Camilla di Soul Mancini (/viewuser.php?uid=855959)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sotto i caldi raggi del sole ***
Capitolo 2: *** Ciao Camilla! ***
Capitolo 3: *** Mi dispiace! ***
Capitolo 4: *** Valentina ***
Capitolo 5: *** Il mito del basket ***
Capitolo 6: *** Timidezza esagerata ***
Capitolo 7: *** Gelosia e rabbia ***
Capitolo 8: *** Errori ***
Capitolo 9: *** Solitudine ***
Capitolo 10: *** Con gli occhi da cerbiatto ***
Capitolo 11: *** Sicurezza ***
Capitolo 12: *** Il lupo perde il pelo... ***
Capitolo 13: *** La mia vita è assurda! ***
Capitolo 14: *** Teens ***
Capitolo 15: *** Amici? ***
Capitolo 16: *** Gaia ***
Capitolo 17: *** All I need is your love - Pov Gaia ***
Capitolo 18: *** Incomprensioni ***
Capitolo 19: *** C'è sempre una prima volta ***
Capitolo 20: *** Svolta tra i banchi di scuola ***
Capitolo 21: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Sotto i caldi raggi del sole ***
Sotto
i caldi raggi del sole
Ero
tranquillamente sdraiata sul mio letto quel pomeriggio di fine maggio
a osservare una pagina piena di parole insensate che la prof chiamava
'lezione di storia', quando il mio telefono prese a squillare.
Sussultai sorpresa, poi lo afferrai e risposi.
“Didi?!”
Un
urlo stridulo arrivò dall'altro capo del telefono. Sbuffai,
allontanando il cellulare dall'orecchio.
“Scusa,
ho appena scoperto che stasera devono trasmettere uno speciale sugli
One Direction in tv! Non me lo posso perdere!!!” strillò
ancora.
Come
se a me importasse qualcosa.
Alzai
gli occhi al cielo. “Quindi tu mi hai chiamato alle tre del
pomeriggio per dirmi questa cosa?” ribattei in tono seccato.
Odiavo
quando Nadia mi faceva perdere tempo così.
“Scusa,
ma come tu hai risposto, hanno dato la pubblicità! Comunque,
il punto è: stasera usciamo?”
Ci
accordammo per vederci alle cinque e io mi immersi di nuovo nelle
pagine di storia.
Non
ce la facevo più, la voglia di studiare era evaporata già
da un pezzo, per fortuna eravamo quasi arrivati alla fine dell'anno
scolastico e stavamo dando le ultime verifiche.
Quel
giorno io e Nadia, come di consueto, ci dirigemmo al parchetto e ci
sedemmo in una panchina situata ai margini del grande prato, sotto
l'ombra di un albero, e la mia amica cominciò a sbavare per
una foto di Zayn degli One Direction che aveva come sfondo del
cellulare.
Era
insopportabile quando si comportava così, anche perché
sapeva che non avevamo gli stessi gusti musicali.
Ad
un tratto una risata proveniente da una panchina poco distante dalla
nostra attirò la mia attenzione. Mi voltai e vidi un gruppo di
ragazzi e ragazze che scherzavano, nulla di strano.
Li
osservai per qualche secondo per vedere se c'era qualcuno che
conoscevo e rimasi a bocca aperta.
Tra
di loro c'era un ragazzo bellissimo: capelli castani un po' lunghi,
occhi grandi e nocciola, camicia bianca a maniche corte, jeans neri e
scarpe Nike bianche.
Rimasi
impietrita, mentre la mia amica continuava a raccontare vita, morte e
miracoli di Zayn.
Le
diedi una leggera gomitata per farla zittire e le indicai con un
cenno quel ragazzo.
“Guarda”
sussurrai.
“Stai
bene?” mi chiese Nadia, perplessa. “Sei impallidita!”
Io,
sapendo che la mia amica conosce mezzo mondo, esclamai: “Dimmi
chi è quello splendore!”.
“Diego.”
Mi
stava facendo di nuovo perdere tempo.
“Diego
chi? Come? Cosa? Quanti anni ha? In che scuola studia? Come si...”
“Aspetta,
calmati!” mi interruppe. “Allora, è un amico di
mio fratello, ha sedici anni, è molto simpatico e allegro. E
vedo che ha attirato la tua attenzione!”
“Beh,
sì... e non ha mai attirato la tua?”
“No,
a me piace Zayn!” rispose euforica, indicando lo schermo del
suo telefono.
Alzai
gli occhi al cielo. “Sei un caso perso. Comunque Diego non è
male, è molto attraente!”
Chiacchierammo
del più e del meno, ma io ero palesemente distratta. Cercavo
di ascoltare la conversazione del gruppo accanto per captare la voce
di Diego e gli lanciavo occhiate sperando che ricambiasse, ma allo
stesso tempo volevo che non si accorgesse di nulla per paura di fare
la figura dell'idiota.
Non
avevo mai notato un ragazzo in vita mia, nessuno mi aveva mai colpito
particolarmente. Proprio quando cominciavo a pensare di essere immune
alle cotte adolescenziali, saltava fuori lui e mi faceva cambiare
idea!
All'improvviso
Nadia sbuffò.
La
scrutai e le chiesi: “Che c'è?”.
Dalla
sua espressione, capii che ce l'aveva con me.
“Siamo
venute qui per guardare un ragazzo tutta la sera? Perché se me
lo confermi, me ne vado seduta stante” sbottò.
Diventai
rossa di rabbia. Come poteva trattarmi in quel modo? Le amiche, poi,
si aiutano sempre quando c'è di mezzo un ragazzo!
“Ma
senti chi parla! Io mi devo sorbire tutte le tue lagne sugli One
Direction e tu hai il coraggio di lamentarti?” ribattei
acidamente.
“A
tutto c'è un limite! Io l'ho smessa da un bel pezzo, e poi
pensi che sentirti parlare male di loro per me non sia pesante?”
“Ah,
ma che vadano a fanculo! Possibile che non ti rendi neanche conto
quando un'amica ha bisogno di te?”
Scoppiò
a piangere di rabbia, ma ero così infuriata che non me ne
importava.
“Possibile
che non ti rendi nemmeno conto di quando esageri?” sibilò
tra i singhiozzi, serrando i pugni.
“Senti,
se sei così innamorata di Zayn, vai in Inghilterra e accampati
sotto casa sua, ma non rompermi le palle!”
Non
avevo mai insultato così la mia migliore amica, ma ero
accecata dalla rabbia e non sapevo quel che facevo.
Le
venne una crisi isterica e cercò di sferrarmi un calcio. Io, a
mia volta, la spinsi all'indietro e la feci cadere sull'erba bagnata.
Lei
si alzò e corse via tra le lacrime, con la parte posteriore
dei pantaloni completamente fradicia.
Solo
in quel momento mi resi conto che il gruppo di Diego aveva assistito
a tutta la scena e me ne vergognai immensamente.
Per
non restare da sola, andai a scambiare due chiacchiere con un gruppo
di vecchie compagne delle medie, che erano sedute su un muretto in
cemento vicino all'ingresso. Ogni tanto davo un'occhiata a Diego.
Quando
stavo andando via, gli lanciai un ultimo sguardo, solo che questa
volta se ne accorse e ricambiò con un sorriso e l'occhiolino.
Arrossii
e rimasi letteralmente di sasso. Quello era il sorriso più
bello e dolce che avessi mai visto, ed era tutto per me!
Quando
arrivai a casa, non avevo voglia di parlare con nessuno, nemmeno con
mia sorella Chiara, con cui mi confidavo sempre.
Chiara
aveva un anno in più di me ed era una delle persone più
antipatiche che conoscessi. Polemica, cinica, intrattabile, vedeva
sempre tutto bianco o tutto nero. Eppure io avevo imparato come
prenderla e avevamo un bel rapporto.
Mi
stesi sul letto, sfinita, e osservai le ragnatele sul soffitto. Sì,
era arrivato il momento di dare una pulita a quella camera.
L'arrivo
di un messaggio mi fece sobbalzare. Sapevo già che si trattava
di Nadia, era una delle poche persone ad avere il mio numero.
E
infatti era lei.
sarai
soddisfatta ora di qll k hai fatto..
Fu
in quel momento che mi accorsi dello sbaglio che avevo commesso. Non
poteva andare al parco con lei e fissare un ragazzo tutta la sera
rivolgendole a malapena la parola.
Le
risposi:
Hai
ragione, scusami Didi! Abbiamo litigato per una cazzata, come ho
potuto trattarti così?
La
sua risposta mi lasciò spiazzata.
…......
Lo
interpretai semplicemente come un “ci devo pensare” e mi
rilassai.
Quella
notte, nonostante fossi distrutta, faticai a prendere sonno. Le
immagini di quel pomeriggio si susseguivano in continuazione nella
mia mente, ma la più ricorrente era quella di Diego e del suo
bellissimo sorriso.
Quando
finalmente mi addormentai, tutti i miei problemi si dissolsero.
*
* *
Ciao
a tutti!
Ok,
ammetto che come primo capitolo, questo è piuttosto penoso, ma
era per far capire di che tipo di persona è Camilla! Non so
voi, ma io già non la sopporto! :D
Se
vi va, fatemi sapere che ne pensate, per me il vostro parere è
molto importante! :3
Soul_Shine
♥
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Capitolo 2 *** Ciao Camilla! ***
Ciao
Camilla!
“Cosa?
Ma tu sei pazza! Non ci penso nemmeno, scordatelo!”
Erano
passati tre giorni dal litigio con Nadia e da allora non ci eravamo
più sentite. Mi mancava.
E
ora mia sorella annunciava che quella sera, per festeggiare i suoi
sedici anni, avrebbe invitato le sue amiche e io sarei dovuta andare
a studiare da qualche altra parte!
Lei
mi guardò con aria riflessiva. “Perché non vai da
Didi?”
“Io
e Didi abbiamo litigato, non siamo più amiche!” sbottai.
Dire quelle parole mi faceva star male. “E poi non hai il
diritto di buttarmi fuori di casa!”
“Sì,
posso eccome! Perché non vai al parco? C'è un posto
delizioso in cui ti puoi sedere, sul tronco di un albero! Ecco, tu
ora prendi il tuo bel libro di storia e te ne vai!”
I
miei occhi si illuminarono. Diego! Magari era al parco!
Così
usci con il libro sotto un braccio e mi diressi al parco.
Trovai
un luogo tranquillo e riparato dal sole: il ramo di un albero era
cresciuto molto in basso e poteva fungere da panchina, così mi
sedetti con la schiena contro il robusto tronco e cominciai a
studiare, concentrandomi intensamente sulla lettura.
Sottolineavo
paragrafi e mi isolavo da tutto ciò che mi circondava, tanto
che non feci caso alla presenza che si avvicinava a me.
Si
sedette ai piedi dell'albero ed esclamò: “Ciao
Camilla!”.
Io,
senza distogliere lo sguardo dal libro, risposi distrattamente:
“Ciao”.
Solo
dopo qualche istante mi accorsi che si trattava di una voce maschile
e familiare. Rimasi impietrita.
ERA
DIEGO! STAVA PARLANDO PROPRIO CON ME!!!
Arrossii.
Camilla,
cerca di stare calma! In fondo è una persona come tante e,
siccome non sei mai stata timida, non c'è bisogno di lasciarsi
prendere dal panico, mi dissi.
“Che
fai?” mi chiese.
“Studio.”
“Che
cosa?”
“Storia.
La odio!”
“Dici
sul serio? Anche io la detesto!”
Sorrisi.
“Wow!”
Rimanemmo
un po' in silenzio a fissarci, nessuno dei due sapeva che dire. Fu
Diego a spezzare il silenzio.
“Hai
molto da studiare?” domandò.
“No,
due pagine...” farfugliai senza nemmeno controllare.
“Ti
dispiace se rimango qua ad aspettarti?”
“Cosa?”
strillai d'istinto, pentendomene subito dopo.
Non
credevo alle mie orecchie! Perché voleva aspettare che
finissi?
“Cioè,
non dovresti disturbarti...” aggiunsi. In realtà non
desideravo altro. “Ma...”
“Ma?”
ripeté lui.
“Se
ti va...”
Gli
si illuminarono gli occhi.
“Ma
certo che mi va, sono qui per questo!” esclamò con un
sorriso radioso.
Arrossii.
Oddio, era venuto da me, apposta per me!
“ Okay”
acconsentii. Aprii nuovamente il libro e ricominciai a studiare,
senza riuscire a concentrarmi, troppi pensieri mi occupavano la
mente.
Ad
un tratto sentii una presenza alle mie spalle. Mi voltai di scatto e
per poco non mi venne un colpo quando vidi Diego, con il suo solito
sorriso affascinante, che sbirciava nel mio libro di storia.
Mamma,
quanto era bello! Sarei rimasta tutta la sera a fissarlo!
Invece
mi limitai a sobbalzare e lanciargli un'occhiata truce.
Scoppiò
a ridere di gusto. Io sbottai, fintamente offesa: “Ehi, mi hai
fatto prendere un colpo! Non ti devi avvicinare a me così di
soppiatto”, poi comiciai a ridere anch'io.
Quando
ci fummo ripresi, annunciai che avevo finito di studiare, scaraventai
il libro sul prato e gli feci posto sul ramo dell'albero accanto a
me. Eravamo così vicino che i nostri fianchi si sfioravano. Un
brivido mi percorse la schiena.
W
Q
“Allora”,
attaccò lui, “non mi hai ancora detto quanti anni hai.”
“Quattordici,
a settembre ne devo compiere quindici. Tu?”
“Sedici.”
“Terza
superiore?”
Annuii.
“Ehi, ti va di andare al bar a prendere qualcosa da mangiare?”
propose.
“Volentieri!”
accettai entusiasta.
Al
bar trovammo la solita cinquantenne alta meno di me con i capelli
castani raccolti in una coda di cavallo.
“Ciao
Dìe! Cosa
prendete?” esordì con un sorriso stanco.
L'aveva
chiamato Dìe?! Che diminutivo orrendo!
“Una
porzione di patatine e una Coca fredda” affermò Diego.
“Tu, Cami?”
Diventai
fuxia. MI AVEVA CHIAMATO CAMI??? Eppure ci conoscevamo appena! Oh,
che dolce! In preda all'imbarazzo cercai appoggio nella barista, che
intanto si era allontanata per prendere la Coca Cola. Notando il mio
sguardo, lei ridacchiò e mi rivolse uno sguardo incoraggiante.
“Un
ghiacciolo all'arancia e un tè al limone, grazie” dissi
con aria disinvolta.
Mentre
la barista poggiava sul bancone le nostre ordinazioni, mi apprestai a
prendere il portafoglio, ma Diego bloccò la mia mano e
sussurrò: “Pago io”.
Era
pericolosamente vicino a me. Cercai di ribattere. “Ma no,
non...”
“Pago
io” ripeté, poi prese una banconota dalla tasca dei
jeans.
Prendemmo
posto in un tavolino di plastica rosso a consumare la nostra merenda
e chiacchierare.
Sembrava
volermi dire qualcosa, ma che non riuscisse a trovare le parole.
“L'altro
giorno ho visto che eri con la sorella di un mio amico, Fabio. E ho
visto anche la lite” riuscì a dire dopo un po'.
“Ah
sì, Didi! È mia amica, penso...” Mi rabbuiai.
“Quindi, avendo visto la lite, penserai che sono un'arrogante
violenta e irascibile.”
Lui
posò la sua mano sulla mia, che era abbandonata sul tavolo,
facendomi leggermente sussultare.
“Assolutamente
no, è normale che succeda, tutti litigano almeno una volta
nella vita! Pensa che mia sorella ha undici anni e tre risse alle
spalle, tu in fondo non hai fatto nulla di grave!” mi
rassicurò.
Sorrisi.
“Come si chiama tua sorella?”
“Aurora.”
“Ah.
Comunque non è tanto il parere degli altri che mi preoccupa,
ho paura di perdere la mia migliore amica, ho paura che non torni più
da me! Siamo amiche dalla terza elementare, siamo molto legate e non
abbiamo mai litigato in questo modo! Ormai non la sento da tre
giorni! Le ho mandato un messaggio di scuse e lei mi ha risposto con
un sacco di puntini di sospensione, che significa? E dire che abbiamo
litigato per un motivo così stupido...”
“Wow,
se siete amiche da così tanto tempo tornerà di sicuro!
A nessuno piace distruggere amicizie così profonde!”
Sentii
le lacrime pungermi gli occhi, ma le trattenni. Non mi andava di
piangere in quel momento, davanti a lui. Mi sarei sentita stupida. Ma
lui percepì la mia tristezza e si avvicinò di più
a me. Per poco non mi abbracciò.
Fui
io a cambiare discorso, raccontandogli che mia sorella mi aveva
praticamente buttato fuori di casa perché doveva festeggiare i
suoi sedici anni.
Mentre
parlavamo, mi tornò in mente che il mio libro di storia era
ancora scaraventato per terra vicino all'albero, così mi
voltai in quella direzione per assicurarmi che fosse ancora lì.
Allora vidi la figura di un ragazzo seduto sul prato che lo
sfogliava. Eravamo lontani da lui, scorsi solo la sua enorme chioma
di riccioli rossi e la sua carnagione chiara.
Mi
chiesi come mai fosse solo e sfogliasse il mio libro di storia,
tuttavia non lo considerai una minaccia e distolsi lo sguardo.
Verso
le otto Diego annunciò che doveva andare via perché i
suoi genitori pretendevano che fosse a casa a quell'ora.
“Mi
dai il tuo numero di telefono?” mi chiese all'improvviso.
Mi
sentii terribilmente a disagio a quella domanda.
“Okay...”
Ci
scambiammo i numeri di telefono e io ero al settimo cielo.
Poi
si alzò, ci salutammo con un semplice “ciao” e si
allontanò.
Ero
delusa, solo un semplice “ciao”, niente di più!
No, non poteva andare a finire così! D'impulso corsi verso di
lui e gli afferrai un polso per farlo fermare.
“Allora?
Dai!” lo incitai con un sorriso a trentadue denti.
“Allora...
dai... cosa?” farfugliò, palesemente preso alla
sprovvista.
Gli
gettai le braccia al collo, euforica. Lui, inizialmente spaesato,
ricambiò l'abbraccio con entusiasmo.
Dopo
qualche secondo, con mio grande dispiacere, mi staccai da lui e lo
salutai.
Lo
guardai allontanarsi, ma poi mi ricordai del ragazzo del libro e mi
voltai verso il prato. Incredibile, era ancora lì!
Mi
avviai cautamente verso di lui e cominciai a notare dei particolari
che prima mi erano sfuggiti: era piuttosto esile, portava delle
semplici scarpe da tennis bianche, un paio di pantaloni neri al
ginocchio e una leggera camicia a maniche corte.
Appena
mi vide arrivare, scattò subito in piedi e si allontanò.
Non
lo persi un attimo d'occhio. Mentre raccoglievo il libro, lo vidi
prendere per mano una bella bambina dalla pelle olivastra con i
lunghi capelli neri raccolti in una treccia e dirigersi verso
l'uscita.
Anche
per me era arrivato il momento di andare via, così li imitai.
In quel momento notai Nadia seduta su una panchina di pietra con una
mia compagna di classe, Alice, e altre due ragazze. Chiacchieravano
allegramente e si scambiavano foto con i cellulari.
Fantastico,
mi ha già rimpiazzato, si vede come le manco, pensai
amaramente.
Giunsi
a casa verso le otto e mezza e, come previsto, le amiche di mia
sorella stavano andando via.
Quando
io e Chiara rimanemmo da sole, in attesa che i nostri genitori
tornassero a casa, mi chiese, come al solito: “Com'è
andata?”
E
mi immersi in un fitto racconto, senza tralasciare nemmeno un
particolare, rivivendo ogni singolo momento di quella splendida
giornata.
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Capitolo 3 *** Mi dispiace! ***
Mi
dispiace!
Ormai
non parlavo con Didi da quasi una settimana e la vedevo sempre in
giro con Alice, la mia compagna di classe, Natalina e Alessandra, le
altre due ragazze, con cui condivideva la passione per gli One
Direction.
Io
non potevo sopportare di stare sola, senza Didi! Non la potevo
rimpiazzare perché Nadia era unica, ma volevo trovare un'amica
con cui parlare. Provai a scambiare due parole con Gloria, la più
scontrosa della classe, ma mi arresi dopo un quarto d'ora. Era troppo
indisponente.
Alla
fine trovai un'amica: Valentina. Era alta, aveva i capelli lisci e
lunghi e gli occhi scuri nascosti da un paio di occhiali dalla
montatura blu notte. Era una ragazza un po' introversa e timida, ma
riuscii a farci amicizia grazie alla mia allegria e socievolezza.
Ci
scambiammo il numero di telefono e prendemmo l'abitudine di tornare
assieme a casa dopo la scuola.
Incredibile,
cercavo solo qualcuno con cui chiacchierare ed ero riuscita a fare
una nuova amicizia!
Io
e Diego ci sentivamo spesso.
Quel
sabato pomeriggio, mentre navigavo su internet senza sapere che fare,
il mio telefono squillò. Era un messaggio di Diego.
Ciao
cami stasera se non hai impegni ti va di uscire
Con
un sorriso sulle labbra, risposi:
Liberissima!
Allora ci vediamo al parco alle cinque, ok? A dopo!
Dopodiché
cercai nel mio armadio il mio vestito più bello per fare colpo
su Diego.
Alle
quattro e mezza ero perfetta: indossavo un vestitino azzurro con le
spalline fini che arrivava poco sopra il ginocchio, un paio di
ballerine azzurre e avevo aggiunto anche qualche boccolo ai miei
capelli castano chiaro, già molto mossi di per sé.
Mia
sorella mi si avvicinò scrutandomi attentamente, poi affermò:
“Sì, questo vestito si abbina bene ai tuoi occhi”.
“Ma
i miei occhi sono verdi, il vestito è azzurro!”
obiettai.
“Però
ci sta bene...”
Poco
dopo uscii di casa e arrivai al parco alle cinque meno un quarto,
almeno Diego non avrebbe dovuto aspettarmi. Incredibile, era già
lì!
Mi
si avvicinò, mi strinse forte a sé e disse: “Sono
qui da cinque minuti, preferisco aspettare che far attendere gli
altri. A quanto pare piace anche a te essere puntuale!”
“Sì,
sono molto professionale!” scherzai.
Diego
scoppiò a ridere e ci dirigemmo verso il bar.
Ci
sedemmo in un tavolino e cominciammo a chiacchierare. Verso le cinque
ordinammo un gelato e, chissà come, arrivammo a parlare di
Nadia.
Proprio
in quel momento, ironia della sorte, arrivò lei con Alice,
Natalina e Alessandra e si sedettero nel tavolino vicino al nostro.
Notai che Nadia mi indicava e bisbigliava all'orecchio delle sue
'amiche'.
Non
mi andava di guardarla e tanto meno di parlarci.
“Ti
va di parlare con lei e chiarire?” sussurrò Diego al mio
orecchio mentre elaboravo quei pensieri.
“No,
scherzi? Non ci penso nemmeno! Adesso starà raccontando un
mucchio di balle sul mio conto a quelle tre oche!sono stanca del suo
atteggiamento infantile! E poi io non sono sola, adesso c'è
Vale con me!”
“Vale?”
fece lui con curiosità.
“Ah,
non te l'ho raccontato! Ho conosciuto una ragazza, Valentina, e pian
piano stiamo diventando amiche! Sono molto contenta!”
“Sono
felice per te, ma Valentina non è Nadia, tu ora devi chiarire
le cose con lei! Non potete rovinare un'amicizia così profonda
se avete litigato per una cazzata!”
Ci
riflettei su per qualche secondo. “Mmh, hai ragione, ma mi devo
preparare... prima di tutto voglio osservare come si comporta con il
suo gruppetto.”
“Saggia
decisione!” esclamò soddisfatto. “E io ti
aiuterò!”
Dopo
circa mezz'ora, dopo mille osservazione e risate, affermai: “Mi
pare che Didi sia un po' emarginata nel gruppo. Si nota lontano un
miglio che si trova a disagio. Le altre la escludono dai discorsi e
ridacchiano alle sue spalle”.
“Quelle
non sono vere amiche, secondo me le frequenta perché le manchi
e non vuole stare sola.”
“Hai
ragione, la devo aiutare! Mi manca troppo!” sentenziai.
In
quel momento Natalina strillò: “Lilli, Sissi, devo
andare in bagno! Mi accompagnate?”
“Okay!
Nadia, aspettaci qua, altrimenti ci rubano i posti!” ordinò
Alice mentre le tre ragazze si alzavano.
Così
NadIa rimase da sola. Un momento perfetto per parlare.
Così
mi alzai, mi avvicinai e mi sedetti in una sedia libera accanto a
lei.
“Ciao”
esordii in tono piatto, giocando nervosamente con la tracolla della
mia borsa.
“Ciao!”
rispose bruscamente, tenendo lo sguardo basso sul suo iPhone.
Io
lanciai un'occhiata al mio LG che cadeva pian piano a pezzi. “Ce
l'avessi io un cellulare così bello, al posto di questo
fossile” ironizzai, con un sorrisetto imbarazzato.
Nadia
mi ignorò, continuando a digitare un messaggio diretto a
chissà chi.
“Senti,
so che sei ancora arrabbiata con me”, proseguii, “e hai
ragione, non ci sono giustificazioni valide per quel che ho
fatto...”. Raccolsi tutto il coraggio che avevo e la implorai:
“Ti prego, perdonami! Sono stata una stronza, lo ammetto! È
tutta colpa mia, per la mia stupidità tu hai sofferto! Abbiamo
litigato per una cazzata, non ti ho dato ascolto, ti ho insultato e
avevi ragione ad arrabbiarti! Mi manchi, senza di te c'è un
vuoto nella mia vita. Non ho cercato di rimpiazzarti perché tu
sei unica e inimitabile! Siamo cresciute assieme, siamo cambiate
tanto, ma il mio affetto per te, beh, quello è impossibile
cancellarlo! Ti chiedo solo di perdonarmi, perché mi sono
davvero pentita!”
Nadia,
intanto, aveva messo via il cellulare e mi osservava a bocca aperta.
Rimanemmo
qualche secondo in silenzio, poi ci alzammo e Nadia mi saltò
letteralmente addosso, abbracciandomi e facendomi quasi cadere a
terra.
“Avrei
voluto farmi avanti io, ma non avevo il coraggio! Mi sei mancata,
sorellina!” esclamò.
“Mi
sei mancata anche tu, Barbie!”
Nadia
mi diede un pugno sul braccio.
Quando
ero piccola, la chiamavo Barbie perché aveva i capelli biondi
e gli occhi azzurri, ma lei lo aveva sempre detestato.
Alla
fine avevamo tutte e due le lacrime agli occhi. Ci stringemmo di
nuovo in un abbraccio.
Dopo
sei giorni di buio, avevamo ritrovato la luce in fondo al tunnel.
Diego,
che fino a quel momento era rimasto a guardare, si avvicinò a
noi con un enorme sorriso sulle labbra, salutò Nadia e disse:
“Sono davvero felice che abbiate chiarito... ehi, ma dove sono
finite quelle tre? Com'è che si chiamavano?”
“Lilli,
Naty e Sissi!” lo informò la mia amica.
Iniziammo
a chiacchierare del più e del meno, poi finalmente tornarono
le tre oche, che cominciarono a fissare morbosamente Diego come se
non avessero mai visto un ragazzo in vita loro.
Dopo
le varie presentazioni, Diego disse: “Ragazze, vi dispiace se
vi rubiamo Didi per stasera?”
Le
tre si scambiarono un'occhiata complice. “Ma figurati, va
benissimo! Ehm... vi dispiacerebbe togliervi dal nostro tavolino?”
ci chiese Alessandra acidamente.
Così
decidemmo di sederci sul prato.
Mentre
ci accomodavamo, sul mio telefono arrivò un messaggio di
Valentina.
Ciao
Cami, che fai? Io ho appena accompagnato mia sorella alla lezione di
danza, sono in giro, ma non so dove andare. Se sei libera ci possiamo
incontrare al parco, ti va?
“Ragazzi,
vi dispiace se ci raggiunge anche Vale?” chiesi ai miei amici.
“E
chi è Vale?” domandò Nadia perplessa.
“È
una mia amica, l'ho conosciuta l'altro giorno!” spiegai.
Diego
e Nadia acconsentirono, così scrissi:
Ehi!!!!!
Sono già al parco con 2 miei amici, vieni pure, te li
presento!
Arrivo
:)
“Viene!”
annunciai con un sorriso.
Tutto
si stava risolvendo: avrei vissuto una bellissima estate in compagnia
dei miei amici. Non potevo desiderare di meglio!
*
* *
Ciao
cari lettori!
In
questi primi capitoli Camilla non è poi così
insopportabile, me ne rendo conto, ma non preoccupatevi, questi sono
solo dei capitoli di presentazione, per così dire.
Ringrazio
con tutto il cuore chi recensisce e segue la storia, ma anche chi
legge senza esprimere un parere. Se vi va, fatemi sapere cosa ne
pensate, i vostri giudizi sono molto importanti per me, mi aiutano a
migliorare ed ad andare avanti con la storia!
Soul
♥
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Capitolo 4 *** Valentina ***
Valentina
Non
appena scorsi Valentina all'ingresso del parco, mi alzai per andarle
incontro.
“Ciao
Vale!” la salutai, stringendola in un abbraccio. Le ricambiò
il saluto e insieme ci incamminammo sul prato verde, dove ci
attendevano Nadia e Diego.
“Ciao
Vale...ria?” tentò Nadia, che non aveva idea di come si
chiamasse la mia nuova amica.
“Valentina...”
la corresse timidamente lei con un sorriso.
“Ops...”
mormorò la ragazza bionda arrossendo leggermente.
“Colpa
mia, non le ho detto il tuo nome!” la giustificai.
“Non
fa nulla, un nome vale l'altro!” sdrammatizzò Valentina.
Ci
scambiammo un'occhiata in silenzio, poi tutti e quattro scoppiammo a
ridere senza motivo.
“Io
sono Diego” si presentò il mio amico.
“Didi!”
Valentina
le rivolse un'occhiata interrogativa, ma io sapevo che la mia amica
non avrebbe mai rivelato il suo vero nome, lo detestava e preferiva
non farlo sapere in giro. Non avevo mai capito questa sua stupida
fissa, Nadia era un nome come tanti altri.
Cominciammo
a chiacchierare e ridere, c'era una bellissima atmosfera, ma notai
che Valentina non sembrava molto a suo agio. Mi dispiaceva vederla
così, non capivo cosa avesse, quando era arrivata era di
buonumore!
“Vale,
mi accompagni in bagno?” chiesi, almeno avrei avuto occasione
di parlarci.
“Perché
sei così malinconica? C'è qualcosa che non va?”
le domandai mentre ci recavamo verso il bar.
Lei
sospirò. “Il fatto è che... tu e Diego avete un
ottimo rapporto, a te piace e sono sicura che lui ti ricambia...
mentre vi guardo, mi vengono in mente altre due persone...”
“Altre
due persone?”
Annuì.
“Io e Charlie.”
Questo
nome catturò completamente la mia attenzione. “Charlie?”
“È
il mio migliore amico e mi piace tantissimo. Io e lui abbiamo un
bellissimo rapporto, un po' come quello tra te e Diego...”
spiegò tutto d'un fiato, felice di poter condividere tutto con
qualcun altro.
“Fantastico!”
mi lasciai sfuggire, interrompendola.
“Fantastico?
Neanche un po', lui è fidanzato!”
Rimasi
a bocca aperta. “Mi dispiace...” mormorai.
“Lei
si chiama Laura, ma tutti la chiamano Lalla, è disgustosa e
non si merita di stare con Charlie. È stata una mia amica e
ogni tanto la sento ancora, ma è cambiata tanto da quando ci
frequentavamo” proseguì.
Ormai
ci eravamo fermate sul marciapiede che costeggiava il bar per poter
finire il discorso.
