Uomini e Cyborg - Il filo della vita di michiredfox (/viewuser.php?uid=33511)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Parte 1 ***
Capitolo 3: *** Parte 2 ***
Capitolo 4: *** Parte 3 ***
Capitolo 5: *** Parte 4 ***
Capitolo 6: *** Parte 5 ***
Capitolo 7: *** Parte 6 ***
Capitolo 8: *** Parte 7 ***
Capitolo 9: *** Parte 8 ***
Capitolo 10: *** Parte 9 ***
Capitolo 11: *** Parte 10 ***
Capitolo 12: *** Parte 11 ***
Capitolo 13: *** Parte 12 ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Parte 11
“Ma… dove sono?
Che sta succedendo?”
Il piccolo Ivan
ricordava perfettamente di essersi addormentato tra le braccia di Françoise, nel
calore della sua stanza, ma adesso… adesso si trovava in una culla completamente
diversa: era molto più grande, riccamente decorata con intarsi d’oro e
d’argento, al centro di una camera che non poteva certo definirsi a misura di
bambino. Ivan si alzò lentamente, perlustrando il luogo sconosciuto: era un
ambiente diverso dal solito, emanava un’aura di magnificenza, quasi fosse stata
la dimora di un re… le pareti erano ricoperte di geroglifici molto strani,
probabilmente una lingua antica, ma non ricordava di aver mai visto simboli
simili in tutti i suoi studi…
“Sto sicuramente
sognando…”
“Non è del tutto
vero, piccolo…”
Ivan si girò al
suono di quella voce… davanti a lui una donna bellissima, vestita completamente
di bianco, a piedi nudi, con i lunghi capelli che le ricadevano fluenti sulle
spalle, si stava avvicinando. Il bambino si allontanò istintivamente, assumendo
una posizione difensiva: mai fidarsi di un’estranea…
La ragazza alzò
le braccia, tendendole verso di lui, parlando dolcemente: “Non preoccuparti,
Ivan… non ti farò del male”
Conosceva il suo
nome? Com’era possibile? Che quella fanciulla avesse le sue stesse
capacità?
La giovane
ripeté: “Non ti farò del male… fidati di me…”
001 osservò il
volto della donna, cercando di penetrare nella sua mente… che strano… era la
prima volta che non riusciva a leggere i pensieri di qualcuno; lei aveva ancora
le braccia tese, segno evidente di un invito rivolto a lui stesso…sul palmo
della mano destra portava un tatuaggio raffigurante un cerchio alato. Ivan cercò
velocemente nella sua memoria qualche traccia di un segno simile, ma non vi
trovò nulla… Tuttavia, la ragazza aveva un’espressione talmente serena e
trasparente che ritenne di potersi fidare di lei.
Le si accostò con
cautela e si lasciò prendere in braccio… improvvisamente tutte le sue paure
svanirono al contatto con quella fanciulla… per la prima volta in vita sua,
provava un senso di pace e di tranquillità che finora non aveva mai
sperimentato, neanche quando la sua adorata Françoise si prendeva cura di
lui…
Lei iniziò a
cullarlo, ripetendo una ninna nanna che lui non arrivava a comprendere, ma che
aveva un suono dolcissimo…
001 si abbandonò
in quell’abbraccio… dopo molto tempo sentì la mancanza di sua madre farsi strada
nel suo cuore… un dolore lacerante, soffocato per tanti anni, che emergeva di
nuovo nel più profondo della sua anima… una lacrima percorse il suo visetto
innocente… la donna l’asciugò con le dita, interrompendo per un momento la sua
nenia…
“Piangi pure
piccolo mio… sfoga la tua sofferenza… presto tutto
passerà…”
Poi, riprese a
cantare la sua melodia…
Ivan la lasciò
terminare, dopodiché parlò con voce rotta dall’emozione…
“Chi… chi sei
tu?”
“Il mio nome è
Enoha, sono la principessa del regno di Myoltecopang… e sono qui per chiedere il
tuo aiuto…”
“Non mi conosci
neanche…” nell’attimo stesso in cui pronunciò quelle parole, si rese conto della
loro fallacità…
“Oh sì, invece…Il
tuo nome è Ivan Whiskey, sei nato a Mosca e sei stato trasformato in cyborg da
tuo padre, il dottor Gamo, alla tenera età di sei mesi. Nonostante le tue
sembianze siano quelle di un neonato, non sei tale ed hai capacità mentali
enormi… è proprio per questo che il mio popolo ha bisogno di
te…”
Ivan cercava
continuamente qualche traccia di inganno o di menzogna nelle sue parole, ma
Enoha era un libro aperto… poteva veramente fidarsi di
lei…
“Che cosa dovrei
fare per te?”
La donna aprì la
mano destra davanti a sé… immediatamente le pareti della stanza scomparirono e
001 si trovò di fronte a quella che doveva essere una città antica, piena di
case, giganteschi monumenti, piramidi e giardini immensi… tutt’intorno, vi erano
migliaia di persone che animavano le vie ed i palazzi…
“Questa è la mia
gente Ivan… come puoi vedere tu stesso è pacifica e venera e serve la grande
potenza della Luce, che ci dà forza e ci fa sopravvivere… purtroppo tutto questo
sta per soccombere…” disse, sospirando…
“Per quale
motivo?”
“Non lo sappiamo
con certezza, ma sul nostro paese incombe una presenza malvagia, oscura… che
finirà per distruggerci…”
Enoha era
affranta… Ivan non poteva fare altro che partecipare alla sua disperazione in
silenzio, aspettando che lei esprimesse sino in fondo il suo
pensiero…
Lei prese
coraggio e continuò: “Sulla nostra civiltà esiste una profezia che si tramanda
per secoli e che recita più o meno così: quando caleranno le tenebre tra di noi,
quando tutto sembrerà perduto, la forza di una donna dimenticata, nobile e pura
di cuore ci salverà…Ivan, ti prego, solo tu puoi aiutarci a convincere questa
donna a venire in nostro soccorso…”
“Ma… ma come
posso fare… io non so di chi stai parlando…”
Enoha gli
sorrise: “Tu la conosci molto bene: è la ragazza che ti sta sempre vicino e si
occupa di te…”
001 si allontanò
da lei, rimanendo ad osservarla sorpreso: “Françoise?? Stai parlando di
Françoise Arnaul? Io non… non so se posso…” aveva paura… paura di mettere a
rischio la vita di una delle persone che amava di più a questo
mondo…
“Comprendo
perfettamente la tua ansia… tu le vuoi molto bene, è come una madre per te,
quella madre che non hai mai veramente conosciuto ed hai il terrore che possa
accaderle qualcosa di grave, non è vero?”
Il bambino annuì
con il capo…se fosse successo qualcosa a 003 non se lo sarebbe mai
perdonato…
“Io sono una
principessa, Ivan… ti do la mia parola che veglierò su di lei dall’inizio alla
fine, così come ho vigilato a lungo su di te, senza che tu te ne
accorgessi…”
001 era
titubante, tutto ciò significava mettere a rischio le vite di chi gli stava
intorno, ma… Enoha non era malvagia, aveva davvero bisogno di aiuto e,
pensandoci bene, Françoise stessa non lo avrebbe mai perdonato se adesso lui si
rifiutava di darle una mano…
“Va bene…” disse
infine “puoi contare su di me…”
Sul bel volto
della fanciulla si dipinse un sorriso di immensa
gratitudine…
“Grazie, Ivan,
grazie dal profondo del mio cuore…”
Il piccolo
sorrise di rimando… “Che cosa devo fare?”
“Parlerò io con
la ragazza… press’a poco come ho fatto con te ora… rimarrà molto turbata, ma
alla fine comprenderà l’importanza del suo ruolo nelle nostre vite… in fondo lei
faceva parte del nostro popolo nella sua vita precedente… tu avrai il compito di
condurla di nuovo a noi…”
“Che cosa accadrà
dopo?”
“Per adesso è
tutto ciò che posso dirti…”
“Tuttavia non sei
molto precisa…”
“Lo so… e ti
chiedo perdono… per ora non devi sapere altro neanche tu… quando ti sveglierai,
ti troverai di nuovo nella tua stanza… ti alzerai e ti recherai dai tuoi amici,
che si troveranno fuori casa, davanti ad un grosso albero che si affaccia sul
mare…”
Ivan rammentò:
“Il platano alla porta d’ingresso…”
“Esatto… farò in
modo che Françoise cada in trance davanti all’immagine di un cerchio alato
inciso nel tronco della pianta… esso rappresenta il simbolo del nostro popolo…
ella compirà dei gesti e dirà frasi che non avete mai sentito prima d’ora, ma
che fanno parte dei suoi ricordi più atavici… tu devi fare in modo che gli altri
non interrompano il suo rituale…”
“D’accordo…”
“Ti
ringrazio…”
“Come farò a
sapere cosa fare dopo?”
“Ti contatterò
io, ma dovrai aspettare perché passerà molto tempo…non mostrarti mai inquieto e
abbi fiducia in me, Ivan… andrà tutto bene…” detto questo, scomparve dalla sua
vista, come se non fosse mai realmente stata in quel
luogo…
001 si svegliò di
soprassalto, al suono della voce di Chang che esclamava: “Allarme, ragazzi!
Geronimo è sparito!”
Ivan si alzò
immediatamente… stentò a riprendersi subito, forse l’esperienza che aveva
vissuto non era reale… forse era stato solo il frutto della sua immaginazione…
ma lui non era mai stato vittima di una fantasia…
Decise di agire e
con una breve ricognizione mentale si accorse che 005 stava intagliando il
simbolo che aveva visto sulla mano di Enoha nel platano davanti
casa…
Adesso sapeva
cosa doveva fare…
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Capitolo 2 *** Parte 1 ***
Parte 11
Una slanciata figura femminile era in piedi in cima alla duna, tremula
come una bandiera nel vento. Indossava un’uniforme rossa con quattro vistosi
bottoni dorati disposti su due file ed alti stivali neri dalla caviglia stretta.
I suoi capelli biondi, lunghi e leggermente ondulati, risplendevano come oro
sotto la luce solare. Il suo lungo foulard giallo annodato a mantello
galleggiava nella brezza stranamente fresca, stagliandosi contro il cielo di un
azzurro incredibilmente uniforme. Uno spesso cinturone nero le cingeva la vita
sottile facendola sembrare ancora più snella. La fondina sul fianco reggeva una
pistola ad alta tecnologia pronta all’uso. Gli occhi grandi ed azzurri della
ragazza abbracciarono la scena con espressione incuriosita, esprimendo mille
mute domande. Era perplessa, perchè sapeva che la sua presenza in un luogo del
genere era impossibile. Ricordava perfettamente di essersi sdraiata accanto a
Joe, sotto le coperte, e di essersi dolcemente addormentata nel suo abbraccio.
Aveva ancora nelle membra quella piacevole sensazione di abbandono. Avrebbe
potuto segnare con il dito il punto in cui lui l’aveva baciata sulla guancia.
Sapeva di essersi addormentata scalza ed in camicia da notte nella villa del
professor Gilmoure, sul promontorio, quindi non poteva trovarsi sola, nel
deserto, in uniforme, senza avere idea di come ci fosse arrivata. Se si trattava
di un sogno, era però un sogno piuttosto anomalo. Era sorpresa del fatto che in
un sogno si potesse avere memoria della veglia, e che si potesse conservare una
tanto nitida persistenza delle sensazioni fisiche provate mentre si entrava nel
sonno. Pensò che potesse essere stato Ivan a teletrasportarla inavvertitamente,
ma questo non spiegava il cambio d’abito. Avrebbe dovuto indossare la camicia da
notte. Strano anche il palpabile
senso di aspettativa che la pervadeva. Non sapeva spiegarselo, ma era certa di
trovarsi lì per una ragione importante, e decise di scoprire quale. Dato che la
riflessione accresceva solo il numero delle domande senza risposta, scelse di
agire. Françoise Arnaul, questo era il suo nome, mostrò la risoluzione che le
aveva permesso di farsi a suo tempo strada nell’ambiente del balletto classico.
Aveva danzato all’Operà di Parigi, prima del suo sequestro ad opera del Fantasma
Nero e la sua trasformazione in cyborg da ricognizione. Aveva dovuto abbandonare
il palcoscenico dell’Operà, ed ora ne aveva avuto in cambio uno davvero
singolare, ma non meno affascinante. Davanti ai suoi piedi, la distesa
increspata di sabbia color ocra descriveva un dolce arco discendente fino alla
colossale muraglia circolare di basalto nero, che, parzialmente diroccata,
cingeva le rovine di una città dagli edifici ciclopici e dall’architettura
incredibilmente sofisticata, seppure erosa e scheggiata dai millenni. Françoise
si rese conto che le proporzioni di quelle costruzioni consegnate alla polvere
ed al silenzio indicavano una cultura anteriore a quella che lei era abituata a
chiamare “storia dell’umanità”. Davano la sensazione di una concezione geniale e
sofisticata dell’architettura e dell’arte, ma in qualche modo aliena alla nostra
estetica. Ciò voleva dire un’antichità incalcolabile Intuì anche di essere la
prima rappresentante dell’umanità a vederla. Se fosse già stata scoperta da
qualcun altro, il mondo intero ne avrebbe avuto notizia.. Il Professor Gilmoure
si sarebbe certo informato al riguardo, perché la cosa avrebbe potuto comunque
interessare il Fantasma Nero. Ma come era possibile che fosse passata
inosservata anche alle ricerche satellitari? Interrogarsi era inutile. Françoise
decise di avvicinarsi, ma fu cauta. Le fotocamere cibernetiche dei suoi globi
oculari esplorarono tutta l’area nel raggio di cinquanta chilometri, senza
scorgere nient’altro che dune. Gli audiosensori a campo sferico accoppiati ai
suoi organi uditivi captarono ed analizzarono tutte le frequenze di ogni onda
sonora prodotta nello stesso raggio. Nessun suono di origine biologica o
tecnologica. Solo il vento e l’incessante mormorio dei granelli di sabbia
intenti a rotolare da secoli. Rivolse così tutta la sua attenzione alla
struttura megalitica e ne ingrandì l’immagine con uno zoom rapido. Scorse
terrazze, contrafforti, camminamenti e resti di giardini pensili. Vide
bassorilievi scolpiti con tecnica straordinaria, e con effetti di profondità
così intensi da dare l’illusione di trovarsi all’interno di rientranze. Quegli
ignoti scultori erano riusciti ad ottenere dalla pietra gli stessi effetti
illusori degli ologrammi. Nessuna
cultura antica nota aveva fatto nulla del genere. Distinse anche glifi
indecifrabili, disposti secondo sequenze bizzarre, ma straordinariamente
raffinati. Apparentemente, non vi erano pericoli visibili. Se ne avesse
incontrati, li avrebbe affrontati.
Così Françoise Arnaul si incamminò verso il portale ciclopico che pareva
attenderla. Il rumore dei suoi passi turbava il silenzio sepolcrale di quel
colosso di pietra e di grandezza dimenticata forse da eoni, ma il portale
sembrava un’enorme bocca che la chiamava. Françoise lo vide farsi sempre più
grande via via che la fila di impronte che lasciava sulla sabbia si faceva più
lunga. Rimase sorpresa dall’altezza dell’arco di pietra quando lo varcò. I
battenti, come le parti metalliche, si erano dissolti nel tempo. Una volta
entrata, il vento si smorzò, ed il leggero rumore dei suoi passi fu il solo
suono udibile, almeno senza udito potenziato. Il lastricato sconnesso della
strada era ricoperto di sabbia. Gli edifici non avevano alcun infisso. Gli
ingressi erano bui, le costruzioni immense. Françoise continuò a camminare
passando gli edifici ai raggi x, ma non ottenne che interni deserti di
planimetrie labirintiche e corridoi e scale intrecciati secondo le bizzarrie,
almeno per noi, di una cultura che non aveva nulla in comune con quelle
conosciute. Sembrava di osservare intrecci di prospettive che forse neanche un
Mauritz Escher avrebbe potuto immaginare. Mentre guardava in alto, si accorse di
non camminare più su una superficie soffice. Aveva calpestato un lastricato
marmoreo intarsiato secondo motivi geometrici incredibilmente elaborati. Non
aveva mai visto tante diverse sfumature di colore, tanti motivi ornamentali in
una pavimentazione. Alzò lo sguardo di scatto e rimase senza fiato. La
gigantesca piramide a terrazze verso cui si stava dirigendo era muta ed in
rovina, ma adesso era tornata a mostrare sotto il sole tutto il suo scintillante
splendore. Sculture di marmo candido, avorio e metalli preziosi di fattura
indescrivibilmente raffinata ornavano di nuovo l’edificio, che si era fatto
ancora più imponente dopo aver recuperato le parti crollate. Con una rapida
occhiata, Françoise vide rinascere sotto i suoi occhi quella civiltà senza nome.
Era come se il sudario del tempo fosse stato di colpo strappato via da una mano
impaziente. Françoise vide archi, guglie, pinnacoli, giardini pensili, sculture
svilupparsi in tutte le prospettive che poteva immaginare ed in altre che non
avrebbe creduto possibili. Poi abbassò lo sguardo e vide delle persone.
Istintivamente portò la mano alla fondina, ma si bloccò. Di fronte a lei, tre
ragazze la osservavano con espressione gentile. Erano abbigliate con elaborati
calzari al ginocchio, vesti candide e gioielli di un’eleganza che parlava di
antichi imperi dimenticati. La loro pelle color miele aveva riflessi dorati, ed
il loro portamento era improntato ad una cortesia per nulla affettata. Il loro
copricapo, e quello degli uomini che le accompagnavano aveva una foggia
vagamente egizia. Gli uomini avevano fasce intorno ai fianchi strette da
cinture, e pettorali vistosi. Nei gioielli e nelle fibbie era costantemente
ripetuto un motivo decorativo avente la forma di un cerchio munito di ali.
Françoise guardò quei volti gentili, e si vergognò del suo gesto ostile. Rimase
immobile, interdetta, quando la
ragazza più vicina a lei le disse:
“Sei la benvenuta, Françoise Arnaul”.
Aveva parlato senza muovere
le labbra. Telepatia. Conoscevano il suo nome! Ma come….
“Come lo sappiamo? Ce lo ha detto il bambino.”
“Ivan?” Françoise stava usando la voce, ma loro comprendevano tutto ancor
prima che lei potesse esprimerlo a parole, perché leggevano il suo
pensiero.
“Sì. E’ una creatura dolcissima. E’ tuo?”
Françoise arrossì.
“No… io…io non ho figli…..”
“Ma sei tu che lo culli, che lo nutri, che lo tieni in braccio…è questo
che fa di te una madre”
“Non… non so...”
“Ti vuole davvero molto bene, sai?”
Françoise sorrise commossa.
La ragazza si rivolse di nuovo a lei: “Sei una donna pura di cuore,
Françoise Arnaul. Dimmi, come si chiamano il tuo popolo… la tua
terra?”
“Oh, il mio popolo è francese. Io vengo da Parigi, una grande città che
si trova a nord della mia terra, la Francia”
“Questa città invece si chiama Myoltecopang, ed io Enoha. Puoi chiamarmi
così. Il mio nome completo non si adatterebbe alle tue corde vocali.”
“Ed il nome del vostro popolo?”
“Mi dispiace, Françoise Arnaul, non è questo il momento delle
spiegazioni… vieni con noi, per favore”
Françoise le seguì fino all’ingresso della piramide. La pesante lastra di
basalto scolpito che lo chiudeva si alzò da terra scomparendo nel muro e si
richiuse quando entrarono nel palazzo.
Anch’essa recava nel suo centro il cerchio alato. La accompagnarono per
un interminabile corridoio illuminato da fiaccole, fra due teorie di sfingi, o
almeno presunte tali, alternate a nicchie adorne di gruppi scultorei. Alcune
avevano un soggetto indefinibile. La condussero fino ad un pesante portale di
legno, che si aprì ritirando nelle pareti i due battenti. Una enorme sala
circolare in pietra, disadorna salvo che per un rosone di cristallo al centro,
si presentò agli occhi di Françoise. Un semicerchio di danzatrici abbigliate
succintamente, scalze e munite di bracciali e cavigliere pareva attenderla.
Enoha prese le mani di Françoise e la guidò al centro del rosone.
“Tu sei una danzatrice, non è vero?”
“Beh…sì.”
“E’ per questo che ti trovi qui. Adesso, tu inizierai a danzare… Ti
sembrerà di aver dimenticato tutto questo, ma al momento opportuno…ricorderai.
Lasciati trasportare dalla musica ed imparerai, come io imparai a suo tempo ed
altre prima di me.”
“E’ assurdo….”
“Tu sei abituata all’assurdo, Françoise Arnaul.”
“Perché proprio io?”
“Perché tu sei quella che si troverà nel tempo e nel luogo opportuno. Non
aver fretta di comprendere.”
La ragazza si allontanò, lasciandola sola al centro del rosone, che prese
ad illuminarsi. Françoise sentì una musica remota farsi strada da una lontananza
incommensurabile. Era una musica ricca e varia oltre ogni descrizione, così
densa di armonia da innalzare lo spirito ad un livello ultraterreno.
Istintivamente, accennò un passo di danza, con tutta la sua leggerezza di
ballerina. Iniziò a librarsi sulle gambe, e le sue braccia parevano colli di
cigno che si inchinavano alla sua grazia. Le danzatrici assecondavano i suoi
movimenti, facendo tintinnare le cavigliere. La musica saliva verso il suo
apice, portando con sé un’emozione tanto intensa da farle sentire le guance
rigate di lacrime mentre lei stessa diveniva armonia pura ed esprimeva tutto ciò
che la danza può esprimere. Un cerchio di luce prese a seguirla nella penombra
della sala, mentre Françoise danzava come un raggio di luna sulle acque
increspate di un lago. Nei suoi movimenti si potevano leggere la dolcezza
dell’amore e la bellezza dei fiori, il cigno che spicca il volo e la neve che
cade, la bellezza di una cascata e la violenza delle passioni, il battito d’ali
di una farfalle e le scintille del maglio sull’acciaio rovente, la gloria delle
civiltà perdute ed il mare in tempesta che esplode contro le scogliere, la
dolcezza del tramonto e la furia accecante della folgore. La musica era al suo
apice quando una colonna di luce ebbe origine dal centro del rosone ed il suo
corpo prese a levitare con un lento avvitamento. Il cilindro di pietra pareva
infinito. Françoise si lasciava trasportare, rapita, fino a quando le pareti del
cilindro scomparvero e vide da lontano la Terra. Distinse anche
la Luna, Venere e
Mercurio, e sullo sfondo l’immenso globo infuocato del sole. E poi Marte, Giove,
Saturno, Urano, Nettuno e Plutone, e tutti i loro satelliti. Infine, l’orrore si
impadronì di lei. Una cometa nera, un ripugnante globo pulsante, deforme,
malato, che pareva di tenebra solidificata si dirigeva verso di lei. Era il male
assoluto. Intuì un potere nefando, un’intelligenza infida e diabolica capace di
trascendere ogni perversione umana, che la terrorizzò. Chiuse gli occhi ed
immagini orripilanti continuarono a torturarla.
“Maledetto” gridò disperata “La Luce sa cosa sei davvero. Lei è più
antica di te!”
Continuò a gridare frasi incoerenti, fino a quando udì una voce
familiare, ma spaventata.
“Françoise, tesoro, svegliati! Sono io! Sono Joe!”
Spalancò gli occhi. Era nel suo letto, la luce era accesa, e vide l’amato
volto del suo uomo.
“Sei tu, sei davvero tu!”
“Ma certo! Calmati, è solo un sogno!”
Sentirono bussare alla porta. Era la voce allarmata di Bretagna.
“Joe, cosa succede?”
Lui gli aprì.
“Non ti preoccupare. Niente di grave! Françoise ha avuto un
incubo.”
“Non l’ho mai sentita gridare così. Ti serve aiuto? Vuoi che chiami il
professore?”
Françoise riprese fiato, si alzò dal letto e, scalza ed in camicia da
notte, corse ad abbracciare Joe.
“Stringimi, ti prego”
Joe la sentì tremare da capo a piedi e le rispose con una dolcezza che
fece trasecolare Bretagna.
“Calmati amore, ci sono io. E’ solo un incubo.”
Françoise si abbandonò al suo sguardo sorridendo timida, e sentì che
quelle visioni orribili iniziavano già a sbiadirsi.
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NOTA: Questa fic è stata scritta in collaborazione
con COSTIGAN, a cui deve essere attribuito pienamente il merito della trama, io
mi sono limitata a coadiuvarlo nella stesura ed a completare alcune parti.
Pertanto la fanfic è da considerarsi scritta da due autori: Costigan e
Michiredfox. Grazie.
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Capitolo 3 *** Parte 2 ***
Parte 11
Nota: il
personaggio di Morgan Adams è liberamente ispirato a quello dell’omonima corsara
interpretata da Geena Davis nel film “Corsari”, Produzione: USA, anno 1995,
Regia di Renny Harlin.
Piunma stava
nuotando. A profondità impossibili per un normale essere umano, stava godendo
della sua armonia con il mare. Non che il “regalo” del Fantasma Nero, che lo
aveva trasformato in un’arma subacquea “intelligente” ma indocile, potesse
ispirargli gratitudine; ma la natura era così bella! Stava godendo di quel mondo
dove ogni gesto è lento, dove la gravità è più dolce, dove si può cadere da
enormi altezze senza farsi male e dove ogni rumore è ovattato. Ma il mare,
soprattutto l’oceano, era anche una giungla, e di questo lui era consapevole più
di ogni altro. Poteva vivere come una creatura del mare, ma le sue origini erano
sulla terraferma, in un’altra
grande e sconfinata giungla, quella dell’Africa. Sapeva che a volte si deve
combattere sia sotto il mare che sulla terra, lo sapeva per esperienza diretta e
pensava che in parte ciò fosse naturale. Ma gli uomini non si accontentano di
ciò che offre la natura, vogliono dominarla, vogliono sfidarla, alcuni
lealmente, altri no. Fu così che tagliarono alberi per farne orgogliose navi e
dominare i flutti. A volte vincevano loro, a volte il mare; ma questo confronto
non bastava. L’uomo è sempre troppo inquieto. Ai primi eroici navigatori, che
sfidavano l’ignoto, subentrarono i pratici, i disillusi, gli avidi, e portarono
tutti quei conflitti tipici dell’uomo sul mare. Portarono sul mare la guerra,
discutendo sull’appartenenza del mare, come se avesse senso per gli uomini
parlare di appartenenza e dominio su ciò che esisteva da milioni di anni prima
dell’uomo e che avrebbe continuato a farlo per altri milioni dopo la sua
scomparsa: non era ridicolo, discutere di chi fosse? Mentre Piunma era assorto
in questi pensieri, vide una testimonianza di quella follia. Sul fondo del mare,
un galeone giaceva maestoso, festonato di alghe ed incrostato di conchiglie. I
suoi alberi, un tempo adorni di vele, parevano ora le croci del Golgota. I suoi
cannoni erano ancora puntati contro un avversario che ormai non esisteva più da
secoli, congelati nel loro ultimo momento di folle gloria sanguinaria. Sul
ponte, le manovre marce, il timone incrostato e la bussola arrugginita erano
affidate alle cure di un equipaggio di scheletri. I pesci entravano ed uscivano
dai boccaporti, dagli oblò e dalle finestre, ormai sfondate, del cassero di
poppa, indifferenti ai fantasmi della gloria umana e della crudeltà della
guerra. Piunma stava nuotando nel Mare dei Sargassi. Era il mare dei misteri,
dei relitti e delle navi fantasma. Era il mare da cui non si faceva spesso
ritorno, se si entrava a far parte del suo mistero. Era una sfida che aveva
sognato di affrontare. Da bambino, a scuola, ne aveva afferrato vaghe leggende,
desiderando andare a vedere con i suoi occhi. Era strano, una parte di lui non
accettava di trovarsi in quel mare, sentiva che non era logico. Lui era un
Cyborg, membro di una squadra di combattenti speciali, quindi avrebbe dovuto
avere una missione. Perché era lì? Aveva forse dimenticato quale fosse la
missione? Quando e dove aveva lasciato il Dolphin? Una parte di lui non lo
riteneva importante, un’altra non lo accettava. I suoi dubbi crescevano quando
il corso dei suoi pensieri venne violentemente interrotto. Alle sue orecchie
giunse il rumore grave di un oggetto pesante che sfonda la superficie
dell’acqua. Poi vide una sfera di bronzo attraversare l’acqua come una cometa
dalla coda di spuma bianca. Pochi istanti dopo un identico rumore fu
accompagnato da una seconda traccia di spuma: un’altra palla di cannone discese
verso le profondità del mare, sfogando il suo inutile impeto contro ciò che non
poteva infrangere. Palle di cannone! Quelle che si usavano anticamente! Era un
sogno, ovvio. Un’allucinazione. Si sarebbe svegliato, non c’era dubbio. E
allora, perché non andare a vedere? Perché non guardarsi in sogno una battaglia
fra antichi velieri, dato che nessuno si sarebbe fatto realmente del male? Per
svegliarsi c’era tempo. Nuotò nella direzione di quei colpi, riparandosi dietro
le crete rocciose e gli spuntoni dei fondali, mantenendo la direzione opposta a
quella dei pesci che fuggivano, disturbati dalla sanguinosa vanità umana della
guerra. In lontananza vide due chiglie appaiate, e decise di emergere vicino ad
esse. Il rumore della battaglia era sempre più forte, ma ovattato dal mare.
Piunma si avvicinò alla poppa del veliero più vicino, ed emerse. Vide il sole e
le onde, udì il fragore delle armi, il tuono di moschetti e pistole, le grida di
dolore, di incitamento, di rabbia, di follia. Una cima pendeva dal cassero di
poppa, dimenticata durante il combattimento, e Piunma vi si arrampicò con
l’agilità di un africano. Scalò il cassero variopinto ed intarsiato e salì sulla
tolda. Un lacero bucaniere urlante gli puntò contro una pistola e tirò il
grilletto. La palla lo ferì di striscio al viso facendolo sanguinare. Non ebbe
tempo di pensare. Estrasse il laser e fece fuoco. Il raggio blu elettrico
attraversò il corpo di quell’energumeno senza legge facendolo stramazzare. Aveva
scelto da che parte stare. Quelli con le casacche blu ora erano i suoi. Poi vide
lei. Una donna dalla splendida chioma corvina, con alti stivali a tromba, una
fascia rossa come il sangue ed irta
di armi intorno alla vita snella, ed una scollata e lacera camicia bianca.
Combatteva come una dea guerriera sul ponte ingombro di cadaveri. La sua mano
destra impugnava una sciabola, la sinistra un lungo pugnale ingemmato. Vide che
stava per soccombere nonostante più assalitori fossero caduti sotto quella lama
che guizzava come un cobra. I suoi compagni non potevano soccorrerla. D’istinto,
lo fece lui. Afferrò una cima, la tagliò con il laser e vi si appese descrivendo
un lungo arco mentre sorvolava la battaglia. Con gli stivali abbatté due
avversari, ed atterrò a fianco alla corsara che lo aveva stregato. Raccolse una
sciabola e si mise al suo fianco parando, affondando, fintando, schivando,
distribuendo fendenti e stoccate mentre entrambi, fianco a fianco, resistevano
al filo luccicante dell’acciaio temprato che li incalzava cercando il loro
cuore. Poi uno degli avversari sparò, e la spalla della corsara si tinse di
rosso. Piunma estrasse il laser e rese dente per dente. Quella folgore sparse il
terrore fra i nemici, che riguadagnarono il loro vascello disordinatamente, e
tagliarono i grappini d’abbordaggio a costo di gravi perdite, mentre le casacche
blu li disperdevano come pula al vento. La nave degli assalitori sbandò, issò
goffamente le vele e si allontanò sghemba, fra lo scherno delle casacche blu.
Piunma sorresse la corsara , che gli sorrise dolcemente.
“E’ solo un graffio, uomo di ebano! Ma hai la gratitudine di Morgan
Adams.” Poi, i suoi occhi lo esaminarono… “Sei vestito di rosso. Dimmi,
straniero, sei per caso un demonio venuto a reclamare in anticipo la mia anima
di guerriera dei mari? O forse sei uno spirito del mare? O un
tritone?”
“No, sono soltanto un semplice uomo” disse Piunma, scuotendo la testa… in
realtà non era del tutto vero…
“Una leggenda tramandata per secoli dalla mia famiglia, che mia nonna mi
raccontò quando, bambina, ancora vivevo nella dimora dei miei avi nel
Devonshire, narrava che una donna della mia stirpe, dall’anima dannata, avrebbe
vissuto una vita breve ed intensa ed un uomo vestito di rosso si sarebbe unito a
lei nelle sue imprese. Quella donna ero io…Una tirannica tradizione mi volle
forzatamente monaca, ma io riuscii a ribellarmi e mi imbarcai su una nave che
venne attaccata dai pirati, uccisi l’uomo che tentò di violarmi e lo ammisi
impavida davanti a quei bucanieri, senza tremare. Colpiti dalla mia forza,
decisero di tenermi con loro ed io imparai ad usare le armi come un soldato ed a
navigare meglio di un commodoro. Da quando questa nave è mia, il nostro motto è
vita breve ma intensa. Questo è ciò che voglio. Bottino, oro, vino, amore e
passione, anche solo per una notte! Ed ora, anche tu li meriti, tu che mi hai
salvato! La tua lama è stata vicina alla mia e tu non hai esitato, uomo venuto
dal mare! Questa notte festeggeremo, balleremo, ci ubriacheremo e giaceremo
insieme!”
Il grido di gioia della ciurma fu possente.
Morgan baciò Piunma con passione, abbracciandolo, e lui fu stregato da
quella sirena.
Decise di rimanere con lei, insieme a lei solcava gli oceani, combatteva
e viveva come un pirata. Arrembaggi, tempeste, calde isole dei tropici, tesori,
bottino, assalti, duelli, danze, canzoni, birra e vino e le notti passate con la
sua sirena avevano reso tutto il suo passato un ricordo sbiadito. Il
Professor…Professor…come si chiamava? E quell’ometto che sputava fiamme…quello
calvo…e gli altri…la ragazza bionda…il bambino… Li sentiva premere contro la sua
coscienza, come vecchissimi ricordi. Lui, ormai, era diventato il Corsaro Rosso.
Era un figlio del demonio, invincibile, poiché aveva in mano il potere della
folgore. Stava diventando una leggenda.
Una notte, a letto, abbracciato alla sua donna, ammirava insieme a lei
dalla finestra della loro cabina nel cassero di poppa la scia argentata della
nave che tagliava in due il mare calmo illuminato dalla luna. Lei gli parlava
sognante ed appassionata.
“Vedi quel manoscritto rilegato in pelle e ferro, ne vedi le pergamene?
Io credo in quelle leggende, credo nell’esistenza di un tesoro il cui valore
supera le fantasie del più avido fra gli uomini. Si trova in una cripta
custodita dal simbolo di un cerchio alato. Una gemma di lucentezza accecante, la
più grande mai esistita, la più pura. Nessun pirata o avventuriero vi è mai
riuscito, ma io e te potremmo realizzare questo sogno.”
Morgan gli mostrò il ciondolo della sua collana. Era un cerchio
alato.
Il Piunma corsaro la strinse, ma dentro di lui vecchi ricordi premevano.
Ogni tanto tornavano, e gli ricordavano che il suo posto era altrove, facendolo
sentire colpevole. Ma non sapeva come trovare l’altrove che gli spettava.
“Dimmi, amore mio. Quella gemma è vera o è un sogno, o una magia come
quella che stiamo vivendo? Se la trovassimo, quali incantesimi
libererebbe?”
“Vita breve ma intensa, mio corsaro! Se vi è magia, sarà mia
anch’essa!”
“Sai, ogni tanto ho strani ricordi…forse quella gemma può spiegare…forse
può spiegare anche il sogno che stiamo vivendo”
“Sogno o realtà, che importanza può mai avere? Se vi è passione, uno vale
l’altro, ed io ardo di passione per te! Se io dovessi morire e, nell’oltretomba,
ti sapessi in pericolo, tornerei anche dall’inferno per combattere insieme a te.
Te lo prometto, amore mio.”
Piunma studiò il manoscritto e capì che quelle mappe erano errate. Non
riusciva a capire come avesse fatto a rendersene conto e a calcolare la rotta
giusta. Qualcuno doveva avergli insegnato…forse il Professore di cui non aveva
più memoria.
Il loro veliero dall’orgogliosa polena giunse ad una costa rocciosa.
Risalirono un vasto fiume. Sulle rive la giungla era impenetrabile. Poi
gettarono l’ancora e sbarcarono su un molo di pietra seminascosto dai
rampicanti. Tronconi di muri, scale, colonne, archi emergevano dalla
vegetazione, e presero a tagliarla per aprirsi la strada con la bussola, fino a
quando giunsero alle rovine di una piramide a terrazze semi-soffocata dalla
vegetazione ma straordinariamente imponente. Liberarono il portale di pietra e,
con l’antico codice in mano, Morgan Adams ne recitò le formule e poggiò la mano
sul cerchio alato. La porta si alzò, e percorsero con le torce un corridoio
passando fra due teorie di sfingi. Poi un pesante portale di legno si aprì su
una camera circolare, dal soffitto tanto alto da non essere visibile, ed un
rosone di cristallo al centro. Morgan si mise al centro e fece per recitare
l’ultima formula, ma Piunma era inquieto. Stava rischiando troppo, non sapevano
cosa potesse nascondersi davvero in un luogo tanto antico.
“Non recitare quella formula, donna! Non bestemmiare il potere della
Luce! Il tuo cuore arde di passione che non sa controllare. Lo Spettro Nero
invaderebbe il mondo!”
Spettro nero, Fantasma nero, pensò Piunma.
Morgan si voltò al suono di quella voce determinata e vide una ragazza
vestita di bianco, forse la principessa di un regno scomparso, ma era
un’immagine diafana come uno spettro.
“Nessuno al mondo, uomo, donna o spettro, può darmi ordini!
Nessuno!”
“Non sei tu la prescelta”
“Io non temo il tuo spettro nero, e neppure tu, stupida
ombra!”
La ragazza si erse in tutta la sua regalità: “Il mio nome è Enoha. Questa
un tempo era Myoltecopang, e qui era la mia dimora di principessa e
sacerdotessa. Non violare La Camera del Cristallo, o sarai dannata,
folle avventuriera! Ora guardate!” Una seconda ombra apparve, una giovane dai
capelli biondi che fluttuava nello spazio nero e profondo. Piunma vide che era
vestita come lui e gridò
“Françoise!”
“Sì, 008” rispose l’ombra di Enoha.
Quei tre numeri lo folgorarono…
La sua mente ricordò ogni cosa, e si rese conto di essere intrappolato in
un sogno. Vide quel mostruoso planetoide nero incombere su Françoise e la sentì
gridare: “Maledetto! La luce sa cosa sei davvero. Lei è più antica di te!” ed
altre frasi sconnesse. Poi la vide svegliarsi, vide Joe aprire la porta della
sua camera a Bretagna e Françoise che lo abbracciava. Udì tutte le loro parole.
Morgan estrasse la sciabola e la impugnò a due mani, con la punta rivolta
verso il basso. La sollevò per vibrare un colpo al rosone, ma la lama si spezzò.
Il rosone si stava illuminando e la colonna di luce che ne scaturì avvolse la
corsara che gridò e Piunma che aveva cercato di allontanarla. Tutto scomparve in
quel bagliore accecante, avvolgente e palpabile.
Piunma si svegliò sott’acqua. Doveva essere svenuto. Era sdraiato sul
ponte del relitto di un galeone. Era quello che ricordava di avere visto
nuotando poco prima di perdere i sensi. Chissà, forse alcune alghe di quella
zona avevano proprietà allucinogene? Era possibile, data la sua esperienza di
poco fa. Quel relitto gli era inspiegabilmente familiare. Fece per alzarsi e si
rese conto di stringere nella mano destra una catena. Il ciondolo era un cerchio
alato. La sorpresa e l’emozione furono troppe. Con un sobbalzo che lo fece
sprofondare per un istante nel materasso del suo letto, anche Piunma si destò
ansante e, nella penombra, si guardò la mano vuota. Possibile che fosse stato
tutto un sogno?
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NOTA: Questa fic è stata scritta in collaborazione
con COSTIGAN, a cui deve essere attribuito pienamente il merito della trama, io
mi sono limitata a coadiuvarlo nella stesura ed a completare alcune parti.
Pertanto la fanfic è da considerarsi scritta da due autori: Costigan e
Michiredfox. Grazie.
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Capitolo 4 *** Parte 3 ***
Parte 11
Piunma
impiegò un istante per rendersi conto di essere nella sua stanza da letto. Aveva
ancora negli occhi la visione di Françoise e di quel mostruoso globo nero.
Françoise aveva gridato, Joe l’aveva svegliata ed aveva aperto la porta a
Bretagna, poi lei gli era corsa incontro e l’aveva abbracciato. Ebbe un’idea
improvvisa. Si precipitò alla porta e la spalancò di colpo. Li vide come li
aveva visti nel sogno. Bretagna, Joe e Françoise si voltarono di scatto a
fissarlo e rimasero stupefatti vedendo l’espressione del suo volto ed il tremito
che lo scuoteva.
Bretagna gli
si rivolse con sollecitudine.
“Piunma, amico, che ti succede?”
Piunma fissò Françoise ed iniziò ad avanzare verso di lei, preda di
un’emozione che non riusciva a controllare. Gli altri rimasero perplessi; erano
abituati a vederlo sempre calmo. Françoise, ancora scossa, si ritrasse dietro
Joe, che le fece scudo con il suo corpo.
“Ma che diamine… Piunma, si può sapere che ti prende? Non vedi che le fai
paura? Calmati, ti senti bene?”
Piunma si voltò a quella voce stentorea e vide la slanciata figura di Jet
Link.
“002 ha ragione, che ti
prende?”
Anche Albert Heinrich era accorso e lo fissava con aria decisa.
Piunma li guardò tutti come se esitasse, poi si rivolse a Françoise con
una nota di supplica nella voce, come se chiedesse conforto e
soccorso.
“Françoise, lo hai visto anche tu?”
Lei si fece avanti, tenendosi ancora vicino a Joe.
“Il globo, il planetoide nero. Fluttuavi nello spazio, poi lo hai visto e
gli hai gridato “maledetto, la luce sa chi sei” o qualcosa di simile. C’era una
stanza circolare con un enorme fiore di cristallo al centro, ed una donna di
nome Enoah.”
Françoise provò un tuffo al cuore. Barcollò per l’emozione, al punto che
Joe la sorresse.
“Tu….tu come lo sai??!!”
“Ti ho visto, ed ho visto anche voi come siete adesso, qui nel corridoio,
allora sono uscito dalla mia stanza trovandovi così come vi ho visto nel mio
sogno..”
“Oh mio Dio!” esclamò Françoise
“Adesso basta, Piunma, cerca di tranquillizzarti! La stai facendo
soffrire, non vedi che è già molto scossa?”
Piunma guardò 003, guardò quel volto bellissimo ed attonito, e si sentì
un mostro. Lui, farle paura! Era un sacrilegio.
“Perdonami…”
Fece per avvicinarsi, ma Albert gli sbarrò la strada.
“Voglio solo scusarmi con lei”
“Ti sei calmato?”
“Sì, adesso sì”
“Va bene, allora”
Piunma si avvicinò a capo chino. Era davvero addolorato. Sensibile
com’era, Françoise gli si avvicinò.
“Scusami ancora, certe volte sono proprio una frana…”
“Non fa niente, davvero...”
Françoise gli strinse le mani, sentendo che tremavano. Lui alzò un poco
lo sguardo.
“La mia coscienza non mi darà tregua per aver tolto il sorriso dal tuo
viso.”
“Ti ho già perdonato, sei scosso quanto me. Ti capisco, e, dopo quello
che mi hai detto, sono certa che io e te abbiamo molto di cui
parlare.”
Piunma la guardò rinfrancato e la tensione si sciolse. Jet ed Albert si
rilassarono. Temevano fosse uno scherzo dei Fantasmi Neri.
Ma la calma durò poco.
Chang comparve sul ballatoio delle scale.
“Allarme ragazzi, Geronimo è sparito!”
“Come sarebbe?”
“Era in stanza con me, mi sono svegliato e lui non c’era più, lo avete
visto?”
Joe non perse tempo.
“Françoise, trovalo! Bretagna, corri a svegliare il professore! Ci
occorre anche Ivan!”
“Volo!”
Con le mani sulle tempie per concentrarsi a fondo, Françoise attivò i
sensori al massimo e scandagliò tutta l’area circostante.
“E’ qui fuori!” esclamò la ragazza “sotto il platano davanti alla porta
d’ingresso che dà sul mare.”
“Andiamo ragazzi, e tu vestiti e raggiungici, Françoise.”
“Ok!” Esclamò lei efficientissima, e prese a togliersi la camicia da
notte.
“Ehm… magari dopo aver chiuso la porta!”
Lei si bloccò di colpo e strillò richiudendo velocemente il vestito sul
reggiseno, rosso come l’uniforme che avrebbe indossato.
“Non potevi chiuderla tu!?!”
Joe obbedì e si voltò di scatto: gli altri avevano assunto un’espressione
seria, sembravano molto impegnati ad esaminare la quantità di crepe sulle mura
del soffitto…
A 009 sfuggì un sorriso: “Venitemi dietro, gentiluomini!”
Chissà perchè, furono felici di obbedire.
Usciti sul prato, videro Geronimo che dava loro le spalle. Joe, Albert,
Jet, Chang e Piunma lo raggiunsero, e lo scoprirono intento ad incidere una
figura nel tronco. Aveva uno sguardo catatonico che dimostrava la sua totale
incoscienza della situazione, ma stava lavorando con tutta la sua squisita
maestria di intagliatore. Bretagna, il Professor Gilmoure e Françoise, che
teneva Ivan in braccio, arrivarono poco dopo.
007 parlò sottovoce.
“Deve essere sonnambulo, ragazzi! Non svegliatelo! Potrebbe restarci
secco!”
Geronimo abbassò il coltello da intaglio e fece sei passi indietro,
rimanendo a contemplare la sua opera. Françoise poteva vederla anche al buio, e
si lasciò sfuggire un ansito di stupore. Quando la torcia di Chang illuminò
l’intaglio di 005, Piunma reagì esattamente come la ragazza.
Geronimo aveva intagliato un fregio raffigurante un cerchio munito di
ali.
Françoise lo fissò con un’espressione che si faceva sempre più rapita.
Ivan prese a galleggiare nell’aria grazie alla telecinesi e si pose dinanzi agli
altri cyborg inviando loro un avvertimento telepatico
“Non ostacolatela! 009, stai calmo, non corre alcun pericolo.”
Françoise passò accanto a Geronimo, fissando il fregio. Quando raggiunse
l’albero, tese il braccio destro ed appoggiò il palmo della mano nel cerchio,
tenendo le dita aperte. Poi ne percorse con l’indice tutti i lineamenti, in modo
tale da non ripassare mai il dito due volte nello stesso tratto, e ripetè lo
stesso esercizio sulla sua fronte.
Poi si mise accanto a 005.
Il gigantesco pellerossa, a capo chino, prese a recitare nella sua lingua
madre un’antica preghiera del suo popolo, una preghiera a Mani – Tou, il Grande
Spirito, la Grande
Medicina che pervade ogni cosa.
003,
in un gesto di vereconda devozione, si incrociò le mani
sul petto, chinò il capo e si genuflesse, recitando una preghiera in francese.
Gli altri cyborg, disposti a semicerchio, ascoltavano in
silenzio
Quando ebbero terminato, Geronimo e Françoise tornarono in loro. Geronimo
chiese cosa stesse accadendo, e fu stupefatto di avere il coltello da intaglio
in mano e trucioli sulla manica. Françoise aveva stampata in volto l’espressione
di chi si è tolto un peso.
Fu il Professor Gilmoure a rompere il silenzio.
“Adesso dovete spiegarmi tutto, ragazzi!”
Parlarono a lungo di quella che chiamarono “la notte di Halloween”,
scoprendo che Ivan non rammentava nulla nonostante avesse agito come se ne
sapesse qualcosa; ma a poco a poco smisero di pensarci…ma su ciò che impararono
da essa avrebbero avuto occasione di ritornare due anni dopo, insieme al
Fantasma Nero.
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con COSTIGAN, a cui deve essere attribuito pienamente il merito della trama, io
mi sono limitata a coadiuvarlo nella stesura ed a completare alcune parti.
Pertanto la fanfic è da considerarsi scritta da due autori: Costigan e
Michiredfox. Grazie.
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Capitolo 5 *** Parte 4 ***
Parte 11
Mentre la
limousine nera percorreva la strada che collega l’autodromo di Daytona alla
villa dell’esclusivo International Golf Club, l’ingegner Sayonji guardava in
silenzio il paesaggio fuori dal finestrino. Vestito con uno smoking nero
adattato alle sue grandi spalle, non aveva sul volto l’espressione di lieta
aspettativa che avrebbe dovuto provare un uomo ancora giovane mentre si recava
ad una festa frequentata dal bel mondo e da belle ragazze. Il suo viso,
incorniciato da una chioma nera di capelli lunghi ed ondulati, continuava a
guardare fissamente davanti a sé, lasciando che le immagini di quella splendida
sera estiva gli scorressero davanti. Le labbra erano leggermente tese, ma i suoi
baffi non lo facevano notare. Gli occhiali a specchio rendevano la sua
espressione indecifrabile, ma si poteva essere certi che non fosse entusiasta.
La limousine, fornita dal loro ricchissimo anfitrione, metteva un vero e proprio
salotto a disposizione dei
passeggeri. Tutto il Sayonji Racing Team vi aveva trovato posto. Seduta al suo
fianco, sua sorella Sakura, inguainata in un’abito da sera blu cobalto da vera
seduttrice, tentò di strapparlo al suo silenzio.
“Allora, non dici niente?”
“Abbiamo già detto tutto, mi sembra.”
Sakura finse di perdere la pazienza.
“Andiamo! Non dovresti essere contento di stare in compagnia e conoscere
gente nuova, magari ragazze, il che non ti farebbe male?”
Sayonji fece un respiro profondo. Non gli piaceva che venisse toccato il
tasto dei suoi rapporti con l’altro sesso. Sua sorella aveva ragione, ma lui non
cambiava. Non avera veri e propri conflitti con le donne, semplicemente tendeva
ad ignorarle. Il mondo delle corse gli bastava, ma a condizione di immergercisi
totalmente. Il contatto con l’esterno riportava a galla quel conflitto con se
stesso, dovuto al fatto che pretendeva di essere accettato da tutti nonostante
le sue eccentricità. Ciò ovviamente non accadeva che assai di rado, mentre nella
sua officina, nel suo studio, nelle rimesse del suo circuito di prova era
l’Ingegner Sayonji, sapeva quello che doveva fare, gli piaceva quello che faceva
e nessuno gli rompeva le scatole con la necessità di mantenere i rapporti
sociali, che tendeva a vedere come un esercizio di semplice ipocrisia. La sua
natura perfezionista lo portava al pessimismo nei riguardi di tutto ciò che si
trovava al di fuori delle recinzioni degli autodromi. Sua sorella Sakura era
socievole e gentile quanto lui era scontroso, e si sforzava caparbiamente di farlo uscire dal suo guscio, convinta
che una moglie gli avrebbe fatto bene.
“Queste mascherate non fanno bene a nessuno!” fu la sua risposta secca,
ma Sakura non si arrese.
“E’ un ricevimento” replicò Sakura con tono volutamente querulo ”Non una
mascherata. Una festa, dove è possibile divertirsi, socializzare e comunicare, a
patto di non fare gli orsi. Me ne hai già fatte perdere sette, quindi stavolta
ci andiamo e vedi di non essere scortese. D’altronde, anche nel mondo
dell’automobilismo le relazioni sociali sono importanti! E ricordati che
parteciperà anche la stampa. Fai qualche bel sorriso se ti fotografano, e se
fosse una donna ad intervistarti cerca di essere cauto e gentile nelle risposte.
Non puoi sempre allontanarle come fai…”
“Ora basta!”
“D’accordo, non arrabbiarti proprio ora! Però ci siamo
capiti.”
Sayonji cambiò argomento e si rivolse al giovane atletico dagli occhi
neri carichi di vitalità, vestito con un’eleganza pari a quella naturale del suo
aspetto. Le linee forti del suo corpo si adattavano allo smoking facendolo
sembrare un indossatore, ma l’espressione di energia contenuta a stento tradiva
il temperamento dell’uomo d’azione pronto ed astuto.
“Mi è piaciuto il tuo gesto di oggi, Ken. Il mondo delle corse ne aveva
bisogno.”
