Golden Age

di queenjane
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Once upon a time ***
Capitolo 2: *** Beginnings ***
Capitolo 3: *** Rain drops ***
Capitolo 4: *** Little Tiger ***
Capitolo 5: *** Roses ***



Capitolo 1
*** Once upon a time ***


1756
 
Ricordo quando dovevo essere presentata a Corte, le lezioni ricevute su come camminare, inclinare il mento e disporre mani e gomiti, l’apprendistato dei giochi di carte e dei balli.
Soprattutto i tre inchini, da cui pareva dipendere tutto il mio futuro, il primo  a cominciare dalla porta del salone, il pesante strascico addosso, in direzione della regina, la timida e silenziosa principessa polacca, tradita e esautorata.
Dovevo essere graziosa e nobile e umile nelle mie riverenze, come prescritto da Madame de Genlis nel suo “Dizionario … sull’etichetta della Corte”, rilevato che “la riverenza doveva esprimere la donna nella sua interezza”.

Scemenze, mia madre era vissuta bene lo stesso, senza occuparsi di quelle serie e buffe questioni.
Su come l’aspetto di ogni nuovo acquisto venisse analizzato.
Se l’epidermide della candidata fosse davvero così nivea da reggere il confronto con la camicia di bianca  battista, rivelata sulla schiena attraverso i lacci del vestito deliberatamente allentati..
È morta nel mese di novembre 1749, avrei compiuto otto anni in gennaio, una sventura da cui mio padre, il Generale,  non  si è più ripreso, nonostante le apparenze.
Si era sì risposato l’anno dopo, gli serviva un erede maschio, sennò si sarebbe risparmiato quella trafila, lo ebbe ad affermare più di una volta.
 Lei si chiamava Marguerite Louise, un buon partito, sia in termini di dote, che educazione ed avvenenza fisica, impeccabile dama di Corte e padrona di casa, quieta come uno specchio e molto dolce, da me chiamata “Madame “.
Va bene, ero gelosa e amareggiata, chiusa nel mio mondo, libri, libri, cavalli…
Educata questo sì, alla fine, io per mio padre ero invisibile, ma lei … preferivo non essere considerata che oggetto di pena.
Era dolce, tranne che questa delicatezza  non serviva per un maschio, le stagioni successive sono state punteggiate da continue gravidanze e aborti  e da  QUATTRO femmine, che con me portano il numero a  cinque …
Diciamo sei, considerato che il Generale ha deliberato, senza appello, che l’ultima sarà il suo erede, da allevare come un maschio, cui ha imposto il nome di Oscar François, un inopinato regalo di Natale, dato che la sua nascita è avvenuta il 25 dicembre 1755.
Beffa e paradosso, ma  LUI deve adempiere ai suoi doveri, come di firmare i suoi dispacci, impersonale, ecco, come la penna d’oca che scorre sul foglio, per firmare il suo nome, come il seme sparso nel grembo della moglie.
La passione e il desiderio da riversare sulle sue amanti, dormendo un sogno senza stelle o sogni.
Da mia madre aveva avuto tre maschi, due morti in fasce, e un amato primogenito, Luois, spirato anche lui in quel malefico mese di novembre 1749, avrebbe compiuto undici anni nel successivo mese di aprile.
Una indefinita malinconia, ho adorato mia madre e mio fratello,era il mio più caro amico e compagno di giochi.
E  quando se ne sono andati in un mondo migliore … una piccola parte di me, quella che amava ridere e sognare, la migliore, se ne è partita con loro, un limite invalicabile.
Da allora i libri, specie delle storie antiche, sono diventati i miei inseparabili compagni.
Penso ai miti, riflettendo che, se li analizzi con attenzione, puoi trovare in loro  il  modo in cui gira il mondo, tranne che non ne ricavo alcuna consolazione.
Solo amarezza.
Vulcano, ad esempio,  fabbricò una rete d’oro per cogliere in flagranza di adulterio sua moglie Venere e Marte, un complicato e delicato congegno che a Versailles ben andrebbe a ruba, l’adulterio è un gaio passatempo.
Forse so troppe cose, troppo cinica, ma tengo le orecchie aperte ed ho  buona memoria, taccio spesso e la gente parla e parla, io ascolto, semplice.
Una buona moglie deve fingere di non sapere, alla fine, non che mi piaccia molto come idea, tanto è, contano l’affetto e la reciproca stima, il mantenere le apparenze.
Non  sempre è così, il tempo e la distanza non hanno ancora corroso la mia memoria, i miei genitori si amavano, lui le era fedele e viceversa, in verità, non avesse avuto l’obbligo di generare un altro maschio, mio padre si sarebbe ben guardato da una seconda unione.
So che porta al collo, in una catenina, la fede di mia madre, la vera forgiata per sposare Luoise l’ha portata giusto due o tre giorni, poi si è rimesso la fede che mia madre gli infilò al dito il giorno delle loro nozze, quando contavano appena quindici anni.
E Luoise non gli ha dato il suo erede, e dopo Oscar non può avere altri figli, i medici sono stati tassativi,categorici, sennò ci avrebbero riprovato e subito.
Quanto piange, è possibile che nessuno ci badi?
Un piccolo brivido, il Generale ha ordinato di toccare il suo erede il meno possibile, solo per essere cambiato e nutrito, deve imparare  da subito il rigore, come se ..
Ha  quattro mesi e sviluppati polmoni da cantante d’opera, alle volte, per esasperazione, ci sono andata, IO, per cercare di calmarla, che alla fine è solo una bambina piccola..
Mi  pare assurdo e osceno, anche se non deve interessarmi, a settembre mi sposo e ..
NON E’ GIUSTO.
Inutile che mi prenda in giro, non è giusto, punto e basta.
Mio fratello mi difendeva sempre e viceversa, le altre bambine, le figlie di Luoise,  si fanno compagnia tra loro, ma lei..
E non pena o che o fastidio per i timpani lacerati, se e quando avrò un figlio non voglio che stia così, al diavolo il resto.
L’arroganza e l’alterigia, le ho imparate bene, annoto poi, una punta di divertimento amaro, quando mio padre e Madame non sono in casa, gli ordini posso ben darli, vaticinando punizioni se qualcuno osa contraddirmi, ma non osano.
Non avevo la pretesa di avere il mantello di Mercurio, che rende invisibili, gira e gira ci hanno scoperto, ma a me non interessa, sono figlia di mia madre, che aveva una grinta senza pari, prossima moglie di un marchese e possiedo la strafottenza dei quattordici anni compiuti da poco.
Poche e decise parole che vanno a segno.
Salvo andare in estasi per…
  • Eccomi, ciao, Oscar.
  • Mi riconosci? Direi di sì, smetti di piangere appena mi vedi o forse hai capito che ti porto fuori, alla fine sono venuta a capo dell’impresa di prenderti in braccio.
  • Sai cosa.. nessuno mi accoglie con  queste risate trionfanti, e non tirarmi i capelli …
Puro e semplice divertimento.
Chi lo avrebbe detto..
Bugiarda, ti sei affezionata.
Ti piace quando ti accoglie  con sorriso e tende le braccia, andate all’aperto con discrezione e ti sdrai sull’erba, tenendola sopra il corsetto e parli e parli, delicata come una nuvola e le sfiori la guancia con un petalo di rosa.
Che ha provato a mangiare, scoprendo poi che non era commestibile..
A sette mesi inizia a balbettare qualcosa, la furfante ti ha conquistato.
Ha gli occhi chiari come i miei, come il generale, come Luois, una particolare declinazione di azzurro profondo e remoto, detta “color Jarjayes”, i capelli chiari e..
Mi mancherai, Oscar, davvero, ma credo che un giorno tornerò a trovarti.
Il mio futuro marito è il figlio di un marchese spagnolo, Fuentes il loro nome, amico di gioventù di nostro padre, il loro castello è situato ai confini, sui Pirenei, si chiama Ahumada.

1757.

Vorrei essere morta.
Cristina, un nome che è un dolore …
Luglio, un caldo atroce, le rose si essiccano sugli steli, tutto è arido e senza vita, solo il rombo ossessivo delle cicale rompe il silenzio.
È nata tanto presto, è vissuta solo una settimana, è un angelo nel grembo del Signore.
Non mi consola, io sono sua madre.
Mi sono alzata, contro ogni prescrizione, andando a rintanarmi in un posto isolato.
Al diavolo tutto, voglio essere solo lasciata in pace.
Qui mi trova un ragazzino, di nemmeno cinque anni, Felipe Moguer, il figlio che mio marito ha avuto da una contadina delle sue terre prima del matrimonio, uno sfogo di lussuria, allora era solo un ragazzo alle prese con i primi pruriti.
È  la sua miniatura, sarei stupida a ignorare la verità, lo sanno tutti e .. mi scruta, in silenzio, da quanto è qui?
Occhi e capelli scuri, il naso perfetto di Xavier, suo padre e mio  marito, snello e dinoccolato, la dimostrazione della sua fertilità, il suo segreto orgoglio.
Non sono stata gelosa di lui, è successo tanto tempo fa, prima che ci fidanzassimo, oggi mi sento peggio a vederlo, se possibile.
Non è colpa di Felipe, sono io che mi sento a pezzi, un’incapace.
  • Per voi, signora Marchesa- Porgendomi una rosa bianca miracolosamente  sbocciata.
  • Mi spiace per la vostra perdita, anche se è un angelo resterà sempre nel vostro cuore.
  • Grazie, Felipe.
  • Sapete, a volte è bello lasciare andare i fiori nell’acqua..
Un  bambino solitario, poetico, molto intelligente, anche troppo.. poi si sarebbe fatto strada nella vita, sia in senso metaforico che letterale, ma allora era solo un ragazzino con le iridi color miele.
Anche io ero una ragazzina, allora, stremata dal dolore.
Aprii le braccia e si lasciò stringere perplesso.
  • Va bene, grazie. Sono davvero splendide  le corolle che danzano sull’acqua.
 
