'Cause we all wanna party when the funeral ends.

di radfrankiero
(/viewuser.php?uid=635470)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** yeah, it's cool i'll be okay. ***
Capitolo 2: *** The Light Behind Your Eyes ***
Capitolo 3: *** I can see you awake anytime in my head. ***
Capitolo 4: *** I remember a time when someone could love me. ***
Capitolo 5: *** And we are perfectly imperfect as we should be. ***
Capitolo 6: *** Fuori dal buio e dentro il nero ***



Capitolo 1
*** yeah, it's cool i'll be okay. ***


“Gerard”
..
“Gerard alzati.”
“mh..shdas.. via”
“Gerard…”
Nessuna risposta.
“GERARD ALZA QUEL CULO.”
“MICHAEL WAY LASCIAMI DORMIRE E’ SABATO. ALLONTATI DA ME. ORA.”
“GERARD ARTHUR WAY, ALZATI IMMEDIATAMENTE MAMMA DEVE PARLARTI. ORA.”
“SI OKAY BUONGIORNO ANCHE A TE, EH”
Sento qualcosa arrivarmi in testa. Cristo, che male. Porto la mia mano destra sulla fronte.
“Ahia.. ma cosa diavolo..” sento Mikey che ridacchia. Fottuto stronzo.
“Ti ho lanciato la sveglia, idiota. Dovevo svegliarti, in qualche modo no?”
“MA COSA CAZZO SONO SVEGLIO. SONO SVEGLIO.” urlo.
“Mamma ti aspetta sotto, comunque.” dice mentre fa spallucce.
“L'hai già detto..ma perché?” chiedo corrugando le sopracciglia.
“Beh, ci trasferiamo Gee..” dice accennando un sorriso.
“Cosa?” urlo sbarrando gli occhi e scostandomi le coperte di dosso.
Non lo faccio rispondere, salto giù dal letto prendendo a volo la mia felpa, la indosso e cerco di sistemare i miei capelli alle bell’è meglio. Corro giù per le scale, e trovo mia madre in cucina, intenta a mettere lo zucchero nel caffè.
Cerco di riprendere fiato prima di parlare.
“Perché ci trasferiamo? Cosa diavolo sta succedendo?” le chiedo allarmato.
Mi sta.. sorridendo. Cosa? Okay, la cosa è seria.
“Gerard, tieni.” - mi porge la tazza con il caffè - “Siediti che parliamo, avanti”
Cerco di non farmi prendere dal panico. Ho sempre odiato i trasferimenti. Cambiamo sempre città, casa, scuola. E’ sempre così per via del lavoro di mamma. Sembrava quasi un sogno, non si sentiva parlare di trasferimento da quasi un anno, credevo che finalmente fossero finiti.. e invece.
Il problema è che in quest’anno io mi sono trovato bene qui a New York. Ho trovato degli amici, e non ho avuto problemi con bulli o roba simile. A scuola non mi calcolano neanche, mi basta la mia compagnia. E questa cosa mi sta bene. Perché finalmente ho trovato pace qui. Non voglio trasferirmi, cazzo.
“Gee.. mi hanno trasferito la cattedra insegnerò letteratura in un’altra città..” dice mentre prende posto affianco a me e si sposta una ciocca di capelli dorati dietro l’orecchio.
“Ma che sorpresa..” dico sarcastico “..e come mai, di grazia?” chiedo mentre porto alla bocca la tazza di caffè fumante facendo attenzione a non bruciarmi.
“Questa volta, ho chiesto io il trasferimento, Gerard. Qui le cose non sono andate come avevo previsto tesoro, questa è l’ultima..davvero” dice con un filo di voce tenendo lo sguardo basso.
“E’ sempre l’ultima, mamma..” dico mentre mi alzo con furia dalla sedia e mi incammino lontano da lei. E’ sempre così.
La prima volta che cerco di crearmi una vita, qualcosa di fisso..  poof .. sparisce. Ma cosa posso farci io? Niente. E’ colpa sua.
Salgo le scale velocemente fino ad arrivare in camera mia, trovo Mickey seduto con poca grazia sul suo letto intento a leggere uno dei suoi fumetti.
Sbatto con furia la porta ma ciò non lo smuove, forse se lo aspettava una reazione del genere da parte mia, chissà..
“Allora..” dice con molta calma cercando di posare il fumetto sul comodino e concentrandosi sulla mia figura.
“Beh, cosa vuoi che ti dica, trasferiamoci no?” dico irritato alzando di poco la voce. Non mi sta bene, affatto.
“Gee, non cambierà nulla..”
“Mikey, qui ho trovato degli amici,. Sai quanto sia difficile per me avere degli amici, qualcuno che mi riesca a sopportare, ho cercato di farmi una vita e ci stavo riuscendo..” dico mentre mi mordo il labbro inferiore “..e poi..”
“E poi..?” dice issandosi sui gomito per guardarmi meglio in faccia.
“Qui non ci sono persone che mi pestano o che mi deridermano.. e lo sai..”
“Gee, ti prego non dire così. E’ stata una brutta esperienza quella con i bulli, non si ripeterà, te lo prometto..” mi sorride piegando la testa da un lato.
“Oh si certo.. ma-..”
“Ma niente Gee, ascoltami ora, partiamo tra quattro ore, devi fare le valige e..” mi si avvicina e mi sta.. odorando?
Lo guardo in modo confuso “.. si devi farti una doccia perché, fratello io ti voglio un bene dell’anima lo sai, ma puzzi tanto, ma tanto okay?”
Lo guardo con gli occhi sbarrati dallo stupore.
“Cosa io non..”
“..anzi Gee facciamo una cosa, io ti faccio la valigia tu LAVATI.” si alza dal letto per venirmi incontro.
“Ma veramente io..” non faccio in tempo a replicare o insultarlo pesantemente che mi spinge con forza nel bagno.
Mi chiude dentro, sento che sghignazza dietro la porta e se ne va. Oh se gliela farò pagare.
Apro l’acqua, aspetto che sia tiepida, nel frattempo mi spoglio e mi ci tuffo dentro. Mi lascio trasportare dal tepore dell’acqua e per un po’ blocco il flusso dei miei pensieri sul trasferimento inaspettato e cerco di rilassarmi.

Anche se mi risulta difficile.
Penso a cosa mi possa aspettare una volta arrivati lì e dio solo sa quanto mi terrorizza l’idea di rivivere quelle brutte esperienze con i bulli a scuola, o peggio di rimanere solo, di non essere all’altezza delle aspettative degli altri.
Dopo essermi insaponato e sciacquato per bene, decido di uscire dalla doccia. Prendo l’accappatoio ed esco dal bagno. Mi dirigo verso la mia camera. Mikey non c’è, chissà dove diavolo è andato a finire quel nerd occhialuto.
Guardo l’ora. Sono le dieci, mancano ancora tre ore. Faccio spallucce, intanto apro un cassetto e scelgo un paio di boxer, mi avvicino al mio armadio rigorosamente nero e scelgo di indossare la mia felpa porta fortuna, quella dei Nirvana e prendo a caso un jeans nero. Mi avvicino allo specchio e cerco di sistemare decentemente i capelli. La mia pelle sembra essere più pallida del solito, grandioso. Sbuffo, e cerco di dirigermi al pino di sotto. Mi dirigo verso le scale quando sento un dolore allucinante al ginocchio destro, e un tonfo.
“CRISTO CHE MALE MA COSA.. MIKEY CAMMINA QUI.”
Vedo mio fratello che corre verso le scale e mi ritrova a saltellare con un piede solo, mentre con una mano cerco di tenermi stretto il ginocchio che ora fa davvero male, cazzo.“MIKEY COSA CI FA LA TUA VALIGIA QUI, CRISTO CHE MALE, IL GINOCCHIO”
“Gee, ma cos-“ scoppia a ridere. Lo stronzo ride, certo.
“G-Gee, cosa fai? Gee, posa quella valigia cos-AAAAH”
In un lampo prendo la valigia e gliela scaravento contro, lo prendo dritto allo stomaco, lo vedo indietreggiare e cadere a terra. Okay, forse ho esagerato ma se lo meritava, tsk.
Scendo le scale e gli vado davanti.
"
O-okay hai vinto tu.” cerca di levarsi la valigia di dosso e si issa sui gomiti, gli porgo la mano per aiutarlo.
“Cosa state facendo..” entra nostra madre nel salotto, tempismo perfetto “..tutto questo chiasso per una valigia?” chiede incredula.
“Si, mamma una valigia..” dico ridendo e tirando una gomitata a Mikey che intanto cerca di raccontarle cos’è successo realmente.
“S-si..” dice annaspando.
“Beh, dai tra un po’ partiamo..”
“Mancano ancora tre ore, mamma.” dico sbuffando.
“Oh nono signorino, decido io. Dato che siete pronti possiamo andare.”
“Ma la mia valigia?”
“E’ in macchina ci ha pensato Mikey.. io sono pronta da ieri in verità, e tuo fratello non è mica lento come te Gee..”
“Si.. e i mobili non dovremmo aspettare qualcuno che so..?” cerco di perdere tempo invano.
“Gee, cambiamo casa, i vecchi proprietari, ci hanno detto che potevamo tenere quelli e poi..” dice prendendo la sua valigia da terra “..non devi prenderti certi problemi è compito mio da quando.. beh sì papà non c’è..”
“Si certo.” dico e ci incamminiamo verso la porta. C’è ne stiamo andando.
Sento il telefono vibrare nella tasca dei jeans..
Una chiamata, Lyn-z.
Oh..
“Hei, Gee” la sua voce, mi mancherà così tanto. Ed ora?
“Ciao..” dico, non riesco a dirle addio.
“Come va? Dio, devi assolutamente venire a casa, devo farti vedere una tela a cui sto lavorando e.. Gee mi ascolti?”
“Veramente.. io..” non so cosa dirle, perché è cosi difficile?
“Gee, qualcosa non va?”
“Io.. devo.. un.. si cioè.. ehm” mi fermo e prendo un respiro profondo.  Okay. Calma.
Guardo Mikey e mia madre davanti a me. Mikey mi guarda è dispiaciuto e mia madre altrettanto.
“Gee.. cosa..” la sua voce è preoccupata.
“Io mi trasferisco.” dico tutto d’un fiato.
“COSA?” la sento urlare.
“H-Hai capito bene.. mi trasferisco..”
“Perché non hai chiamato prima..?” sospira.
“L’ho saputo stamattina, i-io non sapevo, altrimenti.. senti verrò qui a trovarti.. cioè a trovarvi, salutami quell’afro di Ray e digli che mi mancherà tantissimo..okay?”
Sento dei singhiozzi. Oh no. Nono
“Hei, Lyn-z non piangere okay.. i-io..”
“Nono, Gee è o-okay, va bene, ti saluterò Ray e..” altro singhiozzio, dio mi si spezza il cuore “.. non dimenticarti di noi quando sei lì, fatti sentire va bene?”
“Si, okay..” vedo Mikey davanti a me che sorride e apre la porta per andare ed io capisco che è ora “..devo andare ci sentiamo appena arrivo lì d’accordo?”
“Si certo Gee.. c-ciao..” dice con voce rotta dalle lacrime.
La saluto prima di chiudere la chiamata.
Mi avvicino a Mikey scacciando via le lacrime che tentano di farsi strada sulle mie guancie e sento un braccio avvolgermi le spalle. Mikey mi stringe e cerca di rassicurarmi, mentre mi porge il cappotto. Me lo infilo e ci avviciniamo alla macchina. Tento di aprire lo sportello quando mi blocca la mano.
“Va tutto bene?” mi chiede Mikey.
“Certo” dico con cercando di fare un sorriso tirato.
Salgo in macchina e mi accascio sul sedile con noncuranza e stringo le spalle nel cappotto.
Sento uno sportello chiudersi.. Mikey.
Alzo lo sguardo e lo vedo seduto davanti, a sinistra mamma che mette in moto e mi sorride dallo specchietto, cerco di ricambiare e si parte.
Sento le lacrime che chiedono di uscire, ma le caccio via con un gesto della mano. Insomma non serva a nulla piangere. Osservo la casa. Mi mancherà.
Prendo il telefono dalla tasca del jeans per controllare l’ora. Sono le dieci e mezza. Lo rimetto al posto e.. “Siete pronti?”
“Sì.” dice sicuro Mikey.
“S-sì.”dico incerto. Mi volto per guardare la casa un’ultima volta e sento mia madre partire. 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** The Light Behind Your Eyes ***


