Prompts

di BenHuznestova
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prompt#01 - Steering ***
Capitolo 2: *** Prompt#02 - Temporary ***
Capitolo 3: *** Prompt#03 - Apathy ***
Capitolo 4: *** Prompt#04 - Slight ***
Capitolo 5: *** Prompt#05 - Arrow ***
Capitolo 6: *** Prompt#06 - Carrot ***
Capitolo 7: *** Prompt#07 - Cost ***
Capitolo 8: *** Prompt#08 - Television ***



Capitolo 1
*** Prompt#01 - Steering ***


Prompts...*

Prompt#01 - Steering

-Dannazione... -

Fu appena un sibilo tra i denti, ma Boris lo avvertì comunque: rivolse uno sguardo interrogativo all'amico, troppo impegnato a non farsi venire una crisi isterica per farci caso.

Sospirando, si rassegnò a esporre ad alta voce la propria domanda.

-Bé? Che c'è?- fece con tono vagamente annoiato. Per tutta risposta, Yuriy si voltò di scatto verso di lui, come se solo in quel momento si fosse ricordato della sua presenza. Due occhi turchini indugiarono appena un attimo sul suo viso per poi scartare abilmente di lato e Boris colse il segnale al volo... e che segnale.

Yuriy Ivanov, forse l'unico essere umano che poteva vantare la stessa emotività di una sega circolare, era imbarazzato... e probabilmente presto avrebbero iniziato a squillare le Trombe dell'Apocalisse.

-Yura... qual è il problema, stavolta?- domandò con un tono tanto amabile quanto falso.

Oh, quel “stavolta” sembrò innervosire ancora di più il rosso, ma Boris non aveva proprio potuto trattenersi: poter vedere l'ex-capitano sulle spine non era uno spettacolo da tutti i giorni, ma sicuramente uno per il quale i vecchi Neoborg avrebbero sborsato volentieri fior fior di rubli... dunque non si sentì per niente in colpa per aver tirato un pò di più la corda.

Il rosso schioccò la lingua visibilmente offeso, per poi tornare a chinare il capo di fronte a sé.

Impiegò un bel pò a trovare le parole giuste...

-E'... rigido.- soffiò esausto, come se un peso gli gravasse sul petto.

-... c- come?- Boris non fu sicuro di aver udito bene.

-... ho detto che è rigido.- ringhiò il rosso afferrando l'oggetto della sua afflizione.

Sì, il suo udito funzionava alla grande.

-Fammi sentire...- spostò gentilmente la mano del rosso e lo afferrò a sua volta con la propria. L'altro per tutta risposta sbuffò debolmente.

-Lo senti?- domandò retoricamente questi alzando gli occhi al cielo.

-Sì... è duro.- confermò Boris.

-E adesso?- si lamentò Ivanov- Prendimi pure per il culo, ma io non ho idea di cosa fare...-

-Aspetta- Boris si sporse su di lui cambiando mano, mentre l'altra si mise a trafficare poco più sotto-lasciami provare.-

Yuriy attese pazientemente, per quanto l'imbarazzante situazione glielo concedesse: a un certo punto l'altro mollò la presa e si mise direttamente a tastare con fin troppa irruenza, il capo tra le gambe del rosso che proprio non riuscì a trattenere l'ennesimo sospiro.

-Sono gonfie?- di punto in bianco, la voce apatica di Hiwatari arrivò da dietro le spalle di Ivanov, annoiata quanto il pigro indice che puntò verso l'oggetto della sua domanda... domanda che Yuriy liquidò con un'occhiataccia e con una risposta -a suo parere- ovvia.

-Sì che sono gonfie, Hiwatari... dannatamente gonfie!- sbottò. L'altro non cambiò espressione, ma si sporse a osservare l'operato di Boris.

-Non mi sembra ne abbia tratto giovamento.- osservò col suo solito non-tono. L'altro riemerse con fatica e si tirò a sedere asciugandosi la fronte umida col dorso di una mano. Rivolse un'occhiata quasi desolata a Yuriy e una tagliente al meticcio.

-Magari sua altezza Kai Hiwatari potrebbe degnarsi di fare qualcosa, invece di starsene a guardare come suo solito!- lo rimbeccò. L'altro sembrò pensarci un attimo, poi improvvisamente qualcosa si accese in fondo a quei suoi occhi viola, qualcosa che allarmò non poco Yuriy.

-Olio.- scandì.

-Eh?!- esclamarono all'unisono gli altri due, inebetiti. Kai fece un'altra pausa pensierosa per poi sporgersi tra i due.

-Dico che ci serve dell'olio- insistette – sollevalo, mettiglielo e vediamo come va.-

-Fallo tu, dannato pennuto! L'idea è tua!-

-Che c'è, Huznestov? Ti sei stancato lì sotto?-

-Ma sentilo!-

-Piantatela-si lamentò Yuriy -qualsiasi cosa abbiate intenzione di fare, vedete di farla alla svelta- distolse il viso, ma a Boris non sfuggì il lieve rossore che gli aveva colorato le guance -detesto ammetterlo, ma sono totalmente nelle vostre mani, questa volta...- mormorò sconsolato, mentre un sorrisetto soddisfatto si delineò così simultaneamente sulle labbra degli altri due da far rabbrividire.


Inutile dire che una volta arrivati a casa, il rosso fu oggetto di incessanti frecciatine e di occhiatine ironiche da parte dei due compagni, che per sua sfortuna e in via del tutto eccezionale avevano tacitamente acconsentito a coalizzarsi.

Neppure a Ser'gej fu risparmiato il racconto dettagliato dell'ultima figuraccia di Ivanov al volante... non che fosse una novità la totale inettitudine del rosso in fatto di auto, ma l'essere andato addirittura nel pallone per uno sterzo bloccato era risultato agli occhi di quei bastardi tanto tenero quanto esilarante.

-Bé, però non è che tu sia stato poi così risolutivo, Boris...- osservò il biondo ridacchiando.

-Sempre meglio di quel nano di Ivan!- si difese Boris -Se ne è stato tutto il tempo zitto e incollato sui sedili posteriori, neanche fosse stato una fottuta statua!-

-Almeno ha avuto la decenza di mantenere il silenzio anche fuori dall'abitacolo- osservò acidamente Yuriy prima di assumere un'espressione vagamente curiosa -a proposito, dov'è finito? E' sparito appena siamo rientrati.-

-Credo sia ancora sotto la doccia, prima è filato di sopra senza dire una parola- il biondo assunse un'espressione pensosa- aveva qualcosa di strano... mi è sembrato un po' rigido.- concluse senza una particolare enfasi.

-Bah.-

Lasciarono cadere il discorso e, chi più chi meno, iniziarono a organizzarsi per la cena... ignari del povero Ivan che, al piano di sopra, giurava e spergiurava a sé stesso che mai -mai!- più avrebbe nuovamente accettato un passaggio da quei tre maniaci spostati.


...*

Dopo molto tempo torno a pubblicare qualcosa qui su EFP... una cosina davvero piccola e molto, molto leggera, quasi superficiale... ma sono lieta di aver colto al volo un suggerimento e una certa ispirazione e di essermi concessa una serata per scrivere e pubblicare in questo fandom a me tanto caro... e soprattutto di essermi divertita nel farlo, cosa che mi è mancata e che probabilmente non sarei riuscita a fare con qualcosa di più "impegnato", arrugginita come sono.

Chissà, magari a questo prompt casuale ne seguiranno altri, altrettanto sciocchi o di ben altra fattura... magari saranno proprio questi piccolini a riportarmi di nuovo qui, a farmi ricordare com'era... una terapia per questo Coniglio ormai tanto, tanto indaffarato.

Senza pretese e tanto affetto,

... Ben*


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Capitolo 2
*** Prompt#02 - Temporary ***


Prompts...*

Prompt#02 - Temporary

Temporaire

Così aveva precisato Gianni tre settimane prima, varcando come un moderno conquistatore armato di trolley giallo la soglia di Maison Bouringer.

Temporaire”, aveva detto proprio così... con quella “e” scandalosamente aperta e tentando di spacciare una “v” per una “r” in un goffo quanto vano tentativo di dimostrare che i suoi “poveri” genitori non avessero fallito su tutta la linea nell'investire sulla sua educazione.

