A piece of my life

di moira78
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Segnali ***
Capitolo 3: *** Miglioramenti ***
Capitolo 4: *** Diagnosi crudele ***
Capitolo 5: *** Aggrapparsi alla vita ***
Capitolo 6: *** Una speranza per Akane ***
Capitolo 7: *** L’attesa ***
Capitolo 8: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


A PIECE OF MY LIFE



Questa storia non intende essere un’offesa a chi ha a che fare con simili malattie. E’ solo una storia che ho scritto con passione e dolore.


Prologo




Camminava da quasi due ore e la pesantezza del suo cuore lo soffocava come fumo acre. Respirare era difficile, pensare era come impazzire, vivere era…
…morire.
Sentiva vagamente le prime lacrime scendergli sul volto bollente, sfilare fino alla linea decisa della mascella, raggrupparsi in un unico blocco umido sul leggero incavo tra il labbro inferiore e il mento e poi cadere.
Precipitare…
Come la sua coscienza precipitava lentamente e inesorabilmente nelle fiamme dell’inferno.
Akane aveva perso i capelli. Tutti.
Stavolta non sarebbe bastata la mano di Kasumi ad accorciarli. Non c’era più nulla da accorciare sulla testolina nivea e piena di speranze di colei che giaceva sfinita in un letto d’ospedale, circondata da un ambiente asettico dove per vederla bisognava avere la mascherina sulla bocca.
Si asciugò le lacrime, rabbiosamente, col dorso della mano, e fissò il proprio pugno bagnato come istupidito; altre gocce vi caddero sopra inesorabili e non erano solo le sue lacrime ora. Era la pioggia.
Ranma-chan non reagì come al solito, maledicendo il temporale, il suo corpo femminile, le maledette sorgenti di Jusenkyio. Ma si limitò a guardare l’umidità sulle proprie mani e rivide il viso tirato e pallido di un insolito dottor Tofu. Aveva parlato piano, con una voce che non era la sua, e lui aveva registrato vagamente la mano di suo padre posarsi sulla spalla del signor Tendo per infondergli coraggio.
Nabiki aveva inghiottito come se avesse avuto un macigno in gola, poi aveva ripetuto quella parola, assurda, impietosa, maledettamente inadatta per una ragazza di appena diciassette anni.
“Leucemia…”
Il dottore aveva annuito, lievemente.
“È una malattia tumorale del sangue, caratterizzata dall'eccessiva proliferazione di leucociti immaturi atipici, rilevabili nei vasi sanguigni. I leucociti, o globuli bianchi, sono per così dire, difettosi, invece di difendere l’organismo dagli attacchi esterni, attaccano le risorse del sangue; ne fanno le spese anche i globuli rossi, provocando anemia e scarsa ossigenazione dei muscoli e degli organi interni.”
“È… un cancro del sangue…” Fece Nabiki, incerta.
“Proprio così, Nabiki-chan. Il tipo che ha contratto tua sorella è del tipo più comune; viene detta leucemia linfoblastica, dai linfociti immaturi. La leucemia può assumere due forme cliniche, acuta e cronica. La leucemia acuta è più comune nei bambini e nei giovani. È il caso di Akane.”
Ranma si costrinse a inghiottire a sua volta qualcosa di molto scomodo che gli aveva bloccato la gola. La prima volta che provò a parlare emise solo un verso strozzato, allora si inumidì le labbra e riprovò. Stavolta ce la fece.
“Si può…curare…?”
“Per il trattamento della leucemia si impiegano sia la radioterapia che la chemioterapia. Nei casi di leucemia acuta queste terapie provocano guarigione apparente in circa il cinquanta per cento dei pazienti e fino al novanta per cento di essi mostra remissione per tre o più anni.”
“Non mi interessano i particolari dottore.” Sentenziò Soun Tendo parlando per la prima volta da quando aveva appreso la terribile notizia sul conto della figlia. La sua voce piatta e priva di emozioni allarmò Nabiki ancor più che un attacco di pianto. “Sua madre… lei morì di leucemia e nessuna delle belle parole dei medici fu in grado di salvarla. Perciò mi risparmi i sermoni e mi dica se mia figlia dovrà morire nello stesso modo.”
Ranma si riscosse come se fosse stato preso a pugni. Il docile signor Tendo non aveva mai trattato nessuno con tanta durezza, almeno da quando lo conosceva lui. A giudicare dallo sguardo di suo padre, probabilmente mai nella sua vita.
“Akane è una ragazza molto forte, signor Tendo. La chemioterapia è una cura pesante ma efficace; non le starò a raccontare che sua figlia guarirà sicuramente, ma se supererà bene l’impatto con la cura ha ottime probabilità di farcela.”
Un lampo improvviso squarciò il cielo e il boato che seguì riempì il mondo. Ranma si inginocchiò per terra, le mani premute contro le orecchie, le spalle scosse da singhiozzi irrefrenabili.
Si accorse appena di una mano maschile posarsi sulla sua spalla, facendolo sobbalzare.

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Capitolo 2
*** Segnali ***


Capitolo I

SEGNALI




Correvano, in ritardo come al solito. La perfezione con cui Ranma teneva il passo della sua fidanzata, pur stando in bilico su una rete, diventava sempre più fluida. In cuor suo Akane avrebbe voluto fare altrettanto, ma non trovava il coraggio di chiedergli di insegnarle. Sicuramente avrebbe alluso al fatto che lei era solo un maschiaccio goffo e non sarebbe mai riuscita a stare in equilibrio neanche con un piede solo. Sbuffò, conscia del fatto che lui si era girato a osservare la sua irritazione.
“Beh, che c’è? Sei arrabbiata con me perché ti ho fatto fare tardi a scuola?”
“No.”
“E allora perché sbuffi come un bollitore di tè?”
“BAKA!” Gli gridò lei con enfasi.
“Ehi! E questo per cos’era?!”
“Per quello che avresti detto!”
Lui si bloccò sulla rete, facendola fermare di scatto a sua volta, e la guardò con gli occhi spalancati dallo stupore.
“Fammi capire, – cominciò con fare ragionevole – tu mi hai insultato per qualcosa che ‘credevi’ io stessi per dirti?”
“Più o meno…” Fece lei leggermente in imbarazzo.
Ranma si grattò la tempia riflettendo e quando lei lo esortò a sbrigarsi, lui la seguì tentando di farsi spiegare la cosa. Scese dalla rete e corse al suo fianco.
“Dai, dimmelo, cosa ti passava per la zucca, Akane?”
Lei si accigliò. “Non te lo dirò mai! E spicciati che altrimenti ci ritroviamo di nuovo in corridoio con due bei secchi colmi d’acqua!”
“E dai, dimmgghhhh!”
“Guarda dove vai!” Gli gridò Akane correndo via.
L’incontro ravvicinato col palo della luce costò a Ranma un ritardo di dieci minuti buoni e il privilegio di stare in corridoio con tre secchi pieni di acqua fredda. Quella stupida aveva il potere di rivoltargli il cervello come una frittata, annullando i suoi sensi più sviluppati, equilibrio, direzione, stabilità, tutto… e il suo essere veniva totalmente assorbito dall’urgenza di capire cosa la turbasse, se le aveva fatto del male oppure no.
Ora, mentre se ne stava fumante di rabbia davanti alla porta chiusa della sua classe, si scervellava per entrare nella mente contorta del maschiaccio e cavarne informazioni utili. Stese la mano sinistra contando sulle dita. A colazione lei non aveva cucinato, perciò lui non l’aveva insultata per i suoi manicaretti da mal di stomaco. Quindi la prima ipotesi era da scartare e Ranma abbassò il mignolo. Aveva fatto tardi per colpa sua? Evidentemente no, visto che fuori della classe c’era lui. Via anche l’anulare. Aveva fatto forse apprezzamenti sulla sua goffaggine o sui suoi fianchi larghi mentre andavano al Furinkan di corsa? No. Giù il medio.
“AKANE? COS’HAI?”
La voce preoccupata di Sayuri all’interno della classe lo fece sobbalzare con il conseguente rovesciamento del secchio sulla sua testa.
“Presto, portiamola in infermeria, è svenuta!”
Lasciando il conteggio a metà, una fradicia Ranma-chan si precipitò ad afferrare Akane, sostenuta per le braccia da Sayuri e Hiroshi.
“La porto io.” Dichiarò afferrandola saldamente fra le braccia. Quando era una donna, Ranma pesava meno di Akane, vista la differenza seppur minima di altezza. Ciononostante la trasportò fluidamente fino all’infermeria, dove una dottoressa dall’aria severa li chiuse tutti fuori da una tenda verde.
“Mi dite che diavolo le è successo?” Chiese Ranma-chan evidentemente agitata.
“Ecco – fece Sayuri contrita – stavamo facendo lezione, quando lei si è portata una mano alla testa… ed è semplicemente svenuta.”
“Svenuta…” Disse Ranma incredulo. “Akane non sviene mai!”
“Beh, stavolta l’ha fatto, a quanto pare!” Esordì la dottoressa uscendo dallo studio.
Immediatamente i tre furono dentro e sarebbe entrato anche il resto della classe, se lei non li avesse fermati. Akane giaceva sul lettino, ancora pallida ma con gli occhi aperti e vigili; guardò stupidamente Ranma e i suoi compagni che la fissavano con aria preoccupata.
“Beh? Ho un foruncolo gigante sulla faccia?”
“Razza di stupida!” La apostrofò Ranma-chan. “Sei svenuta, lo sai?!”
Lei si accigliò ed ebbe un moto di rabbia. “Sarei stupida perché non mi ricordo di essere sve…”
“Akane?!”
Ma per lei era di nuovo buio.


