It's up to you!

di The_Lock
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Prima di giocare:

 

  • Trevor: capelli scuri, occhi scuri; leader del gruppo; fidanzato con Brooke
     

  • Brooke: capelli rossi, occhi verdi; fidanzata con Trevor, ex di Troy (con cui va ogni tanto a letto)
     

  • Laurel: capelli biondi, occhi blu; migliore amico di Trevor; ha una cotta per Trevor
     

  • Oliver: capelli rossi, occhi scuri; ha una cotta per Lana; amico di Troy
     

  • Shannen: capelli biondi, occhi verdi; migliore amica di Laurel, è l'unica che sa della cotta di Laurel
     

  • Lana: capelli castano chiaro, occhi azzurri; amica d'infanzia di Trevor, ha una cotta per Troy
     

  • Troy: capelli scuri, occhi grigi; ex ufficiale di Brooke, odia Trevor

 

 

 

 

 

 

1

 

Trevor si svegliò quando il sole era già alto. Aveva dormito un sacco a causa della notte passata a fare l'amore con Brooke; era patetico da dire, ma Trevor sentiva la sua ragazza più fredda e distante, ultimamente, allora aveva passato la notte a suon di amplessi magistrali per riuscire a sentirla vicino a sé, almeno un'altra volta. Ed infatti c'era stato un momento in cui Brooke si era aggrappata al ragazzo, sconvolta da quelle ondate di piacere, ma quando tutto fu finito, ecco che la bionda lo baciò sterilmente sulla fronte e si mise a dormire dall'altro capo del letto rubando, per giunta, tutte le coperte.

Il moro si alzò, si stiracchiò, indossò un paio di mutande e andò in cucina per bere del caffé, sapendo bene che il week-end che aspettava lui e i suoi amici era uno dei più importanti non solo per cercare di ritrovare l'amore di Brooke, ma anche per passare delle belle giornate in compagnia del gruppo di sempre, il gruppo con cui era cresciuto.

A parte Lana- che conosceva da tempo immemore -Trevor aveva conosciuto gli altri ragazzi al college e aveva proposto loro un tranquillo fine settimana in una casa nel bosco prima che gli esami cominciassero a tormentare la loro esistenza. Per l'occasione aveva chiesto le chiavi della baita allo zio che l'aveva cresciuto, e l'uomo era stato molto contento di concedere al figlioccio quel piccolo lusso.

Mentre sorseggiava il caffè amaro, qualcuno bussò alla sua porta e Trevor si trascinò con indole da zombie verso la porta d'ingresso e aprì, trovandosi Laurel e Shannen già vestiti e con i bagagli pronti.

“Le mie bionde...” scherzò,

“Sei nudo.” commentò Shannen.

“Ho le mutande.” le fece notare, voltandosi e facendoli entrare.

“Non hai letto i messaggi, vero?” domandò Shannen, lasciando cadere pesantemente lo zaino per terra.

“Che messaggi?” fece Trevor di rimando, aggrottando la fronte.

“Dobbiamo incontrarci al bar tra... adesso.” disse Shannen guardando l'orologio “Troy ha una controproposta da fare.” spiegò, facendo spallucce.

“Lui ha cosa?” ringhiò Trevor, guardando i suoi amici con sguardo furibondo.

“Ehi! Noi non c'entriamo nulla!” disse Laurel alzando le mani in aria come a proclamarsi innocenti e disarmati.

“Perché deve sempre mettermi i bastoni tra le ruote?” ringhiò, piegandosi a raccogliere dei vestiti. Davanti a tale panorama, Laurel inclinò leggermente lo sguardo, affascinato dal sedere dell'amico, e non si destò fino a che Shannen non gli diede una leggera gomitata.

“Ehm... sia com'è...” borbottò Laurel, schiarendosi la voce.

“Bé, non mi interessa. Andiamo a questo cacchio di incontro.- disse, dirigendosi in bagno, per poi voltarsi verso i due amici e puntare loro l'indice-Voi siete con me, vero? Preferite la mia proposta, no?” domandò.

“Ma non conosciamo quella di Tro...”

“Sì, certo!” intervenne Laurel, dando una gomitata a Shannen ed interrompendola.

“Ok, vado a svegliare Brooke.” disse, sparendo dietro l'angolo.

“Ahi! Perché mi hai colpito?” sussurrò Shannen, massaggiandosi il braccio.

“Sai com'è Trevor quando si impunta. Non metterti contro di lui o ti terrà il muso vita natural durante.” sospirò Laurel, sedendosi sulla scrivania dell'amico.

“Speri ancora di potertelo fare, questo weekend?” domandò la ragazza, sorridendo all'amico.

“Ovvio.” sospirò, facendo spallucce.

 

“Quando arrivano le prime donne?” domandò Troy, tamburellando le dita sul tavolo di legno e facendo traballare il suo cappuccino.

“Probabilmente Trevor non avrà letto il messaggio.” tagliò corto Lana, aggiustandosi gli occhiali da nerd che aveva appoggiato storti sul naso.

I messaggi vorrai dire...” intervenne Oliver, controllando l'orario “Puoi almeno darci un'anticipazione della tua controproposta?” domandò il ragazzo, sorridendo all'amico, ma Troy fece di no con l'indice, e poi alzò leggermente lo sguardo, stendendo il collo muscoloso e facendo segno agli altri quattro amici di avvicinarsi al loro tavolo.

Tutti i ragazzi si salutarono tutti calorosamente, tranne Trevor e Troy che si diedero un'accennata stretta di mano, tra gli sguardi preoccupati degli altri cinque amici.

Quando furono tutti seduti, Troy prese la parola tra il silenzio degli altri- chi incuriosito dalla controproposta, chi impaurito dalla possibile reazione di Trevor.

“Allora, Trevor. Tu hai organizzato un fine settimana nei boschi, vero?” disse il moro, mentre una luce di sfida esaltava i suoi occhi grigi.

“Sì. È nel parco di WoodOak. 40 km lontano da tutto e da tutti, con un lago a pochi passi e tanta tanta birra.” disse il moro, mostrando le chiavi della baita difronte all'avversario.

“Ed io invece vi propongo questo: casa sull'isola di Drummer. Spiaggia, clima tiepido, il mare a pochi passi ed un'isola tutta per noi!” propose Troy, facendo tintinnare a sua volta le chiavi.

“Vuoi andare in spiaggia d'Ottobre?” chiese Trevor.

“Sì, perché non voglio rimanere impantanato nella neve.” rispose, sorridendo “E poi ci sarà un traghetto ogni giorno per portarci a casa.”

Trevor strinse il pugno sotto il tavolo e allargò le narici: segno che stava per picchiare qualcuno e tutti sapevano chi sarebbe stata la vittima designata. Gli occhi del moro caddero su quelli azzurri di Laurel e l'amico fece segno di calmarsi.

“Facciamo così,- disse Brooke, cercando di interrompere il momento di silenzio -votiamo!”


Opzione A: tutti nella baita nel bosco
Opzione B: tutti in Drummer Island



*spazio autore*
Cari amici, che dire: questo è un esperimento che mai e poi mai avrei pensato di fare, ma eccomi qua a scrivere per voi! Purtroppo, non potendo scrivere capitoli in anticipo, non posso garantirvi una certa regolarità nell'aggiornare la storia, ma posso promettervi che ci saranno sempre più decisioni difficili e dalle conseguenze... letali!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


2

 

Trevor guardò i suoi amici con sguardo incredulo. Tranne per Shannen e Laurel, avevano tutti votato per andare nella villa di Troy in Drummer Island, non curandosi di tutta l'energia che il ragazzo aveva messo nell'organizzare quel fine settimana. Una gran voglia di spaccare il muso di Troy gli fece prudere le mani, e Trevor nascose i pugni sotto al tavolo, indossando una maschera che non insospettisse nessuno riguardo i sentimenti funesti che ora provava verso i suoi amici, che adesso vedeva come dei traditori seriali.

Certo, Lana aveva votato per Troy perché aveva una cotta per lui, e Oliver perché è amico del ragazzo, ma non capiva perché Brooke, la sua ragazza, aveva deciso di voltargli le spalle così, all'improvviso.

“Allora ci vediamo alle 16 al porto. Portate il costume da bagno.” disse Troy, mentre si avviava verso l'uscita con Oliver.

“Fantastico! Ora devo disfare i bagagli.” sbuffò Shannen, raccogliendo lo zaino da terra e facendo segno a Laurel di andare. Il biondo annuì, ma chiese all'amica un momento in più per parlare con Trevor, e lo raggiunse in bagno. Laurel entrò e vide il moro lavarsi le mani con forza ed eccessiva energia.

“Ehi, tutto ok?” domandò, appoggiandosi alla porta.

“Siamo in democrazia, no?” sbottò, dando un colpo abbastanza forte all'asciugamani che si azionò con un borbottio incerto.

“Mi spiace.” disse Laurel, arricciando le labbra.

“Fa nulla. Magari al mare ci si divertirà di più.” sibilò, pronunciando la frase con totale apatia. “Tu e Shannen avete bisogno di un passaggio per il porto?” domandò il moro, diventando improvvisamente gentile. Il biondo annuì e lo ringraziò, per poi uscire ed avviarsi al college insieme a Shannen e Lana.

 

“Sei offeso?” domandò Brooke, vedendo Trevor appallottolare i vestiti e praticamente lanciargli nel borsone che si sarebbe dovuto portare a mare. Il moro schioccò un'occhiataccia alla rossa e Brooke sospirò, prendendo lo specchietto portatile e applicando un nuovo strato di lucidalabbra rosso sulla sua bocca.

“Mi hai voltato le spalle.” ringhiò Trevor.

“Io cosa?” domandò Brooke, incredula.

“Lana e Oliver hanno seguito Troy perché una lo adora, l'altro è il suo migliore amico. E tu? Perché?” domandò, guardandola negli occhi con aria di sfida.

“Perché mi piaceva l'idea di avere un'isola tutta per noi.” spiegò.

“Saremmo potuti andare in quella maledetta isola in estate! Che senso ha andarci in pieno ottobre? E poi tu dovresti sapere più di chiunque altro quando tempo ci ho messo per organizzare tutto!” sbottò con le vene gonfie del collo, quasi stesse per trasformarsi in una bestia.

“Scusa, hai ragione.” disse Brooke, alzandosi e allacciando le braccia dietro al collo del fidanzato. “Vuol dire che in baita ci andremo solo io e te.” sorrise, baciandolo sulla guancia “E poi non abbiamo mai fatto l'amore nell'acqua. Potrebbe essere interessante.” spiegò, ammaliandolo con un altro bacio, sulle labbra questa volta e più passionale, imbrattando la bocca del ragazzo con il suo lucidalabbra alla ciliegia.

“Ok... ma se Troy annega io non mi butto a salvarlo.” spiegò, chiudendo la zip del borsone.

 

Il sole era già vicino all'orizzonte quando i ragazzi salirono sul traghetto sgangherato guidato da un burbero pescatore che rispondeva solo con grugniti e cenni del capo alle domande dei ragazzi. Presa dal mal di mare a causa della natura instabile dell'imbarcazione, Lana andò sottocoperta e subito Troy costrinse Oliver a seguire la ragazza per cercare di accoppiare i due.

“Ehi!” disse Oliver con voce goffa.

“Ehi!” mormorò Lana. La ragazza era stesa su una panchina marcia e teneva gli occhi chiusi. Oliver prese posto e si sedette sulla panchina difronte a quella della ragazza.

“Come va?” chiese il rosso, grattandosi i capelli.

“Sto per vomitare.” spiegò, mentre il suo volto si tingeva di un pallore verdognolo.

“Vuoi una gomma? Magari ti aiuta.” disse Oliver, muovendo il pacchetto di gomme da masticare alla menta. Al suono Lana aprì gli occhi ed annuì, mettendosi a sedere. Oliver le porse il pacchetto e Lana ne prese una, masticando con voracità ed iniziando subito a sentirsi meglio.

“Grazie.” sospirò, sorridendogli “È la prima volta che vai in Drummer Island?” domandò.

“Sì. Nonostante conosca Troy da anni, non sapevo avesse una conoscenza qui. Anche perché l'isola è abbandonata da parecchi anni.” spiegò, facendo spallucce e girandosi per vedere Drummer Island che man mano sembrava avvicinarsi a loro.

“Come mai?” domandò Lana, inclinando il capo.

“Girano tante voci, ma nessuna ha delle prove scientifiche. C'è chi dice che scoppiò un'epidemia, c'è chi dice che l'esercito iniziò a fare dei test sulle persone... solita roba da allarmisti.” sorrise, facendo spallucce.

“Bé, se è abbandonata qualcosa è successo.” mormorò Lana.

“In effetti di una cosa sola si è sicuri. Il vecchio ospedale andò a fuoco e i pompieri arrivarono troppo tardi.” spiegò Oliver,

“Mi stai facendo venire i brividi...” mormorò Lana, aggrottando la fronte e voltandosi per guardare meglio l'isola dal finestrino.

 

“Perché non vai a parlargli?” disse Shannen, avvicinandosi a Laurel. Il biondo si voltò e vide Trevor che, con aria da cane bastonato guardava Drummer Island come fosse stato l'emblema del suo fallimento come amico e come fidanzato.

“Perché dovrei andare io? Non sono io la sua ragazza.” rispose Laurel, facendo spallucce “Da quando sta con Brooke litigano e basta e sono io a dover ascoltarmi le sue lamentele e a farlo sfogare.” brontolò, appoggiandosi alla ringhiera. La risata di Brooke arrivò alle orecchie dei due, ed i ragazzi si voltarono vedendo la rossa che discorreva allegramente con Troy.

“Te lo dico io: tra quei due c'è qualcosa.” mormorò Shannen e Laurel sbuffò, facendo segno di non interessarsene. Shannen accarezzò la spalla dell'amico e poi guardò l'orizzonte, vedendo la piccola e selvaggia Drummer Island che si estendeva davanti ai suoi occhi verdi, e subito un brivido percorse la ragazza, facendola rabbrividire.

“Non mi piace quell'isola.” mormorò.

“Giochi ancora a fare la sensitiva?” domandò Laurel, sorridendo. “È solo per un fine settimana.” la rassicurò, voltandosi a vedere l'isola e trovandola accattivante anche se non proprio accogliente.

“In tre giorni può accadere di tutto...” mormorò Shannen.

 

Quando la barca attraccò al molo, i ragazzi scesero con una certa fretta poiché tutti eccitati all'idea di godersi tre giorni tagliati fuori dal mondo.

“Il prossimo traghetto parte alle sei del mattino.” disse il capitano della barca, quando furono scesi tutti.

“Tranquillo, rimarremo qui tre giorni.” spiegò Troy, sorridendo all'uomo.

“AH!- sbottò lui -di solito tutti scappano via da questo posto.” brontolò, riaccendendo il motore e non dando il tempo ai ragazzi di fare ulteriori domande. I ragazzi così, impressionati ma non spaventati, si diressero verso la villa che Troy aveva preso in affitto e quando entrarono rimasero a bocca aperta. Era una villa moderna con un ampio piano terra e un primo piano che appariva ancora più grande con quattro camere da letto: tre doppie ed una singola. Troy distribuì le chiavi delle stanze: una doppia a Trevor e Brooke, l'altra a Laurel e Shannen, e l'altra ancora a Oliver e Lana.

“Posso avere io la singola?” domandò Lana, sorridendogli.

“No.” rispose Troy, senza darle nessun'altra spiegazione e lanciando uno sguardo eloquente a Oliver che lo ringraziò giungendo le mani.

“Ci vediamo tutti tra mezz'ora in spiaggia, ok?” disse Troy, mentre gli altri salivano in camera con entusiasmo, tutti tranne Shannen che, sentendo una forte vibrazione negativa, vagò per il piano terra fino a quando non si appostò vicino alla finestra della cucina per vedere l'enorme foresta che si estendeva a perdita d'occhio. C'era qualcosa in quella foresta, lo sentiva, ma non avrebbe mai immaginato che, così come lei stava osservando al di fuori della villa, qualcun altro stava osservando lei.

 

“Ti va di andare a fare un'escursione per l'isola? Ho visto una costruzione più in alto, sulla collina e sembra bella vecchia...” domandò Trevor, dopo aver sistemato i suoi vestiti nell'armadio.

“Ma gli altri vanno a fare il bagno al mare.” protestò Brooke, rivelando il costume da bagno sotto la maglietta.

“Possiamo fare il bagno anche domani.” spiegò lui.

“Anche l'escursione. Dai, tra poco farà buio!” si lagnò lei, sbuffando.

“Ci sarei io a proteggerti...” sorrise Trevor, abbracciandola “Dai, dimmi di sì...”

 

A) Brooke “Va bene, andiamo”

B) Brooke “Perché non vai con Laurel?”  


Cari lettori,
eccovi posti davanti ad un secondo bivio. Chi volete che accompagni Trevor nell'esplorazione dell'entroterra isolano? 
Visto che "Artista regista scrittore" ha optato per Drummer Island piuttosto che Oakwood Mountain, ecco i nostri ragazzi traghettati verso la loro nuova destinazione (finale?).
Già dal prossimo capitolo tenderò a mettere più opzioni tra le quali scegliere, e man mano che la storia andrà avanti, le decisioni saranno decisamente più difficili... 
Un abbraccio,
The_Lock

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


DRUMMER ISLAND, ORE 19:00

Shannen indossò il costume, prese la crema solare, gli occhiali da sole ed il suo mazzo di tarocchi e lo infilò in borsa, poi scese le scale e trovò il gruppo che la stava aspettando con ansia per potersi godere il mare prima del tramonto.
“Siamo pronti? Dove sono i piccioncini?” domandò Troy.
“Sono andati ad esplorare l'isola.” spiegò Laurel.
“Avrebbero potuto anche fare sesso in casa senza che camminassero chilometri.” scherzò il moro, aprendo la porta della villa e dirigendosi verso la spiaggia. Il sole era già abbastanza basso e tra un'oretta al massimo, si sarebbe fatto tutto totalmente buio, quindi i ragazzi corsero sul molo e iniziarono a tuffarsi con una certa impazienza, godendosi il mare caldo di inizio ottobre.
Certo, di notte avrebbe fatto decisamente più fresco, ma quella combinazione tra acqua del mare calda e la brezza marina fresca era davvero invitante. L'unica che non si tuffò fu Shannen la quale optò per stendersi sul suo asciugamani e riflettere a lungo su questa brutta sensazione che andava percependo da quando aveva messo piede sull'isola.
“Shan, dai! L'acqua è fantastica!” urlò Lana, facendole segno con la mano di avvicinarsi al molo.
“Arrivo, arrivo!” disse, voltandosi di lato e sfilando dalla borsa il mazzo di tarocchi. Aveva una gran voglia di fare una lettura con le carte, ma non voleva neanche dare troppo ascolto a questa vibrazione che, magari, sentiva negativa solo perché a lei l'idea di un'isola deserta solo per loro sette non piaceva affatto. E se fosse scoppiato un incendio? E se uno di loro si fosse fatto male? E se... e se non erano soli?

“Ahia!” si lagnò Brooke, ritrovandosi con la faccia a terra, sul letto di aghi di pino che, selvatici, crescevano folti nell'entroterra dell'isola, quando l'altitudine della collina iniziava ad aumentare.
“Ti avevo detto di mettere delle scarpe comode e non le infradito.” sorrise Trevor, avvicinandosi alla ragazza ed aiutandola a rialzarsi. Brooke scoccò un'occhiataccia furente al ragazzo, poi si tolse gli aghi da pino incastrati nei vestiti e tra i capelli e riprese a camminare, diventando lei il capofila della coppia.
“Dove stiamo andando, capo-scout?” domandò Trevor.
“Lì!” rispose Brooke, puntando l'indice smaltato di blu in alto e indicando una vecchia struttura pericolante e mezza carbonizzata. “Così ti chiudo dentro e ti do in pasto ai corvi.” aggiunse con aria offesa.
“Vuoi che ti porti in braccio?” domandò lui e lei fece di no con la testa con aria leggermente addolcita. Certo, Trevor aveva un corpo tonico e non avrebbe avuto problemi a portarla in braccio, ma Brooke si sarebbe fatta trasportare così solo da Troy e dai suoi bicipiti enormi.
Brooke si avvicinò alla costruzione e sentì Trevor sospirare eccitato come un bambino: il moro aveva sempre avuto il debole nel visitare questi edifici pericolanti e che urlavano morte. 
“Davvero, Trevor. Tra poco farà buio e noi come torneremo?” si lagnò la rossa.
“Con questa!” disse il moro, sventolando una grande torcia. “Guarda che strano, c'è del filo spinato ovunque, oltre questo cancello...” mormorò Trevor, guardando il grande recinto che occupava una porzione abbondante di terreno. Il ragazzo fece per toccare alcuni fili, ma Brooke, con uno scatto, lo bloccò all'improvviso, facendogli ritirare la mano.
“Ma non sai leggere?” domandò lei, indicando il cartello a pochi metri da Trevor che indicava che il cancello era elettrificato. Il moro storse il naso e raccolse un ramoscello da terra e lo lanciò contro i fili, ma al momento dell'impatto, il ramo rimase intatto, allora Trevor si fece coraggio e passò attraverso, per poi aiutare Brooke a fare lo stesso.
“Wow.” gioì Trevor, camminando verso l'insegna della struttura che recitava “Ospedale Nostra Signora Delle Lacrime”.
“Che nome invitante...” scherzò Brooke, seguendo Trevor verso l'entrata, ma la porta d'ingresso era ovviamente bloccata ed il moro arricciò il naso. 
“Vieni, rompiamo una finestra.” propose Trevor, scendendo le poche scale che conducevano alla porta d'ingresso ed iniziando a cercare un sasso bello grosso.
“Scherzi? È violazione di domicilio!” sbottò Brooke.
“Non credo sia una regola che si applica agli ospedali, e di sicuro non a quelli abbandonati.” sorrise Trevor, prendendo un sasso e lanciandolo contro la finestra più bassa che trovò. Con un secondo sasso il ragazzo abbatté ogni altro cocchio che era rimasto incastrato nell'infisso e poi, facendosi leva con le braccia, scivolò dentro.
“Aspettami qui.” disse, scomparendo dietro la finestra.
“Cosa? No! Trevor, non lasciarmi sola!” si lagnò la ragazza, ma nonostante le sue lamentele, Brooke rimase fuori. Il sole tramontava, ed il crepuscolo verdognolo stava prendendo il posto del cielo color cobalto. Una brezza iniziò a far ululare gli alberi che presero ad ondeggiare, ed immediatamente le cicale e gli uccelli si ammutolirono, lasciano Brooke in completo silenzio.
“Trevor?” chiamò, guardandosi attorno, ma non vi fu nessuna risposta. La rossa chiamò ancora il nome del fidanzato, avvicinandosi alla finestra e provando a sollevarsi per passare, ma essendo troppo magra, la rossa non riuscì neanche a sollevare metà del proprio busto, allora la ragazza ricadde a terra con un tonfo sordo. Una mano le toccò la spalla e Brooke si voltò, pallida di paura, solo per poi vedersi difronte un uomo che indossava una maschera antigas ed un camice logoro e sporco.
Brooke lanciò un urlo assordante mentre il suo cervello si metteva in moto per decidere cosa fare.

A) Brooke scappa
B) Brooke tira un pugno in faccia all'uomo col camice

Dopo il bagno, i ragazzi si riunirono sul bagnasciuga e Troy propose ai ragazzi di cercare qualche ramo secco per accendere un falò per riscaldarsi. La proposta fu subito ben accettata dal gruppo, e i ragazzi rientrarono in casa solo per cambiarsi e indossare qualcosa di più comodo di un semplice costume da bagno.
“Sei ancora pervasa dalla negatività?” domandò Laurel, aprendo l'acqua della doccia per sciacquarsi dalla salsedine.
“Sì. Dovrei fare i tarocchi, secondo te?” chiese Shannen, sedendosi sul bordo del letto ed indossando le scarpe da ginnastica.
“Ti hanno mai aiutato quei cosi?” urlò il biondo, poiché l'acqua che scrosciava sovrastava il suono della sua voce.
“Sì. Ma tu sei un'idiota e non hai mai capito che i tarocchi servono anche a meditare, non solo per scopi divinatori.” spiegò Shannen.
“Non ti sentooo!” rispose Laurel, mentre si passava lo shampoo sui capelli biondi. La ragazza sospirò e osservò il mazzo con attenzione. Decise di prendere una carta, una soltanto: che male avrebbe potuto fare? Spaccò il mazzo e prese la prima carta che le dava il dorso e aggrottò la fronte, vedendo che si trattava del tre di spade: carta che preludeva alla sofferenza.
Nella stanza affianco, Lana e Oliver si stavano cambiando: la ragazza si era chiusa in bagno, mentre il rosso, si infilava la maglia nella stanza da letto.
“Ehi, Lana, che ne dici se andiamo insieme alla ricerca di rami secchi?” domandò Oliver, dandosi immediatamente dello stupido per la goffaggine dell'invito. Che proposta era, andare a prendere dei rami secchi insieme?
Lana sospirò. Sperava davvero che quell'invito glielo avrebbe fatto Troy che con i suoi occhi grigi le faceva tremare le ginocchia, ed invece ora si trovava a ragionare sulla proposta del suo amico goffo.

C) Lana: “Non sarebbe meglio andare tutti insieme?”
D) Lana: “Ok, ci sto!”


Cari amici lettori e care amiche lettrici,
ringraziamo _Angelica_ per aver scelto l'opzione A del capitolo scorso. Giusto per rendere le cose un po' più trasparenti per tutti, vi chiederei di inserire le vostre scelte nei commenti e non nei messaggi di posta privata, così da rendere tutti partecipi delle scelte che si fanno.
Ora, questo capitolo presenta già quattro diverse opzioni, e vi chiederei il favore di specificare entrambe. Quindi, vi prego, non commentate solo con "sarebbe interessante vedere come la storia va avanti con l'opzione A/B" perché poi dovrei contare questa scelta come nulla ed aspettare che un'altra anima pia mi scriva "A/B e C/D".
Scusate se sembro troppo esigente, ma ogni gioco ha le sue regole! 
Alla prossima,
The_Lock

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


AVVISO:
Cari ragazzi, cari lettori fedeli e cari curiosi di passaggio, tutti possono partecipare a questo gioco, non ci sono restrizioni di alcun genere; però, vi chiedo il favore di mettere le vostre scelte in un commento che sia visibile a tutti (quindi non come messaggio privato, e non inferiore alle dieci parole). Vi chiedo questo non perché ho sete di gloria e di recensioni però, proprio perché tutti possono partecipare, deve essere reso pubblico il mix di scelte che vengono fatte, in modo tale da togliere ogni dubbio sul fatto che siete stati effettivamente voi a decidere, e non io. 
Per questo vi dico che ogni messaggio privato che riceverò con le decisioni sarà considerato nullo, mi spiace.



4

 

DRUMMER ISLAND, ORE 20:00

 

“Ho un piano!” esordì Shannen, spazzolandosi i capelli mentre l'amico si rivestiva. Tra i due non c'era alcun tipo di censura: i due si erano praticamente visti più nudi che vestiti nell'arco della loro amicizia, quindi questo permise ad entrambi di prepararsi con più velocità rispetto agli altri.

“Conquistare il mondo e mettere al bando i mocassini scamosciati?” domandò Laurel, indossando la maglietta.

“No, quello è il tuo piano.” spiegò la bionda, “Ora, lascia il tuo cellulare qui. Poi ti spiego.” disse, facendogli l'occhiolino.

“Come mai sei tutto d'un tratto allegra? Prima sembravi una banshee pronta ad urlare per la morte di qualcuno.” borbottò Laurel, sistemandosi i capelli allo specchio.

“Forse sto esagerando con questa storia. Ho deciso di godermi la vacanza.” disse con tono più sicuro di quello che sembrasse. Laurel annuì, soddisfatto, ed i due ragazzi si avviarono verso l'ingresso, dove trovarono Troy intento a tirare fuori dal frigo i vari ingredienti con cui a breve avrebbe cucinato.

“Dove sono Lana ed Oliver?” domandò Shannen.

“Sono usciti poco prima di voi. Io rimango qua, così cucino qualcosa da mangiare vicino al falò.” spiegò, sorridendo.

“Ok, allora noi andiamo...” disse Laurel, ma Shannen lo bloccò.

“Senti, siccome fa buio,- esordì la bionda -puoi prestarci il tuo cellulare? Quello di Laurel è scarico, ed il mio non ha il flash della fotocamera.” sorrise, cercando di convincere Troy con la sua espressione pura ed innocente.

“Certo, prendete.” rispose, lanciando il cellulare verso i due ragazzi e Laurel lo prese al volo.

“Siete allergici a qualcosa?” domandò il moro.

“Noi no. Trevor alle noccioline.” spiegò Laurel, allora Trevor sorrise, prese dalla dispensa un barattolo di burro d'arachide con cui iniziò a preparare dei panini. Laurel rimase con la bocca aperta, e Shannen dovette trascinarlo fuori prima che potesse dire qualcosa di sconveniente.

“Sconveniente? Vuole ammazzare Trevor!” sbottò Laurel, mentre la bionda azionava il flash della telecamera e lo puntava a terra.

“C'erano diciotto fette di pane. Non venti. Non lo stava preparando per Trevor...” lo rassicurò, prendendolo per mano per evitare che si perdessero.

“Sì, però così non potrà baciare Brooke!” spiegò, impallidendo di rabbia. “Che bastardo!”

“Taci, e prendi il telefono.” disse la bionda, iniziando a raccogliere qualche ramoscello secco “Cosa ti frega di Brooke? Qui nessuno è amico suo.” spiegò, mentre Laurel sbuffava.

“Piuttosto, dimmi del tuo piano malefico.” sospirò il biondo, optando per cambiare argomento per evitare di alzare un putiferio.

“Ah, giusto!” disse, voltandosi di colpo e avvicinandosi all'amico “Leggi le conversazioni tra Brooke e Troy! Magari troviamo qualcosa.” ghignò, con sorriso divertito.

“Cosa? No! È invasione della privacy.” si lamentò Laurel.

“Oh, avanti... sei il migliore amico di Trevor, ed è nostro compito proteggerlo da eventuali sofferenze. Se c'è davvero qualcosa sotto, Trevor deve saperlo.” spiegò lei. Laurel sospirò, ammettendo ad alta voce che non sapeva cosa fare. Togliersi il dubbio oppure ritirarsi nella santità della propria coscienza, sapendo di non aver invaso lo spazio personale altrui? Anche Laurel sospettava che tra Troy e Brooke vi fosse qualcosa, magari solo affetto, però ora aveva l'opportunità di scoprire se evidentemente c'era qualcosa sotto.

 

A) Laurel sbircia le conversazioni tra Troy e Brooke

B) Laurel decide di lasciar perdere la questione

 

 

Brooke scattò in avanti come un felino ed evitò una presa alquanto goffa dell'uomo mascherato.

“TREVOR! AIUTO!” urlò, correndo in direzione dell'ospedale, saltando due gradini alla volta ed entrandovi dentro come vi fosse la chiave della sua salvezza. Brooke si voltò e vide l'uomo mascherato camminare in sua direzione, ma questo le impedì dove mettere i piedi poiché il luogo era già buio e lei guardava altrove, allora cadde, sbucciandosi il ginocchio, a causa di un'asta da flebo.

“Merda!” sbottò Brooke, facendo per rialzarsi, ma l'uomo l'afferrò nuovamente per la spalla, allora lei prese l'asta e torse il busto, colpendo l'uomo in volto a causa dell'asta.

“Ahia! Brooke, dai!” disse l'uomo mascherato, allora la rossa, si fermò, affannata, riconoscendo la voce.

