Battlefield

di applestark
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Capitolo I

Aveva piovuto tutta la notte. I tuoni, i lampi, la candela sul davanzale che si spegneva ad ogni folata di vento, ed io che non riuscivo a dormire.
Per quanto mi piacesse quel posto, mi sentivo come imprigionata in un futuro che gli altri avevano provveduto a decidere per me. Erano ormai passati sette anni dalla morte di mio padre, sette anni dal mio trasferimento a Romsey, e non sapevo cosa succedeva oltre quella contea. Persino cavalcare  nel bosco mi era proibito, nonostante lo facessi spesso negli ultimi tempi.
Per fortuna avevo mia sorella Maria con me, ed era l’unica persona che mi faceva sentire veramente a casa. Anche zia Cristina, per quanto bene mi volesse, con i suoi modi sempre rigidi, e glaciali, mi rendeva la vita difficile.
Non mi andava di passare il resto della mia vita a pregare, leggere la Bibbia e fare i ricami sui bordi delle lenzuola per le nuove suore che si consacravano a Dio. E, soprattutto, non volevo essere una di loro.
Io sognavo di evadere, volevo un principe, uno di quelli delle favole che leggevo prima di andare a dormire, ma andava bene anche semplicemente ritornare alla corte ad  Edimburgo, con le mie amiche scozzesi, tra le braccia di mia madre. E invece non vedevo tutte quelle persone dal giorno dei funerali di mio padre.
Trovavo quel destino molto crudele per me, certamente stavo meglio delle donne costrette alla schiavitù, ma comunque mi sentivo un uccellino in gabbia.
Non appena il sole fu in cielo, ed udii il gallo cantare, mi gettai giù dal letto e mi vestii con uno degli abiti standard, grigi e a maniche lunghe, indossai le scarpe scure e mi pettinai in fretta e furia, intrecciando i capelli castani in una pettinatura disordinata.
Dovevo uscire in silenzio, senza far capire a nessuno dove stessi andando. Volevo cavalcare un po’ con la mia puledra, regalo del diciottesimo compleanno da parte di mia madre, e se mi avessero vista mi avrebbero costretta alle preghiere mattutine.
Inoltre, da quanto ricordavo, quel giorno sarebbe venuto a farci visita uno dei Normanni, con il quale avrebbero voluto farmi sposare.
Era già successo con Alano il Rosso, un uomo che mi voleva in sposa e che era morto prima di concludere “l’affare”.
Insomma, non ero d’accordo con quel modo di fare, noi donne eravamo in grado di sceglierci chi amare, ma c’era una cosa ancora peggiore: mia zia Cristina aveva detto in giro che io volessi dare i voti e diventare una suora.
Non esisteva bugia più grande! Tuttavia, mi chiedevo cosa fosse meglio per me. Se rimanere lì, al sicuro, o concedermi ad uomo, e scoprire cosa succedeva nel mondo.
Ad ogni modo,  scesi giù nelle stalle e salii in groppa al cavallo, dandogli una lieve pacca sul dorso per farla iniziare a correre. Ero diretta verso la foresta, luogo che visitavo spesso perché trovavo affascinante, e ricco di mistero.
Le suore mi impedivano di andare in quei posti perché, a loro parere, la foresta era popolata dai pagani, uomini che non avevano subito la cristianizzazione e allora facevano strani rituali e sacrifici umani sotto le querce.
In realtà io non ci credevo, o almeno, di giorno quel posto era sempre stato tranquillo.
-Vai Bella!- esortai il mio cavallo bianco, accennando una risata che fece eco tra gli alberi, che emanavano un profumo pungente, come la menta e l’eucalipto. Allo stesso tempo, dal suolo si innalzava l’odore del terreno bagnato, che mi faceva pensare alla mia infanzia, ai giochi al castello in Scozia, a quei giorni bellissimi che non sarebbero tornati più.
Improvvisamente il mio cavallo si arrestò, nitrendo.
-Cosa succede? Bella, Bella perché non corri?- domandai alla bestia, accarezzandole la criniera e guardandomi intorno con aria sospetta.
Il cavallo continuava ad agitarsi, mentre io mi chiedevo il motivo. Intorno a me non c’era niente, eppure gli animali percepiscono il pericolo, così mi spaventai anche io.
Se mi fosse successo qualcosa avrebbero incolpato tutte le sorelle di Romsey, e a me dispiaceva.
Un rumore dietro dei cespugli mi fece sobbalzare, così esortai Bella a camminare, e ritornare indietro, ma lei aveva paura e non si muoveva.
