le avventure di Pappardella

di storie a caso
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** la fattoria di don Turuzzu ***
Capitolo 2: *** si progetta la fuga ***
Capitolo 3: *** addio vita beata! ***
Capitolo 4: *** A casa di Pino ***



Capitolo 1
*** la fattoria di don Turuzzu ***


Nella fattoria di don Turuzzu tutto era tranquillo. Era davvero il paradiso in terra.

O almeno questo era quello che pensavano Pappardella, un coniglio bianco e grasso, e il suo amico Parmacotto, un simpatico e grassissimo maiale.
I giorni scorrevano lieti, finché arrivò un tenero agnellino che don Turuzzu chiamava Costolettato.
Interrogata, Costoletta diceva che di cognome faceva “D'Agnello” :- Io sono una D'Agnello!- soleva affermare con orgoglio:- Costoletta è il mio nome. Costoletta D'Agnello!-.

Costoletta era un gracile agnellino bianco, essa aveva una fissazione: i nomi.

Infatti, non appena i due animaletti si presentarono, chiese un sacco di cose, per esempio:- Ma perché tu ti chiami Pappardella? E perchè tu ti chiami Parmacotto? E perchè io mi chiamo Costoletta?-.
Né Pappardella né Parmacotto riuscirono a rispondere a quelle domande e ne rimasero profondamente colpiti. Ma fortunatamente l'asinello Lucignolo, che si diceva che in passato fosse stato un bambino, spiegò tutto e disse con tono pacato:- Tu Parmacotto! Per caso, hai mai visto don Turuzzu vedere la televisione qui fuori?-. -Lo fa spesso- rispose; -E per caso- continuò l'asino- hai mai visto la pubblicità del prosciutto parmacotto? Non hai notato che si chiama proprio come te?-.
Allora parmacotto capì e, annuendo, si allontanò per sprofondare in un angolo fangoso del porcile.
Però Pappardella non riusciva ancora a capire il perché del suo bizzarro nome, così lucignolo spiegò:- Forse non sai che la moglie di don Turuzzu, quando vuol fare bella figura con i suoi ospiti, prepara  per cena le pappardelle al sugo di coniglio-. L'animale tacque, e, rabbrividendo, si sedette all'ombra di un grande albero. Lucignolo si diresse verso Costoletta e, appena aprì la bocca, l'agnellino lo zittì prontamente :- No! Taci! Non voglio sapere!-.

Una gallina che di nome faceva Pollo, ma che era soprannominata da don Turuzzu ”alla diavola”, sbuffò :- Quante storie! Che sciocchezze! Ma godetevi la vita piuttosto!-. E Lucigno, mostrando un velo di rimpianto, :- anche io un tempo la pensavo proprio come te, e guarda come mi sono ridotto adesso!-.

Si fece sera; mestamente le bestie andarono a dormire.

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Capitolo 2
*** si progetta la fuga ***


In breve si diffuse la notizia della conversazione fra Costoletta e Lucignolo e, il giorno seguente, tutta la fattoria era in fermento, divisa fra chi non credeva ad una singola parola dell'asino, -un burlone- dicevano di lui; e chi invece era profondamente scosso.
Al mattino si ritrovarono tutti nel cortile, animati da un'incontenibile voglia di fuggire da quella prigione dorata. In verità, non tutti mostravano la stessa determinazione: Alla Diavola, infatti, era piuttosto depresso e se ne stava mogio mogio in disparte.
Presero a discutere delle modalità e della destinazione della loro fuga. Lucignolo era pronto per qualsiasi destinazione al di fuori della provincia di Mantova, dove lo stracotto d'asino è il piatto tipico. Parmacotto propose di fuggire in un paese musulmano o in Israele, dove certamente non si mangiano maiali. Costoletta e Alla Diavola non fecero alcuna obbiezione, ben sapendo che l'agnello e il pollo si mangiano dappertutto. Avrebbero voluto dirigersi in un paese totalmente vegetariano, ma questo non esisteva da nessuna parte del globo.
Alla Diavola era veramente sconsolato, se prima non aveva intenzione di partire, adesso era sempre più convinto che il suo destino si sarebbe compiuto nella fattoria di don Turuzzu.
-Ma scusa- chiese Costoletta- fra la certezza e la possibilità di finire in padella, tu scegli la certezza? Hai una sola possibilità, giocatela!-.
-Mi dispiace- ribatté -il mio posto è qui-.
Tutti tacquero, e di questo non se ne parlò più con Alla Diavola, ma, prodigio dell'istinto di sopravvivenza, ripresero la discussione come se nulla fosse accaduto. -Vi dico che il miglior posto dove andare è Israele!- disse Lucignolo. -Ho un amico che lavora lì e che ci ospiterà volentieri! Ha un teatrino di burattini e in cambio di qualche lavoretto potremo sdebitarci con lui e vivere serenamente-.
-Ma come arriveremo fin lì?- chiese Parmacotto, che nel frattempo aveva trovato nella spazzatura un vecchio atlante geografico, gettato da don Turuzzu in occasione delle ultime pulizie di primavera. E Pappardella -Ma ogni mercoledì non passa un camion per la Grecia che carica frutta e verdura fresca? Potremmo saltare sul camion e nasconderci lì su, come fanno i clandestini, poi, una volta in Grecia, vedremo il da farsi-. Lucignolo scuoteva la testa con un'espressione poco convinta.
-E tu, Lucignolo, hai un'idea migliore?- chiese Parmacotto, che aveva letto negli occhi del ciuchino tutta la sua preoccupazione. -No, non ho nulla da obbiettare.- rispose -Abbiamo solo un a possibilità e dobbiamo farne buon uso!-.
E così, tutti contenti, tranne, come al solito, Alla Diavola, passarono la giornata a giocare, a mangiare, a discutere di ogni cosa, del giorno e della notte, della rava e della fava, in attesa che calasse la sera.

