Covered the Carcass of Time with Flowers

di kuutamo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** It doesn't hurt me? ***
Capitolo 2: *** I'll be yours ***
Capitolo 3: *** Violetti Ruusut ***
Capitolo 4: *** ENVY ***
Capitolo 5: *** Dark Secret Love ***
Capitolo 6: *** Despair in your eyes ***
Capitolo 7: *** The rotten lies I heard before ***
Capitolo 8: *** What are you looking for ? ***
Capitolo 9: *** When You Touch Me I Die ***
Capitolo 10: *** Nothing's so cruel as the truth ***
Capitolo 11: *** Don't let her go, Ville ***
Capitolo 12: *** Raped ***
Capitolo 13: *** Love without Tears ***
Capitolo 14: *** Angels with silver wings shouldn't know suffering ***
Capitolo 15: *** My flesh and blood in you ***
Capitolo 16: *** The End of Time ***
Capitolo 17: *** Burning Hearts ***



Capitolo 1
*** It doesn't hurt me? ***


                                       



Nota:

Per l'inizio consiglierei di metter su Running up that hill dei Placebo; è così che continuo ad immaginarmi tutte le volte questo momento.

Buona lettura/ascolto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                                                  

 

 

 

 

 

 

 

                                                                                                     *"It doesn't hurt me?"*

 

 

 

 

Silenzio.

 

Nella mia vita stavo cercando di non avere tempo per il silenzio, << to avoid it >> come si direbbe in inglese, nella lingua nella quale mi sorprendevo sempre di più a pensare prima di agire; avevo riempito ogni attimo vuoto: nei primi tempi avevo tenuto il lavoro part-time al caffè, per dedicarmi alla pittura.

Un po' di settimane prima avevo conosciuto un tale che aveva una piccola galleria al centro di Helsinki, aveva visto le foto dei lavori che gli avevo fatto avere ed era entusiasta, al punto tale da offrirmi uno spazio pari a cinque o sei tele. Devo dire che, forse, sono andata avanti grazie a questo.

Anche se il part-time era l'ideale per aver il tempo materiale per dipingere, avevo iniziato a lavorare tutto il giorno, mettendo da parte anche qualche soldo, e la maggior parte della notte restavo sveglia a lavorare sulle tele. Mi ero detta che se dovevo rimanere sveglia a guardare il soffitto, tanto valeva produrre qualcosa di buono, e soprattutto non pensare.

Nonostante tutto ciò, il silenzio tornava. Tornava ogni volta che mi accovacciavo sul pavimento a tracciare linee, tornava ad ogni pennellata. 

La verità è che disegnare è una di quelle attività che ti permette di pensare, anche troppo. L'unico lato positivo era che, dopotutto, nasceva qualcosa di buono da tutto questo, per quando scuro potesse essere.

 

 

Ed ecco la nota dolente, Ville.

Gli eventi successi quel giorno erano difficili da assimilare tutti insieme, insomma non avevo avuto neanche il tempo di gioire per qualcosa perché qualche altra emozione aveva preso il sopravvento. Dopo quel giorno però ebbi la possibilità di esaminare tutto con calma, molta calma. Avevo evitato Ville da quel momento e non lo nascondevo a me stessa, né lo negavo, ma se lui me lo avesse chiesto, probabilmente avrei cambiato argomento, inventato una scusa.

Mi aveva chiamata spesso, soprattutto nella prima settimana, ma alle sue chiamate non avevo mai risposto: e non era per ripicca, per orgoglio o non so che, era perché non ce la facevo. 

La settimana successiva alla fine si era presentato alla mia porta. Per i primi dieci minuti ci eravamo guardati senza dire nulla, anche se era più da parte sua che esisteva una matta voglia di indagare, che gli leggevo in faccia. Però non lasciai trasparire nulla.

Probabilmente era venuto con l'idea di farmi una sfuriata, con la paura di trovarmi di nuovo nelle condizioni di quella sera, però fortunatamente non permisi ai suoi occhi di andare sotto la superficie, ma l'ordine in casa non rispecchiava nulla di me in quel momento.

Sapevo che non era soddisfatto di quello che aveva visto, che non si fidava, che sapeva che c'era qualcosa che non andava. Forse sotto sotto voleva rispettare la mia volontà di tacere? Aveva provato a parlarmi e a chiedermi cosa c'era che non andava, ma si sa, in questi casi è difficile, le parole fuoriescono lentamente e goffamente, e l'unica cosa chiara che si riesce a percepire è l'imbarazzo. Dopotutto c'era stato un bacio, lo avevo respinto e anche lui a suo modo, anche se lui non sapeva che io lo sapessi. Da quel giorno in poi ci sarebbe sempre stato uno strano imbarazzo fra di noi, ed era l'unica cosa di cui eravamo consapevoli.

Dopo una chiacchierata su un terreno meno minato, mi diede un abbraccio, ed era davvero sentito, come se avesse avuto qualcosa da farsi perdonare. Io ero al corrente, potevo riuscire a capirlo, e in quel momento forse avrei dovuto dirgli tutto, ma la verità è che dentro di me provavo qualcosa di molto diverso, di avverso, quasi repulsione mentre cercavo di stringerlo e respiravo il suo odore. Era sempre lo stesso, forse era una delle poche cose rimaste invariate.

 

 

E mentre continuavo a stendere il blu notte su una di delle tele che erano tra le candidate all'esposizione, continuavano a venirmi in mente tutti quegli eventi, e non c'era notte in cui potevo sfuggirgli. Questo era il prezzo da pagare per aver toccato il cielo con un dito una volta sola.

 

 

 

Verso le quattro del mattino avevo lavato i pennelli e li avevo riposti nella loro scatola, dove speravo che sarebbero restati per un bel po'. 

Infondo il mio elemento non era la pittura vera e propria ma il disegno, quello in bianco e nero, in cui trovavo una profondità di ombre che non trovavo in nessun altra tecnica. Lasciavo il dipingere ai momenti di vero e proprio black out, e speravo che con il termine della consegna delle tele, sarebbe terminato anche quel periodo.

In mattinata, durante la mia pausa, chiamai Alexis per confermargli che le tele erano pronte e che glie le avrei portate in settimana, appena l'ultima si sarebbe asciugata completamente e lui mi comunicò la data della mostra, in cui sarebbero state esposte le opere di altri quattro giovani artisti oltre alle mie. Fu strano constatarlo dal tono della mia voce al telefono, ma forse c'era qualche nota di latente felicità qui e là. 

Appena misi giù il cellulare, mi salì un ansia incredibile: ero preoccupata per tutto, dalla faccia che avrebbero fatto gli ospiti osservando le mie tele, al panico di ricevere delle critiche sul modo di stendere il colore agli angoli. Stavo sul serio entrando in paranoia ed era difficile pensare che avrei dovuto convivere con quell'insicurezza devastante fino al giorno della mostra.

' Ora devi dirlo a Ville '

La vocina malefica si manifestò, come tutte le volte. Dovevo dirglielo. Era stato proprio lui uno dei primi ad apprezzarmi e soprattutto a spronarmi. Aveva creduto in me ed ora dovevo dimostrargli che la sua fiducia non era risultata vana. Certo però, era più facile dirlo che metterlo in atto. Mi dissi che ci avrei pensato più tardi, così m'infilai il telefono in tasca e rientrai dalla porta sul retro del caffè, sollevata.

 

 

 

 

 

Note(2):

 

Hei! Ecco la continuazione di Craving for Deliverance. Beh, non potevo sul serio chiuderla così, a mezz'aria: Matilda e Ville hanno costruito una bella amicizia dopotutto, tra di loro c'è un rapporto misterioso, ma intenso e forte, forse più di quanto loro non si accorgano. Ora le cose sono ovviamente diverse, e il cambiamento si è visto soprattutto in M, perché si è di nuovo richiusa in se stessa, come spesso fa. Riuscirà V a far uscire dal guscio la sua piccola escargot?

 

Alla prossima! 

 

Curious to see your comments.

 

Kiitos.

 

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Capitolo 2
*** I'll be yours ***


                                       




Riflettendo, davanti al mio piccolo armadio stracolmo ma oramai sottosopra, mi resi conto che non avevo nulla e dico nulla da mettermi per quella che sarebbe stata la mia prima mostra.

La ragazza selvaggia che c'era dentro di me mi diceva di scegliere una maglia nera a caso tra le tante che avevo raccolto negli anni, i miei anfibi Jadon e un giubbotto di pelle. Black, classico e tipico di me. Erano panni senz'altro familiari, e almeno per quanto riguardava la comodità di quell'abbigliamento, non avrei dovuto sentirmi a disagio. 

Poi pensai che ci sarebbe stata tanta gente, e anche se qui era totalmente un altro mondo, sentivo in quel momento la voce di mia madre risuonarmi nella testa, cercando di inculcarmi un po' di buonsenso e farmi optare per qualcosa di diverso e più elegante, almeno in quell'occasione.

Quindi chiamai Timo, il mio capo e gli chiesi la mattinata libera con la scusa di dover assolutamente sbrigare delle faccende personali, il che era vero, anche se suonava come una bugia bella e buona. Lui con estrema cortesia acconsentì, chiedendomi addirittura se volevo prendermi tutto il giorno; diamine, non mi sarei mai abituata alla  gentilezza di questi finnici.

 

Vagai per negozi e negozi come un'anima in pena. Anche se con meno enfasi, era un mondo, quello della moda, che non mi apparteneva, di cui non facevo minimamente parte. Infatti, in ogni negozio in cui entravo, nonostante la cortesia delle commesse, non c'era finnico che riuscì a farmi sentire a mio agio. 

Provai svariati vestiti, ovviamente tutti sui toni scuri, perché sapevo dentro di me che mi sarei presentata in biancheria intima alla mostra piuttosto che andarci con qualche vestito sgargiante, magari a stampa floreale.

Mentre provavo l'ennesimo tubino, a metà dell'opera me lo sfilai per il nervosismo, senza neanche averlo provato. Lo misi sulla pila con le altre vittime e mi accorsi che sotto tutta quella stoffa c'era un vestito corto che ancora non avevo visto, ancora piegato.

Lo presi e lo esaminai meglio: mi accorsi che forse sarebbe stato uno dei pochi vestiti se non l'unico, che mi era davvero piaciuto quando sbadatamente lo avevo preso.

Era nero, velato, lungo fin sopra il ginocchio, con molti strati di pizzo che formavano dei disegni scuri; il davanti lasciava scoperto il collo e un po' le spalle mentre dietro, appena lo girai, mi resi conto che era una delle cose più belle che avessi mai visto. Dalla nuca e per tutta la lunghezza della schiena era ricoperto solo di un velo trasparente, con sopra ricamate le ossa delle vertebre e della colonna in un bianco perlato. 

Era la prima volta che mi brillavano gli occhi dopo aver visto un vestito.

 

Tornai a casa, contenta per lo meno di aver trovato qualcosa di stupendo a mio parere, e che ringraziando il cielo non mi stava neanche troppo male.

Per le scarpe purtroppo non avrei potuto fare nulla neanche volendo (e non volevo) visto la spesa che avevo appena sostenuto. Decisi quindi, come stavo già pensando da un bel po', che avrei indossato le converse nere alte e tanti saluti, infondo erano un po' le mie compagne di avventura, e quello sarebbe stato un momento importante per me.

Riordinai l'armadio e poi mi ritrovai davanti allo specchio con il vestito poggiato in grembo, ancora insicura e con mille dubbi. 

Infondo era solo per fare una figura dignitosa davanti a quelle persone, giusto? Potevo farcela.

E come ogni distrazione che si rispetti, anche questa finì e arrivò il momento di dire a Ville della mostra.

Chiamarlo era fuori discussione, anche perché non sapevo cosa dirgli..insomma, come avrei riempito i silenzi che si sarebbero venuti a creare? Visto che quest'idea non aveva neanche visto la luce, l'unica cosa più rapida e indolore possibile era mandargli un sms: breve, coinciso, dove non avrebbe potuto leggere nessuna delle mie emozioni.

Con riluttanza tirai fuori dalla tasca il cellulare e cercai il suo nome nella rubrica: Ville.

Che strano, era uno dei pochi nomi, oltre a quelli della mia famiglia, delle persone che avevo conosciuto in tutta la mia vita.

Feci un respiro profondo e pigiai velocemente i tasti, uno dopo l'altro. Scrissi che era finalmente arrivato il momento di svelarmi al mondo, e che lo invitavo ad essere a fianco a me in quel momento, specificando ovviamente data, ora e luogo in cui si sarebbe tenuta la mostra.

Per me non era una cosa da poco avergli scritto quelle parole, non dopo quel giorno.

Premetti invio e chiusi gli occhi, gettandomi all'indietro sul letto, in cerca di sollievo.

Brian Molko inondava la stanza con la sua voce metallica, rispecchiando completamente quella che ero io in quel momento.

 

 

 

 

<< I'll be your water bathing you clean

The liquid piece

I'll be your ether you'll breathe me in

You won't release

Well I've seen you suffer, I've seen you cry the whole night through

So I'll be your water bathing you clean

Liquid blue

 

I'll be your father, I'll be your mother, 

I'll be your lover, I'll be yours [x2]

 

I'll be your liqour bathing your soul 

Juice that's pure

And I'll be your anchor you'll never leave

Shores that cure

Well I've seen you suffer, I've seen you cry for days and days

So I'll be your liqour demons will drown

And float away

 

I'll be your father, I'll be your mother, 

I'll be your lover, I'll be yours [x3]

Yours... >>

 

 

 

 

La verità era che mi mancava, che mi mancava abbracciarlo con quella sincerità che avevo prima, senza alcun tipo di repulsione, senza veli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note:

 

 

La canzone è I'll be yours dei Placebo. Durante la stesura del capitolo ho ascoltato anche Into Dust , nella versione di Chris Holmes (precisiamo, a ripetizione).

 

Ringrazio chi segue e chi seguirà la storia.

 

Vorrei davvero capire cosa ne pensate.

 

 

Kiitos paljon himsters.

 

-fachiluna

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Capitolo 3
*** Violetti Ruusut ***


                               




Il buio stava calando, dapprima tra i vicoli e le strade e poi fin sugli edifici di Helsinki. La luce aranciata del crepuscolo salutava il cielo regalandogli un'ultima sfumatura prima di morire svanendo tra le nuvole.Un vento leggero s'insinuava nel pizzo del vestito, facendomi leggermente rabbrividire lungo la schiena scoperta. 

Ormai a momenti la sala si sarebbe riempita ed io non avrei avuto scampo: speravo solo di cavarmela rispondendo a qualche domanda. Speravo che la gente non mi avrebbe fissata, facendomi sentire ancora più a disagio di quanto già non mi sentissi.

Ville non mi aveva chiamata, il che era strano; devo ammettere che non me lo aspettavo e per qualche giorno la mia mente aveva vagato inventandosi improbabili congetture e teorie cospirative. Poi, d'un tratto mi mandò un sms, dove mi diceva che quella sera aveva una sessione di prove con la band e che non sapeva se ce l'avrebbe fatta a venire. 

Triste ad ammetterlo, ma questo mi demotivò parecchio. Mi sentivo..ferita, in qualche modo. Ma sapevo che non era colpa sua in fin dei conti. Per questo motivo quella sera c'era una sola cosa che torreggiava su di me, l'ansia, che cresceva a ogni persona che varcava l'ingresso.

Decisi che era ora di rientrare e di controllare per l'ultima, nonché millesima, volta le tele e ripetere mentalmente le giustificazioni che ne spiegavano i soggetti. Quando avevo chiesto ad Alexis cosa avrei dovuto fare o dire non era stato per nulla esaustivo: era gentile, ma "il suo spirito libero", come lo chiamava lui, aveva detto di seguire il vento, si, letteralmente.

Smisi di osservare la città che si stava accoccolando nel buio per addormentarsi e di seguire il vento. 'Quante cazzate'.

Respirai profondamente ed entrai.

 

 

 

Tenevo d'occhio l'entrata; sapevo che avrei sperato fino all'ultimo di vederlo. Infondo avrei sempre voluto che nei momenti importanti, ci fosse qualcuno di importante lì con me. Ma se mi guardavo intorno vedevo solo estranei che mi stringevano la mano e mi facevano complimenti. Ero molto felice che le mie tele piacessero a qualcuno, non avrei mai pensato che un giorno avrei fatto qualcosa del genere, che ne avrei avuto la possibilità. Qui era tutto così surreale e perfetto, che quasi faticavo a credere che fosse vero per davvero. 

La stanza aveva un arredamento minimalista, c'erano pochissimi mobili che per lo più servivano per appoggiarci i drink e i piattini da buffet. Le pareti erano dipinte di un bianco brillante alternate con delle lastre di vetro opaco che davano come l'impressione che si fosse circondati da un manto di neve brillante. Il pavimento era di legno scuro, scolorito agli angoli per dargli quel tocco di vissuto di cui aveva bisogno. Nel complesso mi piaceva molto, perché era semplice e contrastante. Vagando con lo sguardo tra una chiacchera e l'altra, posai lo sguardo sul piccolo banco di alcolici allestito per l'occasione: le bottiglie colorate scintillavano, mentre venivano agilmente maneggiate dal barman che serviva i drink. 

Era ormai passata più di un'ora dall'apertura e d'un tratto una donna slanciata e aggraziata mi porse la mano, richiamando la mia attenzione.

 

" Ciao ! Io sono Natali, la moglie di Gas, tu devi essere Matilda vero?" -disse.

" Si, sono io. Molto piacere " - le sorrisi e le strinsi la mano. Ero davvero contenta di poterla conoscere.

" Ho osservato un po' i tuoi lavori e man mano che andavo avanti, mi convincevo sempre di più che sei davvero brava "

" Oh, grazie mille; io invece anche se non ho ancora visto una tua mostra, ho visto in rete qualcuno dei tuoi lavori e sono, beh..stupendi. Mi piacciono molto i colori e i toni scuri che usi, sei molto brava anche tu, se non di più, io non sono poi così eccezionale" 

" Ma dai non è vero, a me piacciono molto le tele e poi Alexis mi ha detto che ne hai venduta già una, e la serata non è ancora finita !"

" Spero davvero che riesca a venderle tutte, così inizierò a lavorare su dell'altro materiale"

 

Mentre Natali stava per rispondermi, all'improvviso un grande braccio tatuato le cinse la vita: Gas.

 

" Eccoti , non ti trovavo più , purtroppo dobbiamo andare - disse in finlandese, poi mi guardò e riprese - Tu devi essere Matilda, Ville ci ha parlato molto di te "

 

Ville. Già, lo stesso Ville che non era potuto venire perché aveva le prove, con la band.

 

" Oh.. Spero che ne abbia parlato bene allora - dissi ridendo, nascondendo il velo di nervosismo che ormai aveva totalmente rovinato il mio umore. - Comunque, molto piacere "

" È un piacere anche per me "

" Beh, vi auguro una buona serata allora"

" Anche a te Matilda, e spero che venderai le tue tele, non scoraggiarti ! Ci vediamo " - aggiunse Natali con estrema dolcezza; mi stupì il fatto che ci credeva davvero.

" Grazie Natali, spero di rivedervi presto "

 

I due si allontanarono e non appena furono fuori dalla mia portata, lasciai che la rabbia mi si espandesse in tutto il corpo. 

Mi aveva mentito. Avrebbe potuto farlo in qualsiasi altra occasione, ma non quella sera ; quella sera avevo bisogno di lui, avevo bisogno che mi sostenesse, nonostante tutto ciò che era successo. Invece avevo affrontato tutto da sola: la mia prima mostra, circondata da gente che non conoscevo, e le uniche facce famigliari che avevo incontrato, per quanto gentili, avevano portato una brutta notizia, o meglio avevano fatto cadere la sua copertura.

Tenevo la testa bassa, lasciandomi coprire il viso dalle ciocche ribelli che scendevano ondulate sulle tempie : ora nella mia visuale avevo solo le mie converse, e per un attimo mi sentii con meno sguardi addosso, ma solo per un attimo. 

Quando rialzai lo sguardo, mi accorsi che gli invitati si erano ampiamente ridotti, quindi decisi di assentarmi per un attimo e mi misi a guardar fuori dalla finestra alle mie spalle, iniziando a contare le luci dei lampioni per strada. 

D'un tratto, quasi totalmente immersa nella mia mansione, sentii dei passi silenziosi dirigersi verso di me. In quel momento non volevo rivedere la faccia di Alexis che m'incitava ad essere positiva, non ne avevo nessuna voglia. I passi cessarono e si fermarono a qualche metro : potevo avvertire chiaramente la presenza di qualcuno a qualche passo da me. Pensando che potesse essere un'altra dolce signora in vena di complimenti, mi spostai piano, dapprima spiando con la coda dell'occhio e poi voltandomi. Mentre lo feci vidi una figura magra e nera che guardava verso di me, o meglio che mi fissava. Era Ville.

Ma cosa ci faceva qui?

' Alla fine è venuto ' - strillò la vocina del demone bianco dentro di me.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando mi arrivò il suo sms, così freddo, distaccato e quasi formale, ci rimasi piuttosto male. L'avevo spinta molte volte a cercare qualcuno disposto ad esporre i suoi lavori e mi aspettavo qualcosa di più, ecco. Forse la verità era che volevo solo vederla.

Non le risposi, non facendomi sentire; è sempre stato così, ogni qualvolta qualcuno mi feriva, in qualche modo. Ma essere 'arrabbiato' con lei era diverso, quasi non ne avevo la forza. Dopotutto ero io quello che nascondeva in bella vista qualcosa. 

Non so il motivo per cui non le confidai che stavo con qualcuno: all'inizio ne avevo tutte le intenzioni, ma poi tutto questo è andato via via scemando fino a sparire. Dal voler essere sincero ero divenuto quello che aveva paura di deluderla. Così stavo continuando su questa linea a dir poco scandalosa, ben sapendo che quando Matilda lo avesse saputo, non avrei avuto più nessun motivo valido per essere contrariato con lei, semmai il contrario. 

Con lei intorno, dimenticavo quella situazione squallida in cui mi ero imposto di vivere; a volte mi chiedevo cosa mai sarebbe successo se le avessi confessato tutto di punto in bianco. Parte di me però non voleva scoprirlo, e mai avrebbe voluto, conoscendomi. Ma l'altra parte, desiderava con ardore mettere le cose in chiaro, e anche qualcosa di più. Mi costava molto far finta di niente, vivere i giorni assente, vedendoli passare e inerme intrattenerli con i miei dilemmi. 

Da quel giorno in cui c'eravamo dati quel dolce, tenero e maledetto bacio, era come se si fosse creato un ponte tra noi, che sembrava insormontabile e pensante. Un ostacolo. Non sapevo cosa lo avesse causato, e quando finalmente andai da lei, deciso a parlarne, entrambi sorvolammo, negammo e cambiammo argomento. Entrambi colpevoli dei nostri silenzi. Era come se soltanto i nostri occhi parlassero, anche se dietro ai suoi sembrava esserci qualcosa che avevo solo intravisto, una barriera opaca che m'impediva la vista sui suoi pensieri. Cosa c'era che non andava? Era una cosa così segreta che non poteva neanche dirla a me?… Ma probabilmente non volle, e tuttavia la rispetto, qualsiasi cosa passi per quella testolina triste. Solo, non vorrei avesse a che fare con me. Non mi ero mai sentito osservato in quel modo, nel modo in cui mi osservò in quegli attimi di assoluta oscurità.

Dietro ogni cosa però, si nascondeva malvagiamente il mio carattere, brutto e insensato per quelli che ci hanno avuto a che fare, e anche un tantino orgoglioso.

Una mattina mi svegliai, dopo non aver chiuso occhio quasi tutta la notte, presi in mano quella diavoleria di cellulare e feci una delle cose che non sopportavo di più al mondo : inventai una scusa, una scusa per non esserci quella sera. Perché si, mi aveva ferito, e anche se il mio cuore la aveva già perdonata da un pezzo per quella sciocchezza, il mio ego torreggiava su quello che facevo. I due non sarebbero mai andati d'accordo, neanche in un'altra vita. 

 

Su due piedi, quella sera, ero saltato un un taxi e avevo mandato al diavolo tutto il resto. Non avrei mai potuto perdonarmi di non esserci stato. E forse lei si sarebbe comunque stata risentita nei miei confronti, dal momento che avrei tardato ad arrivare, e di molto.

 

Quando finalmente arrivai all'indirizzo che magicamente ritrovai sull'aggeggio infernale, vidi la gente uscire dalla galleria e mi chiesi se non fossi arrivato troppo tardi per davvero. Pagai l'autista e mi diressi all'interno come un fulmine, camminando a zig zag, facendomi largo tra i tavolini e le persone rimaste. 

Dopo aver setacciato tutta la stanza finalmente la vidi alla mia destra : era vestita di nero, e anche se era di spalle, l'avrei riconosciuta ovunque per come stava appoggiata al vetro della finestra, anche se devo ammettere che era più irriconoscibile del solito. 

Ormai individuata, la raggiunsi con passo calmo, e man mano che mi avvicinavo, mi accorgevo sempre più di quanto fosse bella.

Ora potevo vedere nei particolari il suo vestito : era tutto in pizzo, bucherellato con dei motivi floreali, infinitamente piccoli, e solo un velo ricamato, le disegnava le ossa della cassa toracica e le vertebre, coprendo tutta la linea della schiena, dalla nuca fin sopra il bacino, lasciando intravedere le fossette di Venere. I capelli legati in un'acconciatura morbida, le scoprivano il collo diafano e sottile.

