Il coraggio del fantasma di meme_97 (/viewuser.php?uid=470829)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1 ***
Capitolo 3: *** 2 ***
Capitolo 4: *** 3 ***
Capitolo 5: *** 4 ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
Ne
è
davvero valsa la pena?
La
osservo camminare per il passaggio sospeso della città
bassa. I
raggi che filtrano tra le foglie della rigogliosa vegetazione le
illuminano il viso, protetto da un paio di occhiali da sole. Ora si
è
stesa e riposa placida su una panca di legno.
Quanto mi sarebbe
piaciuto sfiorarle la guancia morbida, ma non posso.
Era
successo tutto così in fretta.
Era la quinta volta che le
chiedevo un appuntamento, così lei alla fine ha ceduto e ha
accettato l'invito. Abbiamo fatto un giro a Central Park e
lì ci
siamo messi a giocare a frisbee. A fine serata l'ho portata su
all'osservatorio della Freedom Tower.
Ero completamente preso da
lei, così l'ho baciata. Sembrava una cosa normale da fare
con la
ragazza che si ama.
Lei invece mi ha rifiutato malamente. Mi ha
spinto all'indietro con un'espressione sconcertata sul volto.
“Ma
cosa stai facendo?”
Avevo provato a balbettare qualche frase di
scusa, ma mi era uscito solo qualche rantolo
indistinto.
“Marianne...” era l'unica parola concreta che ero
riuscito a formare.
“Non so cosa tu abbia pensato, ma sono
uscita con te solo perché hai insistito tanto. Questo non
è mai
stato un appuntamento.”
Poi aveva girato i tacchi e si era
avviata all'ascensore per tornare giù.
Cos'ho che non va? Sono un
ragazzo come tanti altri, perché non le vado bene?
Sono uno
sportivo, ho le spalle larghe. A tutte piacciono le spalle
larghe.
Ammetto di non essere il tipico “biondo occhi
azzurri”,
ma gli occhi verdi danno vita ai miei spenti capelli castani.
L'avevo
subito inseguita fino all'ascensore ed ero riuscito a prendere lo
stesso suo. Non mi guardava. Continuava a fissare il vuoto.
Una
volta scesi, lei si era diretta in fretta verso la
metropolitana.
Dopo avermi dato un'altra spinta per allontanarmi,
mi aveva detto: “Smettila di comportarti così, io
e te abbiamo
chiuso.”
Avevamo chiuso proprio in partenza.
Queste parole mi
pesano ancora come un macigno.
Stavo per scoppiare a piangere
dalla frustrazione.
Finalmente ero riuscito a convincerla a uscire
con me e invece avevo rovinato tutto.
Conosco tutto di
lei.
Frequenta da quest'anno la famosa scuola di moda Fashion
Institute of Technology, pratica il badminton e nei fine settimana va
a nuotare con la sua migliore amica. Lei in realtà
è canadese, ma
si è trasferita a New York dalla seconda liceo. I suoi
genitori sono
molto ricchi, quindi ha un bell'appartamento tutto per sé
vicino al
parco.
Mi ha lasciato solo.
Arrabbiato e triste allo stesso
tempo, ero corso sulle rotaie, non appena era partita la metro in cui
era salita lei. Avevo corso a perdifiato in senso contrario a lei
fino a quando non avevo visto il mezzo dopo arrivare a gran
velocità
verso di me
Non aveva fatto in tempo a fermarsi che ero già
diventato un fantasma.
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Capitolo 2 *** 1 ***
1.
Ne
è
davvero valsa la pena?
È
da un paio di mesi che la seguo, sempre nei limiti della decenza
ovviamente. Lei probabilmente mi considererebbe uno stalker e la
legge sarebbe d'accordo con lei, ma non posso farne a meno.
Rimango
incantato a rimirare i suoi bellissimi capelli ramati e mi tuffo
senza rancore in quegli occhi così celesti da fare invidia a
qualsiasi attrice.
Forse sono io a esagerare, ma conosco solo la
prospettiva di un ragazzo innamorato. Ma adesso che ci penso non
è
solo quello.
Da quando sono morto
– mi è ancora strano dire questa parola
– ho percepito i colori,
le luci, sempre in maniera differente. Più intensa credo.
Vedo
molte più cose che prima ignoravo. La cosa più
evidente però è
un'altra.
Il cielo.
Il cielo è viola, non più azzurro come lo
vedevo prima, ma quasi intrappolato in un eterno tramonto.
In più
sento delle voci, dei ronzii. Sì, proprio come i pazzi.
D'altronde
non ci posso fare niente.
All'inizio mi destabilizzavano, ero
frastornato e confuso tra tutte quelle sensazioni che improvvisamente
mi hanno pervaso. Ora però ho deciso di ignorarle e in
effetti sono
molto più tranquillo.
La accompagno fino a casa. Ho controllato i
suoi messaggi e non dovrebbe uscire prima delle sette, quindi ho un
paio d'ore libere.
Mi sono almeno posto la regola di non entrare
mai in casa sua. Nel mio piccolo, anch'io sono un uomo d'onore.
Esce
a cena con la sua amica, Hellen, la stessa della piscina. È
carina.
Alta, bionda, occhi scuri... Ma niente in confronto a Marianne. Ha
qualche tatuaggio che la rende aggressiva, ma almeno ha la testa
sulle spalle. Se Marianne si fida di lei, allora io non ho motivo di
dubitarne.
Decido che voglio andare a fare un giro nel Queens,
invogliato da un cartello pubblicitario illuminato su un
edificio.
Vieni al Museum of the Moving Image a provare
la nostra sexy room..!
recitava.
Non ero molto attirato da questa famigerata “sexy
room”, ma non avevo mai saputo dell'esistenza di un museo del
genere.
Il bello di essere fantasma è che posso intrufolarmi in
rete senza nessun problema. È uno spasso navigare in
Internet,
proprio letteralmente.
Cerco di auto consolarmi dicendo che i vivi
non lo possono fare e mi ritorna un po' di fiducia in me stesso. Ma
poi crolla quando penso a Marianne.
Ne e davvero valsa
la pena?
Questa frase
mi
tormenta la coscienza da quando sono morto. In ogni caso ora non
posso più parlare con lei, né vederla ridere alle
mie battute.
Mi
scrollo di dosso quei brutti pensieri con decisione e, una volta
trovato l'indirizzo, mi avvio velocemente verso il museo.
Il mio
corpo, se ormai posso definirlo tale, sfida le leggi della fisica.