Arrivati.
Eccoci qui nella piccolissima, insignificante BelleVille.
La casa che mi si presentò davanti era una villetta, c’era un giardino, vari fiori ed una porta nera, che Mickey si prestò ad aprire.
Appena dentro nostra madre ci disse di salire sopra e di scegliere la nostra camera. Io e Mikey salimmo le scale, e corsi verso la camera più grande, doveva essere mia. Entrai e mi chiusi dentro.
Davanti a me c’era un letto, nell’angolo un normalissimo armadio, di fronte al letto una scrivania. Non era molto arredata ma mi stava bene, fatta eccezione per le pareti bianche.
Insomma, sarei impazzito con tutto quel bianco intorno, così mi segnai mentalmente di comprare della vernice scura.
Sistemai con molta calma i miei vestiti e poggiai sulla scrivania i miei album da disegno e in ordine quasi maniacale sistemai tutte le mie matite, pennelli, ecc.. Accanto ad essi sistemai i miei cd e lo stereo, sono le cose a cui più tengo nella mia inutile vita. Mentre raggruppavo i miei adorati cd, notai una finestra, non so come non ho fatto prima ad accorgermene insomma.. una finestra Gerard.
Lasciai da parte i cd e mi affacciai alla finestra, c’era una villetta come la nostra solo che il giardino era molto più curato, c’era una finestra che combaciava con la mia, potevo vedervi dentro se non fosse stato per le tende bianche che mi impedivano di osservare.
“Ora anche stalker Gerard? Cosa?”
Maledicendomi tornai dentro, chiusi la finestra. Presi la giacca che avevo lasciato sul letto e decisi di fare qualcosa per passare il tempo invece di farmi strane idee sulla casa affianco alla nostra.
Scesi di fretta le scale, diedi un bacio sulla guancia a mamma e me ne andai.
Notai subito il cambio di temperatura, cosi mi strinsi maggiormente nella mia giacca. Comincia a camminare senza una meta precisa. Volevo scoprire in che diamine di posto mi ritrovavo.
Camminando per non so quanto, probabilmente una o due ore, non trovai nulla di interessante, a parte un parco-giochi distrutto. Si, non sono normale. Il flusso dei miei pensieri si bloccò quando notai che dall’altro lato della strada c’era un bar, mi avrebbe fatto bene un caffè, feci spallucce a non so neanche io cosa e mi incamminai verso il bar.
Entrai e mi lasciai cullare dal calore che quel posto emanava. Era davvero molto carino, c’erano dei tavoli, in fondo una coppietta che parlava tranquillamente e dietro il bancone un ragazzo che serviva una donna. Mi sedetti su uno dei tanti sgabelli.
In alto c’era un orologio ne approfittai per controllare l’ora, erano le 16:00.
“Desidera qualcosa?”
Giurai di non aver sentito voce più piacevole.
Guardai davanti a me, il ragazzo che prima stava servendo quella donna, ora guardava me. Mi persi nei suoi occhi, erano.. verdi? Chi poteva dirlo. Avevano delle sfumature marroni, erano semplicemente bellissimi. Non so per quanto tempo sono rimasto a contemplare quegli occhi, ma non era abbastanza. Decisi di parlare.
“U- Un caffè, per favore”
Oh grandioso, bella figura di merda Gerard, da quando balbetti?!
“Si, arriva..” disse sorridendo.
Osservai ogni suo movimento, mi persi a guardare le sue braccia che erano decorate da così tanti tatuaggi, c’erano delle lettere sulle sue dita.. ma non capivo.. I suoi capelli erano neri, aveva un ciuffo più lungo degli altri che ricadeva sul suo occhio destro.. e con la coda degli occhi stava guardando.. me? Sorrise.
Cosa?
 Avvampai immediatamente. Okay, calma Gerard. Non stava guardando te e non ti ha sorriso. Sicuramente qualche suo conoscente si trovava dietro di me. Ovvio. Distolsi lo sguardo e decisi di concentrarmi a mangiucchiarmi le unghie. Molto meglio. Si, certo.
Si avvicinò a me, con una tazza di caffè.
“Zucchero?” disse sfoderando uno dei suoi sorrisi. Doveva smetterla. Qualcosa sul suo labbro luccicava. Un anello che rendeva le sue labbra così.. okay Gerard basta
“No, grazie..” dissi prendendo in mano la tazza del caffè.
Mi guardava, sentivo il suo sguardo addosso.
“Tu non sei di qui, vero?” disse.
“Mh, no sono appena arrivato.. come mai?”
“Si vede che non sei di qui..”
“E come mai?” dissi mentre bevevo l’ultimo sorso di caffè.
Fece spallucce e prese la tazzina del mio caffè per pulirla.
“Cosa c’è scritto?” dissi e mi tirai mentalmente uno schiaffo.
“Uhm?..” disse lui spaesato.
“I-Intendevo, il tatuaggio sulle mani.. cosa c’è scritto..” potevo sentire le guancie colorarsi di rosso.
“Ah quello” disse sorridendo, non era un sorriso di scherno ma uno di quelli amichevoli e quasi dolci. Alzò le mani e.. HALLOWEEN.
Sorrisi spontaneamente.
“Ti piace?” disse.
“Si, è bellissimo.” –anche tu sei davvero bello- avrei aggiunto ma insomma no-
“.. Se posso chiedere perché ‘Halloween’?” azzardai.
“Prima di dirti cosa significano i miei tatuaggi ti dispiace se so almeno il tuo nome?” disse ridendo.
“Oh..” arrossì “Si, certo mi chiamo Gerard. Tu?”
“Frank, piacere” Disse sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi tendendomi la mano. La afferrai subito. E sorrisi anch’io. Per la prima volta sorrisi spontaneamente. Per la prima volta mi sentii rapito da due occhi così belli e innocenti.. Per la prima volta, volevo conoscere veramente una persona e cercare di essere la causa di quel sorriso che illuminava il mio cuore malridotto.
Frank.
_____________


Fine capitolo, so che ci saranno degli errori, perdonatemi vi amo.
Allora, questo capitolo è corto rispetto al primo ma vedrò di migliorare(?) 
Se avete domande, opinioni, critiche, scrivetemi in privato o nelle recensioni, grazie in anticipo a chi lo farà u-u
Alla prossima.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** I can see you awake anytime in my head. ***


**spazio autrice**
Prima che leggiate voglio avvertivi, non ho riletto il testo quindi, sicuramente ci saranno errori e vi prego di dirmelo, grz.
Questo capitolo è un po’ lungo, ma vbb.
Spero di non avervi annoiato, e alla prossima.

