Sala d'attesa

di CappelloParlante
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Stefania&Davide ***
Capitolo 6: *** Matilde&Leonardo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


La ragazza seduta nella sala d'attesa linda e profumata di disinfettante aveva il trucco sbavato e gli occhi rossi. Faceva ticchettare nervosamente la ballerina rossa graffiata sul pavimento di marmo lucido e, con una mano, cercava di dare un contegno ai capelli resi vaporosi dall'umidità. Lanciò un occhiata al calendario della farmacia appeso ad una parete, come se non sapesse che giorno fosse. Mercoledì. Ovviente. Nella sua breve vita ogni sfiga colossale che le era collassata addosso era capitata di Mercoledì. Quando si era persa a New York staccandosi dal gruppo di turisti italiani? Mercoledì. Quando si era spaccata un tacco mentre andava al matrimonio della cugina? Mercoledì. Quando il suo fidanzato storico l'aveva mollata senza una ragione ben precisata davanti a tutti i suoi amici? Mercoledì, ovviamente. Più precisamente quel mercoledì. Se Stefania avesse potuto avrebbe incenerito tutti i mercoledì esistenti, nessuno escluso, e se ne sarebbe fregata altamente del fatto che suo fratello era nato proprio quel giorno, ad Aprile. Soffocò un singhiozzo mentre ripensava a Davide che le diceva con la sua voce calda che non l'amava più. Ma come poteva una voce così bella ferire così tanto? Stefania non ne aveva la più pallida idea. Fatto sta che, esattamente due ore prima, alla festa di compleanno improvvisata di Cecilia, Davide le era andato vicino e le aveva dato il ben servito. Stronzo. Proprio un dannatissimo stronzo fumante. Prese un sospiro e appoggiò la fronte sulle mani. Aveva anche pensato di rimandare la trapanazione delle carie dal dentista, ma ormai sarebbe stata la quarta volta di fila, e non le faceva molto onore. Dopotutto era una donna con le palle, lei. Ci voleva ben più di una storia bellissima lunga tre anni condita con tanti baci, regali e vacanze insieme per buttarla giù. D'un tratto le pizzicarono stranamente gli occhi. Si diede una rapida occhiata in giro per vedere se non c'era nessuno e dare il via libera ad un pianto sfrenato. La saletta era vuota e spoglia, riempita solo da lei, qualche sedia e dalla scrivania di una segretaria assente. Con sollievo iniziò a piangere disperatamente. Quando giunse al punto di non ritorno, ossia quando i singhiozzi le uscivano spontanei dalle labbra, sentì la porta che dava sulla saletta d'ingresso aprirsi con un cigolio e vide comparire sulla soglia un ragazzo dall'aria arrabbiata. Stefania, colta alla sprovvista, ficcó istintivamente la testa dentro alla borsa cercando di nascondere l'evidenza mentre una mano frugava alla ricerca di un pacchetto di fazzoletti. Modello struzzo, per chiarirci.Con un moto di terrore sentì il ragazzo sedersi nella seggiolina accanto alla sua, silenzioso e discreto. Stette per qualche secondo con la testa infilata nel suo borsone di stoffa, pienamente cosciente della figura da imbecille che stava facendo. Quando sentì un dito ticchettarle sulla spalla fece un balzo. "Ehi, scusa, vuoi un fazzoletto?" le chiese gentilmente la voce del ragazzo accanto. Stefania decise di smetterla di nascondersi, tanto ormai l'aveva colta in flagrante, e tirò fuori la testa. Quando vide il volto bello e curato del ragazzo che aveva accanto tentò con tutta se stessa di non pensare al suo aspetto in quel momento e sorrise, passandosi una mano sulle guance umide. " Si, grazie mille, non credo di averne dietro" mormorò flebile. Il ragazzo fece un sorrisetto e tirò fuori dalla tasca della giacca un pacchetto di fazzoletti di carta. "Tieni" disse porgendoglieli. Stefania accettò di buon grado e si asciugò gli occhi confi. Quando ebbe finto si voltò verso di lui e, all'improvviso, le venne da ridere "Dio, scusami" ridacchiò "sono un disastro". Il ragazzo fece una risatina "tranquilla, anche per me oggi è una giornata no" rispose con un'alzata di spalle. Stefania si svegliò dal letargo sonnacchioso di colpo "scommetto che quello che è successo a me è peggio" assicurò. Il ragazzo fece un sorriso furbo "ah si? Sentiamo allora perché piangevi così disperatamente, poi ti racconto che bella giornatina sto passando io e vedermo se sei ancora del tuo parere". Stefania annuì "Benissimo. Allora, oggi, davanti a tutti i miei amici, il mio ragazzo, dopo tre anni in cui diceva di amarmi, mi ha scaricata". Era partita così bene, eppure aveva finito la frase con voce debole e stanca "non gli piaccio più" sussurrò tremula, più a se stessa che all'altro. Il ragazzo stette per un po' in silenzio, osservandola asciugarsi gli occhi in silenzio. Poi tirò fuori un altro fazzoletto e glielo porse "mi dispiace. È stato un bastardo" sussurrò. Stefania fece una risata poco convinta "tutti gli uomini sono dei bastardi" rispose. Poi gli scoccò un occhiata "oh, beh, senza offesa" disse a mo di scusa. Il ragazzo scrollò le spalle "figurati. Sai, noi bastardi siamo abituati agli insulti". Stefania gli posò delicatamente una mano sulla spalla "Io sono acida, tu sei un uomo, cosa vuoi farci, ognuno ha le sue pecche" confidò seria, facendolo ridere. Poi prese un gran respiro e tentò un sorriso incoraggiante "e tu? La tua grande giornata di merda cosa riserva?" chiese curiosa. Il ragazzo scosse le spalle "Non ci crederai, ma la mia ragazza ha mollato anche me". Stefania tirò su col naso "si che ci credo, perché non dovrei?" domandò. Il ragazzo si indicò in modo eloquente " ti sembro un tipo da