Esco a cavallo in un’alba luccicante, lanciandomi a caso per i sentieri, fino a raggiungere le foci del torrente Moguer.
Le acque, rese scarne dalla siccità, luccicano come peltro, sfiorate dal sole nascente..
 Le  cime acute dei Pirenei, con le sfumature delicate delle nevi e dei ghiacciai, aroma di pino.
Smonto e lego il destriero, il silenzio rotto dal mio respiro, mi chino sui talloni e bevo dalle mani a coppa, il corpo straziato, ancora, dal dolore del recente parto ma non mi interessa.
L’immagine riflessa è quella di una ragazzina, con la pelle levigata dal sole, scure ciocche di capelli e solenni occhi chiari che poi, con delicatezza, lascia andare una rosa bianca nella corrente, lo stesso gesto poi  compiuto in ogni successiva estate, fino all’ultimo respiro.
Non sono morta, e non ho dimenticato.

1760.

Dopo anni, peripli e perizie, eccoci di nuovo a Parigi, io e mio marito, un giorno qualsiasi, senza enfasi, lo scopo evitare le cerimonie dei saluti, meglio la semplicità, nessuna enfasi.
Una eredità dei viaggi, conta la la sostanza, poi era una sorpresa, sapevano che saremmo giunti, tranne che non era stato specificato il giorno, i Fuentes (e mio padre lo sapeva bene), quando potevano, in via ufficiosa, evitavano di sottolineare il loro rango, di cui erano ben consci. ..
Entrammo dalle scuderie di palazzo Jarjayes, un gioco ben collaudato, ridendo e arrivò la prima sorpresa,aguzzando la vista, una figuretta minuta nella penombra, non c’erano altre persone, un colpo d’ala in mezzo al petto.
Capelli d’oro, declinati nelle sfumature del miele, le iridi dei Jarjayes, inesorabili, freddo azzurro screziato di pagliuzze dorate e argentate, come un cielo di marzo.
Un bambino ben vestito, stivali, pantaloni, camicia e gilet, semplici ma di squisita fattura.
-Che avete da fissarmi-
Con sussiegosa alterigia.
- Sono Oscar François de Jarjayes, chi vi ha dato il permesso di entrare-
Un soldo di cacio che fa il paladino, però stetti zitta e accennai una riverenza, imitata da mio marito, una volta in vita mia a corto di parole
- Va bene, fate quello che dovete-
Ben trovata, Oscar.
Eravamo solo all’inizio.
In principio, definirti diffidente e guardinga era cauto un eufemismo.
Disciplina e durezza erano la base di partenza per un militare, da applicare anche a mio figlio, poco importa quanto sia piccolo, non deve avere timore di nulla o nessuno, è inaccettabile, aveva decretato nostro padre.
Botte, punizioni, pasti saltati, rimproveri,  per temperare, indurire il carattere. Non mi interessa che tu sia caduto da cavallo, ti rialzi e rimonto subito, tanto … non mi interessa quanto ti fa male, hai forse paura?...che vergogna…. non ti lamentare se la spada pesa, solo i deboli si lamentano, devo pensare che lo sei …? Sbaglio?   MI SBAGLIO?....
E via così, tua madre sempre a Versailles, tutti ti chiamavano al maschile, giusto la governante, Marie, ti dedicava un po’ di attenzione …
Spiavi, cercando di capire quale punizione ti avrei riservato, ti eri rivolta in modo inappropriato, tranne che non ci conoscevi, soprassedemmo, ma per principio e vocazione diffidavi di tutto e tutti.
Compresa una sconosciuta, giunta dall’oggi al domani e ..
Anche io avrei fatto uguale, chiariamo, e mi spiaceva, per te, anche se combinavi una marea di guai, eri cocciuta, ribelle e ostinata, una peste, in una parola, tuoi epiteti erano Attila o scocciatore, con una tale ansia di attenzioni da snervare un santo.
Dopo Cristina, con la sporadica eccezione di Felipe, giravo al largo dai bambini ma tu…
 

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Capitolo 2
*** Beginnings ***


Andiamo con ordine, già quella prima  sera avevamo scompigliato le carte.
Quando uscimmo dalle stalle,due ragazzi giovani che ridevano tra di loro, comparve una figura minuta, inconfondibile, vestita color lavanda, la cuffietta inamidata e un mestolo tra le mani, Monsieur a fianco, che mi scrutò, ci scrutò la bocca aperta come una O per la sorpresa, l’arnese che ricadde per terra con disinvolta prontezza.
Una volta in cui venne apprezzato il mio spirito e le mie trovate, il tono salì di quattro ottave, in un celebrativo “MADAME!MONSIEUR”.
Il bambino ci biondo scoccò un’occhiata in tralice, forse iniziava a capire di essere in un guaio. Con  Xavier ci intendemmo con un piccolo cenno, lasciamo stare, non poteva indovinare, noi non volevamo strepiti e fanfare.
- … Monsieur, salutate la vostra signora sorella e il signor marchese, suo marito-
Si inchinò, come di dovere, la vocina quieta
- Bienvenue, Madame, bienvenue Monsieur, lieto di conoscervi (eh sì, proprio!), il signor Generale è a Versailles, suggerirei di inviare un messaggio, per avvisare, si usa così no, gradite rinfrescarvi?-
Sgusciando dal suggerimento sottovoce di Marie di un bacio, di bene in meglio, sotto le frasi educate avevi colto il punto, eh, Oscar, apparivi il perfetto prototipo del gentiluomo arrogante, un soldatino in fieri.

Poi, ci arrivavo anche io a decifrare che allevato alla “vecchia maniera”, come aveva deciso il Generale, implicava durezza e rigore, al diavolo le smancerie. E diffidenza, eccola, ce l’avevi servita in una sola occhiata, che avevo decodificato, che DOPO l’avevo avuta io pure, le manifestazioni affetto erano solo una vuota pantomima. In ogni caso, in difetto eravamo noi, mancavano le presentazioni e avevi tratto i rilievi del caso. Pace.
A Marie venne, comunque, un mezzo colpo, quando vide i miei vestiti alla creole, senza busto,il corsetto non lo portavo se non nelle occasioni strettamente indispensabili, un mezzo scandalo.A   me venne il nervoso appurando che nel corridoio dove si affacciava la mia stanza vi era l’appartamentino di Monsieur, ben lontano dalla nursery, non fosse mai che avvenissero contaminazioni per la presenza troppo ravvicinata delle sorelle.
–MADAME.
- A mio marito va bene così, a me va bene così, è il nostro gusto, niente pompe o formalismi, intesi?
-Ma vostro padre … -Socchiusi le palpebre, invocando la pazienza.
-Non siamo a Corte e …-
poi buttò una frase a caso, che forse aspettavo un bambino e …l’avrei mangiata, tuttavia mi imposi la calma, fissandola in silenzio, aveva parlato senza pensare e … Cristina, otto sillabe che mi facevano ancora tremare i polsi.
Imbarazzo, da cui uscimmo chiedendo di dare un’occhiata ai miei vestiti da ragazza che, appunto, erano rimasti a palazzo.
- … che ti ha detto Oscar, quando è venutA a cercarti, in cortile..
-..Che erano arrivati due ragazzi, però ….-
Pausa.
-Madame, vostro padre ha dato ordini precisi, di usare sempre il maschile e …-
 - Capisco-
Già, i suoi esperimenti ed il “bambino”era altero e distante, alla veneranda età di quattro anni e mezzo e poco oltre come un ragazzino di dieci… Tranne che non sono affari tuoi.
Riadattai un modello, pochi tocchi, niente corsetto e paniers e belletto eccessivo, ero coerente, per ragioni mie, con  il giuramento di non portare più il busto, se non per ragioni improrogabili. Se mi vestivo da uomo, nessuna questione, ma ad Ahumada la marchesa non poteva girare in stivali e pantaloni, sempre, così san Juan Fuentes, mio suocero, buttò l’idea de la mise a Creole, proprio delle donne della Martinica (ero solo in anticipo di vent’anni sulla moda successiva).
Comunque, avevo preso gusto all’essenzialità, via gli orpelli inutili, ma non volevo che diventasse una questione di stato, che tanto … Ero snella, tutto sommato magra sarei rimasta anche dopo, nonostante i tributi delle successive gravidanze,  i seni più pesanti e i fianchi più larghi, sia per costituzione fisica che l’abitudine di mangiare poco ed essere sempre in movimento.
Xavier diceva che ero un quadro, una ninfa, fortunato a sposare la ragazza più bella della sua generazione e delle successive, le sue lodi sperticate mi mettevano sempre di buon umore.
Seta azzurra vaporosa, diamanti a polsi e orecchie, i capelli intrecciati e fermati da forcine in argento con piccole perle di fiume, avevo messo giusto un po’ di cipria di riso per smorzare l’effetto del rossore sulle guance, per l’esposizione al sole.
A cena, quella prima sera, il servizio
servizio di Sevres più bello, appoggiato su piatti di massiccio argento,i cibi più prelibati, tenera cacciagione, il vino scelto che vibrava in fini bicchieri di cristallo, argute conversazioni.
 Informato sul busto e sulla tenuta informale,il Generale aveva  liquidato la questione con un gesto,ho altro di cui occuparmi,  se non interessa al marito, io non ho nulla in contrario, è la maniera spagnola, anche Juan Fuentes, mio suocero, aveva l’abitudine della sobrietà.
Tranne che non siamo a Corte, quindi nessuno scandalo …
Non era la maniera spagnola, era la mia maniera, tranne che andava bene in quel modo.
Luoise irrigidisce e contrae il polso sinistro, bloccandosi un momento con la posata, quando si parla di suo figliO Oscar, il solo cenno di nervosismo che dimostra, è sempre molto bella, dolce e quieta..Ah..immergo i pensieri in piccoli sorsi di vino, apprendendo che è un portento, precoce nel leggere e scrivere, la scherma e l’equitazione …. Giusto, una mente precoce va stimolata, la mia signora madre si vantava della precocità (reale) dei suoi figli… Va bene, raccoglieremo anche questa …


