Memento di Darth Rainbow (/viewuser.php?uid=59239)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** capitolo uno ***
Capitolo 3: *** capitolo due ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Memento
Prologo
La porta si aprì con uno schianto. Finalmente erano arrivati.
Aveva atteso per numerosi giorni, nutrendo addirittura la speranza che
fosse riuscita a scampare al pericolo, che avessero rinunciato a
cercarla. Purtroppo non era così, ma lei non si era illusa,
sapeva fin troppo bene che alla fine sarebbero arrivati.
Per fortuna si era organizzata al meglio, anzi, doveva essere
organizzata per il meglio, o sarebbe andato tutto perduto, e quello non
lo poteva permettere.
Tirò un lungo respiro, per calmare il battito del cuore che le
batteva in petto come un tamburo. Era pronta? Sì, era
pronta, o almeno lo sperava. Non sapeva ancora cosa sarebbe successo
, o meglio, lo sapeva; ma non poteva dire con
esattezza cosa sarebbe successo se il suo piano avrebbe funzionato.
Effettivamente come piano aveva molti punti deboli.
Ripassò mentalmente cosa avrebbe dovuto fare, e capì con
desolazione che in quel momento non poteva fare assolutamente nulla.
Doveva solo essere paziente e aspettare, e pregare che tutto andasse bene.
Se quello che aveva sentito era vero, nemmeno ripassare mentalmente aveva senso. Le venne quasi da ridere per l'assurdità della situazione, lei che si nascondeva...Eppure era così.
Quel che doveva fare l’aveva fatto, e sperava con tutto il cuore
che andasse tutto bene, che non scoprissero nulla. Per un momento il panico
l’assalì, temendo di aver sbagliato qualcosa,
perché adesso tutto dipendeva da lei, e lo sapeva fin troppo
bene. Ormai però non c’era più tempo, si disse. Se
pure avesse sbagliato qualcosa non avrebbe potuto più fare
nulla. Adesso non doveva far altro che comportarsi in modo
“naturale”.
Sentì le grida, e gli oggetti che si frantumavano, la stavano
cercando in ogni angolo della grande casa. Si era messa apposta in una
stanzetta appartata, per rendere più credibile la messa in
scena. Anche quello faceva parte del suo patetico piano. Un altro
respiro. Doveva rimanere calma e lucida, o avrebbe mandato tutto a
farsi benedire.
Sentì i passi che si avvicinavano, dovevano essere in cinque o
sei. Tentarono di colpirla alle spalle, ma lei reagì prontamente e, dopo
un breve scontro, riuscì ad avere la meglio su uno degli
assalitori e lo lasciò a terra mentre cercava invano di
tamponare una brutta ferita al torace. Non c’era spazio per il
rimorso, e la mancanza di tempo le impedì di infliggerli il
“colpo di grazia”.
Un altro riuscì a colpirlo fortissimo sullo stomaco,
costringendolo in ginocchio, infine riuscì a dargli una botta dietro
l’orecchio facendogli perdere i sensi.
Ma aveva perso troppo tempo con l’uomo, uno stupidissimo errore.
Così in men che non si dica le furono tutti addosso,
iniziò a lottare con violenza, colpendo alla cieca, ma
era una tecnica sconveniente, e lo sapeva, soprattutto se si era in
quattro contro uno.
Così dopo un brevissimo combattimento e qualche imprecazione,
riuscirono a immobilizzarla al suolo. Anche in quel momento non si
diede per vinta, e continuò a divincolarsi, ma era del tutto
inutile. Tre la tenevano ferma, mentre un altro le apriva con forza la
bocca, costringendola a bere il contenuto di un flaconcino.
Il liquido che le scese in gola era disgustoso, e per di più le
faceva bruciare il naso e la bocca, anche gli occhi le presero a
lacrimarle. “Ma cosa mi hanno dato ?” pensò, ”
Non assomiglia a nulla che io conosca!”. Stupidamente
iniziò a urlare, ma quelli provvidero velocemente a tappargli la
bocca colpendola con un robusto bastone sulla nuca.
Un dolore sordo, provocato dalla botta, le pervase la testa e il corpo.
Il cervello le pulsava, si sentiva stanca, molto stanca, i muscoli si
rilassarono, la mente si annebbiò, e lentamente scivolò
nell’oblio.