“Trevor?” ringhiò, mentre l'uomo con la maschera si affrettava a togliere la maschera antigas, rivelando dietro di essa il volto di Trevor con un lungo graffio vicino all'orecchio.

“Sei scemo???” urlò “Mi hai fatto prendere un colpo!” sbottò, minacciando di colpirlo ancora.

“Ehi ehi ehi! Dai, stavo scherzando.” disse il moro, coprendosi il volto con gli avambracci.

“Ti pare l'occasione di scherzare?” strillò ancora, puntando l'asta sui suoi gioielli di famiglia.

“Ehi! No, dai...” impallidì Trevor, coprendosi il membro con le mani per paura che Brooke glielo tranciasse via.

“La mia vendetta arriverà, e sarà tremenda!” sbottò la rossa, lanciando l'asta. “E dove hai trovato quelle robe?” domandò, indicando il camice e la maschera antigas.

“Le ho trovate qui...” spiegò, facendo spallucce.

“Che schifo! Hai indossato robe vecchie e marce appartenute a chissà quale malato?” domandò, con volto disgustato.

“Non credo che i malati indossino camici da dottore, tesoro.” rispose lui, togliendoselo di dosso “Anche se... non capisco cosa ci faccia una maschera antigas in un ospedale...” mormorò, lasciandola sul pavimento.

“Oddio, in che posto mi hai trascinata!?” si chiese guardandosi attorno. In effetti l'ospedale era ridotto molto male. Vi erano lenzuola sporche buttate agli angoli, pezzi di intonaco che crollavano ad ogni passi, macchie di muffa ovunque e odore di animali morti.

Il corridoio in cui si trovavano si divideva in due direzioni. Trevor puntò la torcia sulla piantina dell'ospedale e studiò la suddivisione dei vari piani, ma rimase sorpreso nel constatare che vi erano solo zone adibite alla cura e allo studio del cervello.

“Non capisco...” mormorò il moro. “Perché creare un ospedale specializzato solo in neurologia e psichiatria?” domandò.

“Intendi che questo era un manicomio?” chiese Brooke.

“Probabilmente. Ma che senso ha costruirlo su un'isola deserta?” si chiese.

“Andiamo via.” sussurrò Brooke, abbracciandosi per farsi più sicurezza: aveva visto troppi film horror ambientati nei manicomi abbandonati per desiderare di trovarsi in uno in quel momento.

“Solo un'altra ora, ok?” le disse, avvicinandosi a lei ed abbracciandola. Brooke sbuffò, non restituendo l'abbraccio, e quando Trevor si fu allontanato gli sfilò la torcia dalle mani e la puntò sui due corridoi che nascevano dalla divisione di quello in cui erano.

“Ok, destra o sinistra?” domandò lei.

C) Vanno a destra
D) Vanno a sinistra
 

 

Lana sbuffò, mangiandosi le unghie mentre faceva luce per terra così da facilitare ad Oliver il lavoro di raccoglimento di rami secchi. Il rosso continuava a parlare del più e del meno, sperando di trovare un argomento o una passione che accomunasse entrambi, ma la ricerca del rosso si rivelò presto infruttuosa.

“Oliver, posso farti una domanda?” domandò Lana, interrompendo il discorso del ragazzo sulla valenza artistica di certi film d'azione.

“Dimmi.”
“Ma Troy è single o si sta sentendo con qualcuna?” chiese, con disinvoltura e puntando la torcia lontano dal suo volto così che Oliver non potesse vederla arrossire.

“Non saprei, perché?” domandò il rosso, sospettoso.

“Nulla... mi pare sulle nuvole, ultimamente.” ridacchiò, cercando ancora di dissimulare il suo imbarazzo.

“E tu? Single?” domandò Oliver, voltandosi a guardarla.

“Io... ehm... sì... cioè, no... mi piace un ragazzo...” spiegò, guardando altrove.

“Oh.” annuì Oliver, arricciando le labbra “Bé, fortunato lui.” sbuffò, per poi aggiungere “Credo che questi rametti bastino, torniamo?”. Lana annuì, felice di non dover sopportare oltre quella conversazione imbarazzante. Erano ancora lontani dalla villa, quando Oliver si fermò di colpo, prendendo Lana per un braccio.

“Ascolta...” disse. Lana tesse l'orecchio, ma oltre al rumore del mare e della brezza non sentiva nessun altro rumore.

“Non sento nulla...” borbottò lei.

“Appunto. C'è solo un caso in cui c'è silenzio nel bosco: quando c'è un predatore nelle vicinanze.” sussurrò, guardandosi attorno. I ragazzi si voltarono al suono di un paio di ramoscelli spezzati sotto al peso di qualcosa, allora un brivido freddo percorse le schiene di entrambe.

“Rimani qui, vado a controllare.” disse il rosso, lasciando i rami per terra e tirando fuori la torcia.

 

E) Lana: “Vengo anch'io!”
F) Lana: “Torna subito!”


Eccoci qui con un nuovo capitolo!
Ringraziamo il nostro amico "Artista registra scrittore" per aver scelto le opzioni A e D dello scorso capitolo, dando uno scossone alla storia (anche se io speravo di vedere Brooke tirare un pugno in faccia all'aggressore...). Comunque, stessa storia per il capitolo precedente quindi, per favore, nel commento comprendete tutte e tre le opzioni (quindi A/B e C/D e E/F) senza precluderne nessuna, altrimenti il commento sarà considerato nullo.
Mi spiace se sembro ripetitivo con tutte queste regole, ma ogni gioco ha le sue e vanno rispettate.
Un abbraccio, 
The_Lock

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


5

 

DRUMMER ISLAND, ORE 20:30

 

“...lo sapevo!” soffiò Shannen, mentre scorreva i messaggi tra Troy e Brooke.

“Non posso credere che tu mi abbia convinto a leggere queste cose...” sussurrò Laurel, non riuscendo a staccare i suoi occhi azzurri da quelle conversazioni quasi solamente erotiche tra i due. Per lo più i messaggi indicavano luoghi e orari in cui i due si erano incontrati, più qualche smanceria e le svariate richieste che Troy faceva a Brooke riguardanti la biancheria intima.

“ODDIO!” sbottò Laurel, facendo cadere il cellulare per terra. “Sbaglio ho appena visto una foto di Troy nudo?” domandò alla migliore amica, e Shannen annuì, coprendosi la bocca con le dita.
“Ci vorranno anni di terapia per cancellare quell'immagine dalla mia mente.” borbottò Shannen, raccogliendo il cellulare e ripulendolo di terra.

“Adesso che facciamo?” domandò Laurel sull'orlo dell'isteria.

“Adesso torniamo indietro e facciamo finta di niente.” spiegò Shannen, annuendo.

“Cosa? Trevor deve sapere.”

“Sì, ma non ora... credo. Quando sarà il momento giusto lo saprà, no?” domandò Shannen, e Laurel annuì, anche se molto poco convinto. I ragazzi allora tornarono indietro, si allenarono nel creare un'espressione facciale che non lasciasse trasparire nulla e poi restituirono il cellulare a Troy, ancora in cucina ed impegnato nella preparazione della cena.

“Io vado ad accendere il falò.” disse Laurel con tono apatico.

“Aspetta, vengo a darti una mano.” sorrise Troy, asciugandosi le mani con uno strofinaccio.

“Certo...” rispose velenoso Laurel, e Shannen gli scoccò un'occhiataccia, ricordandogli di fare orecchie da mercante e di mettere da parte l'odio che provava per quel ragazzo; almeno fino ad un momento abbastanza utile. Così Shannen corse in camera con la scusa di lavarsi le mani, e appena aprì la porta lanciò un'occhiata di sfuggita sul comodino. Il suo cervello non registrò subito l'informazione, ma dopo pochi secondi la bionda tornò indietro ed osservò il mazzo di tarocchi che presentava tre carte a terra: il Diavolo, l'asso di Bastoni e, di nuovo, il tre di Spade. La ragazza raccolse le carte e le ripose sul mazzo, per poi allontanarsi lentamente e tornare a lavarsi le mani con aria pallida e sconvolta.

 

“E sinistra sia!” sbuffò Brooke, prendendo la torcia dalle mani di Trevor e camminando davanti a lui, facendo attenzione a non calpestare le cose sparse per il pavimento: siringhe, garze buste di flebo e tanto, tanto sporco. I due ragazzi camminarono a lungo senza fare mai una vera e propria sosta: le camere dove anni prima erano ricoverati i pazienti erano spalancate e spoglie tranne per letti marci e strutture mediche parecchio arrugginite ed instabili.

“Perché hanno lasciato tutta questa roba qui? Avrebbero potuto riutilizzarla...” mormorò Brooke, aggrottando la fronte.

“Non credo che negli ospedali si faccia caso agli sprechi...” disse Trevor, mentre il corridoio si faceva via via più nero a causa dell'incendio che anni fa lo devastò. Vi era un forte odore di cenere e di plastica bruciata che ancora impregnava le pareti, ma qualche finestra rotta garantiva ai ragazzi un certo ricambio di ossigeno così che potessero trattenere quel forte senso di nausea che l'odore procurava loro.

“Entriamo qui...” disse Trevor, e spinse una porta socchiusa dove due scrivanie giacevano quasi fuse al pavimento e coperte di bolle.

“Che puzza.” si lagnò Brooke, coprendosi il naso con la mano. Trevor forzò un lucchetto che chiudeva un armadietto mezzo fuso con un'asta da flebo che trovò in corridoio, e poi lo spalancò, trovandosi improvvisamente avvolto da una nuvola di polvere e di cenere. Quando la nebbia oscura si diradò, Trevor vide una piccola cassetta della grandezza di un libro ed alta il doppio chiusa a chiave. La agitò gentilmente e sentì spostarsi qualche cosa di morbido, come carta.

“Secondo te val la pena aprirlo?” domandò Trevor.

“Portalo con te, al massimo lo apriamo quando torniamo a casa.” disse Brooke “Hai ancora mezz'ora di tempo, dove vuoi andare?” domandò la rossa.

“Al piano di sopra, dai...” disse il moro, prendendo la ragazza per mano e salendo insieme a lei le scale pericolanti che conducevano al piano di sopra. Il primo piano era ridotto molto peggio rispetto al primo: vetri rotti, assi che dal soffitto erano cadute sul pavimento, ed un'oscurità aumentata dalla presenza di muri completamente neri.

“Guarda...” disse Brooke, indicando quella che sembrava la porta di un ufficio. Sulla targhetta- anch'essa mezza fusa -si leggeva DOTTOR R e nient'altro, poiché il fuoco aveva sciolto anni fa l'inchiostro e fuso il metallo della targhetta.

“Wow... dottor R...” mormorò Trevor, provando a forzare la serratura con un pezzo di legno che aveva trovato per terra “Tesoro, mi vai a cercare qualcosa con cui aprire questa serratura?” domandò Trevor, porgendole la torcia.

“Certo, come no... romantico...” borbottò, strappando la torcia dalle mani del fidanzato e svoltando l'angolo, sgambettando lungo il corridoio e inciampando ogni tre per due tra i fastidiosi calcinacci sparsi per tutto l'ospedale. La rossa entrò in una stanza che sembrava devastata solo parzialmente dal fuoco e si mise a cercare qualche oggetto che potesse aiutare il suo ragazzo nell'aprire quell'ufficio così che smettesse immediatamente con quella nuova ossessione di esplorare posti che urlavano “infestazione di fantasmi”.

Brooke sbirciò nei cassetti della scrivania, ma vide solo scartoffie e graffette fuse, allora fece per richiuderle, ma una parola le saltò all'occhio con tale violenza che non poté far finta di niente. Il foglio del rapporto era parzialmente bruciato ed alcune frasi addirittura erano cancellate, ma la parola esperimenti spiegava da sé il contenuto del foglio.

“Poverini...” mormorò la rossa, pensando agli elettroshock e alle altre terapie barbariche a cui probabilmente erano stati sottoposti parecchi pazienti. Un rumore come di vetri calpestati fece sussultare la ragazza che si voltò immediatamente, trovandosi alle spalle un uomo con la maschera antigas sul viso e un camice del tutto simili a quelli trovati da Trevor.

“Ah-ah. Divertente. Ma non ci casco più, Trevor.” disse Brooke, camminando verso l'entrata, ma trovandosi l'uomo difronte: si era spostato per evitare che la ragazza uscisse dalla stanza, sovrapponendosi tra lei e l'uscita.

“Trevor, non fare il deficiente.” disse lei, allora l'uomo l'afferrò per il polso con molta forza. “Trevor!” si lamentò lei.

“Brooke? Trovato qualcosa?” domandò la voce del suo ragazzo, lontana da lei; troppo lontana per provenire dall'uomo che le era difronte. Prima che potesse fare mente locale, Brooke lanciò un urlo a pieni polmoni, ma l'uomo le pose immediatamente una mano guantata in bocca e le avvolse un braccio intorno al collo, facendo per trascinarsela dietro. La mente di Brooke era in panico totale. Cosa stava succedendo? Chi era quest'uomo? Dove la stava portando? E perché era così forte? Tutte domande che si chiedeva, mentre tirava calci all'aria e si dimenava come un pesce fuor d'acqua.

Quando ormai la sua mente si stava rassegnando a chissà quale fine, ecco che Brooke si ritrovò liberata e cadde a terra.

“SCAPPA!” urlò Trevor, trattenendo l'uomo mascherato per terra, con evidente sforzo che traspariva dal suo volto. “VAI!” urlò ancora Trevor, mentre la ragazza, confusa e disorientata, cercava di mettere in ordine le informazioni che aveva ricevuto.

 

A) Brooke scappa

B) Brooke aiuta Trevor

 

 

Un cinghiale sbucò dal nulla e per poco non fece davvero male ad Oliver. Il ragazzo, dopo aver intimato a Lana di rimanere ferma, e preso da uno spirito cavalleresco, era andato a controllare la fonte di quel rumore, e dopo una ricerca di quasi mezz'ora, riuscì a trovare un cinghiale abbastanza grosso che, geloso del suo territorio non aspettò molto a caricare Oliver.

Per fortuna il ragazzo era abbastanza veloce ed il rosso si ritrovò presto in salvo da quella bestia. Dovette, però, saltare numerosi alberi caduti ed evitare i consueti sassi che lo avrebbero fatto cadere.

Poiché la foresta era parecchio fitta, la luce del crepuscolo ormai al limite non penetrava tra le fronde e presto Oliver si rese conto che, a causa del panico e della furia, si era perso.

“LANA?” urlò, ma non ebbe risposta da nessun lato della foresta. Prese il cellulare e si fece luce attorno, ma a parte alberi non riusciva a vedere niente attorno a sé. Perché aveva detto a Lana di non seguirlo? In due avrebbero di certo potuto ritrovare la strada del ritorno, ma così da solo era bello e condannato a vagare tra alberi spessi come colonne.

Preso dalla disperazione, Oliver provò a comporre il numero di Troy per chiamarlo e spiegargli la situazione, ma la massiccia presenza di alberi impediva al ragazzo di trovare una connessione abbastanza forte e presto il rosso chiuse la chiamata, bestemmiando.

“E adesso che si fa?” si chiese, non riuscendo a ricordarsi neanche la strada che aveva percorso per arrivare fino a quel punto. Era venuto da Nord o da Sud o da Ovest? E perché non da Est?

“LANA? RAGAZZI?” chiamò, ma ancora nessuna risposta. Allora decise di muoversi, poiché l'isola non era poi così grande e la foresta lo era ancor meno: al massimo in due ore sarebbe riuscito a sbucare da qualche parte. Oppure... oppure sarebbe potuto salire sulla collina e cercare di vedere dal punto più in alto che strada prendere per tornare indietro.

“Ok...- disse, frugando in tasca e tirando fuori una moneta-... testa vago per la foresta, croce vado sulla collina...”
 

C)  Esce testa

D)  Esce croce



*musica drammatica*
Eccoci entrati un po' di più nel vivo della storia! Nuovi bivi, nuove scelte, nuove conseguenze! Ringraziamo Valeriuccia92 per le opzioni che ha deciso di far intraprendere ai ragazzi: quindi ora ci troviamo in una situazione abbastanza disperata con Trevor alle prese con una zuffa ed Oliver che si perde nella foresta. Ormai il tradimento di Brooke è pubblico e confermato, ma sta a voi decidere se la ragazza aiuterà o no il suo "fidanzato"...
Alla prossima,
The_Lock

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


6

 

DRUMMER ISLAND, ORE 21:06

 

Brooke era ancora sotto schock. Il suo petto si alzava e si abbassava mentre vedeva nodi di braccia e di gambe formarsi, rumore di ossa che collidevano con altre ossa e tonfi soffocati dai tessuti leggeri che ricoprivano i corpi dei due lottatori. C'era Trevor che lottava con quell'uomo, era venuto in suo soccorso e adesso che poteva fare? Scappare? Sarebbe stata una vigliaccata, ma persino Trevor, con tutti i suoi muscoli, teneva testa a stento a quell'uomo col camice. Ed infatti, mentre quel pensiero si impadroniva della mente della rossa, ecco che l'uomo col camice si mise a cavalcioni sopra Trevor e gli afferrò il collo, minacciando di strozzarlo. Fu allora che qualcos'altro nella testa di Brooke scoccò e si affrettò a prendere un vecchio ventilatore e lo sbatté in testa all'uomo che, stordito, si accasciò sul fianco, mugugnando.

“Vieni, andiamo!” disse la rossa, aiutando Trevor a rialzarsi.

“Avresti dovuto scappare.” mugugnò il moro, mentre cercava di camminare in linea retta, ma le vertigini erano troppo frastornanti così come il forte senso di nausea che si faceva strada attraverso il suo stomaco e attorcigliava l'esofago.

I due ragazzi camminarono per pochi minuti, poi Brooke aprì la porta di un ufficio e fece entrare Trevor e si nascose insieme a lui dietro la scrivania. Il ragazzo aveva gli occhi chiusi e diversi rivoli di sangue partivano dal labbro inferiore e da un taglio alla tempia.

“Provo a chiamare aiuto.” disse la rossa, prendendo il cellulare, per poi notare che, ovviamente, non vi era campo in quell'ospedale.

“Le pareti sono troppo spesse. Dobbiamo uscire per chiamare.” mormorò Trevor. “Ma quell'uomo... era troppo forte...” spiegò, rimuginando sull'accaduto. Brooke fece per aprire la bocca, ma il terrificante rumore di alcuni passi la pietrificò in quella posizione. Il raggio di una torcia inondò la stanza dalla finestra della porta, ed i due ragazzi sentirono la maniglia scattare, ed il rumore passi intensificarsi. Disperati, Brooke e Trevor si strinsero uno all'altro. Sentirono l'uomo fermarsi come a valutare la loro presenza o meno in quella stanza, allora Trevor fece scivolare la mano sulle labbra di Brooke e gliela coprì, evitando che qualsiasi suono potesse uscire. Passarono interminabili secondi, prima che l'uomo si decise ad uscire dalla stanza e a continuare a perlustrare l'ospedale.

“Dobbiamo andarcene.” disse Trevor a denti stretti.

“Ce la fai a correre?” domandò la rossa, ed il moro annuì, allora si alzò per primo per valutare che l'uomo mascherato fosse davvero andato via, e quando se ne assicurò, fece segno a Brooke di uscire dal nascondiglio.

“Non possiamo uscire dall'ingresso, probabilmente quell'uomo ci aspetta lì.” disse Trevor, osservando la cartina dell'ospedale.

“Possiamo uscire dalla cantina.” propose Brooke, ed il moro annuì, così si presero per mano ed iniziarono a correre, fermandosi ogni tanto a controllare la strada per quel labirinto che sembrava essere diventato quell'ospedale, tutto d'un tratto.

“Trevor, guarda!” disse Brooke, indicando delle scritte sul muro. Il moro alzò la torcia e illuminò il punto indicato dalla rossa e lesse ad alta voce.

 

Urthor ti prenderà,

Verthandi ti ucciderà,

Skuld ti mangerà.”

 

“Invitante...” commentò il ragazzo, per poi illuminare la fine del corridoio e accelerare il passo nel leggere la scritta SCALE DI SERVIZIO. La porta si rivelò magicamente aperta, e Trevor fece subito per imboccare le scale quando uno strano rumore congelò entrambi. Era come il suono di una sirena subito seguito dal rumore di sbarre che si aprivano, come fosse una prigione e, subito dopo, un ululato squarciò l'aria.

Brooke guardò terrorizzata Trevor e il ragazzo la incoraggiò a scendere per prima.

“Che sta succedendo?” domandò Brooke, ma Trevor rispose facendo spallucce e basta. Il moro chiuse la porta ma si scoraggiò nel vedere che mancava una chiave o un qualsiasi attrezzo per bloccare la porta.

“Andiamocene. In fretta.” ringhiò, prendendo Brooke per mano ed attraversando insieme il locale caldaie senza fermarsi neanche per riprendere fiato.

“Strano...” mormorò la rossa, rallentando.

“Cosa?” domandò Trevor, continuando a tenerla per mano ed illuminando, ogni tanto, il percorso che stavano facendo.

“Niente...” mormorò la rossa.

“Oh avanti, parla!” la intimò Trevor.

 

A) Brooke si ferma e spiega a Trevor i suoi dubbi

B) Brooke continua a camminare e non dice niente

 

 

Oliver si fermò a prendere fiato, appoggiandosi ad un albero con la mano e guardando la luna piena che ormai splendeva in cielo, in compagnia solo di Venere che splendeva nel crepuscolo verdognolo ormai esaurito.

La collina si era rivelata più ripida del previsto e il corpo del rosso era ormai imperlato di gocce di sudore nonostante il clima fresco di Ottobre facilitasse la scalata.

“Che palle!” sbottò, riprendendo a camminare e continuando a fare luce col cellulare. Avesse avuto un fisico più atletico avrebbe provato ad arrampicarsi su un albero, ma la prospettiva di cadere e spezzarsi qualche osso non era poi così allettante, allora si fece forza e continuò la sua scarpinata fino ad arrivare vicino all'ospedale.

“Oh già! Trevor e Brooke!” sospirò, dandosi dello stupido per non aver pensato prima di raggiungere loro. Certo, sperava con tutte le forze che i due piccioncini fossero ancora là: magari erano scesi in spiaggia prima che lui potesse arrivare, ma valeva la pena tentare. Era ancora nel buio degli alberi quando vide uscire dal cancello principale dell'ospedale due quadrupedi che scambiò immediatamente per dei cani. Infatti quei due animali lanciarono un ruggito gutturale, ma più Oliver si avvicinava, più si convinceva di non star ad osservare due cani. Avevano braccia, non zampe, ed erano completamente senza pelo. Uno dei due si guardò attorno e poi corse in direzione opposta rispetto a quella in cui era nascosto Oliver ed era dannatamente veloce: univa velocità sovrumane a scatti di testa e di braccia simili ai serpenti quando decidono di mordere la sfortunata vittima. Il secondo rimase nei limiti del cancello ad annusare qualcosa con voracità. Oliver spense la torcia, ma commise l'errore di avvicinarsi per osservare meglio, quando calpestò un rametto generando un rumore lieve ma abbastanza forte affinché quella specie di cane si girasse a guardare in sua direzione.

“Oh, merda.” pensò il rosso, sentendo il cuore battere a mille, ma quando vide quel grosso cane dirigersi verso di lui a velocità di una motocicletta, impallidì ed il suo cervello si mise in moto alla velocità della luce.

 

C) Oliver scappa

D) Oliver si nasconde


 

Carissimi e carissime,
scusate il ritardo, ma la sessione esami è senza pietà. Vi dico già che per tutto Settembre sarò abbastanza impantanato in esami ed altre robe allegre, quindi la storia potrebbe subire dei rallentamenti, ma finché voi sceglierete tra le varie opzioni, la storia andrà avanti.
Siamo quindi arrivati ad un punto abbastanza cruciale della storia, ma starà a voi decidere quali pieghe prenderanno i vari eventi. Volete che Brooke esprima il suo dubbio o preferite che si allontani da quel posto il più in fretta possibile? E cosa fareste nei panni di Oliver? Una corsetta veloce o un rifugio di fortuna? 
A voi la scelta, cari miei, ma ponderate bene perché le vite dei ragazzi dipendono sostanzialmente da voi.
Un abbraccio,
The_Lock

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


7

 

DRUMMER ISLAND ORE 21:40

 

L'istinto fu più forte della ragione ed Oliver non resistette alla tentazione di muovere la gambe ed iniziare a correre a perdifiato, cercando così di seminare la creatura che ormai lo inseguiva con i suoi scatti da serpente pronto a stringere la preda tra le sue spire.

Nonostante la luna fosse piena, filtrava così poca luce dalle ricche fronde della foresta, che per Oliver si rivelò una vera fatica evitare rami e pietre che, ogni tanto, lo facevano inciampare; ma lui riacquistava l'equilibrio in fretta grazie alla forza della disperazione, e ritornava a correre sapendo bene che la sua morte sarebbe stata una questione di secondi, e nessuno di essi andava sprecato. Vide alla sua sinistra una radura illuminata dalla luce grigia della luna, allora optò per una veloce virata verso quel lato. Per evitare di perdere secondi, piantò la mano sulla corteccia dell'albero e usò il braccio come timone, flettendo il bicipite e sfruttando la velocità per compiere una curva così stretta che sperava seminasse- o almeno rallentasse -quell'immonda bestia che ormai sentiva alle calcagna. La sua tecnica funzionò: Oliver virò di colpo e la creatura fece un salto, mancando il bersaglio e andando a piantarsi sulla corteccia dell'albero con i suoi artigli da orso. Oliver diede un'ultima accelerata, convinto di poter contare sulla propria salvezza, ma non aveva tenuto conto che parti di Drummer Island erano a strapiombo sul mare, e che lui era capitato su una di quelle.

Trattenne una bestemmia a stento, sporgendosi vicino all'orlo dove, diversi metri più giù, c'era il mare che si infrangeva contro gli scogli appuntiti. Come se tutto ciò non bastasse, sapeva che aveva pochissimo tempo per decidere, e che la creatura presto lo avrebbe nuovamente individuato poiché, al contrario del ragazzo, quella bestia sembrava muoversi dannatamente bene al buio. Il ragazzo trattenne le lacrime e si guardò attorno: non c'era nessun'altra via di scampo: era il momento di scegliere.

 

A) Oliver si butta dalla scogliera
B) Oliver torna nella foresta per cercare un'altra via di fuga

 

 

“Ma dove sono finiti tutti?” domandò Lana, guardando l'ora sull'orologio del suo polso, e constatando che Brooke e Trevor mancavano da quasi tre ore; e per giunta neanche Oliver si era più rivisto.

“Sto provando a chiamarli ma non prende bene.” disse Shannen, cercando di mascherare un umore parecchio preoccupato sotto una faccia indifferente. Tutta la storia del tarocchi e delle vibrazioni che riceveva da quell'isola la mettevano parecchio a disagio, e sapeva che non poteva comunicare queste brutte sensazioni ai suoi amici, perché l'avrebbero presa per pazza.

“Sicuramente Brooke e Trevor saranno impegnati uno nelle mutande dell'altra.” disse Laurel con voce caustica, cercando di colpire Troy al cuore, e in effetti il moro vacillò non poco, cercando di mantenere una facciata di indifferenza anch'egli.

Il falò scoppiettava caldo in mezzo ai quattro ragazzi, disposti ai quattro punti cardinali, l'uno abbastanza lontano dall'altro, ed uno strano silenzio si fece strada tra di loro: Laurel era ammutolito dall'odio che provava verso Troy, Lana era assorta nei suoi pensieri, Troy non riusciva a formulare frasi che non fossero insulti diretti a Trevor e Shannen era impegnata a non lasciar trasparire la sua probabile paranoia. E fu in quel silenzio che gli altri ragazzi sentirono l'ululato di una bestia assai vicina a loro. Shannen scattò in piedi, subito imitata da Laurel.

“Cos'era?” domandò la bionda, con voce fredda ed affilata.

“Un lupo...” tagliò corto Troy, facendo spallucce.

“Certo, un lupo su Drummer Island!” sbottò Laurel e a quel punto anche Troy si alzò, guardando il biondo con sguardo minaccioso.

“Senti, non so cosa ti sia preso, ma sei insopportabile!” soffiò il moro, puntandogli contro l'indice.

“Mi stai minacciando?” rispose Laurel, sorridendo in modo beffardo.

“No, ti sto avvertendo.” rispose, ritirando la mano.

“Gentile, da parte tua.”
“Senti, smettila di fare lo stronzo. Ti ricordo che non c'è Trevor a difenderti!”
“Secondo te non mi so difendere da solo?”
“No.”
“Te lo devo dimostrare?”
“RAGAZZI! BASTA!” intervenne Lana, alzandosi in piedi anche lei. Laurel e Troy erano a due centimetri uno dall'altro, e poco sarebbe bastato a far scoppiare la rissa tra i due. La tensione sembrò calare quando entrambi si allontanarono di pochi passi l'uno dall'altro, ma fu allora che Shannen trasalì visibilmente.

“Torniamo dentro.” disse, indietreggiando lentamente come avesse visto un fantasma.

“Che c'è?” domandò Lana, cercando di scovare qualcosa nel punto esatto in cui Laurel stava guardando, e non ci volle molto prima che anche Lana vedesse una belva umanoide sbavare in loro direzione. Lana lanciò un urlo e prese a correre, ma questo non fece altro che innescare il meccanismo predatore del mostro ed egli balzò in avanti, a pochi metri dal fuoco.

Preso dal panico, Troy diede un calcio al falò e la creatura urlò, terrorizzata da quella visione, e andò a nascondersi alla stessa velocità con cui era comparsa dal nulla, ma il suo ringhiò continuava a riecheggiare nell'aria, a poca distanza da loro.

I ragazzi scapparono all'interno della casa e Laurel e Troy si misero di contrappeso alla porta dove ora quel mostro stava tirando pugni con tanta forza che a breve la porta si sarebbe scardinata.

“L'avete visto?” domandò Lana, urlando e nascondendosi dietro Shannen.
“Sì. E se non facciamo qualcosa entrerà qua dentro!” mugugnò Troy a denti stretti, iniziando a stancarsi per resistere sotto i pesanti colpi del mostro.

“Passateci quei mobili!” disse Laurel, ma proprio in quel momento la mano della creatura si creò un varco nella porta ed afferrò il biondo per il colletto della felpa. Troy cadde a terra per la paura, ferito alla spalla da qualche scheggia, mentre Laurel cercava un appiglio a cui aggrapparsi. Arrivò Shannen in suo aiuto e, afferrando un coltello, lo piantò nella mano del mostro.

Immediatamente il mostro perse la presa sul biondo e lanciò un urlo raccapricciante, mentre sangue nero sgorgava dalla sua ferita. La visione di quella mano secca che cercava di liberarsi dal coltello che la ancorava alla porta fu un momento agghiacciante per i ragazzi: quella mano era tutto e per tutto umana, ma era secca come quella di un uomo denutrito, le dita erano stranamente lunghe e terminavano con unghie spesse e acuminate come quelle di qualsiasi bestia feroce. Quasi ipnotizzati dalla visione, i ragazzi non riuscirono a decidersi a pensare ad altro, e le loro coscienze si risvegliarono solo quando il mostro riuscì a liberare la mano.

I ragazzi si scambiarono sguardi come per darsi una conferma di aver visto tutti e quattro la stessa successione di eventi, tutti pallidi e tutti con gli occhi fuori dalle orbite.

“Dobbiamo cercare gli altri...” disse Laurel, respirando piano per evitare che il senso di panico pervadesse ancora il suo spirito.