“Ti
capisco, ho vissuto una storia simile alle medie. Ti do un consiglio:
non vedere me e Diego come una coppia felice perché non lo
siamo, cerca di vederci come due amici, come te e Charlie. E
soprattutto rilassati, lasciati andare, io, Didi e Die siamo tre
persone tranquillissime e non siamo qui per giudicarti, con noi puoi
fare e dire ciò che vuoi.”
Mi
ringraziò con gli occhi colmi di gratitudine.
Quando
tornammo dagli altri, Valentina sembrava molto più tranquilla.
Il resto della serata passò allegramente, tra mille risate.
Valentina si aprì molto con i miei amici, sicuramente perché
si sentiva a suo agio.
Mentre
la osservavo, mi ritrovai a pensare che era abbastanza carina: aveva
i capelli lisci e lunghi, castano scuro, gli occhi di un verde
chiarissimo nascosti da un paio di occhiali dalla montatura nera...
insomma, non era giusto che nessun ragazzo si interessasse a lei, che
Charlie non l'avesse mai notata.
Poco
prima di andarmene, mi guardai attorno e mi tornò in mente il
ragazzo dai capelli rossi che avevo visto il giorno in cui ero andata
al parco per studiare.
Il
mio sguardo si soffermò nella zona degli scivoli, dove
intercettai la bambina con cui era andato via quel giorno. Anche
quella volta aveva i lunghi capelli neri raccolti in una treccia e un
vestitino color panna.
Spostai
lo sguardo alla mia destra e riconobbi subito la folta chioma rosso
acceso del ragazzo misterioso. Era seduto su un muretto all'ombra di
un grande pino, era solo e si guardava attorno con disinteresse,
lanciando ogni tanto qualche occhiata alla bambina.
Quel
ragazzo mi incuriosiva, volevo capire perché stava sempre solo
ed era così interessato al mio libro di storia.
Giunse
il momento di andar via e io decisi di tornare a casa con Diego, solo
io e lui, dato che non abitavamo molto lontani.
Nadia
e Valentina, invece, decisero di tornare a casa assieme, dato che
abitavano più o meno nella stessa zona del paese. La cosa mi
fece molto piacere, adoravo quando le mie amiche andavano d'accordo
tra loro.
Così
i due gruppi si divisero: io e Diego passammo di fronte al ragazzo
misterioso, che come ci vide passare alzò lo sguardo e
probabilmente mi riconobbe. Il colore dei suoi occhi mi catturò:
azzurro, un azzurro così acceso e intenso da essere
fluorescente, irreale. Non avevo mai visto due occhi così
luminosi e... appariscenti!
Ma
nel suo sguardo si poteva leggere solo tristezza, malinconia,
solitudine. Per un attimo mi venne un nodo in gola e provai anche io
quelle emozioni negative, poi mi ricordai che accanto a me camminava
il ragazzo dei miei sogni e tutto il resto svanì. Diego mi era
piaciuto dal primo momento, ma ora che lo conoscevo, sì,
sentivo di amarlo e non ci potevo fare niente. Io non mi mettevo con
il primo che capitava, quindi se provavo dei sentimenti così
forti per lui, in cuor mio sapevo che potevo fidarmi, anche se lo
conoscevo da poco.
Quando
fummo in strada, gli chiesi un sacco di cose: che scuola media aveva
frequentato, qual era la cosa più folle che aveva fatto con i
suoi amici, quali erano le materie che gli piacevano di più...
un sacco di dettagli che potrebbero apparire insignificanti, ma non
per me: mi interessava tutto di lui.
Lui
mi raccontò che alle medie era molto popolare, frequentava
gente 'importante', per così dire.
“Allora
non mi avresti degnata di uno sguardo, io sono sempre rimasta
nell'ombra...” mi rabbuiai.
Lui
si fermò e mi costrinse a fare lo stesso, afferrò le
mie mani e puntò il suo sguardo nel mio.
“Camilla,
pensi che me ne importasse molto di queste divisioni da bambinetti?
Se ci fossimo incontrati prima sarebbe tutto esattamente come sarebbe
adesso, se reputo una persona speciale, non mi fermo di certo alle
apparenze. E poi adesso tu sei qui con me, è questo che conta”
affermò in tono serio.
Il
mio cuore martellava nel petto. Il ragazzo più bello del mondo
era proprio di fronte a me, mi guardava negli occhi, mi stringeva le
mani e mi diceva che non voleva più abbandonarmi. Doveva
essere un sogno, e in tal caso non volevo che nessuno mi svegliasse.
Scene
del genere si vedevano solo nei film, era assurdo che succedesse
tutto a me... eppure ero sicura che Diego fosse reale, non era frutto
della mia immaginazione e non stava nemmeno recitando in un film. Era
il mio Diego!
Ma...
perché non mi baciava?
Riprendemmo
a camminare, ma lui continuò a stringere una delle mie mani.
Come se... stessimo insieme! Ma cosa stava succedendo?
“Tutto
bene?” sussurrò, vedendomi in agitazione.
“Ma
certo!” risposi con finto entusiasmo.
Dopo
circa un minuto di silenzio, arrivammo all'incrocio in cui le nostre
strade si separavano.
“Ciao
Cami, ci sentiamo” sussurrò.
“Mi
raccomando, fatti sentire, eh!” lo salutai, stringendolo forte
a me. Lui ricambiò l'abbraccio e mi regalò un tenero
bacio sulla guancia.
Rimasi
a fissarlo per una decina di secondi mentre si allontanava, mentre
nel mio cuore vorticavano mille emozioni contrastanti.
Ero
così euforica che percorsi il resto del tragitto con un enorme
sorriso stampato in faccia e i piedi che quasi non toccavano terra.
Dopo
cena Nadia mi chiamò al cellulare.
“XA
“Cami,
Cami, come è successo? Come hai fatto a uscire con Diego? Te
lo ha chiesto lui? State insieme? Vi siete baciati? Racconta,
racconta!” strillò non appena risposi.
Lei
era all'oscuro di tutto, non avevo avuto l'opportunità di
raccontarle ciò che era accaduto in quella settimana e
sicuramente stava morendo dalla curiosità.
“Calmati,
ora ti racconto tutto!”
“Ti
sei avvicinata tu a lui?” incalzò.
“No,
aspetta un attimo! Allora... un giorno di questi ero al parco...”
Ma
la mia mente non era concentrata sul racconto, volava da tutt'altra
parte: il ragazzo con i capelli rossi era rimasto il mio pensiero
fisso da quando ero tornata a casa. Mi ponevo mille interrogativi ai
quali non sapevo rispondere e non capivo perché mi fosse
rimasto impresso quel suo sguardo triste.
“Cami,
ci sei?” domandò la mia amica in tono perplesso, dopo
una pausa di qualche secondo.
“Sì,
tranquilla! Stavo dicendo...”
E
le raccontai tutta la storia, cercando di concentrarmi il più
possibile.
“Oh,
Camilla, ma ti sei gettata tra le sue braccia al primo appuntamento!
Io non lo avrei fatto, hai corso troppo per i miei gusti!”
esclamò subito dopo.
“Perché?
È un ragazzo che mi piace, non ci vedo niente di male!”
protestai.
“Da
quel che mi hai raccontato, pare che gli sia letteralmente saltata al
collo, in teoria solo due persone che stanno assieme si comportano
così.”
“Però
tra i miei progetti c'è quello di mettermi con lui! E poi non
vuol dire niente, anche due amici si possono abbracciare!”
Lei
continuò a parlare, ma all'improvviso smisi di ascoltarla e la
mia mente si perse in mille pensieri che nemmeno io riuscivo a
decifrare. Ma che mi stava succedendo?
“Camilla?
Sei viva? Hai capito quello che ti ho detto?” mi richiamò
Nadia, dato che non le rispondevo.
“Eh?
Sì!” fu tutto quello che riuscii a farfugliare.
“Bella
mia, tu non mi inganni! Ti conosco, c'è qualcosa che non va,
vero?” indagò.
“No,
ti assicuro che va tutto bene, sono solo un po' stanca...”
mentii.
“Non
ci credo, se devi raccontare balle, almeno cerca una scusa più
originale!”
Non
mi piaceva il tono indagatore con cui Nadia mi parlava quando voleva
che le rivelassi qualcosa, non sapeva proprio farsi gli affari suoi!
Lei sosteneva che tra non due non ci dovevano essere segreti, ma io
non avevo voglia di raccontarle tutto.
Non
sapevo più che scusa portar fuori, poi mi venne un'idea.
“Il
problema è che sono un po' confusa...” dissi.
“In
che senso?”
“Non
so che idea si è fatto Diego di me, magari ho fatto qualcosa
di sbagliato, non so... magari mi vede solo come un'amica, non vorrei
illudermi troppo...” mi lamentai. Tutto ciò non aveva
nessuna attinenza con ciò che mi tormentava davvero, ma Nadia
ci avrebbe creduto.
“Capita
a tutti, prima o poi, di essere rifiutati, ma ora tu non pensare così
negativo, vivi questa storia con serenità e se va male –
anche se ne dubito –, non fa nulla, si può superare! E
comunque mi sembra interessato, quindi rilassati e sii più
spontanea, d'accordo?” mi rassicurò.
“Sì,
grazie Didi!”
“Ora
vado a letto, lo sai che se non dormo almeno otto ore e mezzo divento
irascibile!”
Ridacchiai.
“D'accordo, allora ci sentiamo domani, buonanotte!” la
salutai.
Stesa
sul letto, continuai a riflettere.
Ormai
quel ragazzo dai capelli rossi mi stava ossessionando e non capivo
perché, dato che avevo Diego accanto.
Ma
lui mi veniva in mente sotto un'altra luce, dovevo capire perché
fosse così malinconico e solo, avevo bisogno di avvicinarmi a
lui e conoscerlo meglio.
A
volte mi ritrovavo a pensare che fosse tutto frutto della mia
immaginazione, dato che solo io lo notavo, probabilmente mi stavo
facendo una marea di film mentali su un normalissimo ragazzo come
tanti. Ma soprattutto, lui sarebbe dovuta essere l'ultima delle mie
preoccupazioni.
Basta,
nella mia vita c'era posto soltanto per Diego!
Decisa
a dimenticare quel ragazzo così assurdo da sembrare irreale,
caddi in un sonno profondo.
*
* *
Ciao
lettori!
Mi
rendo conto che anche questo capitolo è penoso, se trovassi
una storia come questa probabilmente non la leggerei nemmeno io, ma
dai prossimi aggiornamenti si farà tutto più
interessante e Camilla comincerà a portare fuori il peggio di
sé... siete pronti?
Grazie
mille a tutti voi che recensite, leggete e seguite la storia, non mi
stancherò mai di dirvi quanto siete importanti per me e per la
storia! :3
Soul
♥
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Capitolo 5 *** Il mito del basket ***
Il
mito del basket
Da
quando avevo risolto tutto con Nadia, le cose erano andate alla
perfezione. Io e Diego ci sentivamo spesso e ne ero felicissima,
finalmente lo potevo conoscere meglio!
Uscivo
spesso con Nadia e Valentina, a volte ci vedevamo tutte e tre assieme
e anche tra loro si stava creando un bel rapporto.
Ormai
era giugno e la scuola stava per terminare. Io ne ero entusiasta
anche se sapevo che i miei compagni mi sarebbero mancati. Non potevo
considerarli miei amici, ma mi divertivo con loro e avevamo un ottimo
rapporto.
Quando
iniziavano le belle giornate, amavo andare in palestra e, in
particolare, giocare a basket. Avrei voluto iscrivermi nella squadra
under 18 ma i miei genitori non me lo permettevano perché
erano convinti che avrei trascurato lo studio, cosa assolutamente
falsa, dal momento che sapevo gestire bene tutti gli impegni. Ma
quando iniziava l'estate mi lasciavano più libertà di
andare in palestra, munita di palle e canestri.
Così,
in un afoso pomeriggio di inizio giugno, mi preparavo per uscire e
andare a fare due tiri a canestro. Non sarebbero venute né
Nadia né Valentina, entrambe negate per lo sport.
Quando
entrai nella struttura, presi un pallone da basket e decisi di
esercitarmi nella palestra più piccola, dato che quella in cui
mi recavo di solito era occupata dalla squadra di pallavolo. Andai a
salutare le ragazze che la componevano e notai che due di loro in
particolare mi guardavano in modo strano: la più piccola della
squadra, Teresa, mi rivolse un'occhiata di benvenuto mentre Viola,
con cui non avevo mai avuto un bel rapporto, sembrava disgustata
dalla mia presenza.
Mentre
cominciavo a palleggiare per scaldarmi un po', lo schermo del mio
telefono si illuminò. Era un messaggio di Diego:
Vieni
al parco stasera
Non
posso, sono in palestra!
Voglio
vederti
Anch'io
♥
Dopo
questo messaggio, non mi rispose più ma non ci feci tanto caso
perché mi concentrai sugli allenamenti.
Ero
molto brava nei canestri e circa otto su dieci venivano bene.
Dopo
circa un quarto d'ora sentii dei passi nell'atrio e poi qualcuno
avanzare verso la palestra in cui mi trovavo.
Qualche
secondo più tardi il bellissimo viso di Diego comparve sulla
soglia.
Era
venuto qui in palestra solo per vedermi! Questo voleva dire solo una
cosa: mi amava!
“Diego,
ma che accidenti fai qui?” chiesi sbigottita.
“Ovvio,
sono venuto a trovarti” rispose, facendo spallucce. “Allora,”
aggiunse, “è vero che sei bravissima a basket?”
“Bravissima
no, ma me la cavo abbastanza bene.”
“E
allora fammi sapere ciò che sai fare!” mi incitò.
Io
afferrai la palla e feci un canestro, poi un altro e un altro ancora.
“Sei
brava davvero!” si complimentò.
“Grazie...
se lo dici tu!” farfugliai, imbarazzata.
“Dai,
siediti” mi invitò, facendo un cenno con la mano verso
il pavimento.
Io
obbedii e lui mi imitò.
“Ma
come facevi a sapere il mio nome la prima volta che mi hai
incontrato?” chiesi all'improvviso. In realtà me l'ero
daaomandato dal primo giorno.
“Beh,
quando ti ho visto con la sorella di Fabio, mi sono voluto informare
su di te perché in realtà mi sei piaciuta fin da
subito. Strano che non ci eravamo mai incontrati prima!”
rispose.
Arrossii.
Gli piacevo? L'aveva detto lui! Aiuto, che confusione! Ma in fondo un
po' me l'aspettavo.
“Eh,
sì... strano!” concordai.
Mi
prese le mani tra le sue e le strinse forte.
“Ora
che ci siamo conosciuti meglio, io penso che ci sia qualcosa di più
di una semplice amicizia, tra noi” affermò Diego con gli
occhi fissi sui miei.
Eravamo
uno di fronte all'altra e sapevo perfettamente cosa sarebbe accaduto;
era proprio quello che volevo e che aspettavo dal primo momento in
cui l'avevo visto.
“Anch'io
lo penso” sussurrai con il cuore che rischiava di scoppiarmi
nel petto.
“Devo
ammettere che mi piaci, sono attratto da te, Camilla.”
Non
ebbi il tempo di rispondere, Diego azzerò la distanza tra i
nostri visi e posò le sue labbra sulle mie.
Tutto
il mondo intorno a noi si fuse in un milione di insignificanti
macchie colorate, esistevamo solo io e lui. Era un bacio leggero il
nostro, tenero e dolce, ma che aveva un gran significato per entrambi
e mi fece emozionare come mai nella vita. Non ero mai stata una
rubacuori, lo confesso, era il mio primo bacio e fui felice che fosse
stato Diego a rubarmelo. Sì, ero innamorata di lui, ormai ne
ero certa.
Quando
ci staccammo per riprendere fiato, gli rivolsi uno sguardo pieno di
gioia. “Diego, io... sono così felice! io...” gli
soffiai sulle labbra. Non sapevo davvero che dire, ero senza parole
dalle mille sensazioni che stavo provando in quel momento.
“Shh,
non devi dire niente, va bene così. A volte le parole non
servono.”
Detto
questo, mi strinse forte a sé e io mi lasciai cullare dalle
sue braccia forti e accoglienti, con il viso affondato nel suo petto.
Non mi sembrava vero che stesse accadendo tutto a me.
“Milla,
andiamo da un'altra parte? Voglio offrirti un gelato.”
MILLA?!
Solo Diego poteva darmi un soprannome così... sdolcinato! Che
carino il mio Die, era veramente adorabile!
Non
mi imporava minimamente dell'allenamento di basket, quello poteva
decisamente aspettare!
Quando
uscimmo dalla palestra, in corridoio incontrammo la squadra di
pallavolo. Viola mi guardava come se fossi un'aliena, ma io sapevo
interpretare qualsiasi sguardo e capivo che era soltanto gelosa di
me. Non poteva credere che io uscissi con un ragazzo, ma che gliene
importava? Lei non era il centro dell'universo, ma a quanto pare non
se n'era ancora accorta, era abituata ad avere tutti i ragazzi ai
suoi piedi.
Che
strega!
“Grazie
per tutto, Camilla. Mi piace il tuo carattere deciso e il tuo modo di
fare, non potrei desiderare di meglio” mi disse Diego mentre io
ero intenta a divorare una coppa di gelato panna e cioccolato.
Eravamo seduti in un tavolino del parco.
“Ma
perché mi ringrazi? Io non ho fatto niente, sono semplicemente
me stessa!” ribattei, scuotendo il capo.
“È
proprio questo che mi piace di te: sei te stessa, non hai paura di
metterti in gioco e difendi sempre le tue idee. Sei una persona
sincera, semplice...”
“Sarà,
ma smettila di farmi tutti questi complimenti, mi metti in
imbarazzo.”
“Non
sono complimenti, è la verità!”
Proprio
in quel momento passò davanti a noi il ragazzo dai capelli
rossi che teneva per mano la bambina abbronzata e graziosa che avevo
notato al parco diverse volte.
“...e
voglio un gelato grande grande con cinque gusti! Me lo compri, vero?”
stava dicendo la piccola, saltellando.
“No,
Mary...” le rispose lui con tono affranto.
“Perché?
Gli altri bambini ce l'hanno tutti!” protestò lei
stizzita.
“Perché
no” tagliò corto il ragazzo, con lo sguardo perso nel
vuoto.
Non
riuscii a sentire altro perché si erano allontanati.
“Cami,
ci sei?” mi chiese Diego.
“Cosa?
Sì! Perché?” farfugliai, cadendo dalle nuvole.
“Ti
stavo dicendo che sono le sette e mezza e i tuoi genitori si staranno
chiedendo dove sei finita.”
“Ah,
già, avevo promesso che sarei rientrata alle sette!”
saltai su.
Mi
precipitai a pagare con Diego alle calcagna.
“Devo
andare Die! Mi dispiace, devo scappare!”
“Ehi,
calmati! Che differenza fa se torni un po' più tardi? Tanto
ormai sei in ritardo!” suggerì lui con un sorriso
malizioso sulle labbra.
“Hai
ragione, i miei mi uccideranno, ultimamente sono sempre in ritardo”
commentai.
Passeggiammo
per le stradine deserte del paese ridendo come matti. Diego era un
ragazzo davvero divertente e speciale!
Arrivammo
all'incrocio dove in genere le nostre strade si separavano e Diego si
guardò intorno: non c'era anima viva.
“Devo
salutare la mia principessa come si deve” sussurrò, poi
mi baciò con passione.
Non
volevo separarmi da lui, era tutto troppo bello per essere vero!
Volevo stare con lui tutta la sera, tutto il giorno, per sempre.
Magari fosse stato possibile!
Non
so quanto tempo trascorse prima che riuscissimo a staccarci l'uno
dall'altra, forse fu questione di secondi, forse minuti, forse ore,
ma non mi importava minimamente. L'unica cosa che contava era Diego e
i suoi baci colmi di passione e sentimento.
“Die”
sussurrai. “Devo andare.”
“No,
resta qui!” mi implorò.
“Die,
ci rivediamo domani, te lo prometto!”
Con
gli occhi che brillavano mi regalò l'ultimo, bellissimo bacio
a fior di labbra, prima di allontanarsi.
La
sua assenza lasciò un vuoto incolmabile in me.
Mentre
camminavo verso casa, ripensai a tutto quello che era successo e mi
parve che lui fosse ancora accanto a me, stringendomi in un abbraccio
senza fine.
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Capitolo 6 *** Timidezza esagerata ***
Timidezza
esagerata
“Quindi
tu mi stai dicendo che ora stai con Diego?!” esclamò
Valentina sgranando gli occhi.
La
scuola era finita e finalmente ero riuscita a convincere la mia amica
ad uscire con me. Durante il periodo scolastico era sempre impegnata
con lo studio perché voleva dare sempre il massimo, ma ora
anche lei era libera.
“Esattamente,
ma abbassa la voce! Non penso che ai vecchietti del tavolo accanto
interessi!”
“Ma
è davvero bellissimo! Lo sapevo che ricambiava i tuoi
sentimenti, si vedeva lontano un miglio!”
Sorrisi.
“E
dimmi, vi siete già...” indagò.
“Baciati?
Ma certo, è stato magnifico! Diego bacia bene, sai?”
sussurrai ridacchiando con aria sognante.
“Wow!
E com'è baciare un ragazzo?”
“Non
lo so, è magico, un momento che nemmeno la fine del mondo
potrebbe rovinare! Ti fa sentire speciale, compresa, amata...”
“Oh,
sono felice per te!”
“Anche
io lo sono, non pensavo di trovare un ragazzo così dolce e
affettuoso. Ultimamente i tipi sono tutti dei cretini.”
“Lo
so!”
Chiacchierammo
del più e del meno per un bel po'.
Verso
le sette individuai il ragazzo dai capelli rossi.
“Tu
lo conosci?” bisbigliai facendo un cenno nella sua direzione.
Valentina
seguì il mio sguardo e domandò: “Chi? Quello con
i capelli rossi? No, non so chi sia, ma lo vedo spesso qui al parco”.
“È
vero! Pensa che un giorno avevo lasciato il mio libro di storia sotto
un albero e lui era andato a sfogliarlo!”
La
mia amica mi scrutò per qualche secondo. “Curioso,
vero?”
“Strano,
molto strano. È sempre da solo o in compagnia di una bambina
che penso sia sua sorella. Mi piacerebbe conoscerlo...”
“Ehi,
non cominciare con queste storie strane!” mi interruppe lei,
allarmata.
“Non
è una storia strana, vorrei solo parlarci. È una
persona come tutte le altre!” ribattei.
“Camilla,
ma perché per una volta non ti metti l'anima in pace e lasci
stare? Non devi fare l'amica del cuore di tutti!”
“Oh,
grazie per il sostegno e la comprensione, vedo che oggi sei molto
altruista” sbottai in tono sarcastico. “Cos'hai? In
genere non ti comporti così!”
“Okay,
è che... io non ho il coraggio di parlare con quel ragazzo,
però se non ti accompagnassi mi sentirei in colpa...”
“Ti
metti troppi problemi!”
“Sei
tu che non te ne metti!”
Sospirai.
“Da quel che ho visto, lui è più timido di te.
Non ti preoccupare, ci sono io con te!” la rassicurai.
“Quindi
è deciso? Andiamo a parlarci?”
Mi
alzai. “Ovviamente!”
Valentina
mi seguì. Il ragazzo non ci vide arrivare se non quando fummo
a pochi metri di distanza da lui. Era seduto per terra, accanto ad un
cespuglio.
“Ciao!”
esordii, sicura di me.
Senza
alzare lo sguardo farfugliò un saluto con un tono di voce così
basso che non riuscii a decifrare cosa avesse detto di preciso.
“Io
sono Camilla e lei è Valentina. Tu come ti chiami?”
proseguii.
Io
e la mia amica si sedemmo sul prato per poterlo guardare in viso, ma
lui evitò accuratamente di incrociare il nostro sguardo.
“Ismaele”
mormorò.
“Wow,
bel nome!” esclamò Valentina con naturalezza.
“Dai,
vieni, se vuoi ti offriamo qualcosa!” proposi.
“Non
posso” si limitò a rispondere lui.
“Perché?”
mi informai con tono deluso.
“Devo
controllare mia sorella.”
“La
bambina con la treccia?” domandò Valentina.
Ismaele
annuì.
“Beh,
non penso che te la ruberanno” lo rassicurai.
“Va
bene” si arrese con un sospiro.
Andò
dalla sorellina ad avvisarla che si spostava un attimo e ci
raggiunse, poi prendemmo posto in un tavolino all'esterno del bar.
“Come
mai vieni qui al parco sempre da solo?” domandai mentre Ismaele
consumava un gelato.
“Per
portare mia sorella a giocare un po'” disse semplicemente.
“Come
si chiama?” chiese Valentina con naturale curiosità.
“Rosemary.”
“Non
hai qualche amico che ti faccia compagnia?” proseguii.
Scosse
la testa.
“E
i tuoi compagni di classe?”
“Non
li vedo mai.”
“Perché?”
insistetti.
“Non
lo so, non sono miei amici.”
Era
difficile intavolare una conversazione con lui, parlava così
poco! Ma la mia missione era quella di conoscerlo e farlo aprire con
me. Mi incuriosiva, sembrava una brava persona e trovavo ingiusto che
fosse così solo e introverso.
Ad
un tratto Rosemary si avvicinò al nostro tavolino. Era carina,
aveva la solita treccia corvina legata da un elastico rosa e
indossava un grazioso vestitino verde acqua. Non assomigliava per
niente al fratello, erano due opposti.
“Mae!
Vieni, ti devo far vedere una cosa! Abbiamo trovato un uccellino
morto!” esclamò la bimba.
“Non
toccarlo, magari ha qualche malattia” le rispose con
apprensione.
La
bambina si voltò verso me e Valentina. “Chi siete voi?
Le nuove amiche di Mae?”
“Più
o meno. Ciao Rosemary, io sono Camilla!” mi presentai.
“Io
sono Valentina.”
Rosemary
si illuminò. “Che bello, siete gli angeli del paradiso!
Siete venuti ad aiutare Mae, grazie! Lui non ha mai avuto amici! Che
miracolo!”
Ismaele
arrossì così tanto che il suo volte assunse quasi la
stessa tonalità dei suoi capelli.
“No,
siamo solo due ragazze” spiegò Valentina con leggero
imbarazzo.
“Adesso,
piccola, è meglio che torni a giocare con i tuoi amici”
le consigliai.
“Hai
ragione Camilla! Grazie, vi voglio bene!” saltò su lei,
poi corse via.
Intanto
Ismaele era caduto in una fase di trance, che pensai fosse dovuta al
grande imbarazzo provocato dalle parole della sua sorellina.
“Ismaele,
ci sei?” gli chiesi.
“Sì”
rispose in un sussurro, fissando il suo gelato mezzo squagliato.
“È
vero che non hai amici?”
Lui
sollevò finalmente lo sguardo e puntò i suoi occhi
azzurri sui miei. “È vero.”
“Sei
molto timido... ma ora che ci siamo noi due, forse dovresti parlare
un po', no?” gli consigliai.
“Forse...”
Avevo
la vaga impressione che non lo stessimo aiutando per niente. Capii
che eravamo uno contro due e a lui non piaceva queasta situazione.
Dovevo
stare con lui. Ma come potevo fare?
Mi
venne una brillante idea, così mi rivolsi alla mia amica,
dicendo: “Per favore, Vale, puoi andare a pagare?”.
Portai fuori il mio borsellino e glielo porsi, sorridendo con aria
complice.
“D'accordo”
acconsentì lei, ignorando il mio gesto e afferrando invece la
sua borsa.
Quando
io e Ismaele ci ritrovammo da soli, mi avvicinai di più a lui.
Non sapevo cosa dire di preciso, ma mi venne istintivo prendergli una
mano. Non appena lo sfiorai, si voltò di scatto verso di me e
mi fissò con curiosità mista a paura.
“Ismaele,
ti prego, voglio parlare con te. Mi incuriosisci, vorrei conoscerti e
voglio che tu ti fidi di me. Io sono sicura che andremmo d'accordo,
ma dammi una possibilità per dimostrartelo” buttai fuori
tutto d'un fiato.
Era
evidentemente sorpreso, quasi spaventato dal mio fiume di parole.
“Non me lo aveva mai detto nessuno...”
Qualcosa
scintillava nei suoi occhi azzurri, qualcosa di positivo. Era
felicità quella che velava i suoi occhi, solitamente
malinconici e spenti.
“Sì,
ci posso provare. Io non sono molto bravo a comunicare con gli altri,
ma ti prometto che ci proverò. Dovrai avere pazienza però!”
Ebbi
l'istinto di gettargli le braccia al collo, ma mi trattenni per paura
di spaventarlo ancora una volta. “Ho tutta la pazienza di cui
hai bisogno” riuscii solo a dire.
Intanto
Valentina stava tornando e, quando si fu accomodata, Ismaele prese
delle monete e le mise sul tavolo. “Ecco, voglio pagare almeno
la mia parte” affermò.
“Coooosa?!
No, io non li prendo! Oggi ho offerto io, non voglio nulla in cambio”
ribatté Valentina.
“No,
dai, prendili” tentò di convincerla lui debolmente. Non
era abbastanza determinato per tener testa alla mia amica. Infatti
una caratteristica di Valentina era che tutto doveva essere come
diceva lei ed era difficile farle cambiare idea.
“Io
non li voglio. Se non te li riprendi, rimarranno sul tavolo.”
Sospirando,
Ismaele afferrò nuovamente le monete e le infilò in
tasca.
“Devo
andare” disse poi.
“Anche
noi dobbiamo andare” esclamai prontamente.
“Vado
a chiamare Rosemary.”
Quando
ebbe recuperato sua sorella, scoprimmo che dovevamo percorrere strade
diverse, quindi non potemmo rientrare insieme.
Mentre
Valentina salutava la piccola Rosemary, mi avvicinai a Ismaele.
“Allora alla prossima.”
“Grazie
di tutto.”
“Non
ringraziarmi. Sono felice, sai?”
Di
nuovo tornò in me l'impulso di abbracciarlo, ma stavolta non
riuscii a reprimerlo. “Posso abbracciarti?” gli chiesi,
sperando in una risposta affermativa da parte sua.
Lui
arrossì.
Avevo
sbagliato a chiederglielo, era stata una mossa troppo avventata.
“Okay,
scusa, forse non è il caso...” farfugliai con leggero
imbarazzo.
Ismaele
mi lasciò a bocca aperta: non avrei mai immaginato quello che
stava per dire.
“Sì
invece, tranquilla!”
Lo
strinsi forte a me. Sapevo che era felice, che tutto ciò gli
faceva bene e lo rendeva più forte.
Sì,
lo volevo conoscere meglio, Ismaele mi piaceva.
***
Ciao
lettori! :)
Se
ancora pensavate che Camilla non fosse poi così male, penso
che in questo capitolo vi siate ricreduti! Non ci sono parole per
descriverla, è l'essere più pedante, infantile e
fastidioso che io abbia mai conosciuto/creato!
Chiunque
la reputi simpatica o cerchi di giustificarla in qualsiasi modo,
fuori dalla mia storia! XD
E
qui comincia a portar fuori la sua vera natura... siete pronti???
Grazie
a tutti quelli che leggono e recensiscano, siete la mia forza e spero
di non deludervi mai! :3
Soul
♥
|
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Capitolo 7 *** Gelosia e rabbia ***
Gelosia
e rabbia
Era
trascorsa circa una settimana da quando avevo incontrato Ismaele per
la prima volta.
Quel
pomeriggio Diego mi chiamò.
“Pronto
Die!” esclamai con tono estremamente dolce. Da quando stavo con
lui mi comportavo in modo strano, non avrei mai pensato che per via
di un ragazzo sarei cambiata così tanto.
“Milla!”
rispose lui teneramente.
“Oh
Die, mi sei mancato tanto!”
“Da
quanto tempo non ci vediamo?”