“CHE COOOOSAAAA?! COS’HA LA MIA BAMBINA?!” Gridò Soun Tendo facendo tremare i muri della casa.
“Papà, così la sveglierai, non gridare.” Gli intimò Kasumi carezzandogli la schiena con fare amorevole.
Akane era stata portata a casa da Ranma e messa a letto. Il dottor Tofu era stato chiamato tempestivamente, ma la calma generale del dojo era stata sconquassata dalla preoccupazione crescente del padrone di casa.
“Soun, amico mio, gridare non la farà stare meglio. Ora calmati e cerchiamo di capire se Ranma sa darci delle risposte.” Disse Genma con tono conciliante.
Ranma-chan sospirò e raccontò brevemente l’accaduto. Poi si concesse un bagno caldo e quando uscì in giardino era di nuovo padrone di sé. Nabiki sedeva davanti allo stagno, attendendo calma l’arrivo del medico. Lui le si sedette accanto, passandosi l’asciugamano sui capelli umidi.
“Dov’è Kasumi? In cucina non l’ho vista.”
“L’ho mandata a fare la spesa con la scusa che quando Akane si sveglierà sarà affamata. Se Tofu la vede non oso pensare a cosa potrebbe combinare alla nostra piccola sorella.”
Ranma sorrise un poco, poi si rifece serio.
“Non ho mai visto Akane svenire.”
“Nemmeno io…” Disse lentamente la ragazza dal caschetto castano.
“Cosa pensi che abbia? Magari è debole perché non ha fatto colazione.”
“Non è la prima volta che Akane esce di casa a digiuno. Eppure non è mai svenuta. Ma tu non hai notato proprio niente?”
Lui si voltò, sorpreso.
“In che senso?”
Nabiki sospirò, frustrata.
“Non vedi che ultimamente sembra… strana, pallida… e mangia come un pulcino. Saotome, cosa le hai fatto?”
“Io non le ho fatto proprio nulla!” Rimbeccò lui urtato. “Non le ho detto nulla di diverso dal solito!”
“Mmmhhh…” Nabiki parve riflettere. “Non è che per caso…”
“Cosa?” Fece Ranma con aria interrogativa.
Nabiki socchiuse gli occhi pensosa, riducendoli a due fessure mentre si avvicinava per squadrarlo in faccia.
“Ranma… hai per caso messo incinta mia sorella?”
Lui fece un salto all’indietro come se gli avessero mostrato il gatto più disgustoso della Terra e cominciò a balbettare.
“M… ma che ti salta in mente?! Cosa… come…?!”
La ragazza si tirò indietro e poggiò una mano sul mento con fare rassegnato.
“Già. Ma cosa vado a chiedere a un imbranato come te? Senza contare il fatto che Akane ti avrebbe spedito su Marte se tu ti fossi avvicinato un po’ troppo. No, una gravidanza è da escludere.”
Ranma inghiottì duramente, rosso come un peperone, domandandosi come quella ragazza potesse considerare certe cose con tanta tranquillità e diplomazia.
“Oh, ecco che arriva il dottor Tofu. Avanti Ranma, rimettiti gli occhi nelle orbite e facciamo gli onori di casa.”
Durante la visita Akane riprese conoscenza. Il buon dottore prese attentamente tutti i parametri vitali della ragazza e registrò un polso regolare e una pressione arteriosa appena al di sotto della media. Studiandole le gengive registrò quello che poteva essere un principio di anemia e per confermare la sua ipotesi fece un piccolo prelievo di sangue, raccomandandole di rimanere a letto per un giorno o due e di nutrirsi facendo attenzione ad apportare una quantità sufficiente di calorie e proteine. Tutto si svolse nella più completa calma e Soun fu rincuorato dal medico.
“Hai visto amico mio? Un po’ di riposo e la nostra Akane sarà di nuovo pimpante come prima!” Disse Genma allegramente dando una pacca sulla spalla del suo miglior amico.
Nabiki sorrise a Ranma, notando l’espressione sollevata del suo volto e lui esclamò bruscamente: “Io non ero mica preoccupato per quel maschiaccio, sai? Quella è talmente forte da sollevare me e te insieme e con una mano sola!”
In quella, arrivò Kasumi che, con le borse della spesa in mano, chiese candidamente al dottore come stesse sua sorella.
“Oh m… ma… Ka… Kasumi… dia a me quelle borse così pesanti… A… Akane sta benissimo… s… solo un po’ anemica… ma le dia a me…!”
La ragazza rise scioccamente quando Tofu afferrò le borse e andò a sbattere contro lo stipite. Ranma invece salì a vedere come stava Akane. Bussò leggermente e si stupì della voce allegra che lo invitò a entrare. La vide seduta alla scrivania, intenta a leggere un libro.
“Ma… ma sei scema?! Il dottore ti ha ordinato il riposo completo e tu ti alzi dal letto?!” Esclamò agitato. Lei sorrise esasperata.
“Ma Ranma, sono solo seduta e sto leggendo! Se non ti conoscessi direi che sei preoccupato per me!”
“I…io preoccupato? PER TE? Ma che dici?! Sicuro che non lo sono! Un maschiaccio insensibile come te non mi preoccupa affatto!” Rimbeccò indignato.
“Ah si? E allora perché sei venuto qui? Solo per insultarmi?!” Gridò lei lanciandogli il libro. Lui lo schivò di poco e sorrise.
“Questa è l’Akane che conosco! Violenta e piena di forze! Nhhhh!” Fece tirando fuori la lingua.
Lei si alzò facendo cadere la sedia e si mise in una posizione di attacco “Ranma… TU!”
Lui spalancò la bocca di scatto e la propria espressione di stupore si riflesse sul volto di Akane.
“Che c’è? Cosa…”
Ranma la indicò con un dito tremante. “Stai… perdi sangue dal naso, Akane…”
Lei lo guardò come se avesse avuto una seconda testa, poi si portò due dita sotto al naso, appena più su dal labbro superiore, e se le guardò instupidita. Erano rosse. Fissò Ranma con un’espressione allibita.
“Come… come è possibile?”
Lui si accigliò. “Non lo so, ma so che sei bianca come un cencio e questo sì che mi preoccupa. Mettiti a letto e aspettami. Ti porto un fazzoletto bagnato per tamponarti il naso.”
“Faccio da so…” Cominciò lei dirigendosi verso la porta, ma Ranma la fermò con le mani sulle spalle, sorprendendola non poco. “Ranma…?”
“Ti ho detto di rimanere qui, maschiaccio testardo. O sarò costretto a legarti al letto.”
Quello che vide nell’espressione di Ranma la fece calmare e docilmente si mise a letto vedendolo uscire a lunghi passi dalla stanza. Con un sospirone afferrò uno specchietto dal suo comodino e si guardò accigliata. Da dove veniva tutto quel sangue? E perché era così pallida? Ricordò le parole del dottor Tofu e con un dito abbassò la pelle sotto l’occhio sinistro per scorgere l’interno. Bianco, cristallino come la cornea. Kami, era davvero anemica allora? Tirò fuori la lingua e le parve bianca anche quella.
Ranma tornò un minuto più tardi con un fazzoletto umido e prima che lei potesse dire qualcosa glielo pigiò dolcemente sulle narici. Nei suoi occhi vide preoccupazione e… affetto?
“Ranma?”
“Cosa?” Fece lui allontanando un poco il pezzo di stoffa.
“Mi dispiace.”
Lui inarcò le sopracciglia. “Per cosa?”
“Per averti trattato così… e per averti tirato il libro.”
Lui fece una risata acuta, rimettendole il fazzoletto sul naso.
Kamisama Akane, parli come se stessi male davvero! Sicura di non avere la febbre?” La mano le si posò sulla fronte e Ranma si accigliò di nuovo. Akane non osò muoversi.
“Cosa…?”
“Diavolo… sì che ce l’hai. Ma come ti è saltato in mente di attaccar briga con me male come stavi, eh?!”
“Ma, Ranma…”
“Mettiti giù e tieniti questo sul naso. Io vado a chiedere a Kasumi di portarti il termometro.” Si avviò verso la porta, ma lei lo fermò.
“Ranma?”
“Sì?”
“Grazie.” E gli fece uno di quei sorrisi che gli scioglievano il cuore. Ranma arrossì fino alle orecchie.
“Beh… cosa c’è di strano a preoccuparsi della propria fidanzata?” Borbottò prima di allontanarsi del tutto. Akane arrossì un poco, a sua volta, felice come non mai delle attenzioni e delle parole di Ranma. “Baka…” Mormorò senza rabbia posando la testa sul cuscino.

Quella sera, Akane avrebbe avuto la febbre a quaranta.

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Capitolo 3
*** Miglioramenti ***


Capitolo II

MIGLIORAMENTI




La settimana successiva la febbre sparì e Akane poté tornare al Furinkan. Il dottor Tofu aveva riscontrato un’anomalia nel sangue prelevato alla sua paziente. “Pochi globuli rossi e tanti globuli bianchi.” Spiegò alla famiglia. “L’apporto di ossigeno è lievemente danneggiato da questa disparità e c’è una scarsità di vitamina B12. In parole povere sarebbe utile fare altre analisi e nel frattempo somministrare del ferro aggiuntivo tramite medicinale.”
La febbre tornò altre volte, ma in forme lievi che costrinsero Akane a stare a casa non più di due o tre giorni. Nel complesso era migliorata, ma il dottore la sottopose a iniezioni vitaminiche continue e ad analisi approfondite. La debolezza non aveva raggiunto livelli allarmanti, ma da un po’ di tempo Akane era stata costretta a rinunciare al footing mattutino e alle corse estenuanti con Ranma quando era in ritardo.
Quella mattina erano per l’appunto in ritardo e Akane si stava lavando i denti con vigore, imprecando perché sapeva di non poter correre. Sputò l’acqua nel lavandino, preparandosi mentalmente a una mattinata in corridoio con i secchi, e si gelò. L’acqua era rossa. Aprì le labbra in un ghigno, studiandosi le gengive davanti allo specchio, e vide le macchie di sangue colarle sui denti. Inghiottì, disgustata, e si sciacquò la bocca una seconda volta, senza guardare stavolta.
“Akaneee! La colazione!” Le gridò Kasumi.
“Sono in ritardooo!”
“Akane, ricorda cosa ha detto il dottor Tofu!” Ribatté la sorella.
Akane sbuffò. “Sì sì, una buona colazione tutte le mattine!”
Mentre si avviava incrociò Ranma ancora in pigiama. “Ma lo sai che ore sono?”
Lui sbadigliò. “Sì che lo so… tra cinque minuti sarò di sotto per la colazione.”
Lei alzò le spalle e scese in fretta le scale. Dietro di lei, Ranma fissava le macchie rosse nel lavandino e la seguiva con lo sguardo.

