La nuova avventura di Roy Kanou

di Gemad
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 2: *** Il primo impatto con l'Olanda ***
Capitolo 3: *** Prime impressioni ***



Capitolo 1
*** Un nuovo inizio ***


Capitolo 1: Un nuovo inizio


Il pavimento scivoloso rendeva ogni suo passo sempre più rapido, sempre più affrettato fino a quando non si sedette in una poltroncina col suo bagaglio a fianco e le cuffiette alle orecchie per ammazzare il tempo. Si guardava intorno; capiva solo in quel momento quanto gli sarebbe mancata l’aria che respirava, le persone che vedeva.
“Non vedrò il Giappone per molto tempo” pensò Roy Kanou. Ricorda ancora quando la mamma ed il padre si erano offerti volontari per accompagnarlo fino all’aeroporto, ma lui insistette sul fatto che il padre doveva rimanersene comodo e rilassato nel letto di casa a riposare dopo essere stato dimesso dall’ospedale e la mamma avrebbe dovuto aiutarlo a recuperare le forze. Ricorda ancora come se ne stesse andando da codardo ed egoista, abbandonando la squadra, abbandonando tutta l’Orange Hill.
Poi voltò lo sguardo verso la sua destra e vide quelle scale mobili che andavano sempre verso il basso, mai verso l’alto. Subito gli riaffiorano i freschi ricordi di tutti i compagni che lo salutavano, che gli auguravano buona fortuna: Sakai, Rodrigo, Kamata, Sako, Ichikawa, Esaka, Kiba, il mister Murakami, Fokuko, la signorina Kaori, Mori e Miki. Già, Miki.
Si chiedeva se aveva fatto comprendere alla ragazza i sentimenti che provava per lei; ma subito si convinse pensando che lei era una ragazza intelligente e che avrà capito. Inoltre, si convinse maggiormente, quando gli tornò a mente la frase –Ti aspetto- pronunciata dalle sue labbra e corde vocali.
Incominciò a non pensare al passato, ma di guardare al futuro e cercare di trascrivere uno schema nella sua testa di cosa avrebbe fatto non appena sarebbe sbarcato ad Amsterdam. Il mister Murakami l’aveva rassicurato sul fatto che ci sarebbero stati alcuni dirigenti della squadra Olandese che lo avrebbero trasportato nella sua nuova dimora. Subito dopo avrebbe visitato lo stadio locale e poi si sarebbe diretto allo “Sportpark De Toekomst” che sarebbe il campo di allenamento, dove avrebbe conosciuto i compagni di squadra ed il nuovo mister.
Poi, in seguito, non aveva idea di cosa avrebbe fatto, ma sapeva che sarebbe stata una giornata faticosa, soprattutto perché le ore di volo erano tante.
–Signore?- lo chiamò una hostess avvertendolo che era ora di salire sull’aereo.
Roy obbedì con un lieve cenno della testa, prese la valigia, e salì sull’aereo. Ogni passo che effettuava, era un passo che lo portava sempre più vicino all’Olanda e sempre più lontano dal Giappone. I ricordi gli tornarono in mente: ricorda quante ne ha dovute passare per arrivare a questo momento, quanto si sia dovuto impegnare negli allenamenti, nelle partite per poter partire per l’Europa, il continente che era la madre del calcio. Non sarebbe stato facile e lui lo sapeva; il calcio sarebbe stato più duro ma non doveva sentirsi sconfitto in partenza.
Non sapeva nemmeno parlare l’Olandese o l’Inglese e sperava che ci fosse qualcuno che lo avrebbe aiutato con la lingua, altrimenti sarebbe morto di fame dopo soli tre giorni. “Forse avrei dovuto studiare di più le lingue straniere” pensò “Avrei dovuto dare ascolto a Miki”.
Solo al pensiero di quel nome, gli tornarono in mente i numerosi incontri, discussioni, litigi, risate, uscite con la ragazza, capitano della squadra femminile del suo Istituto. Non poteva non dimenticare il colore, l’odore dei capelli che aveva assaporato all’ospedale durante il recupero dell’infortunio ai legamenti. Lei era sempre stata gentile con lui, lo aveva sempre aiutato quando aveva bisogno di aiuto, lo sosteneva, lo rincuorava.
Forse non sarebbe in viaggio verso l’Olanda se lei non si fosse intromessa nella sua vita. Ricorda come l’aveva convinto a diventare l’allenatore della squadra femminile per una settimana. Ora non l’avrebbe rivista per tanto, tanto tempo. Poteva rivedere nei suoi occhi che si riflettevano nel finestrino dell’aereo, il volto della sua amica. “Ma lei cos’è in questo momento?” si chiese Roy “Amica? Fidanzata?”.
Era un po’ confuso se doveva essere sincero. Avrebbe dovuto scriverle, mandarle un’e-mail appena sarebbe arrivato a casa sua, se ne avrebbe avuto l’opportunità, visto che il tempo libero che avrebbe avuto, sarebbe stato poco. Aspettava che l’aereo partisse, che decollasse. Parlare di volo gli faceva ricordare “Il pipistrello delle Filippine” Mori. Quante ne aveva passate anche quel ragazzo.