  ____________

Stropicciai gli occhi un paio di volte prima di abbandonare il tepore del mio letto. Scesi in cucina dove trovai Mickey intento a bere il suo caffè e mamma che preparava dei pancake.
Mi sedetti sbadigliando sonoramente conquistandomi gli occhi di tutti puntati addosso.
“..’giorno.” dissi portando un gomito sul tavolo e sbattendoci la testa, alzai gli occhi sul muro per vedere l’ora che segnava l’orologio.
Erano le 7:30.
“Mamma, ci accompagni tu a scuola o..” non mi lasciò finire la frase che rispose “Ovviamente, Gee che domande, il vostro primo giorno vi accompagno io, poi quando imparerete bene la strada beh.. potete prendere il bus no?” in tutta risposta Mickey fece un segno con il capo e si alzò dileguandosi dalla stanza. Presumendo che si sia andato a vestire, lo seguii.
Salimmo le scale e poi ognuno nelle nostre camere. Lo guardai mentre sbatteva la porta della sua camera, feci spallucce pensando che fosse normale di prima mattina questo comportamento strano.
Mi avvicinai al mio armadio, presi le prime cose che mi capitarono davanti quindi una felpa dei Queen, dei jeans blu con qualche strappo e lo zaino dove ci misi a caso delle penne, che erano sulla scrivania e il mio album da disegno.
Mi guardai allo specchio, cercavo di sistemare i miei capelli, ma sembravano possedere vita proprio così al terzo tentativo di rendermi presentabile, lasciai perdere. Sbuffai e scesi giù, poggiai lo zaino davanti alla porta ed entrai in cucina.
“Gee, hai parlato con Mickey ultimamente?”
“Beh, veramente no, non c’è stato il tempo..” dissi, aveva ragione non avevo una conversazione con lui da quando ci siamo trasferiti “..rimedierò mamma non preoccuparti..”.
“Va’ sopra e digli di sbrigarsi, per favore.”
Bussai tre volte alla porta della sua camera. Quando stavo quasi per buttare giù la porta, mi aprii.
“Oh, non disturbarti ad aprire subito la prossima volta..”
“Che ti serve?” disse senza guardarmi in faccia.
Lo scansai da davanti la porta ed entrai con nonchalance e mi tuffai sul suo letto. Mi guardò con aria interrogativa. Gli feci segno di sedersi accanto a me sul letto. Roteò gli occhi e si sedette sul letto sbuffando.
“Allora..” dissi.
“Cosa?”
“Perché siamo così suscettibili stamattina?” dissi sorridendo.
Fece spallucce. Avvicinai un braccio dietro la sua spalle per tenerlo stretto. Ci tenevo tanto a quel piccolo mostriciattolo occhialuto.
“Lo so che c’è qualcosa.. avanti lo sai, puoi dirmi tutto..”
Lo vidi mentre si mordicchiava il labbro inferiore prima di parlare.
“Forse c’è qualcosa ma non voglio dirtela, q-quando sarà il momento sarai il primo a saperlo okay Gee?”
Lo abbracciai ancora più forte ed annui. Lo tirai per il polso e lo feci alzare dal letto.
“Scendiamo, mamma ha detto di sbrigarci..”
“Okay.”
Scendemmo le scale insieme, nostra madre appena ci vide fece un sorris- oh.
Mi tornò in mente, quel ragazzo, quel sorriso..
Abbassai il viso e arrossii, cosa mi stava facendo quel ragazzo.. Frank.
“Allora, sono le 7:40 andiamo?” il flusso dei miei pensieri venne interrotto dalla voce di mia madre.
“Certo” disse Mickey catapultandosi davanti alla porta.
“Mickey non dimentichi qualcosa?”
“Cos..”
“Lo zaino idiota.” dissi sbuffando mentre risalivo le scale per andargli a prendere lo zaino che aveva lasciato nella sua camera.
Tornai giù e vidi Mickey che si sbracciava dal finestrino dell’auto.
Corsi, chiudendo la porta di casa.
Il viaggio da casa a scuola non fu molto. Arrivammo lì in meno di cinque minuti e la campanella non era ancora suonata. Scendemmo dall’auto in simultanea io e Mickey, salutammo nostra madre e ci incamminammo verso il cancello di quella che doveva essere la nostra scuola.
Non era male, era grande ed aveva un largo giardino dove molti ragazzi chiacchieravano o consumavano la loro sigaretta.
Io e Mickey prendemmo posto sotto un albero, lontano un po’ da tutte quelle persone. Almeno io volevo stare lontano da loro.
“Secondo te faremo amicizia?”
Non avevo voglia di rispondere, anzi non avevo voglia di fare nulla.. ma mi trovai costretto.
“Probabilmente tu sì, io.. non so..” nel mentre ci passo davanti una presumibile squadra di football “.. mi uccideranno me lo sento..” strinsi le gambe al petto, mi sentivo male soltanto a guardarli. Avevo avuto brutte esperienze con i giocatori di football nelle vecchie scuole. Sentì una leggera spinta da parte di Mickey.
“Sarà diverso Gee.” disse per rassicurarmi ma non riuscendoci granché.
“..come lo sai?” dissi quasi in un sussurro.
“Prima di tutto perché non ti hanno neanche notato, quindi forse c’è una qualche probabilità che faranno finta di nulla, e poi mi domando perché non fai qualcosa che ti faccia essere rispettato da loro.. da tutti Gee..” disse sorridendo.
“Io non voglio essere nessuno, Mickey. Voglio essere invisibile e spero di riuscirci in questa scuola. Spero di non essere notato da nessuno.” detto ciò mi alzai, presi lo zaino e feci per andarmene.
“Ed ora dove vai?” chiese confuso.
“E’ suonata..”
“Oddio, aspettami.”
Mi raggiunse davanti all’entrata, alla nostra destra c’era la portineria, dove una signora che poteva avere si e no una trentina di anni, con uno strano gusto nel vestire, ci accolse con un sorriso.
“Voi siete i fratelli Way, vero?” una voce stridula, raggiunse le mie orecchie.
“E lei come lo sa, scusi.” disse Mickey.
“Oh, siete nuovi di qui, si vede..”
Quelle parole risultavano familiari alle mie orecchie e mi ritrovai a pensare inconsciamente a Frank.
“Comunque questi sono i vostri orari..”
Ci porse dei fogli. Prima ora, filosofia. Mentre Mickey aveva geometria. Insieme ai fogli ci diede una mappa della scuola con sopra tutte le aule e per raggiungerle ci disse di seguire i numeri sulla porta delle aule.
Perfetto.. salutai Mickey, io dovevo andare alla ricerca della 3^F..
Cristo mi sarei perso.
Era la terza volta che salivo e scendevo le scale alla ricerca della mia aula.
Decisi di passare per l’ennesima volta, per lo stesso corridoio che poi dava alla portineria, praticamente stavo girando intorno per tutto l’istituto.
Bravo Gerard.
Davvero, e se qualcuno ti ha visto? Ti prenderanno per pazzo, sicuramente.
Osservavo la piccola mappa della scuola che mi aveva dato quella strana signora all’entrata e non feci caso davanti. Non mi resi conto di essere andato a sbattere contro qualcosa.. qualcuno.
Oh cazzo..
D’istinto chiusi gli occhi. Molto lentamente li riaprii e alzai la testa, pronto a ricevere qualche insulto.
Un ragazzo davanti a me. Sorrideva. Ma non era un sorriso dolce come quello di Frank o come quello che la mattina incorniciava il viso di mia madre.
Era un sorriso.. che faceva quasi paura.
Mi osservò ed io cominciai a tremare.
“Allora, ci siamo persi?” continuava  a sorridere in quel modo così inquietante. Feci di sì, con un movimento del capo.
“Posso?” indicò il foglio che tenevo in mano. Glielo passai e lui con un gesto veloce lo arrotolò e lo buttò per terra.
“Io sono Mark.” mi tese la mano, non era come quella di Frank, la sua era rovinata da dei taglietti sulle dita ed erano ruvide al tocco.
“Gerard..” dissi tossicchiando un po’.
“Gerard, è il tuo giorno fortunato, ti accompagnerò io in classe. Avanti.” mi fece segno di camminare davanti a lui.
“N-Non hai lezione?” chiesi. Sperai con tutto il cuore di sì, che se ne andasse via.
“Oh certo che sì, ma credo che aiutare te sia più.. interessante.” mentre pronunciava quelle parole sentì una fitta allo stomaco mi girai a guardarlo e aveva ancora quello strano sorrisetto sulle labbra.
Mentre camminavamo per un corridoio che non avevo notato quando cercavo inutilmente di trovare la mia classe, ci passò accanto un ragazzo che fermò di colpo Mark.
“Mark, da quanto..” questo ragazzo aveva un viso dai lineamenti duri e le sue mani tremavano. L’allegria che usò per salutare Mark fu.. disarmante, non pensavo che si potesse fare un sorriso più grande di quello che la persona davanti a me stava sfoggiando.
“Luke..” disse Mark accennando un sorrisino.
Luke mi squadrò per un momento, poi tornò a guardare Mark.
“E lui? Questo scricciolo ti sta dando fastidio..?” disse cambiando subito umore. Se prima era la persona più felice che avessi mai visto ora era quasi infastidito dalla mia presenza.
“Ma no, anzi..” mise un braccio introno alle mie spalle “.. lui è con me.” Fece un cenno con il capo che fece intendere qualcosa a Luke di cui io ero allo scuro.
Che cosa diavolo voleva dire quel cenno col capo?
“Capito, allora come ti chiami?” disse rivolgendosi a me.
“Gerard..” dissi guardando prima Luke e poi Mark.
“Uno con un nome normale no eh? Insomma Gerard..” disse il mio nome mimando delle virgolette con le mani.
“Fottiti, ora dobbiamo andare..”  disse Mark con un tono di voce che non ammetteva repliche.
“Okay.. ci vediamo.”
Mark levò il braccio intorno alla mia spalla e continuammo a camminare senza dire niente, quel silenzio mi stava uccidendo.
Ci fermammo davanti ad una porta e lui mi fece segno di bussare.
Deglutii e alzai tremante la mano, bussai.
Mark, aprì la porta senza aspettare. Entrò prima lui e io rimasi lì, non riuscivo a muovermi.
“Prof, il suo nuovo alunno non riusciva a trovare la classe, mi sono disturbato ad accompagnarlo io stesso.” disse guardando dritto negli occhi il professore che era appoggiato alla cattedra.
“Grazie Mark, e vediamo dov’è questo mio nuovo alunno?”
