Memento

di Darth Rainbow
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** capitolo uno ***
Capitolo 3: *** capitolo due ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Memento Prologo

 

La porta si aprì con uno schianto. Finalmente erano arrivati.

Aveva atteso per numerosi giorni, nutrendo addirittura la speranza che fosse riuscita a scampare al pericolo, che avessero rinunciato a cercarla. Purtroppo non era così, ma lei non si era illusa, sapeva fin troppo bene che alla fine sarebbero arrivati.

Per fortuna si era organizzata al meglio, anzi, doveva essere organizzata per il meglio, o sarebbe andato tutto perduto, e quello non lo poteva permettere.

Tirò un lungo respiro, per calmare il battito del cuore che le batteva in petto come un tamburo. Era pronta?  Sì, era pronta, o almeno lo sperava. Non sapeva ancora cosa sarebbe successo , o meglio, lo sapeva; ma non poteva dire con esattezza cosa sarebbe successo se il suo piano avrebbe funzionato. Effettivamente come piano aveva molti punti deboli.

Ripassò mentalmente cosa avrebbe dovuto fare, e capì con desolazione che in quel momento non poteva fare assolutamente nulla. Doveva solo essere paziente e aspettare, e pregare che tutto andasse bene. Se quello che aveva sentito era vero, nemmeno ripassare mentalmente aveva senso. Le venne quasi da ridere per l'assurdità della situazione, lei che si nascondeva...Eppure era così.

Quel che doveva fare l’aveva fatto, e sperava con tutto il cuore che andasse tutto bene, che non scoprissero nulla. Per un momento il panico l’assalì, temendo di aver sbagliato qualcosa, perché adesso tutto dipendeva da lei, e lo sapeva fin troppo bene. Ormai però non c’era più tempo, si disse. Se pure avesse sbagliato qualcosa non avrebbe potuto più fare nulla. Adesso non doveva far altro che comportarsi in modo “naturale”.

Sentì le grida, e gli oggetti che si frantumavano, la stavano cercando in ogni angolo della grande casa. Si era messa apposta in una stanzetta appartata, per rendere più credibile la messa in scena. Anche quello faceva parte del suo patetico piano. Un altro respiro. Doveva rimanere calma e lucida, o avrebbe mandato tutto a farsi benedire.

Sentì i passi che si avvicinavano, dovevano essere in cinque o sei. Tentarono di colpirla alle spalle, ma lei reagì prontamente e, dopo un breve scontro, riuscì ad avere la meglio su uno degli assalitori e lo lasciò a terra mentre cercava invano di tamponare una brutta ferita al torace. Non c’era spazio per il rimorso, e la mancanza di tempo le impedì di infliggerli il “colpo di grazia”.

Un altro riuscì a colpirlo fortissimo sullo stomaco, costringendolo in ginocchio, infine riuscì a dargli una botta dietro l’orecchio facendogli perdere i sensi.

Ma aveva perso troppo tempo con l’uomo, uno stupidissimo errore. Così in men che non si dica le furono tutti addosso, iniziò a lottare con violenza, colpendo alla cieca, ma era una tecnica sconveniente, e lo sapeva, soprattutto se si era in quattro contro uno.

Così dopo un brevissimo combattimento e qualche imprecazione, riuscirono a immobilizzarla al suolo. Anche in quel momento non si diede per vinta, e continuò a divincolarsi, ma era del tutto inutile. Tre la tenevano ferma, mentre un altro le apriva con forza la bocca, costringendola a bere il contenuto di un flaconcino.

Il liquido che le scese in gola era disgustoso, e per di più le faceva bruciare il naso e la bocca, anche gli occhi le presero a lacrimarle. “Ma cosa mi hanno dato ?” pensò, ” Non assomiglia a nulla che io conosca!”. Stupidamente iniziò a urlare, ma quelli provvidero velocemente a tappargli la bocca colpendola con un robusto bastone sulla nuca.

Un dolore sordo, provocato dalla botta, le pervase la testa e il corpo. Il cervello le pulsava, si sentiva stanca, molto stanca, i muscoli si rilassarono, la mente si annebbiò, e lentamente scivolò nell’oblio.