Scorre veloce nell'aria, attraversando incurante tutto ciò
che
incontra. Posso addirittura fluttuare sull'acqua. La prima volta che
l'ho scoperto mi sono divertito a camminare sull'East River con fare
maestoso e compiaciuto. Fatico a trovare il posto perché
l'ingresso
è così insignificante che non ci faccio neanche
caso. Dopo che ci
sono passato davanti almeno dieci volte mi rendo conto che il museo
è
quello con le scritte colorate sopra. Anzi, la scritta è
proprio il
nome del museo. Pensavo fosse opera di quei teppistelli che marchiano
tutte le pareti che incontrano con i graffiti.
Entro e mi accorgo
che c'è veramente pochissima gente. Al piano terra vedo solo
la
biglietteria e un bar, perciò salgo al piano di sopra.
Oltrepasso
qualche stanza piena di cubi e diavolerie strane e poi mi ritrovo...
nel paradiso.
C'è una serie di visori 3D, con accanto delle
cuffie, per vedere un filmatino di diverso genere. Quanto mi sarebbe
piaciuto avere avuto uno di quei cosi per giocare alla Playstation!
Costano ovviamente una follia, perciò non me li potevo
assolutamente
permettere.
A parte che ho perso la gran parte della mia memoria
quando sono trapassato, ma chissà perché questo
dettaglio lo
ricordo bene.
Mi avvicino al primo di questi e cerco un modo per
entrare comunque nella realtà virtuale. Alla fine entro dove
è
stato salvato il video e lo guardo attraverso il visore.
È una
figata pazzesca. Sono dentro una foresta e mi guardo intorno. Sono
fermo su un lago e si sente solo il cinguettio degli uccelli.
Improvvisamente, dalla mia destra vedo arrivare un treno nero
velocissimo. Mi prendo un colpo, ma non posso muovermi, così
vengo
investito per la seconda volta nella mia vita. O nella mia morte,
dipende.
Poi vengo sollevato da terra e comincio a entrare in un
tubo colorato, finché non mi ritrovo dentro un utero. Cosa
caspita
ci faccio dentro un utero? Le persone che hanno realizzato questo
video sono veramente fuori di testa. Un bambino enorme mi fissa con i
suoi occhietti neri. Ora comincio seriamente a spaventarmi. Il feto
comincia lentamente a porgere una mano verso di me. Cerco
disperatamente di spostarmi da lì, ma non ci riesco. Infine
mi
stringe nel palmo della sua mano, come se fossi stato un piccolo
batterio nel corpo della madre. Il cortometraggio finisce
lì. Esco
leggermente turbato, anche se in fondo sono felice di aver provato
per la prima volta un visore. Continuo il giro e mi imbatto in questa
famosa sexy room. Solo
a leggere le istruzioni mi viene la nausea, quindi proseguo la
visita. Scopro la storia del cinema, cioè come hanno creato
i primi
film, e vedo anche le maschere e i manichini originali usati in Star
Wars o L'esorcista. Inoltre, quasi un intero piano è
dedicato allo
storico telefilm Mad Men. Una gioia per il grande nerd che è
in
me.
Esco soddisfatto della mia piccola gita turistica e torno a
gran velocità dal motivo per cui sono ancora sulla Terra. In
realtà
l'ho solo ipotizzato io, perché ho visto un po' troppi film
in
proposito. A dire il vero non ho mai sentito di fantasmi che possono
vedere luci strane e sincronizzarsi con le radio per ascoltare la
musica – sì, posso fare anche quello – ,
ma ormai non ha
importanza. Sono ancora qui e devo farmene una ragione.
Aspetto
una decina di minuti e la vedo uscire, perfetta e profumata. Il
carrè
liscio le ricade con grazia sul viso, contribuendo a darle quel
fascino quasi francese che io adoro tanto. La camicia elegante sbuffa
leggera, costretta da un'alta e stretta gonna scura. I tacchi rendono
la figura ancora più slanciata.
Sono probabilmente uno dei pochi
uomini che nota l'abbigliamento della ragazza che ama, ma fa lo
stesso.
Esce con passo sicuro e chiama rapidamente un taxi, che
inchioda a pochi centimetri da lei.
Adesso che ci penso è quasi
tre mesi che sono morto e lei non lo sa.
Non sono stato al mio
funerale, sempre se ce n'è mai stato uno. Una delle lacune
fondamentali della mia morte è la famiglia. Ho un padre? Una
madre?
Non lo so.
E poi cosa ne è stato del mio cadavere? In realtà
appena avevo visto il mio stesso corpo ridotto a brandelli sulle
rotaie sono scappato disgustato a gambe levate. Non ero molto
contento di non essere morto.
Attraversiamo velocemente il
Brooklyn Bridge e l'autista si ferma davanti a un locale molto
lussuoso. Si chiama The River Café.
Saluta la sua amica che la
stava aspettando all'ingresso e si avviano dentro il ristorante.
Per
loro era stato riservato un piccolo tavolo tondo per due davanti alla
vetrata, in modo che entrambe potessero osservare dalla vetrata la
stupenda skyline di New York. Fra poco calerà il tramonto e
l'atmosfera si farà ancora più suggestiva.
Forse avrei dovuto
portarla qui per farla innamorare di me. In questo momento vorrei
essere al posto di Hellen. Sono combattuto tra l'invidia e la
volontà
di strozzarla.
Eppure Marianne sembra molto felice. Molto di più
rispetto a quando sono uscito con lei. La bionda le strappa ogni
tanto quel suo sorriso magico che mi riempe il cuore. Ma come fa?
Sono geloso.
Allora mi metto proprio di fronte a Marianne, in modo
che sembri parlare con me. Intercetto perfettamente il suo sguardo e
sono sbalordito dalla sua bellezza, ma soprattutto dalla sua
spontaneità. È a suo agio e certo non lo
nasconde. Mi scosto e mi
metto ad ascoltarle, cercando di capire dove ho sbagliato con
lei.
“Questo posto è molto bello, mi sembra strano di
non
essere mai venuta qui finora” dice allegramente Marianne.
“Me
ne ha parlato bene Nick! Ti ricordi di lui, no? Amico di
università...”
“Sì,certo che mi ricordo. È quello
magro e
allampanato che ha sempre la testa fra le nuvole, giusto?”
“Esatto,
proprio lui” esclama entusiasta Hellen. “Ma almeno
ha buon
gusto!”
Entrambe scoppiano a ridere. La risata cristallina di
Marianne suona dolce alle mie orecchie, ma non riesce a placare la
mia rabbia.
Non è giusto che sia andata così. Avrei dovuto
esserci io in quella sedia, a ordinare lo champagne più
buono per la
mia ragazza.
Non ce la faccio più a sopportare quella situazione,
perciò me ne vado.