Del resto, si era appena a lunedì...

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Capitolo 3
*** addio vita beata! ***


l'indomani i nostri eroi si alzarono di buon mattino, come al solito di buon umore. L'appetito non mancava e, in previsione di un avventuroso viaggio verso l'ignoto, fecero un ricchissimo pasto.
Stavano riposando assorti in una digestione lenta e laboriosa, quando videro arrivare un camion che ben presto fu caricato dai contadini di don Turuzzu di freschissimi mazzi di insalata. Silenziosamente, con un'organizzazione degna delle migliori truppe d'assalto, i nostri eroi, approfittando di un momento di distrazione dei contadini, chiamati da don Turuzzu, si nascosero nel cassone, sommersi da tutta quella fresca verdura. Salutarono con lo sguardo, certi di non rivederlo mai più, il loro amico pennuto, che nel frattempo non aveva cambiato idea, poi,  lentamente il camion si mosse. Videro scorrere come un film tutti i luoghi dove avevano trascorso tutti i loro momenti più belli: la pozzanghera grande vicino all'abbeveratoio, la mangiatoia sempre piena di poltiglia grassa, l'aia rumorosa e allegra... Quanti ricordi! Che malinconia!

Il camion si fermò a Catania, nei pressi del mercato ortofrutticolo. Da lì sgattaiolarono e si diressero tutti quanti verso il porto. Ancorato, con il portellone aperto, c'era un traghetto che stava imbarcando auto e camion. Lucignolo lesse il nome ben verniciato sulla fiancata: Aristeia-Pireo,
e capirono che quella nave li avrebbe portati in Grecia. Si finsero parte di un carico di animali che stava per imbarcarsi su un grosso TIR e si unirono al gruppo, per la verità molto singolare.
Si trattava infatti di un carico di cavalli da corsa, molto chic e vanitosi, ma di grande generosità. Avevano capito la situazione e li presero con sé.
-Vedrete, vi scambieranno per le nostre mascotte!- disse loro Ortensia OM, che aveva appena vinto il Gran Premio del''ippodromo di Siracusa e che era considerata da tutti il cavallo di maggior prestigio della comitiva. Lucignolo, inguaribile ottimista, non cessò mai di rassicurare i suoi compagni e raccontò loro di Giuseppe, per lui Pino, un suo caro amico che aveva conosciuto in un paese dove si giocava sempre, insomma, un gigantesco luna park, e che adesso aveva messo la testa a posto e viveva e lavorava ad Atene.

La traversata si rivelò piacevole: mare calmo, cibo buono e abbondante, lettiere confortevoli; insomma, tutto sembrava andare per il verso giusto. 

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Capitolo 4
*** A casa di Pino ***


Finalmente la nave attraccò. Il Pireo! Stava albeggiando ed il porto di Atene accolse il vascello e tutti i suoi occupanti abbracciandoli con il suo dolce profumo di mare. Appena scesi, guidati da Lucignolo, si diressero a casa di Pino, che si trovava in Odòs Singrou, un’ampia strada che da Atene porta al Pireo. Che traffico, che confusione! Le automobili e i camion sfrecciavano sull’asfalto, strombazzando a più non posso. Anche se Parmacotto, a causa della sua grassezza urtava quasi tutti i passanti che gli capitavano sotto tiro, anche  se Pappardella faceva gincana fra le gambe di grandi e piccini, scacazzando ad ogni piè sospinto, anche se Lucignolo frustava con la sua coda chiunque gli passasse vicino e anche se Costoletta belava a più non posso, la cosa singolare era che nessuno faceva caso a quelle quattro bestie che vagavano incustodite per la strada. Ma cosa volete farci, questa è Atene!
Finalmente arrivarono a destinazione; Pappardella, salito sulla testa di Lucignolo, suonò il campanello. La porta si aprì, era Marco: -Lucignolo!- esclamò- Filemou! Che ci fai qui! Ma prego, entrate, entrate pure!-.
Entrarono: li accolse la mamma di Marco, una donna molto bella e, anche se non era molto giovane, aveva ancora i lineamenti di una bambina. Era molto gentile e, cosa molto bizzarra, aveva i capelli di uno strano colore: erano turchesi.
-Buongiorno!- disse la donna-Lucignolo! Come sei fatto grande! Cosa possiamo fare per te?-.
Lucignolo le spiegò accuratamente la situazione, e , mentre i suoi amici si erano diretti in massa verso la cucina, le disse anche che non sapeva che pesci prendere.
-Non temere, caro, ho io la soluzione. Ma intanto vai anche tu a mangiare qualcosa, poi faremo un bel giro della città. Vi accompagnerò io stessa, così non daremo troppo nell’occhio.-
Si misero tutti a tavole e ,dopo un ricco pasto, uscirono e si diressero all’Acropoli.
-Guardate, il Partenone, dedicato alla dea Athena Parthenos!- esclamò la madre di Pino, -Ecco la Loggia delle Cariatidi!- proseguì. I nostri eroi erano impressionati dalla maestosità di quei monumenti, chi più, chi meno… Parmacotto, per esempio, era più interessato ad un torsolo di mela abbandonato a terra da uno svogliato turista che alla bellezza di quelle “antiche pietre”.

Lucignolo, invece, mostrò un po’ di commozione, quasi un velo di rimpianto, forse pensava ad un passato che noi non conosciamo…

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