Il coraggio del fantasma

di meme_97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1 ***
Capitolo 3: *** 2 ***
Capitolo 4: *** 3 ***
Capitolo 5: *** 4 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo


Ne è davvero valsa la pena?

La osservo camminare per il passaggio sospeso della città bassa. I raggi che filtrano tra le foglie della rigogliosa vegetazione le illuminano il viso, protetto da un paio di occhiali da sole. Ora si è stesa e riposa placida su una panca di legno.
Quanto mi sarebbe piaciuto sfiorarle la guancia morbida, ma non posso.

Era successo tutto così in fretta.
Era la quinta volta che le chiedevo un appuntamento, così lei alla fine ha ceduto e ha accettato l'invito. Abbiamo fatto un giro a Central Park e lì ci siamo messi a giocare a frisbee. A fine serata l'ho portata su all'osservatorio della Freedom Tower.
Ero completamente preso da lei, così l'ho baciata. Sembrava una cosa normale da fare con la ragazza che si ama.
Lei invece mi ha rifiutato malamente. Mi ha spinto all'indietro con un'espressione sconcertata sul volto.
“Ma cosa stai facendo?”
Avevo provato a balbettare qualche frase di scusa, ma mi era uscito solo qualche rantolo indistinto.
“Marianne...” era l'unica parola concreta che ero riuscito a formare.
“Non so cosa tu abbia pensato, ma sono uscita con te solo perché hai insistito tanto. Questo non è mai stato un appuntamento.”
Poi aveva girato i tacchi e si era avviata all'ascensore per tornare giù.
Cos'ho che non va? Sono un ragazzo come tanti altri, perché non le vado bene?
Sono uno sportivo, ho le spalle larghe. A tutte piacciono le spalle larghe.
Ammetto di non essere il tipico “biondo occhi azzurri”, ma gli occhi verdi danno vita ai miei spenti capelli castani.
L'avevo subito inseguita fino all'ascensore ed ero riuscito a prendere lo stesso suo. Non mi guardava. Continuava a fissare il vuoto.
Una volta scesi, lei si era diretta in fretta verso la metropolitana.
Dopo avermi dato un'altra spinta per allontanarmi, mi aveva detto: “Smettila di comportarti così, io e te abbiamo chiuso.”
Avevamo chiuso proprio in partenza.
Queste parole mi pesano ancora come un macigno.
Stavo per scoppiare a piangere dalla frustrazione.
Finalmente ero riuscito a convincerla a uscire con me e invece avevo rovinato tutto.
Conosco tutto di lei.
Frequenta da quest'anno la famosa scuola di moda Fashion Institute of Technology, pratica il badminton e nei fine settimana va a nuotare con la sua migliore amica. Lei in realtà è canadese, ma si è trasferita a New York dalla seconda liceo. I suoi genitori sono molto ricchi, quindi ha un bell'appartamento tutto per sé vicino al parco.
Mi ha lasciato solo.
Arrabbiato e triste allo stesso tempo, ero corso sulle rotaie, non appena era partita la metro in cui era salita lei. Avevo corso a perdifiato in senso contrario a lei fino a quando non avevo visto il mezzo dopo arrivare a gran velocità verso di me
Non aveva fatto in tempo a fermarsi che ero già diventato un fantasma.

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Capitolo 2
*** 1 ***


1.


Ne è davvero valsa la pena?