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Capitolo 2 *** capitolo uno ***
memento
Capitolo Uno
Conuil (*) stava ritornando
a casa dopo qualche giorno di viaggio. Era un ragazzo giovane, lavorava
per un mercante, il suo lavoro era era il trasporto delle merci.
Così, quella sera, stava sulla via del ritorno canticchiando un
motivetto.
Era una serata calda, per i
tradizionali standard: una leggera brezza alzava mulinelli di
polvere. Lì nel regno dell’Est il clima era piuttosto
arido, con un deserto di rocce che lo contornava a nordovest e ad ovest, e quindi le notti erano
molto fredde. In compenso, di giorno il calore era soffocante.
Era un regno che aveva un
passato di potenza imperiale, ma che con l’andar del tempo si era
indebolito, tanto più che la maggior parte dei paesi
colonizzati, aveva ottenuto l’indipendenza, oppure una forte
autonomia.
La maggiore fonte di
ricchezza dal punto di vista di materie prime era costituita
dall’arcipelago delle Glanville, quattro isole situate non lontano dalla
costa Nord del regno.
Qui a causa del clima
mitigato dal mare, al contrario che nel resto del regno, la vegetazione era
lussureggiante con grandi varietà di flora e fauna. Le Glanville
erano dunque il cuore economico della Terra dell’Est. Inoltre,
era molto sviluppato il commercio marittimo con i paesi
dell’Alta Costa.
La capitale, Delgar, era
tuttavia situata nell’Antica Zona, ossia sul continente, la
principale ricchezza di quest’area invece era l’estrazione
di metalli preziosi, le cui miniere però si andavano esaurendosi.
Delgar era una città
caotica, sviluppatasi negli anni senza un ordine preciso, costruendo
ovunque c’era spazio, risultando così una struttura
di edifici ammassati l’uno sull’altro.
La periferia era la parte
più povera della città, con molte case nobiliari ormai
abbandonate, ma nelle quali, per qualche misterioso motivo, era vietato
che fossero occupate, così la povera gente viveva di solito in
baracche, e spesso famiglie di dieci membri erano costrette a vivere
insieme in case con una o due stanze, in condizioni impossibili. Gli
affitti, per quei pochi che se lo potevano permettere, erano altissimi.
La zona centrale, invece,
era occupata dai Palazzi Amministrativi, ossia il palazzo
dell’Imperatore, la residenza del Senato, la Caserma delle
Legioni, la Residenza degli Alti funzionari, e in fine la residenza del
Consigliere.
L’Imperatore era la
più alta carica politica, ed era assegnata per diritto di
nascita, il Consigliere invece, era scelto dall’Imperatore, in
base alla sua capacità, e poteva anche essere di umili origini,
basta che avesse fondi sufficienti per distinguersi e far carriera. Il
Consigliere rimaneva in carica per dieci anni, dopodiché, se
l’Imperatore lo riteneva adatto, poteva rinominarlo, ahce se per una sola volta, il che accadeva raramente.
In quel periodo,
l’Imperatore era Airdgal II (**), un vecchio semplice e senza
troppe pretese, non molto sveglio, forse, e con poca iniziativa, ma
governava giustamente.
Conuil era immerso nei
propri pensieri, quando gli giunse alle orecchie un grido. Frenò
bruscamente il carro, rimanendo in ascolto. Si sporse in uno dei
vicoli, e vide un gran trambusto provenire da una delle vecchie case
nobiliari, poi, quattro loschi figuri uscirono, frettolosamente, e si
dileguarono nella notte.
Il ragazzo, turbato, scese
dal carro e si avvicinò alla casa: la porta era stata sfondata,
e dentro, il povero mobilio era stato quasi tutto distrutto, come se
avessero frugato da qualche parte, e non avessero trovato nulla.
Poi sentì un gemito,
provenire da un’altra stanza, si avviò verso di essa,
cercando di non calpestare la moltitudine di oggetti sparsi per il
suolo, quando scostò la tenda della camera, per poco non
vomitò: c’erano due cadaveri a terra,tra cui una ragazza, e un terzo individuo stava
rantolando con un pugnale conficcato nello stomaco.