 

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Capitolo 2
*** capitolo uno ***


memento Capitolo Uno

Conuil (*) stava ritornando a casa dopo qualche giorno di viaggio. Era un ragazzo giovane, lavorava per un mercante, il suo lavoro era era il trasporto delle merci. Così, quella sera, stava sulla via del ritorno canticchiando un motivetto.

Era una serata calda, per i tradizionali standard: una leggera brezza alzava mulinelli di polvere. Lì nel regno dell’Est il clima era piuttosto arido, con un deserto di rocce che lo contornava a nordovest e ad ovest, e quindi le notti erano molto fredde. In compenso, di giorno il calore era soffocante.

Era un regno che aveva un passato di potenza imperiale, ma che con l’andar del tempo si era indebolito, tanto più che la maggior parte dei paesi colonizzati, aveva ottenuto l’indipendenza, oppure una forte autonomia.

La maggiore fonte di ricchezza dal punto di vista di materie prime era costituita dall’arcipelago delle Glanville, quattro isole situate non lontano dalla costa Nord del regno.

Qui a causa del clima mitigato dal mare, al contrario che nel resto del regno, la vegetazione era lussureggiante con grandi varietà di flora e fauna. Le Glanville erano dunque il cuore economico della Terra dell’Est. Inoltre, era molto sviluppato il commercio marittimo con i paesi dell’Alta Costa.

La capitale, Delgar, era tuttavia situata nell’Antica Zona, ossia sul continente, la principale ricchezza di quest’area invece era l’estrazione di metalli preziosi, le cui miniere però si andavano esaurendosi.

Delgar era una città caotica, sviluppatasi negli anni senza un ordine preciso, costruendo ovunque c’era spazio, risultando  così una struttura di edifici ammassati l’uno sull’altro.

La periferia era la parte più povera della città, con molte case nobiliari ormai abbandonate, ma nelle quali, per qualche misterioso motivo, era vietato che fossero occupate, così la povera gente viveva di solito in baracche, e spesso famiglie di dieci membri erano costrette a vivere insieme in case con una o due stanze, in condizioni impossibili. Gli affitti, per quei pochi che se lo potevano permettere, erano altissimi.

La zona centrale, invece, era occupata dai Palazzi Amministrativi, ossia il palazzo dell’Imperatore, la residenza del Senato, la Caserma delle Legioni, la Residenza degli Alti funzionari, e in fine la residenza del Consigliere.

L’Imperatore era la più alta carica politica, ed era assegnata per diritto di nascita, il Consigliere invece, era scelto dall’Imperatore, in base alla sua capacità, e poteva anche essere di umili origini, basta che avesse fondi sufficienti per distinguersi e far carriera. Il Consigliere rimaneva in carica per dieci anni, dopodiché, se l’Imperatore lo riteneva adatto, poteva rinominarlo, ahce se per una sola volta, il che accadeva raramente.

In quel periodo, l’Imperatore era Airdgal II (**), un vecchio semplice e senza troppe pretese, non molto sveglio, forse, e con poca iniziativa, ma governava giustamente.

Conuil era immerso nei propri pensieri, quando gli giunse alle orecchie un grido. Frenò bruscamente il carro, rimanendo in ascolto. Si sporse in uno dei vicoli, e vide un gran trambusto provenire da una delle vecchie case nobiliari, poi, quattro loschi figuri uscirono, frettolosamente, e si dileguarono nella notte.

Il ragazzo, turbato, scese dal carro e si avvicinò alla casa: la porta era stata sfondata, e dentro, il povero mobilio era stato quasi tutto distrutto, come se avessero frugato da qualche parte, e non avessero trovato nulla.

Poi sentì un gemito, provenire da un’altra stanza, si avviò verso di essa, cercando di non calpestare la moltitudine di oggetti sparsi per il suolo, quando scostò la tenda della camera, per poco non vomitò: c’erano due cadaveri a terra,tra cui una ragazza, e un terzo individuo stava rantolando con un pugnale conficcato nello stomaco.