È da un paio di mesi che la seguo, sempre nei limiti della decenza ovviamente. Lei probabilmente mi considererebbe uno stalker e la legge sarebbe d'accordo con lei, ma non posso farne a meno.
Rimango incantato a rimirare i suoi bellissimi capelli ramati e mi tuffo senza rancore in quegli occhi così celesti da fare invidia a qualsiasi attrice.
Forse sono io a esagerare, ma conosco solo la prospettiva di un ragazzo innamorato. Ma adesso che ci penso non è solo quello.
Da quando sono
morto – mi è ancora strano dire questa parola – ho percepito i colori, le luci, sempre in maniera differente. Più intensa credo.
Vedo molte più cose che prima ignoravo. La cosa più evidente però è un'altra.
Il cielo.
Il cielo è viola, non più azzurro come lo vedevo prima, ma quasi intrappolato in un eterno tramonto.
In più sento delle voci, dei ronzii. Sì, proprio come i pazzi.
D'altronde non ci posso fare niente.
All'inizio mi destabilizzavano, ero frastornato e confuso tra tutte quelle sensazioni che improvvisamente mi hanno pervaso. Ora però ho deciso di ignorarle e in effetti sono molto più tranquillo.
La accompagno fino a casa. Ho controllato i suoi messaggi e non dovrebbe uscire prima delle sette, quindi ho un paio d'ore libere.
Mi sono almeno posto la regola di non entrare mai in casa sua. Nel mio piccolo, anch'io sono un uomo d'onore.
Esce a cena con la sua amica, Hellen, la stessa della piscina. È carina. Alta, bionda, occhi scuri... Ma niente in confronto a Marianne. Ha qualche tatuaggio che la rende aggressiva, ma almeno ha la testa sulle spalle. Se Marianne si fida di lei, allora io non ho motivo di dubitarne.
Decido che voglio andare a fare un giro nel Queens, invogliato da un cartello pubblicitario illuminato su un edificio.
Vieni al Museum of the Moving Image a provare la nostra sexy room..! recitava.
Non ero molto attirato da questa famigerata “sexy room”, ma non avevo mai saputo dell'esistenza di un museo del genere.
Il bello di essere fantasma è che posso intrufolarmi in rete senza nessun problema. È uno spasso navigare in Internet, proprio letteralmente.
Cerco di auto consolarmi dicendo che i vivi non lo possono fare e mi ritorna un po' di fiducia in me stesso. Ma poi crolla quando penso a Marianne.
Ne e davvero valsa la pena?
Questa frase mi tormenta la coscienza da quando sono morto. In ogni caso ora non posso più parlare con lei, né vederla ridere alle mie battute.
Mi scrollo di dosso quei brutti pensieri con decisione e, una volta trovato l'indirizzo, mi avvio velocemente verso il museo.
Il mio corpo, se ormai posso definirlo tale, sfida le leggi della fisica. Scorre veloce nell'aria, attraversando incurante tutto ciò che incontra. Posso addirittura fluttuare sull'acqua. La prima volta che l'ho scoperto mi sono divertito a camminare sull'East River con fare maestoso e compiaciuto. Fatico a trovare il posto perché l'ingresso è così insignificante che non ci faccio neanche caso. Dopo che ci sono passato davanti almeno dieci volte mi rendo conto che il museo è quello con le scritte colorate sopra. Anzi, la scritta è proprio il nome del museo. Pensavo fosse opera di quei teppistelli che marchiano tutte le pareti che incontrano con i graffiti.
Entro e mi accorgo che c'è veramente pochissima gente. Al piano terra vedo solo la biglietteria e un bar, perciò salgo al piano di sopra.
Oltrepasso qualche stanza piena di cubi e diavolerie strane e poi mi ritrovo... nel paradiso.
C'è una serie di visori 3D, con accanto delle cuffie, per vedere un filmatino di diverso genere. Quanto mi sarebbe piaciuto avere avuto uno di quei cosi per giocare alla Playstation! Costano ovviamente una follia, perciò non me li potevo assolutamente permettere.
A parte che ho perso la gran parte della mia memoria quando sono trapassato, ma chissà perché questo dettaglio lo ricordo bene.
Mi avvicino al primo di questi e cerco un modo per entrare comunque nella realtà virtuale. Alla fine entro dove è stato salvato il video e lo guardo attraverso il visore.
È una figata pazzesca. Sono dentro una foresta e mi guardo intorno. Sono fermo su un lago e si sente solo il cinguettio degli uccelli. Improvvisamente, dalla mia destra vedo arrivare un treno nero velocissimo. Mi prendo un colpo, ma non posso muovermi, così vengo investito per la seconda volta nella mia vita. O nella mia morte, dipende.
Poi vengo sollevato da terra e comincio a entrare in un tubo colorato, finché non mi ritrovo dentro un utero. Cosa caspita ci faccio dentro un utero? Le persone che hanno realizzato questo video sono veramente fuori di testa. Un bambino enorme mi fissa con i suoi occhietti neri. Ora comincio seriamente a spaventarmi. Il feto comincia lentamente a porgere una mano verso di me. Cerco disperatamente di spostarmi da lì, ma non ci riesco. Infine mi stringe nel palmo della sua mano, come se fossi stato un piccolo batterio nel corpo della madre. Il cortometraggio finisce lì. Esco leggermente turbato, anche se in fondo sono felice di aver provato per la prima volta un visore. Continuo il giro e mi imbatto in questa famosa
sexy room. Solo a leggere le istruzioni mi viene la nausea, quindi proseguo la visita. Scopro la storia del cinema, cioè come hanno creato i primi film, e vedo anche le maschere e i manichini originali usati in Star Wars o L'esorcista. Inoltre, quasi un intero piano è dedicato allo storico telefilm Mad Men. Una gioia per il grande nerd che è in me.
Esco soddisfatto della mia piccola gita turistica e torno a gran velocità dal motivo per cui sono ancora sulla Terra. In realtà l'ho solo ipotizzato io, perché ho visto un po' troppi film in proposito. A dire il vero non ho mai sentito di fantasmi che possono vedere luci strane e sincronizzarsi con le radio per ascoltare la musica – sì, posso fare anche quello – , ma ormai non ha importanza. Sono ancora qui e devo farmene una ragione.
Aspetto una decina di minuti e la vedo uscire, perfetta e profumata. Il carrè liscio le ricade con grazia sul viso, contribuendo a darle quel fascino quasi francese che io adoro tanto. La camicia elegante sbuffa leggera, costretta da un'alta e stretta gonna scura. I tacchi rendono la figura ancora più slanciata.
Sono probabilmente uno dei pochi uomini che nota l'abbigliamento della ragazza che ama, ma fa lo stesso.
Esce con passo sicuro e chiama rapidamente un taxi, che inchioda a pochi centimetri da lei.
Adesso che ci penso è quasi tre mesi che sono morto e lei non lo sa.
Non sono stato al mio funerale, sempre se ce n'è mai stato uno. Una delle lacune fondamentali della mia morte è la famiglia. Ho un padre? Una madre? Non lo so.
E poi cosa ne è stato del mio cadavere? In realtà appena avevo visto il mio stesso corpo ridotto a brandelli sulle rotaie sono scappato disgustato a gambe levate. Non ero molto contento di non essere morto.
Attraversiamo velocemente il Brooklyn Bridge e l'autista si ferma davanti a un locale molto lussuoso. Si chiama The River Café.
Saluta la sua amica che la stava aspettando all'ingresso e si avviano dentro il ristorante.
Per loro era stato riservato un piccolo tavolo tondo per due davanti alla vetrata, in modo che entrambe potessero osservare dalla vetrata la stupenda skyline di New York. Fra poco calerà il tramonto e l'atmosfera si farà ancora più suggestiva.
Forse avrei dovuto portarla qui per farla innamorare di me. In questo momento vorrei essere al posto di Hellen. Sono combattuto tra l'invidia e la volontà di strozzarla.
Eppure Marianne sembra molto felice. Molto di più rispetto a quando sono uscito con lei. La bionda le strappa ogni tanto quel suo sorriso magico che mi riempe il cuore. Ma come fa? Sono geloso.
Allora mi metto proprio di fronte a Marianne, in modo che sembri parlare con me. Intercetto perfettamente il suo sguardo e sono sbalordito dalla sua bellezza, ma soprattutto dalla sua spontaneità. È a suo agio e certo non lo nasconde. Mi scosto e mi metto ad ascoltarle, cercando di capire dove ho sbagliato con lei.
“Questo posto è molto bello, mi sembra strano di non essere mai venuta qui finora” dice allegramente Marianne.
“Me ne ha parlato bene Nick! Ti ricordi di lui, no? Amico di università...”
“Sì,certo che mi ricordo. È quello magro e allampanato che ha sempre la testa fra le nuvole, giusto?”
“Esatto, proprio lui” esclama entusiasta Hellen. “Ma almeno ha buon gusto!”
Entrambe scoppiano a ridere. La risata cristallina di Marianne suona dolce alle mie orecchie, ma non riesce a placare la mia rabbia.
Non è giusto che sia andata così. Avrei dovuto esserci io in quella sedia, a ordinare lo champagne più buono per la mia ragazza.
Non ce la faccio più a sopportare quella situazione, perciò me ne vado.
Esco dalla porta principale, faccio il giro del ristorante e poi parto a tutta birra verso Manhattan. Sto per schiantarmi sull'Empire State Building, ma poi devio la traiettoria e volo verso Liberty Island. Mi fermo davanti alla faccia della Statua della Libertà. In uno scatto furioso prendo a pugni il suo naso, ma non si stacca come quello della Sfinge in Asterix e Obelix. Volo via irritato e mi infilo nel primo edificio alto che vedo quando raggiungo nuovamente Manhattan.
Mi fermo all'improvviso e ci metto qualche secondo a capire cosa ho davanti. È un tizio seduto su una gamba mozza.
Lui si alza sorpreso.
“Hey, ma che diamine..?”
Mi scappa un gridolino impaurito. Mi vede?
“Benvenuto al Whitney Museum, figliolo” dice una voce alle mie spalle.