“Sei matto? Quella cosa ci ammazzerà appena metteremo piede fuori da questa villa!” ringhiò Troy, togliendosi la maglietta e guardando allo specchio l'entità del danno sulla sua spalla: la ferita non sembrava gravissima, ma era abbastanza profonda da creare un corposo rivolo di sangue che scendeva lungo il fianco del ragazzo.

“Non ci ammazzerà se noi ammazzeremo prima lei.” disse Laurel con sguardo spiritato.

“Hai visto com'è veloce? Prima che tu possa individuare dove sia, t'ha già strappato il cuore dal petto!” sbraitò Troy.

“Tu cosa proponi?” domandò Shannen, rivolto a Troy.

“Rimaniamo qui, ci barrichiamo, cerchiamo delle armi di fortuna e l'alba così arriva il primo traghetto!” disse il moro.

“E Brooke, Trevor ed Oliver?” domandò Lana, aggrottando la fronte.

“Forse sono già morti.” disse Troy, con tono funereo.

“Mettiamola ai voti.” disse Laurel,

“Non penso che i voti ci abbiano portato fortuna: guarda dove siamo.” sbuffò Shannen, facendo di no con la testa.

“Non c'è altra soluzione: votiamo.” disse Lana.

 

C) I ragazzi rimangono in casa
D) I ragazzi escono a cercare gli altri
 



Brooke si guardò in giro, cercando di ordinare il pensiero che era sorto dopo il grande dubbio che la affliggeva. Prese un po' di secondi per respirare e darsi una calmata, ma tutte quelle ultime crisi che aveva vissuto in poche ore non facevano che amplificare la grandezza del dubbio che si gonfiava nella sua mente come un palloncino.

“Allora?” chiese Trevor, vedendola giocherellare con la torcia.

“Perché la caldaia è accesa?” domandò lei, puntando la torcia nella direzione della grande macchina da dove proveniva un leggero sibilo.

“Che intendi dire?” domandò il moro, aggrottando la fronte.

“Se questo posto è stato davvero evacuato da così tanto tempo, allora la caldaia si sarebbe dovuta rompere o addirittura sarebbe esplosa. Ci vuole manutenzione per una cosa del genere.” disse Brooke.

“Quindi...?” mormorò Trevor, aggrottando la fronte.

“Non capisci? Quell'uomo è stato qui tutto il tempo!” sbottò lei, con tono di rimprovero.

“Intendi che l'uomo che ci ha aggrediti che ha la forza di un uomo adulto è stato qui fin dalla chiusura dell'ospedale? Impossibile, l'ospedale è stato chiuso quasi ottant'anni fa. Magari si è stanziato qui dopo...” disse Trevor, facendo di no con la testa.

“Oh, certo. Ha più senso che uno psicopatico decida di isolarsi dal mondo e andare a vivere in un posto dimenticato da Dio, piuttosto che un uomo abbia vissuto qui per tutto il tempo...” mugugnò Brooke, facendo di no con la testa.

“Non mi dire che ti sei arrabbiata perché non credo alla tua teoria.” tagliò corto Trevor, e Brooke gli puntò la torcia contro, pronto ad accusarlo di nuovo, ma il ragazzo vide nel volto pallido della ragazza un cambiamento repentino di espressione, come stesse guardando Trevor come un mostro a tre teste. Ma fu tutta una questione di secondi: Trevor notò che Brooke stava guardando in un punto fisso oltre le sue spalle, e mentre lui si girava e lei lo chiamava a gran voce, il moro percepì solo un suono metallico ed un forte colpo alla testa. Prima che svenisse del tutto, vide una maschera antigas nelle cui lenti si rifletteva il suo volto, e poi venne il buio.  

Carissimi, fedelissimi e randagi di passaggio,
ecco qui il nuovo capitolo con scelte abbastanza cliché dal punto di vista horror. Intanto ringraziamo Cladzky (spero di aver scritto senza errori il suo nome) per le scelte che ha fatto, permettendo alla storia di andare avanti. Ora, toccherà al prossimo decidere cosa accadrà: è meglio lasciare il rifugio della villa ed esporsi, o è meglio uscire dalla villa prima che diventi una gabbia? E il povero Oliver, quante possibilità ha di sopravvivere se si lancia in mare? E quante se torna vicino alla creatura? 
Non so, scegliete bene e soppesando ogni possibile conseguenza. (Come vedete, se Brooke non si fosse fermata a parlare, a quest'ora i ragazzi non sarebbero stati raggiunti dal Dottor R...)
Un abbraccio,
The Lock

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


8

 

DRUMMER ISLAND ORE 22:14

 

Shannen si sentì una traditrice vera e propria nel votare contro la proposta dell'amico, ma al momento le sembrava la soluzione migliore per mantenere almeno lui in vita. Non le importava di Trevor, di Oliver, di Brooke, adesso voleva solo che lei e Laurel potessero stare al sicuro da quella creatura mostruosa ed umanoide che aveva cercato di ucciderli poco prima. Vide Laurel annuire con fastidio dopo che gli altri tre ragazzi avevano votato contro la sua proposta di uscire a cercare gli altri: sapeva che aveva una cotta tremenda per Trevor e che avrebbe fatto di tutto per sapere che l'amico era sano e salvo, ma la sola idea di stare fuori, al buio, con armi pressappoco inutili contro quel mostro la pietrificava di paura, e lei voleva solo rimanere viva.

Si poggiò al piano cucina, davanti al lavandino e dando le spalle alla finestra, ignorando la discussione che Troy e Laurel stavano avendo in quel momento.

“Se rimaniamo qui saremo un all-you-can-eat per quel mostro!” sbottò Laurel, e forse aveva ragione: rimanere lì aveva una sua percentuale di rischio, ma sostanzialmente inferiore rispetto ad andare nella tana del lupo. Shannen si abbracciò, sentendo all'improvviso un gran freddo, ed abbassò lo sguardo sul pavimento: poi, fu come un istinto incontrollabile. Così come quando si ritira la mano in fretta da un oggetto rovente, Shannen si abbassò immediatamente, gettandosi sul pavimento, quasi fosse stata atterrata da una forza invisibile. Ma il suo istinto ebbe ragione: da lì a meno di un secondo, la finestra andò in frantumi con uno schianto e la creatura balzò all'interno della villa, andando a sbattere contro la poltrona.

“VIA VIA VIA!” disse Troy, prendendo l'attizzatoio del camino per guadagnare tempo e aspettare che tutti si mettessero in salvo. Laurel raccolse Shannen e insieme con Lana si diressero in cantina, ancora incapaci di riassumere quei pochi secondi che avevano interrotto la loro presunta salvezza.

“Troy, muoviti!” disse Lana, ma il ragazzo stava solo cercando il momento giusto per uccidere il mostro, e i suoi occhi ne approfittarono per studiare al meglio la creatura: era un umano, o così sembrava. Aveva iridi scolorite e bianche, senza pupille, denti così lunghi ed affilati che la costringevano a non serrare la mascella, lasciando che la lingua penzolasse dalle labbra praticamente inesistenti. Il corpo era secco, denutrito eppure agile e forte, ed era costretta a camminare a quattro zampe poiché la schiena era troppo debole per sorreggere la posizione eretta.

Il mostro ululò contro Troy, ed il ragazzo sferrò un fendente con l'attizzatoio, prendendolo in pieno volto e dandosi immediatamente alla fuga, per poi chiudersi la porta dietro e fare un contrappeso con il proprio corpo.

“Spostati!” dissero Lana e Laurel, poggiando un comodino pesante davanti alla porta così da creare una barriera più resistente. La cantina dove erano finiti i ragazzi era una classica cantina buia, piena di ragnatele e di cianfrusaglie di precedenti possessori della villa. Shannen si guardò attorno alla ricerca di un'arma o di una via di fuga, ma era tutto così buio che a stento riuscivano a vedere i propri volti: poi, quasi per magia, la lampadina iniziò a ronzare e si accese con pigra lentezza.

“Ecco, ora va meglio.” disse Lana, affannata e sudata, togliendo le dita dall'interruttore. La creatura continuava a battere furiosamente contro la porta, ed i ragazzi si guardarono con uno sguardo scoraggiato. Nella cantina non c'era nulla di utilizzabile se non libri, diari, vecchie poltrone, ed un qualcosa coperto da un telo bianco. Troy si avvicinò e alzò il telo, che dopo una nuvole di polvere che fece lacrimare e tossire tutti, rivelò un piccolo motoscafo.

“Fantastico!” disse il moro, salendo a bordo per controllare se fosse tutto in ordine.

“Manca il motore.” osservò Lana, aggrottando la fronte.

“Possiamo comunque trascinarlo in acqua e rimanere lontani dal mostro.” disse il moro. Laurel aggrottò la fronte e saltò a bordo, mettendosi a cercare qualcosa nel piccolo ripostiglio che sostituiva il sottocoperta, poiché il motoscafo era troppo piccolo per permettersi dei letti.

Alla fine il biondo tirò fuori un cassettone con sopra dipinta una croce rossa circondata da un cerchio dello stesso colore, lo aprì e gioì, trovando un lanciarazzi con solo quattro munizioni.

“Possiamo ucciderla...” disse Laurel, mostrando la pistola. “Chi ha una buona mira?” domandò.

“Cosa vorresti fare?” domandò Shannen, sentendo un brivido di gelo lungo la schiena.

“Spariamo in faccia ad una creatura!” sorrise, scendendo dalla barca.

“Con un razzo, neanche un proiettile.” contestò Troy.

“Hai qualche idea migliore?” domandò Laurel, e il moro sbuffò, facendo di no con la testa.

“Allora, chi ha la mira migliore?” tornò a chiedere il biondo, e Lana si fece avanti, allungando il braccio come per prendere la pistola.

“Ho fatto tiro con l'arco per sei anni.” rispose.

“Sì, ma qui il bersaglio è in movimento.” commentò Shannen.

“Posso farcela. Abbiamo quattro colpi... il problema è che mi serve qualcuno che distragga la creatura...” spiegò Lana, aggrottando la fronte. Gli altri tre ragazzi annuirono, sentendo già la falce della morte che indugiava sulle loro teste.

“Tiriamo a sorte.” disse Shannen. “Così lasciamo tutto al caso e vedremo chi farà l'esca.”

 

A) Laurel

B) Troy
C) Shannen

 

 

Trevor si svegliò con un fortissimo senso di vertigine e un mal di testa che lo atterriva e lo stordiva ancora di più. Non si ricordava cosa fosse successo poco prima, ma sapeva che si trovava al buio, e il primo pensiero che gli passò per la testa fu “Che bello, è ancora buio: posso dormire altri cinque minuti”. Poi, però, il ricordo dell'isola, del dottore, di Brooke che... il moro si svegliò completamente ed iniziò a chiamare a gran voce il nome della ragazza.

“BROOKE? BROOKE?” urlò, cercando a tentoni nel buio qualcosa, finché non trovò la torcia che era caduta dalle mani della ragazza. Troy la accese, ma la torcia faceva spesso falso contatto e questo non faceva altro che aumentare il suo dolore alla testa. Si portò una mano sulla fronte e si sorprese nel vedere che un folto rivolo di sangue scendeva lungo la sua faccia.

“Merda...” biascicò, sentendo le forze mancargli di nuovo, ma poi si impose di respirare normalmente e di concentrarsi sugli ultimi ricordi: lui e Brooke stavano discutendo sulla caldaia, poi lui si è girato e... non ricordava più nulla, ma evidentemente qualcuno doveva averlo colpito forte alla testa, perché adesso il ragazzo aveva anche difficoltà a rimanere in piedi. Ora doveva concentrarsi per ritrovare Brooke- se c'era ancora qualcosa da trovare, pensò, ma poi scacciò il pensiero velocemente e si impose di pensare positivo per il bene suo e della sua ragazza.

Un altro ricordo gli perforò la mente, facendolo star male: aveva visto una maschera a gas prima di svenire. Il cuore prese a battergli in fretta: se Brooke era stata rapita da quell'uomo, allora, che cosa le sarebbe successo? Stupro? Tortura? E quanto tempo aveva passato privo di sensi, steso per terra a perder sangue? Non sapendo dove andare, Trevor tornò indietro e cercò la porta che dava all'interno dell'ospedale, non sapendo in qualche altro posto quell'uomo avrebbe potuto tenere Brooke in ostaggio. Trevor poggiò la mano sulla maniglia ed aprì uno spiraglio per vedere se il corridoio era libero o meno, ma ecco che i suoi occhi intravidero qualcosa nel buio. C'era un essere che respirava come un cane e si muoveva velocemente come un giaguaro. Poteva essere un cane? O un cinghiale?

Contro ogni buonsenso, Trevor puntò la torcia nel corridoio e brevemente investì la creatura di spalle, facendolo rabbrividire: quel corpo disumano, quegli altri smisuratamente lunghi, tutte le ossa in esposizione. La creatura di voltò all'improvviso e Trevor spense immediatamente la luce, ma evidentemente gli occhi lattei del mostro non erano capaci di captare i segnali luminosi, quindi la creatura continuò ad odorare il corridoio dell'ospedale. Cosa avrebbe potuto fare? Correre il rischio di affrontare quel mostro nell'ipotesi remota che Brooke era ancora in quell'ospedale- e chissà dove, per giunta -o cercare i propri amici e tornare per chiedere loro aiuto? Sicuramente così avrebbe perso tempo prezioso, ma altrimenti sapeva che da solo non sarebbe andato molto lontano. Il moro poggiò la testa alla porta di metallo e trattenne le lacrime, cercando di pensare alla soluzione migliore.

 

D) Trevor cerca gli amici
E) Trevor cerca Brooke
 


Oliver si voltò, dando le spalle alla rupe alla fine del quale spuntavano scogli dall'aria minacciosa e fin troppo resistente, sperando di trovare una nuova soluzione. Stava camminando verso la foresta, allontanandosi da quello strapiombo, quando la creatura comparve veloce ed assassina ad una dozzina di metri da lui.

Il ruggito della creatura fu orribile: gutturale e minaccioso, e quasi per istinto più che per ragione, Oliver scattò verso la rupe. Sentì la creatura essergli nuovamente alle calcagna, allora il rosso si perse in brevi calcoli: gli mancava una decina di metri prima del salto nel vuoto.

“Nessuna esitazione.” pensò, mentre aumentava con uno scatto la distanza tra lui e la creatura. Aveva il cuore a mille, sentiva i muscoli delle gambe che avrebbero retto ancora per poco ed i polmoni che si riempivano e si svuotavano in tempi così ristretti che avrebbe giurato di sentirli scoppiare; poi, però, arrivò vicino alla rupe, non chiuse gli occhi nonostante non avesse il tempo di fermarsi e controllare il punto in cui sarebbe stato meglio lanciarsi. La sua unica possibilità era spiccare un salto lungo così che potesse allontanarsi il più possibile dagli scogli. Ringraziò quasi la creatura per quell'incredibile rincorsa che gli aveva costretto a fare e quando fu abbastanza vicino dal precipizio, Oliver fletté le gambe e sembrò, per un momento, spiccare il volo.

La creatura provò ad afferrarlo all'ultimo, ma per differenza di qualche centesimo di secondo, non riuscì a prenderlo, graffiandoli, però, il collo di striscio.

Ma il dolore della piccola ferita fu ignorato completamente dal ragazzo che, ora che si trovava sospeso nel vuoto, iniziava a precipitare velocemente, come un sasso senza vita. Si ricordò di quando andava in piscina con Troy ai tempi delle elementari, ed il loro istruttore disse alla classe che, se volevano provare l'ebrezza di un tuffo dall'altro, avrebbero dovuto solo preoccuparsi di atterrare con la pianta dei piedi ben stesa ed il corpo in posizione verticale.

Oliver obbedì alle istruzioni dell'istruttore e iniziò a cadere più velocemente, chiuse gli occhi pregando che qualche divinità gliela mandasse buona.


Carissimi e carissime,
ringraziamo Moka95 per le sue scelte poiché ha permesso alla storia di andare avanti, con nuovi sviluppi e nuovi bivi... anzi, in questo capitolo c'è un "trivio" poiché dovrete essere voi a decidere chi dei ragazzi mettere in pericolo, e chi altri lasciare al sicuro! Così come il forte dubbio di Trevor: meglio affrontare tutto da solo per guadagnare tempo o tornare indietro e chiedere aiuto agli amici per guadagnare forza?
Se l'altro capitolo è stato definito da voi come "molto horror", questo qui è una specie di anticlimax, seppure il mio obiettivo sia stato quello di creare un'atmosfera più angosciosa che terrificante... spero di esserci riuscito.
Un abbraccio,
The_Lock 
 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


DRUMMER ISLAND, ORE 22:38

 

Trevor puntò la torcia all'interno del locale caldaie alla disperata ricerca di un'arma; certo, non si aspettava di trovarvi una sega circolare o un cannone bazooka, ma al ragazzo sarebbe bastato qualsiasi oggetto contundente per affrontare la creatura, stordirla e cercare Brooke.

Si alzò con difficoltà, e alla fine si decise a scardinare un tubo che avrebbe usato per infilzare il mostro come uno spiedo, o almeno quella era la sua idea. Tenendo il tubo sottobraccio, Trevor si affacciò nuovamente alla porta socchiusa e, respirando pesantemente, illuminò il corridoio. Un forte sollievo si impadronì del ragazzo, quando scoprì che, a quanto poteva vedere, la creatura era sparita ed ora aveva il via libera.

Trevor si sporse leggermente, pronto alla ritirata in caso il mostro avesse in piano di tendergli una trappola, ma il moro riuscì a muovere i primi passi senza che nessuno lo assalisse, quindi iniziò la sua ricerca di Brooke con un forte senso di oppressione che gli attanagliava il cuore. Da dove poteva cominciare? L'ospedale aveva tanti piani, e ancora più studi e camere ed il moro temeva nel profondo che la ricerca potesse protrarsi troppo a lungo per salvare la sua ragazza.

Iniziò comunque a camminare nel buio dell'ospedale, preferendo essere un bersaglio mobile che uno fermo che aspetta solo di essere mangiato, quando un ricordo gli attraversò il cervello con la forza di un proiettile.

Si ricordò dell'uomo con la maschera a gas che lo colpì, le sue larghe lenti che riflettevano il volto di Trevor incredulo, l'urlo di Brooke, ma la sua memoria dischiuse un ricordo che consciamente Trevor aveva soppresso: sul camicie del dottore, vi era la scritta Dottor R- qualcosa, il resto non se lo ricordava, ma era comunque un bell'inizio.

Si ricordò immediatamente di quando, con Brooke, solo poche ore prima, aveva cercato di entrare nell'ufficio del Dottor R, e poi quell'uomo era comparso a portar terrore nelle loro vite. Trevor salì le scale con lentezza e fermandosi ogni tanto alla ricerca di qualche suono, ma ormai nulla giungeva alle sue orecchie, se non il rumore delle fronde degli alberi smosse dal vento autunnale.

Poi, però, si perse in altri ricordi: la prima volta che vide Brooke a lezione di psicologia. Fin da subito Trevor fu attratto da quei boccoli rossi che cadevano pigri sulle spalle della ragazza, il tintinnio dei suoi braccialetti mentre prendeva appunti sul quaderno, il colore blu metallico delle unghie smaltate e solo dopo, quasi per magia, Brooke voltò il capo in direzione di Trevor. Il moro doveva esser arrossito in quel momento, perché lei corrugò leggermente la fronte, per poi distenderla e sorridergli. Un semplice sorriso che a Trevor costò mesi di disperato corteggiamento. Ma quello era il passato, ora il moro era ben consapevole che doveva fare di tutto per salvare la sua ragazza, ed infatti bruciò gli ultimi metri con passo veloce. Arrivò sulla soglia dell'ufficio del Dottor R, e provò ad aprirne la porta che si rivelò, ovviamente, chiusa; allora il moro si tolse la maglietta, la avvolse all'altezza del gomito e spaccò il vetro, per poi infilare la mano dall'interno e sbloccare la serratura, così da permettergli l'entrata.

L'ufficio era straordinariamente ordinato, anche se proprio pulito non poteva essere definito. C'erano ovunque macchie di muffa, l'intonaco si sbriciolava alla prima vibrazione e sul suolo vi erano macchie di liquido nerastro.

“Brooke...” mormorò, pensoso, illuminando lo studio coperto da librerie a muro senza lasciare neanche uno spazio libero per uno scorcio di muro.

 

A) Trevor cerca ancora nell'ufficio
B) Trevor cambia stanza

 

 

La conta fu terminata e la mano di Shannen cadde come una ghigliottina sulla testa di Troy, puntandolo come un boia fa col condannato a morte. Il moro annuì e si morse il labbro. Avrebbe fatto volentieri a cambio con chiunque, ma non erano quelli i patti con cui si era accordato con Shannen e Laurel, quindi non gli rimaneva che ingoiare il boccone amaro e dimostrare a tutti che non aveva paura, quando in realtà sentiva la sua anima che cercava di uscire dal corpo prima di provare quell'estremo dolore che la creatura gli avrebbe inflitto. Certo, Lana avrebbe potuto salvarlo in tempo, ma era giusto prepararsi al peggio.

Laurel e Shannen si nascosero nel sottoscala, mentre Troy si metteva con le spalle al muro, difronte alle scale in modo tale che la creatura potesse vederlo in fretta e senza puntare nessun altro; Lana, invece, si mise di lato, in modo da avere una migliore visuale. Pochi secondi dopo, ecco che il braccio secco e forte della creatura spaccò la porta, e con gesti a casaccio e furenti di chi, posseduto da una rabbia assassina non pensa ad altro se non a uccidere chiunque gli capiti davanti, cercò a tentoni la maniglia. La afferrò, la ruppe e spalancò la porta con un colpo di entrambe le mani, scardinandola e facendola cadere per la rampa delle scale. Impaurito, Troy volse lo sguardo per evitare nuovamente di vedere quel volto vicino al suo, ma il mostro spiccò un salto e atterrò sui resti della porta spaccata, evitando di scendere le scale e rimanendo a pochi centimetri dal ragazzo. Quando la creatura si ergeva a due zampe, era possibile vederla alta quasi due metri, e così il mostro si piegò, avvicinando il proprio volto a quello di Troy. Il ragazzo chiuse gli occhi ed una strana immobilità si impossessò del suo corpo: non muoveva un solo muscolo, neanche il diaframma per la normale respirazione, ed ecco che accadde qualcosa di strano. Troy aprì gli occhi, sentendo il respiro fetido della creatura e, senza muovere lo sguardo, la vide che indugiava, e guardava da qualche parte, non nella sua. Era come se, tutto d'un tratto, non lo percepisse più, con i suoi occhi lattei e scoloriti o con il suo naso senza cartilagine ma con le due narici strette da rettile che partivano direttamente da sopra la bocca.

“EHI!” urlò Lana, e la creatura si voltò, ululando verso la ragazza. Poi, accadde tutto in fretta: Lana premette il grilletto mentre la creatura urlava ancora contro di lei, partì un missile infuocato di color magenta che andò a infilarsi nella bocca spalancata del mostro, e un terribile puzzo di carne bruciata si diffuse per la cantina. Il mostro afferrò la propria gola con ambo le mani nel tentativo di sputare il missile, ma a causa di un riflesso esofageo istintivo, la creatura ingoiò il missile così che, poco dopo, cadde a terra, morta.

Attraverso la pelle pallida del mostro, si vedeva ancora risplendere di luce magenta il razzo, e la pelle attorno iniziò a scurirsi in poco tempo, a ricoprirsi di pustole e poi si consumò del tutto, mentre il razzo perforava lo stomaco del mostro e cadeva a terra, coperto di brandelli di carne cotta e sangue nerastro.

Troy guardò tutta la scena con occhi sgranati. Non si era accorto che era scivolato per terra, rimanendo seduto sul pavimento, ma quando il fumo che odorava di carne cotta si diradò, i ragazzi uscirono allo scoperto, e si congratularono con Lana.

“Grazie.” disse Troy, abbracciandola.

“Figurati.” sorrise Lana, godendosi quell'abbraccio che tanto le riempì il cuore di gioia.

“Ora che facciamo?” domandò Shannen. Con il flash del cellulare, Laurel illuminò le pareti della cantina e vi trovò una cartina appesa dell'isola. Vi era segnato di tutto: le ville, l'ospedale, e addirittura una torretta per la comunicazione via radio.

“Andiamo a cercare gli altri...” propose Laurel.

“Non ci converrebbe chiamare aiuto?” domandò Lana, aggrottando la fronte.

“Possiamo pur sempre dividerci.” annuì Troy.

“Sì, ma la pistola è una sola. Chi ci dice che non ci solo altre bestie del genere, sull'isola?” intervenne Shannen.
“Ok, chi viene all'ospedale con me?” domandò Laurel.

C) Shannen
D) Troy
E) Lana

Brooke aprì gli occhi, stordita, e vide su di sé puntate delle fortissime luci al led. Erano quattro cerchi esterni ed uno interno che formavano come il disegno di un fiore poco aggraziato. La ragazza sentì del liquido caldo scendere dalla fronte, allora provò ad alzare la mano per accertarsi della ferita, ma si pietrificò di paura nel constatare che era legata ad un lettino. C'erano delle stringhe che tenevano fermi i suoi polsi, le sue caviglie, il collo e il bacino.

“No no no no...” pianse, cercando di dimenarsi ma facendosi solamente più male.

“TREVOR! AIUTO!” urlò, iniziando a piangere. Qualcuno entrò dalla porta con passi lenti e misurati. Brooke provò a volgere lo sguardo verso quella persona, ma le fu impossibile a causa della cinghia che le bloccava il collo, ma sentì che iniziava a giocherellare con degli strumenti che suonavano come di ferro, appena posati.

“Ti prego, lasciami andare.” pianse, mordendosi le labbra. L'uomo camminò, fino a rimanere in piedi al fianco della ragazza, e poi le accarezzò i capelli, dicendole con voce fredda ma calma di stare tranquilla.

“Come ti chiami?” disse l'uomo.

“B-Brooke.” balbettò la ragazza.

“Sei destinata a grandi cose, Brooke.” commentò l'uomo, passando un gomitolo di alcol sull'incavo del gomito della ragazza. “Ti ho scelto per una nuova vita, per rinascere più forte e più potente di prima.” le spiegò, facendole intravedere una siringa piena di un liquido nero e denso.

“No no no!” disse lei, cercando di dimenarsi. Spazientito, l'uomo le bloccò le guance con una presa salda e ferma della mano, e si avvicinò a lei, piantandole addosso i suoi occhi blu severi e glaciali; i resto del volto era coperto da una mascherina da chirurgo.

“Sei destinata a grandi cose, Brooke. Ora sta' ferma o ti farò del male.” spiegò, facendo pressione sulla leva della siringa così che dalla punta dell'ago sgorgassero goccioline dense e nere come il catrame.


*Ta-da!*
Ringraziamo "ninas dark moon" per il commento precedente e per le scelte che ha fatto (abbastanza sagge, a parer mio). Ma ora, vi ho posto davanti ad un bel bivio. Diciamo pure che Trevor ha pochissimo tempo per salvare Brooke, e solo una delle due opzioni lo condurrà dalla ragazza; l'altra no. Se potete, ragionateci su (gli indizi ci sono), altrimenti lanciate una moneta e vedremo se la fortuna è dalla parte dei ragazzi.
Poi, dovrete decidere come formare due coppie (una che va all'ospedale ed una che va alla torretta radio) tenendo conto che la pistola lanciarazzi rimarrà a Lana, e che quindi solo una delle due coppie potrà difendersi dai mostri. 
Aspettando nuove indicazioni,
un abbracio
The_Lock

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


10

 

DRUMMER ISLAND, ORE 23:10

 

Lana e Troy camminarono in silenzio per tutta la durata del viaggio: qualsiasi cosa li aveva attaccati poco prima, ora occupava i loro pensieri e non lasciava molto spazio alla cordialità ed ai convenevoli. I due erano stati protagonisti in prima persona dell'uccisione di quel mostro, ma nulla garantiva loro che altre bestie del genere non fossero in giro proprio in quel momento o che non li stessero braccando come fanno i leoni con le gazzelle. Per questo motivo, i ragazzi preferivano rimanere in silenzio e camminare per il sentiero ben illuminato dalla luna piena che, argentea e piena, risplendeva garantendo un'ottima visuale. Ogni volta che entrambi sentivano un rumore, i due scattavano e si mettevano spalla contro spalla così da avere una visuale di 360 gradi i ciò che era loro attorno, ma con tutta l'adrenalina e l'ansia che scorreva nei loro corpi, anche un semplice ronzio di insetto diventava un minaccioso ringhio.

“Secondo te quante probabilità abbiamo di salvarci?” domandò Lana, rompendo il silenzio.

“Non sappiamo nulla di ciò che sta accadendo...” rispose Troy, con un borbottio che rivelava la sua preoccupazione.

“Direi che questo abbassa la probabilità di farcela.” disse Lana, sospirando con rassegnazione. I due potevano contare sull'arma, erano decisamente avvantaggiati rispetto a Shannen e Laurel che, completamente disarmati, erano in giro per la foresta dove altre probabili creature avrebbero potuto ucciderli in poco tempo. Ma questo non rendeva i due ragazzi più sereni, perché erano tutti amici loro, e per di più non sapevano più nulla di Oliver, Trevor e Brooke. Così, Lana trattenne a stento le lacrime, mentre Troy le indicava la torretta a pochi metri da entrambi, ma la bruna aveva un ultimo desiderio che voleva realizzare prima della sua probabile morte, quindi fermò Troy e lo baciò lievemente sulle labbra. Troy aprì gli occhi, stordito da quel bacio, e aprì la bocca, pronto a chiedere il perché di quel gesto, ma la sua faccia si congelò in un'espressione di panico estremo.

“Era solo un bacio.” bofonchiò Lana, accusando già i primi sintomi di una delusione d'amore.

“È dietro di noi...” mormorò il moro, iniziando a respirare pesantemente.

“Che?” disse Lana, facendo per girarsi, ma Troy la bloccò, prendendola per mano e allora lei capì tutto: c'era un secondo mostro che, chissà a quale distanza, li aveva puntati e stava solo aspettando il momento giusto per attaccare e sbranarli con voracità.
Lana fece scivolare la mano in tasca ed impugnò la pistola con delicatezza, continuando però a contare alla bene e meglio i metri che separavano i due dalla torretta.

“Se scattiamo possiamo farcela.” sussurrò la bruna.

“Ma ci inseguirà. Non sappiamo se la torretta ha delle porte.” disse Troy a denti stretti, mentre il sudore gli colava dalla fronte.

“Posso provare a colpirla, ma ho solo altre tre munizioni...” disse Lana, indecisa contando i bossoli nell'altra tasca del pantaloncino.

 

A) Lana e Troy scappano verso la torretta
B) Lana prova a sparare alla creatura

 

La libreria era stracolma di manuali di anatomia pesanti come mattoni e di vecchi libri la cui rilegatura era stata danneggiata dalla fuliggine generata dall'incendio. La carta si sbriciolava come papiro antico tra le dita del ragazzo che, avide, cercavano di trovare un appunto del Dottor R che svelasse la posizione di Brooke.

Il moro iniziò, però, a gettare i libri per terra con furia e frustrazione, poiché ormai sapeva di avere poco tempo per salvare la rossa, quando i suoi occhi si poggiarono sugli unici due libri che occupavano la mensola più in alto: Il Principe di Machiavelli e Il Superuomo di Nietzsche. Trevor aggrottò la fronte: cosa se ne faceva un dottore- seppure evidentemente pazzo -di quei due libri politici e filosofici? Si allungò per prenderli, e quando inclinò entrambi, ecco che scattò una leva e subito una delle librerie a muro sospirò, muovendosi di pochi centimetri. Il ragazzo, incuriosito, si mosse in direzione della libreria e la spalancò pian piano, illuminandone l'interno con la torcia del cellulare e scoprendo un breve corridoio che portava ad una porta. Preso dall'ansia di aver trovato Brooke, Trevor corse e spalancò la porta, ritrovandosi in un laboratorio dove cadaveri erano rinchiusi in enormi contenitori di formalina e altre figure umanoidi sembravano dormire in un liquido verde acceso che ribolliva.

