Failure

di Reiko_Hatsune
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Io sono un drago ***
Capitolo 2: *** Troppa sabbia e altri imprevisti ***



Capitolo 1
*** Prologo - Io sono un drago ***


Failure
 
 
 
Stelle, tantissime, a miliardi, alcune piccole e altre più grandi, alcune meno luminose e altre splendenti, alcune sono bianche, altre sono bluastre, alcune sono addirittura viola o rosse. Poi c’è lei, la Luna, che gira intorno alla Terra come un’innamorata che segue chi ama; sta lì, bianca e perfetta, piena, grandissima e magnifica come sempre, la luce si rifletteva sui freddi ghiacciai che ricoprivano quella landa desolata e inospitale, perfetta per chi voleva starsene per conto suo.
La persona seduta con le gambe slanciate lasciate penzolare mollemente allungò le mani verso quel cielo, lo amava tanto perché quando era nella sua immensità si sentiva finalmente in libertà, come se le catene che aveva ai polsi non esistessero più, come se i fili invisibili che legavano il suo cuore a quella terra invisibile non ci fossero mai stati. Si rese conto solo dopo un po’ della figura alle sue spalle:
  “Toneri, smettila di fissarmi, sei inquietante.”, borbottò voltandosi e ignorando lo strapiombo ghiacciato che li circondava, erano loro due su quella colonna a mille metri dal suolo,erano loro e il cielo.
  “Sei tu quella inquietante Aoshiro, te ne stai lì a fissare il cielo immobile senza dire nulla per ore.”, ribatté il ragazzo incrociando le braccia al petto e cercò di avvicinarsi a lei che però indietreggiò fino al limite della lastra sospesa sul vuoto.
  “Non ti avvicinare, sai che odio le persone.”, l’esile ragazza si piantò stabile in controluce perfettamente immobile, non c’era nemmeno un filo di vento a smuoverla; la figura nera piantò i suoi occhi in quelli dell’altro, lo guardava dal basso verso l’alto essendo parecchio più bassa.
  “Sei troppo diffidente lo sai? Dopotutto sono il tuo istruttore, ti do anche un altro consiglio ed è quello di crescere almeno un po’ in altezza, hai diciassette anni e sei alta quanto una ragazzina di dieci.”, un ghigno si dipinse sul volto dell’albino che si guadagnò uno sbuffo da parte di Aoshiro.
  “Non è colpa mia se sono bassa.”, odiava essere stuzzicata, specialmente se ci andava di mezzo la sua statura. Toneri rise di gusto e continuò a punzecchiarla, voleva vedere se l’avrebbe fatto anche quella volta.
  “Un metro e quarantadue di puro scetticismo, eh?”, si stava proprio divertendo.
  “Zitto.”, detto ciò fece un ultimo passo all’indietro e si lasciò precipitare senza dire o fare nulla. I suoi lunghi capelli bianchi svolazzarono in modo confuso attorno a lei ed erano ricoperti dai mille e candidi riflessi della luce notturna, i suoi attenti occhi rimasero fissi sulla colonna ghiacciata  di fronte a lei finché decise di non volersi schiantare.
Ed eccole, le ali, si spiegarono e lei si bloccò a mezz’aria; puntando poi i piedi nudi sulla gelida superficie che si trovava davanti si slanciò all’indietro sollevandosi verso la Luna. Le sarebbe piaciuto arrivarci con quelle sue ali da drago bianche con le lucenti membrane argentate, solo una piccola macchia sull’ala sinistra comprometteva la loro uguaglianza; una macchia nera, un cerchio perfetto che a lei non piaceva per niente. Proprio non riusciva a non pensare alla sua voglia di essere libera una volta per tutte, al diavolo il suo sensei e il suo villaggio distrutto dimenticato da tutti, tanto ormai della sua casa non ce n’era più traccia da anni, del Villaggio delle Illusioni non se ne sapeva niente e quasi nessuno sapeva della sua esistenza.

