiedendo scusa, ma era solo Sveva, preoccupata che lei stesse bene. Come diavolo faceva a stare bene, se il ragazzo dei suoi sogni si comportava come un perfetto stronzo?
Non rispose al messaggio, ma l'amica non si arrese, continuando a chiamare. Federica non aveva voglia di parlare, ma la suoneria che continuava a ronzarle nelle orecchie la innervosiva. Pensò di spegnere quell'affare e dire addio al mondo, tornando a dormire, ma Sveva si sarebbe presentata a casa. L'avrebbe costretta a farsi la doccia e a uscire. No. Doveva rispondere.
-Hai intenzione di restare a letto tutto il giorno?- chiese l'amica, con un tono quasi arrabbiato.
-Sì.-
-Credi che così si risolveranno le cose?-
-No.-
-Pensi che starai meglio continuando a fare la zombie?-
-Bho.-
-Sai articolare un concetto che comprenda più di tre lettere?-
-No.-
-L'hai voluto tu.-
Federica sentì che la comunicazione veniva chiusa e rimase a fissare il display con un'espressione incerta. "L'hai voluto tu" che diamine significava? Chiuse gli occhi, portandosi le mani al viso, troppo stanca anche per pensare. Dalla cucina arrivava il profumo del basilico tritato, malgrado fosse solo pomeriggio sua madre stava già preparando la cena. Forse dopo aveva da fare e non voleva perdere troppo tempo a cucinare. Perfetto, sua madre aveva una vita sociale più intensa della sua. Complimenti Federica, stai per vincere il premio "adolescenza sprecata". Emise un basso ringhio di protesta verso il destino che le si era ritorto contro all'improvviso, e si distese di nuovo sul letto. Finché fosse rimasta lì, accoccolata sul materasso, tutto sarebbe andato bene. Doveva solo restare lì, ferma.
Gelo.
Uno tsunami di acqua gelida.
Un'onda anomala.
Sarebbe morta assiderata...nel proprio letto?
Aprì gli occhi e scese di scatto.
Sveva le stava davanti, con le mani sui fianchi e un secchio vicino ai piedi.
-Non puoi averlo fatto sul serio!- gridò Federica, passandosi le mani tra i capelli bagnati.
-L'hai voluto tu- sibilò l'amica, alzando la testa, contrariata. -Tua madre dice che hai dormito tutto il giorno. Non hai nemmeno toccato cibo.-
Il suo stomaco confermò quell'osservazione con un sonoro brontolio. -Non posso credere che tu l'abbia fatto!- esclamò ancora, guardando il lenzuolo bagnato, in cui era impressa la sua sagoma, in un colore più chiaro.
-Che saranno mai due gocce d'acqua...-
-Gelata?-
-La preferivi bollente, con questo caldo?-
-Tu sei stata troppo attaccata a Vergil, stai diventando perfida!-
L'accenno al ragazzo fece cambiare espressione all'amica, per la prima volta abbandonò il sorriso battagliero e sembrò sperduta. Federica si sentì stupida e cattiva, ma comprese quel dolore inespresso. Anche lei stava provando qualcosa di molto simile. Corse ad abbracciarla. -Scusami, non volevo.-
-Non fa niente, ma dovrai prestarmi un'altra maglietta.-
-Ehm?- Federica si staccò e iniziò a ridere. Aveva dimenticato di essere fradicia, e ora anche l'amica aveva i vestiti chiazzati d'acqua, che rivelavano pezzetti di biancheria intima. -Ben ti sta, dovrei farti uscire così!-
-Invece, adesso vai a farti una doccia, vera. Ti cambi, presti una maglietta anche a me, e poi usciamo.-
-Dove andiamo?-
-Al cinema.-
-Ok, mi ci vuole qualcosa di soft.- Federica si fece convincere alla svelta, l'idea di eclissarsi davanti a un bel film d'azione non le dispiaceva, e poi pregustava già una vaschetta xxl di pop corn. Andò in bagno, non prima di aver preso il cellulare, e aver tolto la suoneria. Aveva già dato inizio al suo piano malefico. Le dispiaceva non poterlo condividere con Sveva, ma era meglio che lei fosse rimasta all'oscuro, almeno all'inizio. Inviò qualche messaggio, rilassandosi e sperando nel successo dell'operazione. Si vestì in fretta, e per ripicca prestò all'amica una maglietta che non le sarebbe mai piaciuta. Nera sfilacciata, e con un enorme teschio bianco.
-Ti sta benissimo!-
-Sembro una punk fuggita da un cimitero! Fede, prestami qualche altra cosa...-
-No.-
-Ma dai, è anche aperta ai lati. Si vede il reggiseno!- Esclamò Sveva, scandalizzata, guardandosi i fianchi nudi, nello specchio.
-Già, perché il costume che avevi ieri era castigatissimo...-
-Andiamo al cinema, non in spiaggia. E' diverso.-
-Appunto, in sala le luci saranno spente, non ti vedrà nessuno.-
-E dai, ti prego!- piagnucolò, prendendo la propria maglietta, ancora orrendamente zuppa. -Se non fosse stata bianca non sarebbe diventata trasparente...-
-E io non mi sarei divertita tanto a farti un dispetto.- Federica le fece una linguaccia, mentre si infilava un maglietta con il disegno di un' ascia e finti schizzi di sangue.
-Stai scherzando? Insieme sembriamo due pazze, spaventeremo la gente. Siamo inguardabili!-
-Perché avevi intenzione di fare conquiste, stasera?-
-Io no...di uomini non ne voglio sentir parlare- mormorò Sveva, arrendendosi alla maglietta col teschio.
-Ecco, vestite così ti assicuro che ci eviteranno come la peste. Ed è proprio quello che vogliamo.-
Sveva le lanciò un'occhiata strana, mentre afferrava la borsa e ci metteva dentro la maglietta. Federica non ci fece caso, lasciandosi trascinare verso l'unico cinema della zona. -Che film c'è in programmazione?-
-Non lo so, ma se anche fosse un horror me lo farò andar bene- assicurò l'amica, passandosi le mani sulle braccia, come se avesse i brividi.
-Certo, stai già tremando. Fifona. A me basta che non sia una di quelle robe sdolcinate, non è proprio periodo.-
-No, hai ragione. Per quanto io sia sempre da commedia sdolcinata...in questo momento non lo reggerei nemmeno io.-
-Non manca molto, ma è l'unico cinema, se vogliamo trovare i biglietti dobbiamo sbrigarci- disse Federica, aumentando il passo.
Sveva le restò vicino per un po', ma quando furono quasi arrivate si fermò. -Non c'è bisogno di correre. I biglietti ce li ha abbiamo già...-
-E come?-
-Ciao, ragazze.-
Federica si voltò al suono di quella voce, fin troppo conosciuta. Riusciva persino a vedere le sue labbra che si muovevano, mentre pronunciava quel saluto scarno. Labbra piene, morbide, giocose. Le aveva baciate, assaporate. Aveva riso ed era stata felice al suono di quella voce. Si voltò di scatto, ma chiuse gli occhi. Come se non volesse vedere, eppure fosse fatalmente attratta dal ragazzo che aveva davanti. -Che cazzo ci fa lui qui?-
-Stavo per chiedere la stessa cosa!-
Federica si voltò verso Sveva, con tono accusatorio. Si sentiva tradita e voleva farglielo sapere. -Come se non avessi organizzato tutto tu...- stava già per puntarle un dito contro, ma si ritrovò a fissare quasi un fantasma. La sua adorabile biondina era impallidita di colpo e fissava qualcosa alle sue spalle. Diede un'occhiata veloce.
Vergil stava fissando Sveva, con un sorriso sardonico e in una posa indolente. -Ho deciso di unirmi anche io alla festa. In fondo il cinema è pubblico, non devo mica chiedere il permesso per vedere un film.-
-A proposito, che vediamo?- chiese Sveva, tentando di cambiare argomento. Prese Federica sotto il braccio e si avvicinò a Dante, cercando di riavvicinarli in una maniera piuttosto tristemente comica. La fulminarono entrambi con lo sguardo, ma non si allontanarono l'uno dall'altra.
-Pensavo lo sapessi- le rispose Vergil, indicandola e fissando la sua maglietta. -Visto come ti sei conciata.-
-Che...che vuoi dire?-
-Il film si chiama "chi non muore si rivede".-
-Ditemi che è un film di spionaggio- supplicò Sveva, osservando i tre amici uno per uno.
 Fu Federica a risponderle, con uno sguardo che esultava vendetta. -No, un horror puro: zombie, cacciatori demoni, qualche fantasma e litri di sangue. Meraviglioso, no?-
-Fantas...litri di...- l'amica si appoggiò al muro, come cercando sostegno. Ma Vergil la prese per un braccio, incitando tutti ad entrare, prima che i posti migliori fossero già presi.
La sala era quasi vuota. Il film doveva essere inadatto alle innocenti famigliole del paese. Federica alzò le spalle, pensando che brutali omicidi e spari a tutto volume erano proprio ciò che ci voleva per tirarla su di morale. Osservò con aria critica Dante che sceglieva i posti. Li approvò silenziosamente, proprio quelli che avrebbe scelto lei. Centralissimi. Si costrinse a non sorridergli, a non buttargli le braccia al collo, mormorando un "perfetto, amore", prima di baciarlo. Lo guardò infilarsi nella fila stretta di poltroncine, e notò come la t-shirt rossa si tendeva sulle sue spalle ampie. Quanto era bello. Ed era stato suo per un po' di tempo. Perché non lo era ancora? Ricordò il litigio, lo schiaffo, e qualcosa nel suo stomaco si contrasse. Lo voleva ancora. Anche se era stato un bastardo.
-Che?- ricevette un colpo alle spalle. Una spinta troppo leggera per farla cadere, ma abbastanza decisa da farla addentrare nella fila di poltroncine.
-Vai avanti!- la incitò Sveva, con un sorriso angelico.
Quella piccola strega l'aveva fatta sedere vicino a Dante. Di proposito! Doveva essere quello il suo piano fin dall'inizio. Probabilmente, se non ci fosse stato Vergil, avrebbe trovato una scusa per lasciarli soli, cercando di farli riappacificare. Avrebbe voluto strangolarla, ma aveva un'arma migliore a disposizione. La prese per mano e la fece sedere accanto a sè. Vergil chiudeva la fila. E Sveva restava incastrata tra lei e il suo peggiore incubo. Non si sarebbe mossa, ma avrebbe avuto una fifa blu. Vergil capì la manovra, perché le fece un luminoso sorriso di incoraggiamento. Oh, Federica voleva un gran bene alla sua migliore amica, l'avrebbe ringraziata per tutti gli sforzi fatti per farla stare meglio, ma quel giorno era stata proprio insopportabile: i messaggi, la secchiata d'acqua gelida, l'incontro a tradimento con Dante. Aveva bisogno di una piccola punizione, no?
-Ti ricordi? Abbiamo visto il trailer del film, qualche giorno fa.- Dante le porse la ciotola di pop corn più grande che avesse mai visto. Le sorrise, timidamente, e si passò una mano tra i capelli bianchi. Era nervoso. Lo sapeva, lo percepiva con ogni fibra del proprio corpo. Dannazione, come avevano fatto a entrare in sintonia così profondamente e in così poco tempo. Le stava davanti con quell'aria da bambino colpevole, di quelli che sanno di aver fatto una marachella ma ti guardano con gli occhi dolci, irresistibili. Avrebbe voluto urlargli contro, tempestargli il petto di pugni, scrollarlo fino a fargli sputare la verità, su cosa cavolo gli fosse preso l'altro giorno. Ma rimase ferma al proprio posto, annuendo e mangiando i pop corn.
Le luci si spensero e il silenzio calò sulla sala praticamente vuota. Federica non riusciva a sentire altro che la presenza di Dante. Tutto il resto attorno a lei era sparito. Come se fossero soli al mondo, come se in tutto l'universo esistessero solo quelle due poltroncine. Il braccio, a contatto con quello dell'albino, sembrava bruciarle e il cuore non smetteva di battere furiosamente, sembrava volesse schizzarle via dal petto. Dannazione, era innamorata. Completamente persa per quel tipo accanto a lei, che non smetteva di agitarsi sulla sedia e sorriderle. Se si fosse voltata e l'avesse baciato, così come se nulla fosse, avrebbe fatto la figura della pazza? E poi no, non poteva fargliela passare liscia, non poteva comportarsi come un tappetino. Dante l'aveva ferita, maltrattata, offesa senza ragione, e lei non avrebbe ingoiato il proprio orgoglio. Doveva resistere, o almeno fingere di resistere, perché il cuore si era già arreso.
-Ho già capito chi è il colpevole- si lamentò Dante, sorseggiando la coca-cola ghiacciata.
-Anche io, e il film è iniziato solo da venti minuti- rispose distrattamente Federica, senza badare al tono di voce, tanto non c'era nessuno vicino al loro gruppo.
-Però le armi sono fantastiche!-
-Hai visto il design della pistola?-
-Quella per i fantasmi?- chiese Dante, aguzzando lo sguardo.
-Sì. Non ti sembra uguale a quella di Mike, in Die Now 3?-
-Hai ragione!-

Sveva cercò di concentrarsi sulle chiacchiere della coppietta a fianco a lei. Vedeva le teste vicinissime e per un momento pensò che si sarebbero baciati, ma tutti i discorsi di proiettili speciali e caricatori infiniti le uccisero l'ultimo briciolo di romanticismo rimastole. Cercò di non dare nell'occhio mentre si girava a guardare quei due. Il sorriso di Dante era così ampio che avrebbe potuto illuminare la sala, e Federica gli stava vicino con noncuranza, come se, presa dalla discussione, avesse dimenticato la rabbia. Erano perfetti insieme, così in sintonia, così simili nei gusti e negli atteggiamenti. Una piccola fitta di invidia la trafisse. Lei e Vergil erano bravi soltanto a ferirsi, a prendersi in giro. Non avrebbe mai avuto con lui lo stesso rapporto, di armonia ed entusiasmo.
Sospirò guardandosi i piedi. Praticamente guardava ovunque tranne che nello schermo. Anche solo i rantoli e i lamenti che le arrivavano alle orecchie le facevano venire la pelle d'oca. Non aveva bisogno di voltarsi per sentire Vergil che ridacchiava. Sapeva perfettamente che la stava osservando e si divertiva a vederla tremante di paura.
-Che sei venuta a fare, se non pensi al film?- le sussurrò. Il suo fiato caldo le solleticò il collo. E per una volta in quell'ora il brivido non fu di terrore.
-Infatti, non era nei miei piani venire al cinema. Mi sarei eclissata prima che iniziasse lo spettacolo.-
Vergil si abbassò sullo schienale e si coprì la bocca con un mano. Con la coda dell'occhio lei lo vide sussultare, cercando di trattenere una risata. Era talmente comico, lui che di norma era così serio e compassato, che una risata stava per sfuggire anche a lei...se uno dei mostri non avesse scelto proprio quell'istante per lanciare un urlo raggelante. Un solo fotogramma di una testa mozzata e orrendamente sfigurata passò sullo schermo. Ovviamente, fu il solo fotogramma che Sveva vide. Le bastò quell'attimo per dimenticare l'orgoglio, mettersi le mani davanti al viso...e buttarsi tra le braccia di Vergil.
-E' finito? Dimmi se è finito, altrimenti io non guardo. Anzi, anche se è finito io continuo a non guardare...ho paura! No, per l'esattezza sono terrorizzata...Che ci trovi di divertente, idiota?- Sveva sentiva l'ampio petto di Vergil scosso dal ridere, aveva gettato la testa all'indietro e non si stava minimamente trattenendo. La ragazza si sarebbe sentita umiliata, se non fosse stata davvero troppo spaventata per pensare a qualcosa di diverso dal mostro sullo schermo. Continuava a tremare, conscia degli incubi che l'avrebbero perseguitata per mesi, e quasi non si accorse delle braccia di Vergil che la stringevano e l'accarezzavano gentili, dalle spalle alla vita. In un suo strano modo la stava coccolando.
-E' solo un film! Non puoi davvero avere paura- le mormorò tra i capelli.
Lo fulminò con un'occhiata. Anche nella penombra fu certa che lui avesse visto la sua espressione comicamente traumatizzata. Si rese conto di essere pericolosamente vicina al volto dell'albino e cercò di staccarsi da quell'abbraccio rassicurante. Si voltò piano, lentissimamente, verso lo schermo. Il protagonista era solo, in mezzo a una palude. La scena era relativamente tranquilla. Allora perché Vergil aveva aumentato la pressione su di lei, come per attirarla di nuovo, distraendola. Perché avrebbe dovuto catapultarsi ancora su di lui? Un cadavere in putrefazione, con visceri esposti e penzolanti, riempì la sua visuale per il mezzo secondo più brutto della sua vita. Sveva gettò le braccia attorno al collo di Vergil, e nascose il viso contro il suo collo. Al diavolo la presunzione, il cercare di darsi un tono. Era troppo spaventata per ricordarsi di odiare il ragazzo che la stringeva forte, l'unico porto sicuro in quel mare oscurità e grida smorzate. Voleva solo inspirare il suo profumo e sentirsi al sicuro.
-Non ho paura. E' solo che il tuo neo è più interessante del film...-
-Non ho nessun neo, almeno non sul collo.-
-Perché, ne hai in altri posti?- chiese Sveva, con voce incolore.
-Sei proprio sicura di voler fare questa conversazione?- rispose lui, divertito.
-No, ma voglio dimenticarmi del film...-
-Mi spiace per te, ma io ho tutta l'intenzione di guardarlo!- Vergil smise di sorridere e la allontanò in malo modo, facendola tornare al suo posto e distanziandosi per quel poco che permettevano le poltroncine attaccate. Sveva si accorse solo allora di come si fosse sentita protetta accanto a lui, e di come il gelo le invadesse anche le ossa, ora che non aveva più il suo tepore attorno al corpo. Si rannicchiò, voltandosi dall'altro lato. Federica e Dante stavano avvinghiati, parlottando di qualche categoria di mostro particolarmente difficile da sconfiggere. I loro sorrisi la riscaldarono un po'. In uno strano modo, in quel cinema, si stava proiettando anche una commedia romantica. E Sveva preferiva di certo quello spettacolo agli spettri sanguinolenti, che tentava caparbiamente di ignorare.
Le luci si accesero. Erano in uno dei pochi cinema senza posti numerati e che facevano ancora l'intervallo. Federica scattò in piedi, fiondandosi verso il bagno, senza nemmeno aspettarla. Sveva sospirò, incapace di muoversi. Ogni volta che chiudeva gli occhi si ritrovava davanti la testa mozzata di chissà quale personaggio.
-Gran bel film!- esclamò Dante, senza badare al suo aspetto verdognolo.
-Spettacolo imperdibile-  rise l'altro gemello. E Sveva non fu certa che si stesse riferendo alla pellicola.
Federica tornò solo all'inizio del secondo tempo,e lei nel frattempo dovette sorbirsi tutti i commenti orrorifici dei gemelli. Quando le luci si spensero di nuovo, Sveva si lasciò scivolare sulla poltroncina. Si girò ancora sul fianco sinistro, ma incontrò lo sguardo contrariato dell'amica, a cui non piaceva essere osservata mentre si abbandonava a un entusiasmo splatter con Dante. Conscia di aver architettato tutto quel piano per farla riappacificare col fidanzato, Sveva le lasciò la sua privacy, voltandosi sul fianco destro.
Perfetta visuale sull'addome di Vergil. Pessima scelta.
Un movimento le fece alzare lo sguardo. Vergil aveva inclinato la testa e la stava guardando, come si fa con uno strano animaletto buffo e in via d'estinzione. Nei suoi occhi si leggeva un rimprovero a caratteri cubitali: "Sei un disastro. Che cavolo ci fai davanti a un film horror se stai svenendo dalla terrore?" Avrebbe voluto avere una risposta intelligente, ma non ne trovò nessuna. Alzò le spalle e chinò ancora il capo, cercando di non guardare nemmeno l'orribile maglietta che Federica l'aveva costretta a indossare. Temeva che il teschio sulla stoffa si animasse e iniziasse a urlare. Era un momento da incubo, i colpi di proiettile le risuonavano nella testa e anche l'odore chiuso della sala iniziava a farla sentire male. Tremò quando qualcosa le sfiorò la spalla. Chiuse ancora di più gli occhi, convinta di scoppiare a piangere entro qualche secondo, ma invece si sentì trascinare verso un corpo solido e caldo.
-Sciocca e fifona.- le sussurrò Vergil, mentre le infilava una mano tra i capelli, accarezzandola piano, rassicurante. Lei si lasciò cullare da quel tocco gentile, dal suo respiro profondo e regolare. Non aprì gli occhi, si lasciò guidare dagli altri sensi, isolando la voce bassa di Vergil dal trambusto che proveniva dagli altoparlanti, avvertendo la forza delle sue braccia, delle spalle a cui si era aggrappata, fino al suo profumo, lieve ma virile.
-Questa battaglia l'ho vinta io- continuò lui, baciandole la fronte per un attimo, e poi rinnovando il contatto sempre più a lungo, per poi scendere ancora più in basso lungo il viso.
-Mi arrendo senza neanche combattere- sussurrò Sveva, troppo confusa da tutte quelle emozioni, prima di svanire in un bacio, silenzioso ed esigente.


Ciao a tutte,
mi avete chiesto un nuovo capitolo per il fine settimana e io sono felice di postarvelo. Che ne pensate?
Volevo davvero ringraziarvi per le recensioni all'ultimo capitolo e per il supporto che mi state dando in questo periodo. Non sapete quanto mi faccia piacere trovare i vosti commenti e sapere che seguiate la mia storia con tanto interesse! :)
Colgo l'occasione per farvi i miei migliori auguri di una Buona e Santa Pasqua. 
Vi posto il capitolo a un'ora infame, sono quasi le due di notte, per questo non ho ancora risposto alle vostre recensioni, ma risponderò quanto prima. Posto ora perché oltre ad essere Pasqua è anche il mio compleanno e una volta sorto il sole temo che sarà una corsa fino al pomeriggio.

Non so se qualcuna di voi legga in digitale, o se possa interessarvi ma per Pasqua l'editore (Triskell) sconta il mio e-book, una novella originale di una settantina di pagine. Vi lascio il link.
Fuori da efp ho partecipato anche ad altre antologie gratuite, una la trovate in alto sulla mia pagina autore, l'altra si intitola "Tutto nasce da qui", ed è curata da una bravissima blogger che in passato lavorava per una casa editrice, come editor. Non so, ditemi se vi interessa saperne di più.  <3

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Capitolo 32
*** Tutti contro tutti ***


-Biondina sei stata proprio scorretta. Lo sai, vero?-
Sveva si trovò di fronte alla versione imbufalita della propria migliore amica. La guardò per qualche istante, senza sapere bene cosa rispondere. -Che vuoi dire?-
-Una sola parola, anzi un nome. Dante. E lo hai anche fatto sedere accanto a me!-
-Avresti potuto ignorarlo. Ma non mi pare tu lo abbia fatto-
Federica ignorò il sorrisetto che si stava stampando sulle labbra di Sveva, in quel momento era troppo occupata a trascinarla per metà del cinema, e allontanarsi il più possibile dai gemelli. Si voltò per tenerli d'occhio, ma sembravano chiacchierare amabilmente, a qualche metro dal loro. -Fai poco la spiritosa. Sono ancora arrabbiata con lui. Se potessi gli darei un pugno in faccia.-
-Io lo sapevo che non dovevamo vedere un film violento!-
-Il film è stata la giusta punizione per una traditrice come te!-
-Sei anche paranoica, tra poco crederai che ti abbiano versato dell'arsenico nella coca cola.-
-Che stai blaterando?Era buona la coca, nemmeno troppo annacquata...-
-E a casa dormirai con la luce accesa, perché il buio attira i fantasmi. Ma tu ci credi che se c'è la luna piena durante un giorno dispari di un anno pari si possano evocare gli spiriti?-
-Cosa? Sveva perché stai tremando?-
-Io...no, però credo che dormirò con la luce accesa per le prossime notti, settimane. Facciamo qualche anno.-
-Fifona.-
-Dimmi almeno che ne è valsa la pena. Tu e Dante avete parlottato tutto il tempo! Farete pace?-
-Ma che sei scema? No, noi non abbiamo parlottato.-
-Vi ho sentiti. Parlavate di bossoli e cartucce!-
-E va bene. Gli ho rivolto la parola. Ma nient'altro.-
-Sai Fede, se non avessi sentito l'argomento piuttosto guerrafondaio vi avrei trovati quasi romantici. Così vicini...-
-Smettila. Non ho intenzione di perdonarlo.-
-Ma se lui si facesse perdonare? Se si sforzasse, intendo?-
-Potrei anche pensarci un po' su. Questa serata, comunque, non è stata un completo fiasco.-
-Lo sapevo che ti avrei convinta a dare una seconda chance a Dantino...-
-Parlavo del film! Era abbastanza bello. E, comunque, se ti sentisse chiamarlo in quel modo,  "Dantino" ti farebbe fare la fine della tipa strozzata con la maglietta di Justin Bieber intrisa di sangue infetto.- Federica si girò in tempo per vedere l'amica appoggiarsi al muro e portare una mano davanti alla bocca, perdendo quel poco di colorito che stava riacquistando. -Ma tu come hai fatto a sopravvivere a questo film? -
-Non sono certa di essere sopravvissuta. Potrei schiattare nei prossimi cinque minuti.-
-Se la mia contessina dice la parola "schiattare" vuol dire che stiamo messe proprio male.- Si avvicinò ancora di più Sveva, stringendo gli occhi in due fessure. -Confessa. Sai dove voglio arrivare. Tu mi hai vista parlare con Dante...ma io ho visto ben altro tra te e l'uomo di ghiaccio!-
-La spiegazione è molto semplice.- Sveva sospirò, guardando verso i gemelli, che ancora non si avvicinavano, quasi timorosi.
-Allora parla.-
-Hai avuto le allucinazioni.-
-Cosa?-
-Credo sia un effetto collaterale del film!-
-Sì, e sto immaginando anche il tuo rossetto sbavato?Avresti dovuto usarne uno a lunga tenuta. Su certe cose sei proprio una frana.-
La ragazza strabuzzò gli occhi e si coprì di nuovo le labbra con una mano. Cercò con lo sguardo uno specchio, in cui valutare il disastro. Mentre l'amica, impietosa, rideva a crepapelle.
-Tutto bene?- I gemelli, finalmente, trovarono il coraggio di raggiungere le ragazze. Dante, però, sembrava aver perso la sua baldanza, stando sempre qualche passo indietro e lanciando qualche sguardo fugace a Federica. Non aveva il coraggio di guardarla per più di qualche secondo. Il buio della sala aveva giocato a suo vantaggio, come se nell'ombra si fosse quasi dissolto anche il loro litigio. Sapeva di essere stato uno stronzo e che non avrebbe potuto rimediare facilmente. Per questo non aveva allungato un braccio sulle spalle di lei e non aveva nemmeno tentato di baciarla, malgrado la voglia lo stesse torturando. Ma adesso, sotto tutta quella luce, poteva vedere lo sguardo severo della sua ragazza e capiva perfettamente la sua rabbia, la distanza che aveva messo tra loro.
Vergil si accorse che Sveva lo stava fissando in modo strano. Ovviamente era scossa per quello che era successo poco prima. La loro estrema vicinanza non aveva lasciato indifferente nemmeno lui. Doveva ammettere che averla tra le braccia e sentirla, per una volta, completamente cedevole e indifesa non gli aveva fatto sentire quel senso di esaltazione e vittoria, che aveva sempre immaginato. No, aveva percepito una tenerezza sconosciuta, il desiderio di accarezzarla e stringerla ancora di più al petto, di approfondire il bacio che si stavano dando, di sentire un brivido passare dalla propria pelle a quella di lei. Si chiese se stesse pensando le stesse cose, ma non riusciva a decifrare gli strani segni che gli stava lanciando, silenziosamente. Perché si toccava la guancia in quel modo assurdo?
-Ecco un'altra vittima del trucco scadente!- esclamò Federica, continuando a ridacchiare.
-Voi due perché non iniziate a decidere il ristorante? Muoio di fame!- Sveva diede una leggera spinta alle spalle di Dante, per farlo avvicinare all'amica, e poi afferrò il braccio di Vergil e lo portò un po' più lontano.
-Cosa c'è non riesci più a starmi lontana?- le mormorò Vergil, scostandole una ciocca di capelli biondi dal viso.
-Cancellati quel sorissetto compiaciuto dalla faccia, e già che ci sei cancella anche il rossetto.-
-Il cosa?-
-Il rossetto, Vergil. Ehm, hai il mio rossetto vicino alle labbra.- La ragazza aprì la borsa e gli porse un pacchetto di fazzolettini, sperando che lui non facesse caso alla confezione rosa con i gattini. Proprio in quel momento il suo cellulare squillò per l'arrivo di un messaggio. Era l'occasione perfetta per distrarsi, non poteva continuare a fissare Vergil che si tamponava quelle labbra perfette o avrebbe perso anche l'ultimo briciolo di sanità mentale.
Vergil faceva finta di non badare alla ragazza accanto a sè, in realtà non si perdeva nemmeno un suo gesto. Aveva visto le occhiate che gli aveva lanciato, si era accorto di come cercasse di apparire indifferente, senza esserlo davvero. E adesso, pur occupato a togliere ogni traccia di quella dannata tintura, stava spiando con curiosità lo schermo del cellulare. Si era aspettato che lei lo riponesse nella borsa, che non badasse a qualche seccatura, almeno non mentre era così vicino a lui. Ma, invece, Sveva riaccese lo schermo, sul quale apparve un nome che lui aveva già iniziato ad odiare: Ettore. Era la volta buona per capire se le accuse di Federica fossero fondate o solo manovre per infastidirlo. Come se lui potesse essere geloso di Sveva! Fissò con astio il sorriso che spuntò sulla bocca di lei, quella stessa bocca che poco prima era soltanto sua, e non si fece scrupolo nello spostarsi leggermente di lato e leggere il contenuto del messaggio.-
Ciao stella, come va la serata? Qui in Provenza non c'è molto da fare, perché l'estate prossima vieni da me?
Sveva scosse la testa leggendo il messaggio. Ettore, uno dei suoi compagni di classe, uno dei pochi con cui avesse legato un po' di più, in quel periodo era insolitamente gentile. Anzi, da un paio di giorni la tartassava di messaggini, pieni di battute e frasi affettuose. Che gli prendeva? Forse si sentiva solo. Era un tipo alternativo, sempre con la testa tra le nuvole e tra i libri, un po' come lei, probabilmente non aveva amici con cui trascorrere le vacanze e quello era il suo modo di allontanarsi dalla monotona realtà.
Si affrettò a digitare la risposta, completo di faccina sorridente: Qui invece c'è burrasca, magari pensare alla Provenza potrebbe farmi bene :)
Quando posò il cellulare, lo sguardo le cadde sulla mano di Vergil. La punta del fazzoletto bianco si intravedeva tra le dita serrate talmente forte da far sbiancare le nocche. Ebbe timore di guardare ancora un po' più in alto, ma quando si decise vide solo le spalle dell'albino, che si era allontanato verso il getta carte.
Vergil, dal canto suo, stava facendo un'immane fatica per trattenere la rabbia. Respirava profondamente e cercava di placare il calore che sentiva espandersi nel petto. La sua mente continuava a recitare i testi di quegli stupidi messaggini, come se li avesse ancora davanti agli occhi. "Stella" la chiamava. Effettivamente i suoi capelli splendevano come gli astri notturni, ma nemmeno lui si sarebbe azzardato a farle un complimento tanto antiquato. "Come va la serata?" perché quello sapeva anche della serata, quindi si tenevano costantemente in contatto. Serata che secondo lei non era delle migliori, dato che "pensare alla Provenza potrebbe farle bene". L'aveva baciata. Aveva posato le proprie labbra su quelle di lei, ed era andato anche oltre, assaporando la sua bocca, il suo sapore di presunta innocenza. Che altro poteva desiderare di più quella piccola strega? Ma certo la Francia! In quel momento li avrebbe annegati entrambi nel vino francese, lei e quell'altro! Ma nulla di tutto ciò doveva trasparire dal suo viso. Assolutamente nulla. Non le avrebbe mai dimostrato tanto interesse, nè le avrebbe fatto notare di aver  letto i suoi stupidi sms.
-Spero che tuo fratello e Federica abbiano scelto dove mangiare. Ho una fame! Tu?- gli chiese Sveva, affiancandosi di nuovo a lui.
-Un po'. A me va bene qualunque posto, basta che non sia costretto a farti di nuovo da balia.-