Mark si girò verso di me, e mi trascinò davanti al prof. Mi presentai.
“Gerard Way, signore.” dissi tutto d’un fiato.
“M-Mark credo che ora sia arrivato il momento di andartene, tu Way puoi accomodarti.” Il professore sembrava quasi intimorito dai modi di fare di Mark.
“Certo, Gerard ti aspetto alla ricreazione.” disse guardando nella mia direzione e solo in quel momento mi accorsi degli occhi di tutta la classe puntati su di me, e alcuni sembravano trattenere il fiato per paura che Mark li guardasse. Sentii qualcuno infondo tossicchiare ma non mi girai ero troppo occupato a pensare ad una risposta da dire.
“C-Certo” dissi balbettando.
Mark mi sorrise con quel suo ormai tipico ghigno e se ne andò.
Io cercai con lo sguardo un posto libero. C’è ne era uno infondo e mi ci fiondai. Buttai lo zaino sul banco e lascia che i miei muscoli si rilassassero sulla sedia.
Chiusi gli occhi per un momento.
Ma cosa diavolo ho di sbagliato?
Perche’ tutti io li trovo..?
Riaprii gli occhi, e sentivo lontano la voce del professore che stava cercando di fare conversazione con alcuni alunni sul comportamento dei giovani.
Incrocia le braccia sul banco e ci poggia la testa. Osservai il banco che si trovava affianco al mio. C’era una scritta enorme con alcune sfumature. Come diavolo ho fatto a non notarlo prima? Mi chiesi mentre lentamente mi alzavo per leggere meglio la scritta.
“Frank-.. Frankenstein.” dissi con un filo di voce per non farmi sentire da nessuno.
Quel banco non poteva essere di- mentre cercavo di finire questo pensiero che mi balenò in testa, un ragazzo con i capelli arruffati e il fiatone si precipitò alla porta. Giurai di aver perso un battito.
Il ragazzo cercò di riprendere fiato mentre con lo sguardo osservava il professore, il quale aspettava una spiegazione con le mani sui fianchi.
Il ragazzo alzò un dito, facendo intendere che doveva aspettare ancora un po’ prima di ricevere una risposta. Non riusciva a respirare bene, sembrava avesse corso così tanto, poverino.
Sorrisi.
“S-Scusate il ritardo professore.. dio..” tossicchiò un po’.
“Sta per suonare la seconda ora Iero. E poi non farò nulla, dato che non è il solo ad essere venuto in ritardo questa mattina..” disse lasciando scivolare la mani dai fianchi e andando a prendere posto dietro la cattedra.
“Oh beh, vede che non sono l’unico allora. Pft..” disse ridendo mentre cercava con lo sguardo il suo posto.
“Avanti prenda posto Iero, prima che mi penta e la faccia andare dalla preside.”
Il ragazzo si girò verso il professore che lo fissava e alzò una mano andando ad appoggiarla sulla fronte, imitando un soldato.
“Agli ordini, signore.” fece con voce buffa.
Il professore non rispose si limitò a sbuffare sonoramente.
Il ragazzo sorrise, ed io riamasi senza aria nei polmoni quando mi resi conto che era Frank.
Si avvicinò a me per andare a sedersi al suo posto.
Aveva un odore così dolce.. così buono.
Si mise seduto, poggiando lo zaino sul banco. Appoggio le spalle al muro e mi osservò.
“Piacere di rivederti.” disse.
“Oh, ricordi allora..?” davvero si ricordava di me o mi prendeva in giro?
“Beh, ancora non soffro di Alzheimer.. quindi si, mi ricordo di te ..Gerard giusto?” disse sfoderando uno dei suoi sorrisi.
“Sì giusto, Frank.” dissi cercando di mantenere la calma.
“Ha! Quindi anche tu ricordi il mio di nome..” disse ridendo.
“Già..” –come potevo dimenticarlo?
“Oh, ehi stavo scherzando..” disse mordicchiando il labbro inferiore e giocando con quel piccolo anello che lo incorniciava.
“.. comunque puoi non so.. chiamarmi Frankie, sai mi piace di più..” disse facendo spallucce. Era adorabile, e poi quella felpa rossa a righe nere, lo faceva sembra così piccolo. Sicuramente era di qualche taglia più grande altrimenti non si spiegava. Avrei voluto disegnarlo. Disegnarlo per sempre. Farlo diventare la mia arte.
“Oh si certo, va bene Frankie..” dissi sorridendo “.. tu puoi chiamarmi Gee.”
“Gee..” ripeté lui “.. mi piace.. va bene.” sorrise.
Giurai di aver sentito il mio stomaco fare una capriola.
Era tutto così bello. Lui era bello.
Mi rimisi con le braccia sul banco e ci appoggia la testa. Vidi lui fare la stessa cosa. Cercai di osservarlo facendo attenzione a non farmi vedere da lui.
Portava questa felpa rossa a righe nere e dei jeans neri strappati, sentivo il banco tremare ma non ci diedi molto peso. Continuai ad osservare il modo in cui teneva la guancia schiacciata al braccio e a quanto risultasse tremendamente adorabile e piccolo. I suoi occhi osservavano il professore che era intento a spiegare qualcosa di cui non me ne importava nulla.
Girai lo sguardo e lo portai ad osservare l’aula, quando sentii qualcosa spingermi delicatamente per richiamare la mia attenzione e poi una mano che si appoggiava sul mio braccio. Mi voltai e mi ritrovai con il volto vicino a quello di Frank.
“Scusa..” disse in soffio avvicinandosi al mio orecchio per non farsi sentire.
“D-Di cosa?” cercai di non balbettare ma mi era impossibile eravamo vicini e la sua bocca era così vicina a..
basta Gerard.
Fece un risolino che mi fece sorridere spontaneamente.
“Ti sto muovendo il banco..” mi indicò il suo orecchio e potei notare che aveva un’auricolare “.. tengo il tempo con la gamba e faccio muovere tutto.” disse abbassando lo sguardo imbarazzato.
“Oh, fa niente.. non preoccuparti, davvero.”
“Vuoi?” mi porse un’auricolare che io accettai. Stava ascoltando una canzone che mi era familiare ma non capii di chi si trattasse.
Mi rannicchiai sul banco come prima, vicino a lui, mentre ascoltavamo quella canzone.
“I pray for peace of mind
I beg for a brand new life
I plead for a second chance and the ability to shut my eyes at night.
Angels die and memories fade,
I’ll live to see, the day that you break.
My heart fades.”
Questa parte della canzone mi colpì. Mi sentivo esattamente così.
“Ti piace?” chiese Frank.
“Sì, tanto..” risposi cercando di avvicinarmi a Frank per essere sentito.
Giurai di averlo visto arrossire e di sorridere.
Un suono fastidioso giunse alle nostre orecchie. La campanella annunciò l’inizio della ricreazione.
Tolsi gli auricolari e li porsi a Frank ringraziandolo con un sorriso.
Li prese e li lanciò con noncuranza nello zaino. Cercai di uscire dall’aula, quando sentii una mano sfiorarmi il fianco.
Mi voltai rosso in viso. Era Frank.
Quel ragazzo mi voleva morto o?
“Passi la ricreazione con me?” chiese sorridendo.
“Certo.” Il suo sorriso si fece più grande e mi sentii felice. Perché la causa di quel sorriso così bello ero io. Arrivammo nel cortile, passeggiammo insieme senza dirci niente.
Non c’era bisogno di dire niente. Alcune volte ci guardavamo complici e ci sorridevamo fino a quando Frank non si fermò davanti ad un albero, quello che avevo condiviso stamattina con Mickey.
“Ci sediamo qui?” chiese.
“Uhm, si certo.” sorrisi.
Lo vidi che cercava nel suo zaino qualcosa, fino a quando trionfante non ne tirò fuori un pacco di sigarette.
Ne tirò fuori una e se la portò alle labbra. Intanto cercava nel giubbino un accendino Se la accese e con molto calma fece il primo tiro.
“Oh, scusa.. ne vuoi una?” chiese porgendomi una sigaretta.
“Non fumo..” lo guardai accigliato.
“C’è qualcosa che non va..? chiese “..odi il fumo vuoi c-che smetta?”
Sbuffai in una risata “Ma certo che no. E solo che non capisco perché il bisogno di fumare.”
“.. Continua..” disse.
Mi stava ascoltando?
Le persone di solito quando iniziavo un discorso facevano un gesto della mano per dirmi di stare zitto oppure facevano finta di ascoltarmi.
Oh..
“Beh.. intendo dire che le persone quando fumano, secondo me lo fanno per cercare di dimostrare qualcosa.. ad esempio alcuni lo fanno per dimostrarsi grandi.. altri perché quel sapore amaro in bocca piace, altri perché.. mh non so.. tu perché lo fai?”
Lo vidi pensieroso. Stava cercando una motivazione del perché stesse fumando. Dopo un po’ rispose.
“Io fumo perché sono come questa sigaretta che tengo in mano..” fece mentre mi indicava il filtro “.. piccola, insignificante, sottile, così sottile da essere insignificante agli occhi di tutti.”
“Wow..” non riuscii a dire altro. Lui non era così. Lui non era insignificante. Lui non doveva pensare questo. Lui è troppo innocente per pensare queste brutte cose.
Voltai il viso verso di lui.
“Non sei poi così insignificante e piccolo. Se sono qui con te è perché mi piace la tua compagnia, perché..” venni interrotto da un’ombra che mi si piazzò davanti.
Guardai in alto. E mi ritrovai Mark davanti.
Cristo, me ne ero dimenticato.
“Mark.” dissi freddo.
“Gerard, questo qui ti sta disturbando? Vuoi che lo levi di torno?” disse squadrando Frank. Non doveva toccarlo.
“No, Mark non mi sta disturbando.” Sospirai.
“Allora vieni, ti stiamo aspettando, dobbiamo farti vedere una cosa..” disse porgendomi la sua mano.
Guardai Frank, cercai nei suoi occhi una conferma, non volevo andarmene, volevo rimanere con lui.
Mi guardò e mi sorrise “Vai, ci vediamo in classe.”
Quel sorrise mi fece sentire un vuoto. Non era spontaneo, era forzato.
Avrei preferito non averlo visto. Lui non doveva forzarsi a sorridermi perché lo stavo lasciando solo e non volevo.
“O-Okay, torno subito Frankie.”
Era la prima volta che lo chiamavo con quel nomignolo e lo vidi abbassare il viso e le sue guancie si velarono di rosso.
Ignorai la mano di Mark e mi alzai da solo.