Aoshiro Onmyō in sé non esisteva, o meglio, non sarebbe mai dovuta esistere, ma il fato volle che proprio il lei si rintanasse qualcosa di troppo grande per il suo corpo e per chi le stava intorno.
Volò, si immerse quanto più poté nel blu costellato dei colori freddi notturni, si perse nella luce illusoria della Luna che rendeva la notte più chiara solo perché c’era il Sole, andò sempre più su finché il tintinnio delle catene che aveva ai polsi non la riportò alla realtà, allora si fermò di colpo e rimase a fluttuare a mezz’aria, guardò in alto e vi trovò lo stesso cielo che vedeva quando era a terra o su quella maledettissima colonna, era lì identico, bellissimo, irraggiungibile. Onestamente non aveva mai pensato al motivo per cui a lei fosse concesso di provare a raggiungere la volta celeste con qualcosa che aveva sin dalla nascita, sapeva solo che era così e basta e che per quel motivo all’età di otto anni era stata isolata insieme al suo sensei e a suo fratello in quel posto lontano. A quel pensiero la ragazza storse il naso perché suo lui era il suo perfetto opposto; Akakuro Onmyō era il gemello maggiore, un ragazzo alto dai lineamenti angelici, dalle parole seduttrici e dai modi gentili, ma che nascondeva un cuore malvagio colmo di quello che era, proprio come Aoshiro che se all’apparenza appariva scorbutica e poco incline alla socializzazione, dentro di sé nascondeva un animo puro che rispecchiava la sua natura.
Chi erano esattamente? Be’, loro due formavano l’equilibrio e il caos allo stesso tempo, erano talmente diversi che si cercavano l’un l’altro per potersi annientare a vicenda senza però mai riuscirci per via del legame fraterno che c’era. Però si sa che il pericolo è sempre dietro l’angolo e arrivò quando il ragazzo decise di diventare pieno di sé stesso e di non voler più condividere nulla con la sorella, sarebbe diventato puro. Quando l’aveva detto la ragazza aveva pensato che stesse scherzando, ma quando lo vide spiegare le sue ali nere e andarsene, capì che in realtà era tutto vero, che lui aveva deciso di spezzare l’equilibrio già fragile che esisteva: “Riporterò alla luce il vero Drago Nero, il vero Yin, la vera Oscurità.”, quelle parole l’avevano turbata perché se Akakuro fosse riuscito nel suo intento, allora lei sarebbe diventata automaticamente il Drago Bianco, lo Yang, la vera Luce e a quel punto sarebbe stata la distruzione totale in un pianeta dove tenebra e luminosità coesistevano dalla notte dei tempi.
Aoshiro scacciò quei pensieri scuotendo la testa sconsolatamente e decise di tornare da Toneri, lo trovò mentre stava pazientemente guardando nella sua direzione:
  “Ti ho detto che sei inquietante quando mi fissi, o sbaglio?”, borbottò lei mentre atterrava in punta di piedi sulla fredda superficie.
  “Sì, rammento queste parole.”, rispose l’altro con espressione vaga sapendo quanto facesse arrabbiare la ragazza.