Olivier era rabbrividito dinnanzi a quello scempio fatto della propria lingua e aveva insistito –come ogni volta, del resto- affinché l'amico si sentisse libero di parlare in italiano durante il suo soggiorno: Gianni aveva sorriso e gli aveva battuto un paio di volte il palmo su una spalla, come se fossero stati entrambi complici di uno scherzo che il francese proprio non riusciva ad afferrare; infine lo sorpassò, sempre trolley alla mano, esclamando: -Ok, ma ti ripeto che non c'è bisogno di preparare la solita camera! Si tratta di un appoggio temporaneo!-


Ma Olivier la solita camera la fece preparare comunque... e lì per lì si chiese perché Gianni si fosse riferito al suo soggiorno francese come “appoggio”. Non si era mai fatto scrupoli a farsi vivo a casa sua, sempre senza avvisare e in vari periodi dell'anno per quelle che lui chiamava “visite”, “sorprese”, “vacanzette” e via dicendo... ma mai lo era venuto a trovare in estate, stagione che il biondo preferiva di gran lunga passare in patria ad abbronzarsi e a adescare fanciulle sui litorali più rinomati del Bel Paese.

Ma Gianni, notò, era tutto fuorché abbronzato; e non faceva che ripetere come un mantra quella parola che piano piano stava facendo venire l'ulcera al francese: “temporaneo”.


Ma tanto temporaneo non si era rivelato, alla fine... erano passate tre settimane, anche se a Olivier erano parse addirittura il doppio: solitamente il tempo in compagnia dell'italiano trascorreva abbastanza in fretta, essendo quest'ultimo un vulcano di pessime idee con energie pressoché infinite... ammesso che si riuscisse a farlo alzare dal proprio letto la mattina (l'una passata del pomeriggio, nel suo caso).

Invece quello si aggirava in casa sua come uno spettro era un Gianni Tornatore distratto, spento e molto, molto pensoso.

Uno sconosciuto, praticamente.

Certo, il tempo della sua visita si stava dilatando e Agosto stava ormai finendo, ma il biondo, tenendo fede a quel suo “temporaneo” non aveva neanche disfatto quel maledetto trolley: ogni volta che gli venivano riportati dei capi perfettamente lavati e stirati, ecco che questi venivano nuovamente impilati ordinatamente all'interno del bagaglio, come se il biondo dovesse ripartire l'indomani.

-Gianni, c'è qualche problema?-

“A casa tua”, avrebbe voluto aggiungere Olivier con un vago sospetto, ma subito l'amico gli aveva rivolto un sorriso che avrebbe voluto essere solare, ma che invece risultò poco convincente.

-'Vier te l'ho detto che si tratta solo di un appoggio temporaneo!- cantilenò come ogni giorno, con una nota incerta che neppure la migliore imitazione di un'inesistente allegria poté camuffare.


La notizia, o meglio il pettegolezzo, arrivò da sua madre, durante la tappa romana delle vacanze dei coniugi Bouringer.

Olivier riabbassò il ricevitore sospirando e si mise a cercare quel disgraziato del suo ex-compagno: lo trovò in giardino, apparentemente a godersi il tramonto su una sdraio.

-I miei torneranno tra quattro giorni. Per allora pensi di essere già riuscito a scappare?- esordì fermandosi alle sue spalle, senza nessun tono particolare. Gianni non rispose, ma Olivier capì dal suo sussulto che non stava affatto dormendo come voleva dargli a bere -te ne vai da Andrew? In fondo avete una certa esperienza in fatto di fughe...- ecco, stavolta invece condì la sua frase con un poco di veleno, nel tentativo di suscitare una reazione nell'amico.

Ma fu solo un pigro silenzio di fine estate quello che seguì, silenzio che lo fece innervosire: sospirò sonoramente e stava già per girare i tacchi e andarsene, quando...

-Je ne veux pas fuir.-

Olivier tornò a guardarlo, stupito sia per quelle parole, sia per la pronuncia perfetta con cui erano state articolate.

-Non voglio fuggire- ripeté Gianni -non voglio... che i miei ritrattino. Mi va bene così.- precisò con una serietà che Olivier non gli aveva mai udito nella voce.

-Allora tornerai a Roma alla fine di questo- storse un po' il naso nel dirlo- appoggio temporaneo?-

Gianni ridacchiò amaramente.

-Sai... per un attimo avevo veramente pensato di fare un salto a Glasgow... magari per farmi aprire la gola da Andrew- fece una piccola pausa, facendo segno a Olivier di sedersi accanto a lui -tua madre non ti ha detto il nome della mia futura sposa?- domandò un po' stupito. Olivier lo raggiunse, sospirando per l'ennesima volta.

-Non. La mia cara maman ha cinguettato soltanto di farmelo dire da te... “Tu ne devineras jamais!” ha ridacchiato estasiata. Devo dedurre che si tratti di un nome particolarmente di spicco?-

A quelle parole, Gianni scoppiò a ridere in un modo tanto liberatorio e isterico da far sobbalzare il compagno.

-Di spicco? Oh, puoi ben dirlo, amico mio!-si coprì gli occhi con la mano cercando di darsi un contegno- Elizabeth- scandì – Elizabeth Rosalynne McGregor, nientemeno.-

Questa volta Olivier scattò veramente in piedi.

-LIZZIE?!La nostra Lizzie?!- se Andrew l'avesse sentito riferirsi alla sorella minore con quel nomignolo, probabilmente l'avrebbe ammazzato.

Gianni annuì mestamente... ma qualcosa non quadrava.

-Ma scusa, Gianni- lo scrutò indagatorio- tu hai sempre avuto un debole per Lizzie... qual è il problema?- “un debole” aveva detto... abbastanza riduttivo. L'italiano aveva letteralmente una cotta storica per l'inglesina...

-Lo sai qual è il problema...-borbottò il biondo.

… una cotta storica mai ricambiata, già. O almeno, Lizzie aveva sempre trattato Gianni come il resto degli amici del fratello, alternando gentilezze interessate a malcelata acidità, tratto degno e distintivo di ogni McGregor... nessun trattamento di favore.

-E' anche vero che non ha mai avuto nessun ragazzo...- tentò Olivier per rincuorarlo.

-Peggio mi sento...- si lamentò l'altro – la donna dei miei sogni, una fanciulla illibata e priva d'ogni sospetto sulla meschinità maschile, andrà in sposa a un uomo che non ama e che fino ad oggi non ha fatto altro che adescare fanciulle per il proprio piacere e il proprio vanto... ah, e quest'uomo così superficiale e improponibile guarda caso è proprio il sottoscritto!- concluse alzando voce braccia con una teatralità che fece inarcare un sopracciglio al francese.

-Ho detto che non ha mai avuto un ragazzo, non che non abbia mai...- tentò.

-NON TI AZZARDARE A DIRLO!- sbottò l'altro -Lei è pura... non un individuo deprecabile come il sottoscritto!- si era messo le mani tra i capelli e aveva iniziato a borbottare insulti a sé stesso... dal canto suo, la preoccupazione di Olivier era decisamente scemata di fronte a quella situazione ai limiti del tragicomico!

-Quindi il problema...- tentò ancora.

-Sono io!- latrò Gianni contorcendosi sulla sdraio.

-Pas totalement... il problema è che hai paura... e che hai poco tempo.-

Après l'été”, dopo l'estate... così aveva detto sua madre.

-Poco tempo per...?- Gianni lo guardava con due enormi occhi da cucciolo, cosa che gli fece alquanto senso.

-Per levare le tende, avvisare i tuoi e i McGregor e fare davvero un salto a Glasgow- l'italiano batté più volte le palpebre, non comprendendo-... mon Dieu, Gianni! Non sei stato proprio tu ad aiutare Andrew quando si è trattato di lui e Nicole?!-

-Vuoi dire che...-

-Oui, Sacre Bleu!- sbottò il francese con un diavolo per capello -chiedi anche tu più tempo per sondare anche le intenzioni di Lizzie! Per mostrarti diverso e migliore ai suoi occhi, se è questo che ti cruccia! Per conoscervi meglio!-

-Più tempo... e tu dici che...-

-Andrew ti darà una mano piuttosto che vederti sposare su due piedi la sua sorellina, ne sono certo.- affermò il francese lapidario.

-Un fidanzamento-mormorò Gianni- un fidanzamento... vero. Per lei... per me!- il sorriso ebete che gli si disegnò sul viso fece venir voglia a Olivier di scaraventarlo in piscina. Si poteva essere più idioti?

-Un fidanzamento temporaneo.- precisò il francese.

-Temporaire- rise ancora Gianni- oui, temporaire!- ripeté ancora, la pronuncia tornata nuovamente oltraggiosa.


