Storia di uno schiavhobbit

di CalimeNilie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un viaggio inaspettato ***
Capitolo 2: *** Percorrendo la contea ***
Capitolo 3: *** La strada verso casa ***
Capitolo 4: *** Il consiglio di Elrond ***
Capitolo 5: *** La desolazione della Compagnia ***
Capitolo 6: *** Le opinioni di un vecchietto ***
Capitolo 7: *** L'immigrazione sotto gli alberi d'oro ***
Capitolo 8: *** Finché Valinor non vi separi ***
Capitolo 9: *** La bacinella di Galadriel ***
Capitolo 10: *** La morte del principino ***
Capitolo 11: *** Non ci resta che piangere ***
Capitolo 12: *** Quando il capo-orchetto non c'è... ***
Capitolo 13: *** Wizard who? ***



Capitolo 1
*** Un viaggio inaspettato ***


Ossequi a tutti,
abbiamo iniziato a scrivere questa storia in un momento di follia o di noia (okay, sì, eravamo a scuola) e non eravamo totalmente coscienti di ciò che stavamo facendo in quel momento.

Non vorremmo scandalizzare nessun fan sfegatato di Tolkien (quali, tra l'altro, siamo noi stesse) e possibilmente vorremmo avere la fedina penale pulita almeno fino ai diciotto anni. Ciò significa che non vogliamo dover picchiare per legittima difesa qualche fan di LOTR inferocito. Nel caso voi amaste davvero i personaggi e la storia originale, vi consigliamo di non leggere questa storia che oltre che a procurare danni celebrali seri offenderebbe voi e il signor Tolkien, che uscirà dalla tomba solo per bastonarci tipo Gandalf con Pipino. Lo diciamo... per la nostra sicurezza, ecco. Tuttavia, se avete visto solo i film del signor Jackson, potete forse provare a leggere.

È questa la nostra prima storia e non siamo molto esperte (vi preghiamo di essere clementi) ma ci impegneremo moltissimo, lo promettiamo.

Quindi, porgendo le nostre scuse a voi e al caro Maestro Tolkien, che oltre che un genio è anche il nostro scrittore preferito, vi lasciamo al primo capitolo della storia.

 

 

Un viaggio inaspettato

Era una limpida e tiepida giornata di sole, nella Contea. Era l'anno 1418 (calendario della Contea) della Terza Era, anno oltretutto destinato ad entrare nella storia. Tutt'altro che memorabile era quel giorno: un semplice martedì di fine settembre.

Come ogni martedì, il signor Baggins si recò a casa Tuc per prendere un tè con le sue zie. Più tardi, mentre le amabili vecchiette hobbit andavano a messa, lui e i suoi grandi amici Merry e Pipino organizzavano gare di abbuffata di torte e sparavano musica finché anche a Gondor non li sentivano. Solo una cosa tribolava il povero caro signor Frodo Baggins: da un paio di mesi la zia Clara aveva deciso che anche Samvise Gamgee, il suo schiavetto tuttofare, doveva partecipare a quelle riunioni. Nulla di più facile che la vecchia signora si fosse invaghita del giovanotto, ma Frodo non lo sopportava.

Anche il povero Sam non era contento di stare in casa Baggins. Frodo lo faceva lavorare come un mulo e non gli lasciava neanche il tempo di fare la seconda colazione.

Non è che si lamentasse, sia chiaro, lui adorava il suo padrone. O comunque adorava i suoi fiori. E furono peonie quelle che Frodo trovò sul tavolo della cucina, tornando quel giorno dalla sua consueta riunione del tè. In realtà quei fiori non erano per Frodo, ma per il suo vecchio Gaffiere, che quel giorno festeggiava il suo centotredicesimo compleanno. Ovviamente e molto innocentemente Frodo pensò che quei fiori fossero per lui e decise di portarseli in camera. Sam ci rimase parecchio male quando non riuscì più a trovare i suoi fiori.

Così, prima di andare a casa, quella sera, dopo aver ripulito la sporcizia lasciata dal padron Frodo a cena, si fermò a tagliare alcuni fiori da un'aiuola sotto una finestra di casa Baggins. Non poteva mica sapere che proprio quella sera il suo padrone (non) aspettava visita da uno stregone. Uno stregone anche parecchio irritabile, scoprì Sam quando fu brutalmente sbattuto sul tavolo della cucina di casa Baggins.

“Prendilo a pugni, Gandalf! Lo voglio nero!” urlò Frodo quando lo vide atterrare sul suo tavolo.

Alla fine Sam scoprì che i due stavano parlando di cose importanti per il mondo e bla bla bla... e lui non avrebbe dovuto origliare bla bla bla... e che lui doveva partire per un pericolosissimo viaggio con quell'egoista del padron Frodo...

Per di più, sarebbero dovuti partire con loro anche un nano e un elfo e degli uomini che erano dei principi. E ovviamente quel mago so-tutto-io.

“E i miei cugini!” disse Frodo con il tono con cui un bambino direbbe: “Voglio quel giocattolo!”.

“Insomma” riprese il padrone. “Non è giusto che solo io rischi la vita! Vivere necesse est, navigare non est necesse. O una cosa simile, avete capito”.

“Eh?” fece Sam, che non era molto colto. Lui era solo un giardiniere. Ma sicuramente aveva delle doti di cui il suo padrone aveva carenza: la gentilezza e la capacità culinaria. E pensare che avrebbe dovuto sopportare quel classicista lì per tutto il viaggio. Perlomeno i cugini di Frodo erano simpatici, anche se spesso dimostravano di non essere proprio intelligentissimi...

Sam conosceva Pipino dalle elementari, quando i giovani hobbit non erano più alti di un soldo di cacio. Alle medie Samvise si era ritrovato Pipino nella stessa classe: era stato così che aveva conosciuto Merry, perché il caro hobbit andava quasi tutti i giorni a fare casini insieme al cugino nella sua classe.

Per esempio quella volta in cui avevano rubato un fuoco d'artificio di Gandalf e l'avevano messo nel cassetto della cattedra. Appena la professoressa aveva aperto il cassetto per prendere il registro c'era stata un'esplosione di scintille colorate e l'insegnante si era ritrovata in pochi secondi senza capelli né sopracciglia.

Sarebbe potuta andare avanti così per anni, se non che alle superiori Pipino aveva scelto l'alberghiero (nessuno aveva mai scoperto perché le creazioni culinarie degli studenti sparissero prima di poter essere giudicate dagli insegnanti), Merry lo scientifico (Gandalf non fu molto felice quando dovette riparare il laboratorio che era letteralmente evaporato in un momento in cui la professoressa aveva voltato le spalle all'instabile pozione dell'hobbit) e Sam l'agrario. Frodo invece aveva smesso di studiare perché il viaggio di Bilbo a Erebor gli aveva assicurato un brillante avvenire di nullafacenza e un'esistenza pigra e tranquilla (in più quel fannullone di Frodo non aveva molta voglia di studiare). E quando s'era presentato da Gandalf dicendo: “Voglio studiare alcuni termini e proverbi latini e greci, in modo che io possa sembrare molto colto. Ma mi raccomando, vecchio, per tutti io ho fatto il liceo classico”, lo stregone non aveva potuto far altro se non prendere il tintinnante sacchetto che il ragazzo gli porgeva, insegnargli il greco e il latino e tacere il segreto con tutti (“Se lo dirai a qualcuno quel bastone che ti piace tanto esibire te lo ritrovi su per dove so io!”). In verità il greco e il latino non gli sarebbero serviti a molto nell'importante viaggio che avrebbe dovuto compiere. Sarebbe stato più opportuno studiare, che so... l'elfico.

Dopo una miriade di raccomandazioni di Gandalf, che era preoccupatissimo per quel cavolo di anello che aveva Frodo, i due partirono con Pipino per andare a Crifosso, dove si sarebbero incontrati con Merry.

 

 

 

 

Questo è il primo capitolo (di tanti). Speriamo che vi sia piaciuto. Pubblicheremo più o meno ogni giovedì. O venerdì. O sabato. Sì insomma, avete capito.

Ci raccomandiamo, fateci sapere cosa ne pensate! E recensite, che fa bene a tutti! ;)

 

Namarië

Chiara e Nina

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Capitolo 2
*** Percorrendo la contea ***


Percorrendo la Contea

“Saaaam!” si lagnò Frodo dopo dieci minuti che camminavano. “Il mio zaino è troppo pesante!”

“Su, padron Frodo, date a me qualcosa” disse generosamente Sam, sbuffando in cuor suo e ripromettendosi che mai più avrebbe intrapreso un'avventura. Facevano anche fare tardi a cena!

Dopo altri dieci minuti Frodo disse: “Saaaaam! Mi fanno male i piedi!”

Sam si caricò in spalla Frodo come fosse un vitellino e, con il padrone che si lamentava per gli scossoni, proseguì verso Crifosso. Giunsero di sera, non dopo aver incontrato un Cavaliere Nero che annusava l'aria.

“Vi dico che cercava l'anello!” disse Frodo. “Ci ha raccontato una balla, fidatevi di me!”

“Su, Frodo, non farla lunga!” lo rimbrottò Pipino. “Il cavaliere cercava l'erba pipa e io gliel'ho data. Ora possiamo farla finita?”

“Ti dico che non era per l'erba pipa!”

“Ti devo proprio dire che oltre all'erba pipa gli ho dato anche un sacchetto di marijuana e un po' di hashish perché tu ti calmi?” ribatté Pipino. In effetti, servì.

Giunsero nella casa che da poco Frodo aveva comprato, tanto per buttar via soldi. Subito il padrone si accasciò sul divano ed esalò un sospiro terribile: “Saaaam, aiuto! Excessurus sum ex vita”.

Sam: “Eh?”. Merry preparò un buon pasto e il giorno dopo erano subito in viaggio.

“Fermi!” disse Pipino poco dopo che erano partiti. “Ho dimenticato l'erba di Lorien sul camino”. Tornarono indietro e Pipino prese l'erba. Si rimisero in viaggio.

“Fermi!” disse Merry quando avevano percorso sì e no un chilometro. “Mentre uscivamo ho dimenticato di chiudere a chiave la porta”. Tornarono indietro e Merry chiuse la porta a chiave. Si rimisero in viaggio.

“Fermi!” disse nuovamente Merry dopo un po' che camminavano. “Ho lasciato le chiavi infilate nella toppa”. Tornarono indietro e presero le chiavi. Si rimisero in viaggio.

“Fermi!” disse Pipino dopo un po'.

“Oh, ma che c'è ancora?!”

“Ho dimenticato la pipa a casa!”

“Senti Pipino, ti arrangi”

“Porca miseria, l'ho dimenticata anch'io!” disse Frodo. Tornarono indietro e recuperarono le pipe. Si rimisero in viaggio.

“Fermi!” disse Sam dopo un po'.

“Eh no!” sbottò a quel punto Frodo. “Cos'hai dimenticato, stupido servitore?”

“Eh? No, io nulla. Dicevo 'Fermi' perché stavamo per cadere in un burrone”.

Merry alzò gli occhi al cielo e pensò che se avessero continuato così sarebbero arrivati a Brea, prossima tappa del loro tour turistico pericolosissimo, fra due anni.

Non ci misero due anni ma due mesi sì (Frodo chiese per 2313 volte in un solo mese: “Saaaaam mi porti in braccio?” e per 1756: “Saaaam posso avere più spezzatino?” per non parlare delle 7827825 volte in cui chiese: “Ma quanto manca?”).

Giunsero infine presso un fiume. “Che bello, mettiamoci sotto quell'albero!” disse subito Pipino. Purtroppo l'albero in questione era il Vecchio Uomo Salice e aveva un vecchio debito da saldare con Pipino. Quando erano più giovani, infatti, Pipino e i suoi amici avevano fatto una scampagnata in quelle zone e, ritrovandosi, dopo cinque ore passate a fumare, senza scorte di erba pipa, avevano pensato di provare il gusto delle canne di salice. Poiché non c'era stato nessun pagamento, il povero albero s'era impresso bene nella sua memoria verde le facce di quegli screanzati, attendendo il giorno della sua vendetta. Così, non appena Pipino si adagiò sul prato, lo risucchiò al suo interno, minacciando di stritolarlo se non gli avesse dato dell'erba pipa. Sam se ne accorse e fece un fuocherello sulle radici urlando come un assatanato. “Fermo!” gridò Pipino da dentro. “Ti darò tutto quello che vuoi! Sì, sì... sì... anche tutta l'erba del Vecchio Tuc... sì, l'avrai...” Così Pipino fu liberato e l'erba pipa fu consegnata. “Certo che l'erba del Vecchio Tuc... forse non ne valeva la pena...”