  “Ecco, se lo sai smettila immediatamente.”, non lo sopportava, si era giurata che prima o poi lo avrebbe ucciso.
  “Prima di progettare la mia morte sappi che hai una missione.”, Aoshiro sobbalzò e fece guizzare i suoi occhi eterocromi in quelli color ghiaccio di lui.
  “Una missione?”, la ragazza aveva degli occhi particolari, quasi inquietanti, perché mentre l’iride sinistra era celeste, quella destra era di un particolare color perla, ma a lei piaceva definirlo ‘color Luna’.
  “Sì, preparati a partire, fra due ore comincerai a spostarti verso Sud e…”, la ragazza mise in avanti una mano per dirgli di fermarsi.
  “Aspetta un attimo, cosa dovrei fare io?”, troppe informazioni e poi, perché parlava al singolare?
 “Andiamo, non ti aspetterai mica che ti accompagni, vero? Sono ricercato, mi ammazzerebbero subito.”, per rendere meglio l’idea fece scorrere il pollice sulla gola.
Aveva ragione, non avrebbe potuto, ma nonostante ciò un brivido percorse la schiena di Aoshiro, sempre abituata ad avere l’albino al suo fianco. Non aveva paura, era piuttosto brava con le tecniche ninja e grazie al suo sensei stava imparando a maneggiare anche diversi tipi di armi più o meno stravaganti e conosciute; temeva però l’idea di essere lasciata sola in un posto che non conosceva, con persone di cui non sapeva se fidarsi o meno, e poi c’erano i suoi nemici naturali, ma non per lei come persona, bensì per lei come Drago Yang: i Bijuu, accompagnati dai Jinchuuriki.
  “Cosa dovrei fare?”, stava pensando, non voleva veramente dirlo ad alta voce, detto in quel modo sembrava che avesse già accettato l’incarico.
  “Dovresti entrare in contatto con i sei Kage.”, Toneri si avvicinò alla ragazza che nel frattempo si era accorta di non aver ritirato le ali. Faceva un po’ male e ogni volta le lunghe ferite sulla schiena si riaprivano.
  “Cosa?! E poi non sono solo cinque?”, indignata si ritrasse al previsto tocco dell’uomo che stava allungando una mano verso di lei.
  “C’è uno che non viene calcolato come Kage anche se effettivamente lo è, ma sorvolando su questo ti tocca e come se non bastasse dovrai entrare in contatto con i tuoi nemici di sempre.”, spiegò lui con tono pacato e monocorde.
  “Ah, perfetto.”, sbuffò lo Yang voltando le spalle a Toneri. Tutto quello che non voleva accadesse le si stava riversando contro.
  “Ti ricordo che ti è proibito volare o anche solo spiegare le ali, e guai a te se usi quelle fiamme.”, chissà perché ci teneva a ricordarle almeno tre volte al giorno del fuoco di cui possedeva il potere.
  “Sì sì, lo so. Comunque chi sarebbe il sesto Kage?”, era arcistufa della sua lezioncina e quindi optò per una domanda seria.
  “Si trova nella Terra degli Orsi, a Hoshi. L’Hoshikage è un tipo riservato ho sentito dire, non sarà facile trovarlo e come se non bastasse il Villaggio della Stella è restio ai contatti esterni.”, non poteva andarle peggio insomma, ci mancava solo che durante il tragitto incappasse nel fratello, cosa molto probabile.
 
