The Wintry Wind

di Seleyne
(/viewuser.php?uid=779994)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I: Completezza ***
Capitolo 2: *** Capitolo II: Yari ***
Capitolo 3: *** Capitolo III: Ospite ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV: Coccole ***



Capitolo 1
*** Capitolo I: Completezza ***



 

CAPITOLO I: COMPLETEZZA

Il passato è come un fantasma che quando chiama
ti costringe a rispondere,
ti spalanca le porte del futuro per gettarti
ad affrontare una nuova vita.

 

>Accademia della Vera Croce

A causa della fitta alla testa, l’esorcista dai lunghi capelli neri si rigirò nuovamente nel letto, aggrovigliandosi nuovamente le lenzuola attorno alle gambe, cosa che la ragazza non riusciva proprio a sopportare.
Di conseguenza un paio di occhi grigio chiaro si spalancarono controvoglia su un soffitto completamente diverso da quello che si aspettava di vedere: le mattonelle perfette bianche erano del tutto diverse da quelle gialle della sua stanza.
«Ma che…»
«Ciao Shina»
L’esorcista si rese conto con un po' di ritardo di essere nell’infermeria della True Cross e, accanto a lei, il suo tutore la osservava su uno sgabello all’apparenza alquanto scomodo. La giovane allora si sollevò dal letto mettendosi poi seduta, senza risparmiare versi e mugolii di dolore: sembrava che tutto il suo corpo fosse trafitto da degli spilli.
Shina si sentì confortata nel vedere il suo padre adottivo ma, alla vista del suo viso, dovette ricredersi fissando con confusione quella sua espressione insolita che non era mai stata diretta a lei in prima persona.
Due occhi gelidi e un espressione rigida la guardavano privi del loro solito calore e affetto.
«Che succede Arthur?»
«Sai, non ci potevo credere! Insomma non tu! Non doveva succedere a te… Dovevo vederlo con i miei occhi» rispose poi l’uomo, dopo svariati secondi.
«Eh?»
«Siamo nemici ora. Questa sarà l’ultima volta che ci vedremo senza che ti punti una spada alla gola… non mi importa di quello che c’è stato, ora sei diversa» concluse Arthur alzandosi e scostando lo sgabello, emettendo un suono stridulo provocato dallo stridere contro il pavimento.
L’esorcista più giovane era troppo sconvolta per replicare alle parole del padre adottivo e, così, permise all’uomo che l’aveva cresciuta ed addestrata di uscire dalla sua stanza senza poter chiedergli nemmeno uno straccio di spiegazione per quell’argomento.
Dopo svariati minuti e molte lacrime dopo, Shina ripercorse le sue ultime memorie.
Ricordava ciò che era successo, la lotta con Fuuten, l’intervento di Nagi e il fatto di essere svenuta… concluse quindi che il motivo dello strano comportamento del suo tutor era il fatto che avesse un nonno col sangue demoniaco.
Rallegrata Shina si rese conto che, nonostante Arthur odiasse profondamente i demoni, presto l’avrebbe perdonata per avere, senza colpa, una parte di sangue proveniente da Gehenna.
La corvina si alzò dal letto e si diresse al bagno per potersi dare una breve sistemata ma, una volta di fronte allo specchio, il bicchiere di vetro che aveva appena usato per sciacquarsi la bocca finì in terra in mille pezzi.
Il suo viso, più pallido del solito, era ricoperto da ematomi e chiazze violacee… ma non fu quello l’elemento che faceva sì che gli occhi della giovane erano spalancati come se volessero uscire dalle orbite: i suoi canini erano più lunghi del normale ed erano aguzzi, le orecchie erano leggermente più a punta e i suoi occhi da grigio scuro erano diventati di un argento chiaro.
Shina fece per sedersi, per recuperare il fiato e i sensi che pian piano venivano meno, ma proprio mentre cercò di appoggiarsi al muro dietro di lei, in qualche modo, perse l’equilibrio e cadde rovinosamente a terra.
Una coda le cadde in grembo come guidata da volontà propria  come a dire ‘’guardami ci sono anche io!’’… a quel punto pallini bianchi e neri entrarono nella visuale della ragazza, dopo di che il buio ricoprì l’esorcista.

Quando Shina rinvenne, si ritrovò nuovamente nel letto dell’infermeria e, al posto di Arthur, una ragazza che ormai conosceva bene la guardava con uno sguardo freddo ma quasi dispiaciuto.
«Reiko… non so se essere contenta di vederti o meno» rispose la corvina emettendo un lieve sbuffo col naso.
«Sai mi dispiace molto per quello che è successo ma ti giuro che non volevo farlo! Vedevo tutto ma non ero io a comandare il mio stesso corpo… ti prego di perdonarmi»
Gli occhi della giovane mora di fronte a lei non erano più argento come ricordava ma avevano assunto una tonalità molto più scura sul verde.
Nonostante Shina sapeva che la ragazza era sincera, non poteva evitare di provare dell’incredibile astio nei suoi confronti anche se la poveretta non se lo meritava.
«Desidererei delle spiegazioni…»
«Come penso tu abbia capito, il mio corpo era controllato da un demone, Fuuten per la precisione. Non serve che ti spieghi il motivo per cui ciò è successo… Quello che ti interessa sapere era che ero controllata da quell’uomo anche quando eri molto piccola, ti ha osservato e tenuto d’occhio costantemente: nella casa dei tuoi genitori, all’orfanotrofio, al Vaticano e ora anche qui.
Come ti ha spiegato lui, tutto ciò lo ha fatto per poter usare il tuo corpo. Shina tu avevi in parte del sangue demoniaco delle vene quindi eri un perfetto contenitore per ospitare permanentemente l’anima di un demone, permettendogli di vivere qui ad Assiah ed eri ancor più perfetta per lui, avendo lo stesso sangue e briciole del suo stesso potere.
Beh almeno ora non devi più temere che un demone provi ad entrare dentro di te: sai alcuni ci hanno provato ma non sono mai riusciti ad avvicinarsi. I demoni sono spinti dai loro stessi simili, li percepiscono, e quando trovano un umano col loro sangue il loro primo pensiero è di impossessarsene ma, per tua fortuna/sfortuna, tuo nonno era sempre lì a scacciarli» concluse la mora con un risolino che, all’orecchie dell’altra, risultò molto fastidio e che non poté far altro che aumentare il fastidio che provava Shina nei suoi confronti.
«Come sarebbe… questo non è più un mio problema? Significa che non ho più il suo sangue in corpo? Sono libera?»
Shina deglutì rumorosamente, era ancora un po' intontita e i suoi ragionamenti erano lenti e poco lucidi ma la speranza di riallacciare i rapporti col padre adottivo offuscarono la sua mente senza rendersi conto di aver tratto delle conclusioni completamente errate.
«Mmmh, mi dispiace ma ti sbagli. É esattamente tutto l’opposto… Shina, te lo giuro, mi dispiace dirtelo però devo deluderti. Ora tu sei un demone e in te scorre solo sangue demoniaco. Fuuten non voleva semplicemente entrare nel tuo corpo ma ambiva e desiderava usare tutti i suoi poteri: non era in grado di rinunciarci! Così, alla radura, aveva iniziato a trasferirli in te e il suo piano consisteva in seguito di entrare nel tuo corpo ma, prima che quest’ultima fase potesse concludersi, Raiden lo ha ucciso. Ora tu hai il suo potere e sei il nuovo demone del vento, di umano non hai più niente.»