Il sole tramontò finalmente su Maison Bouringer, ma trovò solo il giovane francese a salutarlo... così come l'indomani l'alba a Charles De Gaulle, mentre un aereo diretto a Glasgow si portava via quel romano tanto idiota quanto innamorato.

“E speriamo che le britanniche se lo tengano per un bel po'...” si augurò Olivier sbadigliando.


...*

[traduzioni]

"Je ne veux pas fuire."// "Non voglio fuggire."

"Tu ne devineras jamais!"// "Non indovinerai mai!"

"Pas totalement..."// "Non totalmente..."

"Après l'été"// "Dopo l'estate"


Gianni ha l'innata capacità di buttare "in caciara" qualsiasi cosa io scriva... bon, doverose un paio di osservazioni: per chi non si fosse ricordato, in questo capitolo si fa riferimento al capitolo -ripetizione, sigh!- "Time" della mia raccolta "Moments", in cui Andrew fugge in Italia dopo aver appreso del matrimonio combinatogli dai genitori.
Altra puntualizzazione: Elisabeth e Nicole sono personaggi originali di Yangrine e appaiono nella sua fanfiction "Dite la Verità, nient'altro che la Verità!"... ricordo quando ai tempi delle scuole medie mi prestò un floppy-disc (signori... un floppy-disc, capite?) che tra tante fanfiction e fanart sconce (XD) conteneva anche "Dite la Verità"... poi mi mostrò i character design dei personaggi e lì fu la fine: per quanto mi sforzi di trovare altri nomi e altre sembianze, ancora oggi sono Nicole e Elisabeth (per non parlare della dolce Celine e, sì, anche di Cristina!) a far capolino da un angolo della mia mente... un omaggio a chi mi ha traviato e mi ha introdotto al mondo delle fanfiction... ma se non dovesse essere gradito, sono pronta a malincuore- a modificare.
Al prossimo prompt.

... Ben*




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Capitolo 3
*** Prompt#03 - Apathy ***


Prompts...*

Prompt#03 - Apathy

Un colpo.

Schiena, spalla sinistra... poi la testa, per contraccolpo.

Per un attimo si chiese se non avesse appena fatto la peggiore cazzata di sempre.


-E questa?- fu una domanda retorica, più sorpresa che altro; chi fosse il destinatario di quel telegramma lo si poteva chiaramente evincere dalla busta... ciononostante Boris si prese la briga di rispondere.

-Te l'ha lasciato Ser', il resto della posta l'ha già smistato... bollette, neanche a dirlo.- precisò svogliatamente agitando il vecchio telecomando. L'altro annuì sovrappensiero per poi sedersi al tavolo assieme all'amico... giusto in tempo perché il campanello iniziasse a squillare come un ossesso, provocando un'imprecazione di Boris.

-Quell'idiota di Ivan deve aver dimenticato di nuovo le chiavi...- ringhiò scoccando un'occhiata all'orologio a muro.

Yuriy annuì di nuovo, lanciandogli un'occhiata ironica -Vai tu?- disse senza il reale tono di una domanda, cosa che fece imprecare nuovamente Boris che trascinò rumorosamente la sedia alzandosi.


Un solo colpo... caricato con rabbia cieca e covata a lungo... troppo a lungo.

Quel rumore sordo contro il muro, quello più secco del cranio prima che ricadesse chino in avanti, offrendogli solo la limitata visuale della nuca rossa dell'altro.


-Indovina un po', Yu? Era proprio il nostro nano deficiente!- annunciò Boris rientrando in cucina con uno scocciatissimo Ivan al seguito.

-Alzare di tanto in tanto il culo dalla sedia non può farti che bene, stupido bradipOUCH!- Pavlov dovette aggrapparsi alla maglietta di Boris per non finire per terra, tanto bruscamente si era fermato quest'ultimo.

-Ma che cazzo...?- provò ad articolare affiancandolo, ma di nuovo si interruppe.

Boris dal canto suo era diventato di marmo... così come sembrava esserlo diventato il suo ex-capitano, i gomiti piantati sul tavolo e la testa fra le mani, china sul telegramma aperto.

-... Yu?- tentò, ma la voce gli uscì appena poco più alta del ronzio sconnesso del vecchio televisore acceso.

Provò di nuovo e ancora... Ivan probabilmente si stava chiedendo perché semplicemente non si avvicinasse per appurare le condizioni del rosso, ma Boris scacciò irrazionalmente quel pensiero.

Yuriy non si muoveva.

Ivan non si staccava.

-... Yuriy?!-

E lui stava parlando a vuoto come quel cazzo di televisore.


Un colpo... uno strattone semmai.

L'aveva sollevato in piedi nel giro di un secondo, l'aveva sbattuto contro il muro con tutta la forza accumulata nello sforzo.


Il telegramma presentava un lato accartocciato là dove Boris aveva serrato la stretta delle proprie dita.

L'aveva sfilato cautamente da sotto lo sguardo di Yuriy che non aveva fatto una piega. L'aveva letto, aveva tremato, l'ira lo aveva travolto e si era concentrata un attimo prima di esplodere, bloccata in mezzo alla sua gola in un groppo insopportabile.

Ivan lesse e dovette sedersi.

Boris sferrò un calcio alla sua, di sedia.

Ser'gej rientrò e li trovò ancora così: Ivan seduto, il telegramma sulle ginocchia; Yuriy, seduto a sua volta al tavolo, la testa fra le mani; Boris in piedi, una sedia rovesciata in terra accanto a lui come la prima vittima di un raptus omicida... e Ser'gej aveva visto giusto, perché placcò l'amico giusto in tempo per impedirgli di spaccare la testa di Ivanov sul tavolo.


… uno sforzo che alla fin fine non c'era stato, e proprio questo dettaglio gli aveva provocato una fitta al petto.

Aveva schiantato una persona leggerissima.


Tempo una settimana e Vorkov sarebbe stato rilasciato... era questo il contenuto del telegramma in parole povere.

Quest'Inferno non è ancora finito”, questo il significato più spiccio che era arrivato al cervello di ciascuno degli ex-componenti della Neoborg.

Sapevano che sarebbe successo prima o poi... sapevano che sarebbero dovuti tornare a fare i conti con ansie e paranoie, ma avevano sempre sperato di riuscire a non farsi trovare impreparati.

Da questo punto di vista, Boris avrebbe accettato qualsiasi reazione da parte del suo vecchio capitano: una scenata apocalittica, un disperato mutismo, un cedimento di nervi e persino un pianto isterico, purché poi si fosse risollevato come solo lui sapeva fare, trasmettendo loro la forza e la determinazione necessarie per affrontare di nuovo tutto quanto, tutti insieme.

Invece non era successo niente di tutto questo. Yuriy a un tratto aveva risollevato il capo e Boris aveva sperato che la rabbia provata fino a un attimo prima per una sua mancata reazione gli fosse finalmente arrivata, scuotendolo dal suo isolamento; seguì il compimento di quel semplice ma lentissimo gesto con un ansia e un'aspettativa fuori dal comune, certo che quello che avrebbe visto sarebbe stato il volto risoluto di Yuriy Ivanov, pronto a dichiarare di nuovo guerra al mondo... ma non trovò alcuna traccia di tutto questo nel pallido viso dinanzi a sé.

Non vide rabbia nei suoi occhi.

Non vide lacrime, né tremori.

Non vide disprezzo nella piega delle sue labbra e non vi fu neppure risolutezza nel suo alzarsi.

Yuriy rimase semplicemente in piedi davanti a loro, i suo occhi avevano riversato sul suo viso esattamente ciò che essi vedevano e che tutti in quella stanza potevano decifrare solo guardandolo.

Niente.


Pregò per un gemito di dolore.

Agognava ricevere indietro quella violenza insensata... e avrebbe ucciso per ricevere un altro insulto da quelle labbra.


Non reagì quel giorno... non vi riuscì neppure nei successivi.

Forse, ingenuamente e al contrario di tutti loro, non se lo aspettava... o forse non così presto.

Fatto sta che era passata una settimana e ancora non si era ripreso.

Quando non se ne stava nella sua stanza, si aggirava come uno spettro per il piano superiore.

Non scendeva più a mangiare e dopo i primi due giorni Ser'gej si era fatto forza ed era salito, armato di posate e di un piatto di spezzatino, con il proposito di farglielo ingurgitare a forza: era sceso mezz'ora dopo, più taciturno di prima e con evidenti macchie di sugo sulle pantofole.