Il moro si avvicinò ad una di queste creatura- in totale erano cinque -e le analizzò attentamente: erano del tutto simili al mostro che aveva veduto nel corridoio poc'anzi, ma queste conservavano ancora dei tratti umani. Due di loro avevano ancora capelli radi, quasi tutte avevano ancora abbastanza carne addosso da sembrare solo troppo magre e non denutrite, ed sotto ogni contenitore, vi era dei nomi. Lesse Florence, Eric, Richard, Julie e Rider, e Trevor rabbrividì, indietreggiando lentamente dal corpo di Julie che aveva osservato fino ad ora, e finì a sbattere contro un contenitore vuoto. Il moro si voltò e vide che era vuoto, sospirò nel conforto di non essersi trovato nessun cadavere al suo fianco, ma il sollievo durò ben poco, perché quando lesse il nome, la sua pelle si fece pallida ed il suo stomaco si strinse. Lesse: Lana. Poi puntò la torcia contro un altro contenitore vuoto e lesse Oliver, poi si diresse di corsa verso gli altri e lesse ancora Trevor, Laurel, Shannen, Brooke e Troy.

Il respiro di Trevor si fece pesante ed affannato: come faceva a sapere i loro nomi? C'era evidentemente qualcosa che non quadrava in quella storia, ma quando si fu calmato, vide che i nomi sui contenitori erano scritti a matita, mentre i nomi in quelli già pieni erano scritti a pennarello. Allora il moro immaginò che fosse una specie di gioco per il Dottor R. Chi sarebbe sopravvissuto ai mostri che aveva liberato, sarebbe finito in quei cilindri di vetro e sarebbe diventato dio solo sapeva cosa. Ma l'angoscia non era finita poiché Trevor si sentì perforato da uno sguardo alle sue spalle, allora si voltò lentamente, puntando la luce contro Julie e vide gli occhi della ragazza- bianchi ed inumani -spalancati che guardavano in sua direzione. Sussultando per lo spavento, Trevor fece cadere il cellulare e rimase al buio, mentre cercava disperatamente una via d'uscita e trovandola, aprendo la porta, trovandosi nuovamente nell'ufficio del Dottor R. Chiuse la libreria alle sue spalle con fretta, quasi sperasse che quelle brutte immagini sarebbero rimaste lì per sempre, rinchiuse in quel laboratorio che non era altro se non l'estensione fisica della pazzia di quel maniaco.

Non potendone fare a meno, Trevor scivolò a terra ed iniziò a singhiozzare, mentre lacrime calde si versavano sul suo viso madido di sudore. Che cosa ne sarebbe stato di lui? Dei suoi amici? Ed erano ancora vivi? E Brooke? Una forte sensazione di impotenza lo pervase, sia fisica che mentale poiché i suoi muscoli erano privi di forze così come il suo spirito e la sua mente. Iniziava a sentirsi dannatamente solo; poi, all'improvviso, sentì chiamare il suo nome.

 

Oliver prese una boccata d'aria e con un ultimo sforzo che gli costò un crampo che indurì il polpaccio della gamba sinistra arrivò in spiaggia, aggrappandosi ad un pilone del molo che usavano i traghettatori per attraccare la nave. Il rosso respirò affannato, ma si rincuorò nel vedere la villa che avevano preso in affitto; quindi decise di riposarsi per pochi secondi e tornò a nuotare verso la sabbia. Incapace di alzarsi dato il crampo al polpaccio, Oliver cadde in ginocchio e arrancò fino al bagnasciuga con la sola forza delle braccia.

“Ragazzi!” provò ad urlare, ma la stanchezza gli concesse solo un flebile sussurro poiché il rosso continuava ad ansimare come un cane affaticato. Ancora non riusciva a credere che era riuscito a sopravvivere a quella bestia immonda e a quel salto assurdo di chissà quanti metri e, per giunta, senza neanche rompersi qualche osso. Gli era andata di lusso, lo sapeva bene, ma l'euforia della fortuna che aveva concesso al ragazzo una seconda chance fu presto sostituita dal panico nel vedere meglio le condizioni con cui si presentava la villa: c'era un vetro rotto, la porta dell'ingresso aperto e, nonostante vi fossero le luci accese, non vi era nessuno in casa a quanto riusciva a constatare da quella distanza.

Quando il panico di essere l'unico sopravvissuto si sostituì alla stanchezza, Oliver si alzò in piedi e zoppicò fino all'entrata dell'abitazione, ed inorridì nel vedere la porta dell'ingresso con un enorme buco al centro, piccole gocce di sangue, vetri rotti e altri tipici segni di una colluttazione.

“RAGAZZI?” domandò ad alta voce, ma nessuno rispose. L'asprigno olezzo del corpo semicarbonizzato della creatura in cantina raggiunse le sue narici e per poco il rosso non vomitò quel poco cibo che aveva in corpo. Si guardò attorno: nessun indizio che indicasse se i suoi amici erano vivi o meno, nessun indizio che indicava dove sarebbero potuti andare in caso di fuga. Il rosso guardò oltre la finestra rotta, verso la foresta nera e scura le cui foglie sibilavano come serpenti velenosi, mosse da una leggera brezza fresca e leggera, ma del tutto indifferente ad il suo dolore e al suo stato d'animo che sentiva di avere i minuti contati.

 

C) Oliver: Facoltativo


Carissimi e Carissime,

ecco che questo capitolo vi offre un prospetto più interessante della trama. Forse non risponde a tutte le domande, (o forse non risponde a nessuna delle domande che vi eravate posti) ma di certo ne apre molte che lascia in sospeso perché io sono cattivo e sadico! Comunque, c'è anche una novità importante, vale a dire l'opzione FACOLTATIVO: qui vi lascio il 100% della possibilità di scegliere cosa far fare al nostro rosso preferito, ovviamente con un minimo di attinenza alla storia. Cose tipo: "vola a Parigi" o "guarda la tv" o "scopre di avere superpoteri eccezionali" non verranno prese in consierazione! Stupitemi con la vostra fantasia e la vostra conoscenza nell'ambito horror.
Un abbraccio,
The_Lock


 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


11

 

DRUMMER ISLAND, ORE 23:49

 

Le gambe di Trevor sembravano non rispondere al comando del suo cervello. Pietrificate fino alle ossa dalla visione orribile che aveva avuto nello studio segreto del Dottor R, tutto il suo corpo sembrava troppo spaventato per rimettersi in piedi, quindi il ragazzo dovette aiutarsi con le braccia, usando uno scaffale della libreria come appoggio per alzarsi. Uscì dallo studio e, prima che se ne accorgesse, stava già correndo in direzione della voce che continuava a chiamarlo. Scese per le scale saltando due gradini alla volta, ed alla fine svoltò l'angolo, andando a sbattere contro qualcuno.

“Laurel!” sussurrò il moro, abbracciando l'amico con così tanta forza che il biondo arrossì immediatamente.

“Ciao, Trevor.” disse Shannen, accarezzando la nuca dell'amico che non accennava ad interrompere l'abbraccio.

“Che è successo? Sei ferito?” domandò Laurel, allontanando Trevor e studiando la sua ferita che, nascosta da qualche parte dai capelli del ragazzo, ora era cicatrizzata; ma il rivolo di sangue che gli tagliava la testa a metà era ancora abbastanza fresco da far preoccupare gli altri due ragazzi.

“Dobbiamo trovare Brooke! Il Dottor R l'ha presa e non la trovo...” spiegò il ragazzo, sentendo le lacrime bruciargli gli occhi.

“Chi?” domandò Shannen, aggrottando la fronte.

“Non so chi sia. So che si chiama Dottor R e mi ha colpito ed ha rapito Brooke per non so quale scopo! Non so dove l'ha portata...” spiegò.

“Quindi oltre a delle creature cannibali c'è anche un dottore psicopatico? È ridicolo!” sbottò Laurel, aggrottando la fronte e guardandosi attorno come alla ricerca di una qualche consolazione da trovare attorno a loro.

“Creature cannibali?” domandò Trevor, ricordandosi il gruppo di ragazzi in formalina verde che aveva visto nello studio segreto del professore e il mostro che qualche minuto prima aveva visto per il corridoio. “Andiamo, dobbiamo trovare Brooke.” disse il ragazzo, scuotendo leggermente la testa come a voler cancellare le ultime informazioni che il suo cervello aveva acquisito.

“Non credo sia una buona idea.” disse Laurel, e Trevor lo guardò come avesse appena ammesso di essere un alieno a tre teste.

“Perché no?”
“Perché non sappiamo dove si trovi, o magari è troppo tardi... ci conviene andare in un posto sicuro.” spiegò il biondo.

“Sei serio?” domandò Trevor, assottigliando gli occhi pronto ad aggredire il ragazzo. Laurel annuì e Trevor scosse la testa, nascondendo un sorriso killer abbassando la testa, poiché dal suo amico si sarebbe aspettato tante cose, ma quella dichiarazione proprio no.

“La odi così tanto?” domandò.

“Non si tratta di odiarla o meno.” lo corresse Laurel.

“Vorresti dire che fossi io nella situazione di Brooke non mi verresti a cercare?” domandò, con voce gutturale simile ad un ringhio.

“Certo che ti verrei a cercare.” rispose Laurel con un filo di voce.

“E allora perché con lei deve essere diverso?” abbaiò, alzando la voce, mentre le vene del collo si ingrossavano.

 

A) Laurel parla a Trevor del tradimento
B) Laurel accetta di cercare Brooke

 

 

Seppure rimanere a casa sembrava una soluzione più sicura per proteggersi dalle creature che aveva visto, Oliver decise comunque di partire alla ricerca dei suoi amici poiché in quelle occasioni era il numero che contava più di ogni altra cosa. Salì in camera e si cambiò velocemente, optando per una canottiera da jogging, un paio di bermuda e delle scarpe da ginnastica. Vide di sfuggita allo specchio un leggero graffio sulla nuca, ma non se ne curò più di tanto dopo che constatò che era così superficiale che si era quasi completamente cicatrizzato.

“Un'arma...” mormorò, guardandosi attorno per la stanza senza trovare nulla di minaccioso che avrebbe potuto utilizzare per neutralizzare uno di quei umanoidi. Scese allora le scale che separavano il piano notte da quello giorno e cercò qualche oggetto in cucina, ma non trovò molto se non qualche grosso coltello. Il rosso sospirò, infilandosi il coltello nei bermuda, sorretto dall'elastico, e continuò a guardarsi attorno, alla ricerca di qualche indizio che gli rivelasse dove si fossero nascosti i suoi amici.

Nulla, però, lasciava ad intendere ad un messaggio, né cifrato né di qualsiasi altro genere, solo una mappa appoggiata sul tavolo dove poco prima Troy, Lana, Shannen e Laurel avevano memorizzato il loro percorso verso le diverse destinazioni. Oliver osservò per bene la mappa: vi erano ben pochi posti dove i ragazzi avrebbero potuto nascondersi, quindi decise di mettersi a ragionare. Vi era la torretta radio, l'ospedale (da dove aveva visto uscire quelle immonde bestie e dove non sarebbe mai e poi mai tornato) e altre villette.

 

C) Oliver va alla torretta
D) Oliver va in un'altra villa

 

Lana e Troy scattarono ed iniziarono a correre con la velocità tipica di chi sa che la propria vita dipende da piccoli vantaggi quantificabili come centesimi di secondi. La creatura ululò appena percepì i due ragazzi muoversi e iniziò la rincorsa: fletté le gambe secche ricoperta di pelle raggrinzita come carta e fece uno scatto in avanti che le fece acquistare parecchi metri, ma i due ragazzi potevano contare comunque su un vantaggio maggiore. Grazie alla luce della luna, Troy intravide la scaletta che pendeva dalla botola del primo piano, allora prese la mano di Lana e svoltò all'improvviso, mentre il mostro balzava e gli mancava, atterrando sul sentiero ghiaioso e frenando con i lunghi artigli.

“Vai, vai!” disse, Troy, facendo salire Lana per prima. La ragazza si arrampicò con velocità e precisione, sapendo bene che ogni errore, ogni esitazione sarebbe costata la vita ad entrambi. Appena le scale finirono, Lana scivolò sul primo piano di legno ed aiutò Troy a salire giusto in tempo prima che il mostro, con un balzo, gli afferrasse la caviglia. Troy si alzò e chiuse la botola facendo scattare il chiavistello. La creatura continuò a battere colpi furenti, quindi i due decisero di continuare a muoversi in fretta, prima che il mostro riuscisse a spaccare l'entrata. C'erano altre due scale a pioli che conducevano all'ultimo piano dove i ragazzi speravano di trovare una radio funzionante, quindi i due si mossero con velocità, seppure il livello di adrenalina nel loro sangue era altissimo. Ad ogni piano, Troy chiudeva la botola con la serratura per evitare ulteriori sorprese da parte della creatura, e quando arrivarono al terzo piano, Troy convinse Lana a liberare una scrivania, a capovolgerla e a posizionarla sulla botola, così da porre un contrappeso su di essa e ostacolarla.

Lana vide la radio e la accese, ruotando una piccola manopola e cercò di sintonizzarsi ad una stazione radio udibile.

“Non parlare dei mostri, non ci crederebbero.” disse Troy, e la ragazza annuì, leccandosi le labbra per la concentrazione. All'improvviso una voce parlò dall'altro capo della rete radio, e subito i due si affrettarono a prendere il microfono, così da essere certi di essere uditi.

“Pronto? Polizia?” disse la ragazza con voce tremula.

“Sì, qual è la sua emergenza?” rispose.

“Io e i miei amici siamo in pericolo, abbiamo bisogno di immediato soccorso... c'è... c'è uno psicopatico.” spiegò la ragazza, sbuffando poiché al momento non le veniva in mente una scusa migliore.

“Ci sono feriti?” domandò l'uomo.

“Non lo sappiamo. Mancano tre amici e gli altri due si son separati. Presto, fate in fretta.” disse Lana.

“Prego, indicare la posizione.”
“Drummer Island.” disse Lana, sospirando di consolazione.

“Può ripetere?”
“Drummer Island.” ripeté lei, aggrottando la fronte, mentre un vago senso di fatalismo la coglieva impreparata.

“Mi spiace, non possiamo avvicinarci prima dell'alba.” spiegò l'uomo.

“Cosa? Perché?” domandò la ragazza, impallidendo. Dall'altro capo non arrivò nessuna voce, bensì si sentì cincischiare l'uomo con un suo collega, ma avevano sicuramente coperto il microfono con qualcosa poiché si sentiva solo un vago sussurrare.

“Pronto? Pronto?” domandò la ragazza.

“Sì. Ehm, c'è una tempesta che si sta abbattendo sulle nostre coste e sarà impossibile arrivare prima dell'alba. Ci spiace.” disse l'uomo, per poi interrompere la chiamata. Lana si scambiò uno sguardo stralunato con Troy, ed il ragazzo trattenne una bestemmia a stento.

“Ci hanno abbandonati qui...” constatò lei.

“Bastardi.” ringhiò Troy “Potrebbe andare peggio?” domandò, e subito uno scossone fece tremare ogni cosa nello studio.

“Che succede?” domandò Lana, e Troy si appropinquò alla finestra per vedere cosa stesse accadendo. Lana rimase vicino alla radio, mentre un sottile cigolio si andava diffondendo tra le mura del piano.

“Oh no, no!” disse Troy, allontanandosi “Sta tagliando i fili che mantengono in equilibrio la torretta...” disse il moro, spalancando gli occhi come se avesse visto il suo peggior incubo realizzarsi davanti ai suoi occhi.

“Allontanati dalla finestra!” urlò Troy, ma Lana non fece neanche in tempo a muoversi che un secondo scossone fece tremare tutto, e la struttura in metallo della torretta iniziò a cigolare e a dondolare. Poi, spinta da una specie di forza mistica, la struttura si piegò di lato, verso lo strapiombo e, mentre Troy urlava a Lana di reggersi a qualcosa, tutto crollava di lato.


Carissimi e Carissime,
innanzitutto grazie a "La_Effe" per le decisioni prese il capitolo scorso, ed eccoci arrivati a nuovi bivi! è giunto il momento della verità: volete che Laurel confessi a Trevor del tradimento con Brooke oppure preferite far finta di niente? Ed Oliver? Dovete preferireste che vada? Alla torretta dove troverà Trevor o in una villetta dove potrebbe trovare altro? A voi le decisioni, a voi la responsabilità dei loro destini *si lava le mani*.
Un abbraccio, 
The_Lock

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


12

 

DRUMMER ISLAND ORE 00:00

 

 

Lana stava cadendo nel vuoto. Sentiva le urla di Troy che le arrivavano alle orecchie, le diceva qualcosa con tale imperio e le porgeva una mano, ma la ragazza non era in grado di connettere tra impulsi esterni ed interni, poiché la sensazione del vuoto sotto ai piedi la rendeva incapace di muoversi o di recepire altri stimoli.

Si guardò attorno, vide oggetti cadere nella sua stessa direzione ed intravide i suoi capelli scuri che svolazzavano oltre il suo volto e sembravano stessero suggerendo alla ragazza l'azione di aggrapparsi a qualcosa, stendendosi come piccole dita. Fu allora che Lana si voltò e vide la finestra che, in frantumi, sembrava attenderla come una bocca affamata, ma era troppo tardi per aggrapparsi a qualcosa all'interno della torre.

Alcune cose si schiantarono contro la parete opposta, altre volarono oltre la finestra, e Lana avrebbe fatto la fine di uno di quei bolidi se non si fosse svegliata a cercare una soluzione il prima possibile. Così, cadendo, si aggrappò al cornicione della finestra con una presa salda che le costò un forte dolore alle mani e grande sforzo alle braccia, poiché dal busto in giù, Lana era sospesa nel vuoto, troppo lontana da un punto d'appoggio e praticamente in traiettoria con scogli appuntiti dove le altre cose che cadevano si rompevano irreparabilmente, per poi essere sciacquati dalle onde del mare.

Prima ancora di accorgersi di stare urlando, Lana spalancò la bocca ed iniziò a piangere a tremare, immaginandosi già cibo per i pesci. Alzò gli occhi e vide Troy appeso con entrambe le braccia a delle condutture della luce, ma Troy aveva una forza maggiore rispetto all'altra, quindi entrambi sapevano che se qualcuno avrebbe dovuto far qualcosa, quello era Troy.

“Troy, ti prego...” pianse Lana, iniziando a sentire crampi ai muscoli delle braccia.

“Sì, sto pensando...” disse il moro. Non c'era una via giusta per salvare Lana, il ragazzo aveva solo una chance, allora prese a dondolare fino a quando i chiodi che ancoravano le tubature alla parete non si staccarono, così Troy cadde al lato della finestra con un tonfo sordo. Il colpo e l'improvviso cambio di centralità del peso, fece cigolare ancora la torretta ed essa scivolò ancor di più oltre la scogliera, tremando come un masso in bilico.

Il moro si fermò e chiuse gli occhi senza muovere nessun muscolo, aspettando che la torretta riassettasse il suo equilibrio, e quando gli parve che fosse tutto sotto controllo, Troy aprì gli occhi. La situazione era parecchio pericolosa. Il ragazzo sentì un sibilo e vide una libreria a muro che iniziava a scardinarsi e minacciava di schiantarsi a terra entro poco tempo, mentre anche la radio partiva come un proiettile verso il vuoto e minacciò di colpire Lana alla testa, se la ragazza non si fosse rivelata abbastanza pronta di riflessi da evitarla. A Sorpresa di tutti, il filo a cui era attaccata la radio resistette alla caduta, e la radio rimase sospesa nel vuoto, seppure la cabina accusò anche quel piccolo movimento ed iniziò a cigolare nuovamente. Troy vide alla sua destra una finestra che sboccava direttamente sulla terra ferma: avrebbe potuto saltare e mettersi in salvo, ma non sapeva se salvando Lana sarebbe riuscito a farcela.

 

A) Troy si mette in salvo
B) Troy salva Lana

 

 

“Niente, lascia perdere. Andiamo a cercare Brooke, hai ragione.” disse Laurel, abbassando il capo, accusando il dolore di omettere quella verità al suo amico, ma non riuscendo a dirgli in faccia la verità poiché forse quello non era il momento giusto, e forse non spettava a lui aprirgli gli occhi sulla sua ragazza. Trevor studiò il suo amico assottigliando gli occhi, aveva voglia di spronarlo a fargli dire quali fossero i suoi problemi con Brooke, ma qualche sospetto lo aveva sempre avuto. Sin da quando Trevor aveva puntato Brooke, Laurel si era dimostrato estremamente riluttante all'idea dei due come una coppia, ma era sempre riuscito a far convivere la sua antipatia nei riguardi di Brooke con una buona dose di convivialità, e si impegnava: questo Trevor lo vedeva. Ma perché aveva deciso di voltare le spalle alla sua ragazza proprio adesso?

Trevor fece per aprire bocca, ma poi fece di no con la testa, ripromettendosi di affrontare quel discorso a tempo debito.

“Dove andiamo? Potremmo dividerci ma non penso sia una buona idea...” commentò Shannen, aggrottando la fronte, e i due ragazzi annuirono.

“Iniziamo da questo piano e vediamo se ci sono altre stanze nascoste.” disse Trevor, iniziando a camminare verso una meta ignota. Shannen scoccò un'occhiata a Laurel che alzò le spalle, comunicando all'amica impossibilità di dire la verità all'amico perché non voleva ferirlo, non in una situazione del genere.

“Ho trovato un laboratorio, al piano di sopra...” mormorò Trevor, optando per informare i suoi amici riguardo la scoperta inquietante dei corpi in formalina verde “C'erano cinque ragazzi in una soluzione verde che stavano subendo dei cambiamenti... e c'erano altri otto contenitori vuoti con i nostri nomi sopra.” disse, e quella frase arrivò ai cuori degli altri due come un proiettile.

“I nostri nomi?” domandò Shannen, e Trevor fece di sì con la testa.

“Com'è possibile?” domandò Laurel.

“C'è qualcosa sotto... sapete se Lana, Oliver e Troy sono... morti?” domandò il ragazzo, voltandosi a guardare gli amici.

“Lana e Troy erano ancora vivi quando ci siamo separati. Abbiamo ucciso una di quelle bestie, col fuoco. Oliver non lo sappiamo.” spiegò Shannen.

“Allora appena arriviamo a casa prepariamo delle molotov.” ringhiò Trevor. I ragazzi svoltarono il corridoio con cautela che, vuoto, si presentava pieno di stanze una volta abitati da pazienti morenti od impazziti.

“Ok, entriamo nelle prime tre camere, lasciamo la porta aperta e se trovate qualcosa: urlate!” disse Trevor. Gli altri due annuirono e si divisero. Shannen prese l'unica camera a sinistra, mentre Trevor e Laurel le altre due sulla destra. La camera dove si trovava la bionda era una semplice camera d'ospedale con lettini vuoti, deformati dal fuoco e dalla muffa e un mobiletto vuoto e rotto. Si sentì un colpo tonfo provenire dal controsoffitto, e Shannen alzò la torcia, vedendo un pannello del soffitto da cui pendeva una cordicella che terminava in un pendente di plastica. C'era sicuramente qualcosa di vivo là dentro, poiché continuava a battere con cadenza ben precisa. La bionda si congelò di paura, ma poi sentì come qualcuno piangere al quel controsoffitto ed una gran pena la pervase: e si fosse trattato di Brooke o di qualche altra persona intrappolata là dentro per sfuggire alle creature cannibali o al famigerato Dottor R?

C) Shannen apre la botola
D) Shannen non apre la botola

Carissimi e carissime,
forse il capitolo è un po' corto, ma ho la febbre e non sono riuscito ad impegnarmi di più... ringraziamo Nina dark moon per le scelte del precedente capitolo, ed ecco che siamo qui giunti a scelte molto, molto importanti. Non posso consigliarvi cosa scegliere, ma posso avvertirvi che se fate due scelte errate, non uno, ma ben due personaggi potrebbero morire. Sta a voi (d'altronde è il titolo del racconto, no?) decidere chi deve fare cosa, sperando che nessuno muoia. 
Un abbraccio,
The_Lock

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


13

 

DRUMMER ISLAND, ORE 00:12

 

Shannen stese il braccio e accarezzò il pendente della corda, mentre la curiosità la mangiava dall'interno e le ipotesi su cosa avrebbe potuto trovare in quel controsoffitto cercavano una risposta. Afferrò il pendente con forza, ma quando stava per tirare, sentì Laurel che la chiamava. Il pianto che proveniva dal controsoffitto si interruppe immediatamente, e la bionda capì che c'era qualcosa che non quadrava.

“Andiamo via.” sussurrò, quando raggiunse i due amici.

“Perché?” domandò Trevor.

“Credo ci sia qualcosa nel controsoffitto.” spiegò, e gli altri due ragazzi si misero a guardare i pannelli come se potessero effettivamente vedere attraverso i muri.

“Ok, cambiamo lato.” sussurrò Trevor.

“Cosa? No! Quella cosa ci sta braccando!” sbottò Shannen mantenendo sempre un tono di voce basso ed impercettibile.

“Ma Brooke...” iniziò lui.

“Non sai neanche se si trova qui!” lo rimproverò la bionda, ed il moro si morse le labbra, cercando di calmarsi per evitare di litigarci sul serio: al momento non era una buona idea dividersi per certi stupidi dettagli. Certo, Trevor non era sicuro che Brooke fosse all'ospedale, ma non poteva definirsi neanche sicuro del contrario, e poi da qualche parte dovevano pur incominciare a cercarla.

“Senti, se vuoi andartene, vai pure. Io rimango qui!” soffiò Trevor, innervosendosi.

“Non sopravviveresti tre secondi.” sbottò Shannen.

“Sono sopravvissuto fino ad ora...” le fece notare.

“Ok, basta! Siete idioti? È il momento di litigare?” gli rimproverò Laurel, mettendosi fisicamente in mezzo tra i due. Shannen e Trevor si scoccarono uno sguardo di sfida e poi annuirono quando Laurel gli richiamò nuovamente all'attenzione.

“Cambiamo piano, vi va?” propose il biondo, sapendo bene da non si poteva salire da un piano all'altro da un controsoffitto e che qualunque cosa fosse nascosta lì in mezzo non sarebbe potuta sbucare dal pavimento poiché molto più pesante dei pannelli. Il loro seppur breve momento di comunione fu interrotto quando un pannello stesso cadde dal soffitto, frantumandosi a terra, e una creatura cadde, rivelandosi la fautrice del piagnisteo.

“Merda merda merda.” disse Trevor, spingendo i suoi amici alla corsa. I tre ragazzi corsero a rotta di collo verso la fine del corridoio, mentre il mostro, muovendosi a scatti molto veloci e ben assestati, faceva del suo meglio per procacciarsi del buon cibo fresco. Il corridoio finiva con una sala piena di armadietti e panchine dove anni prima i medici e gli psichiatri si cambiavano ed indossavano la divisa prima di fare il loro solito giro tra i pazienti morenti. A destra, però, si estendeva un secondo corridoio che terminava con delle scale che portavano chissà dove.

 

A) i ragazzi si nascondono nello spogliatoio
B) i ragazzi corrono verso le scale

 

Oliver aveva visto pochi minuti prima la torretta inclinarsi e cadere. Per forza di logica, qualcosa doveva essere accaduto in quel posto, quasi sicuramente una creatura aveva attaccato qualcuno, e questo indicava la presenza dei suoi amici in quel luogo. Nella migliore delle ipotesi erano ancora vivi, nella peggiore Oliver avrebbe dovuto lottare da solo per la sopravvivenza fino all'alba, ma quello non era il momento per abbandonarsi a pensieri negativi: la speranza era l'unica cosa che gli impediva di cadere a terra, assumere una posizione fetale e piangere.

Iniziò a correre quando il suo cervello connesse questi ultimi pensieri, saltando con agilità rocce, rami o radici che rendevano il sentiero del bosco parecchio complicato da percorrere, soprattutto di notte e con la sola luce della luna. Arrivò a meno di un miglio dalla torretta quando i suoi occhi captarono, di sfuggita, un'ombra illuminata da un timido raggio di luna. Immediatamente Oliver si nascose dietro un tronco abbastanza ampio che odorava di muschio e sfilò il coltello dai bermuda.

Si maledì per l'idea di andare a cercare i suoi amici- adesso gli appariva una dichiarazione di suicidio,- e si asciugò il sudore dalla fronte per evitare che gli andasse negli occhi nel momento dell'attacco in cui la vista gli sarebbe servita più di ogni altro senso.

Strinse la presa sul manico del coltello, sperando che il sudore non glielo lasciasse scivolare dalle mani, sentì dei passi che si avvicinavano a lui, calpestando foglie secche e piccoli rametti, e fu allora che Oliver uscì dallo scoperto, brandendo il coltello e inclinandolo già per colpire il suo obiettivo. Grazie al cielo si accorse qualche secondo prima che quella che aveva davanti non era una di quelle fameliche creature ma qualcun altro che urlò e si rannicchiò, alzando le mani per proteggersi.

“Dio mio, Brooke!” disse Oliver, inserendo il coltello nei bermuda. La rossa aveva uno stato orribile: aveva i capelli arruffati dove si era impigliata qualche foglia, gli occhi arrossati di lacrime e gocce di mascara che le sporcavano il viso, mani e piedi sporchi di terra- e per di più andava in giro senza scarpe e con la canotta slabbrata da un lato.

“Oliver!” disse la ragazza, abbracciando l'amico con fare curioso. Il rosso aggrottò la fronte e studiò meglio la rossa: aveva qualcosa negli occhi e nello sguardo che la rendevano diversa da prima, sembrava disorientata e con la testa tra le nuvole, come avesse un deficit d'attenzione.

“Trevor?” domandò.

“Non lo so.” rispose lei, inclinando leggermente il capo. Oliver allora ragionò che l'amica doveva essersi presa un bello spavento e che quella era una reazione al trauma, uno di quei meccanismi complicati in cui il cervello crea uno scudo attorno a se stesso per proteggere l'integrità psicofisica di una persona.
“Dai, andiamo a cercare gli altri.” disse, prendendola per mano, ma ritirandola subito quando percepì che vi era qualcosa sopra, come un liquido viscido. Aprì la propria mano e vide che era macchiata di sangue, allora si voltò a guardare Brooke con preoccupazione fino a che non trovò un piccolo taglietto all'altezza dell'incavo del gomito, dove di solito si preleva il sangue. Per di più le vene in quella zona erano parecchio visibili sulla pelle pallida della ragazza, e sembravano di un viola scuro.

“Che ti è successo?” domandò Oliver, indicando quel taglio. Brooke inclinò nuovamente il capo, e guardò la ferita come se l'avesse notata per la prima volta, e poi un forte mal di testa la colpì, mentre nella sua mente si ricreavano le immagini del Dottor R che le infilava un ago grosso nel braccio e le iniettava un liquido glaciale. Cosa avrebbe potuto dire? Non sapeva neanche lei cosa le sarebbe successo, e di sicuro raccontare tutto ad Oliver l'avrebbe reso paranoico- e non voleva finire accoltellata. D'altro canto, però, magari Oliver si sarebbe dimostrato comprensivo con lei, e Brooke aveva bisogno di qualcuno che le stesse accanto, che le diceva le precise parole “sistemeremo tutto”.