“Ok, capito.”, disse semplicemente, non voleva saperne di altre complicazioni.
  
“Bene, buona fortuna allora.”, Aoshiro non rispose e con un balzo si risollevò e raggiunse la terraferma più velocemente. Una volta posatasi sul suolo innevato, cominciò a correre.

 

 

 

 

 

 
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NOTA DELL’AUTRICE: Ciao a tutti sono Reiko_Hatsune. È la mia prima fan fiction su Naruto e spero che il prologo vi sia piaciuto! 
Lo so, è parecchio corto, ma non potevo iniziare la storia vera e propria già qui, non credete? Però prometto che il prossimo sarà migliore. Un saluto♥

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Capitolo 2
*** Troppa sabbia e altri imprevisti ***


Capitolo 1
Troppa sabbia e altri imprevisti
 
 
 


Decise di fermarsi dopo un tempo interminabile passato a viaggiare in mezzo a ghiacciai e dirupi, aveva oltrepassato il confine e si era vista costretta a utilizzare le ali per sorvolare l’oceano. Si ritrovò in un posto che riconobbe subito per una piccola caratteristica:
  “Sabbia, sabbia ovunque.”, alla vista di quel luogo arido e inospitale ebbe il desiderio di fare dietro-front e tornarsene al suo amato gelo, ma decise che ormai era troppo tardi e proseguì per la sua strada.
Non era sicura se Sunagakure, il Villaggio della Sabbia, si trovasse esattamente nella direzione in cui stava andando, sperò che lo fosse in quanto il suo senso dell’orientamento in luoghi piatti e monotoni come il deserto era alquanto scarso.
Aveva approfittato di una breve pausa per levarsi le catene che le gravavano sui polsi, utilizzò una tecnica del fuoco per farle fondere, nulla di speciale, solo che non fu necessario utilizzare i segni in quanto le era bastato voler far comparire le fiamme. Era una seccatura bella e buona quella a cui si sottoponevano i ninja, ogni volta dovevano studiare cosa fare o non fare, un po’ li compativa anche se non erano affari suoi.
Camminò per le dune sotto il sole cocente, ovunque guardasse c’erano cielo e sabbia, sabbia e cielo; non una nuvola, sia mai, si era formata, non un cactus o un qual dir si voglia animale nel raggio di metri. Confermò una volta per tutte che odiava il deserto con tutto il suo cuore e proseguì sconsolata finché una voce alle sue spalle la colse alla sprovvista:
  “E tu chi saresti?”, un tono era piatto eppure autoritario, Aoshiro si voltò lentamente per poi trovarsi davanti un ragazzo dai capelli rosso fuoco e dagli occhi severi, le sopracciglia aggrottate e la bocca serrata; aveva un tatuaggio sul lato sinistro della fronte, c’era scritto ‘amore’, chissà perché. In un primo momento la ragazza pensò che fosse bello, poi si ricordò che non doveva fidarsi di nessuno.
  “Chi sei?”, questa volta la domanda risuonò più dura, lo sconosciuto incrociò le braccia al petto in attesa della risposta. Con quel gesto lo sguardo della giovane si spostò sulla sua figura e notò che era basso, almeno in confronto al metro e ottantaquattro di Toneri, e che aveva legato una grossa giara alla schiena.
  “Mi chiamo Aoshiro Onmyō, e tu?”, anche lei imitò la posa del ragazzo giusto per vedere la sua reazione. Fu ripagata con un grugnito di disappunto sommesso.
  “Gaara, sono il quinto Kazekage del Villaggio della Sabbia.”, cosa? Era partita da nemmeno tre giorni e già ne aveva trovato uno? Strabuzzò gli occhi e l’altro se ne accorse anche se non disse nulla.
  “Ti stavo cercando.”, disse lei mettendosi in equilibrio su una sola gamba, la sabbia rovente cominciava a scottare sotto le piante dei piedi costantemente nudi.
  “Perché? Non sei di qui, da dove vieni?”, c’erano astio e diffidenza nelle domande, Aoshiro cercò di non farci caso.
  “Te lo spiegherò poi anche perché non lo so nemmeno io, mi è stato chiesto di cercarvi e no, non sono di qui, vengo da un posto che nessuno sa dove sia.”, la replica al secondo quesito insospettì il rosso che squadrò la ragazza da testa a piedi.