Quindi con cautela si avvicinò, e si accorse che la ragazza non era morta e che respirava ancora, la girò e vide che aveva una brutta ferita alla
testa.
“Non posso lasciarla
qui”, si disse. Coaì e decise di lasciare lì i due uomini, e di portare
la ragazza a sua sorella, che s’intendeva un poco di arti
curative.
Così cercò di allontanarsi il più velocemente possibile, augurandosi che nessuno l'avesse visto, e che quindi lo acussase di quello che era successo. Caricò la giovane sul carro avvolta in una
coperta, e ripartì in silenzio.
Spazio autrice:
*il nome è un nome irlandese la cui pronuncia inglese è “Connell”.
** anche questo è un nome irlandese e si pronuncia “Ardgal”
come vedete ci tengo a
mettere dei nomi reali, seppur mantenendo una caratterizzazione un
po’ “fantasy”, non posso chiamare una tizia Giulia
per capirci, ma non mi andava nemmeno di chiamarla
“Krasmirka”, nome assurdo peraltro inventato sul momento,
dato che sono negata.
Sono contenta che la mia storia sia piaciuta, per ora ho contato due recensioni, e quindi presumo due lettori! XD
Spero che pure questo capitolo vi sia piaciuto, e spero che la storia si sviluppi bene.
Ma passiamo alle risposte personali.
Little Devil :
devi calcolare che quello precedente era un Prologo, e quindi non molto
dettagliato, spero che questo meglio e meno “fiacco”. Non
ho capito bene una cosa della tua recensione: ‘sii più
dettagliata in alcuni punti la storia è un po’
“fiacca” però mi piace molto.’ Cosa intendi?
Che la storia in alcuni punti è fiacca? O che in alcuni punti
devo essere più dettagliata? Oppure che devo essere più
dettagliata e che la storia era un po’ fiacca, e in alcuni punti
lo hai messo perché ti dava un “maggiore senso di
profondità”? XD (ok non mi linciare domani). Per il resto
nulla, sono contenta, ovviamente, ti piaccia la storia.
Frico267
: Amoreeeee!!! (ti posso chiamare amore, vero? Se no dimmelo ^^).
Be’ che dire? La tua recensione mi ha fatto molto piacere e mi ha
strappato un sorriso, sono decisamente contenta che la storia ti
piaccia!! * Yeahh(con la h!XD) * * me saltella felice per la
stanza * ok, lascia stare…
Un bacione a tutti e alla prossima!! XD
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Capitolo 3 *** capitolo due ***
memento
Capitolo due
Buio, prima di tutto
c’era il buio,un buio denso, viscoso che avvolgeva tutto, ogni
razionalità dalla sua mente e la trascinava nell’oblio.
Non avrebbe saputo dire quanto tempo fosse passato. Forse, più
semplicemente, il tempo non scorreva più. C’era solo il
nulla.
Poi la situazione
cambiò: suoni, mormorii indistinti, parole senza senso le
arrivavano alle orecchie. Cercava invano di capirci qualcosa, ma era
tutto inutile. Passò altro tempo, forse erano minuti, ore o
forse giorni, chissà.
Infine arrivò la
luce, una luce che le ferì la testa. Non gli occhi, la testa. La
testa ebbe una fitta dolorosa che gli strappò un lamento.
Probabilmente arrivò con la luce anche un po’ di
lucidità, poiché iniziò a pensare in modo
semirazionale.
A poco a poco iniziò
a prendere coscienza delle cose: capì che stava sdraiata su un
letto, in una camera, e che ogni tanto le davano da mangiare e le
tamponavano con un asciugamano umido il viso e il collo. A volte la
curavano, gli applicavano impiastri su una ferita alla testa, e, dove
lei puntualmente urlava di dolore. Altre volte invece la costringevano
a bere disgustose bevande, ma alla fine accettava senza fiatare.
Capì anche che a
curarla e a prendersi cura di lei era una ragazza, e quando la febbre
diminuì, e con questa, pure i deliri, apprese che si chiamava
Helens. Helens… quel nome non le diceva assolutamente nulla,
evidentemente, doveva essere qualcuno che le voleva bene, ma al momento
non riusciva a collegarla a niente.