C) Brooke dice la verità
D) Brooke mente

 

Troy ansimò e si voltò a guardare Lana: la ragazza non avrebbe resistito a lungo, ma il moro non riusciva proprio a decidersi a salvarla, era congelato da un forte senso di paura che gli impediva i movimenti e nel suo cervello era scattato quel meccanismo di egoismo che si attiva solo durante i casi di emergenza. Dal canto suo, Lana capì all'istante i pensieri del ragazzo guardandolo dritto negli occhi, ed iniziò a piangere.

“No, no, no Troy...” miagolò.
“Mi spiace...” disse il ragazzo, e si allontanò, avvicinandosi lentamente e con cautela alla finestra. Il ragazzo ignorò volontariamente le urla di Lana e aprì la finestra che dava sulla terra che, miracolosamente, era ancora intera. Il moro si voltò a guardare la libreria a muro che, con un gemito, si scardinò ancor di più, allora Troy si mosse e si lanciò da un'altezza di quasi due metri, atterrando e rotolando, ricoprendosi di polvere e terriccio.

Sentiva ancora le urla di Lana, quindi decise di allontanarsi il prima possibile da quel posto, così da riuscire a dimenticarsi di quella faccenda a breve. Iniziò a correre senza sapere di preciso dove stesse andando, poiché il suo obiettivo principale non era arrivare da qualche parte, ma mettere tanti metri di distanza tra la ragazza che quasi sicuramente sarebbe morta, schiantandosi contro la scogliera.

Corse, era quasi arrivato oltre la radura, quando con la coda dell'occhio percepì qualcosa. Non fece in tempo a voltarsi che una forza sovrumana lo sbatteva a terra, stordendolo.

“Che cazz...” disse, provando ad alzarsi e sbattendo gli occhi per riacquistare nuovamente la vista ora offuscata dalla botta, ma quando aprì gli occhi, vide il volto di uno di quei mostri che lo guardava con aria famelica. Spaventato ed in panico, Troy urlò e cercò di indietreggiare facendo forza sulle braccia, ma il mostro gli prese la testa tra le mani con una presa salda.

“No no no” pianse, ma prima che potesse accorgersene, la creatura fece scattare le mani e le braccia e ruppe il collo del ragazzo. Non contenta, fece girare nuovamente la testa, mise un piede sul petto del ragazzo e la tirò via, strappandola dal busto che ora perdeva sangue a fiotti. La creatura fece cadere la testa a terra- era la parte meno buona da mangiare, per loro -che atterrò con un tonfo sordo, mentre i muscoli della faccia di Troy si rammollivano, ed il ragazzo rimaneva con la bocca aperta, la lingua da fuori e gli occhi quasi completamente rivolti al contrario.



*pausa drammatica*
ops, c'è scappato il morto! Che dire, la maggior parte di quelli che mi hanno scritto avevano scelto che Troy si salvasse senza aiutare Lana, ma ci siamo dimenticati che la creatura era fuori dalla torretta e Lana era l'unica con una pistola? Evidentemente sì, ma la morte di Troy peserà sulla coscienza di Ninas dark moon che ringraziamo per aver commentato per prima.
Ora, le decisioni che si presentano in questo capitolo possono apparire più semplici, ma dovete iniziare a pensare in grande, se volete che gli altri sei si salvino (se volete un'ecatombe di ragazzi, allora il discorso è un altro).
Un minuto di silenzio per Troy,
The_Lock

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


14

 

DRUMMER ISLAND, ore 00:40

 

 

Appena entrati nel camerino dei dottori, Trevor chiuse la porta dietro di sé e intimò agli altri due amici di nascondersi. Shannen trovò un armadietto aperto e vi si infilò dentro con tanta fretta, chiudendoselo dietro; infatti la ragazza era abbastanza magra da poter riuscire usare quegli armadietti come nascondiglio, ma Laurel e Trevor che erano di certo più muscolosi, non potevano contare su quella soluzione.

La creatura spaccò la porta squarciandola dal centro come fosse un foglio di carta e balzò all'interno della stanza, ululano. Trevor prese Laurel e lo abbracciò, nascondendosi dietro una fila di armadietti, mentre con la mano tappava la bocca al ragazzo per evitare che emettesse qualche suono.

“Sssssht, andrà tutto bene.” disse, mentre sentiva che Laurel stava leggermente tremando. La creatura iniziò ad esaminare la prima delle tre file di armadietti, provando a vedere se qualcuno dei tre ragazzi fosse nascosto da quelle parti, ma ne rimase delusa ben presto. Trevor si affacciò e vide il mostro cercare sotto le panchine. Trevor aggrottò la fronte: perché infilare la testa sotto le panchine se bastava una rapida occhiata per capire se ci fosse qualcuno sotto o meno? Le possibilità nella sua testa erano due: la prima che la creatura era estremamente stupida, la seconda che doveva avere qualche problema alla vista- ipotesi accentuata dal fatto che i mostri non avevano neanche pupille e che l'intera iride era color latte, quasi fossero cieche. Però li aveva inseguiti fino a quel posto, e a meno che non avessero un'udito eccezionale non capiva come aveva fatto da sempre ad intercettarli.

Il ragazzo, però, dovette ritirarsi poiché la creatura alzò lo sguardo e passò alla seconda fila, questa volta saltando sopra per avere una migliore visuale, e addirittura mettendosi eretta su due piedi, risultando goffa come un cane che cerca di compiacere il padrone.

Trevor intuì il progetto della creatura ed iniziò, insieme a Laurel, a spostarsi lateralmente. Poco dopo la creatura, infatti, balzò sulla terza fila, abbassando lo sguardo per vedere se qualcuno fosse da quelle parti, ma ancora nulla rivelavano i suoi occhi lattei, e quindi ella ululò ancora, facendo sussultare i tre ragazzi.

Decisa a farli scappare, la creatura cadde dall'altro lato e, con una manata, spinse e destabilizzò una fila di armadietti, che presto provocò l'effetto domino sperato, facendo cadere una fila sull'altra. Trevor si lanciò continuando a tenere stretto Laurel a sé, e rotolarono sotto le panchine, che si rivelò abbastanza resistente da non spaccarsi sotto il peso degli armadietti.

Delusa da non veder nessuno scappare via, il mostro decise che i ragazzi dovevano esser andati via, allora si avviò verso la porta.

Laurel, che ancora non aveva capito cosa fosse accaduto in quegli ultimi minuti, si ritrovò nuovamente stretto a Trevor che, tendendo le orecchie per capire se la creatura era ancora lì, sembrava ancora più bello agli occhi del biondo.

Dopo qualche secondo, Trevor si voltò ed i due rimasero con i visi a pochi millimetri uno dall'altro.

“Stai bene?” sussurrò Trevor, ed il biondo annuì, stralunato. “Dobbiamo andare a tirare fuori Shannen da quell'armadietto.” aggiunse il moro. Trevor comunicò che sarebbe uscito prima lui per vedere se la situazione era sotto controllo, e poi avrebbe fatto uscire anche Laurel da sotto la panchina. Così, per necessità, il moro dovette praticamente mettersi sopra il biondo per scivolare dall'altro lato, ma doveva studiare bene il percorso perché in caso doveva tornare immediatamente sotto la panchina. Appoggiò il bacino su quello di Laurel, ed iniziò a sentire una lieve pressione da quell'area.

“Hai un'arma?” sussurrò Trevor, scambiando una parte dell'amico per una specie di mazza ferrata.

Laurel annuì e diventò rosso in volto, così Trevor capì immediatamente e sgranò gli occhi, imbarazzato. Laurel stava avendo un'erezione in quel momento? Quando erano sotto attacco? E, soprattutto, quando lui, il suo migliore amico, gli era praticamente spalmato sopra? Trevor non era scemo, sapeva fare due più due; ma era comunque il momento peggiore per parlare di una cosa del genere, anche se sentiva che avrebbe dovuto parlarne col biondo il prima possibile.

Comunque il moro scivolò via, e poi aiutò Laurel a sgusciare via, quando vide che la situazione era tranquilla. In silenzio i due provarono a sollevare l'intera fila di armadietti, ma si rivelò troppo pesante per due persone sole.

“Shan, mi senti?” domandò Trevor.

“Ragazzi! Come state? Non riesco ad uscire!” spiegò la ragazza. In effetti l'anta del suo armadietto si era deformata e poggiava in parte su un'altra fila, rendendo impossibile per la ragazza riuscire a scappare.

“Ci serve una leva.” disse Laurel.

“Ok, torniamo subito.” promise Trevor, ed i due amici uscirono dalla sala.

 


Lana era disperata. Non osava abbassare lo sguardo per vedere gli scogli bagnati dove a breve si sarebbe schiantata, non osava neanche alzarlo per evitare di vedere la libreria che entro poco tempo si sarebbe staccata e sarebbe precipitata contro la parete, facendo crollare definitivamente la torretta.

Allora il suo ingegno si mise in moto: non sarebbe riuscita a salire facendo leva solamente sulle sue mani, doveva cercare qualcosa a cui appendersi, e alla sua destra la vide. Era la pesante radio con cui aveva chiamato la polizia qualche minuto prima, che ancora pendeva vicino al suo fianco sospesa nel vuoto e retta da uno spesso filo che la attaccava alla corrente della baita. Forse, se Lana ci sarebbe salita sopra, sarebbe caduta, ma se rimaneva lì ferma ancora qualche minuto, sarebbe sicuramente precipitata. Doveva correre il rischio: con un piede saggiò la resistenza del filo provando ad aggiungere il proprio peso per vedere se la spina si staccava, ma il filo resistette e Lana si fece coraggio.

“Andiamo, Lana.” si disse, e fece scivolare prima la mano destra, poi quella sinistra sul filo, afferrandolo con forza, mentre i piedi si poggiavano sul retro della radio abbastanza larga da garantirle un punto d'appoggio. Respirando e cercando di mantenere un equilibrio psichico tra fretta e panico, Lana iniziò a salire sul filo fin troppo scivoloso perché fosse una via di fuga veloce. Vide la spina ancorata con delle viti che iniziava a tremare, allora la mora diede un ultimo sforzo per evitare che un suo movimento desse il colpo di grazia alla radio. Mise un piede sulla parete della torretta, poi l'altro e, usando una mano ed un colpo di reni ben assestato, arrivò sana e salva sulla terra ferma. Le braccia le dolevano da morire, ma non ebbe neanche il tempo di riposarsi che le sue orecchie riconobbero il suo della libreria che si staccava dalla parete, minacciando di far precipitare tutto. Prima ancora di capire cosa stesse accadendo, Lana si ritrovò a correre a rotta di collo verso la finestra dalla quale era uscito Troy pochi minuti prima, e si lanciò tuffandosi e atterrando sulla terra in malo modo, mentre la torretta precipitava sulla scogliera, facendo un frastuono terribile.

Lana ansimò, non riuscendo a credere di essere ancora viva e vegeta, e si stese per terra, mentre le ferite della caduta iniziavano a sanguinare, ma a lei non importava più perché era sana e era viva.

Fu qualcos'altro che vide, però, a farle tornare l'ansia moltiplicata per mille. I suoi occhi stanchi e velati di lacrime, videro un oggetto particolare a pochi metri da lei. Lana si asciugò gli occhi e provò a vedere meglio, ma dovette alzarsi per capire cosa fosse quell'ovale che la fissava. Zoppicò fino a quella specie di pallone, ma non dovette camminare a lungo prima di capire che si trattava della testa mozzata di Troy.

Lo stomaco della ragazza le si attorcigliò per la forte visione, ma non pianse. Avrebbe dovuto sentirsi dispiaciuta per qualcuno che aveva preferito lasciarla morire da sola, sospesa nel vuoto? Non ci pensava proprio. E facendo un breve esame di coscienza, Lana sapeva di poter rispondere tranquillamente che, al posto di Troy, lei avrebbe aiutato chiunque; ma Troy si era rivelato il peggio codardo della storia, quindi Lana non si sentì neanche un po' in colpa quando gli voltò le spalle per pensare al suo futuro.

Dove poteva andare? Rimanere là da sola sarebbe stato pericoloso, ma la radura avrebbe garantito una buona visuale che la foresta non avrebbe potuto darle. Ma rimanere in quel posto per le restanti cinque ore prima dell'arrivo del traghetto, da sola, non pensava le convenisse più di tanto. Poi, adesso le creature avevano qualcosa da mangiare e su cui perdere tempo.

 

A) Lana rimane nella radura
B) Lana va altrove (specificare luogo)

 

Brooke provò a chiudere gli occhi e cercò di ricordarsi al meglio ciò che le era successo. Era in ospedale, con Trevor, stavano scappando, poi le era venuto un dubbio e avevano perso tempo a parlare, quindi erano stati raggiunti dal Dottor R e lei si era svegliata con l'uomo che le iniettava qualcosa al braccio, qualcosa di nero e catramoso.

“Cos'era? Una droga?” domandò Oliver e Brooke fece spallucce. “Non ti ha detto niente?” domandò Oliver.

“Mi ha detto che sarei rinata, o qualcosa del genere.” spiegò la rossa, scuotendo leggermente il capo. Oliver sgranò gli occhi. Cosa poteva significare quella frase? Di certo, in quella circostanza e in quella particolare notte, solo un pensiero riusciva a schiudersi nella sua mente: cioè che il famigerato Dottor R le aveva iniettato qualche componente strano per renderla magari simile alle creature che li stavano attaccando o magari qualcosa di peggiore, più forte e vorace. In effetti Brooke sembrava molto poco lucida, e dondolava sul posto come fosse ubriaca. Forse il Dottor R le aveva solo somministrato una droga, ma Oliver non conosceva nessuna droga nera e densa.

“Come sei scappata?” domandò il rosso. Aveva deciso di fare quella domanda per capire meglio la situazione: se Brooke era stata liberata dal Dottor R, allora c'era davvero qualcosa di crudele sotto. In effetti, se questo dottore era l'attuale responsabile di queste creature e del pericolo che stavano correndo gli amici, molto probabilmente Brooke era appena diventata uno dei suoi esperimenti.

“Non ricordo. Mi sono svegliata qui, nei boschi.” spiegò Brooke. Oliver ansimò: non solo il dottore l'aveva liberata, ma l'aveva portata anche nei boschi dove poi lei avrebbe potuto iniziare a mangiare i suoi amici. O almeno questo fu il ragionamento paranoico del rosso, che sembrò essere confermato quando le vene del braccio di Brooke iniziarono pian piano a tingersi di nero, e la pelle della ragazza si fece più pallida.

Oliver sfilò il coltello e lo puntò contro Brooke, la ragazza aggrottò leggermente la fronte, non riuscendo subito a capire cosa stesse passando per la testa del rosso.

“Brooke... mi spiace, ma dobbiamo rimanere al sicuro, e con te non sarei al sicuro.” disse Oliver.


C)Oliver lascia Brooke indietro

D) Oliver prova ad uccidere Brooke

 

 

Shannen sentì dei passi sempre più vicini, accompagnati dal rumore degli armadietti che venivano messi a posto.

“Ragazzi?” domandò lei, massaggiandosi un livido sulla fronte, poi, anche la sua fila su rimessa in piedi, mentre il rumore di passi si avvicinava a lei. Shannen non capiva: perché sentiva solo i passi di una persona? Il sangue le si fece gelido: forse uno dei due ragazzi era morto durante la ricerca della leva.

“Laurel? Trevor?” domandò, ma non ricevette risposta. Sentì una mano armeggiare con la serratura, e poi la sentì spaccarsi. L'anta fu aperta violentemente e Shannen aggrottò la fronte, vedendo solo un uomo che indossava una maschera antigas e un camice.

“Ciao, Shannen.” disse l'uomo, mentre gli occhi della ragazza si posavano sulla scritta cucita sul camice che recitava a grandi caratteri: Dottor R.


Cari ragazzi e care ragazze,
Ringraziamo Connie91 per le scelte dello scorso capitolo!
Wow, la situazione sta peggiorando in fretta, vero? Lana si è salvata, ma Oliver è terrorizzato da ciò che Brooke potrebbe diventare e Shannen è nelle mani del Dottor R... Trevor ha iniziato ad avere un giusto sospetto riguardo la vista delle creature, sospetto che forse può essere confermato da un capitolo precedente (ma non vi dico quale).
Ora, pensate bene a quali bivi intraprendere!
Un abbraccio,
The_Lock

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


15

DRUMMER ISLAND, ore 01:03

Oliver posizionò l'avambraccio contro il collo di Brooke, facendo abbastanza pressione affinché la ragazza non potesse scappare, incastrandola tra le sue braccia e il tronco di un albero abbastanza spesso.

“Oliver...” tremò Brooke, mentre altre lacrime scendevano dal volto della ragazza “Non fare lo stupido...” lo intimò, cercando di risultare autoritaria, mentre la voce le usciva flebile dalla bocca.

“Dobbiamo rimanere al sicuro, e tu sei una minaccia alla nostra sicurezza!” protestò Oliver spingendo ancora di più l'avambraccio sul collo della ragazza. Brooke spalancò gli occhi: aveva difficoltà a respirare adesso, e se proprio Oliver voleva ucciderla, perché doveva soffocarla? Per rendere la cosa ancora più umiliante e lunga e dolorosa?

Oliver sfoderò il coltello che brillò di luce riflessa dalla luna e per un momento accecò Brooke.

“Tu faresti lo stesso al mio posto.” ansimò Oliver, flettendo il braccio e puntando il coltello sullo sterno di Brooke. “Non farà male, lo prometto.” disse il rosso, mentre qualche lacrime scendeva anche dal suo volto. Di certo Oliver si trovava in una di quelle posizioni in cui nessuno vorrebbe mai trovarsi: l'avere il coraggio o la follia di sacrificare qualcuno che si conosce per un bene superiore, e il rosso iniziava a sentire i sensi di colpa prima ancora che potesse effettivamente piantare il coltello nel petto della ragazza. Stava titubando, quando sentì le mani fredde di Brooke sul suo braccio che, facendo una fortissima pressione, allontanavano dal collo, il suo avambraccio senza apparente sforzo.

Brooke si era arrabbiata, o forse era solo spaventata, ma quella forza aveva ben poco di umano ed infatti il ragazzo fu scaraventato contro un albero dalla parte opposta della radura. Il coltello di Oliver cadde per terra e il ragazzo provò a recuperarlo, ne afferrò il manico ma Brooke pose il piede sopra per evitare che il rosso potesse anche solo sfilarlo da quella posizione. Oliver alzò lo sguardo e vide Brooke che, con sguardo deformato dalla rabbia e ancora più vene nere che ora si spandevano oltre la spalla, lo guardava come un cacciatore guarda la preda. Un calcio di Brooke lo colpì al petto e Oliver volò via per qualche metro, atterrando sul morbido terriccio umido e freddo della foresta. Il rosso si tenne il petto con la mano, tanto era il dolore che sembrava volesse fargli esplodere la cassa toracica, ma Brooke si avvicinò di nuovo a lui e gli afferrò il collo.

“Non sei stato molto gentile, Oliver.” ringhiò Brooke, stringendo ancora più forte sulla trachea del ragazzo che iniziò a dimenarsi, cercando qualche via di fuga.

“Se ti mordessi? Potrei infettarti, allora non dovresti suicidarti?” domandò, con un sorrisino pazzoide sul volto “Se davvero ci tieni alla sicurezza dei tuoi amici, dovresti ammazzarti da solo, no? Non sei un nobile d'animo?” lo schernì, allentando la presa.

“Avevo ragione, però. Sei pericolosa.” sussurrò il ragazzo.

“Magari ti ucciderò e basta. Non c'è nessuno che mi scoprirebbe. Potrei pensare ad una bella storiella in cui una creatura ti ha mangiato la faccia ed io sono scappata e tutti mi crederebbero.” spiegò, annuendo, per poi leccarsi i denti bianchi.

“Non so, tu cosa suggeriresti?” domandò la ragazza, inclinando il capo.

 

A) Brooke uccide Oliver

B) Brooke morde Oliver

 

 

Trevor prese la prima asta per le flebo che trovò per terra e la studiò velocemente. Era arrugginita e un po' storta, ma forse sarebbe bastata a fare da leva per salvare Shannen da quel domino in cui era finita. La mente, però, gli volò a qualche minuto prima quando, steso sopra Laurel, aveva percepito la pressione dell'erezione dell'amico e ora non riusciva proprio a pensare ad altro. Sapeva che Laurel era gay, ma non aveva mai immaginato che l'amico potesse provare qualcosa di più di un'amicizia, che fosse una cotta o solo attrazione fisica. Trevor scosse leggermente il capo e si rimproverò: non era il momento di pensare a quelle cose. Così fece segno a Laurel di tornare indietro ed i due svoltarono nuovamente l'angolo, tornarono nello spogliatoio dove poco prima si erano nascosti e spalancarono le porte, solo per vedere che era già tutto in ordine e l'armadietto in cui era nascosta Shannen poco prima, ora era spalancato.

Laurel impallidì, avvicinandosi all'anta per decifrare eventuali segni di graffi che avrebbero indicato la presenza di uno di quei mostri, ma l'anta appariva solo leggermente deformata dalla caduta di poco prima.

“Dottor R?” domandò Laurel, rivoltò all'amico e Trevor fece spallucce, indicando che era molto probabile. Gli occhi del biondo si riempirono di lacrime che cercò a stento di trattenere, quindi Trevor scattò in avanti e fece coraggio all'amico.

“La troveremo.” lo rassicurò, abbozzando un sorriso che sparì immediatamente quando un nuovo pensiero si fece strada nella sua mente. Se il dottore aveva rapito Shannen era forse perché aveva finito di giocare con Brooke? Aveva finito con una ragazza ed ora era passata all'altra? E soprattutto, che aveva fatto alla rossa?

“Vieni, andiamo a cercarla.” disse Trevor, optando per fare qualcosa piuttosto che rimanere lì impalato a rimuginare su teorie catastrofiche che, purtroppo, avevano ogni probabilità d'esser già accadute. Trevor aprì leggermente la porta e controllò il corridoio, poi prese Laurel per mano e insieme camminarono per l'ospedale buio in cerca di una direzione da seguire.

Le direzioni erano purtroppo due: una a destra e l'altra a sinistra e se si sarebbero divisi, allora questo avrebbe aumentato sia la probabilità di trovare Shannen, sia quella di essere uccisi dalle creature o rapiti dal Dottor R.

Il biondo sembrò intuire i pensieri di Trevor, e prese la parola.

“Dividiamoci.” propose.

“Sei rincretinito? Moriremo.”

“Sarà più facile trovare Shannen e Brooke.” annuì Laurel.

“Non hai le prove. Insieme siamo più forti.” spiegò Trevor, aggrottando la fronte e prese Laurel per le spalle “Qualsiasi cosa accadrà, non ci divideremo, capito?” domandò Trevor, puntano occhi di fuoco sull'amico biondo. Laurel si morse le labbra e annuì, anche se controvoglia: Trevor aveva ragione; rimanere uniti in quei momenti era la cosa migliore e poi, chissà, magari sarebbero stati fortunati e avrebbero trovato Shannen prima che potesse accaderle qualcosa.

 

C) Trevor e Laurel vanno a destra
D) Trevor e Laurel vanno a sinistra


Carissimi e carissime,
un ringraziamento a Connie91 per le scelte dello scorso capitolo! Chiedo scusa per il capitolo un po' corto, ma ho pensato fosse una buona idea soffermarsi sulle sottotrame di Oliver vs Brooke e Laurel + Trevor. Ora, scelta difficile quella che dovete fare all'inizio perché è chiaro che Oliver pagherà le conseguenze delle sue azioni contro Brooke, ma sta a voi scegliere l'intensità "karmica" della punizione. Per quanto riguarda Trevor e Laurel, se scegliete la strada giusta, FORSE faranno in tempo a trovare Shannen, altrimenti.. bé, vedremo.
Un abbraccio,
The_Lock

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


16

 

DRUMMER ISLAND, ore 01:58
 

 

Laurel e Trevor decisero di andare a destra ed i due ragazzi camminarono senza fare troppo rumore per evitare di attirare l'attenzione di qualche creatura su di sé. Spensero addirittura la luce del cellulare poiché la luce della luna era abbastanza potente da illuminare il corridoio per il quale camminavano.

“Le creature hanno problemi alla vista.” disse Trevor, con un sussurro, non sapendo cosa dire ma sentendo l'impulso di dire qualcosa in quel momento per evitare che la paura del silenzio lo inghiottisse come un mostro.

“Cioè?” domandò Laurel, aggrottando la fronte e guardando verso l'amico.

“Non lo so... ma non sono sicuro vedano perfettamente. Quando eravamo negli spogliatoi, ha guardato sotto la panchina e ha toccato con la mano per assicurarsi non ci fosse nessuno.” spiegò, facendo spallucce.

“Pensi siano cieche?” domandò Laurel.

“No. Ci inseguono sempre con tanta precisione... deve essere qualcos'altro...”

“Ora che ci penso... quando stava per attaccare Troy, c'è stato un momento in cui il mostro ha esitato. Era vicinissimo a Troy ma invece di ucciderlo s'è guardata attorno come non lo vedesse più.” raccontò, rievocando a mente l'immagine che qualche ora prima aveva visto con i suoi occhi.

“Troy ha fatto qualcosa, in quel momento?” domandò il moro.

“No, era pietrificato dalla paura.” disse il biondo, abbassando lo sguardo e subito aggrottando la fronte. Trevor si mise a pensare, perdendosi in varie teorie che potevano rivelare un punto debole di quei mostri e sapeva che la soluzione era vicina, almeno per aggirare il problema, quindi si girò per comunicare ancora a Laurel i suoi dubbi, quando vide l'amico che illuminava il pavimento con la luce del cellulare.

“Laurel?” domandò Trevor, tornando indietro.
“Guarda... strisce.” disse, indicando all'amico due strisce parallele quasi parallele che attraversavano la fuliggine mista a polvere del pavimento, spostandola e creando una specie di pista che i ragazzi potevano interpretare.

“Potrebbero essere le scarpe di Shannen mentre il dottore la portava via.” disse Laurel.

“È l'unica traccia che abbiamo.” disse Trevor, sollevando l'amico di peso ed iniziando a correre verso il rettilineo. I due amici si fermarono quando videro che le strisce andavano oltre il muro, come se il Dottor R si fosse rivelato un fantasma e fosse in grado di passare attraverso i muri, quasi come fosse evanescente. Trevor iniziò a studiare la parete, toccandola ed iniziando a bussare piano per vedere se ci fosse un punto meno rinforzato dell'altro, ed infatti ben presto Trevor riuscì a stabilire l'intero perimetro del passaggio segreto.

“Senti? C'è un po' di vento.” disse Laurel, aprendo la mano come stesse accarezzando qualcuno. Il vento proveniva esattamente da quella parete, allora Trevor la illuminò fino a trovare una sottilissima linea che rendeva in grado di riconoscere l'entrata.

“Dobbiamo trovare l'interruttore.” spiegò il moro. Laurel illuminò il pavimento e ripercorse le strisce del pavimento, fino a vedere un punto in specifico dove, sul pavimento, si vedevano le strisce deviare molto verso un interruttore della luce per niente sporco: indizio sul fatto che era stato maneggiato abbastanza spesso.

“Trevor, è lì.” disse il biondo, facendo per muoversi, ma il moro lo bloccò con una mano sul petto. Laurel guardò al fondo del corridoio e vide una creatura in posizione d'attacco: braccia tese e pronte a far leva sul pavimento per scattare in avanti, bocca che perdeva copiose quantità di saliva e un sottile e penetrante ruggito.

“Non muoverti.” sussurrò il moro.

“Perché?” domandò Laurel, pronto a scappare via.

“Perché credo che se non ti muovi, non ti percepisce...” spiegò a denti stretti.

“Ok, ma Shannen...”

“Aspetta!” sbottò, facendo scivolare la mano dal petto al polso, per tenere stretto l'amico.

“Se corro, premo l'interruttore e torno posso farcela.”

“A farti ammazzare, sì.” ringhiò Trevor, muovendo la testa e causando un ringhio più acuto. Trevor finalmente ricevette la prova del nove: il problema alla vista dei mostri risiedeva nella loro incapacità di percepire la mancanza di movimenti, quindi se sarebbero stati fermi sicuramente il mostro se ne sarebbe andato, ma forse avrebbero perso Shannen; in caso contrario, Trevor sarebbe riuscito a passare oltre la porta, ma forse avrebbe perso Laurel. La storia del Dottore tagliava ai due molti minuti, bisognava decidere ed in fretta.

 

A) Laurel corre all'interruttore
B) Trevor e Laurel aspettano che la creatura vada via


Brooke osservò Olliver come un gatto poteva osservare un topo che teneva tra gli artigli. Vide i muscoli del rosso tesi, madidi di sudore, il suo petto che faceva su e giù a causa del respiro affannato, percepiva il battito cardiaco accelerato e vedeva l'aorta pompare tanto sangue al cervello perché doveva subito trovare una soluzione a quella situazione che lo vedeva prigioniero. In un impeto di onnipotenza, Brooke strappò una bretella della canottiera che stava indossando Oliver e decise di morderlo sul trapezio poiché era il muscolo più in bella vista e facile da trapassare con i denti.

Oliver urlò, credendo che Brooke volesse ucciderlo in quel momento, e sembrava proprio così perché la rossa si stava quasi divertendo a lacerare i muscoli del rosso con i suoi denti. Quella sensazione del sangue in bocca, delle urla della vittima, la percezione di potenza per poco non corruppe Brooke a strappare un pezzo di carne del ragazzo. Invece, tale fu l'ondata di potere che la ragazza ebbe una specie di ritorno di fuoco e si rese immediatamente conto di ciò che stava facendo. La rossa alzò il capo e si allontanò frettolosamente da Oliver, mentre cercava di respirare e darsi una calmata.

“Vai via...” sussurrò, pulendosi il sangue dalla faccia, ma il rosso non rispose e continuò a rantolare, coprendosi la ferita con la mano, mentre l'odore dei fluidi si diffondeva nell'aria e facendo andare Brooke quasi in estati.

“MUOVITI!” urlò con imperio, e la voce le uscì così bassa e gutturale che sembrava quasi demoniaca. Oliver si alzò, cercando appiglio sul tronco di un albero e si voltò, cercando la figura di Brooke nel buio, ma ritrovandosi nuovamente solo. La ragazza era corsa via finché aveva ancora quel poco di buonsenso umano che non la rendeva una bestia affamata.

Dagli occhi del rosso sgorgò qualche lacrima, e le sue gambe iniziarono a tremare incontrollate, mentre la mano, incollata sul muscolo che univa collo e spalla, continuava a tamponare la ferita. Oliver sentì il sangue caldo scivolare lungo il pettorale sinistro e il braccio, quindi si decise di prendere il coltello ed usarlo come specchio per controllare lo stato della ferita. Sospirò quando scoprì che la ferita era brutta, ma non orribile o letale, seppure minacciosa se pensava che forse era stato infettato da Brooke.

L'unica cosa che fu in grado di suggerire la sua razionalità fu quella di scappare il prima possibile, quindi Oliver si ricordò della torretta che crollava dove sperava ci fossero ancora i suoi amici ad attenderlo e a cui avrebbe chiesto aiuto. Così, passo dopo passo, Oliver riacquistò velocità e tornò a correre, sempre reggendosi la ferita con la mano e il coltello nell'altro. Si fermò solo una volta per riprendere fiato e calmare il senso di nausea che l'aveva pervaso, poi riprese la corsa a perdifiato verso il luogo dove ricordava fosse la torretta. Arrivò alla radura illuminata dalla luna e vide una figura seduta per terra che si abbracciava le gambe, come cercasse di calmarsi. Il rumore dei suoi passi attirò l'attenzione della persona ed essa si alzò in piedi, brandendo la pistola a razzi e puntandola contro Oliver.