mollare?" chiese retorico. Stefania alzò gli occhi al cielo "cosa ne so, non ti conosco così bene" rispose. Il ragazzo sbuffò " basta guardarmi, carina". Stefania fece una risatina "stai cercando di rimorchiarmi? Perché le tue tattiche sono leggermente più fini di quelle di uno scaricatore di porto". Il ragazzo fece una smorfia scandalizzata "se volessi rimorchiarti non direi assolutamente queste cose, ne ti chiamerei carina" confidò stancamente. Stefania gli sorrise "grazie per esserti sfogato con me" mormorò. Il ragazzo le fece un altro sorriso sincero " non ti ho detto nulla di eccezionale, solo il succo di quello che mi è successo" rispose. Stefania scosse le spalle "si, ma non importa, mi hai dato fiducia anche senza conoscermi e mi hai fatta stare bene" sussurrò. Il ragazzo stette per un poco ad osservarla in silenzio, con quei suoi due occhi scuri allegri e vivaci, poi le tese una mano "mi chiamo Davide". Stefania, a sentire quel nome, trasalì "il mio ex si chiamava come te". Davide la guardò angosciato "ah" mormorò. Poi si riprese e le tese la mano di nuovo "mi chiamo Davide, ma, da come spero tu abbia notato, non sono il tuo ex anche se forse bastardo un po' lo sono, dato che, mia enorme colpa, sono un uomo, ma ti prego di chiudere un occhio su questo". Stefania ridacchiò "Fingeró che tu sia una donna". Sorrise e gli strinse la mano "io sono Stefania e sono la donna più acida che tu abbia mai incontrato, ma ti prego di chiudere un occhio" Davide fece un sorrisetto "fingeró che tu sia un uomo". Stefania strabuzzó gli occhi "perché, gli uomini non sono acidi?" chiese. Davide incarcò le sopracciglia "beh, meno delle donne. Non che ci voglia molto" sussurrò, guadagnandosi una sberla leggera da Stefania. Stava quasi per chiedergli di più sulla sua rottura quando entrò nella sala d'attesa una donnina occhialuta, gobba e con un plico di fogli tra le braccia. "Stefania Olcese?" chiese con voce roca. Stefania scattò in piedi "presente" esclamò. La donnina la guardò attraverso le lenti spesse "mi segua, il dottor Magistri l'aspetta" mormorò. Mentre Stefania la seguiva mogia attraverso la saletta, si voltò verso Davide "grazie per esserci stato, Davide il bastardo" sussurrò sorridendo appena. Il ragazzo fece un sorriso triste "In bocca al lupo, Stefania la acida".

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


" Pronto?" chiese una voce distante."Oh! Grazie per avermi risposto!" esclamò sollevata la ragazza seduta nella sala d'aspetto fredda del dentista "non sa quanto bene mi faccia sapere che non sono sola e abbandonata a questo mondo!" strilló sollevata. La sua espressione allegra si tramutò in imbarazzata quando, voltandosi, Matilde trovò una vecchina raggrinzita che la guardava male dalla sua sedia scomoda "faccia silenzio!" le intimò acida "la sento persino io che ho l'apparecchio acustico!". Matilde arrossì e avvicinò di più il cellulare all'orecchio " c'è qualcuno ?"sussurrò piano. "Si, sempre io" mormorò la stessa voce calda, ora incerta "posso esserle d'aiuto?". Matilde si alzò dal suo seggiolino e camminò ondeggiando sui tacchi sino alla finestra della saletta. Corrucciò le sopracciglia " sto parlando con la ditta che aggiusta computer e telefoni, vero?" chiese tremante. "Certo che sì, la 'Filibustiera e soci'" rispose la voce, il tono colloquiale e professionale. "Si!" Matilde sorrise allegra, evitando accuratamente lo sguardo rabbioso che le lanciò la vecchia "cioè, volevo dire, bene, perfetto" mormorò cercando di darsi un contegno. Il silenzio dall'altro capo del telefono si fece pesante "desidera?" chiese dopo un po' la voce della ragazzo, annoiata. "Ah! si, giusto!" si riprese Matilde "navigo a tremila leghe sotto un mare di merda, la prego, mi deve aiutare" cominciò febbrile. " Deve sapere che, nel mio ufficio, dopo circa due anni in cui vieni sfruttato incessantemente da quelli stronzi ai piani alti, hai il diritto ad un cellualre aziendale. Ovvio che il telefono non sia tutto sto granché, ma io mi sono detta "un telefono con credito e menate varie già tutto pagato? Alla grande!" e ho intascato il mio cellulare. Ora, andava tutto bene sino a oggi, mentre venivo dal mio dentista, deve sapere che ultimamente ho dei problemi ai canini, se le intaressa, comunque, sono caduta, e lei dirà, ma cosa sarà mai una cadutina? Assolutamente nulla di grave, le risponderei io, ma, a parte che mi si è mezzo scollato un tacco, e, per inciso, quel tacco mi serve, il cellualre mi è caduto in una pozzanghera, e adesso è mezzo morto, ogni tanto vibra e spara qualche merdosa lucina". Quando ebbe finito di vomitare addosso al ragazzo dell'assistenza clienti tutta la sua vita, Matilde si cucì le labbra, imbarazzata. Ora tutto taceva, sia nella sala, dove solo la vecchina la guardava digrignando i denti storti, e nel telefono, dove risuonavano solo i suoi respiri pesanti. "Allora?" chiese dopo un po' incerta. Non appena finì di parlare, nel telefono risuonò una risata forte e allegra. "E, se si può sapere" mormorò il ragazzo tra una risata e l'alta" da quanto è che hai il telefono dell'ufficio?". Matilde incrociò le braccia, offesa nel profondo " beh, da sta mattina, ma questo non cambia niente" borbottò. Il ragazzo scoppiò in un'altra risata " non è divertente!" sbottó Matilde. Dopo un po' la ragazza lo sentì calamarsi e prendere grandine respiri " Ah!" gorgogliò poi, allegro "grazie mille per la risata, era da tanto che non mi divertivo così". Matilde fece una smorfia " hai un senso dell'umorismo contorto, fattelo