Non l'avevo mai vista così…sembrava uscita da uno di quei sogni che appartengono ad un altro tempo, ad un luogo lontano e dimenticato, di cui la natura si è impossessata, ricoprendo i pavimenti e le scale a chiocciola con la sua edera e con rose violacee selvatiche.

Mi fermai a pochi passi da lei, un po' perché ero frastornato e un po' perché si era accorta della mia presenza. 

Pian piano si girò, alzando lo sguardo scuro e mi guardò assolutamente sorpresa, con quell'innocenza e candore che hanno i bambini.

 

 

 

 

 

 

 

Note:

 

Finalmente il momento di Matilda è arrivato !

 

Che dire, il punto di vista di Ville è molto difficile da scrivere ed interpretare, ma nonostante ciò mi piace molto inserirlo e provare a decifrarlo.

 

E per finire, non potevo non inserire in una piccola parte Natali; she's so pretty.

 

Mi sono resa conto che il 2 capitolo  mi era uscito troppo corto, ma non volevo cercare di allungare il brodo per forza. Quindi ho deciso di pubblicare un doppio capitolo questa sera, inserendo anche il 3. Spero sia stato gradito.

 

Grazie a chi segue, legge e commenta la storia, che devo dire fa molto piacere.

 

See ya soon!

 

 

-kuutamo

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Capitolo 4
*** ENVY ***


                               








" Che cosa ci fai qui? " 

" Alla fine ce l'ho fatta, ed eccomi qui " - disse, allargando le braccia e un po' il sorriso. 

 

Arrivata a quel punto mi ero davvero rassegnata. Quando avevo visto Gas, la sua "copertura" mi era saltata, e ora non riuscivo ad essere totalmente felice e spontanea nel vederlo. Di certo però, non potevo negare che mi facesse piacere averlo lì con me. 

 

" Vieni qui " -dissi, e lo tirai a me avvicinandomi con un passo veloce. Ci abbracciammo e lui mi strinse a sé come solo poche volte aveva fatto, con un'intensità disperata che chiedeva calore, che ne aveva bisogno. E lo stesso facevano le mie braccia; la freddezza delle notti passate a dipingere, quelle passate sveglia, e la solitudine avevano scavato ancor più dentro di me, nelle mie ferite che si erano rimarginate solo all'esterno grazie ad una semplice medicazione, ma che dentro ormai erano putride. In quell'abbraccio c'era la speranza, c'era quel calore che tra noi mancava da un pò. C'era la brama per la liberazione.

 

" Allora, finalmente mi farai vedere cos'ha elaborato la tua mente contorta "

" Ah-ah non ti conviene fare tanto il simpatico finn " - gli diedi una gomitata e con un braccio lo guidai verso i quadri. Poi lasciai il suo braccio e feci un passo indietro, rimanendo a studiare le sue reazioni.

Era da qualche minuto ormai che aveva inchiodato il suo sguardo su una tela, dopo che aveva passato in rassegna le altre. Forse c'era qualcosa che lo incuriosiva particolarmente.

 

Il quadro raffigurava una donna in una tempesta, con il vento che cercava di domare i neri capelli ribelli, che si riversavano irruenti sul viso, coprendolo del tutto. Aveva le mani tese, come artigli, i palmi sporchi di una macchia nera, oleosa e densa che non riusciva a staccarsi. Quelle stesse mani tendevano verso il cielo e al tempo stesso verso lo spazio al di fuori del mondo della tela.

 

" Chi è? "- mi chiese, continuando a fissarla.

" Una donna che ha perso tutto.. che disperatamente parla alla luna, bramando la liberazione. "

 

Non si rendeva conto di quanto mi capisse in quel momento. Di quanto, in realtà, mi aveva già capita, molti anni prima, prima ancora che le nostre strade o meglio la sua s'incrociasse con la mia. 

 

 

 

<< No one's safe from its tender touch of pain

And every day it's looking for new slaves

To celebrate the beauty of the grave

 

We are like the living dead

Sacrificing all we have

For a frozen heart and a soul on fire

We are like the living dead

Craving for deliverance

With a frozen heart and a soul on fire >>

 

 

 

 

" Craving for deliverance .. " - schiuse le labbra leggermente ed emise quei suoni in ordine volgendo un ultimo sguardo  verso la donna e poi verso il pavimento. 

" Si.."

 

La gente, durante il tempo in cui avevamo parlato, era notevolmente diminuita; oramai si andava verso la chiusura.

" Sai che è già mio vero? Se non mi permetterai di comprarlo, credo che non ti parlerò per 10-12 anni o giù di lì "- disse ammorbidendosi pian piano.

" Va bene - sorrisi - però te lo regalo io, accetti? "

" Neanche per sogno - disse scuotendo la testa tornando ad osservarlo - l'ho già pagato "

" Eh? E quando lo avresti fatto scusa? "

" Ho semplicemente telefonato, sai quell'apparecchio con quel piccolo schermo? "

Gli diedi una pessima occhiata; parlava proprio lui che era allergico più di me a quella roba.

" Comunque ho comprato una tela, ma fino a poco fa non sapevo ancora quale fosse " 

Finito il suo discorso si girò verso di me divertito e soddisfatto. Io lo guardai torva.

" Matilda non mi guardare in quel modo; fosse stato per me le avrei comprate tutte, ma a quel punto mi avresti guardato peggio "

Arrossii.

" Sei incredibile, sai? " 

" Non così tanto.. " 

Mi prese la mano come facevano gli uomini d'altri tempi e quasi c'inchinò scherzando.

" Signorina, le faccio i miei complimenti: ora è entrata ufficialmente in società, come ci si sente? "

" Mhm..esattamente uguali a prima, solo più insicuri e innervositi dagli sguardi altrui.. A proposito, per l'amor del cielo alzati prima che anche gli unici due anziani che non ci stanno fissando inizino a farlo " - dissi nervosa, e mi sentii arrossire ancor più di prima.

Ville si tirò finalmente su e lo ringraziai infinitamente per averlo fatto. Si sistemò la giacca e poi fece per prendermi sottobraccio continuando a fare il galante.

" Che ne dici se andiamo a cena? Sto morendo di fame"

" Ma tu non eri quello che mangiava solo verdure come un coniglio? "

" Si, ma anche i conigli mangiano "

Risi, spensierata.

" Io avrei proprio voglia di una pizza "

" Sei italiana da far schifo, non cambierai mai " - disse tenendosi la testa fra le mani.

" Per me andrebbe bene anche una bella birra, sapete? "

All'improvviso dalle nostre spalle si fece largo una voce che ormai mi era quasi diventata familiare.

Sandra. 

Aveva tra le mani una flûte di champagne, che non perse tempo a scolarsi. Ci guardò con uno di quei sorrisi falsi da far venir voglia di stenderla, ma quella che guardava, o meglio fissava davvero ero io. Mi sorrise con quell'espressione maliziosa, spenta, quasi addormentata, credendo di sembrare sexy. Una gatta morta insomma, che sembrava guardarti storto, ma nel vero senso della parola. 

Quando la vidi mi tornò tutto alla mente, tutto quello che avevo dimenticato per pochi attimi, grazie a Ville. Anche se lo riguardavano mi ero lasciata trasportare, non mi ero fermata. Ero stata bene anche se per poco, e isolata dai problemi. Ma quella sensazione di delusione e profonda repulsione che avevo provato quel giorno sotto la torre, tornò più viva e repentina che mai, avvolgendomi della stessa aura avvelenata, che non mi lasciava via d'uscita ne respiro. 

Lentamente mi staccai da Ville, a piccoli movimenti, sfruttando la sorpresa che aveva suscitato in lui vederla. Non sapeva che ormai io ero al corrente.

Decisi di facilitargli la messa in scena. 

" Magari un'altra volta - dissi- ora devo proprio andare " 

Ringraziando il cielo le ultime persone che erano presenti se n'erano andate e la sala era completamente vuota, ad eccezione dei camerieri che stavano già riordinando.

Ville al pronunciar di quelle parole si girò di scatto, come se fosse stato fulminato.

" Ma come ? M.. "

" Si, mi ero totalmente dimenticata di avere un impegno. Devo vedermi con un cliente che è passato prima, prendiamo qualcosa al Bäkkäri "

Odiavo mentirgli, soprattutto in quel modo. Ma stavolta se lo meritava, se lo meritava davvero.

Quei momenti addolciti erano finiti quando lei era entrata nella sala, e mi aveva riportata alla realtà, portando con se quei ricordi che tanto mi facevano sentire male. Decisi in quel momento, che allora anche lui doveva sentirsi come mi sentivo io. Ma l'altra parte di me continuava a ripetermi che ero un sciocca, un'ingrata; sicuramente Ville non l'aveva presa come me, e anche se tendevo a pensarlo e a convincermene disperatamente, lui non era stato male. E ora, sicuramente quella stupida e infantile allusione ad un uomo che mi aspettava in un bar, non l'avrebbe nemmeno scalfito.

" Mi dipiace "

Andai verso il bancone e ritirai il soprabito. 

" Ci vediamo, divertitevi " - dissi, sottolineando ed enfatizzando quell'ultima parola, guardando Ville negli occhi, uno sguardo profondo, mirato a colpire e a scavare nell'anima,  o semplicemente a spalancare la mia. Rivolsi l'ultimo sguardo a lei, a lei che mi squadrava da capo a piedi, con quello stesso sguardo di poco fa. Nel frattempo che io avevo fatto quel piccolo tragitto verso il bancone, si era avvinghiata al braccio di Ville quasi mettendolo in difficoltà. Teneva ancora il bicchiere stretto tra le mani, ormai vuoto da un pezzo. 

'Forse le piace il vestito' pensai. Forse quella sarebbe stata l'unica volta che avrei messo un abito del genere, l'unica volta in cui forse avrei potuto suscitare l'invidia più ardente nei suoi occhi, quindi mi voltai e a passo sicuro m'incamminai verso l'uscita, senza voltarmi, constatando con infinita soddisfazione dal riflesso della porta a vetri che lei aveva ancora gli occhi fissi su di me, e lei era lì. E N V Y.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note: 

 

 

Indovinate un po' dove avete visto la donna del quadro??

 

Finalmente si è scoperto cosa significa Craving for Deliverance**

 

Durante la stesura del capitolo ho ascoltato parte dell'ultimo album dei Placebo, dei COB e altra canzoni sparse qui e là su itunes.

 

Il Bäkkäri è davvero un bar di Helsinki.

 

Purtroppo la pace (e la calma) dopo la tempesta che si era instaurata, è subito risultata debole ed è bastata lei per spazzarla via. Nonostante tutto, non vedevo l'ora di farla morire d'invidia. --Envy muahaahahahahah**--

 

Grazie a chi segue, legge, e soprattutto recensisce.

 

Alla prossima & enjoy !

 

Ne approfitto per inserire il link della pagina fb che ho aperto da poco, che prende il nome dalla prima fanfic ---> https://www.facebook.com/CravingForDeliverance?fref=ts

 

Heippa Himsters.

 

 

 

 

-kuutamo

 

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Capitolo 5
*** Dark Secret Love ***


                               




Se ne andò lentamente, quasi a volermi fare ancor più male.

Quando uscì definitivamente dall'edificio, entrambi smettemmo di guardarla. 

 

" Mi spieghi che diavolo ci fai qui? " - ero furioso con lei, questa volta davvero si era superata.

" Girava la voce che ci fosse la mostra della tua michetta, e così sono passata a dare un'occhiata, ma vedo che mi hai battuta sul tempo - sorrise - dopotutto non ti ho trovato a casa "

" Questo non significa che devi seguirmi ovunque vada "

" Ma non è così che fanno le coppie ? " - disse enfatizzando lentamente su quell'ultima parola.

Ormai avevo del tutto perso la pazienza. Quella donna sapeva esattamente come farmi perdere la pazienza, anche troppo bene. Si atteggiava anche quando respirava.

" Dai su, non fare quella faccia imbronciata…" - avvicinò il suo palmo alla mia guancia rossa.

" Leva quelle mani ! Non ti è bastato il Messico? Dovevi interrompere anche questo di momento? "

" Pensavo che fossi io qui la tua fidanzata "

" Non ho detto nulla del genere. Semplicemente non avevi il diritto di piombare qui in quel modo. L'hai fatta praticamente scappare "

" Si vede che la ragazza non ha saputo resistere, dopotutto non le piaceva molto la tua compagnia se non ha esitato ad andarsene. E poi se aveva qualcosa in contrario alla mia presenza poteva dirlo, o non ha la lingua?"

 

Non si rendeva conto che Matilda con quella reazione fatta più di silenzio che di parole, aveva parlato più che mai. 

In realtà mi aveva completamente schiaffeggiato, in pieno cuore.

 

" Non puoi capire "

" Certo, voi vi capite al volo, non è vero? Bah.. "

" Si, Sandra, quello che non si riesce ad avere con te. Ci vediamo a casa, fatti chiamare un taxi "

" Vai vai, forse la trovi ancora al Bäkkäri - disse smorfiosamente- ..idiota. "

Credette di averlo pronunciato abbastanza a bassa voce per non essere sentita, ma l'avevo capita eccome. 

Poteva pensare quel che voleva.

 

 

 

 

 

 

Quando entrai nel locale, incappucciato, non riuscii a trovarla da nessuna parte. 

Una band stava suonando e fortunatamente nessuno si accorse di me. Passai in rassegna tutti gli spazi più bui ma non c'era traccia di lei.

L'idea che si stava solidificando ed insidiando nella mia testa non mi piaceva per niente. Anzi, cercavo di scacciarla in tutti i modi, ma non ci riuscivo. 

Aveva detto che doveva vedere un cliente, e da lì erano iniziate le paranoie. Se all'inizio erano solo al livello del subconscio, man mano che il tempo passava si rafforzavano e rompevano gli argini come un fiume in piena. Le idee correvano nella mia mente malsana e si espandevano, attorcigliandosi ai miei nervi come dell'edera rampicante.

Il cuore mancò un battito. Avevo la fronte calda e sudata e ormai il mio sguardo si perdeva, e smarrito vagava veloce tra le luci accecanti del locale.

 

 

Decisi di andare a casa sua. 

Ero consapevole dentro di me, che avrei potuto trovare una situazione tutto tranne che piacevole. Ma quando le idee più assurde mi balenarono nella mente, una vocina dentro di me mi diede una bella e sonora sberla.

Come potevo solo minimamente pensare che Matilda potesse essere capace di andare a letto con il primo idiota che gli capitava a tiro? Mi vergognavo così tanto per averlo solo appena pensato. Mi disgustavo.

La paura che ci fosse un altro, che la sua attenzione potesse essere rivolta ad un'altra persona mi faceva diventare matto. Era come se uno spesso alone di follia si riversasse sulla mia vista, e oscurasse tutto il resto, anche la mia parte razionale. 

Semmai ci fosse stato qualcuno non potevo dire di non essermelo meritato.

Infondo era anche colpa mia, se così si poteva definire la sua. Lei non era pronta e io di certo non ero così perfido da considerare quel disagio tale, ma la codardia, quella si che potevo considerarla una colpa. 

Avrei voluto dirle come stavano le cose davvero in più di un'occasione ma avevo paura. Avevo paura di vedere di nuovo i suoi occhi feriti. Di vederli di nuovo nei loro giorni peggiori. Non potevo semplicemente guardarla e vomitarle tutto addosso. Non so quando sarebbe arrivato il momento di dirglielo, ma non c'erano dubbi sul fatto che sarebbe arrivato, e sarebbe stato doloroso. Almeno per me.

 

Quando arrivai davanti alla sua porta mi accorsi che era socchiusa. Il mio cuore tremò e si schiantò a terra facendo un boato terribile. 

In quel momento temetti il peggio. Non sapevo cosa aspettarmi, ma ero impaziente da stare male quindi entrai, cercando di fare meno rumore possibile.

Con passo felpato come un felino m'infilai nella porta e mi feci largo attraversando la camera. Riuscivo a vedere, ma la vista era limitata ; solo i lampioni giù in strada aiutavano nell'impresa portando un po' di luce tra quelle mura, disegnando lunghe ombre. 

C'era una luce accesa che proveniva dal bagno; riuscivo ad udire dei piccoli rumori che provenivano dalla camera da letto, quindi appena li sentii mi appiattii contro il muro del soggiorno, ansimante. 

Smisi di respirare per qualche secondo e poi vidi un'ombra aleggiare sulla porta che conduceva al bagno. 

Qualche secondo dopo le deboli note di una canzone si fecero spazio nell'aria, portando un senso di tristezza infinito.

 

 

 

 

<< Who let the cat out of the bag?                                                                     ' Chi si è lasciato sfuggire il segreto? '

who told the world that I was older?  >>                                                            ' Chi ha detto al mondo che ero cresciuta? '

 

                                                                    

 

 

Poi la vidi : i ricami del vestito imperlavano la sua schiena. Era così luminosa quella sera, nonostante fosse in nero. Emanava una luce quasi celeste, aliena. La pelle diafana che risaltava ai polsi e sul collo creava un perfetto contrasto con l'oscurità del pizzo. Le perfezione. Bene e male confluivano dentro di lei.

D'un tratto si spostò di fianco, e sollevando un braccio iniziò a calar giù la zip laterale. Distolsi immediatamente lo sguardo. 

Non volevo invaderla così. Infondo non sapeva che fossi li. Ma che diavolo ci facevo lì? Che situazione.

Feci per andarmene, ma i miei occhi furono più veloci. Come arpioni s'impigliarono nella sua figura : il vestito era scomparso e non rimaneva che la sua pelle bianca che sembrava assorbire tutta la luce della stanza. Ora riuscivo a vedere le sue spalle, i folti capelli neri che le ricadevano naturalmente sulla schiena in boccoli appena accennati quasi ricoprendone metà. La sua vita non era sottilissima ma non smetteva di affascinarmi e lasciarmi incantato; più giù riuscivo di nuovo a vedere gli occhi di Venere, che sembravano messi lì per rendere ancor più perfetta la perfezione stessa. Lei sembrava un'opera d'arte, quasi marmorea. 

In quel momento realizzai che l'avrei per sempre ricordata così, senza difese. 

Per me quello non era solo il suo corpo, ma anche la sua anima..

 

 

 

<< And hold onto me,                                               

hold onto me, 

and hold onto me, 

hold on >>

 

'Aggrappati a me.. Afferrami… Stringimi "

 

Quanto avrei voluto farlo.

 

La musica mi riportò di nuovo sulla terra, e a malincuore lasciai la luna.

Completamente alienato dal mondo mi ero sentito così vivo. Ma ora era arrivato il tempo di andarmene. Non potevo fare parte della sua vita, non in quel modo.

Lei con me era semplicemente se stessa, ma sentivo che non lo era più come prima. Era cambiato qualcosa, e anche se quella sera ci eravamo teneramente illusi entrambi di essere gli stessi, i nostri cuori erano su altri pianeti ; avevamo perso la nostra orbita. 

Forse eravamo sole e luna, parte l'uno dell'altra, ma destinati a non incontrarsi mai. Solo a fonderci al crepuscolo e all'alba, l'unico contatto concesso dalla crudeltà dei cuori.

Uscii in punta di piedi, così com'ero entrato e nel momento in cui varcai la soglia, udii l'ultimo verso della canzone, recitato, con cui lei aveva deciso di spogliare la sua anima e renderla indifesa.

 

 

 

<< It is a journey into the unknown which shall lead us ever closer to home. >>

 

 

 

Le avevo segretamente rubato quel momento.

Quella strana confessione estremamente interiore. 

Ero segretamente entrato nella sua anima.

 

Mentre camminavo in strada, non smettevo di pensare a lei. Non smettevo di ammirare la luna, come se mi stesse parlando. Mi ammoniva.

Sentivo quello che rimaneva del mio cuore spegnersi lentamente, rantolando gli ultimi sbuffi di fumo e cenere nell'aria della notte. 

Avrei voluto vederla felice. Avrei voluto offrirmi a lei, con tutto il cuore…se solo me lo avesse permesso.

L'unica cosa che augurai a me stesso fu di saper smettere di pensare a lei in quel modo. Sentivo che tutto stava crescendo, lo percepivo sotto la mia pelle, mi ribolliva nel sangue, e la consapevolezza di doverla lasciare andare, m'irrorava dolorosamente le tempie. 

Dovevo rendermi conto. Dovevo metabolizzare, ma per una cosa così difficile ci sarebbe voluto del tempo, non bastava solo qualche settimana.

 

Le cose erano cambiate ed era chiaro come il sole, si percepiva come l'umidità pungente e soffocante nelle giornate estive di pioggia. Questa tristezza aveva lo stesso odore di quelle gocce. 

 

 

 

 

 

 

<< And now

Feel the heat around me

See the blaze that burns me

All of this is tearing me apart

 

I burn with you

We'll see it through

I burn in you

It will never be the same as it was before >>

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Avevo amato quel momento rubato, che avrei rivissuto nella mia mente.

Quella strana confessione estremamente interiore. 

Ero segretamente entrato nella sua anima ; l'avevo vista sanguinare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note:

 

La prima canzone è Hold on to me dei Placebo, dolce e triste allo stesso tempo, una delle mie preferite dell'ultimo album.

 

La seconda invece, che compare solo nelle righe finali, è I burn in you dei Lacuna Coil, tratta dal loro ultimo album Broken Crown Halo, che ho letteralmente messo a ripetizione durante la stesura di questo capitolo. Ve lo consiglio vivamente; mi sono rimaste in testa molte canzoni, fin dal primo ascolto.

 

Grazie a tutti coloro che seguono, leggono e soprattutto recensiscono.

 

 

See you sweethearts !

 

 

-fachiluna

 

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Capitolo 6
*** Despair in your eyes ***


                               



 

Nonostante la doccia calda avevo dormito malissimo e dell'effetto rilassante in cui speravo non ne vidi neanche l'ombra.

Un essere umano affronta diverse tappe prima di dormire profondamente: nei primi due stadi il sonno è leggero, mentre nel terzo e nel quarto il corpo si rilassa e resta paralizzato. Da quest'ultimo stadio si torna poi indietro fino al secondo, e anziché svegliarsi si entra nella famosa fase REM durante la quale il cervello lavora più del solito, il respiro e il battito del cuore accelerano e finalmente si entra nel mondo dei sogni.

Purtroppo quella notte abbandonai presto la speranza che mi sarebbe stato concesso di varcare quei cancelli.

Avevo ripercorso quei momenti, ed altrettante infinite volte il piccolo dialogo che c'era stato alla fine della serata. Dio, il nervosismo che mi saliva. Sentivo che se l'avessi avuta sotto tiro ancora, l'avrei premuto quel grilletto. 

Mi lamentai con me stessa per non essere più reattiva, per non avere sempre qualcosa da dire al momento giusto, così da far rimanere le persone a bocca aperta e senza più nulla da obiettare. Avevo sempre pensato che la mia arma migliore fosse il silenzio, ma non sapevo se alla fine poi era davvero così.Chiunque avessi incontrato, professori, i miei genitori e altre persone adulte, mi aveva sempre detto di parlare " di più ", di esprimermi. Chissà, forse era proprio arrivato il momento.

 

Quando lui arrivò, in un certo senso, il corso della serata cambiò completamente. E non nascondo che forse mi ero cullata troppo in quell'idea, ma improvvisamente le sue linee rosa sottili erano sfumate via fondendosi con macchie arancioni e rosso sangue come in un tramonto di fine estate. 

Non ce la facevo più a rimuginare.

Così mi alzai dal letto, che ormai sembrava quasi come un sepolcro, una tomba dove andavo a rifugiarmi a pensare. Preparai una tazza di caffè fumante e mi gettai sul divano, torcendo il collo che scricchiolava più che mai quella mattina. 

Mentre gustavo distrattamente la bevanda, assorta nei miei pensieri, guardai il salotto; tanto per cambiare faceva schifo dal disordine, quasi non si poteva camminare dai fogli scarabocchiati che erano posati sul pavimento, quasi non si riuscivano a vedere più le mattonelle.

 

'Dovrei riordinare' -disse al mio subconscio la mia vocina responsabile e giudiziosa. Era sempre così accorta ed oggettiva, ma dov'era quando ne avevo davvero bisogno? 

 

Vagando con lo sguardo mi accorsi che proprio accostato alla parete c'era qualcosa di estraneo, che non somigliava per niente a fogli o tubetti di colore. Appoggiai da parte il caffè e mi diressi verso l'oggetto misterioso, con un'espressione sempre più corrucciata.

Quando fui abbastanza vicina mi chinai e subito mi accorsi che il pezzo di stoffa ripiegato su se stesso altro non era che una sciarpa.

'Cosa ci fai tu fuori dal mio armadio?'

La presi fra le dita e subito andai verso l'armadio in legno in camera da letto per rimetterla al suo posto. Ma all'improvviso mentre muovevo i primi passi, una folata mi annebbiò la vista. Ignara dei segnali che il mio povero cervello stava cercando di mandarmi, guardai ancor più incuriosita quella sciarpa nera. La scrutai e quasi meccanicamente l'avvicinai al naso per annusarla.

I miei occhi guizzarono via impazziti: Ville. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alexis mi aveva telefonata appena il giorno dopo la mostra per dirmi che i quadri erano stati tutti venduti. Ero davvero fiera di quello che avevo fatto ed ero grata a tutti coloro che avevano deciso di spendere i loro soldi per comprare qualcosa fatto da me. Era una cosa che gratificava enormemente.

I soldi della vendita erano già stati versati sul mio conto ed ora le tele dovevano solo essere ritirate dai nuovi proprietari. Un po' faceva strano pensarlo, e innescava in me un sentimento simile alla gelosia, infondo quelle tele prima appartenevano a me e in qualche modo mi sarebbero mancate. È sempre difficile staccarsi dalle proprie cose, soprattutto se contengono tutte una parte della tua anima, come un horcrux .

