Sono una macchina da scrivere fatta di sogni

di cuore di carta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** SONO UNA MACCHINA DA SCRIVERE FATTA DI SOGNI. ***
Capitolo 2: *** PROLOGO-Gwendolyn ***
Capitolo 3: *** Capitolo uno. ***
Capitolo 4: *** Capitolo due. ***
Capitolo 5: *** Capitolo tre. ***
Capitolo 6: *** Capitolo quattro. ***
Capitolo 7: *** Capitolo cinque. ***
Capitolo 8: *** Capitolo sei. ***
Capitolo 9: *** Capitolo sette. ***
Capitolo 10: *** Capitolo otto. ***
Capitolo 11: *** Capitolo nove. ***
Capitolo 12: *** Capitolo dieci. ***
Capitolo 13: *** Capitolo undici. ***
Capitolo 14: *** Capitolo dodici. ***
Capitolo 15: *** Capitolo tredici. ***
Capitolo 16: *** Capitolo quattordici. ***
Capitolo 17: *** Capitolo quindici. ***
Capitolo 18: *** Capitolo sedici. ***
Capitolo 19: *** EPILOGO - CASTIEL. ***



Capitolo 1
*** SONO UNA MACCHINA DA SCRIVERE FATTA DI SOGNI. ***


SONO UNA MACCHINA DA SCRIVERE FATTA DI SOGNI


 
Gwendolyn è una ragazza di sedici anni fisicamente nella norma, ama leggere e guardare film strappalacrime in compagnia della sua migliore amica Audrey Hepburn, una yorkshire. Ma non tutto è come sembra. Dall'età di nove anni soffre di una grave malattia che le ha impedito di vivere una normale vita, proprio a causa di questo male è costretta a trasferirsi nella grande città di Londra. La sua sola preoccupazione è quella di non far soffrire chi le sta intorno allontanando chiunque possa avvicinarsi al suo essere così distruttiva. Ma qualcosa cambierà, nel momento per lei più difficile, dove quel poco di felicità rimasta verrà messa a dura prova, avrà al suo fianco una piccola luce che la aiuterà regalandole un po' di quella vita che non ha mai potuto godere.
Riuscirà ad aprirsi mostrandosi in tutta la sua bellezza?
Ha messo un lucchetto nel suo cuore, chi sarà in grado di aprirlo?

Tratto dalla storia.
[...] Vuoi sapere cosa sei Gwendolyn? Sei la debole e fragile margherita fiorita in un campo di rose rosse, così tanto invisibile, così tanto spettacolare


 
A chiunque decida di immergersi nelle pagine della mia storia: buona lettura!

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Capitolo 2
*** PROLOGO-Gwendolyn ***


PROLOGO - GWENDOLYN.
Mi chiamo Gwendolyn.
Nome strano per un'italiana,eh?
La colpa è di mia madre. Nel periodo della gravidanza passava praticamente tutte le sue giornate a guardare "Ribellioni di Cuori", quella soap opera dove il protagonista maschile tradiva constantemente sua moglie Gwendolyn e lei non faceva altro che piangere, piangere e piangere. Com'è stata carina mia mamma ad avermi dato il nome di una donna tanto inutile, se vi foste visti anche solo un episodio capireste la stupidità femminile dove può arrivare.
E io non mi reputo stupida affatto.
Non ci somigliamo neanche fisicamente, lei una di quelle donne di rara bellezza, alta, snella, bionda e occhi azzurri. Lo stereotipo di come tutte le ragazze vorrebbero essere. Io mi reputo una ragazza assolutamente nella media, abbastanza bassa, magra, mora e con due occhi a palla marroni, nulla di ché.
Ho un carattere forte, non mi faccio mettere i piedi in testa da nessuno. Non sono debole e tanto meno fingo di esserlo.
Non ho tanti amici, anche se ne vorrei, ma non posso. Dai 10 anni, quando ho capito la gravità della mia malattia, ho deciso di mettere un muro tra me e le persone. E' giusto così, non mi piace fare del male alla gente. Lo so che dalla mia descrizione sembro una ragazza asociale e depressa, ma non è così, sorrido sempre solo per non far preoccupare nessuno, soprattutto i miei genitori che dalla mia nascita danno la vita per me. Da un po' sto peggiorando quindi siamo costretti a partire per Londra.
Sto facendo le valigie, è tutto pronto, ma risistemo di nuovo con cura i miei beni più cari solo perchè mi fa stare meglio e perchè ne sento un gran bisogno, i libri, i cd e i dvd.
Mi metto a rileggere le parti più belle dei libri e ad annusarli, ascolto il cd che più sento mio in questo momento ovvero Nothing has Changed di David Bowie, e rivedo per la millesima volta Forrest Gump.
Okay, ora sono pronta a partire sapendo che un giorno tornerò, più forte di prima, più forte che mai.
Sono da sempre un vulcano e nulla mi può spegnere, neanche uno stupido cancro.

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Capitolo 3
*** Capitolo uno. ***


È uno strano dolore, morire di nostalgia per qualcosa che non vivrai mai.
-Alessandro Baricco.
CAPITOLO UNO.
Non ho mai fatto l'amore con un ragazzo.
Fin dai 9 anni ho un cancro al fegato. Ho passato circa un anno di chemioterapia, il momento più brutto di tutta la mia vita, poi dei farmaci hanno cominciato a farmi stare meglio e a tenere il tutto sotto controllo, ma il tumore è proprio in un posto di merda. Per questo motivo vado a Londra, devo vedere cosa è meglio fare adesso, le medicine iniziano ad avere un riscontro negativo sul mio corpo. Ho dei dolori lancianti ogni notte, butto fuori anche l'anima. Sono finita al pronto soccorso sette volte solo questo mese. Ho sempre avuto paura di morire, così da un momento all'altro, e capire solo in quel momento che non avevo vissuto a pieno. Ed è così. Io non sto vivendo affatto come una qualsiasi sedicenne.
Ricordo quando ho dato il mio primo bacio a Matteo, un ragazzo che mi trovava carina, avevo tredici anni ed eravamo a scuola. Mi aveva preso completamente alla sprovvista, tanto che dalla vergogna corsi in bagno. Ma ero felice, anzi felicissima, Avevo baciato un ragazzo, l'avevo fatto davvero, ero come tutte le ragazze del mondo, avevo dato un bacio, per un giorno non mi sono sentita diversa. Come vorrei fare tutto ciò che fanno i miei coetanei, mangiare schifezze, uscire, andare a ballare, ubriacarsi, fumare, divertirsi e non pensare ad altro. Sarebbe un sogno liberarsi una volta per tutte di questo dannato peso che mi porto dietro da anni ormai. Siamo appena arrivati a Londra, abiteremo in un piccolo quartiere il cui nome non ricorderò mai.
-Che posto meraviglioso!- Cinguetta mia mamma Tiziana, chiamata da tutti Titti.
-Oh, hai ragione amore mio.- Concorda mio padre Eden.
-E tu Gwenny, tesorino che ne pensi?- Mi chiede mia madre sorridendo.
-Trovo tutto bellissimo.- Dico ricambiando il sorriso.
Come si fa a non amarli? Sono i genitori migliori del mondo, darei la vita per loro. Anche la mia bellissima Audrey Hepburn, chiamata così in sua memoria, una yorkshire di 8 anni, sembra felicissima. Ci dirigiamo tutti insieme verso la nostra nuova casa, e devo dire che è proprio bella. Una villetta arredata, di due piani con una mansarda tutta per me. Appena entriamo ci accoglie un bellissimo salotto, con a destra la sala da pranzo, e a sinistra la cucina. Al piano di sopra ci sono due bagni, la camera da letto dei miei genitori e uno studio grandissimo dove mio padre può portare il lavoro da ingegnere a casa. E poi c'è la mia bellissima mansarda, dotata anche di un bagno. Mi metto a sistemare i vestiti nell'armadio guardando Frozen il regno di ghiaccio, amo quel cartone animato. Inizia a far tardi così decido di farmi una doccia, appena finisco mangio il solito cibo al vapore preparato da mia madre, prendo le mie pillole e vado a dormire. Domani sarà una lunga giornata.
Mi sveglio alle cinque credendo fossero le sei, dannato fuso orario. Ma è inutile rimettersi a dormire, quindi mi butto a capofitto nella vasca da bagno e mi rilasso per circa un'ora, esco e inizio a vestirmi, metto un paio di leggings neri, una camicetta di jeans e le mie amate Nike bianche. Mi lego i capelli in una treccia laterale a spiga di grano, metto le lenti a contatto e mi trucco leggermente. Sono le 7.30, devo essere a scuola per le 8:30, non sapendo quanto dista da casa mia decido di farmi accompagnare da mia madre, dopo aver preso le dannate pillole. Seguendo tutte le indicazioni stradali arriviamo a destinazione in 5 minuti. Fantastico, ora cosa faccio per 55 minuti? Noto nel cortile una panchina ben riparata sotto un albero, mi siedo, metto le mie cuffiette e inizio a leggere qualche poesia dal libro che porto sempre dietro. D'un tratto qualcuno decide di interrompere la mia quiete, un ragazzo dai capelli palesemente tinti di rosso.
-Ragazzina vedi di andare, questa è mia. - Dice indicando la panchina con aria seccata.
Io decido di non dargli conto,mi rimetto le mie cuffie e torno al mio libro. Il ragazzo a cui non piace il proprio colore di capelli, immagino, mi stacca le cuffie e mi chiede di nuovo:
-Vuoi andare?!- Si stava arrabbiando.
-Io non vado proprio da nessuna parte!- Dico io, irritata.
Lui sbuffa e si siede accanto a me, e.... cosa sta facendo? Sta fumando? Mi alzo di scatto. Non posso stargli vicino, ho pur sempre un cancro.
-Che c'è? Hai paura bambina?- Chiede divertito.
-Fumare fa male.- Rispondo sicura di me, ed entro a scuola.
Mancano 5 minuti al suono della campanella e decido di andare a chiedere quale fosse la mia classe in segreteria. Entro ma non trovo nessuno, poi sento un tonfo, faccio il giro della scrivania e vicino agli armadietti c'è un ragazzo steso a terra con un mare di fogli sparsi in giro.
-Mamma mia, ti aiuto io!- Dico raccogliendo i fogli da terra.
-Oh mi dispiace, scusa, sono scivolato, mi dispiace, scusa ancora. - Il ragazzo è molto imbarazzato, si ricompone sistemandosi la camicia bianca e continua -Comunque cosa ti serve? Io sono Nathaniel, il segretario delegato - Chiede più rilassato.
-Sono Gwendolyn Rossi la nuova alunna, vorrei sapere qual'è la mia classe.- Dico.
-Rossi, Rossi... Si certo! Eccoti qua Gwendolyn - Dice cercando tra dei moduli contrassegnati dalla lettera R. - La tua classe è la III B, l'aula qui davanti.- Mi sorride.
-Grazie mille, adesso vado, e stai attento.- Rispondo ed esco.
Entro nella mia classe con dieci minuti di ritardo, e trovo, immagino, il professor Faraize, almeno c'è scritto così sulla lavagna.
-Scusi il ritardo, ma sono nuova e non sapevo quale fosse la mia classe così sono andata a chiedere, mi chiamo Gwendolyn Rossi - Spiego.
-Va bene signorina Rossi, faremo le presentazioni dopo, adesso sto spiegando, siamo a metà simestre le ricordo, si sieda pure vicino a Castiel, il ragazzo dai capelli rossi.- Dice indicandomi il mio nuovo compagno di banco.
Il ragazzo mestruato di stamani, ma era una persecuzione! Mi siedo senza dirgli niente.
-Che c'è bambina, hai perso la lingua?- Domanda.

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Capitolo 4
*** Capitolo due. ***


Odio coloro che mi tolgono la solitudine, senza farmi compagnia.”
-Friedrich Nietzsche.
CAPITOLO DUE.
-Sarà forse che non ho voglia di parlare con te? - Rispondo scorbutica.
-Come siamo suscettibili novellina. - Mi risponde con un sorrisino antipatico.
-Non sono suscettibile - replico.
-A me sembra di sì - replica lui.
-Però se perdo il senno - 
-Il senno? - Domanda lui anarcando un sopracciglio.
-Sì il senno, e in tal caso io non mi sottovaluterei caro ragazzo dalla tinta dalle dubbie utilità. - Dico.
-Ah sì? E che mi fai ragazza con i capelli color noce? - Sorride furbo.
-Mi reputo una professionista, e una professionista non rivela mai i suoi attacchi segreti - continuo - io mi guarderei sempre le spalle, poi fai tu... -
Ed ecco che ride, ha davvero un bel sorriso... Ehy Gwen riprenditi!
-Hai ragione! Ti prego non farmi del male furia! - Dice divertito.
-Venga signorina Rossi - è il professore che mi ha chiamata.
-Sì - vado alla cattedra.
-Si presenti alla sua classe - Mi incita Faraize.
-Mi chiamo Gwendolyn Rossi, vengo dall'Italia, frequentavo anche lì il liceo scientifico, e con l'inglese sono così così - credo di essere abbastanza rossa in viso.
-Tutto qui? - Domanda il professore insodisfatto della mia presentazione.
-Tutto qui - rispondo.
-Avete domande ragazzi? - Chiede al resto della classe.
Spero vivamente di no, e infatti nessuno alza la mano, molti mi hanno ascoltata, altri hanno fatto tutt'altro.
-Bene allora si può sedere Gwendolyn - dice - e benvenuta al Dolce Amoris! -
Torno al mio posto, dove il mio compagno di banco è intento ad ascoltare musica dal suo telefono con le cuffiette.
-Tieni - mi passa una cuffietta - il professor Faraize è una noia -
-No grazie - rispondo.
-Non solo uno cerca di essere gentile! - dice alzando un po' la voce, senza essere esagerato -in questo mondo nessuno mi apprezza. - Sbuffa.
Scoppio a ridere, la mia risata imbarazzante rimbomba per tutta la classe bianca con 12 banchi verdi, sì li avevo contanti.
Il professore, che ci osserva già da un po', si alza dalla sedia e ci sbatte gentilmente fuori.
-Smith, Rossi! Mi state disturbando da un'ora, fuori! - Urla - è questo il modo di iniziare l'anno per lei?!-
Io e Castiel ridendo usciamo dalla classe.
-Dai vieni bulla, ti faccio fare un bel giro turistico. - Sorride.
Come posso dire di no? Dio è proprio bello. E' molto più alto di me, un bel fisico, occhi grigi, un sorriso fantastico e dei capelli orripilanti. E' praticamente perfetto.
-Okay. - Acconsento.
Saliamo quattro rampe di scale e arriviamo ad una bellissima terrazza con delle panchine qua e là e una vista mozzafiato.
-Ehy! Ci siamo appena conosciuti e già cerchi di conquistarmi? Quale onore! - Esclamo ironica.
-Ti piacerebbe bambina.- Dice ridendo.
-Non credo, non amo molto i ragazzi che si tingono i capelli più frequentemente delle ragazze. - Rispondo.
-Ma ammettilo che non hai mai visto un uomo, dai capelli tinti di rosso, più affascinante di me! - Sorride.
-Bhé non ho avuto la fortuna di incontrare molti ragazzi che si tingono i capelli di rosso, caro Pomodoro. - Sorrido.
-Touchè!- Ride.
-Uno a zero per me!- Rido anch'io.
Si siede e si mette a fumare, io mi alzo e mi allontano.
-Anche prima, appena ho uscito la sigaretta ti sei allontanata, cos'hai?- Mi chiede.
-Emh, sono allergica, se ispiro il fumo mi gonfio tantissimo. - Rispondo in fretta, spero ci creda, non so neanche se una persona allergica al fumo si gonfia. 
-Capisco. - Dice spegnendo la sigaretta e rimettendola nel pacchetto.
D'un tratto sentiamo la porta aprirsi ed entra un ragazzo, anche lui sembra avere i capelli tinti! Però, sarà una cosa normale da queste parti.
-Lysandro, che c'è? - Chiede Castiel al ragazzo dagli occhi bicolore e dagli abiti vittoriani.
-Il professore vi sta cercando, muovetevi a scendere, ah io sono Lysandro non ci siamo ancora presentati. - Mi dice porgendomi la mano. Anche lui è bello lo devo ammettere.
-Gwendolyn. - Dico. Vicino a loro mi sento ancora più bassa di quanto già non sia.
Scendiamo e arriviamo in classe dove troviamo Faraize. 
-Bene ragazzi, visto che oggi non siete stati attenti voglio per domani una ricerca collettiva sulle guerre puniche. - Dice - Ora tu Rossi siediti con Rosalya Dugs. - Mi segna col dito una ragazza bellissima,praticamente il mio opposto.
Mi siedo e mi presento. Sembra una ragazza simpatica, soprattutto perché non mi chiede nulla. Il resto della giornata passa così, facendo conoscenza di Iris, Violette, Kim e Melody, tutte ragazze simpatiche, con cui ovviamente non avrò relazioni fuori dalla scuola.
Suona la campanella per uscire e Castiel mi viene incontro.
-Bene Castagna, oggi dovremmo stare insieme. - Dice alludendo al colore dei miei capelli. -Puoi venire da me, i miei non ci sono mai e abbiamo casa tutta per noi. - Continua.
A casa sola con Castiel? No grazie. 
-Vieni tu da me Pomodorino, alle 17:00. Via Sant Laris n° 24. - Dico io.
-Come vuoi tu, non vorrei mai mettermi contro una culturista. - Mi fa l'occhiolino, prende il casco e se ne va.
Torno a casa e mangio velocemente, alle 14:00 devo andare dalla dottoressa.
Ricordo il giorno in cui mi è stato diagnosticato il tumore. Un giorno Orribile. Era inverno, avevo la febbre altissima, dolori allo stomaco lancinanti, la pelle quasi gialla e perdevo peso a vista d'occhio. Andammo dal medico medico di famiglia, che solo guardandomi capì che qualcosa non andava. Mi tastò l'addome e arrivato al fegato io urlai. Mi mise subito a sedere sul lettino e mi fece una ecografia. Cosa scoprì lo sappiamo benissimo tutti. Il mio è un tumore primitivo causato da un carcinoma epatocellulare, molto raro, e chi ne soffre maggiormente sono persone che superano i sessant'anni. Per fortuna il fegato era ancora sano, ma il tumore era sparso in molte parti dell'organo, quindi asportare la parte colpita era ed è tutt'ora praticamente impossibile. Rimane comunque il trapianto, ma ero ancora troppo piccola e ho sempre avuto i valori troppo bassi per sottopormi a un'operazione del genere, c'è l'80% delle possibilità che io non la superi. Ho fatto la chemioterapia e la termoablazione, mi hanno aiutato, ma pian piano mi stavano distruggendo il corpo, così il mio medico mi ha poi prescritto delle pillole che non hanno eliminato il tumore, ma non l'hanno fatto espandere, purtroppo l'effetto non sarebbe stato duraturo, ed appena ha visto i primi segni di cedimento mi ha mandata qui.
Ci dirigiamo verso lo studio della dottoressa... Smith. Aspetta un secondo, Smith come Castiel? Ma di cosa mi preoccupo, ci sono un milione di Smith solo a Londra. Per quanto ne so Castiel può essere anche imparentato con Will Smith.
Arriviamo in trenta minuti e la dottoressa, che di Castiel non ha niente, ci fa accomodare subito.
-Ciao tesoro, io mi chiamo Caren, tu devi essere Gwendolyn. - Mi sorride. -Come ti senti oggi? - Chiede.
-Bene, grazie. - Rispondo.
-Bene piccola, facciamo le analisi del sangue e poi un'ecografia, d'accordo? - Sorride. Mi inizia a stare sui nervi.
-Okay. - Dico.
Durante l'ecografia noto che è preoccupata.
-Cosa c'è? - Domando.
-Oh tesoro, pulisciti con questi e siediti. - Dice porgendomi dei fazzolettini.
Ci sediamo ed inizia a parlare.
-Allora, il fegato sembra essersi gonfiato facendo il confronto con le ecografie dello scorso mese che mi avete portato, ed inoltre le masse tumorali aumentano. Le pillole sembrano non fare più il loro dovere a quanto pare. Ho paura che il cancro si espanderà anche nei polmoni, nel colon, nel seno e così via, sarà una reazione a catena. Se non interveniamo dubito che vivrai ancora a lungo. Ti metto subito in lista per il trapianto. - Dice con quella solita voce dei dottori insopportabile.
-Ma, Gwen... Gwendolyn è sotto i valori per l'operazione, può non farcela... - Dice mio padre con lo sguardo perso nel vuoto.
-Questo è vero. Ma è meglio provare a operarla che lasciarla morire così. Dobbiamo intervenire finché l'organo è sano, non perdiamo tempo, nel corso di un anno il fegato può diventare inoperabile. Non sappiamo quando sarà disponibile l'organo. Ora io ti consiglio solo delle iniezioni di etanolo, Gwendolyn. - Sorride.
Ma perché sorride? Mi ha appena detto che sto morendo.
-D'accordo. - Dice mia madre.
-Da domani tesoro ti voglio nel mio studio tutti i giorni alle 15:00, è meglio se la iniezione la pratico io. - Dice.
Senza dire una parola usciamo dalla sala e ci dirigiamo verso casa. Non so neanche io come mi sento, se non mi opero muoio e se mi opero posso morire. Io non voglio morire! Ma non sono mai stata io a prendere le decisioni sul mio corpo, sempre i medici, tanto non sono loro ad avere un cancro. Durante il tragitto né io né i miei genitori abbiamo aperto bocca, non saprei cosa dire, credo neanche loro, nella mia testa rigirano talmente tanti di quei pensieri che qualsiasi cosa dicessi risulterebbe incomprensibile. 
Arriviamo per le 16:30, neanche Audrey che corre gioiosa verso di me è in grado di rallegrarmi. Ho solo voglia di dormire. Mi levo le lentine, mi metto il pigiama e mi addormento. Mi sveglio di colpo a causa di un rumore, il campanello, sono le 17:11. Ora ricordo. Castiel. Sento mia madre aprire la porta.
-Salve signora, il mio nome è Castiel sono un compagno di scuola di Gwendolyn, dobbiamo fare una ricerca. - Dice gentilmente.
-Oh prego entra Castiel, e chiamami pure Titti! Vieni ti accompagno in camera sua. - Iniziano a salire le scale e parlare del più e del meno.
Finché sento bussare e si apre la porta.
-Gwenny tesoro c'è il tuo amico Castiel. - Dice mia mamma.
-Si lo vedo. - Rispondo.
-Vi lascio soli. - Sorride e ci saluta, mentre esce mi fa l'occhiolino.
-Ehy nanerottola, ti ho svegliato o volevi farmi vedere la parte più sexy di te? - Ride indicando il mio pigiama con gli orsacchiotti.
-Ah ah! Ricorda caro Rosso che questa è casa mia e che se voglio posso cacciarti via! - Dico sorridendo.
-Non credo che tu possa farlo, tua mamma mi adora, ho visto tutto! - Ride. - 1 a 1 Castagna!- Rido anche io.
-Va bene dai, mettiamoci a lavoro, sarà una lunga serata!- Dico.

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Capitolo 5
*** Capitolo tre. ***


Andiamo a far fronte agli eventi che ci si parano davanti.
-William Shakespeare.
CAPITOLO TRE.
Mi siedo sulla sedia della scrivania e accendo il computer, dovevo ricordarmi di togliere lo screensaver di Rapunzel, cazzo.
-Bello sfondo, allora faccio bene a chiamarti bimba - mi dice Castiel.
Lo sapevo! Ma cosa c'è di male a guardare i cartoni animati? Io ne vado pazza. Ci sono serate in cui io mia madre e mio padre facciamo le maratone Disney.
-Mi piacciono i cartoni animati, qualche problema? - Rispondo acida.
-Sei strana per avere 16 anni - Mi alza il sopracciglio facendo un sorrisino.
-Vogliamo metterci a lavoro? La ricerca non si fa sola. - Voglio cambiare il tema della conversazione, di solito se qualcuno mi attacca il discorso cartoni animati ne parlo fino allo sfinimento, elencando i miei preferiti, il motivo per cui mi piacciono, il significato che hanno per me e cosa insegnano, ma sono piccole parti del mio cuore e non ho voglia di farne parola con Castiel, ragazzo assolutamente sconosciuto con cui mi sono ritrovata incastrata a fare una ricerca a casa mia, dopo aver scoperto di stare morendo. Che meraviglia.
Lo vedo gironzolare per la camera e osservare tutto con attenzione.
-Cerchi qualcosa? Tranquillo, non faccio parte di una famiglia di Serial Killer, non metterei mai le mie mani sui tuoi capelli tinti. - Dico ironica.
-Oh, lo so che vorresti! Ma sono io a non volere le tue mani su di me, non mi piacciono le ragazze basse, per fartelo sapere. - Risponde.
-Sai quanto mi importa! Mettiamoci a lavoro. - Dico.
-Hai ancora un mucchio di scatoloni, da dove vieni? E perché vi siete trasferiti? - Mi domanda mentre si siede sul letto.
-Sono arrivata due giorni fa dall'Italia, ci siamo trasferiti qui per lavoro. - Rispondo ovviamente mentendo, sono molto brava a dire bugie. L'ho imparato col tempo rispondendo a domande del tipo "Come stai?" o "Senti dolore?". Ci sono abituata.
-Io detto e tu scrivi? - Continuo.
-Assolutamente no! Se proprio vuoi fare questa noiosissima ricerca io detto. - Mi dice.
-Allora iniziamo! - Rispondo.
A quel punto sentiamo bussare, è mia madre con un vassoio stracolmo di biscotti e latte al Nesquik per Castiel, che vergogna! Adesso mi avrebbe chiamata "bambina" per il resto dei miei giorni. 
-Castiel ti ho portato dei biscotti e del latte, ho pensato avessi fame caro. - Ma come fa mia mamma ad essere tanto gentile con lui? Mi sto irritando.
-Grazie mille Titti, in effetti ho un certo languorino. Tu Gwen ne vuoi? - Mi domanda ammiccando.
-No sono a dieta. - Ennesima bugia, mi dovrei confessare.
-Castiel visto che sei qui vuoi rimanere a cena? Noi siamo tutti a dieta e mangiamo quasi sempre verdure cotte al vapore, quindi ti posso ordinare una pizza. Ti va? - Domanda mia mamma al rosso finto. Ma come faceva a piacergli? Mia mamma odiava le tinture, per questo non sono mai diventata bionda. Ma aspetta, cosa ha chiesto mia mamma a Castiel? NO. Adesso stava esagerando. Non volevo avere niente a che fare con lui!
-Mamma, credo che Castiel abbia da fare. - Dico visibilmente irritata.
-No posso restare, mi va bene una Chips. - Risponde direttamente a mia madre.
-Oh che bello! - Esclama mia mamma ed esce felice dalla stanza.
-Non ti mettere strane idee in testa piccola Noce, rimango solo per Titti. - Dice mangiando i biscotti.
-AH! FACCIAMO LA RICERCA? - Gli domando sempre più arrabbiata.
-Okay, okay, calmati Godzilla. - Mi risponde.
Ma perché proprio Godzilla? Io non gli assomiglio. Ma finalmente ci mettiamo a lavorare finché non arriva il ragazzo che consegna le pizze e mia mamma ci chiama per mangiare. Scendiamo le scale e Audrey ci viene incontro scodinzolando felicissima. Anche lei a fare le feste a Castiel? Ma cosa aveva addosso? Un feromone per donne mature e cani? Bho. 
-E chi è questa bella cagnolina? - Domanda a Audrey, senza smettere di accarezzarla. 
-Si chiama Audrey Hepburn. - dico poi rivolgendomi verso lei - E tu non dare tanta confidenza agli sconosciuti! -
-Nome interessante - dice guardandomi come se mi stesse studiando - Audrey ma lo sai che sei più carina della tua padrona? - Domanda Castiel alla mia yorkshire facendo la vocina da rimbambiti, non lo posso biasimare, io sono la prima a farla.
Gli do uno scappellotto sul collo e gli indico il bagno, mentre io mi dirigo verso la cucina.
-Mamma, papà, mi raccomando non una parola sulla malattia, Castiel è in bagno sta arrivando. - Dico a bassa voce ai miei genitori. 
-Si tesoro, ora lavati le mani e siediti. - Dice mio padre Eden.
-Ma quanto è bello quel ragazzo Gwenny! Ora ci penso io. - Mi dice mia mamma.
Io e mio padre stavamo per replicare quando dalla porta entra Castiel che si presenta a mio padre e si siede.
-Allora Castiel è bello da queste parti? - Domanda mia madre.
-Sì molto bello, voi ancora non avete esplorato? - Chiede Castiel sempre rivolto a mia mamma.
-No caro, ma perché un giorno di questi non fai fare un giro turistico a Gwendolyn? Sai ha il senso dell'orientamento pessimo. - Dice.
Non sapevo se prendermela perché ha appena organizzato un appuntamento a me e Castiel o perché ha offeso il mio senso dell'orientamento. Per Castiel, certo.
-Mamma hai finito? Non credo che ne abbia voglia. - Rispondo al posto di Castiel.
-Certo che posso Titti, ma raccontatemi di più sul suo senso dell'orientamento - ride Castiel.
Mio padre scoppia a ridere e inizia a raccontare.
-Oh amore ti ricordi la farina? - Domanda a mia madre.
-Certo che lo ricordo, raccontalo a Castiel. - Sorride mia mamma.
L'avrebbero raccontato a tutti anche dopo la mia morte.
-Sai Castiel ai tempi c'eravamo appena trasferiti in una nuova casa ma sempre nello stesso paese e proprio accanto c'era un piccolo market, a lei e mia moglie era venuta voglia di dolci, ma mancava la farina, allora visto che il supermercato era proprio lì decidemmo di mandarla sola, per vedere cosa faceva. Doveva metterci sì e no 10 minuti, ma ne passarono 15 e poi 20, allora decisi di andare a cercarla, andai al market non c'era. Ero disperato. Volevo chiamare la polizia dopo 10 minuti di ricerca invano . Torno a casa e davanti la porta trovo una nostra conoscente con Gwenny in braccio e con un pacco della farina mezza vuota in mano, gli occhi gonfi di lacrime. Era riuscita a trovare il market ma non a tornare a casa e per la fame si era mangiata tantissima farina. - Ridono i miei e Castiel - La dovevi vedere, era uno spettacolo. - Finisce.
-Ma cosa volete da me? Avevo solo 7 anni e mi aveva rincorso un ape! - Dico in mia difesa inutilmente.
E così iniziò la serata " Raccontiamo le cose più imbarazzanti di Gwendolyn a sconosciuti!".
-Ma perché quando ha fatto la pipì sul tuo capo, Eden? - Dice mia madre ridendo, ha sempre avuto la risata contagiosa, era uno dei suoi tantissimi pregi.
-Come posso dimenticarlo? Come faremo senza te Gwen? - Dice mio papà prima ridendo, poi tornando serio.
Devo cambiare discorso.
-Lo sapete, a Castiel non piacciono i cartoni animati! - Era l'unica cosa sensata che mi è venuta di dire in quel momento.
Ed ecco che vidi i miei genitori amanti della Disney e non solo, tornare in sé. 
-Come non ti piacciono i cartoni? - Gli domanda mia madre con la sua voce da finta delusa.
-Non ne vado pazzo, ecco. - Risponde Castiel.
-C'è solo una cosa da fare amore, sta sera ce ne vediamo uno. - Dice mio padre a mia mamma.
Sapevo che nulla gli avrebbe fatto cambiare idea. Ma non volevo Castiel ancora a casa mia, o forse sì? E' la prima volta che porto un "amico" (se così si poteva definire Castiel) a casa ed è una bella sensazione.
Vi risparmio l'inutile dibattito su che cartone animato vedere. Alla fine decidemmo per Koda fratello Orso, non che il mio preferito.
Appena finito di mangiare ci dirigiamo verso il salotto, compresa la mia piccola Audrey che si era già appropriata del posto vicino a Castiel, sicuro, erano i feromoni. Salgo sopra lasciando i miei e lui da soli (sperando bene) per prendere il dvd, ed è in quel momento che penso a come siamo arrivati fino ad adesso. Castiel, sconosciuto, casa mia, cena, film. Come? Era successo tutto così in fretta che nel momento in cui le cose accadevano non pensavo nemmeno alle conseguenze. Ma ormai era troppo tardi per fare i conti quindi cerco Koda fratello Orso nello scatolone e scendo di nuovo giù. 
Ci sediamo tranquillamente sull'enorme divano in fila : Io, mio padre, mia madre, Castiel e Audrey. 
Menomale che ero lontana da lui, nella scena in cui muore Sidka o quando Sinai racconta a Koda come ha ucciso sua madre piango un po', per non parlare della scena finale. Mentre ero presa a asciugarmi le lacrime con le mani senza dare sull'occhio mio padre si avvicina al mio orecchio e mi sussurra "Non vivremo bambina mia, questa è semplicemente la risposta", bene ora le lacrime si stavano raddoppiando, ma ero riuscita a trattenerle. Finito il film ci siamo messi a fissare Castiel per vedere la sua reazione, era impassibile. 
-Niente male - disse infine.
-Tutto qui?! - Eravamo scioccati.
Parlammo un po' del cartone animato, finché non si fece tardi.
-Credo che sia ora di andare - Dice Castiel guardando l'ora. -E' stato un piacere conoscervi. - saluta i miei genitori con un bacio sulla guancia.
-Il piacere è stato tutto nostro. - Risponde mio padre. 
-Gwen, accompagnalo alla porta. - Mi dice mia madre.
Castiel raccoglie le sue cose e ci dirigiamo all'entrata, apro la porta e lui esce.
-Che c'è ti aspetti un bacio anche tu? - Mi domanda.
-Bleah! No! - Rispondo.
-Bene perché tanto non te lo davo! Ciao Noce ci vediamo domani, ricorda di portare la ricerca. - Mi saluta da lontano andando verso il motore.
Sorrido e chiudo la porta alle mie spalle.
-Come neanche un bacio piccolo piccolo? - Dice mia mamma visibilmente delusa. 
-Mamma! - Rido. 
-Sei il nostro angelo, tesoro, non abbiamo avuto modo di dirtelo oggi, ma ti staremo sempre accanto. - Risponde mia madre abbracciandomi insieme a mio padre.
-Lo so - rispondo - ora vado a letto, buonanotte. - li saluto e mi dirigo verso camera mia.
Credo che adesso dovrei piangere pensando a tutto ciò che mi ha detto la dottoressa oggi, ma mi addormento senza neanche una lacrima.