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Capitolo 3
*** 2 ***


2.


Il vecchio che mi ha dato il benvenuto si è messo a spiegarmi la situazione, facendomi fare anche un giro nel museo d'arte moderna. Le opere sono tutte abbastanza inquietanti e c'è una stanza piena di televisioni a tubo catodico che trasmettono immagini ripetitive che mi mandano il cervello in cortocircuito.
Tento in ogni caso di prestare attenzione a quello che la mia nuova guida mi sta dicendo.
“Noi fantasmi abbiamo cominciato a radunarci solo molto recentemente e ci stiamo organizzando in clan.”
“Quanto recentemente?” gli chiedo incuriosito.
“Solo qualche mese, a dire il vero.”
Beh, per dei fantasmi quasi sicuramente secolari è veramente poco.
Mi chiedo quindi quale sia il vero motivo di questa riunione tra amici. Come se mi avesse letto nel pensiero, il nonno prosegue.
“Non è stato un incontro casuale, perché prima cercavamo sempre di evitarci e di rimanere in luoghi isolati.”
“Pensavo che i fantasmi non sapessero dell'esistenza degli altri.”
Mi rivolge uno sguardo triste.
“E per molti è così, infatti. Tu eri uno di quelli.”
Ha ragione e non posso negarlo. Abbasso lo sguardo, vagamente imbarazzato.
“C'è una minaccia troppo grande per poterci permettere di rimanere in disparte a piagnucolare e a giocare ai fantasmi tristi” prosegue.
Lo guardo, allarmato.
“Alcuni di noi si sono accorti di essere più forti di altri e di poter agire sul mondo dei vivi.”
Fa una breve pausa per riprendere il respiro e si concentra sulla prossima frase.
“Possono interferire con le radio e comunicare con le persone.”
Quella frase piomba nell'aria come un macigno, sembra qualcosa di veramente importante.
“In realtà non è una gran novità, nonno. Io metto sempre la musica che mi piace. La sento anche ora, sai? Ci sono onde ovunque, mi danno molto fastidio. Non è che mi aiuti a farle andare via?”
Il vecchio mi guarda basito. Ha la bocca aperta come un pesce fuor d'acqua. La sua espressione è indimenticabile.
Dopo qualche secondo passato a boccheggiare, il nonno si ricompone e torna serio.
“Tu sai perché alcune persone diventano fantasmi?”
Non mi aspettavo una risposta del genere, ma gli sciorino comunque le mie supposizioni.
“Perché hanno un conto in sospeso?”
“No, quella è roba da film.”
“Allora perché la propria amata è ancora preda della vita” rispondo più deciso.
“No, no. Quello e Ghost” sospira paziente.
“È molto più semplice” continua. “Abbiamo una coscienza più tenace.”
Lo guardo interdetto e scoppio a ridere. Il suo sguardo ammonitore mi intima di smetterla e obbedisco immediatamente, seppur trattenendo qualche smorfia divertita.
Lui continua a spiegare.
“Il nostro spirito, la nostra volontà di conservazione ci spinge a sopravvivere nonostante il corpo non ci sia più. È qualcosa di inspiegabile scientificamente, ma le nostre menti superano il trauma della morte. Ora siamo solo una coscienza. È tutto ciò che ci è rimasto.”
Sono sbalordito. Ora mi ha sorpreso. Mi ritrovo a corto di parole per rispondere, perciò prosegue lui.
“Il corpo che vedi ora è solo una proiezione della tua anima, per questo io non sono un mucchio di ceneri che vaga. Cioè questa proiezione è solo ciò che ci rappresenta, l'immagine dell'anima.”
In verità io non ero cambiato per niente. Quindi significa che sono soddisfatto del mio corpo?
“Io adesso ti vedo come il ragazzo che eri in vita. Ma se la tua anima ruggisce di rabbia ti puoi trasformare in un leone, se lo vuoi davvero.”
Mi piace sempre di più questa storia della coscienza mutaforma.
“Scusa se ti interrompo, nonno, ma se divento un leone posso mangiare un altro fantasma?”
Il vecchio mi guarda pensieroso e stranamente colpito dalla domanda abbastanza intelligente.
Mi risponde lentamente, come perso tra i ricordi.
“Mi sembra di avere sentito di un drago che secoli fa uccise un fantasma che lo aveva tradito, ma sono voci. Non ne ho la certezza. Sarebbe comunque una scoperta devastante.”
Scoprire che i morti possono morire è traumatizzante, gliene do atto.
Arriva una ragazza a grandi falcate.
“Su, Joseph, quando andiamo a spaccare il culo a quegli stronzi?”
Lo sta fulminando con occhi roventi.
Percepisco una leggera voglia di combattere nella sua voce. Ho capito che non vorrò mai scontrarmi con lei.
“E chi è questo sfigato qui impalato?”
Sta indicando proprio me.
“Chi, io?”
Non sono sfigato donzella, sono solo uno stalker. Non ho voglia di dirlo, però.
Il nonno alza le mani, rassegnato.
“Isabelle, calma. Lui è Mark ed è un amico.”
La ragazza mi guarda per un istante.
“Ok, non me ne frega niente di lui. Quando si parte?”
Vedo che il vecchio cerca di riprendere la situazione in mano.
“Intanto non si va da nessuna parte. Dobbiamo prima stabilire un piano, poi vediamo.”
Isabelle sbuffa irritata e se ne va scuotendo la sua lunga coda bionda. Mi ricorda un po' Hellen, ma l'amica di Marianne è decisamente più gentile e meno volgare.
“Scusala” mi dice poi Joseph, quando siamo soli. “Ma è arrivata da poco e deve essere morta in uno scontro violento.”
Mi accontento di quella spiegazione e faccio spallucce.
Il vecchio raduna tutti in una sala del museo con una statua di mozziconi di sigaretta a lato e comincia a parlare per primo. Deduco che è il capo, visto anche che è il più anziano. Teoricamente qualcuno potrebbe essersi ringiovanito, ma sono troppo pigro per inventarmi eventuali intrighi di potere nel gruppo. In totale saranno una trentina ad abitare il Whitney, sono pochi per affrontare un esercito di fantasmi armato di radio.
Dopo la mia breve presentazione, comincia la riunione vera e propria.
“Ormai il tempo è giusto. L'esercito di fantasmi si prepara a invadere i vivi, creando caos tra la gente. Vogliono distruggere tutto ciò che cerchi di ostacolarli, ma non dobbiamo essere intimoriti. Siamo forti e siamo determinati a fermare i nostri compari corrotti.”
“Ma perché dobbiamo proteggere i vivi? Cosa importa?” chiede un tizio dalla folla.
“Non stiamo proteggendo loro, ma noi. Gli umani non devono scoprire che esistiamo, già si sono inventati molte storie a riguardo. Inoltre questi stupidi megalomani sono responsabilità nostra, perciò ce ne occuperemo noi.”
La voce tace, perciò sembra soddisfatta della risposta. Interviene però il ragazzo che avevo visto seduto sulla mezza gamba. Un'opera piuttosto lugubre da scegliere come sedia, direi. Vabbè, i gusti sono gusti.
“Ma cosa dobbiamo fare, ucciderli?”
Un mormorio turbato si diffonde nella sala.
“Qualsiasi cosa faranno, dobbiamo fermarli. A ogni costo.”
“Spacchiamo qualche brutta faccia, non vedo l'ora” ringhia Isabelle, scrocchiandosi le dita.
Il piano non mi sembra molto convincente, ma finora è quello di sparpagliarsi per la città alla ricerca di qualche fantasma sospetto. Un gioco da ragazzi, pare.
Poi dovremmo interrogare il traditore trovato e scoprire i dettagli del loro piano di conquista. Infine dovremmo sferrare un attacco alla loro base segreta.
Il nonno deve essere indietro di qualche anno, perché è un'idea scontata e impraticabile. Ho deciso che farò qualcosa da solo. Intanto tengo sotto controllo le radio, le luci e tutto ciò che è in forma di onda. In più ho sviluppato la capacità di restare collegato ai vari wifi sparsi per la città, in questo modo sto monitorando anche Internet. Se fossi stato un genio dell'informatica o delle telecomunicazioni anche da vivo sarebbe stato uno spasso. A quest'ora avrei già avuto un lavoro stupendo, anche senza seguire l'università.
Prima di cominciare a fare l'eroe fantasma vado davanti a casa di Marianne, sperando di vederla prima che vada a dormire.
Non mi aspettavo di vederla tornare ora, ma mi sento invadere da un'ondata di gioia quando la vedo arrivare, accompagnata da Hellen. Sono arrivate vicino all'ingresso del palazzo e il portinaio apre già la porta. Marianne gli fa segno che stanno arrivando e lui rientra.
Mi avvicino ma mi tengo a debita distanza, non voglio che qualche fantasma dispettoso mi disturbi.
“È stata una bellissima serata, Mary” dice Hellen, a bassa voce.
Quel soprannome mi fa rabbrividire.
Mary. Quanto sarebbe bello chiamarla al telefono e rivolgersi a lei come Mary.
“Non pensavo che la città nascondesse bei posti come quelli che mi hai fatto vedere stasera.”
Marianne ha una voce argentea.
Hellen sembra imbarazzata. Si sposta i lunghi capelli dietro un orecchio e sorride.
Strano, non l'avevo mai vista così tenera. I diversi tatuaggi me l'hanno sempre fatta sembrare una dura, ma ora sembra diversa.
“Sono solo una brava osservatrice” risponde Hellen. “Allora ci vediamo in piscina, domani. Mi raccomando, non fare tardi!”
Si stava già voltando quando Marianne le afferra con delicatezza in polso.
“Aspetta” le dice. L'iniziale indecisione viene coperta dalla voce ferma.
Marianne si lancia su di lei e la bacia.
Sono paralizzato.
Hellen è sorpresa, ma poi l'abbraccia e risponde con vigore.
Sono in stato di shock.
Non ci credo.
Non è possibile.
Ho appena assistito a una classica scena da film, ma non la trovo per niente romantica, visto che la mia ragazza ha appena baciato un altro. Anzi, un'altra.
Sono sconvolto, non riesco a muovermi. Il tempo sembra essersi dilatato e assisto alla scena al rallentatore.
Grazie a chissà quale forza della natura trovo la forza di girarmi indietro e scappare più lontano possibile.
Lei non voleva stare con me non perché non ero il ragazzo giusto, ma semplicemente perché sono un ragazzo.