Ancora quel rumore, che mi costrinse ad emanare un urlo fortissimo, in grado di cercare aiuto a chiunque fosse nei paraggi.
Forse non fu la scelta migliore da fare, ma ero come paralizzata sul cavallo, continuavo a fissare un punto dritto davanti a me, nella zona da dove proveniva quel rumore.
Poco dopo sentii il rumore degli zoccoli di un cavallo che sfrecciava nella foresta, ed il cuore prese a battermi fortissimo, allo stesso tempo Bella era incontrollabile, così con un balzo scesi giù dal cavallo e la presi per le briglie, cercando ci calmarla in qualche modo.
-Chi va la?- gridai, mettendo una mano nella tasca del mantello dove avevo un pugnale regalatomi da mia madre tanto tempo prima, del quale nessuno era a conoscenza.
Una lady con un pugnale, che scandalo.
-Chi va là?- dissi più forte, battendo i piedi a terra, fino  a che non vidi giungere da lontano un uomo a cavallo, un uomo vestito benissimo, con i capelli scompigliati e la barba rossiccia incolta.
-Sbaglio o qualcuno ha urlato?- affermò, sicuro di se, frenando il suo destriero e facendo un agile balzo per scendere giù dalla sella.
-Beh c’era un rumore e mi sono…spaventata- risposi, guardandolo dritto negli occhi.
Erano color corteccia, scuri ma sulle tonalità del marrone.
-E cosa ci fa una fanciulla nella foresta? Tra l’altro, se mi permette, la foresta più pericolosa del sud dell’Inghilterra-
-Volevo fare una passeggiata con il mio cavallo-
Accarezzai Bella, accennando un sorriso.
-Poco prudente-
-Voi non siete nessuno per giudicarmi- dissi, sulla difensiva.
Lui rise, alzando gli occhi al cielo. Mi sentii vagamente urtata da quel gesto, così sbuffai, e iniziai a camminare in avanti, verso il convento.
-Dove andate? Non vi importa sapere qual era il rumore che vi turbava?-
Non risposi, il tono di quell’uomo mi dava fastidio, e poi ero in imbarazzo.
-Si trattava di un animale della foresta, ma dove andate?-
Gli passai davanti, e lui allungò la mano per prendermi il braccio. Mi spostai immediatamente, il mondo era pieno di malintenzionati e, anche se quel tipo doveva sicuramente essere un nobile, meglio essere prudenti.
-Vi ringrazio per essere venuto in mio aiuto ma devo proprio andare- lo liquidai, fermandomi solo un attimo per guardarlo.
-Posso almeno sapere il vostro nome, Lady sfacciataggine?-
Lo guardai torva. –Mi chiamo Edith.-
-Io sono Henry-
-Grazie, Henry- gli dissi, poi salii in groppa a Bella, e corsi via veloce.
Non sapevo proprio avere a che fare con il sesso maschile, forse perché non avevo mai visto uomini che non fossero preti, e la loro presenza mi metteva in imbarazzo.
Poi quell’Henry era anche parecchio…bello, ed io mi sentivo in soggezione.                   
 
Poco dopo giunsi all’Abbazia, e trovai tutte agitate perché mi avevano invano cercata per tutto il convento.
Non raccontai loro dell’incontro nella foresta, o si sarebbero agitate inutilmente.
-Edith, signorina! Tra cinque minuti il futuro re di Inghilterra sarà qui e voi… guardatevi!- mi riprese suor Sarah, ed io sbuffai.
Non mi andava nemmeno di conoscere uno di quei Normanni, futuro nemico di mio fratello Will, re di Scozia.
-Edith, mi hai fatta preoccupare, vieni che ti sistemo i capelli-
Mia sorella Maria comparve nella sala degli incontri, con una spazzola tra le mani e il suo miglior sorriso.
Era così bella, con i suoi capelli corvini e gli occhi grandi ed espressivi. Somigliava tanto a mia madre, o almeno, al vago ricordo che avevo di lei.
Lasciai che mi sciogliesse la treccia e mi pettinasse i boccoli castani dai riflessi dorati, e mi sistemasse l’abito, per quanto brutto fosse.
-Noi suore non possediamo abiti degni di una futura regina- commentò Sarah, dispiaciuta.
-Non date per scontato che io voglia sposare quest’uomo-.
Dalla porta entrò mia zia Cristina, la badessa, e tutte ci inchinammo al suo cospetto.
Era seguita da un uomo dalla statura impressionante, un certo Lord Benjamin, zio del principe che avrei conosciuto in pochi minuti.
