Lebitha e Talitha-l'infanzia di due sorelle

di _Star_Fire_
(/viewuser.php?uid=843087)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


[Pov Lebitha] Era al piano degli schiavi quando senti il pianto di un neonato. Da poco era nato il figlio della sua balia, un piccolo femtita con due occhioni vispi: Saiph. La contessina spesso andava da lui a fare visita, e a farlo giocare un po. Ma quel giorno il pianto che sentì non era quello di un piccolo femtita. Corse subito ai piani alti, e poi al piano delle camere e si buttò dentro quella di sua madre. Altre femtite erano intorno al letto, e le paravano la vista. Dovette aspettare una decina di minuti prima di poter scongere, in braccio a sua madre, una cosina rosa e calda avvolta in un panno bianco. A volte quella cosina si muoveva e strillava. Una sorellina. Una sorellina con in testa un ciuffo di capelli rossi, come i suoi. Passarono circa un paio di minuti prima che suo padre si accorgesse di lei: "Lebitha! Vattene subito e non tornare in queta stanza. Non è posto per te!" Lebitha dovette andarsene. Per quattro settimane non vide più la bambina appena nata. Stava sempre in camera con sua madre. Non la facevano mai uscire, non gliela facevano mai vedere. Perché? Aveva fatto lei qualcosa per cui doveva essere punita? La bambina stava male? Aveva solo una certezza: era viva. La notte spesso la sentiva piangere e la svegliava.------------------------------------------------------------------------------------------------------------ Passarono 8 mesi. E in quegli otto mesi Lebitha vide sua sorella solo 10 volte, per pochissimo tempo. Passavamolto tempo giù, nelle cantine, dove Saiph aveva compiuto un anno e aveva imparato a camminare. Nonostante la contessina si divertisse molto a stare con il piccolo femtita che ogni giorno imparava cose nuove, sentiva la mancanza di una sorella. La notte spesso apriva la finestra, e, guardando il grande Talareth illuminato dalla luna, ripensava al giorno in cui per la prima volta aveva visto quella piccola cosina rosa e fragile, fantasticando sul nome che le era stato dato: Non lo sapeva.----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Talitha uscì dalla camera di sua madre quando già sapeva camminare, il giorno del suo primo compleanno. Lebitha non la vedeva da due mesi: cavolo se era cambita! Era cresciuta un sacco. Per la prima volta, dopo un anno d attesa, Lebitha poté prendere in braccio la sua sorellina, che non appena la vide le corse incontro con le sue gambette cicciottelle, come se la conoscesse già. Sapeva di latte. A Lebitha non era mai piaciuto quell odore, ma addosso a Talitha le sembrò il profumo più bello del mondo. Si rese conto fin dal primo momento che avrebbe amato tantissimo quella bimbetta con gli occhi verde prato, e non vedeva l ora di presentarla a Saiph. ------------------------------------------------------------------------------------------- Anche il piccolo servo fu felice di conoscere una nuova amica. La madre di Saiph prese a far da balia anche a Talitha, visto che da quando l aveva fatta uscire da camera sua, la contessa dedicava alla figlioletta il minimo indispensabile. Aveva fatto così anche con Lebitha, le spiegò la balia: il primo anno di vita lo passavano in quella grande camera, al sicuro da malattie e contatti estranei. Il giorno del primo compleanno le contessine escono dalla stanza, e vengono affidate ad una balia. La madre si prende poca cura di loro, per esempio le mette a letto. Dal secondo anno le contessine saranno praticamente abbandonate dai genitori. "Un comportamento da animali" pensò Lebitha. Vedeva pochissimo sua madre e ancora meno suo padre, che si faceva vivo praticamente solo ai pasti o per infliggerle punizioni. "Che dovranno fare di così importante? Così importante da non guardare le loro figliole