Dopo alcuni giorni
migliorò notevolmente: adesso non passava più la maggior
parte del tempo dormendo, immersa in quello stadio tra la veglia e il
sonno, in cui si è coscienti solo per metà di quello che
accade. Era immensamente sollevata di questo, poiché era una
sensazione che la mandava nel panico, e finiva col rigirarsi nel letto,
dove a volte si svegliava, mormorava parole sconnesse e si
riaddormentava.
A volte le facevano delle
domande: del tipo chi era, e da dove veniva. Ma ogni volta che gliele
poneva, entrava in crisi. Così quelle persone decidevano che era
ancora sotto shock e lasciavano stare. La ragazza comprese così
di non aver nessun legame con quelle persone ed iniziò a
preoccuparsi.
Quando fu finalmente in
grado di alzarsi, decisero che doveva assolutamente fare un bagno, ma
lei era restia, non le piaceva l’idea, le incuteva paura. Quando
lo disse, le risero in faccia, dicendo che non c’era nulla di cui
preoccuparsi, e che era solo una stupida paura. Quindi, la ragazza
mortificata acconsentì.
La aiutarono a entrare nella
bacinella piena d’acqua, per lavarla. Le massaggiarono i capelli
con vari oli, e la aiutarono a lavarsi il corpo, e lei decise che alla
fine non era poi tanto sgradevole. Si accorse poi che accanto alla
tinozza vi era un grande specchio di bronzo, la ragazza si
sbirciò, guardando la propria immagine riflessa: i capelli
corvini le ricadevano sulle spalle, due occhi neri che la scrutavano,
una pelle chiara, che risaltava il contrasto con i capelli.
L’espressione era decisa e leggermente inquieta, aveva un viso
abbastanza regolare, forse con gli zigomi un po’ alti. Un viso
tutto sommato normale. Un viso di un’estranea.
Questa conclusione le fece
correre un brivido lungo la schiena, non sapeva chi fosse, da dove
venisse, cosa ci facesse lì. Tutto questo era abbastanza
angosciante, ma il non riconoscersi, la gettava nel panico.
Quella notte sognò di
scappare: scappava per vicoli, strade e stradine, palazzi,
all’infinito, ma la cosa che più la terrorizzava era che
non sapeva chi, la stesse seguendo. Si svegliò di soprassalto,
tutta sudata “era solo un sogno” pensò, tentò
di riaddormentarsi, ma il cuore le batteva ancora forte nel petto.
L’indomani Helens venne a trovarla:
“ho chiamato un
sacerdote” disse, “è molto strano che tu non ti
ricordi minimamente chi sei.” Continuò:
“All’inizio credevo fosse colpa della febbre, sai
deliravi… la botta in testa non era abbastanza forte da farti
perdere la memoria… così ho deciso di chiamare qualcuno
più esperto di me nelle arti curative.”
“un sacerdote”,
pensò l’altra “potrebbe non essere male come idea,
inoltre i sacerdoti sanno parecchio di quello che accade qui in
città, di solito lo sentono dai fedeli, forse lui potrà
svelare il mistero della mia identità”.
Il sacerdote venne nel
pomeriggio, era un vecchio pieno di vita, non era molto chiacchierone,
e la ragazza si sentiva in soggezione, e non osò fargli nessuna
domanda. Come prima cosa le studiò attentamente la ferita, poi
le tastò il polso per controllare i battiti, ed infine le
prelevò un po’ di sangue. Poi le prescrisse alcuni rimedi
per far cessare la febbre. Quando Helens gli chiese risposte riguardo
al mistero della memoria, il vecchio rispose che di sicuro non era
colpa della botta, e che avrebbe compiuto esami più accurati,
poi consigliò di tagliarle i capelli, per evitare che la ferita
si infettasse ulteriormente.
Helens all’inizio era
titubante, diceva che se le avessero tagliato i capelli, nessuno
l’avrebbe più riconosciuta. Ma a quest’obiezione,
l’altra ragazza rispose:
“Di sicuro chi mi ha
fatto questo, se mi vede là fuori, non sarà tanto felice
di vedermi, e di sicuro non mi tratterà con gentilezza. Quindi
per il momento se nascondo la mia identità e meglio, si
può sempre iniziare una nuova vita, ma se le persone che mi
hanno fatto questo mi stanno ancora cercando, beh, preferirei non dare
nell’occhio.”.