In quel momento saltò fuori un tizio vestito tutto strano, che cantava a squarciagola. “Willy Wonka!” esclamò subito Sam. Merry invece impallidì e, presi in disparte i suoi amici, raccontò: “Si era di notte, non sapevamo dove accamparci. Tu non puoi ricordare, Pipino, perché eri troppo ubriaco, ma io mi ricordo. Eccome se mi ricordo. La strada era buia e vuota, spaventosa sotto la luce della luna piena; i lupi ululavano cupamente nei boschi remoti e la loro voce era come una musica meravigliosa terribile. Si avvicinò a noi un certo Tom Bombadil: aveva un viso rosso, da ubriaco, guance rubizze e stivali gialli. Si sentiva puzza di vino solo a guardarlo. Fu molto cortese con noi: ci invitò a casa e brindammo assieme. Ma mentre eravamo addormentati provò a ucciderci!”

“Perché provò?” chiese Frodo. “Beh, allora non vedo perché non dovremmo andare a casa sua: tanto per fargli completare il suo lavoro”.

“No! Tu non capisci: lui non è quel che dice di essere!”

“Andiamo Merry!” disse Pipino. “Mi sa che io non ero l'unico ubriaco, quella notte”.

E fu così che andarono a casa di Tom Bombadil. Per loro sfortuna, Frodo iniziò a fare lo sborone con la moglie di Bombadil, Baccador, e il vecchio ubriacone ne fu così arrabbiato che prese a inseguirli con un machete. I tre fuggirono a gambe levate.

Come spiega il signor Tolkien, gli hobbit sono molto veloci, quando vogliono: quella era una di quelle volte. Dopo alcuni minuti Sam iniziò a inciampare, ma Merry gli promise un sorso dalla sua fiaschetta se si fosse alzato. Il che lo sollevò subito.

Quando furono abbastanza lontani, Frodo decise di sostare su una collina dall'aspetto piuttosto tetro e minaccioso.

“La vista delle colline allieta sempre la psuché emoû tormentata” commentò Frodo guardandosi intorno con l'aria di uno che sta osservando verdi vallate e boschi estesi e profondissime quieti. Ma mentre era in contemplazione una nebbia fitta calò sul mondo, tanto che non si riusciva a vedere a un palmo dal proprio naso.

“Ehi Merry!” disse Pipino. “Neanche quella volta in cui abbiamo fumato il divano della zia c'era una nebbia così fitta!” Ma Merry non rispose, perché si era messo a correre a vuoto cercando gli altri. Sam continuava a gridare: “Padron Frodo! Padrone! Eddai che se poi vi perdete date la colpa a me!”

E Merry: “Pipino! Pipino, vedi di non perdere l'erba che poi vai a ritrovarla con tutta 'sta nebbia!”

In quel dunque una figura lattea e traslucida sorse dall'ombre che tutte eran calate sul mondo. “Bu!” fece. Merry, Sam e Pipino svennero, permettendo così allo spettro di portarli nella sua dimora. (Qualcuno sostiene nel dire che lo spettro stava anche sbuffando: “Ma quanto pesano questi torelli?!”)

Quando i tre si svegliarono si accorsero che indossavano delle tuniche bianche e che erano in un mucchio d'oro. “Merry!” sussurrò Pipino entusiasta. “Guarda quanti soldi! Chissà quanta erba pipa riusciamo a comprare?”.

Frodo, che intanto era rimasto fuori ed era parecchio irritato e stava brontolando contro Sam e contro Pipino che gli aveva dato poca erba pipa e contro Gandalf e la collina e la nebbia e i politici che non avevano approvato ancora la legge di stabilità etc., vide arrivare Tom Bombadil e il suo machete e allarmato si mise a correre, finendo per sbaglio dentro il tumulo. E fu così che lo spettro catturò anche lui. Ma mentre stava per papparseli tutti e quattro, entrò Bombadil, urlando come un matto: “Dov'è? Dov'è quel donnaiolo schifoso bauscione?” E così dicendo facea fuggire tutti gli spettri e liberava gl'incauti eroi che per voler del fato e dei celesti eran capitati lì. Trovandosi improvvisamente la strada libera, i quattro hobbit corsero via, fuor del tumulo, a riveder le stelle (oppure, se Dante non v'aggrada, verso Brea).

Ed eccoci qui con il secondo capitolo, grazie per essere resistiti fino alla fine. Recensite che ci fa piacere anche se ci dite che la nostra storia “vi fa schifo”. Dai che al prossimo capitolo arriva Aragorn! ;)

Namarië

 

Chiara e Nina

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Capitolo 3
*** La strada verso casa ***


La strada verso casa

Quando arrivarono finalmente a Brea scoprirono che una settimana prima dei cavalieri neri avevano assaltato la locanda Al Puledro Impennato di Omorzo Cactaceo, cercando un certo signor Baggins e bofonchiando qualcosa su dell'erba.

“Eh ma uffa però!” sbuffò Frodo. “Io volevo ubbbriacarmi e fare a botte con qualcuno!”

“Cavolo che fortuna che abbiamo ritardato!” disse invece Merry.

“Merito mio” si pavoneggiò Frodo.

Una volta arrivati alla locanda non sapevano di preciso da che parte andare. Gandalf non era stato molto chiaro. Fu tuttavia quella sera che Pipino gettò nel fuoco delle strane foglie colorate, che più tardi diedero a tutto il locale l'allucinazione che il signor Baggins fosse scomparso sotto i loro occhi e che la Luna fosse caduta. Intanto i nostri eroi trovarono per caso un barbone di nome Grampasso che decise di portarli fino a Granburrone.

“Sarà una fregatura” disse Frodo a Merry durante il cammino. “Ci porterà in una grotta, ci chiederà del denaro e una volta che l'avrà ottenuto ci sgozzerà”.

“Ma sì, vedrai che Pipino si farà venire in mente qualcosa. Lui è abituato a spacc... ahem... a trattare con gente simile”.

Tuttavia Frodo non riuscì ad abbandonare l'idea che quel Grampasso fosse un poco di buono e per quella e le due notti successive chiese a Sam di vegliare su di lui. Comunque, grazie al fatto che Grampasso si era offerto di portare Frodo in braccio per alcuni tratti, procedettero abbastanza velocemente.

All'inizio del viaggio gli hobbit pretesero di avere una seconda colazione (e fonti certe confermano nel dire che Frodo si intestardì a non muoversi prima di averla avuta), ma Grampasso, se al primo giorno la concesse, al secondo disse loro: “Ve la farò fare solo se poi diventerete talmente grassi da riuscire a rotolare anziché camminare su quelle vostre gambette corte!”. Grampasso non sopportava gli hobbit, né le loro lamentele sulla scarsità di cibo, né il fatto che Pipino dovesse sempre fermarsi a confabulare con dei tizi strani, né che Frodo dovesse sempre parlare in latino maccheronico.

Come s'è detto, Pipino non era molto intelligente, per cui pensò di lanciarsi giù da una discesa per far capire a Grampasso che lui, di rotolare, era già capace. Precipitò in un burrone e si trascinò dietro Merry che s'era legato a lui per non perdersi. Ci impiegarono due giorni per tirarli fuori.

Una sera decisero di fermarsi nei pressi di una grotta perché gli hobbit continuavano a lagnarsi. Frodo diceva: “Mi si rovinano i capelli con tutta questa pioggia!”. Grampasso borbottò: “Manco avesse i capelli di un elfo...”. Mentre lui andava nelle vicinanze a esplorare, i quattro hobbit ebbero la fantastica idea di accendere un fuoco.

“Bene, un pûr è proprio quello che ci vuole, con questo freddo” commentò Frodo.

“Un che?”

Grampasso li lasciò nelle mani del classicista e andò sotto la pioggia a esplorare. Esplorare era anche la scusa che arrecava quando viaggiava coi Raminghi e c'era la pioggia, mentre invece andava a lavarsi i capelli. Il suo problema era che non gli piaceva il sapone. Non è che non volesse lavarsi, è che non gli piaceva il sapone.

Comunque a un certo punto un Cavaliere Nero vide il fuoco, si avvicinò all'antro e pensò: “Cià che pugnalo quel piccoletto, gli frego l'anello e lo porto al padrone. Dovrà darmi un po' di quelle belle foglie per forza, stavolta”. Il cavaliere andava pazzo per le foglie. Irruppe urlando nella caverna.

Nonostante le prodezze del povero Sam, che più che proteggere Frodo voleva salvare le provviste, il povero signor Baggins fu pugnalato.

“Oh ma che cavolo...?” fece Frodo voltandosi verso di lui. “Mica ce le ho io le foglie, che pensi? Ce le ha Pipino e sii più educato la prossima volta, porca miseria oh, ma mannaggia la maremma, guarda quanto sangue!”

A quel punto Sam, che un po' si sentiva in colpa, pregò Grampasso di affrettare la marcia per raggiungere Elrond, che forse avrebbe potuto curare il padrone.

“Ma porca miseria” disse Frodo prima di svenire. Nel sonno febbricitante bestemmiava come un turco. E fu proprio per queste imprecazioni che i Cavalieri Neri li scoprirono e presero a inseguirli.

“Erba pipa! Erba pipa!” invocavano. Pipino era il più terrorizzato di tutti: “Mi ruberanno tutta la scorta!” piangeva.

Per cui quando Grampasso vide che Arwen, la sua innamorata, li aveva raggiunti in un bosco, non esitò a consegnarle Pipino. Ma senza l'aiuto di Glorfindel non ce l'avrebbero mai fatta.

“Ma santo il cielo, me so' congelato me so'!” disse Glorfindel andando loro incontro tutto bagnato.

Elrond fu molto in dubbio: curare o no il portatore dell'anello? A lasciarlo perplesso era il fatto che questi bestemmiava terribilmente.

Intanto, Grampasso era alle prese con problemi più grandi: temeva che Arwen, ora che aveva salvato Pipino, gli andasse dietro. La ragazza, inizialmente preoccupatissima, sorrise: “Stai tranquillo, non gli vado dietro”. Era vero: lei andava dietro a un elfo di nome Legolas arrivato da qualche giorno a casa di suo padre.

Frodo fece finta di stare male per due settimane in più del dovuto, tanto per essere riverito e coccolato e mise su tre chili in soli tre giorni. Intanto gli altri si divertivano un sacco: Sam stava un sacco di tempo in cucina con la scusa di dover imparare le ricette per il viaggio, Grampasso passava tutto il tempo possibile con Arwen, la quale sembrava però intenzionata a passare tutto il tempo possibile con suo cugino e Merry e Pipino distribuivano foglie colorate a tutti gli elfi che incrociavano. Nel giro di una settimana si vedevano elfi di duemila anni che andavano in giro ridacchiando e spacciando droga negli angoli. Elrond tuttavia non riuscì a sospettare di quei due cosini, che parevano piuttosto placidi.

Elrond aveva altri pensieri per la testa: aveva infatti indetto un consiglio per decidere cosa fare di quello stramaledettissimo anello che Frodo si teneva stretto. Erano arrivati in molti da ogni parte del mondo: alcuni nani da Erebor, tra cui Gimli figlio di Glòin, degli uomini di Gondor al seguito del principe Boromir e gli elfi di Bosco Atro con il principe Legolas. Frodo ritrovò tra la folla suo zio Bilbo (o meglio, lui provò a nascondersi ma Bilbo lo vide comunque). Purtroppo con l'età il vegliardo Baggins s'era istupidito ed era un po' matto già da prima. Ogni tanto parlava da solo e ciò che diceva era senza senso, oppure si addormentava nel mezzo di una frase; Frodo non sopportava la sua parlantina.

“Devi sapere che finché prosegue il viaggio nessuno vuole andare avanti ma se il viaggio finisce e tu sei a casa e allora sei al sicuro ti viene da adottare un drago. Io l'avevo, una volta, un drago. Si chiamava Ben. Gli dicevo: 'Vieni Ben, che ti do un bue per merenda' oppure: 'Fai i tuoi bisogni nel mare, tranquillamente, non ti preoccupare, Ben'. Poi è morto. È saltato giù dal tetto di casa Baggins”.