“LANA! SONO IO!” urlò Oliver, rallentando.

“Oliver, sta' fermo!” disse la ragazza, tremando mentre chiudeva un occhio per prendere meglio la mira.

“Lana... aspetta...” disse il rosso, aggrottando la fronte e avvicinandosi all'amica.

“OLIVER, STA' FERMO!” urlò la ragazza, poggiando l'indice sul grilletto.


C)Lana spara

D) Lana esita

 

 

Shannen era riuscita a rimanere sveglia e cosciente per tutto il tragitto in cui il Dottor R l'aveva rapita. C'era qualcosa che non andava in quell'uomo: aveva una forza sovrumana e la ragazza, per evitare di perdere i sensi mentre lui la trascinava via, chiudendole il collo nell'incavo del suo gomito, si era volontariamente morsa un labbro fino a farlo sanguinare. Il dolore ed il sapore del sangue l'avevano immediatamente svegliata e più Shannen succhiava sangue, più riacquistava coscienza e adrenalina grazie al dolore.

L'uomo la posizionò su un tavolo e provò a immobilizzarla, ma Shannen si ribellò appena poté, provando a scappare via con scarso successo: il Dottor R la immobilizzò in pochi secondi e già le legò i polsi ad una cinghia del tavolo, prima che la ragazza potesse rendersene conto. Poco dopo, il dottore immobilizzò anche le caviglie e poi passò al collo.

“Perché? Perché ci fai questo?” domandò Shannen, iniziando a piangere ed iniziando a sentirsi perduta nel laboratorio di quell'uomo.

“Perché mi pagano per farlo.” rispose l'uomo, aggrottando la fronte come se la risposta fosse stata palese fin dall'inizio.


Carissime e carissimi,
sono cattivo, lo so. Ringraziamo Connie91 per le scelte, e analizziamo brevemente i nuovi bivi. Il primo, scelta difficile perché si tratta di far rischiare la vita a Laurel oppure no, ma una cosa è cerca, per salvare Shannen i minuti sono contati! La seconda è tutta una questione d'istinto, vi ho messo in una posizione di ignoranza dal punto di vista di Lana, e sta a voi assecondare questo istinto o meno.
Per il resto, Trevor ha capito una cosa importante delle creature, ed il Dottor R ha dichiarato di essere "pagato" per le crudeltà che commette... il mistero s'infittisce, signori!
Un abbraccio,
The_Lock

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


17

 

 

DRUMMER ISLAND, ore 02:21

 

 

Accadde tutto in fretta. Lana premette il grilletto con una tale sicurezza che sembrò disarmare Oliver, ormai disperato e sicuro che Lana volesse farlo fuori per via del morso, perché forse la ragazza aveva origliato la conversazione tra lui e Brooke e voleva giustamente difendersi. Un flash partì dalla canna della pistola, ed Oliver iniziò a vedere ogni cosa come se il tempo si fosse improvvisamente rallentato. Il proiettile luminoso era vicino a lui, ma il rosso si buttò a terra per schivarlo, optando per atterrare sulla schiena poiché se Lana avesse ancora voluto sparargli, Oliver doveva essere pronto a vedere i movimenti della ragazza; ma un altro movimento inaspettato lo colse impreparato, e il proiettile illuminò per qualche secondo il volto deformato del mostro. Era praticamente arrivato alla schiena di Oliver: l'avrebbe ucciso a breve, e il solo pensiero fece congelare Oliver di paura, ma poi il proiettile si incastrò nuovamente nella bocca del mostro. Uno spettacolo simile a quello che si era svolto nella cantina della villa si ripeté davanti agli occhi increduli del ragazzo, ed il mostro iniziò a gorgogliare sangue, mentre il proiettile luminoso sfrigolava luminoso nella bocca del mostro, illuminando l'interno delle guance fino all'esterno, come fosse stata una comune lampada da comodino.

Quello che i ragazzi non poterono prevedere, però, fu che il razzo sparato da Lana era di un tipo diverso rispetto al primo. Questo secondo, infatti, aveva una tanica esplosiva all'interno per creare un effetto fuoco d'artificio per garantire ai naviganti una migliore copertura; quindi vi fu un sibilo seguito da un secondo di silenzio, e poi la testa della creatura scoppiò, mentre pelle, carne ed ossa si andavano a confondere con le scintille rosse del razzo. Sia Lana che Oliver urlarono, ritirandosi inorriditi da quella visione infernale. Erano entrambi sporchi: avevano pezzi di creatura un po' ovunque, mentre il corpo del mostro ormai inerme sul terreno rado, scattava in piccoli spasmi, nonostante il cervello del proprietario fosse sparso per un raggio d'azione abbastanza ampio.

Oliver non ebbe la forza di alzarsi così come Lana non ebbe l'energia di rimanere in piedi, e cadde vicino all'amico, ansimando e guardandolo con occhi sbarrati, come per verificare se entrambi erano stati testimoni della stessa visione.

“G-grazie.” disse il rosso, ansimando.

“Figurati.” balbettò Lana, trovando un dente del mostro impigliato nei suoi capelli ed inorridendo. I ragazzi rimasero a lungo seduti a riprender fiato e a riacquistare più lucidità mentale, poco interessati all'idea di scappare e affascinati dal chiaro di luna.

“Troy?” domandò Oliver, tutto d'un tratto e nella testa di Lana riaffiorò la testa del ragazzo strappata via dal suo corpo, i tubi violacei che fuoriuscivano dalla sua ferita, gli occhi rivolti verso al cielo, la bocca spalancata e i muscoli della faccia molli come cera accaldata.

“Mi spiace.” disse Lana, e Oliver chiuse gli occhi lentamente, per poi coprirsi la faccia con i palmi delle mani e iniziare a piangere. Intenerita, Lana lo abbracciò e lo dondolò dolcemente, colpita da quel ragazzo che non aveva problemi a mostrare le proprie emozioni. Oliver pianse per pochi minuti: l'idea di Troy scomparso lo atterriva, ma adesso doveva accantonare l'idea del lutto per tornarci una seconda volta, quando- magari -sarebbe sopravvissuto fino all'alba.

“Quanto manca alle sei?” domandò, tirando su col naso.

“Poco più di tre ore.” spiegò Lana.

“Gli altri?” chiese.

“Shannen e Laurel sono andati all'ospedale abbandonato. Possiamo andarci anche noi, oppure...” mormorò Lana, aggrottando la fronte “...nella cantina della nostra vecchia villa c'era un motoscafo senza motore... potremmo cercarlo e andare via.” disse Lana. “Oppure preferisci andare a cercare gli altri?” domandò la ragazza.

 

 

A) I ragazzi vanno verso l'ospedale psichiatrico
B) I ragazzi tornano verso la villa

 

 

“Mi fai male.” mormorò Laurel a denti stretti. Trevor si riscosse: era stato così tanto tempo a fissare la creatura negli occhi che non si era accorto di quanto tempo era passato e di aver fermato la circolazione alla mano del biondo, stringendola troppo nella paura che potesse scappare.

“Scusa.” mormorò Trevor, lasciando libero il polso dell'amico, ma come un cane scappa appena viene tolto il guinzaglio, Laurel scattò in avanti con velocità felina.

“LAUREL, NO!” urlò Trevor, allungando il braccio, ma il biondo era già lontano abbastanza metri così poté evitare la presa dell'amico e correre verso quell'interruttore che l'avrebbe condotto da Shannen.

Laurel non si era mai definito un tipo da mettere la propria vita dopo quella altrui, eppure ora stava correndo a falcate enormi per salvare la sua amica, anche se questo avrebbe significato essere mangiati vivi. Anche la creatura scattò con ferocia, ed era molto più veloce del ragazzo, ma Laurel poteva contare sulla maggiore vicinanza rispetto all'interruttore, quindi decise addirittura di velocizzare la corsa e, quando fu ormai vicino, diede un colpo alla leva. Trevor si voltò: qualcosa dietro di lui fece rumore e dei nastri scorsero fino a far aprire un uscio della grandezza di uomo. Il moro si voltò ancora, vide Laurel che, per evitare di perdere la velocità, derapò lungo il corridoio e fece un'inversione a U, tornando a correre questa volta verso l'amico.

“Dai, corri!” urlò Trevor, ma la creatura era così vicina al biondo, che Laurel poteva giurare si sentire il suo fiato sul collo. L'uscio scattò ancora e Trevor si voltò e lo vide mentre si chiudeva nuovamente, allora si contrappose a peso contro la porta per evitare che si chiudesse prima che Laurel potesse arrivare, ma la forza degli ingranaggi era tale che presto Trevor iniziò a sentirsi in difficoltà.

“FORZA, LAUREL!” urlò, porgendo la mano all'amico. Il moro vide tutto da così vicino che dovette fare mente locale qualche secondo dopo l'accaduto per capire cosa fosse successo. Si ricordò di aver porto la mano a Laurel, che il biondo si allungò per afferrarla forse troppo presto poiché mancavano ancora qualche centimetro, allora si sbilanciò in avanti, rischiando di cadere, ma riuscendo così a schivare un balzo della creatura che andò a proiettarsi contro la parete opposta. Trevor prese poi Laurel per la maglietta e lo strattonò dentro il rifugio, successivamente sigillatosi grazie al meccanismo degli ingranaggi. Ed ora Trevor era al buio, con Laurel freddo come il ghiaccio e in preda ad alcuni spasmi: erano entrambi vivi e non sapevano come, ma adesso non importava.

“Sei stato un eroe.” disse il moro, mentre sentiva l'amico ansimare e stringersi a lui ancora di più, tanta era la paura che lo aveva posseduto poco prima.

“Vieni, andiamo.” lo esortò Trevor poco dopo, ed il biondo annuì, però iniziò a cercare la mano dell'amico nel buio, e Trevor gliela porse così camminarono nel buio mano nella mano, finché i loro occhi non si assottigliarono dinanzi ad una luce bianchissima proveniente da una porta.

 

“Che significa che ti pagano?” disse Shannen, iniziando a dimenarsi.

“Ehi, fa' la brava, non mi va di sedarti.” sorrise il dottore, infilandosi i guanti con lentezza magistrale. L'uomo iniziò a fischiettare ignorando il pianto della ragazza che lo scongiurava di lasciarla libera; ma ormai sapeva tutto a memoria: prima si lamentavano, avevano paura, e poi lo ringraziavano, diventando i suoi fedelissimi cagnolini. Il Dottor R imbevette un batuffolo di cotone in del disinfettante e camminò verso il lettino dove Shannen era legata, e glielo passò delicatamente sul braccio, sembrando quasi l'uomo capace delle più complesse tenerezze. Si allontanò di nuovo, prese la siringa e premette contro la leva, facendo schizzare dall'ago il liquido nerastro, e poi tornò, dando dei piccoli colpi sul braccio di Shannen per capire dove fosse la vena.

“Aspetti, aspetti. Devo dirle una cosa.” disse la ragazza.

“Che c'è?” domandò l'uomo, senza sollevare lo sguardo.

“Lei è un uomo morto!” ringhiò. Tale fu l'improvvisa minaccia che il Dottore R aggrottò la fronte e si alzò in tutta la sua fiera statura, ma quando provò a parlare, qualcosa lo colpì alla testa e lui si sentì cadere a terra, e poi fu tutto buio.

Laurel liberò il polso dell'amica e poi passò al collo, liberando anche quello, mentre la bionda con la mano appena liberata cercava di liberarsi l'altro polso e le caviglie. Quando fu libera, Laurel l'abbracciò e l'aiutò a scendere dal lettino, e poi la ragazza scoppiò in pianto, ringraziando anche Trevor ed abbracciando i suoi due amici contemporaneamente.

“Ti ha fatto qualcosa?” domandò Trevor, e la ragazza fece di no con la testa.

“Ora che ne facciamo di lui?” domandò Laurel, indicando con uno scatto del capo il dottore steso a terra.

“Io ho un'idea.” sussurrò Trevor.

 

C) Trevor uccide il Dottor R
D) Trevor lega il Dottor R (interrogatorio)


We REGA!
Scusate, ma i miei amici di Roma mi influenzano ed io imito il loro gergo. Cooooomunque, la notte sta per terminare, siamo già alle 2 di notte inoltrare e il traghetto arriverà per le 6, quindi i nostri eroi devono stringere i denti fino a quell'ora... ma tutto dipende da voi, come sempre! Questa volta le scelte sono leggermente più semplici delle altre (forse). Dove vorreste che vadano Oliver e Lana? E quale sarà il destino del Dottor R (ovvero il cattivone il cui destino dipende da voi)? Volete spaccargli la faccia o volete sapere qualcosa di più? Come dice il titolo stesso, la scelta sta a voi...
Un abbraccio, 
The_Lock

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


18

 

DRUMMER ISLAND, ore 2:59


Brooke corse via, non sapeva neanche lei dove stesse andando, ma aveva solo un'unica certezza, cioè quella di doversi allontanare il prima possibile dai suoi amici. Ormai aveva avuto la conferma che quel liquido nero che le aveva iniettato il Dottor R era una specie di siero che evidentemente le modificava il DNA, o le controllava il cervello trasformandolo in quello di una bestia assetata di carne. La sentiva, la voce, che le diceva di mangiare qualcosa. Penetrava sempre di più nei suoi pensieri con insistenza e ritmo incalzante, senza lasciare un attimo di respiro alla ragazza.

“Mangia- diceva, con voce suadente -mangia o deperisci e muori.” continuava mentre da un sussurro la voce si trasformava in un urlo assordante impossibile da sedare.

La ragazza si prese la testa tra le mani e la scosse leggermente per far uscire quella voce dalla testa, ma quando le sue mani si riempirono di capelli rossi che si stavano staccando dal cuoio capelluto come foglie in autunno, la ragazza scoppiò in pianto. Aveva due ciocche prosperose di capelli in mano, bei capelli rossi naturali e leggermente attorcigliati in boccoli sinuosi. Brooke rabbrividì e si fermò, appoggiando la testa contro un tronco e iniziando a piangere, chiedendo aiuto a qualsiasi entità superiore fosse in ascolto. Aveva anche iniziato ad accusare un problema alla vista, tutto iniziava ad apparire sfocato e solo i contorni riusciva a vedere ben definiti e traslucidi.

Uno piccolo stagno d'acqua la attirò a sé con la promessa di fornirle uno specchio, e Brooke non seppe resistere a capire quali trasformazioni fisiche la stavano demolendo. Si avvicinò con passo zoppicante- iniziava a sentire il peso della posizione eretta -e poi si sporse oltre il bordo. La luna piena si rifletteva nell'acqua ed offrì un po' di luce allo specchio d'acqua, permettendo a Brooke si vedersi bene e studiarsi con orrore: era smagrita velocemente, la pelle si stava fortificando ma le vene nerastre ora erano arrivate al collo e minacciavano di avanzare fino alla testa; l'occhio sinistro era scolorito, l'iride prima verde ora era quasi completamente bianca ed il naso aveva cominciato a ritirarsi così come le labbra ed i capelli, mentre i denti, le unghie e le dita erano più lunghi e più forti.

Brooke lanciò un urlo disperato e colpì l'acqua con un pugno, come a voler rompere il metallo ed il vetro di uno specchio vero, ma dopo un forte tremolio, l'acqua tornò calma e Brooke distolse lo sguardo per evitare di vedersi ancora. Era un pericolo, era un mostro. Aveva morso Oliver, l'aveva quasi ucciso, e l'aveva quasi infettato e avrebbe forse ucciso i suoi stessi amici. Il suo stomaco brontolò con imperio e la rossa si accasciò per terra, improvvisamente indebolita dal forte senso di fame che era esploso all'improvviso dalle sue viscere. Una fame così non l'aveva mai provata, era sfiancante e snervante.

 

A) Brooke cerca del cibo
B) Brooke tenta il suicidio


Trevor legò il dottore al tavolo dove l'uomo prima aveva immobilizzato Shannen e, probabilmente, anche Brooke qualche ora prima. Laurel lo aiutò, fermandogli le caviglie mentre Shannen cercava qualche corda per legarlo meglio, ma trovando solo delle catene a cui erano appesi vari attrezzi. La bionda allora le raccolse, rimanendo sorpresa dal forte preso, e costruì una catena abbastanza lunga utilizzando dei moschettoni, e fece due giri attorno al tavolo e al Dottor R in modo da rendergli impossibile la fuga.

L'uomo mugugnò, e i ragazzi fecero un passo indietro, spaventati. Facendosi coraggio, Trevor prese un bisturi dal carrello degli attrezzi e lo impugnò con forza. Sentendo il pericolo, il Dottor R spalancò gli occhi e sbatté le palpebre per iniziare a vedere meglio, e quando vide l'appuntito bisturi in mano al ragazzo, provò a muoversi senza risultato alcuno.

“Allora, Dottor R, è il momento di un paio di domande.” ringhiò Trevor, assatanato e fuori controllo per la rabbia.

“Sta' zitto, ragazzino!” sbottò l'uomo, e Trevor gli piantò il bisturi nel palmo della mano. Il Dottor R spalancò gli occhi e lanciò un urlo, mentre Shannen distoglieva lo sguardo da quella visione.

“Sono io che comando, ora.” disse Trevor “Prima domanda: cos'è questo posto?” domandò, ma il Dottor R non rispose e allora Trevor si mise a girare il bisturi nella carne della mano come fosse un cacciavite. Il dottore urlò a pieni polmoni, mentre Shannen e Laurel distoglievano lo sguardo da quella visione raccapricciante.

“Mi pagano... per fare esperimenti.” confessò l'uomo, con la fronte imperlata di sudore.

“Che???” sbottò Trevor, sbarrando gli occhi.

“I militari... vogliono nuovi soldati...” spiegò, ansimando “Più forti, e più veloci...”

Gli occhi di Shannen si riempirono di lacrime, sentendo quelle parole. Era come il mito del Minotauro, sette ragazzi e sette ragazzi una volta ogni un determinato lasso di tempo, dei sacrifici per nutrire la bestia dell'esercito, della guerra, della morte.

“Chi sei?” domandò Trevor.

“Arnold Rotstein.”

“Come fai a essere così forte?” domandò ancora il moro.

“Un altro esperimento.” spiegò, tagliando corto.

“Dov'è Brooke?”
“Non lo so.”

“Risposta sbagliata.” soffiò Trevor, sfilando il bisturi dal palmo della mano e puntandolo contro l'occhio destro dell'uomo, spalancandogli le palpebre con indice e pollice.

“Lo giuro, non lo so! L'ho liberata ore fa.” balbettò il Dottor R, ora così fragile che tremava come un comune ostaggio.

“Cosa le hai fatto?” domandò Trevor, ma a quella domanda l'uomo serrò la mascella, comunicando che non aveva voglia di parlare.

“Rispondi!” urlò Trevor, avvicinando la punta del bisturi all'occhio dell'uomo.

“La stessa cosa che farò a te una volta che mi sarò liberato, idiota!” sbottò il dottore, guardandolo con aria di sfida.

“Trevor, lascia perdere. Andiamo.” disse Laurel con un miagolio. Quella improvvisa trasformazione di Trevor a perfido torturatore aveva scosso i due ragazzi; non che non capissero i sentimenti dell'amico difronte a quella situazione, ma minacciare di cavargli un occhio forse era troppo per tutti, o forse la giusta punizione per aver trasformato la loro vacanza in un inferno.

 

C) Trevor cava l'occhio al dottore
D) I ragazzi vanno via

 

Tre ore all'alba e ancora tanto da fare, tanto da cui scappare, tanto contro cui combattere! 
Ringraziamo La_Effe per il commento precedente, ora nuovo giro e nuova corsa. Brooke è in piena crisi esistenziale: come biasimarla, poverina, e sta a voi decidere il suo destino! Così come sta a voi decidere se Trevor deve punire il Dottor R oppure lasciarlo legato e andare via, accettando il fatto che forse l'unica speranza di sapere cos'è successo a Brooke rimanga lì per sempre.
Nuovi bivi, nuovi casini!
Un abbraccio,
The_Lock

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


19

 

DRUMMER ISLAND, ore 3:15

 

 

“Siamo sicuri sia la strada giusta?” domandò Lana, mentre camminava al buio insieme ad Oliver. Il ragazzo fece spallucce: sapeva più o meno che la villa si trovava verso la spiaggia sabbiosa, praticamente difronte al molo, e l'unica direzione che avevano preso finora era quella verso il mare. La notte sembrava più tranquilla, adesso. Mancavano meno di tre ore all'alba, ed un vago senso di speranza si faceva strada nei cuori dei ragazzi, ormai testimoni di crudeli atrocità.
Anche Lana, consapevole di aver ucciso ben due mostri su non sapeva quanti, si sentiva più padrona del proprio destino, anche se ormai i proiettili rimanenti erano due e forse non sarebbero bastati a tener testa ad ogni mostro che avrebbero incontrato, ma se si sarebbero barricati in casa allora avrebbero avuto più chances di farcela.

“Ho visto Brooke, prima...” disse Oliver, aggiornando l'amica sugli ultimi avvenimenti.

“Cosa? E dov'è, adesso?” domandò Lana, fermandosi, ma Oliver la prese per il polso e praticamente la costrinse a camminare: l'ultima cosa che il rosso voleva era fermarsi e fare il bersaglio facile nel territorio dei mostri, mentre bestie fameliche aspettavano solo il momento giusto per attaccarli e divorarseli ancora vivi.

“C'è un pazzo maniaco nell'ospedale. Le ha iniettato qualcosa, qualcosa che la sta trasformando. Quindi se la vedi, sparale.” raccontò Oliver con imperio.

“Aspetta, cosa?” domandò Lana, non riuscendo a trovare un nesso logico tra le parole vomitate da Oliver.

“Le creature devono essere un esperimento di qualcuno, e questo qualcuno ha catturato Brooke e lei si sta trasformando in un mostro come quelli a cui hai sparato.” spiegò Oliver.

“Oh mio Dio...” mormorò Lana, sentendo la terra tremare sotto ai suoi piedi: isola deserta, nessuno a cui chiedere aiuto, creature fameliche e un pazzo omicida... tutta quella situazione avrebbe spinto alla pazzia la maggior parte delle persone, e se non fosse stato per Oliver, in quel momento, Lana sarebbe già annegata nel mare della disperazione. Troy era già morto, Brooke si stava trasformando, e degli altri tre non avevano notizie da chissà quante ore.

Oliver si fermò di colpo e Lana, immersa nei suoi pensieri, andò a sbattere dolcemente contro la schiena del ragazzo.
“Ecco la villa.” disse Oliver, indicandola al di là delle siepi. Era distante almeno mezzo chilometro, ci avrebbero messo poco a coprire il percorso, se non fosse stato che un terribile silenzio si fece largo. Oliver tese le orecchie: le cicale avevano smesso di frinire e persino i gufi ora sembravano assorti in un pensiero di morte.

“CORRI!” disse il rosso, prendendo Lana per il polso ed iniziando a correre, trascinandosela dietro, mentre i due evitavano radici e massi che potevano impedire loro di raggiungere in fretta il rifugio. Lana non capiva perché il rosso era improvvisamente scattato in una corsa, ma quando un ruggito ormai terribilmente familiare si fece strada, Lana non ebbe bisogno di voltarsi per capire che un'ennesima creatura gli aveva puntati. Oliver si rivelò più veloce della ragazza, ed ad un certo punto, nessuno dei due avrebbe saputo dire con precisione quando o perché, i due non si tenevano per mano ma correvano distanti uno dall'altro. I muscoli delle gambe di Oliver si contraevano e scattavano garantendogli falcate ampie, ore che la spiaggia si faceva strada e non c'era possibilità di cadere. Il rosso arrivò quindi a casa prima di Lana e si fermò sulla soglia ad aspettare l'arrivo della ragazza. Lana correva a perdifiato, la creatura le era praticamente attaccata addosso, e probabilmente se Oliver avesse aspettato Lana per entrare allora la creatura avrebbe ucciso entrambi. Ma poteva il rosso lasciare Lana chiusa fuori dalla villa e sentire le sue urla mentre veniva mangiata da quell'immonda bestia? La ragazza era ormai vicina, le mancava qualche passo, e ora Oliver doveva capire se chiuderle la porta in faccia negandole aiuto oppure aspettare e sperare che la sua generosità non avrebbe danneggiato nessuno.

 

A) Oliver chiude Lana fuori
B) Oliver aspetta che Lana entri


Trevor fletté il braccio e infilzò l'occhio dell'uomo trapassando il globo gelatinoso con il triangolo affilato della lama del bisturi. Il Dottor R lanciò un urlo disumano, mentre uno schizzò di sangue partiva e macchiava la faccia di Trevor.

Shannen si voltò ed appoggiò la testa sulla spalla di Laurel, troppo scioccata da quella visione per capire che un suo amico aveva appena ferito irrimediabilmente l'occhio di quell'uomo. Non le importava se fosse innocente o meno- evidentemente non lo era -ma Shannen credeva davvero che la violenza generasse violenza e basta, e che il miglior modo per evitare questo circolo vizioso era mettere un freno ai propri istinti animali.

Il Dottor R urlò ancora, dimenandosi nel lettino, mentre malediceva Trevor e gli altri due ragazzi, giurando loro la peggior vendetta che avesse mai riservato ai suoi nemici. Trevor ingoiò aria posando lo sguardo sulla poltiglia gelatinosa che rimaneva incastonata nell'orbita dell'uomo, mentre il bisturi ondeggiava leggermente a causa della consistenza fragile dell'occhio. Impietosito e nauseato, Trevor provò a togliere il bisturi dall'occhio dell'uomo, ma una mano lo bloccò con scatto felino. Dapprima il moro pensò si trattasse di Laurel o Shannen, ma quando la sua visione periferica rivelò la presenza dei suoi amici qualche metro più in là, Trevor capì a chi appartenesse quella mano. Da urla strazianti a singhiozzi convulsi, il Dottor R passò al suono gutturale di una risata. Evidentemente divertito dalla situazione, L'uomo si mise seduto sul lettino- aveva approfittato della falsa crisi di convulsioni per liberarsi, ed ora teneva Trevor fermo per il polso e, con la mano libera si sfilava il bisturi dall'occhio ferito.

“Sei uno stupido ragazzino.” sorrise il Dottor R, mentre il sangue colava a fiotti macchiandogli i denti ed entrandogli in bocca. “Ti dirò un segreto.” disse, prendendo Trevor per il collo e avvicinando il suo orecchio alla bocca, per poi sussurrare “Sono immortale!”. L'uomo si voltò e afferrò Trevor per i capelli, costringendolo a tenere il collo ben esposto, e puntando il bisturi sull'aorta del ragazzo.

“No, ti prego!” urlò Laurel, mettendosi la mano sulle labbra.

“Facciamo così, caro Trevor. Preferisci morire oppure regalarmi il tuo occhio?” domandò il Dottor R.

“Fottiti!” disse il moro a denti stretti.

“Ah-ha! Non si dicono le parolacce.” ghignò l'uomo, “Faccio che prendermi ciò che è mio di diritto.” disse, spalancando le palpebre del ragazzo, mentre Trevor iniziava a tremare alla vista bel bisturi pericolosamente vicino al suo occhio.

In panico, Shannen si guardò attorno per vedere come aiutare il suo amico nel miglior modo possibile, ma ogni attrezzo era troppo lontano dalla sua portata per battere il Dottor R sul tempo, quindi la ragazza indietreggiò nel cercare un appoggio al quale reggersi, trovandolo così nella parete della sala operatoria. Le dita di Shannen, però, atterrarono su qualcosa di gommoso che la bionda non riconobbe, allora si voltò e vide un pulsante rosso su cui vi era scritto “LIBERARE”.

 

C) Shannen schiaccia il pulsante
D) Shannen non schiaccia il pulsante  

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


20

 

DRUMMER ISLAND, ore 3:45

 

Per quanto Brooke cercasse un qualsiasi oggetto che potesse aiutarla nell'atto infausto del suicidio, nulla sembrava potesse darle oggettivamente aiuto. Non poteva trapassare il suo cuore con un pezzo di legno- non avrebbe resistito alla nuova costituzione della pelle -e non poteva di certo prendere un masso e spaccarsi il cranio: le sarebbe mancato il coraggio.

La ragazza si mosse disperata, mentre le lacrime scendevano copione dagli occhi e la testa sembrava presa da un vortice oscuro che si faceva sempre più forte e più denso. Il panico si era impossessata della sua mente, e l'unica cosa che Brooke trovò saggio fare fu iniziare a correre, come potesse essere più veloce della sua coscienza e lasciarla indietro per qualche metro, mentre lei correva e si distanziava da essa. Ma le gambe si erano parecchio smagrite e le braccia pure e notava in esse un allungamento che le rendeva difficile la posizione eretta, quindi- piuttosto che mettersi a quattro zampe e iniziare a scappare da se stessa -Brooke provò a camminare velocemente senza avere un punto preciso in mente.

Camminò per qualche metro, quando poi il suo naso- ora più forte -riconobbe un odore a lei molto familiare. Era l'odore di Troy, e quindi l'odore della salvezza, secondo Brooke. Deviando il suo percorso seguendo la lieve traccia odorosa, Brooke arrivò alla radura dove prima si ergeva la torretta radio. La rossa aprì la bocca per chiamare il nome dell'amante, ma un ruggito gutturale le uscì dalla gola, allora Brooke si tappò immediatamente la bocca e continuò la ricerca al buio, con un occhio modificato e l'altro che iniziava a cambiare di colore.

Inciampò in qualcosa e la ragazza abbassò lo sguardo, vedendo come un piccolo masso sotto ai propri piedi che perdeva un liquido rosso ed appiccicoso. Non ci volle molto, prima che Brooke realizzasse che aveva la testa di Troy tra i suoi piedi. Un secondo ruggito le uscì dalla bocca, un ruggito di dolore e di disperazione. Raccolse la testa e l'abbracciò, dirigendosi sconsolata verso la scogliera con sguardo annebbiato dalle lacrime e la testa del suo amato stretta al petto.

Avere lì tra le mani la prova tangibile della morte di Troy era solo un altro chiodo che andava a chiudere la bara del destino della ragazza, per questo Brooke sapeva con certezza cosa fare: meglio morire su quell'isola con l'unica persona con cui aveva condiviso una storia d'amore tormentata ma da togliere il fiato che arrischiare alla vita dei suoi amici e di Trevor.

Ci fosse stata la testa di Trevor lì, Brooke non sapeva come avrebbe potuto reagire, ma adesso non era il momento di perdersi in probabilità o in altre ipotesi che non la concernevano: ora era il momento del sacrificio finale, di essere ricordata, insieme a Troy, su quell'isola per poi sopravvivere nella memoria dei suoi amici.

Brooke arrivò sul ciglio e vide gli scogli appuntiti ergersi sotto di lei, resi tali dalla continua erosione del mare ora nero come la pece che il Dottor R le aveva iniettato senza tanti problemi. Brooke sospirò, strinse a sé la testa di Troy poiché il ricordo del dottore le rendeva ancora più difficile compiere un ultimo salto: era forse meglio vendicarsi in prima persona? Non sarebbe stato meglio utilizzare la propria nuova forma per uccidere quell'uomo odioso, così da ripagarlo con la stessa moneta, invece che sacrificarsi? Forse, però, avrebbe perso il suo senno prima ancora di individuare il dottore e avrebbe recato danni ai suoi amici; il gioco valeva la candela?