Esco dalla porta principale, faccio il giro
del ristorante e poi parto a tutta birra verso Manhattan. Sto per
schiantarmi sull'Empire State Building, ma poi devio la traiettoria e
volo verso Liberty Island. Mi fermo davanti alla faccia della Statua
della Libertà. In uno scatto furioso prendo a pugni il suo
naso, ma
non si stacca come quello della Sfinge in Asterix e Obelix. Volo via
irritato e mi infilo nel primo edificio alto che vedo quando
raggiungo nuovamente Manhattan.
Mi fermo all'improvviso e ci metto
qualche secondo a capire cosa ho davanti. È un tizio seduto
su una
gamba mozza.
Lui si alza sorpreso.
“Hey, ma che
diamine..?”
Mi scappa un gridolino impaurito. Mi
vede?
“Benvenuto al Whitney Museum, figliolo” dice una
voce
alle mie spalle.
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Capitolo 3 *** 2 ***
2.
Il vecchio che mi ha dato il benvenuto si è messo a
spiegarmi la
situazione, facendomi fare anche un giro nel museo d'arte moderna. Le
opere sono tutte abbastanza inquietanti e c'è una stanza
piena di
televisioni a tubo catodico che trasmettono immagini ripetitive che
mi mandano il cervello in cortocircuito.
Tento in ogni caso di
prestare attenzione a quello che la mia nuova guida mi sta
dicendo.
“Noi fantasmi abbiamo cominciato a radunarci solo molto
recentemente e ci stiamo organizzando in clan.”
“Quanto
recentemente?” gli chiedo incuriosito.
“Solo qualche mese, a
dire il vero.”
Beh, per dei fantasmi quasi sicuramente secolari
è veramente poco.
Mi chiedo quindi quale sia il vero motivo di
questa riunione tra amici. Come se mi avesse letto nel pensiero, il
nonno prosegue.
“Non è stato un incontro casuale,
perché prima
cercavamo sempre di evitarci e di rimanere in luoghi
isolati.”
“Pensavo che i fantasmi non sapessero dell'esistenza
degli altri.”
Mi rivolge uno sguardo triste.
“E per molti è
così, infatti. Tu eri uno di quelli.”
Ha ragione e non posso
negarlo. Abbasso lo sguardo, vagamente imbarazzato.
“C'è una
minaccia troppo grande per poterci permettere di rimanere in disparte
a piagnucolare e a giocare ai fantasmi tristi” prosegue.
Lo
guardo, allarmato.
“Alcuni di noi si sono accorti di essere più
forti di altri e di poter agire sul mondo dei vivi.”
Fa una
breve pausa per riprendere il respiro e si concentra sulla prossima
frase.
“Possono interferire con le radio e comunicare con le
persone.”
Quella frase piomba nell'aria come un macigno, sembra
qualcosa di veramente importante.
“In realtà non è una gran
novità, nonno. Io metto sempre la musica che mi piace. La
sento
anche ora, sai? Ci sono onde ovunque, mi danno molto fastidio. Non
è
che mi aiuti a farle andare via?”
Il vecchio mi guarda basito.
Ha la bocca aperta come un pesce fuor d'acqua. La sua espressione
è
indimenticabile.
Dopo qualche secondo passato a boccheggiare, il
nonno si ricompone e torna serio.
“Tu sai perché alcune persone
diventano fantasmi?”
Non mi aspettavo una risposta del genere,
ma gli sciorino comunque le mie supposizioni.
“Perché hanno un
conto in sospeso?”
“No, quella è roba da film.”
“Allora
perché la propria amata è ancora preda della
vita” rispondo più
deciso.
“No, no. Quello e Ghost” sospira paziente.
“È
molto più semplice” continua. “Abbiamo
una coscienza più
tenace.”
Lo guardo interdetto e scoppio a ridere. Il suo sguardo
ammonitore mi intima di smetterla e obbedisco immediatamente, seppur
trattenendo qualche smorfia divertita.
Lui continua a
spiegare.
“Il nostro spirito, la nostra volontà di
conservazione ci spinge a sopravvivere nonostante il corpo non ci sia
più. È qualcosa di inspiegabile scientificamente,
ma le nostre
menti superano il trauma della morte. Ora siamo solo una coscienza.
È
tutto ciò che ci è rimasto.”
Sono sbalordito. Ora mi ha
sorpreso. Mi ritrovo a corto di parole per rispondere,
perciò
prosegue lui.
“Il corpo che vedi ora è solo una proiezione
della tua anima, per questo io non sono un mucchio di ceneri che
vaga. Cioè questa proiezione è solo
ciò che ci rappresenta,
l'immagine dell'anima.”
In verità io non ero cambiato per
niente. Quindi significa che sono soddisfatto del mio corpo?
“Io
adesso ti vedo come il ragazzo che eri in vita. Ma se la tua anima
ruggisce di rabbia ti puoi trasformare in un leone, se lo vuoi
davvero.”
Mi piace sempre di più questa storia della coscienza
mutaforma.
“Scusa se ti interrompo, nonno, ma se divento un
leone posso mangiare un altro fantasma?”
Il vecchio mi guarda
pensieroso e stranamente colpito dalla domanda abbastanza
intelligente.
Mi risponde lentamente, come perso tra i
ricordi.
“Mi sembra di avere sentito di un drago che secoli fa
uccise un fantasma che lo aveva tradito, ma sono voci. Non ne ho la
certezza. Sarebbe comunque una scoperta devastante.”
Scoprire
che i morti possono morire è traumatizzante, gliene do atto.
Arriva
una ragazza a grandi falcate.
“Su, Joseph, quando andiamo a
spaccare il culo a quegli stronzi?”
Lo sta fulminando con occhi
roventi.
Percepisco una leggera voglia di combattere nella sua
voce. Ho capito che non vorrò mai scontrarmi con lei.
“E chi è
questo sfigato qui impalato?”
Sta indicando proprio me.
“Chi,
io?”
Non sono sfigato donzella, sono solo uno stalker. Non ho
voglia di dirlo, però.
Il nonno alza le mani,
rassegnato.
“Isabelle, calma. Lui è Mark ed è un
amico.”
La
ragazza mi guarda per un istante.
“Ok, non me ne frega niente di
lui. Quando si parte?”
Vedo che il vecchio cerca di riprendere
la situazione in mano.
“Intanto non si va da nessuna parte.
Dobbiamo prima stabilire un piano, poi vediamo.”
Isabelle sbuffa
irritata e se ne va scuotendo la sua lunga coda bionda. Mi ricorda un
po' Hellen, ma l'amica di Marianne è decisamente
più gentile e meno
volgare.
“Scusala” mi dice poi Joseph, quando siamo soli.
“Ma
è arrivata da poco e deve essere morta in uno scontro
violento.”
Mi
accontento di quella spiegazione e faccio spallucce.