-Mi dispiace annunciarvi che il principe Henry è sparito- affermò, evidentemente infastidito, e mia zia gli fece eco affermando che se non si fosse presentato in poco tempo le trattative sarebbero state annullate.
Quel Benjamin si inchinò davanti a me, ed io sorrisi lievemente, tenendo lo sguardo fisso sulla porta, dalla quale sarebbe entrato il futuro re.
Mi aspettavo un uomo vecchio e sgarbato come quell’Alano morto un anno prima, un uomo noioso, uno statista che mi avrebbe usata solo per procreare e dargli eredi.
-Vi prego di perdonarmi per il ritardo. Badessa, zio, scusatemi-
La porta si aprì repentinamente, accompagnata da quelle parole e un sorriso loquace.
Occhi color corteccia, un bel sorriso, i capelli scompigliati di chi ha cavalcato in fretta.
Si trattava di Henry.
Henry che avevo visto poco prima nella foresta.
-Edith di Scozia, lasciate che mi presenti, sono Henry, principe ereditario della corona inglese.-
Mia zia si avvicinò a me, come a proteggermi, mentre Lord Benjamin si posò accanto al nipote.
-E’ un piacere conoscervi, Henry.-
Accompagnai quelle parole con una riverenza, e lo guardai con un sorriso divertito sulle labbra.
Ci eravamo incontrato poco prima, e l’avevo persino trattato male.
-Che ne dite di lasciare i nostri zii ai loro affari?- mi domandò, porgendomi subito il suo braccio.
-Dico che è una fantastica idea- gli risposi, lasciandomi guidare fuori da quella stanza troppo silenziosa.
Sapevo che la badessa Cristina si sarebbe fermamente opposta a quel matrimonio, ed in effetti io non avrei mai sposato un uomo senza conoscerlo.
Tuttavia, una passeggiata in giardino sembrava il primo passo per un futuro più divertente di quello che si prospettava per me, tra quelle grigie mura. 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Capitolo II

Ciao a tutti, ringrazio di cuore chi legge e chi recensisce <3 
 
-E cosi ti piace andare a cavallo?- mi chiese, mentre passeggiavamo per l’immenso giardino che circondava il monastero.
-Si, tantissimo. Insomma, molto meglio che ricamare o leggere la Bibbia- gli risposi senza guardarlo, perché lievemente imbarazzata.
Accennò una risata. –Insolito per una fanciulla-
Lo guardai, soffermandomi sui suoi lineamenti marcati, il mento squadrato, gli occhi grandi e le ciglia scure, il naso dritto.
-Non prenderla come un’offesa, anzi.- aggiunse, e notai che non mi stava parlando in modo formale, e questo era sicuramente positivo.
-Grazie. Allora posso sentirmi libera di dirvi che sarebbe un immenso piacere per me imparare ad usare l’arco e le frecce-
-Ti prego, dammi del ‘tu’. Per te sono solo Henry. Non il principe, non il re, solo Henry-
Annuii.
-E per quanto riguarda l’arco, se mai venissi in Inghilterra potremmo rimediare. Io sarei disposto ad insegnartelo-
-Mi faresti felice-
Ci guardammo, sorridendo.
-Edith, da quanto tempo sei rinchiusa nel convento?-
-Circa sette anni, precisamente da quando è scomparso mio padre. Credevo che per combinare i matrimoni vi dessero dei manuali sulle prescelte-
Subito dopo aver parlato sperai che il tono non fosse offensivo, o non me lo sarei perdonato. Henry si era dimostrato diverso dagli altri pretendenti, ed era giovane, e bello, ed io avevo la lingua biforcuta.
-No, Edith, nessun manuale. Devo ammettere che non ho mai incontrato una Lady così sfrontata-
Mi sembrò turbato, così posai la mano sul suo braccio, che scoprii teso, e muscoloso, e gli sorrisi.
-Non intendevo dirlo. E’ solo che…non trovi sia sbagliato non poter scegliere da soli chi amare?- feci una pausa, e posai lo sguardo dritto davanti a me.
-Stento a credere che tu, un uomo così affascinante, non abbia mai desiderato una fanciulla-
Rise, scuotendo un po’ la testa.
-Penso che tu abbia ragione. E, grazie per “l’affascinante”, scommetto che anche tu se fossi vissuta fuori dal convento probabilmente avresti colpito il cuore di qualche lord.-
Aprii la bocca come per rispondere, ma lui continuò a parlare.