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Capitolo 6
*** Capitolo quattro. ***


“Non era destinato a una vita facile. Si prendeva tutto troppo a cuore e troppo dentro.”
-Margaret Mazzantini..
CAPITOLO QUATTRO.
Odio la sveglia. E' una delle cose più fastidiose al mondo, dopo lo "scrocchio" delle dita e prima del frastuono creato dal trapano. Nella scala dei fastidi rientra al settimo posto. Anche Flo si alza di scatto ed inizia ad abbaiare puntando il muso contro quell'affare. Neanche lei sopporta la sveglia, si vede che è la mia cagnolina.
-Troppo rumore di prima mattina, vero Audrey? - La prendo in braccio cullandola un po', non potrei neanche immaginare una vita senza quel batuffolo di pelo.
Anche se con fatica mi alzo, vado in bagno e mi riempo la vasca. Appena mi immergo inizio a riflettere. Sembra che la verità mi stia piombando addosso solo adesso. Sto morendo... sto morendo. I miei occhi iniziano a gonfiarsi di lacrime che escono senza controllo. Sto morendo e non è uno scherzo.
Da quando abbiamo riscontrato la mia malattia i medici hanno sempre parlato di morte, tanto che col tempo ne ho avuto il terrore. Avevo cancellato la parola "morte" da tutto: dal mio vocabolario, dalla mia testa e dal mio cuore. Pronunciarla era diventato vietato. Ma adesso non posso farci niente, il mio subconscio continua a tirarmela addosso, sto morendo, è la realtà e ho paura! Ho una paura folle, ne ho sempre avuta e sempre ne avrò. Continuo a piangere, non credo di aver pianto tanto in vita mia. L'unica soluzione è il trapianto, ma ci sono le buone possibilità che io non superi l'operazione, il mio cuore sta andando a pezzi. Io voglio vivere, per mia madre, mio padre, i miei cari nonni, Audrey e me. Ho sedici anni, non voglio che la mia vita finisca qui, senza aver vissuto a pieno. Quanto vorrei guarire e fare tutto ciò che finora non ho potuto fare. Odio così tanto me stessa per essere stata così debole da permettere al cancro di prendersi il mio corpo, questo nella scala dei fastidi è sicuramente al primo posto. Ma non sono più una bambina, sono diventata forte, combatterò per me, è una battaglia che non posso permettermi di perdere.
Perché sto avendo questo sfogo solo ora e quando ero con Castiel no? E' così che una si sente quando è in compagnia di un amico? Solo felice? E' una sensazione così calda. Mi piace tanto.
Vorrei avere un amico accanto in questo momento, che mi aiuti ad asciugare le lacrime e mi faccia ridere, magari scherzando sul colore dei miei capelli chiamandomi "Castagna" o "Noce". Noce mi piaceva di più.
Ho gli occhi ancora un po' rossi, ma devo andare, è tardi. E' la prima volta, dopo tanto tempo, che non prendo le pillole prima di uscire, è bello sì, anche se preferirei delle pasticche alla iniezione che mi aspetta oggi.
Arrivo in ritardo, il cortile è semivuoto, vado direttamente in classe, ma un minuto prima di aprire la porta sento urlare il mio cognome da dietro.
-Signorina Rossi! Si fermi! - E' una donna, emm, rosa. -Salve, sono la preside del Dolce Amoris Amelia Clapfert, ieri non ho avuto modo di incontrarla, la prego a seconda ora di venire nel mio ufficio, seconda porta a destra. - Mi saluta e se ne va.
Immagino che la preside\patata rosa sappia la mia attuale condizione fisica.
Entro in classe e faccio la conoscenza del professore Patskin, matematica, la mia materia preferita, poi gentilmente mi chiede di accomodarmi in uno dei posti liberi, bhè in realtà era uno solo. Rosalya è seduta con un certo Albert? Il ragazzo dai capelli azzurri, sì credo si chiami Albert. Castiel con Lysandro e le ragazze fra di loro, quindi mi siedo con Kyle? Il ragazzo moro... dovrò stare più attenta all'appello.
- Ciao - gli dico.
- Ciao Gwendolyn, sono Kentin - ricambia il mio saluto arrossendo leggermente.
Kentin! Non Kyle! L'ennesima dimostrazione che la mia memoria è paragonabile a quella di un cactus.
Non ci scambiamo molte parole, finché suona la campanella e devo andare dalla preside. Mi alzo e mi dirigo verso la porta quando Castiel mi chiama.
-Ehi Noce, non mi saluti nemmeno? - Mi ha chiamata Noce. 
-Devo andare dalla preside - dico liquidandolo subito.
Arrivo davanti la porta dell'ufficio, sto per bussare quando esce un ragazzo dai capelli neri, arrabbiatissimo. Dopo di che entro io.
-Gwendolyn, cara siediti. - Mi accomodo sulla sedia rosa morbidissima.
-Volevo parlarle, sono a conoscenza della sua condizione fisica, ne ho parlato con sua madre. So che ogni giorno dopo le lezioni deve andare dal suo medico, ma mi chiedevo se se la sentisse di fare parte di un club, noi la riteniamo una scelta obbligatoria, ma ovviamente per lei non sarà così. Può scegliere fra : giardinaggio, basket, disegno e musica. - Mi dice, aspettando una mia risposta.
Ma sì, perché no, mi aiuterà a non pensare. Vediamo: giardinaggio no, ho sempre fatto appassire tutte le piante in mio possesso. Basket no, negli sport faccio schifo. Disegno no, non riesco nemmeno a colorare dentro i bordi e musica è la mia ultima scelta, ho studiato pianoforte per un po' ma ho dovuto smettere, non ricordo assolutamente nulla, ma chissà, magari sarà la volta buona che imparo a suonare qualche strumento.
-Musica, ma posso venire i pomeriggi dopo le 4, prima ho la visita. - Le rispondo.
-Oh va benissimo, vuole iniziare oggi stesso? - Mi domanda entusiasmata.
-Okay - rispondo.
A quel punto mi ci salutiamo e me ne torno in classe, dove trovo Faraize, la ricerca! Gliela facciamo vedere e ci fa i complimenti, la scuola non è mai stata un problema per me. Penso che sia stata la prima sufficienza che Castiel prende quest'anno, perché lo vedo molto contento, anche se cerca di non darlo a vedere. Mi ringrazia sottovoce e torno a sedermi vicino Kentin. Suona la ricreazione ed esco fuori in cortile con Rosalya, Castiel e Lysandro. Sono felice di stare in loro compagnia. Castiel si mette a fumare, quindi, spiegando che sono allergica al fumo, io e Rosalya ci allontaniamo.
-Allora come ti sembra tutto questo? - Mi chiede aprendo le braccia per indicare la scuola.
-Molto bello, oggi ho scelto come club quello di musica. - Le dico.
-Davvero? Ma ci siamo anche io, Lys e Castiel! Vedrai ti divertirai un mondo. - Mi dice felice.
-Si? E cosa fate con precisione? - Le domando.
-Castiel, Lysandro, Kentin e Armin sono una piccola band di città, io faccio la costumista, e Alexy, il mio compagno di banco, il "manager" anche se non trova quasi mai ingaggi. Tu suoni qualcosa? - ALEXY? Ero sicura al 86,4% che si chiamasse Albert.
-No, ho studiato pianoforte all'età di 7 anni poi ho lasciato. - Le dico.
-Allora ti troveremo qualcosa da fare! - Mi sorride.
Vedo passarmi davanti Nathaniel, il segretario delegato, che mi saluta con la mano da lontano, io ricambio.
-E Nathaniel? Lui fa qualcosa?- Le chiedo.
-Oh no, lui è molto impegnato già da segretario e non è neanche in buoni rapporti con Castiel, vedi è una vecchia storia. - Mi risponde.
-Capisco. - Non mi va di chiederle cosa fosse successo.
Ci avviciniamo ai ragazzi e Rosalya annuncia la mia partecipazione al club di musica.
-Sarà divertente! - Dice Lysandro sorridendo. Sembra un piccolo schnauzer.
-Una Noce al club di musica? Ti permetto di entrare solo perché mi hai fatto prendere 7, ricordalo! - Sorride anche lui.
-Lo so che sei felice di passare del tempo con me, caro Pomodoro. - Gli sorrido, e lui ricambia il mio sguardo.
Ad un tratto si avvicina una ragazza molto carina, dagli occhi e lunghi capelli color oro, che va da Castiel e lo bacia, era fidanzato. Lui si stacca quasi subito.
-Ambra quante volte te l'ho detto che a scuola non ti devi avvicinare? - Ringhia lui alla ragazza.
-Ma come, Castiel... - dice lei visibilmente triste.
-Ho detto che te ne devi andare! - La ragazza a quel punto se ne va con le lacrime agli occhi.
Prima che potessi insultarlo in tutte le lingue di mia conoscenza, ovvero tre, italiano, inglese e tedesco, Lysandro si alza dal muretto e si siede vicino a Castiel.
-Sai amico dovresti smetterla di scopartela se poi la tratti così. - Dice Lys.
-Io mi diverto e basta. Punto. A lei sta bene così e anche a me. - Dice Castiel con uno sguardo a me sconosciuto.
Ricapitolando, Castiel faceva l'amore con Ambra, stessa ragazza che lui tratta di merda davanti a tutti. Ho capito.
-Sei una merda. - Dico a Castiel con tutta la delusione che provo.
-Io una merda? Tu non sai niente di me, capito? Non mi parlare come se fossi tuo amico! Io faccio quello che voglio. - Urlava a bassa voce e aveva uno sguardo strano.
-Io dico quello che penso. E' normale per te scopare qualcuno e poi trattarla così? Perché non ti metti nei suoi panni, testa di cazzo, capiresti cosa si prova! Sempre sei ha dei sentimenti, ma ne dubito. - Sono infuriata. Decido di andarmene.
Entro in classe, finisco la mia ricreazione lì, faccio le ultime due ore. Esco da scuola, vado a casa, mangio il solito cibo bollito, mi sistemo e prendo l'autobus per andare dalla dottoressa, l'iniezione fa malissimo, mi cerca il fegato con l' ecografia e mi fa la puntura in un punto ben preciso.
Al ritorno torno a scuola per il club di musica, ho deciso di andarci, farò vedere a Castiel che sono superiore.
Le attività iniziano alle 16:30, e sono ancora le 16:20.
-Oh abbiamo la bulla, sei arrivata presto? - Mi giro di scatto e trovo Castiel.
-Che vuoi?! - Rispondo.
-Avanti dai! Farai così ancora per molto Noce? - Mi chiede.
-Sì, quindi non mi parlare. - Non mi deve più chiamare Noce.
Sentiamo parlare, sono arrivati tutti gli altri, Armin è quello che ho visto uscire dall'ufficio della preside, nonché fratello gemello di Alb... Alexy.
-Allora ragazzi lei è Gwendolyn, Armin solo tu non la conosci! - Ci presenta Rosalya.
Scendiamo al piano di sotto e mi chiedono quale strumento voglio imparare, la tastiera è quella che si avvicina di più al pianoforte.
-La tastiera! - Dico.
-Bene, allora lavorerai con me. - Sorride Armin.
Sono felice che sia lui e non Castiel.
Mi siedo con Armin su un banco e mi aiuta a imparare delle note su un foglietto, me le ricordo dai tempi del pianoforte, ma lo lascio fare, mi piace la sua compagnia.
-Sei molto veloce ad imparare! - Sorride fiero, come se il merito fosse suo. 
Per tutto il tempo non potevo non notare lo sguardo di Castiel puntato su di noi.
Per il primo giorno va bene solo un'ora, sono molto stanca. Saluto tutti collettivamente ed esco. Quando mi sento toccare il braccio.
-Ti accompagno. - Mi dice Castiel.
-No grazie. - Rispondo io.
Giuro che non so come, ma mi ritrovo con il casco e sulla sua moto. Forse non ho opposto tanta resistenza, o forse semplicemente avevo voglia di stare con lui nonostante fosse una merda.

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Capitolo 7
*** Capitolo cinque. ***


Amo dormire. La mia vita tende a cadere in pezzi quando sono sveglio.
-Charles Bukowski.
CAPITOLO CINQUE.
Va proprio veloce e mi piace. Ho sempre amato la velocità, da piccola costringevo i miei genitori a portarmi al parco dei divertimenti solo per salire e risalire sulle montagne russe un milione di volte, la cosa strana è che soffro di vertigini.
Sono costretta a tenermi alla sua vita, non vorrei cadere. Noto dallo specchietto il suo sguardo concentrato sulla strada, ha la mia stessa espressione di quando mangio, o meglio, mangiavo un super gelato al cioccolato, correre gli deve piacere molto.
Noto solo dopo 3 minuti che non ci stiamo dirigendo verso casa mia, ma dove stiamo andando? Provo a chiamarlo ma non mi sente, o fà finta di non sentirmi. D'un tratto ci fermiamo vicino ad un piccolo parco molto carino, il colore dominante è il verde, con tante panchine e un piccolo laghetto dove tante papere riposano. Le papere non sono esattamente il mio animale preferito, una volta sono stata morsa da un'oca, le avevo tirato le piume è vero, ma è stato lo stesso scortese da parte sua, e siccome le papere sono parenti con le oche non sopporto neanche loro. Scendo dalla moto dandogli il casco, non ho voglia di iniziare a parlare io. Mi siedo sulla panchina marroncina più vicina in silenzio e aspetto. Non c'è molta gente, solo qualche coppietta di innamorati, degli anziani che lanciano del pane alle papere e dei ragazzi in compagnia dei propri cani.
-Sai perché mi sono arrabbiato con te? - Dice Castiel di colpo, dopo 10 minuti di pace.
Odio queste stupide domande dove è ovvio che devi rispondere di no. Come vuoi che lo sappia io? Ma non voglio dargli questa soddisfazione.
-Perché sei un coglione? - Dico infatti.
-Potresti farmi parlare due minuti senza insultarmi? - Mi chiede. Sta cercando di restare calmo, si nota davvero tanto.
-Parla. - Rispondo.
-Ricominciamo. - Si schiarisce la gola - sai perché mi sono arrabbiato con te? - Mi domanda di nuovo. 
-No - dico.
-Bene, mi sono arrabbiato con te perché mi hai detto la verità. Mi ha fatto riflettere Lysandro. Sei solo stata sincera. - Dice. 
E ora che gli rispondo? Sarebbe cattivo da parte mia dire "Sì è così, ho ragione io" ?
-Tratto male Ambra e molte altre ragazze. - Ammette. Adesso è seduto accanto a me.
-Perché? - Gli domando.
-Non lo so... è una specie di vendetta personale, capisci? Sono stato tradito in passato, quando amavo. Ora non amo, ho chiuso con queste cose. Non voglio mai più sentirmi così fragile e vulnerabile. Mi vedi no? Ti sembro così? - Si posiziona davanti a me e continua - non permetterò a nessuno di ridurmi di nuovo uno straccio, io non sono debole. - Fa una piccola pausa - Ma ho capito che sto riducendo così altre persone. - Conclude sedendosi di nuovo accanto a me.
Perché nei suoi occhi rivedo me stessa? E' stato così sincero con me... e neppure ci conosciamo.
-Perché? - Gli chiedo di nuovo.
-Cosa perché? - Risponde lui.
-Perché dici queste cose a me? Non siamo neanche amici... - Dico con tutta la sincerità che mi è rimasta nel corso della mia vita.
-Ne avevo voglia, non ti capita mai di aver bisogno di sfogarti con qualcuno? - Mi dice.
Non mi è ancora capitato. E non so se mi capiterà mai.
-Non sono una che parla molto di sé. - Gli rispondo.
-Neanche mio, ma ora è diverso, ne avevo un gran bisogno. - Dice.
-Ma perché proprio con me? - Gli domando.
-Non lo so, non lo so proprio, è successo e basta. - Mi risponde.
-Capisco - dico. 
-Bene credo che ti debba riaccompagnare a casa, non vorrei mai che i tuoi genitori inizino a vedere un cartone animato senza di te. - Dice cambiando tono e tornando a quello strafottente di sempre.
-Castiel? - Gli dico.
-Sì? - Mi domanda.
-E' un peccato smettere di amare, nessuna ferita dura per sempre. - Dico con il cuore.
Non dice niente, risaliamo sulla sua moto e andiamo verso casa mia, ha sempre quello sguardo felice. Nessuno aveva mai parlato così sinceramente in mia compagnia, è stata una sensazione completamente nuova per me. Ma io non riuscivo ad aprirmi con lui, ho davvero paura, non di ferirmi, ma di ferirlo. Potrei andarmene da un momento all'altro.
Arriviamo velocemente, scendo e scende anche lui, gli passo il casco.
-Non sono molto bravo con le smancerie anche perché le trovo assolutamente inutili, ma grazie. - Dice.
-Castiel Smith che dice Grazie a me? Quale grandissimo onore! - Dico divertita.
-Non l'ho mai detto a nessuno, e non devi farne parola con nessuno. - E' molto serio.
-Va bene, non dirò a nessuno che hai un cuore. - Gli faccio l'occhiolino.
-Ah cara Noce, ancora non sai nulla di me. - Mi dice.
Prima di andare mi lascia il suo numero e quello degli altri componenti del club di musica, poi sorride e se ne va. Entro in casa e subito Audrey mi viene incontro, sono le 19:00, ero stata due ore con Castiel. Mia madre mi abbraccia e appena si stacca mi chiede com'è andata la giornata, io mi limito ad un "tutto bene", le parlerò di Castiel quando ne avrò voglia, non ora. La cena sarà pronta tra un'oretta così salgo in camera mia e mi metto a mandare messaggi del tipo "Ehy sono Gwendolyn questo è il mio numero!" a Rosalya, Lysandro, Kentin, Armin, Alexy e Castiel. Ricevo subito le risposte di tutti, sbaglio o posso dire di avere degli amici? Perché quella voglia di tenere le persone lontane da me sparisce giorno dopo giorno? Stava uscendo la vera me stessa? Non lo so, non so niente. La serata passa tranquilla e senza che me ne accorga sono già sdraiata nel letto e mi addormento con Audrey accanto a me.
Arrivo a scuola sempre con netto anticipo, non avevo nulla da fare a casa quindi ho deciso di uscire alle 7:45. Vedo la chioma rossa di Castiel tra le foglie dell'albero che copre la "sua" panchina, inoltre da lì arriva una melodia meravigliosa, proviene sicuramente da una chitarra. Mi avvicino e noto che è proprio Castiel a suonarla, è bravissimo. Smette di suonare e mi accorgo che non è solo, c'è Lysandro con lui. 
-Amico che devo fare? - Chiede Castiel a Lys.
-Cass, ma da quando Gwendolyn è il tuo tipo di ragazza? A te piacciono le bionde piene di tette! - Risponde Lysandro.
Ehi! Sbaglio o mi stava offendendo? Ammetto di non avere chissà quale seno prorompente, ma la mia seconda coppa C mi basta.
-Lo so! Ma perché le ho parlato così? - Domanda ancora Castiel.
-Ti piace. - Dice Lysandro.
-Non è vero, non la amo. - Dice sicuro di sè il Rosso.
-E' normale che non la ami, amico! Vi conoscete da troppo poco, ma non provi indifferenza per lei. Il tuo cuore l'ha capito, la tua testa no. - Continua Lysandro.
-Non può essere possibile, lo sai, con Debrah...- Si ferma Castiel.
-Debrah è acqua passata! E' stata una stronza, non ti meritava fin dall'inizio! Prova con Gwendolyn, sembra una brava persona. - Dice Lysandro.
-E se non lo è? - Dice Castiel.
-Lo puoi scoprire! Devi avere solo il coraggio di chiudere quella dannata porta. Provare non costa niente. - 
-Non lo so Lys, e come dovrei fare? - Chiede Castiel.
-Chiedile di uscire, passa più tempo con lei, se sono rose fioriranno, no? - Gli risponde l'amico.
-...vado a fare due passi. - Si alza Castiel.
Mi allontano di corsa, pensando a tutto quello che ho sentito fin'ora. Non potevo piacere a Castiel. A me lui non piaceva, o sì? Sta accadendo tutto troppo in fretta, amore è una parola grossa, proviamo tutte e due un'attrazione?
Io amo l'idea dell'amore, ma non sono pronta a questo, non ho esperienza.
Meglio non pensarci e andare in classe. Kentin manca quindi mi siedo da sola, menomale, ne ho davvero bisogno. La sedia su cui sono seduta è tutta rovinata nella parte sotto il sedile, ma all'apparenza sembra perfetta, è un po' come il mio corpo, fuori sembro stare bene, ma dentro sto cadendo a pezzi. Ormai tutti i miei professori sono al corrente della mia situazione fisica, per questo motivo mi trattano sempre bene e non mi chiedono mai i compiti che ci assegnano. Odio i favoritismi, soprattutto questi. La giornata passa in fretta, Castiel non ha rivolto la parola a nessuno, vorrà stare solo a riflettere anche lui. Per la ricreazione rimango in classe a parlare con Melody, la ragazza dai capelli mori, sempre molto elegante, che mi racconta la noiosissima storia di come Nathaniel le ha raccolto il bracciale che le era caduto, lei è innamorata di lui e da quello che mi dice Melody anche Nathaniel, solo che sono troppo timidi per dichiararsi. Ho smesso di ascoltare, la noia mi sta mangiando viva, preferisco mettermi a contare quanti nei Melody ha in faccia, 23, sono tanti. Mi salva la campanella che ci avvisa della fine dell'intervallo. Grazie, campanella. Le lezioni continuano, prendo qualche appunto di scienze, ma la mia testa in questo momento è altrove, voglio fare solo una cosa adesso, tornare a casa e parlare con mia madre. 
Arrivo in 10 minuti, entro e la cerco subito.
-Mamma? - Urlo. 
La sento scendere di corsa le scale.
-Tesoro che c'è? Stai male? - E' visibilmente preoccupata.
-No, ma ho bisogno di parlarti. - Le dico.
-Certo amore, sediamoci. - Dice.
Ci mettiamo comode sul divano, ha 45 anni, ma ne dimostra molti meno, con i capelli biondi sempre sistemati, quegli occhi azzurri truccati alla perfezione, senza una ruga e un fisico perfetto dimostra sì e no 32 anni. E' una donna molto bella e da ragazza lo era di più, vorrei tanto essere come lei un giorno. Le racconto gli avvenimenti di ieri e di questa mattina.
-Gwen ma tu cosa provi? - Mi chiede.
-Non lo so mamma, è un bel ragazzo... - Mi blocco.
-Tesoro ti racconto una storia - continua mi madre - io ho conosciuto tuo padre il primo giorno di scuola superiore, lo notai subito e lui notò me. Probabilmente non ci crederai ma ci baciammo quello stesso giorno. E per mesi ci divertimmo come due ragazzini, stavo bene con lui ed ero molto attratta, ma solo quando finisce l'infatuazione inizia a germogliare il vero amore, tesoro tu devi provarci, se non ci provi non saprai mai se il tuo piacere diventerà amore. - Conclude.
Ero sorpresa, sapevo che i miei erano stravaganti, ma non fino a questo punto.
-Mamma, io sono malata... -
-No! Non ti permetto di dire questo. La tua malattia non ti deve fermare in niente! Vuoi innamorarti? Ti innamori! Vuoi scalare l'Everest? Lo scali! Vuoi andare sulla Luna? Ci vai. Hai sempre impedito a tutti di entrare nel tuo cuore per paura di ferirli, ma l'unica ad avere paura qui sei tu! Permetti a qualcuno di conoscerti, è la cosa più bella del mondo condividere se stessi. Sei una ragazza fantastica. E' un peccato non mostrarti al mondo. - Dice mia mamma.
Ha ragione, sono io ad aver paura di tutto.
Ho deciso, prenderò le cose come vanno. Non rinuncerò a niente.
Squilla il telefono. E' un messaggio di Castiel.
"Noce, oggi ti passo a prendere io."
Mi spunta il sorriso.
"Okay" Rispondo.

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Capitolo 8
*** Capitolo sei. ***


Chiunque voglia sinceramente la verità è sempre spaventosamente forte

-Fedor Michajlovic Dostoevskij.

CAPITOLO SEI.

Mia madre ha deciso di accompagnarmi da Caren, devo fare la mia iniezione di etanolo, chissà se ha qualche novità sull'organo. Amo stare in sua compagnia, mettiamo nel lettore CD della radio le nostre amate canzoni di Lucio Battisti e le cantiamo a squarciagola. Se mai avrò un bambino, voglio essere una madre proprio come lei. 
Arriviamo allo studio tutto giallo della dottoressa, saluta mia madre e poi mi abbraccia, quasi soffocandomi, urlandomi "Tesooro" nel timpano destro, finite le manifestazioni di affetto ci fa accomodare, io mi siedo sulla mia sedia preferita, la più morbida di tutte.
-Allora amore mio, come stai oggi? - Mi domanda Caren, fissandomi con quei suoi occhi color verde intenso.
-Bene, grazie. - Rispondo gentilmente.
-C'è qualche novità? - Chiede mia madre alla dottoressa, ovviamente si riferisce alla disponibilità di un fegato per il trapianto.
Dallo sguardo di Caren capisco già tutto.
-Ancora niente cara - continua guardandomi - è arrivato qualcosa, ma nulla che sia compatibile con te. - Conclude.
Me lo sentivo... ma c'è una cosa che voglio sapere con certezza.
-Se non mi opero, quanto tempo mi resta? - Le domando velocemente, come se non volessi essere sentita da nessuno mentre pronuncio tali parole, la verità è che non voglio conoscere la risposta, qualunque sia.
-Bhè... difficile a dirsi. Il fegato è operabile e grazie alle iniezioni giornaliere lo manteniamo tale, ma dai tuoi esami tra un anno e mezzo, due non potrà più essere toccato. In quel momento non ci sarà più niente da fare. Ma non temere, sono sicura che l'organo non tarderà. - Mi risponde Caren.
-Lo spero - dico.
Mi fa accomodare sul lettino ed inizia a cercare il punto giusto dove fare l'iniezione attraverso l'ecografia, anche se da ieri è rimasto un gran livido nero. Non mi abituerò mai a questo dolore, ovvio ne ho passate di peggiori ai tempi delle chemioterapia, ma non scherza lo stesso. A volte ricordo quei giorni con tristezza e mi prende allo stomaco un dolore inspiegabile. Soffrivo ogni qual volta dovevo sottopormi ad un iniezione, la perdita di capelli... non andai a scuola nemmeno una volta. Stavo troppo male ed inoltre mi vergognavo, mi sentivo così brutta, lì ho desiderato di sparire, non morire attenzione, ma rinascere senza tumore. Non ho mai desiderato la morte, la vita è un profondo dono, ma non capisco il motivo di queste malattie, perché vivere male? Perché dobbiamo essere condizionati da tutto questo? La gente un dolore di questo genere causato dal proprio corpo non dovrebbe neanche conoscerlo. I capelli sono ricresciuti nel corso degli anni, ora mi arrivano alla schiena, non li ho più tagliati. Non mi priverò mai più di loro.
Un giorno, quando avevo otto anni, vidi un film con mia madre dove il protagonista era un bambino malato di leucemia, ne rimasi molto colpita e rattristita, pensai che una cosa del genere non mi sarebbe mai potuta accadere, ero una persona normale che viveva una vita tranquilla, credevo che certi avvenimenti capitavano soltanto a persone "diverse", ma per sicurezza chiesi a mia madre se la malattia che colpì il mio coetaneo all'interno dello schermo della televisione potesse colpire anche me, lei rispose di no. Chi l'avrebbe mai detto che a distanza di un anno mi sarei ritrovata in quelle stesse condizioni? 
I miei genitori, da quando il mio tumore fu scoperto, cercarono di essere forti, di non mostrarsi mai tristi o deboli in mia presenza, ma di notte in notte, quando non riuscivo a dormire a causa di incubi creati dal mio subconscio, andavo nella loro camera e prima di bussare li sentivo piangere, erano così piccoli ai miei occhi in quel momento, abbracciati l'un l'altro cercando di soffocare i gemiti per non farsi sentire da me, a rassicurarsi a vicenda che nulla mi avrebbe mai portato via da loro. A volte non volevo sentire e me ne ritornavo subito in camera mia, nel calore del mio letto a coprirmi le orecchie con il cuscino, abbracciata a Audrey, pensavo a tutto ciò che potesse rallegrarmi, i fiori, il mare, il Natale. Altre invece mi sdraiavo sull'uscio e li ascoltavo, "mi amano così profondamente" pensavo. Avrei voluto così tanto entrare nella loro camera e abbracciarli... ma mi sono sempre mancate le forze di fare quei cinque passi sino al loro letto matrimoniale, con le coperte così perfettamente stirate. Ero solo una bambina su cui si erano abbattute troppe cose tutte insieme, che non capiva cosa la malattia avrebbe fatto al suo corpo, che l'unica cosa a cui doveva pensare era con quale gioco si sarebbe divertita durante la giornata, e non a quanto dolore sentirà domani. Non meritavo tutto questo, non lo merito tutt'ora, nessuno lo merita.
Salutiamo la dottoressa Smith e torniamo a casa, mi preparo per andare al club, dove sarei andata con Castiel. Mi cambio la maglietta e noto sulla parte alta dell'addome l'enorme cerotto che copre il punto dell'iniezione, credo resterà lì ancora per molto.
Non ho idea a che ora arrivi Cass, meglio se gli mando un messaggio.
"A che ora è approssimato il suo arrivo?" Cerco di essere la solita Gwendolyn. Poco dopo arriva la sua risposta.
"Sono già qui!" Com'è cordiale (certo).
Mi affaccio dalla finestra della mansarda che dà sulla strada e noto che è già là, vestito come sempre, ha lo sguardo fisso sul cellulare.
-Oh Romeo, Romeo, perché sei tu Romeo? - Dico a voce alta, per attirare la sua attenzione, in modo teatrale. 
Mi nota e si gira verso di me ridendo.
-E' una storia che mi ha fatto sempre cagare - risponde.
-Non offendere il grande Shakespeare in mia presenza! - Dico - perché non entri? E' ancora presto! - Gli chiedo guardando l'orologio, inoltre a mia madre farebbe molto piacere rivederlo, ovviamente questo particolare non glielo dirò.
-D'accordo, solo dieci minuti però! Non dobbiamo fare tardi. - Acconsente.
Scendo di corsa avvertendo mia madre e Audrey che sta per entrare il loro amato Castiel. Apro la porta e mi saluta normalmente, mia madre lo abbraccia. Lo faccio accomodare nel salotto e subito Audrey gli salta addosso, a lui non sembra dispiacere, infatti continua ad accarezzarla tranquillamente. 
-Ti piacciono i cani vero? - Gli domando sedendomi accanto a lui.
-Oh sì, io ho un dobermann, si chiama Demon - mi risponde.
-Demon? Nome originale, mi piacerebbe conoscerlo. - Dico.
-Stasera avevo intenzione di invitare tutti gli altri a casa mia, si mangia e si beve qualcosa, vieni anche tu? Oggi finiamo prima, di solito il venerdì proviamo soltanto. - Dice.
Perché no? Infondo stiamo in compagnia, ovviamente non berrò e mangerò nulla, altrimenti il mio fegato abbandona il mio corpo e va direttamente a scavarsi la fossa.
-Okay - rispondo - ma posso venire solo dopo mangiato. - Concludo.
-Perché? - Mi domanda perplesso.
Non userò la scusa della dieta.
-Stasera arrivano i miei nonni dall'Italia e mi sembra il minimo cenare con loro. - Non è vero, l'arrivo dei miei nonni è stimato fra due settimane. 
Non so cosa sto facendo. Dovrei dirgli della mia malattia, o no? Da quando sono diventata così cattiva ed egoista? Ho sempre allontanato le persone tranquillamente, perché adesso non ci riesco? Lo reputo davvero mio amico? Se è così glielo devo dire, il punto è che non so se ne avrò mai il coraggio. E poi c'è la possibilità che io sopravviva all'operazione... sono orribile e lo so.
-Ho capito - dice - ma se ti do le indicazioni riuscirai, con il tuo senso dell'orientamento, a trovare casa mia? - Mi domanda.
-Cosa stai insinuando, Castiel? - Chiedo inarcando un sopracciglio.
-Chi? Io? Assolutamente nulla. - Dice alzando le braccia, come in segno di resa.
-Ecco. Ora dimmi come arrivarci e io ci arriverò! - Dico, forse troppo sicura di me.
Castiel spiega e spiega, ma io non capisco nulla. Troppo giri, prima vai di qua, poi vai di là. Ogni tanto si ferma e mi chiede "Ci sei fino a qui?" E io come una stupida rispondo "Sì , sì, continua." Sono troppo orgogliosa, me ne rendo conto. Alla fine decido di barare.
-In che via e che numero abiti precisamente? Sai per capire meglio... quando arrivo. - Dico ammucchiando parole.
-Via Carolis n' 19 - risponde.
Ovviamente userò il TomTom, non giudicatemi.
-Benissimo! Vengo appena finito di mangiare. - Confermo.
Castiel guarda l'orologio sopra la credenza e si alza velocemente.
-Dobbiamo andare, è tardi! - Dice.
Salutiamo mia madre e usciamo. Mi porge il casco e salgo con lui sulla moto, chissà se da occhi esterni sembriamo una coppia di amici, o fidanzati, sono curiosa di saperlo.
Arriviamo velocemente, entriamo in cortile e sono tutti già là.
-Ehy Cass, Gwen, siete in ritardo! - Ci sgrida Armin.
-Sì Armin, di 5 minuti, ma finiscila! - Gli dice suo fratello Alexy.
-Alle prove non si arriva mai in ritardo! Armin ha ragione, è una regola d'onore. - Dice Kentin, guardando dolcemente Alexy, mmm, non sono una esperta in amore è vero, ma sono una lettrice di romanzi rosa e mi piacciono anche molto i film romantici e qui gatta ci cova.
-Ken, perché non sei venuto oggi? - Chiede Castiel all'amico.
-Ho avuto da fare, non ti preoccupare. - Risponde in tono rassicurante Kentin.
-Va bene, va bene, ora non è importante, andiamo? - Domanda Lysandro. 
Acconsentiamo tutti e scendiamo al piano di sotto. Rosalya si avvicina a me e cammiamo l'una accanto all'altra, non diciamo una parola, ma non mi sento a disagio.
Oggi provano, quindi io, Alexy e Rosa ci sediamo sulle sedie lontane dal palco, mentre gli altri ragazzi si sistemano agli strumenti: Lysandro al microfono, Castiel alla chitarra, Armin alla tastiera e Kentin alla batteria. Iniziano a suonare e rimango completamente stupita, sono davvero bravi. Non me l'aspettavo. Lysandro ha una bellissima voce, ma anche i ragazzi suonano bene, completando il tutto. Non capisco bene il testo della canzone, poiché Lysandro la trasforma in melodia troppo velocemente. Finché l'inglese è parlato lo comprendo facilmente, soprattutto perché appena decidemmo di partire, io e i mei genitori frequentammo un corso accelerato di inglese da un professore madrelingua che mi ha fatto diventare davvero brava. Ma come ho già detto, le canzoni mi creano ancora un po' di problemi. Migliorerò.
Dopo un'ora di incessanti prove fanno una pausa e Castiel viene verso di me, accomodandosi sulla sedia accanto, fa un sorriso e alza un sopracciglio.
-Allora che te ne sembra? - Mi chiede.
-Siete molto bravi. - Gli sorrido.
-Lo so! Un giorno suoneremo nei più grandi teatri del mondo, fidati. - E' felice ed elettrizzato, ha gli occhi che si illuminano, non li avevo mai notati, adesso sono così sono belli, sarà la felicità che prova in questo momento, mentre suona, è anche più di quando corre con la sua amata moto.
-Lo spero, lo meritate. - Gli rispondo.
-Ehy Cass, ricominciamo! - Dice Lysandro. 
-Okay - Castiel si alza e torna alla sua chitarra. 
Continuano ancora per un po' poi smettono, hanno finito. 
-Basta così per oggi ragazzi - dice Armin.
-Sì basta - acconsente Kentin.
-Okay - continua Lys.
Vedo Castiel posare la sua chitarra con tristezza, avrebbe voluto continuare a suonare ancora.
-Allora ci vediamo da me? - Domanda, poi.
-Io vengo con Leigh appena finisce il turno di lavoro. - Dice Rosalya, ma chi è Leigh?
-Vengo prima io, Cass. - Afferma Lysandro.
-Io e Armin appena nostro padre torna da lavoro, così ci prendiamo la macchina - dice Alexy - ti passiamo a prendere Kentin? - Domanda al moro.
-Va bene, allora io inizio ad andare, ci vediamo dopo! - Dice salutandoci con la mano, soffermando il suo sguardo su Alexy.
Devo andare anche io.
-Allora io vado anche, ci vediamo più tardi. - Dico prendendo il mio giubbotto.
-Ma stai tornando a piedi? - Mi domanda Lysandro.
-Sì, ma tanto abito qui vicino. - Rispondo.
-Ho la macchina, perché non vieni con me? C'è anche Rosa - propone.
Mi dispiace rifiutare.
-Okay - rispondo infine.
Salutiamo tutti ed andiamo verso la macchina del ragazzo dagli occhi bicolore, Rosalya si siede davanti insieme a lui, io dietro. Non parliamo granché durante il tragitto, sia perché abito a due passi dalla scuola e anche perché non ho fatto altro che dare indicazioni tutto il tempo. Arriviamo velocemente, li saluto ringraziandoli ed entro a casa. Vado subito alla ricerca di mia madre per informarla dei miei programmi serali. La trovo in cucina, quando non ha nulla da fare prepara dolci di tutti i tipi, anche se poi non li mangia nessuno. Mi siedo sulla sedia del tavolo e la osservo per un po'. 
-Mamma devo dirti una cosa - dico.
-Cosa, tesoro? - Mi domanda.
-Stasera, dopo mangiato, posso andare a casa di Castiel? Ci saranno anche gli altri ragazzi del club di musica. - Rispondo.
Vedo un grande sorriso formarsi sul suo volto.
-E me lo chiedi? Certo! Ti accompagno io. - Dice, felicissima.
Sorrido anche io. Guardo l'ora sul telefono e sono ancora le 19:00, noi non mangiamo mai prima delle 20:30/21:00, quindi mi lavo pulendomi accuratamente i capelli e inventando canzoni improponibili. Mi asciugo i capelli e mi passo la piastra. Voglio essere un po' più carina stasera, frugo fra i trucchi di mia madre e mi metto il suo eyeliner nero e un po' di rossetto rosso, anche se mangiando si sarebbe tolto tutto. Non sono abituata a vedermi così, mi sento abbastanza strana, però felice. Scelgo accuratamente anche i vestiti: jeans, camicia e cardigan, a completare il tutto scarpe alla parigina con poco tacco. So di non essere granché, ma mi sento comunque diversa dal solito, e anche più alta. 
-Gwen, amore è pronto! - E' stato mio padre a parlare.
Finisco di mettermi il mascara e scendo giù, saluto mio padre abbracciandolo, è appena tornato da lavoro, e mi siedo a tavola. Mia madre mi fa i complimenti per come mi sono truccata e vestita, quasi piange per la commozione. Poi smettiamo di parlare perché in televisione stanno trasmettendo il programma preferito dai miei genitori. Guardo l'ora, sono quasi le 22:00. Invio un messaggio a Castiel.
"Sto arrivando", nessuna risposta.
Mi vuole accompagnare anche mio padre, quindi tutti e quattro, compresa Audrey, ci dirigiamo verso la casa del Rosso, ovviamente grazie al GPS. Arriviamo quasi subito, senza fare tutti quei giri di cui mi aveva parlato qualche ora prima, mi aveva presa in giro! Scendo dall'auto salutando i miei genitori e la mia piccola cagnolina. La casa da fuori non è niente male, è tutta gialla, il mio colore preferito, ed è molto grande. Suono il campanello con il cognome  Smith e aspetto. Dopo un po' mi viene ad aprire Lysandro.
-Ehy Gwen, forse è meglio che vai, sai non è serata. - Dice preoccupato.
-Perché? Cos'è successo? - Domando perplessa.
Lys non ha il tempo di rispondermi, si sente un rumore, qualcosa di vetro che cade al suolo rompendosi. Entriamo di corsa, e lo vedo. C'è Castiel con una bottiglia, sicuramente qualche alcolico, nella mano destra e una rivista in quella sinistra. Ha gli occhi color cenere gonfi di lacrime. 
-Cass? - Domando piano.
Mi nota subito.
-Perché non sei lei? - Mi sussurra con lo sguardo più triste che abbia mai visto, poi si accascia esausto sul divano.
 

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Capitolo 9
*** Capitolo sette. ***


Salta! E mentre cadi lascia che ti spuntino le ali.

-Ray Bradbury.

CAPITOLO SETTE.