Sempre da Alexis, seppi che Ville con era ancora passato a ritirare il suo acquisto e questo mi diede da pensare. Così un pomeriggio decisi di passare alla galleria per prendere il quadro e portarglielo di persona. Se non altro lo avrei rivisto.

 

Quando arrivai di fronte alla porta d'ingresso pregai Odino e tutti gli dei del mondo affinché fosse solo a casa. Ma quando la porta si aprii davanti a me, scoprì che Odino doveva essere occupato da qualche altra parte, perché mi aveva appena lasciato nella m****.

" Ciao, Ville è in casa? "

Mi squadrò per bene prima di pronunciare la sua frase. Ma non fece in tempo a mentire che un colpo di tosse risuonò nella stanza dietro di lei.

" Veramente.. "

" Matilda.. " - la flebile voce di Ville face mancare un battito al cuore. Dov'era?

'Ma cos'è, lo tieni segregato in questa torre come una strega delle fiabe?' pensai. 

M'infilai tra la porta e il suo corpo che prontamente mi sbarrava la strada, e riuscii con fortuna a passarvi oltre. 

Appena dopo qualche passo vidi Ville steso sul divano, con una coperta leggera, ormai caduta a terra. Si era quasi alzato del tutto quando lo raggiunsi. 

Addossai la tela ad una parete e mi avvicinai ulteriormente.

" Sta giù, non preoccuparti  - dissi, intimandolo con un gesto delle mani a rimettersi comodo- dì un po', mi devo preoccupare?"

Rise debolmente - " No… No, è solo un po' d'influenza.. suppongo sia lo stress"

" E da quando l'influenza si prende con lo stress? Almeno stai prendendo qualcosa? "

" Non vuole prendere nulla " - mi voltai verso di lei.

" Hai provato a forzarlo, o hai rinunciato al primo tentativo?" -dissi quasi sarcastica.

" Se non vuole guarire cosa posso fare io? " -disse andandosene nell'altra stanza. Giuro che mi fece rimanere di sasso. Quando Ville ricominciò a parlarmi riportandomi alla realtà, avevo la mascella praticamente sotto i piedi. 

" Matilda non preoccuparti, queste cose vengono e passano da sole"

" Guarda tu.. Ma devo essere io a dirti di guarirti, di prenderti cura di te stesso, sul serio? Ora vado a comprarti le medicine"

" Lascia stare, davv.."

" …E poi chiamo anche un medico "

" No. Di chiamare il medico non se ne parla, non riescono a tenersi per loro neanche un'influenza che il giorno dopo vedi la << notizia >> spiattellata sui giornali di gossip e magari i giornalisti mi diagnosticano un cancro "

" Ma..starei più tranquilla"

Sorrise e mi prese la guancia tra le mani.

" Sta tranquilla.." - per poco non arrossii. Abbassai lo sguardo velocemente, confidando che i suoi sensi annebbiati non gli avrebbero permesso di cogliere quel mio movimento.

" Questo è perché sei troppo secco, lo sai?!"

Scoppiò in una fragorosa, per quanto pacata, risata che risuonò nella stanza. Con la coda dell'occhio vidi Sandra spiarci con finta indifferenza, ma non m'importava. 

Mi faceva piacere vederlo ridere, nonostante stesse poco bene. Aveva gli occhi lucidi e dalla sua voce percepivo che c'era anche un po' di mal di gola.

" Allora - disse aggiustandosi la coperta - cosa ci fai da queste parti? "

" Mhm.. ci abito - scherzai - ero venuta a portarti la tua tela, Alexis mi aveva detto che non eri ancora passato a ritirarla, e così mi sono incuriosita, direi che ho fatto bene a passare "

" Non volevo che mi vedessi così acciaccato.. "

" Non sei mica invincibile finn"

"Già.. - spostò lo sguardo sulla tela e poi di nuovo su di me, che ero seduta ai piedi del divano - vieni, siediti qui, c'è abbastanza posto per entrambi, infondo lo hai detto tu che sono secco, no? "

" Scherza ! Hai proprio bisogno di un po' di cucina italiana, quando vuoi ti do lezioni"

" Oh, ne sarei felice"

" Lo credo " - ma la tirai un pò. 

 

Fece una smorfia e poi cambiò discorso.

 

" Stai lavorando in questo periodo?"

" Si, molto. Da un po' ho preso a lavorare a tempo pieno, ma oggi ho preso un giorno di permesso "

" Perché a tempo pieno? Credevo lo facessi part-time"

" Perché così non penso" 

Mi uscì fulmineo, senza filtri tra il cervello e la bocca. E un attimo dopo averlo detto mi resi conto che stavolta non sarebbe servito a nulla fare affidamento ai suoi sensi affievoliti. Mi maledissi per averlo detto sul serio.

Lui sgranò impercettibilmente gli occhi, ma me ne accorsi, e i nostri sguardi s'incrociarono, sembrarono inchiodati gli uni sugli altri per un tempo che appariva infinito. 

Quelle parole sembravano avergli fatto male, e mi pentii ancor di più quando me ne resi conto. 

Sapeva? O si sentiva semplicemente in colpa?

Ed ecco che quel maledetto senso di repulsione riaffiorava di nuovo e si metteva in mezzo.

 

" Beh - articolai, mettendo le parole in ordine - vado a prenderti le medicine allora, le farmacie tra poco chiudono "

Suonava tanto come una scusa per evadere, ma quella volta, almeno in parte, non lo era.

" Ok… Ti aspetto allora"

Presi la borsa e mi sistemai bene la felpa.

" Prendi qualcosa di caldo nel frattempo …"

" Lo farò.. " -disse con una sfumatura di tristezza nella voce.

Mi riavvicinai e gli porsi la mia mano piena, chiusa in un pugno.

" Per quanto mi piacerebbe tenerla, questa ora serve più a te che a me.. " 

Lo spiazzai di nuovo, e stavolta fu evidente dall'espressione stupita del volto.

" Ora vado… "

"C..Ciao.. "

 

La porta della torre si chiuse dietro di me.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note:

 

Ta-tan , beccato !

 

Durante la stesura di questo capitolo ho ascoltato l'impossibile, e ho ricevuto una vena d'ispirazione per un prossimo capitolo. Sapete quei versi che vi entrano in testa senza un perché, che appartengono a canzoni completamente di un genere diverso dal vostro mondo? Ecco, parlo proprio di questo. Per adesso non svelo nulla, vediamo se riuscite ad individuare l'intruso.

 

Ricordo che ogni straccio di recensione/commento è ben accetto, non solo per vedere cosa ne pensate ma anche per capire quali sono le cose gradite e non; se non volete farlo qui o non avete un account su efp, sentitevi liberi di farlo sulla pagina fb  https://www.facebook.com/CravingForDeliverance o su tumblr  cravingfordeliverance.tumblr.com.

 

Ringrazio chi segue, legge e recensisce la mia storia.

 

Alla prossima !

 

 

 

-kuutamo

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** The rotten lies I heard before ***


                               



 

Il farmacista era sicuramente l'unica persona che avevo incontrato finora di Helsinki ad essere scortese. Ero riuscita a farmi dare solo un farmaco da banco simile ad un antibiotico: per quello vero e proprio  ci sarebbe voluta la ricetta del medico, ma di convincere Ville neanche a parlarne.

Presi quello e delle caramelle per la gola aromatizzate all'anice e con il sacchetto verde in mano mi diressi di nuovo verso la modesta casetta che tanto mi piaceva.

Mentre camminavo pensavo a quello che ci eravamo detti, ma soprattutto a quello che non avrei dovuto dire; mi ero messa nella brutta situazione in cui se mi avesse fatto qualche domanda scomoda, avrei dovuto rispondergli, e stavolta non ci sarebbe stato modo di temporeggiare; avrei dovuto dirgli la verità per filo e per segno.

 

 

 

 

 

Quando arrivai alle scale esterne al giardino, vidi una sagoma che appena mi vide mi venne incontro.

Sandra ora si mostrava alla luce flebile  proveniente dal lampione in strada; continuava a venire verso di me con passo sicuro e spavaldo, fino a finire per fermarsi a qualche metro di distanza.

 

"Buonasera"

" Salve "

" Non è un po' troppo tardi per far visita di nuovo a Ville? "

" Sono tornata per portargli le sue medicine"

" Ah, si, certo… " - continuò. Ogni parola, movimento o gesto del suo corpo si sintetizzava in astio verso di me.

 

Per un po' di secondi ci fu una pausa di silenzio, e potei sentire il vento soffiare dal mare.

 

" Perché fai così?"

" Scusami?! Com'è che farei, sentiamo"

" Ti comporti come se non te ne importasse niente di lui. Parli e sottolinei con ogni essere vivente che << è tuo >> ma non fai nulla per prendertene cura, e alla prima occasione ti lamenti su uno squallido social "

" Vedo che ti sei documentata "- disse distogliendo lo sguardo.

" Questo non risponde alla mia domanda "

" Cosa vuoi sentirti dire? Cosa ne sai tu? Non puoi sapere com'è vivere con lui, è… è noioso! Mon dieu!"  disse le ultime parole in francese, irritandomi ancora di più.

 

Con quelle parole aveva appena confermato quello a cui quel giorno avevo palesemente assistito con i miei occhi, ma che parte del mio cuore ancora, sperava di non dover accettare.

 

" Non dovresti parlare così di qualcuno che dici << di amare >> "

 

Ero davvero disgustata, e quello era soltanto l'inizio. Non avevamo mai avuto un confronto vero e proprio, se non qualche breve scambio di battute acide. E forse, chissà, ci stavamo dicendo tutto quello che avremmo sempre voluto dirci. O almeno così era da parte mia, senza ombra di dubbio.

 

" Lo hai seguito per anni - ripresi - e alla prima occasione, proprio quando avevi ottenuto quello che volevi entrando nella sua vita, non hai perso tempo a stancarti. "

" Oh per favore, smettila di difenderlo. Come se fosse l'unico uomo nella tua vita… - si fermò per riprendere fiato - e rassegnati: il suo cuore è mio, è me che vuole "

" Tu non sai neanche cosa vuol dire amare. Si può amare una persona anche senza forzarla ad amarti. E per forzare intendo seguirlo e tampinarlo fino ad insinuarsi prima nella band di suo fratello e poi nella sua vita. Sono stata ciò che gli serviva: un' amica, e ringrazio Dio che lui mi abbia permesso di esserlo. Si può amare anche in silenzio. Almeno io ho il buon senso di non andare a scrivere calunnie su di lui. "

 

Sentivo che il fuoco della rabbia si espandeva e mangiava la terra intorno a se, ridisegnando continuamente il proprio argine. Le parole che uscivano dalla mia bocca erano come dei ferri caldi forgiati da quello stesso fuoco interno che mi animava, ma una volta usciti fuori di me, non si raffreddavano con la fresca aria della sera.

 

" Sembri proprio un cane che scodinzola… Lui chiama e tu arrivi, è malato e tu arrivi, inizia a frignare e tu arrivi. Sono io la sua ragazza, non tu ! "

 

Il bello era vederla arrampicarsi con gli artigli sopra non so neanch'io dove. 

 

" É gelosia quella che sento? Tutto quello che faccio è semplicemente cercare di guarire le ferite che tu continui ad aprire con il tuo strano modo di amare, se così si può chiamare… ma ti sbagli. Indurlo a bere, riavvicinarlo all'alcol di nuovo, dopo tutto quello che ha passato è una mossa squallida. È davvero inumano, riprovevole. Quello che sento io per lui? Non sono affari tuoi. Almeno non vado a scrivere a destra e a sinistra che lo conosco e tutti i suoi difetti, come se fosse una colpa, un peccato non essere perfetti. Volevi la fottuta perfezione? Perché non provi ad uscire con Dio? - scossi la testa con forte e incredula disapprovazione - Ville è umano, ed è un uomo e può sbagliare, ma questo non vuol dire che sia sbagliato! "

 

Le lasciai un paio di secondi per avere la possibilità di replicare, perché dopotutto ero una persona civile, nonostante l'odio crescente che provavo per lei e per il suo comportamento. Ma percependo il suo apparente silenzio, continuai nel dire la mia.

 

" Sai, la verità è che ti serviva  un teatrino dove portare in scena le tue ridicole ed infantili lamentele, e ce l'hai fatta. Quello che mi domando è con quale faccia tu riesca a farlo, con quale coraggio. Sei ridicola Sandra..punto. Non dovrebbe neanche stare con te, ma con qualcuno che lo ami veramente, che lo riesca ad amare così com'è e non a lamentarsene." 

 

Incrociò le braccia e mi diresse l'occhiata più storta e maliziosa di tutta la serata, una di quelle sfide che sono difficili da affrontare a parole purtroppo. Dondolò sulle gambe e subito disse con un tono da perfetta provocatrice:

 

" E chi per esempio, tu Matilda? " - rise sbuffando.

" Sai, anche se per te dev'essere difficile da comprendere.. Io non sono come te! Voglio solo la sua felicità, anche se la sua felicità non sarà con me. Voglio solo che ritorni ad essere di nuovo com'era una volta, e che tu non lo distrugga con le tue mani, come da quando ha iniziato praticamente a frequentarti e ad avere a che fare con te… Ma tu, tu non puoi capirlo come ho avuto modo di constatare questa sera, tu non pensi minimamente a come possa sentirsi Ville. Quindi spero solo che lui si accorga e realizzi che razza di persona ha accanto, che tipo di persona sei, una manipolatrice egoista che ha pregato per anni i genitori per un bel pupazzo sotto l'albero di natale e che quando lo ha ottenuto lo ha subito buttato via in secondo piano perché non corrispondeva alle sue aspettative, perché aveva dei difetti. La verità, Sandra, è che sei solo una patetica attrice che ha bisogno di audience e di popolarità, perché è il solo strato di superficialità che mai t'interesserà. "

 

Nello spazio tra di noi si poteva sentire come una carica d'energia maligna ed elettrica che ci respingeva.

 

Non disse niente per un pò ma si vedeva chiaramente anche se eravamo al buio, che era nervosa e che l'avevo totalmente messa con le spalle al muro, lasciandola senza parole e senza copertura alcuna. E poi, tanto per confermare la sua indole se ne uscì con una delle sue, così, tanto per non cambiare argomento radicalmente.

 

" Su, dammi quelle medicine e facciamola finita. Ho perso fin troppo tempo"

 

Allungò la mano con le unghie laccate di rosso, rosso acceso, per strapparmi di mano il sacchetto verde, che nel frattempo aveva subito più e più accartocciamenti durante il corso della lite. Ma non fece in tempo a prenderlo che lo tolsi dalla sua portata e la sua presa non lo intercettò.

 

" Dimmi un po', Ville è al corrente di tutta la merda che scrivi su di lui su internet? Sei stata almeno onesta in questo nel dirglielo o ti sei tenuta per te anche questo? "

" Non mi va di dare spiegazioni, tantomeno ad una come te "

" Ah-ah, questa è bella. Come pensavo…. Meglio essere come me, e fidati, non lo dico spesso, ma per te faccio quest'eccezione"

 

La guardai negli occhi e cercai di trasmettergli tutta l'oscurità e la rabbia che aveva generato, volevo che le facesse male. Volevo che provasse anche lei dolore.

 

" Tieni, portagliele. E salutamelo, digli che sono dovuta andare via per un contrattempo. Per colpa tua sono di pessimo umore e lui sta già male per conto suo."

" Mh, contaci Matilda!" 

 

Pronunciò quelle parole con tono acido e meschino ed aspettò a braccia conserte che indietreggiassi, che uscissi dalla "sua proprietà". Sembrava quasi come se due gatti si contendessero e marcassero il loro territorio, ma questi giochetti idioti non erano per me. Fortunatamente ero riuscita ad evolvermi, e non mi serviva dimostrarle niente, nient'altro.

Erano state le parole a parlare per me, cosa che mi lasciò stupita, e non poco. 

Forse quelle parole erano nate da tutti i miei silenzi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note: 

 

Non ce la facevo più a rimandare questo scontro e così finalmente l'ho inserito; forse qualcuno di voi, e sicuramente i lettori più attenti e aggiornati sulla questione, si saranno accorti di un particolare che riguarda i dialoghi fra M e S u_u

 

Anyway, posso dirvi che ho cercato il più possibile di rappresentare la realtà, rafforzando il tutto con le mie convinzioni/impressioni/riflessioni.

 

Durante la stesura di questo capitolo ho ascoltato Broken Crown Halo ( il titolo prende il nome da una canzone di questo album, Victims), 'Paramore', Escape Route e Valentine's Day dall'ultimo album di Bowie, che anche se non c'entra molto XD mi è rientrata in testa con il suo riff, insieme alla magnifica The Stars (Are Out Tonight).

 

Come sempre, aspetto e spero in commenti/recensioni !!**

 

 

Un grazie a chi segue, recensisce da tempo, ma anche a chi legge soltanto, dedicando il proprio tempo alla mia umile storia.

 

 

Kiitos.

 

 

 

 

-fachiluna

 

 

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Capitolo 8
*** What are you looking for ? ***


                               



 

Appena tornai a casa iniziai a mettere tutto in ordine nervosamente, movimenti meccanici e distratti perché non riuscivo a non pensare fino a quanto potesse essere ingiusto il mondo.

Ma la consapevolezza dentro la mia testa era un'altra.

Ora potevo davvero mettermi l'anima in pace e rassegnarmi: lei poco prima, neanche accorgendosene probabilmente, mi aveva confermato tutto. Tutti i miei dubbi, le mie paranoie, tutto quello che avevo visto. Perché avevo visto, e stava lì in punto. 

Ora non potevo più nascondermi dietro false speranze, ad incomprensioni. 

Ora non potevo più sfuggire da me stessa, e da quello che inesorabilmente si sarebbe frantumato dentro di me, come cristalli scuri che si schiantano sul pavimento.

A Ville, per qualche strana e oscura ragione, piaceva vivere con lei. Il modo in cui veniva trattato mi feriva, forse più del consentito, ma non potevo farci nulla; ormai ero diventata io quella iperprotettiva e lui la ragazza indifesa da salvare. Ma non potevo salvarlo da un "male" così, volontario. 

Seguivo un blog aggiornato con tutte le nefandezze che quella donna metteva in rete, e quando ogni volta di tanto in tanto controllavo, ne trovavo di cotte e di crude. Non c'era mai da annoiarsi se non altro, ma a spese di Ville?

Mi domandavo se lui ne sapesse qualcosa… Insomma, suo fratello, i suoi amici, nessuno gli aveva riferito nulla? Eppure non era difficile trovare commenti inopportuni. Esistevano più profili e addirittura dei gruppi di supporto, di questi tempi si raggiunge il baratro troppo spesso. Il cattivo gusto, e la meschinità delle persone nell'approfittarsi di un' approfittatrice mi faceva saltare i nervi come poche altre cose. Ma si sa, ognuno ha le sue opinioni, per quanto siano sincere e valide, ed il mondo è bello perché è vario, ma chiunque sia stato il genio a dire per primo questo detto, non si era reso conto di quanto marciume ci può essere a questo mondo.Insomma, sostenere una persona che fa stare male o comunque porta indirettamente a stare male il tuo idolo, non è il massimo della coerenza. Anzi, non ci si avvicina nemmeno.

 

Speravo con tutte le forze che Ville risolvesse quella situazione e soprattutto che sapesse, altrimenti glie lo avrei detto io. Non sapevo se mi avesse creduta certo, ma se non altro gli avrei fornito un impulso per controllare e vedere con i suoi occhi che persona fosse quella che aveva accanto.

 

Dopo che l'uragano dentro di me si calmò e la pace si ristabilì nell'ordine del mio salotto mi sedetti sul divanetto e composi il numero di Ville.

 

" Pronto "

" Matilda, ma che fine hai fatto? "

" Hai avuto le medicine? "

" Si, si certo…. Ma non dovevi tornare? "

" Cos'è tutto questo affetto finn? Guarda che non scappo mica, sono a pochi passi da te… "

 

'Già, solo a pochi passi…. Ma con un mare di parole non dette che ci separa…' 

La mia mente viaggiò libera, sfuggendo al mio controllo, ormai totalmente autonoma.

 

" È successo qualcosa con Sandra, cosa ti ha detto? "

" Niente che non sapessi già "- con quella frase lo avevo praticamente tagliato in due dal dubbio: da una parte potevo alludere a qualcos'altro, più profondo del superficiale, ma lui decise di prendere in considerazione la zona meno minata e più sicura possibile.

" So che vi siete parlate, quando è tornata con le medicine era nervosa "

" Ville, ci siamo dette semplicemente quello che pensiamo l'una dell'altra "

" E..? "

" E l'avrei mandata a quel paese volentieri "

" Però non lo hai fatto "

" Già.."

 

 

 

Ci furono attimi di silenzio e poi cambiai argomento.

 

" Comunque, avevo chiamato per sapere come stavi e soprattutto se avevi preso la medicina "

" Joo, äiti "

" Devi prenderlo ogni 12 ore, quindi inizia a contare "

" Queste cose sono sempre state di una noia mortale, sai, io non sono molto preciso "

" Nemmeno io, ma se non lo fai ti ci farò diventare ! Sarà meglio che tu mi dia retta "

" Ok ok, sto già abbastanza male così, ti ascolterò "

" Passo in questi giorni per vedere come stai, nel frattempo mi raccomando, riguardati.."

" Lo farò, anche tu.. "

" Allora notte.."

" Notte Matilda…."

 

 

 

 

Erano passati due giorni e quel pomeriggio avrei staccato prima dal lavoro per passare a vedere come andava.

Ma il punto è che.. non feci neanche in tempo a finire il mio turno che Ville si presentò al caffè, sorridendo. 

Non sapevo se essere stupita e contenta di vederlo o arrabbiata perché fosse uscito di casa.

 

" Ma che..? "

" Prima che inizi con la predica, posso dirti che sto molto meglio; non mi ero sbagliato, era una cosa passeggera "

" Mhm, almeno hai preso l'antibiotico? "

" Certo, anche se le caramelle erano molto meglio "

" Quanto ti capisco… Senti tra un po' stacco.. "

" Quanto? "

" Mezz'ora"

" Non puoi prima? "

" Mi ero presa il pomeriggio per venirti a trovare " - dissi guardandolo male.

" Va bene, ti aspetto al tavolo allora "

" Nel frattempo vuoi qualcosa? "

" No, ti aspetto, così prendiamo qualcosa insieme "

" Ok.. Allora a tra poco "

 

Mi voltai per andare dietro al bancone per prendere la prossima ordinazione ma poi mi bloccò.

 

" Avresti per caso un libro con te? "

" Mhm, posso provare a vedere. Aspetta, torno subito "

 

Un paio di minuti dopo tornai da lui con in mano il libro che stavo rileggendo, ma che avevo interrotto per l'ennesima volta per mancanza di tempo.

 

" On the Road " -lesse. 

" Lo hai già letto? "

" No, in realtà no. Com'è? "

" È soltanto uno dei miei libri preferiti "

" Beh, si vede. Allora vedremo di fare un tentativo " - sorrise.

" Buona lettura, e mi raccomando, trattamelo bene ! " 

" Ma se è una reliquia ! "

 

 

Per quei venti minuti mi sentii molto più osservata e più imprevedibile del solito, eppure ogni volta che rivolgevo lo sguardo verso di lui, il suo si manteneva basso, intento nella sua lettura. Chissà, forse lo aveva preso. Mi era sembrato strano che non conoscesse l'autore, però nella vita tutto era possibile. 

Mentre lo spiavo sfogliare le pagine, mi accorsi proprio di essere io quella che dei due stava osservando l'altro. E lui se ne accorse, almeno dal sorriso che incorniciò il suo viso ad un certo punto, ma speravo fortemente che lo avesse fatto per motivi riguardanti la storia che leggeva.

'Si, si'

Ah, quanto odiavo le vocine.

 

 

 

" Eccomi! " 

Alzò gli occhi dal libro.

" Finalmente, un altro po' di pagine e mi sarebbe venuta nostalgia dell' America "

" A chi lo dici… Dentro quel libro ho sempre pensato che ci fosse un mondo " 

" Si… fin ora sembra interessante, anche se a volte lo scrittore esce fuori di testa completamente "

Mi sedetti sul divanetto di fronte a lui.

" È proprio il suo modo di scrivere, d'altronde lo scrisse tutto in poche notti, su un rotolo. Suppongo che le sue parole siano irrequiete come la sua anima, o almeno è sempre così che ho interpretato la cosa.. È un po' come te, se ci pensi "

" E come sono io? "

Era una domanda trabocchetto? Non sapevo se con quel gesto avesse voluto mettermi in difficoltà, ma provai a rispondere semplicemente dicendo quello che avevo sempre pensato di lui, guardandolo negli occhi.

" Tu sei un'anima irrequieta.. Puoi essere pacato, ma anche furioso. Nei tuo occhi anche se non c'è traccia di questa furia, quest'ultima ha lasciato una tempesta, segno del suo passaggio. Sei disperatamente in cerca di qualcosa e le tue parole, i tuoi testi, non fanno che rivelare solo una parte di te, perché l'altra, quella più oscura e contorta, la tieni per te.. Non la esorcizzi. Kerouac aveva una frenesia che gli ribolliva nel sangue e nelle membra, doveva andare e non voleva essere fermato, voleva vivere. Tu..tu non so che cosa vuoi… Certo, dai versi che scrivi posso parafrasare che quello che cerchi è l'amore, ma la faccenda non è tutta qui. È nascosta, come in ognuno di noi forse. Quello che cerchi è qualcosa di così profondamente intimo che probabilmente non hai ancora rivelato neanche a te stesso "

Per alcuni secondi ci fu silenzio, ma non perdemmo mai il contatto visivo. Poi, sempre celando ciò che si nasconde dietro carne e ossa, parlò.