Il vecchio
raduna tutti in una sala del museo con una statua di mozziconi di
sigaretta a lato e comincia a parlare per primo. Deduco che
è il
capo, visto anche che è il più anziano.
Teoricamente qualcuno
potrebbe essersi ringiovanito, ma sono troppo pigro per inventarmi
eventuali intrighi di potere nel gruppo. In totale saranno una
trentina ad abitare il Whitney, sono pochi per affrontare un esercito
di fantasmi armato di radio.
Dopo la mia breve presentazione,
comincia la riunione vera e propria.
“Ormai il tempo è giusto.
L'esercito di fantasmi si prepara a invadere i vivi, creando caos tra
la gente. Vogliono distruggere tutto ciò che cerchi di
ostacolarli,
ma non dobbiamo essere intimoriti. Siamo forti e siamo determinati a
fermare i nostri compari corrotti.”
“Ma perché dobbiamo
proteggere i vivi? Cosa importa?” chiede un tizio dalla folla.
“Non
stiamo proteggendo loro, ma noi. Gli umani non
devono scoprire
che esistiamo, già si sono inventati molte storie a
riguardo.
Inoltre questi stupidi megalomani sono responsabilità
nostra, perciò
ce ne occuperemo noi.”
La voce tace, perciò sembra soddisfatta
della risposta. Interviene però il ragazzo che avevo visto
seduto
sulla mezza gamba. Un'opera piuttosto lugubre da scegliere come
sedia, direi. Vabbè, i gusti sono gusti.
“Ma cosa dobbiamo
fare, ucciderli?”
Un mormorio turbato si diffonde nella
sala.
“Qualsiasi cosa faranno, dobbiamo fermarli. A ogni
costo.”
“Spacchiamo qualche brutta faccia, non vedo l'ora”
ringhia Isabelle, scrocchiandosi le dita.
Il piano non mi sembra
molto convincente, ma finora è quello di sparpagliarsi per
la città
alla ricerca di qualche fantasma sospetto. Un gioco da ragazzi,
pare.
Poi dovremmo interrogare il traditore trovato e scoprire i
dettagli del loro piano di conquista. Infine dovremmo sferrare un
attacco alla loro base segreta.
Il nonno deve essere indietro di
qualche anno, perché è un'idea scontata e
impraticabile. Ho deciso
che farò qualcosa da solo. Intanto tengo sotto controllo le
radio,
le luci e tutto ciò che è in forma di onda. In
più ho sviluppato
la capacità di restare collegato ai vari wifi sparsi per la
città,
in questo modo sto monitorando anche Internet. Se fossi stato un
genio dell'informatica o delle telecomunicazioni anche da vivo
sarebbe stato uno spasso. A quest'ora avrei già avuto un
lavoro
stupendo, anche senza seguire l'università.
Prima di cominciare a
fare l'eroe fantasma vado davanti a casa di Marianne, sperando di
vederla prima che vada a dormire.
Non mi aspettavo di vederla
tornare ora, ma mi sento invadere da un'ondata di gioia quando la
vedo arrivare, accompagnata da Hellen. Sono arrivate vicino
all'ingresso del palazzo e il portinaio apre già la porta.
Marianne
gli fa segno che stanno arrivando e lui rientra.
Mi avvicino ma mi
tengo a debita distanza, non voglio che qualche fantasma dispettoso
mi disturbi.
“È stata una bellissima serata, Mary”
dice
Hellen, a bassa voce.
Quel soprannome mi fa rabbrividire.
Mary.
Quanto sarebbe bello chiamarla al telefono e rivolgersi a lei come
Mary.
“Non pensavo che la città nascondesse bei posti
come
quelli che mi hai fatto vedere stasera.”
Marianne ha una voce
argentea.
Hellen sembra imbarazzata. Si sposta i lunghi capelli
dietro un orecchio e sorride.
Strano, non l'avevo mai vista così
tenera. I diversi tatuaggi me l'hanno sempre fatta sembrare una dura,
ma ora sembra diversa.
“Sono solo una brava osservatrice”
risponde Hellen. “Allora ci vediamo in piscina, domani. Mi
raccomando, non fare tardi!”
Si stava già voltando quando
Marianne le afferra con delicatezza in polso.
“Aspetta” le
dice. L'iniziale indecisione viene coperta dalla voce ferma.
Marianne
si lancia su di lei e la bacia.
Sono paralizzato.
Hellen è
sorpresa, ma poi l'abbraccia e risponde con vigore.
Sono in stato
di shock.
Non ci credo.
Non è possibile.
Ho appena
assistito a una classica scena da film, ma non la trovo per niente
romantica, visto che la mia ragazza ha appena baciato un altro. Anzi,
un'altra.
Sono sconvolto, non riesco a muovermi. Il tempo
sembra essersi dilatato e assisto alla scena al rallentatore.
Grazie
a chissà quale forza della natura trovo la forza di girarmi
indietro
e scappare più lontano possibile.
Lei non voleva stare con me non
perché non ero il ragazzo giusto, ma semplicemente
perché sono un
ragazzo.
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Capitolo 4 *** 3 ***
3.
Mi accorgo solo ora di quanto sono idiota. Dovevo averlo capito da un
pezzo che le piaceva Hellen, ma l'amore mi aveva accecato. Avevo
proprio i prosciutti sugli occhi.
Mi sono infilzato su una punta
della corona della Statua della Libertà, sperando di potermi
fare
del male, ma non ha funzionato.
Sei un idiota. Uno stupido
idiota. Ma non ti eri accorto del suo sguardo magico, a cena? Quello
è lo sguardo di una donna innamorata, scemo.
Forse volare
senza una meta potrebbe aiutarmi a liberare la mente. Sorvolo
zigzagando i quartieri della città, senza un ordine preciso.
Passo
per la colorata China Town, ancora addormentata, poi vado ad Harlem e
vedo un gruppo minaccioso di afroamericani inseguire un ragazzino
spaurito. Faccio un salto anche a Hoboken e mi fermo su una
passerella che si estende sul fiume dalla strada alberata. Guardo la
città accesa con le sue luci sgargianti, dalla parte opposta
rispetto al River Café. Noto che la Freedom Tower ha
l'antenna
colorata con l'arcobaleno e faccio due più due. Oggi il
Governo
degli Stati Uniti d'America ha deliberato la legalizzazione dei
matrimoni gay in tutto lo stato. Ecco perché Marianne si
è fatta
avanti. In realtà a New York era già possibile,
ma deve essere
stato un grande passo per loro.
Sono frustrato, ma al contempo
sento di essere contento per lei. Però mi scoccia.
Non è giusto.
Sarei dovuto nascere femmina, lo sapevo.