“Mmh...
vediamo... 71 ore?!”
“Mi
sembrano 71 secoli senza di te.”
Sospirai
con aria sognante. “Allora tesoro, usciamo stasera?”
“Certo
piccola, sto andando in astinenza dei tuoi baci...”
“Oh,
quanto sei dolce! Allora a dopo, ti amo!” lo salutai.
“Anch'io
ti amo, ciao Milla!”
Era
davvero bello avere un ragazzo. Non ne avevo mai capito l'importanza
fino a quel momento.
Quel
pomeriggio, al posto di andare al parco come al solito, Diego mi
propose di andare in un piccolo bar apposta per le coppie e io
accettai volentieri.
Prendemmo
posto in un tavolino vicino alla grande vetrata e proprio in quel
momento il telefono di Diego cominciò a trillare.
“Oh,
questa dev'essere Gaia, aspetta...”
“Gaia?
E chi è Gaia?” domandai.
Ma
ormai Diego aveva risposto:
“Sì?...
ciao Gaia, come stai?... immagino... io bene... sono in un bar con
Camilla... sì, sì, lei, infatti non posso stare tanto
tempo al telefono...”
“Diego,
si può sapere con chi stai parlando?” ripetei. Ero
piuttosto irritata dalla sua indifferenza.
“Aspetta
un secondo, Camilla! Allora stavo dicendo... no, tranquilla... è
qui accanto a me... certo, poi te la mando...”
“Diego,
smettila di ignorarmi!” protestai. E poi chi era questa Gaia?
Diego non me ne aveva mai parlato, ma a quanto pareva lei sapeva
della mia esistenza e la cosa mi infastidiva parecchio.
“Camilla,
per favore... okay, devo chiudere... ahahah, no!... certo, ti dico io
quando puoi... sì, sì!... okay, a dopo, ciao!”
Non
appena riattaccò, lo aggredii: “Diego, tu non sei
normale! Mi stavi ignorando per parlare con un'altra e non mi vuoi
dire chi è! Non mi puoi trattare come se non ci fossi, sono la
tua ragazza del resto! Te ne sei per caso dimenticato?! Insomma, non
si parla al telefono durante un appuntamento romantico!”.
Diego
non mi permise di dire altro e premette le sue labbra sulle mie.
“Tranquilla
piccola, se mi dai il tempo te lo spiego” sussurrò.
Mi
rilassai immediatamente. “Okay, spiegamelo.”
“Gaia
è la mia migliore amica, l'ho conosciuta su internet qualche
anno fa. Ti confesso che mi piaceva, ma quando ho incontrato te ho
capito che non ne valeva la pena. Tu sei il mio unico angelo.”
“Non
vi siete mai incontrati?” indagai con le sopracciglia
aggrottate.
“No,
mai. Ecco, questa è una sua foto” disse porgendomi il
suo telefono.
Sullo
schermo c'era una ragazzina che sembrava avere tredici anni, con un
sorriso smagliante dipinto in faccia e la carnagione chiarissima. La
sua pelle era perfetta, tanto da sembrare innaturale, i suoi capelli
lisci e sottili biondo cenere erano raccolti in due code che le
ricadevano leggere sulle spalle. I suoi occhi verdi erano
incredibilmente luminosi. Era carina, niente di più.
Però
non potevo sopportare che il mio ragazzo avesse la foto di un'altra
sul cellulare, se qualcuno l'avesse vista, cos'avrebbe pensato? Diego
doveva essere solo mio e tutti dovevano accorgersene!
“Beh,
in effetti è carina” borbottai.
In
realtà questa Gaia non mi convinceva per niente, Diego ne
parlava come se avesse occhi solo per lei. Avevo paura che Gaia mi
volesse rubare il ragazzo, anche se mi fidavo di lui, ma non certo di
lei!
Rimasi
imbronciata per tutta la sera, nemmeno i dolci baci di Diego
riuscirono a risollevarmi.
Ad
un certo punto sbottai: “Devi cancellare la sua foto dal
cellulare, hai la sua e la mia no!”.
Diego
sospirò e scosse il capo, poi rispose: “Va bene, dopo la
cancello. Intanto, che ne dici se io e te ci facciamo un bel selfie,
così posso impostarlo come sfondo?”.
Quell'idea
mi piacque talmente tanto che riuscì a migliorare il mio
umore. Diego aveva capito cosa pensavo e rispettava il mio volere,
perché del resto stavamo insieme e anche io avevo voce in
capitolo sulla sua vita.
Quando
tornai a casa, trovai Nadia che mi aspettava fuori dal portone. Non
avevo idea di cosa ci facesse a casa mia alle otto e un quarto di
sera.
“Che
c'è Didi?” chiesi preoccupata.
Lei
si alzò tutta impettita. “Stasera ti ho chiamato almeno
una quarantina di volte, ma tu non hai risposto. Mi sono preoccupata,
sai? Non stiamo più uscendo, quando ti chiamo o ti mando un
messaggio sei sempre impegnata con Diego, non vuoi più parlare
di niente con me. Sei cambiata, sei sdolcinata, non ascolti più
i problemi degli altri e pensi solo a te stessa e al tuo Diego! Non
ti riconosco più, è come se l'amore ti avesse fuso i
neuroni!”
Come
poteva dirmi queste cose?! Lei era la mia migliore amica, doveva
ascoltarmi, aiutarmi e accettarmi per quel che ero! Non poteva
criticarmi per tutto ciò che facevo! E poi non era vero che la
stavo trascurando, avevo risposto a qualche suo messaggio, ogni
tanto. E lei che faceva? Mi accusava di essere diventata stupida!
Ero
senza parole.
“Tu
sei completamente pazza! Pensavo che fossi mia amica, ma a quanto
pare mi sbagliavo! Le amiche si sostengono sempre, no? Tu invece sei
venuta qui ad insultarmi! Ti aspetti anche che ti faccia l'applauso
per il bel discorso? E tutto perché sei egocentrica e non
accetti che io possa passare il mio tempo anche con qualcun altro!”
sbottai.
“Tu
non ti rendi conto di quel che stai dicendo! Hai dimenticato tutto
per via di Diego, le poche volte che ti degni di rivolgermi la parola
non fai altro che parlare di lui, tutto il tuo mondo gira intorno a
lui! Tu vuoi che io sia tua amica per usarmi come ruota di scorta, ma
la vita non funziona così!” sbraitò Nadia
inviperita.
Era
la seconda volta che litigavamo così violentemente. Ero
delusa, per tanto tempo avevo pensato che Nadia mi volesse veramente
bene, ma in realtà stava cercando una qualsiasi scusa patetica
per scaricarmi. Di me non gliene era mai fregato nulla.
“Sai
che ti dico? Mi sono stancata di parlare con una falsa come te! Sei
solo gelosa perché io ho un ragazzo e tu no! Vaffanculo!”
gridai accecata dalla rabbia.
“D'accordo,
ma stavolta non scoppierò a piangere ai tuoi piedi. E ricorda
che il tuo egoismo non ti porterà da nessuna parte. Ti
consiglio di scendere dal piedistallo.”
Detto
questo si allontanò con totale indifferenza.
Un
po' speravo che mi implorasse tra le lacrime di cambiare idea, lo
aveva sempre fatto. Almeno avrei avuto una soddisfazione in più,
ero certa che lei non potesse fare a meno di me.
Ero
stanca del suo comportamento da contessina capricciosa ed
egocentrica. Io mi ero impegnata tanto per lei, avevo cercato di
risolvere la nostra lite precedente, ma lei non aveva fatto altro che
lamentarsi e sputarmi in faccia da vera falsa. Ma la principessa si
sarebbe pentita di ciò che aveva fatto, e allora sarebbe stato
troppo tardi.
Ora
basta.
Entrai
in casa sbattendo la porta.
“Che
è successo Cami? Le tue grida sono arrivate fino al piano di
sopra!” gridò Chiara dalla sua stanza.
“Ho
litigato con Nadia, okay? Non ho voglia di parlarne!”
Salii
le scale e mi buttai sul letto. Ero stata ferita da una delle persone
più importanti della mia vita ed ero gelosa di quell'oca
giuliva di Gaia. Era tutto così confuso, non sapevo più
che fare.
Mentre
versavo lacrime salate e dolorose, pensavo alla situazione terribile
in cui mi trovavo. In quel momento desiderai che Diego fosse al mio
fianco, come mai l'avevo desiderato in vita mia.
Non
avrei permesso a nessuno di mancarmi di rispetto, a nessuno.
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Capitolo 8 *** Errori ***
Errori
Era
passata una settimana dal litigio con Nadia e nessuna delle due aveva
intenzione di chiedere scusa.
Cominciai
a temere per la nostra amicizia: non avrei mai creduto che sarebbe
andata a finire così, ma non avevo nessuna intenzione di
scusarmi con lei, mi aveva trattato troppo male ed ero stanca di
essere presa in giro da tutti!
Ovviamente
la storia con Diego andava avanti, ma ogni tanto lui parlava di Gaia
e questo non mi piaceva per niente. Possibile che facesse sempre
riferimento a lei? Questa cosa mi irritava parecchio.
Un
giorno glielo dissi, lui si offese terribilmente.
“Non
ti fidi di me” mi accusò.
“Certo
che mi fido cucciolo mio, ma non nominarla più, mi dà
fastidio!” ribattei.
“Perché
sei così gelosa?”
“Perché
ti amo, Diego, e non voglio che nessuna ti porti via da me!”
“Proprio
per questo devi fidarti, anch'io ti amo, non devi dubitarne” mi
rassicurò.
In
quella settimana avevo anche rivisto Ismaele.
Un
giorno volevo uscire e stare da sola per riflettere, così mi
recai come al solito al parco.
Lì
incontrai Ismaele; passammo tutta la sera insieme, lui si aprì
molto con me. Era un ragazzo molto sensibile e comprensivo, ma
parlava poco di sé e non perdeva mai la sua timidezza.
Per
salutarci ci abbracciammo anche quella volta.
Quando
lo raccontai a mia sorella, si scandalizzò.
“Tu
hai già il ragazzo, non puoi andare ad abbracciare il primo
che passa!” sbottò.
“Ehi,
calmati! Non mi ci sto mica sposando! È solo un amico e l'ho
abbracciato, che c'è di strano?” mi giustificai.
“Ma
quale amico, l'hai visto due volte in tutta la tua vita! Vedi di
darti una calmata, Camilla.”
A
volte mia sorella era esagerata. Che c'era di male se abbracciavo un
amico? Del resto, anche lei abbracciava le sue amiche!
Quella
sera decisi nuovamente di andare al parco da sola, dato che Diego era
a casa di un suo amico e Valentina stava poco bene. Sarei arrivata lì
e avrei sicuramente trovato Ismaele!
E
infatti lo vidi: era seduto su un muretto di pietra e si guardava
attorno.
Andai
da lui e lo salutai: “Ciao Mae!”
Lui
mi regalò un enorme sorriso radioso. Era una vera gioia per me
sapere che era così felice, sorrideva di rado eppure era un
peccato perché in quei momenti era molto più carino e
sembrava risplendere di luce propria.
Trascorremmo
un po' di tempo a parlare seduti sul muretto e anche la sua sorellina
venne a salutarmi.
“Oggi
il gelato lo offro io” esclamò Ismaele.
Non
me lo aveva detto apertamente, ma avevo intuito che la sua famiglia
aveva gravi problemi economici. Rosemary sarebbe presto entrata alle
elementari e questo era un grosso problema, perché significava
spendere di più. Doveva essere complicato anche per lui andare
a scuola, lo capii quando mi confidò che dopo quell'anno stava
pensando di abbandonare gli studi.
“No,
non lo fare! La scuola ti servirà molto, soprattutto per il
lavoro. Non fare cose di cui potresti pentirti” gli consigliai.
Lui
si limitò a borbottare qualcosa di incomprensibile e cambiò
discorso.
Prendemmo
posto in un tavolino e mangiammo il gelato, chiacchierando e ridendo.
Mae era capace di farmi sempre sorridere. Quando ci si metteva, era
davvero divertente, anche se in genere ostentava grande serietà.
Dopo
la merenda ci sedemmo sul prato, vicino all'albero in cui io e Diego
avevamo parlato la prima volta. Nessuno veniva in quella parte del
parco, eravamo praticamente soli e non davamo nell'occhio.
Parlammo
a lungo, scherzando e giocando con i fili d'erba.
Gli
raccontai di mia sorella, della mia classe, gli parlai di Valentina e
lui ascoltò con interesse.
Poi
fu il suo turno: mi disse che stava per entrare in terza superiore,
che frequentava l'Istituto Agrario e che a scuola non era mai stato
molto bravo perché non aveva tempo e voglia di studiare. Mi
raccontò dei suoi compagni, che erano quasi tutti maschi, e
sembravano tutti una massa di idioti. Mi disse che in estate gli
piaceva andare a passeggiare da solo nel boschetto vicino a casa sua,
amava stare in mezzo alla natura e respirare aria fresca e pulita.
Anch'io
lo ascoltai attentamente, quello che diceva era molto interessante,
mi aiutava a capire che tipo di persona fosse. Non parlava mai della
sua famiglia, sospettavo che ci fossero più problemi di quelli
che apparivano ai miei occhi.
“Tu
e Rosemary siete fratelli, ma siete così diversi...”
osservai.
“Infatti
siamo nati da due padri diversi. Mio padre è morto quando ero
piccolo e ora mia madre sta con un altro” spiegò.
“Oh
capisco. Mi dispiace...”
“Io
non mi ricordo quasi niente di mio padre. Avevo quattro anni quando è
morto.”
Queste
furono le uniche informazioni che mi diede sulla sua famiglia.
Il
tempo passava ma a noi non importava, continuavamo a parlare e a
stare insieme.
“Guarda!”
esclamai ad un certo punto, indicando una meravigliosa e bianchissima
farfalla che svolazzava intorno a noi.
“Se
la catturi ti porta fortuna” disse Ismaele.
Mi
alzai e cominciai ad inseguirla. Sembravo una bambina, ma con Ismaele
non mi vergognavo di essere me stessa. Ero felice, tutto qui.
Anche
lui partì all'inseguimento del grazioso insetto. Ci divertimmo
un sacco e non smettemmo di ridere anche quando la perdemmo di vista.
Ci
ritrovammo sdraiati sull'erba, uno accanto all'altra. Avevo tanta
voglia di abbracciarlo, di fargli capire cosa provavo quando stavo in
sua compagnia. Sentivo che anche lui era felice, era un momento
magico, perfetto.
Così
lo strinsi forte e rimanemmo lì, accoccolati ad ammirare il
cielo azzurro e le pigre nuvole bianche che cambiavano lentamente
forma.
Mentre
l'aria si faceva più fresca e il sole proiettava ombre sempre
più lunghe, mi misi a sedere. Ero stordita, ero rimasta tanto
tempo sdraiata e mi girava la testa.
“Che
c'è?” mi domandò Ismaele.
“Dai,
alziamoci!”
“Oddio,
mi sento una tartaruga a pancia in su!” esclamò mentre
tentavo di tirarlo su.
Ci
guardammo e scoppiammo di nuovo a ridere. Noi due ridevamo sempre,
insieme ci divertivamo un mondo, tra noi c'era una sintonia pazzesca.
Gli
occhi di Ismaele, inzialmente malinconici e velati di tristezza, in
quel momento brillavano della più pure e innocente gioia.
“Ti
voglio bene Mae!” gli dissi.
Lui
abbassò lo sguardo. Come non detto, era troppo timido.
Ma
stava per fare una cosa che non mi aspettavo: mi cinse i fianchi e mi
attirò a sé. Inizialmente posai il mento sulla sua
spalla, poi incrociai il suo sguardo. Una scintilla passò nei
suoi occhi azzurri e in quel momento capii.
Lui
azzerò la distanza tra i nostri volti e posò le sue
labbra sulle mie. Era un bacio leggero, semplice, caldo come il sole
di un mattino estivo, innocente come la risata di un bambino.
Non
lo rifiutai, anche se avrei dovuto. In fondo era quello che volevo
anch'io. Non esisteva niente oltre noi due.
Rimase
un bacio superficiale, ma fu il più dolce che si potesse
desiderare.
“Camilla!”
Mi
staccai di botto da Ismaele. Conoscevo fin troppo bene quella voce.
Mi
voltai e vidi Nadia che mi fissava con uno sguardo pieno d'odio e di
disprezzo, le mani sui fianchi e le sopracciglia aggrottate.
Merda,
mi aveva visto mentre baciavo Ismaele, non poteva essere vero!
Si
avvicinò a noi a passo di marcia, mentre Ismaele la squadrava
con aria interrogativa.
“Io
sono senza parole, Camilla! Non avrei mai pensato che ti saresti
ridotta così” disse disgustata.
“Ti
prego Didi, non dirlo a Diego, non dirglielo!” la implorai
mentre avvertivo le lacrime pungermi gli occhi.
“Chi
è Diego?” ebbe il coraggio di chiedere Ismaele,
perplesso.
“Come,
la principessina non te l'ha detto? Beh, Diego è il suo
ragazzo. Ops, non lo sapevi?”
La
reazione di Ismaele mi lasciò stupefatta: sbarrò occhi
e bocca, poi arrossì e corse via.
Non
tentai di fermarlo, avevo problemi più grandi da risolvere in
quel momento.
“Sono
senza parole, davvero. Fossi in te, mi vergognerei. Fai quel che
vuoi, non sarò io a farti la predica” concluse, poi si
allontanò.
“Ti
prego, non dirlo a Diego, lo farò io, giuro... ma non
dirglielo... Didi!”
Ma
fu tutto inutile, lei ormai era andata via e non mi prestava più
attenzione.
Ero
triste e mi sentivo uno schifo. Ismaele era scomparso e presto Nadia
avrebbe detto a Diego quel che avevo fatto. Non era possibile, mi ero
cacciata in un bel guaio.
Perché
capitavano tutte a me queste tragedie?
Non
mi restava che tornare a casa.
Percorsi
la strada assorta nei miei pensieri e con un grande vuoto nel petto.
Varcai
la soglia di casa e mi diressi subito in camera mia, ma andai a
sbattere contro mia sorella.
“Camilla,
che è successo? Hai una faccia spaventosa...” chiese.
Scoppiai
a piangere, sfinita.
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Capitolo 9 *** Solitudine ***
Solitudine
L'indomani,
alle dieci e mezza del mattino, Diego mi mandò un messaggio.
Qualcosa mi diceva che non era affatto un messaggio affettuoso.
Stasera
devo parlarti. Alle 5 e mezza ai giardini. A dopo.
Nadia
gliel'aveva detto. Ma perché lui ci aveva creduto ciecamente?
Si fidava più di lei che di me?
Ma
ormai non potevo più scappare, dovevo affrontarlo.
Quel
pomeriggio alle cinque e un quarto uscii di casa e mi diressi verso i
giardini pubblici, che consistevano in un piccolo e inutile parchetto
diroccato sempre deserto, ombreggiato da grandi pini e contornato da
un basso muretto di cemento.
Arrivai
prima del previsto, infatti Diego non c'era ancora. Dopo circa cinque
minuti apparve in lontananza: era sempre bellissimo, ma qualcosa nei
suoi occhi si era spento. Quello non era più il mio Diego,
l'angelo che mi aveva rubato il cuore.
“Ciao
Diego...” farfugliai abbozzando un sorriso.
Lui
scosse il capo. “Dimmi perché l'hai fatto!”
“Die,
io non ho...”
“Tu
eri gelosa, quasi ossessiva, ma io non ti ho mai tradito. Io mi
fidavo di te, ti ho lasciato tutta la libertà che volevi. Sono
stato uno stupido!” sbottò bruscamente.
“Dai,
Diego, non dire così...”
“Non
mi lascerò prendere in giro da te in questo modo!” mi
interruppe stizzito.
Ero
arrabbiata con lui. Non mi lasciava parlare, non mi dava il tempo di
spiegarmi, questo mi infastidiva parecchio.
“Adesso
basta Diego! Io ti avevo avvertito, mi dava fastidio il fatto che tu
ti sentissi con quella sgualdrina di Gaia, ma tu mi hai mai
ascoltato? No, ovviamente, pensi che siano sempre gli altri a
sbagliare, ma ti sei fatto un esame di coscienza? E poi cosa ti fa
credere che io ti abbia tradito?” gridai con le lacrime agli
occhi.
“Questa!”
disse, mostrandomi una foto sul suo cellulare.
Sì,
quello scatto ritraeva proprio il bacio tra me e Ismaele. L'aveva
fatto Nadia, ne ero certa! Che odiosa, perché non si faceva
mai gli affari suoi, quella strega?
“Io...
lui è così solo, mi vuole bene e io...” tentai di
giustificarmi, ma era tutto inutile.
“Basta
Camilla, è finita.”
Caddi
in ginocchio con le mani sul viso. Non mi importava se gli aghi di
pino mi ferivano la pelle nuda delle gambe, l'unico mio desiderio era
che Diego non mi abbandonasse.
“Ti
prego, Die, non mi lasciare! Cercherò di rimediare, ma stai
con me, ti supplico!” gemetti aggrappandomi alla stoffa dei
suoi pantaloni.
“Guardati,
non hai nessuna dignità. Non ti serve a niente fare la bambina
capricciosa, avresti dovuto pensare prima di agire” disse lui
con freddezza.
“Saresti
capace di lasciarmi qui... da sola... dopo tutto quello che abbiamo
passato insieme?” strillai.
“Tu
sei stata capace di tradirmi davanti a tutti senza vergogna? A quanto
pare sì, quindi addio!” concluse e si allontanò.
Non
so per quanto tempo rimasi lì, seduta sul muretto con lo
sguardo basso e le mani tra i capelli. Non potevo trascorrere tutta
la sera là fuori, ma non avevo voglia di tornare a casa,
quindi optai per il parco.
Non
appena vi giunsi, notai subito la rossa chioma di Ismaele. Ero felice
di vederlo, almeno lui non mi aveva abbandonato! Certo, dovevo
chiarire qualcosa con lui, ma non vedevo l'ora di essere consolata da
quel ragazzo dolce e timido.
Mi
notò mentre mi dirigevo nella sua direzione, ma rimase
impassibile, non si mosse.
“Ciao
Mae!” esclamai e feci per abbracciarlo, ma lui mi evitò.
Le lacrime cominciarono a pungermi gli occhi. “Mae, che
succede?” domandai sull'orlo della disperazione.
“Hai
tradito il tuo ragazzo con me e a mia insaputa, questo non posso
accettarlo. Sono stanco di essere illuso e preso in giro da tutti”
disse.
“Ma
io non ti sto prendendo in giro! Se ho fatto quel che ho fatto,
rischiando di essere scoperta, è perché tengo a te,
altrimenti non ci avrei mai pensato! Tu non te ne devi preoccupare,
sul serio!” piagnucolai tra i singhiozzi.
“Ciao
Camilla” sospirò, poi si alzò e se ne andò
senza degnarmi di uno sguardo.
No,
da lui non me lo sarei mai aspettato! Era un ragazzo così
sensibile, sempre pronto ad aiutare gli altri. Insomma, ci eravamo
baciati, accidenti! Come poteva fingere che non fosse successo
niente? Non sopportavo di essere ignorata così!
Non
sapevo davvero che fare, dove andare. Tutti mi avevano lasciato sola,
per la prima volta nella mia vita non avevo nessuno con cui parlare.
Ero sempre stata ammirata e accettata da tutti, in quel momento
invece mi sentivo persa.
Non
mi restava che andare da Valentina. Lei non mi avrebbe mai rifiutato,
lei era sempre dalla mia parte. Le mandai un messaggio per chiederle
se potevo andare a farle visita, lei acconsentì.
Quando
arrivai la trovai in camera sua che leggeva un romanzo sul letto.
“Ciao
Vale, come stai?” le chiesi.
“Uhm...
avevo un po' di febbre questo pomeriggio, ma ora sembra andare
meglio. Sono un po' debole, ma nulla di che. Tu piuttosto? Sembri
distrutta. Gli occhi rossi, il viso pallido... hai l'aspetto di una
che non dorme da due giorni!”
“Sì,
in effetti sono distrutta, Vale! Tu sei l'unica che ancora mi vuole
bene” spiegai, sprofondando nel suo letto.
“Ma
no, non dire così! Sei circondata da persone che ti vogliono
bene!”
Le
raccontai tutto nei minimi dettagli, non trascurai nulla. Durante il
racconto scoppiai nuovamente a piangere, non riuscendo a trattenermi.
“Da
ieri non faccio altro che piangere, sono stanca, voglio la
tranquillità di prima, vorrei che non si fosse creato tutto
questo casino... cosa ho fatto di male per meritarmi tutto questo?”
conclusi prendendo a pugni il materasso.
“No
Cami, così non va. Non devi baciare il primo ragazzo che
capita, tu avevi già un fidanzato! Ti sei comportata male, non
si gioca con i sentimenti altrui. Ma non sono qui per farti la
predica, sono tua amica e sono sincera con te. Comunque tu puoi
sempre contare su di me, anche se a volte ti rimprovero” disse
accarezzandomi i capelli.
“Grazie
Vale, tu mi capisci davvero. Almeno non sei scappata lasciandomi in
lacrime come tutti gli altri” la ringraziai abbracciandola.
“Cami,
così ti contagio l'influenza!” protestò.
“Non
mi interessa, affronteremo anche quella insieme!”
Passammo
il resto del tempo sdraiate sul suo letto a parlare del più e
del meno senza preoccuparci dei nostri problemi.
Tuttavia,
quello non mi bastava; non avevo bisogno di un'amica in quel momento,
volevo solo che i ragazzi smettessero di evitarmi e scappare da me,
che ascoltassero quello che avevo da dire senza accusarmi. Ma in
questo mondo nessuno è abituato ad ascoltare ciò che
gli altri hanno da dire.
Tutti
sbagliavano, io avrei continuato ad andare dritta per la mia strada a
testa alta.
Quando
andai via da casa di Valentina, ci mettemmo d'accordo per rivederci
l'indomani.
Quella
sera raccontai a mia sorella Chiara tutta la storia, sperando che
anche lei potesse aiutarmi.
“Beh,
complimenti, vedo che stai crescendo proprio bene” commentò
sarcasticamente lei.
“E
adesso ti ci metti anche tu?” sbottai irritata.
“Voglio
dire, cambi ragazzo e amici più spesso di quanto io mi cambio
le calze. Hanno fatto bene Diego e Ismaele a reagire così. Ben
ti sta, mi auguro che tu abbia imparato qualcosa, almeno.”
Non
avevo voglia di discutere e farmi deridere da quell'insensibile di
mia sorella, per quel giorno non avevo avuto abbastanza.
Andai
a letto infuriata più che mai e non riuscii a prendere sonno
fino a notte fonda.
L'unica
parola per descrivere quella giornata: solitudine.
*
* *
Lettori,
che disperazione!
Camilla
è una schifezza che deambula, così tanto che mi
vergogno per lei ogni volta che pubblico un capitolo!
Una
cosa importante che dovete sapere è che io non sono come lei!
Adesso siete più tranquilli? :D
A
parte questo, ringrazio chi continua imperterrito a leggere e/o
recensire, siete davvero speciali! :3
Soul
♥
|
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Capitolo 10 *** Con gli occhi da cerbiatto ***
Con
gli occhi da cerbiatto
Quella
mattina uscii presto di casa, cercando di non portarmi appresso i
miei problemi. Tutto intorno a me stava crollando e io non sapevo più
dove aggrapparmi per non precipitare.
“Ti
devo chiedere un favore” saltò su Valentina non appena
entrai in camera sua.
“Okay,
di che si tratta?”
Ero
curiosa. Quando Valentina prendeva una decisione, ciò
significava che ci aveva riflettuto a lungo e che si trattava di
qualcosa d'importante.
“Okay,
ora ti racconto. Ieri sera Charlie mi ha mandato un messaggio: «Sono
a pezzi». Io mi sono preoccupata e gli ho scritto: «Che
succede?». E lui mi ha risposto: «Stasera Lalla mi ha
lasciato». Ti giuro, Cami, sono rimasta a bocca aperta.
Comunque gli ho scritto: «Cosa? Perché lo ha fatto?».
Abbiamo continuato a parlare e ho cercato giustamente di consolarlo.
Ora che è libero vorrei tanto quello che provo per lui ormai
da tempo, ma non ho il coraggio di farlo!”
“Oddio,
Vale! E adesso potrai avere Charlie tutto per te!” esclamai al
settimo cielo.
“Cami,
ho paura! Se mi rifiutasse potrei farmene una ragione, il problema è
che sono bloccata e non so come affrontarlo!”
“Ma
come? È tuo amico, dovresti avere confidenza con lui! Vuoi che
arrivi un'altra ragazza a rubartelo?”
“Certo
che no! Infatti volevo chiederti se saresti disposta a parlarci tu al
posto mio. So che di te mi posso fidare, ti prego” mi supplicò.
“Cosa?!
Ma sei matta? Non puoi mandare una tua amica a parlarci! E poi che
figura ci faccio se mi piazzo davanti a lui e gli dico: «Valentina
ti ama!»? Insomma...”
“Quindi
il tuo è un no?” mi interruppe bruscamente.
“Beh...”
“Per
questo puoi prenderti tutto il tempo che vuoi. Prima conoscilo, digli
chi sei e poi gli parli di me, no?”
“Oh,
e va bene! Ma promettimi che la prossima volta sarai tu a parlare con
il diretto interessato. Per questioni così delicate non
bisogna mai coinvolgere terze persone, è una cosa tra te e
lui.”
“Va
bene Cami, promesso. Grazie!” esclamò entusiasta.
“Allora
appena sarai guarita lo faremo” le assicurai.
“Sì!
Grazie, sei un tesoro!”
Risi,
contenta. Non vedevo l'ora di fare questo favore a Valentina e
renderla felice.
Di
sera mi recai di nuovo al parco. Non riuscivo a rimanere a casa col
pensiero che magari là fuori ci potessero essere Diego e
Ismaele, entrambi arrabbiati con me. Dovevo assolutamente farmi
perdonare da loro, non potevo vivere senza averli vicino!
Arrivai
alla mia meta convinta di trovare Ismaele, dato che non mancava mai.
Invece proprio quel giorno non c'era.
Mi
guardai attorno, anche se avevo perso la speranza di trovare qualcuno
che mi interessasse... invece Diego era lì, con il suo solito
gruppo di amici. Lui non li aveva mai trascurati, neanche quando
stavamo insieme; usciva con loro almeno tre volte alla settimana.
Mi
avviai al loro tavolo a passo di marcia, non avevo certo paura di
affrontarli!
“Ciao
a tutti. Diego, dovrei parlarti un attimo” esordii.
Una
ragazza dai capelli castani e mossi mi osservò, poi disse:
“Ciao, tu devi essere la tizia che stava con Die, vero? Com'è
che ti chiami? Carla? No, forse era Cleopatra...”.
Tutti
i presenti scoppiarono a ridere sghignazzando come scimmie e facendo
stupide ipotesi sul mio nome. Insopportabili.
“Camilla”
li corressi. “Diego, è urgente!”
Lui
si alzò controvoglia. “Cosa vuoi, Camilla?” chiese
spazientito.
“Vieni.”
Lo
afferrai per un polso e lo trascinai via. Arrivammo dietro il muro
del bar, in modo che nessuno potesse sentire la nostra conversazione.
“È
inutile quello che stai facendo, non dovresti nemmeno essere qui”
disse lui in tono piatto.
“No
Diego, ora ascoltami, dato che ieri non hai voluto farlo. Hai
ragione, ho sbagliato, non ci sono scuse per ciò che ho fatto.
Tu sei un tesoro, non te lo meritavi proprio e mi prendo tutte le
colpe. Ma l'unico mio desiderio è che tu non mi abbandoni!”
spiegai caricando il mio tono di voce di tutta la disperazione che
provavo in quel momento.
“Mi
hai fatto soffrire molto, lo sai?” ribatté.