-Solo che…è questo il destino che è stato scelto per noi. Persino l’amore diventa una questione di stato, e innamorarsi sarà difficile. E’ per questo motivo che se tu dovessi accettare il fidanzamento con me, io ti lascerò libera di conoscere tutte le persone che vorrai a corte. O almeno ci proverò.-
Lo ascoltai con attenzione, e mi fermai persino dal camminare.
Ciò che mi stava dicendo era inusuale, e non riuscivo bene a capire cosa significasse.
Dovevo promettergli lo stesso? Non me la sentivo.
Non volevo essere una di quelle regine con la valenza di un sopramobile; non volevo osservare mio marito il re circondarsi di favorite, e non volevo una relazione basata sulla menzogna. Per quel motivo, mi limitai a fare un cenno con la testa, e a proseguire la passeggiata.
 
Quando io ed Henry ci congedammo, lui aspettò nei giardini suo zio Benjamin, mentre io mi precipitai dalle consorelle nella sala degli incontri. Per tutto il tempo ero stata in pensiero riguardo ai discorsi di mia zia la badessa e il Lord inglese, e quindi volevo subito apprendere quanto deciso.
In corridoio trovai suor Sarah e Lidia, insieme a mia sorella Maria, con delle espressioni poco felici, e ciò mi preoccupò.
Comunque non chiesi niente. Domandai udienza a mia zia, e lei mi accolse nella sala, facendomi accomodare accanto a lei su una delle poltrone.
-Allora, cosa mi dite? Cosa avete deciso?-
Il mio tono era preoccupato, avevo un’ansia crescente che si impadroniva di me.
-Mia cara- cominciò, prendendomi una mano. –Ho avuto modo di comprendere che il principe Henry è davvero un bravo ragazzo, e la vita alla corte di Dover è molto agiata. Inoltre, sai bene che questa abbazia ha bisogno di più latifondi, abbiamo bisogno di denaro.-
Provai ad immaginare cosa fosse successo, ed improvvisamente avvertii un dolore allo stomaco.
-Allora ho deciso per te che sposerai Henry. Ho già spedito una lettera a tua madre Margherita, che sicuramente sarà d’accordo, e tu partirai stasera.-
-Che cosa dite?- dissi ad alta voce. –Mi rifiuto-
-Non fare la bambina, Edith. E’ quanto deciso, vai a preparare le valigie-
-Ma mia sorella Maria… io non voglio abbandonare questo posto, non ora!-
-Edith ho concluso. Ho detto vai.-
Eccolo il tomo freddo e distaccato che mi feriva, eccolo il peso delle ingiustizia di una società in cui ciò che contava erano le decisioni di chi aveva il potere, i soldi, le terre.
Mi alzai da quella poltrona e corsi, in lacrime, nella mia stanza.
Non volevo già abbandonare quel posto, non volevo stabilirmi presso una corte sconosciuta, e non volevo sposare un uomo che conoscevo da poche ore. Ero spaventata, impaurita, e sapevo che mia sorella mi sarebbe mancata troppo.
A pranzo non mi presentai nella mensa, nonostante Henry e suo zio mi avessero cercata per farmi firmare il contratto matrimoniale. Non volevo vederli, non volevo avere a che fare con quei luridi inglesi che volevano me perché volevano assicurarsi tranquillità e pace dalla Scozia.
Preparai le valigie da sola, accompagnata solo dal mio pianto disperato, e dai ricordi che mi assalivano la mente, traghettandomi verso un stato di angoscia profonda.
Poco prima della partenza trovai mia sorella Maria ad attendermi sull’uscio della porta della mia stanza, con una spilla tra le mani: si trattava di una libellula di oro bianco, che avrei custodito sempre con me.
-Sii sempre coraggiosa, Edith. E non farti mettere i piedi in testa da nessun inglese- mi raccomandò, stringendomi forte tra le sue braccia.
-Non appena sarò regina di Inghilterra farò di tutto pur di farti stare alla mia corte- le promisi, dandole un bacio sulla guancia.
Poi passai a salutare le altre sorelle e, senza nemmeno porgere un ultimo saluto a mia zia Cristina, mi precipitai fuori.
Era il tramonto, il sole con i suoi raggi arancioni era uno degli spettacoli più belli della natura, tuttavia ero ancora molto triste, e lo fui ancora di più quando la carrozza venne a prendermi.
Henry mi porse la mano per farmi salire, mentre il cocchiere sistemava i miei bagagli. Mi sedetti accanto alla vetrata in modo da poter osservare il paesaggio e non Lord Benjamin di fronte a me.
Solo con Henry non ero arrabbiata. In realtà era solo una vittima come me, e se per caso mi avesse fatto soffrire, forse non era nemmeno colpa sua.