Fare questi discorsi
ormai è inutile. Mi lascio trasportare dalla brezza della
notte e
attendo a occhi chiusi l'alba.
Qualche corridore fa già jogging
sul lungomare, intrepido.
A un certo punto un bambinetto mi si
ferma accanto.
“Bella la vista, vero?”
Sono stupito di
avere trovato un solitario. O così pare.
“Spettacolare”
rispondo in un fil di voce.
Il bambino sospira.
“Perché non
la smettete di cercarci? Questa volta siamo noi i buoni e non
lasceremo certo che qualche povero fantasma rovini il
pianeta.”
Sto
cercando di elaborare la serie di pensieri confusi che mi assalgono
tutti insieme.
“Non capisci, Mark? Tutto quello che facciamo è
per il nostro bene, per migliorare la vita alle persone.”
Fa una
breve pausa.
“Dobbiamo informare l'umanità che la morte non
è
l'ultima destinazione. Il nostro compito è quello di aiutare
gli
uomini a governare al meglio il nostro pianeta. Sotto la nostra
paziente guida, si estinguerebbero le guerre e nessuno soffrirebbe
più la fame. Siete voi a sbagliarvi, Mark. Renditi
conto.”
Lo
guardo sottecchi. Sono sicuro che questo non sia un fantasma corrotto
qualsiasi, ma uno importante.
“Voi volete solo diventare dei re,
rendere sudditi i vivi. Lo fate per vendetta, perché provate
ancora
rancore.”
Lui ride, come se quello con le idee infantili fossi
io.
“No, Mark. Non essere stolto. Non si possono comandare le
persone, perché tutte hanno una coscienza. Siamo solo
quell'aiuto
disperato dall'aldilà che cercavamo quando eravamo in vita
noi,
quando avevamo bisogno di aiuto. Non fare l'egoista, pensa al futuro,
Mark.”
Mi ha insinuato una pulce nell'orecchio e ora soppeso le
sue parole.
Non dovrei farmi corrompere dai nemici, ma se quello
che dice fosse vero? Se potessi aiutare le famiglie disastrate? Se in
questo modo potessi riconquistare Marianne con la mia
benevolenza?
No, mi dico con decisione.
Sto vaneggiando.
Questo è il classico discorso che tiene il nemico supremo
per
convincere la squadra avversaria ad arrendersi. Ma non sarà
così.
Volo via rapidamente da quel fantasma inquietante, andando
verso la Grande Mela. Mi sincronizzo con tutte le radio che sento e
mi lascio trascinare dal loro rumore assordante.
Trascorro diverse
ore in quello stato catatonico, quando il sole si fa alto. Attraverso
la luminosissima Times Square e dopo poco scorro i titoli degli
spettacoli di Broadway. The Lion King, Cinderella... The Phantom of
the Opera.
Rido di gusto nel vedere quell'insegna. La maschera
bianca spicca vicino alla scritta e dà un'aria antica e
gotica
all'ingresso.
Con un sorriso curioso stampato in faccia decido di
entrare e di vedere come gli umani hanno interpretato l'esistenza di
un fantasma in un teatro. Lo spettacolo comincia dopo un'oretta e io
mi posiziono proprio davanti al palco.
L'aria cupa e tetra sembra
l'opposto dell'esplosione di luci che vediamo in realtà. La
colonna
sonora è fantastica e me ne innamoro. Le note risuonano
potenti
nella mia testa e sono incantato.
Il musical è stupendo ed è
molto romantico.
Il fantasma dell'opera, innamoratosi della
giovane cantante, la vuole tenera prigioniera, in modo che lei canti
solo per lui.
“Christine, sing for me!” urla il fantasma
mascherato dal palco.
Lei però si innamora perdutamente di un
altro ragazzo, che corre a salvarla quando lo scontro si avvia al
momento cruciale. Il fantasma inizialmente pensa di ucciderlo, poi
lascia la decisione in mano a Christine. Lei corre dal fantasma e lo
bacia. Proprio da quel bacio il carceriere capisce che lei ama solo
l'uomo. Alla fine li lasca andare entrambi, in un moto di compassione
disperata. Egli perciò scompare e da quel giorno nessuno ha
più
avuto notizia del fantasma dell'opera.
Rifletto sul messaggio
lanciato dalla conclusione della storia. Forse ha ragione il brutto
fantasma mascherato. Lei non mi ama, per questo devo lasciare che sia
Hellen a prendersi cura di lei. Il mio orgoglio non mi permette
ancora di arrendermi, ma la ragione stenta a prendere il sopravvento
su un cuore ferito.
Il mio grande tormento interiore viene
interrotto dallo scatenarsi improvviso di applausi fragorosi,
soprattutto verso i protagonisti.
Esco, con la folla che scorre
lenta dietro di me. Ho bisogno di rilassarmi, perciò vado in
cima
all'Empire State Building e mi appendo all'antenna come se fossi una
bandiera. Lascio che le sensazioni mi invadano. Le luci si
amplificano e le onde si dispiegano, diventando più chiare.
Vengo
trasportato lontano e mi collego a qualsiasi dispositivo elettronico
della città. Improvvisamente incontro un buco esteso dal
quale non
sento provenire nulla. È come una sorta di
singolarità, ma non
capisco come sia possibile. È localizzata in una zona di
Central
Park, ma non saprei dire quale esattamente. Si trova nella zona
laterale sinistra, ma percepisco qualcosa di strano. Raggiungo
l'anomalia e mi guardo intorno, cercando di focalizzarmi sull'origine
del campo. Mi impegno al massimo e giro su me stesso, voltando la
testa di scatto.
Finalmente lo individuo. Mi avvicino a una
montagnola rocciosa.
Si trova sotto di me.
Ho un certo timore a
scendere nei meandri della terra, però in fondo è
come attraversare
un muro, no? Sto tentando inutilmente di prendere un po' di coraggio
per questa esplorazione “al buio”, come la
definisco io. Mi ero
abituato a stare sincronizzato con le radio, ma ora ne sento la
mancanza.
Alla fine mi do una spinta di incoraggiamento e comincio
a sprofondare.
Attraverso il terreno alla massima velocità
possibile perché mi sento a disagio. Sbocco quindi nelle
gallerie
della metropolitana, ma sento di dover andare ancora più in
profondità. Mi immergo nuovamente nella gelida terra e non
ho idea
di quanto manchi per arrivare a destinazione. Quando penso di essermi
seriamente sbagliato, mi ritrovo a levitare in uno sporco cunicolo.
L'acqua verde delle fogne non è niente in confronto
all'odore
terrificante che emana il canale.
Che schifo! Ma chi me l'ha fatto
fare?
Prendo in considerazione l'idea di levare le tende, ma poi
decido di resistere. Dopo tutto questo sforzo sarebbe uno
spreco.