" Tu, mi fai paura "

Lo guardai. Non mi stava prendendo in giro, era molto serio anche se cercava di ammorbidire tutta quella situazione con un sorriso accennato. Io non dissi nulla, aspettai semplicemente che continuasse.

" Sei poco più di una ragazzina… eppure, hai capito il mondo molto meglio di me. Come fai ad essere così razionale e intuitiva allo stesso tempo? " 

" Non credo.. È solo una questione di sensazioni, forse mi sbaglio " - ma sapevo in realtà di non sbagliarmi.

" Forse "

Non l' avrebbe mai ammesso, e lo sapevo, ma ora se non altro sapeva che con me non bastava vestire una faccia rilassata per fingere di star bene con se stessi.

" E tu invece, tu cosa cerchi? "

" Io? Forse non lo so ancora. Sono venuta qui neanch'io so per quale motivo, eppure mi sento a casa, per quanto sola a volte possa essere. Dopo…dopo quello che è successo, la mia vita credo sia diventata ancor più priva di obiettivi. E dire che già prima non ne avevo.. Insomma, sai, tutte quelle cose che fanno quelli della mia età, andare all'università, lavorare, sposarsi; tutti gli altri hanno qualcosa da raggiungere, delle tappe. Ma credo che mi siano calzate sempre strette. Il fatto è che io non avevo qualcosa da cercare, e credo di non averla neanche ora "

" Forse ti sbagli, forse devi solo fare ordine nella tua testa e capire davvero quello che cerca di dirti "

" Spero che basti questo e che tu abbia ragione… Perché ogni giorno mi alzo dal mio letto e non so neanche per cosa; certo, devo venire a lavoro, ma qual'è il mio fine qui? La verità è che mi sento in balia delle onde, ho resistito fino a questo momento, ma forse rinuncerò e mi staccherò dal parapetto "

" Non voglio che lo fai, Matilda "

" Per te è più facile, da un certo punto di vista: hai la band, una ragione per rimanere saldamente ancorato. Io no…a volte mi sembra di essere qui per sbaglio, e capita quando mi sento sola. Forse ho sbagliato a fare quello che ho fatto "

" Perché dici questo? "

" Perché mi sento fuori posto "

" Io mi sono sentito una vita così e ancora oggi, eppure guardami, sono qui "

" Anche io non ho mai smesso di sentirmici, ma questa cosa che sento è diversa, è molto più forte dell'inettitudine. E cresce " .

 

Tutto era confluito in quelle parole intricate, senza che neanche me ne accorgessi. Sentivo gli occhi pizzicare e di lì a poco sapevo che avrei aperto i rubinetti e li avrei lasciati sgorgare. Quando Ville se ne accorse, mi prese la mano.

" Non posso giurarti che troverai quello che cerchi o che sarai felice, che tutto andrà bene, ma posso dirti che prima o poi capirai che cosa fare, e se vuoi, io ti farò compagnia durante l'attesa "

Ricacciai dolorosamente indietro il groppo in gola che si era creato.

" Sei molto dolce, grazie…. Grazie davvero, Ville - stavo facendo una fatica incredibile a trattenermi dal pianto, però continuai - Sei l'unica persona che comprende.. E questo è molto importante per me: essere capita, ascoltata, è uno dei più grandi doni che mai potessi farmi " .













Note: 

Il libro, come avete letto, è On the Road di Jack Kerouac; ho davvero amato molto quel libro. Lo consiglierei a chiunque.

" Joo, äiti " vuol dire 'Si, mamma' : come vedete ormai i ruoli si sono completamente invertiti, ora è Matilda a prendersi cura del finnico.

Ringrazio chiunque legga, recensisca e segua la mia storia.

Ricordo sempre che qualche recensione in più non si butta mai via :3



Hei hei ja kiitos paljon !

 

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Capitolo 9
*** When You Touch Me I Die ***


                               




Nel pomeriggio soleggiato di Helsinki, sembrava quasi di essere in Italia: raramente  faceva caldo qui, ma quando c'erano le belle giornate, tutti quanti si godevano le carezze del sole sulla pelle. 

 

Io e Ville stavamo bevendo un thè chiacchierando sul tema del libro e su quanto mi somigliasse a parer suo. Dentro di me sapevo che aveva ragione; dopotutto così si spiegava la mia completa e totale passione e devozione per quell'insieme di pagine assolutamente creative.

Mentre parlavamo un gruppo di bambini giocava sul prato proprio fuori al caffè e dalla finestra si riuscivano a vedere sempre più persone che si stendevano sull'erbetta verde e rigogliosa a contemplare il cielo.

D'un tratto mi venne in mente di nuovo quel senso di repulsione che odiavo a morte, che compariva nei momenti meno opportuni, interrompendo bruscamente il corso dei miei pensieri e anche i momenti piacevoli con Ville.

Sapevo che prima o poi avremmo dovuto parlare, spiegarci, e forse quello poteva essere il momento adatto. Ero brava a mantenere i segreti, ma questo assomigliava più ad un peso..ed io non sapevo fino a quando avrei potuto sostenerlo. Un giorno o l'altro sarei caduta in ginocchio, e le ossa si sarebbero rotte, mi sarei consumata se non avessi saputo cosa aveva da dire Ville a proposito di quella faccenda. Sarei essiccata nell'anima e mi sarei raggrinzita come una rosa senz'acqua, se non avessi sentito da lui come stavano le cose davvero. Così presi la mia pesante spada e trafissi il ghiaccio.

" Ville… Cosa c'è tra te e Sandra?"

" È per qualcosa che ti ha detto l'altra sera? "

" No, non è per quello. Voglio solo schiarirmi le idee "

Mi guardò dubbioso, con sguardo indagatore. Non riusciva a capire cosa volessi sapere, cosa intendessi. Oppure più semplicemente si sentiva messo con le spalle al muro.

" Con Sandra è.. complicato "

" Che vuoi dire ? "

" Caspita Matilda.. Cosa vuoi che ti dica su di lei? Hai visto anche tu com'è fatta "

Per la prima volta fu lui a staccare il contatto visivo, e per la prima volta, vidi un velo di vero disagio nella sua espressione corrucciata.

" Vi ho visti, so tutto… "

E come in quelle anime e manga made in 90's, il suo volto fu incorniciato da vertigini, come se lo stupore e lo sgomento del suo sguardo avesse influenzato e si fosse esteso a tutto ciò che si trovava nelle vicinanze. Rimase in silenzio.

" Quel giorno in cui..beh, hai capito…. Quel giorno dopo che te ne sei andato, in preda a non so neanch'io cosa, mi sono diretta dritta dritta verso casa tua, ma quando suonai alla porta, non sentii nessuno arrivare e fu allora che vi vidi sulla terrazza in cima alla torre "

Un silenzio imbarazzante, ed ora lo era più che mai, ci divideva, come in due mondi separati, opposti.

I suoi occhi continuavano a guardarmi, sembravano arrossati; cercavano di sfuggire, ma erano determinati a non abbassarsi. 

" Perché non me lo hai detto? Non ti fidi di me "

" Io non la metterei su questo piano.. "

" Non capisco perché non mi hai detto la verità - avevo quasi gli occhi lucidi, lo sentivo - Quando ci siamo.. baciati, e ti dissi che non ero pronta, non c'era ombra di menzogna in quelle parole; ero così confusa e spaventata, spaccata a metà dentro, ma te lo dissi, perché meritavi di saperlo "

" Spaccata a metà, perché? "

" Perché avevo voglia di restare, di vivere quello che però non potevo permettermi… La parte che ha predominato è stata la paura se così si può chiamare, è stato il senso di sporco che ancora sentivo dentro "

" In quel momento volevo solo restare tra le tue braccia… Non volevo pensare a nient'altro… Ci sono dei momenti, come quando canto, in cui dimentico ogni cosa, ogni problema, preoccupazione, tutto. E mi sembra di aver trovato quello che cerco. In quel momento mi sono sentito allo stesso modo e.. non volevo rovinare tutto, spezzare quel momento già delicato…. Sarei tornato alla realtà da solo, e tu non avresti probabilmente sofferto ancor di più "

" Non pensavi al fatto che prima o poi me ne sarei accorta? "

" Di solito la mia indole è molto razionale, ma anche se mi scoccia, devo ammettere che in quel momento non avevo voglia di assecondare quella parte di me "

Mi guardò visibilmente rattristato e scosso; per una volta volevo essere io quella forte, quella che indossava una maschera per non lasciar intravedere i punti deboli.

Era come se per quella manciata di minuti tutti i suoni e i rumori attorno a noi si fossero ovattati, e grazie a quel secondo e più lungo silenzio, potemmo ritornare sul pianeta terra.

Alla radio riconobbi perfino una canzone che avevo già sentito, ma di cui non riuscivo a ricordare il titolo, tanto per cambiare. 

Guardai Ville e mi accorsi solo in quel momento che forse non avrei dovuto dire nulla, non sarei dovuta uscire allo scoperto. Gli avevo procurato imbarazzo e forse anche un po' di tristezza, e mi dispiaceva, mi dispiaceva davvero.

" Non volevo farti stare male "

Subito fece dei movimenti quasi impercettibili per ritornare in se, se quello era il vero Ville, e mi prese la mano allungando il braccio sul tavolo.

" Non devi preoccuparti… Sono io che ho combinato un casino. Ho fatto proprio quello che volevo evitare.. Mi dispiace, non so se potrai mai perdonarmi"

" Tu avrai sempre il mio perdono, e non solo… "

Mi strinse la mano più forte nella sua, potevo sentire gli anelli sfiorare i miei ed emettere lievi suoni metallici. 

 

 

 

<<  When you touch me I die

Just a little inside

I wonder if this could be love

This could be love

Cuz you’re out of this world

Galaxy, space and time

I wonder if this could be love

This could be love  >>

 

 

Quella voce risuonò nello spazio fra noi, quasi come se il volume si fosse alzato per lasciarci udire quelle parole di proposito.

Anche Ville se ne accorse. Tra di noi c'era sempre stata quella sorta di complicità che ci faceva capire cose dell'uno e dell'altra, immediatamente, senza bisogno di alcuna mediazione. 

 

 

Continuammo a stringerci le mani e ad accarezzarci a vicenda, quasi come se in quei momenti non ci fosse stato più imbarazzo, come se intorno a noi le persone e gli sguardi si fossero smaterializzati.

Poi, inevitabilmente, si ritornò alla triste realtà.

" Forse non avrei dovuto dirtelo…"

" No hai..hai fatto bene.. Infondo avrei dovuto farlo io, ma non ne ho avuto il coraggio "

In quel momento una parte di me lo capì, ma l'altra, selvaggia, gli ringhiò contro.

" Hai ragione "

" Mi dispiace che tu l'abbia dovuto scoprire in quel modo "

" Ormai è una cosa che è stata, è passata.."

Ci guardammo, io con occhi scrutatori, induriti dalle lacrime piante in silenzio nelle mie notti artistiche ed insonni, lui con i suoi afflitti da qualcosa, qualche demone che ancora non mi permetteva di guardare in faccia, e forse tutta questa situazione che si era creata aveva solo peggiorato tutto.

" Sai, la cosa a cui ho pensato in quest'ultimo periodo è stata una principalmente, per quante ramificazioni poi abbia avuto in realtà. Io..io penso che quello che è successo, e non solo tra noi, ci abbia segnato, o forse ha segnato molto più me ora che ci penso… Fatto sta che, io credo che non sarà più come prima, nulla lo sarà "

" Ma cosa dici? "

" E credimi, ho cercato di scavalcare ogni sorta di ostacolo fin ora, ci ho provato davvero. Ma ogni volta che faccio un passo in avanti, un senso di angoscia mi respinge indietro, più indietro di prima e non c'è nulla che possa fare per impedirlo "

" Lo pensi davvero? "

" Ville, mi stai dicendo che sul serio per te non è lo stesso? Come fai a non accorgerti della distanza che …"

" Io so solo che ti ho baciata, ed è stata una cosa indescrivibile, stupenda, come non mi capitava da vite intere… "

" Allora perché mi hai fatto questo…"

Non ce la facevo più; avevo gli occhi rossi, li sentivo pesanti, come due meteore in attesa di schiantarsi dolorosamente al suolo. E il mio cuore, il mio cuore mancava ormai battiti da un bel pò. Non riuscivo a razionalizzare. Non riuscivo a razionalizzare il dolore che provavo in quel momento e a rinchiuderlo in un'ampolla così da poterlo prendere una goccia alla volta. Ma d'altronde come poteva mai essere possibile riuscire a farlo?

" Ville.. Tu sei entrato nella mia vita così in fretta e mi è piaciuto, altroché; mi hai fatta sentire importante come nessuno mai aveva osato fare. Sei stato dolce e premuroso e Dio…. -tremavo, e piangevo. Piangevo, e tremavo. - Tu sei troppo importante per me per abbandonarti, non potrei mai, credo che ne morirei.. Ma in questo momento, mi sento già morire, e da un bel po'… L'unico sollievo alle fiamme eri tu, ma ora c'è un incendio. L'unico modo per non rovinare il nostro rapporto, la nostra amicizia, è allontanarti…. Devo prendere le distanze per un po', devo disintossicarmi da te, perché di recente è diventato difficile vivere, perfino respirare pensando che tu…. - le parole non uscivano dalla mia dannata bocca, e stavo per esplodere, in una di quelle esplosioni fragorose che non lasciano sopravvissuti - Volevo solo dirti che non ti abbandono, e non voglio che lo pensi… Devo solo lasciarti andare…."

Quelle ultime parole rotolarono via veloci e dolorose, come spine. 

Mi alzai dal mio posto ed afferrai la borsa, staccando definitivamente la mano dalla sua.

" Ora sono io a bramare il tuo perdono…."

 

Ormai i miei occhi erano inondati di lacrime salate, che però sembravano fatte di sangue caldo e lava per quanto bruciavano.

Lui non disse una parola.

Lo guardai per l'ultima volta: era sconvolto e il suo sguardo aveva un'ombra di paura mista ad una profonda tristezza, forse delusione, che mi spazzarono via il cuore. 

Mi sentivo male, velenosa. Ero una persona crudele, lo ero diventata in quel momento dopo avergli detto quelle cose orribili. Perché una persona buona e comprensiva, avrebbe alleviato le pene del suo cuore, avrebbe lenito le sue ferite, non ne avrebbe aperte altre. Una persona che lo amava non l'avrebbe fatto soffrire per l'ennesima volta. 

In quel momento avrei voluto non esistere per non arrecargli dolore, avrei voluto sparire. E così feci.

Distolsi lo sguardo da quegli occhi che avevo distrutto e a malincuore uscii dal caffè, non riuscendomi a voltare indietro per la vergogna per quello che avevo appena fatto. Per il male che gli avevo appena inflitto, senza pietà.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nota:

 

 

 

Lo so, non aggiorno da un pezzo.

 

Per parte del capitolo, specialmente la fine, ho ascoltato Jeff Buckley, in particolare ho rimesso molte volte la sua versione di Hallelujah; in qualche modo ha ispirato le ultime parole di Matilda a Ville.

 

Ringrazio le veterane, chi segue, chi recensisce ma anche chi legge soltanto.

 

 

See what happen next----->

 

 

Kiitos paljon.

 

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Capitolo 10
*** Nothing's so cruel as the truth ***


                               



Nobody will break your fall

All for none, yeah, none for all

Nothing's so cruel as the truth

Join the Festival of Fools

 

 

 

' Niente è così crudele come la verità '

 

 

 

Mi ero pentita di averlo fatto quasi subito. 

Soprattutto quando ero sola e non lavoravo, pensavo ad ogni parola, ogni espressione e suo sguardo. Erano come pietre che mi venivano scagliate addosso.

Una notte avevo sognato delle donne con delle tuniche rosse, unghie di un color bianco pallido e lunghe, che m'inseguivano su una scogliera, spingendomi verso la sua fine. Il sogno finiva con l'immagine del mare e la sua schiuma che s'infrangeva sugli scogli, la spuma marina che m'invadeva il volto.

Interpretai il significato negativamente, ma d'altronde come poteva essere positivo? 

Me l'ero meritato, e quasi non m'importava d' essere stata uccisa. Dentro mi sentivo già così.

 

 

 

 

 

Ville rispettò la mia volontà, pur non avendo verbalmente accettato. 

Non mi telefonò né mi scrisse, passò quasi un mese senza sue notizie, senza sentire la sua voce. Ovviamente non resistetti e m'informai delle date della band, notizie superficiali, ma che se non altro mi davano un'idea su quando non si sarebbe trovato ad Helsinki. A volte sembrava quasi che una stretta allo stomaco mi avvertisse della sua assenza, pazzesco ma vero, inquietantemente vero. C'erano alcune date, poche consecutive, quindi c'era un grande margine di riposo e periodo di stop. Mi chiesi come mai avessero optato per un programma così insolito. La prima risposta plausibile che mi venne in mente fu che probabilmente, dopo quasi un anno ininterrotto di tour vari, quell'estate si sarebbero divisi a metà tra la famiglia e la band, com'era giusto che fosse. Avevo sempre adorato come Linde e Gas parlavano delle loro bambine, soprattutto Linde: quando ne parlava nelle interviste gli si illuminava sempre il volto, gli occhi diventavano vispi. Avevo sempre pensato che considerasse sua figlia come la cosa migliore che gli potesse capitare. A volte pensavo a come dovesse essere duro stare lontani dai propri cari per molto tempo, e mi vennero in mente i miei. Li avevo lasciati lì e me n'ero andata, quasi come una ladra. Li avevo sentiti qualche volta, ma non sembrava che avvertissero molto la mia mancanza. So che è abbastanza orribile da dire, ma nonostante ciò mi volevano bene; erano aperti, anche troppo a volte, ma affettuosi dopotutto. Mi appuntai in mente di spedirgli una cartolina, magari  con un'immagine del porto al tramonto. Sarebbero stati felici di riceverla.

In quel mese ebbi talmente tanto tempo per pensare che quasi faceva male: era una di quelle situazioni in cui più si pensa e più ci si ferisce. Pensavo a come stesse lui, a cosa pensasse in quei momenti, la notte nella sua torre a leggere i suoi libri polverosi. Tutte le volte che io provai a distrarmi con qualunque sciocchezza o anche ad iniziare un libro, dopo poche pagine lo chiudevo scaraventandolo al muro. A volte pensavo che mi mancava un'amica: in realtà mi era sempre mancata, ma in quel periodo della mia vita avrei dovuto raccontare tutto a qualcuno. Infondo avevo già quel qualcuno, ma in quel momento purtroppo era l'unica persona che volevo evitare. 

Ora potevo avere del tempo per me, starmene a pensare e a riflettere, come volevo, come gli avevo chiesto. Allora perché mi sentivo così? Insoddisfatta, interrotta. 

Spezzata.

 

 

 

 

 

 

Dopo settimane e settimane di totale clausura ad eccezione che per andare a lavoro, presi qualche risparmio messo da parte ed uscii per la città. Mi ero detta di non poter rimanere rinchiusa tra quattro mura a non far nulla, a rimurginare. O almeno era stato il modo in cui mi ero spronata per uscire di lì. E poi Ville era via per un concerto da quello che sapevo, quindi non l'avrei incontrato.

Volevo comprare qualcosa, per una volta volevo essere come tutti gli altri e andare a sperperare i miei soldi nei negozi, una cosa da ragazze. 

Ero consapevole però che al primo negozio di dischi che avrei adocchiato, i miei buoni propositi da brava e normale ragazza sarebbero andati a farsi benedire e avrei speso tutto in musica.

L'occasione non tardò ad arrivare e feci spese pazze: borse costose e vestiti firmati? La mia shopping therapy consisteva in cd e vinili, usati e non. Non ne avevo mai abbastanza: non sarebbero mai passati di moda, perché a differenza di altri beni materiali, la musica ci colpisce più nel profondo che superficialmente, e solo un ricordo triste legato a una canzone ci porterà ad odiare un album e a spogliarcene. 

Comprai due vecchi album dei Type 0 Negative e delle cuffie nuove, dato che le mie erano praticamente logore.

Uscii dallo store ed intanto vidi il sole ancora alto nel cielo, dovevano essere le cinque e mezzo su per giù, ma d'estate nei paesi del nord il sole non tramontava mai; in alcuni punti si poteva addirittura ammirare il Midnight Sun, sole di mezzanotte. Tutto questo mi aveva sempre affascinata ed ora che potevo viverlo mi faceva sentire in qualche modo privilegiata. Pensai che ai poveri finlandesi erano toccati mesi assoluti di buio ed altrettanti di luce, o tutto bianco o tutto nero.

Mi trovavo nei pressi della stazione, e all'improvviso ebbi un'idea. Assurda. Un'idea che non avrei dovuto avere.

 

 

 

Per qualche bislacca fantasia della mia mente malsana mi ritrovai di fronte ad un'insegna luminosa al neon che diceva : Aikuisten Lelukauppa.

Ero dall'altro lato della strada, davanti ad un piccolo bar cercando di confondermi con la folla. La gente ai tavoli fumava, gettava la cenere e parlava con chi aveva davanti. 

Mi venne un nodo allo stomaco, ma che cosa ci facevo lì? Perché mai c'ero andata? Che cosa mi aspettavo?

 

Attraversai la strada, non badando molto alle auto, dando giusto un'occhiata fugace ai lati. Ero vicino ad un'auto il cui vetro posteriore diceva:

" Are you talking to me? " 

D'un tratto collegai quella frase a quello che probabilmente mi sarei sentita dire e mi sentii un'idiota colossale.

Ero vicinissima alla vetrina scintillante del negozio, ma non avrei mai avuto il coraggio di entrare.

Di colpo dentro di me si rafforzò l'idea che ero stata totalmente inopportuna ad arrivare fin lì.

Presi ad andarmene, quando una voce bassa e rauca mi chiamò:

" Matilda? "

Mi voltai e vidi un uomo stempiato, dai capelli chiari tendenti al grigio e il sorriso ad incorniciargli il volto.

" Salve " dissi timidamente.

" Sei tu Matilda, vero? " disse in inglese. Sapeva chi fossi, era possibile che gli avesse parlato di me? Che vergogna.

" Si, signore "

" Sono Kari Valo, molto piacere " come avrei mai potuto non sapere chi fosse? Mi sorrise ancor di più, allungandomi la mano che io poi strinsi.

" Cercavi Ville? "

" No, io.. "

" Entra dentro, sta per piovere " disse guardando il cielo.

Entrammo all'interno del negozio e non potei fare a meno di arrossire. Mi guardai intorno, ma poi non riuscii a non abbassare lo sguardo.

Kari rise.

" So che la prima volta è strano entrare qui dentro, ma io ormai ci ho fatto l'abitudine "

" Mi scusi, è che non ero mai stata prima in un sexy shop.. "

" Non preoccuparti, capita a molte persone "

Notai che dietro alla cassa, dopo i ripiani pieni di t-shirt con sopra il logo del negozio, c'erano degli adesivi degli HIM sulla parete e anche una toppa nera e bianca. 

" Ville mi ha detto che vieni dall'Italia - iniziò, poggiandosi con il palmo sul piccolo bancone. Quindi gli aveva parlato di me - Mia moglie, Anita, ha visitato Roma qualche anno fa "

" È una città meravigliosa, ma molto caotica. Lei ci è mai stato? " domandai.

" No, ma tra qualche anno vorrei visitare anch'io Roma e anche Napoli. Non sono uno che viaggia molto "

" Deve farlo assolutamente, vedrà che le piacerà, soprattutto la cucina "

" Devo provarla ! Ma dimmi, com'è il tempo in Italia? "

" D'estate fa molto caldo, soprattutto nei mesi di luglio ed agosto. Noi abbiamo il clima estivo di Helsinki a maggio " sorrisi pensandoci.

" Capisco… Hai visto qualcosa da quando sei qui? "

" Non molto a dir la verità, sono quasi sempre occupata dal lavoro "

" Ti consiglio assolutamente di provare la nostra sauna - toccate la sauna ad un finlandese e lo avrete come nemico per tutta la vita - Una cosa molto buona è fare la sauna prima e dopo il bagno nel lago. La temperatura dell'acqua è molto fredda rispetto a quella della sauna e quest'intermittenza fa molto bene al cuore, sai ? " avevo appena scoperto il segreto dei finlandesi.

" Non lo sapevo, grazie per il consiglio, la proverò di sicuro "

" Bene, bene "

Sorridemmo. Fu straordinariamente facile e naturale parlare con lui. Era così gentile, il suo accento inglese era davvero buffo e a volte annaspava per trovare le parole giuste, scusandosi. Era come tutti i finnici vengono descritti : estremamente disponibili e gentili. Mica come gli italiani.

" Continui a guardare lì - disse voltandosi. Poi si avvicinò ai ripiani e prese una maglietta - Guarda, questa dovrebbe starti " la presi tra le mani e me la appoggiai sul petto.

" È perfetta " dissi, poi tirai fuori il portafogli ma lui mi fermò sbracciandosi.

" No no, è un regalo. Sei un'amica di Ville, sarebbe estremamente scortese non trovi? "

" Signor Valo, la prego non posso approfittarmi della sua gentilezza "

Scosse il capo ancora con il sorriso ad illuminargli il volto. Aveva lo stesso modo di ridere che aveva Ville, le stesse fossette ai lati della bocca.

" Insisto, prendila " disse gesticolando con le mani.