“Meno male” rispose il giovane con il suo vibrante timbro tenorile
“Pensavo che ti saresti arrabbiato con me!”
La gara di pomeriggio si era svolta all’autodromo di Daytona, dove aveva
avuto luogo una delle tante sfide fra Ken Hayabusa, detto il Falco, e Joe
Shimamura, il suo rivale. Aveva vinto il Falco, ma per la prima volta nella
storia dell’automobilismo lo stacco era stato di un solo centesimo di secondo.
Il Falco era in vantaggio, ma un vantaggio davvero risicato. Joe Shimamura aveva
dieci vittorie all’attivo, Ken undici. Il
terzo posto era andato al
partner di Shimamura, Jet Link. Una volta sul podio, con un gesto senza
precedenti, il Falco aveva invitato Joe a salire con lui sulla pedana del primo
posto e gli aveva stretto la mano. Joe ne era rimasto commosso e gli aveva detto
con calore “Falco, ti sei fatto un amico!”
“Sai Ken, non solo Shimamura lo meritava; ma hai sottolineato il fatto
che si possa vincere lealmente. Con la Black Shadow all’orizzonte, è
importante ribadire i concetti di lealtà e di rispetto dell’avversario. Bisogna
isolare quegli assassini ed impedire che il mondo delle corse diventi
loro”
“Grazie, sono contento che approvi. Sono certo che Joe Shimamura la pensi
come noi. Sarebbe nostro alleato, seppure nostro avversario sui circuiti.
Stasera sarà al ricevimento. Mi piacerebbe parlarne con lui e con Link. I piloti
in gamba devono capire che non ci si deve compromettere con la Black Shadow, e tutti
quelli che vogliono onestà nel mondo delle corse devono essere
uniti.”
“Se c’è Shimamura, ci sarà anche la sua francesina stasera. L’ho vista
oggi all’autodromo. E’ stupenda.”
disse il giovane pilota soprannominato Kamikaze.
“Ed è anche una ballerina classica” osservò Yamato con la sua solita
espressione di persona calma e paziente “Danza all’Operà di Parigi. Ha gli occhi
azzurri, è bionda, snella, aggraziata, gentile, raffinata, colta,…..Avranno
tutti i fotografi ed i cronisti addosso stasera. Proprio il tipo di coppia da
cronaca rosa. L’ho incontrata nella
sala stampa ed ho parlato con lei e con Shimamura. Sono due brave persone. Lei
mi pare si chiami…Francine.”
“Françoise” lo corresse Sakura “Ma ditemi, secondo voi la fidanzata di
Shimamura è più carina di me?”
“Certo che è più carina di te! E se tutti i fotografi staranno loro
addosso, brinderò alla loro felicità perché me li leveranno di torno” disse
Sayonji, divertito all’idea della reazione di sua sorella. Tutti
risero.
Sakura accettò lo scherzo fingendosi piccata.
“Che fratello gentile che ho! E che ammiratori devoti!”
“Scherziamo, Sakura. Farai strage di cuori con quel vestito” le disse Ken.
Il gigantesco Gantetsu intervenne nella conversazione.
“Dimmi, capo. Cosa pensi della recente morte di Sir Roulance
Wells?”
“Che la versione ufficiale non mi convince. Come non mi convince
l’improvvisa opulenza della Black Shadow. Fra le due cose c’è un legame, ma non
parliamone qui.”
“Certo” intervenne Mutsu, con la sua voce sempre un poco timida “che
la Black
Shadow ha preso ad aggirarsi nel mondo dell’automobilismo come
uno spettro minaccioso.”
“Già” concluse Sayonji, con parole profetiche “Uno spettro
nero.”
A cinque minuti di distanza, una seconda limousine trasportava un altro
gruppo di ospiti illustri.
“Françoise” disse Joe “Hai rilevato microspie?”
“Nulla Joe, questa macchina è pulita.”
“Certo che questo Hoozis ama fare le cose in grande!” commentò Albert
Heinrich in tono divertito
percorrendo con lo sguardo l’interno della berlina.
“Per questo siamo in altissima uniforme!” commentò Jet Link, sistemandosi
il nodo della cravatta.
“Già”, commentò Joe “E non dimenticate che siamo stati invitati come Vip,
ovvero Very Important Persons.”
“Considerato che sei tu il divo della situazione, in effetti sei un Vip.
Io mi sento più un Nip, ovvero Not important person, e penso che, a differenza
di voi due, riuscirò ad evitare l’assalto dei fotografi. Con una donna come lei
al tuo fianco per te sarà impossibile. Ti faremo scudo come potremo” scherzò
Albert.
“Grazie, Albert. Anche voi però state bene in smoking, ragazzi! Siete
quasi affascinanti come il mio Joe!” sorrise Françoise, accavallando le gambe e
mettendo involontariamente in evidenza lo spacco del suo scintillante abito da
sera di raso nero ed il suo raffinato collant trasparente. Il suo piedino
calzava un tacco a spillo di
vernice, nero anch’esso. La sua chioma bionda leggermente laccata le ombreggiava
le spalle scoperte ed il suo sorriso rivaleggiava in splendore con il collier di
diamanti che le ornava il petto
niveo. Era l’immagine della bellezza, della grazia e della gioia di vivere. Era
una ragazza che stava andando a ballare con il suo innamorato ed i suoi amici.
Aveva l’impressione di giocare ad essere una principessa, ma il gioco era al
contempo reale. Ne era elettrizzata. Joe, dal canto suo, sapeva che sarebbe
stato necessario farla ballare e, non volendo delegare altri, causa la sua ormai
ben nota gelosia, sarebbe toccato a lui. Sapendosi aggraziato nella danza al
pari di un tirannosaurus rex, aveva cercato di farsi insegnare da Françoise, che
aveva accettato pazientemente di farsi pestare i piedi dal suo amato fino a
fargli sviscerare un insospettato talento. Sulle prime Joe, a causa del triplice
sforzo di prestare attenzione a lei, alla musica ed alla sequenza dei passi da
ripetere mentalmente, aveva avuto la tendenza a ballare tenendo i denti stretti.
Una volta strinse troppo, azionando l’acceleratore e trascinando con sé la
povera Françoise in un valzer supersonico. La sua dama impiegò trenta minuti per
recuperare l’equilibrio. Poi fu necessario provare nella loro camera, perché in
salotto i primi sforzi di Joe erano tanto naturali e leggiadri da aver dato
origine a quello che Bretagna aveva battezzato il “circo Shimamura”. Giunse
persino ad affiggere una locandina. Françoise non si arrese, e, minacciando Joe
di farlo esercitare alla sbarra, insistette fino a sbloccarlo, e potè finalmente
farsi trasportare dalla musica insieme a lui. Joe scoprì che era più bello di
quanto avesse immaginato, e finì per metterci trasporto e passione. Françoise lo
percepì, felice di condividere il suo amore per la danza proprio con il suo
amato. E stasera avrebbe ballato con il suo principe in un meraviglioso
castello, come in una fiaba. Era tutto bello come un sogno.
“Dimmi Joe”, chiese Jet “ stasera ci sarà anche la squadra di
Sayonji?”
“Sì, Jet”
“Sai, volevo salutare il Falco e fare conoscenza con lui.”
Françoise sorrise ripensando al suo gesto al termine della
gara.
“E’ un ragazzo straordinario” disse sorridendo “Il suo gesto è stato
bellissimo. Ha dato un messaggio positivo a tutti i giovani. Entrerà nella
storia dell’automobilismo come esempio di onestà e lealtà sportiva.”
“Una storia che sembra far presagire un periodo difficile” commentò
Jet.
Joè lo guardò serio.
“Ti riferisci alla scuderia di Ayab?”
“Sì. Hanno metodi da Fantasma Nero, e con il denaro a profusione con cui
stanno cercando di acquistare le piccole scuderie automobilistiche indipendenti,
l’analogia si fa ancora più calzante. In effetti, il tocco degli Spettri Neri si
sente. Non mi meraviglierei se vi fossero realmente implicati. Sayonji è fra i
pochi che riescano ad ostacolarli sul loro stesso terreno battendoli nelle
competizioni a dispetto dei loro mezzi superiori; e l’altro problema sei tu,
Joe, che non accetti di correre per loro.”
Albert fece un cenno di assenso, ed aggiunse: “ E’ interessante quanto
questo Ayab abbia preso campo in seguito alla morte “accidentale” di sir
Roulance Wells. Il Professor Gilmoure pensa che una connessione con gli Spettri
Neri sia un’ipotesi da non scartare. Sir Roulance aveva denunciato pubblicamente
il legame fra l’organizzazione di Ayab ed il mondo delle corse clandestine, uno
dei prediletti dai Fantasmi Neri perché gli incidenti sono una fonte di esseri
umani morenti da trasformare in cyborg. Bretagna ha svolto indagini da
infiltrato insieme a Chang in un locale frequentato da allibratori del settore,
ed ha scoperto che un misteriosa donna assistita da un gruppo di sgherri sovrintende
all’organizzazione”
Françoise vide da lontano le luci della reggia di Thomas Wordsworth
Hoozis, magnate del petrolio, dell’elettronica e di molto altro.
“Ci siamo quasi, ragazzi.
Ora basta discorsi seri, anche se, naturalmente, pur non essendo in missione,
terremo gli occhi aperti. In fondo questo Hoozis non sembra avere implicazioni
con i Fantasmi Neri. Se capterò qualcosa di importante ve lo riferirò. Ah,
ditemi. Ken Hayabusa ha una fidanzata?”
“No!” rispose Joe “Perché?”
“Perché mi sarebbe piaciuto conoscerla, gelosone!” rispose divertita.
La limousine attraversò un enorme cancello e percorse il lungo viale
alberato che cingeva Villa Wordsworth-Hoozis, salì su un rampa a semicerchio e
si fermò dinanzi all’androne scintillante di un’autentica reggia. L’assalto di
fotografi e giornalisti ebbe inizio.
Sayonji aveva fatto fermare la limousine nel parco, ad una certa distanza
dalla villa. Preferiva arrivare a piedi. Vide da lontano la berlina di Joe
bombardata dai flash dei fotografi e capì che la coppia più bella dell’autodromo
era arrivata. Si era tolto gli occhiali da sole, perché l’astro cremisi era
tramontato. Le luci d’atmosfera e le fontane luminose del parco soffondevano di
tenue luce azzurra gli alberi, il profumo di resina e di fiori era intenso.
Sakura lo respirò profondamente. Il suo abito blu cobalto pareva rivestirla di
luce fluorescente. Dietro di lui, la sua squadra in smoking nero attendeva il
segnale di partenza. Sayonji guardò l’immensa villa del loro ospite con l’espressione
di un generale che si appresta ad espugnare una roccaforte. L’ordalia, almeno
dal suo punto di vista, aveva
inizio. Si rivolse serio ed impettito ai suoi.
“Mi raccomando, ragazzi. Ci saranno anche quelli della Black Shadow.
Niente incidenti, non rispondete ad eventuali provocazioni e non
cercateli.”
Poi offrì il braccio a sua sorella, e si diresse verso la villa con il
passo di Wyatt Earp all’Ok Corrall. I suoi piloti in smoking lo seguirono
ordinatamente, a ranghi serrati.
Quando lo
sbarramento di flash esplose Françoise adattò la percezione dei suoi occhi in
modo da non esserne abbagliata. Albert e Jet scesero per primi, poi fu la volta
di Joe, che fece a sua volta scudo contro la calca. Il personale della villa
formò due cordoni, e Françoise, divertita da quel gioco, avanzò con le sue tre
guardie del corpo mentre domande frenetiche piovevano da ogni parte. All’interno
della villa, lo splendore l’abbagliò. Joe lesse lo stupore sul suo viso, felice
di vederla divertirsi, spensierata. Aveva bisogno di momenti come quelli. Albert
e Jet si guardarono intorno. Videro
eleganza e lusso, sentirono il tintinnio dei bicchieri, decine di conversazioni,
risate, musica. La villa era immensa, e non vi era angolo che non fosse animato.
Presentarono i loro inviti e salirono lo scalone di marmo che portava al
salone. Françoise vide un’immensa
sala da ballo, lampadari di cristallo immensi appesi ad un soffitto altissimo ed
affrescato, il marmo lucidato a specchio ed i tavoli da buffet imbanditi con tutto
ciò che l’arte culinaria poteva immaginare. Tutti erano eleganti, le ragazze
ridevano allegre, gli uomini le invitavano a danzare, gruppi di amici
scherzavano. Ad Albert, sempre critico e riflessivo, non sfuggì una certa
ostentazione di potenza. Forse c’era un muto messaggio in tutto quello
spiegamento di mezzi, che gli fece ripensare a quando Jet e Joe gli avevano
parlato della recente disponibilità di mezzi di Ayab e dei suoi satelliti. Decise di tenere per sé
quell’impressione, anche perché non c’erano prove evidenti di un simile legame,
e si fece servire un boccale di birra da una cameriera, ringraziando
educatamente.
Non appena
la marea dei fotografi rifluì verso l’esterno in attesa della successiva
limousine, Sayonji, Sakura ed i suoi piloti mostrarono l’invito e salirono a
loro volta. Sakura era in estasi, mentre Sayonji stava già studiando il modo di
far passare il tempo, anche se in fondo non gli dispiaceva trovarsi lì. Ken
riconobbe Jet Link e si avvicinò per salutarlo.
“Jet, felice
di incontrarti!”
“Oh, Falco!
Anche tu fai vita notturna? Sayonji dev’essere più indulgente di quanto si dica
in giro!”
“Sayonji è
qui!”
“Cosa!
Sayonji ad una festa da ballo? No! Sarà una serata storica!”
“Già”
rispose Ken ridendo “E’ stata Sakura a compiere il miracolo!”
“Proprio
così” fece la dolce voce da contralto di Sakura.
“Ecco la
leggiadra ninfa silvestre che ha addolcito l’orso” continuò Ken, indicando
Sakura con un gesto della mano.
“E smettila,
Ken! Presentami piuttosto questo bel ragaz…..questo tuo distintissimo
amico!”
Jet rise a
denti stretti.
“Bene Jet,
ti presento la signorina Sakura Sayonji, sorella del nostro mitico leader e
donna di rara bellezza e pazienza.”
“Jet Link
per servirvi, milady”e si esibì in un’impeccabile baciamano che fece arrossire
la giovane giapponese.
“Jet Link!
Oh, scusate, signor Link, avrei dovuto riconoscervi!”.
“Per te sono
Jet” rispose ammiccando.
Sakura era
divertita dai modi di Jet; aveva un tocco di spavalderia spontanea unita a gesti
inaspettatamente cerimoniosi e raffinati che colpiva le ragazze educate come
Sakura. Sakura lo trovò simpatico, anzi, qualcosa di più……
“Signor
Link…Jet…immagino che anche il Signor Shimamura sia tra noi stasera”
“Ed anche la
sua splendida francese” aggiunse Ken “Sakura muore dalla voglia di conoscerla e
di vederne di persona la bellezza, dopo averla sentita descrivere dai nostri
piloti” .
“Joe e
Françoise saranno felici di fare la vostra conoscenza, signorina Sakura. La
bellezza di Françoise non ha mai avuto eguali” Fece una pausa ed aggiunse in
tono allusivo “Fino a
stasera.”
Sakura
rispose amabilmente “Voi mi adulate, signore”
“Sono
sincero milady, non mento al cospetto della grazia, ma…seguitemi!”
Joe e
Françoise stavano facendo tintinnare due calici di champagne in un brindisi alla
loro felicità. Si guardavano con espressione estatica, al punto che Jet, Ken e
Sakura ebbero un momento di esitazione, temendo di interrompere un momento
speciale. Fu Joe a rompere il ghiaccio, riconoscendo Ken e sfoderando quel suo
sorriso smagliante che faceva sognare Françoise.
“Falco! Sei
venuto a far strage di cuori!”
“Certo! Ma
il cuore che hai conquistato tu vale tutti gli altri!” disse scoccando a
Françoise quello che Sakura chiamava lo “sguardo del falco”.
Bella come
un’attrice, aggraziata come la ballerina che era sempre dentro di lei, Françoise
rimase ammirata dall’espressione franca e decisa di quel giovane dal viso
volitivo e dagli occhi castani vellutati
e profondi. Assunse un’espressione smaccatamente sorniona e, tenendo una
mano sul fianco replicò in tono da finta seduttrice “Grazie, sguardo di falco!”
Sakura
rimase stupefatta quanto Ken.
“Come fai a
sapere che gli dico così?”
“Non l’ho
mai saputo!” replicò candida Françoise.
“Allora hai
avuto la stessa impressione anche tu?”
Le due
ragazze si guardarono negli occhi un istante e si concessero una risata
argentina. Sembravano due usignoli.
Ken si finse
imbarazzato.
“Guarda come
si sono intese subito!”
“Le donne!”
fu il commento di Joe. “Tese la mano a Ken e la strinse con vigore “Grazie per
oggi, Falco!”
“Te lo
dovevo, Shimamura.”
“Ed io ti
devo un’amicizia su cui potrai contare. Naturalmente, aspetto la
rivincita.”
“Certo che
senza di te non ci sarebbe gusto, Shimamura. Alla faccia di Ayab e dei suoi
tirapiedi!” disse svuotando un calice.
Jet
intervenne. “Non dimenticatevi di me!”
“E come
potremmo? Ci tieni sempre il fiato sul collo.”
“Direi che
possiamo passare alle presentazioni ufficiali! Signorina Sakura, Ken i miei
amici Joe Shimamura e Françoise Arnoul.”
“Felice di
conoscervi” fu la risposta di Sakura, accompagnata da un aggraziato inchino
giapponese “Sono Sakura Sayonji”
“Joe
Shimamura” rispose Joe, inchinandosi a sua volta alla giapponese “Sei parente
dell’ingegner Sayonji?”
“Conoscete
mio fratello?”
“Di fama.
Sarei felice di incontrarlo”
“Bene, te lo
presento!”
“Anche lui è
qui?”
“Beh,
sì”
“Ha fama di
evitare sempre le occasioni mondane”
“Già, ma a
volte la spunto io!” replicò Sakura
Françoise
aveva stretto la mano di Ken che le aveva detto in francese
“Enchantée!”
“Grazie, ti
ringrazio di avermelo detto in francese. Volevo ringraziarti anche per il tuo
gesto di oggi. Sono felice che Joe abbia un amico come te. Anzi, che io e Joe
abbiamo un amico come te.”
“Come sei
fortunato, Shimamura” pensò Ken guardando quel volto illuminato da un sorriso
radioso e gentile, privo di frivolezza e sincero. Stringendole la mano affusolata, ne percepì il calore
delicato e la pelle serica, sentì il profumo raffinato che emanava e si rese
conto di quanto i suoi occhi azzurri fossero profondi e fossero solo per Joe.
Poi la voce di un maggiordomo annunciò l’ingresso del padrone della villa, e
tutti gli invitati risposero con un fragoroso applauso di
ringraziamento.
Albert aveva
cercato un momento di tranquillità su uno degli immensi balconi della villa.
Sorseggiava lentamente la sua biira appoggiandosi al parapetto, tenendo d’occhio
l’ingresso principale. Stava aspettando l’arrivo di una macchina che forse non
sarebbe affatto arrivata. Non aveva ricevuto espressamente l’incarico di
occuparsene, ma era curioso di verificare personalmente un indizio. Mentre
guardava i rituali di accettazione degli ospiti al portone d’ingresso, si mise a
ripassare mentalmente alcuni recenti eventi. Poco tempo prima 007 aveva agito
come infiltrato all’interno di un’organizzazione che sfruttava le corse
clandestine macinando grosse cifre di denaro. I giornali avevano segnalato al
riguardo due dettagli inquietanti. Gli incidenti erano frequenti ed i cadaveri
sparivano. Troppa efficienza per un gruppo di teppisti di periferia o per comuni
criminali. Le retate della polizia giapponese avevano portato in carcere solo
delinquentelli comuni, capaci solo di dare nebulose indicazioni agli inquirenti.
L’eminenza grigia che organizzava questo automobilismo parallelo rimaneva
nell’ombra ed un’ipotesi pareva valere l’altra. Bretagna aveva assunto le
sembianze di un allibratore clandestino legato agli incontri di Sumo e si era
messo a frequentare un locale meta di bande di motociclisti e trafficanti di
auto rubate, pezzi di ricambio e articoli
similari. Fingendo di corteggiare una cameriera, aveva preso a dialogare
del più e del meno con gli avventori facendo capire di essere interessato alle
scommesse nel settore automobilistico. Raccolse una voce interessante riguardo
un misterioso personaggio femminile, una donna piuttosto giovane, che poteva
fare da ponte con la vera organizzazione. Mentre ritornava a piedi verso la
metropolitana venne aggredito in un vicolo da due assassini degli spettri neri,
ma 001, che lo seguiva telepaticamente a distanza, lo mise in guardia ed inviò
in suo aiuto Chang Chan-Ko. Furono i due spettri neri a cadere in un’imboscata.
Bretagna, prima di trasformarsi in un’aquila portando Chang in volo sul tetto di
un caseggiato, aveva prelevato un campione di dna dei due avversari grazie ad un
microapparecchio tascabile del Professor Gilmoure. Pochi secondi dopo erano
arrivati i rinforzi nemici, che fecero sparire i corpi dei cyborg distrutti con
la consueta efficienza. Il professore ricostruì il dna prelevato da Bretagna e
fece un controllo incrociato con gli archivi della polizia, scoprendo che le
parti umane di uno degli aggressori di Bretagna appartenevano a Saema Ryuji, un
violento trafficante di merce illegale con la mania delle auto sportive. La
polizia aveva interrogato la convivente, una ragazza con un passato da
tossicodipendente, ed aveva scoperto che una donna bionda e piuttosto giovane,
accompagnata da un uomo di mezza età straordinariamente elegante e distinto
avevano fatto visita a Ryuji ingaggiandolo come pilota. Erano
giunti con una berlina nera, una limousine con a bordo diversi sgherri
nerovestiti e taciturni. Senza dare troppe spiegazioni, pagando in anticipo una
cifra sostanziosa e raccomandando la massima discrezione con oscure minacce, si
erano allontanati. Tre giorni dopo Ryuji era uscito di casa di sera, senza fare
più ritorno. La donna bionda, almeno così le era parso, aveva il volto velato e
parlava con accento straniero. L’uomo con il cappello a cilindro aveva tenuto in
testa il vistoso copricapo ed aveva preteso che il colloquio si svolgesse senza
tenere la luce accesa. La testimone non poteva fornire un identikit, e non
poteva fornire neppure molti ragguagli in merito al colloquio perché era stata
mandata in un’altra stanza. Ricordava solo le parole “Black Shadow”. Il Fantasma
Nero, la spiegazione poteva apparire ovvia. Uno dei tanti casi simili al suo.
Però, da quando aveva lavorato come meccanico per Joe e Jet, i tre avevano
raccolto voci in merito alle corse clandestine. Si parlava di un’organizzazione
o scuderia che si faceva chiamare Black Shadow e si serviva di uomini in nero.
Circolava il nome di un certo Ayab, un barone di non si sa che famiglia e luogo,
ed anche di un certo Kramer, un corridore di talento, ma scorretto e sospettato
di omicidio, ma le versioni erano discordanti. Quandi vi furono i primi morti in
gare clandestine disputate su auto realizzate con componenti provenienti da
diversi paesi, il nome di Ayab venne fatto più di frequente, fino a quando un
pilota inglese che lo aveva fatto troppo frequentemente era morto
“accidentalmente”: si trattava di sir Roulance Wells. Poi, nei box, dopo la
gara, aveva sentito dire che “ci sarebbero stai quelli della Black Shadow”,
ormai sinonimo della scuderia di Ayab. Sotto di lui le automobili di lusso
continuavano a scaricare invitati mitragliati dai flash. La baldoria prometteva
di durare tutta la notte, ma non per lui. Aveva troppo metallo in corpo per
conoscere una ragazza e divertirsi. Guardò Joe e Françoise dietro i vetri. Loro
almeno potevamo amarsi reciprocamente. Lui non avrebbe avuto che amicizia, e per
lo più solo dai cyborg. Forse anche da qualche umano, ma niente di più. Lo aveva
accettato, ormai. Mentre era immerso in queste riflessioni, un uomo fece il suo
ingresso sul balcone. Albert riconobbe Sayonji, e notò che a sua volta
l’ingegnere sembrava avere un interesse per l’attività all’ingresso analogo al
suo. Sayonji notò Albert, e parve riconoscerlo. Albert si fece avanti, e gli
rivolse la parola.
“Salve!”
“Salve,
amico.”
“Siete
l’ingegner Sayonji!”
“Indovinato.
Forse ci siamo già visti, io e lei”
“Già!”
confermò Albert “All’autodromo. Io lavoro con Link e Shimamura”
“Ah, sì!
Siete un meccanico, vero?”
“Sì,
meccanico Albert Heinrich, ingegnere” rispose Albert tendendogli la
mano.
“Piacere di
conoscerla” rispose Sayonji stringendola.
“Sa, abbiamo
apprezzato molto il gesto del suo pilota, oggi”
“La
ringrazio. Il mondo delle corse ne aveva bisogno”
Sayonji
sentiva in quell’uomo dai tratti teutonici un’affinità di carattere che lo portò
ad aprirsi.
“Ditemi,
Albert, avete mica visto un cappello a cilindro scendere da una limousine
nera?”
Albert fece
per dare un guizzo, ma si contenne.
“Finora no.
Perché, se non sono indiscreto?”
“Perché
sotto il cilindro ci sarà probabilmente un uomo chiamato Baron, il tirapiedi di
un certo Ayab Mobildick”
“Ho sentito
aprlare di lui” fece Albert, evasivo “di lui e di una certa “Black Shadow””. Che
tipi sono?”
“Gente da
evitare” rispose Sayonji “Ah,
eccolo!”
Mentre
parlavano una limousine a sei ruote, nera come un carro funebre, si era
maestosamente inerpicata per il viale e si era fermata davanti al portone.
L’atteggiamento degli inservienti si fece più deferente, diffondendo nell’aria
una sorta di impalpabile tensione. Albert vide un uomo abbigliato con eleganza
raffinata, ma chiassosa. Portava un alto cappello a cilindro. Un indizio solo
non era sufficiente, ma il secondo indizio si mise subito al suo fianco e Baron
le offrì il braccio. Una donna con il volto celato da un cappellino a veletta.
Albert non distinse il volto, anche a causa del cilindro di Baron, ma il gesto
con cui prese Baron a braccetto ed il suo portamento accesero in lui una
curiosità che non seppe spiegarsi. Mentre entravano, sette uomini eleganti, ma
dall’aria non proprio raccomandabile, li seguirono senza dire una parola. Decise
che a furia di riflettere stava iniziando a vedere indizi ovunque, ma decise
anche di cercare di scoprire qualcosa di più.
Sayonji
salutò Albert.
“Meglio che
vada a controllare i miei. Ci si vede, Albert!”
“Arrivederci, ingegnere”
Sayonji si
avvicinò a Yamato, il suo capo meccanico, e lo vide intento a parlare con Joe
Shimamura ed una ragazza bionda. Mutsu e Gantetsu si stavano presentando
educatamente ad entrambi. Ken era al bancone del bar, sequestrato da un gruppo
di giovani ammiratrici chiassose. Sakura stava ballando con ragazzo alto dai
capelli rossi: Jet Link.
”Beh” pensò
Sayonji “Il gemellaggio prosegue, e quel Link non mi dispiace”
Poi si
avvicinò ai suoi piloti, che lo salutarono.
Joe lo
riconobbe e gli si rivolse come un fan.
“Ingegner
Sayonji!”
“Shimamura!
Il mio avversario preferito! Sei in gamba ragazzo! Ci vuole gente come te nel
mondo delle corse, altro che Ayab. E ci vorrebbe gente come te e Link anche
nella mia scuderia. Potreste rifletterci su, voi due!”
“Potremmo
davvero parlarne. Sarebbe un onore” rispose Joe, serio.
Sayonji si
rivolse a Françoise.
“Immagino che la tua dama sia la
ballerina francese di leggendaria bellezza che ha ispirato lodi a tutto
l’autodromo!”
“Volete
farmi arrossire, ingegner Sayonji? Sono Françoise Arnoul” e, con gesto
aggraziato, gli porse la mano affusolata.
Sayonji la
strinse con delicatezza nella sua, grande e brunita, sorridendole.
Sorridendole? La ragazza di Shimamura aveva strappato un sorriso a
Sayonji! Era lei la vincitrice delle due dozzine di rose che il Sayonji Racing
Team aveva segretamente messo in palio all’insaputa del suo leader e di Sakura
alla donna che vi fosse riuscita durante un ricevimento. Ovviamente Sakura era
esclusa. Gantetsu, Mutsu e Yamato si scambiarono un’occhiata di intesa, e, senza
saperlo, Françoise fu eletta reginetta di quel concorso segreto.
L’orchestra
fece una pausa. Le coppie in abito da sera cessarono le loro evoluzioni e si
scomposero. Françoise si rivolse perentoria a Joe.
“Il prossimo
è nostro!”
“Ma…..non si
potrebbe aspettare ancora?”
“Ne ho già
aspettati sei, caro il mio debuttante!”
“E va bene”
disse Joe, rendendosi conto di non poter più rinviare il momento della
verità.
Françoise si
strinse a Joe.
“Tranquillo,
campione. Ci sono io al tuo fianco” e lo guardò negli occhi. Joe la ricambiò ed
entrambi ebbero un momento di estasi durante il quale il direttore salì sul
podio e le coppie si disponevano in cerchi concentrici sulla pista. Françoise se
ne accorse all’ultimo istante e con un rapido “Sevuolescusarcingegnere” diede un
strattone a Joe e lo portò nel cerchio di coppie più esterno. Sayonji li guardò,
divertito. Da lontano, Ken unì indice e pollice in un cerchio perfetto e lo
mostrò a Joe facendo il segno dell’ok. Aveva intuito il suo imbarazzo. Il
silenzio scese sulla sala, per non disturbare l’attacco dell’orchestra
ovviamente, e non perché tutti avessero lo sguardo fisso su loro due, ma Joe
provava ugualmente quella sensazione.
Cinse con il braccio sinistro la vita di Françoise e distese il destro.
Françoise gli appoggiò la sinistra sulla spalla ed appoggiò la destra su quella
di Joe. Era entusiasta, ma non dimenticò di fare a Joe una raccomandazione
perentoria.
“Non stringere i denti mentre balli, o mi
trascinerai in un altro tornado e travolgeremo tutti”
L’orchestra
attaccò.
Mentre Ken
faceva l’ok a Joe, una ragazza gli si avvicinò. Alta e snella, aveva il volto
dall’incarnato diafano incorniciato da una scintillante chioma di capelli rossi,
ed i lineamenti delicati e spirituali che adornano il volto delle giovani
inglesi. Indossava un lungo abito azzurro di satin, stretto in vita da una
cintura tempestata di brillanti. Le braccia dai polsi sottili sorreggevano una
stola di visone drappeggiata sugli omeri. Le dita lunghe ed affusolate della
mano destra formavano un intreccio aggraziato intorno al lungo bocchino nero con
cui aspirava fumo da una sigaretta alla menta. Una rosa bianca ornava i suoi
capelli tenuti in ordine da un cerchietto, ed i suoi occhi grigi avevano
un’espressione decisa. Quando il Falco fece per voltarsi, la ragazza gli
sorrise.
“Hai un
minuto per me, Falco rapace, o le tue ammiratrici non ti danno tregua?”
Ken rimase
stupefatto.
“Romy!!”
“In persona,
mio bel pilota!” fece lei, sorniona.
“Romy, ho
saputo di tuo padre! Credimi, la sua morte mi ha profondamente colpito.Ti faccio
le mie condoglianze”
Le tese la
mano.
Lei la
strinse, commossa.
“Grazie,
Ken. Sono qui per parlarti……in privato”
“Va bene,
Romy, parliamo, vieni”
Scesero al
piano inferiore, uscirono per un portone secondario e si incamminarono per un
dei viali dell’immenso parco. Incontrarono mute sculture neoclassiche e fontane
luminose via via che la vegetazione si faceva più fitta. Giunsero ad un spiazzo
circolare, adorno di un cerchio di sculture di divinità olimpiche. Al centro,
pesci rossi nuotavano dentro una vasca di marmo attorniata da una ringhiera di
ferro battuto. Fuori dal cerchio di luce dei lampioni, il bosco era un intreccio
di infinite gallerie che si perdevano nell’oscurità.
“Ken,
ricordi la nostra vecchia sfida?”
“Sì,
certamente”
“Fosti tu a
vincere”
“Sì
Romy”
“Ebbene,
sono tornata per batterti”
Orgogliosa
come Athena, passionale come una Walkiria, la ragazza sfidò Ken con i suoi occhi
grigi, sicuri e determinati. Parlava con la certezza assoluta di riuscirci.
“Se vuoi
gareggiare con me, puoi farlo su un circuito ufficiale, come tutti”
“Avremo
molte occasioni di misurarci, Falco.Voglio che la scuderia di mio padre risorga
e devo dimostrare di essere all’altezza, battendo te! In tutti questi anni non
ho fatto che studiare ed allenarmi, ed ora posso farlo”
“Romy, io
non sono mai riuscito a capire tutto l’antagonismo che provi nei miei soli
riguardi. Sembri volerci mettere qualcosa di personale, ma perché? Perché
quest’ossessione? Sai, io ho spesso pensato a te e……”
“E?” rispose
lei altera
Ken parve
perdere la pazienza. Si lasciò andare e le disse tutto quello che
provava.
“Ebbene,
battimi, se vuoi, ma io penso che noi saremmo fatti per stare insieme e se tu non avessi vissuto in funzione di
questa fissazione, forse a quest’ora tu ed io……”
Sentì il
sapore bruciante di uno schiaffo sulla guancia.
Romy lo
guardava tremante con le lacrime agli occhi.
Il vento si
calmò improvvisamente ed il silenzio si fece assoluto.
“Se sei
tanto forte da darmi lezioni, perché non mi hai fatto questi discorsi anni fa,
anziché sparire per inseguire i tuoi sogni di gloria?”
“Romy, io
non pensavo che tu potessi provare per me sentimenti profondi”
“Che ne sai
di quello che posso provare?”
Ken era
rimasto di sasso.
“Romy…….”
“Ken, io ora
devo batterti. Vedi, io correrò per la scuderia di Ayab”
“No, Romy,
che hai fatto?!”
Romy
proseguì, con la voce rotta dal pianto.
“Con il loro
denaro salverò la casa automobilistica di mio padre. Gli ho promesso in punto di
morte che avrei continuato, ed è morto felice. Ken, ora sei tu il mio
nemico.”
“Romy, io
non ho fatto che pensare a te, se solo avessi immaginato…..”
“E’ tardi,
Ken……”
“No,
maledizione, no!!!! Romy, insieme possiamo trovare il modo…...”
Romy prese
fiato a strappi.
“Smettila di
torturarmi, non ti basta tutto il male che ci siamo già fatti?”
Ken non le
rispose. Quelle parole lo ferivano come pugnali.
Lei gli mise
in mano una busta sigillata ed una rosa rossa. Poi lo guardò in viso
pronunciando un passo da “Romeo e Giulietta” di Shakespeare. Erano le parole che Giulietta aveva pronunciato
proprio durante un ricevimento, quello nel quale incontrò Romeo.
Ken faticò a
credere a quello che udiva.
“Il mio
unico amore nato dal mio unico odio! Perché?”
Poi si voltò
e fuggì in lacrime.
Nella sua
immaginazione Ken la inseguì, la fermò, la strinse a sé e la baciò. Nella realtà, frastornato da
quell’emozione improvvisa, esitò troppo e lei sparì. Poco dopo, il rombo di una
macchina sportiva ruppe il silenzio e Ken vide la luce rossa dei fari posteriori
di una fuoriserie uscire in lontananza dal parco, prendere la strada principale
e diventare un lontano puntino di luce rossa, che si spense. A Ken rimasero
soltanto la lettera di Romy ed il profumo di una rosa rossa.
Un istante
prima della musica Joe era convinto che quella sera il “Circo Shimamura” avrebbe
avuto centinaia di spettatori, ma il suo corpo non aveva dimenticato. La
tensione scomparve d’incanto, ed iniziò a portare Françoise, che a sua volta,
con la sensibilità al ritmo ed all’armonia che le avevano aperto le porte
dell’Operà di Parigi, lo seguì con
naturalezza. Iniziarono a muoversi lungo un merletto invisibile tracciato sul
pavimento di marmo lucidato, seguendo la direzione di tutte le altre coppie,
finché Joe non si rilassò e lasciò che la musica lo pervadesse. Françoise sentì
che condividevano la stessa sensazione, che lui in quel momento poteva capire il
suo amore per la danza, sentì che condividevano qualcosa che non avrebbe mai
pensato di condividere con lui, e quell’empatia fu bellissima. Danzarono
leggeri, rapiti, mentre il salone girava loro tutto intorno e loro ne erano divenuti il centro. Non
avrebbero neppure saputo dire se fosse il salone a ruotare realmente, e loro ad
essere fermi. Si guardavano negli occhi, scambiandosi mute parole di gioia, e
quella magia proseguì per un tempo che parve infinito.
“E’
bellissimo, amore mio” disse Françoise.
“Tu rendi
tutto bellissimo” le rispose Joe.
Il valzer
era prossimo alla fine, quando Françoise diede improvvisamente un guizzo di
spavento ed attivò le sue fotocamere cibernetiche per ingrandire la scena che
vide nel vestibolo d’ingresso della sala da ballo.
Dopo essere
rimasti al piano inferiore piuttosto a lungo, Baron ed i suoi sgherri fecero il
loro ingresso nel salone. La donna velata non era con loro.
Si trovarono
di fronte Sayonji e la sua squadra, e l’atmosfera fu davvero quella dell’OK
Corral. Il vestibolo del salone divenne Tombstone per un lungo istante. Sayonji,
Gantetsu e Kamikaze, con la loro posa decisa, parevano i tre fratelli Earp, e
Yamato un passabile Doc Holliday. Di fronte a loro, la banda Clanton-McLowery
del mondo delle corse con il suo consueto sfoggio di facce patibolari. Mancavano
solo i cinturoni ed i cappelli a sombrero.
Sayonji
aveva appena finito di raccomandare ai suoi di evitarli.
Baron prese
la parola, sfoggiando il suo sorriso lubrico. I suoi modi viscidi come olio
lubrificante non riuscirono però ad ammorbidire l’espressione granitica di
Sayonji.
“Ingenger
Sayonji, che piacere vederla!”
“Il piacere
è tutto suo”
“Spontaneo
come sempre, ingegnere, ma, visto che siamo in casa d’altri, confido nella sua
capacità di tenere a freno se stesso ed i suoi campioni”
“In effetti,
siamo in territorio neutrale. E poi la vostra batosta per oggi l’avete già
avuta. Potete godervi la serata”
Sayonji fece
un gesto teatrale con il braccio, ed i suoi piloti fecero ala a Baron ed ai
suoi. Le occhiate che si scambiarono furono fin troppo eloquenti.
Quando Baron
e la donna si lasciarono, Baron salì al piano superiore con i suoi, mentre lei
si mosse verso un corridoio a sinistra dello scalone di marmo. Albert la seguì,
armando la mitragliera installata nella sua mano destra. La figura
femminile, non molto alta di
statura ma armoniosa, si voltò e lo fronteggiò in silenzio, il volto celato
dalla veletta. Albert giocò la sua carta, spinto da una sensazione che si faceva
sempre più forte.
“Vi occorre
un pilota che non teme il rischio e che vuole essere ben pagato?”
Lei esitò,
poi rispose in tono aspro.
“Seguitemi!”
All’improvviso, Albert le tappò la bocca, la trascinò in una rientranza e
le strappò il velo.
Rimase di
pietra.
Anche la
donna lo guardò, e divenne catatonica.
Poi fuggì,
scossa e stranamente assente.
Albert
rimase attonito. Era per forza una trappola, una maledetta trappola, era un
tranello, era una tattica per spezzargli i nervi! Udì passi pesanti avvicinarsi
e guadagnò l’uscita.
Joe vide
Françoise cambiare espressione e fece per fermarsi.
“No!” lo
supplicò lei sottovoce “Continua a ballare!”
“Cosa
succede?”
“Ti prego,
portami verso il fondo del salone ed esci dalla pista da ballo. Fidati di me. Ti
spiegherò tutto”
Joe obbedì.
Dando le
spalle all’ingresso, Françoise estrasse il portacipria e finse di rifarsi il
trucco. In realtà puntò lo specchietto verso l’entrata e scandagliò l’immagine
riflessa con le sua vista potenziata. La mano le tremò al punto che il
portacipria le cadde. Con i suoi riflessi potenziati Joe lo raccolse al volo e
la guardò intensamente.
“Joe, è….è
lui!!” disse a voce bassa.
“Lui
chi?”
“Quello con
il cappello a cilindro, quello che ha parlato con Sayonji!”
“Ebbene,
come lo conosci?”
“Joe” disse
lei con gravità “Ne sono sicura. E’ l’uomo che mi rapì per conto del Fantasma
Nero!”
Joe tacque a
lungo, poi disse:
“Chiamiamo
gli altri”
Jet aveva
appena finito il suo giro di valzer con Sakura quandi udì la voce di Joe
attraverso la sua trasmittente
interna.
“002, non
riesco a contatare 004. 003 sta cercando di individuarlo. Non è a questo piano e
neppure a quello superiore. Il piano inferiore è schermato contro i raggi X.
Deve trovarsi lì. Portalo alla macchina. Se incontri Sayonji, salutalo e
lasciagli i nostri telefoni. Annotati il suo. Ci torneranno utili. Ah, lascia
stare, a questo pensiamo noi. Ci vediamo alla macchina. Non possiamo combattere
qui e non posso lasciare Françoise. Ti spiegheremo dopo”
Jet notò
subito che Joe gli si era rivolto con il suo numero operativo. Significava
emergenza.
“Ricevuto,
009”
Jet si mosse
immediatamente. Si congedò da Sakura, che però gli chiese il telefono
lasciandogli il suo personale, e scese al piano inferiore. A sinistra dello
scalone, notò un corridoio. Vi si diresse con indifferenza, ma armò il laser
nella fondina ascellare. Il locale era schermato contro onde radio e raggi X.
Una tecnologia che solo il Fantasma Nero poteva possedere illegalmente. Non ebbe
bisogno di entrare, Albert venne verso di lui, ma con un’espressione che gli
fece paura.
“004, sembra
che tu abbia visto un fantasma…”
Lui rispose
con voce piana.
“E’
così”
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NOTA: Questa fic è stata scritta in collaborazione
con COSTIGAN, a cui deve essere attribuito pienamente il merito della trama, io
mi sono limitata a coadiuvarlo nella stesura ed a completare alcune parti.
Pertanto la fanfic è da considerarsi scritta da due autori: Costigan e
Michiredfox. Grazie.
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Capitolo 6 *** Parte 5 ***
1
Albert e Jet
uscirono all’aperto esteriormente disinvolti, ma pronti a scattare. Si avviarono
verso il parcheggio delle auto, affiancandosi a Joe e Françoise.
003 aveva i sensori al massimo, pronta a dare l’allarme.
Joe usò la trasmittente interna.
“Albert, dove ti eri cacciato?”
La voce del tedesco era visibilmente tesa.
“Verificavo un indizio relativo alla pista delle corse clandestine in
Giappone, ma mi hanno scoperto. Fate attenzione”
Joe rimase perplesso. Albert non era tipo da rimanere scosso per nulla.
“003, passa ai raggi x la nostra macchina e segnala qualsiasi ordigno
anomalo. Togli la sicura al tuo laser”
“Ricevuto, 009” Infilò la mano nella borsetta e fece un movimento rapido.
Poi fissò la loro berlina e si concentrò.
“Tutto normale” riferì la ragazza.
Mentre salivano, Jet sorvegliò il viale, poi salì richiudendo rapidamente
la portiera.
Joe diede all’autista un indirizzo differente da quello della loro vera
destinazione, per evitare agguati. Avrebbero raggiunto i loro alloggi
all’autodromo con altri mezzi ed avrebbero chiesto al Professor Gilmoure di
fare ritorno con il Dolphin.
Françoise era seduta in modo da avere il lunotto posteriore davanti agli occhi,
per analizzare eventuali automobili inseguitrici. Jet vide un assembramento di
individui che si scambiavano frasi rapide, ma concitate, davanti al portone
della villa.
“A giudicare dal trambusto al portone, qualcuno si sta interessando al
lavoretto che Albert ha fatto poco fa” disse Jet comunicando con la sua
trasmittente interna. Quando si trovavano in situazioni potenzialmente ostili,
avevano l’ordine di usare quel sistema di comunicazione.
Françoise ingrandì l’immagine e distinse nuovamente Baron.
“C’è anche quel maledetto!”.
“Quale?” chiese Jet
“Una mia vecchia conoscenza. Quello con il cappello a
cilindro!”
“Tua vecchia conoscenza?” chiese Albert stupefatto “Baron della Black
Shadow? E dove lo avresti conosciuto?”
“Anni fa, quando ero umana. Quando salii su una macchina come questa per
valutare una proposta di lavoro come ballerina, e quel porco si avventò sul mio
viso con un tampone di cloroformio mentre i suoi sgherri mi bloccavano le
braccia! E’ lui!!”
“Cerca di stare calma, Françoise. Quando saremo a casa ne discuteremo con
il professore e con tutti gli altri”
“Albert, a te cosa è successo” domandò Jet “Cosa intendi con “ho visto un
fantasma”?”
“Fantasma?” chiese Joe.
Albert era teso. Pareva assente. Esitò prima di replicare.
“Non ora, ragazzi. Vi dirò tutto ma…preferisco parlarne dopo che saremo
arrivati.”
“Va bene, 004. Ora dobbiamo solo pensare a stare in guardia. Se cadiamo
vittima di un agguato, quanto abbiamo scoperto non servirà a
nessuno!”
La berlina
nera fece il suo ingresso nell’immensa area di parcheggio dell’autodromo di
Daytona. Uno dopo l’altro, Sayonji ed i membri della sua squadra scesero e si
diressero ai rispettivi alloggi. Ken raggiunse la sua stanza, accese la luce,
mise la rosa che Romy gli aveva lasciato in un bicchiere d’acqua e guardò la
busta. Aveva un sigillo di ceralacca con l’emblema della famiglia Wells, ed il
retro vergato dalla elegante e curvilinea grafia di Romy. C’era scritto
semplicemente “Per Ken”. Ken si rigirò fra le dita la busta, e decise di aprirla
solo dopo essersi tolto un dubbio,
dubbio di cui poteva parlare solo con una donna. Ancora in smoking, uscì
nel corridoio e bussò alla porta di Sakura.
“Chi è?” chiese le ragazza.
“Sono Ken”
“Ken? A quest’ora? Cerchi un flirt, mio bel pilota, o vuoi parlarmi di
qualcosa?”
“Voglio parlarti”
“Solo parlare?”
“Sì!”
“E va bene, entra pure”
Sakura si era cambiata. Indossava solo un top e calzoncini davvero corti.
Era scalza, il che le dava un tocco di sensualità in più. Vedendola così
succinta, Ken non la trovò affatto male.
“Bene!” fece Sakura, facendolo accomodare su una sedia e sedendosi a
gambe incrociate sul letto “Affari di cuore!”
“Possibile che riesca sempre a leggermi come un libro aperto?” pensò Ken,
lieto che la sua confidente avesse rotto prontamente il ghiaccio.
“Sakura, al ricevimento ho incontrato Romy Wells”
“Romy, la tua quasi fidanzata o ex fidanzata?”
“Lei!”
“Cosa vi siete detti?”
“Se non ti dispiace preferirei non approfondire in questo momento. Sono
ancora confuso” rispose Ken evasivo “Vorrei solo un tuo parere in merito ad un
dettaglio. Vedi, al termine del nostro incontro, Romy mi ha lasciato una busta,
indirizzata a me, ed una rosa rossa. Le rose rosse sono il simbolo della sua
famiglia. Secondo te, è questa la ragione?”
Sakura rimase in silenzio a lungo, come se dovesse valutare bene la
risposta. La veneziana della finestra tagliò la luce azzurra dei fari di una
macchina che passava, poi tornò la penombra illuminata solo da una piccola
lampada sul comodino.
“No, Ken. La rosa rossa significa amore, passione. Romy ti
ama.”
“Come puoi esserne certa?”
“Sono una donna Ken. Io posso capire una simile sfumatura”
“Grazie Sakura”
Ken le fece una leggera carezza sui capelli, come un fratello, le augurò
la buonanotte e fece per uscire.
“Ah! Sakura! Com’è andata con Jet Link?”
“E’ andata meglio di quanto immagini” fece lei, languida.
“Mi fa piacere!”
Ken fece ritorno nella sua stanza.
Ora era certo di poter leggere quella lettera nel modo giusto.
Sakura si sdraiò sul letto, intrecciò le dita dietro la nuca ed emise un
sospiro che si trasformò nella parola “Jet”.
La macchina
di Romy terminò la sua lunga corsa di fronte al cancello elettrico di una villa
circondata da un alto muro. Lo aprì con un telecomando e fermò la sua potente
macchina da corsa dalla linea retrò tipicamente inglese davanti all’ingresso.
Quando richiuse la porta e fece per raggiungere la sua stanza, la serratura
della porta d’ingresso scattò di nuovo ed entrò anche Baron.
“Bene
arrivata, Lady Wells. Avete svolto il vostro compito?”
“Sì”
“Molto
bene. Siete certa che Ken Hayabusa verrà?”
“Sì. Lo
conosco, verrà”
“D’accordo,
Milady, e, se ci dimostrerete di essere all’altezza di batterlo potrete correre
per noi a Tortica. In cambio il barone Ayab salverà la casa automobilistica di
vostro padre, così potrete continuare la sua opera. Occorre una bella cifra, e
dovete guadagnarvela. Tuttavia, mia cara, ci sarebbe un modo per avere molto di
più, sapete?”
“Che cosa
intendete dire?” chiese Romy, indietreggiando di fronte al sorriso lubrico di
quell’alleato pericoloso.
“Oh, solo
che, quando si hanno ambizioni come le vostre, bisogna scegliere l’uomo giusto,
Milady. E voi avreste bisogno di un uomo al vostro fianco”
“Non vi
avvicinate!” gli intimò Romy, ormai con le spalle al muro.
Il sorriso
di Baron si allargò.
“Adesso
parlate in questo modo, ma con il tempo mi amereste, perché tutte le donne in
fondo amano il denaro e il potere”
Romy tentò
di schiaffeggiarlo, ma lui le bloccò i polsi e glieli schiacciò contro il muro.
“Lasciatemi, vigliacco!” gridò Romy. Il contatto con le mani di
quell’uomo bruciava come un acido. L’alito le parve un lezzo di fogna. Quel
sorriso dai denti affilati era peggiore di qualsiasi manifestazione di collera.
Dal petto di Baron iniziò a sgorgare una profonda risata gutturale, che si
tramutò improvvisamente in un rantolo strozzato quando il ginocchio di Romy
scattò centrandogli l’inguine. Baron unì di scatto le ginocchia tenendo
distanziate le caviglie e cadde all’indietro, trascinando Romy con sé. La
ragazza si dibatteva sopra di lui come un’anguilla, cercando di artigliare il
viso di quell’uomo disgustoso. Baron era combattuto fra la necessità tipicamente
maschile di premersi il basso ventre in queste circostanze e quella di tenere bloccati gli artigli
di quella tigre. Le sue imprecazioni avevano un tono smorzato, boccheggiante.
Quelle di Romy erano fin troppo nitide.
La scena
d’idillio venne interrotta da una lunga ombra che oscurò la lampada a muro. La
gigantesca figura corazzata di Ayab si parò di fronte a loro. Da quell’elmo
esplose un comando perentorio.
“Ora
basta!!!”
Romy e
Baron si bloccarono.
“Bene bene!
Ci teniamo in forma con la lotta libera, Baron. Se ha terminato, vorrei
parlarle”
Il suo tono
ironico suonava come il rumore di un serpente che striscia su uno scheletro
abbandonato nella giungla.
Rialzatosi
in piedi, più o meno, Baron rispose:
“Sì, mio
signore”
“In quanto a voi, Lady Wells, per oggi può bastare. Raggiungete pure la
vostra stanza”
Romy scoccò a Baron un’occhiata bieca e si allontanò senza
rispondere.
Baron, che aveva ripreso a camminare bene, seguì Ayab nel suo
studio.
“Bene,
Baron. I nostri tre gemelli tibetani sono impazienti di avviare il loro progetto
di scavo a Tortica, e noi lo siamo altrettanto di intraprendere la gara che ci
renderà leader dell’automobilismo mondiale. Ci occorre la Maestà Reale per
vincerla, ed al contempo ci occorre gettare discredito su Sayonji e liberarci di
Hayabusa il Falco. Questo lo sai, vero?”
