La storia dietro la leggenda.

di yukikofairy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** La chiamata del drago ***
Capitolo 3: *** Valiant (parte 1) ***
Capitolo 4: *** Valiant (parte 2) ***



Capitolo 1
*** Prologo ***






Prologo:

 



«Vi... Vì!» Una ragazza dai corti capelli biondi colpì malamente, con una gomitata, la persona accanto a lei.
«Ahi! Sei impazzita?» rispose offesa l'altra, massaggiandosi il fianco che le doleva per il colpo ricevuto dall'amica.
«No Ginevra, non è Sara ad essere impazzita» si intromise scocciata una signora sulla cinquantina, guardando la ragazza da sopra gli occhialetti rotondi «piuttosto direi che sei tu ad essere distratta.» Detto questo indicò un punto dall'altra parte della grande sala. Il resto della classe, insieme alla guida del luogo, stava già varcando l'arcata pronta a visitare un'altra parte del castello. L'insegnante si affrettò a seguirli, per paura di restare troppo indietro.
Mi spieghi che hai?» commentò piano Sara osservando la mora, mentre iniziavano pigramente a percorrere il salone, distanziate di poco dalla loro professoressa di storia «ti ho chiamata due volte prima, ma eri troppo concentrata a fissare l'immenso camino.» Ginevra le sorrise a mo' di scusa, ma l'amica non potè non notare il lampo di preoccupazione che le adombrò per un secondo i bellissimi occhi azzurri. In realtà non riusciva a capirlo nemmeno lei stessa cosa le stesse succedendo. Da quando era arrivata nei pressi del castello inglese, il cui nome le sfuggiva, si era sentita strana e in soggezione.
«È per Marco? Dai è un cretino Vì, lascialo perdere» incominciò Sara prendendola a braccetto, cercando di farle tornare il buonumore «e poi tra meno di un anno ci diplomeremo, ce ne andremo da qualche parte e non lo rivedrai praticamente più.» Marco era loro compagno di classe e Ginevra ne era stata cotta per tutti i cinque anni delle superiori. Lui, il classico figo della scuola barra rappresentante d'istituto, non l'aveva mai considerata più di tanto. Lei dal canto suo non si era mai esposta, troppo timida per fare davvero il primo passo. Qualche volta ci aveva provato non poteva negarlo, per chiedergli informazioni su qualche verifica o compito, ma lui l'aveva sempre liquidata nel giro di un paio di minuti.

«Comunque dovresti provare un po' d'interesse per questo posto» la mora alzò gli occhi, sapendo già dove Sara stava andando a parare «la leggenda narra che in questo castello venne istituita la tavola rotonda e che quì regnò Artù di Camelot!» Il tono eccitato della bionda non fece altro che irritare ancora di più Ginevra, che emise un forte sbuffo e tolse il braccio dell'amica che ancora la teneva a braccietto.
«Dai Vì! Te l'ho detto mille volte che dovresti leggerti la storia, è così emozionante» continuò imperterrita Sara, con un sorrisone «e poi una persona con un nome così non può non interessarsi all'argomento.» Il gelido sguardo che le rivolse la ragazza bastò a zittirla. Era stufa marcia di sentire sempre gli stessi discorsi. I suoi genitori avevano avuto la brillante idea di chiamarla Ginevra, quando di cognome faceva Merlino.

Ginevra Merlino.

Da non crederci. Già che c'erano potevano metterle come secondo nome Artù, così poi sarebbe stata una barzelletta vivente. Quando era piccola, trovava il fatto quasi divertente. Ora lo odiava completamente. Aveva iniziato a farsi chiamare Vì, per cercare di non far capire mai il suo nome intero ed evitare così di sentire sempre le stesse battute. A causa della follia dei suoi genitori era stata presa in giro da chiunque, coetanei e adulti. Avevano smesso impietositi quando i suoi erano morti in un incidente d'auto un paio di anni prima. Era stata data in affidamento ad misterioso tutore che la prese con sè, affermando di essere un lontano parente e di chiamarsi anche lui Merlino.
«Senti se vuoi te la racconto io! Secondo me ti innamorerai della storia fra Lancillotto e Ginevra.» La bionda aveva la faccia talmente stupida e imbambolata da far finalmente sorridere la ragazza.
«Questa ossessione per le leggende ti sta sfuggendo di mano, amica mia! La storia a grandi margini la conosco, ma lo sai che il mio tutore non vuole sentir parlare di storie medievali, leggende e...» «Ma non devi dirglielo a quel vecchio strambo! Ti posso prestare dei libri o puoi cercare su internet» esclamò subito Sara, non facendole finire il discorso.
«Lo sai che a me non interessano» mosse una mano la mora, in segno di indifferenza «preferisco di gran lunga leggere romanzi e fantasy medievali. D'altra parte...» Non riuscì a finire la frase perchè le sembro di sentire una voce cupa e spaventosa dentro la sua testa: "Merlino". Si guardò intorno spaventata, ma solo lei sembrava averla sentirla. Sara aveva iniziato a decantare le doti di Artù, credendo che la sua amica la stesse ascoltando, mentre gli altri erano appena entrati nelle stanze private di qualche vecchio re inglese che aveva preso il castello come residenza occasionale, dopo averlo fatto ristrutturare.
«Oh guarda!» esclamò la biondina sfogliando la piccola guida rosa dedicata al castello che avevano consegnato a tutti all'entrata «una delle otto torri ha proprio il nome Artù!» Raggiunsero il resto della classe, e la guida che stava parlando di un qualche periodo storico. La ragazza dai lunghi capelli neri passò il resto della visita con una strana sensazione addosso.


«Sveglia Vì!» urlò Sara, lanciandole un cuscino in faccia. Era sera inoltrata e i ragazzi dopo aver cenato erano saliti nelle loro camere.
«Oggi è già la seconda volta che mi fai male. Hai intenzione di uccidermi?» chiese la mora, massaggiandosi il naso.
«Sei te che non ci sei con la testa. Marta è da minuti che sta cercando di passarti la bottiglia.» Ginevra si scusò con l'amica e prese il vino che le stava porgendo. Buttò giù un lungo sorso, ignorando la gola che andava in fiamme.
«Dai su, bella addormentata. Non puoi stare giù per Halloween. Che ne dite di fare qualcosa di veramente spaventoso?» esclamò dandole una leggera botta Luke, un ragazzo mingherlino dai corti capelli biondi. Lui e Sara erano i migliori amici di Ginevra. Si erano incontrati in prima superiori e da quel momento erano diventati inseparabili.
«Io ho un'idea» Marta si alzò di scatto, gli occhi scuri che le brillavano «che ne dite di una bella gita notturna al castello? Tanto è qua vicino!» Sara e Luke annuirono eccitati, mentre Vì sembrò spaventata. Ricordava bene la sensazione che aveva avuto quel giorno durante la visita scolastica e non era stata piacevole. Pensare di tornarci di notte, per la notte di Halloween tra l'altro, le faceva venire i brividi.
«No ragazzi, dai» tentò di dire, ma loro stavano già uscendo dalla camera dell'hotel assegnata alle tre ragazze. Così Vì pur di non lasciarli andare da soli si trovò costretta a seguirli.


Attraversarono quasi correndo il piccolo paesino situato nell'inghilterra del nord, arrivando presto ai piedi del castello. La luna rischiarava a sufficienza l'ambiente intorno a loro, ma per la mora restava comunque tutto molto inquietante. Riuscirono ad entrare da una piccola porta aperta fatta di grata, in un angolo delle mura. Camminarono vicini per alcuni bui corridori, facendosi luce con i telefoni. Ad ogni minimo rumore sobbalzavano, spaventati.
«Non rischieremo di perderci?» chiese Marta, all'ennesima svolta.
«No dai in qualche modo riusciremo ad uscire» esclamò Luke con voce allegra, cercando di non mostrare la paura che iniziava a salirgli. Fortunatamente presto trovarono delle scale a chiocciola che li fece salire al piano terra. Lì, grazie alle molte finestre, era tutto meno buio. Percorsero le varie stanze fino al salone principale, ridendo e filmandosi.
«Ehi Vì, saluta» urlò Sara, puntandole la luce del telefono in faccia.
«Smettila dai» brontolò lei, cercando di spostare il cellulare. "Merlino" la mora si guardò intorno, spaventata.
«Avete sentito?» «Cosa?» chiesero Luke e Sara, mentre Marta si sedeva su di un trono posto infondo alla sala, su un pezzo del pavimento in legno sopraelevato.
«Dai fatemi una foto da qua» "Merlino!" Ginevra sentì nuovamente quella voce dentro la sua testa. In preda al panico si voltò verso l'uscita, ringraziando mentalmente Marta, che stava attirando l'attenzione dei suoi migliori amici.
«Devo uscire un attimo dalla stanza. Torno subito.» esclamò la terza volta che sentì qualcuno chiamala.
«Ma...» iniziò Luke. Ginevra però non aspettò nessuna risposta, incamminandosi velocemente verso la porta dalla stanza sotto lo sguardo sbalordito dei tre. Una volta fuori dalla loro vista iniziò a correre per i lunghi, freddi ed infiniti corridoi, perdendosi quasi subito.
"Merlino! Merlino! Merlino!"
Inciampò, cadendo malamente in avanti. Sentì delle fitte alle ginocchia, ma non se ne curò più di tanto. Portò le mani sopra le orecchie, anche se sapeva che sarebbe stato tutto inutile.
"Basta, ti prego!" urlò mentalmente. Non credeva che la pazzia in una persona potesse arrivare così all'improvviso.
"Invece di lamentarti, segui la voce. Più sarai vicina a me, più la sentirai forte" Con le lacrime agli occhi iniziò a vagare per l'oscuro castello, cercando di capire da dove provenisse quel maledetto suono, che aveva ripreso a chiamarla insistentemente. Dopo molti tentativi, la ragazza riuscì ad intuire che chiunque le stesse facendo quel terribile scherzo si trovasse in basso. Scese infiniti scalini e camminò per altrettanti infiniti corridoi, ritrovandosi infine davanti ad una grossa porta di legno chiusa al pubblico. Si dette una rapida occhiata intorno, sentendosi stupida. Infondo era notte e nessuno passava di lì a quell'ora. Velocemente spinse il portone, che evidentemente non era chiuso a chiave, ed entrò dentro. Intravide davanti a lei degli scalini che si perdevano nell'oscurità più assoluta, portando chissà dove. Restò qualche secondo immobile, incerta se scendere o meno.
"Merlino!" l'urlo le riempì la testa. Prese con mano tremante il cellulare dalla tasca dei jeans e, facendosi luce con esso, si incamminò lentamente sorreggendosi al muro. Il cuore le batteva forte e dovette fare appello a tutto il suo coraggio per arrivare in fondo, senza fare retromarcia e correre via. L'aria laggiù era decisamente più fredda. Si strinse al corpo, con la mano non occupata dal telefono, la giacchina rosa e bianca, sentendo infatti i brividi percorrerle la schiena. Arrivata all'ultimo scalino si guardò subito intorno. Era una grotta immensa con addirittura un fiumiciattolo sotterraneo in lontananza, ma non potè osservarla a lungo perchè qualcuno parlò.
«Merlino!» questa volta però,  a differenza delle altre, la voce le giunse alle orecchie e non dentro la sua testa. Si voltò di scatto verso la fonte del suono. Una persona avvolta in uno strano abito, probabilmente un mantello, era appoggiata ad una roccia vicino ad un dirupo, a qualche passo di distanza da Ginevra.
«Ciao Merlino» La ragazza si avvicinò piano, tentando di vedere il volto dello sconosciuto. Non guardando dove metteva i piedi però scivolò su di un sasso. Urlò con tutto il fiato che aveva in gola, mentre cadeva all'indietro. Picchiò pesantemente la testa e l'ultima cosa che sentì prima di perdere i sensi fu la risata dell'uomo.



Angolo dell'autrice:

Salve a tutti!
È la prima volta che mi cimento con una fanfiction su merlin, ma devo dire che almeno fino ad esso è quella che mi ha divertito di più a scriverla. Ho già diversi capitoli pronti, ma pubblicherò sempre e solo il mercoledì (e quando potrò il sabato). Questo per evitare di pubblicare troppo spesso e ritrovarmi poi in ritardo con i tempi.

Passiamo alla storia: questo primo capitolo, che poi è solo un prologo, è molto corto. Chiedo venia, ma serviva ad introdurre la storia. Dal prossimo capitolo seguirò gli episodi della prima stagione di Merlin, che dividerò in più capitoli a seconda di quanto ho scritto. All'inizio sarà piuttosto vicina alla storia del telefilm, ma con il tempo quasi sicuramente si discosterà sempre di più. Per ora lascerò il rating giallo, poi se i toni della storia dovessero andare su toni più cupi lo cambierò.

L'idea della serie mi è venuta quando un mese fa sono andata in Francia e ho deciso di visitare Pierrefonds, il castello dove hanno girato Merlin. Avendo il cognome molto molto simile a quello del mago (e un ragazzo che si chiama Artur :P) non ho potuto non scrivere qualcosa. Da questo spunto è nata tutta una trama più ampia.
Vorrei fare delle pccole precisazioni sul prologo: il castello di Pierrefonds è situato a nord di Parigi ed è stato ristrutturato da napoleone III. Nella mia storia l'ho collocato in Inghilterra, perchè seppur quasi identico il mondo in cui vivono Ginevra, Sara e gli altri non è il nostro stesso mondo. Lì non esiste il telefilm di Merlin, sebbene ci siano le stesse leggende sui miti arturiani, e il castello è posto in un altro stato. Il motivo di questa mia scelta lo capirete meglio poi.

Scusate se vi ho tediato fin'ora. Ci vediamo mercoledì con il primo vero capitolo.