" Allora grazie - dissi imbarazzata - spero che possa ricambiare in qualche modo un giorno "

" Non preoccuparti, sei amica di mio figlio e sono contento di questo. Voglio dire, non hai secondi fini, ed io apprezzo le persone che si comportano in modo disinteressato come te. Suppongo che dovrei ringraziarti, Matilda "

" È stato suo figlio ad occuparsi di me con tanta premura, ed ora so da chi ha preso "

L'uomo sorrise ridacchiando in modo buffo. 

All'improvviso un'ombra magra e alta voltata di spalle entrò e  chiuse la porta del negozio accompagnandola. 

Pregai che non fosse Ville, che avessi le allucinazioni. Al punto in cui ero arrivata erano perfettamente plausibili.

L'alta figura si voltò e fui sollevata di scoprire che non era Ville, lo fui circa per cinque secondi.

 

Jesse mi vide e il suo sguardo s'indurì impercettibilmente, ma io lo notai.

Salutò il padre in finlandese, ma io capii ugualmente. 

Dio, quanto gli somigliava. Dalle foto sembrava totalmente diverso, il volto molto più scavato, ma a tratti avevano lo stesso sguardo, la stessa angolatura nell'angolo dell'occhio.

Si salutarono e poi Kari mi presentò. Lui non fece alcun cenno per stringermi la mano, nulla. Non capii perché, ma avevo come la sensazione che non mi sopportasse, anzi che mi odiasse.

" Signor Kari ora devo proprio andare, la ringrazio ancora moltissimo "

" Di niente. Devo dire qualcosa a Ville? "

Jesse ci guardò seguendoci con gli occhi.

" No, non si preoccupi. Ci penserò io. Arrivederci, e grazie mille " 

" Torna presto ! Hei hei nähdään ! "

" Hei hei " dissi, rivolgendomi anche a suo figlio, ma lui non disse niente. Lo guardai per un istante e poi mi voltai.

Uscii fuori ed iniziai a tornare indietro, camminando rasentando i muri per non bagnarmi come un pulcino.

Perché mi guardava in quel modo? Sembrava pieno d'astio, ma non ne capivo il perché. Insomma, non ci eravamo mai incontrati, non mi conosceva nemmeno.

Non volevo pensarci lì per lì ma c'ero rimasta un po' male. Odiare una persona ancor prima di averci parlato, non era affatto carino. Non aveva senso.

 

Sentii una mano fredda prendermi per un braccio mentre cercavo di camminare senza bagnarmi. Quando mi voltai vidi Jesse davanti al mio naso.

" Cosa facevi da mio padre? "

" Nulla, stavamo solo chiacchierando - dissi, ma in quel momento arrossii leggermente perché non sapevo neanch'io perché ci fossi andata. - Comunque io sono Matilda, piacere ! " dissi stizzata, ricordandomi il modo in cui mi aveva trattata e con il quale mi stava trattando tutt'ora.

" Non hai bisogno che mi presenti. So chi sei, ma dimmi, cosa sei venuta a fare qui dall'Italia? "

" Non lo… Non credo siano affari tuoi, sai? Dopotutto me lo stai chiedendo con quel tono poi.. "

" Senti, mio fratello non ha bisogno di un'altra sanguisuga che spunta dal nulla e gli si attorcigli contro, ne ha avute abbastanza "

" Non sono qui per fare questo. Tu non mi conosci neanche, come fai ad essere così prevenuto e schivo? "

" Ho imparato a riconoscervi, siete tutte gentili e premurose i primi tempi con Ville e poi lo abbandonate sul ciglio della strada, dopo aver ottenuto quello che volevate "

" E che cosa vorrei ottenere io? "

" Fama, popolarità. Tutte le cazzate importanti per voi donnette " parlava come se ne avesse pagato a sue spese.

" Parli per esperienza? " dissi trafiggendolo. Lui spalancò leggermente gli occhi e non si trattenne dal controbattere.

" Te lo dico, non approfittarti di Ville, non provarci nemmeno. Sono stanco di vederlo distruggersi anno dopo anno. Deve stare bene " disse, con una luce diversa negli occhi quasi umidi, quasi per convincersene. Poi mi guardò e il suo sguardo s'infervorò nuovamente.

" Se hai intenzione di approfittarti di lui, tornatene in Italia " 

Era l'ultima goccia: mi aveva paragonata Dio solo sa a chi, e una mezza idea già ce la avevo. Si preoccupava di suo fratello e questo era legittimo, gli faceva onore, ma non poteva trattarmi in quel modo solo sulla base di altre esperienze.

" Ville potrà anche non essersi accorto di altra gente in passato che lo manipolava, ma io non sono così. Tu non mi conosci, non puoi credermi e ti capisco ma non puoi neanche gettarmi merda addosso così gratuitamente. Piuttosto, preoccupati della persona che dice di amarlo e che invece lo sputtana su internet. Basta cercare pochi minuti e troverai tutto ciò che ha detto. Preoccupati del vero problema, non di me. Sai, sono d'accordo con quello che dici infondo, ma mi aspettavo che fossi più intelligente - dissi. Strinsi la borsa tra le mani e feci per andarmene, ancora guardandolo. Lo avevo ammutolito, finalmente mi aveva ascoltata. Ma ancora ribolliva di rabbia repressa. - Io non avrei mai umiliato tuo fratello nel modo in cui qualcun'altra ha fatto " mi allontanai facendo qualche passo all'indietro e poi mi voltai definitivamente, lasciandolo sotto la leggera e fresca pioggia estiva.

 

 

 

 

 

Note:

 

 

L'adesivo " Are you talking to me ? " è davvero sulla macchina di Kari, quel sant'uomo !

Ed ecco Jesse ! Devo ammettere che ero indecisa se inserirlo o meno, ma la vicenda lo richiedeva, eh eh. Vi sorprenderà !

La canzone all'inizio del capitolo è dei TYPE 0 NEGATIVE, The Dream Is Dead.




 

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Capitolo 11
*** Don't let her go, Ville ***


                               




" La tua amica è proprio graziosa sai? "

" Cosa ne sai tu? " mi stranii.

" L'altro giorno è venuta in negozio, o meglio, l'ho trovata fuori. Non credo volesse entrare " tipico di Matilda, ma cosa era andata a fare da mio padre?

" Ti ha detto qualcosa? "

" Niente, abbiamo solo parlato del più e del meno "

" Mhm, bene- dissi incerto - a che ora ci vediamo al Torpanranta allora? "

" Tra un'ora, il tempo di chiudere qui e prendere tua madre. Jesse viene dopo essere passato in studio. Dimmi, verrà anche lei? "

" No papà, esce con le sue amiche. Allora a dopo "

" A dopo "

 

 

 

 

 

Il Torpanranta era nel mio quartiere, perfetto e molto vicino da raggiungere anche a piedi. 

Ormai dovevano essere già lì, e come al solito sarei arrivato in ritardo. Di solito cenavamo insieme almeno una volta ogni due settimane quando non ero in tour con la band, ed era un'abitudine che non mi dispiaceva affatto. Mi piaceva riunirmi con la famiglia attorno ad una tavola e parlare anche delle cose più sciocche e futili; a volte mi mancavano quei momenti della mia adolescenza quando vivevo ancora con i miei e bisticciavo con mio fratello.

Da un po' di tempo a questa parte però avevamo preso a riunirci in ristoranti più che altro : ai miei genitori era sempre piaciuto venire e cucinare insieme il pranzo nella torre, anche se la trovavano un po' tetra, ma accogliente come diceva sempre mia madre in quelle occasioni, guardandosi intorno con il naso all'insù. Ultimamente non gradivano molto essere invitati a casa, men che meno cenare o pranzare con Sandra: perciò avevamo deciso d'incontrarci altrove, almeno quando lei era in casa.

Quella sera sarebbe uscita con le sue amiche, o qualcosa del genere, ma sicuramente sarebbe andata in un pub visto il modo in cui si era truccata. Sorvolai su quel particolare ed entrai nella tavola calda dalla porta principale. Vidi i miei già seduti ed intenti a guardare i menù, riuniti intorno ad un tavolino all'esterno del locale che affacciava sulle acque calme del mare.

 

" Eccomi, ho fatto tardi un'altra volta "

" Ville, tesoro, guarda che noi ormai contiamo già il tuo ritardo e ci presentiamo dieci minuti dopo " disse mia madre baciandomi sulla guancia.

" Non cambierai mai fratellino. Ho una fame che non ci vedo "

" Com'è andata in Svizzera? " chiese mamma.

" Molto bene, siamo belli carichi per la prossima data. Non vedo l'ora di ripartire " così avrei avuto altro a cui pensare.

" Quando riparti? "

" Il 3 luglio " avrei dovuto resistere solo pochi giorni e non assecondare nessun impulso. Sdraiarmi per terra e respirare piano.

Mi sedetti anch'io e presi il menù scorrendo velocemente lo sguardo sui piatti che conoscevo a memoria. Ordinammo e il cibo arrivò dopo dieci minuti.

" So che è molto carino qui, ma ci fai trangugiare solo insalate "

Risi. Mio padre non era vegetariano, ci aveva provato per vedere come fosse ma era ritornato sui suoi passi molto presto.

" In effetti potremmo cambiare posto qualche volta " disse Jesse.

" La prossima volta potete venire a pranzo da me " dissi senza alzare lo sguardo e subito percepii gli occhi pallidi di mia madre addosso. Ci fu silenzio per pochi secondi e poi qualcuno parlò.

" Verremmo anche ma.. lo sai " disse papà cercando le parole più adatte.

" Magari un giorno che non ci sarà "

" Mhm " disse.

" Fratellino, la vedo dura " 

" Insomma non dovete per forza andarci a braccetto o portarvela dietro.. "

" A quello ci pensi già tu Ville " disse Jesse ridendo sotto i baffi.

" Molto divertente, davvero "

" Perché fai tutto questo?.. Cioè, non è neanche carina "

" Jesse non sono affari tuoi " dissi serio.

" Tuo fratello ha ragione tesoro " la guardai.

" Piuttosto, perché la prossima volta non porti quella tua amica, Matilda? "  disse tra un boccone e l'altro. Spostai lo sguardo su mio padre e notai che Jesse s'incupì in volto. Mi voltai verso di lui mentre infilzava con la forchetta un pomodoro e se lo portava alla bocca, cercando di avere spiegazioni ma non parlò, si limitò a scrutarmi masticando lentamente. Mio padre ci guardò e mi chiarì cos'è che mi ero perso:

" Tuo fratello Jesse si è comportato un po' male quando c'era la tua amica " mi voltai di scatto verso di lui.

" C'eri anche tu? " mi sorpresi.

" Si " 

" Che cosa le hai detto? "

" Nulla che non sapesse già, suppongo " disse in tono distinto e freddo.

" Che cosa Jesse " dissi scontroso.

" Le ho detto che deve starti alla larga "

" Ma che diavolo hai nel cervello, brutto imbecille ! "

" Ti sta usando. Sai, a volte sei così ingenuo che quasi stento a crederci. Vuole solo sfruttarti Ville "

" Basta ragazzi, non parlate in questo modo " c'intimò mia madre guardandoci freddamente e con risentimento, ma noi continuammo, come se non l'avessimo neanche sentita.

" Ti sbagli di grosso, Jesse non sai quello che dici " 

" So di cosa sto parlando Ville, non sono uno stupido " 

" Se solo la conoscessi cambieresti idea "

" No, grazie. Ne ho davvero abbastanza di conoscere stronze. Ultimamente prima di usare te usano anche me. "

" Ora basta " disse fermamente mia madre. Era una di quelle persone che più sono calme e più ci si deve preoccupare. Sapeva controllarsi davvero bene.

" Già, smettetela, entrambi - disse mio padre alzando lo sguardo stanco - Quando ho parlato con quella ragazza non ho visto in lei nessun pericolo, e alla mia età dovrei capirci qualcosa che dite? "

" Papà.. "

" Jesse, è una brava persona. Se non vuoi fidarti delle sensazioni di tuo fratello, allora fidati di me. Lo avrei capito fin da subito, non ho avuto nessun presentimento… È davvero lei quella che dice di essere. Mi ha fatto un'impressione più che buona " lasciò la frase a metà e mi guardò come per dirmi qualcosa con quel suo silenzio. Con quello sguardo eloquente capii esattamente cosa intendeva dire. In Matilda non aveva visto nulla di sbagliato, ma con altre, con un'altra in particolare, aveva avuto subito dei seri dubbi. Gli fui grato di non averlo detto ad alta voce e quindi aver risparmiato un altro battibecco insieme a mio fratello. 

Jesse aveva litigato pesantemente con Sandra qualche anno fa, durante una serata all'Helldone. Non ero presente al momento della lite però mi avevano riferito più o meno qual era stato il fulcro di quell'accesa discussione. A Jesse non era mai piaciuta, tantomeno quando aveva scritto parole dure nei suoi confronti dopo che la storia fra lui ed una sua amica era finita. Mio fratello è un tipo silenzioso ed introverso, ma nonostante ciò non c'impiega molto ad esplodere e a mandare a quel paese la gente, tantomeno lei. Sapevo che non gli era mai andata a genio, non gli era mai piaciuta: se avesse potuto decidere lui per me l'avrebbe di sicuro mandata via a calci. Conoscevo bene mio fratello, e infondo sapevo che il suo comportamento era solo estremamente protettivo verso di me: non voleva che soffrissi. Perciò credo che sia stato questo il motivo per cui si sia avventato anche contro Matilda; da una parte è perfettamente plausibile che lui la pensasse così ma dall'altra, in verità, era uno stupido a pensarla in quel modo. Avrebbe dovuto passarci anche solo dieci minuti per rendersene conto e capire che si era enormemente sbagliato sul suo conto. Ne ero sicuro.

" Scusami, non avrei dovuto parlare "

" Dovresti provare a conoscerla prima di poter dire qualunque cosa su di lei " risposi bevendo un sorso di birra. Mia madre mi guardò, osservando il mio bicchiere come rapita dai suoi pensieri, poi parlò ridestandosi.

" Tieni molto a lei Ville, vero ? " mi spiazzò e per questo esitai un po' a risponderle.

" Ha passato un periodo difficile, davvero orribile e credo che ancora ci sia dentro con tutte le scarpe. Cerco solo di distrarla e farla sentire bene " lei mi ascoltava appoggiata sui gomiti, attenta ai miei sguardi. Sapeva captare un mio pensiero ancor prima che io l'avessi partorito; mi conosceva molto bene. Forse era la persona che più riusciva a capirmi al volo. A volte però, lo avevo notato ma me ne rendevo conto solo allora, avvertivo la stessa situazione di complicità quando ero in compagnia di Matilda. Nei miei pensieri sorrisi pensandoci.

" Cosa le è successo? " chiese Jesse riportandomi alla realtà.

" Non so se potrei dirvelo.. È una cosa talmente personale…  "

" Non importa Ville, se lei ti ha chiesto di custodire questo suo ' segreto ' è giusto che sia così "

" Non è una persona che si può considerare forte. Ha bisogno di qualcuno che le stia accanto "

Jesse ascoltò mia madre e ritornò a guardare il suo piatto quasi vuoto. Sapevo che la sua curiosità non si era esaurita, ma non potevo dirgli cosa le era accaduto. Non potevo.

" È carina ? Il suo nome mi piace molto " disse mia madre sorridendo.

" Molto mamma, ti piacerebbe. Vero papà? "

" Si Anita, è una bella ragazza anche se sembra molto triste "

" Devo farti vedere come dipinge, è davvero brava, mamma "

" Dipinge? " chiesero in coro Jesse e mio padre.

" Si, ha tenuto una mostra un paio di mesi fa su per giù. Ho comprato una sua tela "

" Puoi chiederle di farmene una? Voglio togliere quel vecchio quadro con la natura morta in soggiorno, ricordi? Ormai è davvero vecchio, troppo ingiallito "

" V-va bene - dissi a quella strana richiesta - cosa vuoi che ti disegni? "

" Qualcosa di bello " sei davvero d'aiuto mamma, grazie.

" Glie lo dirò " feci e poi finii di bere.

Non sapevo cosa fare dopo quella richiesta, insomma, lei mi aveva detto di volere del tempo per starsene da sola. Non potevo presentarmi alla sua porta e dire una cosa così assurda. Da un lato però era una gran bella scusa per incontrarla e vederla. Avevo ancora un po' di tempo a disposizione prima di ripartire per il Sonisphere e mi dissi che ci avrei pensato più tardi, scacciando quei pensieri sul fondo della mia mente. 

Era più forte di me, non passava giorno in cui non sentissi parlare di lei o che non la pensassi. E ora si era aggiunta anche la mia famiglia e il caratteraccio di Jesse. Avrei dovuto scusarmi al più presto, pensai. Chissà cosa le aveva detto. Pregai che non fosse stato troppo rude e stronzo con lei, ma nutrivo davvero poche speranze a riguardo, se non nulle. 

 

Quando finimmo di cenare pagammo il conto ed uscimmo dal locale, pronti a salutarci.

" Quando ci vedremo ora? " chiese papà.

" Prima di partire passo a salutarvi "

" Magari potresti fermarti a cena - disse mia madre illuminandosi in volto - Stiamo troppo poco tempo insieme " 

Lo pensavo anch'io, sul serio. Diedi una spallata a Jesse scherzando e per ultima salutai mia madre. Dopo che mi ebbe baciato di nuovo su entrambe le guance mi guardò e mi disse:

" Ville, non lasciare che vada via. Sembra davvero una brava persona "

Sapeva sempre tutto, come diavolo faceva ancora non lo avevo capito.

" Lo è mamma, lo è davvero "

" Allora prenditene cura. Sei più sereno da quando l'hai conosciuta "

" Lei è brava in questo, a prendersi cura di me "

" Lo so. È per questo che mi fido di lei " mi sorrise, con i suoi occhi vispi leggermente truccati che mi guardarono speranzosi.

" Ricorda, non potrai portare nulla con te Ville una volta andato via da qui, dalla terra. Devi vivere ora tesoro. "

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note:

 

Come sempre, cerco di rimanere il più verosimile possibile e a quanto si dice in giro, anche se sono solo voci, i genitori di Ville non vanno più a trovarlo nella torre da quando c'è Naso. Inoltre si dice che s'incontrino in un ristorante vicino casa sua, e qui ho fantasticato nel sceglierlo, ma nelle vicinanze ce ne sono abbastanza devo dire.

 

La descrizione del Torpanranta è accurata ma in realtà è un caffè, non propriamente un ristorante, ecco il perché delle insalate.

 

Anche riguardo alla litigata all'Helldone ci sono voci che girano e direi che la cosa sia molto plausibile, anche perché c'è gente che li ha visti.

 

Le parole di Anita nell'ultima frase sono reali; Ville ne ha parlato in un'intervista, recente se non erro.

 

 

 

Alla prossima !

 

 

Kiitos paljon ja yötä

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Capitolo 12
*** Raped ***


                               


 

Tutto procedeva per il meglio a lavoro, o più precisamente con monotonia. Era una condizione abbastanza sopportabile dal momento che ero stata io ad averla voluta. 

Mentre servivo il caffè ad un tavolo un'adolescente mi guardò il petto e poi arrossì violentemente: avrà avuto si e no sedici anni e stava pranzando con quelli che dovevano essere i suoi genitori. Quando ero ritornata al tavolo controvoglia per portargli il conto non aveva neanche alzato gli occhi dopo lo sguardo truce che gli avevo rivolto in precedenza. Prima che uscisse dalla porta d'ingresso lo fermai per un braccio e gli dissi :

" Sai, non conquisterai mai una ragazza se al primo appuntamento ti comporti come poco fa - dissi in un tono che mi sembrò quasi materno - Forse qualcuna potrebbe starci ma di solito non funziona "

" Mi dispiace molto, non so davvero cosa dire "

" Delle scuse basteranno " dissi mettendomi le mani sui fianchi.

" Janne, dobbiamo andare " lo chiamò sua madre.

" Mi scusi signorina, sono stato inopportuno "

" Non preoccuparti, succede alla tua età, solo non rifarlo. Ciao Janne "

" Ciao " disse andandosene a testa bassa, la faccia rossa come non mai. Sorrisi tra me e me pensando a quanto tempo era passato da quando avevo avuto la sua età. Avevo sempre voluto essere più grande e crescere in fretta e di colpo ricordai perché. 

L'adolescenza per quanto possa essere indimenticabile, molte volte lo diventa proprio per le figuracce che si fanno. Gli ormoni in subbuglio e tutte quelle cose lì, imbarazzanti.

A volte mi sentivo ancora un'adolescente. 

 

 

Riordinai al tavolo e apparecchiai velocemente con le posate, affinché fosse pronto per i prossimi clienti. Quando ritornai vicino al bancone per riempire la saliera vidi una figura familiare entrare: Jesse.

Nel momento esatto in cui la porta si aprì Privilege degli Incubus iniziò a suonare violenta: sembrava uno di quegli incontri di pugilato, il momento in cui gli sfidanti si guardano negli occhi prima di perire. Pregai che non fosse venuto lì per me a rovinarmi la giornata o peggio ancora a farmi licenziare. Mi sforzai di non guardarlo ancora più male di come non stessi già facendo, e andai dietro il bancone a lavare una pila di bicchieri sporchi.

" Ciao " esordì.

" Ciao " risposi senza alzare lo sguardo da quello che stavo facendo.

" Hai due minuti? "

" Veramente no "

" Non puoi staccare ? "

" No, sto lavorando " mise a ticchettare con le dita sul bancone.

" Quando stacchi dal lavoro? Magari potrei ripassare "

" Oh Cristo, parla se hai qualcosa da dirmi. Basta che fai in fretta, non ho voglia di subirmi ancora i tuoi insulti per molto " scoppiai guardandolo torva. L'acqua intanto scorreva.

" Ok. Senti, volevo dirti che.. L'altro giorno ho esagerato. Mi sono sbagliato su di te, probabilmente "

Mi voltai con gli occhi sgranati verso di lui e chiusi automaticamente l'acqua per poter sentire meglio. Appena mi girai a guardarlo iniziò a guardarsi le scarpe, con le mani in tasca. Sicuramente gli era costato molto ammettere a se stesso quelle cose, figuriamoci venirmele a dire in faccia.

" No, aspetta. Voglio risentirlo " lui lì per lì non capì.

" Timo, mi prendo cinque minuti " 

" Va bene Matilda " disse dalla cucina.

" Vieni, sediamoci. Prendi qualcosa? "

" No, no grazie. Vedo che ora il tempo ce l'hai " disse camminando dietro di me. Mi sedetti e poi allungai il viso in un sorriso.

" Ti stavi scusando e non ho resistito "

" Veramente non mi stavo scusando, ho solo detto che ho esagerato "

" .. E che ti sei sbagliato su di me - precisai puntigliosamente assumendo un'espressione incuriosita e indagatrice - Che cosa volevi dire? "

" Ho detto probabilmente - mi guardò squadrandomi -Non ti sfugge proprio nulla " disse spaparanzandosi sulla sedia; pensai subito che quella posizione doveva essere scomoda come la morte, ma a lui doveva sembrare confortevole. Mi guardò lievemente imbronciato e riprese:

" Sai, sembra proprio che io sia l'unico a pensarla a quel modo su di te. Tutti hanno un'idea e un'impressione molto buona di te e forse dovrei ascoltarli "

" Tutti? " ripetei sbigottita.

" Si, mio padre, mia madre, Ville… " Mi sentii avvampare tutta in una volta: improvvisamente mi chiesi cosa sapesse di me la madre di Ville. Che vergogna.

" Avete parlato di me? " chiesi con il cuore il gola.

" Si, ma hanno detto solo cose belle lo giuro "

Risi nervosamente.

" Ti credo, ti credo " 

" Il problema per me è fidarmi delle persone " disse chiaramente.

" È un po' il problema di tutti.. " dissi cinicamente.

" Appunto, è difficile perché non si è mai del tutto sicuri di chi si ha davanti. Come si ci può fidare? "

" Un buon metodo è vedere come va, vedere come una persona si comporta prima di arrivare alle conclusioni " gli rimproverai. Si ricompose e posò i polsi sul tavolo, avvicinandosi.

" Ho visto mio fratello avvicinarsi e mettersi in mano a persone completamente sbagliate. Ha lasciato che lo prendessero in giro proprio sotto al suo naso, ma nonostante ciò sembra non aver ancora imparato la lezione "

" Però è molto schivo, introverso. Non lascia avvicinare chiunque e anche se pensi di essere abbastanza vicino si chiude a riccio - pensai malinconica. Jesse mi guardò e forse comprese l'intimità di quella constatazione. Dopotutto anche con me si comportava in quel modo - Fa vedere molto poco di sé, anche alle persone che gli sono più vicine " continuai.

" Non basta, non è bastato.. Ne basterà, suppongo " 

" Ti riferisci a qualcuno in particolare? " dissi conoscendo già la risposta.

" È piuttosto ovvio che mi riferisca a lei, non credi? E comunque avrai avuto modo di conoscerla, non ci vuole molto a capirla "

" Abbiamo avuto una discussione " mi uscì dalla bocca e il suo sguardo riflesse completamente il suo stato d'animo. Quella mia dichiarazione involontaria l'aveva intrigato.

" Quando? "

" Qualche tempo fa.. Si è lamentata delle mie attenzioni per Ville ed io l'ho risposta per le rime "

" Ah-ah avrei pagato per vederla annaspare in difficoltà. Dimmi, ad un certo punto ha fatto anche a te il giochetto del cambio d'argomento? "

" Esattamente… Anche tu hai avuto a che dire con lei? "

" Come si fa a non averlo fatto? Sembra quasi come se ti strappasse le parole di bocca "

" Non posso che darti ragione. Ogni giorno che passa è come se la trovassi più… "

" Viscida? " rise.