Corro verso di lui, gettando la mia borsa e il cappotto dove capita, ho un solo pensiero, quello di raggiungerlo. Lysandro è dietro di me, preoccupatissimo. Adesso siamo entrambi accanto a Castiel, l'amico lo chiama dandogli leggeri schiaffi sul volto, mi sento davvero inutile in questo momento, il Rosso, dopo poco, sbatte gli occhi, farfugliando, e subito Lysandro si rilassa.
-Gwen, non è che mi aiuti a portarlo sù? - Mi chiede.
-Certo - rispondo.
Anche se non sono mai stata una ragazza con chissà quale forza fisica.
-Dai amico, andiamo a dormire. - Dice Lysandro a Castiel, visibilmente ubriaco e distrutto.
Gli tolgo la bottiglia e la rivista che tiene ancora strette nelle sue mani, posandole sul tavolino di vetro davanti il divano. 
-Prendilo dall'altro lato - Mi fa un cenno verso spalla destra, mentre lui lo carica da quella sinistra.
Faccio passare il suo braccio intorno al mio collo, adesso lo sorreggo anche io, ha poca stabilità, inoltre emana una gran puzza d'alcol. Piano piano raggiungiamo le scale. Ogni scalino è un'agonia, Castiel non fa altro che lamentarsi e imprecare e, come se non bastasse, le sue gambe smettono di sorreggerlo, facendolo cadere così tante volte durante la salita che ho perso il conto, ma ogni volta che notiamo il nostro amico iniziare a diventare pesante, io e Lysandro siamo pronti a sorreggerlo ed a portarlo di peso, contando solo sulle nostre forze e sussurrandogli parole confortevoli. Dopo un'infinità di tempo, arriviamo in camera, e con delicatezza appoggiamo Castiel sul suo letto. A me e Lysandro esce un sospiro di sollievo, mamma mia se è pesante, mi sento così stanca, il mio corpo non è più adatto a queste imprese. Vedo Castiel rannicchiarsi e tremare, deve sentire freddo, noto sulla sedia della scrivania un plaid azzurro, lo prendo e lo uso per coprirlo. Mi siedo accanto a lui, scostandogli i capelli dal volto e accarezzandolo, sembra così indifeso... mi avvicino al suo orecchio.
-Cosa volevi dire, Castiel? - sussurro, non voglio farmi sentire da Lysandro, che se ne sta comodamente seduto sul divano della stanza a cercare qualcosa sul cellulare.
Castiel non risponde, e continua a dormire tranquillamente. Ma io voglio una risposta alla mia domanda. Cosa significa ciò che ha detto? Chi è lei? La ragazza che ti ha ferito? Non riesco a capire cosa provo in questo momento, nel mio stomaco rigirano tante di quelle emozioni che ne riesco a cogliere solo alcune : rabbia e delusione, e mi sento anche un po' offesa. Credevo in qualcosa di sbagliato, di inesistente. Mi sono fatta prendere dall'emozione del momento, senza pensare che magari lui non ha mai dimenticato la sua ex ragazza.
Sono lacrime quelle che sento voler uscire? Sì, sono proprio loro.
Sono sempre stata una gran curiosa, fin da piccola il vocabolario è stato il mio migliore amico, ogni nuova parola che sentivo pronunciare la cercavo immediatamente, scoprendo significati sempre più vari. Non ricordo di aver mai guardato la televisione senza un dizionario a portata di mano. Un giorno caddi dalla bicicletta, e piansi, non capivo il motivo del perché uscisse dell'acqua dagli occhi, quindi presi il mio vocabolario e cercai "Lacrima"  (Non che non avessi mai pianto fino a quel giorno, ma ancora non avevo scoperto il dizionario).
Trovai una definizione che posso riassumere così.
"UMORE CHE STILLA DAGLI OCCHI, SPECIALMENTE COME ESPRESSIONE DI UN DOLORE FISICO O MORALE."
Il dolore che provai allora era fisico. Il dolore che provo adesso è nuovo.
Sì, sto soffrendo moralmente, sto soffrendo perché stavo iniziando a provare qualcosa per Castiel, sto soffrendo perché per lui non è lo stesso, sto soffrendo e basta.
-Gwen io scendo a prendere un bicchiere d'acqua, vieni con me? - Mi domanda Lysandro.
Mi asciugo velocemente le lacrime con il palmo della mano, non deve vedermi piangere, non l'ho mai permesso a nessuno.
-Sì, tu vai, ora io vengo. - Rispondo.
Mi fa un cenno con la testa e lo vedo uscire dalla porta.
Mi guardo intorno, la camera di Castiel non è come credevo. E' molto ordinata, tutto al posto giusto con qualche CD sparso qua e là. Le pareti sono di un giallo intenso, o così sembrano nel buio che ricopre la stanza, illuminata solo dalla luce del piccolo lampione,posto sulla strada,che entra debole dalla finestra. Il letto si trova al centro della camera, di fronte si trova un televisore, e accanto, una piccola libreria piena di riviste di musica. Mi alzo delicatamente dal letto e ne prendo una, mi siedo alla scrivania ed accendo la piccola abat-jour posta sopra. La rivista si chiama Music&Co risale a circa un anno fa, ed è locale. La apro ed inizio a sfogliarla velocemente, alla ricerca di qualcosa di interessante, poi trovo una pagina segnata, dove all'interno si trova un articolo sugli Why, dal titolo "un Piccolo, ma Promettente gruppo" Inizio a leggere.

"Un bel concerto quello di ieri sera, ottima performance degli Why. Non li ho mai visti così carichi, Debrah Savion, la bellissima mora del gruppo, perfetta insieme a Lysandro Laurentis, il misterioso rubacuori, sicuramente per la sua voce, ma anche per il suo aspetto fisico, per nulla indifferente. Un grande applauso va fatto anche ai musicisti, che si sono rivelati formidabili: Castiel Smith il ribelle, Kentin Cole il dolce e Armin Pauli, il mio amato Armin Pauli. Ottimi i costumi con cui si sono esibiti, e per questo dobbiamo ringraziare Rosalya Dugs, la ragazza che tutti sognano, ma che appartiene solamente ad Leigh Laurentis (il fratello maggiore di Lysandro, ricordate?). A fine serata sono riuscita ad intervistarli, purtroppo il tempo era poco."
 
INTERVISTA A DEBRAH.
"Ciao Debrah, posso rubarti due minuti?"
"Certo Porcia."
"Fammi dire che sei stata bravissima, come credi sia andata la serata?"
"Molto bene, io e miei amici ci siamo diverititi tanto."
"Amici? Andiamo lo sappiamo tutti che tra te e il chitarrista c'è del tenero!"
"Si questo è vero, io e Castiel stiamo insieme già da un po' "
"Ma questo è fantastico, Raccontaci di più!"
"Non c'è nulla da sapere, è il mio tesoro."
"Oh, che sei dolce! Nient'altro da aggiungere sulla vostra storia?
"Magari lui vi dirà di più, io vi dico solo che dureremo per sempre."

INTERVISTA A LYSANDRO.
"Lysandro, sei stato grande stasera!"
"Ti ringrazio, Porcia."
"Bellissime anche le canzoni, dai dimmi la verità, chi è la tua musa ispiratrice?"
"Oh, non ho nessuna musa, scrivo ciò che mi viene dal cuore, guardandomi intorno." 
"Non può essere che un ragazzo così bello, non ha una fidanzata!"
"Bhé, non ne ho, è la verità."
"E non c'è nessuna che ti piace?" 
"No Porcia."
"Capisco, almeno le tue fan saranno felici di questa notizia."
"Ah colgo l'occasione per ringraziarle tutte"
"Che carino che sei Lysandro!"
"Meglio che vada, non trovo il più il mio quaderno"

INTERVISTA A CASTIEL.

"Ehy ragazzo ribelle, grande serata, vero?!"
"Grandissima"
"Siete stati tutti veramente bravi. Hai un rapporto speciale con la chitarra non è così?"
"Certo, è la mia bambina"
"E Debrah Savion chi è invece?"
"Dove vuoi arrivare?"
"Debrah ha rivelato la vostra relazione."
"Lo sapevo!"
"Andiamo non ti arrabbiare, cos'hai da dirci su di lei?"
"Nulla"
"Davvero? Mmm, cosa provi per lei?"
"Non credo siano affari tuoi"
"Invece sì! Sono davvero felice di questa notizia! Ora voglio sapere cosa provi per lei: LA AMI?
"Ripeto che non ti riguarda."
"Non me ne vado di qui finchè non mi rispondi!"
"Sì"
"Sì cosa?"
"La amo"

INTERVISTA AD ARMIN.

"Armin, il Re della tastiera! Ti piace se ti chiamo così?"
"Non mi lamento Porcia"
"Cosa provi in questo momento?"
"Sono molto felice, anche se prima del concerto ero entrato nel panico più assoluto! Ti è mai capitato?"
"Certo, io tendo a paralizzarmi in quei momenti."
"Sei fortunata! Io inizio a correre in circolo con la pipì che tenta di uscire. Sono stato in bagno 10 volte prima del concerto."
"Ahahah, Armin sei unico! Che rimanga tra noi, tu sei il mio preferito"
"Grazie per questa tua rivelazione, la terrò sempre nel mio cuore, e tranquilla, non dirò niente a nessuno!"
"Dimmi la verità Armin, sei single?"
"Assolutamente no"
"Cosa?! Così mi spezzi il cuore! E chi sarebbe questa ragazza?"
"Si chiama Penelope, ed è la mia amata tastiera"
"Oh mio Dio! Mi hai fatto prendere un colpo! Adesso, però, sono gelosa di una tastiera... ho ancora qualche possibilità?"
"Certo Porcia, dopo Penelope sei tu la mia preferita"

INTERVISTA A KENTIN.

"Molti ti chiamano Kentin il dolce, posso chiamarti anch'io così?"
"Non credo di essere proprio il ragazzo più dolce del mondo, ma se ci tieni"
"Perché?"
"Io penso che tutti possiamo essere gentili e dolci se vogliamo, ma nessuno lo è sempre. Così anch'io, non sono perfetto"
"E' un bel modo di pensarla"
"Grazie"
"Allora ti chiamo solo Kentin?"
"Preferisco"
"Benissimo, allora, com'è nata la tua passione per la batteria?"
"Fin da piccolo suonavo la batteria di mio padre lui è un grande, la sa suonare veramente bene, ma dovevi sentirmi, non riuscivo a mettere due note intonate insieme. Ma con costanza e dedizione sono arrivato fin qui, solo grazie a lui."
"Immagino sia fiero di te."
"Sì, ed io sono fiero di lui"
"E perché?"
"Segreto!"
"Uffa, e va bene. Per quanto riguarda l'amore?"
"Sono innamorato, sì, da tanto."
"E di chi?!"
"Segreto!"

FINE INTERVISTE.


Le piccole interviste finiscono qui, non sono riuscita a parlare con Rosalya Dugs poiché è uscita subito con il suo amato Leigh.
Riparleremo sicuramente degli Why, Alexy Pauli, il loro manager, nonché fratello gemello di Armin, e mio futuro cognato, ha rivelato che hanno in programma parecchi concerti!
Non mi resta che salutarvi, al prossimo articolo! 
PORCIA.
P.S
Non credete che Castiel e Debrah formino una bella coppia? Tifo per loro, 
anche se io e Armin siamo molto meglio.

Chiudo la rivista, e capisco molte più cose adesso. Debrah, è lo stesso nome che ha pronunciato Castiel quando parlava con Lysandro, non sapendo che io li ascoltassi. Castiel è ancora innamorato di lei. Torno a sedermi accanto a lui, mi piace osservare le persone dormire, e mi piace guardare Castiel dormire. Senza che me accorgessi torno ad accarezzarlo, credo si sia accorto di questo contatto, apre poco gli occhi.
-Chi sei? - farfuglia.
-Castiel, tranquillo, sono io Gwendolyn. - Rispondo, senza togliere le mie mani dai suoi capelli.
-Gwendolyn? La strana piccola Noce che si vede i cartoni animati stupidi?- 
-Sì, proprio lei. -
-E' simpatica, va bene se c'è lei qui con me -
-E non se ne va - 
-Se ne andrà -
-Perché? -
-Perché tutti se ne vanno. -
-Lei non è tutti -
-Mi piace per questo. -
-E Debrah? Chi è per te? - 
-Debrah? Mi ha lasciato solo, è andata via, lei è molto diversa da Gwendolyn-
Il mio telefono inizia a suonare, è mezzanotte passata. Mia madre mi informa che si trova fuori casa di Castiel. 
-Castiel devo andare - 
-Chi deve andare? - 
-Gwendolyn - 
-No, dille di restare un po' -
-Torna domani, promesso. - 
Gli do un dolce bacio sulla guancia ed esco, prendo le mie cose, saluto Lysandro e vado via. Domani tornerò da Castiel.
*** Mi trovo già sulla strada per andare a scuola quando ricevo un messaggio,
"Cos'è successo ieri?" E' Castiel.
"Vieni a scuola?" Domando.
"No" Risponde.
"Sto arrivando." Invio.
E' la primissima volta che salto la scuola, sono emozionata e ansiosa al tempo stesso, ricordo dove si trova la casa di Castiel, ed è un miracolo per me, arrivo in 10 minuti. Suono e Castiel mi viene ad aprire la porta. Involontariamente lo abbraccio. Lui sembra prima titubante, poi ricambia.
-Perché tutto questo affetto? - Domanda, staccandosi da me.
-Ne avevo voglia - Rispondo.
-Lo sai che stai saltando la scuola vero? - Chiede.
-Sono una ribelle, che posso farci? - Mi guarda in modo strano.
-Sì... una ribelle che guarda Pola Sorella Lupo. - Dice.
-Koda fratello Orso. - Lo correggo. -Come stai oggi? -
-Mi fa ancora male la testa - dice toccandosi il capo. -Ma cosa è successo? Non ricordo nulla. -
-Non te l'ha detto Lysandro? - Domando.
-Mi ha detto che c'eravate solo voi due con me, poi è andato a scuola e non l'ho sentito più. - Dice.
-Fino a dove ricordi? - Domando.
-Ricordo di aver bevuto, perché... ho letto una cosa, poi ho sentito il campanello, eri tu, ho detto qualcosa e poi buio. -
-Si è andata così, poi io e Lysandro ti abbiamo portato in camera tua, sei pesantissimo! E sono rimasta un po' con te. -
-Sono i muscoli che sono pesanti. - Ribatte.
-Sì certo Cass. - Dico.
Per un po' non parla nessuno.
-Facciamo un gioco. - Dice di punto in bianco.
-Un gioco? - Domando.
-Sì, tu mi dici un segreto di te e io uno di me. - Dice - Ci stai? - Mi chiede.
-Okay. Chi inizia? - 
-Tu, Gwen. - 
-Sono aracnofobica, vai tu -
-Ricordo cosa ti ho detto ieri, vai tu -
-Lo ricordo anche io-
-Ieri ho scoperto che la mia ex ragazza, nonché vecchia voce femminile della mia band, ha trovato un altro gruppo, ed è felicemente fidanzata, io invece sono qui a soffrire per lei, poi ieri ho visto te, e non so perché ho detto quello che ho detto, vai tu -
-Non sono mai stata innamorata di nessuno, vai tu -
-Quando Demon sta male, sto male anche io, vai tu -
-Mi piaci, vai tu -
-Provo qualcosa per te Gwen, ma non so cos'è -
-Ho voglia di baciarti, Castiel -
-Anche io -
In quel momento le nostre labbra si sono incontrate in un debole e fragile bacio. Non è stato uno di quei baci appassionati da film, ma è comunque speciale, ricco di felicità e tristezza allo stesso tempo. Torno in me e capisco cosa ho fatto. Glielo devo dire, e lo farò adesso. 
-Castiel, sto male. -
-Cos'hai? -
-Lo so già da un po' -
-Cosa sai? -
Le lacrime cercano di uscire, ma le tengo dentro.
-Non lo sa nessuno -
-Vuoi dirmelo o devo indovinare? - 
-Sto morendo, Castiel. - dico tutto d'un fiato - ho un cancro al fegato.

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Capitolo 10
*** Capitolo otto. ***


Quando il dolore è eccessivo, bisogna morire un po’ per andare avanti.

-Susanna Tamaro.

CAPITOLO OTTO.

Il mio cuore e il mio cervello vanno in confusione più totale. Ho rivelato il mio tumore a qualcuno che non sia la mia famiglia, l'ho fatto davvero. L'ho rivelato a Castiel, non so se ho fatto bene o male, non so se gli farò bene o male, però so che di "bene" in questa storia ce n'è davvero poco.
Non so che aspetto abbia il mio viso in questo momento, ma credo che i miei occhi trasudino disperazione da ogni poro. Continuo a mangiarmi tutte le lacrime che cercano di abbandonare il mio corpo senza consenso. Non so come Castiel prenderà la notizia, potrebbe benissimo abbandonarmi, cacciarmi via, dire che non è un problema suo, non lo biasimerei, morire di cancro è brutto, ma una volta fuori da questo mondo sono le persone che ci hanno amato, a fare i conti con il dolore. Questo Castiel non lo merita, non merita una vita triste e vuota, non merita me, un piccolo e devastante disastro.
Vedo il suo volto incupirsi, immagino si stia facendo tante domande in questo momento. Non parla, ma continua a guardarmi dritto negli occhi, non riesco a sostenere il suo sguardo,  mi volto verso il camino di fronte a noi.
- Ma cosa significa... stai morendo? - Dice, rompendo il silenzio che si era creato.
Adesso il suo sguardo magnetico, quello che mi colpì subito di lui, si è spento, insieme al sorriso che avrebbe potuto illuminare tutta New York, entrambi persi nel vuoto incolmabile della tristezza.
- E' complicato- rispondo.
- Gwendolyn, spiegati meglio - Insiste.
- Ho un cancro al fegato, fin dai nove anni, ora è molto peggiorato, se non mi faccio operare, posso morire, anzi, morirò. - Dico, trattenendo le lacrime, e fissando le sue labbra. Non ho voglia di incontrare i suoi occhi, perché so già che il dolore che provo adesso raddoppierebbe fino a scoppiarmi dentro e logorarmi il cuore.
- Operare? - E' sempre più bianco in volto.
- Il trapianto, ma ci sono le buone probabilità che io non superi l'operazione. - 
- Perché? - Domanda.
- Il mio corpo è troppo debole Castiel. -
- Perché? - Chiede di nuovo, con un filo di collera nella voce.
- Cosa perché? - Rispondo ponendogli di nuovo la sua domanda.
- Perché me lo dici adesso?! Dopo che ci siamo baciati? - Domanda, con una voce triste, mischiata ad un pizzico di rabbia. Ma l'emozione che sprigiona maggiormente il suo volto è quello che aveva anche prima... sta soffrendo, ed io non posso fare niente. Se solo avessi realmente il controllo di quello che succede all'interno del mio fegato, sicuramente non sarei qui, a distruggere me e chi mi sta intorno. 
- Castiel... io non lo so - le lacrime che non sono riuscite a fuoriuscire fino ad ora, escono a fiotti. 
Cerco di asciugarmele con il palmo della mano, di trattenere i singhiozzi, ma non serve a nulla.
Non le vedo a causa delle lacrime che riducono la mia visibilità, ma le sento, sento le braccia di Castiel stringermi forte, è un abbraccio misto a dolcezza e tristezza, proprio come il bacio fuggitivo che ci siamo scambiati poco prima.
- Non piangere - sussurra.
- Non voglio morire Castiel, non voglio... NON VOGLIO MORIRE! - La mia voce da un lamento poco comprensibile, diventa un urlo di disperazione. - La vita è così ingiusta... nulla va mai come vorresti - Continuo a singhiozzare.
- Non morirai Gwen - dice piano.
-Sì che morirò, Castiel -
Odio la mia vita, prima mi da una bella casa, dei bei amici, un bella famiglia, e poi? E poi mi ammazza, mi spezza le gambe, mi fa sentire il dolore, l'odore del sangue, mi urla tutto il giorno all'orecchio che sto morendo, ho un cancro, e niente di tutto questo potrà cambiare, finché le ceneri non mi reclameranno.  
Non mi risponde, ma continua a stringermi a sé, sempre più forte, sempre più dolcemente, credo che nessuno dei due vuole mostrare all'altro la propria espressione, ma non importa, mi piace questo tenero contatto, vorrei durasse per sempre, ma come tutti sappiamo, nulla è destinato all'eternità, men che meno io, che del "per sempre" non ne ho mai potuto assaggiare molto.
Non so chi dei due si sia staccato prima, credo lui, ma torniamo a guardarci, fa un leggero sorriso, ha gli occhi un po' rossi. Il mio pianto isterico si è calmato.
- Come stai? - Mi domanda accarezzandomi i capelli.
- Meglio - Sorrido. - Tu? - Chiedo.
-Ora smettila di piangere, non sei uno bello spettacolo. -  Fa finta di non sentire la mia domanda, ride piano, è una risata triste e spenta.
- 'Fanculo Cass - rido leggermente anche io, sono consapevole del mio aspetto orribile, ma sono anche consapevole dell'intenzione di Castiel di strapparmi un piccolo sorriso, non voglio deluderlo. 
- Ti va di raccontarmi un po' ? - Mi chiede.
- Cosa vuoi sapere? - Gli domando.
- Tutto, se vuoi - mi risponde.
Gli inizio a raccontare dai miei nove anni in poi, l'anno di chemio che ho dovuto passare, la mia vita in Italia, il motivo reale che mi ha costretto a trasferirmi, la risposta dell'organo che aspetto e le iniezioni di etanolo che devo subirmi tutti i giorni sino all'operazione, se arriverà, e gli ho mostrato il cerotto presente sulla parte alta dell'addome.
Mentre racconto lui è concentrato su di me, non si distrae neanche un secondo, è così bello.
- [...] Il mio colore preferito è il giallo, il mio libro preferito è Guerra e Pace di Tolstoj, mentre i miei scrittori preferiti sono: ovviamente, Tolstoj e Dostoevskij. Ho finito la mia emozionante vita - Concludo.
- Ti piace leggere? - Mi domanda.
- Amo leggere, perché, a te non piace? - Gli chiedo.
- Diciamo che non ne ho il tempo - dice.
- Sì diciamo così - dico - adesso tocca a te. - 
- Tocca me? - Chiede.
- Sì, parlami di te - Dico.
-Va bene - dice - Allora sono nato il 3 Dicembre, la mia vita è stata sempre così, i genitori lontani, tornano una settimana al mese, poi sono entrato alle superiori, ho conosciuto gli altri ragazzi, Lysandro lo conoscevo già dall'asilo, e dopo vari casini è nata la band, cercavamo una donna, per completare il tutto perfettamente, e conobbi Deborah, era della mia scuola ma di un'altra classe e non mi era capitato mai di vederla, si rivelò molto brava e la prendemmo. Con lei insieme a Lys al microfono, andavamo lontani, davvero lontani. Poi mi innamorai di lei, ci credi? Io il "duro" di sempre, innamorato, suona davvero strano ma è così. Deborah, inoltre, metteva i nostri video su YouTube, e una casa discografica ci scoprì, ma non voleva noi, voleva Lei. Io credevo che non mi avrebbe mai lasciato, ma l'ha fatto... il resto lo sai. Il mio colore preferito è il blu cobalto, il mio gruppo preferito sono gli Arctic Monkeys. Ho finito la mia emozionante vita - Conclude.
- Blu colbalto... non mi sono mai piaciute le tonalità del blu. - Dico.
- Come no? Il blu è il colore più bello che esista! - Replica.
-Sì, sì. - Sorrido leggermente.
Guardo l'ora sul cellulare, sono quasi le 13:00, e pensare che sono venuta qui di mattina presto, oh Castiel! Mi fai perdere anche la cognizione del tempo! Adesso sarei dovuta uscire da scuola e andare a casa, mangiare e poi recarmi dalla dottoressa.
- Castiel devo andare a casa, devo nutrirmi di erba e carne bollita, e poi andare da Caren. - Dico.
- Non ti va di restare un altro po' ? - Mi domanda.
- Devo mangiare, il cancro fa dimagrire, quindi se non voglio scomparire, devo andare - rispondo.
- Va bene, ti accompagno con la macchina - Si propone.
Non mi dispiaceva restare ancora un po' con lui, anzi lo desideravo. Mi ero aperta totalmente, mi sono messa a nudo e ho lasciato che mi vedesse in ogni angolo di me stessa più sconosciuto.
Saliamo in macchina, accende la radio, e parliamo del più e del meno. Io non ricordo il suo passato e lui non ricorda il mio. Lo ringrazio in silenzio.
Arriviamo a casa mia, sto per scendere dalla macchina, quando mi giro e gli stampo un debole bacio sulla guancia. 
- Grazie - dico.
Lui sorride, ed io esco dalla macchina, ma abbassa il finestrino e urla, facendomi venire un colpo.
-Renderò i tuoi giorni indimenticabili! - Sorride e se ne va.
Sorrido tra me e me ed entro, non dico a mia madre che ho saltato scuola, sì è giovanile, ma sono sicura che si arrabbierebbe lo stesso.
Mangio e dopo, in compagnia di mia madre andiamo da Caren. 
Arriviamo come sempre velocemente, e vi risparmio tutti i soliti abbracci e baci che mi da ogni volta che mi vede, non ne posso davvero più. Mi fa l'iniezione dolorosissima e mi controlla le urine, del fegato ancora nulla. Ho sentito di persone che per un organo hanno aspettato anche dieci anni. Io non li vivrò dieci anni. Mentre mia mamma parla con Caren inizio a sentire forti fitte provenienti dall'addome, è un dolore insistente e costante, sento così male che non riesco neanche a parlare, prendo la manica di mia mamma e la tiro, entrambe notano il mio volto dolorante. Mi aiutano a sedermi sul lettino, non sentivo un dolore del genere da un po', Caren mi tasta e io urlo, non voglio che mi tocchi, mi fa ancora più male! Caren si rilassa, vedendo lo schermo dell'ecografia.
-Tesoro tranquilla, è tutto apposto, le iniezioni a volte possono causare mal di pancia è normale, va a casa e riposati. - Mi tranquillizza Caren - prendi due di queste - mi porge un barattolino di pillole dal nome veramente impronunciabile.
Mia madre si porta sempre, e dico sempre, una bottiglietta d'acqua dietro, prendo le pillole ed a fatica arrivo alla macchina, soffro per tutto il tragitto, mi aiuta ad entrare in casa e mi stende sul divano, mi copre con una coperta. Dopo quindici minuti di agonia il dolore inizia ad alleviarsi, finalmente. Non riesco ad andare al club, sto davvero troppo male, non so se è perché il mio corpo non accetta l'etanolo, ma la dottoressa dice di no, e tra le due è lei ad avere una laurea in medicina. Scrivo un messaggio a Castiel.
"Non riesco a venire al club Cass"
La sua risposta arriva poco dopo.
"Stai male?"
"No tranquillo, solo un po' di mal di stomaco, ma sono molto stanca, ho bisogno di dormire"
"Buonanotte Noce"
Mi addormento cullata da quel suo ultimo messaggio, il dolore si è attenuato di molto.
***
Mi sveglio alle 20:00 di sera, controllo il telefono che subito mi acceca, trovo due chiamate perse di Castiel, lo richiamo.
- Pronto Gwen? -
- Castiel mi hai chiamata? -
- Sì -
- Perché? - 
- Prepara una lista sulle cose che vorresti fare prima dell'operazione -
- Una lista, perché? -
- Tu fallo, entro stasera dimmi qual'è l'ultima posizione, qualunque cosa sia la faremo insieme - 
- Ma sei serio? -
- Mai stato così serio, adesso ti saluto, piccola Noce -
- Ciao Cass. -
Non credevo che dietro la corazza che Castiel ha messo ci fosse una persona simile: è gentile e dolce. Chi l'avrebbe mai detto.
Corro in camera mia, Audrey mi viene dietro con il pupazzo di Bugs Bunny in bocca, vuole giocare, ma ora ho un'altra piccola cosa da fare.
Penso e Ripenso a ciò che vorrei fare, Castiel dice prima dell'operazione, ma io lo so che è prima di morire. 
Scrivo e cancello in continuazione. Alla fine le cose che voglio fare sono cinque.
"Voglio farmi un tatuaggio" Invio.
 
Cose da fare prima dell'operazione.
  1.  
  2.  
  3.  
  4.  
  5.  Tatuaggio

 
 

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Capitolo 11
*** Capitolo nove. ***


Che tristezza. È triste, per davvero, che viviamo tutti quanti come idioti, e alla fine moriamo.

-Charles Bukowskij.

CAPITOLO NOVE.

"Un tatuaggio? Benissimo, domani mattina alle 10:00 ti passo a prendere"  Risponde Castiel.
"Okay" Scrivo io, e finiamo di parlare.
Ho sempre desiderato un tatuaggio, ma non un tatuaggio qualsiasi, voglio qualcosa che mi rispecchi, qualcosa che dica ad alta voce "lei è Gwendolyn, ne ha passate tante ma è ancora qui".
Voglio il fuoco sulla pelle, perché sono una combattente, ma, inoltre, voglio una rondine in pieno volo, perché anche se sono incatenata in questo mondo fatto per la buona parte di delusioni, sono libera. Mi sento libera.
Dopo ore di incessanti ripensamenti, alle 4:12 del mattino ho deciso. Voglio un forte e fragile albero, sulla parte alta del mio braccio sinistro, però voglio aggiungere qualcos'altro, una frase, e so già quale: "thousand lives, yet" ovvero "mille vite, ancora".
Sono davvero soddisfatta di questa mia scelta, e mi addormento, tutto sommato, felice.
***
Al mio risveglio trovo Flo accanto a me che dorme tranquillamente, guardo l'ora, sono le 9:00, oggi è domenica, chissà quale tatuatore è aperto.
Vado in bagno, mi lavo velocemente e mi ritrovo davanti al mio armadio, alla ricerca di qualcosa da mettermi. Indosso una semplice maglietta a maniche corte, così da poter lavorare tranquillamente sul tatuaggio, una felpa rossa, e un paio di jeans. Mi lego i capelli in una coda alta, metto le lentine a contatto, e copro il mio volto sempre quel poco di trucco.
Guardo la mia immagine riflessa nello specchio, e mi ritrovo ad arrossire come una bambina, ripensando al piccolo bacio scambiato con Castiel e al suo forte abbraccio consolatorio, un po' per tutti e due. Quando arrivai a Londra non avrei mai pensato che potesse succedermi una cosa del genere, anche perché ho sempre avuto l'intenzione di allontanare chiunque da me, ma è successo l'esatto contrario. Castiel mi piace, mi ha accettato così come sono, con il più grande difetto che una persona possa possedere, e non ho nessuna intenzione di lasciarlo andare.
Mi batto velocemente le mani sul volto, dicendo a me stessa di rilassarmi. 
Sento il mio telefono vibrare, è lui. 
"Spero che tu non stia dormendo, sono sotto casa tua" ora so cosa si prova ad avere le farfalle nello stomaco.
"Tranquillo, sto scendendo".
Passo dalla cucina, i miei genitori stanno facendo colazione con i loro amati cornetti al cioccolato. Li saluto entrambi con un bacio sulla guancia, annunciando che al mio ritorno avrei avuto qualcosa di diverso, non gli do il tempo di cercare spiegazioni che velocemente esco dalla porta. Lui è lì, in tutta la sua bellezza.
Vado verso il ragazzo che piano piano sta rubando il mio cuore a passo svelto, come lo dovrei salutare? Non ne ho idea. Aspetto che sia lui a fare la prima mossa.
Mi fermo quando manca poca distanza fra i nostri due corpi, il mio che vuole, anzi, che desidera stringerlo a sé, il suo impassibile. Gli sorrido mostrando tutti i miei denti a disposizione.
- Non si saluta più? - Domanda, con un sorriso furbo.
Si abbassa, per arrivare al mio viso, (dannata altezza!) Mi alza delicatamente il mento e mi da un bacio. 
Mi perdo fra le sue labbra, pensando che al mondo non possa esistere niente di più bello.
Si stacca delicatamente, sorridendo.
-Vogliamo andare? - Mi chiede.
-Certo - rispondo, rossissima per l'imbarazzo. Che posso farci?! Non sono abituata a tutto questo.
Saliamo nella sua auto, ed accende la musica.
-Allora vuoi farti un tatuaggio eh? - Mi domanda, con lo sguardo fisso sulla strada.
-Sì -
-E cosa vuoi tatuarti? -
-Un albero -
-Un albero? -
-Sì, ha un significato profondo -
-Immagino -
-E tu? Ti farai qualche tatuaggio? - 
-Certo! Secondo te, ti lascio tutto il divertimento? -
-Come posso anche solo pensarlo! - Rido - E cosa ti farai? -
-Un plettro, sotto l'orecchio. -
-Bella idea. -
Ci sorridiamo.
-Ma da chi andiamo? -
-Da un mio amico, da lui si è fatto tatuare Lysandro -
-Lys ha un tatuaggio? E quale? -
-Delle ali sulla schiena -
-Capisco -
Mi piace guardarlo, è così elegante nei suoi movimenti, 
-Stasera sei da me! -
Me l'ha praticamente imposto.
-Vedi che non mi va di tirare un mezzo morto su per le scale, ti avverto. -
-Non troverai nessun mezzo morto, promesso. -
-Allora va bene. -
Non so quanto tempo sia passato, quando sono con Castiel perdo molto facilmente la cognizione del tempo.
Guardo fuori dal finestrino, la strada è tempestata da entrambi i lati di alberi. Quando sono arrivata è la prima cosa che ho notato, la grande differenza tra Londra, o meglio Camden (ho finalmente imparato il nome del mio quartiere!)  e la città nella piccola Sicilia in cui stavo prima. E' un altro mondo. Tutto è così perfettamente perfetto in ogni sua parte. 
A distaccarmi dai miei pensieri è proprio lui. 
-Siamo arrivati! - Annuncia festoso. -Chi è pronto per un tatuaggio? -
-Io! - Urlo alzando la mano, come per rispondere alla domanda più importante di tutto l'anno scolastico.
Scendiamo dalla macchina, ci troviamo nel parcheggio dello studio del tatuatore. Da fuori l'edificio non sembra tanto grande, è rosso e blu con tantissimi disegni, noto: un drago, una tigre e un grosso salmone. Aspetto Castiel che chiude la macchina, e ci dirigiamo insieme, l'uno accanto all'altro verso la porta con la strana maniglia a forma di gelato verde. Non ho paura di farmi il tatuaggio, semplicemente perché non ho paura né degli aghi e né del dolore, come sapete, sono abituata. 
Entriamo, e un omone, dalla grande pancia e la barba legata a treccine, ci viene incontro, abbraccia Castiel.
-Amico da quanto tempo! - Esclama il tatuatore distaccandosi da Cass.
-Sono pieno di impegni - dice - ma come stai? -
-Bene, bene, e tu? - chiede sempre sorridente.
-Bene - si volta verso di me e mi posa una mano sulla schiena, facendomi avanzare - lei è Gwendolyn, vogliamo un tatuaggio -
-Piacere - Dico sorridendo.
-Piacere mio, io sono Mark, italiana? - Mi domanda.
-Come fai a saperlo? - Chiedo dubbiosa.
-Conosco l'accento italiano, ho vissuto lì per 2 anni, Milano. - Conferma - E voi due, state insieme? - Domanda, con aria furba.
Non so sinceramente cosa rispondere, semplicemente perché non lo so neanche io.
-Una specie - dice Castiel - vogliamo fare i tatuaggi Mark? -
-Certamente, facciamo i disegni, venite - 
A quindi è questo che siamo io e Castiel, una specie di coppia. Buono a sapersi.
Dentro lo studio è decisamente meglio, è abbastanza grande, le pareti sono bianche, ma tutte tappezzate da disegni a dir poco sbalorditivi, immagino li ha disegnati tutti Mark, se è così è davvero bravo. Ci sediamo al grande tavolo posto a lato della stanza, io e Castiel accanto e il nostro tatuatore di fronte.
-Da chi iniziamo? - Domanda Mark.
-Castiel inizia tu, il tuo tatuaggio è più piccolo - Dico io.
-Okay Gwen - Si ferma, voltandosi verso Mark - voglio un plettro dietro l'orecchio -
-Un plettro normale? -
-Sì normalissimo, e lo voglio rosso. - 
Mark disegna velocemente qualcosa su un foglio, lo alza e mostra un semplicissimo plettro, però fatto molto bene.
-Perfetto - dice Cass.
-Bene - ora Mark si rivolge a me  -E tu Gwen cosa vuoi? -
-Un albero, qui - segno la parte alta del braccio sinistro.
-Bell'idea, foglie? -
-Sì e poche radici -
Mark continua a disegnare. 
-Perfetto, perfetto - è concentratissimo - altro? -
-Voglio di lato una frase -
-Okay, e quale? - 
-Thousand lives, yet. - 
-Oh mille vite, ancora. - Me lo dice in italiano, vedo il viso di Castiel contorcersi.
-Sì - dico io.
Dopo 20 minuti che Mark disegna e canticchia canzoni a me sconosciute, alza il foglio. E' perfetto, tutto quello che volevo. Un albero pieno di rami, sui rami poche foglie, sopra a destra un piccolo uccello e di lato la mia frase. Mi piace, mi piace tanto.
-Perfetto. - Dico.
Mark arrossisce leggermente. 
-Cass, amico, iniziamo da te. -
-Okay Mark - risponde Castiel. 
Castiel si siede sulla poltrona posta dall'altro lato della stanza, dove di fianco si trovano tutti gli strumenti con cui Mark lavora. 
Si mette i guanti e inizia a disinfettare il luogo in cui andrà a bucare la pelle di Cass, toglie con la lametta la peluria che da fastidio, mette una specie di crema e inizia a disegnare con l'apposito oggetto il plettro. Finisce quasi subito, il disegno è piccolo ma bello.
-Dolore? - Domando appena Mark ha finito.
-Ti ricordo con chi stai parlando - Sorride furbo.
-Oh scusami - alzo le mani in segno di perdono.
-Gwen siediti, tocca a te. - Dice Mark.
Mi siedo e dopo le varie procedure iniziali inizia a bucarmi la pelle. Okay fa male, ma riesco a sopportarlo. Faccio qualche smorfia di dolore, ma sto bene. Noto Castiel mandarmi qualche sorriso.
-Vuoi che ti tenga la mano? - Domanda ironicamente.
-Ma vattene - Rispondo, muovendomi un po'.
-FERMA! - Mi urla Mark.
Anche se si arrabbia non riesco a prenderlo sul serio, è così dolce e pacioccone che è impossibile credere che possa infuriarsi. 
Dopo, credo un'ora e mezza, ha finito. Lo vedo, rimango sbalordita, è davvero bello. Lo copre tutto.
-Grazie Mark - lo abbraccio.
-Di niente cara - risponde lui, ricambiandomi.
-Okay, okay - dice Castiel - avete finito? - 
-Eh smettila! - Gli do uno spintone ridendo.
-Quanto di devo? - Chiedo a Mark.
-Assolutamente nulla, è stato un piacere conoscerti Gwendolyn, non faccio pagare agli amici. - Dice.
Questo ragazzo è la dolcezza. 
-E' meglio andare Gwen - dice Castiel.
Salutiamo entrambi Mark, promettendo di rivederci in prima possibile.
Entriamo in auto. 
-Contenta? - Mi domanda Castiel.
-Contentissima. - Rispondo.
Mette in moto, e andiamo.
-Allora cosa c'è dopo nella tua lista? -
-Voglio imparare a guidare -
Vedo un sorriso formarsi sul suo volto.
-E con quale macchina vorresti imparare? -
-Con la tua, ovviamente - sorrido.
Ride, che bella la sua risata.
-Va bene, inizieremo stasera. -
***
Arriviamo velocemente a casa mia, lo saluto con un bacio sulla guancia, in fondo siamo "una specie" di fidanzati. 
Entro in casa e trovo un bigliettino di mia madre, non ha mai imparato ad usare il telefono per scrivere messaggi, quindi di tanto in tanto, mi ritrovo i suoi fogliettini sparsi per la casa. 
"Io e papà siamo a fare la spesa, chiamami appena leggi questo foglio, ti prego tesoro! E mangia, è tutto sul tavolo."
Prima che mi mandi a cercare attraverso FBI la chiamo. Non ci scambiamo molte parole, le farò vedere il tatuaggio appena torna a casa. 
Mangio ciò che mia madre ha preparato e mi rilasso insieme a Audrey davanti un buon film. 
Non vedo l'ora che arrivi sera per le mie prime lezioni di guida.
Salgo in camera e cancello "tatuaggio" dalla mia lista. 
 