Il mio disappunto era così evidente che quasi me ne vergognavo, e dovetti stringere forte i denti per evitare di piangere.
Il principe forse lo percepiva, perché più volte aveva cercato di parlare, ma poi aveva preferito il silenzio.
Io avevo anche molto sonno, visto che la notte prima non avevo chiuso occhio, allora mi lasciai andare al sonno, tranquillamente.
 
Nel mio stato di dormiveglia, riconobbi la voce di Henry, sussurrare allo zio.
-La fanciulla è stata costretta, capisco che…si senta male-
-Ma Henry sei il re di Inghilterra! Ti vorrebbero tutte le ragazze del regno e questa…suora si lamenta!-
-Non vi permetto di parlare così di lei-
Henry era un brav’uomo, mi era bastato poco per capirlo. Tuttavia, continuavo a non sentirmi felice. Forse si trattava solo di abitudine, un’abitudine che sarebbe arrivata con il tempo. E a me il tempo faceva paura.
 
Quando sentii i cavalli galoppare con più calma, compresi che eravamo giunti a destinazione, ed io avevo dormito per tutte quelle ore.
La cosa più imbarazzante fu scoprire che avevo dormito con la testa sulla spalla di Henry, per cui non appena mi alzai gli chiesi scusa, arrossendo. Ma lui in tutta riposta mi mostrò un sorriso dolce, dandomi una mano a scendere dalla carrozza.
Il castello era enorme ed aveva l’aria della più bella fortezza medievale mai esistita. Rimasi impietrita ad osservare quell’imponente costruzione, con tutte quelle guardie pronte a difendere in qualsiasi istante.
Mi guidarono direttamente in quella che doveva essere la mia stanza, e sull’uscio della porta Henry mi salutò dicendomi che, mezz’ora dopo, c’era l’incontro con la regina vedova Matilda, ovvero sua madre.
Per qualche strano motivo ero terrorizzata da quella donna.
La mia camera era molto ampia, le pareti avevano una carta da parati dorata e il letto era a baldacchino. Vi era un vecchio baule in un angolo e una scrivania con uno specchio. Decisamente più bella della mia stanza al convento, anche se desideravo essere lì in quel momento.
Un’inserviente, di nome Jane, bussò alla mia porta, ed io la feci entrare, asciugandomi repentinamente le lacrime che mi rigavano il volto.
-Vostra altezza, vi ho portato il vestito che indosserete per salutare la regina Matilda-
-Ti ringrazio- accennai un sorriso, guardando lo splendido abito blu scuro portatomi dalla donna.
-Vi do il benvenuto alla corte, maestà. Al vostro servizio-
Non ero abituata a tutte quelle riverenze, così sorrisi a Jane, e le feci cenno di uscire, perché in effetti potevo fare tutto da sola.
Ed in effetti mi lavai, mi vestii, e poi aspettai che la donna tornasse nuovamente per annunciarmi che ero attesa nella sala del trono.
-Jane, potresti pettinarmi i capelli?-
-Certo lady Edith, sono qui per questo-
Le ci volle solo un attimo, e mi intrecciò delle ciocche di capelli ai lati, lasciandomi il resto della chioma sciolto. Mi porse persino un fazzoletto per asciugare le mie lacrime.
-Grazie- le sussurrai, mentre mi accompagnava al piano di sotto nella sala del trono.
Non avevo mai visto una stanza così bella ed enorme, ornata di quadri, e con due enormi poltrone d’oro e pelle infondo, sulle quali sedevano i sovrani.
Rimasi sbalordita, tant’è che quando Henry mi si avvicinò per prendermi sottobraccio, sobbalzai.
-Edith, mia madre vorrebbe conoscerti-
Annuii, e mi guardai intorno man mano che procedevamo verso i troni. C’erano nobili, servitù, duchi, conti, e tante, tante bellissime fanciulle che mi guardavano con invidia.
Mi colpì lo sguardo di una ragazza dagli occhi azzurri e i capelli lunghi e ricci, che incontrò direttamente quello di Henry, con rabbia e delusione.
-Mia cara Edith, finalmente ci conosciamo- esordì la regina, una donna di una certa età, ma con i capelli fermamente legati in una treccia ed un sorriso deciso.
-Vostra altezza- mi inchinai.
-In veste di tua futura suocera voglio farti gli auguri per il fidanzamento con mio figlio Henry-
-La ringrazio-
-Ti troverai benissimo a questa corte, meglio che in quel convento-
-Sono stata bene anche lì- obiettai, provocando sguardi perplessi intorno a me.