 

A) Brooke si lancia sugli scogli
B) Brooke decide di vendicarsi


Accadde tutto così in fretta: l'urlo di Trevor, l'urlo del Dottor R, Laurel che raccoglieva l'amico ed urlava a Shannen di scappare insieme a loro, e la ragazza che, stralunata, cercava di riattaccare i pezzi degli ultimi minuti. Laurel reggeva Trevor, era arrivato sulla soglia della porta e adesso stava continuando ad urlare all'amica bionda di muoversi, ed i piedi della ragazza si mossero prima ancora che Shannen potesse realizzare cosa stesse accadendo. Corsero, Laurel bloccò la porta che conduceva al passaggio segreto, poi uscirono e si ritrovarono nel corridoio mentre Shannen faticava sotto il peso di Trevor. Arrivò Laurel che prese Trevor e tutto il suo peso in carico, e si nascosero nello studio abbandonato di qualche altro medico che aveva lasciato Drummer Island anni fa, durante l'incendio.

Shannen posizionò la scrivania contro il muro, mentre Laurel faceva stendere Trevor per terra. Tutto, poi, tornò nel suo ordine nella memoria della ragazza: il Dottor R aveva ficcato il bisturi nell'occhio di Trevor, ed il ragazzo era esploso in un urlo disumano, mentre il sangue gli macchiava la faccia, ma mentre Shannen ancora fissava il bottone, Laurel s'era mosso ed aveva atterrito il Dottor R con qualche strumento che aveva trovato nel suo laboratorio ed ora erano lì con un Trevor che perdeva sangue a fiotti dall'orbita.

Vi fu il rumore di un vetro rotto e Shannen trasalì, tranquillizzandosi nel vedere che si trattava solo di Laurel che rompeva un armadietto di medicinali per prendere disinfettante e delle garze in scatola. Il biondo si mise a cavalcioni su Trevor e gli accarezzò il volto.

“Ora tiro fuori il bisturi, ok?” disse Laurel, mentre lo stomaco di Shannen si rivoltava nel vedere che il bisturi era ancora conficcato nell'orbita di Trevor.

“No...” mormorò il moro, senza forze, ma Laurel non si fece pregare oltre e posizionò la mano di Trevor sul suo braccio, così che avrebbe potuto stringerla in caso di dolore. “Laurel, no...” si lamentò il ragazzo.

“Non puoi rimanere con un bisturi conficcato nell'occhio!” sbottò Laurel, per poi togliersi la maglia, appallottolarla e darla a Trevor per morderla, in caso di bisogno di urlare- l'ultima cosa di cui avevano bisogno ora era di essere individuati dal Dottor R.

Trevor annuì, prese la maglia e la morse, poi afferrò Laurel con entrambe le braccia mentre il biondo gli teneva ferma la testa e, senza preavviso, estrasse il bisturi. La schiena di Trevor si inarcò mentre l'occhio ancora libero si spalancò dal dolore e la mano stritolava il bicipite di Laurel, tanto che anche il biondo di morse le labbra.

“È finita, è finita.” lo consolò Laurel, prendendo il disinfettante e, con mani tremanti, lo apriva, inumidiva un po' di garze e lo posizionava sull'occhio dell'amico. Altra ondata di dolore e Trevor ficcò i polpastrelli nel braccio dell'amico, mentre lacrime miste a sangue macchiavano il volto del ragazzo.

Laurel prese ad avvolgere la garza lungo la testa dell'amico, facendo attenzione affinché non si slacciasse e andasse a coprire perfettamente l'orbita ferita, ma non trovò ulteriore resistenza poiché già Trevor era svenuto.

“Sei stato un grande.” sussurrò Shannen, avvicinandosi all'amico e mettendogli una mano sulla spalla. Laurel annuì, pallido e con un forte senso di nausea a causa del forte odore di sangue e di tutto quel liquido vitreo che usciva dall'orbita del suo amico.

“Dobbiamo andare via.” disse il biondo. “Appena Trevor si sveglia...” annuì Laurel, scivolando via da Trevor e stendendosi al suo fianco, sfinito.

Shannen si morse le labbra e si guardò attorno: le finestre erano sbarrate e di certo non potevano fuggir via di lì, ma un nuovo ricordo le tornò in mente, quello dei suoi tarocchi che fin dall'inizio avevano provato ad avvertirla del pericolo. Si ricordò in particolar modo di due carte: il Diavolo e l'Asso di Bastoni e allora fu tutto più chiaro.

“Il Fuoco...” mormorò la bionda.

“Che?” domandò Laurel, ma Shannen non rispose, tanto era persa nei suoi ragionamenti. L'Asso di Bastoni rappresentava il Fuoco, e i segni dell'incendio indicavano che, forse, qualcun altro aveva provato a metter fine alle creature del Dottor R con un bell'incendio purificatore.

“Andrò alle caldaie, le manometterò e farò esplodere questo posto.” disse Shannen.

“Non sai neanche dove sono!” protestò Laurel “E se vai lì da sola potresti morire!”

“Devo provarci, Laurel. Farò in modo che nessun altro possa soffrire a causa di quest'uomo o di queste bestie. E se non dovessi riuscirci, promettimi che tornerai, un giorno, e farai esplodere il tutto.” disse la ragazza con le lacrime agli occhi.

“Stai delirando! Appena Trevor si sveglierà andremo insieme.”
“Trevor è troppo lento, adesso. Occupatene tu, portalo fuori appena avrai l'occasione.” disse la ragazza spostando la scrivania.

“Shan...” mormorò Laurel “Non mi lasciare solo.” disse, alzandosi.

“Non sei solo, hai Trevor. E se tutto andrà bene, avrai ancora me. Siamo noi gli artefici del nostro destino, Laurel, quindi se possiamo evitare che qualcun altro passi l'inferno che stiamo passando noi, è nostro dovere farlo.” disse la ragazza, prendendo il volto dell'amico tra le mani. “In bocca al lupo” disse, infine, baciando l'amico sulle guance e uscendo dalla stanza.

 

 

Oliver tese il braccio a Lana e la ragazza lo afferrò al volo. Prima ancora che Lana potesse compiere le ultime falcate per passare oltre la soglia, Oliver fletté i muscoli del bicipite e tirò a sé la ragazza, sollevandola con forza disumana con il braccio contratto. Il rosso lasciò l'amica e cadde sul pavimento e chiuse immediatamente la porta, facendo forza con entrambe le braccia affinché il mostro non entrasse, sfondando la porta.

“Via, andiamo al piano di sopra.” urlò Lana. La finestra del soggiorno era rotta, quindi se la creatura era un minimo intelligente, avrebbe provato entro pochi secondi a passare dalla porta invece che continuare a sbattere contro la porta; ma Lana aveva poca voglia di aspettare il risultato di questo test dell'intelligenza del mostro, allora tirò Oliver per la bretella della canottiera e lo convinse ad andare su. I due scattarono con velocità e salirono le scale tre, quattro gradini alla volta, fino ad arrivare nella loro camera da letto e chiudersi la porta dietro le spalle, metterci un comodino come contrappeso e riprendere fiato.

Lana ebbe l'impulso di abbracciare Oliver, e la ragazza non resistette, avvolgendo le sue magra braccia attorno al busto del ragazzo, e poggiando il capo sulla sua spalla, ma Oliver si irrigidì e accusò un lieve dolore.

“Che succede?” domandò Lana. La ragazza si allontanò e vide sulla spalla del ragazzo il segno di un morso, una costellazione di calchi dentali che rivelavano una ferita abbastanza profonda e ancora leggermente sanguinante. La mora si allontanò lentamente, sentendo un vago sentore di panico raggelarle il sangue.

“C-cos'è?” domandò.

“Brooke... mi ha morso.” spiegò Oliver con voce greve. Il mostro iniziò a battere contro la porta della camera, e più i colpi prendevano velocità, più il cuore di Lana acquistava battiti ed adrenalina a causa di quella nuova, terribile notizia.

“Potrebbe averti infettato...” mormorò Lana, ponendo il palmo della mano sulle sue labbra.

“Non mi sento diverso... dobbiamo andare via, ora. Dai, Lana!” insistette Oliver, avvicinandosi alla finestra. Oliver aprì i vetri e iniziò a squarciare la zanzariera con una penna che aveva trovato sul comodino, così da facilitare ad entrambi la fuga. La porta a breve avrebbe ceduto, e il ragazzo voleva andare via il prima possibile, ma quando si voltò, vide Lana tenere la pistola spararazzi puntata contro di lui.

“Lana... che stai facendo?” domandò Oliver.

“Non sono al sicuro con te, Oliver...”

“Ma se ti ho appena salvato la vita!” sbottò il ragazzo, rosso di rabbia “Smettila di fare la cretina e salta giù dalla finestra!” insistette.


C) Lana spara
D) Lana non spara


Carissime e carissimi, 
questo capitolo è un po' un omaggio alle donne di questa storia poiché è praticamente incentrato su Brooke, Shannen e Lana. Nuove decisioni, nuovi bivi sempre più pericolosi ma tirate un respiro di sollievo (vi suggerisco di non indugiare troppo sul sollievo) perché tra due ore e poco più la salvezza arriverà per i ragazzi, quindi sta a voi sempre e comunque dare una svolta alla storia. Un momento di silenzio per l'occhio di Trevor, ora perduto- ma sempre meglio un occhio che la vita stessa -e attendiamo con impazienza le vostre scelte per il prossimo capitolo.
Un abbraccio,
The_Lock

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


21

 

DRUMMER ISLAND, ore 04:03

 

 

Laurel si sedette sulla scrivania che bloccava la porta dello studio e fissava il cielo dalla finestra, il quale sembrava iniziare a schiarirsi: la luna stava tramontando e un leggero velo rosato era presente all'orizzonte rivelando il preludio all'alba.

Il biondo sentì un mormorio provenire dalla bocca di Trevor, ma non ci fece più di tanto caso, era meglio lasciarlo riposare ancora qualche minuto e poi, insieme, partire verso la villa o il molo ed aspettare il traghetto. Ma Trevor si schiarì nuovamente la voce, si leccò le labbra secche e parlò con voce flebile, ma più forte.

“Da quando ti piaccio?” domandò il moro.

“Cosa?” rispose di rimando Laurel, non aspettandosi quella domanda in quella precisa situazione, ma Trevor ripeté per la terza volta la domanda, e Laurel inspirò, indeciso se parlar chiaro o meno. Aveva intenzione di mentirgli, ma poi ragionò sulla situazione, sul fatto che erano in costante pericolo di morte e che, se non ora, nessun altro momento sarebbe stato migliore.

“Da sempre.” spiegò Laurel “Prima solo fisicamente. Poi, ti ho conosciuto e ti sei rivelato brillante e intelligente e affascinante.” confessò e Trevor sorrise, voltando la testa per guardare l'amico.

“Sei proprio uno scemo.” disse, sorridendo “Hai avuto mille occasioni per dirmelo, ed ora me lo dici quando siamo praticamente morti.”

“Perché avrei dovuto dirtelo, scusa?”
“Per stare meglio.” annuì Trevor, muovendosi per alzarsi e subito Laurel si mosse per aiutare l'amico. “Dov'è Shannen?” domandò, e Laurel gli raccontò il piano della ragazza di far saltare in aria l'ospedale intero manomettendo la caldaia. Trevor annuì, pensieroso, mentre restituiva la maglietta a Laurel che la indossava nonostante un evidente segno di morso nella stoffa.

“Andiamo via, allora.” disse, e Laurel annuì, facendo passare il braccio del ragazzo oltre la sua spalla, mettendogli una mano sul fianco ed aiutandolo a camminare per i corridoi dell'ospedale. I due ragazzi procedettero in silenzio per evitare che un qualsiasi nemico, da una creatura al Dottor R ancora in vita, potesse sentirli o puntarli. Gli unici rumori che si sentivano erano i loro passi e, ogni tanto, qualche gemito che usciva dalla bocca di Trevor a causa del dolore.

I ragazzi scesero lungo le scale e l'operazione durò abbastanza a lungo a causa della semicecità di Trevor e al suo peso distribuito anche su Laurel, ma quando i due ragazzi terminarono ciò che era appena sembrata la scalata dell'Everest, si appoggiarono alla parete per riprendere fiato. Laurel guardò l'amico, si vedeva che stava soffrendo ma il suo orgoglio gli impediva di mostrarlo pienamente, ed un forte moto di amore lo colpì allo stomaco, sentendo che i sentimenti per Trevor addirittura crescevano. Le garze erano zuppe di sangue e Laurel propose di cambiarle, ma Trevor insistette affinché lo facesse dopo, quando sarebbero usciti dall'ospedale e avrebbero avuto un momento di respiro. Il biondo annuì e fissò la parete opposta, notando una striscia di sangue. Il suo cuore palpitò, e Laurel si avvicinò, toccando il liquido rosso per vedere se fosse fresco o meno, e sentendo la terra sotto ai piedi mancargli quando constatò che non solo era fresco, ma anche caldo. Laurel si sporse oltre l'angolo e vide che il sangue continuava fino ad una porta, e poi spariva al suo interno.

“Aspetta qui.” disse Laurel.

“Che c'è?” mormorò Trevor.

“C'è del sangue. Magari è di Shannen...” sussurrò Laurel “Vado a controllare.”
“Non fare l'idiota! Potrebbe essere una trappola.”
“Potrebbe non esserlo.” ribatté Laurel.

“Ehi.” disse Trevor, avvicinandosi all'amico e poggiandogli una mano sulla spalla “Sappiamo tutti che Shannen non è così debole e che riuscirà nel suo intento...” commentò, provando a convincere l'amico.

 

A) Laurel segue la striscia di sangue
B) Laurel e Trevor escono dall'ospedale


Lana fece per mettere la pistola in tasca, ma arrivò Oliver e la spintonò via. Ecco, aveva esitato ed ora il rosso l'avrebbe mangiata viva, pensò, ma quando vide la mano del mostro dimenarsi come un serpente nell'area vicina a quella dove si trovava Lana poco prima, la ragazza capì ogni cosa: ancora una volta, Oliver l'aveva salvata.

“Grazie.” mormorò Lana, mentre Oliver l'aiutava a camminare per terra per evitare che il mostro la ghermisse.

“Vai oltre la finestra! Cammina sul tetto, vai!” disse Oliver con forte tono d'imperio e la ragazza, ora addomesticata come un agnellino, eseguì gli ordini e le indicazioni del giovane. Scavalcò la finestra, mise entrambi i piedi sul tetto e per poco non scivolò: il tetto era assai ripido poiché spiovente e ricoperto da tegole molto scomode per metterci i piedi sopra. Arrivò Oliver che la prese per la mano ed insieme camminarono lungo il tetto, misurando ogni passo con lentezza e precisione per evitare di cadere. Fecero il giro del tetto fino ad arrivare dall'altra parte, dove i due si fermarono in prossimità della camera di Laurel e Brooke.

“Scusa, non so cosa mi sia preso. Non volevo davvero spararti.” disse Lana, aggrottando la fronte, ma Oliver le fece segno di rimanere in silenzio, con un'aria talmente corrugata che anche Lana iniziò ad avvertire il pericolo. Non si sentiva alcun suono, in effetti, il che significava solo due cose: o il mostro era andato via, o li aveva appena puntati.

“Vieni, muoviamoci.” disse Oliver, non sentendosi al sicuro in quel lato del tetto, e Lana obbedì, ma appena i due svoltarono l'angolo ecco che videro il mostro famelico che, con un ghigno senza labbra, sembrava dire loro “siete fottuti”.

Lana cercò di sfoderare la pistola immediatamente, ma il mirino dell'attrezzo si incastrò nei passanti dei pantaloni della ragazza a causa di un tempismo singolare. La creatura balzò in avanti, Oliver fece per tirare via Lana ma la ragazza era concentrata nel tentativo di liberare la pistola, ma alla fine ci riuscì, la puntò contro la creatura ma essa era ormai troppo vicina. Atterrò su Lana, la guardò con i suoi occhi lattei e ruggì con un tanfo insopportabile dalla sua bocca, ma prima ancora che il mostro potesse morderla, si sentì un cigolio sinistro. Tutti e tre, mostro compreso, si voltarono verso la fonte del rumore e videro le tegole scivolare via e cadere dal tetto. Non ci volle molto, prima che anche Lana ed il mostro iniziarono a scivolare oltre il bordo della grondaia. Il mostro cadde a terra, stordito dal colpo, mentre Lana, con una mano sola, si aggrappò alla grondaia mentre con l'altra teneva stretta a sé la pistola.

“Lascia la pistola e dammi la mano!” disse Oliver, il quale aveva trovato un'asse del tetto da usare come appiglio da cui sporgersi per salvare Lana, ma non poteva raggiungerla se la ragazza non copriva gli ultimi centimetri di distanza con la sua mano.

“Se la lascio come faremo a difenderci?” domandò Lana.

“Ci penseremo dopo, dammi la mano!” urlò Oliver.

 

C) Lana prende la mano di Oliver
D) Lana non lascia la pistola

 

 

La mente di Brooke proiettò i ricordi più passionali che riguardassero lei e Troy, mentre con i piedi la rossa si avvicinava alla fine della sua vita. Si ricordò di quando lo conobbe per la prima volta, al liceo, e fu subito un colpo di fulmine, ma nonostante vi fosse passione in quegli anni da liceali, il loro amore era spesso sconsiderato, difficile, litigioso e per questo si chiudevano uno contro l'altra, in un circolo vizioso di amore che toglieva il fiato. Erano giovani, avevano fatto tante sciocchezze, tantissimi errori e gemiti e lacrime si mischiavano nella loro storia vorticosamente, da far girare testa alla ragazza anche in quel momento. Fu lei a lasciarlo l'anno prima del college perché era stanca di sentirsi la terra mancare sotto ai piedi, di non sapere dove altro aggrapparsi se non alla schiena di Troy; si sentiva fin troppo debole e dipendente nei riguardi del ragazzo e lei che da sempre si voleva far vedere emancipata e indipendente, era finita come un cucciolo nelle grinfie di un padrone che l'amava. Poi arrivò Trevor e lei ci provò con tutte le forze a dimenticare Troy; benché fossero entrambi molto simili fisicamente, Trevor non era capace di dare quei brividi a Brooke che invece Troy dispensava con generosità. Trevor c'era sempre stato, Trevor era uno dei classici bravi ragazzi, Trevor cercava sempre di fare il primo passo quando litigavano; invece Troy era una sfinge di sentimenti, un guscio duro che non si rompeva ma si scalfiva e basta. E poi la sintonia sessuale con Troy era tutt'altra roba. Con una semplice carezza, Troy era capace di far tremare le gambe della ragazza, perché Brooke sapeva che la carezza era solo preambolo di altro, di una passione ben più sfrenata da far paura. Per questo non si sentì in colpa, quando tradì Trevor per la prima volta. Voleva diventare come la protagonista di quel romanzo portoghese che, per un gioco di destino, si trovava dotata di ben due mariti: uno dolce, accondiscendente, che si prendeva cura di lei, l'altro vorace, passionale e lussurioso a livelli instancabili.

Brooke strinse un'ultima volta la testa di Troy sui suoi seni e si voltò un'ultima volta per guardare Drummer Island, l'isola che aveva distrutto ogni cosa nella sua vita, nella vita degli altri, ma chissà perché adesso non le importava più niente. Era lì, da sola, con Troy, e non avrebbe avuto più paura di nulla, non avrebbe più sofferto e, soprattutto, non avrebbe recato più dolore né psicologico come nei riguardi di Trevor, né fisico come nei riguardi di Oliver. Fu il momento del grande passo, e Brooke si inspirò, e si lasciò cadere. Fu sorpresa di come le era sembrato facile morire, in quel momento, era bastato un passo e la piacevole sensazione del vuoto sotto ai piedi, mentre il vento freddo le accarezzava i capelli ed il rumore dell'acqua si faceva più forte, cullandola verso la fine; ma non le importava: aveva Troy con sé e neanche la forza dell'impatto sugli scogli avrebbe potuto dividerli più.


Carissime e carissimi,
questo è stato un capitolo difficile, lo ammetto, perché è la prima volta in assoluto che descrivo il suicidio di un mio personaggio, quindi spero di essere stato all'altezza! Ora che anche Brooke è morta, dobbiamo concentrarci sui cinque superstiti poiché tra due ore arriva il traghetto e potranno dirsi salvi. 
Non sappiamo dove si trovi Shannen, quindi quel sangue può essere suo? Ha bisogno d'aiuto? Oppure, come dice Trevor, è una trappola? E Lana? cosa volete faccia la ragazza? 
Un abbraccio,
The_Lock

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


22

 

DRUMMER ISLAND, ore 04:35

“Lana! MUOVITI!” urlò Oliver, sentendo già il peso della stanchezza che si impadroniva dei muscoli delle braccia e delle spalle. Ormai il ragazzo era in quella posizione da non sapeva neanche lui, ma tra continue corse, adrenalina e terrore i suoi muscoli erano talmente atrofizzati che il rosso non sapeva ancora quanto avrebbe retto; in più, il morso lasciato prima da Brooke si era riaperto ed iniziava a stillare rivoli di sangue rosso.

Lana abbassò lo sguardo e vide il mostro che, pian piano, iniziava a riprendersi. Dapprima aprì e chiuse le dita della mano, poi sbatté gli occhi ed un sibilo simile a quello di una caffettiera che borbottava quando il caffè fuoriusciva, si faceva strada alla sua cassa toracica. Di certo la creatura era ancora intontita, ma Lana non avrebbe certo arrischiato di cadere al suo fianco, quindi la ragazza lasciò cadere la pistola e porse la mano ad Oliver. Il ragazzo la tirò su, le vene del collo gonfie per la fatica, i denti stretti per lo sforzo, e poi i due si sedettero sul tetto, sfiniti. Oliver era molto affannato e Lana aveva un forte dolore alle braccia dovuto al fatto di essere rimasta appesa per ben due volte in poche ore. I due ragazzi si guardarono, i loro busti facevano su e giù per la gran quantità d'aria che incameravano ad ogni respiro.

“Che facciamo?” domandò Lana. Oliver fece spallucce, si alzò e si sporse oltre il cornicione per vedere se il mostro fosse ancora intontito per terra, ma, come il rosso stesso si aspettava, il mostro non c'era più. Era rimasta solo la pistola che poco prima Lana aveva fatto cadere.

“Non c'è più, il mostro. Forse è andato via.” spiegò Oliver.

“Forse è tornato a casa e sta per attaccarci, di nuovo.” fece notare Lana. Il rosso annuì, come per dire che entrambe le opzioni erano assai probabili, e si alzò in piedi con il tentativo di capire dove i due potessero andare per evitare un nuovo attacco. Di certo scendere per prendere la pistola era la soluzione migliore in caso il mostro fosse ritornato, ma chi garantiva loro che la creatura non si era nascosta dietro qualche cespuglio, dietro qualche tronco o sotto al portico della casa per tendere loro un attacco fulmineo? Lo stesso rischio era probabile che accadesse in caso i due avessero deciso di tornare dentro casa, o di rimanere su quel tetto per altre due ore. Ma il mostro era solo uno, e loro avevano il cinquanta percento di possibilità di scegliere la strada giusta verso la salvezza.

A) I ragazzi rientrano
B) I ragazzi riprendono la pistola
C) I ragazzi si dividono (specificare chi va dove)

 

“Ok, ma fai in fretta!” disse Trevor, appoggiandosi alla parete, mentre l'amico si avvicinava a passo felpato verso la porta dove la traccia sembrava continuare oltre gli infissi. Trevor rimase vicino alla parete esposta, troppo stanco e con vertigini abbastanza forti da impedirgli di camminare da solo. Il biondo si avvicinò alla porta, tendendo l'orecchio per sentire un qualsiasi rumore, ma nessuna onda sonora gli faceva vibrare il timpano e non osò neanche pronunciare il nome dell'amica per timore che dietro quella porta una creatura potesse attaccarlo all'improvviso; solo, Laurel avvertiva la presenza di qualcuno. Era come un cambiamento nelle molecole dell'aria, come percepire l'aura di un'anima oltre quella porta, o forse era solo la sua convinzione di trovare qualcos'altro oltre quella porta. Mise la mano incerta sulla maniglia e prese un respiro, spalancandola di colpo. La porta sbatté contro la parete opposta, soffocando un secondo rumore; cioè quello di un pezzo di metallo sfilato all'improvviso.

Da lontano e con un occhio solo, Trevor vide solo l'amico irrigidirsi e rimanere a bocca aperta, ma dalla sua posizione, Laurel vide solo il Dottor R vicinissimo a sé, con un ghigno spettrale che sembrava urlare “ho vinto”. Poi arrivò una sensazione di freddo assurda che partiva da un punto preciso del proprio corpo, e Laurel abbassò gli occhi, trovandosi un coltello piantato nello stomaco.

“Sorpresa...” ghignò l'uomo, sfilando il coltello, mentre Laurel si piegava a sputare sangue e cadeva a terra, reggendosi lo stomaco che perdeva rivoli di sangue bollente.

“NO!” urlò Trevor, scattando verso l'amico, per soccorrerlo, mentre la certezza della disperazione si faceva largo ad artigli ed uncini nella sua testa. Provò a colpire ferocemente il dottore, ma l'uomo con una gomitata ben assestata lo fece andare a sbattere contro la parete opposta, facendogli sbattere il capo contro ad un estintore.

“Grazie per l'occhio, Trevor!” disse il Dottor R, indicando con il dito sporco del sangue di Laurel il suo nuovo occhio, vale a dire quello che aveva estratto dall'orbita del ragazzo poco prima. Poi, l'uomo tornò a concentrarsi su Laurel poiché era ancora vivo, nonostante fosse pallido e tremante.

“Sai... fossi una ragazza ti trasformerei in uno dei miei mostri.” spiegò, pulendo il coltello sul suo camice con calma degna dei peggiori serial killer del pianeta “Le donne sono più fedeli, più minacciose e territoriali. Invece sei un ragazzo, quindi ti ucciderò e basta.” disse, sorridendogli, mentre gli occhi acquosi del biondo perdevano lacrime a non finire. L'uomo puntò il coltello sul collo del ragazzo, gustandosi quel momento come pochi altri omicidi.

Laurel non trovò il coraggio di chiudere gli occhi, continuava a respirare irregolarmente, sentiva il sangue scolare dalla ferita e si chiedeva se fosse il caso di reagire, quindi lottare per la propria vita o soffrire, oppure accettare la morte come tale, quando un fulmine rosso si abbatté sul volto del ottor R. Il biondo vide l'uomo cadere di lato, reggersi il naso dal quale colava del sangue, mentre Trevor, rosso di rabbia e fuori controllo, sfilava il beccuccio dell'aggeggio e glielo piantava nell'occhio, nel suo occhio, spingendo sempre più giù il piccolo beccuccio di ottone, mentre schizzi di sangue gli coprivano il volto.

“CREPA, STRONZO!” urlò Trevor, sfilando la chiavetta e premendo la leva. L'estintore fece un rumore simile ad un sibilo, poi dall'orbita ferita del Dottor R iniziò a fuoriuscire della schiuma dapprima rosa poiché si mischiava al sangue, ma pian piano, smacchiandosi, si rivelava bianca e brillante, e prendeva ad uscire anche dal naso dell'uomo, fino addirittura alla bocca. Il Dottor R rimase lì, fermo con l'occhio ancora spalancato e il petto fermo, immobile; mentre quello di Trevor si alzava e si abbassava freneticamente. Il moro ci mise un po' a fare il punto della situazione: aveva ucciso un uomo terribile e la cosa più strana è che non si sentiva neanche in colpa. Un gemito di Laurel riportò alla realtà della situazione e Trevor gattonò fino all'amico, prendendogli la mano e spostandola dalla ferita per osservarla il meglio che poteva; ma era troppo profonda e il sangue perso era tale da farlo scivolare nonostante fosse a quattro zampe.

“Andiamo, devo cucirtela...” disse Trevor.

“No... non puoi.” mormorò Laurel, voltandosi e sputando altro sangue. Trevor si avvicinò all'amico con l'occhio pieno di lacrime e si sollevò, poi lo prese in braccio, ma era anche lui troppo debole per camminare, eppure riuscì ad entrare in una camera dove fece stendere l'amico su un lettino.

“E-ero convinto di farcela, sai?” sorrise Laurel.

“Ce la farai! Devo solo trovare... qualcosa.” disse Trevor, aprendo tutti gli armadietti e rivoltandoli nel tentativo di trovare neanche lui sapeva cosa. “Non morirai. Non finché sono qui.” disse, con le lacrime agli occhi, perché quel verbo “morire” lo aveva appena messo davanti alla nuda e cruda realtà.
“Non morirai...” pianse, tirando un pugno contro l'armadietto e appoggiandosi, iniziando a piangere.

“N-non ho diritto ad un ultimo desiderio?” chiese Laurel con voce quasi impercettibile. Trevor tirò su col naso ed annuì, asciugandosi le lacrime ed avvicinandosi all'amico, prendendolo per mano e poggiandola sulle proprie labbra.

“Tutto quello che vuoi.”
“Salvati e salva Shannen...” spiegò, mentre le palpebre iniziavano ad abbassarsi.

“No, ehi! Ehi! Resta con me!” disse il moro, prendendo il volto dell'amico tra le mani.

“Mi spiace... non avrei mai voluto... lasciarti solo.” sussurrò, e poi il suo petto smise di muoversi, i muscoli si rilassarono completamente e le palpebre si abbassarono, per sempre.

 

“Laurel!” disse Shannen, facendo cadere la chiave inglese con cui stava girando la manovella per manomettere la caldaia. La ragazza si toccò il cuore che ora batteva forte e senza alcuna motivazione apparente; poteva sembrare un attacco di panico, ma Shannen aveva già avuto sensazioni simili, quando sua nonna morì a più di novecento chilometri di distanza e lei lo sentì, perché Shannen era così: sentiva e percepiva cose che nessun altro con una sensibilità normale riusciva a cogliere. La ragazza si coprì il volto con la mano e iniziò a piangere, provando a controllarsi nonostante non vi fosse nessuno lì a guardarla, solamente perché ora non era il momento per piangere i morti, bensì preoccuparsi per i vivi. La ragazza riprese la chiave inglese e continuò il suo lavoro mentre dagli occhi scendevano, instancabili, lacrime calde che le bagnavano il volto. Arrivò, infine, il momento in cui la manopola non girò più, e Shannen intuì di aver spinto gli ingranaggi oltre il limite, quindi lasciò cadere la chiave inglese. Lo specchietto nel quale la lancetta della caldaia si muoveva dapprima lentamente ed ora molto più velocemente, fece intuire a Shannen che sarebbe mancata meno di un'ora all'esplosione.

Confusa sulla direzione da prendere, Shannen si mosse verso una porta che credeva la avrebbe condotta verso l'uscita. La aprì, ma il buio era tale da renderle impossibile di capire cosa ci fosse, in quel luogo. Decise, comunque di camminare in quello stretto corridoio di cui non si vedeva la fine, quando, per pura prontezza di riflessi, Shannen si abbassò, schivano una mano che le si era palesata davanti in pochi centesimi di secondo.

La bionda rimase stesa per terra, ma il rumore che le giungeva nelle orecchie, i versi e i respiri le erano ormai così familiari che la bionda capì con cosa aveva a che fare. I suoi occhi chiari si abituarono al buio totale della stanza, e Shannen riuscì ad intravedere dieci, venti... forse trenta gabbie in cui altrettante creature si dimenavano oltre le sbarre. Sbuffavano, ululavano, si arrampicavano sulle sbarre con la loro velocità tipica dei rettili.