Due ore dopo un capogiro sempre più forte costrinse l’esorcista a scendere dal letto.
Decise di fare due passi, per sgranchirsi un po' le gambe ormai intorpidite e, con un paio di occhi rossi a causa di tutte le lacrime versate e ormai esaurite, uscì dalla sua stanza, la 207, ed intravide un paio di sue conoscenze in quella accanto.
Quando gli occhi di Shina incrociarono Yukio, il capogiro che aveva percepito divenne un po' più forte: nessun dubbio sul fatto che  il suo amico di infanzia era in parte demone.
Non era ironico di come il Vaticano, supremo combattente contro i demoni, non ne avesse inconsciamente ospitati, cresciuti e soprattutto addestrati due di loro?
«Shina! So che è inutile chiederlo… ma come stai?»
«Fisicamente abbastanza bene, mentalmente? non molto. Come sta Nagi?» l’esorcista rispose con voce flebile, osservando la moretta addormentata in un letto identico al suo e, nonostante non si conoscessero, l’esorcista provava il desiderio di sapere di più su di lei, forse a causa degli avvenimenti che le avevano coinvolte.
«Sta bene, si è addormentata da poco. Devi sapere che mi dispiace molto per ciò che è successo! Sono un guardiano anche io e non sono riuscito ad intervenire. Mi sento responsabile e mi scuso davvero!»
«Sappiamo bene che non sarebbe cambiato niente. Allora Yukio da quanto tempo sapevi di essere in parte demone? Ah e ovviamente la cosa credo si estenda anche a tuo fratello… ora mi spiego come mai mi sono sempre sentita strana in vostra presenza.»
«Shina… i-io… non so davvero cosa poterti dire… mi dispiace, credimi.»
«Me ne vado da qui, stammi bene Okumura»
Detto questo l’esorcista uscì dalla stanza di Nagi per dirigersi verso la sua stanza bianca e impregnata dell’odore di disinfettante.
“Cosa farò ora?”

Dopo una bella e risanante doccia, Shina si diresse nella sua stanza, a racimolare le poche cose che aveva con sé: le spade, gli abiti, un paio di foto ricordo ed una corda per tenere nascosta la cosa, ed infilò tutto in una pratica valigia, con tanto di rotelle incorporate.
Poco prima di uscire dalla stanza, lanciò un’ultima occhiata verso quelle quattro mura, rilasciando un sospiro.
Nonostante gli ultimi avvenimenti, aveva da sempre considerato il Vaticano come casa sua ma, ora che stava abbandonando l’Accademia, non poté non riconoscere che, anche se non aveva stretto chissà quali amicizie, si era un po' affezionata a quel luogo: dalla sua camera giallognola, al meraviglioso bosco poco lontano e all’efficiente centro di addestramento.
L’esorcista però non era solita a lasciarsi andare a certe emozioni, come il dispiacere della partenza, che considerava effimere ed inutili, dato che fin da piccola era stata addestrata a rimanere impassibile anche nei momenti di forte stress (come potevano essere gli estenuanti ma fondamentali allenamenti), a non mostrare le sue emozioni (come la paura che poteva essere usata dal nemico contro di lei) e ad non affezionarsi troppo a ciò di cui si sapeva che, prima o poi, sarebbe volto al termine.
Tutto ciò era ormai ancorato inseparabilmente al carattere di Shina, ed anche per questo motivo era diventata molto in fretta una delle migliori della sua classe (i Knight), dunque chiusa la porta alle sue spalle senza tante cerimonie ed iniziò a scendere le scale, con la chiave passe-partout stretta in mano.
Appena giunse nell’atrio una strana figura, ormai nota, si tolse il bianco cilindro dalla testa e fece un lieve inchino.
«Shina-san, sono venuto qui per salutarti mia cara!»
«Un demone preside… chi l’avrebbe mai detto eh?»
«Uh? Oh, mia cara, non indulgere in certe sciocchezze. Inoltre chi l’avrebbe mai detto di un esorcista che era da sempre un demone?»
«…» Per la giovane quello era ancora un argomento decisamente troppo fragile per essere affrontato dato che non era ancora psicologicamente pronta per analizzare ed accettare la situazione.
«In ogni caso, Shina-chan, dato che non puoi tornare dal tuo caro papino adottivo, che ne dici di andare a vivere nella casa che apparteneva a tuo nonno?»
Detto questo, il preside della True Cross, fece spuntare tra le proprie mani una specie di mappa e, dopo averla passata a Shina, continuò a parlare.
«Vedi qui cara? Dove c’è la piramide? Ecco, quello è il tempio dedicato al demone/divinità del tempo.. Sì, esatto, divinità.. a volte gli umani sono così stupidi! Comunque, quella sarebbe una buona soluzione, non trovi?»
L’esorcista in effetti non sapeva dove andare, essendo il Vaticano ormai un taboo per lei, e doveva ammettere che il suggerimento dello strampalato demone non era poi così male.
«Grazie, beh allora addio preside Pheles» concluse Shina dirigendosi alla porta più vicina e, poco dopo aver infilato la chiave passe-partout necessaria per arrivare alla stazione ferroviaria, Mephisto le disse un’ultima cosa che le fece accapponare la pelle.
«Shina-chan, non dimenticare che sei un’esorcista e non puoi scappare dai tuoi doveri, senza contare che, date le tue origini, il Vaticano avrà certamente premura a tenerti d’occhio, il caro Arthur Angel soprattutto. Non trovi che sia meraviglioso? Il divertimento è solo all’inizio!»

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo II: Yari ***


Capitolo II: Yari

Ci sarà sempre un’altra opportunità,
un’altra amicizia, un altro amore,
una nuova forza.
Per ogni fine c’è sempre un nuovo inizio.