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Capitolo 4
*** 3 ***


3.


Mi accorgo solo ora di quanto sono idiota. Dovevo averlo capito da un pezzo che le piaceva Hellen, ma l'amore mi aveva accecato. Avevo proprio i prosciutti sugli occhi.
Mi sono infilzato su una punta della corona della Statua della Libertà, sperando di potermi fare del male, ma non ha funzionato.
Sei un idiota. Uno stupido idiota. Ma non ti eri accorto del suo sguardo magico, a cena? Quello è lo sguardo di una donna innamorata, scemo.
Forse volare senza una meta potrebbe aiutarmi a liberare la mente. Sorvolo zigzagando i quartieri della città, senza un ordine preciso.
Passo per la colorata China Town, ancora addormentata, poi vado ad Harlem e vedo un gruppo minaccioso di afroamericani inseguire un ragazzino spaurito. Faccio un salto anche a Hoboken e mi fermo su una passerella che si estende sul fiume dalla strada alberata. Guardo la città accesa con le sue luci sgargianti, dalla parte opposta rispetto al River Café. Noto che la Freedom Tower ha l'antenna colorata con l'arcobaleno e faccio due più due. Oggi il Governo degli Stati Uniti d'America ha deliberato la legalizzazione dei matrimoni gay in tutto lo stato. Ecco perché Marianne si è fatta avanti. In realtà a New York era già possibile, ma deve essere stato un grande passo per loro.
Sono frustrato, ma al contempo sento di essere contento per lei. Però mi scoccia.
Non è giusto. Sarei dovuto nascere femmina, lo sapevo.
Fare questi discorsi ormai è inutile. Mi lascio trasportare dalla brezza della notte e attendo a occhi chiusi l'alba.
Qualche corridore fa già jogging sul lungomare, intrepido.
A un certo punto un bambinetto mi si ferma accanto.
“Bella la vista, vero?”
Sono stupito di avere trovato un solitario. O così pare.
“Spettacolare” rispondo in un fil di voce.
Il bambino sospira.
“Perché non la smettete di cercarci? Questa volta siamo noi i buoni e non lasceremo certo che qualche povero fantasma rovini il pianeta.”
Sto cercando di elaborare la serie di pensieri confusi che mi assalgono tutti insieme.
“Non capisci, Mark? Tutto quello che facciamo è per il nostro bene, per migliorare la vita alle persone.”
Fa una breve pausa.
“Dobbiamo informare l'umanità che la morte non è l'ultima destinazione. Il nostro compito è quello di aiutare gli uomini a governare al meglio il nostro pianeta. Sotto la nostra paziente guida, si estinguerebbero le guerre e nessuno soffrirebbe più la fame. Siete voi a sbagliarvi, Mark. Renditi conto.”
Lo guardo sottecchi. Sono sicuro che questo non sia un fantasma corrotto qualsiasi, ma uno importante.
“Voi volete solo diventare dei re, rendere sudditi i vivi. Lo fate per vendetta, perché provate ancora rancore.”
Lui ride, come se quello con le idee infantili fossi io.
“No, Mark. Non essere stolto. Non si possono comandare le persone, perché tutte hanno una coscienza. Siamo solo quell'aiuto disperato dall'aldilà che cercavamo quando eravamo in vita noi, quando avevamo bisogno di aiuto. Non fare l'egoista, pensa al futuro, Mark.”
Mi ha insinuato una pulce nell'orecchio e ora soppeso le sue parole.
Non dovrei farmi corrompere dai nemici, ma se quello che dice fosse vero? Se potessi aiutare le famiglie disastrate? Se in questo modo potessi riconquistare Marianne con la mia benevolenza?
No, mi dico con decisione.
Sto vaneggiando. Questo è il classico discorso che tiene il nemico supremo per convincere la squadra avversaria ad arrendersi. Ma non sarà così.
Volo via rapidamente da quel fantasma inquietante, andando verso la Grande Mela. Mi sincronizzo con tutte le radio che sento e mi lascio trascinare dal loro rumore assordante.
Trascorro diverse ore in quello stato catatonico, quando il sole si fa alto. Attraverso la luminosissima Times Square e dopo poco scorro i titoli degli spettacoli di Broadway. The Lion King, Cinderella... The Phantom of the Opera.
Rido di gusto nel vedere quell'insegna. La maschera bianca spicca vicino alla scritta e dà un'aria antica e gotica all'ingresso.
Con un sorriso curioso stampato in faccia decido di entrare e di vedere come gli umani hanno interpretato l'esistenza di un fantasma in un teatro. Lo spettacolo comincia dopo un'oretta e io mi posiziono proprio davanti al palco.
L'aria cupa e tetra sembra l'opposto dell'esplosione di luci che vediamo in realtà. La colonna sonora è fantastica e me ne innamoro. Le note risuonano potenti nella mia testa e sono incantato.
Il musical è stupendo ed è molto romantico.
Il fantasma dell'opera, innamoratosi della giovane cantante, la vuole tenera prigioniera, in modo che lei canti solo per lui.
“Christine, sing for me!” urla il fantasma mascherato dal palco.
Lei però si innamora perdutamente di un altro ragazzo, che corre a salvarla quando lo scontro si avvia al momento cruciale. Il fantasma inizialmente pensa di ucciderlo, poi lascia la decisione in mano a Christine. Lei corre dal fantasma e lo bacia. Proprio da quel bacio il carceriere capisce che lei ama solo l'uomo. Alla fine li lasca andare entrambi, in un moto di compassione disperata. Egli perciò scompare e da quel giorno nessuno ha più avuto notizia del fantasma dell'opera.
Rifletto sul messaggio lanciato dalla conclusione della storia. Forse ha ragione il brutto fantasma mascherato. Lei non mi ama, per questo devo lasciare che sia Hellen a prendersi cura di lei. Il mio orgoglio non mi permette ancora di arrendermi, ma la ragione stenta a prendere il sopravvento su un cuore ferito.
Il mio grande tormento interiore viene interrotto dallo scatenarsi improvviso di applausi fragorosi, soprattutto verso i protagonisti.