“Mio Dio...” disse la bionda, trovandosi all'improvviso sola contro una trentina di creature ingabbiate e la guardavano tutte, fameliche, con la bocca spalancata, pronta a morderle, e con solo delle sbarre a dividerla da loro e dalla loro voracità. Shannen decise di strisciare verso la fine del corridoio: era l'unica posizione che le permetteva di non essere ghermita dalle creature che ora si dimenavano come scimmie. Ci volle molto, prima che la bionda potesse arrivare alla fine del corridoio dove, quasi accidentalmente, accese la luce. Un secondo colpo al cuore: le gabbie non erano trenta, ma forse cinquanta, e fra cinquanta creature simili a quelle che Shannen aveva visto, vi era almeno una decina formata da esperimenti evidentemente riusciti male. Erano anche loro umanoidi ma erano gonfi, goffi, ricoperti da un liquido verde e con sangue nero che continuava a fuoriuscire dal naso, dalla bocca e dagli orecchi. Sembrava quasi che quei dieci umanoidi- più calmi degli altri -avessero subito una specie di reazione allergica al siero del Dottor R. Shannen si guardò attorno e vide solo tre gabbie aperte. Questo significava che il Dottor R, nella sua infinita perversione, aveva liberato solo tre creature.

Shannen studiò poi la parete in cui si trovava: vi erano fascicoli fino a riempire una comune biblioteca, pulsanti e altre fiale piene di un liquido nerastro a lei ormai familiare. Shannen prese un fascicoletto a caso e lesse il nome “Chloe Strong”. Tra quei fogli vi era di tutto: la data in cui era approdata a Drummer Island, l'orario dell'iniezione del siero e un intero set fotografico in cui, ora per ora, si documentava la trasformazione fisica della ragazza da sedicenne a creatura famelica. Altre lacrime si formarono sugli occhi della ragazza, mentre contava freneticamente quanti fascicoli vi erano, alcuni con su scritto sopra “FALLITO”, altri senza nessun timbro, ma erano tali che, insieme, formavano quasi duecento fascicoletti.

“Maledetto bastardo...” disse Shannen, guardando verso le creature e non riuscendo a non provare un moto di pietà verso quei mostri che, prima, erano semplici ragazzi. Ma ecco che vi fu un attimo in cui tutte le creature fecero silenzio: si calmarono immediatamente: smisero di agitarsi tra le sbarre e presero a camminare in torno, come leoni nervosi per la reclusione ma comunque addomesticati. Shannen non capì il perché di quella variazione, ma quando un suono di passi arrivò alle sue orecchie dal locale caldaie, il sangue le si gelò.

 

D) Shannen scappa
E) Shannen si nasconde



Bene, bene.
Anzi, non proprio benissimo. Laurel è morto, insieme a Brooke e Troy. Ma la vera domanda è: ne moriranno altri? Ormai vi sto mettendo alle strette, ragazzi miei, visto che manca un'ora e mezza all'arrivo del traghetto e solo altri tre capitoli alla fine della nostra storiella, ma ancora quattro sono i superstiti. Per quanto riguarda Lana ed Oliver, per esempio, ho fatto appositamente l'opzione C per tentarvi: o A o B li condurranno dritti dritti dalla creatura, ma volevo tentarvi con l'idea dell'opzione "male minore", quindi dandovi la certezza che almeno uno dei due si salverà, sicuramente. Certo, se siete fortunati e scegliete l'opzione giusta si potrebbero salvare entrambi, ma qui è tutta questione di fortuna, sta a voi decidere quanto rischiare.
Un abbraccio,
The_Lock

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


23

 

DRUMMER ISLAND, ore 5:05

 

Trevor aprì l'occhio con uno scatto. La luce rosea dell'alba inondava la stanza con una rinnovata speranza di salvezza, ma il corpo dell'amico, ora pallido e freddo, gli ricordava quanto poco ci si metteva a morire, in quel luogo. Bastava un secondo, un attimo di distrazione, una scelta sbagliata e subito, nel giro di pochi istanti, la vita di una persona veniva spazzata via con la stessa facilità con cui ci si fumava una sigaretta. Il pensiero di Trevor volò ad i suoi amici, chissà che fine avevano fatto? E Brooke? Che fine aveva fatto la sua ragazza? Avrebbe sicuramente avuto tutte le risposte che cercava nell'arco di qualche minuto poiché, al momento dell'arrivo del traghetto, avrebbe di certo trovato gli altri superstiti, se di superstiti ce n'erano ancora.

Il moro si alzò, tutto anchilosato: si era addormentato vicino a Laurel; un attimo di debolezza ed il suo corpo e la sua mente avevano deciso che era il momento di addormentarsi per recuperare le forze, o forse era solo un gesto disperato di arresa totale alla volontà di estranei.

Quasi ci sperasse ancora, Trevor si avvicinò al corpo di Laurel e chiamò l'amico con un sussurro, scuotendolo leggermente. Era un brutto sogno quello che aveva avuto, dove Laurel veniva accoltellato a morte dal Dottor R? Sperava di sì, con tutte le sue forze, ma nonostante decise di chiamarlo una seconda volta, l'amico non rispondeva e rimaneva come addormentato su quel lettino d'ospedale. Che rabbia gli saliva, pensando a quella stupida morte. Non era una morte degna di Laurel, lui che aveva rischiato la vita per trovarlo e trovare Shannen, eppure eccolo lì, fermo ed inerme su un marcito letto d'ospedale.

Trevor prese un lenzuolo da un altro lettino e coprì completamente l'amico, baciandolo sulla fronte un'ultima volta, prima di uscire dalla stanza e chiudersi la porta dietro. Il moro camminò appoggiandosi alla parete fino al punto in cui si ricordava di aver ucciso il Dottor R, ma ecco che appena svoltava l'angolo il suo cuore fece una capriola e l'occhio si riempì di lacrime rabbiose.

Il corpo non c'era. Eppure il luogo doveva quasi sicuramente essere quello: vi erano ancora le macchie rosse del sangue di Laurel e bianche dell'estintore, e quest'ultimo giaceva in disuso vicino alla parete. Non aveva forse ucciso lui stesso il Dottor R? Ma sì, si ricordava di averlo riempito di schiuma fino a che essa non aveva iniziato ad uscire dagli altri orifizi... o forse qualcuno aveva spostato il cadavere? E, soprattutto, era il momento di perderci la testa? Tra meno di un'ora sarebbe arrivato il traghetto, sarebbero stati tutti al sicuro e il Dottor R sarebbe stato solo un brutto ricordo; no, non valeva la pena perdersi in inutili supposizioni. Eppure il Dottor R era un uomo pericoloso, aveva ucciso Laurel e aveva fatto lo stesso con chissà quanti altri ragazzi, e forse doveva semplicemente assicurarsi che l'uomo non aveva solamente finto la morte.

 

A) Trevor cerca il Dottor R
B) Trevor esce dall'ospedale

 

 

Oliver entrò per primo in camera. Il rosso si guardò attorno con molta attenzione poiché molto probabilmente la sua vita dipendeva dalla decisione appena presa di tornare dentro casa e barricarsi in un'altra stanza. Non sapeva perché aveva deciso di entrare lui per primo: Lana non glielo aveva chiesto, eppure questo lo esponeva maggiormente al pericolo di essere mangiato vivo, rispetto a chi stava dietro; ma se quella notte aveva imparato qualcosa era che la fortuna aiutava gli audaci e aveva rischiato di morire così tante volte che aveva perso il conto. Si sentiva un lottatore, ormai: uno di quelli che affronta a testa alta i maggiori pericoli della vita, e ormai nulla più lo spaventava. Era rimasto solo gran parte della notte, era sopravvissuto a Brooke, a tre attacchi delle creature e ora che mancava meno di un'ora all'arrivo del traghetto, sentiva una leggera euforia. Il rosso si sporse ul pianerottolo per individuare la camera migliore in cui nascondersi, ed insieme a Lana decisero di mettersi nella camera di Laurel e Shannen poiché era la più vicina. Camminarono in punta di piedi e chiusero la porta con delicatezza quasi fosse stata costruita di cristallo purissimo. Poi, i due posizionarono una gran quantità di mobili sia contro la porta che contro la finestra e si sedettero, infine, per terra, ansanti e stanchissimi.

“Ce l'abbiamo fatta, per adesso.” disse Lana, sorridendo e stendendosi vicino all'amico.

 

Shannen non riuscì a trovare miglior nascondiglio se non accucciarsi sotto la scrivania. La bionda si tappò la bocca con la mano per evitare di emettere qualsiasi suono e, mentre sentiva la porta aprirsi, una forte vibrazione negativa la permeò con violenza.

Tese l'orecchio potendo contare solo su quel senso, ma il battito cardiaco era talmente velocizzato che la ragazza riusciva a malapena a sentire il rumore dei passi della persona che era appena entrata. La sentì sputare, però, e bestemmiare con molta, molta rabbia.

“Stupidi ragazzini!” sbottò, sputando ancora. Quella voce! Fredda come l'acciaio e letale come l'arsenico! Shannen spalancò gli occhi: il Dottor R era appena entrato in quella stanza e le bestie avevano ripreso ad agitarsi come piccoli animali da circo, ansiosi di ricevere il premio finale.

“State buoni!” urlò, e subito tutte le creature si acquietarono, ma un profondo e silenzioso ringhio si diffuse per la stanza: potevano ubbidire all'uomo che le aveva rese tali, ma nessuna modifica del DNA poteva cancellare il vago senso di vendetta che le creature covavano nei confronti dell'uomo che le aveva strappate con violenza dalla loro quotidianità. Shannen sentì i passi dell'uomo avvicinarsi pericolosamente alla scrivania, e quando fu sul punto di mettersi a piangere per la disperazione, vide gli anfibi dell'uomo spuntare vicinissimi al tavolo. Sentì le mani del dottore rovistare tra i fascicoli sulla superficie del tavolo: Shannen si era dimenticata di rimetterli a posto e forse il Dottor R avrebbe capito che lì c'era passato qualcuno o, peggio, che lì c'era ancora qualcuno.

L'uomo sputò ancora, e Shannen vide atterrare una macchia di schiuma rosea mista a saliva. D'improvviso, una creatura iniziò a dimenarsi con talmente tanta foga che Shannen si irrigidì completamente: volevano smascherarla? L'uomo tornò sui suoi passi e si avvicinò alla creatura quel tanto che bastava per non farsi ghermire.

“Che c'è, Chloe?” domandò. La creatura prese a sbattere il capo contro le sbarre e con gli occhi cercava di indicare un punto preciso della stanza, mentre la lingua a penzoloni stillava gocce di saliva densa. Il cuore di Shannen fece un ulteriore balzo: che la creatura stesse indicando il punto in cui si era nascosta? Doveva far qualcosa, giocare d'anticipo per salvarsi prima che il Dottor R potesse stanarla e torturarla. Il suo unico vantaggio era l'effetto sorpresa, e Shannen doveva puntare solo su quello; allora la bionda sporse il capo oltre la scrivania per cercare di trovare una seconda via di fuga. Notò una porta a pochi metri dalla scrivania: non sapeva dove portava, non sapeva se aveva una chiave o un qualsiasi marchingegno per chiudere la serratura e assicurarsi che il Dottor R potesse effettivamente evitare di raggiungerla. Ma no, l'anta della porta sembrava parecchio resistente e, anche se ammaccata, aveva l'aria di esser fatta d'un materiale assai resistente.

“Al diavolo!” pensò Shannen, e la bionda scattò come un gatto. Shannen corse come un fulmine, non cadde, non scivolò, non perse tempo a guardarsi indietro e ci mise circa un paio di secondi per arrivare alla porta, chiudersela dietro e sentire le creature urlare ed il Dottor R cominciare a correre.

“SHANNEN! ESCI IMMEDIATAMENTE DI Lì!” urlò l'uomo, sbattendo i pugni contro la porta.

“Chi sei, mia madre?” domandò la bionda in un atto di irriverenza, ma questa mossa innervosì molto il Dottor R ed egli prese a batter pugni contro la porta metallica, facendola tremare. Shannen tirò fuori il cellulare e fece luce con il flash della fotocamera, e subito aggrottò la fronte, vedendo dove si era ficcata. Vi erano una decina di schermi che trasmettevano le riprese di posti al di fuori dell'ospedale: una telecamera inquadrava casa loro, un'altra un promontorio, un'altra ancora l'ingresso dell'ospedale. L'uomo aveva costruito una specie di reality show dove le persone morivano e lui poteva godersi lo spettacolo da una postazione comoda e sicura. Shannen abbassò lo sguardo e vide numerosi pulsanti. Vide quello che chiudeva la porta e lo schiacciò immediatamente, e subito tre aste di spesso metallo si appoggiarono contro le due porte: quella che conduceva alla caldaia e quella che conduceva alla sala di controllo.
“SHANNEN!” urlò l'uomo. Perché si agitava tanto, il Dottor R? Aveva paura di essere chiuso in stanza con le sue stesse creature? La bionda guardò ancora la consolle e vi trovò ben presto un grande tasto rosso simile a quello che aveva trovato nella sala delle operazioni, simile anche nella scritta che recitava “LIBERA”. Forse, premendolo, la ragazza avrebbe liberato tutte le bestie e loro avrebbero potuto banchettare sul corpo del Dottor R, o forse sarebbe successo altro, ma cosa poteva succedere di peggio?

C) Shannen preme il pulsante
D) Shannen non preme il pulsante


WO WO WO!
Mancano cinquantacinque minuti ed i ragazzi potranno finalmente tornare a casa, alle loro vite normalissime e alla sicurezza che solo la quotidianità potrà mai dare. Il paragrafo di Oliver e Lana potrete trovarlo insulso, poiché, in fin dei conti, insulso lo è, ma ho deciso solo di accennarvi il fatto che Connie91 ha scelto bene, ed i due sono salvi- per il momento. Invece, per quanto riguarda Trevor e Shannen avrei tanto da dirvi, ma mi limiterò ad augurarvi buona fortuna per le prossime decisioni.
Un abbraccio,
The_Lock

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


24

 

DRUMMER ISLAND, ore 5:35

 

 

Noncurante delle urla e delle intimidazioni del Dottor R, Shannen premette il pulsante con tutta la forza che aveva in corpo. Era molto strano, riserbava per quel gesto lo stesso quantitativo liberatorio che solo metter fine ad una situazione stressante poteva offrirle, e quindi spinse giù quel bottone a pieno palmo, gustandosi ogni istante: il contatto freddo, la superficie metallica che si riscaldava con il calore della mano, la pressione che faceva leva sul bottone e quest'ultimo che affondava fino a toccare un minuscolo interruttore. Shannen poté giurare di aver sentito quello scatto vibrare per il suo corpo con l'intensità tipica di una scossa elettrica, e poi le sirene iniziarono a suonare, e gli schermi delle televisioni si oscurarono per qualche secondo, per poi mandare in onda solo i fotogrammi della telecamera presente nella sala antistante. La ragazza vide tutto: le gabbie si aprirono, le serrature scattarono come tamburi delle pistole, e decine e decine di creature che fuoriuscivano dalle loro prigioni. Si lanciarono tutte contro il Dottor R con voracità vendicativa.

Nonostante l'uomo fosse stato fermo ed immobile, unico punto debole delle creature, i mostri si ricordavano della sua posizioni poiché l'uomo era rimasto fermo nell'ultimo punto in cui i mostri lo avevano visto muoversi, quindi si lanciarono alla cieca verso il loro bersaglio e lo divorarono.

Un mostro gli piantò le lunghe e secche dita negli occhi, un'altra gli staccò la mandibola con due semplici mosse e poi gli strappò la lingua; vi fu un festino di creature che squarciavano lo stomaco dell'uomo e tiravano fuori ogni organo e lo lanciavano in aria e lo prendevano in bocca al volo, e con l'intestino girarono più volte attorno al collo dell'uomo. Gli spezzarono gli arti e poi glieli strapparono, mangiandoseli con voracità; gli fracassarono la testa sul pavimento con forza e divertimento e non si fermarono neanche quando denti e parti di cervello furono sparse per il pavimento. Raccolsero la testa ormai staccata dal corpo e la spaccarono come un'anguria e ne mangiarono tutte, bevvero il sangue direttamente dal cuore spremuto dalle loro mani, calciarono via le ossa già spolpate e si concentrarono su quelle che ancora avevano brandelli di carne addosso.

Shannen poté dirsi soddisfatta: aveva vendicato ogni singola persona tormentata da quell'uomo, ogni esperimento, che esso fosse malriuscito o meno, ogni vittima, ogni pasto. Poi, però, la bionda notò l'orario presente sullo schermo delle televisioni e trasalì: da un momento all'altro l'ospedale sarebbe esploso e la ragazza aveva solo che correre verso un'uscita. La fortuna volle, però, che il Dottor R aveva pensato ad un'uscita d'emergenza che collegasse la sala di controllo al cortile dell'ospedale e Shannen non ci mise molto a raggiungere una piccola rampa di scale metallica che conduceva ad una botola la quale spuntava al di fuori dell'ospedale.

La bionda scoppiò in pianto: la luce del sole! Il cielo rosato, gli uccelli che cantavano, la brezza gelida dell'alba: era forse tutto finito? Gli orrori della notte si erano rintanati nell'oscurità col sorgere del sole, ed ora non avevano altro da fare, se non attendere il traghetto. La ragazza chiuse la botola ed iniziò a correre verso il molo: voleva allontanarsi il prima possibile dall'ospedale, non voleva mica vanificare i suoi sforzi rimanendo vittima dell'esplosione. Allora Shannen corse via come una furia, con lacrime calde che le scendevano dal volto e le lavavano via il sudore, la sofferenza, il sangue rappreso e la paura di non poter andare più via.

“SHAN!” sentì urlare, e la bionda si fermò di colpo, guardandosi attorno. Era Trevor: il ragazzo stava camminando con un bastone da passeggio e zoppicava, era molto lento, ma quando vide l'amica corse ad abbracciarla.

“Grazie a Dio sei viva!” sussurrò, stritolando la bionda tra le sue braccia muscolose. Shannen annuì, nascondendo il proprio pianto nell'incavo del collo dell'amico: piangeva per tutti, per Laurel, per gli altri dei suoi amici che non ce l'avevano fatta e per chi ancora stava combattendo, piangeva per la fine di quella notte, per l'inizio di una nuova vita.

“È tutto finito.” disse la bionda, mentre il moro la allontanava per accarezzarla e asciugarle le lacrime con le dita.

“Come lo sai?” domandò Trevor e subito, a qualche miglio di distanza, vi fu un boato. Sembrò un bombardamento vero e proprio: il forte suono, l'onda d'urto che gli buttava a terra, faceva scuotere i rami e alzava nuvoloni di polvere, il bagliore del fuoco e la pioggia di detriti che subito seguiva, puntuale.

“Ora lo so.” rispose Shannen, sorridendo a Trevor.

 

Il boato scosse le fondamenta della casa e Oliver e Lana si sentirono nuovamente in pericolo. Ma tra dottori pazzi, esperimenti genetici e creatura immonde, un terremoto sembrava davvero poco probabile, e allora i ragazzi ci misero poco a capire che era successo qualcosa all'ospedale o in qualche villa accanto.

“Andiamo.” disse Oliver “Mancano venti minuti all'arrivo del traghetto.” disse il rosso, alzandosi da terra e togliendosi la polvere di dosso.

“Non possiamo aspettare ancora?” mormorò Lana, guardando fisso a terra.

“Non voglio rischiare di perderlo. Dai, Lana! Ormai il sole sta sorgendo, il mostro sarà andato via.” spiegò Oliver. Il rosso, però, sentì di aver abbassato la guardia in quel momento, e non voleva di certo vanificare ogni sforzo di sopravvivenza per uno stupido sentore di salvezza: era vero, mancavano pochi minuti, ma questo non voleva dire che era salvo o poteva darsi per vincitore. Così, Oliver cercò nella stanza qualche arma utile che avrebbe potuto utilizzare contro la bestia, visto che la pistola spara razzi era andata. Trovò, per puro caso, un flacone di lacca spray per i capelli: mancava solo un accendino e allora sarebbe stato perfetto: avrebbero avuto un lanciafiamme a disposizione.

“Guarda, eccolo.” disse Lana, prendendo un accendino verde da uno scaffale in alto, vicino a delle candele spente. Sul lato dell'accendino vi era la scritta che indicava il servizio di alloggio delle villette sulla spiaggia e la pubblicità della compagnia di traghetti. Oliver annuì, sicuro di sé, ed inizio a spostare il mobile che bloccava la porta, ma non appena esso iniziò a strisciare, facendo rumore, ecco che si sentì un forte rumore di zampe e poi il solito frastuono di chi prendeva a pugni la porta.

“Merda!” disse Lana, prendendo istintivamente la mano di Oliver per avere più sicurezza. Il rosso spostò il mobile che bloccava la finestra che dava sul tetto ed uscì per primo, sbuffando poiché si ritrovarono nella stessa situazione di pochi minuti prima, ma almeno da lì sarebbe stato più basso saltare a causa dell'inclinazione della tettoia. Il rosso, però, perse l'equilibrio e dovette lasciar andare il flacone di lacca che, a causa della gravità, rotolò discontinuamente fino a fermarsi nella grondaia insieme a tante foglie secche.

“OLIVER!” urlò Lana, strattonando la maglietta che si era impigliata ad un chiodo che fermava il davanzale in legno alla finestra della villa. Il rosso spalancò gli occhi: non era affatto finita e aveva pochissimo tempo per scegliere, perché a giudicare dai rumori della porta, essa tra poco avrebbe ceduto.

 

A) Oliver recupera il flacone di lacca
B) Oliver aiuta Lana 


WOW!
Quanta strada abbiamo fatto, ragazzi e ragazze! Scrivendo questo penultimo capitolo, condividevo un po' la sensazione che aveva Shannen: quella di liberazione e di sollievo; sì, perché scrivere di mostri, di dottori pazzi, di sentimenti disperati e di luoghi tetri e abbandonati non è facile ed opprimeva anche me, ma alla fine, che dire, mi sono divertito e spero di aver fatto divertire anche voi.
Comunque, questo è il penultimo capitolo, ultima scelta che può apparire banale, ma che non lo è affatto, però è comunque l'ultima scelta, quella che decide da sola più del 50% del finale. Ok ora basta che sennò vi spoilero la fine.
Un abbraccio,
The_Lock


PS Se avete domande sul tema WHAT IF (nel senso, cosa sarebbe successo se nel capitolo X avessi scelto A invece che B?) potete scrivermele via posta privata o lasciarla nei commenti, comunque sia quando uscirà l'ultimo capitolo mi prenderò la briga di spiegare qualche bivio più importante. 
A presto :)

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


25

 

DRUMMER ISLAND, ore 5:59

Oliver lasciò perdere il flacone della lacca con molta indecisione: se la belva si fosse palesata da un momento all'altro allora i due ragazzi erano già morti e all'orizzonte si vedeva già arrivare il traghetto, la loro salvezza. Ma non avrebbe mai e poi mai potuto lasciare Lana in dietro, in fin dei conti aveva ancora una cotta per lei, allora lasciò perdere le ragioni del cervello ed ascoltò quelle del cuore, tornando vicino la ragazza.

La porta iniziava a scardinarsi ed Oliver sentiva che gli mancava poco tempo, allora lasciò perdere il meccanismo che aveva incastrato Lana e prese a tirarla fino a che la maglia non le si strappò, lasciando un brandello di tessuto vicino alla finestra. A causa dell'improvviso strappo, però, i due ragazzi persero l'equilibrio e si ritrovarono a rotolare tra le tegole del tetto, fino all'orlo quando, entrambi, con prontezza di riflessi felina, si aggrapparono alla grondaia.

I due si guardarono ed a Lana scappò una breve risata a causa di quella situazione assurda, ma poi si fermò e tese l'orecchio: non c'era più alcun rumore proveniente dalla stanza. Che la creatura fosse entrata o fosse andata via? E, a seconda della decisione del mostro, cosa sarebbe stato più opportuno fare? Scendere dal tetto o tornare su? Lana guardò verso il mare: il traghetto stava per attraccare al molo, con una corsa ci avrebbero impiegato solo cinque minuti, ma un rumore sinistro proveniente dalla grondaia congelò i due ragazzi. Che essi volessero salire sul tetto o scendere non era più una decisione che concerneva i due poiché la grondaia si stava staccando e, inclinandosi, si lanciava a peso morto sul terreno.

I due ragazzi atterrarono su un piccolo cespuglio abbastanza ispido, ed infatti si procurarono tanti piccoli taglietti, ma la caduta non era stata poi così dolorosa. Certo, avevano qualche parte del corpo indolenzita, ma potevano ancora correre e i due ragazzi decisero di fare esattamente questo.

“Non trovi strana che la creatura se ne sia andata?” domandò Lana, mentre correva dietro Oliver.

“Bah, magari il sole le da fastidio.” ipotizzò Oliver. I due ragazzi continuarono a correre nella foresta ora più luminosa, avendo acquistato la forza pura e benefica dei raggi del primo sole mattutino, ma prima che potessero raggiungere il molo, furono atterriti da qualcosa che non poterono ben vedere.

 

Shannen urlò, convinta di essere stata colpita da un mostro: magari qualcuno era sfuggito all'esplosione ed ora voleva ucciderla per vendicare i suoi fratelli; ma quando la bionda mise a fuoco chi si trovava davanti, riconobbe due corpi ben familiari.

“OLIVER!” urlò Shannen, saltando al collo dell'amico ed abbracciandolo. I due non avevano mai legato, anzi, si erano detti sì e no due parole in tutti quegli anni di conoscenza, ma la ragazza, nel vedere Oliver vivo e vegeto, nel vedere che qualcun altro era sopravvissuto, non riuscì a non felicitarsi.

“Shannen! Trevor!” disse Oliver, sorridendo ai suoi amici e ricambiando l'abbraccio di Shannen.

“Cosa ti hanno fatto?” domandò Lana, accarezzando il volto del moro, dove gocce di sangue secco e bende coprivano l'orbita vuota dell'occhio.

“Lascia perdere, voglio solo andare via.” spiegò Trevor, alzandosi ed aiutando l'amica. “Notizie dagli altri?” domandò Trevor, speranzoso.

“Troy non ce l'ha fatta. E Brooke... l'ultima volta che l'ho vista si stava trasformando in una di quelle creature... ma non la vedo da ore.” spiegò Oliver e la notizia colpì allo stomaco Trevor. Un conto è sapere che la tua ragazza era stata uccisa, o mangiata, un altro è non sapere che fine aveva fatto la suddetta. Era viva? Era sofferente? Era ormai perduta a causa della trasformazione? Si era tolta la vita? Era stata uccisa? Troppe domande, troppe ipotesi e nessuna risposta.

“Torneremo... torneremo e la cercheremo.” disse Lana più per paura che Trevor proponesse di rimanere lì un'altra ora e perdere il traghetto che per compassione nei riguardi di Brooke. Il senso di sopravvivenza dei ragazzi si era acuito, non era tempo di fare i misericordiosi e cercare tracce della ragazza scomparsa e Trevor aveva bisogno di aiuto per la ferita. Sorprendentemente, il moro annuì, triste ma convinto dalla proposta della mora.

“Laurel?” domandò Oliver e Shannen abbassò la testa, facendo di no con il capo e mordendosi le labbra.

“Quindi siamo solo noi quattro?” domandò Lana, e gli altri tre annuirono. Un velo di tristezza oscurò gli occhi di tutti i superstiti: perché loro erano sopravvissuti e gli altri no? Questione di scelte, questione di piccolissimi gesti che hanno portato alle più svariate conseguenze unite alle scelte altrui; sarà che ognuno è artefice del proprio destino quanto gli altri lo sono del nostro.

Il traghetto rombò con un suono ed i ragazzi si scossero dal loro stato di melancolia e tornarono a correre verso il molo.

Avrebbero voluto lasciarsi tutto alle spalle: Drummer Island, la paura, lo stress, la sofferenza, il dolore, eppure sentivano che, se lo avessero fatto, avrebbero fatto un torto a tutti i loro amici morti, era compito loro ricordare Drummer Island per ricordare Troy, Brooke e Laurel.

I quattro ragazzi erano arrivati al molo, ma prima di compiere gli ultimi metri verso il traghetto, istintivamente si voltarono a guardare Drummer Island forse un'ultima volta- sentivano il forte bisogno di tornarvi per il catartico gesto di rivivere quei traumi, ma la paura che la catarsi diventasse realtà gli bloccava e sapevano che, prima di ritornare, sarebbero passati anni, se non decenni.

Vi fu un tonfo alle loro spalle e Shannen si voltò per prima, sentendo un forte senso di nausea ancora prima che i suoi occhi identificassero quella sfera che era a pochi metri dietro di loro. La bionda spalancò la bocca ed urlò a pieni polmoni, mentre anche gli altri tre si giravano ed inorridivano, vedendo la testa del traghettatore mozzata, abbandonata sul molo e grondante sangue.

Sconvolti, incapaci di trovare alcuna spiegazione per quel fatto, i ragazzi spalancarono gli occhi prima di vedere la creatura, l'ultima sopravvissuta, saltare dalla cabina comando del traghetto fino al molo. Li vide, con i suoi occhi lattei, ghignò e spalancò la bocca sporca di sangue prima di lanciare un ululato che vibrò in ogni angolo dell'isola.

FINE

 

Quanto mi odiate? 
Tanto? Beh, non prendetevela con me se le cose son finite così, perché voi siete stati gli autori di questa storia, non io. Un ringraziamento enorme a chiunque abbia partecipato attivamente scegliendo tra le varie opzioni e anche a chi è solo passato per un commento o ha letto e basta: Questo esperimento mi è piaciuto molto e, piccolo spoiler, presto uscirà IT'S UP TO YOU 2!!! 
Ora, come promesso, un po' di WHAT IF, ma mi concentrerò solo sulle più importanti.
Se aveste scelto WoodOak (Cap 1) sarebbe stata una storia con fantasmi ed un assassino; quindi una storia cooooompletamente diversa!
Se (cap 4) Trevor e Brooke fossero andati a destra si sarebbero imbattuti direttamente nelle creature.
Se (cap 6) Brooke non avesse spiegato i suoi dubbi, allore i due avrebbero raggiunto gli amici
Se (cap 7) Oliver fosse tornato indietro, sarebbe morto.
Se (cap 9) Trevor avesse cambiato stanza, avrebbe salvato Brooke.
Se (cap 10) Lana avesse sparato alla creatura, essa sarebbe sopravvissuta e avrebbe morso la ragazza.
Se (cap 11) Troy avesse salvato Lana, non sarebbe morto.
Se (cap 11) Shannen avesse aperto la botola, sarebbe morta.
Se (cap 12) i ragazzi avessero corso verso le scale, Laurel sarebbe stato morso.
Se (cap 15) Trevor e Laurel avessero deciso di andare a sinistra, Shannen sarebbe stata trasformata.
Se (cap 16) Lana avesse esitato, Oliver sarebbe morto.
Se (cap 18) Trevor non avesse cavato l'occhio al Dottor R e se (cap 19) Shannen avesse schiacciato l'interruttore, Trevor non avrebbe perso l'occhio
Se (cap 19) Oliver avesse chiuso Lana fuori, sarebbe morta.
Se (cap 20) Brooke avesse deciso di vendicarsi, avrebbe ucciso lei il Dottor R
Se (cap 20) Lana avesse sparato ad Oliver, l'avrebbe mancato e la creatura l'avrebbe uccisa.
Se (cap 21) Laurel non avesse seguito la striscia di sangue, non sarebbe morto
Se (cap 21) Lana non avesse lasciato la pistola, sarebbe morta.
Se (cap 22) Lana ed Oliver avessero ripreso la pistola: sarebbero morti
Se (cap 23) Trevor fosse rimasto nell'ospedale a cercare il Dottor R, sarebbe morto nell'esplosione.
Se (cap 24) Oliver avesse recuperato il flacone di lacca, avrebbe ucciso la creatura dandole fuoco e il traghettatore non sarebbe morto.
 

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