Dopo la cena, finita presto, verso le sette e tre quarti, Xavier andò in biblioteca con il generale, io con Luoise a salutare le bambine, ritirandomi poi dopo i convenevoli di rito. Mi guardavano come se fossi un’apparizione, mah …
-Entrez- a un discreto bussare.
Si affacciò un momento la bionda testa di “Monsieur”- Scusatemi per oggi, io non lo sapevo e non me lo immaginavo-
Si inchinò e sparì, io rimasi basita.
Il generale aveva raccontato della sua precocità, Marie dei guai che riusciva a inventare, era oltre la stessa soglia della definizione di vivacità, ecco, sfrondando e limando dalle varie esagerazioni, però aveva anche questo lato intrepido, coraggioso, va bene, mi piaceva.
Come  mi era piaciuta da bambina, tranne che di avere un altro figlio ancora non me la sentivo, avevo un timore folle e superstizioso che andasse di nuovo tutto storto.
Lo raccontai, di quelle scuse,  poi a mio marito, approdato intorno a mezzanotte, stanco, disse malizioso, ma non così tanto, anche lui era stato zitto, diciamo che l’incidente diplomatico si poteva reputare chiuso …
La mattina dopo uscii prestissimo, verso le scuderie, per cavalcare Tintagel, il potente destriero, incrocio tra un purosangue inglese ed un cavallo arabo, portentosa macchina da combattimento, agile, scattante, in origine era di Xavier, poi mio, che glielo avevo vinto a carte, nulla, sopra di lui ti sentivi un guerriero, un re arabo alla conquista ….E
sopra di lui ho cavalcato il vento, sul serio e per davvero.
Già quella  mattina, mi sentivo osservata, tranne che feci quello che dovevo senza movimenti bruschi od altro, portandolo fuori per le redini.
-Ciao, lo vuoi accarezzare?
-Mi piacerebbe salirci sopra. Come fate?è molto alto.
Passando in rassegna i miei stivali, le gambe snelle fasciate da un paio di pantaloni, il mio busto magro  e i capelli raccolti in una treccia. Glissai che era mancato un buongiorno od altro.
  • Un metro e settanta al garrese, così riesco a cavalcarlo- Pressappoco la mia altezza, il Generale viaggiava sull’uno e novanta, Xavier due o tre centimetri meno, apparivo minuta e femminile accanto a loro.
  • Ah.
  • Buono, Tintagel, aspetta.- Protendendo una mano.
Facesti un piccolo passo involontario,all’indietro, come pretendevi di salirci sopra se non ti aiutavo? O mi permettevo troppe confidenze? Ancora, temevi uno schiaffo, quei gesti… li ho visti fare a chi è abituato a prenderne tante, e non ti veniva lesinato nulla.
  • Io…
Complimenti, avevo combinato un pasticcio senza volere. Volevi salirci ma non volevi essere toccata. Né potevi ammettere un legittimo, credo, timore a salire su di lui.
  • Lo riporto dentro e provi dal montatoio, lo lego.
  • Cavalcate a uomo.
  • Per controllarlo, altrimenti non sarei in grado.
Avevo imparato una vita prima, di nascosto, come tante altre cose, appurando poi le mie presunte stranezze, testardaggini e stramberie (così era per la maggior parte delle persone) costituivano motivo di attrazione per Xavier.
( Lui mi leggeva dentro, e viceversa- avevo un tesoro e poi ci siamo persi, mia come sua la colpa, tranne che preferisco non pensarci).
  • Viens, prova.- Legato e tenuto calmo da me, a parole, riuscimmo nell’impresa, facesti fatica a salire, intuivo che non volevi aiuti, avevi un orgoglio immenso, intuii al volo. Per un breve momento ti scappò un sorriso di trionfo, salvo poi tornare seria ed imperturbabile.
  • È altissimo.
  • Appunto. Ora vuoi scendere?
Avevi una bella postura, sciolta e rilassata, il buonsenso imponeva la discesa, a meno di non voler andare insieme, dartelo sarebbe stato da idioti, senza la supervisione di un adulto.
Un momento di silenzio, non avresti mai ammesso di avere bisogno di aiuto. Né potevamo stare una giornata in quel modo.
Mi venne un’idea.- O preferisci farci un piccolo giro al passo, usando poi il muro del cortile…- Le cose semplici con te, mai, mi venne da sorridere, tuttavia rimasi seria.
  • Sì grazie.- Raccogliendo le mani sul pomolo, la schiena dritta. Il profilo insondabile.
  • Tieni,allora, tanto vale …- passandoti le redini e tenendo Tintagel per la cavezza, pregando che non battessi i talloni o non succedessero incidenti.
Gli occhi immensi e dilatati per lo stupore, appuntati per tutto il tempo sulla schiena, non ti lasciasti scappare l’occasione. Magari mi ero guadagnata uno scherzo di meno,avevi molta inventiva, mi aveva raccontato Marie, un classico le rane dentro le lenzuola fino a trovate più raffinate ed estemporanee.
  • Grazie, Madame.
  • Mi puoi chiamare Catherine.

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Capitolo 3
*** Rain drops ***


Era il mese di agosto 1760, nel successivo settembre sarebbe stato il mio quarto anniversario di matrimonio, pochi anni, una vita, forse.
In alcuni segni vedevo il tempo trascorso, le bambine di Luoise erano cresciute, il Generale aveva il suo Erede,
Invece, alcune cose erano rimaste uguali, come la presenza di Marie, la governante di una vita,o il precettore dei miei tempi.
Di nozioni ne aveva a iosa, accompagnate da un temperamento aspro e sanguigno, con scarsa la pazienza.
  • Non ci siamo, Monsieur, da capo.
Ogni mancanza, vera o presunta, procurava una bacchettata sul palmo delle mani.
 
  • È una testa dura, la lingua troppo pronta, a dare retta chiede sempre il perché ed il per come di tutto- mi raccontò poi, mentre lo salutavo e l’erede andava a allenarsi, non so con quali risultati avrebbe stretto l’elsa.
Mio suocero era uno spadaccino di indubbia bravura e mio marito aveva imparato molto bene.
Anche il Generale era davvero bravo e, a metà mattina, mi godetti lo spettacolo di un loro allenamento, un piccolo intermezzo.
Movimenti fluidi, attacchi eparate, le varie posizioni, come una specie di danza.
Trattenni il respiro quando vidi che toccava a Oscar, provare con Xavier, lui sapeva come comportarsi, alcune volte, Felipe, il suo ragazzino si era misurato con lui.
Pochi minuti, la fronte stretta per la concentrazione e avrei scommesso metà della mia dote che il dolore al palmo era atroce, pure non fece una piega, sapendo che lamentarsi non serviva a nulla.
  • È bello, Tintagel, sul serio.
  • Lo so, ti piace?
Un piccolo cenno della testa, puntavi alle scuderie come un pezzo di ferro attirato da una calamita.
  • Gli ho portato una carota, posso?
  • Vai.
In genere era ombroso, si vede che le piaceva, oppure ….
  • Fammi vedere i palmi, per favore.
  • Io..
  • Voglio vedere, non ti picchio.
Obbedendo di malavoglia, li protendesti verso l’alto, erano una carta geografica di vecchi e nuovi segni, li vedevo,ma stavi a distanza di sicurezza, non volevi proprio farti toccare.
E io non avevo tempo o voglia di bizantine manovre, mi imposi di ricordare, saremmo stati alcune settimane e poi saremmo riandati in Spagna, io e i bambini.. lasciamo stare. Distanza per soffrire meno, una sciocca misura di cui ero conscia, pure …
Ero di ferro e pietra, niente doveva toccarmi, nulla sconvolgermi e sapevo di raccontarmi delle balle superlative.
Di sicuro, ti avevo “incuriosito”, di qui a stringere un legame di affetto ce ne correva.
Avevo un bel considerarmi dura, pure,quel pomeriggio venni a cercarti.
Era stato abbattuto Zephyre, il vecchio cavallo di Luois de Jarjayes, che poi avevo tenuto io ed era diventato, sempre più vecchio e stanco. Ti piaceva, perché era calmo e docile, peccato che fosse troppo malato per godere ancora di qualche tramonto.
Una giornataccia, dalle bacchettate a quella perdita.
Nessuna certa formula, un paio di tentativi e ci azzeccai, gli abbaini erano un fantastico nascondiglio.
  • Che volete?- con la tua solita malagrazia, se volevi andartene avevi tutto l’agio, i passi li avevi sentiti.
  • Da te, nulla, volevo delle cose in questi bauli, guarda, se hai voglia.
  • E sarebbe?
Petulante, eh, un rimprovero costante era che eri sempre sulla scia degli adulti, visto che bambini con cui giocare non ne avevi, le sorelle erano “femmine e figuriamoci se io….”, salvo prendere rimproveri e punizioni ogni tre per due, se un giorno non combinavi qualcosa, avresti rimediato il successivo o quello dopo, o poco dopo, con gli interessi,  senza fallo. Con il tempo avresti imparato a controllarti di più, una maschera di autocontrollo, salvo esplodere in trovate inopinate..