Esco, con la folla che scorre lenta dietro di me. Ho bisogno di rilassarmi, perciò vado in cima all'Empire State Building e mi appendo all'antenna come se fossi una bandiera. Lascio che le sensazioni mi invadano. Le luci si amplificano e le onde si dispiegano, diventando più chiare. Vengo trasportato lontano e mi collego a qualsiasi dispositivo elettronico della città. Improvvisamente incontro un buco esteso dal quale non sento provenire nulla. È come una sorta di singolarità, ma non capisco come sia possibile. È localizzata in una zona di Central Park, ma non saprei dire quale esattamente. Si trova nella zona laterale sinistra, ma percepisco qualcosa di strano. Raggiungo l'anomalia e mi guardo intorno, cercando di focalizzarmi sull'origine del campo. Mi impegno al massimo e giro su me stesso, voltando la testa di scatto.
Finalmente lo individuo. Mi avvicino a una montagnola rocciosa.
Si trova sotto di me.
Ho un certo timore a scendere nei meandri della terra, però in fondo è come attraversare un muro, no? Sto tentando inutilmente di prendere un po' di coraggio per questa esplorazione “al buio”, come la definisco io. Mi ero abituato a stare sincronizzato con le radio, ma ora ne sento la mancanza.
Alla fine mi do una spinta di incoraggiamento e comincio a sprofondare.
Attraverso il terreno alla massima velocità possibile perché mi sento a disagio. Sbocco quindi nelle gallerie della metropolitana, ma sento di dover andare ancora più in profondità. Mi immergo nuovamente nella gelida terra e non ho idea di quanto manchi per arrivare a destinazione. Quando penso di essermi seriamente sbagliato, mi ritrovo a levitare in uno sporco cunicolo. L'acqua verde delle fogne non è niente in confronto all'odore terrificante che emana il canale.
Che schifo! Ma chi me l'ha fatto fare?
Prendo in considerazione l'idea di levare le tende, ma poi decido di resistere. Dopo tutto questo sforzo sarebbe uno spreco.
Seguo l'intensità dell'interferenza e, dopo qualche metro, entro in una stanza enorme. Non me l'aspettavo.
All'interno sono accumulate cataste di detriti di svariato genere, ma non capisco il senso dell'esistenza di un luogo così. Sopra al cumulo più alto siede un uomo vecchissimo, con una barba folta. È magrissimo ed è talmente pallido che sembra abbia visto la morte in faccia.
Lui si gira a guardarmi e mi sorride. Ok, allora avevo ragione.
“Eccoti nella mia dimora, ragazzo. Sapevo che stavi arrivando.”
Ormai non mi stupisce più niente, però anche questo vecchio usa frasi scontate. Ah! Le nuove generazioni degradate, non c'è più religione.
“Senti, bisnonno...”
È troppo ammuffito per chiamarlo nonno.
“Come diamine fate voi a sapere sempre dell'arrivo di qualcuno? Per me la metà delle volte si tira a indovinare. Senza offesa.”
L'anziano mi guarda divertito.
“Non avrei voluto svelare il mio segreto, ma ti ho attirato qui con il giochetto delle interferenze. Ero convinto che fossi abbastanza intelligente per accorgertene.”
Alzo le sopracciglia. Riconosco che è scaltro.
“Forza, comincia la tua predica sulla vita e sulla morte che qui c'è puzza.”
Lui balza agile giù dal suo trono molto particolare e batte le mani sul sedere per togliere della polvere inesistente dalla sua tonaca romana.
“Ah!” gracchia entusiasta. “Non ne ho mai avuto la benché minima intenzione, ragazzo!”
Si sistema su un mucchio più piccolo. Dopo aver impiegato qualche secondo per sedersi comodo, riprende il discorso, sempre sorridente.
“Userò il linguaggio della tua epoca, perché non credo tu comprenda l'inglese antico.”
Beh, sempre meglio dell'aramaico.
“Ti ho chiamato qui perché nuovi tempi richiedono nuovi eroi. I fantasmi, come ben sai, vogliono distruggere l'equilibrio tra il mondo dei Morti e quello dei Vivi.”
Lo ascolto attento, ma preoccupato.
“In passato una piccola nicchia di fantasmi ignoranti cercò di fare lo stesso, anche se differentemente. Ovviamente il danno che avrebbero potuto fare era minore, ma è meglio evitare il rischio. Oggi questa setta si è fatta più potente ed è spietata. Sai già a grandi linee il loro piano, ma non conosci ancora i dettagli. Stanotte sferreranno il loro attacco e nessuno potrà impedire la catastrofe, a meno che tu non mi aiuti.”
Mi fissa intensamente negli occhi. Il suo discorso mi ha catturato, quindi aspetto che riveli tutto ciò che sa in proposito.
“Ho già detto a Joseph di radunare tutti i clan che ho formato circa un anno fa, in preparazione di questo momento cruciale. Al tramonto di questo giorno un gruppo di terroristi colpirà per la seconda volta il World Trade Center.”
Lancio un urlo.
“Cosa? Stai scherzando, vero? Prima le Torri Gemelle, poi anche la Freedom Tower? Ci riprovano un'altra volta?”
Sono in preda al panico. Non è possibile, gli islamici non possono accanirsi in questo modo violento e inutile.
Il nonno mi fa segno di placarmi e scuote la testa, come volesse fugare i miei dubbi.
“No, no. L'attacco consiste nel terrorizzare non solo gli Stati Uniti o l'America, ma tutto il mondo. Vogliono far sapere della loro esistenza e plagiare l'umanità. Saranno i nuovi sovrani immaginari. Tutto ciò non può essere sopportato dall'essere umano. Distruggerebbe la fede nelle religioni, troncherebbe ogni teoria filosofica sulla morte. Tu devi fermarli.”
“Ma come faccio, io? Sono solo uno contro molti, riesco solo a connettermi al wifi senza una password!”
“È proprio questo che ci serve. Io secoli fa uccisi un fantasma che aveva le stesse idee rivoluzionarie perché sapevo il danno che avrebbe provocato.”
Allora era lui il drago malvagio. Pensavo che il capo dei cattivi fosse lui, invece scopro che l'assassino ci ha salvati. È sorprendente.
“Ma quella fu una soluzione temporanea. Sapevo bene che non sarebbe bastata a mantenere l'equilibrio per sempre, ma lo ritenevo un compromesso sufficiente.”
Stordito e destabilizzato, biascico una breve domanda cruciale.
“E cosa serve per la stabilità definitiva?”
“C'è bisogno di una persona vivente. Sarebbe servita una persona di cui fidarsi, ma, ahimè, io non avevo nessuno.”