“Sì mio signore”
“Il tuo piano procede, Baron?”
“Sì, mio signore. Il Falco accetterà sicuramente la sfida di Lady Wells,
e, durante la loro corsa, un incidente… diciamo fortuito… li ucciderà entrambi.
Troveranno il Falco ed i rottami della sua macchina. Non troveranno Lady Wells e
neppure la macchina che fu di Sir Roulance, l’imbattibile Maestà
Reale”
“Bene, Baron. Gli Spettri Neri invieranno i loro soldati. Un lavoro
pulito ed efficiente. Ma ciò che conta di più e che saremo noi ad uscirne
puliti. La Black Shadow corre su circuiti ufficiali, non clandestini. Lo
scandalo travolgerà anche Sayonji. Pensa: il suo migliore pilota che corre in
gare illegali accettando denaro da criminali. Che notizia bomba! La stampa non
se la farà sfuggire, Baron. Avremo la Maestà Reale, anche se danneggiata, ma
potremo comunque ripararla e, se dovesse servirci aiuto, i tre gemelli ce lo
daranno. Studiandola produrremo una nuova generazione di automobili da corsa.
Riguardo a Lady Wells, pare che il corpo possa essere utile ai nostri recenti
finanziatori. Sei d’accordo Baron, o la preferiresti per te? Se vuoi giocarci un
po’, potrebbero lasciartela”
“E’ lo stesso. Non è divertente come giocattolo. Non è abbastanza
stupida.”
“Allora i tre gemelli avranno una cavia davvero splendida”
Dopo il colloquio con Sakura, Ken era tornato nella sua stanza… aveva
ancora tra le mani la lettera di Romy…
Si distese stancamente sul letto, lo sguardo fisso sul soffitto della
lussuosa camera dell’hotel… prendendo tempo… non aveva ancora il coraggio di
aprire quella maledetta busta…
Chiuse gli occhi un istante… respirando profondamente… alla fine si
decise… ruppe velocemente il sigillo che chiudeva la busta e ne estrasse un
piccolo foglio di carta, ripiegato accuratamente, insieme alla mappa di un
circuito…
Al suo interno… poche righe esprimevano tutte le emozioni di un cuore in
pena:
“Ciao Ken,
che strano… non avrei mai creduto che un giorno avrei scritto una
lettera, io che sono sempre stata abituata ad agire, a parlare con chi ho
davanti, piuttosto che rifugiarmi in fredde parole affidate ad una penna e ad
una pagina bianca, eppure…
Forse ho sentito per la prima volta in vita mia la necessità di scrivere
perché solo così riesco ad esprimere i miei sentimenti nei tuoi confronti, solo
così posso aprire la mia anima…
Sì, ti ho amato Ken, moltissimo, anche se a volte preferivo nasconderlo
sotto un velo di indifferenza nei tuoi confronti… so però che questo per me è un
sentimento impossibile, qualcosa che dovrò imparare a trasformare in odio: tu
sei il mio rivale, colui che dovrò battere apertamente se voglio far rivivere la
gloria che fu di mio padre!
Sono pienamente cosciente di questo e farò tutto ciò che è in mio potere
per realizzarlo. Sarai informato dettagliatamente della nostra sfida da chi di
dovere, intanto troverai in questa busta la descrizione del percorso da
affrontare; mi dispiace Ken, forse se ci fossimo incontrati in un altro tempo…
in un altro luogo… se fossimo state due persone diverse… ma il destino ha voluto
così ed io non ho più né la forza né probabilmente la volontà di
cambiarlo…
Ti auguro buona fortuna Falco… addio.
Romy”
Rimase così, con la sua lettera in mano, con gli occhi lucidi di lacrime
inespresse, un tempo infinito…finché uno squillo del telefono lo riportò alla
realtà…
Il giorno successivo Romy telefonò alla donna che organizzava le corse
clandestine e le confermò di avere consegnato a Ken la sua sfida. Era esacerbata
dal fatto di doversi servire di simili alleati. Forse, dopotutto, Ken aveva
ragione. Però aveva giurato a se stessa di salvare la casa automobilistica della
sua famiglia, e ci sarebbe riuscita gareggiando.
La donna dall’accento straniero rispose dal suo telefono mobile, fornendo
a Romy numerosi dettagli in merito alla gara clandestina che aveva organizzato
Non fece caso al gatto che, sdraiato vicino alla sua sedia a sdraio, si godeva
il sole a propria volta. Il gatto invece fece caso alla sua telefonata,
annotandosi mentalmente luogo ed ora della gara ed il nome di Lady Wells e di
un’auto da corsa detta “Maestà Reale”.
Poi si stirò vistosamente, sbadigliando, e si allontanò trotterellando,
con un’espressione di soddisfazione decisamente umana sul muso. Sparì dietro una
siepe, da cui ricomparve un uomo di media statura, calvo, in abito chiaro e
cappello “panama”, che si diresse verso il chiosco di rosticceria cinese dal
lato opposto della strada. Il rosticciere era un ometto grassottello, di bassa
statura e dall’aria gioviale.
“Tutto ok, 007?”
“Tutto ok, 006. L’ho anche fotografata. E’ stato difficile pedinarla fin
dal Giappone, ma alla fine ci siamo riusciti. Abbiamo le informazioni per
infliggere un duro colpo a quest’organizzazione. E’ una vera fortuna che 002,
003, 004 e 009 siano nelle vicinanze, a Daytona. Dobbiamo contattarli. Ne sono
certo, quella donna è al servizio del Fantasma Nero. Abbiamo tempo fino a
stasera per organizzare un’azione.”
La mano metallica di Albert Heinrich percosse con la palma il piano del
tavolo.
“Vi dico
che era lei!”
Gli altri lo guardavano fissi e muti. Il silenzio era greve, palpabile
come la tensione per ciò che avevano appena udito.
Alla fine Joe prese la parola.
“Albert, ascolta. Non lo dico perché non ti credo. Non ci inganneresti
mai su una cosa del genere, ma sei sicuro di non aver preso un
abbaglio?”
“L’ho avuta davanti agli occhi, l’ho tenuta stretta, le ho guardato il
viso ad un palmo di distanza. Come potrei non riconoscere quel
volto?”
“A volte si ha la sensazione di riconoscere una persona e poi ci si rende
conto che una somiglianza ci ha giocato un brutto scherzo. Inoltre l’hai vista
da vicino, ma per pochi istanti in un angolo buio. Potresti avere avuto
un’impressione errata.”
Albert esitò un poco.
“Non credo di essere in errore, Joe! Non credo che potrei sbagliarmi
proprio su quel volto”
“Il Fantasma Nero potrebbe averlo replicato per tenderci un
tranello”
“Non potevano replicare anche il portamento, la gestualità, il timbro di
voce. Io ricordo ogni suo gesto, ogni sfumatura. Sarei in grado di distinguere
una copia”
“Però” obiettò Joe “Non ha reagito riconoscendoti”
“No, però pareva colpita. Non era semplice spavento. Non ha chiesto aiuto
quando le ho liberato la bocca. Era come se… qualcosa fosse riemerso
ecco”
Jet parve dubbioso.
“Scusa, Albert, forse sono un pochettino scettico ma, ammesso che si
tratti davvero di lei, occorrerebbe il Professor Gilmoure con il suo laboratorio
per affermarlo scientificamente”
“Sì” convenne Albert mesto “è vero”
“In ogni caso” disse Joe “se hai ragione e se è possibile salvarla, non
hai che da farci un cenno e saremo tutti con te”
Gli altri annuirono.
Albert li guardò tutti con gratitudine.
“Grazie amici”
Qualcuno bussò alla porta. Jet ed Albert sobbalzarono. Albert preparò la
mano armata.
“Calma!” intimo Joe “003, controlla!”
La ragazza fissò la porta e guardò a destra e a sinistra..
“Tutto a posto. Sono Chang e Bretagna. Il corridoio è vuoto.”
Joe andò ad aprire.
Chang li salutò gioviale.
“Salve ragazzi! Ma…..che espressioni gravi! E’ successo
qualcosa?”
“Sì, parecchie cose. Vi spiegheremo tutto ma, come mai siete
qui?”
“Siamo riusciti a pedinare la donna che organizza le corse clandestine
per il Fantasma Nero. L’abbiamo seguita fin dal Giappone, e le abbiamo carpito
informazioni per tentare un’azione. L’abbiamo anche fotografata! Ma non c’è
molto tempo. La gara si terrà stasera. Abbiamo già fatto rapporto al
Professore”
Albert diede un guizzo improvviso.
“Bretagna, puoi mostrarmi quella foto?”
“Eccola” Bretagna la mostrò orgoglioso con una mossa da prestigiatore
“Begli occhi azzurri, vero?”
“Altrochè” rispose Albert malinconico, ed a sua volta mostrò una foto a
Bretagna.
“Oh… vedo che l’hai fotografata anche tu?”
L’espressione e l’acconciatura dei capelli erano differenti, ma i tratti
del volto erano identici.
“Già…”
“Quando e dove?”
“Nella Germania Est, tanti anni fa, quando ero ancora interamente umano,
pochi mesi prima di tentare di forzare un posto di blocco lungo il muro di
Berlino con il mio camion…….con lei….”
Albert porse la foto a Bretagna, che la accostò alla sua. I due volti
erano identici. Notò una scritta a penna in corsivo sulla foto di Albert,
racchiusa in un cuore. Bretagna conosceva poco il tedesco, ma si intuiva che era
una dedica. Sul fondo, in un’elegante e curvilinea grafia femminile, il nome
dell’autrice.
Se Jet non gli avesse spinto prontamente una sedia dietro, Bretagna
sarebbe caduto sul pavimento.
Il nome dell’autrice era “Hilda”.
Joe decise di verificare ancora due dettagli del quadro che si stava
delineando. Mandò Jet a chiedere
informazioni a Sayonji in merito alla “Maestà Reale”. Jet si recò ai box del Sayonji Racing
Team e chiese dell’ingegnere. Lo indirizzarono nel suo piccolo ufficio
provvisorio. Sakura era con lui, e divenne raggiante quando lo vide.
“Jet! Che bella sopresa!”
“Ciao Sakura!
“Salve, Link!” disse Sayonji “Cosa posso fare per te?”
“Salve, ingegnere! Avrei un domanda da rivolgerle. Le dicono nulla le
parole “Maestà Reale?”
“Ah! La “Maestà Reale”! Si tratta della macchina da gara di Sir Roulance
Wells. Un capolavoro realizzato circa dieci anni fa in un unico esemplare. Con essa Sir Roulance conquistò i
circuiti di mezzo mondo. Si tratta di una monoposto dalla linea classica, ma
dalle soluzioni avanzatissime. Dopo la morte di Sir Roulance, la macchina è
sparita insieme ai progetti. “
“Sir Roulance non lasciò eredi? La macchina sarà passata a
loro.”
“Solo sua figlia Romy. Anche lei intraprese la carriera di pilota. Per
quanto ne so, anche lei si è volatilizzata dopo la morte di suo
padre”
“Una morte accidentale?”
“Apparentemente sì. Come mai ti interessi alla “Maestà Reale?”
“Semplice curiosità. Ne ho letto casualmente qualche notizia e mi è
venuta voglia di saperne di più e magari fare qualche ricerca. Sarebbe
interessante trovarla”
Yamato entrò nell’ufficio.
“Ingegnere, abbiamo bisogno di lei. Salve, Jet!”
“Ciao!”
Sayonji si alzò.
“Se volete scusarmi, ragazzi”
“Prego” fece Jet “La ringrazio, ingegnere”
“Non c’è di che! A presto!”
Jet si volse verso Sakura, che lo guardava con un’aria leggermente
interdetta.
“Jet, davvero ti interessi alla “Maestà Reale” solo per
curiosità?”
“Cosa ti fa sospettare altre ragioni?”
“Il fatto che tu faccia domande sulla “Maestà Reale” poco dopo la
ricomparsa di Romy Wells”
“Ricomparsa?”
“Sì, era al ricevimento ieri sera e si è incontrata con Ken”
“Ken la conosce?”
“Sì. Sai, sono stati quasi fidanzati, anche se la loro fu una relazione
burrascosa. Non si misero del tutto insieme e neppure si divisero. Ken la
sconfisse durante una gara. Poi si persero di vista….fino a ieri sera. Jet,
dimmi la verità. Mio fratello non sa della ricomparsa di Romy, ed io avrei
dovuto tenere tutto per me, ma sono un po’ preoccupata. Promettimi di mantenere
il segreto su quello che sto per dirti”
“Sì, certo”
“Ecco…vedi…ieri sera Romy ha dato a Ken una lettera….non ne conosco il
contenuto….e Ken stamattina ha chiesto un giorno di permesso ed improvvisamente
è sparito con la sua macchina. La cosa non ti dice nulla? E’ tutto a
posto?”
“Sakura, probabilmente Romy gli ha dato un appuntamento”
“Per riprendere la loro sfida? C’entra la Maestà Reale? Dimmi la verità,
Jet. Sai qualcosa? Io ti ho detto tutto. Tocca a te.”
“Ho raccolto voci in merito ad una gara a cui parteciperà la Maestà
Reale”
“Una corsa clandestina. Ken vuole rivederla, e Romy deve avere posto come
condizione una gara fra loro due. Questa segretezza non mi piace; non ho fatto
la spia a mio fratello, ma forse avrei fatto meglio. Su quelle gare si fanno
scommesse, è un brutto giro. Ken deve aver agito d’impulso, spinto dai suoi
sentimenti, e rischia di mettersi nei guai.”
“Sakura, credo di sapere dove trovarlo. Gli parlerò e lo farò
ragionare”
“Grazie, Jet” rispose Sakura, e lo baciò sulla guancia.
Jet riferì a Joe.
Il quadro era chiaro.
Françoise riconosce in Baron della Black Shadow l’agente del Fantasma
Nero che la rapì. Insieme a Baron giunge la donna che organizza gare clandestine
per conto della Black Shadow, o Fantasma Nero, visto che le espressioni sono
sinomimi, e che è probabilmente un cyborg anch’essa, forse nato dalla fidanzata
di Albert Heinrich. Bretagna la sente parlare della Maestà Reale ed ecco
comparire Romy Wells, ex rivale e quasi-ex fidanzata. che riprende i contatti
con Ken. Il giorno dopo Ken sparisce con la sua macchina.
Ancora un dettaglio.
Joe contattò il Professo Gilmoure.
“001 è sveglio professore?”
“Si, 009”
“Può verificare la presenza di truppe del Fantasma Nero nell’area
circostante Daytona per un raggio di trenta miglia?”
“Attendete, ragazzi” Joe e tutti gli altri udirono nella loro mente la
voce di 001 ed attesero.
“Confermato, 009. Truppe del Fantasma Nero. Fanteria, lanciamissili,
mezzi corazzati ed elicotteri
d’appoggio, ventitre miglia a nord-ovest dalla vostra posizione”
Corrispondeva al luogo in cui, secondo quanto scoperto da Bretagna,
avrebbe avuto luogo una gara clandestina.
Un agguato.
Ken e la sua “fidanzata” erano in pericolo.
“Professore” disse Joe, serio “Ci occorrono il Dolphin e tutta la squadra
immediatamente. Se non interveniamo entro stasera, il Fantasma Nero avrà nuove
cavie. Precipitatevi qui. Strada facendo, leggete il rapporto che sto per
inviarvi . Per ora è tutto, 009 chiudo”
Get your motor
runnin’
Fai correre il tuo motore
Head out on the highway
Lanciati sull’autostrada
Lookin for adventure
In cerca dell’avventura
And whatever comes our way
E di qualunque cosa incontreremo
Yeah Darlin’ go make it happen
Sì, ragazza, fallo per davvero
Take the world in a
love embrace
Stringi il mondo in un’abbraccio d’amore
Fire all of your guns at once
Spara subito tutti i tuoi colpi
And explode into
space
E falli esplodere nello spazio
Steppenwolf – Born
to be wild – Dall’album “Steppenwolf – 1968 – Testo e Musica di Mars
Bonfire
Le colline formavano un immenso anfiteatro. Ai loro piedi, la chiassosa
allegria del raduno di motociclisti ed auto elaborate, rischiarato da fuochi
accesi dentro fusti di benzina, era chiaramente udibile dalle loro cime. Il
rombo dei motori, il rock pesante degli stereo portatili e le risa stridule
delle ragazze dagli occhi audaci e dai sorrisi sfrontati rimbombavano fino al
cielo in un’unica cacofonia. La birra scorreva a fiumi, fra espressioni volgari
e scoppi di ilarità. Alcuni scalmanati, abbigliati come se dovessero
interpretare una fantasia rock, ballavano scompostamente intorno ai fuochi. Si
capiva che erano ubriachi. Le auto sportive, elaborate con fantasia a volte
grossolana ed adorne di adesivi di case automobilistiche e competizioni cui
probabilmente non avevano avuto nulla a che fare, continuavano ad arrivare con
il rumore scoppiettante dei motori truccati. Alcuni motociclisti, seduti nei cerchi
delle loro moto chopperizzate si arrostivano salsicce sui fusti fiammeggianti.
In mezzo a quel baccanale, la macchina nota come la Maestà Reale
sfoggiava la sua linea nobile come quella della Sfinge di Gizah. Maestosa e
silenziosa, la scintillante carrozzeria rosa priva dei volgari orpelli di tutte
le auto elaborate che continuavano a disporsi a semicerchio ingrandendo il
raduno ed il suo caos motorizzato, pareva una leonessa accucciata con
aristocratica indifferenza in mezzo ad un branco di cani randagi intenti a
contendersi gli ossi. Il suo pilota era in piedi al suo fianco, altrettanto
indifferente alla baldoria che la circondava. La silhouette da pantera di Romy
Wells non si scomponeva al ritmo del rock che rimbombava dappertutto. I suoi
occhi grigi guardavano oltre il semicerchio di auto, fissi sulla strada, in
attesa del suo avversario. La
fascia che cingeva le dolci curve dei suoi fianchi le rendeva la vita
straordinariamente sottile. Le fiamme che uscivano da un fusto dietro di lei
facevano risplendere di un alone cremisi la sua chioma rossa mossa dalla brezza.
La “principessina”, come prontamente tutti l’avevano soprannominata, continuava
a stare immobile con il casco sottobraccio. I suoi stivali bianchi erano
immacolati, la sua tuta da pilota rosa e bianca la inguainava come una seconda
pelle. Poi, quando i suoi acuti occhi grigi distinsero un puntino di luce sulla
strada, controllò l’orologio da polso e si concesse un rapido sorriso di
approvazione. Il puntino si scisse in due luci, che si distanziarono sempre di
più, mostrando l’abitacolo dell’Hayabusa V-1. Romy distinse la calotta del posto
di guida ed i due alettoni che lo collegavano alle fusoliere che ospitavano
freni, sospensioni, alberi di trasmissione, fasci di cablaggio e convertitori,
ed il possente blocco motore posteriore sormontato dalla gondola del reattore
V-1 e dagli alettoni stabilizzatori a geometria variabile. Quando la Hayabusa
rallentò fino a fermarsi a fianco alla “Maestà Reale”, Romy ne vide il nome impresso in rosso sulla
fusoliera laterale. La Maestà Reale, classica nella linea inglese da gran
turismo almeno quanto la Hayabusa era futuristica, aveva impressa sulle fiancate
la scritta corsiva “Royal Majesty” a caratteri dorati, insieme al nome “Wells”
inghirlandato di rose rosse. Lo stesso emblema che Romy aveva sulla manica
destra della sua tuta.
La calotta blindata del posto di guida dell’Hayabusa si ritirò, Ken ne
saltò fuori con la sua consueta mossa da atleta. Si slacciò il casco, lo mise
sottobraccio e si avvicinò a Romy. I due si fronteggiarono.
“Allora Romy, ecco il tuo nemico. Sei riuscita ad odiarmi?”
Romy replicò con amarezza.
“Ci sto provando, Falco, ma non è semplice. Lo sarebbe se tu non mi guardassi in quel modo. Odiarti è
difficile almeno quanto amarti”
Romy si interuppe mentre un velo di malinconia le rese vellutato lo
sguardo. Poi riprese, con un tono quasi divertito.
“Se almeno ai miei occhi, con quella tuta, tu non fossi così
bello….”
“Anche tu sei splendida, Romy.”
“Siamo qui per una sfida, Falco, non per una serata galante”
“Romy, la rivincita ti spetta, ma sono qui anche per parlarti. Io odio le
gare di questo genere e questo ambiente da teppa. Non è degno di te, Romy. Farò del mio meglio per batterti, perché
voglio essere sincero con te ma, vedi, io…..volevo rivederti….e parlare di
noi”
“Di noi?”
“Sì, a costo di prendere altri schiaffi!”
“Se li meriti, li avrai” fece lei, con una breve risata.
Ken le mostrò la rosa rossa.
“Questa cosa significa, Romy?”
Lei arrossì un poco ed abbassò lo sguardo.
“E’….solo…..solo il simbolo della mia famiglia”
“E c’è bisogno di sfuggire il mio sguardo per dirmelo?”
Lei lo fissò con i suoi grandi occhi.
Il suo sorriso furbo e le sue parole infiammarono l’animo di
Ken.
“Conservala per la fine della gara, Falco! A volte i desideri si
avverano!”
Videro un’ombra oscurare la luce arancione del fuoco che li illuminava.
Una ragazza bionda dai tratti teutonici li guardò con fissità. Indossava stivali
da motociclista con rinforzi metallici, blue jeans, un top nero ed un bracciale
di pelle che le copriva tutto l’avambraccio destro. Disse loro una sola frase:
“Preparatevi! Quando il fazzoletto tocca terra, partite”
Romy indossò il casco, fece un cenno di saluto a Ken e balzò leggera nel
posto di guida.
Ken fece altrettanto.
Conosceva il percorso… lo aveva già studiato. Nessuno dei due però lo
aveva mai affrontato prima. Erano alla pari.
Romy e Ken accesero i motori ed i fari. Il cerchio di curiosi si
allontanò rapidamente. Applausi e grida di incitamento si innalzarono
assordanti.
La ragazza tedesca si mise davanti alle macchine tenendo un fazzoletto
con il braccio destro teso, attese alcuni istanti e lo lasciò cadere. Le
trazioni integrali dei due bolidi corazzati fecero pattinare le ruote per un
breve istante. La Hayabusa e la Maestà Reale sollevarono una nuvola di polvere e
sassi mentre si lanciavano come pantere, accelerando a scatti ad ogni cambio di
marcia come razzi a stadi. Le lunghe scie di polvere si persero in lontananza,
mentre iniziarono ad inerpicarsi per il percorso che risaliva la montagna
immersa nelle tenebre.
Nessuno fece caso al piccolo velivolo a reazione che, schermato da
sofisticate contromisure elettroniche, sorvolò rapido la scena.
Il piccolo
aeromobile era l’auto trasformabile di Joe, pilotata da Piunma. Il Dolphin la
seguiva a pochi minuti di distanza, ottomila metri più in alto.
“009, qui 008. Sono partiti!”
“Ricevuto, 008. Seguili!”
Joe, in divisa rossa sulla plancia del Dolphin si rivolse alla squadra.
“La gara è iniziata. Avremo solo tre minuti per schierarci. Potremo
anticipare l’agguato del Fantasma Nero di soli dieci, al massimo venti secondi.
Cyborg, sincronizzate i cronometri da polso. Ivan vi teletrasporterà sulle
vostre posizioni. Pronti all’azione fra sei minuti!”
Ken prese a tagliare i tornanti della salita, tallonato dalla Maestà
Reale. Ai bordi del cono di luce dei fari, gli alberi sfrecciavano all’indietro
a velocità vertiginosa. Romy si portò sottosterzo e strinse di colpo l’Hayabusa.
Ken tentò una doppietta con il cambio, ma non bastò. La Maestà Reale era in testa, ma rallentò
leggermente in una curva ad “esse”. Ken tagliò il doppio tornante, evitò di un
soffio la macchina di Romy, provocò una piccola frana dal ciglio della strada e
si lanciò nel breve rettilineo che seguì. La Maestà Reale gli fu nuovamente
addosso. Il loro duello era incredibilmente avvincente. La velocità cresceva.
Nessuno dei due riusciva a rimanere in testa per più di due minuti. Le scommesse
su di loro erano alle stelle. Il pubblico seguiva la gara con televisori
portatili che ricevevano le immagini da microtelecamere piazzate lungo il
percorso. Dietro le apparenze improvvisate, gli organizzatori della gara
lavoravano come professionisti.
Ken sentiva crescere dentro di sé l’emozione. Romy era eccezionale. Era
diventata brava come lui. Era la sola donna con cui avrebbe davvero potuto
dividere la sua vita. Il loro duello era come una danza, era passione pura per
la velocità, la potenza, la libertà di correre. Ma era anche comunione di due
spiriti che stavano stabilendo un’inspiegabile empatia. Sentì una sorta di
armonia nella loro guida spericolata e scientifica. Correva con lei, non contro
di lei. Correva per lei, non per sé. Correvano perché era bello, perché erano
insieme.
Ripensò alla rosa rossa ed alle parole di Romy.
“Conservala per la
fine della gara, Falco! A volte i desideri si avverano!”
Sentì crescere dentro di sé il desiderio di lei.
Avrebbe voluto arrivare al traguardo, primo o secondo non importava,
correrle incontro, gridare il suo nome, toglierle il casco sciogliendo al vento
la sua chioma di fuoco, abbracciarla e premere le labbra contro il corallo
ardente della sua bocca.
Mentre accelerava sempre di più per sorpassarla e poi sfuggirle e poi
essere superato e riprendere l’inseguimento, avrebbe voluto correre insieme a
lei su un prato fiorito tenendola per mano, avrebbe voluto sedersi ai suoi piedi
e sentire la sua voce melodiosa cantare.
Si rese conto di quale follia fosse stata non averlo capito subito. Aveva
mentito a se stesso. Aveva meritato quello schiaffo. Ora avrebbe meritato quella
rosa. Ebbe il dubbio di sognare, di illudersi, ma per un istante lui e Romy si
guardarono negli occhi dai posti di guida, e Ken capì che lei provava i suoi
stessi sentimenti. Erano giunti quasi in cima. Il percorso si fece pianeggiante
e più ampio. Ken azionò il reattore V-1. La Maestà Reale azionò la
sovralimentazione a protossido d’azoto. La velocità toccò l’apice, mentre le due
macchine procedevano appaiate.
Fu in quel momento che il Fantasma Nero allungò il suo
artiglio.
Mentre le
due vetture acceleravano, Ken notò in cielo una fiammella che cresceva a vista
d’occhio. Si lasciava dietro una scia di fumo nero e stava precipitando su di
loro. Ken, Romy e Piunma, che li seguiva volando rasoterra, se la videro addosso
in una frazione di secondo ed agirono all’unisono. Piunma fece esplodere il
missile con un laser e si disimpegnò prendendo quota per individuare il velivolo
che lo aveva lanciato. La Maestà Reale sterzò seccamente sulla destra uscendo di
strada e penetrò nella boscaglia abbattendo alberi come una boccia attraverso i
birilli, mentre il paracadute di frenata azionato da Romy si apriva con un secco
colpo di frusta. La Hayabusa si
tuffò nella vegetazione sulla sinistra, invertendo la spinta del reattore V1 per
frenare e si arrestò in un avallamento del terreno. Ken accusò un certo
contraccolpo ma non perse i sensi. Spense i fari e tentò di liberare la sua
macchina, ma si rese conto che il terreno non lo permetteva. Udì il fragore di
altre due esplosioni in aria e vide una palla di fuoco illuminare la foresta a
giorno, accompagnata dall’urlo di un motore che viene forzato. Un elicottero
armato in fiamme precipitò oltre le cime degli alberi. La luce dell’esplosione
che seguì filtrò attraverso l’intrico della vegetazione. Ken, che aveva aperto
l’abitacolo, sentì propagarsi un’onda di calore. Udì il sibilo di un reattore
venire dal cielo, e vide esterrefatto una macchina sportiva rossa con ali e
derive che volava inseguita da altri due elicotteri che cercavano di colpirla
con le mitragliere. Qualcuno stava cercando di combattere i suoi aggressori.
Doveva essere stata quella macchina ad abbattere il missile destinato a lui ed a
Romy. Romy! Doveva correre da lei! Doveva salvarla, dovevano fuggire! Fece per
uscire dall’abitacolo quando, alla luce fioca dell’incendio scatenato
dall’elicottero abbattuto, colse un movimento fra la vegetazione, ed intuì di
avere compagnia. Si appiattì sul
fondo del posto di guida stringendo con la destra la grossa chiave idraulica dei
ferri di bordo ed attese. Un uomo armato uscì dall’intrico di alberi e si
avvicinò. Aveva un elmetto a testa di insetto che nascondeva gli occhi con una
visiera trasparente, e la pettorina del giubbotto antiproiettile, nera come
l’uniforme, aveva impresso un teschio bianco stilizzato. Si avvicinò circospetto
all’abitacolo dell’Hayabusa per controllare se il bersaglio fosse fuggito. La
chiave idraulica lo spedì nel mondo dei sogni. Ken saltò a terra, si impossessò
del mitra dell’uomo e si sdraiò a terra puntandolo verso la foresta. Il cerchio
di luce di una torcia illuminò il fianco dell’Hayabusa e l’uomo esanime in
uniforme nera. Ken fece fuoco in direzione del fascio di luce e subito dopo
corse curvo al riparo di un tronco d’albero. Il fuoco di risposta non si fece
attendere. Ken girò intorno alla Hayabusa e prese a correre verso la vegetazione
più fitta. Voleva raggiungere Romy, e per farlo doveva per prima cosa
raggiungere la strada. Uscendo di pista, però, aveva percorso un tratto più
lungo ed impervio di quanto avesse creduto. Si allontanò in cerca di un sentiero
praticabile, sforzandosi di mantenere l’orientamento, mentre i nemici
guadagnavano terreno. Il fuoco
nemico riprese a braccarlo.
Ivan, in braccio a 003, avvertì Geronimo di raggiungere Ken Hayabusa e di
proteggerlo. Informò 009, che approvò affiancandogli Chang Chan-Ko. 009 e 002
avrebbero attaccato lo schieramento nemico alle spalle, mentre 007 e 004
avrebbero raggiunto la Maestà Reale per proteggere Romy. Attaccando da due lati
nello stesso punto avrebbero dovuto spezzare in due lo schieramento nemico
durante la sua prevedibile avanzata a tenaglia, mentre Piunma avrebbe fornito
appoggio aereo, ed infine il Dolphin avrebbe recuperato le due macchine da
corsa, i due piloti e la squadra dei Cyborg. Geronimo si mosse, rapido e
silenzioso come solo i guerrieri pellerossa sanno fare, orientandosi senza
strumenti, solo grazie alla sua familiarità con la natura. Mentre si avvicinava,
incontrò un contingente nemico. I soldati robot del Fantasma Nero fecero fuoco.
Geronimo si mise al riparo mentre i proiettili nemici falciavano la vegetazione
all’altezza del ginocchio, e rispose con scariche di laser che fecero esplodere
due automi. Le fiamme si avvinghiarono al terreno mentre i nemici correvano al
riparo organizzando una linea di fuoco. Improvvisamente, da un punto imprecisato
nel buio intrico della vegetazione, un torrente di fiamme ad altissima
temperatura fece ripiegare i soldati robot con alcune perdite. Chang si riunì a
Geronimo, che si rese conto che l’incendio che avevano di fronte e la resistenza
nemica avrebbero reso le cose più difficili del previsto.
Jet Link stava trasportando 009 in volo. Grazie alla sua vista, 003
confermò la posizione della chiave di volta dello schieramento nemico: tre robot
da combattimento con armamento pesante. Minacciosi e longilinei, i tre androidi
avanzavano con passo pesante scandagliando la superficie con i loro sensori.
Erano alti almeno quindici metri. 009 ordinò a 008 di fingere di attaccarli
frontalmente. La macchina trasformabile picchiò dal cielo e li bersagliò con due
missili. Gli androidi li fecero detonare in aria e risposero al fuoco. La
macchina subì alcuni danni mentre eseguiva una serie di scarti e virate per
disimpegnarsi dai traccianti. Jet lasciò cadere Joe, che vide farsi sempre più
grandi i tre giganti meccanici via via che il suolo si avvicinava. Lottando
contro la resistenza dell’aria, Joe estrasse il laser dalla fondina e prese la
mira tenendo le braccia a triangolo isoscele. Mentre il suo foulard era teso
dietro di lui lungo la diagonale della sua caduta, stabilizzò la mira e fece
fuoco. Il lampo accecante del laser, esploso a breve distanza, avvolse la testa
di uno dei tre androidi facendola esplodere. Un istante prima di toccare terra,
Joe azionò l’acceleratore e scomparve, mentre una raffica di proiettili di
grosso calibro zappava il terreno nel punto in cui aveva toccato terra.
L’androide decapitato si muoveva ancora. Un secondo laser dal cielo gli diede il
colpo di grazia facendolo esplodere. Il globo di fiamme e rottami illuminò un
ampio cerchio di vegetazione e lasciò un rogo. Joe vide Jet riprendere quota
braccato dal fuoco dei due avversari rimasti e si avvicinò con l’acceleratore.
Si bloccò per sparare, ma uno degli androidi gli fu subito addosso con rapidità sorprendente per la sua
mole. Joe scomparve di nuovo, vedendo il fragoroso passo del gigante di ferro
farsi improvvisamente lento e leggero. Ogni volta che il piede metallico
dell’androide comprimeva con cautela il terreno, emetteva un suono simile al
rintocco di campana. Joe ebbe il tempo di togliersi dalla linea di mira delle
bocche da fuoco della mano del robot, una per dito, e scartò lateralmente.
Ricomparve duecento metri più lontano e fece fuoco, mancando l’avversario. Il
laser si tuffò fra gli alberi e si trasformò in un’esplosione. Joe eseguì un
altro spostamento per evitare il fuoco di risposta ed ordinò a 002 di attaccare
il robot che aveva sparato. Si portò di colpo fra i due avversari mentre Jet
picchiava da mille metri, passò in mezzo alle gambe di quello che Jet stava per
attaccare e, quando il lampo del laser di Jet ne colpì la testa, fece fuoco a
sua volta nello stesso punto provocando una violenta esplosione. L’androide
rovinò al suolo fuori uso, ma il terzo avversario fu addosso a Joe e riuscì a
colpirlo di striscio. Joe accelerò di nuovo, apparendo e scomparendo tre volte
mentre i colpi dell’androide arrivavano in ritardo, poi chiese appoggio a Jet,
che gli comunicò di essere sotto attacco.
Improvvisamente, una violenta esplosione gli fece capire di essere sotto
il tiro di un cannone. Una seconda esplosione, più vicina, gli fece perdere
l’equilibrio. Azionò l’acceleratore evitandone una terza. Dovevano esserci dei
carri armati sulla strada. Contattò Françoise.
“003, ci sono carri nelle vicinanze?”
“Ne vedo due sulla strada, hanno appena fatto fuoco!”
“Già, su di me! Ascolta, chiedi a 004 se può colpirli. Se può, dagli le
coordinate”
“Togliti da lì, Joe!”
“Se lo faccio, la loro tenaglia si chiuderà! Françoise, ho bisogno del
tuo aiuto, devi eseguire un attacco in caduta libera!”
“Joe! Non l’ho mai fatto…!”
“Sei un Cyborg, puoi farlo come chiunque di noi! 001! Hai rilevato
l’ultimo robot?”
“Sì, 009”
“Usa la telecinesi per sollevare Françoise e farla ricadere mentre lo
attacca! Lo colpiremo insieme. Françoise, ti raccoglierò io, non
temere!”
“Ri…ricevuto, Joe! 004…qui 003, puoi lanciare due missili?”
“Affermativo, dammi alzo e direzione oraria” rispose 004, che si stava
muovendo di corsa verso la Maestà Reale.
“30 gradi, ore 10 e 20 minuti, 30 gradi ore 10 e 50 minuti”
Albert si genuflesse, regolò direzione ed inclinazione ed il suo
ginocchio lanciò due missili. Le torrette dei due carri vennero lanciate per
aria e gli scafi in fiamme rimasero a sbarrare la strada.
Il bimbo, che era in braccio a Françoise, fluttuò in aria e lei sentì una
gru invisibile sollevarla da terra. Passò fra i rami degli alberi e vide
l’orizzonte farsi vasto come un oceano di fronde ondeggianti sotto il cielo
stellato. Vide le due torrette dei carri centrati da Albert salire in cielo e
ricadere, e poi iniziò a ricadere lei stessa lungo una diagonale diretta verso
un incendio. Mentre il terreno le veniva incontro, il suo foulard si tese dietro
di lei ed il vento le scompigliava i capelli con tale forza che ebbe la
sensazione di sentirseli tirare. Il naturale senso dell’equilibrio che le veniva
dalla danza le fece distendere le gamba sinistra lungo la diagonale di caduta in
modo da equilibrare il busto, mentre la destre rimase leggermente flessa.
Impiegò tutte le sue forze per portare le braccia nella posizione isoscele di
mira, avvicinò il bersaglio con un zoom e fece fuoco come se gli tenesse l’arma
attaccata alla testa. Contemporaneamente il laser di Joe colpì lo stesso punto.
L’androide esplose. Joe la vide ed azionò l’acceleratore. Ebbe tutto il tempo di
prendere duecento metri di rincorsa e di spiccare un balzo di trenta mentre lei
discendeva lenta, trasportata da una teleferica invisibile. Françoise sentì due
braccia invisibili raccoglierla, una sotto le ginocchia e l’altra sotto le
spalle. Inspiegabilmente cambiò direzione di caduta rallentando, e prese a
volare ad un metro dal terreno mentre gli alberi le correvano incontro
sfiorandola a velocità vertiginosa. Raggiunse la cima del pendìo in un batter
d’occhio, attraversò la strada sul crinale dove gli scafi dei carri colpiti da
Albert ardevano, e discese dall’altro lato, rallentando. Quando furono fermi,
l’uomo invisibile divenne Joe.
Françoise lo abbracciò.
“Joe! Oh, Joe!”
“Visto che ce l’hai fatta, piccola?”
“Dov’è Ivan?”
“Eccomi!”
La culla comparve improvvisamente a mezz’aria.
“Teletrasportaci tutti e tre sul Dolphin e preparati per l’ultima fase,
001” gli disse Joe
“Ricevuto, 009” rispose telepaticamente, ed eseguì l’ordine.
Ken, nascosto dietro una sporgenza rocciosa, non sapeva decidere quale
fra le cose che aveva visto lo lasciasse maggiormente esterrefatto. Quei tre
robot giganteschi potevano essere forse concepibili, ma il fatto che fosse stato
Shimamura a combatterli indossando una divisa rossa di foggia vagamente
napoleonica, apparendo e scomparendo in continuazione e sparando raggi laser lo
aveva impietrito. Aveva visto anche un uomo volare e sparare un raggio laser.
Indossava la stessa uniforme di Shimamura ed aveva razzi ai piedi. La fisionomia
gli era parsa quella di Link, ma non ne era certo. Poi aveva visto una donna
cadere dal cielo come una meteora e sparare un laser a sua volta. Anche lei
indossava la stessa uniforme rossa, ed era scomparsa poco prima di toccare
terra. L’aveva vista bene. Era la fidanzata di Shimamura. Nonostante la
confusione che aveva in testa, non aveva dimenticato di essere braccato da
uomini armati, ma il combattimento che si stava svolgendo di fronte a lui lo
aveva costretto a riparasi. Ora gli sarebbero stati addosso. Stava valutando
febbrilmente il da farsi, quando una raffica si stampò sul terreno ai suoi
piedi. Si buttò a terra e fece fuoco verso la vegetazione. Arrivò il fuoco di
risposta, ormai preciso. Lo stavano circondando. Non restava che un ultimo
tentativo. Fece ancora fuoco a semicerchio, sentì un uomo gridare e si alzò per
correre. Si vide di fronte un uomo armato con il mitra spianato. Sarebbe stata
la fine se un braccio enorme non fosse apparso da dietro un tronco d’albero e
non avesse afferrato il soldato nemico lanciandolo come un fuscello ad una
distanza sorprendente. Poi un macigno da una tonnellata uscì dalla vegetazione e
si schiantò sui soldati nemici, seguito da scariche di laser e da un torrente di
fuoco arroventato che illuminò a giorno la scena. Ken rimase appiattito al
suolo. Una mano d’acciaio lo tirò dentro un cespuglio e Ken vide chi lo aveva
afferrato. Era un gigantesco pellerossa, con la stessa divisa degli altri ed i
colori di guerra sul viso. Il pellerossa lo tranquillizzò con foce ferma e
gentile.
“Stai calmo ragazzo! Siamo qui per proteggerti!”
“Già” fece un piccolo cinese che era sopraggiunto, anche lui in divisa
rossa “Noi siamo i buoni”
“Vi…ri…ringrazio, ma……..ma chi siete?”
“Non c’è tempo per spiegarti, ora. Ti basti sapere che non siamo tuoi
nemici. Ora vieni con noi, se vuoi salva la vita. Il nostro velivolo di appoggio
sta recuperando la tua macchina.”
“Romy!!!” esclamò Ken “La macchina con cui gareggiavo! Che fine ha fatto?
Voglio trovarla!”
“I nostri compagni sono sulle sue tracce!”
“Voglio cercarla anch’io! Senza la mia compagna non me ne
vado!”
“Qui si rischia la vita, ragazzo! Vuoi farlo davvero?”
“O con voi o da solo, io vado!”
Geronimo apprezzava la generosità in battaglia, un altissimo valore fra i
guerrieri indiani, e ne fu colpito. Aveva i suoi ordini, ma aveva anche rispetto
di un coraggioso che pensava più alla vita di un altro che alla sua.
“Ti chiamano Falco, non è vero?”
“E sia! La mia gente attribuisce un nome ai propri amici, un nome che ne
descrive le doti, e con quel nome lo chiama, quando decide di concedere la
propria amicizia. Geronimo e Chang, della tribù dei Cyborg, verranno con te,
Falco che Corre! Salveremo la tua squaw!”
Ken non fece domande. “Se la fidanzata di Shimamura vola” pensò “può
starci anche Geronimo”.
“Una donzella in pericolo?” fece Chang “Per la barba di Confucio! Che
aspettiamo?”
“Andiamo!” fu la risposta perentoria di Geronimo.
Lanciati i due missili, Albert Heinrich riprese la sua corsa di
avicinamento alla Maestà Reale. Si manteneva al coperto mentre cercava un punto
da cui poter fare fuoco sui soldati del Fantasma Nero prima che potessero
avvicinarsi alla macchina. La vide nella posizione indicata da Françoise., al
termine del percorso che la pesante vettura blindata aveva segnato con gli
alberi abbattuti. Non sembrava molto danneggiata. Nell’abitacolo, l’airbag era
esploso. Il pilota era ancora al posto di guida, esanime. Bretagna lo contattò
con la trasmittente interna.
“004, nemico in avvicinamento. Hanno un lanciamissili. Mi hanno appena
oltrepassato. Si dirigono verso la macchina. Li avrai addosso in un minuto
circa. Io mi preparo ad attaccarli alle spalle. Dammi tu il segnale di
fuoco”
“Ricevuto 007!”
Gli sgherri in uniforme del Fantasma Nero non fecero caso al volatile
appollaiato sul ramo dell’albero che avevano appena oltrepassato. La piccola
civetta spiccò il volo e si appollaiò nel folto di un altro albero. Albert vide
due soldati nemici avvicinarsi alla maestà reale. Uno puntò a sangue freddo il
mitra contro l’abitacolo della Maestà Reale.
004 ordinò il fuoco.
La mitragliera di 004 falciò i due assassini. Contemporaneamente, il
laser di Bretagna centrò il contenitore delle munizioni del lanciarazzi nemico.
Una violenta esplosione incendiò la foresta illuminandola a giorno. I nemici si
ritirarono disordinatamente, ma i rinforzi non sarebbero tardati.
“Bretagna! Levati di lì e raggiungimi!”
“Ricevuto, 004. Chiama il Dolphin!
004 lo contattò. Fu Joe a
rispondere. Dovevano resistere ancora un poco, stavano recuperando la Hayabusa.
Geronimo contattò 004 ed il Dolphin. Ken Hayabusa era con lui e Chang, e
si stavano dirigendo alla Maestà Reale. Joe approvò. Dovevano concentrare le
forze in quel punto, proteggere Romy ed attendere il Dolphin.
Geronimo, Ken e Chang raggiunsero 007 e 004. Ken si precipitò verso la
Maestà Reale con Geronimo. Geronimo sfondò il blindovetro dell’abitacolo con un
pugno, il che lasciò Ken di sasso, aprì la portiera, bucò l’airbag con il suo
coltello e contattò Françoise.
“003, qui 005. Puoi passare ai raggi X il pilota della Maestà
Reale?”
“Qui 003! Vi vedo! Attendi dieci secondi……..Ok, non ha fratture,
muovetela pure e sdraiatela al suolo. 001 la teletrasporterà nell’infermeria del
Dolphin. Penserò io ad assisterla, va bene 009?”
“Procedete
subito!” rispose 009 ad entrambi.
Geronimo slacciò le cinture di sicurezza che bloccavano Romy al sedile e
la estrasse delicatamente dall’abitacolo.
Ken le prese il volto fra le mani.
“Romy!”
Le appoggiò l’orecchio sul petto. Il cuore batteva.
“Stai tranquillo, è solo stordita. Ora la portiamo all’infermeria del
nostro velivolo d’appoggio. 003 si occuperà di lei?”
“Chi è 003?”
“La ragazza del nostro gruppo”
“La fidanzata di Shimamura, per caso?!”
“Sì”
Ken vide il corpo esanime di Romy illuminarsi e sparire.
“Calmo! E’ salva! 001 l’ha teletrasportata sul Dolphin” gli disse
prontamente Geronimo.
“Dolphin?”
“Ci salirai anche tu, fra poco, e la riabbraccerai!”
“Tutti a terra!” gridò Albert Heinrich mentre la sua mitragliera prese a
falciare la vegetazione. Iniziò una pioggia di laser e granate. Chang sputò
fiamme al calor bianco alla massima distanza. Tutti i Cyborg risposero lanciando
scariche di laser a ripetizione. Albert ricorse ai missili. Ken scaricò il suo
mitra in tutte le direzioni. Pesanti soldati robot correvano verso di loro. Due
esplosero. Gli altri presero posizione concentrando il fuoco.
004 contattò il Dolphin.
“Presto, venite o qui crepiamo tutti!”
In risposta alla sua chiamata, il possente sibilo di un reattore ed
i fasci di luce del Dolphin
riempirono il cielo. Il super-armamento del Delfino entrò in funzione
sorprendendo gli avversari che dovettero ripiegare.
009 fece cessare il fuoco, e, mentre il Dolphin rimaneva sospeso su di
loro aprendo i grandi portelli ventrali, una cupola trasparente sigillò l’area.
Lo scudo telecinetico di Ivan. Avrebbe retto solo per un tempo
limitato.
Sotto lo sguardo di un esterrefatto Ken, Geronimo afferrò a mani nude il
paraurti posteriore della Maestà Reale e la trascinò sotto i portelli del
Dolphin. Le tenaglie magnetiche dell’argano di bordo fecero presa sulla
macchina, e tutti saltarono sul veicolo mentre veniva sollevato. Mentre i
portelli si chiudevano, una granata esplose contro lo scudo invisibile. A bordo,
tutti corsero alle poltrone anti-g e si allacciarono le cinture. Romy era stata
legata ad un lettino di sicurezza. Ivan dissolse lo scudo ed il Dolphin prese
quota con un rombo assordante, incalzato dai traccianti nemici, dirigendosi
verso Jet e Piunma, che avevano abbattuto il secondo elicottero nemico ed
avevano costretto il terzo alla ritirata.
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1
NOTA: Questa fic è stata scritta in collaborazione
con COSTIGAN, a cui deve essere attribuito pienamente il merito della trama, io
mi sono limitata a coadiuvarlo nella stesura ed a completare alcune parti.
Pertanto la fanfic è da considerarsi scritta da due autori: Costigan e
Michiredfox. Grazie.
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Capitolo 7 *** Parte 6 ***
1
Nota: tutti i
riferimenti ad una macchina del tempo, ad una precedente missione dei cyborg
nell’antico Egitto, al personaggio di Hathor ed a quanto vi si correla sono
innesti narrativi con la fanfiction “Viaggio nel tempo”, inclusa nell’antologia
online “Michela’s Fanfics” di cui alla pagina web http://nuke.cyborg009.it/Fanfiction/tabid/56/Default.aspx facente parte del sito “Cyborg009 – il forum italiano”
L’architettura
sobria ed imponente della grande stanza da letto era immersa nella debole luce
azzurrata che filtrava dalle finestre illuminate dalla luna di un altro luogo e
di un altro tempo. Era la stessa luna che stava illuminando anche la villa del
Professor Gilmoure sul promontorio, nello stesso momento e millenni dopo. Nel
grande e semplice letto bianco, con le testiere di marmo adorne del simbolo del
cerchio alato, due fanciulle dormivano abbracciate. Enoah, che potremmo definire
“principessa”, anche se non lo era nel senso esatto del nostro modo di intendere
il termine, aveva permesso a Nesia, sua sorella minore, di dormire con lei.
Tutto intorno al letto, le dodici ancelle di Enoah dormivano abbandonando con
molta libertà su cuscini di seta e piccoli divani le membra affusolate
appesantite da gioielli spiraliformi. Avevano capelli neri ed ondulati, la
carnagione ambrata e gli occhi leggermente a mandorla. Nesia aveva solo quindici
dei nostri anni, ed aveva paura. Sapeva quale momento si stava avvicinando.
Aveva paura dello Spettro Nero. Sapeva che sarebbe toccato ad Enoah affrontarlo
e che lei avrebbe dovuto aiutarla. La luce era più forte, ma a volte permetteva
il male. Era necessario meritare i suoi doni servendola e lottando; la sua
protezione non era gratuita ed i suoi disegni a volte insondabili. Le menti del
loro popolo erano grandi, ma non potevano avere la presunzione di sondare
totalmente quel campo di energia senziente che permeava qualsiasi cosa. Forse
sarebbe stata la fine.
“Sì” stava
pensando Enoah, che aveva gli occhi chiusi ma non stava dormendo “solo
forse!”
C’era una
possibilità: Françoise Arnoul ed i suoi guerrieri del futuro. Grazie alla
“macchina del tempo” dello studioso che guidava i guerrieri in rosso, Françoise
Arnoul aveva viaggiato nel tempo ed aveva incontrato Hathor, che possedeva un
frammento di quello stesso Cristallo che Myoltecopang custodiva nel Tempio della
Luce. Grazie alla capacità del Pensiero Collettivo del suo popolo, che
permetteva una lettura piuttosto precisa dei nodi temporali, Enoha sapeva che
Hathor era una sua discendente, e sapeva che la sua famiglia aveva conservato il
frammento che Hathor aveva donato a Françoise Arnoul. Nella linea temporale di
Françoise Arnoul, Myoltecopang era caduta e lo Spettro Nero si era dissolto
mentre infrangeva il cristallo. Una nuova umanità aveva ripopolato il mondo
molto tempo dopo, ma lo Spettro Nero, ricacciato ai confini dell’universo, stava tornando. Aveva servi che
lavoravano per questo. Tre gemelli, non del tutto umani, ed i loro biechi
seguaci.
Enoha Zhem Rendang
III, così potremmo pronunciare il suo nome completo adattandolo ai nostri organi
vocali, si sciolse lentamente
dall’abbraccio di Nesia, che rimase addormentata, ed uscì sul balcone della sua
stanza. I suoi piedi non facevano alcun rumore mentre le trasmettevano il dolce
tepore dell’ardesia del pavimento. L’immensa Myoltecopang la accolse. Il suo
sguardo percorse le acque argentate dai raggi di luna del grande fiume che
scorreva fra gli edifici a piramide, solcato da leggere imbarcazioni. Le vie
erano segnate dalle file di fiammelle arancioni dell’illuminazione ad olio.
Lontano, a delimitare l’orizzonte visivo, le immense mura circolari di basalto
nero parevano reggere la cupola del cielo stellato. Poi volse lo sguardo verso
l’immensa piramide a terrazze del Tempio della Luce, sormontato da un obelisco
che reggeva un immenso cerchio alato di marmo, cristallo e ossidiana. Vedendolo,
Enoha fece il saluto rituale e si guardò il palmo della mano destra, che ne
aveva tatuato uno identico. Poi poggiò le mani sul parapetto, e lasciò che il
vento le facesse ondeggiare la scintillante chioma nera.