Sollevai il coperchio del primo baule, ecco i vari strati di stoffa e carta velina, la precisione regna sempre in casa di un generale, ogni cosa al suo posto ed un posto per ogni cosa.
Vari oggetti, una trottola, laccata, blu, con le stelle, un coltellino con il manico rosso, un soldatino, dei fasci di lettere.
E raccontavo dei miei giochi, da bambina venivo lì, organizzando private cacce al tesoro, attribuendo forme e storie alle nuvole che passavano sopra il lucernario, la soffitta un castello, l’interno di una nave, mentre l’orangerie era una foresta.
– Parlate tantissimo- con un sorrisino.
- E fuori … anche meglio, un sasso può essere una spada, le foglie un esercito, i boccioli dei fiori delle dame.. Comunque, sono cose che valuti tu- Pausa-
Questo è il mio posto speciale, insieme ad altri due o tre, guarda quelle nuvole.. Scendiamo, tra poco è ora di cena-
il Generale non era in casa, quando scappasti fuori ad affermare di essere stanco,prendimi in braccio.
Come no.
Avevo parlato fino ad avere la gola secca, avevi ragione, almeno ti avevo distratto, speravo, almeno un po’. Con uno scatto (certo, era la stanchezza), osservasti che potevamo scendere  E ti avevo preso in braccio, inutile smuovere altre persone.
-Siete strana, però siete simpatica- osservasti.
-Cioè? Spiegati un po’-
- Dicono che vi piacciono i libri, fate di testa vostra, ma a me siete simpatica-
Avevi origliato qualche discorso, dedussi, e mi vietai di approfondire, mi veniva da ridere.
-Scendi, sei davanti alla tua stanza..
- Grazie-
Senza guardarmi in faccia, la trottola tra le mani, ti vergognavi della tua uscita di poco prima?.
- Ma non ho l’obbligo di volerti bene.-
Giusto, non potevi smentirti e avevi ragione.
- Però hai l’obbligo di comportanti in maniera educata, questo sì, va bene-Io le avrei prese a dritto per quella sparata.
Poi e poi …
Ti incuriosivo, poco ma sicuro, spesso ho avuto la sensazione di un paio di occhi azzurri appuntati sulla schiena, una mera sensazione, che girandomi spesso non c’era nessuno.
Ti piaceva da morire salire su Tintagel, adesso mi permettevi di toccarti il minimo necessario per salire e scendere, un palmo sul ginocchio per sicurezza.
E ti faceva piecere quando osservavo te e Xavier in movimento, con le spade, una piccola rotazione della testa per avere conferma che ero lì.
Non dicevi nulla, sia chiaro, tranne che avevi cominciato ad aspettarti qualcosa.
Non è stata una decisione volontaria, ho agito per istinto e..
… ho iniziato a raccontarti le storie, una sera, che avevi fatto un volo per terra dall’altalena, la corda sfilacciata dalle altre pesti delle nostre sorelle, il pomeriggio ti eri presa una punizione per una marachella che avevano fatto loro, tua la colpa per principio.
Per distrarti, tranne che non hai l’obbligo di volermi bene, a volte non comprendessi il concetto, lo dicevi spesso, come una formula alchemica, per ricordare.
 
Ti riempivano di sincera meraviglia le origini dei Fuentes e la rocca che avevano costruito.
  • Abiti in un castello?
  • Sì, si chiama Ahumada, è sui Pirenei, la prima costruzione è del 738,qualche anno  dopo la battaglia di Poitiers, un punto strategico per le vie dei commerci e dei pellegrinaggi.
  • Un migliaio di anni fa,  e rotti, il titolo di marchesi fu  dato da Carlo Magno. Un Fuentes è entrato a Granada, al seguito dei  Re cattolici,nel 1492,  un altro è salpato con Pizzarro per conquistare l’impero azteco. Carlo V, il grande imperatore Asburgo, soggiornava sempre, recandosi in Spagna presso la rocca, amando cacciare in quelle foreste. Un Fuentes fu confessore di Filippo II, un altro viceré del Perù, altri due, padre e figlio, governatori di Milano …. accumulando titoli e fortuna..- Già, avevo preso un ottimo partito, come suole dirsi, all’epoca del nostro fidanzamento Xavier contava quattro anni più di me, era  un giovane uomo avido di gloria e avventure, come i miei cugini, altri gentiluomini di Versailles, boh…che aveva di differente? Non saprei, mi piacevano le sue origini. Soprattutto mi piaceva lui.
  • Lo spagnolo come lo hai imparato?- Un curioso miscuglio, alternavi il tu con il voi, l’araldica familiare ti divertiva di più ad apprenderla  da me.
Quel pomeriggio giocavi con una pallina di lana, il tempo era davvero bello ed eravamo in giardino.
La mia idea era di leggere qualcosa, eri spuntata, imprevista, annunciando che il precettore non stava bene e avevi del tempo libero (le tue giornate erano davvero fitte, tra scherma, equitazione, lezioni varie) e avevi delle curiosità.
  • Da mia nonna materna, Isabel, era di origini spagnole, giunta in Francia da ragazzina, imparentata con l’ambasciatore Castel de Rios, che .. Niente, mi ha insegnato la lingua.-
  • Racconta, dai,- Appoggiando la schiena contro la panchina, il fresco della fontana mitigava l’afa, era caldo anche per essere agosto, il cielo di puro smalto azzurro, una sfumatura che ho trovato solo in Francia.
Eri in fase di chiacchiericcio acuto e poi ero IO a parlare tanto, vero.
  • Va bene- chiusi il libro- Il mio bisnonno materno era imparentato con Castel de Rios, ambasciatore spagnolo a Parigi, che portò al re Sole, Luigi XIV, la notizia che il re di Spagna, aveva nominato suo erede Filippo d’Angiò,nipote, appunto, di Luigi. Fu allora che venne detta la frase famosa che non esistevano più i Pirenei, era l’anno 1700.
  • E l’anno dopo scoppiò la guerra di successione -  Inarcai un sopracciglio, è una constatazione storica o stai ironizzando?
  • Io farò il soldato-  Idee chiare, annotai tra me.
  • Bene, intanto fai l’equilibrista sul bordo della fontana.
  • Sì .. continua.- le braccia aperte e protese, due passi incerti e ..
  • Bada a..
  • .. non infilare in acqua, Oscar..-  Appena in tempo.
Silenzio e..
La prima volta in assoluto che ti ho sentito ridere di cuore, beccandomi un paio di schizzi.
  • Dai esci.- Mi tolsi la fusciacca che portavo sotto il seno, seta verde mare con piccoli ricami, un telo improvvisato.
  • Si sciupa.
  • Asciugati, un momento, dai e poi vai a casa.
Uscisti e poi via di corsa, sventolandola come un drappo, un nuovo modello di aquilone.
Mi piacerebbe anche a me,involarmi per aria, riflettendo sulla prossima incombenza.
.. Una delle mie cugine, del ramo Saint Evit, il casato di mia madre Gabrielle ha avuto una bambina una settimana fa.
Una sensazione dolce amara, siamo andati in visita, trattenendoci a cena, l’epiteto scelto era Cristina.
Mi sono complimentata, enunciando che era un bel nome, in effetti loè.. Tranne che la mia prima e unica figlia, morta dopo appena una settimana, aveva questo nome.
Pioveva, gocce sottili e fitte, osservate dalla finestra, le mani sotto le ascelle.
Pensando a Danae chiusa dentro la sua torre di bronzo, imprigionata da suo padre affinché non avesse figli e Zeus che diventò golden rain, scorrendo da ogni pertugio, ingravidandola, donando poi al mondo Perseo, che uccise la Medusa, che tutti tramutava in pietra.
Metaforicamente parlando, io mi ero auto chiusa in una torre e bambini.. lasciamo stare. Ero di pietra, forse?
Per distrarmi, quando un orologio battè le undici di sera, decisi di andare in cucina a prendermi qualcosa, sicura di non trovare nessuno, il mio signor marito in biblioteca con mio padre, conoscendoli sarebbero andati avanti per un po’ a parlare e..
  • Ciao. - Il tuo silenzio.
  • Vuoi qualcosa?- In risposta, un cenno di diniego e le spalle girate.
Un caso, di incrociarci nel corridoio, poi un sospetto.
 