Dante affondò le mani nelle tasche, come se quel gesto avesse potuto trattenerlo dal fare qualcosa di sconsiderato. Federica lo fissava con astio malcelato, e la voglia di abbracciarla, di stringerla fino a farle capire quanto bisogno avesse di lei, stava diventando irrefrenabile. Erano a pochi passi l'uno dall'altra, riusciva ancora a percepire il suo profumo fruttato, eppure la distanza era insondabile. Sembrava che ci fossero interi oceano a separarli, che si guardassero dalle sponde opposte, senza il coraggio di buttarsi per raggiungersi. Dante sapeva che avrebbe dovuto tuffarsi per primo, che aveva sbagliato e doveva, anzi voleva, disperatamente rimediare. Perché quel rapporto non era un dovere, non c'era alcun obbligo tra loro, avrebbe potuto lasciare che ogni vincolo si sciogliesse, e poi mandare tutto all'aria. Ma non voleva, era proprio quella maledetta voglia a tenerlo in vita, a spingerlo a continuare, a cercare di farsi perdonare. Il suo più grande desidero era di liberare le mani, protendere le braccia con la consapevolezza che Federica ci si sarebbe buttata, che l'avrebbe ancora stretta al petto, sapendo che lei era sua. Era il suo paradiso, l'unica persona in grado di trasformare anche la più noiosa delle giornate in una montagna russa emozionale.
Allora perché non rischiare per andare a riprenderla? Perché il mare era ancora troppo agitato. Il vento della rabbia spirava furioso, agitando le onde dell'orgoglio ferito. Cercare di attraversare quella tempesta avrebbe potuto portarlo a farsi ancora più male. Ma lui non voleva tirarsi indietro, no, voleva solo approfittare del momento giusto, anche il minimo segno di quiete: fosse durato anche solo un secondo lui l'avrebbe riconosciuto. E nel frattempo sarebbe rimasto lì, sulla riva, per farle capire che non si era allontanato, che la voleva e che aveva capito di dover fare ammenda.
-Ehm...- si schiarì la voce, improvvisamente imbarazzato. Era strano sentirsi a disagio proprio con lei.
-Cos'è adesso non sai articolare nemmeno una parola sensata?-
-Certo che so farlo. Non c'è bisogno di parlarmi così!-
-Sua grazia mi perdoni!-Federica si celò dietro il sarcasmo per nascondere la delusione. Era ferita, ma voleva nascondere quanto grave fosse la situazione. Non era mai stata una molto fragile, aveva la corazza dura, di solito mandava K.O. l'avversario al primo colpo, ma con Dante era diverso. Si sentiva indifesa, completamente esposta ai colpi. Quella sensazione non le piaceva, ma non riusciva a modificarla. Non aveva capito subito cosa le stesse succedendo. Il batticuore le aveva dato alla testa e l'innamoramento l'aveva vinta definitivamente. Si era sentita come un'astemia alla prima bottiglia di super alcolico. Leggera e sulle nuvole, rideva senza chiedersene il motivo, grata di quegli istanti di felicità rubati a una vita spesso grigia e triste. Ma poi era arrivato il conto da pagare. Il litigio con Dante era stato spossante come il mal di testa del dopo sbornia. Lo stomaco non le dava tregua, la testa le pulsava in modo insopportabile. L'infelicità l'attanagliava, lasciando posto solo al dubbio, alla confusione: lo devo perdonare oppure no?
Perché si è così indifesi di fronte all'amore? Perché sono proprio le persone con le quali ci abbandoniamo a ferirci di più? Federica lo guardava e si sentiva smarrita. Arrabbiata per i colpi ricevuti, ma anche con la voglia di lasciarsi consolare dal suo stesso assalitore.
-Cosa ti va di mangiare?-
-Tu sei buono solo a parlare di cibo.-
-Cosa vorresti che dicessi?-
-Non lo so.-
-Scusami.-
-Non mi hai pestato un piede, Dante. Non puoi cavartela con una parolina gentile. E comunque non possiamo parlarne adesso.-
-Lo so che devo dimostrarti molto di più, però...-
-Però cambia argomento! Continuiamo sul cibo, che almeno in quel campo sai come comportarti.-
-Hai fame?-
-Sì, sono affamata.-
-Pizza?-
-Perché pensi sempre alla pizza?-
-Perché ogni cosa che dico non ti va bene?-
-Voglio un panino e delle patatine fritte.-
-Roba sana...-
-Quando mai tu pensi a mangiare sano!-
-Io no, ma di solito voi donne pensate alla linea.-
-Mi stai dicendo che devo mettermi a dieta?-
-Cosa? No! Ovviamente no.-
-Sei proprio un ba...-
-Babbano!- Federica e Dante si girarono verso Sveva, che arrivò gridando la parola "babbano", mentre prendeva sottobraccio l'amica e fulminava Dante con uno sguardo. -Se avessimo visto Harry Potter tu saresti proprio un babbano. Sì, in effetti sarebbe stato meglio vedere Harry Potter. Era questo che stavi dicendo, vero? Fede mi ascolti?-
-Sì, e non stavo per dire babbano...Ahi!- Federica incassò il calcio dell'amica con malagrazia, senza capire da che parte stesse. Intuiva i bizzarri tentativi per riappacificarli, ma doveva anche essere conscia degli istinti omicidi che la animavano, e che erano tutti diretti verso il suo ex.
Ex.
Solo due lettere per definire Dante. Il cuore le fece male, due misere lettere non potevano contenere tutti i sentimenti che aveva provato in quel periodo. L'ansia nel vederlo avvicinarsi, la speranza di piacergli, di ricevere un complimento. La passione nello sfiorargli le labbra, poi di assaporare la sua pelle dolce amara, l'incredula certezza di averlo tutto per sè. Come diavolo avrebbe fatto a lasciarlo andare? Lo guardò, cercando di dissimulare la tristezza. Fu abbagliata dalla vista del suo fisico slanciato e perfetto. Gli addominali si intravedevano sotto la maglietta aderente, le gambe lunghe erano fasciate alla perfezione dai jeans stretti. E quegli occhi di un azzurro accecante! Se non lo avesse perdonato lui si sarebbe trovato un'altra. Non ci avrebbe messo molto, anzi. Le ragazze cadevano ai piedi dei gemelli, senza mostrare un briciolo di dignità, non si curavano nemmeno di sapere se fossero già fidanzati. Non era importante, promettevano qualunque cosa pur di conquistarli. E lei sarebbe stata costretta a vedere delle braccia femminili avvinghiate attorno alla sua vita, delle volgari silfidi praticamente nude che si contendevano ogni suo sguardo, reclamando anche le più licenziose delle carezze. E lui che avrebbe fatto? Non avrebbe resistito. Si sarebbe dimenticato di lei. Dovendo essere onesta, Dante si era sempre comportato bene con lei. L'aveva messo alla prova molte volte, aveva osservato come lui si comportasse con le altre ragazze, ma ogni volta lui aveva superato l'esame a pieni voti. La faceva sempre sentire come l'unica donna in circolazione, la più importante, la regina. C'erano dei momenti in cui le sembrava di esistere solo se era con lui. Fino a qualche mese prima quei pensieri non li avrebbe mai fatti, li avrebbe giudicati come insensatezze da sciocche romantiche. Lei era una tosta, una che non aveva bisogno dell'amore. Del principe azzurro non sapeva che farsene. Chi vorrebbe un idiota in calzamaglia che cerca di rimediare a ogni sventura con un misero bacetto?
Ma poi quel bacio c'era stato...e lei aveva capito che era davvero in grado di risvegliare i morti. Almeno aveva risvegliato lei dal suo stato di cinica single incallita. E non era un'impresa da poco.
-Allora avete scelto dove mangiare?- Aggiunse Vergil, come per ricordare agli altri tre la propria presenza. Sembravano tutti essersi dimenticati di lui, ma con quell'aria imbronciata di certo non contribuiva ad alleggerire l'atmosfera.
-Federica vorrebbe andare in una paninoteca o in un pub.- Li informò Dante, avvicinandosi al gemello, almeno da lui sapeva cosa aspettarsi.
-C'è quel posto carino, a sfondo piratesco...andiamo quello nel vicolo, all'interno del paese...- Sveva si mordicchiava l'interno della guancia, cercando di ricordarsi il nome del locale, e intanto sbirciare le reazione degli amici, tutti improvvisamente cupi e silenziosi.
-Il Jolly roger. Mi piace quel posto, ma dobbiamo fare una corsa, altrimenti ci toccherà aspettare un secolo per avere il tavolo.- Federica non aspettò nemmeno di sentire altri pareri. Voltò le spalle e si incamminò verso l'uscita del cinema. Alzò il volto per esporlo al vento della sera, sperando che almeno quella brezza fresca le schiarisse le idee o i sentimenti, perché il cuore era ancora più ingarbugliato del cervello. Sentì dei passi appena dietro di lei, e intravide il profilo di Dante. Le si avvicinò, camminandole accanto ma senza sfiorarla. Sembrava dire "sono qui" e quella sensazione la confortò più di mille parole. Non avrebbe mai allungato il braccio per prendergli la mano o toccarlo, ma sapere di averlo tanto vicino la rallegrava. Si chiese che cosa passasse per la testa di Dante, se anche lui fosse stordito dall'amarezza, se fosse arrabbiato con se stesso o con lei. Prima le aveva chiesto scusa, ma in un modo troppo banale, troppo semplicistico. Certo, lui non era colpevole di essere il suo primo vero amore. Federica aveva sempre tentato di fare la sostenuta, non si era mai confidata tanto, mai aperta sul serio. Aveva sempre pensato che non fosse da lei e che non ce ne fosse bisogno. Ma forse avrebbe dovuto avvertilo, fargli capire che sotto quell'armatura da ragazza vivace ed egocentrica si nascondeva anche una parte più delicata, in cerca di rassicurazioni e carezze amorevoli. Avrebbe dovuto dirgli di stare attento, perché anche lei poteva essere calpestata dal carattere veemente dell'albino, come era successo. Scosse la testa, volendo negare le proprie debolezze. La verità era che Dante non si era fidato di lei, l'aveva creduta una facile, pronta a tradirlo con quell'idiota di suo fratello. Come poteva essere innamorato di lei e al contempo giudicarla così?
Ripensò alle parole di Sveva, l'amica le aveva detto che anche Dante, in fondo, aveva le sue insicurezze. E poi spartiva le attenzioni col fratello da quando era nato. Erano rivali fin dal primo respiro. Forse era comprensibile che lui temesse un tradimento. Sbuffò, reprimendo la voglia di sferrare un pugno all'aria. Non era pronta per pensare alle fragilità altrui, a perdonare. La rabbia era ancora troppo forte.

Grazie alla passeggiata degna di provetti maratoneti i quattro amici arrivarono al pub in tempo per avere un buon tavolo, senza dover aspettare un'eternità.
Sveva guardò con apprensione Federica eclissarsi nel bagno. Avrebbe voluto seguirla ma quando ci aveva provato l'amica le aveva lanciato un'occhiataccia. Forse aveva bisogno di qualche minuto di solitudine. Sveva aveva sperato che i due, stando soli si sarebbero chiariti, invece ora sembravano più arrabbiati di prima. O meglio, Federica sembrava cacciare fumo dalle orecchie e Dante essere sempre più avvilito. Quella serata non prometteva affatto bene.
-Si può sapere che diavolo vi siete detti?- chiese sottovoce a Dante.
-Ho provato a scusarmi...-
-Al cinema? Con tutta quella confusione? Ma non conosci nemmeno l'a-b-c del romanticismo?!-
-A voi donne non va mai bene niente. Volete sempre di più.- Inaspettatamente Vergil diede manforte al fratello, rispondendole senza nemmeno alzare gli occhi dal menù.
-Che vuoi dire?-
-Quando sembra di avervi accontentate, voi giocate al rialzo.Un' ambizione degna di nota.- disse ancora Vergil con noncuranza.
-Non siamo ambiziose. Vogliamo solo sentirci importanti. Sapere che una persona si è data da fare per regalarci qualcosa di speciale!-
-E quindi io che dovrei fare?- Dante si intromise nel dialogo, ricordando a tutti che era lui quello al centro della discussione.
-Ma insomma, non devo essere io a dirti tutto! Altrimenti il tuo impegno dov'è?-
-Bella amica!-
-Non ci provare. Non sai che faticata che ho fatto per portarla qui, e quando vi ha visti per poco non mi ha strozzata!-
-Peccato non l'abbia fatto- borbottò Vergil, stando ben attento a farsi sentire distintamente.
Sveva, troppo stanca per mettersi a discutere anche con lui pensò bene di tirargli un calcio sotto il tavolo. Un colpo preciso sullo stinco. Lui sussultò, la guardò male, ma non disse nulla.
-Oh, scusa. Non volevo- mormorò Sveva, sorridendo in modo palesemente finto.
Dante deglutì, senza sapere cosa dire. Avrebbe voluto spezzare la tensione sotterranea che stringeva sempre più forte Vergil e Sveva. Non avrebbe saputo trovare una coppia peggio assortita. Lei era troppo sensibile e il fratello troppo poco. Eppure c'era qualcosa tra quei due. Lo si vedeva da come si guardavano. Probabilmente Vergil nemmeno se ne accorgeva di come si comportava. Credeva di essere il solito bello e impossibile con l'espressività di un monolite, ma, per quanto giocasse sempre a fare il superbo, il suo sguardo era più cupo del solito e tutto il suo corpo appariva in tensione. Non era da lui perdere l'atteggiamento rilassato e indifferente. Sveva stava scalfendo la superficie, e Dante pregò che non venisse investita dalla valanga. Ma tutte le congetture vennero messe da parte dall'arrivo di Federica. Si era rifatta il trucco, lo vedeva dalla spessa linea nera sugli occhi, e il rosso che evidenziava le sue piccole labbra perfette. Erano strette, ma perfettamente disegnate. Una volta ancora desiderò che le cose fossero come prima. si sarebbe alzato e l'avrebbe baciata, incurante della curiosità altrui o dell'imbarazzo di chi non si ricordava come ci si sentisse a essere innamorati.
Ma Federica non lo guardò, mentre rubava un menù dalle mani dell'amica.
-Ehi, stavo leggendo io!-
-Non più...perché non leggi il messaggio?-
-Fede, quale messaggio?-
-E io cosa ne so? Mi è sembrato di sentire la tua suoneria.-
Sveva si appuntò mentalmente il nome del panino scelto e frugò nella borsa, alla ricerca del cellulare. -Avevi ragione. C'è un sms.-
-Di chi è?- chiese Dante, piuttosto curioso e desideroso di distrarsi dai propri pensieri tetri. Stranamente, solo in quel momento Federica gli sorrise. Quasi fosse contenta della domanda.
-Un nostro compagno di classe. Si chiama Ettore.-
 -E che ti scrive?- rincarò la dose Federica.
-Che gli manca la mia compagnia. Anche se è strano...-
-Pensi che sia strano aver attirato le attenzioni di un ragazzo? Guarda che tu ti sottovaluti!-
-Eh, grazie, Fede. Ma non credo di aver attirato le sue attenzioni...non in quel senso.-
-Quanti messaggi ti ha mandato da stamattina?-
-Una quindicina...-
-Ecco, fossero cinque o sei sarebbe solo un amico. Ma se si superano i dieci c'è un interesse. Svevy ma devo spiegarti tutto?-
-E questa legge scientifica dove l'avresti appresa?- chiese Vergil a Federica.
-Certe cose si sanno. Comunque, tu gli interessi.-
-Non crearle illusioni.-
-Vergil non ti ho interpellato.-
Sveva sgranò gli occhi, incredula per come Federica aveva zittito il più arrogante degli albini. Guardò di sottecchi Vergil e le sembrò di vedere una vaga traccia di rossore sulla punta delle orecchie,sbattè le palpebre ma quell'anomalia era sparita. Pensò di essersi immaginata tutto. -Lo trovo strano, Ettore non è mai stato così...carino. Cioè, è sempre gentile, ma non in questo modo.-
-Si è accorto che gli manchi.- Federica guardò l'amica e poi Dante. -Capiamo l'importanza delle persone solo quando si allontanano.-
-Già.- Dante l'abbracciò con uno sguardo, come se avesse potuto avvolgerla tra braccia invisibili eppure forti, protettive. Le sorrise per farle capire tutta la verità che contenevano le sue parole. Sentì un pezzettino del gelo che si era insinuato tra loro iniziare a sciogliersi e sperò, sperò con tutto se stesso che le cose si sarebbero sistemate.
-Secondo me sta solo soffrendo di solitudine. Essendo introverso fa fatica a fare amicizia.-
-Però ti ha presa come punto di riferimento.- Le fece notare Dante.
-Non esagerare...-
-Ma se state programmando pure una vacanza in Provenza!- sbottò Vergil, immergendosi subito dopo nella birra che era appena arrivata al tavolo.
-E tu come lo sai?- chiese Sveva, sorpresa.
-Lo so e basta.-
-Vergil hai letto i miei messaggi?-
-Non fare una tragedia. Eravamo vicini, il tuo cellulare mi stava proprio davanti agli occhi.-
-No, era davanti ai miei occhi. Tu avresti potuto anche essere più discreto e farti gli affari tuoi.-
-Comunque, deve essere importante per te questo tipo.-
-Dante, per favore. non mettertici anche tu.-
-Perché non ce ne hai mai parlato prima?- insistette Dante, a cui non piaceva che un estraneo si intromettesse nella loro comitiva. Non sapeva neanche se fosse un bene che qualcuno distraesse Sveva da Vergil. Non credeva che quei due fossero fatti per stare insieme, però qualcosa nell'atteggiamento del gemello gli suggeriva di stare all'erta.
-Ve l'ho nominato un paio di volte, ma non c'è molto da dire. Siamo amici, ci scambiamo qualche messaggio. Fine.-
-Gli manchi! Vuole portarti in vacanza. Non è "niente".-
-Vergil sembra quasi che ti interessi la situazione- disse Federica, mentre allungava la mano verso una patatina fritta, nell'enorme ciotola che era stata messa al centro del tavolo.
-Non dire sciocchezze. Non mi interessa affatto.-
-Allora perché continui a sottolineare l'ipotesi della vacanza...-
-E tu perché continui a farmi un interrogatorio. Non puoi stare zitta e mangiare?-
-Sii più gentile con lei- sibilò Dante, con espressione minacciosa.
Vergil lo fulminò con un'occhiata e non aggiunse nulla. Assaggiò le patatine, ma non ne sentiva quasi il sapore. Preferiva sorseggiare la birra, che stava rapidamente diminuendo nel bicchiere. Rimase in un silenzio colmo di astio, mentre guardava Sveva digitare chissà quale risposta sdolcinata a quell'Ettore. Stava per chiederle se avesse una sua foto. Magari era uno sfigato gracile e pieno di brufoli, ma anche se fosse stato un adone la sostanza non cambiava. Lei gli stava scrivendo, stava accettando le sue lusinghe, anche se sembrava non rendersene conto. Lui, Vergil Sparda, l'aveva baciata solo poco prima e lei sembrava essersene dimenticata. Forse aveva perfino ignorato il modo tenero con cui lui l'aveva accarezzata, lo sguardo rassicurante e divertito con cui avrebbe voluto riscaldarla, fino a farle cessare quei brividi. La piccola strega, alzò gli occhi, lo guardò e sorrise. Un sorriso malizioso, quasi furbo, apparve proprio sopra il cellulare. Vergil strinse la bustina di maionese talmente forte che ne svuotò il contenuto in meno di un secondo. A lui nemmeno piaceva tutta quella maionese. Accidenti a quegli occhi verdi. Gli facevano perdere il controllo. Lei socchiuse appena le labbra. Stava ridendo di lui, la stronza! La vide premere un tasto. La voglia strangolarla crebbe ancora di più...rideva mentre inviava messaggini a un altro! Almeno Federica e Dante erano talmente presi dalla discussione sui rispettivi panini da non notare quelle schermaglie. Qualcosa continuava a vibrare contro la sua coscia destra. Anche lui recuperò il cellulare, pensando a una telefonata della madre. Forse era preoccupata e voleva loro notizie. Illuminò lo schermo, e vide l'icona di un messaggio. Lesse con stupore il mittente: Sveva. Allungò lo sguardo, verso l'altro lato del tavolo. L'aveva di fronte, ma lei era troppo intenta a rubare le patatine dalla grossa ciotola a forma di teschio, cercando di schivare tutte quelle ricoperte di salsa.
Prese un altro sorso di birra, e aprì il messaggio.
<3
Un cuoricino.
Aveva inviato un cuoricino. A lui non a Ettore.

E rieccomi con un aggiornamento a tempo record!
Stavolta ho un annuncio importantissimo da farvi e non vedevo l'ora di darvi la notizia! La storia è conclusa *___*
Ebbene sì, non so esattamente quanti capitoli manchino, perché sul pc non li ho ancora numerati per bene, ma dovrebbero essere 7-8. Sono davvero felice di sentire l'entusiasmo con cui seguite questa storia, solo questo mi ha fatta andare avanti e mi ha spronata a continuare una trama che iniziavo a non sentire più mia. E invece sono commessa nel pubblicare questi capitoli pensando di aver già scritto la parola "fine".
Ma torniamo a noi. Vi è piaciuto questo capitolo? Che ne pensate di Dante e Federica che ancora non fanno pace? E quanto di voi odiano Ettore?




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Capitolo 33
*** E adesso cosa faccio? ***


Non aveva nessuna voglia di alzarsi dal letto. Non che lei si fosse mai svegliata sprizzando energia da tutti i pori. Di solito, la prima frase che diceva la mattina era "voglio tornare a letto". E quel giorno non aveva fatto eccezione. Almeno sua madre, l'aveva lasciata riposare, senza costringerla ad andare in spiaggia con tutta la brigata. Forse era rimasta impressionata dal lancio della pantofola contro il fratellino, che aveva provato a saltare sul suo letto. L'aveva centrato dritto in fronte. Un colpo perfetto per una che doveva ancora aprire gli occhi. Il piccolo Gabriele era scoppiato in lacrime e aveva lanciato delle urla disperate, ma la sorella si era discolpata, addossando tutta la colpa alla sua gemella cattiva. Lei stava ancora dormendo, come poteva aver colpito il fratellino?
La madre aveva utilizzato le proprie stupefacenti capacità divinatorie per prevedere una mattinata catastrofica, così aveva deciso di evitare il peggio lasciando la figlia nel suo letto. Gabriele si era calmato solo dopo la promessa di un giocattolo nuovo, e di un gelato con panna, con panna doppia, e con una partita al flipper, e con una partita extra al flipper. Era uno in grado di trattare. La natura gli aveva concesso l'arma più potente per un esserino di quell'età. No, non un acume straordinario, ma delle urla in grado di sfondare il muro del suono.
Federica cercò disperatamente di riaddormentarsi, ma il sonno era fuggito (terrorizzato dalle urla di Gabriele), così lei rimase ad ascoltare i rumori della casa vuota. Un cellulare si lamentava per la batteria scarica, il frigorifero emetteva un ronzio di protesta, e qualche rubinetto perdeva:. Blip-Blop.
Blip: Perdono Dante.
Blop: Non perdono Dante.
Blip: Dante è il ragazzo più fantastico dell'universo.
Blop: Quello stronzo non voglio vederlo mai più in vita mia.
Blip-Blop.
Una goccia, un'altra goccia.
Federica si coprì il viso con il cuscino, cercando di attutire anche il suono dell'acqua che iniziava a corrodere anche i suoi pensieri. Ma ormai era troppo tardi, quelle gocce insistenti le erano entrate in testa e continuavano a tormentarla.
Blip: Dante è così carino.
Blop: Dante ti ha umiliata.
Blip: è geloso, ma solo perché ci tiene a te.
Blop: lui non si fida di te.
Il cuscino finì a far compagnia alla pantofola, in volo verso l'altro lato della stanza, mentre lei si alzava di scatto per chiudere il maledetto rubinetto del bagno. Strinse la manopola più forte che poté, per assicurarsi che quelle gocce logorroiche non tornassero tanto presto. Realizzò solo dopo che avrebbe dovuto lavarsi, e che ormai riaprire il rubinetto, senza la forza bruta di suo padre, sarebbe stato impossibile. Alzò le spalle e diede un'occhiata alla doccia, che sembrava inoffensiva. Non aveva ancora voglia di lavarsi, nè di riprendere un aspetto umano e femminile. Tornò in camera, sistemando i microscopici pantaloncini del pigiama.
-Ti sembra questo il modo di presentarsi?-
Federica fece un salto dallo spavento, ma era solo il proprio riflesso nello specchio. Sua madre doveva aver spostato il mobile e ora, seduta a gambe incrociate sul materasso, con le lenzuola sparse a terra e un disordine informe per tutta la stanza, era perfettamente inquadrata dalla superficie riflettente. -Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?- chiese Federica, il cui senso della realtà doveva essere ancora profondamente addormentato.
-Di certo non sei tu!- le disse il riflesso.
-Questo non è gentile da parte tua.-
-Sono uno specchio, per la miseria, guardami! Cioè, guardati! Quella canotta ti sta uno schifo.-
-E' soltanto un pigiama...-
-Non è un buon motivo per costringermi a riflettere una cosa così orribile.-
-Scusa tanto, non volevo offendere la tua sensibilità.-
-Potresti fare qualcosa per rimediare.-
-Per esempio?-
-Una doccia?-
-Non puzzo!-
-No, o meglio, non lo so perché sono solo uno specchio. Ma hai comunque un aspetto orribile! Perché stai così?-
-Il mio ragazzo mi ha lasciata.-
-Lo sapevo! Si è trovato un'altra più carina!-
-No. Per tua informazione, lui crede che sia io ad avere un altro...-
-Tu? Con quella faccia? Deve essere proprio stupido!-
-Non è stupido! Forse un po' insicuro...-
-Come lo difendi.-
-Non lo difendo affatto...-
-Se ne sei ancora innamorata perché non te lo riprendi? Non ti ci vorrebbe molto: una doccia veloce, un paio di shorts, una camicetta e un filo di trucco. Et voilà!-
-Ma non ero orribile?-
-Sì, sei proprio orribile, ma con grandi possibilità di recupero.-
-Grazie...credo.-
-Prego. Adesso torniamo a lui. Com'è?-
-Adorabile, bello, divertente. Molto dolce, ma anche passionale nei momenti giusti...-
-Ora la cosa si fa interessante!-
-Guarda che non ti vengo a raccontare i particolari!-
La se stessa dentro lo specchio sembrò delusa.
-Dicevo, ha degli occhi pazzeschi, azzurri come il mare a mezzogiorno, quando il sole lo rende più cristallino. E poi è forte, perfettamente allenato e scattante. Ma c'è di più, è sensibile, capisce quando una persona ha bisogno di lui, e allora cerca di darti tutto il suo supporto, pur in una maniera piuttosto pasticciona...ma è così tenero!-
-Ma se lui è così incredibile e tu non ti sei trovata un altro...perché vi siete lasciati? Fagli capire che lo vuoi ancora!-
-Non è così facile. Lui mi ha ferita.-
-Già...perché tu hai l'animo così sensibile...-
-Che vuoi dire?-
-Che sono il tuo riflesso, cara, ti conosco bene. Sei una persona forte. Nessuno con un'autostima bassa indosserebbe quel pigiama color cachi.-
-Lascia stare il mio pigiama! Ha anche i cupcake che sorridono!-
-Per pietà, cambiamo discorso. Ti stavo dicendo, che tu sei conscia di te stessa, sai quanto vali e non hai mai permesso a nessuno di metterti in discussione.-
-Ma con Dante è diverso!-
-Perché?-
-Perché lo amo!-
Federica sgranò gli occhi, guardando il proprio riflesso. Era sorpresa. Insomma, aveva sempre saputo di essersi innamorata di Dante, ma ammetterlo a se stessa, in quel modo, era differente. Rendeva tutto...vero.
-Vuoi perdere la persona che ami?- Le chiese lo specchio.
-No.-
-Sei pronta a rinunciare a lui pur di far vincere il tuo orgoglio?-
-No.-
-Sai che lui non ha agito con cattiveria ma per insicurezza?-
-Sì.-
-E allora che cavolo ci fai ancora con quell'orribile pigiama? Vestiti e vallo a cercare!-
Federica scattò davvero verso la doccia, fiondandosi sotto lo scroscio dell'acqua gelida che le diede sollievo dal caldo infernale che stagnava nella casa. Il riflesso si assicurò che lei fosse lontana prima di sospirare di soddisfazione -La verità è che avrei detto qualunque cosa pur di farle togliere quell'orribile straccio che lei si ostina a chiamare "pigiama".-
Mentre si lavava i capelli con uno shampoo al gelsomino, Federica continuava a pensare a Dante. Si sentiva davvero ferita, arrabbiata per non avere la sua completa fiducia, ma le era comunque insopportabile l'idea di doversi separare da lui, e magari di doverlo vedere accanto a un'altra. Si diede della stupida per non averlo fatto parlare la sera precedente. Aveva tentato di scusarsi e lei l'aveva zittito. Se si fosse morsa la lingua, forse, a quell'ora sarebbe stata già più serena. In fondo lei doveva solo perdonarlo, no?
Non c'era niente che potesse andare storto, giusto?
Alzò lo sguardo verso lo specchio del bagno, ma non successe nulla. Deglutì, avendo un brutto presentimento. Si strinse nell'accappatoio e tornò in camera.
-Hai i capelli bagnati- le ricordò lo specchio.
-Perché non mi hai risposto in bagno?-
-Che razza di domanda! Non ho intenzione di seguirti in bagno. Occupiamoci di cose serie: i tuoi capelli...-
-Si asciugheranno col caldo che fa qui.-
-Non ci provare ragazzina. Abbiamo una missione recupero.-
-Recupero?-
-Sì, devi riconquistare il tuo ragazzo. Te lo ricordi?-
-Niente affatto. Io devo solo perdonarlo. E' lui a dover riconquistare me.-
-Come vuoi. Ma se pretendi che lui strisci ai tuoi piedi dovrai comunque usare la piastra. Non sei attraente con tutto quel crespo.-
-Sei crudele!-
-Tesoro, sono uno specchio! Se volevi che fossi gentile dovevi scattarti una fotografia e poi manipolarla con photoshop. E che pensi di fare con quello?-
-Vestirmi...è questo che si fa con gli abiti!-
-Non pensarci nemmeno. Non so perché ti sia intestardita a compare quell'affare, ti sta davvero in modo orribile. E quella gonna sotto al ginocchio...non è vintage è solo fuori moda!-
-Sai che sei proprio superficiale? Dante non cadrà ai miei piedi per come sono vestita, ma perché mi ama!-
-Senti, io sono lo specchio, penso al look. Ai sentimenti devi pensarci tu. Adesso, con quelle gambe che ti ritrovi mettiti dei pantaloncini, possibilmente quelli di jeans rossi. E poi la camicetta bianca. Ecco, così, brava. E quando ti trucchi, per favore, niente cosmetici scadenti, che colano e poi sembri un panda.-
-Cosa dovrò dire a Dante?-
-Cielo! Pretendi che faccia tutto io? Sorridi, sbatti un po' le ciglia e, se non è già preda del tuo aspetto fantastico, bacialo. Le parole sono sopravvalutate. Guarda me, non parlo praticamente mai!-
-Mmhh...magari su questa parte faccio da sola.-
-Basta che ora ti togli di torno. Sono nella giusta angolazione per riflettere il belloccio del palazzo di fronte.-