Lui ci teneva molto al calcio, non lo avrebbe mai mollato, non lo avrebbe mai abbandonato, semplicemente perché il calcio era la sua vita. Nemmeno il suo grave infortunio lo aveva fermato. Ora poteva ammirare il calcio da un altro punto di vista, lo poteva ammirare da dietro le quinte. Gli ultimi due anni e mezzo passati all’Orange Hill, lo avevano cambiato, soprattutto perché grazie a Mori e alla squadra, ha potuto continuare a giocare a pallone, nonostante si era promesso più volte che lo avrebbe abbandonato.
Ricorderà per sempre quella squadra e gli mancherà la piccola cornice di pubblico che assisteva alle sue partite, ai cori che inneggiavano il suo nome e soprattutto al fatto che Miki, quando sedeva sugli spalti, non lo chiamava mai per nome, ma sempre col termine “Numero nove”; forse un giorno sarebbe tornato all’Orange Hill, magari come allenatore, o come organizzatore ma anche come semplice spettatore, per incitare i ragazzi a segnare e a vincere.
Ma quando sarebbe tornato nella sua patria? Quando avrebbe respirato nuovamente l’aria Nipponica? Si ripeté che sarebbe passato molto tempo e che doveva incominciare a contare i giorni. Si trovava nel mese di Luglio e doveva incominciare la preparazione atletica, instaurare rapporti con la squadra, con lo staff, con il nuovo mister, doveva entrare negli schemi e nella mentalità della squadra, ma anche nella mentalità del calcio Europeo e Olandese e anche iniziare il campionato chiamato col termine di “Eredivisie”.
Doveva comprendere molte cose e prima di poter tornare a casa, la sua vera casa, il tempo sarebbe passato molto in fretta. Dopo tutto, lui aveva tanti obiettivi in testa: migliorarsi dal punto di vista calcistico, esordire nelle Eredivisie, siglare il primo gol con la sua nuova maglia ma soprattutto, esordire in Champions League e sfidare suo fratello, battendolo. Voleva dimostrare che lui era il più forte e che non si dovevano più ricordare il nome “Roy Kanou” pensando che lui è “Il fratello di Peter Kanou” ma dovevano farlo per le sue gesta atletiche.
Voleva essere convocato in nazionale maggiore e giocare insieme a suo fratello; sarebbero stati un duo perfetto, una vera macchina che avrebbe macinato gol partita dopo partita. In mente aveva tante aspettative, ma era complicato realizzarle tutte.
“Stai tranquillo Roy, un passo alla volta” disse auto-rassicurandosi. Si guardò attorno e vide tanta gente sconosciuta; nessuno gli dava attenzione e non era abituato a tutto ciò; si rese conto solamente in quel momento del grande cambiamento che stava avvenendo nella sua vita. Una piccola fitta alla pancia si manifestò, ma sentiva che non era la solita fame, non era la solita insaziabile voglia di mandar giù nello stomaco qualche boccone. Era l’ansia mischiata alla paura e all’insicurezza.
Forse era la prima volta che sentiva questo genere di emozioni e la cosa lo preoccupava non poco, visto che nemmeno contro il Tenryu o il Kokuryo aveva manifestato tutto ciò. Non era preparato a ciò, non era più sicuro se quello che stava facendo era giusto e subito le paranoie gli invasero la testa.
Pensò a cosa sarebbe successo se avrebbe toppato, se avrebbe fallito, se non sarebbe stato all’altezza del calcio Europeo, se avrebbe fatto letteralmente schifo e sarebbe tornato in patria da flop del calcio.
–Signore si sente bene?- gli chiese una delle hostess che lo videro bianco in faccia.
–Se vuole le portiamo un bicchiere d’acqua-.
Roy acconsentì e dopo aver bevuto una sorsata dal bicchiere di plastica, riuscì a calmarsi, e dopo aver ringraziato per il soccorso delle hostess, pensò che non avrebbe mai toppato, perché era il migliore e sarebbe diventato il più forte giocatore del mondo. Avrebbe reso fieri di sé i suoi compagni dell’Orange Hill, avrebbe reso fieri Kamata e Sako, avrebbe reso fieri i suoi genitori, suo fratello, il mister Murakami, Kaori, Mori, Fokuko e soprattutto Miki. Era pronto, si sentiva in grado di vincere la sfida che il destino gli avrebbe posto, l’ostacolo che gli ha messo davanti a sé.
Avrebbe superato ostacolo dopo ostacolo, e quando sarebbe tornato in Giappone, avrebbe attratto l’attenzione di tutti, perché ogni volta che avrebbe sentito parlare di Roy Kanou, avrebbero dovuto pensare al miglior giocatore che ci sia in circolazione.
“Aspettami Europa!” pensava “Aspettami Olanda! Aspettami Ajax! Roy Kanou sta arrivando!”.
Roy era pronto, pronto per un nuovo inizio.