Mark mi portò dietro la scuola. Mentre ci avvicinavamo ad un muretto sentii dei gemiti di dolore.
Mi avvicinai incuriosito. C’era un ragazzo con le spalle al muro e si teneva lo stomaco, aveva il volto pieno di sangue e le sue guancie erano rigate dalle lacrime che non riusciva a trattenere.
Mi sentii male.
Dei ragazzi erano intorno a lui, alcuni di loro lo prendevano a calci, altri lo insultavano a parole. Mi rispecchiai in quel ragazzino. Perché ci sono stato al suo posto, anni fa ero io quello a terra, quello che subiva, quello che si odiava a morte perché non reagiva mai.
Guardai Mark. Era lì che rideva.
“Avanti dai, smettetela..” disse voltandosi poi verso di me “Gerard, non so perché ma tu mi ispiri.. non so.. fiducia? Non so se hai capito bene come funzionano qui le cose..” fece mentre con una mano si massaggiava il mento “..ma comunque, te lo spiegherò una volta sola okay?”
Feci cenno di sì con la testa e riprese a parlare.
“Allora, si dia il caso che qui io dico cosa si fa e non si fa.. come spiegartelo Gerard?” fece sghignazzando. Ma io capii subito. Sapeva cosa voleva dire.
“Ho capito Mark..” dissi guardandolo negli occhi.
“Ecco, Gerard io voglio darti un’opportunità chiamiamola così, va bene? Ma ho bisogno di qualcosa da parte tua che dia la conferma che tu si una persona di cui io mi possa fidare..”
“Cioè?” dissi. Tremavo. Sentivo le gambe d’un tratto molle. Posai lo sguardo sul ragazzo che era ormai a terra con la maglia ormai sporca di sangue.
Mark guardò i suoi amici ridendo, mise le mani nelle tasche posteriori dei jeans e indicò con il capo il ragazzo per terra.
Non capii cosa voleva. Aggrottai la fronte.
“Gerard..” disse mentre mi prendeva per un braccio con poca delicatezza e mi metteva davanti al ragazzo “.. voglio che tu lo insulti o lo picchi se ti viene semplice, decidi te..” disse mentre appoggiava il mento sulla mia spalla “ Ma fa qualcosa. E che sia pesante.”
Deglutii rumorosamente e lo sentii allontanarsi da me ridendo.
Guardai il ragazzo davanti a me. E lui guardava me.
Non lo conoscevo. Non sapevo cosa avesse fatto per essersi meritato tutto quell’odio da parte loro, forse niente.
Quel ragazzo mi implorò con lo sguardo di non fargli nulla, di lasciarlo in pace. Ma se non avessi nulla loro mi avrebbero tormentato.
Mi ritrovai ad inginocchiarmi davanti a lui, sentivo alle mie spalle lo sguardo di Mark e dei suoi amici.
Alzai lentamente la mano destra, sentii qualcuno trattenere il respiro, si aspettavano da me qualcosa.
Andai a posargli la mano destra sulla spalla, e lo sentii gemere di dolore.
Gli sorrisi e lui ricambiò.
“C’è la fai ad alzarti?” domando.
Fece cenno di no. Stava messo male, mi dispiaceva così tanto.
“Okay proviamo ad alzarci.” dissi sorridendo.
Sentii Mark sospirare.
“Scelta sbagliata Way.”
La campanella suonò. Segnava la fine della ricreazione.
Sentivo Mark e i suoi amici che se ne andavano.
“Alla prossima Way.” disse mentre girava l’angolo e mi lanciava uno dei suoi soliti sorrisi da far gelare il sangue.
Rabbrividii.
Ero fottuto.
“Okay andiamo..” lo feci appoggiare sulla spalle e andai dentro.
Chiesi alla donna che stava in portineria dove si trovava l’infermeria e lei mi indicò la strada.
Lasciai il ragazzo lì seduto su una sedia mentre aspettava che si liberasse il posto.
Suonò al quarta campanella, ed io non ero ancora in classe.
“V-vai..” il ragazzo si sforzò a parlare.
“Cosa?” chiesi.
“Va-vai in cl-classe, tra un po’ s-sarà il m-mio turno..” si toccò l’addome forse per il dolore.
La porta si apri, una donna si gir verso di noi.
“Chi di voi ha bisogno di..” si bloccò non appena vide il ragazzo seduto su una sedia, si portò una mano alla bocca per lo stupore probabilmente, era davvero messo male
“O-Okay, ragazzo tu puoi andare in classe c-ci penso io qui..” vidi la donna prenderlo sotto braccio e portarlo dentro.
Mi incamminai verso la mia aula. Quando entrai una donna, era seduta sulla cattedra, aveva i capelli neri raccolti in una coda, notai alcune ciocche colorate di blu.
“E tu sei?” chiese scendendo dalla cattedra e mettendosi davanti a me.
“Way.. Gerard Way sono nuovo.” dissi.
“Oh, bene. Io sono la tua professoressa di musica e mi chiamo Wendy.” disse sorridendo.
Sorrisi anch’io e me ne andai al mio posto, dove trovai Frank studiare la mia figura. Mi sedetti e appoggiai le spalle alla sedia e mi rilassai finalmente.
“Way non prenderò provvedimenti questa volta, okay?” disse mentre riprendeva posto dietro la cattedra.
“Va bene, professoressa grazie..” dissi.
Frank mi si avvicino.
“Dove sei stato..?” disse “.. cioè s-sempre se posso saperlo.” Arrossì
“In infermeria, un ragazzo si è sentito male e lo accompagnato lì.” mentii non volevo si preoccupasse per la storia con Mark.
“.. Okay” disse, lo vidi fare spallucce.
Il restante del tempo passò così, chiacchierando con Frank e ascoltando quello che avevano da dire i professori ogni tanto.
“Sta per suonare.” sentii un brivido lungo la schiena. Frank si era avvicinato al mio orecchio e il suo odore mi aveva ipnotizzato.
“.. s-si certo..” dissi quasi in un sussurro.
“Dove abiti di preciso?” avvampai.
“Uhm beh..”
“Se non vuoi dirmelo non è un problema, ed io che avevo pensato di irrompere in casa tua e rubarti tutto ciò che hai di prezioso..”
Rimasi a fissarlo e poi scoppiai a ridere.
“Turton Street. Diciamo che abito qui vicino scuola.. okay sono pessimo, non riesco a fartelo capire.” ammisi ridendo.
Frank mi osservava incredulo, aveva le labbra schiuse e gli occhi spalancati.
“Cosa c’è?” chiesi
“Gee, sei consapevole del fatto che abiti affianco casa mia o?”
Gee.
Era la prima volta che lo chiamava così.
“Mh, n-no cosa?”
“Gee, dio. Mi ascolti?” chiese sorridendo.
“Ah, sisi certo, noi due abitiamo vicini, ho capit..“ mi bloccai.  
Oh, no.
Come avrei fatto?
La campanella segnò la fine delle lezione e Frank si catapultò alla porta, fermandosi di colpo, realizzando che io ero ancora lì seduto.
“Gee, vieni?” sorrise nella mia direzione.
“Oh, si vengo.” dissi.
Ci fermammo davanti ai cancelli di scuola, quando sentii qualcosa.. o meglio qualcuno arrivarmi alle spalle e scuotermi lo zaino.
Mi voltai immediatamente credendo si trattasse di Mark.
Invece era soltanto quell’idiota di mio fratello, che per tutta la giornata non avevo visto.
“FRATELLONE” urlò.
“Idiota.” Borbottai.
“Come prego?” disse lui parandosi davanti a me e Frank “.. e tu sei?” chiese riferendosi a Frank, il quale gli porse la mano e si presentò.
“Frank, piacere.” sulle sue labbra si andò a formare un sorriso che non era uguale a quello che lui si premurava a riservarmi ogni volta che i nostri occhi si incontravano.
Mi dissi che lui sorrideva in quel modo, solo a me.
Che quei sorrisi li riservasse a me.
Ma come al solito mi sbagliavo. Ero soltanto un ragazzo con troppa fantasia, tutto qui.
“Mikey, piacere mio.”rispose.
Ci incamminammo verso casa, Mickey in mezzo a noi, e lo odiai a morte.
Per il resto del tragitto da scuola a casa nostra, parlarono per lo più Frank e Mickey, avevano in comunque la passione per i fumetti e dei videogame.
Frank non mi degnò neanche di uno sguardo, solo quando fummo arrivati sotto casa mia, lui mi salutò con un sorriso e un cenno con il capo.
Frank entrò dal cancelletto che divideva casa sua e il marciapiede. Stessa cosa facemmo noi. E insieme chiudemmo la porta.
“E’ davvero simpatico il tuo nuovo amico.” disse Mickey mentre entrava in cucina a prendere da magiare.
“Si.” risposi semplicemente.
“Ed abita anche qui vicino a noi, potremmo invitarlo a farsi una partita a qualche nostro videogame.”chiese mentre metteva sul tavolo un tramezzino e mangiucchiandolo.
“Mh si certo perché no, senti Mickey è stata una giornata un po’ così, vado su in camera a rilassarmi va bene?” chiesi preoccupato, non mi andava di lasciarlo solo, magari aveva fatto amicizia, voleva raccontarmi qualcosa, ci tenevo a sapere cosa passava per la sua testolina.
Mi disse che andava bene e che avrebbe fatto la stessa cosa lui. Così mi diressi di corsa nella mia camera e mi buttai sul letto.
Chiusi gli occhi e cercai di non pensare.
Di non pensare a Mark, a quel ragazzo che ho lasciato in infermeria, a Frank, al suo sorriso, al fatto che non dovevo affezionarmi a lui perché lui mi vedeva come un semplice amico, che non sarebbe successo nulla.
Sospirai.
Mi girai nel letto, mettendomi ad osservare il soffitto.
Sentii un rumore, qualcosa sbatteva contro la finestra.
Mi issai sui gomiti confuso.
Mi alzai del tutto, e spostai le tende dalla finestra.
Guardai fuori, non c’era nessuno. Alzai lo sguardo e proprio davanti a me un piccolo Frank mi salutava con la mano.
Sorrisi, presi una sedia e rimasi lì a fissarlo, anche lui fece lo stesso. Non parlammo.
Non serviva. Lo vidi da dietro il vetro fare una smorfia con la faccia.
Mi fece ridere. Così ingenuamente cominciai anch’io a fare buffe espressioni. Lo feci ridere. Ed era la cosa più  bella che avessi mai visto.
Rimanemmo lì per non so quanto tempo a ridere come due stupidi e lo ringrazia mentalmente perché se non fosse stato per lui, ora ero ancora su quel letto a pensare a tutte le cose brutte che il mondo mi ha riservato.
Forse lui era l’unica cosa bella.
Ma cosa dico.
Lui era la l’unica bella della mia vita.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** I remember a time when someone could love me. ***