Federica uscì di casa a passo lento, intontita, come chi si è appena svegliato dopo un sogno strano. Attraversò la strada, in modo da poter camminare vicino al mare. La brezza leggera le rinfrescava il viso e le schiariva la mente. Aveva bisogno di tornare in sè. Quella mattina, per quanto surreale, le aveva fatto prendere una decisione. Dante era ciò che voleva, non poteva rinunciare e non poteva arrendersi davanti a una piccola incomprensione. Allungò il passo, fino a correre a perdifiato. Non sapeva nemmeno dove trovarlo. Era al lido o in hotel? Senza fermarsi afferrò la piccola borsa che portava a tracolla, pescò il cellulare e lo accese. Lo schermo ci mise un po' ad animarsi e Federica percepì lo scorrere del tempo con agitazione sempre crescente. Doveva parlare con lui, doveva vederlo. Il numero di Dante apparve sullo schermo, Federica ascoltò gli squilli che si susseguivano senza esito. Nessuna risposta.
-Dove accidenti sei?- mormorò, continuando a correre, ormai quasi arrivata a destinazione.
Scattò la segreteria, ma lei non lasciò messaggi. Richiamò, ma ancora una volta non ci fu risposta.
Si precipitò in albergo, ma il personale le mostrò la chiave della stanza appesa sull'apposito gancio. -Non l'ho visto scendere, ma provi in spiaggia.- Le suggerì un anziano portiere, impietosito dalla sua espressione delusa. Non se lo fece ripetere, salutò velocemente e si diresse al lido. Era proprio di fronte, ci volevano solo due passi. Arrivò al bar, che fungeva anche da cassa per la spiaggia, ma non si fermò, prendendo direttamente la discesa già coperta di sabbia.
-Federica!- strillò qualcuno dietro di lei. Era così agitata da non aver nemmeno riconosciuto la voce. Si costrinse a voltarsi e incontrò lo sguardo perplesso della sua migliore amica. -Sembri stravolta, che ti è successo?-
-Svè, adesso non ho tempo. Devo parlare con Dante.-
-Aspetta!- Sveva la trattenne per un braccio, cercando di parlare. -Federica, mi dispiace, ma Dante non c'è.-
-Come non c'è? E dove è andato?-
-Non ti ricordi? I gemelli ci hanno detto che avrebbero passato la giornata con la madre. Non so dove.-
-No, accidenti! Ma io devo parlargli.-
-Devono essere usciti presto. Non c'erano nemmeno a colazione. Hai provato a chiamarlo sul cellulare?-
-Non risponde.-
-Sul numero di Vergil?-
-E per dirgli cosa? Non è che possono tornare da chissà dove solo perché glielo chiedo io.-
-No. Ovviamente, no.-
-Lo specchio si arrabbierà moltissimo- piagnucolò Federica, trascinando l'amica, piuttosto confusa, verso un tavolino all'ombra.


****

Dante passeggiava senza fretta, restando sempre un passo indietro a Vergil e alla loro mamma. Quella mattina lo avevano svegliato troppo presto, e il distacco dal materasso morbido gli era sembrato così traumatico da spingerlo ad avere sonno per tutta la mattina. Fino a che era profondamente addormentato poteva perdersi in dolci sogni ristoratori, nei quali lui e Federica andavano d'amore e d'accordo... molto, ma molto d'amore e d'accordo. Nei suoi sogni non c'erano litigi, non c'erano amarezze: lui non aveva mai fatto il cretino e lei non si era mai arrabbiata. Ma poi la sveglia lo strappava a quelle rassicuranti visioni oniriche e lui era costretto a fare i conti con la realtà, in cui lui si sentiva un perfetto cretino che aveva perso la ragazza più importante della sua vita.
-Tesoro che hai?- chiese la madre, voltandosi appena. Fece scivolare un po' i grandi occhiali da sole per guardare meglio il figlio insolitamente taciturno.
-Niente mamma, sono stanco.-
-Ma se abbiamo fatto solo due passi!- Esclamò Vergil, sistemandosi i capelli, in modo che non gli ricadessero sulla fronte. Era una battaglia persa, perché il vento quel giorno sembrava non volersi quietare, ma lui era imperterrito nel cercare di preservare il suo aspetto perfetto.
-Che c'è? Adesso non posso nemmeno essere stanco quando mi pare?-
-Non iniziate a litigare, vi prego.-
-No, mamma - risposero in coro. Eva era l'unica persona in grado di tenerli uniti.
-Sei sicuro che sia solo stanchezza? Hai uno sguardo così triste, cucciolo mio.-
-Mamma non chiamarmi in quel modo, per favore.-
-Non ho detto niente di male!-
-Non ancora! Sappiamo bene che inizi con "cucciolo" e poi si rischia di finire a orsacchiotto o qualcosa di simile. Vergil non ridere, lo sai che toccherà anche a te!-
-Ah, i figli maschi...non vi si può mai coccolare un po'. Avrei voluto anche una femmina. Vi sarebbe piaciuta una sorellina?-
-No!- Risposero di nuovo all'unisono, aggiungendo diversi -per pietà, che tragedia, non sia mai-.
-I soliti esagerati! Le ragazze vi fanno proprio un brutto effetto.-
-Non sai quanto- esclamò Dante.
-Già- confermò il gemello.
Eva si voltò da una parte e dall'altra, stando perfettamente al centro tra i figli. Rise, con una risata graziosa e cristallina, che però fu ricambiata solo da sguardi torvi. -Mi chiedevo quando sarebbe arrivato questo momento. Siete molto teneri, anche se un po' malconci.-
-Non siamo affatto malconci- negò Vergil, cercando di conservare un po' d'orgoglio.
-Io lo sono- mormorò Dante, entrando in uno dei negozi sul lungo mare. La piccola bottega vendeva carta pregiata, agende e completi di calligrafia, con pennini e piume dai colori sgargianti. Il ragazzo si sentì a disagio in quell'ambiente delicato, in cui la cultura si presagiva nelle righe non ancora scritte su quelle pergamene. Il fratello, al contrario, si armò di stilografica, come se non avesse mai usato una bic o una tastiera in vita sua. I movimenti della mano erano tanto agili e sicuri da sorprendere anche il bottegaio, che stava conversando con Eva, raccontandole degli aneddoti di storia locale.
-A cosa pensi fratellino? Anche se non sono certo tu sia in grado di pensare...-
-Spiritoso! Comunque, pensavo che questi sarebbero i fogli adatti per scrivere una lettera d'amore... e di scuse.-
-Ancora con l'idea di voler strisciare ai piedi di Federica.-
-Sì.-
-Fa come vuoi. Ma sinceramente l'eloquenza non mi sembra il tuo forte...al posto di una dichiarazione d'amore ti uscirebbe una lista della spesa. Poco romantico.-
-Mi sottovaluti sempre.-
-Dante ti ci vedi a tessere suggestive similitudini sul suo aspetto o sostenere il tuo amore con parole struggenti?-
-Descritte in questo modo le lettere d'amore sembrano proprio tristi...-
-Ecco, appunto. Non fanno per te.-
-Non basta dire "ti amo"?-
-Più che una lettera sarebbe un telegramma.-
Con lo sguardo basso e il passo strascicato Dante uscì dal negozio, sentendosi soffocare da tutte quelle frasi ancora da scrivere. Che c'era di così astratto nell'amore? Lui lo sentiva scorrere nelle vene quel sentimento, lo concretizzava nei baci, nelle carezze, gli dava vita con la voce, guardando negli occhi la persona amata. Righe e righe di fitta scrittura per lui era solo carta, arida, morta, mentre ciò che voleva comunicare lui era passione, vera, vitale e palpitante.
Si avvicinò a una fontanina, immerse le mani nell'acqua e poi se le passò sul viso, scendendo fino al collo. Il refrigerio durò solo pochi secondi, ma fu comunque piacevole. Piccole gocce d'acqua si impressero sulla stoffa verde della maglietta, non ci fece caso, ma peggiorò la situazione agitando le mani per farle asciugare. Si guardò intorno. Sua madre e Vergil erano ancora nel negozio, e probabilmente si sarebbero infilati subito in quello successivo, che offriva manufatti tipici del luogo, graziose ceramiche di cui lui non apprezzava il valore. Si diresse un po' più lontano, seguendo la strada e i tanti turisti che sorridevano estasiati.
Fu attratto da un locale scintillante di colori, la cui entrata era decorata con palloncini e fiori di carta. Sembrava l'ingresso di una festa per bambini, ma le vetrine erano cariche di oggetti variegati, da delicati quadretti, a gadget per pc ultramoderni. Uno striscione applicato sul vetro prometteva: "il regalo perfetto lo troverai qui".
Un regalo.
Dante non credeva che per farsi perdonare bastasse un regalo, men che meno che Federica si facesse comprare da qualche gingillo scintillante, ma stava cercando un simbolo. Qualcosa che le facesse comprendere i suoi sentimenti. Doveva sforzarsi per trovare l'oggetto giusto, il messaggio giusto da comunicare. "Mi dispiace", "ti voglio", "torna con me", "ti amo". Un sacco di cose da dire senza sapere come fare.
Entrò nel negozio. Una serie di stanze colme di mensole e vetrinette. Il sorriso gli scomparve dalle labbra, mentre sgranava gli occhi. Da dove avrebbe dovuto iniziare?
-Posso aiutarti?- una ragazza dai capelli biondi che digradavano nel rosa lo accolse, tendendogli la mano. -Sono Ester, la proprietaria.-
-Salve...io stavo cercando un regalo.-
-Lo immaginavo. Hai già qualche idea?-
-Veramente no.-
Ester non sembrò perdersi d'animo, lo invitò a sedersi a un piccolo tavolo e aprì il blocknotes alla prima pagina bianca. Sembrò soddisfatta del rumore della carta che le scorreva sotto le dita. -Iniziamo dalle cose più semplici. Per chi è il regalo?-
-La mia ragazza, cioè ex ragazza, forse.-
-Questa non sembra una situazione semplice. Puoi dirmi se è un'occasione speciale, un compleanno magari?-
-No. La cosa è un po' più complicata. Forse, non sono nel posto giusto. Scusami, meglio che vada via...- Dante si alzò, arrossendo. Non era abituato a sentirsi a disagio, d'altronde non era nemmeno abituato a dover chiedere scusa a una persona importante.
-Ma no, ti arrendi così?- gli chiese la ragazza.
-Io non mi sto arrendendo.-
-Allora non tentare la fuga. Siediti e dimmi le prime cose che ti vengono in mente. Che vuoi comunicare con questo regalo? Che tipo è la destinataria...- Ester agitò le mani nell'aria, in modo buffo, impugnava ancora la penna e il block notes era aperto, pronto per essere riempito di appunti.
-Devo dirle che mi dispiace, che mi fido di lei, e che...-
-Non fare il timido. Perché per voi uomini è così difficile dirci che ci amate? Non è che innamorarvi vi renda meno virili, anzi.-
-Bhe, allora quel che voglio dire l'hai capito.-
-Vuoi sottolineare qualcuno di questi messaggi? Potremmo scriverlo da qualche parte, creare un biglietto personalizzato, o qualcosa di inciso...-
-Io mi fido, è la cosa più importante.-
-Ecco, passiamo avanti. Lei come si chiama e che tipo è?-
-Federica è una persona diversa dalle altre, non la solita ragazza tutte smancerie e romanticismo. A lei piace ridere, vuole qualcuno con cui star bene, divertirsi, ma anche qualcuno pronto a sostenerla, a darle delle dimostrazioni concrete.-
-Ok, allora escluderei qualunque cosa abbia cuoricini, fiocchetti e fiorellini...-
Dante sgranò gli occhi, sorpreso da come le sue parole, per lui pregne di significato, potessero essere banalizzate in quel modo. Si ricordò appena in tempo che Ester stava solo facendo il suo lavoro, e probabilmente, in quello stesso istante, stava mentalmente ripassando tutto il contenuto del negozio, per decidere cosa proporgli.
-C'è un'occasione speciale in cui vuoi darle il regalo?-
-Cioè?-
-Non lo so, magari andrete a una festa, o la inviterai a cena a casa tua...Insomma, la cornice è sempre molto importante, soprattutto se devi farti perdonare per qualcosa, creare un'atmosfera intima potrebbe aiutare.-
-Non ci ho mai pensato.-
-Ok, senti. Tu fatti un giro qui intorno e vedi se c'è qualcosa che potrebbe andar bene. Io selezionerò altri articoli e poi ci confronteremo. Tutto chiaro?-
Dante annuì, girando su se stesso, senza sapere bene da dove iniziare. Si mise le mani in tasca, timoroso di urtare qualcuno dei piccoli oggetti riposti sulle mensole. Non c'era alcun punto che attirasse la sua attenzione, quindi decise di essere scrupoloso e partire dal fondo del negozio fino a tornare al punto in cui si trovava adesso. Fu stupito di ritrovarsi avvolto da un profumo carico di zucchero e spezie, all'inizio pensò a un qualche deodorante per ambienti, ma dopo qualche altro passo si ritrovò in una stanza carica di dolciumi. Caramelle, cioccolatini e scatole di biscotti occupavano un lungo tavolo e alcuni scaffali. Dante fece scorrere lo sguardo sui cartellini che pubblicizzavano il cacao al peperoncino, o delle caramelle al miele a forma di cuore.
-Vuoi prenderla per la gola?- chiese Ester, comparendo da un angolo in cui erano appese decine di catenine e braccialetti di ogni genere.
-Ho trovato le sue caramelle preferite. Queste le piacerebbero più dei fiori.-
-Una cosa non esclude l'altra- esclamò Ester, raggiante, accorrendo con il fido blocco per gli appunti e la penna dall'inchiostro verde. -Le piacciono queste qui alla fragola? Sono davvero perfette!-
Dante evitò di fare domande, evitando di commentare la foga con cui Ester annotava delle idee. Si chiese se le cose non gli stessero sfuggendo di mano, ma il suo istinto gli diceva che quella era proprio la strada giusta da intraprendere. Nella mezz'ora successiva raccolse in un cestino gli oggetti dalle forme più strane, i richiami più incredibili e i colori meno sobri. Tutte quelle cianfrusaglie erano accomunare da un'unica cosa: potevano piacere a Federica. Depositò il carico sul tavolo, dove Ester aveva già raccolto alcuni suggerimenti e iniziarono a discuterne. Dante dovette fermarsi più volte per spiegare il senso da dare a ogni oggetto, il perché l'avesse scelto e cosa avrebbe potuto comunicare a Federica, però ascoltò anche pareri diversi, valutando la possibilità di un cambio di direzione, di un'idea dal tocco più creativo.
Dopo svariati minuti di accesa discussione sul tavolo rimasero pochi articoli. Tutti collegati a dei post it che ne spiegavano il senso, o descrivevano la loro futura evoluzione.
-Sei stato fortunato. In questi giorni non ho molti ordini, quindi posso dedicarmi completamente a questo progetto. Non ho mai svolto nulla di così strampalatamente romantico!-
Dante non era certo che quello fosse un complimento, ma non ebbe il coraggio di esprimere i propri dubbi davanti all'entusiasmo di Ester. E poi c'era qualcosa, proprio lì, all'altezza dello stomaco, che iniziava a sciogliersi. Era il dolore che cedeva posto alla speranza. Una speranza folle e coraggiosa, che gli urlava di aver fatto la scelta giusta, di aver fiducia perché tutto sarebbe andato per il meglio.
Sì, Ester aveva ragione. Non c'era nulla di convenzionale in quel piano, aveva sconvolto ogni canone del romanticismo (o quasi), ma aveva creato qualcosa di unico, che avrebbe lasciato Federica a bocca aperta. Almeno era ciò che sperava.

Ciao ragazze,
eccoci qui con il nuovo aggiornamento. Inizia a vedersi il disgelo che voi tutte aspettavate, eppure qualcosa non va come dovrebbe...
I nostri personaggi iniziano a fare i conti con se stessi e i propri sentimenti, facendo leva su tutto il proprio coraggio.
Secondo voi che avrà organizzato Dante?
Grazie ancora per l'affetto con cui mi seguite. Ci vediamo la prossima settimana :)


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Capitolo 34
*** Quello che provo per te... ***


Accidenti a Dante! Era tutta colpa sua se lui adesso si ritrovava con un delizioso quadernetto rosa tra le mani. Eva glie l'aveva teso dicendo "Tuo fratello è andato a comprare un regalo per Federica. Ho pensato che avresti potuto prendere qualcosa anche tu, per la tua amica". Peccato che la madre non si fosse fermata a chiedere la sua opinione prima di fiondarsi all'acquisto e adesso lui, per farla contenta, avrebbe dovuto consegnare a Sveva il grazioso pacchettino della cartoleria. In effetti Sveva l'avrebbe apprezzato, l'aveva colta più volte china sui fogli, o concentrata alla tastiera di un portatile, e aveva il sospetto che si divertisse a scrivere un insulso romanzetto o qualche smielata poesia. Ma come farle capire che non era stato lui l'artefice del regalo? Non avrebbe nemmeno voluto ammettere di stare semplicemente obbedendo agli ordini di sua madre. L'avrebbe fatto sembrare un bambino. Il problema era che Eva era fragile e delicata solo in apparenza, nella realtà era capace di rigirare lui e Dante come più le piaceva. Senza sapere neanche come, lui e il fratello si ritrovavano sempre a obbedirle, anche quando non erano d'accordo con le sue proposte.
Sbuffò e seguì la madre al tavolino di un bar, la tovaglia bianca ondeggiava al vento e le sedie erano all'ombra. Sarebbe stato lieto di fare una sosta, il caldo italiano era difficile da sopportare. Fece appena in tempo a posare le buste e sedersi che sua madre scatto in piedi. -Cosa c'è?-
-Fermo lì, voglio farti una foto, con quella camicia blu e il mare alle spalle sei davvero incantevole.-
-Grazie, mamma.- Un sorriso spontaneo gli curvò le labbra, mentre cercava di assumere una posa studiatamente naturale.
Posò un braccio attorno alle spalle di Eva, mentre lei tornava a sedersi e si tendeva verso di lui per fargli guardare l'istantanea appena scattata. -Guarda come sei bello quando smetti di avere quell'espressione accigliata e ti sciogli un po'.-
-Non ho un'espressione accigliata!-
-E invece sì, fai sempre il sostenuto. E in questi giorni poi c'è qualcosa che ti rende irrequieto.-
Vergil socchiuse le labbra, ma non pronunciò neanche una sillaba. Per quanto tentasse di nascondere le proprie emozioni, sua madre era sempre capace di leggergli dentro. -Niente per cui ti debba preoccupare.-
-Non sono preoccupata Ver, sono un po' triste- disse, accarezzandogli una guancia.
-Perché?-
-Perché non ti confidi con me, preferisci covare la tua confusione, come se esprimere i tuoi dubbi fosse una debolezza. Io, però, sono tua madre. Non hai bisogno di mostrarti sempre forte con me. So decifrare ogni piccola ruga che ti viene sulla fronte e penetrare ogni tuo silenzio. Non ti chiedo nulla per lasciarti i tuoi spazi, non voglio essere invadente, ma a volte ho la sensazione che tu abbia bisogno di parlare con qualcuno e non ti conceda di farlo.-
Vergil rimase a bocca aperta. Eva aveva compreso dei suoi atteggiamenti che nemmeno lui aveva saputo interpretare. Sospirò, improvvisamente stanco. Rovesciò la testa e guardò solo il cielo sopra di lui, non c'era nemmeno una nuvola in quello spazio infinito e tranquillo. La voglia di sentirsi libero, di far scivolare via il peso di mille segreti, sembrò conquistarlo. Forse era il momento di abbattere almeno qualcuna delle barriere che aveva eretto, calare la maschera del super io e permettersi di essere semplicemente un figlio. Se c'era una persona di cui si fidava era sua madre.
Eva attese che il cameriere si allontanasse, dopo aver preso nota delle loro ordinazioni,  per rivolgersi di nuovo al ragazzo, ma lui la precedette.
-Hai ragione, mamma. Di solito sono in grado di prevedere esattamente gli eventi, le reazioni delle persone che mi circondano. Non ci sono imprevisti, non ci sono sorprese, va tutto esattamente come avevo programmato. Ho sempre ragione. Ma da quando siamo qui...- Vergil puntellò i gomiti sul tavolo e si prese la testa tra le mani. -C'è qualcosa che mi confonde, che mi costringe a mettermi in discussione e questa cosa mi fa ammattire.- Alzò leggermente la voce e tornò a sedersi contro lo schienale, evitò lo sguardo di sua madre, osservando un punto imprecisato davanti a sè.
-Questa cosa o questa persona?- disse Eva, in tono divertito.
Vergil la fulminò con lo sguardo, per poi tornare a non guardarla. Non le rispose.
-Tesoro mio, non c'è niente di male nell'essersi innamorati.-
-Non mi sono innamorato di lei! Lo sapevo, ho fatto male a parlartene, ti sei fatta un'idea sbagliata.-
-Non è affatto vero, mio caro. Io mi baso su ciò che ho visto.- Allungò al figlio la fotocamera. Aveva selezionato una delle foto scattate a Ravello, perché comparisse sul display, aveva anche impostato lo zoom affinché inquadrasse esattamente la scena. Nell' inquadratura c'era Sveva concentrata su un punto un po' più a sinistra rispetto all'obiettivo, e Vergil che la fissava intensamente, come volesse accarezzarla con lo sguardo. -Non si può equivocare questa situazione.-
Vergil si umettò le labbra, sentendo stranamente la gola secca. Cercò di recuperare il controllo, prima di arrossire come uno scolaretto. Solo sua madre era in grado di fargli quell'effetto. Lo faceva sentire come fosse impreparato durante un'interrogazione. -Non è come sembra.-
-Oh, quindi lei non ti piace? E sai che capisco quando mi dici una bugia!-
-E va bene. Innamorato è una parola grossa, diciamo che Sveva mi interessa, però lei è sempre così...indisponente!-
Eva alzò le sopracciglia, mentre un mezzo sorriso le illuminava il volto. -Tesoro, quella ragazza ha carattere. Tu non puoi stare con una di quelle marionette, sempre pronte a darti ragione, ti annoierebbero entro un paio d'ore. Lo so che sono più rassicuranti, più tranquille, ma l'amore non è questo. L'amore deve darti la scossa, deve capovolgere la tua realtà e farti sentire diverso, deve cambiare il tuo mondo, il modo di vedere le cose, perché da una persona sola si diventa due. L'ottica si raddoppia, c'è un punto di vista diverso, c'è un'altra persona di cui occuparsi e preoccuparsi.-
-Già...- Vergil non confidò alla madre tutti i suoi pensieri, ma si ricordò di quel giorno sulla spiaggia, quando avrebbe voluto dire qualcosa in grado di ferire Sveva, ma gli era bastato uno sguardo a quel volto così pulito e ingenuo da far naufragare ogni proposito bellicoso. Abbassò lo sguardo verso la foto, e una piega amara si dipinse sulla sua bocca. Puntò il dito contro il piccolo schermo. Per quanto quelle parole gli pesassero aveva bisogno di pronunciarle. -Lei non mi sta guardando.-
Eva posò la mano sulla schiena del figlio e lo accarezzò come quando era bambino e voleva tranquillizzarlo. -Scorri le varie foto, ne ho fatte tante- gli suggerì.
Lui ignorò il gelato che si stava sciogliendo nella coppa e iniziò a sbirciare nella gallery. All'inizio c'erano tutte foto di gruppo, con i genitori soddisfatti e rilassati, poi vide se stesso e Sveva in una serie di scatti rubati. In alcuni momenti avevano i visi talmente vicini che sembrava stessero per baciarsi, ma lui capì che si stavano punzecchiando. Erano vicini solo per non farsi sentire. Certo, sorridevano e si guardavano negli occhi con una complicità sorprendente. Sveva aveva lo sguardo luminoso e le guance lievemente arrossate, i suoi capelli sciolti disegnavano delle onde setose sul vestito azzurro. Se l'avesse avuta lì, in quell'istante, avrebbe affondato la mano tra la chioma dorata, e avrebbe giocato con quei boccoli scomposti. Accidenti, ma cosa stava pensando?
Le successive tre istantanee lo lasciarono piacevolmente colpito. Sveva lo guardava, a volte in modo palese, altre di sottecchi, però lo guardava. E sembrava felice. Felice di vederlo, di averlo accanto. In quei fotogrammi non c'era finzione che tenesse, non c'erano scuse, o schermaglie dietro le quali nascondersi. Il sentimento si leggeva sui loro volti, negli occhi spalancati, le labbra socchiuse; la mani quasi sempre vicine, che a malapena si sfioravano, senza il coraggio di toccarsi davvero.
Lasciò andare la fotocamera e si dedicò al gelato alla frutta, che richiedeva un suo intervento urgente. Eppure fece fatica a percepire il delicato gusto del cocco sul palato, tanto era preso a elaborare razionalmente il gran tumulto che gli si agitava dentro. Doveva arrendersi all'evidenza? Si era innamorato.
-A cosa pensi?- gli chiese Eva, dopo lunghi minuti di silenzio.
-Lei potrebbe avere un altro...- mormorò, stringendo i pugni sul tavolino.
-Quella non mi sembra la faccia di chi pensa ad un altro- mormorò Eva, picchiettando con l'unghia sulla fotocamera.
-Lo credevo anche io.- Vergil si voltò verso sua madre, senza curarsi di nascondere la delusione. Si mostrò per quel che era, un ragazzo confuso, con il terrore di fare una figuraccia e di perdere tutto il muro di autodifesa che si era costruito intorno. Lui sapeva chi era, era consapevole di se stesso, di essere una persona forte, decisa, che otteneva sempre ciò che voleva. Ma se quell'immagine che aveva di sè fosse crollata, non sapeva cosa avrebbe potuto fare per ricomporre i pezzi.
-Che importanza ha?-
-Cosa? Mamma forse non hai capito. Lei sta frequentando un altro, credo. Comunque si sentono.-
-Ripeto: che importanza ha?- Eva spostò la sedia, in modo che fosse proprio di fronte al figlio. Gli posò una mano sul braccio e lo strinse, sorpresa di sentire tanta forza trattenuta sotto le dita, eppure tra quei muscoli scorreva anche una fragilità nascosta, come un fiume sotterraneo che non vuole salire in superficie, ma corrode le fondamenta. -Se tu ami quella ragazza allora non devi temere di sbagliare. Devi fregartene del rischio di avere un due di picche, che secondo me non avrai affatto, e fare almeno un tentativo. Altrimenti ti darai dello sciocco per non aver nemmeno tentato, e ancor peggio capirai di esserti fatto frenare dalla paura, e questo non lo sopporteresti. Non tu.- Sua madre lo guardò dritto negli occhi, con espressione seria, ma il suo volto si distese pochi secondi dopo, lasciando il posto a un certo divertimento. -E poi cosa dicevi a tuo fratello, qualche giorno fa? "Hey, sono Vergil Sparda: nessuna ragazza mi resiste!"-
Vergil fu felice di non avere uno specchio davanti a sè, perché l'imitazione che gli fece sua madre lo fece arrossire fino alle punte dei capelli. Al colmo dell'imbarazzo perlustrò i tavoli vicini, per accertarsi che nessuno li avesse visti. -Mamma, non farlo mai più!-
-Ok, però è stato divertente!-
-Sì...per te.-
-Che c'è?-
-Nessuna mi resiste...ma su di lei non sono così sicuro.-
-Ah, quindi vuoi vivere col dubbio?-
Dubbi. Lui non ne aveva mai avuti. E quello non era il momento per cominciare a collezionarli. No, lui doveva conoscere la verità e c'era una sola persona che avrebbe potuto dirgliela.