Angolo dell'autore: Questa è la mia prima FanFiction che pubblico su La Squadra del Cuore e devo dire che sono un pò nervoso per i giudizi che (spero) mi darete. Innanzitutto, spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto e spero che possiate continuare a leggere questa storia.
Vi rivelo anche una piccola premessa: io mi sto basando sulla stagione calcistica dell'Ajax del 2001 con tutti i giocatori in rosa. Spero che vi piaccia questa storia!
A presto e buona lettura!

 

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Capitolo 2
*** Il primo impatto con l'Olanda ***


Capitolo 2: Il primo impatto con l’Olanda


“I signori passeggeri sono pregati di slacciarsi le cinture, di prendere i rispettivi bagagli e di apprestarsi a scendere da una delle due uscite. Troverete le nostre hostess con dei volantini in mano che vi saranno regolarmente assegnati. Perciò grazie per aver volato con la nostra compagnia e buona permanenza in Olanda!” disse la voce del comandante dopo aver effettuato la discesa e l’atterraggio.
Roy prese il bagaglio che si trovava sopra la sua testa e si diresse verso l’uscita; era l’ultimo.
Appena la sua testa sbucò fuori dalla porta dell’aereo, fu sommerso da un’ondata del caldo delle undici di Amsterdam. Non fu quello che però lo soprese, siccome si era vestito con scarpe sportive, jeans leggeri e t-shirt nera, ma dal numero di giornalisti e fotografi che lo aspettavano sulla pista dell’aeroporto.
Roy non sapeva che fare; rimase imbambolato nella parte più alta delle scalette. Guardava come i numerosi steward e guardie tenevano a bada i paparazzi impedendogli di passare con le loro braccia aperte in orizzontale.
Roy scese le scalette e subito il pubblico si accalcava sempre di più contro di lui; sentiva i giornalisti e i fotografi che lo chiamavano con la sua lingua –Signor Kanou!-, -Un sorriso!-, -Quali sono le sue prime parole da giocatore dell’Ajax?-, -Ora che   Ibrahimović se n’è andato prenderà lei il numero 9?-, -Cosa ne pensa dell’Olanda?-, -Sfonderà come suo fratello Peter?-, -Cosa vuole vincere con l’Ajax?-, -Ha già parlato col mister Koeman?-, -Per favore signor Kanou una fotografia!-.
Le domande erano tutte confuse e scollegate tra di loro, sembrava che esse formavano una nuvola di parole incomprensibili. Roy balbettava, non sapeva che dire, non sapeva se doveva rispondere o se non fosse il caso di farlo, non capiva se doveva camminare o se restare fermo.
A quest’ultima domanda rispose un signore alto a magro che lo prese per il braccio dopo avergli messo al collo una sciarpa della squadra Olandese, e conducendolo verso una macchina nera dai finestrini oscurati.
Come il ragazzo dai capelli arancioni si sedette sull’auto, vide che i giornalisti ed i fotografi si spostarono tentando di circondare la macchina, ma prontamente l’autista effettuò un’accelerata che lasciò dietro tutta quell’immensa marea di persone.
–Certo che i giornalisti sono una vera palla al piede!- esclamò uno degli uomini che Roy vide seduti affianco e di fronte a lui.
Solo in quel momento realizzò che stava viaggiando su una limousine e che stava parlando ai dirigenti che rappresentavano l’Ajax.
–Benvenuto in Olanda signor Kanou, io mi chiamo Mark Durm e sarò il suo assistente per aiutarla ad ambientarsi-.
Disse un ragazzo giovane dalla capigliatura bionda che gli strinse la mano, -A-assistente?- chiese Roy confuso.
–Bè, non si aspettava che la società l’avrebbe lasciato morire di fame no? Altrimenti come avrebbe giocato le sue partite?- terminò ridendo e dandogli una pacca sulla spalla.