“Come sei bella,
Myoltecopang!” pensava “Bella come le fanciulle addormentate nella mia stanza.
Bella come la mia sorellina, che amo più di me stessa!”
La giovane Nesia,
che si era svegliata, la raggiunse sul balcone. Enoah ne percepì la presenza
senza voltarsi, riconoscendone l’aura psichica. Con passo leggero, l’adolescente
le si avvicinò e l’abbracciò. Enoha ne lesse la paura e l’ansia mentre la
stringeva. La guardò in viso. Aveva i tratti e la carnagione del suo popolo,
aveva i caratteristici capelli neri, ma gli occhi azzurri, rarissimi fra loro. I
lineamenti delicati erano però identici a quelli di un volto caro al piccolo
Ivan. Nesia aveva il volto che avrebbe avuto Françoise, se fosse nata a
Myoltecopang anziché a Parigi.
Il Dolphin era in volo ad altissima
quota, e sarebbe giunto in Giappone nell’arco di sei ore. Il pavimento della
sala operatoria di bordo era sospeso su un supporto cardanico abbinato a
stantuffi idraulici regolati da giroscopi che mantenevano sempre orizzontale il
pavimento, quali che fossero i movimenti dell’aeromobile.
Una ragazza
coperta da un lenzuolo bianco era sdraiata sul lettino illuminato da una
batteria di lampade.
“Romy! Oh mio Dio,
Romy!”
Ken le aveva
afferrato la mano.
Françoise, vestita
da infermiera, cercò di calmarlo.
“Non preoccuparti,
le occorre solo un po’ di riposo. Ha ripreso i sensi da poco. Non ha lesioni
gravi, solo qualche leggera contusione. E’ una ragazza forte!”
Il Professor
Gilmoure, anche lui in tenuta medica, guardò bonariamente Ken per
tranquillizzarlo.
“Tranquillo,
ragazzo. Le ho somministrato solo un leggero calmante”
Romy mosse
leggermente il capo e strinse leggermente la mano di Ken.
“Dove…Ken…dove
sei…dove sono?”
“Sono qui, Romy!
Sei uscita di strada”
“E’ vero, sì…Sono
in ospedale? Mi ci hai portato tu?”
“Beh…sì”
“Sono uscita di
strada…oh santo cielo! E’ vero! Quell’esplosione! Gli alberi che si spezzavano
mentre cercavo di frenare, poi …oh, Ken!”
Romy si alzò di
scatto e lo abbracciò.
La sua voce
vibrava di commozione.
“Ken, oh Ken, ho
temuto di…”
“Di?” chiese Ken
mentre la stringeva a sé.
“Di non rivederti
più…Ken, ho pensato a te un istante prima dello schianto…ti amo, e va bene, lo
ammetto! Ti amo contento? Accidenti a te, meriteresti altri schiaffi, ma non ho
la forza di tirarteli…”
Romy pareva ridere
e piangere al contempo.
Françoise arrossì
e si fece da parte, fingendo di riordinare dei medicinali.
Il professore uscì
dalla sala.
Ken la guardò
intensamente, per un lungo istante, poi le rispose con voce ferma e vibrante.
Era la voce di un uomo forte che ha finalmente preso una decisione.
“E tu meriti
questo!”
Romy capì, chiuse
gli occhi e gli porse le sue labbra.
Ken la baciò. Romy
lo ricambiò a lungo, ed infine gli sorrise. Poi si lasciò andare, chiuse
lentamente gli occhi e si addormentò.
Françoise
sorrideva, dolcissima.
Ken depose Romy
con delicatezza, e guardò il volto da cherubino di quella splendida infermiera,
che parlò con un filo di voce appoggiando la sua mano su quella di
Ken.
“Vieni, lasciala
riposare”
Ken si lasciò
guidare da lei.
Françoise lo fece
uscire e lo rassicurò.
“Stai tranquillo,
veglierò io su di lei. Torna in plancia. Immagino che avrai molte domande da
fare”
Ken obbedì. La
squadra dei Cyborg ed il professore lo stavano aspettando. Ken guardò Shimamura
e Link, poi Geronimo e tutti gli altri. Infine parlò.
“Voi sapete chi
sono. Non ho una doppia vita, e so che io e Romy vi dobbiamo l’unica che
abbiamo. Per questo vi ringrazio con tutto il cuore. Scusate, ma dopo quello che
abbiamo condiviso, credo di avere il diritto di saperlo. Potete spiegarmi chi
siete veramente?”
Fu Albert Heinrich a rispondere, con
divertita amarezza.
“Siamo l’ultima
generazione di armi intelligenti”
Romy si era
svegliata. Lo aveva fatto in un letto morbido, con indosso una camicia da notte,
ed aveva visto i raggi del sole entrare dalla finestra. Aveva sentito il canto
dei gabbiani e lo sciabordio della risacca. Non era in ospedale, come sarebbe
stato logico supporre, ma in un’abitazione privata dall’arredamento elegante.
Ebbe un moto di sorpresa quando vide una ragazza bionda in uniforme rossa che le
sorrideva gentile.
“Buongiorno e
benvenuta nella nostra casa, signorina Romy, o meglio, Lady Wells. Io sono
Françoise Arnoul”
“Piacere” rispose
Romy “dove mi trovo?”
“Nella casa del
Professor Gilmoure, Lady Wells”
“Puoi chiamarmi
Romy, Françoise. Sei francese?”
“Sì, milady…cioè
…Romy”
“Dimmi
Françoise…posso darti del tu?…dove ci troviamo?”
“In
Giappone”
Romy era
incredula.
“Ma come…poche ore
fa ho avuto un incidente a Daytona. Ricordo che Ken mi ha soccorso. Ricordo
un’infermeria…..come posso trovarmi in Giappone?”
“Grazie al
velivolo della nostra squadra. Il Fantasma Nero voleva ucciderti Romy, insieme a
Ken”
“La Black
Shadow?”
“La Black Shadow
ne è parte. Deve il suo nome proprio al Fantasma Nero. La squadra Cyborg è
intervenuta e vi ha portato in salvo con il nostro velivolo, il Dolphin. Ora vi
trovate nella nostra base”
“Leggi molta
fantascienza, Françoise”
“La fantascienza a
volte è profetica. Fra non molto, ti dimostreremo che non si tratta di
fantascienza. I media sono evasivi sulla nostra guerra segreta contro il
Fantasma Nero, ma è tutto reale. Adesso come ti senti, Romy?”
“Bene,
grazie”
“Se vuoi fare
colazione, puoi scendere di sotto con me. Puoi indossare quegli abiti. Sono
miei. Hai press’a poco la mia taglia, il che significa che sei una bella
ragazza!”
Romy sorrise a
quella facezia.
“Ti ringrazio. Ken
è qui?”
“Sì, è qui anche
lui”
“Come
sta?”
“Bene. Sai, ci ha
aiutato a salvarti rischiando la vita sotto il fuoco nemico”
“Veramente?”
“Sì, Romy. Ken è
di sotto con noi. Te lo chiamo o preferisci scendere?”
Romy aveva deciso
di scendere, ed aveva indossato la gonna al ginocchio e la camicetta di
Françoise. Lei le aveva spazzolato i capelli e li aveva fissati con un
cerchietto. Romy la lasciò fare. Quella giovane francese le piaceva. Era dolce,
raffinata e gentile.
Scese in salotto.
Seduti ad una
lunga tavola imbandita, sette uomini di differente età si alzarono deferenti al
suo ingresso. Indossavano la stessa uniforme rossa di Françoise. Ken era insieme
a loro. Romy riconobbe a capotavola
l’anziano professore che si era preso cura di lei insieme a Françoise.
Fu il professore a
prendere la parola.
“Buongiorno e
benvenuta fra noi, Lady Wells”
“Benvenuta!”
esclamarono coralmente tutti i cyborg.
“Vi ringrazio
tutti, amici. So di dovervi la vita. Grazie di cuore. Sono davvero commossa
dalla vostra accoglienza. Siete dei veri gentiluomini. Permettetemi di
stringervi la mano”
Uno ad uno, i
Cyborg le strinsero la mano affusolata presentandosi. Essendo anche lei un
pilota, riconobbe meravigliata Joe e Jet. Ringraziò anche il professore per
averla curata. Romy aveva nel sangue la cortesia raffinata e spontanea della
ragazza nobile di lignaggio e di animo. I suoi modi erano aristocratici, ma
privi della più piccola traccia di alterigia.
“Accomodatevi,
Milady, e servitevi pure” disse il Professor Gilmoure.
Bretagna le offrì
la sedia con un gesto deferente. Romy lo ringraziò con un inchino e poté sedersi
vicino a Ken.
“Bene, mia cara,
immagino che avrete molti interrogativi in merito agli eventi delle ultime
ore”
“A dire la verità…
parecchi, professore. Sento di trovarmi fra amici, sia miei che di Ken, ma la
mia comprensione dell’accaduto termina qui”
“Vedete,
milady…..”
“Potete chiamarmi
Romy, professore”
“Grazie, Romy.
Ecco…..prima di rispondervi è necessario che io chiarisca chi siamo, la ragione
delle nostre uniformi e quella del nostro intervento nella vicenda che vi ha
visto coinvolta. Come ho già spiegato al signor Hayabusa, per dimostrare ciò che
vi diremo, sarà necessario fornirvi alcune prove concrete. Vi faremo visitare
parte dei nostri laboratori. E’ superfluo che io vi chieda di promettermi che
manterrete il segreto, sia per la nostra sicurezza che per la vostra. Ditemi,
Ken, tra quanto l’ingegner Sayonji farà ritorno in Giappone?”
“Tre, forse
quattro giorni”
“Bene, terminata
la colazione, inizieremo il nostro “giro turistico”, e parleremo anche dei
vostri amici della Black Shadow. Poi contatteremo l’ingegner Sayonji, e gli
chiederemo di raggiungerci. Dovremmo poter stabilire il contatto verso le
diciotto, ora locale. Nel frattempo, sarete nostri graditi ospiti”
Quando il
videotelefono squillò, Yamato corse a rispondere immediatamente, seguito da
Sakura.
“Ken!” esclamarono
all’unisono, quando videro il suo volto sullo schermo.
“Ciao, Yamato!
Ciao Sakura! C’è Sayonji?”
“Altroché!”
rispose Yamato “Ha detto che ti sta aspettando a braccia aperte!”
“Dove sei, Ken?
Non sei più rientrato! Eravamo in pensiero! Mio fratello si è
arrabbiato!”
“Mi trovo in
Giappone, Sakura”
“In Giappone? E
come ci sei arrivato? Ken, cosa sta succedendo?!”
“Vi spiegherò
tutto, te lo prometto Sakura, ma adesso, per favore, corri a chiamare Sayonji, è
di vitale importanza che io gli parli”
“Volo!” rispose la
ragazza.
Ken vide entrare
il volto di Sayonji nello schermo.
“Hayabusa!
Carissimo! Sarà meglio che tu mi dia spiegazioni soddisfacenti!! Dove diavolo
sei?”
“In
Giappone”
“Cosa??!! E come
ci sei arrivato, eh?!”
“In volo…..”
rispose Ken, spinto dall’emozione ad una sincerità che il suo interlocutore
avrebbe interpretato come follia.
“In…in
volo?!”
“Ecco….vede… come
dire… mi ci hanno portato Shimamura ed i suoi amici insieme alla mia
macchina….”
“Non dire scemenze
Hayabusa! Che diavolo stai combinando?! Guarda che sto parlando seriamente! Ho
letto i giornali del mattino. Parlano di una gara clandestina nelle vicinanze,
di una sparatoria ed una retata della polizia. Ne sai qualcosa, per
caso?”
“Ehm…ingegnere…forse è meglio che parli con chi può davvero
spiegarle”
Sayonji vide
entrare nello schermo il volto del Professor Gilmoure.
“Si ricorda di me,
ingegnere?”
Sayonji ebbe un
istante di perplessità, poi il suo volto si illuminò.
“Voi siete quel
cibernetico, il Professor….Professor…Gilmoure… se non vado errato!”
“Non errate,
ingegner Sayonji. Ricordate la nostra vecchia collaborazione?”
“Sì, anche se sono
passati parecchi anni. Si trattava del mio progetto per una biposto
trasformabile, predisposta per l’integrazione con i suoi dispositivi! Siete poi
riuscito a realizzarla?”
“Sì, ingegnere.
Immagino che il collegamento fra me ed il suo pilota la incuriosisca”
“Immaginate bene,
Professore!”
“E voi avete
diritto ad ogni spiegazione, ingegnere, ma non è il caso di parlarne per
telefono”
“Perché?”
“Perché non
credereste a ciò che vi direi, a meno che non vi mostri ciò che ho già mostrato
al vostro pilota. Fra quanto tornerete in Giappone?”
“Tre o quattro
giorni, professore”
“Bene! Venite nel
mio laboratorio, e capirete perché non posso parlarne ora. So che siete un uomo
di mente aperta, ingegnere, disposto a credere a ciò che viene dimostrato
razionalmente, anche se insolito. Vi svelerò segreti che riguardano
probabilmente anche il vostro grande amico Ayab. Ken mi ha fornito il codice di
chiamata della vostra telescrivente. Vi comunicherò le istruzioni per
raggiungerci ed il numero a cui contattarci. Abbiamo recuperato il veicolo di
Ken ed anche quello chiamato “Maestà Reale”. Sarebbe opportuno che ci
raggiungeste con il vostro trasporto volante, Ken mi ha detto che lo chiamate
“Big Carry”. Per adesso, non chiedetemi di più. Fidatevi di me, e, mi
raccomando, mantenete il riserbo assoluto sul nostro appuntamento. Ora devo
interrompere la comunicazione. Anche l’etere può avere orecchie. Arrivederci,
ingegnere.”
“Arrivederci,
professore”
Sayonji vide lo
schermo diventare nero. Il riferimento alla “Maestà Reale” lo aveva lasciato di
sasso. Anche se Hayabusa era riuscito a farne una delle sue, valeva la pena di
prendersi il disturbo di andare in fondo a quella faccenda.
Romy era di fronte
al platano che ombreggiava l’ingresso della villa, ed osservava il cerchio alato
intagliato nella corteccia. Era incuriosita da quel simbolo. Decise che ne
avrebbe chiesto al professor
Gilmoure. Ken apparve sulla veranda, e la vide contemplare assorta il grande
albero. Si avvicinò e la chiamò.
Romy lo abbracciò e lo baciò delicatamente, a lungo, stringendosi al suo petto
forte, inebriandosi del suo calore. Ken la prese a braccetto e scesero la scala
che portava alla spiaggia.
“Allora, ti sei
ripresa dallo stupore?”
Il Professor
Gilmoure aveva mostrato loro l’hangar del Dolphin, i Cyborg avevano dato
dimostrazione dei loro poteri, ed ognuno di loro aveva raccontato a Ken e Romy
la sua storia. Romy era rabbrividita.
“Sì, Ken. Dio mio,
non avrei mai immaginato di essere coinvolta in qualcosa del genere. Credevo che
la Black Shadow fosse semplicemente una scuderia sleale. Ora ho capito. Se penso
di averne fatto parte, mi viene male. Credo che il professore abbia ragione. Mi
avrebbero usato come cavia…cielo…Ken…ho paura…che orrore! Non lasciarmi sola,
amore mio!”
“Non sei sola,
Romy, e non la sarai mai più, te lo prometto. Ti eri accordata con Ayab perché
non avevi nessuno su cui contare. Ora ce l’hai. E’ solo mia la colpa se ti sei
sentita abbandonata”
“Sai, Ken, ora
sono certa che quei maledetti siano responsabili della morte di mio
padre”
“Se è per questo
sono responsabili anche della morte del mio, e di quella di mio
fratello”
“Vedi Ken…io
speravo di poter salvare la casa automobilistica della mia famiglia, ed al
contempo di verificare i sospetti sulla morte di mio padre…invece erano loro ad
aver teso un tranello a me. Se non fosse stato per Joe e gli altri, ed anche per
te…sai, Geronimo mi ha detto che per soccorrermi hai preso parte alla sparatoria
tenendo la mia vita in maggior conto della tua…mi ha detto che il suo amico
“Falco che Corre” ha abbattuto due nemici combattendo al suo fianco…se penso al
pericolo che abbiamo corso…”
“Già, ma quei
vigliacchi non avevano fatto i conti con i nostri nuovi amici! Non mi importa se
in parte sono macchine. Ci sono persone che li chiamano mostri: Ayab non ha
parti meccaniche in corpo, ma il vero mostro è lui, insieme a tutti quelli che
sono dietro di lui. Joe e gli altri, per me sono esseri umani, punto e
basta!”
“Hai ragione,
Ken”
Quando furono
vicini alla linea della risacca, Romy si tolse le scarpe. Era a gambe nude. Fece
qualche passo avanti e lasciò che il mare le bagnasse i piedi.
“Quale sarà il
nostro futuro ora, Ken?”
“Romy, che ne
diresti di proporre a Sayonji di prenderti come pilota? Io e Sakura gli
parleremo. So già di avere Sakura dalla mia parte. Conosco Sayonji abbastanza da
sapere che accetterà. Ha conosciuto tuo padre e ne ha mantenuto un’immensa
stima. Riguardo alla tua abilità, gli spiegherò che durante la nostra sfida sei
stata alla mia altezza, il che lo impressionerà. Andrà su tutte le furie quando
saprà della gara clandestina, ma ci sono abituato. Non è la prima delle
“hayabusate” che gli combino”
A sentire quel
termine, Romy rise di cuore immaginandosi le scene. Ken continuò.
“E non dimenticare
che, oltre a te stessa come pilota, porterai anche la “Maestà Reale”. Stai certa
che, non appena la vedrà con i suoi occhi, se ne innamorerà come io di
te”
Romy sorrise.
Quell’improvvisa ventata di ottimismo la rese euforica. Gli corse incontro con i
capelli rossi al vento e gli gettò le braccia al collo.
“Oh Ken, ti prego!
Dammi un bacio!”
Ken non poté
rifiutare.
Joe e Françoise
stavano guardando Ken e Romy dalla cima della lunga scalinata che portava alla
spiaggia. Da quando erano usciti di casa, i sensori di Françoise avevano
vegliato su di loro.
“Certo che è
sorprendente quanto abbia impiegato Ken a capire di essere innamorato di Romy”
commentò Joe.
“Certo che questa
predica proviene da un pulpito piuttosto strano” replicò Françoise, sorridendo
sorniona.
Joe non replicò,
come se non avesse sentito.
Albert si
avvicinò.
“Ragazzi, dovrei
fare alcune domande a Romy, l’avete vista?”
“Ehm, sì” fece Joe
“credo sia occupata” e gli indicò la coppia abbracciata.
“Ah, allora
aspetto”
Quando l’abbraccio
si sciolse, Romy raccolse le scarpe ed i due si misero a passeggiare tenendosi
per mano.
“E’ davvero
urgente, Albert?” fece Françoise, melliflua.
“Sì, purtoppo”
replicò Albert, mesto, mostrandole la foto di Hilda “Credo che Romy possa darmi
qualche informazione utile, ed ogni istante che passa può complicare le cose
ancora di più”
“Oh!” replicò
Françoise “Scusami, Albert”
“Tranquilla! E’
tutto ok. Mi dispiace disturbarli, ma è per una buona causa”
Joe gli
sorrise.
“Vai pure. Sono
certo che capiranno. Romy sarà felice di aiutarti, se potrà”
Albert discese la
scale e si fece loro incontro.
“Salve, Albert!”
lo salutò Ken.
“Buongiorno” fece Romy con un sorriso.
“Buongiorno
ragazzi. Perdonatemi se vi chiedo di potervi rubare pochi minuti, ma potreste
essere di grandissimo aiuto sia a me che a tutta la mia squadra, ed anche a voi
stessi”
“Chieda pure,
Albert, e non si preoccupi. Vi dobbiamo la vita, e non lo dimenticheremo mai”
rispose Romy con sincera gratitudine.
Albert mostrò loro
la sua foto di Hilda, quella con la dedica.
“Riconoscete
questa donna?”
Gli occhi di Romy
mandarono un lampo.
“Certo! E’
un’agente di Ayab. E’ stata lei a mettermi in contatto con Baron”
“Quello con il
cappello a cilindro?” chiese Albert
“Sì,
lui!”
Ken
intervenne.
“Anch’io l’ho
vista. E’ stata lei a dare il via alla gara di ieri notte”
“Abbiamo preso
contatto con la polizia della zona che, come sapete, a seguito dello scontro a
fuoco ha effettuato una retata. Purtroppo non era fra i fermati. E’ riuscita a
dileguarsi” rispose Albert.
“E’ lei ad
organizzare le gare clandestine ed anche quelle ufficiali che vedono coinvolta
la Black Shadow” puntualòizzò Romy “Chiedo scusa, Albert, ma come fa ad avere
questa foto, che oltretutto pare vecchia di anni, e questa dedica firmata
“Hilda” a chi è rivolta?”
“A me” rispose
Albert con voce profonda e malinconica
“Voi…voi l’avete
conosciuta? Si chiama Hilda?”
“Conoscete la mia
storia, ve l’ho raccontata. Non vi ho detto tutto, però. Quando forzai il blocco
la mia fidanzata era con me sul camion. Quando, ferito, riuscii ad estrarla dal
camion rovesciato, credetti fosse morta fra le mie braccia, mentre la
sorreggevo. Poi persi i sensi e non seppi più nulla di lei. Quando ripresi
conoscenza nella mia….forma attuale, fui certo della sua perdita, ma forse
adesso…Romy, lei ha fatto parte della Black Shadow e potrebbe sapere qualcosa
che mi aiuti a liberarla. Se potessi portarla qui, nel laboratorio del
professore, potremmo capire se si tratti di lei e se sia possibile farla
tornare…beh, non come prima, ma almeno salvare il suo spirito e darle una
seconda possibilità, come è accaduto a me. Nella mia condizione di cyborg, ho
potuto rendermi utile in occasioni in cui, ripensandoci, sono contento di
esserci stato. E poi, forse, potrei riaverla con me, anche se non sarebbe
proprio la stessa cosa…La prego, Romy. Mi dica ciò che sa”
“Sì…sì Albert…le
dirò tutto, anche se non credo sia molto..”
“L’avete
incontrata spesso?”
“Sì, ma abbiamo
parlato ben poco, al di là dei dati tecnici. Non c’era dialogo fra noi. Il
castello è annesso ad un autodromo che consente di assemblare percorsi
differenti attraverso un centro di automazione via rete che ricombina elementi
prefabbricati di pista attraverso sistemi macromeccanici. Si tratta di una
struttura prevalentemente sotterranea. Era lei ad occuparsene. Una volta l’ho
sentita parlare con Baron di “collegarsi al computer centrale con l’interfaccia
ad innesto cerebrale ””
“Vi ha mai detto
il suo nome?”
“Mai, si faceva
chiamare “lady x” e non era loquace. Parlava con uno strano accento tedesco,
però. Di questo sono certa”
“Avete notato una
certa fissità nello sguardo?”
“Sì, pareva una
bambola. Solo una volta le vidi un’espressione sofferente in viso”
“Aveva l’abitudine
di arrotolarsi una ciocca di capelli intorno all’indice?”
“Sì, lo faceva
spesso!”
“Era questa donna
ad allenarla, Romy?”
“Era lei a darmi
le caratteristiche dei percorsi. Programmava tutto in ogni minimo dettaglio, con
velocità ed efficienza sorprendenti. Esaminava le mie prestazioni
scientificamente e comunicava tutto a Baron. Si occupava anche della
manutenzione della Maestà Reale”
“Avete idea di
dove si potrebbe cercarla?”
“Supporrei il
castello di Ayab”
Ken
intervenne
“In effetti è
logico! Avranno iniziato a preparasi per la gara di Tortica, esattamente come
noi, e se era lei a gestire il loro programma di allenamenti, l’avranno
sicuramente messa al lavoro. Non hanno potuto impossessarsi della Maestà Reale,
quindi il loro capo-ingegnere, il dottor Mephist, dovrà cercare di riprodurla
basandosi sugli studi che quella donna ha effettuato. Albert, se si tratta di
lei, ora è un cyborg, ed avrà in memoria tutte le informazioni di cui Mephist ha
bisogno. Ne hanno bisogno anche per Tortica. Fin quando sarà preziosa, sarà al
sicuro. Ayab non la toccherà.”
“Romy, potreste
fornirci informazioni in merito al castello di Ayab?”
“Vi dirò tutto ciò
che ricordo”
“Permettereste
anche al piccolo Ivan di sondare la vostra mente, se fosse necessario per
riportare a galla qualche dettaglio importante?”
“Sì. Devo
sdebitarmi con voi, ed ho capito cosa voleva farmi quella gente: ciò che hanno
fatto anche a quella povera ragazza…Albert, per quello che può valere, credo
proprio che lei abbia ragione. E’ lei. Spero solo che possiate far riemergere
quella vera…”
“Grazie, Romy. Fra
due ore il professore sarà disponibile a raccogliere le informazioni che lei ci
fornirà”
“Lo farò con tutto
il cuore, Albert”
“Grazie”
I tre gemelli
entrarono in fila nella sala dall’altissimo soffitto, diretti ai loro scranni
dall’alto schienale. Indossavano una semplice veste monocolore da monaci, che
recava sul petto un tridente
stilizzato con le punte rivolte verso l’alto. La sincronia dei loro movimenti
era troppo perfetta per essere umana. Dava l’impressione che quei tre corpi
fossero comandati da una sola mente, una mente cibernetica il cui hardware,
messo a nudo, era diviso in parti uguali nelle teste calve dei tre gemelli.
Shiva indossava
una tonaca blu, e la parte destra del suo volto era artificiale.
Brahman indossava
una tonaca nera, e la parte centrale del suo volto era artificiale.
Visnu indossava
una tonaca rossa, e la parte sinistra del suo volto era artificiale.
Quando si
voltarono all’unisono verso l’ingresso della sala, le parti cibernetiche
formicolanti di luci dei loro volti erano disposte in modo da potersi incastrare
tenendo ferma quella al centro ed avvicinando le altre due. I capolavori del
dottor Gamo si sedettero come i giudici di un tribunale e, dall’alto della loro
cattedra sopraelevata, abbassarono simultaneamente gli sguardi sull’alta figura
corazzata che li aveva attesi.
Shiva parlò per
primo.
“Benvenuto, barone
Ayab, anche a nome dei miei fratelli”
“Vi ringrazio,
reverendi fratelli. So che essere ricevuto direttamente da voi è un raro onore e
privilegio” rispose deferente Ayab, dietro la celata dell’elmo che copriva il
suo volto. Nel suo tono cortese vibrava una nota di crudeltà affilata che non
riusciva a mascherare.
“A che punto siete
con la preparazione della gara di Tortica, Barone Ayab?” chiese
Brahman
“Entro trenta
giorni l’autodromo sarà terminato. Nel frattempo potrete iniziare ad utilizzare
i nostri cantieri per infiltrare le vostre squadre di scavo e procedere con il
vostro…esperimento. Nel frattempo, la Black Shadow diverrà leader
dell’automobilismo mondiale, e potremo sfruttare il nostro successo per
investire i proventi delle nostre…attività riservate…. nell’industria
automobilistica”
“Abbiamo saputo
che quei maledetti cyborg traditori hanno salvato Ken Hayabusa e Romy Wells
recuperando le loro macchine, Barone. Peccato; al dottor Gamo sarebbe piaciuto
lavorare su Romy Wells. Pensate che questo intoppo possa crearvi difficoltà?”
domandò Visnu.
“Nessuna, fratello
Visnu. La Maestà Reale avrebbe potuto esserci utile, e quel Ken è sempre stato
una spina nel fianco, ma il nostro progettista capo, il Dottor Mephist, mi ha
proposto i progetti di macchine da corsa che, utilizzate con le…. diciamo
opportune strategie… compenseranno il problema.”
“Molto bene,
Barone Ayab. Se vi servirà la collaborazione del Dottor Gamo o di altri nostri
scienziati, non esitate a chiedere. I preparativi per la nostra spedizione
archeologica segreta come procedono?”
“Sono praticamente
ultimati. Stiamo già iniziando a caricare i camion nella rimessa dei sotterranei
del mio castello. Ovviamente abbiamo provveduto a camuffarli con marchi
commerciali fasulli. Abbiamo anche organizzato la spedizione dei materiali nello
Yucatan. Troverete ciò che cercate, ed anche io avrò ciò che sogno”
“Il nostro signore
è soddisfatto di lei, Ayab” disse Brahaman con la sua bocca rettangolare,
aprendo e chiudendo due file di denti da robot. Sembrava che fosse un teschio
ghignante a parlare. Gli altri due fratelli annuirono con espressioni grifagne.
“Grazie al suo aiuto, sarà presto fra noi”
“Lo
conoscerò?”
“Il mondo intero
lo conoscerà, Barone, e per chi lo ha servito le ricompense saranno infinite.
Andate ora, e tornate vittorioso. Nel frattempo, informateci di ogni
sviluppo”
“Vi porgo i miei
omaggi” rispose Ayab con un breve inchino. L’uomo corazzato diede loro le spalle
ed uscì dalla sala.
Dopo che i
battenti si richiusero, i tre fratelli rimasero immobili. Dal soffitto discese
il cono di luce tremula di un proiettore olografico. Mostrò un orribile
planetoide nero, una repellente massa cancerosa di tenebra nera e malata. Una
massa pulsante resa ancora più detestabile dall’aura di intelligenza innaturale
che pareva emanare anche da una semplice immagine riprodotta. I tre fratelli la
contemplarono avidamente. La voce lebbrosa che si diffuse nell’atmosfera cupa
della sala avrebbe fatto svenire una persona sensibile. Loro la assimilavano
come una musica celestiale.
“Padre!” dissero
in coro, con un’emozione che pervadeva i loro volti ibridi e maligni.
“Figli miei, la
vostra devozione sarà finalmente ricompensata. Potrò avere il mio trionfo. Il
popolo del cerchio alato me lo negò molto tempo fa, ma per me il tempo non ha
valore. Tornerò, però dovete trovare e distruggere ciò che rimane di quella
civiltà di telepati che si oppose a me e che venerò la Luce in cambio di una
vita banale e tranquilla. Ora si trovano in una differente linea temporale, dove
riuscii a confinarli prima che il loro maledetto fascio di energia mi
rilanciasse ai confini di questo universo. Però le rovine del Tempio della Luce
sono rimaste nella vostra linea temporale. Ne sono certo, vi ho indicato l’area,
quella che chiamate “Tortica”, ma non posso individuarlo con precisione. So che
vi state muovendo voi per me. Non dovete fallire!”
“Ci siamo
organizzati per obbedirti senza fare domande, tuttavia siamo curiosi: perché
temi tanto quelle vecchie rovine di pietra, padre?” chiesero all’unisono i tre
fratelli.
“So che un
frammento di quel maledetto cristallo è ancora in circolazione, e quello solo
può bastare a convogliare di nuovo contro di me la potenza della Luce, e questa
volta potrei esserne distrutto. Ho potuto prendere contatto con voi solo di
recente, perché la distanza era troppa per i vostri strumenti. Sarebbe stato
opportuno avvertirvi prima, ma non è stato possibile. Sono comunque certo che il
preavviso che vi ho dato basterà. So che una donna di nome Hathor possedeva il
frammento, e la sua linea spazio-temporale si sovrappone al flusso di energia di
una macchina del tempo. Il frammento si trova ora nel vostro tempo. Significa
che qualcuno ha incontrato Hathor tornando indietro nel tempo, è entrato in
possesso di quella maledetta pietra ed è tornato nel presente. Qualcuno potrebbe
ripetere il rituale del popolo del cerchio alato”
“Chi,
padre?”
“Non lo so, figli
miei, ma se quella maledetta sgualdrina di Myoltecopang riuscisse a contattarlo…
in lei la Luce scorre potente… troppo potente… il rischio di una sortita del
nostro nemico è troppo alto… trovate e distruggete le rovine del Tempio della
Luce! Che il tridente dello Spettro Nero spezzi il cerchio alato! Solo così
avrete il potere assoluto! Senza la Sala del Cristallo, la pietra è inutile. Avrete questo
mondo, e dopo, l’universo, e dopo ancora saremo padroni di tutte le linee
temporali! Ci occuperemo di Myoltecopang e della sua dolce principessa in un
modo che neanche lei potrà immaginare… la lasceremo per ultima, trasformeremo
tutto il suo popolo in mostri e lei dovrà guardare! Mi vendicherete! Sarete dèi
insieme a me! Giocheremo con tutte le stupide creature viventi in nome dei
nostri sogni superiori. Luce e tenebre, male e bene, non saranno che semplici
giocattoli nelle nostre mani. Qualsiasi creatura senziente, umana o artificiale,
si prostrerà nel terrore. Imparerà il vero significato del dolore, delle
torture, delle guerre, del vizio, delle stragi, dell’odio. Avete lavorato bene
in tutte queste direzioni preparandovi a questo momento, figli miei. Non mi
dimenticherò dei vostri servitori umani, perché compenso sempre chi mi serve. Vi
manca solo questo esame finale. Sconfiggete definitivamente il cerchio alato, e
nulla più ci resisterà. Mi sto avvicinando sempre più, dopo secoli di viaggio
nei neri abissi del cosmo. Sarete voi a distruggere l’ultimo ostacolo”
“Sarà fatto,
padre!” risposero in coro.
L’immagine
scomparve.
L’immensa mole
turrita del castello di Ayab sfidava il cielo notturno da un massiccio roccioso
erto e scabro, di cui pareva l’ideale prosecuzione. Viste dal basso, le sue
guglie più alte si stagliavano contro il disco lunare come lance conficcate.
L’enorme altopiano ospitava anche un autodromo a ridosso di quella fortezza
merlata e numerose strutture sotterranee. Seicento metri più sotto, un canale
anulare isolava il massiccio dalle brulle montagne circostanti. Il solo
collegamento con la terraferma era un ponte a pilastri che, emergendo
dall’acqua, collegava due tunnel ben camuffati. Per attraversare quel canale di
notte nuotando sott’acqua ed eludendo gli squali-robot del Fantasma Nero per
intraprendere subito dopo la scalata in arrampicata libera di una parete di
roccia tanto alta occorreva una buona ragione. Albert Heinrich l’aveva. Anche
Piunma e Bretagna, suoi compagni in quell’escursione, l’avevano. Per maggiore
mimetismo, indossavano tutti e tre la versione nera delle uniformi dei Cyborg.
Arrivati in cima dopo due ore di scalata, i tre cyborg si acquattarono nell’oscurità ai
piedi delle mura del castello. Il cerchio di luce di un riflettore li sfiorò e
proseguì. Bretagna aveva il compito di entrare nel castello assumendo la forma
di un pipistrello. Doveva poi assumere le sembianze di Baron, far entrare 004 e
008 ed individuare Hilda, sperando che fosse lei.
Le indicazioni di
Romy avevano permesso ad Ivan di individuare l’appartamento di quella donna all’interno del
castello. Se si fossero nascosti nelle sue stanze, sarebbe stata lei stessa a
recarvisi per dormire. A quel punto l’avrebbero narcotizzata ed Ivan avrebbe
potuto teletrasportarli all’esterno.
Sembrava facile. A
parole lo era.
004 era a capo
della missione. Il Professor Gilmoure, dopo aver parlato a lungo con Romy e Ken
in merito ad ogni possibile informazione utile sul castello di Ayab e sulla
Black Shadow, gli aveva concesso di andare e di guidare l’operazione. Albert lo
aveva ringraziato con tutto il cuore. Mentre si preparava, Françoise andò da lui
e bussò. “Nota:
“Albert, posso
entrare?” Françoise si ricordava di quando Albert era venuto a parlarle mentre
era intenta a truccarsi da egiziana per prendere parte alla missione nel passato
che le consentì di incontrare Hathor ed entrare in possesso della pietra che la
famiglia di quella ragazza Hyksos si era tramandata per generazioni,. Avevano
parlato della missione, Françoise gli aveva confessato di avere timore di un
viaggio nel tempo, e poi avevano parlato di Hilda e di Joe.
“Françoise, sei
tu! Entra pure, bambina”
“Albert,
io…volevo…ecco… ricordi quello che mi dicesti quando venisti a trovarmi mentre
mi preparavo ad entrare nella macchina del tempo?”
“Sì, bambina” le
rispose sorridendole.
“Sai Albert, ho
sempre portato dentro di me le bellissime parole che tu mi dicesti allora a
proposito di Hilda: “è molto meglio incontrarsi, amarsi e poi perdersi che non
incontrarsi affatto”. Non ti ho mai detto che, leggendo “I Miserabili” di Victor
Hugo, vi trovai una frase praticamente identica alla tua che diceva “meglio
avere amato ed avere sofferto, che non avere mai amato”?”
“E’ una frase
bellissima”
“Bella come la
tua, Albert… ricorda che io ti sarò vicina, sia che tu ritrovi almeno in parte
la tua felicità con lei, sia che questo tentativo fallisca. Se fossi fredda e
cinica ti direi di non sperare troppo, così un insuccesso non ti farebbe
soffrire più di tanto, ma so che non puoi metterci altro che il cuore. Se
dovessi perdere Joe e mi si prospettasse la possibilità di riabbracciarlo, come
cinica sarei una frana. ”
“Tu non potresti
mai esserlo, Françoise”
“Vorrei venire con
te, Albert”
“Ti ringrazio, ma
un’azione di infiltrazione come questa richiede il minor numero di elementi
possibile. Dovremo passare totalmente inosservati. Saremo tre soli: io, 007 e
008. Ne ho discusso con il professore. E’ la cosa migliore”
“Albert, se alla
fine di questa prova gioirai, gioirò con te. Se soffrirai, ricorda che non sarai
solo nella tua sofferenza”
“Grazie, mia
piccola ballerina”
Françoise lo aveva
abbracciato con forza e poi era fuggita per nascondere le lacrime.
In quella pausa
nell’oscurità, ai piedi di quel muraglione, Albert ripensò per un istante a
Françoise. Poi pensò ad Hilda, e diede l’ordine convenuto attraverso la
trasmittente interna.
“Vai,
007”
“Ricevuto!”
Bretagna divenne
un globulo indistinto, che si consolidò in un pipistrello. Spiccò il volo,
superando il muro di cinta. L’immensa e contorta mole gotica del colossale
maniero si spiegò in tutta la sua sinistra possenza. La luce della luna la
illuminava parzialmente, rendendola ancora più spettrale. Le profondità buie che
dividevano gli edifici ammassati secondo un disegno architettonico elaborato con
gusto perverso davano l’impressione che le fondamenta delle costruzioni interne
fossero più in basso rispetto a quelle delle mura. Orrende sculture di demoni
mostruosi e scheletri erano avvinghiate a torri, cornicioni e facciate. La torre
a pinnacolo che ospitava il colossale orologio del castello aveva la sommità
modellata come una roccia scabra. Chine su di essa, decine di scheletri di
bronzo immortalati nell’atto di aggredirla con i loro scalpelli si animarono
improvvisamente, scandendo all’unisono la mezzanotte con le loro martellate.
Avevano rubini rossi nelle orbite, che rendevano satanico il loro ghigno
crudele. Una folle, magniloquente ed ingegnosa necrofilia si associava ad un
sfacciato sfoggio di potenza descrivendo bene l’animo di chi aveva voluto una
simile costruzione d’incubo. Guardare quel castello era come guardare dentro
Ayab.
Il pipistrello
sparì in un angolo buio, e da quello uscì un perfetto duplicato di Baron, che si
mise a camminare con nonchalance sugli spalti. Gli uomini armati di ronda gli
fecero il saluto, incontrandolo. Bretagna attese che le sentinelle si
allontanassero e si avvicinò ai merli del bastione. Fissò un gancio al parapetto
e lasciò cadere la fune che vi era attaccata. Albert ne afferrò l’estremità e
salì. Piunma lo seguì. Poi, senza fare alcun tentativo di nascondersi, i tre
presero a camminare per gli spalti. Il guardiano che li vide nella telecamera
riconobbe Baron e si tranquillizzò. Con lui c’erano due uomini in nero che non
conosceva, ma ultimamente tutti si erano abituati al viavai di sconosciuti in
nero. Gli uomini del Fantasma Nero andavano e venivano di frequente dal castello
di Ayab, da quando erano iniziati i preparativi per la gara di Tortica, e gli
scavi segreti che la gara stessa doveva coprire. I guardiani di Ayab sapevano di
non dover fare domande. I tre cyborg sapevano che quel trucco non avrebbe
funzionato a lungo. Dovevano dileguarsi nell’intrico del castello ed agire.
Raggiunsero una scala che scendeva dagli spalti. Dovevano raggiungere l’edificio
centrale. La donna che cercavano aveva il suo appartamento al terzo piano,
angolo ovest.
“Scendiamo!”
ordinò 004 con la trasmittente interna.
Il terzetto
discese la scala fino ad una piccola strada lastricata. Sentirono il passo
pesante di altre due sentinelle. La sorveglianza era elevata. Le lasciarono
andare. Albert valutava la situazione. Bretagna avrebbe potuto continuare a far
loro da guida come sulle mura, facendoli entrare dalla porta principale, ma un
qualsiasi controllo d’identità li avrebbe traditi. Sicuramente c’erano
sentinelle e telecamere al portone dell’edificio, ed era probabile che fosse
stata istituita almeno una parola d’ordine per entrare.
Albert ebbe
un’idea.
“007, entra da una
finestra, vieni all’ingresso con le sembianza di Baron e dà ordine di lasciarci
entrare”
Bretagna ritornò
pipistrello e svolazzò inosservato intorno alla facciata dell’edificio. Trovò
una sola finestra aperta ed entrò. Era un bagno, ed era chiuso a chiave.
“Sono entrato 004,
ma ho di fronte una porta chiusa a chiave”
Albert valutò il
rischio, poi gli disse di forzarla. Bretagna si mise al lavoro con un
grimaldello e fece scattare la serratura. Entrò in un corridoio buio e si
diresse verso le scale. Quando fu a pianterreno, diede il segnale via radio a
004 e 008, che uscirono allo scoperto e si diressero verso il portone
dell’edificio. Le guardie diedero l’altolà e puntarono le armi.
Contemporaneamente, Bretagna si fece avanti con le sembianze di Baron,
garantendo per loro. Alle guardie apparentemente bastò. 004 e 008 seguirono 007
su per le scale. Aveva funzionato, ma non avevano idea di dove fosse il vero
Baron. Il rischio aumentava ad ogni istante.
Raggiunsero l’appartamento indicato da
Romy, ne forzarono la porta e vi entrarono. Era vuoto.
004 contattò la
base.
“Professore, qui
004, siamo entrati. L’appartamento è vuoto. Rimaniamo ad aspettare. Ivan è
pronto per teletrasportarci?”
“Affermativo”
confermò il Professor Gilmoure.
Sembrava questione
di tempo. Era stato facile. Troppo.
La limousine nera
di Baron, accompagnato da “Lady X”, il loro obiettivo, fece il suo ingresso nel
castello e si fermò di fronte al portone dell’edificio in cui i tre cyborg si
erano infiltrati.
Le sentinelle,
stupefatte, videro scendere lei e Baron. Poche frasi concitate e l’allarme
echeggiò in tutto il castello. Ad un ordine di Albert, i tre si arrampicarono
sul tetto. Albert si sporse dal cornicione e la vide. Guardie armate stavano
convergendo sul posto. Iniziarono ad entrare di corsa nell’edificio. Il rumore
di passi e porte sfondate si avvicinava.
Albert reagì con
decisione.
“008, fai fuoco
insieme a me in modo da disperdere le guardie al portone. 007, trasformati in un
uccello da preda e catturala!”
Albert armò la
mano a mitragliera e fece fuoco. Il laser di Piunma le diede man forte. Nella
confusione che seguì, Bretagna saltò dal cornicione, si trasformò in un’aquila
ed afferrò “Lady X” per le spalle. Lei gridò terrorizzata mentre 007 la posò sul
tetto. Albert la bloccò, la guardò negli occhi e le chiuse la bocca con la mano.
“Ferma! Non
muoverti e non ti sarà fatto del male”
Lei prese a
tremare. Aveva un’espressione attonita sul viso. Mormorò con un filo di voce
“No… no… no… illogico… illogico… tu sei cancellato… morto”
Piunma si
inginocchiò dietro un riparo e puntò il laser verso la porta che permetteva di
salire sul tetto. Contattò 004.
“Stanno arrivando,
004”
“Ivan,
teletrasporto!” comunicò disperatamente 004.
Quando le guardie
irruppero sul tetto, lo trovarono vuoto.
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Editor
1
NOTA: Questa fic è stata scritta in collaborazione
con COSTIGAN, a cui deve essere attribuito pienamente il merito della trama, io
mi sono limitata a coadiuvarlo nella stesura ed a completare alcune parti.
Pertanto la fanfic è da considerarsi scritta da due autori: Costigan e
Michiredfox. Grazie.
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Capitolo 8 *** Parte 7 ***
1
Il Professor
Gilmoure era al lavoro da quasi dieci ore. Francoise lo aveva assistito,
infaticabile. C’erano due vite in gioco: quella della ragazza bionda sotto i
ferri e quella di Albert, che avrebbe accusato per la seconda volta una perdita
terribile e ne sarebbe uscito, forse, psicologicamente distrutto. Hilda. Quel
nome, come una dolce nota musicale, aveva fatto risuonare la sua celeste armonia
in tutti i meandri della memoria di Albert per anni. Dentro il cuore di Albert
c’era un santuario dedicato a lei. Se il Professore non fosse riuscito a
salvarla, sarebbe morta una seconda volta. Tutta la squadra dei cyborg sapeva
cosa intendere esattemente con il termine “salvare” in un caso del genere. Non
si trattava della salvezza in senso fisico, perché il corpo non aveva danni. Si
trattava di riportare a galla il suo spirito celato sotto il condizionamento
operato dal Fantesma Nero. Bisognava rimuoverlo, procedendo in parte per
elettrostimolazione della parte organica dell’encefalo, in parte modificando il
software preposto all’interazione bioelettronica con le parti cibernetiche del
corpo, in parte ritoccando l’hardware di potenziamento elettronico del cervello.
Un solo errore, ed il risultato avrebbe potuto essere un corpo animato di vita
vegetativa, oppure una pazza schizofrenica. Nessun errore, ed il rischio,
seppure più basso, rimaneva. Sarebbe occorso il miglior cibernetico del mondo.
Per fortuna, i cyborg lo avevano. Albert stava aspettando fuori. Insieme a lui,
Geronimo, Joe e Chang e tutti gli altri attendevano, pregando silenziosamente.
Avrebbero voluto parlare con Albert, ma senza sapere cosa dire. Il momento si
avvicinava. La luce sopra la porta divenne da rossa divenne bianca. Il Professor
Gilmoure uscì.
Albert si
alzò in piedi di scatto.
“Allora?”
“E’ tutto
pronto, Albert. Devo solo abbassare l’interruttore a leva che farà attivare la
rimozione del blocco. Conosci i rischi, vero?”
“Li conosco”
rispose Albert con gli occhi bassi.
“Albert, ho
fatto quanto potevo ma non posso darti la certezza che……..”
“Non deve
rimproverarsi nulla, Professore. Solo i Fantasmi Neri hanno di che
rimproverarsi”
“Albert, ti
senti pronto ad affrontare un eventuale fallimento?”
“Professore,
mi permetta di entrare. Quell’interruttore lo abbasserò io”
Il
professore e gli altri lo guardarono stupefatti.
“E’ giusto
così” insistette Albert “Io la feci catturare dai Fantasmi Neri con il mio
tentativo di forzare il posto di blocco. Ora devo assumermene la responsabilità.
La prego, professore!”
Il Professo
Gilmoure lo guardò a lungo, in silenzio, poi acconsentì.
Albert
entrò. Vide la ragazza distesa sul lettino. Vide i fasci dei cavi dei sensori
applicati al capo. Vide Françoise, che ebbe un moto di sorpresa. Il professore
indicò la leva ad Albert. Françoise capì e rimase impietrita. Albert vi appoggiò
sopra la mano. Il professore gli fece un cenno. Albert la abbassò.
Gli
apparecchi emisero un ronzio elettrico che raggiunse in fretta il suo apice. Il
corpo femminile esanime staccò di colpo il bacino dal letto operatorio, formando
un’arco convulso. Solo i talloni e le spalle poggivano sul piano del letto. Le
labbra tese scoprirono i denti per due o tre secondi, poi il corpo ricadde
inerte. Dopo due secondi i grafici luminosi degli strumenti segnalarono una
lenta ripresa delle funzioni vitali. L’elettroencefalogramma rimase piatto per
pochi secondi, poi iniziò ad incresparsi.
Hilda aveva
ancora gli occhi chiusi, ma le sue labbra si mossero.
“Albert!
Albert ci hanno visto……ci sparano!! No! Oh No! Ho paura!……..Aaaaaaah! Frena!
Frenaaaaaa!”
Prese ad
ansimare con foga, poi a tremare come una foglia. La sua voce era rotta dal
pianto.
“Albert,
amore mio, dove sei? Dove sei?”
Aveva
riacquistato la memoria, esattamente dal punto in cui si era interrotta.
Françoise era pietrificata dall’emozione. Appoggiò la schiena alla parete e si
coprì il volto con le mani. Il Professore soffocò le sue lacrime di commozione a
stento.
Albert stava
piangendo, senza vergognarsene minimamente. Le prese la mano, poi la abbracciò
con calore e dolcezza raddoppiati dall’emozione di rivivere quel momento
terribile.
“Sono qui,
amore mio. Fatti forza!”
“Albert……è
tutto buio…..non ti vedo…….Albert…….le gambe, non riesco a muoverle…”
Albert le
carezzava il volto piangendo, lo ricopriva di baci adoranti e
disperati.
Quell’emozione fu troppo per Francoise. Chiamò Joe con la trasmittente
interna. Joe la vide così pallida da spaventarsi. Lei schiacciò il viso contro
il petto di Joe, che la portò fuori ad un cenno del Professore.
La voce di
Hilda era sempre più fioca.
“Amore mio,
ce l’abbiamo fatta……..avremo una vita migliore, vero?…….come saranno belli i
nostri bimbi…………abbracciami, ti prego…….ho freddo, tanto
freddo……tanto….”
Hilda
reclinò il capo ed Albert la depose sul lettino. Il Professor Gilmoure si
avvicinò.
“Non temere,
Albert. Ha superato la crisi iniziale”
“Perdonatemi
se…..”
“Non
preoccuparti. La tua cara Hilda ha superato l’ostacolo più difficile. Ora
bisognerà riambientarla. Ci lavoreremo insieme.”
“So che è in
ottime mani con lei, Professore. Mi scuserò con Françoise per il turbamento che
le ho arrecato..”
“Non c’è
bisogno, Albert. Non è colpa di nessuno” disse Françoise, che si era
riavuta.
Albert
guardò i profondi occhi azzurri di Françoise, e vi lesse affetto, commozione e
gioia. Francoise guardò quelli lucidi di Albert, l’”uomo macchina”, rendendosi
conto di quanto quell’uomo fosse dolce, profondo e capace di amare. Francoise lo
abbracciò con forza. Joe, che era vicino a lei, strinse la mano ad Albert e con
il braccio libero lo abbracciò a sua volta. Altrettanto fecero gli altri Cyborg,
uno dopo l’altro. Bretagna gli disse anche “Ricordati sempre che ci sono qua
io!”
Albert
chiese di rimanere accanto ad Hilda. Il Professore acconsentì. Françoise riprese
il suo posto. Gli altri uscirono incontrando Romy e Ken, che chiesero notizie
dell’intervento ed espressero la loro gioia sincera per il successo.
Il primo
passo era fatto.