  • La vuoi ora, una storia?
  • Non hai niente di meglio da fare?-
Il tonfo di una porta sbattuta.
  • Ascoltami bene e ascoltami adesso, questo non è modo di comportarsi e..
  • Ho sonno.- Buttando  le coperte e le lenzuola fino in cima alla testa.
  • Perché non sei venuta?
  • Ero a cena da mia cugina e .. mi spiace, scusami.
  • Tanto non ha importanza.- Invece per te ne aveva.
Mi sedetti sulla sponda, intanto la pioggia aumentava di intensità, cupi i rombi dei tuoni e dei fulmini.
  • Posso stare un po’ qui con te?
  • Fai tu, sei entrata senza permesso, che vuoi che sia- E tu mi hai sbattuto la porta in faccia, siamo pari, credo, pure glissai.
Poi scorsi un lembo verde mare, un pezzettino che spuntava dalle coperte tirate, un piccolo doppiere era rimasto presso il camino e illuminava, soffuso, la stanza.
  • Che ci fai con la mia fusciacca?
  • Ci dormo, no, cosa credi? Ha un buon profumo. - Il tempo di renderti conto di quanto detto e la seta mi è volata contro.
  •  Basta Oscar, per favore.. tranquillizzati- il temporale, la stanchezza, che avevi– Mettiti giù, cerca di dormire.
  • Non ho paura dei tuoni, dei lampi o del buio, sai. – Forse ti innervosiscono e basta, annotai dentro di me, osservando la postura rigida delle spalle.
  • Immagino..
  • Visto che .. racconta..
Alcuni hanno paragonato le gocce di pioggia a lacrime non piante, mi venne quel paragone in mente, ché mi veniva da piangere quando mi prendesti una mano, uno dei tuoi soliti cambi di umore.
  • Dai racconta. Continua con le avventure del dragone, su.. -
Quando finalmente dormivi, profondamente, osai fare quello che non mi avresti concesso da sveglia, di abbracciarti per un momento, almeno una volta.

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Capitolo 4
*** Little Tiger ***


  • Mangerò le mele, berrò la pioggia e ho una coperta per il freddo. Poi vedi, questa è una casa sull’albero. E non scenderò tanto presto.
  • Lieta per la tua organizzazione, Oscar, veramente efficace.- Una foglia cadde sul mio viso proteso verso l’alto.
Ora avevi questo sghiribizzo, ai tempi, con Luois ci eravamo fatti costruire quella casetta aerea, sembrava essere rimasta in buone condizioni, una opinione, di certo non sarei salita a verificare.
  • Lo so, ci giocavo quando ero piccola.
  • Non credo …- Invocai la pazienza e di non mettermi a ridere, eri seria e spinosa, di coccio.
  • Vai dentro e conta quattro passi dalla porta, sulla parete di sinistra, quella della finestrella,  trovi un nome, guarda qual è.
  • Peccato, oggi pomeriggio volevo farti fare un giro serio su Tintagel.-.
  • Cioè ? un giro serio come?
  • Montiamo e proviamo a andare al trotto. Magari al galoppo.
  • SIIIIIIIIIIIII….
Eri scesa in un lampo, dopo avere appurato il nome inciso, un bel Catherine, appunto.
Via via la confidenza e la sicurezza aumentavano, quindi era giusto così, credo, ma Tintagel da sola lo hai montato solo quando contavi dodici anni, prima non mi sarei azzardata.
.. una predilezione, aperta e costante, che cagionava la gelosia acuta delle altre sorelle,un dopopranzo, ti vidi arrivare, nel mio salottino, con la tempesta negli occhi e dei graffi sul viso.
Nessuna spiegazione, uno sguardo a destra e sinistra, poi mi volasti tra le braccia, serrandomi fortissimo per le costole. Ti strinsi a mia volta, lo stupore era totale, avevi la schiena tesa e rigida, che avevi?.
  • Oscar che è successo? Me lo dici.
  • Ecco, almeno ora è  vero.- Con esatta ostinazione.
  • Cosa?- mi ci volle un pezzo a farti parlare.
  • Ho litigato con Hortence, dice che non capisce che vuoi stare sempre con me e.. abbiamo fatto a botte, ma vai tranquilla che non lo dice, il generale ci frusterebbe ben bene, e ha troppa paura di lui. Che mi abbracci e mi baci. Fosse vero, poi… Poi graffio più, graffio meno..- ne avevi una vasta collezione, invero.
  • Non .. – Mi spiaceva. La testa sulla spalla, ti eri adagiata sul mio stomaco e .. quasi tremavi, mi sdraiai sulla schiena, tenendoti stretta, le braccia allacciate, la guancia premuta.
  • Litigate e basta..
  • È stupida- Contro la trina del vestito.
  • È gelosa di me, Oscar, lo è sempre stata e ... quando avevi pochi mesi, ti tenevo sempre così e lei ci rosicava..
  • Non mi ricordo.- per la sorpresa tirasti su di scatto la testa, le iridi immense e dilatate.
  • Non puoi, non avevi nemmeno un anno quando mi sono sposata.
  • Se lo facevi prima, perché non lo fai adesso?
  • So che non ti piacciono le smancerie- Intanto, mica scendevi.
  •  E vedo le smorfie che fai quando ti toccano le guance o i capelli.
  • Ora basta, eh, non ti mettere idee in testa,
  • Hai fatto tutto tu.-  Una piccola stretta e via, strano il senso di vuoto e solitudine.
Riempivi lo spazio e la distanza, nonostante tutto, oggi come allora, una dolce alchimia.
 
  • .. Ho visto le frustate.
Un fittavolo non era in grado di pagare quanto dovuto al Generale, che lo aveva preso a scudisciate, come era in suo potere, impartendo la punizione nel cortile della maison dinanzi a un piccolo pubblico, l’aria percossa dal suono osceno del cuoio che sbatteva contro la pelle straziata, il sangue che pareva avere l'odore e la consistenza del ferro.
Oscar non aveva battuto ciglio, assistendo al tutto.
Era suo dovere, riteneva il Generale, che suo figlio dovesse essere conscio di tutti gli aspetti, compresi quelli più sgradevoli e necessari.
  • Vieni qui, Oscar, dai, respira due o tre volte, profondamente e…
  • Tutto quel sangue, le urla …- Un brivido involontario.
Già. Anche io ero stata frustata, tante volte, anni prima, ogni singola sferzata era un grumo di dolore.
  • Sst.. – avresti fatto cinque anni a Natale, non eri un po’ troppo piccola, e..
Perché mi avevi cercato? Ottima questione da evitare di approfondire, mi sedetti e aspettai letue reazioni.
-Fa male.- Cosa? Ti avvolgesti una ciocca dei miei capelli sul pugno, ti aveva sconvolto, non so.
  • Guarda fuori, è una bella giornata, ti va di andare su Tintagel.
  • Sì, grazie. Aspettiamo ancora un poco, però.
Silenzio, rarefatto e perfetto.
Un tronco a cui appoggiare la schiena, la tua contro il mio busto, a finire la mia stretta. Tintagel che brucava.
  • Ti senti meglio?
  • Sì, io .. – Un movimento repentino, girandoti, cominciasti a toccarmi il viso, una guancia, la punta del naso, compresi che avevo ora  la tua fiducia, che quello era un affare solo tra me e te.
Era curiosità, timore od altro?
  • Non lo dire.
  • Va bene. Comunque, parli davvero tanto quando hai voglia.
  • E tu no?
Eri come una tigre, che avevo addomesticato, un paragone meritato, dopo tutto, non trovi?
Parlavi tanto e, insieme, eri molto fisica nelle tue reazioni, con gesti e scatti repentini, un tenero miscuglio, anche se eri testarda, riservata, un concentrato di alterigia.E intelligente, curiosa, con un lato intrepido che non tutti avevano, tenace e leale, come avrei appurato poi.
 
…Mi sarebbe piaciuto che Oscar venisse ad Ahumada, tranne che doveva essere Xavier a fare da ambasciatore, la scusa i progressi con la spada.
Nel Medioevo, i giovani pupilli erano mandati presso amici o parenti per fare da scudiero a un cavaliere, prima di diventarlo, poi .. collegi e scuole militari, tranne che una bambina maschio in mezzo a veri maschi sarebbe assurdo, il Generale .. potrebbe cogliere i classici due piccioni con una fava. Ovvero affidarla alle cure di un superbo spadaccino e, insieme, mandarla da persone fidate … l’idea è stata di entrambi, chiarisco tra me, mi ha ammorbidito in maniera incredibile, nonostante tutto.
Tuttavia, non dissi nulla, per evitare possibili delusioni, e feci uno dei miei soliti guai involontari.
Un oceano di seta azzurra e grigia, il corsetto incrostato d’argento, che sfavilla ad ogni respiro, una parrucca con le perle, orecchini di zaffiri coordinati con i bracciali ed la collana sulla pelle nuda, il busto, profumo d’arancia e rose e miele selvatico, ero bella, ma che fatica, ero in alta uniforme, sosteneva Oscar.
Se vai a fare queste cose, sono tutti laccati, LUCIDI, osservando di malavoglia che ero bella, è una constatazione, figurati se io faccio complimenti e poi a te (il tuo modo contorto di essere gentile).

Lo splendore di quella fine estate, era impagabile nel farmi ridere, molto più divertente da seguire nei suoi commenti e trovate e idee che andare a Versailles, ove tutto è prevedibile, un congegno intorno al re ed alla sua persona, a ragione Saint Simon osservava che, chiunque, un orologio alla mano ed un almanacco, poteva dire con esattezza cosa accadeva alla reggia, tale è la precisione della giornata reale, dei suoi riti e dei diversivi divenuti poi immutabili. A esempio, Luois XV ha abolito le vasche da bagno, ben di rado si lava, coprendo le “perfum” con costose essenze, imitato dai cortigiani, con il risultato che … la puzza impera- e io sono una fanatica della pulizia.

Splendore e trascuratezza, le tappezzerie con gli orli sfrangiati, i mobili sbeccati e la meraviglia della galleria degli specchi che riflette cento violini, mille piume, diecimila fiori ed un milione di Catherine. Un mutamento irreversibile, pochi anni di viaggi ho appreso che Versailles non è il mondo, che mi diverto a stare più con Oscar.
 
