I Fumi della Vendetta

di Asgard458
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Marcus ***
Capitolo 2: *** Cole & Baird ***
Capitolo 3: *** I Fumi della Vendetta ***



Capitolo 1
*** Marcus ***


Di nuovo mi svegliai di soprassalto. Sono ormai due anni che non riesco a dormire tranquillamente. Dopo tutte le battaglie che ho combattuto, dopo tutte le Locuste che ho ammazzato, non riesco ancora a dimenticare i Gears che sono morti. Gli ingranaggi che muovevano la guerra si sono arrugginiti, per poi fermarsi definitivamente, ma non c’era neanche più bisogno che girassero: dopo Jacinto, l’Imulsion e la morte della regina, avevamo delle speranze per un futuro migliore, proprio come ha detto Anya. Sentii proprio la sua mano passare sulla mia:
“Un altro incubo?” mi disse. Era mattina presto, le prime luci dell’alba iniziavano ad intravedersi. Si sedette accanto a me sul letto e raccolse la mia testa nelle sue braccia, coccolandomi.
“Va tutto bene, Marcus. Ci sono io qui con te…”. Presi il mio tempo per calmarmi. Il profumo dei suoi capelli e la morbidezza del suo tocco erano l’unica cosa che riusciva a tranquillizzarmi; il suo abbraccio mi teneva lontane le urla degli ingranaggi fermi. Alzai la testa e baciai la mia dolce metà, sempre lì, al mio fianco. Ci  alzammo dal letto ed iniziammo la nostra solita routine:
“Vanno bene i pancake per colazione?”. Annuii e le sorrisi. Mi affacciai alla finestra. Ero abituato a distruzione e desolazione, ero solito al suono di proiettili che colpivano carne umana o carne fetida di locusta; non avrei mai pensato di rivedere i palazzi baciati dalla luce del sole, le strade usate da veicoli non militari e le persone che camminavano, tranquille, per strada. Una visione che ho sempre sognato. La veste semi trasparente di Anya svolazzava qua e là mentre lei portava la colazione sul tavolo.
“Marcus, è pronto!”. Senza indugiare, mi diressi da lei. Seduti, uno di fronte l’altro, assaporavamo i suoi pancake, dolci come al solito. Un sorriso idiota doveva essersi presentato sulla mia faccia, perché Anya rise sfacciatamente:
“Penso di dirtelo una volta al giorno, ma ti sei addolcito molto… e la cosa non mi dispiace affatto”. Questo era il futuro migliore che ci dovevamo aspettare, e non lo reputavo neanche male. Come al solito, dopo la sua speciale colazione, mi dirigevo da Baird, e subito dopo da Cole. Rimasi in contatto con la mia squadra, proprio perché tutti condividevamo lo stesso problema: i sogni. O meglio, gli incubi. PTSD: disturbo post-traumatico da stress. Era ovvio che ne soffrivamo tutti, e sapevamo cosa facesse, ma non pensavamo rovinasse così tanto la vita. Arrivato in piazza, salutai Baird. Si era fatto crescere i capelli, e sembrava veramente un idiota. Però, si vedeva lontano un miglio che gli stavano diventando bianchi; per non parlare delle occhiaie enormi.