Seguo l'intensità dell'interferenza e, dopo qualche
metro, entro in una stanza enorme. Non me l'aspettavo.
All'interno
sono accumulate cataste di detriti di svariato genere, ma non capisco
il senso dell'esistenza di un luogo così. Sopra al cumulo
più alto
siede un uomo vecchissimo, con una barba folta. È magrissimo
ed è
talmente pallido che sembra abbia visto la morte in faccia.
Lui si
gira a guardarmi e mi sorride. Ok, allora avevo ragione.
“Eccoti
nella mia dimora, ragazzo. Sapevo che stavi arrivando.”
Ormai
non mi stupisce più niente, però anche questo
vecchio usa frasi
scontate. Ah! Le nuove generazioni degradate, non c'è
più
religione.
“Senti, bisnonno...”
È troppo ammuffito per
chiamarlo nonno.
“Come diamine fate voi a sapere sempre
dell'arrivo di qualcuno? Per me la metà delle volte si tira
a
indovinare. Senza offesa.”
L'anziano mi guarda divertito.
“Non
avrei voluto svelare il mio segreto, ma ti ho attirato qui con il
giochetto delle interferenze. Ero convinto che fossi abbastanza
intelligente per accorgertene.”
Alzo le sopracciglia. Riconosco
che è scaltro.
“Forza, comincia la tua predica sulla vita e
sulla morte che qui c'è puzza.”
Lui balza agile giù dal suo
trono molto particolare e batte le mani sul sedere per togliere della
polvere inesistente dalla sua tonaca romana.
“Ah!” gracchia
entusiasta. “Non ne ho mai avuto la benché minima
intenzione,
ragazzo!”
Si sistema su un mucchio più piccolo. Dopo aver
impiegato qualche secondo per sedersi comodo, riprende il discorso,
sempre sorridente.
“Userò il linguaggio della tua epoca,
perché
non credo tu comprenda l'inglese antico.”
Beh, sempre meglio
dell'aramaico.
“Ti ho chiamato qui perché nuovi tempi
richiedono nuovi eroi. I fantasmi, come ben sai, vogliono distruggere
l'equilibrio tra il mondo dei Morti e quello dei Vivi.”
Lo
ascolto attento, ma preoccupato.
“In passato una piccola nicchia
di fantasmi ignoranti cercò di fare lo stesso, anche se
differentemente. Ovviamente il danno che avrebbero potuto fare era
minore, ma è meglio evitare il rischio. Oggi questa setta si
è
fatta più potente ed è spietata. Sai
già a grandi linee il loro
piano, ma non conosci ancora i dettagli. Stanotte sferreranno il loro
attacco e nessuno potrà impedire la catastrofe, a meno che
tu non mi
aiuti.”
Mi fissa intensamente negli occhi. Il suo discorso mi ha
catturato, quindi aspetto che riveli tutto ciò che sa in
proposito.
“Ho già detto a Joseph di radunare tutti i clan
che
ho formato circa un anno fa, in preparazione di questo momento
cruciale. Al tramonto di questo giorno un gruppo di terroristi
colpirà per la seconda volta il World Trade
Center.”
Lancio un
urlo.
“Cosa? Stai scherzando, vero? Prima le Torri Gemelle, poi
anche la Freedom Tower? Ci riprovano un'altra volta?”
Sono in
preda al panico. Non è possibile, gli islamici non possono
accanirsi
in questo modo violento e inutile.
Il nonno mi fa segno di
placarmi e scuote la testa, come volesse fugare i miei dubbi.
“No,
no. L'attacco consiste nel terrorizzare non solo gli Stati Uniti o
l'America, ma tutto il mondo. Vogliono far sapere della loro
esistenza e plagiare l'umanità. Saranno i nuovi sovrani
immaginari.
Tutto ciò non può essere sopportato dall'essere
umano.
Distruggerebbe la fede nelle religioni, troncherebbe ogni teoria
filosofica sulla morte. Tu devi fermarli.”
“Ma come faccio,
io? Sono solo uno contro molti, riesco solo a connettermi al wifi
senza una password!”
“È proprio questo che ci serve. Io
secoli fa uccisi un fantasma che aveva le stesse idee rivoluzionarie
perché sapevo il danno che avrebbe provocato.”
Allora era lui
il drago malvagio. Pensavo che il capo dei cattivi fosse lui, invece
scopro che l'assassino ci ha salvati. È sorprendente.
“Ma
quella fu una soluzione temporanea. Sapevo bene che non sarebbe
bastata a mantenere l'equilibrio per sempre, ma lo ritenevo un
compromesso sufficiente.”
Stordito e destabilizzato, biascico
una breve domanda cruciale.
“E cosa serve per la stabilità
definitiva?”
“C'è bisogno di una persona vivente. Sarebbe
servita una persona di cui fidarsi, ma, ahimè, io non avevo
nessuno.”
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Capitolo 5 *** 4 ***
4.
Spinto dall'urgenza riesco a teletrasportarmi da Hellen. Sta leggendo
sul divano di casa sua, mangiucchiando salatini. Mi guardo in giro,
alla ricerca di qualcosa che mi permetta di contattarla. Vedo il suo
cellulare posato sul tavolino di fronte a lei. Mi collego con il
telefono e la chiamo facendo comparire sullo schermo “Numero
sconosciuto”.
Hellen lancia un'imprecazione e risponde
subito.
“Pronto” dice scocciata.
“Ciao” la mia voce
trema. Sto parlando con la mia rivale in amore, accidenti!
“Chi
sei?”
“Sono Mark, ho bisogno del tuo aiuto.”
Sbuffa.
“Non
ti conosco, arrivederci.”
Sta per riattaccare quando cerco
disperatamente di fermarla.
“Aspetta! Aspetta solo un secondo,
Hellen.”
Si immobilizza con il telefono a mezza via tra
l'orecchio e il tavolo.
“Come cazzo fai a sapere il mio
nome?”
Almeno adesso ho attirato la sua attenzione.
“Senti,
tu sei in grave pericolo. Tutti lo siamo. Mi devi aiutare a
proteggere l'umanità, a proteggere Marianne.”
Non sono riuscito
a trattenermi dal pronunciare il suo nome. Ora le s'ingrossa la voce.
È spaventata. Si alza in piedi di colpo.
“Cosa c'entra
Marianne? Rispondimi o chiamo l'FBI e ti piomba in casa in questo
momento. Come fai a conoscerci? E che cazzo è questa storia
del
proteggere il mondo?”
Sto perdendo il controllo della
situazione. Non l'avevo mai vista così arrabbiata,
è spaventosa e
rassicurante allo stesso tempo. So che è una ragazza molto
protettiva.