Il viso gelido, come la brina che doveva giungere nel mese di ottobre, non parlava, anzi si premurò di darmi un pizzicotto sulla mano e di mordere un braccio, tanto per rincarare la dose

- VATTENE IO QUI NON TI VOGLIO-
- Che hai, lo sapevi che ieri andavo alla reggia! Te lo avevo detto!
Poi: - Che hai?- mi girava la schiena, con quelle reazioni violente, tranne che non pareva una bizza, un capriccio dettato dalla stanchezza od altro che le girasse per la testa, quanto ….
- COSA VUOI? LASCIAMI STARE!
-alzandosi di scatto
- Torni a casa tua, con tuo marito, come è giusto, che vuoi da me?Mica siete fidanzati e dovete vedervi con lo chaperon.  Però me lo dovevi dire,-La voce rotta, ferita.
- Lo so che vai via, stavi un mese, l’avevi detto, ma così….
- Non vuoi venire?
- Che stai dicendo?
- Non te la senti? Forse hai ragione …
- Io so che mi hanno detto che te ne vai, nostra sorella, Marie, però potevi dirmelo, ho fatto la figura dello scemo, mi hai preso in giro!
- Oscar, il generale ha deciso che vieni anche tu con me e Xavier, ad Ahumada, volevi venire- le bloccai le spalle, incassò la testa contro il mento-… cioè, te lo avevo detto, avevo capito che volevi venire, ma finché non era sicuro sono stata zitta!
- Vai via ma mi vuoi? Mi volete? –
Rovesciando il viso, aveva pianto, ma .. non era un capriccio, mi voleva bene--Te la senti di venire? Qui è casa tua, cioè …
- CAT- Un colpo al cuore, solo una altra persona mi ha chiamato così in questa vita, in questo mondo ed era nostro fratello.
Non ci avevo capito nulla, e la presunta adulta ero io, ti dovevo riparare, dare certezze, difendere, invece, avevo sbagliato, dovevo tenerti per mano e ti avevo ferito, restai mortificata. Le braccia ferme, quanti danni avevo fatto?.
-Vieni qui, mica ti mangio, cosa credi.
Poi;- Abbracciami, so che non mi fai male, mi puoi toccare-
La testa  contro la spalla, ti eri adagiata contro il mio stomaco, tremando un poco, i capelli mi facevano il solletico sul collo, eri alta, per la tua età, esile, un peso sul cuore, premuta così.
- Oscar
- Fammi stare qui per un po’-
- Sì- ero goffa, di legno, di pietra, mi hai insegnato tu, dopo tanto, un soffio, ad amare, ricomponendo i pezzi, e poi dicevi che ero io a tenerti al sicuro, farti sentire protetta, quando era vero il contrario.
 
Che bellezza, attraverso i tuoi occhi, Oscar rievoco una storia, quella millenaria, appunto, della rocca dei Fuentes, sulle cime spinose dei Pirenei ma anche quella della nascita di un ragazzino, di un vanto e di uno splendore riflesso, così come è stata tramandata da mio marito, Xavier, e da suo padre, Juan, una storia che si inserisce tra le pietre color miele appena venate dall’edera della rocca. Magari un giorno te la racconterò.
Lui si chiama Felipe Juan Moguer, anche se per tutti è Felipe, potrebbe diventare un tuo amico.

Una limpida primavera, un intatto splendore di madreperla, il ragazzo era cresciuto in fretta nel giro di pochi mesi, la tipica indolenza di un giovane uomo, impaziente, avido di vita e avventure.
Vano avvisarlo sulla necessità di avere attenzione e controllo, più facile sarebbe stato domare il vento.

Di rado rammentavano Donna Sol, amazzone, splendida guerriera morta in seguito ad una banalità sconcertante, nel lungo elenco di lutti che aveva assediato le loro vite.

Erano saldi, freddi, immutabili, come i Pirenei, erano i Fuentes, nulla li fermava, nulla li bloccava, era la vita.

Padre, devo dirti una cosa e sarai scontento.
- Dimmi.
- Juana sostiene di aspettare un figlio da me
- Semplice e sintetico.
Tu cosa mi dici?
- Era vergine,la prima volta ha perso sangue-
Arrossendo.
Aveva un sacchetto da qualche parte e lo ha rotto senza che te ne accorgessi? Oppure si è tagliata? Magari ha finto-

Lo diceva per forma, non voleva che suo figlio passasse da ingenuo, e comunque vi erano sempre due pesi e due misure, lo sapeva, in fondo era orgoglioso della precocità del ragazzo, aveva quattordici anni e poco più, come Juana, figlia di fittavoli, pure, anche lui, come Xavier, aveva cominciato presto.
Era vergine, sono sicuro, lo so.
- ….
- - sfuggendo a una via di fuga implicita, altro sarebbe stato il discorso se la ragazza avesse avuto nobili natali.
Bene, ora come intendi procedere? È un pasticcio e lo sai, non dire che sei giovane, come in effetti sei, il controllo era meglio prima, per evitare queste situazioni, visto che non sei ancora sposato. E non fare quella faccia, non dirmi che ti ha sedotto, non potevi resistere o ti ha obbligato?
Devo prendermi le mie responsabilità-  Forse, tra i due, la ragazza aveva ritenuto di non potersi esimere dalla attenzioni del figlio del marchese oppure pensava di ottenere qualche vantaggio, mentre Xavier aveva seguito il suo piacere.- Se lo riterrete necessario la sposerò- Ringraziando il cielo che vi erano altre opzioni.
Ora .. Se decidi che il bambino sia allevato ad Ahumada, sperando che non se ne aggiungano altri,  di bastardi, dovrai indirizzarlo, dandogli un futuro, sempre che passi l’infanzia. O dare una dote alla madre, affinché chi  la sposi passi sopra l’incidente, un eufemismo, andando in un’altra località, oppure mandala da qualche parte..- Così usava fare, ad esempio, Ferdinando d’Aragona, il re cattolicissimo, sposato alla pia e guerriera Isabella di Castiglia.
Dovrebbe nascere nel mese di dicembre-
- Xavier, devi pensarci da ORA, è differente dal valutare se stasera mangerai carne o pesce o ti asterrai dal vino …

Il ragazzo aveva formulato un’ipotesi, si era detto d’accordo, a quel punto aveva ritenuto congruo spiegare in dettaglio gli accorgimenti per evitare una indiscriminata moltiplicazione
 ( la castità era il mezzo più sicuro, tranne che un ragazzo di quell’età non l’avrebbe praticata)

Felipe era nato la seconda settimana  del dicembre 1752, vigoroso, con una marcata somiglianza con Xavier.
Si chiamerà Felipe Juan Moguer. Ne avrò cura, gli saranno dato delle terre e sarà istruito-
Lo osservava, stanca, indolenzita, riempiva la stanza intera con la sua presenza.
Felipe era il nome di mio nonno, Juan come mio padre e come te- Aveva fatto una pausa
.- Prima che io e te.. indicò il bambino che giaceva nella culla, un ciuffetto di capelli castani su un viso tondo e paffuto.
Sì, prima a lei piaceva un altro ragazzo, Huesca, e lei piaceva a lui, tranne che nessuno adesso l’avrebbe presa, i genitori non l’avevano buttata fuori di casa per l’ordine congiunto dei Fuentes, il bambino per quanto bastardo, era sempre del loro sangue..
Lo vorresti ancora, Huesca?
- Non ha importanza, non più-
E si era vietata di sperare, anche se Xavier aveva già una idea in testa.

Huesca Machado venne nominato capo delle guardie del castello, viveva in una casa poco distante dalla rocca e, nel 1754, sposò Juana, i Fuentes le avevano dato una dote sostanziosa.
A prescindere dall’inciampo iniziale della nascita di Felipe, ebbero una buona vita, cibo, soldi, un solido avvenire ed altri figli.
Felipe cresceva, ogni tanto giungevano doni dei marchesi, insieme alle loro visite, poi era arrivata io, la francese con gli occhi azzurri, la moglie di Xavier, che non era stata, almeno nei fatti, né gelosa né cattiva- su quello che pensasse nessuno aveva idea, tranne che era giusto in quel modo.
Così mi descrivevano.
Felipe aveva imparato a leggere, scrivere, tutti i giorni andava a Ahumada per essere istruito, presenti o meno i giovani marchesi, imparava le basi della scherma.
Un bambino quieto, solitario, per gli altri bambini era un DIVERSO e, ove non vi fossero adulti in giro, glielo facevano notare con le parole e con i fatti e venne fuori grazie a una piccola tigre francese.
Poi nel settembre1760 iniziò una altra storia.
- Raccontami. Sono fatti gravi e tu.. Non ce l’ho con te, sia chiaro, ma devo sapere-una collera fredda, senza urla, che la lascia perplessa-Prima di tutto, tu stai bene?-
Annuisce e vorrei riempirla di baci, è solenne come un fuso, una rocca di giustizia.
- Sono scappati via, subito …
- Grazie Oscar-
- Erano tre contro uno e lo picchiavano, io ho cominciato a tirare sassi e a urlare- mi spiega,intanto si fa prendere in braccio, non vi bada, ancora intenta per questa avventura.
- Va detto a Xavier-
- . ..Perché ce l’hanno tanto con Felipe? Cioè ci capiamo, poco, quello che basta per giocare, so che ha quasi otto anni, posso continuare?
- Sì, è un bravo bambino, però è solo. È molto intelligente, Oscar, anche troppo, e.. – intanto ti avvolgo, intenta, tra le braccia, per lo stupore mi lasci fare.
- I genitori chi sono?
- Suo padre è un nobile… Ora basta con le domande, per un momento.
- Solo una, ci posso continuare a giocare?
- Sì,-
Pensieri affastellati.Felipe aveva capito che era una bambina, vestita da maschio, e me ne aveva chiesto il motivo, discreto, rimanendo basito quando ho detto la trovata di nostro padre.
- Ah.. credo che pensi di essere un maschio .. Non sempre ci capiamo, a parlare, comunque dice sempre delle Amazzoni, della nascita della dea Atena… (tutte storie che le ho sempre raccontato da allora in avanti…)
La scruto, un amore così palese che lo capisce anche Oscar, che arrossisce, poi è più forte di me e glielo dico:- Ti voglio bene, Oscar-Non protesta, non dice nulla, mi stringe ancora più forte, il viso premuto contro la mia spalla, oso appoggiare la guancia contro i suoi capelli, ciocche chiare e ciocche scure mescolate insieme.
 