Helens accettò,
d’altronde quello era il suo volere, e non è che potesse
fare molto, così ritornò con una bacinella colma
d’acqua, degli oli, e delle forbici.
“Senti” disse,
“Ti posso trovare un nome? Mi dà terribilmente fastidio
non poterti chiamare, inoltre tutti di norma hanno un nome, seppure
fittizio.”
“D’accordo”rispose
l’altra. Dopotutto un nome le serviva, aveva in progetto di
pensarci più tardi, ma dato che se ne presentava
l’occasione…
“E che nome mi vorresti dare?”
“Non saprei, che ne dici di Aillean (*)?”
“Aillean, credo vada bene…”
“Perfetto allora! Sai Aillean era il nome di mia nonna”
Aillean fece una smorfia, perfetto, le mancava proprio un nome da vecchia, però alla fine non era male.
“allora, ne sei proprio sicura?” chiese Helens
“sicura di cosa?”
“di tagliarti i capelli, sono così belli...”
Aillean fece un sospiro di
sopportazione, ci mancava solo che si mettesse ad avere rimpianti sui
suoi capelli. Helen iniziò a bagnarglieli, poi glieli
lavò ed infine ci cosparse dell’olio, poi li
pettinò all’indietro, e, prese le forbici, iniziò a
tagliargli le varie ciocche, una per una, fino a che non diventarono
cortissimi. Aillean si guardò allo specchio, era abbastanza
irriconoscibile.
“Bene” disse.
Helens fece una smorfia, ma non disse niente, Aillean si sporse verso
lo specchio, per guardarsi meglio, ma fu distratta da
un’esclamazione da parte dell’altra:
“Non mi ero mai accorta che avessi un tatuaggio sul collo!”
“Veramente nemmeno io.” Rispose, “E cosa ci sarebbe raffigurato?”
“Non saprei, è
una strana figura, credo sia un gioiello, e sotto…mi pare di
intravedere una scritta, ma non capisco cosa c’è scritto,
è all’incontrario!”
Una scritta al contrario?
Non aveva senso! Ci sarebbe voluto uno specchio per leggerla…uno
specchio, già, forse si doveva leggere allo specchio. Ma chi era
tanto folle da farsi una scritta da poter leggere allo specchio?
Ovviamente lei, ma perché mai avrebbe dovuto? Il tutto non aveva
nessun senso. Forse era stato qualcun altro a farlo, chissà.
“Portami uno specchio, in modo che io possa vedere cosa c’è scritto.”
La ragazza ubbidì, e
poco dopo tornò con uno specchietto. Aillean si posizionò
quindi davanti al grande specchio, e, preso quello piccolo, fece in
modo di riuscire a scorgere il tatuaggio. Dalla forma si sarebbe detto
un ciondolo, senza nulla di particolare, la scritta però, era
troppo piccola perché lei riuscisse a decifrarla.
“Prendi lo specchio e cerca di capire cosa c’è scritto.” Disse all’altra.
Helens prese lo specchio, e lesse:
“Credo sia << cercami >>, ma non ha senso! Che cosa vuol dire?”
Cercami? Che cosa intendeva?
Che doveva andare a cercare il gioiello raffigurato? Ma era una pazzia!
Chissà quanti mercanti di gioielli esistevano! Come avrebbe
fatto a trovarlo in una città grande come quella? E soprattutto,
perché lei si sarebbe dovuta far fare un tatuaggio con scritto
<>? Cominciò ad avere l’orribile
sensazione che non fosse stata lei a farlo, e si sentì come una
pedina nelle mani di un giocatore misterioso, un brivido le percorse la
schiena.
“Bene” disse
quindi, “E’ inutile agitarsi, probabilmente non voleva dire
nulla” ma stava solo mentendo.
Qualche ora dopo
arrivò il sacerdote, che chiese di parlare da solo con Aillean.
Quindi, quando Helens se ne andò, il vecchio iniziò a
parlare:
“Ho fatto alcune
diagnosi sul tuo sangue, e ho trovato della roba strana, non saprei
esattamente cosa fosse, ma di sicuro lì non ci doveva stare
quindi…”
“E’ stato quello che mi ha fatto perdere la memoria?” lo interruppe l’altra.