Apparte il fatto che, lo sapevano tutti, Bilbo non l'aveva mai avuto un drago in casa, Frodo non sopportava tutte quelle chiacchiere. Così provò a defilarsi dentro una sala salvo poi scoprire che stava per tenersi un consiglio molto importante e molto noioso. E che Bilbo era invitato.

Nell'enorme stanza c'erano elfi, nani e uomini e tutti cianciavano tra loro e ridevano (tutta opera di Merry e Pipino, senza dubbio). Solo Elrond non rideva e fissava corrucciato in lontananza: cercava di attirare l'attenzione di qualcuno (voleva che gli chiedessero “Che cosa hai, re Elrond?” per poter rispondere: “Oscura è l'ombra di Mordor e il destino mi pare buio per tutti”. Davvero, se l'era proprio studiata, peccato che nessuno gli chiese nulla).

Ad un certo punto un hobbit si avvicinò e gli tese umilmente della paglia: “So che non è un regalo degno di un re” disse. “Ma voglio comunque farvi un dono”. Diede fuoco alla paglia e se ne andò. Poco dopo Elrond iniziò a ridere tra sé.









Eccoci qui con un nuovo capitolo! Speriamo vi piaccia come sempre, che non sia noioso e che vi faccia divertire. Ringraziamo per le adorabili recensioni e invitiamo nuovamente tutti a recensire (e ci scusiamo per il personaggio di Aragorn, che è stato leggermente cambiato...). Un'ultima cosa che ci preme è specificare che ovviamente Frodo è un odioso classicista e nessuno è obbligato a conoscere le sue morte lingue maccheroniche: nel caso lo chiedeste potremmo mettere la traduzione in basso che attualmente (per pigrizia o per distrazione, ma più probabilmente per pigrizia) non è presente. Basta, a settimana prossima :D
Namarië,
Chiara e Nina ;)

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Capitolo 4
*** Il consiglio di Elrond ***


Il consiglio di Elrond

“Buongiorno, ben trovati” esordì Elrond (ricordiamo che aveva fumato, sennò col cavolo che sarebbe stato così gaio). “Prima di iniziare vorrei ricordare che sono stato nominato per l'ice bucket challenge. Io faccio la mia donazione (ricordatevene, stolti!) e... sì, porta il ghiaccio, Arwy, bella di papà. Ah un'ultima cosa: io nomino mio nipote Legolas Verdefoglia, quell'egoista di suo padre perché altrimenti non lo nomina nessuno e Glorfindel che tanto ha già il raffreddore”.

Arwen portò la bacinella piena di ghiaccio e la versò tutta in testa a suo padre, che scoppiò a ridere come un matto (quell'erba era davvero forte).

Poi un altro servo portò un altro secchio per Legolas, che stava scappando per la sala urlando: “Nooooo! I miei favolosi bellissimi capelli!” Alla fine però riuscirono ad acciuffarlo e gli fu versata l'acqua in testa. “Noooo! Santo Tulkas! Ah devo pure nominare qualcuno? Vabbe allora per fare un dispetto a te, Elrond dei miei stivali, nomino Saruman e Voldemort!” poi lasciò la sala furente urlando: “Mio padre lo verrà a sapere!”

Furono costretti a ritardare il consiglio perché all'elfo ci vollero due ore per piastrare i capelli. Ma alla fine furono tutti di nuovo nella sala ad osservare l'anello appoggiato su un piedistallo. Ed Elrond attaccò a parlare:

“In principio era Eru...”

“Ma che diavolo dice?” chiese Frodo lottando contro il sonno. Invano. Si svegliò solo quando sentì delle urla. Tutti si stavano azzuffando per colpa di quel cretino di Boromir che pensava di poter usare l'anello così come gli girava per sconfiggere Sauron. Nel trambusto Gimli tentò di distruggere l'anello ma l'anello quasi distrusse lui (fonti certe dicono di aver sentito lo stesso anello ghignare, dopo aver steso Gimli: “Dai, fatevi sotto, che vi faccio tutti fuori”). Elrond intanto scuoteva la testa e sbuffava: “Ma quanto sono idioti? L'unico modo è portare l'anello a Mordor e gettarlo nel Monte Fato! L'unico che è ancora un po' sano di mente qui a Imladris è quell'hobbit che mi ha dato quella paglia... che ne trovi ancora un po' in giro?”

A quel punto Frodo, inferocito per essere stato sottratto alla sua pennichella, saltò giù dalla sedia e fece per urlare “Silenzio!”, ma, proprio mentre apriva bocca, Bilbo urlò: “Lo porterò io!”.

Tutti si voltarono verso Frodo, perché intanto Bilbo aveva chiuso gli occhi e stava russando sommessamente. “Tu?” chiese Elrond, contento di aver trovato un volunteer as tribute. Frodo aprì di nuovo bocca per denegare, ma Bilbo intervenne nuovamente da dietro: “Solo... non conosco la strada...”. Quando si voltarono stava di nuovo dormendo.

“Cacchio sono fregato!” pensò il giovane hobbit, maledicendo suo zio. Gandalf, ancora sotto l'effetto dell'erba pipa, pensò che non sarebbe stato male farsi un bel viaggetto pericoloso, di quelli che piacevano a lui, anche solo per vendicarsi di quel Saruman che l'aveva rinchiuso nella sua torre. Ma chi diavolo si credeva di essere? Così lo stregone si alzò e disse: “Ti ci accompagno io a Mordor!” e subito dopo Grampasso disse: “Se con la mia vita o con la mia morte ti potrò essere d'aiuto, io lo farò”. La sua idea era far ingelosire, andando in giro per il mondo a fare il galletto con ogni ragazza che incontrava, Arwen. La quale peraltro stava anche piangendo quando partirono, ma non per lui. Ma comunque.

Legolas non avrebbe voluto partire: si sarebbe sporcato di polvere e non avrebbe potuto portare tutti i suoi shampoo, ma voleva far colpo su Arwen e in più voleva vincere una scommessa con Gimli. Così disse: “Hai il mio arco!”. E Gimli, punto sul vivo: “E la mia ascia!”.

Boromir credeva che il suo piano fosse il migliore, ma non poteva tirarsi indietro perché anche lui aveva scommesso con Gimli e Legolas, per cui intervenne: “Vengo anch'io, d'accordo”.

In quel momento una piccola figuretta fu proiettata dentro la sala. “Ma che cavolo...?” sbottò Sam guardando verso Frodo, che si affrettò a rientrare con un sorriso nella sala e ad annunciare: “Sam ha detto di voler venire con me!”

“Ma... ma mi hai tirato un calcio nel...” balbettò Sam. “Shhhhh!” sibilò Frodo. “E dammi del voi!”

In quel momento un elfo nerboruto trascinò nella sala Merry e Pipino. “Stavano saccheggiando le cucine” disse.

“Ah già!” esclamò Frodo. “Se io rischio la vita lo faranno anche i miei cugini” Elrond annuì soddisfatto di non dover partire lui stesso: “Nove compagni. Voi sarete la compagnia dell'a...” mentre parlava parte della casa cascò giù e si udì un forte boato.

“Forza!” esortò Gandalf. “Partiamo e speriamo di trovare ancora Gran Burrone al nostro ritorno!”

“Se ritorneremo” commentò cupo Frodo, dando un calcio a Bilbo.

“Volete una zampa di coniglio portafortuna?” chiese loro Elrond. “NO!” e partirono.

In quel momento, a Isengard, Saruman si versò dell'acqua in testa davanti a un palantir e disse: “Ringrazio Legolas per la nomination e nomino Sauron e Codaliscia!”

 

 

 

 

 

Buongiorno, eccoci nuovamente qui. Cosa ne pensate di questo capitolo? Abbiamo esagerato con l'Ice Bucket Challenge? Fateci sapere ^^!
Dobbiamo per forza ringraziare Feanoriel e leila91 per le loro adorabili recensioni ed esortare chi legge a recensire. Davvero, anche se scrivete che la nostra storia non vi piace per niente (sì, anche che vi fa schifo) e che probabilmente faremmo meglio ad andare a mungere montoni al polo sud non ci offendiamo (poi se del tutto casualmente vi ritrovaste la casa invasa di nani chiassosi che vi trascinano alla conquista di un tesoro custodito da un drago non date la colpa a noi -se il drago però avesse per nome, che so io, Benedict... io ci farei un pensierino u.u). Ok, bando alle ciance! Buon Halloween e “festa dei morti” a tutti (ma poi: si fanno gli auguri per la festa dei morti? Non è un po' macabro? Beh, in ogni caso buone vacanze, ecco), ci vediamo settimana prossima con un nuovo capitolo! ;)
Chiara e Nina al vostro servizio 

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Capitolo 5
*** La desolazione della Compagnia ***


La desolazione della Compagnia

Partirono tutti abbastanza contenti, specialmente gli hobbit, che erano riusciti a trovare un po' di erba pipa da portarsi nel viaggio. Pipino poi, aveva talmente tanta erba nascosta dentro il mantello che pareva più muscoloso di Boromir. Mentre camminavano Legolas continuava a specchiarsi dentro lo scudo di Boromir, che non aveva il coraggio di picchiarlo solo perché conosceva la sua fama di arciere. Sam, che era nato povero e si era sempre accontentato di erba pipa di scarsa qualità, dopo solo quattro ore che fumava, colassò.

Kamno posì” si lamentò Frodo dopo poco.

“Eh?”

“Vuol dire 'Ho male ai piedi'” intervenne distrattamente Legolas. In quel momento sentirono Gandalf dire a Grampasso: “Senti Aragorn, non me ne frega nulla se sei destinato ad essere re e se eri un Ramingo, noi andremo di qua!” Gli altri, che non conoscevano la zona, li guardavano allibiti mentre si menavano e insultavano a vicenda ed erano sicuri che presto di questo passo si sarebbero persi. E infatti poco dopo pure Legolas e Gimli si menavano e Sam le prendeva da Frodo; Merry e Pipino ballavano tra la rissa e cantavano a squarciagola pigliando a pugni Boromir. Frodo cadde in un burrone e si tirò dietro Sam, che si tirò dietro Aragorn, che si tirò dietro Gandalf, che si tirò dietro Merry e Pipino, che si tirarono dietro Boromir, che si tirò dietro Gimli, che si tirò dietro Legolas, al quale non si scompigliarono per nulla i capelli. Ci misero tre giorni solo per riuscire a tirare Frodo in piedi.

“Ma sentite un po'...” esordì Pipino indicando Aragorn. “Io pensavo che lui fosse Grampasso”.

“Lui è Grampasso. Ma è anche Aragorn e il futuro re di Gondor” spiegò Gandalf.

“Ehi, frena un attimo, amico!” intervenne Boromir, convinto da sempre di essere l'erede di diritto. “Patti chiari e amicizia lunga: io sono il figlio di Denethor...” ma gli hobbit non lo lasciarono finire:

“Fooorte, un re nella compagnia? Che figata! Ma quindi Grampasso non viene con noi? Menomale, mi stava sulle scatole” disse Merry.

E Pipino: “Già, niente seconda colazione e carne secca come pranzo. Alla notte si dormiva senza fuoco e dovevamo fumare di nascosto”.

Frodo ebbe la sua da dire: “Sì, per non parlare del fatto che quell' ignorans, ignorantis non sapeva una parola di latino o di greco”. Aragorn ascoltava allibito, stupito di tanta ingenua stupidità.

Sam: “Volete altri fagioli?”

 

Quattro giorni dopo, 500 km aerei da Imladris, Montagne Nebbiose, Terra di Mezzo. Sam stava cucinando tranquillamente quando sentì Aragorn che imprecava infuriato e vide Gandalf che muoveva minaccioso il suo bastone. “Che avete voi due da urlare così forte?” chiese Pipino, l'aria un po' inebetita.

“Questo zuccone non vuole ascoltarmi! Dice che è meglio andare a Moria! Ma io dico: sei impazzito?!” sbottò Gandalf. “Io propongo di passare per il Caradhras!”