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Capitolo 5
*** 4 ***


4.


Spinto dall'urgenza riesco a teletrasportarmi da Hellen. Sta leggendo sul divano di casa sua, mangiucchiando salatini. Mi guardo in giro, alla ricerca di qualcosa che mi permetta di contattarla. Vedo il suo cellulare posato sul tavolino di fronte a lei. Mi collego con il telefono e la chiamo facendo comparire sullo schermo “Numero sconosciuto”.
Hellen lancia un'imprecazione e risponde subito.
“Pronto” dice scocciata.
“Ciao” la mia voce trema. Sto parlando con la mia rivale in amore, accidenti!
“Chi sei?”
“Sono Mark, ho bisogno del tuo aiuto.”
Sbuffa.
“Non ti conosco, arrivederci.”
Sta per riattaccare quando cerco disperatamente di fermarla.
“Aspetta! Aspetta solo un secondo, Hellen.”
Si immobilizza con il telefono a mezza via tra l'orecchio e il tavolo.
“Come cazzo fai a sapere il mio nome?”
Almeno adesso ho attirato la sua attenzione.
“Senti, tu sei in grave pericolo. Tutti lo siamo. Mi devi aiutare a proteggere l'umanità, a proteggere Marianne.”
Non sono riuscito a trattenermi dal pronunciare il suo nome. Ora le s'ingrossa la voce. È spaventata. Si alza in piedi di colpo.
“Cosa c'entra Marianne? Rispondimi o chiamo l'FBI e ti piomba in casa in questo momento. Come fai a conoscerci? E che cazzo è questa storia del proteggere il mondo?”
Sto perdendo il controllo della situazione. Non l'avevo mai vista così arrabbiata, è spaventosa e rassicurante allo stesso tempo. So che è una ragazza molto protettiva.
“Ti prego, calmati. Non è con me che te la devi prendere...”
Lei va avanti e indietro per la sala, urlandomi contro.
Come faccio? È già tanto se non ha ancora riattaccato.
Ho poco tempo prima di perdere per sempre l'unica opzione per salvare Marianne, perciò tento qualcosa che non avevo mai provato prima. Avvicino la mia coscienza alla sua ed entro nella sua mente.
Ne vengo sopraffatto. La mente dei vivi è molto forte, non immaginavo. Annaspo mentre m'ingegno per comunicare con lei. Alla fine decido di aprire la mia mente e i miei ricordi e riversarli in lei.
Hellen traballa, come colpita da una tremenda tempesta. È rischioso, ma siamo agli sgoccioli. Doveva capirlo nel modo più veloce possibile.
A fatica, esco dalla sua testa per riprendere la mia coscienza.
Hellen è incredula, ma crede a quello che le ho mostrato. Grazie.
Mi accorgo che ha elaborato le informazioni perché le appare sul volto un'espressione sconvolta, peggio di prima.
“Merda!” esclama. Corre immediatamente fuori da casa.