Ranma fu di parola e cinque minuti dopo era di fianco alla sua fidanzata, ingurgitando la sua porzione di riso. Il tragitto verso la scuola cominciò con un vantaggio di soli due minuti.
“Accidenti, arriveremo in ritardo anche stamattina!” Dichiarò Akane scoccando un’occhiata all’orologio da polso.
“Beh pazienza!” Fece Ranma da sopra la rete.
Lei lo guardò con un sorrisetto. “Tu potresti correre avanti, non sei anemico e debole!”
“Per stamattina ti aspetterò.” Dichiarò con noncuranza. Akane fece per rispondere che tutte le mattine lui l’aspettava, tardi o no. Si sentì vagamente in colpa per costringerlo indirettamente a fare tardi, così cominciò a correre.
“Ehi, Akane, che fai?!”
“Non sono una vecchia malata e voglio arrivare in orario!”
Ranma la seguì per un po’ e quando lei barcollò la prese al volo. Akane fissò gli occhi grigio-blu di Ranma e vide preoccupazione e rimprovero. “Sto bene… era solo un capogiro.” Protestò.
“Sei una stupida, ecco cosa sei. Hai perso altro sangue stamattina, cosa credevi di fare?” Lei spalancò gli occhi, sorpresa.
“Come…?” Poi ricordò di essersi sciacquata la bocca una seconda volta, senza guardare, e capì. Non poté aggiungere altro, perché Ranma l’aveva presa in braccio. “Che far?!”
“Ti porto a scuola!” Dichiarò lui cominciando a saltare sui tetti fino al Furinkan, facendole balzare il cuore in gola. Avvertì la solidità dei suoi muscoli fluttuare sotto la sua maglietta di seta e allora si sentì davvero debole e… calda. Stava volando a scuola tra le braccia del suo fidanzato e si sentiva felice. Mai, come in quel momento, aveva amato vivere.

Ranma atterrò davanti al cancello e la posò a terra.
“Fiuuu! Appena in tempo!” Sospirò asciugandosi la fronte. Akane lo vide entrare prima di lei e lo bloccò per un braccio.
“Ranma?”
Lui si voltò a guardarla. “Cosa?”
“Grazie.” Disse lei arrossendo e posandogli un lieve bacio sulla guancia prima di precederlo in classe in tutta fretta.
Lui rimase lì allibito e non notò la figura accigliata alle sue spalle.
Akane la pagherà cara stavolta, pensò Shampoo correndo via.

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Capitolo 4
*** Diagnosi crudele ***


Capitolo III

DIAGNOSI CRUDELE




Quando si risvegliò fu conscia di due sole cose: la febbre era tornata, se lo poteva sentire nelle ossa e nella testa, e Shampoo l’aveva aggredita.
Quella ragazzina… le darò una lezione coi fiocchi non appena starò meglio!
Poi udì le voci nell’altra stanza e studiando i contorni del letto e delle pareti capì che non si trovava in camera sua, ma nello studio del dottor Tofu.
Oh no, sono svenuta di nuovo…?
Si alzò a sedere, ma il mondo le vorticò attorno a una velocità pazzesca, costringendola a rimanere a capo chino per diversi minuti prima di riuscire a trascinarsi fuori dal letto. Quando si guardò di nuovo intorno, andava un po’ meglio, ma la sorprese un attacco di tosse improvvisa e dovette soffocarlo per cercare di udire cosa dicessero dall’altra parte.
"Le analisi non rivelano nulla di buono, purtroppo…" Stava dicendo il dottore.
Si tolse la mano dalla bocca, la tosse era placata.
"…Akane presenta una forma primaria di…"
Vide il sangue sulla propria mano e si domandò come fosse possibile perdere sangue dal naso, dalle gengive e anche dalla gola, quando era solo anemica.
"…Leucemia."
Il mondo si fermò. Akane piombò a terra, sulle ginocchia, ascoltando senza capire, comprendendo solo che la sua vita era probabilmente giunta al capolinea con un anticipo spaventoso.

Cologne vide la nipote rincasare con un’aria trionfale sul volto e le chiese se per caso il futuro marito non avesse deciso di sposarla, finalmente.
"No, bisnonna, ma oggi ho sconfitto il maschiaccio Akane e Lanma è dovuto correre dal dottor Tofu perché era moooolto debole."
Obaba si accigliò. Akane non aveva mai subìto una sconfitta tanto schiacciante da Shampoo da dover richiedere le cure mediche, a parte quella volta in cui sua nipote aveva utilizzato lo shampoo speciale che fa dimenticare le persone. E comunque anche in quell’occasione aveva recuperato da sola e benissimo.
"Cosa le hai fatto, nipote?"
"Oh, io ho tirato solo bombori colorati sulla sua testa dura e lei è caduta come un sacco di patate. Così impara a stare fra le braccia del mio Lanma per andare a scuola!" Ribattè indignata.
Akane era andata a scuola in braccio a Ranma? Era svenuta solo per un colpo di bombori e ora stava male?! Meglio controllare. Se Shampoo aveva messo in pericolo di vita Akane non c’era da stupirsi se il futuro marito l’avrebbe odiata. E questo non era certo un bene…

Guardava il soffitto da mezz’ora, ormai, ed era incapace di non pensare ad altro che a quella diagnosi crudele pronunciata dalla voce tanto amica del dottor Tofu. Le rimbombava per la testa come un tamburo, insistente, bruciante più della febbre che la invadeva.
Quando Ranma entrò nella sua stanza notò il pallore del suo volto e la sua aria distrutta, ma non mosse un muscolo e non disse una parola.
"Akane, sei sveglia?"
Lei annuì con il capo, sforzandosi di non piangere davanti a lui, mordendosi le labbra.
"Posso… entrare un momento?" Chiese avvicinandosi.
"Sei già entrato." Gli rispose con una voce che non riconobbe come sua.
"Akane… mi dispiace per quello che ti ha fatto Shampoo."
Lei si voltò a guardarlo, stupita.
"Ti dispiace? Allora perché non le hai mai detto che non intendi sposarla, Ranma?"
Lui spalancò gli occhi, sorpreso come da un pugno in pieno volto.
"Cosa…?"
"Forse stai ancora decidendo quale fidanzata scegliere, forse ci stai ancora riflettendo, Ranma?"
Sentì una rabbia folle ribollirle nelle vene. Probabilmente lei stava per morire, non era giusto morire a diciassette anni, e lui ancora non voleva saperne di decidersi a scegliere. E questo la faceva infuriare. Ci sarebbe stata quando lui si fosse finalmente deciso? Avrebbe potuto lottare per lui? E se avesse vinto, avrebbe avuto il tempo di essere felice con lui?
"Akane, cosa stai dicendo, sei malata, lo sai? Ora come ora devi pensare solo a guarire!"
Lei fece una cosa del tutto inaspettata, che lo lasciò senza fiato. Si mise a ridere. Forte, in una maniera spassionata e acuta nella quale Ranma udì con orrore una punta di follia e una profonda tristezza interiore.
"GUARIRE! Oh Ranma, questa è buona! Come se guarire dalla leucemia fosse lo stesso che curarsi una febbre!"
Lui sussultò. "Tu… sai…?"
"Si!” Ringhiò lei. “Lo so, ho sentito che forse non vivrò abbastanza per prendermi la rivincita da Shampoo! E anche se ci riuscissi non potrei reg… reggermi neanche… in p… piedi…" Le lacrime la sorpresero e Ranma assunse un’aria agitata che la irritò ancora di più.
"CHE C’E’, NON SEI CONTENTO?! IL MASCHIACCIO PRIVO DI SEX APPEAL NON TI INFASTIDIRA’ PIU’ E AVRAI SHAMPOO E LE ALTRE TUTTE PER TE! NON SEI CONTENTO RANMA?!"
Lui rimase impietrito a sentire quelle parole uscire come proiettili infuocati dalle labbra cineree di Akane. No, quella non era più Akane, quella voce carica di odio non poteva essere la sua, e Ranma non poteva più stare ad ascoltarla. Si mosse come un automa, bloccandole le spalle scosse dalle urla e dai singhiozzi con una presa forte, abbastanza da farle male.
"Ora basta, Akane." Sibilò con gli occhi ardenti. "Non un’altra parola." Lei rimase a bocca aperta, ammutolita da tanta veemenza. "Ora ascoltami bene. Qui nessuno si arrenderà mai e tu continuerai a infastidirmi per tutto il tempo che vorrai e io… io vorrò sempre che tu lo faccia!"
Akane rimase sbalordita a fissare gli occhi seri del suo fidanzato diventare grandi e tempestosi, scorgendo il luccichio debole delle lacrime nascenti. Allora la testa le girò di nuovo e forte, e sentì di essere tornata padrona di sé. Il suo viso si accartocciò in una smorfia disperata e si gettò fra le braccia del fidanzato piangendo liberamente, scossa dai singulti.
Avvertì la pressione delle sue braccia cingerle la vita, trattenerla come se non volesse lasciarla più, e capì che stava piangendo anche se non lo guardò in viso.
"Ssst… andrà tutto bene, te lo prometto…" Le bisbigliò lui con voce rotta, carezzandole piano i capelli, mentre fuori avanzava il primo temporale estivo dell’anno.