*****

Sveva appoggiò la fronte contro il vetro della finestra e chiuse gli occhi per qualche istante, godendosi il freddo di quella superficie contro il volto accaldato. I pensieri vorticavano nella mente come prede di un uragano furibondo e il cuore non rallentava la sua folle corsa. Deglutì a fatica e guardò verso il mare, trovandolo agitato quanto lei. Le onde si rincorrevano sempre più veloci, creando una spuma leggera e frizzante. Fino a qualche ora fa era immersa in quell'acqua cristallina, nuotando sempre più a largo per poi girarsi e ammirare la riva lontana. Quella solitudine, invece di rasserenarla, la spingeva a pensare agli amici assenti.
Aveva parlato con Federica e aveva saputo che si era ormai decisa a perdonare Dante. Sveva accolse quella notizia con la gioia più grande e sincera, però fu costretta ad analizzare la propria situazione con una punta di invidia. Lei era ben lontana dall'ottenere un lieto fine con Vergil, malgrado fosse il suo desiderio più grande.
Mosse qualche passo per la stanza, fino a sedersi alla scrivania. Estrasse un vecchio quaderno dal cassetto, accarezzò la copertina lisa, di un azzurro ormai sbiadito e poi lo aprì, sentendo le pagine crepitare sotto le dita, colpa di un bagno imprevisto che le aveva raggrinzire; fortunatamente le parole si erano salvate, anche se alcune erano sfocate, indistinte, come era stata lei quando le aveva scritte. Arrossì al pensiero di avere ancora un diario segreto. Alla sua età quella piccola mania sembrava davvero infantile, ma buttare giù i suoi dubbi era un modo di vederli con più chiarezza e, magari, trovare una soluzione ragionevole. E poi quel diario non era un'abitudine, ma solo un rimedio estremo per i momenti di confusione assoluta. E quello era certamente un momento di confusione.
Iniziò con l'immancabile "Caro diario" per poi lasciar libera la penna di vagare sui fogli. Tre ore e qualche lacrima più tardi, poté alzare lo sguardo dalle pagine riempite di una fitta calligrafia obliqua. Chiuse di scatto il quaderno, e lo strinse al petto, come si fa con un oggetto caro e fragile, qualcosa da custodire gelosamente. Lo portò con sè sul letto, dove si distese, cercando inutilmente di dormire. Si sentiva svuotata, in effetti lo era, perché tutti i suoi sentimenti erano fluiti sulla carta, abbandonandola in uno stato di rassicurante vuoto. Si rannicchiò, infreddolita. Chiuse la mani a pugno e le nascose sotto il cuscino per accumulare un po' di calore. Sapeva che quella sensazione non derivava dalla temperatura effettiva, ancora estiva e altissima, ma era una conseguenza del suo malessere interiore, del suo stato d'animo. Era venuto il momento di fare i conti con se stessa.
Aveva finto per troppo tempo di non provare nulla per Vergil e quella recita, ora, iniziava a logorarla. Aveva bisogno di posare la maschera e guardarsi allo specchio per chi era veramente, senza finzione, senza bisogno di proteggersi. Fece un respiro profondo e si vide riflessa nella specchiera posta sopra la scrivania. Si mangiucchiò un'unghia, osservando il volto di una ragazza insicura, che continuava ad aggiustarsi i capelli e ad abbassare lo sguardo. Ma qualche istante dopo qualcosa si mosse, le sembrò quasi di percepire uno schianto dentro l' anima. Doveva essere una lastra di ghiaccio che precipitava in chissà quale abisso. Era stanca di essere sempre troppo educata per dire la verità, troppo fragile per arrendersi all'evidenza, troppo testarda per capire che essere ferita non era poi così grave, ma accumulare rimpianti era letale.
Una risata, profonda, liberatoria, le gorgogliò su per la gola, arrivando fino alle labbra che si aprirono per lasciarla uscire. Era finita. La guerra si era conclusa. Era il momento di alzare bandiera bianca.
-Ma cos'è cambiato? Fino ad oggi ti sei sempre rifiutata di dichiararti- continuava a sussurrarle una vocina.
Sveva aprì il quadernetto e rilesse un passo che aveva appena scritto "Non mi sono mai lasciata andare, non completamente. Ho aperto uno spiraglio sufficiente perché Vergil notasse quel che provo davvero, perché tutti lo notassero, in realtà. Ma poi, arrivata al momento cruciale, mi sono sempre rifiutata di cedere. Conosco Vergil, so quanto sia arrogante ed egocentrico. Non volevo abbandonare me stessa nelle mani di uno così, ma poi ho dovuto ammetterlo. Mi sono innamorata di lui perché è dannatamente affascinante, galante, e in rarissimi momenti perfino protettivo. Quel suo essere rigido, fermo, mi trasmette una sicurezza che non ho mai provato prima. Vergil non è solo oscurità, è anche luce, seppure soffusa. Allora perché non fidarmi di questo suo lato? Perché vedere solo il buio, il peggio?"
-Ti farà solo del male- ripeté la voce.
E gli occhi della ragazza saltarono qualche riga più giù. "Mi ferirà? Non posso saperlo. Non lo escludo, anzi, ammetto che la possibilità c'è ed è anche piuttosto alta. D'altronde sto già soffrendo. Lui sa di piacermi e si fa forte del mio silenzio, cerca in ogni modo di piegare la mia resistenza, e più mi oppongo e più sto peggio. Perché ho sempre pensato di non poter parlare, di non poterglielo dire. Avrebbe riso di me, mi avrebbe usata e gettata via. Forse lo farà davvero. Questa prospettiva mi atterrisce, mi spaventa. Ma come faccio a continuare a lottare contro di lui, quando l'unica cosa che voglio è buttargli le braccia al collo e rubargli un bacio? Sì, proprio io. Proprio la pavida e fragile Sveva. Vorrei avere abbastanza audacia da fare ciò che lui ha fatto a me a Ravello. Spingerlo con le spalle al muro e sfiorare quelle sue labbra morbide. Giocare con lui, come se non fosse pericoloso, come se non stessi in bilico sul precipizio. Sarebbe una sensazione inebriante, meravigliosa. E allora perché non provarci? Mi farà male? Forse sì. Ma stare ferma ad aspettare che qualcuna con più coraggio e meno insicurezze se lo porti via è anche più doloroso."
-Lui ti respingerà- esclamò la voce.
"Ho sempre pensato che mi avrebbe respinta, che si sarebbe divertito nel prendermi in giro. Non posso interessargli, io che sono tanto insulsa. Eppure lui continua a stuzzicarmi, a provocarmi. Non perderebbe il suo tempo solo per una sciocca ragazzina romantica. Ho una possibilità. Una su un milione. E pescare quella giusta sarà davvero come trovare l'ago nel pagliaio, ma devo almeno tentare. In fondo, se mi allontanerà, succederà soltanto ciò che avevo sempre previsto. E allora crolleranno tutte le mie speranze, ma anche le mie incertezze. Non posso perderlo, perché non è mai stato mio. Rischio il mio amor proprio, il mio orgoglio e una relazione sperticata in cui lui fa la parte del leone e io dell'agnellino che lotta solo per salvarsi la pelle, ma solo per un altro giorno ancora, perché lo so che alla fine sarà lui a vincere. Non è questo il rapporto che voglio avere con lui. Almeno, se mi beccherò un due di picche gigantesco, potrò ricominciare da capo. Recupererò un briciolo di sanità mentale, scriverò il suo nome per qualche mese su foglietti ricoperti di cuori spezzati e poi lo dimenticherò. Ma se non andasse così?"
-Hai davvero intenzione di dichiararti?- urlò la voce, stavolta scandalizzata.
Sveva voltò una pagina, cercando le risposte nella sua confessione d'inchiostro blu. "Non busserò alla sua porta cascandogli tra le braccia ed esclamando: io ti amo! No, certo che no. Ovviamente no. Ho ancora un briciolo di lucidità e spirito di autoconservazione. Ma un piccolo passo l'ho fatto, con il cuoricino per sms. Lo so, è una piccolezza, ma lui dopo ha sorriso. Non l'ho immaginato. Il suo volto si è disteso, era...rassicurato. Non capisco che cosa gli prenda in questo periodo. Mi sembra sempre più seccato dai messaggini di Ettore. Ma questo è un bene, no? A me non importa un fico secco di Ettore, che poi non è mai stato così appiccicoso. Voglio solo far capire a Vergil che...Cavolo, non lo so come farò! Però, la prossima volta che lui tenterà di giocare con me, aspettandosi che io mi dia alla fuga...lo sorprenderò! Lascerò la presa su me stessa, mi concederò di dire la verità: è vero, ti voglio. Chissà come la prenderà lui. Sono terrorizzata, però rischiare è l'unico modo per ottenere una svolta. Non posso continuare così, è da vera masochista. Vuole che ammetta che lo amo? Lo ammetterò! In effetti lui ottiene sempre quello che vuole. Speriamo che per una volta quel che lui desidera sia io."
Chiuse il quaderno, spense la mente e si abbandonò al nulla. Un piacevole vuoto fatto solo di respiri leggeri. Doveva solo conservare il coraggio e l'incoscienza di chi non teme colpi avversi.


Ciao,
lo sapevate che oggi è la giornata mondiale della lettura?
Ecco, io sono bloccata a casa, niente giro per le librerie, però ho pensato di farvi un regalino e postarvi il capitolo nuovo.
Che ne dite di questo Vergil insospettabilmente fragile e della nostra Eva divertita e tenera?
E di Sveva che sta raccogliendo tutto il proprio coraggio per svelare a Vergil i suoi sentimenti?
Tenete duro, mancano pochi capitoli alla fine, ma ci saranno ancora delle belle sorprese!

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Capitolo 35
*** Non è come sembra ***


Federica osservò lo smalto arancione fare capolino dall'apertura del sandalo. Stava dondolando la gamba destra da almeno venti minuti ma niente, il suo fratellino non era ancora pronto a uscire. A quanto sembrava, non aveva alcuna importanza il fatto che lei l'avesse avvisato circa due ore prima di prepararsi ed essere puntuale. Niente, il piccolo Gabriele si era infilato sotto la doccia solo da pochi minuti ed era un puro miracolo che ne fosse già uscito. Il ragazzino iniziò un articolato discorso con la madre, sull'abbigliamento più consono a una passeggiata con quella rompipalle di sua sorella maggiore. La t-shirt azzurra era troppo banale, quella rosa che gli aveva regalato zia Sara non l'avrebbe messa manco morto, la sua maglietta preferita con il logo di spider man era a lavare e quella di batman l'aveva bucata la settimana prima. Allora buttarsi su una classica camicia bianca o provare con una polo che però gli faceva un po' di pancetta?
Quel ragazzino aveva più senso della moda e vanità di una fashion guru, il che iniziava ad irritare parecchio la sorella.
-Gabri dovessi pure ficcarti il mio vestito lilla a fiori tu devi essere pronto tra tre minuti!-
-Non posso essere pronto in tre minuti! Devo ancora pettinare il ciuffo!-
-Ma cosa credi? Non hai le fan sotto casa, non ti si filerà nessuno.-
-Federica e non glielo dire. Gli rovini l'autostima!- la supplicò sua madre.
-Quello ha un ego più pompato di una palestra di wrestler...-
-Ma è piccolo!-
-E siamo ancora in tempo, vedrai quando sarà adolescente- gemette Federica, lanciando un'occhiata disperata alla porta di casa.
-Allora inizia a comprarmi i fumetti, che poi scendiamo insieme a mangiare il gelato- suggerì Gabriele, studiandosi allo specchio.
Di norma gli avrebbe tirato un calcio e spinto sul pianerottolo senza troppe storie, ma c'erano due problemi: la genitrice presente, e il ragazzino ancora in mutande. Rabbrividì e corse fuori, con la voglia più sfrenata di dare una lezione a quel piccolo viziato cocco di mamma.
Si trovò dietro a una coppietta che passeggiava a passo di lumaca, tenendosi ovviamente per mano.
-Un po' più lenti!- esclamò dopo averli superati. Certo, avrebbe potuto fare a meno di girarsi e guardarli in male, ma erano due giorni che non vedeva Dante e stava diventando allergica agli innamorati. L'albino sembrava sparito. Il giorno prima, quando lei pronta a perdonarlo l'aveva cercato per tutta la città, lui non si era fatto vivo e anche quella mattina non aveva dato segni di vita. Ma dove si era cacciato? Perché non la chiamava? Aveva perlustrato tutti i bar lungo la strada, ma senza successo, e anche ora si muoveva sfiorando con lo sguardo ogni passante dalla giusta corporatura, ma nessuno di loro era la persona che avrebbe desiderato incontrare. Aveva assoluto bisogno di vederlo, di parlargli, abbracciarlo e farlo di nuovo suo. La sola idea che, nel frattempo, qualcuna potesse toccarlo con un dito la faceva impazzire. Evitava di pensarci, fidandosi del proprio istinto e di Dante. Lui non voleva un'altra, non desiderava una qualsiasi. Lui voleva indietro la sua Federica, e lei si era resa conto di volere la stessa cosa. Ma se non lo trovava come faceva a dirglielo? Pestando i piedi continuò a camminare, con il cuore che scendeva sempre più giù, verso lo stomaco.
In tutto questo casino nemmeno Sveva riusciva a tirarla su di morale, anche perché pure lei, poveretta, non stava messa bene. Si ripromise di aiutare l'amica non appena avesse messo a posto la sua situazione. In realtà, anche se nessuno lo sapeva, lei stava già agitando la situazione e Vergil sembrava rispondere esattamente alle sue provocazioni...ma ora come ora di Vergil non le importava niente. Dante, Dante, Dante. Dove cavolo era Dante?
Si fermò più del dovuto nella microscopica libreria che vendeva anche fumetti. Cercò qualche romanzo horror, di quelli che non fanno dormire la notte, perché tanto lei erano già un paio di notti che non dormiva e ormai i gialli bon-ton di suo padre non le bastavano più. Di imprenditori che ammazzavano i soci, simulando un suicidio, per tenersi gli utili non se ne faceva niente. Lei aveva bisogno di una vera e catartica ecatombe. Avrebbe guardato dei film splatter se suo fratello non avesse avuto il vizio di svegliarsi per lo spuntino, sbirciare qualche scena e poi strillare fino al mattino dopo. Ovviamente, poi, la colpa di averlo spaventato sarebbe stata di Federica! Pagò quella spesa da serial killer in erba e uscì dal negozio. Quando alzò lo sguardo, un sorriso idiota le si stava stampando sulla faccia. Proprio lì di fronte, a meno di venti passi da lei, Dante stava uscendo da una porticina incassata nel vicolo. Federica non capì che posto fosse, sembrava l'uscita di servizio del ristorante, ma era davvero improbabile che Dante, per quanto perennemente affamato, avesse fatto irruzione in un locale ancora chiuso. Stava per volargli incontro quando notò il ragazzo girarsi. Alle sue spalle emerse una figura femminile, troppo femminile. Federica odiò all'istante quelle gambe perfette che comparivano oltre una delicata tutina rosa. E poi quei capelli biondi lunghi con...boccoli rosa? Quella tipa sembrava una bambolina a grandezza naturale che respirava per magia. Aveva lo stesso fascino tenero di Sveva, ma con qualcosa di più grintoso. Che diavolo ci faceva quella con il suo Dante?
Ok, loro si erano lasciati qualche giorno fa. Lui, però, era ancora suo, giusto?
In fondo le aveva chiesto scusa...ma lei non aveva accettato, non l'aveva perdonato.
Un sudore freddo le scese giù lungo la schiena, imperlandole tutto il corpo fino a farla tremare.
Quando pensava di non poter star peggio vide Dante allungare le braccia e circondare l'esile corpo di quella fatina rosa shocking. Erano abbracciati, stretti come due fidanzati.
Federica avrebbe voluto gridare, correre da quei due e separarli, gridare al ragazzo che aveva rovinato tutto, che l'aveva ferita ancora una volta. L'avrebbe tempestato di pugni, fino a rovinare quel suo viso perfetto, avrebbe cercato di riempire di lividi quel corpo atletico che l'accendeva di desiderio anche nel sonno più profondo. Ma non fece nulla. Si accasciò contro il muro e sentì il proprio cuore andare in pezzi.
Era tutto finito, quello che credeva fosse l'inizio di un amore eterno, di quelli da fiaba, era solo una dolorosa illusione. Aveva lasciato che il suo cuore spiccasse il volo, in un sogno fatto di sabbia e d'amore, ma poi era precipitato, schiantandosi al suolo e andando in frantumi. Fu quello l'istante in cui capì che era tutto finito. La passione, la sofferenza dell'incomprensione, la speranza di un nuovo lieto fine, vennero sostituiti da un vuoto rassicurante, in cui anche l'eco dei ricordi rifiutava di risuonare.
Attese che Dante e quella specie di Barbie se ne andassero e uscì dal suo nascondiglio. Ignorò il cuore che le batteva all'impazzata nel petto e stinse i pugni talmente forte da strappare la carta della busta che teneva in mano. Osservò i libri appena comprati cadere per terra e li raccolse senza entusiasmo. Avrebbe immaginato che le vittime delle case degli orrori avessero tutti l'aspetto di Dante. Che macerasse all'inferno quel bastardo!
Si era messa in discussione per lui, eppure non era bastato. Lui non ci aveva nemmeno fatto caso, mentre lei passava ogni notte in bianco, a rigirarsi nel letto cercando un modo per fare pace. Era stanca di stare male, di essere una frignona che si faceva mettere i piedi in testa da uno appena conosciuto. Non si era mai comportata in quel modo, non aveva mai permesso a nessuno di farla sentire insicura. Già qualche giorno prima non si riconosceva più allo specchio, con tutti quei pianti e quei tentennamenti sul cosa mettersi per essere più carina, più avvenente. Al diavolo quel ragazzo, al diavolo quella se stessa troppo fragile. Lei era forte, era che se ne fregava di piacere, era così con tutti i suoi difetti. Prendere o lasciare. E Dante se l'era fatta scappare. Peggio per lui.
Marciò verso casa, lanciò i fumetti sulla testa di Gabriele e sbattè la porta alle proprie spalle quando il bambino iniziò a urlare.
-Hai avuto la tua occasione per prendere il gelato. Così impari a non essere pronto in tempo!-
Si stese per terra, davanti alla tv che faceva da schermo per la playstation e alzò il volume del videogioco al massimo. Esplosioni, spari e grida le impedirono di pensare. Un'anestesia fatta di sangue finto, lunga il tempo necessario per calmare i suoi veri istinti omicidi. La fantasia di andare a strangolare Dante e la bambolina era quasi irresistibile, ma ogni volta che i begli occhi azzurri di lui le tornavano alla mente  Federica si impediva di pensarci.
-L'amore è solo una grossa fregatura!- esclamò stendendosi e dando un pugno al pavimento.
Era giunta l'ora di dimenticare i gemelli. Avevano portato solo guai, solo equivoci e discussioni. Non c'era un futuro con loro, erano bravi solo a prendere in giro, manipolare e illudere. E Dante sembrava il più gentile dei due, e invece era solo un bravissimo attore!
Cavoli, chissà cosa era in grado di fare Vergil, lui che appariva così freddo e cinico era soltanto sincero, o mostrava la facciata più gelida di un comportamento ancora più crudele? Federica pensò di non volere la risposta, perché per sua fortuna aveva scampato almeno quel ragazzo. Ma poi, con un brivido, rivide lo sguardo di Sveva che si illuminava, non appena vedeva Vergil.
La sua amica era troppo fragile per uno come lui. Non c'era ancora stato niente tra quei due, se non qualche bacio furtivo, e lei già ci perdeva il sonno. Anche se non le raccontava proprio tutto Federica vedeva quanto Sveva si arrovellasse per piacere a Vergil, per comprenderlo e cercare di conquistarlo. Non sia mai ci fosse riuscita davvero! Finora l'albino stava solo giocando con l'amica. Sì, forse anche lui era stuzzicato da quella competizione anomala, ma poi cosa avrebbe fatto? Si sarebbe comportato esattamente come il gemello. L'avrebbe ingannata.
Federica non poteva fare più nulla per il proprio cuore spezzato, se non cercare di dimenticare. Ma non avrebbe permesso che anche alla sua migliore amica succedesse la stessa cosa. Si era ripromessa di aiutarla, e credeva di star facendo la cosa giusta, ma solo ora aveva davvero aperto gli occhi. Era il momento di finire il gioco e dare scacco matto a entrambi i gemelli. Farli uscire dalle loro vite era la mossa vincente. Afferrò il telefono e chiese a Sveva di raggiungerla subito a casa.


-Sei sicura di aver capito bene?- Sveva la guardava con gli occhi sgranati, tenendo la tazzina di caffè a mezz'aria.
-Li ho visti! Non c'era molto da capire.-
-Magari sono solo amici. Dante abbraccia anche me, è espansivo.-
-Sveva, Dante ti considera quasi una sorellina, me l'hai detto tu stessa. Quella, se fosse un'amica così stretta e non ci fosse stato nulla da nascondere, ce l'avrebbe già presentata!-
-Sì, hai ragione, però non posso credere che...-
-Questo è il problema! Tu non riesci credere che le persone siano cattive. Ma lo sono, e se non stai attenta finirai anche peggio di me.-
-Ecco, a proposito io ho preso una decisione.- Sveva finì il caffè in un sorso solo, deglutì e guardò l'amica.
-Brava, devi dimenticare Vergil!-
-Federica, ma io non ho detto di volerlo dimenticare, anzi.-
-Niente anzi! Tu devi togliertelo dalla testa punto e basta. Non vedi come sono ridotta? Ed è stato Dante a conciarmi così, figurati quello che può fare Vergil, a una come te poi.-
-Cosa c'entra questo? Io so che lui potrebbe farmi del male, ma non posso continuare a nascondere quello che provo. Non mi fa stare bene.-
-Potresti stare anche peggio, credimi.- Federica puntò entrambi gli indici verso se stessa, le occhiaie e il trucco sciolto.
-Mi dispiace vederti così, però...-
-Smettila. Fermati prima che sia troppo tardi, ascoltami!-
-Non posso, ho bisogno di chiarirmi con Vergil.Anche se questo mi spaventa da morire.-
-Fidati di me. Anche io avrei dovuto mollare da tempo e invece? Continuando a sperare guarda come sono finita.-
Sveva scosse la testa, facendo sfuggire alcune ciocche di capelli allo chignon già disastroso. Si passò le mani sul viso, come cercando di togliere via la confusione di tutte quelle ultime notizie. -Mi sa che accetterò una fetta di quel dolce che aveva proposto tua madre.-
-Ok, portamene una fetta e lasciami il cellulare. Voglio provare quel giochino nuovo che hai scaricato.-
-Agli ordini.-
Federica prese al volo la piccola borsetta che le veniva lanciata, si affrettò a trovare il telefono e poi aspettò di sentire i passi di Sveva che si allontanava.



Rieccoci qui.
Come state? Io non troppo bene, ma questo capitolino non è troppo grande, quindi sono riuscita a risistemarlo senza sforzarmi troppo.
I sospetti di alcune di voi si sono rivelati esatti. Qui sta andando a scatafascio! E Federica dimostra il suo solito carattere fumantino, equivocando tutto. Che succederà? Che cosa avrà in mente per sottrarre Sveva alle grinfie di Vergil?

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Capitolo 36
*** "Ti amo" non è abbastanza. ***


Vergil emise un lieve gemito di piacere sentendo finalmente l'acqua alla giusta temperatura. Non riusciva a sfuggire al caldo, così aveva deciso di farsi una doccia rinfrescante, ma non gelida. Lasciò che uno scroscio generoso gli massaggiasse la schiena, scendendo sul resto del corpo indolenzito. Quella notte aveva dormito male, si era rigirato per ore tra le lenzuola sempre più stropicciate, senza riuscire a riposare. Quegli occhi verde veleno continuavano a comparire nei suoi sogni, ed avevano sconfinato nel dormiveglia. Eppure, qualcosa nella loro espressione era cambiato. Adesso il loro sguardo era carezzevole, invitante e Vergil faceva meno fatica a perdercisi dentro.
La voleva. Chiarito questo punto non avrebbe aspettato molto a prendere ciò che desiderava, tanto più che Sveva non era affatto indifferente al suo fascino.
Quell'Ettore non aveva speranze contro di lui. Nessuno ne aveva.
Cosa sarebbe successo dopo, se fosse veramente innamorato oppure no di quella ragazzina, erano questioni assolutamente secondarie. Si passò una mano sulle braccia, sui muscoli irrigiditi dalle troppe flessioni. Aveva deciso di allenarsi comunque, malgrado si fosse svegliato d'umore nero e privo d'entusiasmo. Aveva corso per qualche chilometro e poi aveva fatto ulteriori esercizi, senza risparmiare energie. Si appoggiò alle piastrelle che decoravano la doccia, abbassando la testa e lavando i capelli. Chiuse gli occhi, non percependo altro che il gioco dell'acqua su di sè e il delicato profumo muschiato della schiuma. Chissà se a Sveva sarebbe piaciuta quella fragranza. Per un solo secondo immaginò di averla con sè. Riuscì a vedere il suo viso diventare rosso, e la sua pelle farsi calda, come se l'avesse avuta davvero lì. Gli si sarebbe stretta contro il petto. Lo faceva sempre quando si lasciava andare, come era successo al cinema. Era così piccola, bisognosa di protezione, di attenzione. Rise, pensando al momento in cui quelle sciocche fantasie sarebbero diventate realtà. Si concesse altre cinque minuti sotto la doccia, ma mise un freno ai propri pensieri. Non aveva voglia di chiedersi come si sarebbe comportato una volta conquistata la preda. Preda, ma era davvero questo? Definirla così lo faceva sentire al sicuro, ancora in grado di tenere le redini e condurre il gioco, ma ormai le regole erano cambiate. Forse non aveva voglia di domandarsi ancora se si fosse davvero innamorato, proprio lui che si vantava di aver sempre preso in giro le ragazze.
Uscì dalla doccia e si passò debolmente un telo di cotone sulla pelle bagnata. Non voleva asciugarsi totalmente, altrimenti avrebbe ricominciato subito a sudare. Entrò in camera e si buttò sul letto, incurante di inumidire le lenzuola. Incrociò le braccia dietro la testa e fissò il soffitto, in un momento di inaspettata pigrizia.
Le labbra si incurvarono verso l'alto. Sveva era sua, non c'erano dubbi. Doveva solo trovare le parole giuste per farglielo capire, ma era certo che non ci sarebbe voluto un granché di discorso. Forse sarebbe bastato lo sguardo giusto e si sarebbe sciolta. No, forse la stava sottovalutando, di nuovo. Avrebbe dovuto sforzarsi un po' di più, dirle cosa aveva apprezzato di lei, il sapore dei suoi baci, l'energia delle sue sfide, perfino l'irritante timidezza...
Allungò un braccio fino al comodino, dove aveva lasciato il cellulare. Con la mano afferrò un involucro di stoffa. Aveva comprato quel regalo per lei qualche tempo prima, il giorno in cui erano andati al centro commerciale. All'epoca non aveva neppure saputo spiegarsi la ragione di quel gesto, ma ora si rese conto di aver fatto la scelta giusta. Lasciò andare la scatolina e si voltò per afferrare il telefono, appena un po' più distante. Quando riuscì a prenderlo si rese conto di avere un messaggio da leggere. Doveva essere stato inviato mentre era ancora sotto la doccia, andò nel menù per scoprire il mittente e quel nome lo fece sorridere ancora di più. La gattina non ci stava mettendo molto a cadere nella sua rete!
Da Sveva:
Ciao Ettore, non vedo l'ora di tornare a casa per rivederti. Ho capito di essermi stancata della gente che c'è qui, non fa per me. Con te è tutto diverso :*
Vergil strinse il cellulare fino a farsi sbiancare le nocche. Non aveva avuto bisogno di rileggere il messaggio per impararlo a memoria. Ogni parola si era incastrata nel suo petto come un piccolo e affilatissimo coltello. Era stato ingannato? Era solo uno scherzo?
Ma sì, Sveva doveva star giocando con lui. Si era resa conto di averlo fatto un po' ingelosire e adesso voleva vendicarsi delle settimane di frecciatine. Doveva per forza essere quella la ragione.
"Non vedo l'ora di rivederti" A quello? Che poi chi cazzo era questo Ettore? Che colore di capelli aveva? E i suoi occhi, erano forse del suo stesso azzurro che a Sveva piaceva tanto?
Non poteva sentire la mancanza di un altro mentre baciava lui. Mentre si stringeva a lui.
"La gente che c'è qui non fa per me." Che aveva fatto? Possibile che tutti i suoi silenzi, tutte le sue sfuriate, più o meno velate, l'avessero allontanata? In fondo Vergil aveva passato giorni interi a dirle che non era alla sua altezza, che era solo uno scarto, un qualcosa che lui non avrebbe preso in considerazione nemmeno nelle sue fantasie più folli. Ma non era la verità. Adesso l'aveva capito. E l'aveva persa.
Era troppo tardi?
Troppo tardi? Andiamo lui era Vergil Sparda, non un tipo qualunque. Non uno che si dimentica.
Non uno che si prende in giro.
Doveva affrontarla o i dubbi lo avrebbero avvelenato. No, non se ne sarebbe stato lì fermo ad aspettare un chiarimento. Se quella piccola strega era tanto ansiosa di buttarsi tra le braccia di qualche insulso ragazzino allora avrebbe dovuto confessarglielo. Con le buone...oppure no.