Abbandona l'auto in mezzo alla strada e si precipita nell'appartamento di Marianne.
Sono costretto a violare la mia piccola e unica regola, perché entro nella dimora della mia amata per assistere alla conversazione.
Marianne apre la porta lentamente. È stata appena svegliata dal suono furioso del campanello.

Hellen entra precipitosa.
“Siamo in pericolo, Mary. Abbiamo bisogno di te. Per favore, credimi. Oddio, ti amo.”
Hellen la bacia piangendo. Marianne è sorpresa dal comportamento della sua ragazza.
“Hey, tesoro, calmati. Cosa succede? Dimmi, così mi fai preoccupare.”
Marianne è bellissima. Si capisce quanto è sveglia dalla sua reazione al racconto concitato di Hellen. Afferra subito il messaggio e intuisce l'entità del guaio in cui ci siamo cacciati.
Prendono l'auto e sfrecciano a tutta birra verso il World Trade Center.
Io mi teletrasporto direttamente sulla piscina costruita a commemorare la caduta della Torre Sud. La battaglia infuria intorno a me. Lo scontro finale è cominciato.
L'ira di Isabelle è indomabile. Scontra di petto gli altri fantasmi, brandendo due spade sanguinolente. Sono divertenti gli effetti speciali amatoriali per incutere timore. Il ragazzo dal nome ignoto che stava seduto sulla gamba si è appena trasformato in una fenice e urla famelico. I clan si coprono le spalle a vicenda, impegnandosi per fare breccia nella difesa nemica.
Hanno optato per un attacco preventivo, sperando di sabotare la loro impresa prima ancora che si compia.
Il bambino del molo mi appare davanti.
“Alleluia! Pensavo fossi diventato un codardo, ma invece eccoti qui. Sei pronto a regnare insieme a me sul Nuovo Mondo?”
I miei sospetti erano fondati. Il bambino è il capo dei terroristi fantasma.
“Non regnerò su nessun Nuovo Mondo, lurido verme. Smettila di fare il bambino innocente. Ti fermerò. Qui e ora.”
Sostengo il suo sguardo, fattosi tutto d'un tratto duro.
Aumenta gradualmente le sue dimensioni, ricoprendosi di fitto pelo nero.
“Essere ragionevoli con te non è servito. Sei uno stolto, non comprendi la grandezza delle mie azioni. Morirai per questo!”
Muta in un'enorme chimera. La testa di leone ruggisce, sputandomi addosso una schifosa bava filante. La parte caprina dà testate al vuoto e il serpente sibila minaccioso. Ha scelto un animale aggressivo, perciò rispondo a tono. Gli grido contro e divento un ippogrifo.
Graffio l'aria con i miei grossi artigli d'aquila e sbatto le ali possenti. Ci soffiamo l'uno contro l'altro, sfidandoci a fare la prima mossa.
Il sole ha appena toccato l'orizzonte: ora inizia il conto alla rovescia.
Scatto in avanti, mirando al naso del leone. Il mio becco ricurvo lo manca di un soffio. Mi allontana con una zampata di avvertimento.
Intanto tengo all'erta i sensi della mente, alla ricerca di una breccia nella sua difesa. È un combattimento che si svolge su due campi, per questo è molto più difficile. Lui tiene sotto controllo il suo esercito con una sorta di estensione del pensiero, come se li tenesse ancorati a dei fili indistruttibili. Mi sembra di cercare di sconfiggere una rete neurale vastissima.
Attacco ancora, mirando alla schiena. Lui si gira per difendersi e, quando mi sta per incornare, schivo il colpo ponendomi sotto di lui. Evidentemente aveva già previsto quella mossa, perché mi trovo davanti la bocca spalancata del serpente. Mi sposto di lato, ma non abbastanza. Mi graffia la spalla e mi sento indebolito.
Non riesco a teletrasportarmi ora che sono un ippogrifo, ma ho le ali che mi rendono più agile. Volo molto in alto e scendo in picchiata su di lui. Quando sono distante mezzo metro, sparisce. Mi da una testata violenta sulla schiena che mi fa precipitare dentro la piscina.
I turisti, ignari di tutto, continuano a fare le foto ai nomi dei caduti e ai nuovi grattacieli.
Scarto di lato e mi faccio inghiottire dalle pareti metalliche. Riemergo improvvisamente e gli vado addosso, sorprendendolo alle spalle. Gli afferro la clavicola e serro le mandibole.
Cominciamo un corpo a corpo fino allo sfinimento. Le sue teste sono aggressive e la coda non mi dà tregua, in risposta io lo graffio e lo becco a raffica. Ci separiamo con uno spintone e ci concediamo un secondo di pausa.
Manca pochissimo al tramonto, non mi resta molto tempo per sconfiggerlo.
Escludo tutto ciò che sta intorno a me e mi concentro per individuare l'esatta origine dei fili conduttori delle truppe. È al centro del petto.
Scatto nuovamente in avanti in un impeto di rabbia e miro al punto fatale. Lui cerca invano di schivarmi, ma la mia velocità è aumentata a dismisura. Alla fine riesco a bloccarlo tra gli artigli e gli affondo il petto nel cuore con una forza incredibile.
Lui boccheggia, cercando di trattenere il dolore.
Siamo ritornati in forma umana – lui è stranamente diventato adulto – e dal punto in cui ho colpito si propaga una macchia di sangue.
Sta morendo.
Ho vinto.
Un'ondata di sollievo si propaga in tutto il mio spirito. Ho salvato Marianne.
Gli altri fantasmi si sono dissolti e i vari clan si guardano attorno spaesati.
Isabelle caccia un grido di vittoria, alzando al cielo le proprie armi. Gli altri sono sconvolti, ma felici. Un sorriso ebete compare sul mio volto. Sono orgoglioso della nostra lotta.
Inaspettatamente sento il suo corpo tremare sotto le mie mani. Sta ridendo.