Alla fine decise di accompagnarla fino al Villaggio dove vennero accolti da una folla di curiosi, c’era chi guardava la straniera con interesse, chi con timore e chi, addirittura, con disprezzo. Certo, non si vedeva tutti i giorni una persona come lei, ma restò il fatto che tutti quegli sguardi stessero mettendo a disagio Aoshiro la quale, involontariamente, si rifugiò dietro la figura di Gaara:
  “Che stai facendo fratellino?”, un tipo strano con la faccia ricoperta di strisce viola si avvicinò a loro affiancato da una giovane donna che gettava alla ragazza sbirciate ostili.
  “Come ‘che sto facendo’, non si vede?”, la risposta quasi divertì lo Yang che ridacchiò appena cercando di non farsi notare.
  “Stai facendo entrare nella capitale della Terra del Vento una sconosciuta sospetta fratellino, ecco cosa stai facendo.”, lo rimbeccò quella che sembrava avere quattro balle di fieno attaccate in testa.
  “Non è sospetta Temari, piuttosto contatta Naruto. Kankuro, te per favore cerca informazioni su di lei, -indicò con un leggero cenno del capo Aoshiro- ha detto che le è stato chiesto di cercarmi.”, entrambi si lanciarono un’occhiata perplessa prima di andarsene.
Fu strano entrare in un luogo chiuso, quando Gaara la condusse all’interno del palazzo principale, e residenza dello stesso Kage, rimase a bocca aperta e si sentì in trappola sotto certi aspetti e protetta sotto altri.
Fu lasciata all’interno di un’elegante stanza e solo allora la ragazza si rese conto del fatto che muri e pavimenti erano in sabbia compattata, ruvida e fresca al tocco, ma che non si sbriciolava e di conseguenza tutto era immacolato. I mobili raffinati erano in legno chiaro e, questo lo constatò immediatamente, il letto era tremendamente comodo.
Non si accorse nemmeno di essersi addormentata, lo capì solo perché si era fatto buio. Si accorse con sollievo di avere ancora i suoi amati shorts bianchi e la maglia leggera a maniche lunghe e larghe che era di un colore simile alla carta da zucchero, al loro interno ci poteva nascondere parecchie cose, come ad esempio la banda del suo Villaggio che custodiva con cura.
Volle vedere se almeno un po’ poteva consolarsi del fatto di essere tanto lontana da casa e uscì sul piccolo balcone che dava, manco a dirlo, sul deserto. Si illuminò quando, alzando lo sguardo, incontrò il suo amato cielo stellato con la Luna e non poté fare a meno di sorridere, e vederla con un’espressione diversa da quella diffidente che esibiva sempre era alquanto raro, ma niente era abbastanza infrequente quanto vederla veramente felice:
  “Ti piace guardare le stelle?”, era la seconda volta in un giorno che la stessa persona la faceva sobbalzare cogliendola alla sprovvista.
  “Sì, mi rilassa e mi fa sentire meno imprigionata.”, disse in un soffio voltandosi appena e incrociando lo sguardo serio del rosso che se ne stava fermo sulla soglia della camera.
  “…”, l’altro non rispose a quell’affermazione, ma non perché pensava che fosse illogico, bensì perché anche lui trovava conforto guardando il cielo notturno.
  “Comunque, perché sei qui?”, lanciò la domanda bruciapelo giusto perché non voleva seccature.
  “Sono venuto qua per dirti che Kankuro non ha trovato assolutamente nulla su di te, me lo sai spiegare?”, Aoshiro ghignò fra sé e sé.
  “Ovvio che non c’è niente su di me, io non esisto.”, quella era la verità, non c’era modo che qualcun altro sapesse della sua esistenza.
  “Che intendi dire? Certo che esisti.”, Gaara sembrava veramente non capire, portò lo sguardo in basso per provare a cogliere quello della ragazza che però stava guardando altrove.
  “Fisicamente, ma sono nata in un posto che non esiste.”, ogni sua frase era un mistero intricato per le orecchie del suo interlocutore che aggrottò le sopracciglia, Aoshiro ridacchiò.
  “Non ti preoccupare, forse un giorno te ne parlerò.”, purtroppo il Kazekage non aveva badato a quanto appena detto perché si era incantato nell’udire la risata cristallina che era risuonata per appena un paio di secondi.
Non capì nemmeno lui cosa gli prese, dopotutto poteva trovarsi di fianco ad una spia nemica, magari mandata dagli Akatsuki, eppure non sembrava avere cattive intenzioni, ma nel contempo si accorse di una cosa che lo preoccupò.
 