Sveva si trascinò fuori dall'ascensore. Discutere con Federica l'aveva stremata e ora non voleva altro che dormire un po' prima di andare a cena, si stropicciò un occhio, assaporando la dolce sensazione di non rovinare il trucco. Per la fretta era uscita senza mettersi nemmeno un tratto di matita. Sentì qualcuno bussò furiosamente a una porta, poco lontano. Sperò di non incrociare qualche pazzo, che di follie per quel giorno ne aveva già avute abbastanza. Rallentò ancora, sapendo che più aspettava e più aumentavano le possibilità che qualcuno chiamasse la portineria e facesse calmare lo scalmanato nel corridoio. Alla fine si trovò a sbirciare oltre l'angolo, per vedere se fosse sicuro passare, ma non era preparata a ciò che vide. La porta che stavano colpendo furiosamente era proprio la sua.
Avrebbe giurato che l'albino fosse Dante. Doveva essere lui, aveva appena litigato con Federica, cioè, lui nemmeno sapeva di averci litigato...ma quei vestiti erano di Vergil! Non faceva alcuna fatica a riconoscere i pantaloni neri, aderenti sulla cosce e più morbidi sul resto della gamba, abbinati a una canotta nera. Le era sempre piaciuto vestito in quel modo, inquietante ma maledettamente sexy. Sì, ma che ci faceva fuori dalla sua stanza?
-Ver...- lo chiamò, con un filo di voce.
-Tu!- La guardò con espressione indecifrabile, ma la voce tratteneva a stento la rabbia. -Apri subito la porta.-
Sveva deglutì, un filo sottile di paura le strinse la gola, ma si precipitò a obbedire al ragazzo, senza neppure chiedersi se fosse saggio restare sola con lui. Entrò in camera, lui la seguì e chiuse la porta a chiave. Sveva percepiva solo la presenza di Vergil, come se lui riempisse tutto lo spazio. Un lieve odore muschiato le pizzicò le narici, e un'occhiata ai suoi capelli umidi le fece capire che era appena uscito dalla doccia. Cercò di non farsi venire strane fantasie, soprattutto ora che la stava guardando come se potesse ucciderla con uno sguardo, ma era davvero difficile.
-Cosa, cosa c'è?-
-Che cosa provi per me?- Le chiese a bruciapelo, intrappolandola tra lui e il muro, come aveva fatto a Ravello.
Quando aveva pensato di essere sincera e confidare a Vergil i suoi sentimenti Sveva non aveva mai immaginato una situazione simile. Di certo non era l'atmosfera romantica che sognava, e l'espressione sempre più adirata di Vergil iniziava a spaventarla. Se almeno lui avesse smesso di avvicinarsi lei avrebbe potuto pensare più lucidamente. -Ma che avete tu e Dante oggi? Vi comportate in modo assurdo!- gemette, mettendogli le mani sul petto e cercando di staccarlo da sè, ma fu una pessima scelta, perché lui le afferrò i polsi e glieli portò dietro la schiena. Un gesto rude, ma attuato con delicatezza.
-Non me ne frega un cazzo di mio fratello, specialmente adesso. Ti ho chiesto: cosa provi per me?-
-Ti amo- sussurrò lei, contro la sua bocca, cercando di guardarlo negli occhi, ma senza avere il coraggio di farlo davvero.
Vergil sciolse quell'abbraccio possessivo e le prese il viso tra le mani, poi immerse le dita tra i suoi capelli biondi. Ci mise solo un secondo per unire le loro labbra, mordendola, baciandola con ruvido trasporto,  assaporando lentamente quel vago gusto di cioccolato che aveva percepito già altre volte. Non badò al ritmo del suo cuore impazzito, nè al fiato sempre più corto di entrambi. Non si chiese quanto tempo fosse passato prima di staccarsi da lei.
-Complimenti, sei capace di mentire anche guardandomi in faccia.-
-Vergil che stai dicendo?-
-Peccato, in fondo baci piuttosto bene. Ci saremmo potuti divertire...-
-Che diamine vuol dire?- Sveva ascoltò con terrore la voce di Vergil farsi sempre più bassa. Sapeva che per lui quella era una sorta di scenata, non perdeva mai il controllo, tratteneva anche la rabbia più furibonda e quella luce cupa nei suoi occhi poteva significare solo guai in vista.
-Quello che ho detto ragazzina. Del resto io e te siamo troppo diversi per andare d'accordo.-
-Questo non è vero. E se lo pensi perché mi hai baciata?-
-Per farti capire che sono sempre io a tenere le redini.- Le si accostò di nuovo, appoggiando la fronte alla sua.
-Non capisco. Spiegami, ti prego.- Sveva sentì con orrore la propria voce incrinarsi. Se si metteva a piangere era finita.
-Non devo spiegarti niente. L'hai detto tu che io non faccio per te.-
-Veramente io ho appena detto tutt'altro. Ti ho detto che ti amo, mi hai sentita?-
Vergil estrasse il cellulare dalla tasca e le mise di fronte il display. -Un consiglio: se vuoi prendere in giro qualcuno assicurati di mandare il messaggio al numero giusto.-
-Che cosa?- Sveva sbattè più volte le palpebre, convinta che un secondo dopo la situazione sarebbe stata diversa. Doveva essere solo un incubo atroce. Ma tutto riappariva, identico. Fissò il cellulare che le teneva davanti al viso e rilesse il messaggio almeno tre volte prima di comprenderlo. -Vergil non ho mai mandato questo messaggio. Non è vero niente di quello che c'è scritto.-
-Ma Ettore è vero. Li ho visti gli altri messaggi, al cinema, al mare. Sei stata sempre con quel cazzo di telefono in mano!-
-Ettore è solo un amico. Si informa su quel che succede qui, io gli racconto un paio di cose, ma non me ne importa niente di lui! Di certo non andrei a dirgli che muoio dalla voglia di vederlo e che voglio lasciare te.-
-Non stiamo insieme, quindi non puoi lasciarmi- puntualizzò Vergil dall'altro lato della stanza. Si era allontanato da lei e dalla voglia di strangolarla. Era davvero un'ottima attrice, non c'erano dubbi.
-Questo lo so fin troppo bene.-
-Comunque, non ha più importanza.-
-Che vuoi dire?-
-Ascoltami bene ragazzina. Non mi faccio prendere in giro da nessuno, men che meno da te.-
-Ti giuro che non ho mandato io quel messaggio!- Sveva estrasse il proprio cellulare dalla borsa, andando subito nella cartella della posta inviata. -Come pensavo, non c'è nessun sms. Controlla tu stesso.-
-L'avrai cancellato!-
-A che scopo?-
-Sveva mi hai detto diverse volte di non sottovalutarti, hai sottolineato in continuazione che potevi essere furba quanto me. Ebbene, non lasceresti una prova simile in giro...-
-Una prova? Vergil parli come se stessi commettendo un crimine! Sei fuori di testa.-
-Hai ragione. Devo essere fuori di testa per perdere tempo con un'insignificante bugiarda.- Aveva gridato la prima frase, per poi abbassare gradualmente la voce, fino a ridurla a un bisbiglio contro la bocca di lei. Vicinissimo, senza sfiorarla.
-No, Vergil. Aspetta!-
Lui se ne andò sbattendo la porta alle proprie spalle, senza darle un'altra occasione per spiegarsi. Sveva si accartocciò contro il letto, piangendo da sola sul pavimento. Federica aveva avuto ragione a metterla in guardia, ma lei non aveva voluto ascoltarla. E adesso il suo unico sospetto era che i gemelli fossero entrambi calcolatori. Due tradimenti lo stesso giorno? Troppo strano. Forse era il loro piano fin dal primo momento, conquistarle e farle soffrire. Probabilmente si erano divertiti e quella sera avrebbero brindato al loro successo. Magari non erano nemmeno così rivali. Lasciò le lacrime libere di scorrere via, mentre anche i singhiozzi iniziavano a scuoterla.
Non era giusto. Non aveva fatto nulla di male. Eppure era stata ferita, annientata.
Gli aveva detto che lo amava, e lui non aveva battuto ciglio. Una bugia! Le aveva dato della bugiarda. Se ripensava a tutte le volte in cui avrebbe voluto dirgli cosa provava e aveva taciuto per paura della sua reazione. Avrebbe dovuto star zitta anche in quel momento. Come aveva potuto pensare che uno come Vergil avrebbe dato una possibilità proprio a lei? Un'insulsa romantica, ecco cos'era.
Dei colpi alla porta la fecero trasalire. Si alzò, mal ferma sulle gambe. -Vergil?-
Aprì uno spiraglio senza vedere molto, ma prima che potesse asciugarsi le lacrime e mettere a fuoco la persona che aveva di fronte, delle braccia forti la circondarono.

Angolo dell'autrice.
Ebbene, rieccoci con il nuovo capitolo. Confesso che sistemandolo mi stava scendendo qualche lacrimuccia. Questi due mi sembrano teneri anche quando litigano.
Gli aggiornamenti sono un po' sballati perchè sono sotto esame, ma la storia è conclusa, ci sono tutti i capitolini sul mio pc, e devono solo essere risistemati. Se tutto va come dovrebbe, la storia finirà al capitolo 40, quindi a quanto stiamo...-4?
Mamma mia, con il conto alla rovescia mi sale il magone e anche un po' d'ansia!
Voi che ne pensate? Dove siete finite?
Spero che il nuovo capitolo vi sia piaciuto! Fatevi sentiiiiiire!

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Capitolo 37
*** Mio fratello è uno stronzo...o forse no? ***


-Cosa ti ha fatto quel bastardo?- Dante aveva visto uscire il fratello dalla stanza di Sveva, gli si era avvicinato, ma Vergil lo aveva scostato con una spallata e si era chiuso nella propria stanza. L'espressione di furia sotto controllo, però, aveva messo Dante  in allarme e i singhiozzi dietro la porta dell'amica ancora di più. -Vado a ucciderlo e torno.-
-Sì... no, forse.- Sveva cercò di divincolarsi dall'abbraccio, ma non le riuscì. -Vattene via.-
-Dimmi cosa ti ha detto. Non ti ha fatto del male, vero?- Conosceva suo fratello, per quanto potesse essere cinico e distaccato non era così crudele.
-Gli ho detto che lo amo.- Sveva si arrese e si appoggiò a Dante, che la guidò verso il letto, dove si sedettero vicini. Lei fu lesta ad afferrare un cuscino e immergerci il viso ancora pieno di lacrime. -Ma adesso lo odio!-
-Ti avevo detto di stare lontana da lui. Speravo che mi dessi ascolto.-
-Tu sta zitto. Non sei tanto migliore di lui.-
-Io? Aspetta, non te la puoi prendere con me!- Dante scattò sulla difensiva, non capendo la ragione dello sguardo adirato, che spuntava poco sopra il cuscino.
-S...sì, invece! Siete cattivi tutti e due. Due traditori.-
-Sveva mi dici che...-
-Stronzi!-
-Se arrivi alle parolacce sei proprio arrabbiata. Senti, finché te la prendi con mio fratello ti capisco, e me la prenderò anche io con lui appena uscirò da qui. Ti assicuro che lo farò a pezzettini. Ma non te la devi prendere con me, io non ti ho fatto niente!-
-A me no, ma a Federica sì. L'hai tradita!- Sveva gli scagliò contro il cuscino, centrandolo in piena faccia. -Allora cos'era una scommessa, eh? A chi dei due faceva la mossa peggiore, magari! Stasera festeggerete alla faccia nostra, immagino.-
Dante reggeva il cuscino tra le mani, mentre teneva ancora la bocca aperta per la sorpresa. Non aveva mai visto la solitamente calmissima Sveva così infuriata, le sue grida dovevano sentirsi per una buona parte del piano. -Ti vuoi calmare e mi spieghi cosa pensi che io...che noi abbiamo fatto?- Si avvicinò di nuovo alla ragazza, che si ritrasse contro il muro, ancora in piena crisi di nervi. -Perché dici che ho tradito Federica?-
-Ti ha visto stamattina. Eri con un'altra, una con i capelli rosa.-
-Oh, no! Ha scoperto la sorpresa?-
-Sorpresa? Tu che esci con un'altra sarebbe una sorpresa secondo te?- Sveva tentò di dargli un pugno sulla spalla, ma l'unico risultato che ottenne fu di sbilanciarsi e dar modo a Dante di afferrarla e farla sedere sulle sue ginocchia, perfettamente immobile.
-Non sto uscendo con nessun altra. Prendi il bigliettino nella tasca della mia camicia.-
Sveva osservò lo sguardo calmo e fiducioso di Dante, che le liberò la mano destra, continuando, però, a tenerla d'occhio. Respirò profondamente e fece quello che le aveva chiesto. -La pubblicità di un negozio di articoli da regalo?- girò il foglietto e trovò la foto di una bella ragazza con i boccoli rosa. -Questa sarebbe la proprietaria. Ok, adesso so che te la fai con una che ha un negozio di articoli da reg...ahhhh! Il solletico no!-
-Non smetto fino a che non capisci che non me la faccio con nessuna che non sia Federica.- Si interruppe solo un attimo, la guardò negli occhi, mentre lei cercava di sfuggirgli, e poi la riacciuffò. -Mi hai capito?-
-Lasciami andare, tanto non ti credo!-
-Ho le prove! Guarda sul mio telefono.-
-No, basta telefoni per oggi! Non manderò più un messaggio in tutta la mia vita.-
-Che c'entrano i messaggi? Ti devo far vedere delle foto.-
-Tanto lo so che è un complotto, anche tu che parli di prove!-Sveva riuscì a liberarsi, con un'altra cuscinata in faccia e si appoggiò alla parete, con il fiatone e uno sguardo accusatore.
-Guarda queste foto, accidenti!- Dante lasciò il cellulare sul letto a metà tra loro due.
Lei si avvicinò diffidente e scorse gli scatti. -Sono cose molto carine. Ah, qui c'è anche una vostra foto e le iniziali!-
-Esatto. Sei stata tu a dirmi che dovevo darmi da fare per provare a Federica che tengo a lei. Ed è quello che ho fatto!-
-Le hai comprato dei regali?-
-Non solo. Ho organizzato una cosa...una sorpresa. Oggi sono andata a vedere il posto con Ester, è lì che Federica deve averci visti.-
-Vi stavate abbracciando!-
-La stavo salutando. Ok, forse in modo un po' troppo amichevole, ma non c'è nient'altro.-
-E io come faccio a crederti?-
-Non potrei mai piacere Ester-
-So che mi pentirò di averlo detto, e che il tuo ego ne uscirà ancora più gonfio del solito, ma sei un bel ragazzo, quando ti ci metti piaci a chiunque. -
-Piccoletta non hai capito. Si vede che ti è successo qualcosa, di norma non saresti così tarda...-
-Non ho abbastanza energia per fare supposizioni. Sono già sconvolta di mio.Parla chiaro.-
- Ester è lesbica! Guarda bene tra le foto, ce ne deve essere una con la sua fidanzata, è lei che crea alcuni oggetti che poi Ester vende. Quando sono andato al laboratorio mi hanno chiesto di scattare una foto.-
Sveva iniziò a scorrere le immagini, fino a che non ne trovò una con due ragazze. Le loro magliette formavano un unico cuore arcobaleno e la scritta "i love you". Come se non bastasse si guardavano in modo inequivocabile. Sveva si sedette di colpo e guardò Dante. -Allora è tutto uno sbaglio. Non l'hai tradita, stai cercando...di recuperare.-
-Già.-
-Dante scusami!-
-Aspetta ma...Federica è convinta che io la stia tradendo?-
-Sì.-
-No! Era già incavolata con me per la sfuriata di gelosia, se adesso pensa che l'abbia tradita...-
-Ehm...in effetti non vuole più saperne di te.-
-Accidenti, devo spiegarle il malinteso.- Dante corse verso la porta, senza neanche salutarla, ma Sveva fu lesta a riacciuffarlo, afferrandolo con insolita forza.
-No, le parlerò io. Tu passami la fotografia di Ester e non fare altro. Per ora è troppo arrabbiata.- Si avvicinò a Dante e gli mise un braccio sulle spalle. -Almeno una di noi starà bene.-
-Non rimetterti a piangere- mormorò Dante, facendola appoggiare a sè. -Dimmi che succede con Vergil.-
-L'ho trovato fuori dalla porta. Ho capito subito che qualcosa non andava, ma non ci ho pensato e l'ho fatto entrare.- Sveva fu scossa da un brivido ripensandoci. -Mi ha chiesto cosa provassi per lui e quando gli ho detto che lo amavo mi ha dato della bugiarda.-
-A te?- Dante non riusciva a credere alle proprie orecchie. Si vedeva lontano un miglio che quella ragazza era la regina delle ingenue. Di certo non avrebbe ingannato nessuno, men che meno suo fratello. Come aveva fatto Vergil a sbagliarsi in quel modo? Non era da lui.
-Sì. Mi ha fatto vedere un messaggio, che sembrava spedito da me a Ettore, in cui c'era scritto che...- Sveva si fermò non riuscendo a trattenere i singhiozzi -...che volevo rivederlo, che le persone che stavo frequentando qui non mi piacevano. Te lo assicuro Dante quel messaggio non l'ho mandato io e l'ho detto anche a Vergil, ma lui non mi ha creduta. Così ho pensato che se lo fosse mandato da solo. Insomma, sta mattina tu tra le braccia di un'altra, e stasera Vergil che mi costringe a dichiararmi e poi mi tratta come una traditrice...che cosa dovevo pensare?- Si alzò, iniziando a percorrere la stanza in lungo e in largo, asciugandosi inutilmente le lacrime che continuavano a scendere.
-Questa storia non ha senso.-
-Lo so, però tu mi hai spiegato quello che successo. Tuo fratello che scusa ha?-
-Non lo so, ma andrò a scoprirlo...-
-Che vuoi fare?-
-Non lascerò che ti insulti in questo modo e poi se ne vada come se niente fosse.-
-Dante aspetta!- Sveva osservò con angoscia la seconda porta che si chiudeva davanti a lei.

-Dante dove vai?-
-Ciao mamma, cerco Vergil.-
Eva si trattenne qualche secondo, scrutandolo a fondo. -Era proprio quel che temevo.- Lo prese per un braccio e lo spinse verso la propria stanza, come faceva quando i gemelli erano piccoli ed era necessario separarli sul nascere di un litigio. -Vieni un po' con me.-
-Proprio ora?- chiese, senza capire come era arrivato fino a lì.
-Che succede tra te e tuo fratello?-
-Lui è fuori di testa, più del solito. Ha trattato male una persona e io devo capirne il motivo.-
-Non mi sembri uno che voglia ragionare, ti vedo più a menare le mani.-
-Mamma non ti intromettere!-
-No, Dante, sei tu a non doverti intromettere.Ti ricordi cosa è successo quando hai visto Vergil con Federica? Credevi che lui si fosse messo in mezzo, quando invece non era così, e hai litigato con entrambi. Sarebbe meglio se ognuno di voi lasciasse in pace l'altro almeno nelle questioni di cuore.-
-E tu come le sai queste cose?-
Eva sorrise, ma ignorò la domanda. -Lascia che Vergil chiarisca da solo le cose con Sveva.-
-Lui non ha mai davvero tenuto a una ragazza. Lo so che non ti piace sentirlo dire, ma è così.-
Eva diede un colpetto al letto e fece sedere il figlio accanto a sè. -Caro, ma io lo so perfettamente. Vivo con voi, vi osservo anche se cerco di essere discreta. Lo so che finora Vergil si è divertito. E tu credi che voglia farlo ancora. Non ti sembra strano il suo comportamento, come se anche lui non sapesse cosa fare?-
-Che vuoi dire?-
-Siete gemelli Dante, più simili di quanto non crediate. Insomma, non le hai certo ereditate tutte tu le insicurezze...-
Dante si passò le mani sul viso, stendendosi sul letto e guardando sua madre troneggiare su di lui.-Pensi che anche Ver' sia insicuro?- chiese, incredulo.
-Sì, certo. Non vuole mostrarlo, ma ha tante fragilità. Temo che nasconderle le abbia fatte crescere, hanno messo radici ancora più profonde. Vergil ha bisogno di qualcuno con cui parlare schiettamente, senza doversi fingere forte a tutti i costi.-
-Non vedo perché Sveva dovrebbe assumersi questo peso.-
Eva si stese accanto al figlio, e insieme guardarono le pale del ventilatore formare un grosso cerchio sul soffitto. -Credo che l'abbia già fatto. Tuo fratello non perde mai la calma, se hanno litigato vuol dire che lui si è già esposto più del solito.-
-Già, di norma l'unico con cui litiga sono io. Gli altri si limita a farli sentire dei piccoli vermetti striscianti.- Dante sbuffò, sentendo un suono strozzato poco sotto il suo orecchio. -Mamma non ridere!-
-Scusa, è che io vi immagino ancora bambini. Sapervi dei ragazzi dalla testa calda mi fa uno strano effetto. Comunque, finora Vergil ha frequentato ragazze che non lo interessavano davvero, e ora che le cose sono cambiate nemmeno lui sa come comportarsi.-
-Si sta comportando male. Non voglio che faccia soffrire la mia amica.-
-Tesoro, se Sveva non sa tenere Vergil al suo posto allora non è la ragazza adatta a lui, ed è meglio che entrambi lo capiscano quanto prima.-
-E che dovrei fare, stare a guardare?-
-Temo di sì.-
-Non ci sto!-
Dante si alzò di scatto, anche se meno convinto di prima e andò a cercare il suo gemello. Bussò alla porta della sua stanza, ma sembrava non ci fosse nessuno. Lo chiamò al cellulare, ma era staccato. Scese nella hall e il portiere gli disse di aver visto uscire Vergil solo pochi minuti prima. Aveva lasciato un biglietto per la madre, dicendo di non aspettarlo a cena. Quindi sarebbe toccato a Dante farle compagnia, disubbidirle e lasciarla sola al ristorante sarebbe stato ingiusto verso di lei. Dante scosse la testa, vedendo Eva avvicinarsi al lui, con un sorriso disteso. Era riuscita a dividerli appena prima del disastro, come al solito.


Ciao mie adorate lettrici :)
scusate l'attesa, ma in questa settimana ho fatto ben due esami e non sono riuscita ad aggiornare anche la Fan Fiction, mi farò perdonare per il ritardo ^.*
Il capitolo di oggi è un po' cortino, ma non temete. I prossimi saranno moooolto più cicciosi.
Grazie per l'affetto con cui seguite me e la mia storia ormai agli sgoccioli.

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Capitolo 38
*** Redenzione ***