 

Il tempio di Fuuten si trovava al monte Yarigadake, comunemente chiamato ‘Yari’, non molto lontano da Tokyo e dunque a pochi chilometri dall’accademia. Uscita dalla stazione, Shina ripose una delle sue numerose chiavi passe-partout nella borsa, e si diresse ai binari cercando il treno che l’avrebbe portata alla prefettura di Nagano.
Secondo le indicazioni fornitale da Mephisto, il tempio che stava cercando si trovava in una vallata al centro del monte Yarigadake e, osservando nel dettaglio, l’esorcista scelse di arrivare fino ai piedi di quest’ultimo e sistemarsi in una locanda per la notte: avrebbe intrapreso il percorso che l’avrebbe portata alla valletta la mattina successiva, sperando in un clima favorevole. Era calato da poco il tramonto quando la corvina entrò nella sua stanza: aveva passato le poche ore che le restavano prima della notte ad acquistare tutto il materiale necessario per l’indomani, compresa una mappa più precisa e delle provviste.
I raggi dell’alba coloravano di rosa l’umile stanzetta coi pavimenti di legno e i muri giallognoli in cui l’esorcista aveva passato la notte. Shina si alzò con calma, si fece una doccia e, dopo aver indossato un paio di abiti puliti, scese per fare una veloce colazione.
Si rimpiazzò di pane e marmellata bevendo una generosa tazza di latte di soia con, ovviamente, dei biscotti al cioccolato come contorno.
Dopo aver pagato il proprietario della locanda, Shina studiò la mappa acquistata la sera precedente ed evidenziò con una penna i possibili percorsi verso la vallata che stava cercando.
Il tempo era mite e una lieve brezza smuoveva i rigogliosi pini e tutte le altre piante che decoravano il bosco, diffondendo un meraviglioso odore di rugiada ed erba fresca.
Shina intraprese un percorso sterrato, camminando con calma concentrandosi ad evitare i sassi e i rami bassi che rischiavano continuamente di farle perdere l’equilibrio o di prendersi una bastonata in faccia.
Dopo circa un’ora, la ragazza si ritrovò ad affrontare il tipico ambiente di montagna: continue salite, curve incessanti, pochi alberi e un sole bollente sulle spalle.
Più volte la ragazza si fermò a bere dell’acqua ed a togliersi il sudore dalla fronte e camminò incessantemente finché il caldo della stella sopra di lei non divenne insopportabile.
Dovevano essere circa le due, quando Shina si fermò all’ombra di un albero a consumare un umile pasto di formaggio e pane, aspettando che la temperatura calasse un po' e che le gambe stanche e provate non smettessero di tremare e di dolerle per poi riprendere di buon passo il resto del tragitto.
Dopo un tempo che le parve infinito, Shina rilasciò un respiro di sollievo nel vedere l’entrata di una caverna e sopra di essa la scritta ‘Kaze no ne no su’ ovvero ‘Nido delle radici del vento’.
Percorse la grotta beandosi della frescura e dell’umidità procedendo a tentoni, seguendo il lieve bagliore prodotto dalla torcia che teneva con sé.
Trenta minuti e numerose escoriazioni dopo, gli occhi argentei della corvina si spalancarono di fronte allo spettacolo a cui assistevano.
Fuori dalla grotta si ritrovò su una rientranza da cui partiva un meraviglioso ponte di pietra che sovrastava un enorme strapiombo per poi giungere al tempio di Fuuten.
La vallata era semplicemente enorme, circondata da tutti i lati da pareti rocciose, la sua profondità era sbalorditiva e la sua forma poteva assomigliare ad una ciambella, infatti al centro si ergeva una specie di piccola montagna su cui si trovava un maestoso tempio di pietra.
La conca sembrava quasi un vasto fossato che proteggeva l’abitazione al suo centro e, oltre a scalare le sue pareti, l’unico modo per giungere al centro era utilizzare i ponti, per la precisione due, che collegavano il lato frontale del tempio con due piccole rientranze su una delle quali si trovava l’esorcista.
Non appena la bocca della ragazza, che per poco non toccava terra, ritornò al suo posto, Shina iniziò a camminare sul ponte di pietra stando attenta ai piccoli buchi che qua e là lasciavano intravedere una /meravigliosa/ vista sul vuoto sotto ai suoi piedi.
Giunta al termine della scalinata, subito dopo il ponte, comparve un enorme portone: era danneggiato dal tempo e dall’incuria ma, sotto quello strato di ragnatele e polvere, si intravedeva pietra meticolosamente lavorata e decorazioni meravigliose che lo ricoprivano per tutta la sua poderosa altezza di almeno quattro metri.
Shina varcò la soglia, non dopo essersi spezzata qualche unghia a furia di spingere quel enorme porta di pietra, e si ritrovò di fronte ad un meraviglioso atrio ricoperto a sua volta da polvere e detriti.
Svariati quadri, alcuni senza tela, altri bucati e altri ancora completamente sfasciati, ricoprivano le pareti rosse di quella stanza ottagonale. Mobili antichi e numerose decorazioni, come vasi e candele, riempivano ogni angolo, accompagnati da ingombranti poltrone, tappeti e tavolini su cui vi era qualche vecchio libro o i resti di una qualche pianta.
Come si vedeva nei castelli delle principesse dei cartoni, un enorme scalinata si ergeva ampia e maestosa proprio di fronte all’ingresso. Il marmo nero risaltava agli occhi, come se avesse vita propria anche se ricoperto di ragnatele e stracci.
La luce del sole, già coperto a causa della nebbia di quella vallata, stava scendendo oltre l’orizzonte, rifugiandosi al di là dei profili delle montagne.
Shina, non volendo rischiare di consumare tutta la batteria della torcia, trovò una vecchia candela, l’accese con gli accendini e iniziò a salire quell’enorme scalinata.
Girovagò per circa venti minuti, finché non trovò una stanza che ritenesse accettabile. Le porte e le finestre erano state ben chiuse quindi il letto e il resto della mobilia era stato in parte risparmiato dalla furia della trascuratezza, solo un lieve strato di polvere grigiognola ricopriva il tutto come un manto delicato.
La giovane aprì le tre enormi finestre che ricoprivano quasi interamente tre lati della stanza, prese le lenzuola che ricoprivano il letto e le sbattè vigorosamente per poi passare al materasso. Gettò via le coperte ormai consunte e si assicurò che almeno il luogo in cui avrebbe riposato fosse lontanamente definibile pulito.
L’esorcista si mise vicino a quest’ultimo, tolse le scarpe e la giacca, restando in maglietta e pantaloni. Si distese sul letto e dedicò qualche minuto a studiare quella stanzetta. In confronto al resto della casa era minuta, a forma pentagonale, ed era quasi palese che si trattasse di una stanza per gli ospiti. Entrando dalla porta, il letto si trovava sulla destra, un enorme armadio riempiva il lato destro dell’entrata e una scrivania senza alcun tipo di decorazione riempiva il sinistro. Tre enormi vetrate riempivano i lati rimanenti della camera, interrotti fra loro da graziose poltroncine, una piccola libreria e dei tavoli.
Il pavimento, sotto agli strati di polvere, era coperto da una moquette color panna e le pareti marroni contribuivano a creare un’atmosfera che metteva a proprio agio la giovane.
Questo più il dolore alle gambe per la lunga camminata, la stanchezza e il caldo sopportato fecero sì che il sonno venne a reclamare la corvina la quale fu costretta a sottomettersi ad una dormita lunga, senza sogni e ristoratrice.