in faccia?" Lebitha era sempre confusa su questo. La sua famiglia ora era quella di Saiph, più sua sorella. Quando il conte e la contessa non c'erano quei tre combinavano di tutto di più. --------------------------------------------------------------------------------------------- La marachella peggiore la misero in atto il giorno del quarto compleanno di Talitha. La contessina amava i dolci, e Lebitha spesso la invidiava, perche sua sorella era venuta su magra, solo le cosce erano rimaste grassottelle come le aveva da piccola. Lebitha invece era più robusta, anche se non definibile grassa. Quel giorno suo padre aveva una riunione con i sovrani del regno della Primavera. Il re e la regina erano molto raffinati di gusti, e visto che erano di grado più elevato del loro, il conte ne approfittò per preparare una vasta gamma di dolci, di tutti i tipi:cioccolato, fragole, rum, caffè, crema con sfoglie... La contessina festeggiata pensò che tutti quei dolci erano per lei. E così pensavano anche il suo amico e sua sorella. Talitha non resistette. Doveva assolutamente mangiare quelle leccornie,anche se sapeva bene che senza il consenso del padre sua sorella non avrebbe mai acconsentito. Quindi si ritirò furtivamente nei piani alti del palazzo, e stette nascosta lì per un po. Quando, spiandoli, si rese conto che Lebitha e Saiph la stavano cercando corse da loro. Con un sorriso furbo disse "Nottlo padle ha detto che li potemo mangiae i dolci. " e guardò Saiph di sottecchi. Talitha sapeva che anche lui andava matto per i dolci. E la domanda che la bambina aspettava arrivò: "Magai possiamo andae un minutino oa, no?" Talitha non esitò. Prese il suo amichetto per un polso e lo trascinò nella Sala Grande. Lebitha li seguì, in fondo anche lei aveva un debole per le torte.------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ Difronte a loro stava un grande tavolo pieno zeppo di roba. Talitha e Saiph non ci arrivavano. Lebitha, che aveva quasi dieci anni, qualcosa riuscì ad afferrare. Talitha disse alla sorella di prenderle una torta alla frutta, che però era più lontana dalla portata di Lebitha. Ma la contessina lo stesso decise di accontentarla:anche lei voleva dare un morso a quella grande torta. Afferò qualcosa. Tirò verso di lei con forza, troppa forza. La tovaglia immacolata cascò su di loro, trascinando con se una buona parte dei dolciumi. La torta alla frutta cascò sopra a Saiph. Talitha era tutta sporca di cioccolato, con un graffio sul braccio. A Lebitha cadde sui lunghi capelli appena lavati una ciotola intera di punch violaceo, dal naso colava sangue. La sorellina si mise a urlare vedendo una cosa rossa che gocciolava sul pavimento dal suo braccio. Saiph riemerse da sotto un grande piatto ormai rotto con la faccia piena di panna, un labbro spaccato. Lebitha non ci fece caso. Non sentiva il bambino che spostava i piatti per rimettersi in piedi, la sorella che strillava per il bruciore del taglio. Guardava smarrita l enorme catasta di torte e ciotole che stava davanti a lei, e le arrivava all ombelico. Era tutta colpa sua. Suo padre sarebbe stato lì a momenti. Avrebbe anche potuto ucciderli tutti e tre: erano quattro mesi che progettava quel pranzo.----------------- La contessina si riscosse, decisa a prendere i bambini e a portarli nei piani degli schiavi, dove avrebbero potuto nascondersi. Mosse un passo veloce, ma venne subito bloccata da qualcuno che la tirò per la lunga treccia appiccicosa che le arrivava fino al sedere. Si girò di scatto. Suo padre. Lebitha sentì che non c'era più nulla da fare. Scoppiò in lacrime. Il conte tenne stretta per i capelli la figlia più grande, e trascinò la più piccola verso di lui afferrandola con forza per il braccio sanguinante. Talitha lanciò un urlo acuto, e a Lebitha sembrò di avere il cuore stretto in