Federica aveva dormito come un sasso. Nessun sogno aveva turbato il suo riposo. La più nera oscurità l'aveva condotta in una dimensione di profonda incoscienza. Dopo due lunghe notti insonni era proprio ciò di cui aveva bisogno: riposo assoluto, senza alcun pensiero, senza alcun ricordo. Senza dolore. Il suo corpo era pesante, come anestetizzato, si sentiva intontita, ma stava stranamente bene, come se galleggiasse nell'acqua a peso morto. Si svegliò per l'insopportabile solletico alla fronte, cercò di grattarsi, ma invece della pelle trovò un post-it giallo con la grafia del padre.
"Siamo in spiaggia. Abbiamo provato in tutti modi a svegliarti. Abbiamo evitato solo l'acqua gelata perché tua madre non voleva dover asciugare il pavimento. Quando torni dal regno dei morti facci uno squillo."
Non c'era niente da ridere. Quale tara mentale aveva spinto il genitore ad appiccicarle un foglietto in fronte? Non fosse stato per quel pezzetto di carta sarebbe stata ancora beatamente addormentata. L'appallottolò e lo getto via, ma si rialzò subito sentendo un boato provenire dal suo stomaco. Il crampo fu tanto forte da farle portare le mani al busto e costringerla a scattare in piedi. Non ricordava nemmeno più quando avesse mangiato per l'ultima volta. Sicuramente non a cena, aveva detto di non avere fame, aveva letto quasi un intero libro, chiusa in camera sua, e poi si era addormentata. E a pranzo? Aveva mangiato qualcosa a pranzo? La sua mente era come annebbiata, tentava inutilmente di mettere a fuoco i fatti del giorno precedente, ma qualcosa dentro la sua testa si rifiutava di funzionare. Probabilmente sarebbe stata così se fosse stata sbronza, ma aveva bevuto solo coca-cola annacquata. Allora perché stava male?
Andò in cucina senza neanche mettersi le pantofole. Lo smalto arancione si era sbeccato sull'alluce e chissà perché quel colore iniziava a non piacerle più. Rischiò di andare a sbattere contro la porta chiusa, ma si salvò in tempo. L'ultima metà del ciambellone fatto da sua madre troneggiava sul tavolo della cucina, insieme alla sua tazza preferita. Il ciambellone era alla vaniglia, con gocce di cioccolato. Ricordava di averne assaggiata una fetta. In realtà sapeva di averne sbriciolata buona parte per terra, durante il pomeriggio, mentre parlava con Sveva. Ma di che avevano parlato?
Fu un solo terribile secondo, ma fu sufficiente perché recuperasse la memoria su ogni cosa del giorno precedente. Il litigio col fratello, la speranza di vedere Dante e poi l'averlo visto davvero, sì, ma abbracciato a un'altra. Ecco perché si sentiva tanto confusa, la tristezza cercava di emergere, anche se era tenuta a bada da una rabbia cieca. Quel maledetto pallone gonfiato l'aveva illusa, uscendo con una barbie dai capelli mezzi rosa, mentre stava con lei e le giurava di amarla.
 Si sedette e si versò del latte freddo, ma quel colore non fece altro che ricordarle la pelle ancora stranamente chiara di Dante. Lei ne conosceva l'esatta sfumatura. Aveva accarezzato e assaporato quasi ogni parte di quel corpo d'alabastro, forte come il marmo ma caldo come la sabbia d'estate, quando il sole è a picco. Chiuse gli occhi cercando di evitare che le immagini dei rari momenti di intimità l'assalissero. Non si era mai sentita così, ma con Dante perdeva ogni inibizione, era come esplorare una zona vietata, sai già di star infrangendo delle regole, eppure ti senti assolutamente libera. E lei si era sentita esattamente così, priva di ogni legame se non quello con il ragazzo che la teneva stretta, che le sussurrava parole dolci, mentre le sue mani memorizzavano ogni centimetro del corpo di lei. Arrossì violentemente e si guardò intorno, anche sapendo di essere sola. Il solo fatto di evocare certi pensieri proprio in una stanza che condivideva tanto spesso con i genitori, la faceva sentire timida come in realtà non era. Era stata molto discreta e aveva fatto in modo che quei preziosi momenti di solitudine non accadessero mai in casa sua, era terrorizzata alla sola idea che i suoi la scoprissero, perciò quando il campanello suonò all'improvviso lei lasciò cadere la tazza, che non si ruppe, ma rovesciò tutto il latte sul tavolo.
-Che abbiano un radar anche per i pensieri a luci rosse?- Si diede della sciocca, perché se suo padre avesse davvero avuto un potere simile allora l'avrebbe segregata in una stanza senza finestre da almeno tre anni, più o meno da quando aveva scoperto l'esistenza di Christian Bale. Si fiondò alla porta, senza curarsi di pulire la cucina. -Chi è?-
-Sono Sveva, apri!-
-Che ti è successo?- gridò aprendo la porta. L'amica aveva un foulard sui capelli, che le scendeva fin sotto al collo, e gli occhi coperti da grandi lenti scure. -Sembri una diva del cinema anni '60.-
-Fai meno la spiritosa- la redarguì Sveva, togliendosi il travestimento anti-ansia genitoriale, entrando in casa. -Non so tu, ma io stanotte non ho chiuso occhio e non volevo farlo notare ai miei.-
-Eh...ognuna ha i propri segreti...-
-Che hai detto?-
-Che ho dormito a meraviglia!-
-Beata te. Ma che è successo qui in cucina?-
-Senti miss perfettina, è colpa tua. Se non avessi suonato all'improvviso io non avrei rovesciato il latte! Quindi ora pulisci tu!-
-Io? Ma se sono appena arrivata!- Sveva ignorò quel comando assurdo, prese l'amica per mano (non prima che Federica afferrasse il ciambellone rimasto sul tavolo) e la trascinò in camera sua. -Devo assolutamente parlarti, è una cosa davvero urgente.-
-Allora parla.-
-Ti sei sbagliata su Dante. Non ti ha tradita. Ecco, non posso spiegarti proprio tutto, ma con quella ragazza non c'è niente. Lui è solo un suo cliente.-
-Cliente? Allora quella è una pros...-
-Ma che dici!? No, Ester ha un negozio di articoli da regalo in un paese vicino. Dante, ehm...voleva farti una sorpresa.-
-Sì, come no. Scommetto che ti sei bevuta ogni baggianata che ti ha detto.-
-No, ho visto i regali che ti ha ordinato. E poi c'è un'altra cosa...-
-Allora?- Le sopracciglia di Federica schizzarono in alto, mentre lei assumeva un'espressione sempre più scettica.
Sveva le allungò il cellulare, con le foto di Ester e della sua fidanzata. Quella mattina ne aveva ricevuta una ancora più inequivocabile, tanto per assicurare a Federica che non aveva nutrire alcun timore per Ester.
-Sto vedendo quello che penso?- chiese, balbettando appena. La verità faticava a farsi strada nella sua mente. Tutta la rabbia che aveva accumulato in quelle ore minacciava di rompere le dighe e svanire, lasciandola sola e ancora più confusa di prima. Forse era stata ingiusta, forse aveva sofferto per sue mere paranoie, di cui Dante non aveva alcuna colpa, anzi, voleva solo essere carino. Era stato gentile, come sempre. Le stava comprando dei regali, o qualunque altra cosa assurda stesse facendo non contemplava il tradimento. Sofferenza inutile.
-Un bacio saffico? Sì, è proprio quello che stai guardando.- disse Sveva, con voce neutra.
-Queste due sembrano ancora più assatanate di me e Dante.-
-Risparmiami i particolari, ti prego. Comunque, tu e Dante avrete tutto il tempo di recuperare e battere anche il loro record del bacio più passionale dell'estate.- Riprese il cellulare, sorridendo allo schermo vuoto, come se potesse vedere un enorme sorriso spuntare sul viso dell'amico. Gli aveva promesso di sistemare le cose almeno per loro, e sembrava esserci riuscita. Ma quando sollevò lo sguardo tutta la sua euforia svani. - Adesso perché piangi?-
Federica si era raggomitolata su se stessa, abbracciandosi le ginocchia e singhiozzando disperatamente. -Sono stata una stupida!-
Sveva si avvicinò e la strinse, facendole appoggiare la testa sulla sua spalla, confortandola proprio come il giorno prima. -Siamo tutti stupidi quando siamo innamorati. Alcuni lo sono anche senza essere innamorati, ma questo è un altro discorso. Quello che conta è che puoi tornare a essere felice. Hai un ragazzo che ti ama alla follia, e anche tu lo ami tanto, altrimenti non saresti stata così male.-
-Ma lui sarà arrabbiato...- mormorò, senza il coraggio di guardare l'amica. L'unica cosa che le veniva in mente erano gli occhi di Dante e le sue mani quando l'accarezzava. L'avrebbe tenuta ancora tra le braccia, l'avrebbe guardata ancora come se fosse la più bella del mondo?
-No, non lo è. Era atterrito all'idea di averti fatta star male. Vuole solo la sua Federica.-
-Sai Sve, proprio stamattina ero convinta che non ci sarebbe stato più niente tra noi, che avrei dovuto dimenticarlo...e invece! Sono così felice, io mi metterei a urlare o a saltare o entrambe le cose insieme!-
Risero entrambe, abbracciandosi. Federica sembrava aver seppellito tutta l'angoscia in un angolo remoto del proprio cuore, pronta a liberarsene definitivamente una volta tornata con Dante. Perché tutto fosse perfetto ci voleva il bacio del vero amore. Accidenti, stava diventando una vera romantica! Ma quello era tutto merito di Dante, soltanto lui riusciva a farla sentire tanto libera da poter essere anche incoerente, da poter essere qualunque cosa desiderasse. Sì, cavolo, lo amava. Lo amava davvero tanto. Con tutte le sue mancanze, con i suoi modi un po' rudi, i suoi sorrisi contagiosi e i suoi abbracci confortanti. Era perfetto e lei non avrebbe mai più messo in pericolo il loro rapporto.
Si potevano provare tante emozioni in un così poche ore? Solo il giorno prima credeva che l'amore fosse solo una finzione, che non esistesse nessun sentimento reale, che i gemelli fossero solo degli imbroglioni...
Sgranò gli occhi e si coprì la bocca, soffocando un gemito. Vergil!
Se si era sbagliata su Dante, che conosceva così bene, poteva essersi sbagliata anche su di lui?
-Che c'è, che ti prende ora?- le chiese Sveva, visibilmente preoccupata.
-Niente, è che mi chiedevo...insomma io sono qui che festeggio e non ti ho chiesto nemmeno tu come stai...Cioè, niente di nuovo con Vergil, vero?-
Sveva evitò il suo sguardo, abbassando la testa. -Lasciamo stare.-
Federica notò solo in quel momento gli occhi arrossati dell'amica. Forse non aveva dormito, ma aveva pianto un bel po'. -No, raccontami.-
-Davvero, non voglio pensarci. L'importante è che almeno una di noi due abbia il finale che le spetta. Avevi ragione sai, lui proprio non fa per me.-
-Lui non fa per te?- Federica aveva notato che quelle erano le stesse parole che aveva usato lei il giorno prima...allora Vergil era andato a dirglielo? -Spiegati, ti prego.-
-Perché dobbiamo rovinarci la giornata?-
-Perché tu ieri hai ascoltato me...-
-Tu ieri hai dato di matto. Senza offesa, ma ti eri immaginata tutto. Per me è diverso.-
-Non farmi morire dalla curiosità!- la pregò Federica, mentre divideva il ciambellone e la guidava di nuovo verso la cucina, mettendo del caffè sul fuoco. Anche se lei era talmente agitata da desiderare una camomilla. La felicità per aver fatto pace con Dante, unita alla strana sensazione di averci litigato, averlo lasciato ed esserci tornata senza neanche parlargli, erano un mix che si stava rivelando letale, dovendolo miscelare anche con il terrore di aver combinato il guaio peggiore della propria vita.
-Ieri Vergil è venuto da me, era molto strano, sembrava calmo ma si intuiva che dentro era furioso. Sai com'è lui quando si arrabbia...-
-Sì, quell'aspetto da quiete prima della tempesta mi ha sempre messa a disagio. Continua.-
-Gli ho detto che lo amo.-
Federica sputò un pezzo di dolce. -Che cosa?-
-Me l'aveva chiesto lui!- si difese Sveva, vedendo l'amica impallidire. -Dopo avermi fatto dire cosa provassi esattamente per lui, mi ha baciata.-
-Di nuovo...- Federica si morse la lingua, cercando di stare zitta, altrimenti Sveva non avrebbe mai finito il racconto e lei sarebbe rimasta sulla graticola.
-Sì, ma stavolta è stato diverso. Dopo ha preso il cellulare e mi ha mostrato un sms, che sembrava avessi scritto io. Ma non sono stata io!- Sveva si accasciò contro lo schienale della sedia, nascondendosi il volto tra le mani.-Non so come sia possibile, ma sembra che io abbia scritto a Ettore un messaggio, e Vergil è andato su tutte le furie. Mi ha dato della bugiarda e ha detto che non avrebbe più perso tempo con me.-
Federica salvò il caffè appena in tempo, ma ormai aveva capito che nessuna delle due l'avrebbe bevuto. Lei era agitatissima e Sveva stava già singhiozzando dall'altro lato del tavolo. La sua migliore amica era a pezzi e lei non sapeva cosa fare. Vergil era stato molto duro con lei. Sì, si era sentito ingannato, ma questo non gli dava diritto di farle del male, no? O forse sì. Però non era lui il vero colpevole di tutto quel pandemonio.
Per un solo istante pensò a lui, si chiese come stesse. Era una persona che raramente mostrava le sue debolezze, ma per aver fatto una scenata doveva essere davvero fuori di sè. Ci aveva visto giusto. Vergil era interessato a Sveva, se ne era innamorato e non aveva resistito all'idea di averla persa.
-Tesoro guardami, vedrai che andrà tutto bene.- Federica massaggiò la schiena di Sveva, che continuava a piangere senza alzare nemmeno lo sguardo.
-Non è possibile.-
-E invece si aggiusterà tutto, proprio come è successo tra me e Dante.-
-Smettila di illudermi!-
-Sveva guardami. Io ti devo dire una cosa...-

Federica si sentiva terribilmente in colpa per ciò che aveva fatto. Pur mossa dalle migliori intenzioni aveva combinato un vero casino di cui non era lei a pagare le conseguenze. Camminava con le spalle curve e le mani affondate nelle tasche dei pantaloncini, senza curarsi delle signore che spintonava distrattamente. La festa del paese era imminente, le bancarelle affollavano le strade e i profumi di caramelle e dolcetti si facevano sempre più intensi, ma lei non si sentiva in sintonia con quello spirito allegro. Perfino la gioia di riavere Dante non riusciva a rianimarla. C'era una piccola parte del suo cuore che faceva le capriole e cantava a squarciagola, con la voglia matta di correre da lui, abbracciarlo e pregarlo di non lasciarla mai più, ma per tutto il resto si sarebbe presa a schiaffi.
Sveva l'aveva ascoltata senza dire una parola, dapprima non credendo alla sua strampalata versione dei fatti, l'aveva fissata quasi senza vederla, cercando di ricostruire il quadro degli ultimi giorni. Quando aveva compreso la vera dinamica dei fatti era esplosa, rompendo il silenzio con parole piene di veleno e rabbia. Federica non l'aveva mai vista tanto scossa, aveva cercato di calmarla, anche se era stato del  tutto inutile, le aveva  promesso di rimettere a posto le cose, di ricucire gli strappi che aveva creato, ma la sua amica aveva voltato le spalle e se ne era andata, lasciando una frase a metà e sbattendo la porta. Adesso non sapeva nemmeno dove fosse e la consapevolezza di averla ferita la faceva stare male. Federica aveva riavuto tutto ciò che credeva perso: la fiducia in Dante, adesso che aveva scoperto di non essere mai stata tradita; la propria autostima, e la speranza di un vero lieto fine. Tutte cose che, invece, aveva sottratto a Sveva. C'era un solo modo per rimediare: parlare con Vergil.
Deglutì pensando alla reazione che avrebbe potuto avere l'abino una volta saputa la verità. Sarebbe certamente andato su tutte le furie. Entrò nell'albergo e si infilò direttamente nell'ascensore. Fece un respiro profondo e si guardò allo specchio. Non aveva mai permesso a nessuno di incuterle timore, e di certo non avrebbe iniziato con l'avere paura di Vergil.
Trovò la sua stanza e bussò, ma lui aprì solo dopo parecchi colpi. Era meno impeccabile del solito, spettinato e con la camicia sbottonata.
-Che cosa vuoi?-
-Ti devo parlare.-
-Ho di meglio da fare che stare ad ascoltati. E poi l'ultima volta che abbiamo discusso mi pare sia finita male.-
-Non fa niente. Devi ascoltarmi comunque- disse Federica, oltrepassandolo e sedendosi alla sua scrivania.
-Vuoi che mio fratello ti trovi qui e pianti un altro casino? Ti avverto che non sono in vena di essere messo in mezzo.-
-Lascia stare Dante, devo parlarti di Sveva.-
Vergil la fulminò con lo sguardo, tornò alla porta e la spalancò. -Vattene.-
-Non lo farò.-
Per un lungo istante nessuno dei due si mosse. Si fronteggiarono senza parlare, guardandosi dritto negli occhi e misurando la forza dell'avversario. Federica strinse i braccioli della sedia tanto forte che temette di deformarli, ma erano il suo unico appiglio per non fuggire via da quella stanza dove, chiaramente, non era la benvenuta. Non che lei avesse davvero voglia di restarci, ma purtroppo doveva farlo. Si era divertita giocare con il fuoco e ora le toccava scottarsi, sperando di non rimetterci tutte le penne. Vergil le appariva calmo come una statua di marmo, rigido e immobile davanti all'entrata. Sembrava il guardiano degli inferi. Avrebbe detto che fosse impassibile, ma qualcosa nella piega della bocca e nello sguardo ridotto a una fessura le faceva capire che stava tentando di trattenere il livore.
-So che sei arrabbiato.-
-Tu non sai proprio niente.-
-E invece so molte cose. In realtà sono l'unica a sapere come siano andate davvero le cose e sono qui per raccontartelo. Io ho combinato un casino e siete stati tu e Sveva a rimetterci. Mi dispiace.-
-Che stai dicendo? Tu non c'entri niente. La tua amica è una piccola bugiarda e non voglio più sentirla nominare.-
-Parli così solo perchè ti ho manipolato, ma Sveva non ne sapeva niente.-
-Ma di che cavolo stai parlando?- Vergil rimaneva con le spalle alla porta, le braccia conserte e l'espressione contrariata.
-Di Ettore.-
-Quello stronzo può prendersela a quando vuole. Gliela lascio con piacere.-
-"Quello stronzo", come lo chiami tu, non esiste. Abbiamo un compagno di classe che si chiama così, ma Sveva non lo sente da mesi.-
-Mi dispiace ricordartelo, ma ho visto i messaggi che si sono scambiati, appena qualche ora fa.-
Federica lanciò il proprio cellulare a Vergil. Non aveva dubbi che l'avrebbe preso al volo, come fece. -Guarda nella posta inviata della seconda scheda.- Aspettò qualche minuto e quando lo vide aggrottare le sopracciglia ricominciò a parlare. -Ho un dual sim, ma non avevo mai usato il secondo numero quindi nessuno lo conosceva, nemmeno Sveva; non avevo nemmeno inserito la scheda nel telefono prima di qualche settimana fa.-
-Non capisco...-
-Quel giorno sul molo ti ho mentito. Ormai avevo capito il tuo interesse per Sveva e ho pensato che con una piccola spintarella ti saresti finalmente fatto avanti. Quando hai fatto quella battuta sul suo scarso successo coi ragazzi mi si è accesa la lampadina. Se ci fosse stato un rivale tu ti saresti ingelosito! Così ho inventato Ettore.-
-Ma se hai detto che conoscete uno che si chiama così!-
-Sì, ma come stai vedendo i messaggi li ho mandati io. E non sono falsi, se ti ricordi al cinema gli sms di Ettore arrivavano sempre quando io ero in bagno. E ti assicuro che non soffro di incontinenza!-
-Sul cellulare della tua amica c'era il suo nome.-
-Sì, perché lei ha il brutto vizio di lasciare in giro il telefono. Cancellare il numero del nostro compagno di classe e sostituirlo con il mio è stato fin troppo facile. Sveva non si è accorta di niente. Non volevo sapesse nulla di questa storia, altrimenti non avrebbe accettato, o si sarebbe comportata in maniera talmente goffa da farti capire l'inganno. Lo sai che non sa fingere. Pensa all'altro giorno, in spiaggia, quando ci ha raccontato di uno sconosciuto che l'avrebbe quasi aggredita baciandola all'improvviso. Si capiva subito che c'era ben altro e che stava parlando di te, ci è cascato solo Dante...-
-Mio fratello non è mai stato particolarmente intelligente. Comunque, questo non spiega niente. Finora hai detto di aver montato tutto questa storia per indurmi a dichiararle il mio interesse...-
-Si chiama Sveva, puoi anche pronunciarlo il suo nome. Non morirai fulminato, stà tranquillo.-
Vergil le lanciò un'occhiataccia, che Federica ignorò. Era preoccupata da quell'atteggiamento, sembrava che lui avesse già preso le distanze, che si fosse già staccato da Sveva e davvero non ne volesse sapere più nulla. L'ascoltava, dall'altro lato della stanza, dimostrando scarso interesse, guardandosi intorno e picchiettando ogni tanto le dita sul muro, per infastidirla, però continuava a porre domande. Federica sperò che quello fosse un segnale positivo.
-Dicevo, se volevi che io e lei fossimo una coppia, se non esiste nessun rivale e tutte le altre baggianate, come spieghi il messaggio di ieri? Proveniva dal suo telefono, non dal tuo. E di certo non ci avrebbe aiutato a stare insieme: lei scriveva di volere un altro, che io non faccio per lei. E questo non lo prendo come un incoraggiamento nei miei confronti!-
-Ieri ero convinta che Dante mi avesse tradita.-Federica si morse un'unghia, aveva sperato che Vergil non facesse troppe storie e accettasse le sue spiegazioni, ma dovergli confessare tutto per filo e per segno era davvero umiliante. Respirò a fondo e si agitò sulla sedia, sperando che l'interrogatorio finisse presto.
-Che c'entra adesso?-
-Ero convinta che tuo fratello mi avesse ingannata, ero arrabbiata, accecata dalle delusione. E quando Sveva è venuta a consolarmi ho pensato che anche lei avrebbe finito col soffrire per colpa tua; che per noi sarebbe stato meglio dimenticarvi il prima possibile. Se Dante era stato uno stronzo, figuriamoci cosa potevi essere tu. Senza offesa.-
-Figuriamoci!-
-Quando ho capito che lei sarebbe venuta da te e che ti avrebbe detto di essersi innamorata, sono andata nel panico. Dovevo proteggerla prima che si esponesse troppo, così approfittando della sua assenza le ho fregato di nuovo il telefono e ti ho scritto quelle cose. Sapevo che sentendoti messo da parte l'avresti allontanata. Sei orgoglioso peggio di tuo fratello e non avresti mai accettato la sconfitta. Mi sono ricordata di come ti sei comportato con me, dopo che mi sono messa con Dante hai fatto finta che non esistessi. Se ti fossi comportato così Sveva ci sarebbe rimasta male, ma non avrebbe sofferto poi troppo.-
Vergil scosse la testa e si sedette sul letto, con la testa china sulle mani giunte. Sembrava in preghiera, o forse si stava trattenendo per non strangolarla. Federica lo guardò meglio, resa più coraggiosa dalla sua distrazione. In quella posizione sembrava più fragile, più vero. Non stava fingendo di essere forte a tutti i costi, le stava mostrando i suoi dubbi.
-Credimi, ti sto dicendo la verità.-
-Mentre litigavamo lei mi ha mostrato il suo telefono e quel messaggio non c'era. Mi ha giurato di non saperne niente. Sembrava sincera.-
-Lo era.-
-Mi ha detto che mi ama.-
-Se avevi bisogno di sentirglielo dire allora sei più sciocco di Dante. L'abbiamo capito tutti che ha una cotta per te, lo sanno perfino i suoi.-
-Che cosa?-
-E dai Vergi! Anche quando ti sei comportato da stronzo Sveva è sempre tornata da te. Non fa altro che nominarti, osservarti, pensarti. Sembra una falena attratta dalla luce, io temevo che si bruciasse e mi sono messa in mezzo, ma ho sbagliato e non so nemmeno se mi perdonerà.-
-Le ho detto delle cose terribili- mormorò Vergil.
-Tu le dici sempre cose terribili...- scherzò Federica,  mentre gli posava una mano sulla spalla per incoraggiarlo. Lui alzò la testa. I loro sguardi si incrociarono per un lungo momento, entrambi capirono di avere qualcosa in comune, volevano bene a una persona che avevano trattato ingiustamente.
-Non c'è nessun altro.- Vergil si passò le mani sul viso come se volesse lavar via la stanchezza e la delusione di quelle ore solitarie. Parlava a bassa voce, quasi riflettendo con se stesso, più che parlando con lei.
-A te non bruciava che ci fosse un altro. Non hai mai temuto rivali, ti ha fatto incazzare l'idea che lei avesse scelto un altro. E, sinceramente, non so nemmeno come tu abbia fatto a crederci.-
-Già.-
Federica lo osservò leggere qualcosa sul display del cellulare, pensò a qualche altro messaggio al vetriolo, si sporse per sbirciare e vide che sullo schermo c'era solo un cuoricino, inviato da Sveva, prima che litigassero. -Non le ho insegnato proprio niente su come ci si comporta coi ragazzi. Ti ha mandato un cuoricino, la solita smielata!- gemette, mentre Vergil le gettava un'occhiataccia. Incurante del rischio le continuò -Cioè, tu hai pensato davvero che una così se la facesse con un altro?-
-Senti, Sveva ti avrà pure risparmiata, ma io potrei non essere altrettanto generoso.-
-Oh, finalmente l'hai chiamata per nome!-
Federica vide spuntare sulle sue labbra un leggero sorriso, mentre i suoi occhi azzurri tornavano ad accendersi di una luce pericolosa. Era tornato lo stesso ragazzo arrogante che conosceva bene. Capì che sarebbe andato a cercarla, e che non avrebbe smesso fino a che non l'avesse trovata. Sveva non era orgogliosa, non appena l'avesse rivisto sarebbe cascata tra le sue braccia. Non aspettava altro.
Era tempo che tutti e quattro si godessero l'epilogo di quella lunga storia. Era tempo di riappacificarsi e vivere quell'amore sbocciato in maniera confusa, ma irrefrenabile. I loro sentimenti erano nati timidamente, ma si erano nutriti di ogni sorriso, di ogni piccolo gesto, di ogni bacio rubato tra le onde, di ogni carezza data di nascosto.
Salutò Vergil con una pacca sulla spalla, lo minacciò di orribili ritorsioni se avesse trattato male la sua amica, ma per un istante lo vide per ciò che era davvero.L'unico ragazzo giusto per Sveva.
Uscita dalla stanza si fermò sul pianerottolo, senza sapere dove andare. Voleva solo volare da Dante, ora che sapeva di aver rimesso a posto le cose. Poteva permettersi di essere felice, di donarsi senza riserve, perché non c'era nessun'altra che Dante desiderasse. A quel pensiero il suo cuore galoppò nel petto e finalmente poté sentire nelle vene l'euforia della festa che nel paese non era ancora iniziata, ma che dentro di lei era già ai fuochi d'artificio.



Cavolo,
siamo al terzultimo capitolo. MENO DUE e Doppia Coppia sarà finita. Un pezzo di vita che arriva all'ultima pagina. Mi prenderà un colpo.
Ok.
Calma.
Respiriamo a fondo e diventiamo ZEN. U_U
Scherzi a parte (ma chi stava scherzando?), spero che questo capitolo vi sia piaiuto. Federica affronta le conseguenze dei suoi gesti, svela le sue fragilità e fa un po' di chiarezza. Che altrò accadrà? Dai che siamo vicine alla fine. Fatemi compagnia, come sempre, che altrimenti mi verrà una crisi di nostalgia!
La vostra
Bry.

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Capitolo 39
*** LIETO... ***


 Dante chiuse con uno scatto il portatile e lo allontanò  da sè. Aveva fatto di tutto per distrarsi e non pensare alla situazione ingarbugliata che stava vivendo. Le emozioni attraversavano il suo corpo, facendolo sentire come in balia di una corrente sconosciuta e potente. Aveva sempre pensato di essere una persona forte, con quella superficialità sicura, che non ti fa essere idiota, ma nemmeno tanto profondo da stare male per analizzare ogni piccolo atomo dei propri sentimenti. E invece, in quei lunghi giorni, non aveva fatto altro che domandarsi quali fossero realmente le sue intenzioni, e cosa provasse Federica per lui. Non aveva mai permesso a nessuna ragazza di essere così importante. In realtà non l'aveva fatto nemmeno con Federica. Ma l'amore l'aveva sorpreso, gli era nato dentro, senza chiedere permesso. Era un inquilino strano, arrogante, che stava ridipingendo tutta la sua vita con colori inusuali e abbaglianti.
Le sue labbra si piegarono in modo amaro, ripensando al giorno in cui aveva litigato con il fratello. La gelosia l'aveva accecato completamente, guidando le sue parole e le sue azioni senza un filtro. Senza freno.
Freni. Non ne aveva mai voluti.
Lui era così, spontaneo e privo di regole, però questa sua assoluta libertà aveva ferito la persona che amava. E si era ripromesso di fare qualunque cosa pur di riparare quel torto. Se solo Federica fosse stata lì, si sarebbe scusato ancora, e ancora, e ancora. Non gli importava dell'orgoglio, di sembrare un debole, di apparire ridicolo. Giocava per un premio più alto. La sua stessa felicità.
Dante si era reso conto di come fossero ingrigite le sue giornate da quando Federica non gli sorrideva più. Il mare era diventato una brodaglia calda, il sole troppo aggressivo, la gente troppo chiassosa, e lui insofferente a tutto. Percorse la stanza a passi lunghi e pesanti, stringendo i pugni e agitandosi come un animale in gabbia. Davvero voleva aspettare senza fare niente?
Programmare la serata perfetta era stato faticoso, ma ogni cosa doveva essere al proprio posto, creando un'armonia irripetibile, degna del migliore dei romantici. E tutto doveva avvenire il giorno dopo, durante la festa del paese. Ci sarebbero state centinaia di turisti, accorsi per lo spettacolo pirotecnico e la grande sfilata delle barche storiche, che avrebbero accompagnato la processione del Santo Patrono. Il profumo delle nocciole caramellate miscelato alla musica delle orchestrine sui palchi, sarebbe stato una cornice perfetta per la passeggiata, e poi la cena. Era già tutto pronto. Mancavano solo ventiquattro ore.
Appoggiò le spalle alla parete, respirando a fondo per non dare un pugno al muro. Aspettare senza fare niente non era il suo forte.
Si voltò guardando verso l'orologio sul comodino. Le lancette della piccola sveglia formavano una linea verticale. Le sei del pomeriggio.
La luce inondava ancora la stanza, e non c'erano segni di un tramonto imminente. Aprì la finestra e si sedette al balconcino. Sotto di lui la piccola cittadina ferveva di attività, le madri correvano dietro a bambini disubbidienti, venditori ambulanti ciondolavano da un alto all'altro della strada, piccole e grandi comitive schiamazzavano sorseggiando granite colorate. Dante si sporse più avanti. Avrebbe voluto essere lì, in mezzo alla folla, essere uno di quei volti sorridenti, soddisfatto della propria vita, accanto alla ragazza di cui si era innamorato. E invece era su un balcone del terzo piano, a guardare la vita scorrere attorno a lui. D'un tratto l'assurdità della sua posizione gli fu chiara. Sembrava una principessa di qualche storia per bambine. Proprio lui, Dante l'incorreggibile, quello vitale, quello che non stava mai fermo. Perché aveva scelto di fermarsi ed aspettare? No, quello non era da lui. Stava solo perdendo tempo. Ancor peggio, stava permettendo a se stesso di stare un altro giorno senza Federica. No! Dante Sparda non era uno che attendeva, era uno che agiva e si prendeva ciò che voleva.
Rientrò nella sua stanza e si cambiò alla svelta, anche se fu accorto nella scelta degli abiti. Voleva apparire al meglio. Era eccitato e teso, come chi ha una missione da compiere e non può permettersi di fallire. Avrebbe voluto sapere esattamente cosa fare, prendere l'equipaggiamento adatto alla battaglia. Ma non c'erano pistole da mettere nelle fondine, l'unica arma in grado salvarlo era proprio la sua personalità. Desiderava essere amato per ciò che era, un ragazzo imperfetto, ma leale, che spesso diceva la cosa sbagliata, ma mai quella falsa...E poi era bellissimo!
Per tutto il tempo pensò a Federica, la sua presenza sembrava girargli attorno, in un abbraccio confortante e carico di promesse per il futuro. La sentiva vicina, quasi come se lei fosse proprio lì, appena fuori dalla camera ad aspettarlo. Uscì, chiudendosi la porta alle spalle con uno scatto rumoroso, e per un istante pensò di avere le allucinazioni.
-Federica?- Era proprio dove sperava che fosse, da sola nel corridoio, a fissare il numero della sua stanza. La osservò con stupita attenzione, gli sembrò stanca, con un accenno di occhiaie e i capelli arruffati, ma rilassata. -Che ci fai qui?-
-Dovevo vederti, parlarti. Sono stufa di fare sciocche supposizioni, di avere sospetti, di temere di perderti. Ho bisogno di fare chiarezza, anzi, a dir la verità l'unica cosa di cui ho bisogno sei tu. E voglio sapere se...-
Dante non lasciò che continuasse a parlare, le uniche parole che gli interessavano le aveva già sentite. Le prese il viso tra le mani, spostandole i capelli dietro le orecchie e poi la baciò, come non aveva mai fatto prima. Non c'era nessuna scherzosa allusione in quello sfiorarsi di labbra, nell'assaggiarsi a vicenda. No, c'era un'arroganza che sconfinava nella sete di potere. Si era reso conto di essere geloso, reso insicuro dal sentimento profondo che adesso gli stava scatenando una tempesta in pieno petto. Lasciò una mano sulla nuca di lei, mentre l'altra scendeva lungo la vita, per attirarla ancora di più contro di sè. Si staccò solo un istante, ridendo delle braccia di Federica attorno al suo collo.
-Mi hai chiesto chiarezza e questa è la mia risposta. Noi due. Solo noi due, esattamente come adesso. Tu sei tra le mie braccia e io tra le tue. Entrambi sappiamo di appartenerci, di poterci stringere tanto forte da diventare una cosa sola, un solo piccolo e meraviglioso universo in cui non è invitato nessun altro. So perfettamente quanto stiamo bene insieme, e l'idea di vedere tutto questo svanire mi ha fatto perdere il controllo. Ho agito come un cretino e mi prenderei a schiaffi per averlo fatto.-
-Dante, io vorrei dirti che...- Federica tentò di parlare, ma lui la zittì, con un dito sulle labbra.
-Aspetta, fammi finire. So che ti ho delusa e che pensi che possa accadere di nuovo, ma posso assicurarti che la prossima volta che la prossima volta, prima di dare di matto, mi ricorderò questo momento, questo abbraccio, e saprò con certezza che non c'è spazio per nessun altro.Io ti amo.- Aveva fatto una pausa prima di pronunciare quella frase, perché per la prima volta la diceva con il cuore, con la consapevolezza di star dicendo la verità. Una verità splendida, anche se un po' sofferta. Trattenne il respiro, aspettando la risposta di Federica. Le sue parole sarebbero state decisive, anche se dal bacio che si era scambiati era quasi certo di non ricevere un rifiuto, qualcosa dentro di lui restava in nervosa tensione. Allentò un po' la stretta, fissando la bocca di lei, che iniziò a schiudersi. Era il momento fatidico.
-Ma che cazzo ci fate in mezzo al corridoio? Qua c'è gente che cerca di riposare!-
Dante si girò di scatto, solo per trovarsi di fronte a un arzillo ottantenne in accappatoio rosa, che gli agitava contro un bastone di legno. Fu troppo sorpreso per rispondere, scatenando ancora di più le ire del vecchietto.
-Ma che sei sordo? Prima fai l'esibizionista con tutte queste smancerie e ora non parli? Ma guardate a questo!-
Dante si sentì trascinare verso l'ascensore, appena prima di essere travolto dalla risata scrosciante di Federica, che cercava di tapparsi la bocca con una mano, per attutire il suono della risata sempre più alta. Appena prima che le porte si chiudessero Dante ebbe una fugace visione dell'anziano che ingaggiava un mortale duello di scherma con la propria ombra.
-Dove sei giovanotto? Agli anziani si deve portare rispetto, ora te lo insegno io!-
Ancor prima di capire cosa fosse successo, Dante si ritrovò a passeggiare tra la gente, sul lungo mare affollato. -Che delirio!-
-Sì, c'è molta folla- rispose Federica.
-No, pensavo ancora al signore di prima.-
-Il nonno col bastone? Pensavo volesse dartelo in testa. Che scena romantica!-
-Già... mi ha rovinato il momento.-
Federica rise, stringendogli il braccio, invitandolo ad avvicinarsi. -Secondo me l'ha reso indimenticabile. Folle, ma indimenticabile.-
Le posò un braccio sulle spalle, mentre la guidava verso una panchina libera. -Non hai niente da dirmi?-
-Che provo esattamente ciò che provi tu. E non mi riferisco solo all'essere innamorata di te.- Federica si fermò davanti a lui, che era già seduto, e poi si accomodò sulle sue gambe, guardandolo dritto negli occhi. -Ti ho visto con una, ma Sveva mi ha spiegato che è stato tutto un equivoco, però in quel momento mi sono sentita morire...-
-Mi dispiace.-
-Stai zitto!-
-Ma che signorina gentile!-
-Senti, non sono abituata a fare dichiarazioni smielate, quindi, se proprio la vuoi sentire, lasciami parlare e non mi interrompere.- Abbassò il dito con cui lo stava minacciando e distolse lo sguardo.
Dante le mise un dito sul mento e la fece voltare verso di lui. Non voleva essere estromesso dai suoi pensieri. La lontananza era già stata troppa, però fece come gli era stato chiesto e non intervenne.
-Avevo deciso di essere comprensiva e perdonarti per avermi trattata male, ero sicura che tra noi non fosse finita. E quando ti ho visto con quella specie di barbie punk non ho saputo reagire. Mi sono sentita sola. Ogni volta che ci siamo incontrati, proprio qui, davanti a questo muretto, o più in là, sul mare, un pezzettino di te è entrato nella mia vita. E io non sono mai stata molto accogliente, sai? Però con te non ho avuto scelta, mi hai conquistata ancor prima che io potessi conoscerti davvero. Siamo così simili, così compatibili che a volte mi sembra tutto un sogno. Qualche volta mi sveglio pensando di averti immaginato, di star vivendo la solita estate sfigata, trascorsa con gente di cui non mi importerà niente alla fine di agosto. E poi ti rivedo e capisco che non riuscirei più a stare senza di te. Ti chiedo scusa se ho dubitato di te, ma spero che l'importante ora sia essere qui, insieme.-
Lui gettò la testa all'indietro e scoppiò a ridere. -Sei rossa come un pomodoro!-
-Tutto quello che sai dire è che sono arrossita?- chiese, furiosa, iniziando a prenderlo a pugni sul petto. -Nemmeno tu eri così sciolto prima, un pezzo di ghiaccio avrebbe avuto più charme di te!-
-Non siamo così bravi con le dichiarazioni, eh?- Dante le bloccò i polsi per sottrarsi ai colpi, poi quando si fu calmata intrecciò le dita con le sue, la guardò negli occhi e abbassò la testa, per creare un piccola scia di baci infuocati sul collo di lei, assaporando il gusto fresco della sua pelle. Mille pensieri indecenti gli attraversarono la mente, quando desiderò veder sparire tutta quella gente, e trovarsi da solo con Federica. -Direi che non ci sia bisogno di tante parole, giusto?- La sentì ridere, e avendola così vicina percepì anche il battito sempre più accelerato del suo cuore. Si appartenevano, quella consapevolezza lo spinse a tenerla ancora più stretta, provocando un altro scroscio di risate.
-Amore, così mi stritoli!-
Gli sembrò di perdersi in quel mare color cioccolato che erano i suoi occhi, l'emozione fu così forte che per un attimo smise di respirare. -Dillo ancora.-
-Non avevamo detto basta parole?- domandò lei, cercando di baciarlo, ma lui voltava il viso per negarle quel contatto.
-Dillo ancora.-
-Amore mio.-