“Smettila di guardarmi così, Marcus. So di non essere in piena forma”. Gli diedi una pacca sulla spalla e gli feci raddrizzare la schiena; un mio compagno di squadra non poteva stare così male. Parlando del più e del meno, ci dirigemmo da Cole. Baird era rimasto il solito patito della tecnologia; diceva sempre che a casa non faceva altro che assemblare non-so-cosa; diceva anche che voleva costruire di nuovo JACK, solo per averlo accanto a lui. Lo sognava spesso, insieme alle altre cose. Cole, invece, era rimasto il solito patito del football: aveva ricominciato a giocare, e questo lo aiutò molto a passare i periodi della guerra. Tra di noi, era quello messo meglio, paradossalmente.
“Allora, signorine, vi va di fare due tiri?”. La sua voce riecheggiava per tutta la via, e mi faceva sentire a casa.
“Sicuramente una signorina come me lancerebbe meglio di te”
“Allora fammi vedere, bellezza!”. Quei due si attaccavano sempre. Non so quanto sia un bene che li riveda ogni giorno. Passavamo la giornata ad aiutare a ricostruire i palazzi danneggiati. Nonostante sono passati anni, c’era ancora molto lavoro da fare. Riportare città intere in piedi era un vero lavoraccio, ma facevamo del nostro meglio.
La sera, tornavo a casa da Anya, e durante la cena le parlavo degli incubi, di ciò che sognavo ogni notte. Sognavo spesso Ben Carmine, nello stomaco di quel fottuto verme gigante; mi rivedevo sull’elicottero, a scaricare il Martello dell’Alba addosso a quel dannato Brumak Imulsionato; i dannati Berserker che distruggono ogni cosa con cui si scontravano; la cavalcata del Reaver per tornare in superficie. La gente di polvere immobile di Char. Tutti i Gears andati, Kim, Tai; ma più di tutti, non riesco a dimenticare Dom, alla pompa di benzina. Lui ha salvato tutti noi, ma io non sono riuscito a salvare lui. Il rumore sordo del camion che si scontra con la pompa di benzina, prima di farla esplodere, è un colpo di pistola alla testa ogni volta che lo sento. È proprio quello che mi fa svegliare. Ma ogni notte ho il coraggio di riaddormentarmi, ho il coraggio di tornare indietro e tentare di salvarlo. Inutilmente.
Quella notte andai a dormire, e mi svegliai diversamente: delle gocce d’acqua cadevano sulla mia fronte. Aprii gli occhi lentamente e vidi, attraverso il buio, una grata. Due Abietti mi stavano sbavando sopra. Lentamente, mi alzai dal rigido letto; sentii degli spari provenire dal corridoio, e dei passi che si avvicinavano freneticamente.
“JACK, sfonda quella porta!”. Una fiamma ossidrica attaccò la serratura;
“Ti tiro fuori. Ecco, mettiti questo, ti servirà.”
Dom entrò e mi tirò uno zaino con dentro tutto l’equipaggiamento necessario per un COG. Sapevo che la guerra era ben lontana dall’essere finita; anzi, era appena arrivato il mio turno di fare il culo a quelle Locuste del cazzo.