Pipino ascoltava attento: “Ma... a Moria...” “Eh.” “No, voglio dire... c'è gente?” “No, per Manwë! Solo orchetti e male!” “E... Gandalf...” “Eh.” “Questi orchetti... a loro, dico, piace il verde?” Compreso il dubbio che affliggeva l'hobbit, Gandalf disse: “Caro Pipino, no, gli orchetti non spacciano. Ma ti dirò di più: sul Caradhras c'è una clinica per drogati: ogni tanto la sicurezza cala e si riesce a spacciare” e subito si volse imbarazzato. Il fatto era che non c'era nessuna clinica, ma Gandalf, desideroso di più erba per sé, aveva messo su una storiella che aveva convinto l'hobbit.

La misero alle votazioni: vinse Gandalf.

Così si incamminarono, anche se Aragorn non ci credeva neanche un po' a quella storia dei drogati del Caradhras. Sam ebbe un nuovo collasso perché Pipino gli aveva dato dell'altra erba pipa per calmarlo, essendo lui rimasto senza cena per colpa (ma dai?) di Frodo. Proprio mentre si inerpicavano su per un impervio sentiero, una terribile tempesta si alzò su di loro e una voce terribilmente lusinghiera si spanse nell'aria. “È Saruman!” urlò Gandalf. E poi: “Stregone bianco! Smettila che ti abbiamo fatto?”

Ma vane furono le sue suppliche; aspre fùro le alate parole che a lui rivolse il Bianco Stregone dalla rocca dell'Isen: “Do, sciocco sdregone grigio! La bia teppesta dod si femmerà fidché quello spodco effo dod sarà morto! Pe' colpa sua e del suo sdupido ais bachet cialleg ora ho il raffreddore! E ora, muori!”

Tutti guardarono male Legolas: “Ma... era un gioco, per beneficenza...” tentò di scusarsi lui.

“Almeno ora renditi utile” disse Gandalf. “Va' avanti, corri sulla neve e va a cercare il sole e la strada...”

“E vedi se trovi quella clinica di drogati!” gli urlò dietro Pipino mentre l'elfo già si stava allontanando, correndo agilmente sulla neve.

Tornò indietro pochi minuti dopo. “Non ho trovato la strada e il sole non vuole saperne di venire qui” annunciò. “Ma in cambio ho trovato la tua clinica, dietro quella collina”. Pipino si fiondò immediatamente su per il sentiero. Gandalf lo seguì perplesso e irritato.

“Okay, Saruman” disse allora Legolas. “Ora bure io ho il raffreddore, basda ber favore!”

Il brontolio di Saruman cessò. “Paùotai” notò Frodo. “Eh?”

“Non so, a me pare di sentire ancora qualcosa... che ne dici, Legolas? Cosa sentono le tue orecchie da elfo?”. Legolas si concentrò, poi disse: “Il padiglione auricolare volta a est... Stanno portando il cerume al timpano!”

In quel momento videro venir giù dalla collina a rotta di collo Gandalf e Pipino: alle loro spalle era una nerboruta guardia con una clava in mano. “Via via! Ci hanno beccato!” urlò Gandalf. “Non ci resta che passare da Moria!”

Così tornarono indietro, con gli hobbit mezzo-affogati: Frodo che bestemmiava, Sam che piangeva come un matto e Pipino che si lamentava perché l'erba si era ricoperta di brina. L'unico un po' tranquillo era Merry, che era riuscito a farsi portare in spalla da Boromir (forse promettendogli un goccetto dalla sua fiaschetta al termine della corsa). Arrivarono davanti al portone di Moria.

“Tutto qui?” chiese Frodo. “Che pizza, qua ci fanno camminare per tutto il dì e poi ci ritroviamo davanti a questa porta, che è pure chiusa. Oh, Gandalf, vecchio: möves con 'sta chiave!”

“Dite amici ed entrate” lesse Gandalf sul portone, riflettendo. Frodo guardò: “Ecco, adesso pure i rebus ci fanno, per entrare...” poi, accortosi che la scritta era in un alfabeto strano si schiarì la voce e disse: “Sì, sì... dite amici... ed entrate... dicite amici... no quello è greco... sì, non si capisce nulla infatti... légete filoi...”

“Frodo” gli disse Gandalf sottovoce. “Sta' zitto che quello è elfico!” Frodo imprecò tra sé, ma tacque. Mentre Gandalf si scervellava per trovare una soluzione ed entrare, Sam si mise di nuovo a cucinare e Legolas iniziò a specchiarsi nelle acque di un lago vicino. Ma mentre si osservava, notò delle ondine formarsi sulla superficie dell'acqua. Merry e Pipino stavano lanciando dei sassi nell'acqua, cantando allegramente.

“Shhhh!” fece loro Aragorn. “Non disturbate l'acqua!”

“Bella questa, dovresti metterla su una maglietta!”

Poco dopo Merry si rivolse a Gandalf: “Non è che quel cretino di mio cugino aveva ragione? Di' amici in elfico”.

“Eh? Mellon!” la porta si aprì.

Mellon? Chi ha detto 'futuro' in greco?” chiese Frodo. Ma proprio in quel momento un mostro uscì dall'acqua e con i suoi lunghissimi tentacoli afferrò Frodo per sollevarlo in aria. Sam tentò di correre in aiuto del padrone, ma inciampò e finì dritto dentro la pentola di zuppa. E Frodo, a testa in giù: “Saaaam! Razza di cretino, vienimi ad aiutare, non nasconderti nella pentola!” Sam saltò fuori, ma aveva gli occhi pieni di zuppa e filò dritto dalla parte sbagliata: dentro al portone di Moria. Sì che a Frodo parve stesse fuggendo.

Pipino iniziò ad urlare contro il mostro: “No! Fermo, non è una canna quella! Ce l'ho io l'erba!” e lanciò un pacchetto nel lago. Il mostro lo prese al volo e lasciò andare Frodo, tornando a inabissarsi. Quando furono sani e salvi dentro Moria, Gandalf riuscì a tirar fuori a Pipino un terrorizzato racconto di come lui e Merry avessero scritto su delle pietre gli accordi per un pagamento di tre pacchi di marijuana e due chili di hashish e le avessero poi lanciate in acqua. Ma il mostro aveva scambiato Frodo per una canna.

“Lusinghiero” ebbe solo da dire Gandalf al termine della storia.

Dopo che si fu calmato, Pipino, sentendosi giustificato per lo spavento che si era appena preso, si diresse verso un cadavere di orchetto seduto su un pozzo.

“Ahahahah guarda che buffo!” disse, e, toccandolo, fece cadere prima la testa, poi il corpo intero dentro il pozzo.

“CLANG!”

“Eh, ma che cavolo di foné” sbottò Frodo. “Eh?” Legolas non disse niente, perché non riusciva a sentire nulla.

“Idiota di un Tuc” fece Gandalf. Aragorn si mise ad urlare con un forsennato, facendo più rumore lui che Pipino: “Buttati tu la prossima volta e liberaci della tua stupidità!” Ma Gandalf non perse tempo con la favella: alzò Pipino sopra il pozzo e lo lanciò giù. In quel momento una banda di orchetti armati fino ai denti irruppe nella sala. Frodo non perse tempo e saltò celermente su una roccia, prendendo Sam come scudo.

“Al mio via...” urlò l'hobbit mentre i due schieramenti si fronteggiavano. Tutti lo guardarono in attesa. Frodo sorrise malvagio e strillò: “... Scatenate l'Inferno!”

Tutti gli orchetti: “Questa. È. MOOOOORIAAAAAAAA!”

 

 

 

 

 

 

E... buondì! Oggi è stato un giorno molto noioso perché Chiara è ha una gara di equitazione e non mi ha nemmeno rotto durante le lezioni con le sue battutine. Comunque: tocca a me aggiornare. Rieccoci qui con anche il nostro amico Saruman con il raffreddore, che ha avuto modo di far prendere anche a Leggy. Mi duole ammettere che lo scambio di battute tra Legolas e Aragorn ('Cosa sentono le tue orecchie da elfo?' 'Il padiglione auricolare volta...' sì, okay, grazie per avercelo ripetuto, Legolas) è avvenuto realmente qualche settimana fa quando ero io ad avere il raffreddore. Grazie a tutti quelli che hanno recensito per i commenti e per non aver chiamato il manicomio: immagino che sia positivo il fatto che siamo entrambe ancora a piede libero.

Ah c'è un messaggio per voi, recensitori anonimi (Frodo: “Viene dal prefisso a che significa “senza” e onoma che...” *viene scortato fuori dalla porta dalle autrici*), da parte di Saruman. Vai, stregone bianco!

Saruman (col tono di uno a cui Pipino ha appena fatto visita con le sue foglie): salve a tutti, io sono Saruman. Volevo solo dire ai lettori anonimi che non voglio più sentire una sclerata come quella delle autrici di settimana scorsa...

Nina: guarda che mi aveva appena ridato la versione di latino: ero giustificata.

Saruman: ...quindi siate pietosi verso di me, se non volete esserlo verso le autrici: recensite o i miei padiglioni auricolari non solo non volteranno a est, ma mi cadranno!

Chiara: non ascoltatelo, le sue parole sono menzognere!

Saruman: Per favore, ascoltatemi! *lancia un ultimo grido angoscioso prima di essere portato via da un Ent*

Nina: bene, ci ritroviamo la settimana prossima con il prossimo capitolo.

Chiara: hai detto due volte “prossimo”...

Frodo: viene dal... *Merry tenta di soffocarlo*

Sam: qualcuno vuole altri fagioli?

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Capitolo 6
*** Le opinioni di un vecchietto ***


Le opinioni di un vecchietto

Ci fu un sacco di trambusto e molte urla (tra le quali spiccavano quelle di Frodo: “Pugnate, strenui cives, pro patriam!”), ma alla fine tutti gli orchetti furono abbattuti. Frodo uscì dal suo nascondiglio, dove era stato tutto il tempo e gridò: “Siamo stati bravissimi!” e si mise anche a improvvisare una danza maori sopra il corpo di un orchetto. Gimli, affilando la sua scure, borbottò qualcosa sottovoce riguardo al fatto che lui non aveva fatto proprio nulla oltre che tremare e gridare.

“Forza andiamo!” esortò Gandalf, ma furono tutti costretti ad aspettare Legolas, che aveva preso a rifarsi proprio in quel momento le treccine.

“E adesso dove sarà finito Pipino?” chiese Merry durante l'attesa. “Avrei proprio voglia di farmi una bella fumata”. Lo trovarono solo dopo tre giorni: aveva messo in piedi un'associazione per la diffusione dell'erba pipa oltre l'Ultima Casa Accogliente. Il risultato fu che trovarono la via libera dagli orchetti perché erano tutti troppo storditi dall'erba che Pipino aveva dato loro.

Stavano dunque per uscire da Moria, quando un Balrog si mise tra loro e l'uscita.

Gandalf si mise a lottare con ardore: “Sono troppo vecchio per queste cose!” disse mentre alzava il bastone sopra la testa. E poi: “Tu. Non puoi. Passare!”

Frodo sorrise: “Carina questa, dovresti metterla su una maglietta!” disse prima di voltar la terga al vecchierello che stava per cadere in uno strapiombo che si era aperto sotto i suoi piedi in seguito a un'esplosione di luce degna di Goku.

“Ehi tu!” urlò Gandalf inferocito dalla sua noncuranza. “Torna indietro, sciocco! Razza di cretino troppo basso!”

Intanto l'hobbit se n'era già andato, seguito a ruota da Aragorn, che aveva aspettato di essere solo per prendersi un'infantile vendetta: mostrare la lingua a quell'idiota di un vecchio mago.

“Ah, se ti prendo! Ti appendo per gli alluci allo stipite dell'ingresso di Moria e poi mi metto a farti dondolare come se non ci fosse un domani. E poi dico al mostro del lago di farsi una bella fumata non insieme a te ma con te! Poi ti spalmo tutto di cioccolato e chiedo al Balrog di leccarti!”

Intanto che parlava, tentando inutilmente di issarsi su dal baratro in cui stava per scivolare, non si era accorto che dietro di lui si stava di nuovo avvicinando il Balrog.