una morsa. Sentendo lo strillo suo padre alzo di peso, sempre tenendola per il braccio, la piccola e le urlò in faccia di stare zitta. La bambina trattenne il fiato per lo stupore. Quella sgridata non se la asapettava. Quando il conte la ributtò giù iniziò a singhiozzare con forza, spaventando la povera Lebitha che non poteva fare altro che pregare la dea Mira. La contessa entrò preoccupata nella sala. Non appena la vide Talitha ricominciò ad urlare aprendo e chiudendo la manina del braccio libero e chiamando con tono di supplica " Mamma, mamma!" La contessa corse verso di lei con le braccia aperte, e non appena vide il sangue per terra lasciò due lacrime cadere. "Amore mio! Che ti hanno fatto!" Quando stava per raggiungere le figlie il conte si girò con rabbia, tirando i capelli a Lebitha che emise urlo soffocato. Tirò un calcio nel ventre della moglie, che avrebbe pisciato sangue per una settimana. La contessa cadde a terra con un grido, svenendo. Invano l'uomo le urlò "Ti avevo detto di stare lontana da loro!" Lebitha capì solo allora che sua madre non stava lontana da loro volontariamente. Non potè trattenersi :"Madre!" La voce della contessina riecheggiò nella sala. Per un attimo Talitha smise di piangere. Poi però ricominciò, più forte di prima. Le urla impaurirono il piccolo Saiph, che si nascose sotto il tavolo. Ma prima di afferrare la figlia maggiore, il conte si accorse anche del femtita, e ordinò all attendente che stava con lui di afferrarlo e di portarlo al suo cospetto. Così l uomo fece: si chinò sotto la tavolata e afferrò Saiph per la casacca, trascinandolo fuori. "E tu? Sporco moccioso che ci facevi nelle mie sale?!" gli gridò Megassa. Alzò la testa e guardò l attendente,un talarita di mezza età. "Vai a chiamare Varish. Digli di dare una bastonata con la Pietra a questo schiavo ficcanaso." "No ti prego!" Disse piano Lebitha. "No? Perché no?" Ribattè il conte con una voce gentilmente provocante e con un sorriso falso, che innervosirono la contessina ancora di più.Si sentì scoppiare il cuore nel petto. Lebitha non rispose e abbassò lo sguardo. "Anche voi due assisterete alla bastonata" dichiarò il conte con freddezza riferendosi alle figlie. Lasciò braccio e capelli e si allontanò. Arrivato alla grande porta per uscire ordinò all attendende di portare in camera la moglie, ancora sdraiata per terra. L uomo trascinò verso la contessa anche Saiph, che lanciò uno sguardo impaurito alle amiche. Talitha ricambio. Lebitha restò con gli occhi fissi a terra ed un pensiero che le lacerava la mente: "È tutta colpa mia". L attendente del conte non fece in tempo a chiudere il portone della sala che già un altro entrò dentro, e prese le contessine per un braccio, trascinandole in camera loro, dalla quale in due giorni usciranno solo una volta: per assistere alla punizione di Saiph. Talitha ricominciò invano a chiamare la madre, dibattendosi. Lebitha non oppose resistenza. Lacrime di rabbia iniziarono a solcarle le guance.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


In camera, al buio, Talitha pianse e pianse spaventata,finché non si addormento. Lebitha non fece caso alle urla della sorella. Era troppo preoccupata: cosa avrebbero fatto a Saiph? "Una bastonata con la Pietra". Con Pietra... con la Pietra dell Aria... si... Lebitha ricordava: i femtiti, la razza di Saiph, non provano dolore fisico. L unica cosa che gli incuteva dolore era la Pietra dell Aria, la Pietra che i talariti veneravano. Alla contessina tornò in mente il giorno quando, un annetto fa, arrivarono a palazzo delle donne vestite di nero, con un velo sul volto.