dire" mugugnò. "Comunque" disse poi sospirando" che faccio io con il cellualre? mi serve assolutamente entro sta sera, e il mio di telefono, quello con cui ti sto chiamando, è praticamente morto". Il ragazzo sbadigliò "pace all'anima sua, amen". "Ma che amen e amen!" squittì Matilde agitata "la cerimonia non è ancora finita, tu mi devi aggiustare il cellulare assolutamente". Il ragazzo borbottò qualcosa "e allora portalo qua, no? Via degli ulivi sette" disse poi, la voce di nuovo annoiata. "Ma è ovvio che io non possa venire lì! Sono dal dentista!" strilló lei, al limite dell'ansia. Si voltò immediatamente verso la vecchia "mi scusi!" sillabò guardandola mortificata. "Allora? Tra quanto sarai qui?" chiese poi al ragazzo "ah, scusami, lo studio è in via dei Ginepri trenta". Il silenzio che seguì non fece ben sperare Matilde "cosa?" chiese poi il ragazzo, un tantinello allibito. "Beh, è l'indirizzo del mio dentista" mormorò la ragazza. "Tu credi seriamente che io possa mollare tutto e venire da te che, oltretutto, sei pure in giro a farti curare i molari?" "canini" lo corresse Matilde in un pigolio. " Nel caso non lo sapessi, noi non facciamo servizio a domicilio" chiarì il ragazzo. Matilde rimase a bocca aperta per qualche secondo, poi incarcò le sopracciglia e fece un sorriso tirato "beh, io lo capisco" sussurrò "ma se io la pagassi di più? diciamo tipo...ecco..." la ragazza frugò nel portafoglio che aveva in borsa ed estrasse tutto ciò che conteneva "cinque euro e settantanove centesimi!". Il ragazzo fece una risatina divertita "accidenti! Quei cinque euro mi servirebbero proprio per arrivare a fine giornata" la prese sfacciatamente in giro. Dopodiché Matilde non capì bene cosa successe. Si sentì il ragazzo dell'assistenza dirle in tono distaccato" resta un secondo in linea" poi qualche borbottio lontano. La ragazza aspettò paziente seduta al suo posto, lo sguardo fisso sul calendario appeso alla parete e la mano con il telefono incollata alla faccia. Poi, dopo qualche tempo, la voce del ragazzo tornò. " Senti " le disse " dove hai detto che sei?". Matilde incrociò le dita "via dei Ginepri trenta...perché?" chiese in un sussurro. Il ragazzo sbuffò "perché vengo, ecco perché". Matilde non poté trattenersi e fece un sorriso esaltato "oh! Grazie, sei fantastico!" gli disse allegra. Il ragazzo fece un altro sbuffo, ma ora divertito "si, come vuoi" mormorò" a tra poco". Matilde sorrise e ripose il cellulare in borsa. Stava pensando di schiacciare un pisolino nell'attesa che si fosse fatto vivo o il dentista o il ragazzo dei telefoni, quando la vecchia di fronte a lei si schiarì forte la voce. "Scusi, eh!" le disse "ma volevo chiederle una cosa". Matilde, stupita, fece un piccolo sorriso "prego" mormorò. "Ma, al telefono, stavi parlando con un tizio che aggiusta aggeggi elettronici?" berciò con voce roca. Matilde corrucciò le sopracciglia "si...perché?" chiese incerta. La vecchia fece un sorriso giallognolo "e sta vendendo qui?" domandò, ignorando Matilde. La ragazza si trattenne dal fare uno sbuffo "si, perché le serve saperlo?". L'anziana sospirò soddisfatta "bene! Così mi darà una controllatina all'apparecchio acustico, è da un po' che fa le bizze!". Matilde sgranò gli occhi "cosa? non credo si possa fare, lui sta venendo per me!" esclamò, provavando un'inspiegabile fitta di gelosia per quel ragazzo che nemmeno aveva mai visto. La vecchia sgranò gli occhi e digrignò i denti "vedremo" mormorò perfida. Matilde era lì lì per darsela a gambe da quella spaventosa vecchietta, quando entrò nella sala d'aspetto la segretaria dalla schiena ricurva. " Matilde Musicò?" gracchiò, guardando le due donne nella saletta da dietro le lenti ovali degli occhiali. La ragazza saltò in piedi "presente!" esclamò, senza nemmeno vedere la vecchietta che si tappava le orecchie. La segretaria la squadrò annoiata "mh...mi segua" sussurrò, voltandole le spalle e incammimandosi. Così Matilde dovette seguirla, pregando Dio che il ragazzo delle riparazioni non arrivasse mentre lei non c'era, cercando di non pensare che, ultimamente, la fortuna non era stata troppo magnanima con lei. Come volevasi dimostrare, una lunghissima ora dopo, Matilde uscì dalla saletta del dentista con le labbra anestetizzate e si prese un infarto quando, entrando nella sala d'aspetto, trovò un ragazzo in salopette di jeans accucciato sulla vecchietta scorbutica di prima. "Oh mio Fio, fei arrifato daffero!" esclamò, probabilmente storpiando qualche parola. Si sentiva le labbra gonfie e livide, e faceva fatica a parlare. "Fei tu il rafazzo del telefono?". Il ragazzo che le dava le spalle si voltò piano "cosa?" sussurrò. Aveva un bel viso, pensò Matilde. Nulla di eccezionale, ma era pulito e curato, e aveva due occhi nocciola incantevoli. Purtorppo, in quel momento, quei due occhi nocciola la stavano guardando incerti e leggermente terrorizzati, così la ragazza si sbrigò a fare marcia indietro. "Fei il rafazzo venuto per aggiuftare il mio telefono?" chiese speranzosa. Il ragazzo si alzò in piedi spazzolandosi i pantaloni, mentre, alle sue spalle, la vecchina arrossiva. " Si...perché?" domandò cauto. Matilde sorrise radiosa "piacere, io fono Matilde!" esclamò allungandogli la mano. Lui, però, non gliela strinse. Si girò invece verso la vecchia e la guardò senza capire "Matilde? ma non è lei Matilde?" chiese stupito. La vecchietta guardò prima il ragazzo, poi Matilde, che la fissava incredula. Alzò le mani "mi dispiace, giovanotto, ho mentito. Mi serviva una controllatina all'apparecchio