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Capitolo 5
*** Aggrapparsi alla vita ***


Capitolo IV

AGGRAPPARSI ALLA VITA




Da quel giorno cambiò ben poco. Ranma e Akane continuarono ad andare a scuola tutte le mattine, finché lei non fu troppo provata dalle forti cure per potersi anche solo alzare dal letto. Allora Ranma le portava i compiti e le sue amiche l’andavano a trovare intrattenendola allegramente, scherzando sul fatto che non appena si fosse ripresa sarebbero stati loro a farsi portare gli impegni di scuola a casa, poltrendo a letto.
Addirittura Ukyo, Kodachi e Shampoo erano andate a trovarla, dicendo che si sarebbero prese cura di Ranma mentre lei era malata. Kuno le portava rose rosse tutti i giorni e Cologne le aveva regalato un unguento capace di aumentare le difese del corpo e il qi vitale.
Le sue sorelle le davano un appoggio immenso, così come suo padre (quando non veniva colto da crisi di pianto) e il dottor Tofu, che la riempiva di libri e di attenzioni.
Lei rideva e ricambiava il loro affetto, senza lasciar trasparire la morsa d’angoscia che le attanagliava il cuore ogniqualvolta si addormentava la sera e temeva di non svegliarsi più il mattino dopo, vivendo negli incubi e nel dolore. Aveva perduto dieci chili da quando si era ammalata, tre mesi prima, e l’estate era stata un inferno. Se prima poteva uscire di casa e recarsi nel dojo a guardare Ranma allenarsi, ora non riusciva più neanche ad alzarsi da sola per prendere un bicchiere d’acqua, specialmente nei giorni in cui la radioterapia la costringeva china su una bacinella, con Kasumi a reggerle la fronte, scossa dai conati.
Per renderle il tutto più vivibile, avevano persino installato un piccolo frigorifero in camera sua per permetterle di servirsi di bevande fresche e vivande senza dover fare le scale, ma quando le vennero tolti i pesi per le braccia, Akane capì che era finita. Pianse lacrime amare sui suoi capelli sparsi sul cuscino senza più vita. Prima si andarono diradando, poi le rimanevano in mano a ciocche intere, lasciando la cute scoperta in più punti. Si ritrovò a dare l’addio all’ennesima ciocca di capelli davanti allo specchio quando Ranma bussò.
"Akane, posso entrare? Ho i compiti."
"VATTENE VIA, RANMA! NON LI VOGLIO OGGI I TUOI COMPITI!" Gridò in preda all’esasperazione.
Ma lui entrò lo stesso e si beccò lo specchio di Akane in piena faccia prima di rendersi conto che di forza ne aveva ancora parecchia. Poi la vide e il cuore si gelò. Era china sul letto, le mani sul viso, le spalle scosse dai singhiozzi. Sulla sua testa radi fili scuri stavano scomposti e isolati lasciando intravedere la pelle rosea della testa. Prese un sospiro pesante, imponendosi il controllo, e si stampò un sorriso sulla faccia.
"Ma lo sai che sei proprio una stupida piagnucolona?" Esclamò di proposito.
Lei si tirò su di scatto, sbattendo gli occhi sorpresa, attenta a coprirsi il capo con un lenzuolo.
"Cosa… ho perso tutti i capelli, idiota!"
Lui le si sedette accanto. "Non è da te frignare per così poco! Pensa a quando quello scemo di Ryoga te ne ha tagliati metà in due secondi netti!"
"Ma… ma era diverso…"
"No, Akane, è uguale. Questa è una sfida, non lo capisci? Può essere più dura delle altre, okay, ma tu non ti sei mai arresa davanti a una sfida!"
"Ma… ma i miei capelli…" Pianse lei.
Ranma le passò le mani sulle guance, asciugandole e trasmettendole un brivido piacevole lungo la schiena.
"Ran…ma?"
"Adesso ascoltami bene. Con i capelli o senza sei sempre il mio maschiaccio violento e nulla potrà cambiarti, capito?" Lei annaspò con le parole, vedendo il rossore diffondersi sulle guance di Ranma, incapace di sentirsi arrabbiata con lui, amando il suo modo di parlarle. "Domani sarà una bella giornata di sole secondo i meteorologi e se vuoi potremmo… ecco… andare a comprare un cappello per coprirti… l’inestetismo. Le lenzuola non sono proprio il rimedio migliore."
Akane non riusciva a far arrivare al cervello parole coerenti per quel gesto così inaspettato, per quelle parole così dolci, così poco da Ranma. Annuì e sorrise un poco.
"Grazie." Riuscì solo a dire cercando di cacciare indietro un altro attacco di pianto.
"Bene! Ti porterò sulle spalle fino in centro e potrai girare per negozi quanto vuoi." Così dicendo uscì e si richiuse la porta alle spalle, incapace di dire oltre.
Si ritrovò davanti al padrone di casa in lacrime e ai suoi genitori con un grosso sorriso sulle labbra.
"Che diamine… avete origliato?!"
Nodoka gli prese le mani. "Figliolo… hai fatto una cosa molto nobile e virile."
"Sì figliolo, sono orgoglioso di te." Annuì Genma con le braccia incrociate.
"Grazie Ranmaaaaa!" Frignò Soun.
Lui alzò il capo con sufficienza. "Oh, non ho fatto nulla," disse, "ora se non vi spiace vado a fare un bagno."
Ma quella notte, Ranma non riuscì a dormire serenamente.

Volavano, Akane lo seppe, ma la cosa meravigliosa è che erano mano nella mano e lei sapeva volare come lui. I suoi capelli erano di nuovo lunghi come quando l’aveva conosciuto e dai loro occhi traboccava l’amore. Erano su Nerima e correvano verso il Furinkan, saltando sui tetti, librandosi come uccelli.
Dabbasso udiva le proteste di Shampoo davanti al proprio ristorante, le grida di gelosia di Ukyo, la voce civettuola di Kodachi, i sermoni di Kuno… e rideva! Sì, perché per ogni bombori e ogni colpo di nastro lei aveva una schivata e uno sguardo di vittoria. Ora Ranma era suo e insieme avrebbero volato lontano, saturi d’amore e di vita.
Poi il suo mondo magico crollò e lei avvertì le tegole cedere sotto ai suoi piedi, la mano di Ranma lasciare la presa. Si divisero, incapaci di parlare, nell’oscurità della caduta e lei gridò senza voce. Vide i suoi capelli cadere assieme a lei, in un mucchietto inerme, e fissò Ranma in piedi davanti a lei.
"Mi dispiace Akane." Le mormorò ferendole il cuore. "Loro sono vive, vedi?" E indicò le sue rivali che gli correvano incontro, abbracciandolo, cominciando a volare con lui, prendendo il posto che lei occupava prima.
Allungò una mano e cercò di gridare, poi tentò di alzarsi per seguirlo, ma ricadde a terra. Improvvisamente non riusciva a respirare e a ogni tentativo un fiotto di sangue le sfuggiva dalle labbra, mescolandosi alle lacrime e alla consapevolezza di essere inerme e impotente agli attacchi incessanti di Shampoo, Ukyo e Kodachi. Fu sommersa dai bombori, dalle spatole, dai nastri e dalle clavette e vide Ranma allontanarsi con loro, nella luce, mentre lei sprofondava nel buio.
Il sudore le imperlava la fronte e capì di essere febbricitante e di aver dormito più del solito. La luce che entrava dalla finestra le indicò che era pomeriggio inoltrato e si insultò mentalmente. Oggi sarebbe dovuta uscire con Ranma e invece…
Si alzò dal letto a tentoni, cercando di pescare un succo di frutta fresco per sciogliere l’aridità della gola, ma cadde e fu costretta a strisciare sulle ginocchia. Dal naso colavano gocce minute di sangue e lei se lo asciugò con un gesto di stizza.
Se mi avessero detto che sarei finita così, non ci avrei mai creduto, pensò aprendo l’anta e afferrando una bottiglietta di vetro. La testa le girò mentre cercava di aprirla e il contenitore cadde in mille pezzi, spargendo vetri e liquido giallo sul pavimento. Akane gridò di costernazione e di rabbia e in un impeto di furia afferrò una seconda bottiglietta e la scagliò contro la porta provocando un rumore forte e cominciando a singhiozzare incontrollabilmente, lei, che non piangeva mai.
"MALEDIZIONEEEEE! MALEDIZIONE MALEDIZIONE MALEDIZIONE MALEDIZIONE MALEDIZIONEEEEEEEEE!"
Le grida di Akane fecero accorrere Kasumi e gli altri, riuniti in salone per il tè.
"Che succede, Akane?!" Gridò la più grande delle sorelle Tendo entrando precipitosamente nella stanza.
"Non ce la faccio più – pianse da terra – perché non posso morire subito, perché mi dovete curare?! Io non starò mai meglio!" Nabiki tentò di avvicinarla e così gli altri, ma lei li scacciò. "Lasciatemi stare! Lasciatemi sola!"
"Akane…" Tentò suo padre, ma lei era fuori di sé e il pover’uomo non poté far altro che fuggire in lacrime, seguito da Kasumi. Nabiki diede il gomito a Ranma e lui la guardò stortamente.
"Cosa potrei fare io? Se mi avvicinassi ora mi ucciderebbe!"
"Io non credo." Fece lei allontanandosi.
"Nabiki, aspetta!" Sibilò, ma poi udì i singhiozzi di Akane e si voltò, confuso. Rifletté per un istante, poi si diresse verso l’armadio e cominciò a rovistare nei suoi vestiti.
"Cosa… cosa stai facendo?!" Gli ringhiò.
Per tutta risposta lui le gettò un vestito rosso fra le braccia.
"Metti questo e lavati la faccia. Tra due minuti io sarò qui per prenderti, che tu sia pronta o no. Dobbiamo andare a fare acquisti, ricordi?" Senza aggiungere altro uscì dalla stanza lasciandola sola e tremante.
Akane rimase immobile per un minuto intero prima di realizzare che Ranma l’aveva invitata a uscire nonostante l’ora tarda. Si tolse il pigiama in tutta fretta e infilò il vestito. Lo sentì largo sui seni, sui fianchi, ovunque e mise una cinta dorata per non dare a vedere che era spaventosamente magra. Poi prese un fazzoletto variopinto da un cassetto e tentò di legarselo sulla testa ormai glabra. Ranma rientrò e lei arrossì violentemente.
"Non guardarmi… non sono ancora pronta."
Lui le si avvicinò con fare paziente e le legò il fazzoletto poco al di sopra delle orecchie, dandole un aspetto esotico. "Così va molto meglio!" Esclamò allontanandosi per controllare il suo operato.
"Grazie, Ranma." Lui si voltò, dandole la schiena, e l’invitò a salire. Con un leggero sorriso lei gli afferrò le spalle e sentì le sue braccia circondarle le gambe per sorreggerla. Arrossì a quel contatto così intimo e desiderò ancora una volta di essere viva.
Li videro uscire dalla finestra e Nodoka sorrise a Soun.
"Vede come sta meglio ora Akane? Stia tranquillo, l’amore cura ogni malattia."
Lui la fissò con gli occhi umidi e annuì. Sperò che avesse davvero ragione.