------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Lei teneva in braccio sua sorella, che si era sbucciata un ginocchio dopo l ennesima e giocosa lotta con Saiph. Da dietro una colonna videro suo padre inginocchiarsi davanti alle tre donne. Cosa più unica che rara, visto che perfino loro due dovevano piegare un po il capo quando vedevano il conte. -"Bitha ammi sendee"-. -"No Litha non puoi scendere. Stai zitta adesso, va bene?"-disse Lebitha sotto voce. Sapeva fin troppo bene che quando c'era gente loro non potevano stare lì. Suo padre si ritirò su, dicendo -"Andate a chiamare le contessine"- Ma una delle donne ribattè con voce calma -"Penso non ce ne sia bisogno..." -fece un cenno con la testa verso la colonna dove stavano le due sorelle, e un altra figura (a cui Lebitha non aveva fatto caso) si mosse dall ombra al centro della stanza. Era presumibilmente una donna, ma interamente fasciata con vesti di un legno che sembrava molto flessibile, e che si adattava perfettamente al corpo magro della donna. Da quel costume legnoso si vedevano solo due occhi scuri e spietati. La figura si avvicinò alla colonna. Senza che Lebitha se ne accorgesse, svoltò e le bambine se la ritrovarono dietro. La Combattente con un gesto secco delle braccia afferrò saldamente Lebitha, e vedendo che in tanto Talitha si era data alla fuga, le balzo quasi addosso prendendo la piccola per il colletto del solito vestitino verde. Tirandole le portò al cospetto dei genitori. Lebitha fece appena in tempo a scorgere il lampo d ira negli occhi di suo padre, ma poi una delle donne in nero la prese per un polso e la costrinse a guardarla. La donna la osservò per un po da sotto il velo scuro. -"Siete molto cresciuta dall ultoma volta, contessina Lebitha. Vediamo se è cresciuta anche la vostra risonanza..."- Un altro cenno del capo e una delle sacerdotesse ai lati tirò fuori un involucro da una tasca della veste color pece. Lo srotolò. Al suo interno c'era una pietra che brillava debolmente. -"Strigetela forte e concentratevi su di essa, contessina."- Lebitha esitò un po, ma poi fece quello che le era stato detto. Strinse la Pietra dell Aria. Dopo un istante i suoi pugni chiusi iniziarono a brillare, brillare e brillare, tanto che Lebitha chiuse gli occhi e indietreggiò, come se volesse sottrarsi alla luce che lei stessa emanava. Le sacerdotesse rimasero esterrefatte: era molto rara una risonanza così fulgida in una bambina. La luce fra le mani di Lebitha non voleva sapere di spegnersi, e allora la contessina sciolse il pugno delle sue mani. La luce dalla Pietra iniziò lentamente ad affievolirsi. Senza commentare quell eccellente risultato, le donna con il velo tolse la Pietra dalle mani di Lebitha e la passò a Talitha. La bambina prese il sassolino dalle mani della donna con una dolce spavalderia, portandoselo alla bocca. La sacerdotessa col volto coperto la blocco e le disse con tono duro -"Stringila forte, contessina, e concentrati sulla Pietra. "- Talitha rimase interdetta. Di solito i suoi sorrisetti teneri e spavaldi ipnotizzavano chiunque, paffutella e graziosa com'era. Ma non con quella donna. La bimba allora fece quello che le era stato detto, con il viso leggermente imbronciato. La Pietra iniziò ad emettere una tenue luce solo dopo una decina di secondi che Talitha la teneva stretta fra le mani. Il pugno della piccola emise una debolissima luce per non più di cinque miseri secondini. Poi iniziò a spegnersi. "Come previsto" si disse fra se e se la sacerdotessa col velo nero succede sempre così: una perfetta servitrice per l onnipotente Alya, figlia di Mira, e gli altri componenti della famiglia dei buoni a nulla." Dopo aver riposto la Pietra nell involucro, le sacerdotesse si diressero verso il conte e la contessa. Lebitha le sentì più volte ripetere il suo nome, e anche un monastero. Ebbe un brutto presentimento, ma subito svanì a causa della sorellina che la tirava per la veste. -"Bitha gioca con me?"