Henry rise sottovoce.
-Beh, ora capisco come mai giravano voci di una tua possibile vocazioni-
-Tutto smentito dall’arcivescovo di Canterbury mia signora- le risposi, non riuscendo a tenere a freno la lingua.
-Ti ricordo che sei a casa mia, fanciulla. E adesso puoi congedarti-
Ignorai ciò che disse. –Con permesso- mi inchinai ed andai via, camminando in fretta verso la mia stanza.
-Madre- mormorò Henry, e poi non sentii niente più.
Per quella giornata, avevo già vissuto troppe cose sconvolgenti, e desideravo solo dormire.
Mi chiedevo a cosa fosse servito indossare un abito bellissimo per un incontro di cinque minuti. Stupido protocollo.
Mentre camminavo in corridoio verso la mia stanza, trovai una fanciulla dai boccoli color miele, che avevo intravisto anche poco prima.
-Vostra altezza- si inchinò, ed io le feci cenno di  non farlo. Sembrava avesse la mia stessa età.
-Io sono Lady Bess e sarò la vostra dama di compagnia. Mi ha detto il principe Henry di venire qui a presentarmi, spero non le dispiaccia-
Oh. Ci mancava solo la dama di compagnia. La mia vita sembrava un inferno.
-Credo di poter stare da sola-
-E’ questione di protocollo, sua altezza, io vorrei davvero non disturbarla, ma…-
-Va bene. Possiamo parlarne domani a colazione? Con permesso- dissi bruscamente, ed andai in fretta e furia nella mia stanza.
Era tutto così traumatico.
Mi gettai sul letto e piansi tutte le lacrime che avevo. 

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Capitolo III

Il mattino seguente, quando Jane bussò alla mia porta, ero già sveglia.
La donna aveva tra le mani un vassoio con una tazza e delle gallette ed era seguita da una ragazzina ancora più piccola di me, che portava tra le mani un vestito verde bottiglia.
-Buongiorno- le salutai, e loro si inchinarono davanti a me.
-Questa è la vostra colazione, Lady Bess ci ha consigliato di evitarvi l’incontro con la regina Matilda-
-Grazie al Cielo, dove posso trovare Lady Bess?-
Presi il vassoio dalle mani di Jane e lo posai sulla scrivania, facendo un cenno alla ragazzina di prendere uno dei biscotti.
-La troverete in giardino tra meno di mezz’ora, credo proprio che lei voglia parlare con voi-
-Perfetto. Mi aiutate con il vestito?-
Jane annui e mi diede una mano ad indossare l’abito verde di velluto, bordato con un nastro dorato in vita e sullo scollo a barca. Era stupendo, anche se decisamente scollato rispetto alla divisa che indossavo al convento.
La donna mi intrecciò anche i capelli ai lati e mi posò un frontino dorato sulla fronte, diceva che dovevo essere riconoscibile rispetto alle altre ladies che abitavano il castello.
-Vi ringrazio- le congedai, e le due uscirono dalla mia stanza in silenzio.
Osservai la mia colazione e bevvi solo un po’ di quella tisana alla menta, perché non avevo fame.
Avevo dormito bene, ma non potevo di certo dirmi felice da tutta quella situazione.
Non appena uscii dalla porta della mia stanza trovai di fronte a me la ragazza della sera prima, quella con i capelli ricci e gli occhi chiari.
Rimasi ferma con la mano sulla maniglia e la osservai parlare in lontananza con Henry, che rideva.
Non volevo che mi vedessero, così mi incamminai in fretta e con lo sguardo piantato sul pavimento di marmo. Dalla finestra intravidi la ragazza bionda, Bess, che forse mi stava aspettando.
Volevo assolutamente scusarmi per la sera prima, forse la mia dama di compagnia poteva essermi anche amica. Ed era meglio iniziare ad abituarsi a quel posto  e a quella corte.
-Edith, buongiorno!-
Qualcuno mi chiamò, ed avvertii anche il rumore di passi frettolosi, così mi arrestai, aspettando che Henry mi si avvicinasse.
-Vostra altezza- mi inchinai davanti a lui.
Sorrise, prendendomi la mano e baciandomi il dorso. –Cosa sono queste formalità?-
-Non hai letto il contratto matrimoniale?- scherzai, in riferimento alla copia che mi era stata portata la sera prima in stanza.
Ne avevo letto qualche pagina, poi avevo lasciato perdere. Io non sarei mai stata quel genere di moglie obbediente e silenziosa, non mi andava.  Non ero andata via dal convento per sentirmi ancora più costretta.