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Capitolo 2
*** Cole & Baird ***


Destra. Sinistra. Veloce come il vento, leggero come una piuma. Cole Train era tornato in azione, baby, e viaggiava da una parte all’altra del campo. Schiva gli avversari e tieni l’uovo bollente tra le tue braccia; portalo fino in fondo, e poi sbattilo a terra!
“Vi ho rotto l’uovo nel paniere, stronzi!”. Mai avuta soddisfazione così grande. Un touchdown era la maniera giusta per iniziare bene la giornata. Non sentivo la gente esultare, ma bastavano le mie urla per animarmi. Era un sollievo tornare a giocare dopo anni di guerre. Le dannate Locuste del cazzo ci avevano quasi annientato, ma noi abbiamo annientato loro. Non c’è più nulla da fare, sono morte tutte, e noi siamo tutti vivi. E andiamo, baby:
“Super vittoria, stronzi!”. Partita vinta, mi andai a cambiare. Doccia calda nella mia vecchia casa. Non era proprio la stessa, ma l’ho fatta più simile possibile. L’ho costruita con le mie mani, non volevo di certo un appartamento fatto con lo stampino; no-uh. Andai verso il frigorifero ed aprii una bottiglia di birra. Niente di meglio. Finivo per ripetere quelle tre parole all’infinito. Ogni giorno era stupendo, paradisiaco: mi svegliavo, touchdown fino a morire, doccia, birra e poi fuori con Marcus e Baird. Il bello veniva la notte: sognavo sempre il campo di battaglia. Ero ancora lì, ad ammazzare Locuste su Locuste. L’unico problema è che le sgualdrine stavano vincendo; ci facevano fuori uno dopo l’altro. Mi ritrovo dietro a dei sacchi di sabbia, pesante fuoco nemico ci tempesta; Marcus punta il Lancer contro di loro, ma finisce a terra con delle pallottole alla testa. Mi giro verso Baird e vedo che ha in mano due granate. “Che cosa vuoi fare amico?” gli urlo. Lui mi guarda, abbassa la testa, arma le granate e si butta nella mischia. Dopo qualche secondo, sento due “Boom”. La sua mano atterra davanti a me. Sentivo le stronze avvicinarsi. Sbatto la schiena contro i sacchi di sabbia. Panico. Panico. Panico. Urlo di panico. E mi sveglio. Questo ho sognato nell’ultimo anno. Non ho mai detto niente a nessuno, ho solo corso. Quando mi svegliavo, mi vestivo e andavo a correre. Alle 3 e 45 mi svegliavo, ed alle 4 ero già fuori. Sempre gli stessi orari, sempre la stessa routine. Non che mi desse fastidio, però stavo iniziando a rompermi le palle. Volevo qualcosa in più, ma non riuscivo a raggiungerlo. Sempre fermo nella mia routine. Anche se volevo cambiare, finivo per tornare al punto di partenza: le 3 e 45. Un giorno decisi di chiedere a Baird:
“Ehi amico, non ti sembra che qui vada tutto alla stessa maniera?”. Il suo sguardo confuso mi diede una risposta, e cercai di spiegarmi meglio:
“Insomma, io faccio sempre le stesse cose, e se voglio cambiare non ci riesco. Come se qualcosa non andasse. Non ti senti mai così?”. Baird continuò a guardarmi confuso, e decisi di rinunciare. Potevo solo continuare, facendo finta di nulla. Così come ho sempre fatto.

Non cambia nulla. Niente di niente! Lavoro ogni giorno su JACK, nel caso potesse darmi una mano, ma quando vado a dormire, il giorno si resetta. Ritrovo sul tavolo sempre le stesse viti e gli stessi pezzi. Ho provato a rimanere sveglio, ma il giorno si resetta comunque; il primo battito di palpebre dopo la mezzanotte mi fa ritrovare nel letto. Ogni giorno la stessa storia. E non capisco come uscirne. Sono sicuramente intrappolato in un qualche giocattolo delle Locuste, una specie di mega-computer. Non so se ci sono anche Marcus e Cole, perché quei fantocci che dovrei incontrare ogni giorno sono palesemente finti. Tutto e tutti fatti molto bene, ma non mi sfuggono: si vede benissimo che sono IA programmate per infondere soddisfazione e piacere. Non riesco ad immaginare cosa possa essere successo nel mondo esterno, sempre che ce ne sia uno. Ogni giorno con JACK sono sempre più veloce, svolgo gli stessi passi sempre più velocemente. Devo solo finire JACK e poi andrà tutto bene. Vite dopo vite. Sempre più veloce. Pezzo dopo pezzo. Solo un altro paio di loop. Posso farcela. Sono Damon fottuto Baird, cazzo! Ne uscirò sicuramente!