Lessi
l'indecisione nei suoi occhi, forse stavo riuscendo a farmi
perdonare! Doveva essere così!
“Per
favore, Die! Se oggi sono qui è perché ti voglio
davvero bene, so che sei arrabbiato, ma ti chiedo solo di darmi
un'altra opportunità! Ti assicuro che questa volta non butterò
tutto all'aria! Perdonami!” implorai, sbattendo le ciglia come
un povero e innocente cerbiatto. Quel metodo funzionava sempre, era
capace di addolcire chiunque.
“Sembri
davvero pentita... va bene, ti do una seconda possibilità. Ma
saremo solo amici” sentenziò.
Lanciai
un grido di gioia. “Grazie Die, grazie davvero! Ti voglio
bene!” esclamai gettandogli le braccia al collo e stringendolo
forte a me.
Lui
non si ritrasse, anzi, ricambiò l'abbraccio e scoppiò a
ridere.
“Mi
sei mancata, Cami!” esclamò con gioia.
Anche
a me era mancato il suo modo allegro di vivere ogni situazione. Forse
la nostra storia d'amore era finita per sempre, ma da quel giorno
sarebbe nata un'amicizia capace di resistere a qualsiasi intemperia.
Quella
sera andai via dal parco con il cuore colmo di gioia. Ma qualcosa
ancora non andava per il verso giusto: dov'era Ismaele?
“Chiary,
ho bisogno del tuo aiuto!” esclamai facendo irruzione in camera
di mia sorella.
Erano
passati un paio di giorni da quando avevo fatto pace con Diego e
tutto stava andando a gonfie vele tra noi. Io e lui eravamo usciti
assieme e ci eravamo divertiti molto, proprio come ai vecchi tempi.
Ero
anche andata a trovare Valentina. Doveva stare a casa ancora qualche
giorno per via dell'influenza, ma non vedeva l'ora di guarire per
rivedere Charlie e permettermi di attuare il nostro piano.
“Che
c'è?” chiese Chiara, senza distogliere lo sguardo dal
suo pc.
Andai
a sedermi vicino a lei, sul letto. “Tu hai degli amici di
quindici anni, vero?” domandai.
“Sì,
perché?”
“Per
caso qualcuno di loro frequenta l'Agrario?”
“Sì,
Lorenzo e Andrea, perché?”
“Perfetto!
Puoi chiedere ad entrambi se conoscono Ismaele e se sanno dove
abita?”
“Ah,
ecco dove volevi arrivare! Beh, l'hai baciato e non sai nemmeno il
suo cognome! Sei messa male, bella mia!” pontificò mia
sorella in tono acido.
“Sì,
so quello che stai pensando, ma ho bisogno di questo favore!”
Lei
fece spallucce. “Va bene, glielo chiedo, ma me ne lavo le mani.
Tanto se lo faccio o non lo faccio, non cambia niente: sei lo stesso
una cretina.”
“Ancora
con questa storia?! Non puoi giudicarmi per ogni cosa che faccio,
solo perché tu sei una santarellina e ti comporti sempre bene
e bla, bla, bla...” protestai, dirigendomi verso la porta.
Entro
quel pomeriggio ottenni le informazioni che mi servivano. Ismaele
abitava in periferia, in una strada che conoscevo appena.
Verso
le cinque e un quarto uscii di casa sotto il caldo sole estivo e
attraversai quasi tutto il paese per arrivare a destinazione. Parte
della strada in cui abitava Ismaele era sterrata, e dovetti evitare
di inciampare sui numerosi sassi e rompermi l'osso del collo.
Arrivai
davanti a una casa circondata da una fitta vegetazione, dall'aspetto
piuttosto malinconico e austero. Controllai il numero civico:
quattordici. Era l'abitazione giusta.
Bussai
alla porta con mano tremante. Quel luogo non mi trasmetteva molta
tranquillità, neanche il bosco che la sovrastava al lato
opposto aveva un aspetto rassicurante.
Ad
aprire la porta fu Rosemary.
“Ciao
Mary, ti ricordi di me?” esordii.
“Certo
che mi ricordo, tu sei Camilla, l'angelo di Mae!”
Risi.
“Tuo fratello è in casa?”
“Sì,
adesso vado a chiamarlo!” Detto questo, scomparve e io rimasi
ad attendere sulla soglia.
Dopo
pochi secondi, Ismaele si materializzò di fronte a me. I raggi
del sole facevano brillare la sua enorme massa di boccoli ramati.
“Ciao,
Ismaele” lo salutai con un sorrisetto imbarazzato.
Lui
fece un cenno con il capo e uscì di casa, dirigendosi verso il
boschetto.
Io
lo seguii in silenzio.
Arrivammo
presso una rudimentale panchina di pietra e legno situata in mezzo
agli alberi e ci sedemmo.
“Ora
puoi parlare” disse.
“È
questo il bosco dove vieni di solito?”
Lui
annuì distrattamente.
“Mae,
se sono venuta qui... è perché voglio chiederti scusa.
Non è giusto quello che ho fatto a Diego, mi rendo conto di
essere stata pessima. Ma con lui è tutto risolto, siamo
tornati amici. Ma se ho fatto quel che ho fatto, l'altro giorno al
parco, non era certo per ferirti, anzi, era ciò che volevo. La
lontananza da te in questi giorni mi ha fatto davvero soffrire, mi
sono accorta che tu... beh... mi piaci molto...”
“Io
non voglio far soffrire nessuno, mi dispiace davvero molto per Diego.
Odio essere la causa di tanti problemi, semplicemente mi ha dato
fastidio che tu non mi abbia parlato di lui e della vostra
relazione.”
“Ti
prego Mae, non te ne devi più preoccupare, è tutto
finito con Diego, noi due possiamo essere felici insieme.
Quest'esperienza mi ha cambiato e ti assicuro che mi sono pentita.”
Utilizzai
il metodo degli occhioni dolci anche con lui. Dovevo assolutamente
riconquistarlo, mi piaceva troppo e la sola idea di non averlo
accanto mi faceva impazzire. Lo avevo notato già da quando
stavo con Diego, non potevo più lasciarmelo scappare! Sì,
forse avevo tradito Diego, ma non ero certo andata a letto con un
altro come facevano molte ragazze della mia età! Era stato un
innocente bacio quello tra me e Ismaele, del resto non mi sembrava di
aver fatto qualcosa di così grave. Ismaele mi piaceva davvero
e prima o poi lo avrei detto a Diego, senza che quella strega di
Nadia intervenisse e rovinasse tutto. Non la sopportavo proprio.
Pian
piano qualcosa negli occhi di Ismaele si stava accendendo. Vedevo la
mia seconda possibilità prendere forma davanti a me, sapevo
che ce l'avrei fatta anche quella volta.
Prima
che potessi anche solo accorgermene, mi attirò a sé e
mi baciò con trasporto.
Il
mondo non mi era mai sembrato così bello come in quel momento.
Tutto quel che volevo era al mio fianco.
“Questo
sarebbe un sì?” gli chiesi con un enorme sorriso sulle
labbra.
“Non
lo so, tu che dici? Si potrebbe scambiare per un no?” ribatté
lui ricambiando il sorriso.
Lo
strinsi forte a me e posai la testa sulla sua spalla.
Restammo
tanto tempo insieme, nel bosco. Non avrei mai voluto separarmi da lui
e da quel luogo così bello da sembrare incantato.
Ismaele
mi spiegò che per arrivare nel bosco c'era anche un'altra
strada: bisognava raggiungere un vicolo cieco poco distante da casa
mia, scavalcare la staccionata che lo delimitava e camminare per un
po'.
Mi
portò ad esplorare i dintorni: la distesa di alberi non era
molto grande, al centro si trovava una vecchia capanna di legno
abbandonata e l'altro ingresso era dalla parte opposta rispetto alla
casa di Ismaele.
“Eppure,
se attraverso il paese a piedi, devo fare il doppio della strada per
arrivare a casa. Non avrei mai creduto che abitassimo così
vicini!” esclamai stupita.
Alle
otto dovevo tornare a casa, volevo passare dal bosco, ma Ismaele mi
consigliò di non farlo perché non lo conoscevo
abbastanza bene e mi sarei potuta perdere.
Gli
chiesi il numero di telefono e gli diedi il mio.
Quel
giorno andai a letto con il sorriso stampato sulle labbra. Tutto si
stava pian piano risolvendo.
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Capitolo 11 *** Sicurezza ***
Sicurezza
Mi
sorprendevo di quanto stesse trascorrendo in fretta il tempo. Luglio
era iniziato ormai da due settimane e faceva un caldo infernale.
Tra
me e Diego era tutto risolto. Sapeva che stavo con Ismaele, ma non
gliene parlavo in continuazione perché ero certa che non si
fosse ripreso del tutto. Era un ragazzo molto sensibile e sapevo che,
quando frequentava una persona, teneva davvero a lei.
Con
Ismaele andava tutto a meraviglia: ci vedevamo sempre nel boschetto
dietro casa sua, ci avevamo passato così tanto tempo che ormai
ero in grado di riconoscerne ogni singolo dettaglio e non mi perdevo
più al suo interno. Quando lo esploravamo mi sentivo come
quando, da piccola, andavo in vacanza e mi avventuravo nella pineta
in riva al mare con mio cugino. Mi era sempre piaciuto
particolarmente arrampicarmi sugli alberi, così mi divertivo a
farlo anche durante i pomeriggi trascorsi con Ismaele.
Seduta
su un ramo con le gambe penzoloni, i gomiti sulle cosce e il mento
sui palmi delle mani, rimanevo incantata ad osservare il paesaggio e
riflettere accanto al mio ragazzo. Era bellissimo stare con lui,
anche se spesso rimanevamo in silenzio uno vicino all'altra.
Un
pomeriggio, mentre mi riposavo appollaiata sul mio albero preferito,
il mio cellulare cominciò a trillare nella tasca dei jeans. Lo
afferrai e lessi il nome sul display: Die.
“Mmh?”
risposi.
“Cami?”
“Sì,
chi pensavi di aver chiamato?” ribattei.
Rise.
“È colpa tua che non dici «pronto» quando
rispondi al telefono!”
“E
sono costretta?”
“Lasciamo
stare, non ti ho certo chiamato per questo!”
“Dai,
vediamo se entro le otto di stasera riesci a dirmi il motivo”
lo punzecchiai ironica.
“Sei
tu che non mi lasci parlare! Comunque, ti ho chiamato perché
sono felicissimo! Ho appena ricevuto una notizia grandiosa!”
esclamò trapanandomi il timpano destro.
“Davvero?
Sentiamo!”
“Ad
agosto Gaia e la sua famiglia verranno qui per due settimane, così
la potrò finalmente incontrare!” strillò in preda
all'euforia.
Non
seppi spiegarmi perché, ma quella non mi parve affatto una
bella notizia, ma mi sforzai di sembrare felice.
“Wow...
davvero?”
“Sì,
ha detto che vuole conoscere anche te. Le ho parlato molto di te, non
vede l'ora di essere qui!”
Questa
cosa mi irritò ancora di più.
“Oh,
beh, sono felice.”
“Non
si direbbe...”
“E
invece lo sono, Diego!” dissi bruscamente.
Sospirò.
“Dove sei?” domandò.
“A
casa” mentii, non capendo proprio cosa potesse importargli.
A
Diego parlavo di tutto, ma il boschetto doveva rimanere un segreto
tra me e Ismaele.
“Esci
stasera?”
“Non
posso, ho già un impegno con Vale.”
“E
non possiamo uscire in tre?” propose.
“No,
oggi no, dobbiamo fare una cosa importante solo io e lei”
tagliai corto.
Infatti
quel giorno dovevo parlare con Charlie per la mia amica e non volevo
che Diego si intromettesse in questa faccenda, non erano affari suoi.
“Peccato.”
“Già.
Ora devo andare a prepararmi, ciao.”
“Ciao
Cami.”
Scesi
dall'albero e mi diressi verso casa.
Alle
cinque e mezza passai a prendere Vale a casa sua e andammo dritte al
parco.
“Sei
sicura che oggi Charlie ci sarà?” le chiesi.
“Me
l'ha detto lui. Deve andare con i suoi cugini.”
“Ma
se è con i suoi cugini, come faccio ad avvicinarmi a lui?”
domandai con ton0 ovvio.
“Beh,
non sta tutto il tempo con loro, sono piccoli e vanno a giocare sugli
scivoli. Più di una volta mi ha chiesto di fargli compagnia.”
Questo
mi fece pensare al mio Ismaele che portava la sorellina a giocare al
parco. Mi faceva tenerezza, passava tutte le sere da solo pur di far
svagare la piccola Rosemary. Era un angelo.
Quando
arrivammo, prendemmo posto su una panchina e Valentina si guardò
attorno. “No, non ci sono ancora” sentenziò.
Chiacchierammo
finché non notammo Charlie entrare al parco seguito da due
bambini di circa otto anni.
“Quindi...
cosa devo fare quando vado a parlarci?” chiesi.
“Niente
di che: lo saluti, ti presenti, ci parli un po' del più e del
meno e poi gli dici quello che gli devi dire. No?”
“Ma
io non so da dove cominciare per dirglielo. Io non ho confidenza con
lui, non ci ho mai parlato!”
“Eh
dai, Cami, lo sappiamo tutte e due che non è vero. Tu riesci a
fare amicizia con chiunque, entrerete sicuramente in confidenza fin
da subito. Poi lui è un ragazzo molto simpatico!” mi
incoraggiò Valentina con un sorriso.
“Okay,
ti credo.”
“Guarda,
i bambini sono andati a giocare, ora è da solo! È la
tua occasione, Cami!” saltò su lei entusiasta.
Osservai
il ragazzo che piaceva alla mia amica: aveva i capelli castano chiaro
mossi e lunghi fino alle spalle, era abbastanza alto e aveva un viso
simpatico.
“Devo
ammettere che non è male... sembra simpatico” commentai.
Cinque
minuti dopo stavo camminando in direzione di Charlie, che si era
accomodato su una panchina all'ombra di un albero.
Non
appena mi vide, alzò lo sguardo e mi osservò sorpreso.
Aveva due occhi stupendi, verde smeraldo, così profondi che ti
ci potevi perdere. Ma non c'era paragono con quelli luminosi e puri
di Ismaele, i più belli che avessi mai visto in vita mia.
Tuttavia,
osservandolo meglio, dovetti ammettere a me stessa che era proprio un
bel ragazzo e che lui e Valentina sarebbero stati una coppia
perfetta.
“Ciao!
Come va?” esordii con disinvoltura.
“Ciao.
Ci conosciamo?”
“No,
io sono Camilla! Posso sedermi o aspetti qualcuno?” domandai.
Lui
mi guardò disorientato. Sicuramente stava pensando che fossi
pazza; del resto nessuno rivolgeva la parola ad un perfetto
sconosciuto senza un motivo ben preciso. Io un motivo ce l'avevo
eccome, ma ancora Charlie non lo sapeva.
Mi
sedetti senza attendere la sua risposta. “Allora... tu sei
Charlie, giusto?” indagai.
Annuì.
“Come fai a conoscermi?”
“Sono
la migliore amica di Valentina” spiegai.
“Oh,
Vale. È una brava ragazza lei.”
“Concordo,
a volte anche troppo.”
“E
come mai sei venuta a parlare proprio con me?” si informò,
osservandomi con circospezione. Era diffidente, questo mi faceva
pensare che volesse accertarsi della mia sanità mentale, prima
di darmi troppa confidenza. Mi piaceva il suo modo di fare, in un
certo senso ci assomigliavamo.
“Beh,
mi incuriosisci.”
Wow,
ero proprio brava a improvvisare!
“Io?
Dici sul serio?”
Gli
sorrisi. “Certo!”
Cominciammo
a conversare allegramente. Inizialmente rimase un po' sulle sue, ma
grazie al mio carattere allegro ed espansivo, riuscii a farlo uscire
dal suo guscio. Ci divertimmo un sacco, mi dimenticai che Valentina
mi stava aspettando e ci osservava nascosta da qualche parte. Ma, in
fondo, era stata lei a dirmi di prendermi tutto il tempo necessario,
no? Quindi che male c'era se ci parlavo un po' più a lungo?
Era un ragazzo semplice, divertente e con dei grandi valori. Era
difficile trovare dei ragazzi del genere, al giorno d'oggi.
Mi
confessò di avere una cerchia di amici molto ristretta, ma che
gli andava bene così.
“Però
scommetto che piaci ad un sacco di ragazze!” esclamai
sinceramente convinta. Era molto carino, nonostante non avesse il
fisico di un modello, ma che importava? Avevo un viso angelico e uno
sguardo innocente che gli conferiva un'aria da bravo ragazzo. Era
molto sensibile, non mi sorprendeva che Valentina avesse perso la
testa per lui.
Verso
le sette mi accorsi di aver abbandonato la mia amica per troppo
tempo.
“Adesso
devo andare, una mia amica mi sta aspettando” dissi.
“Okay,
ciao, ci vediamo presto!”
“Ciao
Charlie!” lo salutai, stampandogli due sonori baci sulle
guance.
Uscii
dal parco e mandai un messaggio a Valentina:
Sono
fuori dal parco vieni
Lei mi raggiunse dopo
circa cinque minuti. “Scusa, dovevo uscire senza farmi vedere
da lui, ci ho messo un po'. Allora, com'è andata? Gliel'hai
detto? E lui cos'ha risposto?” chiese Valentina impaziente.
Ops. Mi ero dimenticata
del vero motivo per cui ero andata a parlare con Charlie.
“No, non ce l'ho
fatta, Vale! Non è una cosa semplice da dire, poi non lo
conosco ancora bene...” mi giustificai, mentendo
spudoratamente.
“Certo tesoro, non
fartene una colpa. È normale, non puoi fare tutto in una
volta. Prima devi entrare maggiormente in confidenza con lui, magari
qualche volta potremmo uscire in tre. Rilassati, le cose vengono da
sé” mi rassicurò sorridendo.
La adoravo, era sempre
così comprensiva e paziente, che a volte pensavo di non
meritarmi la sua amicizia. Era una delle persone migliori che avessi
mai conosciuto, lei non era impulsiva ed egoista come Nadia o
scorbutica e acida come Chiara. Lei non sembrava avere difetti, il
problema era che la gente non vedeva la bellezza del suo carattere.
“Grazie Vale, tu mi
capisci davvero.”
Camminammo per le
soleggiate e strette vie della periferia, finché non arrivammo
davanti ad un locale.
Mi fermai di botto in
mezzo al marciapiede, osservando la grande vetrata ad angolo e
l'insegna riportante la scritta Lovers.
“Questo è il
locale che frequentavamo io e Die” mormorai.
“Davvero carino”
commentò Valentina, osservando la colorata e allegra facciata.
“Dai, entriamo!”
proposi presa dall'entusiasmo del momento.
“Cosa? No, ma sei
pazza? È un bar per coppiette, ci prenderanno per lesbiche! E
poi sinceramente non ho voglia di stare a guardare gente che si
sbaciucchia come se non ci fosse un domani” ribatté
Valentina.
Sbuffai. “Non è
un bar solo per le coppie, ci sono anche altre persone. Dai!”
la incitai.
“Ho detto di no!
Entra da sola, io me ne vado a casa!”
Certo che quando voleva
ottenere qualcosa, Valentina faceva di tutto per raggiungere il suo
obiettivo.
“E va bene,
andiamocene!” mi arresi, tanto era inutile discutere.
Avrei soltanto voluto
fare un salto nel passato, rivivere i ricordi della relazione tra me
e Diego, ma per il momento dovetti rinunciarci e accettare che
Valentina non mi avrebbe accompagnato.
Continuammo a camminare
senza una meta, finché il sole non tramontò.
Accompagnai Valentina a casa e, prima di rientrare, feci un salto nel
mio boschetto. Mi sedetti per dieci minuti sul mio albero preferito,
il più alto, quello da cui potevo scorgere la sagoma della
casa di Ismaele.
Chissà cosa stava
facendo in quel momento, se mi stava pensando, se stava giocando con
Rosemary...
Ismaele era molto simile
a Charlie, entrambi sensibili e timidi, sarebbero andati sicuramente
d'accordo.
“Qualsiasi cosa
accada, Mae, io non ti abbandonerò mai” promisi a me
stessa posandomi una mano sul cuore. “Sei il migliore, questi
alberi sono testimoni del nostro amore e lo custodiranno per sempre”
recitai come fosse una preghiera.
Era quello che volevo. In
quel momento fu come se gli alberi intorno a me avessero ascoltato le
mie parole e mi avessero trasmesso la loro energia positiva.
Saltai giù dal
ramo e mi lasciai alle spalle il crepuscolo mentre rincasavo.
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Capitolo 12 *** Il lupo perde il pelo... ***
Il
lupo perde il pelo...
Era
ormai giunto il 20 di luglio, mi ricorderò per sempre questa
data.
Con
Ismaele andava ancora tutto bene, avremmo presto festeggiato un mese
di fidanzamento e io ero al settimo cielo!
Anche
con Diego andava tutto bene: lui faceva il conto alla rovescia per
l'arrivo di Gaia e io cercavo di non essere gelosa nei suoi
confronti, ottenendo buoni risultati. Io avevo un ragazzo, che me ne
importava? Eppure ero sicura che, vedendo Gaia, Diego si sarebbe
nuovamente innamorato di lei.
Con
Charlie non avevo ancora concluso niente; gli avevo parlato un'altra
volta, eravamo anche andati a prendere qualcosa al bar, ma ancora non
ero riuscita a parlargli di Valentina. Per fortuna la mia amica era
paziente.
Quel
pomeriggio la chiamai, chiedendole di andare al parco. Le promisi che
quel giorno avrei detto a Charlie che lei lo amava. Ero davvero
intenzionata a farlo, non volevo che aspettasse ancora.
Così
quella sera ci ritrovammo di nuovo al parco. Charlie, come al solito,
era lì. Fui contenta di notare la presenza di Ismaele insieme
a Rosemary. Il mio ragazzo venne a salutarci, contento di aver
trovato compagnia.
“Ora
scusatemi, ma devo fare una cosa importante” annunciai facendo
l'occhiolino a Valentina.
“Ma...”
protestò debolmente Ismaele.
“Tranquillo,
ti faccio compagnia io e ti spiego tutto, d'accordo?” lo
interruppe Valentina.
Così
mi allontanai lasciandoli da soli.
Quando
mi vide, Charlie mi sorrise come al solito. Anche quel giorno
parlammo e ridemmo per un po'. Sapevo che Valentina e Ismaele ci
stavano tenendo d'occhio da dietro un cespuglio, ogni tanto mi
facevano dei gesti quando Charlie era distratto.
Ad
un tratto Valentina tirò fuori la testa e mi fece cenno di
avvicinarmi.
Non
potendo raggiungerla senza che Charlie se ne accorgesse, estrassi il
cellulare dalla tasca e lo indicai furtivamente, sperando che la mia
amica capisse che forse era meglio che mi mandasse un messaggio.
Dopo
qualche istante Valentina mi scrisse:
Ho
spiegato tutto a Mae, ora lui se ne deve andare...
Ok
salutalo e digli che ci sentiamo dopo ♥
Mollai
il cellulare e mi concentrai nuovamente su Charlie.
Verso
le sette e mezza capii che era arrivato il momento di dirglielo. Poco
dopo sarei dovuta rientrare e non potevo più perdere tempo.
“Charlie,
io ti devo dire una cosa...” sospirai, ravviando una ciocca di
capelli dietro l'orecchio. “È inutile andare avanti
così, non è giusto.”
Lui
mi zittì con un cenno della mano, poi disse: “Non c'è
bisogno che tu lo dica a parole, Cami, ho già capito tutto”.
Sorrise. “Beh, ricambio.”
Come
aveva fatto a capire ciò che dovevo dirgli? Beh, la cosa più
importante era che lui ricambiasse i sentimenti di Valentina. Era una
notizia bellissima, non vedevo l'ora di dirlo alla mia migliore
amica!
“Ne
sono felice!” esclamai sorridendo.
Lui
mi fissava senza dire niente. Non capivo, non riuscivo proprio a
decifrare la sua espressione.
Prima
che potessi rendermene conto, mi strinse a sé e mi baciò
con passione.
No,
non era questo quel che intendevo!,
pensai in preda alla disperazione. I sensi di colpa mi assalirono e
la mia mente si riempì di immagini di Ismaele e Valentina: non
era giusto nei loro confronti.
Quello
era un bacio sbagliato, ma per qualche strana ragione rimasi lì,
senza respingerlo, mentre Charlie mi abbracciava. Mi resi conto
troppo tardi che avevo cominciato a ricambiare il suo gesto, come se
non aspettassi altro.
Dopo
qualche minuto trovai la forza per respingerlo e lo guardai con gli
occhi pieni di paura e tristezza. Era il terzo ragazzo che baciavo
nel giro di un mese, stentavo a riconoscermi.
Distolsi
lo sguardo da lui, ma ne incrociai un altro.
Valentina
era uscita dal suo nascondiglio e ci fissava con gli occhi sbarrati.
“Vale?
Che ci fai qui?” chiese Charlie confuso.
“Beh,
se io sono qui... è perché dovevo dirti... che Vale
prova qualcosa per te...” spiegai balbettando.
“COSA?!”
gridò il ragazzo sbattendo le palpebre.
Intanto
Valentina ci fissava con disprezzo e disgusto, incapace di muoversi e
di parlare, mentre il suo viso si rigava di lacrime.
Prima
che potessimo avvicinarci a lei, scappò via, correndo come non
le avevo mai visto fare prima d'allora. Nonostante ciò, io e
Charlie la raggiungemmo in poco tempo.
Lui
le afferrò un polso e la costrinse a voltarsi. “Vale, io
non lo sapevo... non ci posso credere! Sono sconvolto quanto te.”
Erano
entrambi senza parole, si guardavano negli occhi e non riuscivano a
capacitarsi di quel che stava accadendo.
“Vale,
ti prego, perdonami! Ho fatto una cosa orribile, lo so, ma ti chiedo
solo di perdonarmi!” la implorai, tendendole una mano.
Lei
mi fulminò con un'occhiata colma d'odio.
“Camilla,
perché non me l'hai detto prima? Avrei evitato tutto questo”
mi rimproverò Charlie.
“Scusatemi,
io...” farfugliai in imbarazzo.
Il
ragazzo tentò di abbracciare la sua amica, ma lei si ritrasse.
“Perché?
Cosa ti ho fatto?” gemette lui cercando inutilmente di
ricacciare indietro le lacrime.
“Lasciatemi
in pace. State lontani da me. Ismaele sarà molto contento
quando verrà a saperlo” ringhiò Valentina, poi si
dileguò prima che noi riuscissimo nuovamente a fermarla.
“Chi
è Ismaele?” chiese Charlie sorpreso.
“Lui...
è... il mio ragazzo...”
Tutto
si ripeteva. Stavo rivivendo quel che era successo appena poche
settimane prima, il dolore che provavo era immenso. Avevo giurato che
non avrei mai tradito Ismaele, invece lo avevo fatto. Eppure io lo
amavo così tanto!
“COSA?!
Ho perso la mia migliore amica, facendola soffrire, per una ragazza
che non ricambia i miei sentimenti. E ora scopro che è anche
fidanzata con un ragazzo che, quando verrà a sapere la verità,
soffrirà. È assurdo, Camilla, è tutta colpa tua!
Vattene, dovresti vergognarti! Sparisci, più ti vedo e più
sto male!” sbraitò Charlie sull'orlo della disperazione.
Tornai
a casa col cuore spezzato. Avevo fatto litigare due amici e adesso io
stavo per perdere il mio ragazzo, o meglio, ex ragazzo. Di nuovo.
Andai
a sedermi sul ramo del mio albero preferito, all'interno del
boschetto, e scoppiai a piangere. Quanto avrei voluto che qualcuno mi
consolasse, ormai Diego era l'unica persona che mi rimaneva, dato che
Valentina ce l'aveva a morte con me e Ismaele mi avrebbe presto
abbandonato. Non pensavo di meritare tanta sofferenza.
Sapevo
che questa volta Ismaele non mi avrebbe perdonato, lo aveva già
fatto una volta e ormai avevo sprecato la mia ultima opportunità.
I
miei pensieri vennero interrotti da un movimento tra gli alberi. Mi
rannicchiai contro il tronco e osservai meglio: scorsi una folta
chioma di boccoli ramati, poi un paio di occhi azzurri iridescenti
che mi fissavano.
Ismaele
mi aveva trovato. Chissà se aveva già saputo del bacio
tra me e Charlie.
Puntò
i suoi occhi dritti nei miei e solo allora mi resi conto che sapeva
tutto. Ma come era possibile? Come aveva fatto Valentina ad
informarlo così in fretta? E soprattutto, che prove gli aveva
presentato per smascherarmi?
“Mae,
io...” farfugliai.
Lui
scosse il capo. “Basta così.”
“Ma...
non è vero! Valentina è gelosa del fatto che io abbia
un ragazzo, ecco perché ti ha detto una bugia... quando te ne
sei andato, abbiamo discusso...” mentii sperando che mi
credesse. Non poteva essere tutto finito, lui doveva credere a me e
non a Valentina!
“Avevi
un ragazzo, e comunque ne parla già tutto il paese. Smettila
di mentire, Camilla.”
Mostrava
un autocontrollo incredibile, l'unico segnale della sua ira era la
tempesta che si nascondeva dietro i suoi occhi.
“Mi
dispiace, Mae! Io... sono mortificata. Ma è stato lui a
baciarmi, io non c'entro niente” mi giustificai.
“Non
aggiungere altro, non ti credo più. Ti ho già perdonato
una volta. Non ho più voglia di perdere tempo con queste
cazzate e sono stanco di farmi prendere in giro da te.”
“Ma...
io...” riprovai. Mi tremava la voce, mi tremavano le mani.
Tremavo dalla testa ai piedi.
“Addio.”
Ismaele
si voltò e se ne andò, senza un attimo di esitazione.
Scomparve in mezzo agli alberi, gli stessi che erano stati testimoni
della nostra felicità e del nostro amore.
Sprofondai
nel vuoto. Non sapevo più che fare, cosa pensare, come
sentirmi, dove andare...
Avevo
perso la mia migliore amica e il mio ragazzo in un batter d'occhio.
Forse
era colpa, forse avevo sbagliato qualcosa, ma anche gli altri
dovevano mostrare un po' di comprensione per me!
Rimasi
seduta su quel ramo con lo sguardo perso all'orizzonte per un tempo
indefinito. Tornai a casa solo quando mi accorsi che faceva molto
freddo.
Ero
convinta che nulla, in quel momento, potesse tirarmi su. Stavo pian
piano affogando in un mare di tristezza e disperazione.
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Capitolo 13 *** La mia vita è assurda! ***
La
mia vita è assurda!
Il
giorno dopo io e Diego uscimmo insieme. Gli raccontai tutto per filo
e per segno e lui ascoltò con interesse.
“Beh,
li capisco, so cosa si prova. E comunque devi essere impazzita, sai
cosa succede quando ti comporti così e ogni volta ripeti gli
stessi errori. È proprio vero che il lupo perde il pelo, ma
non il vizio” mi rimproverò.
Sapevo
che stava ancora soffrendo a causa mia, sapevo che quel che aveva
detto era vero, ,ma era stato troppo duro con me. Mi era sempre
piaciuto il suo modo diretto di dire le cose, però in quel
momento desiderai che stesse zitto. Anch'io ero una persona con dei
sentimenti, che cavolo!
Dopo
quel giorno, comunque, non misi più piede al parco per paura
di incontrare Ismaele, ma passavo la maggior parte del tempo su un
albero nel boschetto o a vagare in casa come un'anima in pena.
“Oh,
per favore! Come fai a essere triste per una cosa che hai scelto tu?”
mi ripeteva Chiara in continuazione.
Non
la sopportavo più, stava sempre lì a giudicarmi e a
rinfacciarmi tutto ciò che era successo. Non era mai stata
così pesante, con lei avevo sempre parlato di tutto ed era
sempre riuscita a darmi degli ottimi consigli senza puntarmi il dito
contro.