Un bacio,
yukiko.

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Capitolo 2
*** La chiamata del drago ***


                                                                                                                       

   



La chiamata del drago


 




«Secondo voi è una strega?» una voce raggiunse Ginevra improvvisamente, destandola dal sonno.
Impaurita cercò di aprire gli occhi, ma quelli sembravano come incollati. La testa le doleva, così come tutto il corpo.
«Ha delle vesti così strane» continuò la stessa persona, un ragazzo a giudicare dalla voce «insomma non ho idea del perchè si trovasse lì, forse c'è finita per sbaglio. Può essere una serva? L'avete mai vista nel castello?»
Era talmente confusa da non far nemmeno caso al fatto che il giovane avesse dato del "voi" a qualcuno. La ragazza riuscì finalmente, e non senza una buona dose di fatica, ad aprire gli occhi, proprio mentre un vecchio sbottava in un seccato «Stai un po' zitto, Merlino.»
Ginevra ringraziò mentalmente l'anziano per aver fatto chiudere la bocca a... un momento, lo aveva davvero chiamato Merlino? Osservò le due persone in piedi accanto a lei, sbalordita.
Un anziano con lunghi capelli bianchi e un ragazzo, dai corti e struffati capelli neri e due occhi di un azzurro incredibile, la fissavano incuriositi. Si accorse solo in quel momento di essere sdraiata su un ruvido letto di legno, in una piccola stanza arredata con oggetti che ricordavano il medioevo. Provò a tirarsi su, ma fu più faticoso di quanto si aspettasse.
Il corpo le doleva molto, anche se non era niente in confronto al bruciore che sentiva al fianco sinistro, poco sotto il braccio.
«Finalmente ti sei svegliata. Come ti senti?» chiese subito il vecchio, sedendosi sul bordo del letto accanto a lei. Il ragazzo invece rimase in piedi, non staccandole gli occhi di dosso.
«Mi fa male la testa e un po' tutto il corpo, ma niente di grave credo» rispose titubante Ginevra, cercando di ricordare cosa le fosse successo prima di finire lì. Stava girovagando per il castello di notte, con Sara e gli altri, quando aveva sentito una voce e si era allontanata, incuriosita. Non ricordava altro.
«Chi sei? Lavori al castello?» l'uomo le rivolse un'occhiata guardinga e Vì non pote far altro che fissarlo sbalordita. Che cavolo aveva da guardarla male?! Semmai era lei che doveva essere sospettosa nei confronti di quei due, visto com'erano vestiti.
«Oh no no, non lavoro qui. Comunque piacere di conoscervi. Io sono...» si interruppe, sentendo le guance diventarle rosse. Era sempre titubante quando doveva presentarsi, per via delle prese in giro.
«Si?» la spronò il vecchio. «Ginevra Merlino» sapeva per certo che in quel momento poteva essere scambiata per un pomodoro da quanto era rossa, comunque si sforzò di allungare la mano verso l'anziano, sorridendo «ma tutti mi chiamano Vì.» L'uomo la strinse titubante, ma la ragazza non potè non notare la strana occhiata che si scambiarono quei due.
«Scusaci, ma non abbiamo capito se sei di Camelot o vieni da lontano.» si intormise lo sconosciuto che, se non aveva capito male, doveva chiamarsi Merlino.
«Eh, Camelot? E' uno scherzo?» Ginevra si alzò dal letto, guardandoli come se fossero due completi pazzi «cosa ci faccio in questa stanza?» «Merlino ti ha trovata svenuta vicino al castello e ti ha portata qui.» Gaius le sorrise in maniera incerta.
«Oh beh, grazie per tutto. Davvero. Adesso io però devo proprio andare» commentò osservando con ansia la luce fuori dalle finestre «è giorno e non so quanto ho dormito. Arrivederci.» non fece in tempo a fare neanche un paio di passi che un pensiero le balenò in mente.
«Un momento» si voltò di scatto verso i due, che continuavano a fissarla sconvolti «avete detto che siamo a Camelot?» I due non risposero limitandosi ad osservarla, così Ginevra riprese a camminare, decisamente irritata dal comportamento dei due. Uscì dalla piccola stanza, ritrovandosi in un'altra più grande. Anche questa era arredata con oggetti che sembravano medievali, senza contare che c'erano boccette e strani utensili da per tutto.
La ragazza individuò la porta, ma non fece in tempo a raggiungerla che il giovane dai capelli neri le si parò davanti.
«No, non puoi uscire» esclamò agitato, prendendola per le spalle.
«Ehi lasciami» la mora si divincolò, fino a quando lui non la lasciò andare, continuando però a sbarrarle il passaggio.
«Perchè non posso uscire?» chiese Vì, battendo un piede a terra per la frustrazione.
«Perchè Uther Pendragon ti farebbe uccidere anche solo per ciò che indossi» rispose la voce del vecchio, mentre li raggiungeva.
La ragazza si osservò gli abiti, sorpresa. I jeans erano un po' strappati sul ginocchio e sia la maglietta che la giacca rosa erano un po' rovinate, ma non credeva di essere vestita così male.
«Chi diavolo è Uther Pendragon?» chiese, non capendo più niente di quello che stava succedendo.
«Il re di Camelot» esclamò il giovane, con gli occhi sbarrati. Ginevra non rispose, pensierosa. Tra il mal di testa e tutti i pensieri che le invadevano la mente, si stupì di non vedere uscire il fumo da sotto i lunghi capelli scuri.
Quei due non sembrava stessero recitando, anzi tutt'altro.
«Quindi mi state dicendo che siamo a Camelot» fece un respiro profondo, cercando di riordinare i pensieri «ok... e voi sareste?» chiese indicandoli.
«Io sono Merlino» si affrettò a dire il ragazzo,  vedendo che il vecchio non aveva ancora aperto bocca «e lui è Gaius, il medico di corte» Ginevra fece un timido e apparentemente tranquillo sorriso verso l'anziano, anche se il suo respiro era decisamente accellerato. Senza più dire niente si avvicinò alla finestra, guardando fuori.
Sotto di lei si estendeva quella che doveva essere Camelot. Il cuore le salì in gola, quando vide casette, strade, persone... niente era uguale a quando aveva messo piede lì dentro. Per un momento aveva pensato ad uno scherzo, ma adesso anche quella teoria sembrava non avere più senso. Potevano vestire le persone con abiti medievali, ma certamente non cambiare strade e costruire case. E poi tutto quel casino per fare uno scherzo a lei?
No, scartò subito l'idea.
«Da dove vieni ragazza?» chiese Gaius, avvicinandosi cautamente a lei. Da quando si era svegliata Ginevra aveva avuto la sensazione che la stessero scrutando come se fosse un mostro. Beh in loro difesa c'era da dire che se la teoria di Vì era giusta, allora avevano tutto il diritto di impaurirsi. Tra i suoi vestiti e quello che diceva, chiunque avrebbe sospettato.
«Beh ecco» si schiarì la gola, cercando di perdere tempo. Sedette a gambe incrociate su una panca posta vicino ad un tavolo, mentre si sforzava di cercare qualcosa da dire. 
Si maledisse per non aver ascoltato Sara quando le parlava del mito di Artù. Se era finita davvero dentro ad esso, le sarebbe stato molto utile sapere cosa cavolo succedeva. E invece della leggenda sapeva solo poche cose.
E alcune anche sbagliate, visto che ricordava un Merlino anziano e non un giovane praticamente della sua età. Ma come era possibile finire dentro una leggenda?
«In realtà non saprei» si ritrovò a dire d'impulso, quasi contro la sua volontà «non ho memorie su quello che ero o su dove abitavo. La prima cosa che ricordo è di essermi svegliata qui.»
Un po' per paura e un po' perchè si vergognava, si ritrovò a mentire. Infondo come poteva spiegare facilmente di essere arrivata da un altro mondo? Sentendosi in colpa, cercò subito qualcosa di vero da dire «Però sono sicura di non conoscere Camelot, né il loro popolo e neanche gli usi e i costumi di qui.»
I due, dopo aver scambiato una profonda occhiata, si allontanarono, uscendo dalla porta principale. 


Mentre Ginevra non si faceva gli affari suoi osservando curiosamente la stanza, Gaius prese rudemente Merlino per un braccio, avvicinandolo a sè.
«Rinfrescami la memoria Merlino. Dov'è che l'avresti trovata?» chiese sussurrando, guardandosi intorno per vedere se eventualmente qualcuno passasse di lì.
«Oh ecco» il giovane sorrise, quasi imbarazzato «al limitare della foresta. Era svenuta lì.» Gaius serrò lo sguardo, sospettoso
«E che ci facevi là di notte?» Il mago restò zitto qualche secondo di troppo, mentre osservava con espressione stupita l'anziano.
«Era quasi l'alba e non riuscivo a dormire.» Sorrise di nuovo, cercando di essere il più convincente possibile. Gaius sospirò, lasciando cadere il discorso. Si voltò verso la porta socchiusa, pensieroso.
«Comunque quella ragazza se ne deve andare, subito.» chiarì, ritenendo l'argomento già chiuso.
«No no no, non potete farlo.» agitato il mago afferrò l'altro per un braccio, che lo guardò decisamente sorpreso.
«E perchè mai?» «Perchè quando l'ho trovata ho sentito qualcosa dentro di me, come una voce» Merlino lo lasciò andare, sospirando «qualcuno, o qualcosa, mi ha detto che Ginevra deve restare a Camelot e che avrà un ruolo fondamentale per la nascita del nuovo regno»


In realtà non era andata proprio in quel modo. Merlino quella notte si era sentito chiamare da qualcuno dentro la sua testa, cosa che lo aveva spaventato non poco. Così era sgusciato fuori dall'abitazione di Gaius, attento a non svegliarlo, ed era andato alla ricerca della sorgente della voce. Alla fine, non senza una buona dose di incredulità, aveva scoperto una grotta nei sotterranei ed un drago, fatto legare ed imprigionare da Uther.
La creatura aveva detto che Merlino era destinato a stare accanto ad Artù, quell'asino reale che aveva conosciuto solo il giorno prima. Era arrivato addirittura a dire che loro due erano come due facce della stessa medaglia.
Il mago non poteva credere ad una cosa del genere, ma l'essere magico ne sembrava convinto. Ad un certo punto si era accorto di una presenza svenuta, pericolosamente vicina al precipizio.
veva cercato di svegliarla, ma sembrava caduta in un sonno profondo.
«La ragazza. Lei dovrà stare con voi giovane mago, sarà fondamentale per far si che si compi il destino di Artù Pendragon ed il tuo.» aveva concluso serio il drago, per poi dispiegare le ali e volare su una roccia lontana.
Vani furono gli urli del mago per farlo tornare indietro. Sospirando, Merlino aveva preso goffamente la ragazza fra le braccia, tornando in superficie. 


«Merlino, sei sicuro di quello che dici? Potrebbe essere una strega, o voler far del male al re...» Gaius incrociò le braccia, pensieroso. Il giovane non era uno stupido, sapeva che il medico aveva ragione, ma per qualche motivo si fidava di quel drago e Ginevra non sembrava potesse far male ad una mosca.
«Gaius l'avete sentita, non ricorda niente della sua vita. Non possiamo lasciarla in mezzo ad una strada.» Il vecchio strinse le labbra,ma rimase in silenzio per diversi secondi.
Alla fine si voltò di scatto verso il giovane, puntandogli un dito contro «E va bene, resterà con noi il tempo necessario per trovargli un lavoretto ed una sistemazione... e magari capire anche da dove arriva. Tu però non dovrai mai perderla di vista, nè rivelarle i tuoi poteri» continuava ad agitare l'indice della mano destra, minaccioso «non possiamo fidarci di lei. Troppi misteri la avvolgono.» Merlino annuì, sollevato, dopodichè rientrarono entrambi nelle stanze del medico.
Trovarono Ginevra sempre arrampicata sulla panca, ma con le braccia e la testa poggiate sul tavolo.
Il mago si sedette accanto a lei, mentre Gaius posò davanti a loro due ciotole di un qualcosa non proprio invitante. I due ragazzi si scambiarono un'occhiata complice, per poi immergere il cucchiaio in quell'intruglio.
«Su mangiate» commentò burbero l'anziano medico, mentre si accomodava davanti a loro «dovete avere energie per la giornata. C'è da raccogliere delle erbe e dovete portare questo qui a Morgana» indicò un piccolo sacchettino «la poverina è tormentata dagli incubi.»
Si sforzarono di mangiare tutto, mentre spiegavano a Ginevra che l'avrebbero tenuta con loro fino a quando non gli avessero trovato un alloggio e un lavoro o lei non avesse recuperato la memoria. La ragazza ringraziò mille volte, anche se l'ansia per quello che le stava capitando non la lasciava un momento. Chissà cosa stava succedendo nel suo mondo. Probabilmente in quell'esatto istante la stavano cercando tutti, in preda al panico.
«Di certo non puoi andare a giro per Camelot conciata così» esclamò all'improvviso Gaius, distraendola dai suoi cupi pensieri «potremmo chiedere a Gwen se ha un vestito da prestarti per il momento.»
Vì alzò il capo dalla ciotola, allarmata. 
«Oh no no grazie. Mi farò andare bene i vestiti di Merlino, almeno fino a quando non potrò comprarmi qualcos'altro.» Sorrise in direzione dei due, ma si affrettò a tornare seria quando notò gli sguardi sconvolti che le lanciavano.
«Preferisco abiti comodi...» aggiunse, sentendo le guance diventare rosse.
Da piccola sognava di indossare degli abiti lunghi e bellissimi, ma adesso che forse ne aveva l'occasione ne era spaventata. Senza contare che per una ragazza abituata a portare i Jeans ritrovarsi a dover indossare abiti tutti i giorni non sarebbe stato il massimo della comodità.
Finita la colazione Merlino dette alla mora un paio di vecchi pantaloni marroni e una camicia blu. Essendo molto più bassa del mago Ginevra dovette arrotolare più volte sia le maniche della casacca sia il fondo dei pantaloni. Per le scarpe però fu costretta a tenere le ballerine che già calzava ai piedi, visto che gli stivali di Merlino erano decisamente troppo grandi. Lasciò i capelli sciolti, non avendo niente con cui legarseli. 