“E non pensare che terrò ancora a lungo il tuo segreto, pezzo di scemo. Non hai mai fatto il classico! Avete sentito tutti? FRODO NON HA MAI FATTO IL CLASSICO! È solo un povero stupido che si vuol sentire colto dicendo due parole in greco e latino! Il classico... dovrebbe esserci un girone dell'inferno dedicato solo ai classicisti. La pena dovrebbe essere questa: inseguiti da diavoli che sbagliano tutti i congiuntivi e sbattono loro in testa il Rocci, ma solo dopo aver fatto loro perdere la vista cercando una ventina di verbi. Ah, ai miei tempi la scuola non era così! Gli insegnanti ti obbligavano a trascrivere tutto il Rocci! Allora gli oculisti avevano molti più soldi!” e andava avanti a ciarlare fra sé: “Per non parlare di quel cretino con i capelli unti che si sente un re. Diventalo, prima! E guarda, ti giuro, Aragorn, che se mai diventerai re io farò un colpo di stato e ti tirerò giù da quel trono del cavolo su cui poggi il tuo grasso e grosso didietro! Istituirò una repubblica fondata sul lavoro! E creerò dei sindacati per la protezione degli stregoni! E darò la pensione a chiunque abbia più di mille anni e abbia lavorato per tutta la vita onestamente: addestrando aquile, conquistando montagne nelle quali si è insediato un drago e insegnando il greco e il latino a quegli idioti che lo vogliono! Ah, lo farò, sì! E sai invece, Legolas, che farò ai tuoi capelli?”

In quel momento il Balrog gli picchiettò sulla spalla: “Uh?”

“Cosa c'è?” urlò Gandalf, voltandosi imbestialito verso di lui. “Chi osa interrompermi...”

Vedendo chi era, Gandalf cacciò un grido e perse la presa sulla roccia; precipitò giù e il Balrog gli andò dietro.

Mentre cadeva propose al Balrog: “Senti facciamo così: dimentichiamo i rancori e fumiamo insieme il calumet della pace”. Non avendo altro da fumare, fumarono le vesti di Gandalf.

Gandalf: “Credi che il bianco mi doni? Stavo pensando di far sostituire i miei vecchi abiti con un un abito bianco”.

Il Balrog: “Uuuh”.

Prima di sera Gandalf s'era convinto di essere uno stregone bianco.


Gandalf e il Balrog

 

Buongiorno, ben ritrovati a tutti. Eccoci qui con nuovo capitolo che speriamo, come sempre, che vi piaccia e vi faccia divertire. E ci scusiamo per il dubbio talento artistico di Nina.

Una precisazione: il Rocci è uno dei più famosi dizionari di greco; nella versione vecchia i caratteri erano talmente illeggibili da causare problemi di vista a molti studenti. E con ciò, vi lasciamo a un avviso da parte dei nostri amici...

Chiara e Nina ;)

 

Saruman: dal momento che, lo so, non sono un figo come Legolas e a nessuno interessa dei miei padiglioni auricolari, beh... ecco! *mostra Legolas imbavagliato e legato* in gioco ci sono i suoi padiglioni auricolari...

Legolas (da sotto il bavaglio): mmmmh pfff aummm.

Frodo: sta dicendo “per favore, fatelo per i miei padiglioni auricolari!” A proposito, lo sapete che “auricolare” viene dal... *viene colpito da un Rocci volante e stramazza a terra*

Saruman: grazie. Lettori anonimi, recensite... per le belle orecchiette di Legolas...

Legolas: mmmmhpf!

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Capitolo 7
*** L'immigrazione sotto gli alberi d'oro ***


L'immigrazione sotto gli alberi d'oro

Mentre Gandalf si fumava il calumet della pace con il Balrog, la nostra compagnia di prodi eroi giunse a Lorien, sempre con gli orchetti alle calcagna. Legolas era il più preoccupato di tutti perché, nonostante la pettinata che s'era dato dopo la battaglia, riteneva di avere i capelli ancora troppo scarmigliati e temeva che i suoi parenti potessero farglielo notare o, peggio ancora, dirgli che aveva un brutto odore. Anche Merry e Pipino erano agitati, ma per altri motivi. Volevano infatti cercare di raccogliere alcune delle famose foglie dorate di Lorien, che avrebbero fruttato loro un sacco di soldi. Purtroppo per loro, anche i rami più bassi erano fuori dalla loro portata.

Gimli continuava a lagnarsi: “Ecco, adesso mi portano qui, a Lorien, tra questi elfi egoisti, vanitosi, egocentrici. Ma chi me l'ha fatto fare? Mah, se quello lì, quell'Aragorn, riesce finalmente a salire al trono gli chiedo di farli tutti fuori, 'sti qua. Ma almeno mettere delle barriere, dico io. Che se ne stiano nei loro territori. Ma insomma, chapa la barchèta e va' a ca' tua! 'Sti elfi. Me li ritrovo dappertutto, me li ritrovo” Legolas, infastidito dalle sue chiacchiere, gli tirò una sberla sulla nuca. Gimli, lanciando un grido belluino (“Fallo di nuovo e ti accoppo, elfo dei miei stivali!”), si attaccò ad un albero e si rifiutò di proseguire. Aragorn dovette tirarlo per i piedi finché non si staccò. Per ripicca il nano prese a buttar giù con l'ascia un albero. Ne venne fuori una rissa pazzesca, con Merry e Pipino che correvano tra le persone che si pestavano infilandosi furtivamente in tasca le foglie dell'albero caduto, che ora era alla loro altezza. Attirate dal rumore, arrivarono le guardie di Lorien, che li circondarono. Aragorn tentò inutilmente di far tacere Gimli, che minacciava di morte tutti gli orecchie-a-punta esistenti.

“Chi siete, da dove venite? Lo sapete che bisogna avere un permesso di soggiorno regolare per entrare a Lorien? E che c'è una legge per gli immigrati nani: solo bendati. Queste sono le nostre leggi. Dura lex, sed lex (e qui a Frodo quasi venne un attacco di cuore, nell'affrettarsi a tradurre).”

E una delle guardie, quella vestita di verde, disse all'altra: “Poi dicono che anche a Lorien ci sono delinquenti. Se vedi, sono sempre gli immigrati che buttano giù gli alberi, che ci rubano le foglie, che importano erba pipa, che spacciano...”

“Smettila” rispose l'altra, vestita di rosso. “Te l'ho detto che non condivido le tue idee leghiste”.

Comunque sia, il nano si aggrappò nuovamente a un albero, dicendo: “Oh, guardatelo, poveretto. C'è la sua vita, sulla mia ascia. Non vorrete di certo fargli del male, no?” Purtroppo per lui non aveva considerato che un elfo potesse sedarlo con un dardo. Si svegliò che erano ancora a metà cammino: stavolta passarono al sedativo per olifanti, perché aveva subito iniziato a menare l'elfo che lo portava in braccio. Nello stesso momento all'ingresso di Lorien le guardie fermarono una comitiva di orchetti: “Eh no, dovete mostrarci il passaporto e la carta d'identità, se venite qui per una vacanza”.

“Tutti in fila alla dogana!” comandò il capo-orchetto. Tutti gli orchi si misero in fila mostrando i propri documenti. Quando la comitiva fu passata, solo un uomo avvinazzato con un paio di stivali gialli, indugiava ancora davanti ai cancelli di Lorien.

“E tu, chi sei?” “Eh io... io sono Tom. Tom Bombadil.”

“Ha qualcosa da dichiarare?”

“Eh... sì, credo. Il machete”

“Solo il machete? Okay, tutto bene, può passare”.

Tom Bombadil lanciò il suo gridò di guerra e partì di corsa verso Lorien, sperando di trovar vendetta per l'affronto alla sua bella Baccador.

Poco dopo davanti a Lorien si presentò una guardia nerboruta con una clava che chiese di poter entrare. “Chi sei, che vuoi?” “Io sono la Guardia del Caradhras”

“Hai qualcosa da dichiarare?” “No, nulla”.

“Okay, puoi pass... ehi, cos'è quella? Una clava? Razza di troglodita, cosa pensavi di fare? Di introdurti a Lorien la Splendida portando morte e distruzione tra la popolazione?”

Gli presero la clava e lo misero legato a un tronco. “Ecco, imparerai a dichiarare la clava, la prossima volta. Adesso dovrai aspettare che la mamma ti verrà a prendere. Intanto facci vedere un documento d'identità”

“Documento di identità? Ma io...”

“AH HA! Non ce l'hai, eh? Ma dove vivi, sul Caradhras tra i drogati? Beh ora imparerai la nostra legge. Dura lex, sed lex!” “Eh?” “Portatemi una copia della costituzione elfica, faccio imparare io a questo extracomunitario a rispettare le nostre leggi. E sia chiaro che non te ne andrai di qui finché non avrai imparato tutto a menadito!” “NOOOO!”

Mentre la guardia imparava la costituzione elfica, si avvicinò a loro Umbelfo Bossi, il leader del partito verde elfico. “Complimenti, è così che si fa” disse alle guardie. “Non è che ora ce l'avreste una firmetta da mettere qui? Tanto per assicurarmi il voto alle prossime regionali, non vorrei mai che vincesse nuovamente Thranduil!”

 

 

 

 

 

 

 

Buongiorno, con un giorno di ritardo rispetto al solito, pubblichiamo. Questa settimana siamo state presissime tra compiti in classe, interrogazioni, un personaggio teatrale da abbozzare, gare di equitazione da vincere etc etc... Allora, che ve ne pare di questo capitolo? È esagerato? In questi giorni la nostra professoressa di storia si è fissata con l'immigrazione e questo è ciò che la nostra mente bacata ha tirato fuori. Giudicate voi!

Grazie a tutti quelli che recensiscono, ma anche a quelli che, semplicemente, leggono :)

Chiara e Nina

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Capitolo 8
*** Finché Valinor non vi separi ***


Finché Valinor non vi separi

Arrivarono finalmente al palazzo reale e furono accolti da Galadriel e Celeborn, gli sposi di quel reame.

“Benvenu...” iniziò Celeborn.

“Benvenuti” lo interruppe Galadriel, sorridendo amabile. “Vedo che avete percorso un lungo cammino, prima di giungere nella dorata Lorien”.

“Vedete, mia moglie è una...”

“Sono una profetessa, sì. Zitto caro, per favore. Parlo io” disse la Dama Bianca. “Ho imparato da una vecchia insegnante...”

*flashback su un'aula di Hogwarts*

Sybilla Cooman: “Oh, cara, vedo che sposerai una roba bionda”

Galadriel da piccola: “???”

*ritorno al presente*

Dama Galadriel iniziò a osservare i suoi ospiti, fissando il suo sguardo penetrante nei loro occhietti spaventati. I poveri hobbit si scambiarono occhiate terrorizzate, soprattutto Merry e Pipino, che temevano che la donna scoprisse il loro contrabbando illegale di foglie. L'elfa iniziò con Sam, nella cui mente vide enormi pentole di stufato con le patate nelle quali lo hobbit nuotava allegramente. Passò quindi a Pipino. E qui dovette fermarsi sconvolta, perché vide quello screanzato fumarsi uno dei suoi adorati alberi dalle foglie d'oro. Nella mente di Merry vide botti di vino e trasbordanti boccali di birra e lo stesso Merry che ballava ubriaco su un tavolo.

Passò a Legolas e scoprì così il terribile incesto tra il suo nipotino e la sua nipotina Arwen. “Legolas!” esclamò sconvolta. L'elfo arrossì e si scostò di qualche passo da Aragorn.

Osservando dentro Gimli (che era ancora sotto l'effetto del calmante per olifanti, ricordiamocelo), la dama vide montagne d'oro e di gioielli, ma curiosamente anche un elfo biondo che cantava. Sfortunatamente proprio in quel momento il nano si svegliò e prese a insultare Celeborn e Galadriel e l'intera razza elfica, popolo di sequestratori che probabilmente tenevano i calmanti per olifanti di scorta per compiere indisturbati le loro ronde. Frodo intervenne col suo Rocci e glielo diede in testa. Quando Galadriel guardò di nuovo nella mente del nano vide anche se stessa che ballava.

Nella mente di Boromir era tutto buio, ma sentì una voce che imprecava: “Dannazione a tutti... quest'impresa in cui mi sono imbarcato... e gli elfi, con quei loro capelli perfetti... e quel dannato hobbit saccente che si tiene l'anello tutto per sé... dannazione... dannazione...”