Il sole si ergeva maestoso e metteva in evidenza il numeroso pulviscolo che vorticava per la stanza quasi come se stesse seguendo una strana danza.
Gli occhi della giovane si aprirono pesanti, nonostante avesse recuperato tutte le energie consumate, e osservarono l’ambiente circostante pensando a cosa avrebbe dovuto fare. Considerava quel tempio ormai come casa sua dato che non si era mai sentita così tanto a suo agio in vita sua, soprattuto dato il poco tempo che aveva passato tra quelle mura.
Il problema era semplice: come pulire tutto quel popò di tempio? Di certo non avrebbe fatto su e giù dalla montagna con spazzoloni e detersivi sulle spalle.
Optò per una via più veloce: prese il suo cellulare che, strano ma vero, prendeva e inviò un messaggio a Mephisto Pheles… sì il preside dell’Accademia True Cross aveva un cellulare e Shina aveva il suo numero grazie ad Arthur che glielo aveva dato quando aveva iniziato ad indagare su di lui.
Essendo un demone con molteplici contatti in ogni dove, anche nel Vaticano, non sarebbe stato difficile per lui ottenere o far creare una chiave che portasse al tempio del defunto Fuuten.
L’esorcista sinceramente non sapeva chi creava/aveva queste chiavi magiche ma era certa che se qualcuno lo sapeva era Mephisto.
In attesa di una sua risposta, la ragazza iniziò a girovagare sul piano dove aveva dormito, il primo, e trovò numerose stanze per gli ospiti come la sua, un’immensa biblioteca con mobili alti anche sei metri e numerose scale qua e là che ti permettevano di raggiungere gli scaffali, un paio di sale da bagno escluse quelle che si trovavano in ogni camera e una sola stanza vuota ma dove tutti i muri, escluso il lato della porta, consistevano in vetrate.
Una volta curiosato in giro, Shina tornò in camera sua a rovistare nello zaino per uno spuntino veloce quando si accorse che il caro preside aveva risposto al suo messaggio.

 

Shina rilesse più volte quel messaggio. Innanzitutto notò che la scrittura non si addiceva del tutto a Mephisto infatti, come da lui precisato, c’era Yukio che scriveva quello che il preside gli diceva.
Tuttavia, gli occhi grigi della ragazza si fissarono intensamente su una sola parola: voleggiare.
Più ci pensava più le sembrava logico. Diamine! Fuuten controllava i venti, anzi lei ora controllava i venti e perchè diamine non poteva volare? Presa dall’euforia, la corvina scattò in piedi, lasciando per terra il mezzo panino al formaggio che aveva avanzato, e corse verso la stanza isolata in fondo al corridoio.
Era spoglia come prima, una sola porta circondata da un muro di una tinta scolorita simile al porpora e gli altri tre lati composti unicamente da finestre: niente tavoli, poltrone o altro. Nonostante dalla sua ultima visita non fosse cambiato nulla, gli occhi di un argento più chiaro e vivido della ragazza la interpretarono in un’altra maniera: perchè tenere una stanza vuota, fatta di vetrate se non per usarla come… ‘porta’?!
Il sangue le scorreva forte nelle vene, i canini le pungevano le labbra, le orecchie si erano allungate e la coda si agitava nervosa mentre era legata alla vita ma, nonostante la sua euforia e l’adrenalina che iniziava a diffonersi, Shina non era stupida.
Osservò al di sotto della vetrata e constatò sollevata che a poco meno di cinque metri, alberi rigogliosi e ricchi di foglie si ergevano verso l’alto, verso di /lei/, come a dire “siamo qui a posta per fare da materasso, non temere, buttati!”.
Forse l’esorcista un po' stupida lo era dato che aprì la finestra, si concentrò sui suoi poteri e, sentendo il controllo dell’aria attorno a lei, si tuffò.
Un breve urlo le uscì dalla gola e mosse le braccia come se fossero diventate improvvisamente delle ali, ma i suoi duri allenamenti al Vaticano le tornarono utili: non perse la lucidità e iniziò a comandare i venti attorno a lei, forzandoli a spingerla verso l’alto.
Ci riuscì… ma per meno di un secondo. Non appena sentì che il suo corpo veniva sollevato verso l’alto, la forza di gravità la respinse giù e precisamente la fece finire in mezzo ai rami dell’unico pino che si trovava là sotto.
Ruzzolò sui rami, si graffiò, si ruppe una gamba e cadde a terra rovinosamente.
“Diamine! Che male!” passò qualche secondo distesa, aspettando che le tornasse la capacità di far funzionare i polmoni che, a causa del colpo, le si erano praticamente svuotati e, aggrappandosi ai tronchi e agli arbusti vicini, riuscì a rimettersi seduta.
Saltellò su un piede fino in camera sua, prese la chiave passe-partout per l’Accademia e decise che avrebbe approfittato dell’infermeria della scuola prima di recarsi dal preside.



Uscita dall’angusta infermiera della True Cross, un sospiro di sollievo uscì dalle labbra della mora la quale si prese una decina di minuti seduta sulla panchina lì accanto.
I piedi affondarono nella ghiaia e il viso della corvina si volse verso il cielo, beandosi del calore del sole e dello strano colore aranciognolo che si intravede sotto le palpebre chiuse, incurante del caldo e dei riccioli che per il sudore le si erano appiccicati al volto.