" Si - dissi, portandomi una mano alla bocca - Tu che cosa le hai detto? "

" In sintesi le ho detto di andare a farsi benedire, ma con meno dolcezza. Le ho detto di smetterla, di farsi da parte e di lasciar stare il mio fratellino "

" Un po' come hai fatto con me " dissi ricordando il nostro scontro.

" Fidati, in confronto ti ho trattata molto ma molto gentilmente "

" Allora mi considero fortunata " 

" Mi dispiace, so che non avrei dovuto ma per me è difficile credere nelle persone "

" Somigli a Ville per questo "

" Si.. Mi ha detto che hai passato un brutto periodo, ma non ha voluto dirmi perché. Continuava solo a ripetere che non poteva e così ho lasciato perdere "

" Ah .. " ero felice che non l'avesse fatto. Jesse mi scrutò, forse in cerca di qualche indizio nella mia espressione.

" Allora ho pensato di chiederlo direttamente a te se non sono troppo indelicato "

" Beh, a dir la verità… - iniziai - È che è davvero difficile e non so se ho voglia di dirtelo, insomma, ci conosciamo appena "

" Si, lo so. Ma voglio capire qualcosa in più di te, lo hai detto anche tu che è fondamentale conoscere una persona prima di giudicarla "

" Si ma questa cosa è piuttosto personale "

" È morto qualcuno a cui volevi bene, della tua famiglia? " tirò a indovinare.

" No, per l'amor di Dio, no " scossi la testa massacrandomi la pellicina intorno al pollice.

" Allora cos'è successo? Hai avuto problemi qui ad Helsinki con qualcuno? "

" No, mi trovavo in Italia quando è successo " dissi tirando via i palmi dal tavolino.

" Ti ha piantata il ragazzo? Sai, si sopravvive più o meno.. "

" … Sarebbe stato mille volte meglio " mi distrassi guardando i bambini che giocavano fuori in giardino. Ero molto a disagio e lui se n'era accorto, ma era determinato a scoprire a qualsiasi costo quello che voleva sapere.

" Guarda che non lo racconto a nessuno, so mantenerlo un segreto " mi voltai a guardarlo, seriamente.

" Alcuni segreti ti uccidono dall'interno, lo sai? Non so se tu possa farcela " mi guardò pensieroso.

" Tu prova, potresti stupirti " 

Respirai profondamente inalando l'aria permeata dall' odore di caffè. Dio quanto caffè bevevano i finlandesi, altro che alcol.

Mi guardai le mani tremanti e poi di nuovo lui negli occhi, gli stessi che sembravano avermi inchiodata a quella sedia. Feci un altro respiro.

" Dopo che saprai questa cosa mi guarderai con pietà e compassione, ed è una cosa che odio. Dio, non so nemmeno perché vuoi saperla ad ogni costo. Non ci conosciamo neanche "

" È proprio per questo che voglio così tanto. Mi rendo conto di chiederti troppo, ma è il modo più efficace che conosca per provare a fidarmi di una persona. I segreti sono personali, quindi non sai quanto ti capisco. Forse questo è l'unico modo che ho per vederti sotto una luce diversa. Purtroppo credo ad una cosa soltanto se la vedo con i miei occhi, sono fatto così " sorrise, ma io non ricambiai, anzi mi agitai ancor di più.

" Sono… Beh, qualcuno ha…ha tentato di forzarmi… " mi bloccai, le mani sudate sul grembiule, che stringevano le ginocchia.

" Ti hanno fatto del male?.. " disse a bassa voce.

" Fare del male è riduttivo. Definisci male. " riuscii a dire.

" ..Ti hanno picchiata? " chiese cauto.

" Un bastardo mi ha violentata " dissi guardandolo negli occhi chiari con lo sguardo di ghiaccio, lacrime calde che tentavano di scioglierlo. 

Aveva smosso il sottile strato di sabbia che si era formato in tutti quei mesi passati a cercare di dimenticare, cadendo nell'oblio. Mi aveva spinta con tutte le sue forze, ed ora aveva vinto. Nonostante ciò non disse una parola.

" Sarai soddisfatto ora che anche tu ..sai. Ville era l'unico a cui l'avevo detto, non avrei dovuto "

" Io… Io non potevo sapere che fosse una cosa così… Pensavo... ti chiedo scusa " disse portandosi le mani sul volto.

" Sei scioccato? Ti prego, non guardarmi come se fossi un piccolo orfano abbandonato per strada, non voglio la tua compassione, fiducia, amicizia solo perché ora sai questa cosa. Non lo voglio. Avrei preferito che mi chiedessi che musica ascoltassi o che libri leggessi, ma non questo "

" Era l'unico modo per potermi avvicinare sapendo di non sbagliare. Cerca di capire… Ville è mio fratello ma a volte devo fare io quello maggiore per lui perché non si sa prendere cura di se stesso anche se ci prova con tutte le sue forze… L'altro giorno non ti ho creduta sulla parola, e mi dispiace, ma era troppo poco per me. Questo.. questa cosa è forse il tuo segreto più grande e dentro di te sai che sei riuscita a raccontarmelo soltanto perché volevi che io mi fidassi di te o perlomeno che ti prendessi sul serio, e non come la prima esaltata che s'insinua nella vita di Ville. Con quello che hai fatto sei riuscita a dimostrarmi quello che non eri riuscita a fare con la discussione dell'altro giorno. Se non l'avessi voluto davvero dentro di te, sono sicuro che non me lo avresti mai detto "

Ascoltai le sue parole attentamente e intanto provavo a ricacciare indietro quelle maledette lacrime che mi pizzicavano gli occhi. Quello che diceva aveva senso, ma era stato troppo.. tutto. Era una cosa che mi era costato molto rivelare a Ville e ora l'avevo detta anche a lui… Pensai che forse dovevo interpretarlo e vederlo come un buon segno, come un segnale di recupero in un qualche modo. Mi sembrava quasi come se parlarne stesse diventando più facile, non meno doloroso ma più spontaneo in un certo senso. Come se dirlo a qualcuno stesse iniziando ad avere un'azione esorcizzante.

" Lo avevo detto solo a Ville - ripetei, come in uno stato di trance momentanea - Era il nostro segreto.. È stato diverso dirlo a te "

" Lo so… Credi di amarlo, vero? " disse scrutandomi quasi spaventato, ed io non capivo perché. Non capivo il perché di quella domanda.

" Cosa? "

" Insomma, hai litigato con Sandra… Ti prendi cura di lui quando è malato.. Ed ora questo, questa strana reazione: sembra quasi che dicendomi il tuo segreto, tu lo abbia tradito. Te lo leggo in faccia "

" Mi sento esattamente così, perché è una cosa che nessun altro avrebbe dovuto sapere "

" Capisco…. Hai denunciato tutto alla polizia? "

" Dopo che è successo sono partita.. " dissi tristemente.

" Capisco.. " 

Silenzio. Jesse mi guardava con un'aria a terra, molto dispiaciuta ma allo stesso tempo ancora con quella curiosità indagatrice nello sguardo.

" Mi fa piacere che tu me lo abbia detto, mi ha fatto capire molte cose di te Matilda. Voglio che tu lo capisca "

" Ah, sono contenta per te " dissi con un'accenno di stizza ed una stanchezza infinita.

" Sai, effettivamente sei diversa… Non sembra che tu abbia un altro fine oltre che stare vicina a Ville, servire caffè e dipingere " disse abbozzando un sorriso per sdrammatizzare.

" Già, come ti avevo detto d'altro canto… Sai, ti ammiro. Per quello che fai per tuo fratello, sei così determinato. Se ero chi dicevi che io fossi, sarei scappata lo sai? "

" Si, altre hanno fatto esattamente questo. Devo ammettere che mi divertivo molto a smascherarle "

" Però il fatto che io ti ammiri non vuol dire che mi stai simpatico, sia chiaro " dissi tirando su col naso e facendo un mezzo sorriso. 

" Neanche tu " disse serio, poi scoppiò a ridere trattenendosi con il palmo della mano.

" Non farlo soffrire… " disse una volta che il suo volto si fu disteso di nuovo.

" Preferirei soffrire io al suo posto " dissi distogliendo lo sguardo. E ne sto già scontando il prezzo, pensai.

" Tra di voi le cose come vanno? Se posso chiedere, ovvio… "

" Ma davvero, ora ti fai degli scrupoli? - dissi in tono di scherzo - È complicato sai.. Cerco di stargli accanto come posso ma ultimamente è difficile "

" Sei innamorata di lui? " mi chiese a freddo. Il mio sguardo guizzò su di lui, irritato.

" Non lo so "

" Se hai litigato con quella sottospecie di donna vuol dire che tieni a lui, ed anche parecchio "

" Io, io non lo so che cosa sento. Forse non dovrei sentire quello sento "

" Perché dici così? "

" È evidente, lui è impegnato al momento anche se fa di tutto per sorvolare sull'argomento "

" Si comporta così anche con me, è come se non volesse sentire storie a riguardo "

" Non lo capisco… A volte mi sembra così contrariato, corrucciato del suo stesso comportamento. Quando siamo insieme sento qualcosa, qualcosa di profondo e radicato e non posso averlo sentito solo io, capisci? Prova anche lui quello che provo io o almeno credo… Ma nonostante ciò… Non lo so "

" Credo che nasconda a se stesso quello  che prova per te Matilda "

Era strana quell'atmosfera che si era creata in quel momento, tutto intorno. Era nata una sorta di complicità e me ne accorsi dalla naturalezza che provavo a parlare di Ville con lui. Forse era solo perché dopotutto era suo fratello.

" A questo punto però non sono sicura che lui provi qualcosa.. "

Mise i gomiti sul tavolo e mi guardò districando l'espressione in un sorriso.

" Dovresti provarci davvero "

" A fare cosa? " 

" Dovresti provare sul serio a dirgli quello che senti.. Sai, tutto d'un fiato. E se lui non capirà, beh sarà uno stupido "

Lo guardai, interdetta.

" Credi? Due giorni fa non mi avresti fatta neanche avvicinare a lui, evitandomi come l'ortica "

" Già ma mi sono accorto che sei molto meglio di Sandra "

" Non è che ci voglia poi molto " mi scappò. Ma a Jesse non dispiacque affatto quel mio appunto.

La pensavamo allo stesso modo su di lei, come poteva essere il contrario?

 

" Mi ha fatto piacere parlare con te Matilda… E, scusami ancora, intendo per tutto "

" Ha fatto piacere anche a me, Jesse " .

Prese il berretto e si alzò dal tavolo e prima di voltarsi disse:

" Sai, è strano ma.. mia madre fa il tifo per te " .









Note:


Anita colpisce ancora !**

Jesse cerca di fidarsi di Matilda, e chissà se alla fine non ci riesca..

Come sempre, in particolare per la lite di Jesse con cosa, mi sono basata su ciò che gira, ovvero sulla lite del Tavastia.


Grazie a chi segue, legge soltanto e soprattutto recensisce !

Alla prossima.

Kiitos paljon

 

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Capitolo 13
*** Love without Tears ***


                               


 

'' If I could be with you tonight

I would sing you to sleep

Never let them take the light behind your eyes

I failed and lost this fight

Never fade in the dark

Just remember you will always burn as bright ,,

 

 

 

 

 

A volte quando si ama troppo, bisogna lasciare andare. Si deve, perché la nostra felicità è insignificante di fronte ai desideri dell'altro, per quanto possano sembrarci assurdi, quasi sbagliati. Ma chi siamo per giudicare?

E poi, io lo amavo? Non sapevo se lo ero davvero, se ero innamorata. C'era qualcosa dentro di me che mi obbligava quasi a prendere in esame quella domanda, a rifletterci e a pormela di nuovo il giorno seguente. 

Il fatto che tenessi a lui, era palese, evidente; quasi arrossivo rendendomi conto durante i miei numerosi ragionamenti del modo in cui gli sorridevo o mi comportavo con lui, del tono della voce lievemente meno duro e asciutto del solito. Mi sentivo quasi appiccicosa da quella dolcezza che senza saperlo era uscita dai miei gesti, dalle accortezze. Poi mi venne in mente quella furiosa litigata, le parole che dissi a quell'essere: era vero, tutto quanto. Ero stata proprio ciò di cui aveva bisogno, un'amica e questo non mi era mai pesato, non volevo che lo pensasse. Avrei continuato con piacere ad esserlo, ma per il momento sarei dovuta restargli lontana, abituarmi a non cercarlo, a non permettergli di essere indispensabile. 

Ma chi volevo prendere in giro? Cazzo.

Mi ero trasferita in quella città, avevo preso quella decisione in una notte. Era spudoratamente ovvio che Ville c'entrava qualcosa, che già allora era entrato a far parte della mia vita e ad occupare un posto rilevante. A volte mi ero sentita così infantile pensando a quelle cose, come se fossero state premature, dentro di me ero convinta di aver fatto la parte della fan ossessiva, ma quando chiedevo a Ville cosa ne pensasse a proposito era sempre gentile, mai una parola fuori posto, una considerazione sgradevole. Lui era davvero una delle poche persone che non erano neanche andate vicine a ferirmi, a trattarmi come una nullità.  

 

Ma a cosa serviva tutto questo?

A volte ero convinta che più gli restavo vicina e più mi deperivo: come fiori senz'acqua, a cui non basta solo la presenza del sole per vivere. Appassiscono in fretta. Sempre più spesso avevo l'impressione che Ville fosse come veleno, proprio così, un dolce veleno che prendevo a poco a poco, ma era nocivo nonostante le argentee promesse, e sembrava uccidermi lentamente, insinuandosi prima sotto la mia pelle e poi penetrando nel mio sangue, mischiandosi ad esso per sempre. 

Lo sentivo vicino, un legame viscerale ed inspiegabile, inspiegabile come potrebbe essere per un lettore o per qualunque altra persona all'infuori di noi due.

 

Ma allora come si poteva sopravvivere a tutto ciò, come e soprattutto dove prendere la forza?

La terra che tremava sotto i miei piedi non era solo mera illusione ma realtà; potevo sentire i granuli di terra fra le dita dei piedi, la polvere. E in tutta quell'aria polverosa c'ero io che guardavo fisso davanti a me, fisso dentro me stessa e ansimavo, in attesa. In attesa di qualcosa che forse non sarebbe mai arrivato; ma nonostante ciò, dolorante, avrei oziato silenziosamente in quell'attesa struggente.

 

 

'' We just wanna be whole again, again… Vogliamo essere pieni di nuovo, ancora… ,,

 

 

 

 

 

Luglio era passato da un pezzo ed anche agosto pian piano svaniva. A volte s'iniziavano a percepire deboli accenni d'autunno, lo sentivo sempre quando stava per raggiungermi. D'altro canto era forse la mia stagione preferita, ma da una parte c'era qualcosa in esso che portava infinita tristezza. Calma e solitudine, e forse non volevo altro.

 

Si arriva ad un momento nella vita in cui tutto appare così superfluo ed insignificante in confronto al sopravvivere. 

È vero che l'amore mi ha deluso, mi ha deluso fino a farmi quasi morire. Mi ha straziato, come un gatto finito nella bocca di un cane feroce, mi ha morso, lacerato e mi ha sputato via. Mi ha smembrato e poi ha incollato insieme i pezzi che rimanevano di me, quelli lasciati indietro, con pazienza, maestria ed estrema cura; mi ha dato una seconda possibilità, una terza, una quarta.. C'è sempre stato in un modo o nell'altro, anche se questo ha significato ferirmi. È stata l'unica cosa capace di farmi vivere e morire e poi sopravvivere allo stesso tempo.

 

Non si decide da un giorno all'altro, né si traccia una croce netta sul calendario. Lasciare andare l'amore risulta quasi impossibile; è innato dentro di noi e per far si che se ne vada, per spegnerlo, bisogna uccidere con esso un pezzo di se stessi. Lo considero il prezzo da pagare.. E ci vuole tempo, molto tempo. Delusioni e tradimenti non sono abbastanza, devi sporgerti al di là del baratro, dove non ci sono barriere di sicurezza, guardare giù e cadere a braccia aperte.

Quando si risale, non guardandosi mai indietro, qualcosa muta dentro di noi; tutto cambia e non c'è volontà al mondo che possa fermarti da quella paurosa ascesa. 

Questo amore che tanto mi ha ferito, io l'ho lasciato andare, l'ho staccato da me pezzo dopo pezzo  e ora è soltanto lui a farmi visita.

 

Come in ogni cura da qualsiasi malattia, esistono degli effetti collaterali e i miei sono i ricordi, che anche senza il mio permesso ritornano ancora e ancora ad aleggiare su di me, dietro le palpebre. 

 

Quindi dopotutto non ero stupito del fatto che lei non capisse, come poteva mai riuscirci? 

Quando vieni colpito molte volte arriva poi il momento in cui affondi del tutto e quell'unico salvagente in mare non basta a salvarti perché le tue pene saranno sempre più dure e ti spingeranno sul fondo, ancorandoti ad esso.

 

Io non voglio più provare ad essere felice.

Tutto quello che ho sempre fatto, tutto l'impegno, la buona volontà, la dolcezza, sono risultati vani: in un modo o nell'altro tutte queste cose ti fottono, punto. Non c'è modo di evitare di stare male, e non è solo una versione cinica della vita e del mondo, è la pura verità. Solo le persone che hanno negli occhi arcobaleni sconfinati e unicorni credono che esista solo gioia, ma solo solo degli illusi.

Per cosa dovrei combattere? Per un amore momentaneo  e stupendo che senza ombra di dubbio si trasformerà in dolore e rabbia? 

Non ne vale la pena, non per me almeno. Dieci anni fa forse avrei provato pena per qualcuno che l'avesse pensata così, ma ora l'unica cosa che sento e avverto è rassegnazione e forse è di gran lunga peggiore.

 

A volte accontentarsi di una situazione stabile evita un'altra fregatura. È un ' amore ' senza lacrime. Se non ti esponi troppo, il sole non tocca la tua pelle e riesci a non bruciarti.

Ora permetto all'amore solo di farmi sopravvivere e nulla di ciò che faccio mi sembra sbagliato. Amore senza lacrime.

La mia vita non è felice ovviamente, ma neanche completamente infelice. La definirei una condizione di neutralità e normalità. 

Tutto a un tratto la banalità mi è parsa così attraente da gettarmici dentro. 

D'altronde le persone stanno bene nella banalità, giusto?

Non aspettarsi niente, vivere lasciandosi trascinare dalla corrente; è così che non si soffre.

 

La delusione ti guiderà verso la monotonia; e lentamente, la monotonia all'apatia.

 

Amore senza lacrime.

 

 

 

As the light across the room flickers its dying song waiting for a reason to keep going on.

The sweetest wine has now turned bitter by these thoughts

So I wander the dark on my own,

 

I should've known all along

That love without tears is just a story told to keep us hanging on in the cold all alone

Bathing in fear I sing

Love without tears,

Love without tears

 

A ghost residing here

A boy who can't let go

Won't take no for an answer

Crying his song,

 

I should've known all along

That love without tears is just a story told to keep us hanging on in the cold all alone

Bathing in fear I sing

Love without tears,

Love without tears

Go on and prove me wrong

 

I should've known all along

That love without tears is just a story told to keep us hanging on in the cold all alone

Bathing in fear I sing

Love without tears,

Love without tears

Go on and prove me wrong

 

Love without tears

Love without tears

Please let me be so wrong

 

 

 

 

 

Go on and prove me wrong.

 

 

 

 

 

 

 

 Note: 

 

La canzone è Love without Tears e credo che parli da sola; insomma, quando ho realizzato il significato del testo (o meglio come l'ho interpretato) sembrava perfetto da inserire non solo in questo capitolo, ma nella storia, visto il tema. " Continua e provami che mi sbaglio " - chissà se Matilda riuscirà.

 

La canzone all'inizio del capitolo invece è The light behind your eyes dei MCR, quella nel mezzo We are Broken dei Paramore.

 

Questo capitolo è il chiarimento ufficiale di Ville, per così dire; forse l'unico che fa più intravedere e chiarisce come la pensa e il motivo per cui si comporta come si comporta.

So che è un po' corto, ma mi rifarò.

 

 

 

-kissofdawn

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Capitolo 14
*** Angels with silver wings shouldn't know suffering ***


                               




Oh, what a cold, dark world it is to walk through

Alone with a fear-filled head

Thinking of losing you is a haunted song

And a dread much worse than the fear of death

 

Now I feel the fear rising up

Climbing up, taking over my body

And I feel my pulse starting up

Waking me again

 

Open my eyes, I'm reaching for you

Set me on fire, set me on fire

I'm burning inside, I'm waiting for you

Set me on fire, set me on fire

 

Your hand in mine, oh, I feel the fire

Two hearts that beat, oh, to feed the fire

 

 

" Cazzo.. Non puoi morire sul serio. In quel modo poi.. Mi aspettavo di meglio "

Il campanello suonò e dovetti a malincuore staccarmi dalla replica che avevo aspettato per dodici settimane per scoprire finalmente come andasse a finire quella stramaledetta serie. Abbassai velocemente il volume e mi diressi verso l'ingresso, inciampando nella mia stessa borsa.

" Un secondo soltanto " annunciai impacciata. Arrivai e aprii.

 

" Ciao, Matilda.. " mi squadrò da capo a piedi, come ad assicurarsi che stessi bene.. o che fossi ancora viva.

" Ciao, Ville… " 

" Posso entrare? " 

" Certo, ma a patto di rimanere in silenzio finché non finisco l'episodio che stavo guardando. Ormai manca poco e poi finirà tutto.. di nuovo " le sarò sembrata pazza in quel momento ma sorrise e accettò quella che probabilmente gli suonò come una minaccia.

 

Si accomodò sul divano di fianco a me e poggiò la schiena verso il cuscino, intento anche lui a guardare lo schermo luminoso.

 

" Non può finire così, non è giusto non credi? "

" Non so di cosa tu stia parlando, ma mi fido "

" Lei è la Suprema più figa che abbia mai visto, è malvagiamente crudele ma è la migliore "

" Mi piace quest'attrice, forse però dovrei aggiornare il mio repertorio "

" Si, dovresti ".

 

 

Per i venti successivi minuti nessuno dei due proferì parola, ma ogni tanto ci accorgevamo l'un dell'altro mentre eravamo intenti a spiarci con la coda dell'occhio.

A volte mi dimenticavo dei suoi occhi,  di quanto dolore ci fosse e di quanto era difficile vederlo affiorare. Ma in quella stanza, in quel momento lui mi stava lasciando entrare, o magari aveva solo abbassato la guardia perché ero rivolta altrove. 

Così tante volte avrei voluto prendere il suo dolore e racchiuderlo in una scatola, un aggeggio simile a quello in Hellraiser, e non aprirla mai. Ma non riuscivo a far nulla se non a lasciarlo andare via.. Mi sentivo impotente ed inutile, come se gli eventi trionfassero e noi poveri soldati caduti sul campo.  Mi chiedevo se valeva la pena soffrire così tanto a questo mondo, se c'era davvero qualcuno e se c'era, perché fosse così crudele da lasciare tutti i suoi figli morire, seppur non di vera morte. 

Ville sembrava una nave rassegnata ad affondare, con il suo capitano già al timone, un pirata con l'aria triste e il sontuoso cappello bucato, ma non era pronto; sapevo che in lui c'era qualcosa di più forte di tutta quella maledetta paura, ma essa torreggiava su di lui, impedendogli di muoversi, agitandolo come un manichino. Voleva essere più forte di se stesso, ma non riusciva a vincere. Non sopportavo vederlo in quel modo, perché per quanto sorridesse, le sue iridi si sfocavano dall'interno, schiarendosi. Stava perdendo vitalità, stava morendo dentro ed io, povera illusa di poterlo salvare, non ero assolutamente in grado di fare nulla se non lasciarlo andare via. 

Il mio amore non era sufficiente, non abbastanza.

 

'' Angels with silver wings

Shouldn't know suffering

I wish  I could take the pain for you…. ,,

 

 

 

" Sapevo che alla fine avrebbe trionfato il personaggio più stupido e insulso. Dannati autori " dissi quasi in lacrime.

Spensi la tv e tirai sù col naso: pensai che se ero capace di commuovermi per una serie tv horror, allora per me non c'erano più speranze. Era davvero così che mi ero ridotta? Mi vergognavo.

 

" Allora.. Cosa ti porta alla mia porta? Mi hai sorpresa, non ti aspettavo "

" Aspettavi qualcun'altro? " cosa c'era in quella domanda che tanto mi divertiva, della gelosia forse? 

" No, no… Non c'è nessuno Ville, nessuno che conosca oltre te e Jesse "

" Già… Ho saputo del vostro incontro, mi dispiace Matilda. Sarà di sicuro partito a macchinetta, perché è così che fa quando vuole avere ragione per forza ed è convinto di quello che dice, che sa "

" Devo ammettere che c'è andato giù pesante, insomma se fossi stata una bionda barbie su un dodici e le mie orecchie non avessero sentito di peggio, sarei scappata via piangendo. Ma sai, non è stato tanto male; dopotutto mi sono presa anch'io la briga di rispondergli "

" Per me avresti potuto anche picchiarlo, a volte si comporta come un imbecille "

" Lo fa soltanto perché tiene a te Ville, più di quanto forse tu non sappia "

" Jesse è testardo, è arduo smuoverlo; insieme in una stanza non so cosa riusciremmo a fare o chi ne uscirebbe vivo "

" È così acido perché è una sorta di protezione, credo… Ma si, come tu hai le tue maschere invalicabili, anche lui ne ha " dissi riflettendo ad alta voce.

Lui mi guardò con la mente affollata di domande, ma non chiese niente. Aspettò che io gli chiarissi tutto.