A tutti i pasti si ripeteva questa scena, dopo la quale il biondo toccava a malapena cibo una volta tornato in cucina, tanto che spesso Boris si era ritrovato a pensare che non ci fosse riuscito, che pur di non metterli a parte dei suoi fallimenti fosse lui a mangiare la porzione di Yuriy per poi riportare in cucina il piatto vuoto.

Questi pensieri avevano trovato una loro parte di fondamento il giorno prima, quando era riuscito ad entrare nella stanza di Yuriy; non che il rosso si chiudesse a chiave o li scacciasse, no... Yuriy era diventato del tutto indifferente alla loro presenza. Semplicemente Boris non aveva avuto più il coraggio di incrociare lo sguardo con l'amico dopo quel giorno... e dire che l'aveva visto in qualsiasi condizione!

Ma l'essere smagrito e trascurato che aveva trovato sdraiato sul letto, quel corpo disteso nella semioscurità di una stanza a soqquadro... era qualcuno che non conosceva.

Qualcuno che non voleva conoscere.

E prima di fare qualcosa di cui pentirsi, richiuse silenziosamente quella porta così come l'aveva aperta.


Il braccio destro si sollevò.

Lentamente, a fatica.

Lo osservò pregando che non ricadesse inerme lungo un fianco.


-Non è depressione.- fu l'intervento laconico e infastidito di Ser'gej.

-Si sta ammazzando da solo.- ringhiò Boris sporgendosi sul tavolo. Il biondo storse la bocca, la mascella fremette per un istante.

-No.- sembrava aver attinto a tutta la sua infinita pazienza per produrre quel semplice monosillabo. Boris scoccò la lingua e si allontanò dal tavolo, le mani che prudevano.

-Non mangia, non dorme, non si cura di sé stesso e degli altri- iniziò a elencare -non parla, non esce, non fa assolutamente nulla e, dannazione, è solo perché i Vorobyov sono buoni al limite della coglionaggine e lo apprezzano che ancora non è stato licenziato!- concluse alzando la voce. In un'altra situazione non si sarebbe mai permesso di parlare di Yuriy in quel modo... ma lo Yuriy che temeva e rispettava stava oramai sbiadendo e Boris non riusciva più ad afferrarlo.

-... non è depressione.- insistette il biondo dopo un attimo di silenzio.

-SER'!!!- sbottò l'altro voltandosi come un animale selvatico. Il biondo gli venne incontro e gli si piantò davanti, un monumento di incrollabile fiducia.

-Non è depressione- ripeté di nuovo, come fosse una solenne preghiera -finché non rinuncerà al suo orgoglio, potrà sempre tornare indietro.- concluse risoluto.

Boris lo fissò basito.

Il suo orgoglio... forse Ser'gej ne aveva scorto traccia durante i suoi tentativi di nutrirlo? Era forse in virtù di questo orgoglio che lo costringeva a combatterlo piuttosto che accettare le sue cure?

Boris non poteva saperlo... Boris l'aveva rifiutato.

Ma un'idea assurda e terribile aveva iniziato a farsi strada nella sua mente.


Così debole e sottile... diverso da come lo ricordava.

Eppure salì, arrivò fino all'altezza del suo collo... e la mano strinse con una forza e una decisione tali da farlo trasalire.


Il cervello di Boris era sempre stato una bestia pericolosa e solo quello di Yuriy, maestro nell'intercettare quei segnali “selvatici”, era sempre stato in grado di affrontarla senza troppi rischi.

Boris voleva sfidare quel cervello, provocarlo, ferirlo... costringerlo a reagire, ad azzannare.

E così ogni volta che aveva la possibilità di non avere Ivan e Ser'gej tra i piedi, saliva fino in camera del rosso, troppo debole per starsene in un altro posto che non fosse il letto; prendeva una sedia, si sedeva di fronte a Ivanov e iniziava.

Parlava, Boris... parlava senza mai fermarsi, senza mai abbandonare il tono derisorio della sua voce, senza mai mutare il ghigno sul suo viso o la vuota sofferenza nei suoi occhi.

Parlava... e ogni sorta di oscenità, di crudeltà, di ingiuria scivolavano dalle sue labbra come veleno dalle zanne di un serpente.

Insultava, aggrediva, rinfacciava.

Lasciava che la bestia arrivasse fino al suo cuore, soffocandolo... che la verità fosse segregata in fondo alla gola, permettendo a bugie rancorose di aprirsi la strada proprio verso colui che gli aveva insegnato a domarle.

Quella terapia d'urto poteva andare avanti per interi pomeriggi... intere notti.

Lo lasciava inebetito e senza energie, e con un smorfia folle che sapeva di pianto e dipendenza.

Non la pensava come Ser'gej... non dovevano confidare nel suo orgoglio.

Dovevano scuoterlo... dovevano innescare una bomba.

E per farlo, avrebbe spezzato l'orgoglio di Yuriy Ivanov.


La mano abbandonò la presa e Boris serrò gli occhi.

“Strangolami piuttosto... non cadere, non cedere di nuovo” urlò il suo cervello.

Non cadde, quella mano.

Come seta, scivolò dietro il suo collo e poi tra i suoi capelli, mozzandogli il respiro.


In quei momenti rifiutava di ascoltarsi.

I suoi occhi non vedevano, le sue orecchie non sentivano, il suo corpo non si muoveva... com'era simile al suo amico in quelle condizioni!

Solo la sua bocca si muoveva, articolando ogni genere di schifezza... quindi non seppe cosa innescò di preciso la reazione di Yuriy, quel giorno.

Seppe solo che per un caso fortuito improvvisamente i suoi occhi guardarono per vedere: il rosso si era tirato a sedere gli occhi vuoti e cerchiati fissi su di lui, seduto ai piedi del letto. Anche il rosso parlava, articolando con lentezza.

Allora si costrinse ad udire: non fu facile, poiché la voce del rosso era più flebile e roca rispetto alla sua, una voce che non parlava da troppo tempo... inoltre ricalcava perfettamente il ritmo della sua.

Dovette concentrarsi di più a quel punto e farsi violenza: cercò di ascoltare anche ciò che lui stesso stava dicendo... ci riuscì dopo qualche secondo e si fermò, sentendosi male.

Ma Yuriy non smise e finalmente Boris poté ascoltarlo.


Le dita strinsero alcune ciocche, ma senza fargli male.

Il palmo premette verso il basso.

Boris comprese e si lasciò trascinare giù, gli occhi tremanti dietro le palpebre.


Le atrocità che Yuriy stava sussurrando lo fecero tremare.

Scandiva con lentezza impietosa, piantava i suoi occhi scavati e mai così azzurri dritti nel suo cranio guardando oltre di esso.

Rendersi conto che quelle parole erano le stesse che lui gli aveva vomitato addosso per ore fu terribile.

Comprendere che fino a un attimo prima di interrompersi lui e Yuriy stavano ripetendo le medesime parole come in una cantilena fu agghiacciante.

Riconoscere che quel veleno che ora il rosso gli stava rispedendo indietro calzasse perfettamente anche alla sua persona, lo fece letteralmente impazzire.

E, in preda alla pazzia, si slanciò contro di lui.


Solo quando le loro fronti si toccarono, Boris aprì titubante gli occhi.

La mano di Yuriy era ancora dietro la sua testa, come un macigno.

Ma il capo del rosso era rivolto in basso e a Huznestov, più alto, non era concesso vederne l'espressione.

Come quel giorno.” gemette la sua anima.


L'aveva afferrato per il bavero, sollevato in piedi senza il minimo sforzo... e senza il minimo sforzo l'avrebbe spezzato.

Boris si ritrovò a pentirsi di quella reazione molto prima di far scontrare il corpo dell'amico con la parete alle sue spalle.

Si era già arreso quando il braccio si tese, allontanando Yuriy da lui.

Era capitolato appena un istante prima, quando entrambi erano stati così vicini da scambiarsi i respiri.

Faccia a faccia, Boris aveva cercato lo sguardo di Yuriy, un'ancora che non lo facesse affondare ancora di più.

Ma Yuriy aveva chiuso gli occhi, accogliendo l'impatto.


“Sollevalo... sollevalo, ti prego.”

Singhiozzava, ma i suoi occhi non versavano lacrime.

“Uno sguardo qualsiasi... un'espressione qualsiasi... non questa schifosa apatia.”


Respirava piano, ma regolarmente.

Come se nulla fosse accaduto.


Nemmeno al Monastero.

Neppure dopo la Vasca.