acustico e sei stato veramente bravissimo. Ti ho pagato, no? Allora niente di male. Ora fate largo, gioventù, devo andare al bagno" berciò instancabile, e si alzò dal sediolino scomodo. Il ragazzo fissò la porta dietro al quale la vecchia era sparita per qualche secondo, immobile. "Mi ha detto di essere te" mormorò assorto "infatti mi sembrava strano, al telefono mi avevi parlato di riparazione di un cellulare, ma la vecchia qua mi ha detto che aveva cambiato idea, e che ora voleva che le aggiustassi l'apparecchio". Matilde lo guardò male "Beh, certo che fei proprio uno ftupido, fai? Non hai notato che fa mia voce è difersa da quella fi una fecchia?". Il ragazzo le scoccò un'occhiataccia" prima di tutto io non mi faccio dare dello stupido da una ragazza che non sa nemmeno parlare. Secondo, spesso i telefoni modificano le voci, io ero molto stressato, cosa ne potevo sapere che in realtà non eri una vecchia?". Matilde la prese molto sul personale "cofa? non è mica colfa mia fe ho dei cafifi che fanno schifo e ofa con l'aneftefia non riescfo più a parlafe! non ti permeffere di paflafe cofì a me, intefi? e nemmenfo dafmi della fecchia è ftato molfto galanfte, ne fei a conofienza? non mi fiafe proprio per fienfe il fuo mofo fi fare, e forfe forfe non fi farò nemmeno rifarafe il mio fellulafe!". Quando la voce martellante di Matilde si spense, la sala d'attesa rimase in silenzio per qualche secondo. I due ragazzi si guardarono negli occhi per qualche secondo, scambiandosi sguardi astiosi e innervositi. Poi successe una cosa che Matilde non si sarebbe mai aspettata. Il ragazzo scoppiò a ridere "non ci ho capito un cazzo" mormorò tra una risata e l'altra. Poco dopo Matilde si unì a lui, e finirono seduti sui sedili della saletta a tenersi lo stomaco con le mani, scossi da risatine incontrollabili. "Oh mio Fio" sussurrò Matilde, sorridente ad allegra, causando altre risate al ragazzo. Quando si sentì stringere una spalla si voltò verso di lui, gli occhi lucidi e un sorrisetto dipinto in volto. Il ragazzo teneva una mano sulla sua spalla e la guardava, sorridendole di rimando, facendo formare due fossette bellissime sulle guance. Matilde dovette trattenersi da farci affondare dentro un dito. "Fi?" sussurrò, pregando che l'effetto dell'anestesia passasse presto. Lui fece un sospiro "mi sa che abbiamo cominciato con il piede sbagliato, noi due" mormorò guardandola. Matilde arrossì appena "non che abbiamo afuto molfo temfo" disse scrollando le spalle. Lui annuì brevemente. Poi sorrise e le porse una mano "Io sono Leonardo, ti va di andare a berci un caffè, così intanto mi parli di quel telefono dell'ufficio che hai distrutto prematuramente?". Matilde ridacchiò, dandogli un colpetto sulla spalla "non mi prendefe in gifo...io fono Matilde, comunque, quella fera, però, senfa apparecchi acuftici e menate da fecchia". Leonardo rise, si alzò in piedi e la tirò su, accanto a lui. Per qualche secondo si guardarono e basta senza dire nulla. Poi Leonardo sorrise di nuovo, lentamente, e Matilde vide uno strano luccichio nei suoi occhi. " Sei una pazza. Una fuori di testa completa, da buttare" mormorò. Ma le continuava a sorridere, e lei seppe che non diceva sul serio. Forse solo un po'.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


" Salve, scusi, sono Esposito Veronica...ho appuntamento con il dottor Rosati" mormorò al citofono Veronica saltellando da un piede all'altro. Era da circa due ore che moriva dalla voglia di andare al bagno, e non vedeva l'ora di entrare nello studio dentistico per fondarsi sul wc. Se qualche mese prima le avessero chiesto se, secondo lei, un giorno sarebbe stata così tanto piena di impegni da dover rimandare la capatina pomeridiana al bagno sarebbe scoppiata a ridere, perché la sua vita era basata solo sul mangiare e sullo studiare, e che quindi di tempo ne aveva abbastanza anche per farsi il giro dell'Europa a piedi. Da qualche settimana a quella parte, invece, si era ritrovata a girare come una trottola per tutta la città. Prima andava ad un corso avanzato di tedesco, poi faceva qualche ora da cameriera in un bar in c'entro, dopodiché volava in uno spizio e faceva qualche partita a carte con gli anziani e, alla fine, quando si reggeva sui gomiti a fatica, andava in un centro volontari e serviva la cena ai senzatetto. "Veronica Esposito" mormorò una voce profonda dal citofono "si, sei sulla lista, salì su, terzo piano prima porta" concluse sbrigativa. In meno di un secondo Veronica stava già salendo due a due le scale del palazzo pregando di non farsela addosso. Quando spalancò la porta in legno dello studio venne accolta da un fastidioso brivido sulla schiena e dalla stessa aria condizionata ghiacciata di sempre sparata al massimo. La solita saletta pulita del dentista era deserta, non c'era nemmeno la segretaria arcigna, la signora Lauro, seduta alla sua scrivania. Veronica percorse a grandi passi la stanza e iniziò a guardarsi attorno alla ricerca del bagno. Effettivamente era strano, andava in quello studio dentistico da quando aveva sette anni, ma mai una volta aveva dovuto usare i servizi igienici. "Eppure ai bambini scappa sempre" mormorò tra i denti Veronica stringendo le gambe. Stava per avventurarsi in un corridoietto laterale, quando senti una sedia strisciare per terra. "Tu devi essere Veronica, vero?" borbottò una voce annoiata alle sue spalle. Veronica si girò velocemente e, quando individuò un ragazzo seduto alla scrivania della signora Lauro, spalancò gli occhi " Oh porco lama indiano" esclamò " ma quando sei arrivato? mi hai fatto prendere un infarto!" borbottò scocciata incrociando le braccia al petto. Il ragazzo fece una risatina "lama indiano?" chiese sprezzante. Veronica lo ignorò prontamente "e, comunque, chi sei tu? che ne hai fatto della signora Lauro?" domandò scontrosa, rendendosi conto un po' troppo tardi di sembrare il classico eroe dei film mentre incontra l'acerrimo nemico. Il ragazzo scoppiò poco educatamente a ridere "la tego prigioniera in una caverna alle pendici di un vulcano, ormai è spacciata!" la derise ad alta voce. Veronica arrossì "non volevo dire questo" borbottò andandogli davanti "ma non importa...lavori qui, giusto?" chiese, appoggiando le mani sulla scrivania e tentando di assumere uno sguardo duro e tagliente. Non molto riuscito, effettivamente. Il ragazzo la osservò per qualche secondo, totalmente ignaro dei problemi alla vescica di Veronica, con i suoi due grandi occhi scuri. Fece un sorrisetto sghembo, mostrando appena due file di denti bianchi perfetti "e anche se fosse?" mormorò a bassa voce. Veronica, che in quel momento stava pensando a come diavolo facesse quel ragazzo ad avere denti così dannatamente dritti, fu colta alla sprovvista dalla sua risposta e arrossì, distogliendo lo sguardo. "Bene" borbottò, fissando insistentemente una boccia per pesci vuota "allora mi saprai dire dove è il bagno". Il ragazzo appoggiò stancamente i piedi sulla scrivania, incrociando le caviglie "beh, effettivamente potrei dirtelo" sussurrò serafico. Veronica lo guardò male "perfavore, ne ho bisogno, non ho tempo per giocare" sbottò. L'altro sgranò gli occhi con aria innocente "e chi sta giocando?" borbottò piano " non posso driti dove é il bagno perché, semplicemente, non c'è". Veronica, in quel momento, avrebbe voluto volentieri mettersi a piangere "non è possibile! deve esserci! è contro la legge non avere un bagno, vero? o forse é solo per i bar? Dio, mi serve un gabinetto" mugugnò in tono esasperato, camminando in cerchio. Il ragazzo fece un sorriso sottile "problemi da donna?" chiese curioso. Veronica lo guardò male "non é che le donne devono andare al bagno solo per cambiarsi gli assorbenti, sai?". Il ragazzo arrossì appena "beh" sussurrò dopo poco "se ne hai così bisogno puoi venire a casa mia, è la porta accanto allo studio, e usare il bagno li". Veronica si fermò e lo guardò scioccata "stai scherzando? potresti essere un maniaco! uno stalker! un killer professionista! un perv-" " hai resto l'idea" la interruppe lui annoiato. "Fa come vuoi, volevo solo aiutarti" sussurrò poi annoiato, prendendo il cellulare da una tasca e iniziando a digitare sopra. La ragazza stette per qualche secondo in piedi al centro della stanza a fare ciondolare le braccia lungo i fianchi, indecisa. Quando sentì una fitta al basso ventre, sgranò gli occhi "okay, vengo da te, anche se fossi un maniaco non mi potrebbe importare di meno" disse agitata. Il ragazzo sorrise allegro e abbandonò il telefono sulla scrivania "quindi mi daresti il permesso di violentarti, dato che, come hai saggiamente detto ora, non ti importa?". Veronica, in quel momento, era davvero sul punto di farsela addosso, e giocare a chi aveva l'ultima parola con quel deficente di certo non era una delle sue massime aspirazioni. "Tu prova anche solo a sfiorarmi e ti ritrovi in carcere con i connotati cambiati" sbuffò. Poi, con passo deciso, andò verso la scrivania e prese la mano del ragazzo "datti una mossa" sillabò iniziando a strattonargli il braccio. Lui ridacchiò appena e si alzò, seguendola verso la porta dello studio "impaziente?" chiese ghignando. Veronica strinse le labbra ed evitò di rispondere, uscendo in tutta fretta dalla porta lucida del dentista. "Quale appartamento?" chiese invece, fissando le porte che si affacciavano sul ballatoio del palazzo. Lui, che si era soffermato a guardarla sino a quel momento, spostò rapidamente lo sguardo su una porta di legno scuro "questa" disse semplicemente, tirando fuori le chiavi e iniziando ad aprire. Veronica saltellò da una gamba all'altra sino a che la porta dell'appartamento non fu spalancata, e si fiondò dentro, seguita dal ragazzo del dentista. "Dove?" chiese velocemente, agiata, guardandolo impaziente. Lui sorrise appena nel vederla in quelle condizioni "in fondo al corridoio, a destra" rispose gentile. Veronica spiccò una corsa fino alla porta bianca del bagno e si chiuse dentro senza tanti complimenti. Solo quando, sollevata e allegra come mai prima, fu sul punto di lavarsi alle mani, venne colta da una fitta di ansia mista a senso di colpa. Fissò il suo riflesso sullo specchio del bagno ed prese fiato esasperata "cosa diavolo ho fatto", sussurrò piano. In meno di dieci minuti era riuscita a infilarsi in casa di un perfetto sconosciuto per poi chiudersi intelligentemente nel suo bagno. Dio, pensò Veronica scrollando le mani bagnate nel lavandino, fammi uscire sana e salva da qui. " Veronica? ci sei?" chiese la voce di lui da fuori dal bagno, facendola trasalire "si!" strilló con voce acuta "cioè, si, arrivo" tentò maldestramente di ricomporsi. Diede un'ultima veloce scorsa al suo riflesso e si portò una ciocca di capelli dietro all'orecchio. Di certo usufruire del bagno di un ragazzo carino non era il miglior modo di fare colpo. Quando aprì la porta del bagno leggermente intimorita, non si aspettava di trovare il ragazzo appoggiato al muro di fronte che la fissava sorridendo. "Finito?" le chiese inarcando le sopracciglia. Veronica arrossì stupidamente "già beh...direi proprio