Il centro era gremito di gente, nonostante l’ora tarda, e le vetrine distrassero Akane al punto che volle provare a scendere dalle spalle di Ranma per camminare. Lui la sorresse per qualche passo, ma la debolezza la vinse e lei fece un gesto di frustrazione. Allora lui le circondò la vita quel tanto che bastava a sollevarla da terra e cercò di non sussultare al tocco delle ossa del suo bacino. Kami, com’era magra ora! Non l’avrebbe più chiamata vita larga. A quel pensiero rabbrividì.
Oh si che ce la richiamerò! Se esiste un dio giusto, lo farò di nuovo!
"Ranma?" La voce allarmata di Akane lo distolse dai suoi pensieri.
"Eh? Uh? Così va meglio? Puoi camminare?"
Lei arrossì e gli sorrise. "Sì, grazie Ranma."
Lui fu felice di quel sorriso e continuò a sostenerla finché non trovarono ciò che cercavano. Il cappellino era di un azzurro intenso, la stessa sfumatura che avevano avuto i suoi capelli, e una rosellina tea era stata appuntata a un lato della tesa. Akane lo mise e si sentì quasi bene.
Ma durò poco.
Giunti vicino casa, Ranma sentì che Akane, alle sue spalle, stava piangendo. Si fermò, allarmato, scendendo verso la recinzione su cui lui correva ogni mattina e la depose delicatamente a terra, senza mai smettere di sostenerla.
"Ehi…" Mormorò con un voce talmente dolce e bassa che la fece piangere più forte. Le sollevò il mento con un dito e la guardò negli occhi. "Akane?"
"Mi… mi disp… spiace… Ranma… io…" Lo abbracciò, singhiozzando ancora, e lui avvertì ogni centimetro del suo corpo corrispondere col proprio e si sentì morire. Era così magra… Poteva avvertire sulla pelle ogni singolo ossicino di Akane. E non sopportava vederla soffrire, odiava vederla soffrire.
"Akane, che c’è?"
"Mi… mi spiace di esserti così… di peso… tu stai facendo tanto per me… Ma io non lo merito! Io non vivrò a lungo e non ho il diritto di avere la tua pietà, di essere trattata con tanto riguardo da te che hai una vita intera davanti! Tu devi rifarti una vita accanto a una ragazza forte e sana, non puoi perdere tempo con me, che ti ho sempre trattato male e sto… p… per…"
"ZITTA, NON DIRLO!" Le intimò stringendosela forte al petto. Akane sentì l’emozione vibrargli nella voce. "Non lo capisci che non è pietà quella che provo per te? Non capisci che darei la vita per poterti vedere di nuovo felice? Tu guarirai Akane, te lo giuro, dovessi tirare giù il monte Fuji a mani nude, dovessi… dovessi invocare i demoni e vendere la mia anima. Io non ti lascerò morire, Akane, non ti lascerò andare via da me."
Aveva sentito il viso bagnato di lui premerle sul collo e le parole dette con tanta enfasi le risuonarono nell’anima e nel cuore riempiendola di gioia e di dolore nello stesso tempo.
D’istinto afferrò il viso di lui e premette le labbra sulle sue, comunicandogli tutta la gratitudine e l’amore che non era stata mai in grado di dargli. Ranma si lasciò trasportare dal suo bacio disperato, poi le strinse il viso tra le mani e la baciò ovunque, sulle guance, sul naso, sugli occhi, di nuovo sulle labbra, asciugando le sue lacrime, lasciando che le proprie continuassero a scendere. Si strinsero in un abbraccio vibrante, d’acciaio, mentre il sole tramontava silente sul fiume.

Quella notte, Akane fu ricoverata all’ospedale centrale di Tokyo.

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Capitolo 6
*** Una speranza per Akane ***


Capitolo V

UNA SPERANZA PER AKANE




Ucchan udì i rumori provenire dal piano inferiore e scese spaventata. Erano le due del mattino e se non erano i ladri, era di sicuro quella matta di Shampoo con un nuovo incantesimo o quell’imbranato di Ryoga che si era perso. Si preparò mentalmente a ogni eventualità, gettandosi una coperta sulle spalle, e fu sorpresa di vedere Ranma davanti alla sua porta.
"Ran… Ranchan?!" Corse ad accendere la luce e lo vide a testa china tormentarsi le mani e cercare di parlare.
"Scusami per l’orario… è che… Akane…" Singhiozzò e Ukyo ebbe la terribile certezza che Akane fosse morta. Sapeva che era malata da tempo e temeva che non ce l’avesse fatta. Nonostante fosse sua rivale, si ritrovò il respiro pesante e le mani gelide.
"Ranchan… cosa è successo ad Akane? È…"
"Sta morendo, Ucchan, e io non so più cosa fare."
Lei tirò un mezzo sospiro e senza riflettere sul vantaggio che poteva trarre dalla situazione, volendo solo il bene di Ranma, lo abbracciò forte e pianse con lui, addolorata per colei che, ora lo sapeva, era sempre stata sua amica.

Il tè fumante rinfrancò Ranma dal freddo pungente di quella notte d’autunno e Ukyo ascoltò con orrore il calvario di quella malattia che Akane aveva ereditato da sua madre e contro cui stava lottando e perdendo.
"Volevano farle un trapianto di midollo, per compensare l’anomala produzione di le… leuco… insomma, i globuli bianchi che le impediscono di avere un sangue buono. Hanno provato su Nabiki e Kasumi, per vedere se erano compatibili, ma pur essendo sue sorelle non lo erano. Allora hanno provato con Soun, ma neanche lui…"
Ukyo gli prese le mani in un gesto di conforto. "E questo cosa vuol dire, Ranchan?"
"Che Akane ha perso ogni speranza di guarire."
"Oh Ranchan… ma la medicina ha fatto miracoli! Possibile che…"
Ranma scosse la testa, frantumando ogni speranza in lei. Amava Ranma e non sopportava di vederlo soffrire. In quel momento avrebbe dato un braccio per guarire Akane e rendere felice l’uomo che amava. Ma stavolta neanche la buona volontà di tutti quanti, lei, Shampoo, magari Ryoga e quel matto di Kuno, sarebbe servita a salvare la vita di colei per cui Ranma viveva. Non c’era da sconfiggere qualcuno come Collant Taro su una montagna in riva all’oceano, stavolta c’erano la vita e la morte, il dolore e la malattia, poste sul piatto di una bilancia mal calibrata. E loro non potevano farci niente. Si sentì impotente per la prima volta in vita sua, ma capì di dover infondere coraggio in Ranma e cercare di prepararlo al peggio nella maniera più dolce possibile.
Gli prese le mani nelle proprie, frenando con un grande sforzo le lacrime che minacciavano di tornare, e parlò piano nella notte crescente.
"Ranchan, ora ascoltami. Voglio che tu le stia vicino finché puoi. Non ti dico di avere delle speranze inutili, ma… non arrenderti mai del tutto, lei non lo farebbe. Sii pronto a tutto e dalle…” Ukyo prese un respiro, sforzandosi di dire le parole che andavano dette. “Dalle tutto il tuo amore… So che ti sembrerà strano detto da me, ma non sono cieca, Ranchan. Dimostrale che l’ami e qualunque cosa accada, so che sarà felice e serena. Io mi sentirei così se stessi per… se fossi malata e ti avessi accanto."
Ranma inghiottì duramente, schiarendosi la gola.
"Io le avevo giurato che sarebbe guarita, ma stavolta non posso mantenere la promessa."
"Non sei un dio, Ranchan, non hai potere sulla vita e sulla morte." Bisbigliò Ukyo guardandolo dritto negli occhi. Lui le accennò un sorriso e la ringraziò di cuore.
"Grazie, Ucchan. Avevo bisogno di sfogarmi, di sentire una voce amica, e tu lo sei stata. Ti voglio bene, piccola Ukyo." Con quest’ultima frase, le pose un bacio lieve sulla fronte e uscì facendo un vago cenno di saluto.
Lei lo guardò andare via e si sentì svuotata. Ora sapeva che lo avrebbe perso per sempre, perché se anche Akane fosse morta, lui l’avrebbe amata per il resto della sua vita e lei sarebbe rimasta solo la sua più grande amica.

Quando cominciò a piovere, Ryoga fu svelto ad aprire l’ombrello. Sarebbe stato un vero guaio arrivare al dojo bagnato fradicio… e maialino. O forse no? Avrebbe potuto infilarsi nel letto di Akane direttamente e salutarla di persona dopo una calda notte di sonno. Certo, Ranma avrebbe fatto il diavolo a quattro, ma lui l’avrebbe domato e Akane gli avrebbe rifilato un paio di pugni sulla sua testa dura. Bene bene…
"Ma guarda un po’, parli del diavolo…" Lo vide nella sua forma femminile camminare curvo sotto la pioggia mattutina e si accigliò. Che cavolo aveva da essere così depresso? Che Akane lo avesse mollato?
Ranma sentì la mano sulla sua spalla e trasalì. Quando alzò lo sguardo vide Ryoga e non si preoccupò delle proprie lacrime, la pioggia le avrebbe mascherate bene.
"Ranma Saotome! Cosa fai sotto la pioggia con quella faccia?!" Esclamò Ryoga allegramente.
Ranma-chan gli volse le spalle. Ryoga allora si impuntò e lo girò violentemente afferrandolo per il bavero e alzandolo da terra.
"Sei diventato anche vigliacco adesso?!" Gli urlò in faccia.
"Akane…" Mormorò come in trance. "Oh, Ryoga!"
Senza alcun preavviso, Ranma premette i pugni contro il petto dell’amico e vi poggiò la testa piangendo, in un disperato abbraccio. Lui sgranò gli occhi, allarmato, e allontanò la ragazza da sé con uno spintone.
"Cosa…?! – ansimò – Cosa hai fatto ad Akane?!"