Glielo
feci notare.
“Prima
non eri un'oca come ora! Prima ragionavi, mostravi il meglio di te e
ti facevi voler bene. Ora sei famosa per i ragazzi che hai baciato.
Dovrei essere felice di avere una sorella del genere?” rispose
lei.
“Ah,
quindi io sarei diventata un mostro? Meglio essere così,
almeno piaccio ai ragazzi. Tu invece sei così acida che non ti
vuole nessuno!”
“Meglio,
almeno non vado col primo che passa. Preferisco stare da sola che
cambiare ragazzo ogni settimana.”
Forse
mia sorella aveva ragione, io non ero mai stata così, stavo
cambiando molto da quando era arrivata l'estate. Ma i cambiamenti
sono normali nella vita di una persona, no?
In
quel periodo uscivo molto con Diego, ma ero stanca del suo sarcasmo.
Non mi consolava mai, evidenziava solo il lato negativo di quel che
facevo.
Così
glielo dissi. Quel giorno litigammo furiosamente.
“Preferisci
avere un amico falso che ti dà sempre ragione o un amico
sincero che ti dice semplicemente ciò che pensa?” mi
chiese.
“Ma
io ho anche bisogno di una spalla su cui piangere e di qualcuno che
mi dia conforto! Insomma, il mio ragazzo mi ha appena lasciato e ho
litigato con la mia migliore amica!” protestai esasperata.
“Chissà
perché” ribatté lui sarcasticamente.
“Senti,
io mi sono stancata! Sono sempre io a sbagliare secondo te, gli altri
mai. Vorrei che per una volta qualcuno ammettesse che io non ho fatto
niente di male” strillai balzando in piedi all'improvviso.
“Vorresti
che qualcuno dicesse una bugia, quindi.”
“Sì,
se serve a farmi stare meglio!”
“Allora
sei un'egoista, Camilla.”
“Io
non sono egoista, cazzo! Egoista è chi non mi vuole mostrare
un po' di comprensione” gridai, battendo con forza il palmo
della mano sul tavolino di fronte a me.
“Egoista
è chi ti illude di aver fatto la cosa giusta!”
“Basta
Diego, non ho più voglia di discutere, tanto non capisci
niente!” ringhiai e mi avviai verso l'uscita del bar senza
neanche pagare il gelato che avevo ordinato. Se era così
altruista come sosteneva, avrebbe pagato lui.
Mentre
camminavo sul marciapiede quasi deserto, mi sentii chiamare. Pensavo
fosse Diego, ma mi sbagliavo.
“Ehi
bella!” esclamò un tipo non molto attraente con i
capelli a spazzola. “Hai appena litigato con il tuo ragazzo,
eh?”
Lo
guardai stupita mentre si avvicinava a me. Ma che voleva?
Non
appena mi fu davanti, mi osservò per un secondo. “Beh,
lascialo stare tesoro, non sa cosa si perde” sussurrò
posandomi una mano sulla guancia.
Io
mi ritrassi. “Scusa ma non ti conosco, non ti ho mai visto
prima” dissi freddamente, mentre lui continuava ad esaminarmi
con i suoi occhi famelici.
“Mi
presento, sono Matteo.”
“Ah.
Ora devo andare, addio.”
Mi
stava infastidendo, che voleva da me? Perché non mi lasciava
in pace? Magari era un malintenzionato, meglio evitare. Eppure era
solo un ragazzino, aveva più o meno l'età di Diego.
“Non
scappare!” disse e mi afferrò il polso con decisione.
“Posso sapere come ti chiami?”
“Camilla.
Adesso è tardi...”
“Camilla,
che bel nome. Molto poetico, d'altronde anche il tuo viso è
una poesia!”
Certo,
avevo sospettato che fosse scemo fin da subito, ma in quel momento ne
ebbi la certezza.
“Ehm...
potresti per favore lasciarmi il polso?” chiesi infastidita
cercando di divincolarmi.
“Se
ti lasciassi magari tu scapperesti. Ti prego, vieni con me...”
Sembrava
davvero felice della mia presenza, vedevo la speranza nei suoi occhi.
“Sentiamo,
perché dovrei venire con te?” gli domandai ostentando
indifferenza. “Come faccio a sapere che posso fidarmi di te?”
Lui
si grattò la testa. “Sei furba tesoro, ma secondo te se
fossi un malintenzionato, sarei venuto a chiederti gentilmente di
venire con me, ti avrei riempito di complimenti e starei qui a
perdere tempo? Ti ho visto tante volte in strada con la tua amica
biondina, ma lei non è carina e determinata come te, nemmeno
quella ragazza con gli occhiali è alla tua altezza. Mi piace
il tuo sguardo deciso quando cammini, baby. Non voglio farti del
male, ma solo darti conforto.”
Conforto.
Questa parola innescò un incendio nel mio cuore. Ormai erano
giorni che nessuno mi confortava, era quello di cui avevo più
bisogno.
Lo
guardai negli occhi: sì, era sincero, completamente.
Non
sapevo ancora cosa volesse da me, ma sentivo di potermi fidare di
lui.
“D'accordo,
ti seguo. Ma se fai qualche cazzata ti spezzo le gambe”
sentenziai fermamente.
Lui
sorrise. “Vedi, è questo che mi piace di te.”
Lo
seguii lungo la strada deserta. Attraversammo una piccola piazza in
cemento e svoltammo in una bella via soleggiata.
“Sei
da solo?” mi informai.
“No,
infatti ti sto portando dai miei amici. Vedrai, ti piaceranno.”
Raggiungemmo
un piccolo vicolo sormontato da un grande edificio.
“Per
favore, puoi tenermi la mano?” mi chiese timidamente,
arrossendo.
“Voglio
sapere dove mi stai portando.”
Lui
non mi rispose, si limitò a tendermi una mano. Gliela afferrai
sospirando.
Procedemmo
in silenzio fino alla porta di un palazzo abbandonato. Era aperta:
probabilmente qualcuno ci era già venuto prima di noi. Dentro
era buio pesto.
Il
panico cominciò a impossessarsi di me: perché Matteo mi
stava portando in un edificio immerso nelle tenebre? Avevo paura.
Lui
strinse più forte la mia mano e mi trascinò
all'interno.
“No,
aspetta! Io non voglio entrare, questo posto mi mette i brividi”
protestai cercando di divincolarmi.
“Insomma,
prima ti fidavi di me” ribatté facendomi avanzare.
Non
riuscivo a vedere a un palmo dal mio naso, il buio mi inghiottiva e
non ero in grado di posare lo sguardo su un punto fisso per via del
panico. Vidi la cornice di una porta che poco dopo attraversammo. Ci
ritrovammo in una stanza ancora più buia della precedente.
“Lasciami
immediatamente” ordinai.
Lui
mi abbracciò forte per calmarmi. “Stai tranquilla, è
tutto a posto, ci sono io con te. Ora ti presento i miei amici”
sussurrò.
Sentivo
qualcuno borbottare nella stanza. Stranamente mi rilassai tra le sue
braccia. Pian piano misi a fuoco le pareti e delle casse su cui erano
seduti altri tre ragazzi.
“Okay
Camilla, ti presento Fabio, Renzo ed Edoardo.”
Erano
tutti abbastanza alti, ma non riuscivo a scorgere i loro lineamenti.
“Ciao”
li salutai con sicurezza.
Uno
di loro – forse Edoardo – si alzò ed esclamò:
“Beh, allora? Dai cominciamo.”
“Bella
preda comunque” aggiunse Renzo sghignazzando.
“Povera
ragazza innocente” fece Fabio.
“Scusate,
ma di che cosa state parlando?” domandai confusa.
“Ora
te lo spiego” rispose Matteo, afferrando il mio polso e
stringendolo forte, tanto da farmi male. “Una cosa a cinque,
350 euro. Ci stai?”
Cosa?!
Quei ragazzi volevano approfittarsi di me in cambio di soldi? Mi
sembrava di vivere in un film, non era possibile che stesse capitando
proprio a me. In quel momento desiderai che Diego, Ismaele o Charlie
venissero a salvarmi, proprio come nei migliori film d'amore.
“Cosa?
Ma siete impazziti? Non esiste! Io me ne vado!” esclamai
indignata, ma in realtà il panico mi stava divorando. Cercai
di pensare razionalmente e rimanere calma, dovevo elaborare un piano
per uscire di lì il più in fretta possibile.
“Ma
stai zitta, sei come tutte le altre ragazzine puttane che vanno con
il primo che passa. Altrimenti perché avresti seguito Matteo?”
mi schernì Renzo facendo un passo avanti.
Quelle
parole mi travolsero con la forza di un ceffone in pieno viso: mi
aveva dato della puttana e io ero stata davvero una cretina a seguire
quel ragazzo. Ma nonostante ciò non pensavo di meritarmi
quello che mi aveva appena detto.
“Non
è vero, qui gli stronzi siete voi e se pensate che io rimanga
qui a farmi prendere in giro, avete sbagliato persona”
ringhiai.
“Sì,
sì... molto convincente. Per favore Matte, bloccala”
ordinò Edoardo con noncuranza.
Io
mollai uno schiaffo a Matteo, che allentò istintivamente la
presa sul mio polso. Con uno strattone mi liberai e corsi verso
l'uscita. I ragazzi mi furono subito dietro e io corsi come non avevo
mai fatto prima, spinta dall'adrenalina.
Quando
uscii alla luce del sole, li distanziai abbastanza senza mai voltarmi
indietro. Certo, loro erano più veloci di me, ma io in
compenso ero più agile e questo era il frutto di tanti anni
passati a fare sport.
Tra
noi c'era sempre la stessa distanza; loro non riuscivano a
raggiungermi, io non riuscivo a seminarli.
Dopo
aver superato la piccola piazza in cemento, svoltai un angolo e andai
a sbattere contro qualcuno. Caddi a terra e, come alzai lo sguardo,
mi ritrovai faccia a faccia con Diego.
“Camilla,
mi hai fatto prendere un colpo, pensavo fossi scappata... cos'è
successo?” mi chiese allarmato lui.
Diego
era così: non riusciva a tenere il muso con qualcuno, anche se
gli aveva fatto del male, soprattutto quando lo vedeva in difficoltà.
Ero
a dir poco sconvolta. “Diego... ci sono dei tipi... mi stanno
inseguendo, mi hanno detto che... mi pagano per fare...”
balbettai mentre mi rialzavo.
“Cosa?
No, non può essere, ma per un giorno non puoi rimanere lontana
dai guai?” esclamò esasperato.
“Non
esagerare, sono riuscita a scappare” mi giustificai.
“Esagerare?
Hai degli sconosciuti alle calcagna che vogliono fare sesso con te!”
Ed
ecco il suo solito modo diretto di dire le cose.
“Scusa,
potresti evitare di gridarlo a mezzo paese? Sono già
abbastanza scioccata” lo ripresi.
Una
voce interruppe la nostra conversazione.
“Sono
sicuro che ha girato in quella strada!” Fu Renzo a parlare.
“Anch'io!
Dai seguiamola!” aggiunse Fabio.
“Ma
ci stiamo avvcinando al centro, daremo nell'occhio...” commentò
Matteo.
“No,
la prendiamo prima” affermò Edoardo.
“Io
li conosco! Non si devono permettere” sibilò Diego.
“Li
conosci?” sussurrai incredula.
“Due
di loro sono miei compagni di classe, Matteo ed Edoardo.”
“Che
bei compagni...”
Non
appena i quattro svoltarono l'angolo, Diego gli si parò
davanti. Io lo seguii e rimasi dietro di lui.
“Oh,
ciao Diego. Come mai da queste parti?” lo salutò Edoardo
fingendo di non avermi visto.
“Smettetela
di dire cazzate! Cosa pensavate di fare con Camilla?” ribatté
lui tranquillamente.
“Noi?
Noi non abbiamo fatto niente, è lei che ci ha seguito”
si giustificò Matteo con un sorriso beffardo.
“Smettetela
di importunare ragazze, potrei anche denunciarvi” li minacciò
Diego.
“Ma
stai zitto, idiota. Le ragazze ci adorano, vengono da noi perché
sono d'accordo con quello che facciamo e lo vogliono da morire. E,
fidati, dopo che lo provano la prima volta, non ne possono più
fare a meno. Che dici Camilla, vuoi provare? Sei ancora in tempo”
se ne uscì Renzo ridacchiando soddisfatto.
“Lo
sapete che mi fate davvero schifo? A sedici anni pensate solo a
queste cose” ribattei disgustata.
“Tesoro,
non sei molto diversa da noi, dato che nel giro di un mese hai già
baciato tre tipi. Le notizie girano, sai? E chissà cos'altro
hai fatto con loro...” insinuò Edoardo con malizia.
Mi
aveva ferito tantissimo con quelle parole. Barcollai e per poco non
caddi all'indietro.
“Beh,
avete maltrattato una mia amica, posso sempre andare a dirlo a...”
tentò Diego.
Edoardo
gli diede una leggera spinta e scoppiò a ridere. “Stanne
fuori, non sai quello che dici. Capito?”
“Non
finisce qui” ringhiò Diego stringendo i pugni.
“Sì,
sì, ma lasciaci in pace. Sparite” tagliò corto
Fabio, facendo spallucce.
Diego
fulminò tutti con un'occhiata colma di disprezzo, mi prese
sottobraccio e insieme ci allontanammo.
Dopo
aver camminato per un centinaio di metri lo costrinsi a fermarsi.
“Cami,
tutto bene? Oddio è stata un'esperienza così
spaventosa...”
Scoppiai
a piangere e lui mi abbracciò.
“Io...
non volevo che succedesse tutto questo casino! Sono stata una stupida
a fidarmi, sono mortificata. Se non ci fossi stato tu... chissà
come sarebbe andata a finire!” gemetti tra i singhiozzi.
Lui
taceva mentre mi accarezzava i capelli per rassicurarmi. Non mi
criticò, non mi giudicò, cercò solo di
consolarmi come tanto avevo desiderato. Ma sapevo che quando si
chiudeva nel silenzio, rifletteva e si perdeva nei suoi pensieri.
Forse
quei ragazzi avevano ragione, forse dovevo veramente mettere la testa
a posto e smetterla di baciare e andar dietro a chiunque si mostrasse
minimamente interessato a me. Ma era più forte di me, loro
avevano quel fascino che non li abbandonava mai e sembravano sempre
pronti ad accogliermi tra le loro braccia e ad accettarmi per quella
che ero.
Non
raccontai a nessuno quel che successe quella sera. Era una cosa tra
me e Diego, che giurò di mantenere il segreto per sempre.
La
mia famiglia però era preoccupata perché nei successivi
giorni non uscii di casa. Avevo paura di rincontrare quei ragazzi da
qualche parte.
Così
passai il resto di luglio e la prima settimana di agosto chiusa in
casa a guardare la TV, messaggiare con Diego e navigare su internet.
Mi
sarei immaginata di tutto, ma a quello proprio non ero pronta.
*
* *
Lettori!
Perdonatemi,
mi rendo conto che questo capitolo è davvero lungo rispetto al
mio solito, ma spero che vi sia piaciuto!
Lo
so, Camilla è sempre più odiosa e patetica, con questo
capitolo abbiamo davvero toccato il fondo... o forse no.
E
comunque ricordate: per ogni minimo barlume di intelligenza, dietro
l'angolo si nasconde un mare di stupidità!
Grazie
mille per il supporto e per le recensioni, non so davvero come farei
senza di voi! :3
Al
prossimo capitolo ragazzi! ♥
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Capitolo 14 *** Teens ***
Teens
Mancava
una settimana a Ferragosto, quindi all'arrivo di Gaia. Diego mi stava
tormentando con questa storia, fortunatamente non lo vedevo mai.
Ancora non ero uscita di casa e mia sorella non voleva che Diego
venisse da noi.
Lei
usciva raramente, a volte invitava qualche sua amica a casa e questa
cosa mi dava molto fastidio; prima non me ne sarebbe importato più
di tanto, ma da quando era diventata così acida, non mi andava
di averla tra i piedi.
Mia
madre era preoccupata per me, mi vedeva sempre sola e abbattuta, ma
soprattutto rinchiusa in casa, così mi propose di entrare nei
Teens. Si trattava di un gruppo di giovani tra i quattordici e
i diciotto anni che si riuniva qualche sera a settimana per svolgere
svariate attività. Questi incontri avvenivano solo d'estate e
si tenevano nel campo sportivo comunale.
Non
vi avevo mai preso parte perché generalmente passavo l'estate
con i miei amici e non avevo tempo per queste cose; inoltre l'idea
non mi allettava per niente, perché non pensavo di aver
bisogno di frequentare una specie di centro di aggregazione per
socializzare e trovarmi dei nuovi amici.
Ma
c'era una cosa che mi convinse a fare un tentativo: mi sarei liberata
di mia sorella.
Così
quel lunedì, verso le sei del pomeriggio, varcai i cancelli
del campo sportivo.
I
ragazzi erano tutti seduti sull'erba del campo da calcio, alcuni si
erano alzati e passeggiavano, altri giocavano e scherzavano tra loro.
C'era una bella atmosfera e di armonia tra tutti i presenti.
C'erano
tre animatori: una ragazza di piccola statura dai capelli biondi e
lisci schiacciati in testa, una robusta con i capelli scuri legati in
una coda di cavallo e l'espressione stanca e un ragazzo alto con i
capelli corti.
Mi
diressi verso la ragazza bionda, la salutai e mi presentai. Appresi
che si chiamava Daniela.
“Ragazzi,
un po' di attenzione!” gridò battendo le mani per
richiamare tutti all'ordine. “Oggi è arrivata una nuova
ragazza, Camilla” annunciò.
I
Teens erano circa una ventina, più che altro si
trattava di ragazze e i ragazzi erano soltanto sei. Tra tutti
riconobbi Giorgia, una ragazzina che avevo visto qualche volta quando
frequentavo ancora le medie.
Sorrisi
e mi sedetti tra un ragazzo e una ragazza. Notai subito che tra i due
non c'era molta confidenza.
Lei
e la sua amica, che sedeva al suo fianco, si voltarono subito verso
di me.
“Ciao”
mi salutò la prima. Era carina, i lunghi capelli castani le
incorniciavano il viso abbronzato dai lineamente marcati.
La
seconda aveva i capelli neri raccolti in una crocchia ed era
abbastanza robusta. Non era granché.
“Ciao”
le salutai calorosamente.
“Piacere,
io sono Lucia e lei è Roberta! Che scuola frequenti?” si
informò la ragazza dai capelli castani.
“Il
liceo linguistico.”
Dopo
qualche minuto appresi di essere in classe con la sorella di Roberta
e continuammo a chiacchierare per qualche minuto.
“Ciao,
io sono Veronica” si presentò un'altra tipa. “Gianlu,
presentati!” rimproverò poi il ragazzo che mi sedeva
accanto e che stava zitto e fermo come una mummia.
Lui
si voltò nella mia direzione e fece: “Piacere,
Gianluca”.
Tutti
ridevano e scherzavano tra loro, e per la prima volta nella mia vita
mi sentii piccola, impotente e un po' fuori luogo.
Mentre
gli animatori discutevano in disparte, feci conoscenza con qualcun
altro.
A
un certo punto una ragazza che mi pareva si chiamasse Elisa gridò:
“Renzo!”.
Mi
venne un colpo. Possibile che non avessi notato Renzo, l'amico di
Matteo? Okay, non mi ero guardata molto attorno, ma se ci fosse stato
l'avrei sicuramente riconosciuto.
Poi
compresi che Renzo era l'abbreviativo di Lorenzo. Era il
ragazzo più carino: occhi verdi, capelli corti castano chiaro,
alto un po' più di me. Non era bello come gli altri ragazzi
con cui ero stata, però...
Giocammo
a palla prigioniera. Ero in squadra con Roberta, Denise, Claudia,
Giovanna, Rachele, Marianna, Martino, Gianluca e Lorenzo.
Io
davo un contributo enorme alla squadra, perché ero molto
portata per lo sport.
Notai
che Lorenzo mi permetteva sempre di tirare la palla e, quando finii
nel campo dei prigionieri, lui mi gridava: “Vengo a salvarti!”.
C'era
una grande intesa tra noi: mi lanciava spesso occhiate fugaci, mi
sorrideva e mi faceva l'occhiolino con aria complice.
Nel
giro di un'ora avevo già fatto amicizia con circa la metà
dei presenti, che mi avevano subito accettato nel gruppo e non era
stato difficile mostrare il meglio di me. Così, quando finimmo
di giocare e ci apprestammo a fare merenda, mi ritrovai seduta fra
Marianna e Lorenzo.
Marianna
era carina: capelli biondo scuro mossi e lunghi, pelle chiara e occhi
nocciola tendenti al miele. Era la migliore amica di Elisa, non si
separavano mai. Sembravano oche, ma con me erano state gentili fin da
subito e non mi importava se amavano spettegolare e abbordare ragazzi
come se non ci fosse un domani.
Roberta,
Veronica e Rachele invece sembravano più riservate, ma erano
comunque simpatiche e ci parlavo volentieri.
Lorenzo
continuava a starmi attorno. Lo adoravo, era simpatico e premuroso,
ma non avevo voglio di lanciarmi in una nuova love story in
quel momento, ero ancora traumatizzata da tutto quello che mi era
successo durante l'estate. Però stavo al gioco, anche perché
mi piaceva il fatto che mi coccolasse e mi mostrasse attenzioni.
Martino
e Gianluca erano i più divertenti: facevano sempre idiozie e
in poche parole erano due pagliacci. Gianluca era il ragazzo di
Elisa, ma si vedeva che stavano insieme solo per sbaciucchiarsi e
darsi nomignoli, il loro non era vero amore, dato che lei ovviamente
non perdeva l'occasione di farsi notare dagli altri ragazzi presenti,
animatori compresi.
Dopo
un quarto d'ora anche altre tre ragazze si unirono al nostro gruppo,
mentre gli altri si tenevano a distanza.
Dopo
un po' Lorenzo cominciò a darmi fastidio: mi seguiva come
un'ombra ed era sempre accanto a me, così cercai di
allontanarlo e andai da Roberta, Veronica e Rachele. Loro, alla fin
fine, erano le migliori; parlavamo tranquillamente perché
erano davvero tranquille e gentili, con dei valori e si tenevano
lontane dai guai.
In
seguito facemmo qualche altra attività, ma alle otto fummo
costretti ad andarcene.
“In
che zona abiti? Così facciamo la strada assieme!” mi
chiese Veronica.
Scoprimmo
di dover passare per la stessa strada, ma proprio quando stavamo per
avviarci, Lorenzo ci intercettò e mi disse: “Cami, se
vuoi ti accompagno a casa!”.
“Noi
dobbiamo passare da via Verdi, voi?” si intromise Martino
seguito da Gianluca.
“Veniamo
con voi!” gridò Elisa trascinando Marianna con sé.
Qualcun altro si unì al loro gruppo.
“Io,
Cami e Roby dobbiamo passare da un'altra parte” affermò
Veronica.
Guardai
Lorenzo negli occhi: ero certa che sarebbe venuto con me, qualunque
strada avessi fatto.
“Ragazze,
io vado con Lory e gli altri, va bene?” dissi a Veronica e
Roberta.
“Non
c'è problema. Allora a mercoledì Cami, ciao!” mi
salutarono per poi allontanarsi.
Mi
precipitai dagli altri seguita a ruota da Lorenzo, il quale subito mi
si appiccicò di fianco e io protestai: “Lory, per
favore! Voglio andare da Mary ed Ely!”.
“Eh?”
bofonchiò.
“Sei
sempre con me...”
“Ah...
sì, sì, tranquilla! E chi ti sta seguendo? Stavo solo
camminando ed è capitato che eravamo vicini...” si
giustificò con imbarazzo.
Raggiunsi
le due ragazze che stavano parlando tra loro.
“Dai,
andiamo a quella festa! Ci divertiremo!” strillò
all'improvviso Elisa.
“Non
lo so Ely, se mi scopre mia madre mi uccide” commentò
Marianna dubbiosa. “Voi ci sarete, vero?” chiese poi
rivolta ai ragazzi.
“Io
no, non ne ho voglia” rispose Martino.
“Io
sì, me ne fotto dei miei” esclamò Gianluca
spavaldo.
“Amore,
se vai tu vengo anch'io” squittì Elisa precipitandosi
dal suo ragazzo.
“Renzo,
tu vieni?” domandò Marianna.
“Sì,
dai...”
“Festa?
Quale festa?” mi intromisi.
“Ah,
stasera c'è una festa. Vieni?” mi rispose Marianna.
“Io...
no, i miei genitori non me lo permetterebbero mai, poi non so...
quesste cose non mi convincono” replicai.
“Nessuno
di noi ha il permesso, ci inventiamo una scusa e ci andiamo lo
stesso” spiegò una ragazza che camminava davanti a me,
facendo spallucce.
Rifiutai
nuovamente l'invito, mentre alcuni dei presenti erano già al
telefono per chiedere ai genitori se potevano «andare a
dormire» dai loro migliori amici.
Il
gruppo decise di restare fuori a cena, così ci dividemmo e io
rimasi soltanto con Martino e Rachele.
Lei
senza le sue amiche attorno era molto più timida e impacciata,
mentre Martino era sempre espansivo e spigliato, ma anche affettuoso
e premuroso, specialmente nei confronti di Rachele. Grazie a me, lei
riuscì a uscire dal guscio, ma Martino la spaventava un po'.
Capii subito che lui non aveva occhi che per lei e avrei scommesso
qualunque cosa sul fatto che anche Rachele provasse qualcosa per
Martino.
A
un certo punto fui costretta ad abbandonarli perché dovevo
svoltare per tornare a casa; quindi li salutai e diedi loro
appuntamento a mercoledì.
Mentre
passeggiavo per la via illuminata dagli ultimi raggi del sole, mi
sentivo soddisfatta. Mi stavo riprendendo, mi stavo facendo dei nuovi
amici e lasciando il passato alle spalle.
Stava
nascendo una nuova me, una nuova Camilla.
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Capitolo 15 *** Amici? ***
ReggaeFamily
Amici?
Mercoledì,
come previsto, tornai al campo sportivo. Tutti i Teens,
compresi gli animatori, erano seduti sul prato ad aspettare gli
ultimi ritardatari.
Lorenzo,
Roberta e Rachele mi vennero subito incontro per salutarmi. Lorenzo
mi prese per mano e ci dirigemmo verso gli altri, mentre Roberta e
Rachele mi camminavano accanto.
Quest'ultima
sembrava raggiante ed era strano da parte sua, forse perché mi
era apparsa da subito come una ragazza timida e riservata.
“Com'è
andata la festa dell'altro giorno?” chiesi a Marianna, Elisa e
Gianluca, che chiacchieravano tra loro.
Le
due ragazze cominciarono a sghignazzare, mentre Gianluca mi ignorò.
“Oh,
è stato fantastico! Fino alle sette e mezza del mattino!”
esclamò Elisa euforica.
“Non
era la prima volta che andavate a una festa, vero?”
“No,
scherzi? Ci andiamo da quando avevamo undici anni” spiegò
Marianna inorgogliendosi.
“Davvero?
E i vostri genitori non lo sanno?” chiesi sorpresa.
“Se
lo sapessero non ci lascerebbero uscire di casa, ma soprattutto non
sanno cosa succede” ribatté la ragazza in tono
cospiratorio.
“E
cosa succede?” domandai.
Loro
ripresero a sghignazzare divertite. “Dai, prova a immaginare!”
cinguettarono.
“È
il paradiso! Musica a palla, alcol, pasticche, ragazzi da urlo...
tutto ciò che vuoi, lì lo trovi! Ci vuole tempo per
riprendersi, ma ne vale la pena” raccontò Marianna con
sguardo sognante.
Un
brivido mi percorse la schiena. Io ero sempre stata una brava
ragazza, educata, con una certa mentalità. Sapevo che c'erano
ragazzi che si divertivano in questo modo, ma nonostante tutto la
cosa mi sconvolse. Ero sfavorevole a certe cose, eppure sembravo
circondata da persone che non avevano altra aspirazione se non quella
di ammazzarsi di alcolici e droghe a delle stupide feste.
Istintivamente
lanciai un'occhiata a Lorenzo.
“Che
c'è?” sussurrò.
“Niente
tranquillo” cercai di rassicurarlo.
“Si
vede che sei turbata, con me puoi parlare.”
Sospirai.
“Anche tu vai a sballarti a quei party, vero?”
“Scommetto
che non ti è piaciuto il racconto di Mary ed Ely”
affermò.
“Ti
ho fatto una domanda, non cambiare discorso!” lo rimbeccai.
Lui
scosse la testa. “Avevo ragione. Ci vado, ma non ho mai bevuto
fino a non ricordare ciò che facevo” disse stringendomi
forte una mano.
“E
gli altri?”
“Dipende:
alcol, fumo e chi più ne ha più ne metta. Una volta
Gianlu ha rischiato il coma etilico. Aiuto, che incubo quella notte!”
“Beh,
lo immaginavo.”
“Sei
sconvolta?”
Sorrisi.
“No, in fondo chi sono io per giudicare? Il fatto che io non
sia d'accordo non implica che il resto del mondo non debba fare ciò
che gli pare.”
“Non
ti perdi niente Cami.”
Ero
rassicurata, almeno potevo contare sulla lucidità di Lorenzo
mentre parlavo con lui.
“Ragazzi,
dai cominciamo a fare qualcosa. Allora, fate delle proposte” ci
interruppe Daniela.
Passammo
una buona mezzora a far niente perché non avevamo idee.
Secondo gli animatori dovevamo prendere noi delle iniziative, ma la
metà di noi voleva fare dei giochi stupidi e gli altri, tra
cui io, non avevano intenzione di comportarsi come dei bambinetti
delle elementari, quindi si rifiutarono.
In
questo tempo notai che Martino cercava di attirare l'attenzione di
Rachele, ma lei era incredibilmente imbarazzata e non sapeva come
comportarsi.
Così
la presi da parte per parlarle.
“Allora?”
le chiesi.
“Allora
cosa?” ribatté confusa.
“Dai,
non dirmi che non l'hai notato!”
“Cosa
dovrei notare?”
“Martino!”
“Martino?”
Sbuffai.
“La cosa è palese, è cotto di te. Sta cercando di
attirare la tua attenzione ed è così gentile, attento a
non metterti in imbarazzo...”
“Ah,
intendevi questo.”
“E
a te piace?”
“Cami,
per favore...”
“Dai
Rache, lo sai che a me lo puoi dire, ti puoi fidare, siamo amiche,
no?”
Sospirò
rassegnata. “Sì Camilla, mi piace. È l'unico
ragazzo davvero gentile che mi abbia mai degnato di uno sguardo. È
davvero un tesoro, è proprio per questo che mi piace. Ha
capito che per conquistarmi non deve maltrattarmi, a differenza di
tutti gli altri ragazzi.”
La
abbracciai. “Sei dolcissima! Dai, giuro che ti aiuterò a
metterti con lui!”
“Hai
esperienza con i ragazzi?”
Deglutii
rumorosamente. “Esperienza? Beh, diciamo di sì...”
Tornammo
dagli altri, dove Lorenzo mi aspettava. Rachele si rilassò
notevolmente e riuscì a chiacchierare un po' con Martino.
Intanto
Lorenzo mi teneva la mano e parlavamo tranquillamente in disparte.
Era dolcissimo, zuccheroso direi! Anche più di Diego.
In
quel momento decisi che, qualunque cosa fosse successa, non lo avrei
mai fatto soffrire. Era un bravo ragazzo e non si meritava di stare
male per via di una ragazza. Quando mi guardava, gli brillavano gli
occhi, si stava innamorando di me. Che carino!
Passai
tutta la sera a ridere e scherzare con i miei nuovi amici. Erano
tutti estremamente diversi da me, e alcuni non sembravano delle
persone affidabili, ma io non volevo allontanarmi da loro perché
mi sentivo a mio agio.