" L'altro giorno è venuto al caffè a parlarmi. Voleva scusarsi e ci siamo seduti a parlare "

" Ti ha offesa di nuovo? Se lo ha fatto devi dirmelo, Matilda "

" No, anzi voleva conoscermi meglio. Ha molto insistito per questo. Abbiamo parlato di te e della tendenza che hai a non fidarti delle persone ma a finire alla fine sempre tra le grinfie di quelle sbagliate - mi guardò scosso dalle mie parole - Forse non te l'ho mai detto prima d'ora, ma anche io la penso così.. Certo, Jesse forse è un po' troppo duro ma è solo stanco di vederti stare male… E sai, lo sono anch'io. Anche se ci conosciamo da pochissimo, non è stato difficile vederti in stati pietosi o in cattive condizioni, e credimi anche se le persone che ti amano sono solo lontane fan, sono persone che si preoccupano per te anche se con una consistenza diversa. Io vorrei che tu stessi più attento, ma non posso dirti come vivere "

 

Ripresi fiato lentamente e poggiai il bollitore sulle danzanti fiamme azzurre.

 

 

" Ormai non m'importa più " disse alienandosi, incrociando le gambe.

" Non t'importa più di cosa? " mi avvicinai.

" Di soffrire o essere felice, di mettermi di fianco persone sbagliate o.. - si voltò e le sue dita mi accarezzarono la guancia all'altezza dello zigomo - ..persone meravigliose… Sono cresciuto ormai e so badare a me stesso anche se questo può suonare come un campanello d'allarme. Sai, come il matto che dice di non essere pazzo. Insomma, le ho provate tutte e mai una volta, una sola, le cose sono andate per il meglio. Alla fine si è stanchi di rincorrere una meta invisibile e si smette di correre, poi di fare grandi respiri e poi di vivere a pieno. Si sopravvive "

 

Guardai il suo collo e poi le clavicole che sporgevano sotto la maglietta di cotone.

 

" Sai quando tutte le speranze sembrano spegnersi e non rimane nulla di abbastanza vicino a cui aggrapparti? Come se si fosse rimasti intrappolati in un mondo privo anche del più fioco alito di vento… "

 

" Conosco la sensazione.. "

 

Silenzio.

 

" Da quando è successo, è cambiato qualcosa in me, più di qualcosa e non è stato più lo stesso. Tutte le stelle hanno abbandonato i propri bagliori e ho visto il buio: quel nero incontrastato da cui non si fugge. Ma a volte, - presi la sua mano nella mia - avverto dei piccoli istanti di luce pura, e mi tengono ancorata. Riescono a farmi sentire ..qualcosa. Persino viva.. "

" Oh Matilda.. " disse, gli occhi assenti, rapiti da ciò che gli avevo timidamente confessato.

" Quando tuo fratello è venuto da me voleva sapere cosa mi fosse successo.. " si ridestò.

" Dimmi che non è vero… "

" Ho apprezzato infinitamente il fatto che tu non glie lo abbia detto Ville, dico davvero. Ma quando è venuto a parlarmi quella era l'unica cosa che voleva sapere e non lo biasimo da una parte. Era il mio segreto, il mio peso da portare nel cuore e nel corpo, e rivelandoglielo ho fatto si che si fidasse di me… E per me è importante. Sai, se fosse stato il primo tipo a incontrarmi per strada lo avrei mandato al diavolo, ma quella persona era tuo fratello e ho dovuto dimostrargli che non stavo mentendo, che io sono davvero quella che aveva visto. E non devi arrabbiarti, perché l'ho fatto per me stessa. Perché io non accetterò mai di passare per ' una ' che ti fa del male, una delle tante "

" È stato uno sciocco.. Non so davvero cosa dire o fare per tutto l'imbarazzo che ti avrà creato.. "

" No.. Non imbarazzo.. È stato difficile dirlo si, ma ciò che ho provato più profondamente è stata l'impressione di averti.. tradito "

" E perché mai?.. "

" Perché eri l'unico a saperlo… E volevo che le cose rimanessero tali, ma ormai è andata.. Non ci pensiamo "

" Il tuo senso di lealtà è qualcosa di strabiliante… Finirai mai di sorprendermi? Ho l'impressione di non saperne mai abbastanza di te per conoscerti, mi stupisci sempre "

" Forse non è poi tanto un bene… "

 

La sua mano si avvicinò di nuovo al mio viso e s'intrecciò avvolgendosi attorno ad una ciocca di capelli.

 

" Devo dirti una cosa… Anche se non è così devastante come starai pensando, quindi non preoccuparti "

" Riguarda…? " alluse alzando un po' il naso all'insù. 

" Si… Allora non sono poi una completa estranea, visto?.. "

" Dimmi cos'è successo, ti prego.. "

" Il giorno in cui sono partita l'ho incontrato. Ho incontrato il mio stupratore " dissi per la prima volta a me stessa, ad alta voce.

" Lo hai riconosciuto? " 

" Mi sono resa conto che era lui dal suo odore, forte e… Ma se intendi che lo conoscevo, allora no. Non credo di averlo mai visto prima, o almeno spero. Ho visto soltanto che era di grande stazza, aveva braccia…. -spostai la mia attenzione altrove, disgustata - E aveva un tatuaggio "

" Se puoi identificarlo allora devi sporgere denuncia, immediatamente "

" Ci saranno migliaia di persone con un sole tribale sulla nuca, gli anni '90 hanno rovinato la gente del tutto " constatai acida.

" Ma lo hai visto, devi almeno provarci diamine "

" Non ho mai detto di averlo visto in faccia, e ringrazio per non averne avuto l'occasione "

" Perché dici così, che ti prende? "

" Non riesco a vivere senza pensarci già in queste condizioni.. Avere la sua faccia davanti agli occhi tutto il tempo per cosa, torturarmi? No grazie. Preferisco non conoscere l'uomo che mi ha fatto questo, che mi ha inflitto questa condanna. Non sarò più io, già ora non lo sono più… Come pensi che potrei andare avanti così?… Preferisco rimanere nell'ombra e nascondere il suo viso nel buio, così da dove è venuto e che vada a fanculo. Gli auguro la morte, questo si, ma non chiedermi di rivivere per sempre quello che è stato. È già abbastanza da miserabili adesso… "

 

Si avvicinò a me e io ricaddi lentamente sul suo petto, scossa e irritata da tutto quello schifo che sentivo dentro di me. Era passato del tempo, ma quasi niente era cambiato in realtà. 

 

" Non posso neanche immaginare come ti senti, vero? .."

" Te lo auguro, Ville…. Davvero "

" Ti prometto che finché mi vorrai accanto, farò di tutto affinchè non ti accada nulla.. "

" Grazie.. "

 

Rimanemmo abbracciati, ascoltando ognuno il respiro dell'altro. Era meraviglioso anche solo udire l'aria che usciva dalla sue labbra socchiuse.

Prese ad accarezzarmi i capelli dolcemente e poi alzò il mio mento verso di lui, in modo che lo riuscissi a guardare.

Ora il suo respiro mi accarezzava leggero il volto e i suoi occhi socchiusi mi guardavano come piccole fessure colme di dolore, ferite in attesa di essere sanate.

" Ho bisogno.. " 

" Anch'io " risposi guardando il suo viso.

" Non ce la faccio.. " ansimava, sentivo il suo cuore ormai quasi impazzito battere contro la parete del suo petto, quasi volesse uscire. Avevo paura che fosse in arrivo un altro attacco d'asma, ma lui scacciò i miei sospetti, prendendomi il viso fra le mani, affondando delicatamente le dita nei miei capelli e unendo dolcemente le sue labbra alle mie, un'altra volta. Avevo atteso in segreto quel momento da molto, fino a convincermi che forse non sarebbe più avvenuto e invece eccolo lì…che arrivava calmo e spontaneo. 

Avrei voluto sentire quel suo odore e quel sapore su di me in ogni momento, per sempre. Perché la vita non era così dolce e bella senza di lui. Non lo era, e lo sapevo. Lo avevo provato e ora non riuscivo ad abbandonare quel piccolo paradiso. Io ero connessa ad esso e una volta lontana, sarei appassita e tornata alla ' sopravvivenza ' al quieto torpore dell'apatia.

 

" Che stiamo facendo? " dissi con voce affannata, provando a staccarmi da quel bacio così disperato ma non riuscendoci.

Mi mise in braccio, sulle sue cosce e ora potevo avvolgerlo con le mie braccia, sentire pienamente il suo calore e profumo, tenere il viso tra le mie mani e premervi le mie labbra come per imprimergli quella sensazione nella memoria. 

Le sue mani mi carezzavano i fianchi, insinuandosi sotto la maglietta, arrampicandosi lungo la mia schiena.

" La verità è che.. non ce la faccio a stare senza di te " disse staccandosi dal nostro bacio lungo e dannato, riprendendo fiato.

" Non farlo .. " dissi guardando quell'infinito mare verde tempestoso dei suoi occhi, pronunciando quelle parole una alla volta, chiare e indelebili nel mio animo.

Allora lui prese di nuovo a baciarmi, sempre più affannosamente e tempestosamente, prendendomi in braccio e portandomi nell'altra stanza.

Mi adagiò sul letto dove come un felino mi si avvicinò, annusando il mio collo, tracciando una scia di morbidi baci, sbottonandomi con estrema delicatezza i jeans e liberandomi dalla maglietta. Io feci lo stesso e presto i nostri corpi s'incontrarono, unendosi e scambiandosi reciprocamente il proprio calore, divenendo una cosa sola, un'unica melodia affollata di battiti. Le sue mani avvolgevano il mio corpo e le sue braccia mi cingevano come se non volessero lasciarmi mai andare via.

Ci abbandonammo l'una all'altro e danzammo baciandoci e assaporando ancora e ancora il nostro completarci.

 

 

 



 

 

 

Note :

 

La canzone è Precious dei Depeche Mode, di cui in verso da anche il nome al cap. Quella a inizio capitolo invece è Set me on Fire dei Flyleaf.

 

La serie tv è American Horror Story : Coven.

 

Grazie a tutti coloro che leggono, recensiscono e seguono la storia.

 

Kiitos !

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Capitolo 15
*** My flesh and blood in you ***


                               


 

 

 

It was cold when I came over

We were young, it was December

Stayed up late and watched a movie

About two friends that made each other angry

 

Pretend like we are more than friends

We'll see where the night ends

I wake up on your floor, you wake up in your bed

Still, I like to think you said

"It's not where the story ends"

We say our sweet goodbyes

Platonic jagged knives

 

The pretty girl home from the city

Met that old friend who made her angry

They walked the beach when it was raining

Fell in love, and then got married

 

Pretend like we are more than friends

We'll see where the night ends

I wake up on your floor, you wake up in your bed

Still, I like to think you said

"It's not where the story ends"

We say our sweet goodbyes

 

Platonic jagged knives

 

 

 

 

Era come se finalmente avessi trovato quello che tanto bramavo, quello per cui le mie iridi si accendevano, sprigionando lacrime nelle giornate ombrose, quando erano lontane da ogni riflettore o fioca luce.

Come se due anime, le nostre, si fossero ritrovate: perché era stato esattamente come lo avevo immaginato, come l'avevo immaginata. Nella sua semplicità e modestia era l'essere più perfetto e armonico che avessi mai visto; e non si trattava di linee rigide né di un corpo malato, infettato dalle tante stronzate che propone oggi la società. No, lei non aveva bisogno di questo, sciocchezze così superficiali e vuote: nella mia mente la immaginavo come un'anima ribelle e indomabile, non facilmente influenzabile da chi le stava intorno, era quasi come se fosse un essere puro e inviolabile, eppure lo avevano profanato.

Quando pensavo a cosa le aveva fatto quel bastardo, sentivo crescere un furore e una rabbia dentro la pelle che non avevo mai provato, nemmeno quando ero stato tradito.  Era come se avessero fatto male anche ad una parte di me, e più passava il tempo, più passava il tempo con lei, questa impressione si rafforzava. Io mi sentivo parte di lei, e speravo con tutto me stesso, o con ciò che ne rimaneva, che per lei fosse la stessa cosa.

Così innocente, brillante… forse non meritavo neanche di stare con lei nella stessa stanza, di respirare la sua stessa aria che mi pareva di rubare.

 

Le sue dita affusolate  erano appoggiate al mio petto, sollevandosi ad ogni respiro. La sua mano calda mi faceva sentire intorpidito, intrappolato dalla sua magia. Lei alzò il volto e si sistemò di fronte a me; le nostre due figure rannicchiate quasi in posizione fetale formavano uno strano cuore, le mani a sostenere la guancia, le braccia lungo il petto a coprire il seno. Mi stava sorridendo.

 

" Probabilmente ora penserai che ho un sacco di problemi o qualcosa del genere, ma voglio che tu prenda questa cosa che sto per dirti per quello che è, nel modo giusto .."

Ebbi paura. Paura d'aver sbagliato ogni cosa.

" Sapevo che non avrei dovuto… Diavolo " la interruppi, strofinandomi la fronte, in cerca del motivo per cui ero stato così stupido, immaturo e insensibile come sempre.

" Ma cosa stai dicendo? Non capisco… Forse hai frainteso, no, sarà sicuramente così Ville "

" No.. Io, io dovevo saperlo.. Dovevo aspettarmi che tu non fossi ancora pronta, dopo quello che ti è successo. E sono stato così indelicato, un vero coglione. È troppo presto per metterti di fronte a tutto questo… "

Si avvicinò trascinando parte nelle lenzuola con sé e così fummo tanto vicini che i nostri nasi quasi si sfiorarono. Fece un gran respiro, prendendomi fra le sue mani il volto e disse:

" Ville, io non so perché credi che io sia così indifesa, ma …non è così. C'ero anche io poco fa, ok? Le cose, e specialmente questo genere di cose si fanno in due, insieme, e guai se non fosse così - abbassò per un attimo lo sguardo e poi tornò su di me schiudendo gli occhi - Quello che volevo dirti pochi secondi fa è che.. tu sei il primo. E mi vergogno da morire a dirti in faccia una cosa del genere, ma è così e io non voglio mentirti. Non te ne sei accorto, o forse sì dato la mia totale e poco elegante goffaggine, ma io ero… ero vergine quando successe. E ti considero come la mia prima volta, perché quello che è accaduto non si può definire con parole gentili e dolci e adatte alla prima volta di una ragazza. Volevo che lo sapessi, voglio essere onesta con te e voglio esserlo fino in fondo "

 

Come poteva essere possibile? Lei, lei non aveva mai fatto l'amore con nessuno, e aveva scelto me. Uno stronzo narcisista e rinsecchito cinico. 

D'un tratto le nuvole che affollavano la mia mente fecero posto ad una sorta di piacevole sereno, facendomi realizzare davvero il significato delle parole che mi aveva appena detto.

Io ero… così imbarazzato. Imbarazzato di non poter essere alla sua altezza, ora ancora in maniera peggiore. Ma dentro di me allo stesso tempo mi sentivo così felice, onorato… e questo mi fece impazzire.

Le poggiai le mani sul viso e dietro la nuca, premendo con ardore le mie labbra sulle sue, ancora calde e arrossate. Sentii il suo sapore di nuovo, che in quel pochissimo lasso di tempo mi era così mancato… 

 

" Come hai potuto.. con me? Perché hai lasciato che io.. "

" Smettila… Smettila, perché so già dove vuoi andar a parare e non mi piace. Non mi piace il modo in cui consideri te stesso, come ti infliggi dolore da solo per redimerti da non so cosa. Io l'ho fatto, e ti ho scelto sì, perché so che tu soltanto potevi darmi tutto questo. Non è soltanto un atto tra due persone, il coronamento di qualcosa che entrambi abbiamo tanto.. agognato e desiderato. Io lo considero molto più di questo, perché tu sei molto più di quello che pensi di te stesso, di ciò che tutti pensano di te "

 

Riprese fiato; aveva il viso arrossato, scosso per quelle parole.

E io, inerme sotto il suo sguardo non potevo far altro che ascoltarla in silenzio, domandandomi da dove prendeva tutta quella convinzione, tutta quella fiducia che riponeva in me. 

E d'un tratto, gli occhi mi si riempirono di lacrime… delle lacrime che uscirono solcando il mio viso, non pesanti e nascoste. 

 

" Non so se anche tu provi la stessa cosa ma… Sento ti appartenerti, sento di essere parte di te, e non ci sarà  neanche una parola che potrà scalfire questa verità. Mai "

 

Rimasi ancora fermo e in silenzio, liberando i miei occhi dal dolore… non cercavo di fermarlo. Volevo che uscisse.. per una volta, volevo mostrarglielo. 

E poi lei cantò, baciandomi le nocche di una mano.

 

 

 << ' Cause I belong to you

' Cause I am part of you

I am dying in your arms

It's time to go I can't make it through… >>

 

 

Si avvicinò ancor di più e sfiorandomi l'orecchio continuò con dolcezza, ma con una nota straziante e profonda.

 

<< My flesh and blood in you

I am burning in this fire … >>

 

 

" La mia carne ed il mio sangue in te… Esistono forse parole che riescono ad avvicinarsi di più a ciò che sento ? - torreggiai su di lei e sul suo corpo - Credo di non essere all'altezza di tanta magnificenza e bellezza… È come se il mio cuore fosse troppo piccolo per ospitare tutta la felicità che mi hai appena dato…. Tu, piccola e misteriosa ragazza..sembri quasi un'aliena in visita ad un comune mortale come me, e io cosa ti offro in cambio? Non potrò mai essere… "

 

Mi bloccò, posando un dito sulle mie labbra gonfie e doloranti, e poi mi baciò, portandomi di nuovo sul suo pianeta, così lontano e privo di preoccupazioni. Un pianeta deserto ma pieno di lei, del suo profumo, della sua immagine, delle sue carezze.

 

 

" Desidero solo te… Per quanto tu possa essere furtivo e.. ferito "

" Purtroppo è la mia natura, non posso essere quello che non sono. Non più "

Si sciolse dal mio abbraccio, in un modo non violento, ma lentamente triste, come a segnare la dolorosa fine di quell'estasi. Il suo viso era contratto, pensieroso.

" A volte Ville, non ti capisco. Non capisco ciò che fai e perché lo fai e questo mi spaventa.. Mi ha sempre spaventata. Io non credo che tu sia stato sempre così, cinicamente spietato "

" Non sei costretta a capirmi.. "

" No, ma io voglio. Voglio che tu mi dica ora, di fronte a quello che c'è appena stato fra di noi, perché tu ti comporti in questo modo "

" Quando ricevi molte porte in faccia, impari a non aprirle. A gettare la chiave in un fiume per non ritrovarla più "

" E cosa apre questa maledetta chiave Ville, il tuo cuore? Perché lo hai appena aperto a me, hai aperto la tua anima a me Cristo santo. Ho sentito la tua carne e il tuo battito pulsare nel mio petto attraverso la tua pelle, e guarda ora… Ora è come se riunissi a te tutti i tuoi cocci e lo nascondessi di nuovo "

Un sorriso si fece strada in un angolo della bocca.

" Mi hai sempre capito.. Non so come tu faccia, ma sei una delle poche persone con cui non posso essere duro e inflessibile. Riesci a leggermi e purtroppo non posso impedirti di farlo… e questo mi rende pazzo "

" Se riesco a capirti così bene, allora perché fuggi via da me? "

" Se ti fossero state fatte tutte le cose che sono state fatte a me, forse capiresti " la guardai duramente.

" No, io non credo. Non si getta via tutto solo perché si ha paura "

" Si invece. Si deve farlo. Perché prima o poi si arriva ad un punto, e credimi non ho chiesto io tutto questo, in cui si cambia, si abbandonano le vecchie spoglie e ci si veste di nuove, più ciniche e prudenti ma soprattutto realiste. Nulla dura per sempre quindi perché infliggersi tutto quel dolore per pochi attimi di gioia? Sono stanco di tutto il male che si nasconde in tutte le cose belle…. "

" Ho sempre pensato che con il tempo stessi iniziando ad acquistare fiducia in me e invece…. Non riesci a darci neanche una misera chance, una possibilità.. Si chiama egoismo se ci pensi più attentamente, ma non te ne faccio una colpa. Una delle cose di cui mi pento è di non averti incontrato prima, di non esserci stata per te.. perché sta sicuro che avrei preso a calci chiunque ti avesse provato a ferire - strinse i pugni nascondendomeli - Vorrei che tutti quegli esseri che ti hanno fatto del male perissero, che scomparissero, ma non lo faranno mai dalla tua memoria… Io non ti odio Ville, odio chi ti ha fatto questo chi ti ha trasformato nella persona che sei oggi.. Perfino colui che rispondeva con tanta gentilezza alle mie mail riusciva a comunicarmi speranza, ma forse era solo un'illusione. Perché se ti sei messo in casa una persona che non si preoccupa neanche di accudirti quando ne hai più bisogno, vuol dire che tu non vuoi essere salvato.. Vuoi abbandonarti, ma non credo di riuscirci io… " 

 

 

 

 

'' I PRAY YOU LEARN TO TRUST

HAVE FAITH IN BOTH OF US

AND KEEP ROOM IN YOUR HEART FOR TWO

 

THINGS GET DAMAGED

THINGS GET BROKEN

I THOUGHT WE'D MANAGE

BUT WORDS LEFT UNSPOKEN

LEFT US SO BRITTLE 

THERE WAS SO LITTLE LEFT TO GIVE ,,

 

 

 

La sentii piangere, ma non riuscii a vedere il suo volto; solo lievi singhiozzi che agitavano la sua schiena provocandole spasmi violenti. Uno di quelli che sembrava essere un principio di un attacco di panico.

Non riuscivo ad avvicinarmi a lei, né a provare ad essere diverso. Incapace di muovermi, capace soltanto di guardarla, senza poter nulla fare.

Respirai.

 

" Mettiamo che ci fosse un bambino, e che da quando avesse avuto l'età della ragione gli avessero insegnato ad avere paura...diciamo dell'avere paura della luce del giorno, che gli avessero insegnato che era sua nemica, che gli avrebbe fatto del male, e che poi un giorno di sole tu gli chiedessi di uscire fuori a giocare e lui non volesse, non puoi arrabbiarti con lui giusto? È esattamente così che stanno le cose… Soltanto che quelle storie sulla luce del giorno, io le ho provate e non sono rimaste mere paure "

 

" La paura ha potere su di noi perché siamo noi a concedergli di comandarci… Ad ogni modo ho apprezzato la citazione di quel film, non potevi scegliere di meglio "

" Credo sia più complesso di così.. Ti hanno mai fatto sanguinare così tanto da non capire più se fossi viva o morta? "

" Posso solo immaginare quello che hai patito, ma questa mi sembra solo un'astuta bugia per sistemare quello che ti sta scomodo, in questo caso io "

" Non puoi immaginare nulla. E sai perché? Perché, anche se è dura ammetterlo, sei giovane e la vita che hai davanti dovrà mostrati ancora molte cose, e mi dispiace.. "

" Io credo che me ne abbia già mostrate abbastanza…. e inoltre, anche se forse non volevi intendere questo, ho sanguinato molto più di quanto avessi voluto. So che non potrò mai avere l'esperienza che hai tu, ma mi sembra di aver visto tante di quelle cose, provato così tante sfumature di rabbia, delusione, repulsione…. "

Forse avevo sbagliato nel dirle quelle parole.

" E mi dispiace da morire per questo Matilda… Vorrei aver potuto fare qualcosa per te "

" Puoi farlo ora… Puoi farlo, ma non vuoi "

" Vorrei, ma non posso "

 

Ci fu silenzio per qualche secondo e poi la sua lingua schioccò sul palato.

 

" Cazzo. Queste parole me le sarei aspettate da qualsiasi tizio in cerca di una scusa per scaricare una situazione scomoda, ma mai e dico mai, me la sarei aspettata da te - si voltò di scatto, aveva gli occhi rossi, ma gelidi come il vento che soffia d'inverno e s'insinua fin dentro le ossa - Sai Ville, tu parli così tanto dell'amore nelle tue canzoni, a volte anche di speranza per quanto essa possa essere celata sotto tonnellate e tonnellate di cinismo e pessimismo, ma in fin dei conti non ci provi nemmeno; ormai sei diventato schiavo del tuo dolore e non fai nulla per liberartene. Te ne stai nella tua maledetta torre con una puttana che non ami ma che ti scopi forse per sentirti meglio o per scrollarti di dosso lo stress ma non la dai a bere a nessuno. Sei così disperato che stai lentamente annegando nella tua agonia, ma io mi chiedo perché ti lasci andare così. Ma se ora te lo chiedo tu mi risponderai vagamente, girando sempre intorno alle stesse parole, misurandole e soppesandole per non farmi male, ma la verità è che mi hai già ferita e quest'ultima stilettata è stata l'apice della tua opera. Io non rinnego le mie parole, e mai lo farò, perché tutto quello che ho detto rappresenta quello che penso e sento dentro il mio cuore. E se dovrò conservare questa fugace gioia solo nei miei ricordi, lo farò gelosamente in attesa di qualcosa che so non arriverà mai; ma pazienza, io riesco a farlo, puoi continuare a straziarmi e io rimarrò immobile perché il mio cuore è tuo e manca già da un po' dal mio petto. Quindi per favore, se non riesci ad essere neanche sincero con te stesso e provare ad essere felice, almeno raccoglilo e tienilo con te, perché non se ne andrà . "

 

Mi aveva steso, letteralmente. Con quell'ultimo sfogo avevo visto tutto il suo risentimento, la sua rabbia, tristezza verso quell'impotenza che probabilmente provava.