Federica ipotizzò di darsi un pizzicotto, per capire se non fosse ancora a letto, con quell'odioso pigiama verde acido e il lenzuolo talmente avvolto attorno a sè che con un balzo si sarebbe impiccata da sola. Le bastò sentire le dita di Dante, maliziosamente carezzevoli, scivolare lungo la sua schiena,  per sapere di essere ben sveglia e all'apice della felicità. Non aveva mai amato i nomignoli affettuosi, tanto che perfino pronunciare "amore mio" le costava fatica, eppure in quel momento le era sembrata l'unica cosa giusta da dire. Quelle due piccole parole avevano perso il loro significato dolciastro, per riempirsi di ricordi e speranze, dei sorrisi di Dante e dei brividi che le provocava il suo tocco. Gli scompigliò i capelli, lasciando un ciuffo dritto come la cresta di un gallo, si divertì nel vedere gli strani riflessi che assumevano quei capelli bianchi sotto la luce di un lampione appena rosato. La luce stava declinando lentamente, e le luminarie per la festa si sarebbero accese presto. La festa del Santo patrono sarebbe stata solo il giorno successivo, ma c'era qualcosa di speciale in quella fervida attesa, nella vigilia piena di aspettative.
-Si stanno mettendo d'impegno per organizzare la festa, quest'anno.-
-Anche io ho organizzato qualcosa per te- sussurrò Dante, solleticandole ancora il collo, con il suo fiato caldo.
Proprio quando credeva di impazzire, l'aveva scaricata sulla panchina e si era eclissato per fare una telefonata. Per quanto cercasse di spiare qualche frammento di conversazione, in preda alla più nera curiosità, Dante si era allontanato troppo per sentire qualcosa. Lo osservò gesticolare animatamente, mentre si sedeva sul muretto di fronte e la osservava con un certo divertimento. Lui sapeva di tenerla sulle spine e questo lo faceva sentire in vantaggio. Accidenti a lui! Federica valutò l'ipotesi di andargli incontro, e sedersi accanto a lui, sfoggiando un portamento da diva e una posa seducente. Ma in quel momento si sentiva sexy come una foca dopo un' esibizione al circo acquatico. Era stanca e scossa da tutte quelle emozioni contrastanti, il dolore dei giorni precedenti, la tensione per Sveva e Vergil e la gioia immensa di aver ritrovato Dante. Era troppo da assorbire in un colpo solo. Decise di restare seduta, iniziò a dondolare pigramente le gambe, cercando di ingannare l'attesa. Si sarebbe goduta qualunque cosa avesse organizzato Dante. In fondo si era impegnato per darle una serata speciale, e lei non voleva rovinare la sorpresa.
Scattò in piedi non appena Dante la raggiunse, ma lui non si sbottonò nemmeno un po' sui suoi piani super segreti. La prese per mano e la invitò a fare una passeggiata, in quel momento esatto le luminarie si accesero sopra le loro teste, quasi per festeggiare il loro cammino con archi colorati e cascate di fiori. Federica si sentì al settimo cielo, una bambina la notte di Natale, accecata dalla bellezza dell'albero e dalla speranza di ricevere il giusto regalo.
-Mi spiace che alcune bancarelle siano ancora chiuse- mormorò Federica, osservando con delusione i tendoni ancora sigillati.
-Sai, avevo pensato di organizzare tutto per domani, così ci sarebbe stata anche la festa del paese, i fuochi d'artificio e tutto il resto...però, poi, mi sono accorto che avrebbe significato starti lontano un altro giorno. E non potevo permetterlo.-
Se non l'avesse baciata, con indecoroso trasporto, avrebbe espresso tutto il proprio stupore. Non immaginava un Dante così romantico e tanto profondo. Non ebbe nemmeno tempo per rispondere, perché continuò a parlare, appena si fu staccato da lei.
-Volevo essere io a creare la giusta atmosfera per noi due, per te. Voglio farti capire che non ti darò mai per scontata e che saprò renderti felice.-
-Lo fai già- sussurrò, emozionata. Dopo quelle parole suggestive non riusciva più a guardare nulla attorno a sè, tutta la sua attenzione era concentrata su Dante, su quel ragazzo fantastico che la guardava come se fosse la creatura più preziosa al mondo. Nessuno l'aveva mai fatta sentire tanto speciale, e fremeva per sapere cosa altro avesse organizzato. -Mi dai un indizio su cosa hai preparato?-
-Hai fame?-
-Che domande? Certo che ho fame!- rispose in fretta. Il solo pensiero di mettere qualcosa sotto i denti la faceva svenire. -Mi sono resa conto che non mangio come si deve da un paio di giorni.-
-Allora dovrai fare ancora qualche altro passo...-
-Smettila di fare il misterioso!- gli ordinò, perlustrando con lo sguardo tutti i locali lì vicino. Non c'era alcun posto che fosse legato a un loro ricordo particolare, o dove lei desiderasse andare. Dovunque avesse organizzato Dante non doveva essere stata una scelta tanto banale. -Avrei pensato alla pizzeria dove siamo stati la prima sera, ma è lontana da qui.-
-Sono così poco originale, secondo te?- chiese con espressione offesa.
-No, anzi, sei fin troppo originale...- Gli andò a sbattere contro, se lui non l'avesse afferrata sarebbe finita col sedere per terra. Una scena davvero delicata e memorabile. -Che succede?- balbettò, cercando di ritrovare l'equilibrio e non assassinare con uno sguardo dei ragazzini che la indicavano ridendo.
-Siamo arrivati.-
Si voltò, leggendo l'insegna di un ristorantino assolutamente anonimo, che non l'aveva mai attratta e di cui non aveva mai neppure sentito parlare. Perché diamine Dante aveva scelto quel posto? Non pretendeva certo un locale con chef stellato, o un panorama da sembrare finto, o un cameriere che ti accogliesse con guanti bianchi e vassoi d'argento, ma almeno un pochino di atmosfera romantica ci sarebbe stata bene. Lo guardò scettica, ma cedette alla sua espressione fiduciosa. Entrò nel locale e studiò con sconforto crescente le pareti bianche con qualche quadro di paesaggi costieri, i tavolini con tovaglie immacolate e le sedie di legno.
Che noia!
-Da questa parte- disse un uomo, che si muoveva con la sicurezza del proprietario del locale.
-Ti ringrazio molto per avermi aiutato-sentì sussurrare da Dante.
-Dovevo un favore a Ester, e sono felice che ora siamo pari. Meglio non avere debiti con una come lei.-
Federica pensò di voler assolutamente conoscere quella ragazza. Anche se l'aveva detestata per la maggior parte del tempo, adesso era diventata molto curiosa e voleva capire quanto ci sapesse fare. Qualcosa stava per scoprirlo, in fondo aveva aiutato lei Dante nell'organizzare tutto. Ma tutto cosa?
Finalmente il lungo corridoio svanì e si ritrovarono in una saletta più piccola, nella quale non arrivava molto del chiacchiericcio degli altri avventori. Federica chiuse gli occhi, pensando che la vista le giocasse brutti scherzi. Li riaprì, ma lo scenario era sempre uguale. Iniziò a ridere, senza badare all'espressione accigliata del proprietario.
-Allora ti piace?- chiese Dante allargando le braccia per indicare la stanza.
A differenza del resto del locale, quel piccolo spazio era arredato con fantasia delirante. Alle pareti erano appese illustrazioni di creature fantastiche, da draghi con inserti steampunk, a eterei vampiri sullo sfondo di castelli in rovina, negli angoli erano posizionati quattro piccoli tavoli quadrati, con tovaglie di un arancione abbagliante, sui quali erano adagiate tutti i suoi stuzzichini preferiti, da minuscole torte rustiche,a  un vassoio vuoto, con un post-it nel centro "patatine fritte in arrivo". Federica accarezzo il biglietto e guardò nei restanti tavoli, su tutti c'erano dei bouquet di fiori finti, e avvicinandosi notò che al loro interno, strette tra petali di carta, si intravedevano le sue caramelle preferite. Un mosaico di frutta e un altro spazio per i dolci, le fecero comprendere quanto quelle prelibatezze fossero studiate solo per il suo gusto personale.
-Non ci posso credere...- mormorò quasi commossa, prendendo le mani di Dante e abbracciandolo forte. Lo strinse, come si stringono i sogni migliori, quelli nemmeno speravi si realizzassero. -E' talmente folle da essere perfetto.-
Lui non disse niente, ma la guidò al tavolo centrale, verso il quale lei non aveva gettato più di qualche occhiata timorosa. Era coperto da una splendida tovaglia viola, sulla quale risaltavano lucidi piatti, quadrati e neri. Le candele già accese ritraevano un drago che si attorcigliava su se stesso. Il tutto sembrava sbucato da una rivista di moda gotica per la casa. Federica tremò sentendo Dante dietro di sè, le teneva le braccia attorno alla vita e il suo fiato caldo le solleticava il collo.
-Avrei potuto prenotare uno di quei ristorantini romantici, a picco sul mare, con musica jazz in sottofondo. Avrei potuto regalarti delle rose rosse e magari un bel vestito, ma questo avrebbe potuto farlo qualunque uomo. E non ci sarebbe stato nulla che parlasse di te e di noi. E per me sono proprio queste le cose importanti. Voglio farti capire che non mi importa di quello che pensa le gente, se dice che siamo un po' pazzi, o sopra le righe, l'importante è che possiamo essere noi stessi e amarci per questo. Non voglio fingere di essere l'uomo perfetto, sappiamo entrambi i miei difetti: sono permaloso, testardo, avventato, ma ti amo da impazzire. Non ti offro un rapporto equilibrato, monotono, scontato, ma un'unione unica, fatta delle sole cose che ci piacciono, che ci fanno star bene. E chi se ne frega se agli altri sembrano assurde. Io desidero renderti felice e farti sapere, sempre, ogni giorno, che per me sei la persona più speciale di questa terra.- 
Sentì un suono metallico, e poi il freddo del ferro scenderle lungo la scollatura. Aspettò che Dante armeggiasse con la chiusura, prima di aprire il piccolo ciondolo ovale, dentro il quale c'era una loro foto e le iniziali intrecciate. Quel regalo era la cosa più banale della serata, ma una volta mangiati i dolci e viste sciogliere le candele, era anche l'unica cosa che le sarebbe rimasta, per ricordarsi sempre di quanto Dante avesse fatto per lei, di quanto l'avesse compresa e voluta.
Non si mosse. Per qualche istante credette di essersi tramutata in una statua di ghiaccio, tranne per le lacrime che continuavano a scorrere lungo le sue guance. Avrebbe rovinato quella serata meravigliosa con un pianto isterico, se lo sentiva. Il fatto era che nessuno le aveva mai fatto una dichiarazione come quella. Non c'era niente di già scritto, di già sentito. Ogni parola era scelta per lei, per colpirla al cuore e farla sentire amata. E lei avvertiva quel calore scorrerle lungo le vene. Solo che tutta quella felicità l'aveva investita tanto d'improvviso da bloccarla. Dante la costrinse a voltarsi, le prese il viso con le mani, dopo averle asciugato le lacrime con i polpastrelli, e poi la baciò come non aveva mai fatto prima. Confidandole tutta la paura di perderla, tutta la voglia di fare l'amore con lei, di sorprenderla, di appartenersi, magari per sempre.
Si staccarono solo per guardarsi meglio negli occhi, leggendo l'uno nell'altra la stessa emozione, colma di fiducia ed eccitazione.


****
E il primo lieto fine è andato.
Acciderboli. Manca un solo capitolo. Posso svenire?
Comunque, non vedo l'ora di conoscere la vostra opinione. Che ne dite della sorpresa di Dante? E del suo essere sorprendentemente romantico?
Per la prima coppia, dopo tanto tempo, siamo arrivati al congedo e devo dire che sento già un certo batticuore per la fine di questa lunga avventura.
Manca un solo capitolo
MENO UNO!

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Capitolo 40
*** FINE. ***


Rinunciò a sistemarsi i capelli, tanto quell'alito di vento continuava a scompigliargli, facendogli cadere un ciuffo proprio davanti agli occhi azzurri. Vergil sospirò, appoggiandosi alla ringhiera del piccolo terrazzo, unì le mani oltre il bordo e si sporse di poco con il busto, in una posa rilassata, inusuale per lui. Osservò con trasporto il tramonto che brillava all'orizzonte: una sfumatura rosa si arrendeva al blu profondo della notte, mentre qualche luce solitaria si era già accesa sulla costa lontana. Era un panorama meraviglioso. L'atmosfera perfetta per fare una passeggiata mano nella mano con la persona amata, o almeno questo era ciò che avrebbe pensato Sveva. Ormai ne era certo, conosceva quella ragazza come le sue tasche. Erano molto più simili di quanto avrebbero mai ammesso, entrambi celavano la propria vera natura per proteggersi dai colpi delle persone che avevano intorno. Non facevano avvicinare nessuno oltre una certa soglia, per non sentirsi esposti, per non doversi difendere. Ma così facendo restavano soli, arroccati in posizioni troppo alte che li condannavano a essere meri spettatori della vita che scorreva vivace proprio davanti ai loro occhi.
Vergil era stanco di tutte quelle barriere. Voleva fare il primo passo e buttarsi nella mischia. Voleva afferrare la ragazza di cui si era innamorato e tenerla tra le braccia, stretta, senza paura di essere ferito o ferire. Per la prima volta, non desiderava essere il migliore in assoluto, ma semplicemente se stesso.
Guardò giù in strada, tra le piccole comitive che passeggiavano chiacchierando. Se Sveva fosse stata lì, l'avrebbe riconosciuta. Lei si distingueva da tutte le altre, non sapeva come aveva fatto a non notarlo subito, ma lei sembrava distaccata da chi le passava accanto, tranquilla, in quella sua sfera di riserbo e timidezza, eppure era bella, non appariscente, ma delicata, femminile. Vergil fu percorso da un brivido, ricordandola nel suo vaporoso abito azzurro, quando era entrata nel bar sfidando le luci dei faretti, che avevano rivelato molto più del lecito di quel suo corpo esile. Immaginò di averla lì, tra le mani avide, le labbra esigenti, e i battiti del cuore impazzito.
Si raddrizzò e rise, non riconoscendosi più. Quella ragazza l'aveva proprio stregato, ancor prima che se ne rendesse conto era ossessionato dai suoi occhi verdi e dalle sue parole taglienti. L'aveva sfidato, stuzzicando il suo amor proprio e il suo orgoglio. Aveva visto in lui ogni nervo scoperto, ogni lato debole. Come fosse capace di leggergli nell'anima. Non si era mai sentito così trasparente, così chiaro. Lui, che si era sempre nascosto nell'oscurità dell'arroganza. E, invece, Sveva aveva portato alla luce ogni debolezza e ogni speranza.
Scosse il capo, rientrando nella propria stanza, alzando le mani per sistemarsi i capelli sopra la testa, in un gesto abituale che gli infondeva sicurezza. Si guardò allo specchio e capì di essere finalmente sereno. All'inizio aveva avuto paura di essere sincero con qualcuno, di essere se stesso. Aveva creduto che arrendendosi avrebbe perso la sua piccola guerra personale, ma non era stato così. La vittoria era stata deporre le armi. Smettere di combattere e cominciare a fidarsi. Sorrise alla propria immagine, percependo una strana allegria invadergli il petto.
L'ultima schermaglia sarebbe stata la più spinosa. Si era comportato come un vero imbecille. Aveva accusato Sveva di essere una manipolatrice (anche se quello un po' lo era), una traditrice (anche se non erano mai stati insieme), e una nullità (accidenti se era stato cieco!). E ora avrebbe dovuto scusarsi per ogni singolo, piccolo, errore. Ci avrebbe messo una vita a convincerla di essere davvero pentito, ma alla fine ne sarebbe valsa la pena, perché se anche lui si fosse umiliato lei non glie l'avrebbe fatto pesare. L'amore cura ogni fragilità e la trasforma in tenerezza.
Non sapeva cosa stava blaterando, ma cercò di memorizzare qualcuna di quelle frasi sdolcinate. Sveva le avrebbe apprezzate.
Era incredibile che lui stesse con una ragazza simile. Va bene, a voler essere onesti non erano ancora una coppia, ma quello era un dettaglio trascurabile.
Se la vide davanti, con le mani sui fianchi e lo sguardo battagliero "Trascurabile?" gli avrebbe urlato, cercando di fargli entrare in testa che anche lei aveva delle chiare opinioni in proposito e che non doveva mai darla per scontata. L'aveva fatto? Sì, l'aveva data per scontata troppe volte, ma quello sbaglio non l'avrebbe più commesso.
Sveva sarebbe stata nella hall alle otto, esattamente tra dieci minuti. Aveva appuntamento con Federica e Dante, che in quel momento dovevano essere ancora nella camera di lui, non si erano separati nemmeno un istante da quando avevano fatto pace. Li aveva incontrati in spiaggia, quella mattina e li aveva visti sprizzare gioia da tutti i pori. C'era anche Sveva, che li osservava con un misto di felicità solidale e triste invidia. Avrebbe voluto stringerla e darle tutto l'amore che credeva perduto. Ma si era trattenuto, perché desiderava qualcosa di più, desiderava che fosse tutto perfetto, parche lei lo meritava.
La conosceva abbastanza bene da sapere che dieci minuti prima dell'appuntamento con Federica e Dante lei sarebbe già stata pronta. Probabilmente, era davanti allo specchio, accigliata, a ripetersi di non essere abbastanza attraente. Piccola stupida.
Bussò con decisione alla sua porta.
-Chi è?-
La voce di Sveva gli giunse tra il rumore di cassetti che venivano chiusi e le note di un brano interrotto. -Il lupo cattivo!-
Lei aprì subito. E Vergil fu abbagliato da una visione in bianco e oro. L'abito monospalla, alla greca, le sottolineava la vita sottile e la figura aggraziata. I capelli sciolti le ricadevano sulle spalle in morbide onde. Avrebbe voluto dire mille cose. Avrebbe voluto scusarsi, o forse tornare a essere gelido e irraggiungibile, ma l'unica cosa che riuscì di fare fu affondare le mani tra i suoi capelli biondi e baciarla con tutto la passione che gli esplodeva dentro. La strinse a sè, sentendola ritrarsi e poi abbracciarlo. Entrò nella stanza, senza vedere nulla, senza sentire la porta che aveva richiuso con un calcio. L'unica cosa che percepiva era il sapore di vaniglia del lucida labbra della ragazza. Si staccò e le accarezzo le labbra con il pollice, mentre lei restava ferma, tra lui e la parete. Proprio come un paio di giorni prima. Era confusa, spaventata, il respiro corto e gli occhi sgranati, ma lui, in fondo a quegli occhi verdi, che tanto aveva imparato ad amare, vide anche la speranza. Avrebbe voluto essere perfetto, ma l'unica persona che riuscì di essere in quel momento fu solamente Vergil, un ragazzo innamorato, forse per la prima volta. Rise, abbassandosi di più, verso la sua bocca.
-Ti amo, ma odio questo rossetto alla vaniglia.-
Sapeva che lei gli avrebbe risposto, ma non lo permise, tornando a baciarla con foga, per recuperare il tempo perduto, per trasmetterle, anche se senza parole, lo smarrimento in cui l'aveva gettato e l'estasi in cui si era ritrovato una volta compresi i suoi veri sentimenti. La lasciò solo quando capì che entrambi avevano bisogno d'aria. Si allontanò piano, restandole comunque di fronte, senza intrappolarla. Doveva essere libera di scegliere se stare con lui, oppure no.
-Tu hai saputo la verità?- gli chiese, confusa.
-Che sono stato geloso della tua migliore amica? Sì. Che sono stato uno stronzo con te e che mi meriterei di essere buttato fuori da questa camera? Sì, so anche questo.-
-Io non riesco a...-
Vergil si riavvicinò a lei, prendendole il viso tra le mani, mordicchiandole il collo. Aspirò il suo profumo, una nota di rosa e zucchero. -Non c'è bisogno di parlare. Ad essere sinceri, finora, con le parole ce la siamo cavata piuttosto male. Non abbiamo smesso di punzecchiarci e negli ultimi tempi siamo arrivati agli insulti veri e propri.-
La sentì trattenere il respiro, poi spingerlo via. Non fece resistenza, ma la guardò con disperazione. Percepiva un gran vuoto, mentre lei stabiliva le distanze, studiandolo con attenzione, come se non lo conoscesse affatto. Tra loro si stava aprendo un abisso, che non avrebbe sopportato un minuto di più.
-Ti giuro che mi dispiace. Sono stato odioso e se non mi vuoi posso capirlo, me lo sono meritato. Ma, andiamo, io lo so che mi ami anche tu, lo hai detto l'altro giorno, proprio qui, forse esattamente nello stesso punto.-
-E tu mi hai dato della bugiarda!-
-Credevo che mi stessi prendendo in giro.-
-A te? Il grande e invincibile Vergil Sparda...- gridò, sarcastica prima di sedersi sul bordo del letto.
Lui dovette sforzarsi per non seguirla. Fosse stata un'altra ragazza avrebbe saputo come convincerla, soprattutto ora che erano tanto vicini a un materasso, ma quello sarebbe stato anche il modo migliore per allontanarla, farla sentire sminuita. L'aveva già ferita e adesso doveva essere la cura.
-Non sono invincibile... ma non dirlo a nessuno- mormorò, inginocchiandosi sul pavimento, davanti a lei, guardandola negli occhi. -Sei stata proprio tu a mostrarmi le mie contraddizioni e per questo ti ho detestata, ma ti ho anche amata. E non potevo accettare di arrendermi a qualcuno. Ho sempre tenuto tutti a distanza, perché se nessuno riusciva ad avvicinarsi a me allora voleva dire che era vero, io ero irraggiungibile, metri e metri sopra gli altri.- Rise, atteggiando la bocca ad una piega amara, ricordando la propria vanità. -E poi ho incontrato una piccola, sciocca, italiana che mi ha detto "non potrai mai vincere, perché fuggi per non confrontarti con gli altri". Sì, hai detto proprio qualcosa di simile, le parole esatte non le ricordo, perché ho cercato di non sentirle, e poi di dimenticarle, ma non ci sono riuscito.-
-Perché?-
-Perché hai eroso tutti i muri che avevo eretto, sei stata come milioni di piccole gocce che hanno picchiato contro la mia corazza, fino a farvi breccia. Ogni volta che tentavo di chiuderti fuori tu mi sorprendevi, mostrandomi un nuovo lato di te o di me stesso. Le altre ragazze sono prevedibili, banali, ma tu sei...prima quasi insignificante, poi diventi sfacciata, e quando credo di aver capito tutto, tu cambi ancora. Dannazione, mi fai impazzire!- Le strinse le mani e la guardò, facendole intravedere la marea che si agitava dentro di lui. La voglia di gettarla all'indietro e porre fine a ogni discorso, per esprimersi solo con i loro corpi, con  carezze ancora proibite e gemiti sommessi era sempre più forte, anche se lui lottava per tenerla sotto controllo.
Lei dovette intuire i suoi pensieri, perché si alzò, scavalcandolo. Agitava la testa, ogni tanto tremava, il suo viso passava dal rosso al bianco, con una rapidità stupefacente. Pestò un piede per terra, prima di squadrarlo con rabbia.
-Io ti ho detto che ti amo e tu mi hai risposto "ci saremmo potuti divertire!"- Gli puntò contro un dito, per una volta sovrastandolo. Lui era rimasto seduto per terra, le spalle contro il letto. -Vergil perché dovrei crederti? Perché dovrei rischiare di essere abbandonata il giorno dopo? Se questo è uno dei tuoi sporchi giochetti, io...-
Non sopportava di vederla così sconvolta. Leggeva nei suoi occhi la voglia di credergli, ma allo stesso tempo era troppo spaventa per cedere. Mio Dio, cosa le aveva fatto? Era stato un tale bastardo da indurla ad avere paura di lui, di ciò che poteva farle. Non doveva meravigliarsi di quella reazione, aveva giocato con i suoi sentimenti fin dal primo giorno, però adesso era tutto cambiato. Il suo amore, ora profondo e consapevole, poteva davvero modificare ogni cosa? Poteva cancellare la cattiveria, la sfiducia, l'umiliazione?
-Ti prego, calmati amore mio. Sì, ti ho chiamata proprio così.- La voce gli mancò per qualche secondo, mentre le toccava le braccia gelide, poi l'abbracciò, cullandola. - Guardami negli occhi, tu capisci sempre quando sono sincero e quando ti sto prendendo in giro. Sei una delle poche persone che riesce a vedere anche ciò che non voglio far uscire. Ti ho detto quelle cose solo perché ero arrabbiato, perché sapevo che ti avrei ferito. Ero convinto che mi stessi ingannando e ho dato di matto, ho affondato la lama dove faceva più male e ti giuro che mi dispiace. Non lo farei più, mai più.-
-Io sono stanca di dovermi difendere, di dover urlare per farti capire che esisto. Non ce la faccio più a sentirmi un sacco da prendere a pugni.-
-Sveva, tu mi ami?-
-Lo sai.-
Vergil la rincorreva per la stanza, ogni volta che lei si allontanava lui le tornava accanto. Non le avrebbe più permesso di fuggire. La osservò, sorridendo di quell'aria triste e indignata. Gli sembrò di guardarsi allo specchio. Era esattamente l'atteggiamento che aveva avuto lui fino a poco prima. Sapeva che lei voleva lasciarsi andare, ma che temeva le conseguenze.
-Hai ragione. Io so che tu mi ami e che ti amo anche io.- sussurrò baciandole delicatamente una guancia, accarezzandole i capelli che iniziavano a spettinarsi.
-Tu sai sempre tutto.-
-Sì, sono l'invincibile Vergil Sparda. Ricordi?-
Rise, baciandola, ma sentì che lei non ricambiava il contatto. -Lo so che non vuoi fidarti dell'idiota di cui ti sei innamorata. Però, se c'è una cosa che ho capito è che arrendersi, fidarsi, non vuol dire perdere il controllo, ma conquistare il cuore dell'altro. E il mio ce l'hai qui.- Le posò la mano sul proprio petto, prima di attirarla di più a sè, ma non riuscì a guardarla negli occhi. Percepiva il sangue affiorargli al viso, con quel rossore tanto stonato sulle sua pelle bianca. Vergil detestava mostrare le proprie reazioni, ma aveva giurato di non nascondersi con Sveva. La sincerità era divenuta a un tempo punizione e liberazione. Per un tempo che gli parve eterno nessuno parlò, nè si mosse. Nella stanza c'era un silenzio irreale, un vuoto che inghiottiva tutte le loro emozioni. Poi lo avvertì, un movimento leggero. Le mani di Sveva sulle spalle, e poi intorno al collo. Lo stava attirando verso di sè. Sentì che si lasciava andare, come un fiume che rompe gli argini, lo baciò con tutta la passione che aveva represso, con tutto l'ardore che aveva tenuto sotto le ceneri, aspettando che lui smettesse di fare lo stronzo. Vergil percepiva i sentimenti di Sveva come se fossero i propri, come se fossero una cosa sola. Erano diventati il tramonto che aveva ammirato poco prima, il rosa che brillava sfacciato e il blu profondo che si perde nel mare.
La stanza era sempre più calda, mentre lui non riusciva a frenare l'istinto. Ogni traccia di prudenza gettata al vento e tutti suoi desideri stretti tra le mani. Le dita non rispondevano ai comandi, esplorando avide e arroganti il corpo sotto di loro. La mente vuota, il cuore in tumulto, le labbra affamate. Sentì Sveva sbottonarli la camicia, che poi gli scivolò dalle spalle. Rise di quell'insospettabile audacia. Non attese molto prima di ricambiare il favore. Il vestito di lei diventò una macchia candida sul pavimento. Il calore diventava assordante, gli abiti insopportabili. Si spogliarono a vicenda, senza rendersene conto, il controllo ormai perso da tempo.  Vergil si prese qualche istante per osservala, non per ricordare l'esatta tonalità della sua pelle, perché era sicuro che quella sarebbe stata solo la prima volte di tante, ma per comprendere che adesso si appartenevano. Quella consapevolezza oscurò tutto il resto, la realtà si limitava a quella camera, in cui non penetrava più alcun suono, se non i loro sospiri sempre più veloci, smarriti, famelici.
Caddero sul letto.
Non aveva pensato a quel finale, non aveva creduto potesse succedere quella sera. Avrebbe voluto aspettare, solo per assicurarsi che fosse tutto perfetto, che lei fosse tranquilla tra le sue braccia, ma, come al solito, quando lui prevedeva qualcosa, Sveva lo sorprendeva. Assaporò la sua pelle morbida, alla base del collo, poi alzò la testa e li vide. Quegli occhi verde veleno, incatenati ai suoi. E fu davvero tutto perfetto.