Enoah smontò
da cavallo. Mentre uno dei cavalieri della sua guardia personale le teneva le
briglie, il calzare della ragazza toccò leggero il terreno. Avevano dovuto
assegnarle una scorta per le sue uscite. Lo Spettro Nero poteva colpire in mille
modi. Anche Nesia, come lei, non poteva
lasciare il palazzo a piramide che era la loro dimora senza venire
scortata. Gli accessi alle loro stanze erano sorvegliati giorno e notte dai loro
fedelissimi Un popolo di telepati può percepire i pericoli senza sentinelle, e
può servirsi dei propri poteri mentali contro una minaccia. Spade ed armature
sarebbero state forse inutili, ma contro un’avversario come il loro, non
bisognava trascurare nessuna misura. Il nome “Enoah” significava “pace” nella
lingua del popolo di Myoltecopang, e lei ne era fiera. La vista delle armi le
faceva sanguinare il cuore, soprattutto pensando che, pur conservandone la conoscenza, il suo
popolo non ne aveva fatto alcun uso per moltissimi dei nostri anni, ma ne capiva
la necessità. Come voleva la tradizione, Nesia smontò dopo di lei con tutta
l’aggraziata levità dei suoi quindici anni. Era aggraziata come….. come
Françoise. Da quando la crisi si era fatta imminente, Nesia aveva voluto
condividere totalmente il fardello di sua sorella accompagnandola sempre. Dopo
Nesia, smontarono le loro ancelle, ed infine i robusti soldati. Come Enoah e
Nesia, le ragazze indossavano tutte l’abbigliamento femminile da equitazione in
uso a Myoltecopang: calzari a gambale alti fino al ginocchio, corte tuniche
bianche rinforzate da corsaletti di acciaio a maglie embricate, ed una fascia
metallica intorno alla fronte, con inciso a sbalzo il cerchio alato. Le armature
a piastre dei soldati dagli elmi piumati avevano un’estetica similare, ma
l’aspetto pesante e minaccioso del loro equipaggiamento, i loro mantelli rossi e
le loro pesanti spade ne testimoniavano l’impiego cruento. Quei ragazzi
sarebbero morti per lei, Enoah lo sapeva e ne era grata, ma la vista delle armi
era comunque per lei una sofferenza. Sapeva però che una principessa, anzi, una
“Helayma” come lei, cioè una “Risplendente”, doveva essere capace di affrontare
anche il dolore e la paura. Nesia lo stava imparando.
Enoha fece
il suo ingresso nell’osservatorio astronomico di Myoltecopang. Nesia camminava
alla sua sinistra, un poco arretrata. Le ancelle fecero seguito, disponendosi su
due file paralelle dal passo leggero ma cadenzato. Poi seguirono i soldati.
Quattro di loro rimasero alla porta.
In fondo al
corridoio, il rettore dell’osservatorio la accolse insieme a tre assistenti.
Quel vegliardo dalla fluente barba bianca e dagli occhi sereni e vivaci le parlò
con aristocratica semplicità.
“Benvenuta
fra noi, Helayma”
Enoah mosse
la mano destra nel saluto rituale alla Luce.
“La Luce
benedica te ed i tuoi allievi, saggio Anziano. Vorrei poter ascoltare le tue
parole di saggezza, ma, perdonami, la mia missione non può attendere. Ho saputo
che la vostra scienza ha individuato il grande nemico”
“E’ così,
Helayma”
“Mostrami il
tuo lavoro, saggio Anziano”
“Abbiate la
bontà di seguirmi, Helayma”
I due
battenti del portale di bronzo si ritirarono nelle pareti, ed i quattro
astronomi precedettero Enoah ed il suo seguito. Due soldati rimasero indietro a
sorvegliare la porta.
Erano
entrati in una sala circolare sormontata da un’altissima cupola di piastre
imbullonate. Al centro della sala, le parti meccaniche di una colossale
montatura reggevano un telescopio costituito da una lunga gabbia cilindrica
munita di una serie di lenti su guide scorrevoli e di calibri di precisione
azionati da viti senza fine. Lungo la parete ricurva della sala, lavagne piene
di calcoli, scaffali di libri, mappe celesti, astrolabi meccanici e macchine
calcolatrici meccaniche sorprendentemetne raffinate testimoniavano l’amore per
la pace e la conoscenza dei loro creatori.
Enoha fissò
la mappa del sistema solare che gli astronomi le mostrarono. Avevano calcolato la posizione dei
pianeti rispetto al Sole nel futuro, quello di Françoise Arnoul. Una lunga
orbita sinuosa che aveva inizio fuori dal margine della mappa terminava con una
piccola sfera nera. Nesia sentì una fitta allo stomaco e vi appoggiò la mano. Le
ancelle si mantennero composte e deglutirono per sfogare la tensione. I soldati
avevano espressioni truci.
Enoha seppe
ciò che le occorreva.
Il suo
pensiero raggiunse le menti di tutti i presenti.
“E’ vicino
ormai. E’ ora di agire!”
Senza
saperlo, almeno per il momento, il Professor Gilmoure stava confermando i
calcoli degli astronomi di Enoah. Ivan aveva percepito la presenza di un campo
psicocinetico la cui sorgente era esterna al sistema solare. Prima di
addormentarsi per lo sforzo, aveva fornito i dati al Professor Gilmoure, che si
era servito della sua connessione al nuovo telescopio spaziale per effetturare
una serie di osservazioni automatiche. Aveva anche ricevuto un’immagine dalla
sonda Voyager 6, che aveva immortalato automaticamente l’oggetto dopo averne
rilevato e comunicato la posizione. Le immagini non erano della migliore
qualità, ma la loro sovrapposizione ed elaborazione attraverso un software di
completamento su base statistica consentirono di mostrare con relativa
precisione i contorni di un planetoide nero e gibboso che occultava una parte
dello sfondo stellare. Le foto erano state scattate in differenti istanti, il
che rese possibile ricostruire un’arco della sua l’orbita e stimarne la velocità
e le dimensioni. La variazione del diametro apparente in secondi d’arco
autorizzava a stimarne il diametro intorno ai cento chilometri. Il Professore
aveva immediatamente contattato diversi colleghi astronomi, che si misero al
lavoro. Il giudizio fu pressochè unanime. Le variazioni di velocità e direzione
riscontrate non dipendevano da interferenze gravitazionali: avevano tutte le
caratteristiche delle correzioni di rotta di un volo inerziale. Non erano il
risultato di una cieca applicazione delle leggi naturali: erano il risultato di
decisioni coscienti. Il Professore stava guardando la mappa stellare che il
computer aveva stampato. L’orbita sinuosa che iniziava fuori dal margine del
foglio era la perfetta replica di quella mostrata ad Enoah.
Osservando
la foto il Professore ebbe un’idea. Chiamò Piunma e Francoise nel suo studio e
gliela mostrò. Francoise si sentì mancare. Piunma rimase di pietra. Entrambi,
sopraffatti dall’emozione, confermarono di avere già visto quel planetoide in
sogno, nella “notte di Halloween”.
Senza neanche sapere perché, Francoise uscì all’aperto e si mise davanti
al platano ad osservare intensamente il cerchio alato.
“Ivan,
piccolino, ti ricordi di me?”
Ivan percepì
il calore di una carezza vellutata sulla sua piccola guancia. Riconobbe il senso
di pace e di calore che aveva provato quando Enoah lo aveva cullato, ed aprì gli
occhi. La luce della luna entrava da una grande finestra aperta su una città di
edifici a piramide. Era in una grande culla intarsiata di oro e argento. Vide il
cerchio alato tatuato sul palmo della mano femminile dalle lunghe dita delicate
che lo aveva svegliato, e poi il volto e la chioma nera di quella donna vestita
di bianco che aveva chiesto il suo aiuto.
“Enoah!”
rispose Ivan con gioia.
Si librò
sopra la culla e si avvicinò al petto di Enoah, che lo prese in braccio
carezzandolo delicatamente.
“Benvenuto,
piccolino. Sono felice di rivederti. E’ giunto il momento che tutti paventavamo,
mio piccolo Ivan. Il nostro nemico sta per colpire. Devo svelarti importanti
segreti, ed ho bisogno di te per convincere i tuoi amici. Lo spettro Nero non
vincerà, se saremo uniti”
Ivan percepì
la presenza di un’altra persona nella stanza. Una presenza associata ad
un’inspiegabile senzazione di familiarità.
“Chi c’è
insieme a te, Enoah? Sembra la mia mamma….”
“Intendi
Françoise Arnoul?”
“Sì! E’ qui
anche lei?”
“Hai quasi
indovinato, piccino. Guarda con i tuoi occhi, e comprenderai”
Ad un gesto
di Enoah, un globo luminoso si accese, ed Ivan vide con i suoi occhi il volto di
Francoise.
“Françoise!
Tu qui! Ma….i tuoi capelli sono neri……sembri più giovane………chi sei?”
“Il mio nome
è Nesia, piccolo Ivan”
“Nesia è mia
sorella, Ivan” spiegò Enoah
“Felice di
conoscerti, Nesia. Somigli tanto alla mia Françoise…”
“Sarò
Françoise Arnoul fra moltissimi dei vostri anni, piccolino. Vuoi stare un po’ in
braccio a me?”
“Io……sì”
Enoah glielo
porse con garbo.
Nesia gli
sorrise e prese a cullarlo con affetto.
“Sei davvero
un bel bimbo. Sono felice di sapere che ti starò vicino. Ti sono sempre stata
vicino, in un certo senso”
“Nesia,
tu……..hai lo stesso profumo di Françoise…..”
Nesia lo
strinse con tutta la sua tenerezza. Una lacrima le solcò il viso.
“Grazie,
piccolino, grazie!” rispose lei commossa.
Grazie alla
telelpatia, Enoah entrò in comunione con loro, e rimasero un minuto immobili,
condividendo i loro sentimenti.
Fu Enoha a
riprendere il dialogo.
“Ivan,
piccolo mio, ricordi quando chiesi il tuo aiuto?”
“Sì…cosa
devo fare, Enoah?”
“Lo Spettro
Nero sta tornando. Il tuo mondo ed il mio verranno distrutti se non lo
fermeremo”
“Parli del
del planetoide che 003 e 008 hanno visto in sogno?”
“Quella
mostruosità è reale, Ivan. Non è un semplice corpo celeste. Quello è il male.
Non il semplice male derivante dalle azioni degli uomini, quello che nasce dai
nostri errori. Quello è il caos in sé, trascendente ed assoluto. E’ esisistito
prima degli uomini, prima di qualsiasi creatura intelligente, ed ha bisogno
della sofferenza e del dolore come noi dell’aria che respiriamo. Non c’è modo di
parlare e ragionare, con esso. Nel più remoto passato della vostra linea
temporale, il mio popolo lo ha già combattuto. La Luce lo respinse.
Guarda!”
Enoah
sollevò la mano destra. Un rettangolo nero apparve sulla parete. Ivan vide
Myoltecopang illuminata dal tramonto. Vide un cerchio nero nel cielo, e ne provò
istintivamente repulsione. Il cerchio prese a sovrapporsi al sole. Vide
un’enorme tempio a piramide, poi l’immagine percorse un lungo corridoio con due
teorie di sfingi lungo le pareti. I due enormi battenti di legno adorni del
cerchio alato in fondo al corridoi si aprirono sulla Camera del Cristallo. Enoha
indossava il costume delle danzatrici di Myoltecopang, ed era in piedi al centro
di un semicerchio di danzatrici. Udì la stessa musica dalle incredibili armonie
ultraterrene che aveva commosso Frarnçoise, e vide Enoah danzare insieme alle
fanciulle di Myoltecopang esprimendo tutto ciò che la danza avrebbe potuto
esprimere. Secoli di civiltà e di arte richiamarono la potenza della Luce.
Dal cerchio
alato in cima all’obelisco sul tetto del tempio a piramide nacque un raggio di
luce sfolgorante che colpì quella massa nera proprio mentre si avventava carica
di odio mostruoso per tutto ciò che fosse bellezza. Un lampo di primordiale
energia pura avvolse tutto. Quando si dissipò, le rovine di Myoltecopang si
ergevano in mezzo ad un deserto. Poi l’immagine mostrò una figura femminile in
uniforme rossa in piedi in cima ad un duna. Ivan la riconobbe.
“Françoise!”
“Già,
Françoise…..” disse Nesia, sorridendo”
“Ma……come
potete essere qui? La vostra città fu distrutta…….”
“L’energia
che colpì lo Spettro Nero ha come fonte il Cristallo della Luce. Si tratta di
luce strutturata, in che modo non lo comprendiamo esattamente neppure noi. La
danza rituale che hai visto consente di richiamarne l’energia. Un’energia
intelligente. Nell’ultimo scontro con lo Spettro Nero, quell’abominazione riuscì
a sottrarsi alla distruzione totale. Sdoppiò la linea temporale mentre veniva
colpito. Nella nostra linea è stato distrutto e Myoltecopang venera ancora la
Luce, ma nella vostra è sopravvissuto. Seppure martoriato e ricacciato ai
confini dell’universo, è sopravvissuto e sa che il Cristallo della Luce si è
infranto. La mia forma umana del vostro tempo, insieme ai superstiti del mio popolo, ne tramandò
un frammento, che giunse fino ad una mia discendente di nome Hathor”
“Hathor!”
“Sì, e lei
lo diede a Françoise Arnoul, dopo che finalmente lei ed il suo amato Joe
Shimamura…..beh, sei piccolo per queste cose……”
“Allora
Françoise ha il Cristallo!”
“La tua
Françoise è la prescelta ora. Ricordi la cerimonia di fronte al cerchio alato
inciso sul platano di fronte alla tua casa, Ivan? Grazie al tuo aiuto la tua
cara Françoise ha eseguito la cerimonia di iniziazione che tutti i figli del
cerchio alato celebrano. Spetta a lei ora ripetere il rituale che io stessa
celebrai un tempo. Dovete trovare la Camera del Cristallo, portare con voi il
frammento in vostro possesso e
permettere a Françoise Arnoul di eseguire ciò che le abbiamo insegnato. Sappiamo
che nel vostro tempo lo Spettro Nero ha tre servi, tre fratelli a capo di una
potente setta, che cercheranno di impedirlo. Dovete fermarli, o tutto sarà
perduto, sia per noi che per voi. Non non sappiamo esattamente dove si trovi la
Camera nel vostro mondo. Le terre emerse hanno adesso una differente
configurazione. Possiamo solo indicarvi un’area piuttosto etesa. Il resto spetta
alla vostra squadra”
“Ma
Françoise come potrà eseguire il rituale?”
“Quando il
momento verrà, ricorderà ciò che le ho insegnato”
“Hai detto
che la aiuterete. Come farete?”
“Sferreremo
contro il Nemico di Tutto un attacco a cui stavolta non potrà sottrarsi. La
prescelta si troverà in due luoghi contemporanemente ed al contempo in due
momenti differenti”
“Grazie a
Nesia!” esclamò Ivan.
“Ora
comprendi” disse Nesia “Io e Françoise Arnoul celebreremo il rito insieme, e la
Luce colpirà le Tenebre da due tempi differenti. Nel momento stesso in cui lo
Spettro Nero potrà schermarsi da un
attacco, si renderà vulnerabile all’altro”
“Bisogna
spiegare tutto al Professor Gilmoure e agli altri, e fornirgli ogni informazione
possibile”
“Per questo,
ci occore il tuo aiuto, piccolino” disse Enoah, carezzandogli il dorso della
manina con la punta dell’indice.
Ivan si
concentrò. Enoah sentì il suo pensiero e gli rispose.
“Entra in
comunione con me e con Nesia, Enoah” esortò Ivan con gioia.
“Ti apriremo
le nostre menti, piccolino”
Nesia ed
Enoah lo accolsero.
Ivan sentì
una gioia ed una pace che parevano infinite.
Hilda riaprì
lentamente gli occhi. Per un istante la luce li ferì. Li chiuse e li strofinò
con le mani, cercando di dissipare i fosfeni multicolori che la tormentavano
sotto le palpebre. Li riaprì e, mentre le macchioline di colore si dissolvevano
permettendole di vedere il soffitto bianco, l’odore di antisettico le penetrò
nelle narici. Si rese conto di non indossare nulla. Era coperta solo dal lenzuolo del lettino operatorio. Poi
vide due sagome umane in camice bianco. Un’infermiera ed un dottore.
“Dove sono?
In che ospedale mi trovo? Siamo a Berlino Ovest, vero?” chiese in
tedesco.
“Si calmi,
signorina. Non siamo a Berlino Ovest” disse il Professore, con voce
gentile.
“Oh, no!
Siamo nella parte Est allora? Sono progioniera?”
“Non ci
troviamo a Berlino, signorina”
“E dove
allora?”
“Siamo in
Giappone”
“In
Giappone?! Dottore, non mi prenda in giro! Se dovete lavarmi il cervello, fatelo
almeno senza divertirvi! Il mio fidanzato, Albert, quello che guidava il
camion…. vi scongiuro, ditemi che ne avete fatto”
Fu
l’infermiera a rispondere. Hilda ne notò l’accento francese.
“Non si
disperi! Sorrida, invece. Il suo fidanzato è qui!”
“E’
vivo!”
“Sì”
“Dio sia
lodato! Ora che cosa ci farete?”
“Vi
aiuteremo”
“Ma…..chi
siete? Che posto è questo?”
“Mi permetta
di presentarmi. Mi chiamo Gilmoure e sono uno scienziato. La signorina che mi ha
aiutato ad assisterla fa parte del mio staff”
“Il mio nome
è Françoise Arnoul. Felice di conoscerla, Hilda. Ci troviamo nell’infermeria
della nostra base. Si trova fra amici” le disse
“Felice di
conoscervi ma…..capirete il mio stato d’animo. Siete del servizio segreto
americano? Della polizia? Non capisco…….”
“Signorina,
temo di non poterle spiegare brevemente la situazione complessa in cui lei si
trova” iniziò il Professore “Partirò dal principio, e la prego di avere fiducia
in chi vuole aiutarla. Si trova fra amici, sia suoi che del suo fidanzato
Albert, con il quale lavoriamo da
anni”
“Lavorate
insieme da anni? Com’è possibile?!”
Francoise
seguiva la conversazione impugnando di nascosto una siringa di sedativo. Era una
fase critica. Dall’esterno, Albert e gli altri seguivano tutta la conversazione dai
monitor.
“Lei è
rimasta…….diciamo incosciente per molto tempo, a differenza del suo
fidanzato”
“Per quanto tempo?” chiese con voce
ansiosa.
“Diversi
anni” rispose il Professore.
“Vuol dire
che quell’incidente che ricordo come appena successo è accaduto anni fa? Non ci
credo! Lei mente! Volete lavarmi il cervello! Questo è un carcere!”
Il
Professore assunse un’espressione grave.
“Se fosse
Albert in persona a confermarglielo, gli crederebbe?”
La giovane
tedesca rimase interdetta.
“Fatemelo
vedere”
Il Professor
Gilmoure aprì la porta.
Albert
entrò. Indossava l’uniforme rossa.
“Hilda!”
“Albert……oh…….Albert! Sei tu, sei davvero tu……è troppo bello…..amore
mio….”
Albert corse
ad abbracciarla. Lei si strinse a lui come una bambina, gli premette il viso
contro il petto e si lasciò andare ad un pianto liberatorio, dolcissimo.
Francoise svuotò la siringa e la gettò, con un nodo alla gola. Era sul punto di
piangere insieme a loro.
“Hilda, ci
sono qua io. Piangi finchè vuoi, ma di gioia!” le disse lui, carezzandole i
capelli biondi “Siamo fra amici, puoi fidarti di loro!”
“Albert, è
vero che quell’incidente è successo anni fa? E’ vero che ci troviamo in
Giappone?”
“Sì, Hilda.
E’ vero ma….affrontiamo una cosa per volta. Devi rimetterti da un trauma. Devi
recuperare il tuo passato ed il tuo presente per gradi….controllando le
emozioni. Ci sarò io vicino a te. Insieme ricominceremo!”
“Accanto a
te, amore mio, ho affrontato la morte. Ora affronterò la vita”
Hilda
strinse la destra di Albert, e si accorse che era di metallo.
“Oh! Che ti
è successo. Una mano artificiale……..”
“Si, amore
mio. Dopo l’incidente ho subito un’intervento che mi ha consentito di
sopravvivere, ma al prezzo che vedi. Sono in parte diverso da prima.
Affronteremo la cosa per gradi. Devi avere fiducia in me”
“Albert, hai
perso la mano….”
“Lo so, ma
ho saputo accettarlo. Anche tu hai subito un’intervento molto
pervasivo”
“Cosa? Di
che genere? Chi mi ha operato?….sono stati loro?” esclamò indicando il
professore e Françoise.
“No! Non
sono stati loro! E’ stata un’organizzazione criminale che usa gli esseri umani
come cavie. Ci hanno salvato la vita, ma solo per usarci. Anche tu, incosciente,
eri nelle loro mani. Ci hanno raccolto dopo l’incidente, tutti e due. Grazie al
Professor Gilmoure, io ed un gruppo di cyborg come me siamo riusciti a fuggire,
ed infine ti abbiamo liberato dal Fantasma Nero”
“Fantasma
Nero………Black Shadow……”
La ragazza
parve esitare sull’orlo di un ricordo.
Albert si
rivolse al Professor Gilmoure.
“Potete
dimetterla, Professore?”
“Fisicamente
è a posto. Può lasciare l’infermeria. I suoi abiti sono pronti”
Albert si
rivolse ad Hilda.
“Te la senti
di alzarti?”
“Sì…….sto
bene”
“Vestiti,
allora. Ti aspetto fuori. Ti mostrerò la nostra casa e ti presenterò i miei
amici. Poco per volta capirai”
Il falò
acceso da Geronimo sulla spiaggia scoppiettava allegro. Il pesce e le salsicce
di Chang erano squisite. Sopra di loro, come una miriade di diamanti su un panno
nero, il cielo stellato si curvava fino a raggiungere il mare. La striscia
argentea e tremula del riverbero lunare sulle acque increspate pareva un ponte
verso l’orizzonte. Hilda, Albert, i Cyborg, Ken e Romy erano seduti intorno al
fuoco.
“Adesso sai
tutto, Hilda” le disse Albert.
Uno dopo
l’altro, tutti i cyborg si erano presentati ad Hilda narrandole le loro storie
ed offrendole la loro amicizia.
Françoise
aveva preso le mani di Hilda nelle sue e l’aveva guardata con occhi
profondi.
“Noi siamo
stati una famiglia per Albert, e lui un fratello per noi. Saremo anche la tua
famiglia se lo vorrai”
Hilda aveva
pianto a quelle parole ringraziandola, ed aveva chiesto scusa per quelle lacrime
stringendosi ad Albert.
Joe,
solitamente taciturno, si era aperto quella sera. Con grande gioia di Francoise,
aveva parlato di sé a lungo, come se volesse condividere la sua storia con
tutti, e non solo con Hilda. Di fronte alle lacrime di gratitudine della
ragazza, fu lui a parlarle.
“No! Non
devi scusarti……..le tue lacrime sono bellissime……..considerati una di
noi”
La risposta
di Hilda lo mise piacevomente in imbarazzo.
“Vuoi
mostrarti duro, ma in realtà sei un ragazzo dolce, Joe Shimamura, e si vede
quanto ami Françoise” Françoise arrossì, abbassò lo sguardo con fare verecondo,
e poi si volse a guardare Joe. Le stelle parvero riflettersi nell’azzurro dei
suoi occhi.
Hilda
proseguì.
“Se voi,
come cyborg, potete amarvi, anche io ed Albert possiamo”
Romy,
commossa, si era appoggiata a Ken, che l’aveva abbracciata. Loro non erano
cyborg, ma si sentivano ugualmente parte di quel gruppo.
Ken aveva
soltanto ascoltato, fino a quel momento, ma decise di esternare quello che
provava.
“Siete
cyborg, ma anche le creature più umane che io abbia mai conosciuto. Molti umani
dovrebbero ascoltare ed imparare la grande lezione di umanità che mi avete dato
questa sera. Quando lo feci salire con me sul podio, a Daytona, Joe mi offrì la
sua amicizia ed io la accettai con gioia. Ora tutti voi potete considerarmi un
amico. E non dimenticherò mai che io e Romy vi dobbiamo la vita. Grazie, grazie
di cuore”
Geronimo
annuì con soddisfazione.
“Sei un
ragazzo leale, coraggioso ed onesto, Falco che corre. Ho visto con quale
coraggio hai combattuto per la squaw Capelli di Fuoco” disse il gigantesco
pellerossa, mentre Romy sorrideva al nome di battaglia che Geronimo le aveva
attribuito “A nome di tutti, accolgo la tua offerta di amicizia, ed anche
Capelli di Fuoco sarà amica della nostra tribù. Da ora in poi, i tuoi amici
saranno i nostri amici, ed i tuoi nemici saranno i nostri nemici”
I cyborg
annuirono tutti.
Anche Romy
parlò.
“Capelli di
Fuoco ringrazia, Geronimo. Sapete,…..vi sono persone che disprezzano la vita ed
i sentimenti, che le voltano le spalle con la droga, che si sentono onorati
della sofferenza altrui……..vi sono mostri in forma umana che non hanno
meccanismi nel corpo e, tuttavia, seppure “umani”, programmano freddamente
sterminii e torture…….voi non fareste mai nessuna di queste cose, perché avete
il coraggio della sofferenza, e da esso nasce quello dell’amore…….grazie per
quello che ci avete dato questa sera…..siete umani quanto me, anzi , più di me.
Siete……siete le persone più belle del mondo!”
Albert fece
scivolare un foglio ripiegato in mano ad Hilda e le disse piano in un’orecchio
“Questa la scrissi per te molto tempo fa, credendoti perduta per sempre. Non
avrei mai immaginato che avresti potuto leggerla”
Hilda lesse
quella lettera, lasciando che tutto il sentimento che ne traspariva inebriasse
il suo animo e le colmasse il cuore di commozione e gioia.
(Nota: la
lettera di Albert ed Hilda è il testo integrale della fanfiction “Lettera ad
un’amore perduto” contenuta nell’antologia “Michela’s Fanfic” reperibile nel
sito “Cyborg009 il forum italiano” alla pagina web http://nuke.cyborg009.it/Fanfiction/tabid/56/Default.aspx )
Per la mia
amata Hilda
Amore mio,
permettimi
di chiamarti così ancora una volta. Non capisco bene il significato di
questa
lettera, ma all’improvviso ho sentito il bisogno di scrivere tutto quello
che ho dentro. È un
addio sì… l’ennesimo addio…
Da quando te
ne sei andata tutto appare inutile… sono solo, nonostante tutto. Avrei
desiderato tanto continuare a vivere quel sogno bellissimo che avevo iniziato
insieme a te. Avrei voluto esserti sempre accanto per condividere la gioia e i
dolori, condividere le emozioni... E’ da te che avrei voluto avere un figlio,
sì! Sarebbe stato bello avere un bambino da te… rivedere nei suoi occhi la luce
degli occhi della persona che ho amato e che amo di più al mondo, più della mia
stessa vita. Ma il destino ha voluto diversamente…
Il nostro è
stato un amore autentico. Continuo a portarmi questo dolore dentro, anche dopo
tutti questi anni, ma come posso non soffrire se ti amo così tanto? Se so che non potrò più
averti vicino a me? Mi hai dato tanto, mi hai fatto sentire speciale, sei
entrata nel mio cuore senza neanche me ne accorgessi. Mi sei stata vicina nei
momenti in cui ne avevo più bisogno e con le tue parole e il tuo affetto mi
hai aiutato... Mi hai fatto trovare
il valore nelle cose vere della vita, mi hai donato il sorriso nelle giornate
più tristi. Tu eri sempre lì…soltanto per me.
Mi hai fatto
conoscere il vero significato della parola amore. Ti ringrazio per questo, per
avermi fatto capire cos’è l’amore, quello vero, quello che si incontra una sola volta
nella vita.
A volte penso se sarò mai tanto fortunato
ad incontrare una persona che possa amarmi come tu hai fatto con me… ma… che
senso avrebbe ora? Nessuno. Che
senso avrebbe credere che al mondo ci sia una persona capace di amare una
macchina… un cyborg?
A volte mi
guardo allo specchio e non mi riconosco più. Il mio volto è quello di sempre, ma
senza vita, senza gioia... solo un grande dolore. Vorrei ritrovare la persona
che ero tanto tempo fa, prima che i Fantasmi Neri mi annientassero come uomo,
prima che la sofferenza mi spezzasse il cuore...
Mi manca il
tuo sorriso, la tua gioia di vivere, mi manca ciò che… lo so… non tornerà mai
più. Per quanto posso adesso, cerco di vivere la vita in tutti i suoi doni, così
come viene, giorno per giorno, cercando di superare le avversità. Cerco di
trovare la forza immergendomi nel tuo ricordo, nel conforto degli amici a me
vicini…
Sai… mi
piacerebbe molto poterti rivedere, anche solo per un’ora, un giorno, ma rimarrà
soltanto un sogno…
Fa male
sapere che ti ho avuto per un istante e adesso dovrò passare un tempo infinito
senza di te, fa male sapere cos'è la felicità e non poter far nulla per farla
tornare.
Ti chiedo
perdono per averti portato con me quella maledetta notte… la notte in cui un
uomo di nome Albert Heinrich è morto e risorto come il cyborg 004, una macchina
creata per uccidere…
Ti ho amato
molto mia piccola Hilda e continuerò a farlo per sempre perché il cuore di
quell’uomo batte ancora... continuerà a battere per te…. solo per te…
Arrivederci
amore mio… arrivederci e non addio…un giorno ci incontreremo di nuovo angelo
mio…ci ritroveremo in un posto dove non esistono il male e il dolore… dove
resteremo sempre insieme…per l’eternità…
Albert
Quando
Albert andò a dormire, lei entrò nella stanza e chiuse a chiave la porta. Poi si
tolse le scarpe, la camicetta e la gonna. Albert era già sotto le coperte. Lei
si avvicinò, gli carezzò le labbra e gliele baciò dolcemente.
“Hilda” le
disse lui “Io……forse il mio corpo non può…..”
Lei gli
baciò la mano destra, facendogli sentire attraverso il metallo tutto il suo
calore, e vi appoggiò la guancia. Albert la carezzò dietro al collo con la mano
sinistra, proprio sul connettore parallelo dell’interfaccia bioelettronica che
le avevano installato per farne un cyborg da supporto informatico.
“Il tuo
corpo potrà, se tu lo vorrai” rispose lei “Il nostro amore è più forte del
Fantasma Nero”
Albert la
strinse a sè e la baciò.
Il Fantasma
Nero fu sconfitto.
Per tutta la
notte fecero l’amore con passione e tenerezza, parlando fra loro
sottovoce.
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Editor
1
NOTA: Questa fic è stata scritta in collaborazione
con COSTIGAN, a cui deve essere attribuito pienamente il merito della trama, io
mi sono limitata a coadiuvarlo nella stesura ed a completare alcune parti.
Pertanto la fanfic è da considerarsi scritta da due autori: Costigan e
Michiredfox. Grazie.
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Capitolo 9 *** Parte 8 ***
1
Il gigantesco
trasporto volante della scuderia Sayonji eseguì un dolce atterraggio verticale
nel terrapieno destinato agli eventuali atterraggi d’emergenza del Dolphin.
Quando Piunma lo vide sul monitor, notò una certa somiglianza con il loro
aeromobile. Sicuramente un segno della passata collaborazione fra il professor
Gilmoure e Sayonji, come l’auto trasformabile di Joe. Il Big Carry del Sayonji
Racing Team aveva una fusoliera decisamente simile al rimorchio di
un’autosnodato, ali a delta
retrattili ed una cabina di pilotaggio sopraelevata, costituita da un veicolo a
sei ruote adatto a percorsi accidentati. Due turbine poste sotto la fusoliera
consentivano atterraggi e decolli verticali, in modo da non richiedere piste
asfaltate, mentre la spinta orizzontale era fornita da due turbine posteriori.
Quando le turbine a spinta verticale del Big Carry si spensero, il supporto a
forcella che reggeva la cabina semovente depositò a terra il veicolo a sei ruote
motrici grande quanto un camion di medie dimensioni, che si fece strada lungo il
percorso sterrato affaccendandosi come un’enorme insetto. Quando si fermò di
fronte alla villa del Professor Gilmoure, uno dei portelli laterali si aprì
divenendo una scala. Sayonji la scese per primo, e si mise di fronte al muso del
veicolo. Scese anche Sakura, mettendosi al suo fianco. Poi fu il turno dei
piloti, che si misero dietro a Sayonji, due per lato. Mentre quella formazione
avanzava in silenzio, Ken e Romy, che attendevano di fronte alla villa insieme a
Joe, Jet ed il Professor Gilmoure, provarono il desiderio di trovarsi mille
chilometri lontano. Erano grati al Professor Gilmoure per la sua saggia
decisione di intercedere a loro favore presso Sayonji.
Sempre in testa
alla formazione dei suoi, Sayonji giunse a distanza di colloquio ed esordì alla
sua maniera.
“Hayabusa, amore
mio!”
Come uno
scolaretto colto sul fatto, Ken replicò con un comico tentativo di apparire
disinvolto.
“Ehm, salve
ingegnere….che piacere….”
“Ah! Sei contento
di vedermi, Hayabusa? Anche io sono felicissimo di rivederti…..mi sei mancato
tanto, te e le tue “hayabusate”, ma sono certo che durante la tua assenza avrai
trovato il modo di deliziarci tutti con il tuo talento. Ho tante cose da dirti,
sai?”
Romy ascoltava a
capo chino, rossa come i suoi capelli per l’imbarazzo.
Sakura si
intromise.
“Insomma,
fratello! Siamo ospiti in casa altrui e devo ricordarti le buone
maniere?”
Sayonji si bloccò.
Sakura fece l’inchino di cortesia al Professo Gilmoure e si presentò.
“Buongiorno. Il
mio nome è Sakura Sayonji, e sono onorata di fare la sua vostra conoscenza,
Professore”
“Piacere,
signorina Sakura” replicò gentilmente il Professor Gilmoure “Deduco dal vostro
cognome che siete una parente dell’ingegner Sayonji”
“E’ mia sorella,
Professore. Felice di rivederla!”
Sayonji tese la
mano all’anziano scienziato, che la strinse con calore.
“E’ passato un bel
po’ dalla nostra ultima collaborazione, vero ingegnere?”
“Vero, ma me ne
ricordo come fosse ieri. Professore, durante il nostro contatto al videotelefono siete stato evasivo. Mi
avevate promesso spiegazioni….”
“E le avrete,
ingegnere. Più di quante ne possiate immaginare. Accomodatevi nella nostra casa.
Sarete nostri ospiti per il pranzo. Abbiamo molto tempo, e molto devo svelarvi.
Si tratta di informazioni di vitale importanza”
“Riguardano anche
quei due?” ripose Sayonji, indicando con il pollice Ken e Romy, che Sayonji
aveva riconosciuto grazie ai capelli rossi.
“Anche loro,
ingegnere”
“Allora sarò
tutt’orecchi!”
Sakura salutò Joe
e si avvicinò a Jet.
“Ciao, Jet” lo
salutò lei, sentendo il bisogno improvviso di abbracciarlo. Molte volte si era
chiesta se i colpi di fulmine fossero possibili. Capì in quell’istante di
esserne stata vittima. Jet lo sentì. Fra di loro si era instaurata quella
meravigliosa empatia che incatena i cuori degli esseri umani all’improvviso.
“Ciao, Sakura… sei
bella come un fiore di ciliegio… tu…”
“Io…?”
“Tu sei troppo per
me…”
“No, Jet, non sono
troppo per te…”
“Sakura, ci sono
cose di me che non sai, forse avrei dovuto dirtele prima di…”
“Prima di
cosa?”
“Prima di
innamorarmi di te…” le disse, senza
riuscire a fermare quelle parole. Subito dopo abbassò lo sguardo e strinse i
pugni. Si meravigliò di se stesso. Lui, il duro, il teppista di strada, lo
spavaldo, il guerriero della notte… disarmato da quella ragazzina… come aveva
potuto lasciarsi andare ad una simile confessione?
Sakura vacillò per
un istante, coprendosi il volto per nascondere il rossore.
“Oh, Jet! Non
dirmelo così, ti prego! Non qui! Cielo, che gioia! Sono felice, Jet. Sono tanto
felice!”
“Aspetta, Sakura…
tu non sai… perdonami… io…”
“Non parliamone
ora, Jet”
Joe aveva intuito
cosa stava accadendo fra loro, e si allontanò con discrezione. Lo sguardo di
Sakura era lo stesso che Françoise aveva per lui. Françoise però era un cyborg,
esattamente come lui. Sakura era umana.
“Avresti dovuto
dirglielo subito, Jet” pensò Joe “Ma d’altronde è successo tutto così in fretta
da non lasciartene il tempo. Io, comunque, sono la persona meno adatta a
giudicarti… la tua Sakura potrebbe soffrirne, ma d’altra parte, quante volte ho
fatto soffrire la mia Françoise?”
Si voltò a
guardarli.
Sakura diede un
rapido bacio a Jet e quasi fuggì via, come un’adolescente. Jet aveva
un’espressione dolce ed al contempo sofferente sul viso, che Joe non avrebbe mai
creduto di vedergli.
Forse l’amore
avrebbe vinto anche la barriera che li separava… chissà.
Joe se lo augurò
di tutto cuore.
Sayonji ed i suoi
piloti ascoltavano il resoconto di quanto accaduto a Ken e Romy ed il Professore
chiariva loro i rapporti fra Fantasma Nero e Black Shadow. Sakura seppe di Jet.
Le si mozzò il respiro. Jet si sentì morire. Non resse lo sguardo di Sakura e si
allontanò.
Ivan stava
dormendo nella sua culla. Françoise gli stava rimboccando le coperte. Sentì la
voce di Jet attraverso la trasmittente interna.
“Françoise, posso
parlarti?… ti prego… ne ho davvero bisogno”
Françoise rimase
stupefatta dalla nota di dolore disperato che percepì nella voce di 002. Capì
che Jet doveva farle una confidenza importante.
Immaginò di cosa
si trattasse. Joe glielo aveva accennato.
“Vieni pure, sono
nella stanza di Ivan”
Il piccino
dormiva.
Françoise uscì
dalla stanza lasciando socchiusa la porta.
Jet giunse proprio
in quell’istante.
“Françoise, che
cosa ho fatto?”
“Ti riferisci a
Sakura Sayonji, vero?”
“Come lo
sai?”
“E’ stato Joe a
dirmelo”
“E’ successo tutto
così di colpo, io… all’inizio volevo solo fare amicizia ed essere galante, poi
ho pensato al breve flirt di una sera, poi ho capito quanto fossi solo… tu sei
l’unica donna del gruppo ed ami Joe… io non ho nessuno… e poi mi sono innamorato
come un ragazzino… non sopportavo l’idea
di essere respinto e non sopportavo l’idea di perderla svelandole la
verità, ho rinviato quel momento ed ora ho le spalle al muro. Maledizione, l’ha
saputo da altri… Ho sbagliato tutto, Françoise. Ora lei soffrirà per colpa
mia…”
“Tu hai avuto un
gran coraggio, Jet: il coraggio di amare. Magari lo hai avuto sbagliando, ma lo
hai dimostrato. Non devi vergognartene. Non avrei mai immaginato che tu fossi
capace di una simile confessione.”
“Tu e Joe siete
cyborg entrambi, lei è umana… io… come reagirà ora?”
“Non posso darti
certezze, ma comunque vada, so che affronterai da uomo la gioia come il dolore.
Vai fino in fondo, Jet Link. Se non metti in gioco te stesso, sei sconfitto in
partenza”
“Non sarebbe stato
meglio se fossi stato il solo a soffrire?”
“Non puoi
comandare al tuo cuore, e neppure Sakura può comandare al suo. Ti conosco molto
bene, Jet, e so che se non fossi davvero innamorato di lei non mi avresti
parlato così… sento che ti preoccupi più della sofferenza di Sakura che della
tua… ciò è profondamente nobile ed …umano”
“Che cosa devo
fare, ora?”
“Affrontare la
verità. Sapevi già cosa fare ancora prima di contattarmi. Avevi solo bisogno di
sentirtelo dire da qualcuno. Vai da lei e parlale, chiedi il suo perdono, se lo
ritieni giusto, ma guardandola negli occhi. Aprile il tuo cuore. Per il
resto, non puoi fare altro che
sperare”
“Grazie, mia
piccola ballerina”
Mentre Jet e
Françoise dialogavano, la figura biancovestita di Enoah apparve ad Ivan nel
sonno e gli parlò.
“I tuoi amici sono
tutti riuniti, adesso?”
Ivan percepì la
presenza dei nuovo arrivati.
“Sì,
Enoah”
“E’ giunto il
momento di svelare tutta la verità e di far comprendere loro come sconfiggere il
Grande Nemico. Mi occorre il tuo aiuto, Ivan. Come d’accordo, devi fare ìn modo
che il Professore attivi la sua macchina del tempo. Fallo prima che quell’uomo
con tanti meccanismi nella mente… quel Sayonji… riparta. Quella che voi chiamate
“bobina di campo” della vostra macchina del tempo può amplificare la nostra
capacità di “cronotrasporto”, voi lo chiamereste così. Non lo avremmo capito
senza la fusione telepatica con te, mio adorato piccolino. Tramite quella che la
vostra matematica teorica consente di definire come “sfera di cronostasi”,
teletrasporteremo la vostra dimora nel nostro tempo e luogo. Vedranno tutti
Myoltecopang ed io parlerò a loro come feci con te!”
“Lo farò,
Enoah!”
“Dipende tutto da
te, piccino”
“Enoah…”
“Sì,
Ivan”
“Ti voglio
bene…”
Enoah lo carezzò
sulla guancia con il pensiero e lo baciò con delicatezza.
“Mi colmi di
gioia, piccolo mio. Di gioia e di amore. Proprio ciò che lo Spettro Nero non
riesce a sopportare. Tutti noi contiamo su di te, mi raccomando! Se non vedranno
Myoltecopang con i loro occhi, non crederanno a ciò che sveleremo”
Jet si
diresse speditamente verso la stanza di Sakura, ma tutto il suo coraggio, nato
dalla conversazione con Françoise, svanì presto di fronte a quella porta chiusa…
lei era al di là di quella soglia, dietro quell’ultimo ostacolo… come si sentiva
adesso? Come l’avrebbe accolto? Ricordava perfettamente la sua reazione quando
il Professor Gilmoure aveva rivelato che tutti loro erano cyborg… lo aveva
guardato con gli occhi sbarrati per lo stupore e se n’era andata… in quel
momento si era sentito tremendamente in colpa…
“Beh… il
peggio che ti può accadere è che ti uccida… e in fondo è quello che ti meriti
razza di cretino!” disse a se stesso…
Bussò
timidamente alla porta, mormorando: “Sakura, ci sei? Sono io… Jet… vorrei
parlarti se non ti dispiace…”
Un ciclone
infuriato aprì l’uscio della camera, esclamando: “A dire la verità… mi dispiace
e molto anche!”
Fece per
richiudere subito, ma Jet posò una mano sulla porta, tentando di tenere aperta
l’entrata ancora per un po’, mentre Sakura forzava dall’altra parte… accidenti,
quando voleva quella ragazzina aveva una forza sovrumana! Poteva benissimo fare
concorrenza a Geronimo...
“Per favore…
fammi entrare… voglio spiegarti…”
“Spiegarmi
cosa? Che mi hai presa in giro per tutto il tempo?” si lasciò sfuggire un
risolino “ed io che ci sono caduta come
un’imbecille…”
“Le cose non
stanno così…”
“No! Hai
ragione… sono molto peggio in realtà…”
All’improvviso, Jet aumentò la pressione della sua mano sulla porta e
Sakura fu costretta ad arrendersi e ad accondiscendere al suo ingresso nella
stanza… alzò le mani, commentando ironicamente: “Ma prego… entra
pure!”
Jet si
sentiva mortificato dal suo comportamento, ma tentò di acquisire un po’ di
calma… d’altronde era lui dalla parte del torto e, probabilmente, a ruoli
invertiti, la situazione sarebbe stata identica…
Lei gli girò
le spalle, dicendo: “Dì pure quello che devi e poi
sparisci!”
Lui sospirò:
“Sakura… mi dispiace… non avrei mai voluto farti
soffrire…”
“Però l’hai
fatto” replicò lei, con voce rotta dal dispiacere e continuò “cosa credi che
abbia provato, come pensi mi sia sentita dopo che il Professor Gilmoure ha detto
che siete… dei…” non riuscì a terminare la frase…
“Io…”
Lei si voltò…
aveva gli occhi lucidi… e lui si sentì proprio un
verme…
“Sai che cosa
mi fa star male più di ogni altra cosa in questa
faccenda?”
Jet rimase in
silenzio… fissando interrogativamente quegli occhi… non sapeva cosa
dire…
“Il fatto che
tu non me ne abbia mai parlato…” disse, portandosi una mano sul cuore “…io provo
dolore perché non hai avuto abbastanza fiducia in me da confidarti… santo cielo!
A me non importa che tu sia un cyborg, potresti anche essere un superconcentrato
di armi nucleari, chi se ne frega!...” e concluse, sospirando “…io ti amerei
comunque…”
Jet si passò
una mano tra i capelli, maledicendo se stesso per tutto il male che le stava
procurando, ma un barlume di speranza si accese dentro di lui… aveva detto che
lo amava… nonostante le angosce, nonostante le sofferenze, nonostante tutto… lei
lo amava…
Sembrava che
in quell’istante Sakura gli leggesse nella mente, perché disse: “Già, sono
innamorata di te… ma del resto… lo sai benissimo… a questo punto sta solo a te
decidere Jet, io ho fatto la mia scelta…”
Lui la
fissava stravolto… aveva pensato di essere lui a condurre la conversazione,
invece lo sguardo fermo e deciso di quella ragazzina lo stava facendo impazzire…
Decise di
rischiare tutto… si avvicinò a lei e la prese tra le braccia…
La sentì
abbandonarsi nel calore del suo abbraccio… aveva quasi dimenticato che cosa si
prova ad essere innamorati, quale emozione sente l’anima nel tenere stretta a sé
la persona amata… l’ultima volta era stato secoli fa… a New York… nella sua
città… quando aveva sperato inutilmente di ricominciare un rapporto ormai
finito… allora, aveva sofferto e aveva giurato a se stesso che non ci sarebbe
caduto di nuovo, maturando quel lato del suo carattere irrequieto e scontroso…
invece… quella ragazza così dolce, ma insieme così forte e determinata lo aveva
fatto capitolare…
“Perdonami…”
le disse… lei alzò gli occhi… stava piangendo, ma non erano lacrime di
dolore…
“Perdonami,
Sakura…” continuò “…è solo che… ho sofferto molto in passato, da quando sono un
cyborg… e, a volte, le vecchie ferite tornano a
sanguinare…”
Lei gli posò
due dita sulle labbra, impedendogli di continuare: “Lo so… ma io non sono il
passato Jet… sono il tuo presente e, se lo vorrai, il tuo
futuro…”
Lui le sorrise… per la prima
volta dopo tanto tempo sorrideva di autentica felicità… si chinò su di lei e la
baciò, continuando a tenerla stretta, mentre con un piede chiudeva la porta
della sua stanza dietro di loro…
Romy e Ken erano di fronte a
Sayonji.
L’ingegnere aveva
appena superato lo stupore delle rivelazioni del Professor Gilmoure. Senza
vedere con i propri occhi, avrebbe riso di cuore di quanto gli era stato
spiegato. Erano cyborg… anche Link, e non gli era sfuggita la reazione di Sakura
quando aveva saputo di Jet. Non gli era neppure sfuggita Hilda, l’ex agente di
Ayab. Il Professor Glimoure ed Albert avevano dissipato i suoi sospetti. Romy
stessa aveva contribuito a chiarire la nuova situazione.
“Ho sbagliato, ti
chiedo perdono” disse Ken, con un tono profondo e serio che Sayonji non gli
aveva mai sentito usare. Ebbe l’impressione che quel ragazzo fosse cresciuto
improvvisamente.
“Ingegnere, se c’è
qualcuno da biasimare, quella sono io… io sono entrata a far parte della Black
Shadow… io ho indotto Ken a partecipare a quella gara… ho rischiato la vita di
entrambi…ed ho anche rischiato di coinvolgerla in uno scandalo… dopo la morte di
mio padre io…..”
Romy smise di
parlare e pianse. Ken la abbracciò.
Sayonji rimase
interdetto.
“Ragazzi, è vero
che vi amate?”
Ken e Romy lo
guardarono stupefatti. Si erano aspettati un torrente di improperi.
“E’ vero?” chiese
di nuovo Sayonji.
“Sì” rispose
Ken
“Ragazzi, vi
rendete conto di ciò che avreste potuto provocare, vi rendete conto del fatto di
avere rischiato la vita? Avete pensato a tutto il male che avreste potuto fare a
voi stessi ed a coloro che vi vogliono bene? Ken, meriteresti di non correre più
per me”
Ken esitò, poi
rispose a capo chino.
“Hai
ragione….”
“Oh no! No!” gridò
Romy “Io l’ho spinto a farlo, ho fatto leva sui suoi sentimenti…”
“Ragazzi, dopo
quanto mi ha svelato il Professore, in un momento tanto importante e grave, non
mi lascerò andare a scenate. In tutta sincerità, giuratelo sulla memoria dei
vostri cari, siete finalmente cresciuti abbastanza da capire il vostro errore e
non ripeterlo? Se dovessi darvi fiducia, avrei poi motivo di pentirmene?
Rispondete!”
“N-no! Da ora in
poi, non prenderò mai iniziative senza che tu lo sappia…..ma, un momento! Hai
detto “darvi fiducia”? Significa che….”
“Ken, dimmi,
durante la tua famosa gara, come ti è parsa la tua fidanzata?”
“E’ alla mia
altezza!”
Sayonji si rivolse
a Romy.
“Immagino che
l’offerta della Black Shadow non ti alletti più, vero, rossa?”
“Certo che
no…”
“E di un’eventuale
offerta della scuderia Sayonji, che ne diresti?”
Ken e Romy
sgranarono gli occhi.
“Oh, sì!
Sì!!”
Romy corse ad
abbracciarlo.
Sayonji rimase di
sasso.
“Credo di poterlo
interpretare come un sì ma… non stringermi in quel modo davanti al tuo
fidanzato, ragazza… non vorrei suscitare gelosie… e poi in fondo non sono mica
Madre Teresa.”
“Ingenger Sayonji”
gli disse Romy con voce profonda e dolce “Lei ha la stessa forza e la stessa
bontà di mio padre… morirò piuttosto che deluderla.”
“Vale anche per
me” disse Ken.
Sayonji tese la
mano a Romy.
“Benvenuta a
bordo, Lady Wells. Discuteremo i dettagli più tardi.”
Romy la strinse
con lacrime di gratitudine.
“Per lei sono
semplicemente Romy, ingegnere. Le devo la mia felicità.”
Sayonji stava stringendo la mano al professor Gilmoure per accomiatarsi.
Avevano caricato sul Big Carry l’Hayabusa e la “Maestà Reale” e si accingevano a
tornare al Centro Ricerche Sayonji per prepararsi alla gara di Tortica.
“Grazie di tutto, Professore. Shimamura, Link, la mia offerta di
collaborare con me come piloti rimane valida, naturalmente. Fatemi
sapere!”
Improvvisamente i due si bloccarono. Il soffio del vento, lo sciabordio
del mare, il canto dei gabbiani, tutto era cessato di colpo. Il silenzio si era
fatto assoluto. Il Professore corse alla finestra. I gabbiani erano immobili in
cielo, come in fotografia. La luce del sole era come polarizzata.
“Professore! Non abbia paura, non è il fantasma nero! Dica a tutti di
rientrare immediatamente nella villa.”
Era Ivan, che comunicava con la telepatia.
“003, vai da lui, subito!”
Françoise raggiunse di corsa la culla di Ivan e lo prese in braccio. Il
bimbo era sveglio.
“Ivan, cosa succede? Siamo in pericolo?”
“No, 003. Enoha deve incontrarci”
Françoise sentì un tuffo al cuore.
“Enoha… ma era solo un sogno…”
“No, Françoise”
“Ma allora anche quell’orribile globo nero…”
“E’ lo Spettro Nero… Enoah ci insegnerà ad affrontarlo, servendosi della
luce… Françoise, portami in laboratorio, dalla macchina del tempo. Dì al
professore di riunire tutti intorno ad essa… se questo esperimento fallirà,
saremo tutti perduti”
Françoise scese con Ivan in braccio.
Tutti, su suggerimento del professore, stavano guardando i loro orologi
da polso. Erano fermi.
“Se fossi pazzo, sarei il solo a vedere gli orologi fermi” ossevò Sayonji
“Professore, che cosa…?”
“La sola spiegazione è un campo di cronostasi…”
“E’ solo accademia” replicò Sayonji.
“E’ la versione ufficiale. In realtà, tecnologicamente è possibile. Io
stesso ho realizzato una macchina del tempo funzionante basandomi su questo
teorema”
Françoise si rivolse al Professore.
“Professore, Ivan dice che non si tratta del Fantasma Nero, e che
dobbiamo riunirci tutti nella sala della macchina del tempo”
Ivan trasferì il proprio pensiero nelle menti di tutti.
“Enoah ci parlerà”
“Quella sognata da 003 e 008?”
“Lei…”
“Chi è questa Enoah?” chiese Yamato
“Siamo in pericolo?” chiese Sakura.
“Facciamo come dice Ivan, ragazzi”
“Ma cosa può saperne un bambino…” disse Sayonji
Ivan fluttuò nell’aria di fronte allo stupito Sayonji ed alla sua
squadra.