Finito di prepararsi i due uscirono velocemente dalla stanza, lasciando il vecchio Gaius alle sue faccende. Vì seguì il giovane mago in giro per il castello, guardandosi intorno meravigliata.
Cavalieri vestiti con cotte di maglia passeggiavano chiaccherando tra loro, serve si affrettavano stanche, portando vestiti ed abiti puliti di chissà quale nobile... tutto sembrava così incredibilmente vero.
Arrivarono davanti ad una porta socchiusa, entrando senza bussare.
«Sai pensavo ad Artù, non lo toccherei nemmeno con una lancia.» una bellissima fanciulla dai lunghi capelli neri come la notte stava parlando, mentre si avviava dietro ad un paravento.
Sia Merlino che Ginevra rimasero in silenzio, momentaneamente incapaci di pronunciare anche solo una parola.
«Mi passi quel vestito Gwen?» i due si guardarono in preda al panico, rendendosi conto che non era presente nessuno nella stanza oltre a loro.
«Vai tu!» sussurrò Vì, dando una leggera botta al mago «no vai tu!» replicò lui, spingendola verso un grazioso vestito posto su di un divanetto.
«Insomma è un gradasso» la fanciulla intanto continuava il suo discorso mentre si spogliava, ignara di non star parlando con Gwen  «solo perchè sono la figliastra del re non significa che devo accompagnarlo al ballo. Dico bene?» Ginevra posò il vestito sul paravento cercando di tornare subito indietro, in preda al panico.
«Allora dico bene?» la ragazza in cerca di aiuto guardò Merlino, che stava osservando quella che ormai Vì era quasi certa fosse Morgana con espressione ebete.
«Si si.» si affrettò a dire, sperando che la sua voce assomigliasse leggermente a quella di Gwen. Fortunatamente per lei, la giovane nobile sembrò non accorgersi di niente, continuando il suo discorso sul principe Artù.
«Se vuole che lo faccia dovrebbe invitarmi... e non lo fa.» Ginevra tornò da Merlino, prendendolo per un braccio ed indicandogli la porta. I due iniziano ad incamminarsi, ma riuscirono a fare solamente pochi passi.
«Sai che significa?» chiese ancora la mora, mentre continuava a cambiarsi d'abito. Questa volta a Vì uscì solo un verso strozzato, ma la fanciulla non ci fece ancora caso, troppo impegnata a sistemarsi il vestito.
«Significa che ci andrò da sola!» seguirono attimi di silenzio e i ragazzi ne approfittarono per tornare a camminare verso la porta, ma vennero nuovamente interrotti.
«Ho bisogno di aiuto per il gancio» nessuno dei due ebbe il coraggio di parlare o muoversi «Gwen!» «Sono qui.» rispose qualcuno alle loro spalle.
Girandosi Ginevra potè finalmente vedere la ragazza dal nome Gwen, di cui aveva parlato prima anche Gauis. Aveva la pelle scura, i capelli ricci e crespi raccolti indietro ed un semplice vestito.
Vì ringraziò mentalmente di aver rifiutato la proposta fatta dal medico di corte, ovvero quella di chiedere a Gwen di prestarle un abito.
«Ma cosa...» sussurrò la riccia, guardandoli.
«Ha bisogno di aiuto.» chiarì Merlino sorridendole, come se quella frase spiegasse la presenza di loro due nelle stanze della figliastra del re. Vì fece un imbarazzato sorriso a Gwen, per poi seguire il ragazzo che stava uscendo velocemente dalla stanza, incredula per tutto quello che le stava capitando. 


Il resto della giornata Ginevra lo passò aiutando il giovane mago a raccogliere le erbe che servivano a Gaius.
Si divertì ad ascoltare Merlino raccontarle di essere arrivato da poco a Camelot, della magia che era tassativamente proibita nel regno, della semplice vita vissuta con sua madre ad Ealdor e di quanto Artù Pendragon potesse essere arrogante, arrivando addirittura a farlo imprigionare per aver detto solamente la verità. Vì era stupita dal comportamento di quello che sapeva dover diventare un grande re. Comunque non le importò più di tanto, troppo impegnata ad ascoltare il mago. Si era sentita tranquilla fin dal primo momento con Merlino, un po' perchè conosceva leggermente la storia e un po' perchè quel ragazzo le stava simpatico a pelle.


Cosa che non potè dire riguardo al principe di Camelot, quando lo vide per la prima volta.
Quella sera, grazie ad una certa insistenza di Merlino, accompagnò lui e Gaius ad una festa dove si sarebbe esibita anche una famosa cantante.
Si era fatta prestare un semplice vestito color rosa da Gwen, che aveva scoperto essere il diminuitivo di Ginevra. Le due infatti si chiamavano allo stesso modo. I capelli erano lasciati liberi di cadere sulla schiena in delle morbide onde, mentre i piedi doloranti calzavano ancora le stesse ballerine.
La prima cosa che attirò il suo sguardo, quando entrò subito dietro a Merlino e Gaius, fu il salone.
Lo stesso che aveva percorso con la sua classe e la notte con Sara, Luke e Marta. In quel momento però, con i tavoli pieni di cibo e le migliaia di candele accese, era al massimo del suo splendore.
La seconda cosa che notò fu una persona. Un biondino dalla faccia a schiaffi scherzava con altre persone, cercando di stare sempre al centro dell'attenzione. Le ricordò immediatamente Marco, bello e stronzo.
Dall'occhiata che gli rivolse Merlino, non potè non capire quale nome appartenesse al ragazzo.
«Quello è Artù?» chiese, ricevendo in risposta un sì talmente seccato da farla ridere lievemente. In quel momento però ogni persona presente nel salone, compresa lei, si girò ad osservare la fanciulla dai capelli neri, appena arrivata.
«Quanto cazzo è bella» esclamò Vì, incapace di trattenersi. Fortuna volle che tutti erano troppo presi da quella visione, per prestare attenzione al linguaggio della ragazza. Il principe fu il primo ad avvicinarsi a Morgana, iniziando a parlarle.
«È bellissima non trovate?» chiese Gwen raggiungendo Merlino e Vì, notando che la stavano ancora fissando a bocca aperta.
«Sì» rispose il giovane mago, non staccandole gli occhi di dosso.
«È proprio nata per essere regina» continuò Gwen, facendo voltare di scatto i due.
«No!» esclamò Merlino, in maniera talmente tenera da far sorridere Ginevra. Ah, il potere della bellezza.
«È la mia speranza, un giorno» continuò la riccia sorridendo «Non che io voglia essere lei... chi vorrebbe sposare Artù.»
La mora alzò un sopracciglio, guardando la serva di Morgana. Anche lei usava lo stesso tono, quando diceva alle sue amiche che la cotta per Marco era acqua passata.
Un pensiero improvviso le attraversò la mente.
Da quel che poteva ricordare le leggende parlavano di Artù e Ginevra. Possibile che in questa versione della storia il futuro re di Camelot sposasse una serva?
La ragazza si ritrovò ad alternare lo sguardo fra Gwen e il biondino. Alla fine scosse la testa, immaginando che quasi sicuramente sarebbe stata un'altra Ginevra, bellissima e nobile, a diventare regina.
«Pensavo che ti piacessero i tipi tutti muscoli che salvano il mondo.» stava dicendo intanto Merlino a Gwen, che replicò prontalmente «No preferisco gli uomini normali come te.»
Vì era silenziosamente un passo dietro a loro, ascoltando interessata il discorso. La ragazza ebbe la buffa impressione che con quella frase la riccia ci stesse provando con il mago.
«Gwen credimi io non sono normale.» mentre diceva questo il giovane dette una rapida occhiata a Vì, che fece il possibile per restare impassibile e non far intuire a Merlino che lei sapeva del suo segreto.
Se non voleva dirgli di essere arrivata da un'altro mondo, non poteva nemmeno fargli capire di sapere che lui era un mago. Sarebbe stato alquanto sospetto.
«No, non parlavo di te» esclamò in maniera precipitosa la riccia, resasi conto di quello che aveva detto «voglio dire che non sei tu, ma ecco mi piacciono molto di più gli uomini ordinari...»
Gwen lanciò uno sguardo impacciato a Vì, in cerca di aiuto.

«Credo che Gwen intendesse che gli piacciono i ragazzi tranquilli ed ordinari, simili a te» si affrettò a dire, per dare una mano alla serva «ma non è che gli piaccia tu, Merlino.» chiarì, mentre la riccia le rivolse un'occhiata riconoscente.
Non riuscirono più a dirsi altro perchè in quel momento i corni risuonarono nella sala e tutti si misero ai lati per far passare il re di Camelot, Uther Pendragon. Vì lo fissò, incuriosita e diffidente in egual modo.
Era un uomo con diversi anni sulle spalle, ma nonostante ciò la sua figura esprimeva ancora molta forza. Aveva una semplice corona in testa e sorrideva affabile. Eppure Merlino le aveva detto che uccideva chiunque fosse sospettato di avere a che fare con la magia, senza eccezioni di età o sesso.
«Abbiamo tutti goduto di venti anni di pace e prosperità... Questo ha portato al regno e a me stesso molte gratificazioni» Vì strinse le labbra irritata, mentre Merlino rimase immobile a fissare il re «ma poche reggono il confronto con l'onore di presentarvi Lady Helen.»
Tutti iniziarono ad applaudire e a prendere posto, il Re si sedette dietro ad un tavolo con ai lati Morgana e Artù, mentre Ginevra, non sapendo dove andare, rimase in piedi accanto al giovane mago.
Una bella donna fasciata in un meraviglioso abito giallo, iniziò a cantare. Vì notò con stupore quanto la voce di Lady Helen fosse incredibile, quasi magica. La ragazza si ritrovò presto a sbattere gli occhi, sentendosi stordita.
«Tappati le orecchie.» le urlò Merlino. La mora obbedì subito. Appena fece quello che gli aveva detto Merlino si riscosse, come se si stesse svegliando da un'intorpidimento.
Notò solo in quel momento, con orrore, che tutte le persone presenti nel salone stavano dormendo e che c'erano delle ragnatele attaccate da ogni parte.
La cantante tirò fuori un pugnale, pronta a lanciarlo verso Artù.
Ginevra si ritrovò ad osservare per la prima volta qualcuno fare uso di magia. Merlino infatti, dopo un attimo di esitazione per via della presenza della mora, alzò gli occhi sul grosso lampadario che cadde immediatamente sulla donna, schiacciandola a terra e terminando così il canto. Le persone presenti nella sala iniziarono a risvegliarsi lentamente.
«Guarda!» urlò Vì al giovane mago, tirandolo per una manica e indicandole Lady Helen. Al post della bella signora, adesso c'era una vecchia dai capelli grigi che, alzando di poco il busto, tirò con cattiveria il pugnale verso il principe.
Per la ragazza gli avvenimenti immediatamente successivi accaddero in una frazione di secondo. Artù restò immobile a guardare basito l'arma avvicinarsi, pronto a colpirlo mortalmente. Vì e Merlino invece si mossero nello stesso momento, trascinandolo a terra in un turbinio di corpi. Il pugnale si conficcò con un colpo secco nel sedile, mentre la vecchia si accasciava a terra, probabilmente morta.
Il giovane mago aiutò Ginevra ad alzarsi, impacciata dal lungo vestito e imbarazzata da una moltitudine di sguardi puntati su di loro.
«Avete salvato mio figlio» mormorò Uther avvicinandosi, visibilmente scosso «i debiti vanno saldati. Non siate modesti.» continuò mentre Merlino scuoteva la testa e Vì fissava un punto del pavimento, sentendo le guance in fiamme.
«Verrete ricompensati» il giovane mago si spostava da un piede all'altro, anche lui visibilmente a disagio.
«Non dovete...» provò a dire Merlino «Si invece» lo interruppe il re «meritate una grande ricompensa» Uther dette una pacca a suo figlio, che lo guardava in maniera interrogativa «avrete il titolo di valletti reali, sarete i servitori del principe Artù»  Merlino sgranò gli occhi, mentre Ginevra alzò di scatto la testa, sentendosi gelare.
«Ma, sire» tentò, cercando di parlare adeguatamente davanti ad un re «Merlino sarebbe molto onorato di servirlo da solo» «Sciocchezze, mio figlio è un principe. Può avere due servitori.»
Uther concluse il discorso allontanandosi velocemente.
«Ci hai provato eh.» sussurrò il mago alla ragazza, che sbuffò in modo quasi impercettibile, mentre tutte le persone presenti nel salone iniziavano ad applaudire ai tre.
Artù e Merlino si guardarono in cagnesco, mentre la povera Vì, ferma in mezzo a loro, si chiedeva mentalmente perchè mai non fosse stata ferma. Un giorno in quello strano posto e già si sentiva esausta.