–Ehm Mark?- chiese subito Roy,
-Si signor Kanou?-, -Chiamami Roy, non amo essere chiamato signor Kanou, mi sa troppo di superiorità-.
-D’accordo, allora dimmi pure Roy-.
–Cosa stanno dicendo queste persone?-.
-Semplicemente le stanno comunicando che ci stiamo dirigendo all’Amsterdam Arena per la sua presentazione ai tifosi-.
–T-Tifosi?- chiese ancor più sorpreso e confuso il Giapponese.
–Bè, dovrà presentarsi alla stampa o no?-.
In effetti non aveva tutti i torti, pensò Roy; decise di prepararsi psicologicamente a quello che sta per fare. Doveva restare fermo, calmo e cercare di apparire come un fuoriclasse davanti agli occhi dei suoi nuovi tifosi. Vide che alcuni uomini muniti di cellulari nell’orecchio, stavano attivamente parlando con Mark. Dopo aver terminato la discussione, Mark si avvicinò a Roy dicendogli.
-Vorrebbero sapere che numero di maglia vuoi, devi pensare in fretta, la tua maglia deve essere stampata velocemente per poter essere indossata allo stadio e alla conferenza-.
Il ragazzo pensò dopo che gli fecero vedere la lista dei numeri liberi. I numeri dall’1 al 33 erano già occupati, non gli andava prendere numeri così alti, lo facevano sentire inferiore; ma poi vide quel numero che aveva sempre indossato, che aveva sempre voluto perché era il numero che più lo rappresentava, che faceva capire a chi lo guardava che lui era un goleador, nient’altro.
–Ho deciso, voglio questo!- disse indicando col dito il numero 9.
–Negen?- chiese uno dei dirigenti dell’Ajax sorpreso.
–Is zeker van wat hij wil?- chiese un altro dei dirigenti.
–Che diavolo stanno dicendo Mark?- chiese Roy sottovoce nell’orecchio del suo assistente.
–Stanno dicendo se sei veramente sicuro e pronto ad ereditare il numero 9-.
-Perché si chiedono questo?-.
-Non sai chi sono stati i numerosi giocatori che nel corso della storia di questo club hanno vestito quel numero?-, Roy chiaramente non si era documentato abbastanza e fece dei movimenti laterali con la testa che alludevano al fatto che non lo sapeva.
–Johan Cruijff o Marco Van Basten non ti dicono niente? In più l’ultimo che l’ha indossata è stato Zlatan Ibrahimović che è stato venduto recentemente alla Juventus-. Immediatamente Roy sentì nuovamente l’ansia che circondava il suo corpo. Sentiva che se avrebbe indossato quella maglia da subito, tutti i tifosi si sarebbero aspettati che lui fosse un giocatore fortissimo e che poteva portare l’Ajax lontano.
Un momento, lui lo poteva fare, lui lo doveva fare! –Sì io voglio quella maglia!- disse deciso Kanou.
–Se è quello vuoi Roy… ja, het nummer negen overhemd-.
Il viaggio per lo stadio non durò molto e come scese, stavolta Roy non fu accerchiato dai giornalisti ma dai tifosi che gli passavano penne, fogli, palloni da firmare. Il ragazzo dai capelli arancioni avrebbe voluto firmarli tutti, ma i dirigenti dell’Ajax lo presero di forza e lo portarono all’interno dello stadio. Gli fecero visitare le tribune d’onore che avevano graziose poltroncine e tavolini dove potersi sedere comodamente e poter assistere tranquillamente allo spettacolo del calcio. Poi lo portarono negli spogliatoi spaziosi ed immensi, dieci, forse trenta volte più grandi di quelli dell’Orange Hill.
Dopo la breve visita negli spogliatoi, gli consegnarono la canadese del club e gli ordinarono di indossarla, tranne la giacca siccome si doveva assolutamente vedere la maglia ufficiale col suo nome e cognome. Appena gliela consegnarono, Roy fissò la maglia della squadra Olandese. Vide la striscia rossa che attraversava il bianco, ma soprattutto, dopo il numero nove, vide il cognome Kanou, e pensò “C’è l’hai fatta Roy”.