“Ti prego, calmati. Non è con me che te la devi
prendere...”
Lei va avanti e indietro per la sala, urlandomi
contro.
Come faccio? È già tanto se non ha ancora
riattaccato.
Ho poco tempo prima di perdere per sempre l'unica
opzione per salvare Marianne, perciò tento qualcosa che non
avevo
mai provato prima. Avvicino la mia coscienza alla sua ed entro nella
sua mente.
Ne vengo sopraffatto. La mente dei vivi è molto forte,
non immaginavo. Annaspo mentre m'ingegno per comunicare con lei. Alla
fine decido di aprire la mia mente e i miei ricordi e riversarli in
lei.
Hellen traballa, come colpita da una tremenda tempesta. È
rischioso, ma siamo agli sgoccioli. Doveva capirlo nel modo
più
veloce possibile.
A fatica, esco dalla sua testa per riprendere la
mia coscienza.
Hellen è incredula, ma crede a quello che le ho
mostrato. Grazie.
Mi accorgo che ha elaborato le
informazioni perché le appare sul volto un'espressione
sconvolta,
peggio di prima.
“Merda!” esclama. Corre immediatamente fuori
da casa.
Abbandona l'auto in mezzo alla strada e si precipita
nell'appartamento di Marianne.
Sono costretto a violare la mia
piccola e unica regola, perché entro nella dimora della mia
amata
per assistere alla conversazione.
Marianne apre la porta
lentamente. È stata appena svegliata dal suono furioso del
campanello.
Hellen entra precipitosa.
“Siamo in pericolo, Mary. Abbiamo
bisogno di te. Per favore, credimi. Oddio, ti amo.”
Hellen la
bacia piangendo. Marianne è sorpresa dal comportamento della
sua
ragazza.
“Hey, tesoro, calmati. Cosa succede? Dimmi, così
mi
fai preoccupare.”
Marianne è bellissima. Si capisce quanto è
sveglia dalla sua reazione al racconto concitato di Hellen. Afferra
subito il messaggio e intuisce l'entità del guaio in cui ci
siamo
cacciati.
Prendono l'auto e sfrecciano a tutta birra verso il
World Trade Center.
Io mi teletrasporto direttamente sulla piscina
costruita a commemorare la caduta della Torre Sud. La battaglia
infuria intorno a me. Lo scontro finale è cominciato.
L'ira di
Isabelle è indomabile. Scontra di petto gli altri fantasmi,
brandendo due spade sanguinolente. Sono divertenti gli effetti
speciali amatoriali per incutere timore. Il ragazzo dal nome ignoto
che stava seduto sulla gamba si è appena trasformato in una
fenice e
urla famelico. I clan si coprono le spalle a vicenda, impegnandosi
per fare breccia nella difesa nemica.
Hanno optato per un attacco
preventivo, sperando di sabotare la loro impresa prima ancora che si
compia.
Il bambino del molo mi appare davanti.
“Alleluia!
Pensavo fossi diventato un codardo, ma invece eccoti qui. Sei pronto
a regnare insieme a me sul Nuovo Mondo?”
I miei sospetti erano
fondati. Il bambino è il capo dei terroristi fantasma.
“Non
regnerò su nessun Nuovo Mondo, lurido verme. Smettila di
fare il
bambino innocente. Ti fermerò. Qui e ora.”
Sostengo il suo
sguardo, fattosi tutto d'un tratto duro.
Aumenta gradualmente le
sue dimensioni, ricoprendosi di fitto pelo nero.
“Essere
ragionevoli con te non è servito. Sei uno stolto, non
comprendi la
grandezza delle mie azioni. Morirai per questo!”
Muta in
un'enorme chimera. La testa di leone ruggisce, sputandomi addosso una
schifosa bava filante. La parte caprina dà testate al vuoto
e il
serpente sibila minaccioso. Ha scelto un animale aggressivo,
perciò
rispondo a tono. Gli grido contro e divento un ippogrifo.
Graffio
l'aria con i miei grossi artigli d'aquila e sbatto le ali possenti.
Ci soffiamo l'uno contro l'altro, sfidandoci a fare la prima
mossa.
Il sole ha appena toccato l'orizzonte: ora inizia il conto
alla rovescia.
Scatto in avanti, mirando al naso del leone. Il mio
becco ricurvo lo manca di un soffio. Mi allontana con una zampata di
avvertimento.
Intanto tengo all'erta i sensi della mente, alla
ricerca di una breccia nella sua difesa. È un combattimento
che si
svolge su due campi, per questo è molto più
difficile. Lui tiene
sotto controllo il suo esercito con una sorta di estensione del
pensiero, come se li tenesse ancorati a dei fili indistruttibili. Mi
sembra di cercare di sconfiggere una rete neurale vastissima.
Attacco
ancora, mirando alla schiena. Lui si gira per difendersi e, quando mi
sta per incornare, schivo il colpo ponendomi sotto di lui.
Evidentemente aveva già previsto quella mossa,
perché mi trovo
davanti la bocca spalancata del serpente. Mi sposto di lato, ma non
abbastanza. Mi graffia la spalla e mi sento indebolito.
Non riesco
a teletrasportarmi ora che sono un ippogrifo, ma ho le ali che mi
rendono più agile. Volo molto in alto e scendo in picchiata
su di
lui. Quando sono distante mezzo metro, sparisce. Mi da una testata
violenta sulla schiena che mi fa precipitare dentro la piscina.
I
turisti, ignari di tutto, continuano a fare le foto ai nomi dei
caduti e ai nuovi grattacieli.
Scarto di lato e mi faccio
inghiottire dalle pareti metalliche. Riemergo improvvisamente e gli
vado addosso, sorprendendolo alle spalle. Gli afferro la clavicola e
serro le mandibole.
Cominciamo un corpo a corpo fino allo
sfinimento. Le sue teste sono aggressive e la coda non mi dà
tregua,
in risposta io lo graffio e lo becco a raffica. Ci separiamo con uno
spintone e ci concediamo un secondo di pausa.
Manca pochissimo al
tramonto, non mi resta molto tempo per sconfiggerlo.
Escludo tutto
ciò che sta intorno a me e mi concentro per individuare
l'esatta
origine dei fili conduttori delle truppe. È al centro del
petto.
Scatto nuovamente in avanti in un impeto di rabbia e miro
al punto fatale. Lui cerca invano di schivarmi, ma la mia
velocità è
aumentata a dismisura. Alla fine riesco a bloccarlo tra gli artigli e
gli affondo il petto nel cuore con una forza incredibile.
Lui
boccheggia, cercando di trattenere il dolore.
Siamo ritornati in
forma umana – lui è stranamente diventato adulto
– e dal punto
in cui ho colpito si propaga una macchia di sangue.