-Non far caso a quel contratto. Ti prego Edith, voglio che tu stia bene in questo castello. Potremmo essere amici- mi disse, in tono rassicurante, e tenendomi stretta la mano tra le sue.
“Amici” pensai, annuendo. –Amici- gli feci eco, e poi con un inchino, me ne andai.
Mi andava bene quella specie di patto tra di noi. Ero convinta più che mai che l’amore non faceva parte dei piani dei regali. Era una fortuna concessa a pochi, forse l’unico privilegio dei più umili.
Per metterla su quel piano, Henry doveva essere pieno di fanciulle. E qualcosa mi diceva che la ragazza con gli occhi azzurri era una di quelle.
Quando raggiunsi il giardino all’esterno, Lady Bessi mi venne incontro con un bel sorriso sulle labbra.
-Buongiorno Bess, mi scuso già per ieri sera-
-Non vi dovete preoccupare Edith, posso capire-
Le posai una mano sul braccio. –Ti prego, diamoci del ‘tu’. Non conosco nessuno qui e sono fidanzata con un uomo del quale conosco solo il nome e il bellissimo sorriso. Voglio che tu sia mia amica-
-Ne sarei felice-
Le strizzai l’occhio, e lei allargò le braccia per abbracciarmi.
Non mi aspettavo quel gesto, ero un po’ restia, ma poi lasciai che lo facesse. Era una fanciulla molto carina, con il naso all’insù e due occhi a mandorla e scuri.
-Allora, passeggiamo?- le proposi, prendendola per il braccio.
-Si, procediamo. Come hai dormito?-
-Bene, ero stanca per il viaggio.-
-Bess, ti prego, ho bisogno di sapere una cosa- le sussurrai all’orecchio, provocandole un certo stupore.
-Dimmi tutto, anzi, sediamoci sotto quell’albero così non potranno ascoltarci orecchie indiscrete-
Così facemmo, accomodandoci vicino ad un salice.
-Vorrei sapere chi è quella ragazza con i capelli ricci, gli occhi azzurri, molto bella. L’ho vista parlare con Henry stamattina-
La vidi turbarsi, e guardandosi bene intorno. –Edith, tu vuoi davvero saperlo? Io…Edith ti assicuro che Henry è un bravo ragazzo, ma come vedi è molto affascinante, e colto, possiede una biblioteca tutta sua all’ultimo piano e…però… vedi, quella è Lady Hanna, ed è, hanno avuto una relazione. Credo sia ancora la sua, tipo, amante-
Appresi tutto ciò che mi disse, e risposi con un piccolo sbuffo, e poi guardai altrove.
-Ovviamente, non c’è niente che mi sconvolge in tutto questo. Henry mi ha detto che possiamo essere amici se proprio dobbiamo sposarci-
-Ti  ha detto così?-
Annuii. –Si, e non so davvero come interpretarlo-
-Oh no nemmeno io. Io sono convinta che invece potete provare ad innamorarvi-
-Non è così facile- conclusi, prendendo un fiore di campo dal prato e giocherellando con i petali lilla.
Mi chiedevo per quale motivo mi sentivo così, se Henry non era niente per me se non lo sconosciuto con cui volevano che mi sposassi.
 
Dopo il pranzo, mi incamminai per tornare alle mie stanze, dove speravo potermi riposare leggendo un libro, scrivendo una lettera a mia sorella Maria.
La mia tranquilla passeggiata fu interrotta da Henry, che comparse improvvisamente dal retro di una colonna.
-Henry- lo salutai, e lui alzò solo un sopracciglio in risposta.
-Edith, perché a pranzo non mi hai rivolto nemmeno uno sguardo?-
-Perché non sapevo cosa dire, e…ed era inutile guardarti. Tua madre mi mette in imbarazzo-
Sbuffò. –Dovresti almeno provare, davanti agli altri, ad interessarti a me. Che tu voglia o no tra qualche mese sarò tuo marito.-
Il suo tono riuscì a ferirmi.
-Sono turbata dalle tue parole-
-Perché? Non eri così a Romsey-
-A Romsey ero a casa mia, stavo bene. Il mio arrivo è stato troppo traumatico-
-Lo capisco, ma, più tardi, ti aspetto in biblioteca. In una delle torri, te la mostrerò-
Lo guardai, aveva lo sguardo imploratore, non potevo dirgli no. Non potevo, perché lui era così dannatamente affascinante, con la barba incolta, i capelli castani, i suoi splendidi vestiti, gli anelli sulle sue dita. Lui era un principe, uno di quelli dei racconti per la buonanotte, ma io non mi sentivo all’altezza di essere la sua regina.