All’interno di quella maglia s’incorporava la sua passione e determinazione che ha avuto dal primo giorno che ha toccato un pallone da calcio. Ma all’interno di essa era racchiusa la passione di Kamata, di Sako, del mister Murakami, dell’intera Orange Hill e di tutte le persone che hanno aiutato a portare a compimento il sogno di quel ragazzo che veniva visto come un delinquente che sbeffeggiava ed infamava il cognome dei Kanou. La indossò e sentì subito che lo spirito dell’Orange Hill si stava abituando ed insinuando in quella maglia.
–Andiamo Roy, devi presentarti ai tifosi- gli disse Mark.
Roy salì gli scalini e vide davanti a sé l’immenso stadio dell’Amsterdam Arena completamente vuoto tranne un parte occupata dai sostenitori dell’Ajax che Mark stesso gli disse che si chiamavano, almeno dagli avversari, “Gli Ebrei” siccome la tifoseria della squadra dei Lancieri era nata nei ghetti di zona Ebraica di Amsterdam. Roy si trovava davanti ai tifosi, gli passava vicino, gli salutava, prendeva quello che loro gli lanciavano. Poi arrivò il momento in cui alcuni addetti allo stadio gli consegnarono quattro palloni sempre appartenenti all’Ajax.
Lui lì firmò e dopo averci fatto qualche palleggio, gli lanciò coi piedi ai tifosi in modo tale che si potessero conservare un ricordo speciale di lui. Se ne stava per andare, dopo tutti i flash dei fotografi, dei tifosi, dopo i tanti saluti. Ma poi vide un ragazzino che aveva perso tutti i capelli che era di fronte a lui; probabilmente aveva un cancro. Tutti lo richiamavano all’interno degli spogliatoi, per poi uscire e dirigersi al campo d’allenamento. Roy guardando quel bambino, pensò a quanto era stato fortunato ad avere la vita che stava vivendo in quel momento. Pensò a quanto era fortunato a poter fare della sua passione un lavoro.
Roy si avvicinò al bambino che stava in braccio al padre, sorpreso di vedersi arrivare Roy Kanou. Roy gli fece il gesto di domanda di poterlo prendere in braccio e il padre acconsentì con le lacrime agli occhi e gli passò il figlio che doveva avere all’incirca sei anni. Roy lo portò e fecero qualche passaggio insieme; vide la felicità del bambino nel toccare un semplice pallone sul manto erboso di quella squadra che tifava.
Tra gli applausi di tutti i presenti, Roy lo riportò al padre, ma prima di andarsene, si tolse la maglia, la firmò nonostante si trovasse dalla vita in su completamente scoperta e la fece indossare al bambino. Avrebbe tanto voluto tenersi quella maglia, che rappresentava il suo trampolino di lancio, che rappresentava la sua prima maglia in assoluto con l’Ajax, che rappresentava tutto quello per cui aveva lottato per arrivare fin qui; ma decise di consegnare una maglia così speciale ad un bambino che aveva pagato il biglietto solo per andare a vederlo, solo per vederlo fare qualche palleggio.
Poi riportò il bambino al padre stringendogli e tenendogli ben salda la mano del piccolo nella sua. La standing-ovation della tifoseria Olandese fu emozionante, non solo perché urlavano il suo nome –Kanou! Kanou! Kanou! Kanou! Kanou!- ma anche perché sapeva che si era conquistato la fiducia di tutti. Si commosse quando vide il padre che abbracciò il bambino, e non si vergognò di mostrare quello che stava provando in quel momento.
Lasciò lo stadio felice, pronto a dirigersi al suo primo allenamento con la sua nuova squadra, col suo nuovo mister, con i suoi nuovi compagni, ma soprattutto con la sua nuova vita.