Non aveva mai percepito Yuriy così distante.


Dunque... non è successo niente?”


-Non è successo niente.- udì sussurrare.

Una voce stanca, una voce pragmatica.

Yuriy.


La sua mano era decisa, come se niente avesse mai potuto fiaccarne la presa.


Una voce falsa. Una voce per ogni circostanza.

-... n-niente?- balbettò atterrito.

Una voce che l'aveva accompagnato per anni.


Niente.


Boris attese, ma nessuna conferma arrivò alle sue orecchie.

In compenso udì un suono altrimenti inudibile.

Lo udì con l'istinto di quella bestia che era tornata a riposare in fondo al suo cervello.

Lo snudarsi di un sorriso.


un'occhiata ironica...


Attese, sperando che Yuriy si decidesse ad alzare il capo.


stava parlando a vuoto...


Attese, agognando di vedere quel sorriso.


non aveva fatto una piega.


Attese, temendolo al contempo.


niente.


Attese...


qualcuno che non conosceva.


… attese...


non riusciva più ad afferrarlo.


… attese.


intere notti.


Attese.




-... vai tu?-



...*

... già, vi ho ingannati.

Sorrisi, risate... e poi, bamm!, disagio esistenziale al terzo capitolo.
La genesi di questo Prompt è stata singolare e la bestia dentro al mio di cervello se ne è andata bellamente a spasso fino al finale che, al contrario degli altri due capitoli, non ha nulla di netto, chiaro, definitivo... anzi.
Anche gli ultimi corsivi -null'altro che citazioni dai paragrafi precedenti- son venuti fuori così, quasi volendo riallacciare i fili di questo girotondo del disagio...

Quindi, questo giro abbiamo riavuto quasi tutti i Neoborg... ma in una situazione completamente diversa! ... inizio seriamente a temere per i prossimi prompts, a questo punto.
Un ringraziamento a chi ha messo la fanfiction tra le preferite e/o tra le seguite... ma siete sempre in tempo per darvela a gambe, eh.
Un caro saluto!

... Ben*



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Capitolo 4
*** Prompt#04 - Slight ***


Prompts...*

Prompt#04 - Slight

Lieve.

La mano di lui sulla spalla, tutto attorno il caos: un gesto che diceva “Sono qui. Siamo ancora qui.”

Lieve.

Il sorriso di lei, un brillio di lacrime agli angoli degli occhi, la stretta su quella piccola trottola multicolore.

Lieve.

Il rossore sulle guance di lui, il richiamo di lei, il suo nome sussurrato piano alle spalle, per non disturbare, per non essere notata.


-Michelle...-

Lieve.

Come ali di farfalla, come uno sfiorarsi di piume... fu così quel bacio; e esattamente così la giovane percepì il proprio cuore, nel medesimo istante: dunque era per lei quel tocco, per lei quegli occhi celesti, solo per lei quel sentimento in cui non aveva mai osato sperare.


Lieve... fu il sospiro che abbandonò le sue labbra e il gemito sfuggito a quelle dell'altro; fu scostarle tremante le ciocche pallide dalla fronte e il bacio di lei su quelle stesse dita delicate.

Lieve... l'abbraccio di Mathilda sotto di lui, esili braccia che lente l'avvolsero, soavi lo trascinarono giù, sempre più giù, guidandolo.


Persi in quei respiri, in quegli sguardi... in quelle parole leggere con cui fino ad allora si erano soltanto accarezzati, fino a confondersi...


-Sono qui. Siamo ancora qui.-


… fino a fondersi, corpo e anima... lievi.



...*


E dopo un capitolo più lungo... una pillola più piccolina.
Credo sia la prima volta che scrivo di questi due... e che arrivo al quarto capitolo di una raccolta senza accennare a dello shounen ai...
...  che qualcuno mi porti le mie medicine.
Ad ogni modo... lieve è stato anche il mio affrontare questo prompt, anzi... "accennare".
Mi ha preso così.
Un saluto a tutti e un arrivederci al prossimo capitolo.

... Ben*

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Capitolo 5
*** Prompt#05 - Arrow ***


Prompts...*

Prompt#05 - Arrow

Sollevò gli occhi dai suoi appunti e li rivolse sospettosa al monitor dinanzi a sé: sbatté le palpebre un paio di volte e si aggiustò gli occhiali.

Nulla... doveva esserselo senz'altro immaginato.

Tornò alle sue carte, la Dottoressa aveva preteso quel rapporto entro l'orario di chiusura del Centro... poco importava che per Emily il Centro non chiudesse praticamente mai e che il carico extra di lavoro la seguisse fino a casa, almeno quando riusciva a tornarvi: più di una volta infatti le era capitato di rimanere a lavorare nella struttura, senza contare quelle due volte in cui era rimasta addirittura chiusa dentro.

Sospirò sonoramente scribacchiando l'ennesimo calcolo, sospiro che si sarebbe certamente tramutato in sbadiglio se di nuovo non avesse scorto un movimento sul monitor con la coda dell'occhio.

Ecco stavolta non si era sbagliata... quel dannato cursore si stava davvero muovendo!

Osservò la minuscola freccia bianca vagare per il desktop con un'irritazione crescente: un patetico trucchetto di controllo remoto, un giochetto che perfino quel deficiente di Michael sarebbe stato in grado di eseguire... e se non si trattava di lui o di qualcun altro della sua squadra, sicuramente era colpa di qualche tirocinante ancora in sede in vena di perdere tempo.

Stava per porre fine a quella maldestra intrusione con un paio di digitazioni, quando un foglio da lavoro bianco si materializzò davanti ai suoi occhi: Emily rimase a guardare perplessa la freccia spostarsi sulla tavolozza a lato del foglio, cliccare un'icona e poi un'altra ancora, trascinarsi tracciando due curve scarlatte che fecero strabuzzare gli occhi alla giovane; altri tre click e un'ondata di rosa investì lo spazio all'interno di quella figura, così come le guance della ricercatrice che si era portata entrambe le mani davanti alla bocca inspirando forte.

Perché lo sapeva... sapeva chi aveva guidato quella freccia.

Si alzò bruscamente dalla sedia e si precipitò verso la porta... il rapporto poteva attendere ancora un po'.


L'ascensore ci mise decisamente troppo ad arrivare, ma permise a un giovane ricercatore, cinque piani più su, di completare con non poco imbarazzo quell'ingenua opera, di aggiungere due iniziali nere come l'inchiostro all'interno di quel cuore maldestro.

Kyouju non poteva sapere che Emily non le avrebbe viste... non subito, almeno. 

Come non poteva immaginare che di lì a qualche minuto la ragazza avrebbe fatto irruzione nel suo ufficio, rendendo vano qualsiasi tentativo di occultare il disegno e con esso il suo sentimento... ma non ce ne sarebbe stato comunque bisogno.

Emily gli avrebbe mostrato timidamente il suo... e lui vi avrebbe scorto un dettaglio, trattenendo il respiro.

Quella prima freccia che non si era mai reso conto di averle scagliato.


Quella freccia che rapida l'aveva raggiunta... e le aveva trafitto il cuore
.



...*


Mi sto stupendo di me stessa... e anche un pò spaventando.
Niente shounen ai... dolcezza, leggerezza... personaggi mai utilizzati!
Eh, ma qui mi son dilettata a descrivere sentimenti ancora più timidi e impacciati... sarà che un pò mi ci rivedo.
Che dire... spero che l'aver usato il nome originale del maldestro disegnatore non vi abbia fuorviate!
Un caro saluto a tutti... e al prossimo prompt.

... Ben*


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Capitolo 6
*** Prompt#06 - Carrot ***


Prompts...*

Prompt#06 - Carrot

Si poteva dire che fosse stata una catastrofe annunciata, quella cena.

Soltanto una settimana prima avevano avuto la famosa chiacchierata, conclusasi con l'indignazione del compagno e il trasferimento di Garland sul divano a penisola del salotto.

Contrariamente alle altre volte però, l'indignazione del rosso non era scemata nel giro di un paio di giorni e il confino dello svedese non si era concluso con una scopata riparatoria sul riconquistato letto matrimoniale... ma era pur vero che il giovane c'era andato ben poco cauto col caratterino del russo, stavolta.


-Sai cosa stavo pensando?- si azzardò a esordire.

-Non sono ancora riuscito a entrare nella tua fottuta testa Von Cetwald,ma ci sto lavorando...- aveva bofonchiato sarcastico prima di addentare l'ennesimo pezzo di pizza.