- -"Sì, Bitha gioca con te"- le rispose la sorella con un sorriso tenero, che però nascondeva una punta di malinconia. Lebitha prese in braccio la sorella e le schioccò un bacio sulla guancia. Non dimenticò di guardare la reazione di suo padre a quel gesto d affetto,che Lebitha aveva fatto per amore,ma anche per dispetto. Non importa dove l avrebbe mandata,non sarebbe importato nulla: anche se erano separate lei avrebbe sempre vegliato su Talitha. Loro sarebbero sempre state unite. Megassa sembrò intuire quel messaggio,e la congedò con uno sguardo torvo,che Lebitha-chissà con quale coraggio- ricambiò. Poi si rivolse alla sorella,ma non appena la guardò la determinazione di un attimo fa le scivolò via dal petto. I pensieri che aveva avuto divennero veri,e le cascarono sul cuore come mattoni. Ce l avrebbe davvero fatta a mantenere contatti con sua sorella? Sempre e per sempre? -"Bitha giocherà sempre con te, Bitha non ti lascerà mai sola, te lo prometto"- A quelle parole Talitha chiuse gli occhi e con un sorriso beato mise la testa sulla spalla di Lebitha. Poi allungò la mano in una tasca del vestitino verde e tirò fuori un ciuccio di sughero smaltato e colorato. "Non ti affezionare così tanto a me Talitha, ti prego..." si ritrovò a pensare Lebitha, con di nuovo quel brutto presentimento per il quale intuiva che avrebbe dovuto rompere la promessa che aveva appena fatto alla sorellina.--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- La porta si aprì. Lebitha scaccio quei vecchi ricordi dalla mente. Si portò una mano sugli occhi per pararsi dalla troppa luce, che entrava nella camera con i suoi raggi allegri e pungenti, come per farle un dispetto. "Perché non posso essere un altra cosa? Luce, vento, neve,acqua... tutto mi andrebbe bene pur di scappare di qui, di togliermi di dosso i miei pensieri e le mie colpe. Oh, quanto vorrei dissolvermi nell aria!" Pensò la contessina. Il talarita che le venne a chiamare era l attendente di suo padre. Entrò senza chiedere il permeso. Stava andando svegliare Talitha, che solo nel sonno aveva trovato pace dopo tante lacrime. Lacrime di spaesamento, lacrime di solitudine, ma soprattutto di paura. Talitha non si muoveva mai per il castello se tutto non era illuminato a giorno. Il buio e le creature maligne che si nascondono dietro le tenebre sono il peggior incubo della bambina. Ha voluto per forza dormire con qualcuno quando si è staccata da sua madre. E quando il conte provò a metterla in camera da sola, lei riuscì a sfondare le assi ai lati del lettino. Lebitha fu contentissima di avere la sorella con lei. Mentre l attendente stava allungando una mano su sua sorella, la contessina scattò di fronte a lui e gli bloccò una mano con una presa saldissima. L uomo tirò via a forza la mano da quella di Lebitha. -"Ci penso io" -disse con voce dura, tra i denti, quasi ringhiò. Era attraversata da una rabbia cieca. Piano e con estrema delicatezza tirò fuori dalle coperte Talitha, che si sveglio e stava per ricominciare a piangere. Lebitha si mise a cantilenare una vecchia canzoncina in dialetto femtita, che la mamma di Saiph intonava sempre. Era la canzone di una Regina della Neve, una vecchia leggenda. Talitha, singhiozzando, cantò con lei. -"Ormai la tempesta nel mio cuore irrompe già... Non la fermerà la mia volontà..."-(*frozen). -- A Lebitha continuarono a rimbombare nella mente questi versi. Il talarita accompagnò le contessine nel cortile, dove si erano riuniti tutti gli schiavi del palazzo. Su un trono sopraelevato stava suo padre, con un espressione engmatica dipinta in faccia. Lebitha mise giù la sorellina d la prese per mano. Lasciò stare il desiderio di saltare al collo di suo padre, e si mise piuttosto a cercare Anyas, la mamma di Saiph.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** capitolo 3 ***