Angolo dell'autore: Spero che vi sia piaciuto questo capitolo e spero di non aver esagerato troppo. Volvevo solo farvi notare che, ormai, dentro il nostro ragazzo Giapponese, sta avvenendo un cambiamento morale e caratteriale e che nemmeno lui riesce a notare e, spero, che voi riusciate a notarlo. 
Per il resto, spero che abbiate apprezzato il pezzo in cui si parla di Roy che gioca con quel bambino malato e sappiate che lo fatto per farvi capire che Roy ormai non è più un bambino viziato ma un giovane adulto che vede tutta la sua vita che sta cambiando davanti ai suoi stessi occhi.
Recensite per favore sperando che abbiate apprezzato questo capitolo.
Grazie ancora e buona lettura!

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Capitolo 3
*** Prime impressioni ***


Capitolo 3: Prime impressioni


Roy scese dalla limousine; non ne poteva più, era abbastanza stanco dopo il viaggio, le interviste, gli incontri coi tifosi la nuova casa vista poco o niente. Arrivò allo Sportpark De Toekomst ed entrò nell’impianto sportivo, ammirando le tante persone che stavano assistendo al riscaldamento dei loro beniamini.
–Forza Roy cambiati, sta per entrare il mister-.
Roy era in preda all’eccitazione, improvvisamente sentì una nuova energia che gli scorreva nelle vene; sentiva che poteva distruggere il mondo, stava per esplodere dalla voglia di confrontarsi coi suoi nuovi compagni.
–Good morning!- lo accolse il mister; Roy non parlava una granché d’Inglese, però qualcosa la comprendeva, infatti capì che il mister gli aveva augurato un buon giorno in segno di saluto.
–Ehm, hello mister, mmh, I’m Roy Kanu- balbettava il ragazzo dai capelli arancioni.
Il mister rise di buon gusto sentendolo parlare. “Ma mi sta prendendo in giro?” si chiese Roy confuso.
–Roy- intervenne Mark –Questo è Ronald Koeman allenatore della prima squadra-.
-Nice to meet you Roy Kanou!- gli disse Koeman stringendogli la mano.
Poi parlò con Mark che riferì a Roy di cambiarsi in fretta e di terminare il riscaldamento coi compagni. Appena entrò nel campetto in erba, sentì il pubblico che lo richiamava, che lo salutava e che lo accolse nel migliore dei modi, chissà se gli era arrivata all’orecchio quello che aveva fatto all’Amsterdam Arena. Guardò la forma dell’impianto: era tutto scoperto, presentava giusto qualche spalto.
L’unica copertura la offrivano gli spalti di destra con una copertura a forma arcuata tesa verso l’alto. Si presentò ai compagni cercando di farsi comprendere e subito iniziò il riscaldamento. Conobbe alcuni compagni di squadra come il difensore Chivu, i due portieri Lobont e Stekelenburg, i centrocampisti Van der Vaart e Sneijder ma anche De Jong e tanti altri. Roy notò che era tutto diverso dal Giappone; il modo con cui ci si riscaldava, gli esercizi tattici. Il giovane giapponese non vedeva l’ora che arrivasse il momento della partitella per far vedere tutto il suo potenziale.
Trascorsero ben sessanta minuti più dieci minuti e della partitella non se ne vedeva neanche l’ombra. Roy era sfinito, ma cercava di rincuorarsi pensando che avrebbe giocato in partitella.
Poi, il mister Koeman insieme ad uno dei suoi assistenti disse qualcosa che Roy non comprese, ma vedendo i movimenti dei compagni, comprese che l’allenamento era finito e che la partitella non si sarebbe fatta.
–Ma come?- si chiese Roy stupefatto della scelta fatta –Niente partitella? Niente pallone?- oltre alla partitella non aveva neanche effettuato qualche esercizio col pallone.
Il pallone per Roy era tutto e, secondo lui, almeno una volta, un pallone doveva toccarlo.
–Mi sono allenato per un’ora e passa, soltanto per fare esercizi a vuoto! Stupidi esercizi a vuoto!- urlò arrabbiato; la cosa fece girare i suoi compagni di squadra ed il suo mister e subito si sentì in imbarazzo per quello che aveva detto. –Stupido che non sei altro!- si disse sottovoce Roy.