La pizza, appunto.

Pizza hawaiana.


Garland aveva storto la bocca e riportato l'attenzione sul profilo affilato e vorace del suo compagno.

-Forse- tentò di nuovo- credo che...- riformulò.


Dannazione, ma cosa gli era saltato in testa?!


-Su amore, ce la puoi fare...- l'aveva canzonato l'altro, stavolta voltandosi a guardarlo con un mezzo sorriso, che stranamente lo spronò anziché farlo desistere.

Così lo disse, puntando i suoi occhi indaco in quello dell'altro, che ovviamente non stava prendendo la cosa con la dovuta serietà...

-Credo che... dovresti metterti a dieta.-

ma infine la prese.


E non solo quella. Era dai tempi della Justice 5 che il rosso non gli mollava un gancio destro di quella potenza, e Garland ormai aveva imparato che tutti i suoi riflessi d'atleta contavano ben poco contro la violenza domestica del partner: Yuriy gli mandava in corto circuito ogni sinapsi, nel bene e nel male... e quel pugno aveva fatto decisamente molto, molto male.

Dio, doveva riconoscere che la sua non era stata un'uscita particolarmente felice... che diavolo gli era saltato in mente di consigliare al magrissimo e longilineo Yuriy Ivanov di mettersi a dieta?!

O meglio, non che fosse del tutto un'idiozia, beninteso. Semplicemente la questione era molto più delicata e magari avrebbe necessitato di un'introduzione diversa.

Non si trattava solo di quantità -sebbene il rosso fosse in grado di ingurgitare il doppio del suo fabbisogno senza mettere su un etto-, o di pasti a orari sregolati... e neanche solo di gusti discutibili.

Semplicemente, Yuriy Ivanov mangiava qualsiasi cosa.

Qualsiasi. Fottuta. Cosa.

Era convinzione dello svedese che l'eccessiva frugalità al quale era stato abituato non gli avesse permesso di sviluppare un rapporto sano col cibo, né tantomeno un proprio gusto. Yuriy non si stupiva di fronte a un sapore nuovo o a una pietanza sconosciuta, non dava mai segno di apprezzare o di non gradire... in compenso, mangiava più del necessario, spesso i miscugli più strani e meno salutari, tanto che Garland non riusciva a capire se stesse tentando quotidianamente di intossicarsi o semplicemente di recuperare il tempo perduto.

Ovviamente non aveva tenuto queste ipotesi per sé quella volta... e ovviamente il rosso ne aveva preso nota per i giorni successivi.


-... perchè nel nostro frigo c'è sola roba verde?-

-Come perchè?-aveva cinguettato quel bastardo affacciandosi dall'ingresso-mi sto depurando, tesoro caro!-

-... piantala, ti prego. Fai ribrezzo.-

Il ghigno su quella sua faccia da schiaffi si era accentuato maggiormente.

-Che fortuna avere un ragazzo così attento alla mia salute.- aveva sibilato come uno psicopatico sparendo nuovamente.


… sì, certe reazioni di Yuriy facevano davvero paura.

A prima vista poteva apparire come una persona davvero molto cinica e riservata... a una seconda occhiata già il suo acido sarcasmo faceva la sua comparsa; un'analisi più accurata toglieva ogni dubbio che si trattasse di uno stronzo particolarmente affascinante. Ma dopo mesi di convivenza, finalmente Garland ne aveva la certezza.

Yuriy Ivanov era inconfutabilmente pazzo.


-... piantala.-

-Ma no, sciocco, la sto mangiando...- aveva mormorato con un sorriso civettuolo.

-... di tutte le cose che tu sembra stia facendo con quell'ortaggio, mangiarlo è davvero l'ultima.- aveva osservato Garland,cercando di distogliere lo sguardo dal trattamento che il rosso stava riservando a una zucchina.

-Mh... dici che non dovrei?- aveva domandato fintamente perplesso lasciando stare per un attimo il povero ortaggio. Aveva aggirato il tavolo e si era chinato su di esso, proprio vicino allo svedese che imperterrito si ostinava a fissare lo schermo del suo laptop. Ivanov aveva sorriso ancora, avvicinando le labbra al suo orecchio.

-Dici che dovrei riservare queste premure per qualcos'altro, mh?-


Non sapeva cosa l'aveva trattenuto dal prenderlo e sbatterselo lì sul tavolo.

Orgoglio, probabilmente, poiché simili mezzucci e atteggiamenti venivano attuati dal rosso solo con l'intento di provocarlo e innervosirlo... e anche la poca voglia di intraprendere una lotta che avrebbe demolito mezza cucina.


-Risparmiati la pantomima, Ivanov...- aveva ringhiato, mentre l'astinenza forzata a cui quello stesso demonio l'aveva costretto iniziava a farsi notare... dettaglio che non sfuggì al rosso che scoppiò in una breve e artificiosa risata.

-Pensavi mi riferissi al tuo cazzo, Von Cetwald?- si risollevò col suo ghigno più infame -sei fuori strada, mio caro...- lo derise ancora.

Garland scattò in piedi, innervosito e pronto a fronteggiarlo. Si fermò all'espressione del rosso, un mezzo sorriso mentre sembrava riprenderlo scuotendo lentamente il capo e agitando quella zucchina a mò di bacchetta.


C'era cascato.


Gli aveva circondato il collo col braccio libero, portando il suo viso vicino al suo e stando ben cauto a non fare lo stesso coi loro bacini.


Rifiutava di credere che il rosso non sentisse le pulsioni della carne tanto quanto lui... ma Yuriy era stato sempre intransigente nella vendetta.


-Sai, amore- aveva soffiato sulle sue labbra -non vedo l'ora che sia domenica.-

Quella dichiarazione fu accompagnata da un sorrisetto e dal primo, rapido morso a quella zucchina.

Mentre il russo lasciava la stanza, l'altro non potè che paragonare quel gesto allo scattare di una tagliola.


Domenica... già.


-Che profumino delizioso, Garland! Hai cucinato tu?-

Yuriy si era avvicinato, poggiando delicatamente una mano sulla spalla del compagno.

-Abbiamo cucinato noi.- aveva precisato, il sorriso cortese del perfetto padrone di casa.


Nessuna scenata, nessuna malizia e nemmeno dello scontroso sarcasmo.

Eppure Garland sapeva che Yuriy stava recitando.


-Che ne dite di metterci a tavola? Scommetto che siete affamati...- li aveva guidati verso la cucina, come se veramente gliene importasse qualcosa.

-Molto! Anche se Moses ha dovuto per forza comprare uno spuntino all'aeroporto!- trillò Monica seguendo il russo e imbarazzando il più grande.

-Scommetto che c'è ancora spazio... almeno per il mio antipasto.- aveva suggerito Yuriy.


Il suo antipasto.

Dio solo sa cosa Garland temeva ci fosse dentro.

Yuriy non aveva mai cucinato nulla da che condividevano l'appartamento... o almeno, non in sua presenza.

Così quando aveva dichiarato che si sarebbe occupato dell'antipasto per la cena di quella sera, aveva pensato a una sorta di vendetta trasversale che avrebbe colpito anche Moses e la piccola Monica.

Il rosso doveva aver intuito i pensieri dello svedese, poiché l'aveva liquidato con l'unica occhiata ''genuinamente Ivanov'' da una settimana a quella parte e il giovane non potè che rassegnarsi e confidare nel celatissimo buonsenso del compagno.


-Wah! Che cosa sono?- aveva esclamato entusiasta Monica mentre Yuriy si prodigava a servire l'antipasto.

-Pertzi.- aveva mormorato semplicemente in risposta e Garland colse una leggerissima punta d'orgoglio in quella parola... e si ritrovò a constatare quanto l'accento russo donasse alla sua voce.


Che dire, sapeva sorprendere... nel bene come nel male.


-Tu non mangi?- aveva osservato Moses vedendo solo tre porzioni.

Il rosso era tornato dalla credenza con delle carote alla julienne per sé e aveva messo su un sorriso un po' troppo tirato.

-No- aveva spiegato- sono a dieta.-


L'espressione dei due ospiti sarebbe potuta apparire esilarante in tutt'altra situazione, fortunatamente Yuriy aveva rotto l'imbarazzo così come l'aveva creato, invitandoli ad assaggiare e a dargli un parere.


-... sono buonissimi!- ancora la dolcissima Monica. Yuriy la ringraziò con un cenno del capo -Però son tutte verdure! Avresti potuto mangiarne anche tu!- osservò perplessa.