La mente di Aragorn era affollata di un mucchio di pensieri. Pensava soprattutto ad Arwen e se la immaginava abbracciata a Pipino. Galadriel ebbe pena di lui, soprattutto considerando che l'hobbit non c'entrava niente. E poi pensava a Gandalf, quel vecchiaccio che non capiva niente, ben gli stava che era caduto giù dal baratro. Sperava tanto che il Balrog se lo fosse pappato, lui e le sue idee democratiche e liberali. E poi c'era Frodo, che odiava con tutto se stesso, ma riconosceva che aveva un pesante fardello da portare.

“Oh, Estel...” sussurrò commossa la Dama Bianca.

“Ha anche un altro fratello!?” sbottarono Merry e Pipino. “Certo che questo sembrava proprio uguale agli altri due...” Aragorn scrollò le spalle e si inchinò alla regina di Lorien.

L'elfa passò oltre e si trovò davanti Frodo: guardò nella sua mente. Vide Frodo che si metteva un anello, Frodo che menava Sam, Frodo che fumava erba pipa, Frodo che sposava Baccador, Frodo che uccideva Tom Bombadil... no, prima uccideva Baccador e poi sposava Tom... no, uccideva Tom e sposava Baccador, ecco... Frodo che gettava Aragorn giù da una rupe e si autoincoronava re dicendo: “Regno ergo sum... rex”...

“Cara, dovresti smetterla di fissare i nostri ospiti... non è carino” le sussurrò Celeborn.

“Non è carino!? Non è carino!? Sarai carino tu, roba bionda!”

“Ma li stai fissando da mezz'ora con quei tuoi occhi inquietanti...”

“Cosa hai detto a proposito dei miei occhi!?”
“Io? Ahem... niente. (sottovoce) sono fissi...”

E fu così che videro la regina bianca di Lorien afferrare suo marito per il colletto e tirargli una testata.

“Zio... mi senti? Stai bene?” chiese Legolas allo zio quando questi rinvenne.

“Gandalf?”

“No, sono Legolas. Gandalf è morto” disse con molto tatto il principe.

“Mo... morto? Ma come è possibile?” esclamò Celeborn mettendosi a sedere disperato.

“È stato un Balrog” spiegò paziente Legolas.

“Ma porca di quella miseria, non va mai niente come dovrebbe! Ero io che dovevo ucciderlo! IO!” sbraitò il re di Lorien.

“Ma... ma zio!”

“Shhh, ti rivelerò un segreto. Io l'ho vista, mia moglie: mi ha tradito con quello stregone da quattro soldi”. Purtroppo per lui, Galadriel lo sentì e, sconcertata dal fatto che il marito la stesse accusando di essere un'adultera, lo lanciò giù da un albero d'oro. Con le buone maniere si ottiene sempre tutto.

 

 

 

 

 

 

 

 

Buondì e buon Thanksgiving Day! Eccoci indietro con un nuovo capitolo! Abbiamo conosciuto la dolce e saggia dama di Lothlorien e suo marito, quella roba bionda, come l'ha definito una volta Nina. Speriamo come al solito che il capitolo vi sia piaciuto, non sia risultato noioso e la nuova versione di Galadriel non abbia sconvolto nessuno. Fateci sapere cosa ne pensate. Infine, diciamo a tutti 'grazie', perché oggi è il giorno del ringraziamento ma anche perché se siete arrivati fin qui vuol dire che avete letto anche il capitolo. Quindi, grazie ;)

 

Chiara e Nina: E prossimamente, su questi teleschermi, la morte di Boromir!

Aragorn: e menomale, almeno mi lascia il trono libero!

Gandalf (uscendo dal baratro): io ostacolerò il tuo governo, Aragorn figlio di Arathorn, questa è una promessa! Tu sarai per il tuo popolo come Nerone per i cristiani, nessuno ti apprezzerà e ti daranno fuoco, pazzo!

Chiara: Gandalf, guarda che sei in mutande...

Gandalf: eh? Oh, ops... il Balrog... (scappa via imbarazzato)

Nina (rilanciando il discorso): bene, ci vediamo giovedì prossimo, con un nuovo capitolo!

Frodo: e non dimenticate che nuovo viene da...! (viene portato via da un'aquila che sta seguendo Gandalf)

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Capitolo 9
*** La bacinella di Galadriel ***


La bacinella di Galadriel

Pochi giorni dopo i compagni stavano per andare a dormire quando Galadriel chiamò Frodo e Sam e li invitò a guardare in una bacinella con dentro dell'acqua che avrebbe rivelato loro i grandi misteri del passato, del futuro e del presente e che avrebbe illuminato le loro menti etc... e che alla fine risultò essere una comune catinella che Celeborn usava per raccogliere le perdite d'acqua dal tetto. Il primo a guardare dentro fu Sam, che vide il viso di Rosie Cotton che gli sorrideva. Frodo e Galadriel, che lo osservavano, lo videro tutt'a un tratto arrossire e togliersi del sudore dalla fronte.

“Che hai visto, piccolo amico?”

Sam si strinse le mani e disse la prima cosa che gli venne in mente: “Ahem... alberi, sì, alberi. E Ted Sabbioso li abbatteva... vigliacco!”

Cià, levati tu e i tuoi alberi” disse Frodo scansandolo. Guardò dentro lo specchio di Galadriel: subito un occhio apparve nell'acqua e partì la sigla del Grande Fratello.

Nell'acqua si materializzò Alessia Marcuzzi.

Alessia Marcuzzi: “Ben tornati, eccoci qui con i nostri nuovi concorrenti, Samvise e Frodo, che sono entrati or ora nella casa. Allora, ragazzi, come andiamo?”

Il Frodo nella visione stava sdraiato comodamente in poltrona mentre Sam si affaccendava in giro per la casa. Che poi non era tanto lontano dalla realtà.

Frodo, terrorizzato di dover passare anche solo un giorno in casa con Sam urlò a squarciagola: “Noooooooo!”

Galadriel preoccupata lo raggiunse: “Che hai visto?” chiese.

“Io... non so... c'era un occhio e... oh, è terribile!”

“Oscura è dunque l'ombra di Mordor, anche a Lorien” disse la regina di Lorien, che, come Elrond, aveva l'abitudine di studiarsi delle frasi ad effetto.

“Cos'era quello?” chiese Frodo con gli occhi sbarrati. “Un sogno, una verità, una premonizione? Oh, splendidissima domina dominorum, dimmi che era solo un sogno. Un sogno che svanisce all'alba...”

Galadriel lo guardò compassionevole: “Temo di no, piccolo amico”.

“NOOOOOOOOOO!” e fuggì via.

 

Appostato nell'ombra, un uomo con gli stivali gialli scrutava Frodo, stringendo tra le mani il suo machete. “Oh, quindi fa così con tutte, il piccoletto” sussurrò. “Ma è solo di una che mi importa. Baccador avrà vendetta. Oh sì, tesoro...!”

Poco lontano, una creatura guardava Frodo e si puliva le mani dalla puzza delle foglie di Lorien.

Dannatissimus Bagginsus dominus, iam nos nostri thessssaurum capiemus...

 

 

 

 

 

Buongiorno. Per dio, sono tre settimane che non pubblichiamo! È tantissimo * faccine agghiacciate *. Il fatto è che le nostre prof nell'ultimo periodo sono impazzite: solo nell'ultima settimana avremo fatto dieci verifiche e interrogazioni a testa, per non parlare dei compiti. Grazie ai Valar, ora siamo in vacanza per un po'. Ad ogni buon modo, in tutta questa confusione, sabato abbiamo anche trovato il tempo di andare a vedere l'ultimo capitolo della saga de “Lo hobbit”. Un po' peggio di quanto ci aspettavamo visti gli scorsi film, un po' meglio di quanto pensavamo sarebbero riusciti a rendere il libro. Senza contare il fatto che mentre tutti in sala ci guardavano male ci siamo fatte due risate sul fatto che Bard potrebbe essere uno Stark (sì, ci siamo anche noi tra le fan de “Il trono di Spade!!).

Coooomunque, questo non c'entrava. C'entra invece che siamo indietro nuovamente: che ve ne pare? Non preoccupatevi per le frasi in latino maccheronico di Gollum, quando entrerà a far parte della trama tradurremo tutto, nel caso ci fossero problemi. Ebbene, fateci sapere che ne pensate dell'ultimo film della saga e del nostro (brevissimo, lo sappiamo, ma abbiamo già speso abbastanza parole in merito a questo) capitolo.

Auguri a tutti,

Chiara e Nina ;)

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Capitolo 10
*** La morte del principino ***


La morte del principino

Ripartirono pochi giorni dopo, con grande sollievo di Gimli. La dama di Lorien volle comunque dar loro dei doni di congedo.
Per prima cosa si avvicinò a Merry e Pipino e diede loro delle piccole spille, facendo un lungo sermone su di esse. Poi, senza che nessuno se ne accorgesse, tirò fuori dei piccoli sacchettini di pelle e sussurrò loro: “Per la diffusione dell'erba pipa oltre l'Ultima Casa Accogliente!”
Merry era tutto allegro, Pipino invece era così disattento che cercando di indossare la spilla s'era infilzato un dito. Se dama Galadriel fosse stata meno presa dai suoi buoni propositi per la diffusione dell'erba, certo avrebbe visto nella sua mente che Pipino Tuc era agitato per il semplice fatto che la sera prima aveva scovato un'intero armadio pieno di sacchettini simili a quelli che erano stati loro donati e, con la scusa di trovare un nuovo mondo oltre l'armadio, si era chiuso dentro il mobile. Cinque ore più tardi, il cugino aveva aperto l'anta e Pipino era saltato fuori di lì urlando: “Ho preso il tè con il fauno Tumnus!”
Merry e Sam s'erano a loro volta chiusi dentro, ma, non trovando nulla di simile, avevano preferito tacere la questione con i reali di Lorien.
La dama passò dunque a Sam: “Quello stupido di mio marito voleva regalarti una botte di vino. Ma io ho pensato che tu fossi già troppo grasso. Per cui ti regalerò dei semi di fagiolo: i fagioli non fanno ingrassare!” E gli diede una scatoletta di legno. “Inoltre, ecco qui del lembas: se lo mangia Frodo, questo gli darà forza e coraggio. Se lo mangi tu, muori avvelenato. Te l'ho detto: in un mesetto diverrai più magro di un elfo!”
Molto riconoscente, Sam prese il lembas. Inutile dire che alla prima occasione gettò tutto in un lago.
A Legolas la zietta regalò dello shampoo elfico. Quel regalo, tuttavia, offese il principino di Bosco Atro, che era convintissimo di avere dei capelli già bellissimi.
Galadriel passò dunque a Gimli, rivolgendogli un sorriso di compatimento: “Mio povero piccolo amico, non c'è in tutta Lorien un regalo adatto a un nano.” Sorrise malvagia. “Quindi non ti regalerò nulla.” Dopo aver lanciato uno straziato “YAWP”, Gimli, per dispetto, strappò tre capelli a dama Galadriel, la quale gli avvelenò la sua porzione di lembas, facendogli venire la dissenteria per tutto il viaggio.
La Dama Bianca di Lorien elargì regali anche a Boromir – che si lamentò tutto il tempo in cui dovette aspettare – e ad Aragorn – che pianse tutto il tempo perché Arwen lo tradiva con un hobbit.
Quando giunse a Frodo gli consegnò una bisaccia piena di cibo: “Per quando sarai nella casa... non vorrei mai che quel ciccione si pappasse tutto il tuo cibo.”
“Comunque sta' tranquillo che...” provò Celeborn.
“Sta' tranquillo che avrai il nostro voto per l'estrazione finale!” lo rassicurò Galadriel, interrompendo il marito. “Non vorremmo mai che vincesse Sam!”
Sam Gamgee si iniziava seriamente a chiedere se uscire dalla compagnia a quel punto del viaggio fingendosi morto fosse disdicevole.