Sta
morendo.
Ho vinto.
Un'ondata di sollievo si propaga in tutto il
mio spirito. Ho salvato Marianne.
Gli altri fantasmi si sono
dissolti e i vari clan si guardano attorno spaesati.
Isabelle
caccia un grido di vittoria, alzando al cielo le proprie armi. Gli
altri sono sconvolti, ma felici. Un sorriso ebete compare sul mio
volto. Sono orgoglioso della nostra lotta.
Inaspettatamente sento
il suo corpo tremare sotto le mie mani. Sta ridendo.
Ride sempre
più forte, zittendo tutti con quel suono lugubre.
Si libera dalla
mia presa e mi proietta all'indietro con una forza neanche
lontanamente paragonabile a quella che aveva prima. Si alza
sorridente, pulendosi lo smoking. È in perfetta forma, non
sembra
appena uscito da una battaglia mortale.
Comincia ad applaudire
avvicinandosi a me.
“Complimenti, ora ti nomino fantasma più
stupido dell'universo.”
Sorride, strafottente.
“Bravo, hai
fatto il tuo dovere, per questo ti meriti di assistere alla mia
conquista del mondo prima di morire. Per sempre, stavolta.”
Quello
stronzo osa anche sorridere. Com'è possibile che sia vivo e
vegeto?
“Rispondo alla tua domanda implicita, scemotto. I
fantasmi che loro stavano combattendo erano solo una fonte di energia
per me. Rompendo i fili, li hai liberati dal vincolo che creai tempo
fa.”
Adesso voglio prendere un coltello e incidergli la pelle
fino a creare un vero sorriso, come quello di Joker.
“In
pratica, hai ucciso loro e dato la loro energia residua a me. Ora
sono ancora più potente e posso attuare il mio piano. Te
l'ho detto
che avresti collaborato, alla fine.”
Urlo con tutto me stesso.
Sono furioso. Non ho sconfitto il cattivo con la mia spada lucente e
portato vittorioso la testa ai miei compagni. No, io l'ho aiutato.
È
questa la cosa grave. Se fossi stato in silenzio forse a quest'ora
tutto sarebbe normale.
Sono frustrato, arrabbiato con me stesso e
con lui.
Gli corro addosso e gli sferro un pugno. Si scosta con
leggerezza e ride. Mi sta prendendo in giro.
Era una messa in
scena.
Lui era già abbastanza potente per disturbare le
comunicazioni, ma è un esibizionista. Se fa una cosa la fa
in
grande.
Mi da un colpetto sul collo e io cado giù. Mi tira un
calcio sulla testa. Una fitta lancinante pervade la mia
coscienza.
Vedo la gente in panico. Il tiranno sta trasmettendo
dati sui fantasmi, sta rivelando la loro presenza e si impone come
Dominatore del Nuovo Mondo. Le persone gridano terrorizzate,
lanciando i telefoni impazziti nelle piscine. È come se in
uno zoo
qualcuno avesse aperto tutte le gabbie. Una follia.
Sto per
crollare. Sto perdendo la presa su me stesso. Mi dissolverò
anch'io
come quei poveretti, costretti da quel maniaco.
Mi sto per
arrendere per sempre quando la vedo.
Si fa spazio tra la folla,
con Hellen che da gomitate a destra e a sinistra per non rimanere
schiacciate.
Mi si accende un barlume di speranza. Guardo Marianne
e mi faccio travolgere dalle passioni, sapendo che questa è
l'ultima
volta. Mi sento animare da un'energia sconosciuta e mi rialzo a
fatica. Guardo il dittatore negli occhi, accesi da un bagliore di
sfida.
“Tu pensi di avere vinto, non è
così?”
Lui allarga
le braccia, felice.
“La Terra diventerà mia e avrò come
sudditi sia i vivi che i morti. Sono Dio.”
Mi tira un gancio
sugli zigomi, scaraventandomi a terra, fuori dall'area della
piscina.
Lo spazio è diventato deserto. I fantasmi sono scappati
via, probabilmente trascinando a forza Isabelle, e le persone sono
uscite di senno. Vedo solo loro due, in attesa di un messaggio, di un
segno che indichi la mia presenza.
Mi sta raggiungendo, sto
esaurendo le forze.
Faccio uno sforzo incredibile ed entro nella
mente di Marianne.
Allora sei tu il fantasma che sta cercando
di salvare il mondo, Mark.
Mi sento sollevato. Non mi
considera una minaccia, ma ha capito ciò che è
importante,
tralasciando il nostro rapporto finito male.
Sì, sono io.
La
mia voce risuona timida nella sua testa.
Ho bisogno di te. Tu
sarai il ponte. Io ti donerò la mia coscienza, in modo che
tu possa
osservare il mondo dei fantasmi e monitorarlo.
È titubante,
ma risponde subito.
In questo modo ti dissolverai. Morirai.
Ancora.
Lo so, ma non ho altra scelta. Dobbiamo scegliere il
metodo più sicuro, per donare una pace duratura alle due
realtà.
Quando morirai ti ritroverai nei miei panni e farai lo stesso con una
persona a te cara. Così l'equilibrio sarà
preservato.
Lei
cerca di ribattere, ma la blocco in anticipo.
Marianne, io ti
amo. Ti ho sempre amata e non rinnegherò mai i miei
sentimenti nei
tuoi confronti. Abbi cura di Hellen e amala con tutta te stessa.
Una
sola lenta lacrima le scende giù da un occhio.
Mi libero da tutto
e mi fondo con la sua coscienza. È meraviglioso.
Credo sia questa
la morte che ho sempre desiderato.
Marianne assume una vista
diversa, è capace di individuare i fantasmi.
Dopo qualche secondo
mette a fuoco la figura del dittatore, che si guarda intorno alla mia
ricerca.
“Ti sbagli di grosso, terrorista. Non governerai un
mondo che non ti appartiene. Non ne hai il diritto, perciò
te lo
impedirò.”
Per la prima volta compare sul suo volto
un'espressione impaurita. Però non ha tempo di capire come
mai un
vivo lo abbia visto, perché Marianne lo assale mentalmente.
Lo
circonda con la sua coscienza e lo schiaccia dentro. Lui chiama i
suoi sudditi dissolti a gran voce, terrorizzato. Infine viene
completamente fagocitato e sparisce, disintegrato in
un'infinità di
pezzettini, residui delle menti soggiogate.
È finita. Mi rilasso
totalmente.
Marianne è salva, così come la Terra.
Si stringe
a Hellen, trovando conforto tra le sue braccia. Decido di lasciarle
così, con questa immagine impressa nella mia mente.
Mi dissolvo
lentamente, salutandole un'ultima volta.
Addio.
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