Già.


-Le carote e le cipolle del ripieno sono fritte e sto cercando di evitarne- spiegò- in tal senso la cucina russa è veramente impietosa!- concluse con un sorriso cortese.

-I miei più vivi complimenti!-Moses non si risparmiò una gomitata allo svedese e un commento che voleva essere discreto -e chi se lo aspettava!-


Di certo non Garland che aveva scambiato una rapida occhiata indecifrabile con Yuriy.

Erano veramente squisiti.


-Allora ci risentiamo in settimana per la prossima cena!-

-Ma certo... grazie ancora di tutto!-

-Davvero!- aveva cinguettato Monica uscendo sul pianerottolo.

-Figuratevi... grazie a voi per la visita!- aveva sorriso cordialmente Yuriy... sorriso che sbiadì prontamente non appena il compagno chiuse finalmente la porta dietro i due fratelli; al suo posto un'espressione vagamente compiaciuta.

-Hai finito?- l'aveva stuzzicato divertito Garland mettendosi le mani sui fianchi: oh, Yuriy doveva aver fatto una buonissima impressione ai loro ospiti, la sua era stata una recita perfetta, una magistrale imitazione della più genuina cortesia!


Peccato che...


L'altro si concesse ancora qualche istante per osservare la porta chiusa, prima di scoccargli un'occhiata furba e un sorriso che avrebbe fatto accapponare la pelle alla piccola Monica.

-Ho appena iniziato.- soffiò.


… peccato che il suo compagno fosse un cinico bastardo, ecco.


-... ah...-

Si era staccato a malincuore da quelle labbra... dannazione, era una settimana che Yuriy non gli concedeva altro che provocazioni e finalmente ora...

Il rosso si avventò nuovamente sulla sua bocca, le dita sottili premevano dietro la sua nuca tirandogli leggermente i capelli, stringendolo sempre di più.

Garland si era staccato di nuovo sospirando e l'aveva attirato ancora di più a sé, con una certa urgenza.


Una frazione di secondo, qualche passo calcolato e due occhi azzurri vicini, tremendamente vicini.

Era bastato poco per farlo capitolare.


La vigorosa carezza che il bacino di Yuriy aveva riservato al suo era un segnale inequivocabile: Garland sospirò di nuovo tra i capelli dell'altro, premendolo nuovamente contro di sé con poca grazia. Il rosso aveva ridacchiato alla successiva morsa dello svedese sulle sue natiche.

-Direi di rimandare il lavaggio delle stoviglie a domani mattina.- aveva bisbigliato divertito.


Dire chi avesse trascinato chi in camera da letto era veramente arduo... così come descrivere come fossero riusciti a spogliarsi così in fretta senza farsi del male o senza rimanere impigliati; ciò che è certo è che la schiena di Garland fu la prima a toccare il materasso, scontrandosi immediatamente con una leggera scomodità. Non che il successivo e piacevole peso del russo sopra di lui gli avesse dato il tempo di accertarne la natura... e non che gliene importasse poi molto in quella circostanza!


Uno schiocco metallico.

-Ah... le hai ritrovate...- il tono dello svedese era piacevolmente divertito.

Un altro schiocco.

-Ho avuto... tempo- mormorò appena il rosso, la lingua dell'altro che sfiorava con lentezza estenuante i suoi addominali -sai, un'intera settimana qui dentro senza un certo animale in calore...- aveva continuato, prima di spingerlo di nuovo con la schiena sui cuscini e porsi a una certa ''distanza di sicurezza''. Garland aveva indossato il suo miglior ghigno.

-Chi sarebbe l'animale in calore, scusa?- aveva riso strattonando lievemente le manette attorno ai suoi polsi.


Un ottimo acquisto... o almeno così si era sempre detto.


-Ach... ma si può sapere cosa c'è qui sotto?!- si era lamentato nell'avvertire nuovamente quella sconosciuta scomodità.

-Qualcosa di divertente che ci servirà fra poco...- Yuriy era scivolato al suo fianco, cercando e tastando sotto la sua schiena inarcata.

-Divertente per chi?- l'aveva preso in giro Garland in quella che doveva essere soltanto una provocazione da letto... ma il sorriso che si delineò in risposta sulle labbra del compagno non gli piacque affatto.

-Ti dò un indizio... ah! Ecco!- il rosso aveva tolto l'ingombro da sotto la sua schiena e l'aveva repentinamente celato sotto un cuscino -Dicevo, ti do un indizio: questa cosa è avanzata dalla mia spesa per la cena di stasera...- aveva buttato lì fintamente pensieroso.

-Ah, ecco perchè ti sei tenuto leggero, Ivanov...- l'aveva provocato, di nuovo.

-Cretino.- l'atro aveva affilato lo sguardo.


Aveva sparato le risposte più scontate, ovviamente.

Stupidamente.


-Forse dimentichi un dettaglio, Von Cetwald- un istante e ogni traccia di malizia o giocosità sparirono dal suo viso- sono a dieta.- aveva soffiato, una luce sinistra negli occhi.

-Che... oh.- un'epifania nel cervello dello svedese -Oh.- un terribile, disperato campanello d'allarme.


Non avevano panna in casa.

Né cioccolato, né miele, né sciroppo, né qualsiasi altra schifezza zuccherosa adatta allo scopo.


-Oh.- gli aveva fatto eco Yuriy col più malvagio dei sorrisi.


“... perchè nel nostro frigo c'è sola roba verde?

Così aveva detto.


-Amore... partliamone.- aveva tentato, lo sguardo allarmato e fisso sulla mano destra di Yuriy, ancora celata sotto il cuscino


“Però son tutte verdure!” aveva esclamato la piccola Monica.

... dannato.


-E va bene... sembra proprio che tu non abbia più voglia di tirare a indovinare...- aveva acconsentito infine, sfilando la mano.


“Pertzi.”

Yuriy aveva fatto la spesa solo per quelli.


-... tu... tu stai fuori...- aveva balbettato l'altro, allibito.


E cosa diamine c'era in quel piatto?

… cipolle. Peperoni...

E il ripieno. Nel ripieno c'era anche...


-... una... carota...?-

Non poteva crederci.

-... SEI SERIO?! UNA CAROTA?!- aveva sbottato, totalmente rosso in faccia.

-Preferivi un peperone, forse?- aveva chiesto amabilmente l'altro agitando venti centimetri di ortaggio al suo indirizzo.


Fottuto. Sadico. Bastardo.


-Non oserai.- aveva tentato, torcendo i polsi in quelle maledette manette.

L'altro aveva scosso pietosamente il capo.

-Come sei tenero.- 


E dire che Huznestov, pur non sopportandolo, l'aveva voluto mettere in guardia.

“Tu ti metti in casa uno psicopatico, Von Cetbald.”

“E', ''Cetwald'', Huznestov”, l'aveva corretto piccato.

“Ottimo, non vorrei sbagliare nel commissionarti la lapide.” aveva sogghignato l'altro.


-... domani andiamo a fare la spesa.- aveva soffiato infine, sconfitto.

-Come?- pretese il rosso, punzecchiandogli un capezzolo con la punta di quella dannata carota.

-Domani vado a fare la spesa- aveva ringhiato correggendosi -basta diete, basta verdure e basta ortaggi! Riempirò frigorifero e credenza con l'unico e preciso intento di farti esplodere le arterie!- aveva esclamato al limite della sopportazione, polsi indolenziti e dignità calpestata.

Yuriy l'aveva fissato brevemente prima di scoppiare in una genuina risata, dopo di che si era allungato su di lui, facendo ricordare al corpo dello svedese quell'urgenza che li aveva fatti precipitare in camera da letto con tanta foga.

E poi gli aveva posato un leggero bacio sulle labbra.


Quelle labbra...

Ecco.

Ecco perchè si era messo un bellissimo psicopatico dentro casa.


-Che fortuna avere un ragazzo così attento alla mia salute...- articolò per la seconda volta in una settimana. Garland aveva provato a ribattere qualcosa, ma si era prontamente ritrovato metà carota infilata in bocca.

-Ne è valsa la pena di sfacchinare ai fornelli- aveva continuato, picchiettandogli l'altra metà dell'ortaggio sulla fronte, incurante dello sguardo omicida del compagno-beh, vado a farmi una doccia.- si era risollevato come se nulla fosse per poi contemplarlo soddisfatto dall'alto con un sorrisetto strafottente -Buonanotte, tesoro!-


Ed ora si ritrovava ancora ammanettato al proprio letto, nudo, immerso nella più completa oscurità, una fastidiosissima erezione in mezzo alle gambe e lo scroscio di un getto d'acqua oltre la porta... ma perlomeno si era liberato di quella stramaledettissima carota.