Tornò nelle stanze di Gaius, insieme a lui e al moro.
Lasciò i due chiaccherare nella stanza di Merlino, mentre lei si cambiò in un angolo della sala principale, indossando i comodi pantaloni e la maglietta prestategli dal mago. Poggiò il vestito color crema di Gwen su di una sedia, ricordandosi di restituirle l'abito il giorno dopo.
Aveva appena terminato di legarsi i capelli in una treccia frettolosa con un nastro datole sempre da Gwen, che loro la chiamarono.
Lei entrò titubante, vedendo i loro volti seri.
«Tu hai visto vero?» chiese subito il ragazzo, fissandola freddo.
«Visto cosa?» chiese Vì, cercando di fare la finta tonta. Non sapeva come comportarsi... se almeno avesse saputo di più.
«Quello che ho fatto. Smettila di far finta di non capire» continuò lui alzandosi da una sedia, mentre Gaius li fissava silenzioso.
«Si, d'accordo, ho visto» si ritrovò a confessare Ginevra, messa alle strette «ma prometto che non lo dirò a nessuno.» Il vecchio medico fece un passo verso di lei, incerto «Come facciamo a fidarci?»
Vì si guardò intorno, non sapendo come rispondere. Non poteva dire di essere di un altro mondo o di un'altra epoca, probabilmente sarebbe stato troppo anche per delle menti aperte come le loro.
«Non ho altro che voi. Non ricordo da dove vengo, nè chi sono. Se mi cacciate sarò perduta.» guardò dritto negli occhi Merlino, sostenendo il suo sguardo. L'azzurro del cielo si scontrò con un altro pezzo di cielo.
Rimasero a fissarsi, quasi come non riuscissero a spostare lo sguardo.
«Sapete, voi due vi assomigliate molto.» esclamò all'improvviso Gaius, fissandoli dubbioso. C'era qualcosa di strano in quei due, ma il vecchio non riusciva proprio a capire. Comunque qualcosa negli occhi di lei, così simili a quelli di Merlino, gli fecero prendere una decisione.
«Va bene, puoi restare» dichiarò mettendole una mano sulla spalla «ma dovrai aiutarmi nelle mie mansioni, oltre ad essere la serva personale di Artù.» Vì sorrise riconoscente, ma fece un verso con la bocca al sentir pronunciare il nome del principe. Gaius la ignorò spostando il capo verso Merlino «Ovviamente questo vale anche per te» lui rispose sbuffando, cosa che fece scappare alla ragazza una breve risata.
«Vista la vostra somiglianza e il tuo passato ignoto, Ginevra, sarà meglio dichiarare a tutti che voi siete cugini. Altrimenti Uther potrebbe insospettirsi e non penso sia un bene.» I giovani si guardarono incerti, ma alla fine annuirono, credendo nella saggezza di Gaius.
«Un' ultima cosa» il vecchio porse un libro marrone molto grande a Merlino «usalo con cura e tienilo nascosto.» Vì andò vicino al mago, sbirciando le pagine.
«Ma è un libro di magia» commentò eccitato il ragazzo «studierò ogni parola.»
Ginevra guardò Gaius, imbarazzata «Ehm posso leggerlo anche io?» sentì addosso gli sguardi perplessi dei due «so bene di non avere poteri magici, ma mi piacerebbe apprendere qualcosa di nuovo.»
Gaius le disse che non c'erano problemi, a patto che tenesse sempre nascosto il libro. Stava per aggiungere qualcos'altro, quando una voce proveniente dalla stanza principale del vecchio medico li interruppe.
«Merlino, Ginevra... Artù chiede di voi.» i due si guardarono scocciati, per poi avviarsi verso la porta.
«Forza su, il destino vi attende.» si sentirono dire da un Gaius ridente, mentre uscivano sbuffando dall'alloggio.





Angolo dell'autrice:

Salve :)
Ed eccoci con l'inizio di questa, spero entusiasmante, avventura. Sono stata per molto tempo indecisa se dividere o no il capitolo. Alla fine ho optato per il no, ma questo e la gif in cima alla pagina, mi hanno fatto ritardare con i tempi. Chiedo perdono.

Ginevra ha fatto la conoscenza di Merlino e gli altri, e ha capito che qualcosa di molto strano sta succedendo. È confusa e spaventata. L'unica cosa che sa è che Merlino, e a regola Artù, sono persone di cui fidarsi, quindi farà di tutto per restare accanto al giovane mago e far si che lui si fidi a sua volta di lei.

Spero vi sia piaciuto!
A presto,
yukiko.

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Capitolo 3
*** Valiant (parte 1) ***



 

 Valiant - parte prima



Una risata cristallina risuonò nel parco dietro al castello. Vì, seduta a gambe incrociate sul prato, stava osservando Artù allenarsi con Merlino. All'ennesimo colpo inferto al povero mago, la ragazza non potè non scoppiare a ridere. La scena era decisamente troppo comica per lei.
«Se lo trovi così divertente perchè non vieni te al posto mio?» esclamò Merlino, decisamente irritato.
Ginevra fece una linguaccia, ma tutto il suo buonumore svanì quando sentì il principe parlare «Non combatto con le donne... e adesso rimettiti in posizione» ordinò al ragazzo.
Vì strinse le labbra. Quel biondino del cavolo aveva la capacità di farla incazzare in una maniera allucinante.
«Perchè non mi mettete alla prova, sire?» calcò sarcasticamente la parola sire, ma lui sembrò non notare la presa in giro.
«Al massimo dopo il torneo, adesso devo allenarmi.» La moretta allungò le gambe e osservò i due riprendere ad allenarsi. 


Era passato un giorno dal suo arrivo a Camelot, e ancora non aveva memoria di come ci era arrivata. Iniziava piano piano ad ambientarsi lì, ma il pensiero di cosa stesse succedendo nel suo mondo era sempre presente. Quella mattina Gaius aveva preso un altro letto da mettere in stanza insieme a quello di Merlino. Si era anche gentilmente offerto di prestarle dei soldi per comprarsi degli abiti. Ginevra potè giurare che non avrebbe mai dimenticato l'espressioni di Merlino e Gaius quando lei, tornata da far compere, mostrò loro i vestiti che aveva acquistato. Due paia di comodi, alti stivali e solo camice e pantaloni. Aveva guardato anche di qualche vestito, ma trovava che i semplici, e a parer suo brutti, abiti da serva la ingrassassero solamente. Come c'era da aspettarsi Gaius le ordinò categoricamente di tornare subito nella città bassa e di comprarsi almeno un vestito. Vì tornò con un anonimo abito lungo color crema con scollo a U, decisa ad indossarlo il meno possibile. 
A corte quel giorno era stata presentata come la cugina di Merlino e tutti sembrarono crederci, forse troppo presi dal vedere una minuta ragazzina tutta pepe che vestiva stivali alti, camicia rossa e pantaloni marroni.
L'unica cosa veramente negativa che aveva riscontrato fino a quel momento nell'essere capitata lì, oltre a non vedere persone a cui teneva, era che proprio non sopportava di dover "servire" qualcuno. Non era mai stata educata a stare zitta e ad obbedire, ma lì era obbligata a farlo se voleva tenere la testa attaccata al collo.
Se almeno fosse stata la serva di Morgana. Di primo impatto adorava quella ragazza. Era così bella e le sembrava anche così gentile e buona... invece no. A lei era toccato il pomposo, arrogante, figliolo di Uther Pendragon. Fortuna che con lei c'era Merlino. In due sarebbero riusciti a sopportare meglio quel lavoro.


Con un decisivo colpo all'elmo dato da Artù, Merlino cadde a terra come un sacco di patate. Ginevra a quel punto si alzò, dispiacendosi per il giovane mago. Si pulì il dietro dei pantaloni con le mani, mentre si avvicinava a loro.
«Dai, fatemi provare» chiese, raccogliendo la spada e lo scudo di Merlino, caduti poco lontano «almeno fino a quando Merlino non recupera un po' di fiato.» Il principe alzò un sopracciglio, scettico.
«L'armatura ti starebbe troppo grande» commentò, credendo di chiudere lì il discorso.
La ragazza però fece un passo verso di lui, la spada tenuta saldamente nella mano sinistra.
«Non ho bisogno dell'armatura, mi affaticherebbe e basta» la sua faccia era estremamente seria mentre fissava il principe negli occhi, senza abbassare mai lo sguardo. In realtà non aveva mai usato la spada. Dopotutto chi usava la spada nel terzo millenio? Ovviamente non lo avrebbe mai ammesso davanti a lui. Sperava di avere un talento innato e di riuscire, se non a battere, almeno a tenere testa al ragazzo.
«Va bene, qualche colpo mentre Merlino si riposa un attimo.»
La ragazza piegò leggermente le ginocchia, sistemandosi per bene. Artù rimase fermo, aspettando che fosse lei ad attaccare. Così Vì si ritrovò a fare un passo verso di lui, alzando la spada per cercare di colpirlo al fianco. Colpo che venne parato pigramente dal principe, che le fece comunque volare l'arma dalla mano. Ginevra, sbilanciata dalla botta, si ritrovò stesa a terra, rossa di vergogna e rabbia.
«Non credevo potesse esistere qualcuno peggio di Merlino. Evidentemente mi sbagliavo» Artù le rise in faccia e questo fu troppo per lei. Si alzò di colpo in piedi, lanciò con foga lo scudo sul prato vicino al giovane mago, che intanto guardava la scena curioso, e si avviò energicamente verso il castello, con la lunga treccia che le si muoveva a ritmo dei suoi passi. Ignorò con decisione Merlino, che continuava a chiamare il suo nome, e non si girò mai indietro, maledicendo quel principe da quattro soldi. 


Passò il resto della giornata a leggere il libro di magia, cercando di sbollire la rabbia. Era sicura di non essere una creatura magica, ma quelle nozioni le interessavano comunque. Verso l'ora di cena decise di preparare una zuppa con gli ingredienti che riuscì a raccimolare. A casa sua le piaceva molto cucinare, e non se la cavava neanche troppo male. Gaius si era appena seduto davanti a lei con un bel piatto fumante di zuppa, quando Merlino entrò nell'alloggio. Era visibilmente esausto.
«Allora, come è andato il primo giorno da servo di Artù?» chiese il vecchio, divertito dalla faccia del ragazzo. Aveva provato a chiederlo anche a Ginevra, ma il suo grugnito gli aveva fatto immediatamente capire che era meglio non insistere.
«È stato orribile!» commentò Merlino, mentre si sedeva a capotavola. Vì non potè non sentirsi in colpa per averlo lasciato da solo con quel cretino. Si affrettò a mettergli un piatto di zuppa davanti e, avvicinandosi da dietro, iniziò a massaggiargli le spalle. Subito il giovane mago sembrò rilassarsi. Lui e Gaius parlarono un po', mentre consumavano la cena. La ragazza invece continuò a fare il massaggio a Merlino, stranamente silenziosa.
«Sai, la cena l'ha preparata lei» esclamò ad un certo punto il medico, rivolto al moro. Lui la guardò, sorridendole stanco. 
«Grazie Vì, sia per la cena che per il massaggio» tornò a voltarsi verso la zuppa, pronto a prenderne un'altra cucchiaiata, quando si rigirò verso di lei, gli occhi sgranati «mi sono dimenticato di dirti che Artù mi ha detto che devi andare subito da lui.»
La ragazza sgranò a sua volta lo sguardo, andando a sedersi sulla panca e prendendosi la testa fra le mani.
«Non ho voglia di andare da quel cretino
»
«Ginevra!» la rimproverò immediatamente Gaius, guardandola seriamente «una signora non dovrebbe dire queste parole. E adesso vai subito da lui e sii gentile.»
Sbuffando la mora si alzò e uscì dall'alloggio, lasciando quei due a consumare la cena.


Riuscì a perdersi quattro volte negli infiniti corridoi del castello, prima di trovare per caso Gwen. Sollevata nel vederla, le chiese dove diamine fossero le stanze di Artù. Appena la serva di Morgana le rispose scappò via, salutandola al volo. Arrivò davanti alla porta esausta ed irritata. Per colpa di quell'asino reale non era riuscita nemmeno a cenare. Senza contare che, essendosi persa così tante volte, era già molto tardi. E il mattino seguente si sarebbe dovuta alzare presto, in vista del torneo. Bussò piano, sperando che il principe già dormisse. Purtroppo per lei, sentì chiaramente la sua voce urlare «Avanti.»
Così, ripetendosi mentalmente di stare calma, entrò nelle sue stanze. 
Lo trovò in piedi davanti alla finestra posta nell'angolo a destra. Anche se indossava una semplice blusa blu e un paio di pantaloni marroni, era incredibilmente bello. Stava osservando il panorama notturno, immerso nei suoi pensieri. Per la prima volta le sembrò quasi un bravo ragazzo, senza quell'aria da sbruffone addosso. Poi però si voltò a guardarla e quel pensiero gentile svanì in un attimo.
«Dove sei stata? Quando ti faccio chiamare pretendo che tu arrivi immediatamente» commentò avvicinandosi a grandi passi verso di lei.
Vì degrignò i denti, abbassando la testa per evitare di guardarlo in faccia. Se faceva così era meno tentata dallo sputargli in faccia
«Chiedo scusa sire, ma Merlino...» si interruppe, non volendo far finire il ragazzo nei guai «me lo ha detto subito ovviamente, ma io mi sono persa innumerevoli volte per arrivare qui. Sono riuscita a trovare le vostre stanze grazie alla serva di Lady Morgana» alzò lo sguardo, sforzandosi di fare un piccolo sorriso.
Si trovò il principe a solo un paio di passi di distanza, che la fissava serio. Era fin troppo vicino per i suoi gusti.
«E allora, Ginevra» calcò freddamente il suo nome «farai avanti e indietro per tutti i corridoi del castello, passandoci anche tutta la notte, finchè non avrai imparato ogni singola strada per arrivare qui. Non tollererò altri ritardi così importanti» la ragazza sentiva le guance bruciarle dalla rabbia, ma si costrinse a dire un rapido «Sì, sire» per poi voltarsi verso la porta, credendo la conversazione conclusa, non ricordandosi che probabilmente il principe l'avesse fatta chiamare per un motivo. Era quasi arrivata all'uscita, quando la voce di Artù la fece fermare.
«Non volevo deriderti stamani, ti chiedo scusa.» Vì si voltò di scatto, la faccia sconvolta. Davvero il principe di Camelot le aveva appena fatto le sue scuse?! Riusciva a stento a crederci. Comunque scosse la testa, rimanendo ferma sul posto.
«Ovviamente questo non giustifica il tuo inappropriato comportamento che, sono sicuro, non succederà più.» Restarono a fissarsi per diverso tempo, senza dire niente. «C'è altro?» chiese infine il biondino, aspettandosi evidentemente che la serva si congedasse.
«Allenatemi» buttò fuori la ragazza, sentendo l'orgoglio finirle sotto i piedi «a Merlino non piace il combattimento, ma a me sì. Quando dovrete allenarvi con un servo, usate me invece di lui. Prometto che mi impegnerò al massimo per migliorare» parlò velocemente senza mai fermarsi, per paura che lui potesse prenderla nuovamente in giro. Invece rimase a fissarla in silenzio per qualche secondo, pensieroso.
«Perchè vuoi saper maneggiare un'arma? Sei una ragazza infondo» chiese, sinceramente curioso.
«Perchè se ci sarà un pericolo voglio essere in grado di potermi difendere da sola» chiarì, decisa.
«D'accordo. E adesso vai che devo riposare per il torneo di domani.»
Vì sorrise grata e, una volta uscita dalla porta, potè giurare di aver visto l'ombra di un sorriso anche sul volto del principe.