  1.  
  2.  
  3.  
  4. Imparare a Guidare.
  5. Tatuaggio
***
ANGOLO AUTRICE.
Salve care lettrici e cari lettori della mia FanFiction, come state?
Spero bene, perché lo meritate!
Voglio dirvi un po' di cose, quindi iniziamo subitissimo.
Mi dispiace per la mia totale assenza dal sito, ma torno da un'influenza che mi ha totalmente stravolto, perché sì, dovete sapere che sono così deboluccia che appena prendo un po' di fresco mi ammalo. E mi scuso anche per il capitolo, non è granché, doveva arrivare sino alla sera, ma è andata così. Mi rifarò.

Per chiunque volesse parlare con me, all'infuori di EFP, può trovarmi su Kik con il nome di MartinaAlo.


Qui trovate il significato del tatuaggio di Gwendolyn.

Albero: Simboleggia il ciclo della vita, il collegamento tra passato e presente, immortalità, eternità, conoscenza e saggezza, forza e professione, perdono e salvezza.

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Capitolo 12
*** Capitolo dieci. ***


E se ti mostro il mio lato oscuro mi stringerai ugualmente questa notte?

-Pink Floyd.

CAPITOLO DIECI.

Sento la porta ingresso aprirsi dalla tranquillità di camera mia, riconosco il rumore dei loro passi, sono mia madre e mio padre. 
-Gwen tesoro, dove sei? - Urla mia madre. 
-Sono qui mamma - dico a voce alta scendendo le scale.
Li trovo entrambi in cucina intenti a posare sul tavolo tutte le buste della spesa. Appena mi vedono, lasciano le cose che hanno in mano dove capita e corrono ad abbracciarmi, sussurrandomi un piccola ma percettibile "ci sei mancata". Amo i nostri teneri abbracci di gruppo, manca solo la mia piccola Audrey per completare la nostra famiglia.
-Dove sei stata? - Mi chiede mio padre staccandosi.
-Con Castiel - rispondo.
-Castiel, eh - sorride furba mia madre Tiziana.
Arrossisco notevolmente. Se c'è una cosa che in questo periodo non mi riesce completamente è nascondere qualsiasi emozione io provi.
Adesso i miei genitori mi guardano con aria interrogativa, si è creato un silenzio davvero imbarazzante tra noi. Guardo velocemente la mia immagine riflessa nella finestra di vetro posta sopra il lavandino. I miei genitori non sono stupidi, e basta guardarmi anche solo di sfuggita per capire cosa realmente provo in questo momento, e cosa provo per il ragazzo nominato poco prima.
-Gwenny, devi dirci qualcosa? - Domanda mio padre con tutta la serietà che può possedere una persona tutt'altro che seria.
Mia madre, invece, continua a sorridermi, ha capito tutto.
-Ci stiamo provando - dico. Suona un po' male, e vedo subito il volto di mio padre cambiare colore, mentre quello di mia madre sprizza gioia da ogni poro. -Tranquillo papà, non dobbiamo procreare - mi correggo velocemente. Voglio sparire, non ho mai provato tanta vergogna con i miei genitori.
-Allora sa tutto? - Mi chiede mia madre.
-Sì - rispondo io - tutto. -
-E lui? - Domanda mia madre, mio padre è ancora pallido.
-E lui niente mamma, cosa poteva dire? - Rispondo alla sua domanda con un'altra domanda a cui sono sicura non risponderà.
-E cosa avete fatto oggi da soli? Dove siete andati? - Chiede mio padre con lo sguardo fisso nel nulla.
-Papà nulla di quello che credi tu - cerco di rassicurarlo - mi sono fatta un tatuaggio. -
-Un che?! - Dicono all'unisolo.
-Un tatuaggio - ripeto piano.
-Scusa tesoro, mi sfugge il momento preciso in cui ne hai parlato con me e tuo padre! - Esclama abbastanza arrabbiata mia madre.
-Mamma volevo un tatuaggio e l'ho fatto, quando avrei dovuto farlo? A diciotto anni? Non so neanche se ci arrivo! - Mi pento subito di ciò che è uscito dalla mia bocca -e poi sia tu che papà ne avete almeno uno - cerco di rimediare alla mia maledetta lingua.
Vedo lo sguardo adirato di mia madre addolcirsi, fino a diventare davvero triste.
-Me lo fai vedere? - Sorride appena.
-Certo -
Levo la felpa rossa e mostro l'albero tatuato sul braccio sinistro. 
-E' molto bello tesoro - continua -ma è stato pulito? Ha usato tutto correttamente? -
-Sì mamma, tranquilla. -
Mia madre possiede due tatuaggi, il primo l'ha fatto quando aveva all'incirca la mia età: è un'edera che, partendo dal piede, si arrampica sino al ginocchio, e il secondo l'ha fatto insieme a mio padre poco dopo la mia nascita, entrambi hanno il mio nome tatuato sulla parte alta della schiena, poco sotto il collo. Anche io mi farò tatuare i loro nomi sulla mia pelle, così rimarrano per sempre un segno indelebile sul mio corpo, perché nel cuore già lo sono.
Ho voglia di abbracciarli, e lo faccio immediatamente. Prima mia madre, che ricambia senza esitare.
-Scusa - sussurro.
-No amore, scusa tu - dice piano al mio orecchio.
Dopo passo a mio padre Eden, chiedo scusa anche a lui.
-Sarai sempre il mio preferito - dico anche.
-E tu sarai sempre la mia piccola principessa - mi stringe più forte -se ti farà soffrire, gli spezzo le gambe. -
Mi stacco perché un campanellino di allarme mi rimbomba nel cervello, svegliando quei pochi neuroni attivi che vagano solitari: Caren.
-Caren! - Esclamo guardando l'orologio, tra venti minuti devo essere da lei.
-Me l'ero completamente dimenticato Gwen, sali in macchina, io arrivo subito! - Dice mia madre mentre è alla ricerca della sua borsa color caramello.
-Vengo anch'io? - Domanda mio padre a sua moglie.
Mia madre gli si avvicina all'orecchio e gli dice qualcosa, non riesco a sentire nulla.
-Va bene, sto a casa. -
***
Io e mia madre siamo sedute in macchina, stiamo ascoltando un CD di Claudio Baglioni, ogni tanto è bello tornare ad ascoltare della buona musica italiana. Prendo il telefono, ho voglia di parlare con Castiel, gli scrivo un messaggio? Non avrei mai pensato di farmi dei complessi su l'inviare o no uno stupidissimo "Ehy".
-E allora? - Domanda d'un tratto.
-Allora cosa? - 
-Insomma, tu e lui - 
-Andiamo mamma! Non è successo niente -
-Tesoro è normale provare nuove cose alla tua età, si hanno nuovi impulsi e - sta per continuare quando io prendo la parola.
-Mamma non abbiamo fatto niente!- Mi metto una mano sulla fronte e mi abbasso abbastanza adirata.
-Ma Gwendolyn, accadrà prima o poi, hai quasi diciassette anni, e vorrei che tu fossi pronta - 
-Mamma, vuoi farmi davvero educazione sessuale? - Dico con voce pietosa e visibilmente arresa.
-Sì, e vorrei che tu mi stessi ad ascoltare - fa un profondo respiro - dicevo, soprattutto... emh, i ragazzi a questa età hanno gli ormoni che scoppiano, quindi hanno più istinti riproduttivi rispetto alla femmina -
-Istinti riproduttivi? Davvero mamma? - 
-Non mi interrompere, perdo il filo - fa una piccola paura - dicevo, di nuovo, è probabile che Castiel ci provi, è la natura, sta a te respingerlo o accettarlo -
-Ti prego mamma basta! - La supplico. 
-Può anche far male la prima volta tesoro, ma non devi avere paura, e non vergognarti di te stessa. -
Se mi getto da un'auto in corsa, quante probabilità ho di sopravvivere? 
-Se hai bisogno di qualunque cosa sai che ci sono, o se vuoi qualche consiglio - 
Noto dal finestrino l'edificio in cui si trova lo studio medico di Caren, è alto nove piani, di colore rosso, che con il sole di oggi lo fa diventare letteralmente fuoco. Prendo la parola prima che lei inizi a parlarmi delle sue esperienze "di vita" sì chiamiamole così.
-Guarda mamma siamo arrivate! Che peccato, continueremo eh - dico con falsa tristezza e facendo una leggera smorfia di sollievo.
-Continueremo sicuro - risponde mentre parcheggia.
Scendiamo ed entriamo, dobbiamo salire al quinto piano, prendiamo l'ascensore con un piccolo uomo baffuto di poche parole, con cui scambiamo solo un timido "buongiorno". Arriviamo velocemente su e il procedimento è sempre lo stesso con la mia odiosa dottoressa: saluti, baci, organo? No, iniezione, ciao. Finiamo anche prima del solito, sarà per i nostri dieci minuti di ritardo, avrà molti pazienti, anche la domenica. 
Torniamo all'auto e posto subito la radio su un canale a caso, l'importante è non ritrovarmi nella stessa situazione di quasi trenta minuti fa. Castiel! Stasera dovrei andare da lui! Me lo stavo totalmente dimenticando. E ora chi glielo dice? Penserà sicuramente male, abbasso il volume.
-Mamma stasera sono da Castiel -
Vedo un sorrisino formarsi sul suo volto.
-Ah sì? E che dovete fare? -
-Mamma non saremo soli! Ci saranno anche gli altri - mento.
-Va bene, va bene, a che ora devi andare? -
-Dopo mangiato -
-E quando ti dobbiamo venire a prendere? - 
-Ti chiamo poi io -
-Ricorda che domani c'è scuola -
-Sì lo so mamma-
Si crea uno strano silenzio tra noi, riempito solo dalla musica proveniente dall'autoradio, la guardo, penso a quanto sia bella e invadente, a quanto io sia fortunata ad averla accanto. 
-Ti va a comprare qualcosa da metterti per stasera? - Chiede.
-Sì, perché no - 
-C'è un grande centro commerciale, poco lontano, arriviamo in cinque minuti -
-Va bene mamma, ma non voglio più sentire la parola sesso da qui all'eternità finché non sarò io ad intraprendere il discorso, affare fatto? - 
-Veramente io non ho mai pronunciato la parola sesso, ma affare fatto. - 
-Benissimo - esclamo.
Parliamo del più e del meno, hanno chiamato i miei nonni avvertendo che non sanno se arriveranno nella data prevista, ma verranno sicuro per il mio compleanno, il ventisei gennaio, mancano ancora venti giorni, e non so come si sarebbero messe le cose in questo lasso di tempo, può succedere qualunque cosa, ormai non sono più sicura di nulla, neanche di arrivare viva al giorno seguente. Smetto di pensare, non voglio che mia madre mi veda triste, ha già tantissimi problemi per la testa, me al primo posto, metterci anche la mia depressione la ucciderebbe ulteriormente. Scuoto la testa e preparo uno dei miei sorrisi migliori.
-Allora siamo arrivati? - Domando.
-Sì quasi - mi sorride dolcemente.
E' un centro commerciale normale, non molto grande, non uno di quelli che si vedono nei video di Londra alti 30 metri, è piccolo ma accogliente. 
Passiamo un pomeriggio tipico mamma e figlia, uno di quelli belli e divertenti. Compriamo un vestitino nero e bianco, non tanto elegante, arriva sino al ginocchio e lascia scoperto il nuovo tatuaggio, mi ha fatto vedere anche qualche intimo, è inutile scendere a patti con lei, non cambia mai. E' bello vederla sorridere, è bello veder sorridere la mia famiglia in generale, è bello vederli sorridere con me, la causa della loro sofferenza. Torniamo a casa per le 19:00, mia madre si mette subito a cucinare qualcosa senza germi e al vapore, ormai sono abituata. Io ne approfitto per prepararmi, non metto il nuovo vestito, lo terrò per un'altra occasione. 
"Ti sto aspettando, ho anche visto se l'airbag funziona, tutto okay, spero" è Castiel.
"Puoi anche smontarli, faccio pilota di secondo nome"
"Ne sono sicuro, a che ora vieni?"
"Tra 20 minuti"
"Vedi che non ti aspetterò più di tanto! Ho mille cose da fare, io"
"Sì, immagino"
Mangiamo velocemente, mio padre emana una strana ansia, ma perché sono tutti convinti che faremo qualcosa stasera? Be' non faremo assolutamente nulla!
Mi accompagnano entrambi i miei genitori, almeno non avrò qualche consiglio "pre-serale" da mia madre, non parlerebbe mai di certe cose davanti a mio padre, per lei queste sono cose da donna a donna.
Li saluto rassicurandoli che stavolta al mio ritorno non avrò nulla di nuovo.
Suono il campanello, e sento un "Chi è?" dalla voce femminile "Gwendolyn" rispondo.
Il cancello si apre e vedo uscire velocemente dalla porta Castiel, mi sembra abbastanza arrabbiato. Si avvicina a passi svelti verso di me.
-Ehy è successo qualcosa? - Gli domando quando è a poca distanza da me.
-Ci sono i miei - risponde apatico. 
-Oh, e cosa vuoi fare? - Chiedo.
-Nulla, andiamo in macchina? - 
E' palese che non vuole farmi entrare a conoscere i suoi genitori, va bene, immagino che sia per lui che per loro Debrah sia ancora fresca.
-Cass ma dove vai? Perché non fai entrare la tua amica? - Domanda dal portone una donna che credo sia sua madre, è alta e magra e bella, solo ora noto la differenza di qualsiasi madre normale con la mia, mia madre è decisamente troppo pelle ossa, infondo ha una figlia malata di cancro, e anche io sono troppo pelle ossa, la malattia mi ha distrutto e continua a distruggermi.
-Se non te la senti non entriamo - mi sussurra all'orecchio Castiel - sai, sanno essere molto invadenti, e alle volte insopportabili -
-No, va bene - gli sorrido.
-Okay - una leggera foglia di rabbia vola via dal suo volto.
Andiamo verso la porta ed entriamo. La donna è lì ad aspettarci.
-Ehy Cass non me la presenti? - Incita il figlio dandogli una leggera gomitato nel fianco.
-Finiscila! - Cerca di rilassarsi - Lei è Gwendolyn - ora si rivolge a me - Gwendolyn lei è Tabata -
-Piacere di conoscerti - Dice Tabata stringendomi la mano.
E' proprio bella, capelli rossi come il figlio, occhi verdi, naso piccolo e ha le forme che ogni donna dovrebbe avere, ma che io non posseggo. Indossa una maglia a maniche lunghe rossa e un paio di skinny jeans.
-Piacere mio - dico sorridendo.
-Vieni cara ti faccio conoscere mio marito - mi prende per un braccio e mi trascina sino in cucina, dove il padre di Castiel è intento a cucinare.
-Micheal - lo chiama la moglie.
L'uomo si gira e non nasconde il suo stupore nel vedermi con Castiel accanto. 
-Oh, e tu chi sei? - Mi domanda avvicinandosi fino ad arrivare a pochi centimetri da me.
-Mi chiamo Gwendolyn, signore - annuncio.
-Avete finito? Adesso possiamo andare?! - Domanda Castiel adirato ai suoi genitori.
-Ma io l'ho appena conosciuta! Fammi scambiare due parole con lei Cass - protesta il padre. 
-Prego siediti - Tabata sposta una sedia dal tavolo invitandomi con la mano a sedermi.
Castiel mi trattiene dalla maglietta, ma io mi divincolo velocemente senza che nessuno noti nulla e mi accomodo dove Tabata mi ha detto. Micheal che è la fotocopia del figlio con i capelli neri e il naso decisamente troppo lungo, si accomoda di fronte a me, Tabata accanto al marito e Castiel accanto a me.
-Allora, uscite insieme? - Domanda Tabata.
Il mio volto si illumina come una pallina di Natale, aspetto che sia Castiel a rispondere alla domanda.
-Ti interessa davvero saperlo? - Castiel si mette una mano sulla fronte.
-Sì e interessa anche a me - sorride Micheal.
E interessa anche a me, ma non lo dico.
Sembra davvero un interrogatorio.
-Sì - risponde esausto il ragazzo seduto accanto a me - ora possiamo andare? -
-Che bello! Se vuoi saperlo Gwendolyn quella Debrah non mi è mai piaciuta - annuncia Tabata mettendosi la mano davanti la bocca fancendo un'espressione disgustata - troppo volgare.
-E da dove vieni Gwendolyn, dove vi siete conosciuti? - Chiede subito dopo Micheal.
-Io vengo dall'Italia, ci siamo conosciuti a scuola -
-Mi aveva preso il posto nella panchina - Castiel sembra un po' più sollevato, ma sono sicura che gli ha fatto un certo effetto risentire quel nome.
-Brava! - Esclama Tabata -Tienigli sempre testa! - 
-Lo farò - rido piano.
-Gwendolyn dobbiamo andare, il film inizierà tra poco - dice Castiel guardando l'orologio e fingendo preoccupazione.
Decido di stare al suo gioco.
-Oh è vero! - Esclamo preoccupata - sarà meglio andare!-
-Dovete andare al cinema? - Chiede Micheal.
-Sì - risponde suo figlio.
-Peccato avremmo voluto così tanto continuare a parlare con te - dice delusa Tabata.
-Un'altra volta, con piacere - le sorrido.
Castiel prende il suo giubbotto di pelle, le chiavi della macchina e usciamo, i suoi genitori mi salutano con un abbraccio. Adesso siamo nel vialetto di casa sua, stiamo camminando per andare verso il cancello, lui è davanti a me.
-Ce l'abbiamo fatta - fa un sospiro di sollievo.
-Sono carini - dico - andrebbero d'accordo con i miei, sono molto simili anche a loro pia - 
Non mi lascia il tempo di finire di parlare che mi bacia sollevandomi un po'. Si stacca dopo non molto.
-Su andiamo - dice aprendo il cancello.
Non capirò mai del perché ogni volta che si stacca da me dopo avermi baciata fa finta di nulla, forse gli piace vedermi imbambolata ancora con le labbra schiuse e gli occhi chiusi. Fatto sta che mi da un leggero fastidio. Perché? Perché ne vorrei altri ma lui si allontana.
Saliamo in macchina, non accende l'autoradio questa volta.
-Dove andiamo? - Domando senza nascondere la mia curiosità.
-In questo quartiere un tempo c'era una piccola pista per le auto, adesso non la usano più, ma è ancora intatta - 
-Sei davvero sicuro che vuoi insegnarmi? - 
-Ho altra scelta? - Sorride.
-No - sorrido anche io.
Arriviamo quasi subito, oppure no, non lo so, so solo che ho passato quasi tutto il tempo a guardarlo.
Siamo davanti una vecchia pista illuminata da otto lampioni, è brutta e si vede che è abbandonata da tempo, ma la strada è ancora cementata, quindi si può ancora correre. Ha la forma di un 8, e non è tanto grande.
-Ma possiamo starci? - Domando a Castiel sporgendo la testa dal finestrino.
-Ti ricordo che qui comando io - si tocca il petto con la mano. - Adesso mettiti alla guida. -
-Okay - 
Scendiamo dalla macchina e ci scambiamo i posti.
-Allora, prima di tutto la cintura - me la fa vedere dal posto del passeggero.
-So qual è la cintura Castiel - 
-Volevo esserne sicuro - tossisce - ti imposto il cambio automatico, altrimenti facciamo mattina -
-Ah ah! - Faccio la finta risata.
-Il primo pedale è la Frizione, non ti servirà, quindi non premerlo, il secondo è il freno, serve per fermarsi -
Lo guardo male. Ride.
-L'ultimo è l'acceleratore - si ferma a guardarmi - ci sei? -
-Ci sono -
-Gira la chiave-
L'auto si accende. 
-Accendi i fari - mi segna un pulsante che io premo. La pista si riempie ancora di più luce.
Ho una strana sensazione allo stomaco.
Premo il pedale dell'acceleratore, la macchina parte spedita, mi manca il respiro, come quando sei sulle montagne russe.
-FRENA! - Urla Castiel tenendosi stretto alla maniglia sopra di lui.
Freno e la macchina fa uno strano rumore. 
Per un po' restiamo fermi lì senza dire niente, sconvolti. Poi ci giriamo a guardarci. Scoppiamo a ridere.
-Ci stavi facendo ammazzare! - Ride Castiel - Devi vedere la tua faccia -
-La mia? Guarda la tua! - Rido - ti sei cagato addosso! -
-Sei ancora sicura di voler imparare? -
-Sì, ho solo bisogno di allenamento. - Rimetto le mani sul volante - ci riprovo. -
I tentativi successivi non sono migliori, ma ci divertiamo tantissimo, Castiel continua a prendermi in giro "Ma non ti chiamavi pilota di secondo nome?" Ed io continuo a ridere. Chi l'avrebbe mai detto che nella mia situazione sarei ancora stata in grado di ridere, di vivere. Devo tutto al ragazzo che mi siede accanto, sì devo tutto a lui. Sta ancora ridendo quando prendo l'iniziativa io e lo bacio, lo volevo fare e l'ho fatto. Mi stacco velocemente da lui lasciandolo come ogni volta lui lascia me e dico "Riparto?" lui sorride e mi ri-bacia. "L'ultima ce l'ho sempre io" dice.
Andiamo avanti così per ore e ore, finché non sono in grado di andare almeno dritto, senza esagerare col gas. 
-Diciamo che non sono tanto portata come pilota - ammetto esausta.
-Sì, diciamo pure così - 
-Facciamo che lo tolgo dalla lista? -
-Sì toglilo - ride - ci abbiamo provato, e ti ci vuole ancora tanto tempo - 
Rido anche io.
-Va bene -
Restiamo circa dieci secondi in silenzio.
-Allora dimmi cosa c'è dopo - 
-Intendi nella lista? - Domando.
-Sì -
-Voglio andare al mare -
-Al mare? -
-Sì, voglio vedere il tramonto al mare, e voglio farlo con te. - Dico un po' imbarazzata. 
-Ma siamo in Inverno -
-Mi piace il mare di Inverno.-
-Va bene, allora domani sera andremo al mare, mangeremo lì - si ferma un attimo - ti porterai il cibo da casa?-
-Devo per forza - sorrido un po' rammaricata. -Scusa se non possiamo andare a mangiarci una pizza o un hamburger - 
-Ehy, non devi chiedermi scusa, scherzi? Ci teniamo in forma, devo giusto buttare un po' di pancetta -
-Sì hai ragione, sei grasso - dico ironica, ha un fisico perfetto.
-Si chiamano muscoli mia cara, muscoli da vero uomo - si tocca gli addominali - su tocca, tocca l'acciaio -
Li tocco e sono veramente muscoli.
-E' tutto grasso - rido. 
-Questo non ti permetto di dirlo! - si alza la maglia e mi mostra i suoi addominali.
-Okay, okay - cerco di distogliere lo sguardo, sono tutta rossa. - Hai vinto tu -
Sta per baciarmi quando il mio telefono inizia a vibrare, è mezzanotte passata.
"Pronto?"
"Gwen è tardissimo! Dove sei?! Veniamo?" E' mia madre.
"Mamma, Castiel mi stava giusto riaccompagnando." 
-Sì signora, siamo già in macchina - dice Castiel a voce alta per farsi sentire al telefono.
"Va bene, a dopo tesoro" Chiudo la chiamata.
-Se per domani mi vuoi ancora viva, è meglio se torno a casa - 
Ci ri-scambiamo i posti, adesso lui è alla guida. Ci mettiamo in marcia verso casa mia, la radio stavolta è messa al massimo e passiamo tutto il tempo a cantare le stesse canzoni.
Arriviamo subito, troppo subito. Castiel si ferma con la macchina davanti casa.
-Grazie per averci provato - dico.
-Di nulla - sorride - a domani - 
-A domani - 
Ci scambiamo un piccolo bacio ed entro in casa.
  1.  
  2.  
  3. Guardare il tramonto sul mare.
  4. Imparare a Guidare.
  5. Tatuaggio.
***
ANGOLO AUTRICE.
Salve a tutti! Eccomi qui con questo nuovo capitolo, voglio dirvi alcune cose.
Ho cambiato l'impaginazione di tutti i capitoli aggiungendo una frase all'inizio, che non ha niente a che fare con la storia, ma sono frasi che mi piacciono taanto.
Ed ho un problema: scrivo i capitoli senza corsivo e appena li pubblico sono tutti in corsivo, poi dal capitolo 6 tutte le frasi iniziali diventano ANCHE in grassetto! STO IMPAZZENDO.
A CHIUNQUE CI CAPISCA QUALCOSA VI PREGO DI AIUTARMI, NON SO CHE FARE! Cercatemi nelle recensioni, nei messaggi privati o su kik, vi prego!

A chiunque volesse parlare con me su Kik il mio nickname è : MartinaAlo

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Capitolo 13
*** Capitolo undici. ***


C’è solo una cosa che vorrei da te: che mi ricordassi.
Se tu ti ricordassi di me, non mi importerebbe nulla neanche se tutti gli altri mi dimenticassero.

-Haruki Murakami.

CAPITOLO UNDICI.