Anyas stava piangendo, le mani sul volto. Saiph sarebbe potuto morire se la bastonata fosse stata forte. Lebitha corse dalla sua balia, trascinando la sorellina per un polso. Talitha cascò tra il fango, ma lo stesso si rialzò e seguì la sorella, buttandosi tra le braccia di Anyas. "Scusa Nyanya, e tutta colpa mia, tutta colpa mia! Ti prego perdonami!" Lebitha scoppiò a piangere per la prima volta in quel giorno. Per quanto ricordasse, Talitha non l aveva mai vista piangere. Sua sorella non piangeva mai, infatti. Alcuni femtiti si girarono verso la contessina, stupiti. Lei sapeva che davanti a suo padre non poteva farsi vedere così vicina ad uno schiavo. Sperando che non l'avesse vista si scostò da Anyas di dieci passi, come era regola. Tirò per il colletto anche sua sorella, strappandola dal petto di Nyanya. Ma il conte sapeva che le figlie si sarebbero precipitate dalla femtita, e da quando erano scese in giardino non aveva occhi che per loro -"Stupide mocciose, adesso vedrete..."- bisbigliò tra i denti. Si alzò e disse a voce alta"Due bastonate verranno inflitte al femtita di nome Saiph" A quelle parole Anyas urlò tra le lacrime e svenne. Talitha si liberò dalla presa della sorella e corse dalla balia. Le mosse un braccio e la chiamò. "Nyanya, Nyanya!" Ma la femtita non rispondeva. Lebitha la lasciò fare: ormai non c'era più niente da fare. Con due bastonate Saiph sarebbe morto di sicuro. La mente della contessina rimase come sospeva in un limbo. Non sentiva niente, non riusciva a pensare niente. Si riscosse solo quando vide entrare il suo piccolo amico, con un braccio strizzato da un talarita ed una mano in bocca. Il sangue che era colato dal labbro si era rappreso. Dal naso colava moccio e le guance sembravano essere solcate da lacrime. Con i suoi occhi d oro cercò un volto amico. Non appena vide Lebitha si tolse la mano dalla bocca, la aprì e la chiuse un paio di volte per salutarla, poi la asciugò dalla saliva strusciandosela alla maglitta di iuta. La contessina ricambiò il saluto. "Non ti preoccupare, piccolo. Non lascerò che ti uccidano" pensò. Il talarita che teneva Saiph lo fece salire su una pedana di legno, e lo fece inginocchiare. Poi l'uomo scese e andò a prendere un Bastone. La folla radunata nel cortile che fino ad ora aveva bisbigliato e pianto si zittì di colpo. Il talarita saltò, prendendo dal ramo di un piccolo Talareth appena piantato nel cortile una piccola pietra, che brillava fulgida. Lebitha non ci aveva mai fatto caso: quell albero era carico di cristalli di Pietra dell' Aria. La incastonò nel bastone, e risalì sulla pedana con un sorrisetto maligno. Lebitha fu di nuovo percorsa da un brivido di rabbia. Strinse forte i pugni fino a farsi sbiancare le nocche. Nessuno se ne accorse, neppure lei, ma i suoi pugni iniziarono a brillare lievemente di una luce azzurrina. Una pietruzza cascò da un ramo dell albero, colpendola su una spalla. Non appena la sentì, la contessina si girò di scatto, come una bestia inferocita. Quando però vide a terra il cristallo di Pietra dell Aria si calmò appena, e, velocemente, lo prese. Quando Lebitha lo toccò il sassolino cominciò a brillare, come quella volta, un anno prima. Sentì una forza partire dalle braccia e arrivare alle dita, un fiume che voleva sfociare dalle sue unghie. Lebitha capì: era il suo potere, il suo Es. Era una maga potente, molto potente, un eccellente sacerdotessa. Il talarita abbassò con forza il bastone sulla schiena di Saiph. La sua faccia non si riempì neppure di lacrime. Prima si contorse in una smorfia di dolore. A Lebitha fece perfino paura. Le fece paura il volto del suo più caro amico, quasi un fratello, per lei. Saiph si accasciò a terra. Non era morto, ma respirava a fatica. Lebitha non potè trattenere il suo Es. Uscì dalle sue dita in miriadi di piccole scagliette iridescenti, che sembravano fiocchi di neve. La neve. Le