Qualcosa lo colpì alla testa: una pallonata. Essa fece imbarazzare ancora di più il Giapponese siccome quasi la maggior parte delle persone incominciarono a deriderlo. Testa arancione si girò cercando l’autore della pallonata e vide che i portieri gli stavano chiedendo di passargli il pallone.
Roy mise a terra il pallone, mirò la porta, calciò con tutta la potenza che aveva in corpo e la palla, nonostante fossero quarantacinque metri, viaggiò velocemente verso la porta del portiere Stekelenburg; essa colpì il palo alla sua sinistra facendo un gran rumore per poi infilarsi nella zona alla destra del portiere Olandese che rimase fermo, immobile al tiro di Kanou.
Tutto il pubblico lo applaudì e persino i compagni di squadra che rimasero sorpresi dalla sua fucilata. Roy aveva scaricato tutta la sua furia non solo per il fatto che non si giocasse la partitella, ma anche per il fatto che i portieri l’avevano umiliato con una pallonata sulla testa.
Perciò, pensava che fosse giusto rendergli l’umiliazione. Kanou si dirigeva negli spogliatoi contento di quello che aveva fatto verso i compagni, pronto a farsi una bella doccia e a tornare a casa sua per potersi fare una bella dormita, chiaramente dopo essersi fatto una bella scorpacciata.
Però il mister lo richiamò con Mark al suo fianco, pensando che fosse al suo fianco.
–Roy- incominciò Mark –Il mister capisce perché sei arrabbiato e contrariato, ma la partitella l’ha dovuta annullare per il semplice fatto che dopodomani avrete un’amichevole contro una squadra straniera all’Amsterdam Arena e non voleva stancare più di tanto i giocatori-.
–U-un amichevole?- chiese Roy.
-Sì contro il Barcellona-.
-Bene! Potrò confrontarmi con una squadra di grande livello- disse lui felice.
–Sì ma tu non sei convocato- gli disse Mark dopo aver tradotto quello che gli aveva detto Koeman.
–Che cosa!?- esclamò contrariato Roy –E’ ingiustizia! Come osano non convocarmi per una sfida così importante!?- era furioso.
–Calmati Roy!- disse stavolta Koeman nella lingua del giovane coi capelli rossi. Il fatto che il mister dell’Ajax sappia parlare Giapponese colpì molto Roy, così come Mark.
–Tu molto bravo con tiro e corsa. Ma ancora entrare negli schemi e compagni-.
–Eeh?- chiese Roy, -Sta dicendo che devi ancora entrare negli schemi e nella mentalità della squadra-.
–Ah, allora digli che ho capito, potrò almeno venire a guardare la partita-.
Dopo essersi salutati col mister ed avergli detto che il prossimo allenamento sarebbe stato nella rifinitura di dopodomani della partita pre-Barcellona, Roy andò a casa sua. Non aveva notato che stava vivendo in un appartamento pagato a spese dell’Ajax. Viveva in un Hotel a cinque stelle ed il lusso non mancava di certo. La prima cosa che voleva cercare era un telefono, cosa che trovò prontamente.
Mark gli aveva detto che le telefonate internazionali erano comprese con la permanenza. Stava per impugnare la cornetta e chiamare nel dormitorio dell’Orange Hill, però si ricordò che, essendo le quattro del pomeriggio ad Amsterdam, in Giappone l’orario segnava mezzanotte e mezzo. Pensò che si sarebbe alzato alle 8:30, così che in Giappone sarebbero state le 16:30.
–Sarà dura alzarsi a quell’ora, ma per la mia famiglia questo e altro-. Roy si sedette nel grande divano della sua stanza e si guardò attorno; era tutto troppo grande per una persona sola; gli mancava il chiasso del suo Dormitorio, gli mancavano i pranzetti, le cene, gli spuntini di metà serata di Fokuko, gli mancava vedere le facce di Sakai, di Rodrigo, di cespuglio rosso addirittura. Ma soprattutto gli mancava il fatto che Miki non fosse presente per poterlo rimproverare siccome non faceva nulla.
Miki, non smetteva di pensarci un attimo, non voleva smettere di pensarci un attimo.
Prese il computer ed aprì la posta che a sua sorpresa gli segnalava una mail non letta. La lettera era stata mandata da suo fratello. Roy la lesse vedendo quello che c’era scritto.