Si svegliò lentamente, aprendo un occhio solo, circospetta. Ma Vergil era proprio lì, con la testa appoggiata sulla mano a guardarla in viso.
-Credevo di essere io quello da non sottovalutare, e invece tu mi giochi sempre brutti scherzi - le disse, sornione.
-Mmm, questo era un brutto scherzo?- chiese, mentre cercava di nascondersi col cuscino, ricordando di essere completamente nuda, ma lui intuì il gesto e il cuscino finì lanciato dall'altro lato della stanza.
-No, niente affatto. Questo era un magnifico inizio...di qualcosa ancor più magnifico- mormorò, baciandola con malizia, per poi staccarsi controvoglia. -Adesso dobbiamo andare. Mio fratello e la tua amica hanno chiamato già quattro volte. A proposito, sai che quando dormi non ti svegliano neanche le cannonate?-
-Grazie, è la cosa più romantica che potessi dirmi!-
-Scusa.-
Sveva distolse lo sguardo, mentre Vergil si alzava per rivestirsi. Che diamine le era saltato in testa? Andarci a letto così presto! Eppure, in quel momento, non si sentiva davvero a disagio, solo un po' imbarazzata. Non riusciva a ricordare quando avesse deciso di abbandonarsi a lui. Forse, non l'aveva affatto deciso. Si era solo persa in quella marea oscura che le galleggiava dentro. Tutto il dolore era scivolato via, inghiottito da qualcosa di tanto splendido da stordirla, e al tempo stesso farla sentire più viva di quanto fosse mai stata. Si era sentita sua, ma aveva compreso che anche Vergil, sì, anche lui, finalmente le apparteneva. E non avrebbe mai voluto un finale diverso. Si era comportata in modo avventato, insolito, impulsivo, ma non riusciva a pentirsene. Osservò Vergil muoversi tra le sue cose e un senso di intimità l'avvolse, era tutto così naturale, come se si conoscessero da una vita. E fu certa che non fosse per il sesso, ma perché erano stati onesti l'uno con l'altra. Finalmente tra loro non c'erano più paure, incertezze, inganni. Ridacchiò, mentre si allungava ad aprire il cassetto del comodino.
-Che stai facendo, streghetta?-
Si voltò verso di lui, con le dita ancora affondate nella busta di confetti al cioccolato al latte. -Mi è venuta a fame- ammise con aria colpevole.
-E non me ne offri nemmeno uno? Perfida!-
-Attento, stai diventando sempre più romantico! In effetti hai proprio bisogno di addolcirti un po'- Gli passò la busta, mentre perlustrava con lo sguardo la stanza alla ricerca dei suoi vestiti. Malgrado quello che era appena successo era ancora reticente ad abbandonare la copertura del lenzuolo, faticosamente conquistata durante un attimo di distrazione del compagno. -Ti facevo più tipo salutista, da cioccolato fondente.-
-Mi piace che per te l'essere salutista si riconduce al cioccolato. E comunque, formalmente sono proprio tipo al cioccolato fondente, ma...-
-Ma in realtà hai il cuore tenero!-
Sveva sorrise e gli spettinò i capelli. Lui alzò un solo sopracciglio e li riportò in ordine con le mani. -Ti lascio rivestirti, cerca di non metterci una vita!-
Gli lanciò un'occhiataccia, ma gli fu grata per la sensibilità. Aveva percepito l'imbarazzo e non gliel'aveva fatto pesare. Ah, era sempre più innamorata ogni momento che passava! Afferrando velocemente gli abiti, sbirciò oltre le tende, si chiese se lei e quel ragazzo fantastico sul suo balcone sarebbero andati davvero d'accordo. La sola idea che il loro rapporto potesse non funzionare la fece avvilire. Dovette ammettere che sarebbe stato tutto molto complicato, lei era spaventata dall'enormità di quello che provava e Vergil era come un riccio, che non voleva saperne di smettere di pungere. Sorrise al proprio riflesso. In realtà, lui aveva accettato di abbassare le armi, si era scusato, si era messo in gioco. Per lei! Dalla gioia si sarebbe messa a ballare, ma farsi scoprire dal nuovo fidanzato a fare le piroette in una stanza senza musica non era proprio il massimo. Caspita, Vergil era il suo nuovo fidanzato!
-Sembri felice- gli sentì dire.
-Lo sono.-
-A che stavi pensando?-
-Allora è così che andrà tra noi? Dovrò continuare a nutrire il tuo ego gigante, confessando che quando sorrido, per un motivo apparentemente misterioso, sto pensando a te?-
-Non sarebbe affatto male.-
-E tu farai lo stesso con me?- gli chiese, inclinando il viso per guardarlo meglio. -Non so se potrei sopportare di essere sempre quella che ti insegue, quella che ti mette su un piedistallo, Ver'.-
Lui si abbassò per mordicchiarle il labbro inferiore, ma lei si staccò, anche se a fatica. - Puoi stare tranquilla, non sarà così. Ho ammesso di essere stato battuto e chino il capo alla mia degna avversaria.-
-Avversaria, sono questo per te?- sussurrò con angoscia.
-Cavolo, Sveva, sii comprensiva! Sono un novellino con il vero romanticismo. Posso adularti quanto vuoi, ma non è così che voglio essere con te, non mi comporterò come ho fatto fino ad oggi. Non sei più la preda da conquistare, la rivale da soggiogare. Tu sei mia e io voglio trattarti come meriti, voglio che ridiamo insieme, come abbiamo visto fare a mio fratello e Federica. Voglio che tu ti senta libera con me, senza preoccuparti di quello che potrò pensare, del mio esame o di mostrarti all'altezza. Io so che tu sei all'altezza, e so che io spesso sono caduto parecchio in basso.-
-Mi sembra strano...-
-Cosa?-
-Ridere con te. Di solito sei così algido.-
-Ci sono tante cose che non sai di me, ma le scoprirai tutte, da stasera. E io farò lo stesso con te- mormorò, accarezzandole le braccia e poi dandole un bacio sulla fronte.
-Sembra una bella storia.-
-Lo è sempre stata, ma il capitolo migliore è iniziato oggi.- Le fece l'occhiolino, e si impossessò di nuovo dei confetti mentre lei dava una sistemata al trucco. -Era davanti allo specchio quando lo vide trasalire. -Senti, tesoro...-
-Vergil non chiamarmi "tesoro", almeno non quel tono mellifluo. Mi fa accapponare la pelle.-
-Ok, è che pensavo...insomma, noi abbiamo tante piccole abitudini da limare. Dovremmo venirci incontro su alcune cose. No?-
Sentì un sudore freddo imperlarle la fronte. Era tutto troppo bello per essere vero, ecco che arrivava la bastonata. Cosa le avrebbe chiesto, di sopportare un'amante, di mettere biancheria intima indecente, di  ricordare la Divina Commedia a memoria e al contrario? Balbettò, sentendo la salivazione azzerarsi. -S...sì.-
-Ecco- Vergil le si avvicinò osservando i prodotti di makeup sparsi sul tavolo. Sveva sbattè le palpebre, cercando di capire cosa ci fosse di sbagliato. -Non stavo scherzando prima: odio davvero il tuo lucidalabbra alla vaniglia!-
Sveva si piegò dalle risate nel vedere l'espressione disgustata del fidanzato. Impugnò il cosmetico e centrò perfettamente il gettacarte. -Così va meglio?-
-Mmm, credo di dover verificare- mormorò, prima di assaporarla con un bacio esigente.

Fu difficile riemergere dal piacevole torpore in cui erano sprofondati come per magia, ma Vergil insistette per non perdersi la festa del paese.
-E poi quei due rompiscatole ci darebbero per dispersi, ce li ritroveremmo addosso in trenta secondi. Penserebbero che ti ho sequestrata e ti sto torturando- sbuffò, alludendo al gemello con Federica. Lei sorrise, appoggiandoglisi contro, cercando una scusa per toccarlo, per confermare a se stessa che era tutto reale.
Uscirono in strada e furono investiti dal chiacchiericcio della gente e dal ritmo delle percussioni diffuso da decine di altoparlanti. Ovunque c'erano persone che si tenevano per mano, accennavano qualche passo di danza e ridevano. Sembravano tutti ebbri di felicità, e per un istante gli sguardi di Sveva e Vergil si incrociarono, complici.
Perlustrarono le bancarelle, grondanti di peluche, gioielli da quattro soldi e articoli d'artigianato già visti. Sveva tentò inutilmente di comprare qualcosa, perché Vergil continuava a criticare qualunque cosa scegliesse e non si rivelò affatto un fidanzato pronto a viziare la sua dolce metà, come gli rinfacciò lei più tardi, solo per intravedere ancora quella piega furba delle labbra. Sveva sospettava che ci fosse qualche altra sorpresa, ma lui la lasciva morire dalla curiosità. Si scoprirono affamati e storditi dai profumi contrastanti che gli solleticavano le narici. Indecisi tra dolce e salato, scorrazzarono tra i camioncini di hot dog e patatine fritte per poi fare incetta di caramelle dalle forme improbabili.
Sveva nascose un sorriso nel vedere Vergil muoversi a tempo con la musica e addentare una scorzetta d'arancia e cioccolato. Arrossì, desiderando di essere assaggiata in quello stesso modo, rise specchiandosi in una vetrina. Non si era mai vista con gli occhi tanto luminosi. Il braccio muscoloso di Vergil le cinse la vita, mentre una scorzetta le picchiettava contro le labbra. Gustò più gli sguardi pieni d'invidia delle altre ragazze che quella prelibatezza, ma Sveva si rifiutò di analizzare la propria reazione. Voleva solo godersi quella sensazione di totale euforia.
-Che delirio!- urlò Vergil, cercando di sovrastare il rumore. Si guardò intorno e la trascinò verso un tratto meno affollato del lungo mare. La musica era lontana e si riusciva a sentire perfino il rumore delle onde alle loro spalle. Sveva strinse forte il suo braccio, temendo che se lo avesse lasciato si sarebbe svegliata nel suo letto, con l'insopportabile consapevolezza di aver fatto il sogno migliore della sua vita. Vergil, però, restava lì, forte e sicuro di sè. -Sei una piccola opportunista, sai?-
-E tu hai molto da lavorare sul romanticismo. Siamo vicino al mare, sotto le stelle, ci siamo appena messi insieme e mi dai dell'opportunista?-
-Sì, ma tu hai tentato di estorcermi un regalo!Se ti può consolare mia madre, che pare essere una tua fan, vuole costringermi a darti una specie di quaderno rosa, molto elegante. Mi pare di averne visto uno uguale in camera tua, era mezzo nascosto sotto il letto.-
-Cosa hai visto il mio diar...ehm, la mi agenda! Ci segno solo qualche appunto insignificante, insomma, niente di che. Ma tu non ti sei azzardato ad aprirla, vero?-
-Ho come l'impressione che se ti dicessi di sì, tu mi uccideresti.-
Si accasciò contro di lui. -Siamo proprio un disastro: è il nostro primo appuntamento e parliamo di omicidi.-
Vergil scese dal muretto e restò in piedi davanti a lei, guardandola negli occhi. -Ho davvero una cosa per te.-
Sveva sapeva che non poteva essere un regalo, gli era stata attaccata tutto il tempo e non avrebbe mai potuto comprarle niente senza che se ne accorgesse. Si aspettava un bacio, assolutamente romantico e indimenticabile, anche se un po' prevedibile. Gli fece un sorriso sbilenco e aspettò senza dire niente.
-Sono certo che ti piacerà.-
-Sei sempre troppo sicuro di te, mio caro. Credevo di averti insegnato un tantino di umiltà.-
-Amore, se c'è una cosa che ho imparato in queste settimane è che tra noi due non ci sono certezze... ma sento che sei importante per me, e ti giuro che mi morderò la lingua prima di dire qualcosa che possa ferirti.-
Sveva lo attirò a se e appoggiò la fronte alla sua. -So che ti costerà tanto e lo apprezzo. E io? Cosa vuoi che faccia?-
-Tu devi essere paziente quando sarà pesante avere un fidanzato egocentrico. Dovrai essere velenosa, come solo tu sai essere, quando esagererò; e irresistibile, come oggi, quando mi sentirò confuso e avrò bisogno di un porto sicuro. Voglio che tu sia forte, perché tenterò di sovrastarti, e che tu sia dolce, perché per me sarà difficile ricordare che con te non desidero vincere, ma arrendermi. Accetti le condizioni?-
-Insomma, sei di poche pretese, eh?-
-Non sto scherzando- sussurrò, serissimo.
Sveva annuì, accarezzandolo con commozione. Lui aveva compreso ogni lato del suo carattere, chiedendole di essere ciò che era e ciò che non si permetteva di essere. Lui pretendeva tutto, e lei non gli avrebbe mai rifiutato nulla, perché amava ogni minuscolo pezzo di quell'arrogante principe azzurro. Non doveva comportarsi semplicemente come la ragazza impeccabile, ma poteva tirar fuori la tempesta che spesso la scuoteva e che si ostinava a nascondere. Sarebbe stata una relazione burrascosa, ma irrinunciabile.Vergil trattenne la sua mano destra, e poi tirò fuori dalla tasca un piccolo involucro di stoffa.
-Dobbiamo suggellare il nostro patto. Dici che un baciamano andrebbe bene?- Le lasciò cadere il pacchetto tra le dita e poi tirò la cordicella che lo teneva legato. Sveva trattenne il fiato, riconoscendolo. Era il gioiello indiano che aveva visto al centro commerciale, settimane prima. Lo aveva desiderato tanto, se l'era anche provato, ma poi l'aveva appoggiato con reverenza sullo scaffale, credendolo troppo prezioso e imponente, per una come lei. Vergil doveva averla osservata per tutto il tempo. Tanto tempo prima. Quando le cose tra loro erano ancora confuse e lo credeva invaghito di Federica.
-Come hai fatto ad accorgertene? Mi piaceva moltissimo, però non credevo che l'avessi notato.-
-Ho sempre notato tutto di te. Ci ho messo un po', però poi ho aperto gli occhi. Anche se quando ho comprato il baciamano non avevo ancora compreso i miei sentimenti. L'ho preso sapendo che era la cosa giusta da fare, ma non chiedendomi il perché. E poi, qualche giorno fa, è stato tutto più chiaro. Ho iniziato ad amarti, a poco a poco, ma ero troppo orgoglioso per ammetterlo. Posso?-
Sveva lo vide infilarle l'anello al dito e poi voltarle il polso per chiudere la catena. Le prese la mano, sulla quale scintillava un intricato disegno di cristalli, e si piegò appena, mimando un galante baciamano, proprio come aveva fatto durante il loro incontro. Sveva sentì la gola chiudersi e le lacrime pizzicarle gli occhi. Tutto ciò che aveva desiderato tanto ardentemente era davanti a lei, ma non ebbe il tempo di pensare ad altro, perché Vergil la tirò a sè. E non ci fu più nulla da dire.
Poco prima della mezzanotte raggiunsero l'altra coppia. I gemelli si immersero in una vuota conversazione, anche se era evidente che si stessero studiando con molta attenzione. Sveva sentiva i loro pensieri nella propria testa "Ti sei comportato bene?",  "Fatti gli affari tuoi", "Che cos'è quel sorriso sornione?", "Vuoi dire lo stesso che c'è sulla tua faccia? E non venirmi a fare la predica". Sorrise a entrambi, sventolando la mano per salutarli, mentre Federica la scortava a passo di marcia verso la metà miracolosamente libera di una panchina. Rabbrividì, sentendo il freddo del marmo penetrare oltre il vestito impalpabile. Si rese conto che con l'andar della notte era scesa anche la temperatura, ma fino a che era stata vicina a Vergil non aveva sentito freddo. Cercò di concentrarsi su Federica, ancor più raggiante di lei. Avevano tentato di chiarirsi dopo la feroce litigata, quando Sveva aveva saputo dei falsi messaggi. La rabbia era troppo profonda per sparire di colpo, e il terrore di aver perso Vergil era ancora più radicato dentro di lei. Eppure, la gioia perfetta dell'amica aveva reso Sveva più malleabile. Aveva sempre avuto un debole per il lieto fine.
-Allora, sputa il rospo principessa: che avete fatto tutto il pomeriggio?-
Si agitò sulla panchina e non rispose, anche se sentì tutto il sangue affluirle verso il viso.
-Andiamo, io ti ho raccontato di ieri, della cena...e del dopo cena!- L'amica non si arrendeva, avrebbe fatto qualunque cosa per salvare la loro amicizia. -Senti, lo so che ti ho fatto del male, che ho rischiato di allontanarti per sempre dal ragazzo che ami, però...- Federica abbassò lo sguardo, per non leggere una sentenza inappellabile negli occhi di Sveva.
-Non voglio sentire più una frase simile. Non riesco nemmeno a sopportare l'idea di perderlo. Per fortuna, le cose sono andate diversamente.-
-Sei ancora arrabbiata con me?-
-Certo che lo sono! Hai agito senza pensare, soprattutto senza pensare di parlarmene.-
-Non è vero, ti ho detto tante volte di lasciarlo stare.-
-Tra l'avvertirmi e lo scavalcarmi c'è una bella differenza!- Sveva si passò le mani sulle braccia, sempre più fredde, mentre osservava  le gambe di Federica dondolare agitate. Capiva la sua ansia, e avrebbe voluto rasserenarla subito, ma dovevano chiarirsi.
-Lo so, ma mi conosci. Sono una persona impulsiva, ma stavolta ho capito la lezione.-
-Sarà meglio per te!-
Federica strabuzzò gli occhi e osservò con sorpresa la biondina. -Come sei battagliera. Questa è un'altra cosa di cui ti volevo parlare. Quando ti ho vista arrivare con Vergil ho capito ancora di più il mio sbaglio. Lui ti ha messa in difficoltà innumerevoli volte, e in modi insopportabili, eppure tu non hai mai mollato. Lo hai compreso, e hai lavorato su te stessa. Quello che sto per dire non giocherà a mio favore, ma non credevo ci saresti riuscita.- Tornò a distogliere lo sguardo, ma poi si fece coraggio e la guardò negli occhi. Doveva affrontare l'amica, si erano sempre dette tutto...quasi tutto, e non dovevano smettere adesso. Si aspettò una reazione violenta, ma Sveva aveva iniziato a ridere in modo incontrollato.
-Il bello è che non ci credevo nemmeno io! Fede mi conosci meglio di chiunque altro, la mia insicurezza, le mie paranoie. Avrei dovuto arrendermi, avrei dovuto rinunciare fin da subito. Tu hai previsto il disastro incombente, con me in lacrime a singhiozzare per giorni e chiudermi in casa per mesi. Avevi ragione, sarebbe dovuta andare così. E tu volevi solo proteggermi.-
-Ecco, detta così suona meglio.- Federica iniziò a rilassarsi, fissando Sveva e tenendo d'occhio anche i gemelli, tanto per evitare che qualche sciacquietta poco vestita li credesse liberi.
-Quello che hai fatto è grave, e sono ancora arrabbiata, ma non voglio perdere la mia amica. E non voglio che una lite tra noi rovini uno dei momenti più esaltanti della mia vita.Insomma, quando ripenso a oggi pomeriggio...-
-Adesso devi proprio dirmi tutto, quello sguardo sognante mi incuriosisce troppo. Su, parla!- 
-Ok, ok, confesso.-
-Brava, tanto non sarà successo niente di indicibile.-
-Ehm, veramente...-
-Sveva!-
-E non urlare- la supplicò, tirandola per il braccio e osservando l'occhiata sdegnata della vecchietta seduta poco più in là. -Per la cena, diciamo che siamo passati direttamente alla portata piccante...- mormorò, sperando di non essere sentita anche dal resto del paese, e parlando per metafore, così per essere sicura. Percependo il totale silenzio accanto a sè, si voltò verso Federica, che la scrutava. Le sue sopracciglia formavano una lunga linea ininterrotta, tanto che erano aggrottate, e gli occhi erano ridotti a una fessura. -Che c'è? Non vorrai farmi la predica? Mi hai appena fatto i complimenti per il mio coraggio!-
-Vorrei chiederti se sei sicura di aver fatto la cosa giusta. Insomma io e Dante stiamo insieme da un po' a differenza tua e di Vergil...-
-E non avete aspettato molto nemmeno voi- osservò Sveva. -Io non faccio domande, ma so molte cose!-
-Sì, non c'è bisogno di fare la Bond Girl. Comunque, se mi avessi lasciato finire, ti avrei detto che non farò altre domande, perché non ti ho mai vista così felice. Era spaventoso ammetterlo, ma si vedeva che Vergil era quello giusto per te.-
-E Dante è quello giusto per te.-
Sveva incontrò lo sguardo di Federica e si sorrisero, con la gioia di condividere ancora una volta lo stesso sogno. Quell'estate le aveva unite ancora di più, avevano vissuto un'esperienza indimenticabile: giorni che erano sembrati anni, per l'intensità con cui li avevano trascorsi. Avevano imparato a conoscersi, a lasciare da parte le loro fragilità e le false corazze, per affidarsi a due paladini un po' strambi e complicati, ma irresistibili.
Si voltarono verso i gemelli, che ci misero solo pochi secondi a raggiungerle, come intuendone i pensieri.
Sveva e Vergil, Dante e Federica. Un solo gruppo, una doppia coppia che sarebbe diventata ben presto indissolubile. La mezzanotte scoccò, e li sorprese vicini ad ammirare i fuochi d'artificio che, esplodendo nel cielo scuro, si riflettevano nei loro occhi sognanti.


--- FINE ---



Ma è successo davvero? "Doppia Coppia" è finita?


Non ricordo nemmeno più quando ho iniziato a scrivere questa storia. Ero al liceo, e la mia folle compagna di banco mi parlava di questo portale on line e della sua ossessione per i gemelli di Devil May Cry. Tra le due, io sono sempre stata la romantica,  l'idea di creare una storia, un piccolo angolo di mondo, in cui noi avremmo potuto essere accanto ai nostri beniamini, mi conquistò subito.
L'inizio della fiction vi fa sbirciare nella mia vita liceale. Sveva ero proprio io, con tutte le mie mille insicurezze, e la splendida Federica è quell'amica che io ho sempre considerato molto più carina e forte di me. Tutto ciò che avete letto finora è un tributo all'amicizia. Alla speranza che i sogni, anche quelli più semplici, possano avverarsi.
Ma la strada è stata lunga e, come sapete bene, ci sono state tantissime interruzioni. Credo di aver passato almeno un anno e mezzo senza scrivere una riga, allontanandomi sempre di più da EFP e dalla mia fiction. Tanto a chi importava?
E poi mi arrivò un messaggio. Lo lessi una sera, a casa di un'amica con cui stavamo rivangando il passato da fanwriter accanite. Entriamo a dare un'occhiata alle vecchie storie, per sfizio.
Katherine.
Se non ci fosse stata lei, se non mi avesse scritto quelle righe, dicendomi che stava aspettando il lieto fine, che si era appassionata alle (dis)avventure delle mie sciocche protagoniste... bhe, non avreste letto la parola fine.
Sono una da rincorrere, lo ammetto. Perdo l'entusiasmo, la fiducia, il credere in me stessa. Tanto a chi importa?
Sapere che c'era anche solo una persona che si prendeva il disturbo di mandarmi una riga, per chiedermi di tornare, è stata una scarica di adrenalina. Mi ha ricordato perché scrivo. Per condividere. Per la speranza di ricambiare il favore, perché sono una lettrice che si è rifugiata nelle trame altrui, e ha desiderato di poter creare dei posti sicuri anche per gli altri.
Scrivo da molto tempo, ho anche avuto le mie piccole soddisfazioni, pubblicando racconti e avendo contatti con alcune case editrici. Ma non ho mai scritto una storia lunga. E "Doppia Coppia" è lunghissima.
Non ci sarei mai riuscita se non ci fossero state Federica e Katrine, ma anche tutte voi, RockMantick, Mizzy (ma quante volte hai letto la ff? Ti farei una statua!), DantexR, RebeccaJung... Nomino solo le ultime, ma vorrei nominarvi tutte, tutte le persone che hanno inserito la storia nelle liste, che l'hanno commentata. E io vi ringrazio per tutti i commenti, perchè spesso mi avete fatto notare delle inesattezze, che mi hanno portata a migliorarmi, perchè ho avuto la fortuna di avere delle lettrici (e dei lettori ?) attente, appassionate ed esigenti.
Il mio percorso è stato tortuoso, da ragazzina che scrive senza alcuna esperienza, a collaborare con un'editor, a fare un corso di scrittura creativa. E in tutto questo la FF ha subito i miei sbalzi d'umore, le cose che imparavo, quelle che mi lasciavo indietro.
I miei personaggi si sono evoluti con il tempo, tutto la storia, dalla trama, allo stile, è cambiata. Probabilmente, è cambiata insieme a me. Quando rileggo i primi capitoli mi vengono i brividi, e se poi salto agli ultimi quasi non riesco a credere di essere la stessa autrice. Eppure sono felice, perchè tutti gli errori, e tutte le parole giuste, mi hanno portato fino a qui. Fino al capitolo 40 e alla parola FINE.
Mi sono commossa quando l'ho scritta, perché è stata un'enorme soddisfazione. E spero che un pochino di questa splendida emozione si sia trasmessa anche a voi. Spero che mi perdoniate per le discrepanze, i cambi di registro, le stranezze. Mi avete accompagnata lungo un pezzo di strada e io non posso che esservi grata per l'entusiasmo, per avermi fatto capire che "Sì, a qualcuno importava."

E ora non ho altro da dire. Vi saluto e non so se ci sarà un seguito per me su EFP, se tornerò con altre storie, se modificherò questa per migliorarla, se la stravolgerò. In sintesi, non so quasi niente, ma so di essere felice di trovarmi qui, a scrivervi.
Vi lascio con tre canzoni: La prima mi ha sempre fatto pensare a Vergil, all'inizio della storia. Le altre due le ho usate per scrivere l'ultimo capitolo. In realtà, ho ascoltato Ed Shareen a palla, per il 40esimo capitolo. Bloodstream andava a ripetizione per la scena più "hot", mentre Photograph l'ho usata per il risveglio e per la fine.

Grazie di tutto,
Bryluen.

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