Mentre
tornavo a casa, un dubbio prese a tormentarmi: avevo davvero trovato
degli amici o era tutta un'illusione?
Il
mio telefono cominciava a riempirsi di messaggi: Diego, Lorenzo,
Rachele, Veronica e tanti altri. Era una sensazione splendida, non mi
ero mai sentita così desiderata da tutti, nemmeno quando
frequentavo Nadia e Valentina. Mi sembrava passata un'eternità
dall'ultima volta che avevo parlato con loro.
L'unico
momento in cui il telefono smetteva di squillare era quando stavo al
campo sportivo.
Venerdì,
in un momento di pausa, Gianluca, Martino e alcune ragazze stavano
provando a fare una specie di piramide umana; erano in pochi e
finivano sempre per rovinare sul prato, rotolando e ridendo come
matti.
“Lory,
andiamo a dargli una mano?” proposi alzandomi.
Decidemmo
che i maschi e qualche ragazza tra le più forti sarebbero
stati alla base, mentre le ragazze più esili e agili sarebbero
salite in cima. Io venni scelta per stare in punta, anche perché
le altre non avevano il coraggio di «scalare» la
piramide.
C'era
un buon equilibrio, la torre era quasi pronta e mancavo solo io.
Alcune ragazze che assistevano al gioco armeggiavano con i loro
cellulari, pronte per immortalare quel momento con foto e video.
Mi
concentrai e salii in modo da non rompere l'equilibrio degli altri.
Quando arrivai in cima, alzai il capo e sorrisi per la foto.
Il
tempo di fare due scatti e cominciammo a traballare, poi Elisa perse
l'equilibrio e rovinammo tutti a terra tra grida, risate e
innumerevoli imprecazioni.
Io
atterrai su Lorenzo, sperando di non avergli rotto qualche osso. Ci
ritrovammo faccia a faccia, con gli occhi dell'uno in quelli
dell'altra.
Prima
che potessi pronunciare una sola parola, lui afferrò il mio
viso e mi baciò.
Durò
al massimo tre secondi, ma a me parvero tre secoli. Non volevo
baciarlo, non volevo stare con lui, ma non potevo deluderlo così.
Non era possibile, non stava succedendo davvero, un'altra volta!
Sapevo che lui mi desiderava, come potevo negarmi a lui?
C'era
una differenza rispetto a quando stavo con Diego o Ismaele: in quel
caso ero d'accordo, io li avevo amati seriamente; ma Lorenzo mi
piaceva solo come amico, al massimo potevo trovarlo carino.
Mi
alzai facendo finta di niente. “Dai Lory, alzati!” gridai
tendendogli una mano per aiutarlo.
“Mi
hai quasi ucciso Cami, sei più pesante di quanto pensassi!”
esclamò. “Ti è piaciuto?” sussurrò
poi al mio orecchio.
“Scusa!
Sai purtroppo non potevo decidere su chi cadere” ribattei
evasiva.
Lui
ridacchiò. “Ti voglio bene” mi soffiò in un
orecchio.
Un
brivido mi percorse la schiena. Cercai di farmi forza e, con la scusa
di aiutare gli altri a rialzarsi, mi allontanai da lui.
Mentre
facevamo merenda, mi ritrovai seduta sulle ginocchia di Lorenzo,
mentre lui mi stringeva da dietro.
Rachele
mi fece l'occhiolino mentre chiacchierava con Martino. Marianno ed
Elisa ci sorridevano raggianti.
“Renzo,
ma state insieme?” domandò Marianna incuriosita.
Mi
voltai di scatto e le lanciai un'occhiata perplessa.
“Non
lo so, chiedilo a Cami” rispose lui.
Ah,
perfetto: le domande più difficili le lasciava a me, solo
perché lui non conosceva la risposta. In realtà non la
conoscevo neanche io. Non era così difficile, dovevo solo dire
sì o no. In quel momento mi resi conto che non avrei risposto
solo a Marianna, ma anche a Lorenzo.
“Beh...
sì, stiamo insieme” farfugliai incerta.
“Ah
che bello! Renzo e Cami stanno insieme, evviva! Congratulazioni
tesori miei!” squittì Elisa abbracciandoci.
Lorenzo
mi strinse forte a sé. “Quindi stiamo insieme piccola.”
Io
annuii e poggiai la testa sulla sua spalla.
Avevo
preso una decisione, che fosse giusta o no, dovevo farci i conti.
Entro
la fine della giornata mi accorsi che la maggior parte delle persone
da cui ero circondata erano egoiste e senza un minimo di valori. Mi
sorpresi di averci messo una settimana a capirlo; gli unici davvero
gentili e disponibili erano Rachele, Martino, Roberta e Lorenzo.
Mentre
andavamo via Lorenzo mi chiese: “Ci vediamo questo fine
settimana tesoro?”
“Sì,
va bene. Ma da lunedì arriva una mia amica qui in paese per le
vacanze e non avrò più molto tempo” risposi
riferendomi a Gaia, anche se lei non era e non sarebbe mai stata mia
amica.
“Non
vieni più al campo sportivo?” si rabbuiò.
“Certo
che verrò, ma il resto del tempo lo dedicherò a lei,
cerca di capirmi, io e lei non ci vediamo da un sacco di tempo!”
mentii spudoratamente.
Al
momento di dividerci, lui provò a baciarmi e io lo respinsi.
“Perché?”
mi chiese deluso.
“Non
mi piacciono le smancerie in pubblico” spiegai lanciando
un'occhiata a Rachele e Martino che mi aspettavano.
“Okay,
hai ragione, scusa. Però fatti sentire, così ci
mettiamo d'accordo per vederci. Non ce la faccio a rimanere senza di
te fino a lunedì” mormorò dolcemente
accarezzandomi una guancia.
“Sei
dolcissimo, tesoro mio, grazie di cuore! Ti adoro!” gli dissi
sinceramente, prima di abbracciarlo e schioccargli un leggero bacio
sulla guancia.
Poi
mi allontanai e raggiunsi gli altri. Lui, con le guance in fiamme e
gli occhi accesi di gioia, mi salutò con un sorriso angelico.
“Che
cos'è successo?” mi chiese Rachele mentre ci
incamminavamo.
“Perché
vi siete salutati così? Pensavo che vi sareste dati almeno un
bacio!” si intromise Martino con tono malizioso.
“Non
è obbligatorio, stiamo insieme da poco e a me non piacciono le
effusioni in pubblico” mi giustificai.
Durante
il tragitto Rachele sembrava incredibilmente a suo agio. Lei e
Martino scherzavano in continuazione ed era strano vederli assieme:
lei timida, lui spigliato. Ma ora che li stavo conoscendo meglio,
cominciavo a capire più di quanto ci si potesse aspettare.
Erano una coppia fantastica, si completavano.
Non
di certo come me e Lorenzo.
Tornata
a casa mi isolai immediatamente nella mia camera per chiamare Diego e
raccontargli cos'era successo.
“Cosa?!
Ti sei fidanzata con Lorenzo solo perché ti faceva pena?!”
sbottò indignato.
“No,
non mi fa pena, è che non voglio farlo soffrire...”
“Ma
così lo stai facendo soffrire ancora di più, lo stai
illudendo e ci stai male anche tu!”
“Lo
so, ma è così dolce... si vede che è un bravo
ragazzo, gli voglio molto bene!”
“Sono
geloso” scherzò.
“Dai
Die, lo sai che io non faccio paragoni. Tu per me sei e sarai sempre
speciale.”
“Ti
ricordo che io ti ho salvato da Matteo e company!”
Risi.
“Abbassa la voce, se ti sente qualcuno...”
“Stai
tranquillo, sono solo” mi interruppe. “Tra tre giorni
arriva Gaia!” esclamò poi con entusiasmo.
Era
vero, stava per arrivare Gaia. L'avevo odiata fin da subito, sembrava
essere la perfezione. Ma ero sicura che per Diego fosse la cosa
migliore.
Io
comunque non le avrei dato troppa confidenza, con me il suo
atteggiamento da santarellina non attaccava.
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Capitolo 16 *** Gaia ***
ReggaeFamily
Gaia
Sabato
sera uscii con Lorenzo. Gli dissi che volevo evitare il parco, così
mi portò al Lovers, il bar in cui io e Diego eravamo
stati tante volte insieme, quindi il secondo posto che volevo
evitare. Tuttavia, non mi lamentai perché non volevo che lui
perdesse la pazienza.
La
serata andò bene: chiacchierammo tranquillamente, ma cercai di
evitare qualsiasi contatto con lui fino all'ultimo momento.
Al
momento dei saluti non potevo opporre resistenza, dovevo baciarlo,
altrimenti si sarebbe insospettito. E così fui costretta a
farlo.
Il
lunedì successivo Diego mi chiamò alle tre del
pomeriggio per ordinarmi di andare immediatamente a casa sua: Gaia
sarebbe arrivata nel giro di un'ora.
Così
alle tre e mezza ero a casa sua. Non ci ero mai entrata e non
conoscevo neanche i suoi genitori.
Mi
aprì sua madre, una donna molto graziosa e cordiale, che si
presentò come Anna. Il padre, un po' meno grazioso e cordiale,
era comodamente stravaccato sul divano a russare con la bocca
spalancata.
“Non
farci caso, siamo così abituati ad avere amici e ospiti in
casa, che non si accorge nemmeno quando qualcuno entra o esce”
spiegò Anna.
“Amici
di Diego?”
“Di
Diego e di Anastasia.”
“Chi
mi cerca?” gracchiò una ragazzina sugli undici anni che
era appena apparsa sulla soglia del salotto.
“Lei
è Camilla, un'amica di Diego. Accompagnala in camera sua”
ordinò la madre.
“Ah
sei tu Camilla! Vieni” disse Anastasia, facendomi strada in un
breve corridoio che conduceva a una rampa di scale.
“Che
bella casa” commentai, tanto per fare conversazione.
“E
così tu sei Camilla, la tizia che ha tradito mio fratello per
uno sfigato! Lui mi parla sempre di te, a quanto pare ti considera la
sua migliore amica.”
“Sì,
sono io. Anche io so chi sei tu, Nadia mi ha parlato di te...”
“Ah
sì, Nadia, la sorella di Fabio... è tua amica, vero?”
“Io...
veramente... no, io...” farfugliai.
“Ah
meglio così. È una cretina, non sa nemmeno stare al
mondo. Certo, non che tu sia meglio...”
Aggrottai
le sopracciglia. “Grazie mille eh!” borbottai.
Quando
giungemmo di fronte alla stanza di Diego, lei gridò: “Apri,
c'è Camilla!”
“Entra
Cami, tu invece stai fuori!” fece lui in tutta risposta.
Aprii
la porta e mi ritrovai in una camera stranamente ordinata, con il
letto perfetto, le lenzuola immacolate, dei poster alle pareti e
tutti gli oggetti al loro posto. Pavimento, mobili, finestra: tutto
riluceva da quanto era pulito. Sulla sedia davanti alla scrivania,
Diego digitava qualcosa al computer.
“Ciao
Cami, vieni, siediti qui” esclamò, indicando un'altra
sedia al suo fianco.
Mi
accomodai, mentre gli lanciavo un'occhiata interrogativa.
“Scusa,
sto chattando con Gaia per darle le indicazioni per arrivare qui. Sai
che quel rottame del mio cellulare neanche si connette a internet.
Comunque non sono molto bravo ad accogliere gli ospiti, in genere a
casa mia tutti vanno e vengono a loro piacimento” spiegò
lui.
Io
gli sorrisi. “Stai tranquillo. Piuttosto, come stai?”
“Sono
nervosissimo” ammise, spegnendo il computer e voltandosi verso
di me.
“Ma
dai, andrà tutto benissimo!” tentai di rassicurarlo.
Lui
si alzò e mi intimò di seguirlo; mi alzai a mia volta e
prendemmo posto sul suo letto.
“Lo
so, infatti non sono nervoso per quello, Cami. Parlo con Gaia da un
sacco di tempo, ci siamo visti anche su Skype e non ho dubbi che sarà
fantastico incontrarla. Quello che mi sta succedendo è un
sogno, il mio sogno!”
“Gaia
è la tua migliore amica in assoluto, vero?”
“Oltre
te, è la mia unica vera amica.”
“E
ti piace?” indagai maliziosa.
Lui
sospirò. “Se lo negassi sarei un bugiardo. Quando stavo
con te, credevo di averla dimenticata. Ma da poco l'ho rivista su
Skype e...”
“Wow,
non pensavo che tu fossi così emotivo.”
“Non
ci posso fare niente, ci casco sempre, sono peggio di una ragazzina!”
Ero
gelosa. Non perché volessi stare con Diego, tra me e lui era
finita, ma questa Gaia mi dava veramente sui nervi. Lui le faceva
tanti di quei complimenti, come se fosse la perfezione, diceva cose
che a me non aveva mai detto, neanche quando stavamo insieme.
Verso
le quattro e dieci, mentre Diego si mangiava le unghia per l'ansia e
io cercavo di rassicurarlo, suonò il campanello.
“Andiamo
Diego!” esclamai, trascinandolo fuori dalla camera.
Scendemmo
le scale di corsa e in pochi secondi eravamo già all'ingresso,
con Anastasia al seguito.
“Oddio,
Cami! Non ho il coraggio di aprire!” esclamò Diego.
“Smettila
dai! Proprio tu, che sei così sicuro di te! Forza, Gaia non
può aspettare là dietro in eterno!” lo incitai.
“Dai
muovetevi, altrimenti apro io!” esclamò Anastasia
spazientita.
Il
mio amico afferrò la maniglia e, con il fiato sospeso, aprì
la porta.
“Diego!”
esclamò una ragazzina un po' più piccola di me, dalla
bellezza disarmante.
Molto
più bella di me, cazzo.
Lui
rimase pietrificato nel vederla, non riusciva a credere ai suoi
occhi. Si abbracciarono di slancio, così forte che sembravano
non respirare nemmeno.
Io,
a disagio, lanciavo occhiate ad Anastasia e sentivo la gelosia
rodermi dentro.
“Sei
vera, sei qui...” farfugliò Diego senza fiato.
Non
lo avevo mai visto così; un'altra ondata di gelosia, potente e
bruciante, mi travolse.
Lei
rise. “No, sono un ologramma! Allora sei cretino veramente, non
era solo una mia impressione!”
Scoppiarono
a ridere come due bambini, abbracciandosi un'altra volta.
“Okay,
ti presento Camilla” disse lui, non appena si fu ripreso dallo
shock.
“Ah
sei tu Camilla! Piacere, ero davvero curiosa di conoscerti. Diego mi
ha parlato molto bene di te.”
“Beh...
ciao, sì, sono io...” biascicai senza convinzione.
“Ah
e tu sei Anastasia, l'incubo di Diego!” commentò ancora
Gaia con eccessivo entusiasmo. Mi sembrava di avere di fronte uno
stupido personaggio di un anime giapponese. Odiosa.
Anastasia
la squadrò da capo a piedi. “Ah, ciao Gaia. Bene, tolgo
il disturbo, la mia musica mi aspetta” fece senza troppo
entusiasmo, per poi andarsene.
Dopo
presentazioni varie tra genitori e smancerie insopportabili, salimmo
nuovamente in camera di Diego.
“Wow,
Diego! Sono appena passati quelli del Folletto a fare la
dimostrazione in camera tua?!” scherzò Gaia sorpresa da
tutto quell'ordine.
Lui
rise. “No, mi hanno preso come dipendente. Adesso vado anch'io
a vendere porta a porta” ribatté.
“Immagino
che ti avranno scelto per le tue straordinarie capacità
oratorie!” continuò a punzecchiarlo lei.
“Mi
stai prendendo per il culo.”
Io,
intanto, assistevo alla scena in silenzio. Per la prima volta in vita
mia non sapevo cosa dire e non volevo dire niente. Mi sentivo a
disagio.
Fortunatamente,
dopo qualche minuto cominciai a rilassarmi. Tuttavia Gaia mi
irritava: cercava sempre di coinvolgermi nelle discussioni e faceva
sempre battute. Dovevo però ammettere che era una persona
simpatica, ma nonostante tutto mi dava sui nervi e non potevo farci
niente.
Secondo
Diego, era così adorabile, leale, sincera e affidabile!
Perché
a me non diceva certe cose?
Loro
avevano caratteri molto simili: entrambi diretti, senza peli sulla
lingua, solari e amanti dell'ironia e propensi a ridere per ogni
stronzata. Gaia aveva sempre la battuta pronta e io mi odiavo quando
mi ritrovavo a sorridere per ciò che diceva. Non avrei mai
voluto darle quella soddisfazione, era tutto così sbagliato!
“Cami,
che cos'hai? Sei strana” mi chiese Gaia.
Come
se mi conoscesse e potesse giudicarmi. Che ne sapeva lei di com'ero
io di solito?
“Strana?
In che senso?”
“Non
so, come se non fossi del tutto a tuo agio.”
Oh,
ora faceva anche la psicologa! Ma chi si credeva di essere?!
“Gaia
ha ragione. Che succede?” concordò Diego.
Ovviamente
lui non aveva potuto evitare di darle ragione, figuriamoci! Ma perché
non stava zitto e mi lasciava in pace?
“Ma
non è vero, sto benissimo! Non vi preoccupate!” mentii
irritata.
“D'accordo”
borbottò Diego, capendo di non avere speranze.
Mentre
loro si divertivano tantissimo, io pensavo a Rachele, Roberta e
Martino; volevo stare con loro, erano loro i miei veri amici. Invece
sentivo che, con l'arrivo di Gaia, Diego mi stava pian piano
abbandonando, proprio come tutti gli altri. Eppure mi aveva promesso
che non l'avrebbe mai fatto.
Quella
sera tornai a casa con uno strano senso di vuoto.
Gaia
sarebbe piaciuta a chiunque: era carina, gentile e divertente, oltre
che molto intelligente. Ma non a me, io la detestavo. Mi stava
portando via Diego proprio come quando io e lui stavamo insieme e lei
si insinuava come un fantasma nella nostra relazione.
Inoltre
era evidente che Diego fosse innamorato perso di lei, non era
semplicemente una cotta come lui mi aveva detto; da quando l'aveva
vista e abbracciata, i suoi occhi avevano cominciato a brillare come
due diamanti.
La
stessa luce che vedevo negli occhi di Lorenzo, quella luce che solo
il vero amore sa far nascere.
Sospettavo
di non essere mai piaciuta a Diego, e la cosa mi feriva nel profondo.
In
preda alla confusione, chiamai Rachele per raccontarle l'accaduto.
“Mi
dispiace davvero, Cami. Sei una brava persona e non ti meriti di
soffrire così. Ma adesso tu stai con Lorenzo, non ti
preoccupare, lui saprà come renderti felice. Dopo Marti, è
il ragazzo più simpatico e gentile che io conosca” mi
disse lei.
Pensare
a Lorenzo non mi faceva stare affatto meglio, così decisi di
cambiare subito discorso.
“A
te come va con Marti?” le domandai.
“Niente
di che, oggi al campo sportivo abbiamo parlato un po', non ho ancora
avuto il coraggio di chiedergli il numero, è una cosa molto
personale.”
Tutti
sembravano fatti per stare in coppia: Rachele con Martino, Diego con
Gaia... l'unica che non era soddisfatta della sua attuale relazione
ero io.
Perché
non riuscivo a essere felice con un ragazzo?
Era
questa la domanda che mi accompagnò fin quando non fui sul
letto, in procinto di addormentarmi.
Almeno
il sonno mi avrebbe fatto dimenticare i quindici giorni infernali che
mi attendevano, in compagnia di Diego e Gaia.
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Capitolo 17 *** All I need is your love - Pov Gaia ***
ReggaeFamily
All
I need is your love
Pov
Gaia
Non
sapevo nemmeno io cosa stava succedendo.
Ero
finalmente andata a trovare Diego, il mio angelo custode, e ancora
non me ne capacitavo.
L'avevo
conosciuto per caso su facebook, attraverso un mio compagno di
scuola, e non ci eravamo più persi di vista. In quel periodo
ero molto triste: i miei genitori si stavano separando e le poche
amiche che avevo non riuscivano a comprendere la mia situazione, così
ci allontanammo inevitabilmente. L'unico vero amico che avevo allora
era Giulio, il mio Giulio, che per me era stato come un fratello. Ma
a undici anni un cancro al cervello me lo aveva portato via.
Così
a dodici anni, convinta che nel mondo reale non ci fosse più
nulla per me, avevo cominciato a navigare su internet, iscrivendomi a
varie chat e social network, con la speranza di colmare il vuoto che
avevo dentro. Era stupido, me ne rendevo conto, ma grazie a ciò
conobbi Diego e di questo non mi pentii mai.
Inizialmente
mi sembrava di aver ritrovato Giulio, poi mi resi conto che Diego era
molto di più; lo adoravo perché era divertente, ma
molto sensibile e spesso troppo buono.
Erano
passati due anni da quando avevamo iniziato a parlare e ora che me lo
ritrovavo di fronte, mentre mi fissava con gli occhi che brillavano,
mi sentivo come se niente al mondo potesse abbattermi.
I
miei genitori erano venuti entrambi con me, anche se non stavano più
insieme, però tenevano molto al mio incontro con Diego e
avevano deciso di mettere da parte i loro dissapori almeno stavolta.
La
sera del mio arrivo, quando andai via da casa di Diego, desiderai
subito essere di nuovo con lui.
La
mattina seguente io e Diego uscimmo insieme. Non c'era Camilla e la
cosa non mi sorprese; non sapevo cos'avesse quella ragazza, Diego me
ne aveva sempre parlato bene, eppure lei era così distaccata e
fredda, sembrava quasi arrabbiata con me, anche se non capivo come
mai.
Diego
mi portò al parchetto, dove ci sedemmo sul prato verde.
“È
assurdo Gaia, dopo tutto quello che hai passato, sei così
forte, determinata...” disse d'un tratto lui, torturando un
ciuffo d'erba.
“È
un processo complicato ma naturale, Diego: vieni bombardato da così
tanti eventi negativi, che alla fine impari a conviverci. Sono
diventata più forte, forse è vero, ma questo non
significa che io non abbia sofferto.”
Con
Diego parlavo di tutto: lui conosceva la mia storia e a me veniva
spontaneo dire tutto quello che pensavo, perché non mi sentivo
giudicata, bensì compresa.
“Ti
sei costruita una maschera nel tempo” constatò.
“No,
non è una maschera. Io sono davvero così come mi vedi,
ma ho imparato a far emergere solo il meglio di me e ho trovato un
equilibrio.”
“Ti
ammiro tantissimo, sai?”
Lo
abbracciai. Mi sarei potuta sciogliere tra le sue braccia, il cuore
mi martellava nel petto, amavo sentirlo parlare con dolcezza.
Diego
mi stampò un leggero bacio sulla fronte e dentro di me si
scatenò un uragano. Ormai non lo potevo più ignorare,
non potevo più negare quel sentimento che avevo cercato a
lungo di reprimere, lo stesso che avevo provato tre anni prima per
Giulio e di cui avevo terribilmente paura. Avevo la stupida
convinzione che, se avessi ascoltato il mio cuore, gli eventi mi
avrebbero strappato via anche Diego. Io ero da sempre innamorata di
lui e ora questo stava emergendo con forza, non riuscivo più a
controllarlo.
“Diego,
ti voglio bene” sussurrai.
“Anch'io
Gaia, un bene immenso.”
Un
brivido mi percorse la schiena.
In
tarda mattinata andammo via dal parco e ci dirigemmo verso casa sua,
dato che ero stata invitata a pranzo da lui.
Una
volta giunti a destinazione, salimmo in camera sua e ci stravaccammo
sul letto, esausti e accaldati. Parlammo del più e del meno,
ma per via dei miei commenti e delle mie battute, la finimmo a ridere
come matti, arrivando addirittura alle lacrime. Io avevo i crampi al
torace, ma non importava: stavo talmente bene accanto a Diego, così
tanto che non riuscivo a spiegarmelo. Prima di allora non mi ero mai
sentita così, nemmeno con Giulio.
Pranzammo
insieme ai suoi genitori e a sua sorella, e io mi sentii davvero a
casa. Dov'era finita la mia famiglia? Io non la vedevo più da
due anni, quelle persone che mi sorridevano fingendo di essere felici
non erano i miei genitori. Certo, volevo bene a entrambi, ma non
sopportavo più le loro recite patetiche fatte di sorrisi
tirati e frasi false.
La
famiglia di Diego, in confronto, era davvero splendida.
“Diego,
devo andare: i miei genitori vogliono portarmi al mare. Non so quanto
reggerò con quei due che fanno finta di amarsi” dissi
con riluttanza verso le quattro del pomeriggio.
“Mi
dispiace tanto, Gaia. Vorrei aiutarti, ma non so come fare.”
Un
pensiero improvviso mi attraversò la mente. “Se vuoi
aiutarmi, ascolta quello che ti sto per dire senza ridere.”
Mi
ero fatta seria; stavo per rivelargli il mio più grande
segreto, l'unico che non sapeva. Non l'avevo mai detto a nessuno,
avevo paura che mi prendessero per pazza. Il più grande aiuto
che Diego mi potesse dare, in quel momento, era comprendermi e non
giudicarmi, come aveva sempre fatto.
“Io
non riderò mai di te, qualsiasi cosa succeda, io ti credo e ti
rispetto” affermò.
Abbassai
lo sguardo sul lenzuolo blu che ricopriva il suo letto. “Beh,
da quando Giulio è... andato via... e la sua famiglia si è
trasferita, io ho continuato a spedirgli delle lettere e dei messaggi
al cellulare... dove gli racconto tutto ciò che mi succede,
come se non fosse cambiato nulla. Lo so che è una follia,
dovrei dimenticarlo, ma questo mi fa sentire bene... ogni giorno mi
convinco di essere pazza, quelle lettere non verranno mai aperte e i
messaggi mai letti, ma non riesco a smettere e mi faccio un po' paura
da sola” ammisi, mentre una lacrima era irrimediabilmente
scivolata lungo la mia guancia.
Con
un'altra persona mi sarei sentita in imbarazzo, avrei cercato di
nascondermi o di trattenere il pianto, ma con Diego non avevo nulla
da temere.
Diego
mi strinse a sé e mi cullò dolcemente. “No Gaia,
non sei pazza. Sei forte e coraggiosa. La vita ti ha messo a dura
prova, ma tu non ti sei lasciata abbattere e hai vinto. Non cambiare
mai, sei fantastica.”
Mentre
mi accarezzava i capelli e io piangevo con la testa posata sulla sua
spalla, qualcosa dentro di me stava cambiando; sentivo nel petto un
calore che cresceva secondo dopo secondo, che ardeva come una fiamma,
ma non faceva male, che lambiva ogni centimetro della mia anima con
fare rassicurante.
E
mentre guardavo Diego negli occhi, desiderai che quell'incendio non
si spegnesse mai.
Quella
notte non riuscii a dormire. Mi rigiravo nel letto, cercando di
sconfiggere il caldo asfissiante e trovare una posizione abbastanza
comoda.
Desideravo
con tutta me stessa che Diego fosse lì con me, che mi
rassicurasse, che mi accarezzasse i capelli con la sua solita
dolcezza e posasse le labbra sulle mie. Mi girava la testa quando
pensavo a lui, mi mancava tanto, anche se sapevo che la mattina
seguente l'avrei rivisto.
Dormii
meno di cinque ore, dato che alle sette ero già in piedi e mi
preparavo per uscire.
Alle
nove, come concordato, ero a casa di Diego. Stavamo aspettando
Camilla, dato che l'avevamo invitata a uscire con noi, ma all'ultimo
momento Diego ricevette un messaggio da parte sua:
Mi
disp non posso venire
Diego
alzò gli occhi al cielo e sbuffò: “Camilla non
cambierà mai, quando si comporta così non la sopporto!”
“Dai
Die, magari ha avuto un imprevisto, non ti arrabbiare” tentai
di rassicurarlo.
“Dici
così perché non la conosci. Non capisco cosa le sia
preso adesso, in genere si comporta così solo quando è
arrabbiata.”
“Forse
non le piace il fatto che io sia qui. Oddio, non volevo farvi
litigare, mi dispiace tanto, scusa...”
“Ma
per che cosa? Tu non hai fatto niente, se si è offesa è
un problema suo.”
Mi
portò a visitare il paese, prendemmo una granita in centro ed
entrammo in un piccolo centro commerciale.
“Diego,
perché mi hai portato qui?” gli chiesi, aggrottando le
sopracciglia. Mi sembrava strano perché sapeva benissimo che
fare shopping non era uno dei miei passatempi preferiti.
“Lo
so che non ti piace, però lì c'è la Mondadori”
disse, indicando un negozio alla nostra destra.
Gli
occhi mi si illuminarono; io amavo i libri e Diego lo sapeva. “No
Diego, non dovevi farmi questo! Da lì non esco più!”
esclamai, prendendolo per mano e trascinandolo verso la libreria.
Trascorremmo
un bel po' di tempo là dentro e Diego sembrava non annoiarsi
mai, anche se a lui non piaceva leggere. Ci divertimmo da matti e io
mi portai via mezzo negozio; preferivo spendere i miei soldi in libri
che in qualsiasi altra cosa.
Mia
madre non era d'accordo con questa mia passione, diceva che leggere
era noioso e controproducente, e del resto dovevo anche comprarmi dei
trucchi e dei vestiti alla moda, secondo lei; a me, neanche a dirlo,
non importava minimamente e di quelle cianfrusaglie non avrei saputo
che farmene.
“Oggi
a pranzo ti porto in un bel posto” annunciò Diego
raggiante.
“Mmh,
sentiamo.”
Lui
continuò a camminare in silenzio, alimentando così la
mia curiosità.
“Diego?”
Nessuna
risposta.
“Uffa
Diego, che palle! Dimmelo!”
“Lo
vedrai quando arriviamo.”
“Ma
è il ristorante di Bruno Barbieri?”
“E
chi sarebbe questo Bruno Barbieri?”
Sospirai.
“Lascia stare, colpa di mia madre che è drogata di
MasterChef!”
Poco
dopo arrivammo davanti a una paninoteca molto carina e accogliente.
“Oh,
lo sapevo!” esclamai.
“Che
cosa?”
“Che
avevi capito esattamente quello che volevo!”
Io
e lui eravamo in perfetta sintonia, ci bastava un'occhiata per capire
l'uno i desideri dell'altra. Qualsiasi cosa facessimo, in qualunque
posto andassimo e chiunque incontrassimo, il nostro fuoco continuava
ad ardere senza esitazioni.
I
giiorni si susseguivano lentamente. Ormai mi ero abituata a quel
paese così carino e alla compagnia di Diego; la sola idea che
presto sarebbe arrivato il giorno della mia partenza mi faceva
impazzire.
Io
e Diego ci vedevamo ogni giorno e a volte con noi usciva anche
Camilla, ma lei sembrava vivere su un altro pianeta.
Qualche
volta andai al mare con lui e la sua famiglia e fu assurdamente
divertente.
Era
il 26 agosto, mancavano cinque giorni alla mia partenza. Afferrai la
mia borsa, uscii di casa e salii in macchina, dove mia madre mi
aspettava.
Durante
il tragitto pensavo ai sentimenti che provavo per Diego: avevo
passato delle giornate fantastiche con lui e il mio amore cresceva
sempre più, ma non riuscivo proprio a fare la prima mossa;
nella maggior parte dei casi ero una persona molto diretta, ma in
questa situazione ero come intimidita e non sapevo bene come
comportarmi. Solo una volta avevo confessato i miei sentimenti a un
ragazzo, e quella volta era stato troppo tardi; proprio quel giorno
la morte portò Giulio via con sé. All'epoca ero ancora
troppo giovane e immatura e mi convinsi di essere io la causa della
sua morte, pensavo che fossero state proprio quelle parole a dargli
il colpo di grazia.
Se
perdere Giulio era stato traumatico, non avrei sopportato di perdere
anche Diego.