" Non mi aspetto che tu mi capisca, ti chiedo solo scusa per tutto questo…- mi guardai intorno, in cerca di parole che però non arrivavano. Sentivo i resti della matita per occhi bruciare agli angoli, ma mi trattenni dal strofinarli - Non avremmo dovuto abbandonarci così, non è giusto.. Ti ho..illusa. "

 

" Si, lo hai fatto ma me lo aspettavo "

 

Le sue parole mi ferirono come lame incandescenti che scivolavano facendosi strada come burro tra le mie carni, già trafitte dalle sue precedenti rivelazioni. Ma alla fine era ciò che pensavo anch'io di me stesso. C'era solo tanta amarezza in quella stanza, e tanto dolore e lacrime.

 

" Ville vai via per favore "

" Lo vuoi davvero?.. " dissi esitante. Il mio cuore era spaccato a metà: una parte era in ginocchio verso di lei e desiderava di poterla di nuovo accarezzare, starle accanto; l'altra parte continuava a respingerla, e lo avrebbe fatto all'infinito. 

Alla fine avevo addestrato anche il mio cuore ad essere razionale… Che pena.

 

 

… Feel it turning your heart into stone

Feel it piercing your courageous soul

Beyond now, redemption…

No one’s gonna catch you when you fall… 

 

 

" Se rimani qui un minuto di più potrei saltare di nuovo sul tuo collo e frantumare in pezzi ancora più piccoli i cocci che sono rimasti qui dentro " s'indicò il petto, appoggiando la mano aperta sul lenzuolo bianco.

 

Annuii e cominciai a rivestirmi. Lei rimase nella stessa posizione, quasi a voler far durare quel momento in eterno nella sua mente. 

Oh, povera Matilda.. La mia Matilda.

Allacciai le converse nere e mi alzai, pronto ad andare verso la porta, a tornare alla mia apatia che era stata magicamente spezzata per quelle deliziose ore.

Poi lei si mise a cercare qualcosa nel cassetto del suo comodino e quando lo trovò me lo porse. Un sacchetto di carta, con all'interno qualcosa di pesante, di metallo.

Era un anello d'argento a fascia, con dei motivi celtici raffiguranti delle rampicanti incise. Lo provai infilandolo all'indice.  

 

" Te l'ho preso l'altro giorno, quando non avrei dovuto pensarti, quando anche il cielo s'incupiva al solo pensiero.. Ero in metropolitana vicino alla stazione e l'ho visto in un piccolo negozio. Ho pensato subito a te, visto che ultimamente le tue dita sono molto spoglie. E poi… voi finnici a quanto ho appreso credete che i metalli tengano lontani gli spiriti maligni "

 

Frecciatine.

Era pensante, somigliava molto ai miei, a quelli che avevo perduto con gli anni. Erano andati persi uno dopo l'altro, ognuno via con un pezzo di me.

 

" Grazie, è davvero bellissimo "

" Ti prego, non regalarlo… Per dirla tutta, beh, mi girerebbero parecchio se tu lo facessi. Credo che potrei ucciderla " disse guardando fisso davanti a se con la testa di lato. Non so se era seria riguardo l'ultima informazione.

" Non lo farò, per nulla al mondo "

" Bene .." 

 

 

Teneva le mani in grembo, quasi a voler bloccare il dolore che cresceva dentro di lei.

 

 

" Ti perderò per sempre, non è così? " lei rise.

" No. Non mi perderai no, visto che è questo che ti preme conoscere… Ma ora vai. Non so quando potrò rivederti.. " 

 Annuii di nuovo, come un cane con la coda fra le gambe. Che cos'ero diventato? Non riuscivo a fidarmi neanche della persona che mi era stata più vicina, di colei che aveva lenito la mia solitudine.

Mi preparai ad uscire dalla porta, quindi la guardai di nuovo e lei finalmente si voltò, i nostri occhi erano arrossati, come se fossero stati punti da spine. Mi guardò quasi con aria supplichevole, l'espressione contrita. Avrei voluto liberarla da tutte le sue sofferenze..tutte. Inspirò a fatica aggrappandosi al lenzuolo, quasi per tenersi in equilibrio e schiuse le labbra secche:

 

" L'hai preso con te, il mio cuore? " 

 

 




 

 

Note:

 

 

La citazione di Ville viene dal film Paradiso Perduto e non dal libro di J. Milton. Il titolo originale del film è Great Expectations ed è una rivisitazione di Grandi Speranze di Dickens, molto bello a mio parere, nonché tremendamente triste.

 

Una delle canzoni è Beyond Redemption. Inoltre ho reinserito anche la bellissima Precious dei Depeche Mode, come a rappresentare i sentimenti e le speranze di Matilda in quel preciso momento.

La canzone che invece Matilda canta a Ville è End of Time dei Lacuna Coil, stupenda. L'ho ascoltata molto durante la stesura di questo capitolo, insieme al nuovo album di Frank Iero dei MCR, .Stomachaches. .

La primissima canzone invece, che fa un po' da introduzione al capitolo, è Platonic dei Flyleaf (Ascoltate il nuovo album!) . 

 

 

Alla prossima! 

 

( The End is coming !! )

 

 

- Kiitos paljon **

 

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Capitolo 16
*** The End of Time ***


                               



What a shame we all became such fragile broken things, a memory remains just a tiny spark..

I give it all my oxygen.. So let the flames begin, let the flames begin

Oh glory.

 

 

 

Aveva sempre immaginato come sarebbe stato quel posto in quel periodo dell'anno, ma la realtà superava di gran lunga la sua stolta ed infantile immaginazione.

Il Tavastia era tempestato di luci, blu e soffuse che illuminavano i punti giusti, lasciandone  in penombra degli altri. 

Quella era una delle notti in cui buona parte di Helsinki si riuniva in compagnia di ottima musica e festeggiava l'avvento dell' anno nuovo. Centinaia di fan accorrevano da ogni parte del mondo, anche la più disparata, solo per assistere al magico concerto degli HIM.

 

Matilda sorseggiava il suo drink analcolico, non le piaceva molto l'alcol e cercava di evitarlo quante più volte possibile. Quella sera era in compagnia di Alexis, lo stesso Alexis che le aveva proposto di esporre le sue tele in galleria ; lui nutriva segretamente delle speranze e quella sera, se tutto andava come previsto, ci avrebbe provato.

 

Mentre lui si allontanò lei rimase da sola in una parte d'ombra, lontana dal frastuono dei fan incalliti che aspettavano solo una persona su quel palco ormai calcato migliaia di volte. Era una mecca, anzi rappresentava molto di più per tutta la città; un luogo mitico agli occhi estranei ma semplice e magico. Ed era questo il suo segreto. 

Nonostante non fosse esageratamente grande e spazioso, in quell'occasione sembrava quasi allungarsi per far posto a tutta quella gente. 

Sarebbe stato un sogno essere lì per ogni ragazza o ragazzo e lei era lì quella sera, la sua prima volta.

Era stato Jesse a farle avere il biglietto d'ingresso; le aveva detto che glie ne erano avanzati un po' e che comunque lei non lo avrebbe trovato da nessun'altra parte visto che erano andati sold out nel giro di poco durante il primo giorno di vendita a settembre. Lei gli aveva risposto che non le importava e che probabilmente non ci sarebbe andata, consigliandogli di conservare quel biglietto e darlo a qualcuno che voleva davvero essere lì quella sera.

Ed era lì il punto: dentro di lei non era sicura delle sue parole, ne dei suoi pensieri. Era arrivata a convincersi di non volerlo vedere, almeno non ancora, eppure era evidente che sperava disperatamente di incontrarlo, anche solo d'incrociare il suo sguardo per qualche secondo e poi fuggir via a rintanarsi.

 

" Alla fine sei venuta, vedo " disse Jesse salutandola con un cenno. Quasi rideva sotto i baffi e lei se ne accorse.

" È un piacere anche per me. È un po' che non ti vedo "

" Eh si, l'ultima volta non mi sei sembrata molto felice di vedermi "

" Ma cosa dici, sei il mio migliore amico ! "

" Beh, allora come va? "

" Bene e tu? "

" Molto bene. Stiamo registrando nuova roba con i ragazzi "

" Ho ascoltato qualcosa, sai? Mi piace quando voli sul palco "

" Non possono farlo tutti "

" Mister modestia "

" Ah-ah " le fece il verso. Ordinò una birra e poi si voltò di nuovo verso di lei. Aspettando.

" Come sta, Jesse? " disse abbassando lo sguardo.

" Come un miserabile, ma suppongo che la risposta più educata da farti pervenire sia ' male ' . "

Lei rimase in silenzio, guardando fisso davanti a sé, inerme.

" Lo hai incontrato.. di recente intendo? " sapeva benissimo di chi stesse parlando ma non si scostò dalla sua postura marmorea.

" No. No, sono mesi che non lo vedo "

" Avete litigato, di nuovo? " chiese con cautela. Non voleva sprigionare un'altra tempesta.

" Ha scelto come vivere la sua vita, la parte dalla quale stare "

" Cazzo.. e tu glie lo hai permesso? "

 

Matilda di voltò, lo sguardo gelido, ma negli occhi c'era come una scintilla, pronta a esplodere.

 

" Credi davvero che non ci abbia provato, che non abbia provato a farlo ragionare? Non posso fare niente purtroppo - sospirò, mentre Jesse rimase a fissarla con il bicchiere a mezz'aria - Gli ho dato il mio cuore, non c'è niente che io possa fare per salvarlo da se stesso "

" Mi dispiace .. "

" Dispiace più a me, Jesse… Ma so che è dura anche per te "

" Stavate parlando di me ?!? - Alexis sbucò dalla folla sudata e appiccicaticcia intromettendosi nella conversazione - I miei amici ci hanno invitati a un after party dopo il concerto, che ne dici ? "

" Mhm, credo proprio che passerò "

" Ehm, io vado. Mi ha fatto piacere rivederti, Matilda. Se hai bisogno hai il mio numero "

" Va bene e ..buon anno Jesse "

" Anche a te "

 

Jesse si disperse tra la gente e presto Matilda non fu più in grado di vederlo. 

Mentre ascoltava distante il suo accompagnatore parlare pensava, immersa nei suoi dilemmi e nelle sue pene. Pensava a cos'era successo prima e dopo il suo arrivo in quella magnifica e calorosa città e realizzò che mai  prima di allora la sentì più vicina a sé.

 

 

 

 

Contemporaneamente, dietro le quinte del Tavastia Klubi, Ville fumava una delle sue tante sigarette, prima di esibirsi nel consueto concerto di fine anno. 

Il suo volto era leggermente scavato sotto gli zigomi e lo stress che sempre lo colpiva prima di quell'esibizione, ora s'iniziava a fare sentire. 

Era strano, ma quando suonava ad Helsinki si sentiva sempre sotto pressione, quasi in quantità maggiore degli altri luoghi, e forse era proprio perchè sapeva che la sua gente si aspettava molto da lui. E lui non voleva deluderla.

 

" C'è pieno zeppo di gente, Ville , guarda !! " disse indicando un punto indefinito.

" Lo so, è così ogni anno Sandra. Ma credo che tu lo sappia già "

" Perché quel muso lungo, stai per esibirti dovresti essere felice "

" Come, non lo sai, sono sua maestà infernale, al massimo faccio un ghigno diabolico "

" Ho capito, non è aria. Ci vediamo dopo "

 

Ville le fece un cenno con la mano e lei scomparve dalla sua vista. 

 

" Tra trenta minuti tocca a noi, non perderti  Ville " disse Migè, smettendo per un attimo di parlare al telefono che teneva poggiato all'orecchio.

" Non preoccuparti, sono pronto " 

 

Anche Migè se ne andò e lui rimase da solo a fissare le numerose scritte sui muri del backstage.

Erano state molte le volte in cui aveva suonato in quel posto, eppure per lui racchiudeva ancora un po' d'imbarazzo e tensione, come spesso gli succedeva. Pensava a quant'era cambiato nel corso degli anni e a come fosse diventato insensibile quasi all'amore. Era come se il suo cuore fosse quel muro sepolto da migliaia di scritte, il peso gravava su di lui. Il dolore e la passione di cui parlava l'avevano consumato, lasciando solo un guscio vuoto dentro di lui, abitato esclusivamente dai suoi maledetti demoni. 

 

Si avvicinò al palco, rimanendo nell'ombra e pazientemente guardò la sala: scrutava meticolosamente ogni persone lì presente ma era evidente chi cercava : lei, Matilda, ma non riusciva a vederla e a poco a poco si cristallizzò in lui l'idea che probabilmente non fosse lì quella sera. Dopotutto non era giusto da parte sua pensare di rivederla lì, quasi come se fosse una cosa dovuta. 

Pensava a lei spesso da quando si erano lasciati quell'ultima volta; non si erano più cercati ma entrambi sapevano che indirettamente s'informavano di come stava l'altro. Somigliava ad un gioco vizioso e vigliacco soprattutto, dove più tempo passava e più la mancanza iniziava a scavare solchi sul volto che non si sarebbero mai più riempiti.

 

Il cuore di Ville si era spezzato di nuovo, anche se lui non voleva, a dimostrazione del fatto che era stato un bene non impelagarsi in una relazione dove in ballo c'erano veri sentimenti. Lei avrebbe tanto voluto poter vivere tutto ciò ma per lui era troppo. 

Significava troppo esporsi così tanto da fidarsi di lei, di aprirsi completamente e donargli ciò che rimaneva del suo cuore e della sua anima.

Ville li teneva per se, sottochiave, ma non aspettava nessuno; li custodiva con timore ma in realtà anche se non lo avrebbe mai ammesso a se stesso, quella piccola ragazza misteriosa era riuscita ad insinuarsi nel suo cuore, a far nascere nuovi germogli di fiori sovrastando le ombre del passato.

Lui però, non l'avrebbe mai lasciata entrare. O meglio, non glie lo avrebbe mai fatto sapere.

 

 

D'un tratto un faro blu illuminò una parte in penombra vicina al bancone e fu così che la vide : la sua pelle nell'oscurità appariva ancora più chiara, diafana, incorniciata dai capelli neri che le ricadevano mossi al lati del collo. Il suo sguardo era perso mentre ascoltava il suo accompagnatore parlare e sorrideva.

Il suo accompagnatore : Ville ebbe una fitta allo stomaco, tanto forte da portarsi una mano fino all'addome. Si chiese chi fosse quell'uomo, sicuramente sbagliato per lei.

Ma poi prese in esame se stesso e si accorse di quanto fosse ipocrita : lei gli aveva offerto il suo amore e lui l'aveva condannata. È così che va a finire l'amore.

Diresse un ultimo sguardo verso di lei e si rese conto di una verità che aveva voluto tacere a se stesso : ormai l'aveva persa, le era sfuggita come sabbia fina tra le dita e ora non poteva più ritrovarla. Poteva solo rimanere a guardare mentre lei era con un altro, e probabilmente si stava divertendo.

Con mano tremante fece per andarsene, rimanendo con gli occhi incollati sul suo volto e poi lei lo vide, come se i suoi occhi verdi fossero stati un richiamo, una bussola per i suoi. Era stato così facile individuarli.

Si guardarono per un istante che sembrò infinito a entrambi; si raccontarono le proprie colpe e mentre lo facevano si chiesero tacitamente dove fossero finiti. Perché le cose fossero andate in quel modo.

Poi lui si allontanò facendo lenti passi all'indietro, così da scomparire dalla visuale di lei con calma, come un ricordo sbiadito, evanescente.

 

Lei non smise di cercarlo, strizzando gli occhi per acuire la vista, ma non riuscì più ad individuarlo.

 

 

What a shame, what a shame we all remain such fragile broken things.. 

Still there are darkened places deep in my heart

Where once was blazing light, now

There's a tiny spark..

 

Oh glory, come and find me.

 

 

Ville salì delle scale interne, fino a ritrovarsi sulla terrazza dove  si rifugiava spesso prima di esibirsi, per rilassarsi un'ultima volta prima dell'inizio. Era a questo che Migè si riferiva. 

Si strinse le braccia attorno al corpo e poi si accese una sigaretta, mentre le luci di Helsinki apparivano candide al bagliore della neve. 

 

" Ti ho trovato " disse Matilda, avvicinandosi con passo felpato. Lui si spaventò, ma solo per un momento perché riconobbe subito il suono della sua voce.

" Non credevo saresti venuta "

" Nemmeno io .. " 

" Allora, come procede la tua carriera? Ho visto che su altri fronti hai fatto progressi. Sono contento per te " 

" Cosa vorresti dire con questo? "

" Il tuo ragazzo. Sembri felice con lui, so che non ci crederai ma mi fa piacere "

" Sei un idiota "

Ville assunse un'espressione interrogativa, in cerca di spiegazione. 

" Vi ho visti, poco fa "

" Pensi davvero che io faccia così in fretta a dimenticare..? Jesse mi ha dato il biglietto, dovevo essere da sola stasera. Solo perché rido ad una stupida battuta non vuol dire che stia bene, che io sia felice. Sai, in questo mi sei stato d'aiuto.. Ho imparato a sorridere quando non ne avevo voglia né forza, ho imparato a coprire la carcassa del tempo con fiori, ho coperto tutto il passato con così tanta cura che quasi me ne stupisco. Ma se mai dovessi inciamparvi ancora, cadrei nella trappola, e rimarrei tra quelle carcasse, ancorata "

" Capisco… " 

Il vento gelido faceva vibrare le loro casse toraciche, quasi fossero state veri e propri strumenti. Ville aspirò un'altra boccata e timidamente chiese:

" Hai visto qualcuno..? "

" Non ho voglia di vedere nessuno "

" Neanche me suppongo "

Lei tentennò. Entrambi i loro sguardi erano diretti verso il panorama della città, ma in quel momento quello di lui si voltò sul volto di lei. Le prese la mano e la strinse alla sua, con dolcezza.

 

 

<< You hold my hand 

Before the end comes 

Forgiving me for what I've done till the end of days 

 

Cause I belong to you 

Cause I am part of you 

I am dying in your arms 

It's time to go, I can't make it through 

 

I've come to realise 

Tonight my dear the end of time 

Is not so far away 

We cannot pray to save our lives >>

 

 

 

" Mi sei mancata.. "

" Anche tu, Ville.. "

" Ci sono stati giorni in cui ho pensato di morire, ma poi non è successo niente… "

" Allora significa che stai iniziando a dimenticarmi… È un buon segno " non credeva alle parole che stavano uscendo dalla sua bocca.

" Non credo sia possibile "

" Allora siamo sulla stessa barca "

" Già.. "

 

Matilda si guardò la punta degli anfibi logori e poi scrutò il cielo sopra di lei, sconfinato e tempestato di stelle. 

 

" Continui a portarlo con te ? " gli chiese timidamente.

" È sempre con me - disse sorridendo all'oscurità - Lo rivuoi indietro? "

" (*)Ei. È tuo Ville.. Lo sarà per sempre, nonostante tutto. E forse ameremo abbastanza da convincerci ad andare avanti, a respirare " .

 

 

 

 

<< And maybe we’ll love, just enough

To convince us to keep breathing on >>

 

 

Lei aveva bisogno di lui per vivere, voleva le sue ali, la luce oscura che lui aveva dentro di sè. 

Non sarebbe stata mai più la stessa, perché d'ora in poi avrebbe solo potuto sopravvivere, con il cuore strappato dal petto.

 

I can fly

But I want his wings 

I can shine even in the darkness

But I crave the light that he brings

Revel in the songs that he sings

 

I can love

But I need his heart

I am strong even on my own

But from him I never want to part

He's been there since the very start

 

Bless the day he came to be

Angel's wings carried him to me

Heavenly

 

 

 

 

                                                                                       - The End (of Time) -

 



 

Note:

 

I versi all'inizio e nel mezzo, che appaiono molto simili, in realtà sono di due canzoni dei Paramore legate tra loro e non a caso si chiamano (rispettivamente) Let the Flames Begin e Part II

La canzone finale è Tears on Tape. L'altra invece è di nuovo End of Time dei Lacuna Coil : le parole di entrambi i testi mi sono sembrate perfette per quest'ultimo capitolo. L'ultima in assoluto si chiama Gabriel, di Lamb.

 (*) << Ei >> in finlandese vuol dire ' No ' .

 

Ringrazio le lettrici più accanite, coloro che hanno sempre recensito e chiunque abbia letto questa storia e ogni suo capitolo precedente in silenzio.

Mi ha fatto enormemente piacere vedere così tante persone interessate e pronte a leggere non appena aggiornavo. 

Mi è servito molto scrivere e tradurre in parole questa storia che avevo in mente da molto tempo.

Ci ho pensato davvero molto prima di stenderla, perché non volevo essere ripetitiva o banale, ma più verosimile possibile e spero di esserci riuscita.

 

 

Ora continuerò l'altra mia storia, sul famoso violinista, spero sia gradita quanto questa.

 

Kiitos paljon !! **

 

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Capitolo 17
*** Burning Hearts ***


 










Nota #1: Questo non è un finale alternativo.

 

 

 

 

Quel giorno ricordo lei accanto a me, immobile ed emozionata che mi stringeva la mano.

La sua pelle odorava di vaniglia e lavanda, e se chiudevo gli occhi riuscivo a vedere immensi campi tempestati da quei fiori viola; le piante agitarsi col vento in una danza antica migliaia di anni.

 

Quella sera portava i capelli sciolti che le arrivavano quasi al bacino, le ciocche nere gli avvolgevano il viso di tanto in tanto, mosse dal soffio leggero del vento.

Dice sempre che guardarlo anche a distanza di anni, la rende felice. Ed io lo capisco, lo capivo e continuavo a guardare come un osservatore silenzioso quella scena; i loro sguardi, che non si spegnevano mai. Ardevano, in un fuoco lento e celato dagli anni.

 

Era trepidante, ma il suo sguardo rimaneva fisso di fronte a sè.

La folla del festival si agitava sotto il palco invocando il loro nome, quasi fosse stata una formula magica o una preghiera. 

Amen.

Tutti i loro volti erano affannati e sudati; veterani e teenagers non smettevano di urlare; i loro occhi sul palco e noi due invisibili dietro le quinte.

 

Indossavo una vecchia maglietta delle The Runaways, logora e sbiadita dal tempo. Emanava un forte odore di fumo, ma cercavo di non pensarci.

Ricordo che tutto quello che volevo era indossarla ed assomigliare a lui. Perché era il mio eroe, e già allora sapevo che lo sarebbe sempre stato.

 

 

Gli HIM salirono sul palco costellato da luci e strumenti bellissimi, e le urla impazzirono del tutto: prima Gas e Burton, seguiti poi da Linde e Migè.

Lui fece per entrare, ma sorridente venne verso di noi e diede un tenero bacio alla mamma. Poi si avvicinò e mi prese in braccio posandomi su un fianco :

 

" Stà vicino alla mamma e ricordati di cantare a squarciagola piccolo, conto su di te " - sorrisi.

" Non preoccuparti papà " 

 

Mi baciò sulla fronte e si diresse verso il centro del palco lanciando un'occhiata alla sua metà finalmente (ri)trovata, scatenando un terremoto di voci.

 

In quello stesso momento quel giorno, per quanto ancora piccolo fossi, mi accorsi della vera forza e magia che esiste e s'instaura tra quelle anime e la musica. Sembrava che la terra tremasse mentre il cielo s'imbruniva e il laser si proiettava nei fumi dell'aria.

 

E mio padre era lì, in mezzo al vortice che faceva tremare tutti quei cuori. Il suo volto illuminato dalle luci violette lo facevano risplendere e le piccole goccioline di sudore gli imperlavano il collo e il viso.

Riusciva a trasportare e far sognare intere folle, gli HIM ci riuscivano, e lo avrebbero sempre fatto, non importa cosa avrebbero detto i giornali o le malelingue. Quella fottuta band sarebbe stata sempre lì, scolpita nel cuore di tutti e incarnata nella memoria.

 

Nella mia vita vorrei essere capace di fare anche solo una piccola parte delle cose che ha fatto mio padre: vorrei essere capace di agitare l'animo di qualcuno, di amare disperatamente e senza via di scampo e non fermarmi davanti alle crudeltà che sputa fuori la bocca della vita.

 

Credere nell'amore e viverne, proprio come i miei genitori.

 

 

 

 

 

 

Note #2 :

 

Lo ammetto, volevo far finire in tragedia tutto quanto, sadicamente, come purtroppo la realtà lascia presagire, ma tempo fa mi è capitato di vedere una nuova foto di Ville con dei bambini davanti a sé ed è scattato qualcosa. 

Questo finale si sposta nel futuro, non so dirvi di quanto perché purtroppo non sono una chiaroveggente ma sento che prima o poi Ville troverà l'amore che tanto ha cercato, e se ha davvero smesso di cercarlo come purtroppo suppongo, spero che questa persona troverà lui. E chissà se non possa essere la misteriosa ragazza dai capelli neri che è stata vista con lui… 

Ma queste sono solo voci, che per quanto possano essere vere e fondate, rimangono tali.

Vedremo cosa gli riserverà il futuro.

Gli auguro tutto il meglio.

 

 

AGGIORNAMENTO!

 

Dati gli ultimi avvenimenti, cancellate la prima riga delle note- c'è ancora speranza! Auguro molta sfortuna alla persona che sapete voi e a tutti/e i suoi sostenitori che scusatemi, fanno davvero pietà e pena.

Finalmente ho deciso di pubblicare questa parte inedita, anche perché ho visto che il finale non ha smosso nessun animo, e spero che il vero finale lo faccia.

Voglio sottolineare che tutto ciò era stato scritto prima che Gas se ne andasse, e alla fine non ho voluto cambiarlo, e poi chissà se magari un giorno… 

A presto.

 

 

 

Kiitos.

 

 

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