 
 

t'avessi vista guardare 
la neve d'aprile, per strada
poi non t'avessi più incontrata
forse
t'avrei per sempre amata.


Quella mattina mi trovavo davanti scuola in compagnia di mio fratello ed un unico pensiero fisso: Frank.
Cosa mi stava facendo quel ragazzo..

Non credevo di essere attratto da lui. Ho sempre pensato di essere etero, ma quando stavo con lui, quando il mio sguardo incontrava il suo, beh.. era tutta un’altra storia.
“..Gee?”
“Mh?” dissi poggiando lo zaino per terra e prendendo posto sotto il nostro albero.
“Nostro” perché nessuno si avvicina a quell’albero per qualche strana ragione quindi oramai è il “Posto Way”.
“..posso parlarti?” chiese Mickey.
“Ma ovvio. Avanti cosa hai combinato? Spacci droga? Vuoi rapinare qualche banca e hai bisogno di me?..”
Ricevetti uno spintone e una faccia sconvolta da parte di Mickey.
“Ma cosa dici, io parlo seriamente..”
“Okay, spara.” dissi sbuffando in una risata.
“Allora, Gee prima di iniziare, prometti di non prendermi per il culo o scherzare altrimenti..” prese da terra dell’erba con del fango “.. te la ritrovi nei pantaloni, intesi?”
Annuii guardando la mano sporca di terra, di mio fratello e feci una faccia schifata.
“Gee, i-io credo di avere un problema..”
“Uno solo? Io pensavo molti di più..” lo interruppi con uno sbuffo.
“Stronzo non interrompermi e vaffanculo.” disse infastidito e buttandomi addosso un po’ di fango.
“Okay okay, calma tigre.” dissi scocciato.
“Allora, da quando c’è ne siamo andati da New York, io ho capito che, si insomma.. io ho.. una specie di..” non stava fermo un secondo, gesticolava con le mani e giurai di aver visto un rivolo di sudore sulla fronte.
Ma cosa cazzo..?
Mi avvicinai e gli presi le mani, costringendolo a rallentare.
“Respira Mickey, cosa v-vuoi dirmi?” chiesi cominciandomi a preoccupare.
“Gee, credo di essere gay.” disse cercando il mio sguardo
“T-tu?” chiesi spalancando gli occhi.
Era una cosa di famiglia, quindi o..?
“Non odiarmi.. ti prego Gee..” disse impaurito.
D’istinto lo abbracciai, lo strinsi forte lasciandogli un bacio sulla guancia.
“Come posso odiarti, idiota?” dissi scompigliandogli i capelli in modo affettuoso.
Lo sentii rilassarsi.
Il suono della campanella ci fece staccare da quell’abbraccio.
“Meglio?” chiesi.
“Decisamente, ti voglio bene Gee.”
“Anch’io e la prossima volta che aspetti a dirmi una cosa così, giuro che ti castro.” affermai serio.
Lo vidi deglutire e poi scoppiare in una risata.
“Dai idiota, vai è suonata io entro tra un po’..”
“Facciamo i ribelli eh Way..” dissi ammiccando.
“No, aspetto un amico.. tutto qui.” disse avvampando.
“Si certo, un amico.. aah Mickey..” sbuffai in una risata e mi incamminai verso scuola con un sorriso stampato in faccia.
Mio fratello era la persona a cui tenevo di più dopo nonna Helena.
Era la mia roccia.
Camminai nei lunghi corridoi e questa volta non ci volle molto, prima di trovare la mia classe.
Entrai e mi misi al solito posto, quello affianco a Frank.. ma non era ancora arrivato, feci una smorfia con il muso, chissà perché è sempre in ritardo..
Il prof entrò in classe e sbuffando sonoramente posò la borsa sulla cattedra.
Dopo di lui entrò in classe Frank.
Indossava una felpa nera con un teschio sopra e dei jeans blu attillati.
Rimasi a fissarlo, era così bello.. pensieri poco etero, Gerard fermati.
Lo vidi sbuffare e posare con poca delicatezza il suo zaino sul banco affianco al mio.
“Gee, puoi tenermi d’occhio lo zaino, devo andare in presidenza..”
disse.
“Uh, si certo ma perché in presidenza?” dissi corrugando le sopracciglia.
“Lo stronzo lì..” disse alzando di poco la voce in modo da essere sentito dagli altri e indicando con il pollice il prof dietro di lui “.. mi odia e mi ha incolpato di una cosa di cui io non centro nulla, ma ovviamente chi crederebbe mai ad un’insignificante essere come me, mh?” disse tutto d’un fiato.
“Io credo in te, Frankie.” non so perché lo dissi, ma ormai il danno era fatto.
Mi aspettavo un “Vai via checca del cazzo..” ma non arrivò, anzi.. vidi Frank arrossire lievemente e sorridermi.
Mi fece l’occhiolino e mi diede un bacio sulla guancia.
Ed io non riuscì a trattenermi nell’arrossire e formare una “o” con le labbra.
Erano morbide le sue labbra.
Avrei voluto che non si spostasse dalla mia guancia.
Ma in un attimo se ne andò via portandosi dietro gli occhi infuocati del prof.
Io non sentii più nulla.
Rimasi lì a toccarmi la guancia e vedere la figura di Frank sparire.
Una fottuta quattordicenne alle prese con la sua prima cotta, ecco cosa sembravo.
Ma lui era Frank Iero, dio santo.
Ovviamente non seguii la lezione, troppo perso nei miei pensieri.
Insomma, lui era etero.
Lui mi considerava un amico.
Niente di più.
E mi veniva voglia di piangere, perché lui non poteva certo innamorarsi di uno come me.
Io in confronto a lui, ero nulla.
E lui non mi avrebbe mai amato.
Meglio non farsi false speranze.. forse è meglio se io mi allontani, forse..
No, io non posso allontanarmi da Frank.
No, no, no.
Gerard basta, concentrai sulla lezione avanti.
Mi concentrai sul professore che avevo davanti, aveva un’aria così stanca.
Di chi non ama il proprio lavoro.
Di chi ha perso ogni ambizione e sogni.
Non volevo diventare come quell’uomo che avevo davanti.
“Eccomi.” una voce familiare giunse alle mie orecchie ma non guardai la persona che entrò dalla porta.
Cominciavo a sentire gli occhi pesanti.
La stanchezza si impossesso di me.
Non mi resi conto di essermi addormentato.
 