Dopo pochi minuti la luce riflessa della Luna sparì, i due alzarono lo sguardo e videro un grosso rapace completamente bianco, solo che non era veramente un animale bensì:
  “È una delle creature create da Deidara con l’argilla esplosiva! Dannazione!”, imprecò Gaara correndo ad avvertire i fratelli che andarono a mettere al sicuro i cittadini mentre, con Aoshiro poco dietro che lo seguì senza spiccare alcuna parola, uscì dal palazzo, aveva già sentito quel nome perché sapeva tutto sui membri degli Akatsuki.
Attraversarono la città il più velocemente possibile e ne uscirono per evitare combattimenti che avrebbero potuto causare danni. Una volta fuori dalle mura si allontanarono e di tanto in tanto gettavano qualche occhiata alle loro spalle notando come effettivamente la bomba di argilla li stesse seguendo; appena furono sicuri di essere abbastanza lontani si fermarono attendendo di essere raggiunti. Gaara si preparò e dalla sua giara uscì una sabbia più scura di quella che li circondava, era intrisa di chakra e si mosse velocemente prendendo a girare attorno al Kazekage che, concentrato, non distolse un attimo lo sguardo dalla figura che si stava avvicinando.
A dispetto delle aspettative il rapace si fermò e il suo, per così dire, proprietario scese facendo qualche passo verso i due che rimasero immobili, all’erta:
  “Mmh?”, quando l’unico occhio scoperto del biondo si posò sulla ragazza lo stesso piegò la testa di lato, incuriosito.
  “Deidara, quante volte ti ho detto che odio aspettare?”, un’altra persona apparve quasi dal nulla, sembrava un ragazzino, aveva i capelli rossi e gli occhi nocciola.
  “Scusa Maestro Sasori, mi ero fermato ad osservare lei. Non noti anche te qualcosa di strano?”, a quel punto Aoshiro si sentì seriamente al centro della più totale attenzione, cosa che non le piacque per nulla.
  “Hai ragione. Interessante però, non trovi?”, commentò Sasori con tutta calma. Era quasi snervante il suo modo di fare.
  “Si può sapere cosa volete? Siete estenuanti, mi sta già venendo il mal di testa.”, disse lei al limite della pazienza dopo cinque minuti che gli altri due bisbigliavano sommessamente senza mai smettere di fissarla.
  “Ma sentitela la bambina. Non dovresti essere a letto a quest’ora? Su su, lascia le cose ai grandi.”, il tono provocatorio di Deidara le fece chinare il capo e tremare di rabbia.
  “Chi stai chiamando bambina?”, soffiò fra i denti serrati in una morsa che dopo poco cominciò a farle male. Il biondino si prese la libertà di andarle di fianco, tra l’altro ignorando bellamente Gaara, e posò una mano sulla testa della ragazza che la scansò. Puntò i suoi occhi in quelli dell’altro, occhi colmi d’ira, proprio non sopportava essere presa in giro per la sua altezza:
  “Ti faccio presente che i bambini dovrebbero pensare a giocare, non a cercare di assassinare la gente con lo sguardo. Quanti anni hai bambina?”, si divertiva proprio a ripetere e a calcare su quella parola.
  “Ne ho diciassette, vecchietto.”, ribatté in ripicca nonostante sapesse bene che l’altro aveva solo un anno più di lei.
  “Cosa? Diciassette? Scusa Sasori, ma per te è normale essere così bassi a quest’età?”, si mise a ridere e non si accorse del violento pugno allo stomaco che lo fece cadere con un rantolo.
Odiava il suo atteggiamento, odiava lui. Be’, era difficile trovare qualcosa che lei non odiasse, a parte il cielo ovviamente.
Il loro atteggiamento però risultò strano, in qualche modo non sembravano interessati a combattere o a rapire qualcuno, questo insospettì ulteriormente sia Aoshiro che Gaara il quale, stanco di rimanere a guardare Deidara e la ragazza battibeccare, si mise in mezzo:
  “Allora cosa siete venuti qui a fare?”, disse scocciato.
  “Ah già, quasi dimenticavo! Siamo venuti qui perché eravamo sulle tracce di una persona… come dire… invisibile.”, provò a spiegare il biondo. Il Kazekage alzò un sopracciglio scettico.
  “Deidara sei sempre il solito, non sai spiegare le cose.”, Sasori si era, chissà quando, avvicinato e teneva gli occhi puntati sulla ragazza.
  “Vi spiego io perché siamo qui. Stavamo effettivamente seguendo qualcuno, ma definirla invisibile è eccessivo perché appunto per quel motivo spicca fra tutti gli altri.”, era stato fin troppo vago persino per lui.
  “E, di grazia, quale sarebbe il motivo?”, Aoshiro affiancò Gaara che nel frattempo aveva indietreggiato fino a raggiungere una distanza ottimale da coloro che erano i loro nemici.
  “Ma come, dovresti saperlo bene mia cara Aoshiro Onmyō.”, parve accarezzare con la voce il cognome della ragazza la quale arretrò di un passo, che sapessero cos’era lei? Impossibile, era semplicemente assurdo.
  “Tu…”, cominciò a dire lei, ma fu interrotta e un paio di occhi nocciola l’ancorarono al suolo.
  “Mi pare strano che qualcuno, per quanto debole, non emetta nemmeno una minima traccia di chakra.”, accidenti, non l’aveva calcolato. Una caratteristica che avevano in comune lei e suo fratello era quello di occultare del tutto la quantità di chakra che possedevano, solo che era permanente e ciò attirava l’attenzione di eventuali ninja esperti. Era stata sciocca a non pensarci, Toneri l’aveva messa in guardia mille e più volte.
  “…”, non seppe cosa dire, ribattere era inutile perché tutti i presenti lo sapevano.
  “Eppure non sembri affatto debole, o sbaglio?”, lo scorpione aveva stampato in volto un sorriso di vittoria perché sapeva di averla in pugno.
  “E quindi?”, il Drago dello Yang strinse i pugni e tese le braccia lungo i fianchi.
  “Niente, ora ce ne andiamo. Oggi la nostra missione era quella di raccogliere informazioni, tutto qui.”, concluse definitivamente il Maestro burattinaio saltando sopra il volatile in argilla.
  “È stato un piacere conoscerti, bambina, spero ci rivedremo presto.”, Deidara fece un piccolo inchino provocatorio e seguì il compagno, poi se ne andarono.
 