“Il mio corpo è di bambino, non la mia mente. Il mio cervello è stato
potenziato elettronicamente ed è in grado di ricorrere a facoltà psicocinetiche
ed extrasensoriali. Seguiteci in laboratorio. Vivrete un’esperienza
meravigliosa… e capirete”
“E se non fossimo d’accordo?” sbotto Gantetsu
“Se non ci aiuterete, il mondo intero sarà perduto”
“Come facciamo a saperlo?”
chiese Yamato.
“Seguiteci ed avrete la risposta”
Entrarono nei sotterranei della villa. Il professore li fece entrare nel
suo laboratorio di meccanica temporale applicata. Sospesa fra macchine
complicate, cavi e strumenti di vetro e metallo, una grande cabina pentagonale
dalle pareti trasparenti occupava il centro della sala.
“Professore, attivi la macchina, la prego. Interagirà con il campo di
cronostasi”
“Sì, amplificandolo. Sovrapporremo due flussi
spaziotemporali…”
“Incontreremo Enoah… i suoi astronomi hanno calcolato la posizione del
planetoide che si sta avvicinando alla Terra… non è un corpo celeste, è
un’intelligenza, la vera essenza dello Spettro Nero… Enoah è la guida del popolo
del cerchio alato, fu lei a farlo incidere a Geronimo per permettere il rituale
di Françoise… ricorda? Insieme ad Enoah possiamo batterlo… faccia come ci ha
chiesto, Professore. E’ lei ad aver creato il campo di cronostasi che ci sta
avvolgendo.”
“Vuoi dire che quella notte di due anni fa, questa Enoah stava
comunicando con noi… e che ora vuole metterci in guardia ed aiutarci a
scongiurare la minaccia del planetoide?… è lei a generare il campo di
cronostasi?”
“Lei, insieme alle menti di tutto il suo popolo. Possono fare ciò che noi
otteniamo con la tecnologia. Azioni la macchina, Professore, possono mantenere
stabile il campo solo per un tempo limitato.” Il Professore si avvicinò ad una
console, digitò un codice segreto, premette la mano su un lettore d’impronta e
si sottopose ad una rapida scansione retinica. Subito dopo, attivò la bobina di
campo della macchina del tempo. Il sole invase improvvisamente l’ambiente in
penombra, illuminando una splendida città di palazzi a piramide. Il soffitto
divenne un cielo straordinariamente azzurro. Il pavimento a pannelli metallici divenne il lastricato di marmo
di un’ampia via dalla pavimentazione decorata con un’incredibile varietà di
disegni artistici e colori.
Tutti si guardarono intorno.
“E’ un ologramma, deve esserlo! Professore, che trucco è questo?” gridò
Sayonji.
“Non lo è, ingegnere… non lo è…” rispose con reverente stupore l’anziano
scienziato.
Françoise riconobbe la città del suo sogno… ammesso che di sogno si fosse
trattato. Stavolta, però, non stava dormendo. Non poteva sognare da sveglia. Era
a Myoltecopang.
Inspiegabilmente, la cabina pentagonale della macchina del tempo e le
attrezzature del laboratorio erano rimaste al loro posto. Tutti guardarono l’incredibile e
splendida città di palazzi a piramide, pinnacoli e giardini pensili, commossi di
fronte all’indescrivibile bellezza delle sculture e dei fregi geroglifici,
stupefatti di fronte agli effetti illusori di fughe di prospettive composte da
elementi architettonici nati da una sensibilità ed una cultura umane, eppure
estranee a tutto ciò che conoscevano.
Le terrazze, i parapetti ed i giardini iniziarono ad animarsi. Decine di
volti di uomini, donne, bambini, anziani, ragazzi e ragazze dall’abbigliamento
di foggia vagamente egizia li guardavano silenziosamente. Françoise mise a fuoco
le loro espressioni. Erano serene ed amichevoli. Udì alcune frasi nella loro
lingua, senza comprenderle. Sapeva però che la maggior parte della loro
comunicazione era telepatica.
Geronimo, Piunma, Bretagna e Chang portarono la mano al calcio della
pistola. Albert armò la mitragliera e mise Hilda al riparo. Joe la estrasse e si
tenne pronto ad attivare il suo acceleratore. Ken fece abbassare Romy dietro una
console, guardando in alto con apprensione. Il pensiero di Ivan giunse
potente a tutte le loro menti.
“No!!! Sono amici, non fate loro del male! Vogliono solo darci il
benvenuto. Devono solo parlare con noi!”
“Ha ragione!” gridò Françoise “Joe, metti via quell’arma, ti
prego!”
“Françoise…”
“Fidati di me, Joe”
“Io… tu come puoi…”
“Questa è la città del mio sogno, Joe. O meglio… di quello che credevo
fosse un sogno… hanno bisogno di noi Joe, il loro nemico… lo Spettro Nero, è
anche il nostro…”
Joe ripose il laser.
Grazie agli occhiali a specchio, Sayonji pareva avere la sua solita
espressione seria e decisa. Si rivolse a Françoise.
“Mi scusi, Françoise, lei sa dove ci troviamo?”
“Io ho già visto durante il sonno questa città ingegnere”
“L’ha sognata? La vedo anch’io, ora, come tutti, e nessuno di noi sta
dormendo. Non credo di capirci molto, ma di certo, se quella gente lassù avesse
avuto intenzioni ostili, credo che avrebbe potuto attuarle
facilmente”
Geronimo vide avvicinarsi una giovane donna dalla pelle ambrata e dai
capelli corvini. La fibbia della cintura che le stringeva la veste bianca recava
il simbolo del cerchio alato. Lo stesso motivo era ripetuto nei suoi orecchini.
Teneva per mano un bimbo piccolo, che stringeva a sua volta la mano di una
sorellina ancora più piccola. I bimbi avevano gli occhi grandi per la curiosità
e lo stupore. I dolci occhi a mandorla della donna incontrarono quelli di
Geronimo. Il suo sorriso era fine ed aristocratico; i suoi lineamenti, delicati.
Con l’espressione grave e dolce al contempo che mai abbandonava il volto del
gigantesco pellerossa, Geronimo le fece un’inchino in cui seppe esprimere tutto
il suo senso innato della cortesia. La donna mosse la mano nel saluto rituale
alla Luce e pronunciò con tono cortese alcune parole, che nessuno comprese.
Dietro di lei, arrivarono altre persone, camminando calme e distese. Ai bordi
della strada si tava radunando una folla, pacifica e silenziosa. Anche loro
salutarono amichevoli, come la donna. Geronimo fece per uscire dal cerchio delle
attrezzature del laboratorio, da cui nessuno di loro si era ancora mosso. Il
Professore intervenne.
“Attento, 005! Non fare gesti ostili e rimani all’erta”
“Non c’è alcun pericolo, Professore” intervenne Ivan, rivolgendosi poi
mentalmente alla donna “Qual è il tuo nome, giovane signora?”
“Il mio nome è Mayla Behn
Shay, piccolo Ivan. Il tuo amico dal volto dipinto e dalle grandi spalle pare
non comprendermi”
“Lui non è un telepate; invia i tuoi pensieri nella sua mente, e lui
capirà.”
Geronimo si era avvicinato alla donna, udendone la voce senza vederle
muovere le labbra.
“Sei una telepate, come il nostro piccolo?”
“Sì. La Luce ti benedica… Geronimo. Mi chiamo Mayla Behn Shay, e questi
sono i miei bimbi. Siamo tutti e tre onorati di fare la tua conoscenza.
Benvenuto a Myoltecopang, straniero dal corpo forte e dal cuore puro… sento
bontà in te.”
La bambina più piccola si avvicinò a Geronimo.
Il gigante in uniforme rossa si inginocchiò e le tese l’indice. La
piccola lo strinse con la sua manina, sorridendogli.
“I bambini sentono la bontà senza bisogno di telepatia, Geronimo. Dì ai
tuoi amici che siamo tutti qui per darvi il benvenuto secondo il rito solenne
della nostra tradizione… la nostra Helayma Enoah vi verrà incontro… insieme a
lei, a sua sorella Nesia, a tutti noi, voi renderete possibile la sconfitta del
Grande Nemico, lo Spettro Nero… che ucciderebbe senza pietà i miei bimbi
semplicemente perché sono innocenti”
“Mayla Behn Shay, a costo della mia stessa vita, non accadrà! I Guerrieri
Siuox non possono mentire. O dicono la verità, o tacciono”
“Grazie, Geronimo dei Sioux… è questo il nome del tuo popolo? Sei figlio
di un popolo nobile e fiero”
“Ti ringrazio, squaw”
“Squaw?”
“Nella mia lingua, significa “donna”
“Ah! Bene, Geronimo, questa squaw è lieta di averti conosciuto. Preparati
ora ad essere accolto con tutti gli onori dalla nostra Helayma. Io devo farmi da
parte, ora”
“E’ stato un onore ed una gioia conoscerti, Mayla di Myoltecopang.”
Geronimo fece un cenno di saluto a tutti, e si avvicinò a Joe
Parlò con la trasmittente interna.
“Ivan ha ragione. Sono amici. E sono tutti telepati. Pare che la loro
sovrana, che chiamano Helayma, verrà a darci il benvenuto di persona”
Un gruppo di ragazzi e ragazze molto giovani si era avvicinato a Romy,
che poco per volta, dopo essersi pizzicata il gomito tre o quattro volte, si era
resa conto di non sognare e, con flemma tipicamente inglese, si sentiva
rassicurata dal fatto che i pazzi, in effetti, non si pongono mai il dubbio di
essere tali. Quei giovani erano bellissimi. La guardavano con occhi dilatati
dalla meraviglia. Anche Romy, come Geronimo, udì le loro parole senza veder
muovere le loro labbra, e comprese la ragione del loro stupore. Erano i suoi
capelli rossi. Non erano mai esistite rosse a Myoltecopang. Era ritenuto un
colore impossibile per i capelli.
Una ragazzina si avvicinò e chiese di poterli carezzare.
“Come sono morbidi… sono come il plasma del fuoco… sono bellissimi. Il
mio nome è Minois Vahn Melko, e questa è la mia città, Myoltecopang. Posso
conoscere il tuo nome e la tua città?”
“Sono Romy Wells, la mia città si chiama Liverpool, e sorge su una grande
isola del nord. Felice di
conoscerti, Minois” rispose Romy tendendole la mano mentre la ragazza le faceva
con la destra il saluto rituale. Allora Romy imitò il suo saluto mentre la
fanciulla le tendeva la mano. Entrambe sorrisero divertite da quell’equivoco ed
apprezzarono l’intento di adattarsi l’una alla cultura dell’altra.
“Ecco che arriva il comitato dei festeggiamenti. Speriamo bene” fece
Sayonji.
Ivan lo rassicurò.
“Non c’è nessun pericolo, ingegnere. Siamo fra amici. Si prepari ad
aprire la sua grande mente. Quanto apprenderemo qui salverà il mondo”
“Sai, piccolo, è strano il modo in cui mi sto adattando a tutto questo.
Non mi sento stupito più di tanto”
“Non dimenticate che ci troviamo in una civiltà di telepati. Sono loro a
fare in modo che le nostre menti si sentanto a loro agio. Sanno che potremmo
subire un shock. La loro sovrana lo ha voluto”
“Sovrana?” chiese Sayonji “Arriva la regina?”
“Non come la intendiamo noi, ingegnere… capirete”
Le danzatrici biancovestite avanzarono al tintinnio dei sistri
volteggiando in stupende coreografie, complesse come l’ordito di un fantastico
tessuto multicolore, mostrando tutta la bellezza, la grazia e l’eleganza delle
figlie di Myoltecopang. Quando si aprirono disponendosi ai lati della strada,
giovani muscolosi eseguirono numeri coreografati di scherma con lance, stiletti
e spade, commemorando battaglie dei loro tempi antichi e mostrando il vigore dei
figli del cerchio alato. Poi, artisti ed artiste, disponendo tessere di vetro
colorato in aria grazie alla telecinesi, composero mosaici tridimensionali
animandone le figure, dando vita all’equivalente del nostro cinema di
animazione. Vennero poi attori ed attrici, che recitarono scene mitologiche
trasferendo i dialoghi direttamente nelle menti degli spettatori. L’orchestra
che eseguiva le musiche di accompagnamento, melodiose e ricche di arrangiamenti
eseguiti da strumenti per noi sconosciuti non era visibile, ma non importava.
Ogni musicista trasferiva il suono del suo strumento dalla sua mente
direttamente in quella degli ascoltatori. Non vi erano e non potevano esservi
problemi di acustica.
Quando gli attori ringraziarono e la musica cessò, la strada rimase
libera. Tutti mossero la destra nel saluto rituale e lo mantennero, cantando con
le loro voci un melodioso peana, mentre una piramide a gradini sormontata da un
trono adorno del cerchio alato avanzò, sostenuta dalla telecinesi, che la
manteneva sospesa ad un metro dal suolo.
Assisa sul trono, fra due ali di ancelle, sedeva una donna dai capelli
corvini e dal volto ascetico, bella e serena come potrebbe esserlo un
angelo. Una donna che Françoise
riconobbe con un tuffo al cuore.
“Enoah!”
La donna rispose con il pensiero, in modo che tutti comprendessero. Le
sue parole erano musica.
“Felice di rivederti, Françoise Arnoul. Tu ed i tuoi amici siete i
benvenuti. Io sono Enoha Zhem Rendang terza, Helayma di Myoltecopang, la nostra
amata città di palazzi a piramide, e, come tutto il mio popolo, servo la potenza
della Luce. Abbiamo celebrato per voi quello che chiamiamo “rito del benvenuto”.
Con esso, tutta Myoltecopang vi rende omaggio, amati ospiti. Mio è il compito e
l’onore di ricevervi, e lo adempio con gioia ringraziando la Luce. Molto
dobbiamo condividere, molto abbiamo da svelarci, per allearci contro il grande
nemico… sì, Professor Gilmoure, lo Spettro Nero… non si tratta di fantasie,
Ingegner Sayonji” Sayonji rimase di sasso ”Vorrei tanto che si trattasse solo di
mitologia… ma è reale. Avrete molte domande, immagino. Abbiate la bontà di
seguirmi nella mia dimora. Prendete posto sulla piramide del mio trono, negli
scranni riservati agli amici del nostro popolo, e la raggiungeremo.” La piramide
si abbassò fino a terra, permettendo loro di prendervi posto, poi si librò
nuovamente, ruotò lentamente di centottanta gradi sul suo asse, e si avviò
dolcemente, fra due ali di folla omaggiante.
Quando giunsero di fronte all’immenso portale della “Piramide della
Reggenza Celeste”, rendendone il nome in una lingua totalmente fonetica come la
nostra, anziché nella combinazione di suoni e messaggi telepatici che
caratterizza la lingua di Myoltecopang se impiegata in tutta la sua complessità,
i battenti di bronzo fregiati del cerchio alato si ritirarono nei bastioni ed il
trono attraversò la navata centrale di una sala immensa. Nelle navate laterali,
uomini e donne abbigliati con vesti bianche e rosse attendevano in silenzio. Il
trono si rivolse verso l’ingresso e si adagiò in un vestibolo immenso. Tutti i
presenti intonarono un coro polifonico di straordinaria complessità e di
profonda armonia. Quando le architetture sonore di quella meraviglia cessarono
di permeare l’aria, Enoah si alzò dal suo alto scranno e si rivolse agli ospiti.
“La Luce vi benedica, nobili amici del mio popolo! La nostra gioia è
grande, ed avremmo tanto da condividere, ma su di noi e su di voi pende una
minaccia terribile. Sì, Professor Gilmoure, è la stessa che voi conoscete, e si
incarna nel planetoide che lei ed Ivan avete osservato! Sì, Ingegner Sayonji,
anche quella che chiamate Black Shadow è uno dei suoi tentacoli! Sì, mia cara
Hilda, tu ed il tuo amato Albert ne foste le cavie, come tutti i vostri compagni
cyborg! Sì, Romy Wells, anche tu lo saresti stata! Sì, Ken Hayabusa, tuo padre e
quello della tua amata Romy, ed anche tuo fratello, li hai persi per colpa dei
suoi servi umani! Sì, Françoise Arnoul, sei qui per una ragione speciale, ed il
nostro primo incontro non fu quello che tu credesti un semplice sogno. Ora
capirai, e capirete tutti… c’è una persona che devi incontrare, Françoise
Arnoul, avvicinati, vieni…”
Enoah le tese le mani. Françoise salì la scala e giunse di fronte ad
Enoah. Gli occhi di Enoah, profondi ed ascetici, le diedero un senso di pace
infinita. Enoah le strinse le mani. Françoise ne ricambiò la stretta delicata, e riamse
impressionata dalla pelle di Enoah. Neppure la seta più raffinata poteva essere
tanto morbida e delicata.
Il comando mentale di Enoah raggiunse tutti.
“Vieni, mia piccola Nesia… Françoise è giunta…”
“Chi…?” Fece per chiedere Françoise, ma ciò che vide le tolse il fiato.
Chi le aveva messo un specchio di fronte? No! I capelli erano neri, la
carnagione più scura. Françoise tremò.
“Chi sei? Il tuo volto… tu…”
“Il mio nome è Nesia Zehm Rendang, Françoise Arnoul, e sono colei che tu
fosti in un tempo in cui, secondo la tua gente, ancora non esistevano uomini sul
nostro mondo. Tu sei colei che io sarò in un tempo in cui del nostro ricordo
rimarranno solo vaghe tracce sconosciute ai più”
“Vuoi dire che io…”
“Sei stata e sarai sempre una di noi, Françoise Arnoul… io rivivrò in te…
e sono felice di sapere che sarò bella e dolce… ed avrò capelli del colore
dell’oro… e sarò amata da un ragazzo buono dopo aver tanto sofferto”
Nesia si volse verso Joe.
“Joe Shimamura, vieni accanto alla tua Françoise, non essere
timido”
Joe salì i gradini nel silenzio generale e si avvicinò a Nesia,
contemplandola stupefatto.
“Sarai tu ad amarmi… percepisco un amore immenso per la nostra cara
Françoise, Joe Shimamura… è bello essere amate così… ma vedo in te anche un
bambino che piange, e che teme di soffrire ancora… ed un ragazzo dolce, ma che
teme di mostrarsi tale”
Joe si lasciò prendere per mano da quella giovinetta dalle vesti bianche
ed i capelli corvini, e si lasciò condurre vicino a Françoise. Nesia prese anche
la mano di Françoise, e la unì a quella di Joe.
“Joe Shimamura, ti affido me stessa e lo faccio con con gioia! Promettimi che la amerai
sempre, magari attraverso momenti di sofferenza, e che soffrirai per lei, se
occorrerà. So che ne sei capace”
Joe lo promise, con parole semplici, un poco impacciate, ma
sincere.
Poi Nesia si rivolse a Françoise.
“Puoi pensare a me come ad una sorella minore, Françoise Arnoul. Ho due
sorelle, ora”
“Ne avevi già una, Nesia?” le chiese Françoise
“Sì Françoise Arnoul” disse Enoah “Sono io!”
Françoise restò di sasso.
“Questo significa che secoli fa tu ed io…”
“Sì, Françoise Arnoul. Come Nesia, hai avuto una sorella. Sono felice di
sapere che tu le darai nuova vita”
Dopo averle detto queste parole, Enoah la abbracciò. Françoise si sentì
pervasa da un senso di pace e calore umano che parve senza confini. Anche Nesia
lo fece. Françoise strinse a sé quella sorellina, e pianse di commozione.
Nesia le chiese se avesse fratelli. Françoise le parlò di Jean, e pensò a
lui, permettendo a Nesia ed Enoah di vederne il volto.
Infine Enoah si volse a Joe.
“Non avere paura di amarla, io posso sentire la forza del sentimento che
provi per lei… vi lega con un’empatia tanto forte da farvi percepire come un
solo essere, io… addirittura fatico a discernervi con la telepatia… è ciò è
meraviglioso, Joe Shimamura. E’ dallo Spettro Nero che devi guardarti, non dai
tuoi sentimenti”
Ivan si era avvicinato fluttuando. Enoah gli fece il saluto
rituale.
“Ivan! Piccolino! Grazie del tuo aiuto…”
“Puoi tenermi in braccio, Enoah?”
“Se la tua mamma è d’accordo…” disse Enoah, rivolgendosi a
Françoise
“Posso, mamma?”
Françoise provò un lungo istante di emozione, poi annuì.
“Sì, piccino mio…”
Enoah lo prese in braccio e lo cullò. Ivan si strinse al suo petto,
felice come il bimbo piccolo che era. Poi lo passò a Françoise, e si rivolse a
tutti i presenti alzando la mano destra. Il cerchio alato che portava sul palmo
si illuminò. Pareti, tetto e pavimento divennero trasparenti., mostrando le
stelle, ed un planetoide nero che avanzava oscurandole via via. Videro, come
gente che sogna, tutto ciò che Ivan aveva già visto, seppero cosa accadde, ed
appresero ciò che dovevano fare. Françoise rivide la scena in cui Hathor le fece
dono della gemma, ed Enoha le insegnò come usarla.
“Io dovrò eseguire di nuovo quella danza…”
“Sì, come la nostra Nesia”
Françoise ebbe quasi paura.
“Ma io non so se…”
“Una volta entrata nella Camera del Cristallo, saprai e rammenterai di
nuovo… io sarò con te… veglierò su di te, sorella mia”
Sorella. Françoise sentì un nodo alla gola, e di nuovo pianse di gioia.
Oltre a Jean, aveva una sorella maggiore ed una minore, ed aveva potuto
incontrarle nonostante i millenni che le separavano.
“Io… Enoah, Nesia… oh, scusate le mie lacrime…vi voglio
bene…io…”
Le abbracciò tutte e due, ricambiata.
La salutarono benedicendola in nome della Luce.
Françoise avrebbe voluto rimanere con loro, ma aveva compreso la missione
che le avevano affidato.
Si accomiatarono anche da Joe, dicendogli “Te la affidiamo. Amala anche
per noi, Joe Shimamura”
Joe si portò la mano al petto, e glielo promise solennemente.
Si accomiatarono anche da tutti gli altri ospiti, chiamandoli per nome,
uno per uno.
Vennero ricondotti nel punto in cui avevano fatto la loro comparsa a
Myoltecopang. Un istante dopo, erano nel laboratorio, nella villa del
Professore. Impiegarono un giorno intero per riaversi dall’emozione ed
assimilare l’accaduto. Ivan li aiutò con la telepatia a superare lo shock di
simili rivelazioni.
Poi, in presenza delle due squadre, due giganti si strinsero la mano,
rinnovando il loro vecchio sodalizio: Gilmoure e Sayonji. Erano decisi ad andare
fino in fondo: non c’era altra scelta.
Enoah lo seppe, sorrise, e pensò soddisfatta: “Vieni pure, ora, Grande
Abominazione. Stavolta non ti affronterò da sola!”
NOTA: Questa fic è stata scritta in collaborazione con
COSTIGAN, a cui deve essere attribuito pienamente il merito della trama, io mi
sono limitata a coadiuvarlo nella stesura ed a completare alcune parti. Pertanto
la fanfic è da considerarsi scritta da due autori: Costigan e Michiredfox.
Grazie.
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Capitolo 10 *** Parte 9 ***
1
Premessa:
la trovata dei bigliettini d’amore di Amy , come le reazioni di Sayonji, sono
liberamente tratte dal testo di una bellissima commedia interpretata negli anni
’70 dal grande Erminio Macario ed
intitolata “Pautasso Antonio, esperto di matrimonio” (Autori Amendola e
Corbucci). Quando, bambino, la vidi in televisione, risi per mesi ripensando
all’avvocato Pautasso che, segretamente innamorato della giovane Margherita,
strappava inferocito i bigliettini d’amore che la sua non proprio bella
governante Teresa, da anni innamorata di lui, gli seminava dappertutto nelle
pratiche (e che, spesso, venivano letti anche da altri)
“Ingegnere,
c’è una visita per lei”
Hilda si
rivolse a Sayonji, che alzò lo sguardo dal suo ennesimo progetto, chiese a
Yamato di attendere e le rivolse la sua attenzione.
Albert ed
Hilda si erano temporaneamente aggregati al gruppo di Sayonji in modo da
discutere gli ultimi dettagli dell’azione assieme a Joe e Jet. Nell’attesa che
il Professor Gilmoure venisse a prelevare lui ed Hilda con il Dolphin, Albert si
era messo anche a lavorare come meccanico insieme a Yamato, in modo da
accelerare la partenza del Big Carry, ed Hilda, con il suo cervello
elettronicamente potenziato, aveva aiutato Sayonji con la progettazione Autocad.
Sayonji si era meravigliato delle capacità di Hilda, ed Hilda si era
meravigliata di quelle di Sayonji. La giovane tedesca era felice di rendersi
utile, e di avere trovato amiche come Romy e Sakura. Albert, poi, pareva un
altro uomo. L’unica cosa importante, per lui, era il sorriso di Hilda. E lei
sorrideva. Sorrise anche a Sayonji, non appena questi le chiese chi fosse il
visitatore.
“Una certa
Amy Belle Van Valkenburgh”
Sayonji si
irrigidì.
“Bene, gli
dica che non ci sono!”
“Va bene,
ingegnere”
Sakura, in
tuta da meccanico, si intromise, continuando a pulirsi le mani sporche di grasso
con uno straccio.
“Per
favore, aspetta un attimo Hilda!” le disse cortese, ma decisa.
Poi si
rivolse al fratello.
“Ma
insomma! Cosa vuoi che ti faccia, che ti mangi?”
“Se posso
scegliere, voglio che mi stia fuori dai piedi!”
“E
perché?”
“Perché è
frivola, vanesia, impicciona…”
“Perché è
una donna che ti fa delle avances, e questo basta a mandarti in
crisi!”
“Sì,
chiamale “avances”, quegli sciocchi bigliettini d’amore vergati di idiozie che
semina dappertutto! E poi, con quello che c’è in gioco adesso ti pare
che….”
“Sì!”
replicò Sakura, con la sua consueta verve.
Jet la
osservava, divertito. Com’era forte e fiera, la sua piccola giapponese…..come
sapeva essere gentile e rude al contempo. Romy ed Hilda ascoltarono con un lampo
di curiosità femminile negli occhi.
Mentre il
battibecco fra Sayonji e sua sorella continuava, Hilda chiese a Gantetsu di chi
stessero parlando.
“L’innamorata di Sayonji, colei che lo insegue da tre anni” rispose il
gigante, visibilmente divertito.
“Ma chi è
questa Amy Belle?” chiese precipitosamente a sua volta Romy a Ken.
“Oh!”
rispose Ken, sorridendo “Una giornalista free-lancer che continua a tallonare
Sayonji da quando lo conobbe, circa tre anni fa. Diciamo che è la sua “compagna
non ufficiale””
“Non
ufficiale?” la curiosità di Romy salì alle stelle “In che senso?”
“Nel senso
che Sayonji non la pensa allo stesso modo” rispose Ken.
“Ed i
bigliettini d’amore?”
“Ah,
quelli! Gliene scrive a decine, e riesce sempre a farglieli avere nei modi più
inaspettati”
“Davvero? E
Sayonji come reagisce, quando li legge?”
“Beh, in
genere si limita ad appallottolarli imprecando…”
Romy chinò
il capo, si coprì la bocca con la mano e prese a ridere silenziosamente.
Dopo tutta
la tensione dei giorni precedenti, dopo la fatica degli allenamenti e delle
messe a punto all’ombra del pericolo dello Spettro Nero, quella scena da
situation comedy fu un balsamo. Riuscirono a dimenticare per un attimo la
consapevolezza che, forse, tra una ventina di giorni, il mondo come lo
conoscevano sarebbe finito. Sakura e suo fratello erano una coppia stranamente
assortita, dato il loro carattere opposto, e le loro discussioni erano
irresistibili, specie se riguardanti gli atteggiamenti di Sayonji con l’altro
sesso.
Sakura
troncò le proteste di Sayonji facendo dietro front, raggiungendo la porta ed
invitando la visitatrice ad entrare.
“Vieni
avanti, cara!”
Sayonji
reagì con una sorta di riflesso condizionato. Fece cadere un cacciavite di
proposito e, fingendo di raccoglierlo, prese a camminare a quattro zampe dietro
un banco di attrezzature nel tentativo di sottrarsi all’incontro. Proprio in
quell’istante giunsero Albert e Mutsu, occupati a discutere fra loro esaminando
un iniettore con sguardo critico, quando videro il leader della scuderia Sayonji
camminare a gatto.
“Ingegnere,
che cosa fa?” chiese Albert, candidamente.
Mutsu
rimase interdetto .
Sayonji
alzò lo sguardo al cielo e strinse i pugni, mentre Amy Belle si avvicinò e gli
sorrise.
“Ah! Si
nasconde lì dietro, cattivaccio?”
“In qualche
posto bisogna ben stare!” replicò Sayonji
Amy era una
ragazza piuttosto graziosa, snella ed abbigliata con gusto classico. Aveva
l’aria della persona spontanea, sveglia e stravagante. Il suo tono di voce era
piuttosto petulante e la sua gestualità un poco affettata. Un tipo decisamente
mondano, quindi amante di tutto ciò da cui Sayonji si teneva alla larga. Cosa ci
trovasse in Sayonji, era un mistero.
“Ma cosa
fai?” gli domandò Sakura
“Cerco un
cacciavite!”
“Andiamo,
finiscila di camminare come un gatto!”
“Non lo
trovo…”
“Abbiamo
ospiti, ok?”
Sayonji
fece per alzarsi in piedi, battè la testa contro una sporgenza e poi riguadagnò
una posizione eretta. Venne investito dal profumo di Amy. Era essenza di
tuberosa: proprio quella che Sayonji non poteva soffrire. Romy ed Hilda
osservavano la scena con eccitata aspettativa. Ken si chiese se non fosse il
caso di intervenire, mentre Jet cercava di non ridere.
“Ingegnere”
fece Amy, sfacciata e sensuale “Potremmo restare soli?”
“Ehm…”
Replicò Sayonji
“Certo che
potete!” scattò Sakura.
Jet si fece
avanti.
“Tesoro,
credo che Joe abbia bisogno di
noi”
Prese
Sakura sotto braccio e la trascinò letteralmente via.
Anche
Albert prese Hilda sottobraccio.
“Vieni,
cara, ho bisogno di te!”
Hilda
resistette un poco e si lasciò condurre via.
Romy
resistette maggiormente, ma alla fine Ken l’ebbe vinta.
Mutsu capì
da sé di essere di troppo.
I due
rimasero soli.
“Ebbene,
eccoci soli” disse Sayonji con tono rude.
“Andiamo,
ingegnere, non è contento della mia visita?”
“Mi spieghi
a cosa è dovuta”
“Devo consegnarle questo” rispose lei,
con aria soddisfatta
Porse a
Sayonji un fascicolo con le note organizzative relative alla partecipazione del
Sayonji Racing Team alla gara di Tortica.
“Se è lei a
consegnarmelo significa che…”
“Che sono
il vostro contatto: lavoro per l’ente organizzativo internazionale della gara di
Tortica”
“Sul libro
paga di Ayab, per caso?”
“Oh, no!
Non mi metto con quella gente…
preferisco voi… soprattutto lei, ingegnere…”
“Oh, la
ringrazio!”
“Non
potrebbe iniziare a darmi del tu, visto che saremo spesso a
contatto?”
“Vedremo.
Ok, mi segua nel mio ufficio, ho diverse domande da farle”
Amy lo
seguì dicendo a se stessa “Adesso sì che posso starti vicino, istrice… potrò
scriverti i miei messaggi d’amore… ma perché ti amo?… Saranno i tuoi baffi da
sparviero? Le tue spalle? I tuoi lunghi capelli?... ah, cosa non si fa per
amore!”
La barretta
metallica del mirino tagliò in due la sobbalzante sagoma del cavaliere
biancovestito che, in piedi sulle staffe, reggeva contemporaneamente con la
sinistra briglie e fucile spianato. La coda di rondine della tacca di mira
si alzò fino a collocare il mirino
esattamente nella sua bisettrice, mantenendo sullo sfondo il cavaliere. Da sotto
il casco da esploratore che completava la divisa kaki da deserto dei
cyborg, sdraiato con il gomito
sinistro piantato nella sabbia per reggere il fucile, Geronimo invocò
devotamente il Grande Spirito, fece scorrere il suo sguardo lungo la linea
immaginaria che attraversava mirino e bersaglio, e piegò l’indice sul grilletto
del suo Lee-Enfield fino al punto di scatto, aumentando gradualmente la pressione. Il
cavaliere fece fuoco, colpendo con uno sbuffo di polvere l’argine della trincea
di sabbia che Geronimo aveva scavato a mani nude con la sua forza di cyborg.
Subito dopo partì il colpo di Geronimo. Il cavaliere lasciò cadere briglie e
fucile per portarsi di scatto le mani al volto, e stramazzò al suolo. Il cavallo
proseguì a sella vuota. Il gigantesco pellerossa roteò l’arma sopra la sua
testa, lanciando il grido di guerra dei suoi padri all’indirizzo degli altri
cavalieri, che si ritiravano.
“Hoka-hey!”
Bretagna
fece fuoco a sua volta, ed un altro avversario cadde.
Anche Chang
fece fuoco.
I loro
assalitori si radunarono lontani. Uno di loro si bilanciò un tubo sulla spalla e
li bersagliò con un missile.
Piunma
estrasse il laser, ma non fece in tempo ad usarlo.
Françoise,
sdraiata vicino a lui, aveva fatto fuoco con il suo Lee-Enfield mandando venti
grammi di piombo ad impattare contro il piccolo razzo, che esplose. I cavalieri
si ritirarono definitivamente, ma sarebbero tornati più numerosi.
“Mi
dimentico sempre la tua supervista!” esclamò Piunma
Françoise
gli fece un rapido sorriso. Sotto lo strato di polvere rigata da rivoli di
sudore il suo volto, reso color miele dal sole del deserto che batteva come se
avesse fatto di loro la sua incudine, aveva una bellezza differente. La ragazza
pareva smagrita dalla fatica, e lo stoicismo con cui aveva deciso di affrontare
quella prova senza avere vicino Joe dava al suo sguardo e ad ogni suo sorriso un
significato più profondo.
“Brava,
piccola!” le disse Bretagna, cameratescamente, come ad un
commilitone.
Françoise
sorrise anche a lui, e, servendosi del suo foulard bianco ormai sporco, si
asciugò dal volto il sudore che la sabbia bollente su cui era stata costretta a
sdraiarsi continuava a spremere dal suo corpo.
“Sai” le
disse Bretagna, il cui volto non rasato pareva più duro “Mi fai tornare in mente
un verso di quella canzone degli Spandau Ballett…”Through the
Barricades””
“Ma va là!”
fece lei, fingendo impazienza
“No,
davvero… sai, la strofa in cui dicono “when she smiles she shows the lines of
sacrifice”… beh, è come se i segni del sacrificio ti donassero una nuova
bellezza”
“E’ vero”
convenne Geronimo.
La ragazza
si sedette ai piedi dell’argine di sabbia, estrasse il caricatore, tolse il
colpo in canna e ricaricò il suo fucile. Piunma la invitò a
riposarsi.
“Se non lo
fate voi, non lo faccio neanch’io!” ribattè lei. Non voleva favoritismi. Voleva
sentirsi come loro, essere come loro.
“Ascolta,
Françoise” le disse Geronimo “Io sono a capo di questa missione. Devo rispondere
solo a 009 di ciò che decido, e lui al Professore. Tu dovrai eseguire una danza.
Non potrai se avrai il fisico a pezzi. Ora sdraiati, e togliti gli stivali ed
anche le calze. Massaggiati i piedi e riposa per due ore. Se avverti dolore alle
caviglie o ai piedi, fasciali! C’è troppo in gioco, non occorre che te lo
ricordi. Obbedisci, squaw! 006, dalle da bere.”
“Solo se
bevete anche voi”
Geronimo la
guardò con ammirazione.
“Sei
testarda, ed apprezziamo il tuo desiderio di affrontare le nostre stesse
fatiche” le disse “Ma quando ti avremo portato a destinazione il nostro compito
terminerà. Il tuo no, quindi berrai”
Chang si
fece avanti con una borraccia, riempì il tappo di acqua e lo porse a Françoise.
“Solo
questa misura”
Françoise
bevve lentamente, rendendosi conto di quanto la sua gola fosse arsa, poi si
tolse gli stivali e le calze. Mandavano un’odore terrificante. Lo stesso che
probabilmente avevano addosso tutti, dopo tre giorni di marcia nel deserto
immersi nella polvere e nel sudore, senza una goccia di acqua per lavarsi. Il
Professore aveva munito le loro parti cibernetiche di tutti i filtri antisabbia
necessari per operare nel deserto, ma la loro parte umana doveva soffrire.
Françoise si massaggiò i piedi, cercando di scacciare dalla mente l’idea della
vasca da bagno, un bel bagno di essenze profumate…
“Certo”
pensò “In questo contesto, sono bella e profumata anche così”. I piedi le
facevano male. Se li lasciò fasciare da Piunma, esperto in questo genere di
cose. Era un africano, avvezzo al deserto. Aveva imparato fin da piccolo ad
armonizzarsi con esso. Anche Geronimo aveva imparato a sopravviverci, ad
affrontarlo senza tecnologia. Una prova che tutti i pellerossa dovevano
affrontare nel cammino della loro formazione. Lei e Bretagna erano europei, per
loro era diverso. Per questo, forse, la loro amicizia in quella situazione si
stava facendo più forte. Si tolse
anche il foulard, si sbottonò la camicia kaki e si sdraiò, coprendosi il volto
con il casco. Piunma e Chang le improvvisarono un riparo con un telo,
concedendole un poco di ombra. Il piccolo cinese non aveva perso un grammo della
sua consueta giovialità.
Dopo aver
esaminato una mappa riportandovi i rilevamenti effettuati con una bussola a
traguardo, Piunma si rivole a Geronimo.
“005, ormai
non dovrebbe mancare molto al villaggio della tribù dei tuoi amici
Pueblo”
“No, 008!
Ancora mezza giornata di marcia, e saremo in vista della parete di roccia che ne
segna il territorio”
Quando
avevano discusso il problema di intraprendere le ricerche della Camera del
Cristallo nella Tortica sotterranea, erano tutti consapevoli del fatto che i
soldati del Fantasma Nero fossero già sul posto. Geronimo ebbe un’idea. La sua
tribù, in Arizona, aveva contatti con altre riserve indiane e, nel corso di un
raduno nazionale, Geronimo aveva conosciuto alcuni ospiti provenienti dallo
Yucatan, membri di una tribù dell’etnia Pueblo, quella che nel 1540 aveva
fornito all’esploratore spagnolo Francisco Vasquez de Coronado informazioni in
merito alla favolosa città d’oro di Cibola. Il loro villaggio consisteva di una
rete di caverne adattate all’insediamento umano. Essi avevano fatto cenno alla
possibilità di raggiungere le misteriose rovine della Tortica sotterranea
attraversando caverne collegate al loro villaggio. Geronimo si recò in Arizona
insieme a 008 dal suo capo-tribù che lo mise in contatto con Honecoza, il capo
dei Pueblo dello Yucatan, tramite gli uffici dell’amministrazione della
riserva. Ottennero promessa di
ospitalità per chi avesse presentato l’”Wampum”, un corto bastone rituale di
riconoscimento, della tribù di 005. Geronimo aveva anche mostrato all’uomo della
medicina della sua tribù un calco del cerchio alato che aveva inciso durante la
“Notte di Halloween”. Aveva avuto la giusta intuizione. L’anziano uomo della
medicina della tribù annuì con approvazione quando lo vide. “Buona medicina!” fu
il suo commento, ed intercesse in favore dei due cyborg. Makuati, tale era il
suo nome, non volle però dare a Geronimo nessun ragguaglio in merito a cosa
sapesse del cerchio alato. Gli disse che lui ed i suoi compagni dovevano
scoprirlo durante il cammino. Dovevano dimostrarsi degni affrontando pericolo e
fatica.
La cultura
accademica ufficiale non sapeva nulla del cerchio alato, ma forse gli sciamani
indiani sì. Probabilmente si tramandavano un segreto che non doveva essere
svelato se non agli iniziati alle loro arti magiche. Che qualcuno di loro avesse
avuto visioni di Myoltecopang? Ai Cyborg, in fin dei conti, era capitato, aveva pensato Geronimo, ed
anche alla squadra di Sayonji.
Il Big
Carry era già in volo per lo Yucatan. Sayonji era al telefono con Amy. Era
facile intuirlo, soprattutto dal modo in cui la telefonata ebbe termine.
“No, non le
do del “tu”! E la pianti di chiamarmi “orsetto”, chiaro?! Mi mandi quel fax
senza dire altre sciocchezze! La saluto!”
Romy
indugiava di proposito davanti alla macchinetta del caffè, nel corridoio del
gigantesco aeromobile. In realtà, stava ascoltando Sayonji. Non voleva perdersi
la telefonata, il che implicava l’autocontollo di non ridere forte.
Mentre si
recava da Sayonji con i test al simulatore climatico della sua auto, Joe la
incontrò e la salutò. Avevano avuto modo di conoscersi più a fondo, durante gli
allenamenti nel circuito del Centro Ricerche Sayonji. Ciascuno dei due aveva
avuto conferma della prima impressione positiva che si era fatta
dell’altro.
“Ah, Shimamura!” lo salutò
Sayonji.
“Ho i test
della mia auto, ingegnere. Tutti positivi”
“Certo,
Shimamura! Parliamo di una macchina Sayonji, che diamine! Devo immettere un
ultimo dettaglio nel software del computer di bordo del Big Carry. Potresti
leggermi le note di sollecitazione termica delle gomme? E’ il cartoncino
allegato in basso sinistra, quello scritto in inglese.”
“Veramente
è scritto in giapponese” rispose Joe, imbarazzato.
“Beh,
leggilo ugualmente”
“Come
volete, ingegnere” rispose Joe, e lesse a voce alta.
“Ho visto
una figura aitante
uscire di
corsa dal bosco,
con i baffi
da sparviero
i capelli
scarmigliati,
la bocca
che mi gridava “Ti amo!”
Ed un
fluido caldo mi invadeva il corpo….”
Sayonji si
inferocì.
“Dà qua!”
sbottò, strappandogli di mano i test e scagliando furiosamente il bigliettino
d’amore di Amy nella spazzatura.
Nel
corridoio, Romy si era accasciata dal ridere. Ken dovette portarsela via
praticamente in braccio.
Avevano
trovato riparo per la notte dentro una grotta, nella parete di un canyon. Era
stata una ricognizione aerea di Bretagna ad individuarla. La vista e l’udito di
Françoise avevano confermato l’assenza di pericoli. Geronimo ne aveva chiuso
l’ingresso con un macigno, lasciando una fessura per assicurare il ricambio
d’aria. Se fosse stata necessaria una fuga improvvisa, ci avrebbe pensato Chang
a scavare un tunnel nella roccia fondendola. Con il tramonto, la temperatura si
era abbassata, rinfrancandoli. I cinque si sentivano sereni ed al sicuro in quel
rifugio naturale. La temperatura della grotta era piacevole, ed i loro occhi,
soprattutto quelli di Françoise, vedevano perfettamente anche nell’oscurità
della caverna. La luce della luna entrava dalla fessura del macigno come una
lama d’argento. Uno sciacallo ululò in lontanaza. Poi dal cielo giunse la voce
stridula di un avvoltoio. Avrebbero fatto dei turni di guardia per la notte,
dopo avere mangiato. Chang rese incandescente una pietra con le sue fiamme, ed
iniziò a cucinare alla piastra. Françoise si tolse il casco, appoggiò il fucile
alla parete di roccia, aprì i primi due bottoni della camicia, si sedette in
terra a gambe incrociate e si
concesse un sorso dalla borraccia. Piunma, Geronimo e Bretagna si sedetteroa
loro volta, formando un cerchio intorno al cuoco della spedizione.
Geronimo si
era aspettato di incontrare resistenza, dopo il conflitto a fuoco di ieri, ed
espresse la sua perplessità.
“Già”
convenne Bretagna “Con quello che c’è in gioco, non avrebbero dovuto darci
tregua. Deve esserci una ragione davvero importante per trascurarci… sempre che
lo stiano facendo”
“Io credo
che si tratti di una loro strategia” replicò il pellerossa “Sotto Tortica vi
sono le rovine di Myoltecopang… mi chiedo come abbiano fatto a rimanere celate
per tanto tempo… ed è sicuramente lì che le loro forze si sono concentrate. Le
loro pattuglie di superficie hanno il compito di prendere contatto con il
nemico, in modo da impedirgli la sorpresa, ma è nei sotterranei che si dovrà
combattere davvero”
“Dimmi,
Françoise” chiese Piunma “Enoah ed Ivan ci hanno detto che quella pietra… quella
della nostra missione nel passato… ci guiderà attraverso te alla Camera del
Cristallo. Hai avuto qualche percezione?”
“Per il
momento no, a dire il vero. Ho la sensazione di essere sulla giusta strada, ma
nulla di più”. Françoise estrasse il cristallo dalla scollatura e lo guardò con
aria assorta. Il suo legame con quella pietra si stava rafforzando, da quando,
sonnambula, due notti dopo la partenza di Sayonji, aveva aperto il portello
della cassaforte senza toccarlo, solo tendendo la mano destra. Le manopole della
combinazione si erano mosse da sole, il pesante portello si era aperto e la pietra si era depositata sul suo
palmo. La pietra chiamava il suo portatore… prima Hathor, poi Françoise. Quando
aveva ripreso coscienza, in camicia da notte e circondata dai suoi amici, aveva
sentito il freddo pavimento sotto i piedi ed aveva visto la gemma brillare di
un’alone blu cobalto. La luce blu aveva illuminato il volto di Joe, che le aveva
chiesto di spiegare l’accaduto, se poteva. Françoise gli rispose di avere agito
del tutto inconsapevolmente. La Luce li stava guidando, e dovevano accettarlo
per fede, andando incontro alle prove che li attendevano.
“Beh”
commentò Bretagna “quando verrà il momento ci guiderai, Françoise D’Arabia” e,
mentre Françoise gli faceva il verso ed una boccaccia, continuò “Se sei riuscita nell’impresa
di far sorridere Sayonji ad una serata di gala, non c’è nulla che non sia alla
tua portata, oh scorritrice del deserto! Ho saputo dell’omaggio floreale che il
Sayonji Racing Team ti ha tributato”
Françoise
rise, ripensando alla scena. Joe era immobile di fronte a quel vaso pieno di
rose. Fissava attonito il biglietto che diceva “Mademoiselle Arnoul” e, quando
lei entrò in salotto, si voltò di scatto verso di lei. Françoise rimase
perplessa scoprendo di essere la destianataria dell’omaggio e, mentre apriva la
busta per connoscere il mittente disse a Joe: “Calmati, Otello, non ho perso il
fazzoletto!”. Poi lesse il biglietto e rise di cuore. “Che matti!” aveva
pensato. Poi aveva passato il biglietto a Joe.
“Leggi
anche tu, gelosone!”
Joe lesse,
cercando di ostentare una calma che non aveva.
Lei si
avvicinò languida e sorniona e prese a carezzargli il braccio e la
spalla.
“Visto fin
dove arriva il fascino della tua fidanzata?”
Piunma rise
silenziosamente a sua volta.
“I ragazzi
di Sayonji sono davvero simpatici. Brava gente. Altro che la Black Shadow!”
disse.
“Già” disse
Geronimo “Falco che Corre ed i suoi amici sono veri amici. Sono fiero di poter
contare su di loro. Il nostro piano riuscirà”
“Già”
commentò Piunma “Deve riuscire o…”
“Riuscirà”
tagliò Geronimo.
Il piano
concordato con Sayonji prevedeva tre squadre. La loro era la prima, ed aveva il
compito di scortare Françoise a destinazione. La seconda, sul Dolphin, aveva il
compito di appoggiarli. Era formata da Albert, Hilda, Ivan ed il Professor
Gilmoure. La terza da Joe e Jet, che avrebbero partecipato alla gara insieme
alla squadra di Sayonji, approfittandone per infiltrarsi nei cantieri di scavo
fingendo di uscire di pista. Avrebbero agito come guastatori, scompaginando il
sistema difensivo dei Fantasmi Neri ed offrendo il loro appoggio alla squadra di
Geronimo. Ken, Romy e gli altri, invece, avrebbero affrontato Ayab, che, a
quanto pareva, avrebbe partecipato personalmente alla gara come pilota. Ayab
voleva occuparsene personalmente, dato che i Tre Fratelli lo avevano ammonito
dopo il rapimento di Hilda, avvenuto sotto il naso del suo braccio destro Baron,
che, sotto sua responsabilità personale (il che, con i Tre Fratelli, ha
implicazioni terribili) avrebbe dovuto riscattarsi trovando e distruggendo la
Camera del Cristallo alla guida delle loro truppe.
NOTA: Questa fic è stata scritta in collaborazione con
COSTIGAN, a cui deve essere attribuito pienamente il merito della trama, io mi
sono limitata a coadiuvarlo nella stesura ed a completare alcune parti. Pertanto
la fanfic è da considerarsi scritta da due autori: Costigan e Michiredfox.
Grazie.
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Capitolo 11 *** Parte 10 ***
1
Il circuito di Tortica.
Trecento chilometri di sabbia, canyon, e rovine precolombiane. Duecento
di caverne e tunnel. Un percorso
che richiede doti da stuntman.
Un circuito
voluto principalmente dalla Black Shadow per il confronto finale. Un’opera
faraonica per coprire trame oscure, nel perfetto stile di una sinistra
corporazione come il Fantasma Nero. La parte visibile di questa macchinazione
avrebbe dato ai tre fratelli potere e denaro nel senso che tutti conosciamo.
Avrebbe realizzato il sogno del sinistro barone in armatura che li serviva.
Tuttavia questi obiettivi erano funzionali alla preparazione del regno di
un’entità innominabile, già respinta ed ora sicura di ottenere ciò che fu già
vicina a realizzare millenni fa..
Quaranta case automobilistiche avevano dato origine ad una vera
“boomtown” nel deserto del Messico, con una popolazione di circa duemila
persone. Trasporti volanti, colonne di autocarri, container trasformati in
alloggi, stazioni televisive mobili, campi di atterraggi per elicotteri, veicoli
fuoristrada, antenne paraboliche, gruppi autogeni, paranchi da sollevamento si
estendevano su una superficie di quasi quaranta chilometri quadrati, ai due lati
di una pista sterrata di terreno argilloso e sabbioso infuocata dal sole.
La partenza della gara era prevista tra trenta minuti.
Sul tetto del Big Carry, Sakura era pronta con la sua macchina
trasformabile. Lei stessa l’aveva progettata, rendendola capace di volare e di
rifornire in volo le macchine durante le gare, grazie ad una sonda progettata da
Sayonji.
Dalla cabina del Big Carry, l’ingegner Sayonji azionò il programma di
collaudo delle telecamere installate su tutte le auto della sua squadra. Era in
grado di collegarsi ad ogni singola macchina e di ottenere una visione diretta
della pista sia anteriore e posteriore nonché sui due lati. Qualora fosse stato
necessario indicare percorsi alternativi ai piloti all’interno di quel labirinto
di pietra e sabbia, avrebbe potuto immettere direttamente i dati nel GPS di ogni
automobile.
Verificò sulla mappa satellitare la posizione delle sue auto all’interno
dello schieramento di partenza. Contattò i piloti uno per uno, dando le ultime
istruzioni e gli orari di rifornimento in volo. Ogni pilota diede la conferma
del perfetto funzionamento dei sistemi di bordo. Seduti negli abitacoli
completamente rivestiti di schermi digitali e quadranti di strumenti
sofisticati, bloccati ai sedili anantomici di guida dalle cinture di sicurezza,
con l’udito ovattato dai caschi che tuttavia percepiva il rombo dei motori,
tenevano lo sguardo fisso sulla pista, verso l’orizzonte azzurro dal contorno
tremolante per il calore e la distesa gialla di sabbia e rocce scabre, verso i
profili lontani di piramidi a terrazze maestose e silenziose. Dall’esterno, i
vetri fotosensibili della macchine erano tanto scuri da sembrare neri, per
compensare il riverbero accecante del sole. L’aria condizionata e gli
umidificatori garantivano ai piloti un microclima tollerabile. I caschi erano
muniti di un sottile tubo flessibile che consentiva ai piloti di bere senza
staccare le mani dal volante.
Anche Ayab stava strinendo il suo volante. Indossava la sua armatura.