"Grazie Nabiki." Mormorò infelicemente dopo che la seconda delle sorelle Tendo gli ebbe versato l’acqua del bollitore sulla testa. Ryoga era stato accompagnato in infermeria, scosso e piangente, e Ranma stesso volle abbandonarsi alla disperazione. Ma sapeva di non poterlo fare, perché doveva stare accanto ad Akane, così si impose la calma.
"Di nulla, Ranma." Rispose Nabiki con una voce insolitamente cupa.
"Ho paura." Disse lui improvvisamente.
"Ma non mi dire. Il grande Ranma Saotome che ha paura!" Esclamò senza allegria.
"Credi che… che lei ne abbia?"
Gli occhi di Nabiki si fecero di fuoco e Ranma vi lesse una nota di follia, la stessa che aveva visto in sua sorella quando aveva saputo della propria malattia.
"Qui nessuno ha paura – ringhiò – tantomeno mia sorella! Lei ha sempre lottato e non avrà bisogno di avere paura di morire, perché lei non morirà! Non anche lei!"
Ranma osservò con terrore le lacrime represse di Nabiki e corse fuori dalla stanza in preda al panico. Magnifico, si disse, colei che doveva mantenere la calma sopra a tutti era crollata e ora chi faceva coraggio a lui?
Nel corridoio incontrò Kasumi e le intimò di raggiungere la sorella minore, incapace di fare altro per colei che sarebbe diventata sua cognata se solo… Scosse vigorosamente la testa e si impose di nuovo la calma. Quando entrò in camera di Akane, trovò una sorpresa: attorno al letto, circondato di macchinari, c’era un folto gruppo di persone.
"Ni-hao, Lanma! Sei arrivato finalmente!" Lo salutò Shampoo.
"Ciao, futuro marito!" Fece eco Obaba.
"Bentornato dalla tua fidanzata, Saotome" Disse Mousse.
"Ciao Ranchan, ti sei bagnato con la pioggia?" Domandò Ucchan.
"Ranma Saotome, ne devi avere di coraggio per lasciare Akane Tendo da sola con la sua malattia!" Dichiarò Kuno da un angolo.
"Ranma, tesoro, siediti qui accanto a me!" Cinguettò Kodachi.
Ranma li fissò sbalordito, si comportavano come al solito, come se non si rendessero conto della figura esile e pallida che giaceva nel letto attaccata alle macchine per vivere. Sul capo aveva il cappellino che avevano comprato assieme qualche giorno prima e un sorriso lieve le increspava appena le labbra.
"Ciao, Ranma."
"Ciao, Akane." La salutò e avvertì il gelo nel cuore: quelle parole risuonarono alle proprie orecchie come un addio.
"Come mai siete tutti qui?" Voleva aggiungere. E come mai voi, Shampoo, Ukyo e Kodachi non mi siete saltate al collo come sempre? Ma tacque saggiamente.
"Siamo venuti a trovare il maschiaccio violento naturalmente, per farle coraggio a combattere contro la malattia più violenta di lei stessa!" Disse l’amazzone allegramente.
"Deponiamo l’ascia di guerra, Saotome, e vegliamo la guarigione della nostra Akane. Come disse il grande Buddha…" Kodachi interruppe il sermone di suo fratello con una delle sue folli risate.
"Ma è ovvio! Che gusto c’è a conquistare il cuore del mio adorato Ranma se la mia nemica più valente è fuori uso! Ma non illuderti troppo, Akane Tendo, io ti batterò di nuovo!"
Lei rispose con un vago sorriso. "Non contarci troppo, Kodachi Kuno." Mormorò debolmente.
Ranma sedette accanto a lei e le parlò cercando di simulare disinvoltura.
"Ryoga verrà presto a trovarti. Quello scemo si è perso non appena abbiamo messo piede in ospedale!" Mentì. In quella entrò proprio Ryoga e tutti si volsero a guardarlo.
"Ehm, io… – balbettò tormentandosi le mani – come… come stai Akane-chan?"
Lei gli fece un debole sorriso e qualcosa in lui si sciolse. "Bene, ti ringrazio."
"Io volevo… dirti che… se c’è qualcosa che posso fare…"
"Grazie Ryoga, ma non puoi fare nulla, non stavolta. Questa battaglia è solo mia e anche se non dovessi vincere… saprò di avercela messa tutta anche grazie a te."
Calò il silenzio nella stanza. Ryoga rimase sulla porta, con gli occhi lucidi, e Ranma fissava Akane che tratteneva eroicamente un attacco di depressione. Shampoo si mordicchiò un’unghia e diede il gomito a Mousse.
"Andiamo al Nekohanten. Oggi siamo aperti anche di sera, vero bisnonna?"
Obaba guardò la nipote con occhi enigmatici, ma si affrettò a rispondere. "Si nipote, sarà meglio andare."
Kodachi si esibì di nuovo in una delle sue risate e girò il nastro spargendo petali neri ovunque.
"A presto, Akane Tendo, sappi che vincerò!" E saltò dalla finestra. Kuno si portò una mano alla tempia.
"Sarà meglio che la segua, prima che si metta nei guai” Porse ad Akane un mazzo di rose rosse. “Per te, mio bocciolo di rosa. Guarisci presto e sanerai anche le ferite del mio cuore."
Ukyo sospirò forte. "Beh, Akane, Kodachi Kuno non è difficile da battere, ma io sì. Perciò ti prego, guarisci presto, così che io possa sfidarti e offrirti una lotta decente. A presto, Ranchan!" Facendogli l’occhiolino uscì dalla porta ancheggiando, la lunga spatola che le ciondolava sulla schiena.
"Beh – fece Ryoga dal suo cantuccio – sarà meglio che me ne vada anch’io, così potrai ripos…"
"No, non andare!" Esclamò lei con voce urgente, facendolo sussultare. "Voglio dire… – riprese con voce più calma – resta, ti prego. Vorrei parlare un po’ con te."
Ranma si alzò in piedi. "Io vado giù al bar, voi parlate pure tranquillamente." Scoccò un’occhiata alla sua fidanzata e in un istante passarono mille mute comunicazioni tra di loro. Lei gli stava dicendo grazie e lui presto le avrebbe detto addio.
Si chiuse la porta alle spalle e vi si poggiò contro. Si portò le mani al viso, strinse forte le tempie e finalmente riprese il controllo delle proprie emozioni. Senza perdere tempo, andò allo studio del dottor Tofu.

"Ryoga, siediti qui, per favore." Disse Akane seria facendolo accomodare accanto a lei sul letto.
Il ragazzo arrossì visibilmente e si accorse per la prima volta di quanto lei faticasse a respirare, a parlare… a vivere. Sentì le lacrime salirgli agli occhi e scosse forte la testa per scacciarle.
"Akane-chan, ti prego… io tornerò tra qualche giorno, tu starai meglio, e allora parleremo…"
Lei fece un sorriso triste e incatenò gli occhi ai suoi.
"Ryoga – lo ammonì – lo sai che non c’è nessuna certezza…"
Ryoga scosse di nuovo la testa e si tappò le orecchie.
"Zitta, Akane! Non dire niente! TI PREGO!"
Lei fece un sospiro, sperando di non cominciare a frignare proprio ora, e gli prese le mani nelle proprie, comunicandogli un brivido.
"RY-OGA" Sillabò per costringerlo ad ascoltare. Lui si arrese e lasciò luccicare le lacrime negli occhi.
"Akane-chan…"
"Ssst! Se mi fai piangere ora non smetterò più, perciò ti supplico, lasciami finire." Ryoga annuì. "Tu sei l’amico più caro che io abbia mai avuto. Per questo volevo salutarti in maniera particolare. Non so se domani… o dopodomani… non ho idea di quando sarà finita, di quanto tempo io possa avere a disposizione, perciò finché sono lucida voglio ringraziarti di tutto cuore per quello che hai fatto per me durante questi mesi. Nessuno mi aveva riempita di regali come fai tu al ritorno dai tuoi viaggi, nemmeno Ranma! Mi sei sempre stato accanto, sempre disponibile quando si trattava di aiutarmi e io non lo scorderò mai. Ti voglio bene, Ryoga Hibiki." La sua voce si spezzò su quell’ultima frase e di slancio i due si abbracciarono, singhiozzando piano.

"Ranma, ascolta – stava dicendo il dottor Tofu cercando di essere conciliante – casi come questo, si verificano molto raramente. Non voglio che si creino false speranze. Sono distrutto quanto voi, anche se non lo do a vedere, ma sono anche un medico e devo guardare in faccia la realtà, per quanto crudele e spietata possa essere. Akane sta morendo, Ranma, e se avessi potuto provare un trapianto di midollo su di lei, Buddha solo sa se l’avrei fatto subito! Ma se anche tu, per puro caso, dovessi risultare compatibile con lei, operarla a questo stadio della malattia sarebbe letale al novanta per cento."
Ranma scosse il capo, cocciutamente. "Io devo sapere se anche stavolta posso fare qualcosa per lei. Da quando sono arrivato a casa Tendo ho cercato sempre di aiutarla per compensare tutti gli insulti che le rivolgevo, ma non ho mai ammesso apertamente che quello che facevo lo facevo per lei. Non credo che avrò mai il coraggio di dirle che quella volta che mi misi il body per lottare contro Kodachi era per non vederla sconfitta… o che quando mi trasformai per tifare quell’idiota di Kuno era perché la sua avversaria l’aveva fatta piangere e io non lo sopportavo… o che ho cercato disperatamente di diventare un ragazzo normale solo per lei… Perciò dottore, mi provi che stavolta non posso davvero aiutarla, o non avrò mai pace!"
Ranma ormai era sull’orlo delle lacrime, all’apice dell’esasperazione, e avvertì vagamente la mano del dottor Tofu posarglisi sulla spalla.
"Va bene Ranma, ora calmati. Ti farò un prelievo veloce ed esaminerò il tuo midollo osseo. Poi si vedrà."
Lui annuì, asciugandosi rabbiosamente gli occhi col pugno.
"Sono pronto."

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Capitolo 7
*** L’attesa ***


Capitolo VI

L’ATTESA




Qualcuno stava bussando e Akane aprì gli occhi. Non stava dormendo, stava riflettendo. Aveva dato un tacito addio a tutti e aveva salutato apertamente Ryoga perché sentiva di doverglielo. Ma il peggio doveva ancora arrivare. Poteva anche accettare di morire, ma non avrebbe mai accettato di dare l’addio a Ranma. Mai sarebbe stata in grado di rivelargli i propri sentimenti, anche se c’era stato quel bacio, anche se tra loro c’era una grande complicità da quando lei si era ammalata. Dire ti amo era dura, ma sarebbe stato davvero straziante dirlo per poi lasciarsi. Odiava morire prima di aver messo le cose in chiaro con lui, ma sapeva di non poter fare altrimenti.
"Avanti."
Quando vide la speranza dipinta sulla faccia di Ranma, il suo mondo personale si inclinò e osò sperare a sua volta.
"Cosa c’è Ranma?"