Quel
giorno decidemmo di stare a casa sua a strafogarci di gelato al
cioccolato dell'Eurospin e giocare a Forza 4 in camera sua. Non era
importante ciò che facevamo, contava solo stare insieme il più
possibile; infatti anche quel pomeriggio ridemmo così tanto
che non riuscimmo a concentrarci su niente in particolare e finimmo
per rovesciare tutti i gettoni del Forza 4, per poi trascorrere gran
parte del tempo a cercarli per terra e sotto i mobili.
Una
volta sistemato tutto, mi lasciai cadere sul letto e abbracciai
Diego.
Lui
parve sorpreso da quel gesto improvviso, però ricambiò
la stretta.
“Se
ti dà fastidio, ti lascio andare.”
Lui,
in tutta risposta, mi regalò un dolcissimo sorriso e mi lasciò
un leggero bacio sulla fronte.
No,
io e lui non eravamo semplicemente amici, lo sapevo. Una strana ansia
si impossessò di me: sapevo che stava per succedere qualcosa
di importante, qualcosa che avrebbe cambiato per sempre il corso
degli eventi.
E
mi resi conto di essere finalmente pronta.
“Diego,
io non voglio andarmene. Sto bene qui con te, con la tua famiglia e
con i tuoi amici. Perché devo tornare a casa? I miei coetanei
non mi capiscono, i miei genitori non sono presenti e io sono stanca
di navigare su internet senza meta. Ho bisogno di vivere davvero e ho
finalmente trovato un posto in cui sto bene e una persona che mi
apprezza veramente” sussurrai, trattenendo a stento le lacrime.
“Quanto
vorrei che tu restassi, Gaia. Non sarei cosa farei per averti sempre
qui” disse in tono disperato.
“La
sola idea di tornare a casa mi uccide.”
“No
Gaia, dobbiamo essere forti. Ti prometto che non ti abbandonerò
mai.”
“Diego...”
farfugliai, stringendo convulsamente la sua maglietta senza neanche
accorgermene.
“Gaia,
sono qui, sono con te.”
Ci
fu una pausa che parve durare secoli, nella quale rimanemmo immobili,
abbracciati, contro il tempo e la distanza che ci volevano dividere.
“Gaia,
tu... è inutile nasconderlo ormai, devo dirti che...”
Gli
strinsi forte una mano e lo guardai negli occhi, con il cuore che mi
martellava nel petto. “Diego” riuscii a sussurrare, prima
che lui accostasse il suo viso al mio e mi baciasse con passione e
delicatezza.
In
quel momento, mentre il fuoco nel mio petto si espandeva in tutto il
corpo, capii che per due anni non avevo desiderato altro che quel
bacio.
Diego
per me era tutto: un amico, un confidente, un fratello, un fidanzato,
la sua assenza avrebbe lasciato un vuoto irreparabile.
Ma
in quel momento non mi importava: eravamo insieme e volevo godermi
quel momento in tutto e per tutto.
Dopo
qualche istante lui si scostò da me, mi lanciò
un'occhiata preoccupata e chiese: “La smetto?”
Sorrisi.
“Ti amo Diego.”
“Ti
amo anch'io Gaia.”
E
ci lasciammo cullare dalla nostra passione, dolcemente, senza tempo.
*
* *
Ehi
lettori!!!
Devo
innanzitutto scusarmi per la mia lentezza negli aggiornamenti; sono
consapevole che aspettare così tanto tempo non è
piacevole per voi, ma io non passo tanto tempo al pc e quando prendo
la decisione di scrivere un capitolo, devo scegliere tra diverse
storie da portare avanti o sviluppare una delle altre mille idee che
mi ronzano in testa, quindi vi chiedo perdono e spero almeno che
l'attesa sia ripagata! ;)
Allora,
come avrete notato questo è un capitolo molto particolare; mi
sono resa conto che vi stavo sottoponendo a troppo schifo, quindi ho
deciso di concedervi una ventata d'aria fresca con questo capitolo,
in cui Camilla appare come personaggio marginale. E poi la tentazione
di dedicare un capitolo all'amore tra Gaia e Diego era troppo forte,
secondo me sono immensamente carini! ;3
Eh
sì, anch'io ho le mie coppie da shippare! :D
Bene,
spero che questo aggiornamento sia di vostro gradimento e aspetto i
vostri pareri!
E
ovviamente mando un FORTISSIMO abbraccio agli assidui lettori che mi
sostengono e recensiscono sempre! Grazie, grazie e ancora grazie! :3
Soul!
♥
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Capitolo 18 *** Incomprensioni ***
ReggaeFamily
Incomprensioni
L'estate
stava volando e le cose andavano peggio ogni giorno di più.
Mercoledì
andai al campo sportivo e i miei nuovi amici mi accolsero
calorosamente, soprattutto Lorenzo; Rachele e Martino chiacchieravano
come al solito, mentre Roberta si unì a noi due.
Rachele
e Martino ormai stavano sempre insieme e parlavano senza preoccuparsi
del giudizio altrui; lei sembrava sempre più sicura di sé
ed estroversa, ma probabilmente ciò accadeva grazie all'aiuto
di Martino. Nonostante ciò non trascuravano i loro amici,
anzi, cercavano di coinvolgerli nelle loro conversazioni e io adoravo
il loro modo di fare.
Sarebbero
stati una coppia perfetta, tra loro c'era così tanta
armonia...
A
differenza di me e Lorenzo.
Lui
cercava di essere gentile e paziente con me, aspettava i miei tempi e
non mi metteva fretta. “Fai ciò che ti senti di fare”
mi diceva spesso, ma da quando stavamo insieme io cercavo di evitarlo
in tutti i modi: mi sentivo in gabbia, ma non potevo lasciarlo,
sembrava così felice con me e non volevo essere io la causa
delle sue sofferenze!
A
parer mio, questo era un atto di altruismo, un sacrificio che facevo
per lui, anche se Diego non la pensava così; ma Diego non era
mai d'accordo con me e stava cominciando a darmi seriamente sui
nervi. Poi, ogni volta che ci vedevamo o parlavamo al telefono, c'era
sempre Gaia di mezzo. Certo, lui ascoltava sempre i miei problemi e
mi dava dei consigli, ma poi pretendeva che mi sorbissi il racconto
degli avvenimenti più importanti con Gaia e io non avevo
voglia di starlo a sentire. Più di una volta avevo interrotto
la chiamata nel bel mezzo della conversazione perché mi faceva
venire il mal di testa. Insomma, io avevo dei problemi e lui pensava
solo a se stesso, era proprio un egoista!
Tra
l'altro la sua storia con Gaia mi faceva stare male, loro erano così
felici... mi davano il voltastomaco.
Ero
tentata di mandarlo seriamente al diavolo.
Quella
settimana uscii un paio di volte con Rachele. Io e lei ci stavamo
avvicinando davvero tanto e in sua compagnia cercavo di non
lamentarmi in continuazione: lei mi vedeva come una persona
coraggiosa, socievole e mi prendeva come esempio, ma non aveva idea
di quanto fosse disastrosa la mia vita in quel momento. In ogni caso
preferivo non farglielo sapere, per non rovinare la bella impressione
che avevo fatto su di lei.
Nel
fine settimana Diego mi chiese di uscire con lui e Gaia, ma proprio
lo stesso giorno me lo chiese anche Lorenzo. Non volevo assolutamente
uscire con il mio ragazzo, non mi andava proprio di recitare e di
sentirmi in dovere di baciarlo; ogni volta mi convinceva con il suo
sguardo da cucciolo indifeso, ma quando tornavo a casa mi lavavo
accuratamente i denti e mi sciacquavo la bocca per un quarto d'ora.
Era
brutto mentire, non mi faceva per niente piacere, eppure non avevo
altra scelta.
Così
accettai con riluttanza l'invito di Diego e dissi a Lorenzo che
dovevo uscire con degli amici... se così si potevano definire,
dato che ormai quei due non li sopportavo più!
Infatti
mi pentii di aver messo piede fuori di casa e passai la serata in
compagnia della coppia nascente che rideva e si divertiva. Tutti i
loro tentativi di coinvolgermi non mi importavano più, lo
facevano solo per educazione, ma io non ricambiavo.
Con
l'arrivo dell'ultima settimana d'agosto si sarebbe presto concluso
tutto: a fine mese Gaia se ne sarebbe andata e sarebbero finiti anche
gli incontri al campo sportivo.
Era
brutto da dire, ma non vedevo l'ora di troncare i rapporti con un
sacco di persone.
Mercoledì
sera Diegò mi chiamò.
“Diego”
risposi laconica.
“Ciao
Cami, non hai idea di quello che è successo oggi!”
esordì lui, palesemente euforico.
“Sentiamo.”
“Okay,
speriamo che non cada la linea...”
Già,
la linea. La scusa che mi ero inventata per giustificare tutte le
volte che gli avevo chiuso il telefono in faccia.
Risi.
“Io
e Gaia ci siamo messi insieme.”
COOOSA?!
Che orrore!
“Cosa?
Ma davvero? Non ci credo, wow Diego...” farfugliai.
“Nemmeno
io Cami! Non mi sarei mai aspettato che Gaia ricambiasse i miei
sentimenti, l'ho sempre vista come la mia migliore amica, sempre
allegra e a cui non importano certe cose. Ma in questi giorni passati
insieme mi sono accorto che è molto più dolce di quel
che pensassi!”
Okay,
questo era troppo! Ora dovevo sopportare anche la coppietta felice,
tutte le conversazioni tra me e Diego sarebbero state incentrate su
Gaia. No, non ce la potevo fare.
“Davvero
Diego, sono così felice...”
Ero
tutto fuorché felice, ma certo non potevo dirgli la verità.
“Però
Cami, ti confesso che sto male all'idea che tra qualche giorno Gaia
se ne andrà. Ora siamo molto felici, ma la distanza mi
spaventa. Tu non lo hai mai provato forse, ma stare lonta...”
Gli
sbattei il telefono in faccia, scoppiando a piangere. Ne avevo
abbastanza di sentirlo blaterare, era insopportabile e sdolcinato.
Avrei
voluto dirgli: «E allora? Fossero tutti questi i problemi della
vita! Pensa che io sto con uno che neanche mi piace e non posso
lasciarlo».
Non
aveva il diritto di criticare quel che facevo io, se lo avessi perso
non ci avrei sofferto, perché sapevo di avere ragione.
“Pronto?”
“Ciao
Cami, come va?” chiese la voce di Rachele all'altro capo del
telefono.
“Ciao,
tutto bene, a te?”
“Bene,
grazie. Venerdì c'è l'ultimo incontro al campo e
stavamo pensando di organizzare una pizzata tutti assieme, sempre
venerdì. Tu ci sei?”
“Oh
quindi domani... certo, io non ho impegni, ci sarò!”
“Mi
dispiace che stia finendo tutto, non potrò più vedere
tanto spesso te, Marti, Roby...”
“Già,
dispiace anche a me. A proposito, come va con Martino?”
“Bene,
credo. Da quando ho il suo numero a volte parliamo per messaggi, ma
non mi piace essere troppo insistente e lo cerco una volta ogni
tanto. Sai, anche lui qualche volta mi manda dei messaggi.”
“Wow,
allora sta andando alla grande, che bello! Quando vi vedete al campo,
state bene assieme, no? Io penso che tu sia proprio fortunata, stai
agendo nel modo giusto e sai aspettare senza forzare troppo le cose.”
“Sì
Cami, in effetti mi sento fortunata, pensavo che non mi sarebbe mai
successa una cosa del genere. Ma anche tu lo sei, hai Lorenzo accanto
a te! A proposito, come va tra voi?” indagò curiosa
Rachele.
Sospirai.
“Rache, ti devo dire una cosa.”
“Dimmi
tutto, che succede?”
“Beh...
stavo pensando... voglio lasciare Lorenzo.”
Era
la verità, l'avevo finalmente ammessa. Basta, non riuscivo più
ad andare avanti così.
“Oh
mi dispiace! Non vorrei essere indiscreta, ma posso sapere perché?”
Pareva
sinceramente dispiaciuta.
“È
che... forse è successo troppo presto... nel senso che ci
conoscevamo da poco e...” inventai, dato che non sapevo cosa
raccontarle e non potevo dirle che mi ero messa con lui a caso.
“Certo,
so cosa vuoi dire. Nessuno dei due era davvero pronto secondo me,
nemmeno lui; è molto più insicuro di quel che sembra,
tende ad affezionarsi agli altri se loro si mostrano disponibili con
lui. Purtroppo la maggior parte delle persone che lo circondano sono
false e lo prendono in giro, ma per lui tu sei stata come la luna nel
cielo notturno. Mi dispiace, eravate una bella coppia e Lorenzo con
te era in buone mani, ne sono certa!”
“Wow,
lo conosci proprio bene!” commentai fintamente sorpresa.
“È
stato in classe con me per otto anni e ci vedevamo tutte le estati al
campo, sono praticamente cresciuta con lui” spiegò
Rachele.
“Eppure
non sembrate molto in confidenza.”
“Io
sono timida e non mi sono mai avvicinata a lui, inoltre frequentiamo
due gruppi diversi di amici, ma ho sentito parlare molto di lui.”
“Ah,
okay. Beh, ora devo andare! Mi raccomando, non dire niente a Lory e
agli altri!”
“Tranquilla,
puoi fidarti di me.”
Ci
salutammo e io mi lasciai ricadere sul letto. Quella telefonata mi
aveva sfinito.
L'indomani
avrei dovuto lasciare Lorenzo; ammetterlo con Rachele, inventando una
motivazione valida su due piedi, non mi aveva aiutato per niente,
anzi.
Ormai
le nostre strade si stavano dividendo e mandare avanti il teatrino
anche durante il periodo scolastico era impensabile.
Quella
notte non chiusi occhio, perché l'idea di quel che mi
aspettava mi terrorizzava: non avevo mai lasciato un ragazzo in
maniera così diretta, Diego e Ismaele erano stati informati da
Nadia e Valentina e non ero stata presente alle loro conversazioni,
quindi non avevo dovuto assistere alle loro prime reazioni.
Stavolta
era diverso, dovevo dire a Lorenzo che lo stavo lasciando,
guardandolo negli occhi.
Mi
addormentai solo all'alba e dormii per tutta la mattina, finché
a mezzogiorno e mezzo Chiara venne a buttarmi giù dal letto
perché, secondo lei, dovevo rendermi utile in casa. Lei
pretendeva sempre che io dessi una mano nelle faccende domestiche, ma
io non ne avevo la minima voglia, del resto dovevo godermi le vacanze
al massimo perché la scuola sarebbe stato molto stancante e
impegnativa. Quindi, cercavo sempre delle scuse per tirarmi indietro,
ma a volte ero obbligata a fare qualcosa.
“Almeno
abbi la decenza di apparecchiare” fece quella mattina con il
suo solito tono acido.
Non
sapevo se quel giorno fosse meglio stare a casa o sperare che il
tempo passasse presto per recarmi al campo sportivo. Ormai non
sopportavo più niente, e non c'era un posto in cui mi sentissi
veramente bene.
Alle
sei mi ritrovai di fronte al solito cancello, che ormai era diventata
la soglia della mia seconda casa. Se non fosse stato per Lorenzo,
sarebbe stato l'unico luogo in cui avrei potuto respirare un po'.
Rachele
si precipitò ad abbracciarmi seguita a ruota da Lorenzo, poi
presi posto accanto a Roberta, anche se ciò avrebbe
significato stare vicino a persone con cui non avevo niente a che
fare.
Allora
poco dopo mi alzai e mi andai a sedere accanto a Rachele e, come
previsto, Lorenzo mi seguì. Che appiccicoso! Ma perché
non si faceva una vita?
“Lory,
ma perché non vai da Gianlu? Poverino, è da solo in
mezzo a tutte quelle ragazze...” tentai di convincerlo,
sull'orlo dello sfinimento.
“Perché
da due settimane non faccio altro che stare con lui, e in tua
compagnia ci sto solo mentre torniamo a casa” spiegò
sbattendo le ciglia come un cane batonato.
Beh,
non aveva tutti i torti: il fatto che tentavo di allontanarlo da me
era palese, possibile che lui non si rendesse conto che non lo volevo
tra i piedi e che non gli desse fastidio? Non si lamentava mai,
faceva tutto quel che gli dicevo di fare.
Facemmo
una merenda sostanziosa, ognuno di noi aveva portato qualcosa per
festeggiare il nostro ultimo incontro: dolcetti, bibite, patatine...
era tutto perfetto e squisito!
“Ragazzi,
che volete fare per festeggiare?” chiese Daniela.
Tutti
si lanciarono occhiate interrogative.
In
quel momento Maria e Alessandra, due ragazze con cui non avevo mai
parlato più di tanto, arrivarono con un enorme stereo tra le
mani.
“Benissimo,
dato che nessuno di noi propone qualcosa, do ufficialmente inizio
alle danze!” esclamò ancora Daniela con entusiasmo.
Alcune
persone sembrarono apprezzare l'idea, altra lanciarono un grido di
protesta. Io e Rachele ci scambiammo un'occhiata ed esclamammo:
“Ballare?!”
“Ragazze,
su con la vita! A me piace ballare, a voi no?” esclamò
Elisa, circondandoci le spalle con un braccio.
“No,
io sono inguardabile!” protestò Rachele in tono
lamentoso.
“Perché
lo dobbiamo fare? Non è giusto, alcuni di noi si vergognano!”
aggiunsi irritata.
Martino,
che era accanto a noi, scoppiò a ridere. “Per la
cronaca, a noi non importa se uno non sa ballare, l'importante è
divertirsi!”
“Bene,
divertitevi da soli” concluse la mia amica, con una punta di
delusione nella voce, andando a rannicchiarsi in un angolino, mentre
partiva la prima canzone; era uno dei tormentoni di quell'estate e
alcuni – soprattutto ragazze – lanciarono dei gridolini
di approvazione e si scatenarono come matti tra le risate generali.
Ma la maggior parte dei ragazzi non ne voleva sapere e si limitava a
guardare i ballerini improvvisati, commentando con sarcasmo i loro
movimenti.
Sinceramente
ne avrei fatto a meno anch'io, se non fosse stato per Elisa che venne
a prendermi e mi trascinò in pista.
Dopo
un po' mi accorsi che Rachele, ancora da sola e in disparte, ci
guardava cercando di ricacciare le lacrime.
Mi
avvicinai a Martino, che cercava di disperatamente di sfuggire dalle
grinfie di Marianna ed Elisa, e gli dissi: “Marti, guarda
Rache! Sta malissimo, vorrebbe divertirsi con noi, ma è troppo
timida per farlo!”.
“Mi
dispiace che ci stia così male, è una ragazza
fantastica. Mi sa proprio che devo fare qualcosa per tirarla su di
morale!”
Centro!
Era proprio a quello che puntavo!
“Okay,
io intanto cerco di intrattenere le tue stalker!”
Lui
rise, poi si allontanò.
Nel
giro di un quarto d'ora, anche i più timidi erano entrati in
pista e si scatenavano a ritmo di musica. Non so come, ma Martino
riuscì a convincere Rachele a unirsi a noi; stava sempre con
lei, non si staccavano un secondo.
Alla
fine, quello si rivelò un bellissimo pomeriggio per tutti.
Presto,
troppo presto, fu ora di andar via.
Coloro
che non avrebbero partecipato alla pizzata se ne andarono subito, ma
la maggior parte di noi si recò in una pizzeria situata nella
via principale del paese.
Ordinammo
le pizze al taglio e, quando furono pronte, prendemmo posto in una
piazzetta per consumarle.
Io
ero seduta tra Lorenzo e Rachele, ma lei era concentrata sulla sua
quasi dolce metà e a me non restava che parlare col mio
presunto ragazzo.
Dopo
aver cenato, capii che era arrivato il momento di lasciare Lorenzo.
“Lory,
devo dirti una cosa, possiamo allontanarci un secondo?” gli
chiesi.
“Tutto
quello che vuoi, tesoro” rispose, prendendomi la mano.
Ci
alzammo e ci recammo in un punto più tranquillo.
“Dimmi
tutto” mi incitò.
Sospirai
teatralmente. “Beh Lorenzo... non è così facile
dirtelo, ma è giusto così...”
“Lo
sai che a me puoi dire tutto” tentò di rassicurarmi.
Nonostante
il suo tono calmo e tranquillo, cominciavo a vedere la delusione nei
suoi occhi.
“Ascolta
Lory, io non voglio deluderti, ma... penso che tra noi sia successo
tutto troppo presto... insomma, io non ero pronta... non sapevo bene
quel che volevo... voglio dire... io...” balbettai in preda al
panico.
Lui
sembrava deluso, ma non sorpreso. Che qualcuno glielo avesse detto?
“Io
non ti sono mai piaciuto, vero?”
Compresi
che non era una domanda. Rimasi di sasso a fissarlo.
“Ehm...
no, non è questo... è che... io...”
Rise
amaramente. “Camilla, sei un'ottima attrice, ma io non sono
stupido. Lo capisco da come mi guardi, da come parli, dal modo
schifato con cui mi baci.”
“No
Lorenzo, non è vero, io... io...”
“Potresti
almeno dirmi la verità, dato che l'ho già scoperta?”
sospirò. Il suo tono era duro, freddo. Mi feriva
profondamente.
“Non...
non volevo e non voglio farti soffrire, ti vedevo così
felice...” biascicai.
“Beh
certo, il tuo ragionamento non fa una piega!” sbottò in
tono sprezzante.
“Non
ci soffrirai, vero?” domandai, deglutendo rumorosamente.
Infatti mi si era formato un nodo in gola e stavo per scoppiare in
lacrime.
“Se
ti dicessi di no, ti mentirei. E io non sono come te. Ma tranquilla,
continua a pensare a te stessa, io me ne farò una ragione
prima di quanto pensi” concluse.
Poi
si voltò e se ne andò senza più guardarsi
indietro.
Nessun
saluto, nessun ripensamento, si allontanò da me per sempre.
Nonostante
fossi in preda allo shock, tentai di calmarmi e tornai dagli altri
cercando di non pensarci troppo.
Quando
mi sedetti accanto a Rachele, lei sussurrò al mio orecchio:
“L'hai lasciato?”
Annuii.
“Se n'è andato, sembrava molto deluso.”
“Non
ti preoccupare, lui è molto impulsivo ed è normale che
abbia reagito così. Ora stai tranquilla, non è colpa
tua, avevi delle buone ragioni” mi assicurò con un
sorriso.
Eh
già, lei non sapeva le vere motivazioni del mio comportamento.
Però aveva ragione: non era colpa mia!
Cercai
di godermi il resto della serata nel migliore dei modi, ma il mio
pensiero era rivolto a quella domenica, quando Gaia sarebbe
ripartita. Non vedevo l'ora che se ne andasse!
Neanche
a dirlo, non pensai più a Lorenzo, neanche per sbaglio.
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Capitolo 19 *** C'è sempre una prima volta ***
ReggaeFamily
C'è
sempre una prima volta
Domenica
arrivò prima che me ne accorgessi e alle cinque del pomeriggio
ero già a casa di Diego.
“Tra
poco arriva Gaia per salutarci. Partono stasera” annunciò
il mio amico con un'espressione triste. Poche volte lo avevo visto in
quello stato.
“Dai
Diego, sarà molto più facile di quel che pensi!”
In
realtà non ne avevo idea, non avevo mai avuto una relazione a
distanza.
Alle
cinque e mezza Gaia arrivò con in mano dei regali per me e
Diego. Anche lui le aveva fatto un regalo, mentre io non avevo
pensato a niente.
Diego
le aveva regalato una maglietta con una loro foto assieme stampata
sopra. Quando Gaia la vide, il suo volto si illuminò e gli
promise che l'avrebbe usata.
Lei
gli regalò un bellissimo ciondolo con una G.
“Comprartelo
con la D di Diego sarebbe stato troppo scontato, così te l'ho
regalato con la G di Gaia. Che ne dici?” spiegò lei
sorridendo.
Lui
apprezzò tantissimo il gesto e indossò subito la
collana.
Io
ricevetti un bellissimo braccialetto di pietre colorate. Quel
bracciale mi avrebbe ricordato per sempre quell'estate magica,
magnifica e orrenda allo stesso tempo.
Alle
sette Gaia dovette scappare. Prima di scendere i due piccioncini si
scambiarono l'ultimo bacio.
Vederli
insieme in quel modo era strano, non riuscivo a guardare; era la
prima volta che lo facevano di fronte a me e avrebbero anche potuto
risparmiarselo!
All'ingresso
Gaia mi diede un veloce bacio sulla guancia e un leggero abbraccio.
Ma come si permetteva? Ci conoscevamo appena e non mi stava per
niente simpatica! Ero felice che se ne stesse finalmente andando!
Diego
rimase a guardare la macchina della famiglia di Gaia che si
allontanava, finché non scomparve all'orizzonte, poi salimmo
in camera sua.
Lui
scoppiò a piangere inaspettatamente. Non lo avevo mai visto
piangere, non sapevo che fare, così mi sedetti accanto a lui
sul letto e gli circondai le spalle con un braccio.
“Tranquillo
Die, lo so che è un momento difficile, ma passerà anche
questo. Devi avere coraggio” tentai di rassicurarlo.
“Tu
non hai idea di quanto sia difficile, credimi. Io sono davvero
innamorato di lei!” piagnucolò, facendomi saltare per
l'ennesima volta i nervi.
Già,
era molto più coinvolto rispetto a quando stava con me.
Lo
consolai finché ne ebbe bisogno, ma la verità era che
io mi sentivo esausta e non ne potevo più di stargli vicino e
sostenerlo.
Mancava
circa una settimana alla riapertura delle scuole e io, anche se può
sembrare strano, non vedevo l'ora che quel giorno arrivasse.
Era
un afoso pomeriggio di inizio settembre. Il sole splendeva
nell'immenso azzurro del cielo e le strade del paese erano deserte,
mentre l'asfalto ribolliva per via del troppo calore.
Proprio
quel giorno decisi di fare una follia, ovvero andare a fare una
passeggiata e visitare i luoghi in cui si erano svolte le situazioni
più importanti della mia estate.
Per
prima cosa entrai al parco. Era da parecchio tempo che non ci mettevo
piede, e i ricordi mi travolsero come un fiume in piena.
Vidi
la panchina in cui eravamo sedute io e Nadia quando avevo visto Diego
per la prima volta, la stessa panchina in cui avevo baciato Charlie e
tradito Ismaele; osservai il prato dove avevo baciato Ismaele e
tradito Diego; scorsi anche l'albero sotto il quale avvenne la prima
conversazione con Diego.
Ricordi,
troppi ricordi.
Uscii
dal parco e mi diressi verso il Lovers, quello che per due
settimane era stato il locale preferito da me e Diego. Non entrai nel
bar, ero da sola e non mi andava di sentirmi fuori luogo in mezzo a
tutte quelle coppiette felici. Attraverso la vetrata, nell'angolo
sinistro, scorsi il tavolino in cui io e lui ci sedevamo sempre, ora
occupato da un'altra coppia.
La
terza tappa fu il boschetto dietro la casa di Ismaele, protagonista
della maggior parte dei nostri incontri. Quando arrivai, fu come se
non fossi mai andata via da lì; mi ricordavo ogni centimetro,
lo conoscevo troppo bene per scordarmelo, lo avevo amato in una
maniera assoluta. Tuttavia non mi addentrai tra gli alberi, non
volevo rischiare di imbattermi in Ismaele, mi sarei sentita
terribilmente a disagio.
C'era
un altro luogo in cui dovevo tornare, anche se avrebbe destato dei
ricordi negativi: il posto in cui avevo incontrato Matteo e i suoi
amici. Avevo paura di trovarli nuovamente lì, ma ero
determinata a portare a termine il mio viaggio a ritroso nel tempo.
Quando
vi giunsi, scorsi subito il vicoletto dove Matteo mi aveva condotto,
e un brivido mi attraversò la schiena.
Decisi
di sostare nella piazzetta situata di fronte al bar dove io e Diego
avevamo litigato quel giorno; mi sedetti su una panchina per
riprendere fiato dopo la camminata sotto il sole.
Trascorsero
alcuni minuti, nei quali rimasi immobile e assorta nei miei pensieri,
finché qualcuno non mi sfiorò la spalla.
“Ciao
bambina” esordì una voce in tono mellifluo.
Quando
mi voltai, rimasi pietrificata in preda al terrore: Renzo si era
comodamente stravaccato sulla panchina al mio fianco, con un sorriso
malizioso dipinto in volto. Renzo, l'amico di Matteo, l'ultima
persona che avrei voluto incontrare.
“È
da molto che non passi da queste parti, Camilla. Sei sempre fidanzata
con quel tizio sfigato dell'altra volta?”
Era
totalmente rilassato, come se questa conversazione fosse la cosa più
naturale del mondo.
“Cosa
vuoi da me? Sappi che non sono disposta a darti niente!”
ribattei in tono sprezzante, incrociando le braccia sul petto.
“Perché
ti comporti così? Non ti ho fatto niente, l'altra volta non me
ne hai dato l'opportunità.”
Sbuffai.
“Ma non hai degli amici con cui passare il tempo?!”
Cercavo
di mantenere la calma, ma in realtà ero terrorizzata.
“Cami,
per favore! Non fare tanto la preziosa, lo sappiamo entrambi che non
sei così!”
Lo
fulminai con lo sguardo. “Io non voglio avere niente a che fare
con te, non l'hai ancora capito?” ruggii.
Lui
mi si avvicinò pericolosamente, mi afferrò le mani e
cominciò a sussurrare a un centimetro dal mio orecchio:
“Camilla, non sai quanto ho pensato a te in tutto questo
tempo... il tuo modo di fare da dura mi ha conquistato, tu per me sei
l'unica... farei di tutto per stare al tuo fianco. Ti voglio. Ti
prego, lascia che io mi prenda cura di te, tesoro.”
Un'ondata
di adrenalina inondò completamente il mio corpo. Ma non era
paura: il suo modo di parlare, le sue promesse, le lusinghe... mi
amava, io lo sapevo, lo sentivo!
Presi
seriamente in considerazione la sua offerta. In fondo, cosa avevo da
perdere? Mi sarei lasciata andare per una volta soltanto, ero curiosa
di sapere cosa si provasse, io e Renzo saremmo stati bene insieme e
avremmo finito per innamorarci l'uno dell'altra.
Lasciai
al mio corpo la decisione definitiva. E il mio corpo lo voleva.
“Sì
Renzo, ti prego, lo voglio fare...” sussurrai emozionata.
Lui
cominciò a mordicchiarmi il lobo dell'orecchio e io capii che
stava per succedere qualcosa di incredibile, e un incendio divampò
dentro di me.
Mi
aggrappai a lui. Renzo passò alle mie labbra, regalandomi un
bacio violento, impaziente, qualcosa che non avevo mai sperimentato
prima d'allora. E mi piaceva da morire.
“Non
mi sembra il caso di rimanere qui in bella vista” constatai in
un sussurrò colmo di desiderio.
“Hai
ragione. Seguimi, ma facciamo in fretta, non resisto più”
rispose Renzo, afferrandomi per un polso e strattonandomi via dalla
panchina.
Corremmo
verso il palazzo abbandonato dell'altra volta. Quando arrivammo
all'interno, notai un lenzuolo malridotto gettato sul pavimento e mi
chiesi se davvero dovessimo farlo lì.
Ma
Renzo interruppe i miei pensieri, mormorando: “Cami, spogliati,
dai...”
Sarebbe
potuto sembrare un ordine, ma lui lo disse con una tale dolcezza, e
non potei fare a meno di ubbidire.
Mi
sfilai il top e i pantaloncini, mentre lui faceva lo stesso. Poi non
resistette più, e mi trascinò su quel lenzuolo, senza
nemmeno preoccuparsi di sistemarlo.
Quel
che accadde dopo, beh, non lo saprei spiegare. Renzo con me fu
splendido, sapeva esattamente cosa voleva il mio corpo e mi fece
provare delle sensazioni uniche. Non mi pentii affatto della mia
scelta, sarei stata con lui ore e ore a farmi coccolare e amare in
quel modo dolce e rude allo stesso tempo.