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Capitolo 3
*** I Fumi della Vendetta ***


“JACK! Dammi la mappa di queste grotte!”. Con un ologramma, JACK mi indicò la direzione giusta. Non potevo non salvarli, dovevo continuare. In fondo loro, quel giorno, hanno salvato me.
“La chiatta dovrebbe essere quella” pensai. Ce n’erano un’infinità, e non sapevo come facevano a volare in uno spazio così angusto. Mi serviva un mezzo di qualche tipo per salirci sopra. E in più, non dovevo farmi scoprire. JACK mi indicò una piattaforma, le chiatte ci passavano attraverso; dovevo arrivare lì. Copertura dopo copertura, evitavo ogni confronto con le merdose e puzzolenti Locuste. Girai l’ennesimo angolo ed uscii dall’ennesima stanza, e me ne trovai una davanti. Prima che potesse scappare, la afferrai e le puntai il revolver in faccia.
“Fa’ silenzio e vedrai che ti farò morire velocemente”. Rise e, togliendosi la mia mano dalla bocca, rispose:
Stupido umano… non vincerai mai contro di noi
“Che strano – ribattei – è proprio quello che ha detto la vostra Regina; eppure, guarda dov’è adesso”. Colpo in testa, secco e silenzioso. Mi avvicinai al pannello della piattaforma; la mia chiatta si stava avvicinando. Attivai la piattaforma e la feci fermare. L’allarme scattò, decine di Locuste mi stavano già alle costole. Corsi e saltai sulla chiatta; sparai al pannello e le lasciai continuare la corsa. Scesi in coperta, sparai due colpi alle Locuste a bordo e lì li vidi. Li avevo finalmente trovati. Erano tutti lì: Cole, Baird, e anche Marcus. Collegati con fili ovunque, immersi in un liquido verdastro. Tirai giù la leva: le ampolle si svuotarono, i fili si staccarono e le camere si aprirono. Tossendo e arrancando, si stavano svegliando. Appena li misi in piedi, le loro facce erano sconvolte. Non riuscivano a crederci.
“D-Dom? Allora sei vivo?!” disse Marcus, incredulo.
“Certo che sono vivo – risposi – sono venuto a salvarvi”. Baird ancora non ci credeva:
“No, no, tu sei morto. Lì, nella pompa di benzina, ci hai salvato a tutti”
“Ma che stai dicendo? Siete voi che avete salvato me!”. Li avevo persi, le funzioni cerebrali si annullarono.
“Alla pompa di benzina, eravamo circondati da Locuste, pesante fuoco nemico. Non vedendo altra soluzione, Marcus intimò la ritirata, ma lo presero e gli iniettarono uno strano liquido. Cole corse verso di lui, ma finì alla stessa maniera. Stesso vale per Anya. Baird corse verso di me e mi spinse via, buttandomi nel furgone. Presero tutti tranne me. Voi siete stati-“
“In una simulazione per tutto il tempo. Pensavamo di aver vinto la guerra, ma invece non è così. Tutto chiaro” disse Baird, esaustivo come al solito.
“Aspetta, dov’è Anya?!”
“In un’altra chiatta. Forza, andiamo”. Stavamo per dirigerci fuori, ma loro si fermarono. Immobili. Come tutto intorno a me.
Bravo, Dominic”. Una voce dall’altro mi chiamava
“Vedo che hai scoperto il nostro piccolo segreto… complimenti”
“Non mi stupisce che ci sia tu dietro tutto questo, Regina”
“Tranquillo, tra poco ti stupirai ancora di più, perché ricomincerai tutto da capo… di nuovo”. Dal nulla, uscì fuori del fumo verde. Iniziai a tossire incessantemente. Caddi in ginocchio. La rabbia mi assaliva. Ho giurato che l’avrei riversata tutta sulle Locuste. Tutta sulla Regina. Le avrei mostrato io il mio fumo. Le avrei mostrato la mia vendetta. Non avrò pietà di lei. Le farò assaggiare i fumi della vendetta.

Correndo per le prigioni, trovai la cella giusta. Diedi un paio di colpi, ma non si mosse:
“JACK, sfonda quella porta!”. Lanciai a Marcus il suo equipaggiamento.
“Ti tiro fuori. Ecco, mettiti questo, ti servirà.”
Abbiamo una battaglia da vincere. Facciamo vedere a quelle Locuste del cazzo di cosa sono fatti i COG.

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