Quindi con cautela si avvicinò, e si accorse che la ragazza non era morta e che respirava ancora, la girò e vide che aveva una brutta ferita alla testa.

“Non posso lasciarla qui”, si disse. Coaì e decise di lasciare lì i due uomini, e di portare la ragazza a sua sorella, che s’intendeva un poco di arti curative.

Così cercò di allontanarsi il più velocemente possibile, augurandosi che nessuno l'avesse visto, e che quindi lo acussase di quello che era successo. Caricò la giovane sul carro avvolta in una coperta, e ripartì in silenzio.


 

 

Spazio autrice:

*il nome è un nome irlandese la cui pronuncia inglese è “Connell”.

** anche questo è un nome irlandese e si pronuncia “Ardgal”

come vedete ci tengo a mettere dei nomi reali, seppur mantenendo una caratterizzazione un po’ “fantasy”, non posso chiamare una tizia Giulia per capirci, ma non mi andava nemmeno di chiamarla “Krasmirka”, nome assurdo peraltro inventato sul momento, dato che sono negata.

Sono contenta che la mia storia sia piaciuta, per ora ho contato due recensioni, e quindi presumo due lettori! XD

Spero che pure questo capitolo vi sia piaciuto, e spero che la storia si sviluppi bene.

Ma passiamo alle risposte personali.

Little Devil : devi calcolare che quello precedente era un Prologo, e quindi non molto dettagliato, spero che questo meglio e meno “fiacco”. Non ho capito bene una cosa della tua recensione: ‘sii più dettagliata in alcuni punti la storia è un po’ “fiacca” però mi piace molto.’ Cosa intendi? Che la storia in alcuni punti è fiacca? O che in alcuni punti devo essere più dettagliata? Oppure che devo essere più dettagliata e che la storia era un po’ fiacca, e in alcuni punti lo hai messo perché ti dava un “maggiore senso di profondità”? XD (ok non mi linciare domani). Per il resto nulla, sono contenta, ovviamente, ti piaccia la storia.

Frico267 : Amoreeeee!!! (ti posso chiamare amore, vero? Se no dimmelo ^^). Be’ che dire? La tua recensione mi ha fatto molto piacere e mi ha strappato un sorriso, sono decisamente contenta che la storia ti piaccia!!  * Yeahh(con la h!XD) * * me saltella felice per la stanza * ok, lascia stare…

Un bacione a tutti e alla prossima!! XD

 
 

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Capitolo 3
*** capitolo due ***