«Marmocchia! Hey!»
“No… dimmi che non è vero…”
«Hey! Che fai dormi?»
«Anche volendo non riuscirei a dormire con la tua voce nelle orecchie. Vedo che non hai ancora imparato il significato della parola pudore vero, Shura?»
«Come sta allora la mia bimba preferita?»
«Tutto bene Shura, grazie.»
L’insegnante della True Cross, nonché vecchia amica della giovane, le si sedette accanto e ricominciò a parlare solo quando Shina abbassò il viso ed incrociò i suoi occhi con quelli di lei.
«Mi dispiace per il pelatone, dico davvero! Oh, avanti… Koragashi Shina non fare quella faccia!»
«Quale faccia? Quella di un prodigio dell’Ordine che ha scoperto di essere una creatura infetta?»
«Bimba…»
Lo sguardo freddo ed argenteo della più giovane si incrinò per un attimo, sorpresa del sincero dispiacere della donna accanto a lei.
«Non preoccuparti, Shu. Me la caverò.»
«Ahahah! Mi chiamavi così quando avevi dieci anni!»
«Scusa, mi è scappato.»
«Oh, non ti preoccupare ciccia!» le rispose l’altra tirandole un lieve schiaffetto sulla spalla prima di continuare «É mio dovere però dirti una cosa: Shina ti voglio ricordare che come esorcista eri e sei un prodigio e che il Vaticano non se né affatto dimenticato. Abbiamo bisogno di te.»
«Francamente non sono in vena di tornare a fare l’esorcista.»
«Nah! Non dire cazzate! Ti sei allenata duramente, almeno sei ore al giorno da quando avevi cinque anni, credo… In ogni caso, sono convinta che non butterai tutti i sacrifici che hai fatto fuori dalla finestra. Dirò al nostro caro paladino pelatone e al Vaticano che non sei ancora pronta a tornare e credo che per il momento capiranno… Ma non contarci che questo durerà molto. Sappiamo che ti sei sistemata al tempio di tuo nonno… al tuo tempio ciccia, e prima o poi sarai costretta a tornare a fare il tuo dovere.»
«…» un lieve sbuffo lascio le labbra della corvina, la quale sapeva fin troppo bene delle sue responsabilità. Non che si volesse sottrarre al suo dovere, anzi tenere fra le mani una lama lucida e tagliente le mancava fin troppo, nonostante siano passati solo pochi giorni da quello che lei definiva ‘il disastro’.
«Su ciccia! Su con la vita eddai! Ah, quasi dimenticavo…» i capelli multicolor dell’esorcista più anziana le ricaddero davanti al viso mentre questa cercava un qualcosa in uno zainetto a forma di gatto che aveva con sé finchè, trovate quello che stava cercando, non tirò su il viso di scattò lasciandosi sfuggire una risata trionfante. «Eccola! Evvai! Non l’ho dimenticata, meno male sennò chi aveva voglia di fare tutte quelle scalinate fino all’ufficio di quello stupido effeminato di un preside?! Ecco la tua dannatissima chiave, bimba.»
«Uh? Ah già, grazie.» rispose la corvina prendendo la chiave argentata che l’altra le stava porgendo.
«Ora devo andare, ricomincia la lezione. Ci vediamo cara Kogarashi!»

Shina restò lì impalata ancora per un attimo, osservando la schiena quasi del tutto nuda dell’amica che si stava allontanando.
Nei giorni che erano passati dall’ultima volta che era stata in infermeria, ogni pensiero che riguardasse Arthur era stato prontamente soppresso e rilegato in un angolino del suo cervello, questo grazie anche agli impegni di quei giorni: la camminata su per il monte e l’esplorazione del tempio erano riusciti a tenerle impegnata la mente.
Ora, tuttavia, grazie anche a Shura i ricordi che aveva tentato di reprimere uscirono come se la diga che li conteneva fosse stata completamente distrutta.
I ricordi di quando era piccola e veniva spinta sull’altalena, i suoi allenamenti e i terribili spaventi delle sue prime ferite, le sue feste di compleanno e i natali, le scodelle di latte a tarda sera e le brioche rigorosamente alla marmellata di albicocche erano tutti legati a lui: Arthur che la faceva dondolare ascoltando paziente tutte le sue chiacchiere sull’altalena che aveva prima a casa dei suoi genitori, Arthur che le bendava i tagli asciugandole le lacrime, Arthur che le faceva sempre il regalo giusto e che le insegnava come non cuocere troppo il latte.
Questi e molti altri, furono i momenti passati che le inondarono il cervello e che aprirono i rubinetti facendola piangere.
Shina si asciugò le lacrime col dorso della mano e si stropicciò gli occhi col risultato di arrossarli ancor di più, si alzò poi dalla panchina e si diresse in uno dei negozietti vicini a fare gli acquisti necessari per la sua nuova casa.
Comprò numerosi prodotti per la pulizia, lenzuola pulite e un paio di panini che avrebbe mangiato nel giorno seguente, visto che non solo non sapeva se il tempio fosse dotato di un frigo né tantomeno dell’energia elettrica ma, avendo la chiave, sarebbe potuta fare ulteriori acquisti quando le veniva più comodo.
Infilò la nuova chiave nella porta e si ritrovò nell’atrio del suo tempio, la polvere e la sporcizia era esattamente dove l’aveva lasciata.

“Mettiamoci al lavoro!” pensò al corvina alzandosi in modo figurato le maniche.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo III: Ospite ***


Capitolo III: Ospite

Se guardare avanti ti fa paura
e guardare indietro ti fa soffrire...
guarda accanto a te...
lì ci sarò io.

 