Ride sempre più forte, zittendo tutti con quel suono lugubre.
Si libera dalla mia presa e mi proietta all'indietro con una forza neanche lontanamente paragonabile a quella che aveva prima. Si alza sorridente, pulendosi lo smoking. È in perfetta forma, non sembra appena uscito da una battaglia mortale.
Comincia ad applaudire avvicinandosi a me.
“Complimenti, ora ti nomino fantasma più stupido dell'universo.”
Sorride, strafottente.
“Bravo, hai fatto il tuo dovere, per questo ti meriti di assistere alla mia conquista del mondo prima di morire. Per sempre, stavolta.”
Quello stronzo osa anche sorridere. Com'è possibile che sia vivo e vegeto?
“Rispondo alla tua domanda implicita, scemotto. I fantasmi che loro stavano combattendo erano solo una fonte di energia per me. Rompendo i fili, li hai liberati dal vincolo che creai tempo fa.”
Adesso voglio prendere un coltello e incidergli la pelle fino a creare un vero sorriso, come quello di Joker.
“In pratica, hai ucciso loro e dato la loro energia residua a me. Ora sono ancora più potente e posso attuare il mio piano. Te l'ho detto che avresti collaborato, alla fine.”
Urlo con tutto me stesso. Sono furioso. Non ho sconfitto il cattivo con la mia spada lucente e portato vittorioso la testa ai miei compagni. No, io l'ho aiutato. È questa la cosa grave. Se fossi stato in silenzio forse a quest'ora tutto sarebbe normale.
Sono frustrato, arrabbiato con me stesso e con lui.
Gli corro addosso e gli sferro un pugno. Si scosta con leggerezza e ride. Mi sta prendendo in giro.
Era una messa in scena.
Lui era già abbastanza potente per disturbare le comunicazioni, ma è un esibizionista. Se fa una cosa la fa in grande.
Mi da un colpetto sul collo e io cado giù. Mi tira un calcio sulla testa. Una fitta lancinante pervade la mia coscienza.
Vedo la gente in panico. Il tiranno sta trasmettendo dati sui fantasmi, sta rivelando la loro presenza e si impone come Dominatore del Nuovo Mondo. Le persone gridano terrorizzate, lanciando i telefoni impazziti nelle piscine. È come se in uno zoo qualcuno avesse aperto tutte le gabbie. Una follia.
Sto per crollare. Sto perdendo la presa su me stesso. Mi dissolverò anch'io come quei poveretti, costretti da quel maniaco.
Mi sto per arrendere per sempre quando la vedo.
Si fa spazio tra la folla, con Hellen che da gomitate a destra e a sinistra per non rimanere schiacciate.
Mi si accende un barlume di speranza. Guardo Marianne e mi faccio travolgere dalle passioni, sapendo che questa è l'ultima volta. Mi sento animare da un'energia sconosciuta e mi rialzo a fatica. Guardo il dittatore negli occhi, accesi da un bagliore di sfida.
“Tu pensi di avere vinto, non è così?”
Lui allarga le braccia, felice.
“La Terra diventerà mia e avrò come sudditi sia i vivi che i morti. Sono Dio.”
Mi tira un gancio sugli zigomi, scaraventandomi a terra, fuori dall'area della piscina.
Lo spazio è diventato deserto. I fantasmi sono scappati via, probabilmente trascinando a forza Isabelle, e le persone sono uscite di senno. Vedo solo loro due, in attesa di un messaggio, di un segno che indichi la mia presenza.
Mi sta raggiungendo, sto esaurendo le forze.
Faccio uno sforzo incredibile ed entro nella mente di Marianne.
Allora sei tu il fantasma che sta cercando di salvare il mondo, Mark.
Mi sento sollevato. Non mi considera una minaccia, ma ha capito ciò che è importante, tralasciando il nostro rapporto finito male.
Sì, sono io.
La mia voce risuona timida nella sua testa.
Ho bisogno di te. Tu sarai il ponte. Io ti donerò la mia coscienza, in modo che tu possa osservare il mondo dei fantasmi e monitorarlo.
È titubante, ma risponde subito.
In questo modo ti dissolverai. Morirai. Ancora.
Lo so, ma non ho altra scelta. Dobbiamo scegliere il metodo più sicuro, per donare una pace duratura alle due realtà. Quando morirai ti ritroverai nei miei panni e farai lo stesso con una persona a te cara. Così l'equilibrio sarà preservato.
Lei cerca di ribattere, ma la blocco in anticipo.
Marianne, io ti amo. Ti ho sempre amata e non rinnegherò mai i miei sentimenti nei tuoi confronti. Abbi cura di Hellen e amala con tutta te stessa.
Una sola lenta lacrima le scende giù da un occhio.
Mi libero da tutto e mi fondo con la sua coscienza. È meraviglioso.
Credo sia questa la morte che ho sempre desiderato.
Marianne assume una vista diversa, è capace di individuare i fantasmi.
Dopo qualche secondo mette a fuoco la figura del dittatore, che si guarda intorno alla mia ricerca.
“Ti sbagli di grosso, terrorista. Non governerai un mondo che non ti appartiene. Non ne hai il diritto, perciò te lo impedirò.”
Per la prima volta compare sul suo volto un'espressione impaurita. Però non ha tempo di capire come mai un vivo lo abbia visto, perché Marianne lo assale mentalmente.
Lo circonda con la sua coscienza e lo schiaccia dentro. Lui chiama i suoi sudditi dissolti a gran voce, terrorizzato. Infine viene completamente fagocitato e sparisce, disintegrato in un'infinità di pezzettini, residui delle menti soggiogate.
È finita. Mi rilasso totalmente.
Marianne è salva, così come la Terra.
Si stringe a Hellen, trovando conforto tra le sue braccia. Decido di lasciarle così, con questa immagine impressa nella mia mente.
Mi dissolvo lentamente, salutandole un'ultima volta.
Addio.

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