memento Capitolo due

Buio, prima di tutto c’era il buio,un buio denso, viscoso che avvolgeva tutto, ogni razionalità dalla sua mente e la trascinava nell’oblio. Non avrebbe saputo dire quanto tempo fosse passato. Forse, più semplicemente, il tempo non scorreva più. C’era solo il nulla.
Poi la situazione cambiò: suoni, mormorii indistinti, parole senza senso le arrivavano alle orecchie. Cercava invano di capirci qualcosa, ma era tutto inutile. Passò altro tempo, forse erano minuti, ore o forse giorni, chissà.
Infine arrivò la luce, una luce che le ferì la testa. Non gli occhi, la testa. La testa ebbe una fitta dolorosa che gli strappò un lamento. Probabilmente arrivò con la luce anche un po’ di lucidità, poiché iniziò a pensare in modo semirazionale.
A poco a poco iniziò a prendere coscienza delle cose: capì che stava sdraiata su un letto, in una camera, e che ogni tanto le davano da mangiare e le tamponavano con un asciugamano umido il viso e il collo. A volte la curavano, gli applicavano impiastri su una ferita alla testa, e, dove lei puntualmente urlava di dolore. Altre volte invece la costringevano a bere disgustose bevande, ma alla fine accettava senza fiatare.
Capì anche che a curarla e a prendersi cura di lei era una ragazza, e quando la febbre diminuì, e con questa, pure i deliri, apprese che si chiamava Helens. Helens… quel nome non le diceva assolutamente nulla, evidentemente, doveva essere qualcuno che le voleva bene, ma al momento non riusciva a collegarla a niente.
Dopo alcuni giorni migliorò notevolmente: adesso non passava più la maggior parte del tempo dormendo, immersa in quello stadio tra la veglia e il sonno, in cui si è coscienti solo per metà di quello che accade. Era immensamente sollevata di questo, poiché era una sensazione che la mandava nel panico, e finiva col rigirarsi nel letto, dove a volte si svegliava, mormorava parole sconnesse e si riaddormentava.
A volte le facevano delle domande: del tipo chi era, e da dove veniva. Ma ogni volta che gliele poneva, entrava in crisi. Così quelle persone decidevano che era ancora sotto shock e lasciavano stare. La ragazza comprese così di non aver nessun legame con quelle persone ed iniziò a preoccuparsi.
Quando fu finalmente in grado di alzarsi, decisero che doveva assolutamente fare un bagno, ma lei era restia, non le piaceva l’idea, le incuteva paura. Quando lo disse, le risero in faccia, dicendo che non c’era nulla di cui preoccuparsi, e che era solo una stupida paura. Quindi, la ragazza mortificata acconsentì.
La aiutarono a entrare nella bacinella piena d’acqua, per lavarla. Le massaggiarono i capelli con vari oli, e la aiutarono a lavarsi il corpo, e lei decise che alla fine non era poi tanto sgradevole. Si accorse poi che accanto alla tinozza vi era un grande specchio di bronzo, la ragazza si sbirciò, guardando la propria immagine riflessa: i capelli corvini le ricadevano sulle spalle, due occhi neri che la scrutavano, una pelle chiara, che risaltava il contrasto con i capelli. L’espressione era decisa e leggermente inquieta, aveva un viso abbastanza regolare, forse con gli zigomi un po’ alti. Un viso tutto sommato normale. Un viso di un’estranea.
Questa conclusione le fece correre un brivido lungo la schiena, non sapeva chi fosse, da dove venisse, cosa ci facesse lì. Tutto questo era abbastanza angosciante, ma il non riconoscersi, la gettava nel panico.
Quella notte sognò di scappare: scappava per vicoli, strade e stradine, palazzi, all’infinito, ma la cosa che più la terrorizzava era che non sapeva chi, la stesse seguendo. Si svegliò di soprassalto, tutta sudata “era solo un sogno” pensò, tentò di riaddormentarsi, ma il cuore le batteva ancora forte nel petto.
L’indomani Helens venne a trovarla:
“ho chiamato un sacerdote” disse, “è molto strano che tu non ti ricordi minimamente chi sei.” Continuò: “All’inizio credevo fosse colpa della febbre, sai deliravi… la botta in testa non era abbastanza forte da farti perdere la memoria… così ho deciso di chiamare qualcuno più esperto di me nelle arti curative.”
“un sacerdote”, pensò l’altra “potrebbe non essere male come idea, inoltre i sacerdoti sanno parecchio di quello che accade qui in città, di solito lo sentono dai fedeli, forse lui potrà svelare il mistero della mia identità”.
Il sacerdote venne nel pomeriggio, era un vecchio pieno di vita, non era molto chiacchierone, e la ragazza si sentiva in soggezione, e non osò fargli nessuna domanda. Come prima cosa le studiò attentamente la ferita, poi le tastò il polso per controllare i battiti, ed infine le prelevò un po’ di sangue. Poi le prescrisse alcuni rimedi per far cessare la febbre. Quando Helens gli chiese risposte riguardo al mistero della memoria, il vecchio rispose che di sicuro non era colpa della botta, e che avrebbe compiuto esami più accurati, poi consigliò di tagliarle i capelli, per evitare che la ferita si infettasse ulteriormente.
Helens all’inizio era titubante, diceva che se le avessero tagliato i capelli, nessuno l’avrebbe più riconosciuta. Ma a quest’obiezione, l’altra ragazza rispose:
“Di sicuro chi mi ha fatto questo, se mi vede là fuori, non sarà tanto felice di vedermi, e di sicuro non mi tratterà con gentilezza. Quindi per il momento se nascondo la mia identità e meglio, si può sempre iniziare una nuova vita, ma se le persone che mi hanno fatto questo mi stanno ancora cercando, beh, preferirei non dare nell’occhio.”.
Helens accettò, d’altronde quello era il suo volere, e non è che potesse fare molto, così ritornò con una bacinella colma d’acqua, degli oli, e delle forbici.
“Senti” disse, “Ti posso trovare un nome? Mi dà terribilmente fastidio non poterti chiamare, inoltre tutti di norma hanno un nome, seppure fittizio.”