Erano passati tre mesi da quando Shina era approdata in quella che ormai considerava casa sua, non solo perchè si sentiva decisamente a suo agio tra quelle mura di pietra, ma anche perchè le piaceva un luogo così isolato, circondato dalla natura incontaminata.
La vita che conduceva al Vaticano fatta principalmente di allenamenti e missioni per tutto il giorno era stata ormai cancellata dalle sue abitudini. Infatti, l’esorcista, si alzava sempre di buon’ora e faceva le pulizie per tutto il tempio che ormai aveva riacquistato il suo vecchio splendore, sebbene molti mobili e arredamenti erano stati buttati via a causa delle loro condizioni irrecuperabili.
La corvina aveva scoperto con sommo piacere che Fuuten godeva sia di energia elettrica che idraulica, nonostante abbia dovuto pagare un paio di manutentori per rimettere la situazione a norma.
A metà pomeriggio, quando lo spazzolone, il mocio e lo strofinaccio venivano rimessi al loro posto, la ragazza si dedicava a diversi allenamenti. Aveva innanzitutto scoperto che il suo caro nonno teneva una stanza piena di armi splendide e in perfette condizioni, anche se apparentemente non erano mai state utilizzate, erano leggere e flessibili ma allo stesso tempo potevano decapitarti come se tagliassero del morbido burro. Il motivo di tanta forza era legato al fatto che esse contenevano una parte del potere demoniaco di Fuuten, anzi di Shina ora. Infatti, utilizzando queste armi, la ragazza era in grado di canalizzare con più facilità l’aria utilizzandola come un’arma in maniera più efficiente, un ventaglio poteva creare forti folate di vento semplicemente sventolandolo e un coltello lanciato poteva creare dei piccoli vortici intorno a lui.
Alla sera invece, dopo essersi riempita la pancia che in quel periodo stava diventando leggermente tonda a causa dei troppi gelati e delle varie schifezze/leccornie a cui la ragazza non sapeva resistere, i suoi tentativi col volo andavano migliorando.
In pratica non era difficile, se volevi andare in alto muovevi l’aria sotto di te spingendola verso l’alto e così per le altre direzioni, tenendo sempre conto della forza di gravità e dunque associare sempre ad una qualunque spinta a destra, a sinistra, avanti o indietro una spinta che dal basso ti spinga verso l’alto altrimenti la discesa verso il basso e il rischio di uno lo schianto al suolo era assicurato.
Shina non aveva dunque problemi a ‘salire’ verso l’alto se non per la presenza dei limiti posti dalla sua resistenza e dalla sua stanchezza, ma anzi il vero problema consisteva nei movimenti più complessi ovvero ‘spostarsi’.
Se si comportava con calma e cercava di concentrarsi totalmente riusciva a fare leggeri movimenti ma Shina non osava mai sbilanciarsi e rischiare di cadere e farsi davvero male. Per questo si limitava a muoversi sul tetto della struttura centrale del tempio riuscendo in due mesi a muoversi in tutte le direzioni fino a tre minuti, oltre le risultava troppo faticoso.
Anche se apparentemente la sua giornata sembrasse noiosa tra pulizie e allenamenti, Shina a dire il vero se la godeva.
Coi soldi risparmiati di tutte le missioni a cui aveva partecipato in quegli anni, più i premi ottenuti quando era salita di livello e altri regali/mance, l’esorcista aveva fatto delle spese come dire ‘folli’.
Nella cucina del tempio due frigoriferi americani nuovi di zecca erano stracolmi di cibarie, un’enorme televisore adornava un lato della sua camera, che a proposito è cambiata, sopra un mobile pieno di giochi multimediali, film e altri aggeggi con cui giocavano tipicamente gli adolescenti, senza contare la presenza di un minifrigo.
La sua nuova stanza si trovava al secondo, e ultimo piano, della struttura centrale del tempio.
Durante le varie pulizie e le sue ‘esplorazioni’ Shina aveva scoperto che il tempio, nonostante fosse immenso e antico, in realtà era davvero semplice.
Il pian terreno era dedicato principalmente all’accoglienza dei nuovi ospiti e ad alcuni hobby: l’enorme atrio ora rimesso in ordine era circondato da varie stanze tra cui qualche salotto, una biblioteca e un paio di stanze dedicate ad altri passatempi, come il gioco a scacchi.
Al primo piano vi erano anche qui diverse stanze: molte erano camere da letto, altre erano bagni, un’enorme biblioteca e una sola, quella fatta praticamente di sole vetrate e da cui la ragazza era ‘volata’ dritta in un pino, era spoglia.
Al secondo piano, invece, vi erano solo tre stanze: la camera da letto che probabilmente era prima di Fuuten e ora della nipote, l’armeria ed un salotto.
Accanto alla struttura principale del tempio vi erano pochi altri edifici: una torre, in cui vi erano altre stanze praticamente tutte vuote se non fosse per qualche mobilio come dei divanetti, e un edificio con una forma simile a quella della costruzione principale ma più piccolo dove si trovavano le cucine, un paio di sale pranzo e sottoterra il piano lavanderia. 
In quei mesi le ferite e le sofferenze che aveva subito la corvina, erano stati quasi dimenticati, se non fosse per le lettere che, settimanalmente, un’enorme civetta le consegnava in cui era ‘invitata’ a presentarsi al Vaticano per poter partecipare a varie missioni in cui era richiesta, o meglio era utile, la sua presenza ed esperienza.
Puntualmente appena la civetta, Hugo secondo quanto scritto sul medaglione, le consegnava le sue corrispondenze, queste finivano nel fuoco del camino del salone. Era talmente stanca che la giovane le bruciava senza nemmeno leggere e, per questo motivo, non era a conoscenza del fatto che di lì a poco avrebbe ricevuto delle visite.

«Hugo! Questa volta sei in anticipo, dovresti vergognarti.»
Era martedì, e come ogni odioso martedì quell’odiosa civetta graffiava alle finestre della sua camera, pronta a consegnarli l’ennesimo combustibile per il camino.

L’esorcista con ancora una palpebra chiusa per il sonno, si avvicinò alla finestra e stropicciò gli occhi di fronte al sole appena sorto, dopo di che ne aprì un’anta e, come ogni maledetto martedì (l’aveva già detto che odiava quel giorno?), l’uccello dallo piumaggio color avorio entrò e si appollaiò con tutta calma sulla poltrona di velluto nero accanto alla cassapanca di fronte al letto, come se fosse casa sua.
Mettendosi una mano di fronte alla bocca aperta per i continui sbadigli, la corvina allungò l’altra per prendere le missive che l’animale aveva legate ad una zampa con una leggera corda di spago.
«Grazie Hugo, il biscotto e l’acqua sono al solito posto. Ci vediamo settimana prossima» disse la ragazza indicando prima i due piattini sul davanzale della finestra accanto a quella da cui era entrato l’animale e poi salutandolo muovendo la mano a destra e a sinistra.
Ancora assonnata, l’esorcista mise le lettere sul comodino non avendo voglia di scendere e buttarle, e si rimise a letto a dormire.
Quando i suoi occhi si riaprirono, la corvina si accorse che, come molte altre volte, si era mossa nel sonno e ora aveva di fronte il comò con la consegna mattutina di Hugo.
Di solito le lettere del Vaticano in cui rientrava un discorso di ‘missioni’ eccetera erano rigorosamente color oro con scritte rosse e porpora, tuttavia fra quelle consegnatole c’è n’era una bianca coi bordi rossi, indice che il Vaticano voleva comunicarle qualcosa che non rientrava nei suoi doveri di esorcista.
Spinta dalla curiosità, Shina si sedette e appoggiò la schiena contro la testata imbottita del letto, ed aprì l’involucro.
Dovette rileggere le righe un paio di volte prima che il concetto le entrasse in testa.

 




Molteplici furono le domande che assillarono la mente della corvina “Un’apprendista? E chi è? Che cosa dovrebbe fare? Ma scusa se io non rispondo lo considerano assenso? E se fossi andata a fare un viaggio o non so, qualcos’altro? Ma sono scemi?!”
La ragazza fu nervosa ed irritabile per tutto il giorno, accanendosi nelle pulizie come un’indemoniata, tirando pugni contro il muro più volte, spaccando persino un mobiletto semplicemente perchè lei ci aveva sbattuto il mignolo del piede e giocando per quasi tutto il pomeriggio a videogame in cui lo scopo principale era ferire/uccidere qualcuno.