Non riesco a dormire.
Continua a tornarmi in mente Castiel e al modo dolce con cui mi bacia. Iniziano a tremarmi le gambe, sorrido come una bambina a cui cantano "Tanti auguri a te" al proprio compleanno e deboli petali di rose rosse ricoprono le mie gote.
Cosa sta facendo al mio corpo quel ragazzo?
Non riesco a smettere di pensarlo. Mi ritrovo con le mani sul volto, cercando di scacciare via quei ricordi, quei bellissimi ricordi. Ho bisogno di dormire, e devo farlo adesso se voglio avere per domani almeno sei ore di sonno. Accendo l'abat jour e mi alzo velocemente, una luce leggera ricopre tutta la mia stanza, vado verso la mia libreria tutta bianca, formata da dieci scompartimenti tutti ricoperti di libri. Ne avrei da leggere ancora molti, ma la mia mano prende in mano "Amabili Resti", uno dei miei preferiti. Ne sento il bisogno, nonostante sia abbastanza triste. Ogni volta che rileggo qualche pezzo piango come una fontana. 
Non posseggo libri che parlano di cancro o libri che hanno come protagonista qualcuno malato di cancro. Li ho sempre evitati come la peste. E anche mia madre faceva in modo di non farmeli vedere negli scaffali delle librerie in Italia. Anche se so che proprio lei possiede due libri su come affrontare una malattia in famiglia e un lutto. Non mi sono mai presa la briga di leggerli, ho sempre preferito perdermi in mondi dove il cancro non esiste. Però leggo libri che trattano la morte, ormai quasi ogni scrittore di questo mondo nel proprio tomo fa morire qualche protagonista o personaggio principale, semplicemente perché la morte colpisce prima o poi tutti, è una cosa naturale, eppure così innaturale. Qual è il senso della vita se tanto poi finisce tutto? Per questo mi rifugio in "Amabili Resti", immaginando l'aldilà come la piccola Susie, un dolce e spensierato paradiso.
***
Ho sonno. Sono rimasta sveglia fino alle cinque a leggere, ma riesco comunque ad alzarmi ed arrivare, anche se con fatica, al bagno. Voglio che questa giornata sia perfetta. 
Prima di incamminarmi verso scuola saluto con un bacio i miei genitori, dirò loro ciò che voglio fare con Castiel appena torno, la mattina sono piuttosto scorbutici ed ho paura che mi impediscando di andare, a causa della mia salute cagionale.
Arrivo a scuola velocemente, con Birdy alle orecchie, cercando di esercitarmi nella pronuncia, e "Amabili Resti" in mano. Non incontro Castiel nel cortile, sono tentanta a scrivergli un messaggio, ma non lo faccio. Entro in classe e mi siedo come al solito accanto a Kentin. E' strano: frequentiamo la stessa classe, lo stesso corso di musica, da quando sono arrivata siamo compagni di banco, e non ci parliamo quasi mai, se non per un "ciao" o "quale materia abbiamo adesso?"
Spacchiamo questo muro Kentin.
-Fatti i compiti? - Domando.
Si volta un po' sorpreso.
-Non tutti - dice - In scienze biologiche faccio schifo, quindi ho chiuso il libro a prescindere -
-Posso darti una mano io, se vuoi - gli sorrido.
-Grazie, ma ci hanno già provato praticamente tutti, e non sono riuscito a capire niente -
-E allora? Mai dire mai - rispondo - e in cosa sei bravo invece? - 
-Mi piace la storia, la trovo affascinante - 
-Guarda il caso! - Esclamo - in storia faccio proprio schifo! -
Non è vero: (a) perché mi piace e (b) perché quando andavo nella vecchia scuola passavo tutto il mio tempo sui libri scolastici e non.
Ride.
-E va bene - annuncia -hai vinto tu! - 
-Quando vuoi studiare insieme a me? - Chiedo.
-Possiamo andare nella biblioteca della scuola oggi durante il club di musica. Il gruppo non prova, ci sono gli insegnanti di clarinetto, violino, viola e chitarra il lunedì. Se ci arriviamo proviamo una mezz'oretta prima delle sei. - Dice - tu cosa volevi imparare a suonare? Non mi ricordo. -
-Il pianoforte - rispondo - l'ho praticato per un po' da piccola, poi ho lasciato. -
-Il pianoforte è il mercoledì e giovedì insieme alla batteria, quindi staremo insieme. - Sorride - però visto che siamo tutti nel club possiamo usufluire della sala musica quando vogliamo, ovviamente fino ad una certa ora. Quindi se oggi vuoi essere presente puoi andarci, noi del gruppo ci andiamo quasi sempre, perché tra una cosa e l'altra possiamo sempre provare a scrivere una canzone, ma di solito aiutiamo i novellini, infatti oggi Castiel aiuterà i dilettanti di chitarra insieme al professore Dicalif, e Lysandro quelli del violino insieme alla professoressa Caravatte, è francese. -
Castiel... ma dov'è? 
-Allora oggi andrà benissimo, possiamo studiare. - Sorrido. 
Alza la sua mano per battere il cinque, lo ricambio.
-Ciao ragazzi! - Sento urlare da dietro di me - siete così appartati, non fate gli asociali! Di cosa state parlando?! -
E' Alexy, prende una sedia dal banco di Charlotte, la ragazza mora con il naso all'insù, e la mette proprio davanti a noi, si siede e appoggia le braccia e il viso sul nostro banco. Sorride, ma si nota che è arrabbiato.
-Ma di nulla Alexy - dice Kentin sorridendo felice - Gwendolyn si è offerta di aiutarmi a studiare scienze oggi pomeriggio. -
-Ah - risponde secco - e dove andate? -
-Quì in biblioteca - dico io. - Vuoi venire anche tu? -
-Sì perché no, verrò anche io. - mi prende le mani e mi fissa intensamente - diventeremo grandi amici noi due Gwenny! -
Sono abbastanza presa alla sprovvista, sorrido.
-Sì Alexy! - 
Entra il professor Puskin e Alexy torna al suo posto senza però prima mandare un dolce sorriso a Kentin. 
-Scusate ragazzi per il ritardo - annuncia Puskin - Mi hanno trattenuto in presidenza -
Subito dopo entrano Castiel e Lysandro. Finalmente, mi era mancato così tanto...
Il suo sguardo si posa su di me, lo ricambio con la stessa intensità.
-Professore siamo stati tutto il tempo con il professor Faraize - dice Lys.
-A fare? - Domanda Puskin.
-Abbiamo parlato del club di musica, gli serve l'aula per una riunione, non oggi -
-Va bene, va bene, sedetevi adesso. - dice - iniziamo. -
Castiel è seduto a tre banchi di distanza ed è in un'altra fila, peccato, mi piacerebbe così tanto osservarlo.
Le due ore passano velocemente, e arriva la ricreazione. 
Castiel viene subito verso di me porgendomi una mano e sorridendomi furbo.
-Signorina Rossi, vuole fare una passeggiata con me? -
Siamo nel cortile, non ci teniamo per mano, ci abbracciamo o ci baciamo come tante coppiette stanno facendo, ma solo stare accanto a lui per me è speciale. 
-Ho preparato tutto per stasera - sorride.
-E cosa? - 
-Vedrai poi - dice alzando lo sguardo - ti passo a prendere per la quattro e mezza? -
-No, mi vedo con Kentin e Alexy prima, studiamo insieme, facciamo dopo le sei? - Domando - quanta strada c'è da qui al mare più vicino? -
-Circa venti minuti. - Dice - cosa dovete studiare? -
-Scienze - rispondo - cosa mi devo portare da casa? -
-Nulla, prepario io - 
-Come prepari tu? - Domando - ma non sai cosa fare, tutto deve essere assolutamente disinfettato, senza batteri, cotto alla perfezione, preferibilmente al vapore, e se prepari qualcosa di freddo deve restare ad una certa temperatura, sono allegica alla cipolla, meglio la carne bianca alla carne rossa, la carne rossa è meglio se la mangio solo poche volte al mese -
-Gwendolyn, esiste internet. Fidati di me, se trovi qualcosa che non puoi mangiare, torniamo subito a casa, promesso -
-Va bene -
Mi tira a sé e mi bacia. Davanti a tutti. Adesso sono felice.
Il resto della giornata scolastica trascorre tranquillamente, tra qualche occhiata scambiata di sfuggita con Castiel, e qualche chiacchierata con Kentin. E' davvero un ragazzo simpatico, anche se molto timido.
All'uscita trovo l'automobile di mio padre, ogni tanto anche nella vecchia scuola mi veniva a prendere quando usciva presto da lavoro. Mi è sempre piaciuto sedermi davanti con lui e restare un po' soli, parlando di attualità o semplicemente rimanendo in silenzio con la musica di sottofondo.
-Ti accompagno io? - Mi domanda Castiel che è accanto a me.
-No, c'è mio padre lì - Segno col dito la macchina in lontananza. 
-Va bene - dice - ti passo a prendere alle sei davanti scuola-
-Okay - dico - a dopo -
Mi da un piccolo ma tenero bacio sulla guancia. 
Mi avvio verso l'automobile, mio padre è intendo a leggere un giornale, non vede il mio arrivo.
Apro la portiera della nostra auto tutta blu ed entro.
-Gwendolyn! Mi hai fatto prendere uno spavento! - Ha gli occhi fuori dalle orbite e la mano destra sul petto. - Poteva essere un assassino! -
-Sì papà, un assassino, qui - dico mettendomi la cintura di sicurezza. -Andiamo? - Rido.
-Dammi il mio tempo! Ho appena scoperto di essere il padre di un'assassina! - Ride.
Mette in moto, e alla radio ascoltiamo qualche canzone inglese. Rimaniamo un po' in silenzio, ma non mi dispiace, anzi mi piace questa situazione. Ormai vedo casa nostra da lontano.
Entriamo, e mio padre urla "Titti, amoree!" come nelle vecchie sitcom degli anni settanta, mia madre sbuca subito dopo dalla porta del salone. Sorride al vederci entrambi. Da un bacio casto a mio padre e viene da me abbracciandomi.
-Mi sei mancata tesoro - dice mentre siamo ancora unite - oggi ti ho pensata, hanno trasmesso uno di quei film che ti piacciono tanto, quello con Tom Hanks - ormai è a venti centimetri dal mio volto. 
Tom Hanks è da sempre il mio attore preferito.
-Mamma non ne ha fatto uno solo - 
-Lo so! Ma mi sfugge il nome. - 
Mentre continuiamo a discutere su quale film fosse ci accomodiamo a tavola, cerco di mangiare il più velocemente possibile, voglio farmi una doccia prima di andare da Caren.
-Quello dove sono in una prigione - spiega mia madre.
-Il miglio verde? - Domando.
-Sì quello! - Si rilassa, se non avesse trovato il nome non avrebbe più dormito. E' fatta così, ed io sono uguale.
-Mamma appena torniamo da Caren mi accompagnate direttamente a scuola, studio con due miei compagni di classe -
Il volto di mia madre si illumina, e fissa quello fin troppo sciupato di mio padre Eden, dai capelli scuri come i miei e gli occhi stanchi color nocciola, è da lui chè ho preso il mio naso effettivamente troppo grande.
-Va bene Gwen - sorride mia madre.
-E un'altra cosa -
I miei genitori mi guardano mentre mandano giù un altro boccone di insalata non condita. 
-Stasera posso andare con Castiel al mare? Ceniamo insieme -
Mio padre spalanca gli occhi, che sembrano ancora più grandi di quanto già non siano.
-Al mare?! - Esclama - ma che dici Gwendolyn? -
-E poi mangiare cosa? - Continua mia madre - Gwen nella tua situazione non puoi mangiare chissà cosa! Sei al terzo stadio!-
-E poi al mare Gwendolyn, è inverno! - Dice mio padre - Hai le difese immunitarie bassissime, potresti ammalarti subito. -
-Lo so, lo so e lo so - dico - ma vi prego, lasciatemi andare. -
-Gwendolyn lo diciamo per te - dice più dolcemente mia madre - bisogna evitare anche un piccolo raffreddore nella tua situazione...-
-Mi coprirò fino alla testa! - Li supplico.
-Ma non potete andare da qualche altra parte? - Domanda mio padre.
Flo continua a saltellarmi sulla gamba per avere qualcosa da mangiare, non lo sa che i suoi croccantini sono più gustosi di ciò che ho nel piatto.
-No... io voglio andare al mare - continuo - l'ho chiesto io a Castiel - 
-Amore è dura lo so - vedo le lacrime negli occhi di mia madre - ma non potrete mai fare le cose che fanno le altre coppie, almeno adesso. -
-Quindi è no? - Chiedo di nuovo, sperando in un sì.
-E' no - afferma fermo mio padre.
Mi sento così stanca e debole e triste. Io voglio andare con Castiel.
-Vado a farmi una doccia calda prima di andare da Caren - sorrido leggermente prima di alzarmi dalla tavola.
Con la coda dell'occhio mentre esco dalla porta vedo mia madre che si stringe il volto tra le mani.
Prendo il mio cellulare.
"I miei non vogliono mandarmi al mare" invio a Castiel.
"E' successo qualcosa?" Risponde subito dopo.
"Dicono che è pericoloso nella mia condizione"
"Vuoi che vengo?"
Una lacrima mi cade sullo schermo del telefono.
"Sì ti prego"
"Arrivo" 
Sono solo le due di pomeriggio, alle tre devo andare da Caren. Mi stiro un po' sul letto accucciata al plaid di Natale. Alle due e dieci mi andrò a lavare.
Sento suonare alla porta, guardo l'ora, sono le due e cinque minuti. Possibile che sia già Castiel?
La risposta arriva con l'urlo di mia madre che mi avverte del suo arrivo.
Scendo le scale velocemente, sono al peggio di me: con gli occhiali, spettinatissima e con il pigiama, ma non mi interessa, sono felice di vedere Castiel accanto alla porta.
-Ma che ci fai qui? - Domanda mia madre.
-Sono venuto per vedere Gwendolyn - 
-Ma ora dobbiamo andare da - mia madre si blocca - lo sai no? -
-Dalla dottoressa? Sì lo so - dice - pensavo che avrei potuto accompagnarla io -
-Oh, se per mio marito non è un problema - sorride felice mia mamma - vado a vedere a che punto è in bagno, si stava facendo una doccia, tu siediti pure - fa segno al divano in salotto.
Corro verso di lui e lo abbraccio, lui mi ricambia senza neanche pensarci su.
-Grazie - gli sussurro.
-Come sempre cerchi di sedurmi con il tuo piagiama, piccola Noce.- mi da un bacio sulla guancia.
Lo stringo ancora più forte, mi sento così bene quando sono con lui.
Mia madre torna e noi due ci stacchiamo subito. Anche se non vorrei.
-Ah Gwen, papà sta finendo, comunque va bene - Sorride.
-Okay mamma - dico - io mi dovrei fare una doccia -
-Non ti preoccupare Gwen - dice Castiel - rimango un po' con tua mamma. -
Non sono molto entusiasta di lasciarli soli, ma devo. E so che Castiel vuole parlare con i miei genitori. 
-Va bene - gli sorrido.
Mi faccio le scale a quattro a quattro, Audrey mi segue dopo aver fatto le feste a Castiel. Mi spoglio velocemente, lego i miei capelli e mi infilo nel box doccia. L'acqua calda è così rilassante che potrei starci sotto per ore, ma devo fare in fretta. Mi insapono abbondantemente e mi risciacquo.
Sono già davanti lo specchio con addosso un maglione bianco, un paio di jeans, il giubbotto pesante, un cappello e una sciarpa, i capelli lisci mi ricadono sulle spalle. Mi trucco poco.
Sono le due e trentacinque, sono soli da circa trenta minuti. Non so cosa stia succedendo, ma mi fido dei miei genitori e mi fido di Castiel.
Alle due e quaranta ho finito e sono già sulle scale. 
Trovo tutti e tre, quattro contando Flo seduta accanto a Castiel, intenti a parlare tra loro, ma appena si accorgono della mia presenza smettono. Si alzano tutti.
-Gwendolyn, vogliamo andare? - Dice Castiel con uno strano sguardo.
Noto che mia madre ha pianto, ormai conosco il suo viso dopo le dannate lacrime.
Mio padre è serio, ma anche triste. 
-Andiamo - faccio finta di niente.
Li raggiungo, do un bacio a mio padre, e abbraccio mia madre. "Stai attenta" mi sussurra.
Io e Castiel usciamo da casa. Mi prende subito per la vita, continuando a camminare.
-Cos'è successo? - Domando.
-Niente tranquilla - abbassa lo sguardo verso di me - perché non ti lasci gli occhiali? Ti stanno bene -
-Castiel dico sul serio - 
-Anche io - dice - ti danno un'aria da intelletuale, e copre un po' il tuo naso - 
Mi picchietta con l'indice la punta del mio naso.
Arriviamo davanti la macchina, lui si siede al posto di guida ed io accanto.
-Mi vuoi dire di cosa avete parlato? - Domando.
-Niente - dice - e comunque spero che tu abbia fame stasera -
-Stasera? -
-La nostra cenetta al mare, ricordi? Bhé si fa - annuncia.
-Davvero? - Il mio viso si illumina
-Sì - sorride.
-Non ci credo! - Lo bacio sulle labbra, ancora non siamo partiti - come sei riuscito a convincerli? -
-Segreto - 
Mette in moto l'auto. 
-Sai dove andare? - Domando, ancora felicissima.
-Sì, me lo sono fatto spiegare - 
-Sei incredibile - dico.
-Lo so - dice - sono praticamente perfetto. -
Gli do un leggero pungno sul braccio, ridendo.
Arriviamo quasi subito, come sempre.
Scendiamo dall'automobile, lo aspetto, voglio camminare accanto a lui. Lo stringo forte.
-Sei sicuro di voler entrare? - 
-Sicurissimo - risponde - andiamo? -
-Sì, Castiel. -
Saliamo con l'ascensore insieme ad una signora paffutella che non avevo ancora visto nel palazzo. Io e Castiel rimaniamo abbracciati accanto al pannello con scritto i numeri dei piani, c'è spazio per entrambi, ma ne occupiamo solo uno. 
Bussiamo e Caren ci apre, radiosa. 
-Amore! - Mi prende tra le braccia e mi stritola.
-Ciao Caren - la saluto, staccandomi non troppo bruscamente.
-Mmm, e lui? - Segna Castiel col dito, sorridendo furba.
-Sono Castiel - cerca di sorridere normalmente.
-Io sono Caren - lo abbraccia. Castiel non ricambia, ma mi da comunque fastidio che lui non se la scolli di dosso, nonostante abbia più di quarant'anni.
-Venite, sedetevi due minuti - ci guida Caren fino alla sua scrivania con le tre sedie davanti, sono sicura che le aveva preparate per me, mia madre e mio padre.
-Allora come ti senti Gwendolyn? - Mi domanda Caren, dall'altro lato della scrivania.
-Bene - dico. 
-Mangi? - Chiede - oggi ti peserò.
-Sì mangio - 
-Mi fa piacere tesoro - dice - preparo la bilancia, tu levati le scarpe -
Faccio come mi dice e tolgo le mie Nike.
-Perché non mi parlate un po' di voi - dice Caren dall'altra parte della stanza mentre sistema la bilancia, cliccando qualche pulsante.
-Cosa vuole sapere? - Domanda Castiel.
-Bhé, mi pare ovvio che vorrei sapere se state insieme - ride Caren.
Ogni volta questa domanda ci mette entrambi in difficoltà. Ci stiamo frequentando. 
-Sì stiamo insieme - annuncia Castiel.
La sua risposta mi sorprende, sono sicura che l'ha detto solo per fare contenta Caren.
-LO SAPEVO! - Esclama la mia dottoressa - e perché non me l'hai detto Gwen?! -
Forse perché non mi stai particolarmente simpatica?
-E' successo tutto così velocemente Caren - dico - te l'avrei detto sicuramente presto. -
-Lo so tesoro - dice - su vieni. -
Vado verso di lei, faccio cenno a Castiel che se vuole può restare lì, ma lui mi segue lo stesso. Mi metto con le calzette e senza giubbotto sulla bilancia, rimango ferma, respiro regolarmente. Spero di aver messo almeno 3 kg.
- 44 Kg. - dice sconfitta Caren.
Ne ho persi due.
-Hai perso peso Gwendolyn, quante volte mangi al giorno? - 
-Tre Caren -
-Tre? Dovresti mangiare almeno due pasti completi e quattro spuntini sempre nutrienti. - dice Caren - chiamerò tua madre e glielo dirò, se continui così scomparirai! -
Io mangio come una persona assolutamente normale, ma non riesco mai ad ingrassare, la mia malattia mi sta riducendo pelle e ossa. Dopo la chemio sono riuscita a mettere su una decina di Kg. Solo che dopo sono sempre scesa, a volta ne mettevo uno o due, ma sono rimasta comunque sempre sottopeso. Non sarò mai bella e formosa come tutte le ragazze.
-Lo so Caren - ammetto - mangerò di più -
Guardo Castiel, ha sul volto un' espressione mista tra rabbia e tristezza. Mi dispiace che assista a questo. Menomale che Caren non mi ha fatto mettere in biancheria intima, avrebbe visto il mio ridicolo corpo.
-Mettiti sul lettino - dice Caren arrabbiata - voglio farti un'ecografia.
Faccio come mi dice e alzo la maglia fino al fegato, mi si vedono le ossa. Non voglio che Castiel mi guardi faccio schifo. Mi mette il liquido denso sulla parte alta dell'addome e inizia a cercare qualcosa di anomalo. Tutto il mio fegato è anomalo. 
-Gwendolyn... - inizia Caren - stai peggiorando-
Il mondo torna a crollarmi addosso.
-Il tuo fegato è gonfio, per fortuna però nessun nuovo tumore, temo che oltre alle iniezioni dovrai riiniziare a prendere le Gallux, tre volte al giorno. -
Di nuovo le pillole che distruggono il mio sistema immunitario. Fantastico. Adesso non sarei uscita più di casa, ma non ho altra scelta, se non quella di imboccarmi di farmaci... io voglio guarire, voglio sottopormi subito a quell'intervento così rischioso che può salvarmi la vita.
-D'accordo, le prenderò - dico.
-Mi occuperò io di lei - dice d'un tratto Castiel proprio accanto al lettino su cui sono stirata- starò attento che mangi e che prenda le sue pillole - 
-Ne sono sicura - sorride dolcemente Caren.
Lo guardo, ma lui non guarda me, il suo viso è fisso su un punto indecifrato della stanza dal colore rosso. Vorrei tanto abbracciarlo e baciarlo, lasciarlo e abbandonarlo. Non mi merita, non lo merito, gli rovinerò la vita, lo ferirò, già lo so, l'ho sempre fatto con tutti. Non importa se la mia malattia mi sta uccidendo, devo pur iniziare a farmene una ragione, presto tutto questo finirà, ma sta uccidendo la mia famiglia e chi mi sta intorno. E non lo meritano, è questo il costo che deve pagare chiunque mi stia vicino? Chiunque mi voglia bene e mi ami? Perché? Non troverò mai una risposta a questa domanda, ma se esiste una vita dopo la morte e quindi, seguendo questa teoria, ho già vissuto una vita precedente, devo essere stata proprio cattiva per meritarmi questo, proprio come lo sono adesso. 
Allungo il braccio e gli prendo la mano, non so cos'altro fare. Lui stringe.
-Gwen facciamo l'iniezione così puoi andare, va bene? - Dice Caren.
-Okay - lascio la mano di Castiel e torno con la testa appoggiata al piccolo e morbido cuscinetto.
Caren sorride e si allontana a prendere la siringa.
-Ehi, come stai? - Sussurro debolmente a Castiel.
Si volta verso di me, ha il viso stanco, sorride poco e mi da un bacio sulla fronte. "Sto bene" dice.
Caren torna subito con la siringa in mano e nuovi guanti bianchi.
-Bene tesoro, sei pronta? - Domanda Caren.
-Sì - 
Prende un punto diverso dal solito, il livido è veramente scuro, meglio lasciarlo guarire un po'. Il dolore però è sempre quello. Un ago che ti trafigge l'intero corpo. Mette il grosso cerotto. Faccio un po' fatica a rimettermi in piedi.
-E noi abbiamo finito Gwenny, puoi andare - annuncia Caren.
-Novità? - Dico velocemente prima che vada a cercare le Gallux. 
-No cara - non si è voltata nemmeno. 
Trova subito le pillole e me le porge. Ci salutiamo con un caldo abbraccio ed io e Castiel lasciamo il suo studio. 
Non avevo mai fatto caso a come le mani di Castiel fossero così morbide e fredde, stringerle mi sembra quasi un regalo prezioso, sono così fortunata ad essere qua a contemplarle. Ne prendo una e me la porto alle labbra, le soffio sopra tentando di riscaldarla. Lui mi guarda arrossendo. Lascia la mia mano e mi prende tra le braccia. Le sue meravigliose e grandi braccia in grado di coprirmi tutta donandomi protezione dal resto del mondo.
Non ho voglia di dire niente, voglio godermi questo momento in silenzio.
"E' stata più dura di quel che mi aspettassi" dice piano al mio orecchio.
Lo bacio intensamente, in questo momento esistiamo solo noi due.
Sono così cattiva ed egoista.
Ci stacchiamo non appena le porte dell'ascensore si aprono.
***
-Insomma Kentin, devi solo dire che il modello atomico di Thomson anche detto modello a panettone dell'atomo proposto da Joseph John Thomson, che scoprì l'elettrone nel 1897, fu proposto nel 1904 prima della scoperta del nucleo atomico. In questo modello, l'atomo è costituito da una distribuzione di carica positiva diffusa all'interno della quale sono inserite le cariche negative. Nel complesso l'atomo è elettricamente neutro! - Dico esasperata.
-NO! Non ci riesco! Faccio schifo! Sono inutile! - Esclama Kentin portandosi entrambe le mani sulla faccia e sbattendo la testa sul tavolo della biblioteca su cui siamo seduti.
Alexy si alza dalla sua sedia e si posiziona dietro Kentin, massaggiandogli le spalle -andiamo Kentin, so che puoi farcela io credo in te! - dice con motivazione, ad alta voce.
-Shhh! - Fa segno Armin.
-Ci vogliamo sbrigare?! - Sbotta Castiel.
-Non me ne andrò di qui finché Kentin non saprà perfettamente i primi modelli atomici! - Dico.
La biblioteca della scuola è molto grande, non l'avevo ancora vista da quando sono arrivata qui. Si possono trovare libri di ogni genere, molti di questi li ho anche a casa. Gli scaffali sono posizionati uno dietro l'altro come nelle classiche scuole americane che in Italia vedevo in TV. Sembra davvero un sogno essere qui. Alla fine al nostro piccolo gruppo si sono uniti anche Castiel e Armin, ma non aiutano.
E' da più di un'ora che io e Alexy cerchiamo di spiegare la lezione di biologia a Kentin, ma è tutto inutile. Sono quasi le sei del pomeriggio, tra poco dovrò andare con Castiel.
-Su Kentin ripeti dopo di me - inizio - il modello fu confutato dall'esperimento di Geiger e Marsden nel 1908, interpretato da Ernest Rutherford nel 1911 che propose un proprio modello atomico alternativo nel quale la carica positiva era concentrata in un nucleo. - 
-Gwendolyn basta! Ho bisogno di una pausa, il mio corpo richiede cioccolata - si alza dalla sedia Kentin.
-Ken torna subito qui! - Corre verso di lui Alexy - non puoi scappare dalle tue priorità! -
-E' veramente irrecuperabile - dice Armin portandosi una mano sulla fronte. 
-Io direi di andare a questo punto, Gwendolyn - annuncia Castiel.
-Non torna più vero? - Domando ad Armin.
-Mi sa proprio di no - Risponde.
-E se lo vado a cercare? - Chiedo.
-Basta Gwen è inutile! Vogliamo andare? - Ripete nuovamente Castiel.
Mi arrendo.
-Va bene - dico.
Salutiamo Armin, passiamo dal cortile dove troviamo Alexy e Kentin, salutiamo anche loro, e rimprovo Kentin per essere scappato. 
Saliamo in macchina, se non ci sbrighiamo perderemo il tramonto sul mare.
-Sei pronta? - 
-E' ovvio -
Passiamo il tempo in macchina ascoltando musica restando in silenzio, ma non mi dispiace, c'è una bella atmosfera. Chiamo i miei genitori per farli stare tranquilli.
***
Vedo il mare in lontananza. E' così bello, le onde si infrangono sugli scogli, immagino che questo sia il periodo perfetto per i surfisti. 
-Cass vedo il mare! - Esclamo.
-Sì siamo quasi arrivati Gwen - sorride.
-Sono così felice - 
-Mi fa piacere -
Parcheggiamo vicino all'entrata. 
La spiaggia, da qui, non è molto grande, sono molti di più gli scogli, è tutta illuminata da lampioni posizionati sulla banchina, poco sopra l'inizio della sabbia. Il mare invece è uno spettacolo stupendo. 
Scendiamo e vado subito ad abbracciare Castiel, lui ricambia sistemandomi il cappello e la sciarpa. 
-Copriti Noce. -
Apre il cofano e trovo tantissime coperte, almeno dieci. 
-Stai scherzando vero? - Domando sorpresa.
-Non devi prendere neanche un briciolo di freddo -
Prende due plaid e me li mette addosso. 
-Signorina Rossi, vogliamo andare? - Mi porge un braccio. 
-Certamente signor. Smith -
Prende il resto delle coperte ed ci avventuriamo verso l'entrata della spiaggia. Vedo in lontananza una tenda grande azzurra e un falò accesso proprio lì davanti. Il mio cuore inizia a battere all'impazzata. Ha davvero fatto tutto questo per me.
-Ma come hai fatto?! -
-Mi sono fatto aiutare lo ammetto - 
-Da chi? -
-Non ha importanza -
Ci avviciniamo alla tenda mano nella mano. Fa freddo, ma il mio corpo sta buttando fuoco. Per l'imbarazzo e per l'emozione.
-Prego - mi porge una mano e mi fa sedere dentro la tenda, dove troviamo dei piatti coperti, ancora caldi. 
-Sei incredibile Castiel, incredibile -
-Tu sei incredibile Gwendolyn - si siede accanto a me.
Apriamo i piatti e troviamo del pollo e delle verdure cotte al vapore.
-Altro che pizza eh? - Dico ridendo.
-Questo è molto meglio  - dice mettendosi in bocca un un po' di pollo.
Poso il boccone che sto per mangiare.
-Perché Castiel? - 
-Perché cosa? -
-Perché sei qui con me stasera? -
-Perché il mare è nella tua lista -
-Perché mi hai fatto scrivere una lista? -
-Perché voglio farti stare bene -
-Ma così non stai bene tu - dico - stai soffrendo. -
-Io sto benissimo qui con te - dice guardandomi negli occhi - e non soffro -
-Sì invece, si vede -
-Gwendolyn come posso non star male? - Dice - soffro nel vederti stare così -
-Non è giusto, non meriti questo - faccio una pausa - hai bisogno di una ragazza bella, intelligente, simpatica e -
-E senza cancro? -
-E che possa vivere mille esperienze con te senza limiti dettati dalla mia malattia, e soprattutto che possa invecchiare con te -
-Tu puoi invecchiare con me, dopo il trapianto starai bene -
-Castiel devi metterti in testa che il trapianto può uccidermi, e che comunque non sappiamo quando arriverà un fegato, può essere domani come tra dieci anni. Il mio tempo sta scadendo -
-Gwendolyn tu devi metterti in testa che non mi importa della tua malattia, non mi importa che invece della pizza mangi le verdure, non mi importa del tuo tempo che sta scadendo, io voglio stare con te! - Esclama arrabbiato con le lacrime agli occhi.
Sta soffrendo e la colpa è solo mia. 
-Castiel lasciami, adesso -
-Non posso -
-Ti prego, lasciami adesso -
-Perché? -
-Perché io non ci riesco -
-Neanche io Gwen - dice - ti prego fammi stare con te finché posso -
-Castiel io ti piaccio così tanto? -
-Sì -
-Ma perché? -
-Non si può spiegare il perché ti piace una persona, lo senti dentro e basta. - Dice -  io ti sento dentro e basta -
-Dimmi almeno un motivo, uno solo - 
-Sei divertente, bella, piccola, dolce, forte, viva, mi fai sorridere, mi fai battere il cuore e sentire le farfalle nello stomaco. Non so cosa mi stai facendo, ma non ne posso fare a meno - 
-Cosa hai pensato quando ti ho detto della mia malattia? -
Resta a pensare circa venti secondi.
-Non lo so -
-Come non lo sai? -
-E' un dolore strano, non l'avevo mai provato - 
-Soffri sempre per colpa mia -
-Non è colpa tua -
-Ma se non mi avessi conosciuta -
-La mia vita non avrebbe ancora un senso - completa.
-Quindi adesso ha un senso? -
-Voglio renderti felice Gwen, te l'ho detto. Voglio stare con te. -
Lo prendo tra le braccia.
-Scusa - 
-Perché? -
-Zitto e accetta le mie scuse -
-Scuse accettate -
Restiamo così per un po' , i miei occhi iniziano a fabbricare così tante lacrime che non riesco a trattenerle, bagnano il collo di Castiel. 
-Andiamo non piangere - si sta staccando.
-No! -Lo trattengo - restiamo così-
-Va bene -
Questo è il momento più bello della mia vita. Tra le braccia di Castiel, sulla spiaggia, accanto ad un falò con solo il rumore del mare di sottofondo. Mi sto innamorando? E' l'amore che mi rende così? Penso proprio di sì, e non mi dispiace affatto.
***
-Mia mamma mi ha chiamata cinquantadue volte! Mi crederà morta! -
-Richiamala, dille che ci siamo appena partiti - Castiel ha messo in moto la macchina.
La chiamo e riesco a tranquillizzarla. Appena torno mi uccide. 
-Tutto apposto? - Mi chiede.
-Sì tranquillo - gli sorrido.
-Allora sulla tua lista cosa viene dopo? - 
-Siamo sul podio, è la penultima cosa che voglio fare -
-E cosa vuoi? -
-Inizialmente volevo fare un'altra cosa - dico - ma adesso voglio fare qualcosa di folle -
-E cosa? - Ride.
-Voglio provare il bungee jumping -
-Sei pazza -
-No, voglio farlo davvero! Sono cose da fare una volta nella vita, e io lo voglio fare! - 
-Cercherò dove farlo - 
 In realtà le cose che voglio fare prima di morire sarebbero almeno mille, ma nelle mie condizioni non mi è permesso fare niente. Mi accontenterò. 
-Ho sonno, non vedo l'ora di andare a dormire - dico.
-Siamo quasi arrivati, resisti Noce -
-Grazie di tutto -
-Grazie a te Gwenny -
***
In assoluto la giornata più bella di sempre. 
 
***
ANGOLO AUTRICE
Salve a tutte lettrici della mia storia! Scusate il ritardo con cui ho pubblicato il capitolo, ma in quest'ultimo periodo ho avuto un sacco di cose fare. Spero di essere più costante da ora in poi.
Devo dirvi alcune cose che riguardano il capitolo, allora:
Ho fatto molti riferimenti a libri, film, attori e cantanti.
Vi spiego chi sono o cosa sono, in caso non li conosceste.


AMABILI RESTI: uno dei miei libri preferiti, hanno fatto anche il film. Ve lo consiglio davvero tanto. Vi farà riflettere su molte cose.
Trama : Susie Salmon, una quattordicenne assassinata in seguito a uno stupro, narra gli avvenimenti che seguono la sua morte. La ragazza si trova in un paradiso personale, chiamato il Cielo, dal quale vede la sua famiglia traumatizzata dal dolore della perdita, mentre il suo assassino sfugge alla giustizia e si prepara a uccidere di nuovo.Susie, guardando sulla Terra può vedere le vite e sentire i pensieri delle persone che conosceva, incluso il suo assassino, ma non può interagire direttamente con loro. A volte i membri della sua famiglia sulla Terra la riescono a vedere per un breve lasso di tempo.
TOM HANKS E IL MIGLIO VERDE: Lui è un grande, come il Miglio Verde, uno dei film più belli di sempre. 
Trama: 
La storia è raccontata in prima persona da Paul Edgecombe, capo delle guardie del braccio della morte (il Blocco E) del carcere di Cold Mountain, che la scrive all'età di 104 anni in un ospizio dove ricorda della sua passata avventura negli anni trenta. Il corridoio che dalle celle del Blocco E conduce alla sedia elettrica (scherzosamente soprannominata "Old Sparky", la "vecchia scintillante"), che nelle altre carceri è chiamato "l'ultimo miglio", a Cold Mountain è chiamato, per via del colore del pavimento, "il miglio verde". Il compito di Paul e del suo team è quello di badare ai prigionieri del blocco E e di eseguire materialmente l'esecuzione.
BIRDY: Birdy è una delle mie cantanti preferite. Vi consiglio di ascoltare Skinny Love. Cliccate sulla foto sottostante:

 
A presto, cuore di carta.
 

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Capitolo 14
*** Capitolo dodici. ***


“Ci facciamo del male perché facciamo cattivo uso del grande potere che abbiamo, il potere di scegliere.”
—  Martin Kole
CAPITOLO DODICI.
<< GWENDOLYN! >> Sentii urlare da lontano, poi buio.
***
Sono sola in un campo di fiori, sono tutti rosa, una specie che non conosco, stelo grande e verde, petali piccoli a forma di cuore.
Corro. Sto bene. Sono felice. 
Ho un delizioso vestito color verde acqua, davanti a me il nulla. Continuo a correre.
Vedo qualcuno lontano, ha un piccolo cespuglio rosso a posto dei capelli. E' Castiel, il mio Castiel, è vestito tutto di nero, non mi guarda, guarda altrove. 
Corro sempre più veloce per raggiungerlo. 
Sono a pochi metri da lui ormai, sta massacrando un povero foglio che si ritrova tra le sue mani.
Sono scalza, ho i piedi freschi a causa della ruggiada. 
Castiel è girato di spalle, vorrei abbracciarlo, ma non lo faccio. Gli tocco leggermente la spalla, il paesaggio cambia di scatto, siamo al di fuori di una chiesa, c'è moltissima gente, Castiel sembra non sentirmi.
<< Che sta succedendo? Dove siamo? >> Domando a Castiel.
Non mi sente. Gli vado davanti, non si muove. Non mi vede. Ha appena preso una sigaretta, sembra avere gli occhi gonfi.
Davanti a noi d'un tratto spunta una bara aperta. 
I miei genitori si tengono per mano, sono entrambi vestiti di nero. Mia madre non è truccata, ha i capelli spettinati, mio padre è molto stanco. Continuano a piangere guardando il contenuto di quella scatola di legno.
Il cielo si inscurisce mentre, titubante, mi avvicino alla bara. 
<< Mamma perché piangi? >> Anche lei sembra non sentirmi. Mi sento come dentro una grande bolla che non accenna minimamente a scoppiare. 
Mi sporgo quanto basta per vedere il mio corpo dentro quell'orrore.
Sono io. Sono morta. 
Cado a terra, non sento dolore. Mia madre urla, mentre Castiel si allontana.
<< CASTIEL! >> 
E' tutto inutile, io non esisto più.
Non riesco più a vedere niente, le lacrime mi offuscano la vista. Sono morta. 
***
Mi sveglio in ospedale, la feblo al braccio, una sonda infilata nell'addome e tantissimi altri fili che conosco già, ma non ricordo bene a cosa servino.
Al letto è appoggiata mia madre. Sono viva, lei è ancora qui, sta dormendo.
<< Mamma? >> Dico piano.
Al suono debole della mia voce mia madre si risveglia, stropicciandosi gli occhi.
<< Gwen amore mio! >> Mi abbraccia delicatamente << Ti sei svegliata! >>
Non ricordo nulla di come sono arrivata qui.
<< Cos'è successo? >>
<< Non l'ho capito bene. Eri a scuola, mi hanno detto che ti sei sentita male e... poi sei svenuta, ti hanno portata subito in ospedale, hai avuto tutto il giorno la febbre molto alta e non riuscivi a riprendere i sensi >> continua << I medici hanno paura che il tumore si stia espandendo Gwendolyn... >>
Mi tremano le mani. 
<< A cosa? >> Chiedo, ricacciando indietro le lacrime.
<< Ai reni >> Dice.
Qualche goccia inizia ad insidiarsi sulla sua guancia
<< Ma non è ancora sicuro niente! Si aspettano i risultati degli esami >> continua.
Mi tiene stretta la mano.
<< Quindi adesso a scuola tutti sanno della mia malattia? >>
<< Credo di sì, dato che è successo tutto davanti ai tuoi compagni di classe  >> Dice  senza lasciarmi << Castiel è il più preoccupato, credo sia in sala d'aspetto >>
Ho un bisogno di vederlo. 
<< Mamma, puoi farlo venire? >>
<< Vedo se i dottori lo permettono. Però sistemati i capelli tesoro >>
<< Perché come sono?! >>Dico allarmata toccandomi la testa.
Mia madre sorride divertita << Tieni >> dice.
Dalla borsa esce uno specchio arancione a forma di mongolfiera e me lo porge . Mi rifletto e vedo il gatto morto che ho a posto della chioma castana di tutti i giorni.
<< Vado tesoro, appena Castiel va riposati >> Mi da un dolce bacio sulla guancia ed esce.
Cerco di dare una calmata ai miei capelli facendomi una treccia molto precaria legata direttamente con dei piccoli ciuffi ribelli, non durerà tanto.
Sento dei rumori di passi provenienti da fuori la stanza d'ospedale, qualcuno sta correndo. La porta si apre di scatto, mostrandomi la figura della persona più bella del mondo.
Non mi ero ancora resa conto di quanto mi mancasse, ma alla sua vista il mio cuore ha perso otto battiti e gli occhi si sono riempiti di lacrime. Era lì.
<< Castiel >> sussuro, aprendo le braccia per accoglierlo.
È vestito proprio come questa mattina, jeans neri che arrivano alla vita, maglia rossa con un logo di qualche band musicale che, a mio parere, fa solo rumore disturbando la quiete pubblica, e giacca di pelle anch'essa nera. Oggi sembra veramente un rock ettaro degli anni '80, ma sono comunque felice di vederlo, e non vedo l'ora di baciarlo. Ha gli occhi rossi, o forse è una mia impressione, è molto stanco, gli do così tante pene... 
<< Gwendolyn >> dice arrivando alle mie braccia in un secondo. 
A quel contatto i miei occhi perdono tutte le lacrime accumulate oggi. 
<< Scusa Castiel, scusami tanto >> dico tra un singhiozzo e l'altro.
 Castiel abbandona il mio corpo per prendere la mia faccia tra le sue mani.        
<< Stai zitta stupida. >> Appoggia la sua fronte alla mia. << Mi hai fatto spaventare tantissimo >> dice sulle mie labbra prima di impossessarsene. 
Quel calore è come una droga, non posso farne più a meno, sento Castiel mio, lo voglio mio, per quanto egoistico possa sembrare.
Riprende di nuovo ad abbracciarmi affondando le sue mani nei miei capelli, io ricambio con la stessa foga.
<< Mi sei mancato >> Dico sul suo collo prima di lasciargli un bacio.
<< Anche tu >> dice << pensavo che non ti avrei più rivista, toccata e baciata >>
Il mio corpo inizia a tremare. Possibile che si possano provare certe emozioni solo a causa di un contatto? 
Guardo l'orologio dietro di lui, sono le cinque del pomeriggio.
<< Cass, se vuoi arrivare presto alle prove devi andare adesso >>
<< Non ci penso nemmeno a lasciarti >> 
<< Sto bene, veramente >>
In realtà non voglio che se ne vada, ma è giusto così.
<< Non mi importa >> Dice fermamente senza sciogliersi un secondo dal nostro abbraccio << da questo momento non ti lascerò mai più Gwen, più... più >>
Mi divido da lui << Castiel devi andare! Come credi che possa crescere il tuo gruppo se non vai alle prove?! Io sto bene, anzi ho bisogno di riposare >>
<< Ti guarderò riposare >>
<< No. Devi andare. Appena mi sveglio ti chiamo subito >>
<< E vengo >>
<< E vieni >>
<< Promettimi che mi chiamerai >>
<< Promesso, ora vai >>
Ci scambiamo un bacio misto di tristezza e desiderio.
Si alza dal letto arrivando alla porta.
<< Tornerò il prima possibile >>
<< Lo so >>
***
Non so bene cosa accadrà se il tumore si è esteso anche ai reni, penso mi serviranno reni nuovi, o me li asporteranno direttamente, e se nessuna di queste due operazioni si potranno fare, credo che morirò. Sto arrivando al capolinea nel momento più felice della mia vita, nel momento in cui il mio cuore stava trovando un buon motivo per battere, e non solo quello che se smette ne smettono anche altri.
Ho trovato Castiel e grazie a lui sto trovando la gioia nel buio... un buio, però, troppo fitto, che non può essere illuminato.
Ho sempre pensato che si potesse vivere tranquillamente senza amore, che le donne sono così forti da superare tutto. Si può vivere senza amore, ma da quel poco che sto potendo scoprire, l'amore ti riempe i giorni. Dalla mattina alla sera, ti svegli con il suo viso stampato nella mente e ti addormenti alla stessa maniera, magari poi lo sogni pure. Chissà se un giorno potrò svegliarmi ed addormentarmi con Castiel accanto. Un'altra cosa orribile di una malattia terminale è che non puoi fare proggetti, e se li fai magari poi non si avvereranno mai.
Prendo il cellulare prima che la stanchezza mi chiami a sé e leggo diversi messaggi provenienti dai miei compagni di classe e di club. Sono tutti del tipo << Gwenny come stai? Domani verrò a trovarti >> o << Gwen tesoro, cosa ti è capitato? Vuoi che venga? >> Apprezzo questi messaggi, ma non credo che ad una Charlotte interessi veramente la mia salute, dato che non ci siamo quasi mai rivolte la parola dal mio arrivo a scuola. Non rispondo a nessuno, e mi addormento.
***
Mi sveglio a causa di qualcosa che mi preme sulla spalla.
Una testa?! 
E' Castiel, è sdraitato accanto a me e dorme.
Ma quando è entrato?! 
Mi abbraccia con il braccio destro, stringendomi forte. Mi volto verso di lui, è così bello... non posso fare a meno di guardarlo, pensare che lui è qui per me mi rende davvero felice. 
Inizia a svegliarsi muovendosi leggermente.
<< Sei sveglia? >>
<< Sì, se sei stanco riposa ancora >>
<< Non sono stanco >>
Apre gli occhi e mi sorride. Lo ricambio anche io.
<< Come ci sei finito sul letto? >> Gli domando maliziosamente mentre gli accarezzo i capelli.
<< Sei tu che mi pregavi: Castiel, Castiel dormi con me! >> 
Mi bacia, mettendosi sopra di me.
<< Può essere >> rispondo mettendogli le mani sulle spalle e continuando a baciarci.
<< Castiel >> lo fermo << ti ricordo che siamo in ospedale >>
<< Hai ragione >> Ride.
<< Hai visto i miei genitori per caso? >>
<< Sì hanno fatto vai e vieni tutto il tempo finché non sono arrivato io, ancora dormivi, sono venuti anche i miei genitori, la tua dottoressa e diversi medici, ah e Lysandro, Armin, Rosa, Alexy e qualcun'altro >>
<< E non mi potevate svegliare?! >> Dico.
<< I dottori non volevano, da quello che ho capito ti sei sentita male a causa del troppo stress, hai fatto troppe cose, poi non lo so >>
<< Puoi perfavore dire a mia mamma che sono sveglia? >> domando a Castiel ricomponendomi << Devo chiederle una cosa >>
<< Va bene >> Mi bacia ed esce.
Poco dopo arrivano i miei genitori e Castiel accompagnati da un dottore che non conosco.
<< Gwendolyn! >> Mi abbraccia mio padre, non l'avevo ancora visto.
Anche mia madre mi saluta, per poi fare le presentazioni con l'uomo in divisa bianca.
<< Ciao Gwendolyn, sono il dottore Desbhire >>
<< Salve >> Dico. 
<< So che tua madre ti ha già detto della nostra preoccupazione. Sono felice di dirti che i reni sono sani. Purtroppo non si può dire la stessa cosa del fegato, i tumori stanno aumentando. Ciò che ti è successo oggi è causato dalla troppa fatica di tutti i giorni, da domani non potrai più andare a scuola, e mi dispiace molto, ma non vogliamo rischiare che accada di nuovo, il tuo corpo è molto debole, non accetti molti farmaci che possano farti sentire meglio in queste situazioni e non possiamo somministrartene altri a causa del tumore. Domani mattina ti potrò dimettere e continuerai ad essere seguita dalla dottoressa Smith. >>
Il mio corpo si paralizza. Non potrò fare più niente, né andare a scuola e né uscire.
<< Continuo a puntualizzare che sei stata molto fortunata, se toccava un altro organo poteva succedere il peggio. Non devi più sforzarti fino all'intervento. >>
<< Potrà comunque uscire qualche volta dottore? >> Domanda mia madre.
<< Signora, siamo in inverno, dobbiamo evitare a sua figlia anche il più banale dei raffreddori. A mio parere può uscire se molto coperta, diventa più debole ogni giorno che passa >>
Cerco lo sguardo di Castiel e lo trovo su di me. Mi guarda dolcemente.
<< Bene, io direi di far entrare i tuoi amici Gwendolyn sono fuori da molto >>
<< Okay >> rispondo distrattamente.
***
<< Gwendolyn, oh mio Dio, come stai cara? >> Mi abbraccia Rosalya.
<< Adesso sto bene >> 
<< Tieni, questi sono per te >> Alexy mi porge un mazzo di orchidee << Sono da parte nostra >>
<< Sono bellissimi, grazie >> Rispondo sorridendo.
<< Un tumore. Chi l'avrebbe mai detto, sembravi così... sana >> Afferma Armin.
<< L'ho saputo mascherare bene eh >> rido.
<< Mi dispiace così tanto >> dice Lys.
<< Già, sappi che puoi contare sempre su di noi >> continua Kentin.
<< E non esitare a domandare nulla >> Dice Melody.
<< Ma da quanto tempo ce l'hai? Puoi curarti? Oggi che hai avuto? >> Domanda Rosalya preoccupata.
Mi limito a raccontare le solite cose: ho il cancro dai nove anni, chemioterapia per un anno, tutte le varie terapie per tenere il tumore sotto controllo, il peggioramento, il motivo per cui sono a Londra, il trapianto e la troppa fatica. Tutti mi ascoltano con molta attenzione, Alexy ha gli occhi lucidi e anche Rosalya
<< Bene ragazzi, fate in fretta che Gwen deve dormire >> Fa un gesto veloce con la mano Castiel.
<< Scusa Cass, ma non puoi avere Gwendolyn tutta per te! >>  Dice decisa Rosalya.
<< Sì che posso, sono il suo ragazzo >> Afferma sicuro di sé Castiel mentre gli altri ridono. Compresa me. 
<< Bhé ragazzi Castiel ha ragione, è meglio se Gwendolyn riposa. >> Dice Lysandro.
***
Rimaniamo solo io e Castiel nella stanza, ci abbracciamo.
<< Niente Bungee jumping eh? >> Dice sulle mie labbra.
<< Niente Bungee jumping >> Rispondo. 
***
ANGOLO AUTRICE.
Ragazze perdonatemi per la grandissima assenza e per questo capitolo molto corto! Ho avuto così tanti problemi tra computer e connessione a internet che non sto neanche a dirvi. Ho voluto scrivere oggi stesso a connessione ristabilita un capitolo. So che non è bellissimo ma non potevo tardare ancora con la pubblicazione della mia storia. 
Spero che lo apprezziate comunque.
Da oggi si ricomincia SERIAMENTE. Ho di nuovo il mio pc e sono tornata alla carica.
Alla prossima!