Pilotava il capolavoro del suo progettista, il Dottor Mephist. Quello scienziato
dal volto caprino, per quanto spregevole, sapeva il fatto suo. Aveva dato il
massimo di sé nel progettare la più costosa vettura che la Black Shadow avesse
mai realizzato: la “Splendent”. Più che una macchina, pareva la fusoliera di
un’astronave. Aveva fatto tesoro degli studi sulla “Maestà Reale”, e vi aveva
aggiunto due reattori per le accelerazioni supplementari. Le ruote posteriori
erano quattro, tutte sullo stesso asse. Le altre vetture della Black Shadow
avevano un’aspetto minaccioso, ed alettoni che parevano lame crudeli.
Le macchine di Sayonji erano in apparenza più semplici, ma piene di
sorprese astute che gli sgherri da volante di Ayab avevano imparato ad
apprezzare, così come avevano smesso di pensare a Ken come ad un “ragazzino” ed
avevano imparato a chiamarlo “il Falco”. La “Maestà Reale” era stata realizzata
dieci anni prima, ma con una maestria che il Dottor Mephist poteva scordarsi.
C’era Romy, al volante: una differenza che il Dottor Mephist non poteva
compensare, e che il loro attentato non aveva spaventato. Era decisa a fargliela
vedere. Ken, preoccupato per lei, le aveva proposto di non partecipare, ma Romy
non aveva voluto saperne.
“Anche tu sei costantemente a rischo ed io sono in pena per te! Se quello
che dici vale anche per me, dovremmo rinunciare entrambi!” fu la risposta di
Romy.
“Io ti amo, Romy, non voglio perderti”
“Ed io non rischio di perderti, se gareggi? Se vuoi la certezza,
rinunciamo entrambi. E poi, Ken, Sayonji mi ingaggia e, di fronte alla mia prima
gara, io rinuncio? Credi che potrei portare avanti il sogno di mio padre in
questo modo? Ken, andiamo, tu lo sai… parli così perché mi ami… e anch’io ti
amo… ormai mi sei rimasto solo tu. Credi che riuscirei a sopravvivere se…..”
Ken la abbracciò.
“Perdonami, amore mio. Volevo solo proteggerti… ebbene, lo farò
guidando”
Joe era alla guida della sua trasformabile,
la “Shimamura”, come l’aveva battezzata Sayonji, e Jet, sulla “Link”, un coupè
nero potenziato che Sayonji aveva modificato sulla base delle indicazioni di Jet
stesso. I due cyborg avrebbero dato loro man forte nella prima parte della gara.
Nelle caverne, avrebbero dovuto fingere un incidente per infiltrarsi nei
sotterranei, ma in ogni caso avrebbero dato il loro contribuito, in termini di
punteggio e di macchine della Black Shadow fuori uso, se il gioco si fosse fatto
pesante. Joe sentiva la mancanza di Françoise, ma aveva rispettato la sua
volontà di agire senza di lui. Così
voleva la Luce.
“Se hai fiducia in me, Joe, lasciami affrontare questa prova da sola…. se
non mi dimostrerò all’altezza, la Luce non mi aiuterà… fa parte del mio cammino
come di quello di Nesia” Queste erano state le sue parole.
Joe aveva acconsentito, giurando però a se stesso che, se le fosse
accaduto qualcosa, quei tre cani maledetti non avrebbero trovato in tutto
l’universo un posto dove nascondersi.
I cronometri sui cruscotti erano vicini all’ora X.
Ayab contattò Baron per
dargli le ultime istruzioni.
Tutti strinsero le mani sui volanti a cloche.
Le trasmittenti dei caschi ricevettero tre note musicali basse e brevi.
Poi una lunga ed acuta.
Era il via!
Centoventi acceleratori fecero esplodere un rombo pari a quello di una
nuvola di aviogetti che portassero contemporaneamente al massimo della potenza i
loro reattori. Le gomme morsero la sabbia sollevando un turbine, e le automobili
presero a sciamare lungo il deserto in una lunga fiumana, veloci come frecce.
Gli elicotteri delle stazioni televisive decollarono e le seguirono.
Sakura, che aveva augurato a Jet via radio buona fortuna, decollò a sua
volta.
Quando le auto furono lontane, anche i trasporti volanti delle scuderie
presero a decollare.
Nota: La scena che segue è l’adattamento di una scena del film “Il mio
nome è Nessuno”, 1973, Francia/Italia/Germania Ovest, regia di Tonino Valerii,
da un’idea di Sergio Leone (che collaborò anche alla regia realizzando solo
alcune brevi sequenze), quella in cui Jack Beauregard/Henry Fonda affronta da
solo il “Mucchio Selvaggio” sparando all’esplosivo nelle borse delle selle dei
centocinquanta banditi che lo stanno caricando in massa e facendole detonare,
come se avesse avuto l’artiglieria. Penso sia una scena davevro memorabile. Non
ho resitito alla tentazione di riviverla.
Avevano ripreso la loro
marcia, muovendosi fra le rocce di un canyon. Geronimo era perplesso. Si era
aspettato agguati. Aveva contattato Albert sul Dolphin, chiedendo appoggio.
Albert aveva confermato che erano pronti. Stavano pattugliando la zona ad alta
quota.
Ormai erano di fronte alla parte rocciosa che indicava la loro
meta.
All’improvviso Françoise si bloccò e si portò le mani alle tempie per
concentrarsi, poi si voltò di scatto verso Geronimo.
“Cavalli!” esclamò.
Come loro, il Fantasma Nero operava in superficie con armi e mezzi a
bassa tecnologia. Armi laser ed altri dispositivi sarebbero stati facilmente
individuabili. Questo spiegava perché avessero usato armi come il moschetto
Lee-Enfield.
“Quanti?” chiese Geronimo
“Almeno un centinaio, anzi, sicuramente di più… direi… centocinquanta”
“Da che direzione arrivano?”
“Direzione quarantotto gradi”
“Riesci a distinguerli chiaramente?”
“Certamente! E’ un contingete di cavalleria con armi leggere”
“Fra quanto li avremo addosso?”
“Circa quindici minuti!” rispose Françoise.
“Cyborg! Di corsa verso la parete di …”
Geronimo si bloccò.
Tutti si guardarono intorno stupefatti.
I colori del paesaggio avevano assunto di colpo una sfumatura più
intensa, tanto da divenire irreali. Nell’aria stessa si era propagato qualcosa
di innaturale ed indefinibile. Il soffio del vento parve farsi più remoto e
sommesso.
Françoise si volse verso Geronimo e lo fissò con intensità.
“Aspetta Sakem. La pietra ci parla…”
Bretagna, Chang e Piunma li guardarono in silenzio, in attesa.
Françoise si tolse la catenina che portava al collo e ne mostrò il
ciondolo con il palmo della mano. Il prisma iniziò ad illuminare le sua
sfaccettature in maniera alternata, secondo un schema sempre più veloce e
complesso, poi emise raggi di luce di diversi colori.
Françoise richiuse la mano sul cristallo.
“Andiamo. La Luce ci chiama.
Ci attende la nostra prova.”
“Il mio compito è terminato” disse Geronimo.
I loro tre compagni annuirono in silenzio.
Françoise camminò fino ad uscire dal canyon. Di fronte a lei si aprì la
distesa del deserto. All’orizzonte, una linea tremolante di puntini neri
sollevava un’onda cremisi di sabbia incendiata dal sole.
Centocinquanta, che cavalcavano e sparavano come mille.
Françoise si diresse verso l’argine della massicciata di una ferrovia
ormai in disuso, un rettilineo che tagliava il deserto da un capo all’altro
dell’orizzonte, come una barriera verso quel mucchio selvaggio.
Quando ebbe due traversine sotto i piedi, rimase a scrutare l’orizzonte,
grave ed assorta. I suoi compagni
si schierarono.
Françoise tolse la sicura al fucile. Tutti la imitarono.
I cavalieri erano ora visibili. Ai puntini neri erano spuntate le zampe.
Poi divennero visibili i teschi bianchi sulle pettorine nere delle uniformi del
Fantasma Nero.
“Maledizione!” Disse Piunma con un sorriso selvaggio “Centocinquanta
bastardi che cavalcano come mille… non sembrano neanche reali, per quanto sono
belli!”
“E’ saggio sorridere alla morte?” gli chiese Bretagna
“Sì, quando una ragazzina la affronta a viso aperto, quando non si ha
altra scelta che affidarci ad una forza superiore, e fare ciò che ci chiede per
fede”
“Ben detto, amico!” disse Chang “Siamo qui per proteggere Françoise… la
seguiremo ovunque la Luce ci condurrà……”
“E se ci conducesse all’inferno?” chiese Bretagna, con l’espressione
scanzonata di chi fa una domanda retorica.
“Ci andremo sotto lo sguardo di una bella ragazza. Preferisco di gran
lunga andarci insieme a lei dopo una bella impresa, piuttosto che a braccetto
con il Fantasma Nero. Se anche la Luce ha deciso di mandarci laggiù, voglio
togliermi l’ultima soddisfazione…” rispose Piunma, con voce vibrante.
“Vi voglio bene, ragazzi” disse Françoise
“Anche io vi voglio bene, sorella”
Françoise si voltò di scatto.
“Enoah, tu… qui…”
Videro la veste della Principessa di Myoltecopang ondeggiare al vento
come una bandiera bianca. La videro in piedi insieme a loro, sulla massicciata
del binario di acciaio, con Ivan in braccio, come una Madonna con il Bambino. I
suoi capelli, trattenuti da un diadema fregiato del Cerchio Alato, parevano una lucida fiamma
nera
“Ivan!” esclamò Françoise.
“Ho aiutato la zia a teletrasportarsi… potrà farlo solo per poco… lei vi
insegnerà ora”
Geronimo si rivolse ad Enoha.
“Siamo pochi contro un’orda di mastini, Helayma. Come possiamo
affrontarli?”
Enoah alzò la mano destra, mostrando il cerchio alato sul
palmo.
“Sarà possibile, perché avete avuto fede. La Luce guiderà i vostri colpi.
Vi indicherà dove colpire” Enoah soffriva per quello che stava per fare. Non
avrebbe voluto usare le armi, neanche vederle, ma così voleva una mente più
grande…
La terra prese a tremare sotto gli zoccoli dei cavalli. Gli elmetti a
testa di insetto sciamavano come cavallette mentre i cavalieri sobbalzavano
sulle selle. I Fantasmi Neri fecero fuoco, e lo scudo psicocinetico innalzato da
Ivan ed Enoah deflesse i loro colpi. Le pietre della massicciata presero a
tintinnare impercettibilmente mentre il tuono di batteria della carica si faceva
più forte. Alcuni brillamenti presero a sprigionarsi dalle borse delle selle.
Quelle che contenevano le bombe a mano.
Geronimo fece fuoco su uno di quei bagliori, che si trasformò in una
grande esplosione. Un vuoto si aprì fra gli assalitori, mentre cavalli e
cavalieri rovinavano al suolo.
Poi fece fuoco Françoise. E di nuovo una tonante esplosione scompigliò le
file nemiche.
Poi Bretagna, poi Chang, poi Piunma e di nuovo Geronimo, e cominciarono
di nuovo.
I Fantasmi Neri pensarono di essere finiti in un’imboscata, sotto il tiro
dell’artiglieria, e ripiegarono.
In cielo comparve una squadriglia di aviogetti neri privi di insegne.
Lanciarono
quattro missili, e quattro laser li fecero esplodere.
Era il Dolphin.
Hilda si era interfacciata direttamente con il computer di difesa
dell’aeromobile. Il Professore aveva messo a punto un’interfaccia molto
efficiente, ed Hilda si era innestata il maschio del connettore nello slot alla
base della sua nuca. I sensori delle armi erano divenuti i suoi organi di senso.
Colpiva con rapidità e precisione impressionanti. Albert invece pilotava. Uno
degli aviogetti divenne presto una stella filante nera ed un globo di fuoco che
scagliava rottami, non appena toccò il suolo.
Il comando mentale di Enoah li raggiunse tutti.
“Fermi ora! Adesso siete degni. Ivan, teletrasportiamoli e andiamo anche
noi”
Ora guardavano il binario dall’alto della parete di roccia che avrebbero
dovuto scalare. Il Dolphin sfrecciò sopra di loro, virò e tornò all’attacco.
“Andiamo!” disse Francoise, e si dileguarono di corsa fra le rocce.
Ken vide emergere dall’orizzonte due bassi e rozzi edifici in pietra. Non
aveva forzato il motore, come tutto il resto della squadra Sayonji, perché
sapeva che mettersi in testa sarebbe stato inutile. Mentre si avvicinava, le due
costruzioni si innalzarono al di sopra dell’orizzonte, rivelandosi le sommità di
due giganteschi teocalli. Le loro masse squadrate color ocra preannunciavano la
prima delle prove del circuito. Durante gli allenamenti nel circuito di prova
del Centro Ricerche Sayonji, l’ingegnere aveva fatto loro capire quanto fosse
errato pensare a Tortica come ad una semplice gara. Quel circuito era una sfida
tanto alla tecnologia quanto alle capacità umane. Bisognava arrivare primi, ma
la velocità non bastava. Il percorso era disseminato di prove da stuntman. Era
inutile essere in testa e distruggere la macchina contro un ostacolo inaspettato
o farla rovesciare per avere sottovalutato una strettoia o un dosso. Il primo di
quegli ostacoli si stava avvicinando: lo slalom di pietre. Una foresta di
pilastri di pietra istoriati di glifi ed idoli ghignanti dal capo mitriato, alti
quattro metri e disposti in file parallele ma non come semplici paracarri. Gli
allineamenti erano discontinui, il che comportava corsie cieche e la necessità
di disimpegnarsi cambiando corsia, pena lo schianto contro il pilastro che il
pilota si trovava di fronte. Il rischio di urtare una colonna o un’altra auto
durante i cambi di corsia era alto.
Il monitor lcd della plancia del Big Carry mostrava lo schema dello
slalom di pietre visto dall’alto ed il rilevamento satellitare della posizione
delle macchine in gara. I triangoli verdi etichettati con i nomi dei suoi piloti
percorrevano le superfici curve delle lenti a specchio degli occhiali da sole di
Sayionji mentre questi ne osservava gli spostamenti sul monitor. La sua
penetrante voce da basso esplose nei caschi dei piloti.
“Ken! Immettiti nella corsia che hai di fronte! Romy, dietro a Ken! Mutsu! Gantetsu! Voi
entrate due corsie più a destra, e restate a dieci secondi da Ken! Kamikaze,
segui Romy a quindici secondi, e non usare le turbine verticali quando sei in
una corsia cieca: atterrando, rischieresti di finire in pezzi! Shimamura, Link,
prendete il secondo fornice a sinistra! Joe, procedi all’altezza di Ken. Link!
Resta a cinque secondi da Ken, pronto ad appoggiare Kamikaze o Joe in base ai
miei ordini! Yamato, mantieniti tra Link e Kamikaze, indietro di qualche
secondo. Non accelerate oltre i centoquaranta chilometri orari. Qui l’importante
è non finire distrutti! Avete alle costole Ayab ed i suoi sgherri, quindi
pensate a fare squadra contro di loro! Sakura, portati sulla verticale della
Maestà Reale e restaci. Attiva le tue telecamere e dammi la visione reale
dall’alto, più ampia che puoi. Cerca di restare a bassa quota. E’ tutto,
ragazzi! Ora tocca a voi!”
Le piramidi si facevano sempre più alte, ed occupavano una porzione di
cielo sempre più ampia ad ogni istante, quando dodici teste di pietra fecero
capolino da dietro un lungo dosso.
Erano i capitelli della prima fila di colonne, che uscirono dal terreno
ed attesero. Con qualche leggero tocco al volante a cloche, Ken si allineò alla
corsia, vide le due colonne che ne segnavano l’ingresso farsi più alte ed al
contempo fargli largo, seguite dalle loro gemelle, che tagliavano la luce solare come un disco stroboscopico
mentre correvano allineate in direzione opposta all’Hayabusa, lanciata verso
l’irraggiungibile angolo acuto da cui avevano origine. D’improvviso, una colonna
in mezzo alla corsia gli venne incontro. Ken diede un colpo rapido e secco allo
sterzo e vide un’intera fila di colonne spazzare un angolo di pari ampiezza. Poi
altre due processioni di colonne presero a scorrere. Ken vide il muso della
Maestà Reale nel monitor dedicato alla visione posteriore. Vide anche la
macchina rossa di Joe nel monitor sinistro. Anche Joe fece un cambio di corsia,
e Jet vi si adeguò prontamente. Poi vide un concorrente entrare nella sua corsia
tagliandogli la strada. Procedeva ad una velocità eccessiva. Ken lo vide
cambiare corsia all’improvviso e, due minuti dopo, scorse una fiammata ed una
lunga colonna di fumo nero. Tornò a concentrarsi sul percorso, continuando con i
cambi di corsia sincronizzati con quelli dei suoi compagni mentre le strisce
d’ombra proiettate dalle colonne scorrevano incurvandosi sulle carrozzerie delle
macchine. Riconobbe la macchina di Ayab. La “Splendent” si portò all’altezza
dell’Hayabusa, seguita dalla formazione di auto della Black Shadow, limitandosi
a tenere la posizione in mezzo allo sciame di pilastri ed auto in corsa, mentre
le colonne di fumo degli incidenti aumentavano di numero.
Françoise era seduta a gambe incrociate sulla coperta che i suoi ospiti
le avevano offerto. Lei, Geronimo ed i loro tre compagni sedevano davanti al
fuoco acceso nella grotta. Di fronte a loro, il capo della tribù, lo sciamano e
gli anziani li osservavano con espressione grave. Quando Françoise li aveva individuati,
aveva prontamente avvertito Geronimo, che si era fatto avanti mostrando l’Wampun
con l’emblema concordato per il riconoscimento. Fucili ed archi avevano fatto
capolino dalle rocce, poi un guerriero era uscito allo scoperto e, visto
l’emblema, gridò qualcosa ai suoi, che si mostrarono. Geronimo a sua volta
chiamò i suoi compagni. Si era raccomandato con loro di non fare alcun gesto
ostile. Dopo una lunga marcia su un terreno impervio, che mise a dura prova le
abilità di scalatrice di Françoise, avevano raggiunto il loro villaggio. Le loro
abitazioni erano scavate nella roccia, e consentivano di accedere ad un
complesso di caverne, la più grande delle quali ospitava un grande lago
sotterraneo.
Geronimo aveva fatto da interprete, e li aveva condotti in una sala di
pietra che fungeva da tempio e luogo di riunione.
“Mostra loro il cristallo, 003” disse Geronimo, dopo avere ascoltato lo
sciamano.
Françoise mostrò l’icosaedro trasparente sul delicato palmo della sua
mano affusolata. Lo fece con gesto deferente, e con espressione intensa. Lo
sciamano, dopo aver fissato a lungo la pietra, pronunciò una formula che
Françoise non comprese e gettò una manciata di polvere bianca nel fuoco, che
divampò per pochi istanti con grande violenza emettendo una nube azzurrina. Il
cristallo sul palmo di Françoise emise raggi purpurei e cremisi che colpirono la
nube emettendo crepitii elettrici. Le volute di fumo divennero fluorescenti ed
iniziarono a vorticare in cerchio, condensandosi in rivoli azzurri che presero
ad intrecciarsi sopra il fuoco secondo uno schema. Quando cessarono le loro
evoluzioni, un cerchio alato di fumo si formò nell’aria.
Françoise sobbalzò ed aprì gli occhi, come chi si sveglia di soprassalto.
Era seduta intorno al fuoco con i suoi compagni ed i loro ospiti. Aveva
il cristallo sul palmo della mano. L’avevano ipnotizzata? Era… un sogno? Aveva
imparato a diffidare di quelle spiegazioni dovunque vedesse manifestarsi il
cerchio alato.
Lo sciamano parlò ancora, rivolto a Geronimo.
Il gigantesco pellerossa tradusse, rivolto a Françoise.
“Ora devi purificarti, prescelta”
Joe Shimamura vide l’angolo acuto delle due file di colonne scolpite che
correvano all’indietro aprirsi improvvisamente. La luce solare lampeggiò ancora
pochi secondi e smise quando l’orizzonte fu sgombro di colonne. La macchine
stavano uscendo dai varchi del colonnato come siluri dai tubi di lancio,
sciamando verso la prova successiva, il “mare di dune”.
Ken era uscito dall’aperto contemporaneamente a Joe, seguito da Romy. Poi
era uscito anche Jet. Mutsu, Gantetsu, Kamikaze e Yamato accelerarono per
ricomporre la formazione.
Sayonji si fece sentire.
“Ascoltate tutti, ora! Il tratto successivo è privo di un vero e proprio
tracciato salvo gli isolati tralicci metallici che ne segnano erraticamente i
limiti; non c’è una pista, solo
dune ed avallamenti, estremamente insidiosi, dato che qualsiasi incidente può
facilmente passare per disgrazia. Ayab non intende certo lasciarsi sfuggire
l’occasione che ha sicuramente contribuito a creare, quindi non fatevi mai
sorprendere isolati! Ricomponete la formazione e procedete secondo la strategia
che abbiamo studiato. Per il momento, chiudo!”
Joe si affiancò alla Maestà Reale. Jet scomparve dietro una duna per due
secondi e si avvicinò a Joe con una rapida diagonale. Dietro di loro, gli altri
piloti si disposero a semicerchio. Joe affrontò la prima duna. Sulla sommità, il
suo veicolo saltò, rimanendo sospeso per un istante contro l’azzurro del cielo.
La sua biposto rossa descrisse una parabola che proseguì quando le ruote
ripresero contatto con il declivio di sabbia che stava oltre la sommità. Romy
vide la macchina di Joe tuffarsi nell’avallamento ed usare nuovamente come
trampolino la cresta di sabbia successiva. Jet scomparve e ricomparve in modo
analogo, per poi tuffarsi nell’avallamento successivo. Poi toccò a Ken, che
accese il reattore ed aprì gli alettoni dell’Hayabusa atterrando direttamente
sulla cresta successiva. Romy fece come Joe. Il resto della squadra li seguì.
Una minacciosa macchina nera si avvicinò a Romy, urtandola leggermente.
La Maestà Reale rispose con un altro urto. Poco distante, la Splendent di Ayab,
seguita da altre nove auto in formazione a cuneo, iniziò ad avvicinarsi volando
da una duna all’altra. Romy eseguì un altro salto. Le altre macchie della
scuderia Sayonji arrivarono come aerei in picchiata. Ken, informato da Sakura,
che continuava a volare sopra di loro insieme all’elicottero della Black Shadow,
aggirò due dune e si affiancò ad Ayab. Il volto in armatura si voltò verso il
Falco, che non si scompose. Dietro di loro, lo sciame di macchine, divenute meno
numerose dopo il filtro dello slalom di pietre, avanzava a salti sulle dune come
una lunga onda su una bassa scogliera. Alcune macchine mostravano una certa
difficoltà di controllo quando riprendevano contatto con il suolo. Ayab accese i
reattori della Splendent, quasi sfidando l’Hayabusa. Ken attivò il V1, ed Ayab
vide furente la sagoma dell’Hayabusa, nera contro il disco solare, tagliargli la
strada in aria in un salto diagonale toccando terra a destra di Ayab, un poco
più avanti. Una della macchine della Black Shadow iniziò a dare fastidio a Link,
che rispose con una speronata, come nello stile di Jet. Kamikaze piombò dal
cielo in mezzo alla formazione di Ayab grazie alle sue turbine verticali.
Gantetsu, Mutsu e Yamato piombarono in picchiata sugli avversari. Joe seminò un
avversario della Black Shadow ingannandolo con un finto sorpasso e facendolo capottare. La velocità
aumentò e la cortesia venne meno. Adesso era guerra aperta.
Françoise non indossava nulla, a parte la catenina con il cristallo, che
brillava sul suo petto niveo. Ai suoi piedi, il mucchio dei suoi abiti
incrostati di polvere era accanto allo zaino che conteneva la sua uniforme
rossa. Di fronte a lei, le gocce d’acqua che cadevano dalle stalattiti
dell’altissima volta di roccia che sovrastava il lago sotterraneo increspavano
la superficie scura dell’acqua con grandi e lente ondulazioni circolari.
Françoise scandagliò il lago con i raggi X, e non vide che innocui pesciolini.
Si portò sul ciglio della cresta rocciosa e descrisse una lunga parabola. Il suo
corpo snello penetrò la superficie dell’acqua come una lancia. Sott’acqua eseguì
una capriola, giocando come un’Ondina, e risalì rapida in superficie con un
colpo di forbice delle sue lunghe gambe. Prese a nuotare con calme bracciate,
con l’acqua fresca che le infondeva vigore e voluttà. Dopo quella marcia nel
deserto, era come avere trovato il paradiso. Mancava solo un elemento per
rendere tutto perfetto: Joe. Avrebbe voluto averlo vicino, giocare con lui,
baciarlo sott’acqua… il suo Joe, così dolce, se si riusciva da arrivare ai suoi
sentimenti! Che stupidi, gli uomini come Ayab, a rinunciare alla cosa più bella!
In quell’istante, la dolcezza la pervadeva ad un punto tale da immaginare di
parlare con quegli uomini e riuscire a farglielo capire… un sogno, certo, una
fantasia… ma Joe era reale.
“Amore mio” pensò “quando ti riabbraccerò, ti donerò la più bella notte
d’amore della tua vita…”
Lei avrebbe fatto l’amore con Joe, Hilda con Albert, Jet con Sakura, Ken
con Romy e… Sayonji con Amy? Chissà… penso, ridendo silenziosamente. Romy,
naturalmente, non aveva resistito alla tentazione di parlargliene durante il suo
ultimo contatto con Albert, il classico discorso da donne… certo che una
fidanzata a Sayonji avrebbe fatto bene, anche perchè Sakura avrebbe finito per
legarsi sempre più a Jet… le cose sarebbero cambiate fra loro e Sayonji avrebbe
avuto bisogno di un’altra donna vicino, ed una compagna è qualcosa di diverso da
una sorella… E Piunma con… Morgan? Quello strano pensiero le attraversò la
mente. Nuotò ancora a lungo, distendendo le membra nell’acqua al tintinnio di
quella lentissima ed eterna pioggia che stillava da secoli, poi uscì dalle acque
come una Venere, e come una Venere si drappeggiò di bianco per asciugarsi. Si
sedette sulla roccia, pervasa da una piacevole stanchezza, senza più tensioni ad
irrigidirle il corpo. Non sentiva più alle caviglie il fastidio dovuto alla
pressione delle fasciature. Attese che i capelli fossero quasi asciutti, ed
iniziò ad indossare l’uniforme rossa.
“Gli amplificatori sono pronti, Dottor Gamo?”
“Sì, fratello Shiva”
“I calcoli di avvicinamento del Signore Supremo sono stati
confermati?”
“Al ventottesimo decimale, Fratello Vishnù”
“Ha già collaudato le interfacce bioelettroniche degli amplificatori, la
rete neurale di interscambio e la compatibilità con l’hardware dei nostri
corpi?”
“Tutta la tecnologia di supporto che ho realizzato per il Grande Istante
è perfetta quanto voi tre, Fratello Brahamn”
“Molto bene, Dottor Gamo” risposero all’unisono i Tre Gemelli dai volti
brulicanti di luci artificiali “Il Signore Supremo in persona sarà informato dei
suoi meriti. Ora procediamo con le fasi preliminari di
interfacciamento”
Con sincronia perfetta ed innaturale, con movimenti troppo identici per
essere umani, si sedettero su tre sofisticate poltrone.
Il Dottor Gamo prese a digitare istruzioni su una console.
Tre caschi connessi a fasci di cablaggio a fibre ottiche discesero dal
soffitto e si innestarono sui loro crani lisci e convessi.
Françoise appoggiò la mano alla parete della caverna. I Pueblo li avevano
accompagnati fino al punto in cui una frana impediva il passaggio. Tutto
sembrava perduto, ma 003 non ebbe esitazioni.
“Chang, quello che cerchiamo è dietro questo ostacolo.”
“Stai usando i raggi X, 003?”
“Sì, vedo un corridoio in pietra… è artificiale… ci sono circa venti
metri di roccia di spessore. Puoi fonderli?”
“Non sono un problema!” replicò il piccolo cinese “ State
indietro!”
Chang inspirò profondamente e lanciò dalla bocca una lunga fiammata rossa
che si fece arancione ed infine quasi bianca. La roccia prese a fondersi, e 006
si lanciò di corsa nel tunnel incandescente. Dall’entrata del passaggio, il
magma si spandeva sul pavimento della caverna illuminandola. L’uniforme rossa di
Françoise riluceva di un alone cremisi. Le divise Kaki dei suoi compagni
parevano bianche.
Geronimo contattò Chang con la trasmittente interna.
“006, tutto bene?”
“Affermativo 005! 003 ha visto giusto, non si tratta di un passaggio
naturale.”
“Arriviamo!”
Attesero che la roccia si raffreddasse e raggiunsero Chang di
corsa.
“Ci siamo….” disse Françoise con espressione assorta “Siamo nel primo
livello dei sotterranei… sotto la strada principale… a dieci minuti dal più
vicino accesso alla superficie”
Piunma le si avvicinò.
“Riesci ad orientarti con tanta precisione?”
Françoise gli sorrise dolcemente.
“Questa fu la mia città, un tempo”
“Bene!” Piunma le sorrise “Io ho fiducia in te, guidaci!”
“Anche io!” esclamò Bretagna, percuotendosi il petto con il
pugno.
“Tutti quanti l’abbiamo! Ora comandi tu!”
Geronimo le sorrise e le appoggiò la sua enorme mano sulla spalla.
Françoise vi appoggiò sopra la sua e lo guardò commossa.
“Geronimo” pensò “Come sei caro… dici sempre tante cose bellissime con
così poche parole…”
Poi si rivolse loro decisa.
“Cyborg! Niente luci! Usate solo la vista potenziata! Togliete le sicure
ai laser ed ai fucili. Dobbiamo percorrere a piedi circa otto chilometri, ma
potrebbero essere di più, se i passaggi che ricordo non saranno agibili. I
soldati del Fantasma Nero infestano questa struttura, quindi dovremo batterci
con loro… se ci hanno preparato una trappola, fingeremo di cascarci… riguardo
alla Camera del Cristallo… solo la prescelta può accedervi, ma loro possono
distruggerla o impedirlo. Abbiamo due carte da giocare per sorprenderli. Come
sapete, 002 e 009 attaccheranno la loro base. Questo ci darà un certo respiro,
ed inoltre potremo contattarli e cercare di ricongiungerci a loro. Il Dolphin
può appoggiarci, Albert ed Hilda possono attaccarli con il trivellatore
corazzato ideato dal Professore, ma è un effetto sorpresa su cui potremo contare
una volta sola. Una volta nella Camera… potremo solo avere fede in Enoah… La
Luce ci assisterà!”
Fece loro il saluto rituale, muovendo la mano destra come faceva Enoah.
In quel gesto, i Cyborg rividero Nesia. La Luce sarebbe stata davvero con
loro.
L’ufficiale del Fantasma Nero fece il saluto a Baron.
“Le nostre pattuglie di superficie hanno avuto due conflitti a fuoco con
la squadra del Professor Gilmoure ed il loro aeromobile, signore”
Baron mantenne la poltrona girevole orientata verso la parete di monitor
della sala comando della base degli Spettri Neri. Una parte mostrava l’andamento
della gara, l’altra l’interno degli scavi e della sale e corridoi che avevano
riportato alla luce. Ad intervalli regolari, ogni monitor si collegava ad una
differente telecamera cambiando inquadratura. Il complesso archeologico
sotterraneo, collegato alla loro base, che era stata ricavata dalle strutture
sotterranee dell’autodromo, era più grande di quanto avessero sospettato, ed
alcune parti erano celate da spessori di roccia sorprendenti.
Trovare quella sala si stava rivelando più difficile del previsto.
Oltretutto, non capiva esattamente perché ci si dovesse dare tanta pena al
riguardo. A Baron non era stato spiegato che il necessario. Ayab non gli aveva
riferito molto del suo colloquio con i Tre Fratelli Tibetani. Doveva trattarsi
però di qualcosa di estremamente importante per i Tre Fratelli. Lo dimostrava il
fatto che la squadra di Gilmoure fosse intervenuta.
“Li avete catturati?”
“Ci sono sfuggiti”
“Dove vi siete scontrati con loro?”
“A circa ventisei chilometri da qui, in direzione nord-ovest”
Baron si mise a riflettere.
Per quanto ne sapeva, da quella zona non vi era accesso diretto alla
Tortica sotterranea, ma se la scelta di recarvisi non era legata alle attività
del Fantasma Nero, quale altra motivazione avrebbero potuto avere? O si stavano
occupando di altro, e quindi il contatto con le loro truppe di superficie era
stato fortuito, ma era improbabile; o si interessavano alla loro attività a
Tortica, che sicuramente il loro amico Sayonji non avrà mancato di sottolineare,
per non parlare di Romy Wells, però procedendo in modo maldestro; oppure, dato
che Gilmoure ed i suoi si erano dimostrati tutto fuorché maldestri, sapevano
quello che stavano facendo, e la loro scelta anomala poteva indicare che
avessero qualche asso nella manica, magari grazie a Lady X. Forse Gilmoure le
aveva ripristinato la memoria e quella doveva aver dato loro informazioni,
magari frammenti dei ricordi del periodo trascorso con la Black Shadow…
ripensandoci, però, Lady X non sapeva molto della loro strategia, svolgeva
mansioni amministrative, organizzative e di supporto informatico, senza però
contatti diretti con lo Spettro
Nero. Probabilmente erano fuoristrada nelle loro indagini; tuttavia Baron
decise di non correre rischi. I Tre Fratelli lo avevano dichiarato personalmente
responsabile delle operazioni, enfatizzando il termine.
Tutti i soldati del Fantasma Nero ricevettero attraverso le trasmittenti
dei caschi il segnale di “massima all’erta”.
Nel tratto aperto di deserto che separava il “mare di dune” dalla terza
parte della gara, la “strada delle piramidi”, Sakura li aveva riforniti in volo.
La loro squadra si era lasciata alle spalle anche la macchina di Mutsu e le due
macchine della Black Shadow che avevano tentato di speronarlo. C’erano riuscite,
ma subendo la stessa sorte. Sayonji aveva ordinato a Mutsu di attendere i
soccorsi. Le sospensioni anteriori erano fuori uso, ma il motore funzionava
ancora continuando ad alimentare l’aria condizionata e l’abitacolo era intatto.
Ken e Ayab avevano duellato a lungo fra di loro, facendo lunghi balzi da una
duna all’altra. Jet e Romy avevano tenuto testa alle macchine della Black Shadow
coprendo Gantetsu e Kamikaze. Il giovane Kamikaze aveva tenuto fede al suo
soprannome facendo un impiego spettacolare delle turbine verticali della sua
macchina, mentre Gantetsu aveva preferito prendere velocità zig-zagando fra le
collinette di sabbia. Ayab aveva iniziato a provocare Ken, che si era limitato a
schivare i suoi attacchi attendendo l’occasione di sorpassarlo. Fu la Maestà
Reale a sorprendere Ayab ed a portarsi in testa, con un’abile doppietta di Romy.
Ayab andò sottosterzo per stringerla in curva, ma Ken non glielo permise,
stringendolo a sua volta. Ayab allora attivò i reattori, ed altrettanto fece
l’Hayabusa. Joe e Jet si erano avvicinati, seguiti da quattro macchine della
Black Shadow che si sforzavano di urtarli posteriormente, senza però riuscire a
raggiungerli. Joe aumentò i giri e, saltando da una duna, prese terra nella scia
di Ken e Ayab. Ayab tentò di ostacolarlo, ma si rese conto che non era facile
neppure con Joe. Due macchine nere si avvicinarono a Joe, che accelerò
distanziandole. Mentre queste recuperavano faticosamente, Joe aggirò una duna e
Jet, incrociandosi con lui mentre sopraggiungeva da destra a tutta velocità,
tagliò la strada ai due inseguitori, che ebbero uno sbandamento e dovettero
rallentare.
Romy era in testa, ed Ayab guadagnava terreno, quando, d’improvviso, Ken
azionò il suo reattore in curva, controsterzò facendo pattinare le ruote motrici
e si lanciò dritto verso la duna che Romy ed Ayab stavano aggirando. Ayab vide
il sole oscurarsi per un istante, e subito dopo l’Hayabusa prese terra,
stabilizzata dai suoi elementi avionici, affiancandosi alla maestà Reale. Joe e
Jet miravano a dare loro copertura. Sapevano che avrebbero dovuto abbandonare la
gara durante la fase sotterranea, e che quindi non era utile rischiare troppo…
per il momento almeno.
Usciti dal “mare di dune”, presero a correre su una pista rettilinea
fiancheggiata da edifici a piramide. Yamato ruppe un pneumatico contro una
pietra e dovette fermarsi. Una macchina della Black Shadow urtò la fiancata di
quella di Joe. Joe strinse l’avversario contro il basamento di una piramide
facendogli emettere fumo e scintille dalla fiancata che aveva preso a strisciare
contro la parete di pietra lasciandosi dietro una striscia nera.
Avevano proseguito per due ore, fino a quando la strada aveva preso ad
andare in discesa, conducendoli all’ingresso dei tunnel.
Joe e Jet si prepararono.
Da ormai venti minuti il silenzio e l’oscurità dei corridoi diroccati
erano stati infranti dai ronzii e dai lampi azzurri dei laser, che strappavano
schegge e sprazzi di scintille dai fori sfrigolanti che lasciavano sulla roccia
grezza.
Mentre correva, Françoise faceva balenare le sue membra affusolate alla
luce tremolante dei due sbarramenti di fuoco. Ansimando a pieni polmoni
nell’aria resa incandescente dalle armi a raggi, compresse il corpo in un
anfratto scabro, lasciando sporgere il braccio con il laser spianato ed
azionando la sua supervista per mirare. Fece fuoco nello stesso istante in cui
un laser le bruciò una ciocca di capelli facendo esplodere la roccia alle sue
spalle. Dal basso affossamento in cui si era tuffato, Piunma, intento a far
andare avanti e indietro la massa battente del percussore del suo
Lee-Enfield mentre i laser gli
ronzavano sopra il capo bruciacchiandogli il casco, vide per u ’istante una
sagoma umana con la testa di insetto nel punto d’impatto del laser di Françoise,
sentì un grido e venne investito dal calore e dall’onda d’urto dell’esplosione
del corpo cibernetico di un avversario. Poi si sentì toccare il fianco da un
piccolo oggetto ovale. Una bomba a mano. Con gesto fulmineo, la afferrò e la
gettò via. Dal fumo dell’esplosione uscì un gran volume di fuoco di copertura
nemico ed alcuni cyborg nemici tentarono un’incursione, ma incontrarono il fuoco
di Piunma ed uno di loro cadde. Bretagna aggiunse il suo fuoco, dopo essersi
avvicinato in forma di pipistrello. Un macigno lanciato da Geronimo ed una palla
di fuoco di Chang riportarono la situazione in equilibrio.
“Geronimo, dobbiamo passare!” esclamò Françoise attraverso la
trasmittente interna.
“Ho un’idea!” esclamò il pellerossa “006, ci vuole uno dei tuoi tunnel
istantanei!”
“Ho capito, 005!”
“Chang, ti dirò io in che punto riemergere!” esclamò Françoise “007,
cerca di oltrepassarli. 005, pronto con il tuo masso! Al mio segnale, agiremo
tutti insieme!”
“003, ho un’idea per attaccarli frontalmente senza perdite e rendere
totale la sorpresa” le disse Geronimo. Françoise lo vide far rotolare davanti a
sé un macigno semisferico. Lo aveva modellato lui stesso a mani nude.
“Questo ci coprirà!” disse trionfante il gigantesco
pellerossa.
“Vai, Chang!” disse Françoise.
Portatosi a distanza di sicurezza, il piccolo cinese emise le sue fiamme
attuando la sua strategia di penetrazione nel terreno, che i Cyborg chiamavano
giustamente “sindrome cinese”. Mentre un innocuo pipistrello dall’espressione
divertita svolazzò un po’ maldestramente oltre la linea nemica, Françoise vide
ai raggi x quella incredibile talpa passare sotto di lei ed attese fino a quando
fu proprio sotto i loro avversari.
“Adesso!” gridò Françoise nel trasmettitore.
Mentre i soldati del fantasma nero tempestavano di laser il macigno
spinto da Geronimo, il pavimento sotto i loro piedi si trasformò di colpo in un
cratere vulcanico. I nemici superstiti indietreggiarono sparando su Chang, ma il
laser di Bretagna ne abbatté due costringendo gli altri a disperdersi. Geronimo
spinse il masso dentro il cratere aperto da Chang, che si riparò insieme a loro.
Piunma lanciò due bombe a mano, ma i
pochi nemici rimasti applicarono una carica di plastico ad una lastra di
pietra sfondandola, e sparirono in un cunicolo buio.
Piunma scattò, sparando nell’apertura.
Françoise esaminò il pavimento e non vide mine, ma il suo udito distinse
li ticchettio di un timer. Il soffitto…
“Indietro 008!!!” gridò disperata quando vide la mina dietro una lastra
del soffitto di pietra istoriata di geroglifici.
La mina esplose. Piunma sparì dietro la frana.
Tentarono di contattarlo con le trasmittenti, ma i loro appelli disperati
non avevano risposta!
“Noooooo!!!” gridò Françoise, accasciandosi con le mani sul
volto.
NOTA: Questa fic è stata scritta in collaborazione con
COSTIGAN, a cui deve essere attribuito pienamente il merito della trama, io mi
sono limitata a coadiuvarlo nella stesura ed a completare alcune parti. Pertanto
la fanfic è da considerarsi scritta da due autori: Costigan e Michiredfox.
Grazie.
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Capitolo 12 *** Parte 11 ***
1
Morgan Adams era
in piedi sul ponte di coperta, i lunghi riccioli corvini che scintillavano nella
brezza marina mentre teneva i piedi bilanciati sul ponte oscillante guardando la
donna ammantata di bianco che la salutò dolce e solenne con un gesto rituale
mostrandole il cerchio alato che recava impresso nel palmo della mano. I suoi
occhi di brace, velati della mistica malinconia insinuatasi in quell’anima
ardente prigioniera di una dimensione senza tempo e di un destino congelato per
sempre, attorniata da un equipaggio silenzioso ed assente che le obbediva senza
più parlare, erano fissi nella
profondità ascetica di quelli di Enoah.
Fu Enoah a parlare
per prima.
“Sai perché sono
qui, Morgan Adams”
Era
un’affermazione, non una domanda.
“Lui è in
pericolo, non è vero?” le rispose la corsara.
“Sì, Morgan Adams.
Tu lo ami ancora.”
“Sei venuta a
torturarmi l’anima, principessa?” chiese la corsara, contraendo le sottili
labbra rosso sangue in una smorfia di dolore.
“No, Morgan. Non
potrei mai essere tanto meschina. Io sono qui per offrirti una scelta. So quale
promessa gli facesti”
“Ed io la ricordo,
la ricordo più che mai da quando sono intrappolata in questo nulla…” rispose
Morgan, mentre le lacrime le scendevano sul viso senza che la sua innata
fierezza potesse arrestarle.
“Non avresti
dovuto sfidare la Luce”
“Non avrei dovuto
soffrire fin da bambina… la Luce non fece nulla allora…”
“Tu puoi fare
qualcosa adesso, ma ad un prezzo. Ricordi cosa gli promettesti?”
“Sì… una notte,
mentre facevamo l’amore nella mia cabina, gli giurai che, se fosse stato in
pericolo, sarei tornata anche dall’inferno per combattere insieme a
lui…”
“Tramite me, la
Luce potrebbe permetterlo ma… in cambio la tua anima potrebbe essere dannata per
sempre… qui perlomeno non può succederti nulla di più…”
“Dovresti provare
tu, a vivere in questa noia orribile! E sia! Dannatemi, tu e la tua Luce,
torturatemi, frustatemi, gettatemi nelle fiamme ma… fatemi essere con lui,
fatemelo riabbracciare, fatemelo baciare, anche solo per un’istante!”
“Vita breve ma
intensa, Morgan Adams… sei certa che un istante valga un’eternità?”
Morgan si
avvicinò, il vento che le apriva la scollatura della camicia mostrando il suo
petto prosperoso e tornito che sobbalzava per i sospiri di passione. Le fiamme
dei suoi occhi neri si riflessero nella giada di quelli di Enoah.
“Che io sia
maledetta! Che io sia dannata! Si! Sì! Sì, maledizione! Sì! Voglio baciarlo
ancora una volta! Voglio stringerlo sul mio petto e dopo fatemi quello che
volete… di me non mi importa più niente… solo di lui!”
Gli occhi di Enoha
si vellutarono di commozione.
“Sia come
desideri, corsara innamorata…”
Geronimo afferrò
Françoise per un braccio e la rimise in piedi.
“Ora basta,
ragazza!”
“E’ colpa mia!
Mia!” gridò disperata.
“No!!!” Gridò
Geronimo.
Françoise tacque,
sbigottita.
“E’ inutile
recriminare! Non puoi impedire qualsiasi cosa! In questo momento siamo tutti
sacrificabili, tranne te! Non sto dicendo di abbandonarlo! Cerca di
localizzarlo!”
Françoise obbedì,
portandosi le mani alle tempie.
“Lo vedo… la frana
lo ha portato due livelli più sotto… è privo di sensi, spero, e non è sepolto,
almeno può respirare…”
“Bretagna!
Contatta il Dolphin. Chiedi l’intervento di Albert con la talpa meccanica. Ci
penseranno loro, noi dobbiamo proseguire!”
“Come possiamo
abbandonarlo? Io… io…” gemette Françoise.
“Piunma ha
accettato il rischio come tutti… se non portiamo a termine la nostra missione
saremo sopravvissuti solo per vedere lo Spettro Nero annientare tutto ciò che
amiamo… c’è il mondo in gioco, ed anche il popolo di Enoah. 008 lo sapeva, ha
accettato il rischio come me e te, ha messo in gioco la sua vita perché tu
potessi proseguire… se ci fermiamo il suo sacrificio, ammesso e non concesso che
sia morto o in serio pericolo, sarà stato inutile. Albert lo soccorrerà, non è
abbandonato…”
“Ma i soldati
nemici lo troveranno…”
“Se gli sono
addosso, noi non possiamo comunque intervenire in tempo… Albert ha comunque più
chance di noi”
“Chang può scavare
un tunnel!”
“Ma non potrebbe
portarlo via di lì. Si metterebbero in trappola in due; inoltre, senza Chang,
potremmo non riuscire ad entrare nella Camera del Cristallo, se dovesse essere
necessario fondere un strato spesso di roccia”
“Ivan potrebbe
teletrasportarlo”
“Sta dormendo!”
intervenne Bretagna, che era in contatto con il Dolphin “Svegliarlo sarebbe
molto pericoloso, ammesso che sia possibile…”
“Françoise” le
disse Geronimo “E’ una scelta terribile, lo so, ma abbiamo una responsabilità
troppo grande sulle nostre spalle”
Col cuore
sanguinante, Françoise annuì.
Nota: la scena che
segue è un omaggio alla memoria dello scrittore texano Robert Ervin Howard,
creatore di personaggi ed avventure indimenticabili, racchiuse in cicli di
racconti pubblicati tra gli anni venti e trenta sulle riviste pulp americane e
successivamente recepite da fumetti e cinema. Il suo personaggio più noto è
quello di Conan il Cimmero, ma, fra i tanti (nella sua breve vita fu autore di
almeno cinquecento scritti), spicca anche, per chi lo conosce un poco più a
fondo, la figura di Solomon Kane, lo spadaccino dell’Inghilterra puritana che
gira il mondo affrontando nemici naturali e sovrannaturali armato solo della sua
spada, delle sue pistole gemelle e della sua incrollabile fede religiosa. Il
ciclo di Solomon Kane comprende anche due poesie, una delle quali, intitolata
“Il Ritorno di Sir Richard Grenville”, fu ispirata da una poesia di Lord
Tennyson intitolata “The Revenge”. E’ appunto questa poesia l’oggetto della mia
semplice trasposizione. Howard fu anche il creatore del personaggio di Steve
Costigan, l’avventuroso pugile-marinaio che ha ispirato il mio nickname.
Caro vecchio
“Two-Gun Bob”, come ti chiamavano i tuoi amici, non voglio plagiarti, con questo
scritto. Voglio invece dirti grazie per tutti i folli amici che hai saputo
regalarmi ed i mondi incantati e terribili che mi hai fatto visitare. La scena
che segue è solo merito tuo.
Costigan.
Piunma giaceva
esanime fra le macerie di un maestoso salone adorno di splendide sculture e
glifi misteriosi. Giaceva come addormentato, quando l’affusolata mano di Morgan
Adams gli toccò il polso. Nell’oscurità greve delle ombre del destino, la dolce
voce della sua sirena lo destò dal sonno, e l’uomo d’ebano vide quel caro volto
chino su di lui. Parlò con meraviglia, senza timore, perdendosi in quello
sguardo ardente e dolce, sfiorando con la mano quelle labbra di corallo che gli
sorrisero fiere.
“Come può
camminare colei che morì, mia dolce sirena, amore dei vecchi tempi, tu che
cadesti tanto tempo fa… come puoi essere qui al mio fianco?”
“In piedi, in
piedi, mio corsaro!” rispose lei stringendogli la mano “i levrieri del destino
sono liberi e gli assassini vogliono la tua testa per farne la loro
polena!”
Piedi veloci
premevano sulle lastre di roccia, dove le ombre erano tetre e nude, e uomini
corazzati che cercavano il sangue si lanciavano attraverso l’oscurità.
Allora il
guerriero di ebano balzò in piedi con una rapidità che nessuna lingua può
descrivere, e Morgan Adams gli lanciò una spada.
Il suo laser
balenò mortale, e in quegli scoppi di fiamme vide i volti ardenti di odio di
un’orda vestita di nero con teschi sul petto ed elmi minacciosi. Parevano
fantasmi usciti dall’inferno.
E mentre quei
mastini si avventavano, la sua spada e il suo laser erano come il tocco del
cobra, e la morte ne cantava la melodia, ed il suo braccio resisteva come
acciaio. Ma accanto a lui un’altra lama cantava, ed un’agile forma gridava e
colpiva, e i nemici urlanti cadevano come foglie per dibattersi nella polvere
insanguinata.
“Il loro attacco
era stato silenzioso come la morte
silenziosi come la
notte essi fuggirono
e nella radura
calpestata rimasero
solo i morti
dilaniati”
Robet Ervin Howard
E l’uomo chiamato
Piunma lasciò cadere la spada e si voltò, e vide la sua donna a terra, con la
mano premuta sul seno, ed un torrente cremisi si spandeva sulla camicia bianca.
Piunma accorse e
le sollevò il capo. Lei gli donò il suo stiletto ingemmato.
“Vita breve ed
intensa, amore mio…. ricordami per sempre, dammi un bacio d’addio… mi aiuterà a
sopportare l’eterna pena che ho scelto… come prezzo per poterti abbracciare di
nuovo…….”
Lui la baciò
piangendo, ne sentì il calore, e subito dopo la forma di lei si fece di nebbia,
si mantenne un istante e si dissolse.
E al guerriero
d’ebano, inginocchiato in lacrime col suo pegno d’amore stretto sul petto,
apparve la principessa di un impero dimenticato, la fronte adorna del Cerchio
Alato.
“Si è dunque
dannata per me, la mia corsara?” chiese il guerriero.
“No. Il vostro
amore l’ha salvata… ha meritato il perdono… per aver amato te più di se stessa…
è felice, ora, riposerà in pace, e verrà il giorno in cui vi riabbraccerete per l’eternità… il
giorno in cui entrambi sarete bellissimi spiriti fatti di luce”
Con queste dolci
parole anche Enoah scomparve, ed una grande punta rotante d’acciaio sfondò la
parete di pietra. Da essa uscì un soldato in uniforme rossa, anche lui compagno
di tante battaglie.
“Albert!”
“Piunma, amico
mio! Che ti succede, perché sei in lacrime?”
“Un giorno ti
narrerò una splendida leggenda, amico mio… ma ora andiamo… o avrò reso vano un
grande sacrificio”
Albert gli
sorrise, e gli toccò la spalla.
“Non ti comprendo
amico mio…”
“Non occorre, per
ora, non occorre… ragione ed occhi a volte ingannano… l’azione ci chiama, e noi
rispondiamo… vita breve ed intensa, mi disse una donna meravigliosa…”
Albert
sorrise.
“Una bella frase,
fatta per gli eroi… sia come vuoi, amico mio… non è questo il momento di
parlare… ma di contare gli uni sugli altri!”
Ed il dolore di
Piunma si fece dolce, come le parole di Enoah… come l’amore del guerriero in
rosso a fianco del quale l’inquieta Morgan cadde, amando e lottando, per trovare
la pace.