P.O.V FRANK
Mi sedetti al mio posto dopo essere entrato in classe urlando un “Eccomi” e conquistandomi uno sguardo di odio puro da parte del professore. Lloyd.
Perfetto..
Sbuffai sonoramente, e mi presi la testa tra le mani.
Volevo urlare.
Urlare tutto quello che avevo dentro.
Alzai lo sguardo.
Posai i miei occhi in quelli chiusi di Gerard.
Gerard..
Oh, ma quanto è bello?
Stava dormendo, era così.. cercai di avvicinare la mia mano alla sua guancia ma fui interrotto dal suono della campanella.
Ritirai la mia mano e Gerard fece un verso infastidito
Sorrisi.
Quel ragazzo mi faceva sorridere così tante volte.
Chissà cosa stava pensando o sognando.
Chissà se c’è anche un posto per me nei tuoi pensieri, Gee.
La classe si svuotò, tutti erano usciti.
Riprovai ad avvicinare la mia mano sulla guancia di Gerard.
Era liscia.
Era così delicato.
Giurai di averlo visto fare le fusa.
“Continua, ti prego..” sussurrò sorridendo e notai le sue guancie colorarsi di rosso.
Aveva la faccia spalmata sul suo braccio e cercava un po’ di calore nel suo giubbino, lo vidi tremare così gli passai la sciarpa che tenevo al collo sul suo.
Lo vidi sorridere ancora di più.
Non smisi di accarezzargli la guancia e di perdermi ad osservare ogni tratto delicato del suo viso.
Mi feci avanti, poggiando le mie labbra sul suo naso.
E lo vidi mordersi il labbro inferiore.
Così sorrisi e poggiai le mie labbra sulla sua guancia solleticandogli il collo con il ciuffo dei capelli.
Fece una risata così adorabile..
Mi morsi il labbro inferiore.
Vidi Gerard aprire lentamente gli occhi.
E venni rapito dal colore così profondo e intenso che quegli occhi avevano.
Ci guardammo fino a che non sentii due braccia cingermi il collo e il corpo di Gerard stringersi al mio.
Potevo sentire il fiato di Gerard sul collo e il mio sorriso si allargava sempre di più.
“Grazie..” sussurrò nel mio orecchio.
“E di cosa?” chiesi lasciandogli un bacio sulla guancia.
“Non lo so..” sbuffò in una risata.
Lo allontanai e lo visi arricciare il naso infastidito.
Accarezzai le sue guancie senza smettere di guardarlo negli occhi e lui si lasciò andare poggiando le sue mani sulle mie.
Era tutto così perfetto..
Lui era perfetto.
Mi avvicinai facendo combaciare i nostri nasi..
“Dopo la scuola, ti va di venire a casa mia..” soffiai sulle sue labbra.
Lo sentii fremere.
“C-certo..” disse osservano le mie labbra.
Lasciai un bacio sul suo naso e sorrisi.
Tornai al mio posto portandomelo dietro e facendolo sedere a cavalcioni su di me.
“C-cosa fai?” disse ridendo.
“Niente, voglio averti vicino tutto qui..” dissi facendo un sorriso che lo fece avvampare.
“Sei adorabile quando arrossisci, sai?” chiesi prendendogli le mani e baciandole.
“Oh..” disse incantato dai miei gesti.
“Tra un po’ suona..”
“Già..”
“Posso darti un ultimo bacio, Gee?” dissi avvicinandomi alla sua faccia.
“S-si..”
“Dove?” chiesi ridendo.
Roteò il viso porgendomi la guancia.
La baciai a lungo, non volevo allontanarmi e neanche Gee dava segno di staccarsi.
Risi facendo fare uno schiocco sulla sua guancia.
Notai di aver lasciato un segno rosso, che toccai con le punta delle dita.
“Gee, scusa.. io non volevo..” dissi sorridendo.
“Non preoccuparti, se ne andrà..” disse alzandosi dalle mie gambe per tornare al suo posto non smettendo di sorridere.
Sarà difficile averlo per casa oggi pomeriggio.
Davvero difficile.

___
Spazio Autrice.

AGGIORNATO.
Oddio, ew non so come ma, eccomi qui.
Ringrazio le personcine che hanno recensito i precedenti capitoli, grazie grazie grazie.
Sto avendo qualche problema con la storia, se avete dei consigli su come far andare avanti la storia, ecc..
Scrivetemi plz.
Beh, alla prossima amici.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** And we are perfectly imperfect as we should be. ***


Take my fuckin' hand
and never be afraid again.


Uscimmo da scuola per ultimi, quel giorno.
Sapevo che Mikey sarebbe stato con il suo nuovo amico, e quindi non sostammo molto nel cortile della scuola ma anzi ci affrettammo ad allontanarci.
Non parlammo molto io e Frank, il silenzio che alleggiava tra di noi era quasi confortevole.
Era bello sapere che non c’era bisogno di parole inutili per stare bene insieme.
Perché sì io stavo bene con Frank.
Non posso dire di non esserne attratto perché insomma, come si fa a non essere attratti da Frank?
Ma proprio questo mi preoccupava.
Non avevo certezze con lui, sapevo che si stancava facilmente delle cose che aveva, lo sapevo perché era stato lui stesso a dirmelo.
Avevo paura di essere usato e poi buttato via.
Non mi piaceva, ma dio avrei rischiato tutto per lui.
Era affianco a me e lo notai guardare il cielo.
Era bello il modo in cui i raggi del sole sfioravano la sua pelle candida, mi venne quasi voglia di accarezzarla ma non ci fu il tempo dato che eravamo arrivati davanti il cancello di casa sua.
Mi ero totalmente immerso nei miei pensieri che non mi accorsi neanche che Frank fece scattare la serratura del cancello per farmi entrare.
Mi ripresi e subito dopo venni catapultato nella sua casa.
Mi presi il mio tempo per osservarla, era molto più grande della nostra, c’erano due piani.
Non ebbi neanche il tempo di realizzare dove ci trovavamo che Frank mi prese la mano e mi portò al piano superiore.
Entrammo nella sua camera, aveva le pareti bianche come la mia, notai che alla fine di un angolo in alto sul soffitto, c’erano raffigurati dei pipistrelli che tentavano di volare.
La parete vicino al suo letto era tappezzata di poster di bands che io conoscevo e ammiravo.
Il suo letto era al centro della stanza, aveva un piumone blu. C’era una scrivania accanto alla finestra che dava proprio sulla mia camera da letto.
“Accomodati pure.” mi disse facendomi segno di sedermi affianco a lui sul letto.
Mi sedetti cercando di nascondere il mio nervosismo.
“Non c’è nessuno in casa?” dissi un po’ incerto.
“Gee, non sono un maniaco, giuro che non ti stuprerò okay?” disse nascondendo un sorriso.
“C-certo che no..” dissi sbuffando.
“Comunque mia madre è fuori per lavoro e mio padre in qualche bar con gli amici..” fece spallucce.
Concentrai la mia attenzione sulla chitarra che teneva in un angolo, vicino al letto.
Frank notò che non lo stavo seguendo così cercò di seguire il mio sguardo.
Sorrise quando si accorse ciò che stavo guardando.
Non disse nulla,  si alzò e la prese in mano.
Sorrisi di rimando.
“Tu suoni?” chiese.
“No..” dissi abbassando il capo “.. potresti suonarmi qualcosa, però..?”
“Certo.” disse sicuro.
Poggiò delicatamente le dita sulle corde, quasi come ad accarezzarle e sentì un tuffo al cuore quando cominciai a sentire il suono delicato che esse producevano.
Frank era totalmente preso dalle note che stava riproducendo.
Mi piacevano da impazzire, ancor di più quando a quelle note si aggiunse la sua voce.
Non era delicata, era roca e graffiante, e dio quanto la amavo.
I’m the world’s worst,
I am my own worst enemy,
And I hate me.. most days,
I can’t believe I’m still here.*
Le sue parole echeggiavano nella mia testa. Era così che mi sentivo.
E lui in poche parole e note, aveva capito tutto di me.
Sorrisi e lui alzò lo sguardo su di me.
Ricambiò il sorriso e lo vidi quasi arrossire.
Cambiò subito note e questa volta le sue parole non esitarono ad arrivare e colpire una piccola parte dentro di me.
.. but you’re on my mind
And the things that you say hurt me most of the time.
.. All we wanted was what we were
And what we were was young and naïve.
I found my place in this world,
It’s in your wake.
I need you, I need you to know that I’m alright.**
Questa volta non lo feci finire.
Non so cosa mi prese, alzai la mano e la poggiai sulla sua che ancora si muoveva sulle corde della chitarra.
Toccai la sua mano e potei sentire il suo respiro mozzarsi.
Tenne gli occhi fissi sulla mia mano sulla sua e qualcosa scattò.
Lo vidi posare la chitarra a terra tenendo stretta la mia mano e se la portò sulle sue labbra baciandola delicatamente.
Lo fece per un tempo indefinito.
“Non voglio sbagliare con te, Gerard.” disse sottovoce quasi fosse un nostro segreto.
“Non sbaglierai, lo so Frank.”
“Gerard, ho fatto tanti errori e continuo a farli e..” si bloccò.
“Continua..” dissi quasi in un sussurro disperato.
“E se avrai paura io non potrò esserci..”
Non sapevo a cosa si riferisse.
Perché dovevo avere paura di lui?
Perché mi stava dicendo quelle cose?
“Non ti seguo Frank.. cosa?”
“Gerard credo di provare qualcosa, ed io non sono per niente bravo con i sentimenti..” disse stringendo ancora di più la mia mano nella sua.
Poggiai delicatamente la mia fronte sulla sua, sedendomi a cavalcioni sulle gambe, proprio come questa mattina in classe.
“Potresti provarci con me?” dissi.
“E se ti farò del male?” chiese quasi in un sussurro roco.
“Non devi dirlo, tu non mi farai del male.” dissi con così tanta sicurezza, e spinsi la mia mano verso la sua bocca per ricevere ancora qualche bacio.
Lo sentii sorridere sulla mia pelle.
“Potremmo provarci in fondo..” disse “.. sentiti libero di urlarmi in faccia, picchiarmi e altro se ti farò soffrire, okay?” concluse facendo una risata amara.
“Lo farò, ma perché dovresti farmi soffrire, sentiamo..?”
“Perché non ho mai provato così tante emozioni con una persona, e ho quasi paura di sbagliare qualcosa e perderti.” disse.
Sorrisi, non doveva preoccuparsi davvero.
“Non sbaglierai nulla.” dissi accarezzandogli una guancia.
Sentivo, anzi ero più che sicuro, che Frank nascondesse qualcosa.
C’era qualcosa che non voleva dirmi, ma non gli diedi pressione.
“Allora..” soffiò sulla mia guancia depositandoci un bacio.
“Allora.” dissi in un sussurro nel suo orecchio.
Sentii le sue mani poggiarsi sui miei fianchi e spingermi delicatamente su di lui.
Strinsi le mie gambe intorno ai sui di fianchi mentre lui appoggiava la schiena alla testata del letto.
Lasciò l’ennesimo bacio sulla mia guancia e sentii le sue mani lasciare i miei fianchi e prendere posto sul mio collo, ci lasciò qualche cerchio immaginario fino a quando non appoggio le sue labbra sulle mie.
Le sfiorò, semplicemente.
I nostri nasi si sfioravano.
Cercava il mio consenso per approfondire il tutto.
Ed io glielo diedi.
Le sue labbra si socchiusero leggermente, lasciando uscire la lingua a leccarle.
Azzerai completamente la distanza posando le miei labbra sulle sue muovendole leggermente e sentendo Frank ricambiare.
Le sue labbra erano morbide, presentavano alcune screpolature ma in quel momento, sembravo essere la cosa più soffice del mondo.
Potevo percepire il coraggio crescere dentro di me minuto dopo minuto.
Stava finalmente accadendo.
Ci stavamo baciando, mossi le mani e le andai ad adagiare sulle sue guancie. Aprii leggermente la bocca per fargli capire che dio, ero pronto, lo volevo.
Le nostre labbra si univano e si aprivano all’unisono, apprezzai ogni minimo particolare di quella bocca tanto accogliente.
La nostra velocità cominciò ad aumentare e nella stanza echeggiavano gli schiocchi che le nostre labbra producevano. Poggiò le sue mani sui miei fianchi e ci fermammo lentamente.
Le nostre fronti unite e i nostri respiri affannati riempivano l’aria.
Era tutto perfetto.
Portai il mio bacino più in su cercando una posizione migliore, ma non appena mi mossi sentii un leggero rigonfiamento nei pantaloni di Frank.
Mi bloccai.
Non sapevo cosa fare..
“I-io..” cercai di dire ma non sapevo come continuare effettivamente.
“Non voglio affrettare le cose, Gee. Non avremmo fatto comunque niente.. va bene?” disse accennando un sorriso timido.
“Okay..” dissi.
Mi abbracciò e mi lasciò coricare sul letto accoccolato tra le sue braccia, rimanemmo così per così tanto.
Le sue mani che scivolavano delicate tra i miei capelli e le mie che stringevano la sua vita.
Parlammo del più e del meno, tra risate e baci.
Tra discorsi seri che poi finivamo con qualche battuta fuori luogo di Frank.
Scoprii tante cose su Frank, quel giorno.
 Ma c’era ancora quel piccolo particolare che non disse.
Lasciai perdere, mi fidavo.
E se lui non era ancora sicuro di confidarsi con me allora lo avrei rispettato perché andava bene così.
Mi importava stare accanto a lui, e che a lui importava di me.
____________
Spazio Autrice.
Okay è passato tanto, pardon-
Questo capitolo non è granché ma ho qualche problema con la trama, come ho detto nello scorso capitolo e quindi vbb.
Spero di non avervi annoiato e che la storia vi stia coinvolgendo in qualche modo, comunque Frank ha un segreto e Mikey ha un nuovo amico e so che mi odierete ma dovete aspettare il prossimo capitolo ((probabilmente la prossima settimana aggiornerò o in questi giorni idk)) per scoprire chi sia. Ringrazio le personcine che seguono la storia, che la recensiscono vi voglio bene, alimentate la mia felicità ahjhfodso.
Comunque la prima canzone che canta Frank* è Tragician che adoro aw, mentre la seconda** è She’s the prettiest girl at the party.. nome troppo lungo e mi annoia scriverlo AHAHAH.
Detto questo.. alla prossima bella ggiente.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Fuori dal buio e dentro il nero ***