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Capitolo 15
*** Capitolo tredici. ***


“Ci costruiamo muri per proteggerci e un giorno quegli stessi muri diventano una prigione, la nostra prigione.”
 
—  Massimo Bisotti.
CAPITOLO TREDICI.

Il dottor Debshire mi ha riferito che dovrò rimanere ancora qualche giorno in ospedale, a causa del mio peggioramente fisico avvenuto nella notte.
《 Ma per quando tempo dovrò restare? 》Chiesi con voce tra triste e disperata.

《 Finché la febbre non lascerà il tuo corpo insieme agli altri sintomi. Gwendolyn, lo sai, non possiamo mandarti a casa dopo ciò che hai passato, faremo degli accertamenti e, sperando in tuoi miglioramenti, vedremo se questo fine settimana potrai passarlo a casa 》
Il dottore ha ragione, ho passato una notte troppo movimentata tra febbre alta, dolori laceranti all'addome e vomito. Credo di aver tirato fuori dal mio corpo anche l'anima, ma adesso sto bene, e ho una voglia matta di uscire fuori a prendere una boccata d'aria, ma non posso... ho ancora decimi di febbre che potrebbero aumentare da un momento all'altro.
La porta della stanza d'ospedale si apre.
《 Gwen, tesoro 》È mia madre, quant'è stanca... i suoi occhi hanno perso quella luce penetrante di sempre.
《 Ti ho portato la colazione. L'hanno preparata qui 》
《 Grazie mamma 》dico, mentre appoggia sulle mie gambe il vassoio con sopra la strana zuppa color verde. Inizio a mangiare senza fare obiezioni. Si siede accanto a me sul lettino.
《 Perché non riposi un po'? Non hai dormito granché stanotte 》Dice mentre mi districa dolcemente i capelli con le mani.
《 Se è per questo dovresti riposare anche tu, e papà 》
《 Io sto benissimo tesoro. I dottori verrano tra qualche ora a visitarti, ti conviene dormire un po' adesso 》

《 Castiel mi ha detto che sarebbe passato prima di andare a scuola... 》
Mia madre sorride e guarda l'ora sul suo orologio da polso, le sta anche largo. Io ho terminato il mio pasto.
《 Allora immagino che debba arrivare a momenti se vuole fare presto. Vado a vedere se è qui, mentre porto via il piatto. 》

《 Va bene mamma, grazie. 》Le passo il vassoio ed esce, mostrandomi uno dei suoi sorrisi, fuori dalla stanza.
Non mi ero accorta che qualcuno avesse messo i fiori portatomi da Rosalya, Armin, Alexy, Lysandro, Kentin e Melody in un bellissimo vaso color ocra con disegnato un gatto nero che gioca con un gomitolo di lana rosa, poggiato sul piccolo frigobar sistemato nell'angolino accanto alla porta bianca, come il resto della stanza tristemente decorata e, se non fosse per i fiori, assolutamente spoglia.
Prendo il mio cellulare per vedere se è arrivato qualche messaggio da parte di Castiel... nulla.
Se avesse deciso di non venire mi avrebbe sicuramente avvertito. Decido di aspettare altri quattro minuti, il tempo che impiego di solito nell'andare in bagno negli ospedali.
Mi alzo a fatica, sono molto debole, ed inoltre devo portarmi dietro una feblo che continua ad iniettarmi un liquido a me sconosciuto. Percorro la distanza dal letto alla porta senza troppa difficoltà, vesita con una specie di divisa per le operazioni, ma molto più coprente, addosso, pulita e senza germi. Esco dalla porta e vengo subito assalita da una infermiera che ricordo di aver già visto nella notte passata.
《 Signorina Rossi! Dove deve andare? 》Sul cartellino appesso alla sua divisa rosa appare scritto il nome di Samantha, è alta ed asciutta, ha gli occhi color prato in primavera e i capelli mogano legati in una coda alta. Nonostante il colore così particolare dei suoi occhi, la prima cosa che noti in lei sono i suoi lineamenti così singolari, ha il volto che sembra quasi levigato, con il mento posizionato fin troppo in basso, rendendo l'insieme troppo confusionale.
《 Volevo andare in bagno》rispondo.
《 Deve sempre chiedere aiuto, si può sentire male da un momento all'altro, soprattutto adesso che ha ancora la febbre. 》Dice toccandomi le tempie.《 Venga, la accompagno. 》
《 Riesco anche da sola, veramente, oggi mi sento molto meglio. 》
《 Il dottor. Debshire l'ha già visitata? 》
《 No 》Rispondo.

《 Ha mangiato qualcosa? 》
《 Sì 》
《 E cosa? 》
《 La prego, ho veramente urgenza del bagno. 》
《 La aspetto fuori, ma voglio accompagnarla. 》
《 Va bene 》
Attraversiamo un corridoio non troppo lungo ed arriviamo subito davanti il bagno delle donne. Non capisco l'esigenza di accompagnarmi, dato che i corridoi sono pieni di pazienti e medici.
《 Se ha bisogno di aiuto, chiami pure, io sono qui fuori 》
《 Okay, grazie 》Dico chiudendomi la porta alle spalle.

Dopo essere andata al bagno lego i miei capelli in una coda laterale per dargli almeno un po' di contegno. Non sopporto i capelli mossi per questo; non saranno mai in ordine senza piastra, schiuma o qualunque tipo di arriccia capelli esistente al mondo. Mi getto un po' d'acqua sul volto per migliorare il mio aspetto cadaverico ed esco.
L'infermiera Samantha è ancora lì, proprio dove l'ho lasciata.
《 Ha finito? Tutto bene? 》
《 Sì e sì 》
《 Perfetto. La riaccompagno in camera, mi dia la flebo. 》
Porta la flebo al mio posto come ha già fatto prima e in meno di venti secondi siamo davanti la porta della mia stanza ospedaliera.
《 Il dottore non verrà a rivisitarla prima delle dieci, a lei è stata affidata l'infermiera Alice Daglas, deve montare tra qualche minuto, chieda a lei per ogni cosa. 》
《 D'accordo, la ringrazio 》
Guardo l'orologio appeso sulla parete adiacente, le 7:45, l'infermiera mi ha fatto perdere tantissimo tempo. Rientro in camera e Castiel è lì, seduto sul letto.
Si accorge subito della mia presenza e corre a sorreggermi e prendere la flebo al mio posto.

《 Non portare mai il telefono con te mi raccomando, mi hai fatto prendere un colpo. 》Mi rimprovera baciandomi ripetutamente la tempia destra.
《 Ero a fare pipì 》
《 E io che ne potevo sapere?! Sono arrivato cinque minuti fa convinto che fossi in camera e non c'eri! Non ho trovato neanche tua madre o tuo padre. Un infermiere mi ha detto che ti ha visto andare verso il bagno e sono rientrato, poi ho visto il tuo telefono sul bordo del letto e mi sono chiesto il motivo per cui non te lo sei portato con te. 》
Ci sediamo sul letto.
Rido per la sua faccia preoccupata, è così buffo.
《 Ridi, ridi 》Mi prende la testa fra le mani e mi bacia la fronte.
《 Per fortuna sei qui 》
《 Sì e sto bene 》lo abbraccio.
Mi scuote il cuore ogni volta che mi parla, o semplicemente quando lo guardo. Credo di essere arrossita.
《 Hai un buon profumo 》Dico affondando il mio viso sul suo collo.
《 Tu invece odori di ospedale 》 Mi bacia la guancia e si stacca dolcemente.
《 Allora ti dimettono oggi? 》Chiede.
《 No... non mi sono sentita molto bene la notte scorsa, preferiscono tenermi qui ancora per un po', almeno finché non mi passa la febbre. 》
《 Cos'hai avuto? 》
《 Nulla, i soliti sintomi: febbre e dolori addominali 》
《 Per tenerti ancora qui dev'essere qualcosa di grave allora 》il suo volto si sta incupendo.
《 Castiel, sto meglio adesso, davvero. Prima di questo weekend sono fuori 》
《 Lo spero tanto... 》

《 Vedrai andrà tutto bene 》
Mi sorride.
Ricambio.
《 Appena terminata la scuola verrà tutta la classe a trovarti, non vogliono sentire spiegazioni 》
《 Oh, va bene 》dico.《 E' meglio che vai, altrimenti farai tardi 》
《 Stavo pensando di restare con te oggi 》

《 Assolutamente no, devi andare a scuola, ci vediamo dopo. Promesso.》
《 Se non ti trovo vengo a cercarti fino al bagno delle femmine 》
Rido ripensando a prima.
《 Va bene, va bene 》dico sorridendo.
《 Ci vediamo dopo Noce. 》Mi bacia.
《 A dopo 》

***

L'infermiera Alice è molto simpatica. Abbiamo giocato a carte tutto il tempo. E' robusta, pelle scura, occhi marroni e capelli neri, ha il naso aquilino che mi ricorda tanto quello di mia nonna materna Dorotea.
《 Sei molto carina Gwendolyn 》
《 Anche tu, Alice. 》
《 Oh, io ho smesso di essere carina tanto tempo fa, ma ti ringrazio 》
《 Perché dici così? 》
《 Perché è la verità, ma non ti devi preoccupare, ah e ho chiuso! 》Dice componendo le scale e i tris con le carte da Poker, mi ha battuta a scala 40.
《 Sei bravissima 》dico stupefatta, abbiamo pescato dal mazzo solo quattro volte.
《 Grazie cara 》Ride.
Noto in lei una strana tristezza, anche se non capisco il motivo. Avrà avuto in passato qualcosa che l'ha resa fragile, che le ha fatto perdere l'autostima in sé stessa. Vorrei tanto chiederle il motivo di questa sua strana sofferenza, ma sembrerei soltanto insolente.
《 Vuoi la rivincita? 》Chiede raccogliendo le carte.

《 Magari 》Dico.
《 E tu? Raccontami un po' di te. 》Dice.
《 Non c'è molto da sapere su di me, sono solo io 》
《 Oh andiamo, ho visto il bel ragazzo che è uscito dalla stanza 》
Mi sistemo gli occhiali e abbasso lo sguardo per mascherare il rossore sulle mie guance.
《 Sì, stiamo insieme 》è così strano dirlo a qualcuno.
《 E da quanto tempo? 》

《 Non da molto, è la prima persona che ho conosciuto quando sono arrivata a Londra 》
《 Allora ti è piaciuta sin da subito? 》
《 Non proprio, è carino, ma l'apparenza non è tutto. E' quando ho conosciuto il vero Castiel, questo è il suo nome, che mi è iniziato a piacere 》
《 Perché non dici che lo ami? 》
Ecco la domanda più difficile che poteva pormi.
《 Io non capisco nulla dell'amore, è tutto così nuovo per me... non so cosa significa la parola amare, o essere amati. 》
《 Dalla mia esperienza personale posso dirti che amare significa mettere la persona, appunto, che ami, prima di ogni cosa. Svegliarti e pensarlo, dormire e sognarlo. Non credi anche tu? 》
Magari è proprio così, io amo Castiel e non lo so. E se lui non ama me? E se pensa ancora a Debrah?
《 Allora anche tu hai amato? 》Domando a Alice.
Il suo volto cambia inaspettatamente espressione, è molto triste.
《 Ho amato, ora non amo più 》

《 Perché dici così? 》
《 Il dolore cambia le persone 》
Sentiamo bussare alla porta, Alice si alza subito e va ad aprire, è il dottor Debshire.
《 Salve dottore 》Lo saluta Alice.
《 Buongiorno Infermiera Daglas 》Ricambia il dottore.《 Gwendolyn, buongiorno, come ti senti oggi? 》Dice avvicinandosi al letto e toccandomi la fronte.
《 Bene, grazie 》
《 Alice se vuole può andare a prendere un caffè, devo visitare Gwendolyn 》

《 Preferisco rimanere, se non le dispiace 》
《 Come vuole 》Dice il dott. Debshir《 Per prima cosa Gwendolyn, misuriamo la febbre. 》
Mi passa il termometro ed io lo posiziono in bocca. Dopo poco suona.

《 38 》Annuncia il dottore.《 Se pensiamo che ieri hai raggiunto i 40 è un grande risultato. 》
《 Bene 》Sorride Alice.
《 Continuiamo Gwen? 》
《 Sì 》
Le procedure sono sempre le stesse: ecografia, prelievo del sangue e misurazione del mio peso.
《 Il fegato è sempre gonfio, analizzando le ecografie di ieri nessuna nuova nuova massa tumorale, è questa è una notizia molto importante. Il sangue lo esamineremo più tardi... 》continua.
《Gwendolyn non riesci a mettere peso, dovrò darti qualche farmaco in grado di aiutarti. Farò alcune ricerche, è molto difficile trovare qualcosa nella tua condizione. 》Dice il dottore《 Per il momento va bene così, Alice deve somministarle le Anasklof per farle diminuire la febbre, inoltre Gwendolyn cerca di riposare 》conclude.

Ci saluta e va via.
《 Bene Gwen, credo che dovresti dormire un po' 》

《 Già Alice, sono molto stanca 》
《 Allora prima ti do la pillola che ha detto il dottore, aspettami, la vado a prendere 》

Ritorna poco dopo. Ingerisco il farmaco e mi addormento.

***

Mi sveglio qualche ora dopo, la stanza è vuota. Guardo l'ora sul cellulare: sono le 13:37.
Inoltre ho ricevuto dei messaggi, li leggo.
Castiel: Come ti senti?
Kentin: Ehy mi manchi compagna di banco.

Rosalya: Hai preso 9 nel test di matematica. Sei una grande!
Castiel: Potresti usarlo il cellulare!!
Melody: Nathaniel mi ha chiesto di te, spero non ti arrabbierai, gli ho dato il tuo numero di telefono. Come ti senti? Spero meglio, un bacio.
Xxxx: Ehy Gwendolyn, sono Nathaniel, ho saputo della tua condizione fisica, mi dispiace molto... spero di rivederti a scuola molto presto. Guarisci.
Castiel: Stiamo venendo.
Poco dopo si apre la porta ed entra Alice.

《 Oh ti sei svegliata 》
《 Sì, mi sono persa qualcosa? 》
《 Hai una vista, ci sono molti ragazzi qui fuori 》
《 Falli entrare. 》
《 Va bene 》mi sorride l'infermiera.
Dalla porta entrano Castiel, tutti i miei compagni di classe, il professor Faraize, il professor Puskin, la dottoressa Smith, la direttrice, i miei genitori, Armin e Nathaniel.
《 Ehy 》dico ricomponendomi, non devo essere un bello spettacolo.
Mi salutano tutti con un bacio sulla guancia.
Nella piccola stanza ci entrano a malapena tutti, alcuni parlano tra loro, altri mi riempiono di domande finché si crea un baccano incredibile.
Alice porta l'ordine.
《 Ragazzi! Se non fate silenzio sarò costretta a farvi uscire. 》
I professori e la direttrice mi hanno portato un mazzo di girasoli.
《 Grazie 》dico sorridendo.

《 Ci manchi tanto 》dice Alexy con espressione triste.
《 Anche voi mi mancate 》
《 Chi l'avrebbe mai detto... 》afferma Nathaniel con sguardo assente.
《 Cerca di rimetterti presto, ma prenditi tutto il tempo che ti serve. 》Dice la direttrice.
《 Appena uscirai da qui ti insegnerò a suonare il pianoforte in maniera perfetta 》sorride Armin.
《 Come ti senti adesso? 》Domanda Castiel sedendosi accanto a me nel letto.
《 Meglio, non so se la febbre è scesa 》dico toccandomi la fronte, mi sembra più fresca.
《 Appena la visita sarà terminata la misureremo 》Dice Alice.
《 Scusami Gwendolyn, avrei voluto seguirti io, ma il dottor Debshire è più qualificato di me. 》Dice tristemente Caren.
《 Non ti preoccupare Caren 》sorrido《 Cosa avete fatto oggi? 》
《 Il professor Puskin ha spiegato una cosa difficilissima! 》Esclama Rosalya.
《 Io non la trovo così complicata 》ribatte il professore.
Tutti ridono.
Iniziamo a parlare del più e del meno, mentre tengo stretta la mano di Castiel.
I miei genitori parlano con Caren in un angolo, mentre alcuni ragazzi guardano l'ora e decidono di andare, promettendo di venirmi a trovare di nuovo quanto prima. Li ringrazio e loro escono.
《 Bene ragazzi, il tempo delle visite è finito, lasciamo a Gwendolyn un po' di spazio 》Dice Alice.
Anche gli ultimi compagni di scuola, compreso Armin, se ne vanno, senza però prima stringermi in un dolce abbraccio.
《 Grazie a tutti 》Dico.
《 Ci vediamo presto Gwenny 》dice Rosa, mentre gli altri mi salutano agitando la mano.
Castiel non esce, appena sono tutti fuori, lo abbraccio forte. In queste condizioni rivederlo è un grandissimo privilegio.
《 Mi sei mancato 》gli sussurro.

《 Anche tu 》
Ripenso a ciò che mi ha detto l'infermiera Alice: amare significa mettere la persona amata al primo posto...
《 Cos'hai fatto oggi? 》Mi domanda.
《 Niente di ché, e tu? 》
《 Niente di ché 》
《 Oggi hai le prove vero? 》
《 Dovrei 》
《 A che ora? 》
《 Alle 16:00, sono ancora le 14:30 》
《 Si ma devi mangiare qualcosa! 》
《 E tu hai mangiato invece? 》
《 Credo che Alice mi porterà qualcosa da mangiare appena la stanza si libererà, il tempo delle visite è finito 》dico tristemente, vorrei che lui rimanesse ancora.
《 Allora vado, quando posso ritornare? 》
《 Dopo le 19:00 》Dice Alice entrando con un vassoio in mano.《 Le visite saranno possibili dopo le 19:00 》
《 La ringrazio 》Dice Castiel alla mia infermiera.《 Allora ci vediamo stasera. 》
《 A stasera 》dico.
Mi da un bacio sulla fronte, saluta Alice ed esce.
《 Sì è proprio bello 》ride l'infermiera Daglas mentre si avvicina a me con il pranzo in mano.

***

Passo tutto il pomeriggio dormendo o giocando a carte con Alice. Guardo ripetutamente l'orologio, le 19:00 sembrano non arrivare mai.
《 Tranquilla Gwendolyn, il tuo Castiel non tarderà 》
《 Lo so Alice. Solo che mi manca tanto 》
《 Lo so. 》
Faccio la mia merenda alle 17:00, mancano ancora due ore. Potrei dormire ma non ho sonno.
《 Avanti dai, parliamo di qualcosa, altrimenti ho paura che postresti cadere in depressione 》Dice Alice.
Rido.
《 Fino a questo punto non credo Alice. 》
《 Nessuno può saperlo cara. 》
In quel momento entra mia madre dalla porta, in compagnia di mio padre.
《 Tesoro mio 》Dice mia madre mentre mi abbraccia.
Lo stesso fa mio padre.
《 Come state? 》Domando.
《 Bene cara, tu? 》Risponde mio padre.
《 Bene, spero di uscire presto da qui, voglio fare un passeggiata fuori 》
《 Se domani migliorerai andreamo in giardino 》Mi dice Alice.
《 Magari 》Esclamo.
《 Papà ha chiesto le ferie, e i nonni verranno per il tuo compleanno, ormai manca poco. 》
Già, il mio compleanno è alle porte. Sono nata il 29 febbraio, ma, per ovvie ragioni, lo festeggio sempre il 28.
《 Mi fa piacere 》Dico.
Iniziamo a parlare e il tempo vola. Alle 18:00 in punto il dottor. Debshire fa il suo ingresso nella stanza.
《 Gwendolyn, come stai? 》
《 Bene 》
《 Abbiamo analizzato il tuo sangue, i tuoi valori sono nella norma, anche se hai un piccolo calo di calcio. Ti darò delle pillole in grado di ristabilire tutti i valori 》
《 D'accordo 》
《 Domani mattina inizierai a prendere i vari farmaci, voglio prima vedere come ti senti questa notte. 》
《 Va bene dottore 》Dico.
Il dottore insieme ai miei genitori escono, io accendo la TV.
Guardo il David Letterman Show per un po' insieme ad Alice, ne va pazza, passa tutto il tempo a ridere.
Finché finalmente arrivano le bramate 19:00.
Alle 19:10 entra nella stanza Castiel con una scatola in mano, e un mazzo di margherite bianche.
《 Posso entrare? 》Chiede.
《 Certo. 》Dice Alice, mentre esce dalla stanza. 《 Vi lascio soli 》Ci sorride.
《 Ehy 》dico piano.
《 Ehy 》dice lui.
Mi bacia passandomi il mazzo di fiori.
《 Margherite bianche? 》Domando.
《 Margherite bianche. 》Risponde.
《 Cos'hai lì? 》Chiedo indicando la scatola che tiene dietro la schiena.
《 Ho parlato con tua mamma, mi ha detto che ami i giochi da tavola, per cui... 》
Mi passa il pacco e lo apro. Dentro c'è la Battaglia Navale.
《 Sei incredibile 》sussurro, ho le lacrime agli occhi per la felicità, le ricaccio indietro. 《 Grazie. 》
《 Che dici, giochiamo? 》
《 SÌ 》
Ci mettiamo l'uno di fronte all'altra e iniziamo a colpirci a vicenda.
《 Cass, posso chiederti una cosa? 》
《 Certo. G8 》
《 Niente. Mi parli di Debrah? 》
《 Cosa vuoi sapere? 》
《 Tutto. C3》
《 Niente. Sappi che per me è storia passata. 》
Poso il gioco di lato. 《 Lo so, ma sono curiosa comunque... perfavore 》
《 Va bene 》prende un profondo respiro e inizia《 Abbiamo sempre frequentato la stessa scuola, ma non ci siamo mai rivolti la parola, anche se la osservavo sempre quando la incontravo da qualche parte, credo per il suo aspetto fisico. E' la tipica ragazza che ha 16 anni ma ne dimostra 24, si mi ha sempre attirato, ma mi dicevo sempre che era troppo irrangiungibile, e andavo dietro ad Ambra ed altre ragazze frivole. Poi si è iscritta al club di musica, ed ha cantato, ne rimasi stupefatto, era bravissima. Quello stesso giorno creammo la nostra band, gli Why, non ci parlavamo molto comunque noi due, il saluto, le prove e basta. Stava quasi sempre con Lys, poiché erano le due voci della Band e scrivevano le canzoni insieme, l'arrangiamento poi lo facevamo io, Armin e Kentin. Ammetto, Gwen, che era una delle ragazze più belle che abbia mai visto. Ma stava con un ragazzo molto più grande di lei. Poi si sono lasciati e la sera in discoteca si era ubricata e si era, diciamo, lasciata andare con me. Pensavo fosse stato una cosa di una sera per lei, invece dal giorno dopo eravamo praticamente fidanzati. A me andava bene, mi è sempre piaciuta, poi però ho iniziato a conoscerla meglio, e non lo so... eravamo così uguali, credevo di amarla. Col passare del tempo eravamo sempre più richiesti come band per esibirci in vari locali, e andavamo alla grande. Una mattina però è venuto un produttore musicale a cercarci, ma non voleva far sfondare noi, ma lei. Io pensavo veramente che lei non ci avrebbe mai abbandonato per andare con un'altra band emergente, invece mi sbagliavo. Mi lasciò e ci lasciò per andare in Canada. Non la vedo da allora. 》
Ho fissato i suoi occhi tutto il tempo durante il suo racconto. Volevo vedere un cedimento o qualcosa del genere. La sua espressione è rimasta impassibile.
《 La pensi ancora? 》
《 No 》
《 Sicuro? 》Chiedo.
《 Sicuro 》Risponde.
《 Perché credevi di amarla? 》
《 Perché poi ho conosciuto te. 》
《 Non mi sembra il caso di fare il romantico dopo che mi hai detto che sei andato a letto con lei. 》
Ride.
《 Non dirmi che sei gelosa, Noce 》
《 Io? Assolutamente sì 》
Ridiamo insieme.
《 Non ne hai alcun motivo stupida. 》
Mi bacia dolcemente.
《 Sì ma ora sono arrabbiata 》Dico fingendo di tenere il muso.
《 Ah davvero? 》
《 Davvero davvero! 》
Mi inizia a fare il solletico e scoppio a ridere urlando tra le lacrime e le risate "Castiel basta!" In realtà non voglio che smetta.
Alla fine si ferma e smettiamo di ridere entrambi.
《 Gwen, ora che ci penso non mi hai detto cosa c'è al numero uno nella tua lista. 》
《 Non te lo dirò ora, te lo voglio tenere nascosto ancora per un po' 》dico《 invece il 28 Febbraio è il mio compleanno, bhé in realtà sono nata il 29 Febbraio, ma lo festeggio sempre il 28, vorrei festeggiarlo solo con te... 》
《 Nata il 29 Febbraio? Non avevo conosciuto ancora nessuno nato quel giorno. Comunque per me va benissimo. 》
Lo bacio.
《 Torniamo a giocare? 》Domando.
《 Torniamo a giocare. Devo batterti 》Risponde.

***
ANGOLO AUTRICE.

Salve care lettrici! Eccomi con un nuovo capitolo della mia storia.
Volevo ringraziare tutte quelle che seguono e leggono "Sono una macchina da scrivere fatta di sogni" siete fantastiche e vi adoro.
Qui lo dico e qui lo annuncio: STIAMO ARRIVANDO ALLA FINE DELLA STORIA.
Eh già, stiamo giungendo al termine, secondo i miei calcoli arriveremo alla conclusione tra 4 capitoli.
Ma siccome sono una ragazza lunatica posso cambiare idea da un momento all'altro e allungare o accorciare la storia.
Però sono curiosa di sapere: voi cosa immaginate come finale? Io il mio già ce l'ho e ho l'epilogo scritto, anche se poi cambierò un po' di cose, ma tutto normale!
Scrivetemi nelle recensioni o per messaggi privati cosa vorreste leggere nell'ultimo capitolo, io non mi farò influenzare però u.u.
Detto questo vi ringrazio ancora e vi saluto.
Al prossimo capitolo!
cuore di carta

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Capitolo 16
*** Capitolo quattordici. ***


“Ed io sono rimasto qui, solo, insieme a questo dolore.”
-Ed Sheeran.

CAPITOLO QUATTORDICI.

Il resto della settimana è trascorso abbastanza tranquillamente. 
I sintomi del cancro al fegato sono andati via via migliorando, facendo restare solamente un malore addominale sopportabile. 
Il dottor Debshire ha trovato tutti i farmaci che mi aveva promesso. Adesso assumo nove pillole mattina e sera, con pochi sintomi per mia fortuna. Solo con la Naxpilin non mi trovo molto bene, cercheranno di sostituirla o di eliminarne l'assunzione, poiché causa di forti emicranie con tutti i sintomi che ne deriscono.
I miei genitori hanno parlato con i dottori e hanno detto che se anche questa sera trascorre tranquilla domani, sabato, posso tornare a casa, ovviamente stando attenti a tutto, sopratutto alla mia alimentazione.
I miei amici sono venuti a trovarmi ogni giorno, insieme a Castiel, che passava ogni sua giornata qui con me, restando in camera a guardare la televisione o giocando con qualche gioco da tavola, oppure, quando il dottor Debshire lo permetteva, andavamo fuori a prendere una boccata d'aria nel parco sottostante l'edificio, io con la sedia a rotelle e lui che mi spingeva dolcemente, come se non potessi camminare sulle mie gambe. Mi raccontava delle sue giornate, delle prove, di come sentisse la mia mancanza a scuola o sul sedile accanto al guidatore della sua macchina. Anche a me manca stare con lui, ma la cosa che mi manca di più in assoluto è non aver mai potuto fare le cose che fanno i ragazzi fidanzati della mia età. Non che volessi ubriacarmi o andare in discoteca, cose per me inutili e situazioni assolutamente noiose, ma mangiare una pizza in sua compagnia, andare al cinema con davanti una mega porzione di pop corn, o prendere un caffé nel bar sottocasa. 
Voglio l'operazione, la desidero con tutta me stessa, è solo grazie a lui e alla mia famiglia se sto continuando a lottare così. Io non mi arrendo, voglio guarire e vivere, ed è solo con l'operazione che posso esaudire questo mio desiderio, anche se comporta ad un'alta possibilità di morte, o di ricomparsa del cancro, ma non importa. 
"Noce, sei bellissima" mi rimbomba nella testa e nel cuore, è stato Castiel a pronunciarla poco prima di andarsene, quando io ribadii di essere orribile in camice d'ospedale, lui mi guardò e mi baciò unendo le nostre labbra in un misto di gioia, tristezza e desiderio. Il sapore più bello che abbia mai provato.
Castiel mi ha raccontato della sua famiglia, di sua madre e suo padre che sarebbero venuti a salutarmi, in effetti sono venuti il primo giorno di ricovero, ma i dottori non hanno fatto entrare nessuno, ma a causa del loro lavoro sono dovuti partire, in quanto hostess e pilota aereo. Ha sempre vissuto da solo, con la sola compagnia di sua nonna, residente ora all'estero, ma appena compiuti i sedici anni, forse per la troppa voglia di ribellione, desiderio di libertà causata dal periodo più "confuso" della sua adolescenza ha richiesto e ottenuto l'emancipazione dalla sua famiglia. Vivono insieme ma lui è libero di decidere e fare ciò che vuole, se ne pente, mi ha detto. Si pente di tante cose, anche di aver bocciato il primo anno di liceo, fatto solo per attirare l'attenzione dei suoi cari, attenzioni che non sono esattamente arrivate come lui desiderava. 
"Ho sempre cercato di trovare un equilibrio nella mia testa, ma quello che ho scoperto è che il bello della vita è proprio quello di non avere equilibri, prendere tutto come viene, vivere il giorno, nonostante tutto" 
"Non è sempre facile, devi tener conto delle circostanze." Replicai io.
"Senza le circostanze che ti hanno portata qui, non ti avrei mai conosciuta... sono felice in una piccolissima parte di me, ma estremamente inutile in tutto il resto."
Rosa mi ha messo lo smalto alle unghie ieri sera, sono di un rosso fiammante, colore un po' strano per me, dato il mio amore cronico per i colori pastello, ma devo dire che mi ci trovo bene. Ho continuato a mettermele davanti il viso e ammirarle, sono un po' troppo mangiucchiate, cercherò in tutti i modi di non permettere allo stress di portare le unghie alla mia bocca.
Caren è felice di riavermi come sua paziente, inoltre sono riuscita a mettere sei kg, non sono molti ma sono un inizio. Ha promesso di non perdermi di vista un solo secondo, verrà a trovarmi due volte al giorno per misurare i miei paramatri e controllare che io mangi e assuma tutto ciò che mi è stato prescritto.
Il dottor Debshire ha inoltre detto che nel Bristol c'è un paziente che vuole donare il fegato. Non si è sicuri ancora di niente, poiché molto riluttante, ma la speranza è l'ultima a morire, magari è la volta buona.
Melody mi ha raccontato che finalmente è riuscita a mettersi con Nathaniel, una sera sono anche venuti insieme mano nella mano, l'imbarazzo li mangiava vivi, ma è stato bello vedere una coppia così genuina e dolce. 
Armin invece pare aver conquistato finalmente il cuore di Peggy, la ragazza che scrive il giornalino della scuola a cui però non ho mai dato importanza.
Violet mi ha disegnato un dente di leone su un foglio color seppia, come consumato dal tempo. L'ho appeso sul muro sopra il mio letto.
"Perché un dente di leone?" Domandai.
"Perché tu sei forte Gwen, prorio come un leone" ha detto.
Lysandro è sempre il solito, innamorato pazzo di Rosalya ma non lo da a vedere per non far soffire lei e suo fratello Leigh, poiché fidanzato di lei. Lo ammiro molto, lui è quella tipica persona che preferisce star male che provocare male agli altri. Nessuno sa cosa prova quando li vede insieme, praticamente sempre.
Kentin e Alexy non hanno ancora il coraggio di dire a tutti cosa provano l'uno per l'altra, sentimenti diventati ormai palesi agli occhi di tutti. 
Quante cose sono successe nell'arco di così pochi giorni.
Questa è l'ultima notte che passo qui, mia madre sta tenendo la mia mano mentre legge un libro che parla di un amore proibito, e mio padre è sulla poltroncina che guarda una vecchia sitcom degli anni ottanta. Nella stanza c'è un lieve e rassicurante silenzio, interrotto solamente dal suono proveniente dalla TV, mi piace questa situazione, per essere perfetta al mio fianco dovrebbero esserci Castiel e la mia amata Audrey.
Io tento di scrivere qualche messaggio a Castiel cercando di essere più dolce possibile.

"Caro Signor Smith, le comunico con estrema sicurezza che domani sarò libera da ogni mio impegno ospedaliero, e che la invito ufficialmente nella mia dimora.
Con affetto, Gwendolyn Rossi"

"Sono felice che i suoi impegni si siano dimezzati, la aspetto allora a casa mia, quando vuole lei, mattina pomeriggio o sera, sono sempre a sua disposizione. Mi faccia una sorpresa"

Ce l'ha messa proprio tutta a scrivere questo messaggio.

"Sarò felice di tenerle compagnia"

"Mai come me"

Il mazzo di margherite regalatomi da Castiel tenta di marcire, tengo il più piccolo e fragile fiore tra le pagine del libro che porto con me, mi scappa un sorriso ogni volta che lo vedo mentre giro pagina. Ho avuto così poche fortune fino ad ora, Castiel è una di quelle. 
***
La notte è trascorsa senza intoppi, non mi sono svegliata neanche una volta. 
Il buio lascia il posto al sole e cullata mi sveglio con una senerità che non sentivo da un po'.
« Buongiorno tesoro » Mi saluta mia madre sorridendo, indaffarata a mettere le nostre cose nei vari borsoni.
« Buongiorno mamma » Rispondo felice.
« Finalmente usciamo da qui » dice sollevata « non ne potevo più! »
« A chi lo dici » Mi guardo intorno « dov'è papà? E che ore sono? »
« Sono le dieci, e tuo padre è andato a chiedere a che ora possiamo andare »
« Mangio qui? » Domando.
« Credo di sì, chiamo Alice e glielo domando, aspettami qui »
« Come se potessi andare da qualche parte »
E' strano che Castiel non è qui, forse aspetta che ci vada io, provo ad inviarli un messaggio.

"Buongiorno, come stai?"

Rientrano dopo dieci minuti mia madre e Alice con un vassoio a me familiare, Castiel continua a non rispondere.
Mio padre ci annuncia poco dopo che tra trenta minuti il dottor Debshire verrà a visitarmi e poi potremmo andare.
« Mamma, quando usciamo potete lasciarmi da Castiel? Mi venite a prendere prima di pranzo »
« Se tu vuoi tesoro, certo. »
« Grazie » sorrido.
Provo a inviare un nuovo messaggio a Castiel.

"Esco tra meno di un'ora, vengo da te?"

Nessuna risposta.
Lo chiamo.
Non risponde e il telefono squilla tutto.