«Vì, Vì sveglia» una voce chiamava insistentemente la ragazza che, in risposta, si coprì il viso con il cuscino.
«Ancora cinque minuti mamma» Merlino rise mentre, non proprio delicatamente, le strappava il cuscino da sopra la testa.
«Ehi» urlò Ginevra, alzandosi di scatto a sedere.
«Muoviti che dobbiamo andare. Gwen ci sta aspettando per farci vedere come si mette l'armatura»
Vì sbruffò, ma si decise ad alzare. Il giovane mago uscì dalla stanza, lasciandole il suo spazio per potersi cambiare. Per problemi di spazio dormivano nello stesso luogo, ma ciò non li metteva a disagio. Semplicemente quando uno dei due doveva lavarsi o cambiarsi, l'altro usciva dalla stanza. Assonnata la mora si alzò, togliendosi il pigiama, che altro non era che una grande camicia vecchia di Merlino che le arrivava quasi alle ginocchia, ed indossando pantaloni neri e blusa verde scuro. Legò velocemente i lunghi capelli in uno chignon disordinato, piegò la camicia/pigiama lasciandola sul letto che aveva rifatto al volo, calzò gli alti stivali e uscì. Ad attenderla trovò Gaius, che era già impegnato nel suo lavoro, e Merlino che aveva appena finito la colazione. Appena la vide si alzò avviandosi alla porta.
«Ma io devo mangiare» cercò di protestare la ragazza.
In risposta il mago le lanciò una mela, subito prima di uscire. Sbuffando Vì lo seguì, salutando con la mano un Gaius divertito da quei due. Erano solo pochi giorni che li aveva in casa con lui, ma già sentiva di non poter fare a meno di entrambi.


Merlino e Vì andarono a prendere l'armatura di Artù e la portarono a Gwen, che li aspettava. Nonostante fosse mattina presto, molta gente era già alle prese con le proprie faccende. La mora era abbastanza sicura di non potersi abituare agli orari di quel posto, neanche se ci fosse rimasta per il resto della vita. La serva di Morgana fece vedere a alla moretta come mettere l'armatura, utilizzando Merlino come modello. La ragazza sapeva che non si sarebbe ricordata quasi niente, ma fece finta di capire tutto.
«Come mai tu sei più esperta di me?» chiese Merlino a Gwen, anche lui un po' incerto su come montare tutta quella ferraglia
«Sono la figlia del fabbro» rispose sorridendo.
«Forte!» esclamò Vì, non riuscendo a trattenersi «e sai anche maneggiare una spada?» le chiese, curiosa.
«Un po', ma conosco giusto le mosse basilari» rispose Gwen allargando ancora di più il sorriso, sinceramente contenta della curiosità della mora.
Le due ragazze aiutarono Merlino a togliersi l'armatura, per poi salutarsi e prendere strade diverse. Il mago e Vì si avviarono velocemente verso il prato del castello, dove i preparativi erano già giunti al termine. Artù li aspettava a braccia incrociate, scocciato. Insieme montarono in maniera decisamente maldestra l'armatura addosso principe, che li guardava sconcertato.
«Siete nervoso?» chiese Merlino, mentre gli allacciava l'armatura sotto il collo.
Vì lì osservava ad un paio di passi di distanza, l'elmo in mano.
«Io non sono mai nervoso» rispose Artù, anche se, vista la sua espressione, Ginevra potè giurare il contrario.
«Davvero?» Merlino continuava a parlare, non capendo che così lo avrebbe solo innervosito ulteriormente «credevo fosse normale...»
«Vuoi chiudere quella bocca?» lo interruppe urlando il biondo.
Vì abbassò il capo, non riuscendo a trattenere una lieve risata. Il mago, senza più dire una parola, gli legò il mantello rosso al collo. Si spostò poi per far spazio a Vì che tese l'elmo al principe, sforzandosi di mantenere un'espressione seria. Si allontanarono entrambi di qualche passo, osservando Artù. «Abbiamo fatto un ottimo lavoro» commentò Ginevra, contenta del loro operato.
«Non state dimenticando niente?» chiese serio il biondo.
«No, direi di no» rispose subito Merlino, alzando la mano destra in direzione di Vì.
Immediatamente la ragazza battè il cinque, sorridendogli. 
Aveva insegnato la mossa al giovane mago la sera precedente, quando era tornata dalle stanze di Artù. Ovviamente non aveva dato retta al principe, che le aveva ordinato di imparare tutti i corridoi del castello, ed era andata diretta nell'alloggi di Gaius, dove aveva trovato Merlino ancora in piedi. Sdraiati ognuno nel proprio letto, i due avevano parlato un po' e lei gli aveva insegnato a battere il cinque come segno di intesa.
«Ma cosa fate? Seriamente non notate niente?» sibilò il principe «si vede proprio che siete cugini! La mia spada!»
Merlino si affrettò a passargliela, mentre Vì si trattenne dal fare una linguaggia al biondo, che li osservava in malo modo.


Vì e il giovane mago si avvicinarono velocemente agli spalti montati a cerchio, dove erano già sedute la maggior parte delle persone. Il re, al centro della piccola arena, presentò i cavalieri in piedi davanti a lui, esclamò che il torneo sarebbe durato tre giorni, che il campione da battere era Artù e che il torneo aveva finalmente inizio. Dopodichè si congedò, andando a sedersi nel suo posto d'onore. Merlino e la ragazza erano rimasti in piedi accanto ad un muro vicino all'arena.
Per la prima volta Vì assistette ad un torneo.
I primi a scontarsi furono Artù ed un cavaliere che lei ovviamente non conosceva. Il principe vinse facilmente, così come facilmente vinse poco dopo un cavaliere vestito di giallo. La gente applaudiva continuamente, mentre le persone combattevano. Ginevra non lo fece, non comprendendo tutta quella violenza gratuita. Inoltre, non essendo abituata nel suo mondo, era sempre in apprensione per tutti, avendo paura che qualcuno si facesse male. Cosa che, dovette constatare presto, succedeva fin troppo spesso. Artù vinse sempre e così anche il cavaliere giallo, che Vì aveva scoperto chiamarsi Valiant. 
A fine giornata i due servi stavano aiutando il principe a togliersi l'armatura, quando Valiant, insieme al suo servo, si avvicinò.
«Posso congratularmi per le vostre vittorie di oggi?» Vì strinse i denti, irritata dal tono pomposo dell'uomo.
«È reciproco» commentò Artù, senza scomporsi.
«Spero di vedervi al ricevimento» rispose il cavaliere al principe, dando poi una breve ma intensa occhiata a Ginevra, prima di allontanarsi seguito dal servo.
«Leccapiedi» lo apostrofò Merlino, facendo sorridere Artù. «Cretino» rincarò la dose Vì, incapace di trattenersi. I due ragazzi la guardarono sconvolti, ma lei fece finta di niente, anche se sentiva le guance cominciare a diventare rosse. Era difficile dover ricordarsi dove era e stare quindi continuamente attenta al proprio linguaggio.
«Per domani dovete riparare il mio scudo, lavare la mia tunica, pulire i miei stivali, affilare la mia spada e lucidare la mia cotta di maglia» commentò il principe allontanandosi, mentre i due lo guardavano allibiti.
Nella loro stanza Vì iniziò a lucidare la sua cotta di maglia, non avendo alcuna intenzione di pulirgli gli stivali, ma Merlino la fermò. Sorridendo fece una magia e gli oggetti iniziarono a prendere vita, facendo il lavoro al posto loro. Il mago e la ragazza si sdraiarono nel letto di lui, appoggiando la schiena al muro, e si misero a studiare il complicato libro di magia.
Dopo un po' entrò Gaius, cogliendoli in fragrante
«Stai di nuovo usando la magia, ragazzo?» «No» rispose subito Merlino, negando l'innegabile.
Vì rise e Gaius uscì scuotendo la testa, dopo averli avvertiti che la cena era pronta. 
Passarono il resto della serata nell'alloggio, dando una mano a Gaius a pulire, continuando a studiare il libro e facendosi a turno un bel bagno caldo.
La ragazza si immerse con soddisfazione nell'acqua quasi bollente. Non era abituata a correre di quà e di là per tutto il giorno e la stanchezza si faceva sentire. Osservò la piccola camera da letto che condivideva con Merlino e la trovò molto accogliente. Era semplice certo, ma era un semplice che lei amava. L'unica cosa che le dispiacque fu che non c'era nessuno specchio. Per una ragazza non potersi specchiare, anche solo per vedere come le stava un vestito o come si era pettinata i capelli, era abbastanza traumatico. Ne avrebbe parlato sicuramente con Gaius. Finito il bagno i due ragazzi salutarono il medico, avviandosi nella loro stanza. Andarono a letto decisamente troppo presto rispetto a quanto era abituata Vì, ma si addormentò comunque velocemente, essendo molto stanca. 


Si guardò intorno stupita. Era nuovamente ai bordi della staccionata e non sapeva come ci fosse arrivata. Indossava una camicia bianca e dei pantaloni marroni. I capelli erano arruffati e per qualche oscuro motivo aveva il fiatone, come se avesse corso. Le tribune di legno erano piene e in mezzo all'arena stavano combattendo Artù ed un cavaliere.
Vì ruscì a riconoscerlo dallo scudo: era Valiant.
I due duellarono ferocemente, fino a quando Valiant non buttò a terra il principe. Ginevra chiuse gli occhi, terrorizzata. Il rumore della spada che trafisse un corpo la fece urlare.  
«Vì, Vì!» Merlino la svegliò scuotendola energeticamente per le spalle. Quando finalmente la ragazza capì cosa stava succedendo, smise di urlare ed abbracciò tremante il giovane mago, che la strinse sorpreso.
«Era solo un sogno, tranquilla» la tenne stretta a sè fino a quando non si calmò. Lei lo ringraziò infinitamente ed entrambi si sdraiarono ognuno nel proprio letto, addormentandosi poco dopo.


La mattina venne nuovamente svegliata in malo modo da Merlino. Si rimise i soliti pantaloni e la camicia verde scuro. Legò questa volta i capelli in una lunga treccia laterale. Fece una veloce colazione con Gaius e il mago e poi si separarono. Entrò nell'armeria, ancora leggermente scossa dal sogno. Cosa tra l'altro assurda, visto che a lei non poteva fregar di meno di Artù. Però si conosceva. Sapeva di non poteva accettare la morte di nessuno, nemmeno di chi le stava veramente sulle palle. Scrollò la testa, osservando l'armatura del principe posta su di un tavolino di fronte a lei. Fece per prenderla, quando un rumore la distrasse. Sembrava che un sibilio provenisse dal fondo dell'armeria.
«C'è qualcuno?» chiese, guardandosi intorno agitata.
Nessuno rispose, ma quel fastidioso suono continuò. Fece qualche passo incerto, cercando la fonte del rumore.
Sgranò gli occhi quando, inginocchiandosi di fronte allo scudo del cavaliere Valiant, si rese conto che il sibilio sembrava provenire proprio da uno dei serpenti disegnati nello scudo. Avvicinò leggermente il viso e, incredula, potè giurare di aver visto il rettile chiudere per un attimo l'occhio. Non fece in tempo però ad indagare oltre, che qualcuno le puntò una spada al petto. Si alzò lentamente, voltandosi verso la figura. Si trovò davanti proprio Valiant
«Posso esserti d'aiuto?» chiese aggressivo, abbassando solo leggermente l'arma.
«No» la voce di Ginevra uscì strozzata.
Più che impaurita per la spada puntata al petto, era agitata perchè nel suo sogno era proprio lui ad uccidere Artù.
«Stavo solo prendendo l'armatura per il principe» chiarì arretrando fino al tavolino, sperando di mettersi così fuori dalla portata della sua spada.
Lui però la seguì, l'arma abbassata, fermandosi ad un solo passo di distanza. Vì si ritrovò bloccata tra il tavolo e Valiant.
«Certo. Prendi l'armatura» esclamò come se il discorso fosse concluso.
A dispetto delle sue parole, subito dopo avvicinò il viso a quello immobile della ragazza, andando a portare la bocca ad un centimetro dal suo orecchio.
«Io però starei attenta se fossi in te. Mai farsi gli affari degli altri, non sai mai in quale guaio tu ti possa cacciare» si allontanò, lanciandole un'occhiata lasciva.
Ginevra non rispose, raccogliendo al volo l'armatura mentre lui continuava a fissarla. Scappò via, sentendo il cuore batterle incredibilmente veloce.