“D’accordo”rispose l’altra. Dopotutto un nome le serviva, aveva in progetto di pensarci più tardi, ma dato che se ne presentava l’occasione…
“E che nome mi vorresti dare?”
“Non saprei, che ne dici di Aillean (*)?”
“Aillean, credo vada bene…”
“Perfetto allora! Sai Aillean era il nome di mia nonna”
Aillean fece una smorfia, perfetto, le mancava proprio un nome da vecchia, però alla fine non era male.
“allora, ne sei proprio sicura?” chiese Helens
“sicura di cosa?”
“di tagliarti i capelli, sono così belli...”
Aillean fece un sospiro di sopportazione, ci mancava solo che si mettesse ad avere rimpianti sui suoi capelli. Helen iniziò a bagnarglieli, poi glieli lavò ed infine ci cosparse dell’olio, poi li pettinò all’indietro, e, prese le forbici, iniziò a tagliargli le varie ciocche, una per una, fino a che non diventarono cortissimi. Aillean si guardò allo specchio, era abbastanza irriconoscibile.
“Bene” disse. Helens fece una smorfia, ma non disse niente, Aillean si sporse verso lo specchio, per guardarsi meglio, ma fu distratta da un’esclamazione da parte dell’altra:
“Non mi ero mai accorta che avessi un tatuaggio sul collo!”
“Veramente nemmeno io.” Rispose, “E cosa ci sarebbe raffigurato?”
“Non saprei, è una strana figura, credo sia un gioiello, e sotto…mi pare di intravedere una scritta, ma non capisco cosa c’è scritto, è all’incontrario!”
Una scritta al contrario? Non aveva senso! Ci sarebbe voluto uno specchio per leggerla…uno specchio, già, forse si doveva leggere allo specchio. Ma chi era tanto folle da farsi una scritta da poter leggere allo specchio? Ovviamente lei, ma perché mai avrebbe dovuto? Il tutto non aveva nessun senso. Forse era stato qualcun altro a farlo, chissà.
“Portami uno specchio, in modo che io possa vedere cosa c’è scritto.”
La ragazza ubbidì, e poco dopo tornò con uno specchietto. Aillean si posizionò quindi davanti al grande specchio, e, preso quello piccolo, fece in modo di riuscire a scorgere il tatuaggio. Dalla forma si sarebbe detto un ciondolo, senza nulla di particolare, la scritta però, era troppo piccola perché lei riuscisse a decifrarla.
“Prendi lo specchio e cerca di capire cosa c’è scritto.” Disse all’altra.
Helens prese lo specchio, e lesse:
“Credo sia << cercami >>, ma non ha senso! Che cosa vuol dire?”
Cercami? Che cosa intendeva? Che doveva andare a cercare il gioiello raffigurato? Ma era una pazzia! Chissà quanti mercanti di gioielli esistevano! Come avrebbe fatto a trovarlo in una città grande come quella? E soprattutto, perché lei si sarebbe dovuta far fare un tatuaggio con scritto <>? Cominciò ad avere l’orribile sensazione che non fosse stata lei a farlo, e si sentì come una pedina nelle mani di un giocatore misterioso, un brivido le percorse la schiena.
“Bene” disse quindi, “E’ inutile agitarsi, probabilmente non voleva dire nulla” ma stava solo mentendo.
Qualche ora dopo arrivò il sacerdote, che chiese di parlare da solo con Aillean. Quindi, quando Helens se ne andò, il vecchio iniziò a parlare:
“Ho fatto alcune diagnosi sul tuo sangue, e ho trovato della roba strana, non saprei esattamente cosa fosse, ma di sicuro lì non ci doveva stare quindi…”
“E’ stato quello che mi ha fatto perdere la memoria?” lo interruppe l’altra.
“Se mi fai finire, invece di interrompermi…” disse allora il vecchio lanciandole uno sguardo di rimprovero “… Allora, come stavo dicendo, inizialmente credevo che fosse colpa della botta, ma c’erano varie cose che non quadravano. Per prima cosa il colpo era abbastanza violento da farti perdere i sensi, ma non tale da farti perdere la memoria, questa eventualità ci potrebbe essere stata se tu fossi stata in avanti con l’età, ma siccome presuppongo che avrai più o meno venticinque anni, era un’ipotesi da escludere. Se anche il colpo fosse stato così forte da farti perdere la memoria, sarebbe stato per un periodo temporaneo, di pochi giorni. Ed in breve avresti recuperato la memoria.”
“Quindi è per colpa di quella porcheria che adesso non ricordo più nulla!”
“Io non mi sarei espresso così, ma comunque si.”
“Ma come diavolo hanno fatto a farmelo entrare in circolo? Non ho visto buchi di aghi da nessuna parte.”
“Probabilmente te l’hanno fatto bere, e poi te lo hai assimilato…”
“Ma come è possibile che a distanza di giorni io non l’abbia in qualche modo espulso?”
“Non lo so, te l’ho detto, non ho la minima idea di cosa sia, probabilmente un intruglio vario di droghe e roba strana. Devi comunque calcolare che la << traccia >> era molto << sbiadita >>, per capirci.”
“Mmm, credo di aver capito.”
“E’ quasi sicuro che qualcuno l’abbia fatto apposta, infatti oltre ad essere un composto molto complesso, mira proprio a cancellarti la memoria, ma molti degli istinti li hai conservati. Non  sei come un bambino che deve conoscere tutto del mondo, per capirci. Le cose base le sai, ed ho il sospetto che tu sappia di più di molte persone, hai una mente acuta, sei orgogliosa e pronta a tutto, e anche un’eccellente preparazione fisica…”
“E te come fai a sapere così tante cose su di me, quando nemmeno io le so?”
“Non devi dimenticare che io ho passato tanti anni in mezzo alla gente, e che quindi qualcosa devo pur aver imparato.”
Aillean annui. Poi disse:
“Ho trovato un tatuaggio, dietro la nuca, rappresenta un gioiello, e sotto c’è scritto << cercami >>, hai idea di cosa voglia dire?”
“Sinceramente proprio no.”
“D’accordo” disse, poi aggiunse :
“Mi puoi procurare una pianta della città? Ah e chiamami Conuil? Mi deve portare in un posto.”
“Certamente, solo per curiosità, dove vorresti andare?”
“Al luogo dove sono stata trovata, credo proprio che io debba fare una ricerca…” E così dicendo uscì dalla stanza.