“Se mi fai finire,
invece di interrompermi…” disse allora il vecchio
lanciandole uno sguardo di rimprovero “… Allora, come
stavo dicendo, inizialmente credevo che fosse colpa della botta, ma
c’erano varie cose che non quadravano. Per prima cosa il colpo
era abbastanza violento da farti perdere i sensi, ma non tale da farti
perdere la memoria, questa eventualità ci potrebbe essere stata
se tu fossi stata in avanti con l’età, ma siccome
presuppongo che avrai più o meno venticinque anni, era
un’ipotesi da escludere. Se anche il colpo fosse stato
così forte da farti perdere la memoria, sarebbe stato per un
periodo temporaneo, di pochi giorni. Ed in breve avresti recuperato la
memoria.”
“Quindi è per colpa di quella porcheria che adesso non ricordo più nulla!”
“Io non mi sarei espresso così, ma comunque si.”
“Ma come diavolo hanno fatto a farmelo entrare in circolo? Non ho visto buchi di aghi da nessuna parte.”
“Probabilmente te l’hanno fatto bere, e poi te lo hai assimilato…”
“Ma come è possibile che a distanza di giorni io non l’abbia in qualche modo espulso?”
“Non lo so, te
l’ho detto, non ho la minima idea di cosa sia, probabilmente un
intruglio vario di droghe e roba strana. Devi comunque calcolare che la
<< traccia >> era molto << sbiadita >>, per
capirci.”
“Mmm, credo di aver capito.”
“E’ quasi sicuro
che qualcuno l’abbia fatto apposta, infatti oltre ad essere un
composto molto complesso, mira proprio a cancellarti la memoria, ma
molti degli istinti li hai conservati. Non sei come un bambino
che deve conoscere tutto del mondo, per capirci. Le cose base le sai,
ed ho il sospetto che tu sappia di più di molte persone, hai una
mente acuta, sei orgogliosa e pronta a tutto, e anche
un’eccellente preparazione fisica…”
“E te come fai a sapere così tante cose su di me, quando nemmeno io le so?”
“Non devi dimenticare
che io ho passato tanti anni in mezzo alla gente, e che quindi qualcosa
devo pur aver imparato.”
Aillean annui. Poi disse:
“Ho trovato un
tatuaggio, dietro la nuca, rappresenta un gioiello, e sotto
c’è scritto << cercami >>, hai idea di cosa
voglia dire?”
“Sinceramente proprio no.”
“D’accordo” disse, poi aggiunse :
“Mi puoi procurare una pianta della città? Ah e chiamami Conuil? Mi deve portare in un posto.”
“Certamente, solo per curiosità, dove vorresti andare?”
“Al luogo dove sono
stata trovata, credo proprio che io debba fare una
ricerca…” E così dicendo uscì dalla stanza.
Spazio autrice:
(*) Si pronuncia "Alan".
Ed eccoci qua! Questo
capitolo è venuto molto lungo rispetto agli altri, e ne sono
contenta, non so però se quelli che verranno in seguito saranno
all’altezza. Anzi, sono nel panico perché sinceramente non
so bene cosa scrivere. Intelligente io, che so benissimo come si
svolgerà la fine, ma non quello che succede nel mezzo.
Detto questo, volevo ringraziare tutti quelli che leggono e che, naturalmente recensiscono.
Little Devil: Allora, che
dire, assolutamente nulla, vabbè che ti ho costretto, ma un
commentino un po’ più lungo me lo potevi fare. Vedi di
commentare doverosamente questo qui, che è bello lungo XD
Frico265: Amore?? Ma lo sai
che alle tue recenioni stavo cadendo dalla sedia? Dico sul serio!
Checché tu ne dica, adoro i tuoi commenti, le tue stupende
parodie sulla vita reale e su lupi mannari… XD
Bernoccolino: Lo so, te hai
commentato due capitoli fa, ma visto che non ti ho risposto, ti
rispondo adesso, anche se non lo leggerai mai… Che dire? Adoro
leggere i tuoi deliri, e ricordati di connetterti ogni tanto su questo
stupendo sito e di commentare!!
Un grosso bacio a tutti quanti.
Veronica
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