Eppure uno strano sorriso gli aleggiava da qualche minuto sulle belle labbra... un sorriso che non accennava a voler sparire.

-Sai, amore- mormorò sinistramente tra sé e sé -non vedo l'ora che sia domenica.-

Già... dopotutto avevano in programma un'altra cena.

E stavolta avrebbe fatto in modo di occuparsi completamente e pienamente del menù.

Oh, sì.



“Uno psicopatico per un altro psicopatico.

Scrivici questo sull'epitaffio, Huznestov.”



...*


Alè.

"Ben... non lo puoi fare... sì, lo so che ti è capitato questo prompt, ma... no, Ben. No. Hai superato la pubertà da parecchio... traumatizzata ma l'hai superata!Dai, che c'hai un quarto di secolo, non te lo puoi permettere... dai che ce la puoi fare, su..."

... e invece no.
Puntualmente la mia cretinaggine, la mia malizia da quattordicenne e il sempre amato yaoi hanno spezzato le catene e preso il controllo non appena i miei occhi hanno letto il prompt "Carrot".
... c'ho provato. Giuro.
E' che sono un caso senza speranza... altro che questi due.
Vogliatemi bene comunque, sono in via d'estinzione.
Un abbraccio.

... Ben*



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Capitolo 7
*** Prompt#07 - Cost ***


Prompts...*

Prompt#07 - Cost

Sorrideva, Vladimir Vorkov.

Una linea netta, un taglio nell'avorio segnato che era la sua pelle, due increspature agli angoli agonizzanti di giungere fino agli occhi; questi invece erano ben più concentrati sulla scena sotto di loro, un tumulto di colori guizzanti, sibili, colpi e stridii.

“Quanto può valere questa vista?” si chiese, affilando il proprio sorriso.



Sorrideva, il più giovane dei Von Cetwald.

Sprezzante ma senza crudeltà alcuna, il sorriso del vincente che si appresta al traguardo, ammiccante nel superare l'ultimo avversario ma senza colpa.

E poi il fine, la realizzazione già visibile in lontananza. Il riconoscimento per gli sforzi fatti, la gloria.

“Quanto può valere questo momento?” pensò, preparando il colpo successivo.



Non sorrideva, Yuri.

E c'era veramente ben poco che potesse fare... o dire, o pensare.

Rialzarsi, resistere, cadere... rialzarsi ancora.

Era precipitato di nuovo in catene, in quel circolo vizioso concepito solo per spezzare: avrebbe dovuto combattere, ma non ne aveva più la forza; avrebbe dovuto azzannare, ma l'unico sangue che sentiva in bocca era il proprio.

E allora spezzami” ringhiò una voce da dentro il suo petto “spezzami e che vedano. Sarà valso tutto questo!

Un ripiego, una debolezza... ecco cosa c'è da vedere" sussurrò la bestia dentro la sua testa "nient'altro."



Tremava, Daitenji.

I folti baffi celavano a malapena la piega amara della bocca, le mani stringevano spasmodicamente l'impugnatura del bastone, quasi fosse veramente il suo unico appiglio in quella tempesta di sdegno e terrore.

Nel piccolo schermo, guizzi d'oro e d'argento.

-Vale davvero tutto questo?- domandò al silenzio, pur conoscendo da sè la risposta.

“Sì... è sempre valso tutto questo. E' così che li abbiamo cresciuti.”

-E'... colpa nostra- balbettò chiudendo gli occhi -di entrambi, Vladimir.-


Osservava, l'erede degli Hiwatari.

Non un'espressione, non una parola... neppure un minimo mutamento in quei profondi occhi violacei.

Registrava ogni cosa in quella sua sfuggente mente, analizzava ogni mossa, ogni smorfia, ogni goccia di sudore.

Sapeva già come sarebbe andata a finire... e aveva scelto.

“Fa in modo che ne valga la pena, Vorkov.”

V'era solo un oggetto in quella gara di stime.

La Vittoria.


Il vincitore... Kai l'avrebbe seguito.

Scegliere il più forte, sconfiggere il più forte... diventare il più forte.

Il suo sprone e il suo limite.


La vittoria... avrebbe innalzato o affossato ogni speranza di Daitenji.

Ma d'altro canto, non erano state proprio le speranze dei suoi ragazzi ad affossare quelle del giovane capitano russo, qualche anno prima?

Con quanta leggerezza avevano chiuso quel conto...


La vittoria a ogni costo!

Il mantra nella testa di Yuriy, le voci dei suoi aguzzini: il rifiuto di fare nuovamente suo quel motto l'aveva tradito.

Ora cadeva.


Il vincitore... sì, acclamavano proprio lui come tale.

Garland sorrise ancora, stavolta un po' incerto; subito distolse lo sguardo dal suo avversario esanime.

A ogni costo.”


La vittoria, quella vera... spettava a una sola persona.

Vladimir Vorkov chiuse gli occhi assaporando il boato violento di quella folla appagata.

Il costo varia per ciascuno...” constatò.



... eppure oggi l'unico vincitore è colui che ha sacrificato gli altri contendenti... e tutto ciò che avevano da offrire”

Hitoshi Kinomiya osservò una sciarpa bianca sfilare sotto i suoi occhi e il suo proprietario avviarsi verso l'ennesima scommessa. Sospirò, incamminandosi verso l'uscita.

Ma solo per oggi, Vorkov... solo per oggi.”

Si concesse un sorriso, ben diverso da quello del russo.


Hai comprato il sottoscritto... senza conoscerne il vero costo.”



...*


Questa volta mi sono presa una pausa più lunga... in realtà questo stesso capitolo è stato una breve pausa da tutto ciò che devo fare... una distrazione.
Sarà che ogni mia energia viene assorbita continuamente in più e più direzioni, fatto sta che non sono riuscita a dare sufficiente articolazione e spessore all'argomento che desideravo affrontare... oh, beh... spero di averne lasciato almeno un indizio percepibile.
Ora, bando alle distrazioni (piacevoli e irrinunciabili), si torna al lavoro!
Un saluto... e al prossimo prompt!

... Ben*





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Capitolo 8
*** Prompt#08 - Television ***


Prompts...*

Prompt#08 - Television

Panoramica dall'alto.
L'arena, azzurra e brillante, lucida come un giocattolo, un gioiello... i contendenti, due puntini scalpitanti.
La telecamera si sposta e... sì, ecco la ben nota figura di quel buffone di un telecronista!
“Oh, ecco..." un piano americano sul primo contendente e poi un primissimo piano su quegli occhi caldi e entusiasti, accesi di passione, scalpitanti di aspettativa...
Si emoziona di fronte a quello sguardo, un sorriso orgoglioso appare sotto i folti baffi.

Di nuovo, la telecamera si allontana... ora toccherà allo sfidante, ma... no, non ancora; indugia ancora sul primo giovane... e questi a sua volta si riscuote, come colto da un pensiero, e il suo sguardo saetta a destra, dritto verso l'obiettivo.

Due occhi spalancati e un po' lucidi lo fissano ora dallo schermo della televisione... gli occhi di un bambino impaurito, un ragazzo dubbioso, un giovane uomo smarrito.
Il vecchio sorride di nuovo all'apparecchio, e la vista si appanna; si asciuga una lacrima con dita tremanti, deglutisce e riassume un'espressione risoluta.
Il giovane oltre lo schermo sembra imitarlo.

-Metticela tutta, Takao.-
E' appena un sussurro, la voce lo ha abbandonato da tempo, così come le gambe... e ora c'è quel piccolo schermo a dividerli.
"Ma soltanto questo... è poca cosa, nipote mio."

E l'altro sembra udirlo nonostante la distanza, nonostante i cori, nonostante gli applausi.
Alza il pollice, distende un sorriso.
"E' davvero poca cosa", sembra dire.



...*


Ne è passato di tempo... e di cose.
Nel frattempo se ne è formata di ruggine... ma non mi addoloro: questi prompts sono terapeutici e distensivi per la sottoscritta.
Un thè caldo, una spunta all'agenda e si va dormire... fantasticando quale nuova parola ci portrà il caso la prossima volta.
Un caro saluto a tutti coloro che leggeranno... e un bacione ai vecchi e nuovi amici che passeranno di qui.

... Ben*






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