"In rari casi, il donatore di midollo osseo può essere un parente meno stretto di un fratello. In qualcosa come in un caso su un miliardo, il donatore è del tutto estraneo alla famiglia."
"Ci sta dicendo che Ranma ha fatto un miracolo?" Domandò Nabiki scetticamente.
Il dottore annuì più volte, come per autoconvincersi. Soun Tendo gli prese le mani fra le proprie, con fare accorato.
"Lei salverà la mia bambina, vero dottore?"
"Io non faccio miracoli. È molto rischioso, è dannatamente rischioso… ma vi giuro che dopo quello che ho visto credo anche all’impossibile, lo confesso. Farò tutto quello che è nelle mie facoltà. Voi pregate."

Il silenzio calò nella stanza. Un raggio di sole entrò dalla finestra e Ranma si volse a guardare il volto emaciato di un’Akane che stentava a riconoscere.
"Vuoi dire che potrei… morire sotto i ferri del chirurgo?" Domandò piano.
"C’è questa possibilità, ma se non facciamo nulla… è difficile che tu… ecco, riesca a guarire del tutto."
"Diciamo pure che sarei pronta per conoscere la vecchia con la falce." Precisò lei in uno slancio debole del vecchio umorismo. Ranma guardò il cielo, sorridente, e ad Akane parve bello come il sole, come la vita.
"Pensa alla faccia che farebbero Kodachi, Shampoo e Ucchan. Le sfideresti tra non molto e sono sicuro che vinceresti anche loro!"
Akane fece un sorriso triste. "Dunque sapevi che stavo dicendo loro addio. E dopo, a Ryoga…"
Ranma annuì. "Non ero molto d’accordo, sai? Io sapevo… volevo che ci fosse qualcos’altro da fare. E ti giuro che…"
Lei gli mise un dito sulle labbra, interrompendolo dolcemente. "Non giurare Ranma. Non puoi fare promesse che non sei in grado di mantenere. Essere compatibile con me, non significa che mi salverai la vita. Okay, è una gran cosa, ma io potrei non farcela, lo sai."
Lui imitò il suo gesto, zittendola. "Tu non ti arrenderai, Akane. Non ora che ho una possibilità di salvarti la vita per l’ennesima volta. Non puoi farmi questo, io non te lo permetterò." Vide le lacrime negli occhi di lei e si affrettò ad asciugarle. "No, non piangere, ti supplico… io… io non lo sopporto!"
“È che… sono felice Ranma. Quest’operazione ti indebolirà, in fondo devono prelevarti una parte del midollo e sarai in anestesia generale, non è uno scherzo, eppure tu… il tuo coraggio… perché Ranma? Perché hai osato sperare e mi hai fatto tornare la voglia di vivere? Se non dovessi farcela nonostante la mia forza, come farei a dirti addio dopo che tu…"
Ranma la baciò. Con trasporto, con passione, con amore. Lei lo ricambiò di cuore e schiuse le labbra alla nuova esperienza, inalando vita direttamente da lui. La porta si aprì e i due si staccarono di colpo.
"Uh?! Scusate… passerei più tardi ma il dottor Tofu dice che non c’è tempo da perdere…" Balbettò Kasumi sulla soglia. Il rossore avvampò sui loro volti, più evidente sul volto pallido di Akane, e la ragazza sorrise. "Sono felice di sapervi sereni. I dottori dicono che domani potranno operarti, Akane, e vorrebbero fare alcune analisi a Ranma in vista di questo. Oh, a proposito, grazie per quello che fai per mia sorella!" Kasumi si inchinò e Ranma fece spallucce.
"Niente di straordinario, Kasumi-chan. Bada tu ad Akane per un po’, io devo andare a casa a prendere il cambio."
"Vai pure, ci penso io a lei." Gli sorrise e, passandogli vicino, mormorò: "Tranquillo, non dirò nulla agli altri." Lui fece un colpo di tosse, imbarazzato, un po’ stordito, vagamente felice, confuso e pieno di speranza e terrore insieme.

Fu la notte più lunga delle loro vite.
La mattina alle sei sarebbero stati portati in sala operatoria entrambi, operati e seguiti da un equipe medica di due chirurghi (uno per Ranma e uno per Akane), un anestesista, medici e infermiere. Il tutto supervisionato dal dottor Tofu.
Ranma fu sistemato nella camera attigua a quella della propria fidanzata e ad un certo punto della notte, nonostante i calmanti somministratigli, si alzò dal proprio letto e andò da lei. La trovò sveglia e la guardò negli occhi con dolcezza.
"Non avrà mai fine questa notte, vero?"
Lei annuì e gli fece segno di sedersi sul letto accanto a lei. Ranma ubbidì.
"Ranma?" Lo chiamò in un bisbiglio, quasi irreale nella notte alta.
"Mh?"
"Ti ricordi quel giorno, quando ti ho dato del baka senza motivo? Prima che svenissi in classe?"
Lui rifletté un istante. "Sì, ricordo! Mi avevi insultato senza che io ti avessi detto nulla."
Lei arrossì. "Mi dispiace…" Ranma la liquidò con un cenno e Akane continuò. "Voglio dirti il perché, Ranma." Il suo sguardo si fece curioso e lei prese un respiro. "Ecco, io… volevo imparare a camminare sul recinto come facevi tu ogni mattina, però…"
"Però…?"
"Però avevo paura che tu mi dicessi che, goffa com’ero, non ci sarei mai riuscita." Spiegò accoratamente.
"Oh…" Fece lui in imbarazzo. "Beh… di solito è così che ti dico, vero? Ehm, ma anche tu ci puoi riuscire… voglio dire… con l’allenamento…"
Gli occhi di Akane si incatenarono ai suoi, zittendolo.
"Promettimi… promettimi che se tutto finirà bene tu me lo insegnerai."
A Ranma si formò un nodo in gola e si ripeté le raccomandazioni del dottor Tofu nella mente come una nenia.
Non illuderti troppo, è rischioso, potrebbe morire sotto i ferri.
"Te lo prometto." Disse deciso, inghiottendo duramente, senza più riflettere.
Akane sorrise, gli occhi brillanti di lacrime e di gratitudine.
"Ti giuro che… che mi impegnerò! Sarò più brava di te…"
"Akane… Akane non piangere…"
Lei fece un sorriso triste e passò un dito sul viso di lui, mostrandogli una lacrima.
"Neanche tu…"
Si abbracciarono, non seppero altro. Tutto il resto divenne un ricordo opaco. Ranma dormì accanto a lei, nel letto della sua fidanzata, e Akane poggiò la testa sul torace di lui, senza mai dormire del tutto, godendosi quel contatto. Ranma ricordava solo che a un certo punto avevano ironizzato sul fatto di essere trovati a letto insieme e lei aveva riso quasi di cuore, chiamandolo pervertito, e lui aveva sbuffato dicendole che era un maschiaccio e non l’avrebbe sfiorata con un dito, proprio come facevano in ben altri tempi e in tutt’altre situazioni. Poi si erano baciati, teneramente, con passione, e l’ombra scura della morte era passata su di loro avvertendoli che non avrebbero più avuto tempo per tali manifestazioni di vita, brividi e sensazioni fisiche e interiori. Akane aveva avvertito quella presenza sulla sua pelle, assieme alle mani di Ranma che la stringevano e la accarezzavano, e aveva ripreso a piangere. Lui le aveva sussurrato parole che non le aveva mai detto e forse si erano anche rivelati il loro amore reciproco. Difficile dirlo, in un incubo sospeso tra sonno e veglia, tra amore e morte.
Poi l’irrealtà passò e la cruda luce del mattino illuminò la barella pronta a portarli via, come un presagio del destino che sarebbe stato.

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Capitolo 8
*** Epilogo ***


EPILOGO




Nabiki camminava nervosamente per il corridoio, mangiucchiandosi le unghie, e lanciava occhiate ansiose alla porta dalla quale sarebbero usciti. Suo padre giaceva con la testa tra le mani su una sedia, tra Kasumi e Genma che cercavano di rincuorarlo mascherando le loro personali paure.
"Nabiki calmati, camminare avanti e indietro non li aiuterà." Disse la maggiore con voce sottile. Lei fece un gesto esasperato.
"E che dovrei fare? Magari vado a cercare quell’idiota di Ryoga che si è perso mentre andava al bar dell’ospedale?"
Il ragazzo era tornato all’ospedale senza volerlo e aveva incrociato una Kasumi serena che gli aveva spiegato di Ranma e della donazione di una parte del suo midollo osseo. Così, aveva deciso di rimanere per starle accanto in quel momento così delicato, vagamente felice che i Kami le avessero dato una seconda possibilità, anche se odiava non poter essere stato lui ad aiutarla, ma quell’idiota di Ranma. Era andato al bar con l’intenzione di prendere un tè per tutti e nella tensione generale nessuno aveva pensato che Ryoga molto probabilmente non era in grado di farlo.
"Non sarebbe una cattiva idea – disse Genma – l’operazione è lunga e tu Soun Tendo hai bisogno più di tutti noi di mandare giù qualcosa."
L’uomo farfugliò qualcosa di incomprensibile sul fatto che non voleva nulla e Nabiki si convinse a seguire il consiglio del padre di Ranma. Trovò Ryoga accanto all’infermeria, a mani vuote, che chiedeva informazioni che non seguiva. Gli fece cenno con una mano e andarono al bar insieme. Tornarono con un vassoio di tè e dolcetti, sicuri che sarebbe rimasto pieno come lo avevano portato, e incrociarono il dottor Tofu, la mascherina abbassata sul mento.
Il vassoio cadde con un rumore forte.