 

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Capitolo 5
*** Roses ***


Una luce strana danza negli occhi di Oscar, foriera di qualche birichinata.
– Che c’è?- Scuote le spalle,
-Vedo che leggi tanto-
Giusto, quando non è in giro con Felipe o dietro ai suoi impegni, il cappellano fa anche da precettore, ma sa il fatto suo, sta accampata in questa stanza e non sempre bado a rimettere via i testi.
-Quindi?-
- Ho visto l’Encyclopedie-
Oddio, a morsi e bocconi la guardo, ma alcuni passi sono ostici, però mi piacciono le idee, vedere di tutto un po’, ho gusti slegati, eterogenei, tranne che amo in particolare l’Odissea.
– Il Generale dice che è robaccia-
-La leggo io, mica lui e ti pregherei di non riferire in giro i fatti miei, capito-Tranne che…. A volte ritorna ad essere esasperante, mi provoca, fino a vedere il limite che può raggiungere prima di una mia arrabbiatura e non sempre ho pazienza, ho un caratteraccio.
Già, venendo qui sosteneva che il cielo era più azzurro, le ginestre più gialle, il castello un labirinto per fantastiche esplorazioni e ha Felipe.
Ma il sollievo quando ha visto che le stanze erano sullo stesso piano me lo ricordo, come pure la rassicurazione che ci sarei stata io, quando faceva il bagno, per aiutarla per la schiena e le spalle, i capelli, e le storie, se le aspetta sera dopo sera.
E qualche mattina, per gradi, me la sono ritrovata nel letto, non ho detto nulla, mi limitavo a fingere di dormire, sentendo che mi accarezzava un braccio, i capelli, un'ombra leggera, fino a prendere totalmente confidenza.E infilarsi come un salmone in mezzo alle coperte, afferrando un polso e stringendo forte e guai a me se commento qualcosa.
Oggi, comunque, non è giornata e… d’accordo, mi scoccia di essermi ammorbidita così, ha rotto le barriere, questa confidenza l’avevo con mia madre, peccato che la tua, volente o nolente, non c’è e ti arrangi come puoi, salvo appurare che sei meno nervosa e suscettibile.
Xavier continua a sostenere che sono dura, indomabile, piena di slanci e crudeltà, la signora della primavere.
( Ho amato Xavier, tranne che ci siamo massacrati e feriti a vicenda, senza vinti o vincitori, altre braccia, piaceri effimeri, eravamo sempre vivi e null’altro rimaneva, rabbia e orgoglio).

Sono come un lupo, che vuole sempre stare da solo, d’autunno sono sempre di umore nero. Sei strana ma  sei simpatica, già, brava a dire ti voglio bene e poi  non la sopporto. Dicevo ..
- Ascolta, invece, vogliamo fare una bella galoppata su Tintagel, oggi?
- Si -  Meno male che ho trovato il diversivo.
- Perché si chiama così, per il castello di re Artù?- intanto è partito l’ordine e io mi cambio.
- Chiedi a Xavier- prima era suo, poi lo vinsi a carte, tranne che non mi pare molto edificante da raccontare.
- Eh ..?
- Prima era suo, poi l’ho avuto io. Penso di sì.
- Ah-
Fuori dal castello  passo le redini, ora vai tu e strabuzza gli occhi.
– Mi fido, che credi, sei in gamba e poi ..-
- Lo controlli tu, ma come fai?
- Spallucce.
Perdendo la nozione del tempo,troppo tardi per tornare indietro, tra poco verrà giù un acquazzone con i fiocchi-
-Allora?-
-Ce ne andiamo al capanno di caccia, è vicino, rischiamo di bagnarci fino alle ossa e non torneremo mai in tempo-
- Ma e non torniamo indietro -
- Non è la prima volta che …- Pausa.
– Al limite ci verranno a cercare, ma almeno staremo all’asciutto-
- Non hai paura?
- No-
Mica era la prima volta, mi piaceva andare lì, sia sola che con Xavier, era semplice e spartano, Juan ci andava spesso e sapevo che era in funzione. Là erano abituati alle mie stramberie e Xavier, nella peggiore delle ipotesi, sarebbe venuto a recuperarci. Tranne che a Oscar mancavano questi passaggi
Decisi di essere sincera.
-  Di questo non ho paura,  mi è ricapitato, qui è attrezzato, poi ci sei tu. Ti piacciono le Amazzoni, no, le avventure, stasera ne avrai una-
Le ingiungo di stare immobile, il tempo di scendere, e lego Tintagel, mentre squadra la costruzione, la faccia perplessa, reggendosi al pomolo, il primo tuono squarcia l’aria, la radura ampia, gli alberi venati dal rosso e del bronzo delle foglie. Mah.
– E il cibo, il fuoco, farà freddo,sarà sporco- mi rintuzza.
Trovo la chiave e apro la porta, portando dietro la sella. La stanza è divisa in due, una specie di cucina con il camino, di là il letto, come ricordavo. Il pavimento piastrellato, le pareti di legno rivestite di pannelli,un tavolo e delle sedie. Neanche troppa polvere, considero, vengono spesso a ripulire,mentre mi tolgo il mantello e Oscar se lo avvolge intorno.
–Sai come fare- osserva, ho acceso il fuoco, dalle tasche della sella è apparso del pane e del formaggio, la pioggia batte insistente
.- Mangeremo poco ma va bene, dai vieni qui, così ci scaldiamo, poi ho una cattiva notizia, Oscar, stasera devi dormire con me-
La pioggia batte, una specie di delicata ninna nanna, alla peggio abbiamo fatto, sbadiglia, tranne che ha ancora voglia di domande.
– Lo so, Oscar, non sono come le altre, però queste cose, di essere autosufficiente, me le ha insegnate mia nonna Isabel, lei diceva che era un esercizio di umiltà..-gli occhi brillano per il divertimento
-… appreso in convento.
Sorridi ancora di più e con la scusa del freddo ti stringi come edera.

- Senti, quando torno in Francia?
- In aprile, torniamo anche noi, poi a giugno io e Xavier partiamo per i Caraibi
–Bene, è tanto tempo
- Che vuoi come regalo di Natale? -
Intanto che io e Oscar imparavamo a capirci,XAVIER,dopo la faccenda di Felipe era nero.
Fece frustare i colpevoli, il bambino accanto e a stento non li aveva cacciati dal feudo, loro ed i loro genitori, NUANCA, mai più, chi avrebbe osato toccare Felipe sarebbe incorso nella sua ira ed in quella di Don Juan, lo stesso sarebbe successo se gli avessero sparlato dietro: I Fuentes sapevano tutto e tutto facevano riscontare, nulla dimenticavano, nulla  doveva accadere nella casa di Machado, che aveva sposato la madre del ragazzino.
L’effetto finale era stato quando aveva chiamato Felipe hijo, figlio, i tre rei si erano presi una ulteriore razione di frustate dai genitori.- tuttavia, Xavier non era tranquillo
Era figlio suo, mi riteneva nel giusto quando sostenevo, quieta, che non poteva continuare all’infinito in quel modo, o lo lasciava fare da subito o doveva prendere altri provvedimenti.
Troppo comodo tenerlo dai Machado, dare una vaga istruzione e poco altro.
Felipe sapeva che era suo padre, tranne che nessuno ne parlava e lui stava zitto.
Gli disse che gli dispiaceva, ma il ragazzino replicò che non importava, non voleva disturbare, tranne che quella volta erano in tre, in luogo dei soliti due, non voleva recare fastidio, ma il giovane marchese spedì tutti fuori i due che lo angariavano e gli propose di venire a vivere stabilmente al casello.
In primavera sarebbe andato via ma Don Juan ne avrebbe avuto piacere. E anche mia madre, osservò Felipe, esplicitando, infine, come fosse poco tollerato anche da lei, dal punto di vista materiale nulla gli mancava, non lo picchiava mai, figuriamoci, tranne che preferiva non averlo troppo dappresso.
 
Va bene, dico, almeno ora ti senti in pace, mentre le risate dei bambini (in fondo sono entrambi due diversi) riempiono l’aria, comunque, per la prima volta, faccio progetti a lungo termine, volevo provare ad avere un altro figlio da lui e forse sarebbe andato bene, non sarebbe stato nell’immediato.
Mi sciolsi, delicata, dalla sua stretta, andandomi a preparare, Oscar dietro, voleva venire, ma le dissi di no, a quel giro non potevo proprio, le diedi un bacio distratto ma sapevo che me la avrebbe fatta riscontare.
– Eccoti- Per Natale mi chiese un capriolo e risi forte, la sua perplessità chiara e lampante.
Avevamo deciso che il dragone della leggenda, delle mie storie avrebbe avuto un amico, un capriolo, il drago non lo poteva trovare, ma un capriolo, mi disse che era una richiesta ragionevole, eh certo me lo hai fabbricato, ribatte, no, l’ho trovato, lo vuoi ora o poi?.
Non si fidava, pensando che, mie le ragioni, la prendessi in giro, invece c’era davvero un cucciolo nelle stalle, girava nel bosco e avevo idea che me lo avresti chiesto, sbaglio?
A quel girò mi saltò letteralmente addosso, piena di gioia scomposta, andiamo a vedere subito, era tua responsabilità, stabilisco, di pensare all’acqua ed al fieno, poi forse, andando via, ci avrebbe pensato Felipe, anzi glielo chiedesti e lui disse di sì.