era sempre stata legata. Ora, si, si sentiva come la neve:fredda, spietata. La magia colpì in piena spalla l aguzzino di Saiph, facendolo finire in terra con il braccio pieno di sangue. Lebitha ebbe un lieve giramento di testa, e subito dopo scivolò all indirtro in una pozza di fango. Durante la caduta mise le mani aperte un po dietro la schiena, per attutire la caduta. Ma non appena le mani atterrarono, il fango acquoso si gelò all istante sotto il suo tocco. La folla fece alcuni passi indietro, per allontanari impaurita da lei. Solo Talitha era rimasta lì vicino alla pozza ghiaciata, accanto al corpo di Anyas. Aveva gli occhi spalancati, e guardava con espressione a metà tra il terrore e la sorpresa sua sorella. Lebitha non capì subito cosa era successo. Guardò un attimo la sorellina con la testa inclinata e un sopracciglio alzato, come per dire "che c'è? " . Talitha solo allora si alzò e fece due passi indietro, spaventata. Lebitha notò che guardava in giù. Guardò in basso anche lei, e si accorse della lastra di ghiaccio biancastro che la sottostava. Non poteva credere di essere stata lei. Non era riuscita a controllare il suo potere. All inizio pensò pure che la pozza non si fosse ghiacciata per opera sua. Ma subito dopo vide la forma di due manine impresse nel ghiaccio. E non solo la forma. Lungo il contorno di esse l acqua si era increspata, durante l impatto, ed ora intorno alla forma delle mani c' erano delle piccole onde ghiacciate. Le sue mani. Ne era sicura: le sue. -"No, no! Non è possibile, io non sapevo neanche di questi maledetti poteri! Non sono stata io!" - Lebitha si guardò intorno agitata, esasperata, con gli occhi pieni di lacrime. -"Prendetela! È una strega!" - Ordinò il conte. Subito due uomini della Guardia scattarono verso di lei. -"No, no!" - Lebitha era disperata. Ma pensò in fretta. Ormai si era rovinata la vita, tanto valeva usare i poteri anche per salvarsi. Chiuse gli occhi e battè un piede a terra. Dalla sua scarpetta azzurra partì un altro strato di scivolosissimo ghiaccio che ricoprì più della metà del grande cortile. Gli uomini,come previsto, cascarono e la contessina svelta si diede alla fuga correndo senza problemi sul suo incantesimo. Ma neanche quello riuscì a fermare la furia di suo padre: ordinò di sbarrare il portone che separava il palazzo dal giardino. Fu il caos: senza una via d uscita la gente cominciò a correre impaurita, stando però attenta a non avvicinarsi troppo a Lebitha. Anyas intanto era rinvenuta, e vedendo la sua gente scappare prese velocemente in braccio Talitha che piangeva forte, e corse da Saiph, che urlava terrorizzato in ginocchioni sulla pedana di legno con le mani sugli occhi. Lebitha iniziò a tempestare di pugni il portone, che si ricopriva di una sepre più spessa patina fredda e bianca. - "Basta! Basta! Stupido potere tornatene da dove sei venuto!" - Pensava Lebitha, dopo aver visto che la neve che le usciva dalle mani contro la sua volontà complicava le cose: ora la porta era bloccata. Intanto tre uomini le si erano fatti vicini. Guardò oltre a loro per scorgere un volto che potesse aiutarla, ma dietro vide solo un ragazzino talarita un po più grande di lei, per il quale Lebitha aveva una cotta. Si scordò del ragazzino ed, emettendo un grido di rabbia, si buttò su uno dei tre uomini con tutta se stessa. Lo colse alla sprovvista, d'altronde nessuno si aspettava ciò da una contessina, tanto meno da una timida e docile quale gli era sempre sembrata Lebitha. Ma lei non perse tempo: con forza graffiò a sangue il volto dell uomo. Un altro le si avvicinò con la spada, ma la contessina si girò verso di lui con occhi fiammeggianti, aprì una mano verso la spada che si congelò all istante. Poi la chiuse. La lama dell arma andò in mille pezzi. Il terzo talarita si diede alla fuga. Nessun