Le macchine da
corsa oscillavano come pendoli da
un margine all’altro del percorso mentre salivano e scendevano dalle curve
paraboliche. L’effetto centrifugo era tanto intenso da mantenerle inchiodate
all’asfalto anche quando il pilota aveva il proprio orizzonte visivo sfasato di
novanta gradi rispetto a quello reale. Dopo aver terminato insieme a Romy i tre
giri su una parabolica a spirale che portava ad un livello più basso, Ken si
accodò nuovamente ad Ayab. La biposto rossa di Joe lo raggiunse, accoppiata alla
macchina di Jet. Ken avrebbe voluto che Joe e Jet restassero in pista, era
esaltante correre in squadra con loro, ma sapeva che non era possibile. Erano
entrati nel rettilineo prestabilito. Dietro di loro, il grosso degli altri
concorrenti arrivò sciamando. Gantetsu e Kamikaze si stavano aprendo la strada
verso il gruppo di macchine in testa. Gantetsu, infastidito da una macchina
della Black Shadow, se ne liberò con un urto ed un doppio sorpasso. Il fiume di
auto in corsa, guidato da Ken e Ayab, entrò in un rettilineo con una corsia di
disimpegno. Permetteva l’accesso ad un controtunnel utilizzato per il soccorso e
la manutenzione. Joe e Jet simularono un incidente fra le loro macchine, e Jet
usò la sua auto come un ariete per sfondare una paratia metallica. Misero a
frutto il suggerimento di Hilda, che non aveva dimenticato proprio tutto. Un
istante prima dell’impatto, Jet saltò dalla macchina, e Joe entrò nel
controtunnel con un testa-coda. Anche lui scese. Sotto le tute avevano le loro
uniformi rosse. Le resero visibili ed estrassero i laser. Da qualche parte,
nelle vicinanze, come Hilda aveva segnalato ed Ivan aveva confermato, c’era la
base del Fantasma Nero. Dovevano paralizzare le truppe che davano la caccia a
Françoise e agli altri mettendo fuori uso il centro di comando. Attraverso le
telecamere, Baron li vide, un istante prima che gli acceleratori li facessero
scomparire, ed inviò un contingente di riserva a combatterli: soldati robot,
carri armati e cyborg, anche quelli dotati di acceleratori.
Enoah
e Nesia erano immobili davanti al portale d’ingresso della Camera del Cristallo…
era giunto il momento… l’attimo in cui tutto si sarebbe concluso, nel bene o nel
male… non dovevano fallire…
Enoah
prese le mani della sorella tra le sue, chiedendole con voce dolce: “Sei pronta
ad affrontare la tua sorte, Nesia?”
Aveva
gli occhi velati di lacrime mentre pronunciava quelle parole… che cosa la stava
obbligando a fare?... In fondo era poco più di una bambina e stava mettendo in
gioco la sua vita… ebbe la tentazione di tornare indietro, per una frazione di
secondo si soffermò a pensare che forse era stato tutto un incubo e che presto
si sarebbe svegliata nella sua dimora, al sicuro nel suo
letto…
Purtroppo
era tutto vivido e reale, come il sole che nasce e muore ogni giorno… cacciò
indietro il pianto e quando i suoi occhi si abituarono di nuovo all’ambiente
circostante, vide che Nesia la stava guardando… e lei
comprese…
Non
era più una bambina… il suo sguardo rifletteva amore, coraggio ed una fede
incrollabile in quello che stava per compiere… una certezza che solo qualche
istante prima Enoah aveva sentito vacillare dentro di sé…
Nesia
alzò una mano ed accarezzò delicatamente la guancia della sorella, mormorando:
“Abbi fiducia in me… devi avere fede, cara… andrà bene… andrà tutto
bene…”
In
quell’attimo, un altro volto si sovrappose a quello di Nesia… era identico al
suo, ma i suoi capelli erano biondi come l’oro… Françoise… le due donne
parlavano in simbiosi, unite dal legame di sangue tra loro… un vincolo
indistruttibile nonostante lo scorrere dei secoli…
Enoah
annuì, incapace di esprimere con le parole la gioia che stava
provando…
Si
voltarono ambedue verso il grande portale, poggiando una mano ciascuna sul
disegno del cerchio alato impresso nel legno antico più del mondo… il portone si
aprì immediatamente e Nesia, ergendosi in tutta la sua regalità, varcò la soglia
del suo destino…
Quando Joe
accelerò, il nemico alla carica prese a danzare leggero a ritmo di moviola,
sparando proiettili proporzionalmente veloci ed in teoria pericolosi, ma sempre
diretti dove il cyborg 009 si era trovato un istante prima. Jet, più lento di
Joe ma veloce rispetto agli avversari, si trasformò all’istante in una stella
filante che scagliava folgori, facendo esplodere alcuni soldati robot. Un carro
armato irruppe nel tunnel e fece fuoco provocando un crollo. Jet smise di
volare, lo spazio era poco per le sue consuete evoluzioni e prese a combattere a
terra come Joe. Concentrarono i loro laser sul cingolo del carro,
immobilizzandolo, ma la scia di proiettili di una mitragliera prese ad
incalzarli con un gran volume di fuoco. Joe sfondò una parete con una microbomba
e scomparve nell’anfratto. Jet lo seguì volando, lo afferrò per le spalle
portandolo con sé e volò rasoterra.
Disattivarono gli
acceleratori, ed il mondo accelerò fino a sincronizzarsi con loro.
“C’è qualcosa che
non va!” esclamo Joe.
“Troppo facile?”
azzardò Jet.
“Pare che la loro
strategia consista solo nel tenerci impegnati. Hanno mandato quella truppa alla
sbaraglio. Serve probabilmente a preparare una sorpresa con qualche altra arma…
dannazione!”
Jet intuì.
Attivarono gli acceleratori appena in tempo per vedere altri cyborg accelerati
che si avventavano contro di loro.
Joe parò il colpo
di taglio dell’avversario in uniforme nera e rispose con un calcio volante. Jet
prese il volo e fece fuoco. Il suo avversario decollò a sua volta ed iniziarono
uno spettacolare duello aereo a colpi di laser.
L’avversario di
Joe prese a correre, ma 009 lo raggiunse. I due si studiarono per pochi istanti,
si separarono per evitare un ostacolo, ed in quel breve lasso di tempo fecero
tre volte il giro del cantiere. Joe comunicò con Jet attraverso la trasmittente
interna.
“002, pronto per
la manovra incrociata al mio segnale!”
“Ricevuto,
009”
L’avversario di
Joe cambiò direzione e velocità all’improvviso, portandosi dietro di lui per
fare fuoco. Joe saltò sul tetto della cabina di pilotaggio di una gru, poi sul
braccio di sollevamento usandolo come trampolino per un lunghissimo salto.
“Ora,
002”
Joe si lanciò
verso l’avversario di Jet, mentre Jet picchiò verso il basso. Senza alcun
preavviso, si scambiarono gli avversari, liberarono le rispettive linee di fuoco
e spararono all’unisono abbattendo i cyborg nemici. Jet riprese quota ad un
soffio dallo schianto e raccolse al volo Joe, che stava ricadendo verso un punto
pericoloso. I due presero terra ansimando. Avevano messo i loro acceleratori a
dura prova.
“Andiamo” disse
Joe “non è certo finita qui!”
Françoise venne
contattata da Ivan…. o il contrario? 003 se lo stava chiedendo, mentre si
guardava il palmo della mano destra. Geronimo arrivò di corsa. Inseguito da una
raffica di scariche di laser.
“Anche questo
passaggio è sbarrato. Sono troppi!”
“Che facciamo,
003?” chiese Bretagna.
“Tratteneteli per
pochi minuti… Ivan è sveglio, ora”
Ivan sentì
arrivare il pensiero di Françoise.
“Ivan, piccino,
sono Françoise”
“Mamma…
”
“Sì, caro…., Ivan,
sono troppi, qui c’è tutto l’esercito del Fantasma Nero… e purtroppo abbiamo
perso 008”
“No, 003… Piunma è
salvo, è con Albert sulla talpa meccanica del Dolphin”
“Ivan, ascolta.
Piunma è in grado di riconoscere la Camera del Cristallo, anche lui l’ha vista…
è stato lì… beh, sai cosa intendo… puoi fare da tramite fra me ed Albert, Ivan?
Io devo poter pilotare al suo posto la talpa… dovrò controllare il suo corpo…
contattalo”
“Françoise, come
puoi farlo?”
“Non sarò io a
farlo, ma il cristallo attraverso me, cioè Nesia…”
Françoise pareva
in trance.
“Cosa devo fare,
003?”
“Pensa
intensamente a lui ed a me, con tutta la tua forza…”
Françoise chiuse
gli occhi, e quando li riaprì vide l’abitacolo della talpa meccanica, e Piunma
accanto a lei. Mosse le mani sui comandi, mani che non erano le sue. Una era
metallica e la impacciava un poco.
Albert vide invece
un corridoio, e le schiene di Bretagna, Geronimo e Chang che sparavano sui
nemici. Si guardò le mani, due delicate mani femminili… che sensazione strana
riassaporare due mani naturali dopo così tanto tempo. Ebbe paura, ma la voce di
Ivan nella sua mente gli disse di non temere.
“Vi siete
scambiati le menti, 004”
“E’
follia…”
“Da quanto tempo
non facciamo più una vita normale?…Io non dovrei forse starmene spensierato in
una culla, sorridendo alla mia mamma, non dovrei giocare con lei ed un papà con
le mia manine?…ed invece in questo momento sono su un aeromobile da guerra
comandato direttamente dalla mente della tua fidanzata e bersagliato da
aviogetti robot… non appellarti alla normalità, 004”
“Sono nel corpo di
Françoise?”
“E lei nel tuo…
ancora per poco”
Piunma notò sul
volto di Albert un’espressione un poco… come dire… femminile, ma si disse di
essere già abbastanza scosso dagli eventi per poterlo dire con certezza.
Tuttavia notò che la talpa aveva preso a scendere.
“Non stiamo
risalendo, 004” osservò Piunma.
“No, 008” fece
Albert con un gesto della mano che Piunma notò perché gli dava una bizzarra
sensazione di familiarità, dato che quel gesto gli era noto ma era strano
associarlo ad Albert.“Andiamo in un posto che conosci bene”
Piunma
esitò.
“Vuoi dire che ci
stiamo dirigendo verso la Camera del Cristallo? Ci intercetteranno, se ci
avviciniamo con questa macchina. Con la scia di vibrazioni che ci lasciamo
dietro, li avremo tutti addosso, ci intercetteranno e ci faranno fuori, ed
oltretutto indicheremo loro la posizione di quella dannata camera. E poi è
necessario portarci 003! Non vorrai mica che balli io al suo posto?!”
Albert rise di
cuore, diversamente da come faceva di solito.
Il professo
Gilmoure li contattò dal Dolphin.
“004, perché
scendi in profondità?”
“Professore, qui
003, il cristallo mi sta guidando…”
“Non fare lo
stupido!”
Ivan
intervenne.
“Non sta
scherzando, professore. Abbiamo scambiato le loro menti. 003 è nel corpo di 004
e viceversa”
Il Professore fece
un salto e contattò il corpo di 003.
“E’ vero,
Françoise, cioè Albert?”
“Qui Albert, è
vero… sono una donna… cioè, voglio dire… temporaneamente. Diamine, se incontro
Joe, quello mi bacia… Cristo santo!”
“Dio mio” pensò il
Professore “Questi mi manderanno nella tomba prima del tempo!”
Poi si rivolse ad
Ivan.
“Interrompete il
transfer il più presto possibile o quei due subiranno danni
irreparabili!”
“Ci siamo quasi
Professore. La Talpa ha trovato l’accesso”
“Strano che il
Fantasma Nero non ci fosse già riuscito… a meno che quella parte del complesso
non fosse totalmente isolata da tutte le altre… quelle rocce devono avere
qualche anomalia quantistica a livello subatomico, anche se non saprei dire
quale… per questo gli strumenti non la segnalavano… gli Spettri Neri credevano
che il sito della Camera del Cristallo fosse un volume di roccia
compatta”
“Avete ragione,
Professore”
Dagli altoparlanti
di plancia, la voce di 004/Françoise li avvertì che la talpa era entrata nel
corridoio che portava alla camera e trasmise loro la posizione.
“Ivan, un ultimo
sforzo, teletrasporta sul posto il gruppo di Françoise…. E se puoi, anche Joe e
Jet”
“Per 009 e 002 non
ho abbastanza forza, Professore. Rischierei di cadere addormentato. Devo
rimanere sveglio dopo aver teletrasportato il gruppo di 003”
Il Professore
spiegò brevemente a Joe la situazione. Benché il Professore gli avesse proposto
di ritirarsi, Joe decise di raggiungerli seguendo il tunnel lasciato dalla
talpa. Due livelli più in alto, tre chilometri in direzione 167 gradi, la talpa,
nella sua discesa, aveva intersecato un corridoio. Joe e Jet corsero insieme a
velocità accelerata, mentre Hilda dava loro indicazioni servendosi del GPS del
Dolphin, inseguiti da un esercito al rallentatore che continuava a vomitare
fuoco.
La talpa meccanica
perforò la parete del corridoio che portava alla camera del Cristallo. I suoi
potenti fari illuminarono l’ambiente. Piunma riconobbe le due teorie di sfingi
lungo le pareti, alternate alle nicchie dei gruppi scultorei, raffinate ed in
parte indecifrabili. Era il corridoio che aveva percorso con Morgan…
Quasi nello stesso
istante le sagome indistinte di Françoise e degli altri, teletrasportati da
Ivan, si materializzarono e si stabilizzarono. Albert e Françoise guardarono
ciascuno il proprio corpo dagli occhi dell’altro, in silenzio, con
un’espressione indecifrabile sul volto.
Infine arrivarono
Joe e Jet, rotolando uno addosso all’altro fuori dal buco lasciato dalla talpa.
Joe si rialzò,
vide Françoise e fece per correrle incontro.
Rimase
esterrefatto quando la vide alzare le mani per fermarlo e ritrarsi impaurita
chiamandolo per cognome.
“Shimamura, no,
aspetta! Non farlo”
Al contempo Albert
gli tese le braccia dicendogli
“Amore mio, sei salvo!”
Anche Jet era
senza parole.
Poi li vide
bloccarsi, chiedergli entrambi di aspettare un attimo e portarsi le mani alle
tempie. Ivan rimise le cose a posto.
Françoise scosse
leggermente il capo e si volse verso Joe.
“Oh, amore
mio!”
“Ora le cose
quadrano” pensò Joe.
Poi si volse ad
Albert.
“Albert, da quanto
tempo sei innamorato di me? Non lo sai che sono già impegnato? Bretagna invece è
libero!”
“Joe, lascia che
ti spieghi…” intervenne Françoise.
“Ah, gia! Spiegami
cosa non dovevo fare!”
“Joe, il
Cristallo… ed Ivan… hanno fatto sì che io ed Albert ci scambiassimo i
corpi…”
“Vuoi dire
che…”
“O accetti questa
spiegazione” replicò Françoise “O dovrai supporre che Albert ti ami.”
“Non è affatto uno
scherzo, 009” puntualizzò Albert “Ho vissuto in prima persona
quell’esperienza”
Françoise si
guardò intorno.
“Ci siamo. In
fondo a questo corridoio c’è la Camera del Cristallo. L’abbiamo
trovata!”
“Muoviamoci,
allora” esclamò Joe “Sei pronta, Françoise?”
“Sì… io… sì!
Andiamo…”
“Vieni, ti
accompagno. Sicuramente siamo stati seguiti, e non tarderanno ad irrompere qui,
ma dovranno scavare. Io e Jet abbiamo disseminato di microcariche il tunnel
scavato dalla talpa, facendolo crollare in più punti. Quando li avremo di
fronte, ci penseremo noi a trattenerli.”
“La Luce ci
proteggerà… non temete. Non siamo in trappola.” rispose lei, facendo il saluto rituale
con la destra.
Quando fu di
fronte al grande portale, Françoise appoggiò la mano sul cerchio alato, ed i battenti chiusi da millenni si
ritirarono silenziosamente dentro le pareti. Si aprirono su una tenebra tanto
densa da sembrare liquida.
NOTA: Questa fic è stata scritta in collaborazione con
COSTIGAN, a cui deve essere attribuito pienamente il merito della trama, io mi
sono limitata a coadiuvarlo nella stesura ed a completare alcune parti. Pertanto
la fanfic è da considerarsi scritta da due autori: Costigan e Michiredfox.
Grazie.
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Capitolo 13 *** Parte 12 ***
1
I Tre Fratelli si collegarono all’amplificatore. I loro poteri
psicocinetici sarebbero stati potenziati in modo da potersi fondere con il loro
Padre.
Ma in quel momento Françoise
era sulla soglia della Camera del Cristallo.
“Hanno trovato la Camera del Cristallo” disse Shiva, attraverso la
telepatia.
“Baron ha fallito” disse Brahma.
“Ora lo contatteremo” disse Vishnu.
Baron vide i Tre Fratelli sullo schermo.
Shiva prese la parola.
“Baron, i cyborg traditori hanno trovato ciò che tu avresti dovuto
trovare per noi”
“Questo è un fallimento, o sbagliamo?” aggiunse Brahma.
“O, forse, hai una spiegazione interessante?” chiese Vishnu.
Baron soppesò ogni parola prima di pronunciarla.
“Reverendi Fratelli, la struttura sepolta che cercavate è isolata da
tutto il resto del complesso. Abbiamo scandito con gli strumenti che ci avete
messo a disposizione anche quel volume di roccia, senza però ricevere alcun
segnale. Non ho idea di come i nostri nemici si siano mossi a colpo sicuro. Non
ho colpa di quanto è accaduto!”
Shiva fece una lunga pausa prima di rispondere.
“Dici il vero, Baron. Tuttavia, ciò è male per noi. Il nostro Supremo
Signore sarà molto deluso, a meno che non distruggiamo i suoi nemici. Dobbiamo
riscattarci, Baron.” sentenziò Shiva.
“Dirigerò personalmente l’attacco, Fratello Shiva. Raggiungeremo quella
dannata cripta e la faremo saltare insieme a loro. Ci hanno condotto al loro
obiettivo e si sono messi in trappola da soli”. Baron parlò con un’espressione
decisa che non riusciva a coprire tutto il sollievo.
Quando Françoise mosse il primo passo oltre quel portale ciclopico, lo
fece con sognante devozione. Il suo sguardo dolce e rapito fissava un punto
lontano, oltre la comune vista degli esseri umani, qualcosa che solo lei pareva
vedere. Si inoltrò in tenebre tanto profonde da far trattenere il fiato a Joe,
che istintivamente si chiese se quell’oscurità indistinta non celasse un baratro
senza fondo. Françoise non cadde, ma i suoi stivali non facevano rumore mentre
avanzava come rispondendo ad una chiamata. Sembrava camminasse sospesa sul
nulla. Poi la ragazza levò in alto la gemma, tenendo i polsi uniti e le mani a
calice in un gesto di offerta a qualcosa di superiore. La gemma prese a
risplendere, diffondendo un alone di luce dal colore cangiante, e
successivamente iridescente. Joe notò come la luce emessa dalla gemma si
diffondesse anche oltre il livello del piano su cui la sua amata muoveva i suoi
passi silenziosi e leggeri. La guardò, sentendo crescere nel suo cuore un
affetto per lei che pareva farsi più puro e profondo ad ogni istante, finché ne
ebbe quasi paura… ed iniziò a percepire il pensiero di Françoise. Le parlò senza
aprire bocca. Sentì la voce della sua adorata fanciulla senza che lei
parlasse.
“Joe, sei tu…!” esclamò lei, raggiunto il centro della sala. C’era un
centro, in quel luogo senza forma. Entrambi lo percepirono.
“Sì, amore mio” le rispose Joe, con un nodo alla gola. “Sento i tuoi
pensieri, piccola…”
“Oh, Joe… come sei dolce… perché i malvagi non capiscono? Perché non
possiamo farglielo capire?”
“Non ho la risposta, amore mio…”
Poi entrambi divennero consapevoli di uno schema di pensieri
incredibilmente vasto, incredibilmente bello, perfetto… che si rivolse ad
entrambi.
“Figli miei, adorate creature, i miei pensieri attraversano il vostro
piccolo universo da quando il tempo ebbe inizio, ma voi purtroppo non siete mai
lì ad ascoltarli…”
“Chi… chi sei…” chiese Françoise, con le lacrime agli occhi.
“Sono… tutto ciò che conosci e che non conosci, sono materia ed energia
nel senso che voi intendete ed in molti altri… sono significato e mistero, oblio
e ragione… in milioni di forme diverse, ma non sono più importante di voi o di
una sola particella… anche io non so molto, ho avuto solo qualche milione di
eoni per imparare…”
“Puoi svelarci qualcosa di ciò che sai…?” chiese Joe con la
mente.
“Potrei, ma mi occorrerebbero milioni di quella piccolissima unità di
tempo che voi chiamate anni…”
“Sei la Luce?” chiese Françoise.
“Sì…”
“Sei tu che proteggi le mie sorelle?”
“Quelle piccole gemme che chiami Enoah e Nesia?”
“Sì… loro…”
“Anche loro mi hanno conosciuto…”
“Ti rendo grazie, Luce… a mani vuote… cosa potrei donarti, io, piccola
come sono…”
“Donami la tua grazia ed il tuo cuore puro, lasciati andare, ed insieme
alle tue sorelle sconfiggeremo il Grande Nemico… Joe… anche tu dovrai combattere
con lei… come sempre… lasciati andare, Joe Shimamura… non temere i tuoi
sentimenti, la parte più bella di te… pensa alla tua amata, a Enoah, a Nesia… a
tutti coloro che ami… apri la tua mente… sei una sola cosa con Françoise… tu le
darai la forza…”
“Ho… ho paura…” rispose Joe.
“A-anche io…” disse Françoise.
“Abbiate fede…”
“Sì” risposero gli spiriti di Joe e Françoise.
Il planetoide nero si stava avvicinando, trionfante, quando venne
contattato dai Tre Fratelli.
“Perdonaci, padre” disse Shiva
“Essi hanno trovato la Camera del Cristallo prima di noi e vi hanno
condotto la portatrice” disse Brahma
“I nostri soldati li attaccheranno, ma potrebbe non bastare”
La Grande Abominazione ribollì di collera mostruosa.
“Quella sgualdrina di Myoltecopang! La cagna del Cerchio Alato! C’è
riuscita dunque… significa che un’altra donna tenterà di respingermi, ma so come
parare il colpo, e stavolta ho voi tre ad appoggiarmi… .se volete riscattarvi
dal vostro errore, figli miei, schiacceremo quegli insetti con il nostro potere…
e quando tutti i popoli del pianeta che mi attende saranno divenuti le nostre
macchine da guerra, la sgualdrina ed il suo ridicolo popolo piangeranno di
fronte agli altari della loro ridicola divinità ed imploreranno una pietà che
non concederemo… amplificheremo il loro dolore con nuove tecnologie di tortura
fino a farli impazzire e lei… la loro ridicola sovrana… me ne occuperò
personalmente… Fratelli miei, portate al massimo i vostri poteri con gli
amplificatori e lasciatevi guidare da me. Non faticheremo a trovare gli stupidi
servi della Luce… ci cercheranno loro e se ne pentiranno per
l’eternità.”
Sempre tenendo i polsi sopra la testa, Françoise giunse le mani sopra il
suo capo e la gemma scomparve. Un cerchio di luce si accese nel pavimento, sotto
i suoi piedi, mentre sul capo di Françoise iniziò a discendere una lenta colonna
di pulviscolo argentato. Al cerchio di luce su cui era in piedi spuntarono
petali di cristallo, che presero a ruotare, iscritti in un cerchio concentrico
di luce che a sue volta assunse la forma di un fiore stilizzato e così via. Le
direzioni e le velocità di rotazione variavano. Poi, rivoli purpurei,
accompagnati da piccoli spiriti di forma vagamente umana, discesero dalle
tenebre sovrastanti accompagnati dai primi accordi di quella musica ultraterrena
che Françoise ricordava.
La stessa musica che in quel momento anche Nesia, nella stessa grande
sala, nello stesso punto in cui si trovava Françoise, stava ascoltando mentre la
polvere di luna che discendeva dal nulla faceva risplendere i gioielli del suo
succinto costume di danzatrice.
Nesia fece l’inchino rituale alla Luce, mentre i rivoli purpurei
spandevano un profumo che pareva fatto di mille essenze.
Françoise fece a sua volta l’inchino, ma secondo i nostri stilemi. Si
inchinò come aveva fatto già innumerevoli volte al pubblico festoso dell’Opera
di Parigi per rendere loro omaggio mentre loro omaggiavano la sua grazia. Questa
volta però ad applaudirla ci sarebbero state le stelle.
Come Enoah le disse al loro primo incontro, Françoise ricordò.
Ricordò e si sentì leggera ed ispirata. Sentì la passione di quella
musica che pareva fondere mille orchestre e mille culture, e sentiva anche tutta
la commozione e l’amore di Joe.
“Oh, Joe… ora vedo… ora comprendo… che gioia…”
“Anche io la sento, amore mio… ti amo, perdonami se a volte…”
“No, non è il momento di recriminare, Joe… abbi fede…”
Si rialzò dall’inchino e prese a librarsi sulle punte, muovendo le
braccia come colli di cigno, con i
capelli d’oro che ondeggiavano risplendenti e gli occhi azzurri che piangevano
di silenziosa commozione, rigandole il volto con le perle delle loro
lacrime…
Nesia stava condividendo la stessa esperienza, ed una percepì con gioia
l’altra. Il loro contatto rese possibile l’incredibile, che sorprese persino
Enoha.
Françoise aveva studiato l’arte della danza a Parigi.
Nesia invece a Myoltecopang.
Ma in quel momento erano una cosa sola.
Le due scuola di danza fusero i loro movimenti in un’insieme che
eguagliava lo splendore e l’armonia di quella musica cha colmava lo spazio ed il
tempo. Due estetiche sublimi ed aliene l’una all’altra si fusero in una nuova
arte, una nuova bellezza umana e trascendente al contempo.
Come lo splendore del sole sui gioielli di una dea, le due danzatrici si
librarono nella grazia, nella luce e nella bellezza coma mai le loro civiltà
avevano visto, e la Luce divenne più forte che mai.
Nesia danzava ormai come se fosse priva di peso, come se
fosse leggera al punto da poterlo fare increspando appena la superficie
dell’acqua, ed ogni passo aereo durava sempre più a lungo, fino a quando si
librò nell’aria ed eseguì un avvitamento su se stessa. Ormai rapita, si lasciò
innalzare dalla superficie della Camera del cristallo, mentre le altre
danzatrici continuavano i loro passi sincronizzati rimanendo a terra, e
facendosi sempre più piccole, fino a divenire puntini. Poi le pareti di pietra
del cilindro che aveva risalito scomparvero, e Nesia vide tutto il Sistema
Solare. La stessa visione di Françoise. Contro il disco screziato di rosso di
Giove, vide una chiazza nera pulsante, e lo riconobbe… era il Grande
Nemico.
Sentì la voce di sua sorella.
“Non devi temerlo… la Luce è più forte di lui… espandi
le tue sensazioni, Nesia… non sei sola, cerca nostra
sorella…”
Nesia chiuse gli occhi e si lasciò andare alla deriva in
quel vuoto senza peso.
Françoise… si mise a pensare a lei, mentre il planetoide
incombeva famelico.
Françoise…
Françoise percepì Nesia.
“Nesia… sei tu?”
“Sono io, sorella…”
“Dove sei? Dove posso trovarti?”
“Lo hai già fatto, Françoise Arnoul… qui lo spazio e la
materia non contano nulla… tutto è una proiezione del nostro
pensiero…”
“In che modo possiamo combatterlo… è qui
ormai…”
“Guarda la tua mano, sorella…”
Françoise vide incastonato nel palmo della sua mano un
cerchio alato di cristallo. Sentì un torrente di energia invaderle il corpo,
percepì una sensazione inebriante, la gioia la avvolse come una coperta… alzò il
palmo della mano destra ed il cerchio alato prese a brillare di luce color oro,
rendendo di luce Françoise stessa. Anche Nesia divenne una fanciulla fatta di
luce… e di amore, amore per qualsiasi cosa…
Il mostro nero trafisse Françoise con un disgustoso
tentacolo. Françoise soffrì, ma non odiò… non ne era
capace…
“Odiami, maledetta!” gridò una voce
lebbrosa
“Cos’è l’odio?” domandò Françoise con un filo di voce
sofferente.
La voce lebbrosa mandò un grido orrendo, il tentacolo si
ritrasse ustionato e la fanciulla di luce era illesa…
“Ti occorre l’odio, non è vero?… per questo sei nemico della
Luce…”
Dal planetoide
si riversarono orde di figure mostruose, nere come le tenebre, irte di
zanne, artigli ed aculei, che si scagliarono sulla piccola ed inerme figura di
Françoise… ed esplosero lampi di luce azzurra senza scalfirla. Lo sferoide nero
era enorme come un mondo… ma Françoise pensò che in fondo era piccolo a paragone
della Luce, e piccolo divenne… Françoise lo vide al centro dell’ovale di un
immenso anfiteatro di massi ciclopici… una proiezione del suo pensiero… ed in
posizione diametralmente opposta alla sua, vide… o meglio percepì…
Nesia.
“Hai compreso Françoise Arnoul, mia amata sorella…è
forte solo se lo adoriamo… è forte solo con il nostro
consenso…”
“E se invece amiamo… è forte la Luce…” concluse
Françoise.
Enoah apparve a propria volta sulla sommità degli spalti
ciclopici di quell’inconcepibile arena. Era apparsa in posizione equidistane da
Nesia e Françoise. Di fronte ad Enoah, tre figure in tonaca, calve, i volti
parzialmente brulicanti di luci artificiali.
“Ecco la cagna di Myoltecopang” disse
Shiva
“Colei che ha offeso nostro Padre” disse
Brahma.
“Colei che si oppone al vero potere, al nuovo ordine” disse
Vishnu.
“Ecco i tre servi dell’abominazione, abominii a loro
volta” replicò Enoah.
Shiva prese la parola.
“Potrete aver salva la vita se ci
servirete”
Brahma proseguì.
“Imparerete quale sia il vero
potere”.
Vishnu minacciò
“O quale sia il vero dolore”.
“E voi imparerete cosa sia davvero la Luce” rispose
Enoah con gravità.
A quelle parole, Nesia e Françoise fecero il saluto
rituale e mostrarono il palmo della mano destra.
Sullo schermo del Dolphin il Professor Gilmoure vide
esterrefatto un ciclopico obelisco dal fusto a spigoli emergere dalla sabbia del
deserto innalzando al cielo il gigantesco Cerchio Alato di marmo nero, ossidiana
e cristallo purissimo che recava come fregio sulla propria sommità. Lo stesso
che sovrastava la piramide del Tempio della Luce dove Nesia aveva compiuto il
rito.
Dal centro del Cerchio alato scaturì un torrente di
plasma color oro che tagliò in due il cielo, lasciò la Terra e si riversò come
lava contro il planetoide, squassandolo e facendolo ribollire. L’Abominio si
arrestò, tentò nuovamente di sdoppiare il flusso del tempo, ma non funzionò. Un
secondo torrente di fotoni ad altissima energia iniziò a riversarsi contro il
planetoide, richiamato da Nesia, contemporaneamente e millenni prima… un
paradosso che l’Abomino non poteva compensare.
I Tre Fratelli si trasformarono in frecce di luce ed
aggredirono quello che pareva l’anello debole della catena: Nesia. Un scudo
psicocinetico li respinse… ed Ivan apparve in braccio a Nesia… grazie ad Enoha.
Ma i Tre Fratelli non perdevano forza grazie agli amplificatori… avevano la
tecnologia dalla loro… ed il loro Padre si contorceva sotto quei getti di
plasma, ma non cedeva.
Françoise, Nesia, Ivan ed Enoah condivisero lo stesso
pensiero.
“Se amiamo, la Luce è più forte”
“Françoise Arnoul, ti occorre
lui…”
Joe stava rispondendo al fuoco nemico, sdraiato a terra
proprio dinanzi al portale della Camera del Cristallo. Sentì il pensiero di
Françoise.
“Joe, raggiungimi, vieni da me… abbiamo bisogno del tuo
aiuto. ”
“Come… in che modo…?
“Appoggia la mano sul Cerchio Alato scolpito nei
battenti ed entra nella colonna di luce… poi corri da me…”
Joe obbedì, e chiese a Jet di trasportarlo in volo e
lanciarlo nella colonna di luce che aveva rapito Françoise al termine della sua
danza. Jet eseguì, ma impiegò un tempo che gli parve eccessivo per raggiungerla.
Era vicina, ma aveva dovuto volare come se distasse decine di chilometri. Joe si
lasciò cadere verso quella muraglia di luce fluente, e ne venne rapito. Si
guardò le mani. Risplendevano come oro, tutto il suo corpo ed i suoi abiti
avevano assunto il colore della luce solare. Vide sopra di sé una volta celeste
in cui non riconobbe alcuna costellazione, ed abbassò lo sguardo sul gigantesco
anfiteatro di blocchi ciclopici sospeso nel nulla. Vide Françoise, fatta di luce
come lo era lui, fronteggiare i Tre Fratelli e non esitò. Azionò l’acceleratore,
ed accadde l’assurdo. Quella tecnologia era stata applicata alla materia. Joe ne
azionò una replica fatta di energia strutturata. L’effetto fu micidiale per i
Tre Fratelli. Il loro intelletto amplificato venne investito da una scarica di
luce accelerata… un concetto che nell’universo che conosciamo non è fattibile…
Joe raggiunse una velocità trascendente, il tempo per lui divenne immaginario…
ma ancora non bastava.
Françoise gli corse incontro nella sua forma di luce, in
un tempo immaginario, su una lastra di roccia che non era roccia, lo abbracciò e
compì l’atto di suprema ribellione allo Spettro Nero… l’atto di amore più bello
e sincero… le sue labbra di luce incontrarono quelle di Joe… e la Luce prese a
brillare più intensa che mai. Nesia ed Enoah comunicarono con
Ivan.
“Ora so come distrugegre la Suprema Abominazione…” disse
Enoah
“Con l’atto d’amore supremo…”disse
Nesia
“Con l’istante della creazione, lo zero assoluto del
tempo, l’atto di amore verso qualsiasi cosa esista” disse
Ivan.
“Con quello che chiamate Big Bang” disse Enoah “Joe,
Françoise… concentratevi anche voi”
Il duplice flusso di luce che aveva colpito quella
Mostruosità alterò il tempo… i tre fratelli cercarono di opporsi, con il
risultato di far esplodere il loro amplificatori di potenza e danneggiare il
loro hardware. Il planetoide venne rilanciato al primo istante del nostro
universo e collocato in modo da essere concentrico al punto a densità infinita
che aveva preceduto il big bang vero e proprio.
Dall’interno del planetoide nero, il Big Bang esplose in
un mare di fotoni, mentre l’urlo di morte da milioni di elettronvolt del Grande
Nemico fu una goccia nel mare di energia originario.
E tutto fu luce…
Nel laboratorio del Dottor Gamo si scatenò l’inferno.
Scoppi di scintille, fiamme, fumo e rumore di vetri infranti non coprirono le
orribili grida dei tre cyborg calvi che si dibattevano disperati ed agonizzanti
sul pavimento. Si erano strappati i caschi dalla testa, e le parti hardware dei
loro volti fumavano e crepitavano di scintille. Alzarono mani supplicanti al
loro creatore, scongiurandolo di salvarli… non avevano traccia della loro
consueta alterigia… avevano conosciuto la Luce.
Il Dottor Gamo chiamò la squadra antincendio e li fece
portare via.
Non li aveva mai visti in simili
condizioni.
Erano vivi per miracolo.
Françoise si risvegliò dolcemente.
Sentiva tutto il delicato tepore di un dolce
abbraccio.
La sua mano percepì una superficie serica.
I suoi occhi ne videro il colore rosso.
Videro anche un dischetto metallico color oro… era
l’uniforme di Joe, che la abbracciava carezzandole i capelli.
Lei gli carezzò il volto con un tocco delicato come
quello della brezza dei tropici sui fiori.
Intorno a loro, gli altri cyborg facevano cerchio,
sorridendo.
“Amici, ci siete anche voi, siete tutti salvi… oh, che
gioia! Come sono felice…”
Iniziò a piangere di commozione…
“Se solo immaginaste… oh, ma… che ne è del nemico? Tutto
è silenzio, qui…”
Joe la aiutò a rimettersi in
piedi.
La Camera del Cristallo pareva una semplice sala
disadorna, ora.
“Il nemico è stato distrutto…” narrò Geronimo “Mentre ci
battevamo, un’onda di luce color oro ha attraversato i nostri corpi senza farci
alcun male ed è stata letale per i soldati robot ed i cyborg del Fantasma
Nero”
Françoise vide il corridoio delle sfingi ingombro dei
loro rottami.
“La Luce non vi ha abbandonato, si è battuta con voi…”
“Noi siamo finiti, ma tu non ne gioirai,
sgualdrina!!!”
Una figura dagli eleganti abiti laceri ed una tuba mezza
sfondata sul capo balzò con disperata determinazione da dietro una sfinge e
spianò contro Françoise il suo bastone da passeggio.
Baron.
Il suo bastone nascondeva un laser. Joe si mosse a
velocità accelerata, gli altri spianarono le loro armi, ma un lampo bianco si
frappose fra Françoise e quella minaccia. Quando il laser di Baron incontrò il
Cerchio Alato della mano di Enoah, rimbalzò ad angolo e lasciò un buco
arroventato sul pavimento.
Altri tre colpi in successione rapida vennero deflessi
dalla mano della ragazza in bianco, strappando scintille e schegge alla roccia
delle pareti.
Poi il bastone di Baron volo nella mano di Enoah e
subito dopo si disintegrò in un lampo di luce bianca.
“Non provare a sfiorarla nemmeno con il pensiero!”
esclamò Enoah, adirata ed al contempo inorridita “Mostro! Assassino! Infame! Non
ho mai avuto la tentazione di ricorrere al potere della Luce per torturare un
uomo, e so che se lo facessi decreterei la mia rovina, ma… ” aggiunse con
lacrime di rabbia “Tu mi hai tentato… perdonami, Luce, se sento la necessità di
punirlo in prima persona… non sono che uno strumento, una semplice
ragazza…”
“Come puoi avere un simile potere,
maledetta!”
“Ah! Proprio tu osi maledirmi, Baron della Black Shadow?
Tu, che servendo un uomo come Ayab e di conseguenza lo Spettro Nero, ti eri già
dannato nel mondo dei vivi? Sei tu il maledetto, e non ti ho maledetto io. E
ricorda che questo potere non è mio! Io sono solo un suo strumento… comunque
sia, non sono io a dover decidere di te…”
Albert si fece avanti.
“Se non vuoi sporcarti le mani, principessa, posso farlo
io…” disse a denti stretti armando la mitragliera, mentre Baron
indietreggiava.
“Aspetta, Albert Heinrich! Risparmia il tuo valore per
altre occasioni! La prescelta deve affrontare ora l’ultima prova del suo
cammino. Sarà lei a decidere…”
Enoah si rivolse a Françoise.
“Ciò che ti lega a quest’uomo” disse indicando Baron con
un gesto “Fa sì che spetti a te decidere. La Luce ti illumini, sorella
mia…”
Françoise si avvicinò a Baron
fissandolo.
Per un lungo istante i due si fronteggiarono in
silenzio.
Poi Françoise parlò.
La sua voce era incredibilmente calma e pacata,
nonostante l’avventura appena trascorsa:
“Vattene…”
Baron la stava osservando senza capire il significato di
quelle parole.
Françoise continuò: “Ho deciso che sarai
risparmiato…”
Albert intervenne concitatamente: “003! Come puoi farlo!
Quell’uomo ci ha rovinato la vita!”
Françoise fissò il suo sguardo in quello dell’amico; nei
suoi occhi non c’era odio, solo un grande dolore per tutto il male che era stato
provocato sinora… scosse la testa e tornò a rivolgersi al
nemico….
“Recidere il filo della tua vita sarebbe una punizione
troppo facile per te…” disse “…tu vivrai, Baron, ma passerai il resto della tua
esistenza a pentirti per quello che hai fatto!”
Mentre parlava, 005 afferrò Baron e legò le sue mani
dietro la schiena, senza che il nemico opponesse resistenza… “Geronimo ti
condurrà in prigione, dove avrai modo di riflettere a lungo sui tuoi
errori…”
L’indiano lo trascinò via, mentre quello si dibatteva
nella sua stretta, continuando a vomitare minacce inutili: “Non riuscirete a
tenermi rinchiuso per sempre… vedrete… mi libererò… e quando vi troverò… vi
pentirete per questo maledetti! Maledetti!”
Quando Baron sparì dalla loro vista e con lui scomparve
anche l’eco delle sue parole, Enoah si avvicinò a sua sorella, la abbracciò,
carezzandole i lunghi capelli biondi: “Non avresti potuto prendere una decisione
migliore, tesoro… sei davvero una figlia di Myoltecopang…”
Françoise ricambiò quell’abbraccio sincero… le due donne
rimasero così a lungo, circondate dallo sguardo dei loro
cari…
Ken e Ayab stavano proseguendo il loro duello, quando
Romy vide una macchina della Black Shadow avvicinarsi pericolosamente a Ken. Non
aveva possibilità di fare un sorpasso, ma continuava ad accelerare avvicinandosi
all’Hayabusa da dietro. Dal cofano spuntò un rostro metallico. Avevano deciso di
giocare sporco. Ken se lo aspettava, fece per manovrare ma la Splendent lo
strinse. Rispose urtandola e li distanziò, ma ci riprovarono poco dopo. Romy
spinse la Maestà Reale al massimo, si affiancò alla macchina rostrata e la
allontanò con un urto. Romy la vide mettere in mostra due puntali seghettati
calettati nel mozzo delle ruote ed agì prima che il suo avversario potesse
muoversi. Si affiancò in modo da mettere i suoi cerchioni in corrispondenza con
quelli dell’avversario, e l’attrito fece saltare i puntali. Uno rimase
conficcato nel cerchione della Maestà Reale che si deformò leggermente, ma
continuò a girare squarciando il pneumatico dell’ultimo sgherro di Ayab. Romy
dovette fermarsi, le vibrazioni della ruota danneggiata non le permisero di
continuare. Il suo avversario si ribaltò con violenza.
“Vai, Ken! Battilo tu! Siete tu e lui soli,
adesso!”
“Romy, va tutto bene?!”
“Sto bene, Ken. Sono in una piazzola di emergenza! Mi
sono solo dovuta fermare, nient’altro! Pensa solo a vincere, ora! Fallo per me!
Vai, Falco!!”
Ken vide Ayab davanti a lui.
L’uscita del tunnel era prossima, e poco dopo vi era il
traguardo.
Ayab azionò i reattori e si lanciò in una lunga
parabolica.
Ken valutò un istante la struttura cilindrica della
parabolica ed eseguì una manovra considerata possibile solo in teoria.
Accese il reattore V1 portandolo rapidamente al massimo,
ma senza curvare. Si mantenne rettilineo puntando sulla Splendent ed eseguì un
giro della morte che lo portò trenta metri davanti all’esterrefatto Ayab. Poi il
falco mise il motore in folle eliminando ogni forma di freno motore, accelerando
come un razzo a stadi. Ayab non poté compensare qual balzo.
Continuava a gridare istericamente che non era
possibile, mentre vedeva svanire
tutte le sue ambizioni in un istante. Il suo già precario equilibrio mentale
venne meno. Portò i reattori della Splendent al cento per cento, poi centodieci,
centoventi, centotrenta per cento. Ignorò l’allarme acustico, la temperatura dei
reattori saliva senza controllo mentre l’Hayabusa si faceva più
vicina…
Poi la Splendent esplose, mentre Ken scorse per una
frazione di secondo il balenìo della bandiera a scacchi, ed al contempo il lampo
ed il tuono della fine di Ayab.
Il mondo delle corse era finalmente libero dal suo
tiranno.
Ken lo comunicò a Sayonji.
“Che peccato!” fu il suo commento “Una così brava
persona…”
Enoah e Nesia erano in piedi di fronte ai
Cyborg.
“Amici miei, è giunto il momento di separarci. Se la
Luce lo vorrà, ci rivedremo…”
Françoise era in lacrime.
“Ti prego, mia cara Françoise… non piangere… devi essere
felice… non devi…” Le disse Enoah, poco prima di piangere a sua volta.
Abbracciò Françoise con forza.
“Come vorrei restare insieme a te, sorella mia! Quanto
ti voglio bene…”
“Anche io…” le rispose Françoise con un filo di
voce.
Anche Nesia era in lacrime.
“Françoise, io…” Non riuscì a dire altro, prima di
gettarle le braccia al collo.
Françoise la ricambiò, carezzandole i
capelli.
“Sii forte, piccola Helayma, mia piccola
sorellina…”
Enoah si rivolse a Joe.
“Joe Shimamura, ti sono grato per il grande amore che
nutri per lei… hai mantenuto la promessa. Senza di te, lo Spettro Nero avrebbe
vinto… l’hai protetta senza mai pensare a te stesso… siamo felici di sapere che
la amerai anche per noi”
Anche Nesia si avvicinò, e diede a Joe un bacio sulla
guancia.
“Amando lei, tu ami anche me, Joe Shimamura… sono felice
di sapere che nella mia seconda esistenza, sarò amata tanto. Restale… restaci
sempre vicino”
Salutarono anche tutti gli altri cyborg, ringraziandoli,
uno per uno.
“Veglieremo sempre su di voi. La Luce vi
benedica!”
Furono le ultime parole di Enoah.
Le due principesse mossero la destra nel saluto
rituale.
E scomparvero.
Epilogo
Il cerchio di luce e di allegria intorno al fuoco sulla
spiaggia abbracciava tutta la squadra del Professor Gilmoure ed il Sayonji
Racing Team. L’arte culinaria di Chang stava toccando una vetta insuperata, e
gli accordi della chitarra di Yamato accompagnavano un coro di voci festose.
Sakura era seduta sulle ginocchia di Jet, persa negli
occhi del suo amato. Jet le carezzava i capelli mentre parlavano del loro
futuro. Sakura si era tolta un terribile peso dal cuore quando aveva
riabbracciato Jet. Sapeva che forse non si sarebbero rivisti. Si era tolta il
casco gettandolo via ed era corsa a gettargli le braccia al collo.
“Oh dio mio! Sei salvo, amore mio, che gioia! Come sono
felice… non lasciarmi mai più sola, non…”
Tremava per l’emozione nell’abbraccio di Jet, che, ad
occhi chiusi, gioiva di quel contatto casto e sensuale al contempo.
“Oh, Sakura” aveva pensato “così morbida, così calda,
così bella…”
Romy era euforica. Continuava a dare bacetti a Ken, che
si sforzava di darsi un contegno.
“Adesso basta, Romy!”
“Beh” rispose lei “Ultimamente, a causa di Tortica, ti
ho coccolato poco e pensavo di rifarmi…”
“Se non fai la brava andiamo a dormire!” la rimbrottò
Ken
“Ma sentilo!” replicò lei ridendo “Non penserai davvero
di dormire, stanotte, eh?”
Ken abbassò lo sguardo, un poco
imbarazzato.
Piunma era un po’ malinconico. Avrebbe voluto bere
insieme a Morgan sulla spiaggia, l’avrebbe voluta vicino. Françoise lo intuì,
gli toccò la spalla e gli sorrise. Piunma le aveva narrato l’accaduto, e
Françoise si era mostrata inizialmente scettica, ma era rimasta senza parole
dopo aver visto lo stiletto di Morgan. Il Professor Gilmoure lo aveva
analizzato. Quella lama aveva quasi quattrocento anni, ed altrettanto antica era
l’incisione al centro della croce dell’elsa: una “P” ed una “M” all’interno di
un cuore.
Il Professor Gilmoure era insieme a loro. Inizialmente
si era rifiutato: era tutta una “festa di giovani”, ma i “giovani” non vollero
sentire ragioni.
“Sai” aveva detto l’anziano scienziato a Françoise “Io
sono certo che le tue sorelle del passato veglieranno davvero su di noi,e che,
ogni volta che scamperemo miracolosamente ad un pericolo, che un’insperata
fortuna cui porterà gioia, che qualcosa si risolverà inaspettatamente a nostro
favore, chissà, potrebbe essere opera loro…”
Bretagna stava sciorinando ad Hilda il suo repertorio di
barzellette. Hilda non riusciva a smettere di ridere. Ormai era membro della
squadra. Le avevano affidato il Dolphin. Per Albert vederla sorridere era la sua
più grande gioia. Le aveva promesso felicità e si era rimproverato per tanti
lunghi anni di non avergliela potuta donare. Aveva dato un nuovo scopo alla sua
esistenza, ed in cambio riceveva amore dal suo angelo
biondo.
Sayonji, che stava proponendo a Joe nuove gare, sorrise
di nuovo a Françoise, che si era già raccomandata con Ken e gli altri di non
mandarle altre rose, viste le reazioni di Joe.
Ma una ragazza, da lontano, triste e in disparte,
osservava quella scena.
Françoise la vide e mise a fuoco il volto.
Era Amy. Françoise vide la tristezza sul volto di quella
ragazza sempre allegra, e capì.
Lo disse a Sakura, che andò da suo fratello.
“Credo che una persona voglia parlarti, ma che le manchi
il coraggio di farlo.”
“Quale?” chiese Sayonji.
“Indovina un po’!” replicò Sakura, indicandogliela
“Eccola! Volevi tanto liberartene… Questo è il momento di farlo… Hilda, puoi
invitarla ad unirsi a noi, per favore?”
“Sì, certo…”
Sayonji rimase interdetto.
Si era aspettato il solito battibecco con sua sorella,
ed ora che lei cedeva le armi senza combattere, si rese conto di quanto quel
trionfo fosse amaro e vuoto.
Poi guardò sua sorella abbracciata a Jet.
Infine Amy.
Amy, che taceva triste senza le sue solite frivolezze ed
il suo sorriso intrigante… di cui Sayonji inspiegabilmente sentì la
mancanza…
Quella ragazza era venuta a dirgli
addio.
“Aspetti Hilda” disse Sayonji “Ci parlo
io….”
Si alzò velocemente, incamminandosi verso Amy, sotto lo
sguardo attonito dei presenti… quando fu davanti a lei, si arrestò, le prese la
mano e la condusse verso il centro della festa…
La ragazza era rimasta a bocca aperta… iniziò a
balbettare parole sconnesse: “Ma… ma… che succede?... che stai
facendo?”
Sayonji non le rispose, si fermò al centro della festa,
le circondò la vita con le braccia, attirandola a sé e disse: “Ehi qui ci vuole
un po’ di musica che crei atmosfera! Yamato! Chiudi la bocca e inizia a suonare
per favore…”
Yamato, preso alla sprovvista da quella scenetta, cercò
di ritrovare la sua concentrazione melodica e intonò una dolce canzone; Sayonji
iniziò a far volteggiare Amy, senza che lei opponesse la minima resistenza…
Sakura intervenne stupita: “Ehi fratellone! Da quando in qua sai ballare così
bene?”
“Taci sorella!”…
“Oh scusa tanto, come non detto… vieni Jet…” disse,
trascinando il suo ragazzo sulla sabbia…
In breve tutte le coppie stavano ballando al chiaro di
luna… era un istante così bello che nessuno dei presenti avrebbe voluto
terminasse mai…
Amy, dopo qualche passo di danza senza fiatare, si fece
coraggio e disse sottovoce: “Cosa significa tutto questo? E’ il tuo modo crudele
di prendermi ancora in giro?”
Ma Sayonji le rispose scuotendo la testa: “No… è solo
che… non so… ho come l’impressione che mi mancheresti troppo se decidessi di
andartene…”
Lei gli sorrise e lui pensò che era la cosa più bella
che avesse mai visto… “Ah-ehm…” bofonchiò, cercando di schiarirsi la voce “…
quindi signorina… temo proprio che dovrò sopportarla per molto… moltissimo
tempo”
Amy acquistò di nuovo tutto il suo esasperante fascino:
“Non farai altro che il tuo dovere, mio caro…”
Era di nuovo felice… come lo erano tutte le persone
intorno a loro… e come lo era un intero popolo ai confini del loro
universo…
NOTA: Questa fic è stata scritta in collaborazione con
COSTIGAN, a cui deve essere attribuito pienamente il merito della trama, io mi
sono limitata a coadiuvarlo nella stesura ed a completare alcune parti. Pertanto
la fanfic è da considerarsi scritta da due autori: Costigan e Michiredfox.
Grazie.
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