Spazio autrice:

(*) Si pronuncia "Alan".


  Ed eccoci qua! Questo capitolo è venuto molto lungo rispetto agli altri, e ne sono contenta, non so però se quelli che verranno in seguito saranno all’altezza. Anzi, sono nel panico perché sinceramente non so bene cosa scrivere. Intelligente io, che so benissimo come si svolgerà la fine, ma non quello che succede nel mezzo.
Detto questo, volevo ringraziare tutti quelli che leggono e che, naturalmente recensiscono.
Little Devil: Allora, che dire, assolutamente nulla, vabbè che ti ho costretto, ma un commentino un po’ più lungo me lo potevi fare. Vedi di commentare doverosamente questo qui, che è bello lungo XD
Frico265: Amore?? Ma lo sai che alle tue recenioni stavo cadendo dalla sedia? Dico sul serio! Checché tu ne dica, adoro i tuoi commenti, le tue stupende parodie sulla vita reale e su lupi mannari… XD
Bernoccolino: Lo so, te hai commentato due capitoli fa, ma visto che non ti ho risposto, ti rispondo adesso, anche se non lo leggerai mai… Che dire? Adoro leggere i tuoi deliri, e ricordati di connetterti ogni tanto su questo stupendo sito e di commentare!!
Un grosso bacio a tutti quanti.
Veronica

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