Un paio di giorni dopo dalla /bellissima/ notizia che le aveva portato Hugo, qualcuno si presentò al portone del tempio.
A dire il vero, più che presentarsi bussava contro la porta con dei colpi frequenti e forti come se stesse cercando di rianimare qualcuno.
Shina, dopo l’indecisione tra ‘Ignorare lo sgradevole ospite finché non si fosse stancato’ e ‘Scendere per dirgli di andarsene’, scelse la seconda opzione anche perchè se l’apprendista non aveva una chiave passe-partout come la sua, cosa che dubitava, molto probabilmente aveva fatto tutta la strada a piedi e quindi era stanco e affamato.
La giovane scese l’enorme scalinata con una leggera ansia a causa dell’identità ignota del neo-sacerdote, finché non arrivò al portone e, prima di aprire, curiosò dallo spioncino rettangolare nero, chi fosse il nuovo arrivato.
Shina rimase interdetta quando i suoi occhi argentei visualizzarono dei capelli castani, un paio di occhi dorati ed un viso a lei familiare.
Aprì la porta, convinta di aver visto decisamente male, ma… nulla da fare. Difatti, i suoi occhi si spalancarono e, se fosse stato possibile, la sua bocca avrebbe toccato terra e notò con piacere che anche l’altra ragazza era nelle sue stesse condizioni: sorpresa e curiosità erano palesi sul suo viso.

«Shina?» chiese la moretta dopo qualche momento.
«N-Nagi?» rispose la padrona di casa.

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo IV: Coccole ***



Capitolo IV: Coccole

Ogni persona fa un rumore diverso
quando inciampa nella nostra vita.
Il problema, è il fracasso che creano.
Ci sono quelli che ti mettono sotto-sopra
e quelli che semplicemente ti completano.



 



«Dove l’hai messa?»
«Non ho idea a cosa ti riferisca!»
«Shina! Sai benissimo a cosa diamine mi riferisco!» disse la mora incrociando le braccia al petto e battendo ripetutamente un piede per terra, provocando un ridicolo rumore con la pantofola arancione a forma di orso che indossava.
«Nagi… non dovresti dire le parolacce! Senza contare che su ‘diamine’ ci sono i miei diritti di autore!»
«KOGARASHI SHINA!» gridò la giovane partendo all’inseguimento dell’altra ragazza che fino a qualche secondo prima la fissava con uno sguardo divertito da una comoda poltrona e che ora era sparita nel corridoio dove si era infilata all’ultimo nella porta della mansarda. «Vieni subito qui! SUBITO!»
«Nagi, mi hai detto che stanotte hai avuto un incubo… Non è che sei caduta e hai sbattuto la testa?» disse l’altra, volando fino ad una delle travi di legno del soffitto, riuscendo a scappare da quella furia dagli occhi dorati.
«Smettila di svolazzare in giro! Dimmi SUBITO dove l’hai messa!» disse la giovane fissandola dal basso con uno sguardo incandescente da cui sembravano partire dei lampi.
«Ripeto quello che ho detto prima: non so a cosa ti stia riferendo. Inoltre, mia cara Inabikari qui sorge una forte esigenza: essendo la mia apprendista devo subito avvisare i tuoi superiori del tuo comportamento inadeguato e del tuo linguaggio a dir poco scurrile.» rispose l’esorcista scambiando la mano per un ventaglio che muoveva verso il viso.
«Dannazione! Non fare l’idiota Shina! Forza, sputa il rospo! Dove diamine hai messo la torta?»
«Mi spiace ma ho esaurito i rospi, ho tentato di baciarmeli tutti ma senza risultato ma forse però avanza qualche ranocchio, vuoi che te lo presti?.»
«SHINA!»
«Si da il caso che quella torta l’ho comprata io. Quindi mio acquisto mia torta!»
«Lo sapevo! Lo sapevo che l’hai finita tutta! Per tre giorni, tre stramaledetti giorni, che sono dovuta tornare dalla mia famiglia e tu ti spazzoli tutte le cose decenti e mi lasci in frigo una sola mela al caramello!»
«Ora non esagerare ciccia. Abbiamo due frigoriferi e sono stracolmi!»
«Sì ma non di cioccolato! Cioccolato che tu ti sei ingurgitata nei giorni che ero via! Ci vivo anche io qui sai? Ho dei sani diritti verso il frigorifero!»
«E la mia pancia ha dei sani diritti verso le barrette di cioccolato e verso ogni cosa dolce che si possa mangiare! Inoltre vedila in questo modo: mi mancavi, non sapevo cosa fare e presa dalla noia mi sono messa a mangiare!»
«Non inventare stupide scuse! Sappiamo benissimo entrambe che ti sei lanciata sui dolci appena sono uscita di casa! Altro che mancanza!»
«Non è vero!»
«Ah no? Cos’è allora mi basta uscire dalla porta per due secondi e già ti manco?» rispose la moretta sbuffando dal naso.
«Alla sola idea che te ne andavi sentivo già la tua mancanza…» ribattè l’altra mentre si copriva con il dorso della mano un sorriso divertito.
«Sei incredibile!» disse Nagi con tono rassegnato e con un ulteriore sbuffo di impazienza.
«Dai! Se vuoi vado subito a fare due compere, se mi perdoni!»
«Dipende…»
«E da cosa scusa eh?» rispose Shina inclinando la testa di lato, confusa.
«Se compri le tavolette quella con sopra la figura dell’orso… Sai quelle con dentro il miele…»
«Ahaha! Promesso! Vado subito!» un risolino di puro gusto uscì dalle labbra della corvina, la quale si gettò dalla trave di legno e cadde leggiadra sul pavimento dopo un salto di sei metri per poi infilare la porta che dava sulle scale, non dopo aver detto un veloce “Ti voglio bene” all’amica che la guardava con un misto di finta rabbia e vero affetto.