“Caro fratello, ho sentito che sei arrivato in Olanda pochi minuti fa. Sono davvero orgoglioso del traguardo che hai raggiunto e sai che non smetterò mai di dirtelo. So anche che l’Ajax è qualificata per la Champions League di quest’anno, quindi potremmo anche incontrarci! Non sarebbe fantastico? Kanou contro Kanou. La cosa mi suona molto comica. Volevo informarti che stasera noi del Milan partiamo in trasferta per un ritiro estivo in Germania. Farà abbastanza freddo, ma non voglio annoiarti con la mia vita che spero anche tu possa vivere. Ricordo ancora quando da bambini non smettevamo di correre, di calciare il pallone in cima al tempio su quella tavola di legno. Non dimenticherò quanto avevi protestato quando ti avevo detto che per prima cosa avremo preso tutte le pietre ed erbacce, ma alla fine capisti quali erano le mie intenzioni e quando ci mettemmo a giocare a pallone, eri più felice e spensierato che mai. Comunque volevo semplicemente augurarti buona fortuna, buona sorte e un in bocca al lupo per questa tua nuova sfida. Spero vivamente che un giorno possiamo incontrarci sul campo di calcio, e che sia da avversari o compagni di squadra, spero sia uno spettacolo per il pubblico, ciao fratello.
Un abbraccio, Peter”



Roy sorrise per il rapporto di amicizia che stava continuando ad instaurarsi e formarsi con suo fratello. Ricordava chiaramente le sensazioni che provava ogni volta che lo paragonavano a suo fratello, dicendogli che si sarebbero aspettati di più, dicendogli che suo fratello si sarebbe comportato diversamente, che non era degno di stare nella stessa famiglia di Peter Kanou. Ma nonostante tutto, grazie a suo fratello, non lo squalificarono a lungo e poi, dopo un breve periodo di pausa, incontrò Mori e Miki che lo fecero entrare nell’Orange Hill.
Chissà se si sarebbe veramente scontrato contro suo fratello un giorno, in amichevole o gara ufficiale che fosse. Sognava tantissimo quel momento ed in fondo, sapeva che sarebbe arrivato. Poi vide che era appena arrivata un’altra mail ma stavolta era da parte di Miki. Gli venne una fitta allo stomaco, come se un paio di farfalle fosse comparse al suo interno. Lui mosse il mouse, cliccò e lesse.


“Caro Roy, so che è appena passato un giorno da quando sei partito, ma non riuscivo a dormire e ho deciso di scriverti. Non starò a scrivere un “come stai” o un “com’è il tempo in Olanda” o cose simili. Io volevo semplicemente dirti che mi manchi, che mi stavo chiedendo veramente cosa provavi per me, se siamo semplicemente amici o se siamo qualcosa di più; io spero che quest’ultima ipotesi, sia quella realistica perché io vorrei veramente che ci sia qualcosa tra noi due. Io non smetto di pensare a quella chioma rossa che continuava a farmi uscire fuori di senno, che però mi faceva sentire felice. Ti prego Roy rispondimi, non lasciarmi sola, lo sai che io ti aspetterò e ti prego di farlo anche tu. Te lo chiedo semplicemente con un per favore.
Un bacio, Miki”



Roy si emozionò alle parole scritte dalla compagna. Lui voleva veramente passare il resto della vita con lei, ma si chiedeva se lei voleva vivere con un calciatore, con continui cambiamenti. Si chiedeva se lei voleva veramente tutto ciò. Stava per schiacciare le varie lettere presenti sulla sua tastiera, scrivere cosa provava per lei, scrivere come quanto gli mancava, scriverle che avrebbe voluto averla con lui in quel momento ed averla sua.
Però si bloccò, pensò che ci avrebbe pensato un altro giorno, che aveva tutto il tempo per risponderle. Così si diresse verso la sua camera da letto, stanco per tutto quello che aveva fatto, per tutte le energie sprecate, per tutto quello che aveva speso per arrivare sin qui. Si coricò e guardò il soffitto nella stanza fresca e semibuia. Insieme al fatto che fosse rimasto in mutande creava quell’atmosfera necessaria per addormentarsi.
Chiuse gli occhi, pensando che domani sarebbe stato diverso, che domani avrebbe iniziato a confrontarsi con l’ambiente Olandese, a capire la lingua, a capire come si comportavano, a capire a come orientarsi, e magari, a fare visita ai suoi nuovi compagni di squadra e a stringere amicizia con alcuni di essi.

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