Bip... Bip... Bip...
"Il battito è regolare."
"Dottore, si sta svegliando dall’anestesia."
"Se si agita aspettate una mezz’ora prima di somministrargli un calmante."
"Gli diciamo…"
"Non ditegli niente. Tassativamente, almeno finché non recupera del tutto."
"Va bene dottore."
Ranma avvertì un dolore sordo alla schiena. Era sdraiato su un fianco e l’immagine del volto pallido di Akane sul tavolo operatorio accanto al suo gli invase la mente.
"Nnhhh… Nhhaaakkk… Akaaaaaneeee…?" Si lamentò.
Una mano gli carezzò dolcemente la fronte e la voce di sua madre gli mormorò di stare calmo.
"A… aaaa… kaaa… nnhhh… eeeeee…"
“È viva." Disse solo e un sorriso lieve apparve sulle labbra di Ranma, prima che il farmaco gli facesse effetto e lo rigettasse nell’oblio.

"Mi spiace, ma più di così non è stato possibile. Il resto è nelle mani dei Kami." Disse il dottor Tofu, calmo e grave nonostante la presenza di Kasumi.
"La prego, mi lasci vederla!" Supplicò Soun.
Il dottore scosse la testa. "Non è in grado…"
"Lo tengo buono io e mi assicurerò che non pianga davanti a lei." Disse con calma Nabiki.
"Va bene, ma per ora potete vederla solo attraverso un vetro. Le sue difese immunitarie sono ridotte al minimo e il rischio di infezioni è altissimo, per cui non potete entrare."
Soun annuì umilmente e il gruppo fu condotto nella stanza attigua a quella di Akane, offrendo loro uno spettacolo sconsolato. Oltre il vetro, il visino pallido di Akane si intravedeva appena dietro la tenda a ossigeno e i macchinari erano molteplici, decine di tubicini e di monitor. Uno di questi era attaccato a una prolunga che finiva direttamente nella sua schiena e un fluido giallastro appariva defluire e raccogliersi in un sacchettino trasparente. Ryoga distolse gli occhi e Soun riprese a piangere, dovette essere portato via dalle mani amorevoli di Kasumi e Genma. La vita forte e orgogliosa di Akane era attaccata ad un filo.
"Il sangue perduto nell’operazione e a causa della malattia l’hanno indebolita molto. Nonostante le trasfusioni sarà difficile che sopravviva." Disse piano il dottor Tofu.
"Difficile non vuol dire impossibile." Tentò Nabiki.
Il medico sospirò. "Akane è una ragazza forte e non ha avuto neanche la crisi di rigetto che temevo e che avrebbe potuto esserle fatale. Ma questa è una lotta dura anche per lei e dovrà combattere al limite delle sue possibilità. Non voglio dirvi che morirà sicuramente, ma non vorrei neppure che si alimentino troppe speranze inutili, siate preparati al peggio." La voce del dottore si ruppe e l’uomo si allontanò borbottando che sarebbe andato a parlare con i suoi colleghi.
Kasumi si lasciò cadere su una sedia, le mani sulla faccia. Respirò pesantemente, sapendo che suo padre era là, ma incapace di fare altrimenti. Nabiki le fu accanto, meno fredda e meno sicura, e l’abbracciò piano ma strettamente. Pose il viso sulla spalla della sorella mormorandole di stare tranquilla, ma le sue parole risuonarono false alle proprie orecchie.
Genma abbracciò l’amico come non aveva mai fatto in vita sua, ascoltando i suoi singhiozzi sommessi, e si impedì di mettersi a frignare in un momento come quello in cui doveva solo fargli coraggio.

Il buio dei sogni e null’altro. I ricordi della vita che le sfuggiva e della morte che la inseguiva.
Akane rivide il viso giovane di Ranma arrossire ai suoi sorrisi, le labbra di lui indugiare e poi toccarla, il cuore impazzirle davanti ai suoi occhi blu come il mare in una mattina d’estate. Vide i lineamenti delicati e maschili del suo viso contrarsi in una smorfia davanti a uno dei suoi piatti, udì le risate e i baka, le corse e i colpi a vuoto mentre lui le danzava davanti, i tratti muscolosi del corpo evidenti, che le davano alla testa. Sentì l’adrenalina pomparle nel sangue come un treno in corsa, l’anima volare lontano, i sogni ardere e vivere.
Vivere.
Lui mi ha dato una parte della sua vita.
DEVO.
VOGLIO.
VIVERE.
"Akane…" La voce dolce e supplicante, amata da sempre, le arrivò alle orecchie e la trapassò al cuore. Doveva parlargli, fargli sapere che sarebbe sopravvissuta. Ma le labbra erano fredde e immobili, i suoni erano difficili da articolare, le corde vocali gelide. Forse non ce l’avrebbe fatta, forse era stato tutto inutile e sarebbe finita prima che potesse aprire gli occhi per vederlo un ultima volta.
Forse, stava davvero morendo.

Ranma non volle saperne di attendere oltre e a tre ore dall’operazione si alzò dal letto e irruppe nella stanza con la vetrata. Il cuore gli si gelò e se il dottor Tofu non l’avesse sorretto sarebbe caduto. Si dibatté.
"Mi lasci andare! Devo starle accanto!"
"Non puoi, Ranma, la stanza è asettica!"
"ME NE FREGO DELLA SUA FOTTUTA STANZA!"
Il poveretto lo guardò sconcertato, sbattendo le palpebre. Mai aveva sentito in Ranma una tale rabbia e disperazione. Mai aveva aggredito qualcuno con quella violenza, ma in quel caso gli stava forse per essere tolta una parte della sua vita e lui non l’avrebbe mai accettato così facilmente.
"Vai Ranma…" Mormorò Tofu impotente.
Ma lui era già fuggito e si era precipitato nella stanza. Aveva avuto l’impulso di strappare la dannata tenda a ossigeno, ma non voleva nuocerle. Ci si infilò sotto con la parte superiore del corpo e le tenne le mani.
"Akane"
Bip… bip… bip…
"Akane non lasciarmi…"
Bip… bip… bip…
"TI PREGO! Non puoi arrenderti ora! Tu fai parte della mia vita e se ti perdo ora…" Non poté continuare e vide le proprie lacrime caderle sul volto.

Nella stanza attigua, dietro il vetro, Kasumi pregava, il braccio del dottor Tofu sulle sue spalle. Soun Tendo piangeva silenziosamente nell’abbraccio sconsolato del suo migliore amico e Nabiki si ritrovò sola con Ryoga alle spalle.
"Giuro che se la fa svegliare – disse il ragazzo con la voce roca – non lo colpirò più. Mai più."

"Akane…"
Correrò sul recinto con lui e se cadrò verrò sostenuta dalle sue braccia forti.
"Akane, ti prego, svegliati!"
Correrò come una piuma sul vento, sui tetti di Nerima, e mi farò invidiare da Shampoo e le altre. Perchè lui è mio
"Apri gli occhi Akane!"
MIO.
Bip… bip… bip… bip… bip…
Ricordava che il suo viso era bello, ma in quel momento le parve… quello di un angelo. Il mare che aveva negli occhi era colmo di onde, ma già si rischiarava vedendola.
"Ciao…" Mormorò, estasi pura nelle corde vocali che le avevano finalmente dato il suono.
"Ciao…" Bisbigliò lui rilassando i tratti del volto in un sorriso.
"Credevi… che… mi sarei… arresa?" Ansimò felice.
Ranma scosse la testa, quasi ignaro delle voci giubilanti nella stanza accanto.
"Mai dubitato che il mio maschiaccio avrebbe vinto."
"Ranma… baka …"
Ranma non poté far altro che sorriderle di nuovo e, scostandole la maschera dell’ossigeno dal viso, sigillò con un bacio il suo ritorno alla vita.

Un mese più tardi, Akane fu dimessa dall’ospedale, con il disappunto malcelato delle altre fidanzate di Ranma, che speravano di averlo finalmente tutto per loro. Ma, dissero, si sarebbero accontentate di sconfiggere con le loro mani la loro rivale più temuta che, dal canto suo, promise una lotta coi fiocchi non appena fosse stata nel pieno delle forze.
Ryoga era al settimo cielo e, nonostante le evidenti attenzioni di Ranma verso di lei fossero ampiamente ricambiate, ringraziò il cielo che la sua Akane fosse viva e vegeta anche se fra le braccia di un altro. Partì per un altro viaggio, ma si ritrovò come porcellino nero nel suo letto meno di una settimana più tardi e, nonostante i buoni propositi, ricominciò a lottare con Ranma.
In famiglia tutti erano in visibilio e i piatti speciali di Kasumi fecero bene a tutti, per il corpo e per il cuore. Il dottor Tofu ricevette le scuse di Ranma e lo invitò a reagire così più spesso se serviva a salvare la vita della ‘piccola’ Akane. Il buon dottore fu accolto in casa Tendo come un Messia o qualcosa del genere, ma non riuscì a guarire del tutto dalle crisi di follia nel vedere la maggiore delle sorelle.
Due mesi dopo varie cure ricostituenti, Akane tornò al Furinkan sfoggiando un taglio corto da maschietto che fece impazzire le sue amiche. Sayuri dichiarò che l’avrebbe copiata a costo di non avere lo stesso risultato sbarazzino che aveva su di lei. Kuno era in estasi e le offrì tanti di quei mazzi di rose da imbarazzarla al punto che lei non riuscì a spedirlo in orbita. Almeno non subito.
Sei mesi dopo, i Tendo organizzarono un altro matrimonio a sorpresa, ma Ranma ed Akane erano d’accordo su una cosa: non li avrebbero mai obbligati. Pur amandosi apertamente fuggirono per un giorno intero, tornando quando ormai tutto era calmo.
Un anno dopo, Ranma lasciò ufficialmente le altre fidanzate per rimanere al fianco di Akane. Le ultime analisi su di lei rivelarono che la leucemia era stata definitivamente sconfitta e tutti poterono tirare il primo vero sospiro di sollievo dopo tanto dolore.
Akane imparò a camminare sulla rete di recinzione e più tardi Ranma le insegnò come stare in equilibrio sui tetti e saltarli uno ad uno. Quando perdeva l’equilibrio, c’era lui a sorreggerla e a tenere saldamente la sua vita sottile tra le braccia. E lei era felice, perché anche la sua vita vera era nelle mani del suo Ranma e lo sarebbe sempre stata; lui viveva nelle sue vene, le scorreva dentro come sangue e linfa vitale.
Ranma, ormai, era una parte della sua vita.

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