soldato ebbe il coraggio di riavicinrsi a lei. Anche se era una strega era una guerriera magnifica. Chissà che Guardia incredibile sarebbe potuta diventare,se solo avesse potuto frequentare lezioni di spada. Il conte era sparito dal suo trono. Lebitha, con il fiatone, si guardò intorno inorridita dal macello che aveva combinato. Sulla pedana vide Anyas con i due bambini in braccio. Saiph sembrava essersi ripreso un po. Le bastò che le persone a lei più care stassero bene. Poi il senso di colpa:"Che cosa ho fatto? Cosa mi è successo? Sono diventata un mostro!". Già che c'era, però, decise di lanciare a tutti un avvrtimento. - "Questo succederà a chiunque oserà torcere un capello al femtita Saiph!". - A quel punto gesticolò un po con le mani, le portò sopra la testa e le riabbassò aprendole verso il basso con velocità. Grossi e alti spunsoni di ghiaccio di innalzarono dal terreno davanti a lei. La gente intorno rimase paralizzata dalla paura. Le Pietre del piccolo Talareth persero la loro luminosità. Adesso erano solo sassolini scuri. Lebitha era esausta. Megassa, dietro di lei, approfittò di quel momento per prendere un'altra volta la figlia per i capelli e trascinarla personalmente in camera sua. Dopo poco sbatterono dentro anche Talitha, che mantenne le distanze dalla sorella. A Lebitha venne da piangere. - "Litha non avere paura di me. Io non ti farò mai del male, io ti voglio tantissimo bene." - Le sorrise stancamente. Talitha sembrò riacquistare fiducia. Per quanto sfinita fosse, e anche se la fonte di magia le mancava, Lebitha girò un po le mani avvicinandole l una all alta. Presero a brillare di una luce azzurrina. Talitha guardò con ammirazione la luce che illuminava la stanza buia. Vedendo sua sorella felice dell incantesimo, volle fare qualcosa di speciale, anche se si stava addormentando in piedi. Sempre girando le mani formò un bellissimo diadema di ghiaccio luminoso e lo mise sulla testa della sorellina. Litha rimase estasiata da quell oggetto nato dal nulla, e vedendo qualcosa luccicare sopra la sua testa guardò su, congiunse le manine stringendole e portandole sotto il mento. La sua espressione di sorpresa si trasformò in un sorriso aperto. Lebitha si senti immensamente felice. - "Ora sei come la Regina della Neve" - le disse - "Come te!" - rispose Talitha di rimando. Lebitha sentì una fitta allo stomaco. Ma poi purtroppo capi che la sorella aveva ragione. - "Si, come me..." - aggiunse con un sorriso triste. - "Bitha staà emple co me?" - - "Si Bitha starà con te... finché potrà starà sempre con te." - La sorellina fu contenta. Si buttò tra le sue braccia e si addormentò in un baleno. Lebitha la portò a letto. Le tolse il diadema mezzo sciolto dalla testa piena di riccioli ramati, che al suo tocco però, si riaccese un pochino. Schioccò le dita e la coroncina si disdolse in delle volute bianche luccicose. Meglio se si manteneva in forze: suo padre non le avrebbe fatte uscire dalla camera facilmente. Aveva già chiuso a chiave e messo una sentinella di guardia. La notte Lebitha non dormi subito. Sentiva suo padre urlare con sua madre. - "La prossima volta che ti riavvicini ad una di loro, che mostri interesse o per Talitha o per Lebitha, te ne ammazzo una, delle tue figliole. Giuro! Te ne ammazzo una! In quanto a quella strega... la terrò d occhio, e a quattordici anni via in monastero! Diventerà Piccola Madre, cosi non darà noia a nessuno qui." - Lebitha capì solo ora la grandezza dal guaio che aveva combinato. Doveva trovare un modo per cancellare dalla mente di tutti il ricordo di quella giornata. Sapeva che esisteva un modo. Ma quale? Mentre pensava a tutto ciò,però, le tornò in mente il ragazzino di cui era innamorata: Kristen. Con quel dolce pensiero, si abbandonò al sonno.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3166079