Corse praticamente fino alle stanze di Artù, nonostante stesse tenendo tra le braccia la pesante armatura. Trovò Merlino e il principe ad attenderla. Posò tutto sul tavolo davanti a loro, mentre cercava di riprendere fiato. Evidentemente doveva avere una faccia sconvolta, perchè il mago le si avvicinò subito, preoccupato.
«Ehi tutto bene?» le chiese, mentre Artù osservava stralunato l'armatura. Lui sembrò non notare niente di strano in lei.
«Dopo ne parliamo» sussurrò Vì a Merlino, proprio mentre il biondino chiedeva loro se avessero fatto tutto da soli. Il mago annuì subito, visibilmente soddisfatto del suo operato.
«Bene, adesso vediamo se riuscite a vestirmi senza dimenticare niente.»
Fece tutto Merlino.
Ginevra se ne stette in disparte, a guardali. Ancora scossa dall'incontro con Valiant, non voleva avvicinarsi a nessun uomo, tranne forse Merlino.
Vedere Artù poi le fece uno strano effetto, dopo il sogno. Si sentiva quasi in ansia per lui.
«Tutto bene Ginevra?» la ragazza osservò confusa il principe, rendendosi conto solo in quel momento che entrambi la stavano fissando, perplessi.
«Oh sì, certo» cercò di fare un vero sorriso, sperando di avere doti nascoste da attrice.
Artù sembrò cascarci, tornando a fissare Merlino che gli aveva appena consegnato l'elmo.
«Molto meglio. Anche se era difficile peggiorare» «Bè imparo in fretta» rispose subito il mago, soddisfatto.
«Spero per te che sia così.» Il battibecco fra i due la fece sorridere, distraendola per un attimo dai suoi pensieri.


Merlino e Vì augurarono al principe buona fortuna, seguendolo poi fino all'arena dove lui si fermò al centro, mentre loro restarono in piedi fuori dallo steccato di legno. Il re, Morgana e le altre persone erano già seduti, in attesa dell'inizio del torneo. Anche il secondo giorno a cominciare fu Artù, che vinse facilmente contro un cavaliere sconosciuto alla ragazza. Dopo fu la volta di Valiant. Solo nel vederlo, Vì sentì un brivido freddo lungo la schiena. Durante il combattimento Merlino si avvicinò ad Artù, mentre la mora rimase ferma lì, rapita dallo scontro. Scontrò che terminò con la vittoria di Valiant e l'altro cavaliere a terra, immobile.
Solo a quel puntò Ginevra corse da loro, afferrando per un braccio la giacca di Merlino.
«Perchè non si rialza?» chiese, agitata.
Entrambi non le risposero, troppo impegnati ad osservare la scena. Gaius portò via il cavaliere, che sembrava fare qualche lieve movimento, e il torneo continuò.
Alla fine della seconda giornata Merlino e la ragazza aiutarono Artù a svestirsi dell'armatura e si congedarono velocemente, avviandosi di gran passo verso l'alloggi di Gaius. Appena entrati posarono la pesante ferraglia, da pulire entro la mattina successiva, sul tavolo. Si avvicinarono subito all'anziano, seduto accanto al letto dove stava il cavaliere.
«È ferito gravemente» esclamò serio, guardandoli «qui ha due puntini, come se fosse stato morso da un serpente» indicò loro la ferita sul collo, mentre Vì ripensò con orrore a quella mattina.
«Come può essere stato un serpente? Era un combattimento fra spade» chiese perplesso Merlino.
«Eppure tutto fa pensare ad un avvelenamento...» esclamò Gaius, iniziando ad elencare i vari sintomi.
Disse che l'unico modo per salvarlo era quello di trovare il serpente che lo aveva morso. Ginevra fece un respiro profondo, cercando di riordinare la mente.
«Vi devo raccontare di stamani» interruppe il medico e, senza tanti giri di parole, raccontò ad entrambi la sua disavventura con Valiant.
Merlino decise subito di andare a controllare, mentre lei preferì rimanere con Gaius ad assistere il cavaliere. Mise una pezza bagnata sulla fronte dell'uomo, mentre il medico leggeva un libro, probabilmente alla ricerca di un antidoto. Non sapendo che altro fare, si sciolse stancamente i capelli, che caddero subito sulla sua schiena in morbide onde. Rimase ad osservare il fuoco di una candela per un po', assorta.
Il suo cervello faceva fatica ad accettare che lì la magia era reale e che quindi potevano succedere le cose più strane ed inimmaginabili.
«Avete fame?» chiese ad un certo punto a Gaius. Il vecchio non fece in tempo a rispondere che ecco Merlino spuntare dalla porta. Raccontò loro di aver visto Valiant dar da mangiare un topo ai tre serpenti dello scudo.
«Che schifo!» commentò Vì, disgustata.
«Dobbiamo dirlo subito ad Artù» Merlino e Ginevra si stavano già avviando verso la porta, quando Gaius li richiamò. Con saggezza spiegò loro che avevano bisogno delle prove per essere ascoltati, visto che Valiant era un cavaliere e loro solo servi. La loro parola non valeva praticamente niente. Vì capì che il medico aveva ragione, ma trovava comunque la cosa inaccettabile.
«Bene, vorrà dire che Artù morirà se combatterà contro Valiant. Non mi interessa... anzi potrò finalmente smettere di fare da serva a quel cretino dal sangue blu» Ginevra si rese conto di urlare solo al termine del suo discorso.
Indispettita si rinchiuse nella sua camera, senza aspettare la risposta di qualcuno. Si buttò sul letto, chiedendosi il perchè della sua scenata. Sicuramente era colpa di quel posto. Non era abituata a magie, complotti e mostri mitologici. La cosa più esaltante nella sua vita, prima di arrivare a Camelot, era stata quella di aver dormito in spiaggia con gli amici di nascosto dai suoi. I suoi. Dio, quanto le mancavano. E le mancavano anche il suo tutore e i suoi amici. Sperava che stessero bene. Chissà se la stavano cercando, se la pensavano.
Quando Merlino entrò nella stanza, ancora arrabbiato con Gaius per ciò che aveva detto, trovò la ragazza addormentata. Gli si avvicinò per svegliarla e dirle che la cena era pronta, ma si accorse che il viso di Vì era bagnato. La mora si era addormentata piangendo. Merlino uscì dalla stanza per andare a mangiare, preferendo lasciarla dormire. 



Angolo dell'autrice:

Sono in ritardo di 21 giorni. Lo so.
Ma se devo essere sincera ho un po' di dubbi su questa fan fiction.
Ancora nessuna recensione, è evidente che non piace.
Ormai credo che continuerò a pubblicare fino all'episodio di Lancillotto, ovvero fino a dove sono arrivata a scrivere.
Se poi qualcuno commenterà e mi darà motivo di continuare lo farò.
Al prossimo mercoledì,
yukiko.



 

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Capitolo 4
*** Valiant (parte 2) ***






Valiant - parte seconda


 

Il giorno dopo Ginevra si svegliò stranamente prima di Merlino. Si lavò il viso nell'acqua fredda della bacinella, per poi cambiarsi velocemente gli abiti, decidendo di mettersi una blusa bianca pulita e i pantaloni marroni. Dopo aver legato frettolosamente i capelli in un morbido chignon uscì piano dalla stanza, per evitare di svegliare il giovane mago. Anche Gaius, come Merlino, era ancora nel mondo dei sogni. Riuscì miracolosamente a preparare la colazione senza destare il vecchio. Decise di prendere per sè solo una mela e di lasciare il cibo per loro sul tavolo. Mangiando il frutto uscì dalla stanza, dirigendosi verso le cucine. Lì molte persone stavano già preparando la colazione per i nobili. Da chi dirigeva la cucina, una grossa signora decisamente sempre troppo arrabbiata per i gusti di Vì, si fece dare un vassoio argentato pieno di cibo per il principe.
La ragazza entrò nelle stanze di Artù, senza bussare. Stava pensando allo stesso incubo che aveva avuto anche quella notte e questo la irritava da morire. Perchè aveva risposto in quel modo a Gaius? Perchè sognava di veder morire Artù? Sicuramente perchè sarebbe stata contenta se lui fosse morto, si ritrovò a pensare mentre sbatacchiava il vassoio sul tavolo.
«Ma cos..» farfugliò Artù, svegliandosi di colpo.
La ragazza non rispose, andando a spalancare le tende per far entrare la luce.
«Ginevra!» urlò stordito il biondino, affrettandosi a tirarsi le coperte fino al collo, visto che aveva l'abitudine di dormire senza maglietta.
«Che c'è? E' ora di alzarsi» brontolò lei, piazzandosi di fronte a letto con le mani poggiate sui fianchi.
«Ma è presto» commentò il principe, tornando a sdraiarsi e mettendo la testa sotto il cuscino.
«Su fate meno storie e...» muovete quel culo, avrebbe tanto voluto aggiungere. Era certa però che lui non l'avrebbe presa molto bene «...e preparatevi. Il torneo non è ancora finito»
Artù sbuffò in risposta, restando al caldo sotto le coperte. «Oh, ma insomma!» spazientita Vì prese un lato dei lenzuoli e li tirò con forza, scoprendo il biondino.
Solo in quel momento la ragazza si accorse che chi aveva davanti era senza maglietta. Si sentì arrossire, per fortuna però lui non sembrò notarlo perchè, continuando a lamentarsi dell'ora, si stava dirigendo verso il paravento.
«Muoviti, preparami l'acqua» grugnì, sparendo dietro ad esso.
Irritata, e ancora leggermente imbarazzata, Vì scaldò l'acqua sul fuoco del camino, per poi buttarla dentro un grosso catino. Mise un dito dentro, ritraendolo subito. Perfetto, era troppo calda.
«L'acqua è pronta, sire. Con il vostro permesso andrei a prepararvi l'armatura per il torneo» esclamò con tono accondiscente, dirigendosi verso l'uscita.
«D'accordo e mandami Merlino!» rispose il principe, aspettando di sentire la porta chiudersi per uscire da dietro il paravento. Se fosse stato l'altro suo servo l'avrebbe obbligato a rimanere per sistemare la camera e per servirgli la colazione, ma con Ginevra la situazione era diversa. Lei era una ragazza, non poteva vederlo nudo mentre faceva il bagno. Intanto che aspettava Merlino si sarebbe lavato. Mise una gamba dentro la bacinella, togliendola però immediatamente. Dolorante e irritato, prese un secchiello contenente acqua fredda e lo versò dentro il catino. Finalmente, essendo l'acqua ad una temperatura accettabile, potè farsi il bagno. Sospirò, poggiando la testa nel bordo della bacinella. Quella ragazza era un vero disastro. Forse era persino peggio di suo cugino. In quel momento entrò nelle stanze del principe proprio il giovane mago che, fatto solo pochi passi, inciampò sui suoi stessi piedi. Artù non potè non ridere. No, Merlino come peggior servitore non poteva essere battuto da nessuno.


Quella mattina il sole splendeva su Camelot. Vì, con ancora un certo nervosismo, aiutò Merlino a mettere l'armatura al principe.
«Dovrete combattere contro quello?» chiese all'improvviso il giovane mago, indicando un'uomo decisamente molto grosso.
«Sì. È forte come un orso, ma è lento.» La ragazza sbuffò, passandogli l'elmo.
«Allora menomale che voi siete veloce» commentò, sorridendo sarcasica. «Già» le dette corda Merlino, beccandosi un'occhiataccia da Artù che, senza dire nient'altro, si avviò verso l'arena.
Dopo infiniti scontri, anche quel giorno di torneo finì. La finale si sarebbe svolta il giorno seguente e sarebbe stata tra Valiant ed Artù.
Cosa che fece agitare non poco entrambi i servitori del principe. 


Nel pomeriggio Gaius raggiunse nei suoi alloggi Vì e Merlino, che stancamente stavano vegliando il cavaliere ferito il giorno prima da Valiant. Si scusò con loro per le parole che aveva pronunciato il giorno prima e spiegò che dovevano riuscire a trovare un antidoto per far risvegliare il cavaliere e farlo testimoniare. Senza dire una parola Merlino uscì di corsa e Ginevra, con gli stessi vestiti della mattina e i capelli che aveva sciolto con sollievo, non potè far altro che seguirlo.