Passai la serata da Frank, a parlare del più e del meno. Era piacevole avere accanto quel piccoletto, era così adorabile.

Certo, c'era ancora quel piccolo segreto che non voleva rivelarmi, ma avrei aspettato.
Non sarà questo ad allontanarmi dal lui.

Ero sdraiato sul letto, ad osservare il vuoto. Perso tra i miei pensieri, non mi accorsi della presenza di qualcuno appoggiato allo stipite della porta.
Socchiusi gli occhi e sentì sghignazzare la figura che sembrava appartenere a mio fratello.
Sospirai.

''Allora, mi hanno detto che sei stato da Frankie..'' disse incrociando le braccia al petto.

''Mh, probabile..'' risposi,restando sul vago.

''Potresti raccontarmi qualcosa no? Insomma sono pur sempre tuo fratello..'' gli feci segno di sedersi sul letto. Incrociai le gambe stropicciando leggermente le lenzuola e lo vidi sedersi di fronte a me. Si sistemò gli occhiali sul naso.

''Quindi.. Frank, possiamo dire che ti piace?''
Arrossii vistosamente e spalancai gli occhi puntandoli nei suoi.

''Colpito e affondato, forte.'' continuò alzando il sopracciglio destro.

''Già..'' dissi semplicemente, grattandomi nervosamente il collo.

''Facciamo il prezioso? Avanti, puoi dirmelo non mi arrabbio, eh. ''

''Certo che non ti arrabbi, sbaglio o anche tu hai un nuovo 'amichetto' ?'' dissi portando una mano a sfiorargli il ginocchio e spingerlo un pò di lato.

Lo vidi tentennare un pò e poi arrenderasi sotto il mio sguardo inquisitore. Giurai di averlo visto arrossire.

''S-sì erto, amico.. ovvio.'' disse, cominciando a trovare interessante un qualcosa di imprecisato sul lenzuolo sotto di noi.

''Mi dirai chi é?'' chiesi addolcendo un pò il mio tono di voce.

''Certo che te lo dirò, ma promettimi di non fare conclusioni affrettate, okay?''

''Ma anche no, Mikey...'' dissi.

''...Gerard.'' disse mentre mi spintonava con forza.

''Okay, avanti, chi é lo sfortunato?''
Lo sentii sospirare.

''Si chiama Mark..''

Mark.

''Forse, vi siete visti di sfuggita Gee, ma non credo che tu lo conosca..''

Rimasi immobile ad osservare mio fratello.
Mark, quel ragazzo che mi aveva accompagnato in classe il primo giorno di scuola, quel ragazzo che con quel suo sorriso ti faceva accapponare la pelle. Il ragazzo che aveva picchiato a sangue un ragazzino davanti ai miei occhi.

Cosa voleva da mio fratello, Mark?

''S-sì ci siamo v-visti di sfuggita ma niente di p-più...'' -presi una boccata d'aria- ''...Mikey la vosta 'storia' si può... come dire... considerare una cosa seria o é solo per... per gioco?''
Lo vidi sistemarsi meglio sul letto e corrugare la fronte.

''Un gioco, Gee? Davvero pensi che sia un gioco il nostro?'' portò le braccia incrociate sul petto.

''Mikey... i-io non volevo... nel senso, ho sentito dire che Mark non é proprio... Mikey ti prego di far attenzione.''

Lo guardai attentamente fino a che lui non cominciò a rilassarsi ed abbassare le braccia magre dal petto.
Lo vidi sorridere.
Sperai che quel sorriso non venisse contagiato dalla cattiveria di Mark. Non l'avrei permesso.

''Okay Gee, facciamo così, se mi succede qualcosa vengo da te.'' cercò di abbozzare un sorriso.

Dopo aver sentito quelle parole, mi sentì male.
Non diceva sul serio.
Lo sapevo.
Mi stava mentendo.
Mikey non sarebbe venuto da me.

Ero fermo, ad osservare una parte a caso del lenzuolo azzurro - trovandone sfaccettature di color bianco e blu scuro che prima non avevo minimamente notato- con le sue parole che mi rimbombavano nella testa.
E quel sorriso... era così... falso.

''... se mi succede qualcosa vengo da te''

Mikey succederà qualcosa, lo sento.
E tu sai, che non sbaglio mai su certe cose.
Mi hai sempre considerato il tuo eroe, la persona che ti avrebbe salvato dai cattivi... sempre.
Mark é cattivo, Mikey.

Alzai lo sgruardo in cerca del suo. Cercai di fargli capire i miei pensieri.
... Nulla.

''Gee, i-io scendo giù da mamma, vieni?'' chiese mentre si alzava dal letto.

''No Mik. Dì a mamma che non ho fame e di non disturbarsi per me.. ah chiudi la porta quando esci.'' dissi con tono piatto.

Detto ciò, senza neanche proccuparmi di rispondere al suo freddo ''Va bene, Gerard'' mi raggomitolai sotto le mie lenzuola dove, sin da piccolo, riuscivo a trovare un pò di pace.

Ho sempre amato dormire. Perché quando ero sveglio, il mondo tendeva a cadere a pezzi.

Mi misi in posizione fetale, portandomi le gambe strette al petto.

L'oscurità mi sommerse e pensai che sarebbe stato tutto molto più bello, se fosse stato sempre buio.

Cullato dall'oscurità, mi addormentai.

Tenendo, in un piccolo spazio della mia mente, il sorriso del mio Frank.

 

SCUSATE IL RITARDO OMG.

Capitolo di passaggio.
Ringrazio infinitamente HomophobiaIsWay e a tutte le personcine che hanno commentato lo scorso capitolo <666
Eeh ci vediamo alla prossima ggiente, fatemi sapere se questo "capitolo" vi é piaciuto o é uno schifo, ecc..
CiaOOoo

 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3086840