Il dottor Debshire fa il suo ingresso dalla porta.
« Buongiorno Gwen Bella, come ti senti oggi? » In questi giorni abbiamo fatto amicizia, ho scoperto che ha una moglie bellissima e due splendide figlie Jane e Clodette, una di nove anni e una di sei, quella di sei malata di leucemia, grave.
E' stato molto triste il momento della sua confessione, mi ha fatto ripensare a quando i miei genitori scoprirono della mia malattia. E pensare ad un uomo fantastico come lui soffrire così tanto mi fa stringere il cuore rendendolo piccolo piccolo.
"Per questo amo così tanto il mio lavoro, so che posso aiutare la mia bambina"
« Buongiorno Dottore, bene, e lei? »
« Bene, ti ringrazio Gwendolyn » sorride.
Ricambio il suo sorriso sincero.
« Immagino non vedi l'ora di uscire, faremo in fretta » guarda il resto della stanza mentre monta il resto dell'attrezzatura per fare l'ecografia « dove hai lasciato il tuo Castiel? »
« Ci vado appena esco » Sorrido imbarazzata.
« Allora sbrighiamoci » 
Gli esami sono sempre gli stessi, stringo i denti e finiamo velocemente.
« Tutto assolutamente stabile Gwen, sono felice di dirti che sei libera » Annuncia il dottore.
Per la felicità lo abbraccio « Grazie di tutto. »
« Di niente Gwen Bella, mi mancherai » Ricambia l'abbraccio e si stacca dolcemente.
« Vi saluto e passate una bella giornata » Saluta educatamente i miei genitori ed esce dalla stanza scambiando una breve occhiata di intesa con Alice.
« Vai in bagno Gwenny e vestiti » dice mia madre « così andiamo. »
Mi preparo in fretta e furia, mettendondi le prime cose che mi sono capitate a tiro, e provando ancora a chiamare Castiel che continua a non rispondere. Avrò fatto qualcosa di sbagliato? Ce l'ha con me?
Non so se sia il caso di andare da lui. 
Sì io ci vado. Mi manca, ho voglia di baciarlo e sapere per quale motivo non risponde al telefono.
Mi lego velocemente i capelli in una coda e tengo gli occhiali da vista.
Saluto Alice abbracciandola, è stata una grande durante tutta la mia permanenza in ospedale, senza di lei non so se sarebbe stato altrettanto divertente. Ne dubito.
« Grazie tesoro » mi sussurra all'orecchio « non perdere mai la tua tenacia, resisti »
« Sempre » le rispondo « anche tu »
Entro in macchina sulle mie gambe e riprovo per la millesima volta a chiamare Cass. 
Non risponde ancora, ho davvero paura che sia successo qualcosa. Durante tutto il tragitto mi tremano le mani. Non posso neanche pensare che possa succedere qualcosa a Castiel. Cerco di mantenermi calma ma l'ansia prende il sopravvento. Tanto che inizio a incitare mio padre a premere il piede nell'accelleratore.
Riprovo ancora. 
Nulla.

"Castiel sto arrivando. Mi sto preoccupando. E' successo qualcosa?"

Messaggio che non riceve risposta. 
In circa sette minuti arrivo davanti il suo cancello, la sua macchina è dentro e anche il suo motore, non esce mai a piedi.
Trovo il cancello aperto e senza pensarci entro facendo segno ai miei genitori di andare, loro ubbidiscono e vanno dicendomi di chiamare per qualunque cosa.
Mi ritrovo a correre per tutto il vialetto, quando a pochi metri dall'ingresso il portone si apre mostrandomi una figura umana.
Non è Castiel.
E' una donna.
Non è sua mamma.
Non è neanche Rosa.
Non è una ragazza della scuola.
Non l'ho mai vista prima.
Mi vede e sorridendo viene verso di me. Il mio cuore batte all'impazzata. Rilassati Gwen, mi dico.
Castiel spunta subito dopo di lei.
E' lì, sta bene. Ma non è con me. E' solo con lei.
« Gwendolyn » dice piano.
« Gwendolyn » ripete la ragazza ghignando « è giusto che mi presenti, il mio nome è Debrah »
Il mio mondo inizia a sgretolarsi.
« Debrah? »
« Sì sono io »
E' proprio come me la ero immaginata, il genere di ragazza che piace a tutti, l'esatto opposto di me. Alta, formosa, slanciata, occhi scuri come i capelli, labbra carnose e dolci lineamenti che completano il tutto.
« Gwendolyn vieni dentro, ti spiego tutto. » Dice preoccupato Castiel venendo verso di me e prendendomi il braccio.
« Non mi toccare » dico a denti stretti, sento dentro di me una strana sensazione di vuoto.
« Debrah credo che tu debba andare » Alza la voce Castiel vero Debrah.
« Certo certo » dice sorridendo e passandomi accanto « ciao ciao Gwendolyn »
Ho voglia di prenderla a pugni, tirarle i capelli e saltarle addosso dalla rabbia. Ma resto ferma, quasi paralizzata, tremo e vedo chiazze nere.
« Gwen ti prego entra. » Mi spinge Castiel.
Non mi sono neanche resa conto di come sono entrata in casa. Castiel si chiude la porta alle spalle, io guardo il vuoto.
« Gwendolyn, lasciami spiegare » 
La rabbia ha la meglio « CASTIEL COSA CI FACEVI QUI CON LEI?! NON HAI RISPOSTO AL TELEFONO! MI SONO PREOCCUPATA TANTISSIMO E TU ERI CON LEI?! SOLO?! » mi avvicino al suo viso, sono a due centrimetri da lui, ma continuo ad urlare « COSA AVETE FATTO?! »
« Assolutamente niente Gwendolyn! » cerca di giustificarsi.
« Non ti credo » rispondo più piano, ma con tono fuorioso.
« Perché no? »
« Perché allora non hai preso il telefono? Non ti stacchi mai dal cellulare! » Inizio a pensare a loro due sul divano del salotto o nella camera di Castiel. Mi vengono i conati.
« L'ho lasciato sù, Gwendolyn lei è venuta prima delle dieci, sono corso giù pensando che fossi tu e ho lasciato tutto in camera da letto, poi era lei, ma non potevo saperlo! »
« Cosa voleva?! »
Non risponde.
« CASTIEL COSA VOLEVA?! »
« Voleva che andassi con lei... Ma l'ho respinta! A me di lei non interessa più niente! »
« E cosa avete fatto per quasi due ore?! » 
« Mi ha spiegato i benefici che ci sarebbero stati se avessi fatto parte della sua band e fossi tornato con lei. »
« Non ti credo. » Nei suoi occhi leggo che non è del tutto vero. « Vi siete baciati? »
« Sì, mi ha baciato. » Ammette.
La rabbia lascia posto alla delusione.
« Fai schifo. » 
Faccio per andarmene andando verso la porta, ma mi trattiene per un braccio e ci ritroviamo di nuovo con il viso vicinissimo.
« Non l'ho baciata io! » urla disperato « mi ha baciato lei! Io mi sono scansato subito! Appena ho riaperto gli occhi ho visto te. »
« Perché dovrei crederti? »
« Perché appena ho riaperto gli occhi ho visto te, perché non ho fatto altro che parlare di te! 
» Respira  « io ti amo Gwendolyn, mi sono innamorato di te. » Dice sulle mie labbra.
La mia testa va in confusione.
« Cos'hai detto? » sussurro.
« Ti ho detto che ti amo. Debrah non è mai stata nulla per me » mi prende il viso tra le mani « ti amo, ti amo, ti amo. »
E mi bacia. Mi bacia così intensamente che mi sento svenire, io mi fido di lui. Mi fido così tanto che non posso non credergli.

« Mi prometti che non c'è stato assolutamente niente? »
« Lo prometto. »

Mi trascina verso la camera da letto, e io lo seguo.
Continuiamo a baciarci, lo desidero così tanto.
Il mio cuore inizia a battere all'impazzata, l'imbarazzo mi paralizza ma continuo a baciarlo. 
« Castiel, è la prima volta per me, lo sai » dico in un sussurro credendo di morire per la vergogna.
Mi bacia la fronte. 
« Sei sicura di volere? »
« Sì » 
Mi toglie delicatamente la maglietta.
Mi sta guardando. Il mio corpo fa pena, è come quello di una bambina.
« Sono tutta pelle ossa, scusa » piango un po'. 
« Sei bella »
« No, non lo sono »
« Sì, sì che lo sei » prende un respiro profondo e salda i suoi occhi ai miei, ha gli occhi più belli che abbia mai visto « Gwendolyn tu non sei assolutamente come pensi di essere. Vuoi sapere cosa sei? Sei la debole e fragile margherita fiorita in un campo di rose rosse, così tanto invisibile, così tanto spettacolare »
« Castiel... »
« Anzi e ti dirò di più, sarai pure una minuta margherita, ma brilli più del sole. Sei unica mettitelo in testa. »
Le lacrime iniziano ad uscire per la felicità e lo bacio di nuovo. « Anche la numero uno della lista è stata fatta » dico sorridendo in un misto di felicità e lacrime.
« In che senso? » Domanda perplesso.
« Volevo innamorarmi. » Continuo 
« Mi hai salvata Castiel, mi hai salvata »
***
E poi io sono diventata sua e lui è diventato mio.
***
Non è stato il genere di amore che si vede nei film o si legge nei libri, non siamo andati "alla grande", c'è stato molto imbarazzo tra di noi, quell' imbarazzo che ti fa venir voglia di sotterrarti, ma ci siamo amati e nel suo piccolo è stato reale ed estremamente bello, lo amo, lo amo tantissimo. Sì, niente potrà rendermi più felice di lui, spero che almeno un briciolo di felicità che lui riesce a donarmi io glielo possa dare.
Mi ha salvata.

 
***
Angolo Autrice!
Rieccomi carissime lettrici con un nuovo capitolo della mia storia!
Volevo dividerlo in due, ma sarebbero venuti comunque troppo corti e maluccio, quindi eccovelo qui.
Ho pensato tantissimo a questo capitolo e spero mi sia riuscito, non dico perfetto, ma carino.
Parliamo della scena "hot" che c'è e non c'è. Non sono una grande scrittrice erotica, anche perché delle volte descrivendo una scena di sesso si perde l'intensità di un rapporto e l'amore che provano le due persone trasformandolo in un miscuglio di trash e volgarità, per cui ho preferito porvelo così, fatemi sapere se vi piace, in caso cercherò di migliorarlo in qualunque modo voi diciate.
Inoltre ho riletto i primi capitoli e presto darò una GRANDISSIMA sistemata, perché alcuni non mi piacciono tantissimo :\
Adesso siamo a -2 dalla fine senza contare l'epilogo, con l'epilogo -3, ci metterò tutta me stessa nel far uscire qualcosa di veramente bello.
Scusate anche se non ho rispettato il giorno di uscita, ma ehi, non mi chiamerei cuore di carta se fossi puntale ;).
Ho inoltre già la storia pronta per quando finirà "Sono una macchina da scrivere fatta di sogni", sarà sempre molto emotiva e romantica, quindi tenetevi pronte!
Volete sapere in anticipo il titolo? :3
No sto zitta, sarà una sorpresa u.u
E poi ho bisogno del vostro aiuto: Questa fantomatica storia la metto nel fandom di Dolce Flirt o la creo come originale? Il personaggio che sta con la protagonista in Dolce Flirt c'è, sono stra confusa!
Grazie come sempre a tutte voi che leggete la storia e la recensite, siete fantastiche. 
E io vi adoro.
Un abbraccio, cuore di carta.

 

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Capitolo 17
*** Capitolo quindici. ***


“Non farti prendere da quella sensazione che ti affonda, non crollare.”
-Arctic Monkeys.
 

CAPITOLO QUINDICI.


« Buon compleanno amore mio » mi sussurra Castiel fra i capelli.
***
Purtroppo la mia salute non fa che peggiorare, il mio sistema immunitario mi sta lasciando così come il mio fegato ormai poco funzionante. 
Sono stata altri cinque giorni in ospedale, dove il dottor Debshire mi ha sostenuto e aiutato per portarmi fuori da lì. Inoltre abbiamo avuto modo di parlare e conoscendolo meglio provo ancora più stima nei suoi confronti di quanto già non ne provavo prima. 
Sua figlia Clodette, un bellissima bimba di sei anni dagli occhi blu, l'ha lasciato una settimana dopo il mio rilascio. 
« Com'è stato? » Domandai piano.
« Com'è stato, perderla? »
« Scusa per questa domanda, non avrei dovuto » ho subito replicato. Volevo veramente sapere cosa provasse un genitore per la perdita di un figlio.
« Non ti preoccupare Gwen Bella » prese un profondo respiro « com'è stato? Bhe' è difficile da spiegare... Ti rendi conto che la tua bambina, la tua piccola e innocente bambina domani non verrà più a svegliarti, o ti abbraccerà, o ti darà un bacio o ti dirà che ti vuole bene. Ti rendi conto che il tuo mondo è crollato, che la cosa per te più importante non esiste più » iniziò a piangere coprendo il viso tra le mani e piano sussurrava alzando lo sguardo con gli occhi lucidi e rossi « è il dolore più grande che una persona possa provare. Si è fermata anche la mia vita con quella sua Gwendolyn, ma non posso, non posso... ho una famiglia, io sono l'uomo devo regire... ma non ci riesco »
Mi accorsi troppo tardi che le lacrime mi uscivano a fiotti. 
Il mio dolore si univa completamente al suo. 
« Basta così » dissi, e corsi ad abbracciarlo. Non so se poteva essergli utile, per me non lo era. Eppure siamo rimasti così, senza preoccuparci del tempo. 
Clodette soffriva di
 Leucemia linfoblastica acuta
Ha lottato con forza fino alla fine. Sento di conoscerla anche se non l'ho mai vista tranne che in foto, mi ricorda me da piccola. Provo tanta ammirazione pensandola, ma provo anche tanta rabbia. E' morta senza mai provare i piaceri della vita, e non lo meritava.
In tutta la mia nuova permanenza in ospedale Castiel mi è stato sempre accanto. Abbiamo anche litigato spesso, credo che sia più che normale, dato che teniamo profondamente l'uno all'altro.

Ho legato molto con Rosalya, abbiamo scoperto di avere molto in comune, e quasi tutti i giorni mi è venuta a trovare, ogni giorno con una compagnia diversa. Ho anche avuto il piacere di rivedere Leigh, il suo fidanzato e fratello maggiore di Lysandro, da sole abbiamo avuto anche l'occasione di parlare di lui.
« Allora con Castiel? » Mi domandò mentre mi legava i capelli in una treccia laterale.
« Cosa vuoi sapere Rosa? »
« Niente di troppo privato, come vanno le cose in generale » mi sorrise dallo specchio.
« Vanno bene credo, mi dispiace per quello che gli sto facendo. »
« Cosa gli staresti facendo, scusa? »
« Andiamo, tutto questo » risposi indicando la stanza « io sto morendo, e la persona che ne pagherà le conseguenze non sono io. »
« Non devi parlare così. » Disse con voce di rimprovero « perché devi pensare al peggio? Adesso sei qui, conta questo. »
« Non si può vivere sempre al momento nelle mie circostanze, devo pensare anche alle conseguenze, e l'ho sempre fatto Rosa, sempre! Poi è arrivato lui, e ho scoperto di essere una grandissima egoista, mi sono innamorata, e non è giusto. Anche nei tuoi confronti, sto sbagliando. » 
Il suo sorriso si spense.
« Scusa Rosa » mi affrettai a dire.
« Non ti preoccupare » 
Restammo in silenzio per un po', non sapevo cosa dire. Ultimamente tutto ciò che dicevo feriva qualcuno. Fu lei a rompere il ghiaccio che si era formato.
« Allora hai detto che ti sei innamorata » 
Non mi andava di riprendere il discorso precedente, e finsi per dieci minuti di non trovarmi in un ospedale, di non essere malata e di essere una normale ragazza a cui piaceva un normale ragazzo « Sì
 » sorrisi, imbarazzata.
« E come l'hai capito? »
Come l'avevo capito? Forse quando mi ritrovavo a sognarlo, o quando guardavo perennemente il cellulare aspettando un suo messaggio o quando il mio viso prendeva fuoco al pronunciare del suo nome. Forse l'ho sempre saputo, o forse provavo un'emozione più grande dell'amore. L'amore è una cosa da tutti, io e lui non siamo tutti, noi siamo noi, e ci amiamo in modo diverso. « L'ho sempre amato, solo che non lo sapevo. »
« Sai è cambiato molto dal tuo arrivo, prima era sbandato, prendeva la vita come veniva, fumava e bevava ogni sera. Ora invece è più responsabile, al primo posto ha messo qualcos'altro, qualcosa di importante, ha messo te. »
Non riuscii a non sorridere « E tu? Con Leigh? »
« Tutto alla grande, ormai stiamo insieme da due anni. »
« Posso dirti una cosa? Ma è solo una mia impressione » chiesi.
« Certo Gwen. »
« Secondo me Lysandro prova qualcosa per te »
Il suo viso si incupì un po' « Gwendolyn, non lo devi dire a nessuno, ma Lys mi ha già rivelato i suoi sentimenti. »
« Davvero? » Chiesi stupita.
« Sì, ma io non posso ricambiarlo. Mi sento così "stronza" a stare con suo fratello, ma non posso fare altrimenti. Sono innamorata di Leigh. »
« Ma quanto tempo fa te l'ha detto? »
« Tre mesi dopo il mio fidanzamento, ma continua a ribadirmelo ogni mese. Vorrei che capisse che non sono fatta per lui. Ha bisogno di qualcuno che ricambi al cento per cento i suoi sentimenti, perché lo merita. »
***
Uscii dall'ospedale sulle mie gambe, in compagnia dei miei genitori e di Castiel. 
Audrey mi accolse con grande felicità. 
Una settimana dopo sarebbe stato il mio compleanno e non avrei potuto festeggiarlo come desideravo, poiché dovevo fare quattordici giorni di cautela e vedere se sarei o meno dovuta tornare in ospedale, quindi ero rinchiusa in casa, dove potevano entrare solo la minima quantità di germi e batteri, ma ero comunque felice di poterlo passare con Castiel e i miei amici.
« Allora vieni da me e aspettiamo la mezzanotte giusto? »
« Certo tesoro » disse mentre eravamo abbracciati sul divano davanti il computer e mi rubava un bacio ogni tanto.
« E poi il giorno dopo vieni a casa mia che ti presento i miei nonni, ci saranno anche gli altri. »
« Potrei mancare? »
« Assolutamente no » dissi in tono autoritario.
***
La vigilia del mio compleanno arrivò in fretta, non stavo granché bene, ma ormai non lo stavo mai. 
I miei genitori ci avrebbero lasciato casa libera e sarebbero tornati verso l'una 
di notte.
Misi il vestito più bello che avevo: bianco di pizzo lungo poco più sù del ginocchio e non troppo stretto, dato che si noterebbe la sondina posizionata sull'addome.
Mia madre insistette per truccarmi e farmi i capelli, era più emozionata di me, ed io ero emozionatissima.
Piccoli boccoli ricadevano sulla mia schiena e sulle mie spalle, i miei occhi così dipinti di nero facevano risaltare la loro grandezza e per una volta mi sono sentita bella.
Erano quasi le 22:00 e Castiel non era ancora arrivato, se non lo conoscessi bene mi preoccuperei, ma conosco il suo essere ritardatario.
Alle 22:13 suonò il campanello, era lui.
Mia madre lo accolse felicemente abbracciandolo, mio padre lo salutò normalmente. Io corsi ad abbracciarlo.
Era bellissimo. Indossava uno smoking con un ridicolo papillon rosso legato al collo. I capelli che prima arrivavano svogliatamente alle spalle, adesso erano perfettamente pettinati all'indietro. 
« Castiel ma sei elegantissimo! » Disse sorpresa mia madre.
« Grazie » disse sistemandosi il papillon.
Mi madre rise, conoscendola so che non sarebbe voluta andare, ma mio padre la tirò per un braccio. « Bene ragazzi noi andiamo, e mi raccomando. » Disse mio padre.
« Non prima di avervi fatto una foto! » Urlò mia madre.
Corse velocemente a prendere la macchina fotografica e ci scatto diverse foto in cento pose diverse. 
« Siete bellissimi » disse commossa girandosi le foto.
« Cara, possiamo andare? » Non vorrei perdere il posto.
« Certo, certo » disse asciugandosi le due piccole lacrime che solcavano la sua guancia.
Dopo passarono ai saluti, mia mamma mi abbracciò forte e mi sussurrò un "ti voglio bene" all'orecchio, poi toccò a mio padre che mi disse ovviamente di stare attenta ed uscirono subito dopo in compagnia di Audrey.
« Non dovevi arrivare alle otto? » Domandai, dopo aver chiuso la porta, a Castiel.
« Sei bellissima » disse rimanendomi a guardare, facendo finta di non sentire la mia domanda.
Poi mi abbracciò dopo aver posato una busta sul divano « Mi sei mancata Noce. »
« Anche tu mi sei mancato. »
« Come stai? » Chiese baciandomi la fronte.
« Bene, e tu? »
« Benissimo. »
Ci staccammo poco dopo.
« Castiel ma vuoi farmi svenire? Troppa bellezza tutta insieme » Dissi ridendo.
« Non vorrei mai, ma posso capirti se lo farai »
« Che sei scemo » dissi baciandolo.
Restammo a baciarci per un po', poi ci staccamo ridendo.
« Vuoi vedere cosa ho portato? » Chiese sorridendo furbo.
« Sorprendimi. » 
Mi prese per mano e mi portò verso il divano dove giaceva la busta.
La aprì « Allora, prima di tutto, per riscaldare un po' l'atmosfera ho portato una bella bottiglia di acqua fresca di sorgente. » Disse tenendo la bottiglia in mano come un televenditore che cerca di vendere il suo prodotto più scadente.
Non potetti non mettermi a ridere « quella ce l'avevo Cass » dissi tra una risata e un'altra. 
« Ma non come questa, fidati, vedrai le stelle piccola »
« Ah sì? Allora non vedo l'ora »
« Poi abbiamo un bellissimo film che vedremo dopo, scelto esclusivamente da me. »
« Vediamo cosa hai scelto. »
« Ah, ah, ah! » Esclamò togliendomi il DVD tra le mani « è una sorpresa! »
« Poi troviamo un bellissimo CD con delle canzoni, ti ho mai detto che sono un fenomeno come ballerino? »
« Chissà perché la cosa non mi sorprende » sorrisi.
Ricambiò il mio sorriso. 
Chissà se vedeva tutta la felicità e l'amore che provavo dai miei occhi. I suoi brillavano.
« E infine ho una cosa che ti darò dopo. »
« E se io la volessi adesso? » Feci per prendere la busta.
« Assolutamente no. »
« Dammela! » 
Ridevamo mentre cercavo di prendere la busta da sopra la sua testa, ma quei nostri venticinque centimetri di differenza mi impedivano di raggiungerla. 
Iniziò a correre e io lo rincorsi per tutto il salone e la cucina, sembravamo due bambini.
Alla fine io cadetti sfinita sul divano, avevo esagerato un po', lui ancora non dava neanche un segno di cedimento, ma finse di essere stanco anche lui e si sedette accanto a me.
« Allora vuoi che metto il film? »
« Per me va bene, essere qui con te è già tutto quello che voglio. »
Mi abbracciò velocemente « mi spieghi come fai ad essere così dolce?! Mi fai imbarazzare! »
Sorpresa ricambiai l'abbraccio « ti amo » dissi.
« Anche io » 
***
Il film si rivelò essere una schifezza, un'ora e mezza di omicidi di cui si sapeva già chi era l'assassino. In compenso avevo potuto stare attaccata a Castiel per tutto il tempo, ridendo e prendendo in giro i vari attori, uno più stupido dell'altro. 
« Questo film è una fregatura! Me l'ha dato mio padre dicendo che con questo ha conquistato mia madre » 
« Capisco come l'abbia conquistata » risi.
Castiel guardò l'orologio « Oh no! Ma è tardissimo! » 
Si alzò e prese il CD con le canzoni, lo mise e premette PLAY, lo stereo suonò una canzone da ballo lento. Castiel si seddete di nuovo accanto a me, guardandosi intorno, poi fece finta di accorgersi di me « oh signorina, anche lei qui sola? » Disse furbo. 
« Sì, purtroppo il mio ragazzo mi ha lasciata sola » dissi io.
« Che uomo! Se fossi io il suo fidanzato non la lascerei sola un secondo! Vuole ballare? »
« Con piacere »
Mi prese per mano e iniziammo a ballare per tutto il salone, come in quei balli scolastici che si vedono nei film.
« Sei fantastico » gli sussurrai.
« Tu sei fantastica Gwen, sei arrivata nel momento più buio e mi hai illuminato. »
Restammo a ballare abbracciati in silenzio sulle note di hallelujah degli Bon Jovi, finché il cellulare di Castiel non suonò ricordando che era arrivata la mezzanotte.
***
« Grazie » le mie labbra incontrarono le sue « sono così felice di essere qua con te. »
« Non immagini quanto lo sia io » dice « ma ora tocca al tuo regalo. »
Mi lascia la mano, e va a prendere dentro la busta una piccola scatola gialla, lui sa bene che io amo il giallo.
« Ho preparato un piccolo discorso per questo momento, quindi ascolta bene » si schiarisce la gola « Gwendolyn, sei bellissima e poi ti amo. Questo regalo è simbolo di quello che provo per te » apre la scatola e mostra un anello bellissimo, con una pietra sopra.
« Castiel, ma »
« Non ho finito! » Mi interrompe « non voglio spaventarti con questo gesto, ma voglio che tu sappia che per me è un per sempre. »
Mi escono delle lacrime di commozione.
« Ho fatto incidere una frase, vorrei che tu la leggessi »
Prima di prendere l'anello tra le mani gli rubo un bacio, dopo leggo.
"A DOMANI, PRINCIPESSA"
Se prima erano poche lacrime, adesso sto piangendo. Questa frase... per alcuni può non significare nulla, ma per me, per lui... mi da una forza incredibile.
« Ti prego mettimelo. Ti amo » dico.
Gli porgo l'anello e me lo mette al dito. Nulla può rovinare questo momento.

La porta di ingresso si apre velocemente, è mia madre ch
e sbuca dalla porta super agitata, seguita da mio padre. Vedo la confusione nel volto di Castiel.
Mi asciugo le lacrime « Mamma? » La guardo in viso e vedo la sua agitazione « Cos'hai? Cos'è successo? »
« Ha chiamato il dottore. » Dice « Dopodomani ti faranno l'intervento. »

 
 
 
*ANGOLO AUTRICE*
Salve mie carissimi lettrici e buona sera!
Sono cuore di carta e sono in ritardo di una settimana con la pubblicazione del nuovo capitolo, ma ehi! Io sono una pigra cronica e dovreste saperlo giunti a questo punto. 
Quindi se c'è ancora qualcuno che segue la mia storia e aspettava con ansia un mio nuovo capitolo, eccovelo qui! Fresco fresco.
Sto già lavorando alla storia che sostituirà questa, la trama a me piace molto, non vedo l'ora di vedere se convince anche voi!
Detto questo, vi saluto.
Grazie a tutte, siete belle belle.
Un abbraccio grande, cuore di carta.

 

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Capitolo 18
*** Capitolo sedici. ***


“Le emozioni inespresse non moriranno mai. Sono sepolte vive e usciranno più avanti in un modo peggiore.”

-Sigmund Freud.

CAPITOLO SEDICI.

« Mi opero? » La mia testa va in confusione. Pensavo che l'operazione non sarebbe mai arrivata, invece adesso è una realtà. Non so bene che emozioni provare ed esternare. Ho paura, sono felice, sono stanca.
« Sì » Dice mia madre. « Sarà il dottor Debshire a compiere il trapianto. »
« Ma sono sicuri che il fegato sia compatibile?! » Domanda Castiel mentre mi stringe la mano con l'anello.
« Assolutamente » Risponde mio padre « Non c'è alcun dubbio, il fegato arriva dopo domani mattina. »
Mi siedo sul divano con le mani sul viso. I miei genitori si avvicinano velocemente a me « Gwen stai bene?! »
« Sto bene, sto bene » posiziono la mano destra davanti in segno di non avvicinarsi.
Audrey si siede accanto a me in cerca di coccole.
« Ho bisogno di restare un po' da sola. » Dico.
« Sei sicura tesoro? » Chiede mia madre.
« Sì, tanto ho sonno. » Dico alzandomi, guardo Castiel, per un momento mi sono dimenticata di lui. « Buonanotte » gli sussurro all'orecchio « grazie di tutto, ti amo. » 
Sto per salire in camera da letto quando Cass mi afferra per il braccio. 
« Potete lasciarci un attimo soli? » Domanda ai miei genitori.
« Oh, certo » dice mio padre, tirando mia madre verso la cucina. 
« Castiel, peravore... » farfuglio mentre cerco piano di liberarmi, la verità è che il suo dolce contatto mi da troppo calore, e non sento il bisogno di calore.

In un secondo mi ritrovo stretta fra le sue braccia « ho paura » dice al mio orecchio.
Non rispondo, nessuno di noi due dice più niente, i miei genitori non ci interrompono, rimaniamo così, come se il tempo si fosse fermato.
Poi è lui a staccarsi, dopo non so quanto.
« Buonanotte amore mio » dice  « ci vediamo domani. » Mi bacia.
« A domani » Lo saluto sulla porta.
Lo vedo percorrere il vialetto, mi si stringe il cuore vederlo andare via. Quand'è che sono diventata così dipendente da lui?
Corro verso il piccolo ciuffo rosso che vedo uscire dal cancello e prima che riesca a sentire il mio arrivo lo abbraccio forte da dietro « ho tanta paura anche io » dico velocemente, poi mi stacco e ritorno alla porta di ingresso. Castiel esce.
Rientrando trovo i miei genitori con un pacco tra le mani e quei buffi cappellini da compleanno.
« Tanti auguri Gwenny, non ci siamo mica dimenticati » dice mio padre.
« Sì tanti auguri piccolina » Continua mia madre.
Li abbraccio forte. « Grazie. »
Mia madre si asciuga una lacrima « forza apri » dice porgendomi il pacco regalo.
Lo prendo tra le mani e lo scarto delicatamente per non rovinare la bellissima carta regalo ricca di rose rosse.
Sapevo che me l'avrebbero regalato, il set da scrittura che gli chiesi prima di partire per Londra, dato che in Italia non si trovava da nessuna parte.
Il set è composto da una penna stilografica con incise le mie iniziali G.R, un quaderno di pelle e un taccuino, il tutto richiuso in una specie di forziere fatto di legno.
« Non ci posso credere » dico « è bellissimo! » La mia palese felicità bambinesca fa sorridere di gioia i miei genitori. « Siete fantastici. »
« Tu sei fantastica » dice mio padre dandomi un bacio sulla fronte « e non te ne rendi nemmeno conto. » Continua 
« Perché non facciamo una partita a Risiko? »
Mio padre sa che con il Risiko ogni mio pensiero si affievolisce.

« Caro penso che Gwen abbia bisogno di dormire »
« Certo » risponde mio padre « allora... buonanotte 
»
Mi abbracciano e salgo in camera mia seguita da Audrey.
Appena arrivo mi lascio andare sul letto. 
Perché non sono felice dell'operazione? Ho così tanta paura che qualcosa possa andare storto, che una volta sedata non mi sveglierò e quindi che non potrò più rivedere le persone che amo.
Però so che se riesco a superare l'operazione potrò vivere senza cancro, anche se c'è la possibilità che torni. 
Mi rigiro l'anello che mi ha regalato Castiel tra le mani, è così bello nella sua semplicità. Leggo la piccola frase incisa che rende piccolo il mio cuore "A domani, principessa." 
Dopo domani, ansi, ormai domani non so più se questa frase avrà un senso. 
Grandi lacrime rigano il mio volto. Affondo la testa nel cuscino e cerco di non urlare.
E' giusto che io mi operi, lotterò fino alla fine, e allora perché mi tremano le mani?
Audrey mi lecca la mano, la accarezzo 
« tranquilla Aud, è tutto apposto » invece non è apposto un bel niente. 
Mi torna in mente la frase del grande John Lennon in questo momento "
Everything will be okay in the end. If it's not okay, it's not the end." (Tutto andrà okay alla fine, ma non è okay e non è la fine).
Mi metto le cuffie alle orecchie, cercando di dimenticare anche solo per qualche secondo ciò alla quale domani mi sottoporrò, senza riuscirci.
Ho così paura dei miei incubi che la mia mente si rifiuta di addormentarsi. 
" Ehy, sei sveglio? " Invio a Castiel.
" Sì " Risponde poco dopo.
" Non riesco a dormire " 
" Dovresti Noce "
" Anche tu " 
" Posso chiamarti? " Ricevo dopo qualche minuto.
" Certo "
Il mio telefono poco dopo inizia a squillare, sullo schermo, accompagnata da una nostra foto, spunta il nome "Castiel, quello bello" lui ed il suo enorme ego.

« Pronto, Cass? »
« E' bello sentirti parlare italiano »
Non ho mai perso il vizio di rispondere al telefono con "pronto" invece che con "hello".
Sorrido.
« Dovrò insegnarti qualcosa, domani verranno i miei nonni, e non crederti che parlino inglese. »
« Non ti preoccupare, anche restando in silenzio faccio colpo. »
« Non ho dubbi su questo, Mrs Pitt. »
Ride « Che stai facendo? » Mi domanda.
« Niente, e tu? »
« Sto provando a scrivere qualcosa »

« Cosa? »
« Un pezzo per la band, le prove vanno bene in questo periodo, magari la pizzeria "Coks's" ci prende per i fine settimana. »
« Ne sono felice, ma mi avevi detto che era Lys a scrivere per la band. »
« Ogni tanto mi diletto anche io, ho grandissime doti. »

« Sì sì, lo so, e di cosa parla la canzone? »
« Un po' di tutto »

« Andiamo, dammi qualche indizio! »
« Assolutamente no. La sentirai finita, ancora sono all'inizio. »
« E dai! » Insisto.
« No e poi no! »
« Dai! »
« Ho detto no. »
« Perché sei stronzo? »
Lo sento ridere dall'altra parte della cornetta.
« Cass, sono le quattro, tra qualche ora hai scuola. »
« Non credo che ci andrò »
« Oh invece tu ci vai. »
« Volevo stare con te. »
« Staremo insieme dopo » ribatto. « E' meglio che dormi »
« Va bene, buonanotte, a domani. » Mi dice.
« Ti amo » dico.
« Anche io »
Chiudo la chiamata, e guardo le foto mie e di Castiel che ho sul telefono, finché il sonno non mi reclama e gli incubi mi travolgono.
Immagini di me senza vita, dei miei genitori che piangono implorando un mio ritorno.

 

***

Mi sveglio alle dieci del mattino a causa della forte vibrazione proveniente dal mio telefono, e dall'abbaio di Audrey contro di esso, mi sa che si è arrabbiata.
« Buona Audrey » la prendo e la coccolo.
Metto gli occhiali da visti lasciati sul comodino, senza di essi non vedrei nulla, e prendo il telefono tra le mani accorgendomi dei vari messaggi ricevuti.
Rosalya: Auguri Gwen da me e Leigh! Cosa si prova ad essere più vecchi di un anno? Un bacio a stasera, ti voglio bene! 
Lysandro: Tantissimi auguri Gwen.
Armin: Alunna di pianoforte, ti aspettiamo a braccia aperte, tanti auguri!
Melody: Auguri Gwenny, quante cose ti devo raccontare! A che ora stasera?
Alexy: Bellissima! Auguri! stasera ti voglio vedere indossare l'azzurro!
Kentin: Auguri compagna di banco :)
Nathaniel: Ho saputo da Melody che oggi è il tuo compleanno, ti auguro di passare bella giornata!
Castiel: Buongiorno Noce, come stai? Chiamami appena ti svegli, o scrivimi, basta che fai qualcosa.
Sono felice di aver ricevuto diversi messaggi di auguri dai miei compagni di scuola e amici.
Passo un po' di tempo a rispondere a tutti coloro che mi hanno scritto, anche a Charlotte e le sue amiche che mi hanno inviato solo un secco "Auguri", invito anche Nathaniel a venire a casa mia, mi ero completamente dimenticata di lui.
Scendo a grandi passi le scale, ancora imbottita con il piagiama ricco di pinguini e le calze spesse con disegnata Elsa di Frozen - Il regno di ghiaccio.
La prima cosa che faccio è abbracciare forte mio padre seduto al tavolo con un gran giornale davanti al volto ed una tazza di tè che tiene impacciatamente con la mano sinistra.
« Buongiorno » dico a gran voce.
« Buongiorno Gwen » risponde mio padre « ti vedo contenta. »
« Lo sono » annuncio sorridendo « dov'è mamma? »
« Al telefono » dice indicandomi la stanza adiacente.
Mi dirigo verso il salone e la vedo.
« ... Sì appena si sveglia ti faccio chiamare immediatamente e »
Sta per continuare la frase quando mi vede. 
« Aspetta, aspetta, è proprio qui »
Viene verso di me e mi passa la cornetta sussurrando un "Caren", ma prima di tornare in cucina mi da un bacio sulla fronte, le sorrido.
« Pronto? » Dico.
« Tesoro bello! » Urla dall'altra parte del telefono. « Tantissimi auguri! »
« Grazie Caren » 
«Come stai?» Mi domanda.
«Bene e tu? »
« Tutto bene» dice « ho saputo di domani, agitata? »
« Un po' » ammetto.
«Devi stare tranquilla, con tutta la forza che hai sono sicura che affronterai l'operazione nel migliore dei modi »
Ne dubito.
« Già, sono sicura anche io »
«Cosa farai oggi? »
« Vengnono i miei amici di sera »
« Divertitevi allora, ora ti lascio che è appena arrivato un paziente »
« Grazie Caren, un bacio »
« Ehy Gwen » riesco a sentire giusto in tempo, stavo già chiudendo la chiamata.
« Caren? »
« Ti voglio rivedere domani pomeriggio »
« Allora » dico « A domani pomeriggio »
Mi dirigo in cucina, dove mia madre è intenta a preparare un torta.
« Cara non è meglio se la torta la compriamo? » Domanda mio padre, ancora seduto al solito posto, ma senza giornale e tazza, ha le pantofole con Nemo.
« Assolutamente no » Risponde mia madre agitando il mestolo dentro una ciotola.
« A chi dobbiamo avvelenare? » Dico scherzosamente sedendomi accanto a mio padre Eden.
« Certo che siete voi due! Tale padre, tale figlia! »
Ridiamo per un po'.
« I nonni? » Domando poi.
« Alle undici e trenta hanno il volo, verso le dodici e trenta ci partiamo per andare a prenderli. »
Samuele e Claudia sono i nonni migliori del mondo. Sono i genitori di mia madre, purtroppo quelli di mio padre non li ho mai potuto conoscere.
I miei nonni sono molto giovani: non hanno più di cinquantacinque anni a testa, questo perché mia madre è frutto di una scappatalla avvenuta quando avevano sedici anni.
Mia nonna Claudia non ha una di quelle bellezze particolari, i lineamenti del viso confezionano un volto dolce che riuchiude due meravigliosi occhi marroni, un naso all'insù e delle piccole labbra rosa pallido, ma che rianima sempre con il suo inseparabile rossetto rosso perfettamente in tono con i capelli color castano chiaro. Alta non più di un metro e sessanta chiunque mi veda con lei pensa che siamo madre e figlia, data la nostra palese somiglianza (anche mia madre dice sempre che ho preso tutto da mia nonna e mio padre), ho solo le mani di mia madre, mentre quest'ultima è una stampa di mio nonno Samuel (come usiamo chiamarlo noi), da giovane poteva posare per qualche rivista, viso ovale, capelli color biondo cenere, occhi azzurri -identici a quelli di mia madre-, naso lungo ma elegante e labbra quasi invisibili. Aveva un fisico perfetto, questo perché ha iniziato a lavorare molto presto nella ditta di suo padre, ed essendo figlio unico, la maggior parte degli incarichi era data a lui, in quanto la persona più affidabile tra i dipendenti.
Non vedo l'ora di rivederli, mi mancano tantissimo.
« Vengo anche io? » Chiedo.
« Se vuoi » risponde mia mamma aprendo un uovo.
« Certo che voglio »

« Allora fai colazione e vai a lavarti » dice mio padre.
« Ok capo » rispondo.