Prima di entrare nella camera di Valiant, Merlino dette istruzioni a Vì.
Lei doveva semplicemente tenere d'occhio il cavaliere, che intanto stava cenando con gli altri cavalieri ed i reali di Camelot, e fermarlo se avesse provato ad entrare nelle sue stanze. Almeno fino a quando Merlino non fosse tornato da lei. Così si mise dietro ad una colonna ad osservarli. Senza quasi essersene resa conto si ritrovò a fissare Artù. Sospirò rassegnata.
Era inutile negarlo: per quanto lo trovasse odioso e stupido, non voleva assolutamente che morisse. Non era abituata alla morte, figurarsi a veder essere ucciso uno che conosceva.
Dopo poco però, con orrore, vide alzarsi tutti e avviarsi ognuno verso le proprie stanze.
Ginevra non voleva avere niente a che fare con Valiant dopo quello che era successo tra loro la scorsa mattina, ma si fece coraggio e gli si parò davanti prima di arrivare al corridoio che portava alla sua camera. Così se Merlino fosse uscito lui non l'avrebbe visto.
«Buonasera» attaccò, mentre lui stringeva gli occhi nel vederla «Artù mi ha ordinato di venire da voi a sentire se avete bisogno di qualcosa» mise sù il sorriso più falso che riuscì a fare.
«Ma se eravamo a cena insieme fino ad un attimo fa» esclamò sospettoso, facendo un passo verso di lei e schiacciandola così al muro.
Per la seconda volta, quell'uomo le era fin troppo vicino.
«B-beh ma un cavaliere deve essere servito sempre al meglio» abbassò la testa, cercando di pensare a come uscire in fretta da quella situazione.
«Te l'ho già detto ragazza, devi imparare a farti gli affari tuoi.» sibilò Valiant posandole una mano dietro la testa. Afferrò i lunghi capelli neri e tirò con forza, costringendola così ad alzare il viso per poterla guardare. Vì sentì le lacrime agli occhi per il dolore e la paura, ma ricambiò fiera lo sguardo, rimanendo in silenzio.
«Ginevra!» entrambi si voltarono, sorpresi nel sentire quella voce.
Artù era a pochi passi da loro e li guardava, perplesso. Qualcosa che vide nello sguardo della sua serva lo fece rabbuiare. Valiant si allontanò in fretta da Vì, sorridendo affabile.
«Bene, allora vi saluto. Vi ringrazio principe per la cortesia, ma non ho bisogno di niente» Artù in risposta gli rese un'occhiata ancora più confusa. «Buona serata sire, arrivederci Ginevra» sorrise alla serva che non ricambiò, ancora impaurita.
Il cavaliere si allontanò proprio mentre Merlino fece la sua comparsa.
«Che sta succedendo?» chiese il giovane mago.
«È quello che vorrei sapere anche io» rispose Artù serio, non staccando gli occhi di dosso dalla serva.
Lei si sforzò di sorridergli, avvicinandosi a Merlino e prendendolo con forza per un braccio «Adesso dobbiamo proprio andare, Gaius ci starà cercando»
Iniziò a trascinare l'amico, ma vennero prontamente fermati dal biondino.
«Ginevra!» si voltarono entrambi verso Artù «Nelle mie stanze. Subito.» Se ne andò senza aspettare la risposta della serva, sicuro che le avrebbe obbedito.
«Cos'è successo?» domandò Merlino, non appena il principe si fu allontanato. Lei gli spiegò velocemente la situazione, ma quello che le premeva era altro.
«Hai trovato il modo per creare l'antidoto?» chiese, ansiosa. Lui in risposta tirò fuori la testa di un serpente. Vì fece un passo indietro, inorridendo. «Bene lo prendo come un sì. Portalo a Gaius, io vado da Artù
» si allontanarono velocemente, prendendo strade diverse.


«Ma voi mangiate sempre?» non riuscì a non dire la ragazza quando, entrando nelle stanze del principe, lo trovò a mangiare della frutta.
Si era tolto la cotta di maglia, il mantello e la coroncina che portava a cena e in quel momento indossava solamente una blusa grigia. Vì si ritrovò a pensare che stesse molto meglio vestito così.
Era decisamente più affascinante... non che lei lo trovasse affascinante. No di certo.
«Mi stai dicendo che sono grasso?» commentò Artù volgendo lo sguardo verso di lei, ma restando seduto.
La ragazza, dimenticandosi per un attimo le infinite etichette di quel posto, andò diretta verso il tavolo e si sedette su una sedia posta di fronte al principe, che la guardò perplesso.
«No, no siete in ottima forma, sire» si appoggiò allo schienale, stanca «perchè mi avete chiamato?» chiese, trattenendo uno sbadiglio.
«Certo che te le buone maniere non sai proprio cosa siano» commentò il biondo sorridendo, tornando però subito serio. «Che ci facevi dietro la colonna, mentre cenavamo?» Vì sgranò gli occhi, sorpresa. Pensava di non essere stata vista da nessuno. «E perchè eri così vicina a Valiant? Che sta succedendo?»
La ragazza si ritrovò ad osservarsi intorno, indecisa se dirgli la verità o no. Non sapeva se Gaius sarebbe riuscito a creare l'antidoto.
«Non credevo ti facessi ammaliare da un cavaliere come lui. Non sembrava piacerti molto.» Ginevra tornò a guardalo, inorridita.
Ma che idee si era fatto quel cretino reale?
«Ma che state dicendo» commentò indignata, alzandosi per dirigersi velocemente verso la finestra «Io lo odio quello» si ritrovò a dire, sentendo un senso di nausea al solo pensiero di quello che era successo prima.
«Ti stava facendo male, non è vero? Perchè?» Artù si alzò a sua volta, visibilmente confuso.
«Perchè sospetta di me. Sospetta che io sappia cosa stia tramando» chiarì fredda Vì, incapace di trattenersi oltre.
Fortunatamente in quel momento entrò Merlino che, insieme alla ragazza, spiegò tutto al principe. All'inizio non gli credette, ma poi sembrò cedere, anche grazie alla testa di serpente che il giovane mago posò sul tavolo.
«Mi giurate che state dicendo la verità?» chiese infine, osservando serio entrambi. «Si, mio signore» confermò Merlino, mentre Vì si limitò ad annuire. 


Artù, insieme al mago, fece convocare la corte nel salone, mentre Ginevra andò da Gaius per controllare lo stato di salute del testimone.
Con sollievò scoprì che il cavaliere si era svegliato, sebbene fosse ancora molto debole.
«Vì io vado prendere delle erbe per preparare una pozione per Ewan, tu vai ad avvisare Artù che il testimone si è svegliato.» ordinò il vecchio medico, con tono che non ammetteva repliche.
«Tu invece riposati e recupera le forze» esclamò rivolto al cavaliere, uscendo subito dopo seguito dalla ragazza.
Vì si separò da Gaius, avviandosi velocemente verso il salone, dove sapeva di poter trovare il principe ed il suo amico. Aveva appena svoltato l'ennesimo corridoio del castello, quando sentì una fitta alla testa.
Cadde a terra, picchiando violentemente le ginocchia. Una sensazione di puro e terrificante orrore la colpì con forza. Si alzò di scatto, senza prestare minimamente al dolore dovuto alla caduta. Tornò sui suoi passi, camminando lentamente verso l'alloggio di Gaius, quasi in trance. Aprì piano la porta, trovandosi davanti il corpo esanime di Ewan. Valiant lo aveva certamente fatto uccidere da un serpente dello scudo. Alla visione del corpo senza vita la ragazza sentì la testa girarle e la nausea salire.
Si portò le mani intorno alla testa e urlò. 


Continuò ad urlare, in lacrime, fino a quando qualcuno la scosse violentemente per le spalle.
«Ginevra, basta!» In qualche modo la voce di Gaius riuscì a farla tornare alla realtà.
Rimase ferma per qualche secondo, cercando di capire cosa le fosse preso. Da quando aveva avuto quella sensazione nel corridoio, i ricordi le apparivano come sfocati.
«Vai ad avvertire Merlino ed Artù. Subito» le ordinò Gaius. Lei annuì ancora frastornata e, cercando di ritrovare un minimo di lucidità, corse il più veloce possibile verso il salone. 
Entrò mentre re Uther stava esaminando lo scudo di Valiant.
«Merlino» sussurrò la ragazza con il fiatone dovuto alla corsa. Sia il principe che il suo servo la sentirono e Merlino andò subito da lei.
«Ewan è morto! Valiant lo ha fatto uccidere con un altro serpente» esclamò piano in preda al panico, mentre piccole lacrime continuavano a scorrerle lungo le guance.
Proprio in quel momento Artù disse a tutti di avere come prova un testimone. Vì sarebbe volentieri scappata da lì a gambe levate. E forse lo avrebbe fatto, se in quel momento il principe non si fosse avvicinato a loro.
«Dov'è Ewan?» i due servi si guardarono, disperati.
«È morto» riuscì infine a dire Merlino, proprio mentre Uther urlava di star aspettando ser Ewan. Artù, pallido in volto, tornò lentamente verso suo padre.
«Temo che il testimone sia morto» tirare fuori quelle parole sembrò costargli molto.
Come era prevedibile da una persona fredda come Uther, non pensò minimamente al cavaliere morto. Anzi iniziò a spazientirsi.
«Hai visto Valiant usare la magia?» chiese seccato.
«No» fu costretto ad ammettere Artù «ma i miei servitori hanno...» tentò di dire, indicando Merlino e Vì, che teneva gli occhi fissi sul pavimento per paura di incrociare lo sguardo di Valiant.
«I tuoi servitori?» lo interruppe il re, quasi schifato «ti permetti di fare gravissime accuse ad un cavaliere basandoti sulla parola dei tuoi servitori?»
Per Ginevra questo fu troppo. Lei non apparteneva a quello stupido mondo, ne tantomeno era una serva.
«Ritengo che dicano il vero.» La frase di Artù frenò Vì dall'andare a spaccare il muso sia a Valiant e ad Uther, ma solo per un attimo.
«Vostra altezza è lecito essere giudicato per le illazioni di due servi?» la frase del cavaliere la fece scattare.
«Voi, brutto...» si fiondò su Valiant, ma non riuscì mai a raggiungerlo perchè venne fermata prontamente da Artù, che l'afferrò saldamente per un braccio
«Avete ucciso una persona! Avete assassinato Ewan!» urlò, mentre lacrime, questa volta di rabbia, le scendevano sulle guance.
Uther chiamò le guardie che immediatamente presero Ginevra, iniziando a trascinarla chissà dove. La ragazza evitò la prigione, o chissà che altro, solo grazie a Valiant che con gentilezza disse che non c'era bisogno che lei pagasse per colpa sua.
Artù fu costretto a chiedere scusa pubblicamente al cavaliere e con questo la riunione della corte finì.


Merlino e Ginevra corsero subito nelle stanze del principe, dove immaginavano che il biondino si fosse rifugiato.
Entrando, trovarono Artù vicino al tavolo. Li osservò solo per un attimo, tornando subito dopo a dargli le spalle.
«Vi avevo creduto» sentenziò, serio «mi ero fidato di voi e invece mi avete solo fatto fare la figura dell'idiota.»
Lì l'unico idiota era suo padre, ma questo Vì evitò di dirlo preferendo rimanere in silenzio.
«Non è andata come previsto» il tentativo di Merlino di consolare il principe fallì miseramente, vista l'occhiata gelida che rivolse loro.
«Non è andata come previsto?» si avvicinò con passo veloce ai suoi servi, mentre anche l'ultima briciola di calma sembrò lasciare il suo corpo «mio padre e l'intera corte reale credono che io sia un codardo. Mi avete umiliato» urlò.
Vì si sentì sprofondare. Credeva che almeno lui sarebbe stato dalla loro parte, che avrebbe capito. E invece si rivelò veramente l'idiota che a Vì era sembrato essere la prima volta che l'aveva visto.
«Umiliato? Un uomo è morto e pensate alla vostra umiliazione? Ma vi sentite?» anche Ginevra stava urlando, incurante di star parlando con un principe.

«Possiamo ancora smascherare Valiant.» intervenne Merlino, mettendo una mano sulla spalla di Vì, per cercare di calmarla.
«Non mi occorrono più i vostri servigi.» dichiarò Artù, senza però avere il coraggio di guardarli in faccia.
«Ci state licenziando?» chiese il giovane mago, incredulo.
«Voglio dei servitori di cui potermi fidare» «Voi potete fidarvi di noi» anche Merlino urlò, non riuscendo più a trattenersi.
«No. Dopo la figura che ho fatto... sparite dalla mia vista» Il giovane mago uscì senza dire una parola, subito seguito da Vì, che non riuscì però a non avere lei l'ultima parola.
«Molto volentieri. Non avrei mai voluto essere la serva di un cretino, anche se quel cretino fosse stato un principe.» Artù non le rispose. 


Merlino e Vì si separarono quasi subito. La ragazza si rinchiuse in camera sprofondando la testa sotto il cuscino, mentre il giovane mago all'insaputa di Ginevra andò a trovare il drago.
«Dove sei?» chiese il ragazzo, non vedendo la bestia «sono venuto a dirti che qualunque sia il mio destino, qualunque cosa pensi che io debba fare... hai scelto la persona sbagliata» urlò, nonostante non fosse sicuro che il drago lo stesse ascoltando.
«Tutto qui?» in risposta solo silenzio
«Addio.» fece per andarsene, ma una voce lo fermò.
«Se fosse così facile sfuggire al proprio destino...» il drago si accucciò sulla roccia davanti a lui, osservandolo.
«Il mio destino è proteggere qualcuno che prova odio per me?» urlò, in preda alla rabbia «E che mi dici di Ginevra? Anche lei ha bisogno di risposte. Avrà pure una famiglia da qualche parte.»
La bestia si alzò sulle zampe anteriori, guardando dall'alto il giovane mago. «I vostri destini sono legati. Forza, saggezza e amore... serviranno tutti e tre, mio caro Merlino. Presto lo capirai.»
Il giovane mago strinse la torcia che aveva in mano, indispettito
«Fantastico. Quello che ci voleva era un altro enigma.» «Che le vostre strade corrono insieme non è che la verità.» «E questo che vuol dire?» chiese il ragazzo, esasperato dalle parole del drago.
«Sappilo giovane mago, questa non è la fine. E' soltanto l'inizio.» Con quell'ultima frase, la bestia decise che il discorso era terminato.
Spiccò il volo, sparendo dalla vista di un confuso Merlino.


«No, no, no, NO!» Vì si svegliò urlando.
Si era appisolata senza accorgersene e aveva fatto di nuovo lo stesso incubo.
Valiant che uccideva Artù.
Si asciugò la fronte madida di sudore mettendosi a sedere sul suo piccolo letto, nel momento in cui Merlino entrò nella stanza. La ragazza lo osservò stralunata, visto che in mano reggeva a stento un grosso cane di pietra.
Spiegò velocemente a Ginevra il suo piano: avrebbe risvegliato i serpenti quando tutti avrebbero potuti vederli, incastrando così il cavaliere.
La statua del cane gli serviva per esercitarsi con l'incantesimo. Vì lo abbracciò felice. Grazie a lui avrebbero potuto salvare quel cretino reale. O così credettero per un po'.
Passarono ore, ma il giovane mago non era ancora riuscito ad animale il cane. Dopo il millesimo tentativo andato a vuoto Vì si ritrovò a premersi il cuscino sulla faccia, esasperata.
Entrambi guardarono fuori dalla finestra. Il sole ormai era calato da un pezzo. Il tempo che rimaneva era molto poco. Non voleva farlo, ma sentiva di doverci provare.
«Mer tu intanto continua ad esercitarti, io tenterò di parlare con quell'idiota di Artù» dichiarò e senza aspettare una risposta dal mago, uscì a passo spedito diretta nelle stanze del principe.