Non è un pensiero, è una certezza, che la sto viziando, quando andremo per me sarà dura, ma anche lei …
Chiudo il pensiero, sono arrogante, ho le mie libertà, non perché sono Catherine, ma perché ……
Mi veniva da piangere, poi, e se ne accorse, buttai fuori che era la polvere, invece scosse la testa, ero una bugiarda talentuosa con tutti, me stessa compresa, ma non con Oscar, ah, quella volta in soffitta bofonchiava anche lei della polvere.
Allacciando una mano, supposi che avesse corretto l’acqua con il caffè, ma non demordeva, mi fece il solletico, mi vietava di piangere (magari fosse così semplice, Oscar)
– Io però devo fare il soldato e stiamo troppo tempo insieme-
-Ancora? Lo sai a quale età gli spartani cominciavamo l’addestramento, non credo che stai scuotendo la testa, era a sette anni, quindi va bene-
E al diavolo il Generale.
Enuncio i riferimenti, lo so che mi vuole bene, come si illumina quando mi vede, come mi cerca..
- Guarda che è solo con te-Ma eri veggente, Oscar, o ero io ad essere un vetro di facile lettura per te?
- No è perché sei tu-
Ineccepibile logica, come quella di Felipe, che, avuto in regalo un fioretto,  per il compleanno, già del suo omonimo bisnonno, aveva deciso e si era convinto che Xavier lo voleva, era per il primogenito, un gesto simbolico e così era.


- Ora dove vai?-
- A distribuire dei doni, siamo quasi a Natale, noblesse oblige, lo sai, quando ci sono non delego- Si unisce a sua volta,  ma..
Puzzo, odore di chiuso, come si fa a dormire tutti insieme, la meno sono persone e galline e muli, si sta meglio fuori, scalcia una pietra, io distribuisco vari pacchetti, mi baciano l’orlo della gonna,arrossisco, lo stesso gesto si ripete di casa in casa, poi l’offerta alla chiesa, intuisce i miei pensieri.
Infine, la mia cameriera chiede se occorre andare dai Machado e allibisco, parte un ceffone, parliamo fitto e Loro non hanno bisogno, se continui Pilar, poco importa che giuri vendetta, ti manderò in mezzo ai lupi.


Prevengo la tua domanda inespressa, spiego chi è Huesca Machado, aggiungo che è il marito della madre di Felipe, lei replica, se sono nobili perché lavora?.
Perfetta logica, tranne che, ribatto, è il padre di Felipe a essere nobile e la lascio alle sue elaborazioni.
Poi osserva che le sembra assurdo che le persone dormano con le galline, e qui …
-Lo spazio è poco, fa freddo, il raccolto quest’anno è stato scarso, quando hanno pagato il dovuto alla Chiesa, sono messi male-
-E ai Fuentes no?
- No, non ancora-
Spalanca gli occhi  per lo stupore, due immense lampade azzurre.
- In estate, ragiona, se pagano tutto, non gli resta nulla per mangiare, morirebbero oppure sarebbero troppo deboli per coltivare la terra, oppure scapperebbero alla prima occasione-
Mi guarda come se parlassi in arabo
- Non è una vocazione alla santità, bada, se il raccolto va male, è un problema sia per il marchese che per la sua gente. Se concede una proroga, pagheranno il dovuto, anche un po’ i più, con la differenza che saranno grati e fedeli, ma non devono marciarci sopra-
-Il Generale non se ne occupa, ci sono i sovrintendenti –
E io mi metto a discutere con una bambina di cinque anni,brava, mi congratulo, però voglio che capisca, che non pensi che siamo scemi o strani, per quanto contorta una logica c’è.
– E’ vero, ma queste terre sono il cuore del feudo, Oscar, il marchese vigila e controlla, e anno dopo anno controlla il resto, con ispezioni a sorpresa … cosa che lo diverte molto.
-Invece, nelle terre di oltremare andate te e Xavier-
Già, la scusa è questa.
- Non è generosità, è buon senso, alla fine un Fuentes non lo prendi in giro né devi fare battute o che, Pilar aveva passato il segno.
- Saresti un nemico pericoloso-
- Presumo sia un complimento?
- Sei nata Jarjayes, noi non siamo secondi a nessuno, tutti ci devono rispetto.- Tendo le sopracciglia e osservo neutra che questa lezione l’ha imparata presto e bene.
È così, ribatte, punto, salendomi in grembo, come per caso, e sorrido, allora osserva che così sono più bella, poi riprende il discorso, non le torna che le tasse vengano abbonate, sei la mia piccola tigre in miniatura.
- Pagheranno poi, ma saranno grati. Lo facessero subito, non gli resterebbe nulla e .. Per legge, il marchese potrebbe pretendere ma usa il buonsenso, se le persone non hanno cibo, potrebbero scoppiare tafferugli e rivolte..
- Tu leggi proprio l’Enciclopedia-
- Come credi, Oscar, ora mi dovrei preparare per cena-
- Vestiti di rosso, con i rubini stai bene, sembri quasi una regina-
Poi comprendi di avermi fatto dei complimenti e borbotti che hai da fare.
Ovvero comporre il regalo più bello e prezioso,
un disegno, un vaso di rose bianche, infantile, arruffato e sbilenco, su un foglio bianco, con le matite colorate.
Quel Natale ti era piaciuto immensamente, credo.
La cena della Vigilia,la Révellon, la tavola era adorna di piccoli segnaposti con le rosse bacche dell’agrifoglio, le candele che illuminavano i presenti, le risate, abbiamo mangiato cibi spagnoli e salmone affumicato, come a Parigi, insieme all’oca e al prosciutto al forno od al tacchino servito con le castagne, piatti, appunto, francesi che adoro.
E lo champagne, naturalmente.
La messa e il senso di calore, il latino e le volute di incenso leggero.
L’albero pieno di decorazioni e regali ammucchiati, i muscoli delle mani dolenti a furia di scartare e slegare mastri, le risatine, osservando che Pere Noel, assistito dal devoto Pre Fouettard, che ha il compito di ricordare al barbuto il comportamento che ha tenuto ogni bambino durante l'anno appena trascorso, era stato molto prodigo, come per Felipe.
Un bacio di straforo mio e di Xavier sotto il vischio, il giocare con la neve fino ad avere le guance rosse come le calze che ti eri ostinata a voler mettere.
Come a voler fare una scorpacciata di Bûche de Noël, il tipico fagotto al cioccolato di Natale, la colorata e glassata forma a ceppo di abete presto smontata da mani infantili, un miracolo trovare posto per la Galette des Rois, la torta dei re, una dolce pasta sfoglia ripiena di crema di mandorle, il dolce per il tuo compleanno, li avevi chiesti per tempo e li avevi avuti.
La fava tradizionale la trovai io e diventai reine almeno per un giorno,
  • Senti, Cat, la regina per oggi sei  tu ma potremmo..- Sussurrando il resto in orecchio.
  • Va bene, è una idea meravigliosa.
Per tradizione, dei guitti e dei giocolieri si esibiscono nel cortile interno del castello e la gente del villaggio può partecipare e vedere e divertirsi, spettacolo offerto dal marchese per rompere la monotonia invernale, atteso con gioia, insieme alla distribuzione di vino caldo e aromatizzato.
Questo Natale, verranno distribuite anche le fette di Bûche de Noël e Galette des Rois,almeno per una volta assaggeranno un pezzo di Paradiso.
Il crepuscolo invernale cade presto e rientriamo tutti, una cena leggera e ..
 
Il disegno con un vaso di rose bianche me lo hai dato la sera, ripiegato in quattro, prima di andare a dormire, una cosa tra te e me osservasti, una simmetria di gesti e di pensieri.
Ti protendesti in avanti, come me e ti facesti abbracciare, poi, senza altre parole, venisti direttaa dormire con me, io muta per la meraviglia.
Xavier, vista l’invasione, se ne andò, per quella volta a dormire in una altra stanza, ridendo poi fuori come un matto.
In effetti.. Ci avevi spiazzato.
  • Muoviti, avanti, dormi in poltrona?
  • Non credo proprio.- Mi cambiai dietro al paravento, era più il riso o la commozione, chi lo sa.
  • È stato un Natale stupendo e un compleanno meraviglioso.
  • Già.
  • Come al capanno, anche lì è stato bello-
  • Che storia vuoi?-mi ero messa sul fianco, il braccio sinistro sotto la tua testa come nuovo cuscino, il destro che ti circondava, poi ruotasti con il torso, gli occhi vicinissimi.
  • Fai tu. Re Artù e Camelot e la spada nella roccia.., o..
L’ultimo segno di meraviglia della prima età dell’oro.
Una leggenda troppo presto trascorsa e non ancora tornata.
Quel disegno, portato sempre poi con me, in tutti i viaggi e in ogni sosta, chiuso e ripiegato tra le pagine dell’Odissea.
Chiudo gli occhi e tutto ritorna, anche è passata tutta una vita.

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