-Ci vediamo lì Henry, ora vorrei andare a riposare-
-Hai mangiato poco Edith, non voglio che tua madre ti trovi denutrita- scherzò, prendendomi la mano tra le sue.
-Sono solo un po’, come dire, triste. Lady Bess mi ha detto che stasera c’è la festa per il nostro fidanzamento-
-Si, vedrai ci divertiremo. Ci sarà anche il re di Francia-
-Bene. Allora a dopo-
Gli lasciai andare la mano ed andai nella mia stanza, dove ad aspettarmi c’era uno splendido libro di leggende mitiche.
 
 
Non appena il sole era al tramonto, pensai che fosse il momento di andare nella biblioteca del palazzo, dove ad aspettarmi c’era Henry.
Mi diedi una sistemata ai capelli, senza chiamare nessuna inserviente, perché non mi andava che tutta la corte sapesse dei miei movimenti.
Camminai a passo svelto verso le scale e le salii rapidamente, fino a che non trovai tre porte una accanto all’altra. Ebbi un attimo di perplessità ma poi sentii un colpo di tosse, e capii che nella prima destra vi era Henry.
Bussai un paio di volte e poi entrai, facendo un piccolo inchino non appena si voltò a guardarmi.
-Ehi, Edith. Per un attimo ho creduto che non saresti venuta-
-Mi piacciono le biblioteche- gli risposi, alzando lo sguardo verso quegli altissimi scaffali, colmi di libri impolverati.
Ero strabiliata, infatti feci una giravolta su me stessa per poter ammirare tutto.
-Allora, che te ne pare?-
-Sono scioccata… è meraviglioso!-
Avevo la voce stridula dall’entusiasmo, il solo pensiero di potermi dilettare tra tutti quei volumi mi rendeva felice.
-Mi fa piacere-
Posai lo sguardo su Henry, e gli rivolsi un sorriso dolce. Aveva tra le mani un volume piccolo e con la copertina rovinata, ed aveva lo sguardo fisso verso la finestra, pensieroso.
Era davvero bello, adesso che il sole che filtrava dalle vetrate faceva risplendere i suoi capelli castani di un colore ramato, e rendeva le sue iridi verdi.
Aveva al dito un anello d’oro con una gemma verde, che probabilmente apparteneva a suo padre Guglielmo il Conquistatore.
Quando mi guardò, mi resi conto che forse aveva notato che lo stessi fissando, allora spostai immediatamente lo sguardo altrove.
-Cosa leggi?-
-E’ una piccola parte del Corpus Iuris Civilis. Sono convinto che abbiamo molto da imparare dal popolo Romano-
Annuii. –Sono assolutamente d’accordo. Giustiniano è stato un grande imperatore.-
-Ed io spero di essere un buon re-
Sorrisi appena, e mi avvicinai a lui per sfiorargli il braccio in segno di conforto.
-Sono sicura che lo sarai, ed io cercherò di fare il mio meglio per incentivarti sempre-.
Era il minimo che potessi fare, nelle vesti di sua moglie e sua regina. Al convento avevo imparato che il matrimonio non dev’essere preso troppo alla leggera, ed anche se a noi reali non era concesso di innamorarci, era comunque un vincolo sacro che mi legava ad Henry, futuro re di Inghilterra.
-Non sarai una regina come le altre, tu prenderai le decisioni con me, sei intelligente…e mi fido- affermò, prendendomi entrambe le mani nelle sue.
-Ti ringrazio Henry- sussurrai, e guardai il pavimento, perché non riuscivo a reggere il peso del suo sguardo, che cercava inevitabilmente il mio.
Pensai a ciò che mi aveva detto Bess quella mattina, e mi sentivo turbata, perché lui era il mio futuro marito e il mio re, e non comprendevo per quale assurda ragione a lui fosse possibile avere degli amori veri, oltre a me, e a me no. Non capivo per quale assurda ragione adesso stesse facendo il carino con me.
Magari stavo esagerando con i miri problemi mentali, oppure no, ma non appena alzai lo sguardo per scrutarlo, seppi che stava per baciarmi.
Allora posai una mano sulle sue labbra, e mi allontanai. Perché no, non volevo baciare una persona che in realtà non provava niente per me.
Imbarazzata, mi guardai intorno e poi andai alla finestra, cambiando repentinamente argomento.
-Forse dovrei andare, vedi, i preparativi per stasera incombono-.

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