  “Non capisco.”, Kankuro si grattò la testa dopo l’ennesimo tentativo sprecato per fargli capire la situazione.
  “Lascia perdere.”, sospirò sconsolata Temari. Non aveva ancora deciso se fidarsi o no dell’altra ragazza, ma decise di non opporsi al volere del fratello più piccolo.
Aoshiro si era chiusa nella sua stanza e se ne stava sul balcone ad osservare l’alba che pian piano rischiarava il cielo, le stelle vennero oscurate dalla luce del Sole che sorgeva al di là delle dune. Al suo fianco c’era Gaara che aveva appena terminato di raccontare la prima volta in cui Deidara e Sasori erano entrati a Sunagakure. Erano sprofondati nel silenzio e, a parte il leggero soffio del vento, non si udiva alcun rumore.
Era confortevole stare con qualcuno di così taciturno, pensò la ragazza; Toneri in confronto era un chiacchierone e perciò spesso si vedeva costretta a fuggire da lui saltando giù dalla colonna di ghiaccio. Aoshiro pensò a quanto era successo da quando era partita, a chi aveva incontrato sul suo percorso e a chi aveva appena affrontato. Spostò lo sguardo dal grande Sole rosso al Kazekage che guardava dritto davanti a sé, ricordò a come si era messo fra lei e il biondo con l’intento di proteggerla da un eventuale pericolo e fu felice di aver avuto qualcuno che l’aveva pensata, anche se solo per un attimo. Il ragazzo si accorse dello sguardo che era posato su di lui e ricambiò mettendosi ad osservare il viso stanco che era a poco meno di trenta centimetri di distanza dal suo; occhiaie scure e pesanti gravavano sotto gli occhi misteriosi che non volevano mollare i suoi color acquamarina:
  “Sarai stanca e probabilmente avrai anche fame, se riesci a reggere un’oretta andiamo a mangiare qualcosa, ok?”, propose così dal nulla. Lei annuì appena e tornò a fissare l’orizzonte.







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NOTA DELL'AUTRICE: Buongiorno a tutti! Ecco, ci tenevo a precisare che Aoshiro ama il cielo (non l'avevate ancora capito, vero? Ahah). Ho voluto dedicare l'intero capitolo alla prima impressione che si fanno gli altri di una ragazza così strana come lei (non che i personaggi di Naruto siano normali, per l'amor del cielo). Ci vediamo al prossimo capitolo!♥

 

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