Proseguirono per due giorni lungo il fiume Anduin, fino alle cascate del Rauros.
Strano ma vero, se la cavarono solo con l'estinzione di tre specie di pesci tipiche dell'Anduin per colpa di Merry e Pipino, che avevano iniziato a spacciare con i pesci.
Avevano inizialmente offerto al sommo re dei pesci una canna e il re, tanto contento degli effetti che aveva avuto sulla sua reale mente, aveva fatto del fiume Anduin una Amsterdam acquatica. I pesci, però, sebbene non fossero abituati al fumo, si erano fatti prendere dalla nuova moda e in poche ore avevano portato l'erba fino alla foce dell'Anduin. Dopo il primo giorno di navigazione, la compagnia fu costretta a farsi strada tra i pesci a pancia all'aria dagli occhi a crocetta.
Ma torniamo alla compagnia, che dopo essersi lasciata dietro uno stuolo di pesci rossi morti stava proseguendo verso il Rauros. Fu a questo punto che Frodo vide un essere che lo fissava inquieto da un ceppo sull'acqua, biascicando: “Pescibus interfectis, Frodus dominus, ferens nostri thesssaurum, in Raurus it...”
Frodo credette di trovarsi davanti a un classicista vero e, preoccupato di poter fare una brutta figura, lo disse ad Aragorn, il quale gli assicurò che non ci sarebbero state creature del genere, una volta che lui sarebbe stato re.
“Ehi, qui il re di Gondor sarò io!” disse Boromir, che l'aveva sentito. Ne uscì una rissa colossale, così che tutti caddero in acqua e si trascinarono sulla terra ferma, continuando a menarsi e a ingiuriarsi contro. Nella confusione, Boromir prese l'anello a Frodo e se la svignò. Purtroppo la loro confusione aveva svegliato degli orchetti che dormivano lì vicino, spingendoli ad attaccarli, al grido di “Erba pipa! Erba pipa!”
Frodo si mise all'inseguimento di Boromir e, dopo essersi ripreso l'anello, tornò sulla sua nave e cominciò a remare via, lungo il fiume Anduin.
Merry e Pipino, come avevano visto Frodo correre dietro a Boromir, avevano iniziato a seguirli, perché convinti che l'uomo avesse preso all'hobbit dell'erba pipa. Si sa, Merry e Pipino stavano sempre dalla parte dei giusti e delle vittime.
Così, furono gli unici a vedere Boromir, in una pozza di sangue, il capo reclino, il respiro affannoso.
“Oddio, è morto?” chiese Pipino.
“Ma perché l'hanno fatto?” domandò Merry.
“Non era lui ad avere l'erba...”
Mentre si tormentavano davanti alla salma del compagno estinto, sopraggiunsero degli orchetti, che li intrappolarono e li portarono via: “Ora voi darete al nostro signore ciò che lui vuole!”
“Noooooo l'erba!” urlarono i due, mentre venivano trascinati via.
Sulla scena del crimine, intanto, giunsero Gimli, Legolas e Aragorn, che prepararono un funerale per il povero defunto. Lo misero in una barca con la sua spada al fianco e il suo corno rotto tra le mani. Dalla riva, loro lo salutarono. Ma in cuor loro, altri erano i pensieri che li agitavano.
“Meglio così” pensò Legolas. “Almeno non dovremo sentire per tutto il viaggio quella puzza di umano.”
“Meglio così” pensò Aragorn. “Almeno avrò il trono libero.”
“Meglio così” pensò Gimli. “ Almeno avrò più birra per me.”
Fino a quel momento due erano i rapiti, tre i finti dispiaciuti, due i morti, due quelli che viaggiavano sul fiume.
Due? Eh già, Frodo non s'era accorto che sulla barca era rimasto Sam, profondamente addormentato. I Valar soli sanno che cosa gli impedì di affogarlo nel sonno. Forse lo fermò l'amicizia o la coscienza. Chissà. Anche se qualcuno giura di aver sentito Sam raccontare che a salvarlo, in quell'occasione, fu il fatto che Frodo sapeva che non avrebbe avuto qualcun altro che gli lavasse i calzini nel viaggio.
Qualche chilometro dietro di loro, una barca con all'interno un uomo morto filava sulle acque. Boromir si mise a sedere e si pulì dal ketchup, sbuffando: “Finalmente me ne sono andato da questa compagnia di pazzi!”

 

 


Noi abbiamo qualche problema siamo persone orribili. Sarà più di un mese che non pubblichiamo e, sì, anche se nelle ultime settimane siamo state un bel po' impegnate non è che non ne avessimo il tempo... Naaah! E sì che noi odiamo gli aggiornamenti in ritardo.
Ad ogni buon modo, con questo capitolo siamo giunti alla fine di “La compagnia dell'anello” che abbiamo amichevolmente soprannominato “La compagnia del fardello” dove il fardello è Frodo. Come vi sembra il capitolo (dai che vi siamo mancate, siiii)? Fateci sapere cosa ne pensate. Ci scusiamo ancora per l'infinito ritardo. A prestissimo (sì, certo!)
Chiara e Nina :)

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Capitolo 11
*** Non ci resta che piangere ***


Aragorn si mise subito a capo della compagnia rimasta: gli pareva suo diritto, in quanto futuro re, fare sempre il capetto della situazione. Purtroppo per lui, Legolas soffriva di insonnia e aveva sempre avuto problemi a dormire – suo padre, Thranduil, avrebbe giurato sul fatto che il giovane Leggy lo costringeva ad alzarsi agli orari più improbabili della notte, senza nemmeno lasciargli il tempo di disfarsi delle poco virili forcine per capelli che usava mentre dormiva. L'elfo quindi iniziò già dal primo giorno di marcia a svegliare tutti che il sole non era neanche sorto, con grande disdoro di Gimli, che meditava di tagliargli i capelli nel sonno.
Sarà dunque lecito domandarsi dove una compagnia tanto sconclusionata si stesse recando. Sarà illuminante, in merito, riportare la seguente conversazione, avvenuta al terzo giorno di viaggio:
“Ma insomma, quanto ci mettiamo?”
“Eh... tanto.”
“No, ma scusa, che ne sai tu... chiediamo al Re!”
“La regina, semmai. Con quei capelli.”
“Guarda, elfo, odio dirtelo ma... io non criticherei i capelli di quello là, fossi in te.”
“Perché? Io non ho paura di lui.”
“... okay, lascia stare. Aragorn!”
“Che vuoi?”
“Quanto manca?”
“A che cosa?”
“Ad arrivare.”
“Dove?”
“A dove dobbiamo arrivare.”
“E dove dobbiamo arrivare?”
Si capirà che i tre erano totalmente allo sbaraglio. Non avevano la minima idea della loro destinazione, per cui si misero d'accordo per andare a Fangorn, che era lo zoo recentemente aperto vicino a Rohan.
“Eh, ho sentito dire che poco tempo fa sono scappati degli animali da là. Non li hanno più trovati, guarda.”
“Ma dai? E i guardiani che dicono?”
“Nulla. Sono morti, poveretti.”
“Ah, sventurati... Mamma mi diceva sempre: non andare mai a Fangorn, dovesse crollare il mondo.”
“Siamo sicuri che sia una buona idea andare a Fangorn?”
“Mah...”
A quel punto, come se gli altri due non fossero già abbastanza spaventati di loro, si aggiunse Aragorn: “Io conoscevo una storia... storia tenebrosa... di alberi che prendono vita e atti di cannibalismo.”
“Cannibalismo?!” esclamarono insieme Legolas e Gimli.
“Eh, che ci potete fare. Anche gli alberi si vogliono fare una fumatina, qualche volta. E cosa c'è di migliore da fumare, se non la propria vicina di casa brontolona?”
Il che indusse nano ed elfo a credere che Fangorn fosse popolata da piante carnivore.
Non ebbero più tempo per discuterne, perché in quel momento un gruppo di cavalieri arrivò cavalcando nella loro direzione. I tre si nascosero, per poi uscire subito dopo allo scoperto, urlando come dei matti.
“Cavalieri di Rohan, quali notizie dal Mark?”
E così, in un attimo, furono circondati.
“Chi siete, cosa volete, da dove venite? Cosa portate con voi?”
“Allora, noi siamo...”
“UN FIORINO!”
“Prego? No, dicevo, io sono Grampasso e loro...”
“Chi siete, cosa volete, da dove venite?”
“Io...”
“UN FIORINO!”
“C'è un errore, aspetti...”
“Chi siete, cosa volete, da dove venite...?”
Sorse una lite, con Gimli che minacciava di morte l'uomo che aveva parlato. Per fortuna Aragorn si mise in mezzo e risolse la questione con la diplomazia, mentre Legolas e Gimli rubavano indisturbati un paio di cavalli.
“Ma poi, che diavolo è un fiorino?” chiese il nano quando furono lontani.
“Sapete” commentò malinconicamente quella sera Aragorn, guardando in direzione dei cavalli, che erano stati legati poco lontano. “Non credevo che sarei mai arrivato a dirlo, ma il piccoletto mi manca... ippos, ippou.”

La mattina dopo furono svegliati da un urlo straziato e pieno di pathos, per usare un termine che Frodo apprezzerebbe molto.
“Lo sapevo che non mi sarei dovuto addormentare! E tanto meno mi sarei dovuto fidare di uno sporco nano traditore!”
Come forse si sarà potuto immaginare, Gimli aveva tagliato i capelli a Legolas. Aragorn osservò tutta la tragedia consumarsi, con l'aria di chi oramai le ha viste tutte, pensando: “O Gimli ekopse triches to Legolasi... povero caro.”
E non sapeva nemmeno lui a chi era rivolto il “povero caro”.
In quel momento una compagnia di cavalieri rientrava a Rohan per annunciare al loro re che – tragedia umiliante e vergognosa – avevano perso due cavalli.
“Ma sì, fa niente: erano quelli che perdevano sempre alle corse. E tu che ti ostinavi sempre a puntare sul numero 7, eh Theoden? Theoden bello, ehi, stai bene? Mi sembri un po' pallido...”

 

 

Buongiorno a tutti! [si nascondono dietro un muro per evitare le mazze chiodate] Siamo in ritardo spaventoso, ma in questi ultimi tempi la scuola e altri impegni vari ci hanno tenute impegnate davvero tanto. Comunque, ora siamo qui e probabilmente riprenderemo ad aggiornare con regolarità, visto l'arrivo delle vacanze (yeppiii!).
Speriamo che il capitolo vi sia piaciuto e vi abbia fatto sorridere, come al solito.
Grazie a chi continua ancora, nonostante i nostri ritardi, a seguirci ;)
Chiara e Nina

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Capitolo 12
*** Quando il capo-orchetto non c'è... ***


Quando il capo-orchetto non c'è...

Intanto che Legolas faceva il funerale alle sue bionde ciocche, Merry e Pipino venivano trasportati dalla comitiva di orchetti verso un posto non ben precisato. Il punto è che, se Aragorn, Legolas e Gimli non avevano la minima idea di dove stessero andando, gli orchetti invece l'avevano fin troppo bene in mente.
Fodza, fodza, domani li voglio già qui, questi due. Oh, dod vedo l'ora, quando metterò le bani sul mio anello... vedrà, Gaddalf, vedrà!” diceva quasi ogni sera Saruman, ancora raffreddato, al capo-orchetto, grazie ad un Palantir.
Ora, Merry e Pipino non avevano la minima idea di quello che stava succedendo ed erano preoccupati perché temevano che Saruman avesse scoperto il loro giro illegale di erba.
“Eh, non si sa mai con questi stregoni, è sempre meglio essere prudenti.”
“Dico anch'io. Ti ricordi Gandalf?”
“Mi voleva truffare... mi ha detto che potevo spacciare sul Caradhras, ma hai visto anche tu come è finita... con un uomo di Neanderthal che ci inseguiva...”
Intanto proseguivano verso Isengard. Se non che, mentre erano vicini a Fangorn, al capo-orchetto giunse una multa da Lorien: a quanto pareva uno dei suoi sottoposti aveva defecato sulla via, e a lui sarebbe toccato ripulire. Una nota scritta a mano accompagnava la multa:

I sacchettini e le palette per la pulizia sono distribuiti ogni 300 metri. Provi a sporcare di nuovo, lei o uno dei suoi goblin immigrati, e se la vedrà con il re Celeb la Splendente Magnifica Illustrissima Regina Galadriel in persona. Dura lex, sed lex.