***

Mentre mi asciugo i capelli sento il mio cellulare vibrare. Mi sta chiamando un numero che non ho memorizzato nella rubrica. Rispondo.
« Pronto? » Dico.
« Sei tu Gwen Bella? »

« Dottor Debshire » quasi mi esce una lacrima « che piacere sentirla »
« Il piacere è tutto mio, ho chiamato al numero di tua madre, ma mi ha detto di chiamarti qui »
« Ha fatto benissimo, che bella sorpresa »
« Allora tanti auguri piccola, e sono diciassette »
« Eh già, la ringrazio moltissimo »
« Come stai oggi? »
A differenza di Caren, con lui posso parlare liberamente.
« Fisicamente bene, ma... ho molta paura dottore. »
« Lo so Gwen, è normale, ma sappi che farò del mio meglio, non ti lascerò... andare »
« Non ho dubbi su questo » dico « Lei è una persona e un dottore fantastico, ma il riuscimento dell'operazione, non dipende solo da lei »
« Infatti Gwenny, dipende anche da te, soprattutto da te, non devi smettere di combattere ora »
« Assolutamente »
« Ti voglio forte, come quando eri in ospedale, che nonostante tutto andavi in giro per i corridoi come nulla fosse »
Rido, anche se mi viene da piangere.
« Pensa che ci riuscirò? »
« Ne sono sicuro »

***

In macchina ascoltiamo una stazione radio che trasmette solo canzoni degli anni ottanta/novanta, nulla di più bello.
L'aereoporto è come lo avevamo lasciato io e miei genitori quando siamo arrivati, quante cose sono cambiate da quel giorno. Ho finalmente capito cosa significa vivere ed essere vissuti, ho vissuto e sono stata vissuta. La cosa più bella che possa esistere è avere delle persone al proprio fianco, che ti accettano per quella che sei, con tutti i tuoi dannati difetti.
Entriamo e vengo subito catturata dalla miliade di persone che vanno avanti ed indietro per tutta l'enorme sala, c'è chi aspetta con un cartellone fra le mani, un bambino che continua a tirare la lunga gonna di sua madre domandando dove sia suo padre, una signora anziana abbracciata a suo marito in attesa di qualcuno.
Poi succede proprio davanti i miei occhi, riducendo il mio cuore in un miscugilio aforme.
Un uomo con la divisa da soldato che corre ad abbracciare sua figlia e sua moglie. Posso solo immaginare cosa stiano provando, da vedere sono magnifici.
Li nota anche mia madre, che prende la mano di mio padre e si guardano sorridendo.
Manca poco all'arrivo dei miei nonni, durante l'attesa completo un cruciverba comprato nell'edicola dentro l'aereoporto.
« Oh! » dice mia madre leggendo il cartellone elettronico con indicati gli arrivi « sono atterrati! »
Io e mio padre ci avviciniamo velocemente a lei e leggiamo anche noi.
Sono qui.
« Ora dobbiamo solo aspettare che prendano i bagagli » annuncia mio padre.
Mi metto subito davanti la parete di vetro, dove dietro è posizionata la porta da cui escono i passeggeri.
Attendo fremendo per sette minuti, finché non li vedo spuntare.
« Nonna, nonno!! » Mi ritrovo a urlare.
Mi vedono subito e, con le lacrime agli occhi, corrono per tutto il corridoio fino alle mie braccia.
« Oh tesoro mio! » Dice mia nonna abbracciandomi forte.
« Che bello vederti » Fa mio nonno.
« Auguri » Dicono poi quasi all'unisono.
Ci stacchiamo e passano ai miei genitori.
« Come state? » Domando mentre siamo in macchina.
« Noi bene, come stai tu. » Risponde mia nonna.
« Bene, ora benissimo. »
« Mi sa che noi dobbiamo parlare di tante cose! »
« Di cosa nonna? » Chiedo.
« Forse di un certo Castel »
« Castiel nonna! » Rido di cuore.
« Uno che si chiama Roberto no? » Dice cingendomi le spalle.
« Sì nonna, magari lo lascio e mi cerco un Roberto. »
Dopo di che si intromette mio nonno.
« Ah già, a chi dobbiamo fare il discorsetto? »
« A nessuno » dice poi mia mamma dal posto accanto al guidatore « Castiel mi piace tanto. »

« Anche a me » dico.
« Allora non vediamo l'ora di conoscerlo, vero Samuel? »
« Certo, ma io il discorso glielo faccio lo stesso. »

« Nonno! » Esclamo.
« Perché non mi fai vedere una sua foto? »
Cerco la foto che ci siamo fatti a casa sua, non mi ricordo per quale occasione.
« Ma cos'è successo ai suoi capelli? » Domanda mia nonna mentre lo guarda con gli occhiali sul naso.
Mio padre ride.
« Se li tinge » dico « in realtà ha i capelli neri. »
Mia nonna continua a guardare la foto « Per il resto è bello, nulla da dire »
Sorrido portando il cellulare verso di me, continuo ad ammirare la foto.
« E il tatuaggio? » Chiede mio nonno.
« Ah sì » dico « vi faccio vedere una foto »
Ne scelgo una qualsiasi e mostro l'albero sulla mia spalla.
« Bello
 » è l'unica risposta che ottengo da entrambi, non hanno mai amato i tatuaggi.

***

« Amore il tuo regalo » dice mia nonna passandomi una scatolina uscita dalla sua valigia.
La sto aiutando a sistemare i vestiti nella camera degli ospiti, mentre mio nonno sta recuperando il tempo perso con Audrey in salotto.
« Grazie nonna » dico prendendo il regalo « non dovevi »
« Oh non è nulla di che, solo un pensierino. »
Lo apro e trovo un bracciale con un ciondolo a forma di giraffa, il mio animale preferito.
« Ma è bellissimo! »
« Sono felice che ti piaccia » sorride soddisfatta mia nonna « l'ho scelto io, tuo nonno voleva prendere il pesce palla, uomini! »
Le sorrido dolcemente.
« Grazie » poi dico.
« Di nulla. »
Finiamo di sistemare in fretta dato i pochi vestiti che hanno portato, la loro permanenza è prevista solo per dieci giorni.
Ci dirigiamo in cucina dove mio nonno sta parlando di pavimenti e mattonelle con mio padre, ma siccome ciò che trasmettono alla TV è più interessante smetto di ascoltare. Sono le quattro del pomeriggio, tra qualche ora verranno i miei amici.
« Mamma » la chiamo.
« Che c'è Gwen? » Risponde.
« Ma se mi a preparare? »
« Sono solo le quattro, i tuoi compagni vengono alle otto » mi guarda di lato segnando l'orologio con una mano imburrata.
Effettivamente ha ragione.
« Perché non prendi qualche gioco? » Mi chiede mia nonna Claudia.
« A cosa vuoi giocare nonna? »
« Ho voglia di un bel torneo a scala quaranta! »
Solo ora mi accorgo la mancanza che ho provato a non potermi più divertire con mia nonna anche con il solo ausilio di un mazzo di carte.
« Va bene » rispondo « vado a prendere le carte in camera mia. »
Mi dirigo su per le scale insieme ad Audrey con un pupazzo in bocca. 
Noto che il mio cellulare messo a caricare è illuminato, vedo il motivo... venti chiamate perse da Castiel. Lo richiamo.
Prende la chiamata al primo squillo.
« SI PUO' SAPERE DOVE TIENI IL TELEFONO?! »
« Ciao amore, si anche io avevo voglia di sentirti » dico ridendo.
« Non c'è nulla da ridere! Mi hai fatto preoccupare stupida. »
« Oh andiamo » dico « lo sai che lascio il telefono ovunque. »
« Lasciamo perdere che è meglio »
« Già » 
« Cosa stai facendo? Sono venuti i tuoi nonni? » Mi domanda.
« Sì » rispondo « perché non vieni? Con mia nonna stiamo per iniziare un torneo di scala quaranta. »
« Sai che stai chiedendo di giocare ad un professionista? Uno che non si lascia guardare in faccia da nessuno e che non guarda in faccia da nessuno perché... »
« Mi dispiace interrompere il tuo meraviglioso sproloquio, ma avrei un po' di fretta, credo che mia nonna inizi a pensare che mi hanno rapita in camera mia. »
« Sto arrivando. »
« A dopo » lo saluto.
« A dopo. »
Prendo i mazzi di carte e scendo velocemente.
« Eccomi » dico entrando in cucina.
« Volevi farmi invecchiare ancora un po'? » Domanda ironicamente mia nonna « forza, forza! »
« Mi ha chiamata Cass, sta venendo » dico.
« Ormai non si chiede più neanche il permesso! » Gracchia mia mamma con la testa nel frigorifero.
« Oh » fa mia nonna « mi devo andare ad aggiustare i capelli »
« Bhé cara non ne vedo il motivo » dice mio nonno a mia nonna « il tempo delle conquiste è finito, non ti sono bastato io? »
« Si possono vivere sempre nuove avventure! » Esclama mia nonna.
« Non con il mio Castiel nonna! » Dico.
« Non vorrai farmi chiedere il divorzio » dice mio nonno.
Prima che mia nonna potesse rispondere sentiamo suonare il campanello.
Vado verso la porta di ingresso strisciando con le pantofole, prima di aprire mi specchio e sistemo gli occhiali sul mio naso. 
« Ehy » dice.
« Ehy » dico dandogli un bacio « entra. »
« Come stai? » Mi domanda posando il cappotto sull'appendiabiti.
« Come prima » dico « tu? »
« Bene » risponde.
Entriamo insieme in cucina e tutti si alzano.
« Nonna, nonno, lui è Castiel » annuncio in italiano. Castiel mi guarda perplesso.
« Salve » dice mia nonna andando a stringergli la mano.
« Ti ha salutato » sussurro all'orecchio di Castiel.
« Oh, salve » dice ripetendo la parola in italiano che ha detto mia nonna.
« Un bel figlio » esclama poi mia nonna guardandolo meglio, poi si risiede.
« Cos'ha detto? » Mi domanda Cass.
« Ha detto che... sembri simpatico. » Dico rigirandola a modo mio.
Mio padre e mia madre scoppiano a ridere.
Mio nonno si avvicina a lui « io sono il nonno di Gwendolyn. »
Questa volta è mio padre a tradurre per lui.
« Ah, piacere di conoscerla. » Dice Castiel.
Ed è mia madre a tradurre a mio nonno.
« Così non posso fargli nessun discorsetto però, non c'è gusto! » Esclama irritato grattandosi la testa mio nonno.
Castiel mi guarda in attesa di una spiegazione.
« Niente, niente » dico io « giochiamo invece? »
« Certo » risponde lui.
Ci sediamo al tavolo ed iniziamo a giocare, inutile dire che la migliore in tutte le mani è mia nonna.
Mia nonna e Castiel iniziano a parlare con me da tramite, mentre mia mamma continua a mischiare zucchero con panna e mio padre e mio nonno guardano carte da ingegnere.
Passo più tempo a ridere che a tradurre data la situazione comica a cui sto assistendo.
Ma noto la molta simpatia che mia nonna inizia a provare per Castiel, è incredibile! Non c'è una persona a cui Cass non piaccia, compresa me, che alla fine sono caduta ai suoi piedi.
« E' molto bello l'anello che hai regalato a Gwenny » dice mia nonna mentre pesca una carta e ne brucia un'altra.
« Grazie » dice dopo la mia traduzione in inglese « l'ho fatto col cuore. »
« Ne sono sicura di questo. »
Il tempo passa e si fanno le sette di sera.
« Cass io mi devo andare a preparare » dico « se mi aiuti a scegliere cosa mettermi? »
« Lui rimane qui » sento mio padre dal salotto. 
Castiel ride. « Ti aspetto »
« Okay
 » sorrido.
Salgo in camera e scelgo i primi vestiti che mi capitano a tiro, un maglione pesante e un paio di jeans. Passo velocemente la piastra nei capelli, mi trucco e metto le lentine. Nell'arco di venti minuti sono pronta. Castiel ci mette di più a prepararsi.

***

« E' qui la festa?! » Esclama Rosalya entrando a casa mia con Leigh sotto braccio « Auguri bella! » Mi abbraccia.
« Auguri Gwendolyn » Mi bacia in guancia Leigh, serioso come il fratello.
« Chi è pronto a fare after? » Domanda Alexy entrando con una camicia blu sgargiante « ma dov'è l'azzurro? » Domanda deluso guardandomi.
« Preferisco il bianco » ammetto.
« Si può? » Entra Kentin « Auguri! » Mi abbraccia.
« Grazie » rispondo ricambiando l'abbraccio.
A poco a poco entrano anche Armin, Melody in compagnia di Nathaniel e Lysandro che sembra più felice di vedere Castiel che vedere me.
I miei genitori e i miei nonni mi hanno lasciato casa libera andando a mangiare fuori.
Li faccio accomodare in salotto dove mia madre ha messo le pizze che aveva ordinato precedentemente.
« Allora come stai Gwen? » Mi domanda Melody abbracciata a Nath.
« Bene » rispondo « un po' agitata. »
« Perché? » Domanda Armin.
« Non lo sapete? » Chiedo « domani mattina mi opero. »
« Davvero?! Non lo sapevo! » Esclama Rosalya.
« Mamma mia » dice Alexy.
Vedo solo sguardi rattristati intorno a me. « Ma cosa sono queste facce da funerale? Andrà tutto bene. »
« Infatti » dice Castiel mentre mi da un bacio sulla tempia.
« Ma cosa ti fanno? » Domanda Leigh.
« Il trapianto di fegato » rispondo.
« Ma non fanno prima ad asportare solo il cancro? » Chiede Kentin.
« Ormai è troppo tardi, il cancro si è esteso troppo. » Ammetto.
Restiamo pochi secondi in silenzio. E' Rosalya a rompere il ghiaccio.
« Il regalo! » Esclama « lo stavo quasi dimenticando! »
Apre la borsetta nera ed esce una scatola decorata con dei fiori « questo è da parte mia e di Leigh » dice porgendomi il regalo.
« Grazie, non dovevate » dico. 
« Smettila e apri! » Dice Rosa.
Scarto il regalo e trovo una collana con un ciondolo a forma di cuore « è bellissimo, grazie! » Dico andandola ad abbracciare, poi chiedo a Castiel di mettermela al collo.
« Ci siamo anche noi! » Ricorda Alexy prendendo un regalo « questo è da parte mia, di Kentin, Armin e Lysandro »
Lo prendo ed lo apro, trovo due libri, di cui avevo entrambi voglia di leggere.
« Grazie di cuore » dico mentre li abbraccio.
« E questo è nostro. » Mi passa una scatola Melody.
Trovo un bellissimo orologio color oro « grazie » dico per l'ennesima volta.
La serata trascorre bene, Armin ha portato un CD pieno di buona musica, abbiamo ballato e ci siamo divertiti. Sono felice, e per tutta la sera riesco a non pensare al trapianto. I miei genitori ed i miei nonni tornano giusto in tempo per la torta, mia madre insiste per fare le foto con tutti. Mio padre scopre una passione per Kentin, poiché dopo il liceo vuole intraprendere ingegneria. La torta non l'ho assaggiata, ma da quello che mi ha detto Castiel, non è male. Verso mezzanotte se ne vanno tutti, in un misto di "tieni duro" o "in bocca al lupo" e "ci vediamo domani".
Castiel è l'ultimo, ci prendiamo un po' di tempo per salutarci bene.
« Domani allora mi passi a prendere prima di andare in ospedale? » Mi domanda.
« Certo. »
« Allora a domani. » Mi bacia.
« A domani pomeriggio. »

***

Il dottor Debshire mi accoglie con un grande abbraccio, nota subito le mie occhiaie.
« Dormito poco? » Chiede.
« Per niente. »
Ad interromperci è un'infermiera che non conosco. « Dottore, siamo pronti » dice.
« Posso salutare i miei familiari? » Domando.
« Certo Gwen Bella,velocemente però » 
Vado dritta dai miei genitori. « Ci vediamo dopo. » Dico.
Mia mamma non resiste e scoppia in lacrime « devi uscire da lì. » 
« Stai tranquilla e combatti » dice mio padre.
Pensare che questa può essere l'ultima volta che li vedo e li abbraccio mi strazia.
Passo ai miei nonni, l'intensità dell'abbraccio è lo stesso « Mi raccomando amore mio. » Dice mia nonna.
« Tranquilli. » 
« Ti voglio bene » annuncia mio nonno mentre lo sento sprofondare tra le mie braccia.
« Anche io »
Mi giro e vedo Castiel che aspetta, lo abbraccio.
« Gwendolyn »
« Castiel » lo guardo.
« Gwendolyn, puoi farcela, lo so. Quando usciremo da qui ti porterò ovunque, poi ti porterò a vivere in quella casetta in campagna che ami tanto, ti porterò la colazione in camera, ti bacerò ogni mattina, pomeriggio e sera. Ma ti prego, ti prego, non lasciarmi. » Vedo i suoi occhi lucidi.
« Te lo prometto.
 »
Prima di andare riabbraccio i miei genitori, stavolta piangiamo tutti e tre. La cosa che distruggerebbe di più il mio cuore sarebbe perdere loro.

***

L'anestesia sta facendo effetto. Rigiro l'anello di Castiel fra le mani.
Poi buio.


 


 

ANGOLO AUTRICE

Salve mie carissime lettrici, perdonatemi per questo ENORME ritardo: ho avuto tantissime cose da fare, e quando finalmente potevo scrivere ho avuto un piccolissimo problema: mi sono rotta il braccio sinitro, sì, mannaggia a me.
Vi dico come ho fatto? Ma sì, fatevi due sane risate come si deve.
Era notte fonda, circa le 3:00 o le 4:00, avevo una sete tremenda, e la mia casa è a due piani, quindi per andare in cucina devo farmi una scalinata di 23 scalini, ma siccome io sono troppo "pro" non mi accendo la luce, e BUM, mi sono fatta tutta la fine della scala rotolando come una palla.
Il resto ve lo risparmio.
Ma poco importa, dato che anche con solo un braccio funzionante, sono riuscita a pubblicarvi il penultimo capitolo della storia!
Fatemi sapere cosa ne pensate, spero di tenervi un po' con la suspance!
Alla prossima, che spero arriverà molto presto!
Un abbraccio affettuoso, cuore di carta.

 

 

 

 

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Capitolo 19
*** EPILOGO - CASTIEL. ***


EPILOGO - CASTIEL.

Gwendolyn.
Ho sempre trovato quel nome buffo.
G w e n d o l y n.
Mi piace scandirlo, l'ho fatto molte volte nei primi mesi che stavamo insieme. Mi ritrovavo a ripetere il suo nome più e più volte di notte quando nessuno poteva ascoltarmi, per poi finire con la faccia coperta dalle mani imbarazzato, ripetendomi
« Castiel, ma sei impazzito? »
Gwendolyn... quante cose mi ha insegnato quella piccola Noce. 
Non credevo più a nulla. La vita mi scorreva davanti, priva di emozioni. 
Credevo di poter curare le mie delusioni, il mio cuore, con avventure di una notte e svariate bottiglie di vodka.
Avevo la mia band, ma fuori da quella sala prove e lontano dalla mia musica mi sentivo solo, solo e perso.
Non sono mai stato un grande osservatore, mi limitavo a non guardare oltre il mio naso, a pensare solo a me stesso, fregandomene di ciò che mi accadeva intorno, ma quella mattina di una giornata che gridava pioggia, su quella panchina sgualcita, con un libro in mano e degli occhiali dotati di lenti troppo grandi e troppo spesse, la notai.
Una ragazza. 
Una di quelle ragazze che incontri tutti i giorni e che neanche guardi.
Il mio primo pensiero fu
« Ma sì, perché non divertirci un po' ? »
Mi avvicinai a lei, dicendole con voce autoritaria e assente di alzarsi dalla mia panchina, cosa non vera.
Lei si girò un attimo per incontrare il mio sguardo per poi tornare al suo libro.
Non so cosa mi attirò del suo gesto, ma mi sedetti accanto a lei e mi misi le cuffie all'orecchio, gettando qualche occhiata al libro ingiallito che aveva sulle gambe magre, mi stupii di trovare un libro di poesie, tutto evidenziato con colori diversi. Pensavo che le adolescenti di oggi non leggessero poesie.
Iniziai a leggere qualche riga di qualche poesia dal suo libro e stranamente mi fece rilassare, così presi una delle mie amate sigarette e ne accesi una. Di colpo la ragazza si alzò dicendo che era allergica al fumo, poi scappò.
Degli eventi che accadderò in seguito posso solo dire che più mi guardava, più mi entrava dentro.
Non capivo gli strani sentimenti che balenavano dentro di me. 
Con Debrah era tutto passione, sete e fame. 
Ciò che provavo per Gwendolyn era casa, vertigini e sole.
Era così diversa da tutte le ragazze che mi ronzavano intorno, non pensava al sesso o alle feste, era così piccola e ingenua ma così matura, che non potevi non finire per cadere ai suoi piedi. Sapeva ascoltarmi, si metteva lì con gli occhi socchiusi e un dito sul mento e stava in silenzio, potevo parlare anche per ore, lei non perdeva un singola sillaba, mi sentivo importante, mi faceva sentire importante, e alla fine trovava sempre le parole giuste da usare per farmi riflettere e per farmi sorridere che con il tempo divenne quasi una droga per me, credo che tutta la mancanza di attenzioni che avevo avuto nella mia vita fosse stata colmata da lei.
E a me piaceva ascoltare lei, aveva così tanto dentro, così tanta dolcezza e rabbia verso quel mondo che la stava distruggendo che finii per farmi completamente stregare da lei.
Ero deciso ad non regalare più nulla di me a nessuno, ma nel momento in cui i nostri sguardi si sono incontrati non ho potuto non inchiodare le mie labbra alle sue. Provai la sensazione del vento fresco in estate, così bello ma così poco durevole.
Poi scoprii ciò che devestò ogni mia piccola cellula umana.
Aveva un cancro che la stava uccidendo lentamente.
All'inizio credevo fosse tutto uno scherzo, mi aspettavo che uscisserò le telecamere ed il mio amico Lysandro ad urlare
« Ah ah! Ci sei cascato amico! Dovevi vedere la tua faccia! » Ma incontrai di nuovo i suoi occhi e capii che era tutto vero. 
Avevo voglia di gridare, ma non lo feci.
Chiesi spiegazioni in uno stato di semi shock.
Più parlava più volevo che stava zitta. Non volevo ascoltare né sentire più niente. Volevo ritornare nella bolla in cui ho vissuto tutta la mia vita, non volevo più provare emozioni del genere, emozioni che ti uccidono lentamente.
Alla fine la presi tra le mie braccia, più per me che per lei, e notai quanto fosse piccola e magra, allentai la presa, avevo paura che potessi spezzarla se avessi messo anche solo un quarto di forza.
Da quel momento il mio unico pensiero fu quello di farla felice.
Le volevo, dovevo, farle vivere tante delle esperienze che si era persa combattendo contro la sua malattia. Così le feci stilare una lista e piano piano vedevo nei suoi occhi una piccola luce ricca di speranza, quella speranza che magari l'ha tenuta in vita fino al giorno del suo intervento, dove doveva contare solo sulla sua forza per uscire viva da lì.
Una delle sue richieste fu quella di andare a vedere il tramonto sul mare. Mi parve strana come esperienza, ma accettai, e misi cuore e anima nel rendere il momento perfetto con l'aiuto di Lysandro e Rosalya, che hanno sempre tifato per noi.
Convincere i genitori di Gwen, Tiziana e Eden, non è stato facile. Rimasi solo a parlare con loro e tra le lacrime dissero che se avessero perso Gwendolyn non se lo sarebbero mai perdonati, che anche un solo raffreddore poteva metterla in grave rischio. Io dissi loro che mi ero occupato di tutto, avevo portato con me tantissime coperte, al mare ci aspettava un falò acceso e del cibo preparato al vapore senza neanche un germe o batterio.
Alla fine la mandarono, e passai con lei una delle serate più belle di tutta la mia vita.

Era così bella nella sua semplicità, accucciata lì accanto a me, nel bagliore della luce... mi stavo innamorando e non lo sapevo, ma ricordo ancora quando capii finalmente che mi ero totalmente e perdutamente innamorato di lei. 

Debrah aveva preso il mio viso tra le mani e mi aveva baciato intensamente, in un primo momento non mi scansai, le sue labbra mi faceva affiorare un ricordo intenso, ma aprii gli occhi e vidi l'immagine di Gwendolyn davanti a me, che mi sorrideva con quel suo fare bambinesco che trovo adorabile. La spinsi lontano da me. La cacciai via da casa mia. Io non appartenevo più a lei, anzi, non sono MAI appartenuto a lei, io ero stato in perenne viaggio alla ricerca di Gwendolyn, noi ci appartenevamo sin da quanto abbiamo messo i piedi sulla terra.
Ma quando Debrah stava per uscire dalla porta di ingresso, spuntò Gwendolyn con il viso preoccupato. Doveva venire da me appena dimessa dall'ospedale... pensare a quella mattina mi mette ancora i brividi. Lei che cade tra i banchi di scuola... pensai di averla persa per sempre e nulla aveva mai logorato così tanto il mio cuore. Urlavo disperato il suo nome, anche quando l'avevano caricata sull'ambulanza. Il suo viso pallido. Le mani senza vita. Il tragitto per arrivare all'ospedale e ciò che accadde dopo mi appare confuso. Ero arrabbiato e stanco, ma soprattutto arrabbiato, con me stesso credo. E distrutto, anche distrutto.
Dopo vari tentativi di spiegare a Gwendolyn che per me l'incontro con Debrah non aveva scosso nulla, le rivelai pienamente ciò che provavo, urlandole il mio amore.
Quello che accadde dopo lo ricordo ancora molto bene. 
Immagini di noi due tremanti abbracciati, lontani da tutti, in un posto tutto nostro, dove non esistevamo altro che noi, due persone finite per sbaglio in un mondo che non ci apparteneva.
Quante emozioni mi faceva scatenare, mordevo le sue labbra come potessi renderle mie, la guardavo e ancora non ci potevo credere a quello che stava accadendo fra di noi, non avevo mai vissuto un'esperienza del genere, avevo finalmente trovato un senso al "fare l'amore", perché è questo che stavamo impacciatamente facendo, amarci, amarci al tal punto da possederci.
Poi  fu tutto un alto e basso. Settimane di ricovero in ospedale, qualche giorno fuori, e poi subito di nuovo in ospedale. La mia vita ormai si divideva tra la scuola (le poche volte che ci andavo in quel periodo) e Gwendolyn. Volevo vederla sempre, ero in pensiero ogni volta che non la sentivo per qualche minuto, è orribile la sensazione di poter perdere qualcuno che ami in un momento all'altro.
Mia madre Tabata e mio padre Micheal adoravano Gwendolyn, per lei era la ragazza adatta a me, non mi serviva un'altro fuoco, ma qualcuno che lo sapeva domare, facendo uscire la parte migliore di me.
Per il suo sedicesimo compleanno volevo prenderle un regalo perfetto, mia madre mi accompagnò in gioielleria, avevo pensato ad un bracciale, ma niente riusciva ad essere così semplice ma anche così decorato da poter essere portato al polso da Gwendolyn. 
Poi mia madre vide un anello, mi feci tantissime domande, quell'anello era perfetto, aveva solo una piccola pietra al centro ma luminosa al punto giusto, ma mi sentivo veramente pronto per questo passo? Ammetto che mia mamma ha messo del suo nel convincermi, ma lo presi perché volevo prenderglielo. 
Le feci incidere una frase "A domani" che nella nostra situazione era sempre un grande forse. Sapevo che l'avrebbe apprezzato.

« Non credere di poterti mettere un jeans e una maglietta! » Disse mia madre.
Io credevo di sì.
Mi portò in un negozio d'abbigliamento per cermonie
« ma stiamo scherzando?!
 »

« Assolutamente no Cassy! Non devi sfigurare. »
Provai tantissimi abbinamenti tra vestiti di tessuti che neanche capivo. Il commesso parlva una lingua diversa dalla mia, sicuramente. Poi disse « perché non un bello e pratico smoking? » 
E sì, devo dire che mi stava proprio bene, mi sentivo molto elegante. Mi piaceva tantissimo. Più dei vecchi pantaloni strappati che indossavo di solito.
Mia mamma disse subito di sì appena mi vide, e andammo. 
Preparai tutto: CD con canzoni romantiche, un bel film "con questo tuo padre prese il mio cuore!" Diceva mia mamma, il regalo e una bottiglia d'acqua, l'alcol era vietato.
Appena la vidi scendere dalle scale di casa sua il mio cuore fece sette capriole. Era bellissima con il suo vestito bianco. Per un attimo mi incantai a guardarla. Pensavo a com'ero fortunato ad essere lì con lei in quel momento. 
Pianse quando le diedi l'anello, credo per la felicità, ma a interromperci furono i suoi genitori, che piombarono in casa con la notizia che Gwendolyn si sarebbe operata il giorno dopo il suo compleanno, di mattina.
La paura prese il sovravvento su di me, mi sentivo in paradiso e mi avevano tagliato le ali in un secondo. Non sapevo cosa fare o dire, volevo solo toccarla, ma dal suo sguardo capivo che non voleva nessuno accanto a lei. 
Tornai a casa e non chiusi occhio tutta la notte, avevo promesso a Gwendolyn che andavo a scuola ma occupai tutta la mattinata a fumare, non avevo più toccato una sigaretta da quando stavo con lei, ma ne sentivo troppo il bisogno, ero stanco, arrabbiato e non lo so. Ma neanche loro riuscirono a calmarmi, allora iniziai a correre e correre, la mente annebbiata, non volevo che le accadesse qualcosa, ed io mi sentivo così inutile, non potevo fare assolutamente nulla.
Alla fine mi fermai e respirai profondamente. Presi qualcosa dal Mc Donald's e tornai a casa.
Mi sistemai e andai da lei, con il sorriso migliore che riuscii a fare.
 Conobbi i suoi nonni, delle persone fantastiche come lei.
La serata trascorse troppo velocemente, volevo starle vicino ma era arrivato anche per me il momento di andare.
Mi passarono a prendere la mattina, rimanemmo mano nella mano tutto il tragitto fino all'ospedale. Poi scoppiai e le dissi che doveva tornare da me, io ormai vivevo per lei. Era tutto e niente, sole e luna.
Il resto del tempo scorse lentamente. Non ricordo quante ore è durata l'operazione, ricordo di essere rimasto notte e giorno in ospedale, non la facevano vedere a nessuno.
Poi entrò in coma, per qualche complicazione, il suo corpo non accettava pienamente il nuovo organo.
E non ricordo neanche quanto tempo è stata in coma, a me è sembrato un tempo infinito. 
La prima volta che la vidi su quel letto tutta intubata non sembrava neanche lei. I suoi occhi vivi erano chiusi, il suo volto privo di luminosità, le mani fredde. 
I suoi genitori facevano avanti e indietro da quella stanza, con il viso sciupato e i vestiti stropicciati, io le raccontavo quello che facevo durante la giornata, sperando che magari, come diceva il dottore, stesse ascoltando.
Poi un giorno eravamo nella sua stanza, Tiziana le stava leggendo qualche poesia, Eden sorseggiava un caffè ed io la guardavo, nella speranza che aprisse gli occhi.
E, aprì gli occhi.
Ciò che mi invase era pura euforia.

« HA APERTO GLI OCCHI!! » Urlavo. « DOTTORE! UN DOTTORE! »
Tiziana le prese la mano e sussurrava il suo nome piangendo.
Eden tirò il caffè a terra e andò da lei. Io corsi a cercare un dottore. 
Il dottor Debshire girava lì per caso e lo avvertii, lui corse con me alla sua stanza, fece uscire a tutti e prima che la porta si chiuse incontrai lo sguardo di Gwendolyn. La cosa più bella che avessi visto negli ultimi due mesi.
Stava bene, era in uno stato confusionale, ma stava bene.
C'è voluto un po' prima che si riprendesse, ma poi era tornata la bellissima Noce di cui mi ero innamorato.
Ci sposammo, io lavoravo con i ragazzi, siamo diventati più famosi di quello che avessimo mai creduto possibile, Gwendolyn è la migliore veterinaria in circolazione, anche se quando ci siamo uniti a nozze studiava ancora.
Ricordo quando la vidi nel suo abito bianco arrivare verso di me al braccio di suo padre. Aveva il tatuaggio che avevamo fatto insieme in mostra, e le stava a pennello. Versai qualche lacrima, con lei avevo scoperto di essere in grado anche io di piangere. Aveva messo su diversi chili e non l'avevo mai vista stare così bene.
Non so cosa provai in quel momento, con lei provavo emozioni sempre diverse, che non capivo ma che mi facevano sorridere come un bambino.
Il viaggio di nozze l'abbiamo passato in Italia. Un paese meraviglioso, tanto quanto lei.
Siamo andati a vivere in un appartamentino in periferia, per i primi tempi andava bene, avevamo decorato la nostra casa come un piccolo confetto.
Qualche anno dopo, conseguita la laura, abbiamo anche provato ad avere dei  figli, ma era molto improbabile dato il suo passato da cancro al fegato, il dottore ci consigliò di provare con un figlio in provetta.
Un mese dopo, abbiamo scoperto che era incita. Una femmina. Astro, così la vuole chiamare Gwen. Nascerà tra qualche mese. Il dottore ha detto che possiamo mettere l'argomento cancro in un cassetto lontano dalla nostra vita.
***
Adesso stiamo tornando dal matrimonio di Lysandro, io ero il testimone così come lui al mio, ha finalmente conosciuto una ragazza che gli ha fatto dimenticare Rosalya una volta per tutte, è innamorato e sono molto contento per lui.

Ogni tanto tolgo la mano dal cambio e le accarezzo il viso. Ho acceso l'autoradio per tenermi sveglio, ma la tengo bassa per non svegliare lei. Io non so cos'è la felicità, ma deve essere qualcosa di simile. 
 
ANGOLO AUTRICE.

Cosa dire... eccoci arrivati alla fine di questo percorso.
Non ho veramente parole per ringraziarvi. 
Quando ho pubblicato il primo capitolo non credevo che qualcuno potesse perdere del tempo a leggerlo, l'avevo messo per gioco, e magari se fosse andato bene avrei continuato, poi però è successo qualcosa di straordinario: avete iniziato a seguire la mia storia ed ad appassionarvi insieme a me.
Piano piano lo scrivere per voi è diventato anche una via di fuga dalla mia vita monotona.
Mi sono innamorata della storia di Gwen, piano piano e intensamente.
Ammetto che all'inizio le mie intenzioni erano poco carine nei confronti di Castiel e Gwendolyn, avevo pensato a diverse cose che avrebbero rovinato la loro storia d'amore per sempre, ma alla fine ho deciso che non potevo essere così cattiva, e allora questo è il finale. 
Ho scoperto il gioco di Dolce Flirt molto tempo fa, e poco prima di pubblicare il primo capitolo di "Sono una macchina da scrivere fatta di sogni" ho scoperto il mondo delle Fan Fiction.
E mi sono messa in gioco. Tirando le somme, sono felice di ciò che sono riuscita a fare, e felice ciò che voi avete dato a me, riempiendomi di complimenti che neanche merito.
Siete fantastiche, e tengo ringraziare tutte coloro che hanno messo la mia storia tra le preferite, tra le seguite, che hanno recensito e quelle lettrici silenziose che hanno speso del tempo della loro vita dietro la mia piccola storia.
Spero di essere riuscita a farvi emozionare.
In special modo vorrei ringraziare delle ragazze che se all'inizio, alla metà, o solo alla fine mi sono state vicine o mi hanno fatto aprire gli occhi:
Forrest.
Chiara0804 e la sua nipotina Gaia.
Silviax.
Nina16.
MayaRusso04.
La lettrice di Fan fiction.
Leggere Dolcemente.
marylu83_sabarese.
Jopline.
Adalhaidis.
xMaya, 
ed una ragazza che purtroppo non è più qui su EFP, se leggerai questa dedica, sai che è per te.
Siete fantastiche.
P.S Se volete ci saranno diverse One Shot su diversi avvenimenti della loro vita dai diversi punti di vista!
Un abbraccione, cuore di carta.

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