Tuttavia,
un'ora dopo, ci stavamo già rivestendo e io ero completamente
frastornata, mentre lui era tale e quale a quando l'avevo incontrato.
“Ehm,
per sicurezza, prendi la pillola del giorno, non vorrei ritrovarmi
con un marmocchio tra nove mesi” spezzò il silenzio
Renzo in tono piatto.
“Cosa?!
Ma certo, lo so, non sono così sprovveduta! Grazie Renzo,
io... sono senza parole. Sei il primo ragazzo che mi ha fatto davvero
sognare!” esclamai in brodo di giuggiole.
“Figurati
piccola, sempre a tua disposizione!”
“Beh,
ecco... non so quando lo rifaremo, io sono molto indecisa... ma spero
che avrai pazienza e non mi tradirai alla prima occasione. Perché
adesso stiamo insieme, vero?” domandai, mentre uscivamo alla
luce del sole.
Lui
scoppiò a ridere di gusto, rovesciando la testa all'indietro.
“No, non ci credo, ci sono riuscito! Un'altra che crede a tutte
le cazzate che dico, sono un grande! Avevo ragione, una puttanella
come tutte le altre! Questa devo proprio dirla a Matte e gli altri!
Ma secondo te, sono il tipo da relazioni serie?! Ah, voglio darti un
consiglio: prima di fidarti ciecamente di tutti, assicurati di sapere
con chi hai a che fare! Non ci posso credere, che idiota questa qua!”
E
se ne andò sghignazzando, lasciandomi lì, impalata e
con le lacrime agli occhi.
Nella
mia vita era successo di tutto, ma niente mi aveva ferito come quello
che accadde quel giorno.
Renzo
si era approfittato di me, illudendomi che saremmo stati insieme,
mentre invece mi aveva abbandonato e riso in faccia. Stavo malissimo.
Ci
avevo creduto, eppure avrei dovuto imparare la lezione già da
tempo, ricordandomi del giorno in cui Matteo mi aveva ingannato;
invece ero stata ingenua e avevo voluto credere a quello che uno
sconosciuto qualsiasi mi aveva propinato.
Certo,
mi era piaciuto, ma avevo sprecato una delle sperienze più
importanti della mia vita con uno stronzo qualunque.
Scoppiai
a piangere e mi accasciai a terra con la schiena contro il muro.
Cos'avevo fatto di male?
Io,
Camilla, quella che non vedeva di buon occhio le sgualdrine, la
classica ragazza pudica e ragionevole, proprio io mi ero lasciata
convincere a perdere la mia verginità a quattordici anni!
Non
avevo voglia di continuare il mio tour per il paese, ero troppo
scossa. Così, quando riuscii a riprendermi, cominciai a
passeggiare senza una meta precisa.
Mi
sentivo strana, diversa, qualcosa in me era cambiato per sempre.
Quell'estate era stata molto significativa per me, avrei iniziato il
secondo anno di liceo con una nuova mentalità, un nuovo modo
di pensare, uno spirito diverso.
Tornai
a casa alle otto e un quarto, completamente rilassata. In fondo non
avevo fatto una cosa poi tanto grave, fare l'amore era naturale, no?
Non
raccontai niente a nessuno, era qualcosa di troppo personale e
nessuno avrebbe approvato e capito.
Certo,
Diego era mio amico, ma non me la sentivo di confidargli
un'esperienza del genere. Per quanto riguardava Rachele, non sapeva
quasi niente di me ed era troppo ingenua, l'avrei turbata troppo con
quella confessione.
Dopo
cena mi rinchiusi in camera e mi sdraiai sul letto a riflettere.
In
fondo Renzo mi piaceva, non potevo farci niente. Continuavo a non
pentirmi di quel che avevo fatto.
Però
mi sembrava strano: io ero sempre stata contraria a queste cose,
eppure proprio io, il 7 settembre, a sedici giorni dal mio
quindicesimo compleanno, avevo fatto sesso per la prima volta.
Con
Renzo.
*
* *
Scusate
un attimo *corre a vomitare*
Bene,
quindi... non mi pare ci sia nulla da aggiungere per quanto riguarda
questo capitolo, si commenta da sé... lascio a voi la parola!
Sempre se avete il coraggio di commentare questo schifo...
Ormai
stiamo per giungere al termine anche di questa avventura, miei cari!
Però, mentre aspettiamo il gran finale (?), ci tengo a
ringraziarvi per il vostro prezioso supporto! Siete stati davvero
coraggiosi a leggere e seguire questa specie di storia, capitolo dopo
capitolo, mentre Camilla cadeva sempre più in basso!
Vi
prometto che le farò leggere i vostri insulti per lei!!! :3
Grazie
ancora a tutti e al prossimo capitolo! ♥
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Capitolo 20 *** Svolta tra i banchi di scuola ***
ReggaeFamily
Svolta
tra i banchi di scuola
Le vacanze erano ormai
giunte al termine e, per la prima volta, ne ero entusiasta. Almeno
avrei avuto qualcosa da fare, anziché stare in casa a
piangermi addosso, e avrei rivisto i miei compagni, scherzato e
chiacchierato con loro come se nulla fosse accaduto.
Il 15 settembre fui una
tra i primi a giungere nel cortile della scuola. Quando entrai in
classe, salutai tutti i miei vecchi compagni e mi posizionai nel mio
solito posto, all'ultimo banco.
In prima superiore ero
stata in banco con Giulia, una delle tante ragazze con cui mi trovavo
bene e parlavo volentieri. Ma lei quel giorno si sedette a un'altra
compagna e il mio banco rimase vuoto.
Poi in classe entrò
un ragazzo che non avevo mai visto, un ragazzo bellissimo. Era di
media statura, aveva due enormi occhi color caffè, i
lineamenti del viso molto marcati e una cascata di capelli castani
attorcigliati in modo strano. Ero certa di aver già visto
quella pettinatura da qualche parte, ma non ricordavo come si
chiamasse.
Lui si avvicinò al
mio banco, scaraventò il suo zaino accanto al mio e mi
sorrise. Aveva un sorriso proprio dolce!
“Ciao, io sono
Michele! Questo posto è libero, vero?” si presentò
con entusiasmo.
Io intanto ero
imbambolata a fissarlo. Era assolutamente magnifico, ero attirata da
lui in una maniera assoluta, non potevo fare a meno di squadrarlo.
Gli sorrisi a mia volta.
“Ciao, sono Camilla, piacere! Sì, il posto è
libero. Non ti avevo mai visto prima!”
“Mi sono trasferito
qui quest'estate” spiegò, prendendo posto sulla sedia
accanto alla mia.
“Wow, davvero? Dove
abitavi prima?” chiesi estremamente interessata.
“In una piccola
cittadina sul mare, si stava bene.”
“Vedrai, questo
posto ti piacerà molto. Sei finito in una classe magnifica, ti
divertirai!” gli assicurai.
In quel momento alcuni
compagni ci circondarono, curiosi di conoscere Michele.
Alla ricreazione era già
uno dei nostri. Era incredibile: dolce e gentile con tutti, maturo e
intelligente, spiritoso ed estremamente simpatico! E io capii, in un
paio d'ore, che mi ero presa una cotta tremenda per lui.
Michele sembrava
interessato a me, stavamo in banco insieme e parlavamo sempre, ma in
realtà pareva interessarsi a tutti. Se qualcuno era triste o
di malumore, lui cercava di fargli tornare il sorriso; se qualcuno
era solo, lui andava a parlarci e lo trascinava in mezzo agli altri.
Non sembrava annoiato da niente e da nessuno, riusciva sempre a
trovare il lato positivo in ogni situazione ed era un figo pazzesco!
Appresi tutto ciò
nella prima settimana di scuola; ormai eravamo diventati amici e ci
eravamo scambiati il numero di telefono.
Durante quel lasos di
tempo avevo trascurato un po' Diego. Lui stava soffrendo a causa
della lontananza con Gaia, ma io lo aiutavo il minimo indispensabile.
Gli volevo ancora bene, certo, ma dopo la seconda metà di
agosto, con l'arrivo di Gaia, il nostro rapporto si era indebolito
tantissimo.
Con Rachele la situazione
era simile: ci sentivamo qualche volta al telefono, ma niente di più.
Lei e Martino si erano messi assieme e, a detta sua, stavano
benissimo. Io, a mia volta, le raccontava di Michele, e lei mi
ascoltava con grande interesse.
Comunque non me ne
preoccupai: avrei rivisto tutti il giorno del mio compleanno, dato
che stavo organizzando un'uscita di gruppo per festeggiare.
Invitai Michele, i
compagni di classe più simpatici, Rachele e Martino, Diego e
Roberta.
Saremo stati in tanti e
ci saremo divertiti un sacco!
Il 22 settembre, alle
cinque del pomeriggio, arrivarono sotto casa mia i primi invitati,
ovvero Michele, Diego, Rachele e Martino.
Li salutai calorosamente
e loro mi fecero qualche regalo: Diego mi regalò un profumo,
Michele un bracciale e una collana coloratissimi, mentre Martino e
Rachele mi consegnarono un paio di libri.
Aspettammo che gli altri
ci raggiungessero e Rachele annunciò che Roberta non sarebbe
venuta perché stava male.
Dei nove compagni che
avevo invitato, se ne presentarono solo cinque, Michele compreso. Ma
non mi importava, stavo per passare il compleanno migliore della mia
vita con il ragazzo che mi piaceva e gli amici più cari.
Mi resi conto in quel
momento che in fondo quell'estate non era stata poi così male:
avevo litigato con qualche amico, ma ne avevo trovato subito degli
altri e non ero mai stata sola.
Mentre passeggiavamo per
le vie del paese, i ragazzi formarono un gruppetto, mentre noi
ragazze camminavamo dietro di loro e parlavamo tra noi.
“Come va con
Marti?” chiesi a Rachele.
“Benissimo, non
avrei mai immaginato di poter stare così bene con un ragazzo!
Passiamo molto tempo assieme, a volte usciamo in gruppo con i nostri
amici e altre volte siamo soli. Nonostante ciò, rispettiamo
l'uno gli spazi dell'altra e siamo abbastanza indipendenti. Abbiamo
trovato il giusto equilibrio direi.”
“E quando è
stata la prima volta che vi siete... baciati?” sussurrai
curiosa.
“Circa due
settimane fa. Sai, stiamo insieme da poco e io non so bene come
comportarmi. Lui è il primo vero ragazzo ed è stato il
primo a baciarmi, sono ancora un po' insicura, ma ce la sto mettendo
tutta.”
Era leggermente arrossita
e teneva lo sguardo basso.
Mi fece tenerezza e la
abbracciai di slancio. “Oh Rache, quanto sono felice per te!
Sei così tenera... Marti è fortunato ad avere una
ragazza come te, siete fantastici insieme!”
E lo pensavo davvero.
Speravo di poter dire lo stesso di me e Michele, un giorno.
Trotterellai accanto a
lui e gli afferrai una ciocca di quegli strani capelli attorcigliati.
“Mi piacciono troppo! Come si chiamano?”
“Dreadlocks.”
“Da quanto tempo ce
li hai?”
“Dall'anno scorso,
anche se in realtà ho sempre avuto i capelli lunghi e
arruffati.”
“Wow! Dev'essere
difficile gestirli” commentai ammirata.
“No, neanche
tanto... bisogna solo saperlo fare, eprò ne vale la pena!”
“Sì, ti
donano molto!”
“Diciamo che fanno
parte della mia identità, ormai.”
“E i tuoi genitori
sono d'accordo?”
“I miei genitori
sono molto aperti per queste cose. Addirittura sono stati loro a
spingermi a fare i dread!”
Risi. “Scommetto
che hai dei genitori fantastici!”
“Sì, non mi
posso lamentare. Mi ritengo fortunato, con me sono sempre stati
comprensivi e affettuosi. Amano il divertimento e la compagnia, ma
quando si tratta di educare un figlio, sono pazienti e trasmettono
dei buoni valori.”
“Sembra un
telefilm, uno di quelli in cui i genitori hanno quasi un rapporto
d'amicizia con i figli. Nella vita reale è quasi impossibile!”
constatai.
“Hai ragione”
concordò. “La famiglia del Mulino Bianco!”
Scoppiai a ridere e lui
fece lo stesso.
“Eppure la mattina,
appena svegliati, non assomigliamo per niente alla famiglia di quella
pubblicità! Specialmente mio padre, mezzo addormentato sul
tavolo della cucina!”
Non riuscivo più a
smettere di ridere. “Michi, sei assurdo!”
“È la
verità!” esclamò, facendo spallucce.
Continuammo a scherzare
serenamente e qualcun altro si unì a noi.
Michele diceva sempre un
sacco di fesserie, non so come facesse ad avere sempre la battuta
pronta, sapeva sempre come far ridere la gente.
Poco dopo entrammo in un
bar e io offrii il gelato a tutti, poi ci recammo nella piazzetta in
cui si era svolta la pizzata dei Teens.
Quella sera mi divertii
davvero tantissimo, e il fatto che fosse il mio compleanno aveva reso
tutto più magico.
Capii che, alla fine, non
ero una persona così orribile, in fondo tutto quello che avevo
fatto non aveva compromesso la mia simpatia e la mia capacità
di trovarmi dei veri amici. Mi sarei rifatta una vita, avrei
ricominciato da capo, mi sarei risollevata da quel periodo buio.
E avrei conquistato
Michele, a tutti i costi.
I giorni si susseguivano
pigramente e i primi mesi di scuola erano volati. Ormai l'autunno
aveva spazzato via ogni traccia dell'afa estiva, e io mi stavo
riprendendo velocemente.
A scuola stavo bene
insieme ai miei compagni, e il mio amore per Michele si era
ingigantito sempre più, raggiungendo vette che quasi non
riuscivo a gestire. Era una cosa che non avevo mai provato per nessun
ragazzo, né per Diego né per Ismaele, non si poteva
paragonare a niente e nessuno.
Lo amavo così
tanto che stavo male e piangevo tutte le notti, senza sapere neanche
perché. Era tutto perfetto, lui era il mio compagno di banco,
il mio migliore amico... allora perché mi faceva così
male?
Diego, Rachele e Martino
mi stavano accanto; tutti e tre sapevamo del mio amore per Michele e
mi sostenevano sempre. Li adoravo, senza di loro non avrei saputo che
fare!
Nei primi giorni di
dicembre mi accorsi di stare troppo male: vedere Michele ogni giorno
e sapere che non stavamo insieme era diventato insopportabile. Dopo
due mesi e mezzo che lo conoscevo, decisi che era arrivato il momento
di dichiarargli i miei sentimenti.
Ormai tra noi c'era
tantissima confidenza, trascorrere cinque ore al giorno uno accanto
all'altra ci aveva avvicinato molto, e a volte capitava che ci
incontrassimo anche nel pomeriggio.
Lui parlava e stava bene
con tutti, ma dimostrava affetto solo alle persone a cui teneva di
più, e io ero tra queste.
Così, un giorno
gli chiesi di uscire con me e lui accettò di buon grado.
Mentre mi preparavo ero
agitatissima, non sapevo da dove cominciare né quale sarebbe
stato il momento giusto per dirglielo. In genere non mi mettevo certi
problemi, ero una ragazza aperta e schietta, ma in questi casi erano
sempre stati gli altri a prendere l'iniziativa: si erano dichiarati o
mi avevano baciato, io non avevo dovuto far altro se non accettare o
ricambiare.
Alle quattro e mezza
Michele passò a prendermi e, tra una risata e l'altra, ci
dirigemmo in centro, nel bar più accogliente che conoscessi.
Non so come fosse
possibile, ma gli argomento di cui parlare sembravano non finire mai,
non esistevano silenzi imbarazzati, io e lui eravamo perfettamente in
sintonia.
Ero sempre più
sicura che saremmo stati una coppia perfetta.
Io lo osservavo molto: mi
piacevano i movimenti rapidi ma non troppo bruschi delle sue mani
perfette e delle sue dita affusolate, amavo quando scuoteva la testa
e faceva oscillare i dreadlocks... ogni minimo dettaglio di quel
ragazzo era semplicemente incantevole.
Inoltre studiavo tutto
ciò che faceva per capire se era o meno interessato a me,
nonostante ne avessi ormai la certezza. Quando parlavo, mi ascoltava
attentamente e mi guardava dritto negli occhi.
Dopo aver bevuto la
ciccolata che avevamo ordinato, decidemmo di andare via e lui
insistette per pagare. Anche Diego faceva così prima che ci
mettessimo insieme, era un buon segno!
Passeggiammo per un po'
senza una meta ben precisa; le nostre risate riecheggiavano nelle
strade avvolte nella penombra.
Verso le sette e mezza ci
incamminammo verso casa mia e io capii che era arrivato il momento di
dirglielo.
Al solo pensiero di
affrontare l'argomento, mi veniva un nodo in gola e per questo avevo
tentato di rimandare il più a lungo possibile. Ma ora non
c'era più tempo.
Presi coraggio e
cominciai: “Michi, ti devo dire una cosa...”
“Dimmi tutto!”
mi incitò.
“Beh, noi ci
conosciamo da un po' ormai... sei... il mio migliore amico, ti voglio
molto bene... per me conoscerti è stato bellissimo e...”
Lui quasi non stava più
attento a dove metteva i piedi, mi guarda e ascoltava con
concentrazione.
“Beh, tu sei una
persona fantastica, e in questo tempo mi sono accorta di provare
qualcosa per te! Io ti amo, Michele!” conclusi tutto d'un
fiato, non potendo fare a meno di tremare per l'emozione.
Lui annuì, ma per
la prima volta lo vidi confuso. “Grazie Camilla, mi hai detto
delle cose bellissime” rispose con il suo solito tono dolce e
comprensivo.
“Io... ho solo
detto quello che penso, non potevo più evitarlo...”
spiegai in un mare di imbarazzo.
“Sono senza parole,
non so che dire. Dammi un po' di tempo per pensarci, va bene?”
“Certo, figurati!”
risposi, sorridendo.
Ci guardammo negli occhi
e scoppiammo a ridere. Era così, tra noi: anche nei momenti
più complicati, seri e imbarazzanti, non potevamo fare a meno
di ridere e divertirci insieme. Ecco perché lo amavo così
tanto.
Così tornammo a
casa sereni e rilassati. Nemmeno la mia confessione era riuscita a
scalfire la pace e la sintonia che ci avvolgeva quando stavamo
assieme.
Quella notte non chiusi
occhio e non feci che pensare a ciò che era accaduto con
Michele; certo, mi sarei aspettata che cadesse ai miei piedi, davo
per scontato che ricambiasse i miei sentimenti. Ma forse la mia
confessione lo aveva spiazzato e aveva bisogno di prendersi i suoi
tempi, ma ero sicura che il giorno dopo mi avrebbe detto che anche
lui mi amava e finalmente saremmo stati insieme.
Aspettai con impazienza
il mattino successivo.
Come al solito, entrai in
classe e gli sorrisi. Lui inizialmente non accennò
all'argomento, così alla fine della prima ora gli lanciai
un'occhiata interrogativa.
Lui si voltò verso
di me con aria seria. “Cami, io ci ho pensato” annunciò.
“Bene!”
esclamai istintivamente, non aspettavo altro!
“Ti voglio bene
anch'io, ma... non so come dirtelo... io preferisco che rimaniamo
amici, è meglio così per entrambi.”
Quelle parole mi ferirono
come una coltellata in pieno petto.
Mi era successo di tutto,
ma mai un ragazzo mi aveva rifiutato, non ero abituata. E poi certa
di piacere a Michele! Ma mi ero nuovamente sbagliata e ora ci stavo
malissimo.
Mi accorsi di una cosa a
cui prima non avevo fatto caso: se mi avessero rifiutato Diego e
Ismaele, prima o poi me ne sarei fatta una ragione; ma nella mia vita
non avevo provato mai un amore più immenso e struggente di
quello che sentivo per Michele. Le altre in confronto erano state
cotte da niente. Ero sempre sopravvissuta a tutto, ma questo mi stava
annientando completamente.
L'unica volta che avevo
trovato il vero, ecco che si prospettava irraggiungibile.
Abbassai lo sguardo.
“Capisco, non fa niente.”
Volevo solo scoppiare a
piangere e prendere a pugni il primo che passava.
“Cami, ti prego,
dimmi che non te la sei presa! No, non volevo ferirti, mi è
dispiaciuto doverti dire...” disse lui mortificato.
Tentai di sorridergli.
“No tranquillo Michi, è tutto a posto, so che non è
colpa tua e ho apprezzato la tua sincerità.”
“Questo non vuol
dire che non possiamo restare amici.”
“Se non ti
dispiace...” farfugliai, tentando di ricacciare indietro le
lacrime e puntando lo sguardo altrove.
“Ma scherzi? Dai,
tornerà tutto come prima!” mi rassicurò,
stringendomi una mano.
“Grazie Michi, sei
sempre così gentile...”
Da quel giorno le cose,
per me, peggiorarono sempre più; il mio amore per lui cresceva
giorno dopo giorno e la consapevolezza di non poterlo avere mi stava
uccidendo. Tentai di dimenticarlo, tentai di innamorarmi di qualcun
altro, tentai di distrarmi con gli amici o con qualche altro
passatempo, ma ogni volta che entravo in classe lui era lì che
mi sorrideva, e io non potevo fare a meno di fissarlo inebetita.
Stavo malissimo, avrei preferito morire.
Fu così che si
concluse il capitolo più doloroso della mia vita.
* * *
Ed
ecco a voi il “gran finale”! Allora, che ne pensate?
Tranquilli,
la storia non è ancora finita: tornerò a breve con
l'epilogo! ;)
Vorrei
tanto sapere che ne pensate di Michele, un personaggio a cui tengo
molto. Ditemi pure!
Ringrazio
chi fino a ora mi ha sostenuto e ha avuto il coraggio di seguire
questa storia, osservando passo dopo passo le vicende di Camilla e i
miei cambiamenti in quanto scrittrice! :3
Soul
♥
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Capitolo 21 *** Epilogo ***
ReggaeFamily
Epilogo
Camilla,
ventisei anni.
Sono
esausta. Mi siedo e guardo fuori dalla finestra. Oggi è 22
settembre.
I
ricordi mi travolgono e rivedo tutto, dalla quindicenne che ero
undici anni fa fino alla persona che sono diventata oggi.
La
mia famiglia lo diceva sempre: stavo cambiando velocemente e a loro
non piacevano i miei cambiamenti.
Dopo
il rifiuto di Michele l'amore per lui e l'impotenza mi avevano
divorato per quasi due anni; ciò che mi faceva più
soffrire era che, man mano che mi conosceva, si allontanava sempre
più da me. Non capivo, ero davvero così orrenda?
In
quei terribili anni persi praticamente tutti i contatti con Rachele,
Martino e Roberta, e ripresi a frequentare Elisa, Marianna e
Gianluca.
Diego
non mi ascoltava più, aveva sempre problemi con Gaia,
nonostante lei venisse a trovarlo ogni estate e sembrassero sempre
più innamorati.
Sentivo
di non avere nessuno in grado di sostenermi, così feci una
cosa impensabile: cominciai ad andare regolarmente da Renzo e i suoi
amici. Non mi importava più di niente e di nessuno, volevo
solo distrarmi dal destino ingiusto che la vita mi aveva riservato, e
quello era il modo più rapido ed efficace.
La
gente che frequentavo mi convinse che la scuola non mi sarebbe
servita a niente, quindi decisi di ritirarmi.
Contemporaneamente
accadde qualcosa che nessuno si sarebbe mai aspettato: rimasi
incinta.
In
poche settimane la mia famiglia venne travolta da queste notizie e
cominciò a guardarmi con disprezzo, soprattutto quando
affermai di voler tenere il bambino.
Così
a diciassette anni mi ritrovai non con uno, ma con due bambini, due
splendidi gemelli che chiamai Diego e Ismaele. Non sapevo esattamente
chi fosse il padre, anche se sospettavo fosse Renzo dato che i
gemelli un po' gli assomigliavano.
La
mia vita stava andando ufficialmente a puttane.
Avevo
anche perso tutti i contatti con Michele e, ad aggiungere altri
problemi alla mia vita, ci si mise Diego: lui e Gaia si erano
lasciati dopo tre anni di relazione a distanza, perché non
sopportavano più quella situazione e avevano deciso di
rimanere amici. Dopo aver ascoltato le sue lamentele, gli urlai in
faccia di andare al diavolo, perché non erano certo quelli i
problemi della vita! Lui mi rispose che se io mi trovavo in quella
situazione, era solo ed esclusivamente per colpa mia.
Così
si concluse definitivamente la nostra amicizia. Certo che per essere
uno studente universitario, era proprio immaturo!
I
miei bambini erano difficili da gestire e, siccome ero giovane, avevo
anche voglia di divertirmi e andare alle feste; perciò, quando
volevo uscire con Elisa e Marianna, li consegnavo a mia madre che,
nonostante non fosse d'accordo, li teneva con sé.
Frequentavo
tantissimi ragazzi come Renzo, così a diciannove anni rimasi
nuovamente incinta. Nacque una splendida bambina che chiamai Giada.
I
miei figli erano la mia gioia più grande, crescevano senza che
me ne rendessi conto, e io li adoravo, anche se prendermi cura di
loro era faticoso.
Non
so con quanti ragazzi sono stata nel frattempo, ho perso il conto...
Quando
avevo ventidue anni nacque Lorenzo, e un anno dopo mi fidanzai
ufficialmente con Renzo e andammo a convivere.
Ora
sono distrutta, ho quattro figli e un ragazzo che non mi ama,
vuole solo il mio corpo. Ma io, ancora una volta, mi sono innamorata
di lui e non lo voglio perdere.
Lui
sta tutto il giorno fuori casa con altre ragazze, mentre io bado ai
figli e vado a lavorare con altri uomini che mi pagano; poi di
notte, quando lui rientra a casa, io devo stare al suo servizio,
senza che lui mi dimostri un briciolo d'amore.
I
bambini, beh, sono viziato e trascurati, li mando a scuola e cerco di
non fargli mancare niente, ma io purtroppo per loro non ci sono mai.
La nostra casa è in condizioni pietose perché loro
giocano e distruggono qualsiasi cosa trovino sul loro cammino.
Devo
ammetterlo: magari come madre non sarò il massimo, però
io amo i miei figli ed è questo che conta.
Non
posso credere di essere finita in una situazione del genere, senza
amici, ripudiata dalla mia famiglia, con un ragazzo che mi maltratta,
un lavoro pessimo e quattro bimbi pestiferi che scorrazzano
per la casa. Tra l'altro sono in attesa del quinto figlio; stavolta
sono certa che sia di Renzo. Sarà una femminuccia.
Mentre
osservo l'orizzonte con sguardo perso, un ricordo mi assale, vivido
come la scena di un film: io, a quattordici anni, al parco con Nadia,
mentre mangiavo Diego con gli occhi. Ingenua, pudica e degna di
rispetto. Che fine ha fatto quella ragazzina dal viso angelico
incorniciato da morbidi riccioli castani?
Scoppio
a piangere.
Di
Michele, Martino, Roberta e Rachele non ho notizie da anni. Nadia si
sta per sposare con un ragazzo adorabile, e Lorenzo sta con un'altra.
Anche tra Diego e Gaia è andato tutto splendidamente: quando
lei ha finito il liceo, si è iscritta nella stessa università
di Diego e, dato che non dovevano più fare i conti con la
distanza, sono tornati insieme. Ancora oggi sono fidanzati e uniti
più che mai.
Dopo
il tradimento a Valentina e Ismaele, loro due sono rimast in contatto
e, da non crederci, l'anno scorso si sono fidanzati.
Tutti
si sono sistemati, anche mia sorella Chiara ha trovato un ragazzo che
la ama davvero.
E
io? Io ho ventisei anni, ma mi sento una novantenne e so che sono
solo all'inizio.
Un
grido proveniente dalla cucina, dove si trovano i bambini, mi riporta
alla realtà. Con gli occhi gonfi di lacrime, mi avvio verso la
porta per cercare di placare l'ennesima lite.
Ismaele
si è nascosto sotto il divano per non sentire, mentre Giada e
Diego si insultano e Lorenzo grida come un ossesso.
Quando
mi vedono piangere non fanno una piega, ormai sono abituati.
“Stronza,
puttana!” grida Diego alla sorella.
“Coglione,
ridammi il mio gioco!” risponde lei tirandogli un calcio.
“Ehi,
smettetela con queste parole...” li rimprovero senza troppa
convinzione, sapendo già che non mi ascolteranno.
“Ma
vaffanculo mamma, fatti i cazzi tuoi!” si rivolta Diego.
Non
è la prima volta che mi insulta, e io non riesco a reagire e a
farmi rispettare.
“Fate
tutti schifo!” esclama Ismaele, mentre Lorenzo mi tira per una
manica, piangendo e strillando a più non posso.
Cerco
di mettere a fuoco le lancette dell'orologio, senza smettere di
piangere. Per quanto altro tempo andrà avanti così? Per
sempre, ne sono certa.
Sono
stanchissima, eppure vado avanti giorno dopo giorno sacrificando
tutta me stessa. Ecco come sono diventata, ed ecco quello che sarò
per il resto della mia vita.
Sento
la chiave girare nella serratura della porta d'ingresso e tutto,
nella stanza in cui mi trovo, si ferma.
Un
brivido mi percorre la schiena.
Papà
è tornato.
*
* *
Ed
ecco qua l'epilogo, proprio come vi avevo promesso!
Eh
sì, la storia è ufficialmente finita! Che tristezza,
Camilla mi mancherà... ehm, no! Alcuni
personaggi di questa storia mi mancheranno, come per esempio Michele,
oppure Valentina e Ismaele (vi confesso che li ho sempre shippati,
quindi mi sono divertita un sacco a scrivere del loro fidanzamento
♥).
Scherzi
a parte, questa storia fa parte del mio passato e trascriverla è
stato esilarante, emozionante, esasperante... ed è stato molto
utile scoprire cosa è cambiato nel mio metodo di scrittura,
inoltre
è stato bellissimo ricevere le vostre recensioni e i vostri
commenti, lettori, perché siete veramente speciali e riuscite
sempre a strapparmi un sorriso. È grazie a voi che ho trovato
il coraggio per pubblicare su EFP questa disastrosa long!
Vi
piace questo finale? Pensate sia una giusta punizione per Camilla?
Siete tristi per la fine di questa storia?
Ho
una sorpresa in serbo per voi! ;)
Ma
prima è lecito quindi fare dei ringraziamenti più
approfonditi a:
Kim_Sunshine
e Frenzthedreamer, che hanno seguito da subito le vicende di
Camilla e mi hanno supportato con i loro insulti per i miei
personaggi e i loro complimenti per me. Avete avuto tanto coraggio,
ragazzi! :D
Anwa_Turwen,
che è approdata su EFP quando la storia stava ormai per
volgere al termine, ha avuto il coraggio di aprire questa storia e
ha divorato quasi venti capitoli in meno di ventiquattro ore! Anwel,
sei un mito! :3
Portgas
D Denis x ace, che mi ha tenuto compagnia con le sue recensioni
per alcuni capitoli, infervorandosi e odiando Camilla
Paw,
per avermi fatto sapere il suo parere e per i complimenti, anche se
solo una volta
in
rotta per il paradiso, per la sincerità e per avermi
fatto notare dove sbagliavo
Ecco,
ora è giunto il momento della sorpresa!
Siete
disperati perché la storia è finita??? Non temete!
CI
SARA' UN SEQUEL, un'altra long, in cui però Camilla
non sarà la protagonista: sarà completamente incentrata
sui suoi figli, sulle loro vite e le loro storie. Che ne pensate???
:3
Ecco
ragazzi, dopo questo annuncio e questa NdA infinite, vi saluto e vi
mando un forte e sincero abbraccio!!!
Soul
♥
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