Terrorizzato a morte, l'orchetto si mise in marcia per Lorien, non volendo avere fastidi con la legge elfica.
Da quel momento il viaggio divenne una vera e propria tortura: gli orchetti erano compagni di viaggio terribili, si ubriacavano ogni sera, facevano scoppiare risse ogni cinque minuti – nemmeno nella compagnia dell'anello erano così frequenti – e parlavano sempre di mangiare gli hobbit. In più, non potevano fumare – Merry e Pipino sarebbero stati lieti di una bella fumata di gruppo – perché avevano finito le loro scorte nel viaggio d'andata e non potevano fumare quelle degli hobbit perché lo stregone aveva promesso loro che “avrebbe impedito loro di tramandare il loro orchico cognome alle generazioni future se si fossero azzardati a mettere le mani su ciò che avevano i suoi prigionieri”. Per cui niente erba.
“Oh, un autogrill. Ci fermiamo?” chiese a un tratto un orco al vice capo-orchetto.
“Ma ci siamo fermati mezzora fa, all'autogrill sulla Edoras-Celenhad!”
“No, ti prego, devo troppo andare in bagno!”
“Anch'io, sì. E voglio una brioche alla cioccoccacca.”
“Ma... abbiamo dei passeggeri, dai...”
“No, io voglio andare all'autogrill, voglio andare all'autogrill!”
“AUTOGRILL, ORCOGRILL!”
“E va bene” cedette il vice. “Ma fate in fretta, che se mi chiama Saruman gli devo pure spiegare 'sta storia della multa. Che la deve pagare lui, poi...”
Così tutta la comitiva entrò all'autogrill, ma si sa come vanno queste cose. Basta un bagno e una folla di gente per trasformare grassi e vecchi orchetti in pestiferi scolaretti (fa pure rima) e far scoppiare risse a volontà.
A guardia dei due hobbit, opportunamente impacchettati, rimase il vice capo-orchetto. Che si addormentò dopo pochi minuti di veglia. Al vederlo crollare, Pipino si diede subito da fare: si liberò delle corde e slegò anche Merry.
Stavano giusto per fuggire verso un boschetto lì vicino quando...
TUUU tuuuu tuuuuu TUU TUU!
Il vice fece un salto di tre metri e si guardò attorno, individuando la fonte del rumore: un palantir che si era appena illuminato di azzurro, nel quale era apparsa una foto di Saruman e la scritta “Videochiamata in arrivo”.
“Porca la miseria” sbraitò l'orchetto, vedendo che i compagni non erano ancora tornati. E rispose alla chiamata.
“Uglukyyyy!” tubò la voce di Saruman, e un secondo più tardi la sua immagine tremolante apparve nella sfera del palantir.
“No, sono il suo vice, Blobb. O Blobby, se ti va.”
Spiegò in breve cosa era accaduto. Alti si levarono gli insulti dello stregone bianco.
“E ora dove sono quei dementi dei tuoi colleghi?”
“Ehm...”
Merry e Pipino, rimasti paralizzati sulle soglie del bosco, ne approfittarono per volatilizzarsi.
Fuori della selva, però, in quel momento Saruman stava facendo una richiesta speciale al vice capo-orchetto. “Voglio vedere quei due prigionieri. Voglio parlare con loro.”
Al lettore di immaginare il terrore negli occhi del povero orco quando si accorse che i due hobbit erano spariti.
“Eh?” disse quindi, facendo ondeggiare il palantir tra le mani. “Cosa? Non ti sento più, Saruman! Cosa? COSA? Ci deve essere un problema... con... la linea... non sento cosa stai dic...” Spense la chiamata e si precipitò nel bosco a cercare i due fuggitivi.
I due hobbit terrorizzati, intanto, erano alle prese con problemi più grandi che un orchetto vendicativo.
“Le dico che non l'abbiamo presa qui, quest'erba! Eh! Non. L'ho. Presa. Qui.”
“E io come vi credo?”
“Guardi le nostre facce. Le paiono le facce di due spacciatori? NO!”
“Mmmmh, magari la tua no... ma quella del piccoletto...”
“Che piccoletto?”
“Zitto Pipino!”
L'enorme albero davanti a loro fiutò. “Pupille dilatate, senso di smarrimento... Conosco i sintomi. Voi verrete condotti davanti all'Entaconsulta e verrete giustiziati.”
“No, no, non faccia caso a lui... è nato scemo. È sempre così!”
Se non si era capito, sì, Pipino aveva fumato. E per fortuna Merry non aveva fatto ancora in tempo a prendere la pipa.
“Mmmmh...”
“VI AMMAZZOOOOO!” il vice capo-orchetto arrivò urlando. L'Ent non lo vide e lo schiacciò.
“Oh, una mosca... povera. L'ho schiacciata.”
I due hobbit erano paralizzati dal terrore.
“E va bene, vi credo. Ma fatto sta che avete dell'erba in tasca.”
“Quella... quella non è erba... è polvere di fata!”
Poteva avere anche milioni di anni, l'albero, ma sapeva essere piuttosto stupido, alle volte.
“Io mi chiamo Barbalbero, comunque.”
Barbalbero se li caricò in spalla e decise che li avrebbe portati a vedere una persona di sua conoscenza. Intanto che camminava, si divertì a raccontare loro storie che dovevano essere divertenti.
“Senti, tu che sai tutto” intervenne improvvisamente Pipino, alla sesta storia, che finiva esattamente come le cinque precedenti, ossia con un Ent che beveva acqua – a quanto pareva gli Ent trovavano spassosissimo descrivere le bevute. Merry si chiedeva che cosa sarebbe successo se si fosse messo a raccontare a Barbalbero i banchetti della Contea. “Tu che sai tutto... Mi dici che cos'era quel rumore strano che faceva quella sfera strana che aveva l'orchetto?”
“Ah quello... quello è Skype!”
“Però, come sono avanti, questi orchi!” fu l'unica cosa che trovarono da commentare i due hobbit. “Nella Contea il signor Bilbo Baggins non lo usava mica... lui era fermo al telegrafo.”

 

 


Data la nostra lunghissima e ignobile scomparsa, abbiamo deciso di aggiornare più in fretta. Diciamo che è un modo per scusarci (sì, come se a qualcuno interessasse). Questo capitolo è, temo, ancora più demenziale e senza senso e idiota degli altri. Che ci potete fare... “il greco ha sempre un prezzo”.
Ah, non abbiamo nessuna idea del perché gli orchetti dovessero essere sulla Edoras-Celenhad... forse hanno sbagliato un po' strada? XD
Grazie a chi è riuscito a leggere fino a qui senza ritrovarsi a metà del capitolo con uno strano capogiro e la sensazione di non ricordarsi più il suo nome (effetti collaterali... non ve ne avevamo parlato?).

Chiara, Nina ;)

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Capitolo 13
*** Wizard who? ***


Wizard who?

“Ti dico che era qui, oh, non mi credi?”
“Non crederei mai a un nano!”
“E cosa devo fare? Non credermi! Eh, non credermi.”
“Ascolta... tappetto...”
Aragorn fu svegliato dalle grida furibonde dei suoi compagni, quella mattina. Durante la notte, i cavalli erano scappati e Legolas era ben intenzionato a dar la colpa al nano.
“Ti giuro, era qui, un attimo dopo... puff!”
“Un attimo dopo... scommetto che ti sei addormentato e li hai fatti scappare.”
“Ti dico che è stato un fantasma!”
“Un fantasma? Seee certo.”
“Te lo giuro! È comparso all'improvviso, tutto bianco bianco... Poi si è messo a cantare: 'oh, oh, cavallo, oh, oh'... era così stonato che i cavalli sono corsi via!”
Legolas si rivolse ad Aragorn: “Ma questo si fa di roba buona eh.”
Gimli ebbe una crisi di nervi e fu costretto a coricarsi per il resto della giornata.

Il giorno dopo, nella foresta.
“Io voglio vedere un leone” disse Legolas, mentre la compagnia si faceva strada tra i rampicanti e il fitto sottobosco.
“L'erba voglio non esiste nemmeno nel giardino del re” lo rimbeccò Gimli.
“Ma io sono un re!”
“Lo è tuo padre.”
“E ti pare poco?”
“Senti, Riccioli d'Oro, io sono Gimli figlio di Gloin, della stirpe di Durin, discendente di Thorin Scudodiquercia, figlio di...”
Aragorn, che procedeva davanti a loro, si voltò: “State zitti.”
“Ah, poi c'è quello che già si sente re... tu a me zitto non lo dici, okay?” protestò ancora il nano.
“Esatto: vieni qui a dirmelo. Vieni qui!” annuì Legolas.
“Magari dopo” mormorò Aragorn, sperando di tirarla corta. “Ora sono stanco.”
Legolas e Gimli ripresero a litigare fra di loro e, con grande disdoro di Aragorn, che fu costretto a sorbirsi l'intera stirpe dei Durin per sette volte e tutto l'albero genealogico degli elfi di Bosco Atro fino a Legolas Verdefoglia per cinque, non accennarono a interrompersi nemmeno al calar del sole.
“Per Yavanna!” esclamò quindi. “State zitti, ho sentito un rumore!”
“Cosa? È il mio leone?” chiese Legolas.
In quel momento un ondata di luce li investì in pieno e una figura vestita di bianco comparve dal nulla. I tre provarono a lanciargli contro le loro armi, ma non lo colpirono.
“Oh, ma che bella accoglienza. Uno torna dal mondo dei morti e tentano di ucciderlo di nuovo.”
I tre guardarono meglio: “G-Gandalf...?”
“Ecco, siamo fregati” pensarono tutti. “Ora ci fa fuori per aver tentato di colpirlo.”
Timore non fondato, perché Gandalf sembrava nella confusione più totale.
“Gandalf? Chi è Gandalf? Ah sì! Gandalf! Ma aspetta... perché sto dicendo Gandalf? E poi, chi è questo Gandalf?”
“Tu sei... Gandalf il Grigio” mormorò Aragorn.
“No” disse il mago. “Ora sono Bianco!”
Legolas storse il naso: “Ma sai che il grigio ti stava meglio? Si intonava meglio alla tua carnagione...”
“COME OSI?! Io sono Gandalf il Bianco, sono un Signore del Tempo del pianeta Gallifrey, nella costellazione di Kasterborous, ho più di duemila anni e...” urlò lo stregone slanciandosi in avanti per strappare a Legolas i suoi capelli. Vano tentativo: Gimli aveva già pensato a raparlo la notte precedente.
“Su su” provò a blandirlo Aragorn. “Non diceva sul serio, Gandalf...”
“Non è vero! E poi smettila di chiamarmi Gandalf, io non mi chiamo così!”
I tre poveri compagni si guardarono preoccupati e frustrati. Se Gandalf iniziava ad avere crisi di personalità allora erano proprio fregati. Aragorn stava proprio per proporgli una visitina da un suo amico – “Si chiama Sigmund, ci sa fare con le persone” – quando la domanda di Gimli lo bloccò.
“E quindi come ti dobbiamo chiamare?”
Gandalf sorrise con fare misterioso: “Fidatevi di me, io sono il Mago.”
I tre amici lo guardarono allibiti: “Il Mago chi?”

“Ecco qui.” disse Gandalf mostrando loro un cavallo bianco. “Questo è il mio cavallo, l'ho preso a Rohan. Bel posto, scommettere è legale.”
“Okay, noi come cavalchiamo, invece?” chiese Aragorn.
“Non vi preoccupate, in sella è più grande!” esclamò Gandalf, montando.
Questo è tutto scemo, pensarono i tre compagni.
“Quindi... abbiamo un cavallo... e siamo in quattro” ricapitolò Legolas.
“Il suo nome è TARDIS!” urlò Gandalf.
E così dicendo diede di speroni e li lasciò lì, mentre il cavallo emetteva uno strano nitrito, come se avesse inghiottito un vortice del tempo...

 

 


Questo capitolo doveva essere uno dei più importanti di tutti ai fini della trama, ma poi Gandalf si è convinto di essere un Signore del Tempo e non ci abbiamo potuto fare niente. Okay, questa è la scusa buona; l'altra è che ho iniziato a guardare Doctor Who e la cosa ha fritto del tutto il mio neurone, quindi Chiara mi ha lasciato carta bianca, anche se forse non avrebbe dovuto farlo.
Spero che questo capitolo vi abbia strappato un sorriso, nonostante la sua demenzialità. Fateci sapere cosa ne pensate ;)

Nina

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