 


Carica di borse ripiene di delizie, Shina camminava per le strade di Tokyo guardando allegramente le vetrine dei vari negozi e sorseggiando la tisana, rigorosamente alla mela e alla cannella, acquistata in un bar biologico lungo la strada affollata di persone.
Come spesso succedeva quando si ritrovava da sola, i pensieri della ragazza corsero nelle più varie direzioni: da suo nonno ai suoi genitori, da Arthur a tutto quello che era successo fino a poco tempo prima.
Non aveva più avuto notizie del padre adottivo se non che continuava la sua battaglia contro i demoni nelle vesti di paladino e, secondo quanto le raccontava ogni tanto Shura, i risultati che otteneva erano impressionanti.
Infatti il numero dei demoni e dei loro casini era molto diminuito e spesso la corvina si chiese se l’accanimento di Arthur contro le creature di Gehenna non fosse in parte dovuto anche alla trasformazione che la figlia adottiva aveva subito nei mesi precedenti.
Presa un po' dallo sconforto, la giovane esorcista si sedette su una panchina bevendo lentamente la sua tisana che era divenuta ormai fredda ma comunque gradevole secondo il palato della corvina.
Gli anni di addestramento le avevano inculcato nella mente che era pericoloso mostrare i propri sentimenti, i quali potevano essere usati contro sé stessi, e dunque che era importante concentrarsi su altro quando questi divenivano difficili da reprimere.
Per questi motivi, i suoi occhi argentei si fissarono sulla moltitudine di persone che camminava, concentrandosi su quelli che si muovevano alla svelta e su coloro che invece procedevano con forse esagerata calma.
Accorgendosi che una figura dai lunghi capelli biondi le ronzava all’angolo del cervello, la corvina cercò di distrarsi osservando i negozi, i palazzi, perfino un cane che faceva i suoi bisogni all’ombra di un albero e qualsiasi altra cosa che l’avrebbe aiutata nel suo intento ma… nulla da fare, Arthur era sempre lì e il dispiacere di quello che era successo la tormentava da innumerevoli giorni, troppi.
“Non è colpa mia! Non l’ho di certo voluto io… e lui dovrebbe saperlo, diamine! Odio essere così! Anche se…”
Anche se Shina aveva inizialmente odiato per davvero quello che era diventata non poteva certo negare che il potere di volare, sebbene non sapeva fare di meglio che volare in alto e con varie difficoltà nell’andare in varie direzioni, di smuovere l’aria e perfino creare dei venti non le piacesse, inoltre tralasciando la coda -che per sua fortuna era abbastanza corta e dunque facilmente occultabile- Shina non aveva nulla di che lamentarsi.
Ogni tanto le comparivano delle orecchie a punta? Bastava coprirle coi capelli.
I denti diventavano dei canini? Beh tanto meglio dato che quando doveva mangiarsi un frutto, una torta al cioccolato o fare stupidi scherzi a Nagi risultavano semplicemente perfetti, senza contare che bastava tenere la bocca chiusa e anche lì tutto a posto.
Gli occhi cambiavano colore? Shina amava pensare che fossero cangianti e quindi speciali, inoltre che da grigio scuro passassero ad un argento molto chiaro non le dispiaceva… sempre meglio del rosa shocking o del giallo evidenziatore. 
Poteva dispiacersi di quello che era successo con Arthur ma se lui non si metteva in testa che lei non ne aveva colpa, non poteva farci nulla e, di certo, non si sarebbe ammazzata per questo.
Essere un demone non era affatto male, la propria forza, la velocità e la resistenza erano decisamente aumentate ed inoltre non aveva alcuna difficoltà a percepire altre creature della sua stessa specie, piccole o grandi che fossero.
Altri vantaggi dell’avere il sangue di Gehenna? Gli apprendisti che si mangiavano le tue scorte di dolci. 
Nagi era capitata quasi per caso eppure Shina non avrebbe potuto avere di meglio, soprattutto in quel periodo difficile.
L’amica, in seguito all’incidente con Fuuten e Raiden, era tornata a casa sua intraprendendo un percorso di insegnamento dell’arte di sacerdotessa per poi essere costretta a fare, come dire… uno ‘stage’.
Per questi motivi, la mora doveva presentarsi in un tempio e svolgere vari incarichi tipici delle sacerdotesse e fra tutti i tempi che poteva scegliere, ironia della sorte, l’Inabikari scelse il suo.
All’inizio Shina aveva pensato che, facendo due calcoli su quanto era successo, l’amica avesse scelto il tempio del vento con la speranza di o trovarlo vuoto o di trovare lei… Invece scoprì poi che la scelta si era basata sulla vicinanza all’accademia True Cross.
Un risolino divertito lasciò le labbra della corvina, divertita dalla frequente pigrizia della sua apprendista/amica.
A proposito di pigrizia e apprendistato… Nagi non aveva fatto quasi nulla che riguardasse la carriera di sacerdotessa: si limitava a meditare e di tanto in tanto -quando le girava- si allenava col suo arco.
Per la maggioranza del tempo, invece, Nagi e Shina scherzavano, giocavano e facevano attività tipiche di due adolescenti in vacanza ma i doveri di entrambe continuavano a tormentarle: Hugo continuava a portare sia lettere da parte del Vaticano per Shina sia lettere per Nagi.
Shina aveva ancora ben impresso quel giorno… il giorno in cui le loro vacanze finirono ad un tratto.
Sembrava un giorno qualsiasi dato che, come sempre, quella mattina si erano alzate molto tardi e avevano riempito i loro stomachi con un insieme di schifezze lontanamente definibili come ‘pranzo’.
Nel tardo pomeriggio, a causa della cappa di caldo afoso, si riposavano al fresco guardandosi un bel film, “Pretty Woman”, e alla sera, quando il film era terminato, facevano commenti spiritosi e confronti tra i principi azzurri dei libri e dei film con i ragazzi della realtà.
« […] Oh davvero! Yukio stava sempre a leggersi quei suoi fumetti, mentre io dovevo ripulire i casini di Rin! Alla fine toccava sempre a me pulire il pavimento! Ah… questi uomini!» stava dicendo Nagi, stravaccata pigramente su un enorme cuscino.
«Vogliamo parlare di Arthur? Pensa che il nostro caro e rigido paladino sotto porta un paio di calzini coi gatti! L’ho beccato più di una volta quando entravo in camera sua da piccola! Senza contare di come trattava la cuoca del Vaticano! Bastava che una goccia di una qualsiasi bevanda o una briciola le si impigliava in quei suoi lunghi capelli da femmina che iniziava a strillare e dava la colpa a Rosinda e lei, da brava cuoca qual’era, gli portava un bavaglio!» rispose la corvina, scostando la frangetta che le copriva ormai gli occhi argentei accompagnati da una risata sia divertita ma anche di amara mancanza.
«Ahahah! Davvero? Non ci credo!» rispose l’amica che, dopo qualche secondo, si voltò verso la finestra dove i suoi occhi dorati si posarono su una creatura a loro nota. «Che ci fa qua Hugo? Shina vai te, please!»
«Va bien!» rispose l’esorcista alzandosi per andare ad aprire la finestra.
La civetta dalle penne color avorio dalle punte quasi nere, entrò come un’indemoniata nella stanza fino a posarsi su una sedia dove iniziò a muovere la zampa, a cui erano legate le lettere, su e giù.
Col volto preoccupato, Nagi si alzò anche lei dopo aver mormorato un: «Mi sa che è urgente.»
Shina allungò le mani pallide verso l’animale ed afferrò la consegna, porgendola poi alla legittima proprietaria.
«C’è il tuo nome.»

 
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3096451