La grande porta di legno era aperta, così Vì potè entrare senza bussare. Artù, in piedi davanti al camino, la guardò solo un secondo per vedere chi fosse.
Nessuno sembrò trovare le parole per un paio di minuti. Alla fine fu la serva ad interrompere quell'estenuante silenzio.
«Vi chiedo scusa per quello che vi ho detto prima» fece un passo verso di lui, rimanendo però a debita distanza.
Che fosse un cretino continuava a pensarlo, ma sapeva di aver sbagliato a parlargli in quel modo. Aveva solo peggiorato la situazione.
«Non combattete contro Valiant domani, vi prego» continuò Vì, dopo che lui non rispose «userà la magia e vi ucciderà!» avanzò ancora, questa volta fermandosi vicina a lui.
«Lo so.» il principe teneva gli occhi fissi sulle fiamme del camino, rifiutandosi di guardarla.
«E allora ritiratevi! Che diavolo state aspettando?» «Non riesci proprio a capire Ginevra vero?» fu il suo turno di fare un passo verso di lei.
Vì riuscì finalmente a guardarlo negli occhi, cercando di non pensare al poco spazio tra loro.
«Non posso ritirarmi. Il popolo si aspetta che combatta. Come potrò condurre degli uomini in battaglia se passo per codardo?» «Se morirete non condurrete nessun uomo! E morirete se combattete» gli urlò in faccia Vì.
«Allora morirò» lo sguardo di Artù si posò nuovamente sul camino, per evitare di vedere la sua serva in quello stato. Senza quasi accorgersene infatti la ragazza aveva iniziato a piangere.
«Come potete parlare così?» si passò una mano sul viso, asciugandosi stizzita le lacrime che quel giorno sembravano non smettere mai di scendere.
«Basta Ginevra. Non ho altra scelta» le dette le spalle, avviandosi verso la sua camera «Ormai ho deciso.»
A Vì non rimase altro che uscire dalla stanza, sforzandosi di non tornare indietro per prenderlo a schiaffi fino a farlo ragionare.


Invece di tornare da Merlino, andò diretta nelle stanze di Morgana.
Bussò piano e aspettò con il cuore in gola di ricevere risposta. Sebbene avesse avuto una prima impressione positiva su Morgana, non era mai riuscita a parlarci ancora. In qualche modo le metteva soggezione, sia per il suo aspetto che per il suo rango.
«Avanti» entrando, la ragazza non potè non notare l'occhiata disorientata che aveva la figliastra di Uther. Indossava un bellissimo abito viola ed era stupenda come sempre, ma aveva l'aria spaventata.
«State bene?» chiese Vì, rimanendo vicino alla porta.
«Certo, solo un incubo.» Morgana le sorrise dolcemente, avvicinandosi «Sei la serva di Artù giusto?» Vì annuì, dispiaciuta dallo stato della ragazza.
«Si, mi chiamo Ginevra mia signora. Mi spiace che abbiate avuto un incubo. Vi capisco, anche io ultimamente ne faccio molti» «In questo caso prova a sentire Gaius. A me dà pozioni che mi aiutano a dormire. Comunque volevi dirmi qualcosa?» Vì annuì di nuovo, toccandosi nervosamente una ciocca dei lunghi capelli neri.
«Ecco riguardo al fatto a cui avete assistito prima nel salone» «Tu e l'altro servo di Artù dicevate il vero? Riguardo a Valiant?» la interruppe Morgana, osservandola curiosa.
«Si. Ho provato a supplicare Artù di non combattere domani, ma...» «Ma lui non ti ha voluta ascoltare» la ragazza nobile sospirò, spostandosi vicino alla finestra «Ad ogni modo anche io ti credo.»
Vì la guardò sorpresa. Morgana era proprio come se l'aspettava. Sembrava incarnare tutto quello lei che aveva sempre voluto essere.
Bella, elegante, austera, ma anche buona e giusta.
«Per favore, provate a parlare con il principe. Magari a voi darà retta!» La figliastra del re tornò ad avvicinarsi a lei, prendendole delicatamente le mani. «Ci proverò Ginevra. Andrò subito da lui» si sorrisero, per poi salutarsi. 


«Niente ancora eh» Vì era appena entrata nella sua camera e aveva trovato Merlino ancora alle prese con la statua del cane. Lui non le rispose, guardandola sconsolato.
Passarono la notte a tentare di far funzionare l'incantesimo, fino a quando non si addormentarono. Merlino era seduto sul pavimento, con la schiena appoggiata ad una poltroncina ed aveva la testa letteralmete spiaccicata sul libro di magia, mentre la ragazza era sdraiata all'incontrario nel letto, con il cuscino sulla faccia.
Vennero svegliati dai raggi solari che filtravano dalla finestra.
«Merda. Merlino, Merlino sveglia!» urlò Vì, quando si rese conto che era mattino.
«Se Morgana non è riuscita a fermare Artù, la finale sarà già iniziata. Corro a vedere» esclamò con tono concitato Ginevra, mentre Merlino tornava a provare l'incantesimo.
La ragazza si lavò al volo il viso nell'acqua fredda della piccola bacinella ed uscì correndo, con i capelli arruffati e gli stessi vestiti del giorno prima, i pantaloni marroni e la camicia bianca con le maniche arrotolate fino ai gomiti.
Sentiva i polmoni scoppiare, ma rallentò solo quando si trovò alla staccionata.
Morgana aveva fallito. I due stavano già duellando.
Notò, con orrore, che vestiva esattamente come nel suo sogno. Si guardò intorno, ma di Gaius nessuna traccia. Vide però Morgana seduta accanto ad Uther, che le rivolse un'occhiata dispiaciuta. Il suo incubo stava diventando realtà e lei non sapeva come impedirlo.
«Eccomi. Ce l'ho fatta!» sussultò spaventata quando Merlino apparì all'improvviso alle sue spalle. Rimasero a guardare lo scontro con il fiato sospeso.
Artù se la stava cavando molto bene, tanto da riuscire a far volare via l'elmo di Valiant.
«Si!» urlò Vì, agitando il braccio sinistro in aria. Il principe, con un gesto nobile, si tolse a sua volta l'elmo.
«Idiota» grugnì la ragazza, riabbassando l'arto. Merlino le dette ragione.
Lo scontro andò avanti duramente, fino a quando Artù non perse sia la spada che lo scudo, ritrovandosi così disarmato.
«Vai Mer!» sussurrò Vì ansiosa al giovane mago, che iniziò subito a formulare l'incantesimo.
Grazie a Merlino tutti videro i serpenti dello scudo prendere vita. Dopodichè si susseguirono attimi di panico. Valiant infatti urlò agli animali di uccidere Artù, ma Morgana lanciò al volo una spada, presa da un cavaliere, al principe che decapitò i serpenti ed uccise il cavaliere.
Ginevra e Merlino si dettero il cinque e si abbracciarono contenti e sollevati.  L'erede di Camelot lasciò dall'arena, dopo aver dato una pacca al mago e sorriso alla ragazza.


In serata si tenne la festa in onore di Artù.
Controvoglia Vì partecipò alla festa con quello che poteva considerare un vero amico e Gaius. L'ultima cosa che voleva, invece di riposarsi nel suo ormai amato letto, era di partecipare ad una festa reale e vedere quell'idiota di Artù gongolarsi con tutti e circondarsi di ragazze. Non che le importasse qualcosa di quello sbruffone, solo che preferiva passare il suo tempo in altro modo.
Comunque Merlino l'aveva trascinata lì, così si era fatta un bagno, messa l'abito lungo color crema e aveva legato all'indietro alcune ciocche di capelli, lasciando il resto della chioma libera di scendere lungo la schiena. Aveva anche ricordato a Gaius lo specchio, non potendone più di non poter mai vedere come stava.
«Ma guardate! Lui si prende tutto l'onore e le ragazze» esclamò il giovane mago sbuffando, mentre osservava Artù.
«E pensare che è tutto merito vostro» commentò Gaius facendo ridere Vì, per poi allontanarsi e lasciare i due ragazzi soli.
«Ti è venuto in mente qualcosa del tuo passato?» chiese Merlino a Ginevra, mentre osservavano i nobili divertirsi.
«No, niente.» Odiava mentirgli, ma non si sentiva pronta a rivelargli una cosa così grande come quella di poter venire dal futuro, o addirittura da un altro mondo . Sempre se la sua teoria era giusta.
Il mago stava per dire qualcos'altro, ma fortunatamente venne interrotto dal principe di Camelot, che si avvicinò a loro con passo spedito.
«Sapete cosa sostiene Morgana? Che è stata lei a salvarmi!» commentò irritato, mettendosi in mezzo ai suoi servi.
«Senza la spada che vi ha lanciato lady Morgana sareste morto» ricordò Vì, sorridendogli ironica. In risposta ricevette un'occhiataccia.
«Ginevra stai zitta o mi renderai tutto più difficile» «Tutto cosa renderà più difficile?» chiese Merlino, curioso.
«Il mio voler chiedervi scusa. Ho fatto uno sbaglio a licenziarvi.» I due servi si chinarono un po' in avanti, per potersi guardare in faccia. Entrambi avevano l'espressione stupita dipinta in volto.
«Beh offriteci da bere e siamo pari. E' da giorni che non prendo una bella sbronza.» I ragazzi sgranarono gli occhi, sconvolti.
«Ginevra! Una donna non beve fino ad ubriacarsi. Ma dove sei cresciuta? Nella foresta?» La schernì Artù e Vì si sforzò di non fargli una linguaccia. «E poi non posso offrire da bere ai miei servitori davanti a tutti.»
«I vostri servitori?» chiese il giovane mago, incredulo.
«Beh si ho cambiato idea.»
Che palle fu il primo pensiero della mora, ma per qualche oscuro motivo si ritrovò a sorridere.
«La mia stanza è da sistemare, i miei abiti devono essere lavati, la mia armatura deve essere riparata, i miei stivali puliti...» Vì aveva aperto la bocca, sconcertata «la mia spada va lucidata, i miei cani portati a passeggio, il mio camino spazzato, il mio letto cambiato e c'è da pulire le mie stalle.»
Ginevra scappò. Letteralmente.
Si mise a camminare a passo spedito verso il punto più lontano da quell'idiota, che sentì ridere sguaiatamente.
«Ginevra!» venne fermata da una sorridente Morgana e dalla sua serva.
«Salve Morgana! Ciao Gwen» ricambiò il sorriso ad entrambe, contenta di vedere volti femminili.
«Come avrai notato non sono riuscita a far ritirare Artù, ma almeno l'ho aiutato passandogli la spada!» «Oh si. Poco fa Artù è venuto a lamentarsi del fatto che voi dicevate di averlo salvato» Morgana strinse gli occhi, irritata dal suo fratellastro «e io gli ho fatto gentilmente notare che le cose erano andate proprio così.»
La dolce risata cristallina delle due donne riempì le orecchie di Vì.
«Immagino la sua risposta» commentò la figlia di Uther, dando una veloce occhiata alle spalle di Ginevra.
«Si è limitato a lanciarmi un'occhiataccia.» Morgana rise di nuovo e poi insieme a Gwen si ritirò nelle sue stanze, dopo aver salutato la mora e averle augurato la buonanotte.
Anche Vì se ne andò presto, avviandosi stanca verso l'alloggi di Gaius, lasciando Merlino alla festa.
«Ehi, Ginevra!» si sentì chiamare lungo il corridoio, poco prima di arrivare a quella che ormai considerava casa.
«Cosa ci fate qui?» chiese la ragazza voltandosi.
Non si era sbagliata. Aveva infatti capito di chi si trattasse solo dalla voce.
«Prima mi ero dimenticato di avvisarti» esclamò la figura, avvicinandosi rapidamente a lei «Domattina a svolgere i compiti che vi ho assegnato ci penserà Merlino. Tu dovrai solamente svegliarmi e farmi trovare pronta la colazione. Dopodichè andremo ad allenarci.»
Sul viso di Vì comparve un sincero e luminoso sorriso. «Ve ne siete ricordato!» commentò felice.
Anche il principe sorrise, tornando però subito composto «Ti comunico che sarà massacrante e che presto implorerai di smettere. Ma io te lo impedirò.»
La ragazza annuì, continuando a ridere. Era troppo contenta in quel momento per sentirsi spaventata.
La risata di Vì si spense dopo poco per lasciar posto all'imbarazzo, quando notò che lui la stava osservando in silenzio.
«Allora a domani. Buonanotte Artù.» esclamò sentendo le guance bruciare, mentre spostava lo sguardo verso la porta di legno che conduceva agli alloggi.
Il principe sembrò risvegliarsi scuotendo piano la testa, trattenendo a stento uno sbadiglio
«Buonanotte Ginevra.» si allontanò velocemente, permettendo così alla ragazza di raggiungere l'alloggio.
Quella notte Vì si addormentò con il sorriso sulle labbra, facendo sogni sereni.




Angolo dell'autrice:


Sono quasi le due di notte e sto morendo di sonno.
Non riesco a raggiungere altro.
Spero che il capitolo vi piaccia. Alla prossima settimana.
Un bacio,
yukiko.


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