di si" sussurrò abbassando lo sguardo. "Senti, scusa per come mi sono comportata, non ero in me, davvero, in condizioni normali non ti avrei mai dato dello stalker o del pervertito" "e del maniaco" aggiunse sorridendo lui. Veronica lo guardò male "beh, si, scusa anche per quello. E grazie.". Il ragazzo le si avvicinò appena "io sono Giacomo, comunque" mormorò a bassa voce. Veronica arrossì e arretrò di un passo "io sono sempre Veronica" sussurrò. Lui rise appena "okay sempre-Veronica, torniamo di là prima che tocchi a te la visita". Il tragitto dall'appartamento di Giacomo allo studio del dentista fu, sebbene corto, immerso in un silenzio imbarazzante. Solo quando furono nuovamente nella saletta spoglia, uno di fronte all'altra, Giacomo parlò di nuovo. "Non sei così male, Veronica" sussurrò piano, guardandola. La ragazza scrollò le spalle "me lo dicono in molti" sorrise "non sei poi così male nemmeno tu" ammise alla fine. Giacomo le si avvicinò di un passo "so che può sembrare stupido, e Dio, probabilimente lo è" sussurrò "ma mi piaci, Veronica". La ragazza abbassò lo sguardo, rossa in viso " non mi conosci nemmeno" borbottò imbarazzata. " È vero" sussurrò Giacomo alzandole appena il viso sino a che non si guardarono negli occhi " ma non me ne frega niente". Veronica sgranò gli occhi quando vide le labbra rosee di Giacomo avvicinarsi piano al suo viso, e chiuse istintivamente gli occhi. Il ragazzo le passò le braccia dietro alla schiena e lei allungò le sue dietro al collo di lui. Ed erano davvero ad un soffio dal baciarsi, quando si sentirono risuonare dei passi "Veronica Esposito? È qui? Il dottore la aspetta". La ragazza aprì gli occhi di scatto e si allontanò da Giacomo di parecchi passi, finendo attaccata al muro. L'altro, dal canto suo, si era fiondato sulla scrivania, le guance rosse e gli occhi brillanti. La signora Lauro comparve sulla soglia della saletta "allora? Esposito è qui?" chiese brusca. Veronica staccò gli occhi da Giacomo e tentò un sorriso "sono io" mormorò. La vecchia la guardò male "mh, mi segua" borbottò acida. "E tu, Giacomo, metti giù i piedi dalla scrivania e smettila di sorridere come un ebete, Dio, sei mio nipote, ma a volte sei davvero stupido" ringhiò. Veronica ebbe a malapena il tempo di fare un sorriso divertito e appena stupito prima che la vecchia la trascinasse via. Pensò un'ultima volta a Giacomo, ai suoi occhi sarcastici e ai suoi sorrisi incantevoli, e si chiese come sarebbe stato baciare le sue labbra. Probabilmente erano morbide e soffici. Scrollò appena la testa. Ovviamente non le importava.

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Capitolo 4
*** Stefania&Davide ***


"Sei uno stronzo, lo sai?" strepitò la ragazza dai capelli sparati in tutte le direzioni portando le mani ai fianchi. Fissava truce il ragazzo stravaccato sul divano in salotto e faceva battere ritmicamente il piede a terra. "Ste, ti prego, non cominciare di nuovo" mormorò stancamente lui, appoggiando il capo allo schienale. Stefania strabuzzò gli occhi "non cominciare di nuovo? Non cominciare di nuovo?! Davide! Come puoi tradirmi così, come se nulla fosse, e chiedermi anche di non arrabbiarmi!" urlò con le lacrime agli occhi, le labbra che tremavano appena. Non avrebbe pianto, non avrebb- oh, vaffanculo. Stefania incrociò strette le braccia al petto e singhiozzò senza pietà "con tutti i Da-davide mi va male! Siete tu-tutti degli stronzi menef-freg-ghisti! E io che pensavo fo-fossi quello giu-sto!" singhiozzò accucciandosi a terra e stringendo le braccia al petto. In quella posizione, rannicchiata e con il capo affondato nelle braccia, non notò nemmeno che Davide si era alzato dal divano e che le si era seduto davanti. Sentì una mano gentile accarezzarle piano i capelli e alzò il viso, gli occhi rossi assottigliati "cosa vuoi, infido traditore, non dovresti nemmeno toccarmi! E non mi hai nemmeno provato a chiedere perdono!". Davide, a dispetto degli insulti, sorrise appena, allontanando la mano da lei. "Ste, io non ti sto tradendo, non fare queste scenate da ragazzina gelosa" sussurrò dolcemente, guardandola negli occhi. Stefania rimase incantata per qualche secondo sul viso pulito e rilassato di lui e trattenne l'ennesimo singhiozzo "e quell-a ragazza che mi ha risposto al cell-lulare?" mormorò lievemente. Davide fece un sorrisetto "amore, quella era Roberta, mia cugina, l'hai conosciuta a Natale" rispose semplicemente. Stefania scosse il capo "e va bene, ma l'altro giorno sono certa di aver visto una donna uscire dal tuo ufficio mentre ti aspettavo fuori! Non mentirmi, ti prego" borbottò stringendosi tra le braccia come per darsi coraggio. Davide ridacchiò "Ste, è la mia segretaria, no-" " ah, bene, ora fai porcate pure con la segretaria!" strillò Stefania, immergendo nuovamente la testa nel suo bozzolo. Davide si alzò tra qualche leggero fruscio e si mise alle spalle di Stefania, seduto a terra, stringendola a se da dietro. "Senti, Ste, ascoltami" le sussurrò all'orecchio "non ho alcuna intenzione di tradirti, va bene? Ti amo, piccola, lo sai benissimo. È solo la mia segretaria e, se vuoi saperlo, è pure brutta, e non farei mai nulla con lei. Beh, questo anche perché poi mi castreresti, conoscendoti..." mormorò, e Stefania fece una piccola risatina. Davide la strinse ancora più forte a se, facendo combaciare il suo petto con la schiena di lei. "Niente tradimenti in corso, allora?" sussurrò Stefania, voltandosi per guardarlo, seria. Davide sorrise appena "assolutamente no". La ragazza fece una smorfia "ti prego. Voglio che tu sia il Davide giusto. Non farmi male" sussurrò sommessamente. Davide fece un sorriso intenerito e le accrezzó i capelli "sono il Davide giusto, amore. E non ho intenzione di farti cambiare idea" le rispose a bassa voce. Stefania fece un mugolio di assenso e si appoggiò meglio al petto del suo ragazzo "bene così, allora" borbottò "altrimenti sarebbe stato peggio per te" concluse. "Non fatico a crederci" rispose Davide alzando gli occhi al cielo. "La sai una cosa, piccola?" le chiese poi, un sorriso divertito sul viso. Stefania scosse appena la testa, gli occhi già chiusi e un sorriso leggero sulle labbra. "Mi sembra di essere ritornati alla volta in cui ci siamo conosciuti, no? Nella sala del dentista..." sussurrò piano, perso nei ricordi. Stefania sbarrò gli occhi "oh! Hai ragione! Davide, quel bastardo pezzo di merda, mi aveva appena scaricata!" sillabò, una traccia dell'antico risentimento ancora presente. Davide le accarezzò lievemente un braccio, lo sguardo sorridente e pacifico "mi avevi detto che essere uomini era una pecca" sussurrò, facendo ridacchiare Stefania. "Beh, è vero, che male c'è nell'ammetterlo?" ammise sorridente. "Che male c'è, eh?" chiese Davide in un tono fintamente minaccioso, facendola voltare a guardarlo, mentre lei sorrideva spensierata come una bambina. "Ti faccio vedere io il potere maschile, donna" borbottò, facendo ridere forte Stefania. "Muoio letterarlmente di paura!" disse lei, ma non riuscì a finire la frase in un tono nornale. Perché Davide, mentre era distratta, aveva allungato le mani e aveva cominciato slealmente a farle il solletico, facendola contorcere sul tappeto a terra. "Oh mio Dio!" strillò Stefania tra una risata sguaiata e l'altra "smettila!". Davide si sporse su di lei, che ancora rideva allegra con le lacrime agli occhi, sino a che non si trovò esattamente sopra. Stefania aprì le palpebre, ancora ridacchiando, e fissò Davide negli occhi "sei sleale" sussurrò piano, a qualche millimetro dalle sue labbra. Davide imbastì un sorrisetto strafottente "sono un uomo, è diverso" rispose. Stefania alzò gli occhi al cielo e intrecciò le braccia attorno al collo del ragazzo. Si morse le labbra e sospirò " non so come diamine hai fatto, ma mi hai fatta irrimediabilmente innamorare di te, Davide il bastardo". Il ragazzo ghignò appena e si avvicinò a lei di un poco " quando mi sono imbarcato in questa storia non immaginavo nemmeno che tu potessi realmente minacciare la mia castrazione in caso di tradimento" mormorò assorto " ma, pericolo costante a parte," disse sfiorando le labbra di Stefania "non sai quanto sia felice di avere scelto di amare te, Stefania la acida".




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Buonasera! Allora, ho deciso, invece di fare un ultimo capitolo su una nuova coppia, di fare tre missing moments sulle tre già descritte. Non lo so, mi mancavano un po' e avevo voglia di riesumarle, sopratutto le prime due. Che ne pensate di Stefania e Davide? Ho deciso di fare andare la loro storia avanti perché mi piacevano, ma per le altre due coppie non so se farle arrivare ad un lieto fine, sarebbe troppo banale, forse. Mi inventerò qualcosa:) Okay, niente, grazie per avere letto e, se vi va, come sempre, recensite, perché mi servono seriamente pareri su ciò che scrivo. Grazie comunque a chi leggerà, davvero. Un bacio, CappelloParlante

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Capitolo 6
*** Matilde&Leonardo ***


"Sai, mi hanno detto che è un film bellissimo e che merita davvero. Ora, in realtà me l'ha detto Cecilia, sai come è, vive un po' nel suo mondo, non so bene se fidarmi o meno, ma, in ogni caso, ho letto la trama su inernet e mi sembra quantomeno carino. Insomma, non è che ogni film debba essere per forza da oscar, vero, amore? Beh, io dico di no. Anche per-" " mi fa il favore di tacere? Sta parlando senza interruzioni da quando hanno chiuso le luci e se non se ne è accorta sta iniziando il film!". Matilde si girò con un cipiglio offeso verso la proprietaria della voce. Era una vecchiettina con un cappello di dubbio gusto in testa seduta proprio nei sedili dietro di loro. Matilde si ritrovò ad arrossire "ehm...scusi" borbottò. Si girò velocemente verso lo schermo e sprofondò nel sedile, imbarazzata. Leonardo, al suo fianco, cercava di ridere il più piano possibile, ma i risultati erano abbastanza scarsi. Matilde gli tirò una gomitata "cosa ridi, tu" sibilò offesa. Leonardo emise un ultimo risolino e la guardò fisso, gli occhi allegri e brillanti "sei la cosa più comica con cui io abbia mai avuto a che fare" rispose. Matilde levó gli occhi al cielo e sospirò "non è un granché come complimento, insomma, avere l'umorismo di un computer non mi esalta più di tanto". La ragazza rivolse uno sguardo veloce allo schermo dove stava iniziando ad essere proiettato il film " Leo...non so se ne vale la pena. Del film, dico. Cecilia probabilmente non è cosi affidabile, che ne dici...ce ne andiamo?" sussurrò al ragazzo al suo fianco, d'un tratto insicura della sua scelta. Leonardo si voltò verso di lei e alzò gli occhi al cielo "ti vuoi decidere? Prima pensi sia bello, poi guardi un minuto di titoli d'inizio e sei assolutamente certa che faccia schifo...". Matilde incrociò strette le braccia al petto "ma come ti permetti, cafone" sibilò guardandolo male "se non te ne sei mai accorto, sono una grande esperta di cinema, io! Sai benissimo che l'estate scorsa sono pure stata a quel corso di cinematografia in Via delle Brigate! E avevi pure detto che secondo te avevo talento come critica! Oh, ma guarda cosa si scopre, Leonardo! Non mi ascolti mai!" "non è così semplice ascoltarti quando parli ventiquattr'ore su ventiquattro!" rispose il ragazzo piccato, alzando le mani come per tirarsi fuori dalla questione. Matilde spalancò gli occhi "cos- come ti permett-" boccheggiò per qualche secondo come un pesce fuor d'acqua. Quando ebbe ripreso il controllo gli scoccò un'occhiata furibonda "bene " sibilò "se la pensi così può anche finire tutto qui, sai quanto me ne importa" e fece per alzarsi. Leonardo sbuffò "Matilde, non fare idiozie, dai, siediti che vediamo il film assieme" sussurrò. La ragazza raccattò la borsa e si lisciò il cappotto "addi-" " ragazzina, siediti, non vedo assolutamente niente se stai in piedi" la interruppe brusca la vecchietta alle sue spalle. Matilde arrossì nuovamente e si lasciò cadere velocemente sul suo sedile "mi scusi" sussurrò alla vecchia. Si voltò appena verso Leonardo "resto soltanto perché la vecchietta mi fa una paura boia e non voglio contraddirla, ma appena finisce il film ognuno va per la sua strada" sibilò al ragazzo. Leonardo la guardò con occhi sgranati "Matilde, non dirai sul serio, spero" mormorò. La ragazza, in tutta risposta, si voltò a guardare il film. Restò così, gli occhi fissi sullo schermo e le braccia incrociate, senza badare a Leonardo, che le parlava a bassa voce e che le stuzzicava il braccio, ancora terribilmente offesa. Anche se aveva gli occhi incollati alle scene che venivano proiettate, in realtà, non stava seguendo assolutamente nulla della trama. Pensava, invece, a Leonardo, che in quel momento le stava chiedendo scusa all'orecchio con voce bassa e sussurrata. Era rimasta davvero molto male per quello che le avevano detto. Insomma, sapeva benissimo di parlare un pochetto di più della gente normale, ma, accidenti, era il suo ragazzo da parecchio tempo, ormai, e se non aveva ancora accettato quella piccola parte di lei, beh, avrebbe potuto anche fare fagotto e scomparire. "Mati...dai, lo sia benissimo che ti amo, e mi piace da morire quando parli a vanvera" le sussurrò roco all'orecchio. La ragazza, seppur ancora offesa, si lasciò scappare una risatina secca "che cosa romantica" borbottò ironica. Leonardo si sporse ancora di più verso di lei "davvero, Matilde, se mi desse realmente fastidio la tua, beh, parlantina, non sarei qui, ora, a sorbirmi questo film sfrangia palle polacco" sussurrò. Matilde fece un minuscolo sorriso "è slovacco, Leo. È stato filmato in quasi cinque anni, pensa un po', perché il regista aveva una rara malattia alle mani e dava sempre inizio alle riprese nei momenti sbagliati. Così, ciak dopo ciak, alla fine ci hanno messo una vita" rispose a bassa voce. Sentì gli occhi del ragazzo fissi su di lei e, imbarazzata, si voltò veloce verso di lui "cosa c'è?" chiese stizzita "ti ho dato fastidio anche adesso?". Leonardo scosse piano la testa, continuando a guardarla negli occhi "no" sussurrò piano "te l'ho detto, amore. Mi piace davvero quando parli. Non so perché ho detto così, prima, beh, in realtà a volte è vero, non riesco a seguirti bene nei tuoi discorsi, ma ascoltare la tua voce è una cosa splendida" assicurò. Matilde fece una smorfia "non so se esserne offesa o lusingata" mormorò, facendo sorridere lui, "preferirei lusingata" le rispose piano. Matilde alzò leggermente gli occhi al cielo "senti, mi dispiace anche a me" borbottò " lo sai che sono permalosa". Leonardo rise piano "Dio se lo so" mormorò, guadagnandosi un'altra gomitata nelle costole dalla ragazza. "Allora, pace fatta?" chiese, porgendole la mano. Matilde rise appena, e, sentendosi una perfetta bambina all'asilo, gliela strinse "pace fatta" sussurrò. Erano così persi a guardarsi fissi negli occhi, un sorriso allegro stampato in volto, che non si accorsero nemmeno della vecchietta che li guardava curiosa da dietro. "Allora che fate, vi baciate?" chiese con una voce roca. Matilde scoppiò a ridere forte e Leonardo le sorrise " non le interessava il film polacco, signora?" "slovacco, Leo, slovacco" lo interruppe una Matilde particolarmente sorridente. La vecchia scosse la testa "no, è orribile. Allora, la baci?" chiese veloce. Leonardo rise e si avvicinò a Matilde "uhm, non saprei...ti posso dare un bacio?" domandò con voce allegra. Matilde fece finta di pensarci su, poi sorrise apertamente "direi che si può fare". Quando Leonardo fu ad un soffio dalle sue labbra, Matilde non riuscì a trattenere un risolino. Dopotutto, sentirsi bambina insieme a Leonardo, le piaceva davvero, davvero tanto.















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Ed ecco a voi Matilde e Leonardo! Me li sono sempre vista come una coppia un po' atipica. Lei eterna bambina, logorroica e permalosa, lui un po' burbero ma con un cuore d'oro. E, beh, non potevo farli finire male, mi piacevano troppo assieme. Comunque, ormai dovremmo essere praticamente alla fine di questo percorso, infatti rimangono solo Veronica e Giacomo...aspettative? In ogni caso mi piacerebbe davvero, davvero, davvero, davvero (...) tanto ricevere qualche recensione per la storia, anche perché è praticamente conclusa e molte delle persone che seguono, leggono o che hanno messo tra i preferiti " Sala d'attesa" (e vi ringrazio davvero tutte, comunque) non mi hanno mai dato il loro parere e, beh, mi piacerebbe molto sentire la vostra. In ogni